La Bambina Demoniaca e il Mostro Bianco

di Nami93_Calypso
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Buio ***
Capitolo 2: *** Lavagna ***
Capitolo 3: *** Cellulare ***
Capitolo 4: *** Inchiostro ***
Capitolo 5: *** Computer ***
Capitolo 6: *** Stelle ***



Capitolo 1
*** Buio ***


AVVISO PER IL FANDOM DI ONE PIECE
Ciao a tutti!
È da un po’ di tempo che mi vaga per la mente l’idea di creare un gruppo su facebook per raccogliere tutti gli autori e lettori del fandom e dopo aver sentito il parere di alcuni mi sono convinta a farlo.
Sarebbe un modo per conoscersi meglio, confrontarsi, unirsi.
Chiunque fosse interessato a partecipare o volesse maggiori informazioni mi contatti in privato :)
-Nami93-






Angolo dell’autrice:
Hola a tutti! Prima del capitolo un po’ di avvisi:
-Questa storia l’ho scritta e avevo programmato di pubblicarla prima del capitolo di ieri…. Farò finta che tale capitolo non esista nelle prossime due settimane!
-Ho ripreso le lezioni e ho un paio di giorni infernali (sono a casa solo quando dormo!) quindi sono un po’ indietro nel leggere le altre FF ma non temete che nel weekend recupero!! :D
-Ho deciso di inserire alla fine di ogni mia storia/capitolo l’immagine che troverete in basso: è una sorta di campagna pro-recensioni (che una mia amica ha creato per me perchè io e la grafica siamo due sconosciute :3) rivolta non solo alle mie storie ma a tutte quelle del fandom. Ultimamente ho notato un calo di recensioni in generale, vedo storie bellissime con solo un paio di recensioni quando invece meriterebbero molto di più. Non metto in dubbio il fatto che scriviamo prevalentemente per noi stessi ma se le pubblichiamo significa che ci teniamo a conoscere il parere altrui e credo che nessuno di noi (soprattutto se autore!) possa affermare che una recensione non faccia piacere! Perciò una mano sul cuore e una alla tastiera :)
Passando ora alla storia… Law e Robin, due personaggi dal carattere e dal passato molto simili. Tutto questo mi porta a vederli come degli ottimi amici. Chi mi conosce almeno un po’ sa che spesso nelle storie inserisco parti di me ed è anche questo il caso :)
Come ogni volta ho fatto le NdA più lunghe del capitolo quindi mi fermo qui. Buona lettura!
 



 

Buio

La piccola Robin correva senza fiato per le via della città: stava scappando. Voleva mettere più distanza possibile tra sé e quei bambini che non facevano altro che infastidirla.
Suo zio Sauro le aveva spiegato quanto importante fosse socializzare e giocare con gli altri bambini e lei ci aveva provato ma non aveva mai avuto successo.
Tutti i bambini del paese la reputavano strana perché ancor prima di iniziare la scuola elementare sapeva leggere e preferiva la compagnia di un libro a quella di un pupazzo o una bambola o perché quando si ritrovavano a narrarsi delle storie le sue erano sempre un po’ macabre e inquietanti. I più si tenevano alla larga da lei: non le rivolgevano la parola o la additavano da lontano terrorizzati come faceva, ad esempio, Perona che amava circondarsi dei suoi giocattoli di pezza e temeva che potesse usarli per chissà quale bizzarro gioco.
Ma alcuni non perdevano mai occasione di importunarla e farla sentire strana, diversa. Lucci e Califa, in particolare, trovavano divertente ricordarle costantemente che lei era un’orfana: suo padre era morto quando lei era molto piccola e sua madre era partita per chissà quale posto per chissà quale motivo, non le era permesso saperlo, lasciandola in custodia al fratello di suo padre. Sauro non le aveva mai fatto mancare nulla ma non sarebbe mai riuscito a sostituirsi ai suoi genitori.
Per questo, ora, con le lacrime a rigarle il viso correva nelle stradine secondarie per allontanarsi da Lucci e la sua combriccola.
Mancava ormai poco al crepuscolo ma a lei non importava, anzi, non attendeva altro. Amava il buoi. Lo amava perché poteva passeggiare a testa alta inosservata, perché amava le stelle che brillavano nel manto nero del cielo, amava il silenzio della notte.
Quando era giù di morale a causa delle prese in giro o perché pensava ai suoi genitori c’era un posto in cui amava andare. Era un piccolo parco ormai abbandonato composto solo da quattro alberi situato al di fuori delle mura della città che ne costeggiavano uno dei lati. Questa posizione faceva sì che fosse sempre all’ombra, anche di giorno. Perciò, al tramonto, lì era già buio. Ormai veniva usato come discarica e non era raro trovarvi qualche vecchio mobile o elettrodomestico non più funzionante.
Rallentò la sua corsa e si asciugò le lacrime dal viso una volta giunta sul luogo.
Silenziosa si avvicinò ad uno degli alberi per potersi sedere tra le sue radici e adagiarsi contro il suo tronco ma dopo alcuni passi si fermò: a pochi metri da lei c’era un bambino seduto per terra, con la schiena appoggiata al muro di cinta e le gambe incrociate al petto che la osservava inespressivo.
Robin lo scrutò qualche attimo finchè non lo riconobbe: era Trafalgar Law, il figlio dei due dottori più rinomati della città. Non lo si vedeva spesso in giro.
La bimba rimase immobile qualche attimo, interdetta, a ricambiare il suo sguardo. Era combattuta: cosa ci faceva lì? Quello era il suo luogo segreto dove poteva sentirsi sicura e tranquilla. Aveva cattive intenzioni? O era capitato lì per caso?
Osservando i suoi modi seriosi, che poco si addicevano ad un bambino di cinque anni, come del resto anche i suoi, e la sua espressione impassibile decise di fidarsi.
-Ciao- lo salutò con un sorriso tirato sedendosi vicino a lui nella medesima posizione.
-Ciao- ricambiò lui scrutandola di sbieco.
-Perché sei qui?- decise di domandargli schietta. Era quello che voleva sapere.
Il bambino puntò lo sguardo di fronte a sé e impiegò qualche secondo per rispondere, cosa che Robin non si fece sfuggire.
-Mi piace il buio- disse, semplicemente, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Era una bugia. O meglio, un’omissione di verità. Il buio gli piaceva sul serio ma non era quello il principale motivo per cui si trovava lì.
Stava scappando da Doflamingo, il suo padrino, con il quale era costretto a stare quando i suoi genitori stavano tutto il giorno in ospedale o in ambulatorio, cosa che accadeva troppo spesso. Non gli stava molto simpatico: lo costringeva sempre a fare cose che a lui non piacevano come ad esempio andare per negozi a provare boa piumati di tutte le tonalità di rosa presenti in città. Solitamente c’era anche il fratello, Corazon, con cui si divertiva ma quella settimana era in viaggio per lavoro. E quando il suo baby sitter aveva deciso di portarlo nell’ennesimo negozio non ci aveva più visto ed era scappato in un suo attimo di distrazione.
Non che la cosa fosse preoccupante. Non era la prima volta che fuggiva e l’uomo sapeva che con il suo intelletto smisurato poteva cavarsela anche da solo in quella città così piccola e il più delle volte lo attendeva semplicemente a casa.
-Hai ragione, è bellissimo- quel sussurro lo fece voltare. Robin aveva gli occhi puntati sul cielo che stava lentamente imbrunendo con un sorriso ad incresparle le labbra, un’espressione ben diversa da quella che aveva quando l’aveva vista arrivare.
-E tu perché sei qui?- domandò incapace di trattenere la curiosità che provava verso quella bambina che spesso vedeva aggirarsi da sola con immensi libri sotto braccio.
-Sto scappando da qualcuno che mi sta antipatico- rispose sinceramente portando i suoi occhi azzurri su di lui.
Law sgranò gli occhi spiazzato: con tanto candore, con tanta semplicità, con tanta innocenza aveva appena riconosciuto una sua debolezza, cosa che lui non era riuscito a fare. Odiava mostrarsi un debole, odiava esprimere le proprie emozioni positive o negative che avrebbero potuto lasciarlo in balia degli altri, se poi “gli altri” era qualcuno come Doflamingo…
-Robin! Sei qui?- la voce squillante di una bambina li fece voltare in direzione dell’ingresso del parco.
-Tashigi!- rispose lei sollevandosi di slancio.
Tashigi era l’unica bambina che l’aveva presa in simpatia e che la difendeva quando qualcuno se la prendeva con lei. Conosceva l’ubicazione del suo posto segreto e quando non la vedeva per troppo tempo andava a cercarla.
La nuova arrivata si avvicinò.
-Meno male! Sauro sarà in pensiero! Dai, andiamo- le disse prendendola per mano donando a Law, ancora seduto per terra, solo una rapida occhiata.
Prima di avviarsi Robin si voltò verso il bambino.
-Ciao, ci vediamo- lo salutò agitando la mano e sorridendogli radiosa. Sembrava che ormai avesse dimenticato i suoi problemi.
-Ciao…- sussurrò lui impercettibilmente quando ormai le due bimbe furono lontane.
Quella bambina che tutti consideravano strana lo aveva colpito: così simile a lui eppure così diversa.
Sperava davvero di poterla rincontrare.
 

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Capitolo 2
*** Lavagna ***


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-Nami93-



 

 

Lavagna

Il ticchettio incessante del gesso sulla lavagna riempiva l’aula quasi deserta.
Era il momento dell’intervallo e la maggior parte dei bambini giocava spensierata in cortile.
Ma quei brevi momenti di attività libera era la loro occasione preferita per misurarsi.
Law e Robin erano i bambini più intelligenti non solo della loro classe ma tra tutti i bambini della loro età. Questa cosa non aveva fatto altro che unirli più di quanto già non lo fossero ma li metteva anche in competizione. Erano entrambi molto ambiziosi e tendevano a primeggiare e questa loro amicizia li spronava a fare sempre di più e a dare il meglio di sé. Ma spesso i due erano perfettamente alla pari; era difficile decretare chi dei due fosse il più bravo. Lui era il migliore in scienze lei in italiano, lui in geografia lei in storia, lui in musica lei in arte, lui in educazione fisica lei in canto. C’era una sola materia in cui i due si eguagliavano: la matematica.
Per questa ragione ora si trovavano entrambi di fronte alla lavagna, una metà ciascuno, con un gessetto bianco in mano, l’espressione concentrata e gli occhi che schizzava a destra e a sinistra tra i numeri. Avevano da poco iniziato le frazioni e i nuovi argomenti erano sempre la miglior occasione per sfidarsi.
Dietro di loro si trovavano altri tre bambini: Sabo, con in mano un cronometro con il compito di tenere il tempo, Rebecca, arbitro ufficiale, e Lamy, con in mano un quaderno che conteneva i risultati di tutte le loro innumerevoli sfide.
-FINITO!!!- urlarono all’unisono i due corvini mettendo giù i gessetti.
Sentendo la voce l’uno dell’altra si voltarono a fissarsi in cagnesco.
Il biondo schiacciò il tasto per fermare il cronometro ma li guardò confuso: avevano finito perfettamente in sincronia. Il tempo di risoluzione non poteva essere usato per decretare il vincitore.
Rebecca si avvicinò alla metà di lavagna che aveva utilizzato Law con in mano il foglio della soluzione. Silenziosamente prese a confrontare i vari passaggi.
-Tutto giusto- sentenziò per poi avvicinarsi alla prova di Robin.
Law, alle sue spalle, ghignò fissando l’amica ancora in attesa di verifica che lo scrutava seria di rimando.
La rosa finì di osservare la lavagna e abbassò il foglio crollando il capo con un sospiro.
-Nessun errore. Parità. Ancora- decretò sconfortata.
-E con questa fanno…. Sedici parità consecutive- disse Lamy appuntando il risultato sul quadernino.
-Ma non è possibile!- si lamentò Sabo portandosi le mani nei capelli.
I due sfidanti si fissarono per qualche secondo sorpresi ma dopo poco si sorrisero vicendevolmente e si avvicinarono l’uno all’altra per stringersi la mano.
-Ottimo partita- fece Robin ridendo.
-La prossima volta ti batterò- promise l’amico mascherando la sua euforia dietro un ghigno sghembo.
I tre spettatori rimasero basiti davanti a quella scena. Ogni volta era la stessa storia: non riuscivano mai a battersi, le loro prove erano inconcludenti, eppure erano sempre contenti
-Ehi! Un’altra sfida?-
Makino, la loro maestra, che stava passando nel corridoio in quell’istante, entrò nell’aula incuriosita.
Era a conoscenza di questi loro giochi e le piacevano molto: spesso era lei stessa a suggerire le sfide. Gli piaceva che i due bambini riuscissero a vedere nel gioco un’occasione non solo per divertirsi e stare insieme ma anche per imparare e migliorarsi.
-Chi ha vinto?- domandò, anche se sospettava di conoscere la risposta.
-Parità!- quasi urlò Sabo sull’orlo della disperazione.
L’insegnante si avvicinò al piccolo facendogli una carezza sul capo con fare materno e osservò le due espressioni matematiche. Non vi era alcun errore.
Portò gli occhi sui due bambini che la guardavano ancora sorridenti.
-Siete stati bravissimi- li lodò piegando le ginocchia per potersi abbassare alla loro altezza.
-Ma io non capisco. Perché vi ostinate a far queste gare se poi siete felici del pareggio?- bofonchiò Rebecca con fare quasi offeso.
-Il senso non dovrebbe esser che uno dei due dovrebbe vincere?- chiese ingenuamente Lamy piegando la testa di lato con un dito posto sul mento.
Makino scosse impercettibilmente la testa. Erano troppo piccoli per capire, probabilmente nemmeno Robin e Law stessi ne erano consci.
Per quanto quei momenti servissero a decretare chi fosse il migliore tra i due per loro non era importante il risultato. A loro quei momenti piacevano perché li tenevano uniti ed era la massima espressione di quanto fossero compatibili. A dirla tutta preferivano proprio il pareggio, perché mostrava maggiormente la loro similarità. Se uno dei due avesse vinto non avrebbero sopportato di vedere l’amico lasciato indietro.
-La cosa importante di questi giochi è divertirsi, bambini. Quando giocate a Pallaguerra o Magolibero siete contenti di star giocando, non della vittoria- spiegò la ragazza ai suoi alunni che la fissavano con i loro occhi limpidi.
Non era molto sicura che avessero capito ma dopo qualche secondo presero a sorridere e questo le bastava.
-Molto bene- disse risollevandosi in posizione eretta –Ora raggiungete gli alti in giardino per finire l’intervallo-
I cinque bambini si avviarono alla porta ma non prima che Lamy si fosse avvicinata all’insegnante e, fattole cenno di abbassarsi, le ebbe lasciato un bacio sulla guancia.
-Facciamo a chi arriva prima?- sentì dire a Sabo ormai già in corridoio.
-Senza correre!!- si affrettò ad urlargli dietro sperando che l’avessero sentita.

 



 
Angolo dell'autrice:
Buondì a tutti :)
Se non si fosse capito il capitolo è ambientato alle elementari: ogni capitolo rappresenta una diversa fase della vita
Vi sembra strana questa cosa delle sfide matematiche?! Emh... Non lo è poi così tanto ^^'
Spero il capitolo vi sia piaciuto e di non deludere le vostre aspettative riguardo la storia :)

 

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Capitolo 3
*** Cellulare ***


Angolo dell'autrice:
Capitolo ambientato alle scuole medie, fase che io considero la peggiore in assoluto e credo che la cosa traspaia da alcune frasi qua e là nel testo xD
Ringrazio infinitamente tutti coloro che leggono la storia :)





 

Cellulare

-Ehi Robin-
Robin sollevò gli occhi dal libro che stava leggendo per posarli sulla sua interlocutrice. Baby 5 si era avvicinata a lei accompagnata dalle sue amiche, Monet e Boa, e si era seduta sulla sedia appartenente al banco di fronte al suo, usurpando così il posto di Koala che aveva deciso di sfruttare il cambio d’ora per andare in bagno.
-Come te la passi?- le domandò la compagna di classe portandosi i capelli su un lato in un gesto quasi meccanico; tipico gesto che le ragazze snob della loro età, come lo erano le tre che la mora si trovava ora di fronte, compivano con fin troppa assiduità.
Conosceva l’indole delle tre e appunto per questa sapeva che non le piacevano, non le stavano simpatiche. Erano le tipiche ragazzine che, giunte alla pubertà, erano diventate viziate, superficiali, pensavano solo e unicamente ai trucchi, ai vestiti e ai ragazzi. Inutile dire che indossavano vestiti firmati e appariscenti, sfoggiavano pieghe e pettinature perfette e ombretti e lucidalabbra dai colori sgargianti.
-Cosa vuoi, Baby?- domandò Robin con un sospiro infastidito chiudendo il libro con un tonfo. Sapeva che non le stava rivolgendo la parola per pura cordialità ma che voleva qualcosa da lei. Per questo aveva deciso di andare dritta al sodo e togliersela di torno al più presto così da poter tornare da Nami e Koala, di cui preferiva di gran lunga la compagnia.
L’altra si scambiò un’occhiata complice con le amiche, che avevano preso a ridacchiare come delle galline strozzate, prima di risponderle.
-So che tu sei molto amica di Law della 3C. Potresti darmi il suo numero di cellulare?- rispose avvicinandosi di più a lei per evitare che la sentisse tutta la classe.
Robin la fissò immobile ponderando la sua richiesta.
In una situazione normale la sua risposta sarebbe stato un secco e categorico “no”. Ma quella non era una situazione normale.
Appena una settimana prima quel simpaticone del suo migliore amico aveva ben pensato di dire a Sanji, il ragazzo più disperato e in cerca d’amore della scuola, che lei provava dei sentimenti per lui. Un pomeriggio, mentre si trovava sotto la doccia, qualcuno aveva suonato al campanello ma essendoci suo zio in casa non ci aveva fatto caso. Quando, dopo una mezzora buona, era scesa nell’ingresso aveva trovato Sauro che cercava disperatamente di trattenere fuori di casa il ragazzino biondo che teneva tra le braccia un mazzo di rose rosse, una scatola di cioccolatini e una lettera d’amore, e che non appena l’aveva vista aveva urlato “Robin-chan sposamiiiiii”.
Da quel giorno la mora meditava vendetta. E quale miglior occasione se non quella di appioppargli la ragazza più bipolare e stalker dell’istituto?!
Sul suo viso prima inespressivo comparve un dolce sorriso etereo.
-Ma certo!- fece con tono più melenso del solito.
Senza troppi preamboli le prese il cellulare dalle mani per salvare in rubrica il numero di Law che conosceva a memoria.
-Sai- aggiunse restituendole il telefono –mi pare che una volta mi abbia parlato di te, se non ricordo male…- disse, fissando un punto sopra la sua testa, con tono volutamente misterioso.
Non lo avesse mai fatto.
L’altra si illuminò in viso guardando le sue due amiche prima di prendere ad urlare con un volume di voce tale da poter frantumare i vetri delle finestre.
 
Robin bussò ed entrò prima ancora di ricevere risposta.
-Ciao Cora-san!- urlò, sicura che l’uomo si trovasse nella cucina vicino al salotto. Infatti non dovette attendere molto prima di veder spuntare una testa bionda dietro lo stipite.
-Oh Robin cara, benvenuta!- la salutò allegro come al solito.
Lei si tolse il giubbino e lo appese nell’ingresso, come di consueto.
Anche se non erano più in classe insieme aveva mantenuto l’abitudine di passare più tempo a casa di Law che nella propria.
Suo zio lavorava tutto il giorno e rincasava solo prima di cena per questo Corazon si era proposto di badare anche a lei, oltre che al suo amico, al termine dell’orario scolastico. Infatti anche i suoi genitori lavoravano molto e da quando Doflamingo si era trasferito in un’altra città era il fratello ad occuparsi del piccolo Trafalgar, con immensa gioia di quest’ultimo che però faticava a mostrare il proprio apprezzamento. Spesso si lamentava con lui per il suo atteggiamento troppo solare ed espansivo, totalmente opposto al suo.
-Cora, lo sai che non dovresti stare vicino ai fornelli- gli disse premurosa la ragazzina avvicinandosi a lui per salutarlo con un bacio sulla guancia.
Ormai era di casa e conosceva tutte le abitudini e le varie particolarità degli inquilini;  in particolare sapeva della strana propensione di Corazon a prendere fuoco alla minima vicinanza con una fonte di calore.
-Non preoccuparti, stavo solo preparando la merenda per voi. La porti tu? Penguin è già su- fece il biondo non riuscendo a celare il suo sconforto per la mal fiducia riposta in lui.
Robin, ridacchiando della sua espressione, lo superò per entrare in cucina dove trovò un vassoio ad attenderla con sopra tre panini con la nutella e tre bicchieri di succo.
-Buono studio- le augurò l’uomo quando uscì dalla stanza.
-Grazie- rispose lei di rimando mentre si avviava alle scale che portavano al piano superiore, quello delle camere.
Man mano che si avvicinava alla stanza sentiva le voci dei due ragazzi che chiacchieravano oltre la porta aperta.
-Ciao Robin!- la salutò Penguin in modo solare quando la vide oltrepassare la soglia, alzandosi per aiutarla con il vassoio.
-Ciao ragazzi- rispose lei appoggiando lo zaino sul pavimento.
-Ti stavamo aspettando per iniziare a studiare- le riferì Law freddamente per poi osservare disgustato il contenuto del vassoio.
La ragazza prese posto insieme a loro al tavolino che si trovava al centro dell’immensa camera da letto del padrone di casa e i tre presero i propri libri per iniziare i compiti per il giorno dopo.
Dopo una decina di minuti il cellulare di Law vibrò e lui lo prese distrattamente senza nemmeno staccare gli occhi dal quaderno.
L’amica prese ad osservarlo di sottecchi pronta a cogliere qualsiasi sua reazione. Non era un’impresa facile dato che lui tendeva a mostrarsi sempre impassibile e imperturbabile.
Quando il ragazzo ebbe finito di scrivere la risposta alla terza domanda dell’esercizio di scienze sollevò la penna dal foglio e sbloccò lo schermo del telefono. Per qualche attimo lo fissò inespressivo ma poco dopo strabuzzò gli occhi e il suo viso divenne ancor più pallido di quanto già era.
Robin abbassò il viso tentando di soffocare una risata: sospettava di conoscere il motivo della sua reazione.
-Ehi Law, che ti prende?-
Udendo la voce di Pen sollevò nuovamente lo sguardo. Ora law aveva la bocca semi aperta e sudore freddo gli imperlava la fronte. Era così tragica la situazione? Non era da lui reagire così, non lo riconosceva più!
Non ottenendo risposta il rosso gli strappò il cellulare dalle mani; visto che continuava a fissarlo doveva essere quello il motivo del suo strano atteggiamento.
Per un attimo fissò lo schermo sgomento ma poi prese a leggere ad alta voce con un sorriso canzonatorio sul volto.
-“Lo sapevo che mi amavi!!! Sapevo che avevi bisogno di me per vivere, respirare, mangiare, dormire!!! La verità è che ti amo anche io Lawuccio del mio cuore e non permetterei mai che tu soffra. Certo che voglio stare con te!!!! Ti amo anche io!!!! By la tua sola e unica Baby”!-
Non appena ebbe finito di leggere scoppiò a ridere buttandosi a terra e rotolandosi tenendosi la pancia, con le lacrime agli occhi.
-Non ci credo!!!! Ahahahah- stava quasi rischiando di soffocare per le troppe risate.
La sua ilarità contagiò la ragazza che si lasciò andare ad una risata cristallina che da troppo stava trattenendo.
Quel suono parve risvegliare l’amico che fino a quel momento era rimasto immobile nel suo stato di trance. Di scatto si voltò verso di lei con occhi dardeggianti. Una consapevolezza ovvia si era fatta largo in lui.
-Sei stata tu!- l’accusò con il tono più glaciale che possedeva, puntandole il dito contro
Vedendo la sua espressione infuriata Robin aveva voglia di ridere ancor di più ma riuscì a trattenersi.
-Io?! Assolutamente no, non potrei mai farti una cosa simile!- disse tentando di restare il più seria possibile e di mantenere ferma la voce mentre si asciugava una lacrima che le era sfuggita per le troppe risa.

 


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Capitolo 4
*** Inchiostro ***


Inchiostro

Law spense il televisore premendo il pulsante rosso sul telecomando per poi passarsi una mano sugli occhi stanchi.
Robin si sporse verso il basso tavolino di legno per riporvi la ciotola dei pop corn ormai vuota.
Erano rimasti svegli fino a tardi per vedere un film ma la cosa non era un problema in quanto il giorno dopo nessuno dei due avrebbe avuto scuola: erano le vacanze di Carnevale.
Anche se non frequentavano più lo stesso istituto i due erano rimasti molto legati e sfruttavano ogni occasione possibile per stare insieme. Le vacanze erano le loro preferite. Robin passava la maggior parte del suo tempo da Law, che ormai viveva praticamente da solo perché i suoi genitori avevano preso a viaggiare per lavoro, e passavano il tempo tra lo studio, le chiacchierate, i film e le varie attività domestiche. Se per caso facevano tardi, come quella sera, il ragazzo non aveva alcun problema ad ospitare l’amica nella stanza dedicata agli ospiti. Anche Sauro ormai si era abituato a quella situazione e si fidava dei due giovani e della loro maturità.
Robin si mise comoda sul divano rannicchiando le gambe al petto e osservò il moro. C’era una cosa che voleva chiedergli da giorni. Sapeva che una sua amica, nonché compagna di classe di lui, aveva una cotta per il suo amico. E sapeva anche che recentemente, con la scusa di San Valentino, aveva dichiarato a lui i suoi sentimenti. Ma lui ancora non ne aveva fatto parola.
-Allora…. C’è qualche novità?- gli chiese, circondandosi le gambe con le braccia.
Lui si voltò a fissarla con sguardo indagatore. Robin non era una che faceva domande tanto per chiedere, se domandava era perché voleva sapere qualcosa. E, soprattutto, se domandava in realtà conosceva già la risposta: voleva solo conoscere il suo punto di vista.
Riflettè un attimo su quale potesse essere l’oggetto del suo interesse.
-….Bibi?!- mormorò.
Lei annuì semplicemente in risposta.
Law sospirò ricordandosi dell’accaduto.
La turchina lo aveva fermato all’uscita da scuola mentre si trovava solo. Rossa in volto ma con un’ardente determinazione negli occhi gli aveva detto che era interessata a lui e gli aveva chiesto se voleva uscire con lei quella sera, la sera di San Valentino,  per bersi qualcosa al pub. Era rimasto piacevolmente sorpreso dalla sua audacia: sapeva di avere un discreto successo tra il genere femminile ma di solito le ragazze si limitavano a fissarlo da lontano, ridacchiare e confabulare tra loro. Fastidiose. Lei invece aveva avuto il coraggio di farsi avanti. Eppure non l’aveva mai vista in quel modo. Non sapeva nemmeno lui cosa in lei non lo convincesse. Forse il suo temperamento a tratti troppo pacato.
Si trovò a ghignare di fronte a tale considerazione. Ironico, lui era il primo ad avere un atteggiamento introverso e riflessivo eppure non era quello che cercava in una compagna, non era quello di cui aveva bisogno. Non sapeva di preciso cosa lo attraesse in una ragazza ma non aveva importanza. Al momento non sentiva la necessità quasi morbosa che contraddistingueva i suoi coetanei di avere qualcuno accanto.
-È inutile che ti racconti l’accaduto. Sicuramente sai già tutto- fece lui, scrutandola.
Lei, in risposta, chiuse gli occhi ridacchiando compiaciuta.
-Vorrei almeno conoscere il tuo parere- disse poi puntando i propri occhi azzurri nei suoi.
La maledisse mentalmente. Sapeva che quando lo guardava con quegli occhi cristallini non poteva sfuggirgli e mentirgli.
-Non rientra nei miei interessi- rispose solamente, distogliendo lo sguardo dal viso dell’amica.
Robin non fece in tempo a dir nulla che l’altro si alzò repentino dal divano.
-Arrivo subito- mormorò, uscendo dalla stanza.
La mora corrugò le sopracciglia interdetta. Cosa gli prendeva?
Dopo pochi secondi Law torno nel salotto: le mani dietro la schiena e un ghigno beffardo ad illuminargli il viso.
-Ho un regalo per te- disse, risedendosi accanto a lei e porgendole un pacchetto rivestito con carta viola.
Robin guardò prima lui e poi il pacchetto, sempre più accigliata.
-Ti avevo detto niente regali, mi sembra- gli disse duramente riportando lo sguardo su di lui.
-Avevi detto niente regali per il tuo compleanno. Non mi pare sia oggi- fece lui sostenendo il suo sguardo. Non aveva alcuna intenzione di perdere quella battaglia.
Un paio di settimane prima Robin aveva compiuto diciassette anni e, come ogni anno, gli aveva categoricamente imposto di non farle regali. E lui, come ogni anno, glielo aveva fatto lo stesso trovando una scappatoia ai suoi divieti. Non comprendeva affatto quella sua strana fissazione.
E ormai era più una ripicca a quel suo strano capriccio: nessuno poteva dargli un ordine credendo che lo rispettasse.
La ragazza lo fissò ancora qualche attimo con espressione severa ma quando capì che non avrebbe ottenuto nulla si lasciò andare ad un sospiro rassegnato, gesto che fece ghignare nuovamente l’amico, questa volta per la sua vittoria.
Ma invece di prendere il regalo la mora si voltò e si sporse oltre il bracciolo alle sue spalle per recuperare la propria borsa. Dopo essersela messa in grembo vi mise dentro le mani trafficando alla ricerca di qualcosa.
-E questo invece è per te- disse, estraendo e porgendogli un pacchetto ricoperto di carta argentata e sorridendogli eterea.
Law sollevò un sopracciglio scettico.
-Non è il mio compleanno- le fece notare. Il suo era a ottobre.
-Nemmeno il mio- rispose furbamente lei lanciandogli un’occhiata eloquente.
Il ragazzo la fissò interdetto ad occhi sgranati per qualche attimo prima di scuotere la testa arrendevole. Perché era così cocciuta?
Da parte sua, Robin, non capiva questa assurda tradizione di ricevere regali senza donare a propria volta nulla in cambio.
-Dai, apriamoli insieme- disse con tono che non ammetteva repliche mettendogli il dono tra le mani e prendendo il proprio.
I due scartarono i rispettivi regali silenziosamente.
Sotto la carta violacea Robin vi trovò un quaderno con la copertina in pelle nera con rifiniture argentate: era davvero bellissimo. Inoltre vi era anche una penna stilografica molto elegante.
-L’origine della specie di Charles Darwin?!- lo sentì dire accanto a sé. Non le fu difficile individuare una nota di emozione nella sua voce.
Sì voltò a guardarlo e lo trovò a fissare rapito la copertina prima di aprire il volume e sfogliarlo.
-So quanto ti piaccia la sua filosofia sull’evoluzione, la selezione naturale, la supremazia dell’adattamento e non della forza- spiegò con tono dolce, quasi materno.
Si voltò a guardarla raggiante. Era un regalo meraviglioso. Adorava leggere e adorava la scienza.
-Grazie- mormorò –Tu hai capito il significato del tuo regalo?- le chiese poi.
-Illuminami- fece lei riportando gli occhi sul quaderno.
-So quanto ti piaccia scrivere. Pensavo avessi bisogno di qualcosa di adeguato su cui farlo, al posto dei fogli che tieni sparsi in camera tua- le spiegò quasi beffardo.
Lei soffocò una risata. La conosceva molto bene. Adorava scrivere storie inventate, mettere su carta quello che la sua mente creava e vagare con la fantasia in luoghi lontani o fantastici, immedesimandosi nei propri personaggi. Ma di certo non avrebbe sprecato quel dono per le sue bozze. Lo avrebbe tenuto per un racconto importante.
Aprì il quaderno e fissando le pagine completamente bianche un pensiero la colpì.
Portò alternativamente l’attenzione su quelle pagine e su quelle del libro che Law teneva sulle gambe.
-Inchiostro…- borbottò flebilmente senza quasi rendersene conto.
-Come?- domandò Law che non aveva capito bene.
-Inchiostro- ripetè lei, con voce più chiara –Che cosa strana. È una cosa che ci accomuna- disse guardandolo sorridente. Sorriso al quale lui rispose sollevando un angolo della bocca.
Non c’era bisogno di dare altre spiegazioni: si erano capiti.
Lei dava corpo alle proprie fantasie scrivendo, attraverso l’inchiostro. Lui ampliava la sua mente leggendo, attraverso l’inchiostro.
Un mezzo che li univa.
Anche se lei ancora non gli aveva permesso di leggere alcuna delle sue storie.
Ma ora non aveva dubbi. Sapeva per cosa avrebbe usato quel regalo. Avrebbe scritto di loro. Una storia su loro due, sulle loro vite, sulla loro amicizia. Avrebbe suggellato quel loro rapporto con l’inchiostro, ancora una volta.
E, questa volta, glielo avrebbe fatto leggere.

 

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Capitolo 5
*** Computer ***





Computer

Law scostò le coperte da volto per poter vedere la sveglia sul comodino.
Erano le due del mattino, finalmente. Considerato il fuso orario era l’ora più probabile in cui avrebbe scritto.
Attento a non fare il minimo rumore si alzò dal letto e si diresse verso la sua scrivania.
Accese il pc portatile e si sedette sulla sedia in attesa che finisse di avviarsi. Si passò una mano tra i capelli spettinati per ravviarli; un gesto quasi spontaneo quando non indossava il suo inseparabile cappello. Se poi si aggiungeva l’ansia che da ore lo attanagliava era un movimento praticamente inevitabile.
Era partita da tre giorni (tre!) e ancora non si era fatta sentire.
Quando lo schermo si illuminò portò il cursore del mouse sulla casella e-mail per aprirla.
Un messaggio non letto. Da Robin.
Senza esitare lo aprì.
 
Caro Law,
spero che tu stia facendo dei buoni sogni visto che, dato il fuso orario, da te è notte fonda e non sera. Anche se sospetto che sarai rimasto sveglio ad attendere mie notizie, ansioso come al solito.

 
Leggendo le prime righe un ghigno gli increspò le labbra: si stupiva sempre di quanto lo conoscesse e lo comprendesse anche a chilometri di distanza.
Riprese la lettura, questa volta con il cuore più leggero.
 
Scusami ma solo ora ho avuto un po’ tempo per prendere il computer e scriverti.
Non devi preoccuparti così tanto, sto bene e qui va tutto benissimo.
La Norvegia è un paese davvero meraviglioso, ci sono paesaggi stupendi. Sono sicura ti piacerebbe davvero molto. I fiordi sono spettacolari e dicono che in inverno potremo ammirare l’aurora boreale.
L’appartamento che mi hanno destinato è molto bello, grande abbastanza, in una posizione comoda per raggiungere l’università, il centro archeologico e il museo. Lo divido con due ragazze molto gentili e simpatiche: Shirahoshi e Violet.
Anche gli altri ragazzi della nostra classe di erasmus sembrano molto simpatici. Siamo già molto affiatati.
C’è un ragazzo che si chiama Zoro e ha una passione per le spade, è taciturno e distaccato ma non per questo meno disponibile. Ammetto che un po’ mi ricorda te. Sono sicura ti starebbe simpatico.
Non so ogni quanto riuscirò a scriverti. Ancora devo prendere il ritmo tra lezioni, studio e laboratori. Cercherò comunque di farlo il più frequentemente possibile e di tenerti aggiornato su tutto.
Tu come stai? Tutto bene in università? E il tirocinio? Sei riuscito a deciderti tra medicina e chirurgia?
Spero vada tutto bene….
Ci rivediamo tra sei mesi e ci risentiamo il prima possibile.
Buona notte Law,
Robin.
PS: Salutami tanto Nami!

 
-Law, cosa ci fai sveglio?- sentendo quella voce impastata dal sonno il moro si voltò e trovò la sua ragazza seduta sul letto a fissarlo con gli occhi mezzi aperti.
Durante la giornata precedente, passata a studiare, lo aveva visto più agitato del solito: aveva ingerito una quantità di caffè maggiore del necessario, fissava con insistenza cellulare e pc ad intervalli regolari ed era ancor più taciturno del solito. Non le ci volle poi molto per capire che era in ansia per le mancate notizie di Robin, perciò aveva deciso di fermarsi a dormire da lui e tenergli compagnia. Sapeva quanto fossero legati e temeva che avrebbe sofferto molto la lontananza, anche se non lo avrebbe mai ammesso o dato a vedere apertamente, perciò era pronta a stargli vicino il più possibile.
Guardò lo schermo luminoso del computer sbattendo ripetutamente le palpebre per spannare la ista e vide una e-mail aperta.
Stropicciandosi un occhio sorrise.
-Salutami Robin- disse con voce ancora roca e rimettendosi sdraiata.
Se la sua migliore amica lo stupiva con la sua capacità di comprenderlo Nami non era da meno: sapeva sempre quando lasciargli i suoi spazi.
La ringraziò mentalmente per questo.
Riportò la sua attenzione sul pc e cliccò sul tasto “rispondi” ma quando la schermata bianca si aprì si fermò un attimo, interdetto.
Senza ripensamenti chiuse il portatile e tornò a letto, infilandosi sotto le coperte e cingendo con le braccia da dietro la sua fidanzata affondando il viso nei suoi capelli color del fuoco che sapevano di agrumi.
Ora poteva finalmente dormire in pace.
Avrebbe risposto a Robin il mattino dopo: non voleva certo che la sua amica pensasse che non fosse riuscito a chiudere occhio in attesa di sue notizie.




Angolo dell'autrice:
Come inserire un po' di LawNami dappertutto!! :D ne sono in astinenza T.T
Vi informo che questo è il penultimo capitolo.
Ringr
azio immensamente di cuore chi legge e/o recensisce e chi ha inserito la storia tra preferite/ricordate/seguite e chiedo scusa a tutti per la brevità del capitolo
:)

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Capitolo 6
*** Stelle ***






Stelle

Nami si sedette comodamente e scompostamente, per quanto le circostanze glielo permettessero, sulla prima sedia che trovò.
Allungò le gambe indolenzite sotto l’ampia gonna bianca e reclinò il capo all’indietro chiudendo gli occhi e inspirando a fondo l’aria della sera.
Intorno a lei percepiva le risate, la musica, gli schiamazzi.
Una volta che i muscoli si fossero rilassati riaprì gli occhi e si trovò a fissare le stelle che ricambiavano il suo sguardo dall’alto del cielo.
Non potè impedirsi di trovare strana quella situazione. Non capitava tutti i giorni di festeggiare un matrimonio in piena notte e all’aperto.
Ma, conoscendo la passione di Law per il buio e la notte, aveva deciso di sposarsi la sera andando così contro le tradizioni, sperando che il clima fosse dalla loro parte. E così era stato, fortunatamente: era una calda sera di fine maggio e tutto era andato per il verso giusto.
Da ore stavano festeggiando con tutti i loro amici tra prelibatezze, danze, e canti. I suoi piedi intrappolati nelle scarpe col tacco domandavano pietà.
Ancora in quella posizione sentì la musica intorno a sé cambiare: da una canzone movimentata ad una ballata lenta. Chiuse gli occhi pregando che nessuno andasse a reclamarla per un ballo, anche se sapeva che non poteva sfuggire al proprio destino.
-Nami-ya-
Quando sentì la sua voce sollevò il capo ed aprì gli occhi.
Trovò Law che la fissava con un ghigno compiaciuto in volto e con una mano tesa verso di lei.
-Dobbiamo proprio?- bofonchiò, gonfiando le guance come una bambina capricciosa.
-È il primo ballo lento, dobbiamo adempiere ai nostri doveri di neosposi- fece lui divertito nel vederla così in difficoltà, lei che aveva sempre tutto sotto controllo e si mostrava sicura in ogni situazione. E poi sapeva che, da qualche parte, Genzo lo teneva d’occhio per accertarsi che si comportasse come di dovere.
Riluttante, la rossa, allungò una mano per afferrare la sua e si fece aiutare a rimettersi in piedi.
Mano nella mano si portarono al centro della pista tra gli applausi degli invitati.
Law si voltò, continuando a tenerle la mano e portando l’altra sul suo fianco per stringerla a sé.
Lei sollevò il capo per guardarlo negli occhi e sorrise radiosa.
Nonostante indossasse i tacchi era comunque più alto di lei.
Si avvicinò a lui e facendo pressione sulle punte si portò all’altezza del suo viso e poggiò le proprie labbra sulle sue in un bacio dolce e lento, un bacio che racchiudeva tutto il suo amore e la sua contentezza per quel giorno, tutta la gioia che nemmeno durante la cerimonia era riuscita a reprimere, ridendo mentre diceva “lo voglio”.
Si separò dalla sua bocca e appoggiò il viso sulla sua spalla, chiudendo gli occhi rilassata come mai era stata prima d’allora.
Lui porto i suoi occhi sul cielo stellato.
Nami era straordinaria. Senza che glielo avesse chiesto aveva acconsentito al suo unico desiderio per quel giorno: sposarsi la sera, sotto il cielo stellato.
-Grazie, signora Trafalgar- mormorò appoggiando il mento sul suo capo.
-Non c’è di che- rispose lei. Non c’era bisogno che specificasse nulla.
Riaprì gli occhi e li portò sugli invitati che stavano loro intorno mentre volteggiavano lentamente su loro stessi.
Vide tutti quei visi sorridenti e si commosse per il semplice fatto che fossero lì a condividere e festeggiare la loro felicità.
Il suo sguardo si soffermò su una ragazza mora, alta, che indossava un elegante abito viola lungo. Era Robin, testimone di Law nonché sua migliore amica dai tempi dell’asilo e anche molto amica di Nami.
Le due si conoscevano dalle medie ed erano sempre state ottime amiche.
Conosceva il rapporto che legava i due. Erano molto uniti, inseparabili, da quando si erano conosciuti erano sempre rimasti insieme pur avendo frequentato scuole diverse ed essere stati lontani per alcuni periodi.
Se fosse stata gelosa del loro rapporto, se avesse temuto la competizione con Robin, sarebbe stato più che comprensibile. Molte ragazze l’avevano messa in guardia e avvertita di tenere gli occhi aperti perché un legame così intimo tra uomo e donna non era affatto normale, avrebbe dovuto aspettarsi un tradimento da un momento all’altro.
Ma la rossa non aveva mai creduto e dato credito a quelle accuse.
Riponeva una fiducia totale nel suo uomo nonché in Robin che era anche sua amica e sapeva quale donna leale e disponibile fosse. Non le avrebbe mai fatto un torto simile.
E poi, trascorsi gli anni, anche lei aveva conosciuto e sposato la sua anima gemella: Zoro.
Vedendola che li osservava con quella sua tipica espressione materna prese una decisione.
Sollevò il capo per guardare Law negli occhi.
-Cosa ne dici se questa la balli con Robin?- domandò dolcemente.
Lui corrugò le sopracciglia. Era tradizione che il primo ballo fosse eseguito dai neo sposi.
-Ci tengo- aggiunse con uno sguardo carico di significato –E io lo ballerò con quel baka del mio testimone- aggiunse indicando con il pollice Rufy alle sue spalle intento ad ingozzarsi con la torta nuziale.
Si staccò da lui e, prima di dirigersi verso il proprio migliore amico, lo prese per mano e lo trascinò in direzione di Robin che vedendoli avanzare li guardò incuriosita.
-Ci tengo che balliate insieme- spiegò a Robin una volta che la ebbe raggiunta, consapevole che lei, in quanto donna, l’avrebbe compresa più di Law.
La mora contraccambiò il suo sorriso mentre la sposa si allontanava alla ricerca di Rufy.
Fissò il suo migliore amico negli occhi e si spostò sulla pista da ballo con lui che la seguiva.
Portò le mani sulle sue spalle mentre lui appoggiava le sue sui suoi fianchi.
Non si sentivano affatto in imbarazzo per quel contatto e non temevano il giudizio altrui.
Si fissarono negli occhi, in silenzio, per qualche attimo; grigio nell’azzurro, nuvoloni carichi di pioggia nel cielo, tempesta nel mare. Si completavano e comprendevano a vicenda come sempre era stato.
-Sono molto contenta per voi, Law- disse la donna sorridendo eterea.
-Grazie- mormorò lui –Anche io per te e Zoro- aggiunse lanciando un’occhiata all’uomo con i capelli verdi.
Rimasero ancora in silenzio, volteggiando sulla pista da ballo, finchè una voce proveniente dal basso catturò la loro attenzione.
-Zio Law- l’uomo portò lo sguardo sulla bambina con i capelli neri che lo chiamava dalla sua modesta altezza strattonandogli i pantaloni. Era la figlia di tre anni di Robin: le somigliava molto.
-Cosa c’è, Mocha?- le domandò, portandosi alla sua altezza piegandosi sulle ginocchia.
-Apri il nostro regalo?- chiese, mostrandogli un pacchetto azzurro che teneva tra le mani con un luccichio speranzoso negli occhi.
-Mocha, non essere impertinente- la riprese la madre ma senza la minima traccia di durezza nella voce.
-E va bene, signorinella- rispose Law afferrando il regalo e tornando in posizione eretta mentre la donna si chinava a prendere la figlia in braccio.
Scartò l’involucro e si trovò a fissare un oggetto che aveva un non so che di familiare ma gli ci volle un po’ per recuperare dalla mente il ricordo risalente a circa quindici anni prima. Era il quaderno che lui stesso aveva regalato a Robin per i suoi diciassette anni, nero con decorazioni argentate. Nella parte alta della copertina era stata applicata un’etichetta che portava la calligrafia raffinata della sua migliore amica e recitava “La Bambina Demoniaca e il Mostro Bianco”.
-Parla di noi- la voce di Robin lo riscosse e gli rifece portare l’attenzione su di lei e sulla bambina –è la nostra storia- aggiunse.
-Ma non mi hai mai fatto leggere nulla di tuo- puntualizzò lui.
-C’è sempre una prima volta- fece lei, sorridendo.
-Parla di due bambini che sono molto amici e da grandi diventano pirati e viaggiano per mare! La mamma me la legge sempre prima di andare a dormire- fece Mocha appoggiando una manina sulla guancia della donna e guardandola sorridendo.
Law tornò a concentrarsi sul titolo. “Mostro Bianco” e “Bambina Demoniaca”: chissà perché avesse scelto proprio quelle denominazioni. Non vedeva l’ora di scoprirlo.
 




Angolo dell’autrice:
Eccoci giunti all’ultimo capitolo di questa sottospecie di long.
Spero abbiate apprezzato tutti i riferimenti a quelli precedenti. Ed ecco anche svelato il significato del titolo.
Bè, cosa posso dire? Non posso far altro che ringraziare immensamente tutti voi che avete letto/recensito/inserito in qualche categoria la storia. Vi sono davvero grata per questo feedback ultrapositivo che onestamente non credevo minimamente di meritare. Grazie :)
Un ringraziamento super speciale va a quelle lettrice/recensitrici(?) che mi hanno seguito con tanta attenzione, affetto, passione, fiducia. Davvero, non si trovano spesso recensori così attenti e quando si trovano sono davvero dei tesori :D perciò un immenso grazie va alle carissime Akiko, Cola, Luna, Place (per te: perdonami per tutti questi pairing a te indigesti!! Ahahah giuro solennemente che mi farò perdonare con una ZoNami xD)
Ancora grazie a tutti voi che leggete!
Alla prossima <3

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