Once upon Valentine's Day

di The_BlackRose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** JacexClary ***
Capitolo 2: *** MagnusxAlec ***
Capitolo 3: *** IsabellexSimon ***
Capitolo 4: *** JemxTessa ***



Capitolo 1
*** JacexClary ***


Si svegliò con il corpo schiacciato da qualcosa di pesante. In un primo momento non riuscì a capire cosa fosse, si rese conto però di trovarsi nella sua stanza a casa di Luke. Un raggio di sole penetrava dalla finestra socchiusa, il vento che entrava faceva ondeggiare leggermente le tendine bianche.
Quando il sonno che le annebbiava la mente cominciò a dissiparsi, si accorse che ciò che la schiacciava le stava respirando sul collo e accarezzando i capelli. Capì subito cosa, o meglio, chi fosse dal modo in cui i suoi polpastrelli le sfioravano la nuca.
"Jace," mormorò con la faccia spiaccicata sul cuscino. "Mi stai schiacciando."
Il ragazzo non le diede retta e si chinò a sussurrarle all'orecchio. "Buon San Valentino," dopodiché rotolò via dal suo corpo e si distese accanto a lei.
Finalmente Clary riuscì a muoversi e si stiracchiò. "Come hai fatto ad entrare?"
Lui ridacchiò guardandola mentre si allungava sul materasso come un gatto. "Tua madre mi ha fatto entrare. A proposito, mi ha detto di dirti che lei e Luke sono dovuti uscire. Qualcosa che riguarda il Conclave penso." Si alzò dal letto e si mise in piedi guardandola dalla cima del suo metro e ottanta.
"Alzati, la colazione è pronta." Le rivolse un sorriso tenero tendendole la mano.
Solo in quel momento Clary si ricordò di indossare un pigiama rosa con le pecorelle e di avere i capelli tutti scombinati. Aveva di fronte a sé un ragazzo mozzafiato in giacca di pelle e jeans neri e di certo non voleva farsi vedere in quelle condizioni. Si nascose sotto le lenzuola fino al collo.
"Andiamo, si raffredda tutto." Si sporse su di lei strappandole le lenzuola di dosso e se la caricò su una spalla dirigendosi in cucina.
Clary si aggrappò alla sua schiena e cominciò a dimenarsi ridendo. "Mettimi giù!"
"Mmm...no, ho una bella vista da qua," e le diede un'amorevole pacca sul fondoschiena.
Quando arrivarono in cucina Jace la mise giù facendola sedere su una sedia. "Bel pigiama comunque."
Clary arrossì imbarazzata e lui le arruffò ancora di più i capelli con una mano ridacchiando.
"Hai preparato tu la colazione?" chiese la ragazza mentre si portava alla bocca una forchettata di uova strapazzate.
"Sì."
La forchetta le si bloccò a mezz'aria e si ricordò dell'ultima volta in cui Jace aveva cucinato le uova.
Il ragazzo notando la sua espressione aggiunse, "Mi sono esercitato con Maryse, sono migliorato molto. Assaggia."
Con riluttanza Clary addentò il boccone e masticò. Decisamente meglio rispetto alla volta prima.
Mentre Clary continuava a mangiare, Jace appoggiò i gomiti sul tavolo e unendo le mani ci posò sopra il mento. La guardò. "Stasera passo a prenderti alle sette. Fatti carina."
Lei gli rivolse uno sguardo interrogativo smettendo di masticare. "Cosa?" chiese a bocca piena.
Jace ridacchiò. "È il nostro primo San Valentino insieme. Non avrai mica intenzione di trascorrere tutta la serata sul divano a divorare pop corn. Ti porto fuori."
La rossa addentò una fetta di bacon croccante. "Credevo che gli Shadowhunters non festeggiassero San Valentino."
"E in effetti è così, ma essendo stata una mondana ho pensato che avresti voluto festeggiarlo comunque."
Clary sorrise e si sporse verso di lui per posargli un bacio sulle labbra. "Sei così tenero," sussurrò. "Dove hai intenzione di portarmi?"
"Questa è una sorpresa. Sappi solo che dovrai indossare un bel vestitino," disse lui alzandosi. "Ora devo proprio andare, il lavoro mi chiama." La baciò e si avviò alla porta della cucina. Le lanciò un ultimo sguardo e sorridendo scomparì nel corridoio.

Era davanti a quell'armadio da ore ormai e non aveva la minima idea di che cosa indossare. Sarebbe stato tutto molto più semplice se Jace le avesse detto dov'erano diretti quella sera, ma lui non aveva accennato parola e questa era la conseguenza: una ragazza disperatamente alla ricerca di qualcosa da indossare. Lui le aveva consigliato di mettersi un vestitino, ma era febbraio, per l'Angelo, avrebbe tremato tutta la sera! Sarebbero andati in un ristorante elegante? In un posto tranquillo? Al parco a fare una passeggiata?
Dopo vari minuti di pensieri finalmente decise. Avrebbe optato per un vestito semplice, non elegante ma nemmeno troppo casual. Era rosso e le arrivava poco sopra al ginocchio. Due sottili spalline lo sorreggevano e le fasciava il corpo nei punti giusti dandole l'illusione di avere delle curve. Sotto all'abito indossò anche un paio di collant per tenere al caldo le gambe.
Per quell'occasione si truccò leggermente. Si mise del mascara nero per far risaltare le ciglia color rame e un velo di lucida labbra rosso.

Jace arrivò puntualissimo alle sette precise.
Clary corse ad aprire la porta e rimase di stucco. Indossava una leggera camicia bianca di lino arrotolata sugli avambracci, i primi due bottoni erano aperti e lasciavano intravedere le rune che risaltavano scure sul petto muscoloso. Portava un paio di jeans neri fermati sui fianchi da una cintura e ai piedi aveva i suoi soliti scarponi scuri. I capelli biondi erano scompigliati dal vento pungente che soffiava in quella sera di metà febbraio e i raggi della luna rendevano il suo viso ancora più intrigante, sottolineando la mascella squadrata e gli zigomi appuntiti. Era bellissimo.
"Mica male la rossa," notò guardando Clary dall'alto al basso e incrociando le braccia. "Hai intenzione di venire così?" domandò indicando i suoi piedi nudi.
"No." Clary si passò una mano tra i capelli. "Vado a mettere le scarpe, entra."
Lo fece entrare e lui la seguì nella sua stanza. Clary aprì il suo armadio e prese un paio di scarpe nere con il tacco alto che teneva di scorta per le occasioni speciali.
Jace le si avvicinò e si chinò ai suoi piedi guardandole le gambe. Lei deglutì. "Cosa stai facendo?"
Lui le fece correre le mani dalle caviglie fino alle cosce mandandole scariche di brividi su per la schiena. Le sue dita si fermarono sotto al vestito,   sui fianchi, afferrandole il bordo dei collant. Con un movimento rapido abbassò le mani e con loro anche le calze.
"Non avrai bisogno di queste stasera," disse lui rialzandosi e sventolandole davanti agli occhi i collant. "Ti aspetto in corridoio," e con questo uscì dalla stanza lasciando dietro di sé una Clary in pieno subbuglio ormonale che con la bocca semi aperta fissava il punto in cui poco prima si trovava il suo ragazzo.
Si mise in fretta le scarpe e lo raggiunse nell'ingresso.
"Non avremo freddo così? Siamo a febbraio," fece notare lei scoccando occhiate ai vestiti leggeri di entrambi. 
"Non se usiamo questa," rispose Jace scostando un lembo del colletto della camicia. Sulla sua pelle color miele risaltava una runa in particolare. Clary se la ricordava benissimo: era stata lei a crearla poche settimane prima. Una mattina si era risvegliata con il barlume di un'immagine in testa e si era subito messa a disegnare. Il risultato era quello, un'autentica runa del calore.
Jace le prese un braccio ed estrasse lo stilo dalla tasca dei jeans. Lo premette sulla pallida pelle lentigginosa dalla sua ragazza facendone scaturire linee nere e rivoletti di fumo. Quando ebbe terminato, allontanò lo stilo per ammirare la sua opera.
"Ora siamo pronti per andare."
Diede a Clary il suo stilo. "Apri un portale," le ordinò gentilmente.
Lei si avvicinò alla parete dietro di loro e cominciò a tracciare la runa sull'intonaco bianco. Jace le prese la mano e insieme varcarono il portale.

Finì a terra e i suoi polpastrelli accarezzarono qualcosa di soffice e granuloso. Sollevò una mano e una manciata di sabbia le scivolò tra le dita tornando a depositarsi per terra. Si guardò intorno rialzandosi e spazzandosi via la sabbia dalle ginocchia.
Poco distante da lei si trovava Jace che frugava dietro ad una roccia. Sentì un rumore scrosciante e girandosi vide un'enorme distesa d'acqua che faceva da specchio alla luna. Sull'orizzonte erano ben visibili alte montagne innevate e ricoperte da un fitto manto di bosco. Avrebbe riconosciuto quei rilievi ovunque. 
"Ci hai portati a Idris? Sul lago Lyn?" chiese a Jace mentre sbucava fuori da dietro la roccia. In mano aveva una coperta e un cestino da picnic.
"Mi è sembrato un posto tranquillo," rispose lui stendendo la coperta sulla sabbia e accomodandocisi sopra. Batté con una mano lo spazio vuoto di fianco a lui per invitare Clary a sedervisi. Lei accolse l'invito e si accomodò.
"Sai questo è il punto esatto in cui cinque mesi fa io sono morto," le fece notare lui togliendosi le scarpe e i calzini.
Lei si girò verso di lui e sgranò gli occhi. "Beh, mi sembra il posto adatto dove avere un picnic romantico," affermò. "Il posto dove il tuo cuore ha cessato di battere dopo essere stato trafitto da Maellartach."
Jace la guardò e le prese una mano fra le sue avvicinandosi. Le cinse la vita con un braccio. "Sì, ma è anche il posto dove tu hai sacrificato il tuo unico desiderio per riportarmi in vita. Questo è il posto dove sono rinato. Il posto dove noi siamo nati dopo aver creduto di essere destinati a non poter mai stare insieme." Si poggiò una sua mano sul petto. "Lo senti il mio cuore che batte? È solo merito tuo." Le scoccò un delicato bacio sulla fronte soffermandosi per inspirare il profumo dei suoi capelli color rame.
Si staccò da lei e le sfiorò la guancia con una mano, dopodiché prese a frugare nel cestino. "Allora, cosa vuoi da mangiare? Abbiamo panini al tacchino, al formaggio, ai pomodori..."

Avevano finito di mangiare e ora erano stesi sulla sabbia abbracciati l'uno all'altra guardando le stelle. Jace le accarezzava i capelli ritmicamente regalandole un profondo senso di pace.
"Sai, è curioso il fatto che il nome di uno dei più spietati assassini della storia Nephilim sia associato alla più romantica festa dell'anno," osservò Jace.
Clary ridacchio e si strinse ancora di più fra le sue braccia.
"Ho un regalo per te," le sussurrò lui all'orecchio.
La ragazza si mise a sedere. "Davvero? Non dovevi."
"Ma fammi il piacere, non cominciare. Lo so benissimo che lo volevi. " Jace si allungò all'indietro per frugare nel cestino da picnic e ne estrasse una scatolina di velluto blu scuro. "Questo è tutto tuo," sussurrò allungandole il contenitore.
Clary eccitata prese tra le mani la scatoletta e la aprì delicatamente. Appena vide cosa conteneva, la sua bocca si spalancò e gli occhi le si inumidirono. "Jace..."
Lui le accarezzò una guancia. "Fa' parlare me. Lo so che in genere un regalo simile si fa quando si vuole avanzare una proposta di matrimonio, ma non è questa la mia intenzione." Tirò fuori un anello degli Herondale dalla scatolina e glielo infilò al dito. "Voglio solo che tu sappia quanto immensamente io ti ami e ogni volta che guarderai questo anello ci penserai e sorriderai. Almeno, spero."
Clary sorrise guardando la lettera H incisa sul fronte e il motivo di uccelli in volo che decorava l'anello.
"E poi è anche un modo per prenotarti, sai, quando saremo in età da matrimonio. Tutti dovranno sapere che sei già di qualcun altro," ridacchiò accarezzandole la mano.
"Avevi detto che non ne esistevano più così al mondo, dove l'hai trovato?" chiese la ragazza curiosa guardandosi il dito.
"Il mio fascino incanta perfino le Sorelle di Ferro." Fece il gesto di soffiarsi sulle unghie e lucidarle sulla spalla.
Clary scoppiò in una risata fragorosa. "È il regalo più bello e significativo che mi sia mai stato fatto. Grazie." Gli rivolse uno sguardo adorante con la vista appannata dalle lacrime che minacciavano di scendere.
Si stesero di nuovo sulla sabbia.
"Non che ne avessi mai avuto uno prima d'ora, ma questo è stato il San Valentino più bello della mia vita."
"E possiamo renderlo ancora più indimenticabile."
Clary si spostò sui gomiti per guardarlo in viso. "Come?"
Un sorriso malizioso spuntò sul viso del ragazzo che afferrò la rossa e la trascinò giù. "Così," sussurrò sulle sue labbra. La prese tra le braccia e la rivoltò sulla sabbia stendendosi su di lei e sollevandole l'orlo del vestito sulle cosce. "Buon San Valentino, Clarissa."

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Capitolo 2
*** MagnusxAlec ***



Lo stregone se ne stava in piedi davanti alla finestra con le mani appoggiate sul davanzale e la testa incassata nelle spalle. Guardava per terra malinconicamente ripensando agli ultimi avvenimenti.
Era la sera di San Valentino, sarebbe potuto essere fuori a festeggiare con il suo splendido ragazzo dagli occhi color del mare e invece se ne stava rintanato in casa sua con un gatto che non faceva altro che fare le fusa sulle sue gambe tentando invano di attirare la sua attenzione.
Come aveva fatto a ridursi così?
Il giorno prima lui e Alec avevano passato una "movimentata" giornata nel loft di Magnus e mentre se ne stavano accucciati sotto alle coperte, non sapeva nemmeno lui come, si erano ritrovati a parlare di come Alec mesi prima avesse tentato di privare lo stregone della propria immortalità per poter condurre con lui una vita normale. Magnus aveva fatto di tutto nelle settimane che avevano seguito la loro riappacificazione per evitare quell'argomento; era un punto debole della loro relazione, il motivo per cui tempo prima lui aveva voluto interrompere il loro rapporto. E ora che la questione era saltata fuori di nuovo, Magnus non voleva di certo finire a litigare.
Beh, così avrebbe voluto.
Il ripensare a quello che Alec aveva tentato di compiere con l'aiuto di Camille, anche se era stato inteso solo come un gesto d'amore, gli fece tornare in mente tutte le sensazioni opprimenti che aveva provato.
Finirono a sbraitare l'uno contro l'altro, urlandosi insulti e spaventando il povero Chairman Meow, che si rifugiò sotto a un divano sbrilluccicante. Dalle le dita di Magnus scoccavano scintille azzurre, sebbene la rabbia non fosse il sentimento che provava. Era piuttosto frustrazione, poiché tutto ciò che aveva tentato di evitare nelle ultime settimane ad un tratto era rispuntato a galla dal nulla. Alec si era pentito di quello che aveva cercato di fare ed era il fatto che pensava che Magnus non credesse veramente a ciò a farlo infuriare, lui era stato sincero.
La lite si concluse con Alec in pieno attacco di nervi che raccattò i suoi vestiti e scomparì dalla porta d'ingresso, richiudendola pesantemente e rumorosamente dietro alla sue spalle.
Da quel momento non si erano più sentiti. Né un messaggio, né una telefonata. Perciò in quel momento Magnus si ritrovava a fissare la strada buia al di fuori della finestra. Si chiedeva se non fosse stato troppo duro con il suo fiorellino, se avesse lasciato prendere troppo il sopravvento alle orribili emozioni che aveva provato. Avrebbe potuto chiamarlo, tentare di chiarire le cose, ma probabilmente sarebbe stato tutto inutile e avrebbero litigato di nuovo.
Le note di "I put a spell on you" fuoriuscivano dall'impianto stereo e si propagavano per l'intero loft, soffocando qualsiasi altro rumore che provenisse dalla strada o dall'appartamento stesso. Ma Magnus non prestava la minima attenzione alla canzone.
Ad un tratto sentì qualcosa avvolgergli la vita. Abbassò lo sguardo e vide un paio di braccia marchiate che lo stringevano. La testa di Alec si posò sulla sua schiena.
"Cosa ci fai qui?" chiese Magnus mentre da un dito faceva scaturire una scintilla blu che, andando a colpire lo stereo, abbassò il volume della musica.
"Mi dispiace di averti urlato contro," ripose lui stringendolo ancora di più e inspirando il suo profumo. "Ho esagerato... abbiamo esagerato."
Lo stregone voltò la testa di lato per guardare con la coda dell'occhio il ragazzo. "Anche a me dispiace, ma sai come questo argomento mi faccia reagire. È un tasto dolente e preferirei non parlarne più."
"Non ne parleremo più allora, ma ora voglio solo fare pace. Non sopporto litigare con te, ho paura di perderti come è successo l'ultima volta."
Magnus poteva percepire la paura nella sua voce, il timore di essere abbandonato dalla persona a cui teneva di più al mondo. Non avrebbe mai voluto che si sentisse così.
"Tu non mi perderai mai, fiorellino." Magnus ridacchiò lievemente. "Mi avrai intorno ancora per un bel po' di tempo. E anche quando lascerai questo mondo la mia presenza continuerà a starti alle calcagna, qualsiasi cosa ci sia dopo la morte."
Alec ridacchiò a sua volta. "Penso di aver recepito il messaggio."
A quel punto Magnus si voltò verso il Cacciatore e gli avvolse le braccia attorno al corpo stringendolo a sé. Gli depositò un lento e semplice bacio sulle labbra e un sorriso tornò ad illuminargli il viso dopo due interi giorni di preoccupazione, poiché anche lui, come Alec, aveva avuto paura di perdere ciò che più era stato importante nella sua intera vita da ultracentenario.
"Sai, abbiamo sprecato il nostro primo giorno di San Valentino insieme," mormorò staccandosi appena dalle sue labbra.
"San Valentino?" domandò Alec confuso.
"È una festa mondana. In pratica, le coppiette d'innamorati fanno gli smielati per tutto il giorno.
"Quindi mi stai dicendo che vorresti che ci comportassimo da giovani fidanzatini per tutto il resto della serata?" Il ragazzo sollevò un sopracciglio.
"Una cosa del genere." Lo stregone allungò di nuovo un dito e una scintilla uguale alla precedente tornò a colpire lo stereo alzando il volume della musica. Dopodiché, porse una mano al suo ragazzo. "Balla con me."
Alec guardò la sua mano riluttante. "Io non so ballare."
Magnus lo avvicinò a sé e gli strinse la vita con le braccia. "Non serve saper ballare, basta che tu segua me," gli sussurrò all'orecchio.
A quel punto il ragazzo si strinse a sua volta a Magnus e insieme cominciarono a muoversi su quella pista da ballo improvvisata.
Alec tentava di seguire impacciato i passi dello stregone, cercando in tutti i modi di non pestargli i piedi. Magnus invece ci sapeva fare con il ballo. In tutti quei secoli aveva provato centinaia di danze diverse e in ognuna di loro era sempre riuscito a dare il massimo. Il ritmo scorreva nelle sue vene.
"Lasciati andare, lascia che il ritmo ti filtri attraverso la pelle e si insinui nel tuo sangue. Ascolta la musica," gli sussurrò Magnus all'orecchio.
Alec non era mai stato un grande ballerino. Lui uccideva demoni, il suo ultimo pensiero era frequentare corsi di danza. Nonostante ciò, provò a fare come gli aveva consigliato Magnus. Chiuse gli occhi e allentò la presa sulle spalle del suo ragazzo; lasciò che la musica si impossessasse di lui, che gli si insinuasse nella mente sospingendolo lungo la pista da ballo.
Quando la musica si spense, i due smisero di muoversi ma senza lasciarsi. Erano l'uno tra le braccia dell'altro, sostenendo a vicenda il peso delle proprie vite.
Rimasero abbracciati per secondi o forse minuti, nessuno ne tenne il conto, e quando si staccarono, sentirono una mancanza dentro di loro. Una mancanza così forte che già solo dopo pochi istanti era di nuovo avvinghiati e si dirigevano verso la camera da letto.
Varcata la soglia si lasciarono cadere sul letto matrimoniale dalle lenzuola giallo canarino e sentirono un forte miagolio provenire da sotto di loro. Magnus sollevò la schiena e Chairman Meow schizzò giù dal materasso soffiando e miagolando sommessamente per poi rifugiarsi da qualche parte in salotto.
"Stupido gatto," mormorò Alec guardando la figura che correva via. Poi si gettò sulle labbra del ragazzo sotto di sé e prese a mordicchiargli il labbro inferiore.
E continuarono a baciarsi anche quando rimasero pelle contro pelle, senza nemmeno uno strato di stoffa a intralciare il contatto tra le loro anime.

"Non voglio che succeda mai più." Alec accarezzava delicatamente le ciocche scure di Magnus stringendolo al proprio corpo.
"Tanto meno io," replicò lo stregone percorrendo con le lunghe dita affusolate il petto del Cacciatore. "Odio litigare con te, fiorellino."
Alec ridacchiò: quei nomignoli lo facevano sempre sorridere. "Non vorrei riaprire l'argomento," iniziò lui tornando serio. "Ma voglio che tu sappia che sono veramente pentito e dispiaciuto per quello che ho tentato di fare. Tentare di prendere la tua immortalità solo per riuscire ad avere una vita più normale... Che stupido che sono stato."
Magnus si voltò per guardarlo in viso e gli posò i palmi delle mani sulle guance. "Non serve che ti scusi, ho capito perché l'hai fatto. Le tue intenzioni non erano cattive, tentavi di compiere un gesto d'amore. Non preoccuparti, ti ho perdonato ormai." Uno sbadiglio lo interruppe nel suo discorso. "È tardi, Alexander, penso che sia ora di dormire."
I due si accoccolarono tra le coperte.
"Mi dispiace di non aver potuto festeggiare con te questo... Come si chiama? San Martino?"
Magnus ridacchiò. "San Valentino. Non preoccuparti." Gli accarezzò il volto guardandolo negli occhi. "L'importante è che tu ci sia, il resto non conta niente."
Alec sorrise e piano piano sentì il sonno afferrarlo e trascinarlo giù nel mondo dei sogni. "Ti amo Magnus Bane."
"Ti amo Alexander Lightwood."
E con ciò scivolarono tra le braccia di Morfeo sognando una pista da ballo, lenzuola giallo canarino e un cielo stellato.


Note dell'autrice:
Eccomi qui con il secondo racconto di questa raccolta di San Valentino, sebbene questa festa sia già passata da un po'. Questa è la mia prima Malec, quindi spero che anche ai fan più accaniti di questo pairing la storia sia piaciuta. Ora torno a scrivere il terzo racconto ;) (Come sempre le recensioni sono molto bene accette).

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Capitolo 3
*** IsabellexSimon ***


Parzialmente nascosta dietro ad un furgoncino bianco Isabelle osservava ogni singola persona, umana e non, che usciva dal locale. Era appena terminato un concerto degli Uragani Vegetali (Ma che problemi avevano quelli con i nomi? Che senso aveva cambiarne uno a settimana?) e la folla davanti alle porte si stava lentamente diradando. Alcune delle ragazze tenevano fra le dita le rose donategli dai propri fidanzati che le scortavano fuori dall'edificio.
"Che schifo," pensò Isabelle. "Mondani e le loro sciocche feste, chi mai li capirà?"
Mantenendo la concentrazione vide finalmente la ragione per cui aveva attraversato mezza New York.
Un ragazzo alto e dai capelli castani fece capolino dalla porta d'ingresso. Con gli occhiali ben calcati sul viso, raggiunse i membri della band che sostavano sul marciapiede chiacchierando.
"Oh mio Dio, è lui," sussurrò a sé stessa Isabelle portandosi l'indice alla bocca e mordicchiandone l'unghia ormai già ridotta alla carne.
"Certo che è lui, stupida!" pensò la Cacciatrice. "Sono passati solo due mesi dall'ultima volta che l'hai visto, non due anni. Calmati!"
Ma come poteva calmarsi? Per mesi aveva continuato a pensare a lui, alla sua chitarra che gli aveva sentito suonare una volta ad un concerto, ai suoi occhiali su cui si addormentava sempre frantumando le lenti, al ricordo dei suoi canini che le perforavano il collo…
Durante il tragitto per raggiungere il locale aveva pensato a cosa avrebbe fatto una volta avvistato Simon; si sarebbe avvicinata e gli avrebbe parlato per riuscire a capire se si ricordasse anche minimamente di lei. E ora che ce l'aveva lì davanti, a pochi metri di distanza...non riusciva a muovere un muscolo. Era come se delle catene le fossero apparse agli arti e l'avessero inchiodata all'asfalto impedendole anche solo il minimo movimento.
Ciò che più turbava la ragazza era però il fatto che non avrebbe mai e poi mai pensato di reagire in quel modo alla vista di un ragazzo. Per anni aveva frequentato ogni genere di strana creatura del Mondo delle Ombre senza avere mai il minimo timore tipico di quando si entra in contatto con una persona per la quale si prova una certa attrazione e ora davanti ad un semplice mondando, anche se una volta era stato molto più di questo, si trovava completamente paralizzata.
Simon chiacchierava e rideva animatamente con i suoi amici e con alcuni fan che si erano avvicinati per complimentarsi con loro. Sembrava così spensierato, come se non avesse mai avuto una sola preoccupazione in vita sua, quando in realtà solamente negli ultimi mesi era stato trasformato in topo, rapito svariate volte, morso, ucciso, risorto, sbattuto fuori di casa e ripudiato dalla propria madre, sfregiato, colpito, quasi incenerito da un angelo e infine vestito come il protagonista di un romanzo dell'Ottocento da una ragazzina invaghita di lui.
A Izzy dolse il cuore a quella vista.
Simon, il suo Simon non si ricordava di lei.
Aveva pianto per questo, anche se non lo voleva ammettere. Si era risvegliata nel cuore della notte scoppiando in pianti profondi e talmente rumorosi da svegliare Alec o Jace e a farli accorrere nella sua stanza.
Isabelle, che era stata sempre considerata dagli altri e da sé stessa forte e indipendente, una ragazza che non sarebbe mai ceduta, si era ritrovata avviluppata nelle lenzuola mentre i suoi fratelli la stringevano e lei soffocava tra le lacrime, perché l'unica persona che avesse mai amato l'aveva abbandonata.
"Ciao."
Una voce la risvegliò dai suoi pensieri e per poco non le venne un infarto quando si accorse da chi arrivava quel saluto.
Simon era a pochi centimetri dai lei. Teneva le mani nelle tasche dei jeans scoloriti e si stringeva nella giacca. La guardava.
Izzy aprì la bocca, poi la richiuse, poi la riaprì di nuovo e rimase in quella posizione. Chissà come dovesse sembrare ridicola in quel momento mentre boccheggiava e se ne stava ferma senza proferire parola.
Un pensiero le sfiorò la mente. "E se si ricordasse di me?" Ma le sue speranze si infransero quando Simon parlò nuovamente.
"Scusa se ti disturbo, ma il mio amico Kirk laggiù mi ha detto che mi stavi guardando e mi ha praticamente spinto qui da te a calci nel didietro," ridacchiò un po' nervoso. Fece una pausa guardandola bene. "Mi stavi realmente guardando o Kirk si è fatto un fungo allucinogeno di troppo?"
Isabelle prese tutto il coraggio che riuscì a trovare dentro di sé e tentò di spiccicare qualche parola. "Sì...no...cioè...stavo...ok...sì...insomma..."
Lui continuava a guardarla e questo non fece altro che innervosirla ancora di più. Lui le rivolse uno sguardo per incoraggiarla a finire la frase e lei non seppe più resistere.
"Puoi smetterla di guardarmi in quel modo?! È già difficile tentare di formulare una frase di senso compiuto con te davanti, se poi mi fissi così non rendi di certo le cose più facili!" sbottò.
L'espressione di Simon si rabbuiò e gli angoli della sua bocca si inclinarono leggermente verso il basso. Abbassò lo sguardo sulle scarpe da ginnastica e sollevò le spalle.
"Ho capito, scusa per il disturbo," e girando sui tacchi si avviò.
Non appena si rese conto di ciò che era appena successo, Isabelle si tappò la bocca con entrambe le mani, ma ormai era troppo tardi.
Un "Aspetta!" proruppe dalla sua bocca e si ritrovò a camminare nella direzione di Simon. Il ragazzo si voltò e la guardò mentre si avvicinava a lei.
"Se mai ti ritornerà la memoria," si alzò in punta di piedi e, afferratogli il viso tra le mani, gli posò un lungo ma semplice bacio sulle labbra. "Capirai perché l'ho fatto," e con questo si avviò per la strada lasciando dietro di sé un Simon confuso e meravigliato con le labbra sporche di rossetto.
Prima di svoltare l'angolo però si girò verso il ragazzo che l'aveva fissata ad occhi spalancati per tutto il tempo. "Io non me ne vado, Simon Lewis, sarò sempre qui per te quando ne avrai bisogno."
In fine si rigirò e se ne andò definitivamente.

Sulla metropolitana diretta alla stazione più vicina all'Istituto, Isabelle se ne stava appoggiata ad un palo a guardare le schifosissime coppiette smielate che si scambiavano continuamente bacetti e sguardi da diabete. Proprio il giorno di San Valentino aveva scelto di andare a trovare Simon? Che cosa le era saltato in testa?
Quella sarebbe dovuta essere una giornata allegra, si era detta che tornando a casa sarebbe stata felice di aver rivisto Simon. Invece non aveva fatto altro che peggiorare la sua situazione emotiva e l'aveva depressa ancora di più.
Fortunatamente prima di salire sulla metropolitana si era marchiata con una runa dell'invisibilità, così ora i mondani attorno a lei non potevano vedere l'espressione di pieno disgusto che le aleggiava sul viso.
"Sarei dovuta essere io a comportarmi da ragazzina e scambiarmi bacetti con il mio ragazzo stringendo un mazzo di rose in una mano e una scatola di cioccolatini nell'altra," pensò. "Non quegli stupidi e insulsi mondani che dell'amore non capiscono un accidenti."
Senza che se ne accorgesse una lacrima le scese lungo lo zigomo e ben presto si ritrovò a scivolare lungo il palo con i denti stretti per poi sedersi sul lurido pavimento del vagone, dove scoppiò in un pianto liberatorio.
Così la trovò Alec quando fece capolino dalla porta del vagone.
"Izzy, per l'Angelo! Ti ho cercata per un'ora intera. Fortuna che sono riuscito a rintracciare il tuo sensore." Notando le lacrime che le solcavano il viso la sua espressione si rabbuiò di colpo. "Cos'è successo?"
Ma lei non riusciva a parlare e quando apriva la bocca quest'ultima le si riempiva di lacrime. Così lui si chinò e la prese in braccio uscendo in fretta dal treno prima che le porte si richiudessero. Insieme si diressero all'Istituto.
Come aveva fatto lei, invincibile assassina, a lasciarsi incantare in quel modo da una simile nullità quale poteva essere un mondano?


Note dell'autrice:
Ok, prima di rivolgermi i vostri peggiori insulti vorrei spiegarmi. Nonostante sia una raccolta di San Valentino non significa per forza che OGNI racconto debba finire bene ed essere smielato. E poi è colpa di Cassie che ha fatto finire in questo modo il libro, io mi sono solo attenuta alla storia e ho scritto in base a dove e come i personaggi erano rimasti alla fine della saga.
Mi dispiace che la mia prima Sizzy non sia stata particolarmente allegra, ma vedrò di rimediare in futuro.
Bene, con questo ho finito. Recensite, mi raccomando.

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Capitolo 4
*** JemxTessa ***


Si infilò la giacca nera di pelle e si guardò allo specchio. Vide quella che apparentemente sembrava una ragazza sulla ventina, ma solo in pochi sapevano che quella donna in realtà aveva ormai quasi centoquarantasette anni.
Si era agghindata da rocker per l'occasione, lei e Jem sarebbero andati al primo concerto di lui. Era emozionatissima, moriva dalla voglia di vedere l'espressione di Jem quando sarebbero stati sotto al palco attorniati da tutte quelle luci e il volume spacca timpani.
Uscì dalla sua, anzi, loro stanza e si diresse in salotto dove il suo ragazzo ultracentenario l'aspettava seduto sul divano.
Da quando si erano ritrovati sul Blackfriars Bridge aveva invitato Jem a trasferirsi da lei nel suo appartamento a Londra, in attesa che il loro viaggio in giro per il mondo iniziasse. Ebbene sì, avevano deciso che dopo tanto tempo separati l'uno dall'altra la miglior cosa da fare sarebbe stata partire insieme e visitare i posti più incantevoli del mondo. E poi aveva promesso a Jem che sarebbero andati in aereo insieme...
Quando lo raggiunse lui si girò e la guardò sgranando gli occhi.
"Tessa, wow. Sei così...diversa. Bellissima." Si alzò e la raggiunse per poi accarezzarle una guancia. "Dovrò stare in guardia stasera. Non permetterò a nessuno di posarti le zampacce addosso."
Tessa ridacchiò e gli diede un bacio sulle labbra, poi prese le chiavi dal tavolino vicino alla porta e uscirono.

Lui e Tessa raggiunsero il posto in pochi minuti. Il palcoscenico si trovava in mezzo ad un ampio prato e, sebbene non fosse molto grande, ne rimase stupito. Non aveva mai visto nulla del genere, nella Città Silente non avevano la tv con cui guardare i concerti live su MTV Music. Una discreta folla si era già radunata sotto al palco, ma tentarono comunque di scavalcarla per avvicinarsi il più possibile. Da vicino era tutto ancora più maestoso: le luci brillavano abbaglianti sul pubblico e sugli strumenti già posizionati al loro posto. Si soffermò a osservare meglio le chitarre, la batteria, il basso e i vari altri strumenti di cui non conosceva il nome. Erano tutti di colori molto sgargianti e possedevano delle forme armoniose ma allo stesso tempo decise. Era estasiato.
Circa una mezz'ora dopo iniziò lo spettacolo.
Era un concerto organizzato appositamente per il giorno di San Valentino e si sarebbero esibiti vari artisti non molto conosciuti, ma di grande talento.
Il primo gruppo ad esibirsi fu una band rock e Jem scoprì piacevolmente di apprezzare quel genere di musica. Ascoltava rapito le parole e la melodia della canzone e con la coda dell'occhio vedeva Tessa che lo fissava sorridente.
Si girò verso di lei. "Perché mi fissi?"
Lei alzò le spalle sorridendo ancora di più. "È bello vederti così estasiato di questo nuovo mondo moderno che non hai mai avuto la possibilità di vivere."

Era una gioia per gli occhi vedere Jem così felice. Per centoventinove lunghissimi anni era stato recluso in quella buia prigione che era la Città di Ossa, costretto a tenere a distanza tutte le emozioni che un normale essere umano provava, e ora sembrava così libero. Quando dopo che si erano rincontrati sul ponte lo aveva portato a casa sua, si era chiesta se una parte del suo Jem umano fosse andata persa per sempre nella Città Silente, ma quando lo aveva baciato e aveva fatto l'amore con lui si era resa conto che mai nulla o nessuno avrebbe potuto toglierli la sua umanità.
Jem era stato troppo umano, troppo amante della vita, troppo entusiasta per lasciarsi avvizzire e marcire nell'insipida tunica color pergamena da Fratello Silente e, ora che il fuoco celeste lo aveva guarito, era tornato il ragazzino di diciassette anni che era stato tanto tempo prima. Aveva ancora tanto da imparare su quel mondo nuovo e sconosciuto e Tessa sarebbe stata lieta di insegnargli tutto ciò che aveva bisogno di sapere.
La ragazza si girò verso Jem e gli prese una mano tra la sua stringendola e appoggiò la testa sulla sua spalla. "È passato tanto tempo dall'ultima volta in cui sono stata così felice," urlò per sovrastare il suono assordante della chitarra elettrica.
"Almeno tu non sei stata costretta a vestirti con una tunica marroncina e a non toccare cibo per più di un secolo," urlò anche lui ridendo.
Tessa scoppiò in una fragorosa risata e avvolse le braccia attorno alla vita del ragazzo. L'ultima volta che lo aveva abbracciato anni prima aveva tastato le sue ossa sotto alla pelle sottile, ora poteva finalmente sentire fasci di muscoli che gli attraversavano la schiena. Era una sensazione così bella. Quello non era più il Jem malaticcio e sciupato che aveva conosciuto. Era una nuova persona, questa volta più in salute e in forma, pronta a svolgere il suo compito di difendere la Terra dall'attacco dei demoni nel modo in cui aveva sempre sognato, senza doversi fermare a riprendere fiato dopo pochi minuti di battaglia.

Passarono le ore a muoversi a ritmo di musica e quando sul palco cominciarono a salire cantanti che a loro non piacevano decisero di allontanarsi dalla calca.
Si misero più in disparte sedendosi sul prato, continuando a tenersi per mano.
Tessa allungò una mano e scompigliò teneramente i capelli di Jem che ormai erano di un intenso color nero, con un'unica ciocca argentea a ricordargli quello che era stato il ragazzo moribondo di una volta.
"Sai, anche se così sei bellissimo, ti preferivo con i capelli bianchi."
Il ragazzo alzò un sopracciglio e la guardò con un'espressione interrogativa negli occhi a mandorla. "Davvero? E perché?"
Tessa diede un'alzata di spalle. "Non so, eri particolare. Non c'era nessuno come te al mondo."
Jem ridacchiò. "Beh, di certo non mi tingerò i capelli di bianco."
"Non è questo quello che ti ho chiesto." Si mise a ridere e cominciò a tempestare la guancia di Jem di baci.
Il ragazzo tentò di allontanarsi ridendo, ma Tessa si spinse ancora di più verso di lui e in questo modo persero l'equilibrio finendo sdraiati sul prato umido. Scoppiarono in una fragorosa e liberatoria risata e si strinsero a vicenda rotolando sull'erba.
Cominciando a calmarsi Tessa affondò le dita nei capelli di Jem e si chinò per posargli un lungo e dolce bacio sulle labbra stringendogli i fianchi con le ginocchia. Sorridendo il ragazzo ricambiò il bacio e rimasero sdraiati in quella posizione mentre dal palco si sentì urlare una voce al microfono. "Buon San Valentino a tutti gli innamorati qui presenti!" e cominciò a suonare in sottofondo una cover di Crazier di Taylor Swift.
"Ogni giorno sono sempre più convinto di aver fatto la scelta giusta quando ho deciso di entrare nella Fratellanza, perché se non l'avessi fatto ora non sarei qui con te," disse Jem staccandosi dalle labbra morbide di Tessa e guardandola negli occhi grigi, prendendole il viso tra le mani rese ruvide dai lunghi anni di esercitazioni al violino.
La ragazza sorrise e avvicinò ancora di più il viso alla mano di Jem. "Lo penso anche io."
Entrambi sorrisero e ripresero a baciarsi fino a che la canzone non finì.
"Zhe shi jie shang, wo shi zui ai ne de," disse Tessa, ricordandosi le esatte parole che anni prima si era sentita dire dal ragazzo che ora teneva tra le braccia: "Sei la cosa che amo di più al mondo".
"Non ci credo che te lo sei ricordata."
"Credici. Mi ricordo ogni singola frase in mandarino che mi hai rivolto," disse Tessa sentendosi fiera. Nonostante fosse una vecchiettina di centoquarantasei anni, aveva una memoria di ferro.
Jem le sorrise teneramente. "Wo ai ni, quin ai de," disse affondando le dita nelle lunghe ciocche castane della ragazza.
"Dette da te suonano meglio," ridacchiò Tessa. "Wo ai ni anche io, Ke Jian Ming."

Tornarono a casa a notte fonda e si buttarono sul divano dove fecero l'amore ancora e ancora.
"Ti amo, Tessa," continuò a ripetere Jem mentre le artigliava la vita perdendo le ultime briciole di autocontrollo che gli erano rimaste.
E rimasero lì fermi a dormire, fino a che il sole non spuntò all'orizzonte.
Di lì a pochi giorni sarebbero partiti per la più emozionante delle avventure che avessero mai vissuto e sarebbero stati insieme. Per sempre.


Note dell'autrice:
Eccomi qua di nuovo, questa volta con una Jessa. Mi sa tanto che questa sarà l'ultima puntata di questa raccolta. A meno che in futuro non mi verranno in mentre altre idee, per ora la metto come completa. Avrei voluto farla più lunga e con più coppie, ma mi sono accorta che non conosco abbastanza bene i personaggi per scrivere un racconto che li rispecchi in modo adeguato. E io ci tengo a fare un lavoro soddisfacente, per me e per voi.
Ritornando a questa storia, spero di cuore che vi sia piaciuta, anche se ho visto che i fan di questo pairing non sono poi così numerosi come speravo.
Per la canzone di Taylor Swift... Lo so che fa parte della colonna sonora di Hannah Montana The Movie *ride incontrollabilmente ricordando i tempi in cui ne era ossessionata*, ma mentre scrivevo stranamente mi è venuta in mente dopo anni che non la ascoltavo e ho pensato che ci sarebbe stata bene. E poi sono convinta del fatto che sia stato un segno da Raziel che quella era la canzone adatta e, si sa, i suoi consigli non si possono ignorare. Detto ciò vi ringrazio per aver letto la mia umile raccolta e vi sarei grata se lasciaste qualche recensione per dirmi cosa ne pensate. Passo e chiudo. ;)

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