The good through the evil

di Apollolux
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il sogno di Artù ***
Capitolo 2: *** Life and Death ***



Capitolo 1
*** Il sogno di Artù ***


Nell'oscurità del bosco, Morgana lanciò il suo incantesimo: quella notte Artù di certo avrebbe sognato qualcosa, qualcosa di inaspettato, di improbabile, di impossibile, almeno ai suoi occhi.

Mentre rifletteva sugli ultimi eventi, il sovrano cadde in un sonno profondo, e gli occhi della sua mente assistettero a scene surreali, quasi comiche: il suo servitore, Merlino, fidato compagno di mille avventure, ormai bussola indispensabile nel viaggio della sua vita, stava facendo uso di magia, una magia potente, coltivata negli anni. Di colpo si svegliò, come da un incubo; dopo un attimo di perplessità, sfociò in una risatina superficiale, pensando alla stupidità di quanto aveva appena visto, eppure il seme del dubbio continuava a crescere in lui, forte, deciso, inoppugnabile. Razionalmente, non poteva nemmeno discutere l'assurdità del suo sogno, ma in realtà aveva sempre saputo che Merlino aveva qualcosa di speciale, unico, MAGICO. Aveva conosciuto tante persone, tante ne aveva amate, suo padre, la sua sorellastra, i suoi cavalieri, i suoi sudditi, la sua regina...e poi c'era Merlino. Non aveva mai saputo dare un nome a quel sentimento, in fondo non era bravo con le etichette; sapeva solo che quel pasticcione era aria pura per lui, indispensabile, alla lettera, per alzarsi dal letto tutte le mattine ed affrontare il mondo. Ci aveva riflettuto su di tanto in tanto, soprattutto recentemente, non riscontrando in lui desiderio alcuno di giacere con la sua regina, sebbene fosse passato più di un mese dalle nozze; la novità, si era detto, le continue spedizioni, ma in fondo sapeva che non era per quello che ancora non aveva toccato la sua Gwen in quel senso. Stanco di tutto quel ragionare, scelse di dormire ancora qualche ora, e all'indomani si sarebbe rivolto all'uomo che forse conosceva meglio il suo servitore: sir Lancillotto.

 

“Cavaliere, una parola”- disse Artù con fare deciso, per celare il suo sgomento e la confusione.

“Dimmi Artù” - rispose il cavaliere sempre pronto e disponibile a qualunque richiesta.

 

Mentre Artù raccontava il sogno, il cavaliere cominciò a pensare: forse l'altra parte della medaglia stava cominciando a capire, inconsciamente, come se le due metà stessero finalmente per unirsi. Decise che forse era arrivato il momento per la verità di venire a galla, la avrebbe rivelata con piacere, nell'interesse di entrambi i suoi amici, e così fece:

 

“Artù, c'è qualcosa che dovresti sapere, la risposta a tutte le domande che ti sei posto nel corso di questi lunghi anni, risposta a te negata, solo e unicamente nel tuo interesse...”

 

Il Re voleva sentirselo dire, era pronto.

 

“Merlino è un mago, un mago potente, l'ho scoperto anni fa, e da allora ho sempre rispettato il suo segreto, per proteggere sia te che lui dalla furia di tuo padre. Ha sempre agito nel tuo interesse Artù, questo deve esserti chiaro, si è sacrificato, umiliato e prostrato milioni di volte sebbene avesse il potere di incenerirci tutti, e l'ha fatto per te, per Camelot, per tutti noi.”

 

Nella mente del sovrano tutto tornava, la luce nella grotta, i nemici scomparsi, la sua pelle sempre salva, la pace a Camelot; non poté fare a meno di chiedersi cosa sarebbe successo senza di lui. In fondo non aveva mai odiato la magia, né l'aveva temuta, semplicemente dimostrava di avere di riflesso la stessa opinione del padre, e poi con gli ultimi avvenimenti circa Morgana, non avrebbe comunque saputo cosa pensare. Era sempre stato lì, goffo, sbadato, ma anche saggio, premuroso, leale, invincibile: ecco cos'era il suo servitore, la sua luce, la sua salvezza, la più grande delle conquiste.

Non era più un giovane principino arrogante, e si rese conto di quali erano state le motivazione che spinsero Merlino a tenere in segreto, ma ora voleva che glielo rivelasse, vole sentirlo dalle sue labbra, perché se quelle labbra gli avessero rivelato la sua incrollabile lealtà, nonostante i maltrattamenti, la sua devozione, il suo buon cuore, il suo coraggio e il suo valore, allora certamente non le avrebbe fatte richiudere prima che la sua lingua si trovasse all'interno.

Si, questa fu l'immagine che balenò involontariamente nella sua testa, e non se la seppe spiegare, o forse non ce ne era bisogno.

Sarebbe andato da lui, e si sarebbe divertito, come era loro solito fare, ma stavolta più delle altre, perché era lui in vantaggio. Poi lo avrebbe ringraziato, certo, ma doveva ancora decidere il modo più opportuno per farlo.

 

Morgana assistendo di nascosto al dialogo dei due cavalieri e vedendo quel sorriso pieno di riconoscenza e amore sul viso di quell'ebete del fratello, dannò tutta la sua magia per quello che aveva appena fatto: aveva permesso alle due facce di avvicinarsi, e lei sapeva, sapeva bene cosa sarebbe successo allora: la sua inesorabile fine.

Doveva agire, e farlo in fretta; avrebbe rapito Merlino, così il Re si sarebbe sentito tradito, abbandonato e ferito dalla totale mancanza di fiducia che Merlino aveva dimostrato nei suoi confronti.

 

Un'ora dopo, il sovrano entrò nelle sue stanze, compiaciuto del nuovo giochetto che stava architettando, ma una volta steso sul letto per un po' di meritato risposo, vide un bigliettino, con su scritto “Addio, Sire”.

 

Nella sua mente cominciarono ad attivarsi tutte le terminazioni nervose. No! No! Non proprio adesso. Perché l'aveva fatto? Non si fidava? Era un impostore? No, impossibile, questo lo sapeva per certo.

 

Nel frattempo Merlino e Gaius passeggiavano nel bosco alla ricerca di erbe. Il ragazzo pensò di aver trovato qualcosa, ma dopo tutto quel tempo, ancora non riusciva a distinguerle. Chiamò il nome del suo mentore, più e più volte, e quando si girò per controllare che fine avesse fatto quel vecchio rincitrullito – che adorava con tutto il suo cuore – si sentì dire:

 

“Emrys”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Morgana”.

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Capitolo 2
*** Life and Death ***


Silenzio. Puro e assoluto silenzio. All'esterno almeno; dentro di se Merlino stava per implodere: senso di smarrimento, paura, ma soprattutto rabbia. Sapeva di essere un grande mago, si, ma si riconosceva anche il suo più grande difetto: l'ingenuità, il suo buon cuore. Questo lato della sua anima lo tratteneva dal vedere il male nelle persone. Lo aveva già fatto una volta con Morgana, e si era ripromesso che non sarebbe successo ancora. Non si era mai spiegato da dove provenisse tutta quella forza d'animo, quell'istinto dionisiaco che lo spingeva quasi a rinnegare la sua indole pur di salvaguardare Artù; questo perché non aveva ancora intuito che Artù stesso era la sua indole, la sua ragione d'essere.

Mentre si crogiolava in questi pensieri, sentì una porta aprirsi lentamente.

“Ciao, Emrys”


Artù stava ancora sul suo lettone reale, vuoto. Semplicemente così, come se la sua anima fosse uscita dal corpo e lo guardasse dall'alto. Aveva perso tante persone, tante altre le aveva viste morire, e in quei casi si era dispiaciuto, atterrito, ma non si era mai sentito così, inesistente.
Leggeva quelle due misere parole, ancora e ancora, ma proprio non riusciva a capire. Non aveva la più pallida idea di che cosa avrebbe dovuto fare, d'ora in avanti. Tutto ad un tratto si era dimenticato di essere un cavaliere, di essere un Re con un regno da mandare avanti, di essere un marito, o più semplicemente di essere. Come avrebbe potuto essere, esistere, respirare? Come? No, sarebbe stato impossibile. Un cavallo è tale anche senza il proprio cavaliere, lo stesso vale per un regno, o per un uomo celibe, ma davvero lui non sapeva cosa fosse senza quel maledetto ragazzino con le sembianze di un pennuto. Un senso di angoscia attraversò la sua pelle; dipendeva da Merlino, gli serviva, lo voleva, lo bramava, e allora cominciò a capire. Non poteva essere un sentimento come tutti gli altri, no, lui amava Gwen, davvero, e la sua perdita gli avrebbe spezzato il cuore di certo, ma in quel momento, su quel copriletto rosso, realizzò di non averlo più, un cuore.

All'improvviso entrò Gaius nelle sue stanze, alla ricerca del suo maldestro servitore. Artù fu richiamato dal suo stato di grazia dal quel rumore.

“Sire, Merlino e con voi?”

“Gaius...lui...lui se ne è andato, mi ha detto addio.” - Diamine, non riusciva proprio capire quelle parole; come poteva? Come poteva un uomo ricevere il saluto dal suo stesso cuore? Non poteva, nessuno può. Sarebbe dovuto essere morto, e infondo, era così; respirava, ma respirava solo dolore.

Gaius, nel frattempo, scosso dalla notizia, e dalla faccia da stoccafisso del Re, decise di rivolgersi ai cavalieri, speranzoso di ricevere aiuto, certo che ne avrebbe trovato. Merlino era sempre stato un amico per tutti, ed ecco perché tutti lo rispettavano, non perché fosse un mago, o in quanto servitore del Re, ma come uomo, come amico.


Artù era a pezzi. Mentalmente aveva fatto dei progressi, da quando era giovane, ma quello era troppo, tutto in una volta. Aveva scoperto che Merlino fosse un mago, e poco male, era sempre stato leale e indispensabile per lui. Non gliene importava più di tanto, anzi lo ammirava, per il suo coraggio, per la su umiltà, per il suo cuore. Ma dopo aver letto quel messaggio, qualcosa era cambiato. Aveva perso se stesso. E cominciava a realizzare dei sentimenti che prima non era mai stato in grado di interpretare. 
Era confuso
Spaventato
Angosciato
Ma sentì qualcosa.
Non seppe subito cosa, poi capì.
La sua anima. Lo stava chiamando, sussurrava il suo nome, cercava di uscire la suo corpo. Stupida trappola. La rallentava, lei voleva ricongiungersi.

Comincio  correre, come non mai, per tutti i corridoi del castello. Ad un tratto incrociò Gwen

“Artù? Dove vai così di fretta?”

“Devo andare Gwen, devo andare a riprenderla. Sono morto.”

“Ma di cosa stai parlando? Morto? Cosa devi andare a riprenderti?”


“La vita”.

Continuò a correre, non si curo di lei. Non aveva il tempo di spiegarle, e comunque non avrebbe capito, in fondo non lo aveva mai fatto. Salì sul suo cavallo, e cominciò a trottare, come volesse scomparire nella linea dell'orizzonte. Si era trasformato, non era più un Re, ma un Dio, e come Apollo vola in cielo verso verso il Sole, anche lui stava andando a riprenderselo, il suo Sole, la sua Stella, il centro del suo Universo.
















Ringrazio con tutto il mio cure i lettori, silenziosi e non, che assecondano la mia follia. Questo capitolo e maggiormente introspettivo. Ma credo fosse necessario per tracciare il sentiero dei personaggi. Dal prossimo capitolo, ci sarà tutta la banda bassotti ( i cavalieri!)!
Spero di aver reso bene le psicologie dei nostri giovani, sto prendendo spunto dai miei recenti studi su Svevo :p

Ringrazio ancora tutti, e mi raccomando non trattenetevi nelle recensioni!!!
Baci,
Apollolux.

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