Adventure in snow

di adventury_in_lovely
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Riley Malpoy ***
Capitolo 2: *** Cos'è? UNO SCHERZO?? ***
Capitolo 3: *** Piccola rivincita per Riley! :-) ***
Capitolo 4: *** Finalmente si parte! ***
Capitolo 5: *** WTF?! ***
Capitolo 6: *** In Lapponia! ***
Capitolo 7: *** chalet! ***
Capitolo 8: *** Risolto il problema! ***
Capitolo 9: *** Una casetta graziosa.... ***



Capitolo 1
*** Riley Malpoy ***


Era tutto normalissimo fino al 25 settembre, il suo quattordicesimo compleanno. Riley era una classica ragazza americana che viveva con la sua famiglia in una villetta del New Jersey, almeno fino a che tutto non si stravolse.
Quella mattina Riley si era svegliata di buonora. Causa? Beh, era molto emozionata per l'avvento del suo compleanno ed era eccitata dall'idea dei regali che avrebbe trovato. Tra sbadigli e sbadigli, la neo-quattordicenne si alzò dal letto e corse con i piedi scalzi in cucina. 
-Riley!- si meravigliò suo padre.
-Così presto?- intervenne la madre. Frank e Meira erano due classici genitori americani abituati alla quotidiana pigrizia della figlia è quel giorno la solerzia di Riley li aveva stupiti. 
-Allora dove solo i regali?- a quella domanda, la vecchia prozia severa e rompiscatole si destò dal suo torpore e borbottò a bassa voce:
-Ma che ragazzina viziata...- Riley la ignorò abituata alla sua contrarietà, e proseguì a fissare il padre. 
-Ma guarda che impertinenza!- scherzò il padre, sollevò la figlia e la trasportò sul divano nonostante gli urletti e i movimenti per liberarsi parlassero chiaro: papà non mi trattare come una bimba di due anni. 
Dopo aver sopportato abbastanza le smancerie del padre, finalmente Riley ottenne la desiderata risposta. 
-In salotto tu andrai e li i regali troverai.- aver comunicate le "coordinate" dei regali con una filastrocca era la sciocca abitudine della famiglia Malpoy, e per quando Riley cominciasse a odiarla essa non decadeva. Così la ragazzina si diresse verso il salotto, e appena si trovò di fronte all'imponente portone di legno, tirò un profondo sospiro. I cardini ben oliati non produssero nessun rumore e filarono come un coltello nel burro, appena Riley si appoggiò sull'anta con tutto il suo peso. L'apertura della porta rivelò una grande stanza nascosta dalla penombra, solo un paio di candele accese sul tavolo. Riley corse ad aprire la serranda, in quanto, visto che soffriva un po' di claustrofobia, vedere la luce del sole la faceva sentire di più a proprio agio. Una volta che il salotto fu illuminato dai nascenti raggi, con sorpresa la ragazzina notò un'altissima catasta di regali dai variopinti incartamenti, adagiati sul pavimento, e a ognuno di essi era attaccato un cartellino. 
A Riley bastò leggere il primo e avvistare "alla nostra amata figliola..." per strappare il biglietto, uguale tutti gli anni (cosa che le faceva venire sempre il sospetto che non lo cambiassero) e procedere all'apertura dell'allettante pacco. Era il più piccolo, dato che Riley amava conservarsi i più grandi fino all'ultimo, ma non per questo, sembrava stupido. 
La ragazzina non poté contenere una nota di delusione quando scartando trovò un paio di calze marroni e guardò con sconcerto la madre che a sua volta la fissava con un ghigno, invitando a guardare dentro la pesante calza di lana. Riley, non sapendo che aspettarsi frugò con cautela dentro la calza, e quando le sue dita affusolate entrarono in contatto con una superficie fredda, il suo corpo venne attraversato da un tremolio di fibrillazione. Estrasse stralunata un nuovissimo IPhone 5s, per giunta come constatò lei felice, Gold! Tenendo in mano il suo nuovo telefono come fosse la più preziosa della gemme, abbracciò mamma Meira, l'evidente responsabile di quella piacevole e gradita sorpresa, poi continuò a scartare quei regali che le avrebbero portato tanta gioia. 
Venti minuti dopo...
Riley aveva appena finito di scartare il penultimo regalo e si accingeva ad aprire il più grande con a fianco il nuovo IPhone 5s Gold, un meraviglioso IPad Air 2, il top Abercrombie che aveva tanto desiderato, un paio di Converse bianche come il latte, l'enorme peluche di un Minion (che la superava in grandezza), la collanina con il cuore spezzato di cristallo (da conservare per quando avrà trovato il 'grande amore'), l'ultimo disco di Fedez e dei fantastici orecchini a forma di pinguino. 
Riley si avvicinò con lentezza e quasi con timore all'enorme pacco che aveva davanti a sè. Aveva la sensazione che di tanto in tanto esso tremolasse, ma attribuì il fenomeno paranormale all'emozione che probabilmente le giocava brutti scherzi. Sciolse con la delicatezza che accompagnava in occhi movimenti, lo spesso nastro di raso rosa che cingeva con un abbraccio materno uno scatolone di cartone con disegnati degli orsetti. Poi poggiò le mani ai bordi del pesante coperchio e lo sollevò. Un'espressione di stupore e gioia si dipinse sul suo viso quando  dallo scatolone le saltò in grembo un tenero cagnolino. Il cavalier King, o meglio la cavalier King, bianco e miele cominciò, giocherellona, a leccare la nostra Riley, che prese a rotolarsi a terra abbracciando la cucciola. Meira e Frank osservavano la scena dalla soglia della porta, e con felicità vedevano la figlia piangere dalla gioia. Mentre la prozia Melly borbottava:
-Peli in casa, ora... Peli e bava dappertutto...- nessuno si curava di lei e Riley, rialzatasi dal freddo pavimento, continuava a piangere, ma tra le lacrime di gioia le venne un sospetto:
-Scusa papi... Tutto d'un colpo mi regalate i desideri di una vita... Non è che mi dovete dire qualcosa?!- la ragazzina alzò un sopracciglio, mentre il padre avvampava in viso. Balbettò qualcosa di sconnesso, poi si sfilò carte dalla tasca e le porse a Riley.
-Ehm... cioè... È, volendolo chiamare così, un altro regalo.- sospirò, poi sottovoce preoccupato aggiunse:
-Ti prego non ci uccidere!- 
Riley osservò pacata varie foto di neve. Immense distese di neve. Solo e solo neve. Una capanna, circondata dalla neve. Poi neve, neve e neve. Troppa neve. Il polo Nord era rappresentato. Riley non capiva, poi lo vide. Contratto di trasferimento. Accanto una foto di una casetta in mezzo a immense distese di neve. Poi contratto di vendita di una casa in New Jersey
infine tre biglietti aerei di sola andata. Sconvolta Riley sbottò:
-Cos'è? Uno scherzo?!- il padre sorrise:
-No, è la Lapponia!-

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Capitolo 2
*** Cos'è? UNO SCHERZO?? ***


Le lacrime le annebbiavano gli occhi. Da quando se ne era andata correndo vedeva azzurro, dal troppo piangere, le bruciavano gli occhi come se fossero infuocati da tizzoni ardenti e la sua gola era molto arsa, da quanto aveva urlato. In quel momento Riley era rannicchiata con le ginocchia al petto, sul tappeto della sua stanza e, con la porta bloccata, si rifiutava di fare entrare chiunque. Delle parole le rimbombavano in testa ed erano: trasferimento, neve, Lapponia, neve, cambio di vita, neve, lasciare gli amici, neve, casa sperduta, neve, troppa, troppa neve... Aveva urlato, pianto, strepitato, fino a sentirsi la gola squarciata, ma non c'era stato niente da fare, quella domenica, tra tre giorni sarebbero partiti per la Lapponia per non tornare mai più in New Jersey. Era stata nella sua stanza per un'eternità, o almeno le era sembrato, i suoi genitori le avevano bussato, apprensivi, per un po', ma niente... Lei non aveva aperto , ne pensava di farlo. La nuova cagnolina, Zoe, leccava la faccia alla padroncina, asciugandole le copiose lacrime, che però non accennavano a cessare. Però, pian piano, la stizza stava lasciando posto alla rabbia.  Come si permettevano i suoi a farle tutto questo? Non potevano rovinare l'adolescenza a una ragazzina... Penso a Julie, Margaret, Roxane e perfino alla subdola Meggie. Come avrebbero fatto le sue amiche senza di lei? 
-Amore, possiamo entrare?-
-No, tra un po' esco io...-
Riley prese fiato, con fatica enorme si alzò e raggiunse i suoi nell'altra stanza. 
-Sai mamma... Forse non sarà poi così male!- cominciò con un sorriso forzato: aveva deciso di fare buon viso a cattivo gioco.
-Bene tesoro, sapevo che ti saresti calmata.- Lei, però, nel profondo del cuore, era furente di rabbia e la finta tranquillità stava per crollare quando la prozia si intromise:
-Scusate? Ma i biglietti sono soltanto tre.. La piccola resta a casa?- concluse indicando Riley. Il papà Frank rise molto, poi si sfilò dalla tasca della altre carte mostrandolo alla buon vecchia prozia Melly: esse rappresentavano una villa e facce di anziani sorridenti. Lei, lo guardò seria e sbottò:
-Cos'è? Uno scherzo?- la mamma sorrise:
-No, è la casa di riposo "Margherita Camomilla"!-

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Capitolo 3
*** Piccola rivincita per Riley! :-) ***


Quella mattina la sveglia suonò prima del solito, e Riley, prima di decidersi ad alzarsi, esitò qualche istante.
Quando finalmente si decise a sollevare la testa dal cuscino, ricordò perché quella domenica la sveglia era suonata così presto: in poco più di dodici ore si sarebbe trovata in Lapponia!
Si gettò sulle spalle un plaid rosa e rabbrividendo per il clima rigido scese le scale raggiungendo i suoi.
Maira e Frank erano già scesi da un pezzo e stavano rifinendo i bagagli. Avevano appena finito di telefonare all’azienda di “trasporti esteri” quando videro la figlia comparire sull’uscio!
-Cara! Ti sei alzata di buon ora oggi…-
-Si, beh… ho puntato la sveglia per non fare tardi- ammise Riley compiaciuta.
-Hai ultimato il tuo trolley?- chiese mamma Maira indicando il trolley rigido e lucido verdeacqua della figlia.
-Si mamma, devo soltanto vedere se ho dimenticato nulla in giro per la casa, visto che non ci torneremo mai più… Poi voglio scattare qualche foto per avere qualche ricordo!-
-che pensiero carino. Comunque per gli oggetti eventualmente dimenticati vedi solo a terra, dentro i mobili non c’è bisogno perché nel giro di un po’ ce li porteranno.- si intromise papà Frank.
-Bene, allora torno sopra. Chiamatemi quando posso vestirmi e scendere per l’ultima colazione della mia vita dove ho passato ben quattordici anni.- c’era una punta di rammarico nella sua voce e i suoi lo notarono. Una volta tornata nella sua camera, Riley, non eseguì niente di quello che meticolosamente aveva spiegato ai suoi: aveva già verificato tutto il giorno prima!
Si calò invece dalla finestra e raggiunse il cortile, dove le sue amiche l’aspettavano.
-Jeuny! Rosemary! Juliet! Queen! Mi mancherete tanto!- cominciò Riley.
-Anche tu ci mancherai tanto Rily!- risposero loro in coro. Poi si scambiarono regali, foto e ricordi, peluche e dolcetti, piansero insieme e si disperarono, e dopo che si furono date l’ultimo addio si sparpagliarono raggiungendo ognuna la propria casa.
Riley risalì nella sua stanza e dopo essersi lavata iniziò a vestirsi. Si spogliò e si rivestì mille volte prima di decidere come affrontare il grande freddo che avrebbe trovato e alla fine questa fu l’ultima decisione:
-Calzoni di lana, calzini, fuseaux, jeans, maglia di lana, maglietta a maniche corte, canottiera, maglietta a maniche lunghe e dolcevita. Maglione di lana, piumino e Montgomery- spiegò Riley  ai suoi che la guardavano sconvolta.
Alla fine fu la madre a parlare:
-Cosa è? Uno scherzo?- Così Riley ebbe modo di prendersi la sua rivincita, sorrise:

-No, è la SNOW FASHON!*-

 
 
 
*= moda da neve.

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Capitolo 4
*** Finalmente si parte! ***


Riley aveva sonno. Mentre si dirigevano con la macchina verso la casa di riposo dove lasciare la vecchia prozia, Riley cercava di addormentarsi, ma con i battibecchi di Melly che faceva resistenza, era pressoché impossibile:
-Io non ci vado.-
-No zia, tu ci vai eccome.-
-Ma Maira! Io non voglio stare con quei vecchietti! Io sono una giovincella!-
-Cazzo prozia Melly! Basta!- i genitori si girarono di scatto verso la figlia guardandola sconvolti:
-RILEY!- esclamarono in coro.
-Ma come parli?! Che termini…- la rimproverò il padre.
-L’impertinenza di questi ragazzi! Sono così volgari. Questi giovani d’oggi…- s’intromise la scocciante prozia Melly. Riley mugugnò delle scuse mentre cercava di essere carina con i suoi per non essere punita a causa della parolaccia.
Quando finalmente lasciarono Melly alla casa di riposo Margherita Camomilla, la famigliola riprese il viaggio.
-Scusa mamma…-
-E “scusa papà” no?-
-Scusa papà.-
-Così va meglio.-
-Ma mi è scappato, mi stava cominciando a rompere i cogli… le scatole!-
-Che stavi dicendo Riley? Che fine ha fatto la buona educazione che ti abbiamo insegnato? Poi sei una ragazza! Detto da una ragazza suona più volgare.-
-Si mi dispiace. Scusatemi ma sono un po’ sotto stress per il viaggio…-
-Vabbè, per stavolta sei scusata.-
-Ma Frank!- esclamò Maira.
-Dai Mey, per stavolta lasciamola in pace, la sua vita è stata un po’… scombussolata.-
-E va bene. Ma alla prossima stai attenta signorina…- le disse la madre.
Quando videro il profilo dell’aeroporto stagliarsi in lontananza Riley ebbe un tuffo al cuore e un attacco di panico. Scoppiò il lacrime cominciò a tossire convulsamente guardandosi ansiosa intorno. I genitori fermarono la macchina:
-Ril che succede?-
-Ho paura mamma.-
-Paura di che tesoro?-
-Di tutto!- singhiozzò lei.
-Senti Fre, mi metto dietro con lei- Maira si rivolse al marito, poi scese dalla macchina e aprendo il portellone della parte posteriore si sedette accanto alla figlia. Frank fece ripartire la macchina mentre la moglie si mise la testa di Riley sulle gambe:
-Andrà tutto bene Ril, non aver paura.-
-Lo so mamma, è stato un attimo.-
-Ok, menomale… Oh guarda! Siamo arrivati.- il volo doveva essere alle cinque del pomeriggio, ma loro erano arrivati lì alle due e mezza perché con tutti i bagagli che un trasloco comportava, dovevano aver molto tempo per imbarcare tutto.
Mentre posteggiavano la macchina nel reparto veicoli da trasportare all’estero, Riley chiese alla madre:
-Mami, quante ore ci saranno di volo?-
-Tante tesoro, undici per la Lapponia e una in macchina per raggiungere la casa.-
-Wow-
-Guarda Maira! È là che dobbiamo andare!- esclamò Frank. La famiglia si diresse verso il check-in nel quale mostrarono i biglietti e imbarcarono ben dodici valigie. Poi si diressero nell’imbarco bagagli speciali, dove mandarono gli sci dei tre, le attrezzature da tiro con l’arco e altri oggetti grandi da spedire. Infine, con a tracolla in bagagli a mano Frank, Maira e Riley si diressero verso il gate dodici.
-Shhh… zitta Zoe…- Riley cercava di tranquillizzare la cagnolina che acquattata dentro la sua borsa tremava. Uno stuart le aveva comunicato che in teoria i cani dovevano essere imbarcati nella stiva ma che fino ad allora avevano sempre fatto qualche eccezione per i cuccioli. Tuttavia le aveva anche comunicato di fare attenzione comunque, per sicurezza, a non farla vedere. Dopo che Zoe smise di guaire finalmente la ragazzina poté rilassarsi un po’ e appoggiando le spalle sullo schienale della poltroncina, Riley cominciò a giocare a Circle, un gioco che aveva scoperto da poco, con il suo nuovo telefono.
-Alzati subito da terra Mia!- Riley si girò e vide una giovane donna tedesca che intimava alla piccola figlia di sollevarsi dal pavimento. Dall’altro lato della stanza vide un padre africano che rimproverava il figlio per aver dato uno schiaffo alla sorellina.
-Patrick! Come hai potuto farlo?-
-Kiko, posa i trucchi di mamma!- ecco una giapponesina di otto anni che stava giocando con il beauty della vanitosa madre. Riley si sentì un’asociale a non avere nessun rapporto con i suoi, e posò l’iphone 5s.
-VIAGGIATORI DEL VOLO PER LA LAPPONIA SONO ATTESI ALL’IMBARCO.- disse una voce meccanica dall’altoparlante. Riley si buttò a terra:
-Riley alzati da terra!- tutta la sala si girò a guardarla e la ragazzina scoppiò a ridere: forse quel viaggio non sarebbe stato così male!
 
 
(Alla sgridata della madre di Riley la giapponesina chiese alla madre:
-mamà, che cosa è? Uno scherzo?- la madre le rispose:
-No, è un’americana!-)
 

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Capitolo 5
*** WTF?! ***


Fin da quando mise il primo piede in quell’enorme aereo, Riley capì che quel viaggio sarebbe stato sensazionale.
Dato che il volo sarebbe durato tanto, ogni postazione era dotata di schermo e cuffie. Nel trio di posti dedicato alla sua famiglia, lei si posizionò in mezzo ai suoi, e trepidante si infilò le cuffie. Una hostess alta con lunghi capelli biondi, la squadrò e ne approfittò per avvisare tutti i passeggeri:
-Sono avvisati i signori passeggeri che prima della fase di decollo dell’aereo schermi e cuffie non saranno funzionanti.- insieme a quello di Riley si levarono numerosi sbuffi di dissenso. Riley si girò e vide che nel trio di posti dietro al suo c’era seduta la famigliola giapponese, e appena la piccola Kiko si accorse che difronte al lei c’era seduta l’americana, chiamò la madre, accanto a lei:
-Mamma, mamma! Davanti a me c’è quella strana…- la madre guardò Riley e mormorò qualcosa al suo orecchio, poi, appena allontanò il capo dalla visuale della ragazzina, Riley fece una linguaccia a Kiko che si ritirò intimorita.
Appena l’hostess terminò di dare ai passeggeri le indicazioni in caso di emergenza (facendosi il segno della croce ogni frase) l’aereo si mise in movimento lungo la pista, mentre Riley, che si stava preparando ad affrontare undici ore di volo, ebbe un brivido.
Quando acquisirono velocità, la ragazzina sentì, a circa sei posti di distanza, la piccola Mia che piangeva, con la madre che imprecava in tedesco.
La punta si sollevò e Riley pregò in silenzio.
Con un guizzo lo schermo si illuminò:
-Ril cara, il mio schermo dice che ogni passeggero attraverso questo dispositivo può fare giochi o vedere film, film che magari sono ancora al cinema.-
-Wow papà! Tu che fai?-
-Bah… penso che proverò Geometry Dash, un giochino.- Riley rise sentendo le parole di quell’inguaribile bambinone di suo padre e gli rispose:
-Ah… Io penso che invece guarderò un film con le mie cuffie… Insurgent!-
-Insu…cosa?-
-Come mamma, non conosci Insurgent?!-
-No Riley!-
-Mamma mia come sei antiquata! È il sequel di Divergent!-
-Dive…cosa?-
-Stavolta sto con Riley, Maira! Divergent è un libro di Veronica Roth! Lo so persino io!- si intromise Frank.
-Non sono brava in queste cose… lo sai!-
-Vabbè mamma, non importa.-
-Non rivolgerti con quel tono a tua madre!-
-Scusa… ma ora potrei cominciare a vedere il mio film?-
-Vai tesoro…-
-Grazie.-
 
Circa due ore dopo
 
Insurgent era finito, e con esso si erano consumate anche le prime due ore di volo. Riley non riusciva a capacitarsi di come ne mancassero ancora nove ore.
-Mi annoio.-
-Non so che dirti.-
-Ho fame! Che ore sono?-
-Da noi sarebbero le ventuno e mezza, ma stiamo attraversando molti fusi orari quindi non lo so.-
-Da noi sarebbero le ventuno??! Ma io devo cenare!- quasi a leggerle nel pensiero lo stuart comunicò:
-Tra un minuto e mezzo passeranno nel corridoio centrale della prima classe i camerieri per seguire le ordinazioni. Informazione del pilota: non pensate di essere in un ristorante, le pietanze, anche della prima classe, sono limitate.
Quando un ragazzo vestito con uno smoking la interpellò Riley chiese:
-Posso avere ostriche e caviale?- il ragazzo la guardò annoiato e le rispose:
-Dove si crede di essere signorina? In un 5 stelle?-
-No, alla cena che ogni sera faccio a casa mia.- ammise Riley, e il giovane cameriere stava cominciando a dire al suo microfono:
-Ci sono problemi alla fila 5…- ma Riley non volendo avere altre questioni, ritirò quanto detto:
-No… no… d’accordo… insalata e pasta col pesto.-
-Così va meglio.-
Appena arrivò la pietanza, a Riley era passata la fame, ma per educazione la consumò ugualmente. Stava per posare il piatto sul tavolino, ma tutto tremò e tra urla dei passeggeri l’aereo cominciò a precipitare!
 
[un piccione che volava tranquillo, appena notò quel bestione precipitare chiese al padre:
-Papà, cosa è? Uno scherzo?- lui rispose:
-No, un nostro collega un po’ imbranato!-]

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Capitolo 6
*** In Lapponia! ***


Quando con orrore Riley capì che l’aereo era in caduta libera, urlò con tutte l sue forze.
Girandosi terrorizzata notò che tra i passeggeri c’erano i bambini che piangevano, gli anziani che facevano preghiere e gli adulti che urlavano. Mentre stava per scoppiare in lacrime pure lei, l’aereo si inclinò su un lato. Dal finestrino potevano vedere la terra avvicinarsi sempre di più. Riley aveva già chiuso gli occhi, ma l’aereo riprese quota e stabilità. Un applauso rivolto al pilota squarcio l’atmosfera da film dell’orrore che regnava qualche attimo prima.
Riley ricominciò a respirare e un’hostess entrò nell’abitacolo, barcollando, pallida e con il mascara scolato, balbettò:
-Ci scusiamo con i signori passeggeri per l’inconveniente, un semplice vuoto d’aria, niente di che…- Riley però poté sentirla mormorare:
-Sia ringraziato il signore…-
 
Tre ore dopo
 
Riley aveva finito di guardare altri due film, chiedendosi cosa potesse fare in sei ore di volo, si ritrovò a pensare al pericolo scampato poche ore prima. Si ricordò di quella  volta…
Aveva sette anni, era una calda mattinata di luglio quando era entrata in acqua. Il mare era calmo e limpido e regnava una calma che sembrava leggendaria…
Superati i primi attimi di freddo, la piccola Riley, si era immersa totalmente in quel paradiso. Si trovava alle Maldive, nelle quali i suoi l’avevano portata per il compleanno.
L’aria profumava di mare e di alghe, e attraverso l’acqua cristallina si poteva osservare il fondale.
Stelle marine variopinte lo tempestavano come gemme su una corona, e mille pesci arcobaleno nuotavano in pace.
Riley agitata i piedi, per farli scappare.
Rideva quando alla rinfusa, confusi, gli animali nuotavano via.
Scalciava, agitava la sabbia bianca e corallina del fondale degli atolli, e come una nebulosa si creava nell’acqua.
Si divertiva Riley, ma ad un certo punto diede un calcio nel posto sbagliato.
La murena non fu felice di essere disturbata e uscì dalla sua tana rovinata, nuotando digrignando i denti, verso Riley.
Lei indietreggiò terrorizzata, toccò con il sedere la battigia, cercò una pietra o altro sulla sabbia asciutta ma tra le dite si infilò lui.
Un dente di squalo ormai secco si trovava ora nella mano di Riley, lei lo brandì verso la murena.
Inizialmente sembrò non funzionare, ma poi, l’animale si ritirò come intimorito.
La ragazzina intanto era uscita dall’acqua e tremante, bagnata e infreddolita stava in piedi sulla morbida sabbia.
Alta e magra si ergeva nel suo magnifico (di già a sette anni) fisico, gli occhi azzurri chiarissimi risaltavano sulla pelle molto abbronzata, e contrastavano con i lunghi capelli castano scuro che le ricadevano morbidamente sulla schiena.
Da allora, non era cambiato niente in lei, magari era un po’ più alta, aveva il seno e  i lineamenti sottili erano meno da bimba. Forse, visto che era inverno, aveva la pelle un po’ più chiara, ma lui era sempre con lei. Per quanto permettesse la cintura dell’aereo si infilò una mano in tasca e tirò fuori il dente dello squalo. Lo osservò per qualche istante: era lui che aveva salvato l’aereo, il suo portafortuna! Ne era certa…
-Amore mio… che fai?-
-Secondo te che faccio papà?! Gioco a basket?! Sono seduta su un fottuto aereo! Che faccio?!-
-Ohu Riley, non ti permettere a rivolgerti a tuo padre in questo modo. Non solo sei sgarbata ma ti faccio notare che hai pure detto una parolaccia.-
-Scusa papi, e che mi sono chiusa il dito nella cintura ed ero un po’… arrabbiata!- inventò per calmarlo, lui sembrò crederci e tornò a dormire.
-Mamma! Mamma! Voglio la merendina! Voglio la merendina !- urlò Kiko, la giapponesina, alla povera madre.
-No Kiko! Merendine fare male! Tu non mangiare merendina...- Riley prese dalla sua borsa una merendina, la mostrò alla bambina, fissò Kiko negli occhi con aria di sfida e masticò l’intero snack con soddisfazione. La giapponesina scoppiò in lacrime e la madre le mormorò:
-Non preoccupare Kiko! Lei merendina mangiare, lei pancia ingrassare! Lascia mangiare merendina a stupida americana!- Riley scoppiò a ridere e chiuse gli occhi.
 
Cinque ore dopo
 
-Mamma, mamma!- Maira si svegliò di colpo, e si ritrovò la figlia di fronte, tutta sudata che la chiamava.
-Ril! Che è successo?!-
-Ho fatto un incubo! Ho sognato la bambina di “THE RING”!-
-Ma è quell’horror che hai guardato qualche ora fa?-
-Si!-
-Te lo avevo detto che non dovevi guardarlo.-
-Ma vabbè, non faceva paura!-
-Si vede…-
-Dai mamma!-
-Che vuoi che ti faccia? Tanto manca poco all’arrivo.-
-Poco? Ma se quando mi sono addormentata mancavano sei ore?!-
-Beh, tesoro, che ti posso dire?! Hai dormito cinque ore! Manca solo un’ora.- L’altoparlante confermò la notizia:
-Si informano i signori passeggeri che manca un’ora all’arrivo in LAPPONIA!- un'altra voce parlò per gli inglesi.-
-Ladies and gentlemen, we inform you that in a hour we will land in Lapland!- poi per i tedeschi:
- Wir informieren unsere Passagiere pro Stunde haben wir in Lappland landen!- per i francesi:
- Nous informons les passagers d'une heure nous arrivons en Laponie!- infine per gli spagnoli:
- Informamos a los pasajeros en una hora aterrizamos en Laponia!-
Un’ora passò in fretta e in breve l’aereo toccò la gelida terra della Lapponia. Riley prese il su bagaglio a mano e seguì i suoi genitori fuori dall’aereo. Appena riuscirono a trovarsi un varco tra la folla, la scarpa di Riley si adagiò con un scricchiolio sul ghiaccio sgretolato della pista, lo sguardo della ragazzina si spostò sulle sole immense distese di neve che vedeva dietro di sé.
Non era uno scherzo, non lo chiese neppure, quella era la realtà! Quella era la Lapponia!
 
 
 

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Capitolo 7
*** chalet! ***


Il ghiaccio scricchiolò fragile sotto il piede di Riley, e lei, affascinata temporeggiò.
La fila di persone sulla scala dietro di lei protestò, e lei fu costretta ad avanzare.
Il freddo le penetrava fin dentro le ossa, nonostante la Snow Fashon, alla quale, ora pensava, avrebbe potuto aggiungere ancora maglioni e maglioni… (Azmaar io te ci siamo capite!)
Quando entrarono nell’aeroporto lappone, Frank, Maira e Riley, si diressero verso il recupero bagagli imbarcati e appena giunsero davanti al nastro trasportatore Riley ci si sedette su.
Da bambina adorava lasciarsi trasportare quando esso veniva avviato, ma, a cinque anni, per una svista, uno sbaglio, era stata trascinata fino a sopra (poi gli addetti l’avevano bloccato) e da allora era rimasta traumatizzata. Per anni e anni aveva smesso, ma da un paio di viaggi aveva nuovamente cominciato a fare quell’adorabile giochino.
Con un BIP, la piattaforma si mise in movimento e mentre la ragazzina stava quasi per scendere avvistò un valigione precipitarle addosso, chinò il capo appena in tempo e la rotella anteriore del trolley le sfiorò l’orecchio.
Il netturbino di turno abbandonò il cesto della spazzatura e corse a comunicare qualcosa all’orecchio dei suoi genitori.
Riley vide Frank avvicinarsi minaccioso, la prese per l’orecchio e la trascinò via:
-Non ti ricordi che è successo tempo fa? Volevi replicare?- le ringhiò.
-Non essere così severo Franky, voleva solo divertirsi.- intervenne Maira.
-Va bene Mair… guarda! Quella è la valigia di Riley!- così, una dopo l’altra uscì dalla stiva dell’aereo la dozzina di valigia della famiglia Malpoy. Dopo essere passati pure per il recupero bagagli speciali, finalmente Riley poté raggiungere l’uscita dell’aeroporto con i genitori.
Parcheggiata lì di fronte c’era una meravigliosa Lamborghini Urus* bianca:
-Che bella sta macchina!-
-Vero tesoro!- rispose Maira a Riley. Frank, intanto si avvicinò  fare malizioso all’auto, e con delle chiavi scintillanti la aprì. Sua moglie, sconvolta, quasi quanto la figlia, gli domandò:
-Che cosa vorrebbe dire Frank?!-
-Vorrebbe dire che papino si è voluto fare un regalino!- rispose l’uomo ridendo come un bambino.
Dopo tre quarti d’ora, la famiglia era ancora in viaggio dentro il gelo con la confortante macchina nuova.
Il navigatore automatico leggeva con la calda voce meccanica le indicazioni stradali e Riley giocava a fargli il verso. Per scherzare un po’ Frank faceva finta di essersi innamorato della donna del navigatore e Maira s’ingelosiva, sempre per finta.
Riley, imbarazzata dalla scemenza di ciò che facevano i suoi era intenta ad ammirare e a ispezionare la nuova macchina. I sedili erano di pelle beige chiarissima, il tettuccio era apribile, ma ovviamente in quel momento era chiuso. Le postazioni di dietro avevano due schermetti davanti, e sotto il sedile c’era un mini frigo bar… Riley stava per continuare la sua osservazione quanto sentì suo padre:
-è quella!- poi seguì un mugolio di delusione della madre. Riley diresse il suo sguardo della stessa direzione e vide una casupola malandata di una stanza, diventò furente e in coro con Maira urlò:
-Cosa è? Uno scherzo?- per la prima volta Frank annuì.
-Si, è uno scherzo, quella è la casa.- percorse un altro paio di metri e dietro la catapecchia, comparve, aldilà di una duna di neve, un bellissimo chalet ultra lusso. Senza parole la famiglia stava per raggiungere il paradiso di casa che avevano acquistato, ma una slavina cancellò la strada come una gomma la matita. Riley guardò prima lo chalet, e poi il burrone che li separava da esso.
 
Scusate se il capitolo è un po’ più corto del solito e la qualità è un po’ peggiore ma ho avuto molti impegni per Pasqua e poi sono stata male … spero vi piaccia  ugualmente!

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Capitolo 8
*** Risolto il problema! ***


Per la prima volta Riley udì suo padre imprecare. Inginocchiato sul terreno ghiacciato, si teneva le mani tra i capelli, e urlava maledizioni a non finire. Maira era rimasta in macchina con la figlia e tenendole dolcemente la mano la rassicurava:
-Non ti preoccupare Ril, ora papà risolverà tutto, vedrai…-
-No! Papà non risolverà un bel niente! Che fa? Mette le ali alla macchina?- Maira si ritirò stuzzicata dall’aggressività di Riley, e raggiunse il marito sull’orlo del baratro.
-Questa slavina non ci voleva proprio!-
-No tesoro, è una valanga, la “slavina” è un piccolo crollo di una parete nevosa, ma una grande frana di neve si chiama valanga!-
-Ma che pignola che sei Maira! Qui si cerca un modo per superare un disastro e tu ti aggrappi a questi particolari?!-
-Siete tutti scontrosi qui…- mormorò la donna tra i denti e si allontanò dalla famiglia entrando in un sentiero solitario. Il terreno era ghiacciato, e sarebbe scivolata con certezza, tuttavia delle alte canne crescevano dritte permettendo a Maira di aggrapparsi, ma impedendole di vedere la strada. Quando già aveva perso il senso dell’orientamento e si accingeva a gridare aiuto perse l’equilibrio e cadde all’indietro, poté giurare di aver visto una gambina (piccola gamba) rossa farle lo sgambetto…
Si ritrovò a precipitare scivolando su una pista ghiacciata che, come osservò era tanto larga da far passare l’auto. Aspettò di arrivare giù e con stupore notò di essere ai piedi della casa.
Si sbracciò per far cenno alla famiglia:
-ma quella non è mamma?-
-Si… sembra lei! Ma non può essere…-
-No, è lei! Te lo assicuro, infatti non è più qua!- Frank si girò e solo allora notò l’assenza della moglie.
Rivolgendo nuovamente lo sguardo giù, urlò:
-Come hai fatto ad andare lì giù?- Maira urlò qualcosa ma nel rumoroso turbinare di fiocchi di neve da poco iniziato, non si sentiva granché.
-Papà, io ho visto il percorso che ha fatta la mamma, forse posso indicartelo!-
-Che aspettavi a dirmelo mostriciattola?- le disse Frank scompigliandole affettuoso i morbidi capelli. I due salirono sul Fuoristrada di ultima generazione, sul quale subito il padre poté trovare e attivare la modalità ghiaccio. Seguendo il percorso indicatogli dalla figlia, Frank, si avventurò a velocità minima tra le canne, ma a un certo punto perse il controllo dell’auto.
Riley e il padre si ritrovarono in un terrorizzante testacoda continuo, a tutta velocità, lungo una discesa priva di canne. Dal finestrino la ragazzina, urlando, vedeva la realtà vorticare come una trottola:
-Papà! Moriremo tutti!-
-Non dire sciocchezza Ril! Ora penso che raggiungeremo lo chal…- non terminò  la frase perché la macchina con un tonfo sordo si fermò in una dunetta di neve. Con difficoltà, ma aiutati dall’esterno da Maira, sbloccarono gli sportelli e scesero.
-La mia macchina!- gridò Frank appena vide la sua nuova Lamborghini sotto un cumulo di neve.
-La tua macchina sta benone, tesoro, è solo coperta dalla neve, quello che invece si potrebbe dire che non stia benone sei tu… Vieni dentro.- rispose premurosa la moglie notando che l’uomo cominciava a tossire convulsamente.
Con un mazzo di chiavi nuovo di zecca la famiglia entrò nella casa.
-Oddio mio!- esclamò la ragazzina vedendo la bellezza della casa, nonostante fosse ancora spoglia, senza mobili.
Il pavimento era ricoperto da un parquet marroncino molto chiaro, le pareti dell’interno dello chalet, che separavano le stanze, erano o dello stesso legno del parquet, o in vetro.
Le pareti esterne, invece, erano squadrate, ma non tutte sullo stesso piano, conferendo così alla villa una forma irregolare. La particolarità di esse è che erano tutte in vetro! Ovviamente si potevano far scorrere con un telecomandino dei pannelli di legno davanti, ma in quel momento essi non erano attivati.
Districandosi tra le grandi, moderne, e confortevoli stanze, Riley si ritrovò nel cuore del pian terreno, un’enorme stanza che certamente avrebbero adibito al salone. Da essa partivano delle scale, verso il basso, e verso l’alto…
TONF
Un rumore proveniente da fuori scosse il torpore e la gioia che l’esplorazione della casa stava provocando, portando tutti e tre, (o forse quattro considerando la cagnolina Zoe in braccio a Riley) membri della famiglia a guardare fuori dalle pareti in vetro. I genitori non notarono niente e pensando a qualche sventurato animale tornarono a disfare le valigie, invece Riley continuò ad osservare sospetta la distesa di neve.
Quando un po’ più tardi la famiglia si riunì, già Maira, presa dall’emozione, si era dimenticata della gambetta che l’aveva fatta cadere, facendole scoprire la strada, Riley però aveva ancora fresche in testa le piccole impronte di minuscole scarpette che aveva visto sulla neve fuori da casa sua…


Ciao! oggi ho deciso di pubblicare in anticipo il seguito di questa storia per rifarmi dello scorso capitolo... Non pubblicherò su adventure in snow per qualche giorno perchè devo riportare al passo le altre storie. 
Ps: ho anche cambiato il carattere mettendo comic sans! Vi piace?
adventury_in_lovely 

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Capitolo 9
*** Una casetta graziosa.... ***


Quando la mattina successiva Riley sollevò pesantemente la testa dal comodo cuscino, ci mise un po’ a ricordare tutto… Rimase qualche secondo spaesata a fissare basita, senza capire, il luogo dove si trovava.
Poi, tutto, le riaffiorò nella mente: la Lapponia, il viaggio, lo chalet, la macchina…
Riley, notò, che già a quell’ora (lei era molto mattiniera quindi visto che si era appena svegliata dovevano essere le sette) la casa era animata. Dalla finestra spalancata (brr che freddo che c’era!) filtrava il sole, ma un sole piuttosto gelido, che illuminava solamente la meravigliosa distesa di neve.
Un uccellino si posò sul davanzale e cominciò a cinguettare allegro sotto gli occhi di un’attonita Riley. Nell’aria c’era odore di pulito, e di già sentiva il vociare dei suoi al piano di sotto, mischiato al rumore dei pacchi e degli scatoloni che venivano aperti.  In punta di piedi, e avvolta nella pesante e morbida vestaglia di pelo che i suoi le avevano regalato, scese le scale.
Nell’atrio c’era aria di felicità, allegria e novità…
-Mamma? Come mai già la casa “è sveglia?”-
-Ma piuttosto tesoro come mai TU sei sveglia a quest’ora!- gli occhi di Riley si spostarono sull’orologio, e strabuzzò gli occhi:
-Come sarebbe a dire che sono le dodici e mezza?!- urlò stranita.
-Il jet-lag tesoro, tra poco ti riprenderai.-
-Non ho la minima idea di cosa sia questo cavolo di jet-lag, ma comunque noto con piacere che finalmente è arrivata la Tv!- con queste parole Riley fece per dirigersi verso il comodo divano posizionato di fronte all’enorme schermo al plasma, ma la stretta di una solida mano le cinse il braccio.
-Che c’è papà?- brontolò lei.
-Oggi niente Tv.-
-Ma tu sei uscito di senno!-
-Oggi tu vai a esplorare la natura, cercare frutta e animali con cui giocare!- con queste parole la spinse delicatamente fuori dalla porta di casa.
-MA TU SEI MALATO! SECONDO ME TU HAI SERIAMENTE QUALCHE PROBLEMA! MA SEI PAZZO?! ORA VUOI MAGARI CHE PURE VADO A “ZAPPÀ A VIGNA?- Riley si voltò sconvolta ma suo padre le aveva già chiuso la porta dietro.
-Sono in vestaglia cazzo!- da dentro casa si sentì solo:
-Non usare quella parola, non è educata!-
-Grazie stronzi- brontolò senza farsi sentire dai suoi ma:
-Ti ho sentito! Appena torni tu ed io faremo i conti bellina.- così Riley si mise in cammino tra le immense distese di neve, in ciabatte e vestaglia.
Seguì, un po’ a come capitava, l’andamento delle dune, finché non sentì un fruscio.
-Chi va là?- domandò all’aria un po’ intimorita. Ovviamente nessuno le rispose, ma lei, che poteva giurare di aver sentito un rumore insistette:
-Anche se sei uno stupido animale, fammi un piccolo segnale.- un altro fruscio e poi qualcosa uscì da un mucchio di foglie.
-Aaaaaaaah-
-Oh, ma sei solo un topino… Stupido roditore! Mi hai fatto prendere un mini infarto!- per tutta risposta il topolino scappò via, e per divertimento, Riley, cominciò a inseguirlo. Corse dietro il roditore fino a che il fiato non le mancò in gola, e fu costretta a fermarsi. Si girò e con orrore notò di non sapere più dove si trovava: aveva perso completamente il senso dell’orientamento!
Vagando alla ricerca di qualche traccia, cominciò a chiedersi come mai le sue impronte sulla neve, si fossero cancellate come magicamente… A un certo punto Riley poggiò il piede su un tronco e scivolò. Da terra vide in lontananza del fumo.
Si rialzò velocemente benedicendo i suoi che avevano acceso il camino e certa di aver ritrovato la via per casa si mise a correre in quella direzione.
Quando solo un duna la separava dalla colonna di fumo, Riley rallentò, ormai serena. Superò il cumulo di neve, fece per raggiungere lo chalet, ma con orrore notò che lì non c’era la sua casa! Il fumo proveniva da un camino di una casetta, che sembrava provenire dritta dritta dalle fiabe. Chissà perché le venne in mente la favola di Hansel e Gretel, ma si impose di non pensare alla strega affamata che ci sarebbe potuta essere dentro una modesta, ma molto graziosa, casetta come quella.
Corse fino alla porta e fece per bussare, quando un grugnito la fece voltare spaventata. Seguì il rumore e si ritrovò di fronte alla porta di una stalla.
Riley ci si poggiò con tutto il proprio peso e dopo qualche cigolio i suoi vecchi cardini cedettero. La ragazzina si ritrovò dentro un locale poco illuminato, che l’arrivo della luce del sole sembrò risvegliare…
Guardò dentro i recinti e con stupore e sconcerto notò che dentro ci riposavano dieci renne!

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