7Elements - #Heroes of the Clans

di Raww
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0 - Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 - U.No ***



Capitolo 1
*** 0 - Prologo ***



7Elements - #Heroes of the Clans - 00 - Prologo
"Signor Ellis... L'aeromobile sta atterrando" fece con voce tremante Philip Flint, la recluta numero 76463. Il Signor Ellis, d'altro canto, non avrebbe mai potuto ricordare il suo nome nemmeno avrebbe voluto farlo.
Era soltanto un pedone da sacrificare per arrivare a mangiare la regina avversaria. E ad intrappolare il re.
Kanye Ellis si alzò dalla sua poltrona in pelle reclinabile e sorrise.
"Grazie per avermi avvertito" fece. Chiuse l'ultimo bottone della camicia nera e strinse la cravatta, dello stesso colore. Quindi infilò la giacca scura chiudendo anche questa, con i suoi tre bottoni e si mosse, uscendo dall'ufficio.
Un bip attestò l'avvenuta attivazione dell'allarme antifurto nell'ufficio. Lui sospirò e camminò verso la sala circolare, l'enorme androne di dislocazione dal quale si snodavano tutte le direzioni, verso gli uffici e le altre stanze.
Le sue Trussardi emisero uno strano scricchiolio non appena attraversò l'atrio, sotto gli occhi intimoriti delle reclute e delle sue dipendenti.
Una di queste, all'ufficio informazioni, aveva appena risposto al telefono.
"Sevenelements S.p.A., come posso esserle d'aiuto?"
Kanye Ellis salutò col cenno del capo qualcuno che l'aveva salutato, senza nemmeno vedere chi fosse. S'immise quindi in un corridoio molto lungo; Il pavimento in linoleum rifletteva debolmente la luce dei neon bianchi e ronzanti fissati al soffitto.
Intanto pensava.
Pensava al futuro, pensava al passato.
Pensava alle ingiustizie della vita, quelle che aveva dovuto subire dall'umanità, da bambino.
Come si faceva a trattare male un ragazzino? Come si poteva maltrattare un orfano?
Scrollò dalla testa quei pensieri, meditando sul presente e sul fatto che l'enorme aeromobile che stava atterrando nell'hangar, nel suo hangar, quello della sua società, trasportasse qualcosa di prezioso.
Arrivò alla fine del lungo corridoio, dove i passi rimbombavano ed il crepitio delle Trussardi risuonava forte, abbassò il maniglione antipanico rosso e sorrise: il viso di Kanye Ellis fu illuminato  dalla luce del sole che proveniva dalle porte aperte dell'hangar. Il soffitto aveva fatto entrare il CH-47C/D, le cui pale vorticavano velocemente, alzando fogli di carta e facendo svolazzare i camici degli scienziati.
Solo Ellis camminava come se tutto quello non gli competesse, con il suo passo deciso ed il volto solido, plastico quasi. Tutti si voltarono verso di lui con sguardo colmo di rispetto e riverenza.
"Signor Ellis! L'avevo mandata a chiamare" fece uno degli scienziati che lavoravano lì e di cui Kanye, naturalmente, non conosceva il nome.
"Sono qui. È arrivato l'uovo?".
Lo scienziato si voltò repentino, proprio nel momento in cui il portello posteriore del velivolo fu depressurizzato, rilasciando uno sfiato, parecchio fastidioso all'udito.
Non appena vide lo sportello aprirsi, Kanye si mosse in sua direzione. Ne uscirono dapprima sei soldati armati, con le loro divise color fango ed i loro M4 imbracciati.
"Piano!" urlò poi un uomo che camminava indietreggiando, attento a non inciampare nel portellone, ora pedana. "Avanti, forza".
Un carrello elevatore si mostrò allo sguardo del Signor Ellis mentre sollevava una grande pedana, con su un grosso pacco imballato.
"Portatelo in laboratorio" disse il proprietario, avviandosi assieme agli altri scienziati verso la grande porta rossa. La aprirono e si posero davanti ad un grosso vetro, doppio trenta centimetri.
Le luci ronzavano nel totale silenzio. Kanye Ellis sentiva il timore, la paura che gli scienziati avevano nei suoi confronti. Non era a suo agio, ma non la disprezzava. Anzi.
Credeva che così dovesse essere.
La porta rossa si aprì di nuovo, ma Kanye continuava a guardare dritto, in direzione della sala di manipolazione.
"Kanye" fece una voce femminile.
"Alicia..." rispose, con la sua voce penetrante. Si voltò poi a guardare la donna, con i suoi lunghi capelli biondi e quegli occhi grigi.
“Alla fine è arrivato” disse, mettendosi di fianco a lui, spostando con qualche spintone gli esili scienziati. “Levatevi, topi di laboratorio... Devo vederlo”.
Quattro uomini in tute coibentate ed alluminizzate, con in testa grossi caschi protettivi, si avvicinarono alla pedana; parevano astronauti. Levarono l'imballaggio, fatto di cartone e pellicola: serviva a celare superficialmente l'enorme collo.
Rimase una grande cassa di acciaio.
“Ecco!” esclamò entusiasta la donna.
“Zitta” tuonò l'altro.
I quattro astronauti, trapani alla mano, presero a levare le viti che tenevano chiusa l'enorme cassa. Non un rumore attraversava la grossa lastra di vetro, solo i respiri ansiosi degli scienziati ed i gemiti d'impazienza di Alicia disturbavano Mr. Ellis.
Stava per attuare la sua rivincita sul passato; nessuno doveva disturbarlo. Si girò verso l'euforica bionda e le sferrò un forte ceffone, terrorizzando tutti i presenti, interessata compresa.
“Ho detto zitta”.
Alicia fissò sgomenta l'uomo, perdendosi nel suo profondo sguardo nero. La sua pelle olivastra era ben tirata ed i capelli neri, ricci, erano tenuti in ordine con il gel.
Dato che i rumori non oltrepassavano la spessa lastra di vetro non ebbero l'opportunità di sentire il tintinnio delle viti che rimbalzarono sul pavimento.
Lentamente adagiarono per terra le quattro pareti della cassa; quindi srotolarono la carta da imballaggio attorno, quella con i pallini, da far scoppiare, e quindi liberarono alla vista il contenuto.
“Eccolo lì...” fece il Signor Ellis. “Ecco l'uovo”.
Tutti guardavano il ricco proprietario della Sevenelements mentre pochi secondi dopo gli uomini in tuta protettiva si piegarono per terra, agonizzanti.
Le loro urla arrivarono attutite alle orecchie degli scienziati. E poi uno di quelli apparve davanti al vetro, urlante. Si attaccò al vetro, battendoci i pugni. Infine si lasciò cadere, trascinando le mani sulla lastra e sparendo alla loro vista.
Tutti guardarono Kanye Ellis. Lui invece fissava soddisfatto le impronte di quelle mani insanguinate, proprio sul vetro.

Coinquiline d'utero.
Ecco il prologo della storia che abbiamo scritto io ed
Eva; spero che piaccia, è il nostro primo approccio alla scrittura su questo sito, siate clementi >.<". Per adesso le pubblicazioni saranno irregolari per via della scuola, però entro il mese prossimo dovrebbe uscire il primo effettivo capitolo. Allora ok, grazie a tutti per essere arrivati fin qui, hasta luego!
 
 

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Capitolo 2
*** 1 - U.No ***


7Elements - #Heroes of the Clans - 01 - U.No
Per l'ennesima volta, quella mattina, il suo riflesso lo stava guardando dall'alto dello specchio argentato; lo fissava, sorridente, e quasi non pareva che quel sorriso appartenesse ad un ragazzo che, poche ore dopo, avrebbe ottenuto il diploma dell'Accademia Degli Allenatori.
Giovane, troppo giovane. Quel sorriso apparteneva ad un ragazzo troppo giovane per cominciare a scambiare con la vita batoste e legnate sui denti.
Il suo riflesso si soffermò nuovamente a controllare che quei capelli dallo strano colorito grigiastro fossero ordinati nel loro disordine.
I suoi occhi blu fissavano tutt'intorno la sua stanza, nella sua totale immobilità.
Tranne che per una cosa: la coda di Keep, il suo piccolo Mudkip, sventolava a destra e a sinistra.
Ignorò totalmente il riflesso della luce sul suo orecchino che rimbalzò sullo specchio e lo accecò, almeno momentaneamente.
Zero si girò sorridente ed analizzò la scena: Keep aveva la testa sotto le coperte e la parte di dietro, coda compresa, fuori. Scodinzolava lentamente in modo cadenzato e quasi automatico; come la pendola di un orologio.
"Hey... Keep. Forza, svegliati. Svegliati!".
Mudkip saltò dal sonno con un lamento, quasi spaventato. Levò la testa dalla fortezza di lenzuola che si era creato quindi guardò Zero negli occhi, sbadigliando.
Zero sorrise e lo raccolse; nella sua mano c'era una Pokémella che Keep agguantò tra le zampette, portandola alla bocca.
Si arrampicò, poi sul braccio del suo Allenatore e vi si poggiò sulla testa.
Zero sorrise e sospirò. "Keep... Devo mettere il cappello!".
Il giovane prese il copricapo nero, molto in stile Ruby, il famosissimo coordinatore di Hoenn, e fece come per metterlo, dimenticando il piccolo Mudkip sui suoi capelli. Keep cominciò ad urlare terrorizzato, dimenandosi tra i capelli già disordinati del suo Allenatore.
"Keep! Credevo ti fossi levato!" fece Zero, mettendo Keep nell'interno della sua giacchetta nera e blu; sistemò il cappello e riportò il suo Pokémon sulle spalle, che poi gli risalì sul capo.
"Bene, è ora di andare, almeno oggi non vorrei fare tardi".
 
Camminava per Aaron Street, dove i ciliegi in fiore coloravano di rosa il paesaggio; i petali si tuffavano stanchi dai fiori, accumulandosi sui marciapiedi e agli angoli delle strade e, al primo soffio di vento si sarebbero alzati in aria, per poi ricadere verso il basso, come neve.
Con le mani nelle tasche, fischiettava un motivetto sentito alla radio qualche giorno prima, da quel momento, padrone della sua mente.
"Sai, Keep... Oggi pomeriggio sarò già un Allenatore. Un Allenatore del Clan Acqua. Non è forte?" chiese al suo Pokémon.
Keep fece un verso di assenso, in quel suo strano modo di esprimersi, che Zero non comprendeva letteralmente; tuttavia fra i due vi era una forte empatia.
"Stare nel Clan Acqua ha significato molto per me; già dal primo momento che ti vidi capii che l'acqua fosse il mio elemento".
Zero sorrideva, pensando agli anni passati all'interno dell'Accademia, con tutti i problemi e le soddisfazioni annesse; con tutte le persone che aveva conosciuto, tutti quei casi umani, così cari per lui. Beh, più o meno.
"Hamilton!" sentì chiamarsi da dentro. Zero sbuffò, avendo riconosciuto la voce, e cambiò espressione, accelerando il passo.
"Hamilton! Fai finta di non sentirmi?!". Una mano raggiunse la spalla di Zero e la tirò, facendo girare il diretto interessato.
"Carter...". Zero fissava negli occhi Sean Carter; lo vedeva sorridere sornione.
Questo era un alto ragazzone, dalle spalle davvero larghe. Guardava Zero dai suoi quasi due metri con quegli occhi cerulei. Il loro rapporto non era mai stato rose e fiori, e per tutti gli otto anni fu rarissimo che si parlassero. Tra i due c'era sempre stata rivalità, per qualsiasi questione.
E Zero non vedeva l'ora di finire quell'esperienza insieme per non rivederlo mai più.
"Oggi vedremo chi, tra noi due, Zero, otterrà l'onorificenza del Clan Acqua. Tu rimarrai un semplice allenatorucolo di serie b mentre io sarò eletto all'unanimità miglior elemento della classe. È semplice".
"Farnetichi..." sospirò Zero, camminando tranquillo.
"Farnetico un corno! Sarò il migliore e tu rimarrai nell'ombra! Come del resto tutti questi otto anni... nemmeno Nova si ricorda come ti chiami...".
Zero si girò minaccioso; anche se molto più piccolo rispetto a Carter, con il suo solo metro e ottanta a dargli manforte e quella magrezza che non l'aveva mai abbandonato, prese a minacciare l'altro.
Lo  prese per il colletto della camicia, avvicinandolo più che poteva, alzandosi sulle punte delle sneakers che indossava.
"Se provi di nuovo a parlare di Nova, almeno un'altra volta, ti giuro che ti lascio a terra sanguinante!".
Carter lo guardò sgomento ed esplose in una fragorosa risata, dando poi una leggera spinta al petto del ragazzo facendolo indietreggiare di qualche passo.
"Calmati, tigre... Non appena qualcuno ti tocca quella ragazza perdi il senno della ragione...". Carter prese a camminare cingendo con un braccio Zero, che del resto si sentì spaesato. "... Sai, quando ti si mette contro un armadio dovresti fuggire impaurito, non andargli contro, pensando anche minimamente di potergli fare del male".
Solo in quel momento Zero si accorse del Totodile di Carter, che barcollava con gli  occhi sognanti, scodinzolando prima a destra e poi a sinistra. Non appena sentì Keep emettere versi di noia sospirò e caricò una grossa gomitata nel fianco di Carter. Questi si lamentò dolorante.
Zero sorrise facendo cinque passi avanti e poi voltandosi a guardarlo.
"Hamilton!" urlò, piegato.
Zero non riuscì a trattenere una risata e poi cominciò a scappare, inseguito da Sean e Totodile, sotto gli occhi stupiti e quasi divertiti degli altri alunni che stavano raggiungendo la scuola.
 
"Ciao Luke!" si sentì urlare nel cortile dell'Accademia.
Il cortile era gremito di giovani alcuni vestiti con toga e tocco, altri con ancora i vestiti che avevano quando erano scesi di casa. C'era un gran baccano, un torrente di voci che si univano in un'unica grande nota stonata. C'era un grande palco, proprio davanti l'ingresso della scuola con microfoni e riflettori; proprio davanti al palco vi erano centinaia di sedie tutte ordinatamente disposte in file.
"Hey Luke! Luke, sono qui".
Luke si sentì chiamare e cominciò a voltarsi confuso cercando la fonte di quella voce. Poi vide una mano alzarsi e salutarlo. Gli occhi dorati del biondo si focalizzarono su quella mano, poi scesero al braccio e infine alla testa. Incontrò i suoi occhi e sorrise.
"Hey, Nova!".
Luke sorrise e prese ad avvicinarsi a lei, guardandola meglio.
Era una ragazza magrolina dai capelli corvini molto lunghi ed un solo ciuffo bianco, che la caratterizzava da piccola. Era una ragazza molto alla mano, di una semplicità difficile da trovare in chiunque avesse la sua età. Lei era l'opposto di una ragazza vanitosa, maliziosa, esibizionista; era una di quelle ragazze che se fissate un po' di più arrossiscono.
Era quel tipo di ragazza che, una volta entrati in confidenza, ti sconvolgeva per le sue stranezze e le sue qualità.
"Emozionato?" cominciò il discorso lei, con l'idea di dire tante cose. Sbuffò in mente, pensando al fatto che probabilmente le sarebbe bastato rendersi conto che stava parlando con Luke Voltage, del Clan Elettro, per farla andare in modalità blocco. Eppure si conoscevano da anni; Luke non era per niente quel tipo di persona che si credeva chissà chi. No.
Lui era con tutta probabilità il migliore della scuola e nemmeno gli interessava.
Alla domanda le sorrise, portando una mano alla testa, allargando il suo bel sorriso.
"Eh beh, si un po'. Chissà tra Zero e Carter chi vincerà l'onorificenza del Clan Acqua..." rispose, con quella naturale spontaneità.
“Quei due hanno una tale testa dura... Non saprei proprio quale tra i due prevarrà sull'altro”.
Nova aveva così tanti pensieri in testa, così tante cose da dire; eppure non possedeva in cuor suo il coraggio per farlo: non aveva idea da dove iniziare. Tra tutte quelle cose c'era la paura del silenzio, di quel silenzio. Il silenzio è dispettoso. Arriva quando meno una persona se lo aspetta. È così, ti pugnala alle spalle.
Il silenzio mette paura. Nova sapeva che se fosse rimasta in silenzio la conversazione non sarebbe più andata avanti perché Luke sarebbe stato chiamato da qualcuno, rubato a lei, come lei l'aveva rubato agli altri.
“Uff... è difficile” sussurrò tra sé e sé la moretta.
Luke sorrise e la guardò. “Cosa?” chiese.
Nova arrossì, cercò di evitare il suo sguardo, calando leggermente la testa, facendo in modo, che i capelli scivolassero davanti al suo viso. “No, niente...”.
E poi entrambi si voltarono di scatto quando un gran numero di persone cominciò a correre fuori dai cancelli dell'Accademia.
“Che sta succedendo?!” chiese sorpresa Nova, cominciando ad avviarsi verso quella grande bolgia. Luke la seguì, guardandola mentre si faceva spazio tra la folla; poi si girò verso uno degli spettatori.
“Ma che diamine succede, Vance?”.
Quello era un tipo assai silenzioso; era chiuso nel suo giubbino nero, quello che tanto gli piaceva. Aveva i capelli lunghi, neri, liscissimi; facevano molto contrasto con la sua pelle lattiginosa.
“Zero Hamilton e Sean Carter stanno litigando. Se le stanno dando di santa ragione”.
“Che novità...”.
“Quei due non si riescono proprio a digerire...”
Intanto Nova si fece largo a spallate nella mischia, fino ad arrivare al centro, dove i due si stavano fronteggiando, con Carter che teneva la testa di Zero chiusa nella morsa del suo braccio.
“Ed ora?! Ora non ti diverti, acqua sporca?!”.
“Lasciami! Brutto cretino, lasciami!” urlava il più basso tra i due.
“Ma che diamine state combinando?!”. Nova si avvicinò ai due e prese Carter per il colletto della camicia, tirandolo via mentre con l'altra mano afferrava la testa di Zero. “Smettetela subito di fare i ragazzini! Almeno oggi che prenderemo il diploma, cercate di comportarvi da adulti!”.
Zero e Carter rimasero immobili a guardarla poi il primo sbottò e si districò dalla morsa, spingendo l'avversario.
“E levati!”.
Carter rise, liberandosi dalla presa della ragazza, quindi si dileguò, sparendo tra la folla.
Nova si guardò attorno e poi s'alterò. “Che diamine avete da guardare?! Circolare, forza!”.
“Esatto...” disse Zero con voce poco convinta. “Circolare, forza...”.
Nova si girò attorno, cercando di guardare dove fosse finito Luke.
Inutile. Era andato via.
Si voltò furente verso Zero mentre stava rimettendosi il cappello; Keep cercava invano di arrampicarsi addosso al suo Allenatore, che intanto lo scrollava infastidito.
“Hai visto?!” esclamò lei. “L'hai fatto andare via! E pensare che ero riuscita a mettere tre parole in croce parlando con lui!”.
“Ehi calma! Siamo per caso nei giorni catastrofici del mese?”
“Finisci di chiamarli così! Comunque si!”.
“Stai calma”
“Non dirmi di stare calma perché mi fai solo stare ancora meno calma! E comunque andiamo a prepararci, che tra poco comincia la cerimonia”.
 
Centinaia di alunni, tutti vestiti con toga e tocco erano ordinatamente schierati come soldatini lungo le file.
Nessuno, o quasi, si era accorto che il rettore Mirchoff era salito sul palco, tutto impettito come suo solito. Aveva i capelli tirati indietro, tirati indietro proprio tanto, sembrava quasi che qualcuno li stesse tirando.
Adam Mirchoff era un omino basso, molto magro, sempre vestito con giacca e cravatta; la sua Marinella era rossa, ben annodata al collo.
Vide la platea, enorme, interamente distratta.
Tossì un paio di volte nel microfono, per attirare l’attenzione che gli spettava, quindi batté un paio di colpetti sulla capsula, producendo un fischio tanto forte quanto fastidioso.
Zero digrignò i denti e strinse gli occhi. “E che diamine!”.
“Ragazzi... Siete i diplomandi di quest’anno accademico. Vorrei vedervi tutti in toga e tocco; insomma, è il giusto abbigliamento per questa situazione!” s’indignò quello, con la sua voce nasale.
Un’onda nera s’abbatté sulla platea non appena indossarono tutti il giusto abbigliamento. Nova sospirò, guardando Luke poche file davanti a lui. A sua volta fissava stranito Alexandra, meglio conosciuta come Alex, meglio conosciuta come la lesbica strafottente.
Alzò gli occhi non appena Mirchoff riprese a parlare.
“Allora. Anche quest’anno siamo giunti alla fine di un ciclo... Un corso lungo anni ed anni, che vi ha portati ad avere conoscenze superiori sull’argomento Pokémon. Non solo siete diventati degli Allenatori, no. Ora siete dei super Allenatori, più preparati, più forti, più bravi”.
Il brusio diminuiva mano a mano che il discorso del rettore si allungava.
“Come sapete, intorno al quinto di questi otto anni vi è stata data l’opportunità di specializzarvi, di entrare in uno dei Clan, ognuno dei quali rappresenta, come sapete, una branca della combinazione tra tipi. Ebbene, è un onore per me consegnarvi il diploma che attesta che avete terminato gli studi qui, all’Accademia di Xenia. In ordine, tutti, venite a prenderlo, e complimenti!” sorrideva quello.
E quindi, mezz’ora e circa seicentottanta congratulazioni giovane dopo, i ragazzi si ritrovarono tutti con i propri diplomi in mano.
Nova guardò Zero, storse le labbra e sorrise. “Aggiustati il tocco. È storto”.
Il ragazzo la guardò sorridente. “Aiutami”.
Nova eseguì con una smorfia sul volto, a metà tra il divertimento ed il fastidio, come quasi ogni volta che aveva a che fare con quel ragazzo. “Ecco...”.
“Grazie”. Poi entrambi tornarono a guardare avanti.
Mirchoff riprese la parola e sospirò. “Ora...” fece, alzando lo sguardo, nascosto leggermente da quegli occhialini che portava sempre sul naso.
“... ora verrà premiato il miglior studente per ogni Clan. Dirò i vostri nomi in ordine, voi salirete qui e prenderete il riconoscimento e poi scenderete come avete fatto prima, tutto chiaro?”.
Il farfugliare aumentò e subito tutti gli sguardi si puntarono su Zero e Carter, seduto poche sedie accanto a lui.
“Allora. Per il Clan Fuoco abbiamo Nova Heater”.
Nova si alzò dalla sedia, sorridente, con quella piega che più falsa non poteva essere nelle sue labbra. Zero la rimproverava sempre.
“Tu e quel tuo dannato sorriso finto!”
Passeggiò trionfante tra la platea, godendosi gli applausi che le venivano rivolti, salì sul palco, prese l’attestato consegnatole dal rettore e, dopo una stretta di mano, ritornò al suo posto. Zero le sorrise ed ascoltò la premiazione degli altri studenti, con l’immancabile lode a Luke Voltage.
Ad un certo punto il rettore prese in mano il microfono.
“... E, l’onorificenza per il Clan Acqua va a...”.
Zero guardava Carter, bramoso di aver ragione su di lui; non poteva accettare di essere secondo a quel gradasso.
Lo guardò, mentre si fregava le mani, con quel suo ghigno che lo contraddistingueva.
Zero guardò prima Nova, per un attimo, come se cercasse un incoraggiamento da parte della ragazza; incoraggiamento che, puntualmente arrivò.
Infine guardò il rettore, che si schiariva la voce.
“... L’onorificenza per il Clan Acqua va a...”.
Zero sentiva il battito del suo cuore percuotergli il petto; ogni rumore veniva amplificato all’infinito, tanto che anche il semplice respiro di Nova gli stava trapanando le meningi. Tutto sembrò rallentare, almeno per un attimo, nell’infinita attesa che il rettore pronunciasse il suo nome.
“... Sean Carter!”
Crash.
Come un rumore di vetri che s’infrangevano, le speranze di Zero naufragarono negli applausi della platea, rivolti al suo rivale. Lo guardò, sorrideva sornione, come sempre, compiaciuto del risultato appena ottenuto. Carter gli passò accanto e gli diede uno schiaffetto dietro la testa dopodiché si avviò verso il palco.
Ma poi la voce del rettore lo fermò.
“No... Il vincitore è Zero Hamilton!”, pronunciò sorpreso l’omino, controllando il foglio che aveva davanti agli occhi.
Zero guardò Nova a metà tra lo spavento e lo stupore e fu un applauso della platea a risvegliarlo da quello stato di trance. Si alzò e, tutto sorridente, s’incamminò verso il rettore; la toga dietro di lui svolazzava imperiosa. Zero non mancò di sorridere, provocatorio nei confronti della sua nemesi, e quando gli passò avanti  gli calpestò il piede destro, giusta vendetta per quella scoppola subita pochi secondi prima.
Nova non aveva mai visto il volto del rettore Mirchoff così interdetto. Quello si voltò verso la professoressa Season, che prontamente si alzò, raggiungendo il microfono.
“Non è un errore, rettore Mirchoff. I vincitori sono entrambi”.
Un’onda di sgomento si levò dalla folla; gli stessi Carter e Zero, rimasero parecchio sorpresi dalla notizia.
Il rettore le prese la parola. “Ma questo non è possibile! In trecentocinquant’anni non vi era mai stato prima d’ora una cosa del genere!”.
“Beh, c’è sempre una prima volta...” sorrise la professoressa Season. “... Entrambi gli studenti hanno dimostrato di avere una particolare empatia con i Pokémon del Clan Acqua... Certo, tutti e due avevano dei problemi: Carter, ad esempio ha una grossa lacuna in matematica, Hamilton in chimica. Tuttavia si sono impegnati tanto ed hanno dimostrato pari competenze oltre ad una curiosità di base che, per un Allenatore certificato della nostra Accademia, è un must have. Ecco perché quest’anno il Clan Acqua ha deciso di premiarli entrambi”.
Mirchoff annuì poco convinto, con la faccia di chi poco sapeva, ed accolse i ragazzi sul palco.
Zero storse le labbra per pochi secondi, prima di soccombere alla sua voglia di sorridere; guardava Nova applaudire orgogliosa, con il suo sorriso largo ed il classico vizio di tenere gli occhi sbarrati.
La professoressa Season si alzò, interrompendo la scia di applausi che i due si erano portati dietro; strinse la mano ad entrambi e poi consegnò loro una Pietra Idrica, una Pokéball ed una medaglia.
Zero sorrise, di nuovo, incrociando lo sguardo di Nova.
Non sapeva che per lui stesse per cominciare una grande avventura.

Coinquiline d'utero.
Ciao a tutte, Roberta ai comandi. Allora, Eva ha spinto per questo titolo, anche perché è lei la tipa che crea cose strane e senza senso, ma spiegandomelo bene ha voluto creare contrasto tra il nome del protagonista, ovvero Zero ed il titolo che è (ovviamente) Uno. Letto col punto però ha quella sfumatura (di grigio) inglese, quindi si leggerebbe "you know" (U.NO). E insomma, qualcosa dovrà deciderla pure lei.
Ringrazio le persone che hanno recensito il capitolo precedente e poi boh, anche quelli che l'hanno soltanto letto (che numeri, mi sono emozionata come... come un criceto. No, i criceti non si emozionano. I criceti cricetano. Eva ora mi guarda male, come sempre).
Olla a tutti.

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