OSSESSIONE di Maty66 e ChiaraBJ

di Maty66
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo amore per Ben ***
Capitolo 2: *** “Love you with my eyes closed” ***
Capitolo 3: *** Gelosia silenziosa ***
Capitolo 4: *** Il peggior incubo ***
Capitolo 5: *** Maledetto ***
Capitolo 6: *** Piani diabolici ***
Capitolo 7: *** Un mondo a pezzi ***
Capitolo 8: *** Laceranti sensi di colpa ***
Capitolo 9: *** Sconcerto e preoccupazione ***
Capitolo 10: *** Oscuri presagi ***
Capitolo 11: *** Viaggio nel passato ***
Capitolo 12: *** Follia pura ***
Capitolo 13: *** Marchio di sangue ***
Capitolo 14: *** Agonia e disperazione ***
Capitolo 15: *** Il seme della speranza ***
Capitolo 16: *** Fuga per la libertà ***
Capitolo 17: *** Cacciatrice e preda ***
Capitolo 18: *** Laacher See ***
Capitolo 19: *** Terrore, coraggio e morte ***
Capitolo 20: *** Passaggio infernale ***
Capitolo 21: *** All'ultimo respiro ***
Capitolo 22: *** Attimi ***
Capitolo 23: *** Desideri di vendetta ***
Capitolo 24: *** Urla nel silenzio ***



Capitolo 1
*** Un nuovo amore per Ben ***


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OSSESSIONE
Di Maty66 e ChiaraBJ
 
Capitolo 1
Un nuovo amore per Ben


“Allora coraggio… confessa…”  disse Semir sorridendo mentre ingoiava l’ultimo boccone del suo panino.
Lui ed il suo socio Ben Jager erano fermi per la pausa pranzo alla solita area di servizio e, appoggiati alla BMW del piccolo ispettore turco, si stavano godendo i primi raggi caldi del sole di primavera.
“Confessare cosa?” rispose con noncuranza il giovane poliziotto.
“Chi è e come si chiama….” continuò sorridendo Semir.
Conosceva sin troppo bene il collega per non accorgersi dei precisi segnali che lanciava da un po’ di giorni.
Ma Ben sembrava deciso a non dargli soddisfazione.
“Non capisco di cosa tu stia parlando” disse il giovane, continuando a mangiare indifferente il suo terzo panino.
“Oh avanti andiamo… ci sono tutti i classici segni: non vieni a cena da noi da almeno due settimane. E poi: sorriso ebete,  sguardo perso nel vuoto, cellulare perennemente in mano. Ti sei persino tagliato i capelli e metti tutti i giorni il profumo… chi è   e come si chiama, coraggio confessa!” rise il socio più anziano.
“Lo sai che sei un vero impiccione?” Ben stavolta non potè fare a meno di sorridere.
“Non sono impiccione sono intuitivo, come tutti i turchi. Allora? Ti  devo tirare da bocca la verità con le tenaglie?”
 “E va bene… si chiama Melanie” rispose alla fine Ben.
“Melanie…. bel nome. E cosa fa la nostra Melanie?”
“E’ una praticante commercialista”
“E si può sapere dove hai pescato tu, rozzo ignorante come una capra, una bella commercialista?”
“Lavora nello studio del commercialista di mio padre. L’ho incontrata il mese scorso ad una festa a casa di papà. Ha i più bei occhi verdi che abbia mai visto nella mia vita. E poi è intelligentissima, oltre  che bellissima. E ha una voce meravigliosa. Canta anche lei, sai?” Lo sguardo di Ben divenne sognante mentre parlava.
“Aspetta un po’!!” Semir si finse bloccato dalla sorpresa e iniziò a guardarlo fisso.
“Non mi dire che forse stavolta ci siamo… che questa storia durerà più dei tre mesi soliti… no, perché sai…sta diventando imbarazzante incontrare tue ex dappertutto”
“Semir smettila di sfottere. Non lo so… so solo che mi piace moltissimo… mi fa stare bene. Con lei posso parlare di tutto, posso essere me stesso. E’ come stare in paradiso”
“Ahhhh siamo proprio cotti a puntino! Bene… allora quando venite a casa nostra? Domani a cena?” chiese Semir, spinto da una curiosità ormai irrefrenabile.
“Non correre. Piuttosto… dopodomani cantiamo all’Old West. Ho scritto una canzone che canteremo insieme. Se  tu e Andrea volete venire…”
“Addirittura già scritto una canzone per lei… e sì, secondo me ci siamo. Finalmente devo dire. Iniziavi a preoccuparmi. Stai diventando vecchio caro mio, mica puoi fare il dongiovanni a vita”
“Vecchio sarai tu” rispose Ben ingoiando l’ultimo pezzo di panino.
“Coraggio torniamo a lavorare. Devi guadagnare. Sai quando si mette su famiglia le spese aumentano… ah già! Scordavo, tu non hai bisogno di soldi”
“Ti ho detto di smetterla di sfottere, altrimenti la prossima volta non ti racconto niente. Piuttosto a fine turno devo passare un attimo in banca per firmare dei documenti per mio padre. Se non lo faccio  neppure oggi, mi scotenna vivo”
Semir salì in macchina fischiettando ostentatamente una canzone d’amore.

 
Ben sbuffò vistosamente alla vista della lunga fila davanti allo sportello bancario.
“Cavolo…” imprecò fra sé e sé, pensando a Semir fermo in macchina ad aspettarlo.  Era fine turno e  sia lui che il suo socio non vedevano l’ora di tornare a casa. E soprattutto lui non vedeva l’ora di vedere Melanie, avevano appuntamento per una birra in centro.
Mentre si agitava vistosamente in attesa che la fila scorresse vide una signora, con il cartellino di riconoscimento dei dipendenti della banca, di circa quarantacinque- cinquant’anni venirgli incontro sorridente.
Rapidamente cercò di fare mente locale a se, per caso, l’avesse conosciuta prima, senza risultato.
Bassa, abbastanza robusta, occhi piccoli e scuri, capelli brizzolati, la classica anonima impiegata di banca; la donna si avvicinò continuando a sorridere.
“Posso esserle utile?” chiese appena fu vicina a Ben.
Il giovane la guardò, sorpreso dal fatto che si rivolgesse proprio a lui che era praticamente in fondo alla fila.
“Sì… forse… io dovrei firmare una delega per la gestione di un pacchetto azionario a favore di mio padre” rispose Ben, anche abbastanza imbarazzato, mentre quelli che lo precedevano nella fila lo guardavano storto.
“Bene, allora posso aiutarla di sicuro, se vuole accomodarsi nel mio ufficio…” disse la donna indicandogli la strada.
  Ben uscì  dalla fila cercando di non fare caso al borbottio di disapprovazione che si  levava alle sue spalle: in fondo non l’aveva chiesto lui.
“Non vorrei creare difficoltà, posso aspettare il mio turno…” fece alla donna che lo precedeva.
“Nessuna difficoltà non si preoccupi… signor?”
“Jager, Ben Jager” rispose Ben stringendo la mano che la donna gli porgeva.
“Marie Meger”  si presentò la donna stringendo la mano del giovane e trattenendola ben più del necessario.

 
“Dunque lei è il figlio di Konrad Jager” sorrise di nuovo la donna mentre prendeva una cartellina dallo schedario e si sedeva alla sua scrivania.
Ben iniziava a sentirsi un po’ a disagio.
Quella donna continuava a fissarlo in modo strano.
“Sì…” si limitò a rispondere.
“La società di suo padre è una delle nostre migliori clienti sa… ma a quanto vedo lei non lavora nell’azienda di famiglia” chiese la donna guardandolo al di sopra degli spessi occhiali da vista.
“No, in effetti no… io faccio il poliziotto” rispose Ben sempre più a disagio.
 “Ma non mi dica… lavoro interessante. Bene, deve firmare qui…” disse la donna porgendogli dei fogli.
Mentre Ben firmava la donna continuava a fissarlo.
“Lei è sposato signor Jager?” chiese la donna con voce atona.
Ben la guardò sorpreso.
“E’ per la delega, nel caso è necessaria anche la firma di sua moglie” si giustificò la donna.
“No, non sono sposato” rispose comunque il giovane,  che però ebbe netta l’impressione che la donna stesse mentendo sulla ragione della domanda.
“Bene, se vuole indicare qui il suo indirizzo ed il numero di telefono…”
Ben era sempre più perplesso, ma obbedì.
“Nel caso ci fosse necessità di contattarla” fece la donna con aria innocente.

 
“Uffa….” borbottò Semir seduto nella BMW parcheggiata all’ingresso della banca,  ad aspettare il socio.
“Ma quanto ci mette…” sbuffò ancora il piccolo turco, tamburellando sempre più nervosamente le dita sul volante.
Dopo altri dieci minuti, irritato,  Semir scese dall’auto ed entrò in banca per controllare a che punto fosse la situazione.
Appena entrato cercò il giovane con lo sguardo, ma senza risultato.
“Ma dove cavolo è finito…” disse fra sé e sé aggirandosi fra i vari banchi.
E finalmente lo vide dalla porta a vetri di un ufficio. Era seduto  davanti alla scrivania di una signora di mezza età e sembrava chiacchierare amabilmente.
“Ma tu guardalo… seduto a far conversazione mentre io aspetto fuori” si disse arrabbiato.
Si avvicinò alla porta e bussò pian al vetro, per attirare l’attenzione dell’amico.
“Scusa Ben, ma sono in divieto di sosta non vorrei prendere di nuovo una multa da parte dei colleghi” disse socchiudendo la porta.
 Lo sguardo che gli lanciò la donna seduta alla scrivania lasciò Semir di stucco. Feroce e possessivo, come quello di una leonessa cui stanno minacciando i piccoli.
“Chi le ha dato il permesso di entrare?? Non vede che siamo impegnati?” quasi urlò  isterica la donna.
“No, mi scusi tanto signora. E’ il mio collega. Siamo ancora in servizio… quindi se abbiamo finito…” si giustificò Ben alzandosi in piedi.
La donna tornò immediatamente sorridente.
“Sì certo abbiamo finito. A presto signor Jager” disse alzandosi e porgendogli la mano.
“Grazie di tutto, signora….”
“Meger. Marie Meger” fece la donna carezzando con il pollice il polso del giovane, mentre gli stringeva la mano.

 
“Beh… ora facciamo conquiste anche fra le tardone?” scherzò Semir mentre uscivano dalla banca e risalivano in macchina.
“E smettila, guarda che avrà più o meno la tua età. Mi ha fatto saltare una fila chilometrica. Se non fosse stato per lei sarei ancora dentro ad aspettare il mio turno. Anche se devo dire che è un po’ strana…” rise Ben.
“Strana? Per poco non mi uccideva con lo sguardo quando vi ho interrotto…” rispose ironico l’amico.
Ma l’episodio fu rapidamente archiviato dai due amici.

 
Marie guardò il giovane che si allontanava dal suo ufficio.
Era lui.
Finalmente era tornato.
Alto, bruno, magnifici occhi castani. Ed il sorriso, quel bellissimo sorriso capace di sciogliere ogni tensione.
Marie sospirò cercando di domare i ricordi ed il cuore che batteva furioso.
Era di nuovo lui. L’aveva trovato di nuovo
E,  dopo tanti anni, finalmente sarebbe stato di nuovo suo.
Suo e di nessun altro.
Le loro vite si appartenevano.
Stavolta  non avrebbe permesso a niente e nessuno di allontanarlo da lei.
Doveva essere suo, suo e di nessun altro.
 

Angolino Musicale : della serie ‘Recensiste’ tremate le streghe son tornate…Beh, in effetti solo una…l’altra è la dolcissima Biancaneve. Dunque la canzone che ho scelto vuol essere una sorta di “piccola “ trama su ciò che dovranno affrontare i nostri protagonisti…Bene direi che la, anzi le coppie d’oro son tornate in azione…buon divertimento…(noi ci stiamo già ‘sbellicando’ da tempo, ma come sempre alle spalle dei poveri protagonisti che di divertente…Nulla!!!).

U2 ‘So Cruel’ (così crudele)

Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=stlCklT71Ow

Abbiamo  passato il segno Chi ha spinto l'altro? A te non importa  Importa a me
Siamo alla deriva Ma ancora galleggiamo Sto tenendo duro solo Per vederti affogare ... amor mio Sono scomparso in te Tu sei scomparsa da me Ti ho dato tutto ciò che hai sempre voluto Non era quello che volevi Gli uomini che ti amano, li odi al massimo Ti passano attraverso come ad un fantasma Loro ti cercano, ma il tuo spirito è nell'aria Baby ... sei inesistente Dici che in amore non ci sono regole Tesoro Sei così crudele La disperazione è una trappola gentile Ti prende ogni volta Che metti le tue labbra su quelle di lei Per fermare la bugia La sua pelle è pallida come lo è solo la colomba di Dio Grida come un angelo per il tuo amore Poi lei fa che tu la guardi dall'alto E tu hai bisogno di lei (lui) come di una droga…

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Capitolo 2
*** “Love you with my eyes closed” ***


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OSSESSIONE DI MATY66 e CHIARABJ

Capitolo 2
“Love you with my eyes closed”
 
Ben si aggiustò la camicia davanti allo specchio e passò per l’ultima volta il pettine fra i capelli.
Era ancora perplesso sul nuovo taglio corto, ma a Melanie piaceva molto e a lui stava bene così.
Diede un rapido sguardo all’orologio.
Doveva sbrigarsi, prima di andare al pub doveva passare a prendere Melanie a casa e poi dovevano sistemare gli strumenti  per l’inizio della serata.
Sorrise al pensiero di cantare con Melanie quella sera; anche se avevano provato poco era sicuro del successo della canzone.
L’aveva scritta in meno di due  ore, gli era bastato pensare agli occhi verdi di Melanie e al suo sorriso.
Fischiettando  s’infilò la giacca e prese la chitarra.
Infilandosi in auto non si accorse del SUV nero, parcheggiato dall’altro lato della strada, che si accodò alla sua Mercedes  nel traffico cittadino.
 
“Ciao…” Melanie lo stava già aspettando davanti casa e salì in auto con un sorriso radioso.
“Ciao ragazza bellissima” rispose Ben, subito prima di baciarla.
Era vestita con un semplice tubino nero, ma su di lei l’abito sembrava elegantissimo.
Aveva un profumo seducente e le sue labbra era morbidissime, sapevano di ciliegia.
Ben si chiese se era il lucidalabbra, e il semplice contatto, la semplice vicinanza a lei furono sufficienti a provocargli un leggero capogiro.
“Allora, pronta?” chiese il giovane, staccandosi con riluttanza dal bacio.
“Sono un po’ emozionata, ho cantato poche volte in pubblico” rispose Melanie. Aveva una voce melodiosa e l’aria timida la rendeva ancor più seducente.
“Andrà benissimo. Hai un voce splendida” sorrise Ben.
“La canzone è davvero magnifica… non riesco a credere che tu l’abbia scritta davvero per me…”
“Niente è più bello di te” la lusingò Ben mettendo in moto l’auto.
 
Marie guardò la ragazza  dai capelli scuri che saliva sulla Mercedes argento ferma davanti al suo SUV.
Sentì prepotente il sentimento di rabbia che le saliva sino al midollo, ma cercò di dominarlo.
Con calma, cercando di  non farsi vedere, seguì la Mercedes  nel traffico intenso della sera sino a quando si fermò davanti ad un pub del centro.
Con ansia e furore crescente guardò i due giovani che scendevano e si avviavano all’interno del locale tenendosi per mano e ridendo allegri.
Parcheggiò un po’ distante per non farsi notare ed aspettò che Ben e la ragazza entrassero nel locale, seguiti da altri tre  giovani stracarichi di strumenti musicali, prima di avvicinarsi.
All’ingresso faceva bella mostra di sé un grosso manifesto colorato.
Ben ed i Backbeats. Stasera alle 21,00” recitava a lettere dorate.
Marie sospirò ancora una volta nel tentativo di restare calma.
Si avvicinò alla biglietteria e chiese un biglietto.
“Non se ne pentirà signora” le disse l’impiegato, guardandola però perplesso.
“La band è davvero forte e a quanto ho capito stasera hanno anche una nuova cantante” continuò l’uomo. Negli occhi si leggeva la sorpresa di vendere un biglietto unico ad una donna di una certa età.
Marie non ci fece caso, prese il biglietto e tornò in auto per attendere l’orario d’inizio della serata.
 
“Semir, sbrigati per favore. Voglio arrivare prima che inizino a suonare”
Andrea richiamò ansiosa il marito.
“Per fare cosa? Il solito interrogatorio alla ragazza di Ben?”  chiese il marito scendendo le scale.
“Io non faccio ‘interrogatori’ come dici tu. Faccio solo domande” ribatté la donna irritata.
“Sì come no, domande  di tutti i tipi. L’ultima volta la ragazza stava scappando terrorizzata da casa nostra”
“Cosa vuoi dire? Che mi comporto come una suocera?” Andrea era sempre più stizzita.
“No, molto peggio. Ti pare normale chiedere, come hai fatto, se sa stirare oppure fare domande a trabocchetto per vedere se sa cucinare l’arrosto?” rise il marito, mentre entrambi si avviavano all’auto.
“E cosa c’è di male? Sono domande normali” borbottò la donna.
“Come no, normalissime. Comunque mia cara cerca di contenerti. Ben mi pare davvero cotto. E da come parla di lei stavolta potrebbe proprio essere la volta buona”
Stavolta fu il turno di Andrea per sorridere.
“Che c’è vuoi diventare presto ‘nonno’?” chiese.
“Nonno… semmai zio. Sì, in effetti mi piacerebbe molto in effetti. Mi piacerebbe  vederlo sistemato ed avere un bel nipotino… maschio”
Andrea sorrise ancora, mentre si allacciava la cintura.
 
Il locale andava riempendosi man mano.
Andrea e Semir entrarono e subito si diressero verso il piccolo palco,  piazzato sul fondo della sala.
Ben stava sistemando uno dei microfoni e subito sorrise mentre i due si avvicinavano.
“Siete arrivati… bene” disse baciando sulla guancia Andrea.
L’attenzione della donna era tutta per la ragazza che gli stava affianco.
“Melanie… questi sono Semir e Andrea”
Il giovane fece le presentazioni e a Semir non sfuggì lo sguardo di orgoglio con cui il socio fece le stesse.
“Piacere, Melanie Farbton. Ben mi ha tanto parlato di voi…” disse la ragazza porgendo la mano sottile.
“Spero bene”
A Semir la giovane provocò un immediato sentimento di simpatia.
“Ma certo. Vi adora, dice che siete la sua vera famiglia…”
Semir fermò immediatamente la moglie che sembrava già sui blocchi di partenza per il solito interrogatorio.
“Vieni cara, sediamoci,   i ragazzi devono finire di prepararsi” disse mentre prendeva la moglie per un braccio, dirigendola verso il tavolino che avevano prenotato.
 
Marie entrò nel locale, ormai quasi del tutto pieno.
Cercando di ignorare gli sguardi curiosi e malevoli che attirava si sedette al tavolino. Davanti a lei vide sedersi il piccolo collega turco che era venuto  a chiamarlo in ufficio, con una donna. Ma non ci fece caso.
Lo sguardo era fisso sulla ragazza mora che parlava fitto con lui, sorridendo ogni tanto.
La rabbia quasi la soffocò mentre vedeva lui che l’accarezzava sulla guancia.
Come osava quella stupida ed insulsa sciacquetta? Lui non le apparteneva… era suo.
Strinse forte il pugno, conficcandosi le unghie nel palmo della mano e a stento rispose alla cameriera che le chiese cosa voleva bere.
 Poi le luci della sala si abbassarono e l’occhio di bue inquadrò il presentatore.
“Signore e signori, benvenuti. L’Old West è lieto di presentare ‘Ben ed i Backbeats’ con la loro nuova cantante Melanie. Ed iniziamo subito con un inedito “Love You With My Eyes Closed””
Gli applausi si levarono e la musica attaccò.
 
I know how to listen when you've had a bad day
And I know when to smother you and when you need your space
I know when to be your friend and your lover too
Reading your mind is second nature to me
Treatin' you right comes so easily
There is not a whole lot about you babe that I don't know
I can love you with my eyes closed, love you with my eyes closed

 Ben e Melanie  fondevano le loro voci perfettamente, alternando strofe da solista a strofe cantate insieme, sembrava non avessero mai fatto altro nella loro vita.

I know all your deepest secrets nobody knows
I know that little thing to do that curls up all your toes
Here we are in the dark but I know my way around, by heart, by now
Reading your mind is second nature to me
Treatin' you right comes so easily
There is not a whole lot about you babe that I don't know
I can love you with my eyes closed
So lay back and relax, girl I got you covered

Marie sentiva quasi di non poter respirare nel vedere i due  sul palco che cantavano, guardandosi negli occhi e sorridendo complici e innamorati.
No! Non poteva essere!
Lui era suo e  di nessun altra.

Reading your mind is second nature to me
Treatin' you right comes so easily
There is not a whole lot about you babe that I don't know
I can love you with my eyes closed, love you with my eyes closed    
 
La canzone finì e gli applausi si levarono fragorosi.
Il piccolo turco davanti a Marie balzò in piedi spellandosi le mani per applaudire, urlando il suo entusiasmo.
Ma Marie voleva solo che tutti sparissero, che quella ragazza sparisse per sempre.
La rabbia era così  potente che strinse talmente forte il bicchiere che aveva davanti che il vetro andò in frantumi, penetrando a schegge nel palmo della mano.
“Tutto bene signora?” chiese preoccupata la cameriera, avvicinandosi.
“Sì tutto bene” mentì Marie, tamponandosi la mano con un fazzoletto.
“Si è fatta male? Vuole che chiami un medico?” chiese ancora la cameriera preoccupata.
“No, sto benissimo” disse Marie alzandosi in fretta e furia ed uscendo dal locale.
 
“Non sono carini insieme? Sono sicuro, è la volta giusta” bisbigliò Semir alla moglie mentre la musica riprendeva.
“Aspetta, non correre. Da quanto si frequentano? Un mese?  Mi pare troppo presto…” rispose Andrea.
“Ma dai… hai visto anche tu come la guarda… ha gli occhi a cuoricino. Sono sicuro, è quella giusta, bella, intelligente, e poi canta…”
“La vuoi smettere?  Ora sembri tu la vecchia comare impicciona. Comunque devo ammettere… è davvero carina” sorrise la moglie.
“Bene, questo vuol dire che le risparmierai  il solito interrogatorio?”
“Forse, vedremo” rise Andrea.
 
Il concerto era andato benissimo, un vero successo.
Mentre la gente lasciava il locale Ben e Melanie si avvicinarono al tavolo di Semir e Andrea.
“Sei stata davvero brava, complimenti hai una voce bellissima” si congratulò Andrea.
Melanie sorrise timida.
“Davvero? Grazie! Io non ho cantato molto spesso in pubblico. Ero molto emozionata”
“Invece eravate perfettamente in sintonia…” fece Semir.
“Grazie… il merito è della canzone. E’ davvero stupenda”
“Allora ragazzi vi aspettiamo domani a cena?” chiese insistente Andrea.
“Andrea forse vogliono…” provò ad opporsi Semir.
“Ma sì dai, così Melanie conosce le mie principesse” intervenne Ben.
“Vuoi dire Aida e Lily? Non vedo l’ora” sorrise Melanie.
Le due coppie, dopo aver chiacchierato un po’, si salutarono.
“Sì è decisamente carina, mi piace” sentenziò Andrea mentre si avviava verso l’auto con il marito.
 
 “Allora, ragazza bellissima ti è piaciuta la serata?” chiese Ben cingendo Melanie, appena usciti dal locale.
“Semplicemente splendida, come la canzone…”
“Splendida come te” fece Ben baciandola sul collo.
“Davvero non ti dispiace  passare la serata di domani con il mio socio e la sua famiglia?”
“Scherzi? Li trovo simpaticissimi. E poi non vedo l’ora di conoscere le due donne che contendono il tuo cuore a me…”
 “Sto per consegnartelo completamente il mio cuore…” rispose Ben prima di baciarla appassionatamente.
 
Marie ansimava mentre guardava la coppia che si scambiava baci e carezze nella semioscurità della sera.
Provava una rabbia folle.
No, stavolta non poteva permettere che qualcuno si mettesse fra lei ed il suo uomo.
Perché lui, anche se ancora non lo sapeva, era il suo uomo, era destinato a lei e a nessun altra.
Stavolta non poteva permettere a qualcuno di portargli via l’uomo della sua vita.
Appena i due salirono sulla Mercedes, anche lei mise in moto e seguì l’auto lungo le vie cittadine, sino alla casa del giovane poliziotto.
Non l’aveva riaccompagnata a casa sua.
Marie quasi si sentì male quando vide la giovane coppia salire le scale d’ingresso dell’elegante condominio, ridendo felici.
 Scese dall’auto e rimase per alcuni minuti a guardare il palazzo, sino a che non si accorse della luce che si accendeva al secondo piano.
Dalle tende scorse le figure dei due giovani che si abbracciavano, davanti alla finestra.
Le due ombre si fondevano, erano quasi una cosa sola.
Vide la sagoma di lui che slacciava e faceva  scivolare a terra il vestito di lei.
Poi la luce si spense.
 
Calma, doveva solo restare calma e decidere il da farsi.
Nulla poteva ostacolare il suo piano.
Lui era suo.
E avrebbe eliminato ogni ostacolo per averlo.
 
 
 
Angolino musicale: La storia sta evolvendo per il meglio per il nostro bell’ispettore e tutte a chiedersi quando arriverà la mazzata…Intanto care lettrici (e cari lettori ) godetevi l’ennesima canzone dell’alter ego di Ben…(Come avrete potuto constatare canzone cantata divinamente dalla nuova coppia d’innamorati…e per questa volta noi autrici non rischieremo nessun linciaggio da parte dell’autore). Ladies and gentlemen (live) Tom Beck “love you with my eyes closed” (amarti con gli occhi chiusi).
Per ascoltarla : 
https://www.youtube.com/watch?v=4GD_xs2Yw_0

So ascoltarti quando hai avuto una brutta giornata E so quando posso starti vicino e quando  hai bisogno dei tuoi spazi E so quando devo essere  tuo amico e quando il tuo amante. Leggere la tua mente è una seconda natura per me Mi riesce facilmente con te E a proposito di questo, lo sai che Posso amarti con gli occhi chiusi Ti amo con gli occhi chiusi, conosco tutti i tuoi più profondi segreti che nessuno sa…
 

 

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Capitolo 3
*** Gelosia silenziosa ***


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OSSESSIONE DI MATY66 e CHIARABJ
 
Capitolo 3
Gelosia silenziosa

 “Ieri sera è stata una bellissima serata” disse Semir, mentre salivano sulla BMW per l’inizio del servizio di pattuglia.
Ma Ben non rispose.
Aveva la solita aria sognante che lo caratterizzava da un mese a questa parte.
“Terra chiama Ben!” disse Semir ad alta voce.
“Sì… cosa?” reagì  finalmente il giovane.
“Ho detto: bellissima serata ieri sera”
“Già, c’era un sacco di gente”  rispose Ben.
“Non intendevo solo quello. Comunque sì c’era un sacco di gente. Sai, ho anche avuto l’impressione di aver visto la tua ammiratrice bancaria, quella dell’altro giorno”
“Ma chi, la signora Meger? Ti sarai sbagliato, non penso che una tranquilla signora  frequenti quel tipo di locali”
“Secondo me invece è venuta a vedere te. Comunque venendo a noi… stasera vi aspettiamo verso le otto”
In risposta ricevette solo un borbottio incomprensibile. Ben era troppo impegnato con il suo cellulare.
“Ti ho già detto che a scrivere troppi sms il cervello si riduce di dimensione?”
“Quanto sei spiritoso… sei invidioso perché tu sei troppo lento a digitare e quindi non li mandi mai”
Il socio più anziano non rispose alla provocazione, limitandosi a guardare l’amico sorridendo.
“Sei proprio cotto eh?”
Ben lo guardò per un attimo e poi sorrise anche lui.
“Beh… sì…” ammise.
“E’ molto carina e simpatica, mi piace e cosa incredibile piace molto anche ad Andrea, quindi stasera puoi sperare che non si lancerà nel solito interrogatorio”
“Ma dai… Andrea è molto dolce…”
“In realtà quello che devi temere di più è il giudizio di Aida e Lily, soprattutto quello di Aida. Già lo so, sarà gelosissima del suo zietto”
“Nessuno può competere con la mia principessa e questo lei lo sa” sorrise Ben.
“Spero solo che…” fece dopo un po’ il giovane poliziotto.
“Cosa?” chiese di rimando Semir già intuendo dove stava andando a parare il discorso.
Ben era stato molto sfortunato in amore.
Le uniche due ragazze di cui era stato veramente innamorato gli erano praticamente morte fra le braccia e questo, pensava Semir, era all’origine della sua paura ad impegnarsi  davvero in nuove storie.
“Beh… vorrei che stavolta…” il giovane non riuscì a finire la frase.
Un lampo di tristezza gli passò negli occhi.
“Andrà bene, vedrai. Ne sono sicuro” lo rassicurò il socio anziano.
“Allora cosa si mangia stasera?” chiese Ben recuperando subito l’allegria.
 

“La nuova fidanzata di zio Ben è bella?” chiese con vocina leggermente indispettita Aida.
“Sì molto” rispose il padre, sorridendo per l’aria gelosa e quasi arrabbiata che aveva la figlia maggiore mentre lo aiutava ad apparecchiare la tavola per la cena.
“Da quanto tempo la conosce?” chiese ancora la bambina.
“Queste non sono cose che ti devono interessare, piccola. Piuttosto mi aspetto che tu sia gentile e cortese con Melanie, da brava bambina che sei”
“Già so che invece non mi starà simpatica, come non mi stavano simpatiche le altre” fece la bambina mollando in modo brusco l’ultimo piatto sul tavolo ed andandosi a sedere, con aria imbronciata, sul divano.
 Semir stava per scoppiare a ridere di fronte a quella vera e propria scenata di gelosia, ma si trattenne.
Si sedette invece con calma accanto alla figlia, con aria seria.
“Aida… lo sai che zio Ben ti vorrà sempre bene, vero? Anche se è fidanzato e anche  se forse un giorno si sposerà?”
La bambina lo guardò corrucciata.
“Sì… ma  se è fidanzato non avrà più tempo per me. Passerà tutto il tempo con la sua fidanzata e non starà più con noi” fece poi la piccola con aria triste.
“Questo non è vero e lo sai anche tu. Conosci bene zio Ben, avrà sempre tempo per te”
“Sì, ma non sarà più la stessa cosa…” protestò la piccola.
“Tesoro, le cose cambiano. Anche tu crescerai e non vorrai più passare tutto il tuo tempo con noi genitori o con zio Ben. Già ora mi sembra che quando c’è qualche festa delle tue amiche,  non pensi molto a stare qui con i vecchietti. E’ una cosa naturale”
“Tu non sei vecchietto…” rispose la figlia sorridendo.
Semir sorrise. Aida aveva un dono naturale nel superare i brutti pensieri facilmente.
“Hai ragione. Anzi quando stasera vedi zio Ben informalo subito che io non sono un ‘vecchietto’”
I due risero di gusto.
“Coraggio, vai da tua madre ad aiutarla a cucinare. Quando c’è Ben a cena bisogna cucinare in quantità industriali” rise ancora il piccolo turco alzandosi dal divano.
Nessuno si sarebbe mai aspettato che quelle sarebbero state, per molto tempo le ultime ore di tranquillità trascorse.

 
“Ma sei bellissima” esclamò Ben vedendo Melanie venirgli incontro, fasciata  in un semplice, ma elegante abitino a balze blu scuro.
“Grazie…” rispose la ragazza arrossendo leggermente.
Ben pensò che la naturale timidezza della ragazza, che lei cercava sempre di nascondere, era invece la cosa più seducente che avesse mai visto.
I due si baciarono appassionatamente prima di salire in auto.
“Sono un po’ nervosa…  mi sento come se dovessi incontrare la tua famiglia”
“Beh in fondo i Gerkan sono un po’ la mia vera famiglia. E ti posso assicurare che non devi essere nervosa. Sono semplicemente fantastici. Cosa farai quando incontrerai ufficialmente mio padre? Lì si che ti dovrai preoccupare” rispose il giovane poliziotto sorridendo.
“Guarda che conosco già Konrad Jager, il mio studio lavora per lui. E non è poi così terribile come lo descrivi…”
“Aspetta e vedrai” sorrise ancora Ben mettendo in moto la sua Mercedes.
Nessuno dei due si accorse del SUV nero dall’altro lato della strada che si accodò nel traffico, seguendo la Mercedes a distanza di sicurezza.
 
 “E queste sono Aida e Lily, le mie principesse” Ben fece le presentazioni mentre Melanie sorrideva alle due bambine.
Lily rivolse subito alla nuova arrivata un bel sorriso sdentato, ma Aida lanciò invece alla ragazza un vero e proprio sguardo ostile.
“Vado di sopra a finire di fare i compiti” annunciò mentre risaliva le scale senza degnare Melanie di uno sguardo.
“Aida, torna subito qui…” la rimproverò Andrea, ma venne subito bloccata da Ben.
“Lascia Andrea. Ci penso io” fece il giovane avviandosi anche lui su per le scale.
Arrivato alla stanza della bambina bussò piano alla porta e attese il timido ‘avanti’ prima di entrare.
“Principessa, c’è qualcosa che non va?” chiese sedendosi accanto alla piccola che era intenta alla sua scrivania a disegnare.
“No… devo solo finire questo disegno per la lezione d’arte” rispose la bambina senza sollevare lo sguardo dal foglio.
“Invece mi  era parso che tu ce l’avessi con me… ho fatto qualcosa?” la incalzò il giovane.
“Ma no…” sospirò la piccola.
“Aida… tu sai che sarai sempre la mia principessa?” chiese Ben sorridendo.
“Sì certo” balbettò la piccola.
“Sempre, anche se ora nella mia vita c’è Melanie”
La bambina mollò finalmente le matite e guardò il giovane negli occhi.
“Ma non sarà più la stessa cosa. Non avrai più tempo per noi”
“Avrò sempre tempo per voi, sempre. Te lo prometto. Mi credi?” disse serio Ben.
 La bambina annuì indecisa.
“Aida… sono  mai venuto meno ad una promessa che ti ho fatto?” chiese ancora il giovane.
“No…”
“E allora non ti devi preoccupare” sorrise Ben.
“Andiamo  a finire questo disegno di sotto, dai” fece alla fine prendendo i fogli dalla scrivania.

 
“Possibile che ogni essere di sesso femminile che avvicini debba essere gelosa di te?” rise Semir mentre Ben entrava in cucina.
Aida era rimasta in salotto e stava disegnando sul tavolino  davanti al divano dove Andrea e Melanie stavano chiacchierando tranquillamente.
“La verità è che sei tu quello geloso, c’è chi ha fascino e chi no…”
“E il tuo colpisce donne di ogni età a quanto vedo, dalle bambine alle bancarie di mezz’età…”
“Ancora con questa storia della bancaria? La signora Meger è solo una tranquilla e gentile impiegata di banca”
“Che ti mangiava con gli occhi…”  rise Semir.
La conversazione venne interrotta da Andrea che entrava in cucina per finire la preparazione della cena.
“Tutto bene di là?” chiese preoccupato il marito.
“Sì Melanie sta aiutando Aida a finire il disegno…”
I due soci si guardarono perplessi.
“Sapevi che Melanie ha frequentato un corso d’arte? Sta insegnando ad Aida a fare il chiaroscuro” sorrise Andrea.
Ben si affacciò dalla porta della cucina e guardò verso il salotto dove Melanie si era accovacciata accanto al tavolino e parlava calma con Aida mentre le faceva vedere come finire il disegno.
Provò un strana sensazione, passione, ma anche amore calmo, di quello che ti rasserena.
Forse era  davvero quella giusta.

 
Marie era seduta in auto ormai da molte ore.
Era scesa solo per dare un’occhiata dalle finestre della piccola villetta di periferia.
Nascosta fra i cespugli aveva sbirciato dentro e subito gli era salita un’ immensa rabbia.
Erano tutti seduti al tavolo da pranzo: il piccolo turco che era venuto a chiamarlo in banca, quella che doveva essere la moglie e due mocciose. E poi c’era lui che rideva e chiacchierava e ostentatamente carezzava la mano di quella stupida oca che gli sedeva a fianco.
Come poteva invaghirsi di una tale inutile persona? Una stupida gallina che ridacchiava ad ogni sua battuta…
Ma lui era suo  e di nessun’altra.
Stavolta non avrebbe premesso a niente e nessuno di rovinare la sua felicità.
Se la meritava quella felicità, dopo tanti anni passati da sola, continuamente a nascondersi,  a crearsi nuove identità, a non farsi scoprire.
Lui era suo e quindi quella stupida sciacquetta doveva sparire, a qualsiasi costo.

 
 “Bene socio, allora ci vediamo domani. E vedi di non fare tardi come al solito” fece Semir mentre apriva la porta d’ingresso ai due giovani a fine serata.
“Grazie di tutto, è stata una serata bellissima” disse Melanie sorridendo e porgendo la mano ad Andrea.
“E’ stato davvero un piacere avervi qui, giusto Aida?” rispose la donna spingendo in avanti la  figlia maggiore.
Il clima si  era alleggerito durante la cena e Aida aveva anche sorriso più volte a Melanie.
“Fammi sapere se il disegno è piaciuto alla tua insegnante. E la prossima volta ti insegno a disegnare in prospettiva” sorrise Melanie.
“Le mie amiche  resteranno di stucco, non sono mai stata molto brava in arte…” sorrise orgogliosa la bambina.
Il gruppetto si salutò calorosamente.

 
  “Allora esame superato?” chiese Semir alla moglie, dopo aver chiuso la porta alle spalle dei due giovani che si avviavano verso l’auto.
Andrea sorrise compiaciuta “Direi di sì, anzi devo dire che  Melanie mi piace molto”
“Ohhh finalmente la suocera si è arresa…” scherzò il marito.
Ma subito dopo il sorriso gli morì  sulle labbra.
Udì un forte stridio di freni di un’auto.

Poi un tonfo sordo e le urla disperate di Ben.
 

Angolino musicale:  direi che possiamo ufficialmente dire che Marie è gelosissima, ma chi non lo sarebbe, ma a tutto c’è un limite giusto??? Comunque come mai il nostro Bennuccio urla disperato a fine capitolo??? Si accettano scommesse…intanto godetevi questo suggerimento musicale Mariah Carey Without You (Senza Te)
Per ascoltarla: 
https://www.youtube.com/watch?v=Hat1Hc9SNwE

No, non posso dimenticare questa serata o il tuo viso mentre andavi via, ma penso che questo sia solo il modo in cui vanno le cose tu sorridi sempre, ma i tuoi occhi mostrano il tuo dolore si, lo mostrano no non posso dimenticare il domani quando penso a tutto il mio dolore quando ti avevo lì, ma poi ti ho lasciato andare e ora é bene che ti faccia sapere quello che dovresti sapere non posso vivere se vivere é senza di te non posso vivere non posso dare niente di più…

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Capitolo 4
*** Il peggior incubo ***


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OSSESSIONE di Maty66 e ChiaraBJ



Capitolo 4
Il peggior incubo

 

Semir rimase per un attimo come impietrito, fermo al centro della stanza da pranzo.

Intuì immediatamente che era successo qualcosa di terribile e vinto il momento di stupore si precipitò in  strada, seguito da Andrea.

Quello che videro li lasciò senza fiato.

Poco più  avanti alla Mercedes di Ben, parcheggiata dall’altro lato della strada, c’era il corpo di Melanie, riverso su di un fianco.

La ragazza era immobile e sotto la testa si era formata una pozza di sangue.

Ben era inginocchiato accanto a lei e anche a distanza Semir poteva sentire i suoi singhiozzi disperati ed i suoi richiami.

“Chiama l’ambulanza, presto!” disse Semir alla moglie, recuperando la lucidità.

Poi corse accanto all’amico.

“Ben!!! Che è successo???” chiese inginocchiandosi anche lui accanto alla ragazza.

“Ben!!!” lo richiamò di nuovo perché l’amico non rispondeva: pareva in trance e non faceva altro che ripetere il nome di Melanie.

“Io… io non lo so… stavamo attraversando e… e… ho visto solo un SUV nero con i vetri scuri… l’ha presa in pieno, non ha neppure cercato di frenare…” balbettò alla fine il giovane prima di scoppiare in lacrime.

L’istinto da poliziotto di Semir prese il sopravvento.

Avrebbe voluto rimanere accanto all’amico, ma doveva almeno tentare di prendere il bastardo che aveva fatto questo.

“Hai visto dove è andato…”

“Ha… ha svoltato a destra… oddio Melanie…” balbettò Ben con un filo di voce.

Andrea  si era nel frattempo avvicinata.

“L’ambulanza sta arrivando” disse  guardando inorridita la ragazza riversa a terra.

“Resta con lui. Non la toccate sino a che arriva l’ambulanza” le ordinò il marito mentre correva verso la sua BMW.

Poi mise in moto e sgommò verso la direzione imboccata dal SUV.

  
 

Le strade erano sgombre a quell’ora di sera e Semir accelerò più che poteva, cercando di fare attenzione alle strade laterali dove poteva aver svoltato il SUV.

Appena Ben gli aveva indicato il modello di auto che aveva investito Melanie aveva avuto una brutta sensazione, come se  si aspettasse la risposta.

 Ragionando gli sembrò di ricordare di aver visto, quando aveva aperto la porta ai due giovani, un SUV parcheggiato poco distante dalla Mercedes di Ben, ma non ne era sicuro.

E gli sembrò di ricordare un SUV nero parcheggiato anche davanti al locale dove avevano cantato la sera prima, ma anche in questo caso non poteva esserne sicuro.

Se realmente era così poteva solo dedurre che l’investimento non era stato casuale.

Chi poteva avercela con Melanie? Una dolce ragazza senza grilli  per la testa? O forse qualcuno ce l’aveva con Ben e aveva investito Melanie per errore?

Con mille pensieri che si agitavano nella testa Semir continuò a guidare a velocità folle, fino a che davanti a lui  non vide i fari posteriori di un SUV scuro che procedeva a velocità ancor più folle, schivando e sorpassando i veicoli davanti a lui.

“Eccoti bastardo…” disse fra sé e sé il piccolo turco, cercando di accodarsi il più possibile.

Ma la persona alla guida del SUV era abile e probabilmente si era accorta di essere stata individuata.

Semir  vide il SUV compiere un paio di manovre spericolate e passare vari semafori con il rosso.

Da lontano non riusciva a vedere bene la targa ed era così impegnato a non lasciarsi seminare che non aveva neppure il coraggio di mollare con una mano il volante e chiamare alla radio i rinforzi.

“Fermati bastardo” imprecò di nuovo il piccolo turco, accendendo la sirena per avere strada libera.

Ma il SUV non accennava a fermarsi, né sembrava preoccuparsi della gente in strada.

Incurante dei pedoni o dei veicoli che lo precedevano Semir vide il SUV percorrere a velocità incredibile il passaggio a livello di  Marketstraße , poco prima che le sbarre si abbassassero.

Cercò di compiere la stessa manovra, del tutto inutilmente.

La sbarre calarono  proprio davanti al cofano della BMW, costringendolo ad una brusca frenata.

Al piccolo turco non restò altro che scendere dall’auto, maledicendo tutto e tutti, mentre vedeva il SUV allontanarsi dall’altro lato del binario. L’unica cosa che riuscì a scorgere furono le prime due lettere della targa.

 

“Sì Susanne, l’ho perso al passaggio a livello di Marketstraße. Le prime due lettere  della targa sono....”

Semir aveva finalmente chiamato la centrale, mentre tornava verso casa sua, ed aveva anche saputo che due pattuglie erano già  arrivate sul posto dell’investimento.

“No, non posso dire con certezza che si sia trattato di un investimento volontario, ma tutto me lo fa pensare.  Sì, dirama l’avviso a tutte le pattuglie. Ti informo dopo” concluse Semir mentre si avvicinava alla piccola villetta.

Già da lontano aveva visto le luci lampeggianti della auto della polizia e dell’ambulanza.

Parcheggiò rapidamente la BMW e si avvicinò all’ambulanza dove i paramedici stavano già caricando la barella con Melanie.

La ragazza era pallidissima ed ancora incosciente. Le avevano messo una cannula per l’ossigeno e il collare per tenere stabile la colonna vertebrale.

“Come sta?” chiese Semir alla moglie ferma poco distante.

“Male, a quanto ho potuto capire…povera Melanie… la stanno portando al Policlinico” rispose la donna.

“E povero Ben” pensò Semir, rabbrividendo al pensiero che forse l’amico poteva perdere di nuovo la persona che amava.

Si avvicinò all’ambulanza, dove anche Ben stava salendo.

“Ben… vedrai andrà tutto bene” provò a consolarlo, ma l’amico non dette neppure l’impressione di averlo sentito.

Continuava a stringere la mano della ragazza stesa immobile sulla barella e a chiamare piano il suo nome.

“Ti raggiungo in ospedale” disse Semir mentre le porte si chiudevano e l’ambulanza partiva a sirene spiegate.

“Semir… lo hai preso?”

Solo allora Semir si accorse che sul posto erano arrivati anche Dieter e Jenny.

“Macché, mi ha seminato al passaggio a livello di Marketstraße. Sono riuscito a prendere solo le prime due lettere della targa. Poco per quel tipo di autovettura, è comunissima…”

Jenny sospirò triste guardando la grossa macchia di sangue sull’asfalto e gli altri agenti che stavano completando i rilievi.

“Ma davvero pensi, come ha detto Susanne, che non sia stato un incidente?”

“Non lo so Jenny, proprio non lo so. Ricordo di aver visto un SUV parcheggiato qui davanti quando Ben e Melanie sono arrivati, ma…”

 “Ma chi può voler uccidere  la ragazza di Ben?” intervenne Dieter.

“Forse ce l’aveva con Ben… qualcuno che ha arrestato…” ragionò Jenny.

“L’ho pensato anche io, ma l’unico modo per sapere la verità è trovare il bastardo” concluse Semir con aria feroce.

Tutti rimasero in silenzio per un po’.

“Io vado in ospedale…” disse Semir alla moglie avviandosi verso la sua BMW.


 

Marie entrò nel garage del piccolo cottage che aveva affittato e mentre spegneva il motore del SUV sospirò cercando di calmarsi.

Quel maledetto piccolo turco l’aveva quasi  acciuffata.

Aveva capito sin dalla prima volta che l’aveva visto che quel maledetto avrebbe creato problemi. Gli stava sempre appiccato, lo seguiva come un’ombra dappertutto e Marie ormai era sicura che, se voleva arrivare a Ben, doveva  prima o poi toglierlo di mezzo.

Proprio come aveva fatto con quella stupida oca.

La donna sorrise soddisfatta a ripensare alla scena di poco prima e  sperava vivamente di aver tolto la sciacquetta dal mondo dei vivi.

Pregustò il momento in cui  sarebbe andata al funerale, magari facendo finta di essere lì per caso.

Non c’era nulla di meglio che consolarlo in un momento triste per farsi notare.

Quasi felice Marie scese dall’auto e controllò i danni al cofano causati dall’investimento.

 Poca cosa. Il meccanico lì vicino gliel’avrebbe riparati e avrebbe tenuto certamente il segreto.

Era un cliente dalla banca e lei gli aveva fatto fare buoni affari.

E poteva anche trovare un buon compratore per l’auto, magari all’estero per farla sparire.

Canticchiando salì al piano di sopra e dopo una rapida doccia si stese sul letto, prendendo sonno immediatamente.

 
 

 “Mi scusi sto cercando Melanie Farbton, è stata ricoverata qui poco fa, vittima di un investimento” chiese Semir all’infermiera seduta dietro il banco accettazione.

“Lei è un parente?” chiese sospettosa la donna.

“No, ma sono un poliziotto” rispose seccato Semir mostrando il tesserino.

La donna controllò il pc e poi rispose acida:

“E’ già in sala operatoria. Se vuole può aspettare notizie al quarto piano”

Semir non si prese la briga neppure di ringraziare e si avviò verso l’ascensore.

Appena le porte dell’ascensore si aprirono il piccolo turco vide Ben che si aggirava  nella sala d’attesa come un leone in gabbia.

“Ben… come stai?” chiese avvicinandosi.

Il ragazzo aveva le mani e i vestiti sporchi di sangue e sembrava totalmente sconvolto.

“Io bene, ma Melanie… la stanno operando…” rispose con un filo di voce.

“Dai vieni a sederti e raccontami quello che è successo”

L’istinto di poliziotto di Semir aveva di nuovo preso il sopravvento.

“Io… io non ho visto bene, era buio e sai che le luci di fronte casa tua sono scarse. Stavano andando verso la mia auto ed io mi sono spostato verso il lato guida…  stavo di spalle, poi  ho solo sentito il botto e quando mi sono girato Melanie…oddio Semir non ha neppure tentato di frenare, l’ha investita in pieno” la voce di Ben s’incrinò.

“Calmati, dai, siediti qui. Ti porto qualcosa? Un caffè?” lo esortò l’amico mentre lo conduceva verso  i piccoli divani.

“No non voglio niente. Voglio solo che qualcuno esca da quella porta e mi dica che Melanie sta bene…”

I due si sedettero sul divano e Semir resistette alla tentazione di abbracciare l’amico per consolarlo.

Lo vedeva tremare come un foglia e sembrava sull’orlo delle lacrime.

“Ben… non vorrei tormentarti, ma sai che i primi momenti sono importanti per trovare il colpevole. Hai avuto l’impressione che si sia trattato di un investimento volontario?”

 “Non lo so, ma… chi può volere fare male a Melanie?”

“Oppure potevi essere tu il bersaglio…”

Ben si limitò a guardarlo senza parlare.

“Sai qualcosa della famiglia di Melanie? Qualcuno che possiamo avvisare?” chiese ancora Semir.

“Non molto, so che i genitori vivono a Norimberga…”

“Ok, chiamo Susanne e le chiedo di rintracciarli…”

 

 Dopo aver chiamato Susanne, Semir si avvicinò di nuovo all’amico che stava seduto immobile, guardando fisso a terra.

A solo vederlo così pallido e tremante gli si strinse il cuore. No, non poteva succedere di nuovo, Ben non poteva perdere di nuovo l’amore in modo così drammatico.

Sospirando si sedette vicino al giovane e si preparò ad una lunga attesa.

 

E fu davvero una lunga attesa.

Solo dopo diverse ore un medico in camice verde uscì dalla porte automatiche.

“I parenti della signorina Farbton?” chiese guardandosi intorno.

Ben saltò su come punto da una tarantola.

“Dottore… la prego… mi dica come sta… sono il suo ragazzo”

“Non ci sono parenti?” chiese il medico imbarazzato.

“No, i genitori stanno arrivando da Norimberga. Ma la prego… ci dia notizie…” lo supplicò Semir avvicinandosi.

Il medico guardò verso Ben, comprensivo.

“Veramente non potrei, ma viste le circostanze farò un’eccezione. Sono il dottor Klein,  il chirurgo che ha operato Melanie, ci sediamo un attimo?”

A Semir si gelò il sangue. Non era mai un buon segno quando i medici dicevano così.

“Dunque, la signorina Farbton ha riportato varie fratture, al braccio e alla gamba destra e alle costole. Ma quello che ci preoccupa di più è il trauma cranico. Nell’urto ha evidentemente battuto la testa. Abbiamo fermato l’ emorragia in sala operatoria, ma mi dispiace… la situazione è critica… Melanie è entrata in coma” disse con aria professionale il medico, mentre Ben non riusciva più a trattenere le lacrime.

 

 

 

Angolino musicale: lo ammetto questa volta “Grimilde” è stata cattivissima anche nella scelta della canzone…visto e considerato che fine fanno le fidanzate di Ben…canzone di…’buon auspicio’…

Evanescence Bring Me To Life (Riportami In Vita)

Per ascoltarla : https://www.youtube.com/watch?v=3YxaaGgTQYM

Come fai a vedere dentro i miei occhi come se fossero porte aperte, arrivando nelle profondità del mio corpo, dove sto diventando ghiacciata. Senza un'anima il mio spirito sta dormendo in qualche luogo freddo fino a che non la ritroverai e la riporterai a casa. (Svegliami.) Svegliami dentro. (Non riesco a svegliarmi.) Svegliami dentro. (Salvami.) Chiama il mio nome e salvami dalle tenebre. (Svegliami.) Ordina al mio sangue di scorrere. (Non riesco a svegliarmi.) Prima che io venga distrutta. (Salvami.) Salvami dal nulla che sto diventando. Ora che so cosa mi manca non puoi lasciarmi. Respira in me e rendimi vera. Riportami in vita. Ghiacciata dentro, senza il tuo tocco, senza il tuo amore, caro. Solo tu sei la vita in mezzo alla morte. 
 

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Capitolo 5
*** Maledetto ***


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OSSESSIONE DI MATY66 e CHIARABJ

Capitolo 5
MALEDETTO

 

Semir aveva trascorso tutta la notte in ospedale accanto a Ben, in attesa che il giovane potesse entrare nel reparto di rianimazione a visitare Melanie.
Era anche rimasto in contatto continuo con la centrale, dove quasi tutti colleghi erano restati volontariamente in servizio; erano davvero una grande famiglia e quando qualcuno toccava un membro della famiglia tutti si prodigavano.
Ma per esperienza Semir sapeva che, a meno di qualche colpo di fortuna, sarebbe stato molto difficile rintracciare il SUV.
Tutte le telecamere sul percorso, data anche l’ora tarda, non erano riuscite ad inquadrare la targa ed i vetri scuri impedivano anche di conoscere se alla guida c’era una donna o un uomo.
L’istinto di Semir, quello che non lo tradiva mai, gli diceva però che quello non era un semplice incidente stradale e neppure un semplice investimento volontario; c’era qualcosa di più e soprattutto qualcosa di molto pericoloso, anche se non riusciva a capire cosa.
Quello che ora lo preoccupava di più era la situazione piscologica del giovane socio.
Non si era allontanato neppure un minuto dalla sala d’attesa, se non per andare un attimo in bagno a lavarsi.
Rifiutava di bere o mangiare qualsiasi cosa e stava seduto come una bambola di pezza sul divano, fissando il vuoto.
Semir tornò a sedersi accanto a lui, ma non ebbe il coraggio di dire nulla.
“E’ colpa mia…” sussurrò all’improvviso Ben.
“Cosa?” chiese sorpreso l’amico.
“Colpa mia se Melanie sta male…. sono maledetto io… qualsiasi donna che amo muore… sono maledetto, lo dovevo sapere. Dovevo stare lontano da lei” bisbigliò ancora il giovane.
Semir rimase di stucco.
“Questa è una sciocchezza bella e buona, che razza di cretinate ti vengono in mente? La colpa è di quel folle che l’ha investita…” Semir alzò la voce, preoccupato, attirandosi subito gli sguardi di rimprovero degli altri presenti.
“E’ la terza volta che succede… la terza Semir. E’ colpa mia, dovevo sapere che chi si avvicina a me si mette in pericolo…”
Semir cercò di restare calmo e riportare alla razionalità l’amico.
“Ben per favore, non dire stupidaggini. Melanie non è morta e non morirà. Andrà tutto bene e soprattutto quello che è successo non è certo colpa tua” il piccolo turco quasi scandì le parole cercando di convincere l’amico.
Ma il giovane non gli rispose neppure. Si alzò dal divano e riprese a camminare in tondo nella stanza.
“Ben… il medico ha detto che ci vorranno ancora un po’ di ore prima che tu possa entrare a vedere Melanie, forse potresti venire un po’ a casa nostra… fai una doccia e dormi un po’…” provò a chiedere.
Ma ancora una volta Ben non rispose, continuando a girare in tondo nella stanza, pallido e agitato.
“Ben…” Semir si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla.
La reazione lo lasciò sbalordito.
“Stammi lontano Semir. Stammi lontano, tu, Andrea, le bambine, tutti! Chi ha a che fare con me si mette in pericolo” urlò il giovane voltandosi di scatto.
Ora Semir era davvero terrorizzato dalle condizioni psicologiche del socio.
Si chiese se fosse il caso di chiamare un medico e fargli dare qualche sedativo, ma non ebbe il tempo di pensare oltre.
Nella sala d’attesa entrò Susanne seguita da una coppia di mezza età, dall’aria triste e preoccupata.
I genitori di Melanie erano arrivati.
 

Susanne parlava piano con Semir lanciando continue occhiate al divano dove erano seduti i genitori di Melanie e Ben.
“Come sta Melanie?” chiese la bionda segretaria.
“Male… è in coma purtroppo. E anche Ben non sta bene…” rispose triste l’ispettore.
“Si è messo in testa che è colpa sua, che è maledetto e che tutti quelli a cui vuole bene  prima o poi sono in pericolo…” continuò.
“Ma che dice?” Susanne strabuzzò gli occhi dalla sorpresa.
“Rifiuta di parlare anche con me… e se Melanie non ce la fa… non so proprio cosa può succedere…”
 
“Melanie ci ha tanto parlato di te, sai… ci ha mandato anche le vostre foto…”
La signora Farbton era una bella donna, molto somigliante alla figlia, sia nell’aspetto fisico  che nel carattere.
Era gentile e calma, nonostante la situazione, ma Ben le leggeva negli occhi e nella voce la disperazione e la paura.
Il giovane si sentiva come intrappolato in un incubo da cui non riusciva a svegliarsi. Parlava e camminava come un automa, con un unico pensiero in mente. Tutti quelli che amava prima o poi morivano.
“Mi spiace così tanto… è solo colpa mia” bisbigliò triste, mentre le lacrime gli scendevano.
“Ma che dici? E’ stata investita… non è colpa tua” intervenne il padre di Melanie.
“Sì, ma io…”
Le parole morirono sulla labbra di Ben.
Una delle infermiere si avvicinò al gruppetto.
“Il dottore dice che ora potete entrare. Ma uno per volta e solo per pochi minuti”  disse.
I genitori di Melanie si lanciarono uno sguardo d’intesa.
“Ben… coraggio, vai per primo” disse la madre, sorridendo triste.
Il giovane alzandosi sentì le gambe che gli tremavano.
Barcollando entrò nel reparto di rianimazione.

 
“Hartmut dimmi che hai qualcosa per me” disse Semir rispondendo alla chiamata sul cellulare.
“Purtroppo poco Semir. Ho incrociato i dati delle prime lettere del SUV con quelli di proprietà dei residenti di Colonia, sperando che l’investitore  sia  uno che abita qui. Già restringendo così la ricerca mi ha dato oltre 100 corrispondenze…” rispose il tecnico dall’altro lato della linea.
“Sono tanti…  prova a restringere la ricerca a quelli che risiedono nel distretto di Marketstraße”
“Ci vorrà un attimo, il mio nuovo programma di ricerche incrociate è velocissimo. Ho inserito un algoritmo che…”
Hartmut si stava già lanciando nella descrizione minuziosa del suo nuovo programma, ma venne bloccato da Semir.
“Sì me lo racconti un’altra volta Einstein…”
“Certo… aspetta un minuto” Semir percepì la solita delusione nella voce del tecnico mentre lo sentiva battere i tasti del pc.
“Ecco sono venticinque. Credi davvero che si stesse avvicinando a casa quando l’hai intercettato?” chiese Hartmut quando ebbe finito.
“Non lo so, ma da qualche parte dobbiamo iniziare. Manda la lista sul mio cellulare, grazie”

 
Semir riattaccò la telefonata proprio mentre Andrea entrava nel reparto.
“Come sta Melanie?” chiese subito la donna, avvicinandosi al marito e abbracciandolo.
“Sempre uguale, cioè male…”
“Dov’è Ben?” chiese ancora Andrea meravigliata di non vedere il giovane lì.
“E’ appena entrato per vederla. E lui dal punto di vista psicologico non sta bene credimi. E’ distrutto, si è messo in testa che è colpa sua, che ha una specie di maledizione addosso per cui  tutti quelli che ama prima o poi muoiono o  sono in pericolo”
“Ma è impazzito? Cosa c’entra lui con l’investimento di Melanie?”
“Nulla, ma è già la terza volta che la sua ragazza…”
Semir non riuscì a finire la frase.
“Comunque sta malissimo. Prima  mi ha intimato di stargli lontano,  vuole  che tutti  noi stiamo lontani per non essere in pericolo. Se succede qualcosa a Melanie non so proprio come potrebbe reagire” continuò triste.
“Non succederà nulla, Melanie guarirà e tutto  tornerà a posto” fece Andrea sicura.
In quel momento il cellulare di Semir vibrò, era arrivato il messaggio di Hartmut.
Semir scorse rapidamente la lista e la sua attenzione fu subito catturata da un nome.
“Puoi restare qui per un po’?” chiese alla moglie rimettendosi il cellulare in tasca.
“Sì certo, ho già detto a mia madre di prendere lei le bambine all’uscita da scuola”
“Bene, stai vicino a Ben, non lo lasciare solo” fece il marito avviandosi verso l’uscita.
“Dove vai?” chiese Andrea.
“A cercare il bastardo che ha fatto questo. E’ l’unica cosa che posso fare per Ben e Melanie ora” rispose sicuro Semir uscendo a passo di carica dal reparto.

 
Ben trattenne il respiro mentre entrava nella grande sala dove stazionavano tre letti, circondati da macchinari vari.
L’avevano rivestito con un camice verde e l’infermiera gli sorrideva benevola mentre lo conduceva verso il letto centrale.
Non aveva il coraggio di guardare il corpo steso sul letto. Quella non poteva essere Melanie, la splendida ragazza con cui aveva riso e gioito poche ore prima, con cui aveva fatto l’amore la sera prima.
Ma invece era proprio lei, lì stesa sul letto, sospesa fra la vita e la morte, la testa fasciata,  circondata da macchine e tubi.
Ben si sedette sulla sedia al fianco del letto e prese la mano di Melanie nella sua.
Era gelida e completamente inerte.
“Melanie… ti prego” bisbigliò mentre le lacrime riprendevano a scorrere.
Irragionevolmente Ben sperava in una reazione della ragazza, che però non arrivò.
Strinse ancor di più la mano della ragazza nella sua.
“Melanie ti prego, tu devi farcela… ti prego…” supplicò con la voce rotta dal pianto.
Rimase così per un po’, in assoluto silenzio, mentre le lacrime continuavano a scendere, sino a che l’infermiera non gli chiese di uscire.
 

Semir era molto agitato mentre guidava verso la sua meta.
Appena aveva visto il nome sulla lista aveva sentito come un pugno nello stomaco, quasi come se avesse avuto la conferma di quello che sospettava da  quando era successo.
Marie Meger.
La bancaria era uno dei proprietari di SUV sulla lista di Hartmut.
 


Angolino musicale: devo essere sincera, non so se è “Grimilde “ che prova un sadico piacere nel trovare certe canzoni o è “Smielilde” che a volte viene contagiata da una recensista che ha l’animo decisamente ’Romantico’, sta di fatto che la canzone per “Ben maledetto” me l’ha suggerita proprio lei (Grazie Claddaghring8!!!):
Simple Plan ‘I Can Wait Forever’ (Posso Aspettare Per Sempre)
Per ascoltarla
https://www.youtube.com/watch?v=72eU-4qYS64

un altro giorno senza te con me è come una lama che mi trafigge, ma posso aspettare per sempre quando tu chiami, il mio cuore smette di battere, ma una volta che sei andata via, non smette di sanguinare posso aspettare per sempre 
sei così bella oggi, è come tutte le volte che ovunque mi volto, vedo il tuo viso la cosa che più mi manca è svegliarmi accanto a te quando ti guardo negli occhi, beh vorrei poterci restare e non posso mentire, ma ogni volta che vado via, il mio cuore si intristisce e voglio tornare a casa per vedere il tuo viso e so che sembra possa essere davvero per sempre immagino che sia il prezzo che devo pagare, ma quando tornerò a casa per sentirti il tuo tocco renderà tutto migliore fino a quel giorno non c'è nient'altro che posso fare posso aspettare per sempre...

 
 

 

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Capitolo 6
*** Piani diabolici ***


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OSSESSIONE di MATY66 e CHIARABJ
Capitolo 6
Piani diabolici
 
Semir bussò più volte al campanello del piccolo cottage, senza ottenere risposta.
Si girò intorno alla ricerca di finestre o porte da cui sbirciare dentro e vinse a stento la tentazione di tirare fuori dalla tasca interna del giubbotto i suoi famosi attrezzi. Non aveva mandato e la Meger per ora non era sospettata di  alcun reato, quindi non poteva perquisire la casa,  ma lui sapeva che quella donna era dentro sino al collo in questa storia.
Guardò dalle finestre a piano terra, ma non riuscì a vedere altro che un garage colmo di attrezzi e cianfrusaglie, nessun SUV parcheggiato.
“Posso aiutarla?”
Semir sentì una vocina sottile alle sue spalle, leggermente spaventata.
Si voltò e vide una vecchina canuta, che lo guardava sospettosa, impalata al centro della strada con i sacchetti della spesa in mano.
“Sì… sto cercando la signora Meger. Sa se è in casa?” Semir si stampò sul volto il più rassicurante dei sorrisi.
“Di solito a quest’ora è al lavoro. Ma lei chi è?” chiese sempre sospettosa la vecchina.
Semir pensò rapidamente.
Non voleva insospettire la Meger e se diceva alla donna che era un poliziotto era sicuro che la Meger ne sarebbe venuta a conoscenza in un attimo.
L’occhio gli cadde sulla cassetta della posta da cui spuntava una rivista. 
“Sono della redazione del Colonia Fashion. Volevo informare la signora Meger che ha vinto un premio riservato ai nostri abbonati” disse con aria sicura.
“Davvero? E’ una bellissima rivista, Marie me la passa quando ha finito di leggere il numero…”
“Sì signora, siamo lieti di avere lettrici come lei e la signora Meger. Mi sa dire quando torna?” chiese Semir, sfoderando ancora una volta il suo fascino da stallone turco.
“Non so, stamattina non l’ho vista uscire con la sua macchina… ma di solito torna alle sette. Lavora in banca ed  è molto brava sa? Ha fatto fare un sacco di buoni affari alla gente del quartiere. Qui siamo in pochi, è un quartiere molto isolato ci facciamo compagnia l’un l’altro…”
La  vecchina ormai era un fiume in piena, ma Semir aveva fretta.
Voleva rintracciare subito la Meger.
“Molto bene signora, allora tornerò stasera. E… le sarei grato se non parlasse con la signora Meger della mia visita. Sa vorremmo che per lei fosse una vera sorpresa…”
“Ma certo giovanotto, non si preoccupi. Sarò muta come un pesce” rise la vecchina, tutta felice.
Semir salì in auto pensieroso. 
Si diresse verso la banca, ma già sapeva che lì non avrebbe trovato la Meger al lavoro.
 

Marie guardò dalla tenda socchiusa al primo piano il turco che dopo aver parlato con la signora Burke, la vicina di casa, si allontanava con la sua BMW.
Maledetta impicciona, chissà cosa gli aveva detto quella vecchiaccia.
E maledetto quel piccolo e lurido turco, non riusciva a scrollarselo di dosso.
L’aveva sottovalutato evidentemente, non riusciva a capire come aveva fatto ad arrivare a lei in così poco tempo. Fortuna che il meccanico era arrivato a prima mattina per ritirare il SUV e che le aveva promesso di finire il lavoro in poche ore.
Sospirando e nel tentativo di calmarsi accese la TV.
La notizia della morte dell’insulsa ragazzina che lui credeva di amare l’avrebbe tirata su di morale.
Quasi euforica attese l’inizio del telegiornale.
“Ieri sera si è verificato un nuovo investimento da parte di un pirata della strada, prontamente dileguatosi. Una ragazza di ventotto anni, Melanie Farbton è stata investita mentre attraversava la strada… La giovane donna è attualmente ricoverata in prognosi riservata ed in condizioni gravissime al Policlinico di Colonia… la polizia invita chiunque abbia visto un SUV nero con i vetri oscurati…”
Le parole dello speaker giunsero alla mente di Marie come un fiume in piena.
Non era morta!!!
Quella stupida oca era ancora viva!!!
Aveva fallito, ancora una volta aveva fallito.
Marie si guardò nello specchio e presa dall’ira lanciò contro lo stesso una bottiglia presa dal cassettone.
Poi cercò di calmarsi.
In fondo nulla era ancora perduto.
Doveva solo cambiare i suoi piani.
Prima di tutto doveva togliere da mezzo quel turco impiccione.
E poi doveva  prendere lui.
Standole vicino, lui avrebbe capito che solo lei era la donna della sua vita, che erano destinati l’una all’altro.
Per sempre.

 
“Davvero Ben devi bere o mangiare qualcosa. E soprattutto devi dormire qualche ora. Non puoi andare avanti così”
Andrea era davvero preoccupata. Vedeva Ben pallido con le occhiaie e con lo sguardo quasi delirante, ma non riusciva a smuoverlo dal divano del reparto di rianimazione né a fargli mangiare o bere qualcosa.
“Sto bene non ti preoccupare” mormorò il giovane, stessa frase che aveva ripetuto ad ogni analoga richiesta nelle ultime ore.
“Facciamo così, la mia amica infermiera Elli  ti ha trovato una stanza dove riposare per un paio d’ore. Così non ti allontani…” propose ancor Andrea, ma ancora una volta Ben scosse la testa.
“Stammi a sentire Ben…” la madre di Melanie intervenne nella discussione.
“Possiamo fare un po’ di turno… per ora restiamo noi e poi fra un paio d’ore ci darai il cambio. Ti prego ragazzo, vai a dormire un po’, fallo per Melanie, lei ha bisogno che tu stia in forma” continuò.
Ben guardò la donna e non ebbe il coraggio di controbattere.
Ingobbito si alzò e seguì Andrea nel lungo corridoio.
“Dov’è Semir?” chiese prima di entrare.
“Torna presto, non ti preoccupare” rispose Andrea sorridendo.

 
Marie si vestì in fretta e poi, ben attenta  non farsi vedere da nessuno, uscì di casa e corse verso l’autofficina nella strada laterale.
Pagò profumatamente il meccanico per il lavoro fatto e soprattutto per il suo silenzio.
Per fortuna era sempre stata un’abile contabile e nei mesi che aveva lavorato in banca era riuscita a sottrarre una notevole somma dai conti dei clienti, senza che né loro né il direttore se ne accorgessero.
Ringraziò ancora una volta il Fato di aver incontrato la vera Marie Meger quella sera di quattro anni prima sul treno da Berlino a Colonia.
L’identità ideale da assumere, se ne era accorta  mentre lei le raccontava della sua vita.
Stessa età, nubile, senza famiglia, a parte un fratello in America che non vedeva e sentiva da anni, in trasferimento in una città dove non conosceva nessuno e non era mai stata.
Era stato uno scherzo portarla, con la scusa di fumare, in uno scompartimento vuoto e poi lanciarla dal treno.
Poi aveva preso tutte le sue cose e falsificato i documenti, sostituendo la foto.
Si era presentata in banca come Marie Meger e aveva lavorato e vissuto come lei.
Di Marie Meger, quella vera era rimasto solo un cadavere irriconoscibile, un caso irrisolto di donna trovata morta in una scarpata mesi dopo. 
Ora il denaro sottratto le avrebbe fatto comodo, almeno nella fase iniziale del loro rapporto, quando si sarebbero nascosti in attesa che il loro amore fiorisse come doveva.
Frenetica mise in moto il SUV e si preparò all’azione.
La prima cosa era togliere da mezzo il turco.
E sapeva esattamente come fare.

 
Semir uscì dalla banca dicendosi ancora una volta quanto era stato inutile arrivare sin lì.
Già sapeva che non avrebbe trovato la donna al lavoro.
Ora ne era certo la Meger era  la colpevole, ma non aveva alcuna prova concreta.
Non poteva presentarsi alla Kruger e la Schrankmann chiedendo un mandato contro la Meger solo perché era proprietaria  di un SUV simile a quello che aveva investito Melanie o perché aveva incontrato Ben una volta in banca.
Ma  Semir sapeva che quella donna era pericolosa, l’aveva capito, sia pure inconsciamente l’unica volta che l’aveva vista da vicino.
Quando aveva aperto la porta dell’ufficio per chiamare Ben lei l’aveva guardato come  un leonessa cui stanno sottraendo i cuccioli.
Ed era sicura di averla vista, con lo stesso sguardo, la sera del concerto.
In mano però non aveva nulla di concreto, doveva procurarsi delle prove concrete.
L’unica era tornare alla casa della donna ed entrare.
Se era fortunato poteva trovare qualche traccia dell’investimento di Melanie.

 
Marie stava aspettando paziente all’incrocio poco prima dell’imbocco della strada che conduceva dopo alcuni chilometri al quartiere dove abitava.
Per fortuna il posto era isolato, e il turco doveva passare per forza di lì per arrivare al piccolo cottage.
E Marie era sicura che sarebbe passato presto, che sarebbe tornato a cercarla  non avendola trovata al lavoro.
Ed infatti, dopo qualche ora di attesa paziente, vide la BMW argento imboccare la strada.

 
Semir imboccò il viale che conduceva al cottage della Meger chiedendosi se fosse il caso di avvisare comunque la centrale. Ma poi desistette, la Kruger avrebbe piantato una tale storia e certamente avrebbe considerato invalide le prove raccolte in casa della Meger senza mandato.
No, si disse Semir, meglio dare prima un’occhiata e poi informare tutti.
Era così perso nei sui pensieri che non si accorse del SUV che arrivando dalla piccola strada laterale lo prese in pieno sulla fiancata.
 
L’urto violentissimo gli fece sbattere la testa contro il finestrino laterale.
Intontito dall’urto, mentre il sangue caldo iniziava a cadere lungo la tempia, Semir vide il SUV nero che, fatta retromarcia, gli veniva di nuovo incontro.
Tentò disperatamente di frenare o sterzare, ma non  poté nulla.
Un nuovo urto violentissimo spedì la BMW direttamente nella ripida cunetta laterale alla strada.
L’auto si rovesciò su di un fianco, scivolando lungo la scarpata sino a terminare la sua corsa contro un albero.
All’interno Semir sentì l’airbag scoppiargli sul viso, lo schianto gli tolse il respiro ed un dolore acuto gli si sparò per tutto il corpo partendo dalla spalla.
Mentre l’auto si capovolgeva e scivolava verso il basso pensò ad Andrea e alle sue bambine, e a cose assurde… aveva promesso ad Andrea di piantare le rose in giardino e a Lily di finire di leggere Jack e il fagiolo magico e ad Aida di portarla al concerto degli One Direction.
Tutte cose che non avrebbe potuto fare più…
L’ultimo  irrazionale pensiero fu per Ben: ora davvero quel ragazzo avrebbe creduto di essere maledetto.
 

Angolino musicale : Povero Bennuccio e povero Semir, come diceva il ‘buon’ Tom Kranich “al peggio non c’è mai fine” e credeteci se vi diciamo che il peggio deve ancora venire. Colonna sonora: una sorta di avvertimento per tutti…Cranberries  ‘Shattered’ (distrutta)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=KJKeNjrbULU
Sto cercando di controllarmi perciò non intralciarmi la strada Ho atteso per moltissimo tempo, questo è ciò che volevo sulla mia strada Vai da un'altra parte, vai da un'altra parte La mia strada sta arrivando al culmine Vai da un'altra parte, vai da un'altra parte La mia strada sta arrivando al culmine Non mi piaci, non cercare un compromesso Distrutta dalla tua debolezza Distrutta dal tuo sorriso e non sono molto fiera di te, e delle tue bugie Distrutta dal tuo sorriso…
 
 

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Capitolo 7
*** Un mondo a pezzi ***


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OSSESSIONE di MATY66 e CHIARA BJ
 
Capitolo 7
Un mondo a pezzi
 
Ben si era steso sul letto ospedaliero e aveva chiuso gli occhi nel tentativo di prendere sonno, pur sapendo che non ci sarebbe riuscito.
Ed infatti continuò ad agitarsi per molto tempo, prima di cadere in un sonno agitato da mille incubi.
Le immagini del corpo di Saskia, steso immobile nel suo appartamento in un lago di sangue si mescolavano con quelle di lui che abbracciava Laura, appena spirata fra le sue braccia.
E poi Melanie stesa sull’asfalto.
Colpa tua… le persone a cui vuoi bene prima o poi muoiono tutte, ed è colpa tua.
Anche la mamma è morta….
E Otto è morto per salvarti la vita.

Alle immagini delle sue ragazze si sostituì all’improvviso quella  di Semir.
Era in un posto scuro, una specie di tunnel in cui stava  sprofondando e urlava… urlava e gli chiedeva aiuto.
Ben correva verso di lui, ma più correva più Semir sprofondava nel buio.
“Ben aiutami! Aiutami Ben…”
 

Urlando, Ben si svegliò sudato fradicio.
Mise le gambe fuori dal letto cercando di vincere la nausea che gli saliva in gola, anche se non aveva mangiato nulla dal giorno prima.
Spaventato e barcollante andò in bagno e si bagnò il viso con l’acqua fredda.
“Era un incubo, non sei un ragazzino, non puoi farti spaventare così da un sogno”
Ancora intontito tirò dalla tasca il cellulare e pigiò il tasto di chiamata rapida.
“L’utente da lei chiamato non è al momento…”
La vocina fastidiosa lo mandò quasi nel panico.
“Maledizione, perché non rispondi” si disse mentre usciva con passo incerto dalla stanza.

 
 “No, neppure io sono riuscita a raggiungere al cellulare Semir. Ma non devi preoccuparti. Sarà solo  in un posto dove il segnale non è buono”
Andrea cercò di calmare il giovane, ma anche lei iniziava a preoccuparsi.
Erano già diverse ore che il marito non si faceva sentire e alla donna sembrava strano che non avesse fatto neppure una chiamata per sapere come stava Melanie e soprattutto come stava Ben.
Ben non si accontentò delle risposte evasive di Andrea, sentiva che c’era qualcosa che non andava.
Prese di nuovo il suo cellulare e chiamò la centrale.
“Susanne… sono io… io sto bene… no Melanie è stazionaria. Stammi a sentire Susanne, chiama subito Semir alla radio per favore…”
Nella voce di Ben era evidente la preoccupazione, che crebbe d’istante in istante mentre sentiva la segretaria che provava a contattare l’auto di servizio inutilmente.
“Non mi risponde Ben” disse alla fine Susanne, cercando di mascherare l’ansia che iniziava ad impadronirsi anche di lei.
“Rintraccia l’auto con il GPS”  
“Ma…”
“Ti ho detto di rintracciarla… subito” Ben urlò al telefono attirandosi gli sguardi irati delle infermiere che passavano nel corridoio.
“Ok…ok… ecco è nel quartiere di …”
Ben sentì la voce della Kruger che interveniva nella conversazione.
“Jager… ma che succede? Sta bene?” chiese il Commissario preoccupato.
“Io sì, ma forse è successo qualcosa a Semir. Non risponde al cellulare e alla radio” rispose concitato il giovane.
Poi  ci fu un silenzio prolungato dall’altro lato della linea. La Kruger non era tipo da cedere a facili allarmismi.
“Va bene, si calmi, ora mando Dorn e Bonrath sul posto” disse alla fine.
 
 
Marie scese dal SUV e si avvicinò alla scarpata.
Guardò con soddisfazione la BMW riversa sulla fiancata.
Nuvole di fumo si alzavano dal cofano.
Bene, fra poco avrebbe preso fuoco e del piccolo lurido turco non sarebbe rimasto altro che cenere.
Sorridendo soddisfatta risalì in auto e si allontanò.

 
“Va bene commissario, andiamo subito”
Jenny chiuse la chiamata con il comando e subito azionò la sirena.
Lei e Dieter si lanciarono uno sguardo preoccupato.
“Secondo te è successo qualcosa a Semir?” chiese l’agente più anziano.
“Speriamo di no… coraggio accelera Bonnie” lo esortò la ragazza.
 
Arrivarono sul posto sgommando, ma inizialmente tutto sembrava normale.
“Qui non c’è nulla” disse Dieter, ma Jenny non rispose.
Era intenta a guardare il guardrail poco più avanti.
“O mio Dio Bonnie… guarda lì” disse mentre scendeva dall’auto e si avvicinava di corsa.
 
“Chiama i pompieri e un’ambulanza”  urlò Dieter mentre si precipitava verso la BMW sul fondo della scarpata.
“Attento Dieter, l’auto può prendere fuoco” urlò di rimando Jenny mentre correva verso la sua auto per chiamare i rinforzi.
A Dieter però non interessava se l’auto poteva prendere fuoco: lì c’era Semir e lui doveva salvarlo.
Incespicando corse giù per il rapido pendio e si avvicinò all’auto, riversa sul fianco.
Si sporse dal lato passeggero e provò a chiamare l’amico, riverso sul sedile.
“Semir, ehi Semir…” chiamò, ma il piccolo turco rimase immobile, il volto insanguinato e gli occhi chiusi.
Dieter provò più volte ad aprire la porteria, sentiva l’odore della benzina sempre più forte e sapeva che doveva sbrigarsi sennò ci avrebbero rimesso la pelle tutti e due.
Sempre che Semir fosse ancora vivo.
Dieter bandì il pensiero dalla testa, doveva tirarlo fuori da lì.
Finalmente con uno sforzo enorme l’agente riuscì ad aprire la portiera e ad infilarsi con il corpo all’interno.
Veloce più che poteva slacciò la cintura e cercò di portare fuori l’amico.
Ma la tensione era tanta e Semir completamente inerte.
Per un lungo momento Dieter pensò di non riuscire a tirarlo fuori, sino a che non vide la portiera posteriore aprirsi e Jenny penetrare nell’abitacolo.
La ragazza sollevò  le gambe del piccolo turco ed insieme riuscirono a portare il corpo fuori dall’auto.
“Aiutami,  portiamolo lontano dall’auto… sta per esplodere” urlò Dieter mentre vedeva le prime scintille sollevarsi dal motore.
Ansimando e  incespicando i due trascinarono il piccolo turco in un posto riparato.
Poco dopo, con una enorme esplosione la BMW argento saltò in aria.

 
Ben si sentiva dilaniato.
Da un lato ogni istante temeva che qualche medico uscisse dalle porte automatiche e gli dicesse che Melanie si era aggravata o peggio ancora.
E dall’altro non faceva altro che guardare il cellulare e sperare che qualcuno chiamasse, che Semir chiamasse e gli dicesse che stava bene.
Perché dentro di sé Ben sapeva che era successo qualcosa al socio, che mai e poi mai Semir sarebbe stato lontano tante ore senza dargli notizie, nella situazione drammatica in cui si trovava.
Ora anche Andrea appariva agitatissima, ma cercava di sorridergli e sembrare invece calma.
Come in un sogno Ben vide il padre di Melanie avvicinarsi e sedersi vicino a lui.
“Ancora nessuna notizia del tuo socio?” chiese piano.
“No purtroppo no. Ha parlato di nuovo con i medici di Melanie?” chiese a sua volta Ben.
L’uomo annuì serio, sospirando triste, con le lacrime agli occhi.
“Sì,  non ci sono novità purtroppo”
Ben non ebbe neppure il coraggio di rispondere.
Tutto il suo mondo stava andando in pezzi.
Quasi se l’aspettava quando Andrea rispose al telefono e dopo aver ascoltato quanto le dicevano lasciò cadere il cellulare iniziando a piangere disperata.
  
Ben cercò di farsi forza e consolare Andrea mentre scendevano verso il pronto soccorso in attesa dell’ambulanza con a bordo Semir.
La donna piangeva piano e tremava come una foglia, mentre si stringeva a Ben nell’ascensore.
“Non ti hanno detto altro?” chiese piano Ben, cercando di non far trapelare il terrore che provava.
“No, solo che lo stanno portando qui…” bisbigliò la donna.
Ben cercò di calmarsi.
Se lo stavano portando in ospedale era vivo, forse non era nulla di grave.
Ma gli bastò uno sguardo alla barella che veniva portata dall’ambulanza di corsa nel pronto soccorso per capire quanto si sbagliava.
 
“Semir…” balbettò Ben vedendo l’amico steso immobile, il volto tumefatto e sanguinante.
Non ebbe né il tempo né la forza di avvicinarsi alla barella che veniva trasportata velocemente all’interno del pronto soccorso.
“Dovete aspettare qui” disse un infermiere sgarbato ad Andrea che invece aveva inutilmente cercato di seguire il marito.
Con gli occhi pieni di lacrime la donna si aggrappò  disperata al giovane collega del marito, mentre Ben le sussurrava parole di conforto.
 

Angolino musicale: Direi che Ben è messo…non molto ben, ci mancava solo Semir all’ospedale, ma teniamo a rimarcarlo...se pensate che peggio di così…ormai ci conoscete…quattro mani fanno peggio di due…Colonna sonora: Oasis ‘Stop Crying Your Heart Out’(Smetti Di Piangere A Dirotto)
Per ascoltarla: 
https://www.youtube.com/watch?v=dhZUsNJ-LQU
Trattieniti tieni duro non aver paura non potrai mai cambiare quel che è stato e che non c'è più Che il tuo sorriso possa risplendere non aver paura il tuo destino ti potrà tenere al caldo Perché tutte le stelle stanno sbiadendo cerca solo di non preoccuparti un giorno le vedrai prendi quello che ti serve e continua per la tua strada e smetti di piangere a dirotto Alzati forza perché hai paura? Non ho paura non potrai mai cambiare quel che è stato e che non c'è più e continua per la tua strada e smetti di piangere a dirotto…
 

 

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Capitolo 8
*** Laceranti sensi di colpa ***


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Capitolo 8
Laceranti sensi di colpa

“Cosa è successo?” chiese Kim Kruger entrando in ospedale, appena vide Jenny e Dieter fermi all’ingresso.
“Non lo sappiamo di preciso, commissario. Quando siamo arrivati la BMW era già nella scarpata. Abbiamo fatto appena in tempo a tiralo fuori prima che esplodesse” rispose la giovane polizotta.
“Come sta?” chiese ancora Kim con una leggera nota d’emozione nella voce.
“Ad essere sinceri non sappiamo neppure questo, l’hanno portato di corsa in pronto soccorso e  nessun medico è ancora uscito per informarci. Ben e Andrea sembrano due anime in pena” rispose ancora la ragazza, triste.
Kim entrò all’interno del reparto e si avvicinò ad Andrea e Ben che sedevano su  una delle panchine.
“Ci sono novità?” chiese al suo ispettore sedendosi vicino a lui.
“No, non sappiamo ancora niente. Sono dentro da un’eternità…” la voce di Ben era poco più di un sussurro.
“Conosciamo Semir. Niente può abbatterlo. Starà di nuovo bene” Kim cercò di infondere nella voce una sicurezza che non aveva.
“Speriamo… commissario, ma cosa è successo?” chiese Ben sempre con un filo di voce.
“Non lo sappiamo di preciso. Sappiamo solo che probabilmente stava cercando uno dei proprietari di SUV simili a quelli che hanno investito la signorina Farbton…”
Ben sentì una stretta al cuore.
Semir stava indagando su quello che era successo, anche lui era in pericolo perché gli era stato vicino, perché lo voleva aiutare.
“E’ stata una cosa intenzionale? Voglio dire… l’hanno spinto fuori strada…”
“Non possiamo ancora dirlo Jager. L’auto, dopo che Jenny e Dieter hanno tirato fuori Semir, è esplosa quindi i rilievi sono difficili. Ma vedrà che Freund riuscirà a tirare fuori qualcosa…”
Ben rabbrividì ancora una volta al pensiero di quello che poteva succedere se Jenny e Dieter non fossero arrivati in tempo.
Tutti quelli che amava correvano sempre dei rischi. 
O peggio ancora morivano.
Ed era colpa sua.
 
 
Ben era così assorto nei suoi pensieri che quasi non si accorse che un medico era uscito e si stava avvicinando.
“Signora Gerkan?” chiese con aria seria.
Andrea balzò in piedi.
“Sì sono io, mi dica dottore come sta mio marito?” disse mentre cercava di asciugarsi in fretta le lacrime.
“Sono il dottor Gleen e mi sto occupando di suo marito. Ci vogliamo sedere un attimo?”
Il medico lanciò uno sguardo interrogativo a Ben che si era nel frattempo avvicinato inquieto.
“Ben è il partner di lavoro di mio marito ed anche il suo migliore amico” giustificò subito Andrea.
Il medico abbozzò un sorriso mentre si sedeva, ma poi tornò subito serio.
“Bene signora Gerkan. Ho appena finito di esaminare suo marito. Nell’urto ha riportato una commozione cerebrale piuttosto seria, oltre a varie contusioni e tagli. Direi che nel complesso è stato fortunato, ma purtroppo allo stato non ha ancora ripreso conoscenza per cui non possiamo valutare appieno le conseguenze della commozione. Avremo una situazione più chiara quando e se si sveglierà…”
Nel pronunciare le ultime parole la voce del medico si abbassò.
“Come sarebbe a dire ‘se si sveglierà’?” chiese terrorizzato Ben.
“Di solito non sorgono complicazioni in questo tipo di commozione, ma ci potrebbe essere anche la possibilità che lo stato di incoscienza si protragga o che al risveglio il paziente mostri danni cerebrali. Per ora non ci sono indicazioni in tal senso, quindi siamo ottimisti. Non resta che aspettare e vedere” rispose il medico contrito.
 “Posso andare da lui?” chiese Andrea mentre riprendeva  piangere.
“Certo, fra un po’ lo portiamo in reparto” rispose il medico mettendole la mano sulla spalla.
Ben rimase per un po’ immobile a fissare il muro.
Stava perdendo tutti i punti di riferimento, si sentiva come su  una barca nel mare in tempesta.
Non osava neppure pensare all’ipotesi di perdere Semir.
Non poteva essere, semplicemente non poteva essere. Non era in grado di sopportare la cosa.
Il senso di colpa lo colse di nuovo prepotente.
Melanie, e ora Semir.
Le persone a cui voleva bene erano in pericolo, potevano morire.
E lui non sapeva proprio cosa fare.

 
La notte era passata tranquilla e senza cambiamenti.
Ben era andato a casa per cambiarsi e fare una doccia, ma dopo meno di un’ora era già di nuovo in ospedale.
Mentre dopo aver parcheggiato scendeva dalla Mercedes sentì però una vocina sottile e familiare che lo chiamava.
“Zio Ben…”
“Aida!” fece Ben girandosi meravigliato.
“Che ci fai qui?” chiese poi avvicinandosi alla bambina  dall’altro lato del marciapiede.
“Io… io… ho sentito al telefono la nonna che parlava con la mamma…” la voce della bambina si ruppe in un singhiozzo disperato.
“La nonna ha detto che papà è in viaggio e che mamma è andata per alcuni giorni con lui, ma io ho sentito che invece papà è qui  in ospedale…”
Ben prese per mano la bambina e si sedette con lei su di una panchina.
“Qualcuno sa che sei qui?” chiese preoccupato.
“No… non sono entrata a scuola quando la nonna mi ha lasciato e poi ho preso l’autobus” rispose la bambina tirando su con il naso.
Mentre Ben si stava chiedendo cosa dire alla piccola arrivò la domanda fatale.
“Zio Ben… papà… sta per morire?” chiese mentre i lacrimoni le scendevano sulle guance.
“Ma no!!! Assolutamente no!” rispose guardandola negli occhi.
Rapidamente pensò a cosa poteva dirle e poi optò per la verità.
“Papà ha avuto un incidente con l’auto e ora deve stare qui per un po’ per essere curato. Ma starà bene vedrai”
Lo sguardo indagatore di Aida lo trapassò come  i raggi x.
“Sei sicuro?”
“Certo, ti ho mai mentito?” rispose il giovane.
“E posso vederlo?”
“No probabilmente per ora no, perché i bambini non possono entrare, ma puoi vedere la mamma. Ti porto da lei. E poi dobbiamo avvisare la nonna che sei qui con noi”
Ben si alzò e porse la mano alla bambina che la prese con fiducia.
“E Melanie? Come sta Melanie?” chiese la piccola mentre entravano.
A questa domanda Ben non seppe proprio cosa rispondere.
 
“Ci sono novità?” chiese Ben a Susanne mentre Andrea parlava fitto con la figlia nella sala di attesa.
La bionda segretaria scosse il capo.
“No la situazione è immutata. E Melanie?”
Ben scosse il capo.
Dopo aver lasciato Aida con Andrea era salito al reparto rianimazione, ma i medici non gli avevano dato notizie migliori.
La ragazza era sempre in coma e l’animo di Ben si era di nuovo lacerato in mille pezzi quando era entrato a vederla. Sempre immobile e pallida, non aveva avuto nessuna reazione ai suoi richiami.
“Ben… non vuoi entrare a vedere Semir?” chiese Andrea mentre Susanne ed Aida si dirigevano verso il bar.
Il giovane si chiese se ne aveva il coraggio.
Non era certo di reggere anche alla vista dell’amico malato, ma non poteva lasciarlo solo.
Triste si avviò verso la camera.

 
Marie parcheggiò il SUV in posizione defilata davanti l’ingresso dell’ospedale.
Ancora una volta respirò a fondo cercando di reprimere la rabbia che provava.
Aveva fallito ancora.
Non era riuscita a togliere di mezzo quel maledetto turco.
Rischiava di finire tutto a rotoli.
Perciò si era decisa, doveva accelerare il suo piano.
Paziente era rimasta immobile mentre lo vedeva entrare in ospedale tenendo per mano la mocciosa, la figlia dell’amico…
Aveva un’aria triste e disperata, ma ci avrebbe pensato lei a tirarlo su di morale.
Una volta con lei avrebbe capito cosa era importante e dimenticato sia quella stupida oca che il suo amico turco. 
E sarebbero stati felici per sempre.
Sorridendo soddisfatta Marie accarezzò la pistola che aveva in grembo.
Sapeva usarla bene, una delle poche cose utili che le aveva insegnato la madre.
Impaziente controllò ancora una volta nella borsa la siringa che aveva preparato e le chiavi.
Poi si preparò all’attesa.
Prima o poi doveva uscire da lì, doveva solo aspettare il momento giusto.

 
Ben era rimasto più di mezz’ora a guardare l’amico  steso nel letto immobile, senza aver il coraggio di dire nulla.
Non aveva cercato di stimolarlo o svegliarlo come forse doveva, era rimasto lì in silenzio, cercando di infondere forza solo stringendogli la mano.
Il  suo mondo stava andando in pezzi e il giovane non poteva credere di poter perdere il principale punto di riferimento.
Quando l’infermiera bussò discreta sul vetro facendogli segno di uscire Ben si alzò.
“Ti prego Semir, non fare stronzate. Ho bisogno di te” disse triste mentre l’accarezzava sulla fronte, prima di uscire.

 
“Come stai?” chiese Andrea quando lo vide uscire pallido e tremante dalla stanza.
“Che strana domanda, dovrei essere io a chiedertelo…”
Andrea sorrise.
“Semir starà bene, vedrai si sveglierà e ci farà le solite battute sceme. E anche Melanie guarirà”
Ben ammirò molto il coraggio di quella donna; il marito stava male per colpa sua e lei perdeva tempo a consolarlo.
“E’ colpa mia sai…” bisbigliò.
“No Ben non iniziare con questa storia. Non è colpa tua, né quello che è successo  a Melanie né quello che è successo a Semir.
“Ma io non ero con lui…”
“Ben, Semir è un poliziotto esperto. Sei tu il pivellino, come dice lui… credimi quello che è successo non è colpa tua e probabilmente non avresti potuto fare nulla anche se fossi stato con lui. Anzi forse saresti stato anche tu ferito. E io… come avrei fatto senza te vicino?”
Ben rimase in silenzio, sino a che non vide Aida che si avvicinava.
Andrea colse l’occasione per far distrarre il giovane.
Era da troppo tempo lì in ospedale e le condizioni psicologiche del ragazzo iniziavano a preoccuparla seriamente.
 “Ben ti posso chiedere un favore?”
“Certo…”
“Potresti accompagnare Aida dalla nonna? Non voglio che stia troppo qui in ospedale…”
Ben la guardò indeciso.
Non gli andava di lasciare l’ospedale, ma forse doveva effettivamente prendere un po’ d’aria per tornare lucido.
“Vieni piccola” disse prendendola per mano ed uscendo dal reparto.
 
“Papà guarirà?” chiese la bambina, in cerca di rassicurazioni, mentre camminava di fianco allo zio.
“Certo, ma tu devi promettere di non fare mai più una cosa del genere. Devi stare con la nonna ed essere ubbidiente. Vedrai mamma e papà torneranno presto a casa”
Ben cercò di essere credibile e la bambina sospirò sollevata.
Mentre si stavano avvicinando all’auto il giovane sentì una voce alle sue spalle.
“Signor Jager…”
 


Angolino musicale: Io e Maty stiamo seriamente (?) valutando l’ipotesi di andare da uno strizzacervelli, ma non vorremmo far impazzire pure lui…se gli raccontiamo come prosegue la storia (magari lui sarebbe contento degli spoiler…) comunque anche la colonna sonora è un po’…strana…The Rasmus ‘In The Shadows’ (Nelle Ombre)
Per ascoltarla: 
https://www.youtube.com/watch?v=_ao2u7F_Qzg

Non dormo finché non avrò finito di trovare la risposta Non mi fermerò finché non avrò trovato la cura per questo cancro A volte sento come se stessi per scadere, sono talmente disconnesso In qualche modo so che di essere braccato perché sono ricercato Ho guardato, ho aspettato Nelle ombre, per il mio tempo Ho cercato, ho vissuto Per il domani, tutta la mia vita Loro dicono che devo imparare ad uccidere prima di sentirmi al sicuro Ma io, mi ammazzerei piuttosto che diventare loro schiavo A volte sento che dovrei andare e giocare con il tuono In qualche modo non voglio restare qui ad aspettare il miracolo… 

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Capitolo 9
*** Sconcerto e preoccupazione ***


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OSSESSIONE di MATY66 e CHIARABJ


Capitolo 9
Sconcerto e preoccupazione
 
 
Ben si girò di scatto e rimase di stucco quando vide chi aveva davanti.
“Signora Meger… cosa ci fa qui?” chiese dopo aver recuperato dalla memoria il nome dell’impiegata di banca.
“Sono qui per te…” rispose la donna con un largo sorriso.
Subito qualcosa nello sguardo di quella donna inquietò Ben.
Istintivamente cercò di tirare indietro Aida che gli era a fianco.
“Cosa?” si limitò a chiedere perplesso.
“Ho detto che sono qui per te… è arrivata l’ora che io e te stiamo insieme” disse la donna con estrema calma.
“Signora Meger si sente bene?” fece di rimando Ben, sempre più sconcertato.
“Certo benissimo. Sei tu che non stai bene, non stai bene perché ancora non hai trovato il vero amore, quello che ti è destinato per la vita. Ed io sono qui per farti capire che finalmente invece lo hai trovato, anche se ancora non te ne sei accorto…”
“Signora Meger… lei forse è un po’ confusa…”
Ben iniziava davvero ad inquietarsi mentre Aida guardava ed ascoltava curiosa.
“Non sono per nulla confusa. Tu piuttosto ancora non capisci, ma ora che verrai con me, quando saremo insieme, tutto ti sarà più chiaro…”
“Non capisco proprio cosa intenda, ma io non posso e non voglio andare da nessuna parte e di certo non ho intenzione di venire con lei”
Ben era sconcertato, ma non ancora eccessivamente preoccupato.
In fondo era una tranquilla impiegata di banca, anche se non tanto a posto con la testa, a quanto pareva.
Cambiò immediatamente idea quando Marie aprì l’impermeabile che indossava sulle spalle e mostrò la pistola che impugnava.
“Invece verrai con me” scandì piano la donna, puntando la pistola contro Aida che nel frattempo si era allontanata di pochi metri.
 
“Signora Meger… la prego…”
Ben provò a calmare la donna, ma era terrorizzato.
Girò intorno lo sguardo in cerca di qualcuno, ma il parcheggio era deserto.
“Non voglio fare del male alla bambina, mi piacciono i bambini… io e te ne avremo almeno tre sai… ma se ora non fai quello che dico puoi dire addio alla mocciosa…”
Ben cercò di rimanere razionale, anche se era difficile. Riusciva solo a pensare al pericolo che correva Aida.
“Tieni le mani ben in vista e avvicinati a me…” gli disse la donna con aria feroce.
 Ben obbedì alzando le mani istintivamente.
Appena fu vicino  a lei, Marie gli puntò la pistola, sempre coperta dall’impermeabile, nel fianco.
“Ora dì alla bambina di andare via…”
Ben rimase immobile e muto, ma Marie lo incalzò.
“Dille di andare via subito o le sparo!” sibilò ancora la donna.
Ben si decise, quella donna sembrava davvero folle e lui non aveva alcuna possibilità di prendere la pistola dalla fondina.
“Aida, torna subito dentro dalla mamma, io non posso più accompagnarti” disse con voce sicura, sperando che la bambina non facesse domande ed obbedisse.
“Ma zio…” fece invece Aida con aria perplessa.
“Ti ho detto di andare dentro dalla mamma. VAI!”
Ben quasi urlò nel tentavo di farsi obbedire senza ulteriori domande.
“Ma dove stai andando?” chiese la bambina sempre più sconcertata.
“Torna subito dalla mamma, non fare domande. VAI, ORA!” la voce di Ben ora era dura.
Aida appariva assolutamente stupefatta, ma con un sospiro di sollievo Ben la vide incamminarsi verso l’ingresso dell’ospedale.
 
“Ora prendi piano la pistola dalla fondina ed il cellulare e buttali fra i cespugli” ordinò la donna, premendo la canna della pistola nel fianco del giovane poliziotto.
Ben si guardò ancora intorno in cerca di qualcuno… era assurdo che a quell’ora  non ci fosse nessuno nel parcheggio. Ma aveva parcheggiato la Mercedes in posizione defilata e comunque non avrebbe mai messo in pericolo la vita di innocenti.
Quella donna sembrava davvero pericolosa e soprattutto folle.
Ben obbedì e buttò sia la pistola che il cellulare nei cespugli  che delimitavano il parcheggio.
“Bene, ora vieni con me… non ti preoccupare, staremo benissimo insieme. Fra un po’ capirai anche tu che siamo fatti l’una per l’altro…” disse la donna sorridendo mentre conduceva il giovane verso il SUV parcheggiato poco distante.
Appena vide il SUV nero Ben ebbe un sussulto.
Un SUV nero… come quello che aveva investito Melanie.
Tutto gli fu improvvisamente chiaro.
Era stata lei.
Era stata lei ad investire Melanie e probabilmente anche a buttare fuori strada la BMW di Semir.
Una rabbia infinita gli salì, ma cercò di dominarla per uscire da quella che sembrava una situazione disperata.
“Sali” intimò la donna, sempre puntando la pistola contro di lui.
Veloce Marie si mise alla guida dopo che Ben  si era seduto al lato passeggero.
“Non ti preoccupare… saremo felici insieme, te lo prometto. Ti darò tanti bambini e saremo una famiglia felice” Marie sorrideva sognante.
“Senta signora Meger… non è successo ancora nulla. Mi lasci andare e vedrà che tutto si sistemerà…” provò a calmarla Ben.
Marie mutò immediatamente espressione, la furia le si dipinse sul volto.
“Lasciarti andare??? Ma cosa dici??? Tu devi stare con me… io e te staremo insieme per sempre…” sibilò mentre continuava a puntargli la pistola e pescava con l’altra mano nella borsa.
Poi tirò fuori  una siringa con un liquido incolore.
“Ora dormirai per un po’” sorrise Marie mentre con un gesto fulmineo gli piantava la siringa nella gamba.
Ben sentì un dolore acuto salire dalla coscia e poi un grande torpore si impossessò di lui
“E’ solo un sedativo per farti stare tranquillo mentre viaggiamo… non ti preoccupare…” fece la donna suadente.
 

Susanne stava parlando con Kim Kruger al telefono.
Quando riattaccò era sconfortata.
Nessuna sostanziale novità dalle indagini; Hartmut aveva solo scoperto che la BMW era stata violentemente tamponata lateralmente, ma la carcassa bruciata dell’auto non aveva permesso di accertare altro.
Ora Jenny e Dieter stavano rintracciando tutti i proprietari dei SUV secondo la lista che Hartmut aveva mandato a Semir, ma i primi interrogati avevano tutti un alibi.
Susanne aveva preso il giorno libero per fare compagnia e confortare la sua amica Andrea, ma stando lì si era accorta che chi aveva maggiormente bisogno di aiuto era Ben.
Il  giovane poliziotto sembrava del tutto sconvolto, Susanne non ricordava di averlo mai visto così.
Era stata perciò contenta quando Andrea aveva chiesto al giovane di accompagnare Aida dalla nonna, era meglio che non stesse troppo tempo in quel posto.
Fu perciò enormemente sorpresa quando vide Aida venirle incontro nel corridoio del reparto.
“Aida… Perché non sei tornata dalla nonna? Dov’è Ben?”
 La bambina la guardò spaventata.
“Non lo so Susanne. Zio Ben  mi ha detto di tornare indietro e se n’è andato con una signora” rispose la bambina spaventata.
 
Appena Aida raccontò cosa era successo nella testa di Susanne si accese una lampadina di allarme.
Ben non avrebbe mai lasciato da sola Aida soprattutto in quel momento difficile.
Andrea era nella stanza di Semir e Susanne non voleva spaventarla.
Così prese per mano la bambina e cercando di sembrare calma le disse “Fammi vedere dove ti ha lasciato zio Ben e raccontami bene cosa è successo…”
 
Il parcheggio dell’ospedale era quasi deserto.
Susanne, tenendo sempre per mano Aida, girò intorno alla Mercedes di Ben senza trovare nulla di strano.
L’auto era regolarmente parcheggiata e chiusa.
La segretaria tirò fuori il suo cellulare e chiamò il numero di Ben, ma il telefono squillò a vuoto.
Stava per riattaccare quando Aida che gironzolava nei dintorni l’avvisò.
“Susanne… c’è un cellulare che squilla… qui tra le piante…”
Un’orrenda sensazione s’impadronì della segretaria.
Tremando si addentrò nei cespugli fino a che non trovò il cellulare che stava ancor squillando per la sua chiamata.
Con un fazzoletto recuperato dalla borsa lo tirò su… era indubitabilmente il cellulare di Ben.
“Susanne… perché zio Ben ha buttato il cellulare fra i cespugli?” chiese innocente Aida che era rimasta a guardare da lontano ed aveva anche lei riconosciuto il telefono.
La bionda segretaria non rispose, conscia che la cosa non prometteva nulla di buono.
E le sue paure aumentarono a dismisura dopo pochi minuti.
Mentre tornava verso Aida Susanne incespicò in qualcosa di metallico.
Bastò un’occhiata per riconoscere di cosa si trattava: l’arma di servizio di Ben, buttata poco distante rispetto al cellulare.
Stavolta non la raccolse.
Con mano tremante prese il suo cellulare e chiamò il numero del distretto.
“Commissario… abbiamo un problema grosso”
 
 
 
Nel dire ancora e sempre GRAZIE a chi ci segue, anche in questa storia un po’… perfida (avete notato il nuovo avatar di Maty?) vi auguriamo una serena e felice Pasqua.
Chiara e Maty
 
 

Angolino musicale: Vi siete riprese dallo shock care lettrici (e lettori)??? Vi state chiedendo chi salverà ora Bennuccio dalle grinfie della Meger ( e da quelle diaboliche delle autrici???). Bene, e se vi state ancora chiedendo perché la Meger abbia rapito il nostro bell’ispettore…forse un aiutino ve lo potrà dare la colonna sonora… Someone like you (qualcuno come te) di Adele.
Per ascoltarla: 
https://www.youtube.com/watch?v=hLQl3WQQoQ0

Ho sentito Che ti sei sistemato Che hai trovato una ragazza  Ho sentito che hai realizzato i tuoi sogni Immagino che lei ti abbia dato Ciò che non ti ho dato io Detesto saltar fuori dal nulla quando non sono invitata Ma non potevo stare lontana, è più forte di me Speravo che vedendo la mia faccia ti saresti ricordato che per me non è finita Non importa, troverò qualcuno come te Non dimenticarmi, ti prego Ricordo che dicevi "A volte dura, l'amore Ma a volte, invece, fa male" Niente regge il confronto Né preoccupazioni o cure Rimpianti o errori e ricordi Chi l'avrebbe detto Che avrebbe avuto un sapore così agrodolce…
 

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Capitolo 10
*** Oscuri presagi ***


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OSSESSIONE di MATY66 e CHIARABJ



 

Capitolo 10
Oscuri presagi

“Come sarebbe a dire che Ben è scomparso?”

Andrea strabuzzò gli occhi dalla sorpresa e dalla paura mentre Susanne le raccontava quello che era successo.

Aida aspettava paziente seduta sulla panchina di fronte, ma si vedeva che era agitata, anche lei.

“Forse aveva una ragione ben precisa per seguire quella donna…” Susanne provò a stemperare il clima.

“Credi davvero che Ben avrebbe volontariamente lasciato Aida da sola nel parcheggio dell’ospedale, buttando via il cellulare e l’arma di servizio? E che non sia ancora tornato a vedere come stanno Semir e Melanie?”

Susanne non seppe cosa rispondere.

“Hartmut sta già facendo i rilievi nel parcheggio e fra un po’ arriverà una disegnatrice… forse Aida ci può aiutare a fare l’identikit della donna”

Andrea si limitò ad annuire.

“Ma cosa sta succedendo? Prima Melanie, poi Semir e ora questo… è incredibile…” Andrea si sedette sconsolata accanto alla figlia.

“Mamma… la signora con cui è andato zio Ben  è cattiva? Aveva un’aria… cattiva…” fece la bambina guardandola con i suoi grandi occhi scuri.

“Ma no… vedrai che zio Ben torna presto…” cercò di consolarla la madre, anche se ne era poco convinta.

Poco dopo il medico curante di Semir le si avvicinò.

“Signora Gerkan, venga… suo marito si sta svegliando” le disse.

Andrea balzò in piedi.

Mentre seguiva il medico verso la stanza del marito era combattuta.

Da un lato era eccitata e sollevata dal fatto che finalmente Semir si stesse svegliando e dall’altro cosa gli poteva dire quando avrebbe chiesto dov’era Ben?

   

Semir si sentiva come se fosse intrappolato in un posto scuro, senza possibilità di uscita.

Dovunque si girava era tutto buio, senza alcun rumore.

Avrebbe voluto chiamare, urlare, chiedere aiuto, ma non ci riusciva per quanto si sforzasse.

Sprazzi di ricordi si alternavano nella sua mente come una specie di film senza senso.

Melanie a terra in un lago di sangue, Ben che piangeva mentre parlava con il medico e poi l’immagine del SUV che colpiva la BMW nella fiancata… la paura mentre l’auto scivolava nella cunetta laterale e si ribaltava…

E poi l’immagine di Marie Meger… sguardo diabolico e possessivo…

Non sapeva da quanto tempo stava così, da quanto tempo era nel buio e nel silenzio assoluto, ma all’improvviso iniziò a sentire delle voci lontane, che lo chiamavano.

“Semir… Semir mi senti?”

Era la voce di Andrea, della sua adorata moglie.

“Andrea… Andrea… sono qui…” provò a urlare Semir senza risultato.

“Coraggio Semir apri gli occhi…”

Apri gli occhi, apri gli occhi…

Semir cercò d’obbligare il suo cervello ad eseguire l’ordine, ma non era facile.

Lentamente, come se le palpebre fosse incollate o di piombo, il piccolo ispettore turco riuscì però nell’impresa e uno spicchio di luce arrivò dagli occhi al cervello.

“Bravo amore mio…” lo incoraggiò la voce di Andrea.

Un dolore lancinante alla testa travolse  Semir.

“Che… male…” bisbigliò.

Impietoso qualcuno gli sparò una luce gialla nella pupille.

 “Ispettore Gerkan… mi sente?” chiese una voce sconosciuta.

Semir provò ad annuire, forse se rispondeva lo avrebbero lasciato in pace.

Ma ancor più impietosa la voce iniziò a dirgli di  muovere la mano destra, quella sinistra e poi il piede destro, quello sinistro.

Semir cercò di fare quanto gli dicevano, mentre la vista gli si schiariva.

Ora vedeva Andrea che sedeva accanto al suo letto e gli sorrideva felice.

 “Ispettore  sono il dottor Gleen, lei è in ospedale, ha avuto un incidente, si ricorda?”

Semir richiuse gli occhi mentre le immagini del SUV che gli veniva addosso e trascinava la BMW nel dirupo tornavano prepotenti nella sua mente.

La testa gli faceva male in modo pazzesco, ma il piccolo ispettore turco trovò la forza di balbettare.

“Ben… dov’è? Gli devo… parlare… subito….”

 

 

Andrea era uscita dalla stanza del marito quasi sollevata nel farlo.

Era euforica perché Semir si era svegliato e apparentemente non aveva riportato danni permanenti, ma la fatidica domanda le aveva smorzato ogni entusiasmo.

Cosa poteva dirgli? Che il suo migliore amico era sparito, dopo aver buttato via pistola e cellulare, seguendo una donna chissà dove?

Con l’animo in subbuglio si sedette accanto  ad Aida che stava completando l’identikit con una graziosa agente.

“Allora il naso era così?” chiese l’agente alla bambina, molto concentrata sul suo compito.

“No, più lungo e sottile” rispose la bambina e subito la disegnatrice cambiò sull’iPad il disegno.

“Ci siamo?”

Aida guardò ancora per alcuni secondi e poi annuì.

 “Sei stata bravissima” si complimentò l’agente prima di alzarsi e consegnare l’iPad alla Kruger che aspettava poco distante.

 

 

“Come sta Semir?” chiese Kim avvicinandosi ad Andrea ed Aida.

“Meglio, ma continua a chiedere di Ben… ed io non so cosa rispondergli. Il medico dice di evitare forti emozioni…”

“Prima o poi dovremmo dirglielo… speriamo di ottenere qualcosa dal programma di riconoscimento facciale di Hartmut” rispose il commissario mentre inviava il disegno al tecnico con la posta elettronica.

 

“Mi scusi infermiera, potrebbe vedere di nuovo se fuori c’è il mio collega? L’ispettore Jager… gli devo parlare subito…” chiese Semir con un filo di voce.

“No mi spiace, ho chiesto cinque minuti fa, non c’è” rispose l’infermiera mentre finiva di sistemare la flebo.

“Ora cerchi di dormire un po’…” disse la giovane donna uscendo dalla stanza.

Dormire… come poteva dormire se nessuno gli diceva dove era Ben?

Mille folli pensieri iniziarono a scorrergli nella mente.

Melanie stava ancora male, glielo aveva confidato l’infermiera.

E se Ben, depresso come era, avesse fatto una sciocchezza? E nessuno aveva il coraggio di dirglielo?

Semir iniziò ad agitarsi nel letto, mentre il monitor cardiaco lanciava segnali sempre più frenetici.

Non passò molto che entrò nella stanza il medico, seguito da Andrea.

“Ispettore Gerkan… cosa c’è? Ha dolore?” chiese il sanitario preoccupato.

“No… voglio solo sapere dov’è Ben…” rispose Semir guardando fisso Andrea.

La donna distolse lo sguardo, senza rispondere.

“Qualcuno si decide a dirmi cosa sta succedendo?” ormai  Semir quasi urlava.

“Ispettore deve stare calmo, ha una seria commozione cerebrale…” intervenne il medico.

Ma Semir non lo stava neppure a sentire.

“Dimmi dov’è Ben… ORA!” intimò alla moglie.

 Ad Andrea non restò altra scelta.

“Noi… non lo sappiamo…” disse con un filo di voce.

 

“E’ stata lei, dovevo capirlo prima, avvisarlo…”

La notizia aveva totalmente sconvolto Semir.

“Questo è l’identikit che hanno fatto con Aida” disse Andrea mentre gli porgeva l’iPad.

A Semir bastò un’occhiata.

“E’ lei” disse sicuro.

Kim Kruger in attesa in disparte prese subito il cellulare.

“Procuratrice Schrankmann … mi serve immediatamente un mandato di cattura e di perquisizione  per tale Marie Meger. Sospettiamo che sia implicata  in due tentati omicidi e nel rapimento dell’ispettore Jager…”

“Quella donna è pericolosa, credimi Andrea” mormorò Semir mentre si adagiava stanco sui cuscini.

“Lo troveremo, vedrai, andrà tutto bene”  

 “Jenny e Dieter stanno andando all’abitazione della Meger. In realtà ci erano già passati, ma non aveva risposto”

 “Non la troveranno lì. E’ una donna pericolosa  e anche furba”

“Ma cosa può volere da Ben?” si chiese la Kruger.

 
Jenny, Dieter ed altri cinque agenti si presentarono  alla porta del piccolo cottage.

“Signora Meger… polizia apra immediatamente!” urlò Dieter inutilmente.

Lui e Jenny si fecero da parte mentre due agenti sfondavano la porta d’ingresso.

Pistole spianate perlustrarono tutte le stanze della villetta, ma di Ben nessuna traccia.

Deluso, Dieter si mise a guardare nel piccolo salotto in cerca di elementi utili, mentre Jenny saliva al piano di sopra a perquisire la stanza da letto.

Non passò molto che la ragazza lo richiamò con voce preoccupata.

I due poliziotti rimasero a guardare esterrefatti per qualche minuto quel che Jenny aveva trovato all’interno dell’armadio.

Poi Jenny prese il cellulare per avvisare la Kruger.

 

“Commissario? Sì siamo nel cottage della Meger. No, di Ben nessuna traccia, ma… beh… la Meger ha un armadio interamente tappezzato con le foto di Ben”

 

 

 

 

 

Angolino Musicale :Canzone inquietante per un capitolo che non preannuncia nulla di buono… All My Faith Lost ‘presagio triste’

 

Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=ts3WV5Kq0Yc


tutti i miei ricordi perduti sono qui all'interno di case vuote, in lacrime nascoste, non ho potuto vedere un'altra faccia per voi, non ho potuto sentire un altro amore per te, per tanti anni dormivano dentro di me, non ho potuto, so chi potrebbe essere, frammenti preziosi cadono dai tuoi occhi Ora mi ricordo quel giorno, quel triste presagio, se si poteva capire, solo le mie lacrime, guardando nel profondo degli occhi e vedere tutte le mie paure ...

 

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Capitolo 11
*** Viaggio nel passato ***


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OSSESSIONE DI MATY66 e CHIARABJ 

Capitolo 11
Viaggio nel passato
 
Ora care amiche faremo un viaggio nel passato di Marie…  meglio di Hilde
 
Marie si sedette su una delle sedie della cucina dopo averla accuratamente spolverata.
Se c’era un cosa che non sopportava era la polvere ed il disordine e la casa aveva decisamente bisogno di essere rimessa a nuovo e pulita.
Ma a quello ci avrebbero pensato con calma.
Appena diventati una famiglia Ben avrebbe rimesso a posto la casa e lei l’avrebbe pulita e resa il loro nido d’amore, dove crescere i loro bambini.
Un sorriso di soddisfazione le si dipinse sul volto ripensando alle cose orribili che in quella stessa cucina, quando era giovane, le strillava contro sua madre.
“Sei una buona a nulla, degna figlia di quello stupratore di tuo padre…”
La voce stridula di sua madre risuonò ancora e ancora nella sua testa.
“Cosa credi di fare andando in giro vestita così? Tanto nessuno ti vorrà, sei solo una buona a nulla, porti scritto in faccia di chi sei figlia… sei sporca come tuo padre, nessuno ti vorrà mai come moglie e nemmeno come amante”
I ricordi s’impadronirono della mente di Marie come un fiume in piena.
No, no… doveva scacciarli dalla sua mente…
Marie chiuse gli occhi,  ma l’immagine di sua madre, la donna che ogni singolo giorno della sua vita, da quando ne aveva memoria, le aveva ricordato di essere solo il frutto di uno stupro, una cosa di cui non aveva fatto a tempo a liberarsi, era sempre lì.
“Quello che ti ho fatto te lo sei meritato” disse Marie al fantasma di sua madre che all’improvviso nella sua mente sedeva di nuovo, lì di fronte a lei.
 
 
Sei anni prima…
 
Stava andando verso la libertà.
Finalmente stava andando verso la libertà.
Seduta sull’autobus che la portava verso Berlino provò per la prima volta in vita sua la sensazione di essere veramente libera.
Niente più costrizioni, niente più vecchie pettegole del paesino che la guardavano e giudicavano ogni passo che faceva.
E soprattutto niente più lei… sua madre non avrebbe mai più potuto tormentarla.
Nessuno le avrebbe più detto che era una poco di buono, che era sporca, che era arrivata alla sua età senza che nessun uomo l’avesse mai degnata neppure di uno sguardo, che era brutta e portava scritto in faccia di essere figlia di uno stupratore.
Nessuno.
Mai più.
Sua madre era morta.
E con lei erano morte tutte le umiliazioni che aveva dovuto subire.
Certo ora la vita si faceva difficile, senza conoscenze in una città enorme, senza un lavoro, lei che era vissuta tutta la sua vita in un piccolo paesino,  facendo  la contabile in un piccolo supermarket.
Ma,  ne era certa, se la sarebbe cavata.
Ora poteva far vedere a tutti che non era brutta, che era ancora giovane e bella, che poteva ancora piacere agli uomini, sposarsi e avere figli.
Figli da amare come lei non era mai stata amata.
  
Scese dal treno e poco dopo trovò una pensioncina per sole donne economica; sarebbe andata bene per i primi tempi, sino a che non trovava un lavoro e poteva permettersi una casa tutta sua.
La ragazza della stanza a fianco alla sua si rivelò immediatamente simpatica e socievole.
“Ciao, io sono Helena” le disse subito appena la incrociò nel corridoio.
“Ciao, sono Hilde” si presentò porgendo la mano.
  
Il lavoro da contabile nel piccolo negozio all’ingrosso di pezzi di ricambio per auto che le aveva trovato Helena era noioso, ma lo stipendio era dignitoso e le aveva permesso di prendere in affitto un piccolo appartamento.
L’autofficina annessa al negozio era poi ben frequentata.
I meccanici erano specializzati in auto di lusso e gli uomini che andavano e venivano per portare o ritirare le loro auto erano tutti più che benestanti; questa era stata una delle principali ragioni per cui aveva accettato il lavoro.
Ogni mattina passava un tempo infinito per prepararsi prima di andare al lavoro e gran parte dei suoi pochi risparmi li spendeva per comprare vestiti o andare dal parrucchiere.
Ma finora non era successo nulla.
Qualcuno le aveva chiesto di andare a bere un caffè o una birra, ma poi nulla.
Quella mattina però Hilde capì  subito che la sua vita sarebbe cambiata.
Appena lo vide rimase come folgorata.
Alto, capelli castani, occhi scuri color cioccolata, fisico atletico e soprattutto il più bel sorriso mai visto.
Certo  era  più giovane di lei, ma Hilde si riteneva abbastanza in forma da colmare la distanza d’età.
Trovò mille scuse per portargli lei la fattura in officina.
“Questa è la fattura per i pezzi di ricambio…” gli disse cercando di apparire seducente e al tempo stesso non sfacciata.
“Grazie, gentile a portarla lei qui. Sarei passato io a prenderla” rispose lui.
Aveva una voce bellissima.
“Nessun disturbo signor… Brandtner” finse di leggere sulla fattura, anche se sapeva già il nome a memoria.
“Mi chiami  pure Gedeon” rispose lui con il suo magnifico sorriso.
“E lei mi chiami Hilde”
 
Hilde era al settimo cielo.
Ormai erano più di sei mesi che si frequentavano e Gedeon era l’uomo dei suoi sogni.
Attento e premuroso in ogni occasione, il solo stare vicino a lui era sufficiente per renderla felice.
Con lui aveva vinto tutte le sue paure, ivi compreso il sesso.
Era stato un amante premuroso e gentile che non le aveva fatto pesare di essere il suo primo uomo nonostante l’età.
Hilde aveva iniziato a sognare ad occhi aperti, a immaginare di percorrere la navata di una chiesa vestita di bianco e poi  avere una casa ed una famiglia con lui.
Fu perciò con entusiasmo crescente che prima comprò il test in farmacia e poi controllò i risultati.
Ora lui era suo per sempre.
Il tutto era frutto di un inganno, aveva assicurato a Gedeon che prendeva precauzioni.
Ma lei era sicura che ora che c’era il bambino lui l’avrebbe sposata e avrebbero cresciuto insieme quel figlio.
E lei l’avrebbe amato perché  quel bambino era frutto dell’amore e non della violenza come invece era stata generata.
 
Preparò la cena con cura e comprò un bel vestito, che le costò quasi tutto lo stipendio di quel mese.
Appena sentì il campanello accese le candele e andò alla porta, accogliendolo con il più seducente dei sorrisi.
Voleva aspettare la fine della cena, ma non ce la fece.
Così gli diede la notizia a metà del secondo.
Gedeon la guardò per alcuni minuti in silenzio, senza dire assolutamente nulla.
Poi con calma assoluta ripose le posate nel piatto e le chiese: “Siamo ancora in tempo?”
Hilde rimase di stucco.
“Per cosa?” chiese con un filo di voce sperando di sbagliarsi su quello che stava intuendo.
“Per porre rimedio a questo disastro…” rispose Gedeon con la stessa calma.
Hilde sentì  che tutto il suo mondo stava per  crollare.
“Credevo che tu mi amassi…” disse con un soffio di voce.
“Amarti? Non dire sciocchezze Hilde. Sei un piacevole passatempo niente di più”
Hilde cercò di restare calma.
“Ma questo bambino è anche figlio tuo”
“Mi avevi assicurato che stavi prendendo precauzioni. E poi cosa pretendi che faccia, che ti sposi?”
La voce di Gedeon era dura e crudele.
“Io credevo…” ormai Hilde non aveva più neppure la forza di balbettare.
“Aveva ragione mio padre, mi aveva avvertito che miravi solo ai nostri soldi”
“Gedeon ti prego…” sussurrò Hilde, mentre iniziava a piangere.
“Io sono già fidanzato Hilde. Mi sposo fra due mesi.”
Gedeon si alzò in modo brusco, facendo sobbalzare le stoviglie sul tavolo.
“Fammi sapere se ti servono soldi per l’intervento. Nel caso penso a tutto io. Se invece decidi di tenerlo lo crescerai da sola. Ed io negherò che sia mio. Ad ogni costo” le disse mentre gettava il tovagliolo sul tavolo.
Poi uscì senza mai voltarsi indietro.
 
Hilde aveva pianto per due giorni interi.
Poi il dolore aveva iniziato a trasformarsi in rabbia, rabbia folle.
L’aveva ingannata.
Era come tutti gli uomini.
Ti seducono, ti sfruttano e poi ti buttano via come un frutto a cui hanno spremuto tutto il succo,
Era come tutti gli uomini e quindi meritava quello che gli sarebbe successo.
Ormai il suo sentimento, era più della rabbia, era odio profondo.
Tanto lo aveva amato tanto lo odiava ora.
 
Aspettò che uscisse dall’ufficio e poi  attraversò la strada per andargli incontro.
Gedeon la guardò preoccupato, serrando la mascella.
“Dobbiamo parlare” disse Hilde semplicemente.
“Stasera, al parco alle dieci”  continuò prima di correre via.
 
Lo stava aspettando da più di mezz’ora e iniziava a credere che non sarebbe venuto.
Ma poi vide la sagoma alta avvicinarsi.
Il parco era deserto a quell’ora della sera.
Folate di vento freddo spazzavano le foglie e le facevano alzare in mulinelli.
Hilde rabbrividì, ma non per il freddo.
Gedeon le si avvicinò.
“Hilde cosa vuoi? Se sei qui per dirmi che hai deciso di abortire bene, altrimenti…”
La rabbia salì prepotente ed offuscò ogni altro sentimento e ragione.
Hilde prese il rasoio che nascondeva nella tasca e lo colpì con tutta la forza che aveva.
Una.
Due.
Tre.
Quattro volte.
Gedeon la guardò con uno sguardo terrorizzato e sorpreso.
Non urlò.
Cadde avvitandosi su se stesso senza emettere neppure un fiato.
E lei colpì e colpì ancora.
Si guardò intorno.
Non c’era nessuno.
Il sangue ormai si stava allargando sul tappeto di foglie secche.
Poi Hilde compì la sua vendetta finale.
Con gesto deciso tagliò i pantaloni all’altezza dell’inguine e privò quel bastardo della sua virilità.
Quella stessa virilità che l’aveva offesa e umiliata.
 
Ci aveva messo poco a trovare una clinica che la liberasse dal peso che portava nel ventre.
Del frutto di quell’amore sbagliato, del figlio del bastardo.
Aveva usato tutto il contante, molto, che aveva sottratto dal portafoglio di Gedeon.
Era stata fortunata.
Le indagini sul misterioso ed efferato omicidio del parco erano ad un punto morto.
Del resto nessuno sapeva della sua relazione con Gedeon, tranne il padre di lui che però non l’aveva mai vista.
Ora era seduta sul treno per Colonia.
Lì avrebbe ricominciato tutto daccapo.
 
Di fronte a lei si sedette una donna dall’aria mite e spaesata.
“Salve… anche lei va a Colonia?”
Hilde annuì, pensierosa.
“Anche io. Sa non conosco nessuno lì, mi trasferisco per lavoro… mi chiamo Marie Meger” disse la donna porgendole la mano.
 
 

Angolino musicale: cari lettori e lettrici…vi siete ripresi? State pensando ‘povero Ged, povera Marie / Hilde, e SOPRATTUTTO povero Ben? Un capitolo alla volta…ed avrete risposte ed agghiaccianti sorprese…e visto che il capitolo racconta la storia della ‘pazza’ direi che Welcome To My Life (Benvenuto Nella Mia Vita) dei Simple Plan calza a pennello…
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=r0U0AlLVqpk

Ti sei mai sentito come se stessi crollando? Ti sei mai sentito fuori posto? Come se in qualche modo non fossi adatto e nessuno ti capisca Vuoi mai scappare via? Ti rinchiudi nella tua stanza? Con il volume della radio così alto che nessuno ti sente urlare No non sai com’è quando niente ti sembra a posto No non sai com’è essere come me Essere ferito, sentirsi perso Essere lasciato fuori al buio Essere colpito quando sei giù Sentirti come preso in giro Essere sull'orlo di crollare e non c’è nessuno lì a salvarti No, non sai com’è Benvenuto nella mia vita Vuoi essere qualcun altro? Sei stanco di sentirti lasciato fuori Sei in disperata ricerca di qualcosa di più prima che la tua vita sia finita? Sei bloccato in un mondo che odi? Sei stanco di tutti quelli che ti circondano? con i loro grandi falsi  sorrisi e stupide bugie mentre tu dentro nel profondo stai sanguinando No non sai com’è quando niente ti sembra a posto No non sai com’è essere come me Benvenuto nella mia vita
 

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Capitolo 12
*** Follia pura ***


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OSSESSIONE di MATY66 e CHIARABJ
 
Capitolo 12
Follia pura
 
“Nulla capo. Non abbiamo nulla di significativo su questa Marie Meger. E’ nata e cresciuta a Berlino, mai sposata, ha solo un fratello che vive in America. Stiamo cercando di metterci in contatto con lui…”
Jenny fece il proprio rapporto alla Kruger con aria rassegnata.
Erano tutti riuniti nella stanza d’ospedale di Semir, che guardava sempre più pallido i colleghi, mentre era steso nel suo letto.
La paura gli si leggeva in faccia anche se faceva di tutto per dominarsi.
“Si è trasferita qui a Colonia più o meno cinque anni fa. Nessun reato, neppure una multa per eccesso di velocità. Il direttore della banca ci ha detto che è un’impiegata modello” continuò Dieter.
“Impiegata modello? Voi non l’avete vista, vi assicuro che quella donna è pericolosa” sbottò Semir.
“Non riesco ancora a capire cosa voglia una donna di quell’età, una tranquilla bancaria, da Ben. Magari l’aveva incontrata prima… o conosce la famiglia di Ben. Avete sentito il padre?” ragionò Dieter.
“E’ in Thailandia con Julia per concludere un affare. Ancora non siamo riusciti a contattarlo” rispose la Kruger.
“La famiglia di Ben non c’entra nulla. Quando l’ho vista  quella donna aveva uno sguardo possessivo… quasi feroce. E’ pericolosa. E Ben è in mano sua già da oltre ventiquattro ore”
“Forse sapremo qualcosa di più dalla perquisizione che stanno facendo nella  casa della Meger a Berlino…”
Semir si limitò a guardare i colleghi triste.
Ormai la preoccupazione lo stava rendendo quasi folle.
Aveva tentato più volte di alzarsi, ma ogni volta era stato colto da violenti attacchi di nausea e aveva dovuto rimettersi giù.
E mentre stava lì immobile, bloccato in ospedale, chissà cosa stava succedendo a Ben.
 
 
Ben aprì gli occhi piano e cercò di mettere a fuoco l’ambiente circostante.
Era in  un posto umido e buio, con un odore nauseabondo.
Era steso su di una brandina e legato  ad un tubo, con le braccia in alto, con le sue stesse manette.
Cercando di vincere il senso di nausea crescente il giovane poliziotto provò a muoversi.
Tirò e tirò più volte senza altro risultato che quello di lacerarsi la pelle dei polsi.
Nella semioscurità non riusciva a vedere molto di quello che lo circondava.
Vedeva solo una specie di fagotto informe su di una sedia, ma non capiva bene cosa potesse essere.
Sentiva lo squittio dei topi e i fruscii dei loro movimenti intorno a lui.
Con terrore crescente si chiese cosa poteva volere la Meger da lui.
Era sicuro di non averla incontrata prima di quel giorno in banca… forse era la madre o qualche parente di qualcuno che aveva arrestato…Ma se era così perché non l’aveva ucciso subito? E perché farneticava di una vita insieme?
Con rabbia  pensò a Melanie e a Semir… chissà come stavano… ed era tutta colpa di quella donna.

 
Passarono diverse ore.
Ben aveva freddo, fame e sete.
Non mangiava ormai da giorni e sentiva che le forze lo stavano abbandonando.
Forse quella donna aveva intenzione di farlo morire così, di stenti.
Tento e ritentò di liberarsi, ma sapeva bene che con quel tipo di manette era praticamente impossibile.
Nonostante tutto non fu sollevato quando sentì la porta aprirsi e vide un fioca luce illuminare la stanza.
Una sorridente Marie entrò portando un vassoio.
Ma appena Ben volse lo sguardo intorno alla stanza non poté fare a meno di lanciare un urlo.
Il fagotto sulla sedia era in realtà un cadavere.
Il cadavere mummificato di una donna.
Si vedevano ancora i capelli grigi, raccolti a crocchia, e i vestiti a brandelli.
Era stata sistemata come se stesse comodamente seduta sulla sedia e sembrava quasi lo guardasse sorridendo.
“Cosa… cosa…” riuscì solo a balbettare il giovane poliziotto inorridito.
“Oh... vedo che hai conosciuto  la mamma…” fece Marie avvicinandosi alla brandina.
“Che villana, non ho neppure fatto le presentazioni. Ben ti presento la mia mamma. Mamma, lui è Ben il mio fidanzato” disse  poi la donna con voce infantile.

 
“I colleghi di Berlino ci hanno appena informato che nella vecchia casa della Meger non hanno trovato nulla. Pare disabitata da molti anni ed i vicini ci hanno detto che non hanno visto più nessuno da almeno sei anni, quando la Meger si è trasferita a Colonia”
La Kruger informò Semir dei risultati delle indagini evitando accuratamente di guardare il poliziotto, ancora steso nel suo letto d’ospedale.
Si sentiva anche lei in colpa e la paura per la sorte di Ben stava prendendo il sopravvento anche nel suo animo.
Cercò di restare professionale e non lasciare trasparire i suoi sentimenti, per  non spaventare ancora di più Semir.
“Anche il fratello ci ha detto che non la sente da anni, aveva litigato molto tempo fa e non conosce neppure il suo indirizzo a Colonia”
“Bene, non abbiamo nulla. Niente di niente. Non conosceva nessuno al di fuori del lavoro, non frequentava nessuno qui a Colonia. Come facciamo a trovare Ben? Da dove iniziamo?” 
La voce di Semir s’incrinò.
“Ho mandato Hartmut e fare i rilievi nella casa di Berlino. Forse riesce a trovare qualcosa che i colleghi non hanno visto…” sospirò la Kruger.
Come se qualcuno le avesse letto il pensiero proprio in quel momento il telefono del commissario squillò.
Quando riattaccò  era pallida e sconvolta.
“Hartmut ha trovato molte foto della Meger nella casa di Berlino” disse poi.
Semir la guardò perplesso,
“Dice che la donna nelle foto non corrisponde all’identikit. Non è la Meger che conosciamo”

 
“Non ti spaventare caro… lei sta qui buona. Ma prima  è stata cattiva, perciò ho dovuto  metterla qui in cantina” disse Marie, poggiando su di un vecchio mobile il vassoio ed avvicinandosi alla brandina.
“Oh… vedo che hai cercato di liberarti” continuò guardando i polsi sanguinanti del giovane.
“Non ci riuscirai. Il tubo è cementato e le manette… beh non devo dirti io che non si possono aprire senza le chiavi” sorrise Marie mentre gli mostrava le chiavi che gli aveva sottratto dalla tasca dei jeans.
Ben vide balenare  negli occhi della donna lampi di follia.
“Mi spiace sai tenerti qui, ma è solo per i primi tempi. Dipende tutto da te…”
“Co… cosa vuoi da me?” chiese Ben cercando di non far trapelare paura nella voce.
Ormai era chiaro, si era messo nella mani di una folle.
“Come cosa voglio da te? Che tu capisca che siamo fatti l’una per l’altro. Noi dobbiamo vivere insieme per sempre, siamo anime gemelle. Ci sposeremo ed avremo dei bambini…”
Marie si avvicinò alla brandina e accarezzò Ben sulla guancia.
Il giovane non poté fare a meno di tirare indietro la testa con un gesto brusco.
Marie lo guardò furiosa, ma non disse nulla.
“Prima o poi capirai anche tu. Ora mangiamo” fece prendendo un piatto dal vassoio.

 
“Che significa che non è Marie Meger?” chiese stupefatto Semir.
“Che la donna che ha abitato nella casa di Berlino non è la donna che ha rapito Ben. Hartmut ha chiesto al comune di Berlino di mandarci le foto dell’anagrafe. Dovrebbero arrivare fra poco”
Ed infatti poco dopo Jenny bussò alla porta e le porse una cartellina.
Dall’espressione della Kruger Semir capì immediatamente.
Gli bastò uno sguardo alla foto nella cartellina.
“Non è lei” disse lapidario.
“Ma allora chi è?” chiese Jenny.
“Non lo so… come facciamo ora a trovare Ben se non sappiamo neppure chi è quella donna? Come facciamo?” si chiese Semir sempre più spaventato.
 

“Ti ho detto mangia!” urlò Marie dopo che Ben  aveva sputato i bocconi di cibo che a forza gli aveva ficcato in bocca.
La donna, ormai isterica provò di nuovo, ma nonostante la fame Ben non riuscì ad ingoiare il purè di patate che la donna cercava di fargli mangiare.
Stavolta si prese la soddisfazione di sputarle in faccia.
Poi provò a darle un calcio.
Ma la donna era agile e straordinariamente forte.
“Brutto maledetto…” imprecò Marie pulendosi il viso con la manica del maglione.
Furiosa, con gli occhi folli, prese delle corde e nonostante Ben continuasse a scalciare riuscì a legargli prima una caviglia e poi l’altra alle sponde del letto.
Alla fine si fermò alcuni secondi a contemplare la sua opera ed uscì senza dire nulla.
Ben aveva il cuore in tumulto; ora era completamente immobilizzato ed inerme nelle mani di una folle.
Cercava di non guardare continuamente il cadavere che stava lì proprio accanto a lui, seduto sulla sedia.
“Calmo, devi stare calmo, se vuoi avere una possibilità di uscire vivo da qui” si disse.
Ma si rendeva conto che la situazione era davvero disperata.
Quella donna era chiaramente pazza, aveva quasi ucciso Melanie e Semir. Probabilmente aveva ucciso anche la madre e ne aveva conservato il cadavere in cantina.
Lui era saldamente incatenato e ormai debole e senza forze.
Cercò di non lasciar trapelare il terrore provato quando vide Marie rientrare nella cantina.
La donna sorrideva ostentatamente, e nella mano destra aveva un grosso rasoio.
 
 
Semir era sicuro  di non aver mai avuto tanta paura in vita sua come in quel momento.
Non riusciva a ragionare bene per il mal di testa che ancora lo tormentava, l’unica nota positiva era che almeno la nausea si era calmata un po’.
Aveva convinto Andrea ad andare a casa solo giurandole che non si sarebbe alzato dal letto, ma nonostante le promesse aveva più volte tentato di mettere le gambe oltre la sponda, ottenendo in cambio un violentissimo attacco di vertigini che l’aveva costretto a riadagiarsi.
Mentre si macerava nella paura per la sorte del suo giovane socio udì un leggero colpo alla porta.
Appena Kim Kruger entrò nella stanza Semir capì che non portava buone notizie.
“Cosa è successo?” chiese senza neppure salutare.
“Abbiamo novità”  rispose il commissario, visibilmente turbata.
“E’ confermato, la donna che ha rapito Ben non è la vera Marie Meger. Le foto dell’anagrafe corrispondono a quelle che abbiamo trovato  nella casa di Berlino e che abbiamo spedito anche al fratello. Dice di non aver mai visto la donna dell’identikit”
Ma Semir capì immediatamente che c’era qualcosa altro.
“Avanti commissario mi dica la verità, queste cose già le sapevo” disse duro, guardandola negli occhi.
Kim sospirò prima di riprendere a parlare.
“Non sappiamo che fine abbia fatto la vera Marie Meger e come abbia fatto quella donna a prenderne l’identità. Ma Hartmut ha rilevato le sue  impronte e il profilo DNA dal cottage dove abitava qui a Colonia.”
Kim si bloccò a metà del discorso, incapace di andare avanti.
“E?” chiese Semir sempre più agitato.
“Corrispondono  a quelle trovate circa cinque anni fa sul luogo di un delitto irrisolto a Berlino…”
Il piccolo turco sbiancò.
Kim tirò furi un foto dalla borsa che aveva con sé.
“Gedeon Brandtner,  34 anni, imprenditore. Fu trovato in un parco pubblico di Berlino. Era stato ucciso con più di dieci colpi di un oggetto tagliente, probabilmente un rasoio…e poi… era stato evirato”
La voce del commissario s’incrinò leggermente.
Semir, con il cuore in gola per la paura, tese la mano per farsi dare la foto e subito capì  la ragione della ritrosia che la donna mostrava a consegnargliela.
Appena la vide al piccolo turco quasi si fermò il cuore.
Gedeon Brandtner, il defunto Gedeon Brandtner, era praticamente identico a Ben.
 
 
“Non mi sono mai piaciuti gli uomini trasandati, sai. Dobbiamo assolutamente raderci, quella barbaccia proprio non va”
Marie parlava con voce sottile e forzatamente allegra.
Aveva preso una piccola bacinella e insaponato il viso di Ben.
“Stai fermo o rischio di farti male, non vorrei rovinare questo bel faccino” disse sorridendo mentre riprendeva il rasoio.
Nonostante l’arma ed il fatto che fosse completamente immobilizzato Ben provò a ribellarsi e a girare il viso dall’altro lato.
Ma Marie era irremovibile.
Lo afferrò per i capelli e girò il volto del giovane polizotto verso di lei.
Poi iniziò a passare il rasoio sulle guance.
“Tu sei pazza” sibilò Ben, pur sapendo che questa frase poteva scatenare la furia della donna.
Ma Marie sembrò invece non dare peso alla cosa.
“Cambierai idea. Capirai che io sono la donna della tua vita. Ci sposeremo e formeremo la nostra famiglia. Sarai felice vedrai”  
Marie continuava a radere Ben e il giovane non poteva fare a meno di sobbalzare ogni volta che il rasoio gli sfiorava la pelle.
Ma poi il pensiero andò di nuovo a Melanie, immobile a terra in un lago di sangue, e a Semir pallido sulla barella quando era arrivato in ospedale e la rabbia prese possesso di nuovo di lui.
“Sei completamente folle… sei stata tu ad investire Melanie…e anche Semir…”
“Certo sono stata io. Quella stupida oca non è la donna giusta per te. Sono io la donna della tua vita, presto non ci penserai più. Non penserai più né a lei, né al tuo amico turco. Anche perché finirò il lavoro che ho iniziato”
Mentre pronunciava le ultime parole un ghigno diabolico si dipinse sulla faccia della donna.
La frase mandò nel panico Ben.
“Maledetta… lurida schifosa… che vuoi fare…” urlò dimenandosi come un dannato.
Marie si fermò con il rasoio a mezz’aria.
“Non sei gentile, e a me non piacciono gli uomini poco gentili e che dicono parolacce” disse mentre poggiava il rasoio sulla gola del giovane e spingeva sino a tagliarne la pelle.
 
 
 
Angolo musicale: cari lettori, qui cominciano i veri guai…e le quattro diaboliche manine, come avrete notato, stanno dando il ‘meglio’ (o peggio, dipende dai punti di vista). E per questo capitolo avrei pensato ad una “serenata” della pazza per il nostro Benuccio…(tanto per ribadire che un po’ pazzerelle lo siamo pure noi…non so se avete notato il banner…se qualcuno ha visto Psycho del grande Alfred Hitchcock, noterà che ‘la signora’ è la mamma di Norman Bates…)
Alicia Keys ‘No one’ (Nessuno)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=rywUS-ohqeE

Voglio solo che tu mi stia vicino qui potrai restare per sempre puoi esserne certo e tutto potrà solo andare meglio io e te assieme i giorni e le notti non preoccuparti perché tutto andrà bene le persone continuano a parlare possono dire quello che vogliono, ma tutto quello che so io è che tutto andrà bene nessuno, nessuno, nessuno può capire quello che sento nessuno, nessuno, nessuno può capire quello che sento per  te, te, te, nessuno può capire quel che sento per te…

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Capitolo 13
*** Marchio di sangue ***


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OSSESSIONE DI MATY66 e CHIARABJ

Capitolo 13
Marchio di sangue

 

 

Ben cercò di non urlare mentre sentiva la lama del rasoio che gli tagliava la pelle proprio nell’incavo del collo ed il sangue caldo scorrere.

Pensò che probabilmente quelli erano gli ultimi istanti della sua vita, ma non voleva dare soddisfazione a quella folle urlando.

Il dolore  era quasi insopportabile, ma il giovane resistette alla paura e alla sofferenza, sino a che la lama si fermò.

“Sei come lui, esattamente come lui…anche tu sei come lui e tutti gli altri” sibilò Marie mentre puliva il rasoio dal sangue e prendeva uno straccio per tamponare quello che scorreva dalla ferita che aveva appena inferto.

“Non farmi più arrabbiare. Io ti amo, non voglio farti del male, come ho fatto con tutti gli altri, ma se tu non capisci...”

La voce di Marie ora era isterica.

Riprese il suo lavoro con mano ferma e gesti bruschi, poi contemplò da lontano la sua opera.

“Ora stai molto meglio” disse soddisfatta mentre raccoglieva tutto ed usciva dalla stanza, lasciando Ben ansimante e dolorante.

 

“Evirato?” balbettò Semir con un filo di voce mentre distoglieva lo sguardo dalle foto del cadavere di Gedeon Brandtner.

Kim Kruger si limitò ad annuire.

“Mio Dio commissario era identico a Ben, alto, bruno con il fisico atletico…”

“Non disperiamoci prima del tempo Gerkan, forse non ha preso Ben per…” disse non riuscendo a completare la frase.

“Non disperiamoci? Quella donna ha investito Melanie e buttato me fuori strada. Sono passate quarantotto ore, commissario, e non abbiamo alcuna idea di come trovarla. Ben è probabilmente  nelle mani di un’assassina e noi non sappiamo neppure da dove iniziare a cercarlo”

“Mi sono fatta inviare dai colleghi di Berlino tutti i documenti sull’omicidio Brandtner, forse riusciamo a trovare qualcosa”

“E cosa possiamo scoprire noi ad oltre cinque anni dall’omicidio? Qui risulta che è stato archiviato come una rapina, il portafoglio era vuoto” la voce di Semir era sempre più disperata.

Kim sospirò e quasi trasalì quando si udì un piccolo colpo alla porta.

Era Susanne.

La bionda segretaria era mortalmente pallida, mentre porgeva una cartellina al commissario.

“Che altro è successo?” chiese Semir ormai sull’orlo delle lacrime.

“Oh mio Dio!” esclamò Kim guardando il contenuto della cartellina.

 

“Che succede? Commissario parli!!!” Semir quasi urlò preso dal panico.

“Hartmut ha inserito e fatto una ricerca sulle impronte digitali della presunta Marie Meger nel database dell’Interpol”

La voce di Kim era poco più di un sussurro mentre continuava a consultare il contenuto della cartellina.

“Le impronte risultano anche sul luogo di altri due delitti, avvenuti qui a Colonia rispettivamente  due ed un anno fa. Due uomini sulla trentina, Mike Roth e Simon Roller, entrambi uccisi a colpi di rasoio e poi evirati”

Kim era bianca come un lenzuolo mentre porgeva le foto delle vittime a Semir.

Le vittime erano entrambe bruni, occhi castani, fisico atletico, bel sorriso.

Praticamente anche  loro  molto somiglianti a Gedeon e a Ben.

Semir non riuscì a trattenere una lacrima.

Ben era finito nelle mani di un’assassina seriale.

  
 

Erano passate ormai diverse ore da quando Marie era  andata via dalla cantina e Ben era davvero sfinito, aveva fame e sete e soprattutto freddo. Anche se era primavera le notti erano ancora fredde e Ben sospettava di essere stato portato in un luogo di montagna.

Triste, pensò a Melanie e a Semir… chissà come stavano.

Il pensiero di quello che poteva fare loro quella folle lo tormentava, ma era completamente inerme ed immobilizzato.

Quasi non sentiva più le braccia e le gambe per la lunga immobilità e la stanchezza era tanta.

Nonostante il dolore per la ferita alla gola, si appisolò, ma venne brutalmente svegliato dalla luce che si accese all’improvviso.

Marie era sulla porta.

Indossava un completo di lingerie nera, si era truccata e pettinata  e sorrideva ostentatamente, e in mano aveva di nuovo il rasoio.

Si avvicinò a passo lento alla brandina e poi si sedette accanto al giovane legato.

“Baciami” disse la donna sorridendo malefica.

 

“Baciami” disse ancora Marie, avvicinando il viso a quello di Ben.

Il giovane poliziotto cercò di rimanere razionale.

La ragione gli diceva di assecondarla, in fondo era solo un bacio e se non acconsentiva probabilmente avrebbe pagato il rifiuto con la vita.

Ma il pensiero di quello che quella donna aveva fatto,  il cadavere della madre lì accanto a lui, la rabbia per Semir e Melanie in ospedale per colpa sua gli facevano provare un profondo disgusto.

“Marie...” balbettò.

“E’ ora che tu mi chiami con il mio vero nome. Io mi chiamo Hilde. Ora dimmi che mi ami…”

“Hilde… stammi a sentire…”

Ben provò a non far trapelare l’ansia nella voce.

“Dì ‘Hilde ti amo’ e poi baciami.  Siamo fidanzati e ancora non mi hai dato neppure un bacio”

“Hilde, ti prego, tu hai bisogno d’aiuto. Slegami, ti aiuterò, farò di tutto per aiutarti”

La donna lo guardò allucinata.

“Io non ho bisogno d’aiuto. Ho solo bisogno che mi dimostri quanto mi ami” disse mentre si metteva a cavalcioni su di lui.

Poi prese il rasoio ed iniziò con gesti lenti e decisi a tagliare i vestiti.

Ben non poté fare a meno d’iniziare a tremare mentre la lama divideva in due la felpa che indossava.

“Stanotte noi concepiremo il nostro primo figlio. Sarà un maschio sai… ne sono sicura” fece la donna sempre più isterica mentre iniziava a tagliare i pantaloni.

Ora Ben era  rimasto con i soli boxer e Hilde troneggiava su di lui, sempre con il rasoio nella mano destra.

“Così stiamo più comodi” rise mentre si chinava con il viso su di lui.

“Baciami...” sibilò avvicinando le labbra a quelle del giovane.

Il forte profumo che indossava la donna gli provocò un’ondata di nausea.

Ben cercò di dominare il disgusto e pensare che si trattava di salvare la propria vita.

Ma proprio non ce la fece.

Con un gesto istintivo girò il viso dall’altra parte quando la donna poggiò le labbra sulle sue.

Subito negli occhi di Hilde passarono lampi di follia pura.

“Sei come  lui… anche tu sei solo un lurido bastardo…” disse scendendo furibonda dalla brandina.

“Hai ancora in mente quella stupida oca vero? Ma tu sei mio, solo mio!!!” urlò.

“Devi capire che sei mio” disse ancora mentre avvicinava il rasoio al petto del giovane, nudo ed inerme sul lettino.

Poi con scientifica precisione iniziò la sua opera.

Ben stavolta non riuscì a non urlare di dolore, paura e disperazione mentre Hilde incideva con il rasoio il suo nome sulla pelle del petto.

 

 

Angolo musicale: Cosa pagheremmo noi perfide autrici, per vedere la vostra espressione in questo momento…Pazienza, resteremo con il dubbio! Streghe, perfide, cattive, malefiche…penso che dopo questo capitolo conierete per noi altri “simpatici” appellativi…anche se abbiamo notato che pure voi vi state…lanciando ( pezzettini, carpaccio, fettine…povero Benuccio neanche fosse un…manzo e stessimo scrivendo una ff sulla ‘Prova del cuoco’!!!) detto ciò, colonna sonora…(pensieri e parole della pazza e di chi, di questo passo lo diventerà…)

Madonna ‘Ghosttown’(città fantasma)

Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=GgDxv0Qg_Rg

Forse è stato tutto eccessivo Eccessivo da sopportare per un uomo Tutto è destinato a rompersi Prima o poi, presto o tardi Tu sei l’unico di cui possa fidarmi Affrontare i giorni più oscuri Tutti scappano via Ma noi resteremo qui, resteremo qui Lo so che sei spaventato stasera Non lascerò mai il tuo fianco Quando tutto cade, quando tutto crolla Sarò il tuo fuoco quando le luci si spegneranno Quando non c’è nessuno, nessun altro in giro Saremo due anime in una città fantasma Quando il mondo diventerà freddo Sarò la tua coperta Teniamoci soltanto Uno all’altro Quando  tutto cade, quando tutto crolla Saremo due anime in una città fantasma….

 

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Capitolo 14
*** Agonia e disperazione ***


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OSSESSIONE di MATY66 e CHIARABJ
 
Capitolo 14
Agonia e disperazione
 
“Ora sei mio. Tutti sapranno che sei mio!” disse la donna completata la sua opera.
Il torace di Ben era pieno di sangue, che ormai aveva imbrattato anche tutto il lurido materasso della brandina e il giovane era ormai sull’orlo della perdita dei sensi per il dolore.
Mai in vita sua aveva creduto che si potesse provare un’agonia  simile; anche se la sua parte razionale si rendeva conto che erano superficiali, altrimenti sarebbe già morto dissanguato, le ferite bruciavano come l’inferno e  Ben pregò più volte perché il Signore gli facesse almeno perdere i sensi.
“Guarda cosa mi hai costretto a fare…” disse  Hilde mentre prendeva uno straccio lurido e iniziava a tamponare le ferite.
L’operazione gli provocò nuovo dolore, ma ormai Ben non aveva più neppure la forza di urlare.
“Non lasciamo che questo ci rovini la serata” disse poi Hilde mentre usciva dalla cantina.
 
“Forse è già morto. A quest’ora l’avrà ucciso…”
La voce di Semir era poco più che un sussurro.
“Smettila, non lo pensare nemmeno Semir. Lo troveranno…”
Andrea cercava invano da ore di calmare il marito e convincerlo a dormire un po’
“Come? Mi spieghi come? Non sappiamo chi è, dove può essere andata. Sappiamo solo che ha ucciso almeno tre uomini, tutti identici a Ben, e li ha orrendamente mutilati… e probabilmente ha ucciso anche la vera Marie Meger”
Stavolta Andrea non ebbe il coraggio di replicare.
“E’ colpa mia, dovevo chiamare rinforzi prima di andare a  cercarla. Se l’avessi fatto ora saremmo riusciti a prenderla…”
“Ragionare con i ‘se’ e con i ‘ma’ non serve a nulla. Quella donna è diabolica, ha ucciso senza che nessuno sospettasse di lei e ha assunto  l’identità di un’altra persona…”
Semir rimase per un po’ in silenzio, sino a che la Kruger non rientrò nella stanza dell’ospedale.
“Domani mattina presto vado a Berlino, con Dieter e Jenny. Interroghiamo il padre di Brandtner, la prima vittima, forse può dirci qualcosa di utile” lo informò.
“Bene, vengo con voi” disse subito il piccolo turco con sguardo sicuro.
“Semir non puoi essere dimesso…” intervenne subito Andrea.
“E’ vero Gerkan, lei non sta ancora bene” disse anche il commissario, ben sapendo quanto fosse inutile cercare di convincere il suo ispettore.
“Commissario l’unico modo per fermarmi è spararmi. Io non resto qui ad aspettare che qualcuno ci venga a dire di aver ritrovato il cadavere di Ben da qualche parte. Ci siamo capiti?”
Nessuno ebbe il coraggio di replicare.
 
Ben era ormai in uno stato di semicoscienza e a stento si accorse che Hilde era rientrata nella cantina.
Solo quando sentì il petto bruciargli come le fiamme dell’inferno si accorse che la donna stava disinfettando le ferite, ma fu capace di lanciare solo un debole lamento.
“Mi dispiace  farti male, ma dobbiamo disinfettare le ferite… sei stato cattivo sai… inizio a pensare che sei esattamente come lui e tutti gli altri che  ho incontrato. Mi dispiacerebbe farti fare la stessa fine…” continuò con voce lamentosa Hilde.
Ben sentiva la voce come  attraverso l’ovatta e non riusciva a capire bene il senso delle parole, se non il fatto che probabilmente quella donna aveva già ucciso varie volte.
Quando ebbe finito di disinfettare, Hilde prese a fasciare il torace di Ben con delle bende.
“Ecco ora siamo a posto” disse una volta finito.
Avvicinò la labbra a quelle di Ben e lo baciò appassionatamente.
Il giovane poliziotto lasciò fare, stremato dal dolore e dalla nausea non ebbe il coraggio di ribellarsi.
“Sarà una notte bellissima vedrai… solo che probabilmente hai bisogno di un piccolo incoraggiamento”
Hilde si prese dalla tasca della vestaglia in pizzo che indossava una boccettina.
“Questo ti aiuterà” disse mentre gli versava il contenuto in bocca e poi gli tappava naso e bocca per costringerlo ad ingoiare.
Ben cercò con tutte le sue forze di resistere, ma sapeva che non avrebbe potuto farlo a lungo.
Dopo due minuti fu costretto ad ingoiare.
Mentre tossiva ed ansimava per riprendere fiato sentì  come in lontananza Hilde che parlava.
“Non ti devi preoccupare, so quello che faccio, mia madre era un’ottima farmacista, ho imparato da lei”
Poi tutto divenne nero.
 
Semir inghiottì un paio di pillole prese dal flacone che il medico gli aveva dato prima delle dimissioni.
Aveva firmato decine di moduli per poter uscire senza il consenso dei medici e la testa continuava a farli un male boia, ma non aveva scelta.
L’unico pensiero più insopportabile di quello di trovare il cadavere del suo migliore amico in qualche fosso, orrendamente mutilato, era quello di aspettare che questo succedesse senza tentare qualcosa.
Non sapeva come, ma lui doveva  almeno tentare di fare qualcosa.
Poco prima di uscire dall’ospedale aveva incontrato i genitori di Melanie.
“Notizie di Ben?” gli aveva chiesto la madre, ormai allo stremo delle forze dopo l’ennesima notte trascorsa al capezzale della figlia in coma.
Semir aveva scosso la testa triste e negli occhi della donna erano spuntate di nuovo le lacrime.
“Se Melanie si sveglia ed è successo qualcosa a Ben io non avrò mai il coraggio di dirglielo” aveva sussurrato.
“Quando Melanie si sveglierà avrà accanto a sé Ben” aveva risposto il piccolo turco, cercando di non far trapelare la disperazione che anche lui provava.
 
“Siamo pronti” disse la Kruger entrando nell’ufficio dove Semir stava aspettando, seduto alla scrivania,
Nell’alzarsi Semir ebbe un capogiro e fu costretto ad appoggiarsi alla scrivania.
Subito la Kruger gli fu vicino.
“Semir forse non è il caso che lei venga sino a Berlino…”
“Sto bene” rispose lui mentre lanciava un ultimo sguardo alla scrivania di fronte alla sua.
Solito disordine, cartacce dappertutto, ma a Semir tutto l’ufficio sembrò desolatamente vuoto e triste.
Il pensiero che forse non avrebbe mai più potuto rimproverare il giovane socio per il disordine in cui riusciva a ridurre l’ufficio comune lo travolse come una marea inarrestabile di dolore.
Ingoiò il groppo che si era formato in gola e  si diresse a passo incerto con la Kruger verso l’uscita.
Non poteva permettersi di piangere e disperarsi.
 
 
Angolino musicale ‘Disperato’ di Marco Masini sarebbe perfetta, ma le parole non fanno tutte al caso nostro…Ci vuole una canzone che trasmetta ‘Agonia & Disperazione’…Povero Semir, l’affetto e l’amicizia che lo lega a Ben va oltre ogni ragione…Non c’è niente e nessuno che lo possa fermare e il suo pensiero è solo uno:
The Fray ‘How To Save A Life’ (Come Salvare Una Vita)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=cjVQ36NhbMk

…e tu te ne stai in mezzo tra paura e senso di colpa e cominci a chiederti perché sei venuto dove ho sbagliato? Ho perso un amico da qualche parte, nell'amarezza e sarei rimasto in piedi con te tutta la notte se avessi saputo come salvare una vita fagli sapere che tu lo conosci meglio di chiunque altro perché, dopotutto, lo conosci davvero meglio degli altri cerca di infiltrarti tra le sue difese senza concedergli l'innocenza stendi una lista di cosa è sbagliato le cose che gli hai sempre detto e prega Dio che lui ti stia a sentire …guida fino a perdere la strada oppure rompi i rapporti con quelli che hai seguito… 

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Capitolo 15
*** Il seme della speranza ***


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OSSESSIONE DI MATY66 e CHIARABJ
 
Capitolo 15
Il seme della speranza
 
“Buongiorno signor Brandtner, Commissario Kruger e questi è il mio collega, l’ispettore Gerkan. Siamo della CID di Colonia”
Kim si presentò  mostrando il tesserino all’uomo sulla settantina che aprì la porta della villetta nella zona residenziale ad est di Berlino.
“Sì, i suoi colleghi mi hanno avvisato che sareste passati, prego accomodatevi” rispose l’uomo aprendo la porta.
L’interno della casa era arredato in modo elegante e discreto e denotava  l’agiatezza della famiglia.
Sul mobile all’ingresso Semir notò subito la foto di un giovane dai capelli scuri che guardava l’obiettivo sorridendo.
Chiunque da lontano l’avrebbe scambiato per Ben.
Stessa corporatura, stessi occhi, stesso colore di capelli. Solo lo sguardo denotava una arroganza che Ben non aveva mai avuto.
“La vostra richiesta mi ha molto meravigliato, sono passati molti anni ormai dalla morte di mio figlio senza che si sia scoperto nulla” disse l’uomo facendoli accomandare nell’ampio soggiorno.
“Abbiamo purtroppo motivo di credere che suo figlio sia  stato solo la prima vittima di una serial killer che poi ha ucciso altri due uomini a Colonia e rapito un nostro collega” lo informò Kim.
L’uomo sbiancò.
“Mio Dio… a me hanno sempre detto che si trattava di un omicidio per rapina commesso da qualche folle che poi aveva infierito sul cadavere…”
“Ha mai visto questa donna?” chiese Semir mostrando la foto di Marie Meger, o meglio di quella che conoscevano come Marie Meger, presa dal tesserino aziendale della banca.
Brandtner la guardò per qualche secondo e poi scosse la testa.
“Sa se suo figlio frequentasse qualche donna prima dell’omicidio?” chiese ancora Semir.
“Mio figlio era fidanzato, doveva sposarsi dopo qualche mese… ma la sua ragazza non è questa donna“   rispose l’uomo, ma Semir colse immediatamente  un certo imbarazzo nella voce.
“Sa se frequentava anche qualcun'altra? E’ importante signor Brandtner, ne va della vita del mio collega” chiese a bruciapelo.
L’uomo rimase alcuni secondi in silenzio.
“Mio figlio mi aveva parlato di una donna che aveva incontrato qualche mese prima. Gli avevo detto che così si metteva nei guai… che donne di quel tipo pensano solo a scroccarti denaro, ma sa come sono i giovani… voleva solo divertirsi un po’. Comunque era una storia senza importanza”
Semir era lì lì sul punto di rispondere che no, non sapeva come erano i giovani che ‘volevano solo divertirsi’ prima del matrimonio, ma si trattenne.
“Sa qualcosa di questa donna? L’ha mai vista?” chiese cercando di rimanere professionale.
“No non l’ho mai vista. So solo che si chiamava Hilde, se non sbaglio, e lavorava presso il magazzino di autoricambi annesso all’officina meccanica dove si serviva Gedeon”
Semir sentì i capelli rizzarsi sul collo come gli succedeva sempre quando fiutava la pista giusta.
“Il nome e l’indirizzo dell’officina?” chiese eccitato.
Quasi gli strappò di mano il foglio appena Brandtner scrisse le notizie che aveva chiesto.
 
“Mi spiace, non ho mai visto questa donna, ma ho acquistato l’officina e l’autoricambi solo tre anni fa, alla morte del vecchio proprietario. Non le so dire nulla dei precedenti dipendenti”
Le speranze di Semir crollarono alla frase dell’uomo di circa cinquant’anni che stava dietro al bancone, cercando di rispondere contemporaneamente  alle loro domande e alle telefonate che arrivavano.
Semir e la Kruger si erano precipitati nel luogo indicato da Brandtner, ma a quanto pareva avevano fatto un buco nell’acqua.
“Ma nessuno dei vecchi dipendenti è rimasto in servizio?” chiese la Kruger.
“No, questa è un’impresa familiare. Lavoriamo io ed i miei figli. Ho licenziato tutti i dipendenti appena ho acquistato la proprietà”
“E non avete neppure uno schedario con i nominativi e gli indirizzi?” chiese ancora Semir.
“No purtroppo, quello del precedente proprietario è andato distrutto in un allagamento che abbiamo subito l’anno scorso”
 
Uscendo dall’ufficio Semir sentì di nuovo la nausea salire prepotente.
Nulla, si era solo illuso di aver trovato un indizio, ma quel che avevano era solo un nome, comunissimo tra l’altro.
E niente più.
Niente da cui  iniziare a cercare, mentre le ore trascorrevano inesorabili.
Il piccolo turco  vide improvvisamente il mondo  girare in tondo, barcollò e sarebbe sicuramente caduto se la Kruger non l’avesse sorretto prontamente.
“Semir… si sente bene?” chiese preoccupata.
“Sì sto bene” mentì lui cercando di ricomporsi.
“Venga, sediamoci un attimo  nel caffè qui di fronte. Deve mangiare qualcosa”
Con gesto deciso che non ammetteva repliche il commissario lo guidò verso la piccola caffetteria proprio di fronte all’officina.
 
“Cosa facciamo ora? Abbiamo solo un nome… Hilde e non sappiamo neppure se è la stessa donna che ha rapito Ben”
Lo sconforto la paura e la disperazione si stavano impadronendo dell’animo di Semir, seduto al tavolino della piccola caffetteria, con la Kruger di fronte.
“Noi non ci arrendiamo, vedrà che troveremo qualcosa. Possiamo provare a rintracciare qualche vecchio dipendente”
La Krueger appariva decisa, ma Semir sapeva leggerle negli occhi la paura che anche lei provava.
“Sempre che non sia troppo tardi” rispose amaramente.
“Buongiorno, sono Helena. Cosa posso servirvi?”
La voce della cameriera giunse a Semir come da lontano, tanto era assorto nei suoi cupi pensieri.
Lui e la Kruger ordinarono caffè e tramezzini, anche se Semir sentiva di non avere assolutamente fame.
La cameriera si stava allontanando dopo l’ordinazione, quando rimase bloccata a guardare la foto che spuntava dal fascicolo che Semir aveva poggiato sul tavolo.
“Ma questa è Hilde” esclamò sorpresa.
 
 
 
“Conosce questa donna?” Semir balzò in piedi e quasi aggredì la cameriera che iniziò guardarlo spaventata.
“Sì… ma che volete da lei?” chiese.
“Siamo della Polizia di Colonia. Sa come si chiama e dove è attualmente?” rispose Semir mostrando il tesserino.
“Beh… si chiama Hilde. Hildegard Grimm E non la vedo da circa cinque anni” rispose la donna sedendosi al tavolo accanto a Semir.
“L’ho conosciuta al pensionato femminile in cui ha abitato per qualche mese appena arrivata a Berlino. Aveva la  stanza accanto alla mia. Sono stata io a trovarle il lavoro all’autoricambi qui di fronte”
“Sa se frequentava qualcuno? Amici o parenti? Qualcuno che ci possa aiutare a rintracciarla?”
Semir quasi travolse con le sue domande la donna.
“Era una  ragazza molto timida. Ma nell’ultimo anno aveva iniziato a frequentare un uomo, diceva che era l’uomo della sua vita che si sarebbe sposata e avrebbe avuto dei figli. Quando è sparita all’improvviso ho creduto che avesse seguito il fidanzato, che fosse partita con lui…”
“Sa qualcosa di questo fidanzato? Lo ha mai visto?”
“No, mi spiace. Era molto riservata sul punto e non si può dire che eravamo molto amiche, parlavamo ogni tanto quando veniva qui a prendere il caffè. Non l’ho mai visto e non so neppure come si chiamasse”
Semir sospirò di nuovo deluso.
“Sa almeno da dove veniva Hilde? Quale era la sua città di origine?” chiese ancora.
“Se non sbaglio in paesino nel distretto dell’Eifel… Laacher See. Mi ha detto che aveva vissuto lì sino alla partenza della madre per l’Austria”
Semir si sentì leggermente più sollevato.
Almeno avevano qualcosa da cui iniziare.
 

 
 
Angolino musicale: Povero il nostro Semir, visto che con lui non possiamo essere cattive in maniera ‘fisica’ lo facciamo a livello morale…certo ha come ‘socia’ la mitica Kim, ma povero… e come se non bastasse UN CAPITOLO SENZA SAPERE NULLA DI BENNUCCIO…e sappiamo quanto questo sia perfido…

Coldplay ‘Fix You’ (Stabilirti)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=k4V3Mo61fJM
Quando ci provi al meglio che puoi ma non riesci ad ottenere quel che vuoi quando ottieni quel che vuoi ma non è quello di cui hai bisogno quando ti senti così stanco ma non riesci a dormire Bloccato al contrario Quando le lacrime si versano sul tuo viso quando perdi qualcosa che non puoi rimpiazzare quando ami qualcuno ma tutto va perduto potrebbe andar peggio? Le luci ti guideranno a casa e accenderanno le tue ossa ed io proverò a stabilirti …

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Capitolo 16
*** Fuga per la libertà ***


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OSSESSIONE DI Maty66 e ChiaraBJ
 
Capitolo 16
Fuga per la libertà

Ben aprì gli occhi a fatica.
Gli sembrava di aver dormito per un tempo infinito, ma di un sonno che lo aveva stressato ancora di più.
La testa gli faceva un male insopportabile e le ferite sul petto continuavano a bruciargli come l’inferno. Sentiva caldo e freddo contemporaneamente e brividi incontrollati gli correvano lungo la schiena.
Quanto tempo era passato?
Non sapeva dirlo: un’ora, un giorno…
Aveva fame e sete, ma nel contempo riusciva a malapena a trattenere la nausea mentre si guardava il petto si accorgeva che le bende  con cui Hilde l’aveva medicato erano ormai imbrattate completamente di sangue.
Muovendosi si accorse che era completamente nudo.
Hilde gli aveva tolto anche i boxer, l’unico indumento rimasto dopo che la donna li aveva tagliati.
Stranamente non provava vergogna o imbarazzo al pensiero che rientrando Hilde potesse vederlo così; voleva solo che questa agonia finisse, che tutto finisse.
Il pensiero di Semir e Melanie inermi ricoverati in ospedale e di quello che la folle poteva fare loro lo riprese come una morsa che gli toglieva il respiro.
No, non poteva lasciarsi andare così doveva almeno tentare di fare qualcosa, doveva almeno provare a fermare quella pazza omicida.
Era in gioco la vita delle due persone cui più teneva nella vita.
Si preparò mentalmente  a cosa fare o dire, ma quando Hilde rientrò nella cantina lo lasciò spiazzato.
Era letteralmente raggiante.
Non indossava più il completo di lingerie, ma un tubino nero e si era pettinata e truccata con cura.
“E’ stata una notte splendida. Grazie!” gli disse mentre si avvicinava e poi lo baciava.
 
 
 
“Cosa le fa pensare che la Grimm abbia portato Ben nel suo paese natale?” chiese la Kruger.
Erano tornati di corsa a Colonia e ora stavano aspettando che Hartmut e Susanne rintracciassero l’indirizzo di Hildegard Grimm.
“Nulla, ma da qualcosa dobbiamo pur iniziare. Più tempo passa e minori sono le possibilità di trovarlo…”
La voce si spezzò non riuscendo a pronunciare l’ultima fatale parola ‘vivo’.
Il piccolo turco si sentiva malissimo; la testa gli scoppiava, aveva continuamente la nausea e a volte perdeva anche l’equilibrio.
Ormai stava su a forza di nervi.
La Kruger lo scrutò con occhi preoccupati.
“Semir, sta bene? Forse non è il caso che venga con noi a Laacher See, non è in condizioni fisiche per sopportare questo stress”
“Le ho già detto che per  fermarmi l’unica possibilità è sparami. Io non resto qui con le mani in mano ad aspettare che quella folle lo uccida”
La voce di Semir era dura e decisa e la Kruger non ebbe il coraggio di ribattere.
“Ci siamo” annunciò Susanne entrando nell’ufficio del Commissario.
Poi pigiò i tasti del telecomando per proiettare sul grande schermo il risultato della sue ricerche.
Comparve la fototessera della bancaria, anche se si vedeva che risaliva a molti anni prima.
“Hildegard Grimm, nata a Laacher See nel 1968. Ha frequentato la scuola professionale per contabili, mai spostata, lavori saltuari,  viveva con la madre, impiegata nella farmacia locale, che poi si è trasferita in Austria da un fratello. Dopo la partenza della madre  non si sono più avute notizie di Hildegard. Ho chiamato la polizia locale e mi hanno detto che si è trasferita a Berlino e non è più tornata in paese” informò la segretaria.
“Bene muoviamoci” fece Semir alzandosi dalla sedia.
“Dorn, Bonrath e Freund venite con noi. Susanne lei avverta la polizia locale che stiamo arrivando, ma che per ora non si devono avvicinare alla casa della Grimm. Non voglio che se è lì s’insospettisca” ordinò la Kruger seguendolo fuori.

 
Ben non capì bene il significato della frase di Hilde e lasciò che lei lo baciasse senza tirarsi indietro.
“Hilde… ti prego posso andare in bagno per mettermi in ordine?” chiese cercando di infondere dolcezza nella voce.
La donna lo guardò sospettosa.
“Non so se posso fidarmi di te…” disse.
“Certo che ti puoi fidare… ora ho capito che ti amo anche io. E  non voglio che tu mi veda in disordine. Meriti il meglio tu…”
Negli occhi di Hilde comparve la gioia assoluta.
“Davvero mi ami?” chiese raggiante.
“Certo, ho capito che sei l’unica donna della mia vita. L’unica che posso amare”
Ben cercò d’infondere nella voce dolcezza, anche se la sola vista di quella donna gli provocava disgusto e rabbia.
“E ci sposeremo? Cresceremo insieme i nostri bambini? Voglio che tu mi sposi subito” chiese Hilde con aria sognante.
“Certo, ci sposeremo subito e non ci lasceremo mai più. Ma ora ti prego, mi vergogno a farmi vedere così da te. Potresti procurami dei vestiti e farmi andare in bagno? E poi voglio abbracciarti…”
Hilde lo guardò intensamente, ma l’ultima frase aveva vinto ogni resistenza.
“Aspetta qui. Ora ti porto una cosa che avevo comprato per Gedeon. Ma lui non se la meritava. Ma sapevo che tu eri l’uomo giusto, me lo hai dimostrato stanotte. Fortuna che l’ho portata con me” disse mentre usciva sorridendo dalla cantina.
Non passò molto tempo  che la donna tornò.
Ben la guardò senza fiato.
Hilde si era vestita da sposa e gli mostrava orgogliosa uno smoking, anche se nell’altra mano aveva una pistola.
“Se dobbiamo sposarci facciamolo oggi” disse trionfante.

 
Nell’auto della Kruger che procedeva veloce verso il distretto dell’Eifel regnava il silenzio assoluto.
Ormai stava facendo di nuovo sera e Semir non poteva fare a meno di pensare a dove era ora il suo migliore amico, a come stava.
Il pensiero che quella pazza potesse  averlo già ucciso, orrendamente mutilato come le altre vittime gli riusciva quasi insopportabile.
No, non poteva essere, l’avrebbe trovato e tutto sarebbe tornato come prima.
Sobbalzò quando sentì il cellulare squillare.
Rispose alla chiamata di sua moglie con la mano tremante, temendo l’arrivo di brutte notizie dall’ospedale.
Come avrebbe mai potuto dire a Ben che Melanie non ce l’aveva fatta?
Ma il fato aveva deciso di dargli almeno una buona notizia.
Quando riattaccò il telefono si sentiva meglio.
La Kruger lo guardò con aria interrogativa e Semir per la prima volta da giorni sorrise leggermente.
“Melanie si sta svegliando” le disse e anche Kim sorrise sollevata.
Ora Semir era più che mai deciso, doveva trovare Ben.

 
Ben si guardò nello specchio del bagno piccolo e sporco dove l’aveva condotto Hilde dopo averlo slegato.
Le ferite sul petto continuavano a sanguinare e probabilmente si erano infettate.
Il giovane ispettore  si sentiva bruciare dalla febbre, aveva profonde occhiaie e non ricordava neppure quando aveva mangiato l’ultima volta.
Era debole, le ginocchia gli tremavano, ma doveva almeno provare a fermare quella folle.
Indossò i pantaloni e la camicia dello smoking e poi si mise le scarpe, preparandosi mentalmente all’ azione.
Hilde aveva una forza inusitata per una donna, probabilmente acuita dalla malattia mentale e lo stava aspettando alla porta con la pistola in pugno.
Ben non sapeva dove fosse e cosa avrebbe trovato fuori casa, anche se dai rumori ed i versi degli uccelli gli pareva di essere in una zona boschiva.
Prese un sospiro e si stampò sul viso il migliore dei sorrisi mentre usciva dal bagno.
 
“Stai benissimo” gli disse Hilde quando lo vide uscire.
“Anche tu sei bellissima” rispose Ben, quasi sentendosi in colpa nel vedere la gioia che si stampava sul volto di Hilde.
“Vieni vicino a me, abbracciami…”  fece Ben, studiando la situazione.
Hilde aveva ancora la pistola in mano, ma ora non la puntava più verso di lui.
La donna appariva ancora sospettosa, ma Ben allargò le braccia invitante.
Hilde si avvicinò con gli occhi dolci, ma appena fu a portata di tiro Ben la stese con un pugno.
Poi il giovane prese la pistola dalla mano della donna esamine e si precipitò su per le scale.
 

Angolino musicale: ‘Aiutooooo è scappato’!!!…siete felici care sadiche recensiste/lettori??? Noi autrici no!!!...e vi lasciamo  ‘friggere’…anzi vi lasciamo a chiedervi: ma sarà vero? Troppo facile…che avranno in mente quelle due perfide, sadiche e malefiche ‘streghette’…
James Blunt ‘Tears And Rain’( Lacrime E Pioggia)
per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=v9svxE49Ngs
Come posso volere che la mia anima si arrenda; togliersi i vestiti che diventano la mia pelle; Come avrei voluto cambiare l'oscurità dal freddo, come avrei voluto gridare forte, invece non ho trovato alcun significato. Suppongo che è il momento di correre lontano, via lontano; trovare conforto nel dolore, tutto il piacere è lo stesso: mi sottrae appena dalla preoccupazione, nasconde la mia vera forma, come Dorian Gray. Ho ascoltato ciò che dicevano, ma non sono qui per preoccuparmi. è appena più di una parola: sono solo lacrime e pioggia. Come potevo voler camminare attraverso le porte della mia mente; Come potevo voler scegliere tra il Paradiso e l'Inferno. Come avrei voluto salvare la mia anima. Sono così indifferente alla paura…

 

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Capitolo 17
*** Cacciatrice e preda ***


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Capitolo 17
Cacciatrice e preda

Corri, corri, devi farlo per Semir e per Melanie.
Il pensiero, a tratti delirante, risuonava nella testa di Ben e lo spingeva avanti, anche se era esausto e sentiva che le gambe potevano cedergli da un momento all’altro.
Era disidratato, digiuno da giorni, le ferite sul petto ancora sanguinanti ed infette, ma non poteva permettersi di fermarsi.
Si chiese perché non aveva legato la donna prima di scappare, ma la fame, la sete, la stanchezza e la febbre lo avevano reso poco lucido.
Ora l’importante era raggiungere un posto pubblico ed avvertire l’ospedale dove erano Semir e Melanie, prima che la pazza arrivasse a loro.
E per questo doveva correre.
Il terreno era scosceso ed in discesa, da lontano nella fioca luce del crepuscolo a Ben sembrò di vedere un lago.
Nessuna casa nei dintorni, la zona sembrava disabitata.
Corri. Corri. Corri.
 
Hilde riprese conoscenza quasi subito.
Appena si rese conto di quello che era successo sentì la rabbia, incontrollabile e feroce salire.
L’aveva ingannata, anche lui era un bastardo esattamente come  Gedeon e gli altri due che aveva conosciuto nei bar che frequentava.
In cerca d’avventure di una notte e pronti a fuggire subito dopo.
Cercò la pistola, ma quel bastardo l’aveva presa.
Con furia crescente si alzò e andò al piano di sopra.
Sua madre era sempre stata un’ appassionata d’armi, le aveva insegnato a sparare e ad andare a caccia,  aveva una vera e propria collezione d’armi e pistole. Diceva che le servivano per difendersi dai vigliacchi come quello che l’aveva violentata e messa incinta, costringendola a crescere il frutto della vergogna.
Aprì l’armadietto e scelse con cura il fucile.
Poi si lanciò all’inseguimento.
 
Ben non sapeva più dove stava andando, ormai le gambe gli sembravano avere una propria volontà e lo trascinavano di qua e di là senza meta.
Era completamente senza fiato e doveva ormai fare varie soste per riprendere le forze.
Era quasi buio e correndo incespicò sulla radice di un albero finendo a terra violentemente.
La tentazione di rimanere lì dove era, lasciando che il destino facesse il suo corso, fu fortissima.
Non aveva più forze, si sentiva bruciare dalla febbre e non ragionava più lucidamente.
Ma poi pensò a Melanie e a Semir.
Quella pazza voleva ucciderli.
No, non poteva permettere che  le persone che amava morissero, ancora una volta per colpa sua.
Facendo appello alle sue ultime forze si alzò, traballante sulle gambe.
Sentì a malapena il colpo di fucile prima che una forza tremenda ed un dolore acutissimo alla spalla destra lo ributtassero a terra a faccia in giù.
 
Hilde prese con cura la mira e poi sparò.
Era stato facilissimo trovarlo, per lei abituata ad andare a caccia.
Con rabbia folle si avvicinò al corpo disteso sul tappeto di foglie secche.
La camicia bianca  si stava completamente tingendo di rosso, ma lei sapeva che non era morto.
Se avesse voluto l’avrebbe ucciso mirando alla testa o al cuore, ma no, il bastardo doveva prima fare il suo dovere.
Non avrebbe permesso che suo figlio crescesse da illegittimo, come un rifiuto della società.
E  stavolta non voleva rinunciare ad avere  almeno un figlio.
Con gesto brusco rigirò Ben sulla schiena.
“Alzati lurido schifoso, hai ancora qualcosa da fare” gli disse.
 
Ben dopo il colpo perse per alcuni minuti coscienza.
Poi si risvegliò con un dolore lancinante alla spalla.
Non riusciva a sentire o percepire null’altro che quel dolore spaventoso che lo derubava di ogni pensiero.
Urlò di dolore mentre qualcuno lo rigirava sulla schiena.
Nella penombra della sera vide la figura di Hilde troneggiare su di lui, ancora in abito da sposa.
Imbracciava un fucile e Ben pensò che era finita. 
Sarebbe morto lì.
Tremendamente giovane con ancora un sacco di cose da realizzare, si disse in un attimo, ma il destino aveva voluto così.
Hilde con tono furibondo, messo il fucile a tracolla, lo afferrò per la camicia e cercò di trascinarlo in piedi.
“Alzati lurido schifoso, hai ancora qualcosa da fare”.
Ma il dolore era troppo violento, Ben non aveva la forza per tenersi sulle gambe, nonostante Hilde fosse forte, resa ancor più forte dalla follia.
Ricadde su se stesso, urlando e gemendo.
La cosa fece imbestialire Hilde.
Ben la sentì quasi ringhiare  quando iniziò  a prenderlo a calci.
Mentre veniva colpito e colpito, alle costole, al volto e alle gambe,  superò anche la soglia del dolore fisico, e nella sua mente iniziarono a passare pensieri più strani.
Si disse quanto era buffo che Hilde indossasse degli scarponi da montagna sotto l’abito da sposa,   se era arrivato l’ultimo cd dei Nickelback che aveva ordinato, se suo padre aveva comprato la nuova auto di cui gli aveva parlato…
Cose assurde che forse si pensano nell’ultimo minuto della propria vita per non rendersi conto che tutto sta per finire.
Un calcio violentissimo in pieno viso e poi per Ben, finalmente, fu tutto nero.


Angolino musicale: Un altro capitolo in cui vorremmo avere la sfera magica per vedere i vostri volti, adesso la pazza è furiosa! Povero Ben…ha ‘osato’ scappare…E il nostro lato ‘oscuro’ ha avuto il suo libero sfogo, non che ne avesse bisogno…Comunque canzone di speranza ( qualcuno tolga Ben dalle nostre sgrinfie!!!)
R.E.M. ‘Everybody Hurts’ (tutti soffrono)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=ijZRCIrTgQc
Quando la giornata è lunga e la notte La notte è solo tua Quando sei sicuro di averne avuto abbastanza Di questa vita, aspetta Non lasciarti andare Tutti piangono E tutti soffrono a volte A volte tutto è sbagliato  Quando il tuo giorno è la notte, da solo ,aspetta Se ti senti come se perdessi il controllo, aspetta Quando pensi di averne avuto abbastanza Di questa vita, aspetta Perché tutti soffrono Trova conforto nei tuoi amici Tutti soffrono S e ti senti come se fossi solo No, non sei solo Se sei da solo in questa vita I giorni e le notti sono lunghi Quando pensi di averne avuto abbastanza Di questa vita per attendere Bene, tutti soffrono a volte Tutti piangono E tutti soffrono prima o poi E tutti soffrono a volte Quindi aspetta Tutti soffrono No, non sei solo
 
 

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Capitolo 18
*** Laacher See ***


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OSSESSIONE di MATY66 e CHIARABJ

Capitolo 18
Laacher See

“Buonasera, io sono l’ispettore Stunker, dirigo la sezione locale di Polizia”
L’uomo di circa sessant’anni si era subito avvicinato all’auto di Kim Kruger appena questa si era fermata al luogo del meeting, subito prima dell’ingresso del piccolo paese di Laacher See.
Da quella prospettiva sembrava un piccolo e pacifico paesino di montagna, ai bordi di un bel lago.
Paesino dove mai ti aspetteresti che possa albergare il male assoluto, pensò Semir.
“Abbiamo seguito le vostre istruzioni, non ci siamo avvicinati alla casa” continuò l’uomo stringendo la mano di Kim Kruger e poi quella di Semir.
“Avete notato movimenti in questi ultimi giorni?” chiese il Commissario.
“No, ma la casa delle Grimm è molto isolata, quindi… sa Commissario conosco personalmente Hildegard e anche sua madre. Certo sono persone un po’ strane, ma mi risulta difficile credere che Hilde sia responsabile di tutte quelle morti e del rapimento del suo collega”
“Invece Hildegard Grimm è una donna pericolosa e crudele” intervenne Semir.
Stunker lo guardò perplesso, senza commentare ulteriormente.
Si notava subito che in quel paesino non aveva mai avuto a che fare con reati del genere.
“Hilde è andata via dal paese più di sei anni fa, quando la madre è partita per raggiungere un fratello in Austria, da allora qui non l’abbiamo più vista. Ha avuto una vita difficile…”
L’ispettore della polizia locale raccontò in breve la storia della violenza subita dalla madre di Hilde, quando la donna studiava a Berlino, del fatto che non  avevano mai trovato il colpevole e di come i genitori di lei l’avessero praticamente costretta a non abortire e a tenere la bambina con sé.
“Hilde non è stata  molto amata nella sua vita” concluse Stunker.
“Questo non la giustifica certo… probabilmente ha ucciso almeno tre uomini e una donna e ha rapito il mio collega, oltre ad aver tentato di uccidere altre due persone, fra cui il sottoscritto…” intervenne Semir duro.
“La sua storia può  però spiegare però il suo odio verso gli uomini ed il fatto che eviri i cadaveri…” disse a sua volta Hartmut con aria professionale, beccandosi immediatamente gli sguardi di rimprovero di Jenny e Dieter.
Non c’era certo bisogno che qualcuno ricordasse a Semir la sorte che poteva essere toccata al suo socio.
Il gruppetto di poliziotti si avviò verso casa Grimm cercando di tenersi il più nascosti possibile.
 

“Alzati!!!” urlò Hilde scuotendo Ben, esamine a terra.
“Alzati ho detto” urlò di nuovo.
Ben percepiva tutto come attraverso il cotone, non aveva più  forza, ogni respiro gli faceva un male d’inferno e l’occhio destro era quasi chiuso, gonfio e pesto per i calci ricevuti sul viso.
Sentiva il sangue colargli dal naso, non aveva più alcuna sensibilità al braccio colpito e non gli importava più di nulla.
Se doveva morire tanto valeva che succedesse subito, lì ed ora.
“Alzati maledetto, non consentirò che tiri le cuoia prima che tu abbia fatto il tuo dovere!”
La voce isterica di Hilde giungeva appena a Ben che però non riusciva a capirne il significato.
Dovere? Quale dovere? Ormai il giovane poliziotto era poco lucido.
Hilde lo prese per la camicia, ormai imbevuta di sangue e lo scosse ancora.
“Se non ti alzi subito giuro che prima ti sparo e poi vado a cercare i tuoi amici. Il tuo amico turco, ad esempio, e magari anche quella bella bambina che era con te. Potrei divertirmi molto con lei!” sibilò la donna.
Pur se poco lucido Ben comprese appieno la minaccia.
No Semir no.
Aida!!!
Lui poteva anche morire lì e subito, ma il pensiero che quella folle facesse del male ad Aida era insopportabile.
Facendo appello alle sue ultime forze si mise lentamente in piedi e si appoggiò ad Hilde che nel frattempo aveva raccolto anche la pistola che il giovane aveva lasciato cadere poco distante.
Poi iniziarono la loro faticosa marcia nel bosco.

 
“In casa non c’è nessuno” disse uno dei poliziotti locali, tornando verso il gruppo che si era appostato dietro gli alberi.
Semir e gli altri uscirono allo scoperto e si diressero di corsa verso il piccolo cottage.
La porta era aperta e subito tutti si accorsero che la casa era stata frequentata e abbandonata da poco.
Sul tavolo della piccola cucina c’erano ancora avanzi di cibo freschi.
Il piccolo turco già sapeva che non avrebbe trovato lì Ben, lo sentiva a pelle che la fine della storia non era vicina.
“Voi al primo piano. Cercate dappertutto” disse la Kruger a Hartmut, Jenny e Dieter mentre lei e Semir si avviavano giù per le scale della cantina.
Quel che trovarono li gettò nell’incubo più nero.
 
Ben ormai non percepiva neppure più i segnali di dolore che gli mandava il corpo ad ogni passo strascicato che Hilde lo costringeva a fare.
Ormai veniva praticamente trascinato dalla donna e Ben si chiese dove prendeva tutta quella forza. Era proprio vero che la follia decuplicava le forze fisiche.
“Cammina maledetto” sentiva sibilare, ma ormai andava avanti solo per disperazione; era certo che la sua vita sarebbe finita da lì a poco, ma doveva almeno tentare di salvare Aida, Melanie e Semir.
Melanie…dolce Melanie, non l’avrebbe più rivista.
Proprio ora che sentiva di aver incontrato la donna giusta doveva finire tutto così.
Chissà come stava, se si era svegliata.
E come stava Semir…
Povero Semir ora avrebbe dovuto fare i conti con la morte di un altro partner.
Una delle prime cose che gli avevano detto all’accademia era di non affezionarsi al proprio partner di servizio e ai colleghi; lealtà sì, dedizione, ma mai attaccarsi troppo affettivamente, era  alto il rischio di perdere un compagno.  
E lui aveva seguito quel consiglio sino a che non era arrivato alla CID ed aveva incontrato Semir.
Si era affezionato a lui subito, anche se all’inizio ci aveva litigato e gli stava pure antipatico.
Dopo il primo caso avevano pian piano costruito un’amicizia profonda,  che solo pochi fortunati nella vita trovano.
Semir e Ben, la coppia d’oro della CID.
Caos e distruzione come li chiamava Kim ogni volta che distruggevano un’auto, ma anche i detective con il maggior numero di casi risolti nel distretto.
In azione ormai non si parlavano neppure più, bastavano gli sguardi per capirsi.
Il piccolo turco, Andrea e le piccole erano diventati la famiglia che non aveva mai avuto davvero.
La famiglia del cuore.
Povero Semir, neppure lui aveva mai seguito il consiglio di non affezionarsi troppo, visto come aveva sofferto ogni volta che aveva perso un collega.
E ora stava per succedere di nuovo.
Perso nei  suoi pensieri deliranti, trascinato dal Hilde, Ben si accorse che erano arrivati nei pressi di un edificio che all’inizio neppure individuò.
Solo quando Hilde lo scaricò a terra puntò lo sguardo in alto, scorgendo il piccolo campanile.
Lo aveva portato ad una chiesa.
 
Hilde bussò al campanello della piccola chiesa del paese più e più volte.
Era ormai sera e come sempre nel paesino non c’era già più nessuno in giro.
In quella chiesa aveva passato le domeniche della sua infanzia, sognato di sposarsi in abito bianco.
Lì sua madre aveva distrutto tutti i sogni da bambina dicendole ogni volta che uscivano la domenica dalla Santa Messa che nessuno l’avrebbe mai sposata perché era sporca, figlia della violenza.
Ma si sbagliava.
Lei quella sera si sarebbe sposata  proprio in quella chiesa.
 
Padre Michel era  ormai vicino alla pensione.
Era stato parroco di quel piccolo paese per tanto tempo, era stata una parrocchia piccola, ma tranquilla. 
Non era mai stato ambizioso, per questo non aveva mai chiesto il trasferimento in un posto più grande.
Conosceva tutti i suoi parrocchiani e sarebbe rimasto con loro anche dopo la pensione.
Quando sentì bussare furiosamente alla porta pensò subito che probabilmente il vecchio Hansen stava per morire e suo figlio era venuto a chiamarlo per i sacramenti.
Rimase di stucco quando aprì la porta e invece vide la donna in abito da sposa che gli puntava una pistola.
“Padre Michel,  lei ci deve sposare, stasera” disse la donna indicando un giovane che giaceva esamine appoggiato allo stipite della porta.
Padre Michel ci mise un po’ per riconoscere la donna.
“Hilde…” balbettò mentre sentiva il passo  stanco di Nancy, la perpetua, che scendeva le scale.
“Ho detto che ci deve sposare stasera. Avanti portatelo dentro” ordinò Hilde puntando la pistola verso l’anziano sacerdote.
Nancy lanciò un urlo accorgendosi di quanto stava succedendo.
“Zitta tu e aiutalo a portarlo dentro” ordinò di nuovo Hilde con sguardo completamente impazzito.

 
“Oh mio Dio!!!” Kim non poté trattenere un urlo nello scoprire il cadavere che giaceva sulla sedia.
“Merda…” imprecò Stunker che li aveva seguiti nella cantina.
“Da come è vestita credo proprio sia  Susanne Grimm, la madre di Hildegard. Abbiamo sempre creduto che avesse raggiunto un fratello in Austria…”
“Beh, a quanto pare è stata la prima vittima di Hildegard” rispose Kim indicando il foro di proiettile che era ben visibile nel teschio della mummia.
“Semir…” chiamò poi Kim non vedendolo accanto a sé.
Ma il piccolo ispettore  era fermo immobile davanti alla brandina posizionata vicino al muro.
Guardava fisso il lurido materasso completamente imbrattato di sangue.
Era sangue fresco.
Con mani tremanti controllò le manette agganciate al tubo sul muro.
Anche su quelle c’era sangue, ed erano senza dubbio le manette di Ben.
“Semir…” chiamò ancora Kim che si era avvicinata  anche lei alla brandina.
L’ispettore non rispose.
Si limitò ad inginocchiarsi vicino alla brandina per raccogliere i vestiti a pezzi che giacevano sul pavimento sporco.
Nel prendere la felpa ridotta a brandelli gli venne quasi da piangere; l’aveva regalata lui a Ben quella felpa, era stato il regalo per il compleanno.
Poteva solo intuire la tragedia che si era svolta in quella stanza.
Erano arrivati troppo tardi?
 
 
Angolino musicale: ci stiamo facendo più cattive del solito, e penso che potreste arrivare anche a odiarci, ma questa storia è nata nel segno del ‘noir’ e la colonna sonora pure.
The Doors ‘The End’ (La Fine)
per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=vQKJUYBz9YE

Questa è la fine magnifico amico Questa è la fine mio unico amico, la fine dei nostri piani elaborati, la fine di ogni cosa stabilita, la fine né salvezza o sorpresa, la fine, non guarderò nei tuoi occhi... mai più, puoi immaginarti come sarà così senza limiti e libero disperatamente bisognoso di una mano straniera in un paese disperato perso in una regione di dolore Questa è la fine magnifico amico questa è la fine mio unico amico, la fine…
 
 

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Capitolo 19
*** Terrore, coraggio e morte ***


 

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OSSESSIONE DI MATY66 e CHIARABJ


Capitolo 19
Terrore, coraggio e morte.


“Hildegard, cosa vuoi fare?” chiese terrorizzato padre Michel mentre, aiutato da Nancy, trascinava dentro Ben.

Appena furono nella canonica Hilde chiuse la porta e la sbarrò con i paletti.

“Padre Michel lui è il mio fidanzato, ci dobbiamo sposare stasera…”

“Ma che dici? Non vedi in che stato è? Bisogna chiamare subito un’ambulanza…” obiettò l’anziano sacerdote, mentre cercava di sistemare Ben sul divano.

“Ambulanza? Nessuna ambulanza!!!Lei ci deve sposare ora… subito!” urlò Hilde puntandogli la pistola.

“Figliola, calmati. Questo giovane è praticamente in fin di vita…”

“Non mi importa se schiatta. Prima però deve sposarci” continuò ad urlare Hilde sempre più nervosa.

“P… padre…” balbettò Ben appena cosciente “Non la contraddica…è…  è pericolosa…”

Nessuno si accorse che Nancy, la perpetua, si era allontanata.

 

Semir era sconvolto, ma cercava di mantenere la lucidità.

Se  c’era una sola possibilità che Ben fosse ancora vivo lui doveva restare lucido.

Ma a quanto pareva gli eventi non volevano aiutarlo in questa sua impresa.

Un’ancor più sconvolta Jenny scese per chiamarli.

“Abbiamo trovato il SUV, Commissario. Ma è meglio che veniate a dare subito un’occhiata” balbettò la giovane agente.

Per un attimo il cuore di Semir si fermò.

“Ben…” chiese con un filo di voce.

“No… ma probabilmente abbiamo trovato i… pezzi mancanti ai cadaveri” rispose Jenny pallidissima.

 

Nancy non era mai stata una persona coraggiosa.

In realtà nella sua vita non aveva mai avuto bisogno di essere coraggiosa.

La sua era stata una vita tranquilla.

Non si era mai sposata ed il lavoro di perpetua per padre Michel le fruttava abbastanza che per avere una vita dignitosa.

In fondo in quella piccola canonica di paese non poteva accedere nulla per cui fosse necessario essere coraggiosi.

Ma quella sera il fato l’aveva messa di fronte alla scelta della vita.

Cercare di fare qualcosa o aspettare che quella pazza di Hilde uccidesse tutti.

Aveva sempre pensato che quella strana ragazza non avesse tutte le rotelle a posto. L’aveva capito sin da quando, bambina, aveva iniziato a frequentare la parrocchia.

Ma mai si sarebbe aspettata di vederla dopo tanti anni sull’uscio della chiesa, vestita da sposa ed armata di pistola con a seguito un moribondo che diceva di voler sposare.

Era poco, ma sicuro che quella donna prima  o poi avrebbe ucciso tutti.

E così Nancy aveva deciso di essere coraggiosa.

Approfittando del fatto che nessuno faceva caso a lei si era allontanata silenziosa ed aveva raggiunto la sua camera e preso il telefono.

Ancora una volta quasi maledisse l’avversione di padre Michel per i cellulari.

Compose con mano tremante il numero della polizia.

“Pronto…Robert…” rispose riconoscendo la voce dell’agente all’altro lato della linea.

“Qui in parrocchia è entrata Hildegard Grimm. E’ armata di pistola… ci tiene sotto minaccia… ha con sé un uomo gravemente ferit…”

Nancy non riuscì a finire la frase.

La pallottola che Hilde le sparò alla testa la uccise all’istante.

 

“Vuole dire che se li portava in giro… nelle scatole come… come trofei?”  chiese uno sconvolto Stunker avvicinandosi al SUV parcheggiato nella radura retrostante il cottage.

L’auto era circondata dagli agenti e alcuni stavano mettendo delle scatole in buste per la raccolta delle prove.

“In realtà non è raro che i serial killer conservino pezzi di cadavere come trofeo o ricordo degli omicidi compiuti” fece Hartmut con la solita aria didattica.

“Possibile che non sai mai tenere a freno la lingua?”  rispose Jenny facendo cenno verso Semir che appariva sempre più sconvolto.

“Cosa ho detto? In quelle scatole non c’è nulla che appartenga a Ben… questo lo posso assicurare visto lo stato di conservazione” protestò a bassa voce il tecnico, mortificato.

Ma Semir neppure stava a sentirlo.

Sentiva quasi di non poter respirare per l’ansia.

Chissà cosa gli aveva fatto quella folle, se avrebbe mai più sentito la voce del suo partner, la sua risata…

Aveva già perso tanti amici, ma l’idea di perdere anche Ben gli riusciva insopportabile.

La stanchezza e il mal di testa lo tormentavano, ma era ben deciso a non darlo a vedere.

Fosse l’ultima cosa che faceva doveva trovarlo.

Anche se forse era troppo tardi e avrebbero trovato solo un cadavere, lui doveva riportarlo a casa.

“Coraggio, bisogna setacciare tutto il bosco, non possono essere andati lontano…” ordinò Kim.

“Ho chiamato la SEC, sarà qui fra poco” disse poi a Semir che le si era avvicinato.

Al Commissario non sfuggì anche alla luce delle fotoelettriche che avevano acceso, l’estremo pallore del suo poliziotto.

“Semir forse è meglio che lei resti qui… non è in condizioni fisiche di partecipare alla perlustrazione”

Il piccolo turco la guardò negli occhi.

“Io vado a cercarlo” si limitò a replicare senza espressione.

“Aspettate… forse sappiamo dove è andata!”

Stunker  si avvicinò ai due poliziotti trafelato.

“Ha appena chiamato alla stazione  di polizia Nancy, la perpetua di padre Michel, il parroco della nostra chiesa. Hilde è lì con il vostro collega credo…”

“E’ vivo?” chiese Semir terrorizzato.

“Pare di sì, anche se ferito, ma la chiamata si è interrotta all’improvviso…”

“Informate la SEC di venire alla chiesa del paese” urlò Kim mentre saliva in auto con Semir.

 

Padre Michel piangeva disperato mentre stringeva il cadavere di Nancy al petto.

“Cosa hai fatto… cosa hai fatto…” singhiozzò.

Nancy era stata la sua famiglia per tanti anni, non riusciva a credere che fosse morta.

“La smetta di frignare padre. Si alzi. Questa stupida è riuscita ad avvisare la polizia, fra poco saranno tutti qui” sibilò Hilde mentre prendeva il sacerdote per un braccio e lo strattonava per metterlo in piedi.

“Ma cosa vuoi fare?” chiese terrorizzato il prete.

“Dobbiamo  chiudere tutto. Non devono entrare sino a che non ci avrà sposato…”

“Ma figliola… io non posso sposarvi. Servono le pubblicazioni e poi ci vuole almeno un testimone…”

“Le pubblicazioni non servono quando uno degli sposi sta per morire, giusto? Beh guardi… fra un po’ il bastardo renderà l’anima a Dio” rispose Hilde mentre lo spingeva in avanti.

 

“Tutte le finestre sembrano chiuse… secondo me si è  barricata all’interno dopo aver scoperto che Nancy ci aveva chiamato…” disse Stunker dopo aver fatto il giro della chiesa.

“Ma cosa vuole fare? Ormai dovrebbe sapere di non avere più scampo…” chiese Dieter.

“Vallo a sapere. Quella donna è pazza. E ha gli ostaggi con lei…” rispose Semir sempre più scuro in volto.

“Dobbiamo aspettare la SEC per fare irruzione” Kim si aspettava già la reazione di Semir.

“La SEC non arriverà prima di un’ora. E Ben potrebbe non avere tanto tempo a disposizione”

“E cosa vuole fare? Entrare aiutato da cinque o sei agenti di provincia?”

“Dobbiamo mandare qualcuno all’interno. Microfonato, che ci possa guidare nell’irruzione”

“E chi? Lei no di certo, Hilde la conosce. E non sappiamo da quanto tempo fosse in attesa fuori dall’ospedale. E’ probabile che abbia visto anche me, Jenny e Dieter, quando siamo stati lì”

“I miei agenti conoscevano tutti Hilde” intervenne Stunker.

“Vado io. Io non sono mai andato in ospedale. E poi Ben deve sapere che siamo qui e che lo tireremo fuori di lì” disse Hartmut.

 

“Non se ne parla proprio. Lei non è un agente operativo” disse Kim quasi furibonda.

“Commissario è vero sono un tecnico della scientifica. Ma non è la prima volta che partecipo ad azioni operative. E poi ho con me il mio ultimo gioiellino” rispose Hartmut aprendo la valigetta che aveva sempre con sé.

Poi prese un piccolo aggeggio.

“Sembra un bottone, ma in realtà è un microfono. Potente raggiunge anche il chilometro. L’unico problema è che monodirezionale. Potete solo sentire me e quello che succede intorno a me. Io non posso sentirvi” disse orgoglioso mentre lo mostrava.

“Sei sicuro di voler andare?” chiese Semir preoccupato.

“Certo anche io voglio tirare subito Ben fuori di lì…”

 

“Allora  mi raccomando, sii prudente. Se riesci ad entrare non fare nulla. Cerca solo di capire come sta Ben e da dove possiamo entrare”

Jenny stava cucendo il microfono al posto di uno dei bottoni della giacca, sperando che Hilde non si accorgesse della differenza di colore.

“Sì certo sarò prudente”

“Ricorda…  tu  sei qui perché tu e la tua fidanzata avete comprato la casa degli Hoer e vuoi informazioni sui corsi prematrimoniali”

“Sì certo ho capito,  non sono stupido” la voce di Hartmut aveva un tono risentito.

“Mai detto o pensato questo, e solo che… non potrai avere con te una pistola e quella donna è folle…”

Hartmut sorrise, diventando rosso come un peperone.

“Sei preoccupata per me?” chiese sempre sorridendo.

“Sì certo che son preoccupata per te. E anche per Ben. Voglio solo che questa storia finisca presto” fece la ragazza  restituendo la giacca.

Sapeva della cotta che il tecnico aveva da tempo per lei e anche a lei Hartmut non dispiaceva, ma ora non c’era tempo per pensare a queste cose.

  

Hilde aveva costretto padre Michel a sbarrare porte e finestre e ora si aggirava in tondo nella stanza dove Ben gemeva sul divano.

Il giovane continuava a perdere sangue dalla spalla ed era quasi in completo delirio.

Capiva poco o nulla di quello che succedeva intorno a lui, ma il dolore era talmente forte che non desiderava altro che lasciarsi andare.

Voleva che tutto finisse…

“Mamma ti prego non ce la faccio più. Se proprio devo venire via con te, vienimi a prendere ora…”  pensò.

Hilde non faceva caso a lui. 

Aveva legato padre Michel ad una sedia ed ora cercava freneticamente nella sua mente folle di trovare una soluzione al problema del testimone.

Quasi sorrise quando sentì  il campanello della porta.

Forse la fortuna era dalla sua parte.

Veloce slegò padre Michel e tenendogli la pistola alle spalle lo condusse alla porta.

“Apri… se fai un fiato ti ammazzo”

 

Sull’uscio comparve un giovane allampanato dai capelli rossi.

“Buonasera padre, scusi l’ora mi chiamo Hartmut. Io e la mia fidanzata abbiamo comprato la casa degli Hoer. Ci trasferiremo qui fra poco. Vorrei qualche informazione sui corsi prematrimoniali…” disse con aria timida.

Hilde scansò padre Michel di lato e puntò la pistola addosso all’uomo.

“Bene, abbiamo trovato il testimone” rise mentre lo prendeva per la giacca  e lo spingeva dentro, richiudendo subito la porta.



Angolino musicale: “Mamma ti prego non ce la faccio più. Se proprio devo venire via con te, vienimi a prendere ora…”  Questa frase detta da un Ben morente, dolorante e delirante, ha ispirato la canzone che farà da sottofondo al capitolo…canzone per ‘rinfrancarvi’ e ‘rinfrancare’ un po’ Bennuccio caro (in attesa della cavalleria…che chissà se arriverà…)

Zucchero ‘Madre dolcissima’

Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=tEFAHAF0VsU

Niente di nuovo tranne l'affitto per me che mi ritrovo e mi riperdo perché non ho più un Dio non ho e ho perso l'anima vago nel vento vado però! Niente di nuovo 
tranne l'affitto per me che ci riprovo e non capisco cos'è, ti amo perché ne ho bisogno 
non perché ho bisogno di te, io vago nel vento vado però! Mama salvami l'anima 
Niente di nuovo man tranne l'affitto per me e non è per caso che vengo in ginocchio da te madre dolcissima carezzami la testa che vado nel vento vago però! Mama salvami l'anima Ehi Mama salvami l'anima…

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Capitolo 20
*** Passaggio infernale ***


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OSSESSIONE di MATY66 e CHIARABJ
 
Capitolo 20
Passaggio infernale
 
 “Ok… è entrato” disse Semir scrutando con il binocolo ad infrarossi l’ingresso della chiesa.
 Semir si sentiva tremendamente in colpa mentre vedeva Hartmut che entrava nella piccola chiesa.
Non avrebbe mai voluto mandare dentro il tecnico disarmato e inesperto. Ma non aveva avuto altra scelta.
Il rischio che quella folle riconoscesse qualcun altro della squadra era troppo alto.
La testa continuava a fargli male ed era tornata anche la nausea, ma Semir cercava di non farci caso, il  suo unico pensiero era tirare fuori Ben da quel posto e riportarlo a casa.
Con le mani che gli tremavano indossò le cuffie per sentire quello che accadeva all’interno della chiesa.
“Mani sul muro” intimò Hilde non appena Hartmut fu dentro alla canonica.
“Padre Michel veda se ha qualcosa addosso. Non mi fido, potrebbe essere uno di loro” continuò minacciando i due con la pistola che stringeva in pugno.
“Hilde… ti prego… è già stato fatto tanto male…” balbettò il sacerdote, ma Hilde non lo stava a sentire.
“Uno di loro? Loro chi? Ma cosa vuole fare?” chiese fingendosi sorpreso Hartmut mentre padre Michel lo perquisiva.
“Stasera ci sarà un matrimonio. Ora voi aspettate qui, mentre io e padre Michel prepariamo la chiesa” rise Hilde mentre spingeva Hartmut nel piccolo salotto dove Ben era disteso, ormai completamente esanime sul divano.
“O mio Dio!” esclamò Hartmut alla vista delle condizioni del giovane.
 
“Ben… Ben mi senti? Sono io Hartmut. Siamo qui. Anche Semir è qui fuori. Vedrai che fra poco è tutto finito”
Hartmut era stato legato alle caviglie alle gambe del divano dove era steso Ben e, seduto per terra, cercava disperatamente di mettersi in contatto con il giovane, parlandogli a bassa voce e carezzandogli la fronte rovente.
“Cacchio Semir dobbiamo sbrigarci, sta malissimo. Dobbiamo portarlo subito in ospedale. Solo che non vedo entrate alternative. E ha sbarrato porte e finestre” disse a bassa voce sperando che il piccolo turco fosse in ascolto.  
“Ben… dai apri gli occhi…” continuò ad incitarlo.
E finalmente il giovane poliziotto si mosse ed aprì leggermente le palpebre.
All’inizio Ben pensò di avere le allucinazioni.
Hartmut non poteva essere davvero lì.
“Hart…” balbettò.
“Shhhh, va tutto bene. Siamo tutti qui,  Semir ora ci tira fuori, vedrai fra poco è tutto finito” provò a consolarlo.
“Semir… sta be… bene?” chiese con un filo di voce Ben.
“Abbastanza per essere qui. Lo conosci, niente è impossibile per lui. E nulla e nessuno poteva impedirgli di venire a prenderti” rispose con un mezzo sorriso il tecnico.
Proprio in quel momento Hilde e padre Michel rientrarono nel piccolo salotto.
“Siamo pronti” annunciò trionfate la donna.
 
“Ma cosa vuole fare? Non vede che sta malissimo? Non si regge in piedi…” provò  ad opporsi Hartmut.
“Non mi importa se non si regge in piedi. Lo porti tu di là  in chiesa. Deve sposarmi, poi morirà comunque” sibilò la donna mentre scioglieva i legacci di Hartmut.
“Muovetevi! Altrimenti vi faccio secchi qui e subito” urlò brandendo la pistola.
Ad Hartmut non restò che obbedire.
Cercando di non infliggere troppo dolore sollevò Ben dal divano e lo trascinò verso la chiesa attigua alla canonica.
 
“Hilde… senza il consenso dello sposo il matrimonio non è valido… ma cosa vuoi fare???”
Padre Michel era ormai disperato.
“Lui dirà sì… mi sposerà…” urlò Hilde ormai completamente immersa nel suo mondo di follia.
Hartmut poggiò delicatamente Ben su una delle panche.
“Senta signora, non so cosa abbia intenzione di fare. Ma ‘lo sposo’ sta molto, molto male, sta perdendo molto sangue e non credo che possa…”
“Stai zitto!!!” urlò Hilde.
Infuriata sferrò un colpo violento al viso del tecnico con il calcio della pistola.
“No!!! Lascialo stare… Hartmut!”  Ben urlò con le poche forze che aveva, reagendo di puro istinto.
Hilde lo guardò con i suoi occhi folli.
“Come sai il suo nome??? Lo conoscevi già giusto??? E’ uno di loro… sono qui fuori giusto??? Maledetti io vi ammazzo tutti!”
 
 
“Maledizione” imprecò Semir levandosi le cuffie.
“L’hanno scoperto. Dobbiamo entrare ora”
“La SEC è a meno di mezz’ora da qui…” intervenne Kim Kruger.
“Non possiamo aspettare, dobbiamo trovare il modo di entrare, subito. Quella pazza è completamente fuori di testa” 
“E cosa vuole fare? Irruzione con agenti di provincia che al massimo hanno visto qualche omicidio stradale?” chiese agitata Kim.
“Non possiamo fare irruzione, appena ci sente arrivare quella folle spara”
Semir era davvero disperato.
“Deve esserci un modo per entrare e coglierla di sorpresa…” ragionò.
“La zona è allo scoperto…” intervenne Dieter.
“Forse conosco io il modo”
La voce di uno degli agenti della stazione locale arrivò alle spalle del gruppo.
Tutti si voltarono a guardare il giovane agente che aveva parlato.
“Ho fatto il chierichetto per padre Michel. Suonavo anche le campane prima dell’inizio delle celebrazioni. Forse si può tentare di passare dal campanile. Ma è un passaggio molto stretto…”
 
“Semir lei non sta bene. E’ appena uscito dall’ospedale, contro il parere dei medici. E’ già troppo che stia qui…”
La voce del commissario Kruger era dura e decisa, ma la donna già sapeva che non sarebbe riuscita a convincere il suo ispettore.
“Ha sentito anche lei. Il passaggio è stretto.  Ci passa solo un bambino… beh io ho la corporatura giusta” replicò Semir che aveva già iniziato a prepararsi indossando una specie di imbracatura per calarsi nel campanile.
“Lei non è nelle condizioni fisiche…”
“Commissario, là dentro ci sono Hartmut e Ben. E Ben sta molto male, lo ha sentito anche lei. Io non resto qui ad aspettare che quella folle li uccida o che Ben muoia”
Il tono di Semir non ammetteva repliche.
Ed infatti il piccolo ispettore turco appena finito di sistemare la corda si avviò verso il campanile della chiesa.
“Mi raccomando non faccia sciocchezze, ha il microfono, se serve aiuto, chiami ed entriamo. Non faccia l’eroe”
“Non voglio fare l’eroe, voglio solo tirarli fuori di lì”
Tenendosi nascosto il più possibile Semir iniziò la sua scalata.
 
“Bastardi… magari hai un microfono, giusto?” 
Hilde si avvicinò minacciosa ad Hartmut che si teneva il naso sanguinate dopo il colpo ricevuto.
Puntandogli la pistola iniziò a frugarlo dappertutto e non ci mise molto a trovare il bottone.
“Maledetti, cosa credete di fare? Per lui è finita… ma prima mi deve sposare…” urlò folle la donna, prima di schiacciare il microfono sotto lo scarpone che indossava.
“Tu… lurido schifoso…” disse poi minacciosa avvicinandosi ad Hartmut ancora steso a terra, puntandogli la pistola alla testa.
Negli occhi del tecnico si leggeva il terrore puro.
“Lascialo stare… prenditela con me… lui non c’entra nulla” urlò Ben con le poche forze che gli erano rimaste.
 
Hilde si girò lentamente.
Poi andò verso Ben ridendo istericamente.
“Ma guarda… sei preoccupato per il tuo amichetto? Hai un modo per salvarlo allora… sposami ora e subito e  forse non gli sparerò…”
I pensieri di Ben erano offuscati e deliranti, ma capiva che era necessario assecondarla e guadagnare tempo.
“Semir dove sei…” pensò.
“Ok... ti sposo” disse il giovane con un filo di voce.
 
Semir era arrivato in cima al campanile servendosi dalla scala esterna.
Come se il fato volesse accanirsi era anche iniziato un violento temporale e i fulmini si susseguivano illuminando per brevi istanti la zona.
Mentre apriva la  botola che gli aveva indicato l’agente Semir cercò di non pensare a quanto potesse essere stretto il passaggio ed ignorò i segnali di dolore che gli mandavano la testa e lo stomaco.
In fondo quel passaggio era destinato solo alle corde che  servivano a suonare le vecchie campane, ormai bloccate e sostituite da un impianto elettrico.
Assicurò le corde ai sostegni delle campane poi, sperando che reggessero, iniziò a calarsi.
 
“Bene padre Michel, proceda…” disse Hilde che si era sistemata davanti all’altare, con Ben riverso accanto a lei.
Hartmut aveva tentato disperatamente di tenerlo sollevato, ma poi aveva dovuto rinunciare.
“Hilde… che credi di fare, basta. Ora basta”
La voce di padre Michel  era diventata severa, ma Hilde non lo stava proprio ad ascoltare.
“Ora lei ci sposerà. Farà di me una donna onorabile. Sarò la signora Jager…”
“Hilde credi che io possa offendere un sacramento come il matrimonio con questa farsa?” ribatté sempre duro padre Michel.
“Lei farà quello che le dico, altrimenti morirete tutti e lei per primo”
 
Semir si era tolto la giacca e l’aveva lasciata cadere sul fondo del cunicolo.
Il passaggio era strettissimo ed mentre scendeva il piccolo turco sentiva le pietre che gli strusciavano sulla schiena e sul petto, lacerando la camicia e ferendolo profondamente.
Non ci faceva caso, doveva continuare a scendere, doveva arrivare sul fondo.
Ma il passaggio diventava sempre più stretto e Semir aveva sempre più la sensazione di rimanere incastrato.
Il bruciore  delle ferite sulla schiena era quasi insopportabile, sentiva il sangue colare, ma lui doveva continuare a scendere.
 
“Padre per favore…” sussurrò Ben ai limiti dello svenimento.
“Ora lei ci sposerà o lo ammazzo all’istante” urlò Hilde puntando la pistola alla tempia di Ben.
“Hilde il matrimonio non sarebbe comunque valido. Sta male… non vedi? Arrenditi, ti prego. Ormai è finita” balbettò il sacerdote.
Hilde lanciò un urlo animalesco.
“Maledetti, maledetti, non farete di nuovo di me un rifiuto della società”
Con gesto deciso puntò la pistola alla testa di Ben.
“La pagherai per questo!!!” urlò di nuovo mentre il dito si piegava sul grilletto.
 

Angolino musicale: Non bastavano Ben e Padre Michel, ora Semir dovrà tentare di  salvare anche Hartmut…ci riuscirà? O meglio, noi “cattivissime” autrici glielo permetteremo o tutti i suoi sforzi si infrangeranno come onde sugli scogli?
U2 ‘Every Breaking Wave’ (ogni onda che si infrange)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=iYVEik7Lvc4
ogni onda che si infrange sulla riva Dice alla prossima che ce ne sarà un’altra ancora Ed ogni giocatore d’azzardo sa che perdere E’ il motivo per cui si trova là. D’estate non avevo paura Come ogni foglia che cade per il vento L’inverno non la lascerà da sola Se te ne vai? Se te ne vai per la tua strada io andrò per la mia Siamo così? Siamo così indifesi e controcorrente? Tesoro, ogni cane sulla strada Sa che amiamo la sconfitta Siamo pronti per innamorarci perdutamente E smettere di inseguire Ogni onda che s’infrange? Ogni marinaio sa che il mare E’ un amico che diventa un nemico Ed ogni anima naufragata, sa cos'è Vivere senza intimità Il mare sa dove sono gli scogli Tu sai dov'è il mio cuore Nello stesso posto dov'era il tuo…
 
 

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Capitolo 21
*** All'ultimo respiro ***


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OSSESSIONE di Maty66 e ChiaraBJ 

Capitolo 21
All’ultimo respiro
 
Care amiche, dobbiamo confessare che inizialmente il capitolo non doveva intitolarsi così.
Ma stasera 3.6.2015  Rai due trasmetterà l’ultimo episodio di Cobra 11 con Ben Jager e quindi questo è solo in piccolo omaggio.
Permetteteci di ringraziare Tom Beck, che vediamo per l’ultima volta nei panni di Bennuccio.
 Nelle nostre fanfiction continuerà Tom ad essere Ben (in coma, con un solo neurone ecc ecc) ma lasciateci dire che, secondo noi, è stato fantastico nell’interpretare lo scanzonato, ma anche intelligente e (soprattutto)  bellissimo poliziotto.
 In Germania  si sta dedicando alla sua musica e ad altri ruoli (peraltro azzeccatissimi), ma noi speriamo sempre che possa tornare ( o  almeno fare una capatina) a Cobra 11. Nel  frattempo sarà sempre Ben nelle nostre FF, a meno che non ci appassioniamo ad Alex (secondo voi possibile?).
In ogni caso GRAZIE TOM and Good Luck.
 Ed ora il capitolo.
 
 

Kim Kruger ricordava poche altre occasioni in cui era stata più in ansia.
Era una donna dura e temprata.
Non aveva una vera famiglia, anche se gli amori non erano mancati nella sua vita.
Il distretto e i suoi uomini erano la sua famiglia e lei era affezionata a ciascuno di loro come ad un familiare, anche se cercava di non darlo a vedere.
Il suo ruolo imponeva distacco ed autorevolezza anche se a volte, dopo aver urlato contro “Caos e Distruzione” si sentiva un po’ in colpa.
In fondo quei due erano gli uomini migliori che aveva, ed ora rischiava di perderli entrambi.
L’arrivo della squadra SEC non l’alleviò dall’ansia che provava, acuita dalla pioggia che batteva furiosa.
Erano tutti in attesa di un segnale di Semir per fare irruzione.
“Tenetevi pronti…” ordinò il Commissario alla squadra.
Poi uno sparo risuonò nell’aria.
 
 
Hartmut  Freund era sempre stato un genio.
Sin da bambino quando a tre anni già riusciva a leggere e scrivere correttamente ed a moltiplicare con due cifre aveva dimostrato di essere un genio.
Aveva molto apprezzato la decisione dei suoi genitori di non farne un fenomeno da baraccone, lasciandolo frequentare le scuole statali ed avere un’infanzia e una giovinezza normali.
Così come aveva apprezzato la loro decisione di appoggiarlo quando, dopo la laurea conseguita giovanissimo, aveva deciso di non lavorare per le aziende prestigiose che gli avevano offerto lavori strapagati, ma di arruolarsi nella Polizia scientifica.
Perché Hartmut aveva due passioni: la scienza e la legge.
Hartmut Freund era un genio, ma non era di sicuro un uomo d’azione.
Certo per entrare in polizia aveva comunque dovuto imparare a sparare ed a difendersi, ma non era uomo d’azione.
Del resto non gli serviva esserlo, lui contribuiva alle indagini nel suo laboratorio e spesso era fondamentale.
All’azione ci pensavano i suoi amici.
I suoi amici: la sua famiglia.
E per questo pur non essendo uomo d’azione si era offerto subito di andare in aiuto di Ben.
E non se ne pentiva neppure ora mentre, con il naso sanguinante e probabilmente rotto, assisteva a quella che probabilmente poteva essere la scena finale della sua vita e di quella di Ben.
“Maledetti, maledetti, non farete di nuovo di me un rifiuto della società” sentì dire alla donna, completamente folle.
Hartmut sapeva abbastanza delle malattie mentali per capire come ormai Hilde fosse lontana dalla realtà.
La vide puntare la pistola alla testa di Ben.
“La pagherai per questo!!!” urlò di nuovo la donna.
Hartmut non era uomo d’azione ma, si disse, doveva fare qualcosa.
Ora o mai più.
Nonostante il dolore e la paura si alzò e si buttò addosso alla donna, cercando di strapparli la pistola di mano.
Ma Hilde era forte e furba.
Con gesto fulmineo si scansò e Hartmut finì a terra.
Non aveva ancora toccato il pavimento che già la furia della donna si era accanita su di lui.
Calci violenti gli arrivarono allo stomaco, togliendogli il respiro e ogni forza.
“Maledetto stronzo…” urlò la donna mentre lo colpiva ancora ed ancora.
Hartmut rimase sul pavimento della chiesa, stringendo gli occhi per vincere il dolore.
Poi uno sparo risuonò nell’aria.


Ben Jager si era sempre prospettato la possibilità di morire mentre faceva il lavoro che si era scelto.
Suo padre lo aveva avvertito e minacciato con quella possibilità, e ancora oggi dopo tanti anni era l’argomento principale di ogni serata trascorsa con lui, il discorso con cui cercava tutte le volte di convincerlo ad entrare nella società di famiglia.
Ben Jager era assolutamente consapevole di poter essere ucciso in azione, molte volte ci era andato vicino.
Quello che non immaginava però era di poter morire per mano di una folle e non in azione, ma per puro caso.
Ormai ogni respiro era diventato un’agonia, non riusciva più a muoversi e non vedeva più distintamente quello che accadeva intorno a lui.
L’unica consolazione era che Semir stava bene… se era lì fuori doveva stare bene.
Pensò a Melanie… chissà come stava lei.
Pensò che avrebbe voluto portarla in Italia, in vacanza al mare.
Pensò che le avrebbe voluto comprare quella collana che aveva visto nella vetrina della gioielleria accanto a casa.
Pensò che avrebbe voluto scriverle altre canzoni d’amore.
Pensò che forse un giorno avrebbe voluto chiederle di sposarlo e di avere dei figli con lui.
Tutte cose per cui non c’era più tempo.
Come in sogno vide Hartmut che si scagliava contro Hilde.
“Einstein…no… cosa fai…” cercò di urlare, ma dalla bocca gli uscì solo un suono indistinto.
Terrorizzato stette a sentire, senza poter fare nulla, i lamenti di Hartmut che veniva selvaggiamente picchiato da Hilde.
Poi la vide di nuovo incombere su di lui.
Gli puntava la pistola alla fronte, ma a Ben ormai non importava.
Voleva solo che tutto finisse presto.
Chiuse gli occhi istintivamente preparandosi alla morte.
Poi uno sparo risuonò nell’aria.
 
 
Semir Gerkan era  uomo molto, molto testardo.
Di solito otteneva quel che voleva.
Aveva voluto diventare poliziotto e ci era riuscito, uno dei primi turco tedesco ad entrare nella polizia di Colonia.
Aveva voluto Andrea e ci era riuscito; l’aveva corteggiata per anni e alla fine l’aveva spostata ed aveva avuto le sue splendide figlie.
I pochi fallimenti che aveva subito nella vita però gli bruciavano l’animo come un fuoco perenne.
Avrebbe voluto salvare i suoi partner, ma non ci era riuscito.
Ancora ora dopo tanti anni si svegliava di notte urlando dopo aver rivissuto attimo per attimo le morti di Tom e di Chris.
Quel che voleva ora Semir Gerkan era salvare il suo migliore amico.
Ed era disposto a tutto.
Scese tenendosi alle corde; il passaggio era talmente stretto che le pietre continuavano a ferirgli le spalle, ma lui non ci fece caso.
Finalmente vide il fondo del passaggio.
Toccò terra con la schiena che gli bruciava come il fuoco dell’inferno.
Sentiva il sangue colare dalle ferite, ma non ci fece caso.
L’agente della stazione locale gli aveva detto che il locale dove era arrivato, la sacrestia, era attiguo alla chiesa.
Ed infatti sentiva voci concitate provenire dalla porta sulla sinistra.
Cercando di calmare il respiro tolse la pistola dalla fondina e aprì piano la porta.
Quel che vide lo mandò nel panico.
La donna stava sopra Ben steso a terra immobile e gli puntava la pistola alla tempia.
Poi uno sparo risuonò nell’aria.
 
 
 
Angolino musicale: Parafrasando Alexandre Dumas (padre) e i suoi Moschettieri ‘tutti per uno e uno per tutti’ …e la canzone che accompagnerà questo capitolo è “All for love” (tutti per l’amore) tratta dalla colonna sonora del sopracitato libro/film eseguita da Bryan Adams, Sting e Rod Stewart
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=ofA3URC1wyk
 
Quando è amore che donerai sarò un uomo di buona fede. Allora vivrai nell'amore. Farò una pausa, non mi fermerò, sarò la roccia su cui puoi costruire, sarò lì quando sarai vecchio, per averti e mantenerti, quando c'è l'amore dentro giuro che sarò sempre forte. Allora ci sarà una ragione, sarò il muro che ti protegge dal vento e dalla pioggia, dalle ferite e dal dolore. 
Facciamo tutti per uno e tutti per l'amore. Lasciamo che l'unico a mantenerti sia l'unico che vuoi, l'unico di cui hai bisogno, perché quando è tutti per uno è uno per tutti! Quando sei fatto di amore sarò il fuoco nella tua notte allora prenderai l'amore lo difenderai, combatterai, sarò lì quando avrai bisogno di me quando l'onore è in gioco farò questa promessa solenne. Quando ci sarà qualcuno che vuoi, quando ci sarà qualcuno di cui hai bisogno, fai che sia tutti per uno e tutti per l'amore.
 

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Capitolo 22
*** Attimi ***


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OSSESSIONE di MATY66 e CHIARABJ
 
Capitolo 22
Attimi

Ci sono attimi nella vita che possono cambiare tutto.
La decisione che prendi, il tempo in cui la prendi possono cambiare le cose.
Quella notte, in quella chiesa, Semir si trovò in uno di quegli attimi.
Vide la donna che puntava la pistola alla testa del suo migliore amico.
Era un poliziotto, doveva avvertirla di buttare l’arma prima di sparare, ma Hilde era folle.
Non avrebbe avuto una reazione normale, no, Semir era sicuro che avrebbe sparato per prima.
E così non urlò e non avvertì.
Puntò la pistola alla testa della donna.
“Uccidila… è una pluriomicida, salva Ben… salva il tuo migliore amico” gli disse  il suo animo razionale.
Ma la sua coscienza guidò la sua mano.
Un attimo prima che partisse il colpo Semir abbassò la mira.
 
Lo sparò risuonò nella piccola chiesa.
Per un lungo momento regnò un silenzio irreale.
Come al rallentatore Hilde lasciò cadere l’arma e cadde all’indietro con un urlo strozzato.
“Accesso!!!” urlò Semir nel microfono che portava addosso.
Come una furia si avvicinò alla donna che si teneva la spalla sanguinante e con un calcio allontanò la pistola da lei.
“Semir…” balbettò Hartmut cercando di rimettersi in piedi, mentre già si sentivano i colpi con cui gli agenti della SEC cercavano di sfondare la porta della chiesa.
Ma il piccolo turco era fermo immobile.
Non riusciva a muoversi, terrorizzato dalla vista del suo migliore amico che giaceva a terra senza dare segni di vita.
“Per Allah che ti ha fatto…” sussurrò mentre s’inginocchiava accanto a Ben.
 
“Ben… mi senti? Sono io…  tutto finito,  è tutto finito”
Semir non sapeva come e dove toccarlo per non aggravare la situazione.
Così si limitò a prendergli la mano sana ed a stringerla forte nel tentativo di mettersi in contatto.
Finalmente con un gran botto la porta cedette e decine di figura scure fecero irruzione nella chiesa.
“Un medico… serve un medico…” urlò Semir disperato.
Non passarono che pochi minuti che due paramedici in tuta arancione si avvicinarono.
“Si sposti…” chiese uno dei due, ma Semir non aveva alcuna intenzione di lasciare la posizione.
“No per favore… fatemi stare vicino a lui” supplicò senza risultato.
Con forza gentile fu però costretto a spostarsi.
“Semir…”
La voce della Kruger quasi fece sobbalzare il piccolo turco.
“La sua schiena…” continuò il Commissario mentre lo guardava con orrore.
Solo allora Semir riprese a percepire il dolore acutissimo che provava.
“Serve un medico anche qui…” urlò la Kruger.
Ma Semir non voleva essere curato, non ora almeno, voleva prima sapere come stava Ben.
Ormai nella chiesa regnava la confusione più assoluta.
Hartmut era stato fatto sedere da altri paramedici su di una delle panche, con accanto padre Michel.
Almeno lui sembrava stare abbastanza bene.
La vista di Hilde era invece completamente impedita dalla squadra di soccorso che l’aveva circondata.
Ma la donna continuava ad urlare.
“Maledetti… lui  è mio… mio!”
Semir si ritrovò a sperare di averla ferita mortalmente quella maledetta.
L’idea che i medici si prendessero cura di lei quasi gli dava fastidio.
Neppure si accorse che qualcuno gli stava esaminando la schiena.
“Le ferite sono piuttosto profonde. E’ meglio che ci spostiamo sull’ambulanza” disse qualcuno alle sue spalle.
Immediatamente Semir si ribellò.
“Io non mi muovo di qui!” disse cercando di rimettersi in piedi.
Ma il dolore e la stanchezza erano troppo forti.
Il piccolo turco ricadde pesantemente.
“Semir sia ragionevole” lo esortò Kim.
“Devo prima sapere come sta Ben… la prego possiamo andare vicino a lui? La prego…”
Sospirando Kim si fece aiutare dal paramedico a sollevare Semir ed a portarlo su di una panca vicino al posto dove gli altri si affannavano attorno al giovane poliziotto.
“Ben… mi senti?” fece Semir cercando di sporgersi verso l’amico.
I medici avevano già tagliato gli abiti per esaminare le ferite e quel che Semir vide  per la prima volta in vita sua lo fece pentire di non aver deliberatamente ammazzato qualcuno.
 
“Dottore come sta?” chiese Kim anche lei preoccupatissima.
“La pallottola alla spalla è ancora dentro. Ha diverse costole rotte e probabilmente anche lo zigomo. E’ disidratato e denutrito. La febbre alta fa pensare ad un principio di setticemia causato da… beh… lo vede anche lei cosa…” disse il medico indicando le ferite sul petto del giovane poliziotto.
Kim rimase di sasso mentre si accorgeva della scritta con cui Hilde aveva segnato il giovane poliziotto.
“Maledetta lurida cagna!!!” urlò  a quella vista Semir in preda al furore, cercando di alzarsi per andare verso la donna.
Immediatamente fu bloccato da Kim e da Dieter che si era avvicinato anche lui.
“Calma Semir… calma… passerà, vedrai passerà, l’importante è che è vivo e che lo abbiamo trovato” lo consolò l’agente più anziano.
 
Ormai Hilde era stata stesa sulla barella.
L’avevano dovuta legare con le cinghie di costrizione e la donna continuava ad urlare in preda ad un vero e proprio attacco isterico.
Mentre veniva portata fuori le urla risuonavano altissime nella chiesa.
“MIO… SEI MIO!!! Cosa credete di fare??? Nessuno mi fermerà! LUI E’ MIO!!!”
 
Semir provò di nuovo fortissimo l’impulso di prendere una pistola e spararle.
Ma una voce debole lo riportò alla realtà.
Il piccolo turco si sentì quasi male dal sollievo nel sentire quella voce.
“Se… Semir…” fece Ben steso sulla barella guardandolo con occhi febbricitanti.
“Ehi… socio” riuscì a rispondere Semir avvicinandosi a fatica.
“Stai be… bene…”
“Meglio di te…” cercò di sorridere il piccolo turco.
“Sai ho una meravigliosa notizia… Melanie sta meglio, si sta svegliando e quindi devi mettercela tutta per stare bene anche tu…”
Ben sorrise piano, mentre si aggrappava alla mano di Semir come un naufrago ad una zattera.
“Siamo pronti, l’elicottero sta arrivando” dissero i paramedici mentre iniziavano a muovere la barella con Ben verso l’entrata della chiesa.
“Ora andiamo in ospedale, vedrai fra un po’ starai bene”
Semir cercò d’incoraggiare il giovane amico  mentre gli camminava accanto  continuando a tenergli la mano.
Improvvisamente il piccolo turco sentì tutta la fatica, il dolore alla testa e alla schiena, lo stress di quelle giornate frenetiche piombargli addosso, ma era decisissimo a non mollare la presa.
Voleva salire sull’elicottero con Ben, voleva stargli vicino.
Il mondo iniziò però a girargli intorno, le voci divennero sfocate e la nausea salì incontrollabile.
L’ultima cosa che Semir sentì prima che tutto diventasse nero, fu la voce disperata , ma debole di Ben che lo chiamava.



Angolino musicale: E’ arrivata la cavalleria, o meglio il piccolo grande Semir!!! Visto, cari lettori proprio cattive al 100% non lo siamo…oppure sì??? Sembra strano che tutto si possa concludere così, con una tonnellata di tarallucci…e il vino…con noi potrebbe essere diventato aceto!!! E la decisione che ha preso Semir? Che sia stata quella giusta?  “What if” (cosa accadrebbe se) dei Coldplay
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=FdD6RMICpfg

Cosa accadrebbe se non ci fosse luce? niente di sbagliato, niente di giusto cosa accadrebbe se non ci fosse tempo? e nessuna ragione o rima cosa accadrebbe se tu dovessi decidere che non mi vuoi qui accanto a te? che non mi vuoi qui nella tua vita? 
ogni passo che fai potrebbe essere il tuo più grande errore e noi potremmo resistere, o romperci beh, questo è il rischio che devi correre oh oh va bene prendiamo un attimo per respirare cerchiamo di stringerlo forte oh oh va bene tu sai che il buio ritorna sempre alla luce oh oh va ben

 

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Capitolo 23
*** Desideri di vendetta ***


 
 
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OSSESSIONE di MATY66 e CHIARABJ
 
 
Capitolo 23
Desideri di vendetta

Semir si svegliò lentamente, con la luce del primo pomeriggio che filtrava dalle persiane.
Dall’odore e dai rumori capì che si trovava in un letto d’ospedale  e girando la testa vide la snella figura di Andrea accoccolata sulla poltrona accanto al letto.
Dormiva pacifica e Semir non la chiamò, limitandosi a guardarla con affetto.
Il piccolo turco non ricordava molto delle ore precedenti.
Ricordava la confusione quando era arrivato l’elicottero per trasportare Ben in ospedale, d’aver insistito per salire con lui, nonostante il dolore terribile che provava alla schiena ed il ronzio insopportabile nella testa, ma poco prima di arrivare al mezzo tutto era diventato improvvisamente nero.
“Semir… sei sveglio…” la voce di Andrea lo riportò alla realtà.
  “Tesoro… ma dove sono” sorrise il marito cercando di muoversi, il che  gli provocò immediatamente fitte dolorose alla schiena.
“Al Policlinico qui a Colonia, e stai fermo…  ci hanno messo un bel po’ a ricucirti” sorrise Andrea prendendogli la mano.
“Ma che è successo?” chiese il marito, cercando di recuperare qualche ricordo.
“Sei svenuto mentre salivi sull’elicottero, uscire dall’ospedale contro il parere dei medici è stato un azzardo… senza contare che ti hanno dovuto mette più di trenta punti sulla schiena”
Semir attese alcuni secondi prima di porre la domanda fatale.
“E Ben?” chiese con un filo di voce.
“Ancora in sala operatoria. Susanne sta aspettando fuori al reparto con  Konrad, ha promesso di venire ad informarci appena si sa qualcosa”
Semir sospirò triste mentre ricordava le condizioni  in cui aveva trovato l’amico.
“Vedessi in che stato l’ha ridotto quella maledetta” bisbigliò mentre si asciugava una lacrima furtiva.
“Ben è giovane ed in forma, forse ci vorrà un po’, ma poi tornerà il solito ragazzone allegro”
“Le ferite fisiche possono anche guarire, ma quelle psicologiche… non riesco neppure immaginare cosa ha dovuto sopportare”  
Andrea non ebbe il coraggio di rispondere.
“Aida e Lily ti mandano questo” disse poi mostrandogli il video sullo smartphone.
Semir sorrise intenerito mentre guardava le sue piccole che nel filmato si sbracciavano per salutarlo, mandandogli baci plateali.
“Sai qualcosa di Melanie?” chiese con animo un po’ più sollevato.
Andrea sorrise.
“Sta molto meglio, si è svegliata, ha riconosciuto i genitori e naturalmente… chiede di Ben”
Ancora una volta Semir sospirò triste al pensiero di tutto il male che aveva fatto Hilde.
 
Le ore passavano inesorabili ed a Semir sembrava d’impazzire senza notizie del suo amico; pensieri catastrofici e speranzosi s’alternavano nella sua mente.
Finalmente sulla porta comparve una sorridente Susanne.
“Tutto bene, l’intervento è andato benissimo. Ora lo tengono in terapia intensiva fino a che non scende la febbre da infezione… ma il medico è molto ottimista” sorrise la segretaria.
A Semir sembrò come se un enorme masso gli fosse stato tolto dall’anima.
“Allah ti ringrazio” sospirò, mentre cercava di scendere dal letto.
“Dove vuoi andare?” chiese severa Andrea.
“Da Ben, che domande…” rispose il marito mettendo le gambe a terra.
“Il dottore ha detto che hai bisogno di riposo e che non ti devi alzare”
Semir la guardò quasi beffardo.
“Io sto bene. E ora vado da lui. Con o senza il  vostro aiuto” fece mettendosi in piedi barcollando.
“Ok… vediamo se riesco a trovare una sedia a rotelle” sorrise conciliante Susanne uscendo dalla stanza.
Semir aiutato da Andrea uscì a piccoli passi dalla stanza nell’ampio corridoio.
Effettivamente la schiena gli  faceva malissimo, ma non aveva alcuna intenzione di darlo a vedere.
La presenza di due poliziotti seduti proprio fuori la stanza di fronte alla sua lo insospettì immediatamente.
“Ciao Semir, come stai? Notizie di Ben?” chiese uno dei due.
Semir recuperò dalla memoria il nome dell’uomo.
Arthur Foller, era stato un breve periodo con loro alla CID prima di essere trasferito alla BKA.
“Ciao Arthur, sto meglio e anche Ben sta meglio. Ma cosa ci fai qui?” chiese incuriosito.
“Uno dei soliti servizi noiosi, siamo di sorveglianza alla Grimm. E’ ricoverata qui fino a domani quando la trasferiranno all’ospedale psichiatrico” rispose.
Semir sentì che le ginocchia iniziavano a tremargli.
Come avevano osato portare quella folle nello stesso ospedale dove  erano ricoverati Ben e Melanie? Metterla vicino a lui, vicino a Ben, alla sua vittima…
Cercò di mantenere la calma, ma una forza irresistibile lo spingeva ad entrare in quella stanza.
Non sapeva perché, ma ci doveva entrare.
“Posso entrare?” chiese.
“Ma Semir…” si oppose il collega.
“Ti prego non farò nulla, voglio solo guardarla in faccia…” rispose Semir.
Arthur Foller sospirò e poi annuì.
Doveva molto a Semir, era stato lui a chiamare uno dei commissari della BKA per fargli ottenere il trasferimento tanto sospirato.
“Solo cinque minuti però” bisbigliò.
“Semir che vuoi fare?” chiese Andrea che era rimasta in disparte, mentre vedeva il marito che apriva la porta della stanza.
“Nulla. Tu aspetta qui, esco subito” rispose il marito senza neppure voltarsi a guardarla.
 
 
 
Hildegard Grimm era furiosa come mai in tutta la sua vita.
Stesa sul letto d’ospedale, con una caviglia incatenata al letto e la spalla immobilizzata provava una rabbia folle contro tutto e tutti.
Contro colui che ancora l’aveva rifiutata, il maschio cui aveva donato il suo amore ricevendone di nuovo in cambio solo disprezzo, contro chi aveva impedito che lei realizzasse finalmente il suo sogno, essere una donna sposata e accettata dalla società.
Quel maledetto nano turco… era tutta colpa sua.
Maledetto, maledetto, maledetto.
Anche lui l’avrebbe pagata come tutti gli altri.
Cosa credevano di aver fatto? Di averla fermata?
“No” pensò Hilde “Lui  è mio , nulla può fermarmi fino a che non avrò avuto quello che desidero”
Era così presa dai suoi pensieri di vendetta che neppure si accorse che qualcuno era entrato nella sua stanza.
 
Semir entrò nella stanza di Hilde e cercò di trattenere la rabbia.
Nonostante la ferita quella donna abominevole stava bene; era tranquilla stesa nel letto e guardava un punto fisso sulla parete.
Chissà come stava Ben, si chiese Semir, terrorizzato dall’idea di come invece avrebbe trovato da lì a poco il suo migliore amico dopo quello che la donna gli aveva fatto.
Hilde si accorse solo dopo alcuni minuti della sua presenza, girò la testa e per alcuni secondi la donna si limitò a guardarlo.
Poi inaspettatamente iniziò a ridere, dapprima piano e poi  in modo sempre più forte ed isterico.
Semir strinse i pugni cercando di non saltarle addosso.
“Cosa credi aver fatto eh?” ridacchiò ancora Hilde.
Semir non rispose,  imponendosi di ricordare che quella donna  era pazza e quindi incolpevole.
“Lui è mio!”
Hilde scandì ogni parola continuando a guardare con aria di sfida Semir.
“Non potrai fare nulla per sottrarmelo. Uscirò di qui e verrò a riprendermelo. E me la pagherà per quello che ha fatto” sibilò ancora.
Stavolta Semir non riuscì a tacere.
“Credo proprio che invece tu non potrai andare da nessuna parte per molto, molto tempo” disse indicandole le manette con cui era legata al letto.
“Dici? Io sono… pazza! Non andrò in galera, mi metteranno in un bell’ospedale psichiatrico, circondato da un bel giardino. Potrà passare qualche anno, ma poi li convincerò che mi sono pentita… che sono guarita e mi lasceranno uscire. E verrò a riprendermelo”
La voce di Hilde era perfettamente calma e Semir capì che la minaccia era seria.
“Questo non succederà. Te lo assicuro. Non ti permetterò di fare del male alle persone che amo. Io ti starò con il fiato sul collo ogni giorno, ogni istante della tua vita e ti posso assicurare che non uscirai mai più dal posto dove ti rinchiuderanno”
Hilde riprese a ridere.
“Sei così sicuro? Sei così sicuro di riuscire a proteggerlo? Dopotutto devi pensare anche ad altre persone…”
Semir decise di lasciar perdere, anche se aveva intuito il significato della minaccia.
Si voltò per uscire, ma la voce di Hilde lo inseguì.
“Sai… quando uscirò la prima cosa che farò è venire a cercare la tua bella bambina… davvero carina… così capirai cosa significa soffrire davvero. Perché la ucciderò e poi ucciderò il tuo amico. Dovete pagarla… la pagherete tutti per quello che mi avete fatto” disse malefica.
Semir si bloccò con il cuore in tumulto.
Nessuno poteva permettersi di minacciare così la sua famiglia.
Anche perché ormai conosceva Hildegard Grimm tanto da sapere che quella era una minaccia reale.
E sapeva anche che quella donna era capace di tutto anche d’ingannare i medici e far credere di essere guarita.
Per un lungo istante Semir rimase a guardare il vassoio con le siringhe  che era lì su di un tavolo accanto alla porta.
Sarebbe stato così facile iniettare dell’aria in vena, o soffocarla con il cuscino… pochi minuti e avrebbe eliminato il pericolo per le persone che amava.
Ma  Semir era  un poliziotto, e soprattutto era un poliziotto nell’animo.
Si voltò con calma.
“Tu non sarai mai più libera, non potrai più fare male a nessuno, meno che mai alla mia famiglia o a Ben,  perché io farò in modo che tu marcisca in un ospedale psichiatrico per tutto il resto della tua vita. Come è vero che mi chiamo Semir Gerkan” le disse.
Mentre Semir usciva Hilde riprese a ridere isterica.
 
“Semir… che è successo?”
Andrea gli venne incontro preoccupata nel vederlo pallido ed ansimante.
Dietro di lei c’era Susanne  che spingeva una sedia a rotelle.
“Nulla sto bene. Allora posso andare da Ben?” chiese  il piccolo turco.
In fondo era quella l’unica cosa che gli interessava ora.
“Sta ancora dormendo, ma il medico dice che puoi vederlo per cinque minuti. Solo se ti siedi sulla sedia a rotelle, però” sorrise la moglie.
Semir si sedette sulla sedia e scacciò dalla sua mente i brutti pensieri e le paure.
Ben stava meglio, fra poco l’avrebbe visto.
Melanie era uscita dal coma e si stava riprendendo.
Aida e Lily erano al sicuro a casa.
E quella pazza non avrebbe fatto male più a nessuno.
 
 
Si era preparato al fatto che probabilmente Ben non gli sarebbe apparso in ottima forma, ma quando Semir entrò nella piccola stanza non poté fare a meno di sussultare alla vista delle condizioni del giovane.
Il ragazzo aveva il volto completamente tumefatto e gonfio, il braccio immobilizzato dalla fasciatura, fili e tubi che uscivano da tutti i lati del  letto.
Ma almeno sembrava dormire pacifico.
Semir avvicinò la sedia a rotelle al letto e rimase  ad ascoltare il respiro regolare e tranquillo.
Quello e il rumore regolare del  battito cardiaco registrato dalle macchine ebbero un effetto calmante  sul piccolo turco.
Era vivo,  malconcio, ma vivo.
Prima di entrare  aveva parlato brevemente con Konrad e con il medico.
La spalla sarebbe tornata presto a posto, così come il viso.
E anche per le ferite al petto tutto poteva risolversi con un piccolo intervento di chirurgia plastica.
L’unico problema era l’infezione del sangue causata dalle ferite, ma anche per quello vi erano ottime probabilità di risolvere con la terapia antibiotica.
Ma le ferite psicologiche?
Semir non sapeva cosa era realmente successo in quei giorni, poteva solo immaginarlo ed il solo pensiero lo faceva rabbrividire.
L’unica cosa che poteva fare era restare vicino al suo amico ed aiutarlo.
Ed era convinto che anche la presenza di Melanie poteva aiutare più di ogni medicina.
Il piccolo turco restò ancora un po’ a guardare Ben dormire, poi,  consapevole che non si sarebbe svegliato prima di diverse ore, come gli aveva detto il medico, girò la sedia a rotelle.
In effetti non vedeva l’ora di rimettersi steso, la schiena gli faceva male e l’antidolorifico che gli avevano dato aveva cessato il suo effetto da un bel po’.
Ma quando mai Ben faceva le cose che ci si aspettava?
Una voce debole richiamò Semir alle spalle.
“Ehi… socio…”
 
“Ehi… che ci fai sveglio? Dovresti dormire, sei sempre in ritardo perché non ti svegli e ora invece…” 
Semir sorrise avvicinandosi di nuovo al letto.
“Che... hai fatto alla schiena?” chiese piano  il giovane che aveva visto la fasciatura che spuntava dalla camicia ospedaliera.
“Diciamo che non sono così magro come pensavo…”
Ben lo guardò con aria febbricitante  senza capire.
“Lasciamo stare, c’è tempo per le spiegazioni… piuttosto come ti senti?”
“Come se fossi finito sotto un camion, che poi ha fatto anche retromarcia”
“Allora come al solito”
Ben rimase in perfetto silenzio per un po’ e immediatamente Semir capì che stava ripensando agli avvenimenti dei giorni passati.
“E’ finita, Ben, finita, capito? Melanie sta meglio, è fuori pericolo.  Tu guarirai e quella donna non farà più male a nessuno. Tornerà tutto a posto” disse prendendogli la mano sana nella sua.
 
Ma aveva paura di non potergli assicurare che quella era la verità.
 
Angolino musicale: pensiamo che se Semir avesse fatto fuori la pazza nessuno ci avrebbe detto ‘pazze che avete fatto’…ma come abbiamo sottolineato Semir è poliziotto dentro e fuori e la vendetta non è nelle sue corde…Ciò nonostante farà di tutto per salvare tutto e tutti…:The Fray ‘How To Save A Life’(come salvare una vita)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=cjVQ36NhbMk
 
Fai un passo, dici, abbiamo bisogno di parlare lui cammina, tu dici: "Siediti, è solo una chiacchierata" lui ti sorride educatamente come risposta tu lo fissi educatamente dritto negli occhi c'è una sorta di finestra alla tua destra mentre lui va verso sinistra e tu te ne stai in mezzo tra paura e senso di colpa e cominci a chiederti perché sei venuto dove ho sbagliato? Ho perso un amico da qualche parte, nell'amarezza e sarei rimasto in piedi con te tutta la notte se avessi saputo come salvare una vita, fagli sapere che tu lo conosci meglio di chiunque altro perché, dopotutto, lo conosci davvero meglio degli altri cerca di infiltrarti tra le sue difese senza concedergli l'innocenza stendi una lista di cosa è sbagliato, le cose che gli hai sempre detto e prega Dio che lui ti stia a sentire appena lui inizia ad alzare la voce 
tu abbassa la tua e concedigli un'ultima possibilità lui farà una o due cose, ammetterà tutto oppure dirà di non essere più lo stesso…
 

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Capitolo 24
*** Urla nel silenzio ***


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OSSESSIONE di MATY66 e CHIARABJ

Capitolo 24
Urla nel silenzio
 

“Faccio spavento?” chiese Ben mentre Semir lo spingeva sulla sedia a rotelle verso la stanza di Melanie.
Semir sorrise.
“Non più del solito” cercò di scherzare, anche se  il volto del giovane era ancora tumefatto e gonfio, ma il piccolo turco sapeva che a Melanie non sarebbe importato nulla dell’aspetto di Ben.
Il ragazzo che era uscito da una settimana dal reparto di terapia intensiva ed era stato traferito nel reparto di degenza normale, finalmente aveva avuto il permesso di vedere Melanie.
Con grande sollievo di tutti i medici di entrambi i fidanzati che non facevano altro che tormentare il personale con le loro continue richieste di vedersi.
E ora il momento era arrivato.
Apparentemente Ben era sereno, ma Semir sapeva che era fuoco che covava sotto la cenere.
Per un paio di giorni, prima di essere dimesso, era stato ricoverato nella stessa stanza di Ben e si era accorto dei continui incubi che tormentavano il sonno del suo amico.
Ma lui si ostinava a negare, ogni volta che Semir tentava di affrontare l’argomento si trovava di fronte ad un muro impenetrabile.
Ora sperava  solo che la vicinanza di Melanie avrebbe aiutato Ben a superare il trauma.
 
Semir aprì piano la porta e poi spinse dentro la sedia a rotelle.
Melanie aveva ancora la testa fasciata, ma si vedeva che era in ripresa.
Accolse Ben con il più luminoso dei sorrisi.
“Bene, io vi lascio soli ragazzi. Ti vengo a riprendere dopo, Ben” fece discreto mentre avvicinava la sedia a rotelle al letto.
Dopo essere uscito diede solo un’occhiata dal vetro della stanza e sorrise intenerito.
I due si stavano accarezzando piano, quasi come se avessero paura a toccarsi.
E parlavano fitto.
Sì, forse con l’aiuto di Melanie Ben poteva farcela a superare il trauma, ma  nel profondo del suo cuore Semir sapeva che non sarebbe stato comunque facile.
 
“Allora stai meglio?” chiese mentre spingeva di nuovo la sedia a rotelle verso la stanza di Ben.
“Certo, ora sto magnificamente” rispose Ben con aria sognante.
“Bene, e quindi spero che la finirai di dare il tormento a tutti qui. Sei un paziente insopportabile lo sai vero?”
“Va bene papà” rispose il giovane sorridendo.
Ma non era il solito sorriso di Ben e Semir lo sapeva bene.
Il piccolo turco avvicinò la sedia al  letto.
“Ora stenditi e dormi un po’” disse mentre aiutava Ben ad alzarsi.
“Ce la faccio da solo. E non ho voglia di dormire”
La voce del ragazzo s’era fatta all’improvviso seria.
Semir non seppe trattenersi.
“Non vuoi dormire perché hai gli incubi, giusto? Lo hai detto ai medici?” chiese preoccupato.
“Ancora con questa storia. Io sto bene quante volte te lo devo dire?”
“Non penso proprio che tu stia bene, anche io per esempio non sto bene...”
Ben lo guardò negli occhi, ma non disse nulla.
“Sapessi quanto  odio quella donna per quello che ha fatto, mentre era qui ricoverata ho provato fortissimo l’impulso di toglierla definitivamente di mezzo, continuava a minacciare…” continuò.
“Non l’avresti mai fatto” rispose Ben.
“Sì… ma nessun può superare un trauma così da un momento all’altro. Io non riesco ad immaginare neppure quello che è successo, ma…”
“Ti ho già detto che non ho voglia di parlare di quello che è successo. Ormai è passato, non voglio più pensarci”
Era evidente che Ben iniziava ad innervosirsi.
Ma Semir non aveva intenzione di mollare l’osso stavolta.
Voleva troppo bene a quel ragazzo per lasciare che si autodistruggesse nel dolore.
“Almeno io ho il coraggio di dire che la odio. Che mi fa rabbia pensare che dopo quello che ha fatto se ne sta comodamente seduta in un ospedale…”
“Io non la odio. Ho saputo la sua storia… è stata sempre tradita, umiliata dagli uomini”
“E questo giustifica quello che ha fatto???”
“No, ma in parte quello che è successo è stata anche colpa mia”
Semir spalancò gli occhi dalla sorpresa, ma poi s’infuriò.
“Basta con questa storia, capito? Basta! Non è colpa tua, nulla di quello che è  successo è colpa tua!”
“Se prima di scappare l’avessi legata, al posto di fuggire subito via… almeno non avrebbe ucciso quella povera donna nella canonica… non vi avrei costretti a venirla a stanare in quella chiesa, tu non ti saresti ferito e Hartmut si sarebbe risparmiato il naso rotto”
Semir sospirò.
Ben aveva insistito tantissimo per inviare dei fiori al funerale della perpetua di padre Michel.
“Eri in preda alla febbre, ferito… non eri lucido… cosa pretendi da te stesso?”
Semir  si alzò e si avvicinò al letto dove Ben era ancora seduto, senza stendersi, e gli  mise le mani sulle spalle.
“Stammi a sentire ragazzo,  te lo ripeto per l’ultima volta. Nulla di quello che è successo è colpa tua e tu devi cercare di uscire da questa storia. Forse potremmo andare da qualcuno che ci aiuti…”
“Non ho bisogno di uno strizzacervelli Semir, ho bisogno solo di un po’ di tempo…” rispose  Ben stendendosi sul letto.
Dopo pochi minuti la stanchezza aveva già vinto il giovane poliziotto che era caduto in un sonno agitato.
Semir rimase a guardarlo per un po’, triste e pensieroso mentre la sua rabbia verso Hildegard Grimm cresceva.
Era incredibile, quella donna lo aveva massacrato e lui si sentiva in colpa.
Non sarebbe stato facile tornare alla normalità.
 
Due mesi dopo
 
“Zio Ben ti sei fatto un nuovo tatuaggio?” chiese curiosa come sempre Aida guardando il braccio sinistro del poliziotto.
Ben sorrise mentre  alzava di più la manica  della camicia.
“E’ una ‘emme’… come Melanie?” chiese ancora la bambina scrutando il disegno.
“Già...”
“E puoi farti anche una ‘A’ come Aida?”
“Aida che razza di richieste…” la rimproverò Andrea.
“Beh è un’idea” sorrise ancora Ben.
Tutta la famiglia Gerkan con Ben e Melanie erano andati a fare un pic-nic sulle rive del Reno.
Era una bellissima giornata d’estate e tutti sembravano sereni ed allegri.
Ma Semir sapeva bene che Ben non era né sereno né allegro.
La settimana seguente era previsto il suo rientro in servizio e Semir era sempre più preoccupato.
“Idea di Ben?” chiese il piccolo turco a Melanie che era seduta al sole accanto a lui.
Ben e le bambine giocavano  sul prato, mentre Andrea e la madre stavano preparando il pranzo.
“Sì, credo che lo abbia fatto per compensarmi della… scritta  che ha ancora sul torace…”
La voce di Melanie s’incrinò leggermente.
“Fra un paio di mesi farà l’intervento di plastica, ma la sola idea che stia  di nuovo in ospedale anche se solo per un paio di giorni non mi fa piacere. Io eviterei, ma lui…”
Semir sorrise alla ragazza.
Pensò che era ancora più carina con i capelli corti.
Carina, dolce ed innamorata follemente di Ben, ma questo non era abbastanza per tirare fuori il giovane dal bozzolo in cui si era rinchiuso.
“Come sta?” chiese già conoscendo la risposta.
Melanie si passò nervosamente le mani fra i capelli.
“Lui dice bene… ma ha incubi tutte le notti, si sveglia urlando cose incomprensibili. E rifiuta categoricamente di prendere i sonniferi che gli hanno prescritto”  
“Semir… io non so proprio come aiutarlo…” continuò la ragazza dopo alcuni minuti di silenzio.
Semir si passò la mano sul viso.
“Se non vuole andare da qualcuno che lo aiuti… beh non possiamo costringerlo e non ci resta che stargli vicino e sperare che se la cavi da solo…”
“Ho paura Semir, se gli succede qualcosa…”
“Non gli succederà nulla, io lo terrò d’occhio e farò in modo che non gli succeda nulla” cercò di rassicurarla l’uomo.
Ma aveva paura anche lui.
In quel momento  sentì ancora più prepotente l’odio contro Hildegard Grimm.
 
 
Hilde si stese  sulla brandina della sua stanza  nell’ospedale psichiatrico di Bonn.
Aveva appena finito la seduta con lo psichiatra e sentiva un moto di rabbia salirle dallo stomaco sin alla gola.
Quel lurido bastardo di un turco aveva fatto in modo che finisse nell’ospedale  psichiatrico di massima sicurezza ed affidata al dottor Burke, il più duro  e severo degli psichiatri giudiziari tedeschi.
Ogni volta che aveva un colloquio con lui cercava di mettere in atto la sua furbizia  per fargli credere di essere in via di miglioramento, si fingeva pentita, gli raccontava della sua triste infanzia.
Ma da come la guardava  Hilde già capiva che il medico  non stava abboccando.
Davvero uscire di lì non sarebbe stato così facile come credeva.
Ma ora forse si delineava un’altra soluzione.
Inaspettata e sperata.
Con la mano tremante tolse dalla scatola  il test che le era stato recapitato dall’infermeria e poi andò nel piccolo bagno annesso alla stanza.
 
Dopo mezz’ora le urla di gioia di Hilde risuonarono in tutto il corridoio.
 

 
Angolino musicale: Povero Semir alla fine deve sempre ‘ricomporre’ i pezzi del suo socio…
Avril Lavigne ‘Keep holding on’ (continua a tenere duro)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=MmukW1sNlIk
 
Non sei solo, siamo insieme, sarò al tuo fianco sai che prenderò la tua mano quando si raffredderà ed è come se fosse arrivata la fine perché non c'è alcun posto dove possiamo andare tu sai che non mi arrenderò, no non lo farò continua a tenere duro perché sai che ce la faremo, sii forte perché sai che sono qui per te, c'è qualcosa che puoi dire, ma niente che puoi fare non c'è un altro modo quando si arriva alla verità quindi, continua a tenere duro perché sai che ce la faremo, ce la faremo così lontani, io vorrei che tu fossi qui prima che sia troppo tardi tutto questo potrebbe scomparire prima che la porta sia stata chiusa e si arriva ad una fine con te al mio fianco combatterò e ti difenderò combatterò e ti difenderò si si ascoltami quando ti dico, ti dico che ci credo. niente cambierà, niente cambierà il destino qualsiasi cosa sia destinata per noi la faremo funzionare perfettamente si …
 
Angolino delle autrici
Care amiche, siamo giunte alla fine di questa lunga storia.
Prima che lo chiediate… sì il test che ha fatto  Hilde la pazzoide è proprio “quel test”.
E se urla di gioia vuol dire che…
E prima che chiediate se fra poco vedremo un piccolo bennuccio, tanto carino, occhi da cerbiatto e sorriso smagliante, ma completamente folle vi rispondiamo che…
NON SI SA!
Per ora la storia finisce qui, salvo prosiegui, non immediati però.
Abbiamo bisogno di una pausa dalla cattiveria e perfidia che si è impadronita di noi.
Consentiteci però di ringraziarvi di nuovo tutte, una per una. Sophie, Tinta, MartyAntares, Marty266,  Cladda, Afrika, Marcellina, Furia, Mia, Clo… grazie per le vostre recensioni e  per l’affetto con cui ci seguite.
Grazie anche a chi segue senza farsi “vedere”, a chi ha messo la storia  fra le preferite, le seguite e così via.

Presto una nuova storia… ricordiamoci che Ben in una delle nostre è ancora in sedia a rotelle…
E poi se siete appassionate di fantascienza… beh Maty fra un po’ ha una sorpresa in serbo.

Bacioni e ancora grazieeeeee
Chiara e Maty

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