TrunksXPan

di SSJD
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** E' ORA DI ANDARE ***
Capitolo 2: *** SONO PRONTA, ANDIAMO? ***
Capitolo 3: *** "ANNNNDIAMOOOO" ***
Capitolo 4: *** FINALMENTE SOLI ***
Capitolo 5: *** FLASH BACK ***
Capitolo 6: *** OGNI COSA...A SUO TEMPO ***
Capitolo 7: *** ...E CHE ALLENAMENTO... ***
Capitolo 8: *** GAME OVER ***
Capitolo 9: *** YOU AND ME ***
Capitolo 10: *** BUONGIORNO PRINCIPESSA ***
Capitolo 11: *** LIETO FINE (O FORSE NO?) ***
Capitolo 12: *** 4 ANNI DOPO ***
Capitolo 13: *** CINQUE SETTIMANE DOPO ***



Capitolo 1
*** E' ORA DI ANDARE ***







Una settimana dopo il matrimonio di Bra, entrai in cucina dove trovai mia madre e mio padre che facevano colazione.
Adoravo vederli assieme.
Mio padre, sin da quando ero piccolo, aveva sempre mostrato una sorta di indifferenza nei confronti di mia madre, ma la cosa, sinceramente, non mi aveva mai turbato. Per quanto lui si sforzasse di non darlo a vedere, io l’ho sempre saputo quali sentimenti li univa, ormai da anni. Non l’avrebbe mai ammesso, né a se stesso, né tanto meno a lei e ancora meno a me e Bra, ma mio padre, l’amava tantissimo. Era evidente da come la guardava e da come la sua aura diventasse così ‘dolcemente potente’, quando le era vicino. Davanti a me e Bra litigavano sempre, per qualsiasi cosa, ma io e mia sorella lo avevamo capito fin da quando eravamo piccoli: la loro era solo una scusa per poi fare pace.
Li adoravo, tutti e due.
Adoravo come mia madre lo stuzzicava in continuazione.
Adoravo come lui, dopo quasi trent’anni che la conosceva, ancora minacciasse di ucciderla, senza mostrare alcuna intenzione di farlo veramente.
Adoravo vedere lei farmi l’occhiolino, come per farmi capire che in realtà a comandare era sempre lei.
Adoravo entrambi e sapevo che tutti questi momenti mi sarebbero mancati, ora che avevo deciso di iniziare a vivere la mia vita con Pan.
Li avrei adorati per tutta la vita ed ero felice di averli avuti come genitori, pur non avendoglielo mai detto, mio malgrado...

Mi avvicinai a mia madre stampandole un bacio sulla guancia e prendendomi come sempre una cazziata da mio padre, per aver dimostrato ‘affetto’ nei confronti della donna che mi aveva messo al mondo. Sedendomi a tavola con loro, fui subito interrogato ‘cordialmente’ da mio padre, su quali fossero i miei programmi della giornata:
“Ora che ci siamo liberati di tua sorella, quando possiamo sperare che anche tu ti tolga dalle palle, lasciandomi finalmente solo con tua madre?”
“Ah, Vegeta! Non essere così rozzo. Per fortuna che tuo figlio ha preso il mio stesso dolcissimo e amabilissimo carattere. Vero tesoro?” mi chiese mia madre facendomi diventare tutto rosso e gettandomi nel più totale imbarazzo, decidendo di regalarmi un’amorevole carezza.
“Tsk, siete disgustosi” concluse lui rimettendosi a fare colazione con molta voracità.
“Ehm…veramente…ecco…volevo sapere…no, anzi, volevo informarvi che questo weekend sarò fuori casa. Prendo le chiavi della casa al mare, mamma. Ok?” dissi.
“Oh, tesoro…quanto sei romantico…ci vai con Pan, vero? Che pensiero carino! Non lo trovi carino, Vegeta?”
“Ma piantala, donna, che mi viene il voltastomaco. Tuo figlio è un sayan. La vuoi smettere di trattarlo come uno di quegli sdolcinati omuncoli che ti giravano attorno, qualche anno fa?” rispose mio padre scocciato per l’atteggiamento troppo tenero di mia madre.
“Vegeta, sei uno scimmione. Il tuo romanticismo è paragonabile a quello di un gorilla che si vuole ingroppare la femmina del gruppo, dopo aver fatto fuori gli avversari”
Mio padre rispose con un grugnito di disapprovazione e mia madre pensò bene di rincarare pure la dose:
“Lo sai, Trunks, che per riuscire a trascinare tuo padre in quel paradiso che è la casa sulla Spiaggia del Sud, ho dovuto costruire una camera gravitazionale anche là? Altrimenti non ci sarebbe venuto e tua sorella non sarebbe mai nata…”
“Tsk, non c’è mica bisogno di andare in un posto come quello per farsi una bella s…
“OOOOOK! Papà, grazie, per…le…gentili informazioni…Ora, se posso avere le chiavi, parto subito. Così avete TUUUUTTO il fine settimana per CHIARIRVI e DIVERTIRVI e fare…tutte…le cosette…che fate di solito…voi due, Ok?” lo interruppi io per non essere di nuovo reso partecipe di ciò che i miei genitori facevano, ormai da anni, senza pudore.
“Da quando pensi che io abbia bisogno del tuo permesso?” mi chiese di nuovo fulminandomi con quegli occhi così dannatamente sayan che si ritrovava.
“No, no, ma che dici? È..È…È…meglio che vada, ora…Ciao, mamma e grazie per le chiavi”
“Oh, figurati Trunks…se non ci andate tu con Pan o Bra con Goten, chi vuoi che ci vada? Lo senti tuo padre, no? Piuttosto, li hai presi i preservativi?”
Non potevo credere che me lo avesse veramente chiesto. Divenni viola dall’imbarazzo dovuto più al fatto che me lo avesse chiesto davanti a mio padre, che per avermi trattato come un bambino. Mi sorpresi molto quando sentii mio padre intervenire dicendo:
“Non gli servono. Gli ho insegnato un trucchetto da vero sayan per non combinare qualche pasticcio…vero, Trunks?”
Abbassai lo sguardo. Non era possibile che stessi avendo quella discussione con i miei genitori. Ma erano impazziti? Tutti e due? Contemporaneamente?
“Ah, Vegeta! Ma come sei antiquato, sei rimasto fedele al caro e vecchio metodo sayan? Sei proprio sicuro che funzioni?”
“Hey, donna, bada a come parli, sai? Dì un po’, quanti figli hai avuto in più di quanti IO non ne volessi?” le disse scattando in piedi.
Quando vidi mia madre che si alzava a sua volta per poter discutere ad armi pari (ovvero lanciandosi saette con gli occhi), capii che era ora di andare. Sgattaiolai fuori dal mio posto a sedere e andai a prendere le chiavi della casa al mare, appese in una piccola teca in cucina.
Maledizione, non c’erano. Sicuro che le aveva tenute Bra, dall’ultima volta che ci era stata con Goten. Sarei dovuto passare a casa loro a recuperarle. Poco male, non mi dispiaceva passare a salutare la mia sorellina e il mio migliore amico, che non vedevo dal giorno del matrimonio.
In punta di piedi, tentai l’uscita di soppiatto, mentre ancora loro due stavano discutendo di cose che le orecchie di un figlio non dovrebbero mai sentire, ma fui bloccato. Mio padre mi aveva preso per un braccio dicendomi:
“Fermo tu!”
Mi voltai sconsolato. Ero pronto a sentirmi dire di tutto, tranne quello che mi disse sottovoce, in un orecchio:
“Trunks, lo sai cosa ti succede se non la tratti come una principessa, vero?”
“Sì, papà, ma non è come credi. Vado al mare perché ho voglia di stare con Pan, tutto qui. Allenarmi, fare il bagno, prendere il sole... Non ci vado per ‘divertirmi’ come farete voi, appena uscirò di casa…” risposi sottovoce, deglutendo l’aria.
A quelle parole mi fece un leggero sorriso e poi, dandomi una leggera pacca sulla spalla, concluse:
"In questo caso…sta’ attento all’onda energetica di Pan…è quasi potente come quella di suo nonno…Vai, adesso…io ho un conto in sospeso, con tua madre…”
“Ok, ciao, papà e…grazie…”
Lasciò la presa del mio braccio e, senza salutarmi, tornò a discutere con mia madre che stava aspettando ansiosa, la fine del litigio.
Mi misi lo zaino in spalla e uscii di casa diretto a Satan City per andare a prendere Pan, direttamente a casa.



 

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Capitolo 2
*** SONO PRONTA, ANDIAMO? ***






Quando suonai alla porta, fu Videl ad aprirmi e ad accogliermi con un gentilissimo:
“Buongiorno Trunks! Buon sabato! Cosa fai da queste parti? Stai andando via?” mi chiese indicando lo zaino che portavo in spalla.
“No…cioè…volevo dire…sì…veramente. Ero venuto a prendere Pan. Speravo di passare il fine settimana…al mare…con lei. È in casa?” chiesi non sentendo le auree né di Pan, né di Gohan, nelle vicinanze.“Oh, mi spiace…ma non l’avevi avvisata che sareste andati via? C’era l’open day, all’università. È andata con suo padre a prendere informazioni sulle diverse facoltà. Ma tornerà fra poco! Vuoi entrare? Così l’aspetti e ti offro una fetta di torta che ho appena sfornato. Ti va?” mi chiese allegramente.
Come potevo dirle di no? Videl era famosa nel preparare le torte e una fetta l’avrei mangiata volentieri. Mi fece accomodare e, subito dopo, arrivò con un piattino con una grossa fetta di torta alle more con a fianco una forchettina d’argento.
“Grazie! Per fortuna non è alle fragole…sono allergico (*)” le dissi sorridendo.
“Oh, Non avrei potuto farla alle fragole…anche Pan è allergica…che coincidenza!” mi spiegò lei allegra, come se non lo sapessi. Poi, dopo una breve pausa continuò:
“E così andate fuori, per il weekend, giusto?” mi chiese con un tono di voce tranquillissimo. Probabilmente voleva informarsi solo su dove andavamo, ma in quel momento realizzai che, effettivamente, stavo parlando con la mia futura suocera e la cosa mi fece andare nel panico più totale. La torta mi andò di traverso e iniziai a tossire, battendomi un pugno sul torace nella speranza che il boccone malefico abbandonasse le mie vie respiratorie.
“Oddio, Trunks! Aspetta, ti prendo un po’ d’acqua” mi disse preoccupata alzandosi.
Tornò qualche istante dopo, con un bicchiere colmo. Lo bevvi tutto d’un fiato e lo appoggiai sul tavolino di fronte a me, con un timido: “Grazie”
Appena mi fui ripreso, dopo qualche colpo di tosse, le dissi:
“Scusa, Videl…Ehm…sì, volevo portare Pan al mare. Mia madre ha una casa, sulla Spiaggia del Sud…Pensavo le facesse piacere passare un paio di giorni fuori città…” spiegai timidamente, sperando di avere il suo consenso.
“Mi sembra un’ottima idea! Ne sarà sicuramente felice. Pan adora il mare!” mi disse allegra, facendomi un sorriso.
“Già, lo so…anche a me piace molto…” risposi pensando a quante cose avessimo in comune, Pan ed io.
“Vuoi un’altra fetta di torta? Vedo che ti è piaciuta!” mi chiese constatando che il mio piattino era ormai vuoto.
“Eh? No, no grazie! Era veramente deliziosa!”
“Eddai, non fare complimenti! Non vorrai mica che se la mangi tutta Gohan, o Pan, vero?” insistette.
“Ok, allora ne prendo un altro pezzettino, se non ti spiace. Grazie!”
Videl si alzò, prese il piattino dalle mie mani e lo portò in cucina assieme al bicchiere vuoto. La guardai allontanarsi verso la cucina e mi trovai a pensare a quanto mia suocera assomigliasse fisicamente a Pan, nonostante la differenza di età. Mi guardai in giro e vidi delle foto appese al muro. Strano, non le avevo mai notate durante le non poche visite che avevo fatto a Pan, negli ultimi tre anni. Ad un tratto ne vidi una, che richiamò la mia attenzione. C’era ritratto un Mr. Satan con ancora tutti i capelli sulla testa e con in braccio una bambina dai capelli corvini, molto simile a Pan e, a fianco a loro, una donna bellissima, con dei lunghi capelli neri che circondavano un viso dalla pelle nivea e dei bellissimi occhi color azzurro cielo, molto simili a quelli di mia madre.
“È mia madre” mi sentii dire da Videl che, nel contempo, era tornata dalla cucina, con un’altra fetta di torta.
“È…È…bellissima…Ti somiglia molto” dissi distrattamente, tenendo lo sguardo fisso sulla foto.
“Ah, grazie!” disse lei facendo un risolino dovuto alla spontaneità del mio complimento, indirettamente rivolto a lei.
Sentendola ridere, divenni tutto rosso, mi voltai e, imbarazzato, le dissi:
“Oh, scusa…Videl. Non volevo dire…cioè…mi dispiace…io…
“E di cosa? Non hai mica detto che mia madre era una racchia. Era oggettivamente bellissima. Quando sposò mio padre e rimase incinta di me, lui stesso sperò che io prendessi tutto da lei…e in parte fu così. Tieni, se poi ne vuoi ancora, ce n’è!” disse allegra porgendomi il piattino con la torta.
“Grazie! Posso dirti una cosa?”
“Spara!”
“Sono felice che tu abbia preso da tua madre e non da tuo padre. Senza offesa, ma quell’uomo è veramente…veramente…non so, un misto tra genialità e spavalderia!” le dissi ingurgitandomi gran parte del dolce che tenevo in mano.
“EHEHE, è il modo più carino che io abbia mai sentito per definirlo!” rise mostrandomi un sorriso dolcissimo, identico a quello di sua figlia. Poi continuò:
“Trunks, io dovrei fare un salto al bagno…ti spiace se…
“Oh, no, scusami…ho interrotto le tue faccende mattutine…se vuoi vado fuori in giardino ad aspettare Pan”
“No, stai. Finisci la tua torta. Potresti aprire tu la porta, se dovessero arrivare?”
“Ma certo! Non ti preoccupare!”
Videl sparì su per le scale e, immancabilmente, nemmeno un minuto dopo, suonò il campanello della porta di ingresso. Mi infilai l’ultimo pezzo di torta in bocca, lasciai il piattino sul tavolino e andai ad aprire.
“TRUNKS!” esclamò allegra Pan appena mi vide “Che ci fai qui?”
“Già, che ci fai qui? E dov’è Videl?” mi chiese Gohan con fare sospettoso inarcando un sopracciglio.
“Ciao! Videl è di sopra, al bagno” dissi distrattamente senza togliere gli occhi di dosso da Pan, che era davvero uno schianto. I miei pensieri su cosa avrei voluto farle in quel preciso momento, furono interrotti dall’aumento repentino dell’aura di Gohan, che interruppe il mio idillio chiedendomi, con una grazia degna di mio padre:
“Trunks, mi spieghi cosa ci fai QUI?”
Mi voltai e capii che sarebbe stato meglio fornire subito una spiegazione. Pan mi aveva detto che suo padre era geloso, molto geloso…geloso quasi quanto il mio. Tirai un sospiro di sollievo quando, alle mie spalle, sentii Videl scendere in tutta fretta le scale, per venire ad accogliere il marito e la figlia.
“Hey! Siete tornati! Hai visto chi è venuto a prenderti, Pan?”
“Prendermi?”
“Prenderla?”
Dissero in sequenza Videl, Pan e Gohan, voltandosi tutti verso di me e gettandomi nel più totale caos mentale.
“Ehm…sì, beh…già…ero passato a prenderti…voglio dire…a prendere…Pan…per andare al mare, se ti va, ovviamente”
Non feci in tempo a finire la frase che Pan era già sparita su per le scale, diretta in camera sua per preparare uno zaino con le sue cose.
Alzammo tutti lo sguardo al soffitto per seguire i passi molto poco aggraziati della mia fidanzata che correva nel corridoio come una pazza, avanti e indietro, per recuperare tutto l’occorrente.
“Trunks, lo prendo il costume?
Si può fare il bagno?
E la crema solare? La devo prendere?
E il salviettone c’è o lo devo portare?
Le ciabatte servono?
Il cappello?
Gli occhiali da sole?
Ma ci andiamo in volo o hai la macchina? TRUUUNKS?!?”
“Sì, prendi tutto! Anche la tuta…ci andiamo in volo…Ehehe, donne…” dissi abbassando lo sguardo e incrociando quello severo di Gohan che, con un tono degno dello sguardo che aveva, mi chiese:
“La tuta, Trunks?”
“Ehm…sì…La casa al mare ha una camera gravitazionale…Se Pan ha voglia di allenarsi un po’ con me…
“TRUNKS! PER.FAVORE! Non dire mai più, nella stessa frase, ‘Pan’, ‘ha voglia’ e ‘con me’…è la mia bambina…potresti evitare di trovare frasi allegoriche per dirci cosa andate a fare al mare?” mi disse Gohan che stava evidentemente controllando l’ulteriore incremento della sua aura.
“Eh? Ma cosa avete tutti stamattina? Cos’è? L’arrivo della primavera, forse? Voglio portare Pan al mare perché ho voglia di stare da solo con lei…posso?” chiesi un po’ scocciato dal fatto che era già la seconda volta che si facevano allusioni su cosa andassi a fare al mare con la mia ragazza.
Non avevo programmato quel viaggio con l’idea di passare il fine settimana a letto con Pan, anche se l’idea non mi sarebbe affatto dispiaciuta, ma non era quello il motivo.
Volevo portarla al mare per passare del tempo con lei, per divertirci, fare il bagno, allenarci, pranzare e cenare assieme, prendere il sole e giocare con le biglie sulla sabbia. Cosa c’era di male? Perché tutti si aspettavano che succedesse il finimondo? E che caspita, avevo atteso io per tre anni! Cos’era tutta ‘sta fretta?
Avevo pensato di passare il fine settimana fuori perché solo l’idea di trascorrere la notte abbracciato a Pan, in quella casa sul mare, mi faceva stare bene e mi riempiva il cuore di gioia. Era evidente che però, tutti si aspettassero altro e, in quel momento, la cosa mi mise a disagio e mi fece innervosire non poco. Fu Videl a calmarmi quando, sentendomi rispondere con un tono che non era proprio da me, interruppe il marito che stava per replicare, tirandogli una gomitata nel fianco e dicendomi:
“Certo che puoi, vero Gohan?”
“Sì…sì puoi…divertitevi” rispose lui tossendo e massaggiandosi il fianco per la botta che aveva preso.
“Grazie, papà!” intervenne Pan volando letteralmente giù dalle scale e andando ad abbracciarlo.
Diede un abbraccio anche alla madre e venne a stamparmi un bacio sulla bocca prima di prendermi per mano e dirmi:
“Sono pronta, andiamo?”
“Sì…sì, andiamo…Buon fine settimana Gohan e anche a te Videl. Il tuo dolce era fantastico, mai provato niente di più squisito…e non è una frase allegorica, Gohan” dissi facendogli l’occhiolino per prenderlo in giro.
“Hey, sayan, fai poco lo spiritoso sai? Ora sparite…che ho un impegno…con il dolce di mia moglie” mi rispose facendomi un sorriso.
Uscimmo e partimmo subito in volo alla volta della Spiaggia del Sud.






(*) scusate, devo averlo letto da qualche parte che Trunks è allergico alle fragole... ;-)

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Capitolo 3
*** "ANNNNDIAMOOOO" ***





“Pan, dobbiamo passare da mia sorella. Devo recuperare le chiavi della casa sulla spiaggia” le dissi una volta in volo.
“Bene! Così saluto anche zio Goten!” mi rispose allegra.
Pochi minuti dopo atterrammo nel giardino della casetta dove Goten e Bra avevano stabilito il loro nido d’amore.
Suonammo il campanello nella speranza di non interrompere nulla e, pochi istanti dopo, venne ad aprirci proprio Goten, vestito con la sua tuta d’allenamento. “Stai uscendo?” gli chiesi stupito del fatto che mi sarei aspettato di tutto, tranne che vederlo in piedi così presto, il sabato mattina.
“No, mi allenavo, con mia moglie. Perché?” mi rispose lui come se fosse la cosa più normale del mondo.
Scossi la testa come per riprendermi da uno strano e inspiegabile sogno e, con un tono di voce che doveva sembrare quello di un idiota, gli dissi:
“No, fammi capire, ti sei sposato da una settimana e passi il sabato mattina a fare allenamento con Bra? È proprio vero che il matrimonio è la tomba del sesso…“TRUUUNKS!” intervenne Pan tirandomi una gomitata nello stomaco.
“Trunks, le vuoi prendere? Tanto il riscaldamento l’ho già fatto. Saranno affari miei cosa faccio il sabato mattina, o no?” mi chiese lui con il tono di uno che se l’era presa.
Fantastico. Ero in piedi da nemmeno due ore e avevo già fatto litigare i miei, innervosire Gohan e ora anche Goten. Ma cosa c’era nell’aria? I miei genitori e quelli di Pan non vedevano l’ora di liberarsi di noi per ‘fare cose’ mentre mia sorella, sposata da una settimana, che quelle stesse cose avrebbe avuto tutto il diritto, nonché il dovere coniugale, di farle, stava passando il sabato mattina ad allenarsi? Non ci stavo capendo più niente, ma intuii, dallo sguardo di Goten, che avevo appena violato la sua privacy e, abbassando lo sguardo gli dissi un timido:
“Scusa”
“Dai entrate. Non state sulla porta. Vado a chiamare Bra” disse lui facendoci un sorriso.
Qualche istante dopo, tornò con mia sorella, che trovai in ottima forma, come sempre. Ci venne incontro e allegramente ci disse:
“Ragazzi! Che sorpresa! Cosa ci fate da queste parti? Scusate se non vi abbraccio, ma sono tutta sudata…”
“Oh, Bra, ma stai benissimo!” le rispose Pan che se la sarebbe voluta coccolare per bene, come facevano loro di solito.
“Grazie, anche voi! State andando da qualche parte?”
“Sì, veramente…Scusate se vi abbiamo disturbato, ma avrei bisogno delle chiavi della casa al mare. Le hai tu per caso? Dimmi di sì, ti prego. Stamattina sono letteralmente scappato di casa…” le chiesi un po’ sconsolato.
“Mamma e papà?”
“Già…”
“Non cambieranno mai…Comunque le chiavi le ho io. Te le vado a prendere! Vieni Pan? Ti faccio vedere la casa!” esclamò allegra mia sorella prendendo Pan per un polso e trascinandola con sé…da qualche parte.
“Sì, ma fate in fretta! Non voglio arrivare troppo tardi!” gridai prima che sparissero entrambe dalla mia vista.
Rimasi da solo con Goten. Quando incrociai il mio sguardo col suo, capii che la mia mattinata, con i sayan di sesso maschile, aveva preso una piega decisamente sbagliata. Menomale che Goku non c’era più, altrimenti avrei finito per far arrabbiare anche lui…in un modo o nell’altro.
“Cosa c’è?” chiesi timidamente.
“Niente” rispose lui con un’indifferenza totale.
“Perché mi guardi così?”
“Lo sai”
“N-no…veramente…”
“E invece sì che lo sai…” insistette lui abbassando lo sguardo.
Capii a cosa si stesse riferendo. Non erano passati nemmeno due anni da quando, io e lui, ci eravamo quasi ammazzati l’un l’altro, per Pan.
“Eddai, Goten...sono passati due anni, non avevamo deciso di metterci una pietra sopra? Ci siamo perdonati a vicenda, ce l'hai ancora con me?" gli chiesi incredulo.
“No, ma lei è mia nipote e ogni volta che sento nella stessa frase ‘tu’, ‘Pan’ e ‘mare’, mi viene un male al cuore che nemmeno te lo immagini. Il fatto di esserci perdonati, affievolisce, in parte, il dolore che provo, ogni volta che ripenso a quel giorno che, purtroppo, non potrò mai dimenticare. Quindi, per favore, non chiedermi se ce l'ho ancora con te, quando sai benissimo, che dovresti essere tu, quello desideroso di...farmela pagare" disse guardandomi con due occhi tristissimi.
“Goten…io…non...
“ECCOCI!” mi interruppe mia sorella che aveva finito il tour della casa ed era tornata allegramente con le chiavi di cui avevo bisogno.
“Grazie zio Goten, la vostra casa è veramente fantastica!” disse Pan abbracciandolo e stampandogli un bacio sulla guancia.
Goten rimase un po’ stupito del gesto d’affetto che, probabilmente, non si aspettava. Lo capii dallo sguardo smarrito che mi rivolse, prima di ricambiare il bacio e di abbracciarla a sua volta.
“Ti voglio bene, Pan” le disse poco prima di lasciarla.
“Anche io, zio Goten…e anche a te, ZIA Bra…eheheh…che ridere…zia Bra…fino a settimana scorsa eri la mia migliore amica e ora sei…mia zia!!! AAHAHAHA…questa sì che è bella! Ma aspetta!? Trunks, ma se io e te ci sposiamo, diventi anche tu il nipote di Goten? E diventi il nipote di tua sorella? O io divento sorella di tua sorella? In quel caso diventerei sorella anche di Goten…e non più sua nipote…Un momento…non posso essere la sorella di Goten…altrimenti sarei anche la sorella di mio padre…e non più sua figlia…e…
“STOOOOOOP! PAN, BLOCCATI! Respira…brava…così…lentamente…ora guardami…ecco…brava…Ora io e te usciamo e lasciamo Bra e Goten al loro allenamento perché abbiamo già disturbato abbastanza e in più facciamo tardi…OK?” le dissi lentissimamente, scandendo ogni singola parola e prendendole il viso tra le mani.
“Ok…” rispose solo lei prima che la lasciassi.
“Scusate il disturbo. Noi andiamo. Buon fine settimana” dissi.
“Ciao! A presto!” disse allegra Pan che sembrava aver ritrovato le sue facoltà mentali.
“Ciao, divertitevi!” rispose allegra Bra.
“Ciao Goten” gli dissi poco prima di uscire, sperando di ottenere il suo saluto.
“Trunks, aspetta!” mi richiamò.
Mi voltai e, avvicinandosi, mi disse sottovoce:
“Trunks, sarai sempre e solo il mio migliore amico e ti vorrò bene per sempre e, sai? Spero tanto che un giorno la sposerai, Pan…è la cosa più bella che un uomo possa fare, nella vita. Svegliarsi al mattino e avere l’amore della tua vita vicino e decidere un sabato mattina di non farci l’amore, perché tanto avrai tutto il resto della giornata, per farlo, è una sensazione bellissima, che mi rende infinitamente felice. Spero che tu lo possa provare, questo fine settimana”
Lo guardai. Dio mio, quanto gli volevo bene. Lo abbracciai e gli sussurrai un ‘grazie’ pieno di affetto e riconoscimento, per quanto mi aveva detto.
Uscii di casa con Pan che mi prese la mano e, allegramente, mi disse:
“Annnndiamo!”





 

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Capitolo 4
*** FINALMENTE SOLI ***





Era felicissima e euforica. Non stava più nella pelle mentre volavamo, con l’aria ricca di salsedine che ci accarezzava il viso, nel cielo di quella fresca mattina di primavera. Io la guardavo e il solo vederla sorridere immersa nei suoi pensieri di ragazza felice di essere al mondo, mi riempiva il cuore di gioia. Ero così contento mentre riflettevo sul fatto che, forse, parte della sua felicità, era dovuta alla mia presenza nella sua vita, che nemmeno mi resi conto che eravamo praticamente arrivati.
Atterrammo sulla spiaggia e rimasi letteralmente di stucco nel constatare quanto a Pan piacesse il mare. Non ebbi nemmeno il tempo di dirle di entrare in casa a lasciare i nostri zaini, che lei aveva già gettato il suo sulla spiaggia, si era levata la tuta, sotto la quale aveva già indossato un bikini, si era alzata in volo e aveva fatto un tuffo carpiato rovesciato degno delle migliori olimpiadi. Riemerse qualche secondo dopo, agitando il braccio per aria per richiamare la mia attenzione. Raccolsi il suo zaino per portarlo in casa assieme alla tuta, ma lei mi bloccò gridandomi:
“TRUUUUNKS! Vieni? L’acqua è stupenda! Ci sono dei pesci coloratissimi sotto! Vieni? Porta le maschere!”
“Sì, arrivo, porto dentro queste cose e torno, ok?”
Due minuti dopo ero in acqua con la maschera sugli occhi, pronto ad esplorare i fondali marini con Pan.
Il bagno durò a lungo. Quando oramai avevamo quasi le dita palmate, decidemmo di uscire e andare a rosolarci un pochino sotto il sole. Entrammo in casa a recuperare i nostri teli da spiaggia, la crema solare e gli occhiali da sole.
“Mi posso fare una doccia? Non posso mettere la crema con il sale addosso, mi dà fastidio” mi disse Pan allungando il collo come per cercare, nella casa, la porta di un bagno.
“No, vieni, è fuori…la doccia” le risposi.
Portammo fuori tutte le nostre cose. Depositammo i teli sulla sabbia solo leggermente scaldata dal sole. La presi per mano e la portai vicino alla veranda dove c’era una doccia ‘artigianale’ usata per levarsi la sabbia, prima di entrare in casa.
“Puoi fartela qui, la doccia, se vuoi” le dissi facendole un sorriso.
“Ma avrà l’acqua gelida!” protestò lei.
“Beh, sì…ma non tanto più fredda di quella del mare. La vuoi calda?” le chiesi.
“Se fosse possibile…”
Mi trasformai in ssj e chiusi il pugno attorno al tubo che portava l’acqua al diffusore della doccia.
“Prego” le dissi invitandola a girare il rubinetto per iniziare a far uscire l’acqua.
“Così è bollente” si lamentò lei testando la temperatura con una mano.
Allentai un po’ la presa e diminuii un po’ la potenza.
“Così va bene?” le chiesi dolcemente.
“Sì, così è perfetta. Grazie, Trunks!”
“Figurati! Questo e altro per la mia principessa!” le sorrisi.
Finita la doccia, tornai normale. Mi diedi una sciacquata veloce anche io e ci andammo a sdraiare sui teli. Pan si mise a pancia in giù. Prese la crema e, agitandomela con molta poca grazia davanti agli occhi, mi fece capire che voleva essere cosparsa del profumato unguento.
Inarcai un sopracciglio facendole capire che me lo doveva chiedere, gentilmente, solo per provocarla un po’. Mi stupii molto quando le sentii dire:
“Per favore, amore mio, saresti così gentile da spalmarmi la crema solare sulla schiena? Grazie, amore mio. Sei il mio principe meraviglioso”
Dal tono, capii che mi stava prendendo letteralmente per i fondelli, ma feci finta di niente, per poi vendicarmi nel modo peggiore che mi fosse venuto in mente, in quel momento. Le risposi maliziosamente:
“Ma certo, amore mio”
Presi la crema e mi misi a cavalcioni delle sue gambe, poco sotto il suo bellissimo fondo schiena. Le slacciai il bikini in modo tale da togliermi di torno l’unico impedimento alla realizzazione del mio malefico piano. Feci cadere parte del liquido cremoso sulla pelle candida all’altezza delle spalle, lasciandole una lunga scia biancastra e fresca che le provocò un leggero brivido.
Riposi la crema e iniziai a torturarla. Pan non lo capì subito. All’inizio pensò che le stessi spalmando normalmente l’unguento profumato, ma, poco dopo, si alzò sui gomiti e voltò la testa più che poteva per potermi guardare in volto, facendo una faccia perplessissima.
“Che c’è? Non ti piace?” le chiesi maliziosamente sapendo che la stavo facendo impazzire con il massaggio che le mie dita le stavano regalando.
“T-Trunks…che…che intenzioni hai?” mi chiese quasi preoccupata.
“Nessuna…mi hai chiesto di metterti la crema…è ciò che sto facendo…perché? Non va bene così?” continuai a provocarla sfiorandole appena la parte laterale del seno.
“T-Trunks? Stai cercando di provocarmi?” insistette lei emettendo un sospiro di piacere.
“Nooo…Cosa te lo fa pensare? Sono solo un bravo ragazzo che cerca di far felice la sua principessa. Guarda, ora te la metto anche sulle gambe. Sta’ tranquilla, te l’ho sempre messa la crema, no?” le dissi scavalcandola e rimanendo in ginocchio a fianco a lei.
Ripresi il tubetto e ri-lasciai due lunghe strisce di liquido su tutta la lunghezza delle sue infinite gambe. Poi ripresi a massaggiarla partendo dai polpacci e salendo sempre più su. Quando arrivai poco sopra il ginocchio, le feci divaricare leggermente le gambe e continuai il mio gradevolissimo incarico con una lentezza che le stava donando un piacere infinito.
Arrivai a sfiorale il costume, in mezzo alle gambe e, solo in quel momento, Pan ebbe un sussulto e sospirando, mi sussurrò:
“Mhmm...Trunks…Ma chi sei? Il genio del barattolo della crema solare? Non smettere...é troooppo bello...Hey, ma...cheffai?”
"Ti riallaccio il costume! La crema te l'ho messa" le dissi facendole un sorrisetto sadico mentre cercavo i laccetti del bikini.
"Ah, Trunks...sei...sei...
Si interruppe. Penso che stesse cercando la parola giusta per non farmi arrabbiare, visto com'era finita l'ultima volta che, su una spiaggia non lontana da quella dove ci trovavamo, dopo avermi offeso, finì in acqua, con tutti i vestiti addosso.
"Sono?" le chiesi incuriosito.
"Un amore! Grazie per la crema. Lascia, non lo riallacciare, il costume, altrimenti mi rimane la riga! E poi qui ci siamo solo tu e io…me lo posso togliere del tutto, il pezzo sopra”
Se lo sfilò da sotto il torace e lo mise sul telo a fianco a sé. Poi appoggiò la testa su un lato, girandola in modo da potermi guardare, mentre mi sdraiavo a mia volta sulla mia spugna, in posizione supina.
“Trunks, perché tu non te la metti mai, la crema? Scusa, hai gli occhi e i capelli chiari, com'è possibile che non ti scotti mai?" mi chiese quasi scocciata del fatto che invece lei, nonostante i capelli e gli occhi scuri, avesse una carnagione chiarissima.
"Perché io ho preso la carnagione di mio padre e ringrazio il cielo che tu abbia preso quella, e molto altro, da tua madre che, a sua volta, ha preso tutto dalla sua e non da Mr. Satan, altrimenti non saresti stata così..." spiegai ricordandomi della foto che avevo osservato quella mattina, a casa di Pan.
"Mhmm...sarà...posso riposare un po', Trunks? Il volo e il bagno mi hanno fatto stancare un pochino"
"Ma certo! Devi riposarti. Altrimenti oggi pomeriggio non sarai in forma, per l'allenamento..." le dissi girandomi leggermente di lato per darle un leggerissimo bacio sulla spalla.
"Eheh...allenamento...adesso è così che si chiama?" mi chiese lei nel dormiveglia.
"Sssshhh...dormi...vedrai che spasso..."
Pan chiuse gli occhi e si addormentò in un istante. Rimasi ad osservarla per qualche minuto, in silenzio. Era bellissima. Mai vista una creatura dolce e allo stesso tempo sexy, come lei.
Le accarezzai i capelli e, nel preciso istante in cui le mie dita le scostarono una ciocca bagnata dal viso, mi tornò in mente tutto. Mi ricordai di quella terribile giornata in cui Goten, il mio migliore amico, la persona che avevo sempre considerato come un fratello, mi avrebbe ucciso, se mia sorella non fosse intervenuta.
Lasciai Pan ai suoi bellissimi sogni e mi rimisi supino a guardare il cielo dove viaggiavano leggere, innocue nuvolette primaverili. Mi misi a pensare a quel giorno, quell'orribile giorno e ringraziai il cielo e mio padre, dell'esistenza di mia sorella.





 

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Capitolo 5
*** FLASH BACK ***






Sapevo di sbagliare.
Sapevo che avrei dovuto dire a Goten che stavo con sua nipote, già da più di un anno.
Sapevo che tutti avrebbero pensato che fosse sbagliato, stare con lei. La differenza di età, tra di noi, non era l'unica ragione che tutti avrebbero addotto, per separarci. Io ero di fatto un uomo e lei...beh...lei era una ragazzina.
Sapevo che non sarebbe stato facile far accettare a tutti l'amore che ci univa, da ormai più di un anno.
Sapevo tutto, tranne che Goten, venendo a conoscenza della nostra relazione, avrebbe tentato di uccidermi.
Quel giorno, su quella spiaggia, ci eravamo andati per divertirci e passare del tempo in compagnia. Avevo deciso di affrontare l'argomento con Goten che, ai tempi, frequentava ancora quell'oca giuliva di Valese. Fortunatamente, quel giorno, lei non venne con me, Pan, Bra e Goten alla spiaggia, per un impegno che non riuscì nemmeno tanto bene a spiegare.
Passammo una mattinata fantastica a giocare a beach volley, a fare il bagno e a prendere il sole.
Pan era venuta con la scusa di essere la migliore amica di Bra, per non insospettire Goten, ma in realtà, voleva solo passare del tempo con me.
Mia sorella, dal canto suo, era venuta con la scusa di essere amica di Pan, ma il suo vero obiettivo era sedurre Goten, per il quale aveva una cotta, da ormai due anni.
L'unico che si era associato alla comitiva senza uno scopo ben preciso, era proprio il mio migliore amico. Penso che non si sarebbe mai aspettato che quel giorno avrebbe cambiato la sua vita, per sempre.


Verso le quindici, Bra e Goten decisero di andare a fare una passeggiata sulla spiaggia e io rimasi solo con Pan. Stavamo prendendo il sole e le nostre mani si cercavano e accarezzavano. Le nostre dita si incrociavano e si rilasciavano, come in una magica danza che ci univa e ci riempiva il cuore di una gioia immensa.
Ad un tratto sentii il desiderio incontrollabile di baciarla. Di baciarla e di stringerla forte a me. Di stringerla e accarezzarla per dimostrarle quanto tenessi a lei e quanto le volessi bene, con tutto il mio cuore.
Mai avrei immaginato che il mio desiderio provocasse ciò che, di lì a poco, sarebbe successo.
Senza pensarci due volte, mi voltai sul fianco e proseguii la mia rotazione fino a quando, la metà destra del mio corpo andò a ricoprire completamente e delicatamente la metà destra del corpo di Pan. Le accarezzai i capelli e ci guardammo negli occhi, gli stessi che avevo imparato così bene a conoscere, in quel magnifico anno che avevamo trascorso assieme, da clandestini, purtroppo.
La guardai per alcuni secondi, le scostai una ciocca di capelli bagnati dal viso e poi, la baciai.
Era la prima volta che la baciavo in presenza di altre persone, ma in quel momento, non so perché, non mi importava assolutamente nulla, del resto del mondo. Sentivo il contatto della pelle di Pan con la mia ed era una sensazione...bellissima anzi, a dir poco, straordinaria. Era completamente differente da ciò che avevo provato facendo sesso con le poche ragazze con cui ero stato, prima di Pan. Ciò che sentivo era un incredibile desiderio.
Niente sesso.
Nessun desiderio fisico verso quel corpo ancora troppo immaturo.
Niente carezze dove, né io, né lei, potevamo permetterci.
Niente.
Solo quel bacio e la nostra pelle che si sfiorava delicatamente.
Niente di più.
Non le avrei mai chiesto più di quanto mi stesse già donando, in quel momento.
Fu allora che capii.
Capii che la mia vita non avrebbe più avuto senso, se avessi passato ancora del tempo a nascondere al mondo, a me stesso e a Pan, ciò che provavo per lei. Mi staccai dalle sue morbidissime e dolcissime labbra al sapore di frutta e, guardandola con tutto l'amore che provavo in quel momento, le dissi:
"Pan, ti devo dire una cosa...io ti...
Le parole mi morirono in gola. Qualcuno mi aveva sollevato letteralmente di peso e mi aveva fatto volare a metri di distanza. Atterrai sulla sabbia bollente e, stordito, mi voltai immediatamente per capire chi mi avesse portato via da lei, via da Pan.
Vidi due gambe muscolose a fianco a me e, alzando lo sguardo, capii che ero letteralmente nei guai.
Goten mi guardava con due occhi azzurro mare più severi di quelli di mio padre. I capelli color sole ondeggianti all'aria ricca di salsedine e i pugni stretti in una morsa che cadevano lungo i fianchi, non facevano presagire nulla di buono. Ancor meno, il tono con cui, poco dopo, mi ordinò di alzarmi.
Lo feci.
Appena fui in piedi, guardai Pan che, abbracciata a mia sorella, piangeva disperata, implorando suo zio di non farmi del male.
Poi rivolsi il mio sguardo a lui. Al mio migliore amico, fino a quel momento, per lo meno.
Allargai le braccia e gli dissi la prima cosa che mi venne in mente:
"Goten, non è come credi"
"Credo a ciò che vedo e ciò che ho visto tanto mi basta, per farti sparire dalla faccia della Terra" mi disse con uno sguardo terrificante, che non gli avevo mai visto, dipinto in volto.
"Goten, ascolta...
"No, seguimi. Non possiamo stare qui. Muoviti" disse alzandosi in volo.
Lo seguii.
Volammo lontano, nell'entroterra, dove non poteva vederci nessuno. Dove non potevamo fare del male, a nessuno, solo a noi stessi.
Arrivati sopra al deserto, Goten si fermò. Mi bloccai dietro di lui, a pochi metri di distanza. Poi, senza nemmeno voltarsi, mi chiese:
"Perché? Perché, Trunks? É solo una ragazzina. Come puoi provare attrazione per una ragazzina come Pan? Non ti ho fatto conoscere abbastanza ragazze della tua età? Lei ha solo sedici anni, come hai potuto?"
"Goten, voltati per favore. Possiamo parlare come persone normali? Io...
"NO! Forse non l'hai notato, ma noi NON siamo persone normali" mi interruppe lui voltandosi e tornando indietro di qualche metro, per potermi guardare negli occhi.
"É vero, non lo siamo" ammisi sostenendo il suo sguardo "Siamo sayan e questo fa di noi due esseri unici che dovrebbero parlare come fanno i fratelli o...gli amici, i veri amici. Tu invece non vuoi sentire cosa ho da dirti, perché sei disposto a credere solo a ciò che pensi di aver visto, ma ti garantisco che...NON É COSÍ"
"No? E com'è? Sentiamo, principino...Te lo spiego io com'è. TU e la TUA famiglia, a cominciare da TUO padre, siete...abituati...a prendervi ciò che volete. Siete viziati, crudeli, cinici e meschini. Avete vissuto per anni, crogiolandovi nella pace che MIO padre e MIO fratello, vi hanno garantito. E ora TU gli fai questo? Fai questo a MIO fratello? Ti prendi la libertà di scoparti mia nipote? Ma bello e ricco come sei, non ne potevi avere centomila? Sei un bastardo, Trunks e ora la pagherai, per ciò che hai fatto" concluse incrementando la sua aura in un modo sorprendente.
Ciò che mi aveva detto mi fece male. Molto male. Eravamo amici da quasi trent'anni e questo, per lui, non contava nulla.
Mi trasformai e decisi di combattere. Poteva avere ragione su tutto. Sulla mia famiglia, sulla sua, ma di certo non poteva accusarmi, di ciò che NON avevo fatto con sua nipote. Voleva farmela pagare per un motivo basato sulla completa distorsione della realtà e questo, non potevo assolutamente accettarlo.


Non so per quanto tempo combattemmo. I nostri corpi erano martoriati dai continui colpi che ci stavamo scambiando.
Ad un tratto, finii contro una roccia e rimasi incastrato. Le poche forze che mi rimanevano non mi permettevano di liberarmi. Lo vidi avvicinarsi con un sorriso malefico stampato in faccia. Si mise davanti a me e iniziò a ridere di gusto, per la soddisfazione di sapere che la mia fine sarebbe giunta di lì a poco.
"Ti prego, Goten, no..." lo implorai.
"Perché? Dammi un solo motivo per cui non ti dovrei uccidere" mi disse sogghignando.
"Perché io la amo e non è come credi tu. Non ci sono mai andato a letto, mai. Come potrei, Goten? Come potrei mentirti? Oggi volevo dirtelo. Volevo dirti che è più di un anno...che stiamo assieme. Non pensavo di dovertelo dire in questo modo, ma è la verità, credimi!" gli dissi con il cuore in mano.
"Ha solo sedici anni, Trunks. Come puoi amare una ragazzina di sedici anni?" mi chiese mutando il suo sguardo da furioso a un misto tra serio e incuriosito.
"Perché è una sayan. Siamo stati fatti per vivere assieme. E assieme non vuol dire da ora, ma di certo io spero per sempre. Non mi uccidere, ti prego...non ho fatto niente per meritarmi questo" gli dissi.
Goten mi guardò, cercando di leggere nei miei occhi dello stesso colore dei suoi la sincerità che cercavo di trasmettergli. Capii che ciò che gli avevo detto era stato tutto inutile quando, allontanandosi da me, mi disse:
"Non ti credo, Trunks. Ciò che hai detto non ha alcun senso. Hai giocato con i sentimenti di mia nipote, ma ora è finita"
"Nooo, Goten" lo implorai appena lo vidi creare una sfera energetica nei palmi delle mani.
Chiusi gli occhi. Non potevo accettare di morire per mano del mio migliore amico. Per mano di un sayan, come me. Qualcuno, probabilmente mio padre, avrebbe vendicato la mia morte, ma che importava? Avrei voluto passare il resto della mia vita con Pan e amarla, per sempre. Quella mattina, alzandomi, non avrei mai creduto che il resto della mia vita, sarebbe stato così breve.
Attesi la mia fine, senza poter fare nulla, ma il mio ultimo respiro, non arrivò mai. Pochi istanti dopo, giunse infatti alle mie orecchie una inaspettata, quanto gradita, voce femminile, proveniente da molto vicino. Riaprii gli occhi e, davanti a me, oscillava la coda azzurra in cui mia sorella aveva, come sempre impeccabilmente, racchiuso i capelli.
"No Goten, ti prego, non farlo!" aveva esclamato parandomisi davanti e assumendo una posizione a stella, con gambe e braccia aperte, che mi coprivano quasi completamente la visuale.
"Braa?" domandai incredulo.
Si girò leggermente, facendomi un leggero sorriso e mi disse:
"Non permetterò che ti uccida, Trunks. Tu non hai fatto niente, me lo ha detto Pan e questo lo deve sapere anche Goten" mi disse rigirandosi a guardare il mio amico che, nel contempo, aveva fatto sparire la sfera e si era avvicinato a mia sorella. Con fare minaccioso le disse:
"Togliti di mezzo, Bra. Questi non sono affari che ti riguardano. É una faccenda tra me, tuo fratello e mia nipote che fa solo bene, a nascondersi, ma poi farò i conti anche con lei...Vero, Pan?" concluse gridando ad una roccia non molto distante, dietro la quale, si sentiva chiaramente la presenza dell'aura della mia ragazza.
"Goten ascolta" continuò Bra "Hai veramente frainteso tutto. Mio fratello e Pan sono...sono davvero innamorati. Si sono messi assieme su un pianeta lontano e hanno continuato a vedersi di nascosto per tutti questi mesi"
"Perché? Perché di nascosto? Perché non mi hanno detto nulla? Io e te eravamo come fratelli, Trunks! Come hai potuto tenermi nascosta una cosa del genere? L'unico motivo per cui non me lo hai detto, può essere solo per nascondere a tutti che ti sei approfittato di lei. É vero o no?" domandò Goten irritato, spostando lo sguardo su di me.
"NO! Non è così. Lo vuoi capire o no che non è successo NIENTE fra di loro? Lo vuoi capire o no che se tu uccidi adesso mio fratello, lo farai per NIENTE? Lo vuoi capire che se uccidi lui, dovrai uccidere anche me?" lo aggredì Bra mantenendo un tono di voce fermo.
"Te?" chiese lui quasi incuriosito.
"Sì, me. Perché se tu farai del male a Trunks, mio padre non te lo perdonerà mai e verrà a cercarti e ti ucciderà e io non voglio...non voglio nemmeno pensare, di vivere il resto della mia vita...senza...
Bra non riuscì a finire quella frase e scoppiò a piangere.
Raccolsi le ultime forze che avevo in corpo per riuscire a liberarmi da quella dannata roccia, che mi teneva prigioniero. Volevo andare ad abbracciarla. Volevo tenerla stretta e dirle che la capivo, capivo il suo dolore più di ogni altra persona al mondo. Solo io potevo capire come si sentisse in quel momento. Era stato difficile, per me, nascondere a tutti la mia relazione con Pan. Potevo solo immaginare quanto fosse frustrante per mia sorella tenere nascosti i sentimenti che provava, da ben due anni, per un uomo che, con molta probabilità, la vedeva più come una sorella, che come una possibile amante. Mi liberai e andai ad abbracciarla. La tenni stretta forte a me e le accarezzai i capelli, per cercare di calmarla, ma continuavo a sentire le sue lacrime bagnarmi il petto e distruggermi il cuore.
Mi voltai verso Goten e gli dissi:
"Per favore, Goten, lasciaci in pace. Oppure uccidici, tutti e due. Se pensi che amare qualcuno che non ti è permesso di amare sia una colpa, anche mia sorella deve essere punita"
Goten ci fissava. Sembrava stupito da ciò che gli avevo appena detto.
Spostò lo sguardo da me alla mia sorellina e le disse solo:
"Senza?"
Fu allora che Bra si staccò da me, smettendo di piangere e asciugandosi le lacrime che, fino a quel momento, le avevano riempito i suoi bellissimi occhi azzurri. Si avvicinò a Goten e, guardandolo severamente, gli disse:
"Senza di te, stupido sayan che non sei altro. Possibile che tu non l'abbia ancora capito, che sono innamorata di te?"
Goten sgranò gli occhi. Spostò il suo sguardo su di me, per poi guardarsi in giro, scuotendo leggermente la testa. Era evidente che fosse confuso.
Ciò che successe, nei pochi istanti successivi, credo che avrebbe stupito chiunque avesse assistito alla scena. Decisamente mi ero sbagliato nel pensare che Goten vedesse mia sorella come anche la sua.
Goten annullò la distanza tra lui e Bra.
Le prese il viso tra le mani accarezzandole le guance con i pollici, con una dolcezza incredibile e, un secondo dopo, la baciò.
La baciò lì, davanti a me, per un tempo che a me e a Pan, che aveva finalmente potuto abbandonare il suo nascondiglio, raggiungendomi, era sembrato infinito.
Solo poco dopo aver appoggiato le sue labbra su quelle di Bra, Goten tornò normale. La sua aura perse a poco a poco potenza e, quando Bra decise di accarezzargli i fianchi, sia Pan che io avvertimmo solo un gran senso di pace, provenire da quei due corpi che si sfioravano, per la prima volta.
Quando finalmente decisero di staccarsi, Goten la guardò negli occhi, per qualche secondo. Poi voltò lo sguardo verso di noi e disse solo:
"Mi dispiace...ora ho capito...cosa provi, Trunks...Posso...posso chiederti se ti dispiace che io esca con tua sorella...stasera?"
"É un modo contorto per farmi capire che avrei dovuto chiederti il permesso di uscire con tua nipote, ti pare?" gli dissi facendogli un sorriso.
"Già, ma vorrei che tu ne fossi felice..." disse timidamente.
"Sì, lo sono, più di quanto tu possa immaginare" gli risposi.


Quella sera, sulla strada del ritorno, Goten guardava fuori dal finestrino ed era particolarmente silenzioso. Sedevamo sul sedile posteriore dell'auto che Bra stava guidando con la classica cautela da neopatentata e, avvicinandomi all'orecchio del mio amico, gli dissi:
"Goten, tutto bene?"
"Mi perdonerai mai, Trunks?" mi chiese secco lui, lasciandomi di stucco.
"Goten, guardami, per favore" gli dissi facendolo voltare "Tu sei mio fratello. Ciò che è successo oggi è stata solo colpa mia. Avrei dovuto dirtelo e mi dispiace, non averlo fatto subito, appena tornati da quel viaggio. Ma ti ricordi cosa successe, nei mesi che seguirono il nostro ritorno, no? Baby, i draghi, la partenza di tuo padre...Io non ho fatto nulla con Pan, nulla che potesse ferire te e la tua famiglia, nulla che meritasse di essere annunciato come evento…’eclatante’ in una famiglia che ne aveva già viste abbastanza. So di essere 'grande'...per lei...ma aspetterò. Aspetterò anni, se sarà necessario. Perché ciò che ho provato oggi per Pan, solo...sfiorandola...è un sentimento che non posso provare per nessun'altra, su questo pianeta"
"Come? L'hai sentito anche tu? Voglio dire, lo senti anche tu...con Pan?" mi chiese confuso, con gli occhi pieni di...voglia di sapere...di conoscere cosa fosse quella stessa sensazione che probabilmente aveva sentito, mentre baciava Bra e che anche io provavo, quando ero vicino a Pan.
"Sì” gli risposi “Credo sia l’aura…l’aura dei sayan. Da quando ho baciato Pan, la prima volta, non ho fatto altro che…
“Volere lei”
Finimmo la frase assieme, dicendo le stesse parole.
Quella sera Bra e Goten si amarono. Si amarono come anche io avrei amato Pan, un giorno.
E ora, quel giorno, era finalmente arrivato.




 

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Capitolo 6
*** OGNI COSA...A SUO TEMPO ***






Pan si svegliò dopo solo una mezz'oretta di sonno profondo. Si stiracchiò e aprì gli occhi strizzandoli un paio di volte, come per cercare di combattere contro la luce del sole di mezzogiorno.
“Dormito bene?” le chiesi con un sorriso.
“Trunks...”
“Cosa, principessa?”
“Ho fame” disse semplicemente non smentendo le normali tradizioni sayan dell'orario di pranzo.
“A chi lo dici” le risposi “Entriamo? Andiamo a vedere cosa possiamo preparare di buono. Vieni” le dissi alzandomi e porgendole la mano per aiutarla a rimettersi in piedi. Si alzò distrattamente senza ricordarsi di non aver rimesso il pezzo sopra del costume. Mi misi a ridere notando come, più della metà del corpo, si fosse ricoperta inspiegabilmente di sabbia. Mi guardò con una faccia leggermente contrariata e mi disse:
“Trunks Brief, che hai da ridere?”
“Sembri un pesciolino impanato” risi.
Lei si guardò e, vedendosi il seno completamente ricoperto di sabbia mi accusò:
“Guarda quiiii...Sei stato tu, vero?”
“NOOO! Ma scusa, stavi dormendo, perché avrei dovuto darti noia?” mi giustificai.
“Perché sei cattivo e...fastidioso, come una zanzara che ti ronza nell'orecchio la notte...e non ti fa dormire...Mi hai detto di dormire per farmi questo scherzo perché sei una car...
Basta, non la sopportavo più. La presi e la sollevai di peso appoggiando la sua pancia alla mia spalla e la portai fino al mare. La feci volare letteralmente in acqua, fregandomene completamente delle sue lamentele e dei suoi strilli assordanti. Dopodiché, le voltai le spalle e mi diressi verso casa dicendole:
“E prima di entrare, fatti la doccia...fredda...Vado a preparare il pranzo”
La vidi comparire poco dopo in cucina, completamente asciutta. Si era cambiata il costume e aveva indossato un graziosissimo quanto troppo arrapante prendisole, che non lasciava proprio nulla all'immaginazione. L'aveva fatto apposta, sperando di provocarmi. Tutto inutile, comunque. Se c'era una cosa che avevo imparato a fare bene nei tre anni che ero stato con lei, era controllarmi e, con un po' di fortuna, anche questa volta sarei riuscito a farla arrabbiare, mostrandole indifferenza (dovevo averlo preso da qualcuno questo caratterino poco poco bastardo...o no?).
“La pizza la vuoi al prosciutto o come?” le chiesi con una naturalezza davvero disarmante.
Lei sbuffò. Avevo raggiunto il mio scopo e la cosa mi fece sorridere. Non rassegnata all'idea di non provocare in me nessuna reazione, si avvicinò e, con fare da gattina che vuole ricevere le coccoline, mi disse:
“Mi tireresti su la cerniera, per favore?”
Si voltò, mostrandomi la schiena che era riuscita ad assumere una colorazione leggermente rosata. Le scostai i capelli sulla spalla e, per prendere il gancetto della cerniera, le sfiorai la pelle con le dita, provocandole un leggero brivido. Tirai verso l'alto il gancetto con una lentezza estenuante e, alla fine, le diedi un bacio sulla spalla nuda. Salii a baciarle il collo e, quando fui vicino all'orecchio, le sussurrai:
“Allora, principessa, cosa ci vuoi sulla pizza?”
Lei si voltò, mi fulminò con gli occhi e, con fare minaccioso, mi disse:
“Hai intenzione di continuare così tutto il giorno?”
“A fare cosa?” le chiesi rimettendomi a preparare gli ingredienti che mi servivano.
“A PROVOCARMI! Hai intenzione di provocarmi tutto il giorno? Guarda che ne ho solo due di costumi. L'altro non si è ancora asciugato e questo è già tutto...
“EHEH...ma non mi dire...sei uno spasso, Pan Son...ma vuoi sapere la perla di saggezza che tuo zio mi ha gentilmente offerto stamattina?” la interruppi io scoppiando in una fragorosa risata per la sua confessione.
“E sentiamola, 'sta perla di saggezza!” esclamò lei contrariata.
Mi girai e, annullando la distanza fra noi, le sussurrai all'orecchio:
“Ogni cosa...a suo tempo...Pan. ORA, io...ho fame...quindi ORA, tu mi aiuterai a fare la pizza, altrimenti, fra mezz'ora, quando sarà pronta, TU starai a guardarmi mentre IO me la mangerò. Da solo”
Pan si ritrasse un pochino. Alzò un sopracciglio perplessa e mi disse:
“Mio zio ti ha detto così”
“Già” le dissi tornando a pesare la farina, con un'indifferenza totale.
“Vi odio”
Feci spallucce, senza aggiungere altro. La sentii borbottare qualcosa di poco carino nei miei confronti, di Goten e anche nei confronti di qualcuno che stava scrivendo una storia...ma non ho ben capito chi fosse.
Si avvicinò e, con l'aria da falsa come Giuda che era, quando non le andava di fare qualcosa, mi disse:
“E, di grazia, cosa dovrei fare per aiutarti a preparare la pizza?”
“Di grazia...potresti iniziare ad accendere il forno e, sempre di grazia, potresti prendere la mozzarella dal frigo e tagliarla a cubetti di dimensioni uniformi...per favore” le dissi voltandomi e stampandomi in faccia il suo stesso sorrisetto ironico.
Si allontanò borbottando altro, che non riuscii a decifrare ed eseguì tutti i miei ordini. Ciò che alla fine ne uscì, fu una pizza veramente deliziosa che ci gustammo sul porticato che dava sul mare.
Mentre mangiavamo, giocammo a pari o dispari, per vedere chi di noi due dovesse assolvere il piacevole incarico di risistemare la cucina. Lo rifacemmo forse venti volte, perché Pan continuava a perdere, ma non ne voleva proprio sapere di lavare i piatti.
“Ma perché? Perché non vinco mai, Trunks? Statisticamente, non ha senso!! Dovrei vincere, almeno una volta...cos'è che sbaglio?” mi disse ad un tratto rassegnata.
“Statisticamente, Panny? Che paroloni!” la presi in giro io.
“Sì, statisticamente...voglio dire...ogni tanto non dovrei vincere anche io? Stamattina all'open day hanno detto che, 'statisticamente', chi finisce l'università, ha grosse possibilità di trovare un lavoro entro pochi mesi dalla laurea. Scusa, il calcolo delle probabilità dovrebbe funzionare anche su un giochino stupido come questo, no?” mi chiese parlando noiosamente come il mio professore di statistica dell'università.
“No...cioè, in teoria...sì, ma la statistica non tiene mai conto di un fattore fondamentale...che non ti insegnano mai...all'università...” le dissi.
“Un fattore? E sarebbe?”
“Il fattore “C”...C'è chi ce l'ha e chi no...Io ce l'ho, tu no...Quindi tu lavi i piatti...e io mi riposo...” le dissi prendendola in giro.
“Truuunks!!” esclamò sconsolata.
“Sì, principessa?”
“Mi aiuti? Io ci metto una vita da sola...” disse mettendo un broncino tenerissimo.
“A patto che poi tu ti venga ad allenare sul serio con me. Ho voglia di sgranchirmi un po'. Ho lavorato per tutta la settimana e ho tutti i muscoli in tensione. Ti va?” le chiesi alzandomi e togliendole il piatto vuoto dalle mani.
“Sì, sì, ma certo! Ho portato la tuta apposta per quello!” disse entusiasta alzandosi a sua volta e raccogliendo i due bicchieri posati ancora sul tavolino.
Mentre finivamo di sistemare la cucina, la vidi pensierosa e, incuriosito dal suo silenzio, le chiesi:
“Panny, hai deciso a quale facoltà iscriverti?”
“Cosa?” mi domandò scuotendo leggermente la testa, come per tornare alla realtà.
“La facoltà...chiedevo se l'avessi scelta...” ripetei.
“Oh! Stavo pensando proprio a questo, sai?” mi disse facendomi un sorriso un po' nervoso “No, non l'ho ancora scelta...sono...indecisa...”
“Indecisa tra cosa?” le chiesi sperando di esserle utile a risolvere gli eventuali dilemmi.
“Mio padre vorrebbe che facessi fisica, come te...sai, ci insegna lui...Insiste nel dire che potrei trovare facilmente lavoro alla Capsule C.” mi disse pensierosa.
“Mhm...sai, conosco quell'azienda...è molto difficile superare i colloqui d'ingresso...Mi hanno detto che il presidente è una vera carogna” le dissi per cercare di farla sorridere. Capii che dovevo tornare serio quando la vidi abbozzare solo un piccolissimo sorriso. Cambiando completamente tono, le dissi:
“Pan, cosa vorresti fare tu? Voglio dire...io sarei sicuramente felicissimo se tu un giorno lavorassi alla Capsule, ma mi sembra di capire che non è ciò che vuoi. Cosa ti piacerebbe fare?”
“Beh...io...io vorrei insegnare...” mi disse sottovoce.
“Insegnare? Come tuo papà? All'università?” le chiesi stupito.
“No, non all'università...mi piacerebbe insegnare...ai...ai bambini...piccoli...” mi spiegò timidamente, senza nemmeno alzare lo sguardo.
“Davvero? Ti piacerebbe fare la maestra? Ma è stupendo, Panny!”
“Sì...sì, mi piacerebbe...ma...
“Ma?”
Fece un sospiro e rimase per qualche istante silenziosa. Depose sul lavello l'ultimo bicchiere sciacquato e chiuse l'acqua. Si asciugò le mani con lo strofinaccio appeso a fianco a lei, poi si voltò e, finalmente alzando lo sguardo, mi disse:
“Ma sono tanti anni, Trunks. Ancora tanti anni di studio. Ancora tanti anni senza poter vivere...con te...Capisci che non sono per niente contenta di dover affrontare altri quattro o cinque anni di studi se questo mi obbliga a starti lontana? Per me è stupendo svegliarmi al mattino con te che mi stringi fra le tue braccia, ma se dovrò fare l'università, come i miei genitori si aspettano, dovrò stare ancora separata da te...e io...non ne ho alcuna voglia, lo capisci?”
Sì, lo capivo. L'avevo ascoltata attentamente e avevo capito cosa la facesse stare male. D'altra parte, nemmeno io ero molto contento di dover aspettare ancora, per vivere con lei. Addormentarsi la sera senza averla a fianco era come sentirsi soffocare. La regola del tre doveva valere anche per me e Pan. Tre minuti senza aria o tre giorni senz'acqua o altri tre anni o più senza Pan, mi avrebbero provocato tutti lo stesso devastante effetto: mi sarei spento, come un lumicino che non ha più voglia né desiderio di continuare ad illuminare la notte della mia esistenza.
La guardai. La guardai per alcuni secondi prima di trovare le parole giuste per dirle ciò che avevo in mente. Le accarezzai il braccio, scendendo fino la mano. La presi e portai il dorso vicino alle mie labbra e lo sfiorai appena. Poi l'appoggiai con la mia sul mio petto, all'altezza del cuore e le dissi:
“Pan, ascolta. Avrei voluto parlartene stasera, o domani, ma mi sembri triste per la questione dell'università, per cui è meglio discuterne adesso, ok?”
“Di cosa?” mi chiese dipingendosi in volto uno sguardo serissimo.
Scossi la testa e feci un sospiro. Accidenti quant'era difficile trovare il giusto compromesso che andasse bene per tutti. Mi inumidii le labbra e continuai:
“Pan, io ho un'idea, ma tu devi dirmi se per te va bene o no. Nessuno...o meglio...io...io non ti voglio forzare a fare nulla che non ti permetta di vivere tranquilla, ok?”
Al suo cenno affermativo, proseguii:
“Cosa ne pensi di venire a vivere qui, con me? A te piace il mare e questa casa non è distante dall'università. Potresti frequentare i corsi, fare visita ai tuoi genitori, quando lo desideri, andare a studiare con Bra, anche se fate facoltà diverse...La sera però, staremmo insieme...e la cosa mi farebbe...immensamente felice...cosa ne p...
Non mi diede il tempo di finire la domanda. Mi mise le braccia intorno al collo e mi baciò.
Schiusi le mie labbra permettendo alle nostre lingue di riconoscersi e ad iniziare la magica danza che erano ormai abituate a fare, per donarci un piacere infinito. Le accarezzai la schiena, stringendola forte a me, mentre lei infilò le dita nei miei capelli che, ancora leggermente umidi, mi cadevano sulle spalle. Quando le nostre labbra si staccarono alla ricerca di aria, la guardai negli occhi, che sembravano così felici e le chiesi:
“Era un sì?”
Fece un sorriso che passò in breve tempo da dolcissimo a malizioso e mi disse:
“Solo se mi batti”
“Oh sììì, vai a prepararti, Son. Oggi ne prendi tante, ma proprio tante, sai?”
“Non te lo ha detto, tuo papà, che gli ho dato del filo da torcere?” mi chiese staccandosi da me e voltandosi per mostrarmi la schiena.
“Mi ha avvisato...certo...starò in guardia...Tu piuttosto, vedi di impegnarti” le dissi abbassandole la cerniera del prendisole.
“Contaci, Brief”
“Fra cinque minuti, Son. Camera gravitazionale. Non farti aspettare”
“Non farti aspettare tu...Brief”








 

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Capitolo 7
*** ...E CHE ALLENAMENTO... ***





Non so per quanto tempo ci allenammo. Era un vero spasso, farlo con Pan. Oltre ad avere una forza incredibile, aveva anche uno spirito competitivo da vera sayan. Penso che in questo assomigliasse molto di più a mio padre, che ai membri della sua famiglia. Dopo credo quasi due ore di intenso allenamento, Pan ebbe la pessima idea di lanciarmi un'onda energetica potentissima. Ricordandomi il suggerimento di mio padre di poche ore prima, mi dovetti trasformare per cercare di deviarla. Purtroppo però, l'onda che tentai di far cadere sulle pareti della CG, prese una strana curvatura e tornò esattamente nel punto da cui era stata lanciata, colpendo in pieno Pan. La vidi cadere per terra come un sasso e, immediatamente, volai da lei per vedere cosa le fosse successo.
Mi accovacciai a fianco a lei e, vedendola svenuta, capii di averla combinata veramente grossa. Le presi la mano e le donai una buona parte della mia energia, grazie alla quale riuscì finalmente a riaprire gli occhi.
“Tutto bene?” le chiesi facendole una carezza sul viso “Mi hai fatto spaventare...scusa, è stata colpa mia, dovevo controllare meglio la traiettoria...”
Lei mi guardò, e subito scostò il viso dalla mia mano, facendo un'espressione quasi terrorizzata.
“Hey, tutto bene? Pan, stai bene?”
“T-Trunks?”
“Sì, sì, principessa, scusami, ti prego. La prossima volta starò più attento...” tentai di scusarmi.
“Trunks...p-per favore...potresti tornare normale?” mi chiese ancora un po' spaventata.
“Oh, sì, certo” le dissi tornando a farmi cadere i capelli lilla sulle spalle. Mi sedetti a fianco a lei a gambe incrociate, per aspettare che si riprendesse del tutto.
“Grazie...così va molto meglio” disse facendomi un sorriso.
“Perché ti dà fastidio, Pan? Perché ti rende nervosa vedermi così? Sono sempre io. Non cambia il mio carattere, non mi scordo di certo con chi sto combattendo, quando mi trasformo. Perché ti impaurisce?” le chiesi incuriosito.
“No, non mi fa paura...è che...mi mette...un po'...a disagio...”
“Disagio? Perché tu non lo puoi fare, o cosa?”
“No...è che...ti ricordi il giorno che io e te abbiamo...sì, insomma...quando sono venuta sulla spiaggia...a chiederti scusa...”
“Sì, certo, quando ti sei allenata con mio papà”
“Sì...ecco...quello...Anche lui si era trasformato e anche con lui ero per terra...e non riuscivo più a muovermi e...mi teneva bloccata...e pensavo che volesse...farmi del male...”
“Sì, mediamente mio padre fa parecchio male a chi osa sfidarlo, ma dovresti saperlo, o no?”
“Sì, ma...oh, lasciamo perdere...sono stata così stupida che non vale nemmeno la pena discuterne”
“Hai pensato che volesse ucciderti? Capita, con lui, non è da stupidi pensarlo” le dissi ricordando le circa duemila volte in cui mi ero sentito veramente in pericolo di vita, allenandomi con lui.
“No...pensavo...cioè, veramente...mi ha fatto credere...che volesse...me” mi disse timidamente, facendomi scoppiare a ridere.
“Che hai da ridere, è vero! Mi ha provocato all'inverosimile per farmi capire che ti dovevo delle scuse e che avevo sbagliato, quella mattina, ad andarmene...quando invece, avremmo voluto...fare...l'amore...Probabilmente ci sarei arrivata anche da sola, senza il suo poco ortodosso intervento, ma così è stato meglio. Uscita da quell'allenamento avevo un bisogno irrefrenabile di dirti ciò che provavo, subito...Non sei arrabbiato, vero...Eh, Trunks?”
Le feci un sorriso che voleva significare che no, non ero arrabbiato.
Non lo ero affatto, né con lei, né tanto meno con mio padre.
Sapevo quanto gli era costato provocare Pan in quel modo.
Sapevo che, con molta probabilità, era stata un'idea di mia madre, quella di mandare lui a 'sbloccare' la situazione.
Sapevo che gli era pesato tantissimo parlare dei suoi sentimenti con la mia ragazza solo per far sì che, anche lei, aprisse il suo cuore, mostrandogli ciò che provava, per me.
Sapevo che dovevo tanto, a entrambi i miei genitori e li avrei ripagati per tutta la vita, volendogli bene, per sempre.


Guardai Pan, che ancora era sdraiata a terra e mi scrutava con due occhi speranzosi di avere un mio sorriso di rassicurazione. Glielo concessi volentieri. Dopodiché, convertendo quello stesso sorriso da dolce a malizioso/sadico, mi ritrasformai e mi misi a carponi sopra di lei.
“C-cosa fai, T-Truunks?” mi chiese preoccupata.
“Io voglio te. Voglio assaporarti, adesso. E il fatto che tu sia senza forze per reagire, mi fa venire ancora più voglia di torturarti...non hai scampo...sayan...” le dissi slacciandole la cintura della tuta e sfilandogliela da sotto il corpo per poi lanciarla lontano.
“T-Truunks...non credi sia il caso di togliere almeno la gravità...per fare...questo?” mi chiese con la voce tremolante dai brividi che avevano iniziato a percorrerle il corpo, non appena iniziai a baciarle il ventre nudo.
“No. Così non puoi sfuggirmi” le dissi interrompendo per qualche secondo la scia di baci che le stavo lasciando sulla pelle morbida.
Infilai una mano sotto la schiena per andare a slacciare il fiocco della parte superiore del bikini che, poco dopo, volò nella stessa direzione della cintura dei pantaloni.
Appena il seno fu libero, iniziai a baciarlo e ad accarezzarlo con molta dolcezza. Volevo che capisse che, nonostante la trasformazione, potevo controllare perfettamente la mia forza, come avevo sempre fatto. Capii che la cosa le stava piacendo non poco, quando, dopo alcuni minuti di piacevoli torture, il suo respiro iniziò ad accelerare e la sua schiena si inarcò per esporre maggiormente la parte torturata alle mie attenzioni. Ad un tratto, tolsi la mano dal seno e la feci scivolare giù fino ad infilarsi, prima sotto l'elastico dei pantaloni e poi sotto quello del costume, andando a cercare la parte più intima e nascosta di Pan.
Non mi stupii di trovarla pronta ad accogliere le mie dita che scivolarono dentro di lei molto, ma molto lentamente. Alla novità, Pan non poté fare altro che reagire emettendo un gemito di piacere che accentuò ancora di più il mio desiderio di vederla godere grazie ai baci che, di lì a poco, le avrei donato.
“Ti va, principessa?” le chiesi staccando per qualche secondo le labbra dal suo seno.
“Sì...ti prego”
Non me lo feci ripetere due volte. Feci scivolare le dita fuori da lei leccandomele con gusto e feci poi volare lontano i pantaloni della tuta assieme al costume. Dopo averle lasciato una scia di baci incandescenti su entrambe le gambe, mi concentrai finalmente nel punto dove sapevo di essere desiderato.
Decisamente...desiderato.

….
…..
Ora, i casi erano due: o ero stato particolarmente bravo, o il desiderio di Pan era cresciuto enormemente a causa delle provocazioni della mattinata. Non escludo che fosse stato il risultato delle due cose ad averle dato così tanto piacere, in così poco tempo.
Sollevai il viso dal mio dessert e la guardai tornare a respirare normalmente per poi riaprire gli occhi e sorridermi.
“Trunks...”
“Mhm” le riposi leccandomi le labbra per finire di gustare tutto il suo sapore.
“Sei stato...sei...veramente...un demonio”
“Ah, grazie! Speravo in qualcosa di più carino...principessa...E comunque...ti dichiari sconfitta?” le chiesi per tentare di ottenere la risposta che aspettavo da ormai un paio d'ore.
“Sì, sì, sconfitta, sconfittissima. Sconfiggimi pure quante volte vuoi...” mi disse con la voce ancora piena di desiderio.
Mi alzai e andai a recuperare i suoi indumenti. Glieli porsi e, con un sorriso, le dissi:
“Allora è un sì?”
Non mi rispose. Si rimise solo il costume tenendo la tuta in mano. Mi guardò con due occhioni pieni di allegria e, facendomi un sorrisone a trentadue denti, mi disse:
“Solo se andiamo a fare il bagno”
Inarcai un sopracciglio perplesso. Forse un bagno mi ci voleva proprio. Dopo aver fatto provare piacere a Pan, un certo desiderio era venuto anche a me. Avrei fatto bene a farmi una bella nuotata, per calmare i bollenti spiriti.
Mi levai la tuta sotto cui portavo il costume e le dissi:
“E poi sarei io il demonio, eh?”
“L'hai detto tu, Trunks: ogni cosa...a suo tempo” disse voltandomi le spalle e uscendo sulla spiaggia.
Mi stampai una mano in fronte scuotendo la testa. Quella ragazza mi avrebbe fatto impazzire, prima o poi, ma sinceramente, la cosa, non mi dispiaceva affatto.





 

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Capitolo 8
*** GAME OVER ***





Entrammo nell'acqua che, sul fare della sera, si era fatta piacevolmente tiepida. Ci divertimmo molto a procacciare la cena. Pesce, ovviamente. Pregustavo già il momento in cui me lo sarei ingurgitato, con un contornino di verdure...ah, che goduria.
Quando finalmente decidemmo di uscire, ci asciugammo al sole per un po'. Poi, preoccupati del fatto che la nostra cena potesse guastarsi, decidemmo di andare a metterla in frigo.
Mentre riponevo il prezioso bottino di pesca su un piatto, sentii gridare Pan, come una pazza:
“AAAAAHHHHH TRUUUUNKS! Perché non me lo hai detto? Perché non mi hai detto che avevi tutto 'sto popò di roba? Guarda quiiii...Dragon ball Xenoverse, Lords of the Fallen, Bloodborn...ma quanti ne hai?”
Misi il piatto in frigo e mi trovai a pensare che, da quella stramaledetta sera in cui Pan era andata a quello stramaledettisimo ballo con il suo amichetto CJ, per lui, per me e per Goten, era stato un vero inferno. Com'era possibile che vincesse sempre lei? A qualsiasi video-games. Era veramente impossibile. Scossi la testa per cercare di scacciare il pensiero che mi chiedesse di andare a giocare con lei, venendo umiliato per l'ennesima volta e mi affrettai a dirle:
“Sì, ne ho tanti...venivo qui a giocare con Goten...giocaci pure, io mi vado a fare una doccia, ok?”
“Sìììì...evvaiii!” la sentii gridare prima di avviarmi su per le scale per infilarmi, finalmente, sotto un getto d’acqua bollente.
Ne uscii solo un quarto d'ora dopo, rilassatissimo. Stavo veramente bene. Mi annodai un asciugamano alla vita e, sentendo provenire urla disumane dal piano di sotto, capii che Pan stava letteralmente facendo una strage, come sempre. Scesi a controllare che non fosse ancora completamente lobotomizzata, passando dalla cucina per recuperare un barattolo di gelato dal freezer. Andai in salotto per sedermi, o meglio, stravaccarmi letteralmente, sulla mia poltrona preferita a gustarmi la mia crema al caffè. Mi misi a guardarla giocare e...impegnarsi così tanto con quello stupido gioco in cui stava facendo combattere la versione digitalizzata di me contro la sua, che mi prese quasi la voglia di prendere in mano quel maledetto joystick e fargliela pagare. Nemmeno dieci secondi dopo mi sconfisse, ovviamente, esclamando un allegro:
“Sonoooo...invincibile!”
“Ma smettila, solo nel videogioco riesci a battermi...poppante...” la presi in giro.
“Come mi hai chiamato?” disse voltandosi e fulminandomi con i due bellissimi occhi da sayan che aveva.
“Poppante” la provocai.
Come una gatta che cammina su un cornicione troppo stretto, si avvicinò alla poltrona su cui mi ero  'accomodato' e, facendomi allargare le gambe, ci si mise in mezzo. Prese il barattolo di gelato dalle mie mani e lo mise per terra.
Rimanendo in ginocchio, adagiò il resto del corpo sopra di me, avvicinando le sue labbra alle mie.
"Come mi hai chiamato?" mi sussurrò disegnando il profilo delle mie labbra con l'indice.
"Panny...per fa...
Non mi fece finire la frase. Si impossessò delle mie labbra donandomi un bacio dolcissimo. Mentre mi baciava, iniziò ad accarezzarmi il petto, i fianchi e l'addome, che iniziava a muoversi un po' troppo velocemente, perché Pan non si accorgesse di quanto mi stesse piacendo.
Quando si staccò dalle mie labbra, mi guardò negli occhi e, facendomi un sorrisetto da furba, mi sussurrò:
"Vedi che te lo ricordi, come mi chiamo..."
"Panny...io...non credo di potermi controllare ancora per molto...
"Ssshhh...devi solo rilassarti e godere di me. Questa volta non combinerò nessun pasticcio, vedrai. Ti va, principe dei sayan?" disse chiudendomi la bocca con l'indice e iniziando a scendere a baciarmi il collo.
Le lasciai fare ciò che voleva. Se la prese con molta, molta calma mentre scendeva lasciandomi una infinita scia di baci.
Collo
Pettorali
Addominali
Asciugamano
Niente asciugamano
Me
Non potei fare altro che infilare le dita nei suoi capelli corvini e accarezzarglieli mentre ricambiava il piacere che le avevo donato, alla fine dell'allenamento.
Fu incredibilmente bello. Quando finii tornò a sdraiarsi sopra di me. Si leccò le labbra prima di tornare a baciarmi. Riuscii ad assaporare ancora un po' di me stesso prima che Pan si staccasse dalla mia bocca e, guardandomi negli occhi, mi disse:
"Mi è piaciuto...darti questo"
"Oh...anche a me...Pan"
Poi, come se nemmeno si fosse resa conto di quanto piacere mi avesse concesso, mi fece un allegro sorriso e mi disse:
"Trunks...ho fame, cuciniamo?"
"Mhm...faccio un salto a infilarmi un costume asciutto e arrivo, ok? Ti vuoi fare una doccia?"
"No, ora no…più tardi, forse dopo mi faccio un altro bagno” mi rispose alzandosi e restituendomi l'asciugamano che giaceva ancora sul pavimento.
 
Poco dopo, ero in cucina a preparare la cena con Pan.
Cenammo sotto il porticato guardando l'inizio del tramonto che avrebbe chiuso una delle giornate più belle di tutta la mia vita.
Era stato tutto così...perfetto.
Pan era perfetta.
Perfetta per stare con me.
Perfetta per rendere ogni giorno speciale come questo.
Cenammo in silenzio e ci godemmo quel magnifico tramonto. Quando il sole toccò la linea dell'orizzonte del mare, sul viso di Pan comparve un leggero sorriso.
“Cosa ti rallegra, principessa?” le chiesi incuriosito.
“Sssshhh...ascolta...” mi rispose mettendosi un dito sulle labbra.
Pochi istanti dopo, senza voltarsi, mi disse:
“Quando ero piccola, mio nonno mi portava ogni tanto a vedere il tramonto sul mare. Quando il sole sfiorava l'orizzonte, lui di nascosto diceva: “FSCCCCHHH” come se il sole, toccando l'acqua, emettesse questo suono. Non me lo scorderò mai. Ora, ogni volta che guardo il tramonto, mi sembra di sentirlo ancora, quel suono...Mi manca così tanto, Trunks”
Gli occhi le si riempirono di lacrime e la cosa mi rattristò tantissimo.
Mancava anche a me, Goku. Mi chiesi ancora una volta perché se ne fosse andato in quel modo abbandonando la Terra e facendo soffrire tutti. Sua moglie, Pan e la sua famiglia, il mio migliore amico, mia madre e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, anche mio padre. Tutti. Me compreso.
Negli ultimi anni ognuno di noi si era ricostruito una propria vita, ognuno, assieme alla propria anima gemella sayan. Solo Chichi era rimasta sola, ma qualcosa mi diceva che, anche lei, la sera, a casa, proprio sola non si doveva sentire. Ho sempre pensato che quella donna ci nascondesse qualcosa. A tutti. Qualcosa mi faceva credere che, forse, Goku non se n'era proprio andato e che, sempre forse, Chichi era l'unica a sapere e a nascondere da dove provenisse la sua eterna serenità.
 
In quel momento, vedendo gli occhi di Pan luccicare, pensai di renderla partecipe del mio pensiero e, prendendole la mano, le sussurrai:
“Io penso di averlo sentito, Pan”
“Che cosa?” mi chiese voltandosi per guardarmi con aria perplessa.
“ FSCCCCHHH...Tuo nonno deve essere nei paraggi...Perché non vai in riva al mare e provi a vedere se è nei dintorni? Io sparecchio e sistemo la cucina, ok?” le dissi sperando di tirarle su il morale.
Fece un cenno affermativo quasi impercettibile, con la testa. Si alzò e si diresse lentamente verso la battigia.
“Salutamelo!” le dissi iniziando a sparecchiare.
 
Venti minuti dopo, quando ebbi finito di sistemare e pulire tutto, uscii di nuovo sul porticato. Vidi Pan ancora in riva al mare, seduta come una bambina con le gambe tese sulla battigia. Delle piccole onde le solleticavano i piedi e, al suo fianco, c'era una serie di piccole pallette di sabbia bagnata che Pan faceva roteare ad una ad una, come per farle diventare ancora più sferiche. Mi avvicinai e mi sedetti dietro di lei distendendo le gambe lungo il lato esterno delle sue. Le cinsi la vita con le braccia e appoggiai il mento alla sua spalla. Quando le nostre guance furono a contatto, mi accorsi che non aveva pianto. Non c'erano lacrime sulla sua morbidissima pelle.
“Tutto bene, Pan?” le chiesi sottovoce.
“Sì...sì, tutto bene. Dice che tornerà. Un giorno...”
“Ne sono sicuro, Pan...Cosa stai facendo?” le domandai vedendola impastare di nuovo della sabbia bagnata con le mani.
“Le sfere. Le sfere del drago. Questa è l'ultima. Vedi, ne ho fatte sette” rispose lei come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Peccato che non funzionino” le dissi divertito dal simpatico passatempo che si era trovata in mia assenza.
“Come no? Il mio desiderio è già stato esaudito!” ribatté allegramente.
“Ah sì? E quale sarebbe?” le chiesi incuriosito.
Pan depositò la sferetta sabbiosa assieme alle altre. Mi prese le braccia facendomi capire che voleva essere libera di muoversi. La lasciai in modo che potesse girarsi e mettersi in ginocchio davanti a me. Mi prese il viso tra le mani facendomi sorridere del fatto che mi sarei dovuto rifare la doccia, magari con lei e, guardandomi negli occhi, mi disse:
“Sì, Trunks, voglio vivere con te. Qui, in questo posto, per sempre. Non esiste niente al mondo che mi possa rendere più felice. Voglio vedere il tramonto tutte le sere abbracciata a te, voglio addormentarmi tutte le sere e svegliarmi tutte le mattine tra le tue braccia forti. Voglio...voglio...riuscire a sconfiggerti durante un vero allenamento e non solo nel videogioco. Voglio amarti, per sempre e voglio farlo da adesso. Voglio fare l'amore con te, quando ne ho voglia. Quando ne abbiamo voglia e soprattutto...
Si interruppe abbassando lo sguardo.
“Soprattutto?” le chiesi col disperato bisogno di sapere cosa ci fosse di più importante di quanto mi aveva appena detto.
“Sopratutto, Trunks, voglio avere la rivincita a pari e dispari perché NON esiste, che io perda sempre. Capito?” concluse facendo uno sguardo severissimo.
“Ah, non è possibile...” le dissi cercando di scuotere la testa ancora imprigionata tra le sue mani.
“Che cosa? Che io vinca?” mi chiese mettendo il broncio.
“No, non è possibile che il tuo romanticismo sia così...così...cinico...così...
Non mi fece finire la frase. Annullò di scatto la distanza tra le nostre labbra e mi baciò in un modo così sensuale che sentii cresce di nuovo la mia eccitazione, come era successo poco prima di cena. Mi spinse all'indietro facendomi sdraiare sulla sabbia bagnata del bagnasciuga e si sdraiò su di me, continuando a baciarmi. Mentre il sole scompariva all'orizzonte lasciandoci un cielo color arancio, Pan e io ci abbandonammo completamente al nostro desiderio di amarci, accarezzarci e baciarci come non accadeva dalla sera in cui, sul maledetto divano di casa mia, non fummo interrotti da mio padre.
Quando la marea iniziò a salire, richiamata da una Luna che sarebbe stata un vero pericolo, se avessimo avuto ancora la coda, le dissi:
“Pan, è meglio rientrare”
“Sì” mi rispose semplicemente facendomi un sorriso dolcissimo.




 

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Capitolo 9
*** YOU AND ME ***


Le presi la mano. I miei occhi erano letteralmente calamitati dalle iridi color pece di Pan. I nostri sguardi rimasero incatenati l'uno all'altro fino alla doccia davanti al porticato. L'avrei ignorata volentieri, ma Pan mi trascinó letteralmente sotto il bocchettone e, stringendosi a me, aprí l'acqua che inizió a scendere  inaspettatamente e piacevolmente tiepida. La guardai facendo una faccia un po' stupita e lei mi fece un sorrisetto spostando lo sguardo di lato. Quando rivolsi anche il mio nella stessa direzione, capii subito il perché di quella piacevole temperatura. Pan teneva una mano all'altezza del rubinetto e stava scaldando l'acqua, come avevo fatto io per lei, quella mattina. Mi voltai e la guardai alzando un sopracciglio perplesso. Lei non fece altro che farmi un sorriso e dirmi:
"Avevamo la sabbia dappertutto!"
Le sorrisi a mia volta. Chiusi l'acqua e le ripresi la mano dicendole:
"Vieni con me...Ho in mente qualcosa di molto piú piacevole..."
 
Entrammo in casa e, una volta richiusa la porta d'ingresso alle nostre spalle, fu come se il mondo esterno fosse improvvisamente scomparso. Eravamo solo Pan, io e il desiderio di toccarsi, accarezzarsi  e baciarsi. Le nostre parole erano state chiuse fuori, assieme al niente che ci circondava, probabilmente affondate nel mare, assieme al sole, che se ne era andato regalandoci finalmente un meraviglioso cielo stellato.
Qualsiasi cosa ci fossimo detti, avrebbe rotto il magico silenzio che ci aveva avvolto, come un caldo abbraccio, appena lasciata la spiaggia.
Salimmo in bagno e subito girai il rubinetto dell'acqua calda per riempire l’enorme vasca, dove poter stare in pace a coccolarci, senza alcuna fretta, né paura, per cosa ci avrebbe riservato la notte.
Volevo che fosse tutto perfetto.
Volevo che Pan fosse tranquilla.
Volevo che sapesse che non sarebbe stato così…così...'difficile' come probabilmente se lo immaginava o come, quelle idiote delle sue compagne, le avevano fatto credere che fosse.
Mentre facevo scorrere l’acqua, verificando di tanto in tanto che la temperatura fosse giusta, mi misi a pensare a quanto non mi fosse per nulla pesato, aver aspettato per tre anni, che Pan fosse pronta. Lei era diventata una donna bellissima. Una sayan, bellissima. In quel momento la desideravo più di ogni altra cosa al mondo, ma sapevo che mi sarei dovuto controllare. L’ultima cosa che avrei voluto, era…deluderla.
Mentre ero immerso in tutti questi pensieri, la sentii cingermi la vita da dietro. La parte sopra del costume bagnato che ancora indossava, andò a premere contro la mia schiena, provocandomi un leggero brivido. Pan se ne accorse e si staccò per qualche secondo, giusto il tempo di levarsi l’indumento, per poi tornare ad abbracciarmi e a baciarmi delicatamente, poco sotto il collo. I suoi seni premevano contro i miei dorsali, dandomi un infinito piacere. Chiusi l’acqua e mi voltai.
Avrei voluto chiederle se le andava un bagno caldo e profumato, ma non ce ne fu bisogno. Sapevo che lo desiderava, almeno quanto me. Mi infilò le mani nel costume che ancora indossavo e me lo fece scivolare a terra, senza alcun pudore. Feci lo stesso con la parte inferiore del suo bikini che cadde senza trovare ostacoli.
Accidenti quanto era bella, era impossibile non notarlo. Avrei voluto tenere gli occhi fissi sui suoi, ma quando il mio sguardo scese ad osservarle le labbra, le mie furono quasi calamitate da quel rosso porpora che mi faceva letteralmente impazzire. Le misi una mano dietro alla nuca e, annullando la distanza tra le nostre bocche, la baciai. La baciai con tutta la dolcezza che lei mi stava trasmettendo, rispondendo al mio bacio. Quando ci staccammo, senza dire nulla, mi voltai e mi sdraiai nella vasca appoggiando la schiena al bordo leggermente inclinato e lei, come se fosse la cosa più naturale del mondo, si sdraiò supina sopra di me. Appoggiò la testa alla mia spalla e chiuse gli occhi per farsi cullare e coccolare dalle mie braccia, che le cingevano la vita.
Ad un tratto, non so perché, mi venne in mente una canzone che ascoltavo quando avevo la stessa età di Pan e mi ritrovai a canticchiarla sottovoce, nel suo orecchio:
 
You and me are destined
You'll agree
To spend the rest of our lives with each other
The rest of our days like two lovers
For ever, yeah, for ever
My bijou...
 
"Per sempre" ripeté lei facendo un sospiro.
Non so per quanto tempo rimanemmo così. Sembrò un’eternità, ma era bellissimo. Era veramente incredibile come mi sentivo. La mia testa era completamente priva di ogni ricordo, bello o brutto che fosse. Mi sentivo così leggero e così felice di stare lì, con lei, con Pan. Avrei potuto restare così per chissà quanto tempo a farmi accarezzare le braccia e a baciarle il collo che emanava l’inconfondibile odore di Pan, nonostante i sali da bagno saturassero l’aria, col loro profumo.
Ad un tratto, anche se l’acqua aveva ancora una temperatura piacevole per potersi crogiolare ancora per un po’, Pan si voltò e mi guardò negli occhi. Aveva un’espressione quasi indecifrabile, come se si stesse lei stessa chiedendo il perché si fosse voltata. Aprii la bocca per domandarle cosa fosse successo, ma non mi diede nemmeno il tempo di pronunciare una sola parola. Appoggiò con non molta grazia le labbra sulle mie e iniziò a baciarmi con così tanta passione da togliermi il fiato. Sentii crescere la mia eccitazione in un modo che sarebbe diventato, di lì a poco, veramente impossibile da controllare, se non avessi bloccato immediatamente quel bacio.
Staccai le mie labbra dalle sue e, mettendole le mani sulle natiche, le feci aprire le gambe per farla sedere a cavalcioni, sulla mia pancia. A quel gesto il suo sguardo si fece serio, probabilmente aveva frainteso le mie intenzioni, anche se aveva assecondato la mia richiesta.
"Reggiti forte" le sussurrai all'orecchio alzandomi in volo, per portarla in camera da letto.
Lei non fece altro che mettermi le braccia intorno al collo e farsi trasportare dove desideravo.
Volai fino al letto e ci sdraiammo nella stessa identica posizione che avevamo, fino a pochi istanti prima, nella vasca da bagno. Mentre ci baciavamo, le accarezzavo la schiena, ancora leggermente bagnata. La percorrevo in tutta la sua lunghezza fino ad infilare le dita nei capelli bagnati e profumati di lei. I nostri diaframmi si muovevano all'unisono e le nostre intimità si cercavano e si sfioravano con una delicatezza infinita. Ad un tratto, furono vicine, troppo vicine, per poter pensare anche solo per un istante, di poter tornare indietro. Pan staccò le labbra dalle mie e mi guardò con due occhi che esprimevano solo amore e felicità. Si avvicinò al mio orecchio e, con un filo di voce, mi chiese:
"Posso, Trunks?"
"Quando vuoi, principessa" le risposi semplicemente.
Lei non fece altro che farsi scivolare un pochino verso il basso e, con una dolcezza che non scorderò mai, in tutta la mia vita, mi fece entrare dentro di lei, nella sua vita e nella sua anima, per sempre.
Fu in quell'istante che successe tutto.
Sentii le nostre auree fondersi in un'unica potentissima aura che, circondando i nostri corpi, creó un'atmosfera carica di energia.
Sentii il mio cuore battere all'unisono con quello di Pan.
Vidi la sua anima attraverso il nero profondo dei suoi occhi e capii che, in quel momento, eravamo un unico essere.
Un unico sayan.
Non potei fare altro che sospirare, più per l'amore che provavo per lei in quel momento, che per il piacere fisico, altrettanto intenso, che l'accoglienza di Pan mi aveva riservato.
Fu bellissimo.
Far decidere a lei quando e...come fu...incredibile...
Dopo avermi accolto completamente dentro di sé, si bloccò per un istante, credo per prendere coscienza di ció che anche io avevo avvertito. Poi, alzó un angolo della bocca, facendomi un sorrisetto veramente malizioso e,  mooolto lentamente, sollevò il busto mostrandomi, ancora una volta, quanto fosse bella. I capelli le ricadevano in parte sui seni che le accarezzai delicatamente, provocandole un brivido di piacere.
Passammo alcuni minuti ad accarezzarci, lasciando i nostri bacini immobili. Volevo che si abituasse alla mia presenza, prima di continuare e, ancora una volta, volevo che fosse lei a decidere quando sarebbe stato il momento giusto. Capii che era pronta quando, prendendomi i polsi, mi fece spostare le mani sui suoi fianchi, come per invitarmi a mostrarle come fare.
Le venne tutto naturale.
Pan capì subito come muoversi e iniziò a farlo con una dolcezza e una perfezione tale, che mi dovetti trattenere per non finire subito il capolavoro che stava magistralmente gestendo, per la prima volta.
Ad un tratto si fermò e mi scrutò con uno sguardo indecifrabile. Le sorrisi e le chiesi:
"Tutto bene?"
"Sí...sí...solo che...
"Che?"
"É così...diverso...da...
"Da come te lo eri immaginato?" le chiesi sperando di non sentirmi dire che fosse delusa.
"No...no...diverso...da ciò che mi hai...fatto...oggi..."
Le sorrisi e, tirandola verso di me per baciarla, le dissi:
“Lo so. Così è un po’ più difficile, per te, provare il mio stesso piacere, ma conosco qualche trucchetto che ti può fare veramente felice, se lo vuoi”
“Lo voglio” mi rispose semplicemente prima di darmi un bacio con così tanta passione e così tanto desiderio di scoprire quel nuovo piacere, che non potei fare a meno di assecondarlo.
Con uno sforzo minimo, invertimmo le posizioni e mi appoggiai sui gomiti per non far gravare il mio peso su di lei. Continuai a baciarla, accarezzandole il viso e i suoi profumatissimi capelli corvini e iniziai a muovermi dentro di lei, con la stessa lentezza a cui, poco prima, mi aveva abituato.
Dopo interminabili minuti, arrivai al limite.
Un limite che non volevo passare da solo.
Avevo bisogno che lei fosse con me, che provasse esattamente ciò che stavo provando io.
Smisi di baciarla e la guardai accarezzandole il viso.
"Ti amo, Pan"
Fu l’unica cosa che le dissi prima di sgusciare lentamente fuori da lei.
“No, perché?” mi chiese con un tono di voce misto tra l’imbronciato e il perplesso.
“Vuoi venire in paradiso con me o no?” le sussurrai all’orecchio prima di iniziare a baciarle il collo.
Lei non rispose, si limitò ad inclinare la testa in modo tale da permettermi di lasciarle una lunga scia di baci che dal collo scesero sui seni. Quando iniziai a stuzzicarglieli, lei inarcò leggermente la schiena come per invitarmi a continuare. Assecondai anche questo suo desiderio per poi scendere giù, a baciarle l’addome piatto e ricoperto da quella pelle così morbida e profumata. Non mi fermai e continuai a baciarla dove sapevo le avrebbe dato un immenso piacere.
Sentii la sua aura crescere in un modo incredibile.
Sentii i suoi sospiri accelerare all’improvviso.
Sentii che, di lì a poco, avrebbe goduto delle carezze che la mia lingua le stava concedendo.
Un istante prima della fine, mi interruppi. Mi rimisi sopra di lei facendomi riaccogliere dentro di sé.
Unimmo le nostre mani e incrociammo le nostre dita.
Unimmo le nostre labbra e lasciammo che le nostre lingue si accarezzassero con la stessa lentezza con cui si stavano incontrando i nostri bacini.
Accelerammo i nostri respiri per portarli al limite.
Dopodiché bastó poco, veramente poco. Mi trasformai in ssj e raggiunsi, insieme a lei, il paradiso che le avevo promesso.
Quando riaprii gli occhi che avevo chiuso per godermi appieno i dieci secondi piú belli della mia vita, ció che vidi mi fece comparire in volto un sorriso di gioia incredibile. I miei occhi si specchiarono in quelli di Pan che, in quel momento, erano del mio stesso colore.
I suoi capelli biondo oro erano sparsi ovunque e la sua aura illuminava la notte, unica testimone del piacere che avevamo appena provato.
Pan mi corrispose il mio stesso sorriso e solo allora pensai che c'erano voluti piú di tre anni, prima che, quel piacere, potessimo raggiungerlo assieme, ma di una cosa ero certo: ne era valsa veramente la pena.
Valeva la pena aspettarla.
Aspettare che crescesse. 
Aspettare che ne fosse consapevole.
Aspettare che volesse davvero farlo.
Aspettare che ne capisse a pieno il significato.
Avevo aspettato tanto e, solo in quel momento, la mia attesa fu ripagata.
Pan mi guardò negli occhi e, con un sorriso dolcissimo, mi disse:
"Ti amo, Trunks"
 
Quando, poco dopo, tornammo normali, ci ritrovammo nudi e abbracciati a scrutare la luna che, dal cielo, illuminava la nostra magica notte. Pan sembrava assorta in mille pensieri.
"Pan..."
"Sì"
"Sei stata bene?"  le chiesi.
"Sì. É stato...incredibile...anzi, meraviglioso...anzi, direi...incredibilmente meraviglioso. Grazie, Trunks" mi disse stringendosi ancora di più a me.
"Di cosa?"
"Per avermi consentito di unire la mia aura alla tua. Non mi sarei mai trasformata, se tu non l'avessi fatto con me. Grazie, per avermi detto no, per tutto questo tempo e  per avermi...aspettato. Solo ora capisco, quanto deve essere stato difficile, per te. Tu...tu avevi già fatto...questo. Sapevi quanto fosse bello e...eccitante...e, nonostante ciò, hai atteso...e io, te ne sarò sempre grata"
"Ti sbagli, Pan. Io non ho mai fatto l'amore, con nessuna delle ragazze che ho conosciuto. Il sesso, quel sesso, non ha niente a che vedere con ciò che ho provato stasera, con te. Quindi non mi devi ringraziare, anche per me è stata la prima volta e credo ne sia valsa veramente la pena, aspettare"
Rimase in silenzio, per qualche secondo, poi, con molta tranquillità, mi disse:
"Trunks, possiamo dormire così?"
"Così come?" le chiesi un po' stranito, non capendo a cosa si riferisse.
"Così, come i sayan, nudi. Ho sempre indossato qualcosa, quando ho dormito con te...a parte dopo l'addio al nubilato di Bra. Possiamo...possiamo dormire così? Senza niente?"
"Ma certo, Pan. Certo che possiamo dormire così, se ti va!"
"Sì, mi va...a casa dormivo sempre così...sin da quando sono nata. Mia mamma voleva infilarmi quelle malefiche tutine in ciniglia rosa...Le poche volte che ci riusciva, o me le strappavo di dosso, oppure veniva mio papà e, di nascosto, me le toglieva. Penso che soffrisse con me, nel vedermi così coperta, la notte. Mi lasciava nel lettino con addosso solo il pannolino e se ne tornava a letto. Credo che anche lui dorma senza nulla addosso..."
"Ah, ecco perché Videl è sempre così allegra!" le dissi sorridendo.
"Sì, ma anche tua mamma non scherza per niente! Allora anche tuo papà non deve essere male!" mi disse scherzando.
"Mhmm...sai, credo proprio di no..."
Seguì qualche minuto di silenzio interrotto dalla vocina di Pan che interruppe in miei NON pensieri dicendo:
"Trunks...”
“Mhmm”
“Dovremo dirglielo”
“Non credo che siano affari loro, ti pare?” le dissi fraintendendo a cosa si stesse riferendo.
“Beh, forse tuo padre ne sarà solo felice, ma penso che i miei si faranno delle domande, quando non mi vedranno tornare a casa a dormire la sera, ti sembra?”
“AAAHH, intendevi dire che dovremo avvisarli che vogliamo venire a vivere qui assieme? Questo intendevi?”
“Certo! Che altro?” mi chiese stupita.
“Eheh – risi nervosamente – certo...che altro?”
“Guarda che il resto lo capiranno...solo guardandoci in faccia. Vuoi che MIO padre e soprattutto TUO padre, non lo capiscano subito, che abbiamo fatto l'amore? E le nostre mamme lo capiranno subito perché sono donne... e mamme. Hanno un fiuto particolare per queste cose...” disse sorridendo.
“Dici?”
“Dico”
“Come pensi di dirlo ai tuoi?”
“E tu?” mi chiese rigirandomi la domanda che, nella mia mente, non aveva ancora la risposta.
“Andiamo Pan! Ho quasi trent'anni, potrò decidere da solo cosa fare nella mia vita? O no?” le chiesi non sapendo ancora quanto questa mia affermazione, non fosse completamente corretta.
“Sì...beh...è vero...Sai cosa potremmo fare? Perché domani sera non diciamo loro di venire qui a cena? Domani potremmo pescare ancora del pesce e preparare una cena per tutti e così glielo diciamo...che ne pensi?” mi chiese sfuggendo dal mio abbraccio e mettendosi a sedere sul letto, tutta raggomitolata.
“Sì, potrebbe essere una bella idea...Se non fosse che mio padre mangia una quantità di pesce tale, che domani dovremmo stare tutto il giorno a pescare, per riuscire a sfamarlo...” le dissi sorridendo.
“Beh, possiamo usare il metodo di mio nonno...una bella onda energetica e potremmo sfamare addirittura mio zio!” mi rispose sogghignando.
“Ah, sì, tuo zio! Dobbiamo dirlo anche a lui...prima che succeda...prima che si arrabbi con me...” le dissi saltando giù dal letto e iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza per pensare meglio a come fare, per affrontare la cosa, con tutti.
Pan mi seguiva con gli occhi mentre, come un matto, mi aggiravo nudo per la camera, cercando una soluzione. I miei pensieri furono interrotti dalla sua tenera, ma nemmeno troppo, vocina che mi disse:
“Trunks...”
“Sì?” chiesi girandomi.
“Vieni a letto? Domani ci pensiamo, ok?”
“Sì, è meglio. Oggi è stata una giornata lunga. Ci vuole un bel sonno ristoratore”
Mi rinfilai a letto e tornai ad abbracciarla, cingendole la vita da dietro.
"Trunks..."
"Mhmm?"
"Anche tua sorella si trasforma in ssj con lo zio Goten?" mi chiese con un tono quasi di sfida.
"Eh - sospirai - sí...anche lei..." le dissi confessandole ció che sapevo, da ormai un paio d'anni.
"E tu come lo sai?" mi domandó incuriosita.
"Pan, mia sorella aveva la camera a fianco alla mia...la sapró riconoscere un'aura ssj...se la sento, no?" spiegai imbarazzato.
"Mhm...interessante...perché non me l'hai mai detto?"
"Detto cosa?" le chiesi un po' frastornato.
"Che tua sorella si trasforma!" esclamó allegra.
"Pan, Bra si trasforma solo quando fa questo, con tuo zio..."
"Ah...e io?" mi chiese incuriosita.
"Tu, cosa?" domandai sempre piú basito.
"Anche io mi trasformo solo se lo fai tu, con me?"
Le diedi un bacio sul collo e le sussurrai all'orecchio:
"Domattina lo scopriamo...va bene, principessa?"
"Va bene..."
"Pan..."
"Mhm?"
"Oggi é stato il giorno piú bello di tutta la mia vita. Ti amo, Panny"
“Anche io, per sempre...ma da oggi non mi devi piú chiamare Panny” mi disse con la voce giá piena di sonno.
"Ah sí? E come?"
"Panssj (*)" fu la sua risposta prima di chiudere gli occhi e di addormentarsi...fra le mie braccia.







(*): Dedico questo capitolo a Panssj, una delle migliori scrittrici di questo sito, a mio parere. Nonostante il mio rapporto con lei sia reale come un cartone animato, volevo che sapesse che, le provocazioni, i punzecchiamenti e tutti i simpatici commentini che ci inviamo, non fanno altro che aumentare la mia stima nei suoi confronti.

NOTA AUTORE: Mentre pubblicavo questo capitolo avevo letteralmente la tremarella...Mi sento emozionato, come se fosse la MIA prima volta...Spero solo non sia un disastro. Non sono nemmeno sicuro che questa sia la versione definitiva. L'ho cambiata forse dieci o venti volte...Non lo so...fatemi sapere se vi piace o se devo cambiare il rating, o se vi fa schifo, o se vi ha deluso...In quest'ultimo caso, mi scuso e vi chiedo di dirmelo...Cercherò di migliorarla!
La canzone di Trunks è "MY BIJOU" di F. Mercury...Ogni volta che l'ascolto mi chiedo perchè nessuno abbia ancora raccolto le sfere del drago per far tornare in vita quell'uomo...
 

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Capitolo 10
*** BUONGIORNO PRINCIPESSA ***






Quando il mattino dopo il rumore delle onde del mare mi svegliò, mi sorpresi molto nel constatare che nessuno dei due si era mosso di un solo millimetro, rispetto alla sera prima. Avevamo dormito abbracciati, per tutta la notte e la cosa non poteva che rendermi ancora più felice, di quanto già non fossi. Sentivo ancora il respiro profondo di Pan che, con molta probabilità, stava ancora sognando, visto che, di tanto in tanto, un piccolo sorriso sfuggiva al suo controllo.
Pensai se fosse stato il caso di alzarsi per prepararle la colazione, ma scartai decisamente l'idea, optando per l'attesa del suo risveglio. La desideravo ancora. Volevo che fosse ancora mia, in quella fresca domenica mattina di primavera. Mentre aspettavo che il divertentissimo sogno di Pan terminasse, mi ritrovai a pensare alle parole che, solo la mattina precedente, il mio migliore amico mi aveva detto. Il suo augurio di poter provare anch'io a fare l'amore con Pan quando più lo desideravamo si era pienamente realizzato, con grande gioia per entrambi. Forse non era l'unica cosa che avrei dovuto ascoltare, delle sue parole. Forse il mio migliore amico aveva ragione anche su un'altra cosa che, volontariamente o meno, avevo trascurato. Ora quel discorso tornava a ronzarmi per la testa, dandomi uno strano e rinnovato piacere.
Tutti i miei pensieri furono interrotti da un sussulto di Pan e da un suo successivo sbadiglio.
"Buongiorno, principessa. Dormito bene?" le chiesi dolcemente.
"Mhmm...sì...ho fatto un sogno divertentissimo. Mio nonno e tuo padre che si contendevano una cernia gigante...un vero spasso...T-Trunks?" si interruppe balbettando il mio nome.
Avevo iniziato ad accarezzarle il braccio molto lentamente, sfiorandole il seno che si ricoprì di piccoli brividi.
Il solo contatto con la sua pelle mi fece eccitare ancora di più e la sentii emettere un gemito, non appena si accorse della mia ingombrante presenza, all'altezza del suo fondo schiena.
"T-Truunks?"
"Ti voglio, Pan. Adesso" le sussurrai nell'orecchio mentre la mia mano scendeva ad accarezzarle il fianco e poi la gamba.
Risalii percorrendone la parte interna che mi avrebbe portato, di lì a poco, ad accertarmi che fosse pronta a ricevermi. Appena la sfiorai, Pan emise un nuovo sospiro che, poco dopo, si trasformò in un respiro sempre più accelerato, quando iniziai ad accarezzarla delicatamente dove sapevo le sarebbe veramente piaciuto.
Le stava piacendo. Parecchio, a giudicare dal profumo inconfondibile di desiderio che tutto il suo corpo emanava.
"Trunks...ti prego" disse con un sospiro.
Adoravo sentir pronunciare il mio nome mentre stava per godere delle mie attenzioni. Sentirmi pregare di non smettere mi fece eccitare , molto più di quanto già non fossi e non riuscii più a resistere.
Pan mi accolse sospirando e i gemiti che ne seguirono si accompagnarono ai miei, per interminabili minuti. Poi, pochi istanti prima di raggiungere l'apice di un piacere che sarebbe stato per entrambi assoluto, Pan mi bloccò:
"Trunks, Trunks...fermati...per favore...io...voglio farlo...come...come ieri sera. Voglio vederti e baciarti...e...
Non le permisi di finire la frase. In un istante esaudii il suo desiderio e mi ritrovai sopra di lei. Ricominciai a muovermi dentro di lei solo dopo che, con un filo di voce, mi sussurrò un: "piano" con la stessa dolcezza con cui stavo assecondando la sua richiesta.
“Va meglio così?” le chiesi con un sorriso guardandola finalmente negli occhi.
“S-Sí" riuscì a dire prima di trasformarsi e spezzare la linea sottile che collega il mondo reale con quello del piacere.
Vedendola e sentendola godere del mio lento movimento, non potei più resistere. Mi trasformai a mia volta e la baciai. La baciai per tutto il tempo che mi ci volle, pochi istanti dopo, a raggiungerla nel piccolo mondo di pace e oblio, dove mi stava aspettando.
Fu incredibile. Incredibile come i cinque sensi si aiutassero e si fondessero l'uno con l'altro per contribuire al raggiungimento di quel piccolo e assoluto paradiso.
Mai provata una sensazione simile.
Mai, in tutta la mia vita.
Il bisogno di sentire il mio nome, pronunciato con un filo di voce e di guardarla, dritta in quegli occhi azzurri come il mare per farle capire quanto amore provassi, in quel momento, per lei.
Sentire il suo odore e assaporare quelle labbra così dannatamente e inconsapevolmente sensuali da farmi letteralmente impazzire. Tutto questo si univa al contatto della nostra pelle e del mio essere in lei con il risultato evidente che, ne ero certo, di fare l'amore con Pan, non ne avrei più potuto fare a meno.
 
Quando entrambi riprendemmo padronanza del nostro corpo e della nostra mente, ci guardammo negli occhi, per un tempo che a entrambi sembrò indefinito. Poi, ad un tratto, come per risvegliarmi da un sogno, Pan mi disse:
“Trunks, dimmelo”
“Cosa?” le domandai un po' stupito.
“Quello che devi dirmi. La conosco molto bene quella tua espressione che fai, con gli occhi. L'avevi anche ieri, quando mi volevi chiedere di venire a vivere qui con te. Quindi, avanti...cosa mi devi dire?” mi chiese iniziando ad arrotolarsi una ciocca dei miei capelli intorno ad un dito.
“Beh...ecco...io...io stavo pensando...prima, quando tu dormivi...stavo riflettendo sul fatto che...che forse non sarebbe così una cattiva idea...se...se facessimo anche noi...come...come Bra e Goten...pensavo...” le dissi in un imbarazzo totale sdraiandomi a fianco a lei e mettendomi a fissare il soffitto.
“Mi stai forse chiedendo di sposarti, Trunks?” mi domandò con fare di una che se la fosse presa, per il modo con cui le era stato chiesto.
“Beh...forse...sì...pensavo di sì...ecco...Non ci vedrei nulla di male, se lo facessimo anche noi...no?” tentai di rimediare.
“No!” mi rispose secca.
“No?” le domandai avvilito voltando la testa verso di lei, che si era messa seduta sul letto.
“No. Non ti voglio sposare, se me lo chiedi così. La tua proposta è uno schifo. E per fortuna che sei un principe! Ma non te l'hanno insegnato a fare una proposta decente? Non dico con anello, cena romantica, in ginocchio o cose simili...Sono sempre una sayan e, confronto a tua sorella, sono un vero maschiaccio, ma fischia! Mio zio Goten ha dovuto combattere contro tuo padre, per poter sposare Bra! Non puoi chiedermi di sposarti sostituendo la parola 'sposare' con 'cattiva idea' e 'nulla di male'...e poi sono io quella col cinico romanticismo? E tu invece? Il tuo romanticismo è paragonabile a quello di un gorilla che si vuole ingroppare la femmina del gruppo, dopo aver fatto fuori gli avversari” mi disse alzandosi in piedi e iniziando a passeggiare nervosamente avanti e indietro per la stanza, come una pazza furiosa.
“Strana la definizione che hai dato del mio romanticismo...mi sembra di averla già sentita...questo fine settimana...” le dissi letteralmente allibito del fatto che mia madre e la mia ragazza la pensassero allo stesso modo sul romanticismo mio e di mio padre. Senza nemmeno avermi ascoltato, proseguì imperterrita:
“In più me lo chiedi così, nudo, in tutta la tua sensualissima bellezza...come se una ti potesse dire di no, vedendo come sei...- sospira - bello e...- sospira di nuovo – affascinante...e...così...sexy...e...
“Ok, ok, Pan...bloccati...ho capito. Per fortuna che tre anni fa, vedendomi così, mi dicesti che sentivi freddo per me e non tutte queste belle cosine...che mi hai detto ora...altrimenti col cavolo che sarei riuscito a convincerti ad aspettare...tutto 'sto tempo...Adesso, per favore, puoi venire qua?” le dissi mettendomi a sedere sul letto.
Lei si avvicinò, senza fare troppe storie e si sedette di fronte a me guardandomi negli occhi.
Le presi le mani tra le mie e, non spostando lo sguardo dal suo, nemmeno per un secondo, le dissi:
“Pan, scusa, mi sono espresso veramente male. Vediamo se riesco a rimediare, ok?”
“Ok, stupiscimi, sayan" disse lei semplicemente con un sorriso dolcissimo. Mi alzai e andai a recuperare i miei boxer e la camicia bianca che mi ero portato da indossare se fossimo voluti uscire a cena. Tornai a sedermi sul letto e le dissi:
"Va meglio cosí?"
"No, sei sexy lo stesso...ma apprezzo lo sforzo. Continua..." mi rispose con una naturalezza disarmante.
“Pan Son, mi vuoi sposare e rendere l'uomo più felice di questo mondo, possibilmente senza farmi combattere contro tuo padre che mi polverizzerebbe nel giro di pochi secondi anche per aver gustato il dolce di tua madre ed essermi spudoratamente complimentato con lei, davanti a lui?"







NOTA AUTORE: Avevo detto che questo era l'ultimo capitolo? Eheh - rido imbarazzato - ho sbagliato, ce ne sono altri due...o forse tre...Abbiate pazienza, mi vengono di notte e di giorno li scrivo, quindi non so quanti ce ne saranno ancora...

 

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Capitolo 11
*** LIETO FINE (O FORSE NO?) ***






“Ciao, tesoro! Ciao Pan! Siete stati veramente gentili ad invitarci a cena! Torniamo sempre volentieri in questa casa, così piena di ricordi! Vero, Vegeta?” esclamò allegramente mia madre pochi istanti dopo essere atterrata, in braccio a mio padre, sulla spiaggia di fronte al porticato.
“Tsk, parla per te. Sono venuto solo perché mi hanno invitato a cena. Altrimenti me li sarei risparmiati tutti questi chilometri di volo con te che ti lamenti in continuazione della velocità e dell'altitudine e dei moscerini...Quando mangiamo, Trunks?” le rispose secco mio padre.
“Eheh...ciao mamma...ciao papà...Ehm...dovremmo aspettare i genitori di Pan...prima di cenare, se non ti dispiace” gli risposi gentilmente. Tutto volevo tranne che si arrabbiasse, ancor prima di avergli detto il motivo dell'invito.
“Beh, allora non c'è molto da aspettare. Saranno qui fra...dieci...nove...otto...sette...
Non ci credevo. Riusciva a sentire così bene le auree da capire quanto fossero vicine...
“Tre...due...uno...Ciao Gohan e ciao anche a te...mamma di Pan, con una fantastica torta di...aspetta, non me lo dire - annusa l'aria attorno a sé - cocco e cioccolato” disse voltandosi verso i genitori della mia fidanzata che erano appena atterrati sulla sabbia umida della sera.
“Ah, Vegeta! Lei è Videl! Non si chiama 'mamma di Pan'...possibile che non te lo ricordi mai? Avanti, salutala come si deve!” intervenne mia madre facendo scoppiare a ridere tutti.
“Sì, sì, Videl...va bene! Ciao Videl...possiamo andare a mangiare adesso? Ho fame” le rispose stizzito lui.
“E quando mai? Vedi Gohan, anche lui è un sayan...mica è insistente come te!” lo provocò ancora mia madre.
“Beh! Mi hai fatto consumare un sacco di energie per portarti fino a qui. Potrò avere fame o no? Almeno VIDEL è arrivata in volo, non l'ha mica dovuta portare suo marito!”
“Questo perché, a differenza di come Gohan ha fatto con Videl, tu non mi hai mai insegnato a volare...” insistette mia madre.
“Non impareresti nemmeno fra cent'anni. Videl ha un'aura pazzesca, a differenza di te...la tua è paragonabile a quella di un...un...
“Papààà e...mamma...eheh...potreste, per stasera, mettere da parte le vostre piccole scaramucce e concentrarvi un attimo sul motivo per cui vi abbiamo fatto venire qui?” lo interruppi bruscamente per evitare che la discussione prendesse una brutta piega.
“Ma non era la cena?” mi chiese lui secco, fulminandomi con gli occhi, contrariato per l'interruzione.
“Ehm...no...cioè...anche per...Pan? Glielo diciamo ora?” chiesi a Pan voltandomi verso di lei e prendendole la mano.
Non mi rispose nemmeno. Mi fece un sorriso allegrissimo e, girandosi verso i nostri genitori disse:
“Mamme e papà, noi ci sposiamo!”
..silenzio...
…presa di coscienza...
…..elaborazione del pensiero...
…....comparsa dell'espressione significativa sul volto di tutti (bocca spalancata per le mamme, sopracciglio perplesso alzato per i papà)...
…......formulazione di una frase il meno idiota possibile da dire...
….......richiesta di aria da parte dei polmoni per poter far uscire la frase pensata e....:
“Sei incinta?” domanda secca e perfettamente sincronizzata delle due madri.
“No, non lo è” risposta perfettamente sincronizza dei due padri dopo aver rivolto lo sguardo per qualche secondo alla pancia di Pan, per cercare di percepire la presenza di una qualsiasi aura sayan, provenire da dentro di lei.
“Non lo è? Ma allora perché vi volete sposare?” mi chiese mia madre lasciandomi di stucco.
“Ma come perché, mamma! Perché due persone si sposano? Io voglio vivere con Pan. Qui, possibilmente...Voglio essere felice e so che lo sarò ancora di più, quando diventerà mia moglie!” spiegai deciso.
“Oh, Trunks...mi vuoi lasciare anche tu...solo una settimana fa se n'è andata Bra e ora...anche tu...Mi volete far morire di crepacuore lasciandomi sola con...con...quell'essere...alieno...Quello scimmione di tuo padre...”
“Hey, donna, bada a come parli, sai? Se preferisci essere polverizzata, anziché morire di crepacuore, faresti bene a dirlo subito...sai che non mi faccio troppi problemi, no?” intervenne mio padre sentendosi ingiustamente tirato in causa.
“Sentite, non ricominciate, ok? Questo è il motivo per cui vi abbiamo invitato a cena. So che 'invitato' non è la parola giusta, visto che la casa non è nemmeno nostra, ma spero che lo diventerà. Pan e io adoriamo questo posto e vorremmo vivere qui. Non è lontano dalla città e Pan potrà frequentare l'università e vivere comunque non troppo lontano dai suoi genitori. Ha accettato di sposarmi e io ne sono infinitamente felice, ma vi abbiamo fatto venire qui perché desideriamo che anche voi lo siate. Quindi, per favore, smettetela di discutere e diteci che siete contenti per noi...così poi possiamo cenare. Ok?” dissi tutto d'un fiato, sperando di non sentire crescere ancora di più l'aura di mio padre.
“Ehm...Trunks, Pan...noi...sì, insomma, ci avete preso un po' alla sprovvista...sinceramente non ce lo aspettavamo...però, penso che anche Videl sia felice come me...per la vostra...decisione...Vero Videl?” ci disse Gohan con un timido sorriso e mettendosi una mano dietro la nuca, ricordandoci il gesto che avrebbe fatto, in quel momento, suo padre. Poi, cinse teneramente con un braccio le spalle della moglie che, con gli occhi pieni di lacrime di gioia ci disse:
“Ma certo! Come si fa a non essere contenti! Voi siete fatti l'uno per l'altra, vi auguro tutta la felicità del mondo! Questo posto è meraviglioso e sapere che non vivrai molto lontano dalla città è fantastico! Potrai venire a trovarci quando vorrai, tesoro! Non è meraviglioso, Gohan?”
“Sì, ecco...magari se ci avvisi un po' prima...ci facciamo trovare presentabili...E magari tua madre ti prepara anche una bella torta...eheh!” aggiunse Gohan leggermente imbarazzato.
“Oh, grazie, mamma e grazie anche a te, papà!” disse loro Pan visibilmente commossa.
Dopo il consenso di Gohan e Videl, Pan e io spostammo lo sguardo su mia madre che, un po' per non fare la guastafeste e un po' per rompere ancora le palle a mio padre, disse:
“Beh, se è quello che avete deciso...a me sta bene. Potete tenervi questa casa, tanto l'hai capito, no? Tuo padre qui non ci è mai venuto volentieri. Vero, Vegeta? Così d'ora in poi saremo solo io e te a casa...che noia...”
“No” disse secco lui.
“No, cosa?” chiedemmo praticamente tutti all'unisono voltandoci verso di lui.
“Non possono venire a vivere qui e nemmeno sposare, se...
“PAPÁ??” lo interruppi io sgranando gli occhi allibito. Poi, ricordandomi delle sue stesse parole del giorno prima, continuai: “Ma scusa...papà...ma se ieri mi hai detto, cito testualmente: 'Ora che ci siamo liberati di tua sorella, quando possiamo sperare che anche tu ti tolga dalle palle, lasciandomi finalmente solo con tua madre?' Ora che, finalmente, me ne vado, hai cambiato idea? Mi vuoi ancora a casa?” gli dissi cercando di farlo ragionare.
Vidi mia madre sbattersi una mano in fronte e scuotere la testa.
Pensai al suo gesto e capii che avevo appena trasgredito a due delle regole fondamentali del principe dei sayan: primo, l'avevo interrotto, per la terza volta, nel giro di 24 ore e, cosa ancora più grave, gli avevo ricordato una sua affermazione. Cosa che, mediamente, lo mandava letteralmente in bestia. Strinsi forte la mano di Pan che, capendo il mio profondo stato di malessere, si affrettò ad intervenire:
“Scusalo, Vegeta. Stavi dicendo?”
Incredibile. Il tono di voce e la dolcezza con cui si era rivolta a lui lo avevano incredibilmente calmato. Lo conosceva molto meglio di me, senza alcun dubbio.
Mio padre si schiarì la voce e continuò:
“Dicevo che, se volete sposarvi e venire a vivere qui, dovete stare alle MIE condizioni”
“Che...sarebbero?” chiese Pan sempre in modo cordialissimo.
“Se Trunks se ne va, io non ho più nessuno con cui allenarmi e la cosa non mi sta bene, per niente. Qui ci sono tre sayan, più Videl, che non è per niente male, in quanto a forza. Gli altri due, a giudicare dalle auree, se la stanno spassando a casa loro, ma poco mi importa, visto che ieri si sono allenati per quasi tutta la giornata. Quindi a voi la scelta. Spartitevi i giorni della settimana e decidete voi quando venire a farmi divertire. Non è un grosso sforzo, no? Vi evito l'iscrizione in qualche inutile palestra piena di gente che cerca di tenersi in forma per far contenti i rispettivi partner, molte volte senza successo. Allora? Mi sembra una proposta ragionevole, vi pare?” spiegò mio padre mantenendo un tono serissimo.
“Ma papà! Ma come fai a pretendere una cosa simile? Ognuno di noi ha...
“Nooo, aspetta, Trunks! A me va di allenarmi con tuo padre, scusa! Io ci vado volentieri! Anche perché abbiamo un conticino in sospeso, io e lui...vero Vegeta?” mi interruppe Pan, facendogli pure l'occhiolino.
“Hey, ragazzina, vedi di non provocarmi, sai? Lo so che sará uno spasso, d'ora in poi, allenarmi con te. L'ho sentita la tua aura, sai? L'ultima volta ti ho risparmiata solo perché non ero in vena di ammazzare nessuno, quel giorno...Ma se ti azzardi a disturbarmi quando sono sotto la doccia, come un paio di anni fa, ti faccio sparire dalla faccia della Terra, è chiaro?” le disse con un sorriso un po' troppo malizioso, per i miei gusti e corrispondendole l'occhiolino che lei gli aveva appena rivolto.
“Che cosa?” chiesi io allibito.
“Ma veramente anche a me non dispiacerebbe affatto...” intervenne Gohan sorridente “Da quando Junior se n'è andato e con tutte le torte di Videl, ho messo su qualche chilo di troppo...penso mi farà solo bene tornare ad allenarmi. Tu cosa ne pensi, Videl?”
“Sì, non sarebbe male...ma sai, Vegeta, io non sono una sayan. So volare, certo...ma non so fare nemmeno un'onda energetica...penso che per te sarebbe una noia mortale...allenarmi” rispose Videl abbassando lo sguardo imbarazzata.
“Oh, non ti preoccupare. Sarà uno spasso, insegnarti...come sarà divertente far alzare Bulma la domenica mattina per prendere lezioni di volo...vero, principessa?” chiese rivolgendosi a mia madre che, alla proposta, aveva strabuzzato così tanto gli occhi che sembrava le stessero per cadere dalle orbite.
“Eheh – rise nervosamente – ma certo...sarà divertente” rispose mia madre, stampandosi un sorriso fintissimo in faccia.
“Bene, allora rimani solo tu, Trunks. Che intenzioni hai? La vuoi sposare o no, Pan?” chiese infine a me, con aria severissima.
“Beh...come dire di no? In fondo, a me piace allenarmi con te, papà...” confessai con molta sincerità.
“Benissimo!” esclamò allegro con un tono che non era assolutamente da lui. Poi, sempre allegramente, concluse: “Mangiamo? Ho una fame!”
“Sìììì! Venite, abbiamo pescato pesce tutto il pomeriggio e abbiamo preparato una cena squisita! Vegeta, per te c'è il sushi, ho letto da qualche parte che ne vai pazzo!” esclamò Pan invitando tutti ad entrare in casa.
Mia madre e i genitori di Pan si avviarono con lei verso l'ingresso. Solo io e mio padre rimanemmo un po' indietro. Mi affiancai a lui e, con la voce titubante gli chiesi:
“Papà...c'è...c'è forse qualcosa che dovrei sapere? Voglio dire...con Pan...tu...e Pan...
“Vuoi che ti disintegri, Trunks?” mi chiese trasformandosi in ssj e creando una sfera luminosa nella mano.
Che idiota. Che idiota ero stato. Come potevo essere geloso di mio padre?
Mi stava guardando con due occhi severissimi, ma contemporaneamente molto tristi per ciò che gli avevo detto. Probabilmente si stava chiedendo come avevo potuto dubitare del suo rapporto con Pan. Come dargli torto? Mi sentii una merda totale al solo pensiero di essermi fatto passare per la mente un'idea così assurda.
“Chiedimi scusa, Trunks. Chiedimi scusa per ciò che mi hai detto. La mancanza di rispetto è una cosa che non tollero, lo sai bene” mi disse severamente.
“Ti prego, papà. Perdonami. Io...non so cosa mi sia preso. Mi dispiace tanto. Spero...spero che tu possa accettare le mie scuse. Non accadrà più” gli dissi guardandolo negli occhi sapendo di avere qualche possibilità in più di essere perdonato, se non avessi abbassato lo sguardo. 
Un istante dopo tornò normale e fece scomparire la sfera.
Mi guardò non mutando lo sguardo, ancora leggermente contrariato e mi disse semplicemente:
“Sei uno stupido”
“Lo so...ho sbagliato” gli dissi mestamente.
“Non farlo mai più” fu l'ultima cosa che mi disse prima di abbracciarmi.
Accidenti che bello. Di nuovo quella sensazione. Quella sensazione di sintonia perfetta che solo il contatto tra due sayan poteva generare.
“Ti voglio bene, papà” gli dissi solo prima di abbracciarlo a mia volta.
“E io ho fame” rispose lui staccandosi da me e facendomi sorridere.
“Andiamo? ” mi chiese ricambiando il sorriso.
“Sì...Papá?" lo bloccai subito dopo. Avevo bisogno di chiarirmi un ultimo dubbio.
"Sí, Trunks?"
"Hai sentito l'aura di Pan? Da ssj?" chiesi deglutendo l'aria.
"Sí, ieri sera e stamattina...Complimenti, Trunks...vedo che hai preso molto... da tuo padre..." mi disse facendo lo stesso sorriso malizioso che aveva fatto a Pan, poco prima.
"Eheh - risi nervosamente - sí...mi ha stupito vederla trasformare. Tu lo sapevi? Sapevi che potesse succedere?"
"Sí, capita anche a tua sorella, ma solo se é a letto con Goten. Non riesce ancora a farlo da sola, come Pan...stamattina. Per questo sará una goduria, allenarsi con lei, d'ora in poi" mi spiegó senza alcun imbarazzo.
"Ah! P-papá?"
"Eh?" mi chiese iniziando ad essere un po' irritato per non essere ancora seduto davanti al suo sushi.
"Devi...Potresti...NON stare a sentire le auree...cioé...mia...di Pan...sai...É...imbarazzante...per me" balbettai intimorito.
"Ok, sai che sforzo...pensi che mi interessi sapere cosa diavolo stai combinando? Mi sono solo accertato che la stessi trattando come avevi promesso...Ora che lo so...mi rimane solo da provare il mio sushi...Posso?"
"Oh, sí. Sí, certo...non ho altre domande. Grazie!" conclusi rapidamente avviandomi con lui verso il porticato.
 
Entrammo in casa e cenammo tutti assieme come una grande famiglia unita.
Adoravo vederli assieme.
Adoravo tutti quanti.
Adoravo vedere Pan felice e sorridente.
Ero strafelice di sapere che, di lì a poco, sarebbe diventata mia moglie.
Adoravo quell'atmosfera in cui tutti, me compreso, eravamo euforici. 
L'arrivo della notte concluse così il fine settimana più bello di tutta la mia vita.
Di tutta la mia vita...
Fino a quel momento...








 
 

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Capitolo 12
*** 4 ANNI DOPO ***






“Ciao Trunks, io vado, il taxi mi sta aspettando”
“Sei sicura che non vuoi che ti accompagni io all’aeroporto?” chiesi con non poca tristezza.
“Sì…sì, sicura. Gli addii mi fanno piangere…” mi rispose Pan altrettanto tristemente.
“Ma questo è un arrivederci, non un addio! Dai, su col morale! Dopo questo stage avrai finito! Potrai finalmente insegnare! Forza! Due mesi passano velocemente e poi potrai sempre tornare a casa, qualche fine settimana. Oppure, sai che facciamo? Ti vengo a trovare, qualche volta, ok? Così non ti dimentichi di me” le dissi per cercare di rincuorarla e farla sorridere.
“Ma ti pare che io mi possa dimenticare di te? Mi mancherai tanto Brief”
“Anche tu, Pan” le dissi prima di stamparle un tenero bacio sulla bocca e salutarla.
Prese la sua valigia enorme e, percorrendo il vialetto che, dal retro della casa, portava sulla strada, arrivò al taxi. La scena che ne seguì mi fece sorridere. Il povero tassista, un uomo sulla cinquantina, stempiato e con qualche chiletto di troppo, scese dall’auto per aprire il bagagliaio e infilarci la valigia di Pan. Quando si chinò per prenderla, non riuscì a sollevarla nemmeno di un centimetro da terra.
“Lasci, faccio io” disse Pan prendendo la maniglia e sollevandola con una mano senza alcuna difficoltà, facendo comparire sul volto dell’uomo, uno sguardo allucinato. Appena caricata la valigia, Pan si voltò verso di me, che la guardavo ancora divertito, appoggiato allo stipite della porta di ingresso e mi fece uno dei più bei sorrisi che io le avessi mai visto dipinto in volto.
“Ti amo” lessi sulle sue labbra prima che entrasse nel taxi.
“Ti amo” lesse sulle mie un istante prima di chiudere la portiera e partire.
 
AH…Ero solo.
Dopo quattro anni di matrimonio con Pan, ero solo.
Solo soletto…
Ora le cose erano due: o mi compiangevo per due mesi struggendomi per la mancanza di Pan, oppure…



TUUUUUUU TUUUUUUU
“Pronto?”
“Goten! Ciao, come va?”
“Ciao Trunks! Sì, tutto bene! Stiamo andando a fare l’ecografia per vedere se Goku sta bene! Dimmi!”
“Ah…ehm…no, volevo chiederti…se più tardi volevi passare di qui…sai, Pan è partita… Mi chiedevo se avevi voglia di un po’ di allenamento o fare qualcosa…ehm…di divertente…se ti va!” dissi timidamente.
“Ma certo! Vengo volentieri, tanto Bra deve solo riposare. Con ‘sta panza che ha è meglio che stia a casa. E sì che mancano ancora tre mesi a che nasca il pupo…AHIO!” mi disse allegro il mio amico, probabilmente prendendosi un cazzottone da mia sorella e tirandomi su il morale.
“Ok, ti aspetto allora!”
“Trunks!”
“Dimmi!”
“Li hai ancora?” mi chiese un po’ sottovoce.
“Certo, tutti…Senza Pan ci potremo sfogare, finalmente…” dissi sorridendo.
“Grande! A dopo fratello”
“A dopo e salutami Bra e il piccolino!”
“Certo!”
“Ciao, Goten”
 
Fantastico. Avevamo la casa a disposizione per due mesi!
Due mesi in cui io potevo riprendermi finalmente i miei videogames e Goten sarebbe potuto stare un po’ da me, lontano dalle continue voglie mangerecce di Bra che continuava a farlo uscire, anche in piena notte, per cercare i cibi più disperati, tipo il mango a dicembre o il panettone ad aprile. Potevamo tornare ad allenarci con la fusione e andare a suonarle a mio padre, anziché prenderle, come al solito.
Negli ultimi quattro anni, nessuno di noi aveva mai mancato un solo allenamento. Solo Bra era stata letteralmente cacciata dalla camera gravitazionale poco prima di Natale. Si era bellamente presentata per il suo solito training, ma a mio padre bastarono cinque secondi per capire che era incinta. Ancora mi immagino la scena di lui che la sbatte letteralmente fuori dalla porta e si chiude dentro per non farla più combattere.
Mi sembra di sentirle, le sue parole:
“Ci vediamo fra nove mesi, principessa”
Dev’esserci rimasta parecchio male, mia sorella, considerando che nemmeno lei lo sapeva ancora, di essere incinta.
Da allora, Goten aveva dovuto fare da ‘supplente’ a sua moglie e molto spesso mi chiamava per chiedermi se potevo andare io, al suo posto. Infatti, da quando aveva messo incinta Bra, Goten aveva notato un certo incremento dell’astio nei suoi confronti, da parte di mio padre e gli allenamenti erano diventati dei veri e propri spargimenti di sangue.
Per questo l’idea di mandarci Gotenks, non gli era dispiaciuta affatto.
A me non dispiaceva affatto.
La fusione con Goten mi aveva sempre portato ad uno stato di benessere indescrivibile, superato solo (e di gran lunga) dal fare l’amore con Pan.
 
Passammo delle giornate meravigliose. Quando Goten poteva venire a trovarmi era veramente uno spasso. Bagni, grigliate di pesce, allenamento, fusioni a ripetizione, videogames fino a tarda notte. Una vera goduria. Eravamo anche riusciti, solo un paio di volte, a dire la verità, a portare mio padre alla resa. Era tutto così idilliaco che il tempo, nonostante l’assenza di Pan, era cominciato a trascorrere molto, ma molto velocemente. Tra lavoro, allenamenti e seratine con Goten, passarono, come niente, tre settimane.
Certo, Pan mi mancava, tantissimo. La notte, senza di lei, era come se mi mancasse l’ossigeno nei polmoni. Quel suo assuefacente profumo di frutta non aveva ancora lasciato il cuscino su cui dormiva, nonostante avessi provato a lavarlo, più e più volte, nelle ultime tre settimane. Continuare a sentirlo mi provocava uno stato di profondo malessere. Ero Pan dipendente, non c’era alcun dubbio, ormai. Mentre le giornate delle ultime tre settimane erano state ricche e intense, grazie al mio inseparabile amico, avevo passato nottate insonni che, molto spesso, mi rendevano estremamente nervoso, nelle mattinate che ne seguivano. Soprattutto se dovevo recarmi a lavoro. A volte mi sembrava che mi stessero tutti, o meglio, tutte, con il fiato sul collo.
Arrivavo alla mattina e subito compariva quella sanguisuga della mia segretaria che, da quando aveva scoperto che Pan era partita, non aveva fatto altro che accorciare la minigonna e allungare di parecchio la pausa caffè davanti al mio ufficio. La cosa iniziava ad irritarmi non poco.
Fu all’inizio della quarta settimana che successe un fatto del tutto inatteso.
Era il quarto anniversario del giorno in cui avevo chiesto a Pan di venire a vivere con me e, trascorrerlo senza di lei, sapevo sarebbe stato molto difficile.
Arrivai a lavoro puntuale, visto che tanto non avevo dormito per tutta la notte. Entrai nel mio studio e mi sedetti alla scrivania. Tempo dieci secondi, la sanguisuga bussò alla porta.
“Avanti” dissi scocciatissimo.
“Buongiorno, presidente! Dormito bene?” mi chiese con un’allegria che mi fece storcere ancora di più il naso.
“No” le risposi secco prendendo le pratiche che mi stava porgendo.
“Oooh, le manca sua moglie? Scommetto che è un’ottima cuoca e le mancano le cenette che le prepara…vero?” mi disse con un tono di voce che sottintendeva qualche proposta mentre girava attorno alla scrivania e ci si sedeva sopra, a pochi centimetri dalla mia sedia.
Inarcai un sopracciglio perplesso e lei interpretò la mia espressione come un modo per poter proseguire a provocarmi:
“Sa, presidente? So cucinare molto bene, io…perché non mi invita a cena? Così le tiro su un po’ il morale…” disse in modo fin troppo suadente accarezzando delicatamente la mia mano, appoggiata al bracciolo della sedia.
La ritrassi immediatamente e feci comparire sul mio volto l’espressione più severa che riuscissi a fare, in quel momento.
“Che c’è presidente? Suuu, non faccia il timido…Non mi dica che non le va di divertirsi un po’…Sa? sono una persona molto discreta, nessuno lo verrebbe a sapere…sarebbe un piccolo segreto, tra me e lei…” disse scendendo dalla scrivania per riuscire ad arrivare ad accarezzarmi la gamba.
Era troppo. Se non avessi avuto gli occhi azzurri, ma neri, da vero sayan, avrebbe potuto notare il cambiamento di colore dovuto all’imminente trasformazione che stavo subendo.
Le bloccai la mano e la guardai molto, ma molto severamente.
Non sentire più le sue dita sulla stoffa dei miei pantaloni mi fece calmare evitando così di farla morire d’infarto, facendomi diventare i capelli biondi lì, davanti a lei.
Afferrai il polso della mano ricercatrice di guai un po’ troppo forte per la persona a cui lo stavo stringendo che, inesorabilmente, gridò un:
“AHIO!” da spaccarmi letteralmente i timpani.
Glielo lasciai immediatamente alzandomi in piedi per squadrarla da capo a piedi. Ero letteralmente fuori di me dalla rabbia.
“Fuori” le dissi solamente.
“Mi ha fatto male!” replicò lei massaggiandosi il polso offeso.
“Fuori, ho detto!” le ripetei indicando la porta con il braccio, la mano e il dito indice tesi come un palo duro quanto il mio cuore, in quel momento.
La donna non disse nulla, si fece comparire due enormi lacrimoni che le andarono ad annegare le iridi color lavanda e mi guardò con aria afflitta. Si diresse verso l’uscita, ma poi, poco prima di aprire la porta, senza nemmeno voltarsi, mi disse:
“Vado a preparare le mie cose. Lascerò la scrivania libera, prima di mezzogiorno…Mi scusi, signor Presidente”
Scossi la testa.
Non volevo che se ne andasse. Era la migliore segretaria che avessi mai avuto, nonostante il suo irritante comportamento delle ultime tre settimane. Era sempre stata precisa, puntuale, una gran lavoratrice. Sicuramente era anche molto ‘discreta’, come si era lei stessa definita, poco prima. Tutte le volte che veniva Pan in ufficio a ‘farmi visita’, lei si era sempre indaffarata tanto a ‘coprirmi’ inventandosi riunioni, indisposizioni, uscite, conferenze e quant’altro. Non se lo meritava proprio di perdere il lavoro per una sciocchezza del genere. Ero disposto a perdonarla, purchè ammettesse che non sarebbe mai più successa una cosa simile. Mi affrettai a richiamarla:
“No, aspetti, Miss Kari. Per favore, torni qui”
Eseguì il mio ordine, senza fiatare. Si fermò davanti alla scrivania con la testa bassa e lo sguardo fisso sulla moquette del mio studio, continuando a massaggiarsi il polso dolorante.
“Miss Kari, mi perdoni, la prego. Venga, le ci vuole del ghiaccio. Su venga” la spronai indicandole di seguirmi al piccolo salottino situato a destra della scrivania. Si sedette sul bordo di una piccola poltroncina di pelle bordeaux. Andai a recuperare del ghiaccio nel piccolo frigobar che avevo nello studio e avvolsi quattro cubetti nel fazzoletto di stoffa con le mie iniziali. Tornai al salottino e mi sedetti sul piccolo tavolino, proprio di fronte a lei.
“Mi faccia vedere, per favore”
Mi porse il polso, senza lamentarsi e ci appoggiai sopra il ghiaccio, tenendo una mano sotto, per permetterle di tenerlo il più rilassato possibile.
“Va meglio?” le domandai dopo qualche minuto.
Fece solo cenno di sì con la testa.
“Mi dispiace, miss Kari…non so cosa mi sia preso…io…
“No! A me dispiace, Presidente” mi interruppe alzando finalmente lo sguardo pieno di tristezza. Una lacrima sfuggì al suo controllo rigandole il viso con una marcata linea nera dovuta all’eccessiva quantità di mascara, secondo i miei gusti, che si era messa probabilmente poco prima di entrare nel mio ufficio. Poi, pulendosi distrattamente il lacrimone con la mano, continuò:
“Sono stata una stupida. Lei è una persona così per bene. Si è sempre comportato correttamente, nei miei confronti…Bel modo di ringraziarla. Lo capisco, se mi vuole licenziare” concluse tirando su il naso, con molta poca grazia.
Presi la scatola di fazzoletti appoggiata sul tavolino dietro di me e gliela porsi.
Ne prese uno togliendo il polso, che nel frattempo aveva perso tutto il suo rossore, da sotto il ghiaccio e, tenendo il fazzoletto con entrambe le mani, si soffiò il naso facendolo strombazzare tipo elefante.
La guardai e le sorrisi, a volte mi ricordava Pan, come modo di fare. Feci un sospiro e, nel modo più cordiale possibile, le dissi:
“Non voglio licenziarla. Dove la trovo un’altra segretaria come lei? Purché entrambi ci scordiamo cosa è successo oggi, ok? Vede…non vorrei che lei avesse frainteso qualche mio comportamento. Ѐ vero, mi manca molto, mia moglie, ma il fatto che non sia a casa non mi rende…diciamo così…’disponibile’…io non credo che potrei mai e poi mai, tradire mia moglie…Oltretutto in un giorno come oggi…Capisce?”
“Sì…non succederà più, presidente. Oggi è il vostro anniversario e io sono stata così stupida da rovinarle la giornata…
“Come fa a saperlo? Che oggi è il nostro anniversario?” la interruppi perplesso.
“Presidente! Per quattro anni mi ha fatto mandare dei fiori a sua moglie! Conosco tutte le vostre ricorrenze, ad una ad una…Oggi è l’anniversario della sua proposta di matrimonio, fra un mese esatto c’è l’anniversario di matrimonio, poi c’è il compleanno di sua moglie, poi…
“OK, ok…ho capito…Vede che non posso fare a meno di lei? Il fatto è che oggi non posso nemmeno inviare a Pan dei fiori e la cosa mi rende molto triste” le confessai spostando lo sguardo sulla foto di Pan che mi guardava da sopra la mia scrivania.
“Presidente?” mi richiamò alla sua attenzione “Posso permettermi di dirle una cosa?”
“Mi dica” chiesi incuriosito.
“Questa settimana non ha nessun impegno importante. I pochi incontri che dovrebbe avere possono essere tranquillamente rimandati…Perché non mi permette di prenotarle un volo in aereo in modo tale che possa andare a trovare sua moglie?…Le farebbe una bella sorpresa, non le pare?”
La guardai sbalordito. Era un’idea geniale, la sua. Avevo troppa voglia di vedere Pan e di poter stare un po’ con lei. Mi sarebbe bastata anche solo qualche ora e invece miss Kari mi aveva proposto di restare fuori per tutta la settimana. Le feci un sorriso di gratitudine a trentadue denti e le concessi una innocentissima carezza sul viso.
“Miss Kari, grazie! Io vado a casa a preparare qualcosa da portarmi dietro…Potrebbe prenotarmi un volo, il primo disponibile, per favore” le chiesi cordialmente.
“Ma certo, presidente! Faccia buon viaggio e saluti sua moglie…e grazie…presidente…per non avermi…licenziato” disse riabbassando lo sguardo.
“Licenziarla per cosa?” le chiesi con un sorriso, per farle capire che, quanto successo, per me era già morto e sepolto.
 
Nella tarda mattinata ero sull'aereo che mi avrebbe portato da lei, dalla mia Pan. Presi posto e, dieci minuti dopo la partenza, mi addormentai come un sasso.
Poche ore dopo ero alla casetta dove risiedeva, momentaneamente, Pan.
La porta d'ingresso era stranamente aperta e decisi di entrare. Subito sentii l'acqua della doccia che scendeva e la vocina di Pan che canticchiava la nostra canzone, quella che le cantai la sera della sua prima volta, la nostra prima volta. Entrai nel bagno e vidi la sua esile figura sfuocata dai vetri appannati dello sportello della doccia.
Sentii tutta la mia eccitazione crescere in modo incontenibile e decisi all'istante di liberarla spogliandomi completamente. Mi avvicinai e aprii lo sportello. Pan mi guardò aprendo sul viso un sorriso maliziosissimo e mi disse:
"Ti aspettavo, Brief"
Entrai chiudendo lo sportello dietro di me. Un istante dopo, avevo sollevato Pan di peso ed ero entrato in lei come non era mai successo. Nessun preliminare, nessuna parola, niente. Mi ero limitato a metterle le mani sotto le natiche invitandola ad aprire le gambe e ad avvolgerle attorno ai miei fianchi, per poi iniziare a muovermi, lentamente, dentro di lei.
L'acqua scivolava sui nostri corpi nudi avvolti in quel quell'abbraccio di passione e desiderio ed erotismo che speravo ci avrebbe accompagnato, per tutta la notte.
Accidenti quanto l'avevo desiderata. Sentire il contatto della sua pelle con la mia, della sua bocca con la mia, della sua lingua che accarezzava la mia...Tutte sensazioni che mi erano dannatamente mancate, in quelle tre settimane, senza di lei.
Sentii il suo respiro accelerare e i suoi gemiti di piacere unirsi ai miei che avevano perso oramai ogni contegno.
Baciai il suo collo per sentirne il profumo. Quel sensualissimo profumo che l'aveva sempre accompagnata. L'acqua bollente lo faceva scivolare via, lontano dal mio olfatto, lontano dall'unico senso che mi permetteva di sapere se potevo liberarmi dentro di lei, senza che si arrabbiasse con me, per aver combinato qualche casino.
La guardai.
I suoi occhi stavano cambiando colore assieme ai suoi capelli che avevano già, in parte, illuminato il box doccia, con la loro dorata lucentezza.
Mi stava letteralmente facendo impazzire. Pochi secondi e avrebbe trascinato la mia aura con sé in quel regno di piacere che solo il sesso con lei sapeva aprirmi.
Pochi istanti...
Arrivai al limite...
Una frazione di secondo, prima di far accogliere la mia parte di piccoli me stesso dentro di lei...

mi svegliai.
 
Mi svegliai evitando a me stesso la più grossa figura di merda da orgasmo solitario che una compagnia aerea potesse ricordare.
In preda al panico piú totale per aver scampato il pericolo di fare la figura del quindicenne con gli ormoni in autogestione, mi slacciai la cintura e andai al bagno a ritrovare il contegno perduto.
Ero imbarazzatissimo. Anche più di quando mi capitò la stessa cosa una notte che avevo dormito con Goten. Quello stronzo aveva riso come un matto e, per una settimana, mi aveva preso in giro. Fu umiliante, ma mai come se il mio incontro onirico con Pan fosse giunto a conclusione, in mezzo a tutta la gente presente sull'aereo.
Tornato al mio posto pensai che fosse meglio mettersi a guardare un film che mi avrebbe portato, fino all'atterraggio, a non continuare a pensare a quel
Dolcissimo
Eroticissimo
Caldissimo
Bagnatissimo
Ok, BASTA, Trunks!
Imposi a me stesso di concentrarmi sul film, dato che, il solo pensiero di quel magnifico sogno, mi stava facendo eccitare di nuovo.
Mi trovai in pochi minuti a chiedermi perché mi fossi comportato cosí male, quella mattina, con la mia segretaria. Soprattutto, non mi era chiaro il motivo per cui, ogni volta che una persona diversa da Pan mi provocava sessualmente, avessi una reazione cosí sproporzionata rispetto alla proposta ricevuta. Era successo all'addio al celibato di Goten e di nuovo, quella mattina. Il tutto corredato dallo strano, quanto irritante effetto, dell'incremento incontrollato della mia eccitazione da sfogare, nel piú breve tempo possibile, su Pan, naturalmente.
Continuai a chiedermelo, senza risposta, fino alla fine del film. Non appena l'aereo toccó terra, le mie NON risposte finirono nel dimenticatoio del mio cervello e non ci pensai piú. Avevo ben altro su cui concentrarmi: prima di tutto, cercare l'aura di Pan.
Era ormai sera quando finalmente misi piede fuori dall’aeroporto della piccola cittadina dove Pan stava svolgendo lo stage che avrebbe concluso il suo percorso universitario. Mi ci volle ben poco a trovare la sua inconfondibile aura e, non notando nessuno nei paraggi, decisi di alzarmi in volo e di raggiungerla così al residence che ospitava lei e i suoi compagni di università.
Volai per una decina di minuti.
Credo i dieci minuti più lunghi di tutta la mia vita.
In quei dieci minuti il mio desiderio di abbracciarla, stringerla e baciarla crebbe in un modo smisurato. Ero emozionato come quel giorno di quattro anni prima, quando feci l’amore con lei, per la prima volta.
Ero emozionato e desideroso di lei.
Troppo emozionato.
E decisamente troppo desideroso, visto che, al solo pensiero di rivederla, il mio amichetto aveva deciso di risvegliarsi improvvisamente, dandomi una fastidiosissima sensazione di ‘costrizione’, in mezzo alle gambe.
Atterrai proprio dietro la casetta occupata da Pan. Quando voltai l’angolo per arrivare alla porta di ingresso, mi si ghiacciò il sangue nelle vene. Vidi CJ uscire dalla casetta di Pan salutandola con un: “Ciao stella, a dopo!” per poi allontanarsi nella direzione opposta a dove mi trovavo io.
Deglutii aria andando in panico totale, ma decisi di farmi forza e di affrontare la situazione. Probabilmente c’era una spiegazione logica a ciò che avevo visto e sentito. Andai a bussare alla porta di Pan che, venendo ad aprire, pronunciò la frase che mi tolse, tutto d’un tratto, dieci anni di vita:
“CJ, ti ho detto che non puoi più passare la notte q…TRUUUNKS?”
“P-Pan…Cosa…cosa significa?” balbettai frastornato.
“T-Trunks? Ma che ci fai qui?” mi chiese con un tono estremamente sorpreso.
“Ero…ero venuto…per festeggiare il nostro anniversario, ma vedo che eri già…già impegnata” le dissi iniziando a prendere coscienza della situazione.
"Ma no, ma che dici, quali impegni? Sei arrivato fino a qui...per festeggiare il nostro anniversario! É...é semplicemente...FANTASTICO! Vieni, dai, entra! Non stare lí impalato!" mi disse con una naturalezza disarmante avvicinando la sua mano alla mia, per tentare di prenderla.
Proprio come avevo fatto quella stessa mattina, la ritrassi istintivamente e, ancora una volta, tornò sul mio volto la stessa espressione serissima di poche ore prima.
Pan si stupì molto del mio gesto di stizza e i suoi bellissimi occhi si incupirono quando, scollegando totalmente il cervello, le dissi:
"Non mi toccare Pan, dimmi cosa cazzo sta succedendo. Hai passato la notte con CJ? Perché? Perché mi hai fatto questo?"
Sul suo viso comparve un'espressione mista tra sorpresa e tristezza, unita probabilmente alla paura della percezione dell'aumento repentino della mia aura. La vidi deglutire il niente e, tentando di tranquillizzarmi, mi disse:
"Trunks, calmati, per favore...ti va di entrare? Posso spiegarti tutto quanto, ma ti devi calmare...cosí...mi fai...mi fai paura...ti prego"
"Ti faccio paura? Paura di cosa Pan? Che possa fare del male a te, al tuo amichetto o a tutti e due? Come hai potuto, Pan? Con CJ?" le chiesi facendo qualche passo verso di lei facendola rientrare nel piccolo appartamento e chiudendo il resto del mondo fuori dalla porta.
"No, non ho paura di questo. Ho paura che tu...tu stia rovinando tutto...non permettendomi di darti la benché minima spiegazione" mi disse continuando a ritirarsi verso quella che doveva essere la zona notte.
"E sentiamola, questa spiegazione...Spero che cercherai almeno di essere convincente, visto che sono proprio curioso di sapere su quale specchio ti arrampicherai, per venirne fuori...principessa" le dissi con tono furioso, continuando ad avanzare.
Arrivata al letto, la sua 'fuga' terminò. Ci si sedette sul bordo e si mise a fissare il pavimento di lato ai miei piedi che stavano a pochi centimetri di fronte a lei.
"Abbiamo studiato. Tutta la notte. Questa settimana ci sono gli esami di metà stage. CJ non...lui ha qualche problema...in alcune materie...Prima ho detto che non poteva più stare qui perché stasera volevo chiamarti e parlare con te...per ricordare quel giorno...di quattro anni fa" spiegò sommessamente con una voce tremolante che mi fece fermare il cuore.
Pensieri confusi iniziarono a girarmi per la testa. Non sapevo se crederle e chiederle scusa per come l'avevo aggredita o indagare oltre. La sua spiegazione sembrava realmente sincera, ma volevo che me lo dicesse.
Volevo che mi guardasse negli occhi e mi dicesse la verità.
"Pan. Guardami, per favore" le dissi con un tono di voce decisamente piú tranquillo.
Alzó lo sguardo fino ad incrociare il mio e a fissare le sue perle nere nelle mie iridi color ghiaccio.
Mi misi in ginocchio di fronte a lei senza che nessuno dei due spostasse lo sguardo dall'altro.
"Pan, dimmi che non é successo niente, tra te e CJ...credo di saperlo giá, di averlo capito, non appena mi hai guardato negli occhi...ma ho bisogno di sentirmelo dire" la supplicai prendendole le mani tra le mie.
"Non é successo niente, Trunks, ma mi dispiace tanto che tu l'abbia anche solo pensato...come puoi credere che io possa tradirti? CJ é un mio caro amico...NOSTRO amico...Non si é mai azzardato a farmi nemmeno una carezza..." mi disse con un tono infinitamente triste.
Mi si spezzó il cuore. Avevo dubitato di lei come di mio padre, quattro anni fa. Lui si era trasformato in ssj, esprimendo tutta la sua rabbia, nei miei confronti. Pan si era limitata a guardarmi con due occhi tristissimi che esprimevano solo tanta, troppa delusione.
Era mia moglie.
L'amavo e mi amava piú di ogni altra cosa al mondo.
L'avevo volontariamente ferita e ora...beh...dovevo solo farmi perdonare.
Non c'erano parole da dire, nessuna parola per farle capire, cosa sentissi nel profondo nel cuore.
Iniziai ad accarezzarle le mani, delicatamente; con il pollice sfioravo la sua pelle morbida senza mai spostare lo sguardo dal suo.
Staccai una mano dalle sue per andare ad accarezzarle il viso. Le sfiorai le labbra con il pollice disegnandone il profilo.
Volevo baciarla. Volevo afferrare quelle labbra cosí morbide e sensuali e morderle e succhiarne il sapore per tutta la notte, ma prima...prima glielo dovevo dire.
Aprii la bocca, mi inumidii le labbra e, intervallando le parole con piccoli baci a fior di pelle sul suo viso, le sussurrai:
"Scusami. Pan. Ti amo. E ti desidero. Ancora. Vorrei solo. Poter ricordare. Con te. La nostra notte. Di quattro anni fa"
Pan si prese tutti i baci. Ad uno ad uno. Chiuse gli occhi per assaporare meglio la sensazione che io stesso stavo provando sulle mie labbra che toccavano la sua pelle.
Li riaprí quando tentai di appoggiare le mie labbra sulle sue. Frappose un indice tra la mia bocca e la sua, prima che potessi toccarla e, guardandomi severamente, mi sussurrò:
"Non farlo mai piú, sayan. Non dubitare mai piú di noi. Ok?"
"Ok. Mai piú" riuscii a dirle pochi istanti prima di ritrovare la mia lingua avvinghiata alla sua in un abbraccio sensuale, ma, allo stesso tempo, dolcissimo.
Le feci aprire le gambe per potermi spostare un po' piú avanti e far aderire il mio corpo al suo. Iniziai ad accarezzarle la parte interna delle lunghissime gambe, partendo dal ginocchio fino ad arrivare alla fastidiosa cucitura dei jeans, che ancora mi impedivano di toccare la sua parte più intima.
In pochi istanti il bacio si fece sempre piú intenso, eccitante e bramoso di essere la scintilla che avrebbe portato a ben altro piacere.
Capii che il desiderio di Pan era forte almeno quanto il mio quando, staccandosi dalle mie labbra, mi guardò dritto negli occhi e mi disse:
"Ti voglio Brief, sotto la doccia. Adesso"
Non potei fare altro che alzare un angolo della bocca in un sorriso che esprimeva solo una gran soddisfazione. Mi alzai e, porgendole una mano, l'accompagnai nel bagno a realizzare il suo, nonché mio, bellissimo sogno.


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NOTA AUTORE: Scusate il dilungamento...Questo capitolo è un 'fuori programma'. L'ho pensato e scritto d'istinto, senza pensarci troppo su...Magari vi farà schifo o magari vi piacerà più degli altri. In ogni caso, fatemelo sapere! Mi servirà solo a migliorarmi...
Al prossimo e ULTIMO capitolo (giuro!)
SJD

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Capitolo 13
*** CINQUE SETTIMANE DOPO ***





“Ciao! Mi hanno detto che eri qui! Sono appena tornata e sono venuta subito a cercarti!”
“Mhm mhm”
"Hey, ma…Sei qui dentro?"
"E dove altro dovrei essere?"
"Già...eheh...vedo che sei un po' nervoso, meglio che torni più tardi, ok?"
"No, scusami, è che sono un po' cotto...l'allenamento mi ha stancato molto. Di cosa hai bisogno?"
"Posso...posso entrare? Dovrei parlarti..."
"Ho quasi finito, anche perché non c'é più shampoo...maledizione"
"Ehm...senti...volevo dirti...So che sono appena tornata e già ti sto rompendo le scatole…Ma cosa ne diresti di...ecco, stavo pensando...non potremmo ristrutturare casa e farla un pochino...sí, un pochino piú grande...cosí, per avere una o magari...due stanze in più? Cosa ne pensi?"
"Perché, scusa, non é già abbastanza grande casa nostra per viverci in due?"
"Ecco, sí, appunto...eheh...ma sai, Trunks...
"No eh, non dirmelo...
"Beh, ma, insomma, non prenderla così...
"E come dovrei prenderla, scusa. Adesso che finalmente potevamo vivere in pace, io e te, da soli, mi devo ritrovare con un figlio tra le palle?"
"Mamamama...come puoi parlare così? Pensavo ne fossi felice e poi, tutto sommato, l’hai voluto tu...Non ti fa piacere avere qualcuno con cui allenarti? Come puoi essere così crudele?"
Singhiozzi.
Pianto disperato.
"E no dai, non stai piangendo vero?"
"Uaaaaaa...
"Ah, che palle...aspetta...
Chiusura dell'acqua.
Sportello della doccia che si apre.
Chiave che gira nella toppa.
Voce maschile ora molto piú chiara che chiede:
"E sentiamo, Bulma, perché Trunks vorrebbe tornare a ca...Paaan?"
"V-Vegeta?" dice Pan spalancando gli occhi allucinata.
Come ha potuto scambiare di nuovo Vegeta per Trunks?
Suo suocero, come la prima volta, si stringe meglio l'asciugamano annodato in vita.
La squadra con occhi severi, da capo a piedi.
'Ora mi disintegra' pensa la ragazza terrorizzata.
Apre un sorrisetto malizioso che fa ghiacciare il sangue nelle vene a Pan.
“Vieni un po’ qui” dice con una voce troppo sensuale perché Pan riesca a non esserne attratta.
Il cuore inizia a batterle all’impazzata.
Deglutisce più volte il niente sperando di liberare le vie aeree e far arrivare un po’ più di ossigeno ai polmoni che annaspano cercando di non soffocare.
Si avvicina a lui con gli occhi terrorizzati.
E se ti azzardi a disturbarmi quando sono sotto la doccia, come un paio di anni fa, ti faccio sparire dalla faccia della Terra, è chiaro?’ aveva detto quel giorno di quattro anni prima.
Il messaggio era chiaro, certo…allora come adesso.
Ma non azzerare l’aura quando si è sotto la doccia…no eh?
La domanda era solo retorica…non l’avrebbe di certo giustificata.
Pochi secondi e l’avrebbe veramente fatta sparire dalla faccia della Terra.
Pan è sempre più vicina…
In un istante, Vegeta le mette una mano dietro la nuca e la tira molto delicatamente verso di sé.
Le stampa un bacio dolcissimo in fronte, per poi abbracciarla forte  e  sussurrarle in un orecchio:
"Non azzardarti a chiamarlo Goku, come quell’ingrata di mia figlia…Chiaro, principessa?"
"Eheh - ride imbarazzata - quale...dei due?"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTA AUTORE: Questo capitolo chiude la luuuunghissima vicenda delle NON prime volte di Pan, a proposito delle quali, leggendo quest’ultimo capitolo, avrete capito quale è la mia preferita…
Non mi resta che ringraziare tutti coloro che: 1 - hanno avuto la pazienza di ‘aspettare’, come Trunks, la fine di questa mia personale ‘versione’, 2 – hanno inserito questa storia in una delle categorie, 3 – alle tante persone che mi considerano uno dei loro autori preferiti…non me lo merito, davvero...E per ultimi, ma non di certo meno importanti, i miei due recensori di fiducia, Panssj17 e Jack2700, senza i cui commenti avrei mollato questa storia già parecchi capitoli fa…
Spero di poter leggere i vostri commenti/critiche/insulti magari no/varie ed eventuali. Altrimenti grazie per il tempo dedicato alla lettura. Spero che leggere questo racconto sia stato tanto piacevole per voi, quanto per me scriverlo!
Alla prox
SJD
 

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