Don't carry the world upon your shoulders.

di Heavensent
(/viewuser.php?uid=112747)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Fandom: Supernatural.
Personaggi: Sam Winchester, Dean Winchester, nuovo personaggio.
Rating: Giallo
Chapters: 1/3.
Genere: Sovrannaturale, sentimentale. 
Titolo: una frase di “Hey Jude” dei Beatles.
 
Strutturata come un episodio standard di Supernatural. Ambientata nella terza stagione: Dean è ormai arreso al fatto che ha venduto la sua anima per salvare Sam, e i cani demoniaci fra non molti mesi verranno a prenderlo. Sam invece sta cercando un modo per salvarlo ma, fra una ricerca e l’altra, si imbattono in delle strane morti in una piccola cittadina dell’Ohio.
Fan fiction strutturata come una puntata di Supernatural “vecchio stile”, con poche pretese e un po’ di bromance fra Winchester.

 
 
 
I personaggi di Supernatural non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro.
 
 
 

Don't carry the world upon your shoulders.

 

Capitolo 1.



La notte di quel due novembre era fredda e umida, proprio come ci si aspetterebbe da una notte del genere. Quindi mentre Alison tornava a casa quella sera, non fece caso all’improvvisa ondata di gelo che la attraversò, mentre camminava leggermente barcollante sul pavimento di piastrelle storte del centro storico. Vide chiaramente il proprio fiato condensarsi e si strinse di più nel cappotto. Si fermò all’improvviso quando vide distintamente una figura poco illuminata da uno dei lampioni. Strinse gli occhi truccati e poté distinguere nel buio la figura di una bambina. Aveva un vestitino bianco, troppo leggero per quel freddo invernale. I capelli le ricadevano ordinatamente in boccoli perfetti sulle spalle, e gli occhi, sbarrati, avevano delle occhiaie che sembravano molto più scure rispetto al pallore della sua pelle.
-Ehi piccola, ti serve aiuto?-sussurrò Alison, ma la bambina si limitò a puntarle un dito contro.
Il gemito che uscì dalle labbra della ragazza fu quasi impercettibile, il sangue dalla gola sgozzata sgorgò velocemente sporcandole i vestiti. Cadde a terra con un tonfo sordo, senza che nessuno in quelle case attorno se ne potesse accorgere.
 
Sam era già sveglio da ore quando Dean cominciava a dare i primi segni di un risveglio. Diciamo pure che Sam non aveva praticamente dormito. Aveva passato la notte, come sempre, a provare a trovare qualcosa che salvasse Dean dall’arrivo, entro non molti mesi ormai, dai cani demoniaci. Gli sembrava che occuparsi di altro non facesse altro che far perdere loro tempo eppure, inevitabilmente, si ritrovavano a dare la caccia ad altro, come sarebbe successo da lì a poco. Era successo qualcosa di davvero strano in una città vicino a dove si trovavano loro: una cittadina dell’Ohio, per la precisione.
Dean grugnì qualcosa alzandosi in modo scomposto dal letto, notando Sam già al computer. Decise di concedersi una doccia per svegliarsi completamente. Il pomeriggio prima avevano risolto un caso, e dopo si era concesso qualche drink al bar. Era riuscito a portarsi una bella ragazza dietro il locale e…bè, il resto era cosa normale, per Dean. In realtà non era del tutto sicuro che fosse carina, ma sotto l’effetto dell’alcol qualunque cosa ormai gli andava bene. Si spogliò velocemente e preso da un brivido di freddo entrò sotto il getto dell’acqua. Come in quasi tutti i motel il getto era irregolare e vagamente tiepido. Grugnì contrariato ma almeno questo gli permise di svegliarsi, ripercorrendo con la mente gli attimi della sera prima. C’era freddo e la ragazza aveva una risata fastidiosa ma, tutto sommato, era stato piacevole. Gli restava meno di  un anno di vita e sapeva che sfuggire ai cani demoniaci era impossibile, tanto vale godersi i piaceri della vita, no? Non che prima di quell’avvenimento fosse un santo, tuttavia.
Si lavò velocemente per non essere più infreddolito del dovuto, si asciugò alla meno peggio mettendo poi il panno attorno al bacino, mentre con un altro telo frazionava capelli e spalle. Uscì dal bagno facendo spandere attorno il vapore. Il fratello era ancora al pc, di spalle, e Dean mormorò un “Ehi” come saluto.
Sam rispose facendo un cenno della mano:-Ho trovato un caso.
-Ma se ne abbiamo appena risolto uno!-si lamentò Dean, mentre sentiva l’acqua sulla sua pelle congelarsi al freddo della stanza.
Sam chiuse il laptop senza prestargli attenzione, sistemandosi la camicia che aveva leggermente sbottonato per stare più comodo:-Ti dico tutto in macchina. Smettila di fare il nudista e cominciamo ad andare, dobbiamo agire ora che le tracce sono fresche.
Dean ovviamente non aveva capito il perché della fretta di Sam e alzando gli occhi al cielo prese i vestiti, cominciando a rivestirsi.
-Dimmi perché stiamo andando di buon mattino in un altro paesino dell’Ohio, e ti prego dimmi che ne varrà la pena-gli disse Dean una volta che furono sulla strada a bordo dell’Impala, e Sam che stava guardando fuori dal finestrino si voltò verso di lui, respirando profondamente prima di parlare.
-Una ragazza qualche giorno fa è stata trovata morta, con la gola tagliata, una stradina del centro.
-Bè cosa c’è di strano-commentò Dean alzando le spalle, svoltando dopo aver visto un cartello che conduceva alla cittadina da raggiungere. Certo era terribile ma non sembrava un caso per loro, poteva essere un “comune” killer.
-C’è di strano che ogni due novembre di ogni sette anni dal almeno cinquant’anni una ragazza viene trovata morta nella stessa situazione. Non credo che sia una coincidenza no? Dovrebbe essere un killer troppo sistematico e per non dire longevo.
Dean annuì finalmente convinto:-Potrebbe essere qualcosa per noi.
Sam non rispose e riprese a guardare fuori dal finestrino. Da quando Dean aveva fatto il patto il fratello non gli parlava più come prima, troppo pieno di sensi di colpa verso il fratello per riuscire a capacitarsene. Sam non capiva perché Dean avesse sacrificato la sua anima per lui, Dean non capiva perché Sam non accettasse di essere protetto sempre e comunque. Non avrebbe potuto lasciarlo morire, per nulla al mondo.
Scacciò questi pensieri ragionando su un’altra cosa che gli venne in mente:-Non trovi buffo che succeda sempre..il due novembre?-quasi gli si spense la voce mentre porgeva quella domanda, riferendosi all’anniversario della morte della madre .
-Buffo non è esattamente il termine che avrei usato-mormorò il minore.
Non parlarono più fino al loro arrivo.
 
Si sistemarono in un motel leggermente in periferia, e dopo aver indossato i loro completi migliori si avviarono alla stazione di polizia che si trovava proprio al centro della città..se si poteva definire città. Sembrava un centro decisamente piccolo, poco trafficato e abbastanza noioso. Dean si guardò intorno, gruppi di ragazzi giovani sembrava perdessero tempo seduti  a delle panchine, e quando li videro strabuzzarono gli occhi. La stessa cosa fece un gruppo di anziani subito dopo, parlottando fra loro. Forse non era cosa comune vedere degli agenti dell’FBI in quel posto.
Due ragazze li incrociarono guardandoli dalla testa ai piedi per poi ridacchiare divertite, e Dean si concedette, voltandosi, uno sguardo ai loro fondoschiena. Sam lo richiamò all’ordine quando si trovarono davanti alla stazione della polizia e raggiunta la scrivania dell’agente del posto mostrarono i loro distintivi, e parlò Sam con tono più autoritario possibile:-Agenti Wesson e Smith dell’FBI. Vorremmo la documentazione degli omicidi degli ultimi cinquant’anni e del recente caso della ragazza morta qualche giorno fa.
-Già, Alison, povera ragazza... La conoscevamo tutti qui, sapete?-l’uomo dopo aver controllato scrupolosamente i loro distintivi si alzò verso un archivio, facendo loro cenno di seguirli.
-E allora perché non è fuori a cercare chi potrebbe averla uccisa?-chiese Dean con un tono d’accusa, fulminato dallo sguardo di Sam. Dovevano evitare sempre domande così specifiche, per non dare troppo nell’occhio.
-Bè le indagini e l’autopsia sono già state fatte. Ma perché volete anche i fascicoli degli omicidi?-aggiunse poi sospettoso, prima di dare loro le cartelline impolverate che aveva appena trovato- pensate che sia tutto collegato?
-Dobbiamo vagliare tutte le possibilità- disse Sam come frase di circostanza, e sembrò funzionare.
Poco dopo trovarono, data l’ora di pranzo, un piccolo locale sulla stessa strada dell’ufficio della polizia. Anche lì, quando entrarono, tutti gli occhi ruotarono verso di loro, squadrandoli dalla testa ai piedi:-Cosa vogliono, farci la radiografia?-mormorò Dean a denti stretti poco prima di trovare un tavolo per due. Sfilarono le giacche e poco dopo si avvicinò loro una ragazza:-Cosa prendete?-chiese educatamente, aggiustandosi poi gli occhiali da vista sul naso. Li guardò con gli occhi sbarrati e sembrò che anche lei, come tutti gli altri in quella città, li guardasse attentamente. Dean alzò gli occhi al cielo spazientito da quell’atteggiamento, e ordinò svogliatamente un hamburger.
-Posso consigliarti il menù speciale? Ha un doppio hamburger con bacon e salse, e insieme puoi prendere le patatine extra croccanti e la bibita che preferisci- gli rivolse un sorriso e senza un motivo apparente sembrò anche arrossire leggermente quando Dean annuì valutando quella proposta:-Non sembra male. Un menù allora, con una birra.
-Per te?-chiese poi voltandosi verso Sam-lo stesso?
Il minore la osservò, doveva avere all’incirca la sua età:-Per me un’insalata e un frullato alla frutta. Scegli pure tu che gusto.
-Oh-mormorò scontenta la ragazza, pur annotando l’ordine-vuoi del gelato nel frullato? Magari al cioccolato. Un frullato al cioccolato!-gli propose, fiduciosa.
Sam balbettò qualcosa come:-No, un frullato alla frutta andrà bene-mentre la ragazza scontenta si allontanava dal tavolo.
Dean guardò il fratello scuotendo la testa:-Non so come tu faccia a stare in piedi se mangi come un coniglio.
Sam non gli prestò attenzione e cominciò ad aprire i fascicoli:-Ho letto su internet che si pensa che gli omicidi risalgano più o meno alla seconda guerra mondiale. Ma all’epoca non venne prestata molta attenzione, non è come ora. E’ più che altro una leggenda del posto, si pensa che ci sia una sorta di serial killer sovrannaturale che uccide le persone ogni sette anni per prendere le loro anime, o qualcosa del genere. Lo sai che ci sono ben venti chiese qui? La gente è molto superstiziosa e fanatica della religione, l’ho letto sempre su internet. Quindi è pieno di credenze popolari..
-Pensi che sia un…-abbassò leggermente la voce, mentre la cameriera portava le loro ordinazioni-pensi che sia un Tulpa? Magari qualche leggenda del posto troppo alimentata.
-Potrebbe essere, non lo dobbiamo escludere. Bene, questo su internet non c’era scritto..-mormorò Sam, sfogliando due dei fascicoli e confrontandoli.
-Co’a?-biascicò Dean dando un enorme morso al panino, che era veramente buono. Non finì di masticare e prese anche una manciata di patatine.
-Le vittime sono tutte donne, da sempre. E tutte all’incirca della stessa età. Non può essere una coincidenza..sono morte tutte il due novembre. Com’è possibile che nessuno giudichi questa cosa strana?
-Forse l’hanno fatto ma non sono mai riusciti a risolverla perché è un qualcosa di sovrannaturale.
Sam annuì afferrando distrattamente il frullato e sorseggiandone un po’. Guardarono i fascicoli ancora per un po’, decidendo che la mattina dopo sarebbero andati sul luogo dell’omicidio per scoprire qualcosa di più.
 
 
La scientifica aveva rilevato soltanto tracce della vittima, come se fosse stata sola. Un serial killer molto pulito?
Mentre andavano al luogo del delitto Dean pensò che non aveva mai visto così tante chiese in tutta la sua vita. Ad ogni angolo che svoltavano a piedi, con Sam, ne aveva una. Probabilmente per quei pochi abitanti ne sarebbero bastate meno della metà. Una folla di curiosi circondava la zona come se ci fosse qualcosa di estremamente interessante nella macchia di sangue:-Ma questa gente non ha nulla da fare?-mormorò Dean a denti stretti mentre si sistemava la giacca di pelle. Aveva freddo.
Ma Sam non lo ascoltava, era avanzato un po’ più avanti raccogliendo qualcosa che si mise distrattamente in tasca. Poi facendo un cenno della testa a Dean si allontanarono per un altro vicolo stretto.
-Che hai trovato?-chiese il maggiore, e Sam tirò fuori dalla tasca una perlina verde, non molto luccicante, piuttosto sbeccata e malconcia:-Sam, ora ti metti a raccogliere perle dalla strada? Se vuoi ti compro una collana, non c’è bisogno che..
Sam lo interruppe:-Dean, questa perla è antica. E’ un tipo di materiale che si usava per i gioielli nel 1900, non pensi che sia strano che fosse lì?
-Magari una nonnina che andava a fare la spesa l’ha persa. Non lo so Sam, ma ti pare che ne sappia qualcosa di gioielli del ‘900? Quello strano qui sei tu, non io.
Sam guardò oltre lui, indicandogli un cartello:-Guarda. “Archivio storico”. Forse potremmo dare un’occhiata per vedere se ci sono strane storie passate. Non è una grande città, non dovremmo metterci molto..
L’ingresso dell’archivio non fu molto difficile da trovare, e più volte provarono ad aprire ma nonostante avessero provato sia a tirare che a spingere la porta, non si apriva.
-Dovete suonare il campanello-disse una voce femminile dietro di loro- si vede che non siete del posto, l’avevo capito già da ieri.
I fratelli si voltarono, e Dean la guardò accigliato:-E tu saresti?-la ragazza in un primo momento sembrò offendersi, ma poi quasi rassegnata disse:-La cameriera che vi ha servito ieri. Va bè, ci sono abituata a non essere notata.- accennò un sorriso e si mise davanti a loro, suonando a un campanello che i due non avevano notato:-Sono Alex-disse al citofono- ho due utenti con me.
La voce di una donna farfugliò qualcosa come “apro” e con uno scatto della serratura la porta venne aperta. La ragazza li precedette e loro la seguirono, scambiandosi uno sguardo.
-Alex, giusto?-chiese Sam per rimediare alla figuraccia del fratello di poco prima, anche se lui l’aveva riconosciuta-tu lavori qui?
La ragazza non rispose subito, perché i suoi occhiali da vista a contatto con il caldo della stanza si erano tutti appannati, e dovette toglierli per pulirli con la sciarpa. Alcune ciocche di capelli ai lati del viso si drizzarono sulla coda che aveva accuratamente fatto, dandole ora l’aspetto di chi aveva preso la scossa.
-Faccio il tirocinio per l’università, il che significa che mi sfruttano per farmi lavorare gratis. Però se intendi dire che faccio ciò che farebbe una persona che lavora qui..la risposta è sì. Allora cosa siete, giornalisti?- salirono delle scale che portavano a un piano superiore. L’archivio vero e proprio era preceduto da una sala conferenze buia, a cui lati c’erano delle teche con oggetti che sembravano vasi antichi o altri pezzi da museo. Sam per un momento si distrasse a osservarli, Dean nemmeno ci badò.
-Perché pensi che siamo giornalisti?-chiese Dean, ma furono interrotti nella conversazione dall’ingresso a una saletta con banchi e sedie da ufficio. La sala consultazione dell’archivio.
Una donna sui cinquant’anni si stava mettendo il cappotto:-Oh Alex, meno male che sei arrivata! Io scappo, ci diamo il turno dopo pranzo!- e subito fuggì, senza nemmeno salutare Sam e Dean.
Alex si tolse la sciarpa e rise:-Lei approfitta del fatto che ci sia io per andare dall’amante. Non sa che io lo so.
Dean e Sam si guardarono a disagio mentre lei rideva, per poi farsi nuovamente seria:-Ma perché vi sto parlando di queste cose?
-Senti noi avremmo fretta e..-esordì Dean maleducatamente, ma Sam lo interruppe con tono più dolce:-Alex, non siamo giornalisti..siamo dell’FBI- e mostrarono i finti distintivi. La ragazza subito sbarrò gli occhi e il suo viso sembrò andare a fuoco. Divenne completamente paonazza:-Oh Dio..e io vi ho dato del tu! Ma perché non me lo avete detto? Oh che vergogna, non è possibile! Prego agenti, accomodatevi- non si era nemmeno tolta il cappotto che stava già scostando le sedie dai tavoli di lettura.
Sam le fece un cenno distratto con la mano:-Non ti preoccupare, probabilmente abbiamo la stessa età. Come tu sei tirocinante noi siamo…
-…apprendisti- finì Dean per lui, e Sam annuì:-Apprendisti, ecco. Non siamo ancora al grado massimo dell’FBI..Io sono Sam, e lui è Dean -aggiunse poi, indicando prima se stesso e poi il fratello.
-Come volete-sospirò Alex, riprese a respirare normalmente e tolse finalmente il cappotto, mostrando solo un semplice maglioncino nero sopra dei jeans- scusate è che sono abbonata alle figure di merda. Ma che faccio ora dico anche parolacce davanti a due agenti?
Dean era sempre più spazientito da quella ragazza. Qualunque cosa fosse che uccideva quelle persone anche se non andava al di fuori dello scherma dei sette anni poteva impazzire da un momento all’altro e diventare pericoloso. Sfruttò la sua finta autorità per metterle paura:-Senti, sbrigati, o ti arresto per intralcio alla giustizia. Ci servono i documenti dei casi di omicidio dalla prima guerra mondiale a oggi, pensi di farcela in giornata?
Alex si ammutolì e annuì, andando oltre una porta. Sam diede una pacca forte sulla nuca di Dean:-Ehi!
-Sii più gentile, non vedi che l’hai spaventata?
-Era quello il mio obiettivo!- Dean gli fece l’occhiolino, si misero a sedere e dopo una decina di minuti Alex tornò con dei fascicoli grossi e dall’aspetto antico e consunto. Li posò davanti a loro senza una parola e tornando nella stanza accanto li lasciò soli. Dean era contento che la ragazza avesse perso la sua parlantina, mentre Sam ancora era mortificato. Si misero a lavoro. Dalla pila di omicidi di “routine” (mariti gelosi, rapine finite male) trovarono i casi che cercavano. Le ragazze uccise ogni sette anni, e tutte sgozzate, tutte il due novembre. I casi poi venivano archiviati, come se finissero nel dimenticatoio, come se nessuno ci badasse più di tanto. E questo era strano.
Ma i fascicoli non dicevano molto di più, quindi ben presto si dovettero arrendere. Sam si sedette scomposto , mise le mani nelle tasche e ritrovò, quasi distrattamente, la perlina che aveva trovato. La mise sul tavolo, ragionando sul da farsi. Alex, che era lì vicino a sistemava dei libri, leggermente indiscreta si ritrovò a fissare quel piccolo oggetto.
-Posso vedere?-chiese, avvicinandosi.
Sam alzò un sopracciglio:-Sarebbe una prova in realtà.
-E allora perché non l’avete messa nell’apposito sacchetto? Guardo un sacco di telefilm polizieschi, sapete?
Sam arreso le fece un cenno con la mano come a dire “fai pure”, e Dean cercò di ignorarla alzando gli occhi al cielo dietro un fascicolo.
Alex si sedette esaminando la pietruzza per qualche istante:-Non mi è nuova. Mi ricorda qualcosa…
Si alzò e cominciò a guardare, inclinando la testa, i titoli di vari libri. Alla fine ne prese uno, soffiò via la polvere e lo sfogliò:-Ecco, guardate.
Dean e Sam si sporsero sulla foto del libro, e videro un antico fermaglio per capelli tempestato di pietruzze come quella che avevano sottomano, scheggiata allo stesso identico modo. Ne mancava solo una, tutte le altre erano perfettamente incastonate.
-Di che libro si tratta?-chiese Dean incuriosito, trovando finalmente utile quella ragazza.
 -E’ un antico fermaglio che ci è stato donato per il museo della città. Risale probabilmente ai primi del ‘900 e appartiene ad una famiglia ricca, ma se non sbaglio..
Si alzò nuovamente, andando ad aprire un cassetto. Tolse una cartellina e dopo un po’ estrasse un foglio:-Ecco, come ricordavo. Questo pezzo è sparito dalla collezione da decenni. Lo ricordo perché ho studiato le donazioni fatte dal ‘900 a oggi.
-Cosa studi?-le chiese Sam alzando lo sguardo dal libro- all’università intendo.
-Storia e folklore- rispose Alex con un sorriso, visibilmente fiera del suo corso di studi- per questo faccio il tirocinio qui. Ma l’università si trova in una città qui vicina.
Sam si mostrava interessato:-Si vede infatti che sei una persona curiosa! Quindi studi anche le leggende locali?
Alex stava annuendo e aveva aperto la bocca per rispondere, ma Dean scosse la testa e li interruppe dando un colpo al banco:-Ehi per caso volete anche un tè? Siamo qui per lavorare!
Sam lo fulminò con lo sguardo, contraendo le labbra in una linea sottile. Alex si ammutolì come una bambina rimproverata, e arrossendo lasciò loro il libro e il foglio sul tavolo:-Sì scusa, hai ragione. Vi lascio questi, se avete bisogno sono là..-lo disse con voce flebile e li lasciò nuovamente soli.
-Ma sei stupido, Dean? Le stavo chiedendo se conosceva le leggende del posto e mi stava rispondendo di sì, poteva esserci d’aiuto!
-Non abbiamo ancora constatato se si tratta di qualcosa di sovrannaturale o no-rispose Dean bisbigliando, sotto lo sguardo di rimprovero del fratello- non ci servono le chiacchiere di una secchiona.
Si immersero di nuovo silenziosamente nella lettura.
Un’ora dopo circa salutarono Alex (in realtà l’aveva salutata solamente Sam, ma la ragazza sembrò non farci caso) e tornarono in motel mettendo insieme tutte le varie informazioni.
-Bene, il fermaglio quindi era stato donato alla città da Margaret Brown, una donna che ora ha la bellezza di 98 anni. Pare appartenesse alla famiglia per cui lavorava come governante negli anni ’30, ma qui non dice altro- disse Sam, spostando lo sguardo tra gli appunti presi all’archivio e il computer, che mostrava una scarna pagina sull’archivio della città e non aveva molte altre informazioni- è ricoverata alla casa di riposo, vai tu a parlarci? E’ ancora presto.
Era pomeriggio infatti. Avevano mangiato un panino al volo in un fast food d’asporto e si erano rimessi subito a lavoro:-No Sam vai tu, sai che non so rapportarmi con gli anziani, devo alzare la voce per farmi sentire e…
Sam lo interruppe prendendo il necessario:-Perfetto allora vai a parlare con Alex. Su internet non ci sono abbastanza informazioni e lei è informata in storia e folklore. Potrebbe avere informazioni utili..e cerca di scusarti per come ti sei comportato -aggiunse poi, quando vide che Dean aveva aperto la bocca per protestare. Uscì dalla stanza e Dean non poté rifiutarsi ormai quindi sbuffando prese il giubbotto in pelle.
 
Era appena arrivato all’archivio e stava per suonare quando vide proprio Alex uscire dalla porta:
-Ehi.-gli disse, con un po’ di sorpresa nella voce.
-Ehi..stavo cercando proprio te.-disse Dean preso alla sprovvista, e Alex non rispose, semplicemente guardandolo.
-Senti mi volevo scusare, sai quando sono immerso dal lavoro divento nervoso e rispondo sgarbatamente a tutti.
Alex annuì e alzò le spalle, sorridendo leggermente:-Non c’è problema. Capita anche a me soprattutto quando preparo gli esami dell’università e sono sotto stress.
Dean annuì sfregandosi le mani, sfoderando il suo sorriso migliore:-Ecco sì, ti volevo chiedere…saresti disponibile a darmi qualche notizia sul folklore?
Alex rise leggermente in modo amaro, scuotendo la testa:-Mi hai chiesto scusa solo perché hai bisogno di aiuto? Dai, andiamo al locale dove lavoro. Ne discutiamo al caldo.
 
 
Note autrice: Sì lo so, il 90% delle mie fan fiction sono delle Destiel, quindi come mai questa scelta? Io ho amato supernatural fin dall’inizio, per i suoi temi, per la sua trama, a prescindere dalla coppia Dean-Castiel. Ho scritto questa storiella un bel po’ di tempo fa con una vaghissima intenzione di pubblicarla ma ho deciso di farlo per dare un po’ di varietà alle mie storie e non essere monotematica (qui Castiel non è nemmeno nei pensieri dei Winchester). Che altro dire, vi propongo questa storia con un po’ di nostalgia per le prime stagioni (anche se per me sono bellissime anche le ultime) e spero vi piaccia, se recensirete sarò felice di continuare a pubblicare : ) Un bacio
 
 
Heavensent
 
 
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
 
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.
 
(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Capitolo 2.

 
Poco dopo entrarono nel locale dove il giorno prima Sam e Dean erano andati a mangiare e Alex lavorava come cameriera. Alcune ragazze a un tavolo la salutarono, per poi sussurrare qualcosa fra di loro quando videro che era accompagnata da Dean. Il ragazzo le guardò aggrottando la fronte, rivolgendosi poi ad Alex:-Sbaglio o in questa città tutti sono un po’ pettegoli?
-Non sbagli-disse lei, sfilandosi la sciarpa- e direi che “un po’” è un eufemismo. Io sono originaria di questa città ma sono venuta a viverci solo qualche anno fa. I miei nonni mi hanno lasciato una casa e quindi ho deciso di venirci a vivere da sola perché è più vicino all’università, c’è l’archivio per fare il tirocinio e chissà, magari un giorno lavorarci. Fatto sta che questa città brulica di bigottismo e pettegolezzo. Quelle sono delle vecchie colleghe del primo anno di università, saranno rimaste stupite dal vedermi con un bel ragazzo-disse quasi senza farci caso, e in quel momento arrivò un cameriere a interromperli che essendo collega di Alex la conosceva bene. Ordinarono due menù hamburger come quello preso da Dean il giorno precedente.
-E perché dovrebbero esserne stupite?-chiese Dean, mentre osservava la ragazza più da vicino. Aveva un neo sotto l’occhio simile a quelli che nell’800 si aggiungevano per bellezza, le labbra screpolate per il freddo e poco trucco, giusto il mascara e un filo di phard. Il freddo le aveva fatto lacrimare gli occhi dietro gli occhiali da vista dalla montatura scura e rettangolare.
-Mah, sono sempre stata un po’ la sfigata di turno. Sai, leggo libri sempre e ovunque, e poi mi piacciono cose strane. Storie di fantasmi, per esempio.
Dean cercò di assumere un’espressione il più seria possibile, anzi quasi tentò di snobbare quell’ultima informazione:-Pff fantasmi, ma andiamo..e comunque sei il genere di ragazza che piacerebbe a mio fratello. E’ un secchione anche lui.
-Tuo fratello?
Dean si morse l’interno della guancia, la prima regola era non far trapelare le informazioni su di loro:-Sì, Sam è mio fratello. Facciamo lo stesso lavoro.
-Oh che bello, deve essere fantastico! Non vi sentite mai soli così!
-Già- asserì Dean con una punta di malinconia, ripensando a quando solo pochi mesi prima Sam era morto fra le sue braccia. Alex forse lo notò perché gli chiese se andava tutto bene.
Dean si voltò a guardarla puntando gli occhi su quella ragazza pressoché sconosciuta ma al momento rassicurante. Non sembrava più odiosa come poco prima. Era realmente preoccupata.
-Sì sì..ho solo un po’ fame-disse accennando un sorriso e proprio in quel momento arrivarono le ordinazioni.
-Oh a chi lo dici..-disse lei, afferrando subito l’hamburger fra le mani e dando un morso senza misure-Buon app’etito- biascicò mentre già masticava, e Dean la guardò sorpreso tanto che non cominciò subito a mangiare:-Strano, tutte le ragazze che ho conosciuto si nutrivano di lattuga come Sam..non sembra che a te importi molto.
Alex deglutì e rise leggermente:-Scherzi? E privarsi del cibo, una delle cose più belle che esistono a questo mondo? Preferisco essere in carne e di buonumore piuttosto che un’acida magra!
-Non mi sembri in carne però- disse Dean, senza ovviamente ammettere che mentre entravano al locale aveva dato una sbirciata al suo sedere.
Alex sembrò arrossire al complimento (“possibile arrossisca così spesso?” si chiese Dean) e continuò a mangiare in silenzio. Dopo essere arrivata a metà panino e aver ingurgitato anche un bel po’ di patatine e sorseggiato la coca cola come fosse nettare degli dei (“Amo la coca cola, a te non piace Dean?”) gli chiese cosa volesse esattamente sapere del folklore della città:-Cosa ha a che fare con gli omicidi?
-Sai a volte il folklore ha le radici nella storia, e viceversa. Tu che lo studi dovresti saperlo no? Magari dei fatti realmente accaduti hanno portato al narrare di qualche leggenda, che potrebbe portarci alla verità.
Era una scusa plausibile e non solo Alex sembrò credergli ma si trovò anche a essere d’accordo con lui. Allora posò il panino e cominciò a raccontare tutte le leggende che conosceva. Dalla ragazza che si era suicidata nel 1800 perché ripudiata dal fidanzato e ora si pensava che il suo spirito camminasse per la piazza centrale della città, allo spirito di un minatore che entrato in una galleria non è uscito più, poi la storia dei cunicoli che collegavano tutte le chiese della città, e il cimitero dei bambini mai nati nascosto sotto la chiesa di S. Michael. Dean pensò che fossero tutte storie interessanti e che quella città era fortunata a non essere stata assediata da eserciti di fantasmi che inspiegabilmente dovevano essere tutti morti in pace, ma niente sembrava fare per lui. Proprio quando stava per raccontare l’ennesima leggenda arrivò Sam, che Dean aveva avvisato prima con un sms. Ordinò un frullato leggero e portò delle notizie:-Ho parlato con la signora Brown che aveva donato il fermaglio al museo. A quanto pare la donna lavorava per la famiglia Jones, una delle più in vista e..
Alex li interruppe:-Jones? Quella famiglia Jones?
-Non lo so-disse Sam aggrottando la fronte- dipende a cosa intendi con quella.
Alex era visibilmente entusiasta, si vedeva che le piacevano le storie del mistero:-Bene, dovete sapere che verso l’uscita della città abbiamo un fantastico cimitero monumentale, e ci sono delle tombe più famose di altre. Una di queste è quella della famiglia Jones. In particolare è famosa per la statua della bambina..Fleur Jones. E ci sono varie leggende su di lei. Qualcuno dice che la vede correre per il cimitero durante la notte, se ci si affaccia ai suoi cancelli. Altri dicono che nella settimana dopo Halloween la si può incontrare nel centro storico..e se ti sceglie tu muori.
-Hai detto la settimana dopo Halloween?-chiese Sam interessato, senza aspettare risposta e afferrare il computer dalla borsa, per posarlo sul tavolo.
-La settimana dopo Halloween comprende anche il due novembre- rifletté Dean, e Sam annuì- il due novembre in alcune parti del mondo ha una valenza più religiosa del nostro Halloween. Vengono commemorati i defunti ma in maniera raccolta e spirituale. E’ prevalentemente europea. Fleur è un nome francese no?
Alex annuì:-La madre della bambina era francese. E poi non so se avete visto questa città ma rispetto alla media americana la religione cattolica è molto praticata.
Sam annuì chiudendo il laptop quando arrivò il suo frullato dietetico. Notò poi gli hamburger dei due:-Ma andiamo ragazzi sono le cinque del pomeriggio!
Alex alzò le spalle e diede un morso al proprio panino:-Da qualche parte è ora di cena!
Dean sorrise e si voltò verso Sam:-Questa ragazza comincia a starmi simpatica-prese poi una patatina, ridendo fra sé.
Sam scosse la testa e diede un sorso al suo frullato, per poi riconcentrarsi sulla questione:-Comunque sia, è probabile che questa famiglia Jones e quella della tomba siano la stessa. Purtroppo Margaret ha ormai 98 anni, non era molto lucida e non mia saputo dire molto, ma era a disagio, si vedeva che parlarne la faceva soffrire. Dobbiamo informarci meglio.
-Siete fortunati perché avete incontrato me-disse Alex facendo l’occhiolino a Sam- datemi il tempo di finire il panino e poi andiamo in un posto.
 
Alex non aveva aggiunto altro mentre si dirigevano verso il centro. Cominciò a spiegare la sua teoria, mentre alcune gocce di pioggia cominciavano a cadere.
Si sistemò il cappuccio sulla testa:-Voi avete detto che avete cercato i casi di omicidio dalla seconda guerra mondiale grossomodo, giusto? Forse bisogna scavare più a fondo. Per legge le documentazioni più vecchie di 40 anni possono non essere tenute in archivio, e vengono spostate altrove. In questo caso sono qui, in una sezione speciale della biblioteca-disse Alex fermandosi improvvisamente davanti a un edificio- voi distraetele, io penso ai documenti.
Non avevano elaborato un vero piano, quindi Sam e Dean si trovarono piuttosto confusi quando la seguirono. La biblioteca non era molto grande ma abbastanza silenziosa. C’erano ragazzini in gruppetti che studiavano per la scuola, anziani che leggevano il giornale e studenti un po’ più disperati. Alex si avvicinò con circospezione a una saletta a lato, in cui c’era scritto sulla porta “libri e giornali d’epoca”,e una bibliotecaria bionda bassottina e con degli occhiali da vista grossi le si avvicinò con un enorme sorriso finto:-Per la visita ai documenti rari puoi prendere un appuntamento, lunedì mercoledì e venerdì dalle tre alle quattro del pomeriggio.
-Oh bè..grazie per l’informazione, ne terrò conto!-disse lei sorridendo, e in quel momento un trambusto all’entrata della biblioteca le fece voltare entrambe. Dean aveva volutamente ribaltato una libreria, facendo cadere libri ovunque. La bibliotecaria allarmata si avviò verso lui e Sam con piccoli passetti, e Alex entrò fulminea nella sala. Parlottava fra sé e sé leggendo le targhette sotto e mensole di libri:-Dal 1800 al 1830, dal 1830 al 1890, dal 1890…ah, eccoti! –afferrò la cartelletta e la mise sotto il giubbotto, uscendo inosservata dalla sala. Dean si scusava ripetutamente, ora calpestando un libro ora un altro:-Oh mi scusi sono così maldestro!- continuava a dire, mentre la donna aveva chiaramente una crisi di nervi e Sam fingeva di portarlo via inutilmente. Gli studenti annoiati si erano riscossi dalla noia dello studio per seguire quella scenetta.
Alex uscì senza farsi notare in quel trambusto e i fratelli la videro con la coda dell’occhio, scappando quasi immediatamente dopo di lei. Corsero via verso la macchina di Dean, ridendo come tre ragazzini che avevano fatto una bravata.
-Preso?-chiese Sam quando con il fiatone furono arrivati all’Impala. Alex era seduta nel sedile posteriore e gli mostrò la cartella:-Sono tutti gli articoli di giornale dal 1890 fino al 1950. Cronaca nera, perlopiù.
I tre cominciarono a sfogliare i vecchi fogli di giornale, e alla fine trovarono quello che stavano cercando. A caratteri cubitali la cronaca della città annunciava nel 1937 la morte della figlia del più grande avvocato della città, Robert Jones, probabilmente per meningite. Ai funerali avevano assistito tutti gli abitanti della città, perché Fleur aveva solamente sette anni e la storia aveva fatto pietà  a tutti.
La faccenda stava cominciando a essere più chiara, c’erano dei nomi, c’era una vicenda. La bambina era morta il due novembre e questo non era certamente un caso. I due si guardarono in modo eloquente. Doveva esser lei, Fleur Jones.
Alex seguiva la vicenda appassionata senza in realtà sapere bene quale fosse il punto di arrivo, pensava ancora che la leggenda avrebbe portato a qualcosa di “reale”. Ma Sam si voltò verso di lei e con tutta la cautela possibile le disse che era meglio che si tenesse fuori da quella storia, vedendo il suo entusiasmo scemare piano piano:-Sai, è per la tua sicurezza, e poi è un caso federale, potresti passare dei guai.
Alex si accasciò contro il sedile posteriore:-Sapete, se non avessi fatto la mia università avrei sicuramente voluto fare la profiler..sarebbe stato bellissimo! Ma quel corso costava troppo e così..-alzò le spalle lasciando la cosa in sospeso, e scosse la testa- non importa. Posso chiedervi se mi date un passaggio a casa?
Sam annuì e sotto le sue indicazioni la portarono davanti a una piccola casa. Sam le diede il biglietto da visita:-In caso ti venisse in mente qualcos’altro non esitare a farti sentire..e grazie di tutto, davvero.
Alex annuì e sorrise leggermente:-Grazie a voi, è stato bello sentirmi utile per un po’. In bocca al lupo per il caso.-Scese dalla macchina e stando ferma davanti alla porta di casa, li guardò andare via.
 
Dean e Sam aspettarono la mezzanotte ed entrarono al cimitero monumentale. Era molto diverso dai cimiteri a cui erano abituati. Non c’erano solo normali lapidi a terra ma vere e proprie statue bianche che si ergevano minacciose tagliando il buio della notte. Oppure grosse lastre con incise lunghe poesie per il defunto, croci, statue di santi. Era ricco di storie di persone di ogni tipo. Non fu molto difficile trovare la tomba della famiglia Jones, una cripta chiusa da un cancelletto nero. Dean forzò la serratura ed entrarono, illuminando il piccolo spazio. Al centro si ergeva la statua a grandezza naturale di una bambina, probabilmente Fleur, nell’atto di cogliere un fiore mentre sta seduta su una colonna spezzata.
-La colonna è il simbolo della vita giovane che viene interrotta troppo presto-sussurrò Sam, sfiorando con le dita i boccoli di marmo gelido, scolpiti talmente bene da sembrare veri.
-Sì Sam dobbiamo bruciarla però, non mi interessano le tue lezioni di..simbologia tombale- sussurrò Dean a denti stretti. Illuminò con la torcia la tomba di Fleur. La sua e quella della madre si ergevano ai lati della statua.
-Ehi Dean..-Sam stava leggendo invece la tomba della madre-indovina quanto tempo dopo è morta la signora Jones?
-Fammi indovinare..sette giorni dopo?-chiese Dean, e Sam annuì- e poi, perché non c’è quella del padre?
-Non saprei-mormorò Sam, sospirando-forse ha sepolto la figlia e la moglie e poi si è trasferito. Non possiamo saperlo.
-Per sicurezza dovremmo bruciarle entrambe..sicuramente non farà male.
Sam annuì. Aprirono le tombe e bruciarono, in silenzio, prima i resti di Fleur e poi quelli di Ellie Jones. Richiusero la cripta, andandosene senza dire una parola.
 
Nel frattempo dall’altra parte della città, Alex si era sciolta la coda e aveva messo il pigiama. Scosse i capelli, sentendo il mal di testa defluire lentamente come se scivolasse lungo le ciocche nere che le arrivavano lunghe per quasi tutta la schiena. Per il lavoro doveva per forza tenerli legati ma ogni volta tornava a casa con le tempie che le scoppiavano. Andò in cucina, sentendo la teiera che fischiava, in modo da concedersi quella coccola calda prima di andare a dormire. Stava versando il tè nella tazza, quando sentì un brivido di freddo percorrerla tutta e il fiato gelido condensarsi dalle sue labbra. Si voltò e lanciò un urlo. Un uomo si ergeva davanti a lei. Un coltello in mano, un abito elegante vecchio stile, grossi baffi e un aspetto in generale grigio, impolverato…spettrale. Pur spaventata, quando vide quella figura tremare quasi fosse un ologramma, agì d’istinto. Aprì uno degli armadietti e afferrata una manciata di sale grosso, la lanciò verso la figura che sparì all’istante. Barcollò fino alla stanza accanto, afferrando il telefono con le mani tremanti digitò il numero scritto sul cartellino:-Sam?? Sam aiuto ho bisogno di voi..
 
-Ma non è possibile, abbiamo bruciato tutti e due i Casper!- Dean gesticolava esasperato, Sam accanto a lui e Alex leggermente tremante seduta sul divano, con le gambe incrociate. Guardava un punto vuoto davanti a sé.
-Alex ma come hai fatto a capire che era un fantasma e cosa dovevi fare?
-Sono sempre stata appassionata di sovrannaturale..-cominciò a spiegare, passandosi una mano fra i capelli lunghissimi- e insomma, ho letto della sensazione di freddo, e quando l’ho visto.. era chiaramente vestito in maniera antiquata, non avevo sentito passi..era un fantasma. So che il sale serve a depurare e in generale a mandare via il malignò e così…-lasciò la frase in sospeso e regnò il silenzio per alcuni istanti, poi Alex riprese a parlare:-Quindi non siete dell’FBI.- il suo tono non era quello di una domanda, era solo una constatazione. Non sembrava comunque averlo ancora realizzato completamente. Sam e Dean annuirono in imbarazzo. Era sempre un problema quando qualcuno scopriva chi fossero realmente, anche perché non amavano coinvolgere le persone innocenti. Non finiva mai bene.
-Siamo cacciatori- spiegò Dean con calma- e combattiamo tutto il male sovrannaturale. Bè, quello che possiamo almeno.
-Cos’altro esiste oltre i fantasmi?-chiese Alex curiosa, la paura sembrava addirittura esserle passata.
-E’ meglio che tu non lo sappia..-disse Dean, e lei corrucciò le labbra, delusa.
Sam si avvicinò a Dean, abbassando leggermente la voce per tenere la conversazione privata:-Cosa ne pensi? Potrebbe essere il padre?
-Penso di sì. E poi perché si è presentato al di fuori dello schema dei sette anni?
Sam alzò le spalle e poi si voltò verso l’orologio. Erano le cinque del mattino, ma non aveva tempo per aspettare l’apertura dell’archivio o della biblioteca. Avrebbe scassinato le porte come erano soliti fare per cercare informazioni:-Io vado a cercare informazioni. Dean tu stai con Alex, potrebbe ripresentarsi.
Dean annuì, prendendo dal borsone il fucile caricato a sale e posandolo sul tavolo.
Sam afferrò la sua di borsa e uscì.
 
Mentre Sam attraversava le strade fredde ragionava sul caso. Ebbe un’illuminazione. Le ragazze erano sempre tutte morte con un taglio alla gola, ma Fleur chiaramente non poteva uccidere le vittime in questa maniera per una questione di altezza. Inoltre ricordava che Alex, parlando della leggenda, aveva detto che morivano le persone scelte dalla bambina, ma non che le uccidesse direttamente lei.
Riuscì a scassinare la porta dell’archivio senza far scattare l’allarme e armato di torcia trovò la sala che fortunatamente era anche fornita di un computer. Era indeciso su cosa cercare. Trovò dei post-it e cominciò a scrivere tutti i punti dell’indagine, disponendo i foglietti davanti a lui su uno dei banchi.
Annotò età e caratteristiche delle vittime, giorni degli omicidi e ritrovamento dei corpi, le date delle morti di Fleur ed Ellie. I giornali che Alex gli aveva procurato non parlavano della morte di Ellie, il che era strano, data la notorietà che aveva la famiglia a tal punto di parlare della morte di Fleur per la meningite.
Entrò nella sala dove erano depositati i documenti e riuscì a trovare il registro delle sepolture di quegli anni. E dopo una lunga ricerca trovò che Robert Jones era morto qualche anno dopo ed era stato cremato. Merda. C’era solo un modo per salvare la situazione, e come avevano fatto altre volte, era quello di invocare il fantasma cercando di dargli una soluzione che lo facesse finalmente sentire in pace con sé stesso, per andare oltre. Ma se non aveva informazioni non poteva sapere come affrontare la cosa.
Tornò al computer scrivendo diverse cose nel motore di ricerca. Quando, dopo ricerche inutili, decise di scrivere la strada in cui avvenivano tutti gli omicidi, si rizzò sulla sedia trovando quello che forse poteva essere un punto chiave: era la stessa della vecchia casa dei Jones, abitata ora da un’altra famiglia. Erano le sei e trenta del mattino, aveva tempo di tornare al motel e mettersi il vestito da agente dell’FBI, unica scusa plausibile che gli avrebbe permesso di presentarsi lì alle sette del mattino e cominciare a fare domande. Al 90% chi abitava ora lì non aveva idea di chi vi abitasse prima ma almeno avrebbe potuto dare un’occhiata alla casa.
 
Calò il silenzio e Alex si strinse meglio nella coperta che aveva sulle spalle, raggomitolandosi sul divano. Dean dopo qualche istante si sedette vicino a lei:-Ti sei parecchio spaventata eh?
Alex sospirò e scosse la testa. Tolse gli occhiali massaggiandosi gli occhi, poi li rimise:-Sai un conto è essere incuriosita dal sovrannaturale, trovare le leggende affascinanti..un altro è scoprire che esistono davvero. Tu quando l’hai scoperto?-gli chiese, voltandosi verso di lui.
Dean sussultò, non in molti glielo avevano chiesto. Spiegò che tutto era cominciato quando aveva quattro anni, e che la sua vita era stata una continua guerra da quel momento.
-Anche se dovrò sopportare tutto questo solo per pochi altri mesi..-disse con un velo di malinconia, e Alex aggrottò la fronte:-Cosa intendi dire?
Dean si passò una mano sul viso, poggiò i gomiti sulle ginocchia guardando da un’altra parte. Sentì Alex avvicinarsi e posargli una mano sulla schiena.
-Ho fatto una cosa..una cosa che purtroppo mi porterà a morire precocemente. Ma l’ho fatto per Sam. Sai mi sono sempre preso cura di lui e..-alzò le spalle senza finire la frase, e voltandosi vide Alex profondamente scossa. Aveva gli occhi spalancati e increduli.
-Dean ma sei giovane non..non c’è nessun modo? Qualcosa dovrà pur esserci..
-Stiamo ancora cercando. Sam soprattutto. Speriamo di cavarcela -disse con un sorriso sommesso. Non era da lui commiserarsi o raccontare i fatti suoi, per niente. Ma Alex sembrava rassicurante, era una di quelle persone che nonostante fosse una completa sconosciuta ti faceva venir voglia di confidarti.
-Spero tanto che troviate una soluzione..-gli disse con voce spezzata e stanca, esausta da tutta quella situazione, da quella giornata, dall’adrenalina data dalla paura, poggiò la fronte alla sua spalla. Dean si sentì confortato dal calore di quella vicinanza. Alex somigliava terribilmente a Lisa, soprattutto quando era più giovane. Forse per questo dopo un’iniziale antipatia aveva cominciato ad apprezzarla. In fondo li aveva aiutati con il caso, era stata gentile nonostante sembrava che non meritassero il suo aiuto. E ora per colpa loro era nei guai, come sempre.
-Scusa per averti coinvolta in questa storia. Ho la brutta abitudine di rovinare tutto ciò che tocco- le disse in un sussurro, spostandole leggermente i capelli che le erano ricaduti sul viso. Alex sorrise:-Forse non è stato un male. Almeno so che ci sono delle cose da combattere là fuori.
Dean assottigliò gli occhi:-Non vorrai mica metterti a fare la cacciatrice? E’ pericoloso, non imbarcarti in questa storia. Ti rovinerà la vita.
-Ma…-provò Alex, ma Dean la interruppe:-Niente ma! Stanne fuori Alex, dico davvero. Vivi una vita normale, studia, lavora, ma non fare la cacciatrice. Non finisce mai bene. Guarda me! Fra qualche mese dei maledetti cani demoniaci porteranno la mia anima all’inferno. Vuoi finire così?
-Non sto dicendo che lo farò per certo, Dean, dico solo che se capiterà l’occasione e potrò dare il mio aiuto, lo farò.
-Sei sempre così testarda?-cominciava ad arrabbiarsi, mentre Alex risoluta lo guardava senza una punta di debolezza.
-Anche di più, ma sono troppo stanca per esserlo ora-sussurrò lei.
Lasciò cadere la coperta sul divano e gli diede le spalle, tornando ai fornelli della cucina. Aveva un assoluto bisogno di bere una camomilla. Prese il pentolino e con violenza non necessaria lo fece scontrare contro il fornello. Mise l’acqua e lo accese.
Dean si passò la mano sul viso, sentendo quei movimenti bruschi. Poi gli parve di sentire dei singhiozzi. Si alzò dal divano e vide la figura di Alex di spalle, scossa da chiari brividi di pianto. Pensò di essere stato troppo duro e con un lieve senso di colpa, si avvicinò e le posò una mano sulla spalla, facendola sussultare:-Scusami Alex io..non volevo..
Alex si voltò verso di lui, sbuffando. Il piano della cucina non le permetteva di indietreggiare, trovandosi così quasi schiacciata fra esso e il corpo di Dean:-Oh andiamo, pensi di essere così importante?-gli domandò con voce rotta, passandosi le mani con forza e rabbia sulle guance arrossate- è solo..uno sfogo. Sono stanca, e spaventata…è tutto così strano.
Dean annuì, non sapendo come placare quei singhiozzi che lei a fatica tentava di trattenere. E fece d’istinto l’unica cosa che gli viene in mente, chinandosi su di lei e dandole un lieve bacio sulle labbra, troppo lieve, non da lui, così insensato e non ragionato. Ma dal giorno in cui aveva messo quella maledetta scatoletta nell’incrocio aveva smesso di pensare, aveva deciso che il tempo per pensare non ce l’aveva più, e aveva solo agito, senza paura di morire, senza paura di sbagliare, solo con la paura di perdere Sam che gli faceva capire che tutto il resto sarebbe stato relativo.
Il respiro di Alex si bloccò a quel contatto e per lo meno smise anche di piangere. Si lasciò andare al tocco di quelle labbra sconosciute, e il bacio fu subito approfondito.
Fu un’esigenza data più dal cercarsi di due persone sole, che una vera eccitazione. Barcollando e ancora baciandosi finirono sul divano, respirando affannosamente e aggrappandosi l’uno all’altro come se ne valesse della loro stessa vita.
 
Sam arrivò alla stradina dell’omicidio e trovato il numero civico giusto suonò al campanello. Dall’interno della casa sentì dei bambini che strillavano per gioco e una voce di donna dire “andate a fare colazione o farete tardi!”.
La porta si aprì e una donna sulla trentina, con i capelli neri legati in una coda alta e ancora addosso il pigiama apparve:-Sì?-chiese, alzando un sopracciglio.
-Buongiorno signora, mi scusi per l’ora. Sono l’agente Wesson dell’FBI. Potrei farle qualche domanda?
La donna rimase spaesata per qualche istante, poi boccheggiando lo lasciò entrare. Era arrivato nel bel mezzo delle preparazioni mattutine pre-scuola, se ne rendeva conto, ma la donna non protestò:-Mi scusi per l’abbigliamento-disse, anzi- ma non mi aspettavo che arrivasse qualcuno.
-Non si preoccupi- interruppe lui- anzi mi scusi lei ma è una questione molto importante e alla centrale abbiamo piuttosto fretta. Potrei parlarle in privato?
La donna gli fece cenno di accomodarsi in salotto mentre affidava i bambini alle cure del padre. Tornò in salotto chiudendo la porta, e si sedette davanti a Sam:-Mi dica pure, è successo qualcosa di grave?
-E’ solo che una scia di omicidi che c’è stata negli anni 30 forse si sta ripresentando ai giorni nostri. Probabilmente un imitatore-disse con un sorriso educato, e la donna annuì- signora…
-Miller-continuò lei- ma mi chiami pure Jane.
-Va bene Jane-sorrise Sam- lei sa che questa casa apparteneva alla famiglia Jones?
-Certo che lo so- disse lei, come fosse la cosa più naturale del mondo- prima di appartenere alla mia famiglia. Bè, è una storia piuttosto bizzarra in realtà, non so se le possa interessare…
-Mi metta alla prova-disse lui, e le sorrise nuovamente.
-Io sono frutto del secondo matrimonio di mio padre-cominciò la donna, nonostante fosse una cosa un po’ troppo intima e inutile da confidare a un agente dell’FBI. Infatti Sam non capì subito perché la donna avesse cominciato da lì- ha..ha a che fare con Fleur per caso?-chiese poi all’improvviso, come se ci stesse pensando ma non riuscisse a trattenersi.
-Conosceva Fleur? E’ impossibile, lei sarà nata almeno..
-…48 anni dopo? Sì agente Wesson, non l’ho mai conosciuta di persona. Ma era la mia sorellastra.
Sam era confuso.
La donna si alzò con calma, e andò verso la credenza. Gli sembrò che prendesse un diario, simile a quello che Sam e Dean sfogliavano quotidianamente.
-Mio padre è morto non molti anni fa-disse la donna, sedendosi davanti a lui e porgendogli lo strano quadernino- lei non è un agente dell’FBI.
Non suonò come una domanda, ma come un tacito assenso. Così Sam rimase zitto e un po’ sfogliando il diario, un po’ ascoltando la donna, ricompose la storia.



Note autrice: Vorrei solo ringraziare chi ha letto, recensito, e messo fra seguite, ricordate e preferite. Non mi aspettavo questa accoglienza perchè solitamente sono altri temi ad essere più gettonati! Siamo ormai già quasi alla fine del mistero, perchè il prossimo capitolo sarà l'ultimo. Spero che questo vi sia piaciuto e che non vi abbia creato troppa confusione e se avete dubbi soprattutto nella parte finale è voluto: ho lasciato tutto in sospeso e ciò che sembra insensato si risolverà la prossima volta :)
Vi ringrazio ancora e alla prossima! 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3

 
La famiglia Jones era la famiglia più in vista della città. Una delle poche ad avere una domestica fissa, tre pasti abbondanti al giorno, abiti nuovi e profumati. Il resto di quella piccola città non era poi così tanto agiata, se non per quegli imprenditori che venendo da fuori città riuscivano a dare lavoro ai poveri paesani, scuotendo così l’economia del posto.
Erano anni difficili, nonostante l’America fosse lontana da tutto ciò che stava succedendo in Europa. La guerra non l’aveva colpita tanto fisicamente quanto economicamente e portando i più giovani al fronte. Ma era considerata una missione, un atto di eroismo: i più ottimisti amavano vederla così.
La famiglia Jones non aveva nessuno da mandare al fronte, e la loro bella casa in centro godeva delle più grandi comodità dell’epoca.
Ma quando la piccola Fleur morì tutto si disgregò, la perfezione della famiglia scemò fuori dalle finestre dalle tende ricamate, i soldi non poterono più comprare la serenità di cui quei genitori, ora soli, sarebbero stati sempre privati. La grande statua al centro della cappella di famiglia non avrebbe mai sostituito le risate genuine della bimba.
Meningite, questo era stato l’esito ufficiale, ma Robert non ci credette mai, non per davvero. Fleur aveva sempre avuto qualcosa di diverso, qualcosa che non aveva poteva aver preso da nessuno di loro. Gli occhi azzurri. Di un azzurro intenso e innaturale, non appartenente agli occhi di nessuno in famiglia.
 
Ma una notte, accorgendosi che la moglie non dormiva con lui, si alzò per cercarla. E la trovò sulla porta di casa, un uomo tentava di abbracciarla mentre lei si scansava. E quando si voltarono, colti in flagrante, in quell’uomo, quel rozzo paesano vide l’azzurro degli occhi che sarebbe dovuto essere di sua figlia. E capì.
 
Fleur non era sua, non era mai stata sua. Sospettava da tempo che la moglie lo tradisse, quella sgualdrinella francese che era stato obbligato a sposare. E non gli importava, davvero, anche lui avrebbe potuto avere tutte le donne che voleva all’infuori di lei. Ma pensava di avere la certezza che Fleur fosse sua, sangue del suo sangue, concepita in una di quelle sere fredde di sette anni prima quando pensava che con Ellie ci potesse essere qualcosa di più che un amore costruito e combinato per convenienza.
E invece eccola lì Ellie, ormai i 37 anni che le solcavano le guance indiscreti, a parlare con il suo amante, un uomo che non doveva averne più di 25. Robert scese le scale, in pugno un coltello che aveva preso in cucina. Anthony scappò via cercando di trascinare con sé Ellie, che però non voleva scappare, voleva spiegare a Robert che non era come pensava, che aveva visto o capito qualcosa di sbagliato.
La discussione si spostò nella strada, lui non la ascoltava. Anthony era scappato via, nascosto dietro una stradina attigua.
Ellie provò a scappare quando scorse il luccichio del coltello nella mano possente del marito. Non fece in tempo quasi a voltarsi. Lui la afferrò da dietro con una presa stretta e con un taglio deciso il sangue sgorgò dal collo della moglie, riversandosi sui cocci della strada.
 
Anthony aveva scritto tutto nel dettaglio nel suo quaderno e Sam aveva potuto ricostruire la storia insieme a Jane:-Quindi suo padre, Anthony era anche l’amante di Ellie e quindi padre di Fleur. Perché Robert non è stato arrestato?-chiese Sam, puntando gli occhi su quelli di Jane, assurdamente azzurri.
-Era un uomo importantissimo per la città. Mio padre aveva provato a denunciarlo, ma era solo un minatore povero e diciamolo, anche un po’ ladruncolo, oltre che un uomo immorale. La sua parola contro quella di Robert Jones. Ma non è tutto, mio padre vide un’altra cosa subito dopo.
Jane sfogliò altre pagine e Sam le scorse velocemente con gli occhi.
 
“…Quel giorno, quel terribile giorno in cui ho visto Ellie morire, ho visto anche mia figlia. Fleur era lì, risplendeva nel buio della sera, e puntava il dito contro Robert che aveva cominciato a urlare, terrorizzato alla sua vista e portandosi una mano al petto. Robert morì poco dopo di infarto”.
 
-Mio padre poi ha comprato la casa. Si immagini, era la casa di una famiglia caduta in disgrazia, per questo l’ha fatto, il prezzo si era abbassato tantissimo e dentro conteneva ancora tutto ciò che era appartenuto loro. Credo si fosse sempre sentito in colpa del fatto che non avesse conosciuto sua figlia, che fosse morta per colpa sua perché Ellie l’ha avvelenata per via del senso di colpa…
Sam si ritrovò a interromperla di nuovo:-Un momento, Ellie ha avvelenato Fleur?
Jane annuì, e Sam disse a voce bassa:-Spiegherebbe perché è rimasta uno spirito. Ma non credo uno spirito violento.
-No infatti-confermò Jane- ho visto quegli omicidi più volte e…-rabbrividì al pensiero e chiuse gli occhi- è sempre stato Robert a uccidere le vittime. Fleur ha sempre solo..puntato un dito. Così come lo vide mio padre.
-Fleur ha solo cercato di fermare Robert, non sceglieva le vittime come potrebbe sembrare -riflettè Sam- e lei perché non ha mai fatto niente per risolvere questo problema? E perché non se ne è mai occupata nemmeno la polizia anche se non avrebbe mai potuto fare nulla?
-Questo non glielo so dire, so solo che i casi vengono sempre archiviati. Per il resto invece…che avrei dovuto fare? Ho contattato dei medium, dei sensitivi…ma la maggior parte delle volte erano solo degli imbroglioni anzi..tutte. Quando vedevano i fantasmi scappavano a gambe levate. Ma lei invece sembra che conosca queste cose.
-Fin troppo.-.mormorò il piccolo Winchester, sfogliando fra le mani il diario dalla scrittura minuta di Anthony Miller-e poi cosa è successo?
-Nient’altro. Mio padre ha cominciato a vivere qui per lenire il senso di colpa, si è sposato due volte e la seconda volta sono nata io, quando lui aveva ormai 66 anni. E’ stato più avere un nonno che un padre, sempre tormentato dai fantasmi, veri e non. Ho visto il primo … “omicidio” quando ero ancora una bambina e quando mio padre è morto quando avevo 20 anni ho trovato il suo diario e mi è stato tutto più chiaro. Questa è stata l’unica casa che ho mai avuto e dopo la morte di mia madre mi sono sposata e ho continuato a vivere qui. Vorrei solo proteggere i miei figli..-disse indicando con un cenno della testa la cucina-lei riuscirà a fare qualcosa?
Sam non le rispose. Stava ragionando. Succedeva ogni sette anni, Fleur puntava il dito ma non contro le vittime, contro il padre che in realtà nemmeno era suo padre… che era già stato cremato e ora andava  a piede libero.
-Signora Miller..Jane-si corresse poi Sam, alzandosi- è stata veramente utile. Ma io devo andare, credo..credo di aver capito.
Jane si alzò con lui, e quando stava per porgerle il diario del padre lei posò le mani sulle sue:-Lo tenga, potrebbe servirle ancora. Risolva la cosa, agente.-sottolineò l’ultima parola come per dire che aveva capito di non trovarsi davanti a un semplice poliziotto- Questa città ha bisogno di serenità.
Sam contrasse la mascella e annuì. Uscì da quella casa, e prese il telefono per chiamare Dean.
 
Si erano addormentati, tranquilli del fatto che porte e finestre fossero state preventivamente sigillate con il sale. Dean mosse le palpebre, il sole stava sorgendo facendo capolino dalle persiane socchiuse. Alex era stretta a lui, addormentata, mezzo nuda. Non si erano tolti nemmeno tutti i vestiti, era iniziato tutto in maniera violenta e veloce. Dean si era solo aperto i pantaloni, viaggiando con le mani sollevandole il pigiama fino al seno, solo per accarezzarne la curva morbida del petto. Poi le aveva sfilato solamente le mutandine e il pantalone, il necessario insomma. Ma quello che pensava sarebbe stato sbrigativo come quell’impeto che si era impossessato di loro invece era diventato morbido e lento, ma Dean era sempre stato così, con le ragazze. Impulsivo nella passione, nella voglia di averle, ma quando poi se le ritrovava fra le braccia anche solo per una notte, anche se erano sconosciute, era come manovrare qualcosa di fragile, e allora si muoveva piano, con fare fluido e lento, con carezze attente. Il divano aveva cigolato sotto di loro e i sospiri e i gemiti erano sommessi, quasi sussurrati per non voler fare troppo rumore. E una volta finito, stravolti dalla stanchezza della notte insonne si erano addormentati in uno strano abbraccio fatto di vestiti calati solo per metà e una coperta messa in malo modo a coprirli.
Si svegliò totalmente quando il suo cellulare prese a vibrare sul tavolino davanti a loro. Per afferrarlo dovette sovrastare Alex che si svegliò infastidita, aprendo gli occhi a fatica e vedendo poco per via della mancanza degli occhiali:-Dean…-sbiascicò, e il ragazzo mormorò sommessamente un “scusa piccola” mentre finalmente afferrava il telefono e rispondeva:-Sì?
-E’ un eco di morte al contrario.
-C..cosa?-chiese Dean passandosi una mano sul viso e tentando di mettersi seduto.
-Hai presente gli echi di morte, no? Quei fantasmi che rivivono continuamente la loro morte traumatica non solo dove sono morti ma anche per esempio dove sono trasportati? Questo non era l’eco della morte di chi è effettivamente morto ma…di chi ha  ucciso. Fleur non uccideva le vittime, cercava di salvarle da Robert che, oltretutto, non era il suo vero padre.
Dean non sembrava aver capito molto:-Va bene Sammy, vieni qui e ne parliamo bevendo un caffè, ti aspettiamo.
-Sì, rivestitevi, sto arrivando- e il fratellino chiuse la chiamata.
Dean sbarrò gli occhi interdetto; come faceva Sam a capire sempre quando aveva appena scopato?
Posò nuovamente il cellulare sul tavolino, Alex accanto a lui si muoveva leggermente:-Sta arrivando Sam vero?-chiese con la voce impastata. In modo impacciato si abbassò il pigiama che mostrava il ventre e il reggiseno slacciato, trovando poi per terra le mutandine e infilandole, nascosta sotto la coperta.
Dean annuì in risposta, e si alzò anche lui per rivestirsi.
 
Sam spiegò loro tutto ciò che aveva scoperto. Il racconto di Jane, il diario di Anthony, e la sua personale teoria. Dean e Alex stavano seduti sul divano ad ascoltarlo: la ragazza aveva messo un paio di jeans e un maglioncino, i capelli erano sciolti disordinatamente e delle lievi occhiaie lasciavano il segno di una notte quasi insonne.
-Credo che per Robert il momento dell’uccisione della moglie e l’apparizione di Fleur siano stati più traumatici della sua stessa morte. Quindi lui, all’anniversario della morte della figlia, riappare nel vicolo e uccide chi trova. Non è un eco di morte, direi più.. un eco di colpevolezza.
Dean si alzò, passandosi una mano, pensieroso, sulle labbra:-Ma come sono iniziati gli omicidi?
-Il fermaglio-spiegò Sam- la data della sparizione dal museo corrisponde a quella degli inizi degli omicidi. Ho controllato. E nel diario c’è scritto che l’ha rubato Anthony, ma poi l’ha perso. Forse c’era un capello di Fleur, qualcosa che ha permesso al fantasma della bambina di tentare di salvare le vittime di Robert e forse era questo che lo incatenava lì. E ora che noi abbiamo bruciato Fleur lui si muove indisturbato.
-Potrebbe avere senso-disse Dean-per quanto possa avere senso una storia del genere.
Alex li guardava sbigottita e affascinata allo stesso tempo.
-Bene allora cosa facciamo?-continuò Dean- Robert è stato cremato e non possiamo bruciare un bel niente. In casa sua ci sarà qualcosa?
Sam scosse la testa:-E’ stata completamente ristrutturata e inoltre ho controllato i campi magnetici e non ce ne sono. L’unica cosa da fare è un’invocazione.
-Dobbiamo usare qualcosa per attirarlo.
Entrambi poi si voltarono verso Alex. Lei li guardò alzando le sopracciglia:-Perché mi guardate così?-chiese con la voce leggermente stridula.
-E’ pericoloso Sammy-disse Dean, rivolgendo lo sguardo verso il fratello.
Il minore alzò le spalle:-Ha già provato ad attaccarla una volta. Potrebbe funzionare e noi saremo lì per aiutarla.
-Potete evitare di parlare come se io non ci fossi?-sbottò Alex alzandosi all’improvviso-avanti, ditemi cosa vi serve.
-Alex..-iniziò Dean, ma lei lo interruppe con uno sguardo severo:-Se vi serve aiuto lo faccio.
Dean sospirò e guardo Sam, che sembrava molto più deciso di lui:-Ok, questa è l’idea.
 
Quella notte tornarono al museo monumentale.
-E’ proprio necessario venire qui a fare questa..cosa?-chiese Alex, stringendosi nelle spalle per un brivido di freddo.
-Serve un terreno consacrato-spiegò Dean mentre si guardava intorno per scassinare poi il lucchetto-così non daremo troppo nell’occhio. Sai se scassiniamo il portone di una chiesa potrebbe non passare inosservato.
Alex annuì e li seguì. I loro passi scricchiolavano sulla ghiaia del cimitero. Conosceva quelle stradine a memoria, quando era piccola e andava al cimitero con la mamma le piaceva osservare le statue bianche che si ergevano dalle tombe. Pensava che il buio le avrebbe oscurate e invece nella notte sembravano più brillanti, quasi anch’esse fossero fantasmi che risplendevano.
Sapeva dove stavano andando e quindi quando vide la cripta dei Jones non si stupì. Conosceva benissimo quella cripta, spesso poggiava la fronte al cancelletto nero per ammirare la statua di Fleur, una delle più belle, lì dentro. Sembrava quasi che la bambina fosse stata pietrificata da una moderna Medusa in un momento di pace totale, i suoi lineamenti sereni erano ritratti incuranti della morte, nel gesto di cogliere un fiore. Ora le sembrava strano vederla da vicino senza quel ferro a separarle, e non potè fare a meno di sfiorare il marmo gelido, cosa che inaspettatamente le diede un senso di calore e non il contrario, come credeva. Fin da piccola era sempre stata affezionata a Fleur, affascinata dalla sua storia, dalla statua della sua tomba. E sapere che il suo fantasma si aggirava davvero per le strade della sua città all’anniversario della sua morte, le metteva un lieve brivido di paura ma la riempiva anche di curiosità. Quindi era questo che poteva succedere dopo la morte? Non trovare la via per l’al di là cercando di salvare giovani innocenti dalle vittime del proprio (non) padre?
Forse si era incantata un po’ troppo a pensare perché nel frattempo non si era accorta che Sam e Dean avevano allestito un piccolo incantesimo: avevano tracciato un pentacolo sulla tomba di Fleur, con cinque candele accese, una su ogni punta. Al centro avevano posizionato una ciotola con del sangue, la perlina del fermaglio ed erbe che lei non conosceva. Subito un vento gelido smosse la fiamma tremula delle candele. Sam prese il vecchio diario in pelle cominciò a leggere qualcosa in latino: Alex ne aveva studiato un po’ alla scuola superiore e poi all’università per qualche studio specifico. Era un’invocazione verso l’anima del defunto. Dean si avvicinò ad Alex, tracciando un cerchio di sale attorno a lei:-Probabilmente riusciranno a rimuoverlo-le spiegò, mentre Sam in sottofondo recitava la formula latina- ma dovrebbe tenerli calmi un po’ più del previsto.
Le parole recitate da Sam ebbero il loro effetto. Robert comparve, lo sguardo truce e il coltello fra le dita. Alex sussultò spaventata, anche se protetta dal cerchio di sale  e da Dean, che teneva fra le braccia un pezzo di ferro e accanto un fucile con le pallottole a sale, in caso servisse. Era pronto ad agire in caso di pericolo, e infatti Robert si avvicinò ancora di più tuttavia senza poter oltrepassare il cerchio. Il vento si fece più alto, e i granelli cominciarono pian piano a spostarsi:-Dio, odio quando lo fanno-mormorò Dean a denti stretti - Sammy, l'altro incantesimo! – aggiunse poi, rivolgendosi al fratello.
Sam annuì e cambiò leggermente la disposizione delle candele, cominciando poi a recitare un'altra formula, cercando di tenere fermo il diario che aveva le pagine piegate dal vento incessante. Il sale scomparve del tutto attorno ad Alex ma prima che Robert potesse fare un altro passo Dean oltrepassò la sua figura con il ferro, facendola sparire almeno per il momento:-Sbrigati Sam, dannazione!-urlò Dean a denti stretti senza essersi accorto che Robert era ricomparso dietro di lui, spingendolo con forza per scaraventarlo contro la tomba di Ellie. Dean sbatté la testa, sentendo la sensazione familiare del sangue che gli bagnava i capelli e colava fino all’occhio.
-Dean!-urlò Sam interrompendo l’incantesimo. Robert si avvicinò pericolosamente a Alex, che trattenne il respiro sentendo come un tappeto di spilli oltrepassarle il corpo, quando Robert fu dietro di lei, tenendole il collo con una mano e con l’altra pronto a tagliarle la gola:-Hai ucciso Fleur! E mi hai tradito!- il suono della voce del fantasma risuonò surreale, confusa dal vento forte che muoveva le foglie secche in un turbine tra le tombe e la statua di Fleur.
Dean fece cenno a Sam che stava bene mentre tentava di rialzarsi per andare in soccorso di Alex, e il minore riprendeva la formula che volgeva alla fine, funzionò. Il fantasma di Fleur, che aveva già ritrovato la pace per merito loro, ora era stata nuovamente strappata dall’aldilà per andare in loro soccorso, per impedire a Robert di uccidere qualcun altro. Il vento si fermò, le foglie smisero di girare in un turbine. Fu tutto così improvviso che sembrava più un fermarsi del tempo che un immobilità degli agenti atmosferici.
-Fermo!- la voce flebile di Fleur risuonò anch’essa rimbombante, in quella cripta di pietra.
-Tu non sei mia figlia-cominciò a mormorare Robert, come una litania, più volte, sempre pressando il coltello sul collo di Alex.
-Tu mi hai cresciuto, sei mio padre-disse Fleur, allungando la mano verso di lui- vieni con me, hai bisogno di pace.
Dean era pronto con il ferro fra le mani, sperando che Robert non muovesse più la lama sul collo di Alex che, stringendo gli occhi, tremava di paura. Ma il fantasma di Robert fortunatamente mollò la presa. Forse era quella la conferma che cercava, che un padre non è necessariamente quello che ti permette di nascere, ma quello che ti cresce. Era l’unica persona che l’aveva amata: il vero padre non l’aveva mai nemmeno conosciuta e la madre l’aveva avvelenata, forse per potersi finalmente separare da un marito che non voleva.
Robert si mosse verso il fantasma di Fleur e prendendosi per mano svanirono in una luce bianca.
Alex tremante si accasciò a terra, e Dean la raggiunse posandole una mano sul collo dove sgorgava del sangue, ma non troppo:-Sto bene-si affrettò a dire lei, nonostante il pallore sul viso per la paura e il sudore freddo sulla fronte. Dean annuì e la abbracciò, mentre alzava lo sguardo su Sam. Il minore annuì in risposta e,sollevato, sospirò poggiandosi alla tomba di Fleur.
 
 
Dean e Sam si presero un’altra giornata da passare in quella piccola città. Risistemarono la tomba, misero a posto cartelle e documenti presi in prestito da archivio e biblioteca, riconsegnarono il diario di Anthony a Jane, raccontandole tutta la storia e rassicurandola del fatto che gli omicidi ogni sette anni non ci sarebbero più stati.
Avevano in programma di partire il mattino successivo, molto presto. Un altro caso sospetto sembrava esserci in Kansas, e dovevano partire il più presto possibile. Avevano solo bisogno di una notte per rifocillarsi.
Verso l’ora di cena sentirono bussare, e dopo un preventivo togliere la pistola dalla fondina e puntarla verso la porta, Dean la riabbassò vedendo che era solo Alex.
-Ehi, che ci fai qui?-le chiese Dean facendola entrare, e lei sorrise stringendo alcuni fogli fra le mani.
-Anche se credo di non voler sentire di fantasmi e di sovrannaturale per un po’, sono comunque un’inguaribile curiosa,  e ho fatto qualche ricerca.
-Il caso è risolto Alex, Robert e Fleur ormai sono andati oltre-spiegò Sam con gentilezza, pur avvicinandosi al tavolo su cui lei aveva posato i fogli.
-Questo lo so ma…vi ricordate che vi siete stupiti del fatto che la polizia non si sia mai occupata di questi casi?
Non disse altro e lasciò la frase in sospeso, quasi a voler stimolare la curiosità dei due ragazzi.
Alex si sistemò gli occhiali sul naso poi illustrò un giornale e dei fogli ingialliti.
-E’ tutta colpa di un prete. Negli anni ’50 il destino ha voluto che una delle prime vittime fosse una ragazza che, per gli anni, aveva degli atteggiamenti un po’ ribelli. E un prete, durante una famosa predica durante la messa…-e si soffermò mostrando i fogli- disse che la colpa era di questi costumi dissoluti. La giustizia stava agendo per potere divino..- scimmiottò l’ipotetica voce del prete- e la gente, intimorita, gli dette retta. E nonostante il passare degli anni è rimasta la superstizione, fortissima: la gente ha continuato ad avere paura degli omicidi e non indagarci per paura di essere coinvolti o perché credevano fosse giusto.
-E’ folle!-esclamò Dean sbarrando gli occhi- cioè quando io caccio i mostri e li uccido so che sono tali perché sono..nati così, perché non possono essere altrimenti. Questa gente invece diventa mostruosa…la religione rincoglionisce la gente-mormorò Dean, scuotendo la testa.
-Questa non è tanto religione, quanto solo..superstizione-disse Sam più diplomatico- l’importante è che sia tutto finito.
-Già- disse Alex -volevo solo che..chiudeste il cerchio-spiegò sorridendo appena e riprendendo i fogli con sé mettendoli nella borsa- e sono passata anche a salutarvi.
-Saremmo passati a farlo domani mattina-le disse Sam, ma Alex alzò le spalle:-In realtà domani mattina torno dai miei. Sono..rimasta un po’ traumatizzata da questa storia e per un po’ di tempo preferisco non stare qui. Farò dei viaggi più lunghi per andare all’università, ma ne ho bisogno.
Sam annuì e la abbracciò:-Grazie..di tutto-disse lei sentendosi avvolta da quel gigante gentile, e Sam le accarezzò affettuosamente la schiena lasciandola poi andare- no, grazie a te, ci hai aiutato molto.
Alex si voltò verso Dean, che balbettò un leggero:-Ti..ti accompagno fuori- aprendo la porta e richiudendola quando fu uscita anche lei.
-Che c’è ti vergogni a salutarmi davanti a Sam?
-Un po’- ammise lui, diventando subito serio- fammi una promessa Alex. Non diventare una cacciatrice.
Alex alzò gli occhi spazientita:-Ti ho già detto che non lo farò. Ho troppa paura e non ho tutti i vostri muscoli..-rise appena- ma te lo prometto al cento per cento se tu prometti una cosa a me-rilanciò lei.
-Dimmi tutto.
-Lascia che Sam ti aiuti.- Dean stava per interromperla ma lei continuò- cavolo Dean, Sam è così in gamba e credo che lui provi per te tutto l’affetto che tu provi per lui. Ma non te ne accorgi? Ti sei sempre occupato di lui, hai sempre aiutato tutti. Lascia che per una volta sia lui ad occuparsi di te, a salvarti. Non caricarti il mondo sulle spalle.
-Hai appena citato “Hey Jude?”-le chiese Dean sorridendo, e il suo era un sorriso malinconico, per quel vago ricordo della madre che gliela cantava quando era piccolo, come ninna nanna.
-Trovo che ti si addica- disse Alex alzando le spalle in una mossa impacciata.
Dean annuì e le cinse le spalle, dandole un bacio sulla fronte:-Stammi bene Alex.
-Anche tu, e non arrenderti-sussurrò lei, prima di lasciargli un bacio a stampo sulle labbra, per poi sciogliersi dal sua abbraccio e andare via, dicendogli addio con un semplice cenno della mano.
 
 
Il sole stava sorgendo lentamente davanti a loro, mentre l’Impala correva indisturbata e veloce sulla strada. Sam si era perso nell’ammirare il colore del cielo passare da nero a rosa scuro, e ora di un arancione caldo.
Non c’era musica quella mattina in macchina, solo il rumore del motore e delle ruote sull’asfalto. Dean accelerò un po’, e poi la sua voce riscosse Sam dal torpore in cui stava per
riaddormentarsi:-Pensavo..avevi quell’idea per rompere il patto no? Cercare..il responsabile degli incroci.
Sam si voltò appena, non credendo alle proprie orecchie:-Sì, esatto.
-Potrebbe essere una soluzione…-gli disse cercando di rimanere il più risoluto e meno sentimentale possibile, ma Sam non poteva non notare quel minimo luccichio negli occhi. Dean voleva vivere, aveva una voglia assurda di vivere e non andare all’inferno.
-Potrebbe, sì- disse solo Sam, cercando di mascherare la gioia che stava provando in quel momento.
-E comunque…-continuò Dean, dopo essersi schiarito la voce- sei stato in gamba con il caso. Hai praticamente indagato solo tu. L’archivio, Jane, il diario…potresti cavartela benissimo anche senza di me.-continuò a guardare dritto sulla strada per evitare lo sguardo del minore, per non cadere nell’imbarazzo, come spesso gli succedeva quando parlava di quelle cose con Sam.
-Già, posso. E’ solo che non voglio-gli disse Sam, citando le esatte parole che Dean gli disse quel giorno di quasi tre anni prima quando andò a prenderlo a Stanford.
Dean voltò appena lo sguardo e sorrise, di un sorriso complice e forse involontariamente pieno d’affetto.
 
Ce l’avrebbero fatta, sì. Perché loro ce la fanno sempre.
 

FINE.

 
 
 
OK mi scuso per l’enorme ritardo. Questa storia era praticamente finita ma quando due settimane fa ero pronta ad aggiornare, rileggendo il capitolo prima di pubblicarlo mi sono resa conto che una scena faceva schifo e dovevo assolutamente modificarla. Tuttavia non ero mai ispirata o abbastanza libera o sveglia per poterlo fare e così ho rimandato “a domani” per due settimane. PERDONATEMI VI PREGO.
 
Ringrazio tutti coloro che hanno letto, seguito, recensito questa brevissima storia. Non escludo che potrei scrivere altri “episodi” magari anche con il ritorno di Alex.
 
Un bacio enorme,
 
Heavensent.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3052710