Appleseed pre- Alpha - Un altro inizio di _Briareos_ (/viewuser.php?uid=732598)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Crash ***
Capitolo 2: *** Come pioggia ***
Capitolo 3: *** Dyon ***
Capitolo 1 *** Crash ***
Nuova
fic, una specie di pre-alpha anche questa, solo raccontata in un altro
modo. Si può dire che è anche una continuazione
della fic "La ricerca di Olympus", che ancora non è finita
ma spero di terminare presto. Spero vi piaccia.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
22 ° secolo.
Deunan Knute e Briareos
Ecatonchiri, due ex membri della polizia squadra SWAT di Los Angeles,
prima del grande viaggio
alla ricerca della propria vita e del loro paradiso, vvevano con il
padre di lei in una base militare e successivamente al sicuro in un
luogo segreto. E poi, la fuga per trovare la loro vita.
I primi
mesi di Deunan e Briareos dopo la nuova vita che avevano
deciso
di intraprendere, appena il cyborg uscì definitivamente dal
centro riabilitazione, furono parecchio difficili.
Anni prima,una guerra mondiale e nessuno aveva vinto, i governi
avevano destabilizzato le città e ogni apparato di controllo
oltre la civiltà per come era conosciuta erano caduti in
rovina. La
città di Olympus era la città invisibile di
leggenda e di sogni, da cercare per essere il 'faro' nel buio.
La Terra aveva sofferto la terza guerra mondiale prima e successive
ancora più disastrose, le
città erano distrutte, decimata la popolazione
drasticamente. La
gente
nella loro forma originale erano rari in tutto mondo, la maggior parte
eranoo arricchiti da impianti cibernetici e per questo odiati dagli
'umani interi' perchè non visti come uomini. Deunan
Knute e Briareos lavorano come mercenari, sognando una vita
migliore, quel 'faro'.
La città di
New York era stata loro indicata come meta importante da visitare. Per
il loro sogno, il loro desiderio, l'oggetto del loro cercare. La loro
speranza.
I
due
combattevano per difenderla, ma questo non vuol dire che erano
completamente a proprio agio con quello che stavano difendendo e come.
I cyborg erano classificati come ex umani che
ancora mantenevano un corpo umano parziale (aumentato con macchinari
nelle capacità e funzioni) o
almeno un cervello umano e sistema nervoso. Erano esseri
consapevoli che possedevano, in sostanza, una personalità
umana
nonostante il corpo artificiale. E di questo ne era convinta anche
Deunan, sopratutto verso il suo compagno Briareos. Odiava con tutta se
stessa ogni individuo che, scrutando con aria schifata, etichettava
l'uomo al suo fianco con termini dispregiativi senza troppi
complimenti, a
voce alta. Sapeva bene che, nonostante la capacità di lui di
nascondere il malumore, celava una tristezza che non meritava di
provare. No, non era tristezza. Era qualcosa che lei non voleva
considerare, ma le faceva male nel profondo il disagio e il tormento
che lui provava ma non voleva esternare. NOn era colpa sua, non voleva
perdere il suo corpo, non voleva perdere parte di se, non era
accaduto nulla per sua volontà. Eppure, la gente
non
riusciva a comprenderlo. Quanto lui aveva sofferto, sotto i suoi occhi,
nel periodo della scelta per la conversione, poi nel lungo periodo di
riabilitazione, Deunan lo sapeva bene. Lui era un uomo forte,
determinato, temprato dalla
vita, ma chiunque sotto il peso di quel macigno in grado di
schiacciarti senza problemi, si sarebbe lasciato andare alla
disperazione. CHiudere gli occhi e ritrovarsi, in un specchio in una
sterile stanza bianca, con il corpo ricoperto di componenti e pelle
artificiale. Con un sistema di un computer al posto della normale
vista. Con il problema di doversi abituare alla nuova mole, al nuovo
stile di vita e cosa ne conseguiva. Innanzitutto, il giudizio della
gente.
"Non essere triste,
ragazzone! A te basta cosa provo io..."
Lo ripeteva sempre nella sua testa, ogni volta che capitavo cose e
sentiva che
qualcosa turbava il suo cyborg. Lo diceva a se stessa come un mantra,
come se quel semplice pensiero profondo potesse essere captato da lui,
per rassicurarlo e ricordargli che ne gli sguardi della gente ne le
loro parole dovessero turbarlo. Non erano importanti, ma in una certa
parte sapeva che non poteva capire a fondo come dovesse sentirsi.
Poteva solo restare al suo fianco.
Deunan cercò di scaldarsi le mani con il fiato mentre
guidava la
jeap nella desertica ex strada interstatale. Alternativamente, cambiava
mano sul volante per trovare un pò di ristoro dalla morsa
del
gelo serale. I vetri rotti del posto guida erano il peggio che lei
potesse trovare in quel periodo. Ma anche se fossero stati interi, non
aveva un posto dove confortare se stessa e il suo corpo in quel periodo
nero. Aveva messo una copertura di tessuto alla buona dietro, per
coprire cosa trasportavano ma anche quello non era di aiuto
più
di tanto. Il freddo pungente ma non troppo, non era mai stato
così
odiato dalla ragazza. Sospirò, mentre il cielo sanguigno si
incupiva per far posto al velo nero che cercava di intrufolarsi
lottando contro gli ultimi sprazzi di sole. Il brontolio del suo
stomaco le ricordava continuamente che doveva nutrirsi se voleva
restare in piedi per qualche altro giorno. Rallentò di poco,
osservò l'oscurità che scendeva a coprire tutto e
decise
che era inutile continuare a cercare un posto adatto a passare la
notte. Doveva assolutamente fermarsi e prepararsi per dormire.
Accostò verso il ciglio della strada, però poi
continuò per
fermarsi definitivamente dietro a un enorme masso che non nascondeva
l'auto ma la celava almeno in parte. Era il massimo che
riuscì a
trovare dopo sei ore. NOn potendo correre per via della jeap in parte
guasta, non dimenticando il particolare carico nel retro, doveva
accontentarsi. Si
accasciò sullo schienale chiudendo gli occhi, cercando di
rilassarsi prima di scendere. QUando fu pronta, aprì lo
sportello e scese dal mezzo raggelando al venticello fresco che
soffiava in quello spazio ampio e polveroso. Osservò
intorno,
non era nulla di diverso da qualsiasi strada interstatale che avevano
visitato. Polvere, erbacce rinsecchite, massi o piccole zone montuose,
desolazione. Il posto migliore per coltivare afflizione,
dolore, oppressione, angoscia. Bastavano poche ore, dopo giorni di
viaggio in solitaria, per impazzire. Lo pensava seriamente. Sapeva che
non era giunta a quel livello solo perchè anche lei era
forte.
Ma quanto sarebbe durata la sua forte fibra?
"Sembra che dobbiamo accontentarci di questo postaccio, Bri..."
Sospirò, strofinò le mani l'una contro l'altra
per
togliere il gelo sulla pelle e si avviò verso la zona
posteriore
del mezzo, abbassando il pianale. Si avvicinò agli oggetti
conservati in varie scatole e ne scelse una, portandola di fianco la
jeap. Poi tornò su e si avvicinò a un lenzuolo
che
copriva qualcosa di grande. Lo sollevò e rimase a fissare
cosa
l'aveva attratta da lasciarla muta e ferma, stringendo la stoffa fra le
dita. Poi sorrise debolmente e disse a voce bassa e gentile qualcosa
all'oggetto della sua attenzione.
"Adesso preparo la cena e poi a nanna, ragazzone."
La figura di Briareos, immobile e abbandonato con la schiena al metallo
dell'abitacolo che divideva le due parti, iniziava a sparire alla vista
della ragazza man mano che all'orizzonte si spevano gli ultimi vibranti
raggi di sole. Il cyborg stava mimetizzandosi nella notte.
"Ormai è buio...accendo il fuoco e torno. Aspettami qui..."
Il sistema
imperfetto di Briareos non riusciva ad avviarsi di nuovo senza
crashare. Il tormento di Deunan ogni volta che si fermava per riposare,
durante le ore di guida, quando doveva trovare il modo di sopravvivere,
er alegato al fatto che per evitare problemi, lui doveva bloccare tutte
le sue funzioni. Ma sentiva, percepiva, comprendeva le cose. Soltanto,
non poteva muoversi.
Mentre preparava la frugale cena sul pentolino, si accorse di
non
riuscire a celare un nodo alla gola che non le lasciava scampo. Acceso
il fuoco e sistemato il pentolino con il cibo a riscaldare,
restò imbambolata a fissare le lingue di fuoco
danzare
sotto il metallo con il cibo. INiziò a non gestire
più la sua mente, che da sola vagava fra ricordi lontani.
La
storia sita in quei nebulosi ricordi, perchè lei non voleva
farli riemergere ma era come se volessero farlo da soli, si svolgeva
tra le rovine della città di Mize.
All'inizio doveva essere una
cittadina di meno di mille abitanti, che provvedeva da sola al
necessario senza importare nulla da fuori. POi, con le guerre, aveva
visto tra le sue strade e all'interno dei suoi edifici, molte persone
in fuga dalla guerra, in cerca di un posto della speranza ma poi
stranamente l'avevano abbandonata. Al suo arrivo con Briareos, lei
rimase fredda dinnanzi ai rimasugli di vita, abbandonati come si poteva
trovare spazzatura in una discarica. Ma lei sapeva bene che rimanere
impassibili era la miglior tattica per non lasciarsi sopraffare. NOn
doveva lasciarsi catturare da nulla che riportasse alla mente le
personea e tutto quello che si portavano dietro. Ispezionarono con
calma una parte della cittadina, per trovare un posto dove sistemarsi.
Nessuno dei due si aspettava un agguato di nemici di qualunque tipo,
considerando l'aspetto del posto. DA loro esperienza, sapevano che
chiunque, anche se trovavano una città distrutta, facevano
del
loro meglio per renderla idonea alle loro esigenze. Si notava quando
qualcuno sfruttava un luogo. Invece nella parte dove cercavano
qualunque cosa potesse andar bene, vi era solo abbandono da anni.
"Pensi che troveremo qualcuno?"
Deunan camminava lentamente con la pistola in mano controllando gli
edifici, spalleggiata da Briareos che, dietro di lei e armi in pugno,
le copriva le spalle.
L'unica cosa, visto il posto sarebbe un agguato, spuntano
all'improvviso pronti ad infilarci un bastone nel cranio..."
"Quanto sei realista..."
"Anche se sembra quello che crediamo, non posso giurarti di essere
tranquillo. Stai in campana..."
Mentre Deunan stava per
parlare, capitarono davanti una specie di
sbarramento fatto di filo spinato intorcigliato a vecchi e arrugginiti
sbarramenti in acciaio. Si divisero nascondendosi uno a un lato
opposto, dietro di angoli, fissandosi e parlando in codice a gesti.
Qualche minuto di controllo sporgendosi e tutto taceva. Decisero quindi
di andare avanti si riunirono andando verso l'angolo di Deunan,
costeggiando i muri e controllando intorno.Oltrepassarono il filo
spinato e si ritrovarono una sezione delimitata della città,
con
un enorme edificio che faceva da centro ad altri intorno. C'erano sul
tetto e nei muri dell'alto edificio, delle zone aperte con
delle
passerelle che permettevano di passare dal primo piano al pian terreno
degli edifici intorno, lontani da occhi indiscreti.
I muri dell'edificio al centro, bianco sporco con colonne, di forma
davanti tonda, presentava una serie di scritte fatte con spray. QUella
più grande diceva qualcosa non leggibile in parte a causa
delle
intemperie o altro.
'...tutta l'eredità della specie, la
volontà della
seduzione e dell' agguato, la grazia del inganno, la bonta che cela un
proposito crudele, tutto....'
"Deve essere abitato. Non è come la zona precedente"
bisbigliò al compagno "cosa facciamo..."
"NOn lo so...da un lato vorrei evitare scontri. Possiamo scegliere se
continuare e tentare la fortuna oppure tornare alla jeap e fare un giro
largo..."
"Vuoi scappare lasciando roba che può servirci?"
"Non ho detto scappare...però non è normale
questo posto. Quelle passerelle non sono lì per caso!"
"Allora che..."
Briareos
attaccò l'
aggressore arrivato alle spalle con i
gomiti e lo sbattè sul muro. L'uomo si era calato da sopra
silenzioso, sperando di coglierli di sorpresa. Un altro
arrivò
da dietro da dove erano venuti, finendo come il precedente.
Briareos prese Deunan per il colletto del gilet e la
trascinò
nell'edificio dove erano nascosti, entrando dalla porta. Trovarono
però un tizio nascosto dietro un tavolo rosciato. Il cyborg
gli
lanciò un coltello in una spalla e con una mossa svelta gli
frantumò addosso un pezzo di vetro trovato a terra, portando
l'aggressore a morire di emorragia dalla testa. Cercarono di bloccare
le porte, per trovare un'altra uscita. Il tetto era sgretolato in un
buco che portava al lato superiore, decisero di provare la sorte
issandosi. Prima salì
Deunan, sospinta da Briareos dal basso, poi lei controllò il
piano in attesa del cyborg. Trovarono una finestra che fungeva da
passerella che portava direttamente all'edificio centrale. Briareos la
spinse verso la passerella e le urlò di attraversarla,
nonostante le proteste di lei, cercando di centrare con la pistola
chiunque li seguisse. Sembrava che non usassero armi, il che gli
sembrò strano. In pochi secondi, giunsero al cornicione
dell'edificio bianco ed entrarono nella finestra più vicina.
Ai
due sembrò esattamente quello che avevano immaginato,
guardando
le stanze dal corridoio dove si erano ritrovati.. Un rifugio. Poi, un
rumore per i corridoi.
"Cazzo, saranno
spazzini?"
"Cosa?" chiese
Deunan voltandosi verso di lui, non seguendo il suo discorso.
"Altri spazzini,
così vengono
chiamati coloro che cercano di
raccogliere tutto ciò che si può trovare nelle
zone
abbandonate,credo che questi vivano così. Guarda questo
posto,
è pieno di roba ammucchiata in varie stanze. E poi..."
Briareos e Deunan si divisero
cercando nuova copertura all'arrivo di altri uomini. Briareos estrasse
la pistola e... poi fu tutta una successione di eventi che
Deunan rivedeva
come frammenti di un fllm
rovinato.
Stringendo forte gli occhi, serrandoli, non riusciva a vedere i
frammenti perduti, soltanto quello che accadde dopo.
Il luogo era molto buio
a parte
qualche raggio di sole che
trapassava dall'esterno. Uno di loro si avvicinò lentamente
a
Briareos,
apparendo come una sagoma scura. Era un cyborg, uno di quelli che
avevano visto tempi migliori per manutenzioni e sostituzioni delle
placche di protezione esterne, e sembrava come uno dei capi. Briareos
si alzò e gli sparò, poi mirò ad
un altro ma l'arma si inceppò. Aveva finito i colpi? Non
c'era
tempo
per capirlo. L'altro spazzino, stavolta umano si
fiondò addosso a Briareos permettendo al cyborg di rialzarsi
e
andare verso di lui con un balzo, da cui ne naque una
colluttazione corpo a corpo.
Appena Briareos
riuscì ad
atterrarlo, prima che quello potesse ribaltare la situazione, prese il
terminale di collegamento che teneva riposto al lato della testa e
tirò il filo,
srotolandolo. Inserì con ernome velocità, ma
altrettanta
precisione, l'attacco nell'apposito slot sul cyborg a terra e
tentò una connessione diretta per hackerarlo e
fermarlo.
Era la cosa che faceva sempre quando non voleva eliminare il soggetto,
ma voleva informazioni da lui. Deunan alzò gli occhi al
cielo e
sorrise a qualunque cosa ci fosse là sopra.Tornò
ai
ricordi.Rivide Briareos.
Il cyborg era collegato
con l'altro
ancora inerme a terra. Deunan si avvicinò controllando il
perimentro. Non avevano contato i nemici eliminati, ma sperava di non
averne dimenticato nessuno. Poi udì strani suoni, come
quando un
vecchio computer si connetteva alla linea per entrare in rete ma non
riusciva. Si voltò verso di lui, chiese varie volte cosa non
andasse. Lui però dopo un pò si portò
le mani sulla
testa, vomitando uno strozzato 'cazzo' e iniziò a tremare.
Neanche il tempo per Deunan di capire e Briareos cadde a peso morto
sulla schiena sul terreno polveroso, dinnanzi l'edificio bianco.
Il tremendo tonfo che il massiccio corpo di Briareos
provocò, sembrò quasi un colpo di cannone a
sentire l'eco
echeggiare per la città deserta.
Corse a perdifiato verso
di lui,
urlò il suo nome con tutta la forza nei polmoni che aveva,
si
buttò sulle ginocchia senza badare al dolore. Nessun
movimento,
sia da lui che dal cyborg che aveva atterrato, nessuna parola, neanche
un dito si mosse. Cercò di scuoterlo, lo prese a schiaffi,
staccò il cavo di collegamento vedendolo riavvolgersi da
solo
all'interno della testa del compagno. Per più di dieci
minuti,
si sforzò di trovare un modo di risvegliarlo. Delle lacrime
scesero sulle guance, gocciolando sul viso del cyborg che
però
non reagì. Si accasciò al suo fianco, gli strinse
il
collo poggiando la fronte a quella di lui, pregando che si ridestasse.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Come pioggia ***
un nuovo inizio2
Ecco
il capitolo due. NOn l'ho fatto troppo lungo perchè volevo
descrivere bene le situazioni. Buona lettura.
--------------------------------------------------------------------
“Briareos!!...Bri..!!”
Il
corpo possente del cyborg era riverso a terra, schiena sul polveroso e
rosso terreno, inerme e abbandonato. La testa ripiegata verso la spalla
sinistra, il vento che gli depositava sulla pelle artificiale folate di
terra.
Dopo
venti minuti nel tentativo di risvegliarlo, Deunan provò con
ogni mezzo a trascinarlo ma le era impossibile. Riusciva solo ad
alzargli un braccio, per il resto era impotente. Strinse i capelli tra
le dita, cercando di riflettere su cosa fare. Ormai sapeva bene che non
vi era più nessuno o anche un idiota totale avrebbe capito
che attaccarla in quella situazione era un azzardo possibile. Anche se
non sapevano quali erano le sue abilità, ogni uomo vedeva in
lei un bersaglio indifeso.
Provò
a calmarsi. Sicuramente spostare l’enorme compagno era
impensabile e per questo motivo non aveva altra scelta che restare in
quel posto. Erano in una zona scoperta, troppo rischioso restarvi ma
non poteva fare altro.
Frugò
nel suo zaino e in quello di Briareos, prese il necessario e
preparò un improvvisato campo base. Con delle tende
preparò la zona notte, quella del bagno con un secchio
bucato e un tubo da collegare a qualunque cosa potesse contenere acqua
da usare con una corda, come faceva sempre, per la doccia. Con un telo,
messo da parte, avrebbe protetto Briareos per la notte anche se era
perfettamente cosciente del fatto che con il suo regolatore di
temperatura, anche se ancora privo di sensi, non avrebbe rischiato di
congelare.
Sistemò
qualcosa per sedersi e si posizionò a lato di Briareos,
rivolta però a guardarlo, cercando di fare la guardia.
Più restava là a fissarlo e più le
veniva un dolore sordo al petto, che non riusciva a scacciare via.
Chiudendo gli occhi, se lo immaginava come un animaletto a forma di
goccia semitrasparente che volteggiava con la codina e la tormentava da
dentro. Era decisa a dare a quelle fitte questa spiegazione, anche per
evitare di ammettere la sua disperazione all’inevitabile. La
morte di Briareos.
Con
un cenno del capo, decisa, cercò di scacciare quel pensiero.
Non poteva morire per quello, lo sentiva. Poi le venne
un’idea e si accucciò di nuovo vicino al compagno,
poggiando delicatamente l’orecchio al petto del cyborg, e
attese. Il cuore, anche se un servo motore che lo aiutava in
realtà a vivere, sembrava funzionare. Sentiva alcuni ronzii
e senza che se accorgesse, il suo corpo strinse con le braccia sul
petto di lui rovesciando lacrime di felicità.
Posò
il mento sul petto di lui che si muoveva regolare per la respirazione e
si diede della scema per non aver pensato a fissarlo in quel senso. Poi
chiuse gli occhi e ricordò di aver pianto a quel modo solo
per lui, di nuovo, come la prima volta.Il giorno che entrò
in quella camera asettica e lo vide con il corpo temporaneo di cyborg,
quello che gli avevano applicato per lasciarlo vivere. Quello che
dovette abbracciare disperata, sapendo che avrebbe visto solo quello.
Non più il viso di un colore tra l’olivastro e lo
scuro, i suoi occhi chiari che non sapeva mai definire come
colore ma a volte diceva scherzosamente ‘color carta da
zucchero luminoso’, il naso dritto e definito per via della
chirurgia, la sua mascella definita. In un colpo solo, con un boato,
era andato perso tutto. E a lei, era toccata la parte penosa, mettere
la firma per definire quel cambiamento nell’uomo per cui
provava affetto. Rendendolo definitivamente cyborg.
Si
alzò, sistemò il fucile nell’incavo del
suo braccio con le dita sull’anello del grilletto e attese
qualsiasi cosa. Era come una speranza. Attendeva qualsiasi cosa che
potesse cambiare quell’istante.
Un
paio di ore dopo, quando ormai Deunan aveva finito di mangiare qualcosa
mentre il sole scivolava pigramente fra le rovine della
città e si perdeva agli occhi della ragazza in un tempo che
per lei pareva infinito, ma era ancora comunque giorno,mentre alcune
paffute nubi venivano sospinte dal vento, lei si alzò di
scatto dalla sua posizione. Briareos, alla fine, si era mosso.
Deunan
si accasciò al suo fianco, carezzandogli il petto per
scuoterlo e vide il suo viso muoversi lentamente a destra e a sinistra.
Quando le sue ottiche iniziarono a mettere a fuoco, stridendo per la
polvere che si era annidata, lo sentì sussurrare il suo
nome. Deunan sorrise con quanta felicità poteva mostrare in
viso e gli chiese come stava.
“Non
… lo so…”
“Vuoi
restare ancora sdraiato o vuoi alzarti?”
“…voglio
alzarmi…”
Deunan
lo aiutò tirandolo per il braccio vicino a lei, il sinistro,
facendolo sedere e carezzandogli la testa in ogni sua parte per vedere
se aveva riportato danni.
“Dai
ragazza, resisto …ai proiettili e mi… controlli
per una caduta?”
“Una
caduta con la tua stazza, ragazzone…non piagnucolare e
lasciami controllare!”
Briareos
emise un brontolio gutturale, ridacchiò lievemente e la
cinse con il braccio sinistro stringendola a sé. La mise a
fuoco e si accorse che aveva il viso rigato da lacrime ormai seccate e
gliele pulì con il pollice dell’altro braccio.Ma
questo tremava.
“Non
essere in pensiero piccola, io…”
L’improvviso
gesto del cyborg di scrollare la testa e buttarla in avanti, come fra
le sue gambe, spaventò Deunan, che provò a
tirarlo su di nuovo.
“Briareos,
che succede?”
“…cazzo…ah!...”
“Bri…”
“NO!!”
Deunan
si irrigidì allo strozzato verso del cyborg che si colpiva
la testa con la mano destra con colpì via via sempre
più forti. Lei cercò di bloccarlo chiedendoli che
stesse facendo, provocando la rabbia di Briareos.
“lasciami…devo
farlo..:”
“Perché??”
“Perché…perché
non riesco a gestire l’OS..!”
Deunan
lo fissò incerta, senza capire, con le labbra schiuse come a
voler parlare ma non riuscire. Con il braccio sinistro, Briareos la
tirò a se stringendo la sua vita, con la mano destra le
spinse la testa sotto il suo mento, carezzandole con le dita la pelle
della guancia.
Briareos
era disperato, lo sapeva e non voleva esserlo. Lei lo aveva capito
bene, lo aveva intuito. Tra loro non cèra bisogno di parole
su certe cose, si comprendevano sempre. Gli chiese cosa stesse
accadendo, ricevendo solo una risposta.
“Sono
nei casini. Bimba…”
Deunan
tornò a guardare il fuoco che sinuoso scacciava le tenebre
intorno a lei, si morse il labbro e chiuse gli occhi. Si strinse con le
braccia, come a cercare qualcosa da un ricordo e alla fine, si
voltò verso la jeap a cercare con gli occhi la sagoma
dell’uomo che aveva scelto al suo fianco. Chiuse di nuovo gli
occhi, storcendo la bocca nel momento in cui qualcosa le
tornò in mente.
“Sono
nei casini ragazza e…”
Quella
frase lasciata a metà la lasciò basita. Lo vide
nel tentativo di alzarsi, chiedendole di farglielo fare da solo,
incespicare ma non cadere. Lo seguì con gli occhi, ancora
seduta a terra con le gambe di lato e le mani davanti a lei a stringere
fin sotto le unghie la sporca polvere,mentre evidenti problemi motori
gli impedivano di utilizzare un’andatura regolare. I problemi
erano fin troppo evidenti.E qualcosa le stava morendo dentro, alla sola
idea di saperlo invalido, incapace, bisognoso di aiuto. Proprio lui che
era autonomo in tutto dal cambio di corpo.
“Bri,
qualè il problema?”
“….”
“Bri…”
“….”
Qualche
goccia di pioggia improvvisa cadde fra le mani di Deunan, poi intorno
silenziosamente. Alzò gli occhi e le nubi che le erano parse
batuffoli nel cielo stavano alleggerendo il loro carico su di lei e le
parve che fossero in quel momento loro, al suo posto, a piangere.
Buttò la testa a terra, poi la rialzò quando
sentì Briareos camminare come in cerchio e lo
fissò. Pareva incerto, tremolante nei movimenti, si fermava
spesso e sembrava pensieroso. Si accasciò un ginocchio,
fissando a terra come se fosse stanco o fosse cascato a terra con tutto
il suo peso. Si rialzò, restando fermo in piedi.
Poi
alla fine, Deunan udì la sua voce.
“Ho
fatto una stronzata…” scuotendo la testa tenendola
con una mano come se avesse mal di testa “una
stronzata…!”
Deunan
cambiò espressione come se volesse piangere tutte le lacrime
del mondo, alzandosi e abbracciandolo come se ci fosse un qualche addio
difficile senza lasciarlo andare, affondando la fronte sul suo petto.
Singhiozzando debolmente avvertendo la pioggerella che era cresciuta
sulla sua pelle, scivolare sulla nuca e bagnarla, stretta al suo cyborg.
Arrivata
al bollore, Deunan tolse la cena dal fuoco. La lasciò un
attimo su un disco di tronco di albero usato come poggia pentola e
prese due ciotole di metallo, riempiendo subito una e lasciandola da
parte. Fece lo stesso, con il mestolo, con l’altra ciotola e
poi si buttò a sedere sulla sedia, mangiando lentamente e
come se non avesse fame. Invece stava letteralmente morendo di fame, ma
la zuppa in scatola ogni giorno, per mesi, non era una leccornia
invitante.E si sentiva sola.
Deglutì
l’ultimo boccone, controllò la temperatura della
zuppa nell’altra ciotola e poi ne aggiunse ancora da quella
che era rimasta nella pentola. Si alzò dirigendosi verso la
jeap, salì sul pianale e si fermo davanti Briareos.
Immobile, inerme. Sospirò, prese da uno scatolone un grosso
imbuto e mettendosi sollevata con un oggetto, con le dita
aprì i copri mascella del cyborg, poi la mandibola
spalancandogli la bocca.
“Farò
piano come al solito, te lo prometto…”
Inserì
l’imbuto stando attenta a non fargli male o facendoglielo
arrivare troppo in gola e poi con delicatezza rovesciò la
cena ormai non bollente nell’imbuto, attendendo che per la
gravità scendesse, sentendolo deglutire. Lui era
là dentro. La bocca, la trachea, gli organi, tutto era
ancora del vecchio Briareos. Non poteva fare errori, lui non poteva
parlare con le sue corde vocali tranne qualche verso gutturale che
ormai non emetteva più, non aveva forze per farlo. Era stata
lei stessa a chiederglielo, vedendo quanto fosse difficile per lui
farsi sentire. Non voleva vederlo soffrire.
Attese
che avesse finito, cercò di fargli arrivare tutta la zuppa
possibile. Tornò vicino al fuoco e riempì la
ciotola con la zuppa rimanente. Voleva che lui fosse ben nutrito,
avendo lei possibilità di mangiare quando ne aveva bisogno.
Prese una borraccia e appena terminò di versare il resto
della zuppa, gli fece mandar giù qualche sorso
d’acqua. Alla fine delle operazioni, tolto
l’imbuto, pulì il viso del compagno per essere
sicura di non aver fatto errori e richiuse la mandibola. Lo
fissò, triste, dandogli un profondo bacio e dicendogli di
aspettare che sarebbe tornata per la notte.
Tornò
lesta vicino il fuoco, pulì tutto e rimise gli oggetti nello
scatolone. Ormai era notte, era stanca e sapeva di dover dormire
abbastanza per poter guidare il giorno dopo. Portò tutto
sulla jeap, poi prese il visore notturno e la lattina di zuppa vuota e
disse a Briareos di aspettare qualche minuto. Si avvicinò a
qualche cespuglio, controllò con il visore che non vi fosse
nessuno e utilizzò la lattina per fare pipì.
Odiava dover fare così ma lo trovava un modo più
pulito del semplice farla per terra. Ancora di più,
detestava il dover andare in bagno dovendo scavare una piccola fossa
per bisogni più grossi. Si sentiva non solo sporca, ma
qualcosa simile a un’incivile. Era così che lo
vedeva. Detestava sopra ogni cosa il fattore bagno in situazioni come
quella.
Finito,
lasciò la lattina in piedi, si lavò come poteva
con un panno apposito imbevuto d’acqua e si
rivestì. Lasciare la lattina dopo i suoi bisogni la faceva
sentire un pizzico più civilizzata. Non si sentiva un
animale!
Tornò
alla jeap, salì sul pianale e lo alzò dietro di
lei. Prese una coperta da uno scatolone e si sistemò sulle
gambe distese del compagno, poggiando la guancia destra sul suo petto.
“Buona
notte ragazzone, riposati. Domani è un altro
giorno”.
Si
strinse nella coperta percependo il fresco della sera e si rannicchiò di più a
lui, sognando il giorno che potesse sentire di nuovo il suo abbraccio,
e quindi, il suo affetto per lei.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Dyon ***
nuova storia2
Chiedo scusa del ritardo nel postare ma gli impegni non mi lasciano il
tempo di lavorare bene ai capitoli. Anche se volevo lavorarci meglio,
non posso non postare qualcosa, quindi ecco il nuovo capitolo. Buona
lettura
------------------------------------------------------------------
Un rumore acuto e penetrante rimbombò per
l’ambiente
silenzioso. Deunan gemette svegliandosi di colpo, sbattendo lievemente
la tempia sull’addome del compagno. Si tirò sulle
braccia
osservando intorno, portando poi una mano dietro la sua schiena verso
la pistola.
Un sibilo la fece rizzare e spostare da sopra il cyborg, estraendo
definitivamente l’arma e togliendo la sicura.
L’oscurità senza luna ne stelle la rese nervosa ed
elettrica, da saltellare da un piede all’altro senza
accorgersene, inciampando a volte fra le gambe di Briareos.
Qualcosa nell’oscurità iniziò a
ringhiare
pesantemente e Deunan si tuffò verso il portello alzato
davanti a
lei e vi si appoggiò, per avere una posizione stabile di
mira.
Vari scricchiolii e colpi sordi la accerchiarono, come se fossero ad
ogni lato, facendole rizzare i peli del corpo. Il fiato mozzato le
accelerò il battito cardiaco, il sangue che le arrivava alle
orecchie e al cervello. O era l’adrenalina?
Respirò profondamente e provò a pensare. Si
voltò
e cercò con le mani gli scatoloni. Aveva paura di accendere
la
torcia e attirare chiunque o qualunqua cosa ci fosse là
fuori.
Toccò con le dita vari oggetti, studiando la forma con i
polpastrelli. Alla fine, al terzo tentativo trovò gli
occhiali
termici e li indossò stringendo l’elastico sulla
testa.
Dal buio totale si ritrovò a una massa di verde e nero,
delimitando la forma di cosa la circondava. Vedeva il grosso masso, la
foma in lontananza di montagne e gruppi rocciosi, la forma della jeap,
Briareos immobile e gli scatoloni vicino a lei. Il fuoco si era spento
e la calma innaturale riempiva il luogo. Poi un brontolio come dietro
le sue orecchie e lei fece un salto di spavento. Non era assolutamente
da lei ma sapeva che era dettato solo dalla situazione. Alle sue spalle
vi era solo Briareos, che per promessa aveva smesso di comunicare con
la gola, quindi scartò l’idea. Un latrare rauco e
capì. Si sporse dalla jeap e notò un esemplare
arruffato
e sporco di coyote. Sembrava giovane, snello, con le orecchie tese in
alto e il muso irrequeto. Fissava il mezzo, girava in tondo, annusava.
Si chiese se non volesse provare a fare un salto
nell’abitacolo e
decise di provare a spaventarlo. Alzò l’arma in
aria e
sparò un singolo colpo che echeggiò, fendendo
l’aria con un boato squarciante, da far stridere e latrare
l’animale e farle venire un colpo in gola. Non era una
sorpresa,
aveva sparato lei, ma il silenzio totale aveva fatto credere che quel
singolo sparo fosse chissà quale boato distruttivo. Vide la
sagoma verde dell’animale sfuggire a una velocità
record,
si gettò con le mani sul bordo aperto del mezzo, posando la
fronte sul freddo metallo, rinfrescandole la pelle accaldata.
Insirò profondamente un paio di volte, tolse il visore e si
ritrovò nel buio penetrante della notte.
Rinfroderò la
pistola dietro la schiena e si sistemò di nuovo,
accoccolata,
sul corpo del compagno. Strinse con forza la coperta e
strofinò
la tempia sinistra sul petto di lui, cercando di ricacciare indietro le
lacrime che senza motivo volevano uscire. Tirò con il naso
per
fermare qualunque cosa volesse sfogarsi, come con le lacrime, e si
strinse a lui. Non riusciva più a dormire, il
cuore non
aveva smesso di rimbombare nella cassa toracica, anche se
più
lentamente di prima, ma continuava a farsi sentire. Si accorse con
sconcerto di apparire, ai suoi occhi, debole. Aveva pianto quando
Briareos era caduto sulla schiena, solo tre giorni prima, e aveva
sentito una disperazione sorda e opprimente al pensiero di perderlo o
saperlo immobile per sempre. Aveva stretto i denti in quei giorni, ma
la
sensazione di impotenza l’aveva colta troppe volte,
portandola
quasi a piangere, fermandosi a respirare per evitarlo, anche se per lei
non doveva accadere.
Si era vista allo specchietto retrovisore troppe volte per contastare
come l’aveva segnata tutto quello. L’ aspetto
smunto e
stanco, in primis. Per altri sarebbe stato scarno o emaciato solo per
il suo
colorito e le occhiaie. Per non parlar e poi dei capelli sporchi da
farle sembrare il suo biondo un cenere spento. Le labbra e le mani,
secche e screpolate, per la mancanza di attenzione alla cura di se
stessa, la facevano sembrare come con gli abiti, una stracciona. Lo
sapeva,
avrebbero pensato questo, se altri l’avessero vista. Doveva
cambiarsi, lavarsi ma quando decideva di farlo, si ritrovava sempre di
notte e senza acqua. Aveva solo quella per bere, non poteva sprecarla.
Si girò dall’altro lato nervosa, triste. Doveva
essere
forte, caparbia, per se stessa e Briareos. Lacrime e dolore dovevano
sparire. Restare in un angolo di se stessa e lasciar posto alla Deunan
capace di qualunque cosa, solo se lo volesse. Quella che Briareos
amava. Strinse i denti e accarezzò il braccio del cyborg fin
giù al gomito, per poi risale verso la spalla.
Sospirò e provò a dormire.
Deunan si svegliò quando il sole le toccò il
viso,
portandole luce sugli occhi. Si strofinò con la guancia
contro
il petto di Briareos, sbadigliando. Si mise a sedere, poi si
alzò barcollando, ancora stordita. Si stiracchiò
per
bene, diede il buongiorno al compagno e prese cosa le serviva per la
colazione. Prese il pentolino e preparò un beverone di
latte,
frutta e cereali per Briareos, che potesse ingurgitare senza dover
masticare e spiluccò pane non più fresco e
marmellata
avanzata per sè. Dopo quarantacinque minuti, era pronta per
andare nuovamente su strada. Disse a Briareos di avere pazienza e
aspettare le fermate di pausa per dargli l'acqua e l'orario del pranzo,
quando si sarebbe fermata definitivamente per un tot di tempo per
riposare. Chiuso il pianale, si sistemò sul sedile e
tornò e alla guida come gli altri giorni, cercando un
cartello
che le dicesse che strada prendere per New York.
Dopo quasi due ore, la prima sosta. Secondo il suo orologio erano circa
le dieci di mattina e il caldo che fino a una settimana prima picchiava
forte, iniziava a sparire. L'autunno sgomitava contro un'estate che gli
dava pian piano posto, portando i primi freddi, sopratutto di notte. In
inverno la situazione per lei, se non giungeva subito a destinazione,
sarebbe stata disastrosa. Non sarebbero bastate le coperte e il tepore
del corpo del compagno a scaldarla, questo lo sapeva. Se non trovava
almeno un tetto, erano spacciati. Gli inverni negli ultimi anni erano
più duri del solito e le estati distruttive. Il suo pensiero
primo era, a causa del cambio di stagione, il problema malattie. Se si
ammalava, erano nei guai entrambi. Non era tanto per lei il problema,
anche se ammalarsi non era un aiuto in quel periodo, ma per il suo
compagno. Messa male lei, lui sarebbe stato nei casini. Anche se
cyborg, aveva sempre bisogni umani. Si era ormai abituata a doverlo
nutrire, lavare, aiutare nei normali bisogni umani.
Rise al ricordo di tutte le persone che rimanenvano sconcertate nello
scoprire che non vi erano differenze come immaginavano, tra umani e
cyborg. Anche lei all'inizio non lo immaginava, eppure era
così.
Anche i cyborg avevano bisogni fisiologici dovuti al bere e mangiare.
Respirava e si nutriva, come tutti. E lei doveva, quando poteva,
'occuparsi' di lui in quel senso. Lavargli il corpo con una doccia o
ccon una spugna non era la sola mansione che doveva considerare, ma
anche assicurarsi di non lasciarlo senza cure tutto il giorno. NOn era
in grado di aiutarlo ad alzarsi nè altro per i suoi bisogni,
poteva solo cambiarlo quando poteva.
Un'esplosione improssiva la fece sobbalzare, sterzando pericolosamente.
Alla sua destra qualcosa stava producendo del fumo nero e scuro, che si
levava oltre delle masse rocciose. Frenò di colpo e
osservò l'ambiente intorno. Non vi era nessuno. Eppure quel
fumo non poteva comparire da solo. Aggrottò le sopracciglia,
cercò di riflettere su cosa fare e poi sospirò.
"Cosa devo fare Bri...secondo te dovrei andare a vedere? Sarebbe la
prima volta che vedo qualcosa che non siano idioti mercenari..."
Briareos non emise neanche un rumore e lei, preoccupata, si
voltò verso il retro. Sapeva però che lui non
poteva muovere un muscolo e le aveva promesso di non faticare a
emettere suoni gutturali, usando l'Os per parlare. Sorrise devolmente e
poi si risistemò sul sedile stringendo forte il volante.
Dopo aver riflettuto, sterzò verso il fuoco e
trovò un sentiero poco battuto e non facilemente
individuabile e si chiese da dove si poteva svoltare. Aveva guidato
stando attenta a ogni angolo della strada e dell'ambiente circostante e
poteva giocarsi una mano, non vi era una diramazione. Il fumo si
avvicinava e sembrava che dietro due enormi rocce ci fosse qualcosa.
"Bri, so che cosa pensi. Ma...magari è qualcosa di
positivo...non lo so. Ma voglio vedere cosa cè..."
Sfrecciò alzando la polvere della strada non asfaltata e
giunse, girando attorno ai massi rocciosi alti non capiva quanti metri,
a una specie di installazione di qualche tipo. Due
costruzioni in cemento e metallo una e metallo e vetro l'altra, una
più grande dell'altra, si stagliavano là in mezzo
al nulla. La più grande aveva una base rettangolare in
metallo alta quanto la porta a vetri, dal colore ormai smangiucchiato
dagli agenti atmosferici, sormontata da forse due piani con tetto
spiovente a triangolo in vetro all'ingresso. Il tetto poggiava prima su
una superficie metallica forse a dividere i piani sopra da quello gande
e in parte scendeva fino a coprire un terzo del
rettangolo, dove vi erano montati dei nomi. Pannelli di vetro verdi
formavano la parete anteriore. Il resto era composta da sezioni in
metallo, con griglie forse per l'aria agli angoli dell'edificio. Il
tetto spiovente aveva delle sezioni rientrate a vetri come il davanti.
Una delle due parti laterali, quelle più lunghe, portava una
specie di enorme targa per tutta la lunghezza con un nome ormai
sbadito, ma si capiva solo la parola Facility. Dei divisori metallici
alti quasi tre metri erano completamente abbattuti a terra, se ne
salvavanosolo tre sul lato a ovest dell'edificio. Sembrava tutto
abbandonato ma il fumo fuoriusciva da qualche parte dal tetto. I vetri
mostravano qualcosa che Deunan non riusciva a capire. L'altro edificio
sembrava alla ragazza come una rimessa o qualcosa del genere. Tutto
lamiere e finestre. Si fermò a qualche metro dall'ingresso e
osservò il tutto. A parte il probabile incendio non sembrava
esserci anima viva. Deunan scese dall'auto e diede un colpo
vicino Briareos sussurrandogli che sarebbe tornata subito. Poi, pistola
alla mano, si avviò verso la porta a vetri dell'ingresso.
Sbirciò, sporgendosi, dentro e notò che sembrava
più un misto tra un laboratorio e l'ospedale. Gli ampi vetri
a triangolo illuminavano l'interno senza bisogno di luci artificiali e
notò delle strutture a livelli con tavoli metallici, strani
tubi in vetro chiusi da placche metalliche e cose a schiera che non
riconosceva. Ma la cosa che le veniva in mente era apparecchiature
mediche.
NOn vedeva nessuno e decise di entrare spingendo l'ampia porta a vetro.
I cardini metallici cigolarono stridendo e lei si maledì per
la scelta di non provare a sbirciare in giro. Fece un rapido tratto di
corsa, con la pistola bassa, nascondendosi dietro i primi mobili
metallici attaccati dalla ruggine che si trovò nelle
vicinanze. Alzando lo sguardo notò rimanenze rotte di
provette, pinze metalliche sparse e fogli ingialliti. L'atmosfera che
respirava pareva quasi sacrale e il luogo era così grande
che le sembrava una cattedrale. Il posto dove si trovava era
più ampio di quelli più in alto che erano sospesi
da piani in metallo e vetro da farle pauyra al sol pensare di
camminarci. Deglutì e controllò lentamente tutta
l'area, stando attenta ai livelli sopra e eventuali porte. In fondo
all'edificio notò un ascensore che doveva portare in alto,
non vi erano porte e aveva un computer montato al centro dela cabina. I
piani superiori sembravano divisi a zone, piattaforme metalliche
ospitavano mobili e tavoli di vari tipi, mentre i corridoi che
conducevano a quegli spazi erano in vetro. Appena si ritrovò
vicina all'ascensore qualcuno urlò parolacce e un echeggiare
di passi metallici la colsero alle spalle. Portò la pistola
avanti a lei alzando lo sguardo e solo allora si accorse di una persona
che si muoveva nervosamente al piano sopra a lei. I loro sguardi si
incrociarono quando lui passò da una piattaforma metallica
al corridoio di vetro. L'uomo non più giovanissimo e con un
camice sporco si bloccò non appena la notò sotto
di sè e rimase a fissarla sconcertato. Quando si riprese
scuotendo la testa, il suo viso smagrito e barbuto si
illuminò con un sorriso e corse all'ascensore che era fermo
vicino a lei.
"Fermo, non si avvicini!"
"No, ferma. VOglio scendere. Voglio salutarti! Fammi scendere.."
"VUole salutarmi?"
"Sei la prima persona che vedo da anni! Fammi scendere!"
urlò concitato "Fammi chiamare l'ascensore!"
Deunan dopo qualche incertezza gli indicò con la pistola di
andare e lo osservò, pistola puntata su di lui, aspettare la
cabina e poi scendere al suo stesso livello. QUando arrivò,
l'uomo la fissò quasi elettrizzato, la squadrò
dalla testa ai piedi e le fece segno di saluto con la mano. Deunan alla
fine si fidò e si scambiarono un saluto cordiale.
"Accidenti, che emozione... sei vera. Vera!"
"Si...ma chi è lei?"
"Io? Oh io sono un ex abitante di questo posto...ero...un assistente
all'epoca. Mi chiamo Dyon e sono l'ultimo rimasto alla Appleseed
Facility. Ma tu...come sei giunta qui? Sei sola?"
Deunan cercò una risposta convincente e decise di mentire.
"No, il mio partner si trova sulla jeap. Abbiamo visto da lontano il
fumo e udito l'esplosione e..."
"Ah si...l'esplosione. NOn puoi immaginare quanti danni ci sono ai
macchinari. NOn cè più nulla di utilizzabile
qui...Eh si...sono tentato di andarmene ma...non ho un mezzo per farlo
e così..."
"Da quanto tempo vive qui da solo?"
"Credo...due anni...dall'assalto dei membri della F21 per fermare il
progetto Appleseed...ma mi sono stancato..."
"Il progetto Appleseed? Non mi è nuovo questo nome ma..."
"Oh strano...il progetto Appleseed su presentato all'assemblea generale
delle Nazioni Unite ma non all'opinione pubblica e solo i rappresentati
delle nazioni e i militari sanno cosè...comunque,
perchè sei qui ragazza?"
"Stavo cercando di raggiungere New York ma...la strada è
lunga e ho...sentito il boato..."
"New York..." bisbigliò, poggiandosi a un tavolo co nsguardo
allucinato "la sogno da tanto...vorrei tanto andarci!"
"Ehm...se vuole un passaggio noi ci stiamo andando
però...abbiamo quasi finito i viveri e..."
"Viveri...qui ho cibo fresco. Davvero mi daresti un passaggio? Posso
ricambiare con il cibo per tutti..."
Deunan si morse la lingua per la stupidaggine appena detta e
ripensò a Briareos e i suoi rimproveri sul ragionare prima
di parlare. Eppure quell'uomo sembrava tutto fuorchè
pericoloso. Non aveva armi con sè, sembrava essere davvero
una specie di scienziato.
"Ecco...possiamo parlarne...ma come è riuscito a vivere
quasi due anni?"
"La zona alloggi è nell'edificio comunale. Cè una
cucina, gli alloggi con bagni privati, il salotto per le pause e parte
cè la serra...sono riuscito a mantenere vive le piante e gli
alberi per poter mangiare. Sono riuscito a sopravvivere, non male vero?"
"Cè...verdura e frutta fresca?" quasi come una preghiera
supplichevole "Davvero?!"
"Certo, vieni..."
Si recarono insieme nell'edificio più piccolo. Ma quando lei
si avvicinò, constatò la vera grandezza della
costruzione. Pareva da lontano più piccola perchè
era tutto a un piano solo. Era in metallo con finestre rotonde alte
quanto le porte. Dyon spiegò che ogni zona dell'edificio
aveva un suo tetto spiovente e Deunan notò questa
particolarità. Il tetto era diviso in tanti più
piccoli spioventi ma non vi erano come nell'altro edificio vetrate per
la luce. Le fece visitare la cucina ben accessoriata ma limitata
nell'uso per la scarsità del combustibile per alimentarla.
Dyon le spiegò che essendo rimasto solo aveva razionato la
fornitura di gas che era chiusa sottoterra e ne rimaneva un quarto. Il
resto dell'edificio che aveva bisogno di corrente elettrica era
autonoma grazie ai pannelli solari posti sul retro che non si vedevano
e avevano una portata di immagazzinamento enorme nonostante il numero
limitato di quadri, che permetteva luso di acqua calda e altre
modernità senza problemi. Questo gli aveva permesso di
sopravvivere al caldo grazie all'aria condizionata e all'inverno per il
riscaldamento anche con la neve. Le stanze per gli ex colleghi erano
una decina, piccole ma comode anche se chiaramente abbandonate. I bagni
erano ancora utilizzabili ma avevano bisogno di un pò di
pulizia. Alla fine, rimase la serra dove Deunan vide colture
artificiali con luci e canali di irrigazioni. Non era grandissimo ma
Dyon le disse che in dodici che erano, riuscivano a sfamarsi per un
paio di giorni in attesa dei rifornimenti. Rimasto da solo, riusciva a
mangiare roba fresca ogni giorno, riuscendo a nutrirsi con cibi diversi
grazie alla riserva di semi che custodiva.
"Rimanete questa notte e mi preparerò per partire. Voglio
andarmene. NOn so comè il mondo là fuori ma
voglio andarmene. Ormai qui non posso far nulla, dopo l'esplosione di
oggi ho capito che non posso mandare avanti nessun esperimento. Umbrion
sarebbe felice della mia dedizione..."
"Chi?"
"Il dottor Umbrion era il capo schienziato della struttura. Eravamo
lui, sei suoi colleghi di alta preparazione, tre assistenti, un cuoco e
un tuttofare che faceva anche le pulizie. Lui era una delle menti che
aveva permesso la nascita del progetto Appleseed...ma lo hanno ucciso.
Un giorno che ero andato a richiedere le scorte per le ricerche, hanno
fatto irruzione...era uno dei gruppi terroristici contro il progetto e
hanno fatto una strage. Quando sono tornato, il dottor Umbrion morente
mi ha detto di salvarmi e rimanere qui, così' che nessuno
avrebbe potuto farmi del male e che ero uno dei pochi di questo posto
che conosceva il progetto. Ho fatto come ha chiesto ma non riesco
più a stare qui..."
"Allora vieni con noi...ci hanno detto ch New York e uno dei posti
sicuri dove poter andare..."
"Oh fantastico...e il tuo partner? Chiamalo, così vi
sistemate...per la prima volta potrò parlare con qualcuno a
cena...sono così felice..."
"Ehm...non posso...."
"Perchè'?"
Anche se incerta, lo condusse alla jeap e gli mostrò il
motivo. Dyon rimase sconcertato nel vedere Briareos.
Farfugliò qualcosa con tono entusiasta e fece tante domande
sui cyborg. Alla fine Deunan gli spiegò quali erano i suoi
problemi e che non poteva in alcun modo scenderlo da sola dal mezzo.
Dyon però le disse di aspettare e corse nell'edificio delle
ricerche, sparendo per diverso tempo.
"Non so se ho fatto bene ragazzone ma credo di aver fatto la scelta
giusta..."
Dyon ricomparve tirando un carrello con un generatore vecchio modello,
tenendo con l'altra mano una tanica di benzina.
"Ecco ragazza, questo è quello più leggero che ho
che potevo portare fin qui. metto la benzina, tu intanto collega questi
elettrodi agli attacchi del tuo amico. Sicuro che li avrà."
"Si, ma non so se ci sono quelli di questo vecchio modello, aspetta..."
Controllò gli attacchi e li trovò nel collo di
Briareos. Collegati, attese che l'uomo finisse di riempire il
generatore e poi lo avviò. Il rumore spaccatimpani
rimbombò per l'ambiente circostante pieno di verde. Deunan
rimase pensierosa vedendo l'apparecchio al lavoro ma nessuna reazione
del compagno.
"perchè lo abbiamo collegato al generatore?"
"Semplice, un cyborg come quello sfrutta parecchie risorse. Se come
dici tu l'os non funziona correttamente, non riuscirà
probabilmente a sfruttare l'energia continua del corpo. Diamo
direttamente corrente al cervello ausiliario e vediamo che succede..."
Attesero venti minuti ma non avvenne nulla. Dyon allora
tornò indietro e portò con sè verso la
jeap un computer. Collegò l'attacco allo slot di Briareos al
lato della testa e smanettò un pò, tanto da
spazientire Deunan. Alla fine, Dyon sorrise e urò 'bingo'
premendo un pulsante.
"Che hai fatto?"
"Non è definitivo nè risolutivo ma, ragazza, ho
cercato di sistemare il problema. Non sono uno specialista di cyborg ma
di base tutte le attrezzature delle Nazioni Uinite come quelle che ho
qui hanno un OS che è simile a quello del tuo partner. E'
difficile da spiegare a chi non capisce ma per essere chiaro, il
programma che gestisce le funzioni del suo corpo è simile a
quello di questo computer. Ma non potevo entrare senza una chiave,
quindi credo che il tuo amico mi abbia aperto una porta di sistema...."
"Ehm non ci capisco niente..."
"Beh...in poche parole, sono riuscito a resettare in parte il programma
sfruttando quello che ho qui. Ho sfruttato il sistema di riparazione
con files che ho qui. Proviamo se ha funzionato?"
"Non ho capito bene cosa hai fatto ma...ok, proviamo..."
Dyom, premuto un programma, fissò il cyborg davanti a lui.
Deunan però parve poco entusiasta constatando che non stava
funzionando. Prima che Dyon potesse dire qualcosa, Briareos si mosse e
puntandosi con una mano sul metallo del mezzo, prese Deunan con la vita
e la avvicinò a sè, salutandola. Deunan
urlò il suo nome con entusiamo postando le mani sul suo
viso. Gli chiese se andasse tutto bene e il cyborg rispose che
i problemi non erano spariti ma grazie al computer con il
quale era stato collegato, era riuscito a riparare in parte alcuni
sistemi crashati. Si alzò con fatica e Dyon gli disse di
aspettare la carica completa, cosa che a quanto sembrava era
già avvenuta da un pò.
"Nessun problema, il sistema mi dice che la batteria è
carica ma non so per quanto.Grazie mille,davvero."
"Di nulla, io sono felice di aver conosciuto un cyborg come te. Cosa
sei?"
"Un Hecatonchires da combattimento..."
"Non conosco nulla sui cyborg ma a sentire il nome pare una cosa
figa..."
Deunan e Briareos risero e andarono all'edificio comunale con l'uomo
per mangiare qualcosa. Dyon mostrò anche a lui ogni cosa e
chiese di fargli compagnia fino al giorno dopo. Dopo vari minuti
Briareos si lasciò convincere da Deunan, anche se
chiaramente non contento della cosa.
"Ascolta, se per te va bene, vorrei pranzare e poi riposare fino a
domani. Così hai il tempo di preparare tutto per il
viaggio..."
"Certo, certo. Vi preparo qualcosa da mangiare, perchè non
andate a farvi una doccia? Un bagno? Immagino che non vedete acqua
calda da tempo...ho un paio di stanze apposta per voi. le
più pulite..."
Deunan e Briareos si guardarono in faccia, risero lievemente e lo
informarono del loro legame. Dyon rimase incerto, affermando di non
aver inteso nulla e chiedendo scusa dell'errore. Li portò a
una delle stanze più pulite e li uscì per
preparare il pranzo. Lasciò prima una specie di diario
perchè potessero leggere e capire cosa era accaduto.
Deunan e Briareos rimasero in piedi a osservare la stanza. Un grande
lettotroneggiava al centro della semplice stanza. Una sola finestra
dava alle spalle dell'edificio mostrando solo verde, un
comodino, una cassettiera, un paio di quadri e una sola sedia. Il bagno
non era male e sembrava adatto alla stazza del cyborg.
"Almeno il letto è grande, spero però di non
avere brutte sorprese stanotte..."
Deunan fissò il compagno che si spogliava dagli abiti
sporchi sgranchendosi.
"Bri, scusa per gli abiti, non ho potuto cambiarti e..."
"Tranquilla bimba. Siamo qui ora, mi faccio una doccia e sono meglio di
prima. Da sola hai fatto davvero tanto..." abbracciandola "vuoi andare
prima tu o io?"
"Vai prima tu, così poi ti riposi."
Quando Briareos si chiuse nel bagno lei prese il diario e
sfogliò le pagine fin dove le interessava, poi
iniziò a leggere a voce alta. DAl bagno Briareos commentava
e discutevano sulle questioni scritte.
”questo tizio non ha voluto lasciare nessuna informazione
sugli
studi che aveva compiuto .”
"Da quello che ricordo, quel progetto aveva a che fare con noi..."
"Intendi con voi cyborg?"
"Da quello che ho sentito ma non so altro."
"Capisco, comunque tu non ti fidi di lui vero?"
"Non lo so, mi sembra strano però che sia rimasto solo qui
senza nessuno che..."
"Guarda che lo abbiamo trovato solo per l'esplosione. Altrimenti non
sapevo niente di questo posto e non cèra un strada vera che
portava qui. E' stato un caso..."
"Il caso a volte non è positivo. Anche se grazie a lui posso
muovermi di nuovo, rimaniamo con gli occhi aperti!"
"Ricevuto..."
Finita la doccia, Briareos uscì con una salvietta
intorno al collo e si accomodò a gambe incrociate sul letto.
Presa la salvietta sistrofinò la pelle delle braccia
osservando Deunan che si toglieva i vestiti. Abbassò i
pantaloni e, posata la pistola e altre cose che teneva nelle tasche, si
liberò anche della maglietta restando in reggiseno e slip.
Osservò gli abiti appena tolti e con sguardo poco convinto
le gettò nel cesto della biancheria nel bagno.
"Da quanto tempo non avevamo tutto questo?"
"Da troppo..." osservandola davanti ai suoi occhi in intimo, ferma a
parlargli "ma prima di arrivare a New York ci sono ore di macchina..."
"Voleranno con Dyon in macchina e le cose che ci porteremo dietro. Basta
fagioli, basta abiti sporchi, basta tutto...ci credi?"
"..."
"Che cè?" portando le mani sui fianchi "qualcosa non va?"
"NOn sappiamo cosa ci sia a New York...non è detto che sia
come ci hanno raccontato..."
"Ci stai ripensando?" avvicinadosi a lui intento a stringere il tessuto
della salvietta "vuoi andare da altre parti?"
"No, abbiamo deciso di fare questo passo, quindi andremo in
città. Spero solo di non avere brutte sorprese!"
Deunan lo guardò pensierosa, affondò un ginocchio
nel materasso e si allungò verso il compagno,
schioccandogli un bacio sulle labbra. Fece scorrere un braccio dietro
il collo e sfiorò la sua fronte con quella del cyborg,
stringendolo a sè.
"Qualunque cosa accada, mi basta che ci sia tu con me...il resto non mi
importa..."
"Lo so. E ne sono felice! Però vorrei trovare il nostro
paradiso, quello che abbiamo giurato di cercare fino alla fine del
mondo..."
"NOn so se il mondo ha una fine, ma di certo a me basta questo per
sentirmi felice" indicando prima la stanza e poi lui "...e mi va bene così..."
"brava ragazza" tirandola a sè.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3059458
|