Shadows in the sun

di Haruma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Premessa: È la prima volta che scrivo una AU su The Hunger Games e devo dire che mi sta davvero divertendo fare questa cosa.
Shadows in the sun
avrà pochi e non troppo lunghi capitoli (si spera!) e precisamente sarà ambientata all'inizio degli anni 60 nel Norfolk, una contea dell'Inghilterra.
Magari noterete i personaggi leggermente OOC ma non eccessivamente perché amo la loro caratterizzazione originale e non potrei mai stravolgerli del tutto.
Spero davvero che possiate dare un'occhiata e che non siate troppo scettici perché ci sto davvero mettendo il cuore.




Capitolo I



Ah, moon of my delight that knows no wane,
the moon of heaven is rising once again
how oft hereafter rising shall she look
through this same garden after us in vain.
Omar Khayyam

CAPITOLO I
Il cielo stava mano mano diventando di un blu scuro quando la signora Wright fu accompagnata dal ragazzo in camera da letto.
Ormai le sue gambe non la reggevano più come un tempo e doveva portarsi appresso il bastone elegante che mesi addietro era appartenuto a suo marito Philip.
Dopo aver gettato in un cestino i fogli imbrattati di tanti versi sciocchi che aveva scritto qualche minuto prima, pregò il giovane di passarle una scatola di legno dipinta di alcuni ghirigori.
Conteneva molti ricordi. Un fiore appassito, della stoffa e alcune lettere che conservava gelosamente.
«O dolcissimo sonno! Se ti piace chiudi a metà di questo, che è tuo, inno i miei occhi in vedetta, o attendi l'amen prima che il tuo papavero al mio letto largisca in carità il suo dondolio» lesse da uno dei suoi libri di poesia.
Il ragazzo le sorrise lievemente sedendosi per terra e guardando come gli occhi di Hannah si illuminavano nonostante la luce fioca della lampada sul comodino producesse una sorta di ombra sul suo volto.
«Poi salvami, altrimenti il giorno andato lucido apparirà sul mio guanciale di nuovo...» continuò a recitare Percy Bysshe Shelley.
La dolce e delicata brezza di settembre accarezzava i loro visi; anche per Brancaster era arrivata la fine dell'estate.
Dopo una mezz'oretta la donna si fece aiutare a mettersi stesa e chiese al giovane di prendere una lettera di tanti anni prima.
Quasi tutte le sere le passavano in quel modo: a farsi compagnia e a parlare di vecchi ricordi e della letteratura.
«Mia cara musa» cominciò, «penso sempre a quelle nostre passeggiate lungo la baia e a quando ridevi di gusto appena l'acqua ti sfiorava la pelle» si posizionò meglio ai piedi del letto.
«La baia...» sussurrò l'anziana asciugandosi una lacrima sfuggita al suo controllo. Immagini sfocate le vennero alla mente e l'odore di salsedine era più vivo che mai.
«Vorrei tanto che tu fossi qui per allietare queste tristi e fredde giornate di Mosca. Ti mando un bacio, il tuo Philip Wright» terminò.
Era come se fosse tornata a quando lei e Philip erano adolescenti e lui potesse dedicarle ancora alcuni dei più bei versi.
Quel giovane aveva una voce molto pacata e intonava alla perfezione ogni parola. Dava ad ognuna il giusto spessore e questo la smuoveva tanto da farla commuovere come le succedeva quando, dopo l'arrivo del postino, si precipitava in salotto e ansiosa apriva i messaggi che le spediva il fidanzato.
«Per favore, sbarazzati di quei fogli prima che domani mattina mi venga in mente di riprenderli e perfezionare ciò che ho scritto» disse al ragazzo. «Sono solo frivolezze senza senso buttate giù a caso» concluse prima di cadere in un sonno profondo.
Lui le sistemò le coperte, chiuse l'abat-jour e scese fino al cortile dove bruciò  le poesie della signora Wright in un secchio.
Il piacevole venticello aveva iniziato a soffiare più forte e questo gli provocò alcuni brividi di freddo.
Doveva andare a dormire.
Percorrendo il piccolo corridoio esterno sentì alcuni passi farsi sempre più vicini fino a quando una ragazzina di forse tredici anni si spaventò nel vederlo.
Lui meravigliato continuò a camminare e poi si fermò sotto l'arco di pietra di casa Wright.
Un'auto blu era ferma proprio lì.
«Buonasera» disse alla signora che teneva stretta la biondina ancora impaurita. «Mi dispiace di averla spaventata».
«Il suo nome è Prim» disse svelta la donna. «Io sono Ellen». Il rumore del cofano fece girare il gruppo che si concentrò sulla nuova figura. «E lei è Katniss».
Una ragazza leggermente assonnata prese la propria valigia e strinse a sé il golfino bianco guardando interrogativa il giovane fermo sotto all'arco di pietra della casa di sua nonna.
«Le do una mano» si offrì il ragazzo mentre Katniss aveva deciso di andare all'interno dell'abitazione.
«Grazie» rispose Ellen un po' scettica accettando l'aiuto. «E mia madre?» domandò dopo poco.
«So che vi stava aspettando» prese alcuni bagagli e andò a sistemarli nella villetta senza dare nessun'altra spiegazione. 




Note: Ciaooo!♥ Sono tornata con una storia completamente diversa da quelle che scrive di solito (poi arriveranno anche quelle ambientate a Panem :D).
Lo ammetto. Sicuramente, da questo capitolo (che alla fine è più un'introduzione), non avrete capito proprio nulla ma vi posso assicurare che è una specie di strategia.
Il nuovo personaggio che ho inserito è Hannah Wright, la nonna materna di Katniss e Prim, che prenderà man mano più spessore fino a diventare fondamentale come lo sono tutti gli altri.
Infatti, in questa fanfiction, non c'è un protagonista preciso. Ognuno ha un ruolo importantissimo. Ma la sottoscritta non può fare a meno degli Everlark, quindi... e.e
L'amore per la poesia e per la letteratura, la baia di Brancaster, la villetta della nonna, il piccolo boschetto e il campetto incolto accompagneranno l'intera storia.
Tutto questo è nato grazie alla letteratura inglese che sto studiando quest'anno (la professoressa però ci sta uccidendo; continuo a ricordare Oh! lift me as a wave, a leaf, a cloud!) e grazie ad un film che vidi qualche tempo fa -ambientato proprio in Inghilterra- che mi ha affascinato non poco.
Spero di ricevere delle recensioni perché ne ho bisogno come ho bisogno dell'ossigeno e mi auguro di non aver fatto qualche errore idiota che di solito non mi sognerei mai di scrivere.
Un bacio♥

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Piccola premessa: Ciao di nuovo! A parte il fatto che mi piace inserire le premesse -non so perché-, volevo informarvi che questo è un capito di passaggio ma comunque molto importante a parer mio poiché spiega alcune cose fondamentali per il continuo della storia.
Buona lettura. 




Capitolo I



Ah, moon of my delight that knows no wane,
the moon of heaven is rising once again
how oft hereafter rising shall she look
through this same garden after us in vain.
Omar Khayyam

CAPITOLO II
«Prim, va' a dormire!» disse Ellen esasperata mentre posava alcuni vestiti sulle grucce. 
Quel viaggio l'aveva distrutta. Guidare da Londra a Brancaster senza sosta era stato più faticoso di quanto aveva previsto e Katniss non le aveva dato nemmeno il cambio perché doveva controllare alcune dispense che le erano state consegnate dal professore d'inglese. 
«Ma devo proprio?» sbucò lei alle sue spalle lamentandosi. «Siamo appena arrivate!» 
«È tardi. Forza, va' a letto» la spinse fuori dalla stanza. 
Quando trovò un po' di pace e si distese esausta tra i cuscini, sua figlia maggiore si presentò sulla soglia della porta. 
Alzò giusto un po' la testa per poterla guardare. 
«La nonna dorme» fu informata. 
Ellen di tutta risposta mugugnò qualche parola sconnessa sbadigliando un secondo dopo. 
«Chi è quello?» continuò Katniss. 
La donna si sollevò su gomiti. «Non ne ho la più pallida idea» si rigirò tra le lenzuola ripensando all'inaspettata accoglienza ricevuta. 
«La nonna ha la tv?» fece per chiudere la porta alle sue spalle. 
«No che non ce l'ha» disse sarcastica. 
Nonostante fossero nel 1960, sua madre non aveva mai avuto intenzione di comprarne una. Diceva che non le interessavano i programmi televisivi, che preferiva la buona lettura o ascoltare qualche trasmissione radio il pomeriggio. 
Hannah era sempre stata una persona molto particolare, quasi sempre con la testa tra le nuvole e quel comportamento non le era mai piaciuto. 
I sogni, il desiderare e l'attendere invano che la vita riservasse qualcosa di meraviglioso... 
Era del parere che non fosse giusto vivere di false speranze e per quello, una volta cresciuta, andò a vivere da sola, si laureò con il massimo dei voti e poi diventò un'ottima farmacista. Tutto da sola, senza nessun aiuto dalla provvidenza divina. 
Poco dopo, Ellen si alzò in piedi e decise di raggiungere la camera della madre per controllare se tutto andasse bene; improvvisamente, il sonno era svanito. 
Percorse il pianerottolo ed entrò in quella stanza che non era cambiata di una virgola. 
Solo la libreria era più spoglia di come la ricordava. Dov'erano andati a finire i libri di poesie? 
Si girò intorno e poi notò l'anziana sonnecchiare tranquilla. 
Minuti più tardi, si ritrovò in salotto a suonare al piano la canzone che suo padre aveva composto e, successivamente, le aveva insegnato. 
«È passato tanto tempo...» la interruppe una voce rauca. 
Ellen alzò lo sguardo incontrando due occhi stanchi e di un bel color nocciola. 
«Sai che non sono potuta venire...» affermò sbrigativa tentando di non ricordare cosa fosse successo due anni prima. 
L'incidente in fabbrica di suo marito. La sua morte improvvisa. Il vuoto totale. La depressione. La tristezza delle figlie. L'indifferenza di Katniss. 
Soffriva ancora ogni giorno. 
Tutti quei piccoli episodi avevano devastato la tranquillità della sua famiglia che sapeva non sarebbe tornata mai più la stessa. 
Si massaggiò lentamente le tempie e poi raggiunse la donna seduta sulla poltrona e la baciò su una guancia. 
«Adesso sei qui ed è questo l'importante» Hannah le accarezzò i capelli biondi sorridendole lievemente ma un colpo di tosse la fece sussultare. 
«Mamma, stai bene?» le chiese preoccupata Ellen. 
«Certo, non è nulla» si diresse verso la porta aiutata dalla figlia. 
Era molto debole e camminava con non poche difficoltà. 
Una volta alla rampa delle scale, Ellen pensò che fosse arrivato il momento di avere delle spiegazioni. 
«Ci ha ricevuto un uomo davvero molto giovane...» disse con un tono vago attendendo delle risposte. 
«Oh. Peeta?» rise tra sé e sé facendo la finta tonta e cercando di sollevare di più la gamba destra; ogni giorno che passava, le dava sempre più problemi. 
«Credi che mi interessi chi sia?» la guardò di sbieco sospirando. 
«Ma no! Che vai a pensare!» continuò a ridacchiare appoggiandosi alla ringhiera in mogano lucido e porgendo il bastone -che era d'intralcio- alla figlia. 
Sapeva cosa stava attanagliando la mente di Ellen; voleva sapere altro.
In un'altra camera adiacente a quella dove stavano parlando le due, Primrose ascoltava sbadatamente la conversazione poiché non riusciva a prendere sonno.
Era troppo esaltata per poter pensare di dormire e anche contare le pecorelle che saltavano la staccionata non era servito a nulla.
«Mi aiuta sempre ed è un ottimo compagno» sentì la nonna.
Magari si riferiva al giovane che si era trovata di faccia un'ora prima e che l'aveva spaventata. Tutto sommato, sembrava gentile e per niente invadente perché aveva dato una mano a portare i bagagli e si era subito congedato senza fare domande indiscrete e ficcanaso.
«Ora dormi però» era la voce ovattata della madre. «Discuteremo meglio domani» concluse sbadigliando e chiudendo la porta.
Quando sentì la presenza di Ellen all'entrata, Prim serrò gli occhi e si strinse di più nelle coperte pregando qualunque entità esistente che non l'avesse scoperta.
Si chiedeva se anche la sorella maggiore fosse sveglia ma in realtà era crollata a letto da un pezzo perché sfinita per il viaggio e lo studio delle fotocopie d'inglese.
La mattina seguente, Katniss fu la prima ad aprire gli occhi perché disturbata dalla lieve luce del sole che filtrava dalle finestre coperte solamente da una tenda trasparente. 
Odiava qualsiasi tipo di sveglia, naturale o artificiale che fosse. 
Scese dal letto e dopo aver fatto una doccia veloce, andò in cucina per preparare qualcosa da mangiare portandosi dietro il libro di letteratura. 
Avrebbe tanto preferito sorseggiare la sua spremuta in santa pace, senza dover studiare, ma in pochi mesi sarebbe dovuta ritornare in quella vecchia università orribile, dai muri giallastri e dai gradini di legno scricchiolanti. 
Osservò il paesaggio al di fuori della porta sul retro in vetro incuriosita dal cambiamento della natura che nasceva rigogliosa e selvaggia intorno a quella villetta. 
Brancaster si trasformava a settembre. L'aria diventava più fresca e gli alberi cominciavano a colorarsi di mille sfumature diverse. 
Dato l'ultimo morso ad una fetta biscottata cosparsa di marmellata ai frutti di bosco, pulì le dita con un tovagliolo e andò a cambiarsi. 
Vicino alla porta della nonna, sua sorella stava sussurrando più volte il suo nome tentando invano di svegliarla. 
Sorrise -Prim non riusciva a non mostrare la sua impazienza- e poi ritornò in camera.




Note Note: Ed anche il secondo è postato. Che sollievo!
Spero non vi abbia annoiato...
A me è piaciuto molto scriverlo perché in qualche modo sono riuscita a far emergere qualche sfaccettatura del carattere di tutti i personaggi femminili anche se alla fine lo considero solo uno di quei capitoli di passaggio.
Eh sì, il giovane era Peeta♥ -naturalmente- e ora che ci penso è anche beato fra le donne (uhhh! Auguri in ritardissimo a tutte quante per l'otto marzo♥).
Per ora, ho deciso di farlo rimanere un po' in disparte -anche se poi tutte e tre le Everdeen sono interessate a sapere chi sia- perché mi serviva dare un senso alla situazione generale in casa Wright.
Una cosa che ho voluto stravolgere sono state le età.
Mi spiego meglio... Nel capitolo precedente, quando Peeta si ritrova di fronte a Prim le dà massimo 13 anni. Ebbene, Prim ha 12 anni e mezzo mentre Katniss 22.
Non chiedetemi perché ho deciso di fare 'sta cosa, sappiate solo che volevo una Katniss più grande -anzi, più matura- e una Prim più piccola e innocente.
Considerate anche il fatto che si trovano negli anni '60 e che quindi una ventiduenne è più "adulta" rispetto ad una di questi anni (poi ci sono le eccezioni) e che una dodicenne non si comporta come le dodicenni di ora (eccezioni anche qui). Erano altri tempi, ecco.
Bene... il rapporto tra Hannah e la figlia non è dei migliori ma nemmeno dei peggiori, si sono solo allontanate in seguito a tanti problemi come, d'altronde, è successo anche a Katniss e ad Ellen.
Alla fine, penso di aver capito quale sia lo scopo di tutta questa fanfiction ma adesso non apro la parentesi spoiler. Non è per niente opportuno farlo :D
Ringrazio dal profondo del cuore chi ha recensito e chi ha messo tra le preferite e le seguite la mia storia. 
Sono davvero contenta di questo piccolo ma immenso "successo" -sì, per me lo è. Spero continuerete a supportarmi perché -come ho già scritto la volta precedente- ne ho davvero bisogno. 
Un bacio♥

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo I



Ah, moon of my delight that knows no wane,
the moon of heaven is rising once again
how oft hereafter rising shall she look
through this same garden after us in vain.
Omar Khayyam

CAPITOLO III

Katniss chiuse il libro enorme poggiato sulle gambe e decise di andare a preparare un tè.

Tutto quello studio la stava stressando e ogni minuto che passava si sentiva sempre più stanca.
Su un vassoio preparò tre tazzine di una porcellana davvero ben decorata, una zuccheriera e una teiera piena d'acqua calda. Salì piano tutti i gradini dell'immensa scala e con attenzione si diresse prima in camera della madre e poi in quella della nonna che trovò a contemplare il cielo azzurro di quella mattina soleggiata.
«Buongiorno tesoro!» la salutò la donna. «Ma sei diventata più alta?» le disse sorpresa di vederla così cresciuta.
«Nonna, sono sempre la stessa» ridacchiò adagiando sul comodino una tazza fumante. «Ho già versato il tè, quanto zucchero?» si spostò una ciocca ribelle dagli occhi.
«Un cucchiaino, grazie» sorrise vedendo la nipote leggermente impacciata. Era diventata davvero una bella ragazza; i capelli corvini erano cresciuti ancora di più e l'espressione sempre corrucciata sembrava essere del tutto scomparsa. «Che fine ha fatto la treccia?» le domandò bevendo a piccoli sorsi.
«La faccio ancora ma raramente» le si sedette accanto per poi posarle un bacio sulla guancia.
Fin da piccola, era sempre stata innamorata dei suoi racconti e delle poesie che le recitava durante la notte per farla addormentare e a volte, quando non riusciva proprio a chiudere gli occhi,  le cantava alcune canzoni rischiando di far svegliare tutta la villetta.
Vederla in quel letto però, così debole e fragile, le sembrava stranissimo. Era abituata alla nonnina sempre arzilla e in movimento, colei che aveva forza da vendere.
«E come va con l'università?» Hannah posò la tazzina sul proprio piattino guardando negli occhi la nipote.
«Bene» sussurrò. «Ma non vedo l'ora di finire» si strofinò un'occhio e sbadigliò. «Non riesco più a riposarmi come si deve e la mattina mi sveglio anche se non vorrei» cominciò a contorcersi le dita nervosamente. «Se non mi piacesse quello che studio, avrei già lasciato perdere tutto» disse accucciandosi alla spalla dell'anziana lasciando che per alcuni minuti le accarezzasse i capelli.
Una leggera brezza attraversò la stanza facendo muovere le tende come in una danza.
«Sei molto magra, Katniss» Hannah prese la parola momenti dopo facendo meravigliare la giovane.
«No, sto bene e mangio regolarmente» si alzò dal letto un po' tesa fermandosi vicino all'armadio e cominciando ad osservare quello che c'era dentro.
«Mi preoccupo per te» mormorò.
«Sì» affermò la ragazza esaminando uno scialle celeste -sua nonna si era sempre agghindata per bene.
In quel guardaroba c'erano vestiti di ogni colore o tessuto possibile; sfiorò la piuma di un cappellino crema e dipinse ghirigori immaginari su una gonna di velluto rosso.
«Il mio preferito è quel vestito da cocktail rosa pallido» chiamò l'attenzione di Katniss.
«Questo?» prese una gruccia mostrando una specie di tubino smanicato.
L'anziana sorrise sollevandosi leggermente per poter vedere meglio. «Ti starebbe proprio bene» dichiarò sincera.
«A me?» la guardò stranita per poi ammirarsi allo specchio scettica.
Un raggio di sole illuminò il tappeto persiano ai piedi del letto; alcuni granelli di polvere volteggiavano nell'aria.
«Dimmi un po'...» propose Hannah. «C'è stato qualcuno che ti ha rubato il cuore?» chiese curiosa.
«È per la tua vita e non per la mia, nonna, che sono qui» rispose leggermente sarcastica posando la gruccia e guardando distratta il resto delle collane di perla adagiate in piccoli cofanetti di legno.
La donna rise colta in fallo.
«Sai... viene sempre qui ed è molto giovane» sistemò meglio il cuscino, «però...» lasciò la frase incompleta. 
A chi si stava riferendo?
Katniss la osservò scettica esaminando il suo sguardo e cercando di avere qualche indizio su chi fosse la persona di cui sua nonna aveva iniziato a parlare così improvvisamente.
Si avvicinò al vassoio e mangiucchiò un biscottino; «ne vuoi uno?» porse il sacchetto alla nonna che rifiutò con un cenno del capo.
«Mi faresti una bella acconciatura?» le chiese tutt'a un tratto alzandosi a fatica dal letto.
Aiutata dal bastone e dalla nipote, riuscì a raggiungere la toeletta dove si sedette.
La ragazza cominciò a spazzolare con cura i capelli della nonna notando, nello specchio, le rughe che le aggrinzivano il viso e la sua pelle pallida.
Non stava per nulla bene e per di più non accennava minimamente a ciò che l'affliggeva.
Sapeva che Hannah era sempre stata una donna molto riservata riguardo la propria salute e sapeva anche che non voleva che nessuno si prendesse carico di lei. Ma c'era un motivo per cui tutte e tre le Everdeen si trovavano a Brancaster ed era solo ed esclusivamente per darle un aiuto e accudirla.
«Quindi viene a farti visita tutti i giorni?» chiese improvvisamente senza farci caso cercando di intrecciare al meglio le ciocche bianche dell'anziana; era probabile che il fantomatico "giovane" fosse proprio quello sconosciuto della sera precedente.
«Sì» rispose di getto rimanendo frastornata dall'insolita domanda; fece una lunga pausa. «A volte tutte le notti ma, alla fine, va e viene come gli pare e piace» le porse un ferretto notando la sua espressione indecifrabile.
Come succedeva spesso, Hannah non riusciva a capire cosa stesse pensando Katniss.
Era una ragazza chiusa in se stessa che nascondeva il suo essere dietro una maschera d'indifferenza che costruiva quando le faceva comodo.
In realtà, era sempre stata spensierata e felice, e amava il mondo che la circondava ma gli ultimi eventi non avevano fatto altro che turbarla e renderla schiva, quasi scontrosa.
«Di dov'è?» continuò a domandare stranamente curiosa.
Sua nonna aveva l'abilità di appassionare chiunque ascoltasse ciò che raccontava.
Una volta messa a posto anche l'ultima ciocca di capelli ammirò soddisfatta la donna e le sorrise leggermente mentre questa le accarezzò una mano con dolcezza.
Dopo qualche attimo sua madre apparve ferma allo stipite della porta.
«Katniss» la chiamò semplicemente.
«Cosa?» si girò aspettando una risposta che non ebbe.
Il suo sguardo diceva tutto. Era velato di incertezza ma allo stesso tempo era assolutamente duro.
«Nonna, io vado» salutò Hannah frettolosamente e uscì fuori dalla stanza a passo veloce non rivolgendo una parola alla bionda.
Trascorsero alcuni minuti fino a quando la più vecchia delle due non prese coraggio ed iniziò a parlare.
«Dimmi, Ellen» si voltò, stanca di doverla osservare da uno specchio. 
«Cosa ne hai fatto di tutte quelle prime edizioni?» indicò la libreria. 
Hannah si alzò dalla toeletta raggiungendo i libri e toccando impercettibilmente le mensole. 
«Ho dovuto vendere un paio di cose per sopravvivere» prese un volume incominciando a sfogliarlo lentamente. «Pensavo di avertelo detto».
«No. Non lo hai fatto» rispose secca incrociando le braccia al petto. «Non hai mai chiamato» si sedette sul letto come per scaricare un peso enorme. «Perché non mi hai detto che avevi bisogno di denaro?» 
«Sai che non voglio essere un peso per te» si accasciò sulla sedia vicino alla finestra. «Dopotutto, quei libri avrebbero trattenuto solamente tanta polvere» inspirò per un momento e poi ricominciò, «e dopo quello che ti è successo... tuo marito e più tardi...» si sentiva tremendamente in colpa per non essere stata una buona madre, una figura su cui contare in un momento difficilissimo. 
Non l'aveva sostenuta, aveva usato le solite frasette di circostanza che la gente sfruttava in situazioni del genere. 
Ellen si portò una mano alle tempie cercando di dimenticare il dolore provato e la frustrazione di non essere stata forte per le sue due figlie. 
«Papà li stava collezionando, mamma. E non dovevi fare una cosa del genere» si alzò andando via dalla camera da letto. «Mi preparo una tazza di caffè» le urlò dalle scale.





Note Note: Ciaooo! :D
Dopo una lunghissima settimana ho aggiornato Shadows in the sun e penso che subito dopo andrò a scrivere anche il quinto capitolo altrimenti va a finire che mi troverò maledettamente in ritardo con i tempi che mi sono imposta e che poi ci vorranno secoli prima che io posti qualcos'altro.
Bene. In questa parte si può notare quale rapporto abbiano Katniss e sua nonna.
Hannah parla di quanto sua nipote sia cambiata dopo la morte del padre mentre la ragazza cerca di ricordare i momenti felici vissuti con l'anziata e spera di poterla aiutare in qualche modo -sappiate che nella mia mente, Hannah è una di quelle signore sempre eleganti e semplici al tempo stesso che attirano l'interesse di tutti.
C'è anche una piccola e breve conversazione riguardo Peeta -nel "quattro" avrà molto più spazio così come lo avrà anche Primrose- che però è interrotta da Ellen sempre vigile e quasi in conflitto con la madre.
Mano mano chiarirò come mai entrambe siano così tanto distanti -anche se una parte di questa freddezza la si può intuire dagli ultimi righi di questo capitolo. 
Sinceramente, questa volta, non avevo preparato un discorso, spero solo che continuerete a seguirmi e mi auguro di trovare qualche recensione e certo!... spero non abbia annoiato perché, lo ammetto, i capitoli iniziali saranno molto più lenti di quelli conclusivi. Potrebbe succedere di tutto in pochissimo tempo e viceversa anche se cercherò di rendere più interessante la lettura :)
Un bacio♥

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Capitolo I



Ah, moon of my delight that knows no wane,
the moon of heaven is rising once again
how oft hereafter rising shall she look
through this same garden after us in vain.
Omar Khayyam

CAPITOLO IV
Prim era seduta su una delle rocce che si affacciavano sulla baia.
Raggiungerla non era stato difficile; aveva dovuto attraversare il piccolo giardino incolto sul retro della villetta della nonna, passare per alcuni pezzi di terra abbandonati -dove crescevano  fiori lilla- e un boschetto. Una volta uscita da lì, davanti a lei, notò una bellissima spiaggia.
Aveva fatto anche amicizia con alcuni attori di teatro che le avevano detto di star recitando La Tempesta di Shakespeare.
«Prospero incontra Calibano proprio in questo punto» le aveva spiegato il signore con i capelli bianchi riferendosi alla scena interrotta. «Tra di loro c'è una sorta di accordo. Prospero insegna a Calibano le buone maniere e Calibano -che è un indigeno- mostra a Prospero l'isola dove è naufragata la nave su cui stava viaggiando».
Dopo aver raccolto delle conchiglie sulla riva, cominciò a saltellare nelle piccole pozzanghere lasciate dal mare a causa della bassa marea.
C'erano molte dune ed era piacevole camminare nell'acqua e poi ritrovarsi sulla sabbia bagnata.
Ritornata a casa, cambiò velocemente il vestitino bianco che si era bagnato e sporcato di polvere, scegliendone un altro color pesca, e uscì fuori per incontrare sua nonna non prima di aver salutato la sorella che si era rimessa a studiare.
All'esterno vide la madre che stava strappando alcune erbacce e la invitò a seguirla.
«Andiamo da nonno Philip, mamma. Dai, su!» le disse raggiante zampettando da una parte all'altra del prato.
Corse di nuovo nel boschetto raggiungendo un laghetto dove ricordava si trovasse un albero con un'altalena lasciando le due donne indietro. 
Quando cominciò a dondolarsi, riuscì a sentire il cinguettio di alcuni uccelli appollaiati tra i rami e chiuse gli occhi immaginando di volare.
«Io e tuo padre abbiamo scoperto questo luogo per caso» Hannah spiegava con molta precisione alla figlia la quale la sorreggeva e andava al suo stesso passo lento. «C'erano molti fiori selvatici e si poteva vedere il mare» continuava ricordando tutti i bei momenti passati con suo marito.
Ellen si guardava in giro spaesata e affascinata da tanta meraviglia.
«Io ero a scuola» disse all'anziana.
«Io invece ricordo che aiutasti tuo padre col giardino» le sorrise per poi scorgere dietro le loro spalle la nipotina più piccola. «Prim, vieni» le fece segno di avvicinarsi. «Che ne dici di andare a salutare il nonno?» lasciò il braccio della figlia aggrappandosi a quello della ragazzina.
In pochissimo tempo, si ritrovarono entrambe davanti ad una lapide rettangolare su cui c'erano incisi alcuni versi.
«Puoi leggere?» la esortò ad iniziare.
«Ah, moon of my delight» cominciò per poi schiarirsi la voce, «that knows no wane...» si interruppe permettendo alla nonna di continuare.
«...the moon of heaven is rising once again, how oft hereafter rising shall she look through this same garden after us in vain» abbozzò un sorriso malinconico. «Tra un po' lo raggiungerò» sussurrò sollevando lo sguardo al cielo stranamente limpido.
«Non dire sciocchezze» la bloccò brusca Ellen interrompendo quell'atmosfera cupa e pesante.
«Non lo faccio» la guardò seria alzando un sopracciglio. «Aspetto con molto interesse l'altra vita» riferì con ovvietà lasciando un tulipano sulla tomba del marito.
Erano passati parecchi mesi da quando Primrose aveva fatto il suo ultimo scherzo alla sorella e, quella che aveva davanti, era una grandissima opportunità per rimettersi in gioco.
Katniss era sdraiata su una sedia di vimini e aveva i piedi poggiati su un tavolino, gli occhi socchiusi e la faccia rivolta al sole.
Stava riposando dopo intense ore di studio ma quella situazione non fermò Prim che cercò di portare a termine la sua strategia.
Sicuramente non avrebbe fatto nulla di tanto cattivo, voleva troppo bene a Katniss e l'unico lusso che si concedeva, era farle qualche piccolo dispetto per divertirsi un po'.
Si guardò alle spalle. Della mamma e dalla nonna non c'era traccia, quindi poté agire senza problemi.
Si avvicinò furtivamente cercando in tutti i modi di non farsi sentire, strappò dei ciuffi di erba dal terreno e li lanciò sull'abito écru della sorella facendola sobbalzare all'istante.
«Prim!» la sgridò Katniss guardandola scappare via e ridere a crepapelle. «Mi hai fatto prendere uno spavento!» le urlò contro per poi pulirsi dalla terra e dalle erbacce che le erano rimaste addosso.
Il suo cuore batteva fortissimo; sentiva che in poco tempo le sarebbe uscito dal petto.
Si spostò una ciocca di capelli dal volto e nello stesso momento in cui si rimise comoda per poter sonnecchiare tranquillamente, scorse in lontananza qualcuno spuntare dal cancelletto di ferro rotto, avvicinarsi ed esaminare lo spazio intorno.
Si sollevò meglio continuando ad osservare insistentemente la figura di fronte a lei.
Era il giovane della sera precedente che indossava un pantalone malandato e una maglia a maniche lunghe che portava scorciate; una delle bretelle gli pendeva da un lato.
Sembrava avere una certa fretta.
«Scusa» le rivolse la parola in modo cortese. «Mi dispiace. Sono venuto solo per le mie cose» la guardava appena negli occhi quasi si sentisse in soggezione ad incrociare lo sguardo di quella ragazza.
«Ah» sussurrò lei presa alla sprovvista levando i piedi dal tavolino. Si alzò velocemente e cercò invano di togliere altri ciuffi d'erba dal vestito. «Le metto in una borsa» gli disse ricevendo un mezzo sorriso dal ragazzo che le andò dietro fino nell'abitazione.
Una volta dentro, Peeta le indicò un piccolo sottoscala tentando di non superare il suo passo e di stare distante. Quella gente era molto più ricca di lui e l'unica persona che lo riteneva uguale e che gli aveva dimostrato di non essere affatto disturbata dalla sua presenza era stata Hannah. 
Quello sconosciuto non sembrava essere a suo agio; Katniss arrivò a quella conclusione vedendo come lui era rimasto ad aspettare sulla soglia della porta tenendo il capo chino e le mani in tasca.
Trovò un vecchio zaino di iuta con all'interno alcuni oggetti in una credenza di legno bianco -era l'unica cosa non familiare che aveva scovato in quello stanzino buio- e quando glielo porse, il giovane -senza scomodarsi- se lo mise in spalla, la ringraziò e si avviò fuori.
C'era qualcosa di strano nel suo modo di fare. Sembrava chiuso e riservato ma molto socievole e disponibile anche se non avevano avuto nessuna conversazione che potesse aiutarla a comprendere di più quale fosse il suo vero carattere.
Lo seguì fino alla grande finestra del salotto che lasciava accedere al giardino.
«Sono sicura che a mia nonna farebbe piacere vederti» cominciò a parlare un po' titubante stupendosi del fatto che fosse uscito almeno un filo di voce dalla sua bocca mentre lui continuava ad incamminarsi per il prato senza voltarsi indietro ma ascoltandola ugualmente. «Potresti fermarti per cena» gli propose infine meravigliandosi ancora di più del suo insolito comportamento e di come, in quel momento, si sentisse priva di freni inibitori.
Lui si girò leggermente stupito, «sicura?» domandò.
Katniss lo guardò per qualche attimo e subito dopo fece un cenno affermativo con la testa e, proprio un secondo dopo, lo sconosciuto le rivolse un altro accenno di sorriso per poi sparire rapidamente tra le siepi alte che circondavano la proprietà dei Wright.
 




Note Note: Ciaoo!♥ Come avete potuto capire, posterò ogni venerdì perché ho un modo tutto strano di organizzarmi e quindi niente...
Oggi, Peeta c'è e si può notare l'interesse che Katniss sta cominciando ad avere nei suoi confronti.
Dopo aver fatto per non so quante ore francese, posso solamente di dire che la mia testa ha una voragine profonda chilometri e chilometri e che quindi vi abbandono così, con poche parole.
Spero di avere delle recensioni,  di non aver fatto qualche errore stupido e mi auguro che anche questo capitolo sia piaciuto.
Un bacio ♥

p.s. Il quinto sarà leggermente più lungo :)

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Piccola premessa: Ciao! Prima di iniziare la lettura vorrei augurarvi una buona Pasqua in anticipo perché so già che nelle note me ne dimenticherò come un'idiota :D




Capitolo I



Ah, moon of my delight that knows no wane,
the moon of heaven is rising once again
how oft hereafter rising shall she look
through this same garden after us in vain.
Omar Khayyam

CAPITOLO V
«È un peccato che le ragazze non scrivano più lettere» esordì ad un certo punto Hannah.
Fino a quel momento era l'unica che continuava a parlare ininterrottamente suscitando allegria a Peeta che la guardava divertito. «A trent'anni intrattenevo una fitta corrispondenza con molta gente» continuò rivolgendosi a Katniss che le sedeva a fianco.
Avevano deciso di cenare in giardino siccome il tempo prometteva una bella serata fresca.
«Sì» si intromise Ellen versandosi un altro goccio di vino. «Ma erano tutti tuoi parenti» prese una scorza di pane e la mangiucchiò.
«Certamente» rispose l'anziana bevendo un bicchiere d'acqua per schiarirsi la voce.
«Mia madre scrisse e scrisse» continuò la bionda. «Così tanto che, quando era impegnata e non poteva mandare posta a nessuno, la davano per morta» ridacchiò alzandosi e porgendo la bottiglia al ragazzo.
«Infatti, dopo un po' di tempo, mi chiamavano spaventati sperando che tutto andasse per il meglio e io, mortificata, dicevo loro: "Sì, scusami se non ho potuto inviarti nessun messaggio"» concluse provocando l'ilarità generale. 
Peeta fu sorpreso di trovarsi tanto bene in compagnia di quelle persone. Erano semplici e per nulla snob ma avvertiva una certa tensione tra di loro, come se mancasse un pezzo che potesse rendere quella famiglia davvero una famiglia.
«Mamma» la piccola Primrose chiamò Ellen che le rivolse uno sguardo interrogativo, «dopo andiamo un po' in salone?»
«Certo, tesoro» le accarezzò teneramente una guancia. Si era decisamente stancata dopo tutto quello che aveva combinato durante la giornata ma i suoi occhi mostravano ancora molta vivacità.
Hannah si aggiustò lo scialle che le copriva le spalle, «penso proprio che andremo adesso, che ne dite?» si alzò aiutata dal bastone e da Katniss che la manteneva stretta.
Una volta dentro, Ellen decise di ascoltare uno dei suoi dischi in vinile preferiti e accese alcune candele per rendere l'ambiente più caldo. 
Alla prima nota musicale, Prim si sollevò raggiante dalla poltrona e iniziò a ballare al centro della stanza. Gli occhi di tutti erano puntati su di lei, una ragazzina solare e spensierata. 
Improvvisamente si avvicinò alla sorella maggiore invitandola a danzare, «io non so se...» disse Katniss imbarazzata dalla situazione in cui la stava mettendo Primrose. 
C'era anche uno sconosciuto in quel salotto e non voleva mostrare quanto fosse incapace. 
«Dai!» la tirò Prim facendole fare una strana pirouette. Dopo un attimo la afferrò per bene e insieme a lei cominciò a muoversi senza alcuna grazia. 
Con tutte le sue forze, Katniss pregò che in quel preciso istante apparisse una botola sotto i suoi piedi così da farla sprofondare nel pavimento. 
Sentiva tutti osservarla insistentemente e, pensare a quello, non le faceva mettere insieme due passi nel modo giusto. 
Tutto peggiorò quando la nonna propose ad Ellen di farle vedere come si ballasse. 
«Ellen, perché non le mostri tu cosa sia la danza?» chiese divertita l'anziana. 
«Non so farlo» si giustificò la donna stringendo i braccioli della sedia di legno e guardandosi intorno facendo finta di niente. 
«Sì che puoi!» le rispose ad alta voce una Katniss rossa come una barbabietola. Quelle parole le erano uscite senza che potesse fare nulla per fermarle ma tanto valeva che anche la madre si scoprisse al pubblico. 
La bionda, allora, si alzò senza scomporsi e prese il posto della figlia minore. 
«Ecco» le strinse forte le mani. «Un» avanzò di un passo avanti, «due e tre. Bene» le sorrise. «Ora di lato, un due e tre». 
Peeta le guardava entrambe sorridendo lievemente. La mora era molto impacciata ma nonostante quello, lui non riusciva a non fissarla. 
Si distrasse solo quando Prim si avvicinò ad Hannah per proporle di raggiungere le altre e lei di tutta risposta ridacchiò per poi stringere la nipote in un abbraccio e darle un bacio tra i capelli. 
Dopo riprese a vedere come le due ballerine si stavano destreggiando e rise quando Katniss pestò un piede alla madre. 
«Per favore» si sentì chiamare improvvisamente, «portami su» gli sussurrò la signora Wright e lui non fece storie, prese il bicchiere di vetro dell'anziana posandolo su un tavolino vicino e afferrò la donna sorreggendola per le mani e le spalle. 
Arrivati all'entrata della stanza seguiti da una Prim leggermente preoccupata, furono interrotti dalla voce di Ellen che si era fermata velocemente. 
«Posso aiutarti?» domandò cortesemente lasciando la presa della bruna. 
«No» si girò Hannah fermandola. «Resta con le ragazze» si diresse verso la rampa delle scale. 
La bionda non sapeva cosa pensare; il fatto che sua madre preferisse essere aiutata da un giovanotto sconosciuto piuttosto che da lei non le andava tanto giù. 
«Ascoltate» si rivolse alle due giovani guardandosi intorno come per cercare le parole giuste da dire. «È meglio se questo lo togliamo» si avvicinò al comò ed estrasse il vinile dal giradischi. 
La testa aveva iniziato a girare vorticosamente.
Peeta si sedette ai piedi del letto ed aprì una grossa mappa geografica, fece un altro tiro alla sua sigaretta e poi la passò ad Hannah.
«Ci sono molti posti che mi piacerebbe vedere» disse l'anziana sporgendosi per osservare i continenti disegnati di vari colori. «Mandami una lettera quando arrivi negli Stati Uniti» lo guardò fisso ricordandogli la promessa fatta tempo addietro.
«Certo» sussurrò il giovane sorridendo timidamente.
Era quello che gli piaceva della signora Wright, lo spronava sempre a realizzare i propri sogni e non lo giudicava mai. Non le importava chi fosse o da dove venisse, le bastava solamente stare in sua compagnia ed era l'unica a sapere che sarebbe partito dopo poche settimane. Avrebbe visitato tantissimi altri luoghi.
Quando sentì la porta della camera cigolare si girò scorgendo una figura esile avanzare portando un vassoio in mano.
La ragazza aveva una treccia laterale e indossava un paio di ciabatte di qualche numero più grande.
Ellen si stava assicurando che Prim andasse a dormire e lei era stata incaricata di portare le bevande calde al piano di sopra.
«Qui c'è del tè, nonna» Katniss raggiunse il comodino della donna a passo lento attenta a non far rovesciare tutto.
«Grazie tesoro» afferrò la tazzina di porcellana e porse la sigaretta di nuovo al giovane che osservava con fare attento la scena; la giovane si stava stropicciando piano un bordo del suo coprispalle e si mordicchiava continuamente il labbro inferiore quasi fosse nervosa. «Cara...» Katniss mosse la testa impensierita. «Riguardo al viaggiare, quale posto visiteresti prima? Est o sud della California, New Orleans...?» continuò l'anziana facendole segno di sedersi alla sua destra.
«San Francisco» mormorò affiancandola e notando il biondino.
Quel tipo di fronte a lei era un tipo enigmatico, non poteva far a meno di guardarlo di sottecchi; i suoi grandi occhi celesti che sembravano pressappoco blu in quella stanza illuminata dal bagliore fioco dell'abat-jour... sentiva come se nascondessero un intero mondo.
«Uh! Sono stata lì per partecipare ad un concorso letterario prima che iniziasse la guerra» rispose entusiasta la donna portandosi le mani alle guance. «Quanti ricordi» sorrise allegra.
Nel frattempo, Peeta scrutava con una certa curiosità la nipote della signora, quasi volesse leggerle nel pensiero. Era tanto strana così come interessante che non riusciva a fare a meno di notare ogni suo piccolo movimento.
Spense l'ormai mozzicone nel posacenere di legno e cacciò una nuvoletta di fumo fuori dalla bocca; solitamente non fumava mai ma qualche volta, quando la Wright glielo proponeva, faceva volentieri qualche tiro insieme a lei.
«Possiamo parlare?» Ellen fece capolino nella camera da letto ricevendo l'attenzione di tutti i presenti.
Era chiaro come il sole che avesse qualcosa da ridire.
In realtà, l'unica cosa che non sopportava era la presenza costante di quella specie di badante di sua madre.
«Cosa c'è?» domandò Hannah usando lo stesso tono duro della figlia per poi bere un'altro sorso di tè.
Il giovane si alzò in piedi riprendendosi la cartina politica e piegandola ordinatamente.
«Non deve fumare qui» disse autoritaria seguendo con lo sguardo l'ospite che le si stava avvicinando. Se avesse potuto, lo avrebbe incenerito volentieri.
L'ottantenne rimase allibita, era incredibile con quanta sgarbatezza si stava ponendo sua figlia nei confronti di una persona che non conosceva nemmeno; proprio in quel momento cominciò a tossire facendo tremare il piattino con la tazzina di porcellana che Katniss afferrò prontamente.
«Cos'hai?» Ellen era già al suo fianco. «Dammi questo tè» agguantò in malo modo le porcellane.
«Ma lascia stare, Ellen» la vecchietta trattenne un braccio alla donna. «Per favore, non alterarti» le raccomandò stendendosi tra i cuscini morbidi.
«Credo che dovrò chiamare un medico» dedusse vedendo il viso pallido di sua madre che le regalò un sonoro sbuffo.
In quel momento, il biondo esaminò diligentemente la situazione e salutando silenziosamente lasciò la villetta sentendosi di troppo.
Per la figlia di Hannah, lui non era il benvenuto.
Arrivato in giardino, adocchiò la bambina ferma ad ammirare i rami degli alberi mossi dal vento di quella sera. Le cicale cantavano insieme ai grilli e le tortorelle tubavano incessantemente.
Quando era piccolo, suo fratello maggiore gli aveva insegnato a riprodurre il loro verso e, proprio in quel momento, preso da un qualcosa di sconosciuto e intenerito dai dolci ricordi d'infanzia, unì le mani in una posizione strana e intonò lo stesso verso di quegli uccelli.
Prim, che era riuscita a scappare dalla sua stanza dove l'aveva rinchiusa la mamma, ebbe un colpo al cuore nell'udire quel rumore proprio alle sue spalle. Si girò e, vedendo il gentile sconosciuto del giorno prima, il suo viso si illuminò di ammirazione.
«Come ci sei riuscito?» chiese entusiasta.
Il ragazzo ripeté lo stesso suono e poi le sorrise soddisfatto ma anche divertito dalla tanta energia che possedeva quella dodicenne nonostante l'ora tarda, poi si incamminò verso una piccola apertura tra siepi alte. 
«Buonanotte, Peeta» continuò Prim garbatamente.
Voltandosi, lui le fece un segno del capo e successivamente ritornò sui suoi passi portandosi dentro una sensazione agrodolce legata a quelle quattro donne.
 




Note Note: Ehiii! ♥
Sono arrivata con un altro capitolo che devo dire... poco mi piace e non so nemmeno perché. Magari il modo di scrivere. magari perché in questi giorni sono stata parecchio impegnata e quindi poco l'ho rivisto (devo ancora scrivere il sesto e spero di farcela per venerdì prossimo ç___ç)...
In casa Wright c'è stata una cena a cui ha partecipato anche Peeta adorato♥ solo che Ellen comincia a non vederlo di buon occhio un po' perché non sa nulla del rapporto strano che ha con la madre, un po' perché non sa chi sia e un po' perché pensa che lui possa compromettere la salute dell'anziana.
Peeta fuma (giusto un pochino). Sono la prima ad essere anti-fumo ma penso che questa cosa lo renda molto più libero e faccia prevalere il suo lato artistico (che non so ancora se avrà o meno in questa storia). Anche Hannah fuma; lei è una donna molto indipendente e sì, è un'artista u.u 
Bene... vi anticipo che stravolgerò anche qualcos'altro (boh... forse nel prossimo capitolo si capirà) ma non sarà nulla di così sconvolgente (poi dipende dai punti di vista)...
Ultima cosa: Peeta comincia ad osservare di più Katniss e lei non sa nemmeno cosa provare nei confronti di questo sconosciuto piombato dal nulla e Prim è molto vivace e quasi iperattiva e spero farà piacere se vi dico che vorrei farla interagire di più con il biondo (sono queste le cose che mi sono mancate nella trilogia; avrei voluto che Peeta -da personaggio gentile e amichevole qual è- parlasse molto di più con gli altri personaggi come Primrose, la signora Everdeen.... .-. e vabbe, naturalmente aggiungo anche la famiglia [anche se odio immensamente sua madre] ma il libro è in pov Katniss, quindi alcune cose non si possono avere).
Detto questo vi saluto, grazie mille per le seguite, recensite e preferite! ♥
Spero di ricevere delle recensioni e mi auguro davvero di non aver fatto qualche errore idiota che altre volte non mi sognerei mai di scrivere.
Un bacio ♥

p.s. Mangiate tante uova di cioccolato anche per me che sono a dieta e.e

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Capitolo I



Ah, moon of my delight that knows no wane,
the moon of heaven is rising once again
how oft hereafter rising shall she look
through this same garden after us in vain.
Omar Khayyam

CAPITOLO VI
Quella mattina, Prim, che si era svegliata prima di tutti, aveva deciso di andare a fare una piccola scampagnata in bici. Pedalava con calma e osservava il paesaggio circostante meravigliandosi di quanto bello e colorato fosse.
La strada era diversa da quella che era solita prendere per andare al mare, era molto più comodo percorrere i sentieri tra un campo e l'altro invece che scavalcare i fossi fangosi del boschetto che portava alla spiaggia.
Sebbene il tempo non promettesse nulla di buono -dei grossi nuvoloni neri minacciavano una giornata tempestosa-, l'aria intorno era dolce e il vento muoveva appena le spighe di grano che sembravano ballare una danza lenta.
Dopo aver attraversato molte fattorie, vide in lontananza una vecchia baracca quasi in decadenza e molta gente che lavorava la terra; c'era chi portava alcune casse di verdura da una parte all'altra, chi zappava e chi aveva la schiena piegata e strappava le erbacce.
Tra i tanti contadini riconobbe la capigliatura bionda del ragazzo che aiutava spesso sua nonna e che le aveva insegnato il verso delle tortorelle la sera prima.
«Ehi, Peeta!» si fermò chiamandolo a gran voce.
Il giovane si voltò e incontrò subito la nipotina della signora Wright, «Primrose, ehi» si pulì le mani sui pantaloni logori e sporchi di terreno e la raggiunse sorridendole cercando di non pestare le foglie di rucola selvatica.
Prim notò un'estremità molto lunga della cintura di pelle consumata del ragazzo ciondolare su una gamba, le bretelle un po' larghe ma non cascanti e le maniche della maglia grigio topo scorciate.
Peeta si avvicinò ad una pila di cassette di legno guardando Primrose, «sei mattiniera» le disse pensando a quanto fosse strano, per una ragazzina che era andata a dormire tanto tardi, essere in piedi a quell'ora. 
Un omaccione panciuto e sgradevole si alzò dalla sedia accanto all'entrata della catapecchia accostandosi ai due con fare minaccioso.
«E tu?» si rivolse al biondo. «Pensi che riusciresti lo stesso a guadagnarti la tua parte di soldi fermandoti a parlare con questa bambinetta?» lo avvisò puntandogli un dito al torace. «Gli scansafatiche non mi piacciono proprio» concluse sputando tra i raccolti in un modo disgustoso.
Peeta era una persona molto tranquilla e pacata, Prim lo aveva capito dal primo momento in cui lo aveva conosciuto, ma si sbalordì ancora di più quando vide con quanto autocontrollo lui si scansava dall'indice accusatore del tizio calvo, afferrava un mazzetto di rucola dalla catasta di casse, prendeva il manubrio della bicicletta e le diceva di reggersi forte.
Il tono della sua voce le era sembrato quasi innaturale, così calmo e sereno; se invece sua sorella Katniss fosse stata lì, nella stessa situazione del ragazzo, avrebbe reagito in tutt'altra maniera e quell'uomo si sarebbe trovato ben presto a raccogliere le ceneri di tutti i suoi ortaggi.
Così, nello stesso momento in cui dal cielo cadeva una leggera pioggerella, Peeta pedalava velocemente lasciandosi alle spalle la marea di insulti e bestemmie che quel energumeno gli stava urlando contro.
Il vento aveva iniziato a soffiare con più violenza ma fortunatamente sia il ragazzo che la dodicenne erano arrivati a rifugiarsi sotto i rami folti degli alberi del boschetto.
«Sei veramente uno zingaro?» domandò improvvisamente Primrose mentre camminava allo stesso passo del biondo che portava con sé la bici.
Peeta girò il volto in direzione della bambina lasciando che un ampio sorriso gli illuminasse il viso; non trattenne una risata, «mi vedi come uno zingaro?» però rimase un po' perplesso; ne aveva sentite di cotte e di crude sul proprio conto ma quella rivelazione fu davvero inaspettata.
«Non lo so» Prim ci pensò un po' su e poi si avvicinò di più al giovane facendo dondolare il mazzetto di verdura che aveva tra le mani.
Alla fine, non si erano bagnati tantissimo ma quello che preoccupava Peeta era la brezza per nulla calda che si avvertiva.
Il posto più vicino che avrebbero potuto raggiungere era casa sua; pochi minuti e sarebbero arrivati.
Oltrepassarono alcune discese leggermente ripide ma brevi e superarono delle pozzanghere acquitrinose, «e i tuoi genitori?» esordì allora Prim desiderosa di sapere altro sul suo conto.
«Sei ancora convinta che io sia uno zingaro?» chiese divertito. «Dai, manca poco e poi potrai asciugarti» continuò lasciando la domanda della biondina senza risposta. Non si sentiva pronto  per parlare della sua famiglia, era troppo presto per farlo.
Una volta usciti dal bosco, davanti a loro si estendeva un enorme spazio d'erba a tratti secca e a tratti rigogliosa e verde, al centro, tra la lavanda, c'era un'abitazione che aveva pressappoco la forma di una barca.
Peeta fermò la bicicletta poco distante da lì.
«Vivi qui?» Primrose guardò attentamente la vecchia casetta trovandola graziosa; per entrare bisognava salire su una trave di legno -tutto era in legno.
«Vieni e guarda» le sorrise il ragazzo porgendole la mano aiutandola ad attraversare quel piccolo tratto sospeso dal terreno.
«Ho un cuore debole e mi fa male tutto il corpo» Hannah era seduta sulla poltrona del salotto.
«Grazie per avermelo ricordato, mamma» Ellen era di fronte a lei e la osservava attentamente assumendo poco a poco un atteggiamento più duro nei confronti della donna.
La signora Wright distolse lo sguardo dalla finestra, «smettila di essere così scontrosa e dimmi quello che hai da dire!» tagliò corto.
La bionda si portò le braccia al petto e con un'espressione corrucciata lasciò che le parole le sgorgassero dalla bocca.
«Cerca di essere seria, non ti posso lasciare più qui. Ti potrebbe succedere qualcos'altro» poggiò una mano sulla gamba della madre che sbuffò all'istante.
«Per l'amor di Dio, si tratta di...» cominciò ma fu subito interrotta.
«Oddio! Lasciami spiegare» Ellen era sull'orlo di una crisi di nervi.
«Ma che cosa?» l'anziana si sollevò aiutata dall'elegante bastone innervosita dalla situazione.
«Io sono la responsabile di questa casa e soprattutto di te!» la figlia la seguì a ruota arrivando alla porta.
Erano alcuni anni che le due non riuscivano ad avere una discussione che non finisse nel completo caos. Litigavano per ogni piccolezza o stupidaggine e non riuscivano mai ad avere la stessa opinione.
«Fammi il piacere!...» esordì Hannah puntando i suoi occhi nocciola in quelli azzurri della donna che aveva ereditato gli stessi colori del suo caro e defunto marito.
«Vado a farmi un caffè» la più giovane la piantò in asso in pochissimo tempo raggiungendo frettolosamente la cucina dove Katniss stava studiando e mangiando tranquillamente una mela rossa.
La ragazza capì immediatamente la tensione che si era creata tra sua nonna e sua madre. Entrambe -come lei, d'altronde- non erano per niente facili da gestire e, il più delle volte, lo scontro era inevitabile.
In quel caso, per quanto volesse bene alla signora Wright, era d'accordo con Ellen nonostante, per un periodo di tempo, avesse perso completamente la fiducia nei suoi confronti che faticava ancora a riacquistare.
Sua nonna non poteva rimanere da sola in quella casa e l'unica altra condizione era quella di portarla con loro nel nuovo appartamento a Londra, ma lei si ostinava a non accettare quella proposta ritenendo le attenzioni della figlia oppressive e per nulla gradevoli, come voleva che fossero.
In effetti, la bionda non era andata mai tanto d'accordo con l'anziana e i suoi modi di fare, specialmente dopo la morte del marito, si erano assolutamente fatti più bruschi.
La depressione aveva plasmato un'altra sfaccettatura del suo carattere: durante quel periodo era cupa, vuota, arrendevole e, successivamente, timorosa e dubbiosa.
«Tua nonna è insopportabile» proferì un'Ellen intenta ad armeggiare con lo zucchero.
La mora annuì mugugnando qualche parola senza senso continuando a leggere il suo libro.
«Vado a vedere se riesco ad aggiustare quel maledetto cancelletto» sospirò affranta dopo aver bevuto una tazza di caffè lungo.
Prim lasciò la sua bici sul retro della casa ed entrò dalla piccola porticina che portava in cucina.
La nonna stava mescolando qualcosa in pentola mentre Katniss tagliava a fette i pomodori.
Entrò nella stanza con un gran sorriso e salutò le due.
«E quella?» chiese Hannah sorpresa.
«Me l'ha data Peeta» posò il mazzetto di rucola sul piano dove stava lavorando la sorella e si avvicinò alla signora Wright abbracciandola.
«Allora va bene» le accarezzò teneramente una guancia piegandosi subito dopo su se stessa. «Prim, tesoro mio, mi aiuteresti ad andare su? Sento le gambe molli» sospirò. «Katniss?» chiamò la maggiore che si girò. «Riesci a cucinare senza di me, vero?» le domandò riferendosi alla zuppa di patate che stava cuocendo.
«Penso di sì...» mormorò titubante accostandosi ai fornelli.
«Allora credo che non pranzeremo affatto bene» sussurrò Prim all'orecchio dell'anziana che sorrise divertita.
«Nonna, ma sei sicura?» la mora cominciò a girare il mestolo stando attenta a non far cadere nulla sulle mattonelle bianche e lucide.
«Al cento per cento» la rassicurò la donna dalle scale ridacchiando allegramente insieme alla bionda.
La giornata era migliorata; all'ora di pranzo, i raggi del sole riscaldavano l'aria e le tre Everdeen avevano deciso di mangiare in giardino.
«Devo proprio?» Prim si avvicinò alle labbra un cucchiaio colmo di patate dall'odore nauseabondo.
Ellen, in quel momento intenta a scrivere su un taccuino alcune cifre, alzò lo sguardo sulla minore.
«Solo pochi bocconi altrimenti non sparecchieremo più» le propose vedendo subito dopo come sua figlia faticava a mandare giù la pietanza.
Katniss, che si era stretta nelle spalle, osservava rammaricata la scena ritenendo il piatto assolutamente disgustoso; poggiò con cura il bicchiere sul tavolo di legno e si alzò per andare a gettare il resto nella spazzatura, «che schifo» la sentirono sibilare tra sé e sé mentre raggiungeva la cucina.
«Vado a controllare come sta la nonna» anche Prim si sollevò dal suo posto lasciando la madre da sola a fare calcoli matematici e a decidere se ingurgitare o meno quello che aveva cucinato la mora.
Con tutta la buona volontà, rinunciò all'impresa e si promise di non abbandonare mai più sua figlia ad armeggiare con pentole e fuoco.
In pochi minuti, un fruscio la distrasse dai suoi conti.
Il giovane amico di sua madre spuntò dall'apertura tra le siepi alte tenendo la testa bassa e le mani in tasca.
Ogni giorno che passava, trovava il suo andamento troppo fastidioso da sopportare e la sua sola presenza le dava il mal di testa.
«Ah» emise in tono sicuro la donna. «Peeta...» pronunciò il suo nome lentamente, «non credi che sia un po' troppo tardi?» lo guardò fisso soffermandosi sui suoi pantaloni sporchi.
«Sono venuto per vedere Han» si giustificò in modo composto.
«Ascolta» lo avvisò Ellen mettendosi in piedi, raggiungendolo e guardandolo in faccia, «ti ringrazio per quello che hai fatto per mia madre però...» si soffermò pensando bene a cosa dire successivamente, «ci sono io qui, adesso» concluse con voce acida.
«Lo so, però lei di solito mi dice di venire a quest'ora» rispose fermamente nonostante non capisse per quale motivo la figlia della signora Wright sembrasse sempre in continua lotta con lui.
«Probabilmente starà dormendo» si portò una ciocca di capelli dietro ad un orecchio e continuò a fissarlo severamente.
A quel punto il giovane mosse il capo arreso «se lei dice così» e si allontanò.
«Il cancelletto l'ho aggiustato quindi potresti anche andartene da lì» gli indicò un'altra direzione da prendere e poi andò a sedersi sulla sedia di vimini.
Sebbene sapesse benissimo di essersi rivolta in una maniera tutt'altro che gentile, era contenta di essersi tolta il peso di congedarlo una volta per tutte.
I capelli biondi di Peeta si muovevano al ritmo della leggera brezza così come succedeva alla sua cintura.
Si aggiustò per l'ennesima volta la bretella cascante e rimise le mani nelle tasche dei pantaloni camminando a passo spedito ma calmo, con il capo chino ad osservare le scarpe logore, piene di fango e fili d'erba.
Si accarezzò la mandibola sentendo la barbetta ispida che stava ricrescendo.
Le ultime cose che vide prima di ricevere una forte spallata, furono una cascata di capelli scuri e uno scialle giallino, poi riconobbe un rumore di stoviglie che precipitavano a terra.
Ci mise poco a capire che si trattava della nipote non-ballerina della signora Hannah; la vide accovacciata su se stessa ad imprecare maledizioni a destra e a manca.
Si inginocchiò, le diede una mano a raccogliere le posate e cercò di capire le parole senza nessun senso logico della ragazza.
«Diamine, devo lavarle di nuovo» sussurrò la mora esasperata. «Scusa» si rivolse al giovane che le porgeva le forchette.
«Di nulla» rispose Peeta che la scrutava attentamente.
«Perché sei qui?» gli chiese improvvisamente lei prendendo l'ultimo cucchiaio pieno di terriccio.
Il biondo si sollevò velocemente e si strofinò le mani sulla maglia grigia; Katniss gli lanciò un'occhiata strana, tra il glaciale e il curioso.
«Per incontrare Hannah» indietreggiò di un passo e ricominciò a camminare per la direzione in cui lo aveva indirizzato Ellen.
 La giovane continuò ad osservare la schiena magra dello strano tizio domandandosi come mai stesse andando da tutt'altra parte, poi si scrollò dall'improvvisa trance e seguì il biondo dovendo tornare in cucina.
«Ma non sai che è per di là che devi andare?» lo raggiunse incontrando i suoi occhi blu, meno chiari di sua sorella ma altrettanto belli.
Il fatto che parlasse così tanto con quello lì, la infastidiva parecchio. Era abituata a tenere le labbra serrate per tutto il tempo ma quel ragazzo aveva qualcosa di strano che la spingeva ad aprire bocca. L'unico problema era che poi lei non sapeva cosa dire, incapace com'era a portare avanti una conversazione.
«Ho deciso di venire un'altra volta» accennò un sorriso che sembrava malinconico. «Alla prossima» la salutò dopo aver attraversato il cancelletto di ferro che cadde all'indietro sulle erbacce suscitandogli una risata che non si preoccupò di trattenere.
  




Note Note: Ehiiii! *^*
Scusate per l'enorme ritardo -di solito posto qualche oretta prima- ma è che i miei professori si sono organizzati per rendermi il pomeriggio infernale. Una volta terminata goniometria (che alla fine non è nulla di tanto difficile ma ce ne vuole di tempo per fare gli esercizi), ho subito mandato al diavolo tutto e ora sono qui a pubblicare.
Questo è in assoluto il capitolo più lungo di Shadows in the sun e, devo dire la verità, ho amato scriverlo perché c'è tanto ♥Peeta♥ e perché finalmente ho dato un po' più risalto al rapporto che ha con tutte le donne di casa Wright, specie con Prim che lo trova una brava persona.
Be'... il motivo per cui le scene Everlark sono meno presenti è perché non vorrei rendere la cosa troppo frettolosa.
Ma adesso non sto a fare spoiler e spero anche di non contraddirmi perché potrebbe succedere in seguito, visto quanto la mia mente è contorta.
Okay, non c'è ancora la rivelazione 'sconvolgente' (dipende da come la prendete) di cui avevo parlato la scorsa volta perché è nel settimo che verrà fuori.
Oddio, sembro una stupida ò.ò Non è nulla di tanto catastrofico, sono solo io che sono diventata pazza e faccio sembrare le cose enormi.
Va bene, quest'orario mi fa male, davvero molto.
Spero di ricevere delle recensioni perché vorrei sapere il vostro parere su questo capitolo, ringrazio dal profondo del mio cuoricino ancora shockato chi ha aggiunto la fanfiction tra le preferite, ricordate e seguite e mi auguro di non aver fatto errori babbani, esattamente quanto lo sono io in questo momento. 
Un bacio ♥

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