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di Isobel_Urquart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 11 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 12 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 13 ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 14 ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO 15 ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO 16 ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO 17 ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO 18 ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO 19 ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO 20 ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO 21 ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO 22 - ultimo capitolo ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


1

 

Qualcosa di soffice e umido sotto di me.

Sono completamente congelata e l’aria soffia soffia gelida nel buio.

Mi costringo ad alzarmi, ma i miei arti sembrano aver sopportato l’impossibile e prima di riuscire a mettermi in piedi ci vogliono diversi tentativi.

Sono ricoperta di terriccio, i capelli sono bagnati e annodati, la divisa è strappata, umida e sporca e i miei piedi sono scalzi.

Cerco la mia bacchetta, ma non la trovo. Intorno a me è tutto completamente immobile. Probabilmente sono nella foresta, una debole luce si intravede dall’alto, le finestre del castello.

Mi faccio strada a tentoni, inciampando più volte sulle radici e il terreno irregolare.

Dopo quella che sembra un’eternità, mi ritrovo in un grande spazio aperto, ma fa ancora più freddo e piove.

Vedo il castello, grande e possente, alcune luci ancora accese. Lo raggiungo lentamente, passo dopo passo, i piedi doloranti, il freddo nelle ossa. Le mani sono come pezzi di ghiaccio mentre busso stremata sul massiccio portone in legno.

Passano minuti, o forse ore, e tutto diventa più buio.

Fa sempre più freddo.

Una voce squarcia l’aria.

«Chi è là?»

«Isobel...» sussurro, senza più fiato, cado a terra.

-

«Kingsley, cos’è successo? Chi è la ragazza?»

«Non lo so, Madama Chips, l’ho trovata all’entrata del castello, mentre facevo il mio giro di controllo... Ha la febbre».

«Certamente, o non sarei Poppy Chips! Mettila qui, su questo letto».

«Bene, vado ad avvisare Silente».

Tutto torna nero e il silenzio torna a invadermi.

-

Dischiudo gli occhi, la luce mi acceca.

Inizio a distinguere le forme intorno a me. Letti, comodini, alte finestre colorate... Sono nell’infermeria, ma sembra deserta, non c’è nessuno.

La porta si apre, non riesco a mettermi a sedere, ogni parte del mio corpo fa male.

Entra un uomo anziano affiancato da uno più giovane alto e nero.

«Buongiorno».

«Buongiorno signore» sussurro con voce roca.

«Cosa ci faceva ieri sera davanti alle mura del castello?»

«Mi sono svegliata nella foresta, signore».

«E cosa ci faceva nella foresta?»

«Non lo so, signore. L’ultima cosa che ricordo è che stavo andando nel dormitorio, poi più nulla».

«Quanti anni hai?» domanda l’uomo più vecchio. Ha qualcosa di familiare. Gli occhi azzurro cielo, dietro a un paio di fini occhiali a mezzaluna, i capelli e la barba lunghi e bianchi.

«Dodici e mezzo, signore».

«Frequenti Hogwarts?» mi chiede ancora.

«Sì, signore».

«Di che casa sei?»

«Grifondoro, signore».

L’uomo mi squadra attentamente con i suoi occhi chiari per poi rivolgersi all’altro.

«Kingsley, va’ a chiamare Minerva, magari sa chi è questa ragazza» sussurra, pensando che io non senta, forse.

L’uomo fa un cenno d’assenso ed esce.

«Qual’è il tuo nome?»

«Isobel, signore».

«Isobel...» ripete «Frequenti il secondo anno?»

Annuisco. Mi brucia la gola e faccio fatica a parlare.

«Capisco».

Rimaniamo in silenzio.

La porta si apre nuovamente, entra Kingsley seguito da una donna.

Un enorme sorriso mi si forma sulle labbra, ma non riesco a dire una parola.

L’uomo davanti a me si volta.

Gli occhi della donna incontrano i miei. Sembra spaventata. È ferma immobile.

«Isobel, lei è la professoressa McGranitt, è a capo della casa di Grifondoro e...»

«Albus» lo interrompe «Devo andare».

«Ma...»

Lei è già uscita e i due uomini dietro di lei.

Cerco di alzarmi ma una donnina vestita da infermiera compare da chissà dove e mi rimette giù.

«Mi lasci andare!» sputo fuori con l'ultima voce che mi rimane.

«Non te ne vai ora, signorina, non puoi ancora alzarti!»

Apro la bocca, ma nessun suono riesce a uscirne.

«Bevi questo!» mi ordina. Prendo il bicchiere che mi porge e mando giù tutto d’un fiato.

Aspetta alcuni istanti. Non ho più i brividi e sulla pelle sento il tiepore dell'aria.

«Va meglio?»

Annuisco, non riuscendo ancora a dire nulla.

«Bene, almeno la febbre non l’hai più. La pozione per farti passare il mal di gola arriverà tra non molto. Ora, visto che hai il viso, le braccia, le mani e i piedi pieni di tagli, ti lascio questa pomata da metterci sopra, così che guariscano nel giro di pochi minuti, va bene?»

Annuisco ancora. Lei sorride e raggiunge la porta dell’ufficio.

Sono sola, ma non sembra lo sarò per molto. La porta si apre nuovamente, ma questa volta entra un uomo completamente vestito di nero e neri sono i suoi occhi e i suoi capelli. È rigido e sembra essere a disagio, anche se sembra cercare a non darlo a vedere. Il suo viso è contratto in un’espressione seria. Tra le mani tiene una boccetta contenente un liquido oleoso verdognolo.

Vedendomi si blocca e nello sguardo lampeggia per un secondo dello stupore.

Non dice nulla.

Assomiglia moltissimo a... Ma no, è impossibile, non è l’uomo in piedi davanti al mio letto.

La porta si apre ancora, facendoci sobbalzare entrambi.

«Professore, ben arrivato» esclama l’uomo dai capelli bianchi.

«Buongiorno preside. Madama Chips mi ha chiesto di prepararle dell’altra pozione per le infiammazioni alla gola» dice con una voce glaciale.

«Sì, bene».

«Professor Silente, posso chiederle cosa ci fa qua una studentessa? Pensavo non sarebbe arrivato nessuno prima di questa sera...»

«La conosci?»

Mi guarda attentamente, c'è qualcosa in lui...

«Si chiama Isobel».

«...Isobel Urquart» dice sovrappensiero.


***

Note: Un capitolo alla settimana salvo imprevisti :)

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


«La conosci?»

Mi guarda attentamente, c'è qualcosa in lui...

«Si chiama Isobel...»

«...Isobel Urquart...» dice sovrappensiero.

 

2

 

Sgrano gli occhi, incredula che conosca il mio nome.

«Dice di essere in Grifondoro, del terzo anno».

«Sì, ma forse, una ventina di anni fa, signor preside».

Non capisco cosa intende con queste parole: vent’anni?

«Oh, professore, ha portato la pozione?» esclama la medimaga avvicinandosi.

«Come mi aveva chiesto, Madama Chips» risponde gelido l'uomo.

«A te, cara... Tutto d’un fiato!»

Bevo e in un attimo il dolore alla gola si attenua.

«Come va?»

«Bene, grazie. Potrei vedere mia madre?» azzardo.

«E chi sarebbe?» domanda la maga.

«La donna che è entrata prima, signore».

«La professoressa McGranitt?»

«Be’, sì...»

«Ma lei non ha figli» afferma sicuro l’uomo anziano.

Li osservo. Sì che ce l'ha! Non capisco...

«Lei è mia madre!» esclamo «Devo vederla» mi alzo di scatto.

«Non penso lei voglia vedere qualcuno» dice tranquillo l’uomo anziano.

«Non mi importa, mi dica dov’è!» alzo la voce «Per favore» aggiungo, rendendomi conto di essere stata troppo brusca.

Non mi risponde.

«La prego, devo vederla, posso andare a cercarla?»

«La professoressa McGranitt non ha figli» ribadisce la medimaga.

«Sì, invece!» esclamo sull’orlo del pianto.

Passo tra i due uomini e di corsa esco dall’infermeria.

Il contatto dei miei piedi con il pavimento freddo mi fa rabbrividire lungo la schiena.

Io so dov’è.

Mi fermo.

Eccola lì, che guarda il cielo, seduta a terra. È diversa da come la ricordavo.

Mi avvicino lentamente, non mi sente arrivare. Mi siedo accanto a lei.

Dapprima non mi guarda, fa finta che io non ci sia, poi si alza e si allontana.

«Mamma...»

Si volta verso di me, ha gli occhi lucidi, il viso arrossato e sembra non essere certa di ciò che vede.

«Mamma, perché stai piangendo?»

Non mi risponde.

«Mamma! Cosa sta succedendo?»

È più vecchia, ha l’aria distrutta, più stanca.

«Tu non sei veramente qua» soffia tra i denti, mentre s’allontana nervosa.

«Ma cosa stai dicendo? Io sono qua, sono io, mamma! Perché fai così?»

«Isobel...»

Mi avvicino, sono in piedi davanti a lei, la guardo negli occhi. Le prendo la mano.

Sobbalza al mio tocco.

Si allontana. Non mi vuole, non mi vuole nemmeno vedere.

Sento le lacrime salirmi agli occhi.

Mamma... Perché?

«Vai via! Vai via!»

Il tono della sua voce mi terrorizza. Sparisce in un corridoio buio, non ho la forza di seguirla.

I miei piedi si muovono da soli.

Cos’ho fatto? Perchè non mi vuole?

Mi avvicino a una finestra.

Il sole è alto nel cielo, che ore sono?

Forse è mezzogiorno.

Forse dovrei avere fame. O sete.

Forse dovrei tornare in infermeria.

Continuo a camminare.

Cosa sta succedendo?

-

«Isobel?»

Sono nella torre di astronomia, non mi aspettavo che qualcuno mi trovasse.

È una voce bassa, tetra, ma sembra sorpresa.

«Isobel».

Ho paura a voltarmi.

«Isy, guardami per favore».

Non mi muovo. Tengo gli occhi fissi fuori dalla finestra.

«Per Salazar! Isobel Urquart, sto parlando con te!» esclama la voce, che nonostante abbia un tono irritato, sembra quasi – non lo so – intenerito.

«Testarda come sempre, a quanto vedo» mormora tra sé.

Sento dei passi avvicinarsi.

«Ehi» dice piano.

Una grande mano sulla mia spalla mi costringe a voltarmi. Mi nascondo il viso imbarazzata delle mie lacrime, imbarazzata di non essere riuscita a controllarmi, di non essere stata abbastanza forte.

«Ehi» ripete in un sussurro«Voglio vederti in faccia quando ti parlo, per favore».

«La prego, vorrei stare sola».

«Da quando mi dai del lei?»

Non capisco, chi...?

Sbircio tra le dita. L’uomo dell’infermeria, quello che mi ha riconosciuto, nel suo mantello nero.

«Non dovrei?»

«Non l’hai mai fatto, più che altro» sospira «È un po’ strano».

«Ma io non so chi è lei».

«Probabilmente perchè sono passati tanti anni».

«Be’, tanti anni fa ero più piccola, forse è per quello».

«Veramente no. Non sei cambiata dall’ultima volta che ci siamo visti».

«E allora, quando è stato?»

«Quasi vent’anni fa» dice sconsolato.

«Ma io ho solo dodici anni! Dodici e mezzo, veramente, ma è comunque impossibile!»

«No, Isobel. Oggi è il 29 agosto del 1993».

«Ma...» balbetto incredula.

«Ti porto da tua madre».

-

«Non voglio entrare!» mi oppongo, mentre l’uomo col mantello nero si ferma davanti a una porta dove una targhetta dorata dice a grandi lettere ‘Professoressa Minerva McGranitt, Vicepreside’.

Sbuffa spazientito.

«E allora dove vuoi andare?»

«Fuori, all’aria aperta».

«Sì, lo vorrei anch’io, se non fosse pieno di Dissennatori».

«Dissennatori? Perchè?»

«Un detenuto è evaso da Azkaban».

«Un evaso da Azkaban?» esclamo incredula «Non è mai successo che qualcuno evadesse da Azkaban!» continuo «Be’ a parte Murgus Clodey nel 1765, ma lui è stato un caso unico, che anche se ha fatto tanto scalpore all’epoca, è stato l’unico, in percentuale, confrontandolo a tutti i maghi e le streghe detenute, è praticamente insignificante».

Mi guarda alzando un sopracciglio, sembra divertito, ma mantiene la maschera impassibile.

«Chi sarebbe questo nuovo caso storico?»

«È Black».

Rimango un attimo senza parole.

«Black? Sirius Black?»

L’uomo annuisce.

«E per quale motivo Sirius sarebbe stato spedito ad Azkaban?»

«È stato accusato dell’omicidio volontario di Minus e dodici babbani» dice in tono di completo disprezzo, ricordandomi in modo incredibile...

«Severus?»

«Cosa?»

«Sei veramente tu?»

«Oh... Sì».

«Non ci credo! Sul serio? Come» comincio «Come stai?» domando euforica.

«Direi abbastanza... Ehm... Be’, abbastanza bene» sembra disorientato dalla mia domanda improvvisa.

«Come sta Lily?»

S’incupisce alla mia domanda.

«Lei è morta».

«È morta?» ripeto sena realizzare le sue parole «Vuoi dire morta morta? Lily? La nostra Lily?»

Annuisce.

D’un tratto mi passano davanti agli occhi tanti ricordi di noi tre, sempre insieme, fin da quando eravamo piccoli, anni prima di andare a Hogwarts, ci ritrovavamo nel parco vicino a Spinner’s End e giocavamo finchè non si faceva tardi.

«Che ne dici se andiamo dal professor Silente? Sei tornata, ma non pensare di scampare cinque anni di scuola così» cerca di sorridermi, sollevandomi il morale. Devo avere un aspetto orribile.

«Sev, prima posso fare una doccia, non posso presentarmi così...»


***

Nota dell'autrice: Spero vi piaccia, a venerdì prossimo

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


«Lei è morta».

«È morta?» ripeto sena realizzare le sue parole «Vuoi dire morta morta? Lily? La nostra Lily?»

Annuisce.

D’un tratto mi passano davanti agli occhi tanti ricordi di noi tre, sempre insieme, fin da quando eravamo piccoli, anni prima di andare a Hogwarts, ci ritrovavamo nel parco vicino a Spinner’s End e giocavamo finchè non si faceva tardi.

«Che ne dici se andiamo dal professor Silente? Sei tornata, ma non pensare di scampare cinque anni di scuola così» cerca di sorridermi, sollevandomi il morale. Devo avere un aspetto orribile.

«Sev, prima posso fare una doccia, non posso presentarmi così...»

 

3

 

Esco dal bagno con indosso una sua camicia, bianca e profumata, anche se troppo grande per me. Non avendo a disposizione una gonna, ho rimesso la mia, sistemata il più possibile, giusto per non sembrare una stracciona.

«Devo dire che come stile ti dona» ridacchia vedendomi, mentre mi guardo allo specchio, cercando di ordinare i capelli ancora bagnati.

«Spiritoso» sbuffo io.

«Permalosa».

Gli faccio una linguaccia e lo raggiungo.

«Andiamo?»

Annuisco facendomi coraggio. Per Merlino, sono una Grifondoro, di coraggio ne ho da vendere!

-

«Be’, Albus, questo è tutto. La signorina Urquart non mente. Prenderai in considerazione la mia proposta?»

«Certamente Severus, provvederò immediatamente. Data la situazione, parlerò io alla professoressa McGranitt» lo sento dire da dietro la porta «Per quanto riguarda la ragazza, invece, non mi sembra saggio portarla fuori dal castello, data la situazione, e finchè non capiremo cos’è successo sarà meglio non esporla troppo» continua «Quindi, manderò un elfo per prendere le misure della divisa da portare a Madama McClan; potrà utilizzare i manuali a disposizione qui a scuola per seguire le lezioni e per quanto riguarda la bacchetta, chiederò gentilmente al signor Olivander se può fare una consegna speciale...»

«Bene».

«Ti devo chiedere ancora una cosa, per favore».

«Certo, dimmi pure» risponde calmo.

«Nel caso il mio colloquio con la professoressa McGranitt non vada per il meglio, dovresti ospitare la signorina Urquart nei tuoi alloggi, una, al massimo due notti, prima di farla trasferire nel dormitorio di Grifondoro».

«Non c’è problema».

«Inoltre sarebbe opportuno che tu l'aggiornassi sugli avvenimenti più significativi degli ultimi anni».

«L'avrei fatto comunque».

«Benissimo, allora siamo d’accordo» conclude «Potrei parlare con la ragazza? Sto valutando una proposta da farle, ma vorrei confermare i miei dubbi prima di mettere in atto il tutto».

«Certo, preside».

Sento dei passi avvicinarsi e con un balzo mi allontano dalla porta, facendo finta di niente.

«Vieni, vuole parlarti».

Entro timidamente nell’ufficio preceduta da Severus.

«Buongiorno signore».

«Buongiorno signorina Urquart» dice tranquillo «Vorrei farti alcune domande, va bene?»

Annuisco.

«Perfetto» sospira soddisfatto «Cos'è un bezoar?»

Spalanco gli occhi, un attimo disorientata.

«Co-cosa?»

«Sai parlarmi dei bezoar?» domanda nuovamente, senza spazientirsi.

«S-sì...»

«Dimmi tutto ciò che ti ricordi» continua gentilmente.

Prendo fiato e comincio:

«Il bezoar è una pietra che si trova nella pancia delle capre e che salva da molti veleni. Si usa in Pozioni per preparare l’Antidoto ai Veleni Comuni. Il termine viene da bezoario che è un conglomerato indigerito di sostanze estranee alla normale dieta dell'organismo nel quale si ritrova, in particolare della specie di pecora bezoar, una pecora turca».

«Come si prepara l’Antidoto ai Veleni Comuni?»

«Allora... Bisogna ridurre un bezoar a una polvere finissima nel mortaio e aggiungerne quaranta grammi nel calderone e venti di ingrediente base. Bisogna poi riscaldare a una temperatura di 50° per cinque secondi. Si lascia poi riposare il ricavato per... Quaranta minuti, mi pare. Al termine della fermentazione aggiungere un pizzico di corno di unicorno nel calderone e mescolare due volte in senso orario con un mescolo di legno di faggio. Si aggiungono due bacche di vischio e si mescola poi due volte in senso antiorario. È importante ricordarsi di mescolare prima in senso orario e poi in senso antiorario o l’antidoto diventerà un veleno».

«Professor Piton?» chiede conferma.

«Perfetto e preciso».

Annuisce.

«Cosa sai dell’Incanto Patronus?»

«Professore» lo interrompe Severus «È programma del terzo anno...»

«L’Incanto Patronus, la cui formula è Expecto Patronum» comincio senza pensarci «è un incantesimo che evoca un Patronus, che è un’energia positiva e per metà tangibile, che catalizza alcuni ricordi felici del mago evocatore e generalmente viene usata per proteggersi da creature oscure quali i Dissennatori e in rari casi i Lethifold. I Patroni evocati hanno la forma di un animale se evocati correttamente, in caso contrario dalla punta della bacchetta fuoriesce una nebbiolina argentea».

«Cos’è un Lethifold?»

«Il Lethifold, noto anche come Velo Vivente, è una creatura magica molto pericolosa. La sua aggressività è tale da considerarsi a tutti gli effetti una creatura oscura. Assomiglia ad un mantello nero dello spessore di oltre un centimetro, più spesso se di recente ha ingoiato e digerito una vittima. Si muove scivolando lungo le superfici e si mostra solo di notte. È tipico degli ambienti tropicali, per questo in Inghilterra, fortunatamente, è raro, se non impossibile trovarlo. Il Lethifold si ciba di animali o esseri umani addormentati, indifferente se maghi o babbani, soffocandoli prima di divorarli».

«Cosa sai dirmi degli Animagus?»

Sorrido senza riuscire a controllarlo.

«Un Animagus è un mago o una strega che ha imparato a trasfigurarsi in un animale. Solo un mago molto potente e abile è in grado di diventare un Animagus. Imparare a trasformarsi in un animale senza bacchetta richiede parecchi anni ed è molto difficile. Un Animagus può trasformarsi in un solo animale specifico. La forma non è scelta dall' Animagus, ma dipende della personalità della persona. Non si sa che forma si avrà prima di essersi trasformati. In Gran Bretagna, gli Animagi devono firmare un registro al Ministero della Magia e scrivere che animale diventano e i loro segni particolari affinché il Ministero possa tenerli sotto sorveglianza» prendo fiato «Mia madre è un’Animagus» dico orgogliosa, prima di ricordarmi che non mi vuole parlare.

«Sì» sospira soddisfatto «Abbiamo finito, allora».

Chino un secondo la testa, poi lo guardo dritto in quegli occhi celesti.

«Bene, grazie per aver sopportato questa mia piccola curiosità, potete andare».

Salutiamo e usciamo.

-

«A che punto del programma scolastico sei arrivata?» domanda stupito mentre percorriamo i corridoi per arrivare alla sala grande per pranzare.

«Non saprei. Lo sai che mi è sempre piaciuto leggere... A casa ho tanti libri di vario genere, papà mi chiama ‘piccola enciclopedia ambulante’» sorrido «Sai come sta?»

«No, mi spiace».

«Mi insegni a evocare un Patronus?» domando tutto d’un tratto.

«Se vuoi... Per me non ci sono problemi» risponde distratto.

«Cosa c’è?»

«In che senso?»

«C’è qualcosa che non va?»

«No, è... È tutto ok».

«Sev, non serve essere un Leggiliments per capire che c’è qualcosa che ti preoccupa».

«Niente di che, ho solo la testa un po’ per aria».

Entriamo nel salone. Un solo tavolo con circa una ventina di posti è posizionato praticamente al centro. Ci sono un paio di persone già sedute, piuttosto distanti tra di loro.

«Buonasera Severus» dice un omino poco più alto del piano del tavolo «E...»

«Isobel Urquart» mi presento.

«Ma non è possibile!»

«Filius, cosa intende con non è possibile, mi scusi?» borbotta Severus irritato al mio fianco.

«Che la signorina Urquart è... Be’, è passato moltissimo tempo, ma io non dimentico» dice con fierezza «Una qualità ereditata da un mio antenato folletto» mi fa l’occhiolino «Comunque, dicevo, sono passato vent’anni! Non è cambiata! È incredibile».

«Sì».

«Be’, ci sediamo a mangiare, signorina Urquart?» mi domanda Severus trafiggendo con lo sguardo il professor Vitius.

Gli tiro una gomitata e lui alza gli occhi al cielo esasperato.

Ci sediamo al centro del tavolo così da non ritrovarci vicini né a Vitius nè all’altra insegnante che non conosco. Ha un aspetto insolito, i capelli folti, due spessi occhiali da vista sugli occhi. È avvolta da scialli e sulle sue braccia e al suo collo tintinnano braccialetti e collane. Gli zigomi tagliano il viso magro e allungato.

«Chi è?» domando in un sussurro a Severus, accennando alla donna.

«L’insegnante di Divinazione. Sibilla Cooman. Non scende praticamente mai, non saprei dirti se sei stata fortunata a vederla o no» dice ironico a voce così bassa che faccio fatica a sentirlo.

«Sei sempre così acido con i tuoi colleghi?»

«Io non sono acido» afferma con decisione.

Lo guardo di sottecchi arricciando il naso.

«Se lo dici tu».

«Antipatica».

«Acido».

Mi dà un colpo leggero sulla testa con il palmo della mano nell’istante esatto in cui mi sto avvicinando il bicchiere alle labbra.

«Ehi!» esclamo rovesciando acqua ovunque.

Nasconde un sorriso mentre gli altri due si voltano a guardare.

Cerco di asciugare il disastro causato, le sedie davanti a noi si spostano.

Alzo lo sguardo.

Seduto davanti a me c’è il professor Silente, accanto a lui c’è la mamma.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


Mi dà un colpo leggero sulla testa con il palmo della mano nell’istante esatto in cui mi sto avvicinando il bicchiere alle labbra.

«Ehi!» esclamo rovesciando acqua ovunque.

Nasconde un sorriso mentre gli altri due si voltano a guardare.

Cerco di asciugare il disastro causato, le sedie davanti a noi si spostano.

Alzo lo sguardo.

Seduto davanti a me c’è il professor Silente, accanto a lui c’è la mamma.

 

4

Minerva

 

Mi guarda, triste.

Non voglio che faccia così, con quegli occhi così colmi di delusione, quegli occhi d’argento fuso, quegli occhi che mi hanno fatto innamorare.

Sento una stretta al cuore, non so se posso farcela, non un’altra volta, non dopo tutto quello che è successo.

Chino il capo, ma sento quei suoi due specchi argentati trapassarmi il cranio.

«Buonasera signorina Urquart» dice Albus con tono fermo «Severus».

«Buonasera» risponde Piton gelido.

Non sento la sua voce, ma so che i suoi occhi hanno spostato la loro attenzione altrove.

Sento il tintinnio delle posate lasciate sul piatto.

«Scu-scusate...» mormora incerta.

La sedia che si sposta, dei passi leggeri che si allontanano frettolosi, poi un’altra sedia e degli altri passi. Non sono i miei, non posso farlo, non devo più farla soffrire, nessuno dovrebbe soffrire ancora, non posso tornare da lei e lei non vuole tornare da me.

«Scusami Albus...»

Ho bisogno di rimanere sola.

Ho bisogno di lei.

Ho bisogno di lui...

-

Severus

 

Dov’è?

Svolto un altro corridoio.

Non c’è traccia di lei.

Non era poi così tanto avanti a me, come diavolo ha fatto a sparire in questo modo?

Per Salazar!

Sento dei respiri irregolari da dietro la porta di un’aula.

«Isy...» sussurro piano.

Apro la porta e la vedo, rannicchiata in un angolino buio, tremante.

Mi avvicino e mi siedo accanto a lei.

«Sev... Tu pensi... Tu pensi che lei mi vo-voglia ancora be-bene?» mi domanda in lacrime.

Rimango sconcertato dalle sue parole. Come può dubitare di ciò?

«Isy, sono certo che lei ti voglia bene almeno quanto te ne voglia io, se non di più».

«E allora perchè non mi guarda nemmeno? Le dispiace che io sia tornata?» dice con tono acuto e disperato.

«No, non penso. Probabilmente è solo confusa, sono passati tanti anni e dopo tutto quello che ha passato, ritrovarti all’improvviso, forse... Forse è solo troppo».

«Aveva smesso di sperare? Si era arresa?»

«Forse sì. Il tempo è una brutta bestia».

Si accoccola tra le mie gambe, stringendosi al mio petto.

Ogni volta che mi sfiora, mi stringe, il mio cuore sussulta piacevolmente al ricordo di un calore che credevo perso da molto tempo. Isobel e Lilian erano tutta la mia famiglia, fino a quando, per un motivo o per l’altro mi sono state strappate. Forse tutto sta ritornando come doveva essere, forse tornerà anche Lily, come se nulla fosse successo, solo un brutto sogno.

«Ti voglio bene, non dubitarlo mai, Isy, mai» le sussurro tra i capelli.

Si stringe ancora di più tra le mie braccia.

«Anch’io ti voglio bene, Sev. Grazie» mormora piano.

-

Isobel

 

Giro la testa, prendendo dentro qualcosa.

Sono in una posizione piuttosto scomoda, così decido di alzarmi, ma due braccia mi tengono sdraiata. Sono negli alloggi di Severus, sdraiata sul divano, tra le sue braccia, con il libro che stavo leggendo ieri sera, sulle gambe, aperto.

Mugugna qualcosa di incomprensibile. Poi riesce a mettere insieme una parola con la voce impastata dal sonno.

«Buongiorno».

«Buongiorno a te, Sev» borbotto «Dormito bene?»

«Diciamo di sì, penso che avrò mal di schiena. Riesci ad alzarti?»

«Se mi lasci, sì» sorrido.

«Oh, scusa».

Alza le braccia e mi libera.

«Grazie mille».

Mi stiracchio contenta. Nonostante mi senta un po’ incriccata, ho dormito proprio bene.

-

Severus

 

Era da tempo che non mi addormentavo così, stavamo seduti sul divano davanti al fuoco, ieri sera. Lei leggeva, io guardavo il fuoco. Stamattina mi sono trovata quell’esserino tra le mie braccia, come se fossimo tornati indietro nel tempo, quando dormivamo tutti e tre insieme a casa di Isy quando i suoi genitori avevano il turno di notte al ministero, sdraiati sui grandi cuscini, davanti al camino. Ci raccontavamo le storie, parlavamo e per un attimo riuscivo a dimenticare le litigate di mamma e papà.

Ho un ricordo particolarmente piacevole del giorno in cui sono arrivate le nostre tre lettere per Hogwarts, sembrava che ogni nostro sogno potesse avverarsi. Eravamo giovani, troppo giovani per capire veramente, troppo immaturi.

Per Salazar! Se non fosse scomparsa, forse non avrei litigato con Lily, saremmo ancora tutti amici, forse qualcosa di più.

«Cos’hai sul braccio?» mi domanda all’improvviso, gli occhi d’argento puntati sul mio avambraccio sinistro.

D’istinto, mi affretto a srotolare la manica e a nascondere il marchio che mi ha segnato a vita.

«Ti sei fatto un tatuaggio!» strilla esaltata scoprendolo «Che simbolo insolito, cosa rappresenta?»

È ancora così pura, così ingenua,

-

Isobel

 

«Vieni Isy, dobbiamo parlare».

Non mi piacciono queste parole, mi è sempre stato detto che quando qualcuno te le dice, significa che qualcosa non va.

Mi fa cenno di sedermi di fronte a lui e comincia a parlare.

«Ricordi cos’è successo quella sera, prima che tu entrassi nella sala tua sala comune?»

Scuoto la testa, ho il buio più completo, so solo che ho attraversato il buco del ritratto e poi... Ero distesa sull’erba.

«Era l’ultimo giorno di scuola, mi avevi detto che avresti passato l’estate in Australia con i tuoi genitori e quindi non ci saremmo potuti vedere, se non a Diagon Alley, per gli acquisti di scuola... Non ti vidi in treno, ma non trovavo neppure Lily, quindi pensai che vi foste imboscate chissà dove. Non ebbi tue notizie e i gufi che spedivo, tornavano indietro. Nemmeno Lily riuscì a contattarti. Aspettammo il giorno in cui ci eravamo dati appuntamento, ma non c’eri. Aspettammo ancora, il ritorno a scuola, ma ancora una volta tu non c’eri...» fa un lungo sospiro e riprende «Nessuno sapeva più nulla di te, i tuoi genitori avevano traslocato e né io né Lily li avevamo mai conosciuti. Non sapevamo chi fossero. Non potevamo trovarti. Nessuno sapeva nulla» ha gli occhi lucidi, ma continua a parlare con voce ferma, mantenendo la sua maschera «Sono passati tre anni, fu il giorno degli esami del G.U.F.O. che litigai con Lily, la insultai e lei non mi parlò più... Non voleva ascoltarmi, aveva ragione, ero stato uno stupido e per quello rimasi solo. Cercai di entrare in un gruppo, venivano chiamati ‘Mangiamorte’ e io avevo bisogno di sfogarmi. Questo» dice mostrandomi il tatuaggio «È il simbolo, è la prova che sono entrato a far parte di quel gruppo, una setta, una setta di maghi malvagi, ed è stato grazie alla mia abilità con le Arti Oscure che sono diventato uno dei seguaci più fedeli, all’inizio, di uno dei più oscuri maghi che mai è esistito in tutto il mondo magico e io sono il suo braccio destro».

«Cosa? Sei?»

«Sì, lo sono ancora, per ordine di Silente. Volevo andarmene, mandare tutto al diavolo quando Voldemort uccise Lily, solo che mi è stato chiesto di non farlo, di rimanere e fare la spia» dice piano «Ma la cosa che più mi tormenta è che è stata colpa mia se Lily è morta».

«No, non ci credo. Ti stai dando la colpa di qualcosa che non hai fatto. Mi hai detto che Voldemort ha ucciso Lily, non tu!» cerco di consolarlo, ha un’aria affranta, gli tremano le mani.

«No, è colpa mia. Sono stato io a riferirgli quella maledetta profezia! È colpa mia» trema violentemente. Lo abbraccio forte, sento le sue lacrime bagnarmi il collo.

«È passato, oramai è passato, non puoi fare più nulla. Non devi rovinarti la vita per una cosa successa tanto tempo fa. È vero, è stato un errore, ma ti sei pentito e, Sev, tu sei buono, non l’avresti mai fatto intenzionalmente».

«Mi credi?»

«Sì, perchè non dovrei?»

«Perchè non sono più abituato a essere creduto» mi guarda negli occhi. Ha abbandonato la maschera, ora è solo e semplicemente lui.

«Cos’è successo poi?»

«Lily ha sposato Potter, hanno avuto un figlio. Il figlio di Potter ha sconfitto Voldemort e Lily ha sacrificato la sua vita per lui, neanche Potter è sopravvissuto, solo il figlio, e Voldemort è scomparso. Black è stato rinchiuso ad Azkaban perchè accusato di aver ucciso tredici persone».

«Sai, ancora non ci credo che Sirius abbia potuto fare una cosa simile. È un buffone egocentrico e maleducato, ma sono certa che non sia il tipo di uccidere così tanta gente. O di uccidere e basta».

«La gente cambia col passare del tempo».

Dei tocchi pesanti sulla porta ci fanno sussultare.

«Chi è?» chiede infastidito.

«Sono Filius. Il preside vuole parlarvi, il prima possibile, nel suo ufficio».

Sbuffa e si tira in piedi.

«Vado a fare una doccia, dopo andiamo, va bene?»

«Anch’io dovrei lavarmi» dico, ma si è già chiuso in bagno.

-

«Sev! Posso entrare?»

«Un attimo!»

«Ma sei dentro da venti minuti!»

«Un attimo!»

«Severus Piton, esci subito da questo stramaledetto bagno, per Merlino!»

La porta finalmente si apre, sbuffi di vapore che fuggono verso il soffitto basso e lui, che emerge da una nuvola, con un asciugamano verde legato in vita, un altro sulla spalla, i capelli completamente bagnati gli ricadono sulle spalle, il tatuaggio che spicca nero sulla pelle incredibilmente bianca e, sul petto, cicatrici più e meno lunghe, molte e testimoni di chissà quali torture.

«Cos’è successo?» domando esterrefatta sfiorando, con la punta del dito, un segno che parte dall’ombelico fin su, allo sterno.

«Ogni scelta sbagliata ha i suoi prezzi...» borbotta «Su, ora vai, ti ho messo degli asciugamani puliti sul ripiano accanto al lavandino».

«Ok, grazie».

-

«Oh, bene! Ben arrivati! Signorina Urquart, che piacere rivederti un po’ più in forma. Dormito bene?» ci accoglie il professor Silente non appena varchiamo la porta.

«Sì, grazie signore...»

«E lei, professor Piton? Dormito bene?»

«Sì, signor preside, era da anni che non dormivo così bene» borbotta «Anche se...»

«Cosa?»

«Niente, solo una piccola pecca nel risveglio».

Sorrido.

«Oh be’, niente di grave, spero».

«No».

«Bene, vi starete chiedendo per quale motivo vi ho convocati qui. Ecco, vorrei darvi una breve spiegazione del colloquio dell’altra sera. Ricordo che anni fa mi sfiorò l’idea di dare la possibilità a tre dei migliori studenti della scuola un curioso aggeggio con particolari capacità magiche, ne arrivò solo uno e per non fare ingiustizie, lo riposi su una mensola tra altri miei oggetti. E lì rimase. Dato che a breve comincerà il nuovo anno scolastico e non ci sarebbe comunque più tempo per far sì che il Ministero ne conceda un altro, ho pensato di darti questo» sfila da sotto il mantello una catenina d’oro molto fine con un ciondolo a forma di clessidra, in cristallo «Questo è...»

«Un giratempo!» esclamo incredula.

«Sì, giusto. Con questo potrai seguire tutti corsi dal terzo anno in poi, avendo così la possibilità di ottenere dodici G.U.F.O, se vorrai. Sai già come si utilizza?»

Annuisco.

«Perfetto, allora non posso che raccomandarti di usarlo in modo coscienzioso. Questo Giratempo in particolare, può tornare indietro di un ora per giro, in senso antiorario, mi raccomando!»

Mi fa l’occhiolino e mi congeda.

«Professor Piton, rimanga ancora un secondo, devo parlarle di una cosa...»


***

Note dell'Autrice:  Capitolo 4, fatemi sapere :) A venerdì prossimo

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 ***


«Professor Piton, rimanga ancora un secondo, devo parlarle di una cosa...»

 

5

Isobel

 

«Cosa ti ha detto?» domando mentre percorriamo il corridoio per raggiungere la sala grande.

«Nulla di importante...» borbotta sovrappensiero «Spero ci sia la torta di mele...»

-

Severus è stato occupato tutto il pomeriggio nel suo laboratorio con una pozione piuttosto complicata della quale non ha voluto parlarmi.

Io sono sdraiata a testa in giù sul divano a leggere, le gambe per aria, i capelli che ricadono a terra.

«Comoda?» mi domanda uscendo finalmente dalla stanza.

Alzo il capo, cercando di incontrare i suoi occhi.

«Finito?» domando invece io.

Ride.

«Che c’è?»

«Cosa stai facendo?»

«E tu cosa stavi preparando?»

«Perchè ti interessa?»

«Perchè non dovrebbe?»

Non mi risponde.

«Comunque... Sei rossa in viso. Sembri un pomodoro» sorride.

Arriccio il naso e rotolo giù dal divano in malo modo. Alzandomi in piedi mi assale un senso di vertigini e barcollo abbastanza da inciampare nei miei piedi e crollare a terra.

«Tutto ok?»

Lo guardo, non riuscendo a metterlo bene a fuoco.

«S-sì, penso».

«Sei buffa» mi sussurra beffardo, avvicinando le labbra al mio orecchio.

«Senti chi parla...» rispondo ridacchiando.

Fa un verso simile a quello di un vecchio orso e, a tradimento, comincia a farmi il solletico.

-

Severus

 

«Basta! Sev...» mi supplica senza più fiato «Ti-ti prego..» continua a ridere contorcendosi sul divano.

Mi dà un buffetto sulla guancia e sorride felice, con i capelli che sono come un turbinio di boccoli neri attorno al suo piccolo viso arrossato. Quanto mi mancava. Quanto tempo.

E quella sera, non ricorda, Severus, mettitelo in testa, non ricorda!

Bussano alla porta.

Mi tiro in piedi e mi sistemo il mantello.

«Chi è?»

«Argus Gazza, signore professore!»

«Stai qua» dico piano a Isy mentre vado ad aprire la porta.

L'uomo, dall'aria stremata, mi fissa con due occhi pieni di rancore prima di cominciare a biascicare con la sua voce roca poche parole e andandosene di corsa, zoppicante, come se avesse il timore di qualcosa.

«Il professor Silente mi ha chiesto di portarle questo».

A terra, fuori dalla porta, c’è un enorme baule in legno dall’aspetto pesante.

«Baule Locomotor» borbotto facendomi da parte.

Il suo sguardo è fisso su di me.

«Presumo sia per te».

S’alza di scatto e mi affianca in un secondo.

«Per me?»

«Per te, sì».

«Le cose di scuola?»

«Aprilo» dico io.

-

Minerva

 

Sistemo l’ultima pergamena e mi siedo sulla poltrona del mio ufficio.

Non ho più nulla da fare. Ho sistemato tutto. Ora non c’è più nulla che possa occuparmi la mente, nulla che non mi faccia pensare a lei.

Cosa diavolo è successo?

Mi alzo all’improvviso e la vista mi si oscura per qualche istante.

Devo fare qualcosa.

Prendo la bacchetta.

Com’è potuto succedere?

Un vaso pieno di biglie esplode inondando la stanza.

Perchè?

I libri nella libreria volano via, cadendo a terra, facendo rumore.

Per quale motivo non ho il coraggio...

Delle foto cadono dal tavolino accanto alla porta.

...Non ho il coraggio di andare da lei e parlarle?

Elphistone e Isobel mi guardano da dietro il vetro rotto del porta foto.

Io non ho il coraggio!

Sorridono.

Sono una Grifondoro! Per Merlino!

È mia figlia...

Sono una stupida.

È ancora mia figlia e io sono sua madre.

Cado in ginocchio sui vetri rotti e i cocci del vaso.

Perchè...?

Raccolgo la foto.

Mi si stringe il cuore.

Sfioro i loro visi con la punta delle dita.

Gli occhi mi si riempiono di lacrime.

Sorridono.

Mio Dio... Quanto mi mancano.

Il mio sguardo si posa su un’altra foto. L’avevo nascosta.

Fu scattata quasi trent’anni fa, una sera, uno dei momenti più belli, uno dei ricordi più belli che io possa custodire in me.

Isobel aveva appena una settimana. Malcolm e Robert erano venuti da noi per conoscere la nuova arrivata, con le loro fidanzate. Avevamo cenato e poi El mi aveva chiesto di ballare e...

Era così bello.

Isobel è tornata.

È qui vicina.

Posso andare da lei, se voglio.

Mi perdonerà mai?

Raccolgo un’altra foto.

Isy immortalata mentre mangia uno yogurt con espressione furbetta.

Rido tra le lacrime.

Mi rialzo in piedi e con un colpo di bacchetta sistemo tutto, tranne le foto.

Queste le terrò con me.

-

Busso.

Non risponde nessuno.

Busso ancora.

Non risponde nessuno.

Saranno usciti.

Esco dal castello.

Fa freddo.

È ancora agosto, per Godric!

Dissennatori...

-

Isobel

 

Manca poco.

Stringo nella mano sinistra la mia nuova bacchetta:

Tra non molte ore la scuola si riempirà.

C’è movimento per i corridoi del castello.

I professori si accingono a ultimare o sistemare le preparazioni per l’inizio del nuovo anno.

Severus è stato occupato tutto il giorno con la pozione che aveva cominciato quando è arrivato il baule. Non vuole dirmi niente.

L’ho lasciato lavorare in pace.

Ho passeggiato per ogni ala più remota che ho potuto raggiungere. Ho quasi rischiato di rompermi l’osso del collo quando un paio di gradini si sono volatilizzati sotto i miei piedi. Mi sono intrufolata in una stanza al terzo piano che mi ha lasciato piuttosto sorpresa, in fondo a un lungo corridoio illuminato da delle torce. Dentro ci sono grosse catene attaccate al muro e una quantità spropositata di un qualcosa di bianchiccio e gelatinoso incrostato sulla pietra graffiata, come da potenti artigli. La cosa che più mi ha incuriosito è stata una botola. L’ho aperta a fatica, era molto pesante. Per un attimo ho avuto la tentazione di scendere, ma poi, in un lampo di lucidità, ho pensato che buttarmi in un buco nero nel pavimento, senza sapere che cosa possa esserci sotto, in un vecchio castello, che già di suo ha parecchi misteri, forse, ma dico forse, non sarebbe stato proprio il massimo.

Sono stata anche in biblioteca, mentre, sotto lo sguardo sbigottito di un’inquietante bibliotecaria (Madama Irma Pince, ha detto di chiamarsi), ho cercato qualche libro interessante da leggere, visto che quello che ho rubato a Sev l’ho finito.

Manca poco, oramai. Molto poco.

Sono seduta a terra, in una nicchia nella parete dell’ingresso, immersa nel buio.

Vitius passa più volte, avanti e indietro, tutto agitato.

Pix volteggia tranquillamente nell’aria, quasi a sfiorare il soffitto. Non mi nota, per mia fortuna. Probabilmente sta progettando un modo per terrorizzare i ragazzini del primo anno.

Il custode, Gazza, con il suo straccio, pulisce il pavimento in pietra fino a farlo brillare.

Un bel gatto striato dal pelo fulvo e lucido zampetta silenziosamente, con le orecchie tese. Lo seguo con lo sguardo, senza muovermi, annusa l’aria, poi volta la testa verso la mia nicchia e i suoi occhi incontrano i miei.

S’avvicina cauto.

Gli porgo la mano.

«Vieni» sussurro, mentre il micio appoggia il muso sulle mie dita e le solletica con i lunghi baffi.

Gli accarezzo il capo, sembra di velluto.

Si lascia coccolare per un po’, arricciando la coda e facendo le fusa... Poi, tutto d’un tratto, corre via.

-

«Contenta di rincominciare?»

Alzo le spalle.

«Sarà tutto nuovo?» domando.

«La scuola è tutt’altro che nuova» ridacchia «Però... Be’ gli altri studenti lo sono, almeno d’aspetto, perchè le teste di legno ci sono sempre state... E avrai nuovi insegnanti» sorride «Alcuni sono decisamente molto meglio di quelli che avevamo e soprattutto più...» un ghigno soddisfatto si dipinge sul suo viso «...Affascinanti... No?»

Scoppio a ridere.

«Come chi, per esempio? Un certo professore di pozioni?»

«Lusingato, signorina Urquart, ma sì» neanche lui si trattiene, preso da un attacco di risa.

Sentiamo rumore di gente che arriva, nei corridoi rimbomba tutto.

Severus si fa serio e si ritira nell’ombra.

«Dove..?»

Mi metto accanto a lui, nascosti nel buio non ci vedono.

Sono tanti ragazzi, ci passano davanti senza nemmeno vederci.

«Vai ora, così non noteranno che non sei arrivata con loro!» mi sussurra a un orecchio, sfiorandomi i capelli con le labbra.

«Vieni con me».

«No, vai!» mi spinge in mezzo al fiume in piena che riversa gli studenti nella sala grande.

Mi ritrovo seduta su una panca al tavolo dei Grifondoro.

Lancio lo sguardo al di là della sala, fino alla tavolata dei professori.

Il preside, seduto al centro nel suo trono, chiacchiera tranquillamente con una donna dai lunghi capelli scuri, con indosso un abito di un rosso porpora, seduta un posto più in là.

Severus si siede alla destra del preside e gli sussurra qualcosa.

I miei occhi incontrano i suoi, sorrido, lui appena appena, se non lo conoscessi bene, non l’avrei mai notato.

«Ehi! Tu chi sei?» mi domanda un ragazzo dai capelli rossi con il viso coperto di piccole lentiggini.

«Isobel Urquart, piacere».

«Di che anno sei? Non ti ho mai vista in sala comune» dice sospettosa un’altra ragazzina, anche lei con una chioma rosso fuoco.

«Questo è il terzo anno per me...» rispondo piano.

«Bha, anch’io sono del terzo anno, ma non ti ho mai visto comunque...» ribatte il ragazzo.

«Sono nuova» taglio corto alzando le spalle.

Il rosso si volta, rivolgendosi alla ragazza.

«Mi piacerebbe sapere che fine hanno fatto Harry e Hermione, chissà cosa voleva la McGranitt».

«Non so, forse è per il dissennatore...»

«Guarda Ginny, arrivano quelli nuovi!» borbotta «Che strano, perchè c’è Vitius?»

Il professore canuto e di bassa statura capeggia un gruppo di ragazzini dall’aria alquanto terrorizzata.

-

Vedo la mamma accompagnata due ragazzi, entrare in sala grande nell’istante in cui il professor Vitius porta via lo sgabello a tre piedi.

Lei va verso il lungo tavolo degli insegnanti, i due, invece, cercando di non farsi notare, verso il tavolo dei Grifondoro. Tutti si voltano a guardarli, mentre strisciano lungo il muro della sala. Si siedono ai lati del ragazzo con i capelli rossi.

«Che cosa è successo?» domanda in un sussurro al ragazzo appena arrivato.

Ha qualcosa di tremendamente familiare, questo ragazzo, sarà per i capelli corvini o da quel viso, forse sono gli occhiali, sembra... Sembra Jamie, ecco chi!

Il preside si alza, per cominciare il discorso.

«Benvenuti!» dice Silente, con la luce delle candele che gli risplende nella barba «Benvenuti a un altro anno a Hogwarts! Devo dirvi solo poche cose e siccome sono tutte molto serie, credo sia meglio toglierci il pensiero prima che finiate frastornati dal nostro ottimo banchetto...»

Silente si schiarisce la voce e subito riprende:

«Come ormai tutti sapete dopo la perquisizione dell’Expresso di Hogwartsm la nostra scuola attualmente ospita alcuni dei Dissennatori di Azkaban, che sono qui in missione per conto del Ministero della Magia» s’interrompe, ci guarda tutti in un attimo di silenzio «Sono di guardia a tutti gli ingressi» riprende «e finchè rimarranno con noi, voglio che sia chiaro che nessuno deve allontanarsi da scuola senza permesso. I Dissennatori non devono essere presi in giro con trucchi o travestimenti, né tanto meno con Mantelli dell’Invisibilità» aggiunge con tono neutro «Non fa parte della natura di un Dissennatore comprendere eventuali scuse o suppliche. Di conseguenza vi metto in guardia tutti quanti: non date loro motivo di farvi del male. Conto sui Prefetti e sui nuovi Capiscuola, perchè facciano in modo che nessuno entri in conflitto coi Dissennatori» sospira «Per passare a un argomento più allegro, sono lieto di dare il benvenuto a due nuovi insegnanti. Innanzitutto al professor Lupin, che ha gentilmente accettato la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure...»

Lupin? Lo cerco con lo sguardo. Lo stesso Lupin che conosco io? Ma sono diventati tutti professori?

«Guarda Piton!» sento sussurrare il rosso a quello che assomiglia a James.

Cerco il suo sguardo, ma lui è rivolto verso un uomo dall'aria malandata, le profonde occhiaie sono visibili anche da qua. È Remus, la stessa espressione stanca sul volto di quando aveva dodici anni.

Non gli ho mai parlato molto, è arrivato dopo, a metà anno ed è sempre stato molto chiuso in sè stesso... E ora è qui!

«Quanto alla nostra seconda nomina» riprende Silente «Sono spiacente di dovervi dire che il professor Kettleburn, il nostro insegnante di Cura delle Creature Magiche, è andato in pensione alla fine dell’anno scorso per godersi gli anni, nonché le membra, che gli restano. Comunque sono lieto di annunciarvi che il suo posto verrà preso nientemeno che da Rubeus Hagrid, che ha accettato di assumere il ruolo di insegnante in aggiunta al suo compito di guardiacaccia».

«Dovevamo immaginarlo!» ruggisce il ragazzo dai capelli rossi «Chi altri poteva dirci di comprare un libro che morde?»

Libro che morde?

«Bene, credo di avervi detto tutte le cose importanti» concluse Silente «Che la festa cominci!»

-

Aspetto che la folla si dilegui.

«Ho visto che hai fatto conoscenza con alcuni dei Weasley, Urquart».

«Con chi?»

«Le due teste rosse, Isy».

«Ah, loro? Mi hanno solo chiesto chi sono...» sospiro «Sev, il ragazzo con i capelli neri e gli occhiali è...»

«Potter... Il figlio di James e Lily» dice tetro.

Non c’è nessuno a parte noi nel corridoio.

«Andiamo, ti accompagno».

Camminiamo in silenzio, ma ho tante, troppe domande nella testa.

«Potresti venire in Serpeverde...» borbotta.

Mi fermo.

Fa un paio di passi prima di accorgersi che non sono più accanto a lui.

«Che ti prende?»

«Io in Serpeverde? Non ci avevo mai pensato...»

Ride, probabilmente per la mia espressione confusa.

«Andiamo, è tardi!»

«Ma Sev...»

Si ferma.

«Come dovrò comportarmi in classe?»

«Perchè?»

«Be’...» comincio, riprendendo a camminare «Non conosco nessuno... E la mamma? Non mi parla. Non mi vuole vedere. E...»

«Isy, calmati» dice con tono fermo «Andrà tutto benissimo. Dovrai solo essere te stessa...»

«Sicuro?»

«Sì, fidati di me».

Gli stringo la mano.

Arriviamo fino al quadro della Signora Grassa.

«Parola d’ordine?»

«Fortuna Maior» dice piano «Ci vediamo a lezione, signorina Urquart».

«Buonanotte professor Piton».

«Buonanotte».

Entro nel buco dietro il ritratto, la sala comune mi riempie gli occhi, avidi di un posto tranquillo. Nulla è cambiato, se non le persone che ci sono dentro.

Mi arrampico su per la scala a chiocciola fino al dormitorio del terzo anno.

Apro la porta, non so cosa aspettarmi.

Tre paia di occhi curiosi e disorientati si posano su di me.

«Buonasera» sussurro quasi intimidita.

Non dicono nulla per alcuni istanti.

«Forse hai sbagliato dormitorio, sei di prima?»

«No, sono nuova... Sono al terzo anno».

«Chi sei?» domanda la ragazza che era seduta con i Weasley e Potter.

«Isobel Urquart».

«Piacere... Io sono Hermione».

«Lavanda».

«Calì...» borbotta una ragazza indiana.

«Molto piacere... Il mio letto...»

Me ne indicano uno accanto a una grande finestra colorata.

Lì vicino c’è il mio baule.

Le due ragazze di nome Calì e Lavanda parlottano e ridacchiano tra di loro, Hermione invece sistema le sue cose, alzando di tanto in tanto gli occhi al cielo.


***

Note dell'autrice:  Buongiorno o buonasera, grazie se siete arrivati fin qua :) A venerdì prossimo

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 6 ***


Le due ragazze di nome Calì e Lavanda parlottano e ridacchiano tra di loro, Hermione invece sistema le sue cose, alzando di tanto in tanto gli occhi al cielo.

 

6

 

Due occhi gialli risplendono nel buio.

«Ciao micio...» borbotto con la voce ancora impastata dal sonno.

Gli accarezzo la testolina morbida, con le orecchie che vibrano al mio tocco. Si rotola sulle coperte del letto, emettendo un suono gutturale di piacere.

«Come ci sei arrivato qua?» gli domando mentre con le zampine di velluto mi acchiappa la mano per giocarci.

Miagola sonoramente, mordicchiandomi le punta delle dita.

È così piccolo e fragile, sento tutti gli ossicini sotto il pelo liscio.

«Sarà meglio che vada a prepararmi... Tu che fai?»

Scatta dritto in piedi e scappa via senza aspettare un attimo.

-

Entro nella sala grande. Non c’è ancora molta gente, è abbastanza presto.

Cerco Sev al tavolo degli insegnanti, ma lui non c’è. Scorgo, invece, mia madre, che mi spia furtivamente quando pensa che io non la stia guardando. Mi sembra di giocare con lei a chi distoglie prima lo sguardo.

Si alza, con in mano una pila di pergamene non troppo grandi.

Bevo un sorso di succo di zucca.

La seguo in ogni suo movimento senza lasciar trasparire nulla dei miei pensieri.

Si avvicina al tavolo dei Grifondoro. Sembra quasi... Allegra.

Si ferma a parlare con alcuni ragazzi e lascia loro dei fogli.

Arriva a pochi passi da dove sono seduta, porge una pergamena a un ragazzo di nome Paciock.

Chino lo sguardo sul bicchiere, ancora mezzo pieno. Sento le sue vesti scivolare nel posto accanto al mio.

«Ciao Isy» mi sussurra piano. Non c’è nessuno che possa sentire nelle immediate vicinanze.

«Ciao mamma».

Non ho la forza di guardarla negli occhi.

«Ho il tuo orario...»

«Grazie».

Sospira.

«Seguirai tutti i corsi» dice non troppo sorpresa «Hai un...»

«Sì» tiro fuori il prezioso ciondolo con la clessidra da sotto la camicia bianca.

«Il professor Silente mi aveva accennato qualcosa».

«Mh...»

«Sei arrabbiata con me?»

Faccio di no con la testa, senza alzare lo sguardo.

«Devo andare, scusami».

Sento una stretta al cuore mentre mi alzo e mi trascino fuori dalla sala grande.

-

Sto voltando l’angolo per raggiungere l’aula di Aritmanzia quando un urto improvviso con qualcuno di non ancora identificato mi fa volare per aria tutti i libri e i fogli degli appunti.

«Oh, scusami... Non ti avevo...»

È la Granger, con la sua massa di capelli ricci, che mi guarda esterrefatta. Era presente anche alle lezioni di Divinazione e Babbanologia, come se non bastasse, continuo a incrociarla in giro.

Ci chiniamo a raccogliere i fogli e i libri di entrambe, ma una volta rimesse in piedi, ognuna con la propria pila di carta tra le braccia la domanda sorge spontanea.

«Hai un Giratempo?» ci domandiamo in coro.

-

Guardo un’altra volta l’orario, nervosamente.

L’ora di aritmanzia sta per finire.

Suona la campana.

Dopo dieci minuti buoni a girovagare per i corridoi, varco la soglia dell’aula. Mia madre è in piedi tra i banchi, mi vede entrare, ma fa finta di niente. Non mi sgrida per il ritardo. Mi vede, ma continua a parlare.

«...Non viene accolta da un applauso».

Mi siedo verso il fondo dell’aula nell’unico posto libero.

Nessuno parla. Solo Hermione alza la mano.

«Ci scusi, professoressa, abbiamo appena avuto la prima ora di divinazione e stavamo leggendo le foglie di tè e...»

«Ah, certo» esclama lei accigliata «Non c’è bisogno di aggiungere altro, signorina Granger. Ditemi, chi di voi morirà quest’anno?»

Tutti gli sguardi si volgono a lei.

«Io» dice Potter alla fine.

«Capisco» commenta «Allora è bene che tu sappia, Potter, che Sibilla Cooman ha predetto la morte di uno studente all’anno da quando è arrivata in questa scuola. Nessuno è ancora morto. Vedere presagi di morte dappertutto è il suo modo preferito di dare il benvenuto a una nuova classe. Se non fosse che non ho l’abitudine di parlar male dei miei colleghi...» si interrompe, facendo un respiro profondo «La divinazione è uno dei settori più imprecisi della magia» rincomincia un po’ più tranquilla «Non vi nasconderò che faccio fatica a tollerarla. I veri veggenti sono molto rari e la professoressa Cooman...» s’interrompe di nuovo e rincomincia di nuovo, con tono sbrigativo «A me sembri in perfetta salute, Potter, quindi mi scuserai se non ti dispenso dai compiti oggi. Ti assicuro che se dovessi morire non sei tenuto a consegnarli».

La Granger ride. Probabilmente avrei riso anch’io, ma il mio morale è sepolto da qualche parte e non sembra aver intenzione ritornare.

Riprende a parlare, ma le sue parole scivolano tra i miei pensieri senza venir ascoltate.

Capisco che è finita la lezione quando la campanella mi risuona nelle orecchie, risvegliandomi.

Sono già uscita, ma la sua voce mi giunge lontana.

«Signorina Urquart, aspetta!»

-

Cammino per il corridoio trascinando la borsa, troppo pesante, incrocio un uomo, indossa un completo da mago piuttosto consunto, rammendato in più punti, ha l’aria stanca e malata, il viso grigio e stanco, i capelli castano chiaro e con due occhi allegri.

«Isobel?» mi chiama.

Mi volto.

«Isobel Urquart?»

«Sì».

«Ma...?»

Lo guardo accigliata.

«Sei veramente tu?»

«A quanto pare...» borbotto «Ma ora... Devo andare, ho lezione...»

«Mi spiegherai?»

«Non so. Dovrei... Be’, davvero, devo andare o farò tardi».

«A presto».

-

«Forza, avanti, muovetevi!» dice un uomo gigantesco. Ha il volto quasi nascosto da una criniera lunga e scomposta e da una barba incolta e aggrovigliata, ma si distinguono gli occhi che scintillano come neri scarafaggi sotto tutto il pelame «Oggi ho una cosa specialissima per voi! Una gran lezione! Ci siete tutti? Bene, allora seguite me!»

Costeggiamo gli alberi esterni della foresta proibita per cinque minuti buoni, per poi fermarci accanto a un recinto.

«Tutti attorno alla staccionata, qui!» grida l’uomo «Ecco... Mettetevi così che vedete bene... Adesso per prima cosa aprite i libri...»

«Come?» dice una voce fredda e strascicata. L’ho già sentita sembra quella di un Serpeverde più grande, biondo e pallido come questo.

«Eh?» dice il professore. Secondo me è un mezzo gigante, non penso che una qualunque donna normale possa sopravvivere partorendo un testone simile. Sorrido incosciamente.

«Come facciamo ad aprire i libri?» ripete il biondo.

Mi stupisce vedere cosa ognuno si sia inventato per tenere chiuso quel maledetto libro mordace. Tiro fuori il libro peloso, reso più o meno inoffensivo da un foulard rosa confetto.

Alcuni li hanno chiusi con delle cinture, altri infilati in borse strettissime o avevano fissato le pagine con un mucchio di graffette.

«Nes... Nessuno di voi è riuscito ad aprire il suo libro?» chiede disorientato.

Vedendo le risposte negative da parte di tutta la classe, prende il libro di Hermione.

«Dovete accarezzarlo» dice come se fosse la cosa più ovvia del mondo «Guardate...» strappa il Magiscotch che tiene chiusa la copia. Cerca di morderlo, ma il professore fa scorrere il gigantesco indice lungo il dorso e il libro... Rabbrividisce! Poi si apre e rimane immobile nella sua mano.

«Oh, che sciocchi!» sibila il biondo «Dovevamo accarezzarli! Perchè non l’abbiamo capito subito?»

«Be’... Sono divertenti, no?»

«Oh, terribilmente divertenti!» esclama di nuovo il biondo «Davvero spiritoso, assegnarci un libro che cerca di mangiarti le mani!»

«Taci Malfoy!» dice Potter piano.

Malfoy! Non ci credo! Quel viscido ha un figlio...

«Va bene» riprende il professore, un po’ smarrito «Allora... Avete tutti il libro... E... E... Adesso vi servono delle Creature Magiche. Sì. Io vado e le prendo. Voi state qui...»

Si allontana, addentrandosi nella foresta.

«Mio Dio, questo posto è caduto davvero in basso» dice Malfoy ad alta voce «Quell’idiota che fa da insegnante. A mio padre prenderà un colpo quando glielo dirò...»

«Taci Malfoy» ripete Potter.

«Attento, Potter, c’è un Dissennatore dietro di te...»

«Oooooh!» strilla Lavanda Brown, indicando il lato opposto del recinto.

Una dozzina di Ippogrifi con uno spesso collare di cuoio intorno al collo, legati con delle catene come fossero dei simpatici animaletti domestici nelle mani del professore, trotterellano verso di noi.

«Fermi qui, adesso!» ruggisce, agitando le catene spingendo le creature verso lo steccato.

Tutti si allontanano.

«Ippogrifi!» ruggisce ancora, allegramente il mezzogigante «Belli, eh?»

Ce ne sono di colori splendidi e tutti diversi: grigio tempesta, bronzo, fulvo rosato, castagna lucente, nero inchiostro...

«Allora» dice sfregandosi le mani e sorridendo «Se volete venire un po’ più vicini...»

Nessuno si avvicina, allora continua.

«Ora, la prima cosa da sapere degli Ippogrifi è che sono orgogliosi. Facili da offendere, ecco come sono. Mai insultarne uno, perchè può essere l’ultima cosa che fate... Dovete sempre lasciargli fare la prima mossa» continua «È educato, capito? Camminate verso l’Ippogrifo, fate un inchino e aspettate. Se anche lui fa un inchino, potete toccarlo. Se non lo fa, via veloci, perchè quegli artigli fanno male. Bene, chi va per primo?»

Gli Ippogrifi scuotono le teste fiere e agitano le ali poderose; sembrava non gradiscano di restare così legati.

«Nessuno?» dice con sguardo supplichevole.

Sto per alzare la mano, ma qualcuno mi precede.

È Potter.

Tutti trattengono il respiro, non ne capisco il motivo. Gli Ippogrifi sono creature splendide, papà ne aveva preso uno e l’aveva portato a casa, praticamente siamo cresciuti insieme, ma poi il Ministero l’ha sequestrato...

«Oooh, no, Harry, ricordati le foglie di tè!»

Ma quali foglie di tè!? Suvvia! Divinazione... E la Cooman? Probabilmente sarà fiera di noi solo se prevediamo morte e disastri.

Hermione alza gli occhi al cielo, mentre Potter si arrampica sulla staccionata.

«Bravo Harry!» ruggisce l’uomo «Vediamo come te la cavi con Fierobecco».

Slega una delle catene, allontanando l’Ippogrifo grigio dagli altri e sfilandogli il collare di cuoio.

«Piano, ora, Harry» dice a bassa voce «Hai stabilito un contatto visivo, adesso cerca di non chiudere gli occhi... Gli Ippogrifi non si fidno di te se strizzi toppo gli occhi...»

Vedo i suoi occhi lacrimare nello sforzo di non chiuderli.

Fierobecco volta la testa fissandolo con un’altera pupilla arancione.

«Così» dice il professore «Così, Harry... Ora fai l’inchino...»

Va avanti così, il professore dice cosa deve fare e Potter fa.

È strana questa classe, così diversa, così vuota... Non sono molto uniti tra di loro, sembrano sopportarsi a malapena, anzi, non si sopportano proprio. C’è molta, forse troppa rivalità tra di loro.

Da noi, a parte i battibecchi tra Severus e la coppia inseparabile James e Sirius, si andava quasi praticamente tutti d’accordo.

Dopo ho un’ora di Erbologia e poi devo fare i compiti di Aritmanzia... M’intriga come materia, ha un che di diverso da qualunque cosa abbia mai studiato prima. Sì, complessa, è vero, ma è una parte di magia non solo fisica, ma completamente astratta e di puro ragionamento e questo è stupendo. Un po’ come calcolare le misure esatte degli ingredienti delle pozioni. Pozioni e la materia applicativa di Aritmmanzia, in pratica.

Uno strillo acuto mi risveglia dai miei pensieri.

«Muoio! Muoio, guardate! Mi ha ucciso!»

Ma che muori e muori... I morti fanno meno casino, stanne certo.

Malfoy si sta contorcendo dopo che l’Ippogrifo, offendendosi alle sue parole, gli ha dato una zampata con i suoi splendidi artigli affilati.

Il professore lo prende tra le braccia e lo porta al castello mentre la classe li segue a debita distanza.

Rimango accanto allo steccato.

Gli Ipogrifi sono chiusi dentro e sono legati.

Ci scommetto la bacchetta che Malfoy creerà casini. Chissà che fine faranno queste magnifiche creature.

Sospiro e mi incammino verso il castello.

-

Ho appena finito gli esercizi, esco dalla sala comune e mi ritrovo a passeggiare per i corridoi, visto che ci è stato vietato di uscire dal castello dopo la fine delle lezioni, be’, a me è stato vietato punto...

Incontro il barone sanguinario a cui chiedo dove posso trovare il professor Piton.

Mi guarda stranito, probabilmente si chiede per quale motivo una Grifondoro dovrebbe andare a cercare il Direttore della casa di Serpeverde.

Scendo nei sotterranei fino alla porta del suo ufficio.

«Avanti» dice una voce gelida dall’altra parte.

Non alza nemmeno lo sguardo, continua a scrivere su un pezzo di pergamenaqualcosa che lo prende molto.

«Sev...?» sussurro quasi intimidita da questo suo atteggiamento.

D’improvviso si ferma e mi guarda disorientato.

«Isy, cosa ci fai qua?» mi domanda.

«Ho finito Aritmanzia e sono venuta a trovarti...»

Mi lascio cadere su una poltrona, esausta.

È un bell’ufficio, elegante, raffinato e con un leggero aroma di menta. Mi piace stare qua...

Finisce di scrivere qualcosa, poi mette via e mi guarda quasi divertito.

«Allora?»

Alzo le spalle.

«Isy, è, direi, quasi tardi. Vieni nel mio ufficio e non mi dici nulla. C’è qualcosa che non va?»

«Non lo so... È che, è tutto così diverso...» miagolo in un sussurro.

«Sono passati tanti anni».

«È vero, ma... Cos’è successo? Perchè sono scomparsa e ricomparsa così? Dove sono stata in tutto questo tempo? Perchè a me?» dico tutto d’un fiato.

«Non lo so, Isy» dice in tono di scusa.

È vero, come fa a sapere cos’è successo? Sono una stupida!

«Scusami Sev, non dovevo» mi alzo e mi dirigo alla porta.

«Isy, fermati» mi ordina calmo «Torna qua».

«È tardi, è meglio che torni alla mia sala comune...»

«No, puoi aspettare ancora qualche minuto».

Lo raggiungo.

È così grande, così troppo grande. È cambiato.

Mi prende le mani, mi tiene vicina.

«Isobel Urquart, ti giuro solennemente sul mio onore che cercherò in ogni modo di rispondere alle tue domande»

Un piccolo sorriso compare sulle mie labbra, timido e lusingato.

Anche lui sorride, si alza e mi stringe forte.

È il mio Sev, alla fine, è il mio migliore amico.

Si allontana.

«Allora, pronta per domani?»

«Per pozioni?»

«E che altro, se no?»

«Bha, pensavo di prendermi un’ora di riposo...»

«Provaci e vengo a prenderti di peso, non posso permettirmi di perdere l’occasione di avere una studentessa decente nella mia classe».

«Solo decente?» dico fingendo di essere offesa.

«Be’ di certo migliore di quelle teste di legno che mi ritrovo in aula da quando insegno» ridacchia «Ora è meglio che vai, è tardi...»

«Non voglio andare... Due mie compagne di stanza mi fanno... Paura!»

«Paura? Paura, tu? Sei certa di non essere cambiata?» ride di gusto, poi dopo essersi calmato un attimo mi guarda e dice serio:

«Be’, però se sono la Brown e la Patil, ci credo».

Alzo le spalle, sorridendo.

«Su, devi andare...» mi dice piano «Ci vediamo domani mattina».

«A domani, buonanotte».

«Buonanotte, Isy».

Sono sulla porta.

«Sev!» lo chiamo.

«Cosa?»

«Grazie».

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 7 ***


«Sev!» lo chiamo.
«Cosa?»

«Grazie».


7

Isobel


Sto camminando per i corridoi bui e vuoti, come tunnel infiniti.
La pietra fredda e i piedi scalzi.
C’è qualcosa che non va. C’è qualcosa di strano nell’aria.
«Isy...»
La sua voce calda mi avvolge.
«Mamma!»
Non la vedo. Non c’è.
«Isy...»
«Mamma, dove sei?»
«Urquart, svegliati!»
Spalanco gli occhi, inondati dalla luce del sole mattutino.
Calì è china su di me. Mi osserva incuriosita.
«Tutto bene? Stavi urlando. Hai avuto un incubo? Ti ricordi qualcosa? Sei in ritardo. Tra un quarto d’ora cominciano le lezioni! Vuoi che dica che non potevi venire a lezione? Che stai male?» mi domanda esaltata, squittendo ogni volta.
Realizzo per un attimo che sono nel mio letto ed è tardi.
«No, no, grazie Calì... Non-non ce n’è bisogno, ci metto un attimo...»
«Ok, allora noi andiamo» mi sorride in modo esageratamente smielato ed euforico, accanto a lei la Brown con lo stesso sorriso stampato in viso.
Escono e rimango sola.
Tiro un sospiro di sollievo, ma per mia disgrazia, dovrò subirmele comunque la prima ora, dopo aritmanzia, a divinazione...
Esco di corsa dal buco del ritratto, rimproverata da un’infastidita Signora Grassa.
Raggiungo l’aula di aritmanzia, appena in tempo.
-
Severus

... Una piuma di Augurey e dieci grammi in polvere di radice di Aconito...
Uno sbuffo di vapore nero.
E anche per oggi, ho finito.
Esco dal mio laboratorio e raggiungo l’aula dove tra alcuni minuti avrò lezione con i Serpeverde e i Grifondoro del terzo anno.
Attendo il loro arrivo scrivendo i procedimenti della pozione restringente alla lavagna.
La porta si apre. Sono in piedi accanto alla cattedra.
Gli occhi verdi di Lily si fanno strada tra i banchi, ma il mio sguardo viene attirato dal sorriso dolce di Isobel, che prende posto in prima fila.
«Avete due ore per la preparazione della pozione, nonostante non ci voglia più di un’ora e mezza, ma conoscendo le capacità di teste di legno come voi... » c’è qualcosa che non va, qualcuno che manca «Cominciate, alla fine delle due ore voglio una provetta con i vostri (scarsi) risultati sulla mia scrivania!»
Sono al lavoro da quasi un’ora, passo tra i calderoni fumanti, ma molti sono indietro nel lavoro, altri terribilmente sbagliati, ma solo un paio sono a buon punto qualitativamente. La Granger segue minuziosamente le mie istruzioni, quasi in modo nauseante. Isobel usa gli ingredienti con una tecnica estremamente particolare, come ha sempre fatto, ma ogni volta mi sorprende. La sua pozione è di uno splendente color verde acido.
Sono proprio accanto a lei, quando la porta si apre, senza tante storie, e Malfoy, con un braccio fasciato e legato al collo, entra con aria spavalda e baldanzosa.
Nemmeno gli chiedo cosa diavolo ha in mente, non ho intenzione di dargli un motivo in più per sentirsi compatito.
La Parkinson gli domanda come sta, con un tono incredibilmente sdolcinato e irritante.
«Al posto, al posto».
Si sistema accanto a Potter e Weasley, lo guardo accigliato.
-
«Signore» mi chiama «Signore, ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a tagliare queste radici di margherita, perchè ho il braccio...»
«Weasley, taglia tu le radici a Malfoy» ordino senza alzare gli occhi dal lavoro di Isobel.
Passano alcuni istanti.
«Weasley, hai sentito cos’ha detto il professor Piton. Tagliami quelle radici».
Alzo gli occhi al cielo, esasperato. Piccolo, viscido e viziato di un Malfoy, anche se, finchè se la prende con uno degli amichetti di Potter, mi va anche bene.
«Professore» mi chiama ancora il ragazzo con quella sua voce strascicata «Weasley sta mutilando le mie radici».
Mi alzo per verificare la situazione.
«Dai le tue radici a Malfoy, Weasley».
«Ma professore...!» diventa paonazzo.
«Adesso».
-
«Signore, ho bisogno che qualcuno mi sbucci questo Grinzafico».
«Potter, sbuccia il Grinzafico di Malfoy».
-
Passo davanti al tavolo dove Paciock sta lavorando.
«Arancione, Paciock» prendo il mestolo per osservare meglio l'obbrobrio e lo lascio ricadere nel calderone «Arancione. Dimmi, ragazzo, non ti entra proprio niente in quel testone? Non hai sentito quando ho detto che bastava una sola milza di gatto? Non ho detto che bastava una spruzzata di succo di sanguisuga? Che cosa devo fare perchè tu capisca, Paciock?»
Sembra sul punto di piangere.
«La prego, professore» dice la Granger intromettendosi «Per favore, mi permetta di aiutare Neville a sistemare le cose...»
«Non ricordo di averti chiesto di esibirti, signorina Granger» dico gelido «Paciock, alla fine della lezione daremo un po’ della pozione al tuo rospo e staremo a vedere che cosa succede. Forse così imparerai a fare le cose per bene».
Mi allontano, ma sento Finnigan nominare Black e la Gazzetta del Profeta.
«Stai pensando di catturare Black da solo, Potter?» domanda Malfoy.
No, che non lo stai pensando, vero, gran testa di legno d’un Potter?
«Sì, proprio così».
Non ci credo... Ma cos’ha al posto del cervello?
«Naturalmente, se si trattasse di me, avrei già fatto qualcosa. Non me ne starei qui a scuola come un bravo bambino. Sarei in giro a cercarlo».
«Di che cosa stai parlano, Malfoy?» domanda brusco Weasley.
«Non lo sai, Potter?»
«Non so che cosa?»
Malfoy ride.
«Forse è meglio che non rischi la pelle. Meglio lasciar fare ai Dissennatori, vero? Ma se si trattasse di me, vorrei vendicarmi. Sarei io a dargli la caccia».
«Cosa diavolo stai dicendo?» esclama Potter con rabbia.
Devo fermare immediatamente la discussione.
«Ormai dovreste aver finito di mescolare gli ingredienti. Questa pozione ha bisogno di cuocere prima che sia possibile berla. Mettete via tutto mentre bolle e poi proveremo quella di Paciock...»
Tiger e Goyle scoppiano a ridere.
Stupidi ragazzi.
Mi avvicino a Paciock.
«Tutti qui... E guardate cosa succede al rospo di Paciock. Se riuscito a preparare una Pozione Restringente, diventerà un girino. Se ha sbagliato, e non ho alcun dubbio in proposito, è probabile che il suo rospo finisca avvelenato».
Isobel è vicina a me, la sento, si è alzata con tutti gli altri e s’è messa al mio fianco. Sento il suo calore.
Prendo il rospo del ragazzo nella mano sinistra e con un cucchiaino gli verso in gola un po’ della pozione. È verde... Qui Granger ci cova.
Con un pop, nella mia mano compare un girino, che si contorce agitato.
Applaudiscono contenti e sollevati. I Grifondoro. Incredibile.
Faccio tornare il rospo alla sua forma adulta.
«Cinque punti in meno per i Grifondoro» dico piano «Ti avevo detto di non aiutarlo, signorina Granger... La lezione è finita».
-
«Sei stato cattivo, Sev...» ridacchia.
Sta sistemando la sua postazione.
«A cosa ti riferisci?» domando allegro.
«Neville è un ragazzo fragile, dovresti essere un po’ più delicato con lui...»
«Io non sono delicato» rido.
«Sì, invece. Quando vuoi sai esserlo, lo so...»
«Tu, forse, ma lui no. Io sono così a lezione, non posso perdere la mia immagine, la mia reputazione...»
Alzo lo sguardo, incontrando il suo che mi guarda con una punta di disapprovazione.
«Ma se tu fossi più simpatico, più socievole... Se solo fossi te stesso, dimostreresti agli altri la meravigliosa persona che sei ed è...» mi sono avvicinato a lei, probabilmente non mi ha visto, nè sentito, perchè sussulta quando la stringo tra le braccia «... Un peccato...»
Così piccola, così fragile...
«Mi sei mancata tanto».
«Anche te».
-
Isobel

Mi siedo al tavolo dei Grifondoro, non mi sento molto bene, ma non so a chi dirlo.
Potrei dirlo a Severus, lui saprebbe cosa fare, ma non voglio disturbarlo, sta lavorando alla sua pozione...
Potrei dirlo ad Hermione, anche se non la conosco granché, se non fosse che al momento sta facendo un pisolino di metà giornata, anche lei risente già del continuo avanti e indietro nel tempo.
Potrei andare dalla mamma, se non fosse che... Non posso andare dalla mamma, non posso proprio.
Mi terrò il male, prima o poi passerà.
-
Per la prima lezione di Difesa contro le Arti Oscure, Remus Lupin, con il suo sorriso vago e il suo aspetto trasandato ci ha portato in aula professori, una stanza lunga, rivestita di legno, piena di vecchie sedie scompagnate.
Non mi sfugge lo sguardo indagatore di Severus, seduto su una poltrona basa.
Gli passo accanto, sfiorandolo appena con la punta delle dita.
Lo sento irrigidirsi al mio tocco, prima di rendersi conto che sono io.
Lupin sta per chiudere la porta, ma Sev lo blocca.
«Lasciala aperta, Lupin. Preferisco non assistere» si alza, col mantello nero che gli fluttua alle spalle. Prima di uscire, però, si volta «Forse nessuno ti ha avvertito, Lupin, ma in questa classe c’è Neville Paciock. Tu consiglio di non affidargli compiti troppo difficili. A meno che la signorina Granger non gli borbotti suggerimenti nell’orecchio».
Rimango in piedi a fissarlo stupefatta mentre esce e non appena tutti si voltano a guardare Lupin, sgattaiolo fuori dalla stanza.
Sta camminando incredibilmente piano lungo il corridoio buio.
«Professor Piton!» lo chiamo ad alta voce.
Non si ferma, fa finta di niente.
«Professor Piton!» ripeto giungendo a pochi metri da lui.
Ma, per Merlino!
«Severus, fermati per favore!»
Lo prendo per un braccio e mi metto di fronte a lui.
Mi guarda gelido, consapevole di ciò che ha detto.
«Sev, perchè...?»
Alza le spalle e cerca di allontanarsi, ma lo prendo gli prendo i polsi, tenendolo fermo, per quanto possa.
Distoglie lo sguardo.
«Guardami, Sev...»
Sbuffa.
«Per favore...»
I suoi occhi neri incontrano finalmente i miei.
«Isobel, sai che non cambierò, quindi non dannarti l’anima, non serve a nulla... E poi lo sai anche te, Paciock è un imbranato e la Granger è una so-tutto-io...»
«Io mi dannerò sempre l’anima per te, lo sai».
«Non dovresti...»
«Ma lo farò ugualmente» dico piano «Senti, non ti chiedo di smettere di essere così acido con i tuoi studenti, ma almeno sii un po’ più tollerante e magari qualcuno, oltre a me, verrà a fare lezione di pozioni più volentieri...»
«Mh, vedrò... Comunque, tu non dovresti essere a lezione?»
«Sì, ma...»
«Niente ma, ora fila in classe o lo vado a dire a tua madre che salti le lezioni di Difesa!» dice ridendo.
Già, la mamma...
«Isy, tutto ok?»
«Eh... Sì...»
«Sei sicura?»
Lo guardo negli occhi, sa già la verità, perchè mentire?
«No».
«Hai parlato con tua madre?»
«No, dopo che mi ha dato l’orario non le ho più parlato...»
«Andiamo da lei?»
«Non lo so e se poi non vuole vedermi?»
Mi accarezza la testa come se fossi un qualche cucciolo. Accenno un sorriso.
«Ti vorrà sempre, è tua madre e ti vuole bene».
«Va bene...»
«Ok, ora torni a lezione?»
«Non mi va di tornare a lezione... È la prima di Difesa, cosa vuoi che sia. Ho già frequentato le lezioni di due settimane in tre giorni, mi serve una pausa».
Ci pensa un po’ su, indeciso se darmela vinta o no.
«Va bene, ma che non si ripeta troppo spesso!»
«Ok, grazie grazie grazie!»
Sorride gentile.
«Ti va d darmi una mano con una pozione?»
«Darti una mano con una pozione? Io? E in che cosa potrei aiutarti?»
«Be’, ho un piccolo problema... Non ho abbastanza mani per versare tutti gli ingredienti insieme nello stesso tempo».
«Perchè non provi a farli levitare?»
«Non possono essere contaminati da incantesimi. Sono ingredienti purissimi e anche solo farli levitare rovinerebbero il loro effetto...»
-
Minerva

Un minuto ancora.
Quaranta secondi.
Manca poco.
Venti secondi.
Pochissimo.
...Cinque, quattro, tre, due, uno...
Suona la campana.
La mia ora è definitivamente iniziata.
Entrano alcuni Grifondoro, ma lei non c’è.
Poi Malfoy e il suo seguito, ma lei non c’è.
Potter e Weasley, ma lei non c’è.
La Granger, con i capelli all’aria e un aspetto stremato, ma lei non c’è.
Arriva la parte mancante dei Serpeverde, ma lei non c’è.
Gli ultimi Grifondoro, a parte lei.
Do loro il materiale per cominciare a lavorare ed esco dall’aula.
Lei è lì, in piedi davanti alla porta, lo sguardo basso, indecisa se entrare o no.
Come vorrei avvicinarmi e stringerla forte tra le mie braccia. Come vorrei dirle che mi dispiace, che sono contenta che sia tornata, che mi è mancata e che le voglio bene, ma qualcosa mi blocca.
I suoi capelli neri fanno risaltare un insolito pallore sul suo viso.
D’un tratto ritrovo i suoi occhi nei miei, lucidi dalla stanchezza, immobili su di me.
Vedo la sua vista annebbiarsi e il suo fragile corpo senza sensi accasciarsi a terra.
«Isobel!» esclamo preoccupata.
La alzo da terra, tenendola in braccio.
«Isy, svegliati...» sussurro piano, mentre con passo rapido raggiungo l'infermeria.
Sento il mio cuore accelerare e battere forte nel petto come se volesse saltare fuori.
«Isy... Tesoro, svegliati...»
Entro in infermeria.
«Poppy! Poppy!»
«Cosa c’è?» vede Isobel tra le mie braccia «Per Merlino! Cos’è successo? Mettila qua...»
«È svenuta... È caduta a terra, fuori dalla mia aula...»
Le sente il polso.
«Il battito è normale... Ha l’aria stanca» dice indicando le occhiaie «Un po’ di riposo la rimetterà in sesto. Puoi lasciarla a me, ora. So che hai lezione, vai. Quando hai finito potrai venire a farle visita...»
«Ma...» non voglio lasciarla, non voglio allontanarmi ancora da lei.
«Minerva, non accetto ma, ora vai!»
Lascio a malincuore la stanza tornando in aula.
-
Severus

Cerco Isobel con lo sguardo per la sala grande.
Non la vedo. Non è al suo solito posto, non è da nessuna parte al tavolo dei Grifondoro.
La McGranitt, seduta qualche posto più in là, sposta sovrappensiero le sue patate nel piatto con la forchetta.
«Minerva...?» la chiamo sottovoce.
Si desta all’improvviso.
«Sì?»
«Dov’è?»
Mi guarda con lo sguardo vacuo, come se fosse sotto effetto di una pozione tranquillante.
«Chi?»
«Lei».
«Isobel?»
«Sì».
«In infermeria...»
Apro la bocca come per parlare, ma le parole mi si fermano in gola. Mi ricompongo e mi alzo da tavola.
A passo spedito raggiungo l'infermeria. Apro la porta facendola sbattere.
«Professor Piton!» mi rimprovera Madama Chips «Perchè tanta foga?».
«La... La professoressa McGranitt mi ha detto che Isobel Urquart è qui».
«Sì, sta dormendo, ora. Doveva riposare un po’ quella povera ragazza».
«Cos’è successo?»
«È svenuta».
La vedo, in un letto in fondo alla stanza, vicina a una delle alte vetrate colorate.
«Posso...?»
«Faccia pure, ma non la svegli».
«Ma come sta?» domando preoccupato.
«Sta abbastanza bene, quindi si calmi, o dovrò dare anche a lei un po’ di pozione tranquillante!»
«Anche a me?»
«Sì».
«La professoressa McGranitt...?» azzardo
«Sì, non voleva andarsene, ma le ho imposto di non saltare i pasti e dato che si rifiutava le ho dato un po’ di pozione... Se mi promette che non la sveglierà, la lascio qua da solo con lei, professore. Io dovrei andare a parlare con la professoressa Sprite, non dovrei metterci molto».
«Ha la mia parola, Madama Chips!»
«Mh, va bene...»
Esce e io raggiungo il letto dov’è sdraiata.
Mi siedo al suo fianco tenendole la mano. È fredda come il ghiaccio, ma il volto è arrossato sulle guance e il suo petto si alza e s’abbassa dolcemente seguendo il suo respiro lieve.
Io ricordo quel giorno... Quell’ultimo giorno, prima che sparisse. Era così contenta, avevamo tutta l’estate davanti, eppure era cambiato tutto così in fretta.
So che è da qualche parte, lì, nei suoi ricordi, non può essersi dimenticata quel momento...
«Sev...» sussurra piano nel sonno.
Una strana sensazione mi prende allo stomaco, un piccolo piacere che mi formicola nella pancia.
La osservo dormire tranquillamente con quell’espressione dolce in viso.
Si sposta su un lato e stringe a sé la mia mano. Un calore mi pervade, su per il braccio e poi in tutto il corpo.
-
«Professor Piton, è tardi, sarà meglio che vada...»
«Non posso stare qui ancora un po’, Madama Chips?»
«No, è quasi mezzanotte. Ha bisogno di dormire anche lei, professore! Ora vada, non la voglio più vedere prima di dodici ore! Mi sono spiegata?»
«S-sì» mai contraddire Madama Chips in questi momenti.
«Mh, vedremo...» si volta, ma sono certo che ha le orecchie tese per ascoltare ogni mio movimento.
Mi chino su Isobel che continua a dormire come un piccolo angelo, la bacio sulla fronte.
«Buonanotte scricciolo».
-
Isobel

È tutto caldo, non ho la forza o la volontà di muovere un muscolo. Gli occhi chiusi sono irradiati dal sole caldo.
Un pizzichìo sulle guance mi convince a sbirciare tra le ciglia. Un musino peloso mi sfiora il viso con i lunghi baffi.
«Ciao micio...» borbotto, mentre il gatto zampetta sulla mia pancia facendo vibrare le piccole orecchie vellutate. Rido facendolo saltellare e, non riuscendo a rimanere in equilibrio, cade, rotolando sulle coperte.
Miagola sonoramente, arricciando la coda striata.
Si accoccola accanto a me, facendo le fusa mentre l’accarezzo.
La porta si apre e il gatto scappa via, nascondendosi sotto il letto.
«No, aspetta!»
Mi metto seduta, sporgendomi per vedere dov’è andato.
«Ben svegliata, signorina Urquart, dormito bene?»
Alzo lo sguardo, incontrando i suoi occhi scuri.
«Ciao Sev...»
«Ciao Isy, che stai cercando?»
«Il gatto».
Mi guarda serio.
«Quale gatto?»
«È un bel gattino striato, non so di chi sia, ma ogni tanto mi viene a trovare, solo che poi scappa...»
Contrae la mascella per qualche istante, ma poi sulle sue labbra si apre un ampio sorriso.
«Oh, be’... Ritornerà. Comunque, come stai?»
«Bene, ma perchè sono qui?»
«Madama Chips ha detto che sei svenuta».
«Sul serio? Sono svenuta e nemmeno me lo ricordo?»
«Può succedere, l’importante è che adesso tu stia bene».
Si siede sul bordo del letto, ha i capelli che gli cadono dritti dritti intorno al viso. Sulla manica della veste s'intravedono delle bruciature.
«Cos’è successo? È esploso qualcosa?» domando indicandoglielo.
«Paciock» risponde cupo.
Scoppio a ridere.
«Non c’è nulla di divertente».
«Invece sì, dovresti vedere la tua faccia...»
Sbuffa, cercando di trattenere anche quel piccolo sorriso che vorrebbe affiorare.
«Ma... Se hai avuto lezione con quelli del terzo anno...» comincio «Da quanto sono qua?»
«Due giorni».
Due giorni?! Dovrò recuperare tutte le lezioni! Ma non importa...
«E la mamma? Lei lo sa che sono qui, vero?»
«Sì, ti ci ha portato lei».
-
Severus

Vedo il suo piccolo viso rabbuiarsi.
«Be’, hai presente la lezione di Difesa che hai saltato l’altro giorno quando sei venuta con me?» cerco di distrarla.
Annuisce.
«A quanto pare sono stato protagonista della scena, grazie a quella testa di legno di Paciock...»
Mi guarda incuriosita, chiedendomi di continuare.
«Durante la lezione, a quanto pare, hanno affrontato il molliccio che stava nell’armadio dell’aula professori.. Un molliccio prende la forma di ciò di cui il suo avversario ha più paura. Durante il turno di Paciock è diventato... Me».
Scoppia a ridere, i boccoli neri che le rimbalzano sulle spalle.
«Si sa che Neville ha paura di te, ma sei davvero la cosa di cui ha più paura in assoluto...?» ride, contenta e rilassata.
«A quanto pare... Ma non sai ancora la parte più, diciamo, divertente».
«Sono tutta orecchie» dice eccitata.
«Una volta che ha eseguito l’incantesimo, i vestiti della mia copia-molliccio sono trasfigurati in quelli di sua nonna...» borbotto fingendomi offeso «Su suggerimento di Lupin, ovviamente».
Le sue risa cristalline riempiono l’aria.
«Che peccato essermelo perso!»
È vero, ma ora ho la scusa per strapazzare Paciock un po’ più del solito.
«Bene, così ora lo sanno proprio tutti quanti a scuola».
Sorride, avvicinando il suo visino dolce al mio.
Arriccia il naso, spalancando gli occhioni grigi.
«Pensi che Madama Chips mi farà uscire di qui, ora?» mi domanda «Sto bene. Mai stata meglio».
«Potrai chiederglielo quando arriva, io devo andare. Ho una pozione in fermentazione che tra non molto necessiterà le mie attenzioni...»
«Va bene».
«Sono contento che ti sia finalmente svegliata, iniziavo davvero a preoccuparmi».
Le accarezzo la testa e mi alzo.
«Ciao scricciolo».
«Ciao Sev».
 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 8 ***


«Sono contento che ti sia finalmente svegliata, iniziavo davvero a preoccuparmi».

Le accarezzo la testa e mi alzo.

«Ciao scricciolo».

«Ciao Sev».

 

8

Isobel

 

È ormai finito settembre e ho finalmente preso l’abitudine del ritmo frenetico delle lezioni.

Con la mamma ancora non ci parlo, ma in compenso ho cominciato delle lezioni con Severus il sabato pomeriggio. Sta cercando a insegnarmi a evocare un Patronus corporeo, come gli avevo chiesto prima che cominciasse la scuola.

È più complicato di quanto pensassi. Bisogna sgombrare completamente la mente, cosa che già mi risulta difficile, tra i pensieri sulla mamma, su papà, di cui ancora non sono riuscita a scoprire nulla o a qualsiasi altra cosa, anche insignificante, che mi passa per la testa. Poi, si deve evocare un ricordo piacevole, felice... Il più felice, ma ogni volta che ci provo, anche lì, mi viene male pensando alla mamma e a papà... E infine pronunciare l’incantesimo, ma quella è la cosa più semplice.

Severus non mi vuole mostrare il suo Patronus, dice che nessuno l’ha mai visto, ma che me lo mostrerà solo quando riuscirò a evocarne uno completo.

-

Entro in sala comune, a seguito di un gruppo di Grifondoro in divisa da Quidditch.

La voce di Potter mi giunge all’orecchio.

«Che cosa è successo?»

Il fratello minore dei Weasley ed Hermione sono seduti vicino al camino, intenti a compilare delle mappe stellari per Astronomia.

«Il primo fine settimana a Hogsmead» dice il rosso «Alla fine di ottobre. Per Halloween».

«Ottimo» esclama un altro rosso, uno dei due gemelli Weasley «Devo andare da Zonko, sono a corto di Pallottole Puzzose».

Mi siedo su una delle poltrone, poco più in là, vicino al fuoco.

«Harry, sono sicura che la prossima volta potrai venire» dice Hermione sicura «È probabile che presto catturino Black, è già stato avvistato un’altra volta».

«Black non è così sciocco da tentare qualcosa a Hogsmead» continua il Weasley più piccolo «Chiedi alla McGranitt se puoi venire questa volta, Harry, la prossima chissà quando sarà...»

«Ron!» esclama Hermione «Harry deve rimanere a scuola...»

«Non può essere l’unico del terzo anno che non viene» continua il rosso «Chiedi alla McGranitt, dai, Harry...»

«Sì, credo che lo farò» annuncia Potter agli altri due.

Non riesco ad ascoltare oltre.

Mi alzo ed esco dal buco del ritratto.

-

«Sev...»

«Ciao Isy! Cosa ci fai qua?» domanda sbucando da dietro una libreria con un volume di pozioni in mano.

«Hanno esposto la data della prima uscita a Hogsmead».

«E...?»

«E io non ho il permesso...»

«Io non posso dartelo, lo sai» dice dispiaciuto.

«Sì, ma... Uffa!» mi butto sul divano a faccia in giù.

«Non è il caso di parlare con tua madre?» mi domanda cauto.

Alzo la testa, incontrando il suo sguardo.

«Non posso».

Lascia giù il libro che tiene in mano e si siede accanto a me.

«Non ti capisco Isobel... Hai una madre che ti vuole bene e che farebbe di tutto per te, eppure...»

«Non posso, Sev. Non posso e basta».

«Va bene, allora cosa pensi di fare?»

«Niente...»

Mi guarda sconcertato.

So cosa sta pensando. Ma io sento anche quel magone dentro di me, che cresce, che continua a crescere e che fa male. Ho bisogno di lei. Ne ho sempre avuto bisogno, era il mio porto sicuro, il mio rifugio, ma ora non so più come comportarmi.

Le lacrime mi salgono agli occhi, prendendosi gioco di me.

Non voglio piangere, non mi è mai piaciuto piangere, ma non riesco a fermarmi e a ricacciarle indietro.

Sev se ne accorge, lui è sempre stato al mio fianco. Mi stringe forte al suo petto, asciugandomi il viso, in silenzio.

-

Severus

 

Non piange più, s’è addormentata tra le mie braccia.

È troppo per lei, è solo una bambina, per Salazar!

La porto nel mio letto e la metto sotto le coperte.

Devo fare qualcosa, non può andare avanti così...

La lascio dormire tranquilla ed esco nei corridoi, fino a raggiungere l’ufficio della professoressa McGranitt.

Busso più volte prima che la porta si apra davanti a me.

I capelli perfettamente ordinati, raccolti in uno stretto chignon, gli occhiali squadrati calati sul naso, davanti agli occhi verdi.

«Severus, che ci fai qua a quest’ora della notte, è... È successo qualcosa?» mi domanda preoccupata.

«Si tratta di Isobel».

«Entra» mi ordina con un tono che non ammette repliche.

La scrivania è sommersa di pergamene e molti libri sono stati tolti dagli scaffali per poi essere stati lasciati in pile piuttosto alte disseminate sul pavimento della stanza.

«Accomodati pure».

Mi siedo sulla sedia più vicina.

«Cos’è successo?»

«Ha pianto tutta la sera».

«Per quale motivo?»

«Oserei azzardare a causa tua, Minerva...»

Mi guarda ammutolita,con espressione seria.

«Non ha il coraggio di venire a parlarti, ha paura di venir rifiutata, che non la vuoi più...»

«Ma non è vero!»

«Potrà non essere vero, ma lei ha bisogno di sentirselo dire da sua madre».

Fa per parlare, ma subito richiude le labbra, senza dire una parola.

«Fa come vuoi, invitala a fare una passeggiata o prestale un libro o qualsiasi altra cosa...»

Ancora una volta non mi risponde.

«Ora devo andare. Rifletti su ciò che ti ho detto... E pensa al SUO bene!»

Sto per uscire, ma mi ferma.

«Severus, perchè lo fai?»

Non mi volto, continuo a darle le spalle.

«Lei è una delle cose più belle che mi siano mai accadute. Le voglio bene e non permetterò a nessuno di farle del male... So cosa vuol dire crescere senza una madre, lontana, per quanto vicina. Non voglio che anche lei viva ciò che ho vissuto io».

Mi chiudo la porta alle spalle e torno nei miei alloggi.

Lei è ancora lì, che dorme tranquilla.

È così bella.

Non oso toccarla nemmeno con un dito per non rischiare di svegliarla.

Mi sdraio sul divano, sperando di dormire almeno qualche ora, ma ciò che ho detto a Minerva mi rimbomba nelle orecchie.

-

Isobel

 

Ora, spiegatemi com’è possibile che mi sia ritrovata a lavorare a questo maledetto Puffagiolo insieme al biondino platinato che risponde al nome di Draco Malfoy, durante l’ora di erbologia del mercoledì mattina.

«Malfoy, hai intenzione di darmi una mano o pensi di rimirare ancora a lungo il tuo riflesso nell’acqua?» mormoro velenosa, mentre cerco di staccare dalla pianta i grassi baccelli rosa «Non so se conosci la storia di Narciso...»

Si volta verso di me alzando un sopracciglio.

«Lascia perdere, non ho intenzione di sprecare il mio tempo a cercare di inculcare in quella testa un po’ di conoscenza».

«Oh, Urquart, finiscila. Non penso sia roba per me sporcarmi le mani con certe schifezze... È un lavoro da babbani e mezzosangue...»

«Dove sono i tuoi tirapiedi? Perchè non lavori con loro?» domando, facendo finta di niente a riguardo dalle sue considerazioni riferite a chi non è un purosangue come lui.

«Si sono ingozzati di dolci, ieri sera, così stamattina sono andati entrambi in infermeria per indigestione...» dice con noncuranza, tornando a specchiarsi nel vaso trasparente pieno d’acqua dove sono conservate delle radici.

«Tieni!» esclamo lanciandogli in grembo uno dei baccelli che sono appena riuscita a staccare.

«Ehi! Che modi! Cosa dovrei farci con questo?»

«Hai lì un secchio, devi sgranarci dentro i fagioli... Pensi di poterlo fare, questo, manine delicate?»

«Mph... Che schifo!»

Comincia, finalmente, a lavorare anche lui, con fare schizzinoso.

«Ma spiegami, Urquart, da dove sei saltata fuori?»

«Cosa intendi, Malfoy?» domando incerta su dove vuole andare a parare.

«Parlo del fatto che sei spuntata fuori dal nulla, da un anno con l’altro...»

«Sono affari miei, sappilo».

«Mio padre lavora al Ministero...»

«E... Quindi?»

«E quindi posso chiedergli di scoprire qualcosa su di te...»

«E cosa verresti a sapere? Se mio padre è un mago o mia madre una strega? Se sono purosangue o meno? Cosa te ne verrebbe in mano? Stai cercando qualche altro mezzosangue da insultare nel tempo libero?» domando in un ringhio cercando di mantenere il tono della voce basso «Conosco tuo padre, non credere...»

«Allora? Sei una lurida mezzosangue?»

Non lo sopporto più, gli lancio in faccia con forza il mio guanto in pelle di drago.

«E se anche fosse?»

«A questo punto, so che se anche non fossi una lurida mezzosangue, sei una schifosa traditrice del tuo sangue come Weasley» borbotta con una smorfia, mentre si pulisce via il terriccio dal viso pallido.

«Manco fossi un vampiro! Spiegami per quale motivo sei tanto ossessionato dal sangue!»

Rimane senza parole, concentrandosi sul baccello che ha in mano e estraendone con foga i fagioli luminosi.

Passiamo il resto dell’ora a rivolgerci sbuffi e termini poco carini.

-

Insieme agli altri Grifondoro del terzo anno, mi ritrovo davanti alla porta dell’aula di trasfigurazione.

La Brown continua a ululare qualcosa di non molto sensato, come cerca di far notare Hermione, su il suo coniglietto e la Cooman.

Sono quasi sollevata quando la mamma ci dà il permesso di entrare.

Mi siedo in fondo, nel mio posto nell’angolo.

Siamo tutti seduti. La lunga veste smeraldo le scivola intorno con un leggero fruscio.

Passa accanto al mio banco e mi lascia cadere tra le mani una pergamena piegata in due senza che nessuno la veda, a parte me. Sono tutti chini a prendere appunti sulla parte teorica della lezione.

Alzo gli occhi su di lei ancora prima di vedere che cosa mi ha dato, ma è già passata oltre.

È l’autorizzazione per le uscite a Hogsmead, firmata con la sua elegante calligrafia.

Incontro il suo sguardo.

Un piccolo sorriso le increspa le labbra.

Chino il capo, nascondendo una crescente euforia.

Cosa sta succedendo?

Suona la campanella.

«Un momento, prego!» esclama a voce alta «Dal momento che siete tutti della mia Casa, dovete consegnarmi i permessi per andare a Hogsmead prima di Halloween. Niente permesso, niente gita al villaggio, quindi cercate di ricordarvene!»

Neville alza la mano.

«Mi scusi, professoressa, credo di aver perso...»

«Tua nonna l’ha spedito direttamente a me, Paciock. A quanto pare, credeva che fosse più sicuro. Bene, è tutto, potete andare».

Vorrei fermarmi a parlare con la mamma e ringraziarla e salutarla e per scusarmi... Ma Potter mi precede ed è lì, accanto alla cattedra, aspettando che l’aula si svuoti.

Le parlerò in un altro momento.

-

Sento la voce di Ron Weasley riecheggiare nei corridoi, mentre torno in sala comune.

«...Quella vecchia megera! Cosa le costa darti il permesso per venire? Sarai l’unico del terzo anno a non venire. Non lo capisce, ha una testa più dura della pietra, un mezzo fossile e...»

«Oh, Ronald! È meglio così...» borbotta Hermione, irritata.

Spero per Weasley che non stia parlando di mia madre se vuole sopravvivere fino a domani...

Ma il rosso sembra non aver intenzione di fermare i suoi insulti, non penso di poterlo sopportare oltre.

Prendo la strada per i sotterranei per raggiungere Severus, passando in uno dei cunicoli bui.

Inciampo in qualcosa di duro e in un attimo mi ritrovo lunga e distesa sulla pietra fredda del pavimento.

«Per Merlino!» esclamo esasperata.

Già la giornata non è cominciata bene, litigare con Malfoy non giova molto alla mia salute, dover sopportare gli insulti di Weasley su mia madre senza poterlo affatturare e non riuscire ad arrivare da Severus intera, è la goccia che fa traboccare il vaso!

Cerco di rialzarmi, accorgendomi non solo di aver strappato la gonna, ma di essermi anche fatta male a un piede, che pulsa dolorosamente mentre cerco di tirarmi su.

«Per Godric, Salazar, Priscilla e Tosca!» strillo esasperata.

Non c’è nessuno nei paraggi o almeno così credevo...

Una risata soffocata attira la mia attenzione poco più in là, a uno dei punti più bui del corridoio già buio di suo.

«Chi c’è?»

«Urquart, giornata nera?» domanda una voce strascicata che purtroppo conosco fin troppo bene.

Non può essere vero, non può accedere tutto questo in un solo giorno, probabilmente è un incubo, probabilmente sto per morire...

«Che vuoi Malfoy?» domando acida.

«Oh, ma come siamo di cattivo umore... Be’, allora penso che me ne andrò».

Sento i suoi passi allontanarsi.

«No, aspetta!» non posso credere che lo stia facendo davvero «Mi sono fatta male...» mi mordo la lingua «Non riesco a camminare...»

«E...?» mi incoraggia con tono fastidioso.

«E... Volevo chiederti se, per favore, mi...» quanto mi costa «Mi potresti aiutare a raggiungere l’infermieria...»

«Ho udito bene? La signorina Sono-Affari-Miei mi sta chiedendo aiuto?» ride beffardo.

«Eh, già...» borbotto ironica «Pensi di aiutarmi? O devo utilizzare l’Imperio?»

«Sei disposta a utilizzare una delle tre maledizioni senza perdono? Sei proprio disperata Urquart».

Già, sono disperata, non ne posso più, vorrei che oggi finisse il prima possibile.

«Allora vattene, lasciami in pace!» dico con la voce sempre più acuta.

«No, dai...» s’avvicina con un sorrisetto sghembo sulle labbra «Però sei in debito con me».

Ho messo da parte l’orgoglio di un Grifondoro, Sev sarebbe fiero di me; sto per accettare un compromesso di un Serpeverde, la mamma non me lo perdonerebbe mai...

«Va bene».

Sorride soddisfatto e mi porge una mano. La stringo con la mia, è incredibilmente calda. Con uno strattone, un gesto che probabilmente pensava mi avrebbe tirata in piedi, casca a terra pure lui, accanto a me.

«Per Salazar! Ma quanto pesi?»

«Io non peso tanto, sei tu che non hai muscoli».

«Io li ho i muscoli!» si alza in piedi e poi si china su di me «Guarda...»

«Ma cosa diavolo stai facendo?!»

Chiudo le mani dietro al suo collo, mentre mi solleva da terra quasi senza sforzo.

«Sei sicuro di riuscire a tenermi fino in infermeria? Non è che mi lasci cadere dalle scale o cose così, vero?»

«Sono un gentiluomo, Urquart, ma non hai scampo, dovrai rispondere ad alcune mie domande...»

«Serpe fino in fondo, a quanto vedo» sbotto cercando di non essere troppo maleducata.

«Sempre» dice lui con un sorriso smagliante.

Comincia a camminare lentamente lungo il corridoio.

«Allora» comincia «Mi vuoi dire com’è il tuo sangue?»

Ho l’impulso di tirargli una sberla, ma mi trattengo.

«Rosso» rispondo io.

Mi guarda serio.

«Hai capito cosa intendo...»

Sbuchiamo in un corridoio illuminato.

«Può darsi, ma mi spieghi perchè ti importa tanto?»

«Mio padre e mia madre...» risponde calmo «Stanno rintracciando delle famiglie purosangue che abbiano delle figlie più o meno della nostra età. Vogliono combinarmi un matrimonio, per legare la nobile famiglia Malfoy con un’altra casata... Vorrei sapere se tu, come purosangue, nel caso lo fossi, potresti essere la mia promessa...»

Ok, stop! Fermiamo tutto un secondo!

Cos’ha detto? Io, sposare lui? Dice sul serio? Mi stai prendendo per i fondelli mio caro, ma neanche tanto, signor Malfoy?

Rimango impassibile, pensando al fatto che con questa luce sicuramente potrà notare il mio viso arrossire dall’imbarazzo che questa insolita vicinanza mi provoca.

Ha lo sguardo perso nell’aria davanti a lui, che vaga senza una meta precisa. È serio, troppo serio, con la consapevolezza di chi sa come funziona nelle antiche famiglie di soli maghi. Non per amore ci si sposa, ma per reddito.

Mi costringo a una posizione un po’ più rilassata tra le sue braccia, appoggio la testa sul suo petto. Il cuore batte forte e regolare sotto il mio orecchio.

Sembra rabbrividire al mio tocco.

«Allora? Sì o no?» mi domanda piano, risvegliandosi all’improvviso.

«Cosa?» chiedo io, stordita dalla situazione.

«C’è la possibilità che i miei genitori incontrino i tuoi?»

Non saprei... Se non mi sbaglio, solo nonno Robert era babbano, dalla parte di papà solo maghi da generazioni e lo stesso per quanto riguarda gli antenati di nonna Isobel.

«Non credo e comunque, i miei genitori non credono nei matrimoni combinati».

«Oh, be’, ne terrò conto» mormora. È forse dispiacere quello che sento nella sua voce?

-

Severus

 

Sento dei passi provenire da dietro l’angolo.

Non è il passo irregolare di Gazza o quello di un professore.

Sono i passi di uno studente. Uno studente fuori dal letto dopo il coprifuoco. Qualcuno da punire.

«Ti devo dar ragione, non pesi poi così tanto...» dice una voce maschile in un sussurro.

Allora sono due gli studenti da punire.

«Te lo detto... Ma forse neanche tu sei poi così debole...» è una voce femminile che parla, la voce di Isobel.

Cosa sta succedendo?

Mi ritiro nell’ombra.

Cosa ci fa Isobel in giro a quest’ora con un ragazzo?

Devo intervenire in qualche modo.

«Ma ora spiegami cosa ci facevi lì, Urquart. Una Grifondoro che girovaga nei corridoi dei sotterranei la sera, si potrebbe pensare che...»

«Che, cosa?»

«Be’, sai com’è, magari che avevi un incontro galante con un Serpeverde affascinante, come me».

Ride ironica.

«E se anche fosse? Di certo non lo paragonerei a te».

«Allora, dovevi veramente incontrare qualcuno?»

«Sì, perchè? È così strano?»

«Chi è?»

«Oh, non sperare che te lo dica».

Una strana sensazione mi possiede. So che a breve non sarò più capace di trattenermi.

«Dai, dammi almeno degli indizi!»

«No no, non se ne parla».

«È un Serpeverde?»

La sento mormorare qualcosa.

«Ci avrei scommesso!» esclama «È del nostro anno?»

Un Serpeverde del terzo anno, so che di solito non punisco gli studenti della mia casa, ma potrei fare un'eccezione.

«No» risponde in tono di sfida Isobel «È molto più simpatico di chiunque del nostro anno».

«Ah, quindi è un ragazzo più grande!»

«E chi ti dice che è più grande?»

«No, non ci casco, non può essere più piccolo. I ragazzini più piccoli di Serpeverde sono dei mocciosetti fastidiosi».

«E chi ti dice che non lo sia anche te?»

«È il tuo ragazzo?»

Isobel non risponde, rimane in silenzio. Oramai sono quasi arrivati al punto in cui sono io, ancora pochi passi e potrò sorprenderli con le mani nel sacco.

Il ragazzo ride di gusto.

«Per Salazar, Urquart, il tuo ragazzo è di Serpeverde?» domanda stupito «Sei diventata tutta rossa!»

«Non. È. Il. Mio. Ragazzo» dice seria e imbarazzata.

Perchè non me ne ha mai parlato? Io e lei parliamo di tutto, per quale motivo di questo no? No, un attimo, non è il suo ragazzo?

Si sono fermati, devo sapere chi è con lei.

Sto per uscire allo scoperto.

«E chi è allora?»

«È il mio migliore amico, tanto ti basti...»

«È un ragazzo fortunato».

C’è un attimo di silenzio, non oso muovere un muscolo.

«Hai intenzione di camminare o rimaniamo qua ancora un po’, giusto per tirar tardi?»

Non riesco a fermarmi, con due passi copro la distanza tra me e loro, uscendo alla luce.

Cerco di rimanere impassibile, ma la scena che mi si presenta di fronte supera ogni mia più sfrenata fantasia.

Malfoy tiene in braccio Isobel, mentre lei tiene le mani intorno al suo collo e la testa appoggiata alla sua spalla.

Vedendomi, il ragazzo sbianca più di quanto sia già pallido ora, con un espressione terrorizzata dipinta in viso. Isobel, invece, sorride leggermente con i viso nascosto dai capelli.

Non faccio una sfuriata, non so come, ma con un tono più rigido di quanto avrei mai immaginato dico una sola parola:

«Spiegatemi».

«Buona sera professor Piton» mormora il biondo passando a una tonalità di un rosso acceso.

Faccio un respiro profondo.

«Signor Malfoy, signorina Urquart, siete consapevoli del fatto che il coprifuoco è passato da almeno un’ora?»

«Sì, signore» risponde ancora i ragazzo.

«E siete anche consapevoli che la... Posizione da voi tenuta è a dir poco irrispettosa?»

Incontro gli occhi grigi di Isobel.

«È colpa mia. Stavo scendendo nei sotterranei e sono caduta. Mi sono fatta male e non riesco a camminare. Malfoy passava di lì e mi stava aiutando a raggiungere l’infermeria...»

«Avreste potuto chiamare un insegnante... Data la situazione vi toglierò solo cinque punti a testa» dico tetro «Ora, signor Malfoy, puoi andare, accompagnerò io la signorina Urquart in infermeria».

«No, signore» mormora Malfoy.

«Cosa?» domando incredulo di ciò che ho sentito.

«No, signore» dice più forte, un tono un po’ più sostenuto.

«E per quale motivo?»

«Posso accompagnarla io, sono abbastanza forte per poterla portare fino in infermieria».

«Qui non si sta parlando della tua forza, signor Malfoy. Potresti anche saper spostare una montagna a mani nude, ma l’orario del coprifuoco è passato e dovresti essere a letto o per lo meno nella tua sala comune».

Incrocia, per un istante, il suo sguardo con quello di Isobel, poi guarda me, annuisce e la mette delicatamente a terra. Lei tiene il piede sinistro sollevato.

Malfoy sembra non aver intenzione di lasciarla.

«Signor Malfoy...» borbotto spazientito porgendo la mano.

Isobel si aggrappa al mio braccio.

«Buona notte professore» poi sposta la sua attenzione su di lei «Buona notte Urquart...»

«Buona notte Malfoy, grazie».

Il biondo sorride allegro prima di voltarsi.

Aspetto che sparisca dietro l’angolo prima di rivolgermi a lei.

«Andiamo».

-

«Sev... Sei arrabbiato con me?»

Siamo quasi arrivati.

Non ho più detto una parola.

Alza gli occhi su di me.

«Sev... Rispondimi, per favore».

Vorrei dire tante cose, ma non riesco nemmeno a formularne il pensiero.

Poi l’immagine di Isobel e... Malfoy avvinghiati l’una all’altro...

I Malfoy non sono persone con cui immischiarsi. Sono state troppo vicini a Lui, troppo fedeli.

Ma sentiti, Severus, parli di loro, ma tu cos’hai fatto? Sei sempre stato il Suo braccio destro, porti il Suo marchio impresso nella pelle come loro.

Voglio solo il suo bene, è così sbagliato?

Mi guarda un po’ spaventata, probabilmente dalla mia mancanza di reazioni.

«Ti piace Malfoy?» domando senza rendermene conto.

 

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 9 ***


Mi guarda un po’ spaventata, probabilmente dalla mia mancanza di reazioni.

«Ti piace Malfoy?» domando senza rendermene conto.

 

9

 

Severus

 

C’è un attimo di silenzio.

«Ma ti sei bevuto il cervello?» mi domanda semplicemente guardandomi seria.

Sorrido di nascosto dentro di me.

«È un no?»

«Certo che è un no! Mi domando solamente come ti sia venuto in mente».

Tiro un sospiro di sollievo.

-

Minerva

 

È il 4 ottobre, Minerva! Tanti auguri...!

E un altro anno è passato.

Piano piano stai arrivando alla settantina, come ti senti, mia cara?

Oh, benissimo, non li senti i dolori alla schiena? Non le vedi le rughe che aumentano? E la stanchezza che si fa sentire in ogni momento?

Fatti forza mia cara, oggi è lunedì, hai lezione... Devi aprire gli occhi e alzarti dal letto, che è, però, così caldo e accogliente.

Su su! In piedi. Basta storie.

Raggiungo la piccola cucina dei miei alloggi, per prepararmi il primo tè della giornata.

Un piccolo pacchetto, avvolto in una carta rossa, è posato sul tavolino, con accanto un bigliettino scritto con un’elegante grafia in inchiostro dorato.

“A una bravissima insegnante e grande amica. Tanti auguri, con affetto, Albus”.

Sorrido debolmente leggendo il messaggio.

Apro il regalo, facendo attenzione a non strappare l’involucro.

Una rilegatura macchiata e spellata in alcuni punti fa capolino tra le mie mani.

È una copia delle Fiabe di Beda il Bardo identica a quella che avevamo a casa. Quante volte Isobel ci chiedeva di leggergliele, prima di dormire, quand’era piccola e quante volte l’avrà letto lei, da sola, quando imparò a leggere. Il suo libro preferito... E anche il mio, alla fine. Albus sembra saper leggere nel pensiero a volte.

-

Sto per uscire dalla porta dei miei alloggi quando, con la coda dell’occhio, noto una busta bianca che sporge da sotto il mobile dell’ingresso.

La raccolgo da terra, girandola, per vedere se c’è scritto qualcosa, ma nulla, è completamente bianca.

Sfilo dall’interno una pergamena piegata in due.

Con una grafia minuta e piuttosto curata ci sono scritte due parole che mi riempiono di gioia: “Auguri mamma”.

Ma insieme al biglietto c’è anche qualcos’altro. Mi cade tra le dita un braccialetto intrecciato nel quale è stato inserito un piccolo ciondolo a forma di provetta, chiusa con un tappino di sughero, con all’interno un liquido verde smeraldo e un altro ciondolino, d’argento, a forma di cuore.

-

Isobel

 

«Ehi, Urquart!»

Sto uscendo dall’ufficio di Severus, è tardi.

«Urquart, aspettami!»

Il biondo mi affianca.

«Cosa ci facevi dal professor Piton?»

«Malfoy, non hai altro da fare che infastidire la gente?»

«Oh, dai, Urquart, non fare la difficile. Allora, cosa ci facevi lì? Sei in punizione?»

«Già, proprio così» rispondo sovrappensiero.

«Non sei in punizione anche dopodomani, vero?»

«No, perchè?»

«Be’, stavo pensando che se non hai già impegni, potremmo andare a Hogsmead insieme... Cioè, per non andarci da soli».

«E i tuoi due tirapiedi dove sono? Non vai con loro?»

«No, cioè, sì... Ma potresti venire con noi...» risponde «Ma piuttosto, tu che hai fatto per ritrovarti in punizione con Piton?»

«Fuori dal letto oltre il coprifuoco» borbotto «Ricordi? Sei in punizione anche tu».

Alza le spalle «Hai ragione...» poi mi fa un largo sorriso «Dopodomani andiamo insieme, quindi?»

«No, non penso».

«Vai già con qualcuno? Con il tuo amico?»

«No, lui non viene, ha da fare».

«Con chi vai?»

«Con nessuno che ti possa interessare, Malfoy. Ora se non ti dispiace, ho da fare».

«Ci vediamo domani, Urquart...» sorride.

«Contaci...» rispondo disperata.

-

«Quindi ci vai con lui?»

«Oh, Sev, quante volte te lo devo dire che non lo sopporto? Figurati se gli dico anche di sì per passarci un’intera giornata. Come se non bastasse averlo intorno durante le ore di Erbologia».

Siamo sdraiati sul divano, io in braccio a lui, con in mano un libro sulla storia dei centauri, lui con uno di pozioni.

«Dove pensi di andare, domani?» mi domanda scostandosi dal viso un mio ricciolo «Mielandia, Zonko, il negozio di accessori magici...? Mh... Isy, senza offesa, ma hai troppi capelli...»

Li raccolgo in modo che non gli diano fastidio.

«Non so, Sev, volevo andarci con te, ma visto che sei occupato... Forse rimarrò al castello».

«Perchè non passi un po’ di tempo con tua madre?»

Alzo la testa, ha gli occhi fissi su un’immagine del libro raffigurante un bambino, un ragazzino e così via, fino a quella di un uomo anziano, in sequenza, in basso a destra un piccolo cartiglio con scritto: “Pozione invecchiante”.

«Sev, se io bevessi della pozione invecchiante, diventerei grande come te, no?»

Sposta lo sguardo su di me.

«Sì... Il principio è questo, ma se sbagli qualcosa rischi di invecchiare fino a diventare polvere e a quel punto nessun antidoto potrebbe farti tornare indietro».

«E se io volessi dimostrare l’età che ho, tu mi aiuteresti?»

Chiude il libro, incerto su come rispondermi.

«Isobel, tu dimostri l’età che hai e che hai vissuto... Il fatto che tu sia nata nel 1960 anziché nel 1980, conta poco. Perderesti tutto il tempo che non hai vissuto e penso che non ti aiuterei a farlo».

«Ma se provassi della pozione invecchiante, potrei provare a vivere da adulta e tornare poi a vivere nei miei lunghissimi tredici anni».

«Non mi tentare Isy, farei una cosa sbagliata che va contro i miei principi, per favore» dice serio.

Chiudo anch’io il mio libro e mi accoccolo tra le sue braccia.

«Va bene...»

Mi dà un bacio sui capelli e poi mi stringe forte a sè.

«Cosa devi fare domani?» domando.

«Sarò qua tutto il tempo. Devo ultimare la pozione e correggere dei saggi, un po' di cose noiose».

«Se non ti do fastidio posso stare qua con te?» sbadiglio, sono stanchissima.

Chiudo un attimo gli occhi, solo un attimo...

-

Un buon profumo di menta mi avvolge dolcemente.

«Sev...»

Mi sveglio nel letto dalle vaporose lenzuola bianche tra le quali mi sono ritrovata spesso ultimamente.

«Sev, dove sei?»

Mi metto seduta, scorgendo la figura sdraiata a pancia in giù nell’altra parte del letto.

È a petto nudo, con indosso un paio di pantaloni verde scuro.

Non mi abituerò mai alle pallide cicatrici che gli segnano il corpo. Non me ne vuole parlare, non gli piace ricordare ciò che ha vissuto, anche se, ne sono certa, a volte sono quegli stessi ricordi a impossessarsi dei suoi pensieri, che lo voglia o no.

Lo raggiungo gattonando, poi faccio scorrere l’indice della mia mano destra lungo la sua colonna vertebrale. Sorrido nel vederlo rabbrividire e quando decide di rotolare per ritrovarsi a pancia all’aria.

Appoggio la testa sul suo petto riprendendo a far scivolare la punta del mio dito sulle lunghe cicatrici.

Arriccia il naso nel sonno.

«Isobel...» mugugna piano.

Non capisco se stia ancora dormendo o se è sveglio.

«Sono qua, Sev».

«... Non andare...»

«Non vado da nessuna parte».

Gli soffio piano sul viso e finalmente apre gli occhi.

-

Severus

 

È seduta sotto un albero, il tramonto le illumina il viso e i boccoli neri che le arrivano fino alla vita.

Si alza, viene verso di me.

Sento il mio cuore accelerare il battito.

Non sono un uomo, sono solo un bambino.

Mi porge la mano con un sorriso dolce dipinto in volto.

Faccio per stringergliela, ma mi lascia nel palmo una fiala colma di un liquido ambrato.

Ne ha una anche lei.

«Bevila» mi sussurra.

Sì, lo faccio. La mandiamo giù insieme e poi torno a guardarla negli occhi grigi.

«Ecco, ora abbiamo la stessa età...»

È lei, diversa, ma è sempre lei.

I capelli un poco più lunghi, più alta, il viso più adulto, i fianchi più arrotondati, il seno più prosperoso...

Mi guarda con quell’espressione tenera.

È lei, diversa, ma è sempre lei.

«Isobel...»

S’avvicina a me e per un attimo le sue labbra sfiorano le mie, poi però si allontana.

Protendo le braccia per trattenerla vicina, la stringo al mio petto.

«... Non andare...»

«Non vado da nessuna parte».

Tutto, a parte i suoi occhi, scompare e sono i suoi occhi al centro di tutto ciò che vedo, ma lei è tornata una bambina, mentre io sono di nuovo adulto.

«Oh... Isobel... Che-che cosa ci fai qua?»

Il suo sorriso di trasforma in un’espressione confusa.

La sposto di peso sull’altra parte del materasso e mi infilo in bagno.

«Sev, tutto bene?» mi domanda preoccupata dall’altra parte della porta.

Devo stare un po’ da solo. Non voglio cacciarla via, ma lo devo fare. Mi serve un momento di respiro.

«No, Isobel... Non mi sento tanto bene. Probabilmente ho... Ho l’influenza. Sarà meglio che tu vada o ti ammalerai anche te».

«Ma Sev...» le trema la voce.

«Isy, per favore...»

Sento i suoi passi leggeri allontanarsi e la porta della camera chiudersi, prima di quella d’ingresso.

Non poterla avere come vorrei, sapere che è sbagliato, ma avere l’impulso di rapirla e tenerla solo per me.

Non posso.

Lei non è mia.

Non lo sarà mai.

Ma entrata a far parte di me...

Perchè te ne sei andata, Isobel? Perchè?

Cos’è successo?

Scivolo lungo il muro, fino a ritrovarmi seduto a terra.

-

Isobel

 

«Urquart, sempre nei sotterranei?» mi domanda una voce lontana.

Come mai Severus mi ha mandato via in quel modo? Non ha l’influenza, l’ultima volta che l’ha avuta, aveva la febbre e tremava dal freddo, non stava in piedi e non riusciva a dormire. Dev’essere successo qualcosa...

«Ehi, Urquart, mi hai sentito?»

«Mh...?»

«Tutto ok?»

Il biondo cammina accanto a me, guardandomi incuriosito.

«Mh...»

«Hai perso la parola?»

Alzo le spalle.

«Pronta per andare a Hogsmead?»

«Non so se verrò...»

«E se ti rapissi?»

Lo guardo storto.

«Sappi che sarò costretto a farlo se non verrai di tua spontanea volontà».

Accelero il passo.

«Oppure potrei corromperti, no?»

Mi viene un’idea, mi fermo di colpo, voltandomi verso di lui.

«E come avresti intenzione di corrompermi?» domando in un soffio.

«Posso offrirti il pranzo...?»

«Mh... Va be’, penso che rimarrò al castello».

Faccio per andarmene.

«No, no, aspetta! Che ne dici di un po’ di dolci di Mielandia?»

«Stai cercando di far colpo sulla mia gola?» domando ironica.

«Sta funzionando?» mi chiede speranzoso.

«Non tanto...»

«Dimmi cosa posso fare per convincerti».

«Avrei bisogno di un libro...»

Mi guarda sconcertato.

«Un libro?» borbotta «Un libro, un libro...» ripete.

«Sì, Malfoy, un libro, hai presente? Di carta, con tante pagine...»

«So che cos'è! Ma vuoi dirmi che il prezzo per corromperti è solo un libro?»

«Già».

«Allora va bene! E libro sia».

«Perfetto, ci vediamo giù nell’ingresso? Devo prendere la borsa nel dormitorio...»

«Certo...» mormora ancora incredulo.

-

«Resti qui, Potter?» grida il biondo al mio fianco, mentre siamo in fila con Tiger e Goyle che ridacchiano sotto i baffi «Paura dei Dissennatori?»

«Malfoy, smettila!» mormoro tirandogli una gomitata «Sii un po’ più educato, che ti costa?»

«Cos’è, stai dalla parte di Potter?» domanda Goyle con disprezzo.

Si dà il caso che lui, sia il figlio della mia migliore amica quindi, devo dire che forse, sì, sono dalla sua parte... Ma questo non lo posso dire, chi mi crederebbe se dicessi che Lily, morta dodici anni fa, era la mia migliore amica? Avevo, in teoria, solo un anno.

Faccio un respiro profondo.

«E se anche fosse?» dico in tono di sfida «Non amo la gente che è maleducata con gli altri, soprattutto se non c’è un motivo reale che possa provocare simili reazioni!»

Lo scimmione mi guarda corrucciato, come se stesse ancora cercando di capire che cos’ho detto.

«Non mi piaci piccola e lurida Grifondoro» mormora Tiger, guardandomi dall’alto al basso «Draco, per quale motivo dobbiamo portarcela dietro?» chiede scocciato.

Fa per rispondere, ma non fa in tempo...

«Io giuro che non appena usciamo dal castello, ti trasformo in un brutto maiale spelacchiato - anche se la differenza non è molta - , se non mi chiedi subito scusa!» dico con un tono incredibilmente tranquillo.

Mi mostra i pugni, avvicinandosi minaccioso. Prendo rapidamente la bacchetta puntandogliela sotto il mento.

«Ehi, fermi! Tiger, lasciala stare... Che ne dite se voi andate a farvi un giro per i fatti vostri, mentre io e la Urquart andiamo per i fatti nostri?»

«Pur di non averla tra i piedi...» borbotta lo scimmione allontanandosi. Metto via la bacchetta.

-

Severus

 

Esco dalla doccia.

Forse dovrei parlare con Isy, le dovrei spiegare cosa mi succede, potrebbe capire... E poi a lei non mi piace mentire, è sempre stata sincera con me.

Se solo riuscisse a ricordare.

Mi strofino i capelli con l’asciugamano. Sono diventati troppo lunghi, per Natale li taglio.

Forse potrei darle una pozione per ricordare.

O una invecchiante... Come mi tenta.

Potrei provare con il Leggiliments, sono certo che quel ricordo è lì da qualche parte.

Chissà che ricordo usa per cercare di cercare di evocare il Patronus.

È sorprendente la sua capacità magica, sono certo che a breve riuscirà a evocare un Patronus corporeo. Sono proprio curioso di sapere che forma avrà.

Devo togliere dal fuoco la pozione di Lupin se non voglio mandare a monte un mese di lavoro e...

Mi rendo conto solo ora che non so nemmeno se è rimasta al castello o è andata alla villaggio.

Per Salazar! Isobel...

-

Isobel

 

Entriamo nella libreria.

Ci sono scaffali alti almeno quanto quelli della biblioteca del castello, solo che è tutto più buio.

Prima di muovere un solo passo inspiro profondamente il profumo di polvere e pergamena che riempie questo posto.

Da dietro un alto bancone in legno compare un ometto che mi ricorda molto un furetto, con una corona di ricci capelli bianchi come il latte e due occhialetti tondi sul naso.

«Oh! Studenti di Hogwarts?» domanda con una vocina stridula.

«Sì, signore» risponde Malfoy.

«Oh, che piacere, vi serve qualcosa? Un aiuto a trovare quello che vi serve? Che cosa vi serve?» continua agitato, scendendo degli scalini ripidi e cigolanti.

«Urquart, cosa stiamo cercando?»

«I libri sulle preparazioni di pozioni».

«Oh, perfetto! Da questa parte!» esclama emozionato il libraio.

Malfoy mi guarda sconcertato.

«Cosa te ne fai di un libro di pozioni?» mi domanda in un sussurro.

«Cosa dovrei farci? Lo uso, no?»

«Oh, ragazzi! Ecco qua, da qui a qui» dice il signore indicando una fila di mensole «Ci sono i libri di pozioni di ogni genere, ordinati per ordine alfabetico per titolo, per autore, per gli utilizzi e infine per il colore della copertina! Se avete bisogno di me sono all’ingresso! E... Oh, non abbiate timore a chiamarmi!»

Aspetta che l’ometto si allontani, poi si volta verso di me, con un’espressione confusa in viso.

«Quell’uomo deve trovarsi qualcosa da fare...»

Concordo.

«Allora, cosa cerchiamo?»

«È un libro piccolo, scuro, con dei decori d’argento...»

Rimane immobile a fissarmi serio.

«Un titolo? Un autore? Niente?» domanda.

«Niente».

«Molto utile... Da dove comincio?»

«Da dove vuoi, ce n’è abbastanza per tutti e due» sorrido sarcastica.

«Già, ma non mi dire...»

Si allontana, cominciando a cercare un po’ più in là.

«Urquart, parlami del tuo amico... Com’è?»

«Se speri che te lo dica, hai capito male» rispondo senza alzare la testa.

«Suvvia, Urquart, cosa nascondi?» mormora, estraendo un libro dal ripiano «Ti vergogni del tuo amico?»

«No! Non mi vergogno di lui, solo che... Non posso».

«Grifondoro arrossita nei paraggi!» dice in un modo che mi fa venir voglia di affatturarlo.

«Tuo padre non ti ha insegnato a portare rispetto per gli altri? Come ti sentiresti se gli altri si comportassero con te, come te ti comporti con loro?»

Sbuffa.

-

«Urquart, siamo qui da più di un’ora! E se andassimo a fare un salto ai “Tre Manici di Scopa” o da “Mielandia” e poi tornassimo? Sto morendo di fame...» sbotta esasperato.

Sto togliendo un pesante manuale di pozioni base dallo scaffale, quando sul fondo, nascosto da altri libri lo vedo.

«Trovato!» esclamo contenta alzandolo in aria «Che strano, però, per un patito dell’ordine...»

«Un morto di noia, direi, più che altro!»

«... Come il signore, non mi sarei mai aspettata di trovarlo messo così» continuo ignorandolo.

«Vuol dire che ora possiamo andare a mangiare?» domanda speranzoso, facendo un'espressione da cucciolo buffissima.

-

«Ma cosa diavolo te ne fai di ‘sto coso?» mi chiede, esaminando attentamente la copertina del libro, lasciando cadere la forchetta sul piatto «Non ti bastano quelli di scuola?»

«Su quelli di scuola non ci sono delle cose che mi interessano» rispondo alzando le spalle.

«E spiegami, per caso ti interessa... Trasformare gli arti umani in arti animali... O... No, aspetta, ma che schifo! Ma guarda questo qua!» esclama mostrandomi l’immagine di un uomo con più di due braccia che gli spuntano da tutto il corpo, con alcune parti animali e dei pezzi di carne mancanti.

Sento il pranzo che cerca di tornar su.

«Ma per favore, Malfoy, stiamo mangiando, lo guardiamo dopo!»

Sorride compiaciuto, posandolo sul bordo del tavolo e tornando a gustarsi il dolce.

«Che buono... Sai, non pensavo di potermi fidare sulla tua scelta del dolce, ma devo dire che è proprio buono! Che cos’è?»

«Vuoi dirmi che non hai mai assaggiato la panna cotta?» domando incredula.

«No...»

«È un dolce babbano».

Si ferma con la forchetta a mezz’aria.

«Babbano?» mi chiede incerto.

«Sì, babbano».

«Oh, be’... Non è male» mormora mandandone giù un altro boccone.

-

Siamo tornati al castello.

Alla fine, Malfoy, non è così male. Fa parecchio lo scemo, non ha smesso un secondo di prendere in giro chiunque gli passasse accanto, però è divertente, a modo suo.

È stato piuttosto divertente vederlo cascare a gambe all’aria, inciampando in una grossa radice, mentre cercavamo di raggiungere la Stamberga Strillante. S’è graffiato un po’ i palmi delle mani e si è lamentato fino a poco fa (soprattutto del fatto che continuassi a ridere della scena)...

-

Entro in sala grande, accompagnata da Malfoy.

Sev è seduto al lungo tavolo dei professori, accanto al preside, mi accenna un saluto col capo, rimanendo impassibile.

Sta bene, meno male.

Ogni volta che guardo verso di lui, durante il banchetto, distoglie lo sguardo. Non capisco, è arrabbiato con me?

Esco nel corridoio, insieme a un gruppo di Corvonero, dirigendomi verso la sala comune.

«Signorina Urquart, fermati un attimo!» dice una voce.

Mi volto.
Sev sta camminando velocemente verso di me, fino ad affiancarmi. Continuiamo a camminare, certi che nessuno ci stia ascoltando.

-

Severus

 

«Isy, mi dispiace di averti cacciata via malamente stamattina, scusami...» mormoro piano.

Sorride.

«Tranquillo, sono contenta che ora tu stia bene, mi basta questo».

«Grazie» le stringo un attimo le spalle «Sei andata al villaggio, alla fine, vero?»

«Sì, visto che non stavi bene ho pensato comunque di andarci, così non ti avrei disturbato».

«Hai fatto bene, ma sei andata da sola?»

«No, alla fine ci sono andata con Malfoy...» Malfoy?! «Sai, non è poi così tanto antipatico. Fa tanto lo sbruffone, ma sa essere anche gentile» sta sorridendo. Sta sorridendo pensando a Malfoy.

Io invece, mi sento bruciare dentro e ho come l’istinto di stritolare il biondo con le mie mani.

«E cos’avete fatto tutto il giorno?» domando cercando di mantenere la calma.

«Siamo andati alla Stamberga Strillante, da Mielandia, in libreria e poi abbiamo pranzato ai ‘Tre Manici di Scopa’... Tutto ok, Sev?»

«Mh...» mugugno senza riuscire a dire nient’altro.

«Ti ho preso un sacchetto di Api Frizzole. Te le porto stasera, ora sono nel dormitorio».

Siamo arrivati fino al cortile interno dell'ala nord, dove non passa mai quasi nessuno, mi siedo sul muretto e lei accanto a me.

«Sev, cos’hai?» appoggia la testa al mio braccio, alzando lo sguardo fino a incontrare il mio «Sei strano, stai ancora male?»

«No, Isy... È tutto ok...» mento «Sono contento che tu ti sia divertita. Alla prossima visita al villaggio, penso che verrò anche io, devo fare rifornimento di alcuni ingredienti per la mia dispensa...»

Sul suo viso compare un largo sorriso che mi fa venir voglia di stringerla forte.

«Allora la prossima volta possiamo andare insieme?» domanda speranzosa.

«Certo che possiamo, se lo vuoi».

Mi abbraccia, scomparendo tra le mie vesti. È così piccola.

«Isy, sarà meglio che torni in sala grande, tra poco finiranno tutti di mangiare e ti sarai persa il dolce di Halloween...»

«Non mi va il dolce, posso stare un po’ con te, ancora?»

«Va bene, però non qua, ho bisogno di sdraiarmi...»

-

Isobel

 

Si butta, letteralmente, sul letto morbido e io con lui, venendo inondata dal fresco profumo di menta.

«Sev, perchè non mi vuoi dire cosa c’è che non va?» domando a bassa voce, avvicinandomi.

«Va tutto bene, Isobel. Sono solo un po’ stanco».

No, non è vero, ti conosco troppo bene.

Si sdraia su un fianco, dandomi le spalle.

«Sei arrabbiato con me?»

Volta la testa, incontrando i miei occhi con i suoi.

«No, perchè dovrei essere arrabbiato con te?»

«Non lo so... Potrei aver fatto qualcosa di sbagliato, che ti ha dato fastidio, magari...»

«No, Isy, non ti preoccupare. Va tutto bene» mormora tornando a darmi la schiena «Cosa fai stasera? Resti qui?»

«Se mi vuoi, rimango».

«Ci sarà sempre posto per te e mi farà sempre piacere la tua presenza. Non preoccuparti di...»

Una luce azzurra inonda la stanza.

«Severus, vieni subito alla sala comune dei Grifondoro!»

Si è messo seduto, lo sguardo fisso davanti a lui.

«Sev, cos’era?» domando incerta.

«Il patronus del preside... Isobel, tu non ti muovere da qui finchè non torno» mi dice, saltando in piedi e prendendo in una mano la bacchetta e nell’altra il lungo mantello nero.

«Va bene».

-

E tardi. Sento la porta d’ingresso sbattere e i suoi passi pesanti raggiungermi.

«Isobel, sei sveglia?»

Non gli rispondo, immersa in uno stato di dormi veglia che mi fa sentire come se non fossi realmente presente.

Mi fa scivolare addosso una coperta, mentre ascolto ogni suo movimento con gli occhi chiusi.

Entra in bagno, lasciando aperta la porta. L’acqua che scorre nel lavandino, i vestiti che cadono a terra e poi il rumore della doccia.

Si lascia cadere accanto a me, sento il suo corpo vicino al mio, il suo calore.

«Isobel, devo dirti una cosa...» mormora con una punta di insicurezza nella voce «Solo che non sono capace di dirtela mentre sei sveglia, mentre mi guardi negli occhi. Riesco a parlarti di ciò che sento realmente solo quando dormi e questo non lo capisco... È una cosa di me che ancora non riesco a comprendere, perdonami...» sospira. Sento la sua mano che mi accarezza i capelli lentamente, con dolcezza.

«Ma tu sei solo una bambina e io non posso farti questo. Devo lasciarti vivere la tua vita, senza fermarti per un mio capriccio o una mia gelosia... Vorrei averti tutta per me, ma non posso. Vorrei tu non fossi mai scomparsa, sarei una persona diversa e molto probabilmente non avrei fatto così tanti sbagli nella mia vita...»

È come se stessi vivendo un sogno, come se io non ci fossi realmente.

«Avrei dovuto esserci io, con te, oggi, al villaggio, ma io non posso più. Non con tutte queste persone che non capiscono e che non potranno capire intorno a noi... Ho paura di sbagliare, di non sapermi trattenere... Sai, la pozione, avevo già pensato di dartela, ne avevo anche preparata abbastanza da farti crescere fino a vent’anni più grande... Ma l’ho buttata via. Sapevo che se l’avessi tenuta, te l’avrei data... Ma ho avuto paura di ferirti, di farti male... Forse ho paura che Malfoy ti porti via da me...» ride amaramente «Buonanotte Isy, sogni d’oro».

Una lacrima mi scende lenta lungo il viso, bagnando il cuscino. La luce si spegne. Severus mi bacia i capelli prima di sdraiarsi e mettersi a dormire.

Non devi aver paura che Malfoy prenda il tuo posto Sev, non lo pensare mai più, non succederà mai.

-

Severus

 

Bussano alla porta, lei sta ancora dormendo.

La professoressa McGranitt in tutta la sua eleganza è in piedi davanti alla porta con aria impaziente.

«Severus, grazie al cielo sei già sveglio, non trovo Isobel, nella sala grande non c’è e...»

Le faccio segno di fare silenzio e la lascio entrare.

«Sai dov’è?» domanda cauta a bassa voce.

«È di là, è ancora a letto, sta bene».

Mi guarda incredula.

«Ha-ha dormito qua?»

«Sì, ogni tanto dorme qua» rispondo tranquillo.

«Ah, ok... Quindi non ha dormito in sala grande con il resto della scuola?»

«No, ha dormito qua, se vuoi andare a vedere, è ancora a letto» rispondo monotono, cercando di mantenere la calma.

«Posso?»

Annuisco.

Noto che ha al polso un braccialetto molto semplice con una fialetta colma di un liquido verde, che mi sembra tanto essere una pozione di protezione e fortuna.

-

Minerva

 

Mi faccio strada fino alla camera da letto. Non sono mai entrata qui dentro, il massimo dove sono arrivata, prima d’ora, era l’ingresso.

Un piacevole profumo di menta fresca mi avvolge, lo stesso che ha Isobel, lo stesso che sento quando le passo accanto.

Lei è lì, rannicchiata sull’enorme letto vaporoso, avvolta nella coperta. Ha un’espressione serena.

Mi siedo accanto a lei, accarezzandole il viso.

«Non svegliarla» dice piano l’uomo alle mie spalle «Avete trovato un sostituto della Signora Grassa?»

«No, non ancora, han tutti timore di subire la stessa sorte. Forse Sir. Cadogan... Ma Albus preferisce tenerlo come scelta estrema, per ovvi motivi».

Annuisce senza nemmeno alzare lo sguardo da Isobel.

Guardo l’ora, devo andare.

Sfioro con la punta delle dita il viso di mia figlia un’ultima volta prima di alzarmi, con un pizzico di risentimento.

-

Isobel

 

Apro piano gli occhi.

«Sev, dove sei?» borbotto strofinandomi gli occhi.

«Isy... Sono in soggiorno».

Rantolo giù dal letto raggiungendolo.

«Sarà meglio che ti muova o farai tardi a lezione».

«Ma Sev» borbotto sedendomi in braccio a lui «Manca ancora un’ora...»

«Ah, già...»

È distratto, lo sguardo perso nel vuoto.

«Cos’è successo ieri sera?» domando.

«Black... È riuscito a entrare nel castello e ha distrutto il quadro della Signora Grassa...»

«Sirius? Era a scuola?»

«Sì, per sicurezza tutti gli studenti, a parte una...» dice scompigliandomi i capelli «Hanno dormito in sala grande».

Sorrido.

«Mi sono persa un pigiama party con l’intera scuola!» miagolo.

Ma lui tiene gli occhi vacui sul muro.

«Sev, tutto bene?»

Non mi risponde.

Gli soffio sul viso. Arriccia il naso e mi guarda con espressione interrogativa.

«Cosa c’è che non va?» domando preoccupata.

Sembra risvegliarsi in un istante.

Un largo sorriso si apre sul suo volto.

Si alza, sollevandomi.

«Sev! Ma cosa stai facendo?» domando incerta ridendo, mentre mi porta di peso fino al bagno.

«Devi lavarti, così poi ti prepari e vai a fare colazione, io ho alcune cose a cui pensare».

«Va bene, va bene, ma mettimi giù!» esclamo in preda alle risa.

Mi mette a terra con una smorfia divertita dipinta in faccia.

«Sev, oggi pomeriggio, dopo le lezioni, posso... Posso usare il tuo laboratorio?»

«Certo, cosa devi fare?»

«Volevo provare a preparare il Distillato della Pace» dico impassibile, mi sento leggermente in colpa, non gli ho mai mentito... Ma se sapesse la verità, mi fermerebbe. Solo per un giorno, la pozione Invecchiante non è permanente, e per sapere la giusta quantità basta seguire le istruzioni. Bisogna tener conto di età attuale esatta, altezza esatta al millimetro, peso esatto al grammo e età che si vuole raggiungere. Ovviamente è tutto molto più complicato se devo fare un concentrato, ma dovrei bermi litri di pozione per raggiungere i trentatré anni con la pozione base. E in fondo è solo una prova, se ogni cosa non sarà come deve, lascerò stare.

«...Isobel...?»

«Cosa?»

«Hai tutti gli ingredienti che ti servono?»

«Sì... Sì, li ho...»

«Be’, allora non c’è problema» sorride ed esce dal bagno lasciandomi sola.


****

Nota dell'Autrice: Grazie per tutte le vostre recensioni e per essere arrivati fino a qua :) A venerdì prossimo

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 10 ***


«Hai tutti gli ingredienti che ti servono?»

«Sì... Sì, li ho...»

«Be’, allora non c’è problema» sorride ed esce dal bagno lasciandomi sola.

 

10

 

Entro nel laboratorio. Le pareti sono ricoperte di scaffali e gli scaffali colmi di boccette e vasetti con ingredienti di ogni genere, scatolette, alcune chiuse con dello spago, altre sigillate, apribili solo con una chiave.

«Isy...» mi chiama lui, entrando «Io devo andare, il preside mi ha convocato nel suo ufficio, dopo ho il turno di sorveglianza nei corridoi... Puoi usare tutto ciò che ti serve e confido nel tuo buon giudizio nell’evitare guai. Non aprire nulla che non sia etichettato, ok?»

Annuisco piano, continuando a osservare lo spazio che mi circonda.

«Ehi» dice dolcemente «Fa’ attenzione».

«Stai tranquillo» mormoro accennando un sorriso.

-

Ok, sono sola.

Scelgo due calderoni in peltro, all’incirca della stessa misura e li poso sul tavolo da lavoro.

Prendo il libro che ho comprato a Hogsmead e lo apro alla pagina con la Pozione Invecchiante, faccio lo stesso con un altro libro preso in biblioteca, con le istruzioni per la preparazione del Distillato della Pace.

Fa’ un respiro profondo, Isobel, ce la puoi fare, è... È molto semplice.

Cominciamo.

La pozione della Pace, prima di essere distillata, ha un tempo di fermentazione piuttosto lungo, se parto a prepararla, dopo, mentre riposa, posso lavorare sull’altra...

-

È particolarmente fastidioso ridurre a poltiglia i semi dello Stridiosporo, ma dopo parecchi minuti passati ad attaccarli con l’unica arma a mia disposizione contro di loro, un pestello in marmo, finalmente il silenzio torna a fare da padrone nel laboratorio, interrotto soltanto dal suono del coltello d’argento sul tagliere o del lento sobbollire delle pozioni.

-

Sono passate tre ore da quando ho iniziato, sono entrambe quasi completate, anche se il Distillato, molto probabilmente, non verrà come previsto.

La Pozione Invecchiante, invece, sta assumendo la trasparenza cristallina dell’acqua, la devo lasciare evaporare, rendendola più densa, come la gelatina, fino a quando non si dimezzerà il suo volume.

-

Mi tremano le mani mentre con un cucchiaio in legno di quercia verso lentamente, in un vasetto, il concentrato. Lo peso, ne aggiungo ancora un po’. Lo ripeso, è troppo, per Merlino! Lo peso nuovamente... Perfetto! Ora, l’unica cosa che devo fare è chiudere il contenitore e tenerlo al buio per ventotto giorni, fino a quando non diventerà nuovamente liquido e incolore, come l’acqua, dopo di che, lo potrò usare per otto mesi e cinque giorni prima che scada.

Ne basteranno sette gocce e per quarantotto ore dimostrerò vent’anni in più...

-

Sto giusto giusto finendo di sistemare e pulire ciò che ho usato, quando Sev entra incuriosito nella stanza.

«Ciao Isy, com’è venuta?»

Lo guardo con uno sguardo un poco demoralizzato.

«... Mi sono distratta ed è fermentata troppo la pozione...»

«Quanto?» domanda incerto.

«Solo qualche minuto, ma quando l’ho distillata... Be’, ecco, non era esattamente come doveva».

Scoppia a ridere.

«Oh, Isobel, pazienza, l’importante è che non sia esplosa!»

Mi scappa un sorriso e mi sento arrossire.

«No, quello no...»

«Allora non preoccuparti».

-

Draco

 

Avvolgo la benda sul braccio. Io con questo tempo non ci gioco nemmeno se mi pagano!

... Ma che sto dicendo, perchè dovrebbero pagarmi? Sono già ricco. Sorrido mentre esco nel corridoio.

Una massa di capelli neri attira la mia attenzione. Accelero il passo fino a ritrovarmi accanto alla Grifondoro.

«Buon sera, Urquart! Cosa ci fai qua nei sotterranei a quest’ora?»

Sposta il suo sguardo su di me, con quegli occhi grigi che mi fulminano ogni volta.

«Oh, Malfoy, che strano incontrarti...» dice ironica «Oggi ci siamo visti... Quante volte? Due? Tre? Una ventina...?»

«Stai cercando di sviare la mia domanda?» le chiedo con malizia.

«Potrei chiederti la stessa cosa».

Si soffia via dal viso un ricciolo e svolta bruscamente verso le scale.

«Allora, cosa ci facevi ancora nei sotterranei?» insisto, accelerando il passo per riuscire a starle dietro «Il tuo amico?»

«Sì, Malfoy, il mio amico» dice esasperata.

«Mi piacerebbe conoscerlo...»

«Non sei mica mia madre!» esclama senza voltarsi «E poi non penso che lui voglia conoscere te».

«Perchè?»

Perchè non dovrebbe volermi conoscere? Non sa neanche chi sono! No, aspetta, forse lo sa, in fondo sono piuttosto popolare. Sorrido compiaciuto.

La perdo di vista un attimo.

«Urquart, aspett...»

Vado a sbattere contro qualcosa, o per meglio dire, qualcuno.

«Signor Malfoy, per l’amor del cielo! Dove corri con così tanta fretta?»

Per Salazar! Ci mancava solo la McGranitt...

«Mi scusi, professoressa, ha visto passare la Urquart di Grifondoro?»

«No, ma stavo cercando proprio te!»

Me? E cos’ho fatto per meritarmelo? Alzo gli occhi al cielo.

«Il capitano della squadra di Serpeverde, il signor Flitt, mi ha chiesto che, dal momento che il cercatore della squadra, cioè te, signor Malfoy, si sta ancora riprendendo dall’infortunio con l’Ippogrifo, se c’era la possibilità di invertire le partite, Grifondoro-Serpeverde e Grifondoro-Tassorosso... Quel che mi chiedevo era: sei veramente sicuro di non poter giocare? Fino a due giorni fa non portavi più nemmeno la benda...» dice severa, guardandomi dall’alto al basso.

«Sì, professoressa» borbotto «Non mi sono ancora ripreso completamente e per quanto mi dispiaccia penso che non riuscirei a giocare la prossima partita».

Mi fissa in modo minaccioso, fa quasi paura e per far paura a me ce ne vuole.

«Mh... Allora riferirò la cosa al professor Piton e al Preside» sibila con tono tagliente.

Sembra abbia voglia di affatturarmi all’istante, sarà meglio che me la fili.

«Se non c’è altro... Buonasera, professoressa McGranitt».

Mi allontano rapidamente.

Giro a vuoto alcuni minuti per i corridoi prima di ritrovarla.

«Ehi, Urquart, quella megera della McGranitt..»

Mi tira uno schiaffo, tanto forte che sento bruciare la guancia e pulsare la testa.

«Ma mi spieghi cosa diavolo ho fatto per meritarmi questo?» domando esasperato.

No, sul serio, oggi le stelle non sono in mio favore! La McGranitt per poco non mi affattura con lo sguardo e sicuramente stava pensando a come torturarmi. Tiger e Goyle hanno passato la giornata a dirmele dietro di tutti i colori. Durante Incantesimi Vitius mi ha tolto venti punti perchè Nott stava giocando anziché lavorare. E ora questo? Ma cosa sta succedendo, per Salazar?

Mi guarda, gli occhi pieni di rancore, i pugni stretti ai fianchi.

«Ma cos’ho fatto, Urquart?» domando «Perchè mi hai dato uno schiaffo? Ho detto qualcosa di male?»

«Sì».

«E cosa, per Merlino?»

«Tu...» comincia in un ringhio «Non provare più a parlare male della professoressa McGranitt davanti a me!»

«Per questo tu mi hai dato uno schiaffo?»

Non mi risponde, ma mi sembra ovvia la risposta.

«Cos’è, fai parte del fan club “Minerva McGranitt”?» domando incredulo.

«Va’ a farti mangiare le dita dei piedi dagli gnomi, Malfoy!»

Si volta, facendo per andarsene.

«No, Urquart, aspetta» la chiamo «Scusami».

Punta il suo sguardo di ghiaccio su di me, forse non si aspettava delle scuse da parte mia.

Be’, neanch’io a dirla tutta...

«E...?»

E, cosa? Cos’altro vuole che le dica?

«E... Non parlerò mai più male della professoressa McGranitt davanti a te..?» dico incerto.

«Sarà meglio per te o non tornerai a casa per Natale».

«Ma io non torno a casa per Natale, quest’anno».

Sul serio? Draco, ma cosa stai dicendo? Ti è partito il cervello?

Mi guarda scettica, alzando le sopracciglia, sorpresa.

Probabilmente al momento ho la sua stessa espressione, anche se, credo di essere più sconvolto io di lei.

«Da quando i Malfoy rimangono a scuola per le vacanze?»

Ottima domanda, non penso sia mai successo per generazioni, per secoli, probabilmente... Oppure, mai.

«C’è una qualche regola che mi vieta di rimanere per le vacanze?»

«N-no...» balbetta, presa alla sprovvista.

«Allora posso rimanere».

Uno a zero per Draco.

Sorrido compiaciuto.

«Posso accompagnarti, ovunque tu stia andando?»

«Non penso, i Serpeverde non possono entrare nella sala comune dei Grifondoro».

-

Isobel

 

Siamo tutti fuori dalla porta dell’aula di Difesa contro le Arti Oscure quando questa si apre.

Non è Lupin ad accoglierci in classe, ma Severus.

«Entrate e niente domande» mormora, provocando il gelo nel gruppo.

Lo guardo con espressione interrogativa e aspetto a entrare, mi metto in coda alla fila, mentre lui sta sull’entrata.

«Cosa...?» sussurro.

Sev accenna un sorriso e mi fa segno con la testa di andare a sedermi.

C’è un insolito silenzio in aula, Sev dice uno a uno i nostri nomi.

Manca Potter.

La porta si apre all’improvviso e il ragazzo, con i capelli completamente scompigliati entra frettolosamente in classe.

«Mi scusi, professor Lupin, sono in ritardo...»

«La lezione è cominciata dieci minuti fa, Potter, quindi suppongo che dovremo togliere dieci punti a Grifondoro. Siediti» dice rigido Sev.

Ma l’altro non si muove.

«Dov’è il professor Lupin?»

«Ha detto che oggi stava troppo male per fare lezione... Credevo di averti detto di sederti».

Ma ancora Harry non si muove.

«Che cos’ha?»

«Niente di mortale» sibila con amarezza «Altri cinque punti in meno per Grifondoro e se devo chiederti un’altra volta di sederti, diventeranno cinquanta».

Finalmente si siede e Severus torna a guardare la classe.

«Come stavo per dire prima che Potter ci interrompesse, il professor Lupin non mi ha lasciato appunti sugli argomenti che avete affrontato finora...»

«Signore, abbiamo fatto i Mollicci, i Berretti Rossi, i Kappa e gli Avvicini e stavamo per cominciare...»

«Zitta» dice lui, già non la sopporta, se poi lei si caccia in questi guai... «Non ti ho chiesto informazioni. Stavo solo commentando la mancanza di organizzazione del professor Lupin...»

«È il miglio insegnante di Difesa contro le Arti Oscure che abbiamo mai avuto» interviene Dean Thomas e un mormorio di approvazione si leva nell’aria.

«Vi accontentate di poco. Lupin non vi sta certo caricando di lavoro... Saper affrontare i Berretti Rossi e gli Avvicini è roba da primo anno. Oggi parleremo di...» comincia sfogliando il libro d testo fino all’ultimo capitolo «... Lupi Mannari».

«Ma signore» interviene Hermione senza riuscire a trattenersi «Non dovremmo fare i Lupi Mannari, non ancora, dobbiamo cominciare i Marciotti...»

«Signorina Granger» la ferma nuovamente Sev, con un tono stranamente calmo «Ero convinto di dover essere io a tenere questa lezione, non tu. E io vi dico di andare a pagina 394» si guarda intorno «Tutti! Adesso

Aspetta qualche istante che prendiamo il libro.

«Chi di voi sa dirmi come si fa a distinguere un Lupo Mannaro da un lupo vero?»

La mano di Hermione scatta per aria, a parer mio quella ragazza si vuole male.

«Nessuno?» chiede lui, ignorando Hermione, con un sorriso storto «Volete dire che il professor Lupin non vi ha insegnato nemmeno la differenza fondamentale tra...»

«Gliel’abbiamo detto» esclama Calì «Non siamo ancora arrivati ai Lupi Mannari, siamo ai...»

«Silenzio!» sibila da dietro la cattedra «Bene bene bene, non avrei mai pensato di incontrare una classe del terzo anno che non sapesse nemmeno riconoscere un Lupo Mannaro. Mi premurerò di comunicare al professor Silente quanto siete indietro...»

«Signore» interviene ancora Hermione «Il Lupo Mannaro è diverso da un vero lupo per molti dettagli. Il muso del Lupo Mannaro...»

«È la seconda volta che parli non richiesta, signorina Granger» dice tranquillamente Severus «Altri cinque punti in meno ai Grifondoro per essere un’insopportabile so-tutto».

Hermione è diventata improvvisamente rossissima in viso, ha abbassato la mano e fissa il pavimento.

Sento la tensione crescere nella stanza, tutti lo guardano con gli sguardi cupi. Sta esagerando, ma loro dovrebbero sapere com’è fatto...

«Lei ci ha fatto una domanda e Hermione sa la risposta!» esclama il rosso «Perchè lo chiede, se poi non vuole ascoltarla?»

Ma per Merlino! Capisco che Sev non sia la persona più socievole del mondo, ha i suoi difetti, come tutti, ha un basso livello di sopportazione per gli altri... Non l’hanno capito in due anni e mezzo? Non sanno che è meglio non farlo arrabbiare? Forse è l’orgoglio Grifondoro che viene fuori all’improvviso tutto d’un colpo o forse non hanno un briciolo di controllo, ma, comunque sia, ho l’impressione che non finirà bene.

Sev si alza, raggiungendo il banco di Ron.

«Punizione per Weasley. E se ti sento ancora criticare il mio modo di insegnare, te ne farò pentire».

-

Suona la campanella.

«Dovete fare un tema su come si riconoscono e si uccidono i Lupi Mannari. Voglio due rotoli di pergamena, e li voglio per lunedì mattina. È ora che qualcuno prenda in pugno questa classe. Weasley, rimani, dobbiamo decidere la tua punizione».

-

Severus

 

«Sev, sei incredibile!» mormora Isobel entrando nel mio studio.

Sono seduto sulla poltrona dietro la scrivania, la guardo tranquillo.

«Io?»

«Sì, Sev...»

Si siede sul bordo del tavolo.

«Così tanto?»

«Dai, non credi di essere stato un tantino duro con Hermione?» domanda piano «Weasley aveva ragione, almeno in parte...» continua «Avrebbe dovuto essere un po’ più educato, ma non aveva tutti i torti».

«Dici? A me sono sembrati tutti quanti piuttosto arroganti, l’insegnante sono io e non loro!»

«È vero, è assolutamente vero».

Proprio così!

«Ma devi provare a capire anche loro. Non mi sembra tu sia mai stato molto clemente con loro... Li hai tartassati a ogni tua lezione, a volte anche senza motivo».

Ma cosa? Non...

«Oh, sì, Sev, è vero, avrei capito se ad alcuni non fossi andato a genio, ma qui si parla di quasi tutta la scuola, di tutti gli studenti, la gente non prova rancore senza un motivo...»

«Ma sono delle teste di legno!» sbotto.

«Hai mai provato a pensarli come delle persone che potrebbero sorprenderti? La gente diventa ciò con cui la etichettiamo...»

«Ma...» sospiro «Hai ragione, ma ormai non posso farci nulla, loro mi conoscono per ciò che sono adesso...»

«Tu con me non sei la stessa persona che sei in aula».

No, non lo sono, ma perchè tu sei diversa e allora lo sono anch’io.

«Se solo gli altri sapessero come sei veramente saresti uno dei professori più amati della scuola».

«Non esageriamo!» esclamo ridendo.

Lei arriccia il naso e si mette in piedi.

«Io devo andare» mi dà un bacio leggero sulla guancia «Pensaci su» ed esce dalla porta.

-

Isobel

 

C’è aria di Natale al castello. Il professor Vitius ha decorato le aule con luci scintillanti, che a quel che dicono sono delle fate autentiche. In ogni angolo del castello ci sono ragazzi che si raccontano dei propri progetti per le vacanze.

Per l’ultimo fine settimana prima delle vacanze è stata programmata un’altra gita a Hogsmead, non vedo l’ora, Sev mi aveva promesso che saremmo andati insieme.

-

È l’ultima lezione di Trasfigurazione prima delle vacanze e non appena suona la campanella, dopo averci fatto gli auguri di buone feste, la mamma mi chiama per parlarmi, mentre tutti escono dall’aula.

«Hai qualche minuto o devi andare?» mi domanda.

«Tutto il tempo che vuoi» sorrido.

«Oh, bene... Be’, gli zii mi hanno chiesto se mi andava di passare le vacanze da loro, non ho ancora detto nulla di te, ma se vuoi venire...»

«Dagli zii? Sarebbe bellissimo, solo che... Non posso lasciare Sev da solo a Natale».

«E se il 25 venisse anche lui? La sera dovrebbe tornare al castello, non penso ci sia abbastanza posto per tutti a dormire, saremmo a casa dello zio Robert, dovrebbero venire tutti quanti...»

«Tutti tutti?» domando incredula e un po’ emozionata.

«Sì».

Sono contentissima, era da tempo che volevo vederli, ma ho paura a chiedere di papà.

Ho come la spiacevole certezza che sia morto, o sarebbe venuto, ogni tanto, a salutarmi. Non voglio rovinare questo momento e questa allegria che mi fa stare così bene.

-

«Ciao Sev» dico comparendogli alle spalle, mentre è seduto sul divano a bersi qualcosa che non è tè.

Mi lascio scivolare accanto a lui, appoggiandomi al suo braccio.

«Ciao Isy».

«Hai programmi per Natale?»

Posa il suo sguardo sul mio viso, incerto.

«Cos’hai in mente?»

«Mia mamma è stata invitata a stare dagli zii per le vacanze e ci andrei anch’io, ma mi piacerebbe venissi anche te, almeno per il giorno di Natale...»

Sul suo volto compare una smorfia piuttosto buffa.

«Ti prego ti prego ti prego... Solo per il giorno di Natale» lo supplico facendo gli occhi dolci.

Sbuffa.

«Va bene, volevo passarlo a preparare una pozioncina piuttosto interessante, ma se proprio vuoi, verrò».

«Grazie» miagolo, abbracciandolo «Che cos’è?» domando indicando il bicchiere che ha in mano.

«Whisky Incendiario... È un po’ forte».

«Di che cosa sa?»

L’odore non sembra dei migliori.

«È dolce, ma non molto, ha un retrogusto salato e leggermente amaro, ma ha un che di fiori...»

«Oh, va bene...» dico poco convinta «Domenica c’è la gita a Hogsmead, quindi non trovarti impegni, che tanto ti porto via, qualsiasi cosa tu abbia da fare» esclamo avvicinandomi alla porta.

«Ok, ci vediamo ai cancelli alle nove e mezza, sii puntuale» mormora con l’aria di uno che sta tramando qualcosa.

-

Draco

 

«Ehi, Urquart!» la chiamo, vedendola per l’ennesima volta nei corridoi dei sotterranei.

Sta più tempo lei nei sotterranei che un Serpeverde, per Salazar!

«Oh, buongiorno Malfoy...» dice ironica, notandomi.

«Volevo chiederti se domenica vai...»

«Sì, ma non posso venire con te».

«Perchè no?»

«Perchè ci vado con qualcun altro...»

Mh, qua la cosa mi puzza. E di certo non sono i miei calzini, li ho cambiati stamattina...

«Ci vai con il tuo amico?»

«Può darsi...»

Be’, se lei va con il suo amico, magari, posso seguirli e scoprire chi è, l’idea non è male, anzi, è ottima. Perfetto.

«Uhm... Ok, allora pazienza, ci si vede in giro».

-

Isobel

 

«Ci vai col tuo amico?» mi domanda malizioso.

E certo che ci vado con lui, non ammetto repliche!

«Può darsi...» rispondo io impassibile.

«Uhm... Ok, allora pazienza, ci si vede in giro» borbotta, allontanandosi senza insistere.

C’è qualcosa che non va, è stato troppo semplice.

-

Sono sola mentre scendo la stradina fino ai cancelli.

Non vedo Severus. È stato piuttosto difficile parlargli in questi giorni, sembra perso nei suoi pensieri a tal punto da non sentire nient’altro.

«Isobel!» mi chiama una voce che conosco fin troppo bene.

«Sev, dove sei?» domando osservandomi intorno, ma la vegetazione è troppo fitta.

«Dietro di te» mi sussurra a un orecchio con un suono differente da ciò che mi ricordo.

Due occhi scuri all’altezza dei miei mi scrutano meravigliati e con un che di possessivo.

È un ragazzino pallido, i capelli neri, non troppo lunghi, con indosso una camicia bianca, sotto una giacca scura, e un paio di jeans.

Forse non dovrei, ma la prima cosa che faccio, incapace di trattenermi, è saltargli al collo, stringendolo forte.

-

Severus

 

Mi ritrovo improvvisamente tra le sue braccia. Posso sentire i profumo dei suoi capelli sul mio viso e la morbidezza della sua pelle

Mi tiene stretto a sé per un tempo che sembra sempre troppo breve.

Poi si allontana di un passo, senza lasciarmi le mani.

«Sev! Sei...» mormora senza trovare le parole.

Sorrido, mi sento libero.

«Sono pronto per andare» concludo io porgendole il braccio.

-

Draco

 

Ma chi diavolo è quello lì? Per Salazar, forse non è nemmeno della scuola!

Aguzzo lo sguardo, aumentando il passo, ma tenendomi comunque a debita distanza, nascosto dagli alberi.

Mi sento un po’ come quel mocciosetto di Grifondoro, quello che va in giro a fare foto a tutti, quello che ha fondato il club ‘SanPotter’... Com’è che si chiama...? Bho, non ha importanza, comunque sia, questa macchina fotografica pesa.

Ma per quale motivo non ho fatto fare ‘sta cosa a uno del primo anno, così che potessi godermi la gita?

-

Severus

 

«Tu hai usato la pozione restringente!»

«È una domanda o un’affermazione?»

Mi guarda storto prima di scoppiare a ridere.

È tutto così bello, esattamente com’era e come sarebbe dovuto rimanere.

«Allora, cosa facciamo?» mi domanda allegra.

«Quello che vuoi, a me va bene qualsiasi cosa» mormoro, stringendola un po’ di più a me.

-

Siamo seduti nella su una panchina, lontani dal centro.

Il silenzio è tale che posso sentire il suo respiro lieve mentre osserva il paesaggio che le si presenta davanti con quei due occhi che sembrano d’argento.

«Sev, noi saremo amici per sempre?» mi domanda all’improvviso con tono vago.

Le sue parole mi lasciano un attimo sorpreso. Vorrei risponderle di no, forse non rimarremo amici per sempre, non sono perfetto, potrei non essere più all’altezza per meritarmi la sua amicizia un giorno. Se solo fossimo stati entrambi veramente due ragazzini su questa panca gelata dal freddo dell’inverno, forse avrei risposto di no, forse saremmo potuti diventare qualcosa di più che amici. Non voglio ferirla con un ‘no’, però, ma non voglio nemmeno illuderla che tutto potrà andare bene in futuro.

«Qualunque cosa succeda, Isobel, per sempre, almeno col cuore» rispondo io, guardando altrove.

Mi stringe forte il braccio, appoggiandosi a me.

-

Siamo tornati al castello, la maggior parte degli studenti si prepara a partire.

Potter e i suoi amichetti, invece, rimarranno qua per le vacanze. E io che speravo di averli fuori dai piedi per qualche settimana.

-

Draco

 

E ora come lo spiego a mamma e papà che ops... Il loro unico figlio non ha intenzione di tornare a casa per le vacanze di Natale?

Intingo nuovamente la punta della piuma nel calamaio.

Una goccia cade traditrice sulla pergamena.

“Cari genitori,

alcuni miei amici, mi hanno chiesto se potevo rimanere con loro a scuola durante le vacanze, vi informo quindi che non tornerò a Malfoy Manor.

Vostro,

Draco”.

No, non va bene. Straccio il foglio e ne prendo uno nuovo.

“Cari madre e padre,

alcuni ragazzi di Serpeverde faranno una festa di Natale durante le vacanze nella sala comune. Ho un forte desiderio di partecipare, vi informo quindi che non tornerò a casa per le feste.

Con affetto,

Draco”.

Ma anche questo ha qualcosa che non va. Fa la stessa fine delle precedenti lettere.

Devo essere sintetico, essenziale e coinciso. Non accetto un dinego da parte loro.

...

“Non torno per le vacanze.

Draco”.

 

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 11 ***


“Non torno per le vacanze.

Draco”.

 

11

 

Severus

 

«Severus! Svegliati, svegliati! È Natale!»

Mi rigiro nel letto, aggrovigliandomi nel lenzuolo, cadendo a terra senza tanti complimenti.

Apro un occhio, con il viso premuto contro la pietra fredda del pavimento, ritrovandomi davanti il visino preoccupato di Isobel.

«Sev... Tutto ok?»

Mi tiro su e mi metto a sedere.

«Sì...»

Le labbra le si aprono in un largo sorriso.

I capelli scuri le incorniciano il volto e gli occhi sono illuminati dalla gioia.

Indossa un vestitino verde smeraldo, impreziosito da ricami d'argento.

«Sei bellissima» mormoro senza riuscire a trattenermi.

«Grazie» sussurra, presa alla sprovvista arrossendo.

Mi porge un pacchetto incartato in una carta blu scura.

«Per me?» domando sorpreso.
Annuisce, facendo rimbalzare i riccioli neri sulle spalle minute.

Lo tengo tra le mani, sembra una scatola...

«Aprilo!»

Scarto attentamente l’involucro. È una scatola, larga e poco spessa, molto leggera.

Non capisco.

La apro.

É vuota.

«Isy?»

Mi guarda e sorride. Tiene le mani dietro la schiena.

«Cosa nascondi?» domando girando intorno a lei, ma lei girando su sé stessa non mi permette di vedere quello che tiene tra le mani.

Ridacchia e lancia un urlo divertito, nel momento in cui la prendo di peso in braccio e la lascio cadere sul letto, riuscendo a prendere ciò che stringeva forte tra le dita. É un pacchettino molto piccolo, mi sta nel palmo della mano. Stessa carta blu. Anche questo è molto leggero, ma muovendolo, dall'interno, si sente il rumore di qualcosa di piccolo.

«Cos'è?»

«Guardalo» dice allegra.

Mi siedo sul letto e lei si mette subito accanto a me, curiosando ogni mio movimento.

All'interno del pacchetto un braccialetto di cuoio intrecciato, un piccolo pendente a forma di fiala, contenente un liquido blu oleoso, del genere molto simile a quello della McGranitt.

«Che bello» mormoro sincero «Grazie scricciolo» mi giro verso di lei e le do un bacio sulla fronte, stringendola forte forte.

«Nella fiala c'è olio di menta, essenza agli agrumi, polvere di zaffiro e un po' di polvere d'oro dei folletti» mi spiega «É un talismano, tiene lontano il male».

«E quello verde?» domando.

Spalanca gli occhi «Hai visto quello della mamma?»

«Sì, mi è rimasto in mente, era molto bello».

Sorride.

«Essenza di cedro e limone e polvere di smeraldo e d'oro. É un portafortuna».

«Casa tua sapeva di cedro e limone!» esclamo improvvisamente ricordando quel profumo caldo e intenso che ti avvolgeva entrando in casa Urquart.

«Sì, come casa tua invece sa di menta» mormora.

«Menta?»

Annuisce.

Porto il naso sotto l'ascella alzando il braccio e annuso storcendo il naso «So un po' di sudore, ma la menta non la sento».

Alza le spalle, scoppiando a ridere.

«E gli agrumi?»

«Quello sei te, con la tua personalità dolce e aspra allo stresso tempo».

«Ma che poetessa» la prendo in giro e subito mi fa una linguaccia «Che antipatica... Allora questo me lo tengo» mormoro prendendo dal comodino il mio regalo per lei.

Spalanca gli occhi, in viso l'espressione da cucciolo triste.

«No, piccola» mi intenerisco «Tieni» le porgo il pacchetto.

-

Minerva

 

A passo rapido raggiungo l'ingresso della scuola. Dal portone aperto provengono delle voci. Riconosco la voce di Isobel mentre racconta un episodio di più di vent'anni fa accaduto tra Robert e Malcom, i miei fratelli. La seconda voce è di Severus. Lo sento ridere, è così strano, non credo di averlo mai sentito ridere e chiacchierare con tanta allegria. E Isobel, anche lei ride, mi si riempie il cuore di gioia.

Esco allo scoperto «Allora, tutti pronti?» domando rapida. Entrambi avvolti nei mantelli invernali, sotto la neve che cade, si voltano verso di me.

«Sì, signora!» mi risponde mia figlia con un sorriso sulle labbra, scattando sull'attenti e facendomi il saluto militare babbano.

«Bene, soldato Isobel!» esclamo.

L'uomo ci guarda perplesso.

L'ultima volta che abbiamo fatto questo giochino, era ancora tutto normale. Isobel, Elphistone, noi, la casa, il lavoro... Una spiacevole sensazione di nostalgia mi attanaglia lo stomaco.

Scendiamo verso il villaggio in completo silenzio, nell'aria solo lo scricchiolio del ghiaccio che si rompe sotto i nostri passi. Appena fuori i cancelli della scuola, ci smaterializziamo.

-

Isobel

 

Il suolo di nuovo solido e immobile sotto i miei piedi e la nausea che sparisce mi dicono che siamo arrivati.

Stringo la mano di Severus da una parte e quella della mamma dall'altra, mentre tra la neve che scende fitta intravedo le luci calde di una casa in lontananza. Mi volto verso mia madre, chiedendole se sia quella la casa dello zio e al suo cenno di capo, lascio entrambe le prese e mi precipito lungo il vialetto innevato.

Davanti alla porta mi fermo un istante, incerta, ma la foga del momento ha il sopravvento, così suono il campanello. Pochi secondi, la porta si apre e lì un ragazzo sui sedici anni mi fissa incuriosito. Dall'interno proviene un gran vociare di persone che discutono, chiacchierano e ridono.

«Ciao...?» mormora.

«Ciao» gli rispondo. Ma chi è? Ha i capelli a spazzola dritti dritti e neri, un fisico da atleta su un corpo alto e magro. Due occhi verdi come quelli della mamma, continuano a guardarmi interrogativi.

«Tu sei?» mi domanda.

«Isobel e tu?»

«Alan» risponde secco «Comunque non sei nella lista degli invitati, quindi ciao» mi chiude la porta in faccia, lasciandomi in piedi come una statua congelata.

«Ma...»

Suono ancora il campanello, voltandomi a vedere dove sono Sev e la mamma, ma se la stanno prendendo con comodo.

La porta si riapre.

Una bambina di forse cinque anni con due lunghe trecce bionde mi osserva, spalancando gli enormi occhi.

«Chi sei?» domanda. Da dietro di lei compare un'altra bambina con i capelli neri e dritti dritti come l'altro ragazzo, poco più grande della bambina bionda.

«Grace, aspetta!» esclama passandole davanti «Ciao, chi sei?» mi domanda anche lei.

«Sono Isobel... Abita qua Robert McGranitt?» chiedo incerta.

«Sì, è il mio papà» sorride e mi porge la mano «Sono Annie, piacere».

«Isobel» ripeto stringendole la mano.

«Da che parte della famiglia vieni? Sei qua da sola?»

«Da che parte della...?» la guardo confusa.

«Annie!» esclama la voce di mia madre alle mie spalle.

«Zia Minnie!» la salutano in coro le due bambine correndole incontro sotto la neve e abbracciandola.

Vedo Severus in piedi in disparte tutto impettito.

Entriamo in casa, preceduti da Annie e Grace. Nell'ingresso tutti gli appendiabiti sono pieni e occupati, così, tolto i mantelli, li stendiamo su una poltroncina posta dietro la porta.

«Tesoro» mormora la mamma riferendosi alla bambina più grande «Vai a chiamare tuo padre e lo zio Malcom».

Annie sgattaiola via, seguita dalla piccola Grace.

Sento il cuore battere forte e mi stringo verso Severus, pallido come non mai.

«Isy» mi chiama mia madre «Tutto bene?»

Annuisco piano, mentre dall'altra stanza fanno il loro ingresso due uomini brizzolati, entrambi con due occhi chiarissimi.

«Minnie!» esclama uno dei due, sporgendosi verso di lei e abbracciandola.

«Ciao Malcom» dice sorridente, poi si volta verso l'altro uomo «Robert...» e abbraccia anche lui.

Si voltano verso Severus, non mi vedono, nascosta dietro di lui.

«Lei è?» gli domanda zio Robert, porgendogli la mano.

«Severus Piton, collega di Minerva» dice impettito, stringendo la mano a entrambi.

Vedo zio Malcom sgranare gli occhi e sopprimere una risata.

«Vado ad aggiungere un altro posto a tavola allora...» mormora lo zio Robert.

«Due» lo corregge la mamma, facendo un cenno a Severus.

«Be', capisco non sia esattamente piccolo come uomo» borbotta zio Malcom, chinando il capo in cenno di scuse «Ma non mi sembra abbia bisogno di due sedie...»

Sev si sposta di lato, a tradimento, lasciandomi scoperta.

I due uomini mi osservano, immobili e increduli.

Zio Malcom ha gli occhi lucidi, si sporge verso di me, ma di poco, come se temesse che io scompaia. Zio Robert sembra bloccato, un sorriso gli si allarga sul viso, un istante prima di avvicinarsi e stringermi tra le braccia. Un intenso profumo di sandalo mi avvolge.

«Isobel...» mormora al mio orecchio «Sei veramente tu?» si allontana per guardarmi e lo zio Malcom allunga una mano per carezzarmi i capelli.

Annuisco, sopraffatta da tutto questo interesse.

Passato il momento, entriamo nel grande salone dove sono seduti tutti, sui divani o sulle poltrone o sulle sedie, a chiacchierare.

Molti si girano a salutare la mamma, ma poi in un angolo, seduto da solo su una poltrona verde acido a fumarsi la stessa pipa che fumava vent'anni fa, lo vedo. Gli corro incontro e gli salto al collo. Rimane immobile e rigido, le mani alzate, la barba che punge sul mio collo.

«I-Isobel?» balbetta con la sua voce roca.

«Ciao nonno».

«Non è possibile...» mormora, tenendomi le spalle e guardandomi in viso «Cosa..?»

«Nonno, sono io, sono qua».

«No, tu sei scomparsa tanto tempo fa...»

«Sono io» gli prendo la mano e la porto sulla mia guancia «Sono io e sono qua, davanti a te».

Sorride debolmente, incredulo «La mia nipotina» mi tira a sé, stringendomi forte «Com'è possibile?»

Alzo le spalle.

Anche lui, come lo zio Malcom, ha le lacrime agli occhi e continua a guardarmi come se potessi sparire di nuovo.

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 12 ***


Sorride debolmente, incredulo «La mia nipotina» mi tira a sé, stringendomi forte «Com'è possibile?»

Alzo le spalle.

Anche lui, come lo zio Malcom, ha le lacrime agli occhi e continua a guardarmi come se potessi sparire di nuovo.

 

12

 

Severus

 

Mi appoggio al muro accanto al camino, nascosto da un enorme albero di Natale completamente addobbato a festa.

C'è troppa gente per i miei gusti, la McGranitt li sta salutando tutti, uno a uno, Isobel invece è corsa via, andando a salutare un vecchio che fuma la pipa su una poltrona.

Quanto vorrei essere nel mio laboratorio in questo momento, tranquillo e da solo.

Vedo l'albero muoversi e noto una figurina a gattoni che si nasconde tra i rami. É la bambina bionda con due lunghe trecce, la stessa che è corsa incontro alla donna sull'ingresso. Grace, mi pare si chiami.

La guardo, cercando di capire cosa stia facendo.

«Non guardare di qui, signore, o mi troveranno» mormora con una vocina dolce.

«Da chi ti stai nascondendo?» le domando piano, chinandomi su di lei.

«Da mio cugino. Se lo vedi, gli dici che non c'è nessuno qui, signore?» mi domanda.

Annuisco incerto.

Rialzandomi mi ritrovo di fronte il mio incubo peggiore, dopo Potter e i suoi amichetti, ovviamente.

«P-professor Piton?» domanda un incredulo e balbettante Alan McGranitt, spalancando gli occhi. «Cosa ci fa qua?»

«Buon Natale, McGranitt» dico gelido, irrigidendomi.

«Buon Natale... Cosa ci fa in casa mia?»

«Vorrei saperlo anch'io».

«Al, allora, ti muovi?» lo chiama un ragazzino biondo, più o meno della stessa età.

«Arrivo Luis» poi si rivolge a me «Be'... Buona giornata» mormora, credendo meno lui alle sue parole di quanto voglia lasciar trasparire.

In che casino mi sono cacciato? Che ci faccio io qui?

«Sev, vieni!» mi chiama Isobel. Si avvicina e mi prende per mano, tirandomi attraverso la sala.

«Ciao ciao, signore» mi saluta la bambina dietro l'albero.

Mi porta davanti al vecchio con la pipa.

«Sev, lui è nonno Robert. Nonno, lui è Severus» ci presenta.

Mi stringe la mano e quasi non mi sento più le dita.

«Isobel, anni fa, mi ha raccontato molto di te. Tutte cose belle, intendiamoci» sorride bonariamente. Ha una voce profonda, molto roca, mi ricorda quella di mio padre, quando ero piccolo, prima che iniziasse a bere un giorno sì e l'altro anche.

Quanti anni avrà? Novanta, cento?

«Isobel ha sempre visto solo la parte migliore di me... Non sono perfetto» rispondo cauto.

«Vieni, siediti qua con me» dice indicandomi uno sgabello di legno «Raccontami quello che sei in realtà, quello che lei non mi ha raccontato» ha un modo di fare e di parlare molto... Particolare.

«Io, veramente...» comincio imbarazzato.

«Sto scherzando, ragazzo!» scoppia a ridere «Ma se tu volessi confessarti, come sacerdote, ti ascolto» dice serio, tirando una lunga boccata con la pipa.

Cerco gli occhi di Isobel, che in piedi al suo fianco si trattiene a stento dal ridere.

«O-ok...»

«Papà, ti ho detto che in casa niente pipa!» lo rimprovera uno dei due uomini che sono venuti prima alla porta.

«Uff... Novantasette anni e non posso ancora fare quello che mi pare» sbuffa «Isobel, vai a conoscere i tuoi cugini, sono nell'altra sala» mormora, accennando un sorriso «Tu, invece, resta qua, voglio parlarti» dice rivolto a me.

-

Isobel

 

Attraverso la stanza, schivando persone sconosciute, alte, basse, larghe, magre e alcune davvero bizzarre.

Passo sotto l'arco che dà sull'altra stanza, di poco più piccola della prima, con le pareti tappezzate di librerie e il pavimento cosparso di enormi cuscini. Davanti al fuoco, ammucchiati l'uno sull'altro, una dozzina tra ragazzi e bambini, seduti o sdraiati sopra i cuscini.

La bambina di nome Annie mi vede e mi fa cenno di avvicinarmi. Si alza e viene verso di me.

«An! Che... Chi è quella?» chiede un ragazzetto piuttosto in carne.

«Si chiama Isobel, è arrivata con la zia Minnie» spiega lei.

«Isobel? Come sua figlia?» domanda una ragazza bionda.

«Ma no, sua figlia è scomparsa, nessuno l'ha mai conosciuta, non dire cavolate Jo» mormora un altro ragazzo, biondo anche lui.

«La tipa strana alla porta?» uno dei ragazzi che mi dà le spalle si volta. É quello che mi ha aperto la porta la prima volta, Alan.

«Sono Isobel e Minerva è mia madre...» dico a mezza voce.

«La cugina scomparsa! Visto Luis?» esclama Jo con tono di superiorità.

«Annie, vai a recuperare Grace» borbotta Alan alla bambina «Ora abbiamo questioni più importanti di cui discutere» dice poi a tutti con voce ferma.

«Al, piantala, te lo sarai immaginato...» lo rimprovera un ragazzo più grande, con due occhi azzurri chiarissimi.

Annie arriva accompagnata dalla bambina con le trecce.

«Ma Ric! Te lo assicuro, era lui!» esclama Alan alzandosi in piedi. Annie nel frattempo mi invita a sedermi accanto a lei e a Grace sui cuscini.

«Se anche fosse, cosa ci sarebbe venuto a fare qui?» domanda una ragazza dai capelli rossi e col viso pieno di lentiggini, che sta sdraiata tra le braccia di Ric.

«Non ne ho idea, ma se starà qui, sarà un problema!» continua il ragazzo.

«Siediti Alan, dai...» mormora un'altra ragazza rossa di capelli, tirandolo per il bordo del maglione.

«Lasciami, Amelie» le dice scortese, risedendosi accanto a lei.

«Alan, davvero, ti rendi conto che è appena arrivata la cugina scomparsa e tu straparli su un professore che ti sei immaginato?» interviene Jo.

«Già, che poi, tra tutti, Piton!» esclama Ric, scoppiando a ridere.

«Oh» mi sfugge, nell'istante in cui sono tutti in silenzio. Mi ritrovo quattordici paia di occhi puntati addosso.

«Cosa, ragazza scomparsa?» mi domanda Alan.

Mi sento arrossire.

«Lui è qui con me, in effetti» dico piano, quasi intimorita.

Ric scoppia a ridere nuovamente nel silenzio totale «Bene, Al, per una volta non te lo sei immaginato» borbotta con le lacrime agli occhi.

«Ma che hai da ridere?» gli domanda Jo, tirandogli una gomitata.

«Ma state parlando dell'uomo alto con i capelli neri che è arrivato con la zia?» domanda Annie.

«Sì, tesoro» risponde la ragazza con le lentiggini.

«E perché Al vuole trovare un piano per liberarsene? A me è sembrato un tipo simpatico...»

«Forse perché tuo fratello ha qualche rotella fuori posto» continua la ragazza.

«Ma smettila, Beth, è una questione importante!» esclama Alan «Negli ultimi cinque anni, mi avrà tolto centinaia di punti senza motivo e ora è qui, per rovinarci il Natale!»

Lo guardo scettica.

«Veramente è qui per pranzare e festeggiare il Natale» mormoro piano.

«Festeggiare il Natale? Quel vecchio pipistrello raggrinzito e senza cuore?»

«É pur sempre una persona, Al» lo difende la ragazza di nome Jo.

«Solo perché hai avuto una cotta per lui non vuol dire che sia una persona, di quelle che provano sentimenti per lo meno».

«Oh-oh» fa Luis con tono colpevolizzante «Laurent, questa la sapevi?» mormora malizioso al ragazzo accanto a Jo «La nostra Johanne innamorata di un professore, vecchio e antipatico».

«Ma piantatela!» esclama la ragazza «É stato un sacco di tempo fa!» continua, mettendo il muso.

Ridacchio tra me, pensando a come la prenderebbe Sev.

«Ragazzi, a tavola!» gridano dall'altra sala.

«Dopo tutti alla vecchia quercia?» domanda Amelie.

«Certo» risponde Ric.

«Isobel ti unisci a noi?» mi chiede Jo con un sorriso.

«Penso di sì».

-

Severus

 

Vedo Isobel entrare nel salone. Insieme a lei, quasi mi viene un colpo, Richard, Johanne e Alan McGranitt e Laurent Fire e Bethany Clodley, tutti qua, tutti in una volta sola.

Mi sento sbiancare mentre Isobel mi affianca.

Mi ritrovo seduto al lungo tavolo, alla mia sinistra Isy, alla mia destra una donnona di nome Eloise, che è la madre del marito... No, la madre della moglie della sorella... O del fratello? Della moglie di Robert. O era Malcom? Davanti a me, Alan McGranitt, che mi fissa con aria cattiva, quasi voglia incenerirmi con lo sguardo.

La signora Eloise mi sta elencando i problemi intestinali dei suoi otto gatti.

Cerco gli occhi di Isobel, la vedo a disagio, mi stringe la mano e sorride incoraggiante.

Incontro lo sguardo di Alan McGranitt «Qualche problema, McGranitt?» domando gelido.

«Sì, professore» dice con disgusto.

«Forse potresti evitare di fissarmi, il fatto che stiamo cenando allo stesso tavolo e in casa tua, il giorno di Natale, non cambia nulla, resto comunque un tuo professore».

«Forse potrebbe prendere e andarsene!» ringhia.

Sento la mano di Isobel pizzicarmi la gamba. Sospiro e cerco di rilassarmi.

«Appena potrò, McGranitt, stanne certo» dico calmo.

Lo vedo affettare il cibo nel piatto come se non ci fosse un domani, ma concentrando la mia attenzione sulla mano di Isy posata sul mio braccio riesco a mantenere la calma, evitando di lanciargli la forchetta addosso.

Il pranzo più lungo della mia vita.

Un attimo prima del dolce, Robert, fa tintinnare il coltello contro il bicchiere, si alza in piedi, mentre tutti fanno silenzio.

«É bello vedervi tutti qui, insieme, sotto lo stesso tetto» comincia «Colgo l'occasione per dare nuovamente il benvenuto di Isobel nella famiglia, dopo vent'anni, il suo ritorno può considerarsi un miracolo. Quindi, bentornata, a nome di tutti. E buon Natale! Ora vi lascio al meraviglioso dolce di Mary...»

«Niente dolce per il professor Piton» dice tagliente McGranitt «Non se lo merita».

Sto per rispondere, ma Isobel mi precede. Si alza velocemente, scusandosi, e mi prende per mano, portandomi fuori in un attimo, lontano da tutti.

-

Isobel

 

«Sev» mormoro «Va meglio?»

Intravedo il suo profilo nella ombra, la sua mano ancora stretta nella mia.

«Sì, grazie».

Si gela.

«Ehi» lo chiamo «Tu sai di essere meglio di così, vero?»

Annuisce «Ma forse mi sbaglio».

«Perchè pensi di sbagliarti?»

«Perchè c'è un motivo per cui il ragazzo mi odia» dice tetro «Quattro anni fa, sua cugina Johanne, che era al quinto anno, l'ultima lezione dell'anno si è fermata a sistemare le sue cose, aspettando di rimanere sola con me. Poi a sorpresa, dopo essersi avvicinata, ha cercato di baciarmi. Ovviam...» si interrompe «Ovviamente l'ho respinta, ma il ragazzo è entrato nella mia aula e ha assistito alla scena in cui le davo della stupida e dell'incosciente. Lei non gli ha detto che cos'è successo realmente, così lui pensa che io ci abbia provato con lei e che l'abbia poi insultata. Così a quanto pare gli ha raccontato, la faccenda è finita lì e lui mi odia per questo».

«Dovresti spiegarglielo... Se ho capito bene, è al quinto anno, hai ancora due anni da passare con lui, Johanne è uscita, quindi non vedo il problema per cui non dovresti chiarire e passare i prossimi due anni senza troppi problemi».

«Isobel, non posso» dice piano «Ogni volta che comincio a parlargli mi viene un'incredibile voglia di strangolarlo» continua con un ringhio.

Lo osservo e per un attimo, nella mia testa, prendo tutto il coraggio che ho, mi avvicino e lo bacio. Senza dirgli nulla, lo bacio e lui non dice nulla.

«Isy?» mi chiama «Severus chiama Isobel, Isobel ci sei?» mormora ridacchiando, improvvisamente tranquillo «Ma che hai? A che stai pensando?»

Se ci fosse luce mi vedrebbe arrossire fino alle punte dei capelli. Un brivido di freddo mi percorre la schiena.

«A nulla» rispondo impettita.

«Nha... Non ti credo, a che pensavi?» domanda ancora, tirandomi a sé, facendomi sedere sulle sue gambe e carezzandomi la schiena per riscaldarmi.

«A te».

«A me?»

«Sì».

«E pensavi qualcosa di buono?» domanda curioso.

«Sì».

«Mi fai anche sapere cosa?»

Scuoto la testa.

«Dai, Isy...» mi supplica, facendo dondolare le gambe e me sopra di esse.

«No no» miagolo «E dai, stai un po' fermo, Sev» ridacchio.

«E se facessi così?» mi mormora all'orecchio, cominciando a farmi il solletico «Me lo diresti?»

Mi contorco tra le sue braccia.

«Va bene!» esclamo «Va bene.. Te lo dirò».

Mi guarda di sottecchi, aspettando che parli.

«Ho solo immaginato di baciarti, come voleva fare Johanna...»

«E?» mi chiede.

«E, cosa?»

«E pensi ti piacerebbe?»

«Penso di sì».

Un piccolo sorriso gli affiora sul viso.

«E a te?» domando.

Alza le spalle, chinando gli occhi.

Sospiro «Va bene, Sev» sposto il mio sguardo sulla neve che cade fitta «Torniamo dentro? Fa freddo...»

«Va bene, scricciolo».

Siamo sulla porta, un attimo prima di rientrare, mi abbraccia stretta stretta a sé e posa le labbra sulla mia fronte. Un calore mi invade in tutto il corpo.

«Andiamo...» mormora.

-

Minerva

 

«Minerva cara!»

«Clarisse, che piacere vederti...» sorrido nel vedere la sorella di Roslin. É incantevole, come sempre. Accanto a lei, la piccola Lucy, talmente somigliante a lei da sembrare la sua copia in miniatura «Ciao Lucy, siete appena arrivate?»

«Sì, a pranzo siamo stati dai genitori di Gerard, ma Roslin mi ha detto che le avrebbe fatto piacere averci qua per cena».

«Come state?» domando cauta.

«Lucy, va a giocare con i tuoi cugini, tesoro...» dice alla figlia per poi tornare a rivolgersi a me «Noi abbastanza bene, Minnie. Lucy ha accettato la morte di suo padre, ma manca a lei almeno quanto manca a me... Sono già passati otto mesi...»

«Mi dispiace» una fitta mi stringe il petto «Il dolore non passa mai».

«Scusami Minnie, non volevo rattristarti» mormora dispiaciuta «Ma Roslin mi ha parlato di un miracolo e qualcosa a proposito di tua figlia... Hai idea a che si riferisse?»

Annuisco piano.

«Mia figlia, Isobel, è tornata».

La vedo sgranare gli occhi incredula «Isobel, davvero?»

«Sì, è tornata, così com'è scomparsa, come se nemmeno un giorno fosse passato per lei».

«Incredibile» mormora «Sono molto contenta per voi... E cosa... Come ti sei sentita?»

«Persa e disorientata e spaventata e chi più ne ha più ne metta... Ma ora ci parliamo, andiamo d'accordo...» borbotto, concludendo con un timido sorriso.

«Incredibile» ripete.

«Clarisse, Minerva» ci chiama Abigail, la madre di Clarisse «Marianne vi sta cercando».

Raggiungiamo la donna, la quale si sta togliendo le scarpe alte tenute indosso tutto il giorno.

«Scusatemi, ma non ce la faccio più...» ridacchia «Comunque volevo dirvi che Eloise, Leonard e Jeremy hanno deciso di tornare a casa stanotte, quindi si sono liberate due stanze, se volete rimanere qua...» sorride «Isobel potrebbe passare un po' di tempo con i ragazzi» dice a me «E noi potremmo passare un po' di tempo insieme, ci vediamo così poco».

-

Severus

 

Stiamo rientrando, quando incrociamo nell'ingresso parte del gruppo dei ragazzi, che pronti per uscire stanno starnazzando a gran voce a proposito di una partita di Quidditch.

Mi ritrovo davanti Johanne McGranitt, accanto a lei Laurent Firewall. Impallidisce vedendomi, mentre io sposto lo sguardo, ignorandola.

«Isobel!» esclama un ragazzetto biondo, l'amico di Alan McGranitt «Vieni alla vecchia quercia con noi?»

I miei occhi incontrano quelli di Isy.

«Grazie dell'invito, voi cominciate ad andare, forse vi raggiungo più tardi» accenna un sorriso sulle labbra morbide. Rimango incantato, mentre poco a poco il gruppo si spinge fuori e chiude la porta, lasciandoci di nuovo soli.

Vorrei baciarti, bambina, ma non posso. E quelle labbra così invitanti e quegli occhi dolci.

«Sev? Mi stai ascoltando?»

«Cosa?» domando confuso «Non...»

«Stai bene?» mi chiede preoccupata «Vieni, andiamo a sederci».

La seguo nella stanza accanto al salone da pranzo. Libri, cuscini e un camino. La luce soffusa, il profumo di sandalo. Mi piace questo posto.

Mi lascio cadere su una montagna di enormi cuscini, invitandola poi a venire tra le mie braccia.

Mi guarda con un sorrisino furbo in viso.

«Isy che hai?»

«Stai proprio bene con quella camicia, lo sai?»

«Da quando in qua guardi come mi vesto?» rido «Vieni qua, scricciolo».

Si sdraia accanto a me, appoggiando la testa sulla mia gamba.

Le carezzo i capelli dolcemente, scaldandomi al tepore del fuoco.


***

Nota dell'Autrice: Tan-taaan-taaaaan! Buongiorno a tutti coloro che leggono, secondo voi che succederà? Aspetto vostre notizie, siete così tanti :)

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 13 ***


Le carezzo i capelli dolcemente, scaldandomi al tepore del fuoco.

 

13

 

Minerva

 

«Isobel..?»

Mi affaccio sulla stanza semibuia. Due figure sono a terra, stese sui cuscini.

Mi avvicino.

Severus è addormentato accanto al fuoco, appoggiato a lui, la mia bambina, anche lei nel mondo dei sogni.

Sarebbe ora di cena, in realtà, ma terrò loro qualcosa da parte, per quando si sveglieranno.

Sono proprio carini, non pensavo avrei mai visto dormire l'arcigno professor Piton accanto a mia figlia.

Do una carezza alla guancia di Isobel, lei sussulta.

«Mamma?» domanda piano «Cosa... Cosa c'è?» dice con la voce impastata

«É pronto da mangiare» sussurro.

«Arrivo» sbadiglia.

«Ok, tesoro» sorrido e torno nel salone.

Guardandomi intorno mi rendo conto che c'è meno folla.

Leonard ed Eloise sono andati via insieme a Jeremy. Pierre e Margaret, con Brian e Amelie sono partiti non appena i ragazzi sono tornati dalla passeggiata. E anche Johanne, Richard e Joshua, con i rispettivi compagni sono tornati a casa.

Raggiungo Mary, Roslin, Clarisse e Francine sedute al tavolo da pranzo, mentre gli uomini portano da mangiare nel salone. Mio padre chiacchiera allegramente con Abigail a capotavola. Grace e Annie confabulano tra loro, ridacchiando di tanto in tanto, mentre Luis, Alan, Leonard e Simòn discutono allegramente sulla partita di Quidditch di domani che si terrà in giardino. Annabell sta tenendo un lungo monologo con Bernard, che da bravo vecchio marito, la interrompe sbuffando a intervalli di dieci secondi. Lucy è seduta da sola, in completo silenzio, mentre con la punta della forchetta disegna piccoli cerchi sulla tovaglia.

Vedo arrivare Isobel, seguita da un Severus ancora mezzo addormentato, con la camicia bianca stropicciata e i capelli in disordine.

Si siedono nei due posti vuoti alla destra di Lucy, lontani dai ragazzi.

-

Isobel

 

Sono in piedi davanti alla porta chiusa del bagno.

«Sev, vieni fuori!»

«No».

«Perchè no?» domando divertita.

«Non esco» risponde offeso.

«Dai, esci, ti prometto che non riderò» mormoro mettendomi la mano destra sul cuore.

«Promettimelo».

«Lo prometto!» dico incrociando le dita dietro la schiena.

«Ok...» borbotta poco convinto.

Poco a poco la sua figura si affaccia controluce.

L'immagine di un uomo alto con le spalle alte, i capelli lunghi e neri tirati indietro con la mano e indosso una camicia da notte bianca e rosata, lunga fino alle ginocchia che lascia scoperte parte delle gambe villose, l'orlo sfilacciato, le maniche a sbuffo sulle spalle, le pantofole pelose ai piedi.

Mi mordo il labbro per non scoppiare a ridere «Stai...» comincio «Stai benissimo».

«Ma piantala» mi rimprovera in disaccordo «Dormirò con i miei pantaloni, al diavolo la camicia da notte!»

«Carino professore!» strilla una voce dal fondo del corridoio e poi un fischio. Alan che gli fa un occhiolino ammiccante prima di ritirarsi di nuovo in camera sua con Luis, Leonard e Simòn. Poi delle risa.

«Appunto...» si annusa «Sa di gatto, che schifo».

«Probabilmente è di Eloise» borbotto con un sorriso appena accennato.

Sbuffa «Per Salazar!» esclama rinchiudendosi di nuovo in bagno.

«Allora? Ci sei?»

«Sì, sì, dammi ancora un attimo».

Esce nuovamente, i pantaloni di nuovo indosso, la camicia aperta che gli lascia scoperto il petto solcato dalle lunghe cicatrici, ai piedi ha ancora le pantofole pelose.

«E ora?» domanda, alzandosi il colletto e fingendosi un modello in passerella.

«Non fare lo scemo, Sev!» rido «Sei bellissimo» mi sfugge.

«Cosa?»

«Volevo dire... Stai benissimo!»

«No, no, tu hai detto che sono bellissimo» ridacchia.

«Andiamo a nanna, professor Piton» mormoro, andando verso la nostra stanza.

«Ehi, stai dicendo che non sono più bellissimo?» mi domanda rincorrendomi.

Mi butto sul letto matrimoniale in mezzo alla stanza, sprofondandoci dentro da quanto è morbido.

«Davvero?» domanda ancora.

«A nanna, professore».

Si sdraia sulla brandina nell'angolo della camera, accanto a un vecchio armadio che sa di naftalina.

Sfila la camicia, rimanendo a dorso nudo.

«Cosa ti sei fatto lì?» domando, indicando su di me il segno della lunga cicatrice che parte dall'ombelico e arriva quasi fino all'ascella sinistra.

Si guarda il petto, percorrendo con il dito il segno che gli ho indicato.

«Qua, mi pare sia quella della Chimera...» dice tranquillamente.

«Chimera? Sev, di che parli?» domando allarmata.

«Ero in missione da parte di Voldemort, ero entrato ufficialmente nei Mangiamorte da poco e il Signore Oscuro voleva estendere il suo esercito a vari animali mitologici... Le Chimere erano un suo debole. Poteva comunicare con la parte di serpente, ma prima dovevo portargliene una».

«E ce l'hai fatta?»

«No, sono riuscito a rubare un uovo da un nido, ma non si è schiuso... Per recuperarlo sono quasi morto. Ero solo e con uno squarcio sul petto, quasi completamente dissanguato» mi spiega tranquillamente.

«Ma è terribile!»

«Ma no... É passato, non fa male e sto bene».

«Hai rubato un cucciolo da un nido ed è morto prima di venire alla luce, Sev, non è una cosa bella..!» dico scandalizzata.

«Ah!» esclama lui all'improvviso «Quindi ti preoccupi di più di un uovo di Chimera che della mia vita?» si alza e si butta sul letto accanto a me.

«Certo, perché, che credevi?» gli faccio una linguaccia.

«Antipatica» si gira su un lato, dandomi la schiena.

«Dai, girati!» ridacchio, afferrandogli la spalla e tirandolo verso di me. Fa resistenza all'inizio, ma poi si lascia cadere su di me, schiacciandomi. La sua pelle calda contro i palmi delle mie mani.

Scoppio a ridere e più rido più mi manca il fiato, cercando con tutte le mie forze di spingerlo via.

«Cos'è, ti sto forse schiacciando?» domanda divertito «Vuoi che mi tolga?»

«Sì!» esclamo e lui finalmente rotola sul materasso, liberandomi.

«Allora?» domanda, dandomi un bacio sulla guancia.

«Allora, cosa?»

«Com'è stato scoprire che i tuoi cugini sono dei rompipalle?» mi chiede serio.

«E stato strano, anche se avrei dovuto immaginarmelo, sapere di avere così tanti cugini, Sev... E se anche non sono il massimo della simpatia, sono la famiglia».

«Già, la famiglia» dice con un attimo di malinconia.

«Che c'è?»

«Nulla».

«Sputa il rospo, professore».

«Ma niente, Isy, non so nulla di nessuno della mia famiglia da tempo... Tanto tempo» sospira «Ma non ho bisogno di una famiglia» mormora «Ho un lavoro, ho un laboratorio, ho un bell'appartamento, vivo nell'unico posto che ho veramente sentito come casa da quando ci ho messo piede... Ho un uovo di Chimera...» sorride «E ho te, non ho bisogno di altro».

«Il Natale ti ha addolcito, professor Piton?» lo prendo in giro.

«Dammi il tempo di tornare a scuola e vedrai che rincomincio a essere il professore maligno che sono sempre stato» mormora «In particolare con un certo Alan McGranitt».

«Ok, Severus» borbotto con un sospiro «Ora a nanna, che domani abbiamo la sveglia presto».

«Presto per..?»

«C'è la partita» dico «La mamma mi ha detto che il giorno dopo Natale, la mattina presto dopo la colazione, c'è una partita di Quidditch tra tutti quelli che vorranno giocare e il premio per chi vince».

«Davvero?» domanda, alzandosi dal letto e rimettendosi sulla brandina.

«Se la mamma entra e ti vede così le viene un colpo...» osservo sorridendo.

«Dici? Sono così affascinante?»

«Ma no!» esclamo, scoppiando a ridere «Ma quanto hai bevuto a cena?»

«Non abbastanza da dirti che ti bacerei anche subito...» mormora sdraiandosi a pancia in su, posandosi le mani in grembo e guardando il soffitto con lo sguardo vago.

Mi sento arrossire mentre mi infilo sotto le coperte, annegando nel materasso troppo morbido.

«Oh... Ok, Sev» dico senza voce «Ora dormi».

«Vieni qua, scricciolo».

Mi rimetto in piedi e mi siedo sul bordo della brandina. Con la mano avvicina il mio viso al suo e posa le labbra sulla mia fronte.

«Buonanotte, tesoro».

«Buonanotte, Sev».

Non faccio in tempo a tornare a letto, che dal suo angolo della camera, sento il respiro pesante del sonno, mi riavvicino a lui e lo copro con una delle vecchie coperte di lana.

Forse i sei bicchieri di sidro casalingo erano troppi.

Sorrido e mi rimetto sotto il piumone.

-

Minerva

 

Entro nella stanza buia in silenzio, richiudendomi la porta alle spalle.

Nell'ombra scorgo la sagoma dell'uomo nel letto nell'angolo della camera, mentre nel letto matrimoniale davanti a me, la figura accovacciata di mia figlia che dorme.

Il profumo di menta di mescola a quello di naftalina e legno.

Mi slaccio il vestito, rimanendo in sottoveste e sopra di essa indosso la lunga camicia da notte di cotone, a pois rossi, verdi e blu della madre di Mary.

Sento un sussulto nel silenzio.

«Isobel?» chiama l'uomo «Sei sveglia?»

«Mh?» rispondo.

«Volevo solo dirti che è stato il più bel Natale di sempre, grazie» dice dolcemente.

Mi scappa un sorriso.

-

Davanti a me, una Francine con due segni rossi fatti col rossetto sulle guance.

Respiro l'aria fresca, guardando verso il suolo, così lontano, mi sento completa. Volare mi fa sentire libera.

Nel ruolo di Cercatore per le Puffole Viola – Grace ha insistito tanto per il nome – Alan, come Cacciatori ci siamo io e Johnatan, il Battitore è Robert, mentre Luis è il Portiere.

Per i Camaleonti Gialli, Leonard è Cercatore, Malcom gioca come Battitore, Simòn come Portiere e Francine e... Severus sono i due Cacciatori.

Mio padre commenta la partita con Isobel e Lucy che fanno il tifo, insieme a Clarisse, Roslin e Mary e i nonni.

Non mi sarei mai aspettata che Severus si sarebbe offerto per giocare, ma visto l'accanimento con cui gioca, probabilmente ha un conto in sospeso con Alan.

«Bello il vestitino della nonna, professore!» lo sento gridare e poi scoppiare a ridere.

Mi stupisce, è proprio bravo.

Il campo sotto di noi è completamente innevato, il cielo grigio, ma l'aria è fredda e frizzante.

La partita si svolge rapida, in poco tempo arriviamo a un punteggio di 80 a 70 per le Puffole.

Poi un fischio squarcia l'aria. Chi?

Leo stringe nella mano il vecchio boccino d'oro che ogni anno usiamo per la partita.

«John, Francine, vostro figlio è un mostro a Quidditch. L'anno prossimo lo lasciamo in panchina!» esclama Robert, saltando giù dalla scopa.

«Zio, l'anno prossimo in panchina ci stai tu, se permetti, che sai, con l'avanzare dell'età diventa difficile anche vedere il bolide» batte il cinque ad Alan, mentre, fradici, ci riavviamo verso casa.

Ha rincominciato a nevicare.

«Mamma!» mi chiama Isobel «Sev deve tornare al castello per completare una pozione, tornerei con lui se per te non è un problema».

«Isy, aspetta!» esclama l'uomo «Prima voglio il premio» sorride compiaciuto.

«Quale premio?» domando.

«Come quale premio? Isobel mi ha detto...»

Scoppio a ridere «C'è la torta di Natale di Abigail, è buonissima e la fa solo una volta all'anno».

Si ricompone, guardandosi intorno.

«Il tempo per una fetta di torta ce l'abbiamo».

-

Isobel

 

«Sev» comincio, prendendogli la mano libera «Non ti pare di aver esagerato un po'?»

«Perchè mai lo credi?» sorride.

Una forza mi prende per l'ombelico, ribaltandomi un attimo la pancia.

Siamo nei giardini del castello.

Lo guardo, cercando di rimanere seria. Ma è troppo contento per far si che io riesca a tenergli il muso.

«Isobel, la torta di Abigail è la torta più buona che abbia mai assaggiato!» esclama, alzando la mano in cui tiene il sacchetto dove zia Mary gli ha incartato cinque porzioni del dolce.

«Chiederò alla mamma di cercare convincerla a farsi dare la ricetta dalla nonna, magari riesci a prepararla».

«Non verrà mai bene come quella di Abigail» dice con aria sognante.

«Sev, sicuro di stare bene?» domando scettica.

«Sì, perché?»

«Sei strano, quanta torta hai mangiato?»

«Solo tre fette» mormora «O cinque».

Entriamo nell'atrio della scuola.

«Va bene, Sev» mormoro, alzando le spalle «Vado a prendere il libro che mi hai prestato, l'ho lasciato nel dormitorio, ti raggiungo subito».

Mi fa un cenno con la mano, il sorriso stampato in viso.


***

Nota dell'Autrice: Finalmente di ritorno a scuola, che ne dite di... Un nuovo personaggio nel prossimo capitolo? Pronti per conoscere l'avvenente J. S. che viene a cambiare le carte in tavola? A settimana prossima maghetti :)

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Capitolo 14
*** CAPITOLO 14 ***


«Va bene, Sev» mormoro, alzando le spalle «Vado a prendere il libro che mi hai prestato, l'ho lasciato nel dormitorio, ti raggiungo subito».

Mi fa un cenno con la mano, il sorriso stampato in viso.

 

14

 

«Ehi, Urquart!» mi chiama una voce fin troppo familiare, mentre percorro il lungo corridoio dei sotterranei «Urquart, dai... Isobel».
Mi ferma, prendendomi per il polso con la mano e facendomi voltare.
«Ciao, Isobel» sorride esaltato.
«Malfoy!» esclamo, presa alla sprovvista.
Vedo una scintilla di delusione saettare nei suo occhi grigi.
Schiude delicatamente le dita, liberandomi dalla sua presa.

«Dove sei stata ieri? Ti ho cercata, ma non eri a scuola».

«Appunto, non ero a scuola» dico semplicemente «Non devo renderti conto dei miei spostamenti in ogni momento, no?»

«No... Be', volevo darti il mio regalo, solo quello. Se mi accompagni a prenderlo, te lo do» accenna un sorriso.

«Veramente, devo andare a...» mi muore la voce in gola, senza parole.

«A?»

Sospiro.

«Niente, vengo con te, ma sappi che io non ti ho fatto nessun regalo...»

«Non importa».

Mi circonda le spalle con il braccio e mi trascina fino all'ingresso della sala comune dei Serpeverde.

«Vieni» mi fa strada all'interno del salone, enormi vetrate fanno entrare una brillante luce verdastra. Divanetti neri in pelle, molto simili a quello che ha Severus nel suo appartamento, il quadro di Salazar Serpeverde sopra a un enorme camino, tappeti verde smeraldo e argento.

«Di qua, Urquart» dice prendendomi per mano. Mi porta fino a un lungo corridoio con una serie di porte numerate.

Alla numero 37 si ferma e dopo aver preso una piccola chiave dalla tasca, apre la porta e mi fa segno di entrare.

É una stanza quadrata. La parete opposta a quella dell'ingresso e completamente finestrata. Oltre al grande letto a baldacchino, c'è un armadio a due ante, una cassettiera, uno scrittoio e un baule. Sul muro sopra lo scrittoio sono appese lettere e fotografie e a terra, contro il muro, una lunga fila di libri tutti ordinati.

«Avete una stanza a testa?» domando sorpresa.

«Il tuo amichetto non te lo aveva detto?» domanda gelido «Ovviamente, questa, è una delle stanze più belle, la stessa stanza che aveva mio padre quando era a scuola e anche mio nonno e il suo prima di lui... Altri dividono la stanza, ma mai più di due» sorride compiaciuto.

«Buon per voi» dico senza riuscire nemmeno a fingermi contenta.

«Vuoi qualcosa da bere?»

«Hai pure il mini-bar?» chiedo scettica.

«N-no, ho una Burrobirra, se vuoi».

«Ah, no grazie».

Alza le spalle e poi si avvicina all'armadio, aprendo l'anta destra dell'armadio. Dentro un manico di scopa, una scatola con il kit di manutenzione e in basso, sul fondo dell'armadio, una dozzina di bottiglie di Burrobirra. Ne prende una e la apre con un sibilo. La porta alle labbra e fa un lungo sorso.

«Malfoy, non potresti darmi quello che mi vuoi dare e poi mi lasci andare?»

«Cos'è tutta questa fretta?»

«Ho un impegno...»

«E cosa devi fare?»

«Ma saranno fatti miei!» sorrido gentilmente con uno sguardo gelido.

«Dai, che sarà mai? Un incontro segreto?» domanda curioso.

«No, ho un appuntamento con il professor Piton...» dico in un sibilo.

«Oggi? E che dovete fare?» chiede malizioso.

Sospiro, cercando di prendere tempo per trovare qualche scusa.

«Per delle ripetizioni, per recuperare parte del programma degli scorsi anni».

Mi guarda sorpreso, ma sembra credermi.

«Bene, lo vuoi questo regalo o no?»

«Veramente no, ma non mi sembra di avere altra scelta» rispondo esasperata.

«Va bene» si volta verso la cassettiera, sposta alcuni vestiti «Allora questo è per te, con la speranza che ti piaccia».

Mi porge un libro, piuttosto alto e dalla copertina antica in pelle, rifinita d'argento, sulla quale è inciso il titolo: “Creature fatate: dove trovarle e usi insoliti”.

Per un istante, mi viene una voglia incredibile di prenderlo e iniziare a leggerlo, ma mi trattengo. «Grazie».

Sorride e si avvicina. Mi posa una mano sulla guancia.

Spalanco gli occhi, con un misto tra terrore e imbarazzo.

É a pochi centimetri dal mio viso. Piego le ginocchia e gli sfuggo, stringendo tra le mani il libro, come un piccolo tesoro.

«Ciao, Malfoy» dico, cominciando a uscire «Grazie per il libro» sorrido, richiudendomi la porta alle spalle.

A passo rapido mi dirigo verso l'uscita, per poco non inciampo in un tappeto.

Per Godric! Stava cercando di baciarmi! Malfoy!

Esco dalla sala comune e ritrovandomi sola nel corridoio, mi appoggio al muro freddo, scivolando a terra, stringendo il libro al petto, il cuore a mille, la testa che gira.

Non sarei dovuta andare con lui.

Faccio un respiro profondo e mi rimetto in piedi.

-

Draco

 

Rimango immobile, guardando il muro, esattamente dov'era Isobel pochi istanti fa.

«Ookay...» sospiro.

Prendo la bottiglia e bevo un altro sorso.

«Va bene, Draco, questa è la prima volta che ti succede, ma non è un dramma» mi dico con tono convincente «Diamine, è dall'età di nove anni che se provo a baciare una femmina, questa non scappa, anzi».

Mi sdraio sul letto, sospirando nuovamente.

Bussano alla porta.

«Avanti» dico secco.

La figura capelluta e imponente di Joseph Smith, l'unico altro Serpeverde rimasto per Natale, frequenta il sesto anno.

É un tipo un po' strano, simpatico, ma strano.

Sa suonare tantissimi strumenti e legge poesie. Molte ragazze a scuola gli vanno dietro. Io lo trovo un po' eccentrico.

«Allora, Malfoy, chi era l'incantevole fanciulla che ho visto scappare via?» sorride malizioso.

«Isobel Urquart, Grifondoro» dico con un sospiro.

«Non va bene, non va bene, Malfoy. La ragazza che ti farà sospirare sarà la tua rovina» enuncia con tono aulico, come se si trovasse su un palcoscenico.

«Lo è già» mormoro «Ma un suo bacio mi vale dieci galeoni».

«Non mi dire, stai cercando di fartela per scommessa?» scoppia a ridere «Bravo il piccolo principino!» – Okay, su questo soprannome non sono esattamente d'accordo... – «Ma ti propongo un affare, per venti galeoni devi portartela a letto. Ci stai?» mi porge la mano.

«Smith, veramente non credo sia il caso».

«Trenta, Malfoy, trenta galeoni».

«Non lo so, Smith...»

«Cinquanta, per una tale vincita, saresti stupido a non accettare» mormora «O hai paura? Sei forse vergine? Nessuno ha mai violato la tua purezza, principino?» sorride malizioso.

Mi sento avvampare «Ma mi credi un bambino?» dico offeso «I tuoi soldi non mi servono, ho più oro io solo che tutta la tua famiglia».

«Ti dispiace forse per quello splendore?»

«Ma che! Ma non mi va, ci vogliono troppe ore di lavoro per convincere una ragazza a farlo e non ho intenzione di sprecarne così tanto, quando potrei fare altro».

«Quindi è un no, Malfoy?»

«Più che un no, è un vaffanculo, ma leggilo come preferisci» sorrido «Quella è la porta».

«Va bene, ma se cambiassi idea, sai dove trovarmi» alza la mano per sistemarsi i capelli «Ci si vede in giro».

Mi ritrovo di nuovo solo.

Sospiro e mi butto sul letto.

-

Isobel

 

Severus è in bagno, sta vomitando da almeno un'ora. Mentre ero via si è mangiato tutte le fette di torta di Abigail e non gli hanno fatto molto bene. Sembrava drogato. Esaltato, euforico, continuo desiderio di una dose – Ehm... Fetta di torta –. Ora sembra essere migliorato, non continua con sproloqui sullo zucchero, la glassa, il pan di spagna o chissà che altro. Be', in realtà non riesce molto a parlare, ma prima o poi finirà, spero.

 

«Isobel...» biascica entrando nel soggiorno «Credo di avere esagerato».

«Dici?» gli domando trattenendo un sorriso.

Arrossisce «Sì...» si siede sul divano accanto a me «Non riuscivo a smettere di mangiarne, incredibile» china la testa incerto «E quello cos'è?» mi domanda indicando il vecchio libro che tengo aperto in grembo.

«Un libro» mormoro mandogli un bacio.

Arriccia il naso. Mi fa una linguaccia e, rapidissimo, me lo sfila dalle mani.

«Creature fatate: dove trovarle e usi insoliti» mi guarda accigliato «Vuoi incantare qualcuno?» sorride.

«Certo Sev, voglio farti innamorare di me perdutamente!» esclamo scherzando. Mi rendo conto di cosa ho appena detto.

Mi guarda serio qualche istante prima di scoppiare a ridere.

Tento un sorriso. Mi riprendo il libro, posandolo sul bracciolo del divano e appoggiandoci la testa.

«Sono certo che mi potresti far innamorare in un attimo se solo volessi» mormora «Senza bisogno di usare certi espedienti».

«E secondo te cosa mi ferma dal farti innamorare di me in questo istante?» domando in un sussurro.

Mi guarda, alza le spalle e non risponde.

Stendo le gambe sulle sue ginocchia.

«É un regalo di Malfoy» dico piano, aspettando una sua reazione.

«Meraviglioso» risponde gelido «Fai innamorare lui».

Sospiro.

«Cos'hai, Sev?»

«Nulla».

Piego le gambe contro il petto.

«Severus... Ti va una cioccolata?»

«Ma vai a prendertela con Malfoy la cioccolata» dice secco, enfatizzando il suo astio sul nome.

«Non vuoi la cioccolata?»

«No, non la voglio la tua cioccolata».

«Allora me ne vado» sbuffo, alzandomi e posando il libro sulla libreria. Infilo le scarpe e vado alla porta.

«A quando ti sarà passata... Ciao».

-

Draco

 

«Ti è... Piaciuto il mio regalo?» le sussurro sulla bocca rosea.
Si morde timidamente il labbro inferiore.
«Allontanati Malfoy...»
«Ammirevole!» esclama una voce melliflua nell’aria «Studenti fuori dal letto oltre l’ora del coprifuoco».

C'ero quasi.
Scorgo il profilo di Piton a una decina di passi da noi.
Faccio un salto indietro e guardo il professore in viso.
«Signor Malfoy! Tuo padre non ammetterebbe mai questo comportamento irrispettoso da parte tua e non sarà contento di saperlo...» ghigna malefico.
«No, signore» rispondo con voce ferma.
«Signorina Urquart, venti punti in meno a Grifondoro» dice pacato «E vieni con me nel mio ufficio, decideremo insieme la punizione...»
Come “punizione”? A lei sì e a me no?
Sinceramente, fosse stato qualcun altro sarei stato più che impassibile a una tale affermazione, ma trovo che questa cosa sia profondamente ingiusta, soprattutto per il fatto che ci ha trovati insieme e quindi la punizione dovrebbe essere per entrambi.
«Signore...?»
«Che cosa vuoi Malfoy?» risponde brusco.
Tentenno un attimo, ma mi faccio un coraggio Grifondoro - puah! - e gli dico ciò che penso.
«La punizione, o la mette a tutti e due o non la mette, perché, in questo modo, non è equo».
Mi fissa accigliato, probabilmente per cercare di capire cosa mi passa per la testa.
Assottiglia gli occhi scuri e annuisce compiaciuto.
«Perfetto, Malfoy. Per due settimane, anzi, tre, verrai nella mia aula alla fine delle lezioni a riordinare e pulire tutto, senza l’aiuto della magia... Contento?» alza un sopracciglio, con un ghigno malefico dipinto in viso.
«Sì, signore».
«Ora vattene» scandisce con un tono che non ammette repliche.
Stringo la mano a Isobel rapidamente, per farle forza, e poi mi allontano rapidamente.
La vedo camminare accanto a Piton e sparire nel corridoio che porta all’ufficio del pozionista.
-
Severus

Chiudo la porta alle mie spalle, mentre Isobel si abbandona sulla poltrona imbottita dietro la mia scrivania.
Rimango in piedi a qualche metro da lei, immobile, a osservarla.
Non dà segno di volersi muovere o anche solo di voler parlare, ma tiene lo sguardo fisso a terra ed è scura in viso.
«Isobel...»
Sembra non sentirmi.
Mi avvicino e le poso una mano sulla spalla minuta.
«Fammi sedere, su...»
Si stringe contro il bracciolo, lasciandomi lo spazio per sedermi e per poi appoggiarsi a me.
Le circondo le spalle con il braccio, tirandola a me.
Le do un bacio sui capelli profumati, senza lasciarla.
«Sev... Sei ancora arrabbiato?» mi domanda in un soffio.
Scuoto piano la testa.
«Non potrei mai essere arrabbiato con te per più di un'ora».
«E con Malfoy?»
-
Isobel

Sento il suo cuore battere più forte nel petto, sotto il mio orecchio, appoggiato a lui.
Raccolgo le gambe e mi raggomitolo tra le sue braccia accoglienti.
«Isobel... Devi capire che i Malfoy sono un’antica famiglia di maghi oscuri» mormora «Pensano di poter ottenere tutto quello che vogliono coi soldi o con il ricatto e Draco Malfoy non è da meno».
In effetti ha cercato di corrompermi per andare a Hogsmead e di ricattarmi con quel “conto in sospeso”... Ma non l’avevo vista come una cosa negativa, è una cosa così, una specie di gioco, credo, un rapporto strano di... Di cosa? Cosa siamo? Amici? O no?
«Ti piace Malfoy?»

“ C’è un attimo di silenzio.
«Ma ti sei bevuto il cervello?» mi domanda semplicemente guardandomi seria.
Sorrido di nascosto dentro di me.
«È un no?»
«Certo che è un no! Mi domando solamente come ti sia venuto in mente».
Tiro un sospiro di sollievo. ,, 
  - [Severus, dal capitolo 9]

Mi piace Malfoy?
«Oh, Sev... Io... Cosa importa?» rispondo, pervasa da un calore improvviso.
Nascondo il viso nell’incavo del suo collo e lo sento sospirare.
«Importa. A me».
«Be’, io non credo... Che mi piaccia, intendo» poi sorrido «Sei geloso?» alzo gli occhi cercando i suoi, ma persino nella penombra riesco a intravedere quel rossore raro che gli colora il volto.
«Lo sarò sempre di te» risponde impassibile, ma noto un piccolo sorriso che gli incurva le labbra quel tanto che basta.
Mi allungo verso il suo viso e gli lascio un piccolo bacio sulla guancia.
«Ti voglio bene».
-

Entro il biblioteca alla ricerca del libro che sto cercando.

É una delle poche volte che non trovo il libro che cerco tra quelli di Severus.

Il silenzio domina nell'aria. Alcuni ragazzi sono seduti chini sugli alti tomi, prendendo appunti con le lunghe piume che scrivono sulle pergamene.

Papà, quand'ero più piccola mi faceva leggere dei libri di poesie, c'era una in particolare, una poesia di Baudelaire: “Epigrafe per un libro condannato”, volevo farla leggere a Sev, ma non riesco a trovarla.

Mi infilo tra due alti scaffali, oltre a me e un ragazzo più grande seduto a terra a leggere. Comincio a passare uno a uno i libri sulle mensole.

«Cosa cerchi?» mi domanda una voce profonda. Il ragazzo ha chiuso il libro, mettendo il dito indice come segnalibro, e mi sta guardando.

É un bel ragazzo, la mascella marcata, i capelli scuri, un accenno di barba. Non indossa la divisa, ma un pullover verde e un paio di pantaloni scuri. Gli occhi chiarissimi puntati su di me.

«Baudelaire» rispondo imbarazzata.

Si alza e fa scorrere la punta del dito sul dorso dei libri, mentre dalle sue labbra un fiume di parole recitano dei versi che al momento non riconosco:

«Già s'avvicina l'ora che trepido ogni fiore,

come un vaso d'incenso svapora sullo stelo;

solcano effluvi e musiche la sera senza velo;

malinconico valzer, delirante languore!

Ogni fiore svapora trepido sullo stelo;

il violino geme come un afflitto cuore;

malinconico valzer, delirante languore!

Come un altare immenso è triste e bello il cielo» poi sorride «Il resto non lo ricordo» alza le spalle indicandomi lo scaffale «Eccolo. Qua ci sono tutti gli scritti di Baudelaire».

«Grazie mille» mormoro chinando gli occhi e arrossendo.

«Sono i primi versi di “Armonia della sera”, comunque».

«Molto belli» accenno un sorriso.

«Joseph Smith, piacere» si inchina leggermente.

«Isobel Urquart».

Torna a sedersi a terra, il libro aperto sulle gambe incrociate.

Sfoglio rapidamente un libro in cerca della poesia e la trovo.

«Grazie ancora» lo saluto con un cenno della mano e mi allontano.

-

Severus

C’è troppa luce qua. Ed è tutto troppo calmo.
Muovo qualche passo in questo campo luminoso per poi fermarmi.
Sento una voce che mi chiama, un forte vento comincia a soffiare scagliandosi sul mio corpo nudo come lame e fiamme.
«Severus».
Apro gli occhi di colpo, per quanto mi sia possibile appena sveglio.
Un visino dolce mi osserva preoccupato, gli occhioni grigi, un po’ lucidi dalla stanchezza.
«Sev, tutto bene?»
«Sì, perchè?»
«Sta-stavi urlando... Sembravi essere sotto maledizione».
«Davvero?» domando stupito.
Annuisce piano e si risdraia, appoggiata a me.
«Cosa stavi sognando?»
«Stavo sognando...» ma mi blocco. È come se il ricordo fosse a un passo da me, ma qualcosa mi impedisce di raggiungerlo e più cerco di farlo, più questo si allontana «Non lo so» la luce, c’era tanta luce «Che ore sono?»
«Le tre di notte» borbotta «Va be’, mi hai fatto prendere uno spavento» mormora piano «Ah, e... Tanti auguri, Sev».
Si riaddormenta, appoggiata sul mio petto, mentre le mie dita continuano a giocherellare con un suo ricciolo fino a che il sonno si reimpossessa di me.
-
Scorgo la sua figura minuta stretta nel mantello nero, su cui spicca la sciarpa di Grifondoro, seduta sulla tribuna esattamente opposta a dove sono io, dietro Lee Jordan, commentatore ufficiale delle partite, e accanto a sua madre, con cui sta intrettenendo una fitta conversazione.
Tiene in mano una bandierina coi colori di Corvonero e dentro di me esulto, sapendo di essere riuscita a convincerla questa mattina.
Avrei, sì, preferito tifasse per Serpeverde, ma non che tifasse per lui, così, come regalo di compleanno, le ho chiesto di non tifare per la mia casa.
Dall’ingresso al campo, compaiono i quattordici giocatori, sette in divisa verde-argento e sette in divisa blu-nero, con in mano ognuno un manico di scopa. A seguire, Madama Bumb.
I giocatori prendono quota, girando e rincorrendosi l’un l’altro.
Poi finalmente si inizia.
-
Minerva

Isobel sventola senza troppa energia la bandierina, mentre vaga con lo sguardo sulle tribune che circondano il campo.
«Tutto bene?» domando, ma lei non sembra sentirmi, forse un po’ perchè i ragazzi intorno a noi sono agitati e casinisti come solo una partita di Quidditch sa farli diventare, forse perchè è un po’ sovrappensiero.
«Isobel?» le poso una mano sul braccio e lei sobbalza.
«Cosa?»
«Tutto bene?»
«Sì, stavo solo pensando a quello di cui abbiamo parlato prima...»
«... Serpeverde segna! Il punteggio è 80 a 170 per Corvonero!»
Alza gli occhi e cerca ancora una volta la figura del giovane Malfoy, che scivola tra gli altri giocatori in cerca del boccino d’oro.
-
Isobel

Malfoy  è fermo a mezz’aria, si guarda intorno, mentre attorno a lui, mantelli verdi e blu svolazzano, correndo senza posa, scontrandosi e cercando di disarcionarsi a vicenda.
Colgo il suo sguardo che mi cerca. Gli mostro la mia bandierina e il suo viso si contorce in una smorfia. Mi stringo nelle spalle, mentre un sorriso mi fugge dalle labbra, notando che ne è infastidito.
Mi fa segno che dopo me la farà pagare, con un ghigno e poi riprende la sua corsa.
L’ha visto, uno scintillio dorato lo precede, mentre si butta in picchiata e schiva un bolide.
Poi un fischio irrompe nell’aria e la patita è finita.
180 a 170, per Serpeverde.
Marcus Flitt esulta, ancora a cavalcioni della sua scopa, mentre Malfoy alza il braccio mostrando la piccola pallina alata che stringe tra le dita.
Applaudisco debolmente, trovando tra gli spalti opposti il viso di Severus, volto con disgusto verso il gruppetto di Serpeverde e in particolare sul biondo.
Noto che una ragazzetta, che conosco col nome di Pansy Parkinson, è saltata al collo di Malfoy, baciandogli il viso pallido, quasi volesse divorarlo.
Mi si stringe il cuore, ma giro la testa dall’altra parte,  ritrovandomi di fronte mia madre che mi studia attentamente.
«Mamma...?»
Alza gli occhi al cielo  e mi sorride dolcemente, come faceva quand’ero piccola ed ero triste.
Scendo dagli spalti dopo averla salutata tra la folla in subbuglio e m’incammino da sola per tornare al castello.
«Signorina Urquart!»
Mi fermo, lasciando passare due ragazze, spostandomi sull’erba congelata del prato.
Severus cammina rapido fino a me, sulla stradina sterrata, un po’ fangosa con quei rimasugli di neve sporca.
«Contento? Ha vinto Serpeverde...» mormoro, leggermente irritata.
«Davvero? Non me ne sono accorto...» dice con un ghigno «Sarebbe bastato che la Chang avesse preso il boccino e non sarebbe successo».
«Mh...»
«Urquart, la sua punizione si svolgerà nel mio ufficio e...» s’interrompe all’improvviso, lasciando che un ragazzetto coi capelli biondo cenere di Tassorosso ci sorpassi e si allontani.
Lo guardo tenendo il broncio.
«Ma cos’hai?» mi domanda infilandosi le mani irrigidite dal freddo nelle tasche del mantello.
Raggiungiamo il castello, ma non voglio entrare, così svolto e percorro il perimetro delle mura e lui mi segue.
«Isobel?»
«Oh, Sev, niente...»
«A me non sembra, qualcosa deve pur esser successo».
«Sì, ma... Non dovrebbe importarmi».
Sospira.
«Come l’incontro ravvicinato tra la Parkinson e Malfoy?»
«Mh...»
«Suvvia, Isobel! È per questo? Hai visto com’è Malfoy».
«Sì, ma...»
«E penso tu abbia avuto modo di capire chi e com’è la Parkinson...»
«Veramente... Non proprio, so che è del terzo anno e che è Serpeverde e che i Grifondoro la chiamano faccia-da-carlino, ma non sapevo che...» mi mancano le parole.
Ci ritroviamo in una piccola corte formata da una rientranza delle mura, fuori dalla vista di tutti coloro che tornano dal campo di Quidditch.
Mi siedo su un muretto, anche se bagnato, appoggiandomi con la schiena a una colonnina.
Sev si accomoda accanto a me, guardando un punto fisso davanti a me.
«Non lo so, forse mi piace, o forse mi trovo solo bene quando sto con lui, ma mi sembra di non andare bene. Merlino, ho la tua età, non la sua!» esclamo, dando voce ai miei pensieri.
Incontro i suoi occhi, neri, sembra demoralizzato.
«Scusa, Sev...»
«No, non ti preoccupare».
Un brivido di freddo mi pervade.
«Vieni qua» borbotta con un cenno della testa.
Mi prende le mani e mi avvolge nel suo mantello insieme a lui. Mi bacia dolcemente sulla fronte, mentre io mi stringo forte a lui.
«Isy, sei gelata!» afferma con disappunto «Sarebbe meglio se entrassimo...»
«No, non mi va. Voglio stare qui con te».
-
Severus

Vuole stare qui con me, solo con me.
Il mio cuore sorride di felicità.
Anch’io voglio stare qui, se ci sei tu, scricciolo.
-
Draco

Vedo i suoi occhi sparire e il suo viso voltarsi dall’altra parte.
Pansy mi è saltata addosso, mentre attorno a me un coro esultante mi riempie le orecchie.
«E levati!» cerco di cacciarla via, ma sembra una piovra «Per Salazar, Pansy, puzzo da far schifo, devo andare a lavarmi!»
«Non mi importa se sei sudato o che altro, è l’odore di macho...»
«Un macho che si deve lavare» interviene Blaise «E a parer mio dovresti farti controllare il naso, mia carissima Pansy, perchè sul serio, Draco puzza, peggio della Puzzalinfa».
Scoppiano tutti a ridere, a parte Pansy che si allontana offesa.
«Prego Puzzalinfa, vatti a lavare!» mi schernisce lui, dandomi una pacca sulla spalla, mentre con in mano la mia Nimbus 2001, raggiungo gli spogliatoi di Serpeverde.

-
Isobel

È dalla partita che evito Malfoy e ho notato che Sev è sempre più di buon umore vedendo come non rivolgo al biondo nemmeno una parola, specialmente durante le ore di Pozioni.
Sto scendendo le scale per raggiungere l’ufficio di Severus, ma è buio e non mi rendo conto di essere sola, finchè non mi scontro con qualcuno che sta salendo.
E dovrei forse stupirmi se quel qualcuno è proprio Malfoy..?

 

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Capitolo 15
*** CAPITOLO 15 ***


Sto scendendo le scale per raggiungere l’ufficio di Severus, ma è buio e non mi rendo conto di essere sola, finchè non mi scontro con qualcuno che sta salendo.
E dovrei forse stupirmi se quel qualcuno è proprio Malfoy..?

 

15
 

Voltato verso di me punta i suoi occhi nei miei.

«Ehm... Ciao, Malfoy, tutto bene?»

«Sì, grazie, tu? Cosa ci fai qua?» domanda sorpreso.

«Sto andando a scontare la mia punizione con il professor Piton».

Sospira.

«Presumo tu sia di fretta, allora...»

«Esattamente».

Per la prima volta si fa da parte e mi lascia passare senza insistere.

«Ciao, Isobel».

«Ciao, Malfoy».

-

Draco

 

Per Salazar.

Non ci posso credere, l'ho lasciata andare.

Sarebbe bastato che mi fossi avvicinato, di pochissimo, era davanti a me.

Forse un po' mi piace, ma poco poco.

Non devo lasciarmi distrarre, ho una scommessa da vincere.

-

Isobel


Apro la porta senza bussare e mi allungo oltre il tavolo a cui è seduto Severus per salutarlo.
Mi bacia teneramente sulla punta del naso, con un sorriso, e torna a correggere dei compiti del quinto anno.
«Sev, hai visto il libro che stavo leggendo?»
«Titolo?»
«Poesie di Baudelaire».
«No, Isy, mi spiace, magari l'hai lasciato nel dormitorio» mormora alzando le spalle.

«Già» mi volto, sto per uscire «Sev, conosci un certo Joseph Smith?»

«Sì, è del sesto anno, di Serpeverde... Un tipo strano».

«Parla lui» gli mando un bacio nell'aria.

Fa una smorfia, per poi aprirsi in un sorriso.

«Comunque, non è esattamente uno dei ragazzi più affidabili della scuola, gira voce che sia un Don Giovanni».

«Oh, ok...»

«Come mai lo conosci?»

«L'ho incontrato in biblioteca, mi ha trovato il libro che mi serviva, volevo farti leggere una poesia, ma finchè non ritrovo il libro non posso fartela vedere» sospiro.

-
Entro in sala comune.
Percy Weasley sta cacciando a letto gli ultimi ragazzi rimasti a festeggiare la vittoria di Grifondoro contro Corvonero alla partita, tra loro intravedo Alan, che mi saluta con un cenno del capo.
Sono completamente sola, anche Weasley è andato. Dovrei andare a letto, ma mi siedo sulla poltroncina più vicina al fuoco, la stessa su cui gli anni scorsi - tanti anni fa - sedevo a leggere o a chiacchierare con Lily fino a tarda notte.
Chiudo gli occhi e mi addormento.
-
«Sei sicuro che non è stato un sogno, Ron?»
«Ve l’ho detto, l’ho visto!»
«Cos’è tutto questo baccano?»
«La professoressa McGranitt ci ha detto di andare a dormire!»
Alcune ragazze scendono dal dormitorio, sbadigliando e infilandosi la vestaglia. Ed ecco anche alcuni ragazzi scendere dalle scale con un'espressione incuriosita dipinta in volto.
«Magnifico, ricomincia la festa?» esclama allegramente Fred Weasley.
«Tornate tutti di sopra!» dice Percy Weasley, entrando di corsa nella sala comune e agganciandosi il distintivo di Caposcuola sul pigiama.
«Perce… Sirius Black!» dice debolmente il fratello più piccolo «Nel nostro dormitorio! Con un pugnale! Mi ha svegliato!»
Sulla sala comune scende il silenzio.
«Sciocchezze!» esclama l’altro ragazzo stupefatto. «Hai mangiato troppo, Ron… hai avuto un incubo…»
«Ti dico che…»
«Insomma, quando è troppo è troppo!» la voce di mia madre irrompe nella sala, mentre la sua figura si chiude il ritratto alle spalle senza molta delicatezza «Sono felice che Grifondoro abbia vinto la partita, ma la cosa sta diventando ridicola! Percy, da te mi aspettavo di più!»
«Certo non sono stato io a dar loro il permesso, professoressa!» risponde lui indignato «Stavo proprio dicendo loro di tornare a letto! Mio fratello Ron ha avuto un incubo…»
«NON ERA UN INCUBO!» urla il rosso «PROFESSORESSA, MI SONO SVEGLIATO E SlRIUS BLACK ERA SOPRA DI ME CON UN PUGNALE IN MANO!»
Lo fissa incredula, poi scuote la testa e i suoi occhi vagano fino a incontrare i miei. Nessuno mi aveva ancora notata.
«Non dire sciocchezze, Weasley, come avrebbe fatto a passare attraverso il ritratto?»
«Glielo chieda!» dice ancora il rosso, puntando un dito tremante verso il retro del quadro di Sir Cadogan «Gli chieda se ha visto…»
Dopo aver alzato gli occhi al cielo con fare esasperato, esce dalla sala comune e come se fosse stato imposto un incantesimo silenziatore, nessuno proferisce parola.
«Sir Cadogan, avete lasciato entrare un uomo nella Torre di Grifondoro?»
«Ma certo, Madama!» strilla Sir Cadogan.
«Da… davvero?» domanda lei «Ma… la parola d’ordine?»
«Ce le aveva!» risponde Sir Cadogan fiero «Aveva le parole d’ordine di tutta la settimana, mia signora! Le ha lette su un foglietto di carta!»
Mia madre torna nella sala comune, i capelli che le sfuggono dalla sua pettinatura, solitamente, perfettamente curata e in ordine.
È estremamente pallida, solo poche volte l'ho vista così, come quando sono ricomparsa, per esempio.
«Chi mai...» dice con voce spezzata «Chi mai è stato di una stupidità così abissale da scrivere le parole d’ordine della settimana e da lasciarle in giro?»
Cala un silenzio totale, rotto solo da una specie di pigolio. Neville Paciock, tremando dalla punta dei capelli ai piedi calzati in soffici pantofole, alza lentamente la mano.
La mamma lo fulmina con uno sguardo furente, prima di voltarsi e uscire di corsa dalla sala comune.
Senza pensarci, scatto in piedi e la seguo.
«Mamma!» la chiamo, rincorrendola nel corridoio deserto.
«Isobel, torna in sala comune, è più sicuro là» mi risponde gelida.
«Non è vero, è già entrato una volta, figurati se non potrebbe riuscirci ancora» mormoro «E poi, conosco abbastanza bene Sirius, potrei esservi utile».
«No, no e no! Isobel, devi andare in sala comune e rimanere là. E basta».
«Ma mamma!» esclamo, senza smettere di seguirla.
Lei alza la bacchetta e quello che riconosco come l’Incanto Patronus, fuoriesce luminoso dalla punta. Un bellissimo gatto soriano, come quello che...
«Eri tu?» domando, fermandomi di colpo.
-
Non si accorge che non sono più al suo fianco, fino a quando, voltandosi per dirmi di tornare alla sala comune, non mi vede. Si ferma e mi cerca, ritrovandomi una decina di metri più indietro.
«Isobel, che cos’è successo?» domanda preoccupata raggiungendomi.
«Eri tu!» esclamo, in un certo senso ferita da questa rivelazione.
«Non capisco, di cosa stai parlando?» chiede tentennante, portandosi nervosamente i capelli, che le cadono sul viso, dietro l’orecchio.
«Il primo giorno di scuola... Quando sono svenuta, in infermeria... Le mattine nel dormitorio... Eri tu! Tutte le volte» mormoro rapidamente «Quando abbiamo rincominciato a parlare, non ho più visto il gatto, ma il tuo Patronus, quando l’hai  evocato, mi è tornato in mente».
«Non pensavo lo ricordassi...» sorride «Non sapevo come starti vicina».
«Grazie, ma avrei preferito vedere te, così come ti vedo ora».
Gli occhi le si inumidiscono, ma scuote la testa e se li asciuga con la mano.
«Devo andare... Tu, ti prego, torna alla torre, sarei più tranquilla a saperti al sicuro» dice in un soffio.
«Va bene» mi arrendo.
-

Isobel

 

La storia si Sirius è sfumata nell'ultima settimana. Il famigerato Black non sembra aver voglia di tornare a far visita al rosso.

Oggi c'è la gita a Hogsmead.

Severus doveva andare a prendere degli ingredienti per le sue pozioni, ma io non sono andata con lui, voglio fargli una sorpresa.

Prendo dal fondo del mio baule la boccettina colma di pozione.

Ora posso usarla.

-

Severus

Sto facendo l’ultimo giro di ronda dei corridoi prima di andare a dormire, ripensando a ciò che Malfoy mi ha detto, non appena sono tornato da Hogsmead, quando mi trovo davanti un ragazzetto, Potter, che cerca di assumere un’aria innocente.
«Allora» dico.
Ficca le mani nelle tasche.
«Vieni con me, Potter».
Lo porto nel mio ufficio.
«Siediti».
Io rimango in piedi.
«Il signor Malfoy mi ha appena raccontato una strana storia, Potter».
Mi guarda in silenzio, fulminandomi con lo sguardo, con quegli occhi verdi che non si merita.
«Dice che era vicino alla Stamberga Strillante quando ha incontrato Weasley, apparentemente solo».
Sempre con quell’espressione fiera, come suo padre.
«Il signor Malfoy mi ha detto che stava parlando con Weasley quando una grossa quantità di fango l’ha colpito dietro la testa. Come credi che possa essere successo?»
Fa una smorfia di sorpresa estremamente falsa.
«Non lo so professore».
Mi fissa cercando di non sbattere le palpebre. Ridicolo.
«Il signor Malfoy poi ha visto una straordinaria apparizione. Riesci a immaginartela, Potter?» continuo. Sto perdendo la pazienza.
«No».
«Era la tua testa, Potter. Che galleggiava a mezz’aria».
Cade un lungo silenzio. Sento la tensione sulla pelle.
«Forse è meglio se va a trovare Madama Chips» mormora spavaldo «Se ha delle visioni...»
Ma cosa diavolo...? Come può veramente dire cose del genere? Maledetto imbroglione e bugiardo che non sei altro!
«Che cosa ci faceva la tua testa a Hogsmead, Potter?» dico piano in un ringhio «La tua testa non ha il permesso di andare a Hogsmead. Nessuna parte del tuo corpo ha il permesso di andare a Hogsmead».
«Lo so» afferma sicuro di sè «Pare che Malfoy abbia le alluci...»
«Malfoy non ha le allucinazioni» sibilo, avvicinandomi e appoggiando con rabbia la mani sui braccioli della sedia dov’è seduto «Se la tua testa era a Hogsmead, vuol dire che c’era anche tutto il resto».
«Ero su nella torre di Grifondoro» dice dandomi la nausea «Come ha detto lei...»
«C’è qualcuno che può confermarlo?
Non mi risponde e un sorriso maligno mi si arriccia sulle labbra.
«Allora» dico rialzandomi «Tutti, al Ministero della Magia in giù, stanno cercando di tenere il celebre Harry Potter alla larga da Sirius Black. Ma il celebre Harry Potter detta legge. Che sia la gente comune a preoccuparsi della sua sicurezza! Il celebre Harry Potter va dove vuole, senza pensare alle conseguenze».
So che mi stai mentendo.
«Sapessi quanto assomigli a tuo padre, Potter» dico all’improvviso, prendendolo alla sprovvista «Anche lui era straordinariamente arrogante. Quel suo po’ di talento a Quidditch gli dava la certezza di essere superiore agli altri. Come te. Andava in giro a pavoneggiarsi con i suoi amici e ammiratori... La somiglianza tra voi due è straordinaria».
«Mio padre non si pavoneggiava» mormora rosso in viso «E nemmeno io».
Tu non c’eri...
«Neanche tuo padre dava tanto peso alle regole» riprendo, parte dell’odio represso negli anni mi scivola dalle labbra «Le regole erano fatte per i comuni mortali, non per i campioni di Quidditch. Aveva la testa piena...»
«STIA ZITTO!»
Scatta in piedi, con gli occhi di sua madre che lampeggiano pieni d’ira e feriti nel profondo.
È veramente questo che volevo?
Forse sì.
Quegli stessi occhi mi guardarono in quello stesso modo di quello stesso giorno...
«Che cosa hai detto, Potter?»
«Le ho detto di non dire più niente su mio padre!» grida «Io so la verità, va bene? Le ha salvato la vita! Me l’ha detto Silente! Lei non sarebbe qui se non fosse per mio padre!»
Sento una bestia montarmi dentro. Silente? Per quale motivo Silente gli ha parlato di una cosa simile?
«E il preside ti ha raccontato le circostanze in cui tuo padre mi ha salvato la vita?» sussurro «O ha pensato che fossero troppo spiacevoli per le orecchie delicate del caro Potter?»
Colpito in pieno, non sa nulla.
«Mi dispiacerebbe che tu ti facessi un’idea sbagliata di tuo padre, Potter» continuo «Hai forse immaginato un atto di glorioso eroismo? Allora lascia che ti corregga. Il tuo santissimo padre e i suoi amici hanno fatto uno scherzo davvero spiritoso che si sarebbe concluso con la mia morte se tuo padre all’ultimo momento non avesse avuto paura. Fu solo per salvare la sua pelle quanto la mia. Se lo scherzo fosse riuscito sarebbe stato espulso da Hogwarts».
Lo vedo sbiancare.
«Vuota le tasche, Potter!»
Non si muove.
«Vuota le tasche o andiamo dritti dal Preside! Vuotale, Potter!»
Lo vedo raggelare all’improvviso.
Tira fuori un sacchetto del negozio di scherzi di Zonko, campando per aria delle scuse improbabili sul perchè lo ha in tasca.
Prendo in mano l’altro oggetto, una vecchia pergamena.
«Un foglio di pergamena di riserva».
«Di sicuro non serve a niente un foglio di pergamena così vecchio... Perchè non lo buttiamo via?»
«No!»
Punto la bacchetta sul foglio.
«Rivela il tuo segreto!»
Potter sta tremando.
«Mostrati!»
Sto perdendo la pazienza.
«Severus Piton, professore di questa scuola, ti ordina di rivelare le informazioni che nascondi!» dico colpendo con la punta della bacchetta la pergamena.
Una scritta compare come scritta da una mano invisibile.
“Il signor Lunastorta porge i suoi ossequi al professor Piton e lo prega di tenere il suo naso mostruosamente lungo lontano dagli affari altrui”.
M’irrigidisco all’istante.
Non ho un naso così prominente.
“Il signor Ramoso è d’accordo col signor Lunastorta, e ci tiene ad aggiungere che il professor Piton è un brutto idiota”.
Cosa?! Ma come si permette...?!
“Il signor Felpato vorrebbe sottolineare il suo stupore per il fatto che un tale imbecille sia diventato professore”.
Cerco di mantenere la calma, prima di esplodere.
“Il signor Codaliscia augura buona giornata al professor Piton, e gli dà un consiglio: lavati i capelli, sporcaccion”.
I. Miei. Capelli. Sono. Puliti.
Li lavo tutti i giorni con lo shampoo alle erbe che piace tanto a Isobel, quindi che la smettano di insultare i miei capelli, e il sottoscritto.
«Allora...» dico piano in un soffio «Lo vedremo...»
Butto nel fuoco una manciata di polvere scintillante.
«Lupin! Devo parlarti!»
In pochi istanti la figura lisa del professore esce dal camino, levandosi la cenere dai vecchi abiti.
«Mi hai chiamato, Severus?»
«Ma certo... Ho appena chiesto a Potter di svuotarsi le tasche. Ho trovato questo».
Lupin osserva attentamente il foglio di pergamena su cui si stagliano ancora le parole scritte, a quanto pare, col sono scopo di insultarmi.
«Allora?»
Continua a fissare quel maledetto foglio senza dire una parola.
«Allora?» ripeto «Questa pergamena è chiaramente piena di Magia Oscura. Dovrebbe essere la tua specialità, Lupin. Dove credi che Potter abbia trovato una cosa del genere?»
«Piena di Magia Oscura?» mi domanda tranquillo «Lo pensi davvero, Severus? A me sembra solo un foglio di pergamena che insulta chiunque lo legga. Infantile, ma certo non pericoloso. Immagino che Harry l’abbia trovato in un negozio di scherzi...»
«Davvero?» dico io, serrando la mascella «Credi che un negozio di scherzi potrebbe vendere una cosa del genere? Non credi sia più probabile che l’abbia avuta direttamente da chi l’ha fatta?»
«Vuoi dire dal signor Codaliscia o da un altro di questi signori?» mi chiede «Harry, conosci qualcuna di queste persone?»
«No» risponde lui in fretta.
«Visto, Severus?» dice voltandosi verso di me «A me sembra un tipico articolo di Zonko...»
Di colpo, nel mio ufficio, irrompe malamente Weasley, che boccheggiando si ferma davanti alla mia scrivania.
«L’ho... Data... Io... A... Harry» dice ansimante «L’ho... Comprata... Da Zonko... Un sacco di tempo fa...»
«Bene!» esclama Lupin soddisfatto «La faccenda è chiarita! Severus, la prendo io, d’accordo?» ripiega la pergamena e se la infila sotto la giacca «Harry, Ron, venite con me, devo parlarvi del tema sui vampiri... Se permetti, Severus...»
Senza altre parole mi ritrovo solo nel mio ufficio.
Sono certo di esser stato fregato, qui qualcuno non me la conta giusta, che sia Lupin, Potter o Weasley o tutti e tre, mi hanno preso in giro.
-

Rientro nel mio appartamento. É tutto buio.

Metto sul fuoco l'acqua per il tè e nell'attesa mi sdraio a letto, esausto.

La porta del bagno si apre, illuminando la stanza.

«Isobel?»

Non mi risponde, ma vedo la sua sagoma controluce uscire dal bagno e dopo aver chiuso la porta, camminare verso il letto.

«Isobel, cos'hai?» mi sporgo verso il comodino per accendere la luce.

Mi volto verso di lei e in un attimo mi ritrovo in piedi accanto al letto con la bacchetta alzata, puntata verso l'intrusa.

«Chi sei? Cosa ci fai qua?» domando gelido.

É una donna, i lunghi capelli neri raccolti sulla testa, la pelle pallida, le gote arrossate, gli occhi come specchi argentati. Indossa una mia camicia, ma le va grande.

«Isy...» mormoro, riconoscendola «Cosa ti è successo?»

«Magia» risponde semplicemente, un sorriso sulle labbra.

«Magia..» poi l'illuminazione «Non avrai usato quella pozione che ti avevo detto di non usare, vero?» domando sapendo già la risposta.

«Sì, l'effetto dura quarantotto ore».

«L'hai composta te?»

Annuisce.

«Meravigliosa» sospiro «E bravissima» aggiungo.

Un fischio squarcia l'aria.

«Il tè!» corro in cucina e spengo il gas

«Ce n'è un po' anche per me?» domanda affacciandosi dalla camera.

«Sì, come lo vuoi?»

«Tè verde».

«Un tè verde per la signorina, arriva subito!» esclamo «Qualche biscotto?»

«Volentieri» sorride «Grazie» si raggomitola sul divano.

Verso l'acqua calda in due tazze e ci metto in infusione due bustine per il tè e prendo la scatola dei biscotti dalla mensola.

Mi siedo sulla poltrona davanti a lei, guardandola intingere la bustina nell'acqua, il vapore che le scivola sul viso.

É bellissima. Non so cosa mi trattenga dal baciarla in questo momento, ma rimango immobile sulla poltrona, con gli occhi posati su di lei.

«Sev, cos'hai da guardarmi tanto? Sono sporca?» domanda incerta.

«Ma no, tranquilla. Sei solo diversa, devo abituarmici».

«Ho abbastanza pozione per trenta giorni totali, potrei prenderne un po' ogni due giorni e vivere così, per sempre» mormora, bevendo un sorso di tè.

Potrebbe... E poi?

«Isy, sarebbe una tua scelta, ma devi prima finire la scuola, finchè non la finisci, non farlo, per favore».

«Va bene».

«Me lo prometti?»

«Promesso» sorride, disegnandosi una croce sul petto con la punta del dito.

****

Nota dell'Autrice: Avvisoo! Venerdì prossimo sarò senza Internet, pubblicherò giovedì... É
il giorno dell'esame orale, non so a che ora lo farò, ma credo verso tardi D:
Aspetto le vostre recensioni, sono molto curiosa di sapere cosa ne pensate :) Ciao ciao

 

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Capitolo 16
*** CAPITOLO 16 ***


«Me lo prometti?»

«Promesso» sorride, disegnandosi una croce sul petto con la punta del dito.

 

16

 

Oggi c'è la partita.

La mamma è tutta contenta, la squadra di Grifondoro, a parer suo, è in formissima.

Severus è più tranquillo del solito, per lui, vincerà Serpeverde.

 

Mi sveglio sdraiata sul divano, avvolta da una coperta verde argento e noto il libro di rune posato sul tavolino, chiuso e con un segnalibro che sporge dalle pagine, accanto a una tazza di tè alla menta ormai freddo.

Sev è curvo sulla poltrona, ancora addormentato. É crollato anche lui.

Mi alzo piano piano, avvicinandomi e svegliandolo dolcemente con un bacio sulla guancia, leggermente ruvida per la barba non rasata della mattina.

«Isy?»

«Buongiorno dormiglione» mormoro allegra, sedendogli in braccio.

«Buongiorno, scricciolo» mi bacia i capelli, mentre con un braccio mi tira verso di sé, imprigionandomi.

Ridacchio.

«Lasciami... Dai!»

«No... Ora sei mia» ride, baciandomi sul collo e facendomi il solletico.

«Sev! Cos'hai...?»

«Ti voglio».

Spalanco gli occhi, incredula.

«Mi... Vuoi?»

«Tutta. Solo per me...»

Incontro i suoi occhi coi miei. Li vedo ardere di desiderio in un modo che non ho mai visto.

Lascia una scia di piccoli baci umidi sul mio collo, a salire, verso la mascella, sulle guance, sulla fronte e, ancora, sulle palpebre degli occhi chiusi.

Una sensazione piacevole mi solletica nella pancia.

«Sev...»

 

Spalanco gli occhi di colpo.

«Sev...!»

«Isy, tutto bene?» mi domanda sbucando fuori dalla porta del laboratorio con la testa.

Mi metto a sedere sul divano senza riuscire a dire una parola.

«Isy?» si avvicina con in mano ancora due fiale.

«Scusa... Ho solo fatto uno strano sogno».

«Un brutto sogno?» domanda con un lieve tono di preoccupazione nella voce.

«... No, solo strano».

«Capita, su. Ti va di aiutarmi dopo? Devo finire di lavorare alla pozione prima che cominci la partita».

«Dobbiamo proprio andarci?» domando esasperata.

«Giocano Serpeverde e Grifondoro. É l'ultima partita della stagione...»

«E se andassimo a fare un pic-nick?»

«Con i Dissennatori nei paraggi della scuola? Dove vorresti andare?»

«Nel cortile nord della Torre degli Arazzi».

«Quello con la statua dell'angelo?»

«Quello».

Fa roteare gli occhi indeciso.

«Non vedremmo la partita...» mormora con un lamento.

«E proprio non puoi resistere alla tentazione di vedere Potter battuto da Malfoy, o Malfoy battuto da Potter» ridacchio.

«No, in entrambi i casi credo che me la godrei abbastanza per almeno un mese» un sorriso gioviale gli si apre in volto. Mi bacia dolcemente sulla fronte.

«Va bene, Sev» appoggio la testa al suo petto e un brivido mi percorre la schiena, ricordando il sogno.

-

Severus

 

Isobel mi sorride dagli spalti di Grifondoro, seduta accanto a sua madre che mi fissa invece con tono di sfida.

É una giornata limpida e fresca, con un venticello leggero.

I giocatori entrano in campo, accolti da un tumultuoso applauso.

«Ed ecco i Grifondoro!» urla Lee Jordan «Potter, Bell, Johnson, Spinnet, Weasley, Weasley e Baston. Ampiamente accreditata come la squadra migliore che Hogwarts abbia avuto da parecchi anni...» il commento di Jordan viene seppellito da un coro di disapprovazione dal fronte di Serpeverde, sorrido compiaciuto «Ed ecco la squadra di Serpeverde, guidata dal capitano Flitt. Il capitano ha apportato alcune modifiche nello schieramento, e si direbbe che abbia privilegiato la taglia più che l'abilità...».

«I capitani si diano la mano!» dice Madama Bumb a mezz'aria in mezzo al campo. Flitt e Baston si avvicinano e si stringono la mano «In sella alle scope!» ordina Madama Bumb.

Il fischio d'inizio si perde nell'urlo della folla mentre quattordici scope si librano a mezz'aria.

«Grifondoro in possesso di palla. Alicia Spinnet di Grifondoro ha la Pluffa e si dirige verso la porta di Serpeverde, vai così, Alicia! Argh, no... Pluffa intercettata da Warrington, Warrington di Serpeverde attraversa il campo... WHAM! Bel colpo di Bolide per George Weasley, Warrington perde la Pluffa, la prende Johnson, Grifondoro è di nuovo in possesso, forza, Angelina... bel dribbling su Montague... stai giù, Angelina, è un Bolide!... E SEGNA! DIECI A ZERO PER GRIFONDORO!» le parole del Grifondoro dilagano nelle tribune.

Sorrido al rigore assegnato a Serpeverde, ma un rigore viene assegnato anche a Grifondoro.

«SÌ! HA BATTUTO IL PORTIERE! VENTI A ZERO PER GRIFONDORO!»

La McGranitt salta in piedi alzando le mani al cielo esaltata. Isobel la guarda perplessa. Sorrido divertito.

«Grifondoro in possesso, no, è Serpeverde in possesso... no! ...Grifondoro torna in possesso, ed è Katie Bell, Katie Bell per Grifondoro con la Pluffa, sta risalendo il campo... L'HA FATTO APPOSTA!»

Lancio uno sguardo sui giocatori in campo, cercando di capire a cosa si riferisca Jordan.

Il fischietto di Madama Bumb sibila verso Montague.

«TRENTA A ZERO! VI STA BENE, BRUTTI IMBROGLIONI...» la Bell ha segnato.

«Jordan, se non riesci a commentare in modo imparziale...» interviene la McGranitt, poco convinta.

«Dico le cose come stanno, professoressa!» strilla «Peccato, ragazzi! Dovete darvi una sveglia se volete battere una Firebolt! E Grifondoro è di nuovo in possesso, ecco Johnson che prende la Pluffa... Flitt la segue... colpiscilo nell'occhio, Angelina! Scherzavo, professoressa, scherzavo... oh, no... Flitt in possesso, Flitt vola verso le reti di Grifondoro, dai, Baston, prendila!»

Flitt ha segnato, mi unisco ai Serpeverde nell'esultare, battendo le mani, risultando pressoché impassibile.

In tutto il campo si propaga una parolaccia così pesante che un silenzio improvviso delle tribune precede una fragorosa risata generale, mentre la McGranitt cerca di strappare il megafono a Jordan.

«Mi perdoni, professoressa, mi perdoni! Non succederà più! Allora, Grifondoro è in vantaggio trenta a dieci, ed è in possesso...»

Cinquanta a dieci per Grifondoro. La McGranitt salta nuovamente in piedi.

«Rigore per Grifondoro!»

Sessanta a dieci.

Settanta a dieci.

La tribuna di Grifondoro esulta rumorosamente, sventolando bandiere e sciarpe rosso e oro.

«Rigore! Rigore per Grifondoro! Non ho mai visto un comportamento simile!» strilla Madama Bumb.

«TU, CANAGLIA, IMBROGLIONE!» ulula Jordan nel megafono, saltellando fuori dalla portata della professoressa McGranitt, «TU, SUDICIO IMPOSTORE BASTARTDO!» La McGranitt non cerca nemmeno a zittirlo. Sta agitando la mano in direzione di Malfoy, ha perso il cappello e urla furibonda anche lei.

Non riesco a concentrarmi sulla partita. Cosa hanno contro Malfoy?

«Angelina Johnson prende la Pluffa per il Grifondoro, dai, Angelina, DAI!» Jordan agita il pugno verso la giocatrice di Grifondoro «HA SEGNATO! HA SEGNATO! Il Grifondoro è in testa ottanta a venti...»

Vedo Isobel alla tribuna di Grifondoro alzarsi e allontanarsi dalla folla urlante. La seguo con lo sguardo e faccio per alzarmi anch'io, ma all'improvviso succede qualcosa.

Potter ha preso il boccino, Grifondoro ha vinto.

-

«Urquart!» la chiamo.

Si ferma sul ciglio della strada e si gira verso di me, lo sguardo cupo, mentre un gruppetto di Grifondoro festanti la supera.

La affianco e dopo essermi assicurato che non ci sia nessuno nei paraggi mi rivolgo a lei.

«Isy, cosa succede? Non sei contenta che abbia vinto Grifondoro?»

Alza gli occhi al cielo e poi cerca il mio sguardo.

«Ora faranno casino tutta la notte per festeggiare, in sala comune, nei dormitori...» dice con tono tragico «Non credo riuscirò a sopportarlo».

«Vieni da me» butto lì, senza pensarci «Stasera non ho da lavorare» continuo «Andiamo a Hogsmead! Ti porto a mangiare fuori, poi torniamo al castello e ci mettiamo in soggiorno a leggere, se ti va...»

Mi guarda divertita.

«É un appuntamento?» mi domanda trattenendo un sorriso e cercando di rimanere seria.

Mi sento avvampare.

«É... Una cena» chino lo sguardo «Dai, sarà divertente».

«Udite udite» dice sottovoce con tono di scherno «Severus Piton che vuole divertirsi!»

«E smettila!» mormoro cercando di rimanere serio, ma un sorriso mi affiora sulle labbra «Ti va o no?»

«Certo rompibacchette che non sei altro» ridacchia «Mi devo cambiare, però» mi fa una linguaccia.

«Tra due ore davanti all'ingresso, non farti vedere da nessuno o finiamo nei guai» borbotto, vedendo avvicinarsi un giovane Tassorosso.

«Ehi, oggi è venerdì!» esclama mentre si allontana, sorridendo.

La guardo accigliato mentre svolta dietro l'angolo.

-

Guardo l'ora e poi la mia figura riflessa nello specchio.

Il riflesso è quello di un uomo che non vedevo da molto tempo. La barba curata, i capelli pettinati e in ordine, una camicia bianca, un maglione verde scuro.

Mi infilo il cappotto ed esco dai miei alloggi, sperando di non incontrare nessuno.

Ma ovviamente la fortuna non è dalla mia parte.

Salendo le scale incrocio una testa bionda con a seguito altre due teste vuote.

«Buonasera professor Piton» dice Malfoy con un sorriso grottesco.

Gli rifilo una delle mie migliori occhiatacce e lo supero, salendo i gradini a due a due.

Arrivo davanti al portone d'ingresso. Isobel ancora non c'è.

Mi appoggio al muro fissando il pavimento.

«Severus» mi chiama una voce dolce.

Alzo lo sguardo, posandolo in due occhi grigio argento.

La osservo incantato, senza riuscire a distogliere la mia attenzione da lei. Meravigliosa, nel suo corpo adulto, i capelli ricci e neri appuntati sulla nuca con un fermaglio d'argento, il corpo fasciato da un abito color perla, stretto sul seno e in vita, che si apre in un'ampia gonna lunga fino alle ginocchia. Si avvicina, avvolta in un mantello nero, il cappuccio sulle spalle.

«Severus, tutto bene?» mi domanda preoccupata.

«Sì, Isobel, benissimo» borbotto prendendole la mano e tirandola a me «Sei bellissima».

Avvicino le labbra al suo viso, baciandole la fronte.

La vedo arrossire, diventando ancora più incantevole.

Le porgo il braccio «Andiamo Madamoiselle?»

Sorride.

Merlino, che voglia di baciare quelle labbra rosee e morbide come petali.

Camminiamo per la strada che va al villaggio. Sento il suo calore accanto a me.

-

Isobel

 

Il gelo per le vie del villaggio si fa sentire, i Dissennatori e la paura ti entrano nelle ossa.

Severus mi tiene un braccio intorno alla vita, baciandomi di tanto in tanto la guancia, sotto la luna pallida.

«Ora ho capito perché eri così contenta che fosse venerdì...» mi sussurra dolcemente a un orecchio.

«Sì, mi piace essere grande» sorrido.

Un'aria ghiacciata improvvisa riempie l'aria e Severus se ne accorge.

«Dissennatori» mormora a denti stretti, prendendo la bacchetta «Vieni Isy».

Mi trascina verso una piccola casa in legno con un giardino incolto. Con un'Alohomora apre la porta d'ingresso.

«Lumos» la luce dalla mia bacchetta illumina la stanza.

Mi volto verso Severus. É tranquillo.

La casa sembra disabitata, vecchi mobili nell'ingresso sono coperti da teloni impolverati. Mi avvicino a uno dei teli, mentre Sev va a controllare nelle altre stanze, e lo tolgo da sopra una di quelle che sembra una cassettiera. Ci sono delle cornici e dentro delle fotografie sbiadite dal tempo.

-

Severus

 

La casa sembra essere abbandonata da tempo.

Sono in cucina. Sul tavolo c'è un cestino di vimini con delle buste di pergamena leggera, posatevi dentro. Ne prendo una. Leggo il destinatario.

«Isobel, vieni qua!»

«Sev!» arriva con in mano una cornice d'argento in mano «Guarda qua!»

Nella foto un uomo e una donna di circa trent'anni, lui in abito nero, elegantissimo, lei in abito bianco da sposa. La donna, ha qualcosa di familiare.

«É tua madre...» le porgo la lettera.
 

****

Nota dell'Autrice: Finalmente in vacanza, vi lascio questo capitolo in anticipo e a risentirci per venerdì prossimo. Baci <3

 

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Capitolo 17
*** CAPITOLO 17 ***


«Sev!» arriva con in mano una cornice d'argento in mano «Guarda qua!»

Nella foto un uomo e una donna di circa trent'anni, lui in abito nero, elegantissimo, lei in abito bianco da sposa. La donna, ha qualcosa di familiare.

«É tua madre...» le porgo la lettera.

 

17

 

Isobel

 

“Al Sig. Urquart e alla Sig.ra McGranitt”.

«Questa era casa loro...» dico confusa «Mi avevano detto che per qualche anno avevano vissuto a Hogsmead, ci ho vissuto anch'io, prima di trasferirci vicino a Spinner's End, ma ero piccola. Ci siamo venuti anche un'estate, prima che ti conoscessi...»

I vetri si ghiacciano all'improvviso sotto i miei occhi.

«Sev» gli indico la finestra e nel parlare una nuvoletta di vapore bianco esce dalla mia bocca.

«Tranquilla Isobel» alza la bacchetta e una luce argentea ne fuoriesce, dapprima una luce confusa, poi una sagoma nella luce prende forma «Ci proteggerà».

«É una cerva...» mormoro mentre il Patronus avvicina il muso alla mia mano e ci si strofina contro, facendosi fare una carezza «Ed è bellissima».

«Già...» dice sovrappensiero «Isy, mi sa che è meglio se rimaniamo qua stanotte, non avevo pensato ai Dissennatori, sarà meglio tornare con la luce del sole».

«Allora vado a cercare delle coperte» mormoro «Ho l'impressione che farà molto freddo stanotte».

-

Al mio ritorno nel soggiorno, Severus è seduto sul divano, la cerva, in piedi accanto a lui, il fuoco che scoppietta nel camino.

Gli lancio una pesante coperta di lana a quadri e poi mi butto sul divano accanto a lui senza tanti complimenti.

«Che delicatezza» mormora ironico, sorridendo.

«Certo, delicata come una farfalla!» esclamo divertita, al che, mi prende, mi fa sdraiare a forza e con le dita mi solletica i fianchi, facendomi restare senza fiato, mentre rido «Sev!» mi chiudo a riccio cercando di sfuggire alle sue mani che mi trattengono per la vita.

Riesco a sottrarmi e gli faccio una linguaccia.

«Maleducata, non si fanno le linguacce!» pochi istanti dopo me ne fa una anche lui.

«Antipatico» mi butto tra le sue braccia e tolgo le scarpe, abbandonandole ai piedi del divano.

Mi bacia i capelli e poi il suo sguardo si incanta sul fuoco.

«Sev, secondo te perché hanno lasciato tutto qua? Se è da tempo che non ci vengono, perché non hanno venduto il cottage?»

«Non lo so Isy... Probabilmente perché pensavano di tornarci ed è rimasto tutto così com'era».

«Mi piacerebbe rivederlo tutto sistemato, chissà quante cose sono rimaste, oltre ai mobili e qualche foto» mormoro sottovoce «Credi che mio padre sia ancora vivo?»

«Devi chiederlo a tua madre, scricciolo, non sapevo nemmeno fosse stata sposata» risponde, stringendomi a sé, la luce del Patronus che illumina debolmente la stanza «Dormi, su... Ne parliamo domani».

«Buonanotte Sev».

«Buonanotte scricciolo».

-

Severus

 

Apro gli occhi e sono solo nella stanza.

Il sole entra dalle fessure delle imposte, il mio Patronus è addormentato accanto a me.

«Isobel?» la chiamo, ma non risponde.

Dei rumori giungono dal primo piano. Salgo le scale silenzioso.

«Isy...» la chiamo in un sussurro.

Una scaletta scende dalla soffitta, i rumori vengono da lì.

«Isobel, cosa... Cosa ci fai qua?»

«Sev, vieni a vedere!» la sento esclamare eccitata.

«Ma cosa stai combinando?» salgo e gattono nella polvere fino ad arrivare a lei, seduta in mezzo a degli scatoloni aperti, con una lanterna che li illumina.

«La mamma ha portato qua tutti gli album di foto, i ricordi... I miei vestiti!» mi guarda esterrefatta, così estasiata in quel suo corpo da adulta, negli occhi lo sguardo di una bambina «I miei libri, i miei quaderni...»

Vedo una scatola, in un angolo, non troppo grande non troppo piccola. Su un lato sono scritte con un pennarello rosso due lettere puntate: E, U.

«Isy, questa?» le domando.

Lei allunga le mani mentre gliela passo, posando la scatola su un'altra già aperta.

«Elphistone Urquart» sussurra tra sé.

«Chi?»

«Mio padre».

Osserva la scatola con lo sguardo vuoto.

«Isobel, tutto bene?»

«S-sì...» balbetta «Torniamo al castello?»

«Certo scricciolo, vado a mettere in ordine in soggiorno, ti aspetto sulla porta».

-

Entriamo al castello, con la coda dell'occhio vedo una palla di pelo scappare via, probabilmente il gatto di Gazza.

Scendiamo nei sotterranei, Isobel entra prima di me e io dopo, chiudendomi il quadro alle spalle. Da sotto il mantello tira fuori lo scatolone di suo padre.

«Isy, devo lavorare su una pozione, starò un po' in laboratorio, a te non dispiace?»

Scuote la testa, lasciandosi cadere sul divano e posando il pacco sul tavolino davanti a sé.

«Va bene, più tardi vado a prendere qualcosa da mangiare, cosa vuoi?»

«Vedi tu, non ho molta fame».

«Ok, piccola» mi avvicino e la abbraccio, poi le sorrido debolmente, ma il suo sguardo resta vuoto.

-

I miei passi rimbombano nel corridoio vuoto.

«Buonasera professor Piton» mi saluta un Potter spuntato fuori dal nulla.

«Che ci fai qua, Potter?»

«Nulla professore».

Alzo un sopracciglio, non mi convince.

Con un gesto della mano mi saluta e se ne va.

Proseguo per la mia strada, fino alla sala grande.

Al lungo tavolo dei professori, seduta alla sinistra professor Silente, Minerva McGranitt mi fulmina con un'occhiataccia. Pochi studenti sono ancora a mangiare e tra i professori solo il preside e la vicepreside.

Mi avvicino al mio posto, alla destra di Albus. Prendo i due piatti e vi metto in uno due porzioni di lasagne, un po' di verdure cotte e delle patate al forno e nell'altro una fetta di torta al cioccolato e una al limone, qualche biscotto allo zenzero e della frutta fresca.

Sto uscendo dalla porta quando una mano sulla mia spalla mi ferma.

«Severus!» è la professoressa McGranitt, mi spinge gentilmente nel corridoio, appena fuori la sala grande.

«Minerva» dico gelido, tenendo in equilibrio i piatti.

«Affamato?» domanda «Con chi devi pranzare? Forse con la bella signorina con cui sei entrato stamattina?» continua, con un tono indecifrabile.

«Quale dovrebbe essere il problema, professoressa?» dico sibilante. Non l'ha riconosciuta, nonostante le assomigli così tanto, ora che ci faccio caso.

«Non provare a ferire mia figlia, professore dei miei stivali» mormora con uno sguardo gelido.

«Perchè credi che la ferirei?»

«Forse non l'hai notato, ma Isobel ti adora, vuole più bene a te che a me, sei il suo migliore amico, ma lei è ancora una bambina e te invece sei un adulto. Lei sa che hai portato una donna nei tuoi alloggi?»

Sospiro spazientito.

«Carissima professoressa McGranitt» scandisco «Isobel sa che c'è una donna nel mio appartamento per il semplicissimo motivo che quella donna è Isobel».

«Non ti permetterò di...» si ferma all'improvviso «Cosa?»

«Isobel, tua figlia, è nel mio appartamento e ha trentatré anni».

Sgrana gli occhi «Com'è possibile? La donna che ho visto... Era lei?»

«Sì, con una pozione. Ha effetto per quarantotto ore».

Chiude gli occhi, toglie gli occhiali e con i polpastrelli del pollice e dell'indice della mano destra si massaggia le palpebre.

«Va bene...» borbotta. Si rimette gli occhiali «Posso vederla?»

«Più tardi le dirò venire da te, ora probabilmente starà riposando».

«Va bene, grazie e scusami».

-

«Isobel...» la chiamo.

La vedo, è rannicchiata in un angolo del divano, ma non mi risponde.

«Isobel, ho preso da mangiare».

Mi avvicino, sedendomi accanto a lei e posando i piatti sul tavolino.

La scatola è aperta, dentro intravedo foto, lettere, una pipa in legno e qualche lunga piuma. Lei stringe tra le dita un quadernetto scritto fitto con inchiostro nero, la testa nascosta tra le ginocchia, sotto la massa di capelli neri.

«Isobel» la chiamo ancora, ma non mi risponde. Le stringo le spalle con le mani e la scuoto leggermente «Tesoro, cosa succede?» mormoro «Scricciolo...»

Alza un poco la testa, incontro i suoi occhi, il suo sguardo mi spezza il cuore.

La circondo con le braccia e la stringo a me «Tranquilla Isobel, va tutto bene».

Si lascia coccolare fino ad addormentarsi.

Le sfilo il quadernetto dalle mani e apro la prima pagina “Diario di ricerca, di Elphistone Urquart”.


****

Nota dell'Autrice
: Mancano solo pochi capitoli :) Vi aspetto a venerdì prossimo

 

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Capitolo 18
*** CAPITOLO 18 ***


Le sfilo il quadernetto dalle mani e apro la prima pagina “Diario di ricerca, di Elphistone Urquart”.

 

18

 

26 agosto 1973

 

Il giorno 30 giugno del 1973, mia figlia Isobel è scomparsa.

É una bellissima bambina di dodici anni con i capelli neri come sua madre, Minerva, la mia splendida moglie.

Il giorno che scoprì della sua scomparsa ero a King's Cross, al binario 9 e ¾ . La aspettai fino a quando rimasi solo su quel lungo marciapiede di pietra, in piedi accanto a quel treno rosso che ripartì, lasciando il binario vuoto e freddo.

La mia Isobel non c'era.

Immediatamente mi smaterializzai nei pressi della scuola, per raggiungerla poi a piedi. Entrai senza sentir ragione e raggiunsi l'ufficio del preside. Il professore mi ricevette immediatamente, ma non seppe dirmi nulla. A scuola non erano rimasti più studenti e un incantesimo lo accertò.

Scomparsa.

Sono tornato a casa e lei subito si è accorta che mancava. Le ho spiegato che Isobel era scomparsa e ha pianto tutta la notte stretta a me.

Ho avvertito il ministero e grazie all'aiuto di William Potter, un auror che mi doveva un favore, è stata creata una squadra di ricerca. Tre giorni fa, dopo un mese e tre settimane di lavoro, è stata sciolta.

Isobel è stata dichiarata morta.

Minnie è ormai in depressione dal giorno della scomparsa e so che finchè non avremo delle risposte non potrò aiutarla più di quanto già stia facendo.

Mi sono fatto dare da Cauldwell tutti i documenti, tutto ciò che sono riusciti a raccogliere in questi due mesi, sono appena due fascicoli scarsi.

Oggi, giorno 26 agosto 1973 continuerò la ricerca di mia figlia da solo in prima persona.

 

28 agosto 1973

 

Ho esaminato ogni documento. Nessuno ha più visto Isy dopo le 20.00 del 29 giugno. Il baule con tutte le sue cose è stato trovato sul treno, abbandonato nella stiva. Tutti gli interrogati o non avevano nemmeno presente chi fosse mia figlia o non la vedeva dalla fine delle lezioni.

Ho inviato una lettera al preside che mi ha dato l'autorizzazione di fare qualche domanda agli studenti, ai suoi compagni, ai suoi amici. Nelle sue lettere parlava quasi solo di un Sev e di una Lils, ma potrebbero essere chiunque, dal terzo anno in su, saranno sì e no 600 studenti. Sarà un lavoro lungo, spero frutti qualcosa, se c'è qualche indizio lo posso trovare solo lì.

 

3 settembre 1973

 

Ho convinto Minnie a trasferirci nella nostra vecchia casa a Hogsmead.

 

8 settembre 1973

 

Dopo un lungo lavoro a impacchettare e selezionare le cose accumulate in una vita, siamo qui. La casa è da sistemare, pulire, ma Minnie si tiene occupata e sembra essere più tranquilla. Ancora piange nella notte, ma fare qualcosa sembra la stimoli a non arrendersi alla depressione. Gli scatoloni con le cose di Isobel li abbiamo lasciati nella sua stanza, nessuno dei due è riuscito a sistemarli e probabilmente rimarranno così per molto. Tutto il resto è in soffitta.

Dopodomani andrò al castello a parlare con gli studenti.

 

10 settembre 1973

 

Ho parlato con quattro studentesse del terzo anno Grifondoro e tre studenti di Corvonero del terzo anno e cinque Tassorosso sempre del terzo anno.

Non ho detto che Isobel è mia figlia, ma ho usato un vecchio distintivo di auror, usando lo pseudonimo di Robert Skrewt. Le ragazze mi hanno parlato di una loro compagna, che passava molto tempo con Isobel, ma non stava bene e non era presente alle lezioni. Purtroppo per parlarle dovrò aspettare qualche giorno, nei prossimi giorni devo essere in ufficio per delle questioni importanti.

 

-

Isobel

 

«Sev...»

«Isobel! Come stai?» mi domanda preoccupato.

«Credo bene» mormoro, mettendomi seduta. Devo essermi addormentata appoggiata a lui sul divano. Ha tra le mani il quadernetto di papà «Lo hai letto?» domando.

«Sono arrivato al 10 settembre del '73».

«Io non sono andata oltre la prima pagina...» dico piano.

«Posso leggerlo?» mi domanda.

«Fai pure».

Poso la scatola aperta sulle mie gambe e dal fondo prendo un vecchio orologio da taschino con una lunga catenina d'oro, papà lo aveva sempre con sé. Lo prendeva in mano, lo faceva aprire con uno scatto, poi lo guardava con aria compita, lo richiudeva e lo faceva scivolare nuovamente nella tasca della camicia o della giacca.

Mi circondo il collo con la catenina e la aggancio in modo da formare una collana, in modo da poterlo tenere sempre con me.

Mi riappoggio a Severus, raccogliendo le gambe al petto.

«Che bello» dice, prendendolo tra le dita e facendolo scattare. Si apre, l'ora è sbagliata e le lancette sono ferme. Lo gira e noto che sul retro ci sono incise le iniziali di mio padre.

É morto.

La consapevole realtà mi crolla addosso alla fine.

Non andrebbe mai in giro senza il suo orologio.

«Isy, tua madre vorrebbe vederti».

«Mia madre?» domando incerta «Ma non posso andare da lei così».

«Lei... Ti ha vista stamattina, vuole vederti così come sei ora» dice cauto.

«Oh» mi sfugge «Va bene allora».

«Hai fame?» mi domanda, facendo un cenno con la testa ai piatti sul tavolino.

Scuoto la testa «No, non ne ho» borbotto «Tra dieci minuti mi cambio e poi vado dalla mamma».

«Perchè non subito?»

«Voglio stare un po' con te» chiudo gli occhi e respiro il suo profumo fresco.

-

«Mamma..!» la saluto nel momento in cui mi apre la porta.

Rimane a bocca aperta, osservandomi con cura in ogni centimetro del mio corpo.

«Mamma?» domando incerta, vedendo che non risponde.

Sorride dolcemente «Sei bellissima, tesoro».

-

Severus

 

20 settembre 1973

 

Minnie ha sistemato tutto qui nella nuova casa. É bellissimo e lei è stata bravissima.

In questi giorni ha deciso che lascerà il suo lavoro al ministero e chiederà la cattedra di Trasfigurazione a Hogwarts. La mia dolce Minnie, tornerà a scuola, il posto in cui starà meglio, le piace insegnare. É così bella, non so che farei senza di lei, è la mia vita.

La sento piangere ancora ogni notte, ma l'altro giorno quando Robert e Malcom, con le rispettive mogli e i piccoli, sono venuti a farci visita, l'ho vista sorridere... Per la prima volta da quando Isobel è scomparsa. Merlino, quanto mi mancava quel sorriso. Siamo invecchiati molto in fretta in questi mesi, ma per un istante lei è sembrata tornare viva.

Voglio tornare a vederla sorridere, ogni giorno. E voglio tornare a veder sorridere la mia piccola Isobel, insieme a lei.

 

21 settembre 1973

 

Oggi a scuola ho parlato con Lils, Lilian Evans.

É una dolce ragazzina che conosce Isy forse meglio di me e Minnie.

Abbiamo parlato per un paio d'ore, mi ha parlato di mia figlia in un modo che non avevo mai sentito. É la sua migliore amica e non ne sapevamo nulla. Si conoscono da sempre e non ne sapevamo nulla.

Rivedo mia figlia in lei, per quanto diverse, si assomigliano molto, come modo di parlare, di muoversi.

Mi ha raccontato che la sera del 29 giugno non era tornata nel dormitorio, ma non si era preoccupata. A volte succedeva che non tornasse per la notte. A volte non dormiva, stava a guardare le stelle dalla torre di astronomia. Oppure passeggiava per i corridoi, facendosi beffe dei professori e delle regole, la mia Isy, così simile a sua madre. A volte andava da un certo Severus, Sev, e dormiva con lui. Lilian mi ha giurato e stragiurato (parole sue) che dormivano e basta, non erano innamorati, o forse sì. Lui era innamorato di lei e glielo aveva confidato in segreto, a Lily. La bambina non crede che però Isobel ricambiasse, o glielo avrebbe detto, sanno tutto l'una dell'altra.

Mi ha spiegato di come al ritorno a Londra, il 30 giugno, non aveva trovato né Isobel né Severus, così si era seduta in un posto libero che aveva trovato e si era addormentata. Sia lei che l'amico sapevano che saremmo dovuti partire per l'Australia e saremmo stati via fino alla fine dell'estate.

Le scrisse parecchie lettere, ma ogni volta i gufi tornavano indietro senza risposta.

Con l'inizio del nuovo anno a Hogwarts si sono resi conto che Isobel non c'era, era scomparsa e nessuno aveva risposte da dar loro.

Oggi ho detto a Lilian Evans che mia figlia è scomparsa, ma lei non sa che sono il padre di Isobel.

Appena riuscirò, tornerò a parlare con la ragazzina e cercherò di parlare con Severus Piton.

 

27 settembre 1973

 

Severus Piton.

 

Sussulto nel vedere il mio nome scritto in cima alla pagina. Così solo e distante da tutto.

 

28 settembre 1973

 

Per la terza volta il ragazzino mi è sfuggito.

Chiedo di lui in giro, mi mandano in biblioteca, nei laboratori, nella casa comune di Serpeverde, nelle aule di ogni piano, ma non riesco a trovarlo.

Tenterò nuovamente domani, prima o poi lo troverò.

 

29 settembre 1973

 

Ho atteso Severus fuori dall'aula di pozioni, alla fine della mattinata, ma il ragazzo non c'era, mi è sfuggito ancora.

Non capisco.

Non capisco se è un caso non essere ancora riuscito a incontrarlo o se si nasconda, se lo faccia apposta e sappia qualcosa che non vuole venga scoperto.

Ogni mio tentativo sembra andare a vuoto.

Ho parlato con il preside e per lui non c'è problema che io continui a girare per la scuola, ha avuto le mie referenze dal ministero e sostiene la mia ricerca, ma non sa che dirmi per il fatto che non sia riuscito a trovarlo. É un ragazzo solitario e molto studioso.

Sono tornato a casa e ho trovato Minerva a terra in lacrime, accanto a lei la ciotola di cristallo che ci hanno regalato per il nostro matrimonio, in mille pezzi. Probabilmente era lì da ore. Devo stare con lei un po', la porterò fuori, la porterò in Scozia a trovare Malcom e Roslin. Spero le sia d'aiuto.

 

5 ottobre 1973

 

Siamo appena tornati dalla Scozia. Minnie sembra rigenerata, spero duri almeno per un po'.

Devo tornare in ufficio, dovrò aspettare per rintracciare Severus.

 

15 ottobre 1973

 

Ho passato tutta la notte nella torre di astronomia a guardare le stelle, cercando di sentirmi più vicino a lei dopo così tanto tempo.

Ho pianto come un bambino, per la prima volta dopo quarant'anni che una lacrima non solcava il mio viso.

 

17 ottobre 1973

 

Ho incontrato Lilian nel corridoio per andare ai sotterranei, le ho chiesto se sapesse dove fosse l'amico, ma non lo vede da qualche giorno. Mi ha detto di provare nella torre di astronomia, così sono tornato qua, e sto seduto sul davanzale della finestra, godendomi il panorama.

 

Non è arrivato, vado a casa.

 

20 ottobre 1973

 

É la terza sera che aspetto in questa stanza. Oramai conosco ogni pietra che la compone, ogni arazzo che ricopre le pareti

 

Qui una grossa macchia, come se l'inchiostro fosse colato dalla punta della piuma, come se l'uomo fosse rimasto immobile ad ascoltare o a pensare.

 

21 ottobre 1973

 

Lilian aveva ragione.

L'ho trovato.

Ieri sera, mentre lo aspettavo nella torre, finalmente è arrivato.

Me lo aspettavo diverso. É un ragazzino alto e magro, dall'aria malaticcia, con i capelli a caschetto neri tirati diritti attorno al viso che lo fanno sembrare un fantasma. Non portava la divisa, ma un maglione logoro e un paio di pantaloni troppo larghi per lui.

Nel momento in cui mi ha visto è rimasto immobile e in silenzio. Non credo se lo aspettasse.

 

Rimango a fissare il foglio senza vederlo.

Non ricordo nulla di tutto questo, ma è vero, ricordo che all'inizio del terzo anno non parlavo più nemmeno con Lily e passavo quasi tutte le notti in una qualche stanza del castello o nei corridoi.

Mi mancava la mia migliore amica e stavo ignorando l'altra mia migliore amica perché avevo paura ad affrontare la realtà. E sì, ero come un fantasma.

Ma di lui... Non ne ho memoria.


****

Nota dell'Autrice: Partendo per il campeggio tra poco più di un'ora e tornando il 31, vi informo che: oggi pubblicherò due capitoli, questo e il 19, e venerdì prossimo proverò comunque a pubblicare. Dopodiché mancheranno davvero pochissimi capitoli, quindi fatevi sentire(!!) :D Ciao ciao :)
 

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Capitolo 19
*** CAPITOLO 19 ***


Mi mancava la mia migliore amica e stavo ignorando l'altra mia migliore amica perché avevo paura ad affrontare la realtà. E sì, ero come un fantasma.

Ma di lui... Non ne ho memoria.

 

19

 

Isobel

 

«Urquart?» mi chiama qualcuno sottovoce.

Mi sporgo da dietro una pila di libri e mi guardo intorno. Non c'è nessuno...

«Urquart!» mi chiama ancora.

Mi guardo intorno, ma sono sola.

«Isobel...» mi sussurra all'orecchio «Bhu!»

Mi volto di scatto, scontrandomi con la testa contro una testa biondo cenere.

«Ciao» mi saluta allegramente Malfoy «Che fai?»

«Siamo di buonumore oggi, Malfoy?»

«Certo, Urquart» sorride rilassato «Non dovrei?»

«Domani cominciano gli esami, non dovresti studiare?» gli domando scocciata.

«Nah, io so tutto» dice con un sorriso sghembo.

«Buon per te, io devo studiare, quindi smamma Malfoy».

Alza gli occhi al cielo e fa per andarsene.

«Senti, che ne diresti» comincia, facendo un mezzo giro su sé stesso «Ti andrebbe di...»

«No».

«Ma...»

«No».

«Daai...»

«No, Malfoy» dico secca. Prendo quattro libri dal tavolo e me ne vado, uscendo dalla biblioteca.

«Urquart!» mi chiama ancora, inseguendomi nel corridoio.

Proseguo diritto, fino alla sala comune dei Grifondoro.

«Ciao Malfoy» mi chiudo la porta della sala comune alle spalle una volta attraversato il buco nel ritratto.

All'interno facce stravolte chine sui libri e immerse negli appunti. Le dita sporche d'inchiostro.

Mi siedo in un angolino accanto al fuoco e apro i miei libri tutti intorno a me.

Sarà una lunga notte.

-

Ore 6.00

Mi metto seduta. Le palpebre mi cascano dal sonno. Ributto la testa sul cuscino.

Potrei forse... Bastano sei giri.

-

Ore 6.00 (bis)

Apro gli occhi. Severus è già sveglio e mi osserva curioso.

«Com'è che mi sveglio e ti trovo nel mio letto?» ridacchia.

Apro la bocca, ma la spiegazione non ha intenzione di uscire. Così gli dico semplicemente con un sorriso «Buongiorno Sev».

«Buongiorno Isobel» sorride e sospira, scompigliandomi i capelli.

«Devo andare, ci vediamo a pranzo!» gli dico rapidamente, saltando in piedi.

«Che esami hai oggi?» mi domanda, rotolando sul letto, dove pochi istanti fa mi trovavo io, e guardandomi con dolcezza.

«Aritmanzia e Trasfigurazione e Incantesimi e Antiche rune».

Mi guarda scettico.

«Non mi spiegherò mai come hai fatto a seguire tutte le lezioni senza morirmi di stanchezza» rotola ancora sul letto e si tira in piedi, un po' traballante e ancora un po' assonnato.

«Ci vediamo a pranzo, ora devo scappare» borbotto.

Allarga le braccia mentre si avvicina e mi abbraccia forte, baciandomi sulla fronte.

«Sparisci mostriciattolo» dice ridacchiando.

«Antipatico» ribatto «Ci vediamo a pranzo» sparisco mandandogli un bacio.

-

Siamo in nove a uscire dall'aula dell'esame di Aritmanzia.

La professoressa Vector sta consolando un Corvonero che, da quel che ho capito, ha lasciato in bianco la prova.

«Isobel!»

«Hermione».

Ha sotto braccio cinque libri e l'aria stravolta.

«Com'è andata?» mi domanda scostandosi i capelli ricci dal viso.

«Abbastanza bene, tu?»

«Credo di essere stata imprecisa nella settima domanda, ma bene» sorride.

«Devi andare a Trasfigurazione?»

Annuisce, sfilando da sotto la divisa il suo Giratempo «Vuoi un passaggio?»

-

Entro in sala grande, ovunque studenti del terzo anno che studiano e sfogliano libri mentre con una mano mangiano.

Uno sguardo va al tavolo dei professori. Saluto mia madre con un cenno e cerco Sev, che sta discutendo fitto fitto con Remus.

Mi siedo accanto a una ragazza bionda che dorme accasciata sul tavolo, con un libro di Rune aperto sotto la testa.

-

Severus

 

21 ottobre 1973

 

Lilian aveva ragione.

L'ho trovato.

Ieri sera, mentre lo aspettavo nella torre, finalmente è arrivato.

Me lo aspettavo diverso. É un ragazzino alto e magro, dall'aria malaticcia, con i capelli a caschetto neri tirati diritti attorno al viso che lo fanno sembrare un fantasma. Non portava la divisa, ma un maglione logoro e un paio di pantaloni troppo larghi per lui.

Nel momento in cui mi ha visto è rimasto immobile e in silenzio. Non credo se lo aspettasse.

 

Mi ha chiesto chi fossi e cosa volessi, quando gli ho risposto che ero lì per lui inizialmente non mi ha creduto.

É un tipo cupo, ma dall'acume brillante per quanto ho potuto notare parlandoci.

Isobel e Severus, da come mi ha raccontato, hanno passato insieme la maggior parte del tempo negli ultimi sette anni.

Forse io e Minnie eravamo troppo presi con il lavoro per notare nostra figlia, i suoi amici, la sua vita. Com'è possibile non notare la presenza o non presenza di una persona fino a quando non scompare dalla tua vita? Dare per scontato qualcuno. Non me ne ero mai reso conto fino a ieri sera.

Il colore preferito di Isobel è l'azzurro, perché è il colore del cielo.

Lei adora volare, ma non ha mai pensato di entrare nella squadra di Quidditch perché non le piace stare al centro dell'attenzione.

Adora stare in biblioteca e annusare l'odore della carta dei libri. Il suo libro preferito è Novecento.

Le lasagne sono il suo piatto preferito ed è capace di mangiarsi da sola un'intera torta al cioccolato.

Adora raccontare storie, ma è pessima con le barzellette.

Quand'è nervosa si mangia le unghie per poi pentirsene il giorno dopo.

La sua materia preferita è pozioni, mentre quella che le piace di meno è storia della magia.

Le piacciono le gare degli aeroplanini di carta e giocare a sparaschiocco. Batte sempre tutti a scacchi ed è competitiva, ma non in modo esagerato.

A volte parla nel sonno e quando dorme stringe il cuscino al petto.

Il suo animale preferito è il gatto.

E quante altre cose... Abbiamo parlato tutta la notte.

Mi ha raccontato l'ultimo giorno. Il 29 giugno, dopo cena lui e Isobel sono usciti nei giardini a fare una passeggiata, per poi venire proprio qua, in questa torre a guardare il cielo, per l'ultima sera dell'anno.

Ci è voluto parecchio prima che riuscissi a estorcergli che quella stessa sera lui l'ha baciata. Il primo bacio, di entrambi.

 

Alzo gli occhi sugli studenti chini sui loro calderoni a preparare l'intruglio confondente necessario per passare l'esame.

Il mio sguardo si posa sul viso concentrato di Isobel.

Chiudo il quaderno e allungo le gambe sotto la cattedra.

Mi ricordo quella sera. Ero finalmente riuscito a dirle cosa provassi per lei e poi l'avevo baciata, piano piano mi ero avvicinato e... Il sapore della sua pelle...

Arrossisco al pensiero.

Eravamo entrambi imbarazzati, ma lei non mi disse nulla, non mi disse che non ricambiava, ma nemmeno il contrario. Non mi rifiutò.

Ci salutammo con un altro bacio leggerissimo sulle labbra, poi lei scomparve nel buco del ritratto, per l'ultima volta. Fu l'ultima volta che la vidi prima di ritrovarla in infermeria, sola, in quel letto, piccola e tremante.

Ora invece, così dolce, mentre concentrata lavora sopra il calderone fumante, mordendosi il labbro rosso e morbido. I boccoli che le ricadono intorno al viso, la pelle candida e quegli occhi grandi, due specchi argentati.

Sospiro.

Riprenditi Severus, un po' di contegno!

Mi alzo, girando tra i tavoli.

Mi fermo davanti a Potter, fissandolo.

Lo vedo guardarsi intorno, in imbarazzo, sempre più in ansia. E il suo intruglio che non si addensava, diventando di un pessimo, pessimissimo, color muschio marcio.

Finisce il tempo e una volta raccolte tutte le provette degli studenti rimango solo in aula.

«... E» dice qualcuno dalla porta «Professor Piton?»

Mi volto a guardare. É Isobel.

«Tutto bene?»

«Sì» sorride, poi mi manda un bacio volante e vedendo la mia espressione compiaciuta tira fuori la lingua, mostrandomela. Imbroncio la bocca amareggiato e torno a sistemare le provette.

Due braccia mi stringono da dietro, la sua testa appoggiata dolcemente sulla mia schiena.

«Stasera vengo da te, dopo l'esame di Astronomia».

«Va bene» rispondo tranquillamente «Ora va', o si chiederanno dove sei finita».

«Okay» acconsente «Ci vediamo a pranzo».

Mettendo le mani sulle mie spalle, con un salto, raggiunge il mio viso, mi bacia sulla guancia e scappa via.

-

Mi sdraio sul letto, prendendo il diario di Elphistone Urquart, rincominciando a leggere dalla frase del bacio.

 

Per un attimo ho desiderato ucciderlo. Ha baciato la mia bambina, per Godric! Mi sono trattenuto, cercando di rimanere impassibile.

Mi ha parlato di ogni istante che ha passato con lei quel giorno, nulla potrebbe spiegare la sua scomparsa.

Un'altra bacchetta spezzata.

Ho cancellato da lui ogni ricordo di me, non voglio si ricordi di ciò che mi ha raccontato.

 

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Capitolo 20
*** CAPITOLO 20 ***


Mi ha parlato di ogni istante che ha passato con lei quel giorno, nulla potrebbe spiegare la sua scomparsa.

Un'altra bacchetta spezzata.

Ho cancellato da lui ogni ricordo di me, non voglio si ricordi di ciò che mi ha raccontato.

 

20

 

Rimango a fissare la pagina allibito. Non riesco nemmeno a distogliere lo sguardo.

Ho sempre pensato che nessuno avesse mai toccato la mia mente o i miei ricordi, la mia unica certezza.

Ogni corruzione della mente crea danni, anche impercettibili inizialmente, ma col passare degli anni diventa più facile notare una mente corrotta e traviarla dalla sua via, manipolarla.

Quante volte potrebbe essere successo senza che io me ne ricordi? Maghi, spesso inesperti, che creano più danni che altro.

Forse è quello che dovremmo fare. Entrare nella mente di Isobel e scoprire cosa le sia successo. Ma è così importante sapere cos'è successo se ora è qui, sana e salva?

-

Isobel

 

Sev è seduto sul letto a leggere il diario, non sembra essersi accorto che lo osservo dalla porta della stanza. Non si è ancora messo il pigiama, indossa una camicia bianca e un paio di pantaloni neri, i piedi scalzi sopra la coperta.

Prendo la rincorsa ed entro nella stanza, saltandogli addosso «Seveeerus!»

Mi guarda perplesso, sdraiata sulla sua pancia, con il viso che sbuca da sotto il quaderno.

«Ciao antipatico» gli sorrido.

«Isy» mormora confuso «Già finito? É presto».

«Veramente... É l'una, Sev».

Spalanca gli occhi incredulo «Ah».

Mi sposto sul letto, mettendomi seduta sul bordo, coi piedi sul pavimento freddo.

«Non hai sonno?» mi domanda.

«No, tu?» chiedo, sciogliendo i capelli lungo le schiena, liberandoli dallo stretto chignon con cui li avevo legati in cima alla nuca.

«Non molto...»

Sento due mani forti afferrarmi per la vita e sollevarmi di peso e farmi ricadere sulle coperte vaporose. Mi blocca, mettendosi a cavalcioni su di me e tenendomi i polsi sopra la testa con una mano.

«Sev!» esclamo presa alla sprovvista «Ma che stai facendo?» mormoro ridacchiando.

Mi guarda dolcemente con quei suoi occhi neri. Mi prende il mento tra due dita, sollevandomi il viso verso il suo, mentre si china su di me. É a poco più di un paio di centimetri.

Trattengo il fiato.

-

Severus

 

É bellissima.

Le gote arrossate, le lunghe ciglia, i capelli tutti sparsi intorno al volto.

Ma cosa sto facendo?

Le labbra gonfie, così rosse.

No.

Le lascio il viso e la libero dalla mia presa.

«Vado a mettermi il pigiama».

Mi chiudo in bagno.

«Stupido, stupido che non sei altro!» dico tra me, con la tentazione di sbattere la testa contro il muro per rischiararmi un po' le idee «Cosa pensavi di fare? É una bambina!»

Mi bagno viso, collo e polsi con l'acqua fredda.

Un respiro profondo.

Mi infilo rapidamente il pigiama e dopo aver aspettato ancora qualche secondo rientro in camera.

Isobel è sotto le coperte, sdraiata su un lato e raggomitolata su se stessa, volta verso il suo bordo del letto.

«Isy...» la chiamo piano, ma non mi risponde. Sta già dormendo.

Mi stendo accanto a lei e spengo la luce.

«Sev?» mi chiama.

Mi giro sul fianco, verso di lei e mi ritrovo il suo viso davanti al mio.

«Tutto bene?» domanda, sfiorandomi la guancia con la punta delle dita.

«Sì, va tutto bene» piego la testa verso di lei, così da sentire appieno il suo tocco sulla mia pelle.

Si avvicina a me, stringendosi contro il mio petto, e un brivido mi percorre la schiena mentre la circondo con le mie braccia.

-

1 novembre 1973

 

Il preside ha dato il permesso a Minnie di prendere il posto di un professore che andrà in pensione alla fine di quest'anno. É molto contenta e di ciò ne sono molto lieto. Sta meglio.

-

Draco

 

Attendo in piedi e in silenzio fuori dalla serra 3.

Man mano che si finisce l'esame, la Sprite ci fa uscire.

Ed eccola che arriva, con l'aria stanca, i capelli scomposti e il viso arrossato dal sole.

«Urquart!» la chiamo, portando la mano alla tasca del mantello in cui tengo la mia arma vincente.

La vedo sbuffare e procedere dritta, senza degnarmi di uno sguardo.

«Dai, Urquart!» la chiamo ancora «Isobel...» la prendo per il polso, costringendola a guardarmi.

Mi fulmina con un'occhiataccia.

«Ho una cosa che potrebbe interessarti, una proposta che non potrai rifiutare».

Sospira e incrocia le braccia sul petto «Dimmi, ma fai in fretta».

«Volevo chiederti chi fosse il tuo amichetto, quello con cui sei stata a Hogsmead poco prima di Natale».

«Perchè ti interessa?» domanda fredda.

«Perchè non potresti incontrare persone esterne alla scuola durante le uscite al villaggio».

«E chi lo dice?»

«Il regolamento della scuola» m'invento sul momento, ma non sembra cascarci.

«Malfoy, vai a rompere le bacchette a qualcun altro».

«Aspetta, non ti ho ancora mostrato la parte più bella...»

Alza gli occhi al cielo «Più in fretta, Malfoy».

Infilo la mano sotto il mantello e prendo la busta dalla tasca.

«Forse vorrai vedere alcune di queste» dico estraendo il contenuto dalla busta.

Glielo porgo.

«Tu... Mi hai seguita, mi hai spiata!» con la coda dell'occhio vedo il rapido scattare della sua mano e lo blocco, parandomi con il braccio.

«Ferma!» esclamo ridacchiando «Non le vedrà nessuno, te le darò tutte, queste sono l'unica copia» comincio «A patto che tu mi dia un bacio».

«Se no che fai?»

«Le darò a un professore, che ti metterà in punizione».

«Ma in punizione per cosa?» esclama esasperata «E se anche fosse, piuttosto che baciarti mi faccio mettere in punizione fino alla fine della scuola!»

«Non fare la tragica» mormoro mentre lei si volta e s'incammina verso il castello «E dai, Isobel!»

«Smettila di seguirmi, Malfoy».

La vedo allontanarsi, fino a diventare piccola piccola in lontananza, nel verde dei giardini.

-

Busso.

Nessuno risponde.

Busso ancora.

«Chi è?» dice una voce cupa dall'interno.

«Professore, mi scusi l'ora, ma dovrei parlarle» dico sicuro, stringendo la busta tra le dita.

Dallo spiraglio della porta compare la figura alta e torva di Piton.

In pigiama.

«Malfoy» dice mellifluo «Cosa vuoi a quest'ora così tarda?»

«Professore, vorrei parlarle di una faccenda che riguarda una ragazza della scuola» butto giù tutto d'un fiato.

«Se devi andare a confessare le tue pene d'amore, vai da un tuo amichetto, Malfoy, io ho da lavorare».

«Le ruberò appena cinque minuti».

«Alle prossime cinque lezioni ti fermerai a pulire la mia aula senza utilizzare la magia?»

Storco il naso.

«Tre minuti?»

«Tre lezioni».

«Va bene, sarò il più coinciso possibile» sibilo, alzando poi lo sguardo «Posso...?»

«Vuoi entrare nel mio appartamento, Malfoy?»

«No, solo che...» comincio «Pensavo sarebbe stato più comodo illustrarle ciò che devo, seduti a un tavolo».

«In piedi, con il tuo» si interrompe «Con la tua persona fuori dai miei alloggi va più che bene».

«Ok...» mormoro «Volevo farle sapere che una studentessa della scuola ha dei rapporti non consentiti con persone estranee alla scuola durante le uscite didattiche a Hogsmead».

«Quante persone?»

«Una».

«Quante volte è successo?»

«...Una».

«E la persona estranea è entrata nella scuola?»

«N-non mi pare» balbetto.

«Mi spieghi allora quale sarebbe il problema, Malfoy?»

«Non...» distolgo lo sguardo «Tenga» gli porgo le foto «Qua sono rappresentati la colpevole e il complice».

-

Severus

 

Prendo la busta dalle mani del pidocchioso, la apro e dentro ci sono delle foto.

DELLE MIE FOTO. Mie e di Isobel. Insieme. Nel villaggio.

«Tu li hai spiati?» domando gelido.

«S-sì».

«Ma che ti passa per la testa, piccolo insulso maghetto?»

«M-mi scusi?» dice tremante.

«Vattene e lasciami in pace, Malfoy» fa per riprendersi le foto «Queste le terrò io. Ora sparisci».

«Ma professore...»

«Cinque punti in meno a Serpeverde».

«Ma...»

«Quindici punti in meno a Serpeverde».

«Ma le foto!».

«Cinquanta punti in meno a Serpeverde, devo continuare?»

«Buonasera professor Piton» se la fila, scomparendo dietro l'angolo del corridoio.

Rientro, chiudendomi la porta alle spalle.

Prendo una coperta dal tavolo dove poso la busta, la apro e la stendo su Isobel, rannicchiata in un angolo del divano addormentata. Riprendo le foto e mi siedo accanto a lei, davanti al fuoco scoppiettante.

Le faccio passare tutte, una dopo l'altra, in continuazione.

Il suo viso sorridente che si affaccia in quasi ogni foto e il mio, così strano vedermi in foto, ma accanto a lei non sono nulla. Isobel risplende, con i capelli al vento e le gote e la punta del naso arrossati... E quel sorriso, Merlino! Mi fa morire ogni volta.

Prendo una delle foto, un primo piano.

Rimango incantato.

Poi il mio sguardo si sposta sul suo viso addormentato.

Mi sporgo verso di lei e mi appoggio alle sue gambe, sdraiandomi storto sul divano, ma in qualche modo comodo.

Prendo il diario di Elphistone, infilo tra le pagine la foto e riprendo a leggere da dove avevo lasciato in sospeso.

 

5 novembre 1973

 

Negli ultimi tre giorni ho percorso ogni centimetro possibile della scuola.

Ho parlato con il figlio di Potter. Lo trovo alquanto arrogante e forse un po' troppo viziato per i miei gusti.

 

Ecco, già solo per queste parole, la mia stima per questo uomo si è elevata.

 

E il suo amico, Black... Incredibile, un Black in Grifondoro.

Ho incrociato Severus nel corridoio del settimo piano, non mi ha riconosciuto. L'incantesimo ha funzionato.

Ho controllato nel dormitorio di Grifondoro, dove dormiva Isobel, ma non ho trovato nulla.

Ricordo quando, appena nata, la portammo a casa. Era una cosa minuscola, con qualche capello in testa, riccio e nero come il carbone. E quei due occhioni chiari. La più bella bambina che avessi mai visto. E a casa dormiva e mangiava, mangiava e dormiva. Un piccolo angioletto, sempre tranquillo.

La sua prima parola fu “fuoco”, o meglio “fuo”, il giorno del suo primo compleanno, quando, con l'unica candelina della torta, è riuscita a incendiare la tenda del soggiorno. Mia madre che urlava al fuoco, Malcom e la sua ragazza del tempo che ridevano, insieme a Robert e Mary, mio suocero che diceva a mia madre di tacere, io che cercavo dell'acqua e Minnie, forse l'unica a ricordarsi di essere una strega, che con un incantesimo estinse le fiamme. Nell'attimo subito successivo, con una vocetta inesperta: “fuo!” Tutta l'agitazione del momento si era placata e Isobel, Isobel che ridcchiava nel silenzio più totale. Quella risata che mi rimbomba nelle orecchie, come un dolce scampanellio.

 

«Sev...» mormora quella stessa voce dolce.

Mi giro verso di lei, sbirciando da sopra le sue ginocchia il viso assonnato, mentre uno sbadiglio le fa scappare una lacrima di sonno.

«Andiamo a nanna, scricciolo?» le domando, attorcigliando una ciocca dei suoi capelli intorno al mio dito.

Annuisce, chinando la testa sulla spalla.

Mi alzo e mi chino su di lei per prenderla in braccio. Si aggrappa al mio collo come una scimmietta.

Con un calcio apro la porta della mia camera e la poso dolcemente sul letto, poi sfilo le coperte da sotto il suo corpo caldo e gliele rimbocco. Mi lascio cadere accanto a lei e spengo le luci.

D'un tratto mi ricordo. La pozione!

 

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Capitolo 21
*** CAPITOLO 21 ***


Con un calcio apro la porta della mia camera e la poso dolcemente sul letto, poi sfilo le coperte da sotto il suo corpo caldo e gliele rimbocco. Mi lascio cadere accanto a lei e spengo le luci.

D'un tratto mi ricordo. La pozione!

 

21

 

Sono davanti all'ufficio di Lupin, continuo a bussare, ma lui non risponde.

«Dove diavolo sei, per Salazar» punto la bacchetta alla serratura e la forzo senza tanti complimenti.

Non c'è nessuno oltre a me, ma sulla scrivania noto una vecchia pergamena molto familiare. La pergamena di emergenza di Potter. Ma altro che pergamena di emergenza, questa sembra una mappa, una mappa della scuola.

Uno dei nomi vicino alla foresta proibita attira la mia attenzione: Harry James Potter. E ovviamente insieme a lui ci sono Weasley e la Granger. E ovviamente sono tutti e tre fuori dai loro dormitori, di notte, con i Dissennatori nei paraggi, a cercare di farsi ammazzare dal platano picchiatore.

Mi stupisco di come Potter sia ancora vivo e sia riuscito a raggiungere la veneranda età di tredici anni, viste le sue capacità di cacciarsi nei guai.

Prendo la mappa e me la infilo sotto il mantello, ma non prima di notare un altro nome a poca distanza da loro: Remus John Lupin. Perché, infatti, ci mancava solo il lupo mannaro che non ha preso la pozione Antilupo. Quando mai accettai l'incarico di proteggere quel piccolo moccioso senza cervello.

Esco di corsa nei giardini e mi dirigo al platano picchiatore, ma a una ventina di metri di distanza, mi ritrovo a terra, le mani umide dal terreno. Sono inciampato in qualcosa. Sembra seta, un largo telo, scivoloso al tatto e morbidissimo, intriso di magia. L'ultima volta che l'ho visto era tra le mani di Albus. Questo è il mantello di Potter.

Proseguo verso il platano picchiatore, lo incanto, potendo così passare senza troppi problemi sotto i suoi lunghi rami e addentrarmi giù nel passaggio sotterraneo.

Il lungo tunnel puzza di muffa e terriccio umido, dal soffitto pendono radici e alcun ragnatele distrutte testimoniano il recente passaggio di qualcuno. In fondo al cunicolo una flebile luce.

Delle voci arrivano dal piano superiore. Indosso il mantello e salgo le scale.

«Severus era molto curioso di sapere dove andavo tutti i mesi. Eravamo nello stesso anno, sapete, e non... ehm... non ci amavamo molto. Quello che gli piaceva meno di tutti era James. Era geloso, credo, del talento di James sul campo di Quidditch... comunque, Piton mi aveva visto attraversare il parco con Madama Chips una sera mentre mi accompagnava al Platano Picchiatore per trasformarmi. Sirius pensò che sarebbe stato... ehm... divertente dire a Piton che bastava premere il nodo sul tronco con un lungo bastone e avrebbe potuto seguirmi. Be', naturalmente Piton lo fece... Se fosse riuscito ad arrivare fin qui, avrebbe incontrato un Lupo Mannaro completamente sviluppato... Ma tuo padre, che aveva scoperto cosa aveva fatto Sirius, segui Piton e lo fece tornare indietro, mettendo a repentaglio la propria vita... Piton però riuscì a vedermi, alla fine del tunnel. Silente gli proibì di raccontare agli altri che cosa aveva visto, ma da allora seppe che cos'ero...»

«Allora è per questo che lei non piace a Piton» dice Potter incerto «perché credeva che lei fosse complice dello scherzo?»

«Proprio così» asserisco con voce fredda sfilandomi il mantello di Potter e buttandolo a terra accanto a me, mentre con la bacchetta punto il bersaglio più pericoloso nella stanza. Lupin.

La Granger urla. Black si alza in piedi di scatto dal suo angolino della stanza. Potter incredulo salta sul posto.

«L'ho trovato alle radici del Platano Picchiatore. Molto utile, Potter, ti ringrazio...» dico con un po' di fiatone per l'emozione «Forse vi state chiedendo come facevo a sapere che eravate qui?» domando divertito «Sono appena stato nel tuo studio, Lupin. Questa notte hai dimenticato di prendere la tua pozione, così te ne avevo portato un boccale intero. E meno male... meno male per me, voglio dire. Sulla tua scrivania c'era una certa mappa. Mi è bastata un'occhiata per sapere tutto quello che volevo. Vi ho visti sparire in questo passaggio».

«Severus...» comincia Lupin, ma non lo lascio continuare.

«Ho detto e ridetto al Preside che stavi aiutando il tuo vecchio amico Black a entrare nel castello, Lupin, ed ecco qui la prova. Nemmeno io mi sarei sognato che avresti avuto il coraggio di usare questa vecchia baracca come nascondiglio...»

«Severus, stai commettendo un errore» dice Lupin incalzante. «Non hai sentito tutta la storia... ti posso spiegare... Sirius non è qui per uccidere Harry...»

«Altri due criminali pronti per Azkaban questa notte» continuo «Sono curioso di vedere come la prenderà Silente... era convinto che tu fossi innocuo, sai, Lupin... un Lupo Mannaro addomesticato...»

«Stupido» mormora piano Lupin. «Vale la pena di rinchiudere un innocente ad Azkaban per una lite tra ragazzi?»

Sottili funi serpentine uscirono dalla punta della mia bacchetta, che si avvolgono attorno alla bocca, ai polsi e alle caviglie di Lupin, che perso l'equilibrio e cade a terra, immobilizzato.

Black avanza verso di me, e io rapido gli punto la bacchetta tra gli occhi.

«Dammi solo una scusa» sussurro «Dammi solo una scusa per farlo, e giuro che lo farò».

Black si ferma.

«Professor Piton... non... non le pare il caso di ascoltare quello che hanno da dire, o... o no?» «Signorina Granger, sei già praticamente sospesa!» sbotto «Tu, Potter e Weasley siete fuori dai confini della scuola, in compagnia di un uomo condannato per assassinio e di un Lupo Mannaro. Per una volta nella vita, chiudi la bocca».

«Ma se... se ci fosse stato un errore...»

«STAI ZITTA, STUPIDA RAGAZZINA!» urlo all'improvviso. «NON PARLARE DI COSE CHE NON CAPISCI!»

La Granger finalmente tace.

«La vendetta è dolcissima» sibilo a Black «Quanto ho sperato di essere io a catturarti...»

«Rischi di nuovo di passare per stupido, Severus» sibila Black. «Se questo ragazzo porta il suo topo al castello» e fa un cenno verso Weasley «ti seguirò senza far storie...»

«Al castello?» domando suadente «Non credo che dovremo andare cosi in là. Non devo far altro che chiamare i Dissennatori, una volta usciti dal Platano. Saranno felicissimi di vederti, Black... così felici che ti daranno un bacetto, credo...».

Lo vedo impallidire davanti ai miei occhi «Tu... tu devi ascoltarmi» dice con voce roca «Il topo... guarda il topo...»

«Muovetevi, tutti quanti» dico, forse un po' preso dall'euforia «Io terrò il Lupo Mannaro. Forse i Dissennatori vorranno baciare anche lui...»

D'un tratto vedo Potter sbarrarmi la strada.

«Levati di torno, Potter, sei già abbastanza nei guai» dico gelido «Se non fossi stato qui a salvarti...»

«Il professor Lupin avrebbe potuto uccidermi cento volte quest'anno» dice «Sono rimasto solo con lui per ore, a prendere lezioni di difesa contro i Dissennatori. Se davvero stava aiutando Black, perché non mi ha finito allora?»

«Non chiedermi di immaginare come funziona la mente di un Lupo Mannaro. Togliti, Potter!»

«LEI È PATETICO!» mi grida contro «SOLO PERCHÉ A SCUOLA LA PRENDEVANO IN GIRO NON HA NEMMENO INTENZIONE DI ASCOLTARE...»

«SILENZIO! NON PERMETTO CHE MI SI PARLI CON QUESTO TONO!» strillo, perdendo il controllo «Tale padre tale figlio, Potter! Ti ho appena salvato la vita, dovresti ringraziarmi in ginocchio! Ti sarebbe stato proprio bene se ti avesse ucciso! Saresti morto come tuo padre, sei troppo arrogante per credere che potresti esserti sbagliato sul conto di Black... ora fuori dai piedi, o ti ci spedirò io... FUORI DAI PIEDI, POTTER!»

L'ultima cosa che ricordo è la bacchetta di Potter puntata contro di me e un coro di «Expelliarmus!» che precede un forte dolore al torace e alla testa.

-

«Una faccenda spaventosa... Spaventosa. É un miracolo se non è morto nessuno. Mai sentito niente di simile, per tutti i fulmini, meno male che c'era lei, Piton» mi dice il Primo Ministro Caramell.

«Grazie, Ministro».

«Ordine di Merlino, Seconda Classe, direi. Anche Prima Classe, se solo ci riesco!»

«Grazie infinite, Ministro».

«Brutta ferita, opera di Black, suppongo».

«In effetti, è opera di Potter, Weasley e Granger, Ministro».

«No...!»

«Black li aveva stregati, l'ho capito subito. Un Incantesimo Confundus, a giudicare dal loro comportamento. Sembravano convinti che potesse essere innocente. Non erano responsabili delle loro azioni. D'altra parte, il loro intervento avrebbe potuto consentire a Black di fuggire. Credo che fossero convinti di poterlo catturare da soli. L'hanno passata liscia in un sacco di occasioni prima d'ora e temo che si siano fatti un'alta opinione di se stessi. E naturalmente il Preside ha sempre concesso a Potter un'eccessiva libertà...»

«Ah, be', Piton... Harry Potter, sa, abbiamo tutti un debole per lui».

«Si, ma è un bene concedergli un trattamento così speciale? Personalmente cerco di trattarlo come tutti gli altri studenti. E qualunque altro studente verrebbe sospeso, come minimo, per aver messo a repentaglio le vite dei suoi amici come ha fatto lui. Ci pensi, Ministro: contro tutte le regole della scuola, dopo tutte le precauzioni prese per proteggerlo, uscire di notte, farsi complice di un Lupo Mannaro e di un assassino. E ho anche ragione di credere che abbia fatto visita illegalmente a Hogsmead...»

«Be', be'... Vedremo, Piton, vedremo. Il ragazzo si è comportato come uno sciocco, certo. Quello che mi stupisce di più è il comportamento dei Dissennatori. Davvero non ha idea di cosa li ha costretti a ritirarsi, Piton?»

«No, Ministro. Quando sono arrivato stavano già tornando alle loro postazioni vicino agli ingressi».

«Straordinario. E Black, e Harry, e la ragazza...»

«Quando li ho raggiunti erano tutti svenuti. Ho legato e imbavagliato Black, naturalmente, ho fatto apparire delle barelle e li ho riportati subito al castello».

Faccio una pausa.

«CHE COSA?» sentiamo gridare dall'infermeria.

In un attimo, Cornelius Caramell e io entriamo nella stanza.

«Harry, Harry, che cosa c'è?» domanda Caramell agitato. «Dovresti essere a letto... Ha preso del cioccolato?» chiede ansioso a Madama Chips.

«Ministro, mi ascolti!» esclama Potter «Sirius Black è innocente! Peter Minus ha solo fatto finta di morire! L'abbiamo visto stanotte! Non può permettere che i Dissennatori facciano quella cosa a Sirius, lui è...»

Ma Caramell scuote la testa con un piccolo sorriso.

«Harry, Harry, sei molto confuso, hai vissuto un'esperienza terribile, ora sdraiati di nuovo, è tutto sotto controllo».

«No!» urla Potter «AVETE PRESO L'UOMO SBAGLIATO!»

«Ministro, ci ascolti, la prego» dice la Granger fissando Caramell con aria supplichevole «L'ho visto anch'io, era il topo di Ron, è un Animagus, Minus, voglio dire, e...»

«Cosa le dicevo, Ministro?» intervengo «Sono Confusi, tutti e due. Black ha fatto proprio un bel lavoro».

«NON SIAMO CONFUSI!» ruggisce il ragazzo.

«Ministro! Professore!» esclama arrabbiata Madama Chips. «Devo insistere perché ve ne andiate. Potter è un mio paziente, e non deve essere disturbato!»

«Macché disturbato, sto cercando di spiegargli che cosa è successo!» ribatte il moccioso furibondo «Se solo mi ascoltassero».

Madama Chips gli ficca a tradimento un grosso pezzo di cioccolato in bocca. Lo vedo boccheggiare e sorrido, mentre lei ne approfitta per costringerlo a tornare a letto «Ora, la prego, Ministro, questi ragazzi hanno bisogno di cure. Per favore, andate via».

La porta si apre alle mie spalle. L'uomo con la lunga barba bianca si fa strada nella stanza.

«Professor Silente, Sirius Black...»

«Per l'amor del cielo!» esclama Madama Chips in tono isterico «Questa è un'infermeria o che cosa? Preside, devo insistere».

«Le mie scuse, Chips, ma ho bisogno di scambiare due parole con il signor Potter e la signorina Granger» dice il preside con calma «Ho appena parlato con Sirius Black».

«Suppongo che le abbia raccontato la stessa favola che ha ficcato in testa a Potter» sibilo. «Qualcosa a proposito di un topo, e di Minus che sarebbe vivo».

«In effetti, è proprio questa la versione di Black».

«E la mia testimonianza non conta niente?» ringhio «Peter Minus non era nella Stamberga Strillante e non c'era traccia di lui nel parco».

«Perché lei era privo di sensi, professore!» interviene la ragazza «Non è arrivato in tempo per sentire».

«Signorina Granger, FRENA QUELLA LINGUA!»

«Avanti, Piton» mi riprende Caramell, turbato «La signorina è sconvolta, dobbiamo essere pazienti».

«Vorrei parlare con Harry e Hermione da solo» ripete Silente in tono brusco «Cornelius, Severus, Chips, per favore, lasciateci soli».

«Preside!» farfuglia Madama Chips. «Hanno bisogno di cure e di riposo».

«Non possiamo aspettare» continua il vecchio mago «Devo insistere».

Madama Chips, imbronciata, si dirige verso il suo ufficio all'altro capo della corsia e si chiude dentro, sbattendo la porta.

Caramell consulta il grosso orologio d'oro appeso al panciotto.

«I Dissennatori dovrebbero essere arrivati» dice «Andrò loro incontro. Silente, ci vediamo di sopra».

Raggiunge la porta e la tiene aperta, guardandomi come per dirmi di muovermi.

«Spero che non creda a una parola della storia di Black, vero?» sussurro, gli occhi fissi sul volto di Silente.

«Vorrei parlare con Harry e Hermione da solo» ripete Silente per la terza volta.

Faccio un passo verso di lui «Sirius Black ha dimostrato di essere capace di uccidere a sedici anni» borbotto «Non se l'è dimenticato, Preside, vero? Non ha dimenticato che una volta ha tentato di uccidere me?»

«La mia memoria è buona come sempre, Severus» risponde con calma.

Giro sui tacchi e passo attraverso la porta che Caramell mi tiene ancora aperta e lo seguo fino all'ufficio di Vitius dove Black è rinchiuso.

 

****

Nota dell'Autrice:
E con questo siamo al penultimo capitolo. L'ultimo capitolo lo pubblicherò il giorno sabato 8 agosto, in quanto il venerdì sarò via e tornerò, per l'appunto, sabato mattina. In quel capitolo, tra le note, troverete il link della seconda parte della storia con il primo capitolo che rimarrà in sospeso per un po', ma se volete ricevere gli aggiornamenti delle pubblicazioni, potrete già farlo :)
Inoltre volevo chiedervi per questi ultimi capitoli una piccola recensione, per dirmi cosa ne pensate.
Con la speranza di sentirvi,
Eleonora

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Capitolo 22
*** CAPITOLO 22 - ultimo capitolo ***


Giro sui tacchi, passo attraverso la porta che Caramell mi tiene ancora aperta e lo seguo fino all'ufficio di Vitius dove Black è rinchiuso.

 

22

 

Isobel

 

Mi sveglio, l'orologio segna le cinque e mezza, ma Severus non è a letto.

Mi alzo, cercandolo nelle altre stanze, ma non c'è. Nel laboratorio l'odore acre di una qualche pozione. Il paiolo è mezzo pieno e un libro è aperto sul bancone da lavoro alla pagina della pozione Antilupo. Accanto al libro un calendario con segnati i cicli della luna.

Che ci fa Sev con un paiolo di pozione Antilupo? Perché si interessa dei pleniluni?

Severus non è un Lupo Mannaro. O sì?

Una morsa mi prende lo stomaco, facendomi venire la pelle d'oca e i brividi lungo la schiena.

Lo nasconde molto bene, se è davvero così.

Sospiro.

Se è uscito ieri sera, dopo che mi sono addormentata, è strano che non sia ancora tornato. Se è uscito stamattina presto, è comunque strano, la mattina dorme sempre il più possibile quel pigrone.

Magari c'è stata un'emergenza e ha preferito non svegliarmi.

Prendo un maglione verde dal suo armadio e me lo infilo sopra il pigiama. Indosso velocemente le scarpe ed esco nel corridoio.

Salgo le scale e cammino fino alla torre più alta del castello. Apro la porta in cima alla torre e, seduto sul davanzale di una delle finestre, Sev guarda fuori, nel buio ancora pesto della mattina.

«Sev...» mormoro avvicinandomi «Tutto bene?»

Volta la testa, sul viso una strana espressione.

Mi siedo davanti a lui, nel posticino lasciato libero sul davanzale.

Lui guarda fuori e io guardo lui.

«Era da tanto che non venivo qua» dice poi all'improvviso, la voce stanca e lontana «Tu mi credi una persona falsa?» mi domanda, con dolore.

«No, Sev. Con me non lo sei, non penso tu lo sia mai stato».

Scuote la testa.

«Perchè me lo chiedi?»

«Perchè tutti, o quasi, lo pensano» mormora «Negli anni subito successivi alla tua scomparsa, mi sono unito ai Mangiamorte, come ti o già detto... Malfoy, Lestrange, Carrow, Dolohow... Mi feci coinvolgere. Serpeverde Purosangue a capo di tutto, i Mezzosangue invece erano da estirpare. Ripudiai le mie radici, me ne andai di casa appena potei. Ti ricordi quando da bambini parlavamo di andare a vivere insieme? Io, te e Lily... Dopo gli esami del quinto anno insultai Lily, dicendole che era una sporca Mezzosangue e lei non mi volle più parlare, diceva che ero cambiato, che loro, i Mangiamorte, mi avevano cambiato e non in meglio. Uscii da scuola con il massimo in tutti gli esami e non ci volle molto per finire nelle grazie del Signore Oscuro» continua «Soprattutto dopo avergli raccontato di una profezia ascoltata di nascosto, su un bambino nato alla fine di luglio... Quando gliela riferii mi resi conto in quale pericolo misi Lils e suo figlio» borbotta «E Potter, ma va be'».

«Lily è stata uccisa per una tua informazione a Voldemort?» domando scettica.

Annuisce piano.

«Ma poi cos'hai fatto? Non sei rimasto con Voldemort, no?»

«No» dice con un po' più di vigore nella voce «Sono andato da Silente, chiedendogli di salvare Lily e la sua famiglia, ma qualcosa è andato storto. Un informatore, il custode segreto di Potter, li tradì e il Signore Oscuro li ha trovati, li ha uccisi tutti, tutti a parte uno...»

«Harry».

«Lui, sopravvissuto per un chissà quale motivo sconosciuto, lo ha sconfitto. Ma non è morto, Voldemort è ancora vivo, da qualche parte, non del tutto umano, ma c'è, lo sento».

«Chi era l'informatore?»

«Black».

«Black? No, impossibile. Sirius e Jamie erano come fratelli!»

«Silente la pensa come te» mormora «Lui crede a Black, e a Potter e alla Granger. Secondo loro, Minus non sarebbe morto e sarebbe stato lui a tradire Lily e Potter».

«Sai, mi sembra quasi più plausibile...» dico, ripensando al piccolo Peter, un ragazzino senza carattere, né carne né pesce, che stava sempre appresso ai due, tre, contando Remus, arrivato al secondo anno.

«Dici?» mi domanda.

«Sì, Peter era un debole. Sirius avrebbe dato la sua vita per Jamie».

«Ma perché Potter avrebbe affidato a Minus il compito di custodire il loro segreto?»

«Probabilmente hanno pensato che Voldemort sarebbe andato da Sirius per estorcergli le informazioni che gli servivano... Chi avrebbe mai pensato a Peter?»

«Forse hai ragione» borbotta tra sé «Forse è stato un bene».

«Cosa? Cos'è successo stanotte, Sev?»

«Ho catturato Black» comincia «Stavo andando a cercare Lupin per dargli... Una cosa. E l'ho trovato, Black, con Lupin e Potter, la Granger e Weasley. Ma poi Black è scappato dalla torre dell'ufficio di Vitius» dice rapido «E niente, tutto qui».

Poi in un attimo lo vedo ripiegarsi su sé stesso, stringendosi il braccio sinistro contro il petto, sul viso una silenziosa smorfia di dolore.

«Sev!» esclamo preoccupata «Cos'hai?»

«Il Marchio» mormora tra i denti.

Gli prendo il braccio, carezzandogli il viso, mentre i muscoli di tutto il corpo si rilassano e gli occhi si chiudono.

«Andiamo a letto, Sev, così ti riposi un po'».

-

Severus

 

Mi sveglio nel mio letto, completamente intorpidito, la testa dolorante e l'avambraccio sinistro che pulsa. Isobel addormentata al mio fianco, accoccolata contro di me.

Mi alzo, facendo attenzione a non svegliarla.

Mi chiudo nel bagno e in un secondo sono sotto la doccia, l'acqua fredda che mi scivola addosso, il Marchio che brucia, sempre più vivido sulla pelle.

Che sta succedendo? Voldemort non sta tornando... Lui non può tornare, non ora, non ora che lei è tornata! Se torna, nessuno sarà più al sicuro.

-

22 novembre 1973

 

Isobel è scomparsa da cinque mesi ormai.

Nessuna traccia, nessun indizio, nessun motivo per la quale potrebbe essere scomparsa o essere stata rapita.

Cos'è successo? Cosa vogliono da lei? É ancora viva? O è morta? Dovrei arrendermi? Dovremmo arrenderci?

Vorrei poter tornare indietro nel tempo, poco prima della sua scomparsa e salvarla. Potrei accedere al reparto 1 di manufatti magici del Ministero, forse lì potrei trovare qualcosa di utile.

Potrei perdere il lavoro, ma devo tentare.

Il 5 ottobre, dopo il compleanno di Minnie, mi introdurrò nel Ministero.

 

4 ottobre 1973

 

Ho preparato una sorpresa per il compleanno di Minnie, lei dorme ora, fuori è buio ancora.

Appena si sveglierà le porterò la colazione, con una gerbera azzurra, il suo fiore preferito, posata sul vassoio.

La porterò fuori a fare un pic-nick sul lago, dove le ho chiesto di sposarmi la seconda volta, quando accettò. Voglio chiederle di sposarmi, un'altra volta. Voglio che sia di nuovo mia moglie, provare a rincominciare, rinnovare i voti del mio amore per lei.

La sera, quando cominceranno a vedersi le stelle, la porterò al mare, ad ascoltare l'infrangersi delle onde sugli scogli.

Poi torneremo a casa e farò l'amore con lei, come se fosse la prima volta.

 

«Sev?» mi chiama.

Compare sulla porta della camera, avvolta nella coperta di lana che ho usato per coprirla, con l'aria assonata.

«Ciao, scricciolo» sorrido «Dormito bene?»

Annuisce «Tu?»

«Sì...»

«Il Marchio? Ti fa ancora male?» mi domanda, avvicinandosi a me e prendendomi il braccio. Sbottona il polsino della camicia e mi arrotola la manica fino al gomito. Con le dita scivola sul mio avambraccio, sui segni neri che solcano la mia pelle.

Sono passate tre settimane dal dolore improvviso di quella notte.

«No, non fa più male».

Si butta al mio collo e mi abbraccia forte.

«Calma Isy, non scappo mica» mormoro ridacchiando «Così mi soffochi!»

Mi dà un grosso bacio sulla guancia e poi scappa via.

«Dove vai?»

«A lavarmi!» grida dall'altra stanza «Non vorrai mica che puzzi come te!»

Mi ci vuole un attimo per realizzare le sue parole, poi, rapido la raggiungo prima che si possa chiudere in bagno e la butto di peso sul letto, bloccandola con il mio corpo.

Ridendo porto il mio naso verso la sua ascella e con una smorfia scaccio via da davanti al viso una puzza invisibile «Sì sì, hai proprio bisogno di lavarti. Sparisci, mostriciattolo!»

Sgattaiola via dalla mia presa e un attimo prima di entrare in bagno mi fa una linguaccia.

Sospiro con un sorriso nel momento in cui rimango solo nella stanza.

«Sev?» mi chiama dal bagno.

«Cosa?»

«Oggi escono i risultati degli esami, come sono andati?»

«Disastrosi, come sempre» rispondo serio.

La porta di apre. Isobel mi compare davanti, appoggiata allo stipite, con uno dei miei asciugamani avvolto intorno al corpo.

«Davvero?»

Arrossisco vedendola, così bella.

«No, Isy, sono andate stranamente in modo abbastanza decenti, a parte due».

«Chi?»

«Potter» dico con un ghigno «E una certa Urquart».

Mi fa un'altra linguaccia e sparisce nuovamente nel bagno.

-

Isobel

 

Mi avvicino al tabellone con le valutazioni, l'occhio mi cade su Pozioni, dove una “E” svetta tra gli “Oltre ogni previsione” e “Accettabile” del resto della classe. Solo Hermione e una ragazza di Corvonero hanno un “Eccezionale”, oltre a me.

Non sono andati male come pensavo. Accanto a Trasfigurazione, Astronomia, Cura delle Creature Magiche, Difesa Contro le Arti Oscure e Incantesimi è segnata una “E”. Nelle altre materie, Divinazione a parte con una “A”, presentano una tonda e perfetta “O”.

Tiro un sospiro di sollievo.

É finito.

Con questo, l'anno è finito.

-

Vedo tutti quanti preparare i bagagli, pronti per ripartire e tornare a casa, ma io resto qua.

La mia casa è Hogwarts. Con mia madre e Severus.


****

Nota dell'Autrice:
Grazie a voi se siete arrivati fino a qua, a venerdì prossimo, a "Il Gioco delle Parti", a questo indirizzo: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3218442&i=1

Ele

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