Una promessa da mantenere

di Ska
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° capitolo ***


1° CAPITOLO

La guerra era finita.
Gea era stata sconfitta e rimessa a dormire.
Il Campo Giove e quello Mezzosangue si erano uniti per combattere e uccidere i mostri ritornati dal Tartaro e finalmente gli Dei erano tornati quelli di prima, senza più fastidiosi mal di testa e inquietanti cambiamenti di personalità.
Dopo mesi che in realtà erano sembrati anni finalmente avrebbero potuto dedicarsi un po’ di meritato riposo. Forse.
“Leo tutto bene?” domandò Piper osservando l’amico, scambiandosi uno sguardo preoccupato con Hazel seduta dall’altro lato del tavolo.
“Sto benissimo” rispose Leo ingurgitando rapidamente la colazione mentre con la mano sinistra continuava a tamburellare nervosamente sul tavolo.
“Se mangi così alla svelta ti andrà di traverso qualcosa” disse Hazel osservando sconcertata il ragazzo bere tutto d’un fiato un bicchierone di succo di frutta. “Non ti corre dietro nessuno”
“Hazel ha ragione. Ci meritiamo un po’ di calma e riposo” concordò Piper.
“Perché oggi non andiamo tutti a prendere il sole al fiume? Potremmo farci una nuotata” propose la figlia di Plutone senza ricevere alcuna risposta del semidio. “Leo?”
“Mmmh?”
“Non hai sentito una parola di quello che abbiamo detto, vero?”
“Scusate ragazze ma ora devo andare. Ci vediamo a cena… forse” disse agguantando un’ultima brioches prima di allontanarsi rapidamente dal padiglione.
“A cena?”
“Forse?” chiese a sua volta Piper.
“E a pranzo dove pensi di essere?” domandò Hazel guardando perplessa l’amico correre verso la foresta come se avesse dei mostri alle calcagna.
“Da quando Leo salta un pasto se può evitarlo?”

A pranzo Leo non si fece vedere e quando alla fine si riunirono tutti per la cena del semidio ancora non c’era traccia.
“Ragazzi qualcuno di voi ha visto Leo oggi?” domandò Piper sempre più preoccupata.
“No, ora che mi ci fai pensare è da ieri sera che non lo vedo” rispose Jason. “Sarà sicuramente in fucina a costruire qualche diavoleria”
“Questo pomeriggio sono passata a trovarlo ma non c’era. I suoi fratelli dicono che sono giorni che Leo non si fa vedere in officina” rispose Hazel guardando tormentata Frank. “Questa mattina era così strano, così distante” disse prendendogli la mano. “C’è qualcosa che non va. Ci sta nascondendo qualcosa”
“Ad esempio?”
“Non lo so. Però credo possa centrare con quello che è successo quando Chione lo ha gettato fuoribordo. Quando è scomparso per cinque giorni”
“Hazel ha ragione” concordò Piper. “Forse è nei guai e ha bisogno del nostro aiuto. Dobbiamo andare a cercarlo”
“Potrebbe essere andato al bunker” disse Jason attirando lo sguardo di Percy.
“Il bunker?”
“Lo ha scoperto subito dopo il nostro arrivo al Campo” spiegò Jason. “Nessuno ne era a conoscenza tranne Festus”
“E io che credevo di conoscere tutto del Campo” esclamò Percy. “Beh allora andiamo a vedere che fine ha fatto quel matto” disse seguendo Jason e gli altri all’interno della foresta.

Quando oltrepassarono la porta d’ingresso per un momento non riuscirono a distinguere nulla all’interno del bunker.
L’aria era satura di calore, umidità e fumo.
“Leo?” lo chiamò Jason guardandosi attorno preoccupato.
E se qualcosa fosse andato storto con la macchina a cui stava lavorando?
Nessuno lo avrebbe sentito là sotto se avesse chiamato aiuto, e con quell’aria irrespirabile sarebbe potuto morire prima che qualcuno fosse andato a cercarlo.
“Leo?” lo chiamò nuovamente Hazel lanciando un urlo quando qualcosa di enorme si levò di fronte ai loro occhi.
“ALLE ARMI!” urlò Frank sfoderando la spada pronto a battersi.
“No, fermatevi” gridò a sua volta Piper usando involontariamente la lingua ammaliatrice, bloccando l’attacco sul nascere. “E’ Festus”
“Festus?” mormorò allibito Percy lasciando andare un respiro di sollievo quando Leo comparì da dietro l’angolo.
“Ehi ragazzi, che ci fate qui?” chiese Leo non riuscendo a trattenersi dal sorridere entusiasta.
Ce l’aveva fatta e a tempo di record.
Aveva ricostruito il corpo di Festus e, grazie ad un piccolo aiuto da parte di suo padre Efesto, un regalo per la verità, il drago era di nuovo provvisto di ali.
Ora doveva solo tracciare la rotta grazie all’astrolabio di Ulisse e finalmente sarebbe potuto partire per Ogigia.
“Perché avete quelle facce?” domandò notando solo in quel momento gli sguardi preoccupati degli amici.
“Sei rimasto chiuso qui dentro tutto il giorno?” chiese Hazel avvicinandosi cautamente al ragazzo, come se avesse paura di lui.
Era sporco di olio, fuliggine e aveva lo sguardo spiritato.
“Veramente è da quando siamo tornati che vengo qui ogni giorno” rispose tranquillamente.
“Hai mangiato oggi?”
“No ma… volevo montare le ali a Festus. Mi mancavano solo quelle per finire. Ora sono pronto” esclamò mentre le orecchie gli prendevano fuoco per l’entusiasmo. “Scusate” mormorò spegnendole rapidamente, evitando lo sguardo degli amici per l’imbarazzo.
“Sei pronto per cosa?” domandò Annabeth gettando uno sguardo sulle mappe e le carte sparse sul tavolo più vicino. “Da quando ti interessi di astronomia e rotte nautiche?”
“Sapete, è una storia lunga”
“Abbiamo tempo”
“Leo noi siamo tuoi amici. Devi fidarti di noi” disse Piper guardandolo incoraggiante.
“Ma io mi fido di voi”
“Allora dicci che cosa ti sta succedendo” disse Frank. “E’ successo qualcosa quando Chione ti ha gettato fuoribordo, vero?”
“Io… sono finito su un’isola nel bel mezzo del nulla” capitolò puntando lo sguardo su Percy, non riuscendo a reprimere un moto di gelosia e rabbia verso il semidio. “Una spiaggia così bianca da sembrare ricoperta da uno strato sottile di neve. Vegetazione rigogliosa, acqua cristallina e un'unica abitante”
“Chi?” domandò Hazel incuriosita oltre ogni modo dallo sguardo tormentato dell’amico.
“Una ragazza” rispose senza distogliere lo sguardo da Percy. “Occhi a mandorla, capelli color caramello, profumo di cannella”
“Calipso” mormorò il semidio mentre improvvisamente gli tornava alla mente la giovane ragazza e la sua triste maledizione.  “Sei stato a Ogigia”
“Sì e le ho promesso che sarei tornato a prenderla”
“Leo è molto dolce da parte tua ma Calipso si trova su quell’isola perché è stata maledetta. Si è schierata dalla parte di suo padre Atlante nella Prima Guerra dei Titani” disse Annabeth guardandolo dispiaciuta.
Era chiaro a tutti che Leo si fosse innamorato di Calipso.
Perfino lui si rendeva conto di essere ridicolo ma glielo aveva promesso e non aveva la minima intenzione di abbandonarla come avevano fatto tutti gli eroi che l’avevano incontrata.
“Gli Dei avevano promesso l’amnistia per i loro nemici ma lei è ancora bloccata su quell’isola. Questo non è giusto” disse Leo stringendo le mani a pugno. “Ho riparato Festus e l’astrolabio di Ulisse che ho trovato a Bologna. So che grazie al cristallo che Calipso mi ha dato posso tracciare una rotta per ritrovare Ogigia”
“Quell’isola è magica. Nessuno può trovarla volontariamente”
“Io ci riuscirò” rispose sicuro voltando le spalle agli amici, iniziando a sistemare nervosamente l’officina mentre Festus si accoccolava accanto alla fornace.
“Anche ammesso che tu riesca a trovarla non sai nemmeno se lei può lasciare l’isola” insistette Annabeth cercando di metterlo di fronte alla realtà.
Non voleva essere dura con Leo ma qualcuno doveva fermarlo prima che fosse troppo tardi.
“Ho giurato sullo Stige che sarei tornato” sbottò voltandosi di scatto.
“Leo perché lo hai fatto?” gemette Hazel portandosi le mani alla bocca. “Sai quanto sono pericolosi i giuramenti, soprattutto quelli fatti sullo Stige”
“Se c’è qualcuno che può trovare quell’isola sei tu Leo” disse improvvisamente Piper avvicinandosi al figlio di Efesto, posandogli le mani sulle spalle. “Tu puoi farcela, lo so, ma non puoi andare da solo”
“Non ho bisogno di aiuto. Ho Festus” rispose allontanandosi da lei, ringraziandola comunque per la fiducia.
“Leo, Piper ha ragione, non puoi andare da solo. Potresti aver bisogno di aiuto” disse Jason avvicinandosi all’amico. “Verrò con te. Infondo viaggerai per aria e l’aria è il mio elemento”
“Vengo anch’io” disse Percy facendo sussultare Annabeth. “Nel caso dovesse andare storto qualcosa e doveste tornare per mare” aggiunse cercando di ignorare lo sguardo risentito della figlia di Atena.
Dopo le avrebbe parlato ma in quel momento sapeva che aiutare Leo era la cosa giusta da fare.
“Dico sul serio ragazzi. Non ho bisogno di aiuto” ripeté Leo a disagio.
Non gli andava l’idea di tornare a Ogigia con una ex fiamma di Calipso, né di fargli conoscere una potenziale nuova fiamma.
Non voleva che i due ragazzi più gettonati del Campo lo accompagnassero ma doveva ammettere che erano la compagnia migliore in caso di problemi.
“Anche noi siamo seri” rispose sicuro Jason. “Non ti lasceremo partire da solo”
“Jason ha ragione” disse Hazel. “Non puoi andare da solo e i loro poteri potrebbero aiutarti in caso di pericolo”
“Io… d’accordo” cedette infine continuando a evitare lo sguardo dei due semidei.
“Quando avevi intenzione di partire?”
“Tra due giorni. Il tempo di tracciare una rotta e vedere se riesco a sentire una persona”
“Che persona?” chiese Frank.
“Mio padre” rispose Leo. “A quanto pare è andato spesso a trovarla. Magari mi può aiutare”
“Molto bene. Allora tra due giorni partiamo” concordò Jason. “Nel frattempo che ne dici di andare a mangiare?”
“Arrivo subito, voi andate avanti. Do da mangiare a Festus” rispose Leo tornando a voltare le spalle agli amici, sperando che capissero il suo bisogno di rimanere da solo.
“Ti aspettiamo al banchetto” acconsentì Piper facendo cenno agli altri di lasciare il bunker.
Sperava che i suoi amici lo capissero.
Infondo erano tutti innamorati. Ognuno di loro aveva fatto cose folli per poter rimanere con la persona che amavano.
Perché lui non avrebbe dovuto mantenere la promessa fatta a Calipso?
Avrebbe voluto fare tutto da solo ma non era uno stupido e non aveva alcuna intenzione di rischiare di fallire solo perché non era in grado di accettare l’aiuto che gli veniva offerto.
Calipso veniva prima di tutto e lui aveva accettato l’aiuto di Jason e Percy solo per poter mantenere la promessa fattale.
Sperava solo di non doverlo rimpiangere.
Di sicuro nessuno poteva dargli la certezza che lei lo potesse preferire ai due rubacuori del Campo.
Questo non importa Leo Valdez. Quello che conta è portarla via dall’isola e se poi lei sceglierà qualcun altro… infondo dovresti essere abituato ad essere l’ultima ruota del carro pensò Leo sforzandosi di scacciare quei pensieri, sorridendo quando Festus gli strusciò il muso sulla schiena come se intuisse i suoi pensieri.
“Hai ragione bello, chi può resistere al mio fascino latino?” si sforzò di sorridere mentre versava in una grossa ciotola il miglior olio per motori che aveva correggendolo con un po’ di tabasco. “Buon appetito” disse prima di lasciare il bunker per raggiungere gli altri al banchetto.
Ancora due giorni e poi verrò a prenderti Calipso. Aspettami.

FINE 1° CAPITOLO

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Capitolo 2
*** 2° capitolo ***


2° CAPITOLO

Quella era decisamente una pessima idea ma lei sembrava l’unica a pensarla in quel modo.
Aveva tentato di far capire a Leo quanto la sua impresa fosse disperata ma lui si rifiutava di ascoltarla.
Anche quella mattina aveva cercato di farlo ragionare e alla fine avevano litigato.
Lo conosceva quasi da due anni e prima di allora non avevano mai litigato ma quella mattina Leo si era girato guardandola infuriato.
Tu ti sei arresa quando Percy era sparito nel nulla?
Hai lasciato perdere o hai continuato a cercarlo?
Niente e nessuno ti ha fermata quando tu cercavi il tuo fidanzato e allora perché cerchi di fermare me?

Non aveva capito quanto Leo tenesse a Calipso fino a quando non aveva visto quello sguardo disperato nei suoi occhi.
“Tu la ami?” gli aveva chiesto quando il semidio aveva ricacciato indietro le lacrime.
“Tu ami Percy?”
Con quella semplice domanda Leo aveva messo fine alla discussione.
Non c’era stato bisogno di altre spiegazioni.
Ovviamente augurava all’amico ogni fortuna ma non poteva fare a meno di pensare che quella fosse un’impresa disperata.
“Annabeth, va tutto bene?” domandò Percy avvicinandosi alla fidanzata, riportandola alla realtà.
“Quell’isola è maledetta. Non riuscirete mai a trovarla”
“Io e te siamo tornati dal Tartaro. Direi che anche quello era abbastanza impossibile per due semidei. Noi però ce l’abbiamo fatta”
“Le Porte della Morte erano state incatenate. Solo per questo siamo riusciti a tornare”
“Lo pensi davvero? Non credi che ogni tanto l’impossibile possa essere possibile?”
“E’ solo che… sono egoista, lo so, ma non voglio che tu parta”
“Annabeth…”
“O per lo meno vorrei poter venire con te”
“Lo so ma Festus può portare quattro persone al massimo e con Calipso siamo al completo” rispose Percy. “Devi fidarti di me Annabeth”
“Mi fido di te ma…”
“Quello che dice Leo è vero. Gli Dei avevano concesso l’amnistia ma Calipso è ancora prigioniera della sua maledizione e questo non è giusto” disse prendendole le mani. “E Piper ha ragione quando dice che Leo è l’unico che può ritrovare quell’isola”
“E se non riusciste a tornare?”
“Certo che torneremo” liquidò quella preoccupazione con un gesto della mano. “L’ho abbandonata una volta Annabeth non posso farlo ancora. La devo aiutare”
“Lo so” mormorò Annabeth baciandolo dolcemente. “Vedi di tornare da me Testa d’Alghe”
“Sempre” rispose Percy ricambiando il bacio, stringendola a sé.

Non lo aveva visto per tutta la giornata.
Sapeva che Annabeth aveva avuto una discussione con lui proprio quella mattina.
Avevano entrambi alzato la voce e alla fine Leo si era rinchiuso nel bunker Nove a lavorare sulla rotta da seguire per ritrovare Ogigia.
Sapeva che ad Annabeth non andava giù l’idea che Percy partisse senza di lei.
Hazel si chiedeva se magari, in una piccola parte del suo subconscio, la figlia di Atena non avesse paura che rivedere Calipso potesse causare qualche problema tra lei e Percy.
Lei e il figlio di Poseidone ne avevano passate tante e quando la guerra contro Gea era finita Percy le aveva chiesto di andare a vivere insieme al Campo Giove.
Lei aveva accettato immediatamente ma avevano deciso di passare quell’estate al Campo Mezzosangue insieme ai loro amici per rilassarsi un po’ prima di cominciare una uova vita insieme.
Annabeth sapeva quanto Percy fosse innamorato di lei ma la natura umana è così fragile che Hazel non avrebbe potuto biasimarla se avesse avuto paura di un eventuale rivale.
Anche lei a volte temeva che qualche ragazza più bella e loquace di lei potesse portargli via Frank ma poi guardava il figlio di Marte negli occhi e quei dubbi svanivano come neve al sole.
Leo invece non aveva quella fortuna.
Aveva dovuto lasciare Calipso per poter tornare al loro fianco per combattere contro Gea e ora chiedeva solamente di poter mantenere una promessa.
Come poteva biasimarlo?
“Ehi” lo salutò quando finalmente lo trovò seduto in riva al lago sul tronco di un albero.
“Hazel scusa ma non sono dell’umore adatto per una ramanzina sulle promesse e i giuramenti fatti sullo Stige” la avvertì Leo continuando a muovere freneticamente le mani, assemblando pezzi estratti dalla cintura degli attrezzi senza nemmeno guardare quello che stava facendo.
“Niente prediche. Almeno non questa sera” rispose Hazel guardando la baia di fronte a sé, la luce della luna che si rifletteva sull’acqua. “Vuoi dirmi che cosa ti preoccupa?”
“Io non sono preoccupato” si lamentò Leo incendiando per sbaglio quello che aveva appena costruito. “Maledizione” imprecò gettando a terra l’invenzione, guardandola spegnersi lentamente.
“Lo vedo” mormorò divertita. “Ne vuoi parlare?”
“La zattera non è arrivata subito quando l’ho chiamata” disse all’improvviso. “A quanto pare se lei non si innamora del semidio che viene spedito sull’isola la zattera non può comparire”
“Certo che è una maledizione crudele” mormorò la figlia di Plutone scuotendo la testa. “Innamorarsi di uomini che immancabilmente ti abbandonano”
“Dovevi vedere come era infuriata quando le sono piombato come un meteorite sull’isola” sorrise divertito Leo. “Le ho disintegrato il tavolo da pranzo”
“Il solito gentiluomo” lo prese in giro.
“Mi ha chiamato scarabocchio abbrustolito. Ha detto che era uno scherzo crudele degli Dei”
“Ma alla fine la zattera è arrivata”
“Mi ha baciato Hazel. Prima che io partissi, lei mi ha baciato”
“Si è innamorata di te. Per questo la zattera è arrivata”
“Non posso abbandonarla. Io… mi ha aiutato in ogni modo possibile, mi ha anche cucito questi vestiti ignifughi, e io…”
“Te ne sei innamorato”
“Già” rispose solamente tenendo lo sguardo fisso sul lago. “Devo tornare da lei”
“Sono certa che ce la farai” sorrise dolcemente Hazel stringendogli la mano. “Ce la farai”
“Ce la farò” mormorò Leo stringendo la mano dell’amica per trarne sicurezza.
Ti ritroverò, ti porterò via da lì.

FINE 2° CAPITOLO

 

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Capitolo 3
*** 3° capitolo ***


3° CAPITOLO

Come ogni mattina negli ultimi tremila anni Calipso si era svegliata di buon ora.
Dopo aver fatto colazione con pane abbrustolito, marmellata di fragole e latte di capra appena munto, si era subito messa al lavoro nel suo orto.
Lavorare le calmava i nervi e la distraeva dal continuo pensiero di Leo.
Il ricordo di quel ragazzo che era piovuto dal cielo distruggendole il tavolo da pranzo non la abbandonava mai.
Le aveva promesso che sarebbe tornato ma come avrebbe mai potuto farlo?
Era stato il primo eroe in tremila anni che le avesse detto una cosa del genere.
Ogni volta i semidei gli parlavano della loro casa, degli amici e familiari che li aspettavano, delle imprese che avrebbero dovuto compiere e del ruolo fondamentale che loro ricoprivano nel disegno divino.
Ogni volta aveva cercato di resistere e ogni volta si era ritrovata ad offrirgli l’immortalità solo per venire respinta.
Nessuno di loro aveva mai pensato di tornare da lei.
Nessuno di loro le aveva mai detto quello che Leo le aveva promesso con tanta facilità.
Come se fosse ovvio che lui sarebbe tornato a prenderla, che non avrebbe mai potuto dimenticarla.

Sei una stupida pensò mentre le lacrime le rigavano il volto. Dopo tutti questi anni ancora ti illudi che qualcosa possa cambiare.
L’unica speranza che aveva era che Leo stesse bene.
Sapeva che Gea era stata sconfitta e rimessa a dormire per sempre.
Ermes gliene aveva portato notizie ma quando lei aveva cercato di chiedergli informazioni su Leo il Dio era diventato nervoso.
Aveva cambiato rapidamente discoro e alla fine era letteralmente scappato.
Dentro di sé Calipso sentiva che Leo stava bene, che era sopravvissuto, ma il comportamento di Ermes l’aveva lasciata perplessa e molto preoccupata per la sorte del semidio.
Cercando di non pensare al figlio di Efesto Calipso finì di piantare i ravanelli per poi concentrarsi sulla potatura degli alberi di pesco.
Indossava ancora gli abiti che aveva cucino su modello di quelli di Leo.
Erano incredibilmente comodi a differenza dei suoi vecchi vestiti e, avendo utilizzato lo stesso tipo di tessuto, non doveva preoccuparsi di sporcarsi.
Il sole splendeva alto in cielo quando Calipso sollevò lo sguardo per controllare che ore fossero.
“Già mezzogiorno” mormorò scrutando la meridiana.
Dubitava fortemente che quell’attrezzo funzionasse veramente su Ogigia ma Leo ci aveva tenuto così tanto a costruirgliela che non aveva avuto cuore di fermarlo.
Riponendo le cesoie nel cesto degli attrezzi si scostò i capelli dalla fronte notando solo in quel momento un puntino minuscolo in mezzo al cielo.
“Visite?” mormorò speranzosa osservando il puntino nero avvicinarsi all’isola e diventare sempre più grande.
Non poteva essere un Dio.
Gli Dei venivano solitamente annunciati da un fulmine, o da un piccolo terremoto, o quanto meno da una folgore.

Stupida si ripeté quando il suo pensiero corse subito a Leo. Lui non tornerà mai. Non può tornare gemette realizzando che non poteva essere altro che un nuovo semidio.
“Beh, vorrà dire che rimarrà qui per sempre. Io non posso più innamorarmi” mormorò mentre il cuore le si stringeva nel petto per il dolore. “Avete fatto male i vostri conti Parche. Il mio cuore non mi appartiene più. Lo ha preso l’eroe più smilzo e ossuto che si sia mai visto” sorrise Calipso chiudendo gli occhi per un momento mentre l’immagine del sorriso di Leo le inondava la mente.
Avrebbe voluto rimanere lì ed ignorare il nuovo arrivato che si stava avvicinando sempre di più ma qualcosa le suggeriva che non doveva perdersi il momento in cui sarebbe arrivato.
Senza la minima intenzione di rendersi presentabile Calipso si incamminò verso la spiaggia.
Qualsiasi cosa fosse si stava avvicinando a velocità sostenuta, quasi ondeggiando nel cielo.
In breve riuscì a distinguere la forma di un drago e, per un breve momento, ebbe paura che alla fine gli Dei avessero deciso di porre fine alla sua prigionia nel modo più violento.
Quando il drago raggiunse la distanza di una ventina di metri dalla costa qualcosa di indistinto cadde dalla sua schiena, seguito subito dopo da un altro oggetto.
“Ma cosa…” mormorò quando le sembrò di distingue due uomini precipitare a tutta velocità verso il mare.
Stringendo le mani a pugno per la preoccupazione non poté fare altro che restare ad osservare e aspettare mentre il Drago planava dolcemente verso la spiaggia per poi atterrare sulla battigia.
Incerta, se avvicinarsi o meno, rimase immobile ad osservare un ragazzo dai capelli biondi smontare dalla schiena del drago mentre quest’ultimo lanciava occhiate preoccupare verso il punto in cui si erano inabissati i due uomini.
“Ciao” esordì Jason alzando una mano in segno di saluto.
“E tu chi sei?” chiese Calipso seccata dell’arrivo di un nuovo semidio.
Lui rientrava decisamente nello standard degli eroi preferiti dalle Parche, ma quell’aria da comandante di legioni, tutto lavoro e niente piacere, non la attirava per niente. Non più.
“Mi chiamo Jason” si presentò il figlio di Giove rimanendo accanto a Festus. “Tu sei Calipso?”
“Come conosci il mio nome?” domandò la ragazza cercando di capire se il semidio di fronte a sé fosse una minaccia oppure no. “Perché il tuo Drago mi guarda in quel modo?”
“Credo sia felice di vederti” rispose Jason guardando per un momento Festus, puntando poi lo sguardo sul mare alle sue spalle.
Percy e Leo ancora non si vedevano, ma Jason aveva visto distintamente il figlio di Poseidone afferrare Leo un attimo prima di toccare l’acqua. Se c’era qualcuno in grado di sopravvivere ad un tuffo da quell’altezza era lui.
“Se vuoi che la zattera arrivi devi dire che vuoi lasciare Ogigia” disse Calipso attirando nuovamente l’attenzione di Jason. “Anche se non credo che il tuo drago possa salire sulla zattera”
“Non credo nemmeno che la zattera possa arrivare per me, non credi?” chiese Jason non potendo evitare uno sguardo malizioso.
“Non so di cosa stai parlando” mentì evitando lo sguardo del semidio. “Ma cosa…” mormorò quando alle spalle del ragazzo, in lontananza, vide due figure emergere dall’acqua.
“Loro sono con me” rispose Jason prima di entrare in acqua per aiutare Percy a portare Leo a riva.
“Percy? Ma come… oh Di Immortales” gemette quando il suo sguardo cadde sul volto di Leo ancora svenuto.
“Ciao Calipso” la salutò Percy sdraiando a terra l’amico con l’aiuto di Jason.
“Cosa gli è successo?” chiese inginocchiandosi accanto al figlio di Efesto, sfiorandogli i capelli zuppi d’acqua. “Dei del cielo respira ancora” sussurrò sollevata.
“Credo sia solo svenuto” disse Percy frugando nella cintura degli attrezzi di Leo. “Come funziona questa roba?” imprecò continuando a togliere attrezzi di ogni genere dalla cintura.
“Dammela” disse Calipso togliendogli la cintura dalle mani. “Ambrosia” evocò la ragazza estraendo un pacchetto di Ambrosia, mettendone un quadratino sotto la lingua del semidio, in modo che si sciogliesse con calma senza il pericolo che si strozzasse. “Bisogna portarlo alla grotta”
“Facci strada” disse Jason aiutando Percy a rimettere in piedi il ragazzo, seguendo Calipso all’interno dell’isola.

L’adrenalina le scorreva all’impazzata nelle vene, le orecchie le fischiavano ed era certa che il suo cuore non avrebbe retto oltre.
Lui era lì.
Era tornato e aveva fatto un volo di trenta metri d’altezza davanti ai suoi occhi.
Lo avrebbe preso a schiaffi se non fosse stato già così malconcio.
Aveva la febbre alta e per qualche strano motivo l’Ambrosia non sembrava funzionare al meglio.
Avrebbe voluto dargliene ancora, ma non voleva rischiare di fargli prendere fuoco.
Non sarebbe mai potuto sopravvivere a quel tipo di fuoco.
Dopo averlo fatto sdraiare sul suo letto, aveva cacciato i due semidei consigliandogli di farsi una lunga passeggiata nel bosco.
Aveva da fare ed era più che convinta che gli uomini non fossero in grado di gestire bene quel tipo di emergenze.
Ci voleva calma, e tranquillità, e quei due sembravano tutto tranne che calmi e tranquilli.
Cercando di rimanere lucida e concentrata, lo aveva spogliato dei vestiti bagnati per poi sciacquargli il corpo in modo da eliminare l’acqua salmastra.
Lo aveva asciugato e infine rivestito con dei vestiti puliti.
Non lo vedeva da molto tempo e, a dirla tutta, non lo aveva mai visto nudo nemmeno la prima volta che era stato sull’isola, ma non poteva non notare un notevole cambiamento nel suo corpo.
Si era alzato di qualche centimetro e aveva anche messo su peso.
Rimaneva sempre magro, ma non avrebbe più potuto definirlo mingherlino.
Il lavoro gli aveva definito i muscoli e lei non poteva fare a meno di passarsi la lingua sulle labbra quando ne sfiorava il corpo con lo sguardo.

Rimani concentrata. Ha bisogno di te. Ha bisogno di cure adeguate, non di una sciocca che non fa altro che fissarlo sbavando si rimproverò mentre prendeva una ciotola d’acqua e iniziava a tamponargli il viso.
Per il resto della giornata rimase al suo fianco, assicurandosi di farlo bere a sufficienza e somministrandogli di tanto in tanto dei decotti curativi.
Quando alla fine il sole tramontò e la luce della luna iniziò a far risplendere i fiori in giardino Calipso uscì dalla grotta per raggiungere Jason e Percy.
“Come sta?” chiese Jason quando Calipso si avvicinò a loro.
“Finalmente la febbre si è abbassata. Starà bene ma ha bisogno di riposo” rispose sedendosi su una sedia dal lato opposto del tavolo rispetto ai due semidei. “Sembra esausto”
“Ci abbiamo messo tre giorni per arrivare qua e lui avrà dormito sì e no quattro ore da quando siamo partiti” spiegò Percy bevendo un sorso di sidro.
“E solo perché lo abbiamo costretto” aggiunse Jason. “Non voleva rischiare di perdere la rotta”
“È un folle” mormorò Calipso mentre il cuore le batteva furiosamente nel petto.
“L’amore spesso fa questo effetto” sorrise di fronte allo sguardo sgomento di Calipso. “Ha detto che te lo aveva promesso”
“E io gli avevo riposto di non fare promesse vuote, perché nessuno può venire a Ogigia due volte” mormorò Calipso scuotendo la testa.
“Non si sarebbe mai arreso all’idea di lasciarti qua”
“E ora, con ogni probabilità, rimarrete tutti e tre bloccati qui”
“Devi avere un po’ più di fiducia in lui” disse Percy guardandola incoraggiante. “Infondo era impossibile anche trovare quest’isola, ma Leo ce l’ha fatta. Chi meglio di lui ci può riportare tutti e quattro a casa?”
“Avete fame?” chiese Calipso cambiando discorso.
“Un po’” ammise Jason.
“Vi vado a prendere un po’ di stufato” rispose allontanandosi da loro, cercando di non pensare troppo alle parole di Percy. Cercando di non illudersi nuovamente che le cose potessero cambiare.

 

FINE 3° CAPITOLO

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Capitolo 4
*** 4° capitolo ***


4° capitolo Ed ecco il quarto capitolo. 
Spero che la storia vi piaccia. Se qualcuno volesse recensire ne sarei davvero contenta.
Grazie
Ska

4° CAPITOLO

Si sentiva a pezzi.
Come se un enorme estrattore di materia gli avesse prosciugato ogni energia dal corpo.
Ogni tanto qualcuno lo sollevava per farlo bere, gli sfiorava il viso e i capelli, gli posava una pezza bagnata sul viso.
Faticava a ricordare quello che era accaduto prima di finire in quella specie di limbo da cui non riusciva a svegliarsi.
Ricordava di essere partito dal Campo Mezzosangue con Percy e Jason, di aver controllato in modo maniacale la rotta con l’astrolabio di Ulisse, e di aver pregato Efesto di aiutarlo a trovare Ogigia, ma poi il vuoto.
Che fossero stati attaccati?
Se qualcuno li aveva attaccati perché ora sentiva delle mani delicate prendersi cura di lui.
“Svegliati Leo” mormorò una voce che gli provocò uno sfarfallio allo stomaco.
Sembrava la voce di Calipso.
“Apri gli occhi” ripeté la voce spronandolo risvegliarsi.
Facendo appello a tutte le proprie forze, o almeno a quelle che gli erano rimaste, si sforzò di aprire gli occhi.
All’inizio faticò a mettere a fuoco quello che vedeva, ma quando riconobbe il soffitto di cristalli sopra di sé, per poco non si strozzò con la propria saliva.
“Calipso” mormorò quando si accorse della presenza della ragazza inginocchiata accanto a lui. “E’ un sogno?”
“No, non è un sogno” rispose Calipso non potendo evitare di sorridergli dolcemente.
“Ce l’ho fatta davvero” sorrise cercando di mettersi a sedere.
“Stai giù. Sei ancora troppo debole” lo fermò versandogli un bicchiere di sidro e porgendoglielo. “Bevi” sussurrò tenendogli il capo sollevato.
“Grazie”
“Ti va un po’ di stufato?”
“Non ho pensato ad altro…”
“Che al mio stufato?” lo prese in giro Calipso, versandogli una porzione abbondante in una ciotola di coccio.
“Certo. In realtà sono tornato qua solo per il tuo stufato” sorrise Leo, sollevandosi quel tanto che bastava per poter mangiare.
“Lo immaginavo” sorrise a sua volta guardandolo mangiare con gusto il cibo che aveva preparato.
Rimasero in silenzio per un po’.
Leo impegnato a mangiare senza sbrodolare in giro, per non fare la figura dello stupido.
Calipso intenta a realizzare quanto era successo.
Lui glielo aveva promesso, ma lei era certa che nessuno potesse trovare volontariamente Ogigia, né tanto meno raggiungerla una seconda volta.
Era incredibile quello che Leo era riuscito a fare.
E pensare che la prima volta che lo aveva visto lo aveva definito uno scarabocchio abbrustolito.
Era stata davvero odiosa con lui, ma era stanca.
Stanca di essere presa in giro dagli Dei.
Stanca di opporre una stregua resistenza ai suoi sentimenti, per poi sentire ogni volta il proprio cuore protendersi verso qualcuno, che l’avrebbe abbandonata per sempre lasciandola da sola su quella maledetta isola.
Così se l’era presa con lui.
Con un ragazzo con la faccia da folletto, cosparso di olio per motori, fuliggine e con i vestiti fatti a brandelli dalla caduta.
Era sta decisamente odiosa, e aveva cercato in ogni modo di stargli alla larga, ma alla fine era stata mossa a pietà.
Aveva pensato solamente di portargli un po’ di cibo, qualche vestito per cambiarsi, ma alla fine lui era riuscito a far breccia nel suo cuore con quel suo modo di essere.
Non somigliava a nessun eroe che avesse conosciuto prima di allora.
Lui era diverso.
Era pazzo, iperattivo oltre ogni limite, incapace di rimanere serio per troppo tempo.
Il genere di eroe che non avrebbe mai creduto di poter amare, e invece alla fine ci era cascata di nuovo.
Come ogni volta se ne era innamorata, anche se qualcosa gli diceva che quella volta c’era qualcosa di diverso.
Leo non era come gli altri eroi, e nemmeno quello che lei sentiva era come quello che aveva provato per gli altri eroi.
“Leo, perché sei tornato?” chiese Calipso incapace di rimanere ancora in silenzio.
“Te l’avevo promesso” rispose evasivamente, porgendole la ciotola vuota.
“E tu mantieni sempre le promesse?” domandò sistemando la ciotola nel lavello, tornando a sedersi accanto a lui.
“Ci provo, e comunque non credo sia sicuro rompere una promessa fatta sullo Stige”
“Tu hai… ma sei impazzito? Sai quanto può essere pericolosa una promessa del genere?”
“No, ma ho due amiche che mi hanno strapazzato un bel po’ per averlo fatto, almeno tu puoi evitare?”
“Almeno hai delle amiche con più giudizio di quanto ne abbia tu” lo rimproverò.
“Ti da così fastidio che io sia tornato?”
“Tu non mi dai fastidio… mi rendi nervosa” rispose Calipso abbassando lo sguardo sulle proprie mani. “Tu…”
“Si?” la incoraggiò il semidio osservandone rapito il profilo, inspirando profondamente il suo profumo di cannella.
“Mi sei mancato” sussurrò Calipso sollevando lo sguardo per incontrare quello di Leo.
“Anche tu mi sei mancata” rispose felice, sussultando quando Calipso gli sfiorò il volto con la mano.
“Leo?”
“Si?” mormorò mentre le mani cominciavano a tremargli per l’emozione di averla così vicina.
“Non darmi fuoco” sorrise divertita prima di posare le labbra su quelle del semidio, baciandolo dolcemente mentre il profumo di lui la avvolgeva dolcemente.
Quasi con il timore che potesse fuggire dalle sue braccia, Leo rispose lentamente al bacio.
Il suo profumo, il suo sapore, il calore che il suo copro emanava, lo stavano mandando fuori di testa.
Gemendo contro le sue labbra la strinse di più a sé, approfondendo il bacio, accarezzandole i capelli, il viso, le braccia.
Perfino mentre la baciava il suo deficit di attenzione non lo abbandonava.
Non riusciva a rimanere concentrato su una sola parte del suo copro.
Voleva accarezzarla ovunque e nello stesso momento.
Voleva sentirla sua nel modo più vero e profondo del termine.
“Leo aspetta…” ansimò Calipso tirandosi leggermente indietro.
“Io… scusa… ho esagerato…”
“Non è questo è solo che… stai fumando” sorrise divertita, mentre dagli abiti del ragazzo fuoriusciva del fumo.
“Sono un ragazzo caliente” si schermì Leo gettando la coperta a terra per prendere aria, rimpiangendolo immediatamente. “Raggio di Sole mi daresti un minuto?” chiese coprendo con l’avambraccio la propria erezione.
“Io sì… adesso che ci penso devo andare a fare una cosa” esclamò Calipso arrossendo furiosamente, mentre i suoi occhi non smettevano di spostarsi dal viso del semidio al braccio posizionato strategicamente per nasconderne l’eccitazione. “Ci vediamo dopo”
“Ok” rispose Leo prendendo definitivamente fuoco quando Calipso lasciò la grotta. “Sei un idiota Leo Valdez”

Erano appena tornati da una passeggiata nel bosco, quando videro Calipso uscire come un fulmine dalla grotta per andare a nascondersi nell’orto.
“Dici che Leo si è svegliato?” sorrise Jason accennando alla ragazza ancora rossa in viso.
“O si è svegliato e le ha detto qualcosa di imbarazzante, o Calipso si è mangiata per sbaglio un Carolina Reaper[i]” disse Percy sorridendo divertito. “Vai tu a sentire cosa ha combinato?”
“Ti occupi tu di Calipso? Non credo di andarle a genio”
“Non credo che voglia più avere a che fare con potenziali semidei che le inviano le Parche”
“Come darle torto” commentò Jason lasciando Percy per andare a trovare Leo. “Ehi, sei vivo” esclamò entrando nella grotta, guardando perplesso il letto ormai quasi del tutto incenerito. “Le hai distrutto il letto”
“Mi ha baciato” si giustificò Leo alzandosi con qualche fatica.
“Come ti senti?”
“Come se fossi caduto da un Drago, da un’altezza di trenta metri, per finire in mare… oh, aspetta, io sono caduto da un Drago, da trenta metri d’altezza, finendo in mare”
“Devi ringraziare Percy se sei ancora vivo. Ti ha afferrato poco prima di finire in acqua”
“Già… dove è ora?”
“Con Calipso in giardino” rispose Jason notando subito il turbamento nello sguardo dell’amico. “È una cosa seria allora”
“Cosa?” domandò evitando di ricambiare lo sguardo del semidio.
Sapeva esattamente cosa gli stava chiedendo, ma non era sicuro di volergli rispondere.
Conosceva bene la natura dei suoi sentimenti per Calipso, ma sapere che ora lei stava in compagnia di Percy, lo turbava più di quanto credesse possibile.
Percy era mille volte migliore di lui.
Era un vero eroe, mentre lui era solamente uno stagnino.
Perché mai Calipso avrebbe dovuto preferirlo al figlio di Poseidone?
“Non ti ha lasciato da solo nemmeno per un momento” disse Jason scuotendo la testa divertito.
Leo era stato fondamentale nella loro impresa contro Gea, ma non si era mai sentito all’altezza degli altri componenti del gruppo.
Era convinto di essere il meno meritevole.
Nemmeno si rendeva conto che, senza il suo aiuto, loro non sarebbero mai stati in grado nemmeno di uscire vivi dalla loro prima impresa.
“Ha sempre detto che nessuno può morire su Ogigia… non avrà voluto rompere il primato di immortalità di quest’isola”
“Sei davvero così cieco?” chiese Jason. “Lei è innamorata di te, Leo”
“Era innamorata anche di Percy”
“Non lo ha degnato di uno sguardo da quando siamo qua” disse il semidio. “Hanno parlato, ovviamente, ma come due vecchi amici. Non c’era malizia nel suo sguardo, ma quando parla di te… le brillano gli occhi”
“Sei un vero amico Jason, ma…”
“Perché non vai a verificare di persona?”
“Io… dammi ancora un attimo” disse il figlio di Efesto.
“D’accordo” rispose Jason, lasciando la grotta per raggiungere Percy e Calipso in giardino.
Passandosi una mano tra i capelli, cercando di scacciare quella frustrazione che si era impossessata di lui, recuperò i suoi vecchi vestiti che Calipso aveva provveduto a lavare e stirare.
Con gesti secchi e bruschi si rivestì, assicurandosi la cintura degli attrezzi alla vita.

- Io e te amica mia. Saremo sempre e solo io e te… e Festus, se anche lui non mi molla per un semidio più figo - pensò guardandosi per un momento nello specchio accanto al letto bruciato.
Era cresciuto da quando era stato a Ogigia la prima volta, e non era più così smilzo.
Lavorare notte e giorno su Festus lo aveva ricompensato con un po’ di massa muscolare nei punti giusti, ma dubitava fortemente che quello bastasse a far innamorare perdutamente Calipso di lui.
“Sei patetico” sbuffò contro il proprio riflesso prima di lasciare la grotta.

Percy si avvicinò a Calipso con l’intento di parlarle.
Da quando erano arrivati sull’isola, non aveva ancora avuto l’occasione di rimanere da solo con lei per parlarle.
“Calipso va tutto bene?” chiese Percy raggiungendola nel giardino.
Aveva ancora le guance arrossate e gli occhi le brillavano per l’emozione.
“Come? Oh, sì, si tutto bene” rispose cercando di evitare lo sguardo del semidio, per timore di fargli capire quello che era successo poco prima.
“Leo?”
“Sì è svegliato” sorrise Calipso, mentre una nuova ondata di rossore le imporporava le guance.
“Sapevo che saresti riuscita a rimetterlo in sesto” disse Percy muovendo nervosamente i piedi sul selciato.
“Qualcosa non va?”
“Ieri ti ho raccontato quello che è successo durante la nostra ultima impresa”
“Siete stati tutti molto coraggiosi”
“Mentre io e Annabeth ci trovavamo nel Tartaro abbiamo incontrato le arai
“Le maledizioni” mormorò Calipso scuotendo sconsolata la testa. “Non posso nemmeno immaginare la paura, e il dolore, che avete dovuto sopportare”
“La maledizione più brutta, però ha colpito Annabeth”
“Credevo che il sangue della gorgone fosse toccato a te”
“Sì, ma Annabeth ha avuto una maledizione ‘speciale’ come l’ha definita la arai
“Che tipo di maledizione?” chiese notando quanto la cosa lo stesse tormentando.
“Un pensiero amaro da parte di una persona che hai abbandonato[ii]” disse Percy ripetendo alla lettera le parole che la arai aveva pronunciato mentre Annabeth vagava convinta che lui l’avesse abbandonata. “Hanno detto che avevo punito un’anima innocente lasciandola nella solitudine, e per contro Annabeth ha provato tutta la disperazione di chi aveva lanciato la maledizione” spiegò. “Sarebbe morta sola e abbandonata”
“E’ una cosa terribile” mormorò avvicinandosi al lui, posandogli una mano sul braccio, tremando quando per un momento ne incrociò lo sguardo. “Percy perché mi guardi in quel modo? Non penserai che possa essere stata io a lanciarle quella maledizione”
“Avrei dovuto assicurarmi che gli Dei mantenessero la promessa, che ti liberassero da Ogigia, e invece non l’ho fatto” rispose Percy guardandola addolorato. “Mi dispiace tanto Calipso”
“Non devi dispiacerti.  Gli Dei avrebbero dovuto mantenere la promessa senza bisogno che qualcuno li controllasse” disse Calipso. “Ma credimi quando ti dico che non sono stata io a lanciare quella maledizione. Certo, ero disperata quando te ne sei andato, ma questa è la mia maledizione, non posso biasimare nessuno per ciò che ho fatto, tranne me stessa”
“Tu non hai fatto nulla Calipso, e questa punizione è davvero troppo crudele”
“Lo è davvero, ed è per questo che non la augurerei mai a nessuno”
“Io… ho pensato a te perché sei l’unica persona che io abbia abbandonato”
“Sai, ci sono tanti modi per abbandonare una persona” disse. “E voi eroi avete un vero talento per spezzare i cuori, anche se spesso non lo fate volontariamente” rispose sussultando ed arrossendo nuovamente quando vide Leo uscire dalla grotta.
“Ehi, guarda chi è tornato dal mondo dei morti” sorrise Percy quando incrociò lo sguardo di Leo.
“Qui non può morire nessuno, giusto?” si sforzò di sorridere Leo.
“Giusto” sorrise Calipso allontanandosi da Percy per avvicinarsi al figlio di Efesto. “Ti senti abbastanza in forze?”
“Certo. Ho la testa dura” rispose Leo, rimanendo incantato dal modo in cui i capelli di Calipso rilucevano alla luce del sole. “Festus?” domandò cercando di riscuotersi a fatica.
“E’ in giro per il bosco” rispose Jason facendo l’occhiolino a Percy. “Vado a cercarlo”
“Vengo con te” disse prontamente il semidio seguendolo, lasciandoli nuovamente da soli.
“Calipso, io… ho fatto una cosa” mormorò a disagio, tamburellando nervosamente con le mani.
“Una cosa tipo?”
“Il tuo letto, io… ha preso fuoco”
“COSA?” esclamò balzando in piedi.
“E’ stato un incidente”
“Tu sei una calamità”
“Tanto non avresti potuto portarlo via. La maggior parte della tua roba la dovrai lasciare qui e…”
“Credi ancora di poterci riuscire? Sei davvero convinto di potermi portare via da qua?”
“Certo. Non ho fatto tutta questa strada solo per venire a farmi un bagno”
“Credevo fossi venuto per il mio stufato” lo prese in giro facendolo sorridere.
“Dammi ancora un giorno o due. Devo controllare Festus, tracciare la rotta per tornare a casa, e a dirla tutta non mi sento ancora del tutto in forma, ma tra tre giorni al massimo partiremo per il Campo Mezzosangue. Hai la mia parola”
“Leo…”
“Prendi solo quello che ti è di più caro, perché tra due giorni tu lascerai quest’isola. D’accordo?”
“Io… d’accordo” capitolò Calipso non volendolo contraddire.
Su una cosa aveva ragione Leo, non si era ancora ripreso del tutto e aveva bisogno di riposo.
Non voleva affaticarlo più del necessario per una stupida discussione.
A suo tempo sarebbe rinsavito, avrebbe capito quanto quella decisione fosse una pura utopia.

FINE 4° CAPITOLO

 


[i] Una delle varietà di peperoncino più piccante al mondo.
 
[ii] Estratto dal libro ‘Eroi dell’Olimpo – La casa di Ade’ pag.227

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Capitolo 5
*** 5° capitolo ***


5° CAPITOLO 

Erano passati due giorni da quando Leo, Jason e Percy avevano raggiunto l’isola di Ogigia, e da quando loro erano arrivati Calipso la sera si ritrovava a dormire sotto le stelle.
La prima notte aveva ceduto il proprio letto a Leo, ancora svenuto e febbricitante per il viaggio e la caduta in mare.
Dopodiché il semidio aveva pensato bene di prendere fuoco mentre si trovava nel suo letto, riducendolo in cenere.
Così si era ritrovata a dormire sotto una tenda di fortuna costruita da Jason e Percy.
Doveva ammettere che, come costruttori, quei due lasciavano molto a desiderare.
Sicuramente Leo avrebbe fatto di meglio, ma il ragazzo aveva passato la giornata a sistemare Festus in modo da renderlo perfetto per la partenza imminente.
Una volta controllato e sistemato Festus, si era dedicato allo studio della rotta da percorrere per tornare a casa.
Dopo l’ennesima discussione, aveva convinto Calipso a prendere ciò che più le era caro e a mettere tutto in una sacca.
La ragazza faticava a credere di avere qualche chance, ma aveva ceduto alle richieste del semidio per farlo contento.
Proprio in quel momento Calipso stava osservando i tre ragazzi trascinare i sacchi con le provviste per il viaggio.
Dentro di lei un barlume di speranza si ostinava a brillare come un faro in mezzo alla notte più cupa, e solo lei sapeva quanto avrebbe sofferto se qualcosa fosse andato storto.
“Leo io non credo che sia una buona idea” mormorò alla fine, incapace di trattenersi.
“Non ti devi preoccupare. Festus è il miglior drago meccanico che esista, non per niente l’ho ricostruito io” sorrise compiaciuto di sé stesso. “E in caso di bisogno Jason controlla i venti, sa volare, e Percy controlla il mare. Non corri alcun pericolo” cercò di tranquillizzarla mentre continuava a controllare l’attrezzatura per la navigazione.
“Tu non capisci. Non è per me che mi preoccupo” disse afferrandolo per un braccio, costringendolo a guardala. “E’ troppo pericoloso per voi”
“Non ci sono alternative”
“Sì invece. Puoi chiamare la zattera. Potete partire tutti e tre insieme”
“Potrei chiamarla, e Jason e Percy potrebbero andarsene via mare, ma io me ne andrò con te”
“Leo…”
“Non ti lascerò. Non di nuovo” rispose Leo con un tono che non ammetteva repliche. “A meno che tu non abbia un motivo per rimanere qui” disse mentre un dubbio iniziava a fare capolino nella sua mente.
“Ad esempio?”
“Forse temi di dovermi qualcosa per tutto questo”
“A cosa stai pensando?”
“Non sei obbligata a stare con me una volta tornati a casa”
“No?”
“Certo che no” rispose Leo mentre qualcosa dentro di lui si incrinava. “So che ci sono alternative migliori” aggiunse non potendo evitare di lanciare uno sguardo ai due semidei in riva alla spiaggia accanto a Festus.
“Sai, quando Percy è arrivato qua la prima volta, la zattera è arrivata subito quando lui l’ha evocata”
“Ci avrei giurato” borbottò infastidito, incapace di nascondere una nota di acidità nella propria voce.
“Anche con Drake e Ulisse è successo tutto velocemente. Se ne sono andati subito quando lo hanno chiesto. Con te invece c’è voluto molto più tempo”
“Sì, me lo ricordo”
“Non è stato un colpo di fulmine con te” rincarò la dose, intimamente compiaciuta dallo sguardo sconfortato del figlio di Efesto.
Proprio non riusciva a capire quello che cercava di dirgli.
“Con tutti gli altri c’è sempre stata come una scintilla magica. Come se gli Dei stessi premessero un interruttore per farmi innamorare degli eroi che mi mandavano sull’isola, ma con te…”
“Sì ho capito. Con me nessun interruttore magico” sbuffò Leo cercando di non sembrare troppo ferito.
“No, con te nessun interruttore. Con te è stato tutto vero” rispose Calipso, guardandolo dolcemente quando finalmente Leo riuscì a elaborare quello che le aveva detto.
“Oh… cioè ti sto simpatico” sussurrò iniziando a tamburellare nervosamente un messaggio sulle proprie gambe.
“Cosa vuol dire?” chiese Calipso prendendolo alla sprovvista.
“Di cosa stai parlando?”
“Ho visto che comunichi così con Festus”
“E’ il codice Morse” balbettò Leo sempre più in imbarazzo.
“E cosa stavi dicendo?”
“Io… che ti amo” soffiò mentre le orecchie iniziavano a fumargli.
“Anche io ti amo” sorrise Calipso sobbalzando quando il semidio la baciò all’improvviso togliendole il respiro.
Era la prima volta che Leo prendeva l’iniziativa, e doveva ammettere che le piaceva il modo in cui la stringeva, il modo in cui la baciava.
“Ehi Romeo, Festus è pronto per partire” lo chiamò Jason riportandoli alla realtà, scoppiando a ridere quando le orecchie di Leo presero fuoco alla fine.
“Arriviamo” esclamò Leo tornando a fissare lo sguardo in quello di lei. “Vieni con me Calipso o io…”
“Cosa?”
“Rimarrò qua con te”
“Non puoi”
“Non mi vuoi?”
“Certo che ti voglio, ma il tuo posto non è questo”
“Il mio posto è dove sei tu” rispose Leo prendendole le mani tra le sue. “Questi mesi lontani da te… ho creduto di impazzire. Non ti lascerò di nuovo. Vieni con me. Fidati di me”
“Mi fido di te” disse Calipso sorridendogli speranzosa. “Spero solo che funzioni”
“Funzionerà” rispose sicuro di sé prima di tornare ad armeggiare con l’astrolabio di Ulisse.
Calipso rimase in disparte mentre i tre ragazzi finivano i preparativi per la partenza.
Aveva preso le cose che riteneva più importanti, e in un bauletto di legno delle dimensioni di un carillon aveva riposto con cura i semi per poter ricreare il suo giardino.
Con lo sguardo accarezzò il giardino, l’apertura della grotta che era stata casa sua per tutti quegli anni.
In qualche modo sapeva che quel posto le sarebbe mancato.
L’idea di non rivedere mai più Ogigia la rattristava un po’, ma la speranza di una vita nuova la spinse a chiudere gli occhi ed augurarsi che tutto andasse per il meglio.
“Hai detto ciao?” chiese Leo comparendole alle spalle all’improvviso facendola sobbalzare.
“Per tutti i tori di bronzo! Non dovresti piombare di soppiatto alle spalle delle persone in questo modo” lo rimproverò tirandogli un pungo sulla spalla.
“Ho imparato da te” la prese in giro Leo. “Sei pronta?”
“Sono pronta” rispose Calipso, dando un ultimo sguardo a quella che era stata la sua prigione e la sua casa. “Addio… spero” sussurrò seguendo il semidio verso la spiaggia, posizionandosi sul sedile alle sue spalle.
Percy prese posto alle spalle di Calipso in modo da sorreggerla in caso di emergenza, mentre Jason copriva la fila.
“Signore e signori è il comandante che vi parla. Cortesemente, prestate attenzione alla dimostrazione delle caratteristiche e delle procedure di sicurezza di questo meraviglioso drago di bronzo” esclamò Leo mentre inseriva l’astrolabio nell’apposita postazione. “Ogni posto di questo drago è dotato di una cintura di sicurezza. Per la vostra sicurezza, vi invitiamo a tenere le cinture allacciate per tutto il tempo in cui siete seduti”
“Fa sul serio?” mormorò Calipso, sorridendo quando Percy e Jason scossero la testa rassegnati.
“Nel caso di un atterraggio di emergenza siete pregati di pregare il vostro parente divino più prossimo, e nell'improbabile eventualità di un ammaraggio aggrappatevi a Percy” continuò imperterrito il semidio.
“Leo, gli stai facendo passare la voglia di partire” disse Jason beccandosi una linguaccia da parte del figlio di Efesto.
“Ci stiamo preparando al decollo. Vi ringraziamo per l'attenzione e vi auguriamo un piacevole volo" esclamò dando il segnale a Festus per decollare.
“Oh Dei” sussultò Calipso, aggrappandosi per un momento a Leo quando Festus si sollevò dalla battigia.
“Andrà tutto bene” le sussurrò stringendole la mano mentre l’adrenalina gli scorreva rapidamente nel corpo. “Lo giuro”
“Devi smettere di giurare” lo rimproverò Calipso, mordendosi le labbra quando iniziarono a volare a velocità sostenuta.
Non voleva rischiare di piagnucolare come una donnetta isterica, ma dentro di sé non face altro che ripetersi antichi scongiuri in greco, sperando almeno di non farli ammazzare tutti e tre.
Non se lo sarebbe mai potuto perdonare se avessero perso la vita per aiutarla.

FINE 5° CAPITOLO

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Capitolo 6
*** 6° capitolo ***


Ed ecco il penultimo capitolo.

Spero che vi piaccia.

Buona Pasqua a tutti.


6° CAPITOLO

Quando atterrarono nel mezzo del Campo, quasi tutti i semidei lasciarono le loro occupazioni per correre ad accogliere gli amici, e a vedere la nuova arrivata, perfino Chirone e il Signor D.
“Percy” esclamò Annabeth, abbracciandolo di slancio. “Ce l’avete fatta”
“Te l’avevo detto che sarei tornato” sorrise Percy, mentre Jason abbracciava Piper, e Leo aiutava Calipso a smontare da Festus.
“Chi si rivede” esclamò il Signor D avvicinandosi al drago, tenendo lo sguardo puntato sulla ragazza. “Calipso”
“Dionisio” rispose Calipso per niente intimorita dal Dio. “Bella camicia”
“Grazie, cara” sorrise divertito. “E cosi sei riuscita a lasciare Ogigia”
“Sembrerebbe di sì, ma la cosa non dovrebbe stupirti. Infondo, avevate concesso l’amnistia un anno fa, sbaglio?”
“Un’idea di Peter Jhonson”
“Sono Percy Jackson” si lamentò il semidio scuotendo la testa rassegnato.
“Signor D, Calipso può rimanere al Campo?” domandò Leo, immobilizzandosi quado il Dio si voltò all’improvviso verso di lui.
“Beh, è una ninfa. Suppongo possa dormire nella foresta”
“Nella foresta?”
“Di certo, non ti aspetterai che la metta a dormire con te nella Casa Nove? Questo non è un Residence, né tanto meno un motel” esclamò Dionisio, facendolo diventare rosso come il metallo appena estratto da una fornace.
“Potrebbe stare nella Casa Grande” intervenne Chirone in soccorso di Leo. “Ci sono molte stanze vuote”
“Come vuoi, ma questo Campo non è un Opera Pia”
“Posso lavorare” disse Calipso sostenendo lo sguardo del Dio.
“Molto bene” esclamò Chirone, frapponendosi fra Dionisio e la ninfa. “Nel frattempo perché non andiamo tutti a mangiare? È ora di pranzo ormai”
Con gli occhi di tutti puntati addosso Leo e Calipso, insieme al resto del gruppo, raggiunsero il padiglione a cielo aperto, dove varie tavolate colme di cibo facevano bella mostra di sé.
“Mangiate mischiati?” chiese Calipso osservando i tavoli disposti in modo casuale.
“Prima ogni Casa aveva il proprio tavolo, ma da quando abbiamo fatto la scoperta del Campo Giove, abbiamo preso diversi spunti da loro” spiegò Percy sedendosi accanto ad Annabeth, iniziando a servirsi dai vari vassoi.
“Se aspettiamo voi uomini, moriremo senza esserci presentate” esclamò Annabeth tendendo la mano verso la nuova arrivata. “Io sono…”
“Annabeth” l’anticipò Calipso stringendole la mano. “Percy mi ha parlato molto di te”
“Oh” mormorò la figlia di Atena, non riuscendo a nascondere quanto la cosa la rendesse felice e la tranquillizzasse. “Loro sono Piper, Hazel e Frank” disse poi presentandole il resto del gruppo.
“E’ un piacere” disse la ninfa, stringendo la mano a ognuno di loro, sussultando quando, all’improvviso, un ragazzo si infilò tra lei e Leo, scostando malamente il figlio di Efesto.
“Ehi!” esclamò Leo, finendo quasi in braccio a Jason seduto accanto a lui.
“E così tu sei Calipso” esordì il ragazzo, scoccandole un sorriso ammaliatore. “Io sono Michael, figlio di Afrodite”
“Piacere” rispose Calipso, sforzandosi di stringergli la mano invece che tirargli uno schiaffo.
Chi si credeva di essere quel buffone?
“Che ne dici di fare un giro per il Campo dopo pranzo?”
“E’ un ottima idea” rispose Calipso, puntando lo sguardo oltre le spalle del ragazzo. “Che ne dici Leo, mi fai vedere il Campo dopo?”
“Io veramente…”
“Certo Raggio di Sole” esclamò Leo, picchiettando poi sulla spalla di Michael per farlo voltare. “Te ne vai con buone o ti devo prendere a martellate?” chiese estraendo un enorme martello dalla cintura degli attrezzi.
“Volevo solo essere gentile”
“No, ci stavi provando con la mia ragazza, e ora fuori dai piedi” ringhiò facendolo scattare in piedi, guardandolo con aria truce fino a quando non si fu allontanato a sufficienza.
“Leo?” lo chiamò Calipso posandogli una mano sul braccio.
“Si?”
“Stai fumando” sorrise baciandolo sulla guancia. “Grazie”
“Quando vuoi” sorrise di rimando, calmandosi gradualmente.
Non era mai stato una persona animosa, ma qualcosa era scattato in lui quando il figlio di Afrodite aveva cercato di abbordare Calipso.

- Ci stavi provando con la mia ragazza -
Chissà cosa aveva pensato Calipso, quando lo aveva sentito pronunciare quelle parole.
Temeva di aver esagerato, ma aveva reagito d’istinto.

- Beh, almeno mi ha ringraziato. Forse non se l’è presa - pensò Leo, iniziando a mangiare mentre attorno a lui la conversazione continuava allegramente, come se nulla fosse successo.
Calipso, seduta accanto a lui, rispondeva a tutte le domande con il sorriso sulle labbra.
I suoi amici stavano facendo del loro meglio per farla sentire parte del gruppo, e Leo gliene era grato.
Mangiarono con appetito e, quando tutti ebbero finito, Piper e Hazel chiesero a Calipso di aspettarle per un momento.
Quando le due semidee furono di ritorno portavano tra le braccia una pila di vestiti.
“Dovrebbero essere della tua taglia” disse Hazel consegnando i vestiti a Leo.
“Mi avete scambiato per un facchino?” si lamentò lui.
“Fai il bravo Leo, porta i vestiti alla Casa Grande, mentre noi teniamo compagnia a Calipso” disse Piper cacciandolo con gentilezza. “In verità volevamo rimanere un attimo da sole con te” sussurrò guardandosi attorno per controllare che nessuno le stesse ascoltando né osservando.
Per un attimo Calipso credette che volessero metterla in guardia.
Fai soffrire il nostro amico e ti faremo a pezzi, o qualcosa del genere, per questo le guardò confusa quando le mostrarono un involto nero che Piper teneva nascosto dietro la schiena.
“Io ho una sorella, Drew, che non è molto simpatica” spiegò massaggiandosi una tempia. “A dirla tutta è proprio una stronza, ma mi ha fatto venire in mentre una cosa”
“Che cosa?”
“Tu sei rimasta isolata per più di tremila anni, e Leo ci ha raccontato che, quando è finito sulla tua isola, indossavi una solo abiti greci”
“Sì, ho iniziato a portare abiti moderni dopo che ne ho cuciti parecchi per lui”
“Beh, Drew, mi ha fatto notare che probabilmente non hai mai posseduto della biancheria intima, e così… non so se siano della misura giusta. Doman possiamo andare a comprarne degli altri”
“Questi sono per me?” chiese Calipso come se facesse fatica a crederlo vero.
“Non ci sembrava carino darteli davanti agli altri” disse Hazel sfiorandole il braccio. “Va tutto bene?”
“Io… si, si grazie” rispose Calipso sorridendo alle due ragazze. “E’ stato un pensiero gentile” mormorò stupita di tutta quella premura e gentilezza.
Dopo tutti quegli anni in isolamento, faticava a credere che qualcuno, che nemmeno la conosceva potesse essersi preso tanto disturbo per lei.
“Se hai bisogno di qualsiasi cosa conta pure su di noi”
“Mi sono perso qualcosa?” chiese Leo guardando con curiosità il fagotto che Calipso stringeva tra le mani. “Cos’è?”
“Fatti gli affari tuoi Leo” lo apostrofò Piper tirandogli uno schiaffo sul braccio.
“Vuoi che te li porto in camera?” chiese Hazel.
“Grazie”
“Di nulla”
“Beh noi andiamo. Divertitevi ragazzi. Ci vediamo a cena” li salutò Piper, allontanandosi con Hazel.
“Ciao” le salutarono Leo e Calipso rimanendo poi da soli.
“Andiamo?”
“Fammi strada” rispose Calipso, seguendolo nel suo giro turistico per il Campo Mezzosangue.
Leo gli mostrò tutto il Campo.
L’anfiteatro, l’arena, il poligono di tiro con l’arco e quello del giavellotto, il lago dove alcuni semidei facevano canottaggio, e infine le Case e le capanne destinate ai semidei.
“E questa è casa mia” disse Leo fermandosi di fronte alla Casa Nove.
“Beh, direi che da Efesto non potevo aspettarmi nulla di diverso” commentò Calipso osservando il fumo fuoriuscire dai comignoli sul tetto. “Ti ho già detto che tuo padre è venuto spesso a trovarmi?”
“Si”
“Lui… non si trova a proprio agio con le persone, ma è stato uno dei pochi Dei che non mi ha mai abbandonata. E’ sempre stato gentile con me… non bisognerebbe mai giudicare una persona dal suo aspetto”
“Calipso”
“Ti ha aiutato a trovare Ogigia, non è vero?”
“Come lo sai?”
“E’ una brava persona” sorrise Calipso puntando lo sguardo in quello di Leo. “Deve essere molto fiero di te” disse guardandolo come se in realtà, quella frase, si riferisse più a lei che ad Efesto.
“Calipso io… oggi al padiglione… quello che ho detto a Michael sul fatto che sei la mia ragazza…”
“Hai cambiato idea?”
“Cambiato idea?”
“Non vuoi che io sia la tua ragazza?”
“Io… certo che lo voglio, è solo che tu… sei così bella, mentre io sono solo uno scarabocchio abbrustolito” rispose Leo, strappandogli un sorriso al ricordo di come lo aveva chiamato appena era atterrato sulla sua isola.
“Ero furiosa con gli dei” si giustificò prendendolo per mano, addentrandosi insieme al semidio nel bosco, per sfuggire agli sguardi curiosi che li seguivano da quando erano arrivati al Campo. “La verità, è che avevo paura di potermi innamorare di te, e di soffrire un’altra volta. Ho cercato di tenerti a distanza, ma non ha funzionato. Mi sono innamorata di te. Sono innamorata di te, e mi piaci Leo, mi piaci veramente, e voglio stare con te, se tu vuoi stare con me” disse Calipso sorridendo felice quando il figlio di Efesto la attirò baciandola con tutta la dolcezza di cui era capace.
“Grazie” sussurrò felice stringendola a sé.
“No, grazie a te… grazie per essere tornato. Grazie per aver mantenuto la tua promessa”
“Farei di tutto per te” sussurrò sulle labbra della ninfa prima di ricominciare a baciarla.
Ce l’aveva fatta.
Aveva mantenuto la sua promessa.
Era tornato a prenderla, e l’aveva portata via da quella maledetta isola.
Non aveva mai avuto nessun dubbio sul risultato di quell’impresa, ma essere riuscito a conquistare il cuore di Calipso andava oltre ogni sua aspettativa.

FINE 6° CAPITOLO

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Capitolo 7
*** 7° capitolo ***


Ciao a tutti.
Ultimissimo capitolo di questa breve storia
Spero che vi sia piaciuta e che vogliate dirmi che cosa ne pensate. 
Ringrazio tutti quelli che hanno letto e, soprattutto, chi ha perso un po’ del proprio tempo per lasciarmi un commento.
Grazie a tutti.
Buona lettura.
Ska

7° CAPITOLO

Erano passati mesi da quando avevano lasciato l’isola di Ogigia, e Calipso si era trasferita definitivamente nella Casa Grande.
Il mondo era cambiato radicalmente, e le cose da apprendere, e assimilare, erano state molte.
Ogni sera lei e Leo si incontravano nel bosco, per fuggire da tutto e da tutti.
Si sedevano sul tronco di un albero, abbattuto da Festus mesi prima dell’arrivo di Leo al Campo, e passavano il tempo a parlare, a raccontarsi a vicenda la loro giornata, i propri sogni e, naturalmente, a baciarsi.
Calipso faticava ancora a capacitarsi di essere così felice.
Quella sera il loro appuntamento era stato posticipato di un paio di ore.
Piper e Hazel si erano impegnate così tanto per organizzare una festa a sorpresa per il compleanno di Leo, che Calipso aveva insistito per rimanere ancora un po’.
Non era da tutti avere degli amici così.
Leo aveva compiuto diciassette anni, e si sentiva euforico.
Finalmente avrebbe potuto prendere la patente della macchina.
Certo rispetto alla media nazionale era in ritardo di un anno, ma l’anno precedente aveva dovuto combattere contro un orda di mostri resuscitati dal Tartaro da Gea, e la patente della macchina era finita in secondo piano.
Era incredibile che una cosa come quella riuscisse ancora ad eccitarlo.
Insomma, aveva governato una nave da guerra greca costruita da lui stesso, e sapeva cavalcare un drago di bronzo, ma l’idea dell’esame di guida comunque un po’ lo agitava.
Nessuno aveva mai messo in dubbio che sapesse quello che faceva mentre guidava Festus verso il Nord America, o quanto meno, nessuno aveva fatto obbiezioni ad alta voce.
“Sono state davvero carine a farti una festa a sorpresa” disse Calipso sedendosi tra le sue gambe, appoggiando la schiena al suo petto, distogliendolo definitivamente dal pensiero della patente.
“Mi sono divertito un mondo” rispose Leo nascondendo il viso nei capelli di Calipso, inspirandone il profumo di cannella, baciandole il collo mentre le mani della ninfa gli carezzavano i capelli, gettando il capo indietro per permettergli di baciarla meglio.
“Leo tu mi devi un letto” mormorò Calipso, sorridendo quando al semidio sfuggì un ringhio di eccitazione. “Hai bruciato il mio letto a Ogigia, potresti costruirmene uno nuovo” disse voltandosi verso di lui, sedendosi a cavalcioni sulle sue gambe, mentre lo sguardo tormentato del ragazzo le accarezzava il viso. “Che c’è?”
“Io ho fatto una cosa” sussurrò Leo mentre avvertiva la propria erezione crescere nei pantaloni.
“Lo hai detto anche quando hai dato fuoco al mio letto” disse allacciandogli le braccia al collo. “Cosa hai fatto?”
“Ho costruito un letto” rispose mentre scendeva con le mani ad accarezzarle la schiena fino a raggiungerne le natiche sode. “Calipso?”
“Si?”
“Vieni con me?”
“Dove?”
“Al bunker” rispose Leo prendendo quasi fuoco quando Calipso gli rispose di sì.
Tenendola per mano, con il cuore che gli martellava nel petto, Leo condusse Calipso al bunker Nove.
Una volta entrati accese solo una parte delle luci, in modo da lasciare il bunker nella penombra.
“Dov’è?”
“Per di qua” rispose Leo conducendola infondo al bunker, nell’angolo più remoto e isolato.
Si era impegnato a lungo su quel progetto.
Aveva disegnato lui stesso il modello del telaio, per poi ricrearlo in ferro battuto.
I suoi fratelli lo avevano punzecchiato, quando avevano scoperto che Leo le stava costruendo un letto.
“Hai intenzione di mettere su famiglia?” lo aveva preso in giro Jake. “Le ragazze di solito preferiscono i gioielli… tranne le nostre sorelle ovviamente… e le figlie di Ares”
“Secondo me ti prenderà a schiaffi” aveva aggiunto Nyssa.
“Ragazzi gli sto solo costruendo un letto” aveva cercato di difendersi, continuando a lavorare imperterrito, nonostante i continui scherzi dei fratelli.
Sapeva che stavano solo scherzando, ma una parte di lui temeva che avessero ragione.
Non voleva dare una cattiva impressione a Calipso, anche se non poteva negare di aver pensato sempre più spesso a quel lato della loro relazione.
Erano fidanzati da parecchi mesi, e non erano certo rimasti mano nella mano per tutto il tempo.
Ciononostante non avevano mai nemmeno parlato di andare fino in fondo, ma negli ultimi tempi faticava a trattenersi con Calipso.
La voleva. Voleva che fosse sua in ogni modo possibile.
Voleva fare l’amore con lei.
“Leo è bellissimo” mormorò Calipso distraendolo da quei pensieri, osservando la lavorazione in metallo della struttura del letto. “Sembra quasi che ci siano tutti i miei fiori” sorrise accarezzando l’intreccio dei vari boccioli, sfiorando una trina di luna.
“Sono tutti i tuoi fiori” confermò Leo, sorridendo felice nel vedere quanto quel letto piacesse a Calipso, faticando tuttavia a rimanere concentrato.
Si era eccitato terribilmente nel bosco, e ora averla lì, con un letto a disposizione, non faceva altro che aumentare la sua eccitazione.
“Lo hai fatto per me?” chiese Calipso rimettendosi in piedi, avvicinandosi a lui lentamente, allacciandogli le braccia al collo.
“Sì”
“Ma è un letto a due piazze” sussurrò sfiorandogli le labbra con la lingua.
“Così c’è più spazio” balbettò Leo, mentre il suo corpo iniziava ad emanare fumo.
“Più spazio per fare cosa?” continuò imperterrita, mentre con le mani scendeva ad accarezzargli il torace.
“Per dormire… per…”
“Per?”
“Per fare l’amore” confessò Leo baciandola con passione, stringendola a sé fino quasi a farle male.
“Leo?” lo chiamò Calipso, tirandolo leggermente per i capelli per allontanarlo da sé.
“Si?” sussurrò Leo temendo di aver esagerato.
“Non bruciarmi anche questo di letto” sorrise la ninfa sedendosi sul materasso, porgendogli una mano per attirarlo a sé.
“Calipso, sei sicura? Insomma, questo non è il posto più romantico che esista… è un officina. Puzza di olio per motori, fumo e…”
“Non vorrei essere in nessun altro posto in questo momento” rispose Calipso attirandolo dolcemente a sé. “Ti amo Leo Valdez”
“Ti amo anche io” sorrise Leo, prima di tuffarsi sulle sue labbra.
Continuando a baciarlo, Calipso si sdraiò sul materasso morbido, costringendo Leo a fare altrettanto.
Il profumo di cannella avvolse il semidio mandandogli in tilt il cervello.
Le mani delicate della ninfa scesero lungo la sua schiena, iniziando a spogliarlo, mentre lui faceva lo stesso lei.
Ben presto si ritrovarono nudi, ansimanti, completamente persi in un mare di emozioni e sensazioni, che gli fecero perdere ogni senso del tempo, dello spazio e del pudore.
E quando alla fine raggiunsero il culmine, Leo si riversò dentro di lei, continuando a ripeterle quanto l’amasse.
Per diversi minuti rimasero in silenzio, mentre i battiti dei loro cuori tornavano alla normalità, così come i loro respiri.
Felice ed appagata, Calipso posò il capo sulla spalla del semidio, mentre Leo copriva entrambi con il lenzuolo.
Inspirandone il profumo le baciò i capelli.
“Ti amo” sussurrò stringendola un po’ più a sé.
“Anche io” sorrise Calipso sollevandosi leggermente per poterlo baciare.
“Direi che questo è il più bel compleanno di tutta la mia vita”
“E non è ancora finito” disse Calipso, avvolgendosi il lenzuolo attorno al corpo mentre si alzava per raccogliere i pantaloni.
“Non vorrai scappare” si lamentò Leo sollevandosi sui gomiti, mangiandosela con gli occhi.
Dopo quella notte, avrebbe fatto ancora più fatica a starle lontano.
“Non ti ho ancora dato il mio regalo” rispose tornando verso il letto con un piccolo pacchetto tra le mani. “Buon compleanno”
“Credevo che tu fossi il mio regalo di compleanno” sorrise Leo afferrandola per il polso, trascinandola di nuovo a letto. “Che cos’è?”
“Aprilo” sussurrò Calipso, mentre il cuore cominciava a batterle più rapidamente nel petto.
Sperava che lo avrebbe apprezzato.
Non era stata una decisione particolarmente difficile per lei.
Sapeva quello che stava facendo e, più di ogni altra cosa, lo voleva.
Voleva fargli quel dono perché lo amava, e sapeva che lui non l’avrebbe mai lasciata.
Lui non era come gli altri eroi che aveva conosciuto, e lei lo amava infinitamente per quello.
“Calipso è bellissima” esclamò Leo guardando ammirato il pendente infilato in un cordino nero. “Lo hai fatto tu?”
“Sì, ci ho messo un po’ visto che passi tutto il tuo tempo nella fucina della casa Nove, e lì c’è l’unica fornace che posso utilizzare” si lamentò Calipso osservandolo mentre si infilava la collana al collo. “Volevo fosse una sorpresa”
“Sei una donna piena di risorse” disse osservando ammirato il ciondolo. “Raggio di Sole che c’è?” chiese quando si accorse di qualcosa di strano nel suo sguardo. “Va tutto bene?”
“Io… ho fatto una cosa”
“Hai dato fuoco anche tu a un letto?” cercò di sdrammatizzare Leo.
“No, stupido” sorrise divertita. “Non è un semplice medaglione”
“Si trasforma in una arma micidiale?”
“Ah, ah, ah… no” rispose Calipso strappandogli un sorriso. “Quello è il simbolo dell’immortalità” disse prendendogli le mani tra le sue. “Sai che non posso donarti l’immortalità. Se fossimo rimasti su Ogigia non saremmo mai invecchiati, ma qui è diverso, e io non ho questo tipo di potere”
“Non importa. Non è per questo che sono tornato”
“Lo so” sorrise accarezzandogli il volto. “Ma io sono figlia di Atlante. Sono una ninfa immortale, o meglio, ero una ninfa immortale”
“Cosa vuoi dire con ‘ero una ninfa immortale’?” chiese Leo mentre un brivido gli percorreva la schiena. “Che cosa hai fatto?”
“Ti ho appena donato la mia immortalità” rispose trattenendo il respiro.
Non riusciva a decifrare lo sguardo di Leo.
In quel momento si chiese se avesse esagerato.
Si aspettava, da un momento all’altro, che Leo scattasse in pedi per recuperare rapidamente i propri vestiti sparpagliati a terra, e fuggire come il vento lontano da lei.
“Leo io… non è un collare” cercò di sdrammatizzare Calipso.
“Cosa?” domandò guardandola confuso.
“Non sto cercando di metterti il guinzaglio” ripeté Calipso, cercando di non spaventarlo più di quanto non fosse già. “So che può sembrare una cosa importante. Un passo affrettato ma…”
“Una cosa importante? Calipso, questa è una cosa importante. Tu hai rinunciato alla tua immortalità per me”
“Beh sì ma…”
“Non c’è nessuno ‘ma’” esclamò Leo baciandola con passione, strappandole il lenzuolo di dosso per poterla sentire pelle contro pelle. “Non potevi farmi regalo più bello”
“Dici davvero?”
“Certo”
“Per un attimo ho temuto che stessi per scappare” disse Calipso, accarezzandogli i capelli mentre Leo la faceva sdraiare sotto di lui. “Eri diventato verde”
“E’ una cosa importante. Ci ho messo un po’ a capire di cosa stavi parlando. Cosa implica una decisione del genere” rispose sfiorandole il viso. “Spero non te ne pentirai mai”
“Come potrei” sussurrò baciandolo dolcemente, scostandosi quando Leo iniziò a sorridere in modo incontrollato.
“Cos’hai da ridere?”
“Non sto ridendo. Sto sorridendo”
“E perché stai sorridendo?”
“Perché sono felice” rispose semplicemente togliendole il respiro. “Sai, credo che questo sia un finale perfetto”
“Per cosa?”
“Per la Epica Ballata di Leo” rispose tornando a baciarla.
Ne aveva passate tante nella sua breve vita da semidio, e in certi momenti aveva davvero creduto di non farcela, ma ormai era tutto passato.
Gea era stata sconfitta.
Lui aveva dimostrato più volte di cosa era capace, e dentro di sé, sperava di aver reso fiera sua madre.
Sapeva che il ricordo di quello che era accaduto non lo avrebbe mai abbandonato, ma ora, con Calipso al proprio fianco, avrebbe finalmente potuto essere felice come non aveva mai sperato.
Finalmente, anche lui, avrebbe avuto il suo lieto fine.

FINE 7° CAPITOLO

 

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