La prima volta c'è per tutti

di Smiry90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Certo che lo faccio! ***
Capitolo 3: *** Opera d'arte ***
Capitolo 4: *** Incontro a due ***
Capitolo 5: *** La maschera del sorriso ***
Capitolo 6: *** Il dolce segreto ***
Capitolo 7: *** Tutto il possibile ***
Capitolo 8: *** Il rapimento ***
Capitolo 9: *** Missione notturna! ***
Capitolo 10: *** La lettera ***
Capitolo 11: *** La prima volta c'è per tutti! ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


La prima volta c'è per tutti

La prima volta c'è per tutti

Introduzione

Salve a tutti! Eccomi tornata a gran richiesta (ma de chi?? by tutti)(mia, è ovvio! by me) con una nuova storia!! E' molto OOC, però era da tempo che mi sentivo di scriverla! Spero vi piaccia!! Ciao!

 

Quanti gli avevano offerto dei regali?

Quanti gli erano corsi dietro solo per dire di aver parlato con lui ed esserne usciti vivi?

Quanti gli avevano lasciato lettere nell’armadietto supplicandolo di incontrarsi in un posto concordato?

Ragazzi… Ragazze… Una volta perfino una professoressa.

Camminava per i corridoi e la gente si scansava per farlo passare, entrava nella mensa e subito era libero di scegliere a quale tavolo sedersi, alzava un dito e tutti erano pronti ad eseguire ogni suo ordine.

Perché?

Per paura. Per rispetto. Per semplice imitazione di chi diceva che con lui non si scherzava.

Eppure… quanti amici aveva avuto? Seguaci, tanti. Ma amici? Uno, forse. Quanti amori? Molti… ma quanti di essi erano veri?

Lui non aveva mai dovuto cercare nessuno, lui non aveva mai dovuto alzare un dito. Aveva placato solo la sete di chi lo implorava, e si era divertito.

Ed ora eccolo lì, a sperare che lui arrivasse, che avesse letto la lettera, che per la prima volta nella sua vita, gli aveva lasciato nell’armadietto; aspettava sotto quell’albero addobbato da mille luci auree, mentre la neve candida cadeva lenta sulla cenere della sua sigaretta, che minacciava di cadere da un momento all’altro, aspettava stringendo tra le mani il primo ed unico regalo che avesse mai fatto, serrava i denti, reprimendo quelle che, a suo ricordo, erano le prime lacrime che tentavano di scendergli.

Poi, come un pugnale fosse arrivato dritto al suo petto, sentì quella voce dolce chiamarlo da dietro

“Axel…”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Certo che lo faccio! ***


La prima volta c'è per tutti

La prima volta c'è per tutti

 

Bene bene! Eccoci al primo capitolo! ci tengo a precisare che la storia è completa nel mio pc, ma la pubblicherò poco per volta! Non preoccupatevi, ne metterò due capitoli per volta, giuro!!

 

Otto di mattina.

Il piazzale della scuola era gremito di ragazzi e ragazze, che si strattonavano, parlavano del fine settimana, ridevano e sbadigliavano.

Piegati dalle battute stupide di Sora, che perfino di lunedì mattina aveva voglia di deformare il viso nelle facce più strane, un gruppetto di ragazzi se ne stava vicino al cancello della scuola, atteggiati in maniera fighetta.

“si e poi dovevi vedere che volo che ho fatto in disco l’altra sera! Sono scivolato in mezzo alla pista e mi sono aggrappato alla gonna di una tipa che mi stava vicino… Dio, l’ho lasciata in mutande! E quella che strillava, e io che ridevo!” e rideva anche in quel momento Sora, mentre raccontava del suo fine settimana al gruppo

“certo bravo… quanto mi devi far vergognare..” scosse la testa suo fratello Roxas, coprendosi gli occhi con una mano.

“ma sta zitto tu! Questo è rimasto tutta la sera a sedere! Che cacchio ci sei venuto a fare in disco??” replicò Sora, ridendo più di prima

“E lascialo stare! Farà come gli pare, no?” Riku diede una pacca sulla spalla a Sora, che dato che non se la aspettava, si sbilanciò addosso a Zexion, che era intento nella lettura di un vero e proprio tomo.

“sta attento Sora! Mi è quasi caduto il libro…” fece con la sua solita aria calma e distaccata, come non appartenesse a questo mondo.

Sora stava per replicare, quando la sua attenzione, come quella dei presenti, fu catturata dall’arrivo di un tipetto truzzetto, abbracciato ad una ragazza che stava scrivendo qualcosa su un foglietto; la tipa porse il foglio al ragazzo, e poi si allontanò da lui lanciandogli un bacio, e facendogli il segno del telefono con le dita.

Il ragazzo dai capelli biondo cenere le fece un occhiolino, poi si girò verso il gruppetto, e mostrando il segno della sua ennesima vittoria fece

“Demyx colpisce ancora!! Mi ha lasciato il suo numero!”

“Fa vedere!” Sora glielo strappò, impaziente, dalle mani, e lesse le cifre che componevano quel numero “che razza di fortuna! Ma perché tutte ti sbavano dietro, Demy!! Non è giusto!!”

“semplice!” fece Demyx sfilando il biglietto di mano a Sora “perché io sono il più figo della scuola!”

“si, forse dopo di lui però…” tutti i presenti si voltarono a guardare il tipo indicato da Zexion, che nemmeno aveva staccato gli occhi dal libro.

Col suo cappotto nero, i capelli ingellati e quei tatuaggi da vero figo sul viso, seguito dalla sua banda di teppisti, Axel fece il suo consueto ingresso a scuola. Tanti si chiedevano perché continuasse ad andarci, tanto era quello che si può definire un bullo, seguiva le lezioni una volta su mille, rispondeva male ai professori, e aveva più “reati” lui sulla condotta di un ladro professionista! Eppure, la sua presenta era davvero fascinosa, questo non gli si poteva negare! Accanto a lui camminava spavalda una ragazza bionda, dagli occhi verdi di foglia e due ciocche alzate tipo ciuffetti ribelli; dietro di loro c’era il resto della banda: un biondino dai mille orecchini, che ogni due minuti si passava la mano sui capelli cortissimi e un tipo dai capelli di un innaturale colore rosa.

Inutile dire che l’intera scuola si scansò a farli passare; alcune ragazze indicarono timidamente qualcuno dei membri del gruppo, altre si strinsero dietro dei regalini che si erano ripromesse così tate volte di tentare di porgere ad Axel.

Demyx storse il naso al loro arrivo, fissando lo sguardo sul rosso

“che cazzata… avere tanto rispetto di quel tipo!” ridacchiò Demyx, incrociando la braccia ed appoggiandosi da fighetto al cancello della scuola, continuando a fissare Axel.

“Demy sei impazzito! Smettila subito di fissarlo! Quello ti apre in due come una cozza!” Roxas tentò di farlo ragionare prima che fosse tardi… ma ormai era già troppo tardi…

Axel aveva posato i suoi occhi verdi bottiglia su Demyx, che continuava a fissarlo con stampato in faccia un sorrisetto provocatorio. Il rosso si stava avvicinando a passo deciso verso di lui; era incredibile come riusciva a rimanere un perfetto “bello impossibile” in ogni momento, tanto che tutti i presenti sembravano pendere da ogni suo movimento.

Demyx non sembrava per nulla preoccupato dall’incedere di quello che avrebbe potuto forse appenderlo al muro ed usarlo come centro per le freccette, e quando Axel gli si fermò davanti sputandogli il fumo della sigaretta addosso, lui fece una smorfia disgustata.

“che hai da guardare ragazzino?” gli fece il rosso senza mutare la sua espressione da bulletto

“sai, non pensavo che da vicino fossi così buffo, Axy!!” Demyx rise, tanto che i suoi amici pensarono fosse impazzito e ridesse per non piangere, data la morte imminente che lo aspettava.

“lo sai con stai parlando, vero?” Axel, forse spinto da una qualche divina grazia, si limitò ad alzare un sopracciglio e a tirare dalla sigaretta.

“oh si che lo so!! Però scusi se ho dimenticato l’inchino vostra altezza!”

“ei Axel, questo piccoletto forse cerca il modo di evitare qualche compito finendo all’ospedale… perché non lo accontenti e basta? Tanto è sufficiente un pugno alla stomaco per quel ragazzino” la ragazza bionda scoppiò il palloncino di gomma che aveva gonfiato poco dopo aver parlato, appoggiandosi accanto a Demyx, che la guardava con uno sguardo idiota.

“Io non sono mica il Dalai Lama che faccio di certi favori ai ragazzini” fece Axel rigirandosi, dando le spalle a Demyx “pensaci tu Larxene” disse poi sbadigliando. Prima che Demyx si potesse rendere conto di cosa volesse dire il rosso, si ritrovò piegato in due dal pugno energico ricevuto in pieno stomaco dalla ragazza; mentre lui si contorceva a terra il gruppo di Axel fece la sua uscita di scena, e un brusio generale prese forma, dal quale fu possibile distinguere qualche “che stupido” “si è fatto picchiare da una donna!”.

Riku e Sora lo aiutarono a rialzarsi, mentre lui ancora tossiva per il colpo incassato

“sei un idiota…” fece Zexion, ancora sprofondato nel suo tomo

“sta zitto Zeku…” gli rispose Demyx a mezza bocca, sputando della saliva che gli era rimasta in gola

“Zexion ha ragione! Ma che diavolo ti è saltato in testa di sfidare Axel a quel modo? Quello ti spezza in due e sei stato davvero graziato che l’abbia lasciato fare a Larxene!” Roxas aveva preso ad urlare, mentre il fratello gli batteva una mano in testa leggermente

“su su Roxy, calmati dai!”

“calmati un cacchio Sora! Ha rischiato di farsi ammazzare per la sua alzata di ingegno!”

“in effetti non sei stato un genio…” Riku scosse la testa

“mi ha fatto fare una figura di merda” Demyx tirò un calcio al cancello, ringhiando ai commenti che gli volavano dietro “quel bastardo! Tanto me la paga!”

“si certo, e poi ti serve il the vestito da cameriera…”

“Zexion vuoi smetterla di leggere quel cazzo di libro una buona volta?” Riku si voltò verso Zexion che aveva fatto l’ennesimo commento senza nemmeno degnarsi di alzare gli occhi dal suo libro

“perché dovrei? È più interessante che vedere Demyx picchiato da quella tipa…”

Demyx lanciò un altro calcio al cancello “vaffanculo Axel! Vedrai se non mi vendico!”

Mentre brontolava incomprensibili mugolii, Sora iniziò a trascinarlo per un braccio all’interno della scuola, seguito dai suoi compagni.

Durante le lezioni Demyx sembrò abbastanza calmo, almeno così parve a Riku, che gli sedeva vicino; lo vide scarabocchiare qualcosa su un foglietto, e pensò che finalmente gli fosse passata la rabbia per la figura fatta poco prima.

 

Non appena suonò la campanella, si fiondarono tutti fuori dalle aule, ridendo delle solite battute di Sora; Demyx se ne stava in silenzio, senza ridere né rispondere, contemplava solo quel foglietto e ogni tanto ci passava dei ritocchi di matita. Quando Riku esausto gli chiese che diavolo stesse disegnando, Demyx allargò un radioso sorriso e saltò mostrando a tutti la sua opera

“trovato! Trovato! Guardate che figata!”

“ma che roba è?” Sora fece per strappare di mano a Demyx l’ennesimo foglietto, ma Riku arrivò prima di lui, e perse qualche secondo a fargli delle linguacce, mentre Demyx gongolava fiero della sua trovata.

Quando Riku ebbe finito di sfottere Sora e guardò il disegno di Demyx, i presenti pensarono che gli occhi del ragazzo sarebbero saltati dalle orbite da un momento all’altro, e la curiosità di vedere che cosa avesse disegnato di tanto osceno Demyx crebbe in tutti, compreso Zexion.

“che ci dovresti fare con questo, Demy?”

“è bello vero?! Gli somiglia?” rise Demyx, saltellando

“fa vedere capellone! Da qua dai!” mentre Sora tentava di raggiungere Riku almeno con le unghie, dato che il ragazzo gli aveva messo una mano sulla fronte e se lo teneva lontano, lui mostrò il foglietto agli altri, che ebbero la sua stessa reazione.

“ma questo è Axel!!” urlò Roxas, mandandosi di traverso il panino che stava mangiando

“io non lo urlerei tanto forte idiota!” fece Riku con sarcasmo

“wow! Demy sei un artista! Guarda come somiglia ad Axel! E poi il vestitino attillato gli sta benissimo! Fa schiattare dalle risate!” Sora rantolava con le lacrime agli occhi per il ridere

“ma si può sapere che ci vuoi fare, Demy?” Zexion aveva finalmente staccato gli occhi dal libro e fissava quelli oltremare di Demyx

“è semplice” fece lui sorridendo malignamente “un grandioso dipinto sul muro davanti alla scuola!”

Ci fu un secondo di silenzio

“tu… sei… pazzo…”  fece Riku sconcertato e consapevole che avrebbe ricevuto quella risposta

“sei un genio!!” Sora iniziò a battergli la mano sulla spalla “è fighissimo! Sai come si incazza quando lo vede! Ci sarà da ridere!”

“sei malato Sora???” sbottò Roxas “quello lo frantuma! Ho sentito dire in giro che l’ultimo che ha provato a fregarli il parcheggio per la moto lo ha picchiato talmente tanto che è dovuto andare da un chirurgo per rimettersi a posto la faccia!!”

“storie a cui solo tu puoi credere…” fece Sora, imitando poi la sua voce “aiuto! Axel cattivo mi vuole mangiare! Salvatemi! Sono una povera principessina indifesa!”

“fottiti Sora! Può anche darsi che la storia sia romanzata ma che Axel non scherza è vero! Lo sanno tutti a scuola che giri loschi ha, non è un tipo con cui scherzare! Personalmente non sfiderei a credere che abbia fatto anche fuori qualcuno!” le ultime parole Roxas le aveva pronunciate a mezza bocca, quasi timoroso di dirle. Si voltò per cercare assenso negli altri, e vide Riku annuire, mentre Zexion era già sprofondato di nuovo nel suo libro

“e di qualcosa Zeku!!” urlò isterico Roxas, stile scolaretta

“sei sicuro di volerlo fare?” fece Zexion pacato

“certo che lo faccio!!” annuì Demyx, battendosi un pugno sul petto “ e lo faccio sta sera!”

“sei impazzito del tutto?!” Riku gli tirò una sberla dietro la testa “così quello schizzato lo capisce subito che sei stato tu! Sei l’unico folle in tutta la scuola che abbia deciso di sfidarlo oggi!”

“appunto!” sorrise Demyx

“appunto che?”

“se lo capisce, magari mi picchia. E io mi rialzo e gliene faccio un'altra. E un’altra ancora e ancora! Prima o poi dovrà ammettere che sono uno tosto e dovrà abbassare la cresta!”

“ti sei bevuto il cervello” quella di Riku fu una constatazione più che una domanda, ma vedendo gli occhi decisi di Demyx capì che ormai non c’era più nulla da fare… era deciso ad andare fino infondo nella sua folle idea. “allora ti accompagno”

“eh?” Demyx alzò un sopracciglio

“anche io!” Sora si batté un pugno sul torace

“sei impazzito Sora? Ti vuoi far ammazzare??” Roxas tentò di fermarlo

“Roxy te e Zeku ci vuole che ci coprite sta sera! Diremo alle famiglie che dormono tutti da noi, e voi due dovete fare in modo che non si accorgano che siamo usciti, ok?” continuò Sora, sentendosi l’artefice di quel piano

“ma sei pazzo? Lo sai che qui, oltre alla faccia spaccata da Axel rischiate anche una denuncia??Zeku diglielo anche tu ti prego!”

Zexion fece spallucce, senza guardarlo, e Roxas si sentì molto irritato dal suo modo di fare “grazie mille!” incrociò le braccia al petto e mise il muso.

“dai Roxy non fare così…” Demyx si chinò su di lui e gli prese il viso tra le mani “dai che non lo posso vedere il tuo visetto imbronciato!”

“non mi trattare come se fossi un bambino Demy! È una follia, lo sai vero?”

“si… ma è una follia che devo fare…” gli occhi di Demyx sembrarono diventare seri, e per un momento Roxas non capì più nulla; anche Riku e Sora si guardarono perplessi, cercando di cogliere il senso di quelle parole.

“eh…” Roxas sbuffò sconfitto “e va bene… vi copriremo…”

“grazie Roxy!! Sei un amico!” Demyx iniziò a saltellare, felice come una pasqua

“no, io sono solo uno scemo, peggio di voi! Ecco cosa sono!” ma le risate degli altri avevano già preso a scorrere dalle loro bocche, argentine e allegre.

“allora da noi alle sette ok? Cena con la pizza e poi missione axales!” rise Sora

“missione che?” Riku si piegò in una smorfia

“be ho fatto la fusione tra Axel e murales! Carino, no?”

“ingegnoso! Davvero!” Demyx gli passò una mano tra i capelli, spettinandolo; era l’unico che poteva apprezzare quelle battute stupide.

Il suono della fine della ricreazione li richiamò in classe; nessuno seguì una parola, tutti intenti ormai a pensare alla grande Missione Axales!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Opera d'arte ***


La prima volta c'è per tutti

La prima volta c'è per tutti

 

Spero stiate continuando a leggere... giuro che tra poco inizia a diventare più interessante! Continuate!

 

 

“allora, hai capito tutto Roxas?”

“sono otto volte che me lo ripeti Sora, certo che ho capito! Mica sono stupido!”

“ma su questo non ci metterei la mano sul fuoco…”

“ma vaffa! Vuoi forse che dica alla mamma dove andate sta sera??”

“non lo farai…” ironizzò Riku, appoggiato alla finestra, con una gamba che ne penzolava fuori. Zexion era seduto sul letto di Sora, e tanto per cambiare leggeva, e Demyx era forse mezzora che era chiuso in bagno.

Finalmente ne uscì, con fare teatrale, e si presentò ai suoi compagni completamente vestito di nero, con tanto di cappellino da poco di buono. Inutile dire che i presenti lo guardarono esterrefatti.

“allora, che ne dite? Perfetto no? Mimetismo assicurato!” rise il biondino

“tu sei pazzo! Io non ci vengo in giro vestito così! Diglielo anche te, Sora!” ma quando Riku si voltò verso l’amico lo trovò che già si stava infilando i pantaloni neri “ci rinuncio…”

“allora Roxy mi raccomando se…”

“se bussa la mamma o chiunque altro” fece Roxas con gli occhi al cielo in segno di rassegnazione, interrompendo Demyx “gli dico che deve andarsene e lasciarci in pace, perché i nostri discorsi non la riguardano, tengo la musica accesa e cerco di imitare la voce di Sora e le vostre… si ma perché devo fare tutto io?!”

“ma come tutto te? C’è Zeku con te!” rise Riku, ammiccando verso Zexion, che nemmeno lo calcolò

“si, se forse tornasse dal suo mondo dei sogni… Zexion, ci sei??” Roxas gli sventolò davanti una mano; lui non distolse gli occhi dal libro, ma rispose imitando la voce di Riku

“ si sono qui…”

Riku sbarrò gli occhi “da quando tu sai imitare la mia voce?”

“più o meno da sempre…” Zexion fece spallucce, senza trovarci niente di speciale, e si tuffò di nuovo nella sua lettura. Roxas sbuffò

“uff.. che bella serata che mi aspetta…!!”

“dai su Roxy non fare così! Saprò come ricompensarti dai! Ti compro un gelato, ti va?” Demyx gli fece l’occhiolino, scatenando solo la sua ira

“ti ho detto di non trattarmi come un bambino!! E poi è fine novembre idiota!”

Mentre lui ancora sbraitava, ridendo, Demyx Riku e Sora scavalcarono la finestra e scesero arrampicandosi sull’albero sotto di essa.

“ed ora…” disse Demyx con un sorriso inquietante “si dia inizio all’operazione Axales!!”

Dall’albero si staccò una foglia, portata via dal vento freddo di novembre, che sembrava preannunciare neve.

 

Dalla finestra aperta della camera di Axel l’aria gelida entrava a ondate, ma lui sembrava nemmeno sentirsele passare sulla pelle, steso e mezzo addormentato come era sul letto; si scosse solo quando una foglia cadde sulla sua bocca, portata dal vento, e si decise ad andare a chiudere la finestra.

Si alzò dal letto, e quando fu in piedi davanti alla finestra fece per chiuderla, ma si fermò nel vedere Larxene seduta sul muretto del suo cancello, che lo guardava ridendo.

“da quanto è che sei lì?” gli fece lui urlando quasi

“sono arrivata adesso”

“Sali dai”

“sei solo?”

“come se non lo sapessi” sbuffò Axel, chiudendosi dietro la finestra, mentre si avviava alla porta per andare ad aprire a Larxene.

Quando le aprì, la trovò appoggiata allo stipite in posizione provocante

“potevo anche arrampicarmi” fece lei, sorridendo

“se ci tieni tanto puoi farlo, non ho problemi a richiudere” Axel non sorrise, continuando a tenere saldamente la porta

“no, no, mi va bene così” lei lo superò, passandogli una mano sotto il mento, e buttandosi poi a sedere sul divano “dai vieni qui” gli fece, battendo la mano sul posto accanto a lei. Axel chiuse la porta e si gettò sfinito sul divano, poggiando la testa sulle gambe della ragazza, che prese a carezzargli i capelli

“che schifo, sono pieni di gel!”

“lo sai da una vita che metto il gel nei capelli stupida”

“siamo nervosi sta sera?”

Axel non rispose, fissando un punto indeterminato nel vuoto “io sono sempre nervoso” disse poi

“qualcosa non va?”

“come se non lo sapessi Larxene… la mia vita fa schifo, lo sai benissimo no? Qui c’è sempre ogni cosa che non va” fece una lunga pausa, stropicciandosi gli occhi con la mano destra “e poi quel ragazzino sta mattina mi ha reso nervoso”

“ma chi quel biondino? Avanti, è solo un mingherlino che cercava di farsi grande con gli amici… domani gli diamo una lezione e vedrai che non ci proverà più!”

“non è per quello”

“e allora per cos’è?”

“non lo so…” Axel allungò la mano fin dietro la testa di Larxene e la spinse leggermente a chinarsi su di lui; la baciò come fosse stata una routine, riversando in lei tutta la tensione che accumulava durante il giorno. Sembrava che lei avesse il potere di calmarlo, che i suoi baci umidi, la sua lingua sinuosa, avessero il potere di fargli dimenticare ogni sua preoccupazione. Eppure Larxene non era la sua ragazza; e non aveva mai avuto la pretesa di esserlo. Diceva di non essere innamorata di lui, di volergli bene si, ma non di amarlo. Le andava bene così, le piaceva saltuariamente scappare da casa sua da una finestra per intrufolarsi in camera di Axel, o aspettarlo nella notte per farci sesso con l’adrenalina di essere scoperta dai suoi genitori.

Larxene spostò la sua mano dai capelli al petto di Axel, coperto solo da una maglietta a maniche corte che evidenziava il suo dorso scolpito, ed iniziò a scendere lentamente, con tocco lieve.

Gli accarezzò delicata il cavallo dei pantaloni, poi vi posò sopra la mano energicamente, sentendo Axel scattare per il gesto improvviso.

“lo sai che qui è scomodo” ironizzò lui, staccandosi da lei.

“ti conosco troppo bene. So che riusciresti a farlo anche in uno sgabuzzino…” fece lei maliziosa, mordendogli il lobo dell’orecchio; Axel si lasciò scappare un risolino, mentre sollevando Larxene, con le braccia energiche, la faceva accomodare sopra di lui. La guardò un istante: jeans stretti e un giacchetto di pelle nera allacciato per metà che lasciava intravedere un maglioncino rosso attillato, con tre bottoni slacciati

“te l’ha comprato la mammina questo?” rise Axel, giocando con uno dei bottoni ancora allacciati

“spiritoso… fosse per mia madre mi manderebbe in giro vestita come una bambolina di porcellana… è questo che vorrebbe che io fossi… Almeno dovrebbe solo spolverarmi di tanto in tanto, dato che non ha tempo neanche di incazzarsi per le cazzate che faccio. Alle volte vorrei che entrasse in camera mentre lo stiamo facendo”

“e così io sarei una cazzata, eh?!”

Larxene si chinò sulle sue labbra “si… ma per lo meno sei divertente” e gli leccò il labbro inferiore con fare malizioso; Axel la afferrò saldamente per i glutei e la baciò di nuovo, spingendosela addosso con forza. Larxene si alzò a sedere su di lui, ridendo “ei calmo” poi si passò una mano sui jeans, tirando giù la zip in modo provocante “ se non mi tolgo questi non ce la fai ad entrarmi dentro, sai?”

Axel sorrise malizioso, alzandosi quello che bastò che raggiungerle di nuovo le labbra, e le prese le mani portandogliele dietro la sua schiena; e mentre Larxene si divertiva ad accarezzare la schiena di Axel, insinuandosi nella sua maglietta, lui prese a slacciargli il cappotto, poi il maglione, e gli palpò un seno spostandole il reggiseno agilmente.

Ad un tratto il campanello suonò. Larxene si staccò da lui, sbuffando annoiata, e si tolse da sopra ad Axel riallacciandosi i pantaloni, mentre lui andava ad aprire la porta

“che cazzo vuoi Marluxia??”

“come facevi a sapere che ero io?”

“chi diavolo vuoi che venga a casa mia a quest’ora? Lo sai che mia madre rientra la mattina e Larxene è già qui, quindi o tu o Luxord! Ma visto che te hai un talento naturale per interrompere nei momenti sbagliati…”

“oh lo stavate facendo! Scusami, dai finisci pure!”

“ma fottiti! Muoviti entra!” Axel lo tirò letteralmente dentro per la maglietta, facendo cenno di entrare anche a Luxord, che era in macchina.

“scusa Larxy, non volevo interrompervi!” fece Marluxia, dando delle piccole gomitate a Larxene “se lo sapesse la tua mammina!”

“magari si ricorderebbe che ha una figlia…” Larxene stava riabbottonando il maglione, e nemmeno alzò lo sguardo verso Marluxia.

“si può sapere che volete a quest’ora?” Axel si accese una sigaretta, rovistando in un cassetto per trovare un accendino

“abbiamo un affare” iniziò Luxord “un tipo vuole vederti, Axel”

“di che si tratta?”

“solita roba… droga… vuole che gliela consegniamo a dei tizi, credo si caghi sotto all’idea di incontrarli. Pensa, è uno di quasi 60 anni, mi sa che è la prima volta che si trova in mezzo a questo giro! Questo lo spenniamo come ci pare!”

Axel rise, e senza pensare oltre prese una giacca e fece cenno agli altri di uscire “andiamo”

“ma sei scemo! Non vorrai mica uscire così! Si muore fuori!” lo riprese Larxene

“adesso sei diventata mia madre?”

“fa come ti pare! Ma se ti prendi qualcosa scordatelo di avvicinarti a me!”

Una risata generale accompagnò il gruppo fuori casa, ed il rombo dell’auto pose fine ai pochi rumori che riempivano l’aria di quel quartiere.

 

“ma guarda che opera d’arte che sta venendo! Domani gli prende un colpo a quel bastardo!” Demyx se la rideva mentre passava colpi sicuri di bomboletta sul muro; Sora se ne stava seduto appoggiato al medesimo muro, contemplando il cielo stellato e Riku tentava di dare una mano a Demyx, per finire il più presto possibile quella follia.

Ad un tratto Sora, parlando con la voce di chi è impastato di sonno, chiese a Demyx

“perché è una cosa che devi fare?”

“eh?” fece il biondino di risposta

“già!” sobbalzò Riku, ricordando di volergli fare la stessa domanda “oggi hai detto che questa è una cosa che devi fare… Perché?”

“ah.. eh eh” la risatina di Demyx divenne più fioca, come avesse timore a parlare “diciamo che voglio dare una svegliata ad Axel”

“cioè? Più sveglio di così quello!” rise Sora, battendo la testa sul muro “aia!!”

“non ne sono sicuro, ma credo di dover risvegliare in lui dei ricordi…”

“ma che stai dicendo Demy?” Riku lo fissava con occhi confusi, vedendolo con un’espressione che non era da lui “che ricordi?”

“be ecco… tu lo sai che io sono stato adottato, vero?”

“si, certo che lo so…”

“be, quando ero in orfanotrofio conobbi un ragazzino di nome Axel… era più grande di me, e se andò prima dall’orfanotrofio e da allora non l’ho più visto”

“e tu credi che il nostro Axel, il bulletto più terribile di questa città sia quel ragazzino??”

“be in effetti quello era molto diverso da Axel… però voglio provarci!” e spalancò un sorriso idiotissimo

“e tu mi sta dicendo che stiamo disegnando Axel con un vestitino rosa sul muro della scuola e rischiamo non solo di essere denunciati, ma anche di essere trascinati per tutta la città attaccati sulla sua moto, solo perché  tu credi che quello sia un ragazzino che hai conosciuto all’orfanotrofio e che in realtà potrebbe non essere??!”

“esatto Riku!” sorrise Demyx ancora più idiotamente.

Sora rise, forse per non mettersi a piangere dopo quella rivelazione, e maledisse se stesso per aver porto quella domanda.

Demyx scese dalla scala su cui si era arrampicato e contemplò il suo dipinto finito “voilà! Un’opera d’arte!”

“questo è il nostro biglietto diretto per l’inferno…” fece Riku rassegnato, mentre Sora contemplava insieme a Demyx il murales.

“però devi ammettere che è bello!” sentenziò alla fine Sora, dando una pacca sulla spalla di un Riku sconfitto.

“avanti ora torniamo a casa! Prima che qualcuno ci veda!” per la prima volta d’accordo con le parole di Demyx, Riku prese la scala sotto braccio e la ripose nella zona lavori lì vicino, da cui l’avevano presa in prestito; poi i tre si avviarono verso casa, ridendo come matti.

 

“uff”

Roxas se ne stava seduto a terra, il viso incrociato nelle mani, e sbuffava annoiato, mentre Zexion era ancora nel suo cantuccio sul letto di Sora. Ad un tratto il ragazzo dai capelli blu scorse sul comodino un qualcosa che sbucava dal cassettino mezzo aperto, qualcosa che rassomigliava vagamente ad una foto, così si sporse e la sfilò dal cassetto, senza che Roxas se ne accorgesse, e la guardò: si vedeva una ragazza bionda, gli occhi azzurri come il cielo, in mezzo a tanti ragazzi e ragazze.

“ma questa è Naminè dell’altra sezione alla gita scolastica!” esclamò Zexion, attirando l’attenzione di Roxas, che si fiondò su di lui per togliergli di mano la foto

“da qua! Fatti gli affari tuoi Zeku!!”

“ah, allora ti piace Naminè eh? E non mi dici niente?”

“non ti impicciare! Dammi la foto! Ci ho messo una vita a fargliela!”

“wow” fece Zexion, porgendogli la foto e osservandolo mentre la coccolava come fosse stato il suo più grande tesoro “devi esserne proprio cotto…”

Roxas arrossì.

Zexion sorrise nel vedere il rossore sulle gote dell’amico “le hai mai chiesto di uscire?”

“ma sei matto!!” Roxas per poco non buttò giù tutte le coperte del letto, scosso dalla domanda “non vorrà mai uscire con me! Non hai visto che seguito di ragazzi che ha? Non si filerà mai uno come me!”

“non puoi saperlo…” Zexion guardava fisso a terra, poi spostò lo sguardo su Roxas “… se non ci provi!”

“ma dai… suo padre è ricco sfondato, ti pare che mi farà mai uscire con sua figlia?”

“tu preoccupati di Naminè. Non di suo padre! Avanti, domani proviamo a parlarci!”

“proviamo?”

“si, io ti accompagno! Mi metto da una parte con il mio libro, nessuno penserà che ti sto accompagnando come una mammina!”

Lì per lì Roxas rimase stupito; chi l’avrebbe detto. In tutto il tempo che lo conosceva non gli era mai sembrato che a Zexion importasse molto di lui, anzi sembrava piuttosto che la sua presenza, per lui, fosse indifferente. Si rallegrò della sua scoperta, poi però sbuffò

“se non dobbiamo assistere Demyx in ospedale per la sua trovata…”

“qualcuno mi ha nominato?” Roxas sobbalzò alle parole di Demyx, che aveva appena scavalcato la finestra, mentre Zexion era già sprofondato di nuovo nel suo libro, ed metteva qualche sommesso risolino.

“avete finito?” fece Roxas, riprendendosi dal colpo di pochi secondi prima

“si! E devi vedere che spettacolo!” mentre parlava, Demyx ricevette una spinta da parte di Riku

“e muoviti! Non sei l’unico qui fuori, sto morendo di freddo!”

“scusa! Un attimo!”

Quando tutti furono rientrati l’unico argomento di conversazione sembrava essere l’indomani, le facce dei loro compagni, la reazione di Axel…

Poi finalmente Sora spense la luce, ed il sonno colpì tutti e cinque.

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Incontro a due ***


La prima volta c'è per tutti

La prima volta c'è per tutti

Come promesso ecco qua il terzo capitolo! Se state ancora leggendo sappiate che vi amo! Se non state leggendo sappiate che vi odio, tanto non lo saprete mai!! Muhahhaha!

 

 

“aspetta Demyx!!” Riku cercava di stare dietro al biondino, insieme agli altri, ma sembrava che quella mattina Demyx avesse messo le ali ai piedi, tanto correva veloce.

Un paio di volte rischiò di cadere, ma alla fine Demyx arrivò alla scuola prima di tutti, e si riservò un posto d’onore vicino al cancello; si sistemò con le braccia incrociate al petto, mentre i suoi compagni lo raggiungevano sfiniti.

“non siamo…. Mai… arrivati così presto…” ansimò Sora, con il fiatone

“già…” anche il fratello Roxas cercava di riprendere fiato

“ei.. ma dov’è Zexion?” fece Riku guardandosi attorno. Ad un tratto videro Zexion arrivare tranquillamente con il suo libro aperto, senza il minimo senso di stanchezza “devo dire che questa volta è stato il più furbo…” sbuffò sconfitto Riku.

In breve il giardino della scuola si riempiva di ragazzi e ragazze, e i primi commenti iniziarono a riempire la mattina, alla vista del murales; c’era chi scoppiava a ridere, chi lo guardava scuotendo la testa, chi si fermava, soprattutto le ragazze, a ringhiare contro chi l’avesse realizzato. Qualsiasi cosa dicessero, però, Demyx aveva raggiunto il suo intento: quella mattina non si parlava d’altro!

“uffa! Ma proprio sta mattina si deve far aspettare??!” Demyx iniziava a spazientirsi, visto che Axel sembrava tardare ad arrivare

“io sto sperando che non arrivi affatto…” Riku se ne stava con la testa appiccicata al muro, consapevole che se non fosse arrivato quella mattina, ci sarebbero state tante altre mattine in cui Axel avrebbe sicuramente visto il loro lavoro; quindi tanto valeva farla finita subito.

Poi, il rombo della moto scosse Demyx: era lui! Parcheggiarono le moto al loro solito posto, senza fare caso al disegno; Larxene fu la prima ad accorgersene, scendendo dalla moto di Axel: tirò giù gli occhiali neri, scendendoli sul naso, tanto per accertarsi di aver visto bene, poi trattenendo un risolino fece al compagno che sistemava il casco

“sembra che qualcuno abbia la vena artistica!”

“eh?” Axel alzò lo sguardo, insieme a Marluxia e Luxord, e rimase in silenzio davanti al murales

“capo ma quello sei te!! Ah ah ah! Però stai bene con il vestitino rosa, sai!?” Marluxia scoppiò in una risata sguaiata, mentre Luxord si copriva la bocca con la mano, trattenendosi.

Demyx fissava Axel, sorridendo maleficamente, pregustandosi il momento in cui lo avrebbe visto esplodere dalla rabbia; ma Axel rimase fermo. Non disse una parola, non lasciò trasparire la minima reazione, nemmeno una piccola emozione sul suo viso; fece cenno ai compagni di seguirlo ed entrò nel giardino, come nulla fosse. Non degnò Demyx di uno sguardo, anche se lui ancora lo fissava, e sparì nella scuola, lasciando il biondino lì, fermo su quel cancello, stupito ed arrabbiato.

“non è possibile! Ma perché non ha fatto niente!!??”
“forse perché abbiamo un angelo custode molto potente!” sospirò Riku, vedendo i cancelli del paradiso allontanarsi sempre di più da lui

“forse era talmente incavolato che nemmeno è riuscito a parlare!” rise Sora, sperando di convincere Demyx, che invece non sembrava nemmeno minimamente interessato alla sua versione dei fatti

“questa me la paga, ci ho messo tutta la notte cazzo!!”

“ma perché per te è tanto importante Demyx??” sbottò Riku “ perché vuoi tanto farti notare da lui? Se davvero pensi che sia quel cazzo di ragazzino, perché non vai lì e glielo dici?”

“ Ma si può sapere a te che te ne frega, Riku?”

“mi frega se un mio amico cerca di farsi ammazzare!”

“dai su, smettetela” Roxas cercava di calmare le acque, che sembravano aver preso a bollire un po’ troppo

“Roxas ha ragione! Avanti, siamo tutti vivi per miracolo, e adesso volete scannarvi tra voi?” Sora aveva posto i palmi delle mani sui petti dei due, nel tentativo di tenerli lontani l’uno dall’altro.

“sai che ti dico? Fa come ti pare Demyx! Fatti ammazzare da quello schizzato! Ma poi non venire a piangere da me!” Riku si rigirò, dandogli le spalle, ed entrò a passo deciso nella scuola

“Riku!” Sora tentò di fermarlo, ma anche Demyx gli scappò di mano

“ma fa come ti pare” fece, avviandosi anche lui nella scuola, ma passando a 1km da dove era passato Riku

“Demyx!” visto fallire anche il secondo tentativo di fermare qualcuno, Sora si prese i capelli tra le mani “maledizione! Ma che gli prende sta mattina a tutti e due!”

“dai, vedrai che si calmano… su Sora, sta calmo!” Roxas cercava di assistere il fratello, che si sentiva come la causa di quel litigio, e intanto vedeva andare in frantumi la sua possibilità di parlare con Naminè.

Ad un trattò una voce lo scosse

“scusate… ecco, perché non prendete dell’acqua!” Roxas si voltò verso la voce angelica che aveva parlato, e gli bastò vedere i capelli aurei per capire di chi si trattasse; senza riuscire a respirare disse solo un goffo

“come..?!”

Naminè sorrise, porgendogli la bottiglietta d’acqua “quel ragazzo là” ed indicò Zexion “mi ha detto se potevo darvi dell’acqua! Il tuo amico non sembra stare bene”

“ah…!” Roxas prese la bottiglia come fosse stata una reliquia, e la porse a Sora, che ne bevve una buona quantità “cmq è mio fratello… eh eh…”

“mi sembrava che vi somigliaste moltissimo! Anzi, siete proprio identici!”

A Roxas non piaceva sentirsi dire di essere uguale a Sora, ma se lo diceva Naminè poteva andare bene! Fece un sorrisetto un po’ idiota, e le porse di nuovo la bottiglia “grazie mille”

“di nulla! Ah, cmq io mi chiamo Naminè, scusa per la maleducazione!”

“ma stai scherzando! Sono io che non mi sono presentato! Mi chiamo Roxas, piacere!” lei gli porse la mano, e lui la strinse, delicatamente, come per timore di farle male, ed arrossì. Naminè sorrise dolcemente, poi si allontanò con delle amiche, salutando ancora Roxas, tra le risate delle altre ragazze.

Roxas rimase imbambolato, mentre suo fratello se la rideva, e poi finalmente si ricordò che doveva ringraziare qualcuno; si fiondò al collo di Zexion, che non si scosse, come si aspettasse quella reazione

“grazie Zeku!!! Grazie mille! Sei un amico!!”

“se aspettavo te gli avresti parlato l’anno prossimo…”

Forse Roxas avrebbe voluto innalzargli una statua, ma la campanella gli ricordò che non ne aveva tempo.

Quando entrarono, la stanza sembrava di ghiaccio, con Riku seduto al posto di Sora e Demyx al suo, incavolato nero; non si degnavano nemmeno di uno sguardo. Sora si sedette sconfitto vicino a Demyx, fissando i due e sperando che quella situazione fosse finita presto.

 

Era passata si e no un’ora, quando qualcuno bussò alla porta; all’assenso dell’insegnante, entrò un tipo vestito abbastanza formale, che sembrava uno dei segretari della scuola. Il tipo si guardò un attimo intorno, poi sentenziò “Demyx… è in questa classe vero? Deve scendere in segreteria”

Demyx non ne sembrò turbato, ma i compagni si. Riku soprattutto. Si voltò di scatto verso Demyx, che si alzava senza la minima paura o preoccupazione, e lo fissò, chiedendosi perché fosse stato convocato. Che avessero scoperto che era stato lui a fare il murales? Ma perché avevano convocato solo lui? Gli occhi di Riku erano parecchio preoccupati, tanto che Zexion lo richiamò sulla terra

“sei preoccupato per lui?”

“eh?” fece Riku scuotendosi, e rimettendosi a sedere compostamente “ sai che me ne frega… se l’hanno scoperto cavoli suoi… io lo avevo avvertito”

“sarà…” Zexion non incalzò oltre; gli bastò vedere l’occhiata furtiva che Riku lanciò a Demyx mentre usciva a fargli capire che quel litigio non sarebbe durato ancora per molto…

 

Demyx seguiva quell’individuo quasi per inerzia; nella sua testa c’era solo una cosa: la rabbia! Non poteva accettare quella reazione da parte di Axel, non era ammissibile! Ci aveva messo quasi tutta la sera a fare quel murales, si era anche rischiato una denuncia e lui? Lui l’aveva praticamente ignorato!

Ancora immerso nei suoi pensieri, Demyx non si accorse che non erano affatto davanti alla segreteria, e prima che potesse rendersene conto quel tizio lo prese per la maglietta e lo catapultò in un aula; le tendine erano semichiuse ed entrava poca luce che rendeva il laboratorio di fisica al quanto inquietante.

Quando Demyx ebbe realizzato quello che fosse successo, il suo sguardo fu rapito da una figura che si erigeva minacciosa su di lui; e prima che la vedesse completamente fu costretto a piegarsi in due, sotto la forza del pugno che aveva appena incassato in pieno stomaco. E fu lì che riconobbe, senza dubbio, Axel.

“ti sei divertito ragazzino?” iniziò il rosso, con la voce più calma del mondo “pensavi davvero che non avrei capito che eri stato tu?”

Demyx, inaspettatamente sorrise “ne ero sicuro… e ci speravo…” fece, mentre alcuni colpi di tosse gli mozzavano il fiato

“ah davvero?”

Il biondino si ritrovò con le spalle attaccate al muro, la mano di Axel che sembrava frantumargli la spalla; il rosso pose il gomito vicino al suo orecchio, appoggiando al testa alla mano, e con l’altra lasciò stare la spalla di Demyx, per prendergli la mascella con forza, costringendolo a guardarlo

“e perché?”

“mpf…” Demyx rise… rise senza sapere cosa rispondere! Poteva sempre dirgli dell’orfanotrofio, dirgli che si erano conosciuti da bambini e quello era il suo modo per dirgli “ti ricordi?”. Sembrava aver esaurito le parole, sembrava non sapere più cosa dire, forse anche perché era troppo concentrato sul dolore che la mano di Axel, che gli stringeva la mascella, gli procurava.

Si fissavano, Axel calmissimo mentre aspettava la sua risposta, Demyx che cercava di nascondere il dolore che provava per la sua stretta; ad un tratto Axel si avvicinò ancora di più a Demyx

“allora?” incalzò, rafforzando la stretta. Ma Demyx, stranamente, non avvertì il dolore… ma solo il fiato caldo di Axel che gli passò sulle labbra. Non gli piaceva trovarsi in quella situazione di svantaggio, ma, inspiegabilmente, sentiva di non trovarsi male in quella posizione; si riscosse solo quando capì che stava fissando gli occhi di Axel senza un motivo preciso, ma li guardava solo per guardarli.

“se mi stringi così la mascella…” fece a mezza bocca “non posso parlare, stupido”

Axel lì per lì non reagì, poi rise, lasciando la presa; rimase ancora nella sua posizione, attendendo di sentire da Demyx qualche stupida spiegazione.

Demyx si massaggiò un poco la mascella, poi guardò Axel, che non sembrava spazientirsi, e gli fece con occhi da bambino afflitto “proprio non ti ricordi?”

“eh?” Axel a quel punto reagì “ricordarmi cosa?”. Gli occhi sbarrati, confusi dalla domanda, fissavano Demyx, che sembrava diventato serio.

“tu sei stato in un orfanotrofio?” chiese poi il biondino, appoggiando la testa al muro

“a te che te frega, scusa?”

“ci sei stato?” incalzò ancora Demyx. Axel alzò gli occhi al cielo, rassegnato

“si, e allora?”

Demyx si fermò un istante, e poi sorrise “allora non mi ero sbagliato!”

Axel lo fissò ancora, non capendo più nulla, mentre il biondino si staccò dal muro e gli si parò davanti “io sono Demyx!” sorrise poi, indicandosi con gli indici

“e quindi?”

“Axel possibile che non ricordi?” Demyx sembrò volersi mettere a piangere… forse si sbagliava su Axel, forse non era lo stesso ragazzino che aveva conosciuto, ma non gli importava. Lui voleva che fosse così! Poi ebbe come un flash, un ricordo fulmineo che gli diede la speranza di farlo ricordare; si avvicinò ad Axel, e senza rendersi conto di cosa stesse facendo, lo baciò. Un bacio rapido, a stampo, una semplice sovrapposizione di labbra; Axel sbarrò gli occhi, e la prima reazione che ebbe fu quella di spingerlo a terra, per staccarselo di dosso “ma che diavolo fai?”

Demyx lo fissò dal basso, massaggiandosi il sedere per la botta appena data, e finalmente realizzò quello che aveva fatto: aveva baciato Axel! Ma che gli era passato per la testa? Non rispose al rosso, che imboccò la porta. Di scatto, poi si fermò. Si voltò verso il biondino, ancora a terra e quasi silenziosamente disse “Demyx, eh?”

Prima che Demyx avesse potuto provare a rialzarsi, lui era già uscito dal laboratorio, lasciandolo li da solo. Demyx si passò una mano tra i capelli, e guardando fisso il punto in cui poco prima aveva baciato Axel, fece tra sé e sé “ma che diavolo ho fatto?”

 

Riku se ne stava appoggiato ad un termosifone, con le braccia incrociate, deciso a non rientrare in classe finchè non avesse visto Demyx tornare. Sora e gli altri erano accanto a lui.

“è quasi ora di rientrare…” fece Roxas, guardando l’orologio che aveva al polso. Mentre parlava vide Naminè rientrare in classe con alcune compagne; lei si fermò un istante e lo notò, e sorridendo dolcemente lo salutò con un leggero ondeggiare della mano. Roxas rimase un secondo imbambolato, ma quando Zexion gli diede una leggera gomitata furtiva, si decise a salutare la ragazza.

“Riku” fece Zexion distrattamente “vuoi rimanere qui fuori tutta l’ora ad aspettarlo?”

“io non sto aspettando nessuno!”

“e allora rientra, no?”

“si sta bene sul termosifone, ok?”

“Demyx!” all’esclamazione di Sora, Riku sobbalzò, volgendo lo sguardo in direzione di Demyx, che saliva le scale tenendosi una mano sul ventre. Riku stava per corrergli incontro, ma quando notò lo sguardo di Zexion su di sé, tornò ad accomodarsi sul termosifone

“guarda che se vuoi andare da lui puoi farlo” Zexion nemmeno lo guardava

“io non voglio andare proprio da nessuno” rispose Riku, stringendosi le braccia forti al petto.

“Demy ma dove diavolo sei stato?” fece Sora, dandogli una pacca sulla spalla, poco prima quasi frantumatagli da Axel. Demyx trattenne un’espressione di dolore.

“in segreteria!” sorrise stupidamente “ si erano persi un bollettino che avevo pagato tempo fa! È stato un casino, non mi hanno lasciato venire via prima di averlo ritrovato!”

“ah ecco..!” sorrise Sora, abboccando pienamente alla storia dell’amico; anche Roxas non ebbe problemi a credere alla balla di Demyx, vedendolo sorridere senza problemi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** La maschera del sorriso ***


La prima volta c'è per tutti

La prima volta c'è per tutti

E per la vostra gioia (o sfortuna, questo è relativo!) il quarto capitolo tutto per voi!!

 

Erano ormai due ore che si sentivano urli dal piano inferiore; e se non fosse che ci era abituato, forse Demyx sarebbe corso a chiamare la polizia. Spingeva il cuscino nelle orecchie, sperando di ovattare quelle urla il più possibile: era già così difficile pensare che quelli erano i suoi genitori adottivi, e sentirli litigare a quel modo non gli rendeva la vita facile. Erano ormai mesi che andavano avanti così, litigi su litigi, anche ora che erano in fase di separazione; Demyx rientrava a casa e sentiva le loro urla, i loro insulti, e ogni volta non sapeva mai da che parte stare… Sua madre? Suo padre? Infondo nessuno dei due era realmente un suo genitore. Anzi… suo padre sembrava ignorarlo: rientrava e non lo guardava, scendeva in salotto e lui restava incollato alla televisione; non ricordava di aver mai passato del tempo con lui, non ricordava che lui gli avesse mai insegnato ad andare in bicicletta o a tirare un pallone in porta.

Ma infondo lo sapeva.

Sapeva che suo padre non aveva mai avuto intenzione di adottarlo; lo aveva fatto per sua moglie, che non poteva avere bambini e sembrava essere caduta in una qualche depressione. Quando quella donna lo aveva visto, così dolce, dai capelli d’oro, lo aveva voluto assolutamente, come fosse stato un peluche; e così si era sentito per tutti quegli anni: un peluche. Coccolato da sua madre finchè era piccolo e grazioso e poi lasciato ad impolverare in angolo remoto della sua memoria.

Demyx morse il lenzuolo, cercando di trattenere le lacrime che volevano scendergli, desideroso di urlare per sfogare tutto quello che reprimeva durante il giorno, mentre sorrideva a tutti.

Ad un trattò sentì un vaso infrangersi. Si stavano tirando di nuovo la mobilia. L’ultima volta che Demyx aveva tentato di fermarli aveva ricevuto un ceffone talmente forte da suo padre che il labbro gli aveva sanguinato per ore; quella volta dovette inventarsi di essere scivolato nella doccia, buttandola come una barzelletta. Si alzò stanco dal letto, si infilò una giacca, la prima che trovò, ed uscì dalla finestra, come faceva sempre ormai.

 

Sembrava voler nevicare; le previsioni avevano detto così. Forse avrebbero passato un natale con la neve.

Non che a Riku dispiacesse, certo era, però, che quel freddo non era piacevole. Non ostante tutto, se ne stava fuori, nel giardino di casa sua, seduto fuori della porta, a giocare con un bastoncino.

Ricordava che da bambino amava la neve; ma non poteva mai giocarci con nessuno. Sora si ammalava facilmente da piccolo, e sua madre non voleva che andasse a bagnarsi tutto con la neve, e Roxas odiava sentirsi tutto umidiccio per giocare con dell’acqua congelata; Zexion ogni tanto capitava a giocare con lui, ma spesso era fuori con i suoi genitori per le feste natalizie.

Poi un giorno arrivò lui: Demyx! Riku stava come al solito nel giardino di casa sua, a rotolare una palla di neve per costruire un pupazzo, sbuffando per la solitudine; quando la vocina fresca di Demyx lo raggiunse: il bambino, forse sugli otto anni come lui, era fermo davanti al cancello, una busta della spesa in mano, che lo osservava stupito e gli faceva i complimenti per il pupazzo di neve. Riku non ci pensò due volte ad invitarlo ad entrare, ed insieme giocarono tutto il giorno! Solo dopo Riku scoprì che Demyx si era trasferito lì da poco e ancora non conosceva nessuno, così lo fece entrare nel suo gruppo; Demyx andava ogni giorno a giocare con lui, ogni momento libero, e i due in breve divennero inseparabili.

Era ancora assorto in quei ricordi, quando un sassolino gli arrivò in testa

“Demyx finiscitela!” esclamò Riku, rendendosi conto poi che non si trattava di Demyx: era Zexion.

“non mi sembra di somigliarli molto…” fece il ragazzo, alzando le spalle

“oh scusa Zeku…”

“lo vedi che ci pensi sempre?”

“a cosa?”
“a Demyx! Ma perché non ci fai pace? Infondo avete discusso per una cavolata”

“lui deve sempre fare così! È da quando abbiamo cominciato il liceo che ce l’ha con Axel, ma prima sembrava essere solo divertito dal suo comportamento… Poi è diventato come ossessionato! Axel di qua, Axel di là! Se si vuole far ammazzare faccia pure, ma non può pretendere che stia qui a guardarlo morire!”

Zexion si sedette accanto a lui, guardando il cielo ricolmo di stelle “sei geloso?” fece poi, senza mutare di poco la sua espressione vaga

“eh?!” Riku sobbalzò “ma che dici? Come geloso!? Ma no, che diavolo hai pensato??”

“io non ho pensato proprio nulla…” Zexion spostò lo sguardo su di lui, mentre Riku arrossiva leggermente “avrei dovuto?”

Riku non rispose, scuotendo leggermente la testa “non credo…” disse poi

“non credi?” Zexion incorniciò il viso con le mani, poggiando i gomiti sulle ginocchia “perché credi? Non ne sei sicuro?”

“smettila Zexion! Io sono solo preoccupato!” Riku abbassò lo sguardo, fissando il bastoncino che aveva in mano “non vorrei vederlo ridotto male da Axel…”

Calò il silenzio per qualche minuto; Zexion lo fissava, poi rise “e allora diglielo!”

“ma se non mi sta a sentire…”

“certo, lo hai aggredito oggi! Provaci con calma, come lo stai dicendo a me! Sono sicuro che anche Demyx ha bisogno di sentirsi dire queste cose”

“hai ragione! Vado a dirglielo subito!”

“fallo domani”

“e perché?”

“lascialo calmare un po’… domattina sarete tutti e due più riposati e parlerete meglio!”

Riku annuì, alzandosi in piedi; fece cenno a Zexion di entrare “ti offro una cioccolata calda, ti va?”

Zexion sorrise all’idea, e si tirò su entrando in casa.

 

Le luci illuminavano le strade a giorno, con i loro danzanti intervalli colorati. A Demyx erano sempre piaciute le luci natalizie, ma in quel momento non riusciva a sorridere guardandole…

Camminava triste, sentendosi un vuoto dentro; ricordava che quando era in orfanotrofio, se si sentiva triste andava a rintanarsi nell’angoletto tra il letto e il muro, e rimaneva con la testa sprofondata nelle ginocchia. Una volta, poi, un ragazzino dai capelli rossicci era sgusciato sotto il letto e gli aveva fatto prendere un colpo; da allora quel ragazzino andava sempre a stanarlo, quando si rifugiava triste nel suo angoletto, e da quello che ricordava, furono sempre meno le volte che sentì il bisogno di andarsi a nascondere lì.

Si scosse, accorgendosi di aver portato le mani alle labbra fredde, ripensando a quello che aveva fatto la mattina nel laboratorio… Ancora si chiedeva per quale strano motivo avesse baciato Axel…

Poi si ricordò.

Quel giorno con la pioggia, squallido, grigio, quando quel tizio era venuto a portarsi via il suo migliore ed unico amico, quando si era rintanato nel suo cantuccio sperando di vederlo sgusciare sotto il letto come faceva sempre, e vi era rimasto tutto il giorno invece, solo, a piangere. Ricordò il buffetto che gli aveva dato lui sulla guancia, dicendogli di non piangere perché si sarebbero rivisti; e poi… ricordò quel bacio. Infantile, casto, un semplice “grazie” che aveva voluto stampargli per sempre sulle labbra prima che se ne fosse andato.

Era Axel? Di questo non poteva esserne sicuro. Quello di cui era sicuro era che lo aveva baciato istintivamente, sperando che anche in lui scattasse il ricordo di quel giorno lontano.

Ma quello che lo scosse di più fu altro: la strana sensazione che aveva provato nel sentire il suo fiato caldo sulle labbra. E lì gli tornarono in mente le parole di Riku “ma perché per te è tanto importante Demyx??”

Era sicuro che all’inizio provasse solo il gran desiderio di farlo scendere dal suo piedistallo, poi si era insinuata in lui l’idea che Axel potesse essere il ragazzino che aveva conosciuto all’orfanotrofio, ma ora? Ora sentiva il chiaro desiderio di vederlo. Pensava forse che lui lo avrebbe potuto aiutare come in passato, pensava che gli avrebbe fatto tornare il sorriso, un vero sorriso, non quella sua solita maschera che indossava prima di uscire di casa. Pensava tutto e niente. Pensava solo che voleva andare da lui.

Confuso e stordito dall’intricata matassa di emozioni dentro di lui, continuò a camminare con una meta precisa: sapeva dove abitava Axel, una volta con Sora lo avevano seguito per addobbargli la moto; poi quando avevano scoperto che Axel rimetteva la moto nel garage se ne erano andati sconfitti, terrorizzati all’idea di entrare in quel giardino.

Ed ora era lì, davanti al cancello, che aspettava che tornasse, dato che ogni luce era spenta.

Si appoggiò al muretto, stringendosi nel cappotto, e attese; tanto nessuno a casa si sarebbe accorto che mancava, di questo ne era sicuro.

 

“stai fumando come una ciminiera, sta sera” e tanto per non dare ragione a Larxene, Axel si accese una nuova sigaretta, aspirando pesantemente il fumo; lo sputò con un rumoroso soffio, assorto in mille pensieri.

Erano seduti in un vicoletto, avevano appena finito di parlare con quel tizio, che erano sicuri essere proprio quello coinvolto nel giro: Axel lo aveva capito subito, era uno che non aveva mai praticato giri di droga e probabilmente era un altro straricco entrato in quei giri per salvare la sua economia e quella della sua famiglia, uno di quelli che pronunciava la parola droga sotto voce, quasi per timore che qualcuno potesse sentirlo. L’accordo era fatto: avrebbero portato loro la droga ai committenti nel luogo stabilito e tutto si sarebbe risolto; loro avrebbero riscosso i loro bei 100.000 munny e il bel signorotto avrebbe salvato la faccia.

Sembrava tutto perfetto. Eppure Axel non era calmo come al solito; e non se ne era accorta solo Larxene, ma anche Marluxia e Luxord

“si può sapere che hai?” Marluxia gli girava attorno come una mosca curiosa “ non hai spiccicato una parola!”

“Marly ha ragione!” Larxene gli mise una mano sulla fronte “non è che hai la febbre, eh?” 

“no, sto bene…” fece Axel svogliatamente, poggiando la testa al muro. Aveva solo voglia di tornarsene a casa e dormire… e dimenticare… Pensava che dopo una bella dormita anche i ricordi di quel giorno sarebbero andati a fare compagnia a tutti gli altri nella sua memoria, in quell’angolo recondito che non rispolverava mai. Da quando era arrivato nella sua nuova casa faceva così: dimenticava. Alla fine, per lui, mettere da parte tutto era diventato così naturale che lo faceva automaticamente.

Sputò quello che gli era rimasto del fumo, e gettò a terra il mozzicone, mettendo in moto.

“te ne vai?” fece Larxene, fissandolo

“si”

“e chi mi riporta a casa?”

Axel sbuffò “allora ti lascio la moto… me la faccio a piedi. Domattina vedi di passarmi a prendere, ok?” e le sfiorò le labbra con le proprie, lasciandola perplessa. Axel non si era mai comportato a quel modo, ed era evidente che c’era qualcosa che non andasse; ma per quella sera decise di lasciar correre, tanto lui non le avrebbe mai detto cosa lo affliggesse.

Mentre camminava verso casa, il rosso ripensava alla mattina, e a quello strano incontro con quel ragazzino, che lui aveva giudicato tanto stupido e che ora si ritrovava a pensare ogni minuto; avrebbe voluto forse provare ad andare ad esplorare quella parte della memoria in cui erano chiusi i loro ricordi, ma era così tanto il tempo che non rispolverava ricordi, che aveva quasi dimenticato come si facesse…

Si strinse le spalle, cacciandosi in bocca una nuova sigaretta, l’ultima del pacchetto, quando, alzando lo sguardo, vide quello che non si sarebbe mai aspettato di vedere: Demyx era seduto davanti al cancello di casa sua! Tremava dal freddo, la testa sprofondata nelle ginocchia, ed involontariamente la sua mente si tuffò in un ricordo da sola: aveva già vissuto quella scena, aveva già visto quel ragazzino in quel modo.

Si avvicinò a lui con fare disinteressato, e quando aprì il cancello cigolante Demyx si scosse, alzando gli occhi verso di lui

“be… vuoi fissarmi tutta la notte o entri?” fece Axel, mostrandosi spazientito. Demyx non rispose, ma si alzò e lo seguì in casa, senza dire una parola.

“si può sapere…” disse Axel una volta entrati in casa “che diavolo ci fai qui?”

“non lo so… in realtà non lo so” Demyx guardava a terra, gli occhi spenti, misti di sonno e malinconia

“dov’è finito quel tuo sorrisino eh?” rise Axel, ma vedendo che la sua espressione non mutava tornò serio, quasi rivedendo se stesso in quell’espressione “casini in famiglia?”

“e tu come lo sai?” Demyx alzò gli occhi stupiti verso di lui; Axel abbozzò un sorrisetto

“perché anche io avevo sempre quell’espressione prima… e credimi, la mia famiglia è un vero casino”

“mai come la mia…” Demyx abbassò di nuovo gli occhi, fermandosi a fissare il tappeto

“ah davvero eh? Mpf” Axel si gettò a sedere sul divano “ mi chiedo se anche tuo padre sia in galera per spaccio, pedofilia e chi più ne ha più ne metta e tua madre vada ogni notte con uno diverso”

Demyx si scosse. Tornò a fissare un Axel che aveva detto tutte quelle cose come fossero le più naturali del mondo, senza lasciar trapelare la minima emozione, pensando di essersi messo al centro di ogni problema senza pensare che c’era chi ne avesse più di lui

“mi dispiace…” disse rammaricato

“e di che? Non mi pare che sia tu a costringere mia madre a darla via no? Di che ti deve dispiacere?”

Calò il silenzio. Demyx non sapeva più cosa dire, non sapeva perché si trovasse lì, non sapeva più nulla. Ebbe il desiderio di fuggire, di tornare alla sua vita che sembrava normale in confronto a quella di Axel, quando il rosso parlò di nuovo, fissando il soffitto

“lo sai che ti ho pensato tutto il giorno?” Demyx lo guardò ed incontrò lo sguardo che Axel aveva spostato su di lui “ e la cosa è parecchio irritante”

Demyx deglutì a vuoto, temendo di incassare un pugno ancora più forte di quello ricevuto la mattina, ma allo stesso tempo sentì crescere dentro di lui un certo piacere nel sapere che Axel lo avesse pensato tutto il giorno. Il rosso si alzò dal divano, gli si impose davanti e lo fece indietreggiare finchè non trovò la parete dietro di lui; i loro visi erano così vicini, il respiro di Axel accarezzava leggero le labbra di Demyx, la mano posta vicino al suo orecchio poggiata al muro facevano sentire il biondino in trappola, in bilico tra la paura e l’eccitazione. Era confuso, non capiva se quella situazione gli piacesse o meno, e sentì appena le parole di Axel “perché diavolo mi stai perseguitando? Cosa vuoi da me?”

Cosa voleva da lui? Ora come ora non lo sapeva più nemmeno lui. Sentiva solo il desiderio, sempre più grande, di porre le sue labbra sulle sue; era spaventato a quell’idea che gli ronzava in testa, ma la bramosia di quelle labbra era sempre più forte, lo tirava sempre più verso di lui.

Demyx chiuse gli occhi, cercando di reprimere tutte quelle emozioni che stava provando, non poteva abbassarsi a tanto, lui, il latin lover della scuola! E tanto meno non poteva farsi vedere così da Axel! Prese fiato e assumendo un’espressione strafottente gli fece “te l’ho detto! Voglio che ricordi! Di me!”

Axel sogghignò, fissando gli occhi di quel ragazzino, che tentavano di essere strafottenti e seri, ma che conservavano sempre la loro dolcezza; in breve il ricordo della mattina si insinuò in lui, cogliendolo impreparato. Il rosso passò una mano sul mento di Demyx, alzandosi poco dopo da lui “sei sempre un ragazzino… i tuoi occhi non mentono… tornatene a casa” e detto ciò fece per salire le scale

“come? Ei aspetta un attimo! Adesso non puoi lasciarmi andare così, Axel!”

“ah no? E che dovrei fare tesoro?” ridendo Axel salì le scale, lasciandolo lì a fissarlo. Demyx non aveva alcuna intenzione di andarsene, anche se non sapeva esattamente perché, sapeva solo che non avrebbe lasciato andare Axel! Gli corse dietro sulle scale, ritrovandosi in un piccolo corridoio, senza sapere quale fosse la sua camera; ad un tratto si sentì afferrare per la maglietta, fu trascinato di peso in una camera e sbattuto di nuovo ad una parete… Axel si chinò su di lui e lo baciò, lasciandolo senza fiato! Demyx rimase sorpreso, ma piacevolmente appagato dalla situazione: il bacio di Axel era diverso da quello che gli aveva dato la mattina, era umido, avido, violento; Demyx si abbandonò in quella danza senza fine, che invece finì prima di quanto non sperasse. Quando Axel si staccò da lui, Demyx lo fissò ansimante, mentre il rosso si passava un dito sulle labbra per asciugarle “adesso sei contento? Bada che non avrai altro da me, quindi sparisci!”

“tu credi che io sia venuto qui per… fare quello? Guarda che ti sbagli!”

“e allora perché mi fissavi voglioso prima? E cmq non mi pare che ti sia dispiaciuto tanto”

“hai frainteso, io non sono qui per quello! Mica sono come una di quelle scolarette che ti corrono dietro!”

“davvero..?” Axel tornò ad imporsi su di lui, avvicinandosi pericolosamente alle sue labbra; Demyx fu percorso da una fila di brividi fortissimi, e pregò di avere di nuovo un bacio da Axel. Ma quando il rosso gli fu abbastanza vicino, tanto che le loro labbra potevano quasi toccarsi, quel contatto fu spezzato dalle sue parole “lo vedi… stai ansimando come una puttanella!”

Demyx avrebbe voluto replicare, ma cosa poteva dire? Era vero! Stava ansimando! Senza rendersene conto, poi! La sua testa era un covo di aggrovigliati pensieri, la confusione nella sua mente aumentava ad ogni battito di ciglia! Ma cosa stava facendo? Lui non aveva mai avuto di quelle tendenze! Le ragazze gli morivano dietro, e lui cosa faceva adesso? Si eccitava per un ragazzo!

Axel gli passò una mano sul petto “o forse mi sbaglio?” e si sporse verso di lui, lasciandolo senza scampo. Demyx pensò di essere senza via d’uscita, perfetto l’indomani tutti avrebbero saputo che si era eccitato per Axel e la sua vita sarebbe stata rovinata per sempre. Poi si scosse: sentì distintamente che Axel era eccitato tanto quanto lui! Non poteva sbagliarsi, gli stava spingendo contro! Sorrise maliziosamente e passando un dito sul cavallo dei suoi pantaloni disse in tono provocante “ mi sa che non sono l’unico, eh?”

Axel sobbalzò, sentendo le dita delicate di Demyx sui suoi pantaloni; non era possibile! Eppure si stava eccitando anche lui! Aveva avuto in testa quel ragazzino tutto il giorno, ed ora sembrava desideroso di averlo! Non aveva mai desiderato qualcuno, gli altri avevano sempre fatto la parte di entrambi, ed ora si trovava spiazzato. Che fare? Si staccò da lui, passandosi una mano tra i capelli ingellati.

“non capisco di cosa stai parlando”

“certo, adesso fai l’indifferente! Di la verità, tu mi vuoi!”

“ma lo sai con chi parli, vero? Non farmi ridere!”

Demyx audacemente si avvicinò a lui, cingendogli il collo con le braccia e avvicinandosi alle sue labbra gli fece provocante “allora perché non mi mandi via?”

Forse non era poi tanto un ragazzino, pensò Axel, quando bramosamente lo prese per i fianchi e se lo stese sotto gettandolo sul letto; Demyx gli stringeva i capelli, immerso nel suo nuovo bacio, mentre la mano di Axel si insinuava sicura nella sua maglietta.

Dopo una mezzora circa che si baciavano su quel letto, Axel pose saldamente una mano sull’erezione di Demyx, che si sentì, finalmente, a disagio! Infondo quella era la sua prima volta con un uomo, e non gli sembrava il caso di farlo proprio nella prima sera in cui aveva scoperto di essere attratto da Axel! Si alzò di scatto a sedere e quasi urlò un “ devo andare a casa!”

“mpf… hai paura ragazzino?” Axel si mise a ridere al broncio che Demyx gli mise per la battuta

“tu forse ci sarai anche abituato a farti tutti e tutte, ma io no! Sai com’è, non ho mai pensato all’eventualità di farlo con un uomo!”

“fa come ti pare” Axel non disse altro, gli aprì la porta della camera e lo invitò ad uscire. Demyx scese le scale silenzioso, sentendo la sua presenza dietro di lui, e quando fu davanti alla porta si voltò

“però è stato divertente” fece Demyx, alzandosi per baciarlo di nuovo; Axel lo prese per le spalle, sbattendolo contro lo stipite della porta, tornando a baciarlo avidamente. Poi lo lasciò andare, chiudendosi la porta dietro.

Demyx si riavviò verso casa. Si rallegrò nel constatare che gli era tornato il sorriso.

 

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Capitolo 6
*** Il dolce segreto ***


La prima volta c'è per tutti

La prima volta c'è per tutti

 

Va be tanto ci scrivo sempre lo stesso, ecco il quinto capitolo, bla bla bla... Cmq spero vi piaccia!

 

 

 

La luce che entrava dalle tendine semichiuse creava dei giochi strani, passando tra le beute e i Becker, riflettendo fasci irregolari sul corpo di Demyx, seduto sulla cattedra, completamente avvinghiato ad Axel, mentre gli leccava il collo con avidità.

Erano ormai giorni che si incontravano così, durante la pausa pranzo; la mattina si comportavano come nulla fosse, alle volte ripetevano le scenate di tutte le mattine, così che nessuno sospettava che si vedessero di nascosto, in qualche aula vuota, per fare sesso. Perché alla fine era successo. Una mattina Axel era arrivato deciso con quell’intento, la voglia stampata in faccia, lo aveva steso su due banchi e con una mano nei suoi pantaloni gli aveva fatto crollare addosso tutte le convinzioni di anni e anni.

Dopo quella volta Demyx non aveva avuto più alcun problema, anzi molte volte era lui a prendere l’iniziativa, stuzzicando Axel in mille modi.

Mentre gli leccava il collo, in quel momento, scendeva con la mano dal suo petto fino ai pantaloni; slacciò abilmente la cintura e poi la zip, infilando di nuovo la sua mano nei boxer del rosso.

“per fortuna che eri tu quello ad avere problemi” ironizzò Axel, prima che il fiato gli fosse mozzato dai gemiti di piacere

“perché così non ti va bene?” Demyx gli morse un orecchio, senza smettere il su e giù nei boxer di Axel

“mi va benissimo” riuscì a dire il rosso, prima di venire.

Di tutta risposta gli alzò la maglietta, leccandogli prima un capezzolo, poi scendendo con la lingua fino all’ombelico; non dovette perdere tempo a slacciarli i pantaloni, visto che era stata la prima cosa che aveva fatto appena era entrato nel laboratorio di chimica. Leccò i boxer neri, compiacendosi del gemito che scappò al biondino, seduto ancora sulla cattedra, le mani puntate sul bordo e la testa reclinata all’indietro; non ci volle molto perché anche lui arrivasse all’apice del piacere, al ritmo incalzante di Axel.

“ma guarda qua… adesso come faccio ragazzino! Mi tocca andare in giro con i boxer completamente umidi!”

“non è colpa mia se mi tiri così tanto” gli fece Demyx, leccandosi il labbro superiore

“la prima volta sembravi così indifeso… adesso sei perfino peggio di me” Axel rise, guardandolo negli occhi. Demyx stette un secondo in silenzio.

“sto esaurendo le scuse! Non so più che inventarmi per venire da te!”

“che cazzo ti ci vuole a dirgli dove vai davvero?”

“ma sei scemo! Certo, adesso vado lì e gli dico: guardate io vado a scoparmi Axel, aspettatemi un attimo, ok?”

“fa come ti pare…” Axel imboccò la porta

“tu la fai facile… ma scommetto che nemmeno te hai detto ai tuoi compagni che stai con me, vero?”

“sto con te?” Axel si voltò verso di lui con sguardo perplesso “ e chi ha detto che stiamo insieme?”

“come chi l’ha detto? Vuoi dirmi che per te ci incontriamo qui così, solo per divertirci?”

“precisamente! Mi va di farlo con te, ok? Ma non ho mai detto di stare con te!”

“perfetto! Allora non mi aspettare domani!”

“fa come ti pare”

Fa come ti pare… sempre quel fa come ti pare! Demyx non ce la faceva più a sentirglielo dire, come se non gliene fregasse assolutamente niente del fatto che lui aveva praticamente stravolto la sua vita per lui!

“possibile che non sai dire altro?” Demyx lo afferrò per una spalla, e quando vide Axel contorcersi dal dolore si spaventò “Axel? Che hai fatto alla spalla?”

Mentre il rosso continuava a dire che non aveva nulla, Demyx gli aveva già sbottonato la camicia, e aveva scoperto la ferita che Axel aveva sulla spalla

“chi te l’ha fatta questa?”

“è successo ieri sera… quelli si sono incazzati perché il carico non era completo… quel vecchio li voleva fregare, o forse è stato fregato anche lui, che ne so… Mi hanno dato una bottigliata, qualche vetro mi era rimasto conficcato nella spalla… alla fine pare che abbiano capito che noi non c’entriamo”

“quelli? Il carico? Axel sei coinvolto in un giro di droga?”

“come se fosse una novità… quel vecchio voleva che noi la consegnassimo, tutto qua!”

“tutto qua? Ma ti rendi conto che potevano ammazzarti?”

Axel guardò gli occhi ricolmi di lacrime di Demyx e si mise a ridere. Ma la sua risata fu spezzata dalla voce mozzata del biondino “ non voglio che fai certe cose… Ho paura di perderti”

Demyx abbracciò Axel, lasciando il rosso senza fiato! Nessuno lo aveva mai abbracciato a quel modo, nessuno gli aveva mai detto che non voleva perderlo… Per la prima volta si sentì amato da qualcuno.

“ti ho già perso una volta, non voglio farlo di nuovo!” Demyx teneva il viso sprofondato tra le pieghe della camicia di Axel; il rosso, d’istinto, sicuro che quella scena si fosse ripetuta molte volte nel loro passato, accarezzò i capelli di Demyx

“sta tranquillo” gli fece “io ho la pelle dura”

“con questo vuoi dire che non ti tirerai fuori da quel giro?”

“senti, io ormai ci vivo con questa roba, capito? Per me è vita quotidiana! Non puoi pretendere che smetta di fare quello che ho fatto da una vita per un ragazzino!”

Demyx si staccò immediatamente da lui. Si sentiva ferito da quelle parole, come se Axel lo avesse pugnalato alle spalle. Uscì dall’aula e senza nemmeno voltarsi gli disse “se la pensi così va a quel paese” e se ne andò senza fermasi al “Demyx” che urlò Axel, nel tentativo di fermarlo.

Il rosso si appoggiò alla porta e buttandosi una mano sulla fronte disse l’ennesimo “ma fa come ti pare”.

 

Sora e compagni erano ancora appollaiati sul termosifone, quando Demyx ricomparve dalle scale, nero in viso come il carbone. Riku se ne accorse subito (si i due alla fine avevano fatto pace) e gli si avvicinò con fare apprensivo

“Demy, che hai fatto?”

“niente… lascia stare…”  Demyx puntò diretto la porta della classe, seguito a ruota dai compagni. Roxas si fermò un istante sulla porta, richiamando l’attenzione di un gruppetto di ragazze: le amiche di Naminè

“scusate… Ma Naminè sta male per caso? Sono giorni che non la vedo a scuola”

“Naminè?” fece una delle ragazze, con sguardo preoccupato “non ne sappiamo nulla… non risponde al telefono, e non si è fatta più sentire… è strano, se è assente anche solo un giorno ci chiama subito…”

“ capisco…” Roxas rimase seriamente preoccupato, rientrando in classe con gli occhi bassi. Zexion aveva sentito la conversazione, sicuro che anche i compagni se ne fossero accorti. Sora si sedette accanto al fratello, cercando di consolarlo insieme a Zexion, mentre Riku fissava Demyx, che sembrava non aver la minima intenzione di parlare.

L’insegnante mancava, così Demyx decise di farsi un giro per i corridoi, tanto per smaltire la rabbia. Riku gli corse dietro, seguendolo in bagno

“si può sapere che vuoi?” fece Demyx spazientito, voltandosi verso di lui

“Che cavolo hai Demyx? Questi giorni sembri assente, te ne vai durante la pausa pranzo, ci sentiamo più pochissimo… si può sapere che ti prende?”

“niente Riku, te l’ho detto! Sto bene!”

In quel momento entrò Axel in bagno. Demyx sbarrò gli occhi, fissandolo sull’orlo di scoppiare a piangere, mentre lui fece come se non lo avesse visto, si lavò le mani e poi uscì, con la stessa non curanza di quando era entrato. Demyx si gettò a sedere per terra, le mani nei capelli “cazzo!” quasi urlò

Riku si chinò su di lui “adesso mi dici che hai?”

“è tutto un casino Riku! I miei si stanno separando, litigano ogni giorno! Mio padre nemmeno mi considera, mia madre prende più pasticche di un tossico per calmarsi e come se non bastasse quel bastardo mi tratta come se fossi la sua puttana!”

“quel bastardo chi? Ma che stai dicendo?” Riku sperò di aver capito male

“di Axel! Io esco con Axel Riku!”

L’albino pensò di svenire a quella rivelazione. A tutte quelle rivelazioni. Ma come aveva fatto ad essere stato così cieco da non essersi accorto che Demyx stava vivendo quella situazione orribile in famiglia, come aveva potuto credere a quei falsi sorrisi che l’amico gli elargiva ogni giorno? Si sedette accanto a lui, appoggiando la testa al muro e l’unica cosa che riuscì a dire fu “da quanto va avanti?”

“ormai sono tre settimane… ma per lui è come se fosse un gioco… Dio, io mi sento così confuso, mi sento uno schifo a pensare che fino a pochi giorni fa ero l’etero più etero di questa scuola ed ora muoio dietro a quel bastardo! Che oltretutto continua a trattarmi come se fossi un ragazzino, si rifiuta di parlare di quando eravamo all’orfanotrofio… Speravo che con lui avrei potuto allontanare i problemi che avevo a casa, e invece lui non fa altro che crearmene altri!”

“perché non me ne hai mai parlato? Demyx, avrei potuto aiutarti” il biondo non lo disse, ma Riku si pose da solo quella domanda “come?”. Infondo lui non sapeva cosa significasse vivere in una famiglia come quella, avere quei problemi; ma sapeva che avrebbe voluto condividere con Demyx ogni cosa, che avrebbe voluto stargli vicino in ogni momento, che sicuramente non lo avrebbe fatto soffrire come Axel.

Gli prese il viso tra le mani, e lo guardò, sorridendo leggermente; Demyx non capiva quel suo sorriso, ma ne sentiva tutto il calore, come se quello solo gli fosse bastato ad infondergli coraggio. Poi Riku si chinò su di lui e lo baciò, in un modo che a Demyx ricordò la prima volta che aveva baciato Axel, tremante, insicuro, senza pensare. Rimase immobile, gli occhi sbarrati, e attese che Riku si fosse staccato da lui.

“scusa..” fece lui arrossendo “ ma era tanto che volevo farlo… forse da quando ti ho incontrato quel giorno con la neve… non pensare nulla Demy… questo è solo un grazie… è per farti capire quanto sei importante per me…”

“Riku… io non pensavo che…”

“ho pensato molte volte di essere innamorato di te… non so se lo sono realmente… so solo che voglio starti accanto, Demyx… voglio aiutarti… Non nascondermi mai più nulla, ok?”

Demyx annuì, incapace di dire qualsiasi cosa avesse senso. Rimase a fissare Riku, sorridendo, felice di essersi sfogato con qualcuno, e non con un qualcuno qualsiasi, con quello che, ne era sicuro, poteva considerare il suo migliore amico.

Si alzarono entrambi, uscendo dal bagno. Quello sarebbe stato il loro segreto. Quel bacio sarebbe rimasto chiuso lì, e nessuno avrebbe mai violato la dolcezza di quel ricordo.

 

All’uscita di scuola, mentre Sora faceva battutine senza senso tenendo suo fratello abbracciato per le spalle, cercando di tirarlo su, e Zexion leggeva il suo libro senza mai allontanarsi da Roxas, Demyx e Riku se ne stavano più indietro, senza parlare, gli occhi bassi, quasi avessero timore a guardarsi.

Riku fissava di nascosto l’amico, osservando i suoi occhi, per la prima volta velati di malinconia e tristezza, ma almeno per la prima volta sinceri; ad un tratto notò che Demyx si era fermato. Fissava qualcuno. E non un qualcuno qualsiasi: infatti, vicino al cancello, appoggiato alla moto, mentre parlava con un tizio un po’ vecchiotto che sembrava parecchio allarmato, c’era Axel. Riku sentì una certa rabbia crescergli dentro, non voleva vedere Demyx in quello stato, e sinceramente, gli dava fastidio il fatto che fissasse quel bulletto.

Demyx era come incantato, gli occhi fissi su Axel. Poi notò il tizio: parlava con foga, quasi rischiasse di scoppiare in lacrime da un momento all’altro, ed ebbe un tuffo nella memoria; “ il vecchio” aveva detto Axel. Che fosse quello il vecchio di cui parlava, quello della droga? Non sembrava affatto uno di quei tipi che aveva visto molte volte nei film, aveva una faccia onesta, quasi impaurita.

Mentre ancora cercava di capirci qualcosa, sentì delle voci vagamente familiari dietro di lui

“ma quello non è suo padre?” aveva detto una ragazza

“si, è lui!” avevano risposto le altre, più o meno in coro. Quando Demyx si voltò le riconobbe, anche se non ebbe il tempo di fermarle: erano le compagne di Naminè! Non poteva sbagliarsi, erano loro. Il che significava che “quello” era il padre della ragazza. Ma se così fosse stato, cosa ci faceva con Axel? Nessun ragionamento si collegava razionalmente nella sua testa: da quello che sapeva la famiglia di Naminè era benestante, che bisogno avrebbe avuto lui di entrare in un giro come quello?

Senza pensarci due volte allungò il passo verso Axel, deciso a capirci qualcosa, e non si curò di Riku che urlava per fermarlo; passò davanti a Sora e Roxas, che spostarono la loro attenzione su di lui, perfino Zexion alzò lo sguardo dal suo libro. Quando il biondino si trovò a pochi metri da Axel, la strada gli fu sbarrata da Larxene, che molto poco delicatamente aveva posto davanti a lui la sua gamba, appoggiata violentemente al muro

“dove vai con tanta fretta?” gli fece lei, con le braccia incrociate al petto “Axel non vuole che lo disturbi”

“tu…” Demyx arrossì “tu lo sai?” furono le uniche parole che riuscì a dire, balbettando per l’imbarazzo

“no… non so nulla! So solo che Axel mi ha detto che non ti vuole intorno adesso. Non so perché…” Larxene scese la gamba dal muro, e si avvicinò a Demyx, parlandogli in un orecchio, appoggiata alla sua spalla “…ma mi sono fatta un idea”

Quelle parole fecero scoppiare il cuore di Demyx. Se Larxene, anche solo per invidia avesse rivelato tutto, cosa sarebbe successo? Forse i suoi amici non avrebbero avuto la stessa reazione di Riku, e questo lo spaventava; ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, Larxene tornò a parlare

“voglio vederti sta sera, al parco… vedi di esserci, ragazzino”

“ci sarò” lo disse senza pensare, deglutendo a vuoto mentre vedeva Larxene allontanarsi come se nulla fosse accaduto; forse l’aveva scampata. Riku si avvicinò di corsa a lui, sfiorandogli una spalla con la mano “che ti ha detto?”

“vuole vedermi.. credo abbia capito qualcosa…”

“ci andrai?”

“devo”

“ti accompagno!”
“no” Demyx capì di essere stato brusco nella risposta, così si voltò sorridente verso Riku “ altrimenti avrebbero ragione a chiamarmi ragazzino… Sai, mi sono sempre affidato al fatto che tu mi saresti stato vicino, Riku. Ora è il momento che impari a fare qualcosa da solo, non credi?”

“Demyx, ma tu hai già molti problemi! Io voglio starti vicino!”

Demyx sorrise ancora, e prima che Riku potesse dire altro, lo abbracciò. Il ragazzo arrossì visibilmente, guardandosi intorno: tutti li fissavano, compresi Sora Roxas e Zexion; ma infondo, che gli importava? Quell’abbraccio era così caloroso che non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo.

“ grazie Riku! Sei il mio migliore amico” Riku colse un certo tremolio nella voce di Demyx, e capì che quelle tensioni erano troppe per lui; avrebbe voluto correre in suo soccorso, come un eroe arrivare e districare la matassa complicata dei suoi problemi. Ma si rese conto che lui non era un eroe, e non aveva alcun poter per aiutarlo; ma a Demyx bastava. Gli bastava la sua presenza. Lo abbracciò di risposta, sibilando un dolce “io ci sarò sempre, Demyx!”

Demyx si staccò da lui, tenendogli le mani sulle spalle, e gli sorrise. Poi corse via, salutando con la mano tutti i suoi compagni; Riku rimase a guardarlo, rosso in viso come una mela, e si scosse solo quando Zexion lo pungolò con il libro “e poi eri tu quello a cui non piaceva, eh?”

“eh?!” Riku si voltò e vide Sora e Roxas che lo guardavano con occhi esterrefatti “aspettate, non è come pensate, io stavo solo… ecco lui…”

“Riku… ci posso stare che Demyx ti abbia abbracciato per qualsiasi motivo. Ma perché tu sei tutto rosso, eh?” Sora giurò di toccare terra con la bocca, vedendo il rossore sulle gote di Riku aumentare

“be ecco… è che m pi-c-…” Riku disse qualcosa di incomprensibile

“come?” gli occhi di Sora erano due punti interrogativi

Riku ripetè poco più forte quello che aveva detto, ancora però in modo poco comprensibile

“Riku non ho capito un cazzo! Parla più forte!”

“Ho detto che mi piace va bene!? Sono innamorato di Demyx!!” Riku letteralmente urlò, e fortunatamente per lui non c’era quasi più nessuno nel giardino della scuola che potesse sentirlo; Sora rimase in silenzio alcuni secondi, incapace di dire qualsiasi cosa. Zexion cinse le spalle di Riku con un braccio, sorridendo leggermente “almeno alla fine lo hai ammesso!”

“io non credevo che ne fossi innamorato! Insomma avevo notato che gli stavi parecchio vicino, ma pensavo che lo facessi perché eravate molto amici…” Roxas si grattava la testa, stranamente poco scosso dalla rivelazione di Riku

“Roxas, ma hai capito cosa ha detto??” fece Sora, gesticolando come un forsennato

“si ho capito benissimo. Quello che non capisco è perché ti comporti così, tu.”

Sora si fermò di scatto. Rimase in silenzio a guardare il fratello, poi spostò lo sguardo su Riku, che era ancora rossissimo in viso; sorrise leggermente, portandosi una mano dietro la nuca, e grattandosi la testa fece “hai ragione… Scusa Riku. Sono uno stupido a reagire così! So che non deve essere facile”

Riku annuì, ripensando a Demyx che fissava Axel poco prima, e sospirò rumorosamente, rassegnandosi all’idea di averlo accanto come amico. Sora lo prese sotto braccio, insieme a Zexion e Roxas

“avanti, su con la vita! Vedrai che tutto si risolverà no? Chissà, magari anche Demyx ti ricambia!” rise il ragazzo dai capelli cioccolato

“ma che… lui preferisce Axel…” la voce di Riku, seppur fioca, arrivò benissimo alle orecchie di Sora, che si fermò sudando a freddo

“come scusa…?”

“oh!” sobbalzò Riku tappandosi la bocca “cazzo… e va bene… mi sa che vi devo spiegare un po’ di cose…”

E avanzando a passo lento, fece cenno a tutti di seguirlo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Tutto il possibile ***


La prima volta c'è per tutti

La prima volta c'è per tutti

 

Ed ecco anche il numero sei! Che però non è Zexion, siaben chiaro! (battuta di merda, davvero... me lo dico da sola...)

 

 

 

Ormai il tempo era prossimo alla neve. Mancava circa una settimana al Natale, le strade erano illuminate, le vetrine sfavillanti; mentre camminava, Demyx pensò che non avevano organizzato nulla con i suoi amici. Con tutti i casini che gli stavano succedendo non ne aveva nemmeno la minima voglia; la realtà era che avrebbe voluto passare quel Natale con Axel, magari insieme a tutti gli altri. Ma come faceva a dirglielo, visto che lui nemmeno si degnava di considerarlo, che lo cerava solo per farsi fare qualche lavoretto e poi lo lasciava andare come una puttana?

Sospirò, osservando il fiato bianco uscire dalla sua bocca; alzando lo sguardo, poco distante da lui, vide Larxene, poggiata ad un palo della luce, che lo fissava spazientita.  Si avvicinò rapidamente.

“era ora… ci hai messo una vita” fece lei, indicando l’orologio che ticchettava su una vetrina

“scusami… ero assorto nei miei pensieri e non mi sono accorto che fosse così tardi…”

“vieni, siediti” Larxene gli fece cenno con la testa, e gli porse un bicchiere con del caffè caldo

“oh grazie…non dovevi disturbarti”

“veniamo a noi” tagliò corto lei, sedendosi accavallando le gambe “ tu e Axel vi frequentate?”

A Demyx andò di traverso il caffè

“suppongo di si” si rispose da sola la bionda, senza mutare la sua espressione “lascialo perdere!”

A quelle parole, Demyx si sollevò a guardarla, e prima che potesse dire un “perché?”, lei riprese a parlare

“io non sono né la sua ragazza né lo amo… Ma non voglio che tu lo rammollisca! Axel è un tipo strano, che a modo suo è riuscito però a ridare speranza anche a una come me. Ma questi giorni lo vedo assente, come se pensasse sempre a tutt’altra cosa, e questo non va bene per la sua vita! Nel nostro giro, una piccola distrazione può farti rimettere le penne! Lo capisci questo, vero?”

“è per questo che voglio stargli accanto… Non voglio che stia ancora in questo giro…”

“ma sentitelo!” Larxene scoppiò a ridere “ e dimmi principe azzurro, cosa ne sai tu di Axel? Pensi davvero di poter arrivare da un giorno all’altro e riportarlo nella retta via?”

“voglio provarci almeno! Insomma, tutti possono riuscire se vogliono, no?”

“mpf” Larxene sogghignò, incrociando le dita e poggiandovi sopra il mento “ voglio raccontarti una storia, ragazzino.”

Demyx la guardò curioso, consapevole che quella che avrebbe sentito non sarebbe stata una favoletta

“Anni e anni fa, ero una ragazzina trattata da mia madre come una bambolina. Vestivo sempre da principessina, avevo mille cose attorno a me, tutto ciò che desiderassi. Ma, non ostante tutto, io non ricordo di aver mai ricevuto una carezza, o un abbraccio. Mia madre amava sfoggiarmi con le sue amiche, mi faceva fare la bambolina, e poi mi lasciava da sola a casa, con una fila di servi che non facevano altro che correre su e giù per i corridoi. Mio padre non c’era mai a casa, sempre in giro a lavorare, e lei, pensava non lo sapessi, si divertiva ad andare a trovare quei signorotti che conosceva per gli affari di mio padre, a placare la noia di una casa troppo grande e di una vita vuota, la definiva lei.

Mi sentivo sola, abbandonata da una famiglia che però vedevo ogni giorno sotto i miei occhi e che si allontanava sempre di più da me… Sai parecchie volte arrivai all’idea di ammazzarmi… Un paio ci provai pure… Avevo dieci anni…

Un giorno mi stufai di starmene chiusa lì, ed uscii di casa, di nascosto. Da perfetta bimba ingenua capitai nel quartiere più malfamato della città. Non ci volle molto perché qualche tipo losco mi prendesse di mira. E fu lì che incontrai Axel. Lui mi prese per mano e mi fece scappare. Mi disse di non tornare mai lì, che era un luogo pericoloso per me. Gli chiesi che ci facesse lui. Mi disse che spacciava droga, per conto di suo padre. Che poi non era nemmeno il suo vero padre; era uno schifoso, che per non sporcarsi le mani si era preso un ragazzino che spacciasse per lui, da mandare nei quartieri più malfamati, da solo. Era pieno di lividi, aveva anche il labbro spaccato. Tornai a trovarlo, anche se non voleva dirmi dove abitasse, andavo ogni giorno in quel quartiere, così fu costretto a portarmi a casa sua.

Un giorno, quando tornai per l’ennesima volta da lui, mi arrampicai come di solito sull’albero vicino alla sua finestra, e sentii dei singhiozzi. Mi sporsi e lo vidi. Era vestito in modo osceno, piegato sul letto, mentre quello schifoso del padre lo fotteva ridendo; davanti c’era una telecamera… Corsi a chiamare la polizia, senza pensarci due volte. Capii d’improvviso da dove venissero tutti quei lividi che aveva… Suo padre fu arrestato.

Ci ritrovammo io e lui, senza saper cosa fare delle nostre vite. Io gli proposi di venire da me, lo avrei aiutato, ma Axel rifiutò. Disse che voleva farcela da solo, non voleva pesare a nessuno. Decisi di stargli accanto.

Un giorno mi propose di mettere su un gruppo, di diventare i migliori malviventi della città, così che nessuno ci avrebbe più calpestato. Non ci pensai due volte a dirgli di si. Mi sentivo apprezzata, parte di una famiglia che non avevo mai realmente avuto. Fu così che iniziammo, io e lui. Ora capisci?”

Demyx faticò a trattenere le lacrime, stringendo forte il bicchiere di carta che aveva in mano; gli occhi erano fissi su Larxene, nella sua testa c’era solo l’immagine di Axel nel giorno in cui lo avevano strappato da lui per gettarlo tra le fiamme dell’inferno, nel suo animo solo il desiderio di aiutarlo.

“io voglio aiutarlo…” sussurrò, strozzando in gola i singhiozzi

“davvero? Allora stagli lontano!”

“no!” Demyx mutò di scatto la sua espressione, assumendone una seria e ferma “ no… non posso… L’ho lasciato andare una volta, e non posso farlo ancora…”

“e cosa vorresti fare, eh?!”

“tutto il possibile!”

Larxene smise di respirare. Non poteva credere davvero che quel ragazzino volesse entrare in un mondo come quello solo per tendere una mano ad Axel; i suoi occhi verdi tremarono, per poi assumere un’espressione di compassione “Axel non accetterà mai…”

“perché?”

“lui ha chiuso con il passato, Demyx” per la prima volta Demyx si sentì chiamare per nome da lei, e sentì un certo senso di soddisfazione “ non vuole avere più nulla a che fare con i ricordi… teme di soffrire ancora. Il suo passato lo conosciamo solo io e lui. Me ne parlò una volta, e quando decidemmo di fondare il gruppo mi disse che non avremmo mai più dovuto parlarne, che il suo passato era morto, che tutto il passato lo era. Non ti dirà mai che si ricorda di te”

Demyx sbarrò gli occhioni cerulei “allora lo sai?!”

“certo che lo so… L’ho capito subito, da quando hai fatto quella scenata quella mattina… Axel ti aveva notato da tempo, era sicuro che fossi tu, ma non voleva tornare da te.”

“ma perché? Io l’ho fatto soffrire?”

“aveva paura. Paura di farti entrare in questo giro. Demyx, lui non è più il ragazzino che hai conosciuto all’orfanotrofio, fattene una ragione! Non accetterà mai il tuo aiuto, non ti farà mai entrare a far parte della sua vita!”

“io ci voglio provare” le parole di Demyx non ammettevano deroga. Larxene ne rimase piacevolmente soddisfatta. Quando sentì le mani fredde del ragazzo sovrapporsi alle sue sobbalzò “grazie Larxene. Adesso che so, posso davvero fare qualcosa per lui”

“sai, forse non sei davvero un ragazzino… mpf, sei davvero testardo…” Larxene scoppiò in una risata argentina, fresca, e Demyx la vide sotto una luce che non avrebbe mai immaginato; era dolce, in un qualche modo, una principessa chiusa in un involucro di spine. Il biondino sorrise, tirandosi in piedi.

“torni a casa?” gli fece Larxene, sbadigliando

“no” disse lui fissando le foglie che cadevano leggere dagli alberi “ vado da Axel”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Il rapimento ***


La prima volta c'è per tutti

La prima volta c'è per tutti

 

Andiamo verso la fine ormai, ma ancora manca qualche capitoletto! Ringrazio tantissimo Isuzu che ancora legge e recensisce!! Ti adoro!!!

 

 

 

Se non fosse stato per la luce della casa di Axel che da sola sembrava tentare di illuminare tutto il piccolo quartiere, Demyx non avrebbe distinto una via dall’altra; tutto era buio, silenzioso, quasi tutto l’intero quartiere rispecchiasse il carattere e l’animo di Axel.

Accelerò il passo, fissando la luce di quella casa che si avvicinava sempre di più a lui, nella sua testa c’era solo il desiderio di rivederlo, di proporgli l’idea che aveva maturato mentre andava da lui: una nuova vita, per entrambi. Avrebbero chiuso per sempre la porta del loro passato, avrebbero lasciato quelle vite di sofferenza che avevano dovuto patire, e ne avrebbero ricominciata un’altra, insieme. L’idea di condividere una casa con Axel gli piaceva davvero, la voglia scalpitante di invitarlo a vivere con lui, in una nuova casa, solo per loro, esplodeva nel suo petto ad ogni battito di cuore. Accelerò ancora. La casa era vicina, vedeva il cancello…

Si fermò. Qualcosa non andava. Vide una macchina ferma davanti al cancello della casa, una macchina che non aveva mai visto: non proprio modesta, una bella macchina d’epoca, che non poteva essere assolutamente della madre di Axel.

Ci c’era con lui? Altri giri loschi? Il cuore di Demyx prese a battere ancora più forte. Si avvicinò alla finestra, dietro la quale vedeva due figure stagliarsi: riconobbe subito Axel, il suo profilo muscoloso, le sue braccia lunghe piegate sui fianchi, i suoi capelli irsuti; l’atro gli sembrava vagamente di averlo visto… Sbracciava in preda ad una qualche disperazione, o forse rabbia, e spesso si portava entrambe le mani al viso, come a coprirlo.

Demyx avvicinò l’orecchio alla finestra, e sentì distintamente la voce tremante di quel tipo che sembrava implorare Axel

“ti prego, devi aiutarmi! Non puoi abbandonarmi Axel!”

“ma che diavolo vuoi che faccia io? Ti ho già fatto un lavoro e ci ho anche rimediato una bottigliata! Ti sei messo nei casini, vecchio, ora vienine fuori da solo!” la voce aspra di Axel scatenò una fila di brividi lungo la schiena di Demyx

“solo tu sai come strapparla da quei tipi! Salva mia figlia, ti prego!”

“figlia?” Demyx sibilò quella parola come fosse nuova per lui; d’improvviso s’illuminò: ecco dove aveva visto quell’uomo! La mattina, a scuola! Non poteva sbagliarsi, il suo gesticolare era inconfondibile! Ma certo, era il padre di Naminè! Ma cosa era successo alla ragazza? Il batticuore di Demyx aumentò, sapeva che stava ficcandosi in una situazione pericolosa, se avesse sentito ancora qualche parola sarebbe stato tardi per tornare indietro; ma ormai era lì. Strinse forte le maniche del giacchetto e seguitò nell’ascoltare

“salvarla? Cosa credi che sia, io, l’eroe di un manga?” Demyx vide la figura di Axel sedersi malandatamente sul divano “ non ho nessuna bacchetta magica, io”

“ma la ammazzeranno!” Demyx trattenne un singulto. Sperava che ora Axel avrebbe fatto appello a quel poco di altruismo e buonsenso che è di base in ogni essere umano e avrebbe offerto il suo aiuto a quell’uomo; ma quello che sentì lo scosse

“no, non la ammazzeranno… Gli serve viva… forse le faranno fare qualche film pornografico, tanto per risarcire la parte di droga che non gli hai portato, e poi forse te la ridaranno…”

“come puoi essere così senza cuore?”

“in una vita come la mia” e si accese una sigaretta “l’egoismo sta alla base della sopravvivenza.” Non disse altro. Demyx vide la figura del “vecchio” muoversi verso la porta; si rannicchiò più che poté sotto la finestra, sperando di non essere visto. Quello era talmente scosso che passò senza nemmeno notarlo, mise in moto la macchina e corse via; non era sicuro, ma gli sembrò che stesse piangendo.

Il ragazzo poggiò la testa al muro, respirando con la bocca per calmarsi: quello che aveva sentito lo aveva turbato molto. Come poteva Axel comportarsi a quel modo? Lui, che sapeva cosa volesse dire essere sfruttati per quel genere di riprese? Sapeva che meno si fosse impicciato di quella storia e meglio sarebbe stato, ma non poteva scappare, non in quel momento.

Gli tornò in mente Roxas; lui sapeva della sua cotta per Naminè, ormai lo avevano capito tutti, anche se Roxas aveva sempre tentato di nasconderlo. Ed ora non poteva fuggire e fingere di non aver sentito nulla, doveva farlo per Roxas… doveva farlo per se stesso… doveva farlo anche per Axel…

Si alzò in piedi, deciso ad entrare e a parlare senza essere interrotto, ma quando si trovò davanti alla porta vacillò, e fissandosi la mano tremante, realizzò che lui non era nessuno; rimaneva sempre un ragazzino convinto che i suoi problemi fossero troppo opprimenti per tirarsene addosso degli altri, rimaneva sempre un ragazzino estraneo a quella vita. Strinse forte gli occhi, la testa gli girava atrocemente, lottò contro se stesso per non fuggire e correre a rintanarsi nell’angolo del letto; questa volta Axel non lo avrebbe tirato fuori, questa volta era lui ad avere bisogno di chi fosse sgusciato da sotto quel letto. Afferrò saldamente la serratura, accorgendosi che la porta era stata lasciata aperta, e prima che potesse spingerla leggermente sentì la voce di Axel provenire dall’interno

“ti decidi ad entrare?”

Ce l’aveva con lui? Come aveva fatto ad accorgersene? Timorosamente Demyx spinse la porta, lasciandola aprire lentamente, e fece capolino con la testa; Axel era seduto sul divano, gli occhi puntati su di lui. Demyx prese fiato ed entrò in casa, chiudendosi dietro la porta; e di tutte le cose che voleva dirgli, ora, non gliene veniva in mente nemmeno una.

“vieni qui” gli fece il rosso, richiamandolo con un gesto abile delle dita

“come sapevi … che ero qui…?” Demyx si avvicinava lentamente a lui, quasi lottando per restargli lontano

“ti ho visto dalla finestra. Quel vecchio era troppo occupato a sbracciare per accorgersi di te” Axel non aveva mai staccato i suoi occhi da lui, mentre Demyx si avvicinava quasi timoroso; quando gli fu abbastanza vicino lo prese per un braccio, portandoselo a sedere sulle ginocchia “ma io me ne sono accorto subito” gli fece, lisciandogli la gota con il naso.

Demyx non riuscì a trattenere un gemito, socchiudendo gli occhi a quel contatto; strinse la maglietta di Axel, prima di scrollare forte la testa e ricordarsi il perché si era deciso ad entrare.

“aspetta Axel!” si staccò violentemente da lui, tenendo saldamente le mani sulle sue spalle “ non sono qui per questo!”

“ah no?” il rosso alzò un sopracciglio in modo malizioso “ e allora perché sei qui?”

“perché hai detto quelle cose al padre di Naminè?”

Axel divenne serio. “sta fuori da queste cose, ragazzino”

“sono stufo di sentirmi chiamare ragazzino! Demyx, mi chiamo Demyx! E sono abbastanza maturo per capirle certe cose! Sai che le faranno, vero? Come puoi lasciare che le accada questo? Tu dovresti essere il primo a capire come deve sentirsi Naminè, no?”

“che cosa vuoi dire?” gli occhi di Axel divennero cupi, quasi arrabbiati. Demyx si morse un labbro per ciò che aveva detto, ma ormai non poteva di certo rimangiarselo

“so tutto di te, Axel… ogni cosa del tuo passato…”

“Larxene” sbuffò il rosso, spingendosi via Demyx di dosso “ e con questo?”

“Axel la devi aiutare! Forse non la ammazzeranno ma le faranno anche cose peggiori! Ti prego, fallo per me!”

“per te? Ma non farmi ridere… a te che te ne frega di quella?”

“Roxas ne è innamorato…”

“e allora? Affari suoi, imparasse a risolversi i problemi da solo! Credi di essere il suo supereroe?”

“no, ma sono suo amico! Dovresti provare a ricordare anche tu cosa sia l’amicizia! Un tempo lo eravamo! Mi hai insegnato molto, Axel, mi hai ridato la speranza quando eravamo all’orfanotrofio! Che fine ha fatto quel ragazzino che non temeva nulla, che affrontava ogni cosa a testa alta, che amava la giustizia e la libertà?”

“è morto!” sentenziò Axel, fissando Demyx negli occhi ricolmi di lacrime “è morto anni fa, sotto le botte di quello che diceva di essere mio padre… sotto le violenze che ha subito, sotto le umiliazioni e la solitudine. Quel ragazzino non ci crede più, Demyx, nella giustizia.”

“si sbaglia! Non devi smettere di lottare Axel, non puoi farlo ora!”
“ma tu cosa ne sai? Che ne sai della vita che faccio? Sei soltanto un piccoletto che si lamenta perché papino non gli ha mai insegnato a giocare a pallone, perché sente qualche urlo giù in cucina e qualche insulto tra mamma e papà! Non sai cosa vuol dire dormire la notte con il cuscino nelle orecchie mentre tua madre viene picchiata e piange sul divano, non sai che significa pregare di notte per non svegliarsi la mattina successiva, attendere la morte giorno dopo giorno come una liberazione! E adesso vieni qui a farmi una lezione sulla giustizia, sul se è giusto lottare? Tornatene a casa, ragazzino, questa non è roba per te”

Demyx era rimasto immobile, fermo a farsi ricoprire di amare verità; stringeva i pugni, sentiva ribollire il sangue nelle vene, eppure non era in grado di fare nulla. Tutta la grinta che aveva acquistato poco prima sembrava essersi dissipata alla prima ventata, ed ora rideva di lui mentre fuggiva da quella casa in preda alla rabbia.

Axel rimase fermo, senza tentare nel benché minimo modo di fermarlo, e sospirò rumorosamente; aveva fatto male anche a lui dirgli quelle cose, ma sapeva che quello era l’unico modo che aveva per tenerlo lontano dai pericoli in cui poteva cacciarsi.

Quando fu sicuro che ormai fosse troppo lontano per vederlo, prese una giacca ed uscì di casa.

 

Stringeva forte i denti, Demyx, mentre correva; le lacrime gli rigavano il viso, la rabbia per essere fuggito lo divorava avida, il ribrezzo verso se stesso gli aggrovigliava lo stomaco, lasciandogli un amaro insopportabile in bocca.

Mentre galoppava a testa bassa urtò qualcosa, che poi si rivelò essere qualcuno; quattro cinque lattine di the rotolarono a terra, mentre Demyx cercava di riprendersi per non cadere.

“Demyx?!” la voce familiare lo costrinse ad alzare lo sguardo: era Riku, e accanto a lui c’era anche Sora.

“Riku!” Demyx non disse altro, fiondandosi sul petto dell’amico, singhiozzando forte. Riku arrossì, preoccupato per quelle lacrime che non aveva mai visto sgorgare tanto copiose dagli occhi vivaci di Demyx; d’istinto gli cinse la schiena con un braccio, accarezzandogli i capelli con la mano libera

“cosa ti è successo?” chiese apprensivo

“ragazzi” li richiamò Sora, indicando le nuvole grigie addensarsi sopra di loro “ forse è meglio se torniamo a casa… parleremo con calma”

Riku annuì, stringendo un poco Demyx, che subito prese a camminare a testa bassa, mordendosi le labbra per reprimere i singhiozzi.

 

Non appena avvertì il tonfo della porta che si chiudeva, Roxas si fiondò ad aprire quella della stanza, e quando si ritrovò davanti un Demyx più che devastato, completamente abbandonato sulla spalla di Riku, indietreggiò. Zexion si affrettò a prendere una coperta e la pose sulle spalle del biondino, che si sedette sul letto, senza mai staccarsi da Riku.

“adesso ci dici cosa è accaduto?” Riku gli carezzò leggermente il mento, nel tentativo di tranquillizzarlo

Demyx tirò su con il naso, incerto sul parlare davanti a tutti. Fu Zexion a rompere quel silenzio

“lo sappiamo tutti non ti preoccupare!”

Demyx sbarrò gli occhi, rivolgendo un’occhiata accusatoria a Riku

“mi dispiace… mi è scappato di dirlo, e allora…”

Il biondo sospirò rumorosamente “ e va bene… tanto ormai… vi racconterò ogni cosa”

Il racconto di Demyx fu lungo, il ragazzo spiegò ogni cosa con cura, senza tralasciare la chiacchierata con Larxene, quello che aveva sentito poco prima sul rapimento di Naminè e della litigata con Axel; Roxas, quando ebbe finito di narrare, trasalì, sentendosi svenire

“Na…Naminè è stata rapita??” quasi urlò, tanto che il fratello fu costretto a tappargli la bocca

“sono un verme… avrei dovuto incalzare di più, dovevo convincere Axel… mi dispiace Roxy…” Demyx scuoteva la testa, battendosi un pugno sulla fronte

“Demyx… Demyx!” Riku gli fermò la mano bruscamente, per poi abbracciarlo con calore “avanti, non fartene una colpa…”

“dobbiamo fare qualcosa!” Roxas aveva morso una mano al fratello per riprendere la parola

“certo, come no! Adesso andiamo dai signori spacciatori e facciamo gli eroi!” Sora non rinunciava a fare battute nemmeno in momenti come quelli

“ma non possiamo lasciarla così!” Roxas era sull’orlo di una crisi

“Roxas ha ragione!” Riku si scosse nel vedere lo sguardo di Demyx: era cambiato, ora era determinato. “mi sono tanto riempito la bocca dicendo ad Axel di lottare, e poi sono stato il primo a mollare… Basta! Io ci torno, e non me ne vado finchè non accetterà di aiutarci!”

“Demyx…” Riku sorrise, insieme a Roxas che sembrava aver riacquistato una speranza “non ti lascio solo! Io vengo con te! E sta volta non ammetto no!”

“vengo anche io!” Roxas si batté un pugno sul petto, annuendo con forza

“e anche io!” Sora alzò il pollice in segno di approvazione, e poi si voltò verso Zexion, che alzando le spalle fece

“tanto non ho scelta! Ma certo che ci sono anche io!”

Demyx sorrise, irradiato da una nuova forza.

Senza farsi sentire dalla madre di Sora e Roxas, i cinque uscirono di casa, diretti verso la casa di Axel.

“ei Demy, ti ricordi quando l’abbiamo pedinato per scoprire dove abitava?” ridacchiò Sora, per cercare di spezzare la tensione

“certo, altrimenti come avrei ritrovato casa sua!” quello sembrò quasi un ringraziamento, che Sora accettò con un sorriso.

Erano ormai prossimi alla casa: la sua luce era ancora l’unica ad illuminare il piccolo quartiere, il silenzio dominava ancora padrone, tanto che il cigolio del cancello riecheggiò tetro in tutta la zona. Demyx entrò di scatto in casa, la porta era ancora aperta, e senza nemmeno guardarsi intorno gridò

“Axel sono tornato!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Missione notturna! ***


La prima volta c'è per tutti

La prima volta c'è per tutti

 

Vedrete qui che Demyx coraggioso! Il mio piccolo adorabile biondino con il cuore da leone!! Continuo a volere bene a chi legge!

 

 

“Axel sono tornato!”

A rispondergli fu solo il silenzio. La luce era accesa, ma la casa era totalmente vuota. Axel non c’era. Demyx cercò ovunque in camera sua, nella cucina, perfino nel garage, dove scoprì l’assenza della moto.

“dannazione!” il biondo tirò un calcio al divano “è uscito!”

“avanti calmati” intervenne Zexion “non hai idea di dove possa essere andato?”

Demyx ci pensò un attimo, fissando il tappeto. Poi alzò la testa “Larxene! Potrebbe essere da lei!”

“si, e tu magari sai pure dove abita!” fece del sarcasmo Sora, beccandosi un’atroce occhiata da parte di Riku

Mentre tutti sembrava già sprofondare nel buio più totale, Zexion aveva aperto un cassettino, ne aveva estratto un agendina color mattone e aveva iniziato a leggere quello che sembrò a tutti un indirizzo; e non un indirizzo qualunque, quello di Larxene!

“Zeku!” esclamò Roxas “come facevi a sapere che l’avresti trovato lì?”

“tutte le mamme che si rispettino tengono un’agenda con i numeri nel cassetto sotto il telefono! La mia lo fa” sorrise lui idiotamente, rimettendo l’agenda dove l’aveva trovata

“bene, allora andiamo!” propose Sora

“e come? Casa di Larxene non è dietro l’angolo! E noi siamo a piedi!” sta volta fu Riku a subire le occhiatacce di Sora

“prendiamo una macchina!” tagliò corto Demyx, imboccando la porta. Gli altri lo seguirono confusi

“che vuoi dire con prendiamo una macchina?” ma prima che Roxas potesse avere risposta, Demyx aveva già afferrato una spranga dal bidone dei rifiuti e aveva sfondato il vetro di un’auto parcheggiata lì vicino.

“ma che fai??” Riku sobbalzò al gesto improvviso “sei scemo?”

“la prendiamo in prestito!” rise Demyx, aprendo il cofano e facendo contatto con i fili per avviare il motore

“e tu come fai a sapere come far partire così una macchina?” continuò l’albino, portandosi le mani ai fianchi come una domestica spazientita

“me lo ha insegnato Axel!” il biondino si grattò la testa, esultando quando la macchina si accese “bene, montate!”

“Demy, ma tu sai guidare?” chiese Sora, guardandolo incerto e timoroso della risposta

“non esattamente! Axel mi ha spiegato come si fa e una volta ha provato a farmi portare quella di sua madre… penso di riuscirci..”

“allora facevate anche cose costruttive eh?” Riku si morse la lingua dopo quell’affermazione, ma Demyx sembrò non farci caso, o forse finse di non sentire, e premendo forte sull’acceleratore sfrecciò via, in direzione della casa di Larxene.

Dopo essersi persi sette volte, aver quasi sradicato un palo e investito due pedoni, i cinque, ormai ladri di auto, si ritrovarono davanti alla villetta della ragazza, giusto poco prima che la macchina gli morisse sotto.

“ma che ha adesso?” sbraitò Demyx, battendo sul volante

“è finita la benzina” gli fece notare Zexion, indicando l’indicatore del carburante

“va be, intanto siamo arrivati!” Roxas spalancò la portiera, fiondandosi fuori ed incitando gli altri a seguirlo.

“dai suona Demy!” lo invitò Sora

“ma perché devo farlo io?”

“perché sei tu che la conosci tra noi! Io non mi ci avvicino a quel cancello…”

Demyx si rassegnò e suonò il campanello; gli rispose la voce di un domestico. Quando questi gli chiese chi dovesse annunciare alla signorina, Demyx fece un sorrisetto sconfitto e rispose “le dica che lo cerca il ragazzino!”

Pochi istanti dopo Larxene era in giardino, gli occhi confusi e sbalorditi nel vedere Demyx davanti al suo cancello

“ma che diavolo ci fai qui?” disse con la sua solita grazia, mentre apriva il cancello si apriva automatico “ quando mi hanno detto che mi cercava un certo ragazzino non volevo crederci! Ma si può sapere che vuoi?”

“dov’è Axel, Larxene?” chiese Demyx frettoloso

“Axel? E io che ne so! È da oggi che non lo sento!” poi vedendo gli occhi seri di Demyx si preoccupò “è successo qualcosa?”

“si tratta di Naminè!” Roxas non si trattenne

“Naminè? La figlia di quel vecchio?”

“Larxene devi aiutarci a trovare Axel! Dobbiamo salvarla, non possiamo abbandonarla al suo destino!” quello di Demyx sembrava un ordine più che una richiesta “Axel non era a casa…”

Demyx le parlò della discussione che avevano avuto poco prima, e quando ebbe finito Larxene ebbe un piccolo sussulto

“no, non può essere…” fece lei a mezza bocca

“cosa Larxene? Sai dove potrebbe essere?”

Larxene annuì, tremante “è andato da loro…”

“loro?” fecero all’unisono i cinque

“Axel ti ha cacciato per poter andare da quei tipi senza di te Demyx!”

“ne sei sicura?” gli occhi di Demyx si riempirono di nuovo di lacrime, il cuore iniziò a battergli forte al pensiero di Axel nelle mani di quei tipi

“devi aver riaperto la ferita nel suo cuore… è andato ad offrirgli uno scambio: potranno fare di lui quello che vogliono a patto che lei sia lasciata stare. Accadde un’altra volta… fui così stupida da lasciarmi prendere da certa gente e Axel fece la stessa identica cosa per me… cacciò in malo modo perfino Marluxia… quella volta lo ridussero davvero male, e per fortuna che Marly e Luxord riuscirono ad arrivare con i rinforzi…”

“Larxene tu sai dove si trova il loro covo??” Demyx pregò perché lei annuisse, le strinse forte la manica del maglione sperando di non sentirsi dire di no, e quando lei annuì allargò un sorriso speranzoso “bene! Dobbiamo andare a riprendere entrambi!”

“ e come?” chiese Riku preoccupato “hai un piano?”

“si…” Demyx fissò l’amico deciso, poi guardò Larxene “possiamo entrare?”

“va bene, tanto i miei non ci sono” e voltandosi fece cenno a tutti con la mano di seguirla in casa.

Mentre fissava il sangue che avanti a lui si era disposto a schizzi irregolari, Axel respirava con la bocca, cercando di tamponarsi il rivolo che gli scendeva dal naso e che gli impediva di respirare bene; Naminè sedeva vicino a lui, gli occhi impauriti e gonfi di lacrime. Fissava Axel come fosse stato un qualche unico barlume di speranza a cui attaccarsi, e anche se era tremendamente afflitta nel vederlo soffrire così per lei, involontariamente sperava che non le avrebbero più messo le mani addosso.

Fissandolo si rese conto di non aver mai avuto a che fare con lui: lo conosceva, ma quello era normale, tutti conoscevano Axel nella scuola; quello che era strano era il fatto che lui fosse andato lì per salvarla, o cmq per sacrificarsi al posto suo. Strappò un lembo del vestitino bianco, macchiato da chiazze di sangue, e si avvicinò a lui, tamponandogli il naso alla meno peggio, dato che aveva le mani legate.

“che stai facendo?” fece lui, cercando di sembrare il solito strafottente di sempre

“ti ringrazio moltissimo per quello che stai facendo per me…” Naminè era incerta sul chiedergli perché lo facesse, ma non riusciva a rimanere nell’incertezza “perché lo fai?”

“tu non hai idea del perché sei qui, vero?”

Naminè negò con un cenno della testa “mi hanno detto che devo pagare quello che mio padre gli ha fatto perdere… ma cosa significa? Cosa c’entra mio padre con questi tizi?”

Axel fece un sorrisetto “mpf… beata la tua innocente ignoranza…” sospirò rumorosamente, per poi riprendere “tuo padre c’è più dentro di quanto immagini. La tua famiglia stava declinando economicamente, da quello che so, e lui ha cercato di risollevare le vostre finanze entrando in un giro che non immaginava lontanamente essere così pericoloso… Ma è stato fregato. Non ha consegnato tutta la droga, e quelli si sono incazzati. Ecco perché sei qui”

“non è possibile…” gli occhioni azzurri di Naminè traballavano, incapaci di trattenere oltre tutte le lacrime che insistenti volevano scendergli; lei non le trattenne oltre, e mentre dei rivoli argentei le rigavano le gote chiese ad Axel “e tu cosa c’entri?”

“io gli ho consegnato la roba… è il mio lavoro”

“e perché sei venuto qui?”

“senti ragazzina ringrazia il cielo che sono qui! Sei fortunata che ancora non ti si siano scopati uno dopo l’altro!” le parole di Axel erano state dure, ma lui non conosceva altro modo per metterla di fronte alla realtà. Non riusciva a raccontarle del suo passato, non si sentiva di parlarle di Demyx e di nessun altra cosa. Chiuse gli occhi, poggiando la testa al muro, e nella sua mente scorse le immagini della prima volta che quel ragazzino era stato a casa sua, cercando di sentire ancora sulla pelle il calore di Demyx; a Naminè sembrò strano, e Axel nemmeno se ne accorse, ma in quel momento sorrise.

 

“venite, di qua”

Era immensa. La casa di Larxene era immensa. Proprio come gli aveva raccontato lei, Demyx vide orde di camerieri sfrecciare su e giù per i corridoi, chi con delle scope, chi con vassoi, chi con della biancheria; sui mobili di antica fattura spiccavano molte foto di Larxene da bambina, in posa per lo più, come una bambolina di porcellana. Demyx guardava quelle foto e ripensava alla storia della ragazza, sentendosi un po’ vicino a lei; poi, adagiato su una sedia, vide un giacchetto nero. Lo prese tra le mani, quasi trascinato da un filo invisibile, e si immerse nel profumo che emanava: non poteva sbagliarsi, era di Axel! Lo strinse, certo di sentire la consistenza dei muscoli del rosso sotto le mani, e prima che potesse rendersi conto che tutti lo stavano fissando, il suo mondo di sogni fu interrotto da Larxene

“si, è di Axel quello…” sorrideva leggermente, divertita, ma allo stesso tempo felice, per la scena

“ti dispiace se lo prendo io?” gli occhi di Demyx era tali e quali a quelli di un bambino che chiede una caramella; Larxene fece spallucce

“io che me ne faccio tanto? Lo ha lasciato qui qualche giorno fa”

Demyx sorrise, stringendosi forte quel giacchetto al petto, e si sedette sul divano.

“bene, ora veniamo al piano” il biondino tornò serio “ Larxene, quei tipi hanno rapito Naminè per ripagare quello che suo padre non gli ha consegnato vero?”

Larxene annuì. Roxas scalpitava per chiedere cosa significasse quel “ripagare”, ma il timore che la risposta che avrebbe ricevuto sarebbe potuta essere la stessa che aveva in testa lo bloccò.

Demyx proseguì “bene. Basterà portargli quello che manca allora, no?”

“che intendi dire?” Riku e Larxene si guardarono strano, per aver risposto contemporaneamente

“Larxene tu e i tuoi compagni dovrete radunare tutti i vostri seguaci e irrompere nel loro covo. Nel frattempo io li distrarrò portandogli una bella somma di denaro, dicendogli che mi manda il padre di Naminè”

“ma sei pazzo??” Riku balzò in piedi, spaventato dal piano “non mi piace per niente!”

“Riku ha ragione, è troppo pericoloso” perfino Sora sembrava aver recuperato un senno mai avuto

“Demy potrebbero farti molto male, lo sai vero?” Zexion trovò appoggio nell’annuire di Larxene

“lo stanno facendo anche ad Axel” Demyx strinse forte il giacchetto che aveva tra le mani “ma lui non ha avuto paura”

Gli occhi di Demyx erano decisi, nulla gli avrebbe fatto cambiare idea; Riku lo guardava, quasi implorandolo di tornare in sé, ma capendo che con o senza il loro aiuto lui sarebbe andato fino in fondo, sospirò sconfitto e per l’ennesima volta asserì con un “allora vengo con te”

“ma Riku!” Sora strabuzzò gli occhi “siete ammattiti?”

“ne siete proprio sicuri?” Larxene sapeva quale sarebbe stata la risposta, e gli bastò guardare gli occhi di Demyx per averne conferma “bene. Allora prenderemo i soldi dalla cassaforte di mio padre. Poi rintraccerò immediatamente gli altri”

“sei sicura di poter prendere quel denaro?” Roxas avrebbe fatto tutto per salvare Naminè, ma non voleva che altri ci andassero di mezzo

“mio padre ne ha così tanti che non si accorge di nulla… e poi mia madre ne spende un casino per le sue compere, quindi che problema c’è?” prima che qualcuno potesse dire qualche altra parola, Larxene sparì dietro una porta, ricomparendo poco dopo con una valigetta piena di munny; la lanciò a Demyx, e sorridendo in maniera di sfida gli fece “dimostrami che non sei un ragazzino”

 

La porta si aprì.

Naminè si voltò impaurita verso gli uomini che stavano entrando, e lanciò un grido di terrore quando uno di quelli si avvicinò a lei deciso a prenderla per un braccio; Axel si fiondò tra loro, dando una testata nello stomaco di quello che cercava di afferrare la ragazza

“ma che cazzo ti salta in testa, eh?” gli fece un altro, prendendolo per i capelli

“i patti erano chiari” ringhiò Axel, cercando di nascondere il dolore “lei la lasciate stare!”

“già, ma abbiamo cambiato idea! Non ci dispiace l’idea di farle girare un bel filmino! Con quel visetto da angioletto sai che successo che avrà!”

“schifoso bastardo rispetta gli accordi presi!”

Di risposta Axel non ebbe altro che un pugno nello stomaco, talmente forte da farlo quasi svenire

“tu non sei nella posizione di comandare, mi sembra” il tipo che lo teneva per i capelli sembrava piuttosto mingherlino, ma quello che lo stava riempiendo di pugni era massiccio e forte; il sangue tornò a sgorgare a fiotti dalla bocca di Axel, che tossiva tra i soffocati urli di dolore.

Naminè era paralizzata dalla paura, le lacrime le scendevano come un fiume in piena; pregò che quello fosse soltanto un incubo, un tremendo incubo e che tra poco si sarebbe svegliata, e lo avrebbe dimenticato nel giro di qualche ora. Ma quando vide che nulla cessava di essere, che quello era reale, strinse forte gli occhi urlando “basta vi prego!!”

“sentito?” fece il mingherlino prendendo Axel per il mento “la principessina ha detto basta. Che facciamo Axel, la accontentiamo? Adesso tu ti metti in un angoletto buono buono mentre noi andiamo a girare qualche scenetta, ok?”

Axel gli sputò in faccia

“sei davvero cocciuto brutto stronzo!” il mingherlino fece cenno al colosso di riprendere da dove aveva smesso; Axel stringeva i denti per non mettersi ad urlare come una scolaretta. Per lo meno, sembrava si fossero dimenticati per un po’ di Naminè.

Quando iniziò a sentire gli occhi pesanti capì di essere arrivato al limite; forse sarebbe svenuto di lì a poco, un altro pugno e non avrebbe retto.

Poi, come un miracolo dal cielo, una voce richiamò l’attenzione del mingherlino e del colosso, che smise di picchiare Axel; nella stanzetta entrò un altro tipo

“capo guarda chi ci è venuto a trovare!” e fece cenno di portare dentro le loro prede; Axel sbarrò gli occhi quando vide uno di quelli tenere Demyx per la collottola.

Il biondino non era ridotto proprio bene, forse lo avevano aggredito: stringeva in mano una valigetta nera ed aveva indosso il suo giacchetto. Se non si fossero trovati in quella situazione forse Axel se lo sarebbe stretto forte, vederlo con il suo giacchetto gli piaceva molto.

Il mingherlino lasciò andare Axel, che cadde a terra sfinito e si mosse verso Demyx; il ragazzo, nel vedere il suo Axel ridotto a quel modo sentì una gran rabbia crescergli dentro, ma trattenendosi strinse forte il manico della valigetta, lottando contro se stesso per non scaraventarla in faccia al tizio che gli stava davanti.

“allora, si può sapere chi diavolo siete?”

“ci manda il padre della ragazza” esordì Demyx, indicando Naminè “ dice che questi possono risarcire la parte che vi ha fatto perdere” e porse la valigetta al capo; quello la prese, e la aprì inarcando le sopracciglia

“oh, capisco” fece ridendo piano, poi sempre più forte “ e lui pensa che questo basti? Ah ah! Non imparerà mai la lezione se bastassero quattro munny a salvargli il culo! E poi” avvicinandosi a Demyx gli prese il mento avvicinandoglisi di parecchio “hai un bel visino sai”

Axel strinse i denti e, se non fosse che era stremato, sarebbe saltato addosso a quel tipo e lo avrebbe riempito di pugni per aver sfiorato il viso di Demyx a quel modo

“e con questo?” fece Demyx tremante, la voce fioca. Riku bloccò il respiro, fissando Demyx impaurito

“parecchi maniaci pagherebbero oro per vederti… mm si credo che il vecchio ci abbia fatto proprio un bel regalino! Anche il tuo compagno non è male davvero! Sarete la nostra miniera d’oro!”

“non credo proprio!” Axel sbarrò gli occhi alle parole di Demyx, che sembrava tranquillissimo ora; il mingherlino lo guardò confuso, poi scoppiò a ridere

“ah davvero? E che faresti eh?”

“spero ti piacciano le moto…” disse solo questo Demyx, e mentre il tipo lo fissava ancora più confuso, un rombo assordante fece tremare l’intero locale.

“ma che diavolo?”

Le moto iniziarono a scorrazzare per tutto il locale, il rumore dei colpi sparati in aria spaccava le orecchie, e in breve tutto l’ambiente fu pieno di fumi di scarico misti all’odore di polvere da sparo.

Una moto nera con delle fiammate fucsia si fermò davanti alla porta della stanzetta, e mentre ancora rombava Larxene scese togliendosi il casco, dando una pacca a Marluxia che era rimasto al posto di guida; la ragazza scosse la testa, e mostrando una radiolina fece “no no… non si accetta mai una valigetta senza averla controllata prima”

Il mingherlino aprì di scatto la valigetta e lasciando cadere tutti i munny ne trasse un minuscolo microfono, nascosto sotto le rifiniture di pelle, imprecando, mentre si vedeva puntata addosso una pistola da Marluxia.

“adesso fa il bravo, ok?” gli fece l’occhiolino il ragazzo dai capelli rosa, sorridendo come a prenderselo in giro

Quando gli altri, alzando le mani alla testa, liberarando Demyx dalla stretta, questo si catapultò su Axel

“Axel!! Come stai?”

“dove hai… preso il … mio giacchetto, ragazzino?” sollevato nel vedere che, non essendogli sparita l’aria da strafottente, stava bene, Demyx lo abbracciò, sprofondando con il viso nella sua maglietta.

Roxas entrò di corsa nella stanza e si fiondò su Naminè

“Naminè stai bene?”

“Roxas!!” la ragazza si gettò tra le braccia di Roxas, piangendo istericamente; il ragazzo la abbracciò e carezzandole la schiena la rassicurò

“calmati… è tutto finito ormai”

 

Ci volle un po’ perché tutte le moto fossero uscite dal locale.

Uscendo stirandosi per la fatica, Demyx respirò a pieni polmoni l’aria fresca, felice di essere finalmente fuori da quell’inferno; si voltò e vide Axel che si accendeva una sigaretta, ancora malconcio. Il rosso lo guardò e gli fece cenno di seguirlo poco distante dagli altri.

Mentre si allontanavano Riku li fissò un istante, e si scosse solo quando Sora gli mise una mano sulla spalla

“non ci pensare dai”

“ci proverò…” si sforzò di sorridere, e sospirando si sedette con gli altri che ora ridevano, contemplando la luce del nuovo giorno che nasceva.

“come stai?” Demyx parlò ancora prima che Axel si fosse fermato, ma non ebbe risposta. Si avvicinò ancora a lui e quando gli fu abbastanza vicino, Axel si voltò lentamente a guardarlo, con degli occhi stanchi, ma cmq meravigliosi, e poi lo afferrò per un braccio, stringendoselo forte al petto. Demyx socchiuse gli occhi, premendo forte verso di lui; quando Axel parlò, al ragazzo parve che la sua voce tremasse

“non voglio più vederti ridotto a quel modo”

“guarda che stavi messo peggio te” Demyx ironizzò sperando di far ridere almeno un po’ Axel, ma il rosso non mutò di poco il suo tono di voce

“per questo ti chiedo di dimenticarti di me”

“cosa?” Demyx si staccò di scatto da lui, fissandolo negli occhi “ma che stai dicendo?”

“questa è la mia vita, Demyx. Non voglio che tu ne faccia parte. Tu meriti molto di più, devi poterti svegliare la mattina con l’unica preoccupazione di come riempire la tua giornata e non con la paura di ritrovarti in un  casino come questo”

Demyx scosse la testa, ma stranamente sorridendo “non ti devi preoccupare di questo Axel! Ricominceremo, io e te, insieme! Ce ne andremo dalle nostre vite, prendiamoci una casa, solo io e te, e chiudiamo con il passato!”

“non sarebbe male” il tono con cui lo disse, però, non piacque a Demyx “ ma non posso.”

“ma perché no?!”

“da una vita come la mia non si esce dall’oggi al domani… sarebbero più le volte che ti metterei in pericolo che altro. Mi dispiace Demyx. Dimenticati di me”

“no Axel, io non posso farlo, io…”

“io farò lo stesso”

“no…” Demyx continuava a scuotere la testa, ma sta volta come un bambino cui viene negato il giocattolo “no… no…”

“è inutile Demyx… ho preso la mia decisione. Ti prego vattene e basta. Non voglio ferirti oltre”

Axel lasciò la presa sulle sue braccia e si voltò, dandogli le spalle; Demyx rimase a fissarlo, le lacrime agli occhi… Come poteva aver deciso davvero così?

Si slacciò di fretta il giacchetto, lo gettò a terra e prima di andarsene tutto ciò che riuscì a dire fu

“fa come ti pare!!”

Quelle parole entrarono dirette nel cuore di Axel.

Per la prima volta se le era sentite dire, allo stesso modo con cui lui lo diceva tutte le volte; e realizzò che faceva male. Sentirsi dire quelle parole faceva più male di un addio, di un insulto, di una qualsiasi altra parola. Avrebbe voluto voltarsi per chiedergli scusa, ma trattenne con tutto se stesso quel desiderio e, stringendo i pugni, rimase dove era.

 

Lo so, è una fine capitolo devastante, eh? Eh, la vita purtroppo non è tutta rose e fiori... Però vi rallegro dicendovi che nonè finita! Certo, potrebbe sempre peggiorare... Be sta a voi scoprirlo!

 

 

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Capitolo 10
*** La lettera ***


La prima volta c'è per tutti

La prima volta c'è per tutti

 

Solo perchè è Natale, in via eccezionale, ho deciso di regalarvi gli ultimi due capitoli!

Nel capitolo precedente avevo preannunciato che le cose sarebbero peggiorate... rullo di tamburi... Era uno scherzo! Eh eh, come sono burlona! Non vi preoccupate, è Natale, non ho messo finali bruti! Questo è il penultimo capitolo!

 

 

 

 

La neve aveva finalmente ricoperto le strade, e dal cancello della scuola scendevano delle piccole lingue di ghiaccio cristallino.

Tutto sembrava tornato finalmente alla normalità.

Riku se ne stava appoggiato al cancello e rideva con Sora, mentre prendevano in giro Roxas che arrossiva alle coccole di Naminè, Zexion era finalmente tornato alla lettura del suo tomo epico ed il sorriso sembrava troneggiare sui volti di tutti. Chissà, forse era perché tra due giorni sarebbe stata la vigilia di Natale.

“allora siamo d’accordo?” fece Riku riprendendosi dalle risate

“si,va bene! La festa si fa da te! Ah e dì a tua madre di preparare il riso soffiato al caramello!!” Sora si leccò i baffi al solo pensiero del dolce

“si certo glielo dico…” mentre parlava, Riku non si accorse di una palla di neve che gli si avvicinava a gran velocità e lo colpì in piena faccia

“strike!!” rise Demyx, avvicinandosi sorridente

“Demy! Ma che diavolo fai??” sbraitò Riku, fermandosi poi ad indicare una bustina con una coccarda che aveva in mano Demyx “e quella?”

“oh questo è un regalo di Clarisse, una ragazza che va in classe di Naminè! Sono forte, eh?”

“ma non è giusto, perché hai sempre più successo con le ragazze??” Sora piagnucolò stile bimbo viziato, mentre Riku rideva; l’albino picchiò un piccolo colpetto sul petto di Demyx e fece

“sarà il fascino dei tipi ambigui, eh Demy?”

“senti chi parla!” rispose lui, avvicinando il suo viso a quello di Riku, che arrossì visibilmente

“finiscitela! Ti va bene che sono un tipo calmo io!”

“perché altrimenti?” Demyx si ritirò, sobbalzando all’affermazione dell’amico

“altrimenti ti salterebbe addosso davanti a tutti!” rise Sora, beccandosi le occhiatacce di Riku

“certo che siete senza pudore eh?” Zexion, come di suo solito, non alzò nemmeno lo sguardo dal libro, emettendo un fioco risolino.

Ad un tratto, come di consueto, il rombo delle moto annunciò l’arrivo di Axel e compagni. Demyx si voltò d’istinto verso di lui, distogliendo subito lo sguardo e fissandolo su Larxene, che lo saluto con un piccolo cenno del capo. Axel passò senza guardarlo, con la sua solita aria strafottente, fermato poi da un gruppetto di ragazze che gli porgevano i loro regali; Demyx rimase a guardarlo un secondo, poi prendendo Riku a braccetto, insieme a Sora e Zexion si avviò nella scuola.

Axel lo vide di sfuggita, ma fece finta di nulla.

 

Aveva ripreso a nevicare, le finestre erano ricoperte di ghiaccio e il fiato bianco che usciva dalla bocca di Larxene si stagliava nel cielo, mentre, seduta sul davanzale della finestra dell’aula di fisica, giocava come una bambina a fare delle strane forme con il fiato.

“ti diverti?” lei si voltò di scatto alla voce di Axel

“in realtà mi annoio”

Lui si sedette su una sedia al contrario, poggiando le braccia sullo schienale “perché lo hai salutato sta mattina?”

“allora te ne sei accorto, eh?”

Axel annuì

“gli hai detto di dimenticarsi di te, mica di me” le parole di Larxene furono come una pugnalata per Axel, che ne colse la sottile affilatezza

“fa come ti pare” ripete ancora una volta lui, quasi come un automa

“già… fa come ti pare…” fece lei, scendendo dal davanzale e parandosi davanti a lui; presogli il viso tra le mani lo baciò sulle labbra, cogliendolo impreparato. E, come non era mai accaduto, Axel se la staccò

“ma che fai?”

“lo sapevo…”

“cosa?”

Larxene sorrise “questa è la prima volta che mi respingi, Axel” prese una sedia e la pose di fronte a lui; sedendosi gli prese una mano e continuò “pensi a lui, vero?”

“ma non dire idiozie”

“allora che problema hai con me? Dov’è l’Axel che non perdeva mai un’occasione?”

Axel fissò il pavimento “sarà andato in vacanza…”

“Axel… tu sei a pezzi.” sospirò leggermente “io mollo”

“molli cosa?” fece lui, spostando lo sguardo su di lei

“mollo questa vita. Con te in questo stato non c’è più né gusto né garanzia. Me ne torno a casa mia a fare la bambolina di mia madre”

“non starai mica dicendo sul serio?”

“forse sto mentendo… come fai te.”

“non ti seguo Larxene”

“se devo vivere accanto a uno che mi riempie di bugie inizio a mentire anche io. Perché tu stai mentendo a me e a te stesso Axel! Ti manca, di la verità!”

Axel rimase in silenzio, gettando il viso tra le braccia conserte.

“Axel…” riprese lei “ti conosco troppo bene per non accorgermene. Ti sei innamorato di lui vero?”

Axel stette un attimo in silenzio, poi proferì un soffocato “si…”

“e allora che ti ci vuole a mandare a fanculo questa vita di merda e ricominciare con lui? Sappi che se lo farai io sarò la prima ad appoggiarti, e lo faranno anche Marly e Luxord!”

“si, e come faccio a riconquistare la sua fiducia?? Io l’ho deluso, Larxene” lei giurò di non aver mai visto quello sguardo disperato sul volto di Axel

“e che ci vuole” sorrise lei “lui ancora ti vuole bene Axel, gli manchi moltissimo”

“e tu che ne sai?”

“diciamo che ci siamo incontrati un paio di volte…”

“Larxene…” Axel non riuscì a trattenere un sorrisetto “e che dovrei fare?”

“facile” fece lei alzandosi in piedi “quello che non hai mai fatto!”

 

“Riku aspetta!” Demyx corse dietro all’amico, che era poco più avanti e stava chiudendo l’armadietto “facciamo un pezzo di strada assieme?”

“va bene” annuì lui, attendendo che avesse preso tutti i libri.

Quando Demyx aprì l’armadietto vide svolazzare una lettera, che gli cadde tra le mani

“non ci posso credere, un’altra lettera!” esclamò Riku, con una punta di irritazione

“sei geloso per caso?” rise Demyx, pungolandolo con il gomito

“ma smettila!” Riku gli diede una spinta “aprila, dai”

Demyx non se lo fece ripetere ed aprì svelto la lettera, sicuro che avrebbe letto un’ennesima dichiarazione di qualche ragazza; ma quello che vide lo lasciò senza fiato, tanto che si paralizzò in un’espressione stupita

“che c’è?” fece Riku, sbattendo le palpebre

“è…” Demyx parlò in apnea “è di Axel”

“cosa???? Non ci credo, fa vedere!!” e mentre Demyx era ancora in via di ripresa, Riku lesse ad alta voce quello che c’era scritto

 

mi sento uno stupido per quello che sto facendo. Ma se ripenso a quello che ho fatto capisco di esserlo stato fin dall’inizio.

Vorrei incontrarti il giorno della vigilia, sotto l’albero della piazza principale, per chiarire una volta per tutte con te e con me stesso.

Ti aspetto

Axel

“ci andrai?” chiese Riku, sventolando poi una mano davanti a Demyx che sembrava incantato “Demy mi senti??”

“non è possibile, deve essere uno scherzo…”

“be, per scoprirlo dovresti andarci” Demyx fissò Riku stupito

“Riku…?”

“Demy, ormai è chiaro che io sono innamorato di te… ma questo non vuol dire che sia tanto egoista da pensare che tu debba essere solo mio… questi giorni, forse gli altri penseranno che sei tornato alla tua normalità di sempre, ma io me ne sono accorto, sei a terra… ci pensi sempre, vero?”

Demyx annuì, guardando il pavimento

“e allora devi andare da lui! Io voglio vedere solo il tuo sorriso Demy, lo stesso che avevi quella volta, nel giardino di casa mia, mentre giocavamo a costruire quel pupazzo di neve!”

“Riku…” Demyx sembrava un disco incantato su quell’unica parola; sorrise in un modo dolcissimo, avvicinandosi a Riku lentamente. Gli prese il viso tra le mani, e chinandosi di poco su di lui, lo baciò.

Il ragazzo rimase stupito dal gesto, ma si abituò subito all’idea e chiuse gli occhi, abbandonandosi a quell’unico, vero bacio, che avesse mai dato a Demyx.

Non fu un bacio lungo, ma cmq intenso. Quando Demyx si staccò, lentamente, dalle sue labbra, Riku rimase qualche istante con gli occhi chiusi, come ad imprimersi nella mente quel meraviglioso ricordo, e poi il riaprì, guardando dolcemente Demyx, che gli sussurrò un leggero “grazie…”

Erano ancora così, quando Sora, che stava uscendo allora con Roxas Naminè e Zexion, li indicò starnazzando

“che state facendo voi due???”

I due sobbalzarono, voltandosi di scatto verso il gruppetto che avanzava verso di loro; prima che Sora li travolgesse, Demyx si scansò di scatto e corse via urlando

“mi sa che vado a casa da solo! Ci vediamo!!”

“Demy!” lo fermò Riku “quando avrete chiarito, vieni alla festa, ok?”

“ci sarò! Non mancherei per nulla al mondo!” e sfoggiando uno dei suoi più meravigliosi sorrisi corse via, salutando con la mano. Riku si appoggiò all’armadietto, fissando estasiato il soffitto.

Sora gli saltò letteralmente addosso, facendogli la saponetta sulla testa con il pugno, anche se Riku sembrò non curarsene molto

“lascialo stare, non lo vedi che sta sognando!?” rise Zexion, aprendo l’armadietto

“si può sapere che stavate facendo, eh??” chiedeva curioso Sora, incantato anche lui come un disco rotto

“mi ha baciato…” fece Riku, con un sorrisino soddisfatto stampato sulle labbra, ancora umide

“come??!” fu il coro generale. Riku non se ne curò, e scivolando a sedere per terra ripetè solamente

“mi ha baciato”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** La prima volta c'è per tutti! ***


La prima volta c'è per tutti

La prima volta c'è per tutti

 

 

Ed ecco a voi l'ultimo capitolo!! Spero non vi deluda!

 

Quanti gli avevano offerto dei regali?

Quanti gli erano corsi dietro solo per dire di aver parlato con lui ed esserne usciti vivi?

Quanti gli avevano lasciato lettere nell’armadietto supplicandolo di incontrarsi in un posto concordato?

Ragazzi… Ragazze… Una volta perfino una professoressa.

Camminava per i corridoi e la gente si scansava per farlo passare, entrava nella mensa e subito era libero di scegliere a quale tavolo sedersi, alzava un dito e tutti erano pronti ad eseguire ogni suo ordine.

Perché?

Per paura. Per rispetto. Per semplice imitazione di chi diceva che con lui non si scherzava.

Eppure… quanti amici aveva avuto? Seguaci, tanti. Ma amici? Uno, forse. Quanti amori? Molti… ma quanti di essi erano veri?

Lui non aveva mai dovuto cercare nessuno, lui non aveva mai dovuto alzare un dito. Aveva placato solo la sete di chi lo implorava, e si era divertito.

Ed ora eccolo lì, a sperare che lui arrivasse, che avesse letto la lettera, che per la prima volta nella sua vita, gli aveva lasciato nell’armadietto; aspettava sotto quell’albero addobbato da mille luci auree, mentre la neve candida cadeva lenta sulla cenere della sua sigaretta, che minacciava di cadere da un momento all’altro, aspettava stringendo tra le mani il primo ed unico regalo che avesse mai fatto, serrava i denti, reprimendo quelle che, a suo ricordo, erano le prime lacrime che tentavano di scendergli.

Poi, come un pugnale fosse arrivato dritto al suo petto, sentì quella voce dolce chiamarlo da dietro

“Axel…”

Attese prima di voltarsi, tanto per essere sicuro di non essersi illuso in un sogno, e solo dopo si voltò lentamente verso di lui.

Era sera, le luci scintillavano riflesse dai ghiaccioli pendenti dalle grondaie e la neve che leggera si posava sulle spalle di Demyx sembrava danzare alla dolce melodia natalizia trasmessa al centro; la gente correva, indaffarata nei regali dell’ultimo momento alla vigilia,ma per loro due il mondo sembrava fermo.

Axel fissava Demyx, respirando profondamente; si tolse la sigaretta di bocca, gettandola a terra e, accennando un sorrisino, disse un fioco “sei venuto…”

Demyx annuì “ sono qui. Cosa volevi dirmi?”

“mpf… cosa volevo dirti…” ripeté Axel, incerto su come impostare quel discorso “credo tu lo sappia”

“voglio sentirtelo dire” fece deciso Demyx. Axel lo fissò un istante: come erano cambiate le cose. Quando si erano incontrati, quella volta nel laboratorio, lui era così innocente, docile, timoroso; ed ora era riuscito perfino a dargli ordini! Ma infondo, se era lui, poteva anche stragli bene.

Il rosso si avvicinò a lui, fermandoglisi poco distante, sospirò profondamente e cominciò quello che per lui sembrava un discorso impossibile da pronunciare “ sono stato un idiota. Ma me ne sono reso conto solo ora. In realtà ho sempre desiderato di uscire da questa vita schifosa, ma la paura di un futuro che non conosco mi ha sempre bloccato. Ho smesso di credere nella fortuna, nell’ottimismo, molto tempo fa, per me non esisteva più niente di buono in cui credere. Tutto finché non ti ho ritrovato, Demy”

Ritrovato… Ritrovato? L’aveva finalmente ammesso! Ritrovato! Il cuore di Demyx rischiava di esplodere, ma cercò di trattenerlo finché poté, per ascoltare fino infondo il discorso di Axel

“tu mi hai fatto capire che esisteva una speranza anche per uno come me… Non ho mai saputo cosa fosse l’amore, perché nessuno me lo aveva mai fatto scoprire… nessuno tranne te… Demyx, io non ho più paura del futuro, ci voglio provare, voglio chiudere quest’ennesima porta del mio passato, ma non per seppellire tutto… per ricominciare, con te.” E facendo spallucce alzando le braccia terminò sorridendo con un “sembra che sta volta sia stato tu a tirarmi fuori dall’angolino del letto, eh?”

Demyx non si trattenne più. Si gettò tra le braccia di Axel, stringendosi forte al suo petto “Axel!! Non voglio mai più perderti, mai più!!”

“stupido, piangi ancora? Allora non ti ho insegnato proprio niente eh?” ridacchiò il rosso, accarezzandogli i capelli. Demyx riemerse con il viso dal petto di Axel e, alzatosi un poco verso di lui, lo baciò passionalmente, stringendosi a lui; Axel lo cinse con le sue braccia muscolose, tenendolo a sé come una reliquia troppo preziosa. Si baciarono a lungo, incuranti del frettoloso via vai di gente: potevano correre tutti, per loro il tempo era fermo, il mondo era fermo, bloccato in quel bacio intenso, carico di emozioni.

Quando si staccarono, rimanendo abbracciati sotto l’albero, Demyx si accorse del pacchetto che premeva tra loro

“e questo cos’è?” fece curioso

“è per te” sorrise Axel

“per me? Axel, ma tu non hai mai fatto regali!”

“be, la prima volta, c’è per tutti, no?”

Demyx allargò un radioso sorriso, sentendo tirare la pelle delle gote fredde per via delle lacrime, e scartò impaziente il suo regalo; quando lo aprì, sentì sotto le dita la pelle morbida del giacchetto di Axel

“Axel! Ma è il tuo giacchetto questo!”

“sta meglio a te” sorrise lui, baciandolo a stampo, per poi infilargli il giacchetto nero dopo avergli tolto quello che portava di già. Demyx si guardò e stile top model rise

“si, hai ragione!”

“adesso fai anche l’ironico eh?”

“ma io non sto scherzando!”

Axel prese una manciata di neve e la tirò a Demyx “ma smettila!”

“ah vuoi la guerra, eh?”

E mentre loro erano ancora intenti a tirarsi la neve come due bambini il tempo sembrò tornare indietro, a quando ancora entrambi erano due innocenti ragazzini, in un mondo perfetto che da soli si erano creati.

“Riku ha suonato il campanello!” starnazzava Sora da dieci minuti, mentre giocava alla play station con Marluxia

“perché non vai ad aprire invece di strillare, visto che io sono in cucina!”

“perché sei tu il padrone di casa!”

“apro io dai” Larxene, come se si trovasse a casa sua, andò ad aprire la porta, ritrovandosi davanti Axel e Demyx mezzi bagnati per la neve “era ora, mancavate solo voi!”

“Larxene?” fecero in coro i due

“ma che ci fate voi qui?” chiese Axel entrando in casa e vedendo Marluxia che giocava con la play insieme a Sora

“oh ciao capo! Riku è stato così gentile da invitarci!” rise lui, salutando con la mano. Dalla cucina spuntò Luxord, accompagnato da Riku

“oh siete arrivati!” fece Riku, passandosi una mano sui capelli “sbaglio o l’ho già visto quel giacchetto?”

“già! Il mio Axel è stato così carino da regalarmelo!” Demyx si strusciò al braccio di Axel stile gattino

“il mio Axel, ma sentitelo! Adesso non fare le fusa Demy!” rise Sora, beccandosi un pugno in testa da Axel.

Una risata generale, poi divertimento a non finire: per tutta la sera si divertirono in mille modi, mangiarono il riso soffiato preparato dalla madre di Riku, e si persero nel ricordo della loro avventura di poco tempo prima, romanzandola anche un po’.

“ragazzi, forse non sarà per capodanno…” proruppe poi Demyx, alzando il bicchiere “ma vi giuro che la prossima festa la faremo nella nostra nuova casa!” e strinse il braccio di Axel

“perché andate a vivere insieme?” Zexion diede voce alla domanda che tutti volevano porre

“si” rispose Axel, accarezzando la testa di Demyx “insieme”.

FINE

 

 

Salve lettori! Finalmente questa storia epocale è finita! Ci ho messo una vita a scriverla! Spero vi sia piaciuta! Ringrazio tutti coloro che abbiano avuto la forza di arrivare fino alla fine e vi mando un bacione!

Un ultima cosa: il riso soffiato al caramello è un dolce che prepara sempre la madre di un mio amico, e ne siamo letteralmente drogati! Be con questo penso sia tutto! Sao sao a tutti!!! E Buon Natale!!

 

 

 

 

 

 

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