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di _diana87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La stupidità umana ***
Capitolo 2: *** Discorsi senza senso ***
Capitolo 3: *** Plot twist ***



Capitolo 1
*** La stupidità umana ***




“Ah, questi uomini! Uffa, queste donne!”
{Silvia Ziche}
 
 
Capitolo 1: La stupidità umana

 
 
“Non capisco cosa c’è da ridere in quel modo... Capitano Gates, richiami i suoi detective all’ordine, per-l’amor-del-cielo!”
L’omino rotondo con il papillon rosso, bretelle che uscivano dal completo a pinguino e gli occhialini sul naso, sembrava un personaggio uscito da qualche epoca lontana. Si tenne sull’attenti, scrutando gli agenti di polizia davanti a lui. Mai nella sua vita si era sentito così preso in giro!
Victoria Gates, dal canto suo, fulminò i detective con un solo sguardo, che valeva mille parole.
Javier e Kevin coprirono le bocche con un gesto furtivo della mano, impedendo così di ridere, mentre Rick lottava con il desiderio di fare battute. Le aveva sulla punta della lingua! La detective Kate Beckett, invece, la più seria e la più composta, si schiariva la gola, facendosi schioccare il collo con dei movimenti che provocavano più fastidio che goduria alla Gates, la quale la incenerì spalancando gli occhi e lanciando qualche strano potere misterioso dai bulbi oculari... o almeno era ciò che si immaginava Rick in quel momento. Le sue capacità di scrittore, con le mente sempre attiva, erano sorprendenti. Se avesse fatto funzionare il cervello come la sua creatività, allora sarebbe stato un perfetto supereroe alla Bruce Wayne.
“Ha ragione signor Magpoop, continui pure.”
Perfino il cognome di quell’omino faceva ridere.
Di nuovo, i miglior detective di New York si davano gomitate tra di loro trattenendo delle risatine.
Di nuovo, la Gates li fulminò coi suoi poteri oculari.
“Dicevo... in rappresentanza di una famiglia molto ricca come la mia...”
Lo scrittore non resistette un altro minuto di più, quindi cautamente si avvicinò all’orecchio dei due bro.
“Producono borse dalla cacca di mucca per caso?”
La battutina giunse automaticamente alle orecchie del capitano, tanto da far chiedere a Castle se avesse veramente dei superpoteri. Con un gesto repentino della testa, la donna si voltò verso di lui e lo fece star zitto semplicemente mettendosi un dito davanti le labbra. Erano alle elementari!
Magpoop continuava a parlare alzando il tono di voce decisamente stridulo simile al falsetto.
“...ci aspettavamo un simile raggiro! Insomma vendere le nostre produzioni a nomi falsi... che porcheria! Io e i miei soci ci siamo già attivati per trovare queste persone fraudolente.” L’omino mostrò alla Gates un taccuino di pelle che conteneva una sfilza di nomi e in alto c’era un titolo alquanto curioso.“Guardi qui, l’abbiamo chiamata Operazione Passera.”
Interrompiamo il corso della lettura perché qui è dovuta una spiegazione. Nel cervello dell’essere umano deve esserci per forza una ghiandola che appena sente nomi che ricordano vagamente gli organi genitali, provoca un formicolio alla massa celebrale, la quale comunica con gli altri organi, e fa sì che i muscoli si contraggano. Generalmente, questa reazione si verifica più nel genere umano maschile che in quello femminile.
Fu questo che più o meno accadde in quel momento. Javier e Kevin sentirono le labbra tremare, e le vibrazioni si ampliarono provocando una dilatazione delle labbra che fece uscire dalla bocca un suono distinto comunemente chiamato risata. I due arrivarono a contorcersi la pancia e buttarsi a terra; Rick buttò la testa all’indietro e si trattenne lo stomaco; e si sa che la risata è contagiosa, quindi essa colpì anche gli altri agenti del Dodicesimo, i quali, ignari, si guardarono un attimo in faccia e poi risero a crepapelle senza motivo.
Kate, ancora una volta, dimostrò professionalità e intelligenza – ma del resto, era una donna, e si sa che è di un genere superiore all’uomo – e prese il signor Magpoop in un angolo per condurlo insieme alla Gates nel suo ufficio.
 
“I miei agenti sono degli imbecilli, li perdoni.” Esordì il capitano del Dodicesimo, senza mezzi termini, appena chiuse la porta alle sue spalle.
“Sono maschi, non ci arrivano.” Aggiunse Beckett, sedendosi accanto al signor Magpoop, il quale la guardò accigliato, sentendosi immediatamente offeso. La detective sentì lo sguardo della Gates su di lei che la invitava a scusarsi seduta stante, onde evitare la ramanzina, Tu quoque, Beckett.
“Con questo non voglio insinuare che lei sia omosessuale... no, assolutamente! E comunque non ho niente contro i gay, anzi, io li ammiro moltissimo perché si battono veramente in ciò in cui credono...” aveva iniziato a parlare a raffica, esponendo cose senza senso. “Una volta al college sono stata con una ragazza, giusto per sperimentare...”
“Detective!” la voce ammonitrice della Gates la riportò all’ordine.
“Oh cazzo. Oh, mi scusi di nuovo.” Si coprì la bocca con vergogna, quando realizzò di aver detto una parolaccia davanti al suo capitano. Il signor Magpoop era sconvolto e si muoveva di continuo sulla sedia, cercando una posizione comoda. “Oh cazzo, ho detto ‘cazzo’. Non era un’offesa.”
La situazione stava diventando alquanto imbarazzante.
“Detective!” imprecò di nuovo, e seguì il suo gesto che la invitò a cucirsi la bocca. “Signor Magpoop, vuole esporci la sua...” esitò. Anche Victoria Gates, capitano del Dodicesimo distretto di New York, dovette ammettere che quel nomignolo per un’operazione sottocopertura era alquanto ambiguo. Sentì la gola andarle a fuoco e se la toccò con le mani.
Qualcosa nel cervello di Kate la fece attivare e pensare a far qualcosa di sensato. Lei era diversa dal suo fidanzato, a volte idiota, Richard Castle, e lo avrebbe dimostrato! Si alzò, andando a prendere una brocca d’acqua che versò in un bicchiere e glielo porse alla Gates.
Il capitano del Dodicesimo la guardò come se le avesse dato della sabbia come drink, appena la detective fece un sorriso a 32 denti super bianchissimi.
“Detective, che sta facendo?”
Kate fece per replicare qualcosa. Guardò incerta prima il signor Magpoop, che si stringeva nella sua giacca, offeso perché ancora non riusciva a parlare, e poi fissò la Gates, trattenendo il bicchiere in mano.
“Lei ha il mal di gola, e pensavo che le servisse dell’acqua...”
Il capitano si portò una mano sulla fronte e scosse la testa. Con l’altra mano, invitò di nuovo la detective a sedersi.
Qualcun altro si schiariva la voce. Era il signor Magpoop, spazientito. Afferrò lui il bicchiere e bevve tutto d’un sorso.
 


Angoletto dell’autrice (poco) sana di mente:
Non so come mi è venuta in mente questa mini fanfic.
Diciamo che un giorno stavo guardando un film dove il protagonista continuava a trovare doppi sensi ovunque, e quindi mi son detta: “E se anche Castle si trovasse nella sua stessa posizione?”
Per il signor Magpoop ho pensato all’omino Michelin.
Il resto dei personaggi di Castle, come avete potuto intuire e leggere, sono un po’ OOC perché è la storia che lo richiede.
Tuttavia, sappiamo benissimo che ciò che accade nel cervello umano, almeno in quello maschile che pensa a una sola cosa, è assolutamente vero.
Detto ciò, vi auguro una buona permanenza e lasciate ogni speranza, o voi che leggete.

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Capitolo 2
*** Discorsi senza senso ***




“Ah, questi uomini! Uffa, queste donne!”
{Silvia Ziche}
 
 
Capitolo 2: Discorsi senza senso

 
 
Kate Beckett era una donna affascinante e di questo ne era consapevole. Quando passeggiava tra il distretto, tutti si voltavano ad osservarla e qualche malizioso di troppo si azzardava anche a fare l’occhiolino. La cosa le faceva piacere, seppur impegnata con un certo scrittore.
Parlando di lui, quando Richard Castle passeggiava per il distretto, invece, attirava l’attenzione non solo delle donne, ma anche degli uomini. Kate si fermò di botto osservandolo.
In effetti era un gran pezzo di uomo e lei era soddisfatta ad averlo tutto per sé. Gli piaceva quel sorriso sghembo, quella camminata lenta per nulla altezzosa, adorava quando si passava una mano trai capelli, per non parlare del lato A e del lato B del suo corpo. Probabilmente le sue parti preferite. Quando Richard Castle camminava lo faceva sorridendo, e lei riusciva a cogliere le luci attorno a lui che riflettevano facendolo sembrare un principe azzurro con la sua armatura lucente...
Ok, stava esagerando.
Con il suo sguardo sognante stava per svelare al lettore più accanito i retroscena piccanti della loro relazione, una piccola novità che avevano aggiunto alle loro sedute notturne. Lo diciamo a voi, ma promettete di non farne parola con nessuno. A turno, i due si vestivano da supereroi che salvavano la donzella in pericolo. Colpa della maratona Marvel a cui erano diventati dipendenti. Colpa dell’ultimo film The Avengers in uscita nelle sale, a cui volevano andare preparati.
Ok, stava superando il limite.
Tra poco avrebbe iniziato a parlare da sola.
Non si rese conto che, sognando a occhi aperti sulle loro fantasie sessuali, era finita in bagno. Si voltò e dallo specchio vide Lanie uscire dalla porta. Aveva una faccia schifata e si sventolava la mano davanti il naso. Valutò frettolosamente le possibili vie di fuga, prima che l’amica la fermasse per una conversazione tra donne che lei odiava. Troppo tardi.
“Tesoro, che ci fai qui?”
La detective si guardò intorno un po’ imbarazzata e spalancò le braccia.
“Ehm, che domande... devo andare in bagno!”
“Attenta a non passare davanti la toilette degli uomini… si sente una puzza allucinante! Ti ho mai raccontato di quando Javi aveva quel virus intestinale?”
Ok, ora la cosa stava diventando imbarazzante.
E se ripeteva a mente ancora una volta ‘ok’, il suo cervello sarebbe esploso.
Chiuse gli occhi e sospirò cercando di far mente locale. La sua mano si fermò sulla porta appena aperta. Non aveva via di scampo.
“No... Lanie... non credo che tu me ne abbia parlato.”
L'amica dottoressa prese un gran respiro, come tentasse di prepararsi a mettere il turbo. Quindi si mise davanti a Kate, bloccandole l'uscita. La detective, come reazione spontanea, sentì il suo viso allungarsi sotto forma di "Urlo" di Munch, capendo che era in trappola come un topolino.
Lanie posò poi entrambe le mani avanti e iniziò a gesticolare. I suoi occhi brillavano. Chissà che storia dovette aspettarsi Kate.
“E’ iniziato tutto il mese scorso. Dopo l’indiano, abbiamo voluto provare il messicano. Ovviamente sempre roba piccante. Quindi abbiamo deciso di spargerci il cibo per tutto il corpo... se sai ciò che intendo... anche nelle parti più nascoste. Javi è andato proprio in quella parte e non solo si è bruciato la lingua, ma gli è anche venuta indigestione. Conclusione: due settimane di virus intestinale! Ci crederesti mai?”
Kate cercava di mettere insieme i pezzi.
Lei e Castle avrebbero dovuto evitare 'cene piccanti' di quel genere.
Si schiarì la voce vedendo un barlume di speranza davanti a sé.
C'era proprio Castle che si voltava a 360 gradi cercando di capire dove era finita la sua musa. Il che era parecchio divertente dato che lo scrittore divenne una specie di trottola che girava.
Davanti quello strano fenomeno, Kate disse, “Wow... è impressionante...”
“E’ quello che ho detto!" rispose Lanie, spalancando le braccia e finendo per colpire un agente in divisa che stava passando davanti la toilette delle donne per andare in quella degli uomini. Il poveretto venne colpito al volto e cadde a terra con il sedere.
L'impatto fece voltare Castle, che finalmente si accorse della sua fidanzata e trionfante, si decise a fare un passo per raggiungerla. L’espressione disperata di Kate lo fece preoccupare.
“Si può passare l’intero giorno in bagno per colpa del cibo messicano?” la voce stridula di Lanie rimbombò così tanto che lo stesso agente di prima, che era caduto per terra, nel rialzarsi, cadde di nuovo emettendo un gemito di dolore. Quel tono alto della dottoressa gli era entrato in un timpano. Simpatici gli altri agenti che non si degnavano di aiutare il loro collega.
“Yo, Castle, dove vai?” Esposito lo bloccò e quando Rick si girò, vide lui e Ryan, entrambi con le mani incrociate al petto che lo guardavano con aria minacciosa.
Lo scrittore impallidì e deglutì. “Cercavo Beckett... pensavo fosse dietro di me, invece è sulla porta del bagno con Lanie.” Disse, indicando le due donne. Kate, ancora più disperata, tentava di mandare segnali al suo scrittore, nella speranza che lui la salvasse dai pettegolezzi di Lanie, ma inevitabilmente finiva strattonata dalla dottoressa, che richiedeva la sua attenzione.
Rick alzò un dito e fece per dir qualcosa, ma Kevin scosse la testa e rilassò il viso.
“Lascia stare, amico. Non andare da loro. È una trappola.”
“Sì, quando meno te lo aspetti ti intrappolano nella loro rete di conversazione tra donne.” Concordò Javier, poi fece una pausa e guardò prima uno, poi l’altro, e come nei migliori film dell’orrore, si voltò verso un’immaginaria telecamera rivolta allo spettatore, e pronunciò la frase che preannunciava morte sicura. “E non ne esci più.”
Una strana musichetta inquietante echeggiò per il distretto. Era solamente il cellulare dello sfortunato agente in divisa che, dopo esser scivolato per terra e aver rischiato la rottura di un timpano, ora ricevette la chiamata da sua moglie per assicurarsi che stava bene.
Castle ignorò la scena, sebbene un brivido lo percorse e si sentì circondato da una strana presenza. Proprio come nei film dell’orrore, tutto combaciava.
“Avete ragione. Una volta avevo deciso di ascoltare la giornata di mia figlia, e senza che me ne accorgessi, abbiamo finito per guardare Frozen. Il giorno dopo non facevo altro che cantare Let It Go.”
Esposito annuì. “Ti capisco, Castle.”
“Però gran bella canzone.” Concordò Ryan.
“E gran bel film.”
Javier si ritrovò a scacciar via una lacrima che gli era scesa sulla guancia.
“Piango sempre quando Elsa pensa a sua sorella lontana e fa di tutto per ritrovarla.”
L’amico Kevin gli mise una mano sulla spalla, confortandolo. L’umore dei tre uomini sprofondò a terra e dal film dell’orrore, si ritrovarono nel bel mezzo di un melodramma.
Rick tirò su il naso, trattenendo le sue lacrime e quasi vergognandosi, si strinse nelle spalle e guardò a terra, per evitare i suoi amici. Era giunto il momento della sua confessione più grande.
“Io non ho mai pianto così tanto da quando è morto Mufasa ne Il Re Leone.”
Rialzò lentamente lo sguardo quando vide che né Javi e né Kevin lo stavano prendendo in giro. Anzi, avevano gli occhi lucidi pensando a quella tragica scena in cui, a causa di un inganno, il leone si era gettato tra una mandria di gnu, perché suo figlio Simba era stato messo in pericolo dal cattivo zio Scar.
Kevin si guardò i piedi e si strofinò il naso. Usciva del muco giallo e quasi se ne disgustò. “Triste storia quella.”
“Vero.” Fecero eco gli altri due.
“Vi vedo impegnati a lavorare, detective.”
Altro fattore interessante della mente umana, è l’elemento sorpresa. Se l’uomo si ritrova in gruppo a discutere di qualcosa di estremamente importante, come la morte di un personaggio fittizio con cui è cresciuto, o la caducità della vita umana, e viene interrotto da un evento mostruoso, come l’urlo del suo superiore, o di una donna in piena crisi ormonale, è fondamentale che egli non si ritrovi solo a rispondere. L’uomo solitario non riesce a cavarsela in situazioni di pericolo, la donna, invece, ne è capace. In che modo? Beh, è una donna. Deve esserci un motivo se Dio l’ha creata dopo l’esperimento fallito sul genere maschile.
Rick, Javier e Kevin risposero con un urlo prettamente signorile allo spavento della voce imponente di Victoria Gates. I tre si voltarono con le mani sul viso, spaventati a morte. Il capitano del Dodicesimo li guardava torvi con le mani sui fianchi e l’espressione corrucciata. Dietro di lei, c’erano Kate e Lanie, tornate alla normalità. Rick si voltò più volte verso il bagno e poi nella loro direzione, chiedendosi come avessero fatto a sbucare lì senza che loro se ne accorgessero. Lei sgranò gli occhi più in senso di rimprovero che altro. La Gates inclinò la testa da un lato e guardò lo scrittore.
Lo ripetiamo di nuovo, perché è giusto ai fini della storia. Quando una donna guarda un uomo con quel fare minaccioso e di solito si nota una nuvoletta nera sulla sua testa, non si tratta della vostra immaginazione. Vuol dire che lei è incazzata.
“Signor Castle!”
“Che ho fatto?” chiese ingenuamente.
Il capitano roteò gli occhi e alla sua sinistra comparve il signor Magpoop, ancora più rotondo dall’ultima volta che lo avevano visto. Ed erano passate tre ore. Era interessante da osservare e spalancò gli occhi. Che fosse un alieno?
“Il mio caso non vi interessa più? Ho interpellato la miglior squadra di New York e vi ritrovo a parlare di cose che neanche conosco!”
“La morte di Mufasa, signor Magpoop, rappresenta uno dei maggiori traumi infantili e adolescenziali.” Intervenne Javier sentenziando. Quando si accorse del silenzio tombale caduto intorno a lui, si ritirò, tornando al suo posto. “Scusi.”
“In realtà abbiamo fatto una breve ricerca al server, signor Magpoop,” Kevin salvò la situazione e il culo dell’amico, portandosi avanti col suo portatile che teneva abbracciato. Fece un sussulto quando notò che l’omino rotondo non solo era più simile ad un pallone, ma adesso sembrava leggermente più basso. Forse dovette dar retta a una delle teorie strampalate di Castle?
Cercò di non farci caso e schiarì la gola. “Abbiamo scoperto come i ladri si sono intrufolati nel suo sistema. Hanno usato un Cavallo di Troia.”
Ecco di nuovo quel fastidioso input nel cervello umano maschile che genera quella risatina nel sentire parole sconce oppure organi genitali.
Il signor Magpoop, goffo nella sua taglia, si fece avanti camminando come un pinguino. Spalancò le braccia e si prese qualche momento per analizzare la situazione.
“Un momento: come fa un cavallo ad entrare nel computer? Non capisco.”
“Il Cavallo di Troia è un virus.” Spiegò Kevin, coprendo le risate convulse di Rick e Javier, i quali erano diventati rossi.
Kate inclinò la testa e vide lo spettacolo del suo fidanzato colorarsi come un peperone, mentre si tratteneva dal ridere.
“E non è un virus intestinale. Quello è anche peggio.” Aggiunse Lanie, che non colse all’inizio lo sguardo fulminante di Javier nella sua direzione. La dottoressa ci arrivò dopo appena fece schioccare le dita e con un gesto della testa portò i capelli all’indietro. Il suo fidanzato portoricano scosse la testa ripensando a quel maledetto virus intestinale che aveva mandato a puttane la loro serata hot. Come se fosse stata sua l’idea di ordinare messicano. Ma a Lanie non si poteva contraddire neanche con lo sguardo, perché lei era capace, con quelle semplici mosse da afroamericana incazzata, di dimostrare che era la donna a comandare in una relazione. In seguito, quindi, a quel gesto, Javier deglutì e stette zitto.
Almeno finché il signor Magpoop non sputò la sua sentenza, ancora pensieroso nel cercare di capire il significato di Cavallo di Troia.
“Beh di troie ne vedo a bizzeffe. Qualche mio collega le porta anche al circolo, ma continuo a non capire il collegamento tra il cavallo, la troia e l’Operazione Passera.”
Fu più o meno in quel momento, quando lo scambio di informazioni divenne virale, che il Dodicesimo non potette più resistere. Parliamo della parte maschile degli agenti di polizia. Sentire quelle parole una dietro l’altra, scatenarono una reazione a catena. Rick scoppiò.
Non andò a fuoco, né esplose, semplicemente si piegò sulle gambe, reggendosi la pancia, e il viso gli si contorse in strane espressioni. Dovette reggersi su una sedia, che non resse il colpo e si portò dietro lo scrittore, il quale cadde a terra supino, continuando a ridere di gusto. Seguirono, a ruota,  Javier e Kevin che neanche ci pensarono due volte a poggiarsi da qualche parte, ma piuttosto imitarono l’amico e si gettarono a terra vicino a loro. Infine, gli altri agenti di polizia fecero lo stesso.
Fu più o meno in quel momento che Kate Beckett vide il peggio. La Gates stava andando a fuoco. Più nera di così non poteva diventare. Lanie lanciò sguardi preoccupata all’amica detective mentre le fece segno verso il signor Magpoop. L’omino rotondo era più che una balla da biliardo. Era un pallone da calcio. Perfino le braccia e le gambe si erano ammorbidite, andando ad assumere le forme rotonde, per non parlare del viso. Le due notarono del fumo uscire dalle sue orecchie.
“Ditemi che è solo un brutto sogno.” Boccheggiò la detective.
Rialzandosi da terra, Kevin tossì più volte, allentando il colletto della cravatta.
Javier lo guardò torvo e gli diede un colpo alle scapole, convinto che stesse per avere un attacco.
Kevin tossì di nuovo e si toccò la gola. Aveva qualcosa che gli impediva di respirare. La scena divenne surreale.
Intervenne Rick che lo afferrò da dietro, abbracciandolo all’altezza del torace e spinse in dentro, cercando di aiutare l’amico a sputar fuori ciò che era rimasto incastrato in gola. In effetti, qualcosa c’era. L’irlandese sputò una gran quantità di saliva insieme a un pezzetto del pollo della sera precedente, rimasto chissà per quale ragione, ancora nella gola.
La Gates, Kate e Lanie osservarono la scena a rallentatore mentre videro quel gran schifo fare un salto ad arco e finire sul panciotto del signor Magpoop. Fortunatamente, l’omino sempre più rotondo, non si accorse di nulla, poiché data la sua grande pancia, non riusciva a vedere oltre il naso.
Quando Kevin si riprese, ringraziò prima Javier poi Rick, e si sistemò per bene. Cercò di non guardare la sua saliva e il pezzo di pollo sul panciotto dell’omino.
“Ehm, no, signor Magpoop... un Cavallo di Troia è un potente virus che s’intrufola nei sistemi operativi sottoforma di programmi innocui, e tramite essi può estorcere e catturare informazioni essenziali, quali dati sensibili.”
“Conosce il Cavallo di Troia che usarono i greci per espugnare i Troiani?” domandò Castle, colto da una folgorante voglia di far bella figura. Con due dita, mimò il famoso cavallino di legno. “Ecco, la storia è quella.”
Kate si colpì la fronte talmente forte da farsi male da sola.
La Gates spalancò la bocca e lasciò cadere volontariamente a terra i suoi occhialini.
“Voglio andare in pensione.”
“Ok, quindi possiamo attivare l’Operazione Passera e smascherare i delinquenti, così la mia società sarà salva!” esclamò il signor Magpoop, tutto contento. Posò entrambe le mani sulla pancia, e neanche si accorse di essersi sporcato con la saliva di Kevin.
Il riso di quell’omino provocò un certo imbarazzo.
Il signor Magpoop era già strano di suo. Da rotondo che era, si era come trasformato in una sorta di pallone sempre più circolare e nessuno sapeva spiegarsi il perché.
Rick inclinò la testa per osservarlo come un bambino incuriosito. Subito, gli ricordò una scena di Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, quando il maghetto aveva trasformato sua zia Marge in una mongolfiera, e la donna era volata via dalla finestra.
L’omino continuò a ridere di gusto, tenendosi la pancia.
Terrificata, Kate temette il peggio. Pensò che potesse esplodere da un momento all’altro. Per una volta dovette dar ragione alle teorie di Castle. Incrociò il suo sguardo, sapendo che entrambi stavano pensando la stessa cosa.
Il signor Magpoop era un alieno, oppure era lo zio di Harry Potter.
Con il pugno di ferro, Victoria Gates decise di prendere in mano la situazione.
Pian pianino allungò la mano per posarla sulla spalla dell’omino.
Rick, Javier, Kevin, Lanie e Kate spalancarono gli occhi, catapultandosi di nuovo in un film dell’orrore. L’irlandese e il portoricano si coprirono la bocca con entrambe le mani. Castle tentò un gesto disperato, allungando il braccio verso il capitano, con Beckett che lo guardava in stato di apprensione, e gli faceva segno di diniego con la testa. Lanie stette lì per un po’, poi iniziò a sbadigliare.
La scena a rallentatore stava durando troppo per i suoi gusti.
Quando la mano della Gates raggiunse la spalla del signor Magpoop, nessuno crebbe a ciò che accadde in quel nano secondo.
O meglio, nessuno lo predisse.
Castle quasi si mangiò le mani perché non aveva ripreso tutto e portato il video all’FBI o ai presunti Mulder e Scully.
L’omino rotondo, ormai irriconoscibile per quanto si era gonfiato, esplose proprio come un grosso pallone.
Fu un rumore sordo, simile ai petardi nella notte di Capodanno.
POOF!
Il signor Magpoop scomparve sotto i loro occhi. Di lui non rimasero neanche i resti. Non si era sgonfiato, era esploso.
Questo cercavano di ripetersi gli agenti della squadra di Beckett, mentre Lanie si faceva i selfie distesa sulle scrivanie del Dodicesimo.
Rick fece dei gesti meccanici, indicando prima la sua posizione, poi voltandosi verso il punto esatto dove era il signor Magpoop.
Javier e Kevin scuotevano le teste, increduli.
Nessuno, comunque, spiccicava parola sull’accaduto.
 


Angoletto dell’autrice (poco) sana di mente:
Anche io mi sono ritrovata nella stessa situazione di Beckett, e fare discorsi intimi in un bagno è assolutamente imbarazzante.
E alzi la mano chi non abbia cantato ‘Let It Go’ per almeno una settimana dopo aver visto ‘Frozen’ o pianto per la morte di Mufasa.
Per quanto riguarda il signor Magpoop, credete che dovremo dar ragione alle teorie di Castle?
Lo scopriremo nel prossimo (e ultimo) capitolo!
Grazie per essere arrivate fin qui.
D.

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Capitolo 3
*** Plot twist ***




“Ah, questi uomini! Uffa, queste donne!”
{Silvia Ziche}
 
 
Capitolo 3: Plot twist

 
 
Solo qualche giorno dopo, quando tutti si ripresero dallo shock, Kevin Ryan riunì la squadra nell’ufficio della Gates portando il suo computer portatile. Quando aprì un programma, uscirono diversi nomi di coloro che avevano messo in commercio borse false dell’industria Magpoop. In cima alla lista, il nome suonava chiaro a tutti.
Operazione Passero.
La Gates, dall’alto della sua intelligenza sovraumana, ridacchiò e si sedette per bene al suo posto. Accavallò le gambe quasi alla Sharon Stone di Basic Instict e disse trionfante, “Ecco perché non trovavamo l’Operazione da nessuna parte. Il signor Magpoop aveva confuso la O con la A!”
Tutti la guardarono confusi, ma per evitare di sembrare dei completi idioti, fecero segno di “sì” con la testa e batterono nello stesso momento, dei piatti orchestrali che tenevano nelle mani. Da dove uscivano, nessuno lo sapeva. Ma d’altra parte, c’è qualcosa di sensato in questa storia?
Un gesto contemporaneo, come tante scimmiette ammaestrate.
In realtà, quando uscirono dall’ufficio del capitano, nessuno ci aveva capito un cazzo.
Si toccarono tutti la testa.
Javier scoprì di avere una gran forfora e si chiese se lo shampoo che le aveva comprato Lanie fosse di marca buona, Kevin, invece, si ritrovò con il gel tra le mani e giunse alla conclusione di averne messo troppo; Kate vide il suo primo capello bianco e per poco non svenne; Rick, infine, si limitò a sistemare il ciuffo davanti allo specchietto che aveva ‘rubato’ dalla borsa della sua fidanzata. E infatti, quando la detective notò il suo oggetto di bellezza, posò le mani sui fianchi e inarcò un sopracciglio schiarendosi la gola. Senza dir altro, Kate Beckett sapeva come rimettere in riga il suo scrittore, che posò immediatamente lo specchietto sulla scrivania.
Anche lei, come Lanie, aveva il comando in una relazione di coppia. Del resto, la sua posizione preferita era stare sempre al di sopra di lui. In tutti i sensi.
Castle si schiarì la voce talmente forte che dovette prendersi una mentina.
“Una cosa non mi è chiara: ma il signor Magpoop era reale o era un alieno?”
Gli altri rimasero a guardare con un grosso punto interrogativo sulle loro fronti.
Erano ancora più confusi di prima.
Tra le varie Operazioni Passera e i Cavalli di Troia, non avevano ben compreso il senso di tutta l’indagine – che non aveva portato a niente fondamentalmente.
Rick prese a tamburellarsi il mento con il dito indice, cercando di tirar fuori una delle sue teorie sull’assurdo, ma a parte ipotizzare lo zampino di Harry Potter che fece gonfiare e poi esplodere il signor Magpoop, riuscì solo ad esporre la più classica delle ipotesi.
“La verità ragazzi è che...” iniziò, alzando il dito.
Lo guardarono con suspense, aspettandosi una massima o la manna dal cielo. Kevin alzò lo sguardo ma vide solo un grosso moscone ronzargli intorno. Nel tentativo di toglierselo con le mani, finì per dare un sonoro schiaffo a Javier.
Kate osservò la scena e si diede l’ennesima mano sulla fronte, facendosi male nello stesso punto di prima.
Rick era ancora lì. Il moscone per poco non gli entrò in bocca. La frase fu lasciata in sospeso per altri secondi. Stava per concludere e le sue labbra furono sul punto di formulare l’intera frase, ma Kate lo anticipò, abbassando la testa.
“Non siamo soli in questo mondo.” Disse con fare teatrale.
Quando si accorse che gli uomini non risposero fu allora che li notò.
Rick, Kevin e Javier si erano già incamminati facendo passi all’indietro verso l’uscita del Dodicesimo.
Scosse la testa e trattenne una risata.
Ah, questi uomini!
È bene ricordare al lettore che, come già detto in precedenza, le donne in questa storia sono delle dure e anche se non posseggono dei superpoteri – ad eccezione di Victoria Gates e del suo sguardo in grado di fulminarvi a distanza di chilometri – sanno sempre come dimostrarsi più forti del genere maschile.
Mentre scriviamo questo, la nostra Kate Beckett è già tornata al lavoro, dimenticandosi completamente del caso del signor Magpoop, forse perché, per questa volta, dobbiamo credere alle teorie di Richard Castle. Come era esploso, l’omino rotondo aveva fatto perdere tracce di sé, così che i detective non si ricordino di lui.
“Kate, tesoro! C’è una persona che vuole parlare con te...”
Lanie accorse con il fiatone. Quando la detective sollevò lo sguardo, vide un signore distinto, di bell’aspetto e alto, dietro di lei. Lui le tese la mano.
“Salve, detective Beckett, sono il signor Magpoup. Credo che sappiate già tutto dell’Operazione Passero.” La sua voce era possente, per niente uguale a quella dell’omino rotondo.
Un momento.
Aveva detto Magpoop o Magpoup?!
Kate indietreggiò, tirò in dentro le labbra e spalancò gli occhi. Era forse diventata pazza?
Uffa, queste donne!
Si ricompose, pensando al lettore di questa storia. Non doveva smentire i pronostici. Le donne sono cazzute e intelligenti, non si fanno ingannare dal primo ostacolo che incontrano. Forse aveva capito male quello che questo bell’uomo le stava dicendo. Si infilò un dito dentro un orecchio, andando a grattare per bene per assicurarsi di avere un udito perfetto. Quando ebbe terminato l’esplorazione, con molta nonchalance, si ricompose.
“Passero? Non Passera?”
“Detective Beckett, forse c’è stato un errore di spelling... si chiama Operazione Passero e il mio nome è Charlie Magpoup, non Magpoop.”
Di nuovo, la detective tornò a spulciarsi l’orecchio con il dito. L’esplorazione andò a buon fine e le costò solo qualche secondo.
Rimpicciolì gli occhi cercando di mettere a fuoco ciò che aveva visto e sentito. Forse stava invecchiando e non aveva udito per bene. Il capello bianco che aveva notato era un segnale allarmante. Scosse la testa, segno che non ci stava capendo letteralmente un cazzo.
“Mi scusi?”
Lanie si schiarì la voce talmente forte che tossì, stupendosi della quantità di catarro che riusciva a produrre. L’affascinante signor Magpoup fece una smorfia di disgusto.
Rimasta senza voce, si toccò la gola ed emise un suono.
“E’ il signor Magpoup... quello vero...”
Dall’alto della sua intelligenza, Kate alzò un dito in direzione di Magpoup.
“Aspetti un secondo...” afferrò il cellulare e compose il numero del suo fidanzato. Si voltò guardando quella lavagna bianca dove una volta era in grado di risolvere gli omicidi più ingarbugliati. Invece, ora avrebbe anche potuto dire addio alla sua carriera per un banalissimo errore di spelling che le era costato uno scambio di persona.
Quando sentì la voce stridula di Rick dall’altra parte del cellulare, capì che, al contrario lui non aveva nulla da perdere. Iniziò a tamburellare col dito sotto il gomito.
“Castle, vieni subito qui al distretto!..” iniziò a denti stretti, facendo una pausa. “Non mi interessa se c’è Kim Kardashian mezza nuda per strada!”
Interrompiamo la conversazione telefonica per spiegare al lettore un altro mistero del cervello umano. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo. Quando un uomo sente pronunciare i nomi di organi riproduttivi o anche solo la parola ‘nuda’ al femminile, i suoi neuroni (e qualcos’altro) si attivano. Non si spiega perché, diciamo che ha semplicemente questo istinto a seguire il suo sesto senso (chiamiamolo così).
Tornando al Dodicesimo, alle parole “Kim Kardashian mezza nuda”, tutti gli uomini del distretto si erano voltati verso la detective. Qualcuno googlò il nome dell’artista, non si sapeva mai. Meglio non confonderla con qualcun’altra.
Lanie e Magpoup si guardarono a vicenda. La dottoressa fece spallucce, lui, serissimo, si toccò la cravatta. Evidentemente, anche lui era sensibile al fascino di questa Kim Kardashian.
“È una questione U-R-G-E-N-T-E!.. no, tesoro, non mi piace la lingerie che indossa quella... ha mai portato un paio di mutande in vita sua?” di nuovo fece una pausa, e quando il suo fidanzato non seppe risponderle, alzò la voce, spalancando le braccia. “Castle, non le starai mica chiedendo se indossa la biancheria?!”
“La scusi, signor Magpoup,” intervenne la Gates, e dal suo volto sconsolato, Lanie pensò al peggio. Guardò la sua miglior detective mentre parlava di lingerie al telefono e scosse la testa. “Di solito è una persona seria, ma da quando ha sposato Richard Castle, a volte dubito della sua sanità mentale.”
Richard Castle comparve al distretto più veloce di Flash. I capelli erano in perfetto ordine e Kate giurò di vederlo scintillare come un cavaliere. Il suo cavaliere dall’armatura dorata. Mhm. Arricciò le labbra e pensò che quella visione poteva diventare il loro prossimo giochino erotico.
Evidentemente, lo spettacolo di Kim Kardashian mezza nuda era proprio fuori al Dodicesimo. Quando gli agenti realizzarono la cosa e fecero un rapido calcolo matematico, dividendo per quanto tempo impiegarono a uscire dal distretto, e trovando la radice quadrata e il pi greco, si precipitarono in massa fuori la struttura, speranzosi di farsi qualche selfie con l’artista. Si alzò un’ampia folata di vento che fece svolazzare fogli e foglie in libertà, mentre la Gates fece l’ennesima scossa di testa e si portò una mano sulla fronte.
“Eccomi... quindi lei è il signor Charlie Magpoup?” chiese Kate, tornando in sé.
L’uomo fece un ampio sorriso, ma nessuno seppe mai se era per assecondarli o per prenderli per il culo.
“Certo, Charlie come Charlie della Fabbrica di Cioccolato!”
Nel dubbio, Kate guardò Lanie strabuzzando gli occhi, come per dire, “qui sono tutti matti”. Poi, la dottoressa si allontanò facendo foto al bellimbusto.
Sopravvissuto all’ondata di agenti che lo avevano scavalcato per andare a vedere la Kardashian, Rick raggiunse la sua musa con due buste rosa. Le poggiò sulla sua scrivania, non curandosi dei presenti.
“Allora, tesoro, ho fatto un salto da Victoria’s Secrets e indovina chi ho incontrato?”
“Castle...”
“Anche Miley Cyrus indossa biancheria intima! Come vedi, non tutte le donne sono come Kim Kardashian...”
“Tesoro...”
“Sì?” si voltò e quando incrociò lo sguardo incazzoso di Victoria Gates, si gelò. “Oh, cazzo, capitano Gates.”
“Signor Castle, tolga quella roba oscena dalla scrivania della detective Beckett o brucio tutto.”
“Ma neanche per sogno!” la sua risposta stridula come uno dei presentatori di Queer as Folk fece scoppiare a ridere Beckett. Mise le mani sui fianchi e fissò intensamente la Gates, la quale lo fissava a sua volta da dietro i suoi occhialini. Era talmente intimidatoria che fece ricomporre Castle e optare per una posizione più seria. “Cioè, voglio dire... ho pagato 50 dollari per questa roba oscena, come la chiama lei.”
La scenetta ricordò un film western. Rick e la Gates si guardavano negli occhi in segno di sfida. Nessuno dei due mollava la presa.
Senza staccare lo sguardo dallo scrittore, il capitano fece segno verso di lui.
“Signor Charlie Magpoup, questo idiota qui è lo scrittore Richard Castle.”
Charlie Magpoop?”
L’uomo, esasperato, sbuffo e spalancò le braccia guardando in alto.
“Per l’ennesima volta... Magpoup, con la u, non con la doppia o... sì, sono io! Ma perché non mi credete? C’è stato qualche problema, capitano?”
“Nessuno. Sono solo i miei uomini che a volte sono un po’ ritardati. Venga, discuteremo dell’Operazione Passero nel mio ufficio.”
Il capitano Gates sembrava l’unica ad aver capito qualcosa di questa storia. Prese l’uomo sottobraccio e lo accompagnò nel suo ufficio.
Rick e Kate rimasero a guardarli mentre si allontanavano.
“Beckett, ma se questo è il vero signor Magpoup, allora chi era quello che è venuto da noi qualche giorno fa?”
La sua fidanzata semplicemente sorrise e si voltò verso di lui.
“Chi lo sa, Castle, forse è come dici sempre tu. Non siamo soli in questo mondo.” Concluse con fare teatrale agitando le mani.
Lo scrittore quasi si spaventò, pensando che quel gesto gli ricordava sua madre. La sua musa, al contrario, sembrava sicura di sé e si divertiva a stuzzicarlo con altre battutine del genere.
Arrivati al finale di questa storia dell’assurdo, riteniamo opportuno precisare che Rick Castle rimase impressionato dalle parole di Kate Beckett. Così, quella stessa sera, per precauzione, controllò ogni angolo della casa e chiuse attentamente le finestre, non volendo trovarsi un alieno in giro. La sua fidanzata lo aspettava nel letto con indosso solo una tutina nera aderente e una parrucca rossa, pronta per la loro maratona notturna della Marvel, e si stava preparando sparandosi qualche foto accattivante. Ricordiamo al lettore che Castle non dormì per nulla quella notte, lasciando che Beckett si occupasse, come meglio poteva, di lui. Toccava allo scrittore, infatti, fare la parte del ‘damigello’ in pericolo.
Poveri uomini che si lasciano condizionare troppo dalle loro fantasie.
Povere donne che per assecondarli devono fare tutto il lavoro.
Infine, che ne è stato del signor Charlie Magpoup non ci è dato sapere, se vogliamo restare sani di mente.


 
 
Angoletto dell’autrice (poco) sana di mente:
Se siete arrivate fin qui, vuol dire che siete sopravvissute. Un errore di spelling può costare la carriera e qualche volta anche la vita. Uomini e donne, sono tutti coinvolti, perciò fate attenzione.
Con questa fanfic demenziale vi annuncio che mi ritiro dalla sezione di Castle su EFP.
Almeno per un po’, ma lo faccio per alcune ragioni che ho valutato attentamente. EFP non è più il luogo in cui ho iniziato qualche anno fa. Quando si postava, c’era entusiasmo, voglia di scrivere e leggere, ma ultimamente queste cose sono scomparse. Si dà spazio ai favoritismi, come spesso accade in tutti i campi (nel mio ne ho visti fin troppi), e sinceramente sono arrivata al limite. Sono arrivata a pensare che forse non so scrivere, ma ho continuato a farlo e condividere perché mi piace, ma se dall’altra parte non ricevo più quella spinta e quell’entusiasmo, allora mi fermo. So che molte autrici hanno smesso di scrivere proprio per questi motivi, e non leggono più perché non hanno più tempo, e vi capisco. È impossibile leggere e seguire costantemente tutti. Ma il riscontro, una volta tanto, è importante per un autore.
In ogni caso, posterò le ultime fanfic postume che sono incomplete, perché odio lasciare le cose a metà.
Così l’account qui resterà attivo e continuerò a seguirvi e a leggervi.
Scusate il papiro e ringrazio tutte quelle persone che mi hanno spronato a dare di più, incoraggiandomi e sostenendomi come potevano.
Ci si legge presto! :)
D. <3

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