Le cronache dal pianeta dei morti: Quando la disperazione incontra la speranza

di Yulin Fantasy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non lo so ***
Capitolo 2: *** Sapeva solo il suo nome ***
Capitolo 3: *** Fratellone... ***



Capitolo 1
*** Non lo so ***


CAPITOLO 1
NON LO SO

 
Era una notte nebbiosa di Londra. Una di quelle notti inquietanti, da film dell’orrore, ma anche romantiche, che ti fanno risalire certi ricordi…
Ricordi di amici, ricordi di persone che non rivedrai mai più.
In quella Londra distrutta, ormai irriconoscibile, una persona stava camminando: era un ragazzo sui sedici anni, i capelli argenti, con tendenze azzurre, a mezzaluna verso l’alto. La carnagione era molto pallida, era vestito con una maglietta bianca, i jeans e un giubbotto blu. I suoi occhi erano bicolori: quello sinistro giallo oro, quello destro bianco latte.
Stava camminando con lo sguardo perso, mentre i suoi piedi entravano nelle pozzanghere.
Speriamo che non si metta a piovere…
Pensò, osservando il cielo grigio. Sembrava che il sole non spuntasse da mesi.
Si fermò davanti a una casa. Aprì la porta, e se la richiuse, osservando il corridoio pieno di statue.
Non penso che voglia cambiarlo. Come non voleva cambiare il suo lavoro del resto…
Camminava con spazio deciso in mezzo alle statue e entrò in una porta, che doveva essere una casa. Si buttò sul letto e sospirò, abbracciando il cuscino.
Lui non era ancora rientrato, se no si sarebbe accorto della sua presenza. A quanto pare, non lo aveva ancora accettato.
Prese la foto che c’era sul comodino e la osservò con gli occhi pieni di tristezza: c’erano lui, un ragazzo uguale a lui, se no per i capelli neri e un occhio color pece e la carnagione un più scura e un ragazzo dagli occhi cremisi, abbronzato e la pettinatura strana.
Il ragazzo accarezzò la fotografia e si dovette trattenere per non piangere.
- Mi mancano quei giorni, sapete? Mi mancano tanto… vorrei tanto poterci tornare…-
Rimise la foto al suo posto e si rannicchiò su se stesso.
- Non serve piangere, lo so… ma è difficile…-
Qualcosa vibrò nella tasca dei jeans e il ragazzo prese il cellulare, sapendo che c’era un’unica persona che gli telefonava.
- Ciao… sei al lavoro?-
- Sì, penso che tornerò sta’ sera…-
- Ah, perché, non è sera?-
- Ascolta, quando vengo a casa, andremo a fare un salto al cimitero, cercando di non fare brutti incontri. A te va bene?-
- Sì… pensi che tornerà il sole, un giorno?-
- Non lo so… non lo so Astral.-
E in quel momento riattaccò.
Astral.
Sì, era il suo nome, forse una delle poche cose di cui era certo…
Mise il telefono sul comodino, vicino alla foto e tornò a rannicchiarsi, cercando di prendere sonno…
Visto che il mondo dei sogni era forse il luogo più sicuro per lui.
 

ANGOLO AUTRICE
Allora, meglio che vi spieghi cose questa storia: è un crossover, per prima cosa. (Chi ha capito, non lo dica prima del prossimo capitolo!) Per il crossover vi spiegherò meglio nel prossimo capitolo, diciamo che è un “esperimento”. Non ci sono tante descrizioni, ma questo è solo un primo capitolo. Non so quanto durerà, dipenderà se vi piace o no. Ora è meglio che vada! Recensite in tanti! (Scusate se questo è corto)
Sayonara,
Yulin

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Capitolo 2
*** Sapeva solo il suo nome ***


CAPITOLO 2
SAPEVA SOLO IL SUO NOME

Astral osservava fuori dalla finestra quella che doveva essere Londra. Aveva addirittura iniziato a piovere, cosa che rendeva il tutto più deprimente.
Il ragazzo si alzò dal letto e andò verso la libreria, dove si trovavano i suoi libri. In realtà, c’erano anche i libri della persona che abitava in quella casa e non voleva toglierli, sapendo che per il suo inquilino era un ricordo prezioso e doloroso.
Prese un libro e si sedette sulla scrivania. Gli piaceva leggere, lo facevano andare nel mondo della fantasia, forse un mondo dove erano tutti felici, dove il bene vinceva sempre, dove si poteva tornare indietro…
Ma sapeva che non era possibile.
Sentì la porta aprirsi e chiudersi di scatto.
Astral si distrasse dal suo libro e estrasse qualcosa dalla tasca interna del giubbotto, che aveva attaccato alla sedia: una pistola.
Aprì violentemente la porta della sua camera e puntò la pistola. Però quello che era entrato non era un nemico.
- Ah, sei tu. Pensavo avessi dimenticato di nuovo le chiavi.-
Di fronte a lui si trovava un uomo sulla quarantina d’anni, i capelli neri, anche se le basette erano un po’ bianche. La carnagione rosea, anche se era un po’ pallido in quel periodo, vestito con un impermeabile lungo beige e sotto un vestito rosso, la cravatta nera e i jeans.
I suoi occhi erano azzurri cielo, ma non erano più limpidi come un tempo.
- Hai ragione, dovevo avvertiti.-
L’uomo si sedette sulla poltrona: nello studio c’erano una poltrona, una sedia, una scrivania, una libreria e un grammofono.
Le pareti erano azzurrine, la stanza non era troppo grande.
- Vuoi che metta su un po’ di musica?- Chiese Astral.
- No, no grazie.-
- Come è andata a lavoro?-
- Come al solito, cosa vuoi che ti dica?-
Astral restò in piedi, le braccia incrociate, cercando di non notare le chiazze di sangue sull’impermeabile.
- Astral, so che le hai notate. Non fare finta di niente.-
Disse l’uomo. Il ragazzo lo guardò negli occhi.
- Non ti sei fatto niente, vero?-
- No. Sai bene che sono contro la violenza…-
- Pure io…-
Rimasero in silenzio per un po’, finche Astral andò in cucina, i suoi occhi bicolori impassibili.
- Oggi mi hai detto che saremo andati al cimitero.-
- Scusami Astral, ma non me la sento. Dopo che quello che…-
La voce dell’uomo si affievolì e Astral capì che era bene lasciar cadere l’argomento. Dopo essersi lavato le mani, il ragazzo tornò nel salotto. Guardò l’uomo con occhi seri.
- Non puoi andare avanti così. Ti stai facendo del male da solo e puzzi ancora di alcool. Pensavo che avessi smesso.-
- Scusami ancora, ma è troppo difficile. Se penso che tutto quello che sta accadendo è colpa mia…-
- Infatti, non devi pensarci. Non è colpa tua… almeno, da quello che so su di te. E diciamo che so solo che sei l’ispettore di polizia.-
- Infatti, non è importante sapere altro.-
- Nemmeno dove vai, oltre a ubriacarti?-
La voce di Astral si era fatta dura, ma l’uomo non si smuoveva. Anzi, si alzò e andò in camera sua.
- Aspetta!-
- Astral, per favore, non sai che giornata ho passato. Lasciami riposare.-
Detto questo, si richiuse la porta alle spalle. Astral capì. Lo capiva sempre. Cercava di capirlo, perché l’unica cosa che sapeva di lui che aveva perso persone care…
Sapeva che era l’ispettore di polizia e sapeva il suo nome:
Dog.
Dylan Dog.

ANGOLO AUTRICE
Ho dovuto riscrivere il capitolo, perché io, essendo un genio, scrivo una storia sulle “Cronache dal pianeta dei morti” di Dylan Dog, che è una trilogia, avendo letto solo “Addio, Groucho”! Applauditemi per il mio genio! -.-
Vabbe, tralasciando la mia completa intelligenza, cosa posso dire di questo capitolo?
Penso che abbiate capito tutti che il crossover è Zexal x Dylan Dog, ma non della serie regolare, bensì il Dylan della storia della trilogia, ovvero: “Il pianeta dei morti” (color fest 2, Bilotta\Di Giandomenico), “Il tramonto dei vivi morenti” (Albo gigante numero 22, Bilotta\Vetro) e per ultimo, la mia preferita: “Addio, Groucho” (Color fest 10, Bilotta\Martinello)
Per capire la mia fiction non c’è bisogno che abbiate letto quelle storie, perché spiegherò tutto andando avanti.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e spero che recensirete… ah, a proposito, voglio ringraziare: Stardust94, Naoko_Chan, Little Alexey, Nuvola101 e Damned_Angel, che sto facendo appassionare a Dylan Dog e i fumetti italiani XD
Meglio che ora vada!
Sayonara,
Yulin Dyana Fantasy

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Capitolo 3
*** Fratellone... ***


CAPITOLO 3
FRATELLONE…

Londra.
Era mattina, anche se non si capiva.
Diciamo che si capiva grazie alla sveglia del cellulare di Astral, che il ragazzo cercò inutilmente di spengere.
Allora si mise a sedere sul letto e si strofinò gli occhi, cercando di far andare via un po’ il sonno. Prese il cellulare e lesse l’ora: le 7:00.
Si alzò dal letto e si stiracchiò, sbadigliando.
Poi si avviò in cucina e rimase sorpreso nel vedere Dylan già svegliò.
- Buongiorno…-
- Buongiorno Astral. Dormito bene?-
- Beh, non tanto… diciamo che ho sempre un sogno strano.-
L’uomo aveva messo su il thé e guardò Astral.
- Che genere di sogno?-
- Diciamo che è strano da spiegare… non so se definirlo un incubo o un sogno…-
- Ti ricordi che lavoro facevo qualche anno fa?-
Chiese Dylan, mentre versava il thé al ragazzo.
- Sì… facevi l’indagatore dell’incubo… anche se non mi hai mai raccontato nessuna avventura.-
- Forse un giorno… però ora parlami di te.-
- Di te.-
Astral sorrise, stando con Dylan aveva imparato l’ironia e a volte la usava, però Dylan inizialmente sorrise, poi si fece più cupo in viso.
- S… scusa! Era una sua battuta?-
- Sì… ma non preoccuparti. È vecchia, anzi, era già vecchia quando la raccontava lui. La usano in molti.-
Invece sì, si doveva preoccupare: a ogni battuta Dylan prima sorrideva, ma dopo si faceva scuro. Ogni battuta per lui era come una bastonata, perché ogni battuta gli ricordava la persona per lui più importante… e che non potrà mai più tornare.
- Dylan, vuoi ancora sentire il mio sogno?-
- Certo. Siamo amici.-
L’uomo si era seduto davanti ad Astral e sorseggiava il thé.
- Come spiegarlo… diciamo che è come se mi svegliassi e non sono più io: sono uno spirito azzurro, un alieno… poi vedo delle immagini, ma sono sfuocate… e poi una voce, la sua voce che mi chiama…-
Astral abbassò lo sguardo e Dylan annuì.
- E poi ti svegli, ho indovinato?-
- Sì. Strano, vero?-
- I sogni sono sempre strani…-
- A volte desidero che sia quella la realtà… e questo un sogno…-
- Pure io una volta ho voluto scambiare il sogno per la realtà*…-
Dylan si alzò e scompigliò i capelli ad Astral.
- Io vado a lavoro.-
- Ancora!?-
- Abbiamo bisogno di soldi…-
- Un giorno mi dirai il lavoro che fai…-
- Va bene.-
Astral sentì la porta che si richiudeva. Il ragazzo si alzò e andò nello studio, guardando il modellino di un galeone sopra la scrivania: non era ancora finito.
Dylan gli aveva detto che per lui era impossibile, ci prova da anni e non ci è mai riuscito, anche perché tantissime volte si è rotto.
Da quando era arrivato lì, Astral era sempre rimasto affascinato da quel misterioso galeone, anche se era solo un modellino. Era come… se fosse magico, non sapeva spiegarselo.
Poi, vicino al giocattolo, c’era un clarinetto. Pure quello era di Dylan, lo suonava per rilassarsi, anche se l’unica composizione che sapeva suonare era “Il trillo del diavolo” (e a volte anche male) però, tutti e due quegli hobby gli faceva sempre meno.
Poi si sedette sulla sedia della scrivania e si mise a pensare: non riusciva a capire come mai Dylan fosse così riservato con lui… e ora che ci pensava, sapevo molto poco di lui: sapeva che lavoro faceva in passato, ma non quello di adesso, sapeva che aveva degli amici (anche alcuni che se ne sono andati), ma non gli ha mai parlato di loro e non gli ha mai raccontato nessuna delle sue esperienze, solo qualche cosa, solo qualche citazione…
Forse, poteva trovare qualcosa lì. Sapeva che era sbagliato, però Dylan non ricordava mai di chiudere a chiavi i cassetti della scrivania…
Ne aprì uno: c’erano proiettili per la sua pistola, una licenza da investigatore privato e un tesserino di Scotland Yard scaduto da tantissimo tempo.
Astral prese il tesserino e vide che era di Dylan. Rimase sorpreso a vedere che il suo amico era un poliziotto e non glielo voleva dire… chissà perché poi ha abbandonato.
Però, non c’era nulla per capire chi erano questi amici…
Decise di lasciare stare. Era sempre stato un curioso per natura.
Lui glielo diceva sempre.
Chiuse il cassetto, sospirando e dirigendosi verso camera sua.
Astral si chiuse in camera, osservando ancora una volta la foto. C'erano tre bambini, più o meno di cinque anni. La prese e lesse dietro cosa c’era scritto:
“La più bella giornata della nostra vita!
Astral, Black Mist e Yuma Tsukumo!”

Il ragazzo represse le lacrime e appoggiò di nuovo la foto. Prese il cellulare e andò in rassegna nella segreteria telefonica, sapendo di avere ancora tutti i messaggi.
L’ultimo messaggio risaliva a un anno e mezzo fa.
Lo ascoltò:
- Ascolta fratello: non so cosa mi succederà. Quando ascolterai questo messaggio, ormai sarà troppo tardi.-
La sua voce era traballante, fra la tristezza e paura.
- Però tu devi andare avanti: Yuma è ancora vivo, ma non so dove sia. Ora però devi andare, capito? Scappa, non so dove, rendi migliore il futuro… salva il mondo Astral. Io credo in te. Addio. Ti voglio bene fratellino.-
Lesse il suo nome: Black Mist. Il suo fratello gemello.
- Ti voglio bene anche io fratellone…-
Sussurrò, per poi raggomitolandosi nel proprio letto, con gli occhi bicolore pieni di lacrime.
Perché continuare a lottare?
Perché ha sempre finto?
Perché non può lasciarsi andare?
Forse… perché lui non avrebbe voluto… non avrebbe mai voluto…
Non si doveva arrendere.
Ma a volte… il mondo era difficile.
Quando voleva che tutto quello fosse un sogno… solo un brutto incubo da cui si poteva risvegliare.
E rivedere… rivedere i suoi amici.
È chiedere troppo, vero?
Sì, è chiedere troppo.


*Dylan sta parlando del Dylan Dog numero 77: L’ultimo uomo sulla Terra, di Sclavi\Roi (dove c’era anche la storia Incubus, di Sclavi\Piccatto)

ANGOLO AUTRICE
La storia sta andando molto lentamente, lo so, lo so.
Però dal prossimo capitolo iniziano i cambiamenti, questo è solo per far conoscere meglio Dylan a chi ancora non lo conoscesse. (Che non servirà a nulla, per chi lo conosce…)
Beh, che altro dire? Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Recensite in tanti, per favore!
Sayonara,
Yulin

 

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