La prima volta c'è per tutti di Smiry90 (/viewuser.php?uid=55755)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Certo che lo faccio! ***
Capitolo 3: *** Opera d'arte ***
Capitolo 4: *** Incontro a due ***
Capitolo 5: *** La maschera del sorriso ***
Capitolo 6: *** Il dolce segreto ***
Capitolo 7: *** Tutto il possibile ***
Capitolo 8: *** Il rapimento ***
Capitolo 9: *** Missione notturna! ***
Capitolo 10: *** La lettera ***
Capitolo 11: *** La prima volta c'è per tutti! ***
Capitolo 1 *** Introduzione ***
La prima volta c'è per tutti
La prima volta c'è per tutti
Introduzione
Salve a tutti! Eccomi tornata a gran
richiesta (ma de chi?? by tutti)(mia, è ovvio! by me) con una nuova storia!! E'
molto OOC, però era da tempo che mi sentivo di scriverla! Spero vi piaccia!! Ciao!
Quanti gli avevano offerto dei
regali?
Quanti gli erano corsi dietro solo
per dire di aver parlato con lui ed esserne usciti vivi?
Quanti gli avevano lasciato lettere
nell’armadietto supplicandolo di incontrarsi in un posto
concordato?
Ragazzi… Ragazze… Una volta perfino
una professoressa.
Camminava per i corridoi e la gente
si scansava per farlo passare, entrava nella mensa e subito era libero di
scegliere a quale tavolo sedersi, alzava un dito e tutti erano pronti ad
eseguire ogni suo ordine.
Perché?
Per paura. Per rispetto. Per
semplice imitazione di chi diceva che con lui non si scherzava.
Eppure… quanti amici aveva avuto?
Seguaci, tanti. Ma amici? Uno, forse. Quanti amori? Molti… ma quanti di essi
erano veri?
Lui non aveva mai dovuto cercare
nessuno, lui non aveva mai dovuto alzare un dito. Aveva placato solo la sete di
chi lo implorava, e si era divertito.
Ed ora eccolo lì, a sperare che lui
arrivasse, che avesse letto la lettera, che per la prima volta nella sua vita,
gli aveva lasciato nell’armadietto; aspettava sotto quell’albero addobbato da
mille luci auree, mentre la neve candida cadeva lenta sulla cenere della sua
sigaretta, che minacciava di cadere da un momento all’altro, aspettava
stringendo tra le mani il primo ed unico regalo che avesse mai fatto, serrava i
denti, reprimendo quelle che, a suo ricordo, erano le prime lacrime che
tentavano di scendergli.
Poi, come un pugnale fosse arrivato
dritto al suo petto, sentì quella voce dolce chiamarlo da
dietro
“Axel…”
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Capitolo 2 *** Certo che lo faccio! ***
La prima volta c'è per tutti
La prima volta c'è per tutti
Bene bene! Eccoci al primo capitolo! ci tengo a
precisare che la storia è completa nel mio pc, ma la pubblicherò poco per volta!
Non preoccupatevi, ne metterò due capitoli per volta, giuro!!
Otto di mattina.
Il piazzale della scuola era
gremito di ragazzi e ragazze, che si strattonavano, parlavano del fine
settimana, ridevano e sbadigliavano.
Piegati dalle battute stupide di
Sora, che perfino di lunedì mattina aveva voglia di deformare il viso nelle
facce più strane, un gruppetto di ragazzi se ne stava vicino al cancello della
scuola, atteggiati in maniera fighetta.
“si e poi dovevi vedere che volo
che ho fatto in disco l’altra sera! Sono scivolato in mezzo alla pista e mi sono
aggrappato alla gonna di una tipa che mi stava vicino… Dio, l’ho lasciata in
mutande! E quella che strillava, e io che ridevo!” e rideva anche in quel
momento Sora, mentre raccontava del suo fine settimana al
gruppo
“certo bravo… quanto mi devi far
vergognare..” scosse la testa suo fratello Roxas, coprendosi gli occhi con una
mano.
“ma sta zitto tu! Questo è rimasto
tutta la sera a sedere! Che cacchio ci sei venuto a fare in disco??” replicò
Sora, ridendo più di prima
“E lascialo stare! Farà come gli
pare, no?” Riku diede una pacca sulla spalla a Sora, che dato che non se la
aspettava, si sbilanciò addosso a Zexion, che era intento nella lettura di un
vero e proprio tomo.
“sta attento Sora! Mi è quasi
caduto il libro…” fece con la sua solita aria calma e distaccata, come non
appartenesse a questo mondo.
Sora stava per replicare, quando la
sua attenzione, come quella dei presenti, fu catturata dall’arrivo di un tipetto
truzzetto, abbracciato ad una ragazza che stava scrivendo qualcosa su un
foglietto; la tipa porse il foglio al ragazzo, e poi si allontanò da lui
lanciandogli un bacio, e facendogli il segno del telefono con le
dita.
Il ragazzo dai capelli biondo
cenere le fece un occhiolino, poi si girò verso il gruppetto, e mostrando il
segno della sua ennesima vittoria fece
“Demyx colpisce ancora!! Mi ha
lasciato il suo numero!”
“Fa vedere!” Sora glielo strappò,
impaziente, dalle mani, e lesse le cifre che componevano quel numero “che razza
di fortuna! Ma perché tutte ti sbavano dietro, Demy!! Non è giusto!!”
“semplice!” fece Demyx sfilando il
biglietto di mano a Sora “perché io sono il più figo della
scuola!”
“si, forse dopo di lui però…” tutti
i presenti si voltarono a guardare il tipo indicato da Zexion, che nemmeno aveva
staccato gli occhi dal libro.
Col suo cappotto nero, i capelli
ingellati e quei tatuaggi da vero figo sul viso, seguito dalla sua banda di
teppisti, Axel fece il suo consueto ingresso a scuola. Tanti si chiedevano
perché continuasse ad andarci, tanto era quello che si può definire un bullo,
seguiva le lezioni una volta su mille, rispondeva male ai professori, e aveva
più “reati” lui sulla condotta di un ladro professionista! Eppure, la sua
presenta era davvero fascinosa, questo non gli si poteva negare! Accanto a lui
camminava spavalda una ragazza bionda, dagli occhi verdi di foglia e due ciocche
alzate tipo ciuffetti ribelli; dietro di loro c’era il resto della banda: un
biondino dai mille orecchini, che ogni due minuti si passava la mano sui capelli
cortissimi e un tipo dai capelli di un innaturale colore rosa.
Inutile dire che l’intera scuola si
scansò a farli passare; alcune ragazze indicarono timidamente qualcuno dei
membri del gruppo, altre si strinsero dietro dei regalini che si erano
ripromesse così tate volte di tentare di porgere ad Axel.
Demyx storse il naso al loro
arrivo, fissando lo sguardo sul rosso
“che cazzata… avere tanto rispetto
di quel tipo!” ridacchiò Demyx, incrociando la braccia ed appoggiandosi da
fighetto al cancello della scuola, continuando a fissare
Axel.
“Demy sei impazzito! Smettila
subito di fissarlo! Quello ti apre in due come una cozza!” Roxas tentò di farlo
ragionare prima che fosse tardi… ma ormai era già troppo
tardi…
Axel aveva posato i suoi occhi
verdi bottiglia su Demyx, che continuava a fissarlo con stampato in faccia un
sorrisetto provocatorio. Il rosso si stava avvicinando a passo deciso verso di
lui; era incredibile come riusciva a rimanere un perfetto “bello impossibile” in
ogni momento, tanto che tutti i presenti sembravano pendere da ogni suo
movimento.
Demyx non sembrava per nulla
preoccupato dall’incedere di quello che avrebbe potuto forse appenderlo al muro
ed usarlo come centro per le freccette, e quando Axel gli si fermò davanti
sputandogli il fumo della sigaretta addosso, lui fece una smorfia
disgustata.
“che hai da guardare ragazzino?”
gli fece il rosso senza mutare la sua espressione da
bulletto
“sai, non pensavo che da vicino
fossi così buffo, Axy!!” Demyx rise, tanto che i suoi amici pensarono fosse
impazzito e ridesse per non piangere, data la morte imminente che lo
aspettava.
“lo sai con stai parlando, vero?”
Axel, forse spinto da una qualche divina grazia, si limitò ad alzare un
sopracciglio e a tirare dalla sigaretta.
“oh si che lo so!! Però scusi se ho
dimenticato l’inchino vostra altezza!”
“ei Axel, questo piccoletto forse
cerca il modo di evitare qualche compito finendo all’ospedale… perché non lo
accontenti e basta? Tanto è sufficiente un pugno alla stomaco per quel
ragazzino” la ragazza bionda scoppiò il palloncino di gomma che aveva gonfiato
poco dopo aver parlato, appoggiandosi accanto a Demyx, che la guardava con uno
sguardo idiota.
“Io non sono mica il Dalai Lama che
faccio di certi favori ai ragazzini” fece Axel rigirandosi, dando le spalle a
Demyx “pensaci tu Larxene” disse poi sbadigliando. Prima che Demyx si potesse
rendere conto di cosa volesse dire il rosso, si ritrovò piegato in due dal pugno
energico ricevuto in pieno stomaco dalla ragazza; mentre lui si contorceva a
terra il gruppo di Axel fece la sua uscita di scena, e un brusio generale prese
forma, dal quale fu possibile distinguere qualche “che stupido” “si è fatto
picchiare da una donna!”.
Riku e Sora lo aiutarono a
rialzarsi, mentre lui ancora tossiva per il colpo incassato
“sei un idiota…” fece Zexion,
ancora sprofondato nel suo tomo
“sta zitto Zeku…” gli rispose Demyx
a mezza bocca, sputando della saliva che gli era rimasta in
gola
“Zexion ha ragione! Ma che diavolo
ti è saltato in testa di sfidare Axel a quel modo? Quello ti spezza in due e sei
stato davvero graziato che l’abbia lasciato fare a Larxene!” Roxas aveva preso
ad urlare, mentre il fratello gli batteva una mano in testa
leggermente
“su su Roxy, calmati dai!”
“calmati un cacchio Sora! Ha
rischiato di farsi ammazzare per la sua alzata di
ingegno!”
“in effetti non sei stato un
genio…” Riku scosse la testa
“mi ha fatto fare una figura di
merda” Demyx tirò un calcio al cancello, ringhiando ai commenti che gli volavano
dietro “quel bastardo! Tanto me la paga!”
“si certo, e poi ti serve il the
vestito da cameriera…”
“Zexion vuoi smetterla di leggere
quel cazzo di libro una buona volta?” Riku si voltò verso Zexion che aveva fatto
l’ennesimo commento senza nemmeno degnarsi di alzare gli occhi dal suo
libro
“perché dovrei? È più interessante
che vedere Demyx picchiato da quella tipa…”
Demyx lanciò un altro calcio al
cancello “vaffanculo Axel! Vedrai se non mi vendico!”
Mentre brontolava incomprensibili
mugolii, Sora iniziò a trascinarlo per un braccio all’interno della scuola,
seguito dai suoi compagni.
Durante le lezioni Demyx sembrò
abbastanza calmo, almeno così parve a Riku, che gli sedeva vicino; lo vide
scarabocchiare qualcosa su un foglietto, e pensò che finalmente gli fosse
passata la rabbia per la figura fatta poco prima.
Non appena suonò la campanella, si
fiondarono tutti fuori dalle aule, ridendo delle solite battute di Sora; Demyx
se ne stava in silenzio, senza ridere né rispondere, contemplava solo quel
foglietto e ogni tanto ci passava dei ritocchi di matita. Quando Riku esausto
gli chiese che diavolo stesse disegnando, Demyx allargò un radioso sorriso e
saltò mostrando a tutti la sua opera
“trovato! Trovato! Guardate che
figata!”
“ma che roba è?” Sora fece per
strappare di mano a Demyx l’ennesimo foglietto, ma Riku arrivò prima di lui, e
perse qualche secondo a fargli delle linguacce, mentre Demyx gongolava fiero
della sua trovata.
Quando Riku ebbe finito di sfottere
Sora e guardò il disegno di Demyx, i presenti pensarono che gli occhi del
ragazzo sarebbero saltati dalle orbite da un momento all’altro, e la curiosità
di vedere che cosa avesse disegnato di tanto osceno Demyx crebbe in tutti,
compreso Zexion.
“che ci dovresti fare con questo,
Demy?”
“è bello vero?! Gli somiglia?” rise
Demyx, saltellando
“fa vedere capellone! Da qua dai!”
mentre Sora tentava di raggiungere Riku almeno con le unghie, dato che il
ragazzo gli aveva messo una mano sulla fronte e se lo teneva lontano, lui mostrò
il foglietto agli altri, che ebbero la sua stessa
reazione.
“ma questo è Axel!!” urlò Roxas,
mandandosi di traverso il panino che stava mangiando
“io non lo urlerei tanto forte
idiota!” fece Riku con sarcasmo
“wow! Demy sei un artista! Guarda
come somiglia ad Axel! E poi il vestitino attillato gli sta benissimo! Fa
schiattare dalle risate!” Sora rantolava con le lacrime agli occhi per il
ridere
“ma si può sapere che ci vuoi fare,
Demy?” Zexion aveva finalmente staccato gli occhi dal libro e fissava quelli
oltremare di Demyx
“è semplice” fece lui sorridendo
malignamente “un grandioso dipinto sul muro davanti alla
scuola!”
Ci fu un secondo di
silenzio
“tu… sei… pazzo…” fece Riku sconcertato e consapevole che
avrebbe ricevuto quella risposta
“sei un genio!!” Sora iniziò a
battergli la mano sulla spalla “è fighissimo! Sai come si incazza quando lo
vede! Ci sarà da ridere!”
“sei malato Sora???” sbottò Roxas
“quello lo frantuma! Ho sentito dire in giro che l’ultimo che ha provato a
fregarli il parcheggio per la moto lo ha picchiato talmente tanto che è dovuto
andare da un chirurgo per rimettersi a posto la faccia!!”
“storie a cui solo tu puoi
credere…” fece Sora, imitando poi la sua voce “aiuto! Axel cattivo mi vuole
mangiare! Salvatemi! Sono una povera principessina indifesa!”
“fottiti Sora! Può anche darsi che
la storia sia romanzata ma che Axel non scherza è vero! Lo sanno tutti a scuola
che giri loschi ha, non è un tipo con cui scherzare! Personalmente non sfiderei
a credere che abbia fatto anche fuori qualcuno!” le ultime parole Roxas le aveva
pronunciate a mezza bocca, quasi timoroso di dirle. Si voltò per cercare assenso
negli altri, e vide Riku annuire, mentre Zexion era già sprofondato di nuovo nel
suo libro
“e di qualcosa Zeku!!” urlò
isterico Roxas, stile scolaretta
“sei sicuro di volerlo fare?” fece
Zexion pacato
“certo che lo faccio!!” annuì
Demyx, battendosi un pugno sul petto “ e lo faccio sta
sera!”
“sei impazzito del tutto?!” Riku
gli tirò una sberla dietro la testa “così quello schizzato lo capisce subito che
sei stato tu! Sei l’unico folle in tutta la scuola che abbia deciso di sfidarlo
oggi!”
“appunto!” sorrise Demyx
“appunto
che?”
“se lo capisce, magari mi picchia.
E io mi rialzo e gliene faccio un'altra. E un’altra ancora e ancora! Prima o poi
dovrà ammettere che sono uno tosto e dovrà abbassare la
cresta!”
“ti sei bevuto il cervello” quella
di Riku fu una constatazione più che una domanda, ma vedendo gli occhi decisi di
Demyx capì che ormai non c’era più nulla da fare… era deciso ad andare fino
infondo nella sua folle idea. “allora ti accompagno”
“eh?” Demyx alzò un
sopracciglio
“anche io!” Sora si batté un pugno
sul torace
“sei impazzito Sora? Ti vuoi far
ammazzare??” Roxas tentò di fermarlo
“Roxy te e Zeku ci vuole che ci
coprite sta sera! Diremo alle famiglie che dormono tutti da noi, e voi due
dovete fare in modo che non si accorgano che siamo usciti, ok?” continuò Sora,
sentendosi l’artefice di quel piano
“ma sei pazzo? Lo sai che qui,
oltre alla faccia spaccata da Axel rischiate anche una denuncia??Zeku diglielo
anche tu ti prego!”
Zexion fece spallucce, senza
guardarlo, e Roxas si sentì molto irritato dal suo modo di fare “grazie mille!”
incrociò le braccia al petto e mise il muso.
“dai Roxy non fare così…” Demyx si
chinò su di lui e gli prese il viso tra le mani “dai che non lo posso vedere il
tuo visetto imbronciato!”
“non mi trattare come se fossi un
bambino Demy! È una follia, lo sai vero?”
“si… ma è una follia che devo
fare…” gli occhi di Demyx sembrarono diventare seri, e per un momento Roxas non
capì più nulla; anche Riku e Sora si guardarono perplessi, cercando di cogliere
il senso di quelle parole.
“eh…” Roxas sbuffò sconfitto “e va
bene… vi copriremo…”
“grazie Roxy!! Sei un amico!” Demyx
iniziò a saltellare, felice come una pasqua
“no, io sono solo uno scemo, peggio
di voi! Ecco cosa sono!” ma le risate degli altri avevano già preso a scorrere
dalle loro bocche, argentine e allegre.
“allora da noi alle sette ok? Cena
con la pizza e poi missione axales!” rise Sora
“missione che?” Riku si piegò in
una smorfia
“be ho fatto la fusione tra Axel e
murales! Carino, no?”
“ingegnoso! Davvero!” Demyx gli
passò una mano tra i capelli, spettinandolo; era l’unico che poteva apprezzare
quelle battute stupide.
Il suono della fine della
ricreazione li richiamò in classe; nessuno seguì una parola, tutti intenti ormai
a pensare alla grande Missione Axales!
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Capitolo 3 *** Opera d'arte ***
La prima volta c'è per tutti
La prima volta c'è per tutti
Spero stiate continuando a leggere... giuro che tra poco
inizia a diventare più interessante! Continuate!
“allora, hai capito tutto
Roxas?”
“sono otto volte che me lo ripeti
Sora, certo che ho capito! Mica sono stupido!”
“ma su questo non ci metterei la
mano sul fuoco…”
“ma vaffa! Vuoi forse che dica alla
mamma dove andate sta sera??”
“non lo farai…” ironizzò Riku,
appoggiato alla finestra, con una gamba che ne penzolava fuori. Zexion era
seduto sul letto di Sora, e tanto per cambiare leggeva, e Demyx era forse
mezzora che era chiuso in bagno.
Finalmente ne uscì, con fare
teatrale, e si presentò ai suoi compagni completamente vestito di nero, con
tanto di cappellino da poco di buono. Inutile dire che i presenti lo guardarono
esterrefatti.
“allora, che ne dite? Perfetto no?
Mimetismo assicurato!” rise il biondino
“tu sei pazzo! Io non ci vengo in
giro vestito così! Diglielo anche te, Sora!” ma quando Riku si voltò verso
l’amico lo trovò che già si stava infilando i pantaloni neri “ci
rinuncio…”
“allora Roxy mi raccomando
se…”
“se bussa la mamma o chiunque
altro” fece Roxas con gli occhi al cielo in segno di rassegnazione,
interrompendo Demyx “gli dico che deve andarsene e lasciarci in pace, perché i
nostri discorsi non la riguardano, tengo la musica accesa e cerco di imitare la
voce di Sora e le vostre… si ma perché devo fare tutto
io?!”
“ma come tutto te? C’è Zeku con
te!” rise Riku, ammiccando verso Zexion, che nemmeno lo
calcolò
“si, se forse tornasse dal suo
mondo dei sogni… Zexion, ci sei??” Roxas gli sventolò davanti una mano; lui non
distolse gli occhi dal libro, ma rispose imitando la voce di
Riku
“ si sono qui…”
Riku sbarrò gli occhi “da quando tu
sai imitare la mia voce?”
“più o meno da sempre…” Zexion fece
spallucce, senza trovarci niente di speciale, e si tuffò di nuovo nella sua
lettura. Roxas sbuffò
“uff.. che bella serata che mi
aspetta…!!”
“dai su Roxy non fare così! Saprò
come ricompensarti dai! Ti compro un gelato, ti va?” Demyx gli fece
l’occhiolino, scatenando solo la sua ira
“ti ho detto di non trattarmi come
un bambino!! E poi è fine novembre idiota!”
Mentre lui ancora sbraitava,
ridendo, Demyx Riku e Sora scavalcarono la finestra e scesero arrampicandosi
sull’albero sotto di essa.
“ed ora…” disse Demyx con un
sorriso inquietante “si dia inizio all’operazione Axales!!”
Dall’albero si staccò una foglia,
portata via dal vento freddo di novembre, che sembrava preannunciare
neve.
Dalla finestra aperta della camera
di Axel l’aria gelida entrava a ondate, ma lui sembrava nemmeno sentirsele
passare sulla pelle, steso e mezzo addormentato come era sul letto; si scosse
solo quando una foglia cadde sulla sua bocca, portata dal vento, e si decise ad
andare a chiudere la finestra.
Si alzò dal letto, e quando fu in
piedi davanti alla finestra fece per chiuderla, ma si fermò nel vedere Larxene
seduta sul muretto del suo cancello, che lo guardava
ridendo.
“da quanto è che sei lì?” gli fece
lui urlando quasi
“sono arrivata adesso”
“Sali dai”
“sei solo?”
“come se non lo sapessi” sbuffò
Axel, chiudendosi dietro la finestra, mentre si avviava alla porta per andare ad
aprire a Larxene.
Quando le aprì, la trovò appoggiata
allo stipite in posizione provocante
“potevo anche arrampicarmi” fece
lei, sorridendo
“se ci tieni tanto puoi farlo, non
ho problemi a richiudere” Axel non sorrise, continuando a tenere saldamente la
porta
“no, no, mi va bene così” lei lo
superò, passandogli una mano sotto il mento, e buttandosi poi a sedere sul
divano “dai vieni qui” gli fece, battendo la mano sul posto accanto a lei. Axel
chiuse la porta e si gettò sfinito sul divano, poggiando la testa sulle gambe
della ragazza, che prese a carezzargli i capelli
“che schifo, sono pieni di
gel!”
“lo sai da una vita che metto il
gel nei capelli stupida”
“siamo nervosi sta
sera?”
Axel non rispose, fissando un punto
indeterminato nel vuoto “io sono sempre nervoso” disse poi
“qualcosa non
va?”
“come se non lo sapessi Larxene… la
mia vita fa schifo, lo sai benissimo no? Qui c’è sempre ogni cosa che non va”
fece una lunga pausa, stropicciandosi gli occhi con la mano destra “e poi quel
ragazzino sta mattina mi ha reso nervoso”
“ma chi quel biondino? Avanti, è
solo un mingherlino che cercava di farsi grande con gli amici… domani gli diamo
una lezione e vedrai che non ci proverà più!”
“non è per
quello”
“e allora per
cos’è?”
“non lo so…” Axel allungò la mano
fin dietro la testa di Larxene e la spinse leggermente a chinarsi su di lui; la
baciò come fosse stata una routine, riversando in lei tutta la tensione che
accumulava durante il giorno. Sembrava che lei avesse il potere di calmarlo, che
i suoi baci umidi, la sua lingua sinuosa, avessero il potere di fargli
dimenticare ogni sua preoccupazione. Eppure Larxene non era la sua ragazza; e
non aveva mai avuto la pretesa di esserlo. Diceva di non essere innamorata di
lui, di volergli bene si, ma non di amarlo. Le andava bene così, le piaceva
saltuariamente scappare da casa sua da una finestra per intrufolarsi in camera
di Axel, o aspettarlo nella notte per farci sesso con l’adrenalina di essere
scoperta dai suoi genitori.
Larxene spostò la sua mano dai
capelli al petto di Axel, coperto solo da una maglietta a maniche corte che
evidenziava il suo dorso scolpito, ed iniziò a scendere lentamente, con tocco
lieve.
Gli accarezzò delicata il cavallo
dei pantaloni, poi vi posò sopra la mano energicamente, sentendo Axel scattare
per il gesto improvviso.
“lo sai che qui è scomodo” ironizzò
lui, staccandosi da lei.
“ti conosco troppo bene. So che
riusciresti a farlo anche in uno sgabuzzino…” fece lei maliziosa, mordendogli il
lobo dell’orecchio; Axel si lasciò scappare un risolino, mentre sollevando
Larxene, con le braccia energiche, la faceva accomodare sopra di lui. La guardò
un istante: jeans stretti e un giacchetto di pelle nera allacciato per metà che
lasciava intravedere un maglioncino rosso attillato, con tre bottoni
slacciati
“te l’ha comprato la mammina
questo?” rise Axel, giocando con uno dei bottoni ancora
allacciati
“spiritoso… fosse per mia madre mi
manderebbe in giro vestita come una bambolina di porcellana… è questo che
vorrebbe che io fossi… Almeno dovrebbe solo spolverarmi di tanto in tanto, dato
che non ha tempo neanche di incazzarsi per le cazzate che faccio. Alle volte
vorrei che entrasse in camera mentre lo stiamo facendo”
“e così io sarei una cazzata,
eh?!”
Larxene si chinò sulle sue labbra
“si… ma per lo meno sei divertente” e gli leccò il labbro inferiore con fare
malizioso; Axel la afferrò saldamente per i glutei e la baciò di nuovo,
spingendosela addosso con forza. Larxene si alzò a sedere su di lui, ridendo “ei
calmo” poi si passò una mano sui jeans, tirando giù la zip in modo provocante “
se non mi tolgo questi non ce la fai ad entrarmi dentro, sai?”
Axel sorrise malizioso, alzandosi
quello che bastò che raggiungerle di nuovo le labbra, e le prese le mani
portandogliele dietro la sua schiena; e mentre Larxene si divertiva ad
accarezzare la schiena di Axel, insinuandosi nella sua maglietta, lui prese a
slacciargli il cappotto, poi il maglione, e gli palpò un seno spostandole il
reggiseno agilmente.
Ad un tratto il campanello suonò.
Larxene si staccò da lui, sbuffando annoiata, e si tolse da sopra ad Axel
riallacciandosi i pantaloni, mentre lui andava ad aprire la
porta
“che cazzo vuoi
Marluxia??”
“come facevi a sapere che ero
io?”
“chi diavolo vuoi che venga a casa
mia a quest’ora? Lo sai che mia madre rientra la mattina e Larxene è già qui,
quindi o tu o Luxord! Ma visto che te hai un talento naturale per interrompere
nei momenti sbagliati…”
“oh lo stavate facendo! Scusami,
dai finisci pure!”
“ma fottiti! Muoviti entra!” Axel
lo tirò letteralmente dentro per la maglietta, facendo cenno di entrare anche a
Luxord, che era in macchina.
“scusa Larxy, non volevo
interrompervi!” fece Marluxia, dando delle piccole gomitate a Larxene “se lo
sapesse la tua mammina!”
“magari si ricorderebbe che ha una
figlia…” Larxene stava riabbottonando il maglione, e nemmeno alzò lo sguardo
verso Marluxia.
“si può sapere che volete a
quest’ora?” Axel si accese una sigaretta, rovistando in un cassetto per trovare
un accendino
“abbiamo un affare” iniziò Luxord
“un tipo vuole vederti, Axel”
“di che si
tratta?”
“solita roba… droga… vuole che
gliela consegniamo a dei tizi, credo si caghi sotto all’idea di incontrarli.
Pensa, è uno di quasi 60 anni, mi sa che è la prima volta che si trova in mezzo
a questo giro! Questo lo spenniamo come ci pare!”
Axel rise, e senza pensare oltre
prese una giacca e fece cenno agli altri di uscire
“andiamo”
“ma sei scemo! Non vorrai mica
uscire così! Si muore fuori!” lo riprese Larxene
“adesso sei diventata mia
madre?”
“fa come ti pare! Ma se ti prendi
qualcosa scordatelo di avvicinarti a me!”
Una risata generale accompagnò il
gruppo fuori casa, ed il rombo dell’auto pose fine ai pochi rumori che
riempivano l’aria di quel quartiere.
“ma guarda che opera d’arte che sta
venendo! Domani gli prende un colpo a quel bastardo!” Demyx se la rideva mentre
passava colpi sicuri di bomboletta sul muro; Sora se ne stava seduto appoggiato
al medesimo muro, contemplando il cielo stellato e Riku tentava di dare una mano
a Demyx, per finire il più presto possibile quella follia.
Ad un tratto Sora, parlando con la
voce di chi è impastato di sonno, chiese a Demyx
“perché è una cosa che devi
fare?”
“eh?” fece il biondino di
risposta
“già!” sobbalzò Riku, ricordando di
volergli fare la stessa domanda “oggi hai detto che questa è una cosa che devi
fare… Perché?”
“ah.. eh eh” la risatina di Demyx
divenne più fioca, come avesse timore a parlare “diciamo che voglio dare una
svegliata ad Axel”
“cioè? Più sveglio di così quello!”
rise Sora, battendo la testa sul muro “aia!!”
“non ne sono sicuro, ma credo di
dover risvegliare in lui dei ricordi…”
“ma che stai dicendo Demy?” Riku lo
fissava con occhi confusi, vedendolo con un’espressione che non era da lui “che
ricordi?”
“be ecco… tu lo sai che io sono
stato adottato, vero?”
“si, certo che lo
so…”
“be, quando ero in orfanotrofio
conobbi un ragazzino di nome Axel… era più grande di me, e se andò prima
dall’orfanotrofio e da allora non l’ho più visto”
“e tu credi che il nostro Axel, il
bulletto più terribile di questa città sia quel
ragazzino??”
“be in effetti quello era molto
diverso da Axel… però voglio provarci!” e spalancò un sorriso
idiotissimo
“e tu mi sta dicendo che stiamo
disegnando Axel con un vestitino rosa sul muro della scuola e rischiamo non solo
di essere denunciati, ma anche di essere trascinati per tutta la città attaccati
sulla sua moto, solo perché tu
credi che quello sia un ragazzino che hai conosciuto all’orfanotrofio e che in
realtà potrebbe non essere??!”
“esatto Riku!” sorrise Demyx ancora
più idiotamente.
Sora rise, forse per non mettersi a
piangere dopo quella rivelazione, e maledisse se stesso per aver porto quella
domanda.
Demyx scese dalla scala su cui si
era arrampicato e contemplò il suo dipinto finito “voilà! Un’opera d’arte!”
“questo è il nostro biglietto
diretto per l’inferno…” fece Riku rassegnato, mentre Sora contemplava insieme a
Demyx il murales.
“però devi ammettere che è bello!”
sentenziò alla fine Sora, dando una pacca sulla spalla di un Riku
sconfitto.
“avanti ora torniamo a casa! Prima
che qualcuno ci veda!” per la prima volta d’accordo con le parole di Demyx, Riku
prese la scala sotto braccio e la ripose nella zona lavori lì vicino, da cui
l’avevano presa in prestito; poi i tre si avviarono verso casa, ridendo come
matti.
“uff”
Roxas se ne stava seduto a terra,
il viso incrociato nelle mani, e sbuffava annoiato, mentre Zexion era ancora nel
suo cantuccio sul letto di Sora. Ad un tratto il ragazzo dai capelli blu scorse
sul comodino un qualcosa che sbucava dal cassettino mezzo aperto, qualcosa che
rassomigliava vagamente ad una foto, così si sporse e la sfilò dal cassetto,
senza che Roxas se ne accorgesse, e la guardò: si vedeva una ragazza bionda, gli
occhi azzurri come il cielo, in mezzo a tanti ragazzi e
ragazze.
“ma questa è Naminè dell’altra
sezione alla gita scolastica!” esclamò Zexion, attirando l’attenzione di Roxas,
che si fiondò su di lui per togliergli di mano la foto
“da qua! Fatti gli affari tuoi
Zeku!!”
“ah, allora ti piace Naminè eh? E
non mi dici niente?”
“non ti impicciare! Dammi la foto!
Ci ho messo una vita a fargliela!”
“wow” fece Zexion, porgendogli la
foto e osservandolo mentre la coccolava come fosse stato il suo più grande
tesoro “devi esserne proprio cotto…”
Roxas arrossì.
Zexion sorrise nel vedere il
rossore sulle gote dell’amico “le hai mai chiesto di
uscire?”
“ma sei matto!!” Roxas per poco non
buttò giù tutte le coperte del letto, scosso dalla domanda “non vorrà mai uscire
con me! Non hai visto che seguito di ragazzi che ha? Non si filerà mai uno come
me!”
“non puoi saperlo…” Zexion guardava
fisso a terra, poi spostò lo sguardo su Roxas “… se non ci provi!”
“ma dai… suo padre è ricco
sfondato, ti pare che mi farà mai uscire con sua figlia?”
“tu preoccupati di Naminè. Non di
suo padre! Avanti, domani proviamo a parlarci!”
“proviamo?”
“si, io ti accompagno! Mi metto da
una parte con il mio libro, nessuno penserà che ti sto accompagnando come una
mammina!”
Lì per lì Roxas rimase stupito; chi
l’avrebbe detto. In tutto il tempo che lo conosceva non gli era mai sembrato che
a Zexion importasse molto di lui, anzi sembrava piuttosto che la sua presenza,
per lui, fosse indifferente. Si rallegrò della sua scoperta, poi però
sbuffò
“se non dobbiamo assistere Demyx in
ospedale per la sua trovata…”
“qualcuno mi ha nominato?” Roxas
sobbalzò alle parole di Demyx, che aveva appena scavalcato la finestra, mentre
Zexion era già sprofondato di nuovo nel suo libro, ed metteva qualche sommesso
risolino.
“avete finito?” fece Roxas,
riprendendosi dal colpo di pochi secondi prima
“si! E devi vedere che spettacolo!”
mentre parlava, Demyx ricevette una spinta da parte di
Riku
“e muoviti! Non sei l’unico qui
fuori, sto morendo di freddo!”
“scusa! Un attimo!”
Quando tutti furono rientrati
l’unico argomento di conversazione sembrava essere l’indomani, le facce dei loro
compagni, la reazione di Axel…
Poi finalmente Sora spense la luce,
ed il sonno colpì tutti e cinque.
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Capitolo 4 *** Incontro a due ***
La prima volta c'è per tutti
La prima volta c'è per tutti
Come promesso ecco qua il terzo capitolo! Se state ancora
leggendo sappiate che vi amo! Se non state leggendo sappiate che vi odio, tanto
non lo saprete mai!! Muhahhaha!
“aspetta Demyx!!” Riku cercava di
stare dietro al biondino, insieme agli altri, ma sembrava che quella mattina
Demyx avesse messo le ali ai piedi, tanto correva veloce.
Un paio di volte rischiò di cadere,
ma alla fine Demyx arrivò alla scuola prima di tutti, e si riservò un posto
d’onore vicino al cancello; si sistemò con le braccia incrociate al petto,
mentre i suoi compagni lo raggiungevano sfiniti.
“non siamo…. Mai… arrivati così
presto…” ansimò Sora, con il fiatone
“già…” anche il fratello Roxas
cercava di riprendere fiato
“ei.. ma dov’è Zexion?” fece Riku
guardandosi attorno. Ad un tratto videro Zexion arrivare tranquillamente con il
suo libro aperto, senza il minimo senso di stanchezza “devo dire che questa
volta è stato il più furbo…” sbuffò sconfitto Riku.
In breve il giardino della scuola
si riempiva di ragazzi e ragazze, e i primi commenti iniziarono a riempire la
mattina, alla vista del murales; c’era chi scoppiava a ridere, chi lo guardava
scuotendo la testa, chi si fermava, soprattutto le ragazze, a ringhiare contro
chi l’avesse realizzato. Qualsiasi cosa dicessero, però, Demyx aveva raggiunto
il suo intento: quella mattina non si parlava d’altro!
“uffa! Ma proprio sta mattina si
deve far aspettare??!” Demyx iniziava a spazientirsi, visto che Axel sembrava
tardare ad arrivare
“io sto sperando che non arrivi
affatto…” Riku se ne stava con la testa appiccicata al muro, consapevole che se
non fosse arrivato quella mattina, ci sarebbero state tante altre mattine in cui
Axel avrebbe sicuramente visto il loro lavoro; quindi tanto valeva farla finita
subito.
Poi, il rombo della moto scosse
Demyx: era lui! Parcheggiarono le moto al loro solito posto, senza fare caso al
disegno; Larxene fu la prima ad accorgersene, scendendo dalla moto di Axel: tirò
giù gli occhiali neri, scendendoli sul naso, tanto per accertarsi di aver visto
bene, poi trattenendo un risolino fece al compagno che sistemava il
casco
“sembra che qualcuno abbia la vena
artistica!”
“eh?” Axel alzò lo sguardo, insieme
a Marluxia e Luxord, e rimase in silenzio davanti al
murales
“capo ma quello sei te!! Ah ah ah!
Però stai bene con il vestitino rosa, sai!?” Marluxia scoppiò in una risata
sguaiata, mentre Luxord si copriva la bocca con la mano,
trattenendosi.
Demyx fissava Axel, sorridendo
maleficamente, pregustandosi il momento in cui lo avrebbe visto esplodere dalla
rabbia; ma Axel rimase fermo. Non disse una parola, non lasciò trasparire la
minima reazione, nemmeno una piccola emozione sul suo viso; fece cenno ai
compagni di seguirlo ed entrò nel giardino, come nulla fosse. Non degnò Demyx di
uno sguardo, anche se lui ancora lo fissava, e sparì nella scuola, lasciando il
biondino lì, fermo su quel cancello, stupito ed arrabbiato.
“non è possibile! Ma perché non ha
fatto niente!!??” “forse perché abbiamo un angelo custode molto potente!”
sospirò Riku, vedendo i cancelli del paradiso allontanarsi sempre di più da
lui
“forse era talmente incavolato che
nemmeno è riuscito a parlare!” rise Sora, sperando di convincere Demyx, che
invece non sembrava nemmeno minimamente interessato alla sua versione dei
fatti
“questa me la paga, ci ho messo
tutta la notte cazzo!!”
“ma perché per te è tanto
importante Demyx??” sbottò Riku “ perché vuoi tanto farti notare da lui? Se
davvero pensi che sia quel cazzo di ragazzino, perché non vai lì e glielo dici?”
“ Ma si può sapere a te che te ne
frega, Riku?”
“mi frega se un mio amico cerca di
farsi ammazzare!”
“dai su, smettetela” Roxas cercava
di calmare le acque, che sembravano aver preso a bollire un po’
troppo
“Roxas ha ragione! Avanti, siamo
tutti vivi per miracolo, e adesso volete scannarvi tra voi?” Sora aveva posto i
palmi delle mani sui petti dei due, nel tentativo di tenerli lontani l’uno
dall’altro.
“sai che ti dico? Fa come ti pare
Demyx! Fatti ammazzare da quello schizzato! Ma poi non venire a piangere da me!”
Riku si rigirò, dandogli le spalle, ed entrò a passo deciso nella
scuola
“Riku!” Sora tentò di fermarlo, ma
anche Demyx gli scappò di mano
“ma fa come ti pare” fece,
avviandosi anche lui nella scuola, ma passando a 1km da dove era passato
Riku
“Demyx!” visto fallire anche il
secondo tentativo di fermare qualcuno, Sora si prese i capelli tra le mani
“maledizione! Ma che gli prende sta mattina a tutti e
due!”
“dai, vedrai che si calmano… su
Sora, sta calmo!” Roxas cercava di assistere il fratello, che si sentiva come la
causa di quel litigio, e intanto vedeva andare in frantumi la sua possibilità di
parlare con Naminè.
Ad un trattò una voce lo
scosse
“scusate… ecco, perché non prendete
dell’acqua!” Roxas si voltò verso la voce angelica che aveva parlato, e gli
bastò vedere i capelli aurei per capire di chi si trattasse; senza riuscire a
respirare disse solo un goffo
“come..?!”
Naminè sorrise, porgendogli la
bottiglietta d’acqua “quel ragazzo là” ed indicò Zexion “mi ha detto se potevo
darvi dell’acqua! Il tuo amico non sembra stare bene”
“ah…!” Roxas prese la bottiglia
come fosse stata una reliquia, e la porse a Sora, che ne bevve una buona
quantità “cmq è mio fratello… eh eh…”
“mi sembrava che vi somigliaste
moltissimo! Anzi, siete proprio identici!”
A Roxas non piaceva sentirsi dire
di essere uguale a Sora, ma se lo diceva Naminè poteva andare bene! Fece un
sorrisetto un po’ idiota, e le porse di nuovo la bottiglia “grazie
mille”
“di nulla! Ah, cmq io mi chiamo
Naminè, scusa per la maleducazione!”
“ma stai scherzando! Sono io che
non mi sono presentato! Mi chiamo Roxas, piacere!” lei gli porse la mano, e lui
la strinse, delicatamente, come per timore di farle male, ed arrossì. Naminè
sorrise dolcemente, poi si allontanò con delle amiche, salutando ancora Roxas,
tra le risate delle altre ragazze.
Roxas rimase imbambolato, mentre
suo fratello se la rideva, e poi finalmente si ricordò che doveva ringraziare
qualcuno; si fiondò al collo di Zexion, che non si scosse, come si aspettasse
quella reazione
“grazie Zeku!!! Grazie mille! Sei
un amico!!”
“se aspettavo te gli avresti
parlato l’anno prossimo…”
Forse Roxas avrebbe voluto
innalzargli una statua, ma la campanella gli ricordò che non ne aveva
tempo.
Quando entrarono, la stanza
sembrava di ghiaccio, con Riku seduto al posto di Sora e Demyx al suo,
incavolato nero; non si degnavano nemmeno di uno sguardo. Sora si sedette
sconfitto vicino a Demyx, fissando i due e sperando che quella situazione fosse
finita presto.
Era passata si e no un’ora, quando
qualcuno bussò alla porta; all’assenso dell’insegnante, entrò un tipo vestito
abbastanza formale, che sembrava uno dei segretari della scuola. Il tipo si
guardò un attimo intorno, poi sentenziò “Demyx… è in questa classe vero? Deve
scendere in segreteria”
Demyx non ne sembrò turbato, ma i
compagni si. Riku soprattutto. Si voltò di scatto verso Demyx, che si alzava
senza la minima paura o preoccupazione, e lo fissò, chiedendosi perché fosse
stato convocato. Che avessero scoperto che era stato lui a fare il murales? Ma
perché avevano convocato solo lui? Gli occhi di Riku erano parecchio
preoccupati, tanto che Zexion lo richiamò sulla terra
“sei preoccupato per
lui?”
“eh?” fece Riku scuotendosi, e
rimettendosi a sedere compostamente “ sai che me ne frega… se l’hanno scoperto
cavoli suoi… io lo avevo avvertito”
“sarà…” Zexion non incalzò oltre;
gli bastò vedere l’occhiata furtiva che Riku lanciò a Demyx mentre usciva a
fargli capire che quel litigio non sarebbe durato ancora per
molto…
Demyx seguiva quell’individuo quasi
per inerzia; nella sua testa c’era solo una cosa: la rabbia! Non poteva
accettare quella reazione da parte di Axel, non era ammissibile! Ci aveva messo
quasi tutta la sera a fare quel murales, si era anche rischiato una denuncia e
lui? Lui l’aveva praticamente ignorato!
Ancora immerso nei suoi pensieri,
Demyx non si accorse che non erano affatto davanti alla segreteria, e prima che
potesse rendersene conto quel tizio lo prese per la maglietta e lo catapultò in
un aula; le tendine erano semichiuse ed entrava poca luce che rendeva il
laboratorio di fisica al quanto inquietante.
Quando Demyx ebbe realizzato quello
che fosse successo, il suo sguardo fu rapito da una figura che si erigeva
minacciosa su di lui; e prima che la vedesse completamente fu costretto a
piegarsi in due, sotto la forza del pugno che aveva appena incassato in pieno
stomaco. E fu lì che riconobbe, senza dubbio, Axel.
“ti sei divertito ragazzino?”
iniziò il rosso, con la voce più calma del mondo “pensavi davvero che non avrei
capito che eri stato tu?”
Demyx, inaspettatamente sorrise “ne
ero sicuro… e ci speravo…” fece, mentre alcuni colpi di tosse gli mozzavano il
fiato
“ah davvero?”
Il biondino si ritrovò con le
spalle attaccate al muro, la mano di Axel che sembrava frantumargli la spalla;
il rosso pose il gomito vicino al suo orecchio, appoggiando al testa alla mano,
e con l’altra lasciò stare la spalla di Demyx, per prendergli la mascella con
forza, costringendolo a guardarlo
“e perché?”
“mpf…” Demyx rise… rise senza
sapere cosa rispondere! Poteva sempre dirgli dell’orfanotrofio, dirgli che si
erano conosciuti da bambini e quello era il suo modo per dirgli “ti ricordi?”.
Sembrava aver esaurito le parole, sembrava non sapere più cosa dire, forse anche
perché era troppo concentrato sul dolore che la mano di Axel, che gli stringeva
la mascella, gli procurava.
Si fissavano, Axel calmissimo
mentre aspettava la sua risposta, Demyx che cercava di nascondere il dolore che
provava per la sua stretta; ad un tratto Axel si avvicinò ancora di più a
Demyx
“allora?” incalzò, rafforzando la
stretta. Ma Demyx, stranamente, non avvertì il dolore… ma solo il fiato caldo di
Axel che gli passò sulle labbra. Non gli piaceva trovarsi in quella situazione
di svantaggio, ma, inspiegabilmente, sentiva di non trovarsi male in quella
posizione; si riscosse solo quando capì che stava fissando gli occhi di Axel
senza un motivo preciso, ma li guardava solo per guardarli.
“se mi stringi così la mascella…”
fece a mezza bocca “non posso parlare, stupido”
Axel lì per lì non reagì, poi rise,
lasciando la presa; rimase ancora nella sua posizione, attendendo di sentire da
Demyx qualche stupida spiegazione.
Demyx si massaggiò un poco la
mascella, poi guardò Axel, che non sembrava spazientirsi, e gli fece con occhi
da bambino afflitto “proprio non ti ricordi?”
“eh?” Axel a quel punto reagì
“ricordarmi cosa?”. Gli occhi sbarrati, confusi dalla domanda, fissavano Demyx,
che sembrava diventato serio.
“tu sei stato in un orfanotrofio?”
chiese poi il biondino, appoggiando la testa al muro
“a te che te frega,
scusa?”
“ci sei stato?” incalzò ancora
Demyx. Axel alzò gli occhi al cielo, rassegnato
“si, e
allora?”
Demyx si fermò un istante, e poi
sorrise “allora non mi ero sbagliato!”
Axel lo fissò ancora, non capendo
più nulla, mentre il biondino si staccò dal muro e gli si parò davanti “io sono
Demyx!” sorrise poi, indicandosi con gli indici
“e quindi?”
“Axel possibile che non ricordi?”
Demyx sembrò volersi mettere a piangere… forse si sbagliava su Axel, forse non
era lo stesso ragazzino che aveva conosciuto, ma non gli importava. Lui voleva
che fosse così! Poi ebbe come un flash, un ricordo fulmineo che gli diede la
speranza di farlo ricordare; si avvicinò ad Axel, e senza rendersi conto di cosa
stesse facendo, lo baciò. Un bacio rapido, a stampo, una semplice
sovrapposizione di labbra; Axel sbarrò gli occhi, e la prima reazione che ebbe
fu quella di spingerlo a terra, per staccarselo di dosso “ma che diavolo
fai?”
Demyx lo fissò dal basso,
massaggiandosi il sedere per la botta appena data, e finalmente realizzò quello
che aveva fatto: aveva baciato Axel! Ma che gli era passato per la testa? Non
rispose al rosso, che imboccò la porta. Di scatto, poi si fermò. Si voltò verso
il biondino, ancora a terra e quasi silenziosamente disse “Demyx, eh?”
Prima che Demyx avesse potuto
provare a rialzarsi, lui era già uscito dal laboratorio, lasciandolo li da solo.
Demyx si passò una mano tra i capelli, e guardando fisso il punto in cui poco
prima aveva baciato Axel, fece tra sé e sé “ma che diavolo ho fatto?”
Riku se ne stava appoggiato ad un
termosifone, con le braccia incrociate, deciso a non rientrare in classe finchè
non avesse visto Demyx tornare. Sora e gli altri erano accanto a
lui.
“è quasi ora di rientrare…” fece
Roxas, guardando l’orologio che aveva al polso. Mentre parlava vide Naminè
rientrare in classe con alcune compagne; lei si fermò un istante e lo notò, e
sorridendo dolcemente lo salutò con un leggero ondeggiare della mano. Roxas
rimase un secondo imbambolato, ma quando Zexion gli diede una leggera gomitata
furtiva, si decise a salutare la ragazza.
“Riku” fece Zexion distrattamente
“vuoi rimanere qui fuori tutta l’ora ad aspettarlo?”
“io non sto aspettando
nessuno!”
“e allora rientra,
no?”
“si sta bene sul termosifone, ok?”
“Demyx!” all’esclamazione di Sora,
Riku sobbalzò, volgendo lo sguardo in direzione di Demyx, che saliva le scale
tenendosi una mano sul ventre. Riku stava per corrergli incontro, ma quando notò
lo sguardo di Zexion su di sé, tornò ad accomodarsi sul
termosifone
“guarda che se vuoi andare da lui
puoi farlo” Zexion nemmeno lo guardava
“io non voglio andare proprio da
nessuno” rispose Riku, stringendosi le braccia forti al
petto.
“Demy ma dove diavolo sei stato?”
fece Sora, dandogli una pacca sulla spalla, poco prima quasi frantumatagli da
Axel. Demyx trattenne un’espressione di dolore.
“in segreteria!” sorrise
stupidamente “ si erano persi un bollettino che avevo pagato tempo fa! È stato
un casino, non mi hanno lasciato venire via prima di averlo ritrovato!”
“ah ecco..!” sorrise Sora,
abboccando pienamente alla storia dell’amico; anche Roxas non ebbe problemi a
credere alla balla di Demyx, vedendolo sorridere senza
problemi.
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Capitolo 5 *** La maschera del sorriso ***
La prima volta c'è per tutti
La prima volta c'è per tutti
E per la vostra gioia (o sfortuna, questo è relativo!) il
quarto capitolo tutto per voi!!
Erano ormai due ore che si
sentivano urli dal piano inferiore; e se non fosse che ci era abituato, forse
Demyx sarebbe corso a chiamare la polizia. Spingeva il cuscino nelle orecchie,
sperando di ovattare quelle urla il più possibile: era già così difficile
pensare che quelli erano i suoi genitori adottivi, e sentirli litigare a quel
modo non gli rendeva la vita facile. Erano ormai mesi che andavano avanti così,
litigi su litigi, anche ora che erano in fase di separazione; Demyx rientrava a
casa e sentiva le loro urla, i loro insulti, e ogni volta non sapeva mai da che
parte stare… Sua madre? Suo padre? Infondo nessuno dei due era realmente un suo
genitore. Anzi… suo padre sembrava ignorarlo: rientrava e non lo guardava,
scendeva in salotto e lui restava incollato alla televisione; non ricordava di
aver mai passato del tempo con lui, non ricordava che lui gli avesse mai
insegnato ad andare in bicicletta o a tirare un pallone in porta.
Ma infondo lo sapeva.
Sapeva che suo padre non aveva mai
avuto intenzione di adottarlo; lo aveva fatto per sua moglie, che non poteva
avere bambini e sembrava essere caduta in una qualche depressione. Quando quella
donna lo aveva visto, così dolce, dai capelli d’oro, lo aveva voluto
assolutamente, come fosse stato un peluche; e così si era sentito per tutti
quegli anni: un peluche. Coccolato da sua madre finchè era piccolo e grazioso e
poi lasciato ad impolverare in angolo remoto della sua memoria.
Demyx morse il lenzuolo, cercando
di trattenere le lacrime che volevano scendergli, desideroso di urlare per
sfogare tutto quello che reprimeva durante il giorno, mentre sorrideva a tutti.
Ad un trattò sentì un vaso
infrangersi. Si stavano tirando di nuovo la mobilia. L’ultima volta che Demyx
aveva tentato di fermarli aveva ricevuto un ceffone talmente forte da suo padre
che il labbro gli aveva sanguinato per ore; quella volta dovette inventarsi di
essere scivolato nella doccia, buttandola come una barzelletta. Si alzò stanco
dal letto, si infilò una giacca, la prima che trovò, ed uscì dalla finestra,
come faceva sempre ormai.
Sembrava voler nevicare; le
previsioni avevano detto così. Forse avrebbero passato un natale con la
neve.
Non che a Riku dispiacesse, certo
era, però, che quel freddo non era piacevole. Non ostante tutto, se ne stava
fuori, nel giardino di casa sua, seduto fuori della porta, a giocare con un
bastoncino.
Ricordava che da bambino amava la
neve; ma non poteva mai giocarci con nessuno. Sora si ammalava facilmente da
piccolo, e sua madre non voleva che andasse a bagnarsi tutto con la neve, e
Roxas odiava sentirsi tutto umidiccio per giocare con dell’acqua congelata;
Zexion ogni tanto capitava a giocare con lui, ma spesso era fuori con i suoi
genitori per le feste natalizie.
Poi un giorno arrivò lui: Demyx!
Riku stava come al solito nel giardino di casa sua, a rotolare una palla di neve
per costruire un pupazzo, sbuffando per la solitudine; quando la vocina fresca
di Demyx lo raggiunse: il bambino, forse sugli otto anni come lui, era fermo
davanti al cancello, una busta della spesa in mano, che lo osservava stupito e
gli faceva i complimenti per il pupazzo di neve. Riku non ci pensò due volte ad
invitarlo ad entrare, ed insieme giocarono tutto il giorno! Solo dopo Riku
scoprì che Demyx si era trasferito lì da poco e ancora non conosceva nessuno,
così lo fece entrare nel suo gruppo; Demyx andava ogni giorno a giocare con lui,
ogni momento libero, e i due in breve divennero inseparabili.
Era ancora assorto in quei ricordi,
quando un sassolino gli arrivò in testa
“Demyx finiscitela!” esclamò Riku,
rendendosi conto poi che non si trattava di Demyx: era
Zexion.
“non mi sembra di somigliarli
molto…” fece il ragazzo, alzando le spalle
“oh scusa
Zeku…”
“lo vedi che ci pensi
sempre?”
“a cosa?” “a Demyx! Ma perché
non ci fai pace? Infondo avete discusso per una cavolata”
“lui deve sempre fare così! È da
quando abbiamo cominciato il liceo che ce l’ha con Axel, ma prima sembrava
essere solo divertito dal suo comportamento… Poi è diventato come ossessionato!
Axel di qua, Axel di là! Se si vuole far ammazzare faccia pure, ma non può
pretendere che stia qui a guardarlo morire!”
Zexion si sedette accanto a lui,
guardando il cielo ricolmo di stelle “sei geloso?” fece poi, senza mutare di
poco la sua espressione vaga
“eh?!” Riku sobbalzò “ma che dici?
Come geloso!? Ma no, che diavolo hai pensato??”
“io non ho pensato proprio nulla…”
Zexion spostò lo sguardo su di lui, mentre Riku arrossiva leggermente “avrei
dovuto?”
Riku non rispose, scuotendo
leggermente la testa “non credo…” disse poi
“non credi?” Zexion incorniciò il
viso con le mani, poggiando i gomiti sulle ginocchia “perché credi? Non ne sei
sicuro?”
“smettila Zexion! Io sono solo
preoccupato!” Riku abbassò lo sguardo, fissando il bastoncino che aveva in mano
“non vorrei vederlo ridotto male da Axel…”
Calò il silenzio per qualche
minuto; Zexion lo fissava, poi rise “e allora diglielo!”
“ma se non mi sta a
sentire…”
“certo, lo hai aggredito oggi!
Provaci con calma, come lo stai dicendo a me! Sono sicuro che anche Demyx ha
bisogno di sentirsi dire queste cose”
“hai ragione! Vado a dirglielo
subito!”
“fallo
domani”
“e perché?”
“lascialo calmare un po’… domattina
sarete tutti e due più riposati e parlerete meglio!”
Riku annuì, alzandosi in piedi;
fece cenno a Zexion di entrare “ti offro una cioccolata calda, ti
va?”
Zexion sorrise all’idea, e si tirò
su entrando in casa.
Le luci illuminavano le strade a
giorno, con i loro danzanti intervalli colorati. A Demyx erano sempre piaciute
le luci natalizie, ma in quel momento non riusciva a sorridere
guardandole…
Camminava triste, sentendosi un
vuoto dentro; ricordava che quando era in orfanotrofio, se si sentiva triste
andava a rintanarsi nell’angoletto tra il letto e il muro, e rimaneva con la
testa sprofondata nelle ginocchia. Una volta, poi, un ragazzino dai capelli
rossicci era sgusciato sotto il letto e gli aveva fatto prendere un colpo; da
allora quel ragazzino andava sempre a stanarlo, quando si rifugiava triste nel
suo angoletto, e da quello che ricordava, furono sempre meno le volte che sentì
il bisogno di andarsi a nascondere lì.
Si scosse, accorgendosi di aver
portato le mani alle labbra fredde, ripensando a quello che aveva fatto la
mattina nel laboratorio… Ancora si chiedeva per quale strano motivo avesse
baciato Axel…
Poi si ricordò.
Quel giorno con la pioggia,
squallido, grigio, quando quel tizio era venuto a portarsi via il suo migliore
ed unico amico, quando si era rintanato nel suo cantuccio sperando di vederlo
sgusciare sotto il letto come faceva sempre, e vi era rimasto tutto il giorno
invece, solo, a piangere. Ricordò il buffetto che gli aveva dato lui sulla
guancia, dicendogli di non piangere perché si sarebbero rivisti; e poi… ricordò
quel bacio. Infantile, casto, un semplice “grazie” che aveva voluto stampargli
per sempre sulle labbra prima che se ne fosse andato.
Era Axel? Di questo non poteva
esserne sicuro. Quello di cui era sicuro era che lo aveva baciato
istintivamente, sperando che anche in lui scattasse il ricordo di quel giorno
lontano.
Ma quello che lo scosse di più fu
altro: la strana sensazione che aveva provato nel sentire il suo fiato caldo
sulle labbra. E lì gli tornarono in mente le parole di Riku “ma perché per te è
tanto importante Demyx??”
Era sicuro che all’inizio provasse
solo il gran desiderio di farlo scendere dal suo piedistallo, poi si era
insinuata in lui l’idea che Axel potesse essere il ragazzino che aveva
conosciuto all’orfanotrofio, ma ora? Ora sentiva il chiaro desiderio di vederlo.
Pensava forse che lui lo avrebbe potuto aiutare come in passato, pensava che gli
avrebbe fatto tornare il sorriso, un vero sorriso, non quella sua solita
maschera che indossava prima di uscire di casa. Pensava tutto e niente. Pensava
solo che voleva andare da lui.
Confuso e stordito dall’intricata
matassa di emozioni dentro di lui, continuò a camminare con una meta precisa:
sapeva dove abitava Axel, una volta con Sora lo avevano seguito per addobbargli
la moto; poi quando avevano scoperto che Axel rimetteva la moto nel garage se ne
erano andati sconfitti, terrorizzati all’idea di entrare in quel giardino.
Ed ora era lì, davanti al cancello,
che aspettava che tornasse, dato che ogni luce era spenta.
Si appoggiò al muretto,
stringendosi nel cappotto, e attese; tanto nessuno a casa si sarebbe accorto che
mancava, di questo ne era sicuro.
“stai fumando come una ciminiera,
sta sera” e tanto per non dare ragione a Larxene, Axel si accese una nuova
sigaretta, aspirando pesantemente il fumo; lo sputò con un rumoroso soffio,
assorto in mille pensieri.
Erano seduti in un vicoletto,
avevano appena finito di parlare con quel tizio, che erano sicuri essere proprio
quello coinvolto nel giro: Axel lo aveva capito subito, era uno che non aveva
mai praticato giri di droga e probabilmente era un altro straricco entrato in
quei giri per salvare la sua economia e quella della sua famiglia, uno di quelli
che pronunciava la parola droga sotto voce, quasi per timore che qualcuno
potesse sentirlo. L’accordo era fatto: avrebbero portato loro la droga ai
committenti nel luogo stabilito e tutto si sarebbe risolto; loro avrebbero
riscosso i loro bei 100.000 munny e il bel signorotto avrebbe salvato la
faccia.
Sembrava tutto perfetto. Eppure
Axel non era calmo come al solito; e non se ne era accorta solo Larxene, ma
anche Marluxia e Luxord
“si può sapere che hai?” Marluxia
gli girava attorno come una mosca curiosa “ non hai spiccicato una
parola!”
“Marly ha ragione!” Larxene gli
mise una mano sulla fronte “non è che hai la febbre, eh?”
“no, sto bene…” fece Axel
svogliatamente, poggiando la testa al muro. Aveva solo voglia di tornarsene a
casa e dormire… e dimenticare… Pensava che dopo una bella dormita anche i
ricordi di quel giorno sarebbero andati a fare compagnia a tutti gli altri nella
sua memoria, in quell’angolo recondito che non rispolverava mai. Da quando era
arrivato nella sua nuova casa faceva così: dimenticava. Alla fine, per lui,
mettere da parte tutto era diventato così naturale che lo faceva
automaticamente.
Sputò quello che gli era rimasto
del fumo, e gettò a terra il mozzicone, mettendo in moto.
“te ne vai?” fece Larxene,
fissandolo
“si”
“e chi mi riporta a
casa?”
Axel sbuffò “allora ti lascio la
moto… me la faccio a piedi. Domattina vedi di passarmi a prendere, ok?” e le
sfiorò le labbra con le proprie, lasciandola perplessa. Axel non si era mai
comportato a quel modo, ed era evidente che c’era qualcosa che non andasse; ma
per quella sera decise di lasciar correre, tanto lui non le avrebbe mai detto
cosa lo affliggesse.
Mentre camminava verso casa, il
rosso ripensava alla mattina, e a quello strano incontro con quel ragazzino, che
lui aveva giudicato tanto stupido e che ora si ritrovava a pensare ogni minuto;
avrebbe voluto forse provare ad andare ad esplorare quella parte della memoria
in cui erano chiusi i loro ricordi, ma era così tanto il tempo che non
rispolverava ricordi, che aveva quasi dimenticato come si facesse…
Si strinse le spalle, cacciandosi
in bocca una nuova sigaretta, l’ultima del pacchetto, quando, alzando lo
sguardo, vide quello che non si sarebbe mai aspettato di vedere: Demyx era
seduto davanti al cancello di casa sua! Tremava dal freddo, la testa sprofondata
nelle ginocchia, ed involontariamente la sua mente si tuffò in un ricordo da
sola: aveva già vissuto quella scena, aveva già visto quel ragazzino in quel
modo.
Si avvicinò a lui con fare
disinteressato, e quando aprì il cancello cigolante Demyx si scosse, alzando gli
occhi verso di lui
“be… vuoi fissarmi tutta la notte o
entri?” fece Axel, mostrandosi spazientito. Demyx non rispose, ma si alzò e lo
seguì in casa, senza dire una parola.
“si può sapere…” disse Axel una
volta entrati in casa “che diavolo ci fai qui?”
“non lo so… in realtà non lo so”
Demyx guardava a terra, gli occhi spenti, misti di sonno e
malinconia
“dov’è finito quel tuo sorrisino
eh?” rise Axel, ma vedendo che la sua espressione non mutava tornò serio, quasi
rivedendo se stesso in quell’espressione “casini in
famiglia?”
“e tu come lo sai?” Demyx alzò gli
occhi stupiti verso di lui; Axel abbozzò un sorrisetto
“perché anche io avevo sempre
quell’espressione prima… e credimi, la mia famiglia è un vero
casino”
“mai come la mia…” Demyx abbassò di
nuovo gli occhi, fermandosi a fissare il tappeto
“ah davvero eh? Mpf” Axel si gettò
a sedere sul divano “ mi chiedo se anche tuo padre sia in galera per spaccio,
pedofilia e chi più ne ha più ne metta e tua madre vada ogni notte con uno
diverso”
Demyx si scosse. Tornò a fissare un
Axel che aveva detto tutte quelle cose come fossero le più naturali del mondo,
senza lasciar trapelare la minima emozione, pensando di essersi messo al centro
di ogni problema senza pensare che c’era chi ne avesse più di
lui
“mi dispiace…” disse
rammaricato
“e di che? Non mi pare che sia tu a
costringere mia madre a darla via no? Di che ti deve
dispiacere?”
Calò il silenzio. Demyx non sapeva
più cosa dire, non sapeva perché si trovasse lì, non sapeva più nulla. Ebbe il
desiderio di fuggire, di tornare alla sua vita che sembrava normale in confronto
a quella di Axel, quando il rosso parlò di nuovo, fissando il
soffitto
“lo sai che ti ho pensato tutto il
giorno?” Demyx lo guardò ed incontrò lo sguardo che Axel aveva spostato su di
lui “ e la cosa è parecchio irritante”
Demyx deglutì a vuoto, temendo di
incassare un pugno ancora più forte di quello ricevuto la mattina, ma allo
stesso tempo sentì crescere dentro di lui un certo piacere nel sapere che Axel
lo avesse pensato tutto il giorno. Il rosso si alzò dal divano, gli si impose
davanti e lo fece indietreggiare finchè non trovò la parete dietro di lui; i
loro visi erano così vicini, il respiro di Axel accarezzava leggero le labbra di
Demyx, la mano posta vicino al suo orecchio poggiata al muro facevano sentire il
biondino in trappola, in bilico tra la paura e l’eccitazione. Era confuso, non
capiva se quella situazione gli piacesse o meno, e sentì appena le parole di
Axel “perché diavolo mi stai perseguitando? Cosa vuoi da
me?”
Cosa voleva da lui? Ora come ora
non lo sapeva più nemmeno lui. Sentiva solo il desiderio, sempre più grande, di
porre le sue labbra sulle sue; era spaventato a quell’idea che gli ronzava in
testa, ma la bramosia di quelle labbra era sempre più forte, lo tirava sempre
più verso di lui.
Demyx chiuse gli occhi, cercando di
reprimere tutte quelle emozioni che stava provando, non poteva abbassarsi a
tanto, lui, il latin lover della scuola! E tanto meno non poteva farsi vedere
così da Axel! Prese fiato e assumendo un’espressione strafottente gli fece “te
l’ho detto! Voglio che ricordi! Di me!”
Axel sogghignò, fissando gli occhi
di quel ragazzino, che tentavano di essere strafottenti e seri, ma che
conservavano sempre la loro dolcezza; in breve il ricordo della mattina si
insinuò in lui, cogliendolo impreparato. Il rosso passò una mano sul mento di
Demyx, alzandosi poco dopo da lui “sei sempre un ragazzino… i tuoi occhi non
mentono… tornatene a casa” e detto ciò fece per salire le
scale
“come? Ei aspetta un attimo! Adesso
non puoi lasciarmi andare così, Axel!”
“ah no? E che dovrei fare tesoro?”
ridendo Axel salì le scale, lasciandolo lì a fissarlo. Demyx non aveva alcuna
intenzione di andarsene, anche se non sapeva esattamente perché, sapeva solo che
non avrebbe lasciato andare Axel! Gli corse dietro sulle scale, ritrovandosi in
un piccolo corridoio, senza sapere quale fosse la sua camera; ad un tratto si
sentì afferrare per la maglietta, fu trascinato di peso in una camera e sbattuto
di nuovo ad una parete… Axel si chinò su di lui e lo baciò, lasciandolo senza
fiato! Demyx rimase sorpreso, ma piacevolmente appagato dalla situazione: il
bacio di Axel era diverso da quello che gli aveva dato la mattina, era umido,
avido, violento; Demyx si abbandonò in quella danza senza fine, che invece finì
prima di quanto non sperasse. Quando Axel si staccò da lui, Demyx lo fissò
ansimante, mentre il rosso si passava un dito sulle labbra per asciugarle
“adesso sei contento? Bada che non avrai altro da me, quindi sparisci!”
“tu credi che io sia venuto qui
per… fare quello? Guarda che ti sbagli!”
“e allora perché mi fissavi
voglioso prima? E cmq non mi pare che ti sia dispiaciuto
tanto”
“hai frainteso, io non sono qui per
quello! Mica sono come una di quelle scolarette che ti corrono
dietro!”
“davvero..?” Axel tornò ad imporsi
su di lui, avvicinandosi pericolosamente alle sue labbra; Demyx fu percorso da
una fila di brividi fortissimi, e pregò di avere di nuovo un bacio da Axel. Ma
quando il rosso gli fu abbastanza vicino, tanto che le loro labbra potevano
quasi toccarsi, quel contatto fu spezzato dalle sue parole “lo vedi… stai
ansimando come una puttanella!”
Demyx avrebbe voluto replicare, ma
cosa poteva dire? Era vero! Stava ansimando! Senza rendersene conto, poi! La sua
testa era un covo di aggrovigliati pensieri, la confusione nella sua mente
aumentava ad ogni battito di ciglia! Ma cosa stava facendo? Lui non aveva mai
avuto di quelle tendenze! Le ragazze gli morivano dietro, e lui cosa faceva
adesso? Si eccitava per un ragazzo!
Axel gli passò una mano sul petto
“o forse mi sbaglio?” e si sporse verso di lui, lasciandolo senza scampo. Demyx
pensò di essere senza via d’uscita, perfetto l’indomani tutti avrebbero saputo
che si era eccitato per Axel e la sua vita sarebbe stata rovinata per sempre.
Poi si scosse: sentì distintamente che Axel era eccitato tanto quanto lui! Non
poteva sbagliarsi, gli stava spingendo contro! Sorrise maliziosamente e passando
un dito sul cavallo dei suoi pantaloni disse in tono provocante “ mi sa che non
sono l’unico, eh?”
Axel sobbalzò, sentendo le dita
delicate di Demyx sui suoi pantaloni; non era possibile! Eppure si stava
eccitando anche lui! Aveva avuto in testa quel ragazzino tutto il giorno, ed ora
sembrava desideroso di averlo! Non aveva mai desiderato qualcuno, gli altri
avevano sempre fatto la parte di entrambi, ed ora si trovava spiazzato. Che
fare? Si staccò da lui, passandosi una mano tra i capelli
ingellati.
“non capisco di cosa stai
parlando”
“certo, adesso fai l’indifferente!
Di la verità, tu mi vuoi!”
“ma lo sai con chi parli, vero? Non
farmi ridere!”
Demyx audacemente si avvicinò a
lui, cingendogli il collo con le braccia e avvicinandosi alle sue labbra gli
fece provocante “allora perché non mi mandi via?”
Forse non era poi tanto un
ragazzino, pensò Axel, quando bramosamente lo prese per i fianchi e se lo stese
sotto gettandolo sul letto; Demyx gli stringeva i capelli, immerso nel suo nuovo
bacio, mentre la mano di Axel si insinuava sicura nella sua maglietta.
Dopo una mezzora circa che si
baciavano su quel letto, Axel pose saldamente una mano sull’erezione di Demyx,
che si sentì, finalmente, a disagio! Infondo quella era la sua prima volta con
un uomo, e non gli sembrava il caso di farlo proprio nella prima sera in cui
aveva scoperto di essere attratto da Axel! Si alzò di scatto a sedere e quasi
urlò un “ devo andare a casa!”
“mpf… hai paura ragazzino?” Axel si
mise a ridere al broncio che Demyx gli mise per la battuta
“tu forse ci sarai anche abituato a
farti tutti e tutte, ma io no! Sai com’è, non ho mai pensato all’eventualità di
farlo con un uomo!”
“fa come ti pare” Axel non disse
altro, gli aprì la porta della camera e lo invitò ad uscire. Demyx scese le
scale silenzioso, sentendo la sua presenza dietro di lui, e quando fu davanti
alla porta si voltò
“però è stato divertente” fece
Demyx, alzandosi per baciarlo di nuovo; Axel lo prese per le spalle, sbattendolo
contro lo stipite della porta, tornando a baciarlo avidamente. Poi lo lasciò
andare, chiudendosi la porta dietro.
Demyx si riavviò verso casa. Si
rallegrò nel constatare che gli era tornato il sorriso.
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Capitolo 6 *** Il dolce segreto ***
La prima volta c'è per tutti
La prima volta c'è per tutti
Va be tanto ci scrivo sempre lo stesso, ecco il quinto capitolo,
bla bla bla... Cmq spero vi piaccia!
La luce che entrava dalle tendine
semichiuse creava dei giochi strani, passando tra le beute e i Becker,
riflettendo fasci irregolari sul corpo di Demyx, seduto sulla cattedra,
completamente avvinghiato ad Axel, mentre gli leccava il collo con avidità.
Erano ormai giorni che si
incontravano così, durante la pausa pranzo; la mattina si comportavano come
nulla fosse, alle volte ripetevano le scenate di tutte le mattine, così che
nessuno sospettava che si vedessero di nascosto, in qualche aula vuota, per fare
sesso. Perché alla fine era successo. Una mattina Axel era arrivato deciso con
quell’intento, la voglia stampata in faccia, lo aveva steso su due banchi e con
una mano nei suoi pantaloni gli aveva fatto crollare addosso tutte le
convinzioni di anni e anni.
Dopo quella volta Demyx non aveva
avuto più alcun problema, anzi molte volte era lui a prendere l’iniziativa,
stuzzicando Axel in mille modi.
Mentre gli leccava il collo, in
quel momento, scendeva con la mano dal suo petto fino ai pantaloni; slacciò
abilmente la cintura e poi la zip, infilando di nuovo la sua mano nei boxer del
rosso.
“per fortuna che eri tu quello ad
avere problemi” ironizzò Axel, prima che il fiato gli fosse mozzato dai gemiti
di piacere
“perché così non ti va bene?” Demyx
gli morse un orecchio, senza smettere il su e giù nei boxer di
Axel
“mi va benissimo” riuscì a dire il
rosso, prima di venire.
Di tutta risposta gli alzò la
maglietta, leccandogli prima un capezzolo, poi scendendo con la lingua fino
all’ombelico; non dovette perdere tempo a slacciarli i pantaloni, visto che era
stata la prima cosa che aveva fatto appena era entrato nel laboratorio di
chimica. Leccò i boxer neri, compiacendosi del gemito che scappò al biondino,
seduto ancora sulla cattedra, le mani puntate sul bordo e la testa reclinata
all’indietro; non ci volle molto perché anche lui arrivasse all’apice del
piacere, al ritmo incalzante di Axel.
“ma guarda qua… adesso come faccio
ragazzino! Mi tocca andare in giro con i boxer completamente
umidi!”
“non è colpa mia se mi tiri così
tanto” gli fece Demyx, leccandosi il labbro superiore
“la prima volta sembravi così
indifeso… adesso sei perfino peggio di me” Axel rise, guardandolo negli occhi.
Demyx stette un secondo in silenzio.
“sto esaurendo le scuse! Non so più
che inventarmi per venire da te!”
“che cazzo ti ci vuole a dirgli
dove vai davvero?”
“ma sei scemo! Certo, adesso vado
lì e gli dico: guardate io vado a scoparmi Axel, aspettatemi un attimo,
ok?”
“fa come ti pare…” Axel imboccò la
porta
“tu la fai facile… ma scommetto che
nemmeno te hai detto ai tuoi compagni che stai con me,
vero?”
“sto con te?” Axel si voltò verso
di lui con sguardo perplesso “ e chi ha detto che stiamo
insieme?”
“come chi l’ha detto? Vuoi dirmi
che per te ci incontriamo qui così, solo per divertirci?”
“precisamente! Mi va di farlo con
te, ok? Ma non ho mai detto di stare con te!”
“perfetto! Allora non mi aspettare
domani!”
“fa come ti
pare”
Fa come ti pare… sempre quel fa
come ti pare! Demyx non ce la faceva più a sentirglielo dire, come se non gliene
fregasse assolutamente niente del fatto che lui aveva praticamente stravolto la
sua vita per lui!
“possibile che non sai dire altro?”
Demyx lo afferrò per una spalla, e quando vide Axel contorcersi dal dolore si
spaventò “Axel? Che hai fatto alla spalla?”
Mentre il rosso continuava a dire
che non aveva nulla, Demyx gli aveva già sbottonato la camicia, e aveva scoperto
la ferita che Axel aveva sulla spalla
“chi te l’ha fatta questa?”
“è successo ieri sera… quelli si
sono incazzati perché il carico non era completo… quel vecchio li voleva
fregare, o forse è stato fregato anche lui, che ne so… Mi hanno dato una
bottigliata, qualche vetro mi era rimasto conficcato nella spalla… alla fine
pare che abbiano capito che noi non c’entriamo”
“quelli? Il carico? Axel sei
coinvolto in un giro di droga?”
“come se fosse una novità… quel
vecchio voleva che noi la consegnassimo, tutto qua!”
“tutto qua? Ma ti rendi conto che
potevano ammazzarti?”
Axel guardò gli occhi ricolmi di
lacrime di Demyx e si mise a ridere. Ma la sua risata fu spezzata dalla voce
mozzata del biondino “ non voglio che fai certe cose… Ho paura di
perderti”
Demyx abbracciò Axel, lasciando il
rosso senza fiato! Nessuno lo aveva mai abbracciato a quel modo, nessuno gli
aveva mai detto che non voleva perderlo… Per la prima volta si sentì amato da
qualcuno.
“ti ho già perso una volta, non
voglio farlo di nuovo!” Demyx teneva il viso sprofondato tra le pieghe della
camicia di Axel; il rosso, d’istinto, sicuro che quella scena si fosse ripetuta
molte volte nel loro passato, accarezzò i capelli di Demyx
“sta tranquillo” gli fece “io ho la
pelle dura”
“con questo vuoi dire che non ti
tirerai fuori da quel giro?”
“senti, io ormai ci vivo con questa
roba, capito? Per me è vita quotidiana! Non puoi pretendere che smetta di fare
quello che ho fatto da una vita per un ragazzino!”
Demyx si staccò immediatamente da
lui. Si sentiva ferito da quelle parole, come se Axel lo avesse pugnalato alle
spalle. Uscì dall’aula e senza nemmeno voltarsi gli disse “se la pensi così va a
quel paese” e se ne andò senza fermasi al “Demyx” che urlò Axel, nel tentativo
di fermarlo.
Il rosso si appoggiò alla porta e
buttandosi una mano sulla fronte disse l’ennesimo “ma fa come ti
pare”.
Sora e compagni erano ancora
appollaiati sul termosifone, quando Demyx ricomparve dalle scale, nero in viso
come il carbone. Riku se ne accorse subito (si i due alla fine avevano fatto
pace) e gli si avvicinò con fare apprensivo
“Demy, che hai fatto?”
“niente… lascia stare…” Demyx puntò diretto la porta della
classe, seguito a ruota dai compagni. Roxas si fermò un istante sulla porta,
richiamando l’attenzione di un gruppetto di ragazze: le amiche di
Naminè
“scusate… Ma Naminè sta male per
caso? Sono giorni che non la vedo a scuola”
“Naminè?” fece una delle ragazze,
con sguardo preoccupato “non ne sappiamo nulla… non risponde al telefono, e non
si è fatta più sentire… è strano, se è assente anche solo un giorno ci chiama
subito…”
“ capisco…” Roxas rimase seriamente
preoccupato, rientrando in classe con gli occhi bassi. Zexion aveva sentito la
conversazione, sicuro che anche i compagni se ne fossero accorti. Sora si
sedette accanto al fratello, cercando di consolarlo insieme a Zexion, mentre
Riku fissava Demyx, che sembrava non aver la minima intenzione di parlare.
L’insegnante mancava, così Demyx
decise di farsi un giro per i corridoi, tanto per smaltire la rabbia. Riku gli
corse dietro, seguendolo in bagno
“si può sapere che vuoi?” fece
Demyx spazientito, voltandosi verso di lui
“Che cavolo hai Demyx? Questi
giorni sembri assente, te ne vai durante la pausa pranzo, ci sentiamo più
pochissimo… si può sapere che ti prende?”
“niente Riku, te l’ho detto! Sto
bene!”
In quel momento entrò Axel in
bagno. Demyx sbarrò gli occhi, fissandolo sull’orlo di scoppiare a piangere,
mentre lui fece come se non lo avesse visto, si lavò le mani e poi uscì, con la
stessa non curanza di quando era entrato. Demyx si gettò a sedere per terra, le
mani nei capelli “cazzo!” quasi urlò
Riku si chinò su di lui “adesso mi
dici che hai?”
“è tutto un casino Riku! I miei si
stanno separando, litigano ogni giorno! Mio padre nemmeno mi considera, mia
madre prende più pasticche di un tossico per calmarsi e come se non bastasse
quel bastardo mi tratta come se fossi la sua puttana!”
“quel bastardo chi? Ma che stai
dicendo?” Riku sperò di aver capito male
“di Axel! Io esco con Axel Riku!”
L’albino pensò di svenire a quella
rivelazione. A tutte quelle rivelazioni. Ma come aveva fatto ad essere stato
così cieco da non essersi accorto che Demyx stava vivendo quella situazione
orribile in famiglia, come aveva potuto credere a quei falsi sorrisi che l’amico
gli elargiva ogni giorno? Si sedette accanto a lui, appoggiando la testa al muro
e l’unica cosa che riuscì a dire fu “da quanto va avanti?”
“ormai sono tre settimane… ma per
lui è come se fosse un gioco… Dio, io mi sento così confuso, mi sento uno schifo
a pensare che fino a pochi giorni fa ero l’etero più etero di questa scuola ed
ora muoio dietro a quel bastardo! Che oltretutto continua a trattarmi come se
fossi un ragazzino, si rifiuta di parlare di quando eravamo all’orfanotrofio…
Speravo che con lui avrei potuto allontanare i problemi che avevo a casa, e
invece lui non fa altro che crearmene altri!”
“perché non me ne hai mai parlato?
Demyx, avrei potuto aiutarti” il biondo non lo disse, ma Riku si pose da solo
quella domanda “come?”. Infondo lui non sapeva cosa significasse vivere in una
famiglia come quella, avere quei problemi; ma sapeva che avrebbe voluto
condividere con Demyx ogni cosa, che avrebbe voluto stargli vicino in ogni
momento, che sicuramente non lo avrebbe fatto soffrire come Axel.
Gli prese il viso tra le mani, e lo
guardò, sorridendo leggermente; Demyx non capiva quel suo sorriso, ma ne sentiva
tutto il calore, come se quello solo gli fosse bastato ad infondergli coraggio.
Poi Riku si chinò su di lui e lo baciò, in un modo che a Demyx ricordò la prima
volta che aveva baciato Axel, tremante, insicuro, senza pensare. Rimase
immobile, gli occhi sbarrati, e attese che Riku si fosse staccato da lui.
“scusa..” fece lui arrossendo “ ma
era tanto che volevo farlo… forse da quando ti ho incontrato quel giorno con la
neve… non pensare nulla Demy… questo è solo un grazie… è per farti capire quanto
sei importante per me…”
“Riku… io non pensavo
che…”
“ho pensato molte volte di essere
innamorato di te… non so se lo sono realmente… so solo che voglio starti
accanto, Demyx… voglio aiutarti… Non nascondermi mai più nulla,
ok?”
Demyx annuì, incapace di dire
qualsiasi cosa avesse senso. Rimase a fissare Riku, sorridendo, felice di
essersi sfogato con qualcuno, e non con un qualcuno qualsiasi, con quello che,
ne era sicuro, poteva considerare il suo migliore amico.
Si alzarono entrambi, uscendo dal
bagno. Quello sarebbe stato il loro segreto. Quel bacio sarebbe rimasto chiuso
lì, e nessuno avrebbe mai violato la dolcezza di quel ricordo.
All’uscita di scuola, mentre Sora
faceva battutine senza senso tenendo suo fratello abbracciato per le spalle,
cercando di tirarlo su, e Zexion leggeva il suo libro senza mai allontanarsi da
Roxas, Demyx e Riku se ne stavano più indietro, senza parlare, gli occhi bassi,
quasi avessero timore a guardarsi.
Riku fissava di nascosto l’amico,
osservando i suoi occhi, per la prima volta velati di malinconia e tristezza, ma
almeno per la prima volta sinceri; ad un tratto notò che Demyx si era fermato.
Fissava qualcuno. E non un qualcuno qualsiasi: infatti, vicino al cancello,
appoggiato alla moto, mentre parlava con un tizio un po’ vecchiotto che sembrava
parecchio allarmato, c’era Axel. Riku sentì una certa rabbia crescergli dentro,
non voleva vedere Demyx in quello stato, e sinceramente, gli dava fastidio il
fatto che fissasse quel bulletto.
Demyx era come incantato, gli occhi
fissi su Axel. Poi notò il tizio: parlava con foga, quasi rischiasse di
scoppiare in lacrime da un momento all’altro, ed ebbe un tuffo nella memoria; “
il vecchio” aveva detto Axel. Che fosse quello il vecchio di cui parlava, quello
della droga? Non sembrava affatto uno di quei tipi che aveva visto molte volte
nei film, aveva una faccia onesta, quasi impaurita.
Mentre ancora cercava di capirci
qualcosa, sentì delle voci vagamente familiari dietro di
lui
“ma quello non è suo padre?” aveva
detto una ragazza
“si, è lui!” avevano risposto le
altre, più o meno in coro. Quando Demyx si voltò le riconobbe, anche se non ebbe
il tempo di fermarle: erano le compagne di Naminè! Non poteva sbagliarsi, erano
loro. Il che significava che “quello” era il padre della ragazza. Ma se così
fosse stato, cosa ci faceva con Axel? Nessun ragionamento si collegava
razionalmente nella sua testa: da quello che sapeva la famiglia di Naminè era
benestante, che bisogno avrebbe avuto lui di entrare in un giro come quello?
Senza pensarci due volte allungò il
passo verso Axel, deciso a capirci qualcosa, e non si curò di Riku che urlava
per fermarlo; passò davanti a Sora e Roxas, che spostarono la loro attenzione su
di lui, perfino Zexion alzò lo sguardo dal suo libro. Quando il biondino si
trovò a pochi metri da Axel, la strada gli fu sbarrata da Larxene, che molto
poco delicatamente aveva posto davanti a lui la sua gamba, appoggiata
violentemente al muro
“dove vai con tanta fretta?” gli
fece lei, con le braccia incrociate al petto “Axel non vuole che lo
disturbi”
“tu…” Demyx arrossì “tu lo sai?”
furono le uniche parole che riuscì a dire, balbettando per
l’imbarazzo
“no… non so nulla! So solo che Axel
mi ha detto che non ti vuole intorno adesso. Non so perché…” Larxene scese la
gamba dal muro, e si avvicinò a Demyx, parlandogli in un orecchio, appoggiata
alla sua spalla “…ma mi sono fatta un idea”
Quelle parole fecero scoppiare il
cuore di Demyx. Se Larxene, anche solo per invidia avesse rivelato tutto, cosa
sarebbe successo? Forse i suoi amici non avrebbero avuto la stessa reazione di
Riku, e questo lo spaventava; ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, Larxene
tornò a parlare
“voglio vederti sta sera, al parco…
vedi di esserci, ragazzino”
“ci sarò” lo disse senza pensare,
deglutendo a vuoto mentre vedeva Larxene allontanarsi come se nulla fosse
accaduto; forse l’aveva scampata. Riku si avvicinò di corsa a lui, sfiorandogli
una spalla con la mano “che ti ha detto?”
“vuole vedermi.. credo abbia capito
qualcosa…”
“ci andrai?”
“devo”
“ti accompagno!” “no” Demyx capì
di essere stato brusco nella risposta, così si voltò sorridente verso Riku “
altrimenti avrebbero ragione a chiamarmi ragazzino… Sai, mi sono sempre affidato
al fatto che tu mi saresti stato vicino, Riku. Ora è il momento che impari a
fare qualcosa da solo, non credi?”
“Demyx, ma tu hai già molti
problemi! Io voglio starti vicino!”
Demyx sorrise ancora, e prima che
Riku potesse dire altro, lo abbracciò. Il ragazzo arrossì visibilmente,
guardandosi intorno: tutti li fissavano, compresi Sora Roxas e Zexion; ma
infondo, che gli importava? Quell’abbraccio era così caloroso che non ci avrebbe
rinunciato per nulla al mondo.
“ grazie Riku! Sei il mio migliore
amico” Riku colse un certo tremolio nella voce di Demyx, e capì che quelle
tensioni erano troppe per lui; avrebbe voluto correre in suo soccorso, come un
eroe arrivare e districare la matassa complicata dei suoi problemi. Ma si rese
conto che lui non era un eroe, e non aveva alcun poter per aiutarlo; ma a Demyx
bastava. Gli bastava la sua presenza. Lo abbracciò di risposta, sibilando un
dolce “io ci sarò sempre, Demyx!”
Demyx si staccò da lui, tenendogli
le mani sulle spalle, e gli sorrise. Poi corse via, salutando con la mano tutti
i suoi compagni; Riku rimase a guardarlo, rosso in viso come una mela, e si
scosse solo quando Zexion lo pungolò con il libro “e poi eri tu quello a cui non
piaceva, eh?”
“eh?!” Riku si voltò e vide Sora e
Roxas che lo guardavano con occhi esterrefatti “aspettate, non è come pensate,
io stavo solo… ecco lui…”
“Riku… ci posso stare che Demyx ti
abbia abbracciato per qualsiasi motivo. Ma perché tu sei tutto rosso, eh?” Sora
giurò di toccare terra con la bocca, vedendo il rossore sulle gote di Riku
aumentare
“be ecco… è che m pi-c-…” Riku
disse qualcosa di incomprensibile
“come?” gli occhi di Sora erano due
punti interrogativi
Riku ripetè poco più forte quello
che aveva detto, ancora però in modo poco comprensibile
“Riku non ho capito un cazzo! Parla
più forte!”
“Ho detto che mi piace va bene!?
Sono innamorato di Demyx!!” Riku letteralmente urlò, e fortunatamente per lui
non c’era quasi più nessuno nel giardino della scuola che potesse sentirlo; Sora
rimase in silenzio alcuni secondi, incapace di dire qualsiasi cosa. Zexion cinse
le spalle di Riku con un braccio, sorridendo leggermente “almeno alla fine lo
hai ammesso!”
“io non credevo che ne fossi
innamorato! Insomma avevo notato che gli stavi parecchio vicino, ma pensavo che
lo facessi perché eravate molto amici…” Roxas si grattava la testa, stranamente
poco scosso dalla rivelazione di Riku
“Roxas, ma hai capito cosa ha
detto??” fece Sora, gesticolando come un forsennato
“si ho capito benissimo. Quello che
non capisco è perché ti comporti così, tu.”
Sora si fermò di scatto. Rimase in
silenzio a guardare il fratello, poi spostò lo sguardo su Riku, che era ancora
rossissimo in viso; sorrise leggermente, portandosi una mano dietro la nuca, e
grattandosi la testa fece “hai ragione… Scusa Riku. Sono uno stupido a reagire
così! So che non deve essere facile”
Riku annuì, ripensando a Demyx che
fissava Axel poco prima, e sospirò rumorosamente, rassegnandosi all’idea di
averlo accanto come amico. Sora lo prese sotto braccio, insieme a Zexion e
Roxas
“avanti, su con la vita! Vedrai che
tutto si risolverà no? Chissà, magari anche Demyx ti ricambia!” rise il ragazzo
dai capelli cioccolato
“ma che… lui preferisce Axel…” la
voce di Riku, seppur fioca, arrivò benissimo alle orecchie di Sora, che si fermò
sudando a freddo
“come scusa…?”
“oh!” sobbalzò Riku tappandosi la
bocca “cazzo… e va bene… mi sa che vi devo spiegare un po’ di
cose…”
E
avanzando a passo lento, fece cenno a tutti di seguirlo
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Capitolo 7 *** Tutto il possibile ***
La prima volta c'è per tutti
La prima volta c'è per tutti
Ed ecco anche il numero sei! Che però non è Zexion,
siaben chiaro! (battuta di merda, davvero... me lo dico da sola...)
Ormai il tempo era prossimo alla
neve. Mancava circa una settimana al Natale, le strade erano illuminate, le
vetrine sfavillanti; mentre camminava, Demyx pensò che non avevano organizzato
nulla con i suoi amici. Con tutti i casini che gli stavano succedendo non ne
aveva nemmeno la minima voglia; la realtà era che avrebbe voluto passare quel
Natale con Axel, magari insieme a tutti gli altri. Ma come faceva a dirglielo,
visto che lui nemmeno si degnava di considerarlo, che lo cerava solo per farsi
fare qualche lavoretto e poi lo lasciava andare come una puttana?
Sospirò, osservando il fiato bianco
uscire dalla sua bocca; alzando lo sguardo, poco distante da lui, vide Larxene,
poggiata ad un palo della luce, che lo fissava spazientita. Si avvicinò
rapidamente.
“era ora… ci hai messo una vita”
fece lei, indicando l’orologio che ticchettava su una
vetrina
“scusami… ero assorto nei miei
pensieri e non mi sono accorto che fosse così tardi…”
“vieni, siediti” Larxene gli fece
cenno con la testa, e gli porse un bicchiere con del caffè
caldo
“oh grazie…non dovevi
disturbarti”
“veniamo a noi” tagliò corto lei,
sedendosi accavallando le gambe “ tu e Axel vi
frequentate?”
A Demyx andò di traverso il
caffè
“suppongo di si” si rispose da sola
la bionda, senza mutare la sua espressione “lascialo
perdere!”
A quelle parole, Demyx si sollevò a
guardarla, e prima che potesse dire un “perché?”, lei riprese a
parlare
“io non sono né la sua ragazza né
lo amo… Ma non voglio che tu lo rammollisca! Axel è un tipo strano, che a modo
suo è riuscito però a ridare speranza anche a una come me. Ma questi giorni lo
vedo assente, come se pensasse sempre a tutt’altra cosa, e questo non va bene
per la sua vita! Nel nostro giro, una piccola distrazione può farti rimettere le
penne! Lo capisci questo, vero?”
“è per questo che voglio stargli
accanto… Non voglio che stia ancora in questo giro…”
“ma sentitelo!” Larxene scoppiò a
ridere “ e dimmi principe azzurro, cosa ne sai tu di Axel? Pensi davvero di
poter arrivare da un giorno all’altro e riportarlo nella retta
via?”
“voglio provarci almeno! Insomma,
tutti possono riuscire se vogliono, no?”
“mpf” Larxene sogghignò,
incrociando le dita e poggiandovi sopra il mento “ voglio raccontarti una
storia, ragazzino.”
Demyx la guardò curioso,
consapevole che quella che avrebbe sentito non sarebbe stata una
favoletta
“Anni e anni fa, ero una ragazzina
trattata da mia madre come una bambolina. Vestivo sempre da principessina, avevo
mille cose attorno a me, tutto ciò che desiderassi. Ma, non ostante tutto, io
non ricordo di aver mai ricevuto una carezza, o un abbraccio. Mia madre amava
sfoggiarmi con le sue amiche, mi faceva fare la bambolina, e poi mi lasciava da
sola a casa, con una fila di servi che non facevano altro che correre su e giù
per i corridoi. Mio padre non c’era mai a casa, sempre in giro a lavorare, e
lei, pensava non lo sapessi, si divertiva ad andare a trovare quei signorotti
che conosceva per gli affari di mio padre, a placare la noia di una casa troppo
grande e di una vita vuota, la definiva lei.
Mi sentivo sola, abbandonata da una
famiglia che però vedevo ogni giorno sotto i miei occhi e che si allontanava
sempre di più da me… Sai parecchie volte arrivai all’idea di ammazzarmi… Un paio
ci provai pure… Avevo dieci anni…
Un giorno mi stufai di starmene
chiusa lì, ed uscii di casa, di nascosto. Da perfetta bimba ingenua capitai nel
quartiere più malfamato della città. Non ci volle molto perché qualche tipo
losco mi prendesse di mira. E fu lì che incontrai Axel. Lui mi prese per mano e
mi fece scappare. Mi disse di non tornare mai lì, che era un luogo pericoloso
per me. Gli chiesi che ci facesse lui. Mi disse che spacciava droga, per conto
di suo padre. Che poi non era nemmeno il suo vero padre; era uno schifoso, che
per non sporcarsi le mani si era preso un ragazzino che spacciasse per lui, da
mandare nei quartieri più malfamati, da solo. Era pieno di lividi, aveva anche
il labbro spaccato. Tornai a trovarlo, anche se non voleva dirmi dove abitasse,
andavo ogni giorno in quel quartiere, così fu costretto a portarmi a casa sua.
Un giorno, quando tornai per
l’ennesima volta da lui, mi arrampicai come di solito sull’albero vicino alla
sua finestra, e sentii dei singhiozzi. Mi sporsi e lo vidi. Era vestito in modo
osceno, piegato sul letto, mentre quello schifoso del padre lo fotteva ridendo;
davanti c’era una telecamera… Corsi a chiamare la polizia, senza pensarci due
volte. Capii d’improvviso da dove venissero tutti quei lividi che aveva… Suo
padre fu arrestato.
Ci ritrovammo io e lui, senza saper
cosa fare delle nostre vite. Io gli proposi di venire da me, lo avrei aiutato,
ma Axel rifiutò. Disse che voleva farcela da solo, non voleva pesare a nessuno.
Decisi di stargli accanto.
Un giorno mi propose di mettere su
un gruppo, di diventare i migliori malviventi della città, così che nessuno ci
avrebbe più calpestato. Non ci pensai due volte a dirgli di si. Mi sentivo
apprezzata, parte di una famiglia che non avevo mai realmente avuto. Fu così che
iniziammo, io e lui. Ora capisci?”
Demyx faticò a trattenere le
lacrime, stringendo forte il bicchiere di carta che aveva in mano; gli occhi
erano fissi su Larxene, nella sua testa c’era solo l’immagine di Axel nel giorno
in cui lo avevano strappato da lui per gettarlo tra le fiamme dell’inferno, nel
suo animo solo il desiderio di aiutarlo.
“io voglio aiutarlo…” sussurrò,
strozzando in gola i singhiozzi
“davvero? Allora stagli
lontano!”
“no!” Demyx mutò di scatto la sua
espressione, assumendone una seria e ferma “ no… non posso… L’ho lasciato andare
una volta, e non posso farlo ancora…”
“e cosa vorresti fare,
eh?!”
“tutto il possibile!”
Larxene smise di respirare. Non
poteva credere davvero che quel ragazzino volesse entrare in un mondo come
quello solo per tendere una mano ad Axel; i suoi occhi verdi tremarono, per poi
assumere un’espressione di compassione “Axel non accetterà
mai…”
“perché?”
“lui ha chiuso con il passato,
Demyx” per la prima volta Demyx si sentì chiamare per nome da lei, e sentì un
certo senso di soddisfazione “ non vuole avere più nulla a che fare con i
ricordi… teme di soffrire ancora. Il suo passato lo conosciamo solo io e lui. Me
ne parlò una volta, e quando decidemmo di fondare il gruppo mi disse che non
avremmo mai più dovuto parlarne, che il suo passato era morto, che tutto il
passato lo era. Non ti dirà mai che si ricorda di te”
Demyx sbarrò gli occhioni cerulei
“allora lo sai?!”
“certo che lo so… L’ho capito
subito, da quando hai fatto quella scenata quella mattina… Axel ti aveva notato
da tempo, era sicuro che fossi tu, ma non voleva tornare da
te.”
“ma perché? Io l’ho fatto
soffrire?”
“aveva paura. Paura di farti
entrare in questo giro. Demyx, lui non è più il ragazzino che hai conosciuto
all’orfanotrofio, fattene una ragione! Non accetterà mai il tuo aiuto, non ti
farà mai entrare a far parte della sua vita!”
“io ci voglio provare” le parole di
Demyx non ammettevano deroga. Larxene ne rimase piacevolmente soddisfatta.
Quando sentì le mani fredde del ragazzo sovrapporsi alle sue sobbalzò “grazie
Larxene. Adesso che so, posso davvero fare qualcosa per
lui”
“sai, forse non sei davvero un
ragazzino… mpf, sei davvero testardo…” Larxene scoppiò in una risata argentina,
fresca, e Demyx la vide sotto una luce che non avrebbe mai immaginato; era
dolce, in un qualche modo, una principessa chiusa in un involucro di spine. Il
biondino sorrise, tirandosi in piedi.
“torni a casa?” gli fece Larxene,
sbadigliando
“no” disse lui fissando le foglie
che cadevano leggere dagli alberi “ vado da Axel”.
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Capitolo 8 *** Il rapimento ***
La prima volta c'è per tutti
La prima volta c'è per tutti
Andiamo verso la fine ormai, ma ancora manca qualche capitoletto!
Ringrazio tantissimo Isuzu che ancora legge e recensisce!! Ti adoro!!!
Se non fosse stato per la luce
della casa di Axel che da sola sembrava tentare di illuminare tutto il piccolo
quartiere, Demyx non avrebbe distinto una via dall’altra; tutto era buio,
silenzioso, quasi tutto l’intero quartiere rispecchiasse il carattere e l’animo
di Axel.
Accelerò il passo, fissando la luce
di quella casa che si avvicinava sempre di più a lui, nella sua testa c’era solo
il desiderio di rivederlo, di proporgli l’idea che aveva maturato mentre andava
da lui: una nuova vita, per entrambi. Avrebbero chiuso per sempre la porta del
loro passato, avrebbero lasciato quelle vite di sofferenza che avevano dovuto
patire, e ne avrebbero ricominciata un’altra, insieme. L’idea di condividere una
casa con Axel gli piaceva davvero, la voglia scalpitante di invitarlo a vivere
con lui, in una nuova casa, solo per loro, esplodeva nel suo petto ad ogni
battito di cuore. Accelerò ancora. La casa era vicina, vedeva il cancello…
Si fermò. Qualcosa non andava. Vide
una macchina ferma davanti al cancello della casa, una macchina che non aveva
mai visto: non proprio modesta, una bella macchina d’epoca, che non poteva
essere assolutamente della madre di Axel.
Ci c’era con lui? Altri giri
loschi? Il cuore di Demyx prese a battere ancora più forte. Si avvicinò alla
finestra, dietro la quale vedeva due figure stagliarsi: riconobbe subito Axel,
il suo profilo muscoloso, le sue braccia lunghe piegate sui fianchi, i suoi
capelli irsuti; l’atro gli sembrava vagamente di averlo visto… Sbracciava in
preda ad una qualche disperazione, o forse rabbia, e spesso si portava entrambe
le mani al viso, come a coprirlo.
Demyx avvicinò l’orecchio alla
finestra, e sentì distintamente la voce tremante di quel tipo che sembrava
implorare Axel
“ti prego, devi aiutarmi! Non puoi
abbandonarmi Axel!”
“ma che diavolo vuoi che faccia io?
Ti ho già fatto un lavoro e ci ho anche rimediato una bottigliata! Ti sei messo
nei casini, vecchio, ora vienine fuori da solo!” la voce aspra di Axel scatenò
una fila di brividi lungo la schiena di Demyx
“solo tu sai come strapparla da
quei tipi! Salva mia figlia, ti prego!”
“figlia?” Demyx sibilò quella
parola come fosse nuova per lui; d’improvviso s’illuminò: ecco dove aveva visto
quell’uomo! La mattina, a scuola! Non poteva sbagliarsi, il suo gesticolare era
inconfondibile! Ma certo, era il padre di Naminè! Ma cosa era successo alla
ragazza? Il batticuore di Demyx aumentò, sapeva che stava ficcandosi in una
situazione pericolosa, se avesse sentito ancora qualche parola sarebbe stato
tardi per tornare indietro; ma ormai era lì. Strinse forte le maniche del
giacchetto e seguitò nell’ascoltare
“salvarla? Cosa credi che sia, io,
l’eroe di un manga?” Demyx vide la figura di Axel sedersi malandatamente sul
divano “ non ho nessuna bacchetta magica, io”
“ma la ammazzeranno!” Demyx
trattenne un singulto. Sperava che ora Axel avrebbe fatto appello a quel poco di
altruismo e buonsenso che è di base in ogni essere umano e avrebbe offerto il
suo aiuto a quell’uomo; ma quello che sentì lo scosse
“no, non la ammazzeranno… Gli serve
viva… forse le faranno fare qualche film pornografico, tanto per risarcire la
parte di droga che non gli hai portato, e poi forse te la
ridaranno…”
“come puoi essere così senza
cuore?”
“in una vita come la mia” e si
accese una sigaretta “l’egoismo sta alla base della sopravvivenza.” Non disse
altro. Demyx vide la figura del “vecchio” muoversi verso la porta; si rannicchiò
più che poté sotto la finestra, sperando di non essere visto. Quello era
talmente scosso che passò senza nemmeno notarlo, mise in moto la macchina e
corse via; non era sicuro, ma gli sembrò che stesse
piangendo.
Il ragazzo poggiò la testa al muro,
respirando con la bocca per calmarsi: quello che aveva sentito lo aveva turbato
molto. Come poteva Axel comportarsi a quel modo? Lui, che sapeva cosa volesse
dire essere sfruttati per quel genere di riprese? Sapeva che meno si fosse
impicciato di quella storia e meglio sarebbe stato, ma non poteva scappare, non
in quel momento.
Gli tornò in mente Roxas; lui
sapeva della sua cotta per Naminè, ormai lo avevano capito tutti, anche se Roxas
aveva sempre tentato di nasconderlo. Ed ora non poteva fuggire e fingere di non
aver sentito nulla, doveva farlo per Roxas… doveva farlo per se stesso… doveva
farlo anche per Axel…
Si alzò in piedi, deciso ad entrare
e a parlare senza essere interrotto, ma quando si trovò davanti alla porta
vacillò, e fissandosi la mano tremante, realizzò che lui non era nessuno;
rimaneva sempre un ragazzino convinto che i suoi problemi fossero troppo
opprimenti per tirarsene addosso degli altri, rimaneva sempre un ragazzino
estraneo a quella vita. Strinse forte gli occhi, la testa gli girava
atrocemente, lottò contro se stesso per non fuggire e correre a rintanarsi
nell’angolo del letto; questa volta Axel non lo avrebbe tirato fuori, questa
volta era lui ad avere bisogno di chi fosse sgusciato da sotto quel letto.
Afferrò saldamente la serratura, accorgendosi che la porta era stata lasciata
aperta, e prima che potesse spingerla leggermente sentì la voce di Axel
provenire dall’interno
“ti decidi ad
entrare?”
Ce l’aveva con lui? Come aveva
fatto ad accorgersene? Timorosamente Demyx spinse la porta, lasciandola aprire
lentamente, e fece capolino con la testa; Axel era seduto sul divano, gli occhi
puntati su di lui. Demyx prese fiato ed entrò in casa, chiudendosi dietro la
porta; e di tutte le cose che voleva dirgli, ora, non gliene veniva in mente
nemmeno una.
“vieni qui” gli fece il rosso,
richiamandolo con un gesto abile delle dita
“come sapevi … che ero qui…?” Demyx
si avvicinava lentamente a lui, quasi lottando per restargli
lontano
“ti ho visto dalla finestra. Quel
vecchio era troppo occupato a sbracciare per accorgersi di te” Axel non aveva
mai staccato i suoi occhi da lui, mentre Demyx si avvicinava quasi timoroso;
quando gli fu abbastanza vicino lo prese per un braccio, portandoselo a sedere
sulle ginocchia “ma io me ne sono accorto subito” gli fece, lisciandogli la gota
con il naso.
Demyx non riuscì a trattenere un
gemito, socchiudendo gli occhi a quel contatto; strinse la maglietta di Axel,
prima di scrollare forte la testa e ricordarsi il perché si era deciso ad
entrare.
“aspetta Axel!” si staccò
violentemente da lui, tenendo saldamente le mani sulle sue spalle “ non sono qui
per questo!”
“ah no?” il rosso alzò un
sopracciglio in modo malizioso “ e allora perché sei qui?”
“perché hai detto quelle cose al
padre di Naminè?”
Axel divenne serio. “sta fuori da
queste cose, ragazzino”
“sono stufo di sentirmi chiamare
ragazzino! Demyx, mi chiamo Demyx! E sono abbastanza maturo per capirle certe
cose! Sai che le faranno, vero? Come puoi lasciare che le accada questo? Tu
dovresti essere il primo a capire come deve sentirsi Naminè,
no?”
“che cosa vuoi dire?” gli occhi di
Axel divennero cupi, quasi arrabbiati. Demyx si morse un labbro per ciò che
aveva detto, ma ormai non poteva di certo rimangiarselo
“so tutto di te, Axel… ogni cosa
del tuo passato…”
“Larxene” sbuffò il rosso,
spingendosi via Demyx di dosso “ e con questo?”
“Axel la devi aiutare! Forse non la
ammazzeranno ma le faranno anche cose peggiori! Ti prego, fallo per
me!”
“per te? Ma non farmi ridere… a te
che te ne frega di quella?”
“Roxas ne è
innamorato…”
“e allora? Affari suoi, imparasse a
risolversi i problemi da solo! Credi di essere il suo
supereroe?”
“no, ma sono suo amico! Dovresti
provare a ricordare anche tu cosa sia l’amicizia! Un tempo lo eravamo! Mi hai
insegnato molto, Axel, mi hai ridato la speranza quando eravamo
all’orfanotrofio! Che fine ha fatto quel ragazzino che non temeva nulla, che
affrontava ogni cosa a testa alta, che amava la giustizia e la
libertà?”
“è morto!” sentenziò Axel, fissando
Demyx negli occhi ricolmi di lacrime “è morto anni fa, sotto le botte di quello
che diceva di essere mio padre… sotto le violenze che ha subito, sotto le
umiliazioni e la solitudine. Quel ragazzino non ci crede più, Demyx, nella
giustizia.”
“si sbaglia! Non devi smettere di
lottare Axel, non puoi farlo ora!” “ma tu cosa ne sai? Che ne sai della vita
che faccio? Sei soltanto un piccoletto che si lamenta perché papino non gli ha
mai insegnato a giocare a pallone, perché sente qualche urlo giù in cucina e
qualche insulto tra mamma e papà! Non sai cosa vuol dire dormire la notte con il
cuscino nelle orecchie mentre tua madre viene picchiata e piange sul divano, non
sai che significa pregare di notte per non svegliarsi la mattina successiva,
attendere la morte giorno dopo giorno come una liberazione! E adesso vieni qui a
farmi una lezione sulla giustizia, sul se è giusto lottare? Tornatene a casa,
ragazzino, questa non è roba per te”
Demyx era rimasto immobile, fermo a
farsi ricoprire di amare verità; stringeva i pugni, sentiva ribollire il sangue
nelle vene, eppure non era in grado di fare nulla. Tutta la grinta che aveva
acquistato poco prima sembrava essersi dissipata alla prima ventata, ed ora
rideva di lui mentre fuggiva da quella casa in preda alla
rabbia.
Axel rimase fermo, senza tentare
nel benché minimo modo di fermarlo, e sospirò rumorosamente; aveva fatto male
anche a lui dirgli quelle cose, ma sapeva che quello era l’unico modo che aveva
per tenerlo lontano dai pericoli in cui poteva cacciarsi.
Quando fu sicuro che ormai fosse
troppo lontano per vederlo, prese una giacca ed uscì di
casa.
Stringeva forte i denti, Demyx,
mentre correva; le lacrime gli rigavano il viso, la rabbia per essere fuggito lo
divorava avida, il ribrezzo verso se stesso gli aggrovigliava lo stomaco,
lasciandogli un amaro insopportabile in bocca.
Mentre galoppava a testa bassa urtò
qualcosa, che poi si rivelò essere qualcuno; quattro cinque lattine di the
rotolarono a terra, mentre Demyx cercava di riprendersi per non
cadere.
“Demyx?!” la voce familiare lo
costrinse ad alzare lo sguardo: era Riku, e accanto a lui c’era anche
Sora.
“Riku!” Demyx non disse altro,
fiondandosi sul petto dell’amico, singhiozzando forte. Riku arrossì, preoccupato
per quelle lacrime che non aveva mai visto sgorgare tanto copiose dagli occhi
vivaci di Demyx; d’istinto gli cinse la schiena con un braccio, accarezzandogli
i capelli con la mano libera
“cosa ti è successo?” chiese
apprensivo
“ragazzi” li richiamò Sora,
indicando le nuvole grigie addensarsi sopra di loro “ forse è meglio se torniamo
a casa… parleremo con calma”
Riku annuì, stringendo un poco
Demyx, che subito prese a camminare a testa bassa, mordendosi le labbra per
reprimere i singhiozzi.
Non appena avvertì il tonfo della
porta che si chiudeva, Roxas si fiondò ad aprire quella della stanza, e quando
si ritrovò davanti un Demyx più che devastato, completamente abbandonato sulla
spalla di Riku, indietreggiò. Zexion si affrettò a prendere una coperta e la
pose sulle spalle del biondino, che si sedette sul letto, senza mai staccarsi da
Riku.
“adesso ci dici cosa è accaduto?”
Riku gli carezzò leggermente il mento, nel tentativo di
tranquillizzarlo
Demyx tirò su con il naso, incerto
sul parlare davanti a tutti. Fu Zexion a rompere quel
silenzio
“lo sappiamo tutti non ti
preoccupare!”
Demyx sbarrò gli occhi, rivolgendo
un’occhiata accusatoria a Riku
“mi dispiace… mi è scappato di
dirlo, e allora…”
Il biondo sospirò rumorosamente “ e
va bene… tanto ormai… vi racconterò ogni cosa”
Il racconto di Demyx fu lungo, il
ragazzo spiegò ogni cosa con cura, senza tralasciare la chiacchierata con
Larxene, quello che aveva sentito poco prima sul rapimento di Naminè e della
litigata con Axel; Roxas, quando ebbe finito di narrare, trasalì, sentendosi
svenire
“Na…Naminè è stata rapita??” quasi
urlò, tanto che il fratello fu costretto a tappargli la
bocca
“sono un verme… avrei dovuto
incalzare di più, dovevo convincere Axel… mi dispiace Roxy…” Demyx scuoteva la
testa, battendosi un pugno sulla fronte
“Demyx… Demyx!” Riku gli fermò la
mano bruscamente, per poi abbracciarlo con calore “avanti, non fartene una
colpa…”
“dobbiamo fare qualcosa!” Roxas
aveva morso una mano al fratello per riprendere la parola
“certo, come no! Adesso andiamo dai
signori spacciatori e facciamo gli eroi!” Sora non rinunciava a fare battute
nemmeno in momenti come quelli
“ma non possiamo lasciarla così!”
Roxas era sull’orlo di una crisi
“Roxas ha ragione!” Riku si scosse
nel vedere lo sguardo di Demyx: era cambiato, ora era determinato. “mi sono
tanto riempito la bocca dicendo ad Axel di lottare, e poi sono stato il primo a
mollare… Basta! Io ci torno, e non me ne vado finchè non accetterà di
aiutarci!”
“Demyx…” Riku sorrise, insieme a
Roxas che sembrava aver riacquistato una speranza “non ti lascio solo! Io vengo
con te! E sta volta non ammetto no!”
“vengo anche io!” Roxas si batté un
pugno sul petto, annuendo con forza
“e anche io!” Sora alzò il pollice
in segno di approvazione, e poi si voltò verso Zexion, che alzando le spalle
fece
“tanto non ho scelta! Ma certo che
ci sono anche io!”
Demyx sorrise, irradiato da una
nuova forza.
Senza farsi sentire dalla madre di
Sora e Roxas, i cinque uscirono di casa, diretti verso la casa di
Axel.
“ei Demy, ti ricordi quando
l’abbiamo pedinato per scoprire dove abitava?” ridacchiò Sora, per cercare di
spezzare la tensione
“certo, altrimenti come avrei
ritrovato casa sua!” quello sembrò quasi un ringraziamento, che Sora accettò con
un sorriso.
Erano ormai prossimi alla casa: la
sua luce era ancora l’unica ad illuminare il piccolo quartiere, il silenzio
dominava ancora padrone, tanto che il cigolio del cancello riecheggiò tetro in
tutta la zona. Demyx entrò di scatto in casa, la porta era ancora aperta, e
senza nemmeno guardarsi intorno gridò
“Axel sono
tornato!”
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Capitolo 9 *** Missione notturna! ***
La prima volta c'è per tutti
La prima volta c'è per tutti
Vedrete qui che Demyx coraggioso! Il mio
piccolo adorabile biondino con il cuore da leone!! Continuo a volere bene a chi
legge!
“Axel sono
tornato!”
A rispondergli fu solo il silenzio.
La luce era accesa, ma la casa era totalmente vuota. Axel non c’era. Demyx cercò
ovunque in camera sua, nella cucina, perfino nel garage, dove scoprì l’assenza
della moto.
“dannazione!” il biondo tirò un
calcio al divano “è uscito!”
“avanti calmati” intervenne Zexion
“non hai idea di dove possa essere andato?”
Demyx ci pensò un attimo, fissando
il tappeto. Poi alzò la testa “Larxene! Potrebbe essere da
lei!”
“si, e tu magari sai pure dove
abita!” fece del sarcasmo Sora, beccandosi un’atroce occhiata da parte di
Riku
Mentre tutti sembrava già
sprofondare nel buio più totale, Zexion aveva aperto un cassettino, ne aveva
estratto un agendina color mattone e aveva iniziato a leggere quello che sembrò
a tutti un indirizzo; e non un indirizzo qualunque, quello di
Larxene!
“Zeku!” esclamò Roxas “come facevi
a sapere che l’avresti trovato lì?”
“tutte le mamme che si rispettino
tengono un’agenda con i numeri nel cassetto sotto il telefono! La mia lo fa”
sorrise lui idiotamente, rimettendo l’agenda dove l’aveva
trovata
“bene, allora andiamo!” propose
Sora
“e come? Casa di Larxene non è
dietro l’angolo! E noi siamo a piedi!” sta volta fu Riku a subire le occhiatacce
di Sora
“prendiamo una macchina!” tagliò
corto Demyx, imboccando la porta. Gli altri lo seguirono confusi
“che vuoi dire con prendiamo una
macchina?” ma prima che Roxas potesse avere risposta, Demyx aveva già afferrato
una spranga dal bidone dei rifiuti e aveva sfondato il vetro di un’auto
parcheggiata lì vicino.
“ma che fai??” Riku sobbalzò al
gesto improvviso “sei scemo?”
“la prendiamo in prestito!” rise
Demyx, aprendo il cofano e facendo contatto con i fili per avviare il
motore
“e tu come fai a sapere come far
partire così una macchina?” continuò l’albino, portandosi le mani ai fianchi
come una domestica spazientita
“me lo ha insegnato Axel!” il
biondino si grattò la testa, esultando quando la macchina si accese “bene,
montate!”
“Demy, ma tu sai guidare?” chiese
Sora, guardandolo incerto e timoroso della risposta
“non esattamente! Axel mi ha
spiegato come si fa e una volta ha provato a farmi portare quella di sua madre…
penso di riuscirci..”
“allora
facevate anche cose costruttive eh?” Riku si morse la lingua dopo
quell’affermazione, ma Demyx sembrò non farci caso, o forse finse di non
sentire, e premendo forte sull’acceleratore sfrecciò via, in direzione della
casa di Larxene.
Dopo essersi persi sette volte,
aver quasi sradicato un palo e investito due pedoni, i cinque, ormai ladri di
auto, si ritrovarono davanti alla villetta della ragazza, giusto poco prima che
la macchina gli morisse sotto.
“ma che ha adesso?” sbraitò Demyx,
battendo sul volante
“è finita la benzina” gli fece
notare Zexion, indicando l’indicatore del carburante
“va be, intanto siamo arrivati!”
Roxas spalancò la portiera, fiondandosi fuori ed incitando gli altri a
seguirlo.
“dai suona Demy!” lo invitò
Sora
“ma perché devo farlo
io?”
“perché sei tu che la conosci tra
noi! Io non mi ci avvicino a quel cancello…”
Demyx si rassegnò e suonò il
campanello; gli rispose la voce di un domestico. Quando questi gli chiese chi
dovesse annunciare alla signorina, Demyx fece un sorrisetto sconfitto e rispose
“le dica che lo cerca il ragazzino!”
Pochi istanti dopo Larxene era in
giardino, gli occhi confusi e sbalorditi nel vedere Demyx davanti al suo
cancello
“ma che diavolo ci fai qui?” disse
con la sua solita grazia, mentre apriva il cancello si apriva automatico “
quando mi hanno detto che mi cercava un certo ragazzino non volevo crederci! Ma
si può sapere che vuoi?”
“dov’è Axel, Larxene?” chiese Demyx
frettoloso
“Axel? E io che ne so! È da oggi
che non lo sento!” poi vedendo gli occhi seri di Demyx si preoccupò “è successo
qualcosa?”
“si tratta di Naminè!” Roxas non si
trattenne
“Naminè? La figlia di quel
vecchio?”
“Larxene devi aiutarci a trovare
Axel! Dobbiamo salvarla, non possiamo abbandonarla al suo destino!” quello di
Demyx sembrava un ordine più che una richiesta “Axel non era a
casa…”
Demyx le parlò della discussione
che avevano avuto poco prima, e quando ebbe finito Larxene ebbe un piccolo
sussulto
“no, non può essere…” fece lei a
mezza bocca
“cosa Larxene? Sai dove potrebbe
essere?”
Larxene annuì, tremante “è andato
da loro…”
“loro?” fecero all’unisono i
cinque
“Axel ti ha cacciato per poter
andare da quei tipi senza di te Demyx!”
“ne sei sicura?” gli occhi di Demyx
si riempirono di nuovo di lacrime, il cuore iniziò a battergli forte al pensiero
di Axel nelle mani di quei tipi
“devi aver riaperto la ferita nel
suo cuore… è andato ad offrirgli uno scambio: potranno fare di lui quello che
vogliono a patto che lei sia lasciata stare. Accadde un’altra volta… fui così
stupida da lasciarmi prendere da certa gente e Axel fece la stessa identica cosa
per me… cacciò in malo modo perfino Marluxia… quella volta lo ridussero davvero
male, e per fortuna che Marly e Luxord riuscirono ad arrivare con i
rinforzi…”
“Larxene tu sai dove si trova il
loro covo??” Demyx pregò perché lei annuisse, le strinse forte la manica del
maglione sperando di non sentirsi dire di no, e quando lei annuì allargò un
sorriso speranzoso “bene! Dobbiamo andare a riprendere
entrambi!”
“ e come?” chiese Riku preoccupato
“hai un piano?”
“si…” Demyx fissò l’amico deciso,
poi guardò Larxene “possiamo entrare?”
“va bene,
tanto i miei non ci sono” e voltandosi fece cenno a tutti con la mano di
seguirla in casa.
Mentre fissava il sangue che avanti
a lui si era disposto a schizzi irregolari, Axel respirava con la bocca,
cercando di tamponarsi il rivolo che gli scendeva dal naso e che gli impediva di
respirare bene; Naminè sedeva vicino a lui, gli occhi impauriti e gonfi di
lacrime. Fissava Axel come fosse stato un qualche unico barlume di speranza a
cui attaccarsi, e anche se era tremendamente afflitta nel vederlo soffrire così
per lei, involontariamente sperava che non le avrebbero più messo le mani
addosso.
Fissandolo si rese conto di non
aver mai avuto a che fare con lui: lo conosceva, ma quello era normale, tutti
conoscevano Axel nella scuola; quello che era strano era il fatto che lui fosse
andato lì per salvarla, o cmq per sacrificarsi al posto suo. Strappò un lembo
del vestitino bianco, macchiato da chiazze di sangue, e si avvicinò a lui,
tamponandogli il naso alla meno peggio, dato che aveva le mani
legate.
“che stai facendo?” fece lui,
cercando di sembrare il solito strafottente di sempre
“ti ringrazio moltissimo per quello
che stai facendo per me…” Naminè era incerta sul chiedergli perché lo facesse,
ma non riusciva a rimanere nell’incertezza “perché lo
fai?”
“tu non hai idea del perché sei
qui, vero?”
Naminè negò con un cenno della
testa “mi hanno detto che devo pagare quello che mio padre gli ha fatto perdere…
ma cosa significa? Cosa c’entra mio padre con questi
tizi?”
Axel fece un sorrisetto “mpf… beata
la tua innocente ignoranza…” sospirò rumorosamente, per poi riprendere “tuo
padre c’è più dentro di quanto immagini. La tua famiglia stava declinando
economicamente, da quello che so, e lui ha cercato di risollevare le vostre
finanze entrando in un giro che non immaginava lontanamente essere così
pericoloso… Ma è stato fregato. Non ha consegnato tutta la droga, e quelli si
sono incazzati. Ecco perché sei qui”
“non è possibile…” gli occhioni
azzurri di Naminè traballavano, incapaci di trattenere oltre tutte le lacrime
che insistenti volevano scendergli; lei non le trattenne oltre, e mentre dei
rivoli argentei le rigavano le gote chiese ad Axel “e tu cosa
c’entri?”
“io gli ho consegnato la roba… è il
mio lavoro”
“e perché sei venuto
qui?”
“senti ragazzina ringrazia il cielo
che sono qui! Sei fortunata che ancora non ti si siano scopati uno dopo
l’altro!” le parole di Axel erano state dure, ma lui non conosceva altro modo
per metterla di fronte alla realtà. Non riusciva a raccontarle del suo passato,
non si sentiva di parlarle di Demyx e di nessun altra cosa. Chiuse gli occhi,
poggiando la testa al muro, e nella sua mente scorse le immagini della prima
volta che quel ragazzino era stato a casa sua, cercando di sentire ancora sulla
pelle il calore di Demyx; a Naminè sembrò strano, e Axel nemmeno se ne accorse,
ma in quel momento sorrise.
“venite, di qua”
Era immensa. La casa di Larxene era
immensa. Proprio come gli aveva raccontato lei, Demyx vide orde di camerieri
sfrecciare su e giù per i corridoi, chi con delle scope, chi con vassoi, chi con
della biancheria; sui mobili di antica fattura spiccavano molte foto di Larxene
da bambina, in posa per lo più, come una bambolina di porcellana. Demyx guardava
quelle foto e ripensava alla storia della ragazza, sentendosi un po’ vicino a
lei; poi, adagiato su una sedia, vide un giacchetto nero. Lo prese tra le mani,
quasi trascinato da un filo invisibile, e si immerse nel profumo che emanava:
non poteva sbagliarsi, era di Axel! Lo strinse, certo di sentire la consistenza
dei muscoli del rosso sotto le mani, e prima che potesse rendersi conto che
tutti lo stavano fissando, il suo mondo di sogni fu interrotto da
Larxene
“si, è di Axel quello…” sorrideva
leggermente, divertita, ma allo stesso tempo felice, per la
scena
“ti dispiace se lo prendo io?” gli
occhi di Demyx era tali e quali a quelli di un bambino che chiede una caramella;
Larxene fece spallucce
“io che me ne faccio tanto? Lo ha
lasciato qui qualche giorno fa”
Demyx sorrise, stringendosi forte
quel giacchetto al petto, e si sedette sul divano.
“bene, ora veniamo al piano” il
biondino tornò serio “ Larxene, quei tipi hanno rapito Naminè per ripagare
quello che suo padre non gli ha consegnato vero?”
Larxene annuì. Roxas scalpitava per
chiedere cosa significasse quel “ripagare”, ma il timore che la risposta che
avrebbe ricevuto sarebbe potuta essere la stessa che aveva in testa lo
bloccò.
Demyx proseguì “bene. Basterà
portargli quello che manca allora, no?”
“che intendi dire?” Riku e Larxene
si guardarono strano, per aver risposto contemporaneamente
“Larxene tu e i tuoi compagni
dovrete radunare tutti i vostri seguaci e irrompere nel loro covo. Nel frattempo
io li distrarrò portandogli una bella somma di denaro, dicendogli che mi manda
il padre di Naminè”
“ma sei pazzo??” Riku balzò in
piedi, spaventato dal piano “non mi piace per niente!”
“Riku ha ragione, è troppo
pericoloso” perfino Sora sembrava aver recuperato un senno mai
avuto
“Demy potrebbero farti molto male,
lo sai vero?” Zexion trovò appoggio nell’annuire di
Larxene
“lo stanno facendo anche ad Axel”
Demyx strinse forte il giacchetto che aveva tra le mani “ma lui non ha avuto
paura”
Gli occhi di Demyx erano decisi,
nulla gli avrebbe fatto cambiare idea; Riku lo guardava, quasi implorandolo di
tornare in sé, ma capendo che con o senza il loro aiuto lui sarebbe andato fino
in fondo, sospirò sconfitto e per l’ennesima volta asserì con un “allora vengo
con te”
“ma Riku!” Sora strabuzzò gli occhi
“siete ammattiti?”
“ne siete proprio sicuri?” Larxene
sapeva quale sarebbe stata la risposta, e gli bastò guardare gli occhi di Demyx
per averne conferma “bene. Allora prenderemo i soldi dalla cassaforte di mio
padre. Poi rintraccerò immediatamente gli altri”
“sei sicura di poter prendere quel
denaro?” Roxas avrebbe fatto tutto per salvare Naminè, ma non voleva che altri
ci andassero di mezzo
“mio padre ne ha così tanti che non
si accorge di nulla… e poi mia madre ne spende un casino per le sue compere,
quindi che problema c’è?” prima che qualcuno potesse dire qualche altra parola,
Larxene sparì dietro una porta, ricomparendo poco dopo con una valigetta piena
di munny; la lanciò a Demyx, e sorridendo in maniera di sfida gli fece
“dimostrami che non sei un ragazzino”
La porta si aprì.
Naminè si voltò impaurita verso gli
uomini che stavano entrando, e lanciò un grido di terrore quando uno di quelli
si avvicinò a lei deciso a prenderla per un braccio; Axel si fiondò tra loro,
dando una testata nello stomaco di quello che cercava di afferrare la ragazza
“ma che cazzo ti salta in testa,
eh?” gli fece un altro, prendendolo per i capelli
“i patti erano chiari” ringhiò
Axel, cercando di nascondere il dolore “lei la lasciate
stare!”
“già, ma abbiamo cambiato idea! Non
ci dispiace l’idea di farle girare un bel filmino! Con quel visetto da
angioletto sai che successo che avrà!”
“schifoso bastardo rispetta gli
accordi presi!”
Di risposta Axel non ebbe altro che
un pugno nello stomaco, talmente forte da farlo quasi
svenire
“tu non sei nella posizione di
comandare, mi sembra” il tipo che lo teneva per i capelli sembrava piuttosto
mingherlino, ma quello che lo stava riempiendo di pugni era massiccio e forte;
il sangue tornò a sgorgare a fiotti dalla bocca di Axel, che tossiva tra i
soffocati urli di dolore.
Naminè era paralizzata dalla paura,
le lacrime le scendevano come un fiume in piena; pregò che quello fosse soltanto
un incubo, un tremendo incubo e che tra poco si sarebbe svegliata, e lo avrebbe
dimenticato nel giro di qualche ora. Ma quando vide che nulla cessava di essere,
che quello era reale, strinse forte gli occhi urlando “basta vi prego!!”
“sentito?” fece il mingherlino
prendendo Axel per il mento “la principessina ha detto basta. Che facciamo Axel,
la accontentiamo? Adesso tu ti metti in un angoletto buono buono mentre noi
andiamo a girare qualche scenetta, ok?”
Axel gli sputò in
faccia
“sei davvero cocciuto brutto
stronzo!” il mingherlino fece cenno al colosso di riprendere da dove aveva
smesso; Axel stringeva i denti per non mettersi ad urlare come una scolaretta.
Per lo meno, sembrava si fossero dimenticati per un po’ di
Naminè.
Quando iniziò a sentire gli occhi
pesanti capì di essere arrivato al limite; forse sarebbe svenuto di lì a poco,
un altro pugno e non avrebbe retto.
Poi, come un miracolo dal cielo,
una voce richiamò l’attenzione del mingherlino e del colosso, che smise di
picchiare Axel; nella stanzetta entrò un altro tipo
“capo guarda chi ci è venuto a
trovare!” e fece cenno di portare dentro le loro prede; Axel sbarrò gli occhi
quando vide uno di quelli tenere Demyx per la collottola.
Il biondino non era ridotto proprio
bene, forse lo avevano aggredito: stringeva in mano una valigetta nera ed aveva
indosso il suo giacchetto. Se non si fossero trovati in quella situazione forse
Axel se lo sarebbe stretto forte, vederlo con il suo giacchetto gli piaceva
molto.
Il mingherlino lasciò andare Axel,
che cadde a terra sfinito e si mosse verso Demyx; il ragazzo, nel vedere il suo
Axel ridotto a quel modo sentì una gran rabbia crescergli dentro, ma
trattenendosi strinse forte il manico della valigetta, lottando contro se stesso
per non scaraventarla in faccia al tizio che gli stava
davanti.
“allora, si può sapere chi diavolo
siete?”
“ci manda il padre della ragazza”
esordì Demyx, indicando Naminè “ dice che questi possono risarcire la parte che
vi ha fatto perdere” e porse la valigetta al capo; quello la prese, e la aprì
inarcando le sopracciglia
“oh, capisco” fece ridendo piano,
poi sempre più forte “ e lui pensa che questo basti? Ah ah! Non imparerà mai la
lezione se bastassero quattro munny a salvargli il culo! E poi” avvicinandosi a
Demyx gli prese il mento avvicinandoglisi di parecchio “hai un bel visino
sai”
Axel strinse i denti e, se non
fosse che era stremato, sarebbe saltato addosso a quel tipo e lo avrebbe
riempito di pugni per aver sfiorato il viso di Demyx a quel
modo
“e con questo?” fece Demyx
tremante, la voce fioca. Riku bloccò il respiro, fissando Demyx
impaurito
“parecchi maniaci pagherebbero oro
per vederti… mm si credo che il vecchio ci abbia fatto proprio un bel regalino!
Anche il tuo compagno non è male davvero! Sarete la nostra miniera
d’oro!”
“non credo proprio!” Axel sbarrò
gli occhi alle parole di Demyx, che sembrava tranquillissimo ora; il mingherlino
lo guardò confuso, poi scoppiò a ridere
“ah davvero? E che faresti
eh?”
“spero ti piacciano le moto…” disse
solo questo Demyx, e mentre il tipo lo fissava ancora più confuso, un rombo
assordante fece tremare l’intero locale.
“ma che diavolo?”
Le moto iniziarono a scorrazzare
per tutto il locale, il rumore dei colpi sparati in aria spaccava le orecchie, e
in breve tutto l’ambiente fu pieno di fumi di scarico misti all’odore di polvere
da sparo.
Una moto nera con delle fiammate
fucsia si fermò davanti alla porta della stanzetta, e mentre ancora rombava
Larxene scese togliendosi il casco, dando una pacca a Marluxia che era rimasto
al posto di guida; la ragazza scosse la testa, e mostrando una radiolina fece
“no no… non si accetta mai una valigetta senza averla controllata
prima”
Il mingherlino aprì di scatto la
valigetta e lasciando cadere tutti i munny ne trasse un minuscolo microfono,
nascosto sotto le rifiniture di pelle, imprecando, mentre si vedeva puntata
addosso una pistola da Marluxia.
“adesso fa il bravo, ok?” gli fece
l’occhiolino il ragazzo dai capelli rosa, sorridendo come a prenderselo in
giro
Quando gli altri, alzando le mani
alla testa, liberarando Demyx dalla stretta, questo si catapultò su
Axel
“Axel!! Come stai?”
“dove hai… preso il … mio
giacchetto, ragazzino?” sollevato nel vedere che, non essendogli sparita l’aria
da strafottente, stava bene, Demyx lo abbracciò, sprofondando con il viso nella
sua maglietta.
Roxas entrò di corsa nella stanza e
si fiondò su Naminè
“Naminè stai bene?”
“Roxas!!” la ragazza si gettò tra
le braccia di Roxas, piangendo istericamente; il ragazzo la abbracciò e
carezzandole la schiena la rassicurò
“calmati… è tutto finito
ormai”
Ci volle un po’ perché tutte le
moto fossero uscite dal locale.
Uscendo stirandosi per la fatica,
Demyx respirò a pieni polmoni l’aria fresca, felice di essere finalmente fuori
da quell’inferno; si voltò e vide Axel che si accendeva una sigaretta, ancora
malconcio. Il rosso lo guardò e gli fece cenno di seguirlo poco distante dagli
altri.
Mentre si allontanavano Riku li
fissò un istante, e si scosse solo quando Sora gli mise una mano sulla
spalla
“non ci pensare
dai”
“ci proverò…” si sforzò di
sorridere, e sospirando si sedette con gli altri che ora ridevano, contemplando
la luce del nuovo giorno che nasceva.
“come stai?” Demyx parlò ancora
prima che Axel si fosse fermato, ma non ebbe risposta. Si avvicinò ancora a lui
e quando gli fu abbastanza vicino, Axel si voltò lentamente a guardarlo, con
degli occhi stanchi, ma cmq meravigliosi, e poi lo afferrò per un braccio,
stringendoselo forte al petto. Demyx socchiuse gli occhi, premendo forte verso
di lui; quando Axel parlò, al ragazzo parve che la sua voce
tremasse
“non voglio più vederti ridotto a
quel modo”
“guarda che stavi messo peggio te”
Demyx ironizzò sperando di far ridere almeno un po’ Axel, ma il rosso non mutò
di poco il suo tono di voce
“per questo ti chiedo di
dimenticarti di me”
“cosa?” Demyx si staccò di scatto
da lui, fissandolo negli occhi “ma che stai dicendo?”
“questa è la mia vita, Demyx. Non
voglio che tu ne faccia parte. Tu meriti molto di più, devi poterti svegliare la
mattina con l’unica preoccupazione di come riempire la tua giornata e non con la
paura di ritrovarti in un casino
come questo”
Demyx scosse la testa, ma
stranamente sorridendo “non ti devi preoccupare di questo Axel! Ricominceremo,
io e te, insieme! Ce ne andremo dalle nostre vite, prendiamoci una casa, solo io
e te, e chiudiamo con il passato!”
“non sarebbe male” il tono con cui
lo disse, però, non piacque a Demyx “ ma non posso.”
“ma perché
no?!”
“da una vita come la mia non si
esce dall’oggi al domani… sarebbero più le volte che ti metterei in pericolo che
altro. Mi dispiace Demyx. Dimenticati di me”
“no Axel, io non posso farlo,
io…”
“io farò lo
stesso”
“no…” Demyx continuava a scuotere
la testa, ma sta volta come un bambino cui viene negato il giocattolo “no…
no…”
“è inutile Demyx… ho preso la mia
decisione. Ti prego vattene e basta. Non voglio ferirti
oltre”
Axel lasciò la presa sulle sue
braccia e si voltò, dandogli le spalle; Demyx rimase a fissarlo, le lacrime agli
occhi… Come poteva aver deciso davvero così?
Si slacciò di fretta il giacchetto,
lo gettò a terra e prima di andarsene tutto ciò che riuscì a dire
fu
“fa come ti pare!!”
Quelle parole entrarono dirette nel
cuore di Axel.
Per la prima volta se le era
sentite dire, allo stesso modo con cui lui lo diceva tutte le volte; e realizzò
che faceva male. Sentirsi dire quelle parole faceva più male di un addio, di un
insulto, di una qualsiasi altra parola. Avrebbe voluto voltarsi per chiedergli
scusa, ma trattenne con tutto se stesso quel desiderio e, stringendo i pugni,
rimase dove era.
Lo so, è una fine capitolo devastante, eh? Eh, la vita
purtroppo non è tutta rose e fiori... Però vi rallegro dicendovi che nonè
finita! Certo, potrebbe sempre peggiorare... Be sta a voi scoprirlo!
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Capitolo 10 *** La lettera ***
La prima volta c'è per tutti
La prima volta c'è per tutti
Solo perchè è Natale, in via eccezionale, ho deciso di regalarvi
gli ultimi due capitoli!
Nel capitolo precedente avevo preannunciato che le cose sarebbero
peggiorate... rullo di tamburi... Era uno scherzo! Eh eh, come sono burlona! Non
vi preoccupate, è Natale, non ho messo finali bruti! Questo è il penultimo
capitolo!
La neve aveva finalmente ricoperto
le strade, e dal cancello della scuola scendevano delle piccole lingue di
ghiaccio cristallino.
Tutto sembrava tornato finalmente
alla normalità.
Riku se ne stava appoggiato al
cancello e rideva con Sora, mentre prendevano in giro Roxas che arrossiva alle
coccole di Naminè, Zexion era finalmente tornato alla lettura del suo tomo epico
ed il sorriso sembrava troneggiare sui volti di tutti. Chissà, forse era perché
tra due giorni sarebbe stata la vigilia di Natale.
“allora siamo d’accordo?” fece Riku
riprendendosi dalle risate
“si,va bene! La festa si fa da te!
Ah e dì a tua madre di preparare il riso soffiato al caramello!!” Sora si leccò
i baffi al solo pensiero del dolce
“si certo glielo dico…” mentre
parlava, Riku non si accorse di una palla di neve che gli si avvicinava a gran
velocità e lo colpì in piena faccia
“strike!!” rise Demyx,
avvicinandosi sorridente
“Demy! Ma che diavolo fai??”
sbraitò Riku, fermandosi poi ad indicare una bustina con una coccarda che aveva
in mano Demyx “e quella?”
“oh questo è un regalo di Clarisse,
una ragazza che va in classe di Naminè! Sono forte, eh?”
“ma non è giusto, perché hai sempre
più successo con le ragazze??” Sora piagnucolò stile bimbo viziato, mentre Riku
rideva; l’albino picchiò un piccolo colpetto sul petto di Demyx e
fece
“sarà il fascino dei tipi ambigui,
eh Demy?”
“senti chi parla!” rispose lui,
avvicinando il suo viso a quello di Riku, che arrossì visibilmente
“finiscitela! Ti va bene che sono
un tipo calmo io!”
“perché altrimenti?” Demyx si
ritirò, sobbalzando all’affermazione dell’amico
“altrimenti ti salterebbe addosso
davanti a tutti!” rise Sora, beccandosi le occhiatacce di
Riku
“certo che siete senza pudore eh?”
Zexion, come di suo solito, non alzò nemmeno lo sguardo dal libro, emettendo un
fioco risolino.
Ad un tratto, come di consueto, il
rombo delle moto annunciò l’arrivo di Axel e compagni. Demyx si voltò d’istinto
verso di lui, distogliendo subito lo sguardo e fissandolo su Larxene, che lo
saluto con un piccolo cenno del capo. Axel passò senza guardarlo, con la sua
solita aria strafottente, fermato poi da un gruppetto di ragazze che gli
porgevano i loro regali; Demyx rimase a guardarlo un secondo, poi prendendo Riku
a braccetto, insieme a Sora e Zexion si avviò nella
scuola.
Axel lo vide di sfuggita, ma fece
finta di nulla.
Aveva ripreso a nevicare, le
finestre erano ricoperte di ghiaccio e il fiato bianco che usciva dalla bocca di
Larxene si stagliava nel cielo, mentre, seduta sul davanzale della finestra
dell’aula di fisica, giocava come una bambina a fare delle strane forme con il
fiato.
“ti diverti?” lei si voltò di
scatto alla voce di Axel
“in realtà mi
annoio”
Lui si sedette su una sedia al
contrario, poggiando le braccia sullo schienale “perché lo hai salutato sta
mattina?”
“allora te ne sei accorto,
eh?”
Axel annuì
“gli hai detto di dimenticarsi di
te, mica di me” le parole di Larxene furono come una pugnalata per Axel, che ne
colse la sottile affilatezza
“fa come ti pare” ripete ancora una
volta lui, quasi come un automa
“già… fa come ti pare…” fece lei,
scendendo dal davanzale e parandosi davanti a lui; presogli il viso tra le mani
lo baciò sulle labbra, cogliendolo impreparato. E, come non era mai accaduto,
Axel se la staccò
“ma che fai?”
“lo sapevo…”
“cosa?”
Larxene sorrise “questa è la prima
volta che mi respingi, Axel” prese una sedia e la pose di fronte a lui;
sedendosi gli prese una mano e continuò “pensi a lui,
vero?”
“ma non dire
idiozie”
“allora che problema hai con me?
Dov’è l’Axel che non perdeva mai un’occasione?”
Axel fissò il pavimento “sarà
andato in vacanza…”
“Axel… tu sei a pezzi.” sospirò
leggermente “io mollo”
“molli cosa?” fece lui, spostando
lo sguardo su di lei
“mollo questa vita. Con te in
questo stato non c’è più né gusto né garanzia. Me ne torno a casa mia a fare la
bambolina di mia madre”
“non starai mica dicendo sul
serio?”
“forse sto mentendo… come fai
te.”
“non ti seguo
Larxene”
“se devo vivere accanto a uno che
mi riempie di bugie inizio a mentire anche io. Perché tu stai mentendo a me e a
te stesso Axel! Ti manca, di la verità!”
Axel rimase in silenzio, gettando
il viso tra le braccia conserte.
“Axel…” riprese lei “ti conosco
troppo bene per non accorgermene. Ti sei innamorato di lui
vero?”
Axel stette un attimo in silenzio,
poi proferì un soffocato “si…”
“e allora che ti ci vuole a mandare
a fanculo questa vita di merda e ricominciare con lui? Sappi che se lo farai io
sarò la prima ad appoggiarti, e lo faranno anche Marly e
Luxord!”
“si, e come faccio a riconquistare
la sua fiducia?? Io l’ho deluso, Larxene” lei giurò di non aver mai visto quello
sguardo disperato sul volto di Axel
“e che ci vuole” sorrise lei “lui
ancora ti vuole bene Axel, gli manchi moltissimo”
“e tu che ne
sai?”
“diciamo che ci siamo incontrati un
paio di volte…”
“Larxene…” Axel non riuscì a
trattenere un sorrisetto “e che dovrei fare?”
“facile” fece lei alzandosi in
piedi “quello che non hai mai fatto!”
“Riku aspetta!” Demyx corse dietro
all’amico, che era poco più avanti e stava chiudendo l’armadietto “facciamo un
pezzo di strada assieme?”
“va bene” annuì lui, attendendo che
avesse preso tutti i libri.
Quando Demyx aprì l’armadietto vide
svolazzare una lettera, che gli cadde tra le mani
“non ci posso credere, un’altra
lettera!” esclamò Riku, con una punta di irritazione
“sei geloso per caso?” rise Demyx,
pungolandolo con il gomito
“ma smettila!” Riku gli diede una
spinta “aprila, dai”
Demyx non se lo fece ripetere ed
aprì svelto la lettera, sicuro che avrebbe letto un’ennesima dichiarazione di
qualche ragazza; ma quello che vide lo lasciò senza fiato, tanto che si
paralizzò in un’espressione stupita
“che c’è?” fece Riku, sbattendo le
palpebre
“è…” Demyx parlò in apnea “è di
Axel”
“cosa???? Non ci credo, fa
vedere!!” e mentre Demyx era ancora in via di ripresa, Riku lesse ad alta voce
quello che c’era scritto
“mi
sento uno stupido per quello che sto facendo. Ma se ripenso a quello che ho
fatto capisco di esserlo stato fin dall’inizio.
Vorrei
incontrarti il giorno della vigilia, sotto l’albero della piazza principale, per
chiarire una volta per tutte con te e con me stesso.
Ti
aspetto
Axel
”
“ci andrai?” chiese Riku,
sventolando poi una mano davanti a Demyx che sembrava incantato “Demy mi
senti??”
“non è possibile, deve essere uno
scherzo…”
“be, per scoprirlo dovresti
andarci” Demyx fissò Riku stupito
“Riku…?”
“Demy, ormai è chiaro che io sono
innamorato di te… ma questo non vuol dire che sia tanto egoista da pensare che
tu debba essere solo mio… questi giorni, forse gli altri penseranno che sei
tornato alla tua normalità di sempre, ma io me ne sono accorto, sei a terra… ci
pensi sempre, vero?”
Demyx annuì, guardando il
pavimento
“e allora devi andare da lui! Io
voglio vedere solo il tuo sorriso Demy, lo stesso che avevi quella volta, nel
giardino di casa mia, mentre giocavamo a costruire quel pupazzo di
neve!”
“Riku…” Demyx sembrava un disco
incantato su quell’unica parola; sorrise in un modo dolcissimo, avvicinandosi a
Riku lentamente. Gli prese il viso tra le mani, e chinandosi di poco su di lui,
lo baciò.
Il ragazzo rimase stupito dal
gesto, ma si abituò subito all’idea e chiuse gli occhi, abbandonandosi a
quell’unico, vero bacio, che avesse mai dato a Demyx.
Non fu un bacio lungo, ma cmq
intenso. Quando Demyx si staccò, lentamente, dalle sue labbra, Riku rimase
qualche istante con gli occhi chiusi, come ad imprimersi nella mente quel
meraviglioso ricordo, e poi il riaprì, guardando dolcemente Demyx, che gli
sussurrò un leggero “grazie…”
Erano ancora così, quando Sora, che
stava uscendo allora con Roxas Naminè e Zexion, li indicò
starnazzando
“che state facendo voi due???”
I due sobbalzarono, voltandosi di
scatto verso il gruppetto che avanzava verso di loro; prima che Sora li
travolgesse, Demyx si scansò di scatto e corse via urlando
“mi sa che vado a casa da solo! Ci
vediamo!!”
“Demy!” lo fermò Riku “quando
avrete chiarito, vieni alla festa, ok?”
“ci sarò! Non mancherei per nulla
al mondo!” e sfoggiando uno dei suoi più meravigliosi sorrisi corse via,
salutando con la mano. Riku si appoggiò all’armadietto, fissando estasiato il
soffitto.
Sora gli saltò letteralmente
addosso, facendogli la saponetta sulla testa con il pugno, anche se Riku sembrò
non curarsene molto
“lascialo stare, non lo vedi che
sta sognando!?” rise Zexion, aprendo l’armadietto
“si può sapere che stavate facendo,
eh??” chiedeva curioso Sora, incantato anche lui come un disco
rotto
“mi ha baciato…” fece Riku, con un
sorrisino soddisfatto stampato sulle labbra, ancora umide
“come??!” fu il coro generale. Riku
non se ne curò, e scivolando a sedere per terra ripetè
solamente
“mi ha
baciato”
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Capitolo 11 *** La prima volta c'è per tutti! ***
La prima volta c'è per tutti
La prima volta c'è per tutti
Ed ecco a voi l'ultimo capitolo!! Spero non vi deluda!
Quanti gli
avevano offerto dei regali?
Quanti gli erano corsi dietro solo
per dire di aver parlato con lui ed esserne usciti vivi?
Quanti gli avevano lasciato lettere
nell’armadietto supplicandolo di incontrarsi in un posto
concordato?
Ragazzi… Ragazze… Una volta perfino
una professoressa.
Camminava per i corridoi e la gente
si scansava per farlo passare, entrava nella mensa e subito era libero di
scegliere a quale tavolo sedersi, alzava un dito e tutti erano pronti ad
eseguire ogni suo ordine.
Perché?
Per paura. Per rispetto. Per
semplice imitazione di chi diceva che con lui non si
scherzava.
Eppure… quanti amici aveva avuto?
Seguaci, tanti. Ma amici? Uno, forse. Quanti amori? Molti… ma quanti di essi
erano veri?
Lui non aveva mai dovuto cercare
nessuno, lui non aveva mai dovuto alzare un dito. Aveva placato solo la sete di
chi lo implorava, e si era divertito.
Ed ora eccolo lì, a sperare che lui
arrivasse, che avesse letto la lettera, che per la prima volta nella sua vita,
gli aveva lasciato nell’armadietto; aspettava sotto quell’albero addobbato da
mille luci auree, mentre la neve candida cadeva lenta sulla cenere della sua
sigaretta, che minacciava di cadere da un momento all’altro, aspettava
stringendo tra le mani il primo ed unico regalo che avesse mai fatto, serrava i
denti, reprimendo quelle che, a suo ricordo, erano le prime lacrime che
tentavano di scendergli.
Poi, come un pugnale fosse arrivato
dritto al suo petto, sentì quella voce dolce chiamarlo da
dietro
“Axel…”
Attese prima di voltarsi, tanto per
essere sicuro di non essersi illuso in un sogno, e solo dopo si voltò lentamente
verso di lui.
Era sera, le luci scintillavano
riflesse dai ghiaccioli pendenti dalle grondaie e la neve che leggera si posava
sulle spalle di Demyx sembrava danzare alla dolce melodia natalizia trasmessa al
centro; la gente correva, indaffarata nei regali dell’ultimo momento alla
vigilia,ma per loro due il mondo sembrava fermo.
Axel fissava Demyx, respirando
profondamente; si tolse la sigaretta di bocca, gettandola a terra e, accennando
un sorrisino, disse un fioco “sei venuto…”
Demyx annuì “ sono qui. Cosa volevi
dirmi?”
“mpf… cosa volevo dirti…” ripeté
Axel, incerto su come impostare quel discorso “credo tu lo
sappia”
“voglio sentirtelo dire” fece
deciso Demyx. Axel lo fissò un istante: come erano cambiate le cose. Quando si
erano incontrati, quella volta nel laboratorio, lui era così innocente, docile,
timoroso; ed ora era riuscito perfino a dargli ordini! Ma infondo, se era lui,
poteva anche stragli bene.
Il rosso si avvicinò a lui,
fermandoglisi poco distante, sospirò profondamente e cominciò quello che per lui
sembrava un discorso impossibile da pronunciare “ sono stato un idiota. Ma me ne
sono reso conto solo ora. In realtà ho sempre desiderato di uscire da questa
vita schifosa, ma la paura di un futuro che non conosco mi ha sempre bloccato.
Ho smesso di credere nella fortuna, nell’ottimismo, molto tempo fa, per me non
esisteva più niente di buono in cui credere. Tutto finché non ti ho ritrovato,
Demy”
Ritrovato… Ritrovato? L’aveva
finalmente ammesso! Ritrovato! Il cuore di Demyx rischiava di esplodere, ma
cercò di trattenerlo finché poté, per ascoltare fino infondo il discorso di
Axel
“tu mi hai fatto capire che
esisteva una speranza anche per uno come me… Non ho mai saputo cosa fosse
l’amore, perché nessuno me lo aveva mai fatto scoprire… nessuno tranne te…
Demyx, io non ho più paura del futuro, ci voglio provare, voglio chiudere
quest’ennesima porta del mio passato, ma non per seppellire tutto… per
ricominciare, con te.” E facendo spallucce alzando le braccia terminò sorridendo
con un “sembra che sta volta sia stato tu a tirarmi fuori dall’angolino del
letto, eh?”
Demyx non si trattenne più. Si
gettò tra le braccia di Axel, stringendosi forte al suo petto “Axel!! Non voglio
mai più perderti, mai più!!”
“stupido, piangi ancora? Allora non
ti ho insegnato proprio niente eh?” ridacchiò il rosso, accarezzandogli i
capelli. Demyx riemerse con il viso dal petto di Axel e, alzatosi un poco verso
di lui, lo baciò passionalmente, stringendosi a lui; Axel lo cinse con le sue
braccia muscolose, tenendolo a sé come una reliquia troppo preziosa. Si
baciarono a lungo, incuranti del frettoloso via vai di gente: potevano correre
tutti, per loro il tempo era fermo, il mondo era fermo, bloccato in quel bacio
intenso, carico di emozioni.
Quando si staccarono, rimanendo
abbracciati sotto l’albero, Demyx si accorse del pacchetto che premeva tra
loro
“e questo cos’è?” fece
curioso
“è per te” sorrise
Axel
“per me? Axel, ma tu non hai mai
fatto regali!”
“be, la prima volta, c’è per tutti,
no?”
Demyx allargò un radioso sorriso,
sentendo tirare la pelle delle gote fredde per via delle lacrime, e scartò
impaziente il suo regalo; quando lo aprì, sentì sotto le dita la pelle morbida
del giacchetto di Axel
“Axel! Ma è il tuo giacchetto
questo!”
“sta meglio a te” sorrise lui,
baciandolo a stampo, per poi infilargli il giacchetto nero dopo avergli tolto
quello che portava di già. Demyx si guardò e stile top model
rise
“si, hai
ragione!”
“adesso fai anche l’ironico
eh?”
“ma io non sto
scherzando!”
Axel prese una manciata di neve e
la tirò a Demyx “ma smettila!”
“ah vuoi la guerra,
eh?”
E mentre loro erano ancora intenti
a tirarsi la neve come due bambini il tempo sembrò tornare indietro, a quando
ancora entrambi erano due innocenti ragazzini, in un mondo perfetto che da soli
si erano creati.
“Riku ha suonato il campanello!”
starnazzava Sora da dieci minuti, mentre giocava alla play station con
Marluxia
“perché non vai ad aprire invece di
strillare, visto che io sono in cucina!”
“perché sei tu il padrone di
casa!”
“apro io dai” Larxene, come se si
trovasse a casa sua, andò ad aprire la porta, ritrovandosi davanti Axel e Demyx
mezzi bagnati per la neve “era ora, mancavate solo voi!”
“Larxene?” fecero in coro i
due
“ma che ci fate voi qui?” chiese
Axel entrando in casa e vedendo Marluxia che giocava con la play insieme a
Sora
“oh ciao capo! Riku è stato così
gentile da invitarci!” rise lui, salutando con la mano. Dalla cucina spuntò
Luxord, accompagnato da Riku
“oh siete arrivati!” fece Riku,
passandosi una mano sui capelli “sbaglio o l’ho già visto quel
giacchetto?”
“già! Il mio Axel è stato così
carino da regalarmelo!” Demyx si strusciò al braccio di Axel stile
gattino
“il mio Axel, ma sentitelo! Adesso
non fare le fusa Demy!” rise Sora, beccandosi un pugno in testa da
Axel.
Una risata generale, poi
divertimento a non finire: per tutta la sera si divertirono in mille modi,
mangiarono il riso soffiato preparato dalla madre di Riku, e si persero nel
ricordo della loro avventura di poco tempo prima, romanzandola anche un
po’.
“ragazzi, forse non sarà per
capodanno…” proruppe poi Demyx, alzando il bicchiere “ma vi giuro che la
prossima festa la faremo nella nostra nuova casa!” e strinse il braccio di
Axel
“perché andate a vivere insieme?”
Zexion diede voce alla domanda che tutti volevano porre
“si” rispose Axel, accarezzando la
testa di Demyx “insieme”.
FINE
Salve lettori! Finalmente questa
storia epocale è finita! Ci ho messo una vita a scriverla! Spero vi sia
piaciuta! Ringrazio tutti coloro che abbiano avuto la forza di arrivare fino
alla fine e vi mando un bacione!
Un ultima cosa: il riso soffiato al
caramello è un dolce che prepara sempre la madre di un mio amico, e ne siamo
letteralmente drogati! Be con questo penso sia tutto! Sao sao a tutti!!! E Buon
Natale!!
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