Occhi Nocciola

di altaira
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In viaggio ***
Capitolo 2: *** E ora? ***
Capitolo 3: *** Perdersi ***
Capitolo 4: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 5: *** Io, te e intorno solo il mare. ***
Capitolo 6: *** è così che nascono e muoiono tre matrimoni ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** In viaggio ***


Francesca era ferma ad un semaforo. La sua auto tropo grande ingombrava anche una piccola parte della carreggiata sinistra. Mente le auto davanti a lei passavano lei controllava sporadicamente controllava dallo specchietto retrovisore cosa succedeva dietro. Finalmente dopo qualche minuto il semaforo diventò verde e lei accelerò per attraversare l'incrocio. Successe tutto in un attimo. Mentre lei passava, un' altra auto passò a velocità moderata, ma non poté evitare lo schianto. L'altra auto prese in pieno la sua fiancata destra e Francesca fu sbalzata in avanti.

-Oh mio Dio!- esclamò spaventata e preoccupata per l'auto. Immediatamente aprì la portiera dell' auto e scese.

-Ma che cazzo!- gridò girando intorno all'auto per valutare il danno.

-Mi scusi, ma non ho visto il semaforo. Le chiedo veramente scusa. È colpa mia. Riparerò tutto!- mentre Francesca aveva ancora le mani nei capelli, l'uomo che l'aveva tamponata era sceso anche lui dall'auto e ora le chiedeva scusa, con aria contrita ed una mano sul petto.

-Mi dispiace, mi dispiace davvero.- disse quell'uomo.- Piacere sono Michele. Come sta? Si è fatta male?- le chiese gentile tendendole una mano.

-No, sto bene.- rispose lei, alzando il viso e guardandolo.

-La prego, spostiamo le auto, le offro qualcosa da bere, mentre chiariamo la situazione.- le disse sorridendo.

Francesca lo osservò bene. Era un uomo sulla trentina, con le spalle larghe e due grandi occhi nocciola, i capelli scuri e scarmigliati. Scendeva da un auto nera, lussuosa, probabilmente era al cellulare prima dell'incidente. Francesca si sentiva arrabbiata, ma allo stesso tempo in colpa, perchè quell'uomo era così gentile con lei.

Rientrò in auto e la accostò al marciapiede per parcheggiare, lui fece lo stesso. Poi scese dall'auto e lo aspettò, mentre lui scendeva e con una mano le indicava un bar vicino.

-Cosa prende?- le chiese.

-Un caffè, grazie.- rispose lei. Lui ordinò due caffè al barista ed insieme si avvicinarono al bancone.

-Non mi ha ancora detto il suo nome.- le disse guardandola curiosamente.

-Mi chiamo Francesca- gli rispose.

-Francesca.- ripeté lui – Le chiedo veramente scusa per quello che ho combinato. Ero al cellulare e non mi sono accorto che il semaforo era rosso. Ma non si preoccupi le pagherò ogni danno, anzi, se ha un carrozziere di fiducia, la posso accompagnare anche immediatamente.-

-Senta, ora non posso. Devo andare al lavoro.- gli rispose lei.- Ma se mi lascia un contatto, le farò sapere appena posso.- lui tirò fuori il suo portafogli e le passò un biglietto da visita. Lei lesse “Ing. Franzese Michele” e relativi numeri e indirizzi e-mail.

-Questi sono i miei contatti. Può tranquillamente lasciare le notizie alla mia segretaria e la contatterò.- le spiegò lui. Nel frattempo erano arrivati i caffè, e lei trangugiò il suo. Era di fretta. Strinse ancora la mano a quell'uomo per salutarlo, e corse via.

La sua giornata passò frenetica, tra le ultime consegne da completare in ufficio. Era un venerdì e Francesca doveva finire il suo lavoro prima del week-end. Il giorno dopo doveva partire per Parigi. Il suo ragazzo Giuseppe le aveva regalato quel viaggio da un po' di tempo, e lei non vedeva l'ora di staccare tutto e prendere l'aereo.

 

-Amore corri!- le disse Pino trascinando le valigie. Francesca aveva un bagaglio enorme e faceva fatica a tirarselo dietro, così lui le si avvicinò e glielo tolse da mano, per andare più spediti. Fecero il check-in di corsa. Lo speaker annunciò che il loro volo sarebbe partito in dieci minuti e loro corsero ancora di più per raggiungere il gate. Finalmente salirono a bordo e poterono riprendere fiato solo mentre le hostess indicavano loro il posto in cui dovevano sedersi.

Il volo partì dopo poco, e i due fidanzati si rilassarono nonostante i sedili stretti della economy. Mentre l'aereo sorvolava l'Italia il bambino seduto proprio vicino Francesca cominciò a sentirsi male.

-Amore di mamma, prendi una caramella. Vuoi un po' d'acqua?- la madre cercava di rassicurarlo, ma il piccolino diventava sempre più pallido. Ad un certo punto ci fu un via vai di hostess che passavano ogni tanto a controllare che tutto fosse apposto. Ma mentre passavano il confine con la Francia, il piccolo vomitò. Ed a quel punto le hostess, svuotarono la fila spostando i passeggeri nei posti liberi.

-Mi dispiace signorina, è rimasto solo un posto nella classe business. Devo dividerla dal suo compagno di viaggio.- disse l'hostess a Francesca, che immediatamente guardò il suo ragazzo.

-Vai, amore, non ti preoccupare.- le disse – Ci vediamo a Parigi!- e le sorrise.

Francesca seguì l'hostess, attraversarono insieme uno stretto corridoio, e poi sbucarono nell'enorme sala della business. I sedili erano più grandi, e c'era molto spazio per passare tranquillamente. Infine l'hostess indicò a Francesca il posto vuoto e le sorrise congedandola.

Francesca si accomodò, e si guardò intorno.

-Buongiorno.- le disse il suo vicino di posto. Era l'uomo dell'incidente. Francesca spalancò gli occhi vedendolo. - Anche lei a Parigi?- le chiese.

-Si.- gli rispose. - Un week-end romantico.-

-Ah!- sospirò lui.- Noi comuni mortali invece dobbiamo lavorare per sostenerci.-

-Chi le ha detto che io non sia una comune mortale?- chiese lei indispettita. Quell'uomo cominciava ad infastidirla.

-Oh!- disse – Lei è talmente bella.-

Francesca arrossì. - Le vorrei ricordare che lei ieri mi ha quasi distrutto l'auto, e farmi complimenti non la aiuterà a molto.-

-A proposito, credevo che entro la giornata di ieri mi avrebbe contattata per l'auto...- disse lui

-Credo che lei si sia accorto che avevo un po' da fare...- Francesca si stava indispettendo sempre più.

-Pensavo ci tenesse alla sua auto.-

-Si, ma ci tengo di più al mio week-end. Per l'auto e per lei c'è tempo.- rispose ormai arrabbiata e allo stesso tempo l'aereo ebbe uno scossone.

-Avvisiamo ai signori passeggeri che stiamo attraversando una lieve perturbazione, e preghiamo di allacciare le cinture di sicurezza- annunciò una hostess da un microfono. Francesca allacciò le sue, eppoi incrociò le sue braccia al petto innervosita. L'aereo ebbe un altro scossone più forte e lei istintivamente afferrò i braccioli del sedile stringendoli forte.

Ma ritrasse immediatamente la mano che aveva per un attimo sfiorato quella del suo nuovo compagno di viaggio. Alzò gli occhi e lo guardò imbarazzata.

-Le chiedo scusa, non volevo disturbarla.- gli disse.

-Non si preoccupi. È stato un piacere sentire la sua pelle sulla mia.- rispose lui sorridendole.

A quel punto Francesca scattò. - Senta, io credo che lei non abbia capito che sto andando a Parigi con il mio ragazzo, è un week-end romantico, e non ho intenzione di tradirlo. Eppoi, lei ha danneggiato la mia auto,mentre io andavo a lavoro. Non credo che possa mai avere pensieri simpatici nei suoi confronti!-

-Oh! La ringrazio signorina. Ma questo non significa che io non possa fare apprezzamenti verso di lei. Effettivamente ed obiettivamente lei è una donna molto attraente ed io non vedevo l'ora di farglielo sapere.- Francesca arrossì ancora. Incrociò di nuovo le braccia e cominciò a guardare davanti a sé, combattendo contro la rabbia per quell'uomo e la paura per gli scossoni dell'aereo che si intensificavano sempre un po' di più.

-Lo ama?- chiese lui. Lei lo guardò stupita e offesa.

-Mi scusi, ma cosa le interessa?-

Lo sguardo di Michele diventò più intenso e provocatorio.

-Era per fare conversazione, la vedo particolarmente tesa.- le rispose.

-Si, sono innamorata del mio ragazzo.-

-Da quanto tempo siete insieme?- chiese ancora lui.

-Da 2 anni, e credo che staremo insieme ancora per un bel po'.- Francesca ormai era sulla difensiva, stringeva i pugni tanto da farsi venire le nocche bianche.

-Ah...e lui come si chiama?-

-Giuseppe, è l'uomo più gentile che abbia mai conosciuto.-

-é gentile...strano da dirsi per un fidanzato...- continuò lui. Lei distolse lo sguardo e decise di ignorare la sua affermazione. Afferrò un libro che aveva in borsa e cominciò a leggere, ma presto si distrasse. Quell'uomo la stizziva davvero tanto. Le aveva distrutto l'auto il giorno prima, ed ora pretendeva di comprarla con complimenti insulsi. Per non parlare del poco rispetto che aveva nei confronti del suo ragazzo e della pretesa di saperne più di lei della loro relazione.

Ad un certo punto lui si addormentò, e lei alzò gli occhi dal libro per osservarlo. Era un bell'uomo, aveva il naso dritto e la bocca sottile. I capelli erano scarmigliati come il giorno prima, e il suo torace largo e possente si muoveva su e giù al ritmo con il suo respiro. Francesca si voltò di scatto, nell'istante in cui lui sobbalzò nel sonno.

-Avvisiamo i signori passeggeri che il volo sta per terminare. Entro 10 minuti saremo a Parigi. Preghiamo di non slacciare le cinture fino al completamento della fase di atterraggio. Grazie per l'attenzione.-

Francesca sospirò sollevata pensando che entro dieci minuti avrebbe raggiunto il suo ragazzo. Ed avrebbero vissuto un meraviglioso week-end nella più romantica città d'Europa.

 

-Francesca, amore!- Pino la chiamò mentre lei raggiungeva il nastro per prendere le valigie. Lui già aveva preso la sua, e la stava aspettando. - Come è stato il viaggio, amore mio?-

-Noioso.- gli disse lei storcendo il labbro. Lo abbracciò e lo baciò, ma all'improvviso si sentì pungere la nuca e si voltò. Era lo sguardo cocente che Michele le aveva lanciato mentre la vedeva salutare il suo fidanzato. Lei ancora una volta si sentì infastidita.

Fuori dall' areoporto Francesca e Pino presero un taxi per raggiungere l' hotel. Francesca guardava affascinata fuori dal finestrino le strade parigine sfrecciarle davanti in un gioco di colori e luci.

Alloggiavano al Prince de Galles, in una camera stupenda, con le pareti bianche ed il letto beige.

-Allora, ti piace?- le chiese Pino disfacendo le valigie

-Si, amore, è stupendo.- le rispose lei abbracciandolo. Lui posò le labbra su quelle di lei, dandole un bacio carnale, passionale.

-Amore, ho bisogno di una doccia.- gli disse lei sciogliendosi dall'abbraccio. Ed andando in bagno.

Francesca si rilassò totalmente sotto il getto caldo della doccia, che le lavava via anche la tensione che quell'uomo dispettoso ed inappropriato le aveva provocato durante il viaggio. Come poteva anche solo pensare di tradire quel meraviglioso fidanzato che aveva? Come gli era venuto anche solo in mente che lei si facesse abbindolare dalle sue lusinghe?

Si avvolse in uno degli asciugamani che l'hotel aveva loro dato a disposizione e raggiunse Pino in camera.

-Amore, non smetterei mai di guardarti!- le disse alzandosi dal divano su cui era seduto e allungando le braccia per abbracciarla.- Sei la donna più bella del mondo.-

-Grazie amore.- gli rispose.

Lui si fece più audace e tirò un lembo dell'asciugamani in cui era avvolta. I loro sguardi si intensificarono. Francesca non voleva altro che sentirlo dentro di sé, e lui sospirò forte.

Francesca gli posò le mani sul petto, e sentì l'erezione di lui premerle sulla pelle nuda. Pino la prese per mano e la fece adagiare sul letto accarezzandole tutto il corpo. Lei sentì fremere il ventre, giù in basso, e cominciò a sentire il desiderio forte di essere presa. Lui si svestì velocemente e fu subito sopra di lei. Fecero l'amore dolcemente, sentendosi l'uno dentro l'altro. Poi giacquero sfiniti e in poco tempo si addormentarono.

 

Francesca aprì gli occhi all'improvviso. Un mal di testa le stava spaccando il cranio. Guardò l'orologio erano le tre di notte. Pino era avvolto intorno a lei come un lenzuolo. Lei lo osservò per un po' prima di alzarsi a prendere un bicchiere d'acqua ed un'aspirina. Era un uomo bellissimo. La sua pelle era scura, i suoi capelli neri e lisci formavano una cornice intorno al suo volto. Le sue labbra carnose erano sorridenti nel sonno, come se stesse facendo un bel sogno. Lei invece aveva sognato solo occhi nocciola quella notte. Enormi occhi nocciola che si avvicinavano a lei, e la guardavano insistentemente.

Cacciò dalla mente quei pensieri, e bevve l'acqua con l'aspirina tutta d'un fiato, poi tornò a letto e si rintanò tra le braccia del suo uomo. Dopo pochi minuti si riaddormentò.

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Capitolo 2
*** E ora? ***


Michele non faceva altro che pensare a quella ragazza, da quando era sceso dall'aereo. I suoi ricci scuri, i suoi occhi verdi, i suoi seni rotondi e generosi. Tutto di lei lo affascinava. Per non parlare del modo in cui arrossiva violentemente quando le faceva complimenti. Adorava il suono della sua voce. Mentre andava in auto verso la sua casa parigina, non riusciva a smettere di immaginarsi quella ragazza nuda, davanti a se. Tirò forte su col naso, cercando di distrarsi guardando fuori dal finestrino. Parigi era particolarmente calma quella sera, non c'era traffico, e si sentivano pochi rumori all' esterno. Arrivato nel suo loft fu accolto dalla sua governante. -Monsieur, desidera mangiare?- chiese in italiano, ma con un forte accento francese. -Si,grazie, Madeline. Tra 10 minuti, per favore.- rispose lui togliendo la giacca e porgendogliela, perché la riponesse. Si svestì completamente e andò in bagno. Aprì la doccia calda e cercò di svuotare la mente da tutti quei pensieri su quella donna. Prese una tuta dalla sua cabina armadio e la indossò per cenare. - Monsieur, il dottor Callegari ha telefonato poco prima che lei arrivasse.- gli disse la governante. -Grazie Madeline. Tutto bene qui?- -Si, monsieur, abbiamo tenuto bene la casa?-chiese ancora lei premurosa. - Si, Madeline, meravigliosamente bene. Non ho dubbi del vostro lavoro.- rispose lui. - Grazie, monsieur, vado a prepararle il letto per la notte.- disse la donna e si allontanò da lui. Michele afferrò il cellulare e compose un numero. - Dottor Callegari, buona sera, mi cercava?- chiese. - Oh! Mio caro Michele! Tutto bene? È arrivato a Parigi?- ribatté l'altro. - Si, signore, tutto bene. Sono atterrato da un quarto d'ora.- - Bene, vorrei che si impegnasse immediatamente con il progetto. Domani mattina vada sul posto e controlli che le cose procedano come ha chiesto il cliente.- rispose lui. - Non si preoccupi dottore, domani andrò al cantiere, la contatterò appena ho notizie.- - Grazie, Michele, è sempre un piacere lavorare con lei.- disse, e chiuse la telefonata. Michele raggiunse la terrazza del suo appartamento e restò per un po' ad osservare le luci della città e le auto che scorrevano sotto di lui. Il viso di quella donna non si scollava dalla sua mente. Ma i suoi impegni erano più importanti, e comunque l'avrebbe rivista in Italia, quando l'avrebbe contattato per l'auto. Perché non le aveva chiesto almeno il numero del cellulare? E cosa ci aveva trovato di bello in quel tipo così...inutile? Chissà, forse per questo l'unica cosa che lei ricordava di lui era che fosse gentile. Forse in quel momento stavano facendo l'amore, ed a quel pensiero il suo stomaco si torse violentemente, in un accesso di rabbia. E intanto che poteva farci... Lei era sua, e questo era chiaro. Ma Michele la desiderava, e avrebbe tentato tutte le sue carte. Andò nel suo studio, e cercò di lavorare per un po', poi la stanchezza ebbe il sopravvento, e quando cominciò a non vedere chiaro chiuse il faldone ed andò a letto. - Amore! Sveglia! Il sole è alto già da un po'!- Francesca aprì gli occhi lentamente, il sole penetrava dalle tende bianche al balcone. Il mal di testa era passato, ma gli occhi nocciola non le erano ancora usciti dalla mente. Lentamente si alzò e raggiunse Pino, già seduto al grande tavolo con il giornale aperto. - Buongiorno, raggio di sole!- la salutó, e lei andò a sedersi sul suo grembo, e gli schioccò un bacio sonoro sulle labbra. -Buongiorno amore- gli disse. -Siedi, hanno portato la colazione già da una mezz'ora. Troverai che qualcosa già si è raffreddato.- le rispose. E lei cominciò a servirsi di quello che l'hotel aveva loro portato.  -Stamattina andiamo a vedere il Louvre e la Tour Eiffel nel pomeriggio... Pranziamo all'Epicure. - -Mmm.. la giornata promette bene!- rispose lei addentando un soffice croissant. -Non poteva essere altrimenti. Ho preparato il week-end più bello della vita, per la donna più bella del mondo!- le disse sorridendo. Lei le sorrise di risposta. Ma come aveva potuto lasciarsi turbare da quell'uomo il giorno prima? Francesca finì di fare colazione e si preparò, poi insieme a Pino uscì in una Parigi assolata e calda. Il Louvre la lasciò a bocca aperta. La sua pinacoteca era stupenda. Il cibo all' Epicure fu altrettanto fantastico. Pino si era davvero impegnato per quel piccolo viaggio. Giunsero al Campo di Marte nel primo pomeriggio. Salirono sul punto più alto della torre, Pino era al settimo cielo anche col suo umore. Francesca si sentiva trascinata dalla sua gioia. Una volta arrivati alla terrazza della cima della Tour Eiffel si soffermarono per molto tempo a vedere il panorama, abbracciati. -Aspetta un momento, vado in bagno e torno.- le disse Pino. E lei rimase sola, e tutta Parigi ai suoi piedi. -Signorina, sembra proprio che lei mi stia pedinando!- Francesca sentì una voce familiare e si voltò. Era ancora lui, quel fastidiosissimo uomo. -Ancora lei!- esclamò Francesca disperata. -Cosa posso farci se lei mi segue anche sul lavoro?- chiese lui. -Lei lavora qui?- -Ho un cliente al secondo piano, ma ogni volta che vengo, salgo quassù. Adoro lo Champagne bar.- rispose Michele. Lei tornò a guardare oltre il balcone, quasi ignorandolo. -L'ho vista con lui ieri, in aeroporto. Ma credo che lei non meriti un ometto come lui.- le disse. -Ah! Quindi meriterei di più un uomo come lei?- -In realtà non meriterebbe neanche me, ma non credo che sia davvero innamorata di lui.- rispose abbassando la testa, abbattuto. -Io sono innamorata di Pino.- -E per quale motivo ieri era così fredda quando l'ha visto?- incalzò Michele. - Da quanto tempo non gli dice un semplice “ti amo”?- Francesca distolse lo sguardo e cominciò a pensarci. Effettivamente aveva dimenticato quando era stata l'ultima volta che glielo aveva detto. Stava pensando una frase adatta per risponderlo a tono, ma non fece in tempo, perché Pino arrivò tutto sorridente portando un carrello con un secchiello di ghiaccio, due flûte vuoti e un grosso mazzo di fiori. Michele si allontanò da lei distrattamente, come se fosse lì di passaggio e si posizionò in un punto lontano alle spalle di Pino per osservarli senza essere visto. -Amore mio, ti va un po' di champagne?- chiese Pino a Francesca, mentre già stava stappando la bottiglia. Francesca fece di si con la testa, e Pino fece volare il tappo in aria. Versò lo champagne nei due flûte. Lei lanciò un'occhiata veloce verso Michele e notò che sorrideva divertito per la scena che stava osservando. All'improvviso Pino cadde in ginocchio. Francesca spalancò gli occhi meravigliata. Pino tirò fuori una scatolina di velluto rosso dal taschino della giacca. Lei guardò truce verso Michele, che ora era piegato in due dalle risate. -Francesca, so che forse questo ti può sembrare strano e affrettato, ma per quanto mi riguarda mi sono bastati appena due anni della mia vita, per capire che sei la donna con cui voglio passare il mio futuro. Sei l'angelo caduto in terra che ha illuminato i miei giorni, dall'esatto istante in cui ha incrociato il suo sguardo col mio. Ti sto chiedendo la mano. Francesca, vuoi essere mia moglie?- le disse Pino con gli occhi lucidi, porgendole l'anello. Francesca sentì le lacrime salirle in gola. Era emozionata, eppure era veramente strano. Non avrebbe mai creduto che Pino fosse arrivato a tanto con lei. -Si!- disse sorridendo ed infilando il dito nell'anello.- Voglio essere tua moglie.- e stringendolo forte esclamò a voce alta – Pino, ti amo.-ma nel momento in cui lo disse le suonò grottesco, e dal suo angolino Michele si spostò allontanandosi da loro. “è quasi ridicolo che Francesca si sposi con quell'omuncolo. Non prima di avermi dato ascolto. Devo fare qualsiasi cosa per farle capire che sta commettendo il più grande errore della sua vita” Michele non riusciva a darsi pace. Da quando aveva incontrato Francesca alla Tour Eiffel il suo unico pensiero era tornare in Italia e incontrarla. Doveva farla ragionare. Il suo viso mentre lui le chiedeva di sposarla era spaventato. I suoi occhi verdi erano spalancati per il terrore. A lei quel Pino non piaceva neanche, e Michele ci avrebbe scommesso la testa. Ormai era passata una settimana, non resisteva più. Doveva assolutamente tornare in Italia. -Dottor Callegari, buongiorno.- disse al cellulare. -Ah! Ingegner Michele, come vanno le cose a Parigi?- chiese il suo interlocutore. -Tutto bene. Volevo comunicarle che il progetto è stato avviato alla grande. Il nostro cliente è più che soddisfatto. Per questo credo che entro domani tornerò in Italia, se lei è d'accordo.- -Sicuramente, mio caro. Ho bisogno di lei qui. Mi sta impazzendo tutto lo staff, ha un cumulo di posta enorme sulla scrivania, sono passato questa mattina davanti al suo ufficio e ho dato un po' uno sguardo in giro. Sono persi senza di lei.- disse l'anziano signore al cellulare. -Allora credo che domani mattina verrò a Napoli, partirò stasera col primo volo disponibile.- rispose Michele e chiuse la telefonata dopo aver salutato il suo capo. -Madeline, preparami la valigia. Torno a Napoli.-gridò alla sua governante. Francesca si sentiva frastornata, come se fosse stata ubriaca, o avesse subito il jet-lag. Scesa a Napoli trovò tutta la sua famiglia al completo nell'aeroporto che l'aspettava. Ognuno di loro aveva un palloncino. Festeggiarono come se avessero vinto chissà quale importante premio. Lei non aveva ancora realizzato. La domenica vissuta a Parigi era passata pigramente nella spa del Prince de Galles, e Francesca continuava a far finta che non fosse successo niente. Pino era l'uomo più felice del mondo invece. La riempiva di attenzioni, l' aveva trattata davvero come una principessa. Ora davanti a quella folla di persone si sentiva leggermente avvilita, messa improvvisamente di fronte alla realtà. Come aveva fatto Pino a contattare tutte quelle persone in una sola giornata, mentre era ancora con lei? O piuttosto doveva aver chiamato immediatamente sua madre, e lei, restando fedele a se stessa aveva fatto girare la voce in un lampo. Tutta quella massa di persone si spostò verso l'uscita dell'aereoporto, ed insieme raggiunsero le auto. Francesca conviveva con Pino già da 6 o 7 mesi, e quasi fu contenta che si fossero dispersi nel traffico napoletano. La villa dove abitavano era poco fuori Bacoli. Lui aveva comprato un terreno enorme e ci aveva costruito questa enorme casa, circondandola con un grande giardino con tanto di piscina. A volte Francesca ancora si perdeva tra le tante stanze che c'erano. Prima di entrare nel garage della villa c'era un enorme viale da percorrere in auto. Quella sera era tutto illuminato con fiaccole su entrambi i lati. Francesca si insospettì, e la cosa peggiorava man mano che si avvicinavano al' edificio principale. Cominciò ad intravedere palloncini e festoni tutt'intorno l'atrio. Appena entrati in casa ci fu lo scoppio di cannoncini sparacoriandoli, e la coppia ancora mano nella mano fu avvolta da grida di giubilo e stelle filanti. Pino aveva fatto proprio le cose in grande. Lei lo guardò con un sorriso amaro, mentre la folla incitava al bacio e lui la stringeva a se, schioccandole un bacio veloce. Tutti applausero. Tutto sommato fu una bella serata. Ma nonostante ciò lei non vedeva l'ora di lasciar uscire tutti quegli ospiti da quella che ufficiosamente era casa sua,e rintanarsi nel suo letto. Era stanca, assonnata e leggermente depressa.

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Capitolo 3
*** Perdersi ***


Appena entrata in ufficio Francesca ritrovò sulla scrivania il biglietto da visita di Michele. Con un moto di stizza lo gettò in un cassetto, cercando di dimenticarsene. E invece durante la giornata non faceva altro che pensare a quel fastidiosissimo uomo. Michele Franzese. Si era addirittura dimenticata il suo nome. Finalmente il martedì si decise a provare a telefonarlo. Dopotutto le doveva una riparazione alla sua auto, per quanto ingombrante che fosse. -Buongiorno, sono la segretaria dell'ingegner Franzese, posso aiutarla?- le chiese una donna dalla voce squillante dall'altro lato del telefono. -Si, sono Francesca Mancini, cerco l'ingegnere per un risarcimento danni.- -Ah! Si, l'ingegnere me ne aveva parlato, ma mi ha detto di riferirle che deve aspettare che lui ritorni da Parigi. Vuole essere direttamente lui a curare la situazione.- rispose la segretaria – Lo avviserò che ha telefonato, e sicuramente la contatterà appena rientra. Mi può lasciare un suo contatto?- “Maledetto bastardo!” pensò Francesca mentre dettava il suo numero di cellulare alla sua interlocutrice. “Non posso neanche evitare di incontrarlo”. Ormai con Pino aveva anche cominciato i preparativi del matrimonio. Avevano scelto come data il 31 dicembre di quell'anno, e ora stavano cominciando anche a visitare vari siti internet per cercare la location adatta. Pino non badava a spese. Era un notaio, figlio d'arte, e sicuramente non gli mancavano le risorse economiche per un matrimonio in grande stile. Dopo lo shock iniziale, a Francesca cominciò a piacere l'idea di sposarsi. Dopotutto era innamorata di Pino, e di questo se ne stava convincendo pian piano. Questo Michele non poteva arrivare all'improvviso, tamponare la sua auto, e pretendere di gettare all'aria la sua storia con lui. Non potevano bastare un paio di complimenti a farle decidere di lasciare Pino. La settimana passò velocemente, e il sabato dopo, mentre stavano visitando una villa candidata ad ospitare il matrimonio, il cellulare comiciò a squillare. -Buongiorno Francesca, sono Michele, come va?- era lui. -Bene, ingegner Franzese, molto bene, in questo momento sono in costiera sorrentina per vedere da vicino una delle location per il mio matrimonio.- -Ma è proprio sicura che vuole sposare quel pesce lesso?- chiese lui, e allo stesso tempo lei alzò lo sguardo verso il suo fidanzato e lo osservò mentre seguiva le spiegazioni del maitre a bocca aperta. Effettivamente in quel momento le sembrò un pesce lesso. Le scappò una risata. -Che bel suono! Cos'era? Un'arpa? State scegliendo anche i musicisti per la cerimonia?- continuò lui. -Senta, non ho molto tempo per parlare, sa?- rispose lei. Nonostante le facessero piacere tutte quelle lusinghe era arrabbiata con lui. Non poteva continuare a prendere in giro il suo futuro marito. -Vengo al sodo. Domani voglio vederla e risolvere la situazione dell'auto. Mi dia il numero del suo carrozziere, provvederò io a telefonarlo. Domani mattina andremo da lui e le faccio sistemare tutto, a costo di pagare il doppio o il triplo.- disse lui, e lei prontamente cominciò a cercare il numero del carrozziere, quanto prima avrebbe sistemato l'auto, prima avrebbe dimenticato quell'uomo, e prima avrebbe potuto dedicarsi completamente al suo matrimonio. Si diedero appuntamento proprio davanti all'officina del carrozziere, e se lei avesse dovuto lasciare l'auto lì, lui l'avrebbe accompagnata fino a casa. E così il giorno dopo si videro. Lui aveva un velo di barba, rasata in modo preciso e squadrata perfettamente, e questo le fece saltare un battito del cuore, perchè in quel modo era diventato più affascinante. -Finalmente ti rivedo!- le disse, facendole il baciamano.- Una settimana è stata un tempo troppo lungo.- -Ingegnere, lei è passato al tu troppo velocemente.- -Perchè ti ostini a mantenere questa distanza? Lasciati andare. Ormai quasi una donna sposata, e agli uomini piacciono poco.- rispose. Lei tirò un forte sospiro e sorrise stando allo scherzo. -Come vuole che mi rivolga verso l'uomo che mi ha quasi sfasciato l'auto e che attenta deliberatamente alla mia integrità di fidanzata ufficiale?- Stavolta fu lui a ridere. - Michele, sono solo Michele. Questo tono affettato mi fa sentire vecchio!- -Perchè quanti anni hai, Michele?- chiese lei con sguardo curioso. -Ne ho appena 29, cara, e non li dimostro!- e sorrise sornione. - Non oso chiedere l'età ad una donna, ma credo che tu sia un po' più giovane di me.- -Ne ho 27. E mi sembra di aver capito che hai la pretesa di leggermi come un libro aperto.- -Non è solo una pretesa, è una certezza! Vedo i segnali che mi manda il tuo corpo, e direi che in questo momento ti sto incuriosendo.- Effettivamente era così. Quello sconosciuto che si era così impegnata ad evitare stava diventando una terra da esplorare o un pacco di Natale sotto l'albero. Lasciarono l'auto dal carrozziere e come previsto lui la invitò a salire sulla sua auto per riaccompagnarla. -Che cosa fai nella vita, oltre ad essere fidanzata con un pesce lesso?- le chiese lui mentre percorrevano la strada verso la grande villa dove abitava con Pino. -Sono un avvocato, scusami, un apprendista avvocato. Tra un annetto più o meno farò l'esame per l'avvocatura. E tu?- - Credo che tu abbia capito che sono un ingegnere edile. Lavoro per un'azienda, sono il vice del capo, praticamente. È un milanese che vive a Napoli da un po' di tempo e ha messo su l'azienda. Lavoriamo su base internazionale. Io sono il suo esperto dei materiali ecosostenibili.- Parlare con lui era in realtà molto piacevole. Lui era scherzoso, simpatico, e vivo, in un certo senso. Le aveva raccontato dei suoi progetti in giro per il mondo, della sua casa a Parigi, del fatto che era lì proprio per un progetto con un ristoratore, che voleva costruire un intero hotel con materiali ecologici, che prevedesse l'istallazione di impianti per il compostaggio, che non fossero scomodi al locale, e di pannelli solari. Lei le raccontò di Pino, di come si erano conosciuti, di come lui l'avesse conquistata due anni prima dopo un corteggiamento decennale, della loro decisione di andare a vivere insieme, e infine dell'imminente matrimonio. In poco tempo giunsero alla villa, e allo stesso tempo lei ricevette una telefonata da Pino. -Amore, sono andato a pescare. Ti dispiace se oggi non ti faccio compagnia?- le disse. -No, amore, stai tranquillo. Non ci sono problemi.- rispose lei e staccò la telefonata. - Ti va di essere mio ospite?- chiese poi a Michele. Ormai erano davanti all'enorme cancello della villa. -Non so...- disse lui- Non do fastidio in alcun modo?- - Assolutamente. Se non restassi, resterei sola, con l'inquietante servitù del maniero.- rispose lei e risero insieme. La cuoca aveva già cucinato per due e le due cameriere avevano già preparato il tavolo da pranzo nel salone principale, dove Pino amava passare le domeniche. Francesca le avvisò che Pino non sarebbe tornato perchè passava la giornata in mare, e che comunque avevano un ospite. L'ingegner Franzese, che aveva contattato per chiedergli informazioni tecniche su alcuni casi. Sapeva molto bene che non bisognava fidarsi di quelle tre donne, che spesso erano state beccate a chiacchierare malignamente tra loro, sulle questioni dei padroni di casa. Michele e Francesca pranzarono parlando di qualsiasi cosa venisse loro in mente,e lei scoprì che lui aveva preso la laurea col massimo dei voti, e questo gli aveva permesso di fare carriera velocemente, che in 3 anni grazie al suo lavoro aveva già girato mezzo mondo, che i suoi progetti erano diventati edifici ecosostenibili negli Stati Uniti, in Francia, nel Regno Unito ed in Russia, che ora la sua azienda stava cercando di coinvolgere anche i paesi in via di sviluppo, pensando a soluzioni che permettessero di produrre energia e acqua pulita risparmiando. Questo lato di lui la colpì, non avrebbe mai pensato che quel fastidiosissimo uomo avesse a cuore anche le sorti dei più poveri. Era un po' anche quello che lei sognava della sua carriera. Fin' ora aveva preferito prendere in carico casi al limite, in cui doveva difendere donne maltrattate o abusate e bambini abbandonati. -Come puoi essere innamorata di tutto questo?- le chiese all'improvviso mentre girava il caffè con un cucchiaino d'argento. -Pino è un po' come se fosse il mio migliore amico. Lo conosco da anni e non mi sognerei mai di fargli del male.- rispose lei guardandosi le mani. -Si, ma questo non credo sia abbastanza per decidere di passare tutta la vita con una persona.- Lei sospirò, sollevò la testa e guardò nella profondità dei suoi occhi nocciola. Sembravano quasi disperati. -Veramente, non capisco come è possibile che ad una donna così leggera possa piacere tutta questa opulenza, tutto questo lusso possa stare comodo!- ancora una volta Michele aveva toccato un nervo scoperto. Francesca si alzó, gli fece cenno di seguirla, ed insieme uscirono nel grande giardino, lontano da occhi ed orecchie indiscrete. -Michele, Pino è innamorato di me all'ennesima potenza. Mi sta realmente dando la vita. Eravamo a scuola insieme e lui già all'epoca era cotto di me, ma per me era il mio migliore amico. Compiuti 18 anni, i miei genitori si separarono, ed entrambi trovarono compagni ai quali stavo scomoda. Mi hanno accolto i miei zii in casa, ma non avevo soldi, e non mi andava di pesare ancora di più su loro. Scelsi di non continuare con l'università. Ma Pino voleva aiutarmi e si propose di pagarmi le tasse ed i testi su cui avrei studiato, io gli controproposi un prestito. Lui mi ha pagato tutta la carriera universitaria, e io gli ho restituito ogni cosa non appena ho cominciato a lavorare. Poi un annetto fa, lui venne da me con un assegno. Erano tutti i soldi che io gli avevo pagato. Mi propose di lavorare per il padre, in uno studio associato. Quella è stata la sera del nostro primo bacio. Grazie a lui mi sono laureata, ed ho avuto lavoro. Mi sostiene, mi incoraggia, e mi ama infinitamente. Non posso non amarlo, e non posso lasciare che questo matrimonio sia distrutto ancor prima di iniziare.- Francesca smise di parlare e strinse forte gli occhi. Quando li riaprì le sue guance erano già rigate. Michele allungó una mano e con un pollice le asciugó il viso. Il contatto della sua mano per lei fu elettricità. Francesca non gli permise di continuare, girò il viso staccandosi da lui, quasi violentemente, e smise di piangere all'istante. Si asciugò gli occhi col dorso della mano, si voltò verso di lui e gli sorrise. -Michele, ti prego. Non lasciamo che questa cosa prenda il sopravvento. Non voglio assolutamente ferire Pino.- Lui le si avvicinò e le prese le mani. -Non voglio far del male a nessuno, ma tu lo stai facendo a te stessa. Non puoi scegliere una vita di schiavitù verso un uomo che ti ha aiutato.- I suoi occhi nocciola ardevano. Francesca non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo viso, nonostante lo volesse con tutta se stessa. In un attimo i loro visi si avvicinarono, le loro labbra si toccarono, e fu come se il mondo avesse cominciato a girare più velocemente, o più lentamente. Poi Francesca si voltò di spalle sciogliendosi dal suo abbraccio. -Michele, no!- ma le braccia di lui la cinsero ancora una volta. Lei ricominciò a piangere, stavolta con più forza, era scossa dai singhiozzi, e il calore del corpo di lui che la cingeva peggiorava le cose. -Ti prego, Francesca, non fare così.- le disse.- è dal giorno in cui ti ho distrutto l'auto che non penso ad altro.- la fece voltare e l'abbracciò forte. Francesca non aveva mai provato tutte quelle emozioni allo stesso tempo. Il senso di colpa, il desiderio di restare tra le braccia calde di Michele, il ricordo di vecchi dolori. Si accumulavano tutte all'altezza della gola, gonfiando ancora di più il nodo che la faceva singhiozzare per il pianto. -Francesca, se vuoi sarà come se non fosse mai successo niente. Come se io e te fossimo solo due conoscenti che hanno avuto un incidente per strada. Non mi va di vederti così.- Francesca alzò il viso e lo guardò negli occhi. Lui la strinse più forte e le diede un lieve bacio su una guancia. I singhiozzi si calmarono, ma lei in un impeto si avvicinò ancora a lui e lo baciò. Stavolta con passione, non desiderando altro che sentire il suo sapore. Lui l'avvolse tutta con il suo abbraccio, era ovunque, le sue mani scorrevano sul corpo di lei, smaniose. Lei gli afferrò i capelli, erano morbidi setosi, gli accarezzava il collo mentre lo baciava, e ad ogni tocco lui la baciava ancora pi forte, ancora più intensamente. Quando finirono rimasero stretti l'uno all'altro come se non avessero mai più voluto staccarsi, come se avessero voluto sentire ancora il profumo che quel bacio continuava ad emanare nell'aria, come se tutto il resto non esistesse e non fosse mai esistito.

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Capitolo 4
*** Ritrovarsi ***


Michele era al settimo cielo. Quella donna lo aveva stregato. Adorava la sua voce, il suo profumo, i suoi occhi verdi, il suo sapore. Aveva ancora in mente l'immagine di lei che alza il viso, ancora con gli occhi arrossati, che si avvicina alle sue labbra. Il suo cuore si riempì di felicità, avrebbe galleggiato a mezz'aria, se non fosse stato ancora in auto. Eppure sapeva che lei ancora non era sua. Quel Pino era stato più furbo di quello che avrebbe immaginato. Tutto sommato era una persona intelligente, ed aveva saputo legarla a se in modo quasi definitivo, quasi... Aveva ancora un po' di tempo. Era ancora aprile, e il matrimonio si sarebbe celebrato a dicembre. Non voleva perdere la possibilità di conoscere quella donna. Un po' era arrabbiato con se stesso, avrebbe potuto evitare di farle così male baciandola. Era convinto che in quel momento, mentre lui tornava a casa sua, lei si stesse rodendo dal senso di colpa, e questo pensiero lo colpì come un pugno nello stomaco. Arrivato a casa decise di mandarle un sms. “Ho passato la giornata più intensa della mia vita finora. Ho la sensazione di aver corso 10 km in 1' ora. Mi sento stordito e felice. Spero di sognarti. Ti bacio ancora. Michele” Nello stesso istante il cellulare di Francesca vibrò e la porta principale della villa si aprì. Pino era rientrato. -Amore??- la chiamò, mentre lei leggeva il messaggio che le aveva mandato Michele e lo cancellava frettolosamente. “Ti bacio ancora”. Si sfiorò le labbra con le dita, al ricordo di quanta passione c'era stata in quei pochi minuti piuttosto che in tutto il tempo che aveva passato con Pino. -Amore!- entrò nel salotto dove lei si era accomodata. -Ciao! Che bella che sei!- le disse dandole un veloce bacio sulle labbra. - Tutto bene? Cos'hai fatto mentre io ero a pesca?- -Niente di che... ho avuto un cliente a pranzo, abbiamo parlato un po'.- rispose lei vaga. -Ah! Ti sei divertita quindi- scherzò lui. -Eh! Si, devo essere sincera, non c'è niente di meglio che il lavoro anche la domenica pomeriggio.- -Ho pescato 5 chili di pesce, amore!- disse entusiasta. -Bravo!- rispose lei abbracciandolo, ma ebbe la sensazione di aver rotto qualcosa. -Ora non vedo l'ora di fare una doccia, e sentire la tua pelle sotto le mie mani!- le disse guardandola lascivamente. Lei sorrise, ma sapeva che proprio quella sera fare l'amore con Pino era un'impresa impossibile. Aveva ancora in mente gli occhi di Michele che la guardavano con tutto il desiderio che potevano. Menomale che il suo fidanzato era ancora sotto la doccia, così lei avrebbe potuto pensare a qualche scusa da inventarsi. E non riusciva a trovare manco mezza adatta. Decise di ingoiare la pillola, tutto sommato era il suo fidanzato. Lui entrò in camera da letto solo con l'accappatoio, e strofinandosi la testa con un asciugamani per togliere l'acqua in eccesso dai capelli. Lei era distesa già sul letto, e lo aspettava con un ansia che aveva poco di positivo. -Oh! Amore mio! Non vedo l'ora di spogliarti!- le disse sfilando la cintura dall'accappatoio. Le si avvicinò e con quella cintura le legò le mani alla sponda del letto. Era un gioco che avevano già fatto, ma quella sera Francesca non era felice di farlo. -Ora chiudi gli occhi!- le ordinò, e la bendò con le calze che lei indossava. In quel momento la mente di Francesca si riempì di Michele e sorrise. Pino lo prese per un cenno di approvazione e cominciò a sfilarle l'abitino fino al capo. Francesca emise un gemito, ma continuava a pensare al viso di Michele ed ai suoi occhi. Restò bendata per tutto il tempo immaginando che ci fosse Michele dentro di lei, che fossero le sue mani ad accarezzarla. Quando poi finirono e Pino la sbendò, le sembrò di aver fatto un sogno bellissimo. Le lacrime cominciarono a pungerle gli occhi, ma non diede loro modo di venir fuori davanti al suo fidanzato. Si rifugiò in bagno, con la scusa di voler fare una doccia anche lei, e finalmente, sotto l'acqua calda che le scorreva addosso, si lasciò andare. “Buongiorno,ieri sera ho sognato di fare l'amore con un uomo dagli occhi nocciola, lo conosci per caso? Anch' io ti bacio ancora. Francesca” Michele aveva ancora la bocca aperta. Oddio! Fare l'amore con Francesca sarebbe stata un' esperienza incredibile! Gli salì l' acquolina alla bocca mentre pensava al suo corpo nudo. Notare che lei stava cominciando a lasciarsi andare era in sollievo per lui. Voleva rivederla. Immediatamente. Già gli mancava il suono della sua voce. "Signorina, se io ho gli occhi di quel colore, non è detto che sia lo stesso uomo del tuo sogno. Sto dimenticando il sapore delle tue labbra, e questo non mi piace...quando ti rivedrò? Michele" Francesca lasciò cadere il documento che aveva in mano ed afferró il cellulare per scrivere con entrambe le mani. Voleva incontrarlo subito! Le sembrò meschino, ma non aveva molta intenzione di continuare ad evitarlo. Che si piacevano ormai era evidente, ed era inutile resistere. Ma c'era Pino. La situazione doveva essere chiarita. "Ingegner Franzese, anch'io vorrei rivederti. A me manca il tuo profumo. Francesca." Oh! Si! Michele interruppe la sua segretaria, che stava avendo una lunga dissertazione sugli ultimi aggiornamenti sui suoi progetti, per rispondere a Francesca. "Cosa fai a pranzo? Credimi Francesca, voglio davvero incontrarti. Michele" Il cuore di Francesca aveva spiccato il volo, ora vagava in un punto indefinito dell'universo. Ormai non voleva più tirarsi indietro, e cominciò a scrivere l' sms con mani tremanti. " Ti aspetto a Piazza Plebiscito. Non vedo l'ora.Francesca" Dentro di se Michele stava alzando al cielo un trofeo, e lo stava baciando, fiero di se stesso, e cotto di lei. Quella ragazza lo aveva stregato. Voleva farle una sorpresa, ma gli veniva in mente niente. "Io saró quello col sorriso a 32 denti. Ti desidero. Michele." Francesca lesse il nuovo sms e sorrise anche lei. Aveva quasi dimenticato di essere in ufficio e di avere gli occhi del suocero puntati addosso. -Francesca!- la chiamò.-Che fai?- - Niente, prendevo appuntamento con una cliente. Credo che pranzerò con lei, vuole parlarmi fuori dall' ufficio. È un caso nuovo, e complicato. Non vorrei turbarla.- -Figlia mia, non capisco ancora perché ti ostini con questi casi così particolari. Piuttosto che trovare un ricco cliente, che abbia costantemente bisogno di te.- chiese ancora lui. - Signore, andrebbe contro i miei ideali.- rispose Francesca. -Oh! Non chiamarmi signore, ormai sei una figlia per me, come fai a voler sposare quello spocchioso di mio figlio?- disse lui tirando un sospiro di rassegnazione, ma sorridendole. Francesca tirò un sospiro altrettanto rassegnata. - Ehi, signorina! Ove mai dovessi decidere che mio figlio non è l'uomo giusto, qui troverai sempre una porta aperta. Sei una dei migliori collaboratori che abbia mai avuto, tenace, con una percentuale altissima di processi vinti. Non vorrei perderti mai al mondo.- Francesca gli sorrise. - Lei è il miglior suocero che esista al mondo, signor Loiodice.- Lui le diede una paterna pacca sulla spalla e la lasciò sola nell'ufficio. Francesca fu libera di raccogliere le sue cose e scappare in bagno. “Mamma mia! Ho bisogno di una sistemata!”pensò guardandosi allo specchio. Aveva le borse agli occhi ed i capelli in disordine totale. Prese la pochette del trucco dalla borsa e cominciò a truccarsi. Si struccò più volte prima di decidere se fosse stato meglio un make-up più audace o uno un po' più acqua e sapone. Alla fine decise di truccare gli occhi leggermente e di mettere un lucidalabbra rosso deciso, e prima di ripensarci uscì dall'ufficio per immettersi nel tran tran napoletano. Turisti, ragazzi appena usciti da scuola, studenti universitari di corsa e uomini in giacca e cravatta che parlavano al cellulare. Entro un'ora la strada, in quel momento così viva e frenetica, si sarebbe svuotata, per riprendere a correre intorno alle 5 del pomeriggio. Francesca non riusciva a far caso a tutto ciò, dentro di se tremava, quell'incontro proibito le faceva paura, ma non poteva fare a meno di rincontrare la persona a cui pensava dal giorno prima. “Sono quasi a Piazza Plebiscito, tu? Dove sei? Non vedo l'ora di vederti. Francesca” Michele lesse il messaggio ed accelerò il passo. Fortunatamente il suo ufficio distava poco dal luogo in cui dovevano incontrarsi, ma la voglia di vederla era tanta, e di quelle poche ore che potevano passare insieme, non voleva perdersi neanche un attimo. Il pensiero di riaverla tra le braccia lo riempì di felicità e desiderio. “Sono qui, ti aspetto al Gambrinus. Michele” Il cuore di Francesca ebbe uno sfarfallio. Cominciò a volare, era quasi sul posto, mancavano 50 metri, poi 20, ora 10. Finalmente lo vide. Con un paio di occhiali da sole a goccia, le sorrideva e alzò una mano per salutarla da lontano. Lei corse a baciarlo, e ancora una volta il mondo si dissolse. Neanche il fatto di essere per strada, in una zona in cui entrambi potevano essere riconosciuti, li fermarono. -Ehi!- disse lui. - Anche tu mi sei mancata, ma...cerchiamo di non dare spettacolo in piazza.- Lei sorrise e lui la prese sottobraccio. - Posso portarti in un posto più appartato, oppure possiamo pranzare in una tavola calda qui vicino, che prepara delle tagliatelle fantastiche. Scegli.- -Io ho fame di te.- rispose lei maliziosa, e così Michele le fece un occhiolino e si diressero verso Santa Lucia. Ad un certo punto si avvicinarono al portone di un palazzo e lui premette un bottone ad un citofono. Dopo pochi attimi il portone si aprì, ed i due entrarono. Per le scale c'era gente che saliva e scendeva con dei pacchi, ma loro si fermarono all'ascensore per prenotarlo. -Dove stiamo andando?- chiese lei guardandosi intorno curiosamente. -All'ultimo piano di questo palazzo c'è uno dei miei loft.- rispose Michele mentre le porte dell'ascensore si aprirono ed i due entravano. -Caspita! Uno dei tuoi loft!- esclamò Francesca mentre lui intrecciava le sue mani con quelle di lei, e le baciava tutto il viso. -Si, questo è il più piccolo, più che altro è una specie di studio, in cui mi rifugio quando mi scoccia farmi 3 ore di traffico per arrivare al lavoro.- -Altrimenti?- chiese Francesca tra un bacio e l'altro. -Altrimenti vado a casa mia, a Piazza Vanvitelli.- rispose lui mentre le porte dell'ascensore si aprivano sul pianerottolo davanti la casa. Una donna di mezza età andò ad aprire la porta. -Signore, non l'aspettavo oggi.- disse preoccupata. -Ha ragione Susy, non l'ho avvisata, mi dispiace.- -Non è niente. Vuole che le prepari da mangiare?- chiese la governante. -Ok. Ma senza fretta, resto per tre ore massimo, poi dobbiamo tornare a lavoro.- rispose Michele mentre le porgeva la giacca e scioglieva il nodo della cravatta. Aiutò Francesca a sfilarsi il giacchino e passò anche quello alla donna, e lei subito li sistemò su delle grucce in una cabina vicino alla porta d'ingresso. Poi Michele prese una mano di Francesca e la trascinò in un enorme salottino bianco, illuminato da un balcone aperto sul golfo di Napoli. Francesca si diresse proprio lì, lasciando la mano di Michele, e si affacciò sull'ampio terrazzino, al suo centro c'era un gazebo con delle sedie intorno ad un tavolo di ferro battuto e marmo. Francesca si affacciò al parapetto e osservò il traffico sotto di lei, le barche nel porto che galleggiavano mollemente, gli altri palazzi intorno. Michele le si avvicinò e la cinse con le braccia. -Com'è che mi hai sognato ieri notte?- le chiese. -Eri tutto nudo, facevamo l'amore su di un letto con le lenzuola blu. Mentre venivi, hai spalancato gli occhi, e sono stati l'ultima cosa che ho visto, perchè poi è suonata la sveglia, e addio letto!- gli spiegò. Il loro sguardo si infuocò, ma lui arricciò il naso in segno di disapprovazione. -Non hai idea di quanto desidererei che il tuo sogno diventi realtà, ma mi dispiace, principessa, non voglio darti altri sensi di colpa. Voglio che viva la nostra relazione come un momento di leggerezza.- Lei lo guardò intensamente.-Michele, forse hai ragione, stiamo correndo su un binario contro un treno in viaggio. La realtà è che ieri sera Pino... mi ha voluto bendare e legare, ed io... vedevo solo il tuo viso ed i tuoi occhi, e...- non ebbe il tempo di continuare la frase che lui le pose un dito sulle labbra e cominciò a baciarle. - Ti desidero tantissimo. Francesca, voglio il tuo corpo più di ogni altra cosa. Ma voglio anche questo...- le disse indicandole il cuore con un dito. -Io sono disposto a darti anche il mio...ma solo quando e se sarai pronta ad accettare solo me nella tua vita. Non ho intenzione di diventare il tuo amante, e accetteró la sconfitta se tu non sceglierai me. Ma se facciamo l'amore, io soffriró, e anche tu soffrirai. E non posso pensare che potrei essere io il motivo del tuo dolore.- Francesca strinse gli occhi come per ingoiare un boccone amaro, ma restò ferma godendosi il calore e la forza del suo abbraccio. - So molto bene che il tuo fidanzato vorrà fare sesso con te, e tu acconsentirai, e non sai quanto male mi faccia, ma non posso importi di fingere i mal di testa tutte le sere. E nonostante tu mi raccontassi le cose che accetterai di fare, io saró qui.-aggiunse. -Michele, mi stai uccidendo. Il desiderio che provo per te è incommensurabile rispetto a quanto abbia mai provato per Pino, ma sta succedendo tutto così in fretta. E ormai conosci il motivo per cui mi sto sposando.-rispose lei. Ed abbassò il viso. -Signore.- lo chiamò la governante. - Vuole che prepari fuori?- -Si, Susy. È una magnifica giornata.- Consumarono il pranzo all'ombra del gazebo, parlando ancora di se stessi. Francesca si sentiva ancora più attratta da quell'uomo così premuroso. Lui le raccontò di essere figlio di un operaio, di aver sempre aiutato la sua famiglia. Le raccontò che quando aveva perso il padre, aveva preso sua madre con sé, ed oggi viveva ancora con lui. Francesca sorrise al pensiero di quella famiglia così unita. -Mi sarebbe piaciuto avere una famiglia così. Oggi anche se la famiglia di Pino è grande, e mi ha accolto come una figlia, è così grande, che rimane comunque una famiglia impersonale. Oltretutto continuo a considerare mio suocero come il mio datore di lavoro, piuttosto che come il padre del mio futuro sposo.- gli disse. -Io ti ho vista per troppo poco tempo con Pino, e non riesco ancora a capire su cosa si basi la vostra relazione, ma io credo che tu consideri anche lui come un tuo datore di lavoro.- Francesca spalancò gli occhi. -Michele, in realtà prima che mi distruggessi l'auto io ero felice con lui. Lui mi ha sempre dato tutto quello che volevo, e non parlo di cose fisiche, che si comprano. Parlo di sostegno all'università, di fiducia in me. Anche il matrimonio, è un modo per lui di farmi sentire la donna più importante della sua vita.- -Ma non puoi voler desiderare di vivere per sempre col tuo migliore amico.-sbottò lui alzando le mani. -No, ma gli devo tanto, e questo è tutto quello che posso dargli nelle mie possibilità.- lui sbuffò e le prese le mani. -Tu sei una donna incredibile!- esclamò. -Come fai a pensare di dare tutta te stessa ad un uomo che apprezzi, di cui hai stima, ma di cui sicuramente non sei innamorata?- Lei lo guardò e si strinse le spalle rassegnata. Gli sorrise, ma solo con le labbra. I suoi occhi erano assenti, pieni di pensieri inespressi. Lui guardò l'orologio, il loro tempo insieme era finito.

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Capitolo 5
*** Io, te e intorno solo il mare. ***


Francesca passò l'ultimo mese a preparare il matrimonio con Pino e ad incontrare segretamente Michele, durante le pause al lavoro. Ormai era sempre più attratta da lui. Tornava a casa e sversava il suo desiderio di fare l'amore con Michele, nel lavoro. -Francesca.- disse un giorno suo suocero, mentre la osservava lavorare infaticabilmente. - Sei diventata un avvocato incredibile. Ma non è che ti stai stressando per il matrimonio? Voglio che arrivi all'altare serena, non distrutta dal lavoro.- -No, signore, ogni caso mi appassiona a modo suo, anche il risarcimento danni per incidente d'auto sta diventando una causa da vincere a tutti i costi. Eppoi tra un po' ho l'esame di stato, voglio arrivarci quanto più preparata possibile.- -Ok, ragazza mia, ma dopo l'esame vai in ferie, non voglio sentire ragioni!- rispose lui. Oddio, no! Se fosse andata in ferie, come avrebbe fatto ad incontrare Michele? Doveva evitare questa cosa. Mentre sfogliava dei documenti pensando a queste cose, vibrò il suo cellulare. “Non vedo l'ora di vederti. Oggi è una stupenda giornata, ti aspetto al solito posto. Michele” Michele quel giorno non riusciva a pensare al lavoro. Era un mese che aveva incontrato Francesca e le aveva preparato una sorpresa. Aveva mosso un' intera città per quel giorno, e voleva che per quelle poche ore che dovevano passare insieme, tutto fosse perfetto. -Angela.- chiamò la sua assistente. - Chiama il fioraio, prenota 30 rose rosse, passo io a prenderle durante la pausa pranzo.- -Si, signore.- rispose lei sorridendo. Ormai tutti si erano accorti che lui aveva qualcosa di diverso. La sua gioia si espandeva tutta intorno a lui, e coinvolgeva tutte le persone che si trovassero almeno in un perimetro di 100 metri da lui. Francesca lo aveva completato. Adorava tutto di lei, dai suoi occhi verdi, i suoi riccioli neri, al suo modo di affrontare le difficoltà, alla sua intraprendenza al lavoro. Aveva scoperto che era una grande lettrice dei classici, amava Shakespeare e Dante, adorava il medioevo, e le civiltà antiche. Cose che lui non aveva mai preso neanche in considerazione. Lui amava le scienze, la fisica, il progresso, non avrebbe mai creduto che esistesse qualcosa di affascinante anche nelle opere antiche. Aveva capito che Pino era una parte importante della sua vita, e stava accettando piano piano anche gli ascessi di gelosia che ogni tanto gli facevano venire i bruciori di stomaco. Il solo pensiero di immaginarli a letto insieme lo uccideva, eppure era consapevole che era solo una formalità, come il resto del loro rapporto. Francesca con Pino sembrava essere una donna legata, mentre con lui era diversa, sembrava libera, nonostante fosse frustrata dal fatto che lui avesse rifiutato di fare l'amore con lei. Lo desiderava e glielo dimostrava spesso. Più di una volta aveva dovuto frenarla. Un giorno entrò in casa durante la pausa pranzo, e la trovò nella sua enorme camera, già distesa sul letto con addosso solo un bellissimo sottogiacca di seta azzurra ed un tanga abbinato. E lui nonostante avesse gradito molto la sorpresa, e si fosse eccitato enormemente vedendo solo la forma dei suoi seni nudi sotto la seta, era stato fermo e deciso. Quel pomeriggio fu uno dei più belli insieme, ma non si erano neanche sfiorati. Michele sorrise al pensiero di lei che stava tentando di sedurlo in tutti i modi, e le mandò un nuovo messaggio “Mi raccomando, vieni appena puoi, abbiamo un po' di cose da fare. Michele” Francesca fremeva al pensiero di vederlo, ed era incuriosita da tutti quei messaggi misteriosi. Non aveva idea di cosa stesse combinando, e appena si fece l'una, afferrò la borsa, salutò il suocero, e corse via. Raggiunse velocemente il luogo del loro incontro e corse a buttarsi tra le sue braccia. -Ciao, tesoro!- le disse lui baciandola. - Sei pronta per questa avventura?- -Si, ma ce la faremo a rientrare per tornare a lavoro?- -Ma certo! Sai che giorno è oggi?- -Oggi è il 14 aprile, credo.- rispose lei con uno sguardo curioso, mentre sottobraccio si incamminavano verso il Teatro S. Carlo. -Esatto, ed è un mese che io e te abbiamo avuto l'incidente! Ti ho preparato una serie di sorprese per festeggiare.- gli brillavano gli occhi. Superarono il Maschio Angioino e andarono verso il porto. -Sei pronta?- le chiese, e lei gli fece di si con la testa. Lui prese un foulard dalla tasca e le coprì gli occhi. La prese per mano e la fece sedere su un sedile. Francesca si accorse che erano in un'auto quando sentì il rombare del motore in accensione. -Tesoro mio, non hai idea di quello che ti ho preparato. Ti piace il mare?- le chiese. -Si, basta che non mi ci fai tuffare. Credo che faccia ancora un po' freddo, sai!- rispose lei allungando una mano per cercarlo. -Non preoccuparti, non ho intenzione di tuffarmi oggi, eppoi voglio che sia tutto perfetto per te, non ti lascerei mai gelare dal freddo, mentre passiamo del tempo insieme.- disse prendendole la mano che lei aveva allungato e portandoselo alle labbra per posarle un leggero bacio. Lei sentì un brivido. Subito lui le poggiò la mano sulla coscia, e lei toccò la stoffa del suo pantalone. Con la mano scivolò verso quello che lei credeva fosse il suo inguine, e fece un sorriso malizioso. Seppur per pochi attimi sentì la sua erezione che premeva contro la stoffa. -Ehi signorina!- la sgridò lui, tirandole via la mano. - Dove credi che stiamo andando? Io non ho ancora cambiato idea sul fatto di fare l'amore.- -Io speravo che invece l'avessimo fatto. Mi hai promesso una giornata perfetta!-rise lei, ma lui si rabbuiò. Non aveva affatto pensato a questo. -Francesca, smettila. Sai quali sono le mie condizioni.- -Si, ma io sono un avvocato. Ho abbastanza esperienza nell'aggirare le leggi.- rispose lei -Oh, sei un' incredibile dispettosa!- le disse lui ridendo. Anche lei rise, poi restò in silenzio ad ascoltare la canzone che suonava dall'autoradio. Amore il mio grande amore che mi credi, Vinceremo contro tutti e resteremo in piedi. Lei cominciò a canticchiare muovendo la testa. Lui fermo nel traffico, la guardò e sorrise. Gli sembrò che quella canzone parlasse di loro. Rise. Lui voleva essere il suo guerriero, e avrebbe lottato contro chiunque per averla con se. Anche se si fosse sposata, avesse avuto figli con Pino, lui l'avrebbe sempre protetta, e sarebbe stato al suo fianco anche se lei non avesse voluto più vederlo, anche se lei lo avesse dimenticato, lui sarebbe stato lì, dove lei avrebbe potuto raggiungerlo facilmente. Gli si riempì il cuore, e finalmente si rese conto di essere innamorato di lei. Era bellissima anche con la benda sugli occhi. Il sole illuminava la sua pelle e i suoi capelli. Michele non vedeva l'ora di vedere la sua espressione quando avrebbe visto dove la stava portando. Erano arrivati, lui parcheggiò l'auto e la aiutò a scendere. Tenendola per mano la guidò verso un porticciolo a Mergellina, arrivati sul molo lei diventò più curiosa, e cominciò a fare mille domande. Sentiva lo sciabordio dell'acqua, ma non aveva idea di dove stessero andando. -Ok, ora solleva un piede.- la guidò lui mentre era già salito su una scaletta che portava su uno yacht tutto bianco. - Ora solleva l'altro piede- le mise le mani sui fianchi e la sollevò per aiutarla a salire, tenendola al sicuro. - Ci sono dei gradini, fai attenzione.- continuò, e lei pian piano salì la scaletta e si raddrizzò una volta resasi conto che gli scalini erano finiti. Michele la prese di nuovo per mano e la fece accomodare su quello che al tatto le sembrò un divanetto di pelle. Erano ancora all' aperto, perchè lei sentiva il vento sul viso. -Ok. Aspetta un secondo qui, torno subito.- le disse e si allontanò. Francesca cercò di rilassarsi, ma era quasi impossibile senza Michele al suo fianco e quando all'improvviso sentì un rombo e il divanetto su cui era seduto vibrò, capì che erano in movimento. Sentì dei passi che si avvicinavano. -Allora, mica hai paura?- le chiese la voce di Michele. -No.- rispose lei con voce incerta, poi lo sentì ridacchiare. -Vieni qua.- le disse prendendole di nuovo la mano. La fece alzare, e tenendola per i fianchi si incamminarono. Francesca sentiva più forte il vento sulla pelle e tra i capelli, ebbe un brivido e incrociò le braccia al petto per il freddo. -Mi avevi promesso che non avrei sentito freddo.- disse a Michele. Lui rise ancora, e l'avvolse col suo abbraccio. -Ok. Fermati.- le disse lui. Aspettò ancora pochi istanti e sciolse la benda. Francesca fu abbagliata dalla luce intorno a sé, poi cominciò a distinguere il mare, il cielo, il sole e la ringhiera davanti a se. -Siamo su una barca!- esclamò. -Non è una barca, è uno yacht. È in prestito. È di proprietà del mio capo. Qualsiasi cosa gli chiedo, è disposto a darmela.- rispose lui e le sorrise. Lei si voltò e si guardò intorno. Era al centro del golfo. Intorno a se vedeva il monte del Vesuvio da un lato e Napoli tutta intera dall'altro. -Allora, ti piace?- chiese lui timidamente, quasi sussurrandole in un orecchio. -Si!- rispose lei. - é forse la cosa più bella che io abbia fatto dopo la laurea.- strinse forte Michele a se, e l'abbracciò. -Aspetta di vedere il resto.- rispose lui, e le posò un bacio lieve sulle labbra. La prese per mano, e la guidò all'interno dello scafo, dove c'era un ampio salotto bianco, con le pareti di legno, e un grande televisore su una delle pareti. La portò giù per una scaletta stretta, e le mostrò le camere da letto. Erano tutte sotto il livello del mare, ed avevano delle finestre ermetiche che mostravano la vita sottomarina. Lei ne fu affascinata. Si incollò ad una di esse, e guardava stupita come una bambina i pesci che, timorosi, si avvicinavano allo scafo, le piante marine che ondeggiavano lentamente sul fondo. La luce proveniva solo da quelle finestre, ed era blu e tenue. Michele la trascinò infine in una sala da pranzo, a prua, che aveva tutte le pareti di vetro. Il tavolo era già apparecchiato per loro due, e un cameriere si avvicinò per chiedere se volessero che fosse servito il pranzo. Michele acconsentì, e si sedettero sulle comode sedie bianche di velluto, intorno al tavolo. -Ho anche un regalo per te.- disse, Michele, mentre aspettavano che fosse servito il pranzo. Si alzò e scomparve dietro la porta. Tornò pochi minuti dopo, ed aveva in braccio un grande mazzo di rose rosse. - Non so come farai a portarlo a casa, ma se vuoi puoi lasciarlo qui, tanto la sorpresa vera è un'altra.- Francesca prese il mazzo e notò uno scatolino tra le rose. Sfilò il nastro che lo chiudeva, e lo aprì. Sorrise. Era una catenina di oro bianco, ed aveva un ciondolo a forma di cuore alla fine. Lo voltò tra le mani e c'era incisa la data del loro incontro. 14 Marzo 2014. -Sperò che tu lo possa indossare, senza dare nell'occhio. L'ho scelto apposta così piccolo, perchè lo puoi nascondere facilmente sotto i vestiti.- le disse mentre la aiutava ad indossarlo. -Credo che non sarà difficile, eppoi avevo proprio bisogno di qualcosa che mi ricordasse te, oltre ai messaggi al cellulare. Ho voglia di indossarlo anche di notte.- rispose lei. -Sai? Oggi non ho molta voglia di mangiare.- sospirò lui, mentre respirava il suo profumo, affondando tra i suoi capelli. -Neanche io.- sussurrò Francesca.- Ho scoperto che mi desideri anche tu. Mi dispiace tirare in ballo sempre lo stesso discorso, ma non riesco a capire come fai ancora a resistere.- -Francesca, oggi sto cercando di tirare fuori tutta la forza di volontà che ho, per resisterti. Mentre lavoravo stamattina ripensavo a quando ti ho trovata mezza nuda nel mio letto. Poi quando mi hai sfiorato prima in auto...- Michele lasciò la frase in sospeso. -Michele, non tocco Pino da quando mi hai portato la prima volta al tuo appartamento a Santa Lucia. Mi sono lanciata a capofitto nel lavoro per pensare a cose diverse da te, torno ogni sera a casa stanca, apposta per evitare di fare sesso con lui, e fortunatamente lui lo capisce, e sotto le lenzuola non facciamo nient'altro che dormire.- gli raccontò. - Voglio te, ti desidero con tutta me stessa, e questo non mi fa concentrare su altro.- -Ma, tesoro, il matrimonio...- rispose lui. -Oh! Che si vada a far fottere! Troverò un modo per disdire tutto!- esclamò lei. -Francesca, ne sei sicura? Mi stai dando la tua parola che il matrimonio sarà disdetto?- -Michele, si, voglio restare con te, e farò di tutto perchè sia così.- Michele saltò dalla sedia la baciò, con una passione tale che non li lasciò respirare finchè le loro labbra non si staccarono. Affannati e sorridenti corsero nella prima camera da letto vicino alla sala dove si trovavano. Si svestirono di fretta, ed una volta nudi si guardarono vicendevolmente. Michele era muscoloso, le sue spalle larghe erano tese e sode. Le sue braccia erano forti e solide. Il suo ampio petto villoso si muoveva su e giù seguendo il ritmo veloce della suo respiro. Le gambe erano tornite e la sua erezione prorompente. Francesca allungò le sue braccia verso di lui tremando, lo abbracciò affondando la testa nel suo petto, inalando a lungo il suo profumo, così virile ed eccitante. Michele la sollevò e la adagiò sul letto, ansimava ancora, e quando cominciò ad accarezzarla fu come aver toccato un filo ad alta tensione. I suoi seni erano generosi, ed i suoi capezzoli erano turgidi per il contatto della loro pelle. Dopo un attimo lui fu dentro di lei. Michele sollevò la testa estasiato e Francesca sospirò un gemito di piacere. Il loro ritmo aumentò, finchè mentre lui le baciava il seno, Francesca perse il controllo di se, venne, esplodendo intorno a lui come un fuoco d'artificio, lui, incoraggiato dalle sue grida di piacere, incalzò ancora di più, e dopo pochi momenti venne in un sospiro, e crollò su di lei sfinito.

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Capitolo 6
*** è così che nascono e muoiono tre matrimoni ***


Francesca quella mattina si svegliò felice. Ogni passo che faceva le sembrava di salire sempre più verso il cielo.

-Amore, ma quanto sei bella, questa mattina!- le disse Pino a colazione, mentre lei si sedeva al suo solito posto davanti a lui.

-Grazie, amore.- gli rispose.

-Ti ricordi che oggi abbiamo l'incontro col catering?- le chiese lui.

Oh! No! Il matrimonio! La promessa che aveva fatto il giorno prima a Michele! Come avrebbe potuto parlarne al suo fidanzato?

-Ehm...Pino, a proposito del matrimonio...io ho una cosa da dirti...- cominciò cercando il coraggio per riportargli quello che ormai era successo, ed era diventato irreparabile.

-Amore, ci sarà tempo.- la snobbò lui e sparì.

Francesca lo odiò in quel momento. Era riuscita a trovare il modo di parlargli, e lui non se n'era fregato altamente. Prese la decisione di parlarne col suocero appena arrivata al lavoro. Sentì una vibrazione, prese il suo cellulare, ma non aveva notifiche. Sul tavolo era appoggiato il cellulare di Pino. Lei lo afferrò, velocemente vide che gli era arrivato un messaggio.

Non posso credere che è a lei che hai chiesto la mano. Sono anni che io e te ci amiamo di nascosto. Dovrei esserci io a condividere questi momenti con me. Non voglio avere più niente a che fare con te. Clelia”

Le salì il sangue alla testa, il mondo le vorticò intorno. Lei si era accollata tutti quei sensi di colpa, ed era sempre stata un ripiego! Non riusciva a credere a quello che leggeva. Sicuramente ne avrebbe parlato con il suocero. Non poteva sposare un uomo che non amava e che non l'amava.

Prese il suo cellulare e digitò un messaggio a Michele.

Pino ha un'amante. Mi sento una stupida. Francesca”

Michele lesse il messaggio a bocca aperta. E lei che si era fatta tutti quei sensi di colpa. Ma che gran pezzo di merda! L'aveva prima schiavizzata con le sue moine, con i suoi piaceri, eppoi l'aveva tradita miseramente. Era veramente un uomo senza spina dorsale. Che senso aveva il matrimonio? C'era ancora qualcosa che a lui ancora non quadrava.

è veramente un uomo pessimo. Non ho parole. Voglio vederti, ti prego. Michele”

La mente di Francesca correva veloce, stava pensando a come affrontare la situazione. La prima cosa era andare dal suocero e parlarne con lui, poi avrebbe preso Pino da parte e lo avrebbe messo di fronte alla realtà. Non c'era altro da fare. Girò il messaggio anche al suo numero di cellulare, e salutò Pino come se non fosse successo niente. Prese l'auto e corse al lavoro. Ogni volta che si fermava per il traffico o per i semafori rossi la sua mano scattava ad accarezzare il cuoricino che le aveva regalato Michele il giorno prima. Attraversò Napoli in poco tempo e di fretta. Quando raggiunse il palazzo nel quale c'era lo studio dove lavorava, prese il cellulare ed inviò un messaggio a Michele.

Finalmente stiamo per risolvere questa situazione. Non vedo l'ora di essere solo tua. Ti chiamo appena posso. Francesca”

Michele non vedeva l'ora che lei lo contattasse per fargli sapere cosa sarebbe successo. Era appena arrivato al lavoro quando lei gli aveva mandato il primo messaggio. Ora non riusciva a concentrarsi. Era totalmente preso da quella notizia. Continuava a pensare a quante cose avrebbe potuto fare con lei appena si fosse liberata di Pino. Voleva che andasse ad abitare con lui, voleva portarla di nuovo a Parigi, le voleva mostrare i suoi progetti. Il suo cuore volava da lei.

Non tenermi sulle spine. Fammi sapere appena puoi. Michele”

Francesca non tolse neanche la borsa dalla spalla, che corse nell'ufficio del suocero. Non chiese il permesso, non si fece annunciare. Spalancò la porta come una furia. Menomale che era solo.

-Signore, devo parlarle.- gli disse chiudendo la porta dietro di se e sedendosi. - Non voglio più sposare suo figlio.- continuò tutto d'un fiato. - Oggi ho letto un messaggio arrivatogli da parte di una certa Clelia che diceva che era con lei che doveva sposarsi, e non con me, perchè è innamorato di lei. Io in questo momento mi sento come un terzo incomodo, oltre che presa in giro.-

Il suocero, pazientemente intrecciò le sue mani, e le pose sul tavolo davanti a se. Tirò un forte sospiro e guardandola negli occhi cominciò a parlarle.

-Io, tempo fa, ti promisi che qualsiasi cosa sarebbe successa, io avrei voluto che tu lavorassi ancora con me. Era perchè conosco questa cosa da molto tempo prima che voi vi metteste insieme. Mio figlio si mise con questa ragazza quando era al secondo anno di università, era follemente innamorato di lei. Ormai eri la sua migliore amica, come tu avevi sempre voluto che lui ti vedesse. Ma un anno dopo lei ebbe un figlio, da un altro, e lui si decise a dimenticarsi di tutto grazie a te. I suoi genitori la costrinsero a sposarsi, e mentre tu finivi il quinto anno all'università, loro due si rincontrarono. Mio figlio era diventato il suo amante, continuavano a litigare, dopo poco tempo lui cominciò a pretendere che lei lasciasse suo marito, ma lei non poteva perchè lui era violento, anche con i due bambini, che si è scoperto solo da poco, sono miei nipoti naturali. Quando hai cominciato a lavorare qui, Pino ha immediatamente pensato di presentarti il caso. Non so se ricordi...- le spiegò, ed effettivamente lei ricordò subito il caso di una donna picchiata dal marito, che Pino le aveva presentato poco dopo averle chiesto di andare a vivere con lui 7 o 8 mesi prima. Lei aveva ottenuto l'immediato allontanamento dell'uomo dal nucleo familiare, poi la carcerazione di lui, e un mese prima che Pino le chiedesse la mano, aveva ottenuto la separazione ufficiale. - Ecco, bambina mia, credo che la storia di lei la conosci bene, ma non sai che mio figlio è diventato il tuo ragazzo, per farle un dispetto, ed ora ti ha chiesto di sposarlo per salvare la vita vostra e di quella donna ed i suoi bambini. Il suo ex marito ha cominciato a mandarle lettere minatorie dal carcere. La minaccia continuamente di attentare alla sua vita e a quella di Pino. Ed ora hanno litigato perchè lei è diventata gelosa del vostro rapporto.-

Quando l'uomo smise di parlare, Francesca rimase a guardarlo in silenzio per un bel po'.

-Io non voglio stare più con Pino.- disse alla fine, e l'uomo abbassò la testa in cenno di assenso. - Stavamo per cominciare un matrimonio che sarebbe comunque finito prima o poi. Lavorerò ancora per questa donna, la aiuterò ad avere lo scioglimento totale del matrimonio, ed a far marcire il suo ex marito in carcere, ma credo che lei sia d'accordo con me se io ho intenzione di restituire una famiglia intera a due bambini.- Il suo ormai ex suocero non potè fare altro che essere d'accordo con lei, e le diede una settimana intera di ferie per permetterle di chiarire la situazione.


 

Francesca avuto il via libera, corse all'ufficio di Pino, che distava pochi metri rispetto a quello del padre. Durante il tragitto mandò un nuovo messaggio a Michele.

Da ora sono tua, e solo tua. Ho una settimana di ferie, mi serve un posto in cui andare ad abitare, comincerò a traslocare stasera stessa, se mi aiuti a trovare casa. Non vedo l'ora di vederti, tesoro mio. Mi manchi. Francesca”

Il cuore di Michele girò tre volte su se stesso leggendo quel messaggio. Certo che le avrebbe trovato un posto! Se lei avesse voluto, avrebbe potuto portare le sue cose quella sera stessa nell'appartamento di Santa Lucia, che d'altronde era il loro nido. Se lei non avesse voluto ancora vivere con lui, Michele avrebbe comunque vissuto a piazza Vanvitelli, nella sua casa ufficiale, ma nel frattempo lei avrebbe potuto vivere lì.

Santa Lucia ti sta aspettando. Ora più che mai ho bisogno di stringerti. Corri, tesoro mio, non vedo l'ora di mostrarti il mondo, se tu vorrai. Michele”


 

Francesca entrò nello studio di Pino come una furia. Non gli diede neanche il tempo di salutarla.

-Devo parlare con te! Immediatamente, fai quello che puoi e ascoltami 10 minuti.- gli disse, notando che c'erano delle persone sedute davanti alla sua scrivania. Uscì e si richiuse la porta dietro le spalle. Lui la seguì dopo pochi minuti.

-Amore, cos'è successo?- le chiese col viso contrito. Lei lo trascinò in una stanza ancora vuota in fondo al corridoio dello studio

-Innanzitutto, non chiamarmi amore, dato che lo sono stata molto tempo fa, ma di certo non ora. So di te e Clelia, so che avete due figli, so di quel gran pezzo di merda di suo marito, ma non riesco a capacitarmi di come tu abbia tradito la mia fiducia per un anno, e mi abbia trattata come un burattino. A parte queste stronzate, ti dico già che oggi stesso traslocherò, sono innamorata di un altro uomo anche io, ma a differenza tua, ho cominciato a frequentarlo solo un mese fa, e solo ieri abbiamo fatto l'amore per la prima volta, stamattina volevo lasciarti, e non mi hai dato il tempo di farlo, ma ora mi stai a sentire! Nonostante tutto io ti reputo ancora un mio amico e ti sono debitrice per tante cose, per questo motivo aiuterò ancora Clelia. Ho bisogno delle lettere minatorie del marito, se puoi fammene avere una copia, che la mando immediatamente ai carabinieri. Come puoi aver privato i tuoi figli del loro padre!?- gli disse Francesca senza mai lasciarsi interrompere dai suoi gesti e dalle sue espressioni.

-Io credevo che tu fossi innamorata di me, e ho lottato con i miei sensi di colpa per molto tempo. Ogni volta che volevo lasciarti per lei arrivava una nuova lettera minatoria. Poi ieri l'ho incontrata, e mi ha messo di fronte al fatto che una soluzione per il marito c'era, voleva chiamarti e parlarti delle minacce che le manda continuamente. Ma io volevo risolvere tutto di nascosto da te, perchè leggendo le lettere avresti capito che io sono innamorato di lei, ed avremmo dovuto lottare col doppio dei problemi. Lui lo sapeva, lo aveva sempre saputo, e voleva vendicarsi, voleva distruggere la sua vita e quella dei miei bambini. Sposarti significava salvare tutti e quattro.- rispose lui guardandosi le mani, come un bambino colto con le mani nel barattolo dei biscotti.

-Pino, io non sono un giocattolo da usare a tuo piacimento. Ora dammi il numero di Clelia, che provvedo io a risolvere anche questo.-


 

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Capitolo 7
*** Epilogo ***


Francesca chiamó Clelia mentre guidava verso casa di Pino.
-Buongiorno, parlo con Clelia?- chiese al telefono.
- Si, chi è?- rispose lei dall' altro lato.
- Ciao Clelia, sono l'avvocato Mancini. Vorrei parlarti urgentemente, i bambini sono a scuola?- continuò Francesca decisa.
- Si- controbatté l'altra con voce preoccupata.
- Bene, ti dispiace se passo da casa tua tra 10 minuti?- 
-No, non ci sono problemi. Ma è successo qualcosa?- chiese Clelia un po' spaventata.
- Si, ma stai tranquilla, niente di irreparabile, anzi... Credo di aver risolto un paio di problemi del tuo caso. Te ne parlerò meglio da vicino, a dopo.- asserí Francesca e chiuse la telefonata. 
Dopo pochi minuti era davvero sotto casa sua, Clelia abitava a poca distanza dalla villa di Pino, e Francesca era già stata da lei per alcune rilevazioni utili al processo.
- Ciao Clelia.- la salutò entrando in casa. - Sei davvero sola?- la donna le aveva aperto la porta mezza impaurita.
- Si, ma cosa è successo?- chiese realmente ignara degli ultimi eventi. Francesca aveva imposto a Pino il silenzio assoluto.
- Dunque, siediti. Ho bisogno di parlarti. So di te e Pino. L'ho lasciato ma non ho rancori. Anzi sono piuttosto arrabbiata con lui per aver lasciato due bambini senza un padre per tutto questo tempo. Sono innamorata di un altro, ed entro questa sera traslocherò.- Clelia la guardò a bocca aperta, con un' espressione che le ricordò molto Pino.
- Francesca, non hai idea di ciò che ho dovuto combattere. Ho avuto io l' idea di farvi sposare per difendere le apparenze, per questo ti chiedo anche scusa. Davvero,mi sento una cretina, e non so come potrei ricambiare.- disse la donna veramente contrita.
- Non preoccuparti. Io la reputo acqua passata. Ora ho bisogno delle lettere del tuo ex marito. Sono ancora il tuo avvocato ed ho intenzione di dare un' altra mandata alla serratura della sua cella, poi forse riuscirò anche a buttare la chiave.- le rispose Francesca. Clelia la guardava stupita e riconoscente, corse nella sua camera da letto e tornò con un raccoglitore pieno da cui estasse una trentina di fogli. 
-Sono queste.- disse porgendoli a Francesca che sedutasi cominciò a sfogliare cercando di leggere a grandi righe ognuna di esse. Effettivamente contenevano tutte minacce anche abbastanza gravi. Alcune reali ed altre che sembravano prive di ogni fondamento logico. Non erano rivolte solo a Clelia, ma anche ai bambini, i "bastardi" come scriveva l'uomo, e a Pino. Se quella donna le avesse portato quelle lettere avrebbe scoperto la storia molto tempo prima. 
-Me le porto tutte. Le fotocopio e le porto ai carabinieri. Se tu vuoi venire con me, acceleremo i tempi per il divorzio, e faremo allungare il suo “soggiorno” in cella. Non potrà più scriverti, non potrà avvicinarsi a te, e l'affidamento dei bambini potrebbe diventare tuo, esclusivamente. Posso anche aiutarti ad avere lo scioglimento del matrimonio religioso. Ci sono tutti i presupposti per avere anche quello.- Francesca spiegò tutta la situazione a Clelia, e lei annuiva ad ogni frase.
-Non avrei mai creduto che tu avessi potuto salvare la mia storia con Pino, stamattina gli ho scritto un sms in cui gli ho detto che non avrei voluto più vederlo.- rispose Clelia.
-È stato proprio quel messaggio a farmi capire tutto. Sono andata dal mio ex suocero, arrabbiata come una belva, e lui mi ha raccontato la realtà. Sai credo che devo anche ringraziarti. Mi hai dato un motivo importante per lasciare Pino. Ti giuro, Clelia, voglio fare  di tutto per farvi vivere felici. Non voglio più privare nessuno della sua serenità.- continuò.
-Francesca, io ti sarò riconoscente per tutto quello che stai facendo per noi. È incredibile quanto ti odiassi stamattina, e quello che sta succedendo ora.- le disse Clelia e l'abbracciò. Francesca ricambiò.
-Credimi, spero che tu e Pino vogliate restare miei amici. Nonostante gli voglio bene, e i vostri bambini sono meravigliosi.- le sussurrò. - Se avrete mai ancora bisogno di qualsiasi cosa, io sono qui.-
-Francesca, sei una grande amica, davvero! Penso che avremo sempre bisogno di te.-
Francesca uscì da quella casa con una nuova consapevolezza. Michele, ovunque fosse la stava aspettando ansioso. Mentre andava alla villa, lo chiamò.
-Michele, amore, sto andando alla villa a prendere le mie cose, ma non ho idea di dove portarle.-
-Non mi avevi ancora chiamato amore fino ad oggi.- rispose lui. -È bello, mi piace.- e Francesca avvampò. Menomale che lui non era di fronte a lei.
-Ok, Amore.- sottolineò lei. -Mi hai trovato una casa da occupare già stasera?-
-Si, stupidina, se non ti dispiace, puoi appoggiarti nella mia casa a Santa Lucia, ti costruirò un appartamento dove vuoi a partire anche da domani, ma per ora, ti prego, resta da me.- le disse lui con voce supplichevole.
-Ok! Vado a fare le valigie!- gli rispose lei tutta contenta. - Appena ho finito vado direttamente a Santa Lucia. Spero di trovarti lì.-
-Oh! Si! Ho già avvisato Susy che ti trasferirai là. Non vedo l'ora di vederti anche io, amore mio.- disse lui e chiuse la telefonata.
Anche lui l'aveva chiamata amore! Il cuore di Francesca fece tre capriole mentre entrava con l'auto nel viale della villa. Appena dentro cominciò a raccogliere tutte le sue cose. Pino era là.
-Francesca, devo ringraziarti.- le disse mentre l'aiutava a sistemare i suoi abiti in uno scatolone.
-Sta zitto, stupido che non sei altro! Come hai potuto pensare di sposarmi, quando avevi due bambini? Potevo risolvere tutto come ho fatto ora, no?- 
-Credevo davvero che fossi innamorata di me.-
-No, mi dispiace dirtelo così, ma non credo di essere mai stata innamorata di te. Me ne sono accorta solo un mese fa, e mi sono rosa tutto il tempo dai sensi di colpa.-
-Mi dispiace, non volevo farti del male.- disse lui.
-Non volevo fartene neanche io. E fortunatamente non è stato così.-
Pino l'aiutò per tutto il tempo, le spostava gli scatoloni pieni nel garage, ed alla fine le aiutò a caricare l'auto. 
-Se trovo ancora qualcosa, te lo faccio avere in ufficio.- le disse. - Veramente non so come ringraziarti ancora.-
-Pino, sei il mio migliore amico, lo sei sempre stato. Smettila di ringraziarmi, e pensa piuttosto a ricomporre la tua famiglia ora.- gli rispose.
Lui l'abbracciò. La strinse forte, trasmettendole tutto l'affetto che provava per lei. Era un abbraccio molto diverso da quelli che le aveva sempre dato, questa volta non era teso, Pino finalmente si era rilassato.
Francesca salì in auto e lo saluto con una mano sorridendo, mentre lentamente si apriva la serranda del garage. Lei mise in moto l'auto, e sfiorò con una mano il cuoricino che le aveva regalato Michele. Ora era davvero pronta per partire per questa nuova avventura che l'aspettava.

Era passato un mese da quando aveva lasciato casa di Pino. Francesca era chiusa nel grande bagno del loft di Michele, e stringeva tra le mani quel bastoncino magico che le avrebbe detto entro pochi minuti se la sua vita stava per cambiare ancora, o sarebbe proseguita con le solite abitudini. L'attesa era tremenda. Andava su e giù, non riusciva a trovare pace, ma poi dopo quegli estenuanti minuti, seppure pochi passarono, e Francesca andò a controllare l'esito, con mani tremanti sollevo il bastoncino e si guardò nello specchio. Una lacrima le scese lungo una guancia. Aprì la porta ed uscì dal bagno. Michele era seduto sul divano bianco nel salotto, e appena la vide scattò in piedi.
-Qualsiasi cosa sia successa, sappi che ti amo! Era da almeno un mese che volevo dirtelo, ma non riuscivo a trovare il coraggio. Ora che mi sento mezzo ubriaco per questa cosa, voglio approfittarne, e dirtelo. Se tu vorrai te lo dirò all'infinito.- le disse quasi sussurrando, e passandole un pollice sul viso per accarezzarla.
-Michele, anche io ti amo. E ti amo davvero, non credevo che l'amore fosse così. Non credevo che esistesse un'emozione così forte. Non so come dirtelo, non so come la prenderai, ma...- lui la guardava intensamente, era trepidante, le mani di lei tremavano mentre lui le stringeva forte, quasi come se avesse paura che lei gli sfuggisse. -È positivo, sono incinta!- gli disse, e si lasciò andare al pianto. Lui le sorrise, era la cosa più bella che potesse dirgli. La strinse forte e la baciò, a lungo, senza prendere respiro.
- Se è maschio lo chiamiamo Bart.- le disse infine amandola con tutto se stesso, lei sorrise e lo baciò ancora, come se non desiderasse fare altro nella vita.

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