Il gioco del cuore

di Dian87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Shah mat ***
Capitolo 2: *** Tris Tracon ***
Capitolo 3: *** Domina ***
Capitolo 4: *** Wari ***
Capitolo 5: *** Go ***
Capitolo 6: *** Shing kunt t'o ***
Capitolo 7: *** Pachisi ***
Capitolo 8: *** Ludo ***
Capitolo 9: *** Tiddlywinks ***
Capitolo 10: *** Nascondino ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Shah mat ***


«Infiltratori, siete pronti ad agire?»
La notte era ancora giovane ed il campo si stendeva sulla pianura, delineato da numerosi focolari.
Il gruppo era nei pressi di uno dei fuochi più vicini all'esterno, per accumulare l'ultimo calore possibile. Le fiamme guizzavano dai ciocchi, illuminando le cinque figure vestite di un'armatura di cuoio liscia, con un cappuccio sul viso che lasciava intravedere soltanto gli occhi, mentre un individuo, vestito di una semplice tunica che gli arrivava al polpaccio e dei pantaloni scuri, incrociava le braccia al termine del discorso che aveva appena fatto loro.
«Sì, signore.» rispose uno dei cinque.
«Il vostro obiettivo è la tenda del comandante, si trova nella zona centrale.» riepilogò l'uomo in tunica. «Dovrete uccidere soltanto lui e farne scempio, poi tornerete qui.»
I cinque si alzarono e batterono il pugno destro sul petto all'unisono. Nel più completo silenzio s'inoltrarono nelle tenebre, lanciando di tanto in tanto un'occhiata al cielo nuvoloso che sarebbe servito a proteggerli nelle tenebre.

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«C'è troppa calma...»
«Oh, Bleuenn... cosa vuoi che capiti stasera?»
«Vediamo... siamo alla vigilia della battaglia che potrebbe sancire la nostra indipendenza, cosa potrebbe andare per il verso giusto?»
Le armature metalliche sferragliavano al ritmo dei passi dei due. Uno era un uomo molto alto e robusto, il cui capo era protetto da un elmo di metallo, l'altra era una figura più bassa ed esile, per quanto anche questa doveva sopportare il peso di una cotta di maglia e di un camaglio sopra ai vestiti di cuoio. Quest’ultima aveva al fianco sia una spada che un pugnale, mentre alla bandoliera si trovavano cinque pugnali da lancio e lui un ingombrante spadone a due mani.
«Per me ti stai preoccupando troppo...» Commentò l'omone, facendo muovere appena l'elmo con una scossa del capo.
«Odio queste vigilie...» bofonchiò la donna.

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I cinque si avvicinarono all'accampamento avversario, acquattandosi non appena udirono un rumore sferragliante. L'individuo che stava in avanscoperta alzò un braccio con la mano aperta per segnalare di fermarsi e attese che la ronda di due persone si allontanasse prima di fare un altro cenno, per richiamare a sé gli altri.
I cinque iniziarono a correre verso l'accampamento, muovendosi il più silenziosamente possibile.
Il piede di uno di loro, però, calpestò un ramo secco e lo spezzò, causando un rumore sordo.

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«Hai sentito?» chiese la donna, voltandosi di scatto.
«Cosa? I lupi?» rise l'altro. «Stai avendo le allucinazioni.»
«Quelle ce le avrai tu...» sibilò la donna, ma il suo sguardo non riuscì ad individuare nessuna minaccia.

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Il gruppo d'infiltratori raggiunse la tenda più vicina e si nascose nella sua ombra.
Uno dei cinque tese la mano verso l'incauto che aveva spezzato il legno e agitò la mano aperta nella sua direzione, poi scosse il capo e si girò verso il centro dell'accampamento. Indicò due dei compagni e poi una direzione, quindi gli altri due e un'altra diversa, infine se stesso e la direzione centrale.
I cinque batterono la mano chiusa sul cuore e impugnarono il loro katar, poi ripresero la loro corsa

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«Ecco Ael e Ivon.» commentò l'uomo, alzando la mano in direzione di un'altra ronda. «Cos'hai intenzione di fare per il resto della serata?»
Bleuenn inarcò un sopracciglio e scosse la testa.
«Dormire.» fu la sua risposta. «E dovresti farlo anche tu, Kavan. Se domani sarai fiacco per esser stato a puttane, non ti salverò.»
Kavan scoppiò in una risata e le diede una pesante pacca sulla schiena che la fece sbilanciare di qualche passo.

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Una delle coppie si avvicinò ad un fuoco da campo, avendo cura di restare nell'ombra.
«Che freddo, questa sera.» commentò uno dei soldati, vestiti solo della tunica bianca e nera del campo e di un mantello con gli stessi colori che occupavano una metà ciascuno.
Uno dei due indicò l'uomo e si passò il dito libero dal katar sulla gola, ma l'altro scosse la testa.
«Spero che congelino anche quei figli di puttana.» rispose un altro. «Non vedo l'ora di tornare a casa.»
I due si allontanarono silenziosamente, facendo il giro e alzando i piedi per non calpestare i tiranti delle tende. Quello dei due che aveva risposto alla silenziosa domanda si fermò un attimo a controllare la tenda: era formata da dei semplici pali incrociati in alto con una traversa e poi fissata al suolo con dei paletti più piccoli e intravedeva sul fondo una tela e una massa di pellicce che si alzava e si abbassava.
“Dunque è così che dormono i barbari...” pensò l'individuo, prima di riprendere il cammino.

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Bleuenn e Kavan si separarono poco dopo e l'uomo si diresse verso le zone più remote del campo, dove si trovavano le prostitute. Bleuenn, invece, si diresse verso il centro del campo e osservò le tende con un lieve sorriso in volto.
“Ormai siamo alla fine...” pensò.
Conosceva a memoria la disposizione del campo, tante erano le volte che aveva aiutato a montarlo: al centro si trovava la tenda del comando, dove riposava il futuro re Glen assieme ai suoi consiglieri; nel lato ovest si trovavano i barbari della Foresta delle Rune, con le loro tende da caccia, nel caso di un assalto notturno sarebbero stati i primi ad entrare nella battaglia; ad est c'erano i maghi del Circolo d'Avorio, l'accademia di Ellon, e più ad oriente le tende delle prostitute; a sud, dove si trovava lei in quel momento, c'erano le genti di Barad Riasa, che poco erano abituate a quel freddo; a nord, infine, c'era la sua gente, il popolo delle città-stato di Briarwall.
Si avvicinò ad un fuoco da campo cui erano seduti attorno tre uomini e si scaldò le mani.
«Tutto a posto?» le chiese uno dei soldati.
«Solo qualche rumore, tenetevi sempre il pugnale a portata di mano.» Ribatté Bleuenn, scuotendo il capo.
«Dai, ancora domani e poi si torna a casa.» Commentò un altro degli uomini, con un lieve sorriso in volto.
La donna annuì e salutò con un cenno della mano i tre e riprese il proprio cammino.

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L'individuo si appiattì contro una tenda, stringendo in mano il katar. Strinse le due barre ed il katar si aprì, rivelando una lama interna alla prima che si divise in due. Controllò che il meccanismo funzionasse bene e poi spostò lo sguardo in avanti.
Davanti a lui si trovava un piccolo spiazzo con delle tende quadrate e un tavolaccio di legno in mezzo.
Osservò i dintorni e gli parve d'intravedere presso un'altra tenda due dei suoi uomini e alzò la mano, poi si avviò verso la tenda che aveva davanti uno stendardo verde con una barra trasversale bianca e tre stelle. Altre quattro persone gli si avvicinarono e si scambiarono un'occhiata d'intesa, prima di entrare tutti assieme.
All'interno della tenda si trovavano un manichino sul quale era appesa l'armatura di piastre metalliche e l'elmo completamente chiuso, un tavolo di legno ingombro di fogli ed una sedia di legno e stoffa e il loro bersaglio, poco distante da tutto il resto del mobilio. Su una brandina da campo riposava un uomo, il cui petto si alzava ed abbassava regolarmente.
Come avvoltoi, i cinque lo circondarono e l'uomo socchiuse gli occhi, ma ebbe il tempo di fare solo un ultimo grido.

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Un grido fendette l'aria, anche se durò molto poco.
«Cos...?»
Bleuenn iniziò a correre nella direzione dell'urlo e notò che anche un'altra persona, vestita di una semplice tunica, stava uscendo dalla tenda con la spada che ondeggiava al fianco.
«Proveniva dalla tenda di Glen.» disse l'uomo, impugnando la spada.
«All'armi, siamo sotto attacco!» gridò Bleuenn, affacciandosi alla tenda più vicina, poi riprese a correre.
Quando i due raggiunsero la piazzola di comando, fecero appena in tempo a vedere un individuo sparire tra le tende.
«Bleuenn, inseguilo, io controllo Glen.»
«Fa' attenzione, Mael.»
La donna non si fermò, pur essendo rallentata dall'armatura. Saltò vari tiranti, schivando le persone che si stavano svegliando per il trambusto e gridando ordini a destra e a manca, sperando che qualcuno li recepisse. Raggiunse in breve tempo il limitare dell'accampamento e prese in mano un pugnale da lancio, fermandosi giusto il tempo di prendere la mira e lanciarlo.
Il pugnale colpì il fuggitivo in mezzo alla schiena e, dopo qualche passo, l’uomo stramazzò al suolo.
La donna si avvicinò ed estrasse la spada, con il fiato corto per la corsa, poi gliela piantò in gola, dopo averlo girato con un piede.
«Portatelo al campo.» Ordinò agli uomini che si stavano avvicinando, voltandosi per tornare indietro. «Glen vedrà cosa farne.»
Seguì un attimo di silenzio, alcuni degli uomini si scambiarono degli sguardi leggermente incerti. Poi, uno di loro parlò.
«Il comandante Glen è morto...» Le si gelò il sangue nelle vene.

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Capitolo 2
*** Tris Tracon ***


Il sole si levò su un cielo silenzioso ed oscurato dalle nubi.
Tutti i popoli del campo di Glen erano sull'attenti in silenzio mentre la barella su cui giaceva il comandante sfilava per un ultimo saluto, coperta da un lenzuolo, e a mano a mano che passava di zona in zona, i barellieri del nuovo settore la prendevano in custodia da quelli precedenti, che li seguivano assieme al resto delle genti per formare il corteo.
Poco fuori dal campo, era stata allestita una pira e davanti a questa si trovavano tre persone.
Il più alto dei tre era Mael, che indossava un'armatura di metallo e circondava con il braccio le spalle della più bassa, Bleuenn, la quale non aveva nemmeno avuto la forza di togliersi l'armatura: il massimo che era riuscita a fare dopo gli eventi di quella notte era stato togliersi il camaglio ed i suoi capelli biondi erano lasciati liberi. La terza figura era un uomo dai capelli argentati che vestiva una semplice tunica marrone con un giustacuore di cuoio su cui risaltava il simbolo di un cerchio bianco diviso a metà da una linea verticale.
La barella venne adagiata sulla pira ed il vecchio iniziò a salmodiare in un’antica lingua che ben pochi erano in grado di capire eccetto per i nomi delle divinità interpellate, che erano in grado di riconoscere: Houlos, il dio del sole verso il quale si sarebbe innalzata l’anima di Glen; Odros, il patrono degli eroi perché colui che aveva avuto la forza di opporsi all’impero non poteva che essere un eroe; Ryla, che l’avrebbe accompagnato lungo i campi dei defunti prima di tornare a volgere il suo sguardo verso di loro.
«Dèi benevoli,» il sacerdote iniziò a parlare nella lingua comune. «Avete guidato il nostro comandante Glen per le battaglie della vita e della libertà. Possa la sua vita essere un esempio per noi e possa darci la forza di completare il suo sogno.»
L’uomo portò lo sguardo su Mael e gli fece un cenno col capo. L’uomo lasciò le spalle di Bleuenn e avanzò di qualche passo.
«Mio fratello aveva un sogno.» iniziò, mentre il vento si alzava ad accarezzargli i capelli castano scuro. «Sognava che l’impero non interferisse più nelle nostre vite, che ogni regno potesse gestirsi da solo. Aveva iniziato come un semplice soldato della milizia,» abbassò lo sguardo e poi lo alzò di nuovo. «Ed infine eccoci qui, gli uomini liberi della Foresta delle Rune che mai si erano piegati all’impero ora sono nostri amici; i maghi di Ellon che prima erano rinchiusi nella Torre d’Avorio sono liberi di lottare al nostro fianco; le genti di Barad Riasa ci donarono le armi e ora possiamo confidare nel loro aiuto; e, infine, i nostri compatrioti delle città di Briarwall che per prime insorsero. Mio fratello aveva un sogno, non lasciamolo morire con lui.»
Un attimo di pausa aleggiò sull’intero campo, mentre Mael sembrava scrutarli uno ad uno.
«Per i nostri figli!» gridò Mael.
«PER I NOSTRI FIGLI!» fu la pronta risposta del pubblico.
«Per le nostre vite!»
«PER LE NOSTRE VITE!»
«Per la libertà!»
«PER LA LIBERTÀ!»
«Andiamo a fargliela pagare!» terminò Mael, alzando la spada al cielo.
Bleuenn si voltò, andando a prendere una fiaccola e l’avvicinò alla legna.
«Lunga è la strada,
Dolce è la via,
Che porta ai campi dorati…» iniziò a cantare.
Il fuoco iniziò ad attecchire alla pira, con qualche esile fiammella.
«Non aver paura,
La notte fine avrà.» il coro di risposta la colse di sprovvista.
«Lo zaino è pronto,
Ti aspettan già
Gli eroi passati e chi verrà.» continuò con la seconda strofa della lenta melodia.
«Non aver paura,
La notte fine avrà.» il coro ricordava agli abitanti di Barad Riasa la risacca del mare per il suo ritmo lento e cantilenante
«Lascia la mia mano,
Sali nel vento
E la favilla con te verrà.»
Ormai le fiamme avevano attecchito bene alla legna, avvolgendo il cadavere di Glen, e avevano iniziato a levarsi verso il cielo. Bleuenn infisse nuovamente la torcia nel morbido suolo e indietreggiò, andando ad appoggiarsi su Mael, mentre le lacrime le solcavano il viso. Udì le persone ripetere le parole del ritornello e sentì il braccio di Mael circondarle di nuovo le spalle, ormai erano soli.

«La prima truppa a schierare saranno gli uomini liberi, due terzi della cavalleria di Barad Riasa si troverà al loro fianco sinistro, mentre il restante terzo prenderà la collina.» Mael dispose i segnalini indicanti le truppe sulla mappa del pianoro dove si sarebbe combattuta la battaglia. «I fanti staranno in seconda linea, in modo da attutire l’impatto di un’eventuale ala d’incursione nemica.»
L’uomo si accarezzò il pizzetto castano, poi sollevò lo sguardo verso i cinque che si trovavano attorno al tavolo: il gigante dei popoli liberi, addobbato di pelli, era alto più di una spanna di tutti gli altri, il primo incantatore della Torre era un individuo esile vestito di paramenti rossi, il primum della cavalleria di Barad Riasa vestito di abiti multicolore sotto all’armatura completa e Bleuenn che aveva infilato nuovamente cuffia e camaglio.
«I maghi staranno all’interno del quadrato formato dai fanti e useranno tutto quello che possono sui nemici, la parola d’ordine è nessuna tregua.» terminò Mael.
«Noi saremo disposti in tre reparti, non appena il primo avrà terminato le proprie energie, il secondo interverrà e così il terzo.» il primo incantatore spinse una lunga ciocca di capelli argentei dietro alla schiena. «Bleuenn, quando vi darò il segnale sarete in grado di far creare un corridoio ai vostri uomini?»
La donna scosse il capo. «Non sarà un problema, primo incantatore, vedete solo di non arrostirci.»
«Aspetteremo il segnale… poi non fatevi lasciare indietro.» commentò il gigante dei popoli liberi con un sorriso che gli solcava il viso segnato da una cicatrice verticale, passando una mano nei corti capelli rossicci.
«Signori, uccidetene quanti più possibile.» disse il primum della cavalleria, con un allegro sorriso in viso quasi andasse verso una festa.
I cinque comandanti annuirono e solo Mael e Bleuenn rimasero attorno al tavolo mentre gli altri si diressero verso i loro campi. Mael fece il giro del tavolo e abbracciò Bleuenn, appoggiando il mento sulla sua guancia e restando silenzioso un attimo. Anche la donna ricambiò il gesto, restando in silenzio.
«Non metterti in pericolo, Bleuenn… sai che Glen non te lo permetterebbe mai.» mormorò l’uomo.
Lei soltanto annuì, non riuscendo a dir altro, ma poco dopo si sciolse da quella stretta.
«Siamo in guerra,» rispose, tentando di sorridergli. «Facciamo vedere ai quei draghi di che pasta siamo fatti.» poi fece una pausa, abbassando lo sguardo. «È meglio che vada ad organizzare i miei uomini, ci vediamo sul campo di battaglia.»
Mael annuì e rimase lì, ad osservare la mappa del campo di battaglia: sarebbe stato una carneficina.

Il sole era ormai alto nel cielo e i due eserciti erano finalmente schierati.
Una sola collina dominava il villaggio e lì si era svolta la prima battaglia per il dominio dell’altura. Era costata molte vite, ma la cavalleria di Barad Riasa aveva sbaragliato gli arcieri nemici e si era messa a protezione dei propri. Mael teneva alto lo stendardo dell’esercito, stando in prima linea accanto agli uomini liberi: sullo sfondo verde risaltava la banda argento con tre stelle morate.
Dal lato opposto del pianoro si trovava lo stendardo avversario, retto da un alfiere del comandante imperiale, anche a notevole distanza si potevano notare lo stendardo sanguigno che recava il disegno di un drago dorato.
Mael agitò lo stendardo e dalla collina si levò una nube di frecce che andò a precipitare verso il nemico. Vide il luccichio degli scudi muoversi a contrastare quell’attacco e agitò nuovamente lo stendardo, causando una seconda nube di frecce.
«Uomini liberi, siete pronti?» gridò verso gli uomini che aveva più vicini.
Una serie di urla belluine si levò, unendosi poi in un’unica voce che bramava il sangue.
«All’attacco!»
Lo stendardo si agitò una terza volta e, assieme alla nube di frecce, gli uomini liberi avanzarono di corsa. Mael li osservò con attenzione, mentre lo oltrepassavano. L’armatura era ridotta al minimo, pelli conciate, qualche pezzo di armatura sottratto in battaglia, in mano tenevano un’ascia ed uno scudo con i quali si sarebbero fatti strada attraverso le linee nemiche.
Dall’altro lato del campo giunsero degli squilli di tromba e un’ala avversaria iniziò a ripiegare per chiudere gli uomini liberi.
Mael fece un cenno al trombettiere che suonò tre fischi corti ed uno lungo e la cavalleria iniziò a muoversi, mentre i fanti di Bleuenn avanzavano per proteggere i maghi.
«Come sta andando?» chiese la donna, una volta che ebbe raggiunto Mael.
«Ordina ai maghi di stendere gli uomini verso di noi in modo che la cavalleria attacchi senza problemi.» Le rispose, guardandola con la coda dell’occhio.
«Va bene, ma tu raggiungi la collina.» Rispose Bleuenn.
Mael scosse il capo e la donna tornò al quadrato di fanti per gridare gli ordini ai maghi. I fanti erano dotati di picche e di spade per evitare che la cavalleria si avvicinasse troppo ed era tanto sperare che i nemici non fossero armati altrettanto. Gli uomini si aprirono ed il comandante in campo poté vedere le palle di aria che volavano in direzione nemica e di tanto in tanto qualche palla era così incandescente da sprigionare una luce propria. Non appena arrivavano a contatto con i nemici causavano numerose ustioni, che facevano sì che gli uomini si rotolassero a terra, urlanti ed in preda ai dolori.
«Fanti, avanzare.» ordinò a voce Mael.
Gli uomini avevano appena mosso il primo passo, che la terra cominciò a tremare attorno a loro.
Bleuenn fece cenno agli uomini di fermarsi ed i maghi si tennero l’uno all’altro.
«Signora, a destra!» gridò uno dei soldati.
La donna si voltò e vide due incantatori che si erano staccati dal gruppo e si trovavano ad un centinaio di metri da loro, erano dei loro o no? Non riusciva a riconoscerli, ma dalle mani puntate nella loro direzione non potevano, che essere loro gli artefici di quel terremoto.
«Proteggete Mael!» ordinò la donna. «Formazione stretta, se vedo cadere lo stendardo spalerete latrine per tre anni!»
Gli uomini si mossero come un corpo solo e la donna si staccò dal gruppo, estraendo sia la spada sia il pugnale dai loro foderi. Abbassò le armi al suolo e regolò il respiro ed il passo, per evitare di esser troppo affannata, anche se di tanto in tanto le scosse rischiavano di farla cadere, mentre si dirigeva verso quei maghi. A dieci passi da loro li riconobbe, sì, quegli uomini erano della Torre d’Avorio. A cinque passi, preparò le proprie armi e ormai non avvertiva più scosse. A due passi, iniziò a muovere le armi, tirando su di scatto la spada contro l’incantatore di destra e conficcando il pugnale nel petto del secondo uomo. Oltrepassò i due, fermandosi di qualche passo e si voltò verso le sue truppe.
Lo stendardo era ancora alto e in mezzo alla formazione. Non poté fare a meno di fare un sorriso di sollievo. L’uomo con il pugnale nel torace era morto, ma l’altro era ancora vivo anche se era steso al suolo con un’ampia ferita aperta.
«Chi vi ha comprati?» chiese all’uomo, premendogli il piede sulla ferita.
«È inutile che tu lo chieda… baldracca…» l’uomo tentò di sputare verso di lei. «Esiste un solo imperatore a cui dobbiamo la vita… e tu sei morta…»
La donna sollevò la spada, calandola sul collo indifeso dell’uomo, ma quando il sangue sgorgò dalla gola, qualcosa la trafisse da dietro. Abbassò lo sguardo, vide una punta sbucare da sotto la cotta di maglia e la vide aprirsi per tornare indietro.
«Lunga vita all’imperatore…» sibilò una voce al suo orecchio, mentre un piede la colpiva alla schiena, allontanandola dall’arma e lasciandola riversa al suolo.

Le scosse di terremoto avevano reso inutile l’aiuto dei maghi e molti uomini liberi erano caduti. Quelli ancora vivi stavano lottando con le unghie e con i denti per conquistarsi una via d’uscita, mentre i cavalli feriti spargevano il terrore tra entrambi gli eserciti. La tromba suonò la ritirata e gli arcieri continuarono a scoccare salve di frecce per aiutare i compagni durante la ritirata, prima di potersi ritirare a loro volta.

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Capitolo 3
*** Domina ***


«Bleu, svegliati…»
La donna spostò appena il capo.
«Tesoro, dai… farai tardi al lavoro…»
La donna socchiuse gli occhi.
«Glen?» mormorò, spostando il capo di lato.
Una luce filtrava da una finestra socchiusa e andava a colpire la parete accanto a lei, mentre sotto di lei il duro legno le aveva indolenzito la schiena. Se quello era l’aldilà, era dannatamente scomodo, altro che le soffici nuvole su cui dormivano i defunti.
Sollevò un braccio e lo portò alla fronte.
«Beh, era ora che ti svegliassi…» gracchiò una voce.
La giovane sussultò e portò la mano al fianco, dove solitamente riponeva il pugnale.
«Chi?» mormorò, cercando di far forza su un braccio per mettersi quanto meno seduta.
«Muoviti con cautela, ragazza, la ferita è guarita da poco e rischieresti di riaprirla. Mi ci sono voluti giorni per chiuderla.» si lamentò la voce gracchiante.
Bleuenn cercò di farsi nuovamente forza. Ferita… guarita… giorni… il suo cervello faceva fatica a mettere insieme i pezzi. Come poteva essere sopravvissuta a quello strano pugnale che le era sbucato dalla pancia?
Strinse gli occhi e li riaprì, cercando di mettere a fuoco qualcosa. Le lenzuola erano di colore grigio, con diverse pieghe e sotto intravedeva le sue gambe nude. Spostò lo sguardo verso il suo braccio e vide che era coperto da una manica e fece un lieve sospiro, quantomeno non era completamente nuda. Fece ancora uno sforzo e sollevò lo sguardo alla voce gracchiante. Una signora si trovava seduta su una sedia accanto a lei, si focalizzò sui capelli che partivano come due trecce dalla fronte e poi si riunivano in uno chignon alto sulla nuca, poi le osservò il viso solcato dalle rughe dell’età e i vestiti ben curati, l’abito di un semplice verde e la sopravveste beige con decorazioni floreali marroni.
«Vi ringrazio…» sussurrò Bleuenn, cercando di mettere insieme qualcosa di coerente. «Mia signora…»
«E sarebbe il minimo, ragazza. Tu e quell’altro mi avete dato molti problemi…» ribatté pronta la signora.
«Cos’è successo?» chiese, concentrando l’attenzione nello sguardo verde di lei.
La donna scosse il capo, emettendo un sospiro che sembrava quasi un lamento.
«A me lo chiedi? Eravate in molti su quel campo trapassati dalle armi, ma solo tu ed un altro eravate salvabili.» rispose, accigliando lo sguardo.
«Salvabili?» il cervello stava ricominciando a funzionare. «Mia signora, sapete dirmi chi ha vinto la battaglia?» l’angoscia era perfettamente udibile nella sua voce.
«Nessuno.» la donna scosse il capo.
«Vi era qualche stendardo a terra? Vi scongiuro…»
La donna sembrò concentrarsi un attimo, ma poi scosse il capo. A quella tacita risposta la giovane si concesse un sospiro di sollievo.
Un rumore cigolante spostò l’attenzione su una porta che si stava aprendo e le due donne volsero il capo verso quel suono. La porta aperta lasciò intravedere un uomo alto, con corte ciocche di capelli castani che puntavano in direzioni diverse e una corta barbetta di colore un po’ più chiaro.
«Signora, mi avete detto di avvisarvi quando l’acqua avrebbe iniziato a bollire…» disse l’uomo, con tono cortese.
La donna si alzò, spostando lo sguardo su di lui, annuendo, e poi sulla donna seduta.
«Aiutatela a vestirsi, poi portatela alla cucina, ha bisogno di recuperare le energie.» Ordinò la donna, uscendo dalla stanza, e l’uomo le fece un inchino.
Bleuenn rimase un po’ perplessa dal comportamento della donna, ma poi portò lo sguardo sull’uomo, non sapendo come reagire. Anche l’uomo sembrava essere paralizzato, ma dopo un attimo si voltò per aprire l’anta di un armadio. Bleuenn raccolse le gambe e le fece penzolare un attimo dal letto prima di saggiare la propria resistenza e l’uomo estrasse un lungo abito verde.
«Dama Laverne l’ha preparato per voi.» commentò l’uomo, voltandosi verso di lei e poi scostando lo sguardo. «Siete in grado di vestirvi?»
Bleuenn fece un primo passo, un secondo, ma le gambe non la ressero e cadde stesa a terra.
«Temo di no…» commentò, con un sospiro.
Bleuenn portò il braccio al letto e si fece forza per rimettersi quanto meno seduta e l’uomo posò il vestito sul letto, avvicinandosi per sorreggerle il braccio e la schiena. Nonostante tutto, la donna si trovò a pensare che il tocco di lui fosse molto delicato.
«Vi aiuto, dama…» iniziò l’uomo, ma poi si trovò in difficoltà a continuare.
«Bleuenn, ma non sono una dama.» Rispose la donna, cercando di accennare ad un sorriso. «Potrei sapere il vostro nome, signore?»
«Daire, nemmeno io sono un signore.» Ribattè, scostando poi lo sguardo dal viso di lei. «Sollevate le braccia.»
Bleuenn obbedì, si sentiva a disagio nell’essere così indifesa in presenza di sconosciuti, ma non era molto quel che poteva fare. Portò lo sguardo sul vestito che Daire stava arricciando per passarglielo sopra la testa. Se avesse avuto una striscia bianca da qualche parte sarebbe stato maledettamente simile allo stendardo che Glen aveva ideato e con la quale avevano combattuto.
«Siete qui da molto tempo?» chiese Bleuenn, mentre l’uomo le infilava il vestito e lo lasciava scivolare lungo i suoi fianchi.
«No, da circa una settimana.» rispose lui, allontanandosi di un passo mentre la donna si sistemava l’abito sulla camicia che l’aveva coperta solo fino a metà polpaccio.
La donna si sistemò la parte superiore del vestito e poi si alzò nuovamente per far cadere la gonna fino al suolo. Fece un nuovo passo, ma questa volta si aggrappò al braccio che Daire le aveva offerto per evitare di finire nuovamente a terra.
«Gli stivali si trovano fuori dalla casa.» disse l’uomo.
Daire le circondò la vita con un braccio, sostenendola. Bleuenn… Daire aveva già sentito quel nome prima.
La donna si appoggiò a lui e insieme raggiunsero la porta che dava su un corridoio con altre porte. Daire la condusse lungo il corridoio e l’accompagnò per le scale, facendole fare un gradino per volta e sentendo il proprio viso arrossarsi. Spostò lo sguardo ad una finestra, mentre la donna giungeva al piano terreno. Il sole ormai era calato oltre l’orizzonte ed il rosso del tramonto aveva lasciato lo spazio al nero della notte. Osservò di nuovo Bleuenn, i cui capelli biondi risaltavano alla luce delle candele appese alle pareti, donando loro riflessi ramati.
«Da questa parte.» le fece strada, tenendola nuovamente per la vita.
Davanti a sé, la donna poté vedere la porta che dava all’ingresso, ma Daire l’accompagnò all’unica altra porta di quel breve corridoio che si affacciava su una sala con un grande tavolo con diverse sedie attorno ed un caminetto e da lì poté udire lo scoppiettio del fuoco ed il profumo del pane. Entrarono nella stanza ed il pavimento sotto i piedi di Bleuenn divenne improvvisamente più ruvido e freddo. La cucina era fatta interamente in pietra ed un bel fuoco ardeva nel forno a legna; la signora era seduta su una sedia presso il tavolo nel centro della stanza. Daire la fece sedere sulla panca e si affrettò ad allontanarsi per andare a prendere due ciotole e dei cucchiai.
«Dunque, direi che potremmo cominciare con le presentazioni.» Iniziò Laverne, facendo cenno a Daire di servire la cena. «Io sono dama Laverne di Aegddun.»
Daire iniziò a servire la cena e poi porse una scodella a Bleuenn, mentre tenne per sé l’altra. Laverne aveva le mani incrociate sul tavolo e lo sguardo altero, quasi si trovasse per sbaglio in mezzo a due popolani, e fece un cenno ad entrambi dando il benestare per iniziare a mangiare.
«Vi ringrazio di avermi salvata.» rispose Bleuenn, chinando il capo in segno di rispetto. «Il mio nome è semplicemente Bleuenn.»
«È strano che una donna indossi i panni maschili del soldato…» interrogò Laverne, mantenendo le mani sul tavolo. «Perché l’avete fatto?»
«I motivi sono molti, mia signora,» la deferenza verso una persona che appariva di rango maggiore del suo veniva ancora troppo naturale a Bleuenn. «Il principale è per conquistare la libertà.»
«Non vi è forse libertà nelle vostre terre?» chiese Laverne, con un velato sorriso.
«Oh, sì… vi è la libertà di venir affamati dalle tasse e, se siete una donna, la libertà di venir sopraffatte dai soldati imperiali.» lo sguardo di Bleuenn divenne gelido. «È per liberarci da queste libertà che ho iniziato a lottare.»
L’anziana fece appena un gesto con il capo e Bleuenn abbassò il capo sul piatto, iniziando a mangiare. La minestra era gustosa, nonostante l’amaro che sentiva in bocca ed il silenzio calò nella cucina.
«Posso capirvi.» disse la dama, scrutando dall’alto i due.
«Per quanto mi posso ricordare, non credo di aver visto il vostro comandante in battaglia.» disse Daire, sollevando lo sguardo dal piatto.
«No, il comandante Glen non c’era… è stato assassinato la notte precedente.» Il tono della donna era fermo, ma all’angolo dell’occhio aveva iniziato a brillare una lacrima. «Purtroppo l’ho fatta pagare solo ad uno degli assassini…»
Daire si zittì e la giovane si alzò.
«Mia signora, posso chiedervi congedo? Credo di aver mangiato anche troppo.» disse Bleuenn.
«Andate pure, domani avremo ancora molto di cui parlare.» accettò la donna.
Bleuenn uscì dalla cucina e dalla sala, quindi vide la porta che non aveva ancora aperto e vi si avvicinò. La porta dava sull’esterno e la donna uscì nella fresca aria della notte, osservando il panorama. Davanti a lei si trovavano dei campi e alla propria destra un salottino esterno con alcune panchine. Si diresse verso una di queste e lì si accasciò: dopo tanto tempo poteva finalmente piangere la morte del suo fidanzato.

---

Daire rimase silenzioso al tavolo con Laverne.
«È lui l’uomo che hai ucciso prima della battaglia?» chiese la donna.
«Sì, zia.»
«Prima o poi dovrai dirle la verità, se vuoi fare quello che mi hai detto…»
«Lo so…»

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Capitolo 4
*** Wari ***


Il nuovo giorno sorprese Bleuenn a letto. Sì alzò ed avvicinatasi alla finestra aprì gli scuri, poi spostò lo sguardo sul resto della camera e vide Daire ancora profondamente addormentato.
Era passato un mese da quando si era ritrovata in quella casa e ormai la conosceva a memoria, così come i suoi pochi occupanti. Era stupita del fatto che non vi fossero altro che loro tre in quella casa.
«Daire, svegliati.» Lo chiamò la donna, andando a indossare dei pantaloni e della casacca di cuoio. «È mattina e c’è anche troppo da fare oggi.»
L’uomo si girò dall’altro lato e la donna gli gettò addosso il suo cuscino, facendolo sobbalzare. Daire non ebbe il tempo di rendersi conto che era sveglio che Bleuenn era già uscita dalla stanza per fiondarsi in cucina. Saltò le scale e attraversò come un fulmine la sala da pranzo, arrivando in cucina. Andò alla dispensa e recuperò della frutta e delle uova, che riportò nell’altra stanza ed iniziò a preparare le colazioni: pancake per lei e Daire ed una semplice macedonia primaverile per Laverne.
Già la mattina dopo essersi risvegliata, avevano parlato a lungo e avevano concordato che un anno di servizio sarebbe stato sufficiente a ripagare le cure che Laverne aveva dovuto somministrarle per guarire dalle ferite, per questo si stava trovando a fare di tutto.
Finì di affettare la frutta e la mescolò con una goccia di miele, passando quindi a mescolare farina e uova.
«Buon giorno.» commentò una voce impastata e Bleuenn sollevò lo sguardo su Daire che aveva ancora i capelli scomposti.
«Buon giorno, la colazione è quasi pronta.» rispose.
«Come fai ad avere tutta questa energia di prima mattina?» le chiese Daire, sedendosi pesantemente sulla panca.
«Prima di diventare un soldato ero una fornaia.» commentò Bleuenn, mettendo una padella sul fuoco e iniziando a sfornare i pancake. «La giornata inizia ben prima del canto del gallo. Hai visto dama Laverne?»
L’uomo scosse il capo, grattandosi la barba con una mano. Non ci volle molto prima che la colazione si trovasse davanti a Daire assieme al vasetto di miele e lui la ringraziò con un cenno del capo.
«Vado a portare la colazione a dama Laverne.»
Bleuenn prese la ciotola in mano, ma Daire scosse la testa.
«Ieri sera mi ha detto che non serviva, ma sarebbe scesa lei più tardi. Intanto, avremmo dovuto occuparci dei campi.» si ricordò.
«Oh… va bene…» commentò Bleuenn, sedendosi dall’altra parte.
La giovane fece un lieve sorriso iniziando ad assaggiare la sua creazione, ultimamente stava migliorando la ricetta. Riportò la mente alle faccende della giornata: sarebbero stati tutta la mattinata nei campi, poi un pranzo veloce e lei si sarebbe occupata della biancheria mentre Daire… beh, si rendeva conto che non aveva molte idee su cosa facesse l’uomo nel pomeriggio per quanto stessero convivendo così vicini.
«Tu cosa facevi prima della guerra?» chiese all’uomo, spostando lo sguardo verso di lui mentre la forchetta continuava ad affondare nel piatto.
«Ero un contadino fuori Ellon.» rispose Daire. «La mia famiglia aveva un pezzetto di terreno… se vuoi, quando avremo finito il servizio, potremo andarci assieme.»
La donna fece un lieve sorriso, finendo il suo piatto.
«La prima cosa che vorrei fare è trovare un amico.» rispose Bleuenn. «Anche lui ha subito una dura perdita prima della battaglia e immagino che non dev’essere facile per lui da allora…» poi si oscurò in viso. «Sempre che sia sopravvissuto.»
Daire allungò la mano per coprire quella di lei e le fece un sorriso d’incoraggiamento.
«Sono sicuro che sia vivo e stia bene.» La rassicurò, stringendole poi un po’ di più la mano.
Bleuenn annuì e girò la mano per stringere quella di lui.
«Ti ringrazio.» disse, rivolgendogli un dolce sorriso. «Vado a prendere i buoi e ci vediamo ai campi?»
Lui scosse il capo.
«Vengo con te, l’aratro è sempre dove l’abbiamo lasciato ieri.»
I due si alzarono e Bleuenn ripulì i piatti della colazione, lasciando la macedonia sul tavolo, quindi uscirono dalla porta di cucina.
La stalla coi buoi si trovava a metà strada tra la casa ed i campi, una distanza più che sufficiente per evitare che il loro odore raggiungesse il delicato naso della padrona di casa. Bleuenn si ritrovò a pensare che anche di quella signora sapeva poco o nulla: l’aveva salvata e le aveva chiesto di lavorare per lei, ma perché si trovava sul campo di battaglia? Perché aveva salvato la sua vita e poi l’aveva portata così lontana? Perché non veniva mai nessuno e non le era concesso di mandare una singola missiva che dicesse a Mael che era ancora viva? Il debito l’avrebbe ripagato lo stesso…
Scosse piano il capo, tra sé e sé, e Daire notò facilmente quell’aria pensierosa.
«Tutto a posto?» le chiese.
«Come? Ah, sì… ero sovrappensiero…» rispose.
Presero i buoi dalla stalla e li condussero al campo, ponendoli sotto il giogo. Mentre Daire conduceva l’aratro ed i buoi, Bleuenn seminava le fave ed il passaggio dell’aratro nel verso opposto ricopriva i semi prima che gli uccelli scendessero a beccarli. Nonostante tutto, per la donna era un lavoro rilassante, sembrava quasi di esser tornata alla vecchia vita, che non avrebbe mai dovuto impugnare un’arma, e non si rese conto del tempo che passava e del campo che ormai era stato arato e seminato.
Bleuenn si allontanò verso il bosco e lasciò parte dei semi su una roccia.
«Come mai li lasci ogni volta?» chiese Daire, incuriosito.
«Si dice che Hydraura lasciasse ogni giorno qualcosa per gli animali e che da come e quanti si avvicinavano esprimesse le sue profezie.» rispose lei. «Andiamo?»
L’uomo scosse il capo e la prese per mano.
«C’è una cosa che vorrei farti vedere.» rispose lui.
La donna si lasciò condurre, tenendo in mano la cesta con i semi, e Daire la guidò per uno stretto sentiero che serpeggiava fra gli alberi. Di tanto in tanto, dove il bosco lasciava spazio ad una piccola radura, una miriade di fiori azzurrini punteggiava il manto erboso, ma non erano quegli sprazzi di azzurro a fermarlo. A poco a poco, si iniziò ad udire un rimbombo e la donna passò davanti per vedere di cosa si trattasse. Il sentiero scendeva verso il basso, mentre avanti sembrava interrotto da una cascata che aveva scavato il suo alveo.
«È spettacolare…» commentò la donna, osservando l’acqua precipitare per poi raccogliersi nella vasca.
«E non è tutto…» rispose lui con un sorriso, prendendola per mano e accompagnandola lungo il sentiero che diventava di sola roccia. «Fa’ attenzione, è scivoloso.»
Bleuenn annuì seguendolo e poté vedere che una cengia di roccia proteggeva una caverna. Allungando lo sguardo per cercare di vedere quanto si protendesse all’interno la grotta, non vide come il piede avesse mancato il bordo del sentiero e si sentì scivolare. Daire si voltò subito, stringendole la mano e cercando di far forza sulle braccia, mentre Bleuenn sentiva l’acqua colpirle il corpo.
«Lasciami andare o cadrai anche tu.» gli disse, con il cuore che le martellava in gola.
Daire scosse il capo, piantando meglio i piedi sul suolo scivoloso.
«Stringimi la mano.» le rispose.
Bleuenn strinse la mano dell’uomo e cercò un appiglio con l’altra mano ed i piedi, cercando di tirarsi su, e si sentì in parte soddisfatta quando riuscì a mettere il ginocchio sul sentiero. Daire continuò a tirarla e la strinse a sé quando fu sicuro che ormai fosse al sicuro.
«Hai corso un bel rischio.» commentò, con un sospiro, tenendo la testa della donna contro il suo petto.
Bleuenn sentì chiaramente il cuore dell’uomo che martellava nel suo petto, veloce come il proprio, e ricambiò la stretta. Daire non la lasciò andare, stringendola un po’ più forte e restando in silenzio. La sua mente aveva viaggiato rapida in quei pochi secondi, l’aveva vista precipitare e rimanere intrappolata dai gorghi della cascata, aveva visto il suo cadavere venire portato via dalla corrente.
Bleuenn posò le mani sul petto di lui e spinse delicatamente per sciogliere quell’abbraccio.
«Grazie per avermi salvata» gli disse, donandogli un sorriso pieno di riconoscenza.
Daire lasciò l’abbraccio, ma la prese per mano, accompagnandola nella caverna. Bleuenn notò un punto che era stato rialzato e protetto con qualche coperta e l’uomo l’accompagnò lì, mettendole una coperta sulle spalle.
«È molto bello…» commentò la ragazza, voltandosi ad osservare la parete azzurra dalla quale filtrava la luce.
«Sono contento che ti piaccia.» rispose lui, con un sorriso e massaggiandole le spalle per asciugarla meglio. «Ti ho vista lavorare con abnegazione fin dal primo giorno e pensavo che avresti avuto bisogno di un posto dove rilassarti.»
La donna alzò la testa verso il soffitto e fece un lieve sorriso.
«Grazie.»
Daire si allontanò dalla donna per andare a prendere un’oggetto vicino alle coperte rimaste e poi tornò da lei.
«Ho anche un’altra cosa per te.» aggiunse, portandosi davanti a lei con le mani chiuse a conchiglia.
La donna portò lo sguardo su di lui, con lo sguardo interrogativo, continuando a stringere la coperta sulle spalle. Daire fece scorrere la mano soprastante, rivelando un mughetto dai petali candidi, e lo porse a lei.
«È nulla paragonato alla tua bellezza.» Disse Daire, prendendole delicatamente la mano e posandolo su di essa.
Bleuenn abbassò lo sguardo sul fiore, sentendo le guance arrossarsi, e strinse la mano delicatamente per non farlo cadere.
«Non sono bella né merito di averlo.» Rispose Bleuenn, dopo un po’, scavando le parole per trovare quelle migliori. «Ti ringrazio, ma… è meglio che torni al lavoro, non vorrei esser punita per non aver portato a termine i miei compiti.»
Lasciò cadere la coperta e avanzò verso il sentiero che avevano usato per arrivare lì, facendo attenzione a non scivolare nuovamente e, una volta fuori, prese a correre il più velocemente possibile in direzione della casa. Doveva mettere quanta più strada possibile tra sé e quel luogo, doveva avere del tempo per stare tranquilla e pensare… e doveva finire le proprie faccende.

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Capitolo 5
*** Go ***


Nei giorni successivi, Bleuenn fece molta attenzione ad evitare Daire, tanto che questi pensò di avere fatto un errore imperdonabile, nella propria ingenuità.
Daire continuò a fare i lavori di fatica, spaccando la legna e andando a caccia, ma teneva sempre un occhio su Bleuenn. Sapeva quasi sempre cosa stesse facendo o dove fosse e, se non la vedeva, immaginava che stesse continuando con i compiti che le erano stati assegnati.
Stava osservando Bleuenn, mentre spaccava la legna, quando vide Laverne avvicinarsi a lei e scambiare qualche parola che il vento non gli portò. Le stava riferendo della sua condotta? Che aveva corso troppo in fretta? Per quanto Laverne fosse sua zia, sapeva che non gliene avrebbe fatta passare una liscia.
L’anziana, poi, si diresse verso di lui, lasciando Bleuenn alla fontana, con il suo sguardo altero. Daire appoggiò l’ascia, asciugandosi il sudore dal viso con una pezza.
«La mia presenza è richiesta in città e non sarò di ritorno prima di due o tre mesi.» Lo informò la donna. «Vedi di non farti ammazzare, sente ancora molto la mancanza dei suoi cari.»
Gli lanciò uno sguardo indecifrabile, a metà tra il minaccioso ed il prudente, quindi si voltò verso la casa e si allontanò.

Il giorno successivo, Laverne partì con uno dei cavalli e sia Bleuenn che Daire furono presenti la salutarono alla partenza.
Daire si voltò per tornare alla casa, ma la donna rimase ferma.
«Ti devo chiedere scusa per l’altro giorno.» Disse Bleuenn, spostando lo sguardo sull’uomo.
Daire si fermò, voltandosi verso di lei.
«Non devi, è colpa mia.» Iniziò lui, incespicando sulle parole e abbassando lo sguardo. «È meglio se torno al lavoro…»
Bleuenn annuì e fu lei ad allontanarsi per prima, ma non poté far qualche passo che Daire l’abbracciò con forza da dietro, cingendole le spalle.
«Mi spiace di non esser portato in queste cose, Bleuenn.» Le mormorò all’orecchio con tono spezzato. «Mi sei piaciuta molto, dalla prima volta che ti ho visto. Ti ho vista sola al comando delle tue truppe con una sicurezza che non pensavo fosse possibile per nessuno, sempre in prima fila, senza mai lamentarti. Vorrei essere sempre al tuo fianco, una spalla su cui piangere, una schiena su cui riposare. Per favore, permettimelo…»
Bleuenn tacque, abbassando il capo e portando la mano sul braccio di lui.
«Daire, non ero sola.» mormorò Bleuenn. «Io e Glen abbiamo nascosto a tutti il nostro rapporto perché solo così la gente l’avrebbe seguito e i nobili ci avrebbero aiutato sperando poi in un matrimonio politico.»
«Glen… il comandante?» sussurrò Daire.
«Sì, quando ci conoscemmo era solo un miliziano che disapprovava gli ordini dei suoi superiori.»
«Mi spiace, Bleuenn. Se l’avessi saputo…»
Bleuenn strinse di più il braccio di Daire.
«Nessuno si aspettava che ci attaccassero così, di notte.» mormorò lei. «Se l’avessi saputo non sarei andata di pattuglia, ma sarei rimasta al suo fianco, l’avrei potuto salvare.»
Le lacrime cominciarono a farsi strada sulle guance di Bleuenn. Daire tacque quando la prima lacrima gli toccò il braccio, sapendo che le parole che lui aveva detto non avevano lo stesso significato che lei aveva inteso. Rimase silenzioso, immobile come lo era Bleuenn stessa e accettando le lacrime di lei.
Quando si era infiltrato nell’esercito nemico, si era chiesto chi fosse quel dissennato che aveva permesso ad una donna di combattere e come si sarebbe comportata lei in combattimento, anche i suoi rapporti ai superiori riferivano questa perplessità, poi l’aveva vista combattere, tirare in piedi i soldati che si lasciavano prendere dal panico e, chi con gentilezza e chi con la forza, li rimandava in avanti. L’aveva vista allontanarsi dai suoi uomini solo il tempo necessario per i consigli di guerra e poi spiegare nei minimi dettagli cos’avrebbero dovuto fare. Dopo le prime battaglie in cui l’aveva vista combattere, aveva iniziato a modificare i propri rapporti non perché avesse iniziato a credere nella causa dei ribelli, ma perché non aveva voluto che lei diventasse un bersaglio.
Le lacrime di Bleuenn si fermarono, ma la donna si lasciò cullare ancora dalla stretta di lui. Aveva così tanti uomini sotto al suo comando che si crucciava del fatto di non esser riuscita a conoscerli tutti e ancora di più ne aveva persi durante le battaglie. Tuttavia non si ricordava proprio di Daire, avrebbe dovuto fare più attenzione a quello che avveniva attorno a lei.
«No, Bleuenn, non credo saresti riuscita a salvarlo. Saresti morta anche tu e non penso che sarebbe stato quello che lui avrebbe voluto.» Rispose Daire. «Perché nessuno vorrebbe che essere assassinato davanti agli occhi di una persona cara.»
Daire lasciò andare delicatamente la presa attorno alle sue spalle e le diede un delicato bacio sul capo. Bleuenn rimase ferma, stringendo ancora il braccio di lui, ma poi sollevò il capo.
«Grazie.» Gli disse semplicemente, con un delicato sorriso in viso.
Daire fece un cenno del capo e rimase al suo fianco.
«E’ rimasto ancora molto da fare?» Gli chiese.
«Mmm… non credo, come mai?» Rispose lui, pensieroso e con uno sguardo perplesso.
«Ho bisogno di fare due passi.» Commentò semplicemente, stringendosi nelle spalle.
«Vai pure, ti aspetterò qui.» La rassicurò, posandole la mano sul capo prima di iniziare a dirigersi verso la casa.
Bleuenn l’osservò allontanarsi e prese a correre nella direzione del bosco. Correre l’aveva sempre rilassata e le sembrava di lasciarsi indietro i problemi. Saltò su una roccia e si guardò attorno, prima di scendere con un salto dall’altra parte. Riconosceva quella parte del bosco ed il rombo si faceva sempre più forte, passò tra due tronchi di quercia cresciuti assieme e svoltò dietro un altro albero. Intravide la cascata e rallentò, raggiungendo il sentiero che portava alla caverna, ma questa volta si tenne ben vicina alla parete per evitare di scivolare.
La pietra era viscida sotto il suo piede e si tenne con il peso verso la parete, mentre lo sguardo vagava per cercare il luogo più sicuro per spostarsi. Stavolta non ebbe problemi e raggiunse con sicurezza il luogo dove erano piegate le coperte. Andò a sedersi accanto alle coperte e osservò l’azzurro muro d’acqua cadente davanti a sé, circondando le gambe con le braccia.
«Saremmo dovuti esser qui assieme…» sussurrò Bleuenn. «Avremmo dovuto approfittare meglio del tempo che ci restava…»
Si dondolò un po’ avanti ed indietro, trovandosi a pensare a Daire e Mael. Il secondo probabilmente la dava per morta da molto tempo, si sarebbe riuscito a riprendere dalla doppia perdita? Scosse la testa con un lieve sorriso, ricordava perfettamente una sera in una locanda agli esordi della loro rivolta: Glen aveva ceduto un po’ troppo presto all’idromele e si era appisolato sul tavolo e lei era andata a coprirgli le spalle con il mantello. “Se non fossi già fidanzata con mio fratello, mi piacerebbe stare con te.” Le aveva detto Mael, con uno sguardo che racchiudeva la passione trattenuta. “Non so se ti avrei scelto… preferisco i cacciatori di draghi ai draghi stessi.” Aveva risposto. I cacciatori di draghi… era un ricordo dei giochi che facevano da bambini in cui Bleuenn era costretta a fare sempre la damigella in pericolo e Glen vinceva quasi sempre la possibilità di fare il cacciatore di draghi mentre il ruolo del drago cattivo toccava a Mael. Da allora l’aveva trattata come un collega, ma senza fare altre avances.
Daire, invece, l’aveva trattata sempre con i guanti di velluto da quando si era risvegliata, quasi timoroso di provare qualsiasi cosa. I suoi tentativi erano sempre molto cauti e mascherati da aiuto nelle faccende e di piccoli doni floreali. Qualche battuta gettata qui e lì, qualche complimento che usciva nei momenti più strani e quella stretta sicura di prima, come quando aveva evitato che precipitasse nella cascata.
Abbassò le mani al suolo e la mano sinistra andò sulle coperte, sentendo una forma allungata e dura.
«Cos’è?» mormorò, spostando le coperte.
La lama era allungata e sembrava avere una fessura che ne percorreva la lunghezza centrale, dall’altro lato c’erano due rebbi che avevano in mezzo due aste. Prese in mano l’arma e la rigirò per vederla anche dall’altro lato, era semplice, nessun decoro, nessun intarsio.
Impugnò l’arma, tenendola per le due aste centrali, una era saldata ma l’altra era mobile. Strinse il pugno e la lama centrale si aprì, rivelando una lama più interna e quella esterna faceva due ulteriori punte.
Il colpo da dietro… la lama che usciva dal suo ventre…
Portò la mano che non impugnava l’arma alla bocca.
La lama che si apriva… la stessa lama sull’uomo che aveva ucciso…
Mise la lama al suo posto e ci mise sopra la coperta, schiacciandola con le mani in modo che sembrasse non l’avesse mai toccata.
Da Ellon… li avevano spiati da Ellon… e ora la voleva per lui o quei complimenti erano un modo per farle abbassare la guardia e ucciderla?
Si alzò di scatto e si avvicinò al sentiero che usciva da quella grotta. Doveva fingere per qualche giorno, il tempo di prendere provviste e poi darsela a gambe, cercando di non farlo insospettire. Si acquattò contro la parete e strisciò fuori dalla cascata e poi riprese a correre.

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Capitolo 6
*** Shing kunt t'o ***


Era sera ormai inoltrata, quando Bleuenn tornò alla casa e vide Daire seduto sulla panchina accanto alla porta, intento a scrutare le tenebre.
«Stai bene? Come mai sei arrivata soltanto ora?» chiese Daire, scattando in piedi e avanzando verso di lei.
Bleuenn si fermò a qualche passo di distanza.
«Sto bene, scusami… non mi sono resa conto dell’ora che ho fatto.» Rispose lei, abbassando lievemente il capo.
«Vieni dentro, ti prenderai un accidente.» Commentò, con tono preoccupato e cingendole le spalle con un braccio.
Bleuenn ebbe un tremito quando la strinse e si sforzò di appoggiarsi lievemente a lui, entrando in casa. Il calore dell’edificio era piacevole, dato che era ancora primavera e stava iniziando a fare un discreto freschino, dalla cucina proveniva un profumo di stufato che fece brontolare lo stomaco della donna.
«Non pensavo sapessi cucinare.» commentò la donna, causando un lieve sorriso nell’uomo.
«Non tutti si affidavano alle cuoche da campo.» rispose lui, accompagnandola lungo la sala da pranzo e in cucina.
La fece sedere e le servì lo stufato sul piatto. La carne di un bel marroncino risaltava sul sughetto del medesimo colore e prendendola con la forchetta si sfaldava all’istante, solo con una cottura di numerose ore e con il controllo continuo, si sarebbe potuto raggiungere quel livello. Anche le erbe che insaporivano il cibo erano state scelte tra quelle più fresche dell’orto della casa.
«Mmm… e così buono…» commentò la donna, affondando nuovamente la forchetta nel piatto.
I pezzi erano stati tagliati della misura adatta per non aver bisogno di esser ulteriormente tagliati dal commensale e questo era probabilmente il motivo per il quale non ve n’era uno sulla tavola. Finirono di mangiare in silenzio e poi Daire si alzò per andare a prendere una teiera e delle tazzine e versò una tisana verde per entrambi, porgendone una tazza a Bleuenn.
«Ti sei proprio dato da fare.» Bleuenn si concesse un sorriso.
Daire si sedette davanti a lei, incrociando le braccia sul tavolo, e Bleuenn sorseggiò la tisana con attenzione, quasi si aspettasse che fosse avvelenata. Dopo qualche secondo dal primo sorso ne sorseggiò un altro con calma, stabilendo che, quanto meno, non sembrava essere un veleno rapido.
«Sì, perché ho diverse cose da spiegarti.» rispose l’uomo, abbassando appena il capo.
Bleuenn abbassò la tazza, con l’espressione che cercava di non trasmettere nulla, non la sorpresa perché non ve n’era, non il sospetto, che ve n’era in abbondanza, non la rabbia e aveva capito ormai, il motivo per cui non vi fosse l’ombra di un coltello sulla tavola.
«Ti ascolto.» disse, con la voce più ferma possibile.
«Ti ho rivelato i miei sentimenti… ed è quello che provo veramente.» iniziò, non sapendo da che parte iniziare. «E ti ho detto che mi sono unito a voi ad Ellon… e tutto questo è vero.» fece una pausa, trattenendo il respiro un attimo. «Ma c’è una cosa che non sai: avreste potuto vincere prima la vostra rivolta se non fosse stato per gli uomini come me. Non li conosco tutti e non vi era modo di distinguerci dai vostri uomini, qualcuno si è unito prima, qualcuno dopo. Il mio compito era quello di studiare il comandante della fanteria.»
Bleuenn rimase silenziosa, aveva commesso un errore terribile nel fidarsi così tanto dei suoi uomini, sebbene alle volte quella condivisione di particolari avesse aiutato i suoi uomini a prendere le giuste decisioni da soli.
«All’inizio ero ligio al dovere, non c’era cosa che tu facessi che non gli riferivo, chi incontravi, cosa mangiavi, come ti comportavi…» Continuò, studiando le reazioni della donna, era troppo quieta. «Poi ho… mi hai cambiato, ho visto come ti occupavi dei tuoi uomini, come li spronavi e rassicuravi, come trattenevi le urla quando ti ricucivano per dar forza agli altri… erano tutte cose che nessuno dei miei comandanti precedenti aveva mai fatto.»
Le mani della donna si strinsero sulla tazza, le nocche divennero bianche.
«I rapporti divennero sempre meno precisi o riferivano mezze verità. Qualche volta riferito ai tuoi uomini di “aver sentito” dove si sarebbero nascoste le imboscate o “aver intravisto” i nemici nascondersi… uomini che poi interrogavi, ma non sapevano dire mai con certezza chi gliel’avesse detto.» spiegò. «Dalla mia posizione nascosta continuavo ad osservarti, sapendo che non sarei mai potuto uscire allo scoperto, altrimenti sarei stato accusato di tradimento, ma quella sensazione di calore che si presentava ogni volta che ti intravedevo e l’orgoglio dopo ogni battaglia cresceva sempre di più…»
«Perché me lo stai dicendo ora?» Il tono di Bleuenn era gelido come il ghiaccio.
«Perché so di non poter continuare a provare questi sentimenti e negarti la verità.» rispose lui. «Quell’ultima notte, venimmo richiamati al di fuori del vostro accampamento e riuniti ad un fuoco. Ci dissero che avremmo dovuto abbattere il comandante dell’esercito e poi saremmo potuti tornare alle nostre vite. Ci avvicinammo al campo e fui sollevato dal vederti di ronda. Poi… attaccammo… se avessi saputo che per te era così importante avrei fatto il possibile per avvisarvi. Dopo l’attacco, gli altri tornarono al campo imperiale, ma io rimasi con voi e combattei al vostro fianco.»
«Avresti potuto andartene…» il tono della donna non assunse la benché minima sfumatura amichevole.
«No, non avrei potuto… dovevo assicurarmi che tu saresti sopravvissuta.»
Bleuenn si alzò, voltandosi.
«Dove vai?» il tono di lui era angosciato.
«Hai detto di averci tradito, di aver ucciso l’uomo che amavo e in tutto questo mi amavi… posso capire che è stata la guerra a portarci a questo, ma come posso restare nella stessa stanza?» Sibilò. «Ma, soprattutto, lo dici dopo che ho trovato la stessa arma sull’uomo che ho ucciso nel rifugio che dici di aver trovato. Quante altre cose hai nascosto? Come mi posso fidare ancora di te?»
Bleuenn lasciò la stanza, trattenendo a stento la voglia di mettere le mani al collo di quell’uomo. A Daire, rimasto solo nella cucina, non rimase che bere la sua tisana.

La mattina successiva, Bleuenn trovò dei fiori sul tavolino accanto al suo letto. Un mughetto…
Cos’avrebbe potuto provare per Daire? Pietà? Rabbia?
La rabbia ormai era sparita da qualche tempo ed anche il dolore della perdita si stava affievolendo. Sì, si ricordava che verso la fine della guerra le mosse degli imperiali si erano fatte meno furtive e diversi avevano riferito di averli visti e aveva sempre voluto ringraziare quello spirito che li stava aiutando. Ora sapeva chi fosse.
Si alzò, non preoccupandosi di mettersi il vestito sopra l’ampia camicia, e lanciò un’occhiata al letto di Daire, ancora ben fatto. Se era andato a dormire, non l’aveva fatto nel suo letto. Uscì dalla stanza, scese al piano inferiore e da lì si recò in cucina. Daire era seduto al tavolo, con la testa appoggiata sulle braccia conserte, e la sua immobilità denunciava il suo sonno. I piedi scalzi non sentivano più la differenza di temperatura e andò a preparare una nuova tisana. Daire mosse appena il capo e Bleuenn gli posò davanti una tazza con la tisana calda.
«Sto sognando?» bofonchiò l’uomo.
«No, è il ringraziamento per aver salvato molte volte i miei uomini.» Rispose lei, con tono pacato.
Daire ringraziò con un cenno del capo ed un sospiro di sollievo, quanto meno aveva deciso di non ucciderlo mentre stava dormendo e questo si poteva dire un passo in avanti. Anche Bleuenn si sedette al tavolo, sedendosi anche stavolta di fronte a lui, e sorseggiò la propria tisana.
«Cosa farai una volta terminato il servizio?» gli chiese.
«Potrei tornare a casa, ma non credo che lo farò.» Rispose lui, sorseggiando la tisana bollente.
«Di dove sei?» indagò, in fondo su di lui non sapeva nulla, mentre lui sapeva tutto di lei.
«Della valle di Llaney, ma non posso dire di avere legami laggiù.» Commentò, scuotendo il capo. «Fin da bambino mi hanno destinato all’esercito e mi hanno fatto viaggiare ed infiltrare ovunque. Quella… non è stata la mia prima missione.»
Bleuenn fece un cenno di assenso.
«Posso chiederti una cosa?» chiese Daire.
«L’hai fatto…» rispose lei.
«D’accordo, due.» commentò lui, alzando le mani. «Da quanto tempo vi conoscevate?»
«Tutta una vita… io, Glen e Mael siamo nati nello stesso villaggio.»
Lo sguardo di Daire divenne perplesso.
«Se siete cresciuti assieme, perché non siete rimasti lì? Perché avete voluto iniziare una guerra che vi avrebbe potuto uccidere?» Chiese, non riuscendo a comprendere le loro scelte.
Bleuenn si sollevò e diede le spalle a Daire. L’uomo non comprese cosa stesse per fare, fino a quando non vide la camicia scivolare fino alla vita della donna, mostrando la pelle candida solcata da numerose cicatrici rettilinee. Non ci volle molto all’uomo per capire che si trattavano dei segni lasciati da una frusta.
«L’ha fatto per me e per tutte le donne del villaggio. Incrociare un soldato imperiale voleva dire essere frustate o peggio solo perché si passava loro davanti.» Spiegò Bleuenn. «E se hai la sfortuna di apparire anche soltanto graziosa ai loro occhi…»
Daire si alzò a sua volta, avvicinandosi a lei e rimettendole la camicia sulle spalle.
«Mi spiace… non ovunque è così.» commentò, posandole un bacio sulla testa e aspettandosi uno schiaffo in faccia… schiaffo che non arrivò.
«Vuoi farti perdonare?» Chiese la donna, stringendosi i lembi della camicia. «Insegnami come evitare quell’arma che usate.»
Daire annuì, forse non tutto era perduto.

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Capitolo 7
*** Pachisi ***


Bleuenn e Daire si trovavano nello spiazzo davanti alla casa. Lei aveva abiti di lana leggera che la proteggevano dal freddo, nulla più che una maglia ed un paio di pantaloni, lui indossava una camicia bianca ed un paio di pantaloni di pelle leggeri. Bleuenn osservò l’uomo davanti a sé che impugnava il katar, come aveva detto che si chiamava quell’arma, ed un pugnale mentre lei aveva una spada e un pugnale, questi erano più pesanti di quelli cui era abituata, non essendo fatti apposta per lei, ma era in grado di manovrarli decentemente.
«L’obiettivo principale degli infiltratori è quello di attaccare quando l’altro abbassa la guardia.» stava spiegando Daire. «Non ci sono colpi proibiti, qualsiasi cosa ti permetta di avere un vantaggio dev’essere fatto.»
Bleuenn annuì appena, concentrata.
«Il movimento è una parte fondamentale, con il movimento puoi attirare l’attenzione del nemico e focalizzarla su quello che vuoi.»
Daire iniziò a far ruotare il pugnale e nel frattempo i piedi iniziarono a muoversi quasi in un balletto, l’intera figura di Daire sembrava essere fluida. Daire tentò un affondo con il pugnale, che Bleuenn parò con la spada, ma quando fu il turno di colpirlo con il pugnale la figura di Daire ebbe come un guizzo e se lo ritrovò alle spalle.
«Morta.» le sussurrò, allontanandosi per permetterle di girarsi. «È il problema che hanno coloro che sono abituati a combattere in armatura, aspettano troppo la mossa dell’altro.»
Bleuenn si voltò e tentò un colpo sgualembro, alzando la spada fino alla spallla destra per poi calarla al fianco sinistro e alzarla a sinistra per calarla a destra in due colpi di seguito. Daire indietreggiò di due passi, ma quando il secondo colpo si abbassò si buttò verso la donna, allontanando il pugnale con il suo e allungando un affondo con il katar.
«Morta di nuovo. Il non avere l’armatura comporta sì una difesa in meno, ma questa è compensata dall’agilità… non dimenticare anche la seconda arma.»
A Bleuenn scappò un mezzo sorriso e annuì. Non era la prima volta che aveva delle lezioni ed ormai era abbastanza pronta a recepirle. Se pensava alle prime lezioni con solo un bastone poteva dirsi un’esperta. Tornò all’attacco menando un fendente e la lama che calava dall’alto venne deviata dal pugnale di Daire, che ricambiò con un affondo del katar. Bleuenn tentò di deviarlo con il pugnale, ma all’ultimo Daire aprì l’arma e scaraventò di lato il pugnale intercettato, tirando una gomitata nella parte alta del petto di Bleuenn. Bleuenn non riuscì a trattenere l’arma più piccola ed il respiro le si mozzò in gola, costringendola ad indietreggiare di qualche passo. Daire approfittò di quell’indietreggiamento per approfittare dell’altezza e le tirò un calcio alla gamba su cui lei stava per posare il peso, mandandola distesa a terra nonostante avesse cercato di sostenersi sulla spada.
«Chiunque sarebbe morto.» commentò, inginocchiandosi su di lei per piantare il pugnale a terra accanto al suo viso.
Bleuenn spostò lo sguardo di lato, vedendo il proprio riflesso nella lama, e poi lo spostò su Daire che era ancora col viso vicino a lei. Sentì il proprio viso arrossire e indietreggiò prima di tirarsi nuovamente in piedi.
«Non ne hai ancora abbastanza?» la dileggiò Daire, con un sorriso sarcastico.
«Siamo appena all’inizio… hai cominciato a spiarmi quando ormai ero esperta, ma non hai mai visto quanto ci ho messo ad imparare.» Rispose la donna, con un sorriso di sfida.
Bleuenn cambiò tattica, tentando una serie di affondi con il pugnale, mentre la spada restava in difesa e all’ultimo tentò un tondo con la spada, attaccando Daire con un colpo orizzontale da destra a sinistra. Lo vide spostare di lato e cercò di calciargli la gamba, ma lui fu più veloce e piantò il piede prima che riuscisse a mandarlo a gambe all’aria.
«Non ancora…» le rispose, con un sorriso divertito e tentando un affondo col pugnale.
Bleuenn indietreggiò di un passo, mantenendosi stabile sulle gambe e poi cercò di girargli attorno.
«Stai dimenticando qualcosa…» tentò di ricordarle Daire, iniziando un affondo col pugnale.
Bleuenn lo parò, ma Daire andò dal lato lasciato libero e affondò il katar, tagliando parte della maglia di Bleuenn e lasciandole un segno rosso sulla pelle dal quale stillò una goccia di sangue. Nonostante il taglio, Bleuenn non si lasciò scappare né un grido di dolore né un’imprecazione.
«… che sei morta.» terminò la frase precedente. «E se non lo sei per il katar, lo sei per il veleno.»
«Come?» chiese Bleuenn, allarmata e sgranando gli occhi.
Daire scoppiò a ridere al vedere la sua reazione e scosse la testa.
«Non è avvelenato, non stavolta.» La rassicurò, pulendo la lama del katar sui pantaloni in due movimenti fluidi. «Il tipo di veleno dipende dall’infiltratore: c’è chi vuole giocare di più con la vittima, annebbiandole a poco a poco i sensi, e chi preferisce una fine più rapida.»
«E tu quale dei due sei.» chiese Bleuenn.
«Dipende,» fu la prima risposta. «se sono in battaglia o l’avversario lo merita, un veleno veloce, se si tratta di un bastardo preferisco fargli subire l’agonia con il più lento dei veleni.»
«E con Glen quale hai usato?» chiese, seria.
Daire tacque per un istante, tenendo bassa la lama.
«Avevo iniziato a provare un profondo rispetto per lui e avevo preparato il più veloce di tutti.» rispose.
Non si rese conto che Bleuenn si era spostata e sentì cedere il ginocchio da dietro, trovandosi a terra con il ginocchio di lei puntato alla schiena ed il pugnale puntato contro il ventre.
«Anch’io ho una lezione per te: che il dolore sia la tua arma e l’amore il tuo scudo.» disse lei, alzandosi e porgendo la mano a Daire.
Lui le prese la mano, ma al posto di usarla per tirarsi in piedi la sfruttò per trascinarla a terra. Con il pugno colpì il suo polso, facendole perdere il pugnale che allontanò con una manata e, ribaltate le loro posizioni, le strinse entrambi i polsi con le mani, mentre le gambe ed i piedi bloccavano le gambe di lei per evitare un’ovvia ginocchiata che l’avrebbe messo fuori combattimento.
«Ti ci vorrà un po’ di esercizio in più.» Commentò Daire, con un lieve sorriso in volto.
Bleuenn cercò di tirare su inutilmente la gamba e poi sollevò lo sguardo verso Daire, eccessivamente vicino al suo viso. Entrambi arrossirono per quella vicinanza e Daire si perse negli occhi azzurri di lei, chiarissimi, mentre lei precipitava nei suoi occhi scuri. Il viso di lui si avvicinò, facendo sfiorare le labbra dei due. Il fatto che Bleuenn non gli avesse tirato ancora una testata spinse Daire ad osare un po’ di più e affondò un bacio. Le mani scivolarono dai polsi alle mani, intrecciando le dita di lei e portando una mano ad accarezzarle i capelli dorati. Bleuenn strinse un po’ la mano, ricambiando timidamente quel bacio, chiudendo gli occhi. Le lasciò andare la mano e la portò ad accarezzarle i capelli e la guancia, sfiorandogliela delicatamente. Passò il pollice su quei petali di rosa che erano le sue labbra e che nessun colpo di spada aveva mai rovinato e si chinò a baciarla di nuovo, scivolando poi accanto a lei e lasciandola libera dal proprio peso e tenendo la mano sulla sua guancia e l’altra intrecciata alla sua.
«Io… non credo…» sussurrò Daire, ma venne zittito dall’indice di Bleuenn posato delicatamente sulle sue labbra.
Il dito di lei scivolò dalle labbra alla guancia e la mano si allargò per sentire bene la barbetta ispida sotto al proprio tocco.
«Non rovinare questo momento…» sussurrò lei, guardandolo fisso negli occhi.
«D’accordo… sto zitto…» rispose, ricambiando il suo sguardo.
Non riusciva a credere a come la storia si fosse evoluta e immaginava di aver fatto la scelta giusta nel confessare, anche se forse avrebbe dovuto farlo prima. Si voltò ad osservare il cielo, dove alcune nuvole stavano veleggiando senza peso, e continuò a stringere la mano di Bleuenn. Sentì la donna muoversi e appoggiarsi con la testa alla sua spalla, mentre la mano di lei si spostava dalla guancia al petto e lui portò la mano a coprire quella di lei.
Forse avrebbe dovuto contattare quel Mael, ma se lei se ne fosse andata con lui? Che avrebbe potuto fare nel caso in cui si fosse comportata così solo perché pensava di non avere altra possibilità di scelta? Doveva correre il rischio?
Spostò lo sguardo su di lei, pronto a dire qualcosa, ma la vide addormentata con un’espressione delicata e serena sul suo viso. Le diede un bacio sul capo e si sistemò un po’ meglio. Non gli importava se gli si sarebbe addormentata una spalla, la pace che sentiva dentro di sé in quel momento la meritava tutta.

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Capitolo 8
*** Ludo ***


Quando Bleuenn si risvegliò, il sole non era ancora calato, ma Daire si era addormentato accanto a lei.
L’aria fredda le stava entrando nelle ossa e poteva solo immaginare le condizioni dell’uomo, tra l’umido, il freddo e la sua testa a bloccargli la circolazione, ma il suo sorriso mentre dormiva era sereno. Si mise seduta, osservò i lineamenti decisi del suo viso, e gli spostò una ciocca di capelli ribelli dagli occhi.
Cos’avrebbe dovuto fare? Restare lì, in mezzo al nulla, ma con una persona che l’amava? Tornare a combattere con chi ormai l’aveva reputata morta, sempre se fosse ancora vivo, e rischiare di farsi ammazzare di nuovo? Portò la mano alla schiena ed alle poprie cicatrici, non poteva smettere di combattere.
«Ti fanno male?»
La voce di Daire la fece sobbalzare e voltare verso di lui. Portò una mano alla schiena di lei, appoggiandola delicatamente.
«No, non più.» rispose lei, posando la propria mano su quella di lui.
Daire si mise seduto e la circondò con le braccia leggermente indolenzite, stringendola delicatamente a sé, appoggiando il mento sulla sua spalla.
«Cosa farai?» Le chiese.
«In che senso?» Bleuenn voltò la testa verso di lui.
«Passato l’anno, cosa farai?» Riformulò la domanda.
«Ritornerò a combattere, come prima. Non posso restare al sicuro quando tante altre persone stanno subendo la frusta per aver dimenticato il sale nella pasta o non esser riusciti a portare a termine il proprio lavoro.» rispose. «Spero che l’esercito sopravviva fino a quel giorno.»
Daire le lasciò un bacio sul collo, silenzioso.
«Pensi che non resisteranno fino ad allora?» domandò.
«Hanno perso il comandante dell’esercito e della fanteria, gli uomini liberi del nord sono stati massacrati e la cavalleria non è da meno, l’ultima battaglia non è stata certamente una brillante vittoria, come ci eravamo augurati.» spiegò Bleuenn, piegando il capo di lato per evitare che gli desse fastidio. «Se Mael è ancora vivo, sarà difficile per lui tenere coese le fazioni rimaste e ancora di più, farlo per più di qualche mese, se non ottenesse dei risultati rapidi.»
«Sono certo che i tuoi uomini combatteranno ancora…» Tentò di rassicurarla, continuando a tenerla abbracciata.
Bleuenn si appoggiò un po’ a lui, restando silenziosa. Era dubbiosa delle sue parole, quegli uomini avevano delle famiglie e solo alcune avevano voluto seguire padri e fratelli in guerra, e avrebbero voluto avere un luogo dove vivere in pace una volta ogni tanto. Forse gli unici che avrebbero continuato veramente la lotta sarebbero stati i maghi, perché avrebbero perso tutto quanto.
«Tu cosa farai?» Gli chiese, accoccolandosi.
«Non lo so… potrei continuare a vegliare una persona importante…» Disse, con tono vago ed un lieve sorriso in volto. «E supportarla con degli “amici”…»
Bleuenn rimase silenziosa. Questa volta avrebbe saputo che ci sarebbe stato qualcuno che conosceva nell’ombra a proteggerla, ma era ciò che avrebbe voluto?
«Non saprei…» Mormorò Bleuenn, causando l’irrigidimento di Daire, e portò la mano sul punto in cui le sue braccia si incrociavano. «Non credo di poter continuare ad nascondere cose…»
Daire le diede un bacio sul collo, rilassandosi un po’.
«Tu sei troppo luminosa per accettare dell’oscurità.» le rispose. «Come hai fatto a resistere stando nascosta finora?»
«Non avevo scelta.» Commentò Bleuenn, scuotendo la testa e sentendo la tristezza salirle dal cuore. «Troppo dipendeva dal fatto che non fosse legato a nessuno.»
Non fu difficile per Daire sentire quella tristezza e la fece voltare, donandole un nuovo bacio e tenendola stretta a sé.
«Non dovrai più preoccuparti di tutto questo…» la rassicurò, stringendola forte.
Bleuenn posò le mani sul suo petto, assieme al capo, e chiuse gli occhi. Daire le strinse la testa al petto, chiudendo a sua volta gli occhi.
«Andiamo dentro, tra poco calerà il sole.» Propose Bleuenn dopo un po’, regalandogli un sorriso.
I due si alzarono e recuperarono le armi, dirigendosi poi verso la casa mano nella mano. Bleuenn arrivava a malapena alla spalla di Daire e questi diede il pugnale ed il katar alla donna. I due si separarono: Bleuenn andò al piano superiore per riporre le armi nella loro stanza, mentre l’uomo si diresse in cucina per mettere insieme una cena, ma fu bloccato sulla porta della cucina dalla vista di un individuo che stava seduto sulla sedia di Laverne, con i piedi sul tavolo a gambe tese. Daire fissò l’uomo dalla pelle ambrata che si stava pulendo le unghie con un coltello, in bilico sulle gambe posteriori della sedia e con gli stivali sporchi a insozzare il tavolo. Poi, spostò lo sguardo dall’arma e lo fissò sul viso dal naso prominente che sovrastava due stretti baffetti chiusi in treccine e la barba folta, il tutto non poteva che esser contornato da sporchi capelli mori. Daire non aveva mai dimenticato l’olezzo proveniente da quella massa nera.
«È bello vedere che godi di buona salute, Daire…» Commentò l’uomo, con tono noncurante e sollevando il pugnale verso l’alto.
L’uomo spostò gli occhi verdi verso Daire, che rimase fermo sulla porta.
«Ma potevi mandare un messaggio per dire ai tuoi vecchi amici che eri ancora vivo.» L’uomo puntò il pugnale verso Daire, gesticolando e facendogli fare delle forme circolari.
«L’avrei fatto, Mikel, se avessi avuto del tempo libero.» Rispose Daire, con tono controllato. «Mandare avanti una tenuta è sempre un compito impegnativo.»
Mikel sollevò i piedi, facendo appoggiare pesantemente la sedia su tutte e quattro le gambe, poi si alzò, appoggiandosi al tavolo con un sorriso beffardo in volto.
«Su… come se non ti conoscessi, ragazzo mio,» Sogghignò. «Sei perfettamente in grado di mandare messaggi anche nei modi più impensabili e “non hai avuto il tempo” di contattare il tuo vecchio maestro?» Assunse un’aria esageratamente addolorata. «Sono profondamente ferito.»
Mikel si avvicinò di qualche passo a Daire e quest’ultimo dovette farsi forza per non indietreggiare di un singolo passo, ma si spostò comunque di lato per avere le spalle coperte dalla parete.
«Come ti ho detto, sono stato impegnato.» Ripetè Daire.
«Mmm… fammi sentire…» commentò Mikel, portando la sinistra, attualmente priva di qualsiasi arma, aperta a pochi centimetri dalla testa di Daire e l’espressione dell’uomo si fece assorta. «Ecco… sento i tuoi pensieri… è per quella donna, non è vero? Con chi te la stai spassando ora? Sì, il suo nome sta giungendo a me…»
Daire colpì con il taglio della mano quella di Mikel, con l’espressione seria.
«Non sono più un bambino con il quale puoi sfruttare questi giochetti.» Rispose, serio. «So che ci stai spiando, quindi parla chiaro.»
L’espressione di Mikel divenne dura e posò le mani ai lati della testa di Daire, sempre con espressione beffarda. Un tremito percorse la schiena di Daire, ma l’espressione rimase ferma.
«Allora, chi è lei?» chiese Mikel, serio.
«Solo una domestica di dama Laverne.» rispose, con lo stesso tono.
«E una donna insignificante dal nome straniero ha attirato il tuo sguardo, facendoti comportare da idiota…» il sogghigno di Mikel si fece più ampio. «Ma non è insignificante come la vuoi far apparire.» Daire tirò appena un lato della bocca in un gesto di inconscio disagio e Mikel non ebbe problemi a vederlo. «Come sospettavo… allora chi è la biondina?»
Daire non rispose, spostando la testa di lato.
«Liberati di lei e torna al lavoro, i ribelli non hanno ancora smesso di creare problemi.» ordinò Mikel, indietreggiando e lasciandolo libero.
Mikel uscì dalla porta della cucina e Daire scivolò a terra, con le braccia abbandonate lungo i fianchi ed il corpo che tremava. Bleuenn avrebbe apprezzato la notizia che i suoi uomini continuavano a combattere, ma a quale prezzo? Liberarsi di qualcuno aveva solo un significato, se uscito dalle labbra del suo vecchio maestro.
Si rimise a fatica in piedi e la porta si aprì, ma stavolta si trattava della porta della sala da pranzo e vide Bleuenn che lo osservava perplessa.
«Che succede?» gli chiese, titubante.
Daire non rispose, stringendola a sé con forza e baciandola con urgenza.

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Capitolo 9
*** Tiddlywinks ***


Gli allenamenti impostati da Daire divennero in breve tempo più difficili e pressanti, tanto che Bleuenn era costretta ad andare armata persino alla latrina. Solo quattro giorni prima l’aveva trovato sconvolto in cucina e non aveva voluto dirle il motivo, per quanto avesse provato a chiederlo.
Bleuenn si trovava nuovamente in cucina, impegnata a preparare uno sformato, quando udì un rumore alle proprie spalle. Un passo che scivolava sui sassetti che Daire aveva insistito a gettare all’interno della stanza. Il passo si fece più vicino ed un mormorio raggiunse il suo orecchio. Posò lo sformato sul tavolo e poi portò una mano al pugnale, girandosi di scatto e puntando l’arma verso l’individuo, mentre l’altra andava alla spada e la estraeva.
Il pugnale scozzò contro un altro pugnale e la spada venne intercettata dal katar. Bleuenn spostò il peso del corpo sulla gamba sinistra e con la destra gli tirò un calcio, che venne evitato da lui girandosi di lato. Si abbassò sulle gambe e le diede una ginocchiata che le fece perdere l’equilibrio e le fu sopra con il pugnale puntato al collo.
«Sei morta.» disse Daire.
«Ma ti avrei portato con me.» rispose Bleuenn con un lieve sorriso ed il proprio pugnale puntato contro il ventre indifeso di lui.
Daire si rialzò e porse una mano a Bleuenn, che la sfruttò per rialzarsi.
«Hai finito di sistemare le stalle?» Chiese la donna, dandosi qualche pacca sui pantaloni di pelle per togliersi i sassetti che vi erano rimasti attaccati e rinfoderando le armi.
«Sì, i cavalli avranno paglia fresca fino a domani e una dose ulteriore di fieno.» Rispose lui, rinfoderando a sua volta le armi. «Qui è pronto?»
«Non del tutto… puoi andare a riempire una brocca alla fontana?»
Daire sospirò, allontanandosi, e Bleuenn ne approfittò per riempire una cesta di vimini di piatti e bicchieri di coccio, lo sformato e una coperta a coprire il tutto. Si voltò ad aspettare Daire con le braccia conserte e sorrise quando lo vide tornare con la brocca. Prese in mano la cesta e poi per il braccio Daire, portandolo all’esterno.
«Che vuoi fare?» chiese Daire, sospettoso.
«È una bella serata, non fa troppo freddo ed il cielo è limpido. Non mi sembra il caso di restare chiusi in casa.» Rispose lei, con un sorriso in volto e portandolo in uno spiazzo vicino ai campi.
L’aria fresca della notte accarezzò i loro capelli e Bleuenn stese la coperta, facendo poi sedervi Daire. L’uomo si guardò con sospetto in giro e si rassegnò all’idea di non avere un luogo chiuso attorno in cui sentirsi più al sicuro. Sistemò piatti e bicchieri e iniziò a servire la cena, versando l’acqua per entrambi.
«Cosa succede, Daire? Sono giorni che sembra che ti aspetti che il cielo ti cada sulla testa.» Commentò con tono apparentemente distratto, iniziando a mangiare lo sformato di carne e patate.
«Niente… niente…» mormorò Daire, spostando lo sguardo al cibo ed iniziando ad assaporarlo.
Anche se erano all’esterno e le due lune, Luna e Celin, erano solo due falci nel cielo, Daire riuscì ad decifrare il suo sguardo indagatore che non aveva creduto alle sue parole.
«È buono.» commentò. «Ripetimi dove hai imparato a cucinare così…»
Bleuenn non riuscì a trattenere un sospiro e portò una ciocca di capelli dietro all’orecchio. «Te l’avevo già detto, quando lavoravo come fornaia, poi dovevo comunque badare a me.» rispose.
«Lo so… ma sai che mi piace sentirtelo dire.» Commentò, con un lieve sorriso in volto e sporgendosi verso di lei. «Mi piace tutto di te.»
Si sporse a darle un bacio e poi continuarono la cena in silenzio, mettendo via le cose a mano a mano che le usavano. Una volta finita la cena, i due si avvicinarono e Daire le circondò le spalle con un braccio, tenendola stretta a sé ad osservare il cielo. Le stelle si vedevano benissimo e così le costellazioni, inclusa la lunga fascia di stelle più vicine che attraversava il cielo. Bleuenn indicò una costellazione a Daire e aspettò che lui la vedesse chiaramente.
«La costellazione degli amanti. In questo periodo dell’anno si staccano dall’orizzonte per raggiungere il punto più alto alla fine del mese prossimo.» spiegò, appoggiando la testa sulla sua spalla. «Dicono che sia per questo che questo mese viene chiamato “l’amore”.»
In quel momento, dalla zona di cielo dietro di loro, una stella cadente attraversò il cielo, passando in mezzo alla costellazione appena individuata. Daire strinse un po’ più forte Bleuenn e le baciò il capo, mentre lei voltava il capo verso di lui.
«Una volta eri più ubbidiente, Daire.» La voce profonda proveniva dall’oscurità alla loro destra.
Daire si mise in ginocchio, ma qualcuno gli tirò un calcio da dietro che lo fece cadere al suolo. Bleuenn portò la mano al pugnale, ma sentì qualcuno prenderle con forza la spalla e tenerla ferma. Bleuenn sollevò lo sguardo verso la propria destra, ma fu il naso quello che lo individuò per primo: l’odore ricordava quello di un toro in calore misto a capre. Riuscì a distinguerlo decentemente alla luce delle stelle e, dalla sua posizione, sembrava un gigante con dei capelli che scivolavano lungo le spalle e vestito pesantemente.
«Dunque è lei quella per cui hai deciso di rifiutare di obbedirmi, Daire.» L’uomo le si avvicinò, prendendole il viso tra il pollice e l’indice e sollevandoglielo per osservarla da vicino.
La donna non poté fare a meno di guardare quell’uomo, con i baffi lunghi e i capelli unti che scendevano a toccarla. Persino il fiato aveva un odore di marcio.
«Lasciala andare, è me che vuoi…» ribattè Daire, cercando di sollevarsi, ma quello che gli aveva tirato il calcio lo schiacciò giù con il piede.
L’uomo lasciò andare il viso di Bleuenn e si avvicinò a Daire, tirandogli un calcio nel viso.
«Non sei proprio nella posizione di porre accordi, marmocchio.» Sibilò, rabbioso. «Sa cosa sei? Di quanto sangue si sono macchiate le tue mani?»
Daire lanciò uno sguardo disperato e speranzoso a Bleuenn, che fece appena un cenno del capo.
«Dimmi, ragazza, cosa sai di lui?» chiese l’uomo.
«Quel tanto che mi basta…» Rispose lei.
In un movimento fluido e cercando di muovere il meno possibile la spalla, estrasse il pugnale e lo conficcò nella gamba dell’uomo che la teneva a terra. L’uomo con un urlo fu costretto ad inginocchiarsi dolorante, mentre Bleuenn ritirava l’arma e si rialzava. Quello che teneva Daire spostò il peso per andare in soccorso dell’altro, ma non riuscì ad andare lontano, perché Daire lo prese per la gamba, tirandola ed atterrandolo per poi afferrare il katar ed affondarlo nel ventre dell’uomo e aprirglielo all’interno. Mikel affondò un pugno su Daire, colpendolo in viso e facendolo indietreggiare di un passo.
«Bleu, scappa.» Ordinò Daire. «Non sei al loro livello.»
Bleuenn scosse la testa, vedendo altri tre uomini avvicinarsi alla loro posizione. Daire si alzò in piedi, indietreggiando di un passo per far sì che Mikel lo seguisse.
«Bleu, eh?» commentò Mikel. «Vi è solo una donna nei nostri compiti in grado di combattere ed il cui nome inizia per Bleu.» poi spostò lo sguardo ai suoi uomini. «Prendetela viva… le faremo passare il desiderio di ribellarsi.»
Gli uomini si avvicinarono a Bleuenn con i katar in pugno e lei estrasse anche la spada.
«Ascoltami, Bleu.» Riprovò Daire. «Non è una battaglia che puoi vincere… va’ a prendere il cavallo e vattene.»
Uno degli uomini si lanciò davanti a Bleuenn, mentre un altro cercava di aggirarla e Mikel era concentrato su Daire, mentre nella sua mano era comparso il pugnale con cui stava giocando qualche giorno prima.
«No… non stavolta.» Sibilò, schivando l’uomo e girandosi per intercettare con il pugnale quello dell’avversario e menando un affondo per cercare di colpire il torso del nemico.
L’avversario ingaggiato da Bleuenn schivò il colpo con un salto indietro ed il terzo di quelli che le erano addosso la sfiorò con il pugnale, tagliandole la manica del vestito e lasciando traccia del suo passaggio sulla chiara carne di lei.
«Ascoltami stavolta.» Disse Daire, con un tono quasi disperato. «Non sei riuscita a salvare Glen e non lo accetti, lo capisco, ma non intestardirti a voler salvare me, perché non hai salvato lui: nessuno di noi vorrebbe mai vederti morta. Ora. Prendi. Quel. Cazzo. Di Cavallo!»
Le ultime parole di Daire erano quasi urlate e quelle parole scossero Bleuenn, che rimase un attimo immobile. L’uomo più vicino approfittò di quella distrazione per avventarsi contro di lei, ma la donna si piegò sulle gambe, passandogli oltre sotto al braccio e iniziando a correre in direzione delle stalle. Mikel riuscì a prendere Daire per la gola e lo sollevò fino a quando i suoi piedi non si staccarono dal suolo. Daire strinse le labbra con forza, cercando di allentare la presa di Mikel.
«Il cavaliere che si sacrifica, da quando hai iniziato a giocare questo ruolo, Daire?» chiese Mikel, con tono beffardo. «L’oscurità è dentro di te, è inutile che cerchi di fare il paladino.»
«Da prima di… quanto ti possa… aspettare…» annaspò Daire, cercando di scalciare e lanciando un’occhiata alle stalle.

Bleuenn scartò di lato come vide uno degli uomini avvicinarsi troppo e infilò il pugnale nel fodero, tenendo ben stretta la spada. Un uomo spuntò al suo fianco e Bleuenn scivolò, evitando il pugnale per un soffio. L’uomo fu subito sopra di lei e riuscì a schivare per un soffio il katar.
“Veleno.” Fu l’unico pensiero che le attraversò la mente, mentre riusciva a rivedersi in quella lama piantata al suolo.
Scalciò l’uomo e riguadagnò la libertà, conquistando a fatica le stalle. Chiuse la porta alle proprie spalle, appoggiandosi un attimo.
«Sai che nessuno sfugge alla Congrega, Daire.» Disse Mikel, iniziando a punzecchiare Daire con il pugnale e facendolo sanguinare.
Il suono di zoccoli giunse da lontano e Mikel si voltò in tempo per vedere Bleuenn puntare contro di lui con tanto di cavallo. Mikel piantò il pugnale nel fianco di Daire e lo spinse lontano. Bleuenn prese le redini con una mano sola e tese l’altra verso il basso per prendere al volo il braccio di Daire. Sentì i muscoli tirarsi per caricare di peso l’uomo, anche se lui le diede una mano tirandosi su ed aggrappandosi al cavallo. Bleuenn lo tirò con la pancia di traverso sul cavallo e tirò le redini, facendo fare un giro stretto per puntare poi verso il sentiero che aveva preso Laverne qualche tempo prima.
«Andrà tutto bene, Daire… andrà tutto bene…» gli mormorò, tenendosi con le gambe sui fianchi privi di appigli del cavallo e tenendosi bassa.

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Capitolo 10
*** Nascondino ***


Attraverso il bosco la luce era ancora minore rispetto al campo dove avevano cenato e mandò una preghiera agli spiriti, affinché il cavallo non si azzoppasse. Abbassò lo sguardo su Daire, ancora steso di traverso sul cavallo.
«Resta con me…» Gli mormorò Bleuenn, lanciando un’occhiata alle loro spalle.
Non sapeva da quanto tempo aveva lasciato la tenuta e l’unico rumore che aveva sentito dopo le imprecazioni degli sconosciuti era il galoppo del cavallo. Rallentò l’andatura del cavallo, pur continuando per il sentiero, e tornò a guardare davanti a sé. Daire fece un verso e Bleuenn si chinò su di lui.
«Daire, mi senti?» gli chiese, mentre il cavallo si fermava.
«Bleu…?» mormorò lui.
«Riesci a metterti seduto?» gli chiese, premurosa.
Daire si tirò sul collo del cavallo e si sforzò per mettersi a cavalcioni, piegandosi poi in avanti sfinito. Bleuenn gli circondò con un braccio la vita e la mano toccò il fianco, probabilmente ferito dalla pugnalata, ed ora bagnato da liquido viscoso: sangue. Colpì con i talloni i fianchi del cavallo, tirando le redini nel contempo per fargli riprendere il cammino.
«Quant’è grave?» gli chiese, preoccupata.
«Non morirò presto.» Rispose lui, cercando di avere un tono quieto per quanto il dolore lo assalisse ad ondate. «Dovevi andartene finché eri in tempo.»
Lei scosse la testa, premendo la mano sulla ferita in modo da tamponare la ferita. La testa di Daire ciondolò in avanti e Bleuenn lo tenne forte anche se non riusciva a vedere dove stava andando.
«Dobbiamo fermarci… non resisterai a lungo se non ti chiudo la ferita.» commentò lei, tirando le redini del cavallo per farlo voltare in un altro sentiero.
Affinò l’udito per cercare di capire dove potesse scorrere un corso d’acqua, ma non udì nulla di utile.
«Va’ verso nord…» mormorò Daire. «Se mi lasci qui… dovresti farcela in tempo… i tuoi uomini stanno… ancora combattendo.»
Lasciò che il cavallo seguisse il sentiero che avrebbe dovuto portare loro a valle e scosse la testa. La foresta era ancora silenziosa, ma ciò non significava nulla visto con chi avevano a che fare.
«Chi erano?» chiese, cercando di guardare dove stavano andando.
Daire tacque, con la testa che ciondolava in avanti, e Bleuenn si chiese se fosse ancora cosciente. A dire il vero non ci aveva pensato molto prima di andare in soccorso di Daire. Si era ritrovata chiusa nelle stalle con gli uomini che stavano cercando di entrare e si era avvicinata ai cavalli. Erano state messe loro le redini, ma non aveva tempo per cercare di sistemare le selle e così era balzata sul primo cavallo e aveva liberato gli altri in modo che non potessero sfruttarli.
Non aveva pensato a cosa stava facendo quando aveva cominciato la carica contro quell’uomo che stava tenendo Daire - il suo Daire si era ritrovata a pensare in quel momento - e che l’aveva colpito prima di lasciarlo andare. La spalla ed il braccio le facevano ancora un po’ male per lo sforzo di tirarlo su, ma non poteva concedersi di pensare a quello o non sarebbe riuscita a mantenere sopito il dolore.
Il cavallo proseguì lungo il sentiero e Bleuenn lasciò scorrere i pensieri. Marmocchio, più obbediente, rifiutare di obbedire… anche uno scemo avrebbe capito che si trattava di qualcuno che l’aveva conosciuto quand’era piccolo e, probabilmente, l’aveva cresciuto. Avrebbe dovuto distinguere meglio chi aveva davanti e ricordava solo il suo odore penetrante, i capelli scuri e unti e i baffi lunghi. Avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione.
Il cavallo sbuffò, continuando il cammino, e Bleuenn alzò lo sguardo al cielo, strizzando gli occhi. Ad oriente stava iniziando a schiarire e indirizzò il cavallo verso nord, chiedendosi quanto sarebbe ancora resistita prima di crollare. La paura non l’aveva ancora abbandonata, mantenendola vigile, ma le energie potevano lasciarla da un momento all’altro.
Il declivio iniziò ad essere più dolce e dopo un bel po’, quando il sole fece la sua comparsa ad est, raggiunsero la pianura, dove la protezione degli alberi era molto inferiore.
«Daire… siamo in pianura…» Mormorò Bleuenn, appoggiandosi un po’ a lui.
L’uomo non rispose, ma il petto sotto al braccio di Bleuenn si muoveva ancora lievemente.
«Ce la faremo, non mollare…» Sussurrò ancora, portando lo sguardo in avanti.
C’erano soldati in armatura davanti a lei, i cui scudi riflettevano la luce nascente? Non riusciva a distinguere bene…
Il cavallo avanzò ancora e si fermò sulla sponda di un fiume e Bleuenn scivolò al suolo, cercando di tenere su con le mani Daire e poi fece scivolare anche lui. Daire crollò al suolo e Bleuenn lo trascinò vicino all’acqua, in un luogo protetto da qualche cespuglio, e si tolse la maglia, quindi si avvicinò al cavallo e gli diede una pacca, facendolo partire per un’altra direzione. Aveva perso il mezzo di fuga, ma se loro avessero seguito le tracce, li avrebbe depistati per un po’. Con il pugnale tagliò una striscia di stoffa ed immerse il resto in acqua. I movimenti le sembravano goffi e solo quando sollevò la maglia di Daire notò quanto fosse profonda la sua ferita, questa era anche slabbrata e sarebbe stato impossibile ricucirla con il nulla che aveva con sé.
«Se davvero eri tra i miei soldati…» Mormorò. «Ti ordino di non morire…»
Pulì la ferita dal sangue secco e poi schiacciò la maglia contro il fianco, legandoci attorno la striscia in modo da mantenerla al suo posto. Prese in mano il pugnale determinata a tenere la guardia anche se svenne poco dopo per la stanchezza.

---

Il sole di mezzogiorno colpì con violenza gli occhi di Bleuenn, che portò una mano a pararseli.
Si chiese quanto tempo fosse passato e aprì gli occhi, scoprendo di esser finita con la testa sul petto di Daire e che il suo respiro era di poco più forte.
«Daire, mi riesci a sentire?» Chiese la donna, mettendosi seduta e accarezzando i capelli dell’uomo.
Lui mugolò qualcosa d’indecifrabile e fece fatica ad aprire gli occhi, ma quando lo fece a Bleuenn sembrò che fissassero il vuoto.
«Daire, dobbiamo attraversare il fiume.» Gli disse, continuando ad accarezzargli i capelli.
«Bleu?» Mormorò lui, spostando lo sguardo verso di lei.
«Sì, sono qui.» Rispose, prendendogli anche la mano. «Mi hai fatto spaventare.»
«Lasciami qui, Bleu, non ce la farai mai a portarmi di là…» Cercò di farla ragionare, prendendole la mano e cercando di sollevare l’altra al viso di lei. «La corrente è più forte e io non sono in grado di nuotare…»
Bleuenn scosse la testa, mentre le lacrime le affollavano gli occhi.
«Non ti ho portato fin qua per abbandonarti proprio ora…» rispose lei. «Tu vivrai…»
Daire fece un sorriso stentato e le accarezzò la guancia, quindi cercò di mettersi seduto anche se un’espressione di dolore gli attraversò il viso.
«Bleu, i tuoi uomini sanno che sei viva.» Le disse. «Qualche giorno fa ho cercato di mandare loro un messaggio per dir loro di venirti a prendere… se mi hanno ascoltato, saranno a qualche giorno da qui, sulla strada per Aegddun…»
Bleu lo aiutò a tenersi seduto spostando la mano dai capelli alla schiena.
«Chi sono?» chiese.
«Gli uomini per cui lavoravo…» rispose. «Se non mi lascerai qui, t’inseguiranno finché non ti uccideranno.»
«Non è la morte che temo, non più.» Fu il commento di lei, spingendosi in avanti a dargli un bacio sulla fronte e con un lieve sorriso in viso.
«Male, dovresti farlo…» Lui scosse con decisione la testa e poi spostò lo sguardo verso il fiume. «Te l’hanno detto che sei testarda?»
Lei non poté fare a meno di ridacchiare annuendo, ma lo sguardo di lui si fece serio non appena vide il taglio incrostato sul braccio di lei. Portò la mano al braccio nudo di lei, sfiorando la ferita, e lo sguardo si accigliò.
«Sei stata ferita…» commentò, serio.
«Non è altro che un graffio.» rispose lei, scuotendo la testa. «La tua è ben più grave e non possiamo perdere tempo a cercare un guado.»
Solo allora si rese conto che la donna era a torace nudo e si voltò con il viso in fiamme, scrutando con attenzione le acque. L’Argenteo si stagliava davanti a loro, quieto in superficie tanto quanto era impetuoso nelle profondità e questa differenza, oltre ai numerosi pesci argentati, aveva dato il nome al corso d’acqua. Non conosceva bene il percorso, ma sapeva che c’erano delle rapide e che non si potevano sentire fino a quando non era troppo tardi.
«Non riusciremo mai a passare…» Commentò, con un sospiro.
«Ma dobbiamo farlo prima che ci raggiungano, non hai appena detto che sono testarda?» Rispose, con un sorriso.
Daire studiò il fiume placido, osservò la sua larghezza e stimò che nelle sue condizioni se non ci avesse messo più di tre quarti d’ora sarebbe stato un miracolo, anche se questo avrebbe significato venire trasportati per chilometri a valle e forse finire nelle gole vicino Aegddun. Bleuenn si tolse i pantaloni e chiuse con dei nodi le estremità delle gambe, quindi entrò in acqua e vide se quei pantaloni erano in grado di trattenere per un po’ l’aria e aiutare Daire a tenere la testa fuori dall’acqua. Daire la vide e rimase interdetto a quello spettacolo, ma non poté fare a meno di ammirare i muscoli guizzanti sotto alla pelle e le gambe tornite. La maggior parte delle donne che aveva avvicinato, erano più simili all’idea comune di femminilità: magre o in carne che fossero, avevano i corpi più affusolati, con le braccia dalla pelle liscia, che non lasciava intravedere i muscoli così delineati ed il ventre, che poteva portare o meno i segni delle gravidanze, non avevano quegli accenni di addominali che vedeva in lei. Non che per lui fosse brutta dal viso in giù, ma era una sua particolarità.
Bleuenn controllò per quanto tempo i pantaloni avrebbero sorretto il peso di una testa e poi tornò a riva.
«Pensi di riuscire a spogliarti?» chiese Bleuenn, pragmatica.
«Eh? Come? Sì… certo…» rispose lui, arrossendo violentemente fino alle orecchie e voltandosi dall’altra parte.
«Lascia su soltanto la fasciatura, almeno avrai delle cose asciutte per dopo.» stabilì lei, prendendo quasi in contropiede Daire.
Daire soffrì in silenzio mentre si rialzava in piedi e si voltò dall’altra parte per iniziare a spogliarsi. Bleuenn non rimase lì a godersi lo spogliarello, ma si acquattò vicino al limitare della copertura per controllare che nessuno si avvicinasse mentre erano così vulnerabili. Dopo un po’ che armeggiava con i pantaloni, Daire scoprì di avere un imbarazzante problema sotto la cintola, s’infilò subito nell’acqua gelida prima che Bleuenn potesse voltarsi e solo una volta protetto dall’acqua si allacciò nuovamente in vita la cintura con il katar ed il pugnale.
Sentito lo sciabordio di qualcuno che entrava in acqua, Bleuenn si voltò vedendo Daire già in acqua e si legò sotto alle ascelle la cintura con le armi. In quel momento, non si comportava più come la donna libera che era stata nella tenuta di Laverne, ma come il comandante della fanteria che era stata negli anni passati.
Bleuenn riempì di nuovo i propri pantaloni con l’aria, scuotendoli con un rapido movimento ed infilando la bocca aperta in acqua per non perdere il prezioso gas.
«Mettilo sotto alla testa, ti aiuterà a restare a galla.» gli ordinò, con un tono che non ammetteva repliche.
Daire fu costretto ad obbedire e s’inoltrò nell’acqua sorretto da quello strano salvagente e Bleuenn tenne sul capo i vestiti dell’uomo. La corrente era più forte del previsto e li trascinò verso valle con più forza del previsto. Bleuenn si mise al fianco di Daire, controllando che riuscisse a mantenere la testa fuori dall’acqua, e lui le fece un cenno d’assenso con il capo continuando a battere le gambe con la poca forza che gli restava. L’acqua fredda stava togliendo le energie e quando Bleuenn vide che Daire stava per finire sott’acqua lo prese per una spalla, spingendolo verso l’alto anche se così finì sott’acqua per qualche istante. Il freddo stava togliendo loro le energie e gli alberi che sfilavano veloci davanti a loro non erano una visione rassicurante. La testa di Daire finì sott’acqua e la donna lo spinse in avanti, chiedendosi se ce l’avrebbe fatta a salvarlo. Bleuenn scosse la testa e spinse avanti l’uomo e non sapeva quanto tempo fosse passato quando riuscì a sentire che le gambe stavano iniziando a grattare sulla ghiaia.
Bleuenn cercò di alzarsi in piedi mentre l’acqua la spingeva in giù con la stessa forza e riuscì a recuperare Daire prima che le scivolasse lungo il fiume, quasi privo di coscienza e con la testa a pelo d’acqua. Lo prese di forza e lo tirò a riva, passandosi il suo braccio attorno alle spalle e sorreggendolo con il fianco contro quello di lui ferito… non poté fare che pochi passi prima di inciampare e restare distesa al suolo, priva di energie.
«Ehi, Daire… siamo dall’altro lato…» gli mormorò, girandosi sulla schiena ed osservando il cielo limpido. «Resisti ancora un po’, va bene?»
Dall’uomo non giunse alcuna risposta.

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


Il respiro di Daire si fece più regolare e l’uomo strinse gli occhi. In bocca aveva un gusto amaro, quasi metallico, e nelle orecchie sentiva rimbombare il proprio sangue. Sentiva lo stomaco stringersi in una morsa d’acciaio. Mosse una mano, sentendo la pelle della propria gamba sotto le proprie dita, e la spostò un attimo, sentendo della pelle nuda sotto ai polpastrelli.
«Sei sveglio?»
La voce di Bleuenn lo colse di sprovvista e aprì gli occhi, osservando stralci di cielo nell’oscurità. La udì fare un sospiro e cercò di mettersi seduto, con una mano che stringeva la sommaria fasciatura al fianco. Ricordava a malapena che avevano attraversato il fiume e le boccate d’acqua, ma non ricordava di esserne mai uscito. Forse era morto…
«Quanto… tempo è passato?» chiese, portando l’altra mano alla tempia.
«Il pomeriggio… credo.» rispose lei, con un po’ d’incertezza che trapelava dalla sua voce. «Quando mi sono svegliata era già buio.»
Bleuenn era seduta vicino a lui e Daire poté vedere senza problemi che l’unica cosa che aveva addosso era la cintura con le armi. Si soffermò un po’ troppo sul suo corpo prima di distogliere lo sguardo, ringraziando le tenebre che nascondevano il suo viso imbarazzato. Sulla pelle, sentiva il calore degli abiti asciutti e si chiese quando fosse riuscito a rimetterseli.
«Rimettiti almeno i pantaloni, ti ammalerai.» la rimproverò, pur continuando a non guardarla.
Non riuscì a vedere il sorriso amaro di lei né il suo scuotere la testa.
«Sono stati persi nella traversata.» rispose lei. «Almeno, se li trovano, possono pensare che siamo annegati nella traversata. Riesci ad alzarti?»
Bleuenn si alzò, anche se una volta in piedi si dovette fermare allargando un po’ le braccia. Il digiuno forzato stava causando le prime debolezze e lei non era in grado di distinguere una pianta commestibile da una velenosa.
Aiutò Daire ad alzarsi in piedi e passò il suo braccio sopra le proprie spalle, iniziando a guidarlo verso una precisa direzione. Mentre l’uomo riposava, la donna aveva studiato il cielo per mettere a frutto quelle poche conoscenze che aveva per orientarsi e lo stava portando verso nord, dove sapeva attraversava la strada che andava ad Aeggdun.
Daire si appoggiò pesantemente a lei. Stare vicino all’acqua era pericoloso in quella situazione, dove chiunque li stesse cercando li avrebbe trovati facilmente, in questo concordava con lei, ma non sapeva a quanto distavano ancora dalla strada.

Bleuenn incespicò, riuscendo a mantenere l’equilibrio per puro miracolo.
Ma chi gliel’aveva fatto fare ad iniziare quella ribellione? Alla frusta ci aveva fatto l’abitudine e bastava evitare i soldati imperiali per scansare qualsiasi attenzione poco gradita, ma avrebbe avuto un tetto sopra alla testa e degli abiti caldi.
Scosse la testa, tendendo lo sguardo in avanti e cercando di udire eventuali suoni. Un ululato era lontano, con buone speranze troppo affinché si accorgesse di loro. Lanciò un’occhiata a Daire, che avanzava strascicando i piedi, e cercò di tirarlo più dritto, causandogli un lieve gemito di dolore.
Già, avrebbe dovuto restarsene nel suo forno…
«Non sarebbe… stato da te…» Sospirò Daire.
Bleuenn si fermò, portando lo sguardo indagatore su di lui.
«Come? Non dirmi che hai iniziato a leggere nella mente.» Commentò, con tono lievemente acido.
«Stavi parlando a voce alta…» Fu il commento di lui.
Ripresero il cammino e passò ancora mezza nottata prima che riuscissero ad intravedere delle luci in lontananza. Bleuenn vide dei movimenti davanti a lei e battè la mano sul fianco sano di Daire. Avanzò ancora e vide delle figure venire incontro a loro. Le armature e gli elmi splendevano di rosso alla luce delle torce e le armi tintinnavano ai loro fianchi, un dolce suono, mentre la donna iniziava a distinguere la barra chiara sulle cotte d’armi degli uomini.
«Dama Bleuenn?» chiese uno degli uomini, raggiungendola e sorreggendola come se la donna fosse una torcia accesa. «Il comandante Mael ci ha separati per cercarvi.»
Bleuenn fece un cenno col capo all’uomo, mentre lasciava Daire più incosciente che sveglio nelle mani di un altro.
«Vi prego… salvatelo…» Mormorò, perdendo a propria volta i sensi tra le braccia del soldato.

Quando Bleuenn si svegliò, era stata coperta da un lieve lenzuolo e sopra di sé la tela chiara di una tenda bloccava i raggi del sole.
Spostò lo sguardo di lato e vide una persona seduta accanto al letto, soffermandosi sull’armatura di piastre. I capelli mori lunghi fino alle spalle incorniciavano il viso preoccupato e gli occhi scuri erano fissi su di lei.
«Mael…» sussurrò, rendendosi conto che le stava tenendo la mano.
«Avevo paura di non vederti più…» rispose lui, con lo stesso sussurro.
«Anch’io…» commentò lei, poi abbassò lo sguardo. «Quell’uomo… è sopravvissuto?»
Lo sguardo di Mael si accigliò, ma annuì.
«Sì, per poco, ma è vivo.» le rispose, cercando di fare un lieve sorriso in volto. «Ora riposa, ci sono molte cose che entrambi dobbiamo conoscere…»
Si chinò a baciarla sulle labbra, prima di alzarsi e dirigersi all’esterno. Spostò lo sguardo al soffitto della tenda, pensierosa. I mesi che aveva appena passato erano stati piacevoli, una sorta di parentesi di riposo tra le lotte. Presto avrebbe dovuto riprendere a combattere e guidare i propri uomini, li avrebbe condotti alla morte o alla vittoria.
Ma prima di tutto avrebbe dovuto fare chiarezza in se stessa. Daire aveva cominciato a piacerle in quei giorni, Mael l’aveva sempre amata e Glen era morto da tempo.
Il suo cuore rimaneva un dilemma, diviso fra l’amore per tre diversi uomini e la necessità di combattere.

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