Come compromettere la carriera...e vivere felici.

di Clairy93
(/viewuser.php?uid=256159)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** GAME ON ***
Capitolo 2: *** It’s only a storm in a teacup ***
Capitolo 3: *** A woman conceals what she does not know ***
Capitolo 4: *** Every cloud has a silver lining ***
Capitolo 5: *** A leopard doesn't change his spots ***
Capitolo 6: *** Being all ears ***
Capitolo 7: *** Home sweet home ***
Capitolo 8: *** A tough cookie ***
Capitolo 9: *** Being busy as a bee ***
Capitolo 10: *** Beauty is in the eye of the beholder ***
Capitolo 11: *** A change is as good as a rest ***
Capitolo 12: *** Cheap shot ***
Capitolo 13: *** A picture says a thousand words ***
Capitolo 14: *** Having butterflies in the stomach ***
Capitolo 15: *** In a bad mood ***
Capitolo 16: *** Be on the same page ***
Capitolo 17: *** Caught between a rock and a hard place ***
Capitolo 18: *** Sitting on the fence ***
Capitolo 19: *** So close yet so far ***
Capitolo 20: *** Cover your ass ***
Capitolo 21: *** Once bitten, twice shy ***
Capitolo 22: *** It's not the gay coat that makes the gentleman ***
Capitolo 23: *** Safe and sound ***



Capitolo 1
*** GAME ON ***




                               GAME ON! - Che il gioco abbia inizio!


Di notte, Londra si accende di una magia nuova.
Non puoi assaporarla durante il giorno, quando la fretta, la confusione e i clacson si tramutano nei tuoi peggior nemici.
Appena il buio cala, la città cambia completamente volto.
Ed è in quel momento che riesco ad ammirarla, nel suo splendore e in tutta la sua travolgente unicità.
Adoro perdermi con lei nel dolce oblio della notte.
Sfreccio per le vie londinesi nella mia Cabrio rossa, accompagnata dal fragore del motore su di giri.
Le strada sono vuote, libere dalle macchine e dai loro autisti sclerati.
La assaporo, questa calma, me ne inebrio perché troppo spesso ne sento la mancanza.

E il mio angolo di pace termina miseramente non appena percepisco la vibrazione del mio cellulare nella tasca dei jeans.
Con qualche difficoltà, sfilo il telefono e distinguo sullo schermo il numero di Richard.
“Ti prego, dimmi che hai chiamato per sapere come stavo.”
“Mi dispiace dolcezza.” risponde lui, dall’altra parte “Abbiamo un nuovo caso. Riesci a raggiungerci?”
“In realtà sto tornando a casa…”
“Quindi sei ancora per strada, giusto?”
Indugio, esitante, lasciando che un breve silenzio s’insinui nella nostra conversazione.
“S…sì.” rispondo infine, sicura di pentirmene un attimo dopo.
“Perfetto! Ti invio l’indirizzo.”
Per l’appunto.
“D’accordo. Dammi il tempo di arrivare.”
“Muovi il culo Sara! Non vorrei ti perdessi tutto il divertimento!”
Riaggancia. E mi viene da sorridere. 
Leggo il messaggio di Richard, digitando sul navigatore la destinazione.
 
Insomma, il mio lavoro consiste anche in questo, essere richiesta con urgenza e correre sulla scena di un crimine nel pieno della notte. 
Lavoro in un’agenzia investigativa di Londra.
Ci occupiamo di tutti quei casi che la televisione si diverte a mostrare come estremamente eccitanti: rapimenti, inchieste aziendali, indagini su presunte infedeltà e, capita, anche omicidi.
In realtà, per chi come me lavora in questo campo, eccitante non è la parola più adatta. E di sicuro non lo è per chi ne è vittima.
Ma è il mio lavoro. E mi piace.
Ho iniziato come semplice agente notturno, trascorrendo interminabili turni bloccata ad una scrivania.
E’ stato Richard ad istruirmi. E’ un grande amico di famiglia e quando i miei genitori vennero a mancare (avevo appena diciassette anni), Richard decise di occuparsi di me.
Mi assunse nella sua agenzia, sostenendomi negli studi e insegnandomi il mestiere.
Potrei definirlo…il mio mentore.
Ciò che sono diventata, lo devo a lui.
La più giovane detective di Londra ad entrare nella Omicidi.
E la nostra agenzia può vantare un invidiabile numero di casi brillantemente risolti.

Il semaforo passa in un secondo da arancione a rosso ed inchiodo bruscamente.
Abbandono il capo sullo schienale del sedile, sospirando.
Nel frattempo una Porche decappottabile nera si accosta di fianco a me.
All’interno, tra la cortina di fumo, scorgo quattro ragazzi che si dimenano al ritmo della musica sparata dalla radio ad un volume improponibile.
Non sembrano ubriachi, solo un poco euforici.
Uno di loro fischia, richiamando la mia attenzione, e fanno cenno di abbassare il finestrino.
Io rivolgo loro un sorriso rilassato ed esibisco serafica il mio distintivo.
I quattro sbiancano all’istante e si ricompongono di tutta fretta nei loro posti.
Appena scatta il verde, pigio forte il piede sull’acceleratore, producendo una breve ma sonora sgommata prima di svoltare.

Per diventare una brava investigatrice, non basta essere svegli, ricettivi e perspicaci, qualità che, personalmente, posso vantare di avere.
Ho dovuto farmi le ossa, costruirmi una corazza, imparare ad essere sfacciata nei casi che lo esigessero e sì, anche forte di stomaco.
Ma ciò che ho appreso in questi quindici anni di esperienza, è che ci sono cinque regole da seguire per ogni caso.

Regola numero 1. Mantenere sempre le dovute distanze dai sospettati.

Regola numero 2. Non entrare mai in confidenza con uno di loro, anche se le indagini non riconducono inizialmente ad una sua colpevolezza.

Regola numero 3. Non palesare mai affetto o simpatia per un sospettato. Potrebbero utilizzarla come leva contro di te.

Regola numero 4. Non permettere mai ad un presunto colpevole di farti complimenti, lusingarti o adularti. E’ un modo per fargli conoscere i tuoi punti deboli.

Regola numero 5. La più ovvia, ma anche la più importante. Mai, mai! Per nessuna ragione al mondo, andare a letto con un sospettato.

Se terrete a mente questi consigli, la salita verso il successo professionale sarà agevole e proficua.
Sapete cosa è buffo? Ancora non sapevo che ben presto io, proprio io, avrei letteralmente rinnegato ognuna di queste regole, compromettendo la mia carriera.
Per sempre.



Angolino dell'Autrice: Ciao dolci panetti di burro! Come state? 
Eccomi con una storia un po'...diversa dal mio genere!
Per chi mi conosce, sa che sto per concludere definitivamente la storia di Vera e Massimo (Mi avevano portato via anche la luna: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1580892&i=1 / Vera: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2391259&i=1) e ora ho voglia di lanciarmi in una nuova avventura.
E' una sfida per me. E spero di affrontarla in vostra compagnia!
Buona lettura! E grazie di tutto!
Se volete fare un saltino sul mio profilo Facebook e fare quattro chiacchere, ecco il link --> https://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=hl

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** It’s only a storm in a teacup ***




  It’s only a storm in a teacup – E’ solo una tempesta in una tazza di té


La voce irritante della tipa del navigatore, mi segnala di aver raggiunto la meta: 41 Buckingham Palace Road, Westminster.
Solo adesso mi rendo conto di trovarmi davanti ad uno degli alberghi più eleganti ed esclusivi di tutta Londra.
Contemplo per un istante la maestosità dell’edificio, sollevando il bavero del cappotto per ripararmi dall’aria gelida della notte.  
Raggiungo rapida l'ingresso ed esibisco prontamente il mio distintivo al custode il quale, con fare galante, mi apre il portone.
Entrando nella hall, i miei occhi hanno bisogno di un attimo per abituarsi allo sfavillio delle luci provenienti dagli spettacolari lampadari.
Pensavo di trovare il delirio, a dire il vero.
Sapete no, uomini che corrono agitati da una parte all’altra e signore intente a spettegolare con la vicina sull’accaduto.
Tuttavia la situazione che mi si presenta è inspiegabilmente calma.
“Detective Carter?” mi chiede un uomo distinto, dai capelli lisci e lucidi per il troppo gel.
Annuisco e mi fa cenno di seguirlo verso l’ampio ascensore a specchio.
“Perdoni la mia premura Detective, stiamo cercando finché è possibile di non allarmare gli ospiti e non coinvolgere la stampa. Sarebbe un grave colpo per la nostra attività...”
“Lo capisco. E…lei sarebbe?”
“Stephen Bradford, il direttore del Buckingham Palace Hotel.”
Mi offre la mano guantata e la stringo.
“Conosceva la vittima, signor Bradford?”
“Non di persona.”
Aggrotto le sopracciglia, in attesa che abbia modo di spiegarsi.
“Era un’attrice. La conoscevo solo per i suoi film. Quando è arrivata questo pomeriggio, è stata accompagnata da due guardie del corpo e ha voluto una delle suite più costose.”
“In passato si è mai verificata una situazione simile?” gli domando.
“Santo cielo no! E’ la prima volta!” ribatte sdegnato Bradford, strabuzzando gli occhi “Sono davvero sconvolto Detective…L’assassino potrebbe essere ancora qui e rappresentare una minaccia per i miei ospiti!”
“Signor Bradford, non deve preoccuparsi. La sicurezza dei suoi clienti è una nostra priorità.”
“La sua fiducia mi conforta, Detective Carter.”
Tuttavia il suo non mi pare un sorriso convinto, piuttosto un modo per assecondarmi.
“Signor Bradford è stato lei a rinvenire il cadavere?”
“No Detective, io ero bloccato alla reception. Sa, durante il periodo natalizio il lavoro incrementa in modo considerevole. E’ stato un mio dipendente a trovarla. La nostra ospite aveva espressamente chiesto di ricevere la cena in camera e quando il ragazzo ha raggiunto la suite, ha trovato la porta socchiusa e il corpo a terra...”
Le imposte dell’ascensore si aprono dopo un lieve sussulto e percorriamo un lungo corridoio, adorno di una sontuosa moquette e soffitti stuccati, fino a raggiungere la stanza 520.
“Detective, mi rincresce ma devo tornare alla hall. In un momento come questo, dabbasso saranno persi senza di me.” dichiara Bradford, con giusto un pizzico di presunzione nella voce “Ma per qualunque necessità, sono a sua completa disposizione.”
Accenno un sorriso, fintissimo.
Lego i capelli in un’alta coda, scavalco il nastro giallo e appena entro nella suite…rimango a bocca aperta.
Favolosa.
Completa di ogni confort e con un soffitto in vetro da togliere il fiato.
Al saluto dell’agente all'ingresso, serro la mascella. Dal suo sguardo sollazzato, credo abbia assistito al mio imbarazzante momento di estasi. Ma subito mi ricompongo, ostentando sicurezza ed impassibilità.
L’uomo m’indica di raggiungere la camera da letto nella quale, su una moquette dalla fantasia bianca e nera, giace in posizione prona il corpo di una giovane donna, con il volto coperto da folte ciocche bionde e insanguinate.
“Sara, finalmente!” Richard mi viene incontro baldanzoso, sventagliando un paio di guanti in lattice che afferro rapida.
“Di nuovo insieme per un altro, allettante caso!” rispondo io “Non avrei potuto sperare in una notte migliore.”
Di fronte alla punta d’ironia nella mia voce, gli occhi di Rick si riducono a due fessure. Ma il suo volto si rilassa non appena gli scocco un sonoro bacio sulla guancia.
“Cosa mi sono persa?”
“La vittima è Amanda Seyfried.” dichiara lui “Ventinove anni, nata in Pennsylvania. Si trovava a Londra per lavoro.”
“Sono salita in ascensore con il direttore poco fa. Mi ha riferito che la ragazza era un’attrice.”
“Il Signor Testa-immersa-nella-brillantina ha detto bene.” risponde Richard, con un evidente riferimento all’improponibile chioma del direttore Bradford “E un’attrice piuttosto conosciuta. Soprattutto per alcune sue…scene osé.”
“E qualcosa mi dice che Rick se ne intende!” asserisce con tono squillante Keira, la nostra fidata coroner nonché mia cara amica, chinata ad analizzare con cautela il cadavere.  
Richard sbuffa sonoramente, prima di inginocchiarsi accanto al corpo esanime della bionda.
“Come siete prevenute voi donne…”
Keira scosta dal viso un’ondata di scurissimi ricci afro e mi rivolge un sorriso ammiccante.
Mi avvicino, evitando di calpestare i cocci di vetro disseminati sul pavimento e sui capelli della vittima.
“E’ stata uccisa con una bottiglia?” chiedo.
“Esatto. Per la precisione con una di Dom Pérignon Rosé del 2001. L’assassino l’ha letteralmente frantumata sul cranio della ragazza.”
Con precisione chirurgica, Keira estrae una scheggia dalla gola.
“Vedi questo? Si è introdotto nella carotide interna ed è morta dissanguata.” dichiara, portando il frammento a un palmo dal suo naso e scrutandolo in controluce.
“Non sono presenti segni di lotta.” riprende Keira, riponendo il pezzo di vetro in una busta trasparente “E’ stata colpita di spalle, non ha nemmeno avuto la possibilità di difendersi.”
“Bisogna raccogliere tutti i cocci della bottiglia.” ordino ai due agenti alle mie spalle “Se siamo fortunati, troveremo qualche impronta.”
Torno ad esaminare la ragazza: la vestaglia di seta viola che indossa, la pelle bianca e curata, le unghia laccate di rosso.
E poi percorro con lo sguardo la suite.
Luculliana, sontuosa, disgustosamente eccessiva.
Insomma, perfetta per le occasioni speciali.  
“Mmh… La mia allieva è già in piena modalità pensante.” dichiara Rick compiaciuto, mentre il flash accecante della sua digitale immortala per un ultima volta la signorina Seyfried “Quante ipotesi ti frullano per la testa Sara?”
“Per il momento soltanto una. Delitto impetuoso, non premeditato.”
“Passionale magari?” aggiunge lui.
“Probabile.”
Mi rivolgo subito verso Keira.
“Hai già stabilito l’ora del decesso?”
“Non più di tre ore fa.” risponde lei, solerte “Dal sangue e dalla temperatura della ragazza direi tra le 22:00 e le 22:30.”
M’inginocchio, rimuovendo alcune ciocche dal volto di Amanda, incuriosita da un segno rosato e lievemente sfumato sulla guancia sinistra.
“Credi che questa macchia sia sangue?” chiedo dubbiosa a Keira.
Dal modo in cui esamina la traccia, pare condividere il mio sospetto.
“Non mi sembra Sara. Non ne ha né il colore né la consistenza. Ma per esserne sicura, dovrò fare qualche accertamento in laboratorio.”
Dilato le palpebre della vittima e, nonostante la luce soffusa presente nella stanza, sono evidenti le pupille a spillo e gli occhi velatamente lucidi.
“Ha assunto droghe prima di morire. Ne faceva un uso frequente?”
“E’ stata arrestata tre anni fa per possesso illegale di sostanze stupefacenti.” mi conferma Richard.
E purtroppo, la notizia non mi sorprende.
“Qualcosa di più recente?”
Rick scuote il capo.
“Sto aspettando una chiamata dalla centrale per avere maggiori informazioni…”
Proprio in quell’istante, irrompe ad alto volume la colonna sonora di Star Wars.
Richard, ignorando gli sguardi divertiti (e non sorpresi) dei presenti, infila una mano nella tasca del giubbotto e vi estrae il suo telefono malandato.
Facendomi cenno che la chiamata proviene dal distretto, ghermisce un taccuino che inizia a compilare freneticamente.
Io nel frattempo mi dirigo verso il bagno della suite.
Le mensole e i ripiani sono disseminati di cosmetici ed accessori. Alcuni asciugamani sono sparsi sul pavimento insieme alla preziosa lingerie della vittima.
Spalanco gli armadietti ai lati dello specchio e resto basita da ciò che vi trovo all’interno.
Barattoli di pillole e confezioni di medicinali in quantità allarmanti, sono collocati con particolare accortezza sui ripiani.
Amanda Seyfried faceva un uso sregolato di farmaci e, leggendo le etichette, direi anche di droghe alquanto pesanti.
Rick entra nel bagno, con il telefonino incastrato tra l’orecchio e la spalla e il suo fedele blocco note in mano.
Quando gli indico il contenuto degli armadietti, lui spalanca gli occhi esterrefatto.
“Sì capo, sono ancora in linea…”
Richard percorre febbrile e a grandi falcate la superficie del piccolo locale, annuendo con decisione alle istruzioni della voce gracchiante proveniente dall’apparecchio.
“Che novità abbiamo?” chiedo, una volta terminata la chiamata.
Lui sospira avvilito.
“La signorina Seyfried si era guadagnata una certa fama nel mondo hollywoodiano. Attrice, cantante e modella, figlia di una rispettabile famiglia, ma con numerosi problemi di alcool e droga.”
Chino lo sguardo, corrucciandolo alla vista di una confezione vuota di profilattici accartocciata sul pavimento.
“Cosa sappiamo della sua vita privata?” domando a Rick “Avrà avuto un fidanzato. O un amante.”
“Si era lasciata da poco più di un mese con un certo…” Rick lascia scorrere il pollice sullo schermo del cellulare “…Benjamin Thomas Barnes! Wikipedia dice che è un attore.”
Rifletto su quel nome, ma proprio non riesco ad associarlo ad un volto.
“Non hai la più pallida idea di chi sia, vero?” afferma lui, divertito.
Io sfodero un sorriso impacciato.
“Beh, a questo possiamo rimediare.” mi rassicura “Alcuni uomini sono già stati avvisati. Andranno a prendere Barnes domattina presto e lo condurranno in centrale per l’interrogatorio.”
Richard si curva a raccogliere un paio di mutandine, ma capta all’istante l’occhiata perplessa che gli sto indirizzando.
Per tutta risposta, lui alza le spalle con fare innocente.
“Che c’è?! E’ una prova.”
Roteo gli occhi al cielo.
“D’accordo. Io intanto scendo nella hall. Voglio scambiare altre due parole con il direttore.”
“Vengo anch’io!” scatta entusiasta Richard.
Salutiamo Keira, accordandoci per risentirci non appena svolgere l'autopsia in laboratorio, e raggiungiamo l’ascensore.
Incrocio le braccia al petto e sposto sfinita il peso da una gamba all’altra, reprimendo uno sbadiglio.
Tra l’altro il ripetitivo e alquanto irritante picchiettio dei polpastrelli di Richard sul palmare, pare farmi sentire ancora di più la stanchezza.
Pochi secondi e la spia del nostro piano si accende e, in un gioco di perfetta sincronia, le porte si spalancano al suono di un lieve scampanellio.
Guardandomi nell’ampia e luminosa specchiera dell’ascensore, sciolgo la coda e provo a domare i miei capelli elettrici con le dita.
“Ehi Sara! Due dei nostri stanno trattenendo la migliore amica della Seyfried.” dichiara Rick, sollevando finalmente lo sguardo dallo schermo del cellulare “Cosa dici, andiamo a farle qualche domanda?”
Tramite il riflesso dello specchio, i nostri sguardi s’incrociano, complici.
“Non aspettavo altro.”



Angolino dell'Autrice: Ciao mie goccioline di rugiada fresca!
Vi ringrazio all'infinito e oltre per il già immenso ed inaspettato supporto che mi avete dimostrato con il primo capitolo.
Siete fantastici, semplicemente vi adoro! Il vostro incoraggiamento è una grande forza e non posso che dirvi grazie, di cuore. <3
Come avete notato, ogni capitolo ha un titolo in inglese con la relativa traduzione. Sono in realtà dei tipici modi di dire e proverbi anglosassoni, mi piaceva l'idea di usarli per nominare i capitoli.
Vi auguro una serena domenica! Un bacione e un abbraccio grandissimo! Ve amo 'na cifra!
Clairy
Se volete farci un saltino, vi lascio il link alla mia pagina Facebook -->
https://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=hl

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** A woman conceals what she does not know ***




A woman conceals what she does not knowUna donna nasconde ciò che non sa


“Gabriella Wilde?”
La voce carezzevole di Richard desta la ragazza seduta sul divano.
Lei drizza allarmata il capo.
Non appena ci vede arrivare, scatta in piedi rassettandosi la minigonna.
Ma data l’espressione provata e il suo equilibrio instabile, la esorto a non scomodarsi.
Lei torna lentamente al suo posto, sistemando una ciocca dietro l’orecchio e asciugandosi energicamente con le dita il volto macchiato di mascara.
“Sono Richard Mills. Lei è il detective Sara Carter. Vorremmo farle qualche domanda sull’omicidio di Amanda Seyfried.”
Gabriella ci scruta con aria smarrita, come fosse stata appena ridestata da un incubo, mentre i suoi grandi occhi cerulei si riempiono di lacrime.
“C-certo, qualsiasi cosa se posso essere d’aiuto.” mormora lei, corrucciando le labbra piene in un impercettibile sorriso.
Rick ed io ci accomodiamo di fronte alla ragazza.
Il suo pellicciotto leopardato (per nulla appariscente), lascia intravedere un fisico snello e longilineo, con tutte le curve nei punti giusti.

Sì d’accordo, è una gnocca.

Con un cenno d’intesa, Richard mi affida il compito di gestire l’interrogatorio. Forse perché persuaso che, in quello stato, Gabriella sia più propensa ad aprirsi con una donna.
“Qual è la sua professione, signorina Wilde?”
“Sono una modella.” risponde, passandosi una mano tra la sua elegante chioma bionda.
“Potrebbe dirmi che rapporto c’era tra lei e la Seyfried?”
“Sì, certo…Amanda ed io…”
Ma un brusco singhiozzo, induce la giovane ad affondare il viso tra le dita affusolate, colta da un’irrefrenabile crisi di pianto.
Incrocio lo sguardo di Richard, impassibile, tanto da incitarmi a procedere senza troppi convenevoli.
“Gabriella, mi ascolti attentamente.” lei è scossa da un tremore appena poso il palmo sul suo ginocchio e le porgo un fazzoletto “Capisco quanto sia difficile questo momento. Ma deve essere forte e collaborare. Più informazioni riuscirà a fornirci e prima troveremo il bastardo che ha fatto del male alla sua amica.”
Gabriella annuisce meccanicamente, tamponando con delicatezza il fazzoletto sulle palpebre e sulle guance.
“Conoscevo Amanda da quattro anni. Lei viveva a Los Angeles, era impegnata di frequente nelle produzioni di film. Ma abitualmente veniva a Londra e, lavorando per la stessa agenzia di moda, avevamo occasione di incontrarci spesso.”
“Gabriella, perché si è recata all’albergo, di notte?”
“Ero venuta a cercare Amanda. L’avevo chiamata più volte al cellulare ma non…non rispondeva e mi sono preoccupata.”
“Avevate programmato di vedervi?” chiedo.
“In realtà no. Questo pomeriggio avevamo un servizio fotografico, avremmo dovuto incontrarci lì. Ma Amanda all’ultimo momento mi ha telefonato, dicendo che doveva incontrare una persona e mi ha supplicato di reggerle il gioco. Mi ha suggerito di raccontare ai fotografi che non poteva presentarsi per alcuni…contrattempi.”
“E durante la vostra chiacchierata, la sua amica le ha rivelato che avrebbe alloggiato qui, al Buckingham Palace Hotel. Dico bene?”
Gabriella asserisce, tirando su con il naso in maniera poco elegante.
“Amanda ha per caso menzionato con chi doveva vedersi?”
Al mio quesito, la ragazza si stringe nelle spalle, arrotolando una ciocca attorno all’indice.
“Ho provato a chiederle qualche dettaglio, ma non ha voluto rivelarmi niente. Diceva che non poteva svelarlo a nessuno, nemmeno alla sua migliore amica…”
“Sa se c’era un uomo nella vita di Amanda?”
Gabriella scuote la testa avvilita.
“Non saprei… Amanda frequentava davvero tanta gente e aveva…” la modella s’interrompe, mordendosi nervosa il labbro inferiore “…varie relazioni, con diversi uomini…alcuni piuttosto facoltosi.”
“E la signorina Seyfried non le ha mai raccontato niente di questi suoi incontri?”
“Era raro che me ne parlasse...” replica lei tristemente, quasi si fosse resa conto dell’inconsistenza di quel rapporto d’amicizia.

Il mondo dello spettacolo, che universo singolare!
Non puoi fidarti di nessuno.
E se lo fai delle persone sbagliate, ti ritrovi con una bottiglia di champagne frantumata sul cranio.

“E ha notato qualcosa di strano ultimamente?” domando, chinandomi in avanti “Amanda era preoccupata? Aveva assunto un diverso atteggiamento?”
“No, anzi! Era da tempo che non la vedevo così serena. Qualcosa la rendeva felice, o almeno le consentiva di venire al lavoro non completamente fatta...”
Gabriella sobbalza, mentre le sue gote s’imporporano, forse temendo di essersi spinta oltre con una dichiarazione tanto schietta.
“Non si preoccupi signorina Wilde.” rispondo “Siamo già a conoscenza della dipendenza da droga e alcool in cui la sua amica era caduta.”

Eppure qualcosa non mi torna.
Gabriella afferma che in questi giorni, aveva notato un considerevole miglioramento nello stato di salute della Seyfried.
Eppure, dalla condizione in cui abbiamo trovato la vittima, è lampante che avesse assunto sostanze stupefacenti prima di essere assassinata.
Ma poiché l’argomento è stato introdotto, ne approfitto per alimentarlo.
“E se Amanda avesse incontrato qualcuno, una persona speciale. Così speciale da indurla addirittura a smettere di drogarsi. Le sembrerebbe un’ipotesi tanto azzardata?”
“Detective! E’ la stessa cosa che ho pensato anch’io!” prorompe la bionda, sorprendentemente entusiasta “Mi creda, ho provato ad indagare così tante volte che alla fine…ho rinunciato. Amanda voleva tenerlo segreto ad ogni costo!”

Distolgo lo sguardo, massaggiandomi frustrata il collo.
D’accordo.
Su questo versante, la nostra giovane vittima è stata particolarmente accorta a non divulgare dettagli piccanti sulla sua vita sentimentale.
Tentiamo un altro approccio.
Smetto di scarabocchiare ghirigori astrusi sul taccuino, mi raddrizzo in fretta sullo schienale e torno a rivolgermi verso Gabriella.
“Può dirmi se qualcuno ha mai dimostrato rancore o invidia nei confronti della signorina Seyfried?”
“No detective.” obietta la modella, scrollando la sua lunga e fluente chioma “Perlomeno non in agenzia. Siamo una famiglia, tutti adoravano Amanda...”
Eppure scrutando con attenzione la ragazza, non mi pare convinta.
E’ inquieta. Si tormenta le mani, giocherellando nervosamente con i guanti che indossa.  
E, parliamoci chiaro. Nel mio lavoro la sua risposta è ciò di più scontato si possa sentire.
Dopotutto, non è proprio nelle famiglie che si rileva una delle più alte percentuali di vittime per omicidio?
“E’ sicura che Amanda non avesse problemi con i colleghi? Rivalità, gelosie, qualcuno che le abbia fatto delle avance indiscrete…”
Alla mia ultima supposizione, la Wilde trasalisce per un impercettibile istante che tenta miseramente di celare.
“Gabriella. Se conosce qualcosa, dovrebbe dirlo. Proteggere un possibile indiziato, mi creda, non è la scelta giusta.”
L’infelice bionda china irrequieta il capo.
“Il signor Ward. E’ il dirigente della nostra agenzia. Ha sempre avuto una certa simpatia per Amanda…Lei mi raccontò che Ward ci aveva provato con lei.”
M’illumino.
“Quando?”
“Circa due mesi fa.”
“Beh, avrò bisogno dell’indirizzo del suo posto di lavoro signorina Wilde.”
Gabriella rovista nella tasca del suo pellicciotto e mi porge un biglietto da visita:

FASHION PERSONELLE
21 Great Titchfield Street
London


Mentre Richard ed io controlliamo l’indirizzo, la modella ne approfitta per afferrare specchietto e rossetto rosso e aggiustarsi il trucco.
“Vorrei farle un’ultima domanda, se non le dispiace.” dico, seria.
Con le labbra sensualmente dischiuse e gli ingenui occhi sgranati, Gabriella leva indugiante lo sguardo dal suo riflesso.
“Dove si trovava prima di raggiungere l’hotel?“
La ragazza preme la confezione del rossetto e lo getta con poca premura nella borsetta.
“Ero con alcune colleghe a bere qualcosa, in un pub vicino all’agenzia di moda.”
“E si ricorda a che ora ha lasciato il locale?”
“Non ricordo detective... Penso verso le 22:45.”
“Ha una ricevuta che può confermalo?” le domando “O qualcuno che potrebbe testimoniare per lei?”
Gabriella strabuzza gli occhi e ghermisce con agilità la sua borsa Chanel. Fruga smaniosa in ogni tasca, finché non ne tira fuori uno scontrino stropicciato.
Me lo porge ma, nella frenesia, il rossetto le scivola dalla borsa.
Rapida lo raccolgo e…wow! Un Christian Dior.
Contemplo ammaliata il prezioso oggetto, profondamente restia nel restituirlo alla proprietaria.
Cavoli, dovevo fare la modella!

Richard picchietta un dito sulla mia spalla, passandomi lo scontrino ed esortandomi ad analizzarlo.
Dall’orario indicato, parrebbe che Gabriella sia uscita dal locale alle 22:37.
E a quell’ora, Amanda era già deceduta.
“Va bene signorina Wilde, ora la lascio andare.” dichiaro “Grazie per il suo tempo.”
Ci scambiamo un sorriso impacciato.
“Se preferisce usufruire di un passaggio Gabriella, i nostri agenti saranno lieti di accompagnarla.” le propone Richard, lezioso.
“Vi ringrazio, ma preferisco andare a piedi. Ho bisogno di aria…”
Osservo stranita la camminata barcollante della giovane modella, perplessa su quanto potrà resistere con quei tacchi vertiginosi, quando adocchio il direttore dell’albergo.
“Signor Bradford!”
Il mio tono deciso attira la sua attenzione.
“Detective Carter! Posso fare qualcos’altro per lei?” domanda, rigirandosi le mani guantate, con quell’eccesso di zelo che inizia davvero a darmi sui nervi.
“Ho bisogno al più presto di tutte le registrazioni delle telecamere, nel caso vi si trovi qualcosa di rilevante.”
“Ma certo, le invierò il materiale appena possibile.”

Grazie al cielo Richard si materializza alle mie spalle e, lasciato Bradford ai suoi "imprescindibili" doveri, ci dirigiamo verso l’uscita.
“Cosa ne pensi di Gabriella Wilde?” consulto Rick, mentre mi fa cenno di precederlo.
“Ha paura di qualcosa. Metterei una mano sul fuoco che la bionda non ci ha raccontato tutta la verità.”
“Tu credi? Io penso sia solo sconvolta per l’accaduto.” sottolineo io, mentre ci catapultiamo svelti ed infreddoliti nella mia Cabrio “Andiamo Rick! E’ una ragazzina ingenua e viziata. Un tale evento deve aver indubbiamente frantumato il suo magico castello di cristallo.”
Richard storce il naso, smettendo di sfregarsi le dita intirizzite.
“Mmh...Non giudicherei Gabriella solo come una principessina persa nel suo bel mondo di coniglietti pelosi.”
Lui si protende verso di me ed eleva l’indice con fare saccente.
“Ricorda Sara, una donna nasconde sempre ciò che non sa.”
Scoppio in una risata fragorosa.
“E questa dove l’hai trovata? In un biscotto della fortuna?”



Angolino dell'Autrice: Ciao mie fettine di mela caramellate!
Qui c'è un tempo grigio, ma grigio grigio! Meno male ci siete voi a ravvivare le mie giornate, con il vostro affetto e l'immenso supporto che mi infondete.
Cosa ne pensate di questa Gabriella? Vi sconfinfera la sua versione?
Un bacione grande!
Ah! E se volete fare quattro chiacchiere (o lamentarvi del tempo uggioso di oggi) mi trovate su Facebook -->
https://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=hl
Ve amo 'na cifra!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Every cloud has a silver lining ***




Every cloud has a silver lining
- Ogni avversità ha un aspetto positivo


Mi sento alquanto rimbambita.
Sarà perché ho dormito giusto un paio d’ore, e all’alba la sveglia mi ha così simpaticamente buttata giù dal letto?
Probabile. 
Ma il caso per omicidio di Amanda Seyfried e il successivo interrogatorio a Gabriella Wilde, la migliore amica della vittima, mi hanno dato da pensare.
Io sono così.
Se qualche cosa sfugge alla mia comprensione, fidatevi, passerò le ore ad elaborare infinite ipotesi pur di far luce sulle zone buie.  
Qual è il risultato di una notte trascorsa a fissare il soffitto?
Due occhiaie spaventose sotto gli occhi, che per coprirle non basterebbero stucco e cazzuola.
Finalmente scorgo all’angolo della strada un piccolo chiosco ambulante.
Allungo il passo, già in estasi al pensiero del mio caffè caldo che, di prima mattina, è d’obbligo per rendermi conto di cosa accade nella realtà circostante.
“Un caffè per favore. Doppio.” chiedo all’impassibile venditore, stringendomi infreddolita nel cappotto.
Appena mi consegna il bicchiere fumante, ne bevo un sorso e sono pervasa da un piacevole calore che mi permette di contrastare la fastidiosa aria gelida.
Bene, ora sono pronta per affrontare questa giornata.

No, scherzavo. Non lo sono.
Uno squilibrato stava per investirmi con la sua bicicletta e ha iniziato a piovere.
Grazie al cielo scorgo il profilo della mia agenzia investigativa, che si staglia timida tra due imponenti palazzi. 
Mi ci catapulto e, sbuffando infastidita per levare una ciocca dagli occhi, entro nell’ascensore.
Approfitto dell’attesa per afferrare il cellulare e, scrutando il mio riflesso nel piccolo schermo, noto con sollievo che la condizione dei miei capelli non è tanto drastica. 
Raggiunto il terzo piano, esco dall’angusto locale e mi dirigo decisa alla mia scrivania.
“Detective Carter!!!”
Per poco non mi rovescio il caffè addosso.
Mi volto lentamente, con uno sguardo affilato che sprizza puro odio.
Alle mie spalle c’è la nostra nuova segretaria (Cindy? Celia? Neanche ricordo il suo nome…), la quale trasalisce di fronte alla mia espressione spiritata.
“Ops! Non volevo spaventarla.” sostiene lei, seguita dal suo solito, fastidiosissimo, risolino “La stanno aspettando per l’interrogatorio detective.”
Sfoggio un sorriso tirato, mentre la maledico mentalmente.
Raggiungo il piccolo e poco illuminato ambiente adiacente alla sala interrogatori, dove trovo ad attendermi il mio capo, il Capitano Elizabeth Harvey, distinta signora dall’età indefinibile, amante dei tailleur dai colori improponibili e prima donna di Londra posta a capo di una divisione investigativa.
“Buongiorno capo!”
Lei mi liquida con un rapido cenno, per poi tornare a contemplare incuriosita il tizio dall’altra parte dello specchio unidirezionale.
L’uomo seduto al tavolo osserva a braccia conserte le pareti dello stretto ambiente in cui è stato condotto, ignaro della nostra presenza nella stanza accanto.
“E’ lui Benjamin Barnes?”
La Harvey annuisce trasognata, senza degnarmi di un’occhiata.
Alzo divertita gli occhi al cielo.
In fondo, posso capire il suo entusiasmo.
Il nostro sospettato è un uomo indubbiamente affascinante.
E, lo ammetto, quel suo sguardo enigmatico gli permette di guadagnare qualche punto a suo favore.
Considerando la vita sregolata e trasgressiva della Seyfried, mi sarei immaginata come suo ex un atleta pompato e grosso quanto un armadio a due ante, tatuato fino ai capelli e con un’espressione strafatta.
Barnes invece, pare uno a posto.
Ma è un attore.
Ed interpretare il ruolo del bravo ragazzo, che non farebbe male ad una mosca e reputa come suo più grande sogno la pace nel mondo, fa parte del suo lavoro.
Siamo seri.
Nella mia carriera (e sì, anche nella mia infausta vita sentimentale) ne ho visti fin troppi di tipi come lui.
Brillanti, attraenti, e delle incredibili teste di cavolo.
E se quell’attore da strapazzo crede di potermi abbindolare con i suoi occhioni scuri beh, ha fatto male i suoi conti.  
“Ora ricordo dove ho visto Barnes! Ha interpretato Dorian Gray qualche anno fa, in quel film con Colin Firth.” dichiaro con ostentata sufficienza, rievocando poi lo scarso livello della pellicola.
Non lo avessi mai fatto.
La Harvey si gira furibonda verso di me, con le labbra serrate in una linea severa.
“E tra tutti i capolavori di Ben, questo è il meglio che sa fare detective?” domanda lei sprezzante, indirizzandomi un’occhiata di fuoco “Menzionare un solo film? Tra l’altro con questa presunzione che proprio non tollero!”
Mi limito a sollevare le spalle, per sprofondare in un imbarazzato silenzio.
Mai, nemmeno in un universo parallelo, avrei pensato alla Harvey in veste di fervente ammiratrice di un divo del cinema.
E’ un’immagine piuttosto inquietante...
“Sappia che ha perso la mia stima Carter.” afferma lei, con una sottile ma evidente punta di ironia nella voce, rivolgendosi imperterrita verso Benjamin Barnes, il quale si passa sensuale una mano tra i capelli.
Un vivace bussare ci fa volgere all’unisono.
Tomàs Romero, il giovane stagista, entra baldanzoso e con un sorriso sfolgorante in volto.
“Signore! Il sospettato è pronto!” ci comunica, tutto d’un fiato.
Questo è il suo primo caso di omicidio, il ragazzo è un tantino su di giri.
“Barnes ha richiesto un avvocato?” chiede la Harvey.
“No capitano. Ritiene di non avere nulla da nascondere.”
“Questo lo scopriremo subito.” aggiungo io altera, dirigendomi a passo deciso verso l’uscita.
“Cerca di non farlo a pezzetti Sara!” urla di rimando Romero, mentre mi appresto ad entrare nella stanza degli interrogatori.
Non appena il sospettato mi vede, si raddrizza svelto sullo schienale della sedia.
“Buongiorno. Sono il detective Carter.”
Lui si alza e mi porge la mano.
“Buongiorno detective. Sono Ben Barn…”
“So chi è lei.” lo interrompo io, glaciale, tenendo chino il capo ed ignorando il suo invito a stringergli la mano “Si accomodi, per favore.”
Ci sediamo e dando una sfuggente sbirciata a Barnes, intravedo la sua espressione serena e rilassata.
Data la situazione, il suo contegno mi sorprende.
E nel mio lavoro, ne ho viste di cose strane!
Questo tipo continua a tenermi gli occhi puntati addosso.
Solitamente i sospettati eludono terrorizzati il mio sguardo, quasi dovessi mangiarli da un momento all’altro!
Lui all'opposto, mantiene il contatto, in una calma disarmante.
“Conosce il motivo per cui è stato convocato, signor Barnes?”
“La scongiuro detective, mi chiami Ben.”
Di fronte a quel sorriso smagliante, avverto lo stomaco attorcigliarsi.
 
Regola numero 1. Mantenere sempre le dovute distanze dai sospettati.

“Come vuole, Ben.” acconsento, dandomi della stupida un istante dopo “Ora, risponda alla mia domanda. Sa perché si trova qui?”
Lui abbassa le palpebre e annuisce mestamente.
“Ho saputo di Amanda appena la polizia è venuta a casa mia.”
Incrocio le dita sul tavolo, studiandolo con un ghigno provocante.
“Non mi pare tanto sconvolto per la morte della signorina Seyfried.”
Barnes reprime un sorriso e scuote la testa.
“Sono addolorato. Non sconvolto. Amanda conduceva una vita completamente folle, ciò non avrebbe potuto che causarle complicazioni.”
“Questo mi lascia presumere che fosse a conoscenza dell’uso improprio che la Seyfried faceva di sostanze stupefacenti.”
“Sì detective.” conferma lui.
“E non le è mai venuto in mente di denunciarla per possesso di droga?”
“Non ritenevo di dovermi intromettere.”
“Lei crede?” ribatto, attonita “Era il fidanzato, penso fosse una sua priorità.”
“Ho scoperto della dipendenza di Amanda solo dopo che ci eravamo lasciati.”
“E quando è successo?”
“Due mesi fa. Ci frequentavamo…da quasi un anno.” risponde, recludendosi per un attimo in un silenzio assorto “Ma il nostro non è stato un rapporto…continuo. Amanda era molto presa tra lavoro, sfilate e impegni in giro per il mondo. Il tempo che trascorrevamo insieme era sempre meno e spesso aveva dei comportamenti strani…sbalzi d’umore, crisi improvvise. Credevo fosse lo stress…”
“Perciò ha intuito che Amanda le stava nascondendo qualcosa.” concludo io, laconica.
“Sì.” mormora “Ma non ho indagato. A dire il vero, avevo già intenzione di porre fine alla nostra relazione.”
“Ha lasciato lei la signorina Seyfried?”
Barnes annuisce, portando una mano tremante davanti alla bocca.
“Sarei dovuto starle vicino, lo so. Ma la nostra relazione stava diventando ingestibile…”
“E come ha saputo del problema di droga di Amanda?”
“Per puro caso.” dichiara lui “Ci eravamo lasciati da una settimana, quando mi contattò. Voleva incontrarmi. Accettai e appena la vidi, Amanda scoppiò a piangere. Mi pregò di ripensarci e tornare con lei… Poi diede uno scossone alla sua borsa. Il contenuto si riversò sul pavimento… Fu in quel frangente, che vidi le pillole.”
“Qual è stata la sua reazione?” gli domando, mettendo nel frattempo ogni parola a verbale.
“Ero sconvolto!” insorge, strabuzzando gli occhi “Non pensavo si fosse cacciata in una situazione del genere!”
“E ha provato ad aiutarla?”
Ben esala un sospiro sommesso.
“Ho tentato. L’ho pregata di mettersi in contatto con un istituto di riabilitazione. I miei genitori sono nel campo, avrebbero potuto darle una mano. Ma lei no, era così...orgogliosa!” impreca lui, sbattendo frustrato un palmo sul tavolo “Amanda diceva che non voleva la carità di nessuno. Mi rinfacciò di essere diventato soffocante, quando invece in passato non le avevo mai dedicato le giuste attenzioni...”
Mi abbandono sullo schienale della sedia, rigirando pensierosa la penna tra le dita.
“Avevate per caso programmato di incontrarvi in questi giorni?”
“No. Da quella discussione non ho più avuto notizie di Amanda.”
“E dov’era la scorsa notte Ben?”
“Sono rimasto a casa, con la mia famiglia.”
- Alibi da verificare -
Annoto rapida sul verbale.
“La Seyfried albergava al Buckingham Palace Hotel. Lei ha mai avuto l’occasione di alloggiarci?”
“No, mai...”
“Prima di essere assassinata, Amanda ha ricevuto alcune visite.” insisto, procedendo lesta e scattante così da acuire la tensione “Ha qualche ipotesi su chi dovesse incontrare?”
“Non ne ho idea.”
“Ha mai sospettato che Amanda potesse tradirla, mentre stavate insieme?”
“...Wow!” Barnes rimane di sasso, mentre la sua inamovibile parvenza di autocontrollo inizia a svelare qualche falla “E’ sempre così diretta detective?”
“Risponda alla domanda Ben.”
“Cosa vuole che le dica. Non saprei…Voglio dire, sì…è probabile che abbia frequentato altri uomini. Ma non ho idea di chi abbia potuto addirittura ucciderla.”
“Allora perché le sue spalle incassate e la fronte sudata sembrano dire il contrario?”
Lui sbianca.
E poi, scoppia a ridere.
Ma che problemi ha questo?
“Lo sa detective, lei è un’ottima osservatrice.”
“Sono solo brava nel mio lavoro.” rettifico “Dunque, vuole esternarmi i suoi sospetti Ben?”
“L’agenzia di moda con la quale Amanda aveva un contratto, non mi piaceva. La gente che ci lavora ancora meno. Il dirigente Ward poi, è un personaggio…”
“Ambiguo?” concludo io, inarcando sagace un sopracciglio.
“Sì, abbastanza.”
Ma tu guarda.
Gabriella Wilde ha manifestato un identico sospetto verso questo fantomatico Ward.
L’interrogatorio con Barnes procede lineare. Lui è così collaborativo e garbato, che quasi mi duole assumere il mio atteggiamento da stronza.
E, siccome non ho motivo per trattenerlo, lo esorto a tornarsene a casa.
“Faccia attenzione uscendo!” lo avverto, prima che lasci la stanza “Il mio capitano è una sua grande ammiratrice. Non vorrei si fosse appostata dietro l’angolo per saltarle addosso all’improvviso.”
Ben ride, lasciando trapelare una nota di amarezza.
Mi lamentavo di non riuscire a sfondare. Ma dopo tutto questo, la mia carriera andrà alle stelle!” risponde lui, sardonico “Beh, perlomeno avrò una fan assicurata.”


Angolino dell'Autrice: Ciao miei dolci ovettini di cioccolata!
Trascorso una buona Pasqua? Ammettiamolo, ci siamo un po' tutti strafogati di cioccolata. xD
Spero davvero abbiate passato una giornata serena, con i vostri cari e in felicità.
Con questo capitolo abbiamo fatto la conoscenza di Ben Barnes. Sarà davvero coinvolto? Il suo bel sorriso cela qualcosa di losco?
Intanto vi lascio alla mia pagina Facebook se vi va di farci un salto --> https://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=hl
E vi ringrazio davvero con tutto il cuore per l'affetto e il sostegno che mi stata dimostrando. Che carica mi date! Che carica! Grazieee!
Ve amo 'na cifra! <3
vostra Clairy

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** A leopard doesn't change his spots ***




A leopard doesn't change his spots - Il lupo perde il pelo ma non il vizio


Terminato l’interrogatorio con Ben Barnes, l’adrenalina accumulata defluisce e provo una fulminea sensazione di stanchezza.
Fiacca, mi dirigo alla mia scrivania quando incrocio la vivace espressione di Richard.
“Buongiorno bellissima!” mi accoglie lui, spalancando allegro le braccia.
Io lo freddo con un cenno eloquente.
“Ma da dove ti arriva tutta questa energia?”
“Si chiama dormire Sara.” risponde Rick, candido “Sai, dovresti provarci.”
Accenno un sorrisetto velenoso.
“Spiritoso… Per tua informazione, mi hanno affidato l’interrogatorio di Barnes. Sono qui dall’alba.”
“Wow! Hai conosciuto l’attore!” dichiara, reclinando la testa interessato “Hai scoperto qualcosa?”
Mi appoggio al bordo della scrivania, sollevando esitante le spalle.
“Barnes era a conoscenza dei problemi di droga e alcool di Amanda Seyfried. Lui provò ad aiutarla a venirne fuori, ma la ragazza non ne volle sapere e gli fece capire piuttosto chiaramente di non intromettersi.”
Richard incrocia le braccia al petto, silenzioso.
Poi alza il capo, indirizzandomi un’occhiata perplessa.
“Amanda lo tradiva?”
“Barnes non era sicuro. Ma temo che in fondo ne nutrisse il dubbio...”
“E questo Barnes non ha saputo segnalarti il nome di qualche ex fiamma gelosa?”
Al quesito di Richard, scuoto il capo desolata.
“La Seyfried si è data piuttosto da fare nel tenere ben nascosti certi dettagli della sua vita.”
Rick si abbandona pensieroso sulla poltrona, ponendo il gomito su un bracciolo per sostenersi il mento con il dorso della mano.
“E c’è qualcosa…di sospetto, su cui poter indagare nel passato del nostro bell’attore?”
“Ma che!” ribatto, facendo cadere esasperata le braccia sui fianchi “Sembra un ragazzo assolutamente normale! Ha finito da qualche mese di girare il suo ultimo film ed è stato sul set che ha conosciuto Amanda. Per il momento vive a Londra con i suoi genitori, padre psichiatra e madre terapeuta. Ha un fratello minore, Jack. Si è laureato in recitazione e ha un passato imbarazzante in una boy band dal nome impronunciabile.”
Ripercorro mentalmente ogni passaggio dell’interrogatorio, nella speranza che mi sia sfuggito qualcosa, finché non avverto lo sguardo insistente di Richard.
“Sei arrossita.”
“Cosa?” domando con tono fin troppo acuto.
“Parlare di Ben Barnes. Ti ha fatto arrossire.”
“Non è vero!”
Rick sfoggia un ghigno sagace.
“Lui ti piace.”
“Ma cosa dici?!” ribatto stizzita, trafficando impacciatamente sul tavolo.
“E’ un ragazzo affascinante, non c’è che dire.”
“Vuoi piantarla Rick?!” intimo io, scagliandogli un foglio di carta appallottolato “Sono una professionista. E Barnes è ancora indagato per omicidio, che io lo trovi attraente o no.”
Richard mostra divertito i palmi in segno di resa, ruotando sulla sedia girevole per dileguarsi dal mio campo visivo.
“A proposito…” mormoro, sollevando concitata le numerose cartelle sparse sulla scrivania “Puoi passarmi l’indirizzo dell’agenzia di moda, quello che ci ha consegnato Gabriella Wilde la scorsa notte?”
“Non lo avevi tu?” mi fa notare Rick.
Mi fiondo sul cappotto appeso allo schienale della seggiola.
Frugo nelle tasche e recupero il biglietto da visita della Wilde.
Rick mi raggiunge in un paio di falcate, osservandomi dubbioso.
Io gli indico con l’indice il nome stampato in grassetto.
“Barnes ha manifestato un evidente sospetto verso questo Signor Henry Ward, proprio come Gabriella Wilde.”
“Ricordo.” Richard si accarezza incuriosito la barba irsuta “Gabriella ha dichiarato che un paio di mesi fa il Dirigente Ward ci aveva provato con la Seyfried…”
“Ricevendo in risposta una bella porta in faccia.” termino io, concisa “E sappiamo a cosa ciò può condurre...”
“Rabbia, gelosia, orgoglio ferito. Ottimi moventi per un omicidio. E’ proprio il caso di fare due chiacchere con Ward.”
Annuendo risoluta, adocchio l’agente Romero precipitarsi entusiasta verso di noi.
“Romero! Si può sapere di cosa accidenti ti fai?!” inveisce Rick, sobbalzando non appena si trova alle spalle il sorriso elettrizzato del giovane “La tua foga sta iniziando a darmi sui nervi!”
“Mi dispiace Mills! Ma questo è il mio primo omicidio e…wow! E’ tutto così nuovo per me!” si giustifica Romero, con un vivo luccichio nello sguardo “Mi sento su di giri!”
“Beh, vedi di darti una calmata ragazzo! Sei angosciante.”
“Non dargli retta Romero!” lo rassicuro “Hai scoperto qualcosa?”
Il giovane agente raddrizza fiero le spalle.
“In effetti sì Sara! Mi hanno dato conferma che Ben Barnes era a casa con la sua famiglia la notte dell’omicidio.”
Il suo alibi regge.
“Dobbiamo concentrarci sulle precedenti relazioni della Seyfried.” sostiene Rick, agitando energicamente l’indice verso di noi “Partiamo da qui. Romero! Telefona all’agenzia di moda per la quale Amanda lavorava, chiedi quando è possibile fissare un incontro con il Signor Ward.”
“Corro!”
Il ragazzo si avventa con scatto fulmineo sulla postazione telefonica più vicina, componendo il numero con rapidità allucinante.
“Ward accetterà di parlare con noi?”
Constatando il mio tono scettico, Richard abbozza un sorriso.
“Non lo stiamo ponendo di fronte ad una scelta. È un sospettato. Sarà obbligato a darci qualche spiegazione, in un modo o nell’altro…”
Romero ci raggiunge di corsa.
“La sua segretaria ha riferito che potrete trovare il Dirigente Ward nel pomeriggio.”
“Ottimo!” prorompe Rich, sfregandosi le mani
soddisfatto “Sara, tu andrai ad interrogarlo. E tu Romero, indaga sul passato di Amanda Seyfried. Scopri chi ha frequentato, con chi ha lavorato, ogni cosa! Non tralasciare nessun dettaglio, voglio qualche nome entro fine giornata.”
“Certo Mills!” assicura Romero, tornando lesto e scattante alla sua postazione.
Non si può certo dire che io sprizzi altrettanta vitalità.
Mi massaggio le tempie, sfinita.
Con l’apertura del nuovo caso e l’interrogatorio di Barnes fissato all’alba, non ho dormito quasi nulla la scorsa notte…
Richard schiocca le dita davanti al mio naso.
“Caffè?” propone, con un sorriso complice.
Piego la testa di lato, illuminandomi nell’udire tali parole celestiali.
“Magari!”


Parcheggiata la mia Cabrio, entro nell’agenzia di moda Fashion Personelle, un elegante edificio vittoriano immerso nell’agitazione pomeridiana di Londra.
La sensazione che mi pervade appena le porte dell’ascensore si spalancano, è quella di pigiare svelta il pulsante e togliere il disturbo.
Bianco.
E’ tutto, troppo, bianco.
Una linea di severa austerità percorre l’ambiente circostante.
Attraversa le pareti perfettamente cadenzate da locandine di modelle, contraddistingue il mobilio minimalista, finendo addirittura per inquadrare le segretarie.
Magrissime, identico tailleur scuro, perfette ed imperturbabili equilibriste sui loro vertiginosi tacchi a spillo.
Mi squadrano celeri quanto letali, con una presunzione che non mi mette propriamente a mio agio.
Mi passo nervosa una mano tra i capelli, maledicendo Richard per avermi spedita in questa inquietante casa delle bambole, e mi dirigo alla reception dove una bionda dagli zigomi sporgenti è immersa in un’impegnativa conversazione al telefono.
Quando mi vede arrivare, tipo devastante terremoto nella perfetta quiete, la donna liquida freneticamente il suo interlocutore, si aggiusta sulla poltrona e incrocia le dita davanti a sé.
“Possa aiutarla?” domanda lei, esibendo un sorriso stucchevole.
“Sono il detective Sara Carter. Devo parlare con Henry Ward.”
“Oh certo!” pigola la bionda “Il signor Ward la sta aspettando nel suo ufficio. Prosegua dritto, ultima porta a destra.”
Raggiunta la stanza, busso decisa e una voce mi esorta ad entrare.
Il signor Ward, fiero e composto nel suo completo elegante, è alla finestra e fuma assorto una sigaretta.
L’uomo dà una scorsa all’orologio sulla parete, spegne il mozzicone nel portacenere e, finalmente, mi degna della sua attenzione.
“Detective Carter, giusto? Piacere, sono Henry Ward.”
Stringendomi la mano, ne approfitta per sbirciare l’orologio al suo polso.
“Sembra di fretta, signor Ward.” insinuo, mordace “Per caso non è un buon momento?”
“No detective, si figuri! A dire il vero, ho una riunione tra dieci minuti ma non si preoccupi. Tanto…è una cosa breve, giusto?”
“Questo lo vedremo.”
L’uomo si allenta
impacciato il nodo della cravatta.
“…Posso sedermi?” avanzo io.
“Oh ma certo, certo!” ridestandosi bruscamente dai suoi pensieri, Ward mi invita ad accomodarmi sulla poltrona dall’altra parte della scrivania.
“Signor Ward, da quanto Amanda Seyfried lavorava per lei?”
Lui m’interrompe subito, con un gesto che trovo altamente fastidioso.
“Detective Carter, le farò risparmiare tempo. Sono addolorato per Amanda, dico sul serio. Ma non sono io l’assassino, cerchi altrove.”
“Se permette, questo è il mio lavoro e gestisco le indagini come più mi aggrada.”
“Non se questo prevede piombare nella mia agenzia per scagliare accuse infamanti!”
“Io non la sto accusando di niente.” obietto, ostentando una calma serafica.
“Allora perché alimentare questa pagliacciata?!” sbotta lui, irruente “L’assassino è là fuori e venendo qui sta sprecando occasioni preziose per acciuffarlo!”
Sospiro.
Poi mi alzo, poso tranquillamente i palmi sulla scrivania e chinandomi verso Ward, gli lancio un’occhiata tanto raggelante che indietreggia sulla poltrona, ammutolito.
“Mi ascolti bene, Henry. Il suo atteggiamento la sta ponendo in una posizione alquanto inconveniente.” gli faccio notare, con un sorriso sardonico “E sa cosa mi fa pensare? Che fosse davvero attratto da Amanda, ma la ragazza non nutriva il minimo interesse verso di lei. Il suo orgoglio smisurato non poteva certo sopportare un tale affronto. Così, la scorsa notte, si è recato al Buckingam Palace Hotel con l’intenzione di sedurre la Seyfried. Ma una volta nella stanza, Amanda lo ha rifiutato, per l’ennesima volta. In quel momento, una rabbia irrefrenabile lo ha assalito, voleva vendicarsi per le umiliazioni subite. In uno scatto d’ira, ha afferrato la bottiglia di champagne sul bancone, ha aspettato che Amanda si voltasse…e l’ha colpita, frantumandole il cranio.”
“No! Aspetti… Detective, ha frainteso…” biascica Ward, pallido, mentre le sue pupille si muovono come impazzite “Sì, è vero, feci delle avance ad Amanda. Ma appena mi resi conto di non essere ricambiato, lasciai perdere…”
Scoraggiato dalla mia pungente diffidenza, Ward reprime un gemito frustrato.
“Non mi crede, vero? Detective, lo giuro, non sono andato in quell’albergo! Quale senso avrebbe avuto uccidere la mia miglior modella?! E poi sa che bella pubblicità per l’agenzia...”
“Dov’era ieri notte, tra le 22:00 e le 22:30?” domando.
“Al club di poker, come ogni lunedì sera. Se non si fida, può controllare.” aggiunge, con un’arroganza tale da richiedermi uno sforzo non indifferente per non riempirgli la faccia di schiaffi.
“Ci può giurare.” sibilo, apprestandomi a lasciare la stanza “E mi dia retta Ward, eviti di provarci con le sue dipendenti. E’ poco professionale. E davvero di pessimo gusto.”



Angolino dell'Autrice: Ciao miei soffici plumcake!
Le indagini proseguono e la nostra Sara ha fatto la conoscenza di quel simpaticone di Henry Ward. Il suo atteggiamento nasconderà qualcosa? O è solo molto, molto antipatico?
Fatemi sapere le vostre impressioni, miraccomando! Potere scrivermi anche sulla mia pagina Facebook --> https://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=hl
Grazie per il grande affetto e la stimolante fiducia che mi dimostrate! Siete semplicemente fantastici!
Ve amo 'na cifra!
Clairy.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Being all ears ***





Being all ears
- Essere tutto orecchi
 
 
Lasciato l’ufficio di Henry Ward, sbatto la porta con voluta brutalità e mi rivolgo impetuosa verso l’uscita dell’agenzia di moda.
La bionda alla reception con due palline da ping pong al posto degli zigomi, mi saluta con una vocina tanto squillante quanto fastidiosa che decido di ignorarla.

Sì, sono incavolata nera.

Ho dovuto reprimere l’irrefrenabile istinto di circondare il collo di quel megalomane di Ward con le mie mani.
Ma chi diavolo si crede di essere?!
Potrà anche vantarsi di navigare in montagne di denaro, vestire abiti firmati ed essere attorniato dalle modelle più sexy, ma ciò non gli conferisce il diritto di mettere in dubbio il mio lavoro.
E siamo seri.
Nella posizione in cui si trova Ward, un atteggiamento tanto insolente può solo nuocergli.
Le imposte dell’ascensore si spalancano ed io scatto fulminea verso quel rassicurante alone luminoso che si intravede oltre l’androne.
Riconosco il fragore dei motori, l’accozzare confuso delle voci, quella familiare frenesia di cui mai avrei pensato di sentire la mancanza.
Con la stessa, febbrile impazienza che ti assale quando di un tunnel buio ed interminabile intravedi il fondo, mi lascio alle spalle l’asfissiante perfezione della Fashion Personelle ed inspiro la “rinvigorente” aria di smog londinese.
Sento vibrare il cellulare e, con una serie di mosse astrali, lo sfilo dalla tasca dei jeans, tra l’altro rischiando che mi cada a terra.
“Che c’è?!”
Ciao anche a te raggio di sole!” dall’altra parte, sento la voce di Richard tingersi di una nota pungente.
“Scusami Rick…” dico subito, scuotendo la testa per scostare i capelli davanti all’apparecchio “Sono incazzata.”
Lui scoppia in un’echeggiante risata.
“Ma tu pensa, non lo avrei mai detto!”
Sbuffo.
“Che la causa sia Henry Ward?” aggiunge, perspicace.
“Rick, non hai idea di quanto sia stato odioso!”
Mi tremano le mani.
“Sara, tieni sempre a mente cosa ti ho insegnato. Nel nostro lavoro, ne incroceremo a bizzeffe di persone che vorremo riempire di schiaffi. Ward non è la prima né sarà l’ultima testa di cavolo che ti troverai davanti!”
Sorrido, allentando la tensione alla mascella.
“Quello che voglio farti capire piccola, è non cedere alla tentazione di fare il loro gioco. Ricorda, prima di tutto…?”
“Rigoroso autocontrollo, hai ragione.” intervengo io “Scusami Rick...”
“Nah! Non preoccuparti!” mi rincuora lui, carezzevole “Forza, raccontami cosa è successo.”
 
Il suo piglio paterno ed infinitamente tenero hanno la capacità di scaldarmi il cuore in un piacevole attimo.
Richard conosce fin troppo bene la mia malsana ambizione nel mostrarmi, in ogni situazione, nella più rigorosa parvenza di discrezione.
Ed è sempre lui che nei miei momenti di crollo, mi fa notare quanto anche io, dopotutto, sia umana, trovando le parole giuste che mi infondano la forza per rimettermi in piedi.

“Come volevasi dimostrare, Ward si è dichiarato innocente.” lo ragguaglio “Ha insinuato che il solo recarmi nella sua sacra ed inviolabile agenzia, fosse un’automatica accusa nei suoi confronti!”
“E’ impaurito. Tenta di difendersi attaccando.” spiega Rick, conciso “Cosa ha saputo dirti riguardo ad Amanda Seyfried?”
“Ritiene che mai si sarebbe azzardato ad uccidere una delle sue migliori modelle…”
Rick abbozza una risata sprezzante.
“E ci credo! Amanda gli avrà fatto guadagnare tanti di quei soldi! Come siamo messi con l’alibi?”
“Ward ha raccontato di essere stato al club di poker con amici...” rispondo, lasciando trapelare la mia profonda perplessità “Potete verificarlo?”
“Ma certo tesoro, ci pensiamo noi!” mi rassicura lui “Ward ti ha riferito qualcosa di rilevante?”
“Niente di significativo. Le poche informazioni che ho ottenuto dal nostro Henry, le ho dovute estrapolare con metodi poco ortodossi…”
Avverto Richard sghignazzare compiaciuto.
“E tu, hai qualche novità?” gli domando.
“Abbiamo rintracciato i genitori della Seyfried.”
“Come hanno reagito alla notizia?”
“Ambiguamente.” è la sua singolare risposta “Pantomime drammatiche e grandi lacrimoni da premio Oscar. E poi si viene a sapere che i coniugi Seyfried non vedevano la figlia da mesi.”
“Wow!” strabuzzo gli occhi “Quelli che si definiscono genitori molto presenti...”
“C’è poco da fare, Amanda non aveva punti fissi.” osserva Rick con tono mesto “Genitori praticamente inesistenti, considerata solo per il suo avvenente aspetto fisico... Ci credo che la ragazza rigettasse la frustrazione nell’eccesso più estremo. L’alcool sarà diventato il suo miglior amico...”
“A proposito!” lo interrompo “Qualche novità riguardo alla bottiglia di Chardonnay trovata sulla scena del crimine?”
“Hanno raccolto tutti i cocci. La squadra è rientrata poco fa, faranno del loro meglio per riassemblarla...” esita, infine aggiunge “Se siamo fortunati, troveremo qualche impronta.”
“E la pista sulla vita sentimentale della Seyfried? Scoperto qualcosa?”
“Sì, ci sono stati degli sviluppi. Romero ha compiuto una ricerca piuttosto soddisfacente. Devo ammettere che il ragazzo non è un totale disastro…”
Nonostante la voce ridotta a lieve brusio, il giovane agente Romero deve aver intercettato la frecciata di Rick.
Lo sento infatti borbottare qualche confusa lamentela, tuttavia Richard gli intima di fare silenzio.
“Sara, tornando a noi…” prosegue lui, spedito “Amanda Seyfried ha avuto tante di quelle avventure amorose da fare invidia anche al più bravo autore di soap opere. Ma abbiamo trovato un ragazzo, con il quale la vittima ha avuto una relazione stabile. E’ un attore, si chiama…Nicholas Hoult.”
“Ottimo!” esclamo, lieta per la svolta propizia “Se ha frequentato Amanda a lungo, potrebbe essere utile farci quattro chiacchere.”
Rick però, tergiversa.
“Qual è il problema adesso?” chiedo io, ripiombando nello sconforto.
“Hoult non è rintracciabile...”
“Cosa?!” sbotto “E non esiste uno straccio di indirizzo?”
“No…” è la risposta biascicata di Richard.
“Un numero di telefono?”
“Già provato. Non risponde nessuno.”
“Ma che ca…” il mio inveire frustrato, attira subito l’attenzione dei passanti che mi freddano malamente. Io, con le gote in fiamme, non posso che rivolgere un imbarazzato cenno di scuse.
Cosa cavolo vuol dire?!” bisbiglio indispettita “Neanche la Regina ha adottato tutti questi stratagemmi per non farsi rintracciare!”
“Hoult avrà sicuramente un numero privato.” ipotizza Rick, conservando una parvenza di calma esemplare “Sai, per non essere scovato da giornalisti e ammiratrici accanite.”
Sospiro, alquanto avvilita.
Ma all’improvviso, eccola! La folgorante illuminazione delle…16:34!
“Rick, sai chi potrebbe aiutarci a rintracciare un attore?”
“Chi?”
“…Un altro attore!” affermo dopo un po’, giusto per spargere un pizzico di suspense.
Richard ridacchia tra sé.
“D'accordo Sara, ho capito dove vuoi arrivare! Sto controllando se Nicolas Hoult e Ben Barnes si conoscevano e… Sì! Si sono incontrati al Seven Deadly Sins Party a Las Vegas nel 2013 e recentemente hanno entrambi aderito ad un’asta di beneficienza a Londra.”
“Senti Rick, riesci a trovarmi l’indirizzo di Barnes?”
“Preferisci ricondurlo qui in centrale?” mi propone lui.
“No no, non c’è bisogno.” ribatto solerte “Non vorrei s’irrigidisse. Voglio parlare con Barnes in un contesto a lui più familiare, magari sarà più propenso a darci una mano…”
“Come preferisci piccola. Ti ho inviato per messaggio le indicazioni. Tienimi aggiornato.”
Lo ringrazio e termino la chiamata.
Mi dirigo alla mia Cabrio, mentre leggo le istruzioni che Richard mi ha mandato per poi digitarle sul navigatore.
L’alibi di Ben Barnes è stato verificato.
E potrei giurare che il colpevole, non sia lui.
L’apparenza inganna, è vero, ma non mi sembra proprio il tipo da colpire a sangue freddo una ragazza.  
Eppure ho timore nella reazione che Barnes possa avere vedendomi.
In effetti, non gli ho proprio steso il tappeto rosso l’ultima volta…
Non so nemmeno se sia appropriato presentarmi a casa sua.
E se mi chiudesse la porta in faccia?
Beh, tecnicamente non può farlo.
Però potrebbe rifiutarsi di aiutarmi. Dopotutto non mi deve niente.
E io intanto ci farei la figura della carciofa.
E magari mi devo pure sorbire una sua sfuriata perché gli ho rovinato la carriera!
Che poi, se non è ancora riuscito a sfondare a 30 anni, un motivo ci sarà…no?
Forse dovrebbe dedicarsi ad altro. Dicono che cambiare faccia bene allo spirito.
A meno che, per causa mia, la sua reputazione sia intaccata per sempre…
Ma insomma! Perché cavolo mi sto facendo tutti questi problemi?
Tra l’altro, non mi sono nemmeno resa conto di aver già raggiunto la mia destinazione.
Sono agitata. Questo mi preoccupa.
Io non sono mai agitata.
 


Angolino dell'Autrice: Ciao miei adorati bignè strabordanti di crema!
Questo è uno di quei capitoli che io definisco "gne-gne". La storia non prosegue, ma ci sono una serie di dettagli importanti per il proseguimento della vicenda. Spero vi sia comunque piaciuto e non vedo l'ora di conoscere le vostre impressioni, miei piccoli detective! ;)
Vi ringrazio davvero di cuore per l'enorme ed inaspettato supporto! Non mi immaginavo tanto affetto, siete meravigliosi! Grazie davvero! Siete la mia gioia!
Un bacione e un abbraccio forte.
Vostra Clairy

Mi trovare anche su Facebook --> https://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=hl

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Home sweet home ***




Home sweet home - Casa dolce casa


Casa Barnes è una graziosa villetta a due piani, con le imposte color carta da zucchero, attorniata da un giardino malinconico ma che attende di tornare a colorarsi con l’arrivo della primavera.
Io invece, sono ancora rintanata nella mia Cabrio.
Ho come l’impressione che presentarmi alla porta di Ben Barnes, non sia quell’idea geniale che mi era parsa fino ad un attimo fa.
Forse Richard ha ragione.
Sarebbe più assennato condurre Ben in centrale per un ulteriore interrogatorio.
Tuttavia temo che ciò possa aggravare i rapporti che, per il momento, non sono stati dei più rosei.
Ho bisogno di parlare con Ben in una situazione più confidenziale.
Credo che sarebbe più propenso a rivelarmi qualche informazione per rintracciare Nicholas Hoult, ex fiamma di Amanda Seyfried e, per giunta, possibile sospettato.

Forza Sara, niente melodrammi ed esci da questa auto!

Mi picchietto lesta e risoluta le guance, incitandomi a scacciare questo fastidioso torpore, finché non avverto fuori dal finestrino l’occhiata imbambolata di un tipo in tenuta da jogging, con delle abnormi cuffie alle orecchie.

Ottimo.
Se volevo passare inosservata, non lo sto facendo nella maniera giusta.

Prendo dal cruscotto gli occhiali da sole e subito li infilo.
Così, giusto per conferirmi una parvenza più seria ed intimidatoria.
Chiudo con un rapido gesto la Cabrio e, tirando la cerniera del giubbino di pelle fin sopra al mento, attraverso la strada per introdurmi nel vialetto dei Barnes.
Sulla porta d’ingresso spicca una targhetta dorata con inciso, in un’elegante grafia, Barnes Family.
Indugio per qualche secondo sul campanello, per poi persuadermi a premere il piccolo pulsante.
Distinguo lo strimpellio echeggiare all’interno dell’abitazione.
Più niente.
Forse non c’è nessuno in casa...
Sto per pigiare un’altra volta quando, all’improvviso, sento la serratura scattare.
Il mio stomaco sussulta in quello che pare un triplo salto mortale carpiato.
Sull’uscio, si presenta una donna di mezza età, dal sorriso soave.
Tutto di quella distinta signora, mi sorprende.
A cominciare dal fatto che sia stata lei ad aprirmi, quando ero sicura di trovarmi davanti Ben.
Ma è il suo portamento, la sua genuina e gradevole eleganza, per nulla ostentata, a lasciarmi attonita per un istante.
“…Posso aiutarla?” chiede lei, esitante, aspettando giustamente che fossi io a parlare per prima.
Scuoto la testa e mi levo svelta gli occhiali da sole.
“Lei è la signora Barnes?”
“Sì, sono io.” asserisce, riponendo una ciocca dei suoi capelli voluminosi dietro l’orecchio.
“Buon pomeriggio, sono il detective Sara Carter. Mi dispiace averla disturbata, vengo per l’omicidio di Amanda Seyfried...”
“Mio figlio è ancora sospettato?” un velo di panico la attraversa, mentre si stringe infreddolita nello scialle.
“No no signora, non si preoccupi!” provvedo a rassicurarla “Ma le indagini procedono e ho bisogno di parlare con suo figlio di una questione urgente.”
“Benjamin è uscito per delle commissioni con Jack, suo fratello. Ma torneranno tra poco. Se le va di accomodarsi può aspettarlo dentro...”
“Oh no, non voglio disturbare. Attenderò qui fuori.”
“Ma quale disturbo detective!” esclama gioviale la signora Barnes, facendomi cenno di entrare “Non vorrà congelare! E poi, ho appena messo su l’acqua per il tè.”
Le sorrido impacciata, ma in fondo grata per la proposta.
A parte le guance in fiamme dall’imbarazzo, ho già perso gran parte della sensibilità del mio corpo per il freddo pungente.
Perciò il calore che mi avvolge una volta in casa, non può che essere il più gradito dei sollievi.
La luce soffusa del tramonto che s’inoltra tra i tendaggi chiari, segue il profilo di un mobilio fine e ricercato che, anche per la presenza di un magnifico pianoforte a coda, conferisce un’atmosfera quasi d’altri tempi.
“…Lo prende vero?”
Alla richiesta della signora Barnes, io devo aver assunto un’espressione di panico piuttosto ridicola, tanto che lei sembra trattenere una risata.
“Il tè. Le va una tazza detective?”
“Oh! Sì, sì certo…” farfuglio.
“Si accomodi in soggiorno. Arrivo in un attimo!” dichiara la donna, prima di scomparire in cucina.

Mi mordo il labbro, con il crescente sospetto che non sia stata una brillante idea accogliere l’invito della signora Barnes.
Va bene che volevo far sentire Ben in un contesto più familiare, ma non intendevo essere ospitata per una gustosa merenda a casa Barnes!
Ho come l’impressione…di aver affrettato troppo le cose.
Non so nemmeno che parvenza di credibilità voglio incutere accettando tè e pasticcini…
Ora come ora, credo che se continuerò a stuzzicarmi il labbro con tanto livore, finirò per farlo sanguinare.
Decido quindi di imbavagliare tutte le mie ansie, per il momento, e dirigermi con passo guardingo verso il salotto.
Il vivace crepitio del fuoco, infonde alla stanza un’atmosfera più raccolta e rassicurante.
Ciò che richiama la mia attenzione però, è la cura millimetrica con cui sono sistemate le fotografie sopra il camino.
La più recente, raffigura la famiglia Barnes al completo. Quella accanto, ritrae Ben insieme ad un ragazzo, suppongo suo fratello, su quelli che mi paiono gli spalti di una palestra.
E m’illumino in uno spontaneo sorriso quando adocchio una piccola foto racchiusa in una minuscola cornice ovale, con il primo piano allegro e spensierato di un giovanissimo Ben Barnes.

“Fa un freddo oggi!” si annuncia improvvisamente la signora Barnes, causandomi un mezzo infarto “Un bel tè caldo è proprio quello che ci vuole.”
La donna adagia con garbo il vassoio e ci accomodiamo, io sul divano dalla fantasia floreale, lei sulla poltrona di fronte a me.
“Zucchero?” domanda.
“Sì, grazie…”
Le sue dita affusolate cingono il manico della teiera e, rivolgendomi una rapida scorsa, versa la bevanda fumante nelle tazzine.
“Lo sa detective…” esordisce lei, porgendomi il tè “Benjamin mi ha parlato molto di lei.”
Per trattenere un colpo di tosse, trangugio il sorso d’infuso con l’infelice conseguenza di una gola in fiamme.
“...Davvero?” gemo, esibendo un sorriso tirato, e costringendomi ad ignorare il bruciore alla lingua.
La signora Barnes annuisce risoluta.
“Mio figlio è rimasto sorpreso dalla sua grande professionalità nel condurre l’interrogatorio.”
“E’ il mio lavoro.” mi limito a rispondere, nascondendo il viso nella tazza “La professionalità è d’obbligo.”
“E da quanto tempo è in polizia?”

E’ ovvio che la signora stia cercando di sostenere una conversazione.
Tuttavia, vorrei non ci provasse.
Non sono brava a rendermi simpatica.
Ma l’alternativa sarebbe attendere, nel più desolato ed impacciato dei silenzi, che il figliol prodigo si decida a rientrare alla dimora.
“Ci lavoro da una decina d’anni ormai.” affermo infine.
Lei strabuzza gli occhi.
“Caspita! E’ parecchio per una ragazza tanto giovane!”
“Ho iniziato presto.” le spiego “E ho al mio fianco un ottimo insegnante. Ha seguito il mio intero percorso di studi e ha avuto un’incredibile pazienza. E’ come un padre...”
La donna trattiene il mio sguardo, attenta ed imperscrutabile, contemplandomi in serafica quiete.
Poi china il capo, afferra un piattino colmo di biscotti e m’invita a provarne uno.
Io accetto, giusto per non essere scortese s’intende, e in fondo sollevata che non mi ponga altre domande sul tema “famiglia”.
“Lei lavora signora Barnes?”
“Sono una terapeuta.” dichiara, incrociando le mani in grembo.
“Ah sì, suo figlio mi ha accennato qualcosa...” dico io, sgranocchiando un dolcetto al cocco. “Se ricordo bene, lei e suo marito eravate disposti ad aiutare Amanda Seyfried, per mettersi in contatto con un centro di riabilitazione.”
“Lo avremmo fatto, se ce lo avesse permesso.” specifica lei, mesta “Benjamin era così…preoccupato. Si sentiva in qualche modo responsabile...”
“Eppure suo figlio non stava più insieme ad Amanda.” le faccio notare.
“Detective, io non vorrei essere di parte, ma lei ha conosciuto Benjamin e avrà intuito quanto tutto questo lo abbia turbato. Amanda era sua amica.” la donna si sofferma un istante sull’ultima parola “Il fatto che non stessero più insieme, non significa che non tenesse alla salute di quella ragazza. Voleva davvero sottrarla da quel giro, così ci chiese consiglio. Mio marito era riuscito a trovare un istituto, veramente ottimo, rinomato in tutto il paese…”
“Mi lasci indovinare, Amanda non voleva saperne.” sintetizzo io, sommessa.
La signora Barnes scuote afflitta la testa.
“Era come se accettare un aiuto, svelasse quanto ne avesse disperatamente bisogno. E forse affrontare il problema, la spaventava di più delle conseguenze a cui credo sapesse andava incontro...”
Con uno sguardo cupo e pensieroso, la donna colloca la tazza sul tavolino.
“Signora Barnes, ha mai avuto occasione di parlare di persona con Amanda?”
I suoi occhi scuri tornano a posarsi su di me, languidi.
“Solo una volta. Di passaggio. Ma capitava spesso che Benjamin la menzionasse.”
“Data la sua professione, penso si fosse fatta un’idea sulla fidanzata di suo figlio...” sostengo, lasciando la frase volontariamente in sospeso.
La donna si stringe nelle spalle, incrociando le braccia al petto.
“Vuole sapere l’opinione di una specialista, o di una madre?”
“Beh, direi quella più utile alle mie indagini.”
Le indirizzo un’occhiata sghemba ma piuttosto eloquente.
“Non me la sento di dare giudizi, detective. Dai racconti di Benjamin, i genitori di Amanda erano quasi inesistenti. E ritengo che per una ragazza così giovane, essere sballottata da una parte all’altra del mondo senza avere punti fissi, sia alquanto destabilizzante. Credo che in fondo, si sentisse molto sola…”
La signora Barnes tace all’improvviso, attratta da un tintinnio di chiavi nella serratura.
Dirigiamo all’unisono il capo verso l’ingresso, dal quale provengono voci maschili che si riverberano tra le mura dell’abitazione, fino ad un attimo prima immersa nel silenzio.  
Scorgo due ragazzi di spalle, sono nel pieno di una fervida chiacchierata, ma lo sfrigolio delle buste di plastica che tengono in mano copre le loro parole.
Vedo Ben.
Sta posando la borsa accanto al pianoforte.
Poi, ad una battuta di Jack, il fratello minore, Ben prorompe in una risata cristallina e gli arruffa i capelli, scatenando l’evidente dissenso del ragazzo.
“Siamo tornati mamma!” grida Ben, voltandosi lieto.
Ma il suo ampio e spensierato sorriso svanisce con un’inquietante velocità non appena constata che, seduta sul divano del suo soggiorno a sorseggiare té, il suo peggior incubo è tornato a fargli visita.

 


Angolino dell'Autrice: Ciao miei piccoli formaggini spalmabili!
Spero di rendere il vostro inizio settimana più sereno con questo nuovo capitolo.
Voi, sicuramente, rendete me super felice e mi infondete l'energia giusta per affrontare una settimana di studio intenso.
Anzi, ne approfitto per scusarmi se aggiornerò con più lentezza, ma la sessione esami è alla porte e mi mancano solo tre esami per laurearmi.
Tre. Maledettissimi. Esami!!!

Cosa ve ne pare di questo incontro tra Sara e Mamma Barnes?
Grazie per tutte le dolcissime parole che mi riservate ogni volta! I miei livelli di zuccherosità nel sangue salgono a vista d'occhio!
Vi auguro una serena settimana miei adorati! Ve amo 'na cifra!
Clairy.
Come al solito, ecco la mia paginozza di Facebook --> https://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=hl

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** A tough cookie ***




  A tough cookie –
Un osso duro
 

“Detective!”
Ben Barnes mi accoglie con inaspettata e dirompente vivacità.
Lui ha l’aspetto di chi ha appena trovato sotto l’albero il regalo tanto desiderato.
Io piuttosto, quello di chi ha ricevuto il maglione extra large di lana della nonna, con renna e campanelli annessi.

Questo tipo mi destabilizza.
 
“Il detective Carter è qui per te Benjamin.” chiarisce la madre del ragazzo “Ci siamo accomodate in attesa che tu e Jack tornaste.”
“Avete fatto bene mamma.” Ben le si avvicina, chinandosi per scoccarle un rapido bacio sulla guancia.
Poi si volta verso di me, lento.
Posa le mani sui fianchi ed esalando un greve sospiro, sfoggia un sorriso che rivela una certa tensione.
“Non sono nei guai, vero?” mi chiede, accigliato.
“No Ben." lo rassicuro “Non sono qui per arrestarla.”
Lui sbarra gli occhi con un certo piglio teatrale.
“Non starà sospettando di mia madre spero!”
“Benjamin!”
La signora Barnes, dal basso della sua statura, tira un micidiale pizzicotto sul bicipite del figlio.
“Sua madre è stata molto gentile ad ospitarmi.” dico “Ma io sono venuta per parlare con lei Ben.”
“Oh, d’accordo...” lui annuisce, assorto “Le va di uscire detective? Facciamo quattro passi.”
Accetto, lieta per la proposta.
Necessito di aria.
La casa si sta facendo troppo affollata per i miei gusti.
E vorrei evitare di imbattermi anche in Papà Barnes, giusto per eludere dal completare il quadretto familiare.
Ringrazio la signora per il tè e per la chiacchierata, in fondo non così malvagia, e lei mi assicura la loro completa disponibilità in futuro.
Ben m’invita a precederlo, indirizzandomi all’uscita dove Jack Barnes, il fratello minore, pare molto impegnato ad esaminare le punte delle sue scarpe.
Lo saluto e ottengo in risposta un cenno fugace prima che il ragazzo, eclissando lo sguardo dietro un folto ciuffo di capelli, agguanti le buste della spesa e si dilegui alla velocità della luce in cucina.
“Jack!” lo rimprovera il maggiore, con un grido severo.
Tuttavia esorto Ben a lasciar correre.

Uscendo, lo sbalzo di temperatura è alquanto spiacevole e il calore di casa Barnes appare ormai un ricordo lontano.
Tiro la cerniera fin sopra il mento, con la futile speranza di contrastare il freddo.
“Mi spiace per Jack.” ammette Ben, mentre ci incamminiamo lungo il tranquillo quartiere “Non so cosa gli sia preso...”
Incrocio le braccia al petto e scuoto pacata il capo.
“Non importa, davvero. Lei non ha idea Barnes delle persone con cui ho a che fare... Suo fratello non avrà gradito la mia presenza in casa propria. Dopotutto quando un poliziotto compare nel tuo soggiorno, non sventoli
certo gli striscioni di benvenuto...”
Ed è qui che lui se ne esce con uno sconcertante:
“A me invece ha fatto piacere rivederla.”
Io m’irrigidisco, tipo blocco di cemento, distanziandomi istintivamente da lui.
La spontaneità di questo ragazzo mi lascia…senza parole.

Ed è raro che io non abbia niente da controbattere.

“L’ultima volta ero sospettato di omicidio.” prosegue lui “E in quella stanza detective, per un attimo ho avuto l’impressione che mi volesse polverizzare con lo sguardo.”

Fidati, non era solo un’impressione.

“Mettiamola così, non è stata la circostanza più lieta per entrambi.” riassumo io, provocando in Ben una risata che solleva una nuvola di condensa attorno al suo viso.
“Ci sono sviluppi sulle indagini di Amanda?” domanda poi, serio, infilando le mani nelle tasche dei jeans.
“Ben, sa che non posso entrare nel dettaglio.” dichiaro risoluta “Suppongo però che abbia già avuto modo di leggere le diverse supposizioni che stanno circolando sul web.”
“No, ad essere sincero. La rete sarà senz'altro precipitata nel delirio all’annuncio della morte di Amanda, ma non mi piace Internet. No. Non è un luogo sano dove andare se si è famosi. La gente ha troppe opinioni su di te. E, si sa, tutti sono bravi a scagliare sentenze verso chi non conosce…”
Qualcosa dalla cadenza della voce, mi lascia presumere che la sua esperienza nello spregiudicato universo del web non sia stata delle più felici…  
“Detective.” inaspettatamente Barnes mi si para davanti “…Possiamo darci del tu?”

Regola numero 2.  Non entrare mai in confidenza con un sospettato, anche se le indagini non riconducono inizialmente ad una sua colpevolezza.

Sul volto di Ben spunta un sorrisetto sghembo e, accidenti, folgorante.

Sara non fare la scema!
E’ un attore, essere persuasivo è il suo mestiere!


Ben si stringe nelle spalle, corrucciando appena le labbra…
Ruoto gli occhi e con uno scatto, lo supero.
“Vuoi sapere perché sono qui, o no?” sbotto, stizzita.
Soddisfatto, Barnes asserisce incuriosito.
“C’è stato qualche progresso nel caso Seyfried. Abbiamo un nuovo sospettato, un ex di Amanda. Il suo nome è Nicholas Hoult…”
“Stai scherzando?!” inveisce lui, allibito “Nic sospettato? Non può essere…”
“La tua reazione mi fa pensare che vi conosciate bene.”
“Sì certo, siamo amici. Aveva chiuso con Amanda poco prima che io la incontrassi a Los Angeles, un anno fa…” Ben guarda altrove, pallido da far spavento e più sconvolto di quanto mi aspettassi “Ma…siete proprio sicuri? Nic non sarebbe capace di una cosa simile... Quali prove avete contro di lui?”
“Questo non deve interessarti.” ribatto, gelida “Quello che puoi fare però, è indicarmi come trovarlo.”
“E da quando la polizia non sa come reperire un sospettato?” chiede con sufficienza, palesemente seccato per la mia risposta.
“Se ci fossimo riusciti, non sarei venuta fin qui a chiederti aiuto, non trovi?” replico io “Nicholas non è rintracciabile e, a dirla tutta, questo non gioca nemmeno a suo favore. Ho bisogno di un indirizzo, o un numero di cellulare.”
Ben mi scruta borioso.
“Non ti serviranno.”
Ed io sto iniziando seriamente ad alterarmi.
“Cosa vorresti dire?!”
“Nic non è in città. Al momento si trova fuori Londra, per un servizio fotografico.”
“E potrei sapere dove, di preciso?”
Barnes leva in alto l’indice.
“Ad una condizione.”
“Tu metti le condizioni?!” lo fulmino “Vorrei ricordarti chi tra noi due ha il distintivo!”
“Vuoi trovare Nicholas oppure no?”
Stringo i denti, assottigliando le labbra in una linea severa.
“Foza, sentiamo la tua proposta.”
“Verrò con te.”
Io scoppio a ridere, sardonica.
Lui però, non pare abbia altrettanta voglia di scherzare.
“Oh andiamo Ben! Perché mai dovrei fare un’idiozia simile?”
“Voglio essere presente quando interrogherai Nicholas.” esige, inflessibile “Se davvero è coinvolto nella morte di Amanda, devo vederlo con i miei occhi.”
“Ben, ascolta.” mi avvicino, reggendo il peso del suo sguardo “Capisco che ti senta chiamato in causa. Ma non posso farti partecipare ad un’indagine.”
“Il tuo capo lo permetterebbe.”
Aggrotto la fronte.
“Perché dovrebbe?”
“E’ una mia ammiratrice, me lo hai rivelato tu stessa.” aggiunge.
“Ciò non significa che ti darà carta bianca.”
“Questo lo vedremo…” bisbiglia Barnes, serrando la mascella. 
“Senti Ben, io non metto in dubbio le tue capacità persuasive, ma parliamoci chiaro. Tu, sei un attore. Non dovresti…che ne so, fare dei provini? Studiare qualche copione?”
“Amanda ed io avevamo terminato le riprese del nostro ultimo film un mese fa.” precisa lui “Sono tornato a Londra per riprendere fiato, e passare del tempo con la mia famiglia. Sì, ho un paio di progetti in corso, ma in ogni caso dovrei aspettare per sapere se andranno in porto...”
“Ma è grandioso!” esclamo con smodato entusiasmo, sferrandogli una lieve pacca sulla spalla “Approfitta della compagnia della tua bella famiglia Ben, io ti auguro tanta fortuna per una lunga e florida carriera. Non voglio rubarti altro tempo…”
Barnes lascia cadere le braccia sui fianchi.
“Sara…”
Lo ignoro e cerco di allontanarmi.
“Sara! Per favore.”
Sbuffo, stremata.
“Non sono qui per giocare Ben.” dico, voltandomi “Spiegami come posso rintracciare Hoult, oppure troverò un altro modo.”
“Sara, credimi, per me questo è tutto tranne che un gioco. La mia ex fidanzata è stata assassinata… E adesso scopro che un mio caro amico è sospettato!” si passa tremante una mano tra i capelli “Riesci a capire quanto sia destabilizzante tutto ciò? Io devo venire. Lo conosco Nic, appena ti vedrà si farà prendere dal panico! Senza offesa, ovviamente…”
Alzo gli occhi al cielo.
“Se venissi con te, si tranquillizzerebbe e sarebbe più propenso a collaborare.” insiste lui, inamovibile “Ti scongiuro Sara. Mi sembra di portare un macigno sullo stomaco. Devo sapere cosa è accaduto, non lasciarmi all’oscuro…”
“Non posso Ben.” mormoro “Non è così che lavoro. Mi dispiace.”
Gli do le spalle e torno verso la mia Cabrio.
Ho fissa l’immagine affranta di Ben.
Quella fastidiosa vocina dentro di me, innesta il dubbio di essere stata un tantino dura con lui…
Il suo sguardo m’inchiodava con una tale profondità, che avrebbe potuto scalfire anche l’animo più impenetrabile.

Ma non il mio.

“Nicholas si trova a Brighton.” rivela Ben, cogliendomi totalmente di sorpresa “Ci rimarrà per un paio di settimane. Assicuratevi che non venga a sapere del vostro arrivo e del motivo della visita, altrimenti sarà davvero impossibile trovarlo...”
Mi catapulto in macchina.
Appoggio sfinita il capo sullo schienale.
Dischiudo le palpebre e intravedo Ben procedere con passo trascinato verso la sua abitazione.
Mi spiace.
Sì d’accordo, lo ammetto!
Mi dispiace per lui.
Ma non posso permettere di farmi venire i sensi di colpa.
Infilo la chiave e con gesto solerte, metto in moto.
Eppure quando poso il piede sull’acceleratore, mi accorgo di non riuscire a pigiarlo.
Le sue parole vorticano nella mia mente, con sempre maggiore insistenza, facendomi irritare ancora di più.

Devo sapere cosa è accaduto, non lasciarmi all’oscuro…
 
Forse perché le conosco troppo bene, quelle parole.
Quante volte le ho ripetute a Richard, tra grida strozzate e copiose lacrime, nelle corsie di un ospedale che puzzava di disinfettante e paura, pregandolo perché non mi estromettesse dalle indagini sull’incidente dei miei genitori.
Voleva tenermi fuori. Per proteggermi, diceva lui.
Ma io non volevo la protezione di nessuno. Chiedevo solo di non essere esclusa, di non essere trattata come una ragazzina, troppo piccola e troppo scossa per rendersi conto di cosa stava accadendo.
I ricordi zampillano come impazziti, riempiendomi la testa di un dolore così bruciante che suggerisce il perché io li tenga sempre ben chiusi in un angolo.
E come sono riemersi, li reprimo con altrettanta rapidità.
Premo forte l’acceleratore e transito accanto a Ben.
Inchiodo.
Calo il finestrino e batto un deciso colpo di clacson.
Lui drizza la testa, confuso, incrociando il mio sguardo impassibile.
“Dopodomani. Alle 8 in centrale. Non azzardarti a tardare.”


 
Angolino dell’Autrice: Ciao miei caramellosi cubotti mou!
Come state? Come vedete riemergo qua e là da tomi universitari, appunti e schede volanti.
Siete la mia forza, ricordatevelo! Mi trasmettete un affetto e un entusiasmo che non basterebbe una giornata intera per ringraziarvi.  :3
Prima di lasciarvi, ci tenevo a sottolineare che il giudizio di Ben Barnes sul mondo di Internet, è stato ripreso da un’intervista che l’attore ha rilasciato qualche tempo fa.
Un abbraccione enorme! Ve amo ‘na cifra!
Clairy

Oh dimenticavo! Ecco il link alla mia paginetta Facebook --> https://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=hl

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Being busy as a bee ***





Being busy as a bee
– Essere indaffarati come un’ape
 

“Sara ti ho portato il caffè…wow!”
La voce di Richard squarcia la quiete che fino ad un momento prima aleggiava nell’agenzia.
D’istinto porto la mano al petto, quasi per timore che il cuore schizzi fuori tanto il suo battito è incalzante.
Ero così assorta nei miei intrippati viaggi mentali, che il suo arrivo deve avermi fatto sbiancare.
Mi consolo però, perché nemmeno Richard ha un’ottima cera.
Tiene sospeso un vassoio con due bicchieri, mentre mi fissa a bocca aperta.
“Direi che non ti serve altro caffè...” dichiara lui, guardandosi attorno spaesato.
Gli rivolgo un’occhiata confusa.
Lui mi fa cenno con il dito di voltarmi e allora capisco, il motivo della sua espressione sconvolta.
Sono immersa in un tale caos, che sarebbe capace di condurre all’esaurimento anche il più cronico dei disordinati.
La lavagna straripa d’indicazioni scritte a pennarello, ritratti dei sospettati e immagini della scena del crimine.
La scrivania poi, somiglia ad un campo di battaglia, invasa da pile di documenti e materiale di vario genere caoticamente accatastato, tanto che alcuni fogli sono persino scivolati sul pavimento.

Sì, sono molto presa dal caso di Amanda Seyfried.
 
In realtà stavo cercando di fare mente locale.
Questa mattina, arrivata al distretto, ho avuto conferma che l’alibi di Henry Ward, direttore della Fashion Personelle, l’agenzia di moda per la quale la Seyfried lavorava, è stato confermato.
Perciò questo dovrebbe scagionarlo...
E dire che ero davvero certa fosse coinvolto!
O meglio, lo speravo, giusto per avere la soddisfazione di vedere quella sua faccia irritante dietro le sbarre.

Sapete cosa è fuorviante?
Anche se trascorressimo intere notti a vagliare la lista delle conoscenze di Amanda, si risolverebbe con un nulla di fatto.
La vittima frequentava tanta di quella gente, che ognuno di loro avrebbe potuto meditare un movente per toglierla di mezzo.
Dal fidanzato che deve nascondere la sua infedeltà, ad una moglie tradita che ha sfogato la sua rabbia sull’amante del marito…
“Non ti starai impuntando troppo su questo caso?” nota Richard, sorseggiando il suo caffè “Dopotutto non abbiamo ancora ricevuto segnalazioni dalla scientifica.”
Nel frattempo provo ad agguantare la mia bevanda, ma lui me la sfila prontamente di mano.
“Per oggi hai assunto abbastanza caffeina Sara.”
Sbuffo, fulminandolo, e sconsolata me ne torno alla mia fedele lavagna bianca.
“Ho bisogno di far luce su alcuni aspetti…” dico assorta, tamburellando sulle labbra il pennarello e studiando il quadro dell’omicidio “E poi sai bene che non sopporto stare con le mani in mano.”
Richard accenna una debole risata, sostenendosi al bordo della scrivania.
“Sembri un’ape molto impegnata, che vola e vola instancabile da una parte all’altra per portare a termine il suo lavoro.” s’interrompe, per poi lanciarmi una frecciata di sottecchi “Una piccola ape che pare indossare una t-shirt con stampato: Aiuto! Sto dando i numeri a causa di Ben Barnes.”
Alzo infastidita gli occhi al cielo.
“Vuoi discuterne Rick?” sbatto il pennarello sul tavolo e incrocio le braccia al petto “D’accordo, discutiamo allora! Non ti sta bene che abbia coinvolto Ben nelle indagini.”
Coinvolto è un eufemismo, tesoro.” rettifica lui, puntando verso di me un indice accusatorio “Tu hai letteralmente spalancato la porta a Barnes, accogliendolo con un bel drink e una colorata corona di fiori!”
“Sei arrabbiato, lo capisco.” ammetto, avvicinandomi esitante a lui “Ma è una mia scelta e sono io responsabile.”
Richard si sfrega irrequieto la barba.
“Sara, è stato un comportamento avventato. E di poco senno.”
“Non mi ha lasciato scelta! Dovevo sapere come rintracciare Nicholas Hoult!”
“Tu non sei mai scesa a compromessi con nessuno.” ribatte lui, lapidario “Perché adesso?”
Non riesco a reggere oltre il suo sguardo.
E’ spaventoso, sembra leggermi dentro!

Diciamoci la verità. 

Sono stata io ad accordare a Ben il permesso di accompagnarmi a Brighton.  
La sua tenacia e quella sua testa incredibilmente dura, mi hanno permesso di comprendere quanto per lui fosse importante.
Mi ha colpito.
E mi ha ricordato che abbiamo vissuto entrambi un’esperienza non così diversa…
“Sara.” con tono serio, Richard richiama la mia attenzione “Anche se l’alibi regge, Barnes è ancora un sospettato. Questo lo sai?”
Inclino il capo, stizzita.
“Certo che lo so. Non sono una sprovveduta...”
“Questo non l’ho mai pensato piccola.” afferma lui, con un dolce ed inaspettato piglio paterno.
“Allora fidati di me Rick. Vedrai, riuscirò a gestire Barnes. E soprattutto mi condurrà da Hoult.”
Lui mi dà un buffetto sul mento.
“Mi fido. Sei un bravo detective.”
Mi stringo nelle spalle.
“Ho imparato dal migliore.”
Ruffiana!”
Ed entrambi scoppiamo a ridere.
“Allora, vuoi sapere quali buone novelle ti porto?”
Distendo il peso su una gamba e annuisco, incuriosita.
“Ho fatto qualche ricerca, e ho appurato che Amanda aveva soggiornato già altre volte al Buckingham Palace Hotel. L’ultima è stata sette mesi fa, in occasione di una sfilata di beneficienza che si è tenuta qui a Londra.”
“Perciò frequentava l’albergo con una certa regolarità...”
“Ho richiesto di allargare le indagini anche al personale dello stabile.” m’informa lui “Magari salterà fuori qualche nome legato alla Seyfried.”
“Sarà il caso di controllare anche i clienti abituali.” suggerisco “I periodi di permanenza di alcuni di loro potrebbero corrispondere con quelli di Amanda.”
“Mi metterò al più presto in contatto con il direttore Bradford…”
Ma all’improvviso, la ormai familiare suoneria di Star Wars, prorompe immancabile e ad alto volume.
Richard sfila il cellulare dalla tasca del gilet e, strizzando gli occhi, osserva concentrato lo schermo.
“…Keira ha scritto di raggiungerla in laboratorio. Ha delle novità.”


Scendere dabbasso è quasi come varcare le soglie di un universo parallelo.
Un mondo astruso, eppure velato dall’inquietante fascino della scienza. Essa è fonte eterna di sapere, ma condanna a renderci conto che, in fondo, di eterno non abbiamo proprio nulla.
Keira, il nostro brillante medico legale, sempre radiosa sebbene la resistenza di stomaco che il suo lavoro richiede, solleva il volto dall’occhiello del microscopio per accoglierci con un ampio sorriso.
“Sto analizzando i frammenti della bottiglia di Dom Pérignon.” comincia lei, senza troppi convenevoli “Un’arma inusuale per un delitto, ma purtroppo efficace. Per il momento, le uniche impronte che ho trovato sulla superficie appartengono ad Amanda.”
“E ci hai fatto venire fin quaggiù per questo?” domanda Rick, perplesso “Se volevi compagnia Keira, bastava chiederlo…”
Lui strizza l’occhio, sborone, appoggiandosi ad un bancone dotato, però, di quattro funeste rotelle che lo portano ad inciampare rovinosamente, rischiando di rovesciare a terra gli strumenti collocati sul piano.
“Richard, ti prego! Fermo dove sei e non fare casini! Ancora non ho finito...” la donna si volta e afferra rapida una busta sigillata con all’interno un capello “L’ho rinvenuto nel polsino dell’orologio della Seyfried. Analizzandolo, ho scoperto essere un capello sintetico. Si possono fare delle ricerche su chi vende queste parrucche e risalire agli acquirenti.”
“Ci penso io!” assicura Richard “Lasciami tutti i dati, vedrò di rintracciare i possibili venditori.”
“E infine, il mistero della macchia rossa.” dichiara Keira, indirizzandomi uno sguardo complice “Ricordi Sara?”
Annuisco prontamente.
“Certo! Ci aveva incuriosito la presenza di una chiazza rosata sulla guancia sinistra della Seyfried. Non sembrava sangue...”
“Infatti, non lo è.” conferma Keira, passandosi una mano tra i folti ricci afro “Direi piuttosto che si tratti di rossetto. Ma non sono convinta sia di Amanda. Lo manderò alla scientifica, per risalire al DNA. Vi farò avere i risultati nelle prossime ventiquattr'ore.”
“Domani parto per Brighton.” annuncio io “Abbiamo una pista per rintracciare Nicholas Hoult.”
“Ottimo! Ah Sara! Prima che te ne vada, volevo parlarti… in privato.” sillaba Keira, mettendo una mano davanti alla bocca per eludere dallo sguardo di Richard.
Lui però, sembra già aver intuito che è giunto il momento di togliere il disturbo e, con i palmi ben in vista in segno di resa, esce dal laboratorio.
“Devi assolutamente raccontarmi com’è andata!” ordina Keira, trepidante, procedendo con le sue analisi al microscopio.
“…A cosa ti riferisci?”
“Ma ai Barnes, ovvio!” esclama forte, facendomi sobbalzare “Che faccia ha fatto Ben quando ti ha vista? Scommetto che è scappato a nascondersi!”
Keira sogghigna divertita.
Io la seguo, abbozzando una risata davvero poco credibile.
“E’… andata bene.”
E’ andatabene?!” ripete lei, mimando le virgolette con le dita “Ma allora è più grave di quanto pensassi… Sara, hai proprio traumatizzato quel povero ragazzo!”
In risposta, farfuglio qualcosa d’incomprensibile finché, ormai conscia di essermi cacciata in un vicolo cieco, decido di svelare a Keira il patto che io e Ben Barnes abbiamo stabilito.

Sì ok, che lui mi ha imposto.

“Cheee?!” lei sbotta in un grido così penetrante, che giurerei di aver visto vacillare le provette.
“Partite insieme per Brighton?! Tu, e Ben Barnes?” sbigottita, Keira si allontana dal microscopio e accavalla le gambe “Sara, non ti sembra un tantino…”
Azzardato?” Richard rispunta con impeccabile tempismo sullo stipite della porta “E’ quello che ho detto io!”
“Non rincominciare Rick!” lo zittisco all’istante.
“E cosa ha detto il Capitano Harvey?” interviene Keira, con occhi sbarrati “E’ d’accordo che Barnes ti accompagni da Hoult?”
Mi mordo il labbro.
“Ad essere sincera, non le ho ancora parlato…”
Cosa?!” inveiscono all’unisono Keira e Richard, folgorandomi con uno sguardo severo.
Già, sarà il caso che mi rechi al più presto dalla Harvey...




Angolino dell'Autrice: Ciao miei dolcissimi bastoncini di zucchero filato!
Come state? Per chi va a scuola, queste sono le ultime settimane perciò dateci dentro e pensate che l'estate è davvero dietro l'angolo!
Per chi, come me, è ancora sommerso di studio e lavoro, tieniamo duro e facciamoci forza a vicenda!
Voi che leggete, recensite e commentate siete per me una fonte inestimabile di energia e positività! Grazie di cuore!
Auguro a tutti voi una serena settimana! Ve amo 'na cifra!
Clairy
Se vi va di fare quattro chiacchere, vi lascio il link alla mia pagina Facebook -->
https://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=hl

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Beauty is in the eye of the beholder ***




Beauty is in the eye of the beholder – La bellezza è negli occhi di chi guarda


“Detective Carter, devo essere sincera. Non condivido la sua scelta di portarsi appresso Ben Barnes.”

L’ufficio del Capitano Elizabeth Harvey sembra ancora più stretto e soffocante.
E l’inquietante collezione di volatili di porcellana posti sulla mensola dietro di lei, mi causerà incubi per il resto della mia vita!
Tuttavia non desisto.
Di fronte alla considerazione della Harvey, mi limito a sollevare le spalle.
Le ho esposto come stanno le cose: se vogliamo trovare Nicholas Hoult, ex fidanzato della Seyfried nonché al momento principale indiziato, abbiamo bisogno di Barnes.
Ho evitato inutili giri di parole, che so bene quanto innervosiscano il Capitano.
Sono stata rapida e coincisa: domani partirò per Brighton.
E Ben, verrà insieme a me.
O almeno, questo era il mio piano prima che incrociassi l’occhiata infuocata della Harvey e vi leggessi la più destabilizzante disapprovazione.
Questa donna riuscirebbe a mettere i brividi a chiunque!
Gira voce che un terzo grado condotto da lei, sia mille volte peggio della più atroce tortura cinese mai stata eseguita.
Io non ho avuto il piacere, ma i volti sconvolti dei sospettati che nel corso degli anni uscivano dalla stanza degli interrogatori, sono stati abbastanza eloquenti.
La Harvey posa un gomito sulla scrivania per reggersi il capo con il palmo.
“Perché insiste che il ragazzo la accompagni?”
“L’ho promesso.” rispondo, risoluta.
“Detective.” lei si piega in avanti, incrociando le dita sul tavolo “Noi poliziotti facciamo tante promesse, ma non per mantenerle…”
Il silenzio che cala un attimo dopo, è asfissiante.
Ci scrutiamo, vigili, quasi una delle due dovesse avventarsi sull’altra in qualsiasi momento.
M’impongo però di non distogliere lo sguardo.
La Harvey è un osso incredibilmente duro, e per questo la rispetto.
Ma non ha idea del concentrato di cocciutaggine che si trova di fronte…
Il Capitano si abbandona allo schienale della poltrona, abbozzando una risata provocante.
“D’accordo Carter, voglio darle il beneficio del dubbio.” decreta infine “Ha sempre dimostrato grandi capacità e fino ad ora, non ho mai avuto motivo per riprenderla. Nondimeno, mi auguro lei sappia quello che sta facendo…”
Annuisco, decisa.
“Capitano, può fidarsi. Le porterò Nicholas Hoult e gestirò perfettamente la situazione.”
“Lo spero! Dopotutto mi dispiacerebbe requisirle pistola e distintivo…” dice la Harvey, pungente, ostentando un ghigno compiaciuto “Ma sa, come sono libera di dare, sono altrettanto libera di togliere…”
Deglutisco a fatica.

E’ una mia impressione, o qui dentro sembra mancare l’aria?

“Ah! Detective Carter!” grida lei, mentre mi appresto a lasciare l’ufficio.
Mi pietrifico.
Il Capitano è al mio fianco e mi dà un’energica pacca sulla spalla.
“Date le circostanze, si lasci rivelare da Barnes qualche novità sui suoi prossimi progetti...” il brusio della Harvey in prossimità del mio orecchio, mi fa rabbrividire da capo a piedi “Gira voce che ne abbia di interessanti in ballo… Anzi! Cerchi di carpire più dettagli possibili sulla sua vita privata. Voglio essere la prima ad avere l’esclusiva. Sono stata chiara, detective?”
La mia risposta si limita ad un sorriso inebetito.
Mi chiedo: se al posto di Ben Barnes ci fosse stato qualcun altro, ad una proposta tanto ardita la Harvey mi avrebbe ridotto a pezzetti, o direttamente sbattuta fuori a calci?



Questa notte non ho quasi chiuso occhio.
Chissà perché all’improvviso, il pensiero di viaggiare con Ben Barnes mi ha infuso un’inspiegabile agitazione.
Risultato?
Due borse sotto gli occhi e umore molto irascibile.
Percorro le strade londinesi, velate dalla fioca luce di un’alba invernale, finché non scorgo il profilo familiare dell’agenzia investigativa.
E rimango di sasso quando riconosco Barnes che già mi attende all’entrata.
Io non sopporto i ritardatari.
Ma nutro un odio profondo per chi è più puntuale di me.
Per un momento avrei giurato che il ragazzo avesse cambiato idea.
E invece eccolo lì! Con il suo borsone scuro, l’aspetto baldanzoso e un sorriso così spontaneo e raggiante da farmi sentire un relitto con i piedi.
Grazie al cielo gli occhiali da sole nascondono in parte la mia faccia stravolta…
Ben sta per dire qualcosa, tuttavia io lo interrompo subito.
“Caffè. Voglio. Un. Caffè. Altrimenti potrai anche parlarmi per ore, ma ti avverto lo farai a vuoto.”
Le sue labbra s’incurvano in una linea bonaria.
“Offro io!”

Bravo Barnes, abbiamo iniziato con il piede giusto.



Arrivati a Victoria Station, troviamo il nostro treno attenderci al binario.
“Quanto dura la tratta fino a Brighton?” domando al capostazione, un piccolo ometto con il berretto di una taglia più grande della sua testa.
“Una mezz’ora signorina!” grida lui, incrociando le braccia dietro alla schiena “Le conviene sbrigarsi, il treno è in partenza.”
Barnes ed io ci dirigiamo spediti verso le carrozze centrali.
“Mi spieghi perché tanto assillo sulle tempistiche del viaggio?” chiede lui, confuso “La signora alla biglietteria ti aveva già risposto.”

Volevo essere sicura di quanto durerà questo tormento...

Faccio spallucce e devio all’improvviso all’interno di un vagone.
Non è affollato, perciò troviamo con facilità un paio di posti liberi.
Accompagnati dal gracchiare di un fastidioso altoparlante, il mezzo prende velocità e il paesaggio inizia a scorrere sempre più rapido fino a che non prende le sembianze di una macchia indistinta.
Mi fingo impegnata nel sistemare la tendina sopra le nostre teste, ma quando ho terminato tutte le combinazioni possibili, capisco che non posso più eludere dallo sguardo di Ben.
“Sai cosa ha pensato mia madre quando ti ha vista la prima volta?”
Lo scruto, con finta indifferenza.
“Quanto tu sia stata disponibile e di ottima compagnia.”
Trattengo una risata.
“E’ evidente che non mi conosce.”
Ben corruga la bocca in una smorfia.
“Fidati, lei è piuttosto brava a capire le persone.”
“Se lo dici tu…”
“E i tuoi genitori?”
Contraggo istintivamente la mascella.
“E’ una storia lunga...”
“Il viaggio durerà per altri…25 minuti!” esclama lui, controllando l’orologio al polso “Abbiamo tutto il tempo.”
“E’ un po’ più complicato, fidati.”
Torno a guardare fuori dal finestrino, confidando che il silenzio sceso implichi la fine di questa chiacchierata.
Ma a quanto pare, lo stesso non vale per Ben…
“Avete un rapporto difficile?”
“No, Barnes.” sbotto, brusca “Sono morti in un incidente.”
Lui boccheggia, precipitando in un comprensibile imbarazzo.
“Non volevo essere brutale.” gli spiego, auspicando che riprenda a respirare e non mi svenga sul posto “Ma la tua insistenza iniziava a…infastidirmi.”
“Mi dispiace Sara. Anche se un: non voglio parlarne, sarebbe stato sufficiente.”
“Credevo che la mia espressione fosse chiara.”
“Non sono ancora in grado di leggere nel pensiero.” ribatte Ben, sardonico “E se devo essere onesto, tu hai sempre quello sguardo...”
Incrocio stizzita le braccia al petto.
“E quale sarebbe?”
“Quello di chi vuole disintegrare chiunque si ponga sul tuo cammino! Ho afferrato che questa situazione ti dà sui nervi, e che saresti disposta a viaggiare con qualsiasi persona che non sia io. Ma Sara, ti prego, dammi tregua!” implora lui “Sembra che tu voglia tenere tutto sotto controllo, ma quando le cose non vanno come le hai programmate, sfoghi il tuo sconforto su chi ti sta accanto.”
“Vuoi psicanalizzarmi Barnes?” insinuo, provocante “Tua madre ti ha insegnato il mestiere?”
“No, ma il suo mestiere ha aiutato molto me a mettermi nei panni degli altri.” risponde lui, preservando la sua serafica calma “Durante la mia crescita, i miei genitori erano molto interessati a come funzionava la mia mente, così mi chiedevano continuamente come stavo, cosa provavo. Questo ha reso la mia vita migliore. E ho capito che domandare un sincero come stai a qualcuno, può davvero fargli del bene.”
“Direi che hai avuto dei genitori sempre molto presenti.”
Ben annuisce deciso.
“Sono stati sempre al mio fianco. Penso di essere diventato attore a causa loro. Curiosamente i miei genitori non volevano questa carriera per me. Avrebbero preferito una professione che mi garantisse un futuro più sicuro. Ma quando avevo 16 anni, scrissi loro una lettera e la lasciai sulla porta della loro camera da letto. Dissi che volevo essere un attore, con tutto me stesso.”

Diamine, è una cosa davvero tenera.
…Persino per me!
 
Regola numero 3. Non mostrare mai affetto o simpatie per un sospettato, potrebbero utilizzarle contro di te.

“Non sarebbe figo entrare nella mente di un’altra persona per cinque minuti?” soggiunge Barnes “Ecco, essere un attore ti fa vivere qualcosa di simile. Recitare non è altro che provare come mi sentirei in questa o in quella situazione e come reagirei se fossi qualcun altro.”
“Attore, e anche filosofo. Wow! E sentiamo, come riesci a gestire la fama?”
"Non ho problemi per quello. Ti racconto una cosa…” Ben mi si avvicina, attenuando il tono di voce “Una volta, ero su un aereo diretto a Los Angeles e l'unico film che stavano proiettando era Stardust. E nei primi dieci minuti, ci sono praticamente solo io! Ho pensato: Oh no, è imbarazzante, ora i passeggeri verranno qui! E... niente! Niente!"
“Forse non sei poi così bravo.” rifletto io “Mai pensato di cambiare carriera?”
Brrr!” fa lui, stringendosi nelle spalle e fregando le mani sulla maglia.
Lo osservo perplessa.
“…Hai freddo?”
“No. Ma tu sei gelida!”
"Sono realista.” lo correggo “Non sei più un ragazzino.”
Ben solleva un angolo della bocca, malizioso.
“Non sai che il fascino di un uomo arriva con gli anni?”
Arriccio il naso.
Lo ammetto.
E’ buffo.
E dice ciò che gli passa per la testa con una sorprendente spontaneità.
Chissà che questo viaggio non si riveli un’esperienza…diciamo, inaspettata?

 
 
 
Angolino dell'Autrice: Ciao miei dolcissimi e succulenti ghiaccioli alla frutta!
Anche in questo capitolo, ho voluto inserire qualche aneddoto espresso direttamente da Ben Barnes.
Seguo con una certa costanza la vita di questo attore, e in molte delle sue interviste sono rimasta affascinata da alcune sue affermazioni e dalla sensibilità con cui tratta determinati argomenti.
Ci tenevo a riportarle, con la speranza che rendano la storia un pochetto più realistica. Spero non sia un fastidio!
Vi ringrazio per la grande forza che mi infondete! Siete fantastici!
E in bocca al lupo per esami / maturità / università / lavoro / sopportazione del caldo!
Vostra Clairy
Ecco la mia Paginetta Facebook -->  https://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=settings

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** A change is as good as a rest ***




A change is as good as a rest - Un cambiamento fa bene quanto il riposo

 
Devo decidermi ad uscire da questa vasca.
Ho i polpastrelli che sembrano prugne secche.
Credevo che un bagno caldo fosse quello che ci voleva per una notte insonne, trascorsa ad imparare a memoria il menù del servizio in camera dell’albergo.
Ma l’effetto non è stato quello sperato.
Continuo a pensare che nella stanza in fondo al corridoio si trovi Ben Barnes e che, forse, il Capitano Harvey aveva ragione.
Non avrei dovuto portarlo con me.
Cavolo non è mica una scampagnata!
Una ragazza è stata uccisa, le indagini sono ad un punto morto (scusate il gioco di parole) ed io negli ultimi tempi mi comporto come una rincitrullita.
Ieri pomeriggio ad esempio.
Barnes scherzosamente mi ha domandato se il viaggio in sua compagnia, fosse stato tanto tragico.
E sapete cosa ho risposto io?

“In fin dei conti poteva andarmi peggio.”

…Cioè, ci rendiamo conto?!
Come diamine mi è venuta in mente una risposta del genere?!
Mi tappo il naso ed immergo la testa sotto l’acqua finché, a corto di fiato, riemergo tra un turbinio di bolle d’ossigeno.
Esco dalla vasca e mi avvolgo svelta nell’asciugamano.
Con un rapido gesto faccio scorrere il palmo sulla superfice appannata dello specchio.
Passo le dita tra i capelli bagnati ma perdo le speranze di fronte a quella matassa ingarbugliata.
Strusciando i piedi umidi sulla soffice moquette, mi dirigo alla finestra e ne scosto i pesanti tendaggi.
Vedo il mare, le cui onde lambiscono la spiaggia di Brighton con le sue casette colorate, e tra la foschia scorgo una piattaforma sospesa sull’acqua, su cui si eleva il luna park e la maestosa ruota panoramica.
All’improvviso sento bussare.
“Sara, sono Ben!” odo dall’altra parte, mentre il cuore mi si ferma in gola.
Appena spalanco la porta, la sua mascella sembra toccare il pavimento.
Forse perché indosso solo un asciugamano?
Ben contempla imbambolato le mie gambe nude.
“Io n-non sapevo se fossi sveglia…”
“Cinque minuti.” asserisco scattante “Ci vediamo nella hall.”
Il ragazzo però, mi pare ancora un po’ scombussolato.
“Tutto bene Barnes?” mormoro, dischiudendo le labbra e arricciando una ciocca intorno al dito.
Lui scuote il capo.
 “C-certo! Mi chiedevo se, magari, ti andasse di scendere direttamente così…”
Ruoto gli occhi al cielo e richiudo la porta.
Appoggio la schiena alla parete, mordicchiando l’unghia del pollice.
E me la rido di gusto.
 

Lo studio nel quale Nicholas Hoult sta tenendo il suo servizio fotografico, non è molto lontano da dove alloggiamo.
Almeno così mi ha assicurato Ben.
Proseguiamo lungo Brighton Beach, gremita di negozi e i tipici chioschi locali.
E’ bello il mare, in questa stagione.
Il ritmo delle onde risulta un’inedita ma piacevole colonna sonora, e ne posso gustare la bellezza senza che venga eclissata dal vocio dei turisti nel pieno del delirio estivo.
“Non trovi che il mare d’inverno abbia un certo fascino?” osserva Barnes.
Reprimo un gemito.

Che sappia pure leggermi nel pensiero adesso?

Mi limito ad annuire, fingendo disinteresse.
“Vedi?” esclama lui “Su qualcosa siamo d’accordo. Stiamo facendo progressi.”
Gli lancio una frecciata di sottecchi.
E lui sfoggia un altro di quei suoi sorrisi disarmanti.
“Il mio Capitano ha minacciato di licenziarmi se al mio ritorno non le avrò riferito qualche pettegolezzo su di te.”  
“E qualcosa mi fa pensare che tu sia già sul filo del rasoio.”
Mi mordo l’interno della guancia.
“In un certo senso…”
“Mi dispiace Sara, davvero, non volevo metterti nei casini.”
Nah! In parte mi ci sono messa da sola.”
“Non direi!” obietta Ben “Sono consapevole dei rischi che stai correndo per avermi portato con te.”
“Sei ancora in tempo per redimerti Barnes.”
“Cosa vuoi sapere? E non vale chiedermi della mia vita sentimentale.” soggiunge, impacciato “Direi che date le circostanze, è argomento off-limits.”
“Così non mi sei di aiuto!” impreco io “Cosa pensi interessi al mio capo?!”
Lui affonda le mani nelle tasche dei jeans.
“Diciamo che non…ho avuto molto relazioni.”
Sbuffo.
“Non fare il prezioso.”
“Non mi credi?”
“Neanche un po’.”
Tuttavia dalle spalle incassate, afferro che l’argomento non lo mette a suo agio.
Va bene. Saltiamo il capitolo vita privata di Ben Barnes. Passiamo alla carriera, programmi?”
E Ben si rianima.
Con precisione e trascinante entusiasmo, mi racconta dei progetti in corso.
Di ognuno, qualcosa lo emoziona: dall’interpretare un gangster mafioso, al poter imparare a suonare la chitarra, fino a combattere contro mostri sputafuoco e streghe lunatiche.
Pare un fiume in piena!
E con mio stupore, si rivela avvincente ascoltare le sue avventure.
E’ profondamente innamorato del suo lavoro.
Gli brillano gli occhi.
“Sai Barnes, forse non sei quell’attore da strapazzo che credevo.”
Lui mi squadra con sufficienza e, senza che me ne accorga, sfila con estrema rapidità il cappello di lana dal mio capo.
Se lo rigira tra le mani finché, di fronte alla mia espressione assatanata, non decide di restituirmelo.
“Non farlo mai più.” lo avverto “Altrimenti ti sparo.”
Lui leva i palmi al cielo, fingendosi impaurito.
Torva, ficco brusca il mio berretto fin sotto le sopracciglia.
Accidenti.
La mia autorità sta andando a farsi benedire!
 
 
Lo studio fotografico si trova in una stradina poco trafficata nei pressi del centro di Brighton.
Già da qualche metro dall’ingresso, vedo stagliarsi un gigante di due metri, intento ad intercettare cosa l’auricolare nel suo orecchio stia trasmettendo.
E’ sufficiente esibire il mio distintivo perché ci lasci subito entrare.
La prima impressione, è quella di essere finita in una puntata di Baywatch.
Hanno allestito un set per un servizio di costumi da bagno, con tanto di sabbia, palme finte e un ventilatore gigante per un effetto ancora più suggestivo.
Nicholas Hoult rivolge sguardi sensuali agli obiettivi delle macchine fotografiche, mentre un paio di modelle in bikini si strusciano sul suo petto.

Per la serie: viva la sobrietà.

Non appena avvista Ben tra quel luccichio sfrenato di flash, il biondo grida ai presenti di interrompere tutto e corre aitante verso di noi.
Si fionda letteralmente su Barnes, abbracciandolo con una tale foga che, mi pare, essere un tantino eccessiva.
E finalmente, Hoult mi degna della sua attenzione, scandagliandomi con un risolino compiaciuto.
“Ah però Ben! Non sapevo ti fossi rimesso in pista!” afferma il ragazzo, battendo una generosa pacca sulla spalla dell’amico.
Barnes deglutisce a fatica.
“Ehm Nic, veramente lei è…”
“Detective Sara Carter.” intervengo io, solerte.
“Ma lo sa che ha un corpo meraviglioso?” se ne esce Hoult, quasi avesse ignorato le mie parole “Sarebbe perfetta nel mio calendario!”
“Signor Hoult si risparmi queste pessime uscite. E’ morta una ragazza, Amanda Seyfried. Le dice niente?”
“Amanda…certo, ho saputo.” una parvenza di serietà fa capolino sul suo volto “Eppure non capisco il motivo della sua visita Detective.”
“Lei è un sospettato Hoult.”
Cosa?!” tuona lui, facendo traballare i muri di polistirolo del set “Sta scherzando spero!”
Lo squadro, sollevando un sopracciglio.
“Le sembro una che ama scherzare?”
Barnes intanto si avvicina all’amico con passo guardingo.
“Nic, resta calmo!”
“Amico, ma tu da che parte stai?!” inveisce il biondo, scostandosi “No che non sto calmo! Non tollero questo tipo di accuse, sono tutte balle!”
“Io non la sto accusando, signor Hoult. Voglio solo scambiare quattro chiacchere.”
Nicholas incrocia le braccia, sborone.
“E se mi rifiutassi?”
“Nick, ascoltami!” Ben lo afferra con forza per il polso “Nessuno ti sta incolpando, chiaro? Ma sei stato un ex di Amanda. Cosa credi, ci sono passato anch’io! Collabora con la polizia. Se rifiuti di parlare, non ti metterai in una buona posizione…”
“…Non avrei mai fatto del male ad Amanda. Questo lo sai Ben...” dice sottovoce.
“Allora non hai nulla da temere.” lo rassicura “Sottoponiti all’interrogatorio, fidati di me.”
“Di te mi fido. Ma di lei…”
Hoult mi lancia un’occhiata contrariata.
“Va bene, detective. Troviamo un posto più tranquillo.”
“Sono d’accordo.” dichiaro “E Signor Hoult, la prego, s’infili una maglietta.”

 


Angolino dell'Autrice: Ciao miei freschissimi spicchi di anguria!
Oh mannaggia, vi chiedo perdono per questo mio improponibile ritardo! Ma vi assicuro che sono stata risucchiata dallo studio, ho avuto poco tempo per scrivere e non me la sentivo di pubblicare tanto per.
Vi chiedo scusa e spero di tornare ad essere più puntuale.
Voi siete sempre di una dolcezza indescrivibile, e vi ringrazio di cuore per infondermi tanta energia!
Ve amo 'na cifra! E combattiamo insieme questo ciclone africano (che, secondo me, poteva anche restarsene a casa sua)!
vostra Clairy

Ecco la mia Paginozza Facebook --> https://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Cheap shot ***




Cheap shotColpo basso


Lasciati alle spalle il pletorico set californiano e i membri della troupe (le cui espressioni sconvolte sarebbero da incorniciare) Nicholas Hoult ci conduce nel suo camerino.
Il locale è ampio, dal tipico stile minimalista, illuminato da alcuni faretti alquanto accecanti sparsi nella stanza.
Hoult si abbandona su un divanetto di pelle, distendendo le lunghe gambe davanti a sé.
“Si accomodi, detective.” dice con aria sprezzante, in quanto l’unico posto disponibile è uno sgabello alto e dalla discutibile stabilità.
Barnes invece si sistema poco lontano, sulla sedia girevole accanto alla postazione trucco.

Povero, il ragazzo è il più teso di tutti.

“Che colpo basso amico…” borbotta il biondo “Mi porti la polizia e neanche ti degni di avvisare.”
“Non avevo scelta Nicholas.” reagisce Ben, impiegando una buona dose del suo ormai esemplare autocontrollo.
“E’ infantile il suo comportamento.” m’intrometto, dura “Sia sincero Hoult, se l’avessimo avvisata del nostro arrivo, non avrebbe tagliato subito la corda?”
Lui tace.

Ovviamente.

“Il signor Barnes è venuto per sostenerla, come un buon amico.” proseguo “Una persona a cui entrambi eravate legati è stata uccisa. E se la relazione con Amanda ha significato qualcosa per lei, il suo contributo ci aiuterebbe a fare giustizia. Sempre che non sia troppo vigliacco per affrontare tutto questo…”
Alla mia velenosa considerazione, Hoult si raddrizza sul divano e si piega in avanti.
“Com’è stata uccisa?” mormora.
“Una bottiglia, sul cranio.”
Il ragazzo passa le mani tra i corti capelli e impreca sottovoce.
“I-io non capisco... Chi mai le avrebbe fatto una cosa del genere?”
“Ancora non lo sappiamo Hoult. Ma lei può aiutarci.”
Il biondo si stringe nelle spalle.
“Lo giuro detective, non avrei alzato un dito contro Amanda.”
“Inizi con il dirmi dove si trovava la notte dell’omicidio.”
“Ero in viaggio, per Brighton. Ho conservato il biglietto. E’ proprio lì, sul tavolo.”
Davanti a me, tra una montagna di scartoffie, intravedo il biglietto del treno: spiegazzato, raggrinzito in un angolo per quella che pare una macchia di caffè, tuttavia sufficientemente integro per confermare la versione di Hoult.
“Si è fatta un’idea sbagliata su di me detective...” soggiunge lui “Mi ha già etichettato come lo stronzo insensibile ed egocentrico.”
“Io non giudico. Mi limito a constatare l’evidenza.”
“Guardi che sono un bravo ragazzo!” controbatte, sfoggiando uno sguardo languido “Lo sa che lavoro a maglia?”
Lo squadro scettica.
“Confermo.” interviene Ben, alzando la mano “Lo scorso Natale mi ha regalato una sciarpa di lana.”
“Tra l’altro non te l’ho mai vista indossare!” Hoult incrocia indispettito le braccia al petto “Ho trascorso una notte intera su quella sciarpa!”
“Hoult, la prego.” lo interrompo, spazientita “Non disperdiamo quel minimo di serietà che eravamo riusciti a creare.”
“D’accordo, confezionerò qualcosa anche per lei detective.”
Il biondo strizza l’occhio, ma lo ignoro.

Eppure in fondo (molto in fondo) mi fa sorridere.
La sua persona è così…contradditoria.
E’ uno spilungone con un‘accentuata mania di grandezza, ma quei grandi occhioni azzurri da bambino lo fanno sembrare tanto vulnerabile.
“Sapeva se Amanda stesse frequentando qualcuno?” gli chiedo poco dopo.
“Probabile, conoscendola... Ma non saprei darle un nome. Però ultimamente alloggiava spesso in quel famoso albergo di Londra… “ si pinza la fronte con le dita, assorto nei suoi pensieri.
“Per caso si riferisce al Buckingham Palace Hotel?” lo aiuto io.
Hoult schiocca le dita.
“Esatto, quello! Forse si vedeva abitualmente con qualcuno...”
“Amanda è stata trovata proprio nella suite di quell’albergo.”
Di fronte alla mia inaspettata notizia il ragazzo strabuzza gli occhi, per poi piombare in un silenzio sospetto.
“Hoult se è a conoscenza di qualcosa che dovrei sapere…”
“Detective, come le ho già detto, non so niente.” lui si appoggia allo schienale, pensieroso “Ma posso darle un consiglio: cerchi di capire a chi Amanda si rivolgeva per comprare la droga.”
“Crede che avesse dei debiti con degli spacciatori?”
“So che negli ultimi tempi Amanda aveva avuto qualche… problemino economico. E in quei giri far incazzare le persone sbagliate non porta mai a nulla di buono…”
“E cosa sa dirmi del capo della Seyfried, il signor Ward?” gli domando.
“Non l’ho mai conosciuto. Ma da quanto mi raccontava Amanda, deve essere un vero maniaco!” Hoult indirizza un’occhiata eloquente a Ben che concorda con un mesto sorriso “Ma non mi preoccuperei, quello ci provava con tutte. Comunque le basta chiedere alla migliore amica di Amanda, Gabriella Wilde. Lei potrà confermare.”
“Abbiamo già provveduto.” lo informo “Recentemente ha avuto contatti con la signorina Wilde?”
Lui annuisce deciso.
“Gabriella mi ha scritto un messaggio qualche giorno fa, per riferirmi cosa fosse accaduto ad Amanda...”
“E c’era mai stata rivalità tra le due? Magari invidia? O qualche disputa in corso?”
Il ragazzo trattiene una risata.
“Detective, se mi sta domandando se Gabriella abbia potuto uccidere Amanda, le assicuro che è fuori strada. Quella ragazza è più allucinata di quanto non lo fosse Amanda! E poi Gabriella stravedeva per lei. Era il suo idolo, la seguiva ovunque. Insomma, un tipetto che non ti scolli facilmente di dosso…” dopo una breve pausa, riprende con tono più greve “Amanda era tutto per lei. Non ho mai sentito Gabriella raccontare dei suoi genitori o di fratelli e sorelle… Credo che Amanda fosse la sua famiglia.”
“E d’altro canto, la sua ex fidanzata adorava essere al centro dell’attenzione.” aggiungo io, con un pizzico di cinismo nella voce.
“Già, lo adorava…” Hoult si rintana per un istante nei suoi ricordi, tuttavia quell’ombra di fragilità che colgo nei suoi occhi è subito rimpiazzata dalla sua espressione presuntuosa.
“E comunque, salvo che anche Gabriella non fosse fatta, dubito che sia stata in grado di architettare addirittura un omicidio…”

Ho carpito qualche informazione utile perciò, terminate le domande di routine, decido che è giunta l’ora di togliere il disturbo.
“Rivaluti la mia proposta di lavoro detective Carter.” dice Hoult, ammiccante ”Di bikini qui ne abbiamo in abbondanza!”
Barnes ed io usciamo dallo stabile.
Grazie al cielo.
Inspiro profondamente, grata di essere di nuovo all’aria aperta.
Il caso Seyfried mi fa sorgere il dubbio di essermi cacciata in una gabbia di matti.
E che ciò non stia mandando fuori di testa anche me…
“Credevo che il tuo amico Hoult si rivelasse più utile alle indagini…” ammetto “Speravo davvero in una svolta…”
Ben incrocia impassibile le braccia dietro la nuca.
“Beh, vedila così Sara: se dovesse andarti male la carriera di poliziotto, hai spianata la strada come modella.”
“Ma fammi il piacere!”
Lui mi rivolge uno sguardo innocuo.
“Perché no? Nic ha ragione, hai un gran bel fisico!”

Regola numero 4. Non permettere mai ad un sospettato di farti complimenti, lusingarti o adularti. E’ un modo per fargli conoscere i tuoi punti deboli.

Devo fare un considerevole sforzo per non tirargli un pugno in faccia.




Angolino dell’Autrice: Ciao miei piccoli funghetti sott'olio!
Come state? Mi auguro stiate trascorrendo delle belle vacanze!
Grazie per aver letto e per continuare a seguirmi con costanza. E se vi va di lasciarmi un commentino, qualche consiglio o scambiare quattro chiacchere, mi farebbe davvero molto piacere.
Anzi, già che ci sono vi lascio anche il link alla mia Pagina Facebook --> https://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=settings
Ve amo ‘na cifra!
Clairy.

P.S.: Per un certo periodo lavorare a maglia è stato realmente un hobby per Nicholas Hoult. ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** A picture says a thousand words ***




A picture says a thousand words - Un’immagine vale più di mille parole
 

 
Bussano alla porta della mia camera.
E per poco non mi ribalto giù dal letto.
Do una rapida scorsa allo schermo del cellulare.
Sono stata talmente risucchiata dal trascrivere ed esaminare la deposizione di Nicholas Hoult che non mi sono nemmeno resa conto dell’ora tarda.
Mi catapulto di tutta fretta alla porta, lasciando alle mie spalle una scia di fogli volanti.
Davanti a me, nella sua impeccabile quanto genuina eleganza, Ben Barnes sfodera un sorrisetto sghembo.
“Disturbo?”
“Ehm… no, diciamo di no…” farfuglio, passandomi una mano tra i capelli ed evitando che Ben veda il caos nella mia stanza.
Troppo tardi.
Non gli è difficile, considerata la sua notevole statura, scorgere il pandemonio alle mie spalle.
“Mi sembra che tu sia piuttosto indaffarata.”
“Stavo solo…” ma m’interrompo.
Perché dovrei fornirgli spiegazioni? Dopotutto sto facendo il mio lavoro.
E di sicuro non sono tenuta a renderlo partecipe.
“Hai bisogno di qualcosa Barnes?”
“Pensavo ti andasse di uscire. Sai, prendere un po’ d’aria, scambiare quattro chiacchere…”
“Grazie per la proposta.” taglio corto io “Sto bene qui.”
“Hai cenato?” chiede.
Io annuisco, tuttavia il sonoro brontolio proveniente dal mio stomaco non sembra dello stesso parere.
“Dai Sara!” insiste Ben “Esci da questo bunker e vieni a mangiare un boccone!” poi, con aria ammiccante, soggiunge “Offro io.”
“…Va bene.” cedo infine “Aspetta, prendo la borsa.”
Richiudo la porta.
Già mi sto pentendo di aver accettato, ma ormai non posso tirarmi indietro.
Tanto vale rendermi un minimo presentabile, no?
Mi fiondo in bagno, sistemo i capelli, metto un filo di rossetto, acchiappo la borsa e sono di nuovo di fronte a Ben.
“E comunque mi pago da sola la cena.” dichiaro, inamovibile, mentre ci dirigiamo verso l’ascensore.
“Non puoi accettare un atto di galanteria per una volta?”
Io scuoto la testa decisa.
“Sei testarda!” sbuffa lui.
“Più di quanto tu possa immaginare.”


Ci troviamo in un pub di Brighton.
E’ un posticino alla mano, senza pretese.
Luci soffuse, cameriere che si destreggiano fra i tavoli portando ai clienti boccali stracolmi, un accenno di musica jazz in sottofondo.
In un angolo, intenti a seguire una partita di rugby, un gruppo di amici è incollato allo schermo del televisore ed esulta ogni tanto.
Addento con un morso il mio hamburger.
“Pensavo fossi più… sofisticata.” osserva Ben, guardandomi assorto.
“Tipo cena in un ristorante esclusivo e a lume di candela? No, grazie.”
Mi sorride.
“Non ho detto che sia un male.”
Tracanno un sorso di birra ghiacciata ma il boccone mi rimane comunque in gola e fatico a mandarlo giù.
“Beh, tu sarai circondato da modelle per me un’insalata scondita!” dico, atteggiandomi.
“Oh sì, ed è snervante! Rinunciare a questo…” Ben intinge generosamente una patatina nel ketchup “Mai!”
Io lo seguo e, con un cenno d’intesa, la divoriamo.
“Cosa ti ha fatto pensare che io sia un tipo sofisticato?” gli chiedo poco dopo.
“Ecco… sei molto metodica, e ci tieni ad avere tutto sotto controllo. Le tue parole d’ordine sembrano essere disciplina e perfezione. Insomma Sara, infondi una certa soggezione...”
Barnes si gratta la nuca, chiaramente imbarazzato.
“E’ vero, molti hanno questa impressione.” confermo io “Però trae in inganno sai? Sono sempre stata una cattiva ragazza. E’ stata la scuola di polizia ha rimettermi in riga.”
Lui spalanca gli occhi.
Sara Carter una cattiva ragazza?! Nah, non ci credo!”
Batto decisa una mano sul petto e pongo ben in vista l'altra.
“Giuro!”
Lui incrocia le braccia, con fare provocante.
“D’accordo. Fammi un esempio.”
“A sedici anni avevo una moto. Era assolutamente meravigliosa! Ricordo quanto lavorai duro per permettermela. All’epoca stavo con un motociclista e facevamo parte di una piccola banda. Eravamo sempre in giro, a combinare qualche ragazzata, con il rombo dei motori che ci accompagnava ovunque… Insieme alle grida delle vecchie infastidite del baccano.”
“Io ho sempre voluto essere un motociclista.” rivela Ben, con occhi sognanti “E’ figo!”
“E’ molto più che figo!” lo correggo “La velocità, l’adrenalina e tutto il resto... Ma ora, sono dalla parte della legge.”
Lascio scorrere l’indice sulla condensa del mio boccale, pensierosa e con un poco di malinconia per i vecchi tempi.
“Ma tu Barnes potresti proporre di interpretare un motociclista in un film. Sai no, con i teschi tatuati sull’avambraccio, la bandana e la tuta attillata…”
“Non credo sia il mio destino.” mormora Ben, evidentemente non cogliendo il mio sarcasmo “Ho sempre avuto ruoli non proprio da... duro. Pensa che una volta, mi hanno persino fatto indossare delle extension! Ho ancora impresso nella mente il prurito insopportabile…”
“Ma è solo un caso!” gli faccio notare, eppure lui m’indirizza un’occhiata dubbiosa.
“Solo un caso? E se ti dicessi che da ragazzo…ero in una boy band?”
Trattengo una risata.
“Mi prendi in giro.”
“Affatto! Una vera boy band, con coreografie e mosse sensuali annesse. Se ci ripenso mi viene da piangere!”
“Imbarazzante…” farfuglio, nascondendo il viso nel bicchiere.
Barnes inclina il capo, stizzito.
“Ti prego Sara, non infierire!”
Rido.

Ma all’improvviso, è come se mi svegliassi.
Ma cosa diamine sto facendo?!
Perché sto permettendo alla Sara simpatica, chiacchierona e alla mano di prendere il sopravvento?
Questo non deve accadere.
Mai.
Soprattutto sul lavoro.
E sono un’emerita idiota se l’ho permesso.
Mi schiaffeggio mentalmente per poi richiudermi rapida in me stessa.
E ciò non sfugge a Ben.
“Tutto bene?” mi chiede.
“Voglio tornare in camera.”
Faccio per alzarmi ma lui, con eccezionale prontezza, mi ferma per un braccio.
“Cosa c’è Sara?”
“Te l’ho detto! Voglio tornare all’albergo.” sbotto, infastidita “Ho bisogno del tuo permesso?”
Lui alza i palmi in aria e mi fissa allibito.
“Non capisco perché devi comportarti così. Stiamo avendo una normale chiacchierata. Cosa c’è che non va?”
Questo non va Barnes. Non va bene che tu sia venuto a Brighton, non va bene che io mi sia lasciata abbindolare e te lo abbia permesso, non va bene che io sia qui…”
“...Con me.” termina lui, tristemente.
“Già. Perciò se vuoi scusarmi…”
Raccatto le mie cose mentre percepisco lo sguardo insistente di Ben seguire ogni mio movimento.
“Ora ho capito…” dichiara in fin di voce, riducendo gli occhi a due fessure.
“Bene, mi fa piacere.” lo liquido, ma lui non demorde.
“Ho capito perché ergi questa corazza.”
Sbuffo.
“Ancora con la psicanalisi?!”
“E’ come se fossi costretta a portare una maschera. Devi sempre mostrarti sicura di te, tutta d’un pezzo, capace di comandare. Perché in fondo tu adori dire alla gente cosa deve fare.”
Serro le mani a pugno, percependo le unghie nei palmi.
“Questa non sei tu Sara, ma è il ruolo che ti sei imposta di interpretare.” prosegue Ben “E lo sfrutti a tuo piacimento, per non lasciarti coinvolgere e mantenere sempre un distacco.”
“E non ti sei mai chiesto il perché del mio atteggiamento?”
Questa volta sono io che lo ammutolisco.
“E’ vero, seguo delle regole ben precise e rinnego ogni tipo di distrazione che mi distolga dal lavoro. E sì, sono anche una stronza rompiscatole! Ma non ho altra scelta Barnes. E’ l’unico modo che ho per affrontare tutto questo, per reagire alle pazzie che vedo là fuori, e non rimanerne vittima.” m’interrompo, agitata, cercando di regolarizzare il respiro “Devo essere forte se voglio infondere coraggio ai parenti delle vittime. Come pensi ci si senta a doversi recare nelle loro case e rivelare che quella sera il figlio non tornerà per cena?”
Ben si china e mi rivolge uno sguardo dolce.
“Sara, tu sei forte! Sei la persona più coraggiosa che abbia mai incontrato. Ma per me coraggio è anche essere onesti con se stessi, non fingere di essere qualcuno che non sei. E il fatto di ridere, lasciarti andare qualche volta, non è una mancanza di rispetto verso le vittime. Perché rimani comunque un ottimo detective che compie egregiamente il suo lavoro e dà giustizia a decine di famiglie.”
Trascino il dito lungo il bordo del bicchiere.
“La fai facile tu…”
“Ma lo è!” replica Ben “Tu vuoi complicarti l’esistenza ma non ce n’è bisogno! Sei un ottimo poliziotto, non devi dimostrarlo.”
Non rispondo.
Mi limito a guardarmi attorno, per non incrociare il suo sguardo.
“Senti, non parliamone più.” Ben si sfrega le mani “E ti chiedo scusa se ho detto qualcosa che ti ha infastidita.”
Vorrei aprirmi con lui.
Dirgli cosa penso. Sfogarmi.
Perché in fondo m'ispira fiducia.
Vorrei farlo…
Ma per fortuna c’è la vibrazione nella tasca dei miei jeans ad impedirmi di compiere una cavolata del genere.
E’ Richard.
“Pronto?!” dico con un po’ troppa enfasi.
Lo sento ridere.
“Brutto momento?”
Gli uomini davanti alla televisione erompono in uno schiamazzo.
“No, anzi. Hai bisogno Ric?”
“Ma dove sei Sara?” chiede invece lui “E cos’era quel rumore?”
“Sono in un pub.”
“Ah! In ottima compagnia mi pare di capire!”
“Sono con Barnes.”
“Oh. Capisco…” s’infiltra un silenzio imbarazzante “E…vi divertite?”
“Ric! Mi hai chiamato per un valido motivo o per sapere come trascorro il mio tempo libero?”
“Tratta bene quel ragazzo Sara!” mi raccomanda, con una nota d’ironia “E cerca di tenere la pistola nella custodia.”
“Se non ti dai una mossa Richard, la mia prossima vittima sarai tu.”
“Frena i tuoi bollenti spiriti tesoro! Ho delle novità sul caso Seyfried.”


 
Angolino dell’Autrice: Ciao miei croccanti cornetti Algida!
Come procede questo caldo agosto?
Spero siate al mare, spaparanzati sotto l'ombrellone e con un bel bibitone ghiacciato.
Io sono tornata dalle mie vacanze al mare, per questo non sono riuscita a pubblicare prima.
Come sempre ci tengo a ringraziarvi veramente di cuore per la dolcezza e l’affetto che mi riservate ogni volta. Siete splendidi!
Vi auguro un buon proseguimento!
Ve amo ‘na cifra!
Vostra Clairy

La Mia Paginetta Facebook --> http://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=settings
 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Having butterflies in the stomach ***




Having butterflies in the stomach
– Avere le farfalle nello stomaco

 
In fretta e furia esco dal pub dove Ben ed io abbiamo trascorso la serata.
Una strana serata oserei dire.
Ma su questo punto torneremo più tardi.
Al momento sto facendo attendere Richard in linea (dice di avere qualche aggiornamento sul caso Seyfried), così porto il cellulare all’orecchio.
“Ric, ci sono.”
Richard è un fiume in piena ma non ascolto una parola.
Sono troppo impegnata ad osservare i gesti esasperati di Ben.
Vorrebbe che gli permettessi di ascoltare la conversazione, ma faccio finta di non cogliere.
Così, giusto per il piacere di vederlo rendersi ridicolo.
“Richard aspetta, c’è qui Barnes. Ti metto in vivavoce.”
Ben mi rivolge un’occhiataccia mentre si stringe infreddolito nel giubbotto.
Ciao Ben!” saluta Ric.
“Buonasera signor Mills!” ricambia lui.
“Ragazzo, ti prego, queste formalità mi fanno sentire vecchio! Allora, come sta andando? Bella città Brighton, vero?”
“Dacci un taglio Ric!” sbotto io “Come procedono le indagini?”
“Ho controllato l’alibi di Nicholas Hoult, come mi avevi chiesto.” dopo una breve pausa, aggiunge “Regge, il ragazzo sembra a posto Sara.”
Scorgo Ben tirare un sospiro di sollievo.
Io invece, non mi scompongo. Mi limito solamente a suggerire di non escludere nessuna possibilità.
“Sono d’accordo.” asserisce Richard “Ah! Un’altra cosa Sara: ricordi il signor Bradford, il direttore del Buckingham Palace Hotel? Ci ha inviato le registrazioni delle videocamere, quelle poste nei paraggi della suite in cui abbiamo trovato Amanda...”
Richard tace, lasciando che una vena di mistero s’infiltri tra noi.
“…Trovato qualcosa?” chiedo infine, ben consapevole di quanto adori creare quel pizzico di suspense.
“Oh sì, e ti piacerà! Si vede chiaramente una figura incappucciata uscire dalla stanza della Seyfried.”
Barnes ed io ci guardiamo per un istante, tesi come corde di violino.
“Siete riusciti a capire di chi si tratta?” domando a Ric.
“Purtroppo, ragazza mia, siamo in alto mare... La ripresa è lontana e la qualità del video non è sufficiente per individuarne i lineamenti. Al momento stiamo svolgendo qualche riscontro facciale, ma ancora non abbiamo trovato nessuna corrispondenza.”
“Continuate a provare!” gli raccomando “Sotto quel cappuccio potrebbe nascondersi il nostro assassino. Domani voglio comunque controllare quei nastri. Potrebbe esserci qualcosa di utile.”
Le mie parole sembrano cogliere Richard di sorpresa.
“Tornate già a Londra?!”
“Sì, certo. Il mio lavoro è terminato qui.”  
“Beh, potresti regalarti qualche giorno in più nella ridente cittadina di Brighton!”
“Non voglio nemmeno risponderti.” lo fulmino io.
“Se Sara dovesse trattenersi qui in mia compagnia…” s’inserisce Ben, rivolgendomi un’occhiata sagace “Credo che sarebbe capace di affogarmi nel porto!”
Richard scoppia in una fragorosa risata.
“Allora ti aspettiamo a braccia aperte piccola! E riportarci Barnes tutto intero, può ancora servirci per le indagini!”


Il nostro ritorno in albergo è stato all’insegna di occhiate sghembe e pause di silenzio interminabili.
Ben ed io ci saremo scambiati sì e no una decina di parole.
E una volta raggiunte le nostre stanze, l’ho liquidato con uno sfuggevole cenno.
Nonostante le considerevoli novità che Richard mi ha fornito sul caso Seyfried, la mia testa pare incapace di trovare la concentrazione necessaria.
Non riesco a non pensare alla conversazione di poco fa con Ben.
Mi sono comportata come fossimo amici di lunga data, finendo però per abbassare le difese e spifferare aneddoti sulla mia adolescenza e aspetti della mia personalità di cui fino ad ora non avevo parlato a nessuno.
 
Ma che fine ha fatto la mia professionalità?
 
E così, mentre spalanco lo sportello del minibar e stappo la terza bottiglia di birra della serata, m’infliggo il colpo di grazia sprofondando nell’oblio della più oscura disperazione.
Troppo melodrammatica?
Io non direi.
Ho mostrato a quell’attore da strapazzo il mio lato più vulnerabile, gli ho rivelato il mio punto debole!
Mi sento un’idiota per averlo permesso…
E al momento annegare la mia vergogna nell’alcool sembra essere la prospettiva più allettante.
Scolo l’ultimo goccio rimasto per poi lasciare rotolare la bottiglia vuota sulla moquette.
Raccattando quel minimo di dignità che mi resta, provo ad alzarmi dal pavimento.
In seguito a vari ed alquanto disastrosi tentativi (tra i quali includo appigliarsi a tutto ciò che ho trovato sottomano, comprese tende e cavi della televisione), riesco a mettermi in piedi.
Tuttavia me ne pento all’istante.
Vedo le pareti vorticare e… perché percepisco in bocca il sapore della cena?!
A tentoni raggiungo il bagno, gettandomi in viso un paio di manciate di acqua gelida.
Sbircio dall’asciugamano il mio riflesso allo specchio.
Ho un aspetto orribile.
Da quanto non mi prendevo una sbronza?
Da secoli…
E sai perché, Sara?
Perché tu non reggi l’alcool!

Sento bussare.
Dopo essere inciampata e aver sbattuto contro lo stipite, mi trascino fino alla porta.
“Che vuoi Barnes?”
La sua espressione sbigottita non mi incoraggia.
“Sara! Ma… sei ubriaca?”
“Non dire sciocchezze...”
“Dai, ti preparo un caffè.”
“Vattene...” farfuglio.
“Sara, ti reggi a malapena in piedi! Lasciati aiutare, per favore.”
Gli punto contro un dito, con l’intenzione di intimidirlo e suggerirgli di tornarsene nella sua camera, ma mi ritrovo con la bocca impastata mentre biascico qualcosa d’incomprensibile.

Tanto peggio di così…

Levo gli occhi al cielo e mi getto sul letto, affondando il viso nel cuscino.
“Sono una deficiente.”
“No, non lo sei.” mi rassicura Ben, richiudendo la porta e mettendo a scaldare la caffettiera “E’ solo che ti prendi troppo sul serio. Dovresti imparare a lasciarti andare qualche volta.”
“Sì, e guarda come mi sono ridotta.”
“La nostra conversazione ti ha così turbata da sentire il bisogno di ubriacarti?”
“Qualcosa del genere…”
Mi mordo il labbro.
“Barnes, mi dispiace.”
“E di cosa?”
“…Per essere una stronza.”
Ben scoppia a ridere.
“Questo non è vero, Sara!”
“Sì invece!” ribatto “Santo cielo Barnes! Il tuo modo di fare mi manda fuori di testa!”
“Il mio modo di fare?”
“Sei sempre così…calmo. E comprensivo. Tu dovresti odiarmi!”
Lui mi scruta dubbioso.
“Odiarti?! Non starai esagerando?”
“Ho fatto di tutto per renderti la vita impossibile.”
“Ma Sara, è il tuo lavoro. Lo capisco.”
“Balle! Questa è una grandissima balla! La verità è che sono un completo disastro, su ogni fronte…” mi massaggio le tempie mentre i pensieri mi martellano forsennati “M’impongo di apparire fredda, come se niente potesse scalfirmi... Ma non è così! La verità è che ad ogni vittima, è come se morissi anch’io. E ci sono volte in cui vorrei solo scappare, ma non posso. Ecco il motivo per cui innalzo questa dannata corazza…”
Avverto gli occhi bruciare e la vista farsi ancora più annebbiata.
“Sai una cosa, Sara?” Ben si siede accanto a me, porgendomi una tazza fumante “Anche nello spettacolo è necessario avere una corazza. Tutti saranno sempre pronti a giudicarti, esprimere sterili giudizi, insultare chi ami per farti crollare. E’ un mondo spietato.”
Mi stringo nelle spalle.
“…E come fai a sopravvivere?”
“Trovo ogni giorno qualcosa per cui ne valga la pena.” risponde lui, dolcemente “Individuo i miei cardini, rimango fedele a miei valori, cerco di non reprimere i miei sentimenti solo perché mi spaventano. E’ fondamentale per mantenere una propria solidità. E tu sei solida Sara!”
Abbozzo un sorriso poco convinto.
“Questo è solo un momento di debolezza.” Ben afferra la mia tazza e la colloca sul comodino “Domattina starai meglio, vedrai.”
“Sei tenero...”
Mi sollevo e gli scocco un bacio all’angolo della bocca.
E nel momento in cui i nostri sguardi s’incrociano, mi rendo conto della gravità del mio gesto.
Dovrei allontanarmi. Ora!
Ma è un pensiero che mi attraversa solo per un attimo.
Perché non appena Ben mi sfiora la guancia e posa le labbra sulle mie, non so più cosa sia giusto o sbagliato.
E non mi interessa.
Ciò che voglio, è lui.
Lo afferro per il colletto e lo tiro decisa verso di me.
Sprofondiamo avvinghiati nel piumone mentre sento il suo corpo premere contro il mio, le sue mani lambire i miei fianchi.
Gli slaccio frenetica i primi bottoni della camicia.
“Sara, hai bevuto.” sussurra al mio orecchio.
“Ti metti a fare il moralista adesso?”
Gli passo una mano dietro la nuca e lo bacio sul collo, stuzzicandolo.
“Non vorrei che tu facessi qualcosa di cui potresti pentirti...”
M’irrigidisco.
All’improvviso sento le guance bruciare e con un rapido gesto lo allontano.
Mi metto a sedere e, diamine, la testa gira in un modo spaventoso!
Ben appoggia una mano sulla mia spalla.
“E’ meglio che tu vada.” dichiaro, risoluta.
Lo sento sospirare, poi si alza dal letto e si sistema la camicia.
Prima di chiudersi la porta alle spalle, dice:
“Se hai bisogno di qualcosa, chiamami.”
Annuisco flebilmente, incapace di alzare lo sguardo.
Imbarazzata.
Ed impaurita di leggere il più profondo disappunto nei suoi grandi occhi scuri.


Odio, odio, essere svegliata dalla luce del sole sparata negli occhi!
Devo aver dimenticato di tirare le tende ieri sera…
Sara, niente più sbornie. Mai più!
Già infastidita dal brusco risveglio, serro gli occhi e mi giro dall’altra parte.
Tiro le coperte sopra la testa ma…qualcosa le blocca.
Non ci do peso. Voglio solo riprendere il sonno prima che la sveglia mi scaraventi definitivamente giù dal letto.
Ma è tutto inutile.
Dischiudo piano le palpebre.
E vorrei non averlo fatto.
Di fronte a me, addormentato e soprattutto nudo, c’è Ben.

Regola numero 5: Mai, per nessuna ragione al mondo, andare a letto con un sospettato.

Perfetto, sono nella merda.



Angolino dell'Autrice: Ben ritrovati miei barattolini di gelato Sammontana!
Come state? Ovviamente mi piacerebbe sapervi ancora in vacanza, spaparanzati sotto l'ombrellone a godervi il mare e il sole!
Se invece, come me, siete già tornati alla civiltà, mi auguro che il vostro rientro non sia stato troppo traumatico. E spero che il mio capitolo possa avervi tirato su di morale.
Io sono contenta. Non vedevo l'ora di risentirvi e continuare con voi questa bella avventura! E se volete fare quattro chiacchere, ecco la mia pagina Facebook --> 
http://www.facebook.com/pages/Clairy93-EFP/400465460046874?ref=settings
Buon inizio a tutti! Forza e coraggio!!!
Ve amo 'na cifra!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** In a bad mood ***




In a bad mood – Avere la luna storta


Provo l’irrefrenabile istinto di spalancare la finestra e buttarmi di sotto.
A che piano sono?
Decimo?
Beh, dovrebbe essere sufficiente per sfracellarsi a terra.
Per la miseria, ma cosa ho fatto?!
Sono andata a letto con Ben Barnes!
Oh santo cielo…. L’ho fatto davvero!
Conficco le mani nei capelli e, mentre io sto annegando nello sconforto più totale, Ben se la dorme serenamente al mio fianco, le labbra leggermente dischiuse.
Il mio stomaco esegue un triplo salto mortale carpiato.
Mi giro dall’altra parte. Guardarlo mi fa rendere conto che non ho modo di fuggire da questo immane casino.
Tento la carta della respirazione profonda.
D’accordo Sara, sii razionale.
Non è poi tanto grave.
Hai solo trascorso la notte con Barnes.
Un sospettato.
Per un caso di omicidio, ancora in corso.
Il che è severamente proibito e potrebbe costarti il lavoro e compromettere la tua carriera per sempre…

Sto per vomitare.

Mi libero svelta dalle coperte e raccatto i miei abiti sparsi sulla moquette.
All’improvviso avverto la mano di Ben sfiorarmi la schiena.
“Buongiorno.” mormora lui, con aria trasognata.
“Fanculo Barnes!”
Mi alzo di scatto e infilo rapida la maglietta.
“Qualcuno si è svegliato con la luna storta questa mattina...” dice lui.
“Bravo, fai anche dell’ironia adesso?!”
Ben aggrotta le sopracciglia.
“Si può sapere cosa ti prende, Sara?”
“Cosa mi prende?! Ma ti rendi conto di cosa abbiamo fatto?” prorompo io, furiosa “E’ un disastro! Questo è un dannatissimo disastro! I-io ho chiuso! Con il lavoro, con la polizia… Ho segnato la mia condanna!”
“Sara, sta esagerando! Come tuo solito.” lui incrocia le braccia dietro la nuca, tranquillo.
“Ben, maledizione!” grido “Tutto questo non doveva accadere! E’ stato un gigantesco sbaglio!”
Finalmente la mia reazione sembra scuotere la sua imperturbabile calma.
Ben si mette a sedere, con fare pacato, ma senza distogliere neanche per un secondo i suoi occhi dai miei.
“Vorrei ricordarti che sei stata tu ad uscire dalla stanza per corrermi dietro. Mi sei letteralmente saltata addosso!”
“Ero ubriaca!” mi si spezza la voce tanta è la voglia di sotterrarmi dalla vergogna “Tu avresti dovuto fermarmi!”
“L’ho fatto, se ricordi! Proprio per impedire che si arrivasse a questa situazione!”
“Se ci avessi messo più impegno, sicuramente non saremo qui a discuterne!”
“E tu sei adulta, Sara! Non devo certo essere io a dirti cosa fare! Se non sai controllarti, non è colpa mia!”
Serro la mascella.
Mi sento frastornata, come avessi ricevuto uno schiaffo.
Do le spalle a Barnes e, mentre provo ad infilarmi gli orecchini con dita spaventosamente tremanti, tento di reprimere l’impulso di urlargli le peggio cose.
“Sara, non intendevo...”
“Non voglio ascoltarti.” lo zittisco all’istante.
Lo sento avvicinarsi fino a che non percepisco le sue braccia avvolgermi.
Io cerco di divincolarmi ma Ben mi stringe forte a sé.
“Sono stato benissimo, Sara.” sussurra al mio orecchio “E mi sembra assurdo litigare. Non abbiamo fatto nulla di male.”
“E qui che ti sbagli.”
“Se ti preoccupa che qualcuno venga a saperlo, puoi stare tranquilla. Rimarrà tra te e me soltanto.”
Mi volto e, accidenti, la dolcezza che trapela dai suoi grandi occhi scuri quasi mi fa sciogliere.
“Ciò che ho imparato è che ogni azione ha delle conseguenze, Ben.”
“Le affronteremo. Insieme. Te lo prometto.”
Lui intuisce che vorrei replicare, ma non me ne dà il tempo perché mi quieta con un repentino ed inaspettato bacio da mozzare il fiato.
Seguo con le mani la linea dei suoi muscoli, per proseguire sino alle larghe spalle.
E mi ritrovo a dover ammettere che quello di stanotte, è stato il miglior sesso della mia vita.
Come se qualcuno avesse origliato i miei pensieri poco casti e volesse farmela pagare, udiamo bussare alla porta.
Ben ed io ci scambiamo uno sguardo di panico puro.
“Sara, respira, nessuno sa…”
“Nasconditi nell’armadio!”
Lui strabuzza gli occhi.
“Scusa?!”
“Nell’armadio, Barnes! Subito!”
Lo spingo con forza e richiudo le ante.
Un bel respiro, una veloce sistemata ai capelli e mi dirigo baldanzosa e sorridente alla porta.
E’ un dipendente dell’albergo.
“Signorina Carter! Mi dispiace disturbarla, ma c’è un ragazzo nella hall che chiede del signor Barnes. Tuttavia non so come rintracciarlo, sembra che non sia nella sua stanza.”
“Forse è già sceso.” mi appoggio allo stipite, con fare sufficiente.
“Può essere.” risponde lui, poco convinto “E’ solo che, vede, abbiamo già guardato nella sala da pranzo ma non c’è traccia del signor Barnes. Proverò comunque a controllare con più attenzione.”
“Ottima idea! Buona giornata!”
“Detective Carter!” mi ferma il ragazzo “Lei sta bene?"
Lo osservo dubbiosa.
"Ho ricevuto qualche lamentala questa notte, per alcuni rumori bizzarri provenienti dalla sua camera...”
Avverto le ginocchia cedere.
“Ehm…sì, è stato il mio stomaco, non mi ha dato tregua. Una vera nottataccia...”
Prima che il giovane dipendente si renda conto dell’ammasso di bugie con cui l’ho condito, decide di togliere il disturbo.
Ma questa volta, sono io che lo trattengo.
“Mi scusi! Può dirmi chi cerca il signor Barnes?”
“Certo! Ha detto di chiamarsi Nicholas Hoult.”


Richiudendo la porta tiro un sospiro di sollievo, stremata.
Non so se essere più turbata per la misteriosa visita di Hoult, oppure per le parole del dipendente riguardo ai rumori bizzarri di questa notte.
A proposito, non vorrei avere sulla coscienza anche la morte per asfissia di Barnes.
Spalanco le ante e non appena vedo Ben, in boxer, con un’espressione contrariata ed infastidita per la luce che lo colpisce in viso, mi è impossibile non ridere.
“Non potevi avere idea migliore, detective.”
“Spiritoso. Perlomeno in questo modo ho evitato una tragedia.“
“Problemi di stomaco?” Ben incrocia le braccia e m’indirizza un’occhiata sagace “Davvero, Sara?”
“…Ho dovuto improvvisare!” obietto, pur riconoscendo quanto la mia uscita sia stata infelice “Scendo a vedere cosa vuole Hoult.”
“Nicholas?” chiede lui, sorpreso quanto me “E cosa ci fa qui?”
“Sto per scoprirlo.”
“Aspettami, vengo con te.”
“No no!” lo fermo subito, scuotendo il capo con vigore “Ho mantenuto il patto e ti ho portato con me a Brighton. Ora mi concedi cinque minuti con Hoult, da sola.”
Come immaginavo Barnes ha qualcosa da ridire, ma io lo ignoro, troppo presa dalla ricerca della mia pistola.
“Smettila di lamentarti, Ben! Sbrigati a vestirti e renditi presentabile. Ti aspetto di sotto.”
Lui trova senza difficoltà la mia arma, nascosta sotto un cappotto, e me la porge con aria divertita.
“Lo sai che il tuo atteggiamento da dura ha perso ogni credibilità?”
Agguanto stizzita la pistola e lancio a Ben uno sguardo di sfida.
“Non spingermi ad usarla.”
Ben prova ad afferrarmi ma io mi guardo bene dal cedere di fronte al suo sorrisetto malizioso.
“Quando esci assicurati che nessuno ti veda!” gli raccomando.
Lui mi scimmiotta e ciò mi fa prudere i palmi dalla rabbia.
Ma non ribatto.
Barnes si sta dirigendo con fare sensuale verso il bagno e lo spettacolo è così allettante, che sarebbe un vero peccato interromperlo.



Angolino dell'Autrice: Ehilà miei croccanti biscottini al miele!

Come ve la cavate?
Beh, Sara si è cacciata proprio in un bel pasticcio! Il fascino di Ben l'ha fatta andare un pochino fuori di melone.
Ma dal prossimo capitolo, la nostra detective dovrà tornare con i piedi per terra e fiondarsi a capofitto nelle indagini.
Grazie per seguirmi con tanto affetto e costanza! Siete la mia più grande forza e il sostegno più incredibile che io potessi desiderare.
Ve amo 'na cifra! Veramente!
Vostra Clairy

Paginetta Facebook --> https://www.facebook.com/Clairy93-EFP-400465460046874/timeline/?ref=aymt_homepage_panel

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Be on the same page ***




Be on the same pageEssere sulla stessa lunghezza d’onda


Quando raggiungo il piccolo ingresso dell’albergo, Nicholas Hoult sembra essersi volatilizzato.
Maledizione, ha già tagliato la corda!
Se fossi scesa più velocemente, lo avrei abbrancato senza nemmeno dargli il tempo di considerare la possibilità di fare marcia indietro. Furiosa con me stessa per aver mancato un’occasione d’oro, mi guardo intorno demoralizzata finché non incrocio lo sguardo dell’uomo al bancone delle reception.
Mi sorride, tenero, e mi esorta a dare un’occhiata oltre la porta a vetri.
Non appena intravedo Hoult, provo l’irrefrenabile istinto di saltare addosso a quel dolce signore e baciarlo.
Il bel biondo passeggia assorto lungo il marciapiede, le mani nascoste nelle tasche di una felpa più grande della sua taglia.
Mi fiondo in strada, incurante del fatto che fuori ci siano pochi gradi ed io non indossi nemmeno il cappotto, ma a questo punto sono disposta ad annientare chiunque s’intrometta sul mio cammino.
Nel fatidico istante in cui Hoult si accorge della mia (sgradita per lui) presenza, strabuzza gli occhi e s’irrigidisce, levandosi svelto il cappuccio.
Di primo acchito, mi fa quasi impressione.
Le borse sotto i suoi occhi sono piuttosto evidenti e ha le labbra screpolate per l’aria gelida.
Senza trucco di scena e le luci del set sparate in viso, Nicholas sembra un ragazzino smarrito, fragile, quasi dovesse crollare all’improvviso.
“Barnes scenderà tra un momento.” dico io, sforzandomi di non battere i denti per il freddo “Dovrà accontentarsi di me, signor Hoult.”
“In verità, detective, volevo parlare proprio con lei.”
Questa volta è lui che sorprende me.
Piacevolmente, s’intende.
“Sono tutto orecchie.”
“Volevo scusarmi per il mio comportamento di ieri.” il giovane si stringe nelle spalle “Non è facile separare la vita vera dal ruolo che mi ordinano di interpretare. Le sarò parso un insensibile.”
“No. Solo un cafone egocentrico e vanitoso.”
Hoult accenna una mesta risata.
“Non ha tutti i torti… Ma questo non significa che non volessi bene ad Amanda. Tenevo moltissimo a lei.”
“Ha uno strano modo per dimostrarlo, signor Hoult. Tuttavia mi sento di concederle il beneficio del dubbio. Però non capisco: è venuto fin qui, solo per scusarsi?”
“Le sembra infantile?”
“No, mi sembra un pretesto.”
Il suo sorriso sghembo convalida la mia supposizione.
“Voglio darle un consiglio, detective Carter.” il biondo si sfrega rapido i palmi per riscaldarsi “Amanda era circondata da persone meschine, schifosamente ipocrite e bugiarde fino al midollo. Le dicevano cosa lei voleva farsi sentir dire, riempiendole la testa di sciocchezze e ambizioni malsane. Non si fidi di nessuno.”
“Nemmeno di lei, quindi?” gli chiedo, sarcastica.
“Non sarei venuto ad avvertirla, non trova?”
“Potrebbe essere una strategia per sviarmi e allontanare i sospetti su di lei.”
Nicholas fa spallucce, per infilare nuovamente le mani nelle tasche.
“Potrebbe. Ma per quanto possano valere le mie parole, non è mia intenzione rallentare le indagini, soprattutto se sbatteranno in prigione il bastardo che ha ucciso Amanda…”
“Questo è il nostro principale obiettivo, Hoult.” gli garantisco, con voce ferma “Mi chiedo, però, quali ragioni avesse la signorina Seyfried per sentire il bisogno di provare l’ebrezza dell’eccesso. E' strano che la sua ex fidanzata non si fosse resa conto di cosa ci fosse in gioco...”
“Il nostro mondo, detective, è spregiudicato.” mi spiega lui, serio “Attori, modelle, siamo tutti accecati dalla fama e sfruttiamo le persone per conquistarla. Ma presto o tardi, qualcuno su cui riponi fiducia ti pugnala alle spalle. Solo che quando te ne rendi conto, è troppo tardi.”
Hoult s’interrompe, indirizzando un saluto appena accennato a qualcuno dietro di me.
Mi volto e scorgo Ben procedere verso di noi.
“Vi lascio parlare.” dico al biondo “Si riguardi, Hoult. Non si aspetterà che io acquisti il suo calendario, se nelle foto esibirà questa faccia scura!”
Finalmente colgo un lieve bagliore nei suoi occhi stanchi.
“Lo comprerà davvero?”
In fondo mi fa tenerezza. Pare un ragazzino cresciuto troppo in fretta e scaraventato in un mondo a cui non appartiene.
E non lo so se mi sto rammollendo (e nel caso, sarebbe colpa di Barnes!), ma provo apprensione per Nicholas.
“Perché no. Lei però cerchi di rimettersi in sesto.”
“Non si preoccupi per me, detective Carter. Lei faccia di tutto per dare giustizia ad Amanda.”
Ci scambiamo una breve, ma eloquente occhiata d’intesa, prima che io mi allontani.
Barnes rivolge al giovane amico un sorriso e posa le mani sulle sue spalle, per infondergli coraggio.
Poi si abbracciano, in un gesto spontaneo, sincero e ricco di calore. Celano il viso uno nel cappotto dell’altro, come volessero sancire il dolore di una perdita che entrambi stanno vivendo, ma che in questo modo potranno affrontare con più forza, insieme.

“Cosa ti ha detto Hoult?” chiedo a Ben poco dopo, quando mi raggiunge dall’altra parte della strada.
Lui fa una smorfia divertita.
“Sicura di volerlo sapere?”
“Ovvio!”
“Ha detto che siamo una bella coppia.”


Barnes ed io arriviamo a Londra nel tardo pomeriggio.
Scesi dal treno, gli propongo di accompagnarlo in macchina fino a casa, tuttavia Ben insiste che io vada al più presto all’agenzia investigativa per controllare i filmati dell’albergo.
Non vorrei fare l’insensibile, ma era ciò che speravo.
Mi sembra di aver sprecato già troppo tempo e, considerando la piega inaspettata che ha assunto il mio soggiorno a Brighton, fiondarmi sul lavoro appare l’opzione migliore.
Prima di separarci all’uscita di Victoria Station, Barnes prova a baciarmi ma io scosto riluttante il viso.
“Pensi che ci sia già qualcuno appostato per controllarti?” domanda lui, chiaramente divertito nel vedermi sull’attenti dopo solo cinque minuti dal nostro arrivo.
“E’ probabile. D’ora in avanti dobbiamo essere discreti, Ben.” con gesto fermo e deciso, gli offro la mano.
Credo che Barnes stia soffocando l’istinto di scoppiarmi a ridere in faccia.
“Vuoi che ci salutiamo…con una stretta di mano?”
Lui mi guarda perplesso, ma la mia inflessibile risolutezza è più che sufficiente come risposta.
“Ricevuto.” dice, laconico, afferrando con una vigorosa stretta il mio palmo.
Ci scambiamo qualche sorriso impacciato quando, provando a svincolarmi dalla sua presa, Ben mi attira a sé, baciandomi con una foga inaspettata.
Poi si allontana di scatto e, senza guardarmi, s’incammina velocemente, facendosi spazio tra la folla.
Si volta solo un attimo e strizza l’occhio, malizioso.
Io invece rimango lì, imbambolata, sensuale quanto uno stoccafisso, e con una voglia irrefrenabile di raggiungere Ben e, perché no, saltare sul primo treno e ripartire.


Non appena metto piede in agenzia, sono colta da un’insolita sensazione.
Essere tornata alla normalità mi suscita uno strano effetto.
E’ come se questi due giorni in compagnia di Barnes, siano stati una sorta di limbo, una piacevole parentesi nella rigidità della mia vita. Ero così abituata al rigore della quotidianità, da dimenticare quanto fosse folle ed eccitante stravolgerla.
La prima persona ad accogliermi con un caloroso benvenuto, è il Capitano Harvey.
La sua massiccia figura procede spedita verso di me, puntandomi con uno sguardo da brividi.
“Carter, mi dica ora se devo licenziarla.”
Avverto un nodo in gola che non riesco a mandare giù.
“C-cosa?”
“Per la questione di Ben Barnes, detective. Mi sembrava di essere stata chiara a tal proposito.”
Sbianco.
Come diavolo è venuta a sapere della mia notte con Ben?!
Al momento sono indecisa se fingere un mancamento o tentare una disperata fuga dalla finestra.
Opto per quella che potrebbe rivelarsi la mia ultima, disperata mossa: totale indifferenza.
“Capitano, io non so cosa le abbiano raccontato, ma posso assicurarle…”
“Carter!” mi ferma subito, mentre rabbrividisco all’idea di udire la mia condanna “Chi avrebbe dovuto raccontarmi qualcosa, se è da lei che sto aspettando qualche esclusiva su Barnes!”
Grazie al cielo il mio cuore riprende a battere, eludendo così la probabilità di rimanere stroncata da un infarto.
“Ah! Lei si riferiva a quello…”
La Harvey mi lancia un’occhiata infastidita.
“A cos’altro, se no?”
“Niente, errore mio.” mi affretto a rispondere.
“Si sente bene, Carter? Non immaginavo che un soggiorno tanto breve a Brighton, potesse sfiancarla in questo modo! Ho bisogno che lei sia sveglia e reattiva. E voglio che prenda immediata visione delle registrazioni. Inoltre…” il Capitato mi si avvicina e il suo dolciastro profumo alla vaniglia s’insinua nelle mie narici “Dovrà svelarmi al più presto cosa ha scoperto su Barnes. E mi auguro per lei, siano notizie davvero eccezionali. Non vedo l’ora di far rosicare d’invidia le tipe del TuttePazzeperBarnes.com!
Deglutisco, abbozzando un sorriso impacciato, mentre ci dirigiamo nella piccola stanza adiacente.
Ad aspettarmi, c’è Richard, che s’illumina non appena mi vede sulla soglia.
“Piccola!” mi corre incontro, abbracciandomi con un eccessivo vigore “Poi mi racconterai cosa hai combinato insieme a quel bell’attore…” Per sua fortuna, la Harvey è troppo impegnata a smanettare sul computer per captare la frecciatina di Ric.
Ciò non m’impedisce dall’incenerirlo con lo sguardo.
“Mills!” lo chiama la donna, seccata “Si dia una mossa e faccia partire il video! Lo sa che non ci capisco niente di questi affari.” Richard si fionda come un ubbidiente soldatino alla postazione e avvia la registrazione.
Il nastro è in bianco e nero e la qualità è veramente pessima.
Qualcuno dovrebbe avvertire il Direttore B
radford che sono state inventate le telecamere in HD...
L’orario riportato segna le 22:23.
Seppur sgranato, è riconoscibile il corridoio che conduce alla suite dove è stato trovato il cadavere della Seyfried.
All’improvviso, compare la fantomatica figura incappucciata di cui Richard mi ha accennato al telefono.
E’ esile, slanciata. Cammina spedita. E prima di scomparire dall’inquadratura, alza la mano coperta da un guanto per portarla sotto il cappuccio.
“Riavvolgi il nastro, Ric.”
“Cosa hai visto?” domanda lui.
“Osserva il suo petto. E’ piuttosto…prosperoso rispetto all’esile corporatura. E vedi qui?”
Richard mette in pausa.
“Sta portando la mano sotto il cappuccio, come volesse aggiustarsi una ciocca di capelli.”
Ric si volta sorpreso verso di me.
“Il nostro assassino è una donna?”
Sollevo le spalle.
“E’ probabile. Riavvolgi ancora il nastro, per favore.”
La registrazione retrocede di troppi minuti rispetto alla sequenza di nostro interesse, eppure qualcosa cattura la mia attenzione.
Scorgo un ragazzo.
E quel folto ciuffo di capelli che scosta con gesto nervoso dal viso, mi appare familiare…
“Ferma il video!” grido.
Richard sobbalza ed esegue svelto un fermo immagine.
“Conosci quel tipo?” mi chiede.
“E' Jack…” mormoro, sbigottita.
La Harvey mi piomba subito a fianco.
“E chi sarebbe Jack?”
“…Il fratello di Ben Barnes.”




Angolino dell'Autrice: Ciao miei riccioli di crema chantilly!
Come ve la cavate? Ne approfitto per augurarvi una buona domenica e un sereno inizio settimana.
Cosa ne pensate della conclusione di questo capitolo? Esponete le vostre supposizioni, adoro leggerle e confrontarmi con voi.
Ci tengo a ringraziare di cuore tutti coloro che leggono, commentano e mi sostengono in questo progetto.
Siete la mia forza!
E ve amo 'na cifra!
Vostra Clairy 


Se avete qualche dubbio o semplicemente vi va di fare quattro chiacchere, fate un salto sulla mia pagina Facebook --> https://www.facebook.com/Clairy93-EFP-400465460046874/timeline/?ref=aymt_homepage_panel

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Caught between a rock and a hard place ***




Caught between a rock and a hard place
- Trovarsi tra l'incudine ed il martello
 
Sono a pezzi.
Ieri ho trascorso l’intera serata chiusa in palestra.
E al mio risveglio, come volevasi dimostrare, ho avuto una spiacevole sorpresa: muscoli completamente massacrati e che imploravano pietà.
Al momento mi era parsa davvero una buona idea prendermela con un innocente sacco da box, sicura potesse rivelarsi il rimedio adatto per placare quell’irrefrenabile rabbia che sento dentro.
Invece eccomi, ancora infuriata nera, con lo stomaco chiuso per il nervoso e due macigni al posto delle braccia.
Nonostante l’indolenzimento generale, mi sto recando all’agenzia investigativa.
Abbiamo ingiunto a Jack Barnes di presentarsi questa mattina per un interrogatorio.

Le indagini stanno prendendo una piega che non mi piace.
In che modo il fratello di Ben è connesso al caso Seyfried?
Conosceva Amanda, è evidente.
E si è ben guardato dal comunicarcelo.
Mi torna alla mente il pomeriggio in cui mi sono recata a casa Barnes.
Ho ben impresso il comportamento infastidito che Jack aveva assunto nei miei confronti.
Ma quel che è peggio è il non avervi dato alcun peso.
E il solo pensiero di aver avuto sotto il naso l’assassino di Amanda Seyfried per tutto questo tempo, mi fa venir voglia di sotterrarmi.
Però per quale motivo Jack avrebbe dovuto uccidere Amanda?
Per Ben, magari?
Che siano complici?
Di una cosa soltanto sono certa: la situazione mi sta sfuggendo di mano.
Credo di non aver considerato tutte le opzioni, o piuttosto mi è stato impedito in quanto distratta da sgradite presenze che avrei dovuto tenere a debita distanza.

A proposito di sgradite presenze!
Appostato all’entrata dell’agenzia, nemmeno fosse un avvoltoio in attesa della sua preda, scorgo proprio Ben Barnes.
Sono due giorni che non ci sentiamo.
O meglio, due giorni che ignoro le sue telefonate e i suoi messaggi irritanti.
La sua insistenza è inutile e, soprattutto, non fa che innervosirmi.
Ammetto che il solo pensiero di rivolgergli la parola mi dà il voltastomaco.
Tuttavia sono consapevole di non poterlo evitare.
Perciò opto per una strategia di attacco diretto.
“Che diavolo ci fai qui?!”
“Sara, dobbiamo parlare.”
Schivo il suo sguardo e continuo a camminare.
“Vattene, Barnes!”
“No, finché non parlerai con me!”
“Non abbiamo niente di cui parlare.”
“Vedi come fai?” lui mi si para davanti e sventa ogni mio tentativo di aggirarlo “Appena si presenta un problema, innalzi subito un muro!”
“Non voglio parlare con te.” sibilo, il suo volto a un palmo dal mio “O devo ricordarti chi dei due ha una pistola nei pantaloni?”
Barnes ostenta un ghigno provocante.
“Mi minacci?”
“Consideralo più un avvertimento.”
“Non sei credibile, Sara.”
Riduco le palpebre a due impenetrabili fessure, fulminandolo.
“Ti hanno accennato che ieri la polizia è piombata in casa nostra, no?” erompe lui e, sono sincera, godo nel vederlo lontano anni luce dal suo consueto autocontrollo “Per chi ci avete scambiato, per una famiglia di terroristi?! Fortunatamente mio padre è riuscito a raggiungere un compromesso, ma ci è mancato poco che non portassero via Jack in manette! Hai dato tu l’ordine?”
“No.”
“Allora è stato il tuo capo. E tu hai acconsentito, non è vero?”
“Ovviamente.” affermo, gelida.
“Non hai nemmeno provato a farla ragionare? Avresti almeno potuto tentare di gestire la situazione in maniera diversa.”
“Perché avrei dovuto? Il capitano Harvey è un mio superiore, mi attengo alle sue direttive.”
Ben si stringe nelle spalle, annuendo mestamente.
“Quindi il rapporto che ci lega non ha alcun significato per te?”
“Non azzardarti a giocare questa carta, io non ti devo niente!”
“D’accordo. Ma perché reagire in questo modo? Avremmo potuto trovare un’alternativa più ragionevole.”
“A quale scopo? Cercare di non ferire i sentimenti del tuo fratellino?”
“Wow, complimenti!” lui batte le mani, in una pallida imitazione di un applauso “Cosa credete di ottenere con quest’atteggiamento?”
“La verità, Barnes!” replico io, risoluta “Quella che, guarda un po’, tuo fratello si è dimenticato di riferirci.”
“Non capisci? Lo spaventerete soltanto! A quel punto pensi che Jack vorrà ancora collaborare?”
Compio un passo verso di lui, esibendo un sorriso sferzante.
“Non m’importa. Io lo farò parlare, dovessi estorcergli una confessione con la forza. Mi hai capito bene? Se abbiamo ferito il suo orgoglio non è una mia preoccupazione, io pretendo che Jack racconti cosa è accaduto quella notte.”
“Qui l’unica persona con l’orgoglio ferito sei tu, Sara”
Ci manca poco che non gli sputi in un occhio.
Faccio per andarmene ma Ben mi acciuffa svelto per un polso.
“Non toccarmi!” tuono, divincolandomi con vigore dalla sua presa.
“La smetti di comportati come una pazza e ci fermiamo a ragionare un secondo, per favore?”
“No! Ti saluto.”
Provo a scansarlo eppure lui insiste nell’ostruirmi il passaggio.
“Maledizione, Sara!” mi abbranca per le spalle, costringendomi a guardarlo “Vuoi capire che io non ho nulla a che fare con mio fratello?”
All’improvviso percepisco una rabbia divampante risalirmi dal petto, ed insieme ad essa un’ondata di amarezza, quella che negli ultimi due giorni ho tentato di far tacere, ma che ora travolge spietata ogni centimetro del mio corpo.
“Pensi che io sia deficiente?! Vuoi farmi credere che non eri a conoscenza del coinvolgimento di tuo fratello? Ho capito il perché della tua insistenza per accompagnarmi a Brighton. Non era altro che una dannata scusa per corrompermi e coprire Jack!”
Ben strabuzza gli occhi e scuote meccanicamente il capo, sbigottito.
“Ritieni davvero che io sia tanto meschino da poter architettare una cosa simile?”
“Non lo penso. Lo hai fatto! E sai che ti dico? Non mi stupirei se scoprissi che Jack ha agito per conto tuo.”
Alle mie parole di puro veleno, scorgo Barnes vacillare.
“Se pensi davvero questo di me, Sara, allora non hai capito nulla.”
“Oh no, ti sbagli!” replico “Finalmente è tutto chiaro. Hai inscenato questa bella recita così, se dovessi scoprire che Jack, oppure tu, avete davvero ucciso la Seyfried, avrai abbastanza materiale per ricattarmi e farmi tenere la bocca chiusa!”
“Tu sei fuori di testa!” mi grida lui “Ma ti senti quando parli?!”
“Smettila di trattarmi come fossi una pazza!” urlo di rimando, tuttavia mi accorgo che i nostri toni stanno iniziando ad attirare occhiate indiscrete.
“Ma è così che ti stai comportando!” bisbiglia Ben, stizzito “Puoi almeno provare a guardare la situazione da un’altra prospettiva? Se fossi davvero colpevole, perché avrei difeso Nicholas a spada tratta? Avrei potuto addossargli la colpa. Qualcuno ci sta incastrando, Sara! Non so perché Jack si trovasse in quell’albergo, forse era solo nel posto sbagliato al momento sbagliato. E qualcuno ne sta chiaramente approfittando!”
“Non ho voglia di ascoltare le tue ipotesi, Sherlock!” lo zittisco, furibonda “Sono io il detective, le tue giustificazioni non m’interessano. E se pensi che interpretando la parte della vittima mi impietosirai, hai capito male! Una vittima purtroppo c’è stata, e al momento tu e tuo fratello siete i principali sospettati.”
“Ti atteggi da dura perché è ciò che ti viene meglio, mi sbaglio? Dare retta al tuo cuore, mai?”
Scoppio in una risata sprezzante.
“Dare retta al mio cuore? Ma cosa abbiamo, dodici anni? Ti rendi conto in che posizione mi sono cacciata?”
“Vorrei ricordarti che siamo entrambi immischiati in questo casino!” puntualizza Barnes.
“Tu non riesci proprio a capire!” ribatto “Se si dovesse scoprire cosa abbiamo fatto, io sono rovinata!”
Lui si passa svelto una mano tra i capelli, sbuffando.
“Ma è possibile che tutto graviti attorno alla tua maledetta carriera?!”
“Perché, diamine, è così!” replico io, a denti stretti.
Ben aggrotta la fronte, confuso, ma perlomeno il mio sguardo affilato riesce ad azzittirlo.
“Il mio lavoro è tutto, Barnes. Le persone con cui lavoro sono la mia famiglia. Richard poi, mi ha cresciuta e introdotto in questo mondo. Ha puntato tutto su di me. Se dovessi deludere la sua fiducia, non me lo perdonerei...”
Non appena le lacrime minacciano di uscire, le ricaccio indietro con forza.
“Sara...”
Ben prova a venire più vicino, tuttavia lo blocco prontamente con il palmo.
“Risparmiami la tua commiserazione.”
Ben si trova a sopprimere un sospiro di fronte al mio muro di gelo.
“Cosa facciamo adesso, Sara?”
“Tu, niente. Io interrogherò Jack, dopo di che continueremo ad esaminare le prove. Ti chiedo di non intrometterti, Barnes.”
“Non lo farei mai. Anche se ora è mio fratello il principale sospettato, ti lascerò fare il tuo lavoro.”
Abbozzo un sorriso davvero forzato.
“Ottima decisione.”
“Un favore soltanto, Sara. Se ancora riponi un minimo di stima nei miei confronti, devi credermi se ti dico che Jack non avrebbe mai, mai compiuto un gesto simile.”
“Oh, Barnes. Quante volte ancora dovrò ripeterti che il tuo giudizio è irrilevante?”
“Wow! La tua sensibilità mi commuove ogni volta…” nota lui, sardonico “Speravo solamente in una risposta più incoraggiante.”
“Incoraggiante?!” sbotto “Se intravedi qualche barlume di speranza, ti prego, illuminami!”
Ben alza gli occhi al cielo.
“Era per dire, Sara! Siamo finiti tutte e due in una situazione scomoda.”
“No, tu ci sei stato fin dall’inizio. Ma hai avuto il cattivo gusto di trascinarmi giù con te, portandomi a letto quando tuo fratello potrebbe aver ucciso qualcuno!”
“L’amore si fa in due. Mi sembravi consenziente la scorsa notte. Ah già, forse eri troppo ubriaca per ricordartelo. Dico bene, detective?”
Ciò che mi lascia basita per qualche secondo non è tanto il contenuto di fuoco della sua frecciata, piuttosto la repentinità con cui la sua espressione, solitamente così serafica, venga rimpiazzata da uno sguardo di pura cattiveria.
Lo capisco, Ben vuole ferirmi.
E ci è riuscito alla perfezione.
Lo scanso e mi allontano ad ampie falcate.
Barnes soffoca un grido frustrato.
“Perché devi sempre comportarti come una stronza?!” inveisce lui.
Come ti sbagli, Ben.
Non è che mi atteggio.
Lo sono e basta.


Angolino dell'Autrice: Ciao miei piccoli zuccotti di Halloween!
Il freddo si avvicina, una nuova settimana sta per cominciare e l'unica cosa che ci piacerebbe fare al momento è fiondarmi sotto le copertine per rimanerci.
Ma dato che non si può, spero di allietare il vostro lunedì con un nuovo capitolo. Se poi avete anche voglia di espormi le vostre opinioni, sarò felicissima di leggerle. Oppure se vi va di fare un salto sulla mia pagina Facebook, vi lascio il link -->

https://www.facebook.com/Clairy93-EFP-400465460046874/timeline/?ref=aymt_homepage_panel
Grazie per il sostegno meraviglioso! Ve amo 'na cifra!
Vostra Clairy


 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Sitting on the fence ***




Sitting on the fence - Non prendere le parti di nessuno


Con le grida di Barnes che ancora tuonano nelle mie orecchie e si propagano come veleno, mi fiondo verso l’agenzia, sferzata da raffiche di gelido vento.
Rabbrividisco, stringendo con dita congelate il bavero del cappotto.
Gli occhi bruciano e ho la mascella indolenzita tanta è la forza con cui serro i denti.
Non appena le imposte dell’ascensore si chiudono, mi abbandono alla parete e scivolo giù.
Ho dodici secondi esatti prima che si riaprano.

1…2…3…

Affondo il viso tra le mani.
Merda. Sono. Nella. Merda.
Tutti gli errori commessi e che al momento mi erano sembrati risolvibili, stanno tornando a bussare ferocemente alla mia porta.
E non ho il coraggio di aprire.

 4…5…6…

E Ben… Mi fa salire una rabbia! Mai nessuno si era rivolto a me in quel modo. E la cosa peggiore è che aveva ragione. Su tutto.
Mi chiedo come diamine riuscirò a guardare in faccia Jack. Con quale coraggio posso accusare lui, dopo quello che ho fatto io, con suo fratello?!

7…8…9…

Basta, basta! Devo finirla di compiangermi e mettere a fuoco il mio unico obiettivo: capire cosa è accaduto alla Seyfried.
Jack Barnes è un sospettato, lo tratterò come tale.

10…11…12…

Scatto in piedi, sistemo i capelli e il colletto della camicia davanti allo specchio e, al lieve balzo che precede l’apertura delle porte, schizzo fuori con una lunga falcata.
Accompagnata dall’incalzante ticchettio dei miei stivali sul pavimento, avvisto il nostro giovane stagista Romero uscire dalla sala fotocopie.
Quando lo acciuffo per un braccio, manca poco che per lo spavento non scaraventi in aria la pila di fogli tra le sue mani.
Non ho tempo per i convenevoli, quindi gli chiedo subito dove si terrà l’interrogatorio.
“Sala in fondo al corridoio.” risponde Romero, mentre tenta di regolarizzare il suo respiro, per poi soggiungere con un leggero imbarazzo “Il Capitano Harvey ti sta aspettando...”
“Mi dispiace. Ho avuto un…contrattempo.”
Già, lo abbiamo notato.” mi volto e vedo Richard indirizzarmi un sorriso accorato.
“Stai bene?” domanda, posando affettuoso una mano sulla mia spalla “Ti ho visto discutere con Barnes.”
“Non è nulla di cui preoccuparsi, davvero.” lo rassicuro “Barnes sta solo cercando di difendere il fratello, com’era prevedibile.”
Ric si fa più vicino, serio come poche volte.
“Sara non lasciarti condizionare. Continua per la tua strada, segui le prove. Sei in gamba, piccola! Ora vai dentro e dimostralo.”
Come al solito non sono un asso nell’esternare i miei sentimenti, tuttavia sono profondamente grata a Richard per infondermi la giusta carica anche nei momenti peggiori.
Esorto Romero ad accompagnarmi così che sia lui a tener buona la Harvey e chiarirle il motivo del mio ritardo.
In questo modo posso raccogliere tutta la concentrazione necessaria per affrontare questo interrogatorio che, lo ammetto, mi suscita ancora più ansia di quella provata il giorno del mio esame per diventare poliziotta.
Inspiro, inumidisco le labbra e con gesto repentino abbasso la maniglia, facendo il mio ingresso nella piccola stanza.
Jack Barnes sussulta sulla sedia non appena mi vede entrare con tanta irruenza.
I nostri sguardi s’incrociano per un brevissimo istante, comunque sufficiente da permettermi di distinguere nei suoi occhi un velo di puro panico.
Bene, a quanto pare c’è qualcuno più teso di me.
Mi accomodo di fronte a lui, lasciando che la scrivania interponga la giusta distanza tra noi.
“Buongiorno, Jack.”
Le cuticole delle sue dita sono devastate e quando si rende conto che le sto osservando, lui nasconde le mani sotto il tavolo.
“Evitiamo di girarci attorno, ti va? Sappiamo entrambi il motivo per cui ti trovi qui. Perciò evitiamo inutili perdite di tempo e raccontami perché le telecamere del Buckingham Palace Hotel ti immortalano fuori dalla suite di Amanda Seyfried, proprio la sera in cui è stata uccisa.”
Jack borbotta qualcosa d’incomprensibile.
“Alza la voce!” gli intimo.
Lui, invece, incrocia le braccia al petto, per di più sbuffando.
“Ti piace atteggiarti da duro, vero?” gli domando, ostentando un ghigno provocatorio “Non vedrai l’ora di pavoneggiarti di fronte ai tuoi amici per aver tenuto testa ad uno sbirro. Oh, ma tu guarda! Forse non avrai mai l’occasione per raccontarglielo. A meno che non siano così carini da venirti a trovare in carcere.”
“Mi avete già etichettato come il colpevole, non è così?!” reagisce all’improvviso il ragazzo “Non siete davvero interessati alla mia versione dei fatti, mi sbatterete lo stesso in prigione!”
“Beh, al momento sei il principale sospettato e abbiamo la prova che ti colloca nell’ora e sul luogo di un omicidio. Quindi sì, il piano sarebbe quello di mandarti in prigione. Sempre che tu non ci dia un valido motivo per non farlo, compreso il mettere da parte quell'aria da insolente.”
Jack si lascia scivolare scompostamente sulla sedia, gettando indietro la testa.
“So che potrà sembrare una frase fatta, ma vogliamo veramente aiutarti. Però devi darcene la possibilità, lo capisci?” mi piego in avanti e incrocio le dita sulla scrivania “Sai chi è appostato all’uscita del palazzo? Tuo fratello.”
Alle mie parole scorgo un lampante luccichio nei suoi occhi.
“Ben ti sta aspettando.” persevero io, consapevole di aver toccato un nervo scoperto “Aiutami a lasciarti andare da lui.”
Jack tira su con il naso, tentando con scarso successo di nascondere gli occhi arrossati.
“Non ho ucciso Amanda, detective.”
Mi abbandono allo schienale.
“D’accordo. Come posso crederti?”
“…Io l’amavo.”
Aggrotto perplessa le sopracciglia.
“Scusa se te lo dico Jack, ma tappezzare la propria camera con i poster di Amanda o seguirla su twitter, non è amore.”
“Ha frainteso! Noi avevamo una relazione. Una vera relazione!” assicura lui, di fronte alla mia palese incredulità “Abbiamo voluto mantenerla segreta. Non volevo che i giornalisti ottenessero un’altra opportunità per screditare Amanda.”
“Wow! Questa non me la aspettavo. E non è per niente facile sorprendermi, te lo assicuro.”
Mentre appunto sul verbale questa scottante rivelazione, adocchio la sua mascella rilassarsi in un timido sorriso.
In fondo mi fa tenerezza.
Ma cosa potevo pretendere? Dopotutto è solo un ragazzo.
“Da quanto stavate insieme?” gli chiedo.
“Poco più di sei mesi. Ci siamo conosciuti in un pub, Ben aveva organizzato una rimpatriata e ci teneva perché venissi anch’io. Lui ed Amanda erano ancora insieme allora. Però si era creata subito un’immediata sintonia tra di noi, riuscivo a farla ridere. Da quella sera ci siamo visti altre volte, sempre di nascosto.”
“Hai mai avuto il presentimento che tuo fratello sapesse della vostra relazione?”
“No, ne dubito. Siamo stati il più discreti possibile. Come le ho già detto, volevo tenere alla larga i paparazzi ed evitare che circolassero stupidi pettegolezzi su Amanda.”
“Per questo ti trovavi al Buckingham Palace Hotel. Avevate un appuntamento?”
Jack annuisce, pensieroso.
“Raccontami per filo e per segno com’è andata quella sera.” lo incoraggio “Non tralasciare niente.”
“Dovevamo vederci nella sua suite, all’incirca per le 22. Amanda mi aveva raccomandato di portare da bere, così prima di raggiungere l’albergo sono passato in un supermercato a comprare una bottiglia.”
“Era una Dom Pérignon del 2001?”
“Sì, esatto.” conferma Jack, stupito che io sia in possesso di tale dettaglio.
“E tu hai toccato quella bottiglia?”
“No. Era chiusa in una scatola. Io l’ho consegnata ad Amanda, è stata poi lei a tirarla fuori. Ma non l’ha stappata, si limitava a rigirarsela tra le mani...”
Gli rivolgo un’occhiata dubbiosa.
“Perché non la avete aperta?”
“Amanda era completamente fatta, detective. Quella sera si reggeva a malapena in piedi.”
“Tu eri a conoscenza dei suoi problemi con la droga?”
Il mesto sospiro del ragazzo pare una risposta soddisfacente.
“Ho provato ad aiutarla. Ben le avrà accennato che nostro padre è uno psicologo, quindi non mi è stato difficile reperire di nascosto un paio di numeri di telefono. Siamo andati da specialisti, persino in qualche gruppo di recupero. Amanda stava meglio, sembrava volesse davvero uscire dal giro. Diceva che era merito mio, io l’avevo salvata da quel mondo.”
“E come hai reagito quella sera quando hai scoperto che la tua ragazza non era affatto migliorata?”
“Ero arrabbiato, Amanda mi aveva promesso che non avrebbe più preso quella roba. Ma non ho alzato un dito su di lei!” si affretta ad aggiungere “Era talmente…fuori di sé! Non mi ascoltava, vagava per la stanza, si gettava sul letto..
.”
“Quanto sei rimasto nella suite?”
Alla mia domanda Jack fa una smorfia stizzita e si massaggia le tempie, quasi provasse a mettere ordine tra i pensieri.
“Non molto... Credo di essermene andato dopo una decina di minuti.”
La sua dichiarazione coincide con l’orario presente nei nastri delle videocamere di sicurezza, le quali mostrano Jack transitare di fronte alla suite della Seyfried proprio alle 22:13.
“La bottiglia di Dom Pérignon è rimasta nella stanza di Amanda?”
Lui annuisce, ma è lampante che qualcosa lo turba.
“Non capisco, detective. Perché continua ad insistere su questa bottiglia?”
“E’ stata l’arma del delitto, Jack.”
Il ragazzo sbianca ad una velocità allarmante.
“Detective, io non ho usato quella bottiglia! Lo giuro, non l’ho nemmeno toccata!”
“Calmati, non ti sto accusando. Avrò presto i risultati dal medico legale. Se stai dicendo la verità, non hai nulla di cui preoccuparti.”
Nonostante un sorrisetto appena accennato, le mie parole non sembrano essergli di grande conforto.
A dire il vero Keira già mi ha assicurato che le sole impronte rinvenute sui cocci di bottiglia appartengono alla Seyfried.
Tuttavia ammetto di voler tenere Jack ancora sulle spine, almeno fino a che non sarò assolutamente certa della sua innocenza.
“Devo farti una domanda, Jack.” affermo, seria “Credi che tuo fratello abbia potuto uccidere Amanda?”
Lui trattiene una risata, neanche fossimo qui a raccontarci barzellette.
“Ma chi, Ben?! Sta scherzando spero! Non farebbe male ad una mosca!”
“Non è quello che ti ho chiesto. Voglio sapere se c’è la possibilità che Ben abbia scoperto della tua relazione con la Seyfried e se, sentendosi tradito, abbia sfogato la sua rabbia contro la sua ex.”
Sono sincera, questa eventualità mi fa accapponare la pelle e compio uno sforzo non indifferente per mantenere la mia solita parvenza di imperturbabilità.
“Ben non avrebbe mai fatto una cosa simile ad Amanda. L’ha aiutata tanto, forse più di quanto abbia fatto io. Provava un profondo affetto nei suoi confronti.”
“Jack, sii sincero. Tuo fratello non ti è mai sembrato strano? O schivo? Come volesse nasconderti qualcosa?”
Lui scuote la testa, inamovibile.
“Detective, so che ha avuto modo di trascorrere del tempo con Ben. Qual è stata la sua impressione?”
Gli rivolgo uno sguardo raggelante.
“Sono io che faccio le domande.”
“E fino ad ora sono stato molto collaborativo!” ribatte lui “Ora risponda lei a questa domanda: cosa pensa di mio fratello?”
“Non lo conosco così bene…”
“Io invece credo di sì! A volte bastano davvero pochi secondi per capire chi abbiamo di fronte. E anche se Ben è un attore, ha sempre messo al primo posto la sincerità nei rapporti. Per questo aveva lasciato Amanda! Lei gli aveva mentito e non se la sentiva di continuare la relazione.”
L’inaspettata perentorietà di questo ragazzo mi sorprende, se in modo positivo o negativo devo ancora capirlo.
Una cosa è certa: questi Barnes mi stanno mandando fuori di testa!
E non so cosa ho fatto di male per incappare nelle loro esistenze incasinate.
“Ben mi ha parlato molto bene di lei, detective.” mi confessa, con un pizzico d’esitazione nella voce “La considera una professionista ed è convinto che riuscirà a rendere giustizia ad Amanda. Ripone una profonda fiducia in lei. Faccia lo stesso con Ben, si fidi di lui.”
“Fidarmi non fa parte del mio lavoro, Jack.”
“Ma non può nemmeno sospettare di chiunque! Andiamo detective! Non tutte le persone che incontriamo vogliono farci del male, alcune possono esserci più d’aiuto di quanto possiamo immaginare.”
Lo squadro con diffidenza, solo per mascherare il sorriso che mi sorge spontaneo sulle labbra.
“Tu guarda quanta saggezza da un ragazzino così spocchioso!”
Jack scoppia in una contagiosa risata, chiaramente più a suo agio.
“Non ho niente per trattenerti.” gli dico “La tua versione regge e coincide con le prove di cui finora siamo in possesso. Perciò, per il momento, puoi tornare a casa.”
Non appena Romero scorta il giovane sospettato all’uscita, mi avvicino alla finestra e, dopo una manciata di secondi, scorgo i due fratelli Barnes corrersi incontro e suggellare il loro sollievo in un abbraccio.
“Cosa pensi di Barnes Jr.?” domanda Richard, alle mie spalle.
Mi volto lentamente, quasi avessi timore ad esporre un giudizio.
“Jack sembra a posto...”
“E a meno che non sia un perfetto bugiardo, sembrerebbe che anche il fratello maggiore sia innocente.” aggiunge lui, sfoggiando un ghigno malizioso.
Sollevo le spalle, fingendo totale disinteresse.
“Dobbiamo averne la certezza. A questo punto se Jack ha lasciato la stanza alle 22:13, Amanda Seyfried deve essere stata uccisa dopo.”
“Potrebbe essere coinvolta la figura incappucciata?” suggerisce lui.
“Ti dirò di più, Ric.” raggiungo rapida la lavagna e poso l’indice sulla foto che immortala il misterioso individuo “Credo che sotto quel cappuccio si nasconda il nostro assassino.”



Angolino dell'Autrice: Ciao miei adorati fantasmini di zucchero!
Cosa ne pensate di questo interrogatorio? Vi aspettavate che Jack e Amanda fossero una coppia? E se Jack è innocente, chi sarà la figura incappucciata?
Insomma, fatemi sapere cosa ne pensate e scrivetemi le vostre ipotesi. Amo poter avere questo tipo di riscontro con voi.
Vi lascio anche il link alla mia pagina facebook, possiamo sentirci anche lì:http://www.facebook.com/Clairy93-EFP-400465460046874/?ref=aymt_homepage_panel
Grazie per la vostra infinita dolcezza!
Ve amo 'na cifra!
Vostra Clairy.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** So close yet so far ***




So close yet so far
- Essere davvero vicini a raggiungere un obiettivo


Può sembrare folle, ma questa volta sono stata io a chiedere a Ben di vederci.
In seguito all’interrogatorio con Jack Barnes, ho inviato un messaggio a Ben (ad essere sincera, l’ho anche chiamato due volte: la prima non ha risposto, e la seconda sono quasi certa che quel fetente abbia respinto la telefonata!) proponendogli di incontrarci il giorno seguente, per parlare.
Riconosco che dopo la nostra accesa discussione di ieri mattina mi sono sentita leggermente in colpa.
Ho esagerato, me ne rendo conto.
E vorrei poter sistemare le cose tra noi in modo pacifico, magari evitando scenate d’isteria e stragi di sangue nel tentativo.
Ci siamo accordati per un caffè in un bar poco lontano dall’agenzia investigativa.
Tuttavia quando raggiungo la destinazione, di Ben non vedo neanche l’ombra.
Partiamo già molto male.
Decido comunque di sedermi ad un tavolino all’aperto.
Picchietto irrequieta le dita sulla superficie mentre le probabilità che Ben abbia cambiato idea e non si presenti accrescono ad ogni minuto.
“Signorina, mi scusi.”
Un cameriere alto e smilzo si avvicina con aria timorosa.
“E’ qui da dieci minuti ormai. Se non ordina qualcosa, sono costretto a chiederle di andare via.”
Accavallo le gambe e mi appoggio allo schienale, lanciandogli uno sguardo di sfida.
“Mh. Io non credo proprio.”
Il ragazzo gonfia subito il petto, indispettito ed offeso.
Ma non ho voglia di sorbirmi le sue lamentale, così decido di farmi portare un caffè macchiato.
Poco dopo l’arrivo della mia ordinazione, compresa un’occhiataccia da parte del cameriere mingherlino di poco fa, finalmente intravedo Barnes sopraggiungere.
Si passa una mano tra i capelli per infilarla svelto nella tasca del giubbotto.
“Non potevamo stare dentro?!” domanda, sedendosi di fronte a me e fregando le mani arrossate per il freddo “Si gela qui fuori!”
“Sei in ritardo.” gli faccio notare, ignorando il suo dissenso.
Ben m’incenerisce con lo sguardo.
“Non farmi rimpiangere di essere venuto.”
“Oh! Come sei acido!” esclamo, accostando la tazza fumante alle labbra “Perché non prendi una cioccolata con dose extra di zucchero? Così ti addolcisci un po’.”
Lui ostenta una risata finta.
“Da quando sei così spiritosa?”
“Ma io sono spiritosa!” lo correggo, boriosa “Solo non ti ho mai rivelato questo lato di me. Non posso certo scoprire subito le mie carte, ti pare?”
“Appena hai finito questa sceneggiata, puoi spiegarmi perché mi hai fatto venire qui?”
Incrocio le braccia al petto, stupita che non ci sia ancora arrivato.
“Credevo volessi ringraziarmi.”
“Ringraziarti?” ripete lui, strabuzzando gli occhi “E per cosa?”
“Per quello che ho fatto per tuo fratello, ovvio!”
Ben aggrotta le sopracciglia.
“E cosa avresti fatto?”
“L’ho lasciato andare! In più ho fatto delle scoperte piuttosto curiose...” m’interrompo, impegnata a raccogliere con il cucchiaino lo zucchero rimasto sul fondo della tazzina “Sapevi che Jack frequentava la tua ex?”
“Sì, me ne ha parlato.” risponde Barnes, lapidario.
“Non ha dell’incredibile tutto ciò?” lo stuzzico “Prima Hoult, poi tu e infine tuo fratello! Mi chiedo cosa mai avesse questa Seyfried per essere riuscita ad imbambolarvi tutti.”
“Sara, parliamoci chiaro. Se questa vuole essere una sorta di…presa per il culo, io toglierei volentieri il disturbo.”
Ben fa per alzarsi ma lo blocco decisa per un polso.
“Andiamo, Barnes! Ti stavo prendendo in giro!”
“Non fa ridere, Sara.”
Capisco di aver iniziato subito con il piede sbagliato.
Volevo sembrare più spontanea, tuttavia penso di essere apparsa solo una grande stronza insensibile.
Tanto per cambiare.
“Volevo solo smorzare la tensione.” mi giustifico, dispiaciuta.
Lui accetta le mie scuse, ma dalla tensione che colgo nella sua mascella è evidente che non veda l’ora di tagliare la corda.
“Jack è innocente, Ben.” gli rivelo “Non compaiono le sue impronte sull’arma del delitto e le telecamere confermano che lui se n’era già andato quando Amanda è stata uccisa. Potete stare tranquilli adesso.”
“Questo non sarà possibile.” ribatte lui “Ci avete rovinato la vita.”
So di aver detto di voler sistemare la questione in modo “pacifico”, ma alla sua sferzante accusa sono invasa da un’ondata di rabbia.
“Non è certo colpa mia se stavate insieme ad una drogata che aveva mezzo mondo con un buon motivo per farla fuori!”
“Se voi aveste eseguito le indagini con più attenzione, sarebbe
subito apparso che Jack ed io non avevamo niente a che fare con tutto questo. Invece tu e i tuoi amici vi siete divertiti a gettarci fango addosso! Mia madre si è anche sentita male…”
La voce di Ben, sempre così vivace e cristallina, si spezza per piombare in un greve silenzio.
“Mi dispiace.” dico piano “Spero non sia nulla di grave.”
“No, per fortuna. E’ stato solo un mancamento. Ma tutta questa situazione non le fa bene!” insiste Barnes, rincarando la dose “Comunque andrà a finire, noi resteremo sotto il mirino! Io soltanto dovevo essere coinvolto, invece tu hai trascinato in questo inferno le persone che amo di più. La mia famiglia!”
“Mi dispiace molto per tua madre, ok? Veramente. Ma questo è il mio lavoro! Cosa ti aspettavi? Sei stato una delle persone più vicine alla vittima, potevi immaginare che saresti stato chiamato in causa! E Jack! Come potevo lontanamente sospettare che anche lui avesse avuto una relazione con Amanda?!”
“Tu proprio non ci arrivi.” Barnes scuote il capo, esibendo un ghigno arrogante “So benissimo che saremmo stati coinvolti. Credi non fossi consapevole che accompagnandoti a Brighton e partecipando alle indagini mi sarei posto in una posizione ancora più delicata? Il problema sei tu, Sara! Ma non te ne rendi conto.”
Sbatto un pugno sul tavolino.
“Cosa diavolo stai dicendo?!”
“Tu mi piaci, Sara!”
L’affermazione di Ben m’investe come un treno in corsa.
Tuttavia non ho nemmeno un secondo per metabolizzare poiché il suo fiume di parole riprende ad avventarsi con violenza su di me.
“Ma, diamine, sei così insensibile! Pensi solo a te stessa e alla tua maledetta carriera! Non compi il minimo sforzo per tentare di capire le persone! Calpesti i loro sentimenti senza renderti conto che non siamo tutti dei pezzi di ghiaccio come te!”

Ci scrutiamo furtivi per quelli che sembrano i quindici secondi più lunghi e sofferti della mia vita.
“Dove vuoi arrivare, Ben?”
“Ho capito il motivo per cui hai voluto vedermi oggi.” dichiara lui, risoluto “Anche se non lo ammetterai mai a te stessa, in fondo non è stato poi così male trascorrere del tempo insieme. E, magari, speravi che questo incontro fosse un’occasione per riavvicinarci.”
Vorrei replicare ma, ancora una volta, non me ne dà l’opportunità.
“Adesso mi è chiaro perché l’eventualità di frequentarci ti preoccupasse tanto. Non posso che essere d’accordo. Sarebbe pura follia.”
“Ora chiudi quella bocca e ascoltami bene!” sbotto io, troncando il patetico soliloquio in cui Barnes si è dilettato “Io non ho intenzione di diventare la tua ragazza o qualsiasi cosa quella tua testa malsana abbia partorito! Volevo solo informarti sull’andamento del caso e sulla situazione di tuo fratello. Ed io che speravo di farti una cortesia!”
“Non eri tenuta! Non mi hai sempre detto che ti è proibito condividere dettagli di un caso, detective?” chiede, con un pizzico d’impertinenza “Hai voluto aggiornarmi perché ti preoccupi per me!”

Colpita. E affondata.

Compio un inaudito sforzo nel mantenere fisso il mio sguardo su Ben e ignorare la sfumatura cremisi che presumibilmente le mie guance hanno assunto.
“Non fraintendermi!” si affretta ad aggiungere “Insomma, è bellissimo e ti ringrazio! Il problema è che tu non mi fai sentire a mio agio. Ti stimo profondamente, ma temo sempre il tuo giudizio ed è stressante. E data l’intera situazione, non posso permettermi di preoccuparmi anche di questo. Devo pensare alla mia famiglia.”
Barnes mi spiazza. Completamente.
Per la prima volta non so come rispondere.
Mi sento così frastornata che nel momento in cui mi pianta in asso, non trovo nemmeno la forza per trattenerlo.
In un abituale contesto gli correrei dietro e, con un potente calcio negli stinchi, lo trascinerei di peso sulla sedia.
Invece permetto a Ben di allontanarsi con quel passo svelto e quasi furtivo, come se avvertisse che i miei occhi lo stanno seguendo attenti in ogni suo più impercettibile movimento.
E mentre lui scompare tra la folla, mi consolo.
Perché almeno per una volta non sono stata io ad interpretare il ruolo della stronza.


Con passo pesante e la testa che pare un pallone aerostatico, entro nel laboratorio della scientifica.
“Sara!” mi accoglie Keira, impegnata ad analizzare quello che in lontananza assomiglia ad un fegato “Ti aspettavo!”
Posa con attenzione gli strumenti da lavoro e si leva la mascherina.
“Ehi! Qualcosa non va?” mi domanda, mentre si sfila i guanti impregnati di sangue.
“Non saprei…” farfuglio, reclinando il capo e incrociando il suo sguardo perplesso “Credo di non aver gestito nel migliore dei modi il caso Seyfried.”
“Non dire sciocchezze!” mi rimprovera Keira, scuotendo con vigore la folta chioma riccia.
“Dico sul serio! Ho l’impressione di non riuscire mai a raggiungere una svolta davvero significativa nelle indagini. E’ come se qualcosa m’impedisse di esaminare la faccenda con occhio oggettivo.”
Keira inarca il sopracciglio mentre un sorriso sagace affiora sulle sue labbra piene.
“Qualcosa, o qualcuno?”
Mi stringo nelle spalle.
“…Entrambe le cose.”
“Sara, lo ammetto. Non sei proprio un portento nel gestire i rapporti umani. Ma, ragazza mia, tu sei nata per questo lavoro! Hai la grinta giusta, il tuo intuito è da paura, sei in gamba! Non dovresti dubitare delle tue capacità né permettere a nessuno di convincerti del contrario.”
Persevero nel mio squallido silenzio, tanto per avvalorare l’opinione di Keira sulla mie pessime modalità relazionali.
“Cosa ne pensi se più tardi ci prendiamo qualcosa e facciamo una bella chiacchierata?” propone lei, con una nota di eccitazione nella voce che trovo un tantino inquietante “Ma prima, ho delle importanti novità sul caso di Amanda. Sono riuscita a ricostruire completamente la bottiglia di Dom Pérignon e posso confermarti con assoluta certezza la sola presenza delle impronte della vittima. Nessuna traccia di quelle di Jack… o di qualsiasi altro Barnes, grazie al cielo!”
Keira è chiaramente soddisfatta della sua spiritosa considerazione.
Io, beh, ne avrei fatto volentieri a meno.
Dopotutto è un dato che abbiamo già appurato, e in secondo luogo mi induce a ripensare alla quanto mai amabile conversazione avuta poco fa con Ben...
“In realtà c’è qualcosa di strano." riprende la mia collega "Manca un coccio della bottiglia.”
“E’ impossibile. Abbiamo raccolto ogni singolo pezzo.”
“Dubito sia un nostro errore, Sara. Piuttosto penso che qualcuno abbia voluto deliberatamente liberarsene…”
“Ma certo!” prorompo, trepidante “E’ facile ferirsi con le schegge di vetro. Se questo frammento scomparso si fosse macchiato del sangue dell’assassino, non poteva certo lasciarlo nella suite. Altrimenti saremo risaliti senza fatica alla sua identità.”
“E ho fatto un’ulteriore scoperta.” continua Keira, sfilando da una pila di fogli un fascicolo “Queste sono le analisi svolte sulla misteriosa macchia rosata presente sulla guancia di Amanda.”
Mi avvento sulla cartella.
“E’ sangue? Hai scoperto a chi appartiene?”
“E’ questo il punto. Non è sangue.” mi spiega “E’ rossetto. Precisamente un Christian Dior n° 758 Lys Rouge
L’immagine di due gambe mozzafiato e una borsetta Chanel mi attraversa, istantanea e folgorante.
Nel giro di un secondo mi fiondo verso l’uscita.
“E la nostra chiacchierata?” chiede Keira, mentre percorro frenetica le scale a due a due.
“Dobbiamo rimandare!” le grido di rimando “Mi aspetta una chiacchierata ben più urgente!”
Con Gabriella Wilde.



Angolino dell'Autrice:  Ciao mie nutelline a cucchiaiate!
Come state? Non so voi ma io AMO l'autunno! Le temperature che si abbassano, le foglie che cadono, le prime cioccolate calde...
Spero di addolcire il vostro inizio settimana con questo nuovo capitolo! E se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate! Il vostro riscontro è molto importante!
Grazie per il costante affetto! Siete fantastici!
Ve amo 'na cifra!
Vostra Clairy
Paginetta Facebook -->
https://www.facebook.com/Clairy93-EFP-400465460046874/?ref=aymt_homepage_panel

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Cover your ass ***




Cover your ass
- Parati il culo


Non ci è voluto molto perché il Capitano Harvey ordinasse a due agenti di recarsi a casa di Gabriella Wilde per condurla in agenzia.
La modella è seduta di fronte a me: la fluente chioma bionda incornicia un volto agitato e due occhiaie che nemmeno l'abbondante correttore è riuscito a nascondere.
Gabriella non ha voluto levarsi i guanti né la pelliccia sintetica rosa fluo (per nulla appariscente, sia chiaro!) e solo dopo qualche minuto ha riposto nella custodia gli occhiali da sole firmati, il tutto con una calma e una premura da farmi venir voglia di strozzarla.
In seguito, è rimasta per una decina di minuti immobile, limitandosi a lanciare qualche rapida scorsa al piccolo e spoglio locale nel quale ci troviamo, ponendo molto attenzione a non incrociare il mio sguardo.
Ad interrompere quest’atmosfera imbarazzante ci pensa Richard, il quale si accomoda alla mia destra per accompagnarmi nell’interrogatorio.
“Quando è pronta, possiamo iniziare.” annuncio alla giovane sospettata.
Lei posa esitante i suoi occhi cerulei su di me e, nonostante mi sembri un tantino disorientata, annuisce flebilmente.
Poiché non sono in grado di capire se Gabriella sia veramente provata o stia piuttosto recitando la parte della fanciulla innocente, decido di ingranare subito la quarta per conferire un po’ di pepe alla conversazione.
“Sappiamo che la notte in cui Amanda Seyfried è stata uccisa, lei si trovava al Buckingham Palace Hotel.”
Come da copione, Gabriella s’irrigidisce e serra la mascella.
“No, non è andata così. Ve l’ho detto, sono stata in un locale con delle colleghe. Vi ho anche consegnato lo scontrino. Mi auguro non l’abbiate perso!”
“Ci crede degli sprovveduti?” la incenerisco io “E’ ovvio che lo abbiamo conservato! Tuttavia non è una prova sufficiente. Per quanto ne sappiamo, avrebbe potuto chiederlo ad un’amica. E anche se fosse suo, aveva tutto il tempo necessario per recarsi l’albergo e raggiungere poco dopo le sue colleghe.”
“Non sono d’accordo!” obietta la Wilde, incrociando stizzita le braccia al suo petto procace “Dimostra che fino alle 22:30 sono stata nel pub, e solo più tardi sono passata per l’albergo. E nel momento in cui sono arrivata, mi hanno detto che Amanda…lei era già…”
“All’altro mondo. Sì, questo lo sappiamo.” taglio corto, scongiurando l’eventualità di patetiche crisi di pianto “Ma ha dimenticato di riferirci di essere andata a trovare la sua amica quella sera, verso le 22:20.”
“E’ una follia! Non sono mai salita in quella stanza!”
“Mentire non la aiuterà, signorina Wilde.” interviene Richard, nella sua consueta calma “Le telecamere dell’hotel immortalano una figura incappucciata allontanarsi dalla camera della vittima alle 22:23.”
“E secondo quale dannata logica dovrei essere io?!” domanda lei, seccata.
“I guanti, signorina Wilde. Indossava lo stesso paio la notte in cui ci siamo conosciuti, ricorda?”
“Tanti portano i guanti. Siamo in pieno inverno!”
“Ci lasci finire. Abbiamo trovato sulla guancia della Seyfried una strana macchia rosata.” le spiego “Dalle analisi svolte si è scoperto essere rossetto, un Dior n° 758 per la precisione, e
la scientifica ha rilevato proprio tracce del suo DNA. Che coincidenza, non trova anche lei?
Gabriella si morde le labbra rosso fuoco, mentre la sento tamburellare nervosamente il piede sulla gamba del tavolo.
“Se parla adesso possiamo trovare un accordo.” propone Ric, bleffando “Ma se continua a rimanere in silenzio, mi creda, non migliorerà la sua posizione.”
La modella sbuffa un paio di volte e, lo ammetto, adoro vedere i sospettati crollare come fragili castelli di carta.
“D’accordo. Forse ho dimenticato di accennarvi che all’in circa alle 22:20 sono andata a trovare Amanda. Ma quando sono arrivata, lei era già morta!” si affretta a precisare “L’ho vista riversa sul pavimento, c’era sangue ovunque! Però sono scappata via subito! Per questo le telecamere mi hanno ripresa. Ma, lo giuro, sono rimasta solo sulla soglia!”
“Signorina Wilde, sarebbe così gentile da togliere i guanti e mostrare al mio collega le mani?” le chiedo, sfoggiando un ghigno compiaciuto.
La bionda si sfila i guanti di pelle ed esibisce fiera il dorso delle sue belle mani candide.
“Anche i palmi, per favore.”
Ed è in questo esatto istante che la vedo sbiancare.
“Mi ha sentita?” insisto “Può girare le mani?”
Con una lentezza inaudita, Gabriella esegue il mio ordine e, per quanto ormai rimarginata, è chiaramente visibile una cicatrice sul dorso della mano destra.
“Posso sapere come si è procurata questa ferita, signorina?“
“Mi sono tagliata…”
“Questo è evidente. Può spiegarci com’è successo?”
“Ve l’ho detto, quando sono entrata devo aver toccato qualche coccio di vetro. Erano disseminanti ovunque!”
“Lei però un attimo fa ci ha rivelato di non aver neppure varcato la soglia.” le faccio notare, diabolica.
“…Ok, ho mentito!” esplode “Ho visto Amanda a terra e…non lo so, mi è venuto istintivo correre da lei! Mi sono avvicinata e quando non ho sentito il suo respiro…mi sono spaventata! Ho inciampato sulla moquette e devo essermi graffiata con un frammento di vetro.”
“E’ sicura di non essersi ferita quando ha frantumato sul cranio della sua amica la bottiglia di Dom Pérignon?” insinuo, vedendola vacillare alle mie brutali parole “Non appena se n’è accorta, ha raccolto il frammento macchiato con il suo sangue e lo ha fatto sparire. In questo modo non saremo risaliti a lei. Peccato che abbia disseminato prove ovunque!”
“Prove?! Avete trovato le mie impronte sulla bottiglia?”
“No.”
Gabriella inarca il perfetto sopracciglio, squadrandomi soddisfatta.
“E sulla base di cosa mi state accusando?”
“Se indossava i guanti, non poteva lasciare tracce.”
“D’accordo. Ma i guanti si sarebbero sporcati. E lei ha notato che li portavo tranquillamente quella sera!”
“I suoi guanti erano di pelle nera, signorina. Non solo il sangue non si sarebbe notato, ma con un po’ di acqua e sapone avrebbe facilmente cancellato le macchie. Inoltre, non vedo perché lei non abbia potuto gettarli nel primo cassonetto e indossarne un altro paio.”
La giovane intuisce dove voglio andare a parare e, se fino ad un momento prima ha conservato una parvenza di sicurezza, ora inizia ad arrancare.
“Ripeto, non avete alcuna prova valida.”
“Mi spiace deluderla, ma si sbaglia. Le avevo detto che ha disseminato prove ovunque, Gabriella.” dichiaro, sollevando le spalle con fare vanesio “Sulla scena del crimine è stato rinvenuto un capello biondo, era incastrato nel polsino dell’orologio della Seyfried. Lo abbiamo analizzato e risulta sintetico. Insomma, proviene da una parrucca. Perciò siamo risaliti alla ditta che le vende e, guarda caso, è proprio quella che fornisce le extension all’agenzia di moda dove lavora. Abbiamo domandato chi delle modelle sia solita portare quella tipologia… A quel punto non è stato difficile scoprire che appartiene proprio lei.”
“No, no!” la ragazza scuote forsennata il capo “So come sembra, ma io non ho ucciso Amanda! Non le ho fatto niente, ve lo assicuro!”
“Non le crediamo.”
Alla mia spietata risposta, gli occhi di Gabriella si riempiono di lacrime che, copiose, cominciano a rigarle le guance, tracciando nella loro discesa una lieve linea scura.
“Ora le illustro come io ritengo sia andata quella notte.” proseguo, ignorando la sua pantomima “Verso le 22:20 è salita nella suite di Amanda e l’ha salutata con un bacio sulla guancia, questo giustificherebbe la presenza della traccia di rossetto. Tuttavia non è trascorso molto tempo perché gli animi si surriscaldassero. Avete iniziato a discutere. Amanda ha alzato la voce, anche in quella circostanza doveva farla sentire inferiore, debole! All’improvviso, accecata da una rabbia irrefrenabile, ha scorto la bottiglia di Dom Pérignon. Era proprio lì, a pochi passi da lei. Bastava afferrarla, aspettare che la sua amica si voltasse… e colpirla!”
“No, no, no!” grida la bionda, scostando alcune ciocche dalla fronte imperlata di sudore.
“Mi chiedo perché, signorina Wilde.” persevero io “Invidia? Gelosia? Amanda aveva forse più pretendenti e successo di quanto lei avrebbe mai potuto desiderare?”
“Detective, la smetta! Non voglio andare in prigione! Non voglio!”
Considerando lo stato di delirio in cui Gabriella è precipitata a causa della mia ormai nota mancanza di tatto, non biasimo Richard nell’indirizzarmi un’occhiata di evidente rimprovero.
“Signorina Wilde, ne prenda uno.” il mio partner estrae dalla tasca dei jeans un pacchetto di fazzoletti.
Sono rosa. E con dei gatti riprodotti sul davanti.
Osservando quella ridicola stampa, Ric e Gabriella si scambiano un timido sorriso.
Io ruoto gli occhi al cielo, nauseata.
La giovane modella sfila timidamente un fazzoletto con due dita, rassicurata dal dolce sguardo del suo cavaliere.
Io, tanto per cambiare, faccio la parte dell’arpia.
“Devo essere un vero disastro…” mormora lei, tamponandosi gli zigomi.
“Mai quanto me il lunedì mattina, mi creda!”
Entrambi si abbandonano ad una risata, nemmeno fossimo qui a raccontarci aneddoti sulla Regina Elisabetta!
Assesto un potente calcio allo stinco di Ric; dopo un intenso momento in cui percepisco vorrebbe imprecare contro tutto e tutti, si ricompone in una parvenza di serietà.
“Gabriella, la mia collega ed io vogliamo aiutarla. Davvero! Però niente più bugie. Siamo d’accordo?”
Lei annuisce, sfoderando due occhi da cerbiatta.
“Ci racconti cosa è accaduto in quella stanza.”
“Va bene… Allora, erano circa le 22:20. Dopo qualche minuto di attesa mi hanno permesso di salire alla suite. Quando sono arrivata, ho trovato la porta socchiusa. E’ stato in quell’istante che ho intravisto Amanda per terra. Ero convinta fosse solo svenuta, dopotutto conoscevo i suoi problemi con la droga e credevo che avesse esagerato ancora una volta.” la sospettata s’interrompe, soffiandosi il naso sonoramente “Allora mi sono avvicinata. Così ho notato i cocci disseminati sulla moquette e il sangue…era dappertutto! Sono corsa da lei e le ho afferrato la testa, urlando il suo nome perché si svegliasse! Credo di averle sfiorato la guancia con le labbra e in quell’istante il capello deve essersi impigliato nell’orologio di Amanda…. Quando mi sono resa conto che non respirava, ho capito cosa sarebbe accaduto se qualcuno fosse entrato: sarei parsa come la colpevole! Avevo tanto paura, la vista mi si era annebbiata e nella fretta sono inciampata. Mi ero tagliata con una scheggia, l’ho presa e nascosta nella borsetta. Poi sono scappata, lasciando la porta come l’avevo trovata. Ho indossato i guanti per nascondere la ferita, mi sono liberata del frammento di bottiglia e sono andata al pub. Questa è la verità, io sono innocente! Ve lo giuro! Sono innoc…”
Gabriella rovescia gli occhi all’indietro e si lascia abbandonare sulla sedia, priva di sensi.
Mentre Richard la afferra con agilità, evitandole una brutta caduta, io mi fiondo all’esterno.
“Presto! La Wilde si è sentita male!”
Le mie grida allertano l’intera agenzia. Due agenti accorrono, si caricano la ragazza sulle spalle e, scortati da Ric, la portano fuori.
Nella stanza, intanto, piomba il silenzio.
Restiamo io e quell’aroma dolciastro del profumo di Gabriella, che ancora aleggia nell'ambiente.
Non capisco.
Nonostante gli indizi riconducano ad una sua innegabile colpevolezza, avverto uno strano presentimento, come se dal quadro generale mancasse ancora un dettaglio...
Richard rientra, pallido quasi quanto la Wilde, e, preoccupata, lo invito a sedersi per riprendere fiato.
Nel frattempo mi aggiorna sulle condizioni della sospettata, la quale sembrerebbe rinvenuta, seppur ancora piuttosto scossa da questa folle situazione.
“Sara, io sono convinto che Gabriella non c’entri niente.” seguita lui con una sicurezza, alle mie orecchie, destabilizzante.
“Richard, no! Abbiamo le registrazioni, ci sono i risultati del laboratorio… La Wilde ha ucciso Amanda Seyfried. Non può essere altrimenti.”
Ric si sfrega la barba irsuta, inquieto.
“Gabriella non sta fingendo. Io voglio credere che sia innocente.”
Esalo un sospiro sommesso.
“Odio contraddirti, ma non stai analizzando la scena nel suo insieme. Lo capisco, è difficile pensare che una ragazza così giovane possa aver commesso una pazzia simile, ma non puoi nemmeno ignorare come tutte le prove portino a lei!”
“Non sempre attenersi alle prove è sufficiente per risolvere un omicidio.” dissente lui “Forse c’è altro che ci sfugge…”
“In effetti, qualcosa della sua deposizione mi ha turbato.”
“La porta aperta.” mi anticipa Ric.
Ci scambiamo uno sguardo eloquente.
“Esattamente. Al suo arrivo, Gabriella ha trovato la porta già aperta. Quindi, a meno che Jack Barnes non abbia dimenticato di incassarla, qualcuno deve essere entrato dopo di lui…”
“Ma comunque prima di Gabriella.” conclude Richard.
Annuisco, tuttavia il mio entusiasmo viene rapidamente soffocato da un ulteriore dubbio.
“Jack lascia la suite alle 22:13 e la Seyfried è ancora viva. Dieci minuti dopo, alle 22:23, dopo la macabra scoperta del cadavere, Gabriella fa altrettanto. Eppure i nastri delle telecamere non mostrano nessuno entrare e uscire in quell’intervallo di tempo!”
Ci guardiamo in silenzio, ignari della soluzione.
“E adesso cosa facciamo con Gabriella?” mi domanda, in fondo ben consapevole della mia risposta.
“Non ne ho la più pallida idea.”

 

Angolino dell'Autrice: Ciao miei sfornatini di riso!
Come state? Pronti per una nuova settimana?
Dunque! Cosa ne pensate della nostra Gabriella? La ritenete sincera o piuttosto sta inscenando una bella recita per destabilizzare Sara e Ric?
Non vedo l'ora di conoscere le vostre opinioni e discuterne insieme.
Siete sempre così gentili che mi sembra di non ringraziarvi mai abbastanza! Grazie per tutto l'affetto che mi infondete, siete meravigliosi!
Ve amo 'na cifra!
Vostra Clairy
Come sempre, ecco il link alla mia pagina Facebook --> https://www.facebook.com/Clairy93-EFP-400465460046874/?ref=aymt_homepage_panel

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Once bitten, twice shy ***





Once bitten, twice shy
- Sbagliando s’impara
 
 
Il giorno dopo, come volevasi dimostrare, mi rode il fegato per non aver sbattuto Gabriella Wilde dietro le sbarre.
Con l'imprevisto svenimento della modella e l’agitazione accumulatasi durante l’interrogatorio, mi sono lasciata suggestionare dal nobile animo del buon Richard.
E’ vero, ci sono ancora dei dettagli che non quadrano.
Ma, siamo oggettivi: non può che essere lei la colpevole!
Insomma, ha mentito alla polizia, durante la dichiarazione ha
addirittura insistito nell’alimentare le sue bugie, per non parlare della scena del crimine, interamente disseminata di prove che hanno reso sempre meno plausibile la sua innocenza.
Tuttavia anche quest’aspetto non mi convince.
E’ davvero così ovvio come sembra?
E se qualcuno avesse sfruttato proprio la disattenzione della Wilde per convogliare i sospetti su di lei?
Eppure nessuno, oltre a Jack Barnes e alla bionda, è entrato nella suite della Seyfried.
… A meno che, l’assassino non fosse già all’interno della stanza, ancor prima dell’arrivo del giovane Barnes.
E poi? Come avrebbe fatto a scappare eludendo le telecamere?
Dubito si sia lanciato dal cinquantesimo piano, e tantomeno abbia fatto free climbing sulla facciata dell’hotel.
A questo punto, non posso che ricontrollare con maggior impegno quelle maledette registrazioni. Ecco giustificato il motivo per il quale sto correndo come una forsennata verso l’agenzia investigativa.
Credetemi, fare jogging di prima mattina è una pessima idea!
Se riponevo un po’ di fiducia nel poter cominciare la giornata in modo “tranquillo”, ho già perso le speranze.
Il motivo?
Beh, mettiamola così: appena varco la soglia dell’ufficio, scorgo il mio peggior incubo.
Ben Barnes.
Si è accomodato su una poltroncina, immerso nell’esaminare chissà quale arcano mistero nella trama del tessuto.
Mi verrebbe quasi voglia di intrufolarmi dalla porta antincendio, eppure sono fin troppo consapevole che Ben sarebbe capace di rimanere seduto lì per l’intera la giornata.
“Cosa ci fa qui?” gli domando stizzita, spaventandolo.
Barnes scatta in piedi, inumidendosi nervoso le labbra secche.
“Devo parlarti.”
“Credo tu mi abbia già detto tutto l’altro giorno.” gli rinfaccio, continuando a camminare spedita “E, a proposito, sei stato molto chiaro. Adesso vattene!”
“Sara non fare così!”
“E cosa dovrei dirti?!” lo incenerisco, voltandomi di scatto “Hai ragione tu, Ben! Sono davvero stata una stronza patentata nei tuoi confronti! Ti senti meglio? Bene, buona giornata.”
Poi gli do le spalle e, senza ulteriori indugi, accelero il passo per seminarlo.
“Fermati!”
Il grido di Barnes tuona spaventoso tra le pareti, attirando inevitabilmente l’attenzione dei presenti.
Mentre avverto un ribollire di rabbia mista ad imbarazzo imporporare le mie guance, lo raggiungo con un ampia falcata e gli intimo di chiudere il becco.
“Solo se sei disposta ad ascoltarmi.” minaccia lui.
Lo giuro, non so cosa mi trattenga dal tirargli uno schiaffo.
“Tu...” sibilo “Sei davvero disonesto!”
Ben incrocia orgoglioso le braccia al petto.
“Per una volta giochiamo ad armi pari, no?”
Ostento una risata sprezzante.
“Quanto sei simpatico!”
Lui, invece, mi sorride.
“Sara. Voglio chiederti scusa per come mi sono comportato ieri, ho chiaramente esagerato. Non ho fatto altro che scaricare la mia frustrazione su di te, addossandoti la colpa di questa situazione. Stavi solo facendo il tuo lavoro, e lo rispetto.”
“Apprezzo che tu lo abbia capito.” rispondo atona, giusto per avere la soddisfazione di farlo sentire in colpa ancora per un po’ “Ho sempre agito nell’intenzione di proteggerti perché credevo, e lo credo ancora, nella tua innocenza. Tenere al sicuro la tua famiglia era una mia priorità, ma anch’io ho i miei limiti.”
“Questo mi fa piacere. Vuol dire che sei umana.”
Alzo gli occhi al cielo.
“La tua vena comica fa scintille! Sicuro di non voler intraprendere la carriera da comico?”
Barnes fa il prezioso.
“Solo se verrai a tutti i miei spettacoli.”
Inaspettatamente sfodera uno sguardo dolce, intenso, a dir poco disarmante, che mi lascia per un momento boccheggiante, permettendo ad un silenzio fastidioso di insinuarsi tra noi.
“Tua madre come sta? Si è ripresa?” scatto all’improvviso, forse con eccessivo impeto, smascherando il mio disperato tentativo nel trovare un argomento di conversazione.
“Si, sta molto meglio ora.” racconta, più sollevato “E tu, come stai?”
Sbuffo sonoramente (e tanti cari saluti alla grazia femminile).
“Come una che ha un criminale a portata di mano, ma non può arrestarlo perché qualcosa ancora non torna.”
“Ti riferisci a Gabriella?”
“E tu come fai a saper…”
E con una sincronia cronometrica, intravedo Richard attraversare il corridoio e strizzarmi ammiccante un occhio.
“Lasciamo stare… Ormai dovrei aver capito che non riuscirò mai a tenerti lontano da quest’indagine.”
Arriccia la bocca in un vezzo malizioso, per rifarsi, però, subito serio.
“Credi davvero che Gabriella abbia ucciso Amanda?”
“E’ irrilevante quello che penso io. Gli indizi riconducono a lei, ma c’è un dettaglio nella sua deposizione che non combacia… Merda!” impreco, rammentando l'urgente compito a cui avrei dovuto far fronte “E’ stata una bella chiacchierata, ma il dovere mi chiama. Quindi è meglio che tu vada via…”
“Posso darti una mano?”
Ben pare molto eccitato all’idea di vestire i panni di Sherlock per un giorno.
Io non esattamente.
Tuttavia non ho nemmeno bisogno di elaborare una risposta poiché una voce squillante, stentorea ed inconfondibile irrompe nella quiete dell’agenzia.
“Signor Barnes!”
Il Capitano Harvey, nel suo tailleur arancio-pugno-in-un-occhio, accorre come il diavolo della Tasmania in un turbine di gaiezza.
Accoglie Ben con dei manierismi talmente stucchevoli, che non mi stupirei se si fosse preparata prima il discorso; magari durante le intime conversazioni intrattenute con la statua grandezza naturale del suo amato attore, gelosamente nascosta nell’ufficio.
Nell’attimo esatto in cui si accorge della mia presenza, l’espressione stralunata del Capitano riassume, a velocità inquietante, i suoi tratti agghiaccianti.
“E lei, detective? Non dovrebbe essere già ad analizzare quei video?” 
E’ ufficiale. Questa donna mi fa paura.
“L’ho trattenuta io, mi spiace.” spiega Ben, sfoggiando due irresistibili occhioni colpevoli “Stavo giusto chiedendo a Sara se posso esserle d’aiuto. Nelle mie limitate capacità investigative, s’intende. Sarebbe un modo per sdebitarmi per tutto ciò che avete fatto per me.”
Di fronte a quel suo sorriso da infarto fulmineo, perfino l’irremovibile Harvey è palesemente in difficoltà. Ma non trascorre molto tempo prima che la sua mascella squadrata si abbandoni ad un risolino inebetito.
“Dopotutto sono solamente delle registrazioni. Non vedo cosa possa esserci di male! E poi, quattro occhi saranno sicuramente meglio di due! Non trova, detective Carter?” m’interpella, esibendo un ghigno sinistro. Sembra voler presagire quale misera fine mi attenderà se avessi anche la più remota intenzione a non concordare con lei.
Perciò esibisco un sorriso tirato, nella speranza che la Harvey distolga quello sguardo assassino.
“Signor Barnes, più tardi potremo visitare l’agenzia.” propone il mio capo “Sarebbe un piacere mostrarle nel dettaglio in cosa consiste la nostra attività. Anche se dovrò pregarla di stare a debita distanza dalle prove dei casi in corso, altrimenti dovrò chiuderla in gattabuia!”
E’ incredibile, fa anche dell’ironia…
“Accetto volentieri, e prometto senza far danni!” afferma Ben, mettendo in pratica le sue migliori doti attoriali “Il lavoro che svolgete è incredibile, Capitano. L’intera città è in debito con voi, siete dei veri professionisti.”
Al termine di questa nauseante manfrina riesco, almeno per il momento, a sbarazzarmi del Capitano, che nel frattempo si allontana gongolante.
“Ti rendi conto che lei non sta scherzando, vero?”
Ben si passa una mano tra i capelli con fare vanesio.
“Lo sospettavo. Ma è stata utile! E adesso hai un nuovo partner per la giornata.” mi stringe con vigore la spalla, compiaciuto.
“E poi sarei io la manipolatrice!” lo scanso, infastidita da questo gesto disinvolto, per di più in pubblico.
Senza perdere altro tempo, mi dirigo nella piccola stanza computer.
Ovviamente, con Barnes al seguito.
Mi fiondo sul primo schermo acceso, inserisco la chiavetta USB contenente una copia dei nastri e, con un rapido click, avvio il video.
“Chiudi la luce, per favore!” ordino al mio collega.
E’ in quel frangente che realizzo di essere sola con Barnes, al buio.
Proprio come quella notte a Brighton…
Un brivido quasi prepotente percorre il mio corpo come una scossa.
Con estrema discrezione, ruoto il capo giusto quel poco che mi consenta di scorgere nella penombra il suo profilo, leggermente accigliato, sul quale si riverberano le luci del monitor.
Vorrei dire qualcosa, ma alla fine preferisco restare in silenzio. Di solito non mi pongo certi problemi, ma da quando conosco Ben ho come l’impressione di aprire bocca unicamente per vomitare delle cattiverie che, in fondo, non si merita.  
Relego queste riflessioni sciocche e, date le circostanze, assolutamente inopportune, in un angolino remoto per riprendere a focalizzarmi sul video.
Dopo quarantacinque, lunghissimi minuti di attenta analisi (nei quali devo aver perso almeno un paio di diottrie), adocchio qualcosa di strano.
Rapidissima, metto in pausa.
“Cosa hai visto?” mi chiede Barnes, allarmato.
Non rispondo.
Trascinando il cursore, indietreggio quanto basta per riesaminare uno specifico fotogramma e…
Posso abbandonarmi, finalmente, ad una risata liberatoria.
“Pensi di condividere le tue scoperte?” insiste lui.
“Eravamo così presi ad osservare chi apparisse nelle registrazioni, da dimenticare tutto il resto!”
Ben mi rivolge un’occhiata titubante.
“A cosa ti riferisci?”
“Guarda l’orario.” con l’indice gli indico i numeri che scorrono in basso a destra “Sono le 22:13. Ecco, ora si vede transitare tuo fratello Jack. Alle 22:23, la figura incappucciata, che sappiamo essere Gabriella, esce dalla suite. Non hai notato niente?”
Di fronte al mio incontenibile entusiasmo, lui si ritrova a scuotere deluso la testa.
“Concentrati solo sull’orario, Ben!” gli suggerisco, riavvolgendo il nastro ancora una volta.
“Ma certo!” esclama lui “Dalle 22:13 si passa subito alle 22:23! Il video è stato tagliato!”
“Esatto! Per dieci minuti, il tempo necessario per commettere un omicidio.”
“Qualcuno deve aver manomesso il video.”
Scuto il capo, serena.
“Non qualcuno, ma l’assassino. Sapeva che le telecamere lo avrebbero incastrato. Doveva liberarsene.”
“E chi avrebbe potuto farlo?”
“Solo chi poteva accedervi senza destare sospetti.”
Affilo lo sguardo, avvertendo una voglia da troppo sopita: quella di archiviare trionfalmente un altro caso.
E sento che ci siamo davvero vicini.


Angolino dell'Autrice: Ciao mie piccole polentine ricoperte di formaggio fuso!
Siete entrati nello spirito natalizio?
Io sono nel mood già da agosto! xD Adoro questo periodo dell'anno!
Spero di rendere più piacevole il vostro inizio settimana con un nuovo capitolo. Come avrete intuito siamo molto, ma molto vicini alla fine.
Grazie per continuare a sostenermi in questa avventura! Siete la mia forza!
Ve amo 'na cifra!
Vostra Clairy
Se vi va di farci un salto, ecco il link alla mia pagina Facebook --> https://www.facebook.com/Clairy93-EFP-400465460046874/?ref=aymt_homepage_panel

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** It's not the gay coat that makes the gentleman ***




It's not the gay coat that makes the gentleman – L’abito non fa il monaco
 

“Buonasera, signor Bradford. Grazie per essere venuto così presto.”
Irrompo nel locale degli interrogatori con un impeto quasi inopportuno, date le spiacevoli circostanze.
Sarà perché sono ad un passo dal chiudere il caso Seyfried?
“Qualunque cosa se posso dare una mano.” risponde il direttore del Buckingham Palace Hotel, molto fiero di sé “Non c’è giorno che non pensi a quella povera ragazza…”
L’uomo si stringe nel suo elegante completo grigio talpa, corrucciando le scure sopracciglia in un’espressione sconsolata quanto ipocrita.
“Sì, non ne dubito.” mormoro, trattenendomi dallo sputare su quella sua bella cravatta ricamata e, da una prima scorsa, piuttosto costosa.
“Inoltre, il tono dell’agente che mi ha telefonato era alquanto allarmato. Così ho abbandonato immediatamente la mia postazione alla reception e sono corso da voi.” racconta lui, quasi si aspettasse un coro di applausi per il suo gesto eroico “Ho intuito subito si trattasse di qualcosa di urgente.”
“Oh, sì!” confermo “E’ proprio così, in effetti. Abbiamo delle interessanti novità sul caso.”
“Qualche indizio rilevante?”
“No, no! E’ qualcosa di molto più importante, signor Bradford. Siamo vicini a catturare l’assassino.”
“Ma è una notizia eccezionale!” esclama l’uomo, conservando la sua postura signorile “Quanto vicino, detective?”
Sfoggio un sorriso malizioso.
“Più di quanto immagina.”
“Beh, è un’affermazione forte la sua.” osserva Bradford, perplesso davanti alla mia sicurezza “L’intera situazione è estremamente delicata, come lei saprà meglio di me. Ci sono le prove da analizzare, tanti sospettati da interrogare… Forse siete ad una svolta, ma addirittura prossimi ad acciuffare il colpevole! Non vi starete lasciando prendere dall’entusiasmo?”
Il damerino sembra non aver afferrato chi tra noi due sia l’esperto.
E io odio chi mette in dubbio le mie capacità da detective.
“Si fidi direttore, io non parlo mai a sproposito. Soprattutto quando c’è in gioco la vita delle persone.”
“Naturalmente.” si aggiusta con dedizione le maniche della giacca, rivelando un sobrio orologio d’oro al polso “Allora, mi dica: come posso esserle d’aiuto?”
“Le piacciono le storie poliziesche, signor Bradford?”
Lui corruccia l’ampia fronte.
“Non capisco come ciò possa essere pertinente.”
“Pare che l’assassino di Amanda Seyfried ne abbia lette davvero parecchie. Ha pianificato l’omicidio con una cura e freddezza inverosimili.”
“D’accordo. E questo come dovrebbe essere connesso ai miei gusti letterari?”
“Ritengo che il responsabile si sia ampiamente documentato prima di uccidere l’attrice, in modo che tutto filasse liscio e potesse aggirare le autorità.”
“Cosa sta insinuando, detective Carter?”
Bradford congiunge le mani sul tavolo e si fa più vicino, studiandomi con penetrante intensità.
“Credo che lei già lo sappia.” sussurro, imitando il suo gesto “E fare l’ingenuo non la porrà in una luce migliore.”
La mia occhiata fulminante comincia a metterlo a disagio, nonostante cerchi di nasconderlo dietro ad un ghigno sprezzante.
“E’ questa la grande svolta?” domanda lui, appoggiandosi con grazia sullo schienale “Condurmi in questa topaia per accusarmi di fatti deplorevoli? E sulla base di cosa?”
Schiocco le dita, illuminandomi.
“Speravo me lo chiedesse! Sa cosa trovo esilarante? Il fatto che si sia messo da solo con le spalle al muro. Ricorda le registrazioni delle telecamere che le abbiamo richiesto? Sono proprio quelle che la incastrano.”
“Ne dubito fortemente.” replica Bradford, incrociando le braccia al petto con ostentata fiducia.
“Ne è sicuro? Il fatto che non vi compaia visivamente non significa che lei non sia stato immortalato.”
“Detective, le sue sono soltanto congetture. I video dell’albergo sono le prove più tangibili che potesse ottenere. Se neppure con queste riesce a risalire all’omicida, mi costringe a pensare che le sue competenze lascino molto a desiderare.”
“Non è così immediato intuirlo se i nastri sono stati manomessi.”
Le mie parole riescono a scemare quel suo irritante sorrisetto, tuttavia sono ancora lontane dall’intimidirlo.
“Detective sta forse suggerendo che io le abbia consegnato delle registrazioni false?”
“Io non suppongo niente, Bradford. Ne sono certa.” dichiaro, decisa.
“Potrebbe essere stato chiunque! Proprio non comprendo quest’ingiusto accanimento nei miei confronti!”
“Andiamo Bradford!” grido, colpendo con un palmo la dura superficie della scrivania “Sappiamo entrambi che solo lei aveva accesso a quei video!”
“Non basta per colpevolizzare qualcuno, detective Carter.” obietta lui, calmo “Mi spiace, ma lei sta sparando sentenze prive di fondamento.”
“Allora lasci che le illustri questo.”
Faccio scivolare un plico di fogli sotto il suo naso.
Bradford mi squadra con sufficienza.
“Cosa dovrebbe essere?”
“Sono i movimenti della sua carta magnetica, quella che adopera per entrare e uscire dalle stanze del suo hotel.” gli spiego, gustandomi l’espressione stizzita che inizia ad infiammare il suo volto “E, guardi qui, la notte dell’omicidio sembrerebbe che lei si sia recato proprio nella suite di Amanda Seyfried, alle 22:15, esattamente un paio di minuti dopo che Jack Barnes aveva lasciato la camera. E’ stato in quel frangente che ha afferrato la bottiglia di Dom Pérignon, frantumandola sul cranio della malcapitata. Nella fretta, però, non ha incassato a dovere la porta. Ma a toglierla dai guai, è stata la sfortunata Gabriella Wilde che, entrando alle 22:23, ha compromesso la scena del crimine. La poverina non avrebbe potuto farle un favore migliore, non crede?”
“Si dia una calmata, detective.” mi ferma, serbando quella sua parvenza di impassibilità molto, molto irritante “Le ricordo che sono il direttore. E’ normale che io acceda nelle stanze dei miei clienti. Le dirò di più: spesso sono proprio loro che desiderano conoscermi, magari per congratularsi del servizio o per scambiare due parole. Ed è ciò che è accaduto
quella sera con la signorina Seyfried. Le abbiamo offerto di frequente ospitalità, riservandole le camere più sontuose e tutte le comodità incluse. La ragazza voleva solamente ringraziarmi per l’ottima accoglienza che le abbiamo sempre garantito.”
“Mi faccia il piacere, signor Bradford! La recita del gentiluomo egocentrico con la testa impregnata di brillantina sta risultando davvero patetica!”
Il direttore gonfia subito il petto, offeso.
“Ma come si permette?!”
“Come mi permetto?!” tuono io “Lei ha ucciso una donna! Se ne rende conto o tutto quel gel le ha fuso il cervello?”
“Voi non avete le prove.” ribadisce, scandendo ogni sillaba “Dove sono le impronte, eh?”
“Non ci sono impronte...”
“Ecco, come sospettavo.” m'interrompe, insolente “Non avete niente per accusarmi. Niente!”
“…Non ci sono impronte, come
stavo dicendo, perché indossava i guanti del suo completo.”
E, finalmente, vedo
Bradford irrigidirsi.
“Per questo le ho chiesto se si ritiene un lettore di gialli.” proseguo, agile nell’approfittare del suo lieve smarrimento “Ha avuto una premura fuori dall’ordinario: usare i guanti per evitare di lasciare tracce. Un tocco di classe, direi! Inoltre, li abbiamo recuperati dal cassonetto della spazzatura, fuori dalle cucine dell’albergo.”
Il colorito di Bradford assume un’inquietante tonalità verdastra; sto supplicando tutti i santi perché non dia di stomaco proprio di fronte a me.
“Abbiamo fatto analizzare i suoi guanti: sono state rilevate delle macchie di sangue. Sono quasi certa che entrambi sappiamo a chi appartengano…”
Dopo un ultimo, penoso istante di compostezza, la copertura di Bradford esplode in un urlo soffocato.
Si pianta con forza le dita tra i capelli, oscillando sulla sedia ed imprecando sottovoce.
“Perché, Bradford?” gli domando “Perché uccidere una ragazza?”
Il direttore solleva di colpo il capo, incenerendomi con due occhi da brividi, arrossati e colmi del più lacerante disprezzo.
“Oh, detective. Lei non ha la minima idea di chi fosse realmente Amanda Seyfried.” sibila a denti stretti “Non solo ha rovinato la sua stessa vita, ma ha voluto distruggere anche la mia.”
“Cosa le ha fatto?”
“Mi ricattava. Voleva che le consegnassi del denaro per comprare quello schifo di sostanze che s’iniettava.”
Accenno una lieve risata, graffiante al punto giusto.
“Un uomo grande e grosso come lei ricattato da una giovane drogata? Mi pare poco credibile.” ammetto “A meno che Amanda non avesse del materiale con cui minacciarla…”
“Sette mesi fa, durante uno dei suoi pernottamenti al Buckingham Palace Hotel, abbiamo trascorso una notte insieme.”
Ma guarda un po’, chissà perché non mi stupisce che la Seyfried si sia portata a letto anche Bradford…
“E’ stata una sola, dannata notte!” ripete, battendo tremante i pugni sul tavolo “Eravamo completamente fatti. Io ero stordito, non ragionavo! La mattina dopo me ne sono andato e non ho più sentito Amanda. Fino a quando, due settimane dopo, lei non si è rifatta viva. Voleva i miei soldi.”
“Quanto le chiedeva?”
“Non ha importanza detective. Le basti sapere questo: ogni volta che mi contattava, esigeva sempre più denaro. Quando ho deciso di porre fine a questa storia, ho scoperto che Amanda aveva scattato delle foto… di quella notte...” la sua voce si spezza per un momento, rimane qualche secondo in silenzio, poi prosegue “Minacciò che se non avessi continuato a darle i soldi, avrebbe spifferato tutto a mia moglie.”
“Sua moglie non sarà comunque contenta di scoprire che il proprio marito è un assassino.”
Alla mia lecita considerazione, le labbra di Bradford si piegano in un amaro sorriso.
“Mia moglie non vede l’ora di liberarsi di me. E, mi creda, quella donna ha fatto cose ben peggiori. Non ho divorziato soltanto perché avrei dovuto passarle il mantenimento.”
Wow! Quanta merda in un solo individuo così ben vestito!
“Poniamo in un angolo la sua vita matrimoniale, Bradford. Piuttosto, mi parli della sera dell’omicidio. Perché non mi racconta cosa è successo con Amanda?”
L’uomo alza gli occhi al cielo.
“Mi ha in pugno, detective Carter. Mi sembra abbastanza sveglia da intuire da sola i dettagli.”
“Grazie della fiducia, ma ho bisogno della sua versione dei fatti. E poi, siamo onesti: non ha più nulla da perdere, direttore. Tanto vale collaborare, non trova?”
“Come vuole.” sbuffa lui “Sono andato nella sua suite solamente per parlare, o almeno quella era l’intenzione. Amanda diceva che i soldi le servivano, per le sue medicine. Ma chi voleva prendere in giro! E sa, quando mi sono rifiutato, cosa ha detto quella stronza?! Se io annego, tu verrai con me...”
“E non ci ha visto più.” concludo, già a conoscenza del finale del racconto.
Bradford assottiglia le palpebre, fissandomi attraverso le ciglia scure.
“Era una drogata, in ogni caso si sarebbe ammazzata con le sue stesse mani.”
Mi alzo di scatto, facendo ribaltare la sedia.
“Non era una decisione che spettava a lei!”
“Già, forse ha ragione.” mi osserva, di sottecchi, con occhi diabolici “Ma, quando sarò in prigione, avrò l’impagabile soddisfazione di poter percepire ancora, e ancora quella bottiglia sfondare il cervello di quella bionda bastarda.”
Lo sovrasto, raggelandolo con tutto il ribrezzo che ho in corpo.
“Lei è un verme, Bradford. Sarò io stessa a richiedere che riceva il massimo della pena. Avrebbe potuto agire in mille altri modi. Rivolgersi alla polizia, per esempio. Invece, ha imboccato la via più meschina, scaricando la colpa su degli innocenti, persone che tenevano davvero ad Amanda.”
“Se mi fossi rivolto a voi, non sarebbe cambiato niente.” ritiene lui, sostenendo il mio sguardo con incredibile insistenza “A chi pensa avrebbe creduto una giuria? Al ricco e megalomane direttore di un hotel o alla dolce bionda maltrattata?
“Ora non lo saprà mai. E trascorrerà il resto della sua misera esistenza dietro le sbarre a domandarselo. E sì, magari agli inizi ripenserà a quanto sia stata appagante l’ebrezza di uccidere quella ragazza. Ma gli anni passeranno e nessuno si ricorderà più di lei. Invecchierà, Bradford. I sensi di colpa le divoreranno le viscere, e rimarrà solo. E quel frantumarsi di bottiglia diventerà un incubo che la terrà sveglio ogni, singola notte, fino a che non desidererà ardentemente di morire. Ma non potrà. Quello sarà il suo unico pensiero, e mi assicurerò che sia così fino al momento in cui esalerà il suo ultimo respiro.”
Bradford ruota lentamente il capo ed esibisce un’espressione quasi beata.
“Allora mi aspetto di ricevere qualche sua visita, detective Carter.”
Mi avvicino ad un palmo dal suo naso.
“Le auguro un lungo e felice soggiorno.”
Irrompono due agenti scortati da Richard, i quali agguantano il colpevole per le spalle. Dietro di loro, il Capitano Elisabeth Harvey fa roteare trionfante le manette attorno al suo indice.
“Stephen Bradford, la dichiaro in arresto per l’omicidio di Amanda Seyfried.”



Angolino dell'Autrice: Ciao miei croccanti biscottini di pan di zenzero!
Eccoci al penultimo capitolo. Cosa ne pensate di questo assassino? Ve lo aspettavate? Avevate dubitato della sua colpevolezza?
Insomma, giustizia è stata fatta ma resta ancora un ultimo capitolo per concludere a dovere la vicenda.
Ci tengo a ringraziarvi per avermi seguito in questa avventura. Senza il vostro costante affetto non avrei trovato la forza per continuare a pubblicare.
Inoltre, vi auguro un sereno Natale. Spero possiate trascorrere delle vacanze felici, ridendo e strafogandovi di cibo con le persone che amate di più.
Vi auguro tanta gioia e fortuna per l'anno prossimo, e soprattutto che possiate trovare il coraggio di portare avanti i vostri progetti e credere in voi.
Buonissime feste a tutti!
Ve amo 'na cifra!
Vostra Clairy

Pagina Facebook -->
https://www.facebook.com/Clairy93-EFP-400465460046874/?ref=aymt_homepage_panel

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Safe and sound ***



 

Safe and sound - Sano e salvo

 

Il caso Seyfried è pronto per essere archiviato.
E’ triste pensare che alla propria morte si diventi un misero pezzo di carta, pronto per essere schedato e sepolto in una scatola di cartone.
Ma, anche questo, è parte del mio lavoro.
Questo mestiere ti impone un’imprescindibile distacco emotivo. Certo, è un atteggiamento che a lungo andare indurrà chi ti sta vicino a considerarti uno stronzo patentato. Tuttavia, è proprio quest’assoluta ed inquietante freddezza che permette, a noi poliziotti, di svolgere il nostro dovere.
Le emozioni sono insidiose. Esse si celano dietro l’innocente pretesa di farci sentire “vivi”, per poi rivelarsi pericolose armi a doppio taglio.
Sono le emozioni, violente e inarrestabili, che spingono addirittura il più spietato degli assassini a compiere degli errori.
E Stephen Bradford, il direttore del Buckingham Palace Hotel e colpevole dell’omicidio di Amanda Seyfried, ne ha commessi parecchi.
Sono state la sua rabbia e la sua bruciante insofferenza a consentirmi di stringere con soddisfazione le manette attorno ai suoi polsi.
In seguito all’arresto di Bradford, Jack Barnes e Gabriella Wilde sono stati scagionati da ogni tipo di accusa a loro carico.
L’albergo e l’intero personale sono al momento sottoposti ad indagine preliminare: potete facilmente immaginare le ingenti perdite economiche cui l’attività andrà incontro, nonché le pesanti vagonate di fango che la stampa nazionale già le sta gettando addosso.
Bradford è stato rinchiuso un paio di settimane fa nella prigione di Wandsworth, in attesa dell’inizio del processo.
Non sento Ben da allora.
Potrà suonare folle, ma sono leggermente preoccupata che gli sia capitato qualcosa.
E, da bravo poliziotto, devo accertarmi che stia bene. Ovviamente non c’entra nulla il fatto che, prima di recarmi dai Barnes, io abbia trascorso infinite ore ad affrontare un’estenuante battaglia contro me stessa e il mio incrollabile orgoglio.
Ma assolutamente no!
Quindi, parcheggiata la mia Cabrio, transito per l’ormai familiare quartiere dei Barnes. Non è cambiato molto dall’ultima volta che sono venuta, ad eccezione delle decorazioni natalizie nei cortili e le luci ad intermittenza lungo le inferriate.
Al contrario, il giardino dei Barnes è piuttosto spoglio e ricoperto da un tappeto di foglie secche, ravvivato dal timido tocco di colore di una ghirlanda di agrifoglio appesa alla porta.
Con il cuore in gola e i palmi sudati, nonostante il freddo pungente di questa mattina, lascio scivolare le dita sull’elegante targhetta dorata finché non mi decido a premere questo dannato campanello.
Avverto dei passi scendere di corsa le scale e, ad ogni gradino, stringo con più forza i pugni per ignorare le ginocchia tremolanti. Mi rendo conto di trattenere il fiato soltanto nell’istante in cui, abbandonandomi ad un sospiro sollevato, vedo Jack Barnes spalancare la porta d’ingresso.
Trovarmi qui fuori lo destabilizza. E non lo biasimo. Dopotutto anch’io non saprei come reagire se il poliziotto che voleva condannarmi per omicidio si presentasse sullo zerbino di casa mia.
Tuttavia, Jack si scrolla di dosso l’espressione da pesce lesso per sostituirla con un sorrisetto sghembo.
“Detective! Ben non mi ha avvisato che sarebbe passata...”
“In realtà ero in zona e ho deciso solo all’ultimo di fare un salto.”
Cazzata.
“Oh, grazie! E’ stato gentile da parte sua.”
Annuiamo all’unisono, per un paio di volte, ostentando due sorrisi che paiono la più patetica rappresentazione del totale imbarazzo.
Per fortuna c’è la signora Barnes che, transitando dietro a Jack, interrompe questo nostro pietoso tête-à-tête.
Tricia raggiunge svelta il figlio, curiosa di capire cosa ci sia di tanto interessante da lasciare la porta spalancata in pieno inverno.
La donna rabbrividisce, avvolgendosi nel suo pullover di lana. Ma, non appena mi riconosce, s’illumina all’improvviso, tanto da poter fare tranquillamente concorrenza alle lucine natalizie dei vicini.
“Detective! Che bella sorpresa!” esclama Tricia, scoccandomi un inaspettato bacio sulla guancia che, goffamente, cerco di ricambiare.
“Spero di non disturbare.”
“Ma quale disturbo! Prego, si accomodi.” con il suo piglio disinvolto e cordiale, mi esorta ad entrare.
“In realtà sono venuta per parlare con Ben. E’ in casa?”
La signora Barnes dissimula un sorriso compiaciuto che, malgrado mi faccia venir voglia di scappare a gambe levate dalla vergogna, trovo davvero dolce e sincero.
“Ma certo! Jack, fammi un favore, vai a chiamare tuo fratello.”
Prima di scomparire dentro casa, Jack mi saluta con un cenno della mano e mi augura di trascorrere delle buone feste.
“Lavorerà anche il giorno di Natale?” mi domanda Tricia.
“Per la polizia non esiste vacanza.”
Lei si leva allibita gli occhiali da lettura, puntando su di me i suoi occhi scuri.
“Nemmeno a Natale?!”
Sollevo le spalle, desolata nel contraddirla.
“Caspita, è un mestiere impegnativo il suo! Ma è ammirevole la tenacia con cui lo esegue…” afferma la signora Barnes, proprio l’attimo prima in cui un’idea fulminea sembra attraversarla “Se riuscirà a liberarsi per il pomeriggio di Natale, si consideri invitata a casa nostra. Quest’anno organizzeremo un pranzo solamente tra noi quattro, ci piacerebbe averla con noi. Sarebbe un modo per ringraziarla.”
“E’ molto gentile, ma credo che non sia il caso. Inoltre, dovrei essere fuori città in quei giorni...”
“Non deve rispondermi adesso, detective!” si affretta a precisare “Ci rifletta su. Sappia che c’è un posto per lei se vorrà anche solo passare per gli auguri.”
“Grazie…” biascico, sbigottita e quasi esasperata da tanta premura nei miei confronti.
Non capisco.
Perché invitare me, la persona meno affabile che io conosca, ad una ricorrenza così intima? Io che, vorrei sottolineare, stavo per rinchiudere entrambi i suoi figli in prigione!
Perdo l’opportunità di rivelarle i miei dubbi (e, ad essere sinceri, non so neanche se ne avrei avuto il coraggio) poiché Ben compare sull’uscio.
“Sara! Ciao! Come stai?”
Mi sorride raggiante, aggiustandosi la t-shirt un poco slabbrata e levando il leggero strato di polvere sui suoi jeans.
“Se non è un buon momento…”
“Ma no, figurati!” mi interrompe Ben “Stavamo ripulendo la soffitta, la classica faccenda da svolgere quando tutti i Barnes sono a casa. E mia madre adora dirigere i lavori. Mi sbaglio, colonnello Barnes?”
"Beh, con tre uomini grandi e grossi non ti aspetterai che io mi metta a fare quei lavoracci!"
Ben stampa un tenero bacio sulla tempia della donna.
Poi, sparendo per un secondo dietro la porta, riappare con il suo giubbotto di pelle che s’infila con un rapido gesto.
“Ci pensi, detective, alla mia proposta!” grida Tricia, mentre Ben ed io percorriamo il vialetto “E grazie per essere passata!”
Girato l’angolo, Barnes parte subito all’attacco.
“A cosa si riferiva mia madre?”
“Mi ha invitato a casa vostra, per il pranzo di Natale.”
Ben si arresta di colpo.
“Veramente?!”
Mi giro verso di lui, annuendo con un timido cenno.
“Beh, non sarebbe un’ipotesi poi così malvagia!” prosegue, riprendendo a camminare al mio fianco “Ti ha detto che quest’anno festeggeremo soltanto tra di noi? Perlomeno non ti sentiresti in imbarazzo.”
“Sì, me lo ha accennato. Penso che declinerò comunque l’invito.”
Barnes sbuffa.
“Sei la solita, Sara!”
“Sarei di troppo. Non voglio rovinarvi la giornata.”
“Perché invece di essere sempre così disfattista, non puoi semplicemente accettare che a qualcuno faccia piacere godere della tua compagnia?”
Affondo il viso nella sciarpa, quasi volessi dileguarmi per sfuggire da questa conversazione.
“Non la trovo una buona idea, tutto qui. Il Natale è una ricorrenza da trascorrere in famiglia.”
“Ma è anche un’occasione per dare una possibilità!” mi corregge “Per accogliere.”
Arriccio le labbra in una smorfia poco convinta.
“Credo che tua madre lo abbia fatto solo per cortesia.”
“Fidati, lei non si pone questi problemi. Chiedi a Jack e a tutte le ragazze che nostra mamma si è letteralmente rifiutata di far entrare in casa!”
Lo guardo perplessa, inarcando il sopracciglio.
“Quindi dovrei sentirmi onorata che non mi abbia sbattuto la porta in faccia?”
“Proprio così!” assicura Ben, divertito “Mia madre ti trova una brava persona. Se ti ha invitata vuol dire che ci tiene ad averti con noi. Ti è così difficile crederlo?”
“Siete gentili, ma no grazie. Queste cose non fanno per me…”
“Sì, lo so. Tu sei più il tipo da birra e hamburger al bancone di un pub, dico bene?”
Scoppiamo a ridere, ricordando la serata trascorsa insieme a Brighton.
E’ assurdo pensare come le cose siano cambiate da quella cena. In quella situazione non avrei mai immaginato che io, Sara Carter, il detective tanto glaciale da far invidia ai ghiacciai della Patagonia, avrei rinnegato tutte le mie sacrosante regole e, soprattutto, senza farci un caso di Stato.   
“Tra due giorni ci sarà la prima udienza del processo di Bradford.” lo informo “Nel caso foste interessati a seguirlo.”
“Grazie, riferirò. Ma ora che l’assassino di Amanda è stato catturato, la mia famiglia ed io preferiremmo rimanerne fuori. Quando ci hai telefonato due settimane fa, avvisandoci che finalmente era tutto finito, abbiamo deciso di non parlarne più. Adesso vogliamo solamente rivolgere i nostri pensieri ad Amanda e alla sua famiglia, e pregare per loro.”
“E’ comprensibile. Dopo la tempesta che si è abbattuta su di voi è più che lecito desiderare un po’ di quiete, anche nel rispetto di chi non c’è più.”
“Penso la stessa cosa.  E, non so te, ma l’idea di vedere in faccia l’uomo che ha ucciso Amanda, mi fa venire il voltastomaco...”
“Fidati, lo capisco.” mi limito a rispondere, evitando di accennare all’immane sforzo che ho compiuto, durante l’interrogatorio di Bradford, per non sputargli dritto in un occhio.
“E poi, Sara, tu hai svolto un ottimo lavoro.” continua Ben, mettendomi un braccio sulla spalla e, stranamente, non ho l’istinto di tirargli una gomitata nello stomaco “Bradford sarà condannato e pagherà per le azioni che ha commesso. E’ sufficiente sapere questo.”
“Come vuoi. L’udienza è aperta al pubblico, potete decidere liberamente.”
“E tu? Cosa farai ora?” mi chiede con un’innocenza che, mi azzardo, presumo nasconda una palese curiosità nel conoscere i miei progetti futuri.
“Ho già un altro caso di cui occuparmi…“ affermo, vaga, giusto per tenerlo sulle spine.
“Non ti fermi mai, detective!”
“Chi si ferma è perduto, Barnes! Ormai dovresti averlo capito.” lo osservo di sottecchi, ma distolgo subito lo sguardo di fronte alla sua buffa smorfia “Invece, quali sono i tuoi programmi?”
“Starò un po’ con la mia famiglia. Ne ho bisogno. Dopo di che mi rimetterò in contatto con il mio agente, se ancora vorrà saperne di me, e magari potrei presentarmi per qualche provino, rientrare nel giro insomma.”
“Ti auguro di ricevere delle buone opportunità. E chissà, anche di vederti ritirare un Oscar!”
“Un Oscar?” ripete lui, esitante “Addirittura?”
“Sarebbe ora, no? Almeno potrò avere la soddisfazione di dire: ecco, quello era un mio sospettato ma, grazie alle mie straordinarie doti investigative, l’ho scagionato!”
Barnes si abbandona ad una genuina e contagiosa risata.
“E’ stato un piacere collaborare con te, Sara. E’ stata un’avventura… incredibile!”
Faccio spallucce, fingendo noncuranza.
“Nonostante tu sia stato molto, molto fastidioso, e ci siano stati dei momenti in cui ti avrei volentieri dato una botta in testa, anche io l’ho trovata un’avventura…abbastanza divertente.”
“Lo sapevo!” rincara lui, dandomi un colpetto con il gomito “Ammettilo: siamo una bella squadra, io e te!”
“Se pensi che ti nominerò mio partner ti sbagli di grosso. E sfruttare il Capitano Harvey non ti servirà.”
“Questo lo vedremo.” mi stuzzica.  
Un istante dopo, però, si fa inaspettatamente serio.
“Dunque, sei venuta solo per avvertirmi dell’udienza di Bradford?”
“Sì…” mento “Volevo assicurarmi fosse tutto ok.”
“Come vedi siamo sani e salvi.”
Persino un cieco noterebbe l’evidente delusione di Ben alla mia risposta.
Forse è proprio questa sua reazione che m’incoraggia a fargli una proposta che mai (e ribadisco, mai!) avrei pensato di esporre a voce alta.
“Senti Barnes, starò via per una settimana. C’è un caso fuori città in cui è richiesta la mia presenza. Al mio ritorno, magari… ovviamente se ne hai voglia, potremmo…non so, vederci. Prendere un caffè, o fare un giro...”
Oppure se tu potessi imprestarmi una vanga così da potermi sotterrare per l’imbarazzo, te ne sarai grata!
Ben si volta con una lentezza spaventosa, esibendo una faccia che definirla sconcertata non rende l’idea.
“Scusa, credo di non aver afferrato... Mi stai davvero chiedendo di uscire?”
Mi mordo il labbro.
“A quanto pare…”
I lineamenti di Ben si addolciscono in un sorriso.
“Temevo non me lo avresti mai chiesto.”



Angolino dell'Autrice: Ciao miei croccanti biscottini inzuppati nel latto caldo!
Eccoci alla fine di un'altra avventura che, grazie al vostro incredibile affetto e supporto, è stata semplicemente splendida ed emozionante.
Possiamo definirlo un finale... aperto? Chissà se Sara, al suo ritorno, sarà ancora dell'idea di uscire con Ben o, piuttosto, farà prevalere il suo immancabile orgoglio?
Perché no, prossimamente potrebbe esserci un nuovo caso per Sara e Ben. Nel frattempo, ho iniziato una nuova storia di cui vi lascio il link --> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3351775&i=1  Si intitola "Lo strano caso del testamento di papà" e, se vi va di passare, non potete che farmi felice.
Lasciate che ringrazi ancora una volta tutti voi, lettori più o meno silenziosi, per il prezioso regalo che mi avete fatto restandomi accanto in questi mesi, seguendo con tanta attenzione le indagini, lasciandomi le vostre interessantissime opinioni e improvvisandovi, insieme a me, dei piccoli detective in erba.
Grazie di cuore, siete la mia forza! E, spero, di risentirvi presto!
Ve amo 'na cifra!
Vostra Clairy.

La mia paginetta Facebook -->
https://www.facebook.com/Clairy93-EFP-400465460046874/?ref=aymt_homepage_panel

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3047712