Lo zarro di Vimercate

di xfrancix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una serata movimentata ***
Capitolo 2: *** Vicini ma lontani ***
Capitolo 3: *** Incubo ***



Capitolo 1
*** Una serata movimentata ***


“Cambia canale, non voglio sentire questa robaccia.”
“Che noia che sei, non ti va mai bene niente!” Appoggio le dita sulla radio e cambio stazione, ma tutto quello che risulta è solo un fastidioso rumore provocato dal poco segnale, quindi decido di spegnere. Prendo la mia giacca e tiro fuori dalla tasca un disco che ho lì da qualche giorno. Lo inserisco nella radio e lo faccio partire. Nel sentire della buona musica rap sul viso del ragazzo di fianco a me si forma un sorriso.
“Ascolta, questa sera...” inizia a parlare il ragazzo, guardandomi dritto negli occhi.
“Stai attento alla strada, per favore” dico costringendolo a girare il viso in direzione della strada e continuare a guidare.
“Dicevo...” riprende “Stasera hai esagerato un po’, con Tiffany e Gionny, intendo.”
“Non ho esagerato” il mio tono appare seccato e deciso ad aver ragione.
“Ma...” cerca di ribattere, ma inutilmente.
“Non ho esagerato, Federico.” A queste parole il silenzio si fa strada tra la musica abbastanza alta della radio. La mia voce, ora, appare più alta e rabbiosa, perché so di avere ragione, so che quelle troia e quel bastardo hanno avuto quello che si meritavano.
Il mio migliore amico che si scopa la mia fidanzata e la mia fidanzata che si scopa il mio migliore amico? Non è perdonabile.
Che escano dalla mia vita, ora e per sempre.
Mi passo la mano sulla guancia e riesco a toccare la ferita procuratami durante lo scontro con Gionata; fa ancora male ma Gionata è sicuramente messo ben peggio di come sono messo io ora.
Metto le mani in entrambe le tasche dei pantaloni e tiro fuori un pacchetto di sigarette da una delle due.
“Merda, sono finite...” dico richiudendo il pacchetto dopo averci guardato dentro e lo butto all’indietro, da qualche parte nella macchina.
“Dovrei averne io, prova a guardare nella tasca della giacca.” Mi volto all’indietro e allungo il braccio in direzione della giacca di pelle di Federico, per tirarla verso di me e prenderne il pacchetto di sigarette quasi nuovo. Ne prendo una e l’accendo, poi ne prendo un’altra e la metto in mano a Federico.
Sento il fumo scorrere nella gola e arrivare fino nei polmoni, con un leggero bruciore e questa sensazione assolutamente famigliare mi fa calmare un po’ da tutto lo stress che ho addosso a causa della serata appena trascorsa.
“Devo ammetterlo, mi fidavo di lui, di Gionny.” Dico vagamente, tenendo un tono di voce più basso di quello che tengo di solito.
“E’ sempre stato il tuo migliore amico, fin da quando eravate piccoli, sono certo che tutte le scuse che inventava in realtà erano vere.” Mentre gli urlavo contro, Gionny continuava a ripetere che non avevano fatto niente, che Tiffany si stava inventando tutto e che in realtà era lei ad avermi tradito, ma io, per qualche strano motivo non riuscivo a credergli.
“Non credo, ha tradito la mia fiducia, punto. Non ci sono storie.”
“Ora, però, devi pensare solo al concerto, a questi problemi potrai dedicare tempo tra qualche giorno.”
Già, il concerto, me n’ero scordato, ho troppe preoccupazioni per la testa.
Amo i concerti, sono gli unici momenti in cui posso davvero guardare in faccia molti dei miei fan, il che mi rende davvero felice.
Questa volta si suona all’Alcatraz, riesco già a sentire addosso l’emozione, nonostante manchino ancora due giorni.
Proprio mentre inizio a chiedermi quanto possa mancare ad arrivare a Vimercate la macchina si ferma. E’ l’una di notte inoltrata, scendo dalla macchina salutando Fede e mi incammino verso casa. Non poteva lasciami un po’ più vicino sto stronzo? Non che sia lontano, ma il tempo non è dei migliori e la stanchezza della giornata inizia a farsi sentire.
Vimercate la notte non è affatto un bel posto. Passo attraverso la piazza, cercando di non farmi riconoscere dai ragazzini, e imbocco una strada secondaria, quella che porta a casa mia.
Mentre cammino comincio a pensare... Federico l’ho conosciuto in studio un giorno, è entrato mentre registravo una canzone. Sapevo esistesse un certo Fedez, ma non pensavo potessimo diventare così amici, come siamo ora.
Posso sempre contare su di lui, lui può sempre contare su di me, ma la nostra amicizia non sarà mai uguale all’amicizia che c’era tra me e Gionata.
Gionata... Quel bambino che ho conosciuto all’asilo, quel ragazzino con cui ho fatto le prime esperienze di vita, quell’uomo con cui ho condiviso tutti i miei pensieri e tutta la mia vita...
La nostra amicizia faceva invidia al mondo, noi facevamo invidia al mondo. Credevano fossimo fratelli ormai, tanto stavamo insieme. Una canzone insieme non l’abbiamo mai fatta, abbiamo sempre preferito tenere il rap fuori dalla nostra amicizia, essendo abbastanza famosi entrambi.
E poi c’è Tiffany... La ragazza con cui ho passato i momenti più belli della mia vita, la ragazza che credevo fosse quella giusta, ma evidentemente mi sbagliavo.
È una bella ragazza, ha un bel corpo... Probabilmente stava con “Emis Killa”, non con Emiliano, avrei dovuto capirlo prima.
Ultimamente, per fortuna, ho imparato a non dar troppo peso alle delusioni provocate da persone che non mi meritano, ho imparato a passarci sopra e andare avanti. E se fossi io a non meritare loro? E se fossi io a non meritare i baci di Tiffany e le strette di mano di Gionny?
Il mio punto fisso è Gionata, non Tiffany, ora. Tiffany è una ragazza, una di quelle troiette, evidentemente, che vanno e vengono, probabilmente devo ancora trovare la ragazza giusta, in fondo ho solo ventitré anni, ma Gionata, il mio migliore amico, non sarà mai rimpiazzabile con qualcuno.
Improvvisamente mi fermo davanti ad un muretto e guardo un ragazzo e una ragazza che si baciano. I due si girano verso di me, imbarazzati dal punto che li sto fissando da un buon cinque minuti.
“Cos’hai da guardare?” Mi chiede il ragazzo con fare minaccioso, come la maggior parte dei ragazzi di Vimercate fanno. Rimango un po’ a pensare, guardo il muretto e poi guardo loro: mi vengono in mente i momenti passati in quel luogo da ragazzino. Il primo bacio a Tiffany l’avevo dato proprio lì, mi ricordo ancora benissimo quel giorno: era un giorno di primavera e io ero appena uscito con la mia compagnia, in cui eravamo uno più disagiato e zarro dell’altro. Seduta lì c’era lei, bella come pochi, vestita con una gonna corta e una maglietta a maniche lunghe scollata, già puttana a sedici anni. Arrivò una compagnia di finti gangster con la quale io e i miei compagni non eravamo mai andati d’accordo, cominciammo a litigare e a quel punto io mi sedetti sul muretto evitando di iniziare una rissa, e Tiffany, per calmarmi, mi baciò. Lo ricordo come fosse ieri, nonostante siano passati già sette anni. A pensare a tutto questo tempo passato insieme a lei, gli ultimi due anni passati nella stessa casa, mi viene una fitta al cuore.
Ricordandomi della domanda del ragazzo, alzo lo sguardo e rispondo con un semplice:”Niente”, mi tiro su il cappuccio della felpa e me ne vado, diretto verso casa di mia madre.
Due anni fa decisi di andare via di casa e comprare una casa a pochi isolati da quella in cui avevo sempre vissuto insieme a mia madre, per andare a vivere con Tiffany. Mi rendo conto solo ora del grande errore fatto. E’ una bella villa, con un grande giardino, mentre la casa di mamma è molto più piccola e ha una piccola porzione di terreno disponibile. Da bambino rimanevo sempre lì a giocare con Gionny, da mattina a sera.
I lampioni mi fanno strada fino a casa, entro cercando di fare il meno rumore possibile, perché è tardi e non voglio svegliare mia mamma che dorme.
Fortunatamente ho sempre nella giacca sia le chiavi di casa che le chiavi di mamma, in caso dovessero servirmi.
Questa notte sarei dovuto tornare a casa mia, insieme a Tiffany, ma dopo averla lasciata, questa sera, non voglio entrarci, perché credo lei andrà lì, la casa dei suoi genitori è lontana da qui.
Richiudo la porta alle mie spalle a chiave e mi dirigo in camera mia, continuando a fare il più silenzio possibile.
Mi tolgo le scarpe e mi butto sul letto senza neanche avere la cura di cambiarmi.
“Lo zarro di Vimercate ha fallito un’altra volta” pronuncio queste parole sottovoce, ripensando alla serata appena passata, e subito dopo mi addormento.



-ANGOLO AUTRICE-
Ciao, ho deciso, dopo molto tempo, di pubblicare questa storia.
A me, personalmente, piace molto, perché mi fa sognare, in un certo senso, e la trovo intrigante.
Fatemi sapere cosa ne pensate in una recensione, è importante per me sapere che ne pensate, anche negativamente. 
E se avete domande o richieste, scrivetemi pure, sono sempre disponibile!
Spero davvero che vi piaccia, spero apprezziate il mio impegno.
Un bacio a tutti dalla vostra Franci ♥

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Capitolo 2
*** Vicini ma lontani ***


2.
“Spiegami cos’è sta roba.” Sento una voce e subito dopo un qualcosa cadermi esattamente sul petto. Apro leggermente gli occhi e vedo mia madre, in piedi, di fianco al mio letto, che mi guarda. Abbasso lo sguardo verso il mio petto e vedo il giornale d’Italia.
Lo prendo in mano e leggo il primo articolo della prima pagina.
 
Scoppia rissa in piazza Duomo, a Milano, tra Emis Killa e GionnyScandal, i due famosi rapper nonché amici.
E’ scoppiata una rissa tra i due rapper a Milano, in piazza Duomo, dopo mezzanotte, forse provocata da un momento di tensione. Ad assistere c’era anche Tiffany, la ragazza di Emis Killa, la quale ha.... [continua a pag. 5]
 
Chiudo il giornale e lo butto a terra, senza neanche continuare a leggere. Sono stanco di finire sul giornale per ogni cazzata, a causa di questi paparazzi presenti ovunque io sia.
“Allora?” Non dici nulla?” chiede mia madre incrociando le braccia sul petto. Come risposta, mi limito a sbuffare e, subito dopo, mi alzo dal letto per andare ad aprire la finestra. Entra una leggera brezza che mi fa venire i brividi e mi fa sentire subito meno addormentato e il sole di Giugno mi picchia diretto sul viso.
“Voglio sapere da te cos’è successo, Emiliano” dall’ultima parola capisco che è realmente arrabbiata con me: solo quando lo  è mi chiama con il mio nome per intero, altrimenti io per lei sono Emi.
“Lo so, ma’, ho fatto una cazzata.” Dico vago, affacciandomi alla finestra.
“Emi, non sei più un bambino, devi capirlo. Ora devi iniziare e prenderti le tue responsabilità, devi crescere e smetterla con queste cazzate. Hai una casa, hai una fidanzata...” a queste parole la interrompo subito:”No, mamma non ho più la ragazza.”
A quel punto mia madre si avvicina a me e mi guarda negli occhi, non parla, ma capisco cosa vuole dirmi. Mi capisce. Non mi sta rimproverando, mi sta solo aprendo gli occhi alla realtà.
“Ah quindi è per questo che è successo tutto? Non ti chiedo nei particolari perché so che sono affari tuoi e sei abbastanza grande per risolverti da solo i problemi, ma ho comunque un paio di cose da dirti: Tiffany, probabilmente, non era la ragazza giusta, hai 23 anni, hai tutto il tempo di trovare la ragazza perfetta, quella con cui rimarrai tutta la vita... Per quanto riguarda Gionata, conoscendolo bene, posso dirti che qualunque cosa sia successa non sottovalutarlo: è un bravissimo ragazzo, ci tiene davvero tanto a te, pensaci, ha lasciato tutto e tutti per rimanere con te, ti ha sempre considerato come un fratello, ha considerato me come una madre, in assenza della sua... Non sottovalutarlo.” Nel sentire queste parole mi si illuminano gli occhi: Gionny mi voleva davvero bene, in effetti, non avrebbe mai scopato con Tiffany, oltretutto non le è mai andata molto a genio, soprattutto dopo che si è lasciato con Denise. Nonostante questo non riesco a togliermi dalla testa l’immagine che mi sono creato io stesso nella mente: Gionny e Tiffany che si baciano.
“Ti voglio bene ma’” chiudo la finestra e la abbraccio.
Dopo poco scioglie l’abbraccio e mi guarda dalla testa ai piedi:”La smetterai di crescere prima o poi?” sono più alto di lei, entrambi pensavamo che avessi smesso di crescere, invece quest’anno mi sono alzato di qualche centimetro, di colpo.
Ridiamo entrambi e lei esce dalla mia camera, lasciandomi da solo per potermi cambiare.
Sono ancora vestito da ieri sera, mi tolgo i jeans e la maglietta e mi metto una tuta dell’Adidas e una canottiera bianca che uso spesso per andare in palestra.
Esco dalla mia stanza e vado due stanze di fianco, in cucina, per fare colazione. Mi siedo al tavolo e, dopo poco, noto mia madre che mi guarda malissimo.
“Che c’è?” dico girandomi per aprire la credenza dietro di me e cercare qualche cosa da mangiare.
“Sono le 11, pensi di fare colazione a quest’ora?”i miei occhi si spalancano improvvisamente, nel sentire quelle parole.
“Le 11? Oh cazzo” sposto la sedia e corro verso la porta, saluto mia mamma e vado velocemente verso la mia moto. Mi siedo sulla sella e faccio per mettere dentro le chiavi ma...
“Cazzo, le chiavi” scendo dalla moto e rientro, correndo, in casa, mi dirigo verso il tavolo della sala e prendo le chiavi. Sento mia mamma ridere dalla cucina e dire che ho sempre la testa nelle nuvole, ma non ho il tempo di risponderle che sono già fuori di casa.
Torno alla modo e infilo le chiavi, pronto per partire.
“Cazzo, il casco!” corro in casa e mia mamma, vedendomi, scoppia nuovamente a ridere, prendo il casco ed esco richiudendomi la porta d’ingresso alla spalle.
Finalmente sono pronto per partire, dopo l’ennesima volta che torno in casa per aver dimenticato qualcosa di essenziale: si vede che mi sono svegliato da poco.
Parto e, dopo poco tempo, arrivo a Milano; parcheggio il veicolo davanti allo studio di registrazione ed entro.
“Ciao raga” saluto tutta la crew.
Mi guardano tutti male, tutti tranne Fedez, e subito capisco:”Oh, scusate il ritardo, ieri ho fatto tardi e...” non riesco a finire la frase che Zanna mi interrompe.
“Lo sappiamo. Sappiamo cos’è successo con Tiffany e Gionata.” All’inizio non riesco a capire come facciano a sapere tutto: Fedez non può di certo averglielo detto, lo conosco fin troppo bene, ma poi mi viene in mente la prima pagine di giornale e capisco tutto. A quel punto mi limito ad abbassare gli occhi e puntarli sulle mie scarpe rosse.
“Non fare cazzate, d’accordo?” mi dice Zanna dandomi una pacca amichevole sulla spalla.
Zanna è il mio manager da sempre, nonché amico. Lo ringrazio spesso per tutto ciò che fa per me, soprattutto in campo artistico-musicale.
Io annuisco e ci dirigiamo tutti in sala prove. Domani avrò il concerto, non vedo l’ora di sentirmi l’adrenalina passarmi per tutto il corpo prima di salire sul palco, ma ora devo pensare solo a concentrarmi durante queste fondamentali prove pre-live.
Passa un’ora e io ho già cantato e sistemato quasi la metà delle canzoni che dovrò cantare domani. Passano altre due ore ed io comincio ad essere esausto.
Accendo un momento il telefono per controllare le chiamate e mi fermo a guardare il blocca schermo che non ho ancora cambiato: io e Tiffany abbracciati.
Lo sblocco velocemente per togliermi quella foto dagli occhi e mi fermo di nuovo a guardare lo sfondo, in cui ci siamo io e Gionny per strada. Nel vedere questa foto le emozioni sono molto più forti rispetto a quelle di prima.
Mi manca, mi manca davvero... E’ strano rimanere anche solo un giorno senza di lui, senza il mio migliore amico, senza il ragazzo con cui ho passato i momenti migliori.
Siamo così vicini ma allo stesso tempo lontanissimi... Se volessi potrei prendere la moto e andare a casa sua, ma qualcosa in me mi frena, qualcosa mi dice che farei la cosa sbagliata.
“Emi? Emis!”grida Fedez per svegliarmi dai pensieri.
“Oh, sì, ci sono, scusa” metto il telefono in tasca e riprendo il microfono in mano.
“No, basta così per oggi, sei stato bravo e si vede che sei stanco. Ci vediamo domani verso l’ora di cena” mi comunica Zanna. Ringrazio e faccio per andarmene ma Zanna mi ferma:”Ah, mi raccomando: oggi non uscire ad ubriacarti, ti abbiamo bisogno lucido domani sera.”annuisco, saluto ed esco dallo studio con Fede.
Andiamo nel bar affianco e ordiniamo due birre ciascuno.
“Senti, secondo me dovresti provare a parlarci, con Gionata e Tiffany intendo...” comincia lui, per rompere quel silenzio imbarazzante.
Non voglio parlare con Gionata, e men che meno con Tiffany, voglio solo starmene tranquillo per un po’, poi potrò pensare anche a sistemare le cose.
“Come vuoi” dice il ragazzo, capendo subito a cosa io stia pensando.
Accenno un sorriso e finisco la prima birra che ho in mano.
Il tempo passa: finisco la seconda birra, andiamo a fare un giro per Milano, facciamo foto con le ragazzine che ci riconoscono e ci fermano, e mi ritrovo in poco tempo alle sei di sera.
Saluto Fede con una stretta di mano, salgo sulla mia moto e vado verso casa mia, quella dove vivevo, fino a ieri, con Tiffany.
Metto la moto in garage e lo richiudo subito: tengo molto alla mia moto e temo sempre che qualcosa me la possa rubare.
Passo dal giardino e mi fermo un buon dieci minuti a coccolare Leon e Chanel, i miei due bellissimi pitbull.
Apro la porta di casa e vedo Tiffany alzarsi di scatto dal divano dove un momento prima era seduta.
“I-io stavo per andarmene” dice prendendo di fretta la borsa.
“Nah, tranquilla, puoi rimanere”rispondo con tono freddo, ma lo dico solo perché so che la casa dei suoi è lontana da qui, perché in realtà vorrei solo che uscisse da questa casa e dalla mia vita.
Lei mi ringrazia sottovoce e torna a sedersi sul divano, accendendo la televisione. Io vado in camera mia, al piano di sopra, quella dove dormivo insieme a Tiffany fino alla notte scorsa, e mi cambio. Metto un paio di pantaloncini da calcio blu, le sneakers e scendo, rimanendo a petto nudo a causa del caldo.
Mi siedo di fianco alla ragazza e fisso la tele, come se la stessi guardando, ma in realtà ho ben altro per la testa.
Improvvisamente, la ragazza affianco a me appoggia la sua mano sui miei addominali e io mi limito ad abbassare lo sguardo sulla sua mano.
“Sai, mi mancheranno questi addominali da toccare” mi dice lei, accarezzandomi.
Mi sta facendo innervosire, ma mantengo la calma; come risposta le pongo una domanda che le fa togliere di scatto la mano dal mio corpo e se la passa sui pantaloni:”Cosa ne facciamo della casa?”
“Tienila tu, io torno dai miei. In fondo sei stato tu a pagarla” abbassa lo sguardo e il suo viso assume subito un’espressione triste.
Mi rimane impressa la sua espressione: cosa vorrà dire? Che gli manco? In ogni caso io non provo e non voglio più provare niente per lei, non è la prima volta che litighiamo.
Mi ha fatto capire che ho bisogno ancora di tempo, che devo ancora trovare la ragazza giusta, e che tutta questa fama non mi aiuterà di certo. La sera passa in fretta, ceniamo, ma continuiamo a non parlarci, e in men che non si dica arrivano le undici di sera.
“Dove dormo?” mi chiede Tiffany appena spengo la tv.

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Capitolo 3
*** Incubo ***


“Di sopra, in camera, io dormirò qui” indico il divano dove siamo seduti.
Lei comincia ad avviarsi di sopra, ma quando si trova a circa metà della scala si blocca e, senza girarsi mi chiede:”Emi... possiamo dormire insieme per l’ultima volta?” Annuisco e salgo le scale con lei.
Mentre, in camera, lei si cambia, io cerco di non guardarla, cosa insolita, dato che quando eravamo insieme, l’ho sempre guardata senza problemi, anzi, con piacere. Ma mentre mi cambio io, lei non aiuta per niente, perché l’unica cosa che fa è guardarmi.
Ci mettiamo entrambi sotto le coperte e spengo la luce.
Amo il buio, quel buio in cui non vedi nulla di ciò che ti circonda, quello in cui ti senti solo anche se hai qualcuno vicino a te, quello in cui ti senti protetto e al sicuro da ogni cosa.
Tiffany, improvvisamente, si gira su un fianco e mi cinge la vita con un braccio.
Come risposta alzo gli occhi al cielo ma non le tolgo il braccio, in fondo è l’ultima notte che passo con lei.
“Buonanotte” dico.
“Buonanotte” risponde.
Mi alzo dal letto, è notte inoltrata, Tiffany è sparita dalla mia camera. Scendo in cucina per bere un goccio d’acqua e trovo Tiffany girata di spalle, seduta su una sedia di fianco al tavolo.
“Ah eccoti. Mi ero spaventato, non ti ho più trovata nel letto.” Le dico fermandomi sulla soglia della porta.
Lei si gira verso di me e al momento non capisco cosa le sia successo: la sua faccia è diversa: ha il trucco sbavato, il rossetto malmesso, gli occhi sono rossi e spenti, i capelli le coprono parte del viso, ma riesco a intravedere dei tagli sulle guance e sul collo.
“Che cosa ti è successo?” le chiedo spaventato, ma rimango lì a fissarla, immobile, senza avvicinarmi.
Sento gli occhi seccarsi all’improvviso, quindi li sbatto una sola volta, facendo una fatica immensa, e continuo a tenerli spalancati per lo spavento.
“Oh, niente” mi dice lei mettendosi a ridere, ma è una risata agghiacciante, non è la risata che ho sempre sentito.
Si alza dalla sedia e viene verso di me. In questo momento vorrei solo andarmene via da questa stanza, scappare, ma non riesco. A causa della paura e della confusione che ho in testa non riesco a muovermi, è come se ora non avessi più potere sulle mie gambe, come se loro decidessero, al posto mio, che non mi devo muovere da qui.
La ragazza arriva davanti a me e mi mette le mani sulle spalle.
Vederla da questa vicinanza è ancora più impressionante. Deglutisco e le faccio un sorrisino nel quale appare tutto il mio terrore.
“L’imbattibile Emiliano Giambelli che ha paura? Il fighissimo Emis Killa ha paura?” dice sarcastica, calcando molto l’ultima parola. Io le faccio una faccia spaventata, in modo che capisca che in questo momento c’è veramente da aver paura di lei.
Ride e in poco tempo mi ha già buttato per terra e sfilato la maglietta. Io mi guardo il petto e poi riprendo a fissarla.
“C-Che cosa vuoi fare?” chiedo cercando di allontanarmi da lei con i gomiti, ma lei mi blocca sedendosi sulle mie gambe.
“Voglio semplicemente farti un po’ di male prima che te ne vada” dice mordendosi un labbro mentre con le mani gioca con il bordo dei miei pantaloni.
Dalla sua espressione capisco cosa intende fare, ma cerco di stare tranquillo.
“Potresti avere altre duecento vite, ma non meriteresti di vivere nessuna di quelle, lo sai?” mi dice diventando improvvisamente seria. Deglutisco di nuovo.
La ragazza ride e mi da un bacio sulle labbra; appena allontana il viso mi passo la mano destra sulle mie labbra, come per pulirle.
Cerco di ragionare e mi ricordo che io sono molto più forte di lei, così lascio da parte la paura e, con uno spintone, la tolgo dalle mie gambe e mi alzo. Corro in salotto e mi siedo sul divano, appoggiando i gomiti sulle gambe e mettendomi le mani nei capelli, cercando di capire qualcosa di tutta questa storia.
All’improvviso sento un urlo provenire dal piano superiore, riconosco immediatamente quella voce: Gionata. Mi alzo di scatto, corro velocemente su per le scale e apro la porta della mia camera. Mi ritrovo davanti a una scena terribile: Tiffany che cerca di piantare un coltello nel petto del ragazzo.
“Emi!” urla Gionata dopo avermi visto.
“Gionny” urlo.
La ragazza ride e io mi sveglio di colpo, con la faccia e le mani sudate per lo spavento. Guardo di fianco a me e riesco a vedere la figura di Tiffany che dorme tranquilla. Non posso fare a meno di accendere la luce sul comodino di fianco al letto, avvicinarmi a lei e spostarle i capelli dal viso per guardarla: nessuna traccia dei tagli e del trucco sbavata, è bella come sempre.
Era soltanto un incubo.
Mi alzo e vado in bagno, accendo la luce e lascio scorrere l’acqua gelata per poi bagnarmi la faccia con essa.
Torno in camera e trovo Tiffany seduta sul letto.
“Che succede? Ti ho sentito camminare.. Hai la faccia terrorizzata!”
“Niente” mi limito a rispondere, andandomi a sdraiare sul letto.
“Non ti credo, sei terrorizzato!” insiste. E in effetti la paura non è passata, perché l’incubo sembrava davvero troppo reale.
“Ho detto niente!” grido girandomi su un fianco e tirandomi le coperte fino alle spalle.
“Potresti avere altre duecento vite, ma non meriteresti di vivere nessuna di quelle.” Dice spegnendo la luce e girandosi su un fianco: ora siamo uno di spalle all’altra.
E’ la stessa frase che ha detto nel sogno. Mi fermo a pensare: e se, in realtà, non fosse stato solo un incubo ma un riflesso della realtà? Forse voleva comunicarmi qualcosa che non capisco da solo. Ma io in queste cose non ci credo.
“Lo so” rispondo.
Mi giro e le cingo la vita con un braccio, proprio come quando eravamo fidanzati.
“Per l’ultima volta” dico con tono dolce.
Le do una carezza sul viso e sento che sorride.
Mi sembra giusto darle un minimo di affetto per l’ultima volta, anche se ha sbagliato, in fondo le ho appena risposto di merda, è vero che mi ha tradito, ma ne abbiamo passate davvero tante insieme.
Lei si addormenta quasi subito, io, invece, non dormo per tutta la notte: ho ancora in mente l’incubo e non riesco a prendere sonno.
Passo la notte a coccolare la ragazza affianco a me e a pensare a cosa potesse voler dire quel sogno.
Ci alziamo entrambi alle otto di mattina, scendiamo a fare colazione , mentre io mi cambio, lei prepara le valigie per tornare dai suoi.
La mattinata passa in fretta, pranziamo insieme, e alle tre arriva la macchina di suo padre a prenderla.
La aiuto a caricare le valigie in auto e poi passiamo dieci minuti a guardarci in un silenzio imbarazzante.
“Allora.. Ciao” dico io per rompere il silenzio.
“Ciao” dice lei facendo un piccolo sorriso.
Mi avvicino a lei e le do un bacio sulla guancia, pizzicandola, sicuramente, con la barba.
“Emi... ricorda che sei il mio ultimo ragazzo” dice arrossendo, anche se sappiamo benissimo che sono il suo ultimo fidanzato, ma non sono l’ultimo ragazzo con cui è andata a letto.
“E tu la mia ultima ragazza... E la mia ultima scopata” dico riferendomi a ciò che lei ha fatto, a quanto pare, con Gionata.
Abbassa gli occhi e le do un altro bacio sulla guancia, per poi rientrare in casa richiudendomi la porta alle spalle.
Vado in camera mia e mi rendo conto della solitudine ora che non c’è nemmeno più la sua roba. Mi siedo sul letto con gli avambracci sulle cosce e comincio a pensare a tutte le prima volte che ho passato in camera mia, quella a casa di mia madre.
I primi baci, le prime scopate, i primi testi, i primi amici, il primo microfono, le prime zarrate, i primi beat, le prime sigarette, i primi pianti, le prima delusioni...
Cosa faccio? Rimango qui o torno da mamma?

 

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