My Fair Lady

di FiammaBlu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rivelazioni ***
Capitolo 2: *** L’ammiratore delle rose scarlatte ***
Capitolo 3: *** Confronti ***
Capitolo 4: *** Incontri ***
Capitolo 5: *** Fiducia ***
Capitolo 6: *** Scelte ***
Capitolo 7: *** Doni ***
Capitolo 8: *** Spiragli ***
Capitolo 9: *** Esibizioni ***
Capitolo 10: *** Sipario ***
Capitolo 11: *** Lande dimenticate ***
Capitolo 12: *** Nuove possibilità ***
Capitolo 13: *** Confessioni ***
Capitolo 14: *** Vittoria! ***
Capitolo 15: *** Cambio di rotta ***
Capitolo 16: *** La valle dei susini ***
Capitolo 17: *** Vento ***
Capitolo 18: *** Fuoco ***
Capitolo 19: *** Cielo stellato ***
Capitolo 20: *** Il tempio della Dea Scarlatta ***
Capitolo 21: *** Acqua ***
Capitolo 22: *** Terra ***
Capitolo 23: *** Lo spirito della Dea ***
Capitolo 24: *** Incontri inaspettati ***
Capitolo 25: *** Le tre Dee - prima parte ***
Capitolo 26: *** Le tre Dee - seconda parte ***
Capitolo 27: *** Anime gemelle ***
Capitolo 28: *** Un'amara scoperta ***
Capitolo 29: *** Immedesimazione ***
Capitolo 30: *** Pegno d'amore ***
Capitolo 31: *** La rosa rifiutata ***
Capitolo 32: *** Uno scopo comune ***
Capitolo 33: *** Il dono degli Dei ***
Capitolo 34: *** Un bacio d'amore ***
Capitolo 35: *** Spiragli di luce ***
Capitolo 36: *** Vista interiore ***
Capitolo 37: *** Dichiarazioni pericolose ***
Capitolo 38: *** Davide e Golia ***
Capitolo 39: *** La maschera caduta ***
Capitolo 40: *** L'invito ***
Capitolo 41: *** Una Principessa splendente ***
Capitolo 42: *** Il ballo di mezzanotte ***
Capitolo 43: *** Alba sull'Astoria ***
Capitolo 44: *** Il ricatto ***
Capitolo 45: *** Lo Shuttle X ***
Capitolo 46: *** Un annuncio scioccante ***
Capitolo 47: *** La rosa con le spine ***
Capitolo 48: *** La voce della Dea ***
Capitolo 49: *** Morte di una Dea ***
Capitolo 50: *** Decisioni ***
Capitolo 51: *** Addio, ammiratore delle rose scarlatte! ***
Capitolo 52: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 53: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Rivelazioni ***


Prefazione

Benvenuti! Questa fan fiction, ispirata al manga Glass no kamen, nasce dall'idea che, seguendo i fatti fino al volume 28, Masumi Hayami riesca a rivelare a Maya Kitajima di essere l'ammiratore delle rose scarlatte, prendendo così un'altra via rispetto alla trama originale.

La what...if prende spunto da quell'episodio fatidico: se la telefonata in cui venivano avvisati del malore della signora Tsukikage non fosse mai arrivata e Masumi le avesse rivelato ogni cosa, cosa sarebbe accaduto?

Lo scoprirete leggendo i 53 capitoli che vi separano da un finale conclusivo, dato che la storia prosegue oltre i fatti ancora in attesa di chiusura e fermi al volume 49.

Buona lettura!

Cecilia

 

Ultima revisione: novembre 2015


1. Rivelazioni



La musica dolce, suonata dalla pianista in abito da sera, riempiva completamente l’aria nell’elegante ristorante dove l’aveva portata. Se in passato le era sembrato ambiguo e scostante, quella giornata strana non solo aveva ribadito la sua impressione generale, ma le aveva anche fatto sorgere il dubbio che il signor Hayami fosse una persona di buon cuore. E per pensarlo lei, qualcosa doveva per forza averla colpita.

I suoi occhi… sono i suoi occhi, hanno qualcosa oggi, quando mi guarda… e anche quando non lo fa. E poi il teatro, il planetario, la fiera, il bambino che si è messo sulle spalle… Non sembra neanche la stessa persona che conosco da anni… ma solo un uomo qualsiasi… Perché ha voluto incontrarmi in questo modo?

- Cosa c’è?  È da un po’ di tempo che se ne sta in silenzio. Si annoia in mia compagnia? - ancora non riusciva a credere di essere riuscito a convincerla a trascorrere la giornata con lui. In quel teatro, quando le aveva stretto la mano, si era ritrovato calamitato dal suo calore, incapace di interrompere quel contatto. Alla fine le aveva chiesto di restare e di trascorrere del tempo con lui. Era sicuro che se ne sarebbe andata non appena l’avesse lasciata, invece lei aveva mantenuto la promessa.

- No! No, signor Hayami - la sua voce indagatrice e un po’ sarcastica come sempre, la riscosse dai suoi pensieri. Avrebbe voluto dirgli che aveva trascorso una bella giornata in sua compagnia, contro ogni previsione e abitudine, invece abbassò gli occhi, si sentiva le guance in fiamme, soggiogata da quello sguardo così malinconico e triste. Com’è possibile che la sua compagnia mi faccia sentire così disorientata…? E’ sempre stato così, dalla prima volta che l’ho incontrato...

- Meglio così - mormorò lentamente, assorto.

E ora cosa farai Masumi? Questa ragazza ha undici anni meno di te e inoltre sei la persona che più detesta… Che mi succede? Io, che vengo definito uno scaltro affarista, ora mi trovo incapace come un bambino… Anzi, ho paura della reazione di questa ragazza… del suo rifiuto se mi rivelo… Basterebbero poche parole per svelare la verità e sarebbe finita… Perché soffro così?

Maya lo vide teso, aveva acceso la sigaretta,eppure non la fumava, esitava, sembrava volerle dire qualcosa, ma restava in silenzio.

Signor Hayami, parli. Cos’è quella luce dolce che di tanto in tanto illumina i suoi occhi? E l’ombra di tristezza che li oscura quando mi guarda? Mi sveli il suo cuore, la prego!

- Il motivo per cui l’ho invitata oggi è… - fece una pausa e Maya lo fissò con occhi spalancati. Sembrava stesse per darle una sentenza di morte.

Signor Hayami, che succede? Perché mi ha invitata oggi?

-  È per mostrarle una cosa, ma non voglio spaventarla più di quanto non abbia già fatto. Per questa volta vorrei che si fidasse. Pensa di poterlo fare? - indagò lui di nuovo, la voce non più sicura, ma sempre un po’ ironica.

Fidarmi? Perché me lo sta chiedendo? Cosa vuole mostrarmi? Sì, signor Hayami, oggi penso di potermi fidare di lei…

Maya avvampò a quel pensiero improvviso che inspiegabilmente le riempì il cuore di tepore.

- Sì, signor Hayami - rispose sottovoce abbassando lo sguardo, incapace di sostenere il suo, così intenso e diverso da qualsiasi altra volta.

Masumi la osservò con un sorriso indecifrabile. Ragazzina, chissà cosa stai pensando? Ti vedo, che mi accusi di tramare qualcosa per danneggiare la signora o per la Dea Scarlatta, invece non sai quanto i miei pensieri siano lontani da tutto questo…

Si alzò in silenzio, era intenzionato a dirle ogni cosa, ma aveva cambiato idea all’improvviso sulla modalità, per ciò che aveva visto nel suo sguardo… Interesse? Curiosità? Si diresse al guardaroba seguito da lei, dimessa e silenziosa come non l’aveva mai vista.

Il viaggio in auto fu angosciante per Maya. Non sapeva che intenzioni avesse, né perché le avesse chiesto fiducia. Dove stavano andando? Perché era così strano? Lo era normalmente, ma quel giorno in modo particolare. Ogni tanto gli lanciava delle occhiate, il suo profilo, così familiare, la metteva a disagio. Erano così tanti anni che lo conosceva, eppure di lui sapeva solo i pettegolezzi che gli gravavano intorno e i terribili incontri che li avevano visti contrapposti.

Però oggi… è stranamente gentile, nonostante quel primo impatto a teatro dove mi ha… Si guardò la mano che teneva appoggiata in grembo ricordando perfettamente la sensazione della sua, più grande, che l’avvolgeva. Arrossì di nuovo e rimase immobile, gli occhi puntati in basso. Stavano uscendo da Tokyo, diretti ad una zona a sud ovest. Si voltò a guardarlo di nuovo, ma lui fissava la strada e restava in silenzio.

Masumi vide ogni suo movimento, di come lo osservasse ogni tanto, forse era spaventata anche se dalla posizione non sembrava; era arrossita, chissà perché… Restava immobile, non parlava e lui certo non le facilitava il compito. La verità era che per l’ennesima volta non aveva trovato il coraggio di confessarle ogni cosa circa l’ammiratore e le rose scarlatte, ma sapeva che ciò che stava per dirle era necessario.

Parcheggiò la macchina e scese, imitato da Maya dall’altra parte. Fuori la notte aveva preso il sopravvento, la luna brillava alta nel cielo.

Maya si guardò intorno, c’era ghiaia bianca a terra, molti alberi e profumo di incenso. Lui si incamminò verso un grande cancello in ferro battuto, che a sinistra aveva un piccolo edificio con una porta e si voltò solo una volta per verificare che lo seguisse.

Bussò e un anziano custode gli aprì la porta.

- Buonasera, signor Hayami, come mai a quest’ora?  È accaduto qualcosa? - domandò l’anziano uomo in apprensione.

- Buonasera, Hideki - lo salutò lui con la stessa voce cordiale che aveva usato al planetario. Maya lo fissò interdetta stringendo i pugni lungo i fianchi.

Tratta male solo me? Uomo odioso!

- No, è tutto a posto, vorrei solo entrare - lo rassicurò e Maya notò che quando usava quel tono la sua voce era davvero piacevole.

A differenza di quando esercita il suo potere da affarista senza scrupoli!

- Sì, certamente, le apro subito - il signor Hideki si rasserenò, uscì e aprì un altro cancello più piccolo.

Si prodigano tutti ai suoi piedi?!

- Prego, ragazzina - quando le rivolse la parola, Maya sobbalzò e lui sorrise divertito, indicando l’area buia oltre il cancello. Lei aggrottò la fronte e passò oltre, nelle fitte tenebre.

- Vi accendo le luci - aggiunse l’anziano custode, chiudendoli dentro. Maya sbatté le palpebre perplessa verso l’uscita chiusa, mentre il signor Hayami le passava accanto, l’impermeabile che svolazzava lievemente.

Le luci si accesero, Maya si voltò di scatto per vedere un lunghissimo viale, bordato di piccoli lampioni: era un cimitero. La sagoma di Masumi Hayami si stagliava, di spalle, poco più avanti.

Signor Hayami! Perché mi ha portato qui? Cosa vuole mostrarmi?



Quando lo raggiunse, lo trovò inginocchiato di fronte ad una tomba. Vederlo in quella posizione la meravigliò e il cuore iniziò a batterle inspiegabilmente. Era assorto, aveva acceso dei bastoncini di incenso e stava a testa china. Maya si spostò leggermente e vide il nome inciso: Fujimura Aya.

Di chi è questa tomba… non sarà forse…

Masumi Hayami si rialzò e interruppe il flusso dei suoi pensieri.

- Era molto tempo che non venivo qui - sussurrò fissando la tomba - Lei è mia madre - le disse con un’inedita dolcezza nella voce. Maya fece un passo indietro, sconvolta.

Non so se riuscirò mai a farmi perdonare Maya, ma devo tentare, non posso più continuare così, non sono certo di riuscire a tenere ogni cosa dentro…

Si voltò verso di lei, mantenendo la distanza e Maya fece un altro passo indietro quando incrociò il suo sguardo.

- Era da tempo che volevo scusarmi per ciò che è accaduto a sua madre - iniziò lentamente, come se facesse un grande sforzo. Maya rimase congelata, l’antico rancore le colmò il cuore immediatamente.

- Ma non ho alcuna scusante per ciò che ho fatto - le confessò fissandola, immobile di fronte alla tomba della madre. Lei si portò una mano alla bocca stupita per le sue parole.

Signor Hayami, perché mi sta dicendo queste cose? Perché ha quello sguardo così dimesso e malinconico?

Masumi si voltò di nuovo verso la tomba, riportando l’attenzione sul nome di sua madre, incapace di reggere gli occhi accusatori di lei che lo puntavano pieni di rancore.

E le raccontò ogni cosa di quell’evento, tutto, senza tralasciare niente. Maya ascoltò ogni parola e la rabbia iniziale si tramutò in comprensione quando si rese conto che lui aveva capito l’errore che aveva commesso e che ne era profondamente rattristato.

- Non avrei mai potuto immaginare che l’epilogo sarebbe stato così tragico - si voltò a guardarla di nuovo e si rese conto che i suoi occhi non erano più pieni di rabbia. Perché ha quello sguardo così limpido? Perché resta in silenzio e non mi aggredisce come ha sempre fatto?

Maya fece un passo avanti, trovando un coraggio che non credeva di avere. Quella era indubbiamente la giornata più strana della sua vita.

- Io... non credevo che lei mi avrebbe mai parlato così, signor Hayami - gli disse in un sussurro - Ma la ringrazio per avermi detto la verità -

Masumi la fissò con occhi spalancati, incerto su ciò che quelle parole volessero dire. Riesci sempre a stupirmi, ragazzina, anche in momenti come questo…

- Lei… mi ringrazia? - e scoppiò a ridere nervosamente portandosi una mano fra i capelli.

- Signor Hayami! - ringhiò Maya stringendo i pugni lungo i fianchi, gli occhi che mandavano saette. Masumi tossicchiò e riprese il controllo di sé. Quanto lo odio quando fa così!

Lui tornò a voltarsi verso la tomba della madre rabbuiandosi immediatamente e ricominciando a parlare. Maya ascoltò ognuna delle parole che lui le disse nell’ora seguente. Raggelando.

Non avrebbe saputo dire perché, ma il signor Hayami le raccontò tutto quello che era avvenuto di importante nella sua vita finché non l’aveva incontrata in quel teatro sei anni prima, mentre cercava il posto.

La sua infanzia, la morte di suo padre, l’entrata in casa Hayami, sua madre che entrò come domestica, come cambiò la sua vita da quel momento in poi con il severo padre Eisuke quando la sposò, l’educazione rigida che gli venne impartita, la scarsità di affetto che ricevette e, quando arrivò alla storia del rapimento, Maya avrebbe voluto solo andare via da lì e che lui smettesse di parlare. Com’è possibile che un padre tratti così il figlio? Perché mi sta raccontando queste cose, signor Hayami?

Così comprese la vera natura di Eisuke Hayami e di come il figlio adottivo avesse maturato un risentimento profondo per il padre, cresciuto con la morte di sua madre negli occhi durante l’incendio. Quell’evento permise a Masumi di raccontarle il collegamento fra Eisuke, la signora Tsukikage e la Dea Scarlatta. Era evidente, dai suoi occhi infuocati, quanto le parole di suo padre, che spronarono sua madre a rientrare in casa per salvare la veste della Dea Scarlatta, ancora scatenassero la sua rabbia.

- Si domanderà perché io vada raccontandole queste cose - esordì dopo l’ultima frase che riguardava l’incidente occorso a suo padre e che l’aveva costretto su una sedia a rotelle.

- No… No, signor Hayami - si affrettò Maya a rispondere scuotendo la testa, non sapeva perché, ma era consapevole che quella lunga confessione gli era costata e, nonostante l’acredine nei suoi confronti, non voleva che fraintendesse.

Ragazzina… come puoi avere quello sguardo comprensivo? E come posso, ora, dirti ciò che devo dopo che sai ogni cosa di me?

Masumi la fissò qualche istante, interdetto e Maya non avrebbe potuto neanche lontanamente immaginare cosa stesse pensando in quel momento.

- La prima volta che l’ho vista recitare era Beth, in “Piccole donne”. Solo dopo ho saputo che per interpretarla era rimasta volontariamente sotto la pioggia e sul palco aveva la febbre a quaranta… - fece un passo avanti accorciando la distanza.

Maya spalancò gli occhi, il cuore che batteva freneticamente. Io non la capisco, signor Hayami… Perché oggi è così strano? Mi spaventa…

- Conoscerla e riflettere sulla mia vita è stata un’unica cosa. Lei è… - fece una pausa fissandola e Maya arrossì violentemente - Espressiva e mi sono sempre domandato dove nascondesse tutta quell’energia in un corpo così minuto - concluse voltandosi e Maya fu sicura, nonostante la scarsa illuminazione, di averlo visto arrossire lievemente.

No. Mi sono sicuramente sbagliata...

- Non avevo mai incontrato un’attrice così talentuosa - Maya avvampò nuovamente e lui sorrise - Mi è piaciuta in tutti i ruoli che ha ricoperto, le invidio la dedizione che ha per il teatro e l’estremo coraggio mostrato in certi casi, come quando è salita da sola sul palco per “Gina e i cinque vasi azzurri” oppure ogni volta che mi si è opposta -

- Signor Hayami, io… - balbettò lei insicura, la metteva sempre a disagio e anche in quel momento lui scoppiò a ridere facendole passare un lampo indignato negli occhi.

- Non deve preoccuparsi, ogni volta che l’ha fatto aveva delle ottime ragioni - ammise lui facendo un altro passo avanti. Maya rimase immobile, troppo spaventata e disorientata dal suo atteggiamento.

Ora… devo dirglielo adesso, il suo sguardo, come mi ha ascoltato, forse può accettare…

- Ma io sono un produttore teatrale e non mi è consentito esprimere alcun tipo di interesse per persone che potrebbero trasformarsi in contratti - proseguì riprendendo il tono formale da Presidente della Daito e Maya indurì lo sguardo.

- Io non avevo mai incontrato un’attrice come lei, grezza, è vero, ma dalle incredibili potenzialità che negli anni sono uscite fuori e ora sono sotto gli occhi di tutti - fece un altro passo avanti e Maya si convinse sempre più che non era lo stesso Masumi Hayami, forse un gemello, ma non l’odioso affarista che conosceva.

Perché fa così, signor Hayami? Cosa succede?

Masumi s’immobilizzò, fissandola intensamente.

- Non potevo dimostrarle pubblicamente ciò che le ho appena detto, avrà compreso ormai che tipo di mondo sia il nostro, così… - fece un altro passo avanti, colmando la distanza che li separava - … così ho trovato un altro modo per poterlo fare -

Non so neanche io perché lo sto facendo… finirà ogni cosa, la perderò…

- Signor Hayami… - sussurrò Maya sempre più stupefatta da quello strano modo di comportarsi.

Masumi mise una mano in tasca e quando la tirò fuori teneva qualcosa di piccolo fra le dita. La avvicinò a Maya che seguì il movimento con lo sguardo, incuriosita.

Quando comprese, spalancò gli occhi, il cuore le schizzò fuori dal petto, allungò le mani tremanti e prese fra le dita il petalo di rosa scarlatta.


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Capitolo 2
*** L’ammiratore delle rose scarlatte ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

2. L’ammiratore delle rose scarlatte



Era impossibile. Non poteva essere lui il suo ammiratore che da sempre la seguiva, spronava, finanziava!!!

Mi rifiuto di credere che possano essere la stessa persona! Masumi Hayami! Non è possibile! Eppure… ora che guardo questo petalo di rosa, mi tornano in mente alcune cose…

Le sue dita tremavano e aveva gli occhi spalancati, la posizione era rigida e immobile. Masumi rimase congelato, fissandola, con il cuore che batteva furiosamente e gli rimbombava nelle orecchie, in attesa del suo verdetto.

Non avrei dovuto… non avrei dovuto dirle niente!

Maya non riusciva a rialzare lo sguardo. Non voleva incontrare i suoi occhi, sempre severi e ironici. Ciò che aveva appreso circa il suo coinvolgimento nella morte di sua madre, la sua infanzia, la morte della madre di lui - e involontariamente il suo sguardo si posò sulla tomba -, il trattamento che gli aveva riservato il padre Eisuke, l’obbligo di ottenere la Dea Scarlatta, il mondo terribile che era stato costretto ad affrontare per diventare Presidente della Daito Art Production, la costrinsero a rivedere alcune delle idee che si era fatta di lui. Tutti quei pensieri si accavallarono a tutto ciò che lei di persona aveva vissuto a causa sua e a tutto ciò che l’ammiratore aveva fatto per lei.

Ora che rivedo il passato con ciò che ho appreso, mi rendo conto che la maggior parte delle volte Masumi Hayami mi ha AIUTATO… non deriso! Anche se usava quel sistema scortese e sarcastico… Com’è possibile…? Perché ha voluto raccontarmi ogni cosa e poi svelarmi il suo segreto! Lui deve sapere che io lo… lo odio! Per mia madre, perché ha distrutto la compagnia, per ciò che ha fatto alla signora! Sì, lo odio!

Sollevò gli occhi pieni di rabbia, stringendo il petalo in pugno e Masumi seppe d’averla perduta per sempre.

Ma quando Maya vide il suo sguardo rassegnato comprese ogni cosa. Era davvero l’ammiratore delle rose, tutta quella strana giornata, ciò che le aveva raccontato della sua vita… era servito solo per arrivare a quel punto preciso e a quella confessione. Lo osservò abbassare lo sguardo, il primo e unico atteggiamento di debolezza che gli avesse mai visto e il suo cuore si riempì d’emozione. Maya chiuse gli occhi e fece quello che aveva fatto qualche anno prima a Nagano. Lo abbracciò.



Il telefono squillò nel silenzio della sera. Rei corse ma non avrebbe potuto immaginare in alcun modo il tenore della telefonata.

- La signora Tsukikage è scomparsa?! - esclamò Rei e Saiaka si agitò immediatamente, interrogando l’amica con gli occhi per farsi dire di più.

- Dobbiamo avvisare Maya, subito! - Rei passò immediatamente al contrattacco.

- Ma non sappiamo dove sia!  È andata allo spettacolo! Dove sarà?  È così tardi! - le due amiche si guardarono, mentre anche le altre si erano radunate intorno a loro.

- So io cosa fare! - esclamò Rei improvvisamente facendole sussultare e picchiando un pugno nel palmo della mano.

Alzò la cornetta e chiamò immediatamente l’ufficio della Daito Art Production. Se c’era qualcuno che avrebbe potuto fare qualcosa in quel frangente era Masumi Hayami.

- Chi stai chiamando, Rei?! - la interrogò Saiaka preoccupata.

- Masumi Hayami - rispose lei risoluta senza distogliere l’attenzione dal telefono.

- Hayami della Daito? Perché? E non può essere in ufficio ora! - replicò Saiaka scuotendola.

- Lui forse no, ma magari la sua segretaria, sì… come si chiama…? - mormorò fra sé e sé Rei mentre il telefono squillava a vuoto.

- Mizuki Saeko - le rispose sconsolata Saiaka sedendosi insieme alle altre. Cosa avrebbero fatto adesso senza la signora? Dov’era andata?

La voce di Rei riscosse tutte dai loro pensieri preoccupati.

- Mi… mi scusi, signorina Mizuki, è lei? - domandò Rei piena di apprensione.

- Sì, chi parla? - rispose una voce cordiale dall’altra parte.

- Sono Rei Aoki, si ricorda di me? - non aveva idea se la segretaria si ricordasse.

- L’amica di Maya Kitajima - la sorprese invece la segretaria.

Deve avere un cervello simile ad un registratore…

- Sì… io… stavo cercando Maya e mi chiedevo se lei… - ma la signorina Mizuki la interruppe dolcemente.

- Mi dispiace, ma non so dove sia… - rispose subito.

- E il signor Hayami? - si affrettò a chiedere Rei prima che il coraggio le scappasse via. Lui c’è sempre quando Maya ha bisogno…

- Perché questa domanda, signorina Aoki? Non so dove sia il signor Masumi ma, deduco, non con Maya Kitajima - ripose seccamente Mizuki - Cosa sta succedendo? - aggiunse poi con più pacatezza.

- La signora Tsukikage è sparita! - le comunicò Rei forse con un tono troppo spaventato.

- Ho capito - rispose la segretaria con atteggiamento professionale - Cercherò di rintracciare il signor Hayami - aggiunse con la solita efficienza comprendendo immediatamente la situazione.

- La ringrazio, signorina Mizuki - concluse Rei prima di riagganciare.

- Ha detto che avrebbe cercato il signor Hayami - riferì poi prendendo il soprabito.

- Dove andiamo? - chiese Saiaka imitandola.

- All’ospedale, c'è una lettera... - ripose Rei decisa, uscendo di casa.



Mizuki osservò il telefono per qualche istante. Per quel pomeriggio e sera il signor Hayami aveva cancellato tutti gli impegni, tranne una prenotazione al suo ristorante preferito. Alzò la cornetta per chiamare mentre un dubbio atroce si insinuava nella sua mente.

Il ristorante la informò che il signor Hayami era andato via da circa un’ora ed era in compagnia di una giovane ragazza.

Signor Masumi… Cos’ha fatto? Perché Maya è con lei?

Alzò la cornetta e compose il numero del suo principale, ma il telefono squillò senza che lui rispondesse.



Masumi avvertì una scossa attraversarlo quando lei l’abbracciò stretto. Non riusciva a capacitarsi che lo stesse facendo davvero. Perché questa reazione? Il tuo sguardo è cambiato in un attimo! Cosa ti passa per la testa, ragazzina?

Non riuscì neanche ad abbracciarla tanto rimase scioccato da quella reazione improvvisa. Eppure, quanto aveva bramato quel contatto che ora lei gli stava donando? Le posò le mani sulle spalle in un gesto protettivo e affettuoso senza riuscire a fare altro.

Maya sentì il tocco e rimase interdetta.  È così diverso da quella volta a Nagano… Lì mi abbracciò, mi tenne stretta a sé e poi mi prese in braccio. Tutto quello che fa è per me… Apprezza il mio talento, come attrice!

Quella consapevolezza la investì come un uragano. Ormai le era chiaro il suo coinvolgimento, quella strana doppia vita che aveva condotto pur di farle conoscere il suo apprezzamento! Il mio primo e unico grande fan! Signor Hayami!

-  È lei… mi scusi… io non avevo capito niente… - mormorò affranta trattenendo a stento le lacrime per la gioia che, dirompente, usciva dal suo cuore dopo aver compreso tutta la situazione.

Maya…

Avrebbe voluto mantenere il sangue freddo iniziale, ma la sua voce, tremante come il corpo stretto a lui, fece crollare ogni sua barriera, chiuse gli occhi e la cinse con le braccia riempiendosi del suo calore e dei suoi singhiozzi, dolci e amari allo stesso tempo. Non è possibile che tu possa aver accettato ogni cosa con così tanta semplicità… non riesco a crederlo, ragazzina… ciò che ho fatto a tua madre, alla signora, alla compagnia… hai cancellato tutto per l’ammiratore delle rose?

- Grazie! Grazie per ogni cosa che ha fatto per me! Non la deluderò, lo prometto! Saprò vincere un premio e otterrò la candidatura alla Dea Scarlatta! - gli promise, il volto affondato nella sua camicia, le lacrime che ormai scendevano ininterrottamente, consapevole delle braccia che la cingevano con tenerezza ma  fortemente.

Poi sollevò il volto e Masumi rimase sconvolto dal suo sguardo fiero e pieno di aspettativa.

- Io la sorprenderò! - disse determinata e lui non poté far altro che accettare quell’affetto che sembrava incondizionato, maturato in anni di rose e aiuti che le aveva dato. Ma ciò che vide nel profondo di quello sguardo era gratitudine, non c’era posto per niente altro.

- Ne sono certo, Maya - la rassicurò tenendola per le spalle e staccandola da sé. In quel preciso istante maturò l’idea di un piano che gli avrebbe permesso di evitare un matrimonio che non voleva e di dedicarsi alla Dea Scarlatta. E a lei. Asciugò le lacrime con le dita, un gesto affettuoso che la fece arrossire in modo squisito.

Mi ha chiamato per nome…

- Si renderà conto che non mi sarà mai possibile rendere pubblica questa mia… - tornò a voltarsi verso la tomba della madre e le sembrò imbarazzato - Questo mio interesse per la sua carriera, resto sempre un produttore teatrale e non mi è concesso essere ammiratore di qualcuno - la guardò e le sorrise.

Maya annuì con vigore, gli occhi sbarrati, immobile e rigida come una statua.

- Capisco! Davvero! Io la ringrazio per tutto quello che ha fatto finora! - ripeté - Non l’avevo capito, ma ora so che è grazie a lei se sono arrivata qui! Anche quando… - abbassò lo sguardo arrossendo e lui scoppiò a ridere.

- Ragazzina, non vorrà davvero farmi credere che abbassa lo sguardo davanti a me! - la stuzzicò lui che non amava certo vederla dimessa e venne accontentato.

Maya sollevò gli occhi infuocati, ma rimase folgorata da un’intuizione.

È così che fa! Ogni volta! Mi colpisce per farmi reagire! Se è questo che vuole, questo avrà!

- Signor Hayami! - ringhiò irritata - Dicevo… anche quando lei in pubblico mi attacca e mi provoca, lo fa per me e la ringrazio anche di questo, sebbene preferirei che fosse… - si bloccò. Cosa stava per dire? Come avrebbe voluto che fosse nei suoi confronti? Più dolce? Più affettuoso? Ma che stai pensando Maya!  È il tuo ammiratore, ti ha sostenuto per sei anni! Lo ha detto, è rimasto impressionato dal tuo talento di attrice!

Masumi la vide riflettere su qualcosa, a volte era davvero trasparente e gli venne da sorridere.

- Non vorrà approfittarsene da ora in poi, ragazzina! - la punzecchiò assottigliando lo sguardo con fare sospetto.

- No! Ma che dice?! - Maya strinse i pugni e si sporse in avanti con piglio battagliero. Si rese conto che, in un modo o nell’altro, bisticciavano sempre.

- Bene, sono lieto di sentirglielo dire - annuì con quel fare saccente che lei odiava tanto -  È meglio che la riporti a casa, è stata una giornata pesante per entrambi - e si voltò ancora un istante verso la tomba della madre.

- Signor Hayami? - lo chiamò in un sussurro e Masumi gioì per quel tono così diverso dalle altre volte in cui l’aveva pronunciato.

- Sì? -

- Ecco… mi chiedevo se… potessi… - abbassò lo sguardo fino alla tomba di pietra grigia, le guance lievemente arrossate e le mani strette al petto. Masumi ci mise qualche secondo a comprendere cosa volesse poi annuì e si spostò.

Lei si inginocchiò e pregò in silenzio pochi minuti, lui rimase alle sue spalle, come aveva sempre fatto fino a quel momento e come avrebbe fatto nel futuro perché, se da un lato aveva forse trovato un sistema per convincere suo padre, dall’altro si era reso conto che ciò che provava per lei non solo andava oltre la semplice ammirazione, ma si era radicato così profondamente nel suo cuore da essere incancellabile.

Preghi per mia madre e io sono solo stato capace di uccidere la tua… non riuscirò mai a capirti fino in fondo, Maya, mai…

Maya si rialzò e quando sollevò lo sguardo su di lui era incredibilmente rilassata, come mai era accaduto in sua presenza. Le indicò la via d’uscita lungo il viale illuminato, verso il cancello di ferro e si incamminarono insieme.

Ha funzionato davvero… le ho detto la verità… e ha funzionato… Eppure in me vede solo il suo donatore di rose scarlatte... ed è veramente assurdo che io possa essere geloso di lui...

Il custode riaprì il cancello e dopo i saluti di rito rientrarono in macchina. Masumi prese il cellulare che aveva lasciato appoggiato sul vano del cruscotto e vide una serie di telefonate. La sua fronte si corrugò preoccupata, poi richiamò uno dei numeri e rimase in attesa.

La voce dall’altra parte rispose, era una donna, forse la signorina Mizuki, che gli comunicò qualcosa concitatamente. Lui rimase impassibile, come sempre d’altronde, Maya non ricordava di averlo mai visto in atteggiamenti meno che seri e controllati, tranne poco prima, di fronte alla tomba di sua madre.

- Ho capito. Grazie, Mizuki - mise il telefono nella tasca interna della giacca e si voltò lentamente verso di lei, facendola rabbrividire di paura.

- La signora Tsukikage è scomparsa - le comunicò con tono piatto, gli occhi rabbuiati e scuri.

Maya avvertì una stretta serrata allo stomaco. Sparita? Perché? E poi… mentre io ero qui… con lui! Sarei dovuta rimanere all’ospedale!

- La accompagno a casa - non attese che lei si riprendesse sebbene avesse notato la paura e il senso di colpa attraversarle lo sguardo. Qualcos’altro per cui odiare Masumi Hayami, ragazzina…

L’auto sportiva rispose ai suoi comandi precisi e Maya vide la strada sfrecciare veloce fuori dal finestrino, la mente invasa di pensieri che si accavallavano: l’ammiratore, Masumi Hayami, sua madre, la madre di lui, Eisuke Hayami, la signora Tsukikage… Mi scoppia la testa! E mi rendo conto che penso all’ammiratore e al signor Hayami ancora come due persone distinte… ma non è così… devo accettare che sono la stessa persona… che lo è sempre stato!

Si portò le mani al volto e pianse sommessamente. Masumi strinse il volante finché le nocche non sbiancarono e fissò la strada mentre lo skyline di Tokyo diveniva sempre più netto sotto la luce lunare.



Quando raggiunsero la casa che Maya divideva con Rei, trovarono la porta aperta e le amiche fuori che parlavano concitatamente. Rei vide l’auto fermarsi e Maya scendere di corsa, gli occhi arrossati dal pianto, ma quando vide Masumi Hayami della Daito Art Production scendere dal lato del guidatore, soffocò un grido di meraviglia.

- Maya! - gridò e tutte la raggiunsero.

- Rei! Che è successo? - le chiese subito Maya passando lo sguardo fra tutte e Rei le porse una lettera.

-  È andata via, Maya - le comunicò affranta.

Masumi si avvicinò lentamente, ma si fermò a qualche passo di distanza, le mani infilate nelle tasche dell’impermeabile. Rei lo fissò per un istante, ma lui teneva lo sguardo, pensieroso, su Maya. Perché era con lei, signor Hayami?

Maya lesse la lettera a bassa voce poi, lentamente, si voltò verso le altre.

- Perché? - domandò con il tono incrinato per il pianto. Poi si girò di scatto verso Masumi Hayami.

-  È stato lei, non è vero?! L’ha fatta fuggire! - gridò, stringendo la lettera in pugno.

- No - rispose seccamente lui, notando come in pochi attimi fosse stato vanificato qualsiasi traguardo credesse di aver raggiunto. Mi odia...

- Perché lei deve essere sempre così detestabile! Perché non la lascia in pace! - gridò ancora, picchiandogli i pugni sul torace, infuriata e piangente.

Masumi l’afferrò per le braccia, per fermare quel piccolo ciclone che l’aveva colpito e si rese conto di quanto gli dolesse il cuore in petto.

Non potrò mai sanare la ferita che ci divide e che io ho creato!

- La troverò, non deve preoccuparsi di questo - la fronteggiò con tono tagliente, tenendola distante.

- E la troverà come ha fatto con mia madre e sua madre? Morta? - la frase le uscì rabbiosa dalle labbra mentre si divincolava e congelò completamente l’ambiente intorno a loro. Solo troppo tardi Maya si rese conto di ciò che aveva detto realmente.

Masumi la lasciò andare, raddrizzandosi e sistemandosi l’impermeabile.

- Cercherò di non commettere lo stesso errore una terza volta - ribadì lui seriamente, poi si voltò dirigendosi alla macchina. Prelevò il sacchetto con ciò che le aveva comprato alla fiera e glielo porse.

- La ringrazio per la giornata di oggi - disse semplicemente posando lo sguardo su di lei per un attimo, che lo fissava arrabbiata e ansimante. Si voltò ed entrò in macchina, partendo un istante dopo.

Maya sentì le forze defluire, cadde sui ginocchi a terra, stringendo la lettera al petto. Adesso era completamente sola. La signora se ne era andata e anche il suo ammiratore.

Non può essere Masumi Hayami! Non può essere lui il mio donatore di rose scarlatte!


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Capitolo 3
*** Confronti ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

3. Confronti



Kuronuma Ryuzo stava guardando negli occhi Maya Kitajima, interprete della principessa Ardis e da lui scelta per recitare una ragazza allevata dai lupi. Se avesse accettato.

Era stato un confronto ostico quello con il Presidente della sua casa di produzione; gli aveva imposto un’attrice per quella parte che lui non aveva trovato idonea. Lo aveva sfidato, senza paura, come era solito fare, alla fine, con il ricatto da parte del Presidente, era giunta la sua vittoria: se voleva scegliersi lui gli attori avrebbe dovuto prendersi la responsabilità dell’intero spettacolo.

Non aveva esitato ad accettare il compromesso e dopo ardua ricerca aveva trovato lei. Maya Kitajima aveva accettato un incontro e ora si stavano fronteggiando.

Occhi d’attrice… espressivi, pieni di curiosità, non mi teme affatto…  È lei la ragazza lupo, perfino l’altezza è perfetta!

- Allora, cosa ne dice? - le chiese con quella voce burbera che sapeva spaventasse la maggior parte degli attori, ma non Maya Kitajima e provò immediatamente un sottile rispetto per lei.

- Mi dia il copione - acconsentì Maya afferrando fra le mani la sceneggiatura: “Lande dimenticate”.

- Non ho tempo da perdere, quindi decida entro i prossimi due giorni - tagliò corto il regista eccentrico sotto lo sguardo perplesso di Maya, porgendole anche un biglietto da visita.

Kuronuma la osservò mentre usciva dallo stabile delle Produzioni Osawa dove si erano incontrati. Kitajima, se accetterai la sfida, noi due realizzeremo lo spettacolo più incredibile che si sia mai visto!

Maya passeggiò senza una meta precisa, prese la direzione del parco nei pressi della sua casa, la sceneggiatura ancora arrotolata nella borsa. Il regista le era sembrato burbero e severo, ma non si era trovata a disagio con lui, anzi aveva apprezzato la luce che gli aveva visto negli occhi. Si sedette sull’altalena e s’immerse nella lettura, completamente dimentica di tutto ciò che aveva intorno.



Era riuscito a prorogare di una settimana la risposta a suo padre circa l’incontro con una candidata per il suo matrimonio, ma ora era giunto il momento di mettere in atto il suo piano. Era davvero curioso di scoprire se sarebbe riuscito nel suo intento.

La porta dell’ampio salotto si aprì e uno dei collaboratori spinse la sedia a rotelle di Eisuke Hayami fin davanti al figlio, di spalle ad una delle grandi porte finestre che si affacciavano sul giardino interno.

- Padre - lo salutò con un cenno cordiale della testa.

- Masumi, mi auguro che questa tua chiamata sia per darmi una risposta positiva all’incontro! - Eisuke non perse tempo, ma vide il figlio sorridere lievemente.

- In realtà sono qui per farti una contro proposta - ribatté pacato lui appoggiandosi alla scrivania del genitore. Eisuke lo fissò infastidito e interdetto.

- L’unica proposta che vale è la mia, Masumi, dovresti saperlo! - ringhiò inferocito senza nascondere la sua rabbia.

Masumi si prese ancora qualche attimo poi sollevò lo sguardo glaciale sul padre, quello che usava durante le contrattazioni e che lui gli aveva insegnato a mantenere.

- Sono anni che corteggio Maya Kitajima anonimamente al solo scopo di ottenere la Dea Scarlatta - gli confessò candidamente e lo vide meravigliarsi. Almeno in qualcosa ti stupisco ancora, padre…

- E questo cosa significa? - chiese secco stringendo i braccioli della sedia.

- Significa che vorrei il tuo permesso per proseguire su questa strada: se Maya Kitajima vincerà il confronto con Ayumi Himekawa, e lo vincerà, otterrà i diritti della Dea Scarlatta e allora io… - non riuscì neanche a finire il discorso perché suo padre scoppiò a ridere.

- Quindi erano a questo scopo le tue rose… - e questa volta fu Eisuke a stupire il figlio, ma Masumi celò abilmente quella meraviglia e proseguì.

- Mi fu evidente fin da subito che quell’allieva della signora Tsukikage non era un’attrice qualsiasi e così agii di conseguenza - aggiunse, accendendosi una sigaretta con fare distratto.

- Sicuro che non ci sia altro dietro? - indagò Eisuke, scrutandolo attentamente. Erano anni che sapeva delle rose e si era sempre domandato il perché di quello strano atteggiamento di Masumi.

- Altro? - si bloccò con l’accendino in mano, genuinamente meravigliato. Doveva passare per puro interesse verso la Dea Scarlatta.

- Sei innamorato di lei? - gli domandò senza mezzi termini Eisuke continuando ad osservarlo come fosse sotto analisi.

Masumi assottigliò lo sguardo, quello era il momento più delicato.

- Padre… è un’attrice talentuosa e non avevo altro modo per legarla a me che non diventare un suo fan anonimo.  È solo una ragazzina… - e si voltò verso la finestra osservando il giardino subito oltre. So che se mi guardasse negli occhi ora, io...

Eisuke guardò le spalle del figlio, sembrava rilassato e che non ci fosse davvero niente altro, ma non aveva negato. Era davvero stupito dall’intuito dimostrato da Masumi circa quella ragazza…

- Quale sarebbe il tuo piano? - gli domandò infine rompendo il silenzio.

-  È molto semplice, continuare a fare ciò che ho fatto finora, come Hayami e come ammiratore finché lei non vincerà la sfida. Ma questo esclude la presenza di una moglie, anche se è un investimento utile per la Daito. In fondo si tratta di attendere solo un altro anno, se Maya Kitajima non dovesse vincere... - e fece spallucce - Potrò sempre sposarmi con la candidata che sceglierai - lo rassicurò, era una tecnica che usava anche negli affari, far credere all’altra parte che c’era una scappatoia, qualcosa che sembrava dargli un vantaggio.

Eisuke Hayami soppesò attentamente le sue parole con un silenzio prolungato e Masumi attese la sua reazione. Durante quella giornata che avevano trascorso insieme aveva visto qualcosa nello sguardo di Maya che lo aveva convinto ad essere sincero con lei almeno per una volta, a dirle tutta la verità prima di rivelarle delle rose. E quando aveva visto l’affetto sconfinato che provava per il suo donatore, aveva deciso di tentare quel piano assurdo. Qualsiasi cosa pur di evitare il matrimonio…

- Va bene, Masumi. Acconsento alla tua proposta. Hai un anno di tempo per continuare questo tuo gioco e ottenere i diritti. Appena lo avrai fatto, accetterai la candidata che ho in mente e la sposerai! - disse categorico Eisuke fissando il suo sguardo feroce sul figlio.

In un anno possono cambiare molte cose, padre…

-  È una buona strategia - ammise lui annuendo e accettando quell’imposizione, in fondo era sempre suo padre e sapeva giocare bene le partite. Spense la sigaretta e si avviò verso la porta.

- Masumi - lo chiamò Eisuke aggrottando la fronte. Lui si voltò con la mano sulla maniglia della porta.

- Sì, padre? -

- Portami quei diritti - ribadì seriamente, fissandolo.

- Certo, padre - la sua bocca si piegò in un sorriso amaro e uscì.



Erano ore che provava scene di “Lande dimenticate”, con Kuronuma che la redarguiva in ogni attimo disponibile, usando il copione come clava. Se nel mondo fosse rimasto vivo un uomo di neanderthal, questo sarebbe stato sicuramente il regista!

Quei ‘giochi di lupi’ che le stava facendo fare erano snervanti e anche lei non era mai soddisfatta. Due giorni prima si era presentata dopo aver accettato il ruolo propostole dal regista. Era famoso nell’ambiente, lo chiamavano “il generale orco” ed era un appellativo meritato!

Era scontroso, burbero, instancabile, urlava sempre facendo sobbalzare tutti e spedendo attrici e attori in lacrime nei bagni. Quando si era presentata lì, l’aveva subito messa alla prova facendole interpretare un lupo affamato in cerca di cibo. Avrebbe dovuto afferrare lo straccio, che simboleggiava la carne, che lui teneva in mano. Lei non s’era tirata indietro e l’aveva affrontato.

Kuronuma era severo, ma la signora Tsukikage lo era molto di più quindi non era stato così difficile ambientarsi. Poi le aveva fatto vedere un documentario sui lupi per cercare di farle capire meglio come si muovono e come agiscono, le aveva fatto notare i diversi tipi di ululati e ne era rimasta impressionata.

Con un battito di mani imperioso mise fine a quella giornata di prove e li congedò tutti. Maya lasciò lo studio mezz’ora dopo e si incamminò per strada domandandosi chi avrebbe interpretato il ruolo di Stewart che educa piano piano la selvaggia Jane.

Quella sera era la prima da oltre una settimana in cui aveva del tempo per sé. Si era resa conto che da quando la signora se ne era andata era stata completamente assorbita dalla scelta della rappresentazione che avrebbe potuto fruttarle un premio e, quando era caduta su “Lande dimenticate”, aveva avvertito una sorta di click, come se il destino avesse voluto farle interpretare Jane.

Un vento fresco muoveva l’aria di Tokyo e lei si strinse il soprabito addosso. Era completamente assorta nelle sue riflessioni quando intravide un volto conosciuto in mezzo ad una folla poco avanti. Sbatté le palpebre e si accorse di essere di fronte al teatro Nittei, dove aveva interpretato “Le due regine” con Ayumi. C’erano giornalisti, fotografi e tutti gridavano alla coppia sul tappeto di voltarsi.

Maya si bloccò quando vide Masumi Hayami girarsi verso un’attrice bellissima, che le dava le spalle e sorriderle dolcemente. Le passò un braccio dietro la schiena e la condusse lungo il tappeto, ignorando la folla intorno a loro. L’attrice aveva lunghi capelli neri, dritti e lucidi, e quando poté vederla in faccia comprese perché il signor Hayami le stesse sorridendo in quel modo.

Era Eiko Nakamura, una delle attrici di punta della Daito Art Production e quello era sicuramente un evento legato a qualche sua rappresentazione. Indossava un bellissimo abito blu notte e coi tacchi alti gli arrivava alle spalle. Gli sorrise anche lei, stupenda come un angelo.

Maya sentì una fitta allo stomaco, un disagio di cui si stupì e che attribuì a ciò che era accaduto la settimana precedente e alla confessione che le aveva fatto.

Chissà se manda fiori anche ad altre attrici, oltre me… sì, sicuramente sì… e chissà se queste sue dimostrazioni hanno uno scopo oppure sono legate puramente al talento artistico…

In quell’istante le balzò alla mente il ricordo del signor Hijiri. Era lui che le aveva sempre consegnato le rose scarlatte, chissà se lo avrebbe fatto ancora. E lui, sapeva ogni cosa? Sapeva chi fosse il donatore di rose scarlatte?

Sollevò lo sguardo e li vide entrare nel teatro, lui le teneva ancora la mano in fondo alla schiena, come se la sospingesse dolcemente e Maya di nuovo avvertì quella scossa nella pancia.

Dovrei fargli sapere che ho accettato il ruolo della ragazza lupo in Lande dimenticate? Ma dopo quello che gli ho detto quella sera… non credo di avere neanche il coraggio di guardarlo in faccia… Lui mi ha sempre aiutato… fin da quando non ero nessuno e quando lo incontravo come Masumi Hayami mi ha spronato a reagire quando io credevo che mi odiasse… e io l’ho ricambiato con quell’accusa terribile...

Proseguì sul marciapiede, evitando i giornalisti assiepati e lanciò un’ultima occhiata alle doppie porte del teatro che si erano appena chiuse.

Come ho potuto dirgli quella cosa orribile? Sua madre non è morta per colpa sua… e io… io sono stata capace solo di accusarlo!

Si portò le mani al volto e pianse amaramente mentre il vento freddo l’avvolgeva come una mano scarna e grigia.



Il giorno seguente Maya si presentò puntuale come sempre allo studio e le prove iniziarono di nuovo. Era davvero difficile estraniarsi e pensare come un animale, anzi, come un essere umano allevato da animali su montagne aspre.

Poco prima della pausa per il pranzo, Kuronuma li fece raccogliere tutti nella sala prove e annunciò il cast completo. Maya avvertì la consueta emozione quando accadeva qualcosa di nuovo.

Finalmente saprò chi interpreterà Stewart!

Il regista passò ad annunciare tutti i nomi degli attori associati ai vari ruoli e lasciò per ultimo quello di Stewart. L’aria sembrò saturarsi d’attesa e Maya serrò le mani insieme portandole al petto.

- Stewart sarà interpretato da… - la porta della sala si aprì ed entrò un ragazzo - Yu Sakurakoji! -

Maya sussultò e i suoi occhi si fissarono immediatamente in quelli di lui che la trovò senza difficoltà in mezzo al gruppo di attori.

Sakurakoji!

Yu si unì agli altri che lo salutarono calorosamente e Kuronuma batté le mani per far cessare immediatamente quelle effusioni inutili. Passò a spiegare quanto fosse complesso il dramma di “Lande dimenticate” , sia dal lato umano che da quello sociale, ma Maya riusciva a pensare solo a come affrontare Yu.

Congedò tutti per la pausa pranzo e Maya si scoprì terrorizzata addirittura nel doversi avvicinare, ma Yu ruppe la tensione per primo, avvicinandosi sorridente e salutandola.

- Maya, come stai? - era più alto di come se lo ricordava, ma la sua voce cordiale spazzò via ogni paura immotivata.

- Yu! Bene e tu? - ricambiò il saluto felice e imbarazzata.

- Sono contento di poter recitare insieme a te! - esordì incapace di celare il reale interesse che provava. Maya… non riesco quasi a parlarti e tu invece sei sempre la solita, cordiale e gentile con me...

- Anche io, Yu! - era incerta su ciò che questo avrebbe potuto significare nel futuro, ma era davvero contenta di averlo come partner sulla scena.

Lui allungò la mano e lei gliela strinse.

In quell’istante, nella sala entrò una ragazza, snella e carina, dai corti capelli arricciati e rimase interdetta dalla scena. Yu fece le presentazioni e Maya comprese che Mai era la sua ragazza. Lei disse qualcosa circa un appuntamento e Maya tagliò corto lasciandoli soli. Si diresse ai camerini e non notò l’espressione di disappunto di Sakurakoji.

Una volta in strada, Maya raggiunse il suo fast food preferito e prese un hamburger mentre rifletteva su ciò che era appena accaduto. Quel pomeriggio e finché Kuronuma non avesse deciso diversamente, lei avrebbe recitato le scene senza Stewart.

Sakurakoji… sono contenta che stia insieme ad una ragazza così carina… avrei dovuto provare qualcosa invece sono solo felice per lui! Chissà come sarà confrontarsi sul palco!

Tornò rapida allo studio e affrontò il pomeriggio di prove, svuotando la mente dai pensieri strani che ruotavano sempre intorno alla rivelazione che le aveva fatto il signor Hayami e che, da una settimana a quella parte, non l’abbandonava mai.


 

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Capitolo 4
*** Incontri ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

4. Incontri



La settimana seguente trascorse intensa, Maya affrontò le prove sempre e solo con Kuronuma, che le fece recitare le stesse scene e atteggiamenti decine di volte. In un momento di pausa si sedette sfinita in uno dei camerini, si passò l’asciugamano sulla fronte e si guardò allo specchio.

Una ragazza allevata dai lupi con sua sorella… quando lei muore, si sente svuotata… cosa avrà provato realmente? Come poter rendere il suo stato d’animo?

Mentre era perduta nelle sue riflessioni le cadde l’occhio sulla sedia accanto, c’erano delle riviste impilate e sulla prima capeggiava un titolo a grosse lettere nere. Prese lentamente il giornale con mano tremante, incapace di fermare il suo cuore che aveva preso a battere rapidamente.

“Lo scapolo d’oro del mondo del teatro vicino al matrimonio?”

La scritta era a tutta pagina e dietro c’era un’immagine della facciata della Daito e, sopra, un profilo di Masumi Hayami.

Matrimonio? Si sposerà? Perché tutto a un tratto mi interessa questa cosa?

Gettò la rivista sulla sedia, infastidita, si alzò di scatto e uscì dal camerino tornando in sala prove.



Due giorni dopo, Ryuzo Kuronuma usciva dall’ufficio del Presidente delle Produzioni Osawa sbattendo la porta. Lo aveva chiamato, facendogli perdere tempo, per qualcosa che non aveva alcuna importanza!

Non mi interessa promuovere Lande dimenticate! Non mi interessa partecipare e vincere il premio delle Arti!

Si diresse deciso allo studio e riprese immediatamente le prove con Maya Kitajima. Era un’attrice incredibile, istintiva, ricettiva, si calava completamente nel personaggio tanto che era costretto a riportarla alla realtà dopo prove particolarmente lunghe in cui entrava nei panni di Jane.

Era vicina, ma ancora mancava qualcosa. Dopo due ore intense si sedette stanco sul divano della stanza di scena dove provavano.

- Possiamo provare insieme agli altri, adesso… - le comunicò portandosi due dita al ponte del naso cercando inutilmente di prevenire un’emicrania.

Maya esultò e ogni cosa trasparì dal suo viso sincero, ma immediatamente si rese conto che il regista non era effervescente come i giorni precedenti.

- Va tutto bene, signor Kuronuma? - gli chiese avvicinandosi cautamente.

- Niente va bene, Kitajima, quando di mezzo ci sono i soldi! - esclamò lui picchiando un pugno nel palmo della mano - Raggiungiamo gli altri - aggiunse poi alzandosi e precedendola nel corridoio.

Quando entrarono nella sala prove grande, si levò un breve applauso, Maya arrossì ma Yu l’accolse con un sorriso smagliante.

Maya, finalmente potremo recitare insieme!

Kuronuma iniziò subito, ignorando smancerie e effusioni affettuose nei confronti della sua prima attrice e chiese la scene di apertura e la cattura della ragazza lupo. Quando Maya mostrò a tutti per la prima volta la sua Jane selvaggia, gli attori rimasero stupefatti dalla sua incredibile rappresentazione.

È perfetta! Un’attrice perfetta per me! Il mio strumento! Ma la sua espressione ancora non va bene...

Kuronuma osservò Maya cercare di sfuggire ai suoi cacciatori e pensò brevemente all’incontro di poco prima con il Presidente Osawa e all’impegno che gli aveva strappato per quella sera di partecipare ad un party.



Masumi Hayami conversava amabilmente con il produttore di una casa minore, la sua segretaria era dietro di lui, silenziosa e immobile. La serata era noiosa, come tutti quegli eventi mondani che in realtà nascondevano possibilità di accordi e contratti. C’erano sempre attori e attrici, produttori cinematografici e teatrali, giornalisti e televisioni e, ovviamente, cibo a fiumi. Stava seguendo attentamente la discussione con quel produttore che cercava di estorcergli informazioni quando sentì il nome di Maya Kitajima pronunciato da una voce femminile alle sue spalle.

- Chi è Kitajima? -

- Ma sì, quella ragazzina candidata alla Dea Scarlatta che recentemente ha interpretato il ruolo di Ardis ne "Le due regine" ! -

- Io la ricordo coinvolta in uno scandalo qualche tempo fa, sinceramente -

- Sapete che ora sembra abbia accettato la parte di una ragazza lupo? -

- Come fai a saperlo? -

- Conosco un attore che lavora con lei, è uno spettacolo delle Produzioni Osawa… -

Masumi smise di prestare attenzione alla seconda conversazione e tornò concentrato sul produttore, ma non gli sfuggì l’occhiata di rimprovero di Mizuki che gli strappò un sorriso tirato.

Si accorge di ogni cosa…

La noiosa conversazione terminò con una sequenza di complimenti falsi e inutili, ma lui ormai non faceva più caso a cose del genere, le lusinghe non lo toccavano. Si diresse verso il centro della sala, come se cercasse qualcuno e vide una coppia di uomini che parlavano vicino ad un tavolo imbandito.

Mizuki lo vide dirigersi verso di loro e scosse la testa. Signor Masumi… appena sente il nome di quella ragazza, lei cambia completamente...

- Buonasera - li salutò per primo, tanto valeva iniziare. Uno era il Presidente Osawa, dell’omonima casa di produzione e l’altro gli sembrava vagamente di conoscerlo.

- Buonasera, signor Hayami - lo salutò con deferenza Osawa e Kuronuma passò lo sguardo sospettoso da uno all’altro e quando sentì il cognome dell’uomo giovane alto e distinto davanti a sé, scoppiò a ridere. Osawa per poco non si strozzò per la vergogna.

- Hayami! So chi è lei! Ha fama di uno che va in giro a distruggere aziende! - e rise di nuovo mentre, se avesse potuto, Osawa sarebbe sprofondato.

- Lei invece deve essere il regista Ryuzo Kuronuma, quello che chiamano il generale orco - replicò Masumi con la stessa franchezza e un sorriso sulle labbra - Venga, beva qualcosa con me - gli offrì tendendogli la mano, il regista scoppiò a ridere e accettò l'invito ricambiando la stretta.

Mizuki seguì i due con lo sguardo sospirando e non le sfuggì il colore terreo del Presidente Osawa che fu costretto a lasciare il suo regista nelle mani del signor Hayami. Attese qualche attimo, poi si incamminò verso Masumi e Kuronuma, restando però a distanza.

- Immagino che lei abbia a che fare continuamente con registi come me - esordì Kuronuma guardandolo di sottecchi, la fama di quell’uomo lo precedeva.

- Molti più di quanti non crede - annuì con un sorriso spento Masumi accendendosi una sigaretta.

- Finalmente ho trovato lo strumento adatto al mio scopo e trovo solo ostruzione! - si lamentò il regista appoggiandosi alla balaustra del terrazzo dove l’aveva condotto Hayami.

- Strumento? - indagò Masumi cercando di non dimostrarsi troppo interessato.

- Maya Kitajima - sussurrò il regista rapito e lui vide distintamente lo stesso sguardo della signora Tsukikage quando guardava Maya.

- La conosce? - aggiunse Kuronuma sollevando lo sguardo e fissando il suo interlocutore - Lei è il mio strumento raro e saprò sfruttare tutto il suo talento! - esclamò picchiando un pugno nel palmo. Masumi sorrise sapendo bene ciò che aveva visto il regista in lei.

-  È un’attrice che sembra sempre dare molto nei ruoli che interpreta - concordò Masumi serio. Kuronuma annuì incrociando le braccia al petto e rievocando le registrazioni di Maya che l’avevano convinto a sceglierla.

- E poi… c’è il suo partner, interpreta l’antropologo Stewart che cerca di educare la ragazza lupo. Insieme sembrano affiatati… a proposito, è un attore della Ondine, è la sua compagnia, no? -

- Della Ondine, dice? - Masumi si fece immediatamente attento.

- Yu Sakurakoji - lo informò il regista e Masumi fu costretto a fare appello a tutta la sua calma perché dalla sua espressione e dalla sua voce non trapelasse niente di ciò che stava provando in quel momento.

È il suo partner! Recita con lui!

- Sì, lo conosco - annuì cercando di apparire completamente disinteressato.

Il Presidente Osawa li raggiunse oltrepassando Mizuki a passo veloce, probabilmente non poteva reggere più a lungo la tensione nel sapere Kuronuma in compagnia di Masumi Hayami.

- Chiedo scusa, signor Hayami - li interruppe con deferenza e Masumi serrò la mascella per quell’atteggiamento falsamente dimesso.

- Presidente Osawa - Kuronuma aggrottò la fronte per quell’intromissione.

- Kuronuma, c’è una persona che vorrei farti incontrare e sta attendendo… - gli comunicò fissandolo intensamente con la speranza che comprendesse l’urgenza di andarsene via da lì.

- Sembra che i miei impegni ci separino, signor Hayami, mi ha fatto piacere scambiare due parole con lei - e gli tese la mano.

Masumi la strinse con benevolenza, in fondo era un uomo determinato e simpatico, ma non così orco come le leggende lo volevano.

-  È stato un piacere conoscerla di persona, signor Kuronuma - ammise sinceramente colpito.

- In fondo anche lei non è il tipaccio che pensavo! - esclamò il regista col suo vocione facendo sbiancare Osawa. Masumi scoppiò a ridere imitato da Kuronuma.

- L’aspetto allo studio se vuole vedere come se la cava il suo attore! - lo invitò mentre veniva trascinato via.

- La farò chiamare dalla mia segreteria - gli sorrise Masumi infilandosi le mani in tasca e appoggiandosi alla balaustra mentre i due se ne andavano.

- Ha davvero intenzione di andare? - gli chiese Mizuki avvicinandosi lentamente. Lui la guardò serio.

- Lo chiami domani mattina e fissi un appuntamento per il pomeriggio - le chiese categorico incamminandosi e dandole le spalle.

- Ma domani pomeriggio ha l’incontro con il canale Cho! - obiettò lei, voltandosi esasperata: ci aveva messo due settimane ad ottenere quell’appuntamento.

- Lo cancelli - rispose serafico rientrando nella grande sala del party e facendola innervosire ancora di più.

Ogni occasione ufficiale è buona per incontrarla, vero signor Masumi? Cos’è accaduto fra voi il giorno della scomparsa della signora Tsukikage? Perché eravate insieme? Le ha davvero detto tutto? La sua espressione è cambiata completamente quando è stato nominato Sakurakoji…

Sospirò e rientrò, seguendolo.



Mentre Kuronuma discuteva amabilmente con Masumi Hayami al party, Maya e Yu terminavano quella giornata di prove e dopo essersi cambiati nei camerini decisero di andare a mangiare qualcosa insieme. Maya si sentiva stranamente calma e rilassata mentre Yu non faceva che pensare a lei, alle prove appena terminate.

Splendi come una stella, Maya… l’ardore della tua recitazione mi incita a fare sempre meglio! Non ti deluderò!

- Ti va un hamburger? - le chiese, sapendo che era uno dei suoi piatti preferiti e sperando che accettasse il suo invito.

- Sì! - rispose lei entusiasta e Yu sentì il cuore accelerare all’improvviso. Era così tanto tempo che non trascorrevano una sera insieme, tutta la tensione al momento del suo arrivo si era dissolta e Maya aveva ritrovato la naturalezza che aveva in passato con lui. Nelle prove si trovavano benissimo, anche in una delle fasi più difficili che li vedeva contrapposti nei mesi in cui Jane imparava a fidarsi di Stewart.

Entrarono nel locale e presero posto ordinando subito la cena.

- Sai? Ti ho visto in “Sogno di una notte di mezza estate” e ne “Le due regine” - esordì dopo qualche minuto di silenzio. Maya, sei stata fantastica, ma non ho avuto il coraggio di venire a dirtelo di persona…

- Davvero? - esclamò lei meravigliata. Perché non sei venuto a salutarmi?

- Sei molto cambiata, Maya, ormai sei davvero un’attrice, proprio come diceva la signora Tsukikage - si rese conto di riuscire a stento a trattenere l’emozione che lo pervadeva in quel momento. Lei arrossì immediatamente, abbassò lo sguardo e l’unica cosa che Yu avrebbe voluto fare, sarebbe stato cingere quel volto con le mani e baciare quelle labbra lievemente tremanti.

- Grazie, Sakurakoji… - mormorò imbarazzata ma felice che lui l’avesse seguita nelle sue ultime rappresentazioni, anche se non si era mai fatto vedere. Voltò lo sguardo verso il bancone e i suoi occhi furono immediatamente attratti dal mazzo di rose scarlatte in vaso che lo adornavano.

Yu seguì il suo sguardo e notò i fiori.

- Hai più saputo niente di lui? Del tuo ammiratore? Hai scoperto chi è? - quell’uomo misterioso la seguiva fin dalla prima rappresentazione che fece di “Piccole donne” e da allora le aveva mandato rose a profusione, regali di ogni sorta senza contare il sostegno economico che le aveva permesso di frequentare la scuola.

Maya rimase congelata in quella posizione, preferendo guardare le rose che gli occhi di Yu. Sapeva che si sarebbe tradita, così sfruttò quei secondi per riprendere un minimo di autocontrollo.

- No… non so chi sia - scosse la testa e prese una patatina. Yu si accorse che le sue guance erano ancora arrossate, chissà se per ciò che le aveva detto o se quell’imbarazzo glielo aveva provocato il pensiero dell’ammiratore… Potrebbe essere un vecchio qualsiasi, Maya… non te ne rendi conto? Come puoi provare dell’affetto per qualcuno che neanche conosci? Io sono qui, da sempre, ma tu non mi vedi…

Calò un silenzio teso e Maya si rammaricò profondamente di non potergli dire tutta la verità, ma era qualcosa che custodiva gelosamente e non si sapeva spiegare il perché. Da quando il signor Hayami le aveva raccontato ogni cosa, il suo punto di vista era completamente cambiato. Non aveva detto niente neanche a Rei… Non aveva fatto altro che pensare e ripensare a quella strana giornata, a tutto ciò che le aveva detto, alle sue braccia quando l’aveva stretta di nuovo. Si impose di smettere di pensarci e tornò ad alzare lo sguardo sorridente verso Yu.

Mi dispiace Yu… ma la mia vita è cambiata, non sono più la stessa…

Si portò una mano alla bocca meravigliandosi per quell’ultimo pensiero e Yu la vide arrossire.

- Maya? Va tutto bene? - quel rossore diffuso… di nuovo, chissà a cosa pensava...

- S-Sì… - rispose lei tossicchiando.

Continuarono a chiacchierare delle prove, di Kuronuma, finché Maya si rese conto dell’orario.

- Il treno! - sussultò. Pagarono rapidamente e uscirono dal locale. Raggiunsero la stazione trafelati e Yu la prese per mano tirandola per le scale.

È la sua mano che mi stringe, non quella di Stewart…  È calda, ma più piccola di quella del…

Interruppe il suo pensiero proprio mentre raggiungeva la banchina e costrinse Yu a fermarsi di scatto. Perché lo aveva paragonato a quell’evento? Perché aveva pensato alla sua mano?

- Maya? Cosa c’è? - Yu la osservò corrugando la fronte, stava pensando a qualcosa ma lui, l’unica cosa che sentiva, era la mano piccola, stretta nella sua.

- N-Niente… - balbettò Maya sollevando lo sguardo imbarazzata.

Il rumore del treno in arrivo li riscosse e lei corse verso le porte che si aprivano.

- A domani, Maya! - gridò Yu chiudendo a pugno la mano che fino ad un istante prima aveva stretto la sua.

- Ciao, Yu! - lo salutò lei sbracciandosi mentre le porte si chiudevano con ancora il ricordo del contatto a cui l’aveva costretta il signor Hayami a teatro.



Maya continuava a rigirarsi sotto la coperta senza riuscire a prendere sonno. La sagoma di Rei accanto a lei era immobile. Si alzò lentamente cercando di non fare rumore e raggiunse la finestra della cucina. Era uno dei suoi posti preferiti perché da lì poteva vedere parte della città e il cielo senza che ci fossero palazzi ad oscurarne la vista. Avrebbe voluto aprire la finestra, ma sapeva che fuori era freddo. Si appoggiò alla sporgenza interna coi gomiti e sospirò. L’aver parlato con Yu durante la loro breve cena aveva fatto sorgere mille pensieri. Era confusa, sapeva che ciò che aveva provato quando le aveva chiesto dell’ammiratore o quando le aveva stretto la mano non aveva niente di logico.

Ho desiderato che ci fosse lui lì, davanti a me, al fast food e quando Yu mi ha stretto la mano… il pensiero è corso immediatamente a quel giorno… alla sua mano che strinse la mia… volevo fuggire, scappare da quell’uomo odioso, che mi aveva ingannata invitandomi a teatro per un motivo che in quel momento mi era oscuro…

Sollevò lo sguardo al cielo e intravide qualche stella. Chissà se le sta guardando anche lui… Il cielo era sempre lattiginoso, anche di notte, non raggiungeva mai il nero inteso che aveva visto al planetario. Le stelle erano celate dallo smog e non si vedevano chiaramente, ma c’erano. Quel giorno parte della sua vita era completamente cambiata e se ne stava accorgendo da tante piccole cose. Come quella rivista che l’aveva così indignata. Il ricordo la irritò immediatamente e, meravigliata di sé stessa per quella reazione, si portò una mano alla bocca, stupita.

Ma che mi prende?! Perché dovrebbe interessarmi se si sposa o meno? E’ un uomo, ha una posizione, una famiglia alle spalle… suo padre che vorrà sicuramente un matrimonio favorevole! Che male c’è, da sempre funziona così!  E poi… il modo in cui sorrideva a quell’attrice...

Picchiò un pugno sul bordo di legno e avvertì il dolore che la riscosse da quei pensieri così estranei a lei e alle sue consuetudini.

Anche se è il mio ammiratore, colui che mi ha seguito fin dalla mia prima interpretazione, è solo quello, un ammiratore! Un fan! E’ stato chiaro… ha parlato del mio talento, sempre, del fatto che non avesse mai incontrato un’attrice come me, ma che il mondo che ci circonda non gli avesse permesso altro modo di dimostrarmelo che usare la forma anonima… Ma io… non capisco… perché arrivare a tal punto? La scuola, tutte le attenzioni che mi ha riservato negli anni… le rose… le meravigliose, bellissime, rose che mi hanno confortato e incoraggiato… e i suoi biglietti… io… quei messaggi, credevo che… Ho creduto, a  volte, che nascondessero un altro interesse, diverso, più profondo, da parte di quell’ammiratore… ma ora… ora che so che è lui, so anche che è impossibile…

Quell’ultimo pensiero le fece stringere lo stomaco, era una barriera insormontabile e si rese conto che qualsiasi pensiero avesse mai formulato e immaginato circa il suo ammiratore, ora non aveva più alcun senso perché poteva dare una forma e un contenuto a quella persona. E mai si sarebbe aspettata di doverlo unire al signor Hayami. Abbassò la testa fra le braccia e pianse sommessamente senza riuscire a capire perché quella disillusione l’avesse così sconfortata e ferita, perché l’aver idealizzato l’ammiratore e poi averlo dovuto fondere all’inarrivabile e scontroso signor Hayami le stesse facendo dolere così tanto il cuore in petto.

E’ un imprenditore… vede in me l’attrice… un futuro contratto, forse i diritti della Dea Scarlatta, lui è un uomo e io sono solo una ragazzina senza niente altro che la recitazione…



Masumi continuava a rigirarsi sotto la coperta senza riuscire a prendere sonno. Il silenzio nella stanza era opprimente, le tenebre troppo fitte lo costringevano a guardarsi dentro e lui non voleva farlo. Guardarsi dentro significava vedere lei e non era una buona idea. Soprattutto da quando aveva saputo, poche ore prima, che avrebbe recitato con Sakurakoji.

Scostò le coperte stizzito per quel sentimento così profondo che lo pervadeva e che non era mai riuscito ad arginare, si alzò e raggiunse la finestra. Scostò le pesanti tende e puntò gli occhi al cielo notturno, lattiginoso per lo smog, dove solo qualche stella si intravedeva qua e là. Appoggiò la fronte al vetro e chiuse gli occhi. Chissà se le sta guardando anche lei…

Non l’aveva mai sentita così vicina come quel giorno, dopo il primo impatto negativo lei era stata… comprensiva e paziente anche se lui non l’aveva aiutata affatto. Sorrise a occhi chiusi ricordando quei momenti.

Ero teso… proprio io… non sapevo come affrontarla, eppure lei è stata molto più coraggiosa di me perché ha mantenuto la promessa e mi ha ascoltato, anche quando io l’ho portata da mia madre… ancora non so come abbia fatto ad accettare tutta quella situazione… un cimitero… come ho potuto portarla lì?

Appoggiò anche le mani al vetro della finestra, era freddo e lo aiutò a ritrovare un po’ di calma. Eppure, alla fine della cena, i suoi occhi lo guardavano, sembrava gli stesse chiedendo di aprirsi, di svelarle ciò che il suo cuore nascondeva. Era stato quello sguardo sincero e profondo a convincerlo che avrebbe dovuto dirle tutto dell’ammiratore.

Ma alla fine non le ho detto tutto comunque, ho visto la sua gratitudine, io le ho detto ciò che voleva sentire, che apprezzavo il suo talento come attrice, se… se le avessi detto anche…

Chiuse i pugni e strinse gli occhi mentre lo stomaco gli doleva, stretto in una morsa serrata. Ora che il matrimonio sembrava scongiurato, almeno per il momento, tutta quella malinconia che l’aveva assalito all’idea di perderla e che era stata il motivo per cui aveva voluto trascorrere del tempo con lei, sembrava essersi placata ed era stata sostituita da un’angoscia costante, che non l’abbandonava mai.

Ci aveva riflettuto a lungo ed era giunto alla conclusione che l’idea di potersi accontentare della sua gratitudine e dell’affetto verso l’ammiratore, che aveva visto nei suoi occhi dopo che le aveva detto ogni cosa, lo stava lacerando.

Ogni giorno parla con lui, recita con lui, si confrontano, escono insieme, si… si toccano… io… la devo smettere di pensare…

Lasciò di scatto la finestra e un formicolio fastidioso gli percorse le mani, segno di quanto le avesse tenute strette. Scese fino al salotto degli ospiti dove sapeva avrebbe trovato ciò di cui aveva bisogno. La casa era silenziosa, tutti dormivano, anche suo padre, non ebbe necessità di accendere neppure le luci, conosceva ogni angolo a memoria, ogni spigolo, ogni imperfezione del vecchio legno a terra, ogni scricchiolio che da ragazzino l’aveva così terrorizzato. Aprì l’armadietto finemente decorato che piaceva tanto a sua madre e si versò del whisky che suo padre faceva arrivare direttamente dalla Scozia.

Lo bevve immediatamente, tenendo la testa all’indietro, gli occhi chiusi e lasciando che gli bruciasse la gola. Prese la bottiglia, il bicchiere e si sedette sulla poltrona che dava sul giardino esterno. Un vento lieve muoveva gli alberi e lo sentiva fischiare da sotto una delle grandi finestre. Versò e bevve di nuovo.

L’angoscia profonda che sentiva gli stava martellando in petto spinta furiosamente dai suoi pensieri insani e carichi di rabbia.

E’ una giovane attrice… vede in me solo l’uomo d’affari senza scrupoli e l’odio che provava per me si è affievolito perché mi ha unito alla figura dell’ammiratore che probabilmente stimava molto… lei è solo una ragazzina e io un uomo senza niente altro che il lavoro...


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Capitolo 5
*** Fiducia ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

5. Fiducia



Era stata costretta ad annullare l’incontro con il canale Cho, costato due settimane di trattative, solo perché lui voleva incontrarla. Inutile dire quanto si fosse innervosito il Presidente Inoki. Osservò il profilo del suo capo mentre l’auto sfrecciava in mezzo al traffico verso gli studi della Osawa.

- Mi dica quello che deve - la precedette lui facendola sussultare, ma rimanendo immobile, lo sguardo puntato oltre il finestrino.

- Perché circolano voci circa un suo matrimonio? - gli chiese infine esasperata. Lui si voltò lentamente e lei temette di aver esagerato.

- Davvero? - Masumi alzò un sopracciglio e spostò lo sguardo su una rivista che gli stava porgendo Mizuki.

- I giornalisti non hanno proprio niente altro da fare. Li citi per diffamazione - sorrise e lasciò andare la rivista sul sedile in mezzo a loro.

-  È vero? - insisté Mizuki riprendendo la rivista e posando lo sguardo sulla copertina. Lui era tornato a guardare fuori, completamente assente.

- No - disse dopo qualche momento di silenzio proprio quando lei stava per rinunciare ad una risposta.

- Perché andiamo alla Osawa, signor Masumi? - lo interrogò ancora - Lo fa per lei, vero? - non riusciva proprio a capirlo. Chissà quali erano le sue intenzioni.

- Sta usando ancora il suo intuito, Mizuki? - le domandò Masumi senza scomporsi - Non pensa che voglia vedere come se la cava Sakurakoji della Ondine? -

- No - rispose francamente lei, Masumi si voltò e scoppiò a ridere.

- Di certo non mi posso lamentare della sua schiettezza, vedo che non teme di dirmi cosa pensa! - quella segretaria riusciva a leggerlo molto meglio di tante altre persone e, sì, l’unica cosa che voleva era vedere lei. Dal giorno del planetario e della scomparsa della signora Tsukikage, della quale aveva una traccia, aveva cercato un modo per poterla vedere e quando Kuronuma lo aveva invitato non ci aveva pensato un secondo di più.

- Perché non le dice la verità? - gli disse Mizuki all’improvviso fissandolo intensamente. Lui smise di ridere e contraccambiò indurendo lo sguardo.

- Chi le dice che io non l’abbia già fatto? - replicò Masumi con voce tagliente dopo qualche attimo di silenzio teso, poi tornò a guardare fuori dal finestrino. Mizuki rimase congelata da quella risposta secca e ricollegò immediatamente quanto accaduto il giorno della scomparsa della signora.

Signor Masumi! Non posso credere che lei l’abbia fatto davvero!!! Posso fidarmi?



Quel pomeriggio, Kuronuma era particolarmente ‘attivo’. Aveva già cacciato un paio di attrici, che erano fuggite piangendo, in quel momento stava torchiando Maya e Sakurakoji, ma i due giovani non davano segno di subire le sue ire. Erano concentrati sulla scena e incassavano urla e percosse con il copione arrotolato senza proferire parola. All’ennesimo errore di Maya, Kuronuma lanciò il povero copione, ormai a brandelli, lungo tutta la sala.

- Nooooo! - gridò esasperato portandosi le mani fra i capelli. Maya incassò la testa fra le spalle stringendo gli occhi e Sakurakoji le mise protettivo un braccio intorno alla spalla, sfiorandole il gomito con l’altra mano.

La porta della sala si aprì e Masumi Hayami entrò seguito dalla fedele segretaria. Tutti ammutolirono e Kuronuma fu costretto a voltarsi. Per fortuna aveva già lanciato il copione altrimenti non avrebbe esitato a tirarlo dietro a chi aveva osato interrompere la sua arringa.

Maya rimase congelata, gli occhi sbarrati, il cuore che martellava incessante, i polmoni che bruciavano per la richiesta d’aria.

È lui… perché è qui? L’ultima volta… è stata quel giorno… lui mi raccontò tutto… e io gli dissi quella cosa terribile…

Si avvicinò a Yu in un gesto naturale, abbassando la testa e arrossendo, e lui strinse l’abbraccio mormorandole qualcosa all’orecchio. Masumi seguì tutta la scena con sguardo fermo, ma alla segretaria, sempre attenta, non sfuggì il tremore della sua mano chiusa a pugno che infilò in tasca.

Cosa si aspettava, signor Masumi? Recitano insieme…

- Signor Hayami! - lo salutò Kuronuma cambiando atteggiamento nell’arco di due secondi. Masumi mostrò un sorriso accennato e lo raggiunse.

- Sono felice che abbia accettato il mio invito! - aggiunse il regista stringendogli la mano.

- Vedo che le prove sono nel vivo - spostò lo sguardo su Maya e Yu, ancora vicini al centro della sala. I due ragazzi fecero un lieve inchino e Maya non riuscì neppure a guardarlo negli occhi.

- Kitajima! Sakurakoji! - gridò voltandosi, il volto contratto in una smorfia concentrata - Scena del primo approccio con Jane! Facciamo vedere al signor Hayami di cosa siamo capaci! - ordinò perentorio. Le luci si abbassarono e il regista e Masumi si allontanarono raggiungendo Mizuki.

I due giovani si guardarono brevemente, poi furono costretti ad eseguire la richiesta.

- Maya… - iniziò Sakurakoji, ma quando lei voltò la testa, era già Jane.

Quella fu solo la prima di quattro scene che Kuronuma volle far vedere a Masumi Hayami. L’affiatamento fra i due era evidente e innegabile, e Masumi si rese conto che l’averle detto dell’ammiratore aveva reciso l’unico legame con lei. Adesso aveva associato l’uomo misterioso alla sua persona, dandogli una collocazione precisa. Sicuramente non positiva.

Alla fine, dopo un’ora di prove e qualche urlo del regista, Kuronuma mandò tutti nei camerini.

- Allora, cosa ne dice? - chiese Kuronuma incamminandosi verso le doppie porte.

- Convincente - rispose brevemente Masumi accendendosi una sigaretta mentre percorrevano il corridoio verso l'atrio.

- Però c’è un problema… - il regista fece qualche passo nervoso quando si fermarono nell’ampio atrio - Kitajima è reattiva, le dico le cose e lei le fa, ma… -

Masumi attese che il regista terminasse il suo monologo.

- Le manca completamente la parte selvaggia… è un lupo di città… - gli confidò infine sbuffando.

- Un lupo di città, dice? - ripeté Masumi mentre un'idea prendeva forma.

- Sì… non ha quell’aggressività tipica dei lupi selvaggi… - Kuronuma si passò le mani fra i capelli, esasperato.

- Maya Kitajima ha grandi potenzialità, le dia fiducia e non la deluderà - Masumi fece cenno alla segretaria di avvicinarsi. Mizuki era rimasta in silenzio e in disparte, ascoltando ogni parola attentamente.

- La ringrazio per averci fatto visita. E’ rimasto soddisfatto del suo attore della Ondine? - indagò Kuronuma con una particolare inflessione della voce.

- Sì - rispose concisamente Masumi mentre si voltava verso la sua segretaria.

- Signorina Mizuki, può andare, per stasera abbiamo finito - la congedò gentilmente - Faccia arrivare qui la mia auto, per favore - aggiunse pensieroso.

- Ma… - Cos’ha in mente, signor Masumi?

- Non si preoccupi per me, ci vediamo domani mattina - la precedette lui dandole le spalle. Mizuki serrò i denti ingoiando la rispostaccia che le era saltata in mente, salutò Kuronuma con un lieve inchino e uscì.

- Le dispiace se scambio due parole con la sua prima attrice? - chiese poi; Kuronuma lo fissò per un istante incuriosito e Masumi resse lo sguardo indagatore, poi il regista fece spallucce e annuì.

- Kitajima! - urlò, imboccando il corridoio dei camerini. Maya uscì di corsa, l’asciugamano intorno al collo e un’espressione meravigliata.

- Sbrigati, il signor Hayami ti aspetta! - la informò facendole un gesto ammonitore di comportarsi bene. Anche Yu fece capolino e seguì tutta la conversazione aggrottando la fronte.

Maya rimase imbambolata nel corridoio, lo sguardo perso nel vuoto e non si accorse dello sguardo preoccupato di Sakurakoji.

Il signor Hayami? Perché mi aspetta?

Rientrò nel camerino, si vestì rapidamente e uscì raggiungendo l’atrio. Aveva fatto tutto di fretta, per non pensare né a chi fosse veramente, né a quella frase infelice sulla morte di sua madre, né al perché il suo cuore non la volesse smettere di battere così furiosamente.

- Salve, ragazzina - la salutò lui con il consueto sguardo ironico - Le va di cenare? - le propose subito. Maya rimase immobile, gli occhi spalancati.

Cena…?  È di nuovo strano… Mi spaventa quando fa così…

- Buonasera… Ma… Ma certo, signor Hayami - ebbe il coraggio di rispondere con un lieve inchino ricordando anche il suo ammonimento sulle buone maniere. Ha lo stesso sguardo incomprensibile di quella sera! Mi ha invitata! Oh… cosa vorrà da me…?



Fuori la sera era fresca ed entrambi strinsero il soprabito. Le luci di Tokyo illuminavano negozi e strade, Maya teneva lo sguardo sulle vetrine e gli camminava a fianco in silenzio. Si sentiva così in soggezione da non riuscire a proferire parola. Inoltre aveva uno spiacevole dolore allo stomaco che non riusciva a spiegare. Quante volte aveva desiderato conoscere il suo ammiratore e stare con lui? Ma non si era certo aspettata che fosse Masumi Hayami... C'erano così tante cose che avrebbe voluto chiedergli!

-  È silenziosa - le fece notare lui con voce stranamente gentile - Se si sente a disagio per ciò che ci siamo detti, la prego di non esserlo -

Maya alzò di scatto lo sguardo sul suo profilo serio. Mi legge come un libro aperto...

- Io... Volevo scusarmi per la mia... - avrebbe voluto dire frase inopportuna, ma non riuscì più a continuare, abbassò lo sguardo e arrossì di vergogna.

Masumi si girò e notò il suo squisito rossore diffuso.

- Non deve preoccuparsi - la rassicurò, in fondo se l'era meritato dopo tutta la tensione a cui l’aveva sottoposta quella giornata. Il marciapiede era pieno di gente e furono costretti ad avvicinarsi. Il suo primo istinto fu quello di cingerle le spalle, ma si bloccò in tempo. Quando sono con lei tutte le cose mi sembrano semplici, mi dimentico che, intorno a noi, il mondo guarda...

Maya non riuscì a replicare, tanto si sentiva in colpa per quello che gli aveva detto, continuava a fissare l'asfalto e si accorse della sua vicinanza. Il cuore prese a batterle freneticamente e si portò una mano al petto. È il tuo ammiratore... Ti apprezza per il tuo talento e tu sei solo una ragazzina... Il suo è un mondo di adulti e di donne bellissime...

Qualcosa attirò la sua attenzione in una vetrina, così si fermò rapita. Era un'intervista a Ayumi e il servizio mostrava anche parti dei suoi spettacoli. Maya sollevò le mani poggiandole sul vetro.

- È bellissima... - mormorò assorta finché non sentì una mano sulla spalla. Si irrigidì come un pezzo di legno e poi si rilassò avvertendo il calore e la volontà di trasmettere conforto. Sa cosa provo... Non so come faccia, ma sa esattamente ciò che sento per Ayumi... E io che in tutti questi anni non ho capito niente...

- Sì, è bellissima - concordò Masumi. L'ultima cosa che voleva era illuderla con delle bugie.

Maya sollevò lo sguardo pieno di muto riconoscimento per la schiettezza con cui le aveva risposto, incontrando i suoi occhi azzurri per la prima volta quella sera. Masumi riuscì a mantenere quella freddezza di cui tanto si vantava e a sorriderle gentilmente.

- Cosa preferisce mangiare? - le domandò interrompendo il contatto. Maya arrossì di nuovo lievemente strappandogli un altro sorriso. Sono io che le causo imbarazzo o l’idea dell’ammiratore delle rose scarlatte?

- Hamburger... - mormorò distogliendo lo sguardo. Masumi alzò un sopracciglio perplesso.

- Temo allora che debba guidarmi lei - le fece notare - Non sono pratico di fast food -

Maya ridacchiò con una mano alla bocca, stranamente a suo agio, poi fece qualche passo rapido avanti fermandosi di fronte a lui, le mani dietro la schiena, un sorriso birichino stampato sulla faccia. Poi si trasformò.

- Signor Hayami! - e sollevò un indice davanti alla sua faccia in un'imitazione di Mizuki - Il fast food non è certo posto adatto a lei! Cosa direbbero i giornali? -

Masumi scoppiò a ridere, era stata perfetta e in modo del tutto naturale le scompigliò i capelli. Il gesto inusuale e inaspettato imbarazzò entrambi ma lui riprese subito il controllo. A volte proprio con lei io non riesco a controllarmi...

- Non è compito della mia segretaria decidere cosa devo mangiare - replicò con il suo tono da Presidente mentre Maya, ancora turbata per quel tocco spontaneo, riprese a camminare.

- È la sua segretaria da molto tempo? - gli chiese girando un angolo e uscendo dal marciapiede affollato. In passato aveva pensato che potessero avere una storia.

- No, me l'ha imposta mio padre - rispose lui con più serietà di quanto avesse voluto - Ma è un'ottima segretaria - aggiunse sorridendo.

- Quando è stata la mia manager si è presa cura di me... Penso che per lei sia importante avere dei collaboratori validi - valutò Maya pensando a quanto fosse complesso il suo mondo. Avrebbe voluto chiedergli del signor Hijiri, ma si rese conto che non era il momento.

Masumi si voltò a guardarla, stava riflettendo ed era assorta. Quando sono con te, tutto mi sembra più leggero e i problemi legati al lavoro e a mio padre svaniscono come nebbia al sole...

- Solitamente preferisco fare le cose da solo, ma ci sono dei casi in cui mi è impossibile - le rispose fissandola con espressione grave. Maya lo guardò e si rese effettivamente conto che era la prima volta che parlavano senza litigare... E a cosa si stava riferendo il signor Hayami? Alle rose scarlatte?

Maya aprì le doppie porte del fast food ed entrò seguita da lui che si guardò intorno incuriosito.

- Allora è davvero la prima volta che entra in un fast food? - gli domandò ridacchiando.

- Potrei sorprenderla, ragazzina - ribadì Masumi strizzando un occhio e stupendosi di sé stesso. Se mi vedesse mio padre ora...

Maya spalancò gli occhi meravigliata per quell'atteggiamento così anomalo per quell'uomo sempre controllato, poi sorrise ancora dirigendosi alla cassa per ordinare e lui la seguì.

Con i vassoi pieni scelsero un tavolo e si sedettero. Masumi continuava a guardarsi intorno. Il locale era pieno di giovani e lui era indubbiamente il più vecchio e realizzò quanto dovesse essersi sentita fuori posto Maya nel ristorante in cui l'aveva portata. Sorrise e Maya si chiese a cosa stesse pensando.

Non riuscirò mai a capirla, signor Hayami... Però quando è lontano dal suo ambiente è anche divertente e piacevole... e quando sorride così, sembra felice… Ora sono curiosa di sapere cosa vuole da me...

Una canzone rock riempiva l'aria e Maya iniziò a canticchiarla sommessamente mentre addentava una patatina.

- È una canzone famosa? - le domandò imitandola dato che non aveva davvero idea di come si mangiassero insieme quel panino e le altre cose che c'erano nel vassoio.

Maya sollevò lo sguardo stupita.

- Signor Hayami! Questa band è al primo posto nelle classifiche! - gli fece notare stupita - Dovrebbe lavorare meno - aggiunse e lui scoppiò a ridere.

- Il lavoro è l'unica cosa che so fare - ammise con tono malinconico e Maya lo fissò un attimo. Lui si sentì a disagio sotto quello sguardo sincero e aperto.

- Dovrebbe riprendere a suonare il pianoforte - gli disse facendolo sussultare - Le sue mani sono perfette per quello strumento - aggiunse arrossendo lievemente, ma da quella volta a casa di Ayumi durante le prove per "Le due regine", quando l'aveva sentito suonare, le era sempre rimasta la curiosità.

Masumi spalancò gli occhi sinceramente sorpreso mentre lei scartava il suo panino e lo addentava, come se le parole appena dette non significassero niente. Come riesci a dire queste cose, ragazzina? Non ti rendi neppure conto di quanto mi sconvolgi... Sei spontanea e mi dici sempre ciò che pensi...

- Non ho tempo per queste cose - rispose in un basso mormorio guardandosi le mani. Le trova perfette...

- Dovrebbe trovarlo - insisté lei buttando giù un boccone di panino. Ancora mi domando come sia possibile che io sia qui con lui a parlare come niente fosse… ed è come se si fosse avverato il desiderio che avevo espresso… è davanti a me adesso...  

Il suo cellulare squillò e quando Masumi vide il nome sul display corrugò la fronte. Poi gli venne un'idea. Prese una penna dalla tasca interna della giacca, rispose alla telefonata usando il viva voce e appoggiò il telefono sul tavolino. Tutto sotto lo sguardo stupito di Maya.

- Hayami - rispose con il consueto tono formale. Si portò un indice alle labbra facendole segno di restare in silenzio e Maya spalancò gli occhi sorpresa.

- Signor Hayami, allora, ha pensato alla mia proposta? Lei è una persona intelligente e arguta, sono convinto che non le sarà sfuggita la possibilità degli enormi profitti - disse la voce maschile e Masumi scrisse "adulazione" sulla carta di un tovagliolo guardando poi Maya.

Cosa sta facendo, signor Hayami?

- Signor Hiroki, lei mi lusinga, io ho riflettuto attentamente e credo possa esserci un accordo se lei rispetterà la sua parte - rispose lui pacatamente con un tono convincente.

Maya lo fissò stupita. Potrebbe recitare, signor Hayami...

Lui scrisse: "dare sempre l'illusione che ci sia una possibilità".

- Non deve preoccuparsi, lei gode di enorme rispetto da parte mia, non mi permetterei mai di irritarla e come pattuito tutti i lavoratori saranno spostati su altro appalto - promise l'uomo con voce accomodante.

Masumi scrisse di nuovo "adulazione" e poi "sta mentendo". Maya indurì lo sguardo e incredibilmente lui ne gioì. Non le piacevano le ingiustizie e lui lo sapeva bene.

- Un mio collaboratore ha parlato con alcuni dei suoi operai... - rispose Masumi lasciando la frase in sospeso e scrivendo "raccogliere informazioni". Dall'altra parte ci fu il gelo e Maya spalancò gli occhi quando lui scrisse "minaccia".

- Potrei denunciarla - quando Masumi pronunciò quelle parole la sua voce mutò completamente facendola rabbrividire. Era glaciale e atona, indicava che avrebbe mantenuto ciò che aveva detto.

- No! La prego! - disse l'altro - Mia moglie aspetta un bambino! - ma Masumi lo interruppe ignorando le sue suppliche e scrisse "sta mentendo" e “non ha moglie”.

Signor Hayami... Ogni volta è così per lei?

- Le propongo un nuovo accordo. Pagherò la metà di quanto concordato e tutti i suoi operai passeranno alla Daito. Ne ho comunque bisogno - e scrisse di nuovo "informazioni" e poi "minima spesa, massimo risultato".

- La metà? - la voce era irritata e sorpresa.

- Posso ancora scendere, se le sembra troppo - ironizzò Masumi fissando Maya. Dall'altra parte il silenzio fu prolungato poi si udì distintamente un sospiro e Maya lo vide sorridere e chiudere gli occhi per un attimo: aveva vinto.

- Può chiamare la mia segretaria quando vuole, signor Hiroki, è stato un piacere fare affari con lei - chiuse la telefonata senza attendere risposta e rimise il cellulare in tasca.

Maya si appoggiò allo schienale della sedia osservandolo. Prese una patatina continuando a guardarlo e domandandosi con che tipo di gente avesse a che fare.

A che stai pensando, ragazzina? Che ho distrutto un'altra azienda come ho fatto con la compagnia della signora Tsukikage?

- Mentono così spesso? - gli domandò invece, spiazzandolo. Lui annuì con un sorriso mesto.

- Lei acquisisce informazioni per essere in vantaggio - era un'affermazione, ma Masumi annuì di nuovo sorpreso del fatto che lei avesse seguito e stesse riflettendo. Maya continuò a fissarlo come se niente di ciò che era accaduto fra loro in passato avesse importanza. La fusione della figura dell'ammiratore con Masumi Hayami aveva cambiato le cose.

- Quanti operai assumerà? - gli chiese ancora e lui attese un attimo senza comprendere dove volesse andare a parare.

Signor Hayami... Mi sta valutando come fa con altri uomini d'affari?

Gli sorrise sperando di metterlo a suo agio, se lei era in soggezione con lui, probabilmente per lui era lo stesso...

- Settanta - rispose dopo un po', incoraggiato dal suo sorriso che gli fece battere il cuore. Lei rimase in silenzio mangiando e lui la imitò. La risposta sembrava averla soddisfatta. Masumi si rilassò meravigliandosi di quanta soggezione gli mettesse quella ragazzina...

- Perché mi ha fatto ascoltare la telefonata? - gli chiese all'improvviso.

Mi ero dimenticato che con te le cose non sono mai come ti aspetti...

- Per mostrarle una parte del mondo che affronterà. La gente mente, continuamente, usa l'adulazione per ingraziarsi gli altri, girargli le spalle e pugnalarli. Conoscere i segreti degli interlocutori, raccogliere informazioni, può valere la differenza fra un buon affare e uno pessimo - spiegò passando a quel tono saccente e odioso che per tanti anni li aveva divisi.

Maya si rese conto all'improvviso che quella era la sua maschera... Nella vita di tutti i giorni doveva indossarla per fronteggiare la gente di cui era circondato, ma probabilmente avrebbe preferito evitare. Come il giorno del planetario, dove le era sembrato un altro uomo. O come in quel momento.

- Non dovrebbe fidarsi mai di nessuno - le consigliò dopo qualche attimo di silenzio sollevando lo sguardo su di lei.

- E lei, signor Hayami? Dovrei fidarmi di lei? - gli domandò, lo sguardo intenso e pieno di aspettativa. Masumi, forse per abitudine, forse per timore, fece quello che aveva fatto per anni: l'allontanò.

- No, non dovrebbe - confermò, mantenendo lo sguardo fermo e risoluto. Maya sussultò e quando la vide abbassare gli occhi delusa sentì una fitta al cuore. Perché provo sempre quest'angoscia dolorosa?

- La riporto a casa, è tardi - esordì quando il silenzio di lei si fece insopportabile - È stato divertente mangiare qui - aggiunse alzandosi e mettendosi il soprabito. Anche Maya si alzò, in silenzio, lui stava per scuoterla con una delle sue battute irriverenti quando lei prese a ridacchiare, stupendolo.

- Per la sua camicia è stato meno divertente! - si voltò verso il tavolino e vide il tovagliolo dove aveva scritto. Lo afferrò rapida senza farsi vedere infilandoselo in tasca, ne prese uno pulito e si avvicinò di un passo, le guance lievemente arrossate.

Masumi la osservò mentre si muoveva impacciata, era completamente diversa da quando recitava, dove mostrava sicurezza. Si avvicinò ancora e passò il tovagliolo su una piccola macchia rossa sulla camicia, altrimenti candida, premendo lievemente. Rimase sconvolto da quel tocco gentile tanto che smise di respirare.

Maya come riesci a stupirmi ogni volta?

- Credo che il fast food non faccia per lei! - e ridacchiò di nuovo senza guardarlo. Ho mangiato e chiacchierato amabilmente con il mio ammiratore! Non posso crederci!

- Lo credo anche io... - sussurrò, completamente rapito.

- Grazie per aver pagato anche per me, non era necessario - gli disse sollevando lo sguardo riconoscente. Oh... Com'è vicino... Che incredibili occhi azzurri...

- È stato un piacere, ragazzina - replicò lui gentilmente con un sorriso aprendole la porta. Riuscirò mai a capirti, Maya? Ci sarà un momento in cui potrò dire di sapere davvero chi sei?

Mentre camminavano ricevette una telefonata che lo avvisava dove era parcheggiata la sua auto. La raggiunsero in silenzio, vicino agli studi Osawa, trascorrendo la prima parte del viaggio senza parlare. Proprio mentre Maya stava per chiedergli perché avesse voluto mangiare con lei, lui soddisfece la sua curiosità.

- Abbiamo una traccia della signora Tsukikage - proferì lentamente avvertendo il sollievo nel suo sospiro profondo e comprendendo quanto fosse realmente in ansia per la sua sensei.

Maya si girò di scatto espirando tutta l'aria e gli afferrò il braccio con cui teneva il cambio. Allora era questo che doveva dirmi!

- Dov'è? Come sta? - chiese subito senza rendersi conto di come lo stringesse. Lo vide sorridere e si accorse della sua presa sul braccio.

- Mi... Mi scusi! - e ritirò immediatamente la mano imbarazzata.

- È molto preoccupata, vedo - le fece notare - Ma non ho altre informazioni per ora - concluse, sempre guardando la strada.

- Me lo dirà vero, signor Hayami, se la troverà? - la supplica era così sentita e profonda che Masumi non poté far altro che confermare.

- Glielo sto già dicendo, mi pare - replicò più duramente di come avrebbe voluto. Maya abbassò lo sguardo e tornò seduta composta sul sedile.

L'auto si fermò e lei si rese conto di essere arrivata a casa. Uscì e, una volta fuori, fece un lieve inchino.

- Grazie per la cena e per tutto ciò che mi ha detto - era sinceramente colpita dal suo modo di fare e, se non avesse avuto ancora qualche riserva, avrebbe usato la parola “piacevole”. Questo finché lui non aprì bocca.

- Di niente, ragazzina, è un piacere educarla alla politica aziendale viste le sue lacune - e le sorrise, ben sapendo quanto l'avrebbe irritata, ma i suoi meravigliosi occhi espressivi diventavano strabilianti quando s'infiammavano. E infatti venne accontentato.

- Signor Hayami! - sibilò lei stringendo i pugni lungo i fianchi. È sempre il solito odioso!

- Buonanotte, ragazzina - la salutò ridendo della sua reazione. I tuoi occhi, Maya… mi rendono incapace di qualsiasi reazione...

- Buonanotte a lei! - replicò Maya girandosi di scatto e ignorandolo. Sentì l'auto ripartire e inspiegabilmente avvertì un senso di vuoto. Mentre risaliva in casa tirò fuori dalla tasca del soprabito il tovagliolo con le poche parole scritte, i caratteri precisi ed eleganti.

È proprio lui... La stessa grafia inconfondibile dei biglietti del mio ammiratore... In fondo perché avrebbe dovuto mentire? Chissà per quale motivo ha deciso di dirmi tutto... E poi perché ora si comporta così con me? Che uomo indecifrabile... Da quello che mi disse quella sera, la mia recitazione gli piace! Non la deluderò, glielo prometto! Lei ha fatto così tanto per me! Vincerò quel premio è mi contenderò la Dea Scarlatta con Ayumi!

Strinse il tovagliolo in mano ed entrò in casa con il ricordo della sua risata spontanea e allegra, così diversa da quelle che gli aveva sentito fare in pubblico.


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Capitolo 6
*** Scelte ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

6. Scelte



Erano trascorsi cinque giorni da quella cena al fast food con il signor Hayami. Nei momenti liberi in cui non era impegnata con le prove era il suo pensiero fisso. Aveva voluto conoscerlo così intensamente, che si era trovata completamente spiazzata quando le due figure si erano unite diventando una sola. L'uomo che più odiava era quello a cui più si era affezionata e a cui più doveva.

Un urlo del regista la riscosse dai suoi pensieri seguito immediatamente dopo da una porta che sbatteva.

- Tutti in sala prove! - gridò, lei si alzò di scatto dalla sedia e si precipitò di corsa. La sala era gremita anche se Maya notò l'assenza di alcuni attori. Kuronuma era furioso e sinceramente le sembrava anche ubriaco.

- Non ho alcuna intenzione di cedere ai ricatti della Osawa! - esordì col suo vocione tonante. Un brusio sommesso si diffuse fra tutti.

- Maya, che succede? - sussurrò Yu vicino al suo orecchio.

- Non lo so, Sakurakoji - rispose con sguardo preoccupato.

- Le produzioni Osawa hanno deciso di optare per un altro spettacolo da presentare al festival delle Arti, ma io metterò in scena "Lande dimenticate" a qualsiasi costo! - rivelò con una rabbia intensa che traspariva dalla sua voce.

- Chi non regge le mie prove è pregato di andarsene immediatamente! - aggiunse picchiando un pugno sul tavolo vicino.

Con grande costernazione, Maya vide uscire quasi tutti, tranne alcuni tecnici, Yu e lei stessa.

- Bene! Adesso finalmente potrò scegliere i miei attori! Non possiamo più provare qui, la Osawa riserva questi spazi al loro nuovo spettacolo di punta con Madoka Enjoji che interpreterà Isadora, a noi hanno dato uno dei loro vecchi studi vicino alla ferrovia… - Kuronuma passeggiava avanti e indietro, parlando più a sé stesso che alle quattro persone rimaste in sala - Il loro spettacolo sarà in un teatro Daito e a noi hanno assegnato la sala Ugetsu… -

Maya rabbrividì quando udì il nome della grande attrice e della Daito. Il signor Hayami ha autorizzato l’uso di uno dei suoi teatri? Era a conoscenza di tutta la situazione? Certo che lo sapeva! Come ha potuto!

- Maya, dove vai? - gridò Yu vedendola scappare via. Quando aprì la doppia porta della sala prove travolse quasi Mai, che era subito dietro.

La ragazza guardò stupita Maya che correva e poi spostò lo sguardo nella sala individuando Yu che aveva un’espressione preoccupata.



Correva senza sosta, la rabbia che le bruciava in petto come mai prima di  quel momento. Non si capacitava del motivo per cui il signor Hayami avrebbe dovuto preferire un altro spettacolo. Il pensiero la fece infuriare ancora di più e sollevando lo sguardo vide l’ingresso della Daito Art Production. L’insegna capeggiava enorme a sinistra, circondata da un piccolo giardino. Si fermò, ansimando, i polmoni che bruciavano chiedendo ossigeno e lo vide. Masumi Hayami stava salendo le scale accompagnando gentilmente un’attrice in uno splendido abito corto pesca, i lunghi capelli neri appuntati perfettamente a scoprirle l’elegante collo dalla pelle d’alabastro. L’attrice inciampò e lui prontamente la sostenne, lei sollevò lo sguardo e lo ringraziò con un sorriso meraviglioso e sensuale. Il signor Hayami mormorò qualcosa e lei rise. Era Eiko Nakamura.

Ancora lei… la stessa di qualche tempo fa…

- Maya? - una voce la distrasse dai suoi pensieri e si voltò di scatto.

- Signorina Mizuki! -

- Come mai da queste parti? - le chiese sorpassandola e raggiungendo le scale dell’ingresso.

- Io… - si bloccò e arrossì rimanendo immobile. Mizuki si girò a guardarla perplessa. Perché era sotto gli uffici della Daito e perché aveva quell’espressione accigliata e imbarazzata?

- Hai visto entrare il signor Masumi con Eiko Nakamura? - le domandò sospettosa tornando verso di lei e la vide sussultare - Maya, ti senti bene? C’è qualcosa che non va? - si avvicinò ancora notando piccole lacrime che cadevano.

Maya… se il signor Masumi ti ha davvero detto la verità, cosa starai provando adesso? Posso solo immaginare quale confusione si nasconda dentro di te, come le lacrime che vedo ora… Ti avrà detto dell’ammiratore o anche di ciò che lui prova davvero per te?

- Sì, signorina Mizuki, va tutto bene - singhiozzò, si voltò e scappò via.

Mizuki la osservò aggrottando le sopracciglia, sembrava particolarmente arrabbiata, ma anche addolorata. Che per qualche ragione l’avesse infastidita l’attrice in compagnia del signor Masumi?

Maya corse fino a perdere l’orientamento e si ritrovò nel parco dove le piaceva tanto rifugiarsi quando voleva pensare un po’.

Non c’è alcun motivo per cui vada a chiedergli spiegazioni su Isadora! Io non sono nessuno! Lui può fare quello che vuole con i suoi teatri e sicuramente guadagnerà molti più soldi con Isadora che non con Lande dimenticate! Ed è probabile anche che abbia dei buoni motivi per aver preso una decisione del genere...

Si sedette sull’altalena e pianse sommessamente senza neanche sapere bene il motivo.



Quando Yu Sakurakoji ricevette la chiamata dal Presidente delle Produzioni Osawa restò alquanto interdetto. Si presentò nel suo ufficio come richiesto, ma quando gli propose di abbandonare Kuronuma e “Lande dimenticate”, offrendogli il ruolo dell’amante di “Isadora” a fianco di Madoka Enjoji, rifiutò categoricamente. Forse Mai aveva ragione, forse teneva ancora a Maya tanto da non abbandonarla in un momento simile. Non ebbe il minimo tentennamento neppure quando si presentò la Enjoji in persona, bellissima e statuaria, che non riuscì in alcun modo a fargli cambiare idea.

- Come puoi rifiutare un ruolo del genere? Sei uno dei migliori giovani attori della compagnia Ondine! Reciteresti in una grande produzione che vedrà la luce in uno dei teatri Daito più belli! - Madoka non riusciva a credere che quel ragazzino talentuoso volesse restare in quello spettacolo accanto a quell’attricetta insignificante di cui le aveva parlato il Presidente Osawa.

- Sono davvero spiacente, ma ho fatto la mia scelta. Reciterò con Maya Kitajima - aveva risposto pacatamente Yu con un tono che dichiarava chiuso il discorso.

Ora era in piedi, fuori dall’edificio della Osawa, gli altri erano dentro e stavano raccogliendo il materiale da portare nella vecchia sala prove che gli avevano assegnato e lasciare quella proprio all’Isadora che aveva rifiutato. Pioveva a dirotto, ma a lui non importava, anzi, la pioggia sembrava lavar via tutti i pensieri che gli affollavano la mente. Il cellulare squillò e quando vide il nome evitò di rispondere.

Mai… non posso più continuare a mentirti, avevi ragione, ciò che sentivo per Maya e che credevo di aver rimosso, era solo sepolto in profondità e ora che recito insieme a lei sta tornando tutto fuori…

La porta si aprì e uscì Maya con un ombrello, meravigliandosi quando lo vide.

- Sakurakoji! Cosa fai qui fuori? Sei tutto bagnato! - spostò l’ombrello sulla sua testa, ma quando vide i suoi occhi rattristarsi all’improvviso si spaventò.

- Che succede, Yu? - gli domandò sinceramente preoccupata e lui sentì di non doverle mentire.

- Mi hanno proposto per il ruolo dell’amante di “Isadora”, interpretata da Madoka Enjoji… - le confidò, abbassando lo sguardo e infilandosi le mani in tasca.

Maya sentì il gelo pervaderle le ossa. Le occorsero alcuni secondi per capire cosa le avesse detto e almeno altri dieci per accorgersi che lui non sarebbe stato più Stewart.

Non posso… non puoi Sakurakoji! Sei il mio Stewart, come posso essere Jane se tu non sarai lì? Tutte queste settimane in cui abbiamo sviluppato i due personaggi! Come potrò recitare senza di te!?

E si rese conto di quanto il suo partner fosse davvero importante per lei.

Yu la vide impallidire, gli occhi spalancati, la mano che reggeva l’ombrello tremava. Maya… perché questa reazione?

- Ti… Ti prego - balbettò lei portandosi una mano alla bocca e distogliendo lo sguardo - Non andare, non lasciare la mia Jane, Yu! Io ho bisogno di te! - gridò abbracciandolo e lasciando andare l’ombrello.

Yu rimase scioccato dalla reazione, non aveva idea che Maya lo tenesse in considerazione in quel modo. La pioggia li bagnava completamente, scendeva mescolandosi alle lacrime di lei e il vento portava via i suoi singhiozzi.

- Maya - le sussurrò stringendola forte - Ho scelto di recitare con te - sentì la pelle calda del suo orecchio vicino alle labbra e non poté trattenersi, così la sfiorò con un bacio lieve. Sentì che lei strinse forte le braccia e smise di piangere.

- Grazie, Yu - mormorò Maya realizzando completamente l’importanza della presenza di Stewart sul palco a fianco della sua Jane.

Dall’altra parte della strada, Masumi Hayami, nella sua macchina, aveva osservato tutta la scena. Si accese lentamente una sigaretta e li fissò per tutto il tempo in cui rimasero abbracciati. E’ questo ciò che mi aspetta in futuro? Far finta che non mi interessi di chi si innamorerà o chi la stringerà fra le braccia? Illudermi che potrò accettare tutto questo senza soffrire come sto facendo adesso?



La sera seguente Masumi Hayami era comodamente seduto in uno dei locali più alla moda nel quartiere di Ginza insieme al Presidente Osawa e ad alcuni attori del cast di “Isadora”, compresa Madoka Enjoji. L’attrice era indignata per il comportamento tenuto da Yu Sakurakoji il giorno prima e si rivolse direttamente al Presidente della Daito facendogli notare come avrebbe potuto spostarlo direttamente sulla loro produzione essendo un attore della Ondine.

- Mi ha rifiutato e insultato come se non avesse alcun valore recitare con me, preferendo quell’attricetta scelta da quel folle di Kuronuma! - esplose Madoka lanciando fulmini dagli occhi adirati.

Masumi sorrise appena e sollevò il bicchiere guardando distrattamente il vino all’interno.

- Forse non ne è al corrente - iniziò e tutto il brusio intorno cessò - Ma Yu Sakurakoji non l’ha realmente insultata - l’attrice divenne immediatamente attenta.

- Conosce la Dea Scarlatta? - le chiese Masumi appoggiandosi al comodo divano e rigirando il bicchiere lentamente.

- Sì, il dramma di Ichiren Ozaki, interpretato da Chigusa Tsukikage - rispose stizzita Madoka, non amava che facessero insinuazioni sulla sua presunta conoscenza del teatro.

- Maya Kitajima è l’allieva della Tsukikage e probabile candidata a contendersi quel ruolo con Ayumi Himekawa - rivelò Masumi fissando gli occhi sull’attrice per gioire segretamente del risultato. E il premio per la sua rivelazione non tardò ad arrivare: Madoka sbiancò e si portò una mano alla bocca soffocando un grido di meraviglia.

- Maya Kitajima si trasforma sulla scena, inserisce una passione tangibile nei suoi personaggi, tanto che sembrano vivere sulla scena. All’audizione per “Le due regine”, sbaragliò letteralmente tutte le altre partecipanti, tanto che non fu necessaria la terza prova - Masumi elencò brevemente alcune caratteristiche positive di Maya così che quell’attrice capisse con chi si sarebbe confrontata se Kuronuma avesse insistito nel voler rappresentare il suo spettacolo.

- Non è possibile… - mormorò Madoka Enjoji, mentre il brusio intorno a lei era ripreso per commentare ciò che aveva appena detto l’autorevole Presidente della Daito Art Production, conosciuto per la sua scaltrezza e occhio critico verso gli attori.

- E’ questa l’attrice che Yu Sakurakoji ha scelto - concluse facendo passare lo sguardo su ognuno dei presenti e finendo su Madoka.

- E sono davvero curioso di vedere cosa farà il regista… - terminò bevendo tutto il vino. Intorno a lui mormoravano e l’attrice non aveva ancora chiuso la bocca. Masumi aveva intenzione di farle incontrare Maya di persona e sapeva esattamente cosa fare.



Kuronuma Ryuzo era determinato ad andare avanti e affisse per mezza città volantini di ricerca di attori che volessero cimentarsi in quella sfida.

- Da qualche parte ci sono tutti gli strumenti di cui ho bisogno, devono solo venire da me e io li devo valutare! - ringhiò mentre attaccava l’ennesimo volantino.

- Quanti registi hanno la possibilità di scegliere in modo così radicale i propri attori che vengono sempre imposti dalle compagnie che sponsorizzano gli spettacoli? E’ un’occasione irripetibile e non intendo lasciarmela sfuggire. Inoltre così darò la possibilità a molte persone di confrontarsi con sé stessi! - borbottava attaccandone uno.

Molti passanti lo fissavano stupiti per il suo comportamento, ma a lui non interessava affatto. Kitajima era rimasta ed era lei il suo strumento migliore, avrebbe accordato anche tutti gli altri.



La sala Ugetsu era fatiscente e quasi completamente impraticabile. Eppure Maya e i pochi rimasti con Kuronuma non si dettero per vinti. Esattamente come il regista, lei non aveva alcuna intenzione di darla vinta al Presidente Osawa e neanche a Masumi Hayami!

So bene che è assurdo dividere le due figure, ma Masumi Hayami è un affarista senza scrupoli che pensa solo al profitto della sua azienda e comincio anche a dubitare del motivo per cui mi abbia seguito per tutti questi anni donandomi delle rose!

Erano passati tre giorni da quando avevano aperto, sconvolti, le porte di quel vecchio teatro. Il palco era sporco e sconnesso, ma avevano già iniziato a sistemare ogni cosa. Mentre loro si erano dati da fare, Kuronuma aveva continuato ad affiggere cartelli di ricerca di attori in tutta la città. Era determinato a trovare i suoi strumenti, come li chiamava, per dar vita alla più complessa opera della sua vita. Maya aveva intuito che aveva un piano per “Lande dimenticate” che andava oltre il semplice spettacolo che stavano preparando.

C’erano già state le prime audizioni e Maya non era sicura che lo spettacolo potesse funzionare con muratori, infermiere, manovali, che non avevano mai recitato in vita loro, ma Kuronuma sembrava vedere in alcuni di loro qualcosa che sfuggiva a tutti gli altri...

Quel pomeriggio Maya aveva insistito per provare su quel palco la sua Jane e Kuronuma aveva acconsentito dopo averla fissata intensamente.

- Tu ed io faremo grandi cose, Kitajima - mormorò facendola arrossire. Yu aveva riso ed era salito sul palco, elettrizzato e pieno di energie.

I due tecnici che erano rimasti li avevano aiutati con l’illuminazione così riuscirono almeno a provare le scene principali fra Jane e Stewart in attesa che Kuronuma decidesse di far unire i candidati già selezionati per i vari ruoli che erano seduti accanto a lui in prima fila. Stavano recitando la scena in cui Jane inizia a fidarsi di Stewart dopo mesi di addestramento, quando le porte in cima al teatro che davano sull’atrio si aprirono.

Kuronuma si alzò di scatto, tutte le luci si accesero e poté vedere chi avesse fatto irruzione senza autorizzazione interrompendo il loro lavoro. Maya mantenne la sua maschera e si rifugiò dietro Sakurakoji ringhiando in modo sinistro.

- Vedo che non si arrende, signor Kuronuma - esordì Masumi sorridendo dopo aver lanciato una breve occhiata al palco rattoppato alla meglio e a Maya che sembrava recitare ancora.

- Arrendermi? Signor Hayami, lei non mi conosce, ancora! - e scoppiò a ridere ignorando completamente il cast di “Isadora” e il Presidente Osawa che erano entrati insieme ad Hayami.

- Speravo che lei non desistesse - ammise Masumi raggiungendolo e stringendogli la mano.

- Veramente pensavo che lei avrebbe preferito un mio ritiro - replicò il regista ridendo col suo vocione.

Il Presidente Osawa e Madoka Enjoji si guardarono ridacchiando e a Kuronuma non sfuggì: quei due erano lì sicuramente per una ragione.

- Perché non ci fa vedere un po’ del suo spettacolo? - propose Masumi appoggiandosi al palco fatiscente e accendendosi una sigaretta.

In quel momento Madoka si rese conto che Maya Kitajima era rimasta una ragazza lupo… Ma com’è possibile che abbia una concentrazione così alta?

Kuronuma guardò i nuovi attori che annuirono tutti, consci di ciò che gli stava chiedendo di fare il regista, poi batté le mani.

- Kitajima! - gridò e Maya sbatté gli occhi uscendo dal personaggio. Si rialzò arrossendo violentemente e quando lo sguardo le cadde su Masumi Hayami che si era girato verso di lei, fece un lieve inchino e salutò tutti balbettando.

Madoka Enjoji scoppiò a ridere. Come può una ragazzina così insignificante essere una candidata alla Dea Scarlatta?

- Facciamo vedere agli ospiti cos’è “Lande dimenticate”! - ordinò Kuronuma con gli occhi che brillavano. I nuovi attori inesperti avevano provato poco, ma tutti salirono sul palco e lo spettacolo iniziò.

Fin dal primo ululato di Maya, Madoka Enjoji fu costretta a rivedere la prima idea che si era fatta di quella ragazzina. Si trasformava completamente, entrava dentro il personaggio, o il personaggio entrava in lei, ed era in grado di trasmettere tutti gli stati d’animo agli spettatori.

Masumi osservò i presenti per qualche istante poi portò l’attenzione su di lei.

Avanti ragazzina, fai vedere cosa significa recitare!

Non c’erano costumi di scena, né musiche, né luci quindi la recitazione degli attori spiccava in netto contrasto con l’ambiente scadente circostante. Nonostante l’inesperienza degli altri attori, Maya e Sakurakoji trascinarono tutti e lo spettacolo funzionò. Madoka iniziò a comprendere perché la famosa attrice Chigusa Tsukikage avesse scelto quella ragazzina come sua allieva valutandola addirittura come erede per la Dea Scarlatta.

Quella ragazzina è spaventosa…

Quando lo spettacolo arrangiato terminò, Kuronuma si voltò verso i suoi ospiti impietriti e seppe di averli perlomeno stupiti e ancora non avevano visto niente!

- Allora, signor Hayami, cosa ne dice? - esordì il regista, le mani sui fianchi e lo sguardo duro, ma il Presidente Osawa si intromise.

- Tutto questo è inutile, Kuronuma! - sbraitò - Il tuo spettacolo non è stato accettato al Gran Premio delle Arti! -

Maya rimase sconvolta da quella rivelazione, ma il regista non si lasciò affatto intimorire.

- Non ha alcuna importanza! Ho il permesso del proprietario di questa sala! IO METTERO’ IN SCENA "Lande dimenticate"! L’unico rammarico è non poter concorrere contro “Isadora”! - li aggredì Kuronuma con un pugno chiuso.

Gli attori scesero lentamente dal palco accompagnati da un lieve brusio di assenso. Sakurakoji si avvicinò a Maya e le sussurrò qualcosa nell’orecchio, lei sorrise e lo guardò con occhi pieni di sfida.

Masumi vide lo scambio, ma distolse lo sguardo concentrandosi su ciò che avrebbe dovuto dire.

- In realtà possono concorrere ancora per un premio - disse, attirando l’attenzione generale.

- Senza iscrizione al Premio delle Arti non possono concorrere! - insisté iroso il Presidente Osawa. Masumi sollevò lo sguardo sul Presidente e questi si zittì.

- Ogni anno l’Associazione Nazionale per lo Spettacolo assegna il loro premio più ambito scegliendo uno spettacolo fra tutti quelli in scena in quel periodo e non è necessario essere iscritti al concorso - spiegò Masumi accendendosi un’altra sigaretta e appoggiandosi al bordo del palco.

Quanta boria ostenta ogni volta! Io non la capirò mai, signor Hayami, mai! Perché ci sta aiutando? Isadora è una sua produzione, è assurdo che voglia dei rivali!

Maya si avvicinò al regista conscia di quella nuova possibilità.

- Non è mai accaduto che fosse premiato uno spettacolo fuori dal concorso! - obiettò un altro attore del cast di “Isadora”.

- Non sarà una consuetudine, ma non c’è alcuna regola che obblighi a premiare solo gli spettacoli in concorso, quindi anche “Lande dimenticate” potrebbe farcela - spiegò lentamente portandosi di fronte a Maya. Lei lo fissò con astio senza alcun timore.

- Cosa ne dice, ragazzina. Accetta la sfida? - la provocò fissandola con sguardo incuriosito. Qualsiasi cosa io faccia, non vedrai mai in me un uomo diverso da Masumi Hayami…

- Certo, signor Hayami! Certo! - rispose immediatamente lei stringendo un pugno, sostenuta dal brusio generale degli altri attori. Non mollerei neanche morta, soprattutto di fronte a lei!

- E lei, signor Kuronuma? Vuol provare a vincere il premio dell’Associazione Nazionale? - lo interrogò Masumi spostando l’attenzione sul regista.

- Sì, signor Hayami! - annuì vigorosamente il regista puntando gli occhi pieni di sfida in quelli del Presidente Osawa.

Madoka Enjoji scoppiò a ridere attirando l’attenzione.

- Sono proprio curiosa di vedere cosa sarete in grado di fare contro “Isadora”! - e rise ancora.

- Signor Kuronuma, la invito ufficialmente alla prima di “Isadora” con i suoi due attori principali e noi - Masumi spostò lo sguardo sul Presidente Osawa e Madoka Enjoji - Verremo alla vostra - propose concludendo la sua idea iniziale.

Il gruppo iniziò a risalire la scalinata verso l’uscita, ma Maya fece un passo avanti, non l’avrebbe lasciato andare via così!

- Signor Hayami! - e lui si voltò fermandosi - Perché sta facendo tutto questo? Cosa sta tramando questa volta? - sibilò con voce piena di sospetto. Masumi ridiscese le scale, ma lei non si mosse, sentiva tutti gli sguardi su di sé, soprattutto il suo, che la fissava intensamente.

- Niente! - le rispose pacato, sorridendo - Vorrei solo che lei si impegnasse come ragazza lupo, anche per la Dea Scarlatta. E mi aspetto che mi inviti alla prima -

- Le farò avere l’invito, non dubiti! - ribatté lei con astio pentendosi, immediatamente dopo, del tono che aveva usato.

Non riuscirò mai ad abbattere il tuo muro di sospetti, vero ragazzina?

Masumi si fece serio all’improvviso e lei non comprese il motivo di quel cambiamento repentino.

- Buon lavoro, ragazzina - la salutò rigidamente e il distacco fu così brusco che Maya rimase immobile, gli occhi spalancati per lo stupore e un profondo e inspiegabile senso di colpa.

Come può cambiare umore così all’improvviso? Signor Hayami… perché a volte i suoi occhi sono così tristi? E io… io non so mai se credere alle azioni del Masumi Hayami della Daito o a quelle dell’uomo che mi regala le rose...


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Capitolo 7
*** Doni ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

7. Doni



Hijiri osservò il profilo silenzioso del suo capo, in attesa di essere congedato. L’aver appreso che finalmente aveva detto tutta la verità a Maya Kitajima lo aveva sollevato da un peso che gli gravava sull’anima da molto tempo. Quella ragazza, così solare e spontanea, non meritava di rimanere all’oscuro della reale identità del suo donatore di rose scarlatte. Era ben consapevole del motivo per il quale il signor Masumi non si era mai deciso: aveva paura. Sapeva del rischio che avrebbe corso dicendole tutta la verità, Maya avrebbe potuto recidere l’unico legame che lui aveva con lei: le rose scarlatte.

Ma probabilmente la minaccia di suo padre che voleva obbligarlo a sposarsi lo aveva spinto a svelarsi e, Hijiri ne era sicuro, aveva visto qualcosa in Maya quando avevano parlato. Non si spiegherebbe altrimenti ciò che gli aveva appena chiesto di fare.

Questa volta non solo avrebbe fatto qualcosa di speciale in veste di donatore, ma lei sarebbe stata consapevole del mandante di quel dono. E delle rose.

Masumi afferrò la balaustra e chiuse gli occhi. La brezza marina era fresca e alleviava il suo tumulto interiore. Aveva appena finito di raccontare ogni cosa a Hijiri, il suo fedele collaboratore, anzi no, amico, probabilmente l’unico che avesse. Lo aveva messo al corrente di tutto quello che era accaduto dalla sera che aveva parlato con Maya fino al giorno precedente, quando l’aveva incontrata nella sala Ugetsu. Lui, come sempre, aveva ascoltato in silenzio e poi gli aveva posto la consueta domanda.

- Cosa vuole che faccia? - aveva chiesto, perché lui era un mero esecutore, il suo braccio quando lui non poteva agire.

E così gli aveva ordinato di occuparsi di uno dei maggiori investimenti personali che avesse mai affrontato. Ma ne sarebbe valsa la pena, qualsiasi cosa pur di vederla sorridere. E c’era qualcos’altro che avrebbe potuto fare; non gli interessava che lei dividesse ancora le due figure, che lo guardasse con occhi pieni d’astio quando era Masumi Hayami o che piangesse su un mazzo di rose scarlatte quando Hijiri gliele consegnava. Gli interessava solo fare qualcosa per lei.

Avvertiva la sua presenza discreta, era dietro di lui, in piedi e attendeva. Sembrava essere sempre consapevole di ciò di cui aveva bisogno e gli lasciava tutto il tempo necessario.

- Hijiri, c’è un’altra cosa che devi fare per me - iniziò dopo quella lunga pausa. Hijiri rimase in silenzio e quando il suo capo si voltò teneva in mano un biglietto da visita.

- Devi prendere contatto con la persona su questo biglietto, mi deve un favore, vorrei che ospitasse lei per tutto il tempo che le servirà e che le lasciasse fare ciò che vorrà - spiegò Masumi mentre il collaboratore prendeva il biglietto.

Hijiri osservò il nome e l’indirizzo e non poté fare a meno di mostrare un’espressione stupita.

- Appena avrai risposta potrai… - ma Hijiri finì la frase per lui.

- Avvisarla. Ho capito, non deve preoccuparsi. E le rose? - indagò fissando la schiena del suo principale che era tornato a guardare il mare.

- Sì - rispose Masumi in un sussurro.

Almeno quelle posso continuare a donargliele, sembra siano l’unica cosa che accetta di me…



Quella mattina, quando il gruppo di Kuronuma lasciò gli studi fatiscenti vicino alla ferrovia per raggiungere la sala Ugetsu e provare lì sul palco con le giuste dimensioni e luci, li attese una piacevole sorpresa. L’edificio esterno era completamente avvolto da ponteggi metallici, operai e macchinari erano al lavoro.

Kuronuma raggiunse immediatamente l’entrata della sala seguito dagli attori e tecnici e fermò uno degli operai che stava smantellando il pavimento.

- Cosa succede qui? - chiese con la sua voce portentosa cercando di sovrastare il rumore dei martelli pneumatici che sventravano tutt’intorno. L’operaio si riscosse, si tolse gli occhiali protettivi e gli sorrise.

- Potete chiedere al capo cantiere! - gridò in risposta indicando un omone corpulento con una giacca da lavoro arancione. Il regista si diresse subito dall’uomo e gli afferrò un braccio. L’omone si girò infastidito e lo guardò in cagnesco.

- Che c’è? - grugnì, ma Maya sentì comunque la sua voce sopra il frastuono.

- Cosa state facendo!? - domandò Kuronuma a muso duro, per niente intimorito dalla stazza dell’uomo.

- Non lo vede? Ristrutturiamo questo posto, sarà pronto fra tre giorni! - il capo cantiere divincolò il braccio per sfuggire alla presa di Kuronuma e riprese a parlare con un altro operaio.

- Ma che succede qui…? - mormorò il regista allontanandosi dal marciapiede invaso da muratori e carpentieri, seguito da tutto il suo gruppo.



Per i tre giorni seguenti provarono solo ed esclusivamente nei vecchi studi rumorosi e quando raggiunsero nuovamente la sala Ugetsu non sembrava più neanche lo stesso palazzo.

- E’ impossibile… - sussurrò Maya, una mano alla bocca per la meraviglia. Sia gli esterni che gli interni erano stati completamente rinnovati. Scesero la grande scalinata centrale che portava al palco in un religioso silenzio, finché la voce potente di Kuronuma riecheggiò dovunque.

- E’ una vera meraviglia! - tuonò - E adesso mi è anche chiaro il perché… - aggiunse guardando avanti. Maya seguì il suo sguardo e vide un mazzo di rose scarlatte appoggiato sul palco. Il suo cuore mancò un battito e il pensiero corse immediatamente a quell’uomo che per tanti anni si era preso cura di lei e l’aveva sostenuta.

Signor Hayami… ha fatto questo per me? Perché? Perché arrivare a tanto e poi tormentare la signora Tsukikage e far fallire la sua compagnia, o tenere lontana mia madre e poi… Perché? Io non capisco!

Si avvicinò lentamente, ignorando il brusio incuriosito degli altri, prese il mazzo e lo strinse a sé chiudendo gli occhi. C’era un biglietto, come sempre, lo aprì con dita tremanti e lesse il contenuto arrossendo lievemente: “La seguo sempre e non aspetto altro che vedere la sua ragazza lupo su questo palco. Il suo ammiratore”.

Perché, signor Hayami? Perché ha fatto questo per me?

- Dovresti trovare un modo per ringraziarlo, Kitajima - la voce gentile di Kuronuma la riscosse - Non oso pensare quanto possa essere costato tutto questo… - e si guardò intorno imitato degli altri. Sakurakoji la osservò accigliato, ma non disse niente.

Maya fissò il regista con un misto di meraviglia e imbarazzo.

- Io… non so come… - balbettò e abbassò lo sguardo affondando il volto nelle rose profumate. Sentiva il cuore che batteva all’impazzata e non si fermava, pensieri, immagini, parole le affollavano la mente, rendendo tutto ancora più confuso di quanto non fosse. Non riusciva davvero a capirlo, era un uomo troppo complesso e troppo più grande di lei.

- Bene! Iniziamo a provare e ringraziamo l’ammiratore di Kitajima per questo bel regalo! - Kuronuma batté le mani riscuotendo tutti, gli attori si diressero ai camerini e i tecnici dietro il palco ridendo felici.

- Andiamo, Maya - la chiamò Sakurakoji dolcemente. Lei si voltò, gli occhi che brillavano come diamanti, le guance lievemente arrossate. Cosa provi realmente per il tuo ammiratore Maya? E’ solo una figura immaginaria che ti sei costruita…

Lei si fece accompagnare ai camerini continuando a stringere quel mazzo di rose, l’unico vero legame che aveva con lui.



Quella sera Maya raccontò della sala Ugetsu a Rei, mentre ammirava il mazzo di rose in mezzo al tavolo con sguardo sognante.

- Quanto vorrei avere anche io un ammiratore come il tuo! - sospirò l’amica ripensando a tutta la faccenda. Posò le due tazze di tè e Maya ne prese una con la testa fra le nuvole.

- Eppure potrebbe essere un vecchietto a cui ricordi sua nipote… - valutò Rei fissandola mentre guardava rapita le rose scarlatte. Maya sussultò sputando il tè dalle labbra e schizzando in piedi sulla sedia.

- Maya…? Che ti prende? - Rei si alzò di scatto, l’amica era completamente arrossita e fissava la tazza con un sorriso ebete.

- Un vecchietto… - sussurrò Maya, tenendo la tazza con le mani e fissando il contenuto con una strana espressione.

- Sicuramente è molto ricco - proseguì l’amica sedendosi senza smettere di fissarla. Lei rimase immobile in quella posizione, come se avesse preso la scossa. Sollevò lo sguardo e annuì.

- Sì, lo è - mormorò con apparente sicurezza.

- Mi pare ovvio… - insisté Rei, che ancora non comprendeva quella strana reazione.

- Vorrei ringraziarlo, ma non so come fare… - tornò a guardare le rose con una mano stretta al petto.

- Recita al meglio la ragazza lupo, è questo che vuole, no? Vederti recitare - propose Rei facendo un gesto con le mani che indicava che non c’era altro da fare.

- Sì… sì… la ragazza lupo - era assorta e Rei non riusciva a comprendere cosa la tormentasse. Era qualche settimana che la vedeva spesso assente e pensierosa, a volte arrossiva da sola, oppure si bloccava in mezzo al corridoio pensando a chissà cosa, gli occhi spalancati e il respiro accelerato.

Maya si alzò, completamente assente e andò in camera. Rei la seguì con lo sguardo, fra il preoccupato e il meravigliato. Le avrebbe dato un altro po’ di tempo e poi avrebbe scoperto cosa le stava accadendo. Non era più la stessa e quando guardava quelle rose… sembrava totalmente rapita dall’idea che si era fatta del suo ammiratore senza neanche conoscerlo.

Fissando fuori dalla finestra, i pensieri rivolti al suo ammiratore, Maya notò un cane che abbaiava ad un altro cane, i padrone che tiravano i guinzagli.

Jane… Mi rendo conto di non riuscire a esprimere completamente il suo stato d’animo… ma è così difficile…



Eisuke Hayami ordinò al suo collaboratore di seguire la ragazzina che stava camminando assorta sul marciapiede verso la stazione dei treni. Aveva parlato con Masumi scoprendo che non si sarebbe arresa al boicottaggio della Osawa e avrebbe comunque recitato in “Lande dimenticata” sotto la guida dell’eccentrico regista Ryuzo Kuronuma. Doveva esserci un motivo se Chigusa l’aveva scelta come erede, se Masumi ne era così coinvolto e se anche Ayumi Himekawa la considerava la sua unica rivale. Eppure, a guardarla così, non aveva assolutamente niente di speciale. Magra, piccolina, parlava fra sé e sé e non si sarebbe girato due volte a guardarla nuovamente.

Ma Masumi la sostiene da sei anni e nonostante tutto quello che mi ha raccontato, qualcosa non mi convince… Non ha mai fatto niente del genere per nessuna attrice, perché lei?

La macchina accostò, il suo collaboratore lo aiutò a scendere e lo accompagnò dentro la stazione dove prese posto su una panchina. L’uomo si allontanò quel tanto che bastava a non destare sospetti, lei era poco più avanti, sembrava assorta e completamente distaccata dal mondo.

Eisuke lasciò cadere il bastone e Maya si voltò di scatto. Lo raggiunse rapida e si prodigò a raccoglierlo.

- Grazie, signorina - disse gentilmente Eisuke con un sorriso.

- Di niente, signore - e quando gli sorrise lui fu costretto ad ammettere che il suo volto cambiava, era spontanea e gentile e non temeva di mostrarsi.

- Potrei abusare della sua gentilezza e chiederle di prendermi una bibita? Sa, le mie gambe non funzionano più bene - chiese picchiettando con un dito sul ginocchio.

- Ma certo, signore! - Maya fu ben felice di aiutarlo dato che sembrava in difficoltà. Gli prese la bibita che voleva e gliela portò, sedendosi accanto a lui.

L’anziano signore aprì la lattina schizzandosi e lei gli si inginocchiò subito davanti e con un fazzoletto si impegnò a pulirlo.

- Deve fare attenzione, signore - disse la giovane, così impegnata da non rendersi conto dell’espressione stupefatta dell’anziano uomo.

Che sguardo! E’ completamente cambiata… di nuovo!

- Non si preoccupi per me - la fermò gentilmente e Maya tornò a sedere - Sta andando a scuola? - aggiunse poi con lo scopo di portare la discussione in un punto preciso.

- No - Maya scosse la testa lievemente e lui la vide arrossire appena - Sto andando alla sala prove per uno spettacolo -

- Lei recita in teatro? - le domandò e quando si voltò per rispondergli la vide trasformarsi completamente. Ma chi è questa ragazza???

- Sì! Il mio sogno è riuscire un giorno a interpretare la Dea Scarlatta! - gli confidò alzandosi e guardando davanti a sé con occhi sognanti.

- La Dea Scarlatta di Chigusa Tsukikage? - incalzò subito lui che la fissava interessato. Maya si girò con gli occhi spalancati e un’espressione di pura meraviglia dipinta sulla faccia. Si avvicinò di un passo, titubante.

- Lei conosce quel dramma? - mormorò con espressione rapita.

Eisuke annuì, sinceramente colpito dalla forza della voce di quella ragazzina, intensa e coinvolgente.

- Sì, ho visto svariate volte quello spettacolo con la grande attrice. Fu un’esperienza indimenticabile! - anche lui fu costretto ad astrarsi nei ricordi di quegli attimi. Maya comprese che lui aveva visto davvero la Dea Scarlatta della signora.

- La prego - disse inginocchiandosi a terra accanto a lui - Mi parli della Dea Scarlatta della signora Tsukikage! - lo implorò con occhi brillanti come stelle, il volto radioso e splendente. Eisuke la fissò stupefatto. Forse sto iniziando a capire ciò che Chigusa ha visto in lei…

Le raccontò dell’albero di susino, dello spirito che si innamora e scende sulla terra, del sacrificio necessario. Maya ascoltò ogni parola, rapita e sognante, alla fine si alzò e giunse le mani stringendole al petto.

- Sa, io voglio tanto diventare la Dea Scarlatta! - ed Eisuke la osservò ancora, appassionata e determinata, sembrava Chigusa da giovane. La ragazza si girò entusiasta e prese qualcosa dalla borsa.

- Questo è lo spettacolo che stiamo preparando, la invito alla prima, mi raccomando, venga! - gli disse sorridente e imbarazzata. Eisuke prese il volantino di “Lande dimenticate” e la ringraziò.

- Ci sarò sicuramente - la rassicurò mentre lei lo salutava con la mano di fretta e saliva sul treno che era arrivato.

Che ardore! Che energia! E il suo sguardo, impossibile da dimenticare! E’ questo che hai visto in lei, Masumi? Gli occhi pieni di passione per il teatro? Ha detto che avrebbe scommesso di vincere il premio anche se fosse rimasto solo l’un per cento? Allora, ragazzina, scommetterò su di te!



Durante l’ultima settimana di prove nella sala Ugetsu rimessa a nuovo, Maya si rese conto di non rendere affatto lo stato d’animo di Jane. Kuronuma non faceva che riprenderla, gridava, urlava, la minacciava con il copione arrotolato e quella sera, dopo l’ultima sfuriata del regista, era corsa fuori dalla sala e aveva raggiunto il piccolo giardinetto dietro lo stabile. Era crollata sul muretto di mattoni piangendo senza accorgersi dell’uomo che l’aveva seguita con discrezione.

- Non dovrebbe piangere - la voce chiara e dolce la fece sussultare. Si voltò di scatto trasformando in un attimo l’espressione triste in una felice.

- Signor Hijiri! - credeva che non l’avrebbe più rivisto, lui era sempre stato così comprensivo e anche ora, la sua voce era… Si alzò di scatto e lo abbracciò piangente. Karato rimase interdetto, era dispiaciuto e sentiva il suo corpo tremare. Dopo qualche attimo di indecisione chiuse le braccia intorno a lei.

- Maya, va tutto bene - cercò di rassicurarla, ma si sentì a disagio in quella particolare situazione.

- Credevo che non l’avrei più rivista - singhiozzò lei - Perché non l’ha più mandata? -

Hijiri si stupì di quello stato d’animo. Sembrava che la tensione delle prove avesse rotto tutti gli argini. Le mise le mani sulle spalle e l’allontanò delicatamente. Lei si asciugò le lacrime e lo guardò sollevando il volto.

- Va meglio? - domandò lui scrutandola gentilmente. Lei annuì e si sentì una stupida per quella reazione.

- Mi scusi, io… sono un po’ stanca - gli confessò abbassando lo sguardo imbarazzata.

- Non si preoccupi, sono venuto qui per consegnarle questo - disse infilando una mano nella tasca interna della giacca ed estraendo una busta e una rosa scarlatta. Maya s’illuminò come un sole a quella vista e lui ne gioì. Avrebbe dovuto vederla ora, signor Masumi, forse non è così distante come lei crede…

Allungò le mani e prese la busta e la rosa sedendosi sul muretto che cingeva il parco. Hijiri la osservò e quando lei spalancò gli occhi leggendo il messaggio, lui sorrise compiaciuto.

Non è possibile! Signor Hayami perché ha fatto questo?

- Signor Hijiri… - alzò lo sguardo su di lui trovando quel volto affidabile e benevolo che l’aveva sempre sorretta negli anni, una specie di guardiano silenzioso che l’aveva vista ridere, piangere, arrabbiarsi, ma non l’aveva mai abbandonata.

- Si augura che le possa essere di aiuto, può restare tutto il tempo che le serve - spiegò gentilmente appoggiando un ginocchio a terra davanti a lei.

Maya lo fissò e lui vide le lacrime riempire di nuovo gli occhi nocciola, poi lei gli gettò le braccia al collo e pianse sfogando tutta la tensione e l’incomprensione per quell’uomo tanto più grande di lei di cui non capiva niente. Hijiri trattenne il fiato. Non era mai stata così, anzi, aveva sempre limitato i contatti con lui, invece ora che conosceva l’identità del suo ammiratore sembrava completamente cambiata. La tenne stretta a sé in quella scomoda posizione finché lei non si rilassò e smise di piangere.

Signor Hayami, l’ha stretta anche lei così? Ha avvertito il suo tremore? L’ha sentita piangere come faccio io adesso? Un uomo non dovrebbe mai far piangere così una donna…

Maya arretrò rimettendosi in piedi e lui la imitò. Era imbarazzata e stringeva in mano la lettera e la rosa.

- Gli dica che non ho parole per ringraziarlo e che tutto quello che sta facendo per me lo vedrà sul palco della sala Ugetsu, quando sarò Jane, la ragazza lupo - gli disse, con la voce che diventava sempre più ferma e convinta ad ogni parola.

- Gli riferirò il messaggio - annuì lui ammirando la sua determinazione quando si trattava di teatro, poi si voltò per andare.

- Aspetti, signor Hijiri! - lo chiamò facendo un passo avanti. Quando lui si girò la trovò titubante e completamente diversa da qualche secondo prima.

- Gli dica che… - si fermò e abbassò lo sguardo, una mano sulle labbra come a fermare le sue parole - Gli dica che spero di vederlo presto - concluse infine, arrossendo. Hijiri annuì e proseguì verso la strada uscendo dal piccolo giardino.

Perché gli ho detto una cosa del genere! Io non voglio affatto vederlo! E’ insopportabile! E mi tratta sempre come una stupida! Però… poi lui… lui fa queste cose...

Aprì di nuovo la lettera e rilesse il contenuto mentre il cuore le batteva all’impazzata.


Ho saputo che trova difficoltà ad immedesimarsi nella parte selvaggia di Jane e ho pensato di chiedere aiuto ad un amico. Può raggiungerlo nella Foresta della Prefettura di Saitama, vicino a Nakatsugawa. I lupi in Giappone sono estinti, ma nella riserva ci sono degli shibaho selvatici e lui può portarla a vederli. Si trattenga tutto il tempo che le serve e non si preoccupi di niente.

Il suo ammiratore.


Nonostante tutti gli sforzi che faceva per capirlo, Masumi Hayami le risultava un uomo impenetrabile. Nei loro incontri pubblici era distaccato, freddo, ostinato, mentre le poche volte che l’aveva incontrato da solo, il suo sguardo cambiava, il suo atteggiamento nei suoi confronti mutava completamente come se in lui ci fossero due persone distinte o come se in uno dei due casi - o in entrambi - indossasse una maschera.

Richiuse la lettera e corse immediatamente da Kuronuma per avvisarlo che l’indomani mattina sarebbe partita per qualche giorno.

La mia Jane la terrà incollata alla sedia, lo prometto! Ripagherò tutto quello che fa per me con la recitazione!



Il lungo viaggio l’aveva spossata, ma appena scese dall’auto, che Masumi Hayami le aveva fatto trovare alla stazione, inspirò l’aria fresca e pulita riprendendo immediatamente le energie. La accolse un uomo, che forse aveva qualche anno in più del signor Hayami e la trattò come una regina, tanto che lei si sentì a disagio per quelle attenzioni. Il Centro che faceva da fulcro al Parco era bellissimo, ma Hajime Okamoto la avvisò subito che la sua sistemazione sarebbe stata in mezzo alla foresta.

- Ti porterò in un rifugio, uno dei più lontani e sperduti, come richiesto dal signor Hayami, così magari riuscirai a vedere qualche lupo selvatico - Hajime le sorrise benevolo eppure lei ebbe un moto di stizza per la deferenza con cui aveva pronunciato quel nome che aveva odiato per tanti anni e di contro venne immediatamente investita da un senso di profonda gratitudine per quella stessa persona.

Prima o poi dovrò chiarire questa cosa… non posso odiarlo e provare affetto allo stesso tempo… sono la stessa persona anche se mi sembra ancora impossibile che un uomo freddo come lui sia lo stesso che mi ha sostenuto per anni con il suo pensiero, inciso nei biglietti che mi ha mandato, e con fatti innegabili…

Le consegnò anche un semplice equipaggiamento da escursione e prese la valigia caricandola sul retro di una jeep verde, rassicurandola che al rifugio avrebbe avuto tutto il necessario.

Partirono immediatamente dopo pranzo e raggiunsero un punto al lato di un fiume. Da lì proseguirono a piedi e dopo oltre due ore e diverse fermate per permetterle di riprendere fiato, raggiunsero la destinazione in mezzo al meraviglioso bosco vergine.

- E’ veramente stupendo - mormorò Maya per la ventesima volta guardandosi intorno incantata. Hajime sorrise e aprì la porta del piccolo rifugio che si mimetizzava perfettamente nell’ambiente. Non c’era cemento lì, niente di tecnologico, solo la foresta millenaria.

- Ecco, potrai stare qui, tornerò domenica a prenderti; se quattro giorni non dovessero essere sufficienti e per qualsiasi altra cosa, usa il piccolo baracchino per le trasmissioni radio per comunicare con me - e le mostrò come funzionava: era già tutto impostato, bastava premere un tasto, parlare e lasciare il tasto attendendo risposta.

- Grazie, signor Hajime - l’uomo se ne andò, lasciandola sola nel silenzio più totale. Ma Maya si rese ben presto conto che la foresta non era affatto silenziosa.


 

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Capitolo 8
*** Spiragli ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

8. Spiragli



Hajime Okamoto era in trepidante attesa dell’uomo che due anni prima aveva effettuato una cospicua donazione al Centro per la manutenzione della foresta quando il governo aveva ridotto drasticamente i contributi per i parchi e affini. Si erano conosciuti all’università, entrambi i loro padri erano imprenditori, ricchi e facoltosi. Mentre Masumi Hayami aveva seguito le orme del genitore e stava conducendo l’azienda di famiglia, lui si era ribellato e aveva deciso, in autonomia e senza più risorse, di dedicare la sua vita a quella foresta millenaria.

Erano tre giorni che cercava di contattare quella ragazzina al rifugio senza alcuna risposta, così quella quarta mattina aveva deciso di chiamarlo: era domenica e il personale era ridotto, non poteva andarsene per così tanto tempo lasciando il Centro. Hayami lo aveva rassicurato dicendogli che Maya Kitajima era un’attrice eccentrica, che studiava a fondo i suoi personaggi e che si estraniava completamente, ma lo aveva sentito esitare alla fine così gli aveva proposto di raggiungere il Centro e di verificare di persona. Per qualche motivo Hayami gli aveva affidato quella ragazzina un po’ strana ed era disposto a venire fin lì per sincerarsi che stesse bene. Ricordava di aver letto qualche articolo sugli spettacoli recentemente, ma non se quell’attrice fosse in qualche modo legata alla sua agenzia teatrale.

Vide arrivare l’auto sportiva e intuì immediatamente chi ci fosse alla guida. Lo riconobbe all’istante, appena scese. Masumi salì rapido le scale come se fosse impaziente e quando lo raggiunse gli strinse la mano con un sorriso aperto.

- Hajime - lo salutò cordialmente.

- Masumi, quanto tempo! - era contento di poter incontrare di nuovo la persona che aveva reso possibile il suo sogno.

- Ti trovo bene! - valutò Masumi osservando anche l’accogliente ambiente intorno - Vedo che le cose stanno funzionando -

- Sì, grazie anche a te! - rispose Hajime dandogli un’amichevole pacca sulla spalla mentre lo conduceva nel suo ufficio.

- Sei sicuro di voler andare? - indagò il responsabile del Centro chiudendo la porta - Non sarebbe stato necessario se due degli inservienti non fossero in malattia, inoltre è anche domenica. Sarei andato io come da accordi, ma oggi siamo solo in tre… e non l’ho più sentita da quando l’ho lasciata al rifugio - gli confidò con una nota di rammarico e apprensione.

- Non assillarti, conosco questa ragazza e sono convinto che non ci sia niente di cui preoccuparsi, ma ti ringrazio per avermi avvisato. Ti chiedo solo di poter utilizzare  l’attrezzatura adatta per raggiungere il rifugio - lo rassicurò Masumi con sguardo sincero. Hajime annuì mentre apriva una seconda porta.

- Posso portarti per un tratto con la jeep, poi però dovrai andare a piedi - e distese una mappa sul tavolo che Masumi osservò mentre lui gli indicava il percorso che comunque era semplice. Aveva cercato più volte una spiegazione a quella sua decisione e alla fine si era arreso all’evidenza: era preoccupato. Ma nel riflettere si era accorto che quella verità ne celava un’altra: gli mancava terribilmente.

Quando raggiunse il rifugio, stava calando la sera. La porta era aperta e immediatamente il cuore prese a battergli freneticamente. All’interno, l’unica stanza era fredda e vuota, il letto mai usato. A terra c’erano una borsa e uno zaino, chiusi. Osservò tutto con attenzione, controllò il cellulare, ma non c’era linea, si diresse alla radio e comunicò con Hajime al Centro per dirgli che era arrivato, che la ragazza non era nel rifugio e sarebbe uscito a cercarla.

Uscì dal rifugio chiudendo la porta e si accorse che gli alberi anticipavano la notte in quella foresta con le loro fronde immense. Non avrebbe avuto ancora molta luce per trovarla. Si assicurò di avere la torcia e partì.

Lentamente i suoni intorno a lui iniziarono a cambiare, gli uccellini vennero sostituiti da stridii e strani battiti, le farfalle scomparvero a favore delle lucciole e udì il rumore di un ruscello, ma avrebbe dovuto abbandonare il sentiero che stava percorrendo.

E scommetto che hai fatto la stessa cosa, ragazzina…

Sorrise, si guardò intorno e seguì lo scrosciare allegro dell’acqua. Il ruscello non era molto grande, filtrava ancora un po’ di luce dalle fronde, ma dovunque dominavano le ombre dalle strane forme. Si fermò e rimase in ascolto finché un ululato gli ghiacciò il sangue nelle vene. Fu prolungato e seguito subito dopo da un altro da diversa direzione. Si voltò di scatto ma era da solo, non c’erano animali intorno  lui.

Costeggiò il ruscello scegliendo di addentrarsi nella foresta e non di allontanarsene pensando che anche Maya avesse fatto la stessa cosa, in fondo cercava una natura selvaggia, no?

Si mosse lentamente, ascoltando ogni rumore finché non raggiunse una piccola radura. L’erba era verde e, addormentata ai piedi di un albero, c’era Maya. Sospirò fissandola e immancabilmente un sorriso increspò le sue labbra. E’ la prima volta che incontro un’attrice che si immedesima così tanto nelle parti che interpreta… Io ancora non riesco a comprendere dove racchiudi tutta questa volontà…

Gli abiti erano sporchi e strappati e quando si avvicinò si rese conto che sui pantaloni c’erano macchie di sangue. Il suo sguardo si rabbuiò immediatamente. La sollevò in braccio ma lei non si svegliò. Inconsapevolmente si aggrappò al giaccone imbottito che indossava e si accoccolò meglio fra le sue braccia.

Quando ti sveglierai non sarai felice, ma non ti lascio qui di notte anche se probabilmente è il posto dove hai dormito in questi ultimi tre giorni…

Si incamminò guardando il suo volto, affascinato. A parte un paio di volte, non ricordava di averla mia potuta guardare così a lungo e a così breve distanza. Lì non c’era nessuno ad osservarlo, né giornalisti, fotografi, né suo padre, Mizuki o qualcun’altro che li conoscesse entrambi.

Dopo un’ora circa raggiunse il rifugio. Ricordava la posizione del letto e che in mezzo non c’era niente quindi ci si diresse sicuro. L’adagiò e sentì le braccia doloranti.

Nonostante tutto, sei pesante, ragazzina…

Accese la torcia elettrica e la posò sul tavolino dove c’era anche la radio. Fissò gli abiti sporchi e le macchie di sangue indeciso su cosa fare. Le tolse gli stivaletti infangati, ma quando avvicinò le mani per toglierle i pantaloni decise che era meglio coprirla e basta. Tirò su il piumino leggero e rimase a guardarla, imbarazzato e con il cuore che martellava. Ma che mi viene in mente...

Doveva essere veramente stanca per non essersi svegliata né durante il tragitto né quando l’aveva messa nel letto. C’erano graffi sul viso e sulle mani, macchie di terra dovunque e chissà come si era graffiata le gambe…

Respirava lentamente, la bocca socchiusa, si mosse mettendosi diritta e parte dei capelli le coprì il volto. Si chinò e glieli scostò, ma quando le sue dita toccarono la pelle di lei, fu costretto a ritirarle e distogliere lo sguardo.

Io… non so se…

Ma non riuscì a trattenersi. La penombra creata dalla torcia era scura, si inginocchiò di fianco al letto e le sfiorò una guancia con l’indice. Con il cuore che martellava incessante, lasciò che il dito percorresse il contorno ovale del suo volto, scivolò sulle sue labbra, morbide e tiepide, e una scossa lo pervase quando le toccò.

C’è stata solo un’altra volta in cui ho potuto guardarti così, non stavi bene e quella volta io... Interruppe i suoi pensieri e chiuse gli occhi per un attimo.

Maya mosse la mano che era adagiata sulla coperta e lui la prese di riflesso prima che scivolasse giù. La guardò, ma non dette segno di essersi svegliata. La pelle era calda e morbida, le dita esili si chiusero intorno alle sue costringendolo all’immobilità più assoluta mentre il cuore gli usciva dal petto per l’emozione inaspettata. Spostò lo sguardo sul viso placidamente addormentato, si portò la sua piccola mano al volto, abbassandosi, la aprì delicatamente e le baciò il palmo chiudendo gli occhi, inspirando il suo profumo.

Sapeva bene che lei non avrebbe mai ricambiato ciò che provava e da un certo punto di vista realizzò che sarebbe stato meglio così.

Undici anni… davvero insormontabile, per non parlare della nostra differenza sociale… Inoltre mi odia… E anche se un giorno lei dovesse magicamente ricambiare, cosa potrei darle io? Non sono nessuno e l’unico posto dove voglio vederla è su un palco!

Si rialzò di scatto e si sedette immobile sulla sedia, l’unico rumore era il respiro di lei, delicato e regolare, la sua mente, invece, era invasa dal suo profumo e dal tepore della sua pelle sulle labbra.



Un sole tiepido filtrava dalla piccola finestra e Maya si svegliò lentamente, sentiva dolori dovunque, ma non era diverso dalla mattina precedente. Però c’era qualcosa di diverso.

Morbido… caldo… profumo di lavanda…

Si riscosse quel tanto che bastava per rendersi conto che era in un letto con un piumino sopra. Si tirò su di scatto con una smorfia per i muscoli che tiravano come corde tese e appena si voltò trovò gli occhi azzurri di Masumi Hayami che la fissavano. Sbatté le palpebre un paio di volte, incapace di credere che quell’uomo potesse essere realmente lì.

- Salve, ragazzina - la salutò lui mantenendo lo sguardo severo. Maya sbatté ancora le palpebre, arrossì, poi abbassò lo sguardo.

- Lei… è… reale - sussurrò appena stringendosi il piumino al petto e rendendosi conto che era completamente vestita. Almeno non mi ha spogliata… ma che ci fa qui?

Masumi sollevò un sopracciglio e scoppiò a ridere.

- Ragazzina, ha per caso sbattuto la testa? - rimase immobile perché il primo istinto era stato quello di raggiungerla.

Maya lo fissò per un attimo aggrottando la fronte poi decise di ignorarlo e scendere dal letto. La sua bocca si contrasse in una smorfia di dolore, si alzò in piedi, ma non trovò la stabilità che avrebbe voluto. Mise le mani avanti serrando gli occhi pronta a cadere, ma lui era lì. Come sempre. Sentì le sue braccia intorno e il torace rigido dove sbatté.

C’è sempre… ogni volta che cado, mi aiuta a rialzarmi…

- Ohi… - si lamentò lei sollevando lo sguardo e incontrando il suo… preoccupato? Poi quegli occhi azzurri si indurirono di nuovo, facendolo tornare l’Hayami di sempre.

- Va tutto bene, ragazzina? - le domandò mettendola in piedi e assicurandosi che ci stesse. Lei lo guardò con occhi meravigliati, ferma impalata davanti a lui.

- Come ha potuto dormire in un bosco per quattro notti! - la sua voce dura la riportò alla realtà.

E’ proprio come se in lui ci fossero due persone distinte…

- Perché è venuto qui, signor Hayami? - sospirò lei, arrendendosi alla sua aggressione e girandosi verso il letto dove si sedette nuovamente. Masumi invece rimase interdetto dalla sua reazione, si sarebbe aspettato di vederla inveirgli contro.

- Il responsabile del Centro ha provato a contattarla per tre giorni consecutivi! - Masumi fece un passo avanti - E quando ha iniziato a preoccuparsi, mi ha chiamato! -

- Non le ho chiesto di venire! E’ lei che mi ha mandato qui, no? - sibilò Maya abbandonando quei pochi secondi di calma che l’avevano trattenuta precedentemente. A volte stento a credere che possa essere davvero lui il mio donatore di rose scarlatte...

- Ragazzina… - Masumi la fissò con sguardo glaciale, lei si era alzata in piedi, alcuni graffi profondi avevano sanguinato ancora macchiando i vestiti - Attrici come lei nascono una volta a generazione, l’ultima è stata la signora Tsukikage! - e fece un passo avanti dimostrandole che faceva sul serio.

Si preoccupa per me! Per la mia carriera, come ha sempre fatto! E io che non riesco mai a ringraziarlo come dovrei…

Masumi vide i suoi occhi diventare lucidi e si pentì per quelle parole, così distanti da ciò che avrebbe voluto dirle davvero.

- Ragazzina… - sussurrò meravigliato, rimanendo immobile senza sapere cosa fare.

- Io… lei ha ragione… non ho ancora potuto ringraziarla… mi scuso ma… era l’unico modo che avevo per trovare Jane! - gli confessò balbettando, realmente riconoscente. Non riuscì a impedire ad una lacrima di scendere mentre stringeva le mani serrate al petto.

- Perché piange, adesso? - le domandò lui rimanendo rigido a pochi passi da lei. A volte aveva delle reazioni repentine e spontanee che non comprendeva né riusciva ad immaginare da dove derivassero. Maya distolse lo sguardo e raccolse da terra il suo zaino.

- Mi… mi scusi… io sono un po’ stanca e nervosa… - ammise senza guardarlo, non voleva che vedesse il tumulto confuso che nascondeva dietro agli occhi e che si presentava ogni volta che pensava a lui come ammiratore o, si rese conto stupendosi, come Masumi Hayami.

- Ha trovato la sua Jane? - le chiese cercando di alleggerire la situazione. Maya sollevò lo sguardo posando lo zaino sul letto con espressione completamente diversa.

- Sì, signor Hayami! Sì, l’ho trovata! - si girò di scatto e, con occhi brillanti, dimentica della conversazione precedente, prese a raccontargli quei tre giorni spiazzando Masumi che rimase a bocca aperta ad ascoltarla.

Ragazzina quando parli di teatro ti trasformi e ti dimentichi di ogni cosa…

Si appoggiò alla parete mentre lei usava la voce, i gesti, i movimenti per fargli capire cosa aveva trovato nella foresta, le sensazioni che aveva provato, la paura, la solitudine, la fame. E il giorno prima, quando stava perdendo le speranze, aveva visto un lupo. Era fermo, ai lati della radura dove lui l’aveva trovata e la fissava immobile. Il suo sguardo era diffidente, vuoto e distante, ma quando lei era arretrata spaventata, da quegli occhi era caduto un velo e il lupo l’aveva guardata in modo diverso.

- Adesso ho capito come devo recitare Jane! Il suo punto critico è il passaggio da selvaggia a umana! Ora so come guardare Stewart! - gli disse con veemenza ad un passo da lui. Masumi rimase immobile, perduto in quegli occhi cioccolato, profondi e pieni di vita.

- Vedrà, signor Hayami! Resterà soddisfatto della mia Jane! -

E’ l’unico modo che ho per ringraziarla! Non ho niente altro, se non il teatro! E le sue rose che mi hanno sempre sorretto!

Masumi la fissò, incapace di distogliere lo sguardo, si concesse di indugiare su quel volto radioso che l’aveva affascinato sei anni prima. Allungò una mano e le sfiorò una guancia.

- Ne sono sicuro, Maya - sussurrò, ritirandola subito dopo, quando la vide arrossire. Mi sto approfittando del legame che ho costruito…

Maya avvertì il calore delle sue dita e quegli occhi azzurri, sempre freddi e distanti, per un attimo tornarono come li aveva visti al cimitero, davanti alla tomba di sua madre, dolci e affettuosi. Ma durò un istante tanto che credette di aver immaginato ogni cosa.

- Signor Hayami, mi riporterebbe a casa per favore? - neppure lei seppe perché gli avesse chiesto una cosa del genere, forse per quello che aveva scorto nei suoi occhi o forse per l’attimo di gentilezza che aveva avuto quando l’aveva chiamata per nome. Quando era uscito dalle sue labbra, in quel modo, era rimasta disorientata. Era come se per lui valesse più di una semplice attrice, che in qualche modo oscuro celasse un sentimento di affetto oltre che professionale.

Sono solo una stupida… e poi ci separano troppi anni e una differenza sociale insormontabile… E poi da quando mi interessa cosa pensi di me???

Masumi rimase per la prima volta senza parole. Gliel’aveva chiesto senza acredine, anzi, con gentilezza, come se si affidasse a lui.

- Va bene, ragazzina, se pensa che le sue escursioni siano finite... - annuì alla fine - Ma preferirei ci fermassimo al Centro per farle disinfettare quelle ferite - aggiunse e Maya pensò con una punta di rimorso che si stava ancora prendendo cura di lei.

- Non vorrei macchiasse i sedili di pelle della mia auto… - concluse con un sorriso ironico.

- Signor Hayami! - sibilò Maya rimangiandosi subito il pensiero che aveva formulato.

Masumi, ignorandola e celando un sorriso soddisfatto, avvisò il Centro con la radio e Maya sentì la voce sollevata di Hajime e si sentì immediatamente in colpa per il suo comportamento. Durante le quattro ore che servirono a raggiungere il Centro a piedi i momenti di silenzio furono intervallati dai soliti battibecchi, a volte istigati da lui, che era certo in vantaggio, ma anche Maya non si lasciò sfuggire alcune occasioni. Ad un certo punto, la discussione prese una piega completamente nuova. Inevitabilmente finirono a parlare della Dea Scarlatta, Maya rispose a tutte le domande che gli fece il signor Hayami e lui, di contro, rispose a tutte quelle che lei gli pose e che probabilmente aveva in testa da quando avevano parlato al cimitero.

Al Centro, Maya venne curata nella piccola infermeria da una collega di Hajime e quando uscì con gli occhi arrossati dal pianto per le disinfezioni, trovò Masumi Hayami con il suo solito completo da ufficio.

E’ incredibile quanto sia diverso…

- Andiamo, ragazzina? - esordì con la solita voce ironica. Maya voltò la testa e lo ignorò, ringraziando sentitamente Hajime per l’ospitalità e la ragazza che l’aveva medicata per la pazienza.

- Perché lei deve essere sempre così scortese? - gli domandò entrando in macchina. Masumi scoppiò a ridere, poi si fece serio.

- Perché l’ambiente e le circostanze me lo impongono - le disse quando lei aveva ormai perduto ogni speranza di avere una risposta. Maya si voltò guardandogli il profilo.

Sembra trasformarsi, signor Hayami… eppure, in alcuni momenti, io trovo piacevole la sua compagnia…

Così, spinta dalla curiosità e dal suo volto così scuro e diverso rispetto a pochi minuti prima, indagò sulla Daito Art Production e, incredibilmente, non solo il signor Hayami rispose ad ogni domanda con la solita franchezza - irritandola molte volte - ma le spiegò come funzionavano alcune cose, certe dinamiche legate agli affari, come la Daito si relazionasse con i giornalisti, le difficoltà che c’erano. Parlarono della Ondine, di Ayumi Himekawa e quando Maya gli chiese di Sakurakoji lui fece una pausa prolungata.

- E’ molto attaccata a lui - le chiese, invece di rispondere alla sua domanda. Maya si girò a guardarlo mentre era impegnato alla guida. Era una constatazione strana e posta con un tono anomalo per lui, ma lei gli raccontò quasi tutto: del legame che li aveva uniti fin da quel giorno alla Ondine in cui lo conobbe, di come avevano recitato insieme fino ad arrivare a “Lande dimenticate”.

Masumi ascoltò ogni parola, da quelle tristi a quelle piene di affetto fino ad arrivare alla paura che lui l’abbandonasse per “Isadora”. Non gli sfuggì né lo sguardo acceso che aveva quando ne parlava, né il sorriso aperto, né il rossore diffuso che cercava malamente di nascondere.

E’ naturale che si siano innamorati, si conoscono da tempo e Sakurakoji non ha mai nascosto i suoi sentimenti… Inoltre la loro età… e il teatro che li unisce...

- Pensa davvero che avremo la possibilità di vincere il premio dell’Associazione Nazionale? - gli chiese dopo un lungo silenzio.

- Sì - rispose Masumi con fermezza - E dipende soprattutto da lei - aggiunse distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada. Maya si girò e trovò i suoi occhi penetranti che la scrutavano. Si affrettò a cambiare posizione mentre il cuore le batteva all’impazzata. Quando mi guarda così, io non riesco proprio a sostenere il suo sguardo… sembra che mi scruti dentro e che sappia tutto quello che provo…

Appoggiò la testa al sedile guardando fuori dal finestrino l’asfalto che correva veloce pensando alle sue parole, alla responsabilità che gravava sulle sue spalle per il ruolo di Jane e la buona riuscita dello spettacolo. Lui rimase in silenzio e Maya, per la prima volta da quando lo conosceva, si sentì completamente a suo agio e, prima di addormentarsi, per un attimo fugace pensò quanto era stato piacevole trascorrere del tempo con lui.

Masumi la vide rilassarsi e riuscì a gioire immensamente per quella piccola vittoria. Non poteva conoscerne il motivo, ma Maya sembrava aver perduto la freddezza e il tono sostenuto che usava sempre con lui, era riuscito perfino a dirle come funzionavano le relazioni un po’ oscure fra la Daito e i giornali senza che lei gli inveisse contro… Sorrise e utilizzò i comandi al volante per reclinare il suo sedile e consentirle una posizione più comoda.

Forse non è stato un errore dirle chi fosse il suo ammiratore delle rose scarlatte anche se questa tensione mi lacera e non mi lascia mai… Ma è un prezzo che pago volentieri per trascorrere il tempo così con lei…


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Capitolo 9
*** Esibizioni ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

9. Esibizioni



Il ritorno di Maya risollevò il morale di tutti, soprattutto quando videro la sua interpretazione di Jane. Sakurakoji riuscì a malapena a starle dietro, tanto era accentuato adesso il suo lato selvaggio e quando provarono la scena in cui Jane comprende di essere umana, Kuronuma rimase a bocca spalancata e gli cadde perfino il copione di mano.

Maya fu così assorbita dalle prove e dalla sua interpretazione di Jane da dimenticare quasi l’esperienza nella foresta e la presenza di Masumi Hayami. Finché non giunse una telefonata di Ayumi che la informava che probabilmente il signor Hayami era a conoscenza del luogo dove si trovava la signora Tsukikage. Maya si sentì raggelare quando udì quelle parole.

Com’è possibile che sappia dove sia? Aveva detto che mi avrebbe avvisata! Terrà nascosta l’informazione per qualche motivo!

- Ti ringrazio Ayumi, ti richiamo appena so qualcosa - rispose Maya abbassando con forza il telefono. Kuronuma la osservò irrigidirsi, aveva ascoltato solo metà della conversazione, ma sapeva che riguardava la signora Tsukikage.

- Kitajima… va tutto bene? - le domandò e quando lei si girò, lo sguardo infuocato, seppe che qualcosa non andava.

- No, signor Kuronuma, non va bene niente e la colpa è sempre sua! - ringhiò uscendo come una furia dalla segreteria e dirigendosi ai camerini.

- Sua? Kitajima,dove vai? - gli urlò dietro abbassando le braccia lungo i fianchi.

- Da Masumi Hayami! - gli gridò lei in risposta senza fermarsi. Kuronuma la guardò entrare nel camerino e si passò una mano fra i capelli. Anche se avesse voluto non sarebbe mai riuscito a fermarla.

Ogni volta che quell’uomo incrocia il cammino di quella ragazza accadono sempre cosa strane…

Maya uscì dopo qualche minuto con un leggero soprabito e una sciarpa rosa, la borsa in spalla. Kuronuma la seguì con lo sguardo, ma lei non se ne accorse nemmeno.

Non vorrei essere nei panni di quell’uomo…

E tornò alla sala prove dove gli altri attendevano.



Quando Mizuki vide Maya era ormai troppo tardi. La ragazza aveva un’espressione terrificante e lei non poté far altro che alzarsi di scatto e tentare di fermarla, ma aveva già spalancato le doppie porte dell’ufficio del signor Masumi.

L’uomo sollevò lo sguardo infastidito, ma quando vide Maya la sua espressione cambiò completamente. Lei però era troppo occupata ad essere arrabbiata per rendersi conto del suo cambiamento che invece non sfuggì a Mizuki.

- Mi scusi, signor Hayami, non sono riuscita a… - si scusò la segretaria, ma lui la interruppe.

- Non si preoccupi, Mizuki, chiuda la porta per favore - le chiese gentilmente alzandosi - Se non l’ha scardinata… - aggiunse con un mezzo sorriso. Maya si era fermata davanti alla sua scrivania, lo sguardo furente, immobile e silenziosa. Ti preferisco sicuramente quando inveisci contro di me, ragazzina, che così silenziosa…

- Le ricordo l’appuntamento con il manager di Eiko Nakamura - gli comunicò la segretaria prima di chiudere completamente la porta e un suo assenso le disse che aveva recepito. Maya si riscosse nell’udire il nome di quell’attrice e inspiegabilmente la sua rabbia salì sommandosi a quella dell’aver saputo della signora Tsukikage.

Masumi si spostò davanti a lei e si appoggiò al bordo della scrivania.

- Allora, ragazzina, cosa l’ha portata come un uragano nel mio ufficio? - era arrabbiata, anzi… furiosa, qualunque fosse l’argomento l’aveva davvero fatta innervosire e lui ne era la causa. Sorrise e si accese una sigaretta concedendole tutto il tempo che desiderava. Probabilmente stava pensando al modo migliore per offenderlo…

- Lei sa dove si trova la signora Tsukikage! - sibilò invece dopo pochi attimi, i pugni stretti lungo i fianchi, se avesse avuto qualcosa a portata di mano probabilmente glielo avrebbe tirato dietro. Masumi sollevò un sopracciglio e comprese immediatamente ogni cosa. Chissà come l’aveva saputo… Espirò la sigaretta fissandola, sapeva di innervosirla ancora di più, ma in fondo quel gioco l’aveva sempre divertito.

- Sì - rispose pacatamente e attese che lei gli urlasse contro, invece lo stupì. Maya s’irrigidì e lui vide i suoi occhi farsi lucidi.

- Perché non mi ha detto niente? - gli chiese in un sussurro tirato e nervoso. Aveva iniziato a credergli davvero, soprattutto da quando le aveva detto chi fosse veramente, il suo ammiratore, il donatore di rose scarlatte… e quando era andato a prenderla a Saitama... ma Masumi Hayami era diverso, immerso in un mondo di adulti, dove il denaro e la scaltrezza facevano la differenza.

Ragazzina… riesco sempre a ferirti...

Spense la sigaretta e appoggiò entrambe le mani al bordo della scrivania, più per impedirsi di abbracciarla e cancellare quelle lacrime che per reale necessità.

- E’ stata la signora a chiedere che non dicessi niente, soprattutto a lei. Rivelerà il posto dove si trova solo a primavera… - la fissò intensamente lasciandole il tempo per capire cosa significasse quell’informazione. La vide spalancare gli occhi, una lacrima cadde silenziosa, poi notò la consapevolezza farsi strada nel suo sguardo.

- Primavera… - sussurrò Maya abbassando gli occhi e sentendosi improvvisamente svuotata - Quando sapremo se vincerò un premio e raggiungerò Ayumi… -

- Ha ancora intenzione di lottare per quel premio? - la istigò lui cercando di farla reagire, ma lei sembrava essersi ritirata nella sua insicurezza; quanto avrebbe voluto farle sapere ciò che poteva provare uno spettatore guardandola recitare!

Maya udì quelle parole provocatorie, sollevò il volto lentamente e lo fissò.

- Sì, signor Hayami - gli rispose determinata. Non avrebbe lasciato la Dea Scarlatta ad Ayumi e alla Daito neanche morta!

Nella stanza calò il silenzio finché non trillò l’interfono. Masumi spostò solo la mano sul pulsante, ma continuò a fissarla.

- E’ arrivato il signor Shimizu - lo avvisò la voce pacata e professionale di Mizuki.

- Mi dia un minuto, per favore - rispose Masumi sempre continuando a fissare Maya con un’espressione divertita. Chiuse l’interfono, si girò verso la scrivania, prese una cartelletta e la raggiunse.

- Mi dispiace di averla disturbata... - iniziò Maya con un lieve inchino pronta ad andarsene, ma lui le porse la cartelletta che lei guardò interdetta.

- Mi dia il soprabito - le disse glaciale e lei lo fissò perplessa per quel cambio improvviso di atteggiamento. E ora? Perché fa così…?

- Le va di recitare la parte della mia segretaria per un po’? - le propose serio quando lei rimase in silenzio, evitando di scoppiare a ridere per la faccia che fece.

- La sua segretaria? Spero lei stia scherzando… - sibilò Maya indignata mentre lui tornava all’interfono. Mi ignora! Odioso!

- Lo faccia entrare, Mizuki, non è necessario che lei si unisca - la informò ignorando completamente Maya e lei emise un ringhio basso. Dall’altra parte la segretaria ebbe un attimo di esitazione, poi eseguì quanto chiesto.

- Signor Hayami… lei non può… - protestò Maya irritata, ma lui la evitò ancora e si appoggiò di nuovo alla scrivania con l’atteggiamento di chi ha tutto sotto controllo.

- Ha circa dieci secondi per poggiare il soprabito e mettersi lì - indicò un punto alla sua sinistra dietro la scrivania - Prima che il manager di una delle mie più proficue attrici entri da quella porta per chiedermi di aumentare la percentuale dei guadagni della sua assistita - l’odio profondo che usciva dagli occhi di lei lo fece quasi desistere ma, come ogni altra volta in cui l’aveva sfidata, Maya accettò. La vide rilassarsi e mentre camminava verso di lui la sua postura si modificò, i suoi occhi cambiarono completamente e il modo in cui abbracciò la cartellina portandosela al petto gli fece spalancare gli occhi.

Non è più Maya Kitajima… sembra… sembra Mizuki!

La porta si aprì lentamente e la segretaria fece entrare l’uomo brizzolato in un costoso abito nero. Mizuki lanciò un’occhiata fugace e quando vide Maya in quella posizione comprese immediatamente ciò che stesse accadendo.

Signor Masumi, ogni volta che incontra quella ragazza lei trova il modo per sfidarla…

- Signor Shimizu, benvenuto - lo salutò cordialmente Masumi anche se Maya notò immediatamente il cambio di atteggiamento e la rigidità che si impose. Il manager lo salutò a sua volta, ma il suo atteggiamento fu subito chiaro. Ignorò Maya e si sedette su una delle due poltrone davanti alla scrivania.

- Posso offrirle del tè? - propose Masumi e quando Shimizu annuì, Maya si mosse automaticamente verso un mobile chiaramente destinato a quell’uso. Appoggiò la cartella sul piano e iniziò a prepararlo.

Se lei pensa di mettermi in difficoltà, signor Hayami, si sbaglia di grosso! Ho recitato parti ben più complesse di questa!

- Signor Hayami, non vorrei farle perdere tempo, per cui andrei immediatamente al punto - iniziò il manager e Maya sentì il signor Hayami sedersi. Mise le tazze sul vassoio elegante e senza sbagliare un passo servì i due uomini.

- Signor Shimizu, abbiamo concesso una percentuale maggiore solo sei mesi fa - Masumi rispettò il volere dell’ospite e andò subito al punto. Maya sentì la sua voce cambiare, esattamente come era avvenuto al fast food durante quella inquietante telefonata. Tornò al mobile, riprese la cartellina e si riposizionò precisamente nel posto che le aveva indicato lui poco prima. Ma con che gente ha a che fare ogni giorno?

Il manager si irrigidì e Maya inspiegabilmente gioì per quella piccola vittoria. Restando in silenzio e facendo finta di seguire attentamente la discussione, spostò lo sguardo lentamente fra i due uomini. Il manager della Nakamura era indubbiamente in difficoltà, probabilmente se lo aspettava, il signor Hayami invece sembrava rilassato, perfettamente a suo agio su quella sedia imbottita.

- Eiko Nakamura merita ben più della misera percentuale che la Daito le ha concesso! - replicò Shimizu picchiando un pugno sulla scrivania. Masumi assottigliò lo sguardo e Maya lo osservò cambiare lentamente posizione e piegarsi in avanti.

Chissà di che cifre si parla… il contratto che firmai io con la Daito era per una cifra piccola, ma Eiko Nakamura è molto famosa e bellissima…

- La signorina Nakamura ha un contratto che vale duecento settanta milioni di yen l’anno (2 milioni di euro) e la Daito non è mai venuta meno a nessuna delle clausole a favore della signorina Nakamura - Masumi fissò il manager rimanendo immobile come una statua.

E’ una cifra esorbitante… e ha anche delle clausole di beneficio in più!

- Signor Hayami, la Daito guadagna cinque volte tanto con i suoi spettacoli! Per non parlare della pubblicità! - insisté il manager sporgendosi in avanti sulla sedia. Masumi si fece immediatamente glaciale e Maya notò all’istante il cambiamento. Fa paura...

- Questi non sono argomenti che devono riguardarla. Sebbene la Daito sia sempre stata corretta con la signorina Nakamura, è necessario che le ricordi invece ciò che è avvenuto solo sei mesi fa? - Masumi unì i polpastrelli poggiando i gomiti sulla scrivania e fissò intensamente il manager.

Ecco… come quella telefonata, adesso attacca… usa sempre lo stesso metodo, le informazioni che ha come ricatti per impedire agli altri di agire…

- Ma… - Shimizu balbettò quella parola e Masumi non gli dette possibilità di continuare.

- Inoltre ho incontrato la signorina Nakamura a cena due sere fa e non mi ha detto di essere insoddisfatta del contratto. Perché lei ora viene qui e chiede una percentuale più alta? - si sporse in avanti con occhi indagatori, la sua voce era fredda e calcolatrice.

Mi fa venire i brividi… si sono incontrati ancora… chissà se… ma che m’importa se si incontrano!?

Si riscosse da quei pensieri assurdi e tornò a osservare la situazione. Il manager era in evidente difficoltà e il signor Hayami si rilassò sulla sedia appoggiando la schiena. Sa che vincerà la partita...

- Non intendo modificare i termini del contratto della signorina Nakamura per pagare le sue prestazioni - esordì infine Masumi troncando ogni possibile replica, ma Shimizu probabilmente non si rese conto della situazione in cui si trovava perché trattenne un ringhio arrabbiato e replicò.

- Lei sa bene che non dovrebbe incontrarla senza avermi prima avvisato! Io sono il suo manager! - Shimizu si alzò di scatto mentre Masumi lo fece lentamente e Maya se lo ritrovò accanto.

- Accompagni fuori il nostro ospite, abbiamo finito - la voce del signor Hayami era così atona e priva di inflessione che le fece rizzare tutti i capelli. Mantenendo quella strana postura che aveva tenuto in quei minuti, copiandola alla signorina Mizuki, Maya eseguì automaticamente l’ordine senza fare una piega sebbene dentro fremesse di rabbia per essere costretta ad obbedirgli in quel modo.

Shimizu fece un gesto stizzito, ma lasciò che quella insulsa segretaria lo accompagnasse fuori. Maya lo lasciò alle cure di Mizuki che alzò un sopracciglio all’udire la sua voce così determinata e professionale che aveva perduto del tutto il timbro giovanile. Signor Masumi un giorno tutto questo le si rivolterà contro…

Quando Maya chiuse la porta si voltò verso di lui con occhi infuocati pronta a dargli battaglia, ma lo trovò di spalle, lo sguardo allo skyline di Tokyo oltre le grandi vetrate, le mani in tasca. Rimase interdetta e tutta la rabbia repressa scemò, vinta da quella malinconia che sembrava emanare da lui.

Come può cambiare di umore così repentinamente? E se invece… se invece fosse questo il suo vero volto e quello di prima una maschera? E se fosse davvero una brava persona come avevo pensato quel pomeriggio al planetario? Non potrebbe essere il mio ammiratore altrimenti! Non sarebbe venuto a prendermi a Saitama!

Maya si avvicinò lentamente in silenzio fino a raggiungere la vetrata. Fuori era iniziato a piovere e le gocce scivolavano pigre sulla superficie trasparente. Sollevò lo sguardo e il suo profilo duro guardava fuori, poi i suoi occhi cambiarono e si girò verso di lei.

- Si è divertita? - le chiese con uno strano sorriso mentre incrociava le mani dietro la schiena.

- No - rispose lei con franchezza. Se erano quelli gli incontri che affrontava ogni giorno, non lo invidiava affatto, preferiva di gran lunga Kuronuma. Lui sollevò un sopracciglio e scoppiò a ridere.

- Vedo che non ha perduto la sua consueta schiettezza! - e tornò a sedersi alla scrivania riprendendo il solito modo di fare. Maya corrugò la fronte e strinse i pugni lungo i fianchi.

- E lei vedo che è il solito affarista senza scrupoli! Sapeva perché quel manager fosse venuto da lei! - affermò scacciando dalla mente il ricordo della sua mano che accompagnava gentilmente Eiko Nakamura sul tappeto rosso del Nittei.

- Ragazzina, non ha imparato niente dalla telefonata dell’altra volta? - le chiese con espressione dura - Le informazioni sono alla base di questo lavoro, averle significa condurre dei buoni affari -

- E per ottenerle, cosa fa? - gli sibilò contro lei ricordandosi ciò che era stato capace di fare quando aveva fatto chiudere la compagnia della signora Tsukikage.

Masumi si girò lentamente verso di lei e Maya temette di aver esagerato.

- Faccio ciò che è necessario per non essere costretto ad accettare compromessi come quello che stava proponendo il manager di Eiko Nakamura - ribatté lui mantenendo quell’espressione glaciale. Maya si avvicinò di qualche passo, l’istinto le gridava che lui non era così, che le sarebbe bastato toccargli una mano per appianare quella ruga che si formava sempre sulla sua fronte quando parlava di lavoro, ma si fermò dandosi della stupida. Non sono nessuno, io, non posso sperare di capire davvero un mondo così complesso dove gli uomini sembrano combattere una guerra ad ogni incontro e dove i soldi sono la cosa più importante...

Abbassò lo sguardo e Masumi aggrottò la fronte chiedendosi a cosa stesse pensando e perché avesse cambiato espressione.

- Guadagna davvero così tanto? - gli chiese poi in un sussurro ripensando alla cifra del contratto. Masumi si rilassò a quella domanda e si appoggiò allo schienale della poltrona.

- Lei potrebbe superare quelle cifre se si facesse aiutare ad amministrare i diritti della Dea Scarlatta - le disse prima di rendersi conto di aver commesso un errore - E da quando le interessano i soldi? - aggiunse subito dopo.

- Infatti! - sibilò lei - Non mi interessano e se con questo sta cercando di… - ma Masumi la interruppe.

- Si calmi, ragazzina, non sto cercando di fare niente, stavo solo constatando un fatto. La domanda l’ha posta lei - era sempre sospettosa, non avrebbe mai abbattuto quel muro che lui stesso aveva contribuito a farle erigere…

Maya lo fissò con una rispostaccia sulla punta della lingua, poi distolse lo sguardo, ricordandosi le buone maniere e lui ridacchiò.

- E’ contento di avermi dato un’altra lezione di economia aziendale? - rimarcò Maya alzando un dito mentre prendeva il soprabito e la sciarpa rosa. Riesce sempre a irritarmi… però…

- E’ utile che apprenda come funziona questo mondo se vorrà lavorarci dentro. Fare finta che non sia così sarebbe un grave errore - spiegò avvicinandosi. Lei si fermò e lui per poco non andò a sbatterci contro.

Maya si girò trovandoselo di fronte e fu costretta ad alzare gli occhi. Rimase così scioccata da ciò che provò incrociando il suo sguardo che arrossì e la sciarpa le scivolò di mano. Il colore… il colore dei suoi occhi è stupefacente, signor Hayami...

Masumi alzò un sopracciglio e si chinò a raccoglierla. Era morbida e di quel rosa confetto che piace tanto alle ragazze.

- Lei è sempre distratta, ragazzina - mormorò turbato allo stesso modo di Maya per aver guardato in quegli occhi scuri e penetranti così da vicino. Sollevò la sciarpa e gliela passò intorno al collo. Mi manchi già, ragazzina, è come se in questa stanza stesse tramontando il sole ora che te ne vai...

Maya trattenne il respiro a quel gesto, incapace di comprendere come potesse passare da un atteggiamento all’altro senza apparente coerenza. Signor Hayami…

Afferrò la sciarpa con le mani, la girò due volte, raggiunse la porta e Masumi non poté fare a meno di seguirla ancora.

- A volte lei parla come se io li avessi già, quei diritti - sussurrò Maya fermandosi a testa bassa con la mano sulla maniglia - Ma non ho neppure raggiunto Ayumi… - aggiunse aprendo la porta.

- Li avrà - le disse lui sicuro e lei si fermò di nuovo.

Maya sentì il cuore battere all’impazzata, la sua voce non aveva niente dell’acredine che l’accompagnava di solito, ma era stata gentile e con l’intento di infondere sicurezza.

Si voltò, gli sorrise e, per la prima volta da quando la conosceva, era un sorriso diretto a lui. Masumi rimase pietrificato da quella reazione spontanea e si domandò cosa le passasse per la mente. Sei un mistero, ragazzina...

- Grazie, signor Hayami - e con quelle parole semplici, genuine e sommesse, Masumi ebbe la certezza che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei pur di vederla sorridere di nuovo. Sorridere a lui.



La prima di Isadora spiazzò completamente Maya. Madoka Enjoji era risultata sublime e nonostante lo spettacolo fosse ormai terminato lei ne sentiva ancora gli strascichi, come avesse recitato al posto della grande attrice. La sala del buffet era affollata, c’erano attori famosi, registi, giornalisti e i giudici del Festival delle Arti da cui "Lande dimenticate" di Kuronuma era stato escluso. Tutti erano intorno all’attrice, facendole complimenti a profusione. Maya si avvicinò a Sakurakoji, dietro di loro veniva il regista che sogghignava apertamente e lei pensò che dovesse avere qualcosa in mente.

Si avvicinò un cameriere con un vassoio e presero tutti un flûte di champagne. Maya vide il regista scrutare l’ambiente, lei lo seguì con lo sguardo e individuò Masumi Hayami circondato da tre bellissime attrici su tacchi vertiginosi. Conversava con tutte e tre e lei, senza sapere perché, si voltò indispettita verso Sakurakoji. Anche lui non era a proprio agio e Maya ritrovò un po’ della sua sicurezza che il signor Hayami sembrava far sparire ogni volta.

- Ti è piaciuto lo spettacolo, Maya? - le chiese l’amico appoggiandosi ad una colonna.

- Sì! - lei s’illuminò immediatamente al ricordo e dimenticò ogni cosa che la circondava, persa nel racconto e nei commenti concitati con Yu.

- Secondo me la Enjoji avrebbe potuto recitare molto meglio… - commentò Kuronuma fissando la sua prima attrice che stava ripetendo alcune frasi.

Ha imparato tutto a memoria… è un vero talento… Ha recitato meglio della Enjoji in questi pochi minuti senza aver provato neanche una volta… a volte mi fa davvero paura...

- Fammelo rivedere… - le chiese Kuronuma incrociando le braccia al petto. Maya sbatté le palpebre, poi guardò Sakurakoji che la incitò con lo sguardo, tornò sul regista con occhi luminosi e ripeté la serie di battute dalla terza scena. Kuronuma la osservò, ma non fu l’unico. Un piccolo gruppetto, capeggiato da Masumi Hayami, assisteva poco distante.

Alla fine delle battute, Maya riprese il contatto con la realtà. Si udì un singolo battito di mani e tutti e tre si voltarono di scatto. Era Masumi Hayami.

Una piccola folla aveva assistito alla rappresentazione di Maya di quella scena e lei arrossì da capo a piedi.

- Complimenti - le disse avvicinandosi e catturando il suo sguardo. Madoka Enjoji lo seguì con gli occhi che mandavano faville e si affiancò a Kuronuma.

- Allora, signor Kuronuma, cosa ne dice dello spettacolo? - lo interrogò l’attrice ignorando i due ragazzi.

- Allestimento imponente, ma come le dissi già, i soldi non possono supplire alla bravura. Lo spettacolo sarebbe stato sicuramente migliore se la figura di Isadora fosse stata approfondita - le rispose impietoso Kuronuma gioendo della sua espressione disgustata.

- E voi, cosa ne pensate? - disse Madoka rivolgendosi e Maya e Yu. La tensione era palpabile ed entrambi sentirono tutti gli occhi addosso.

- I numeri di danza e canto sono stati davvero meravigliosi - iniziò Sakurakoji arrossendo lievemente.

- Sì! - confermò Maya con gli occhi che brillavano incantati - I balli sono stati meravigliosi! E poi mi sono piaciuti tanti momenti! - incalzò Maya con la voce concitata e emozionata, tutto il suo volto che trasudava felicità.

- Davvero? Come quello che stava interpretando prima? - insinuò Masumi attirando la sua attenzione.

- Sì… - balbettò fissandolo e arrossendo di vergogna.

- Ha ripetuto esattamente le frasi di copione, quale altro passo le è piaciuto? - le chiese implacabile, portando il discorso esattamente dove voleva lui e iniziando ad attuare quell’idea che gli avrebbe permesso di dare visibilità a "Lande dimenticate" di fronte a tutti i giudici presenti e che avrebbe aperto le porte del concorso allo spettacolo di Kuronuma.

Maya citò altri passi descrivendo i numeri delle scene e a volte mimando le esatte movenze che la Enjoji aveva tenuto sul palco interpretando Isadora.

- Ha imparato tutte le battute? - chiese Masumi facendo un altro passo avanti.

- Sì - rispose genuinamente Maya senza poter immaginare cosa stesse architettando. Perché mi deve sempre tormentare così?

- Ma quelle che mi sono rimaste più impresse sono sicuramente le battute finali! - aggiunse raggiante, dimenticandosi che stava rispondendo proprio a lui e completamente presa dallo spettacolo che ancora bruciava nelle sue vene.

- Non vorrebbe recitarle per noi? - chiese Masumi Hayami con voce allusiva.

- Io… - balbettò lei, ma Kuronuma la incitò ad accettare.

- Avanti, esaudisci il desiderio del signor Hayami - il regista fissò lo sguardo enigmatico sulla sua prima attrice.

Io non riesco davvero a credere che possa essere il mio ammiratore...

Maya fece qualche passo avanti sotto lo sguardo curioso di Kuronuma e indagatore di Masumi Hayami. Ma lei ignorò tutto e tutti e fece entrare Isadora. La rappresentazione che ne dette negli attimi finali prima della sua morte sconvolse il piccolo pubblico intorno a lei e distrusse del tutto Madoka Enjoji che comprese appieno, finalmente, chi fosse realmente Maya Kitajima. Le persone intorno restarono basite, soprattutto il Presidente dell’Associazione Nazionale che unì il suo applauso a quello degli altri presenti.

- Eccellente interpretazione - si complimentò l’anziano Presidente e Maya arrossì facendo un lieve inchino.

- Non mi sarei aspettato altro da Maya Kitajima, vincitrice del premio come migliore attrice non protagonista con Utako Himekawa per l’interpretazione di Helen Keller in “Anna dei miracoli” - annuì Masumi Hayami e un brusio generale si levò intorno a loro quando la consapevolezza di chi fosse quella ragazza si diffuse fra gli invitati.

- Lei ha interpretato una Isadora speranzosa di ciò che avrebbe trovato dopo la morte, completamente diversa da quella rassegnata della signorina Enjoji - valutò il Presidente dell’Associazione Nazionale - Perché? - le chiese infine scrutandola attentamente. Maya soppesò la domanda anche se in realtà lei l’aveva interpretata per come si era evoluto il dramma e per come aveva immaginato Isadora in quell’istante.

- Non lo so, signore, penso che Isadora sarebbe stata felice di aver scoperto come ballare in quel momento - rispose sinceramente, meravigliando l’anziano presidente e Madoka Enjoji.

- Signorina Enjoji, che ne dice, ce la vede questa ragazza nei panni di una ragazza lupo? - le domandò Masumi Hayami sempre con quel fare odioso carico di sfida e ironia. Madoka scoppiò a ridere e colse immediatamente la presa in giro celata dietro le parole del Presidente della Daito Art.

- Certo! Sicuramente più adatta! - concordò l’attrice e rise di nuovo.

- Perché non ci mostra qualcosa del vostro spettacolo? - Masumi si voltò verso Maya fronteggiandola e lei sentì il sangue defluire. Avanti Maya… accetta la sfida!

Sakurakoji la raggiunse e la prese per le spalle in modo protettivo.

- Maya, non sei obbligata… - le sussurrò, ma lei si era già irrigidita, non riusciva a spiegarsi il motivo, ma ogni volta che lui la sfidava non poteva che raccogliere il guanto che le lanciava.

- Cosa fa? Recita le cose degli altri e non le sue? Se si tira indietro nessuno vedrà il suo spettacolo - la provocò Masumi immaginando bene la rabbia che la stesse pervadendo in quel momento.  E’ l’unico modo Maya… pensaci… quello che ti ho mostrato, ciò di cui abbiamo parlato… il modo in cui questo mondo reagisce alle provocazioni e agli scoop…

Il brusio aumentò e i fotografi iniziarono a scattare qualche fotografia, memori degli scontri passati fra Maya Kitajima e il produttore Masumi Hayami.

Maya scostò la mano di Sakurakoji mentre fissava lui con astio, mille immagini che si accavallavano apparentemente senza senso. Non riusciva a credere che la volesse davvero mettere in ridicolo, non lui. E’ il mio ammiratore… ogni cosa che ha fatto, in passato, è stata volta ad aiutarmi… Informazioni… più informazioni si acquisiscono, più si può condurre un buon affare… è questo che sta cercando di fare? Vuole che i giudici vedano “Lande dimenticate”? Vuole generare interesse tramite questo nostro scontro? Allora… signor Hayami, accetto la sfida!

 

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Capitolo 10
*** Sipario ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

10. Sipario



Maya fece un passo avanti e mentalmente ringraziò il fatto che aveva deciso di mettersi dei pantaloni, forse li avrebbe rovinati, ma ne sarebbe valsa la pena. In quei pochi istanti realizzò anche un’altra cosa che la sconvolse non poco: stava iniziando ad apprezzare quegli scontri verbali e fisici che la contrapponevano a Masumi Hayami. In fondo era divertente sapere che lui fosse l’ammiratore delle rose scarlatte e che dietro quella maschera di ghiaccio in realtà avesse un cuore. Si voltò lentamente verso Sakurakoji e gli sorrise.

- Non preoccuparti, Yu - poi tornò ad occuparsi del signor Hayami. Intorno a loro la gente si allargò formando una sorta di arena, i giornalisti erano elettrizzati e tutti erano molto curiosi di sapere cosa sarebbe accaduto. Madoka Enjoji invece si sentiva derubata delle luci della ribalta della sua prima.

Masumi la vide avanzare e sorridere lievemente, un’espressione che non seppe decifrare, ma aveva accolto la sua sfida. Si voltò verso una signora elegante che arrossì per quell’attenzione improvvisa.

- Sono convinto che lei possa prestarmi un fazzoletto - le disse lasciandola basita e, ad un suo sorriso ammaliante, la signora aprì la borsetta e gli porse un fazzoletto ricamato. Lui lo annodò stringendolo bene.

- Gliene farò avere un nuovo - la rassicurò sorridendo e lei si sciolse alle attenzioni di quell’uomo affascinante.

Maya osservò la scena un po’ stizzita, sembrava che avesse un ascendente verso ogni donna e pensare che a lei era sempre sembrato gelido e sgarbato oltre che burbero come un orso!

- Ecco qui, Jane, questa è la tua carne - gettò il fazzoletto annodato alle proprie spalle. Maya fissò il pezzo di stoffa e iniziò ad accucciarsi. Ogni persona, per primo Masumi, vide il suo sguardo cambiare e il personaggio entrare dentro di lei.

- Sembra che inizi a farsi interessante… - mormorò lui togliendosi la giacca in un gesto lento e teatrale. Fammi vedere la tua ragazza lupo, Maya!

La sventolò davanti a lei mostrando un sorriso inquietante e incitandola ad avanzare. Il ringhio che lei emise, basso e gutturale, fece accapponare la pelle a tutti i presenti e modificò completamente l’atmosfera della sala. Maya iniziò a girare da un lato, fissando Masumi, la giacca e continuando con quell’avvertimento sonoro, proprio degli animali selvatici che mettono in guardia l’avversario del pericolo che stanno correndo.

Lei cercò di raggiungere il fazzoletto con uno scatto che sorprese Masumi per la rapidità, ma era pronto e spostò il pezzo di stoffa con un calcio preciso, dandole un colpetto con la giacca. Maya si accucciò ringhiando e fissando con sguardo vuoto quella stoffa fastidiosa impugnata da quell’uomo che la separava dal suo pranzo. Iniziò di nuovo a girargli intorno finché non vide una possibilità di passare.

Masumi intuì cosa volesse fare e invece di scansarsi la urtò con il peso del suo corpo. Maya rotolò scivolando sul pavimento e finì contro un tavolo. Sakurakoji fece per aiutarla ma Kuronuma, con sguardo assassino, lo bloccò immediatamente afferrandolo.

- Non ti azzardare… - gli sibilò minaccioso e non mollò la presa sul suo braccio. Yu lo fissò sconcertato, ma fu costretto a fermarsi. Il regista non era uno stupido e, anche se non conosceva le motivazioni del signor Hayami, tutto quello spettacolino poteva andare solo a loro vantaggio.

- Avanti, Jane! Non riesci neanche a prendere un misero pezzo di carne? - la schernì Masumi scoppiando a ridere. Maya si rialzò sulle quattro zampe, fluida ed elegante, ululò in modo terrificante e persino Madoka Enjoji fu costretta ad ammettere che la sua interpretazione andava oltre una normale recitazione. Ma che razza di attrice è???

Questa volta Maya gli andò incontro, ringhiando e muovendosi lentamente, la testa incassata, le spalle esposte, finché Masumi commise un errore avvicinandole la giacca. Lei lo aggredì, come avrebbe fatto un lupo minacciato e affamato e lui per difesa piegò il braccio in un gesto naturale. Maya saltò e lo morse sulla mano spingendolo a terra, lui avvertì i denti che entravano nella carne e lei afferrò la giacca e gliela strappò via, oltrepassandolo.

I fotografi scattavano in continuazione e la gente intorno gridò spaventata. Con un movimento elastico e poco umano ruotò su sé stessa e lo fronteggiò lasciando cadere a terra la giacca e mettendola sotto le ‘zampe’. Masumi si rialzò lentamente evitando di pensare al dolore che sentiva e mantenne gli occhi nei suoi. Maya lasciò la giacca e, sempre guardandolo, si spostò furtiva, abbassò la testa e prese in bocca il fazzoletto. Gli girò intorno, senza abbandonare mai il legame visivo, poi gli si avvicinò e lasciò cadere a terra il fazzoletto annodato.

Masumi applaudì imitato dai presenti.

- Il gioco è finito, ragazza lupo - mormorò, Maya si rialzò, i suoi occhi riassunsero il consueto nocciola a cui era abituato e ci vide immediatamente quella scintilla che quasi sette anni prima l’aveva fatto innamorare di lei. Quel collegamento visivo proseguì, Masumi vide il suo sguardo cambiare, farsi prima duro, poi più dolce e infine venne fagocitata dalla gente che le si assiepò intorno sommergendola di domande. Il contatto si interruppe e Maya avvertì una fitta al cuore, come un rimpianto e non seppe spiegarsi il motivo.

- Complimenti, signorina Kitajima - esordì l’anziano Presidente dell’Associazione Nazionale - Perché questo spettacolo non fa parte del Festival delle Arti? - aggiunse poi rivolgendosi all’organizzatore del festival che aveva escluso “Lande dimenticate”. L’uomo balbettò qualche scusa e lui tornò a rivolgersi a Maya che era arrossita visibilmente.

- Verrò a vedere il vostro spettacolo - disse con un sorriso e si allontanò raggiungendo Kuronuma e Sakurakoji, anch’essi accerchiati dagli invitati.

Madoka Enjoji si guardò intorno stralunata, senza capire come quella ragazzina avesse potuto spodestarla nella serata della sua prima! Concluse amaramente che era davvero l’erede di Chigusa Tsukikage e candidata alla Dea Scarlatta nonché l’unica rivale riconosciuta di Ayumi Himekawa, ora non aveva più dubbi. Quello che aveva scorto sul palco della sala Ugetsu solo un paio di settimane prima era uscito dirompente in quella breve interpretazione.

Maya si guardò intorno quando la folla iniziò a diradarsi e individuò subito Sakurakoji e il signor Kuronuma, ma non vide da nessuna parte il signor Hayami. L’idea che potesse essersene andato senza salutarla la irritò e rattristò allo stesso tempo.

Ma cosa vado a pensare! Non ha certo tempo da perdere con me! E poi… questa recita che mi ha fatto fare… ha attirato molto l’attenzione, chissà se era davvero questo il suo scopo… il Presidente dell’Associazione Nazionale ha detto che verrà a vederci… e l’ha detto davanti a tutti!

Strinse forte il fazzoletto annodato che aveva stretto fra i denti fino a poco prima e immancabilmente tornò a galla il morso che gli aveva dato.

Ero proprio Jane… chissà se gli avrò fatto male… ho stretto… me lo ricordo…

Arrossì e sollevò di nuovo lo sguardo per cercarlo poi vide le grandi doppie finestre della terrazza aperte. Finalmente libera dalle pressioni dei fotografi si lasciò guidare dall’istinto e uscì sulla terrazza.

Era freddo e soffiava una lieve brezza che sapeva di neve. Il suo cuore perse un battito quando intravide la sua sagoma inconfondibile poco più avanti, accanto alla balaustra. Si avvicinò, spinta da una forza e un coraggio che non sapeva di avere e si fermò accanto a lui posando le mani sul corrimano. Ma che ci faccio qui? Come mi batte il cuore… mi devo calmare!

- Non ha esitato, complimenti - le disse Masumi senza distogliere lo sguardo dal cielo nero e nuvoloso, probabilmente sarebbe nevicato. Maya si riscosse e si voltò a guardare il suo profilo serio e controllato.

- Io… mi scusi… - mormorò abbassando la testa e arrossendo. Masumi si girò stupito e la trovò dimessa e silenziosa.

- Perché si scusa? - la interrogò, appoggiandosi su un fianco e pregando che lei lo guardasse così da vedere ancora una volta quella luce viva e brillante in fondo ai suoi occhi.

- Io… - balbettò lei alzando lo sguardo e accontentando il suo desiderio più profondo. Com’è vicino… il mio ammiratore… mamma mia com’è alto…

- Non mi dica che è senza parole! Lei che ha sempre qualcosa da dirmi! - la spronò lui e ottenne subito ciò che voleva. Il suo sguardo si indurì e s’infiammò, ma durò solo qualche attimo, poi tornò colpevole.

- No… è che io… - balbettò ancora insicura guardando in basso, allungò le mani e prese la sua, quella che gli aveva morso. I suoi denti avevano lasciato piccoli tagli e minuscole gocce di sangue uscivano lentamente. Masumi perse per un attimo il suo autocontrollo quando lei lo toccò con quella naturalezza. Una scossa gli arrivò diritta al cuore mozzandogli il respiro. Maya…

Lei si trovò completamente calamitata dal calore della sua mano, così grande e immediato fu il ricordo della sua stretta durante “Anna Karenina”. Fece scorrere le dita sopra e sotto incapace di smettere, poi prese il fazzoletto ricamato e con il cuore che batteva all’impazzata sfregò lievemente il morso. Tenne gli occhi bassi e con delicatezza avvolse la piccola ferita nel fazzoletto girandogli il palmo e annodandolo.

Masumi rimase immobile, affascinato dai suoi movimenti e dal calore delicato delle sue dita che gli sfioravano la pelle. Era la prima volta che lei lo toccava volontariamente, aveva la guance arrossate e la bocca lievemente socchiusa, il respiro che usciva rapido, come se fosse emozionata.

- Grazie, signor Hayami, lei… è stato gentile, credo di aver capito perché l’ha fatto e io… io riesco sempre a farle del male… - gli confessò con un sussurro lieve sollevando gli occhi lucidi, la voce insicura che per poco non lo spinse a stringerla fra le braccia. Perché sono così agitata? Perché ho voluto ringraziarlo così?

Masumi osservò la mano fasciata, non riusciva più a sostenere quello sguardo pieno di ringraziamento per ciò che l’aveva appena costretta a fare in quella sala.

Vede in me l’ammiratore delle rose scarlatte… mi è grata, tutto qui, quell’emozione che ha negli occhi non è per me, è per lui…

- Ragazzina, è la seconda volta che si scusa con me, comincerò a credere di starle simpatico! Non doveva odiarmi? - ironizzò Masumi scoppiando a ridere.

Maya lo fissò sbalordita, aveva la capacità soprannaturale di saltare da un atteggiamento ad un altro senza alcun preavviso…

- Lei… Lei è odioso e non mi sta affatto simpatico! - gli gridò contro pentendosi immediatamente di essersi sentita in colpa per averlo morso. Se tornassi indietro lo morderei più forte! Gli fece una linguaccia irrigidendosi e scappò via.

Masumi sollevò un sopracciglio interdetto, la sua espressione si addolcì guardando la fasciatura e si spostò sulla sua esile figura che si allontanava di corsa verso la sala.

Ogni volta che penso tu ti sia avvicinata, vedo nei tuoi occhi quel profondo senso di gratitudine verso il tuo ammiratore che ora non riesco più ad accettare…



Kuronuma stava ripensando a quella incredibile giornata. Anche se non era nevicato, il vento freddo persisteva e trangugiò un altro sake. La trovata di Masumi Hayami, se fatta per volontà o meno non avrebbe saputo dirlo, aveva fatto andare in tilt il centralino per la quantità di richieste di biglietti che avevano ricevuto. Ormai quelli della prima erano esauriti e aveva ricevuto una telefonata dal Comitato Organizzativo del Festival delle Arti che voleva incontrarlo l’indomani.

Abbassò il bicchiere e chiese all’ambulante del chiosco di riempirlo nuovamente. Stava aspettando proprio lui, Masumi Hayami. Qualsiasi cosa avesse escogitato ieri sera è andata a nostro completo vantaggio e per una volta Kitajima ha collaborato invece di fare la solita ritrosa… Ancora mi chiedo cosa avesse da guadagnarne Hayami… è un tipo davvero singolare, ha questa innata capacità di far irritare Kitajima e sembra anche divertirsi a farlo…

- Buonasera - la voce profonda di Hayami lo fece riscuotere. L’uomo si sedette accanto a lui e l’ambulante li servì.

- Buonasera, signor Hayami, mi dispiace di averla fatta venire fin qui… - si scusò il regista salutandolo allegramente.

- Non si preoccupi - Masumi scosse la testa e sminuì la questione che per lui era senza importanza.

- Sa cos’è accaduto oggi? - gli chiese in modo misterioso mangiando un gamberetto. Masumi si voltò a guardarlo, ma rimase in silenzio.

- Abbiamo esaurito tutti i biglietti per la prima di “Lande dimenticate” e in realtà per tutta la settimana… - lo informò fissandolo apertamente. Hayami rimase immobile, guardando il contenuto trasparente del bicchiere che rigirava fra le le dita.

- Vedo che non è sorpreso - insisté il regista svuotando il bicchiere. Non ne conosco il motivo, ma quel suo teatrino con Kitajima ha generato tutto questo e non essendo uno stupido deduco che l’abbia fatto apposta…

- Dovrei esserlo? - gli domandò Masumi senza spostare lo sguardo dal bicchiere.

- Dipende… - valutò Kuronuma mangiando un altro gamberetto - Se la sua iniziativa alla prima di Isadora avesse uno scopo oppure no - colpì voltandosi a guardarlo seriamente. Hayami alzò un sopracciglio e si voltò a incontrare infine il suo sguardo indagatore.

- Forse non se ne è reso conto, ma il merito è stato tutto di Maya Kitajima e della sua intensa interpretazione - rispose lui sommessamente.

- Signor Hayami, sta per caso tramando qualcosa? - gli chiese direttamente il regista senza farsi troppi problemi. Se aveva capito qualcosa di quell’uomo era che amava le persone schiette forse per contrastare quel mondo patinato e pieno di ruffiani in cui lavorava.

- Non sto tramando niente! - ribadì Masumi scoppiando a ridere - Ma non voglio veder sprecati dei talenti come Maya Kitajima, o Yu Sakurakoji della Ondine, o registi come lei… - aggiunse tenendo lo sguardo glaciale su di lui. Kuronuma spalancò gli occhi a quella strana ammissione, ma Hayami continuò a parlare snocciolando informazioni sulla sua vita lavorativa e sbalordendo il regista che comprese quanto la Daito avesse scavato a fondo su di lui.

Come può sapere così tante cose di me? E a quale scopo? Questo Hayami è davvero un uomo terrificante come dicono…

- Perché ha raccolto così tante informazioni su di me? - gli chiese sospettoso il regista raddrizzandosi sulla schiena nonostante il sake iniziasse a fare effetto.

- Sono proprio curioso di vedere il suo prossimo lavoro - sviò Masumi senza dare una risposta diretta - E come se la sta cavando la ragazza lupo? Secondo lei è davvero una candidata alla Dea Scarlatta? -

- Se c’è qualcuna che può interpretare la Dea Scarlatta… quella è Maya Kitajima - rispose serio Kuronuma dimenticando completamente il discorso precedente - La Dea Scarlatta… quel capolavoro scomparso… Sarebbe un prestigio enorme poterlo rappresentare -

Masumi vide negli occhi del regista la stessa aria sognante che aveva Maya quando recitava , sorrise appena e si alzò.

- Non vedo l’ora di poter verificare i dati circa “Lande dimenticate” e le ricordo che per la Dea Scarlatta non servono solo gli attori… - si sistemò la giacca, lo salutò rapidamente e si diresse alla macchina sotto lo sguardo interdetto del regista che non aveva compreso quell’ultima frase.

Si fece riempire il bicchiere di nuovo e quando bevve venne folgorato da una comprensione improvvisa che lo fece scattare in piedi.

Regista! Il signor Hayami mi vede come candidato alla regia della Dea Scarlatta!



Mizuki sollevò lo sguardo dal documento che stava preparando per il signor Masumi quando fu costretta a bloccarsi. Maya Kitajima sostava in piedi e immobile fuori dalle porte del grande ascensore centrale. Sbatté le palpebre due volte per accertarsi che stesse vedendo davvero quella ragazza in mezzo al corridoio. Erano passate due settimane dalla prima di “Isadora” e Mizuki aveva visto il suo capo diventare sempre più taciturno, il che significava che non parlava praticamente mai. Maya aveva lo sguardo basso sulle mani in cui teneva una busta chiusa. Le guance erano lievemente arrossate, ma la segretaria non avrebbe saputo se per il freddo fuori o per il fatto di essere lì.

Maya sollevò lo sguardo facendosi coraggio e incrociò gli occhi incuriositi della signorina Mizuki. Sussultò, si portò una mano al petto stringendo il pugno e si fece avanti.

- Maya - la salutò cordialmente - Come stai? E’ molto che non ci vediamo - e le sorrise benevolmente per metterla a suo agio dato che sembrava molto nervosa.

- Buongiorno, signorina Mizuki - balbettò Maya arrossendo. La segretaria la fissò un istante, poi decise di sorvolare, era comunque bravissima a farlo quando coglieva in fallo il signor Masumi.

- Posso aiutarti, Maya? - le chiese invece, alzandosi e raggiungendola.

- Io… - balbettò e abbassò lo sguardo - Vorrei che desse questa al signor Hayami - mormorò porgendole la busta. Mizuki prese la sua decisione in una frazione di secondo. Si voltò verso le doppie porte dell’ufficio del signor Masumi e, mentre le aprì, la invitò a entrare.

- Puoi consegnargliela tu stessa - le sorrise, sapendo bene che la ragazza aveva una sola possibilità: entrare. Poi si rivolse all’interno.

- C’è Maya Kitajima, signore - disse, ma Maya non vide niente dell’interno dell’ufficio quindi non vide l’espressione del signor Hayami che invece divertì alquanto Mizuki. Masumi aveva sollevato lo sguardo dapprima infastidito e poi non era riuscito a trattenere la sua meraviglia all’annuncio della segretaria. Signor Masumi, vedo che sta perdendo la sua proverbiale freddezza…

Maya rimase congelata un istante, poi entrò nella stanza e quando le porte si chiusero alle sue spalle le sembrò di essere in una prigione.

- Ragazzina… come mai nella tana del lupo? - l’accolse Masumi alzandosi e girando intorno alla scrivania. Era imbarazzata e sapeva che il modo migliore per farle riprendere coraggio era sfidarla.

- Sono venuta, come promesso, per farle avere i biglietti della prima di “Lande dimenticate” - rispose lei decisa facendo qualche passo avanti fino a raggiungerlo. Allungò la mano con la busta e attese, tenendo gli occhi bassi.

- Grazie, è stata molto gentile a portarmelo di persona - rispose lui, sinceramente colpito dalla sua anomala gentilezza. Prese la busta, l’aprì e Maya si azzardò a sollevare lo sguardo. Sono i miei biglietti! Per la mia prima! Nel teatro che ha fatto ristrutturare e abbiamo avuto tutta quell’attenzione solo per… solo per quell’interpretazione che mi ha obbligato a fare alla prima di Isadora… signor Hayami…

- Perché due? - le domandò adagiando i biglietti sul tavolo e appoggiandosi a sua volta. Maya sentì il cuore batterle all’impazzata, sapeva che gliel’avrebbe chiesto e lei si era preparata una risposta. Inspirò il fiato cercando di non apparire la solita ingenua ragazzina e lui la guardò alzando un sopracciglio perplesso.

- Mi farebbe piacere se potesse portare qualcuno - gli disse in un mormorio sempre più basso e imbarazzato. Aveva pensato a cento frasi diverse e poi aveva scelto quella, semplice e diretta. Masumi la fissò sempre più meravigliato mentre lei abbassava lo sguardo.

Ragazzina… ma che ti viene in mente?

- Qualcuno? - provò ad indagare contando sul fatto che stranamente lei sembrasse più disposta a parlare con lui anziché urlargli contro. Maya mantenne lo sguardo basso e le guance lievemente arrossate.

- Sì… in modo che non venga da solo… - rincarò lei torcendosi le mani in grembo sempre più imbarazzata. Masumi scoppiò a ridere e fece per metterle un dito sotto il mento e farle alzare lo sguardo.

- Ragazzina? Sta bene? - Maya si divincolò e fece in modo che non arrivasse a toccarla.

- Lei è sempre il solito! Io volevo solo essere gentile! - gli gridò contro e lui smise di ridere fissandola stupito.

Ma perché gli ho detto così! Sono solo una stupida! Non potrà mai comprendere il senso di riconoscenza che ho per ciò che ha fatto per me!

Si voltò e uscì dall’ufficio di corsa sotto lo sguardo esterrefatto di Masumi prima e della signorina Mizuki poi. La segretaria osservò la giovane fuggire letteralmente verso l’ascensore, poi si alzò ed entrò nell’ufficio del signor Masumi.

Lui sollevò lo sguardo e Mizuki vide che teneva fra le mani due biglietti. Lentamente si avvicinò a lei e glieli porse.

- Vuole venire con me alla prima di “Lande dimenticate”? - le chiese lasciandola di stucco. Mizuki lo fissò con occhi spalancati, immobile sulla porta, la mano sulla maniglia.

- Mizuki? Mi ha sentito? - la richiamò Masumi assottigliando lo sguardo. Lei annuì meccanicamente.

- Bene - le porse nuovamente i biglietti - Lo prendo per un sì - e tornò alla sua scrivania lasciandola basita.

Mizuki guardò i biglietti chiedendosi perché Maya Kitajima gliene avesse portati proprio due e perché il suo capo le avesse appena chiesto di accompagnarla. E questa volta non sarebbe andata come segretaria.



Le prove si protrassero per altre due settimane e Maya scacciò dalla mente il ricordo fastidioso del pomeriggio in cui aveva avuto la sconsiderata idea di portare di persona i due biglietti al signor Hayami. Era così concentrata nelle prove da non rendersi conto delle attenzioni che avrebbe voluto tributargli Sakurakoji né del fatto che la sua ragazza, Mai, venne a trovarlo ogni giorno. Nonostante tutti i suoi sforzi, la sera a casa, nella solitudine e silenzio della stanza che divideva con Rei, le era impossibile non ripensare al suo ammiratore.

Ormai aveva accettato che la sua vera identità coincidesse con quella del signor Hayami e sempre più particolari riemergevano dai suoi ricordi nebulosi e prendevano connotati completamente diversi. Non so neppure se verrà… mi ha solo ringraziato, ma non mi ha detto che sarebbe venuto… chissà se porterà Eiko Nakamura… non riesco ancora a spiegarmi perché questa cosa mi intristisca così tanto… in fondo è un uomo adulto, è naturale che frequenti delle donne, attrici bellissime… però io sono felice che riconosca almeno il mio talento!

Il giorno seguente sarebbe stato l’ultimo delle prove, tutto era pronto, il palco era allestito in modo moderno, anche se un po’ azzardato, con copertoni e blocchi di cemento e Kuronuma le aveva dimostrato ampiamente di aver scommesso, e vinto, assumendo dei perfetti estranei che, nonostante l’inesperienza, sotto la sua direzione si erano rivelati perfetti per i ruoli assegnati.

Il regista aveva appositamente scelto quel set così scarno proprio per dimostrare che è la recitazione a creare l’ambiente e che se gli attori sono così bravi da recitare alla perfezione, potranno trasmettere allo spettatore ogni singola emozione. La sua idea, che lì per lì lei aveva accolto con scetticismo, era imperniata sul fatto che, cambiando il modo di recitare, si potevano creare tante versioni della stessa sceneggiatura: una satira, una commedia, un dramma, una storia d’amore. E quando lui le aveva dato dimostrazione pratica, aveva dovuto capitolare e ammettere che “Lande dimenticate” sarebbe divenuto uno spettacolo incredibile!

Quando Maya aveva compreso quanto esteso fosse il suo genio, l’associazione con la signora Tsukikage e i suoi metodi le venne spontanea. Si rigirò fissando il soffitto buio, accanto a lei Rei dormiva beatamente.

Signora… perché ci ha abbandonato? Perché se ne è andata così?



La mattina seguente la sala Ugetsu era in fermento, tecnici e attori si spostavano frenetici sul palco in mezzo a cavi e attrezzi di scena. Maya osservò il trambusto ordinato e sopra a ogni cosa si sentiva chiara la voce del regista Kuronuma. Avevano già provato per tre ore ed era quasi ora di pausa pranzo.

Sakurakoji la vide assorta in una delle prime file e la raggiunse. Le prove al suo fianco si erano intensificate così tanto da farli calare perfettamente nei ruoli di Stewart e Jane ogni volta che salivano sul palco, ma era ben conscio che i suoi occhi brillavano per il personaggio che lui interpretava e che la sua era solamente recitazione. Durante le prove nelle settimane precedenti c’erano stati dei momenti di tensione, dove entrambi avevano dimenticato per un attimo di essere Stewart e Jane ed erano tornati ad essere Yu e Maya, con tutto il corredo delle loro emozioni umane che gli aveva fatto battere forte il cuore. E il sentimento che provava per lei, che aveva sempre provato, si rinforzava ogni giorno di più allontanandolo da Mai.

- Come stai, Maya? - le domandò facendola sussultare. Era sempre assorta, chissà a cosa pensava.

- Uh?! Sì, Yu, va tutto bene - le rispose dopo un attimo di smarrimento.

- Che tensione, eh? - insisté lui dato che lei, come sempre, non sembrava disposta al dialogo.

- Ciao Yu! - una voce allegra li fece sobbalzare entrambi. Mai si sedette accanto a lui salutandoli entrambi. Era ben cosciente del legame fra Yu e Maya Kitajima, ma non era affatto disposta a cedere il passo. Aveva con sé un carinissimo cestino per il pranzo e tutta l’intenzione di dividerlo con lui.

- Mai! - la salutò Yu con meno entusiasmo. Era sempre più deciso a porre fine a quella storia che aveva iniziato credendo di essere libero da ciò che provava per Maya.

- Ciao, Mai! - Maya si alzò lasciandoli soli e si diresse verso Kuronuma che stava sbraitando come al solito. Sono felice per Yu, Mai sembra volergli molto bene… io… io non sarei mai stata adatta a lui… e poi…

Uno stagista, di quelli che facevano le commissioni e portavano i caffè, stava cercando inutilmente di attirare l’attenzione del regista. Maya sorrise ai tentativi inconcludenti del giovane, finché Kuronuma si voltò esasperato e gli chiese cosa volesse: sua moglie lo attendeva a telefono. Il regista cambiò espressione immediatamente e Maya rimase sorpresa dell’effetto che aveva la donna su quell’uomo burbero e ridacchiò. La malinconia ebbe il sopravvento quando si rese conto di essere sola. Anche il signor Kuronuma ha qualcuno che si preoccupa per lui…

- Kitajima! - il suo nome risuonò nella grande sala e in molti si voltarono. Maya si girò e vide qualcuno in cima alle scale che le faceva cenno. Lei corse, senza rendersi conto di aver urtato Yu, che insieme a Mai stava raggiungendo la sala comune, con un’unica speranza nel cuore.

Raggiunse l’atrio dove il regista stava parlando a telefono con la moglie dalla segreteria e qua e là c’erano persone che svolgevano le attività più disparate. Ignorò tutto e tutti fermando la sua corsa solo davanti all’uomo alto con gli occhiali che lei conosceva bene. Signor Hijiri!

Il cuore prese a martellarle nel petto, completamente fuori controllo e solo vagamente si rese conto di quanto le fossero necessarie quelle rose scarlatte che lui teneva in mano.

- Buongiorno, queste sono da parte del suo ammiratore - le disse sorridendo e consegnandole il mazzo di rose. Lei emise un gridolino di gioia che fece fermare tutti nell’atrio. Alcuni sorrisero e proseguirono nel loro lavoro, ma Kuronuma ridacchiò guardandola e Sakurakoji non riuscì a reprimere uno sguardo preoccupato, che Mai notò con disappunto.

Mio ammiratore, signor Hayami, si è ricordato di me!

Affondò il volto nelle rose profumate e Hijiri si rese conto dell’effetto incredibile che avevano quelle semplici rose su di lei. Sapeva chi era il suo ammiratore eppure sembrava non importarle o aver accettato la dualità di quell’uomo riservato.

Signor Hayami, dovrebbe vederla ora… lei forse non si rende conto dell’ascendente che ha su questa ragazza…

- Grazie! - esultò Maya felice - Gli dica che apprezzo sempre le sue rose e… - si bloccò titubante - Mi sa dire se verrà alla prima? - mormorò insicura e imbarazzata.

Hijiri sorrise ai suoi occhi brillanti e pieni di aspettativa.

- Sì e la ringrazia di nuovo per i biglietti che le ha fatto avere - annuì l’uomo gentilmente.

- Davvero, signor Hijiri?! Davvero? - insisté lei incredula afferrandolo per una manica. Lui annuì in silenzio sorridendo dolcemente e lei spalancò gli occhi per lo stupore e arrossì felice.

- Sì, mantiene sempre le promesse nonostante gli impegni - le confermò pacatamente l’uomo.

Hijiri se ne andò e lei si diresse al suo camerino con in testa le parole che il signor Hayami le disse quella sera, del modo che aveva trovato per farle sapere quanto apprezzasse la sua recitazione. Fissò quelle rose bellissime rendendosi conto che nessuna interpretazione avrebbe mai potuto ripagare il signor Hayami per ciò che aveva fatto per lei in quegli anni.

Vedrà, signor Hayami, non la deluderò, la mia Jane la stupirà!


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Capitolo 11
*** Lande dimenticate ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

11. Lande dimenticate



Quella notte Maya non dormì affatto, complici le ultime notizie dei telegiornali che avevano previsto per il giorno dopo, quello della prima, un violento tifone. Si svegliò nervosa e irritabile, tanto che neppure Rei riuscì a calmarla. Raggiunsero insieme la Sala Ugetsu e lì trovarono anche le altre amiche della compagnia Tsukikage, che le fecero i migliori auguri per lo spettacolo della sera. Maya si abbandonò agli abbracci assorbendo tutto il loro calore.

La mattina il tempo rimase abbastanza stabile, ma poco prima di pranzo il cielo cambiò drasticamente e il vento si alzò impetuoso. Borbottii sommessi serpeggiavano fra attori e tecnici, tutti si ponevano la stessa domanda: il tempo gli avrebbe permesso di andare in scena?

- Non preoccuparti Maya, andrà tutto bene - la voce rassicurante di Yu la raggiunse alle spalle e lei sentì la sua mano stringerle la spalla. Annuì in silenzio mentre guardavano fuori dalla finestra, il vento sollevava foglie e sacchetti che sbattevano qua e là fuori controllo.

Verrai mio ammiratore? E… porterai qualcuno con te? O verrai solo per me come hai fatto le altre volte?

Il pensiero di avergli consegnato due biglietti solo per vedere cosa avrebbe fatto la folgorò facendola arrossire. Perché penso queste stupide cose?! Non capisco cosa mi stia accadendo…



Le ore passarono lente e il tempo peggiorò sempre più. Verso le diciassette iniziò a piovere incessantemente e la corrente mancò due volte. Ormai erano tutti rassegnati a rimandare lo spettacolo perché nessuno si sarebbe presentato. Kuronuma, che passeggiava nervosamente avanti e indietro, borbottava e imprecava senza sosta.

Un tuono squassò l’aria e fece tremare i vetri. Qualcuno urlò e la corrente andò via di nuovo. Fuori il cielo era così scuro per il tifone che sembrava notte e solo i lampi creavano quell’intermittenza fastidiosa che permetteva di vedere qualcosa. Alcuni attori indossavano già gli abiti di scena e Maya si era avvolta in un accappatoio pronta per il suo costume.

- Vi voglio tutti dietro il palco! - gridò Kuronuma all’improvviso facendoli sobbalzare.

- Ma… - obiettò una voce e lui si girò di scatto.

- NESSUN MA! - gridò di nuovo e tutti fuggirono, Maya e Yu compresi.

La luce tornò e Maya osservò la platea della Sala Ugetsu dal palco vuoto e silenzioso. Un tuono potente scosse l’edificio e arrivò fino a loro.

Anche se il soffitto era molto in alto si sentiva perfettamente la pioggia sferzante. Tutti gli attori si radunarono, sedendosi sul bordo del palco, mentre Kuronuma prese posto su una delle poltrone della prima fila.

- Signor Kuronuma… - Maya si fece avanti, titubante, ormai era l’ora in cui avrebbe dovuto iniziare lo spettacolo e non era arrivato nessuno. Il regista sollevò gli occhi roventi pronto a ribattere, ma le doppie porte della sala si spalancarono improvvisamente facendo alzare lo sguardo di tutti i presenti.

L’alta figura di Masumi Hayami occupò lo spazio, la pioggia che cadeva dal suo impermeabile fradicio bagnò il pavimento.

Signor Hayami!

Maya sentì il cuore in gola, che batteva così veloce da annebbiarle la vista. Gli corse incontro, dimenticando l’etichetta e di essere vestita solo con un accappatoio. Sakurakoji provò a trattenerla, ma non ci riuscì. Risalì la scalinata centrale finché, ansimante, non gli fu davanti.

- Ragazzina… ho forse sbagliato orario? - le chiese bruscamente, spostando lo sguardo verso Kuronuma, quando si rese conto di come fosse vestita.

Maya…

Il regista incrociò le braccia al petto sorridendo in modo misterioso. Guarda, guarda chi abbiamo qui… addirittura in mezzo ad un tifone...

- Buonasera, signor Hayami! - la voce potente di Kuronuma li raggiunse fino in cima alla sala.

- Si-Signor Hayami? Che ci fa qui?! - gli chiese lei con occhi spalancati e il cuore che batteva per la corsa e… e cosa? L’emozione di averlo visto? La certezza che sarebbe venuto perché gliel’aveva promesso? E’ venuto! Nonostante il tifone, è venuto qui! E’ solo… sarà venuto per me?

Masumi spostò lo sguardo su di lei iniziando a scendere le scale.

- Non dovevate mettere in scena uno spettacolo? - le fece notare con voce tagliente. Maya lo seguì rendendosi conto che era completamente bagnato. Ha camminato in mezzo al tifone per venire fin qui?

- Ma… - provò lei a replicare sempre seguendolo lungo le scale e inciampando più volte.

- Avanti, ragazzina, sono venuto fin qui per vederla. Signor Kuronuma, vuole ancora vincere quel premio o no? - domandò togliendosi il soprabito e sedendosi. Maya si fermò a fianco della poltrona lungo il corridoio e lo fissò stralunata. La voce del regista rimbombò per il teatro vuoto mentre dava ordini a destra e a manca.

- Ragazzina, faccia del suo meglio… - le disse voltandosi con sguardo glaciale - Se la sua interpretazione non mi piacerà, me ne andrò - la sfidò sapendo bene l’effetto che avrebbero avuto le sue parole. Immediatamente lo sguardo di Maya si fece acceso e raccolse la sfida.

- Mi guardi, signor Hayami! Guardi la mia Jane! - rispose lei irrigidendosi e sotto lo sguardo intenso di Masumi corse lungo la scalinata sparendo poi dietro le quinte verso il suo camerino.



Quando Maya apparve sul palco con un ululato terrificante e i cacciatori cercarono di catturarla, Masumi rimase sbalordito e per un attimo pensò che fosse completamente nuda. E’ solo un costume di scena… niente altro… solo un costume…

Rimase sconvolto dall’intensità dell’emozione che lo colpì nel vederla con quel costume. Scacciò dalla mente quelle immagini e si concentrò sulla rappresentazione. Era impossibile non farsi trascinare da quello spettacolo dinamico e dalle interpretazioni frizzanti di tutti gli attori, Maya e Sakurakoji per primi.

Sono affiatati… hanno un modo di guardarsi… come può essere solo recitazione? Quando sono insieme dominano la scena…

Un boato immane scosse l’edificio, ma nessuno, attori e spettatore, parvero accorgersene. La corrente tremò per un secondo, ma non andò via.

Masumi vide in quella Jane ciò che Maya doveva aver imparato in quei giorni nel parco di Nakatsugawa: il suo sguardo, i suoi movimenti, le sue espressioni, tutto di lei faceva dimenticare Maya Kitajima e calava lo spettatore nel mondo selvaggio di Jane, nel suo dolore acuto per la morte della sorella, la prigionia, i primi tentativi di avvicinamento di Stewart.

Sakurakoji interpretava il ruolo con grande intensità ed era chiaro, soprattutto a lui che l’aveva osservato per tutti quegli anni, ciò che provasse realmente per Maya. Il modo in cui Maya cambiò il suo atteggiamento durante i mesi di analisi di Stewart lo stupì ancora una volta, la signora Tsukikage aveva visto subito le potenzialità di quella giovane attrice e non era stata smentita. Jane passò da un’iniziale forma di ribellione e aggressività ad un comportamento più mansueto, poi era incuriosita, infine accettò quell’uomo che le faceva visita ogni giorno. Sei incredibile Maya, la tua recitazione è così coinvolgente che impedisce allo spettatore di distrarsi e lo tiene incollato alla poltrona, fremente di sapere cosa accadrà…

Stewart cercò di insegnare a Jane a comportarsi educatamente e soprattutto la differenza tra l’essere un animale e un umano. Il braccio di ferro fra i due sembrava non portare a niente finché Masumi, sbalordito, assisté ad un mutamento netto dell’espressione di Jane, soprattutto dei suoi occhi, quando capì quella differenza annusando il foulard azzurro di Stewart e riconoscendone l’odore. Jane gridò incerta il suo nome, stentando sulle lettere appena imparate, di quell’uomo che l’aveva accudita per tutti quei mesi, realizzando chi fosse realmente e accettando la sua nuova condizione. Maya spostò lo sguardo spalancato e pieno di meraviglia su Stewart che la fissava sbalordito e felice, poi lui l’abbracciò stretta.

Masumi avvertì quel senso di vuoto freddo, come ogni volta che gli era capitato di vederla in atteggiamenti intimi o di estrema confidenza con altri uomini, che a lui erano negati. Questa situazione non potrà mai cambiare, inoltre è naturale che si innamorino, recitano e trascorrono insieme ogni giornata, sono affini e lui… lui l’ama, è evidente…

Ormai Jane era pronta per tornare dalla sua famiglia dopo la rieducazione di Stewart e il suo grido di disperazione riempì il teatro quando l’antropologo se ne andò.

Ti invidio… invidio intensamente la libertà e la passione con cui vivi le mille vite sul palcoscenico, in quel mondo d’arcobaleno… non avevo mai neanche pensato di poter ammirare così qualcuno prima di conoscerti e ora basta un solo tuo sguardo per immobilizzarmi… Ragazzina… tu mi hai rapito il cuore!

Il sipario calò e, come a segnare quella conclusione, un tuono si abbatté fragoroso all’esterno, ricordando a tutti il tifone che imperversava su Tokyo. Quando il riverbero terminò, Masumi espirò tutta l’aria che aveva inconsapevolmente trattenuto riaffacciandosi alla realtà ed uscendo dal sogno che lei aveva tessuto. Iniziò a scendere le scale centrali applaudendo e un lieve sorriso gli increspò le labbra.

- Avanti signori, vi sto chiamando alla ribalta! - li incitò, sempre battendo le mani. Il sipario si aprì e tutti gli attori in fila si inchinarono. Masumi si fermò davanti al palco ignorando il fastidio degli abiti ancora zuppi, passò lo sguardo su tutti gli attori, quasi evitando Maya e si fermò su Kuronuma, in piedi alla sinistra del palco, che si stava avvicinando.

Maya incrociò il suo sguardo per un attimo, il cuore che batteva follemente sia per l’emozione dello spettacolo sia perché c’era solo lui a vederla, il suo ammiratore... Perché sono così nervosa? Vorrei tanto che gli fosse piaciuta la mia Jane!

- Ottima interpretazione, fate del vostro meglio anche alle prossime rappresentazioni - si congratulò e Kuronuma espirò visibilmente sollevato. Era consapevole di quanto valesse il giudizio del giovane Presidente della Daito Art Production e di come i giornali avrebbero preso un suo commento positivo.

- Non mancheremo, signor Hayami - gli confermò lui deciso con gli occhi che brillavano pieni d’emozione - Ci farebbe l’onore di intrattenersi con noi a festeggiare? In fondo questa è la nostra prima, anche se un tifone avrebbe voluto intromettersi! - e scoppiò a  ridere. Gli attori si sparpagliarono dietro il palco mentre il signor Kuronuma e il signor Hayami parlavano fra loro camminando verso la sala dove era stato allestito il rinfresco. Maya sentì una mano sulla spalla e voltandosi incontrò il volto disponibile e sorridente di Sakurakoji.

- Andiamo, Maya, raggiungiamo gli altri - mormorò sommessamente. Lei annuì e lo seguì oltre le quinte, con il cuore che ancora non accennava a placarsi.



Uscì dal camerino, ma era troppo emozionata e ansiosa di incontrarlo anche se sapeva che avrebbe significato doversi sorbire le sue battute pungenti. Il cuore le batteva freneticamente mentre si dirigeva alla sala dove sentiva già la voce potente del signor Kuronuma che rideva. No… non posso andare… cosa mi dirà? Mi prenderà in giro come al solito e poi… e poi io non saprei che dirgli…

Si fermò nel mezzo del corridoio deserto e scuro, gli occhi bassi e le mani in grembo, quando all’improvviso avvertì una presenza, sollevò lo sguardo e incontrò gli occhi azzurri di Masumi Hayami.

- Ragazzina… ha intenzione di stare lì impalata ancora a lungo? Che le prende, le mancano forse i boschi dei Carpazi? - le disse schernendola e avvicinandosi. Maya sentì immediatamente il cuore accelerare e la rabbia salirle fino alla lingua.

- Signor Hayami! - sibilò coi pugni chiusi pronta a ribattere a qualsiasi scorrettezza lui stesse per dirle. Era quasi arrivato davanti a lei quando un tuono intenso le fece stringere gli occhi per il fragore e, appena li riaprì, intorno era completamente buio.

- Oh… - mormorò e sentì alcuni passi che le indicarono che lui si era avvicinato.

- E’ spaventata? - le chiese, la voce molto vicina e Maya sentì il cuore balzarle in gola, non per lo spavento, ma per l’emozione. Ma che mi prende?

- No… No, grazie - gli rispose in un sussurro. La scena le ricordò improvvisamente quel giorno nella sua villa, quando era bendata per Helen Keller e lo incontrò per la prima volta. Avvampò nell’oscurità al ricordo di quanto era stata felice di aver capito che quell’uomo sconosciuto davanti a lei, che non poteva vedere, era il suo ammiratore. Il suo abbraccio fu così gentile e protettivo...

La corrente non sembrava intenzionata a tornare e Masumi ricordò di aver intravisto sulla sinistra del corridoio alcune grandi casse basse. Nonostante gli avesse detto che non era spaventata la sua voce aveva tremato. Allungò una mano e prese la sua. La sentì muoversi, ma la trattenne con fermezza, tirandola con sé.

- Ci sono delle casse alla sua destra - le disse cercando di mantenere la voce ferma mentre quel tocco aveva fatto riemergere tutte quelle emozioni e quei sentimenti che da tanto tempo teneva nascosti. Ringraziò solo l’oscurità che gli aveva permesso di toccarla senza dover mascherare ciò che provava e che non era sicuro, questa volta, di riuscire a tenere celato.

Maya sussultò quanto sentì la mano grande che avvolse la sua. Era calda ma ferma, come qualche settimana prima a teatro. Perché ogni volta che c’è lui accade qualcosa? Sempre sarcastico, eppure si preoccupa per me…

Lo seguì docilmente senza fare resistenza e pochi attimi dopo lui si fermò, la prese gentilmente per le spalle e la fece girare. Lei lo lasciò fare e sentì la cassa dietro di sé, così si sedette. Lui fece altrettanto e Maya udì lo scricchiolio del legno e il frusciare dei suoi vestiti.

- La ringrazio per essere rimasto fino alla fine - Maya si decise a infrangere quel silenzio teso. Masumi sobbalzò all’udire la sua voce ancora una volta così dolce e riconoscente.

- La preferisco quando morde, ragazzina, un tono così dimesso non le si addice! - rispose Masumi scoppiando a ridere - La sua interpretazione di Jane è stata eccellente - aggiunse poi, stupendola.

La voce sembrava sincera ma l’oscurità celava ogni cosa quindi non avrebbe potuto sapere quanto fosse stato sincero.

- Se lo pensa davvero, ne sono felice, signor Hayami - gli rispose serenamente, era ciò che pensava ed era grata che quel buio nascondesse il suo imbarazzo.

Lui scoppiò a ridere di nuovo e lei aggrottò la fronte indispettita. Ma sono così ridicola? Uff…

Masumi si rese conto che la risata che gli era uscita era stata liberatoria e nascondeva un po’ di nervosismo. Era la prima volta che gli capitava di restare così con lei, tutt’intorno a loro era completamente buio, i soli suoni che si udivano erano quelli generati dal tifone all’esterno, ma lì erano al sicuro. Strisciò le dita sul palmo che aveva stretto la sua mano e desiderò farlo di nuovo. La spaventerei e non capirebbe affatto…

- Lo penso davvero, ragazzina - replicò infine appoggiandosi al muro dietro. Maya lo sentì muoversi e si voltò, anche se non riusciva a vederne i contorni.

- Ogni volta che lei sale su quel palco dà vita ad una magia, lo sa? - le disse dopo qualche minuto di silenzio. Era l’oscurità a dargli il coraggio di dirle quello che pensava davvero?

Maya si voltò verso la direzione della voce, spalancando gli occhi e arrossendo, ma rimase in silenzio. Meno male che non può vedermi…

- Riversa una tale energia nelle sue interpretazioni da trasmettere allo spettatore ogni emozione e fargli immaginare il contesto della rappresentazione. Odio, rabbia, indifferenza, felicità, dolore, speranza, amore… - sussurrò quasi l’ultima parola e Maya avrebbe voluto allungare una mano e toccarlo, ma si fermò perché lui riprese a parlare - Lei indossa ogni maschera in modo perfetto, dimenticando sé stessa, è vero? - le chiese voltandosi anche se sapeva che non avrebbe potuto vederlo.

Maya rimase scioccata da quella sua riflessione a voce alta. Quanto l’aveva osservata negli anni? Quanto aveva capito di lei per dirle ora una cosa così intima e personale? Era cosciente di averle letto direttamente dentro l’anima?

- Sì… ha ragione, signor Hayami. Come fa a saperlo? - osò chiedergli, complice quella sorda oscurità. Santo cielo come mi batte il cuore! Sono così emozionata perché mi approva!? Ho sempre voluto che l’ammiratore delle rose scarlatte potesse apprezzarmi per la mia recitazione e quanto ho voluto che me lo dicesse! E ora… ora lui è qui con me e mi sta parlando in questo modo!

- I suoi occhi - rispose semplicemente Masumi immaginandosi il suo sguardo luminoso.

- I miei occhi? - ripeté lei senza aver capito. Com’è strano, signor Hayami…

- Sì - lo sentì fare una pausa, come se soppesasse la risposta - Quando lei è Maya Kitajima, il suo sguardo è sempre limpido e luminoso - Maya avvampò così tanto che si portò le mani al volto ricordandosi solo un attimo dopo delle tenebre che li circondavano - Quando indossa una delle sue maschere i suoi occhi cambiano completamente ed è in quel momento che nasce il suo personaggio -

Maya si alzò di scatto e lui non sapeva cosa aspettarsi da quella reazione repentina. Ho esagerato, ragazzina? Mi sono lasciato trascinare dalle tenebre così fitte che ci separano…

Si alzò imitandola e si avvicinò lentamente, intuendo dove fosse dal suo respiro accelerato. Sei spaventata? Ti ho spaventato?

- Non volevo metterla a disagio, sembra che qualunque cosa io dica lei… - ma avvertì la sua piccola mano che afferrò la manica della giacca umida per la pioggia.

- No! - sussultò - No, signor Hayami, è solo che… nessuno ha mai notato queste cose di me… io… lei mi ha sorpreso, ecco… - riuscì a confessargli con voce tremante. Sentì la mano di lui coprire la sua e il cuore le schizzò in petto, fuori controllo. Perché oggi sento un’emozione così forte? E’ lui… lui che ha potuto tutto questo, il punto in cui sono arrivata è solo grazie a lui!

- Stupisca tutti alla replica di domani come ha incantato me oggi - le disse con voce dolce e malinconica. Maya lo sentì scuotere l’impermeabile e probabilmente infilarselo. Un tuono rombò all’esterno e poi uno dentro di lei fece sobbalzare il suo cuore quando sentì che le prendeva la mano, ma il tocco era completamente diverso da quando l’aveva accompagnata alla cassa poco prima.

- Ci rivedremo alla premiazione e da lei mi aspetto solo una vittoria - la sua voce era vicinissima, appena davanti a lei, rimase pietrificata, poi sentì qualcosa fra le dita e lui le chiuse la mano intorno.

- Ho sempre desiderato farlo di persona - sussurrò Masumi e, nonostante l’autocontrollo che si era imposto, il suo cuore palpitante sembrava pensarla in modo completamente diverso. Non cambierà mai niente per me, Maya… mai… anche se tu dovessi provare solo riconoscenza...

Maya trattenne il fiato per l’emozione quando comprese cosa stava stringendo fra le dita. Accostò l’altra mano e sentì quella di lui che la lasciava. Le dita tremanti sfiorarono i petali vellutati della rosa di cui si immaginò immediatamente il colore scarlatto. No… Non se ne vada, la prego...

- Aspetti! - lo chiamò avendo avvertito la nota di commiato nella sua voce.

Masumi si fermò, non poteva più restare lì, così vicino a lei, avrebbe commesso un’imprudenza.

Maya allungò entrambe le mani, cercandolo nelle tenebre. Un tuono potente schioccò nell’istante in cui trovò il suo braccio e ci si aggrappò. Gridò per lo spavento, afferrandolo e andandogli incontro mentre lui, d’istinto, la tirò verso di sé.

- Va tutto bene - le sussurrò emozionato stringendola fra le braccia. Maya lo teneva stretto e tremava. Sollevò una mano e le accarezzò i capelli con il cuore che batteva all’impazzata nel petto. Il suo corpo minuto era completamente aderente al suo e a lei non sembrava dispiacere. Maya...

- Mi… mi scusi - balbettò appoggiando la guancia al suo torace caldo, la camicia era ancora umida per la pioggia.

- Era solo un tuono - sussurrò ancora lui facendola rabbrividire.

Perché tutto d’un tratto la sua voce mi sembra così dolce e calda… e le sue braccia intorno a me… così protettive...

- Grazie… grazie di tutto, signor Hayami - mormorò sollevando il volto nelle tenebre, nella mano sulla sua schiena teneva ancora stretta la rosa.

Masumi si staccò lentamente, non avrebbe voluto lasciarla, ma restare abbracciato a lei più del dovuto avrebbe potuto complicare ogni cosa e lei avrebbe sicuramente frainteso i suoi intenti.

- Ci vediamo alla premiazione - le sussurrò all’orecchio in modo molto più intimo di come avrebbe voluto, ma non riuscì a trattenersi.

Maya sentì il distacco e ne soffrì inspiegabilmente. Non riuscì a replicare niente, strinse la rosa al petto e la luce tornò all’improvviso illuminando il corridoio vuoto. Spalancò gli occhi, un’unica lacrima scese lungo la guancia e avvicinò la rosa al naso inspirando il suo dolce profumo. Poi chiuse gli occhi e piangendo lasciò che tutta la tensione scivolasse via.



Il tifone passò lasciando danni notevoli in tutta la città, ma la sera seguente la Sala Ugetsu era completamente esaurita. C’erano attori famosi, la giuria del concorso, il Presidente dell’Associazione Nazionale per lo Spettacolo, decine di giornalisti e un mormorio basso serpeggiò quando Ayumi Himekawa fece la sua entrata. Lentamente, ignorando sguardi e richieste di fotografie, raggiunse il suo posto e si sedette compostamente in fremente attesa dello spettacolo. Maya non vedo l’ora di vederti sul palco! In questo spettacolo ci sono tre probabili candidati alla Dea Scarlatta e so che il Presidente Hayami ieri, nonostante il tifone, è venuto a vederti qui! Deve essere proprio uno spettacolo impressionante… Avanti Maya, fammi vedere come si vince un premio con una possibilità così bassa come la vostra!

Mai entrò nel grande atrio pieno di gente e rimase sbalordita dalla quantità di attori famosi presenti e di giornalisti che zigzagavano qua e là. Raggiunse timorosa il suo posto, non era sicura di volerli vedere recitare. Tutti declamavano le doti di quella Kitajima, ma l’unica cosa che la spaventava era Sakurakoji. Le aveva detto che non era più interessato a Maya eppure non gli aveva creduto fino in fondo, una parte di sospetto aleggiava ancora intorno al suo cuore. A volte lo vedeva assorto, spesso lo sorprendeva a fissarla, anche mentre mangiavano o durante le pause delle prove. Ma lui negava ogni volta, ripetendole che erano solo colleghi, che recitavano insieme e che non c’era niente altro che li legasse a parte il teatro. Si accorse che le tremavano le gambe così si impose di restare serena e guardare lo spettacolo.

Mizuki Saeko, aiutata da un collaboratore, varcò la soglia della sala le cui poltrone rosse spiccavano come rubini, e spinse la sedia del signor Hayami fino al suo posto riservato. Una maschera li aiutò e in breve lei poté guardarsi intorno. C’era un gran fermento, individuò immediatamente il Presidente dell’Associazione Nazionale e i giudici del concorso da cui “Lande dimenticate” era stato escluso; Onodera della Ondine; la Himekawa. Le era sinceramente dispiaciuto non poter aver accompagnato il signor Masumi alla prima come le aveva chiesto, ma quando era iniziato il tifone lui l’aveva esonerata. Sarebbe stata davvero curiosa di vedere la reazione di Maya. Signor Masumi… ieri è voluto andare a tutti i costi a vederla recitare… Cosa è realmente disposto a fare per lei? Ed io non posso dimenticare ciò che ho visto nei suoi occhi quando l’ho incontrata fuori dalla Daito e l’aveva vista con Eiko Nakamura, né quando le ha portato i biglietti… due biglietti… cosa volevi fare Maya?

Spostò lo sguardo in tralice sul padre del suo principale che scrutava la platea con la fronte corrugata. Quell’uomo sarebbe sempre rimasto un mistero per lei: se le risultava difficile scrutare nel cuore di Masumi Hayami, farlo in quello del padre Eisuke era praticamente impossibile. Era ben consapevole di cosa legasse l’anziano Presidente alla “Dea Scarlatta” e alla signora Tsukikage, ma adesso quell’interesse per Maya Kitajima l’aveva insospettita. Quella mattina aveva ricevuto una telefonata dove le chiedeva espressamente di accompagnarlo a teatro quella sera, chissà perché poi proprio lei…

L’avviso risuonò per tutto il teatro scuotendola dai suoi pensieri e spostò lo sguardo al sipario. Le luci si abbassarono e le pesanti tende vennero tirate.



Maya espirò tutto il fiato e si impose la maschera di Jane. Devo dare tutta me stessa! Devo vincere quel premio e raggiungere Ayumi per concorrere alla “Dea Scarlatta”! Signor Hayami, non la deluderò, vedrà! Tutto ciò che ha fatto per me non sarà stato vano, saprò ripagarla di ogni aiuto che mi ha dato e di ogni singola rosa che mi ha donato!

Salì sulla pila di mattoni di cemento che simboleggiava i Carpazi e affrontò i cacciatori. Il suo ululato terrificante scosse gli spettatori calandoli immediatamente in quell’ambientazione selvaggia. Un brusio sommesso ripeteva praticamente la stessa domanda: era davvero una ragazza, quella? Maya era troppo immedesimata nella parte, lottò, graffiò, sfuggendo ai suoi catturatori finché all’improvviso, involontariamente, il suo sguardo andò in cima alla sala e vide, netta, la figura inconfondibile della signora Tsukikage.

E’ tornata! E’ qui e mi sta guardando!

Per poco, quel fugace pensiero pieno di terrore e responsabilità rischiò di farle perdere la maschera perfetta che aveva indossato. Poi, memore delle parole del signor Hayami del giorno prima, scacciò ogni pensiero e si concentrò su Jane.

Ayumi vide gli occhi di Maya perdere per un attimo quell’aria vuota e selvaggia che l’aveva così colpita e seguendo la direzione voltò la testa e vide la signora Tsukikage. E’ qui!

Nessun altro si accorse della distrazione di Maya, erano tutti troppo impegnati a seguire lo spettacolo e la sua incredibile immedesimazione. Il regista Onodera, nonostante lo stupore, mantenne un certo contegno e mormorò un commento acido.

Mizuki rimase incantata dalla sua forza e dal fatto che facesse dimenticare a tutti che in realtà era una ragazza e non un animale. Spostò lentamente lo sguardo sul signor Eisuke e rimase scioccata dal suo volto rapito e attento.

Mai li osservò senza staccare gli occhi, riconobbe la bravura di Maya Kitajima e comprese ciò che probabilmente attirava così tanto Sakurakoji. Sembra che Yu sia davvero coinvolto dal talento di quell’attrice e non dalla ragazza… Che mi abbia detto la verità?

La platea ammutolì alla scena in cui Jane si rese conto di essere umana annusando l’odore di Stewart sul foulard e scoppiò in un applauso fragoroso quando gridò il suo nome alla fine della rappresentazione. Il pubblico in piedi continuava a chiamare gli attori alla ribalta e Maya e Sakurakoji si guardarono allibiti incrociando lo sguardo con Kuronuma, che annuiva serio.

- Sakurakoji… - mormorò mentre il frastuono del pubblico le riempiva gli orecchi - Devo andare… ho visto… la signora Tsukikage… io devo uscire di qui! - gli disse stringendogli un braccio. Yu spalancò gli occhi per la sorpresa, poi annuì.

- Vieni… andiamo - le disse quando il sipario calò.

Si cambiò rapidamente in camerino e uscì di corsa. Nell’atrio tutti aspettavano Maya Kitajima, ma quando lei passò cercando la signora in mezzo alla folla, non badò a nessuno di loro e nessuno la riconobbe. Uscì di corsa all’esterno e trovò Ayumi.

- Ayumi! - sussultò scontrandosi con lei.

- Maya! -

- L’hai vista anche tu? La signora?! - chiese guardandosi freneticamente intorno, imitata dalla rivale.

- Sì! Ma sembra che se ne sia andata… - mormorò Ayumi calmandosi e rassegnandosi - Complimenti per la tua Jane, non avrei saputo come interpretarla, sinceramente - aggiunse porgendole la mano - Non vedo l’ora di sapere se questo ti frutterà un premio -

- Grazie! Mi impegnerò ad ogni replica, Ayumi, ti prometto che lotterò fino in fondo! - rispose Maya stringendole la mano con fermezza.

La signora Tsukikage osservò le due ragazze nascosta nell’ombra e si rese conto che il momento era quasi giunto.

Maya, manca poco alla scadenza, ma dopo ciò che ho visto stasera… i tuoi occhi Maya, i tuoi movimenti… sei pronta per la “Dea Scarlatta”!



All’interno i giornalisti erano assiepati intorno al regista Kuronuma che stava parlando con i giudici e il Presidente dell’Associazione circa l’ammissione dello spettacolo al concorso e Maya lo sentì ridere di gusto. Alla fine, signor Kuronuma, sembra che ce l’abbiamo fatta!

- Signori, vi chiedo di tornare fra cinque giorni per vedere nuovamente “Lande dimenticate”! Voglio esplorare tutte le possibilità che questo spettacolo può offrire! - e spostò lo sguardo su ognuno di loro, sfidandoli.

- Sembra interessante, signor Kuronuma - commentò annuendo l’anziano Presidente dell’Associazione Nazionale dello Spettacolo.

Maya osservò il gruppo assiepato e inevitabilmente lo sguardo percorse tutto l’atrio splendidamente rinnovato e ancora una volta l’unico volto che gli apparve fu quello del suo donatore di rose scarlatte.

Ora non è più un’ombra… è nitido il viso che immagino, ha i suoi tratti e, per quanto possa sembrarmi assurdo, questa è la realtà… Ma io proprio non riesco a capirla, signor Hayami… Perché sembra tenere a me, se trattiene mia madre, curandola è vero, ma per farmela incontrare alla fine di uno spettacolo così da creare clamore? Non immaginava quanto io volessi incontrarla? Perché distrugge la compagnia Tsukikage e poi aiuta la signora con le spese mediche? Perché poco prima di salire sul palco per “Gina e i cinque vasi azzurri” mi disse che meno avversari ci sono e meglio è per poi dirmi quanto la mia interpretazione le sia piaciuta? E perché ha favorito “Isadora” per poi ristrutturare questo teatro e permettermi di recitare qui? E per quale ragione ieri è venuto alla prima nonostante il tifone? Signor Hayami io proprio non la capisco…

I suoi pensieri furono bruscamente interrotti dai giornalisti che vennero attirati dal commento di uno di loro che l’aveva riconosciuta. Le domande si susseguirono rapide e Maya provò estrema gratitudine quando Sakurakoji le venne in soccorso sostenendola con le risposte e con la sua vicinanza.

A distanza, Kuronuma osservò i due giovani con evidente soddisfazione.


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Capitolo 12
*** Nuove possibilità ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

12. Nuove possibilità



Maya vide il signor Kuronuma scendere a grandi falcate la scalinata centrale della sala Ugetsu e si alzò in piedi di scatto. Si ammazzerà… che sarà successo ora?

Kuronuma fece un gran balzo e atterrò sul palco fra lo stupore di tutti interrompendo le prove. Gli sguardi si puntarono interrogativi su di lui e sul suo volto raggiante.

- Vi annuncio che “Lande dimenticate” è stato ammesso al Concorso! - esultò dopo un silenzio teatrale. Tutti gli attori si unirono emozionati al coro gioioso e Maya e Yu si guardarono sorridenti.

- E’ stato grazie a tutti voi se abbiamo raggiunto questo traguardo! - e li abbracciò tutti con lo sguardo pieno di riconoscenza.

- Kitajima! - gridò poi il regista cercandola con la sguardo. Maya scattò sull’attenti d’istinto e Yu ridacchiò per come sembrasse sempre distratta, tranne quando saliva sul palco, lì allora diventava un’altra storia. Anzi, un’altra persona.

- Sì, signore! - si fece avanti la giovane un po’ titubante. Con quel regista non sapeva mai cosa aspettarsi.

- Parte del merito va anche al signor Hayami, non trovi? - le disse guardandola con occhi roventi e di fronte al suo sguardo perso sospirò e si passò una mano sulla faccia - Ti rendi conto che se non ti avesse incitato a quel piccolo teatrino alla prima di “Isadora” tutto questo non sarebbe potuto avvenire? -

Maya dilatò gli occhi comprendendo infine ciò che il regista stava cercando di dirle. E lui era al corrente solo di metà della faccenda… Se avesse saputo chi fosse in realtà e che era stato lui a ristrutturare la sala Ugetsu… Probabilmente gli costruirebbe un tempio…

- Dovresti ringraziarlo, Kitajima… - gli disse poi serio. Maya lo fissò inizialmente interdetta, poi si rese conto che aveva ragione. Ringraziarlo e scusarmi seriamente per ciò che gli ho detto sarebbe il minimo che dovrei fare…

- Sì, signore… - rispose dimessa abbassando la testa e Kuronuma la fissò in tralice. Quella ragazza a volte era davvero imperscrutabile.

- Fra poco si va in scena! - urlò riscuotendola e tutti gli attori si sparpagliarono andandosi a preparare.

Sakurakoji accompagnò Maya al camerino domandandosi perché si fosse così rabbuiata e a cosa stesse pensando.

- Maya, va tutto bene? - le chiese quando si fermò davanti allo spogliatoio. Lei si voltò con occhi stupiti come se solo in quel momento si fosse accorta della sua presenza.

- Yu… sì, va tutto bene - gli sorrise dolcemente e mise la mano sulla maniglia.

- Io vorrei… vorrei chiederti di… - iniziò lui, ma qualcuno gridò il suo nome in fondo al corridoio ed entrambi si voltarono vedendo Mai correre allegra verso di loro.

Maya sorrise e rifletté che Mai era venuta ogni giorno a vederlo recitare e a portargli il pranzo al mattino. Deve essere piacevole prendersi cura di qualcuno…

- Vado a prepararmi - gli disse aprendo la porta ed entrando, completamente dimentica che stesse per dirle qualcosa. Yu annuì a malincuore e si diresse verso Mai.



Lo spettacolo, come tutte le repliche precedenti, fu un successo. Maya si stava struccando in camerino quando la avvisarono che qualcuno la stava aspettando nel foyer. Ancora sotto l’influsso dello spettacolo appena terminato raggiunse la sala e si diresse verso un anziano signore seduto su uno dei divani.

- Sono io Maya Kitajima - si presentò guardandolo perplessa.

- Si sente bene, signorina? - le chiese gentilmente l’anziano signore.

- Sì, mi scusi, ho appena terminato lo spettacolo e io… sento ancora in me il personaggio di Jane… mi serve sempre un po’ di tempo - gli sorrise imbambolata, ma lui non sembrò particolarmente sorpreso.

- Non si ricorda di me, vero? - le domandò gentilmente puntando il bastone in mezzo alle gambe. Maya arrossì lievemente fissandolo poi finalmente realizzò dove lo avesse già visto.

- Il signore alla stazione! - esultò e lui sorrise gioviale annuendo.

- E’ stata lei a darmi il volantino per il suo spettacolo, ricorda? -

- Sono felice che sia venuto! - si rallegrò stringendogli forte la mano e lasciandolo di stucco - Le è piaciuto? - gli chiese con apprensione, congiungendo le mani al petto, gli occhi lucidi pieni di aspettativa.

- La sua Jane è stata insuperabile, nessun’altra, d’ora in poi, potrà ricoprire quel ruolo - le rispose con un sorriso dolce e comprensivo. Maya esultò e arrossì, poi abbassò lo sguardo confusa.

- Insomma… io… - balbettò fissando il pavimento.

- Non faccia la modesta, è la verità - insisté lui con un sorriso deciso.

Stava per rispondere, ma una ragazza dello staff venne a chiamarla: Kuronuma la attendeva per una riunione.

- Non voglio trattenerla oltre, ancora complimenti - disse l’anziano uomo alzandosi lentamente dal divano. Immediatamente un altro uomo gli fu vicino, comprendo dal nulla, e lo aiutò.

- Arrivederci! - lo salutò Maya - E grazie ancora! - aggiunse sbracciandosi mentre correva verso la sala riunioni dove il regista solitamente li incontrava. Eisuke Hayami la osservò correre via, piena di energie e sorrise in modo misterioso.

Maya varcò la soglia e trovò la sala piena di tutti gli attori di “Lande dimenticate”. Uno strano silenzio copriva ogni cosa e lei raggiunse Sakurakoji che aveva un’espressione perplessa. Il regista era in piedi, vicino ad un tavolo, le braccia incrociate al petto e gli occhi chiusi.

- Che succede? - mormorò Maya guardandosi intorno.

- Non lo so… - le rispose Yu guardandola.

Kuronuma sollevò lo sguardo e tutti sussultarono.

- Signori, questa prima settimana di rappresentazioni è quasi finita ed è stata perfetta! - esultò e tutti scoppiarono in grida di giubilo ma lui fermò subito i festeggiamenti.

- Ora passiamo alla nuova versione di “Lande dimenticate”! Stesse battute, nuove espressioni! Tutti in sala prove! -  

- Ma… signor Kuronuma… - mugolò l’attore che interpretava il Conte, stanco e sfinito come tutti gli altri, ma il regista non volle sentire ragioni.

- Smettete di lagnarvi! Al lavoro! - urlò, costringendoli a uscire di corsa dalla sala riunioni. Maya e Sakurakoji uscirono per ultimi mormorando mestamente fra loro, la stanchezza che ormai si faceva sentire.



Erano ormai le nove e mezza di sera quando Maya uscì dalla sala Ugetsu insieme a tutti gli altri attori, stanca ma felice. L’idea del signor Kuronuma di creare un nuovo “Lande dimenticate” non solo era geniale, ma incredibilmente spettacolare e avrebbe coinvolto il pubblico ancora di più. Era ancora incredula che tutti gli attori dilettanti raccolti dal regista stessero funzionando così bene e che riuscissero senza problemi a stare al passo di prove così dure e serrate.

Fuori il vento soffiava forte e freddo, così si chiuse nel soprabito. Si voltò e per un istante incrociò lo sguardo con Sakurakoji. Mai si teneva al suo braccio e gli sorrideva. Sono davvero contenta che Yu abbia al suo fianco una ragazza così’ carina e sempre presente. E’ un bravo ragazzo e se lo merita…

Si incamminò pensierosa e vagò a lungo, riflettendo sulle parole del regista di quella mattina. Ho sempre avuto difficoltà con le parole… non quelle di un copione, non sul palcoscenico, ma quelle che dovrei usare con le altre persone… mi rendo conto di non essere davvero buona a niente… e…

Un uomo che veniva dalla direzione opposta si scontrò con lei facendola riemergere dai suoi pensieri.

- Guarda dove vai! - le gridò contro senza neanche voltarsi. Maya riuscì a restare in piedi e si accorse di essere di fronte alla Daito Art Production. Trattenne il fiato e sollevò lo sguardo facendolo correre per tutta la lunghezza del palazzo fino in cima.

L’ultimo piano è ancora illuminato…

Guardò l’orologio, segnava le dieci, poi tornò con lo sguardo sulle grandi doppie porte dell’entrata. Deglutì e fece qualche passo.

Mi prenderà per pazza…

Entrò nell’atrio e sentì le guance avvampare sebbene non sspesse se per la differenza col freddo esterno o se per ciò che aveva deciso di fare.

Magari non ci sarà nemmeno…

La reception del piano terra, dove di solito c’erano sempre due signorine, era deserta, così, guardandosi furtivamente intorno, raggiunse l’ascensore che sapeva l’avrebbe portata fino in cima. Ma cosa sto facendo… e poi… cosa gli dico?

L’ascensore salì lentamente mentre il suo cuore cominciò a battere all’impazzata lasciandola stupefatta. Da quando le aveva rivelato che fosse l’ammiratore delle rose scarlatte, il signor Hayami si era comportato in maniera diversa, o almeno a lei era parso così. Non avevano più litigato, a parte qualche sua battuta pungente, ma ormai aveva capito che era fatto così. Sembrava che lui fosse più bendisposto verso di lei, come quando le aveva fatto ascoltare quella telefonata, o l’aveva fatta assistere a quell’incontro con il manager di Eiko Nakamura, o tutto quello di cui avevano parlato nel viaggio di ritorno dalla foresta di Nakatsugawa. Ma, in quella breve salita, si rese conto che ad essere cambiata era soprattutto lei. La fusione di quelle due figure ora le appariva sotto una luce completamente nuova e probabilmente quell’affetto che provava per l’ammiratore si era esteso anche al signor Hayami. Il ricordo di quell’abbraccio al buio e il suo sussurro, “va tutto bene”, riemersero prepotenti. Si sentì avvampare al solo pensiero e si portò le mani al volto. No, questo decisamente non è il freddo…

L’ascensore si aprì sul piano e lei percorse il corridoio, le gambe che iniziavano a tremare, verso quell’ufficio che sapeva essere il suo. La scrivania della signorina Mizuki era deserta e lei si fermò di fronte alle doppie porte, il respiro veloce e le labbra serrate per la tensione. Si fece coraggio e bussò. La sua voce dall’altra parte disse di entrare. Maya inspirò, espirò e girò la maniglia entrando.

Masumi stava controllando alcuni conti quando sentì bussare. Non era raro che qualche analista o collaboratore avesse necessità di parlargli e se vedevano la luce accesa sapevano che era disponibile. Ma quando sollevò lo sguardo si sarebbe aspettato chiunque tranne Maya che occupava il vano della porta. Sembrava imbarazzata e teneva lo sguardo basso.

- Ragazzina, non è un po’ tardi? - la salutò freddamente per celare l’emozione nella sua voce.

- Mi-mi scusi, signor Hayami, io… non volevo disturbarla… è solo che… - balbettò rapida chiudendo la porta e mantenendo sempre lo sguardo basso.

Masumi scoppiò a ridere e lei sollevò lo sguardo irritata.

- Suvvia ragazzina, vuole farmi credere di essere in soggezione davanti a me? - la provocò alzandosi e indicando una delle due sedie davanti alla sua scrivania - Si sieda, prego -

Maya serrò le labbra, fissò la sedia, poi ci si diresse, sedendosi e lui fece altrettanto sull’altra. Non indossava la giacca né la cravatta, aveva un aspetto poco professionale e un po’ trascurato. Masumi sostenne quell’esame celando un sorriso.

- Che c’è, qualcosa non va? - le disse guardandosi addosso e lei arrossì. Questa tua trasparenza Maya è una delle cose che mi fanno…

Ma lei interruppe i suoi pensieri.

- No… è che lei… ecco… sembra che non abbia bisogno di dormire come tutti gli altri - concluse imponendosi di smettere di balbettare come una scema. Devo tenere a mente il motivo per cui sono qui… devo calmarmi, se continua a battermi così il cuore non riuscirò neanche a sentire le mie parole! Signor Hayami, vedrà, le dimostrerò che non sono più la ragazzina che lei crede!

Masumi sollevò un sopracciglio perplesso, poi scoppiò a ridere.

- Non credevo che lei si preoccupasse per me, ragazzina! - le fece notare appoggiando i gomiti sui braccioli della poltrona.

- Infatti ha ragione! Non mi preoccupo affatto! Notavo solo quanto lei fosse… fosse in disordine! - gli rispose piccata, indurendo lo sguardo.

- Ed è venuta fin qui solo per guardare il mio vestito? - replicò con sguardo penetrante, la voce sottile e dal tono incuriosito.

Maya lo fissò spalancando gli occhi e arrossendo, poi si riprese subito.

- No, no signor Hayami. Sono venuta per ringraziarla. “Lande dimenticate” è stato inserito in concorso… quindi io… - abbassò gli occhi fissandosi le mani in grembo, incapace di proseguire. Mille immagini le invasero la mente, per ultima la rosa che le aveva donato al buio nel corridoio della sala Ugetsu alla fine della prima dello spettacolo.

- Quindi lei potrà concorrere per due premi… - concluse lui alzandosi e raggiungendo l’ampia vetrata.

- Sì, ma non è per quello che sono qui! - replicò lei immediatamente. Lo vide di spalle, le mani dietro la schiena e il primo impulso fu quello di raggiungerlo, scuotergli una manica e dirgli quanto gli fosse grata per averla mandata in quel parco dove aveva trovato Jane, per la sala Ugetsu, per quella recita alla prima di “Isadora”, per essersi presentato nonostante il tifone.

Si alzò di scatto e lo fece, il cuore che sembrava volerle uscire dal petto.

Lo afferrò per una manica della camicia e lui si girò stupito.

- Io… non potrò mai ringraziarla per tutto ciò che ha fatto, se lei non mi avesse mandato in quel parco, se non avesse ristrutturato la sala, se non mi avesse sfidato alla prima di “Isadora”, se… se non fosse venuto durante quel tifone io… io… - aveva gli occhi luminosi e lucidi, la sua piccola mano stringeva il tessuto e lui era rimasto pietrificato dalla sua reazione spontanea colma di gratitudine e di affetto.

Maya, sembra tu abbia accettato infine che io sia il tuo ammiratore…

- E’ grazie alla sua interpretazione se “Lande dimenticate” ha attirato l’attenzione dei giudici, io non ho fatto niente. Se lei non avesse recitato Jane alla perfezione, nessuno vi avrebbe notati… - le disse sorridendo, coprendole la mano con la sua. Il tocco gli fece accelerare il battito del cuore più di quanto già non lo fosse dal momento in cui lei era entrata.

Il volto di Maya si illuminò di un sorriso bellissimo e Masumi rimase a guardarla affascinato. E’ per me… sorride a me!

- Anche se non vuole ammetterlo, ho potuto interpretare Jane grazie a lei, al suo sostegno che non manca mai - sussurrò e lui la vide arrossire mentre lo lasciava andare, come se avesse osato troppo trattenendolo.

Maya lo aggirò per non dover sostenere il suo sguardo così penetrante che non riusciva a interpretare. Chissà cosa pensa di me… l’ho afferrato… sono cose che non si fanno, avrei dovuto ringraziarlo con più dignità ma io… quando è vicino a me non riesco a controllarmi… ripenso sempre a troppe cose… tutto ciò che io sono lo devo a lui!

Vide i fogli ordinati sulla scrivania e ne prese uno. Era una stampa verticale, con nomi di conti e piccole cifre in migliaia di yen. Sentì la sua presenza alle spalle, sollevò il volto e trovò i suoi occhi azzurri. Sono… sono bellissimi e luminosi…

Arrossì e lui distolse lo sguardo forse per non metterla a disagio e si abbassò prendendo un foglio. Non ricordo di esserle mai stato così vicino in una situazione comune...

- Sa cosa sono? - le chiese con ancora il ricordo di quel sorriso meraviglioso a scaldargli il cuore. Lei scosse la testa e abbassò lo sguardo.

- Bilanci semestrali - la informò - Queste voci sono conti economici - e indicò le voci a sinistra - Mentre queste cifre sono entrate e uscite - e indicò gli yen a destra. Lei aggrottò la fronte e posò un indice su una cifra che corrispondeva alla voce “Trasferimenti”. Quant’è alto… non ricordo di averlo avuto mai così vicino… usa sempre lo stesso profumo...

- Sono piccole cifre… - constatò lei scorrendo il foglio. Lo sentì reprimere una risata così si voltò a guardarlo. La sua espressione era genuinamente sorpresa e non aveva niente dei tratti duri e severi che erano normalmente sul suo volto.

- Sono cifre abbreviate - le disse gentilmente - Sono milioni di yen - E’ troppo vicina… quel profumo lieve di gelsomino… sempre lo stesso...

Maya spalancò gli occhi e li riportò sul foglio scorrendolo veloce, poi prese il secondo, il terzo, li guardò tutti fino ad arrivare in fondo.

- Quindi… questi… - indicò l’ultima cifra del conto economico trattenendo il fiato per la sorpresa.

- Miliardi di yen… - annuì lui sorridendo della sua meraviglia. Maya rimase in silenzio, pensando a cosa implicasse un conto semestrale del genere...

- Si sieda - Masumi spostò la sua sedia, incapace di reggere ancora la sua vicinanza. Lei lo guardò e dopo un attimo di esitazione, un po’ imbarazzata, si sedette. L’ufficio aveva una visione completamente diversa da lì. Le doppie porte di entrata erano visibili e c’era un’altra porta sulla destra e una sulla sinistra. Ridacchiò facendo girare la sedia un po’ e lui la guardò sorridendo.

- Queste - attirò la sua attenzione - Sono spese per i trasferimenti di certi dipendenti - iniziò e Maya si accostò rendendosi conto di quanto fosse ancora più alto in quel modo. Tenne gli occhi sui documenti, senza spostarli mai, ascoltò la sua voce, quasi ipnotica, che per tutta l’ora seguente la istruì su cosa fosse uno stato patrimoniale e un profitti e perdite. Erano spiegazioni semplici, che si avvalevano di quei conti reali, così riuscì a capire quasi subito che il conto in sé era facile, difficile era riuscire a gestire bene i guadagni in modo da farci rientrare tutte le spese. Sostanzialmente era come a casa con Rei, solo più in gigante. Quando glielo fece notare, lui scoppiò a ridere facendola arrossire, ma confermò.

- In fondo sì, è come un bilancio familiare, ma esteso - la vide arrossire per l’imbarazzo e si rese conto che solo qualche settimana prima lei non sarebbe mai stata seduta sulla sua sedia ascoltandolo in quel modo.

E’ davvero una cosa incredibile… che tu sia qui, ora, che non mi inveisca contro e che mi stia ascoltando mentre ti parlo della Daito… incredibile…

- Come riesce a far tornare ogni cosa? - gli chiese in modo del tutto innocente voltando i fogli e osservando le decine di conti e lui rise di nuovo.

E ora? Come ti rispondo, ragazzina?

Quando lui esitò lei sollevò la testa e assottigliò lo sguardo, insospettendosi immediatamente.

- Sicuramente con qualcosa di losco - borbottò Maya, tornando ai fogli.

Masumi non riuscì a trattenersi, allungò una mano e le scompigliò i capelli rendendosi conto immediatamente dopo della libertà che si era preso. Maya borbottò qualcosa di incomprensibile e si sistemò i capelli.

Non si è lamentata… ragazzina ma che ti prende?

- Lei pensa che io stia tutto il giorno a tramare, ma si sbaglia! - le rispose sollevando un indice e cercando di farsi passare l’imbarazzo per averla toccata in quel modo.

Maya, che stava preparando una rispostaccia, spostò i fogli stampati e la penna che era vicina rotolò lentamente. Lei allungò rapida una mano e lui fece lo stesso con il risultato che si ritrovò a chiudere la sua, più piccola, insieme alla penna.

Si fissarono per un istante in cui la tensione salì alle stelle ed entrambi smisero di respirare, gli occhi allacciati in uno sguardo meravigliato e i cuori che battevano all’unisono, veloci e frementi senza poter immaginare cosa stesse accadendo all’altro.

- Mi-Mi scusi! - balbettò Maya tirando via la mano dalla sua e arrossendo intensamente. Masumi sorrise mestamente e prese la penna che lei gli porse.

- Mi scusi lei - mormorò - Le ho fatto male? - aggiunse con voce particolarmente premurosa.

- No - Maya scosse la testa e tornò a respirare. Perché ho reagito così… santo cielo come mi batte il cuore, io a volte proprio non capisco che mi succeda… e la sua voce, così calda…

Masumi raggiunse il mobile dei liquori e si servì rapidamente uno scotch. Ogni volta che mi avvicino… accadono sempre cose strane… ogni volta che la tocco io…

- Le offrirei qualcosa, ma non credo che lei abbia l’età per… - ma Maya lo interruppe.

- Invece si sbaglia! Posso bere, ma, no, grazie! - rimarcò, voltando la testa da un lato. Antipatico!

Masumi stava per aggiungere altro quando il cellulare sulla scrivania vibrò.

Maya vide il suo volto farsi scuro notando il nominativo sul display. Spostò pensieroso lo sguardo su di lei e prese il telefono.

- Mi scusi - le disse e lei lo guardò tornare Masumi Hayami. Come riesce a indossare così tante maschere così rapidamente? Io… signor Hayami…

- Hayami - rispose e ascoltò la voce dall’altra parte. Maya lo vide irrigidirsi, non era un’esperta di telefonate di lavoro, ma dalla sua espressione qualcosa non era andata come lui avrebbe voluto. Masumi si voltò verso di lei e la fissò per un attimo.

La signora Tsukikage ha trovato uno sponsor! Se lascio correre… produrrà la Dea Scarlatta con qualcun altro e legherà il contratto della vincitrice ad un’altra compagnia! Non posso… io non posso permetterlo! E mio padre sospetterebbe immediatamente se non agissi subito...

A malincuore, con Maya che lo guardava attenta, dette l’ordine.

- Sapete cosa dovete fare, fatelo ritirare! - disse con voce grave distogliendo lo sguardo da lei. Chiuse il telefono e guardò l’ora sul display. E’ tardi… il tempo passa sempre troppo veloce quando sono con lei…

- La accompagno a casa - disse freddamente prendendo la giacca. Maya scattò in piedi, qualunque fosse l’argomento della telefonata, lo aveva irritato. Le mise il soprabito, notando che era rimasta stranamente silenziosa e lo indossò a sua volta.

Aprì la porta dell’ufficio e lei all’improvviso tornò indietro. Masumi la seguì perplesso con lo sguardo e la vide prendere qualcosa sulla scrivania. Corse indietro e uscì precedendolo. Lui sorrise appena corrucciando la fronte, chiuse la porta e raggiunsero l’ascensore.

Maya rimase in un silenzio imbarazzato e ogni tanto lanciava qualche occhiata verso il suo volto assorto e concentrato. Chissà cosa ha saputo in quella telefonata… è cambiato completamente…

Nei sotterranei presero la sua auto e Maya si trovò a pensare quante volte negli ultimi tempi l’aveva accompagnata a casa. Da quando le aveva raccontato dell’ammiratore era come se si fosse liberato di un peso. Sicuramente verso di lei era più sereno, o forse anche lei lo trattava in modo diverso e quindi lui non aveva più necessità di contrastarla ogni volta.

Durante il viaggio il signor Hayami restò concentrato alla guida e non aprì bocca. Assorta nelle sue riflessioni, Maya tirò fuori dalla tasca ciò che aveva preso d’istinto sulla scrivania e che poi, presa dall’imbarazzo della sua vicinanza, si era dimenticata di dargli. Rigirò fra le dita il tessuto morbido della cravatta blu, arrotolandola su sé stessa. Dove era stato fatto il nodo, la fibra di seta era un po’ spiegazzata, così la svolse di nuovo e la lisciò.

Quando Masumi si accorse di cosa stesse facendo ebbe un tuffo al cuore. Maya come fai a rendere ogni movimento un’emozione per me? Ogni giorno che passa io… fatico a tenere nascosto questo mio sentimento…

Maya era assorta e non si accorse della sua espressione prima stupita e poi dolce che gli illuminò il volto. Riavvolse di nuovo la cravatta e il clacson di un’altra auto la riscosse, risvegliandola dalle sue riflessioni. Ma che sto facendo… arrossì spostando lo sguardo in tralice, ma il signor Hayami stava guidando e lei, cautamente, inserì la cravatta arrotolata nel porta bottiglie rotondo fra i due sedili. Ritirò rapida la mano e spostò la sua attenzione fuori dal finestrino. Erano quasi arrivati e lei si trovò, suo malgrado, a rattristarsi. E’ la prima volta che mi capita di desiderare di voler restare ancora con lui, vorrei che mi parlasse ancora della Daito, è innegabile l’intenso sentimento che lo lega alla sua azienda… quando ne parla i suoi occhi si addolciscono sempre...

Quando fermò la macchina, sospirò verso il vetro e un alone lo appannò.

- Grazie, signor Hayami - gli disse voltandosi a guardarlo con un sorriso dolce. Ecco, ora mi sembra di aver scordato ogni cosa di lui, di quello che è successo, come se quella confessione avesse dato il via a un inizio nuovo… Chissà cosa sarebbe accaduto se lui avesse mantenuto il segreto? Lo odierei ancora? Sicuramente adesso non sarei seduta nella sua macchina e lui non mi avrebbe fatto una lezione di economia aziendale…

- Prego, ragazzina - le rispose in tono conciliante, senza aggiungere battute pungenti. Forse c’è davvero un punto di incontro che possiamo trovare… anche se, guardandoti ora, ci sarebbe solo una cosa che vorrei fare…

Scese dall’auto e Masumi rimase immobile, sapeva che se fosse sceso avrebbe commesso un errore irreparabile. Maya chiuse lo sportello e corse verso le scale e la porta di casa mentre lui prese la cravatta arrotolata ordinatamente. Sorrise ripensando ai suoi gesti, poi l’avvicinò al volto. C’era quel profumo delicato di gelsomino che aleggiava sempre intorno a lei, forse sapone, che gli spinse rapido il sangue nelle vene.

Come ho potuto pensare che mi sarebbe bastato continuare a farle da tutore senza desiderare che lei mi ricambiasse?



Alla fine della prima settimana di spettacolo, il personaggio del Conte annunciò che “Lande dimenticate” sarebbe stato recitato in nuova versione e gli intervistati fuori dalla sala Ugetsu furono tutti entusiasti e dissero ai cronisti che sarebbero tornati.

E così le versioni di Kuronuma si susseguirono nelle settimane: prima un dramma, poi una storia d’amore fra Jane e Stewart, poi una commedia. Sembrava che chi non avesse guardato quello spettacolo venisse tenuto di poco conto e giornali, telegiornali e radio ne parlarono continuamente.

La signora Tsukikage, seduta su uno dei divani della grande dimora del Presidente dell’Associazione Nazionale, sorrise leggendo un titolo a grandi lettere. Maya, la tua Jane… era viva su quel palco…

- Mi dica cosa l’assilla, signora Tsukikage. Perché è venuta a trovarmi? - la interrogò educatamente l’anziano Presidente. “Lande dimenticate” ormai da quasi due mesi dominava le pagine delle cronache teatrali riscuotendo successi incredibili.

- Non ho più le forze per contrastare i miei nemici e temo di dover cedere alla fine… - mormorò la signora con voce spezzata. Da quando il suo sponsor, che finalmente aveva trovato, si era ritirato senza apparentemente una motivazione valida, non aveva smesso un attimo di pensare ad Eisuke Hayami e a suo figlio. Ci sono sicuramente loro dietro tutto…

Il Presidente la fissò qualche istante in silenzio, poi annuì gravemente.

- Perché, allora, non mi permette di aiutarla, signora Tsukikage? - esordì con voce pacata, fissandola intensamente. La signora alzò un sopracciglio meravigliata.

- Accetti l’Associazione Nazionale dello Spettacolo come partner, affidi a noi l’allestimento della Dea Scarlatta - le esplicò più chiaramente e con gioia vide il suo sguardo farsi più sereno.

Sarà questa la strada, Ichiren? Eppure mi rendo conto di non avere più le forze per difendere il tuo capolavoro, mio amato…

Mentre annuiva al Presidente, quel pensiero così definitivo la colmò di dolore e una fitta al petto la fece piegare finché cadde sul pavimento senza sensi.


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Capitolo 13
*** Confessioni ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

13. Confessioni



Maya non riusciva a credere al successo dello spettacolo. Era piaciuto così tanto che avevano dovuto prolungare le repliche ed era sicura di aver visto, almeno una volta, Madoka Enjoji. Chissà se ha apprezzato lo spettacolo o se è venuta solo per deriderci… e sarà davvero piaciuto al mio ammiratore? Il signor Hayami è venuto alla prima, poi non l’ho più visto…

Era stata così occupata con le prove e gli spettacoli da non rendersi conto neanche del tempo che passava. Da quella sera in cui era andata a ringraziarlo erano passati quasi due mesi. Si stava struccando dopo l’ennesima replica quando una ragazza dello staff venne ad avvisarla che c’era una persona per lei in attesa nell’atrio.

Raggiunse rapida la grande entrata del teatro senza sapere cosa aspettarsi. C’era un uomo, in completo scuro, la sua espressione era trafelata e tesa e una morsa le strinse lo stomaco.

- Signorina Kitajima? - la voce dell’uomo non presagiva niente di buono. Maya annuì senza proferire parola.

- La signora Tsukikage si è sentita male - la informò con più tatto possibile, ma lei sentì il cuore perdere un battito.

- Mi ha mandato il Presidente dell’Associazione Nazionale, la accompagno all’ospedale - aggiunse quando vide la giovane immobile, gli occhi spalancati e la bocca aperta.

- Sì… sì, mi dia solo un attimo - balbettò insicura voltandosi come un automa in direzione della segreteria vicina. Chiese alla signorina di poter fare una telefonata e meccanicamente si portò la cornetta all’orecchio. La voce professionale della signorina Mizuki rispose immediatamente.

- Signorina Mizuki, sono Maya Kitajima, potrei parlare con il signor Hayami? - le chiese con tono pacato e neutro. La segretaria rimase perplessa, non aggiunse niente altro e trasferì la telefonata.

- Hayami - rispose la sua voce dall’altra parte a Maya si riscosse come svegliandosi da un sogno.

- Sono… sono Maya, signor Hayami… io… - la sua voce s’incrinò e le impedì di proseguire. Perché l’ho chiamato? Eppure… è la prima cosa che mi è venuta in mente...

- Ragazzina… va tutto bene? - la voce aveva il tono indagatore che aveva sempre con lei quando le sembrava abbattuta o malinconica.

- Signor Hayami, la signora Tsukikage… - ma si fermò ancora, incapace di proseguire. Iniziò a singhiozzare e Masumi dall’altra parte si alzò lentamente in piedi. Fate che non sia morta…

- Ragazzina, la smetta di piagnucolare e mi dica dov’è! - sibilò nell’apparecchio sperando di farla reagire sapendo bene che non le piaceva essere messa alle strette.

Maya corrugò la fronte e serrò i denti per il dolore e l’angoscia.

- Si è sentita male, l’hanno ricoverata - e gli fornì l’indirizzo dell’ospedale.

Masumi abbassò il telefono continuando a fissarlo per qualche attimo, il cuore che batteva furiosamente. Perché mi ha chiamato? La sua voce, così carica di angoscia e dolore, così trasparente anche a telefono… Ragazzina, cosa farai quando saprai che probabilmente sono io la causa della sua ricaduta? Avrai ancora fiducia nel tuo ammiratore? Basteranno delle rose questa volta per farmi perdonare?



Quando Maya raggiunse l’ospedale trovò Ayumi subito fuori e quasi contemporaneamente arrivò l’ambulanza con la signora a bordo.

- Maya! - la chiamò Ayumi con apprensione, stringendole un braccio.

- Oh, Ayumi! Sai cos’è successo? - le chiese singhiozzando, ma l’amica scosse la testa. Seguirono con lo sguardo la barella che venne fatta scendere dai paramedici in tutta fretta e spinta oltre le porte del pronto soccorso. Maya e Ayumi le corsero dietro, il volto della signora era terreo e smagrito, l’ombra della donna fiera e determinata di un tempo. Maya si aggrappò al bordo di ferro della lettiga, ma i medici la spingevano con forza verso la sala operatoria e lei avvertì qualcuno che la trattenne gentilmente per le spalle. Così la lasciò andare, ma la seguì con lo sguardo finché non scomparve dentro la sala e la luce rossa si accese.

Rimase immobile, il cuore svuotato, le ossa rigide mentre tutta la tensione si sfogò in un pianto disperato. Sentì le mani stringerla sulle spalle e seppe che dietro di lei c’era il signor Hayami. Si appoggiò a lui portandosi le mani al volto, abbandonandosi al suo sostegno che negli anni non era mai mancato.

Maya… ti dissi di non fidarti di me…

Masumi sentì una scossa dolorosa attraversargli il torace mentre lei si appoggiava fiduciosa senza sapere che proprio le sue azioni avevano ridotto la signora Tsukikage in fin di vita.

Ma se non mi fossi comportato così, se non avessi fatto ciò che ci si aspetta da me… mio padre avrebbe sospettato sicuramente e io… non riuscirei più a tornare indietro, non riuscirei più a staccarmi da te… non ora che io…

L’avvicinò ancor più a sé, il suo pianto la scuoteva e ogni singhiozzo non faceva che aggravare l’angoscia che gli lacerava l’anima. I suoi pensieri vennero interrotti  dal Presidente dell’Associazione Nazionale.

- Buonasera, signor Hayami - lo salutò sommessamente l’anziano Presidente. Masumi abbassò lo sguardo e nello stesso istante Maya lo alzò voltandosi leggermente.  Ciò che vide nei suoi occhi, quel dolore sconfinato e trattenuto, fu un’altra pugnalata che lo rese ancor più consapevole di ciò che aveva fatto. Quando incontrarono i suoi, gli occhi di Maya cambiarono, mossi da un sorriso riconoscente. La lasciò andare con una stretta al cuore, interrompendo il contatto e rivolgendosi al Presidente mentre lei raggiunse Ayumi.

- Buonasera. Come sta la signora? - lo interrogò Masumi e quando vide i suoi occhi oscurarsi comprese che era grave. Chissà perché il Presidente dell’Associazione si trova qui in ospedale con lei...

- L’operazione a cui deve sottoporsi è pericolosa e difficile, le possibilità di riuscita molto basse. Inoltre, anche se andasse bene, non è detto che la signora si salvi - spiegò brevemente e entrambi volsero lo sguardo verso la sala operatoria con la luce rossa accesa e poi all’uomo che seguiva la signora ad ogni passo e che era in piedi poco distante.

Dal corridoio sbucarono Rei e le altre e subito si assieparono intorno a Maya e Ayumi. Genzo si voltò sentendo il brusio e li raggiunse.

- Purtroppo la signora Tsukikage ha avuto un attacco di cuore mentre si trovava presso l’abitazione del Presidente dell’Associazione Nazionale. Deve subire un intervento molto pericoloso e non è detto che… - Genzo si interruppe abbassando lo sguardo, incapace di proseguire. Maya si portò una mano alla bocca frenando un grido di disperazione.

Un uomo, in abiti scuri, si avvicinò con discrezione al gruppo e fece un cenno ad Ayumi.

- Maya, io purtroppo devo andare, il mio manager è venuto a prendermi, devo fare un servizio. Vi farò chiamare da lui per avere notizie della signora - le promise incamminandosi verso l’esterno insieme al suo manager.

Prego solo che la signora non muoia adesso! Mi devo confrontare con te, Maya, voglio contendermi la Dea Scarlatta ad armi pari!

Maya osservò la rivale di spalle e la sua determinazione di vincere un premio, raggiungerla e lottare per il ruolo della Dea Scarlatta si rafforzò all’istante. Riattraversò il corridoio, ignorando tutti e si diresse ad un divano vicino alla sala operatoria.



Le ore passavano, ma le porte della sala operatoria rimanevano chiuse. Maya rimase immobile, la mente affollata di pensieri, un nodo che le stringeva la gola per l’angoscia. Il pensiero che la signora potesse morire l’aveva atterrita e se non ci fosse stato lui poco prima nel corridoio, sarebbe caduta, ne era certa. Come se il pensiero fosse stato un richiamo, la sua voce la fece sussultare.

- Tenga, è caldo - le disse porgendole un caffè bollente. Maya sollevò lo sguardo e incrociò i suoi occhi malinconici.

Perché quello sguardo, signor Hayami?!

- G-Grazie - prese il caffè e chinò la testa fissando il liquido scuro che fumava.

Masumi si sedette accanto a lei, sapendo che avrebbe dovuto dirle la verità prima che la scoprisse in modo diverso. Espirò il fiato e Maya si voltò a guardarlo. Fissava anche lui il caffè nel suo bicchiere di cartone, era assorto e una ruga gli solcava la fronte.

- Ce ne mettono di tempo… - mormorò dopo qualche istante.

- Eh sì - annuì Maya rendendosi conto che era rimasta a fissarlo per tutto quel tempo. Arrossì, si avvicinò il bicchiere soffiando e bevve un sorso.

- Vuole che la riporti a casa? - propose lui bevendo un po’ di caffè, guardandola. Maya scosse la testa e lui sorrise. Testarda come sempre…

- No… voglio restare vicino alla signora il più possibile! - gli disse voltandosi a guardarlo con occhi luminosi, poi si alzò.

- Sa, signor Hayami, è grazie alla signora se ho capito che potevo fare qualcosa di buono nella vita, che anche io potevo riuscire ad amare qualcosa a tal punto da impegnare completamente la mia vita! - si girò di scatto e Masumi rimase stupito dalla forza delle sue parole, dall’energia con cui le aveva pronunciate e dal suo sguardo sognante pieno d’emozione. Come si può amare qualcosa a tal punto da dedicarci l’intera vita?

- Voglio interpretare la “Dea Scarlatta” per diventare una vera attrice! - gli disse infine con occhi che brillavano come stelle, senza rendersi conto di come gli avesse parlato liberamente. Masumi sorrise in modo enigmatico e lei si sedette di nuovo arrossendo lievemente. Ma perché gli ho detto queste cose?

- Allora le conviene pregare, perché se la signora dovesse morire, nascerebbe automaticamente la “Dea Scarlatta” di Ayumi - le disse grave, alzandosi e buttando il bicchiere vuoto. Maya lo fissò interdetta, con espressione perplessa senza comprendere inizialmente le sue parole. Perché improvvisamente è diventato così freddo e distante?

- Signor Hayami, perché lei è qui? - gli chiese assottigliando lo sguardo e aspettandosi una delle sue risposte acide. Masumi la fissò un istante, poi si appoggiò alla parete e mise le mani in tasca.

- Se fosse stato un altro momento, le avrei risposto ‘per lavoro’ visto che la proprietaria dei diritti della “Dea Scarlatta” si trova fra la vita e la morte - ripose e Maya aggrottò la fronte - In realtà sono qui perché mi sento responsabile per ciò che è accaduto alla signora - espirò tutto il fiato e attese che lei realizzasse il significato della sua frase.

Maya elaborò per qualche attimo ciò che aveva detto, poi scattò in piedi, terrea. Masumi la vide sbiancare e non riuscì a impedire al suo cuore di perdere un battito. Mi dispiace, ragazzina…

- Lei! Cos’ha fatto?! - gli chiese coi pugni serrati lasciando cadere il caffè e facendo un passo avanti, gli occhi infuocati. E’ impossibile, non può essere stato lui e perché mai, poi?

Masumi la fissò qualche istante, per la seconda volta nella sua vita indeciso su cosa dire a quella ragazza che lo fronteggiava senza alcuna paura. Niente di ciò che dirò potrà mai farle cambiare idea, quindi tanto vale dirle la verità…

- Aveva trovato uno sponsor per la “Dea Scarlatta”, ma non posso permettere che cada in mani diverse dalle mie... - le rivelò candidamente, mantenendo un invidiabile autocontrollo che contrastava nettamente con ciò che gli bruciava in petto, un misto di angoscia e rabbia verso sé stesso, che non trovava la forza di abbandonare quella vendetta verso suo padre con il solo risultato di farla soffrire.

Maya spalancò gli occhi, incapace di proferire parola. Non riusciva a credere che avesse fatto una cosa del genere dopo tutto quello che le aveva raccontato, della sua infanzia, di sua madre, di quanto era stato difficile vivere sotto l’egida di suo padre Eisuke…

Suo padre… Eisuke Hayami… lui guida le fila di tutto… ora ho anche io quelle informazioni che a lui piacciono tanto… Ho capito, signor Hayami, ho capito… ci si aspettava che lei lo facesse e lo ha fatto… perché ha voluto dirmi tutto?

Masumi la vide irrigidirsi e per la prima volta, invece di inveirgli contro, si accasciò a sedere sul divano e si coprì il volto con le mani piangendo sommessamente. Se possibile, quel modo di arrendersi lo ferì più di ogni sua altra reazione che si sarebbe aspettato. I suoi singhiozzi lo raggiunsero come tante piccole stilettate, una più dolorosa dell’altra. Mosse qualche passo e raccolse il bicchiere, buttandolo nel cestino. C’era un distributore per l’acqua e vicino un dispenser di fazzoletti di carta. Ne prese qualcuno e quando si voltò la trovò che lo fissava.

Rimase immobile sotto il suo esame per qualche attimo, poi si avvicinò e chinandosi a terra iniziò a pulire il caffè. Maya lo guardò, un tumulto la scuoteva, divisa fra ciò che la realtà le gridava... Non guarda in faccia a niente e nessuno, è disposto a qualsiasi cosa pur di ottenere la Dea Scarlatta… e ciò che il cuore le diceva di ascoltare… Mi ha detto la verità quando avrebbe potuto tacere…

Masumi sentiva lo sguardo accusatore, lei era rimasta immobile, seduta sul divano, mentre lui asciugava a terra, anche se non la sentiva più piangere. La vide alzarsi e avvicinarsi ed ebbe l’impulso di andarsene, lontano dalle sue parole, dai suoi occhi.

Maya si fermò di fronte a lui, poi si inginocchiò, gli prese i fazzoletti dalle mani e pulì a terra. Stava facendo un vero disastro...

- Non si fa così, faccio io - gli disse sommessamente fissando il pavimento. Lui si rialzò stupito, come sempre preso alla sprovvista dal suo atteggiamento. Perché non mi aggredisci? Non sopporto il tuo silenzio né le tue mezze frasi! Non riesco mai a capire cosa ti passi per la mente, ragazzina...

- Si vede che non è abituato - rincarò lei aggrottando la fronte. Masumi sorrise suo malgrado e la osservò togliere tutto il caffè dal pavimento con movimenti lenti e sicuri. Si rialzò e buttò tutti i fazzoletti impregnati di caffè, espirò e lo fronteggiò.

- Non le credo - esordì girandosi e fissandolo duramente. Ed era vero, non lo credeva capace veramente di un’azione del genere di sua spontanea volontà.

- Dovrebbe, ragazzina, le dissi di non fidarsi di me, si ricorda? - rispose sarcastico affilando lo sguardo, indeciso su come reagire si appellò a quello che aveva fatto per tutti quegli anni: non voleva che lo perdonasse, meritava il suo odio. Maya si irrigidì a quella risposta irriverente e vuota.

Si avvicinò e Masumi rimase sconcertato da tanta determinazione e coraggio. Non lo aveva mai temuto in passato e non si era tirata indietro di fronte ai loro battibecchi, ma in quel momento era lei in posizione di vantaggio e non era affatto passiva.

- Quindi non dovrei credere neanche al donatore di rose scarlatte? - sibilò infastidita. Quella sua dualità la metteva sempre a disagio, era fastidioso dover soccombere sempre alla tensione e all’imbarazzo quando lui era nei paraggi. Odiava quella sensazione di inferiorità e quel maledetto stomaco che sembrava fare le capriole se si accorgeva che lui la guardava.

Masumi fissò quei bellissimi occhi espressivi, appena lucidi per le lacrime precedenti e rimase in silenzio. La prima risposta che gli era balzata in mente era identica a quella che aveva dato pochi attimi prima, di non fidarsi di lui, di nessuno, ma il suo cuore che batteva incontrollato lo indusse a restare zitto per una volta, lasciando a lei l’ultima parola. Maya attese un altro istante, che pesò per lui come un macigno, poi si voltò e tornò alla sala d’attesa, riunendosi a Rei e alle altre.

La osservò di spalle andarsene via, dimostrando un autocontrollo e un coraggio davvero fuori dal comune per una ragazza così giovane solitamente dimessa e con un forte senso di inferiorità. Ridacchiò nervosamente, riflettendo che l’aveva mollato lì imbambolato, incapace di una risposta come mai gli era avvenuto prima, neppure di fronte ad alcuni potenti amministratori delegati. Espirò tutto il fiato che aveva trattenuto, raggiunse il Presidente dell’Associazione Nazionale e il signor Genzo, li salutò cordialmente e se ne andò dopo averla guardata un’ultima volta.

Maya lo seguì accigliata, dentro di lei si agitava un misto di rabbia e compassione che non comprendeva e la faceva sentire solo confusa e disorientata.

Ho vinto io… per la prima volta l’ho zittito! Allora perché questo senso di vuoto e  delusione? Perché deve avere questa doppia faccia così terrificante? Io non lo capisco, il suo mondo è troppo complicato! E perché diamine l’ho chiamato?!

Si appoggiò allo schienale del divanetto accanto a Rei che dormiva, reclinò la testa all’indietro e chiuse gli occhi cercando di fermare il suo cuore impazzito.

Ma il suo riposo agitato durò solo pochi minuti, perché la luce rossa si spense e un dottore uscì dalla sala operatoria. Maya scosse Rei e all’improvviso tutti furono attenti e svegli.

Una piccola speranza riempì il cuore di Maya, cancellando lo scontro spiacevole con il signor Hayami, appena scorse il volto del dottore.

- L’operazione è andata bene, ora tutto dipende dalla paziente, dalla sua volontà di sopravvivere e dalla sua forza interiore - riferì il medico con un lieve inchino.

Maya e Rei si abbracciarono con le lacrime agli occhi circondate dalle altre e anche Genzo e l’anziano Presidente, affiancato dal suo autista, sorrisero felici.



Dopo una settimana la signora non si era ancora svegliata. Maya e Ayumi avevano ripreso coi loro rispettivi impegni, la prima con le repliche di “Lande dimenticate” e la seconda nelle riprese di un film.

Sakurakoji la osservò mentre addentava un raviolo bollente. Stavano pranzando insieme in un locale vicino alla sala Ugetsu dove trascorrevano tutto il tempo a provare. Indossavano il cappotto e avevano scelto un tavolino all’aperto. Era pensierosa e sempre silenziosa dalla notte in cui avevano ricoverato la signora Tsukikage. Aveva trovato il coraggio di parlare con Rei e le aveva raccontato che la sera del ricovero della signora, Maya aveva avuto il solito battibecco con Masumi Hayami. Rei non ne aveva parlato con lei, quindi non poteva sapere se quello stato di apatia e assenza fosse generato solo dalla preoccupazione per la signora o anche da altro.

- Oggi Mai non è venuta a portarti il pranzo? - gli chiese scuotendolo dalle sue riflessioni. Lui arrossì lievemente e Maya si bloccò mentre stava mettendo in bocca un raviolo. Sakurakoji…

- Noi… noi non stiamo più insieme - le confessò in un sussurro appena udibile. Mantenne gli occhi sulla sua vaschetta di ravioli che fumavano nel freddo della giornata. Maya appoggiò il raviolo e distese una mano a stringere la sua.

- Mi dispiace, Yu - gli disse, sentitamente colpita. Lui rialzò lo sguardo dapprima sulla sua piccola mano e poi sui suoi occhi malinconici.

- Non devi - rispose Yu scuotendo la testa. Maya ritirò la mano quando si accorse che lui era rimasto immobile, quasi infastidito dalla sua gentilezza.

- E’ meglio tornare in teatro - aggiunse alzandosi e sistemandosi il cappotto - Inoltre fa troppo freddo per mangiare fuori -

Maya lo fissò esterrefatta, chiuse rapidamente la vaschetta e lo seguì. Sakurakoji che succede? Perché tutto ad un tratto sei così gelido? Sei dispiaciuto per Mai?

L’uomo seduto di spalle al tavolino di fianco al loro si girò lentamente seguendo la coppia sul marciapiede. Aveva la netta sensazione che presto il ragazzo avrebbe fatto la sua mossa, ma probabilmente non era ancora il momento di dirlo al suo capo, era già abbastanza nervoso, aggiungere anche quello che per ora era solo un sospetto avrebbe aggravato la situazione. E lui non lo voleva affatto.

Hijiri si alzò lentamente e li seguì a distanza.



Quella stessa sera, Maya stava ricontrollando alcune parti del copione quando il telefono squillò. Rei rispose e immediatamente Maya sentì la sua voce concitata e preoccupata. Raggiunse la cucina proprio mentre lei abbassava la cornetta.

- Maya… - il suo volto era terreo e immediatamente Maya comprese che riguardava la signora Tsukikage.

- Non dirmi che… - iniziò, incapace di proseguire, ma Rei la bloccò scrollando la testa e strizzando gli occhi per l’angoscia.

- Era l’ospedale, è peggiorata, dobbiamo andare! - le disse prendendo il cappotto. Maya la seguì senza proferire parola, un vuoto dentro che le congelava l’anima.

Una volta all’ospedale, le due amiche trovarono tutte le altre e c’era anche Ayumi Himekawa. Erano tutti fuori dalla stanza della signora, c’erano anche Genzo e il Presidente dell’Associazione Nazionale per lo Spettacolo. Appena Maya vide Ayumi la raggiunse e si strinsero le mani in un muto segno di comprensione.

- Come sta? - le chiese sussurrando, ma Ayumi scosse la testa.

- Non lo so, ho ricevuto una telefonata dall’ospedale… - la sua replica venne interrotta dalla porta della stanza che si apriva.

Ne uscirono un medico e un’infermiera, i loro volti scuri indicavano quanto fosse grave la situazione. Le due ragazze entrarono immediatamente e entrambe presero una mano della signora ai due lati del letto.

Era pallida, smagrita e fredda, come se fosse già morta. Maya rivide all’istante sua madre sul letto dell’obitorio e le lacrime scesero silenziose.

- Siamo spiacenti, ma noi non possiamo più fare niente se lei non desidera lottare per vivere - esordì il medico rivolgendosi a Genzo che restava tristemente in piedi, le spalle abbassate e gli occhi scuri.

- No! - gridò Maya inginocchiandosi e stringendole la mano, il ticchettio del rilevatore del battito era lento e indicava quanto fosse debole il suo cuore.

- Ce la metta tutta, signora! Devo interpretare la “Dea Scarlatta”! Devo misurarmi con Ayumi, ma ho bisogno di lei! - aggiunse disperata.


Chigusa…

Ichiren… sei tu amore mio?

La Dea Scarlatta, Chigusa…

Ichiren, non ce la faccio più, sono stanca…

La Dea Scarlatta…


Il cuore rallentò ancora il battito e Ayumi gridò tutta la sua disperazione rendendosi conto che la sensei stava davvero per lasciarle.

- No! Signora, devo misurarmi con Maya! Voglio ottenere il ruolo della “Dea Scarlatta” e non potrò mai interpretarla finché lei sarà la mia rivale! Tenga duro signora, lo faccia per noi! - Ayumi le strinse la mano cercando di farle sentire tutta la sua disperazione.

Il cuore si fermò.

- Signora Tsukikage!!! - gridò Maya piangendo senza alcuna vergogna. Il sibilo fisso della macchina la terrorizzò e svuotò.


Ichiren! Non andare via, aspetta!

Ichirennnn! Noooooooooooo!

Chigusa… dai vita ad una Dea Scarlatta eterna…

Ichiren…


Il suo grido si congiunse al battito che riprese vigoroso e alle porte della sala che si spalancarono lasciando entrare Masumi Hayami.

Signora, lei mi serve per trasmettere alla nuova attrice tutto ciò che sa, tenga duro ancora un po’...

- Non posso crederci… - sussurrò il medico all’infermiera, basita quanto lui.

- Signori, se volete che questo miracolo diventi realtà, vi chiedo di uscire, la signora necessita di cure, controlli e riposo! - aggiunse il dottore con fare pratico accompagnandoli.

Il corridoio era deserto quando tutti si riversarono fuori e Maya raggiunse Ayumi.

- Ayumi, aspetta! - la chiamò e la rivale si girò lentamente - Perché hai detto quelle cose alla signora? - le domandò titubante. Ayumi la fissò decisa e sospirò.

- Confesso di essere sempre stata invidiosa del tuo talento, Maya - le rispose lasciandola di sasso quando lei si girò rispondendo alla chiamata del suo manager.

Ayumi… tu invidiosa di me? Sei bellissima e bravissima, com’è possibile che tu invidi proprio me?

La stanchezza, la paura e la prospettiva di un futuro ignoto le fecero abbassare le spalle e la testa. Chiuse gli occhi e si passò le mani lentamente fra i capelli.

Coraggio, ragazzina, sembra che il peggio sia passato...

- Sembra che le vostre parole abbiano sortito un effetto insperato - la voce piena di sarcasmo di Masumi Hayami la riscosse dai suoi pensieri. Si girò di scatto trovandoselo davanti.

- Lei! Come può avere il coraggio di essere qui, dopo quello che…! - iniziò lei aggredendolo. Odioso, odioso! Se non si fosse intromesso la signora starebbe bene!

Ma Masumi la fermò alzando una mano e sorridendo mestamente.

- Si calmi, ragazzina… - le consigliò - Non sono qui per litigare - l’avvisò accendendosi una sigaretta. Lei lo fissò con astio domandandosi cosa ci facesse lì.

- Sa che tutti sono interessati alla sua ragazza lupo? - le rivelò poi, quella mattina aveva ricevuto tutti i primi dati di “Lande dimenticate” ed era rimasto sorpreso dai numeri.

La risposta che Maya tratteneva sulla lingua si perse nel nuovo interesse che lui suscitò. Lo fissò a bocca aperta, in un misto di irritazione e meraviglia.

- Questo potrebbe farle avere davvero una nomination e avvicinarla alla sua agognata “Dea Scarlatta” - aggiunse lui quando lei non replicò.

E Maya esplose.

- La mia agognata “Dea Scarlatta”?! La mia… COME PUO’ DIRMI UNA COSA DEL GENERE?! Proprio lei che dà la caccia alla signora insieme a suo padre da trent’anni!!! - gridò dimenticando completamente il luogo in cui si trovava e chi avesse davanti.

Masumi la fissò stupito, il corpo teso, le guance arrossate per la rabbia, gli occhi socchiusi e incendiati d’ira.

Vedo che ora va meglio, ragazzina…

- Forse ha ragione - annuì lui dopo un attimo di esitazione - Mi rallegro sinceramente per lei - le disse sorridendo debolmente.

Maya vide il suo sguardo cambiare visibilmente e il tono farsi più gentile. Tutta la rabbia e il rancore che aveva provato scomparvero all’istante quando la sua voce, la stessa che le aveva dato la rosa nel corridoio buio della sala Ugetsu, fece breccia nel suo cuore.

Masumi Hayami si voltò e ripercorse il corridoio. Maya sentì quel vuoto più profondo delle altre volte, la distanza che aumentava, quell’assurdo e inspiegabile attaccamento che aveva iniziato a provare, straziarle il cuore.

Corse fino a raggiungerlo, l’emozione che saliva a riempirle l’anima.

- Signor Hayami! - lo chiamò e lui si voltò trovandosela davanti immobile come una statua, le mani racchiuse al petto come se stesse pregando, gli occhi lucidi e brillanti.

Ragazzina, che ti prende?

- Aspetti… - sussurrò arrossendo lievemente. Lui si girò completamente, senza sapere cosa aspettarsi.

- Mi… mi prometta che lascerà in pace la signora Tsukikage… abbandoni questa caccia spietata, la prego! Niente può valere la vita di una persona! - lo implorò mentre una lacrima scendeva inesorabile facendolo tremare d’angoscia.

Maya…

- La prego, signor Hayami, io lo so che lei non è così, la prego - lo supplicò nuovamente quando lui rimase in silenzio. Non mi interessa cosa penserà di me, lo pregherei mille volte se servisse a fargli abbandonare questa cosa insensata…

Masumi rimase sbalordito dalla forza della sua richiesta, da quanto tenesse alla signora, ma soprattutto da ciò che pensava di lui realmente. Dopo l’iniziale sorpresa il suo sguardo si rabbuiò e Maya seppe che non le avrebbe mai promesso una cosa del genere.

- Io sono solo l’ultima pedina di questa lotta, ragazzina - le rispose con voce stranamente gentile e malinconica - Una lotta che, a quanto vedo, vedrà presto la sua fine… - aggiunse fissandola intensamente.

Signor Hayami… perché vuole a tutti i costi quei diritti? Di sicuro non è per i soldi! Ho visto quei bilanci, non so niente ma… No! Non è per i soldi! Perché allora fa tutto questo?

Poi lui la stupì per l’ennesima volta, lasciandola senza fiato. Allungò una mano e le tolse la lacrima che stava scendendo. Un brivido la percorse completamente e, anche se non poteva saperlo, la stessa cosa accadde a lui.

- Non pianga, la prego - sussurrò senza smettere di fissarla - Le prometto che farò in modo che non debba più essere costretta a incontrarmi per quanto mi sarà possibile e di non arrecarle più alcun dolore - lasciò ricadere la mano stancamente e la vide spalancare gli occhi per la meraviglia. Si voltò e uscì dall’ospedale cercando di non pensare alla decisione che aveva appena preso e che gli ronzava in testa dall’ultima volta che l’aveva affrontata proprio in quell’ospedale una settimana prima.

“Quindi non dovrei credere neanche al donatore di rose scarlatte?”

No, ragazzina, in quello puoi credere, è l’unica cosa sana che io abbia fatto negli ultimi venti anni della mia vita… Ma Masumi Hayami, lui vive nel mondo reale ed è costretto a scendere a compromessi nei quali non voglio più coinvolgerti…

Maya si inginocchiò a terra e lo osservò andarsene via con quelle ultime, granitiche parole incise nella mente. Si portò le mani al volto e pianse sommessamente, scaricando tutta la tensione accumulata per la signora e per quell’inspiegabile sentimento che sentiva crescere dentro di lei.


 

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Capitolo 14
*** Vittoria! ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

14. Vittoria!



Maya non riusciva a credere che fosse giunto l’ultimo giorno di rappresentazioni di “Lande dimenticate”. Osservò la platea della sala Ugetsu, ancora splendente dopo l’ultimo restauro voluto dal suo ammiratore. Da quella notte terribile in ospedale in cui la signora Tsukikage aveva rischiato di morire, ormai due mesi prima, non l’aveva davvero più rivisto, aveva mantenuto la parola, come era solito fare.

Il silenzio circondava ogni cosa, le luci soffuse creavano una strana atmosfera in tutto il teatro. Inspirò l’odore del legno, dei tessuti, delle vernici che formavano le scenografie e chiuse gli occhi. Uno scricchiolio sulle assi le disse che qualcuno si stava avvicinando.

- Va tutto bene, Maya? - la voce dolce e confortante di Sakurakoji la fece sorridere. Negli ultimi due mesi, anzi, in realtà da quando le aveva detto di essersi lasciato con Mai, Yu era stato sempre presente. Il giorno dopo il risveglio della signora l’aveva portata a vedere un film, lei non aveva voglia, ma lui aveva insistito e si era ritrovata a sorridere una volta fuori dal cinema e a ringraziarlo per quella serata.

- Sì, Yu, grazie - gli rispose in un sussurro lieve, continuando a guardare la platea.

- E’ finita - le si affiancò rimanendo in silenzio. Maya si voltò a scrutare il suo profilo serio. Era cambiato, aveva un’aria più professionale ed era cresciuto, almeno in altezza. Durante tutti quei mesi di rappresentazioni e di prove, Sakurakoji non aveva avuto un attimo di cedimento e quando lei era stata male, lui era stato la spalla su cui aveva pianto, si era disperata o aveva litigato. Ma Yu le aveva sempre perdonato tutti i suoi capricci e le lamentele, le sue insicurezze e la malinconia che, inevitabilmente, la colpiva.

- Sì - annuì lentamente, il cuore ancora colmo dell’energia che l’aveva attraversata impersonando Jane, solo un’ora prima.

- Grazie, Yu - aggiunse dopo qualche minuto di silenzio. Lui si girò a guardare quel volto che aveva osservato di nascosto, sfiorato, accarezzato, in tutti quei mesi dando una connotazione completamente diversa ai suoi gesti rispetto a quella richiesta dal copione.

- Di cosa, Maya? - le chiese e quando lei si voltò sorridente, gli occhi che brillavano come stelle, rimase senza fiato.

- So di essere piena di complessi e insicura e capricciosa, ma in questi mesi non mi hai mai abbandonato. Stewart e Jane hanno tenuto incollati gli spettatori alle poltrone e tutto questo è stato possibile grazie anche a te - gli confidò con espressione felice. Yu la fissò stupito, poi le sorrise e la prese dolcemente per le spalle.

- Maya, senza la tua Jane, niente di tutto questo sarebbe mai venuto alla luce. E’ stata la tua determinazione, il tuo lato selvaggio, l’energia che emani ogni volta che metti la maschera a spronarmi a dare il massimo, a non essere da meno di te! - le disse con vigore stringendola un po’. Lei lo fissò meravigliata, ma quei complimenti la riscaldarono.

- Ogni volta che un personaggio entra dentro di te, i tuoi occhi… - aggiunse con sguardo rapito - I tuoi occhi cambiano e tu diventi il personaggio! Lo spettatore vede la tua nuova anima che brilla ed è costretto a lasciarsi trascinare! -

I miei occhi! La stessa cosa… la stessa che mi disse lui!

Maya si irrigidì e Yu credette di aver detto qualcosa di sbagliato. Vide la sua espressione raggelarsi e poi sbiancare come avesse visto un fantasma.

- Maya… - sussurrò preoccupato - Scusami se ho detto qualcosa di sbagliato - cercò di riparare immediatamente anche se in realtà pensava di averle fatto un complimento.

- No… No, Yu, va tutto bene, non sei tu, io… io sono sfinita - balbettò scuotendo la testa e uscendo dalla sua presa dolce sulle spalle.

- Ti porto a casa - le disse tendendole la mano. Lei la guardò un attimo, ma non la prese.

- Devo andare all’ospedale, voglio vedere la signora Tsukikage, ce l’hanno proibito in questi due mesi, ma sembra che stia meglio ora e possa ricevere visite - lo informò con un sorriso felice.

- Accetti un passaggio in moto nonostante il freddo? - le propose Sakurakoji sorridendo amabilmente. Maya, riuscirò mai a capire cosa ti passa per la testa?

- Sì, volentieri! - rispose lei entusiasta. Sakurakoji… grazie, non riesco mai a ripagare la tua pazienza quanto vorrei…

Yu si incamminò verso i camerini e Maya, dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla sala Ugetsu, lo seguì con il cuore ancora in tumulto per i ricordi che avevano evocato le parole di Sakurakoji.



Ma all’ospedale Maya, Rei e tutti gli altri non trovarono la signora Tsukikage. La stanza era vuota, il suo nome era sparito dalla porta.

- Ma che succede? - sussurrò Sakurakoji guardandosi intorno. Da dietro l’angolo del corridoio giunse l’anziano Presidente dell’Associazione Nazionale che si fermò guardandoli intensamente.

- Siete venuti a trovare la signora Tsukikage? - domandò pacatamente, le mani dietro la schiena, il portamento dritto e fiero.

- Sì, signore - si fece avanti Maya, deglutendo per la tensione.

- Mi dispiace, ma non la troverete -

- Perché? - Maya fece un altro passo avanti, sconcertata.

- E’ tornata nel paese dei susini e solo le due candidate alla “Dea Scarlatta”, se due saranno, sono autorizzate a raggiungerla - spiegò lentamente l’anziano Presidente facendo passare lo sguardo su tutti i presenti e per ultimo fermandosi su Maya Kitajima.

Questa ragazza ha davvero uno sguardo profondo e penetrante, i suoi occhi… sono incredibili, la sua volontà incrollabile, la sua energia si diffonde dal palco e arriva allo spettatore, la sua capacità innata di memorizzare le battute le permette di entrare prima nei personaggi, il suo modo di analizzarli e approfondirli è quasi spaventoso… Sono settimane che i giornali parlano solo di “Lande dimenticate” per non parlare degli spettatori che l’hanno visto cinque o sei volte… Kuronuma è riuscito a sfruttare al massimo le capacità di Kitajima e di quella sceneggiatura dimostrando come la recitazione sia il cardine principale e fondamentale su cui ruota uno spettacolo e si possa fare a meno di scenografie milionarie se si hanno dei buoni attori… Signora… come ha potuto vedere in questa ragazza, quasi sette anni fa, un talento del genere?

- Se ne è andata… - mormorò Maya, gli occhi spalancati e le gambe che tremavano per la paura. Avevo sperato di poterle parlare… volevo vederla… chiederle… cosa farò adesso? Cosa accadrà?

- Andate ora, non c’è più necessità che restiate qui - li incoraggiò il vecchio Presidente con un debole sorriso. Sono così giovani… e almeno in due dei presenti sto guardando il futuro del teatro giapponese…

Rei si avvicinò e la prese per le spalle con gentilezza.

- Vieni Maya, andiamo - le sussurrò all’orecchio. Lei si lasciò guidare, ringraziando brevemente il Presidente dell’Associazione Nazionale.

Una volta fuori dall’ospedale, Sakurakoji chiamò un taxi in modo che le ragazze potessero tornare a casa e una volta che furono salite, rimase alcuni minuti in sella alla sua moto, il casco in mano, ripensando agli istanti, brevi, sul palco della sala Ugetsu, quando lei l’aveva guardato sorridendo.



Quattro giorni dopo, mentre febbraio volgeva al termine, Maya ricevette una telefonata. Rei era accanto a lei, in trepidante attesa, sapevano bene cosa poteva essere, ma la voce dall’altra parte la lasciò di stucco.

- Kitajima! - urlò Kuronuma e lei scostò la cornetta aggrottando la fronte.

- Si-signor Kuronuma… che succede? - balbettò riportando l’auricolare vicino all’orecchio.

- Ma come che succede!? Sei candidata a due premi! Miglior Attrice Protagonista al Festival delle Arti e al Premio per il Teatro dell’Associazione Nazionale! - urlò nel telefono folgorandola. Maya spalancò gli occhi, si irrigidì e un calore intenso la pervase completamente.

- Due candidature… - sussurrò scandendo ogni sillaba e Rei gridò di giubilo stringendola forte.

- Sakurakoji ha ottenuto una candidatura come miglior esordiente e io come miglior regista! Abbiamo fatto bingo, Kitajima!!! - urlò ancora al massimo dell’eccitazione.

- Io… - balbettò incapace di ribattere tale era il tumulto che sentiva dentro.

La Dea Scarlatta… ce la posso fare… si avvicina!… non posso crederci…

- Ti aspetto fra due giorni alla premiazione e vedi di non dimenticartelo, Kitajima! - la redarguì aspramente conoscendo bene la sua prima attrice.

- Sì… Sì, signore - rispose lei meccanicamente, lo sguardo ancora perso nel vuoto e le braccia di Rei come unica ancora con la realtà.



La serata della premiazione giunse inesorabile come l’insicurezza e le paure di Maya. Rei la trovò in camera sotto le coperte del futon alle cinque del pomeriggio. Sospirò, afferrò il piumone e lo tirò via. Maya era rannicchiata sotto, tremava e singhiozzava.

- Avanti, Maya! Che ci fai ancora a letto, devi prepararti! - gridò facendola sussultare; non si era neanche accorta che Rei aveva tirato via la coperta.

- Ci sarà troppa gente, non ce la faccio ad affrontare tutti… - piagnucolò mettendo la testa sotto il cuscino. Non ce la faccio ad affrontare lui… Rei tirò via anche quello senza pietà e poi la minacciò.

- Se non ti alzi subito ti rovescio addosso un secchio d’acqua! - ringhiò, le mani sui fianchi in posizione aggressiva.

Maya aprì un occhio, si stirò, si asciugò gli occhi e si alzò a sedere. Non aveva alcuna voglia di affrontare quella premiazione, né Ayumi, né… né lui, che ci sarebbe stato sicuramente. Figurarsi se il Presidente della Daito Art Production avrebbe potuto mancare un evento mondano del genere! E poi ci sarebbe stata la sua “Isadora” in concorso e anche Madoka Enjoji…

Si sentì tirare su dalle spalle e fu costretta a seguire Rei in bagno. La spogliò in fretta nonostante le sue lamentele e la gettò nella vasca già piena d’acqua bollente.

- Lavati! - le disse senza mezzi termini, uscì sbattendo la porta e tornò in camera tirando fuori dall’armadio l’abito che l’aveva costretta a comprare quella mattina.

- Possibile che io debba fare sempre questa fatica? - borbottò mestamente. Si chinò per prendere le scarpe, acquistate sempre quella mattina e vide una piccola scatola di metallo sul fondo dell’armadio. Era parzialmente aperta e togliendo del tutto il coperchio si rese conto che era piena di ritagli di giornale. Pensando che fossero dei suoi spettacoli, tirò fuori la scatola e se la posò sulle ginocchia.

- Ma cosa…? - Rei rimase congelata quando comprese ciò che stava guardando. Sono ritagli di articoli… e parlano tutti… tutti quanti… di… di Masumi Hayami! Maya… perché tieni questi ritagli?

Scorse rapidamente i trafiletti, parlavano di cessioni, acquisizioni, andamento delle azioni Daito in borsa, uno addirittura parlava della nascita della Daito Art Production voluta da Eisuke Hayami, il padre di Masumi. Poi c’erano film e spettacoli teatrali della Daito con relative recensioni di critici e giornalisti. C’erano interviste a Masumi Hayami, iniziative a cui aveva partecipato e un articolo parlava di una sua donazione ad un parco a Nakatsugawa che risaliva a qualche anno prima.

Maya… Chissà da quanto tempo tiene questi ritagli e per quale motivo…

Sollevò lo sguardo portandolo alla porta del bagno, stupefatta e confusa. Tolse altre decine di articoli e quello che vide sul fondo della scatola la lasciò completamente disorientata e sconvolta.

Scosse la testa incapace di credere a ciò che stava guardando. Rimase immobile qualche secondo, lentamente posò a terra tutti gli articoli e con mano tremante prese il petalo di rosa scarlatta, con mille pensieri che andavano ad incastrarsi magicamente quando unì le due figure.

Eppure lo sapevo già… Maya… il tuo ammiratore è Masumi Hayami?!



Maya varcò la soglia della grande sala illuminata. Un brusio la seguì, ma lei era così terrorizzata da non rendersi conto di ciò che stava accadendo intorno a lei. Si sentiva a disagio nell’abito da sera che Rei le aveva fatto acquistare per non parlare delle scarpe. Anche se il tacco non era troppo alto, non era abituata a portarle e le davano fastidio. Si guardò smarrita intorno e individuò i due volti familiari, così si diresse subito verso il regista Kuronuma, splendido in un abito scuro, camicia bianca e cravattino, e Sakurakoji, che si voltò sorridendole. Li raggiunse calamitata, come fossero un porto sicuro, ignorando il brusio e il suo nome che veniva pronunciato da chi la riconosceva.

- Maya… sei bellissima - le mormorò Yu nell’orecchio appena si accostò, facendola tremare d’emozione.

- Anche… anche tu, Yu - annuì arrossendo un po’ spaesata rendendosi conto che stava bene davvero. L’abito nero a minuscole righe grigie gli stava a pennello, la camicia bordeaux e la cravatta che riprendeva lo stesso grigio dell’abito completavano un quadro perfetto cambiando completamente la sua immagine rispetto a come era abituata a vederlo.

Yu la fissò, incapace di distogliere lo sguardo. Non ricordava di averla mai vista vestita in quel modo. L’abito non era appariscente, anzi, era sobrio e semplice, nero e corto, ma le spalle scoperte e i capelli appuntati le davano un’aria elegante e adulta.

- Sakurakoji, smettila di fissarla in quel modo altrimenti domani mattina i giornali diranno che avete una storia - Kuronuma gli dette di gomito per sdrammatizzare un po’ la tensione. Entrambi i giovani arrossirono e abbassarono lo sguardo mentre Kuronuma scoppiò a ridere.

Masumi Hayami stava conversando con Onodera quando un brusio sommesso ripeté incessantemente il nome di Maya Kitajima. Erano due mesi che non la vedeva, escludendo le informazioni che gli aveva riportato Hijiri. Non era neanche riuscito a trovare un nome a quell’angoscia che lo pervadeva continuamente, finché quella mattina l’aveva capito. Assenza. Voleva vederla più di ogni altra cosa. Negli ultimi due mesi si era concentrato completamente sulla Daito e sui diritti della Dea Scarlatta cercando di non pensare a lei, e fallendo. Nonostante i suoi sforzi non era riuscito in alcun modo ad allontanarla dai suoi pensieri.

Si voltò e la vide entrare nella sala. Perfino Onodera borbottò meravigliato qualcosa.

Non può essere lei… è impossibile…

Rimase senza fiato mentre la osservò guardarsi intorno spaesata, individuare il regista e Sakurakoji e dirigersi da loro. Avvertì il consueto gelo quando il giovane attore le si avvicinò sussurrandole qualcosa. Lei gli sorrise e fu costretto e distogliere lo sguardo mentre un nodo gli serrava la gola.

Il regista accanto a lui continuò a parlare di “Isadora”, delle candidature e di come potevano essere distribuiti i premi, ma lui riusciva a pensare solo a quella ragazza dall’altra parte della sala. Concluse rapidamente la discussione e si congedò senza dare adito al regista che se ne stesse andando per un motivo specifico.

Attraversò la sala a passo lento, salutando alcune persone, ma tenendo sempre uno sguardo su di lei, finché non li raggiunse.

- Buonasera - la voce familiare arrivò dalle loro spalle facendoli voltare. Maya rimase congelata, sentì la pelle formicolare e un calore inusuale salirle al volto.

E’ lui… come faccio a guardarlo adesso?

- Signor Hayami, buonasera! - lo salutò cordialmente Kuronuma facendosi avanti e stringendogli al mano.

Yu fece un lieve inchino e lo salutò a sua volta. Maya respirò per riprendere il controllo rendendosi dolorosamente conto che, a discapito di tutto, in quei due mesi le era mancato non poterlo vedere. Ma non è vero! Ha fatto in modo che lo sponsor della signora Tsukikage si ritirasse e lei è quasi morta per questo!

Con la rabbia bollente che sostituiva l’altro iniziale e sconvolgente sentimento, si voltò e lo affrontò. Fece un lieve inchino, poi alzò lo sguardo.

- Buonasera, signor Hayami - lo salutò con estremo garbo, ma nell’istante in cui incrociò i suoi occhi tutto l’astio scemò all’improvviso lasciandola svuotata e spaventata per ciò che sentiva. Il cuore prese a martellarle incessante e aveva le mani sudate.

- Buonasera, ragazzina - il suo tono era gentile e conciliante - Alla fine avete fatto il pieno di nomination - fece notare e Kuronuma scoppiò a ridere. Maya riuscì solo ad annuire, le parole bloccate in gola da quell’emozione incontrollabile derivata dal trovarselo davanti e accentuata dalla tensione della serata.

Come… come sta bene signor Hayami vestito così… lei è…

Ma il regista interruppe il fiume in piena dei suoi pensieri confusi e alterati dall’improvviso caldo che sentiva nonostante l’abito leggero.

- Le nomination non servono a niente se non si vince! - declamò il regista, le mani sui fianchi.

- Non ci sarà ancora molto da aspettare - Masumi guardò l’orologio. Coraggio ragazzina, fra poco conoscerai il tuo futuro...

Maya continuò a fissarlo finché sentì la mano di Sakurakoji sul suo gomito.

- Va tutto bene? - le sussurrò premuroso, lei si voltò di scatto facendo ondeggiare le poche ciocche di capelli che erano uscite dall’acconciatura.

- Sì… sì… - balbettò annuendo.

Un fermento scosse la sala e l’annunciatore disse al microfono che stavano per iniziare le assegnazioni dei premi. Maya si bloccò congelata, la gola completamente riarsa, Kuronuma borbottò, Sakurakoji si irrigidì e Masumi Hayami si affiancò a lei che era diventata terrea.

Vennero assegnati i primi premi del cinema e poi toccò al teatro. Maya sentì il sangue defluire quando cominciarono a chiamare nomi di attori e attrici che conosceva e che avevano vinto dei premi nelle loro categorie. Spostò lo sguardo su Ayumi, assorta e concentrata, in piedi vicino a sua madre Utako Himekawa.

Se non dovessi vincere… non dovrò piangere… le farò le mie congratulazioni per la Dea Scarlatta! Tutto quello che ho fatto finora è comunque un ottimo traguardo e sono contenta!

Masumi la osservò in silenzio, aveva gli occhi sbarrati, le guance arrossate e poteva sentirla tremare tanto le era vicino. Il suo cuore accelerò improvvisamente quando sentì la piccola mano infilarsi nella sua e aggrapparsi.

Ragazzina…

Ma Maya era così concentrata da non rendersi probabilmente conto di ciò che stesse facendo. Masumi chiuse le dita gentilmente su quelle delicate di lei lasciandosi andare a quel contatto insperato che lo riempì d’emozione. Tutti gli ospiti avevano gli occhi sul palco e i giornalisti erano troppo occupati a scattare foto ai vincitori per perdere tempo dietro a loro. La sua mano era fredda, rigida e si aggrappava alle sue dita come se stesse cadendo da una rupe. Avrebbe voluto chiuderla fra le sue e scaldargliela, rassicurarla che sarebbe andato tutto bene, non aveva mai sbagliato a interpretare i dati di uno spettacolo e “Lande dimenticate” era una rappresentazione che sarebbe stata ricordata per molto tempo.

- Ed ora, il premio come Migliore attore esordiente va a Yu Sakurakoji per “Lande dimenticate”! -  annunciò e un applauso si levò festoso da tutti gli ospiti. Maya si voltò lentamente, imbambolata, Sakurakoji le sorrise raggiante e raggiunse il palco ritirando il premio.

- Il premio come Miglior regia va a Ryuzo Kuronuma per “Lande dimenticate”! - gridò di nuovo lo speaker e un altro applauso si levò assordante. Maya seguì come in un sogno quei minuti, la tensione così alta che l’unica cosa che riusciva a fare era guardare.

- Sì! - sentì Kuronuma gioire mentre raggiungeva il palco e ritirava il premio.

Ci siamo… santo cielo ci siamo… non riesco neanche a respirare!

Masumi sentì la sua mano stringere e lui rispose accentuando la stretta e cercando di rassicurarla. Coraggio ragazzina, qualsiasi cosa succeda le rose nel mio cuore non sfioriranno mai… ci sarò sempre per te, sempre…

- Il premio come Migliore attrice protagonista va a… - lo speaker fece una pausa d’effetto sapendo quanto fosse importante quel premio e Maya per poco non svenne per la paura - Madoka Enjoji, per “Isadora”! - concluse e lei si sentì svuotare.

La Enjoji si diresse con eleganza sul palco mentre dentro gioiva per essere riuscita ad aggiudicarsi quel premio prestigioso.

La migliore attrice… è andato a lei! Mi resta solo…

Chiuse gli occhi incapace di sostenere quella tensione e all’improvviso si rese conto che stava stringendo la mano del signor Hayami. Ritrasse la sua, imbarazzata, evitando di guardarlo, lui sorrise e si mise la mano in tasca lentamente, rimpiangendo già l’assenza di quel contatto.

Ma come mi è venuto in mente? Mi ha tenuto la mano per tutto questo tempo?

Abbassò lo sguardo, le guance in fiamme e la tensione alle stelle.

- Ed ora l’ultimo premio, il più prestigioso, quello dell’Associazione Nazionale per il Teatro! - esordì l’annunciatore facendo un’altra pausa d’effetto.

Maya si torse le mani in grembo, il cuore che le scoppiava in petto come volesse uscire.

- Va a Maya Kitajima per il ruolo di Jane in “Lande dimenticate”! - gridò nel microfono e a lei occorsero alcuni secondi per rendersi conto di ciò che aveva detto mentre la gente intorno esplose in un applauso caloroso.

Sono io! Io sono Maya Kitajima! Ce l’ho fatta! Potrò gareggiare con Ayumi per la Dea Scarlatta!

Il cuore batteva furiosamente e l’unica altra cosa di cui si rese conto, oltre l’aver vinto il premio, era l’uomo alto e silenzioso accanto a lei che l’aveva sostenuta in tutti quegli anni e perfino in quell’ultimo frangente. Sollevò gli occhi a incontrare i suoi e lo trovò sorridente. Dovrebbe sorridere più spesso, signor Hayami...

Rispose al sorriso e si incamminò verso il palco, il cuore colmo di gioia e d’emozione. Masumi la seguì con lo sguardo, ciò che aveva visto nei suoi occhi luminosi e felici era il suo premio personale.

Ecco, con questo traguardo ti si spalancheranno tutte le porte che vorrai, di cui la Dea Scarlatta sarà solo il primo grande passo…

Prese un flûte dal vassoio di un cameriere e lo bevve, restituendoglielo subito vuoto. Il cameriere alzò un sopracciglio, ma lasciò correre, c’era un sacco di gente strana in quella sala…

Maya ritirò il premio, con mani tremanti e lo sguardo perso, direttamente dal Presidente dell’Associazione Nazionale che le sorrideva con benevolenza. Chiamò sul palco anche Ayumi Himekawa, la quale strinse la mano a Maya con un’occhiata glaciale che la rivale ricambiò.

- Bene signori, sono lieto di potervi parlare questa sera - esordì il Presidente dell’Associazione Nazionale - “Lande dimenticate” e il genio di Ryuzo Kuronuma non hanno portato alla ribalta solo uno spettacolo grandioso e coinvolgente, ma hanno permesso anche a due attori esordienti come Yu Sakurakoji e Maya Kitajima di potersi rivelare al pubblico e, in special modo per Kitajima - si rivolse direttamente a lei facendola arrossire fino alla punta dei piedi - Aprirle le porte alla sfida lanciata dalla signora Tsukikage e che la vedrà contrapposta ad Ayumi Himekawa per il ruolo della Dea Scarlatta - un brusio sommesso serpeggiò fra gli ospiti quando l’anziano Presidente fece una pausa.

- Il capolavoro della Dea Scarlatta tornerà a nuova vita sotto la tutela dell’Associazione Nazionale per lo Spettacolo, che ne controllerà la produzione secondo il desiderio di Chigusa Tsukikage - quella rivelazione fece aumentare il brusio e Onodera afferrò Masumi per un braccio.

- Ma cosa significa! - sibilò il regista aggrottando la fronte.

- Evidentemente per evitare che si monopolizzi la “Dea Scarlatta”, Chigusa Tsukikage deve essere venuta a patti, tirando dalla sua parte l’Associazione Nazionale per lo Spettacolo - spiegò lentamente Masumi con un sorriso enigmatico - Teatro, promozioni, regia, interpreti, tutto dovrà avere l’autorizzazione dell’Associazione - concluse apparentemente sereno.

- Guarda i nostri concorrenti della Hochiku! Sono sbiancati… - mormorò il regista indicando due uomini che parlavano animatamente. Masumi mantenne il consueto sguardo glaciale e quel sorriso enigmatico che stupì Onodera.

- Non sembri sorpreso - indagò il regista assottigliando lo sguardo.

- No… - mormorò in risposta il giovane presidente della Daito - Avevo immaginato che sarebbe andata a finire così quando mi sono reso conto che la signora Tsukikage si era avvicinata all’anziano Presidente… - sussurrò lui tenendo lo sguardo sul palco.

- Scommetto che hai qualche asso nella manica per monopolizzare la “Dea Scarlatta”! - ridacchiò il regista afferrando due bicchieri dal vassoio di un cameriere che passava e porgendone uno a quell’uomo pieno di segreti e freddo come il ghiaccio. Vorrei tanto sapere cos’hai in mente, Masumi Hayami e perché sembri così sicuro di te…

- Sì - rispose serafico il giovane Presidente spostando lo sguardo sul palco, dove Ayumi e Maya stavano parlando direttamente con il Presidente dell’Associazione.

- Maya, Ayumi - le due ragazze si fecero subito attente, ormai dimentiche della premiazione appena avvenuta e delle tensioni passate.

- Andrete nel paese natale della “Dea Scarlatta”, laggiù la signora Tsukikage vi sta aspettando e vi istruirà su tutto quello che dovrete sapere per interpretarla - proseguì l’anziano presidente con sguardo intenso e voce calda ma seria.

Maya e Ayumi si fissarono, per entrambe la sala si era svuotata e restava solo l’altra rivale come unico faro da raggiungere e superare.

Ayumi, mi batterò come mai prima d’ora ho fatto! Non ti permetterò mai di soffiarmi la Dea Scarlatta! Interpretandola diventerò un’attrice ed è troppo tempo che aspiro a questo ruolo per farmi indietro ora!

Maya strinse un pugno disteso lungo il fianco e Masumi notò il gesto accompagnato da un’occhiata decisa. Svuotò il flûte, sorrise e distolse lo sguardo dedicandosi alle pubbliche relazioni che tanto odiava.

Maya, niente potrà fermarmi ora che mi hai raggiunto potrò misurarmi con te ad armi pari, nessuna concessione! Niente mi separerà dell’interpretare quel ruolo!

Ayumi distese la mano e Maya gliela strinse. Gli ospiti applaudirono e la tensione scemò all’istante, la musica riprese e l’evento proseguì con gli interventi di altri vincitori sebbene i giornalisti si fossero assiepati intorno alle due giovani attrici.

Le domande si susseguirono serrate e Maya cercò di rispondere ad ogni giornalista in modo esaustivo. Non riguardavano solo la “Dea Scarlatta”, ma anche “Lande dimenticate”. Sentiva la voce pacata e seria di Ayumi che faceva la stessa cosa ma era evidente la sua maggiore abitudine alle interviste.

- Signorina Kitajima, una delle rappresentazioni di “Lande dimenticate” ha trasformato la sceneggiatura in una storia d’amore - le chiese un giornalista mettendole davanti un piccolo microfono - Lei e l’interprete di Stewart, Yu Sakurakoji, sembravate molto affiatati, per caso avete una storia anche nella vita reale? -

Maya raggelò e arrossì abbassando lo sguardo e il giornalista stava per esultare certo del suo scoop quando una voce imperiosa si intromise.

- Suvvia Genichi, vuoi davvero mettere in imbarazzo un’attrice così giovane con domande così sconvenienti? - il giornalista, sentendosi chiamare per nome, si voltò pronto a ribattere quando si rese conto di chi avesse davanti. I colleghi avevano lasciato spazio a Masumi Hayami che li stava squadrando tutti dall’alto al basso.

E questo che vuole adesso? Stava per ammetterlo… ficcanaso… che occhi gelidi però...

- Si-signor Hayami - balbettò ritirando subito il microfono. Da un lato era contento perché l’aveva chiamato per nome davanti a tutti gli altri, ma dall’altro non avrebbe mai osato sfidarlo - No, non era mia intenzione - mentì e chiuse subito il registratore. Sapeva bene di cosa fosse capace quell’uomo quando veniva disatteso.

Maya lo osservò stupita sebbene lui non l’avesse degnata di uno sguardo. In quella posizione, che sembrava rilassata, ma non lo era affatto e con quello sguardo, fece letteralmente fuggire tutti i giornalisti e i fotografi. Anche se da un lato gli era riconoscente, dall’altro si sentiva privata di un po’ di quella notorietà che Ayumi aveva sempre avuto.

- Congratulazioni. Ha vinto in modo eccellente la sfida col suo un per cento di possibilità - le disse spostando infine lo sguardo su di lei - Ora dovrà affrontare la sfida della “Dea Scarlatta” - e sorrise. Maya arrossì e abbassò lo sguardo.

Perché ogni volta questa sensazione è più intensa e devastante? Eppure è sempre lui! Lo conosco da anni!

- Anche se credo, che più che la “Dea Scarlatta”, le si addica la ragazza lupo! - la provocò Masumi ridacchiando e aspettando la sua reazione che, era sicuro, non sarebbe tardata.

Maya sollevò lo sguardo e lo fissò senza timore nei suoi occhi azzurri.

- Grazie dei suoi complimenti, signor Hayami! - ringhiò lei inalberandosi - Vuole che ora… - ma lui la interruppe lasciandola stupefatta. Masumi sollevò un indice e le strizzò un occhio.

- Si calmi ragazzina, oggi non voglio litigare con lei! - le disse e fece un passo avanti fino a raggiungerla - Vuole ballare con me? - chiese chinandosi leggermente e porgendole una mano.

Maya spostò lo sguardo dalla sua mano ai suoi occhi che non la lasciavano. Mi sta… davvero… chiedendo di ballare? A me? Oh… mi batte così forte in cuore e mi sento la bocca asciutta… non riesco a parlare…

Annuì e, con espressione meravigliata e imbarazzata, appoggiò la mano nella sua. Era calda e salda, come quel giorno a teatro e quando gliela strinse il suo cuore accelerò ancora. Si lasciò trascinare senza riuscire a comprendere fino in fondo ciò che stesse provando, ma con la certezza che, in quel momento, ballare con lui era l’unica cosa che volesse. I contorni divennero ovattati e perfino i suoni parvero scomparire, tutta la sua attenzione era concentrata su quell’uomo che per oltre sei anni l’aveva sostenuta in privato e contrastata in pubblico. Quando il suo braccio l’avvolse intorno alla vita ricordò la volta precedente in cui aveva ballato con lui.

Era lui… me ne accorsi, ma non ci volli credere… le sue braccia, le stesse di Nagano… quando cercavo di capire Helen… le stesse che mi stingono ora… Era lui… era lui il mio ammiratore…

Masumi la guidò nei primi passi di danza ma lei reagì in maniera completamente diversa dalla volta precedente. Innanzitutto era silenziosa e lo fissava, le guance arrossate e il corpo rilassato. Poi la vide abbassare lo sguardo e arrossire ancora di più. A cosa pensi ragazzina? Al tuo ammiratore che ti stringe fra le braccia? O al Presidente della Daito Art che ha tenuto segregata tua madre?

La fece girare alcune volte e lei seguì incredibilmente ogni passo in perfetta sintonia con lui, assente ma concentrata e Masumi si ritrovò a guardarla in pubblico come mai aveva fatto prima di allora. La sua piccola mano stringeva lievemente il suo palmo e l’altra era appoggiata al suo braccio e ci si appoggiava quando necessario alla danza, in modo del tutto spontaneo. Le lunghe ciglia scure erano adagiate sulle guance rosse e la bocca… le labbra erano leggermente socchiuse. Non posso guardarla così… non posso…

- Dovrà impersonare la “Dea Scarlatta”, il millenario spirito dell’albero di susino, la dea dall’incomparabile bellezza… - esordì per distrarsi e la fece girare ancora. Maya alzò lo sguardo e lui la sentì irrigidirsi immediatamente.

- Tra tante siete state scelte lei e Ayumi, si prepari a lavorare sodo per esserne all’altezza - ora che i suoi occhi caldi e profondi lo fissavano voleva vedere quel lampo orgoglioso che li illuminava e sapeva che provocandola così sarebbe stato accontentato.

- Signor Hayami! - esclamò Maya stringendogli la mano - Io sono un’attrice dal grande potenziale! Rimarrà sorpreso nel vedere la mia “Dea Scarlatta”! - sibilò alzando la voce, gli occhi che ardevano d’ira. Però… ha ragione… la Dea Scarlatta è bellissima…

Si rabbuiò abbassando gli occhi e Masumi aggrottò la fronte quando vide la loro luce spegnersi, così scoppiò a ridere, consapevole che l’avrebbe irritata.

- Sarà una sfida ardua per lei! - la avvicinò un po’ a sé e la guidò in alcuni passi difficili ma lei, nonostante la rigidità improvvisa per le sue parole, lo seguì senza apparente difficoltà. E’ agile… sarebbe un’ottima ballerina… è leggera come una piuma...

Maya sollevò lo sguardo a quelle parole e senza alcuna paura lo fissò, rimanendo in silenzio diversi secondi. La prima risposta che le era venuta in mente, che non l’avrebbe mai interpretata per la Daito, avrebbe interrotto quel ballo e lei non lo voleva. Rifletté qualche attimo sul perché di quel pensiero, poi si rilassò, abbassò gli occhi, li rialzò e gli sorrise.

Masumi restò incantato da quel sorriso in particolare e dall’espressione del suo volto in generale. Ragazzina… sei diversa stasera…

- E’ vero, sarà una sfida ardua, ma la vincerò - gli rispose e per sottolineare la sua determinazione strinse forte la mano di lui. La fece girare ancora e vide Sakurakoji con la coda dell’occhio, accanto a lui c’era Ayumi e ridevano. Girò il collo di scatto per guardare ancora, incuriosita.

Masumi seguì il suo sguardo e questa volta fu lui a raggelare. Cambiò passo all’improvviso mosso da una rabbia antica, costringendo lei a smettere di guardare. Serrò l’abbraccio e Maya sussultò sentendo il suo corpo così vicino. Signor Hayami...

- Il giornalista aveva ragione? - le sibilò vicino all’orecchio abbassandosi e facendola rabbrividire. La sua voce era cambiata e le stringeva la mano tanto da farle quasi male. Il suo sguardo era gelido e lei lo fissò spaventata.

- Signor Hayami... - balbettò senza capire cosa gli stesse prendendo.

- Risponda! Il giornalista aveva ragione? - le chiese ancora con quella voce bruciante e lei perse il ritmo della danza costringendolo a fermarsi. La lasciò così rapidamente che quasi perse l’equilibrio. A cosa si riferisce, signor Hayami? Quale giornalista? Forse… Spostò di nuovo lo sguardo su Sakurakoji, anche se non poteva riferirsi a quella domanda sull’ipotetica relazione.

Masumi si sistemò la giacca e riprese il controllo. La oltrepassò evitando di guardarla e con rammarico misto a rabbia si rese conto che il contatto con lei già gli mancava. Ma come sono ridotto… e lei invece guarda lui… è giusto che sia così, lo so da tempo, perché allora mi fa stare così male?

Maya lo vide andare via, senza una parola, con ancora il suo ringhio nell’orecchio. Perché fa così…?

- Non aveva ragione! - gridò in mezzo alla sala facendo girare tutti - HA CAPITO!? - urlò ancora dato che lui continuò a darle le spalle camminando.

- Si preoccupi della “Dea Scarlatta”, dovrà essere perfetta per recitare in un teatro Daito! - le disse voltandosi appena e continuando a camminare lentamente.

Maya si bloccò e la rabbia che l’aveva colta brevemente anche mentre ballavano uscì dirompente. Si irrigidì e chiuse i pugni lungo i fianchi.

- Non reciterò mai per la Daito, MAI! - gli gridò dietro ignorando le facce meravigliate intorno a lei e le risate trattenute.

- Lo vedremo, ragazzina, si ricordi delle mie parole! - le rispose lui scoppiando a ridere. Varcò la soglia delle grandi doppie porte della sala e sparì alla sua vista.

Non riuscirò mai a capirlo… mai! E’ troppo oscuro, non riesco mai a comprendere cosa pensi né perché agisca in una certa maniera…

- Signorina Kitajima? - una voce sconosciuta la distrasse e lei si voltò di scatto per incontrare un cameriere in livrea che le  porgeva un mazzo di rose scarlatte. Maya sussultò e si girò verso la porta da cui il signor Hayami era sparito.

Prese il mazzo di rose e affondò il volto fra i petali vellutati. Il profumo la circondò e tutta la tensione scomparve magicamente. Un vuoto freddo e spaventoso prese il posto del tepore che l’aveva avvolta finché lui l’aveva tenuta fra le braccia. Stringendo il mazzo di rose si rese conto finalmente di ciò che le stesse accadendo. La paura crebbe, mista ad uno strano sollievo per quella consapevolezza e quando accettò infine quel sentimento nei confronti di quell’uomo tanto più grande, il suo cuore batté incontrollato consolidando quella rivelazione.

Non ha alcuna importanza ciò che io provo per lui, non mi considererà mai in quel modo… io sono solo una ragazzina e le sue rose, le sue attenzioni, è tutto per l’attrice Maya Kitajima e i diritti della Dea Scarlatta!

Inspirò, scacciando l’angoscia e lesse il biglietto che accompagnava il mazzo come sempre.


Congratulazioni per il premio. Ora dovrà impegnarsi per la Dea Scarlatta. Io continuerò a seguirla. Il suo ammiratore


Mi hai seguita per così tanti anni, mio ammiratore e il tuo sostegno, le tue rose, i tuoi biglietti di incoraggiamento, sono diventati per me una colonna a cui aggrapparmi... senza rendermene conto io ho iniziato a provare dell’affetto… e poi ho scoperto la tua vera identità! Sapere che eri la stessa persona che tanto odiavo, mi ha così disorientato! Ho iniziato a guardarlo con occhi diversi, cogliendo nei suoi tratti parti di te, mio donatore di rose scarlatte…

- Incredibile! - la voce del signor Kuronuma la riscosse dai suoi pensieri - Come avrà fatto il tuo ammiratore a sapere già della tua premiazione? - il regista osservò il mazzo grattandosi la testa.

- Avrà chiesto informazioni a qualcuno qui presente - aggiunse Sakurakoji guardando Maya che sembrava completamente perduta in qualche pensiero. Poi lei alzò lo sguardo, fissando davanti a sé un punto imprecisato oltre le grandi porte della sala.

- Si è sempre preoccupato per me… e anche oggi… - sussurrò debolmente abbracciando le rose e ammettendo infine ciò che sentiva dentro.

Mi sono innamorata di lei, signor Hayami e sono consapevole che questo mio sentimento non potrà mai essere ricambiato… ma potrò ricambiare tutto quello che lei ha fatto per me impersonando una Dea Scarlatta perfetta!


 

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Capitolo 15
*** Cambio di rotta ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

15. Cambio di rotta

 

Masumi osservò il grande salice del giardino ormai senza foglie, i lunghi rami, come fruste, battevano il suolo scossi dal vento invernale. A breve sarebbero iniziate le audizioni per la “Dea Scarlatta” e lui aveva predisposto ogni cosa in modo che il risultato fosse quello da lui voluto. La decisione che aveva preso gli era costata giorni di riflessione e, anche se sapeva che era la cosa giusta da fare, che avrebbe aumentato le possibilità di Maya di vincere quel ruolo a cui tanto ambiva, non riusciva ad accettarla pienamente. Si voltò verso la scrivania di suo padre, prese una sigaretta e se l’accese con fare distratto, tornando a guardare il giardino dalla grande finestra.

La porta della sala scricchiolò e lui seppe che suo padre stava entrando. Rimase immobile, raccogliendo i pensieri e concentrandosi, scacciando dalla mente il ricordo di quel ballo di pochi giorni prima. Tutti i giornali ormai parlavano del successo di “Lande dimenticate” e della “Dea Scarlatta” che presto avrebbe visto nuova luce.

- Masumi - la voce di Eisuke coprì il sibilo del vento e lui si girò.

- Padre - lo salutò con la deferenza che gli aveva sempre tributato. Sapeva bene cosa voleva sapere e lui era pronto a dirgli ciò che avrebbe voluto sentire. In fondo me l’hai insegnato tu, padre…

- Alla fine quella ragazzina ha vinto davvero - esordì, invece, sorprendendolo. Masumi si girò lentamente e si appoggiò alla finestra.

- Sì, direi di sì - ammise espirando la sigaretta e domandandosi da quando suo padre si interessasse a Maya Kitajima.

- L’ho incontrata - gli rivelò fissandolo, era curioso di vedere la sua reazione - Due volte - aggiunse con una nota divertita.

Masumi sollevò lo sguardo perdendo per un attimo quell’autocontrollo che manteneva sempre in sua presenza. Poi riprese a fumare come se la cosa non lo interessasse affatto.

Eisuke rimase qualche attimo in silenzio valutando quel suo figlio schivo e riservato, poi spostò la sedia fino a raggiungere la finestra.

- I suoi occhi - mormorò Eisuke guardando un uccellino che si era posato su uno dei sassi rotondi del giardino - Il suo ardore… è come Chigusa da giovane… -

Masumi trattenne un moto di sorpresa a quel giudizio così confidenziale e sincero. Abbiamo perso entrambi la testa per una dea scarlatta… chissà se anche a lui è venuta in mente l’associazione di idee… chissà se ha capito…

- Non so come fosse Chigusa Tsukikage da giovane, anche se posso immaginare visti i numerosi scontri che abbiamo avuto, ma Maya Kitajima sarà la nuova “Dea Scarlatta”… - valutò spegnendo la sigaretta.

- Sembri molto sicuro di quella giovane attrice - indagò il padre - Mi hanno riferito che alla premiazione avete ballato, ma che lei ti ha urlato dietro - Eisuke spostò la sedia e osservò il profilo del figlio che però non dette segno di essere rimasto sorpreso.

- Sì, è una ragazzina orgogliosa e testarda e non ha mai dimostrato di temermi - mormorò più parlando a sé stesso - Non ti hanno riferito che ha pianto sul mio mazzo di rose? - aggiunse alla fine fissando il padre con espressione enigmatica.

Eisuke annuì con un sorriso ironico. In fondo sembra che tutte le scelte che fai risultino vincenti, Masumi…

- E con l’Associazione Nazionale come va? Hai già preso le giuste contro misure? - gli chiese andando finalmente sull’argomento che Masumi credeva gli avrebbe chiesto come prima cosa appena entrato nella sala.

- Sì, non devi preoccuparti di questo - rispose pacatamente, a suo padre non interessavano i dettagli, ma i risultati.

- Bene, sono impaziente, non vedo l’ora di avere in mano quei diritti! - e chiuse un pugno tornando a guardare fuori dal giardino.

- La “Dea Scarlatta” ha cambiato la tua vita - constatò tirando fuori quel pensiero che lo tormentava da anni e dirigendosi verso il corridoio. Ti sei mai chiesto come sarebbe stata se non avessi avuto quest’ossessione?

- Anche la tua, Masumi - gli rispose Eisuke ruotando tutta la sedia verso di lui, i suoi occhi circondati da rughe erano freddi e decisi.

- Sì, anche la mia - ammise pensieroso.

- Sei rimasto incantato anche tu dai suoi occhi? - gli chiese e Masumi si bloccò con la mano sulla maniglia.

- No - disse girandosi - In lei ho visto solo un contratto nell’istante in cui capii l’interesse della signora Tsukikage e la vidi recitare in “Piccole donne” - spiegò con voce atona mentre il cuore gli batteva in petto sapendo di mentire.

Si voltò e uscì, sicuro che se fosse rimasto, suo padre avrebbe letto dietro quella maschera che teneva con sempre più difficoltà.

Eisuke lo lasciò andare, ancora indeciso se credergli o meno. Gli occhi di quella ragazza, la sua espressione rapita quando parlava della “Dea Scarlatta”, l’emozione quando le aveva detto che era stata eccellente e che nessun’altra attrice avrebbe potuto interpretare la ragazza lupo, ognuno dei suoi stati d’animo era fuoriuscito dai suoi occhi brillanti.

Come Chigusa… i suoi stessi occhi…



Ayumi Himekawa si voltò ad incrociare infine lo sguardo di quell’uomo alto e biondo che la seguiva e fissava da almeno quindici minuti. Non le erano mai piaciute le persone insistenti, tanto meno gli europei, perché quell’uomo non era certo un giapponese. Lui si avvicinò incatenando i suoi occhi, impedendole di distogliere lo sguardo a patto di apparire debole e maleducata. Così Ayumi lo sostenne e sfoggiò anche un sorriso di circostanza quando lui le prese la mano e gliela baciò presentandosi.

- Madamoiselle Himekawa, io sono Peter Hamil, è un piacere conoscerla - le disse in inglese in modo molto galante, lei sollevò un sopracciglio perché quel nome le fece immediatamente tornare in mente chi fosse quell’uomo dagli occhi verdi. E’ il fotografo… quello che ha immortalato anche Eiko Nakamura…

- Piacere mio, signor Hamil - rispose lei pacatamente lasciando il braccio lungo il fianco. Sentì la presenza di sua madre e come ogni volta avvertì quel senso di disagio e inadeguatezza.

- Signor Hamil! - esordì Utako con voce vibrante, ma estremamente femminile. L’uomo baciò immediatamente la mano anche a lei, che sorrise squisitamente. Ayumi, sorpresa, la osservò come altre volte aveva fatto, la sua espressione, come muoveva le mani, il suo modo di ridere.

- Signora Himekawa, non avrei mai sperato di poterla conoscere qui a questa festa - confessò lui con un sorriso affascinante e Ayumi sospirò.

- E’ in cerca di qualche ispirazione per i suoi prossimi capolavori? - chiese audacemente Utako che conosceva bene la fama e la bravura del fotografo francese. Hamil spostò lentamente lo sguardo sulla figlia e senza alcuna vergogna, né rispetto come pensò Ayumi, la fissò intensamente.

- Ho già trovato la mia musa, signora Himekawa e vorrei poterle fare un servizio fotografico - scandì lentamente ogni parola in inglese con quel ricercato accento francese senza smettere un attimo di fissarla. Ayumi sostenne il suo sguardo smeraldino, valutandolo uno sfacciato maleducato che non aveva idea di come ci si comportasse in Giappone. Sua madre stava per rispondere così lei la precedette.

- Signor Hamil, la ringrazio per le sue attenzioni, ma non ho alcuna intenzione, né tempo, di fare un servizio fotografico con lei - mantenne la voce dolce ed educata, come le avevano insegnato e il suo rifiuto fece corrugare l’altrimenti perfetta fronte del francese e sussultare sua madre. E Ayumi gioì per entrambe le cose.

- Ayumi… - iniziò Utako mentre Hamil sorrideva apertamente - Non puoi rifiutare, lui è Peter Hamil, le sue fotografie sono capolavori mondiali! - replicò indignata Utako cercando di riportare la figlia alla ragione. Ma Ayumi la sorprese, rispondendole a tono.

- Madre, se non te ne fossi accorta, io ho una mia volontà! Non sono una bambola agli ordini di nessuno, tanto meno del primo venuto, borioso e maleducato! - si voltò e abbandonò la sala a grandi passi lasciando di stucco entrambi.

Una volta finito questo film, mi dedicherò completamente alla Dea Scarlatta e non mi serve certo fra i piedi un fotografo! Madre, com’è possibile che tu non capisca che io desidero essere apprezzata per ciò che sono e non perché figlia d’arte?! Voglio battere il suo genio, solo così mi sentirò un’attrice completamente indipendente! Maya Kitajima ci vediamo alla valle dei susini e lì niente potrà impedirmi di batterti!



Maya scese lentamente le scale dell’appartamento che condivideva con Rei e si bloccò quando l’amica la chiamò.

- Maya? Dove vai a quest’ora? - se nelle ultime settimane era stata strana, dal giorno della premiazione di “Lande dimenticate” era taciturna e sempre seria. Pensi a lui Maya? E’ per questo che sei sempre assorta?

- Faccio due passi, Rei, sono nervosa per la “Dea Scarlatta” - mentì distogliendo lo sguardo perché non vedesse il tumulto dietro i suoi occhi.

L’amica la lasciò andare a malincuore, avrebbe voluto fare di più per lei, ma qualunque cosa le lacerasse l’anima era meglio che la risolvesse adesso per non portarsela fino al paese della “Dea Scarlatta” dove tutta la sua concentrazione ed energie sarebbero state veicolate dalla signora Tsukikage.

- Non fare tardi! - replicò e Maya alzò una mano per rassicurarla.

La notte aveva preso il sopravvento e si strinse nel soprabito. Camminò a lungo fino a raggiungere l’argine del fiume. Si sedette sul bordo e si lasciò cullare dallo sciabordio costante dell’acqua placida. Estrasse dalla tasca il biglietto che era nell’ultimo mazzo di rose che le aveva mandato durante la premiazione. La luce tenue di un lampione lontano illuminò i caratteri decisi e lei chiuse gli occhi.

E’ questo dunque che sento nel cuore? E’ per questo che ogni volta che lo vedo batte senza fermarsi mai o non riesco a sostenere il suo sguardo? Quando, la mia riconoscenza si è…

Strinse il biglietto nel pugno accartocciandolo e pianse lacrime amare.

...trasformata in amore? Non è possibile! E’ un uomo detestabile, anche quello che mi ha detto la sera della premiazione! Come può pensare che accetterò di lavorare per la Daito se dovessi vincere la sfida con Ayumi? Però poi… poi lui è premuroso, è venuto a prendermi a Saitama fin nella foresta… Perché? Tutela il suo futuro investimento? E le rose? Cosa sono le rose? Mi corteggia come si fa con le grandi attrici sperando che io in futuro gli consegni i diritti della Dea Scarlatta? Non posso essermi innamorata di lui! Non porterà da nessuna parte questo mio sentimento! Non mi considererà mai come…

Si coprì gli occhi con le mani e pianse disperatamente.

- Maya - la voce familiare provenne dalle sue spalle e lei si voltò di scatto.

- Sakurakoji! - era lì, immobile, dietro di lei. Maya si infilò in tasca il biglietto che aveva stretto in pugno e abbassò lo sguardo asciugandosi le lacrime. Yu la raggiunse e si sedette accanto a lei.

Rimase in silenzio fissando il fiume, le braccia appoggiate sulle ginocchia. Quando era passato da casa di Maya, Rei gli aveva detto che era appena uscita. L’aveva intravista subito, poco più avanti e l’aveva seguita. Poi lei si era seduta e dopo qualche minuto aveva iniziato a piangere. Anche se avesse voluto andarsene, come era sua intenzione, quelle lacrime lo avevano convinto a restare.

Maya era seduta immobile accanto a lui. Yu le prese una mano nella sua e l’avvolse dolcemente. Maya scoppiò a piangere e con l’altra mano si aggrappò alla sua spalla appoggiandoci la fronte.

Sfogati Maya, qualsiasi cosa celi dentro di te… Non portare tutto questo nella valle… lascia posto solo alla Dea Scarlatta… e io… io cercherò in tutti i modi di ottenere la parte di Isshin… stanno per iniziare i provini e ero venuto per dirti tutto, quanto sono contento di essere rientrato nelle selezioni! Ma tu…

Nessuno dei due parlò per tutto il tempo che rimasero su quella sponda, il vento che faceva ondeggiare lentamente l’erba, persi nei loro pensieri, quelli di Yu rivolti a Maya e quelli di lei rivolti a quell’uomo per cui, ormai lo sapeva, aveva perduto il cuore.

Grazie Yu, del tuo silenzio, della tua presenza, della tua pazienza… quanto vorrei poterti dire tutto come facevo un tempo ma… questa cosa è più grande di me e a malapena sono riuscita ad accettarla io… cosa accadrebbe se te la dicessi? Non capiresti… no… Che ne sarà di me? Come potrò mai scacciarlo dal mio cuore e dalla mia mente? Proprio ora che devo partire e iniziare le prove con la signora Tsukikage!



Mizuki osservò pazientemente la schiena del suo capo che da oltre cinque minuti fissava qualcosa fuori dalla grande vetrata in quella giornata piovosa. Aveva seguito attentamente tutte le sue mosse e l’ultima, quella che avrebbe probabilmente portato Maya Kitajima fra le braccia di Yu Sakurakoji, almeno da un punto di vista dello spettacolo, gli era costata più di ogni altra anche se non l’avrebbe mai ammesso davanti a lei. Era stato così abile da pilotare le selezioni in modo che il giovane attore della Ondine finisse in uno dei due gruppi che sarebbero stati assegnati ai registi Onodera e Kuronuma. Ma si era spinto oltre, perché in realtà Sakurakoji non aveva necessità di essere raccomandato, era un ottimo attore, le selezioni le avrebbe vinte comunque, lui aveva fatto in modo che finisse esattamente nel gruppo di Maya Kitajima diventando così il suo Isshin.

Ha fatto tutto per lei, per darle il maggior numero di possibilità di vincere quel ruolo affiancandole l’attore più promettente del momento e con cui ha più affinità… In Lande dimenticate si vedeva chiaramente quanto fossero in sintonia…

Masumi si voltò, scacciando quel pensiero fisso, di Maya e Sakurakoji insieme, che lo accompagnava ormai ogni giorno, ma era consapevole di aver fatto la scelta giusta. Maya avrebbe vinto quel ruolo grazie anche a Isshin, la “Dea Scarlatta” era un dramma a due, anche se la protagonista femminile aveva un ruolo di rilievo. Senza Isshin, Akoya non avrebbe mai accolto la Dea.

- E’ davvero impressionante come le mosse dell’Associazione Nazionale durante le selezioni degli attori corrispondano esattamente a quelle della Daito - esordì Mizuki. Masumi sollevò un sopracciglio con un sorriso enigmatico.

- Mizuki, sta ancora usando il suo intuito? - le domandò rendendosi pienamente conto che non si poteva proprio nasconderle niente. Chissà se ha anche capito il resto…

La segretaria abbassò lo sguardo e sorrise, stringendo la cartellina coi documenti al petto.

- Ha fatto in modo che Yu Sakurakoji finisse nel suo gruppo per darle maggiori possibilità, non è vero, signor Hayami? - disse senza farsi troppi problemi, ormai lo conosceva bene, sapeva fin dove potesse spingersi.

Masumi sollevò lo sguardo fissandola per qualche secondo in silenzio. Non le sfugge niente, eh, Mizuki? Chissà, allora, se sa anche quanto questo mi sia pesato… Non avrei mai immaginato che potesse essere così lacerante…

- Lei dice? Sembra che ci siano delle spie, dunque… - mormorò tornando a guardare fuori.

- Allora dovremo fare attenzione a non farci scoprire - ammise la segretaria sorridendo. Fece un lieve inchino e uscì lasciandolo ai suoi pensieri.

Posso solo immaginare quanto le sia costata questa decisione, signor Masumi e quanto debba essere difficile per lei convivere con due maschere diverse…



Quella mattina una nebbia morbida rendeva tutte le cose ovattate. Era l’anniversario della morte di sua madre e il cimitero sulla collina era silenzioso, come se anche la natura rispettasse i morti. Salì lentamente i gradini, riportando alla memoria tutti i momenti felici passati. Rei si era offerta di accompagnarla, ma lei aveva declinato, voleva restare un po’ da sola e pregare.

Mamma, fra una settimana partirò per il paese natale della Dea Scarlatta… quanto vorrei che tu potessi vedermi! Anche se non otterrò quel ruolo, sono migliorata, mamma, in Lande dimenticate io… è stato bellissimo essere Jane! Oh mamma!

Raggiunse la tomba di sua madre e il respiro le morì in gola. Un mazzo di rose scarlatte giaceva adagiato sulla lastra di pietra. Si inginocchiò lentamente, rapita dal colore che spiccava come una gemma nel grigiore circostante e si guardò intorno spaesata.

E’ stato qui… perché è venuto sulla tomba di mia madre?

Alcuni passi la fecero voltare di scatto, il cuore in gola, ma era solo la signora che si occupava del cimitero.

- Mi scusi?! - la chiamò Maya alzandosi in piedi. La signora le sorrise e si avvicinò.

- Ha visto per caso chi ha lasciato questo fiori? - chiese con apprensione, in un mormorio appena udibile.

- Sì, signorina, un uomo alto, con l’impermeabile e i capelli chiari, era qui un momento fa - Maya spalancò gli occhi meravigliata.

- Un… un uomo? - deglutì lentamente, incapace di credere che potesse aver portato dei fiori a sua madre.

- Sì, non è la prima volta che lo vedo in piedi davanti a quella tomba - spiegò l’anziana signora spostando lo sguardo sulla lastra di pietra con inciso il nome - Lo conosce? - aggiunse poi guardandola di nuovo. Quella strana ragazza era diventata terrea e la stava spaventando.

- Sì… io sì, lo conosco… - balbettò portandosi una mano al petto - La prego, mi dica dov’è andato - la supplicò con espressione contrita. La signora indicò il sentiero sulla destra e la giovane schizzò in quella direzione gridandole un ringraziamento.

Maya corse senza pensare, senza guardare dove stesse andando, la nebbia che copriva tutto e le impediva di vedere. Per favore, non se ne vada…

Raggiunse una balaustra di ferro e sulla destra vide delle scale, si diresse immediatamente lì, bloccandosi in cima: Masumi Hayami stava scendendo poco più avanti. E ora che faccio?

Il cuore le martellava incessante per la corsa e… sì, perché voleva vederlo! Quell’ammissione improvvisa fece cadere ogni indecisione.

- Aspetti! - gridò ansimando, piccole nuvolette si alzavano davanti a lei. Lui si fermò e si voltò così lentamente che Maya smise di respirare. Adesso mi rimprovererà…

Masumi udì la sua voce e per un attimo fu tentato di proseguire la discesa, ignorandola come se non l’avesse sentita, ma il suo tono, così accorato, gli fece cambiare idea. Era in cima alla scala, ansimava leggermente e aveva le guance arrossate.

Maya lo fissò, spaventata e felice allo stesso tempo. Scese il primo scalino, poi il secondo, poi li fece di corsa e lui non poté far altro che fermarla. Lei chiuse gli occhi e lo abbracciò piangendo, lasciandolo di stucco.

- Non mi lasci sola, la prego! - lo supplicò fra i singhiozzi. Non le importava che la ritenesse una ragazzina, era l’anniversario della morte di sua madre e lui aveva lasciato delle rose… ed era stato altre volte lì! Era veramente troppo per la sua morale già abbattuta dall’approssimarsi della “Dea Scarlatta”.

Maya… fra una settimana partirai e non so neppure quando potrò rivederti…

Con il cuore in gola e il respiro corto per l’emozione l’avvolse fra le sue braccia, non gli interessava cosa avrebbe pensato né cosa avrebbe potuto pensare chi li avesse visti.

Signor Hayami… fra una settimana partirò e non so neppure quando potrò rivederla…

Si lasciò cullare dal suo abbraccio caldo e protettivo, piangendo lacrime amare per la morte di sua madre, per tutto ciò che era accaduto, per ciò che sentiva per quell’uomo inarrivabile, per la “Dea Scarlatta” così vicina e allo stesso tempo irraggiungibile.

Quando Maya si rese conto di come lo avesse tenuto stretto, lo lasciò d’improvviso e fece un passo indietro, inciampando nello scalino, ma lui l’afferrò rapido per un polso evitandole una caduta.

- Stia attenta, ragazzina - l’avvertì trattenendola forse qualche secondo più del necessario, poi la lasciò - Non vorrà mica raggiungere la signora con qualche osso rotto? - aggiunse con il consueto tono ironico.

Ma questa volta Maya non si lasciò irritare, abbassò lo sguardo, arrossì e lo prese per una manica, tirandolo gentilmente su per le scale. Masumi sussultò anche se lei non se ne accorse, troppo concentrata a trascinarlo.

Maya… non riesco veramente a capirti… e come potrò non vederti per mesi sapendo che al tuo ritorno sarà lui a tenerti fra le sue braccia?

Davanti alla tomba di sua madre, Maya si inginocchiò e pregò in silenzio mentre Masumi Hayami rimase alle sue spalle, esattamente come era avvenuto mesi prima davanti al tumulo di Aya Fujimura.

Masumi la seguì con lo sguardo riempire un piccolo secchio d’acqua da una fontana vicina e colmare un vaso a destra della lastra di pietra. Tolse le rose una a una dal mazzo e le infilò nel vaso facendo attenzione.

- Grazie - sussurrò debolmente, la voce incrinata dalla commozione, continuando a riempire il vaso.

Non riuscì neppure a risponderle, lui che aveva sempre parole per chiunque. Quanto avrebbe voluto poter tornare indietro… Mi dispiace, Maya…

Maya si rialzò sospirando e lui allungò una mano per stringerle una spalla, poi cambiò idea e la riabbassò lungo il fianco.

- Vuole andare a casa? - le chiese gentilmente, rimanendo immobile. Maya si girò e gli sorrise.

- Sì, grazie, signor Hayami - rispose lei educatamente. Lui alzò un sopracciglio, perplesso, poi si incamminò per raggiungere la sua auto in fondo alla scalinata del cimitero. Maya lo osservò di spalle. A parte quelle due frasi, era rimasto in silenzio. La nebbia sembrava aver fagocitato tutti i rumori e il silenzio era ancora più soffocante.

Non potrò tornare a Tokyo, signor Hayami, neanche per lei… come potrò concentrarmi con questi pensieri in testa?

Ingoiò il nodo che le serrava la gola e ricacciò indietro le lacrime che stavano per uscire.



Ce l’aveva fatta davvero e ancora non riusciva a crederci! Non stava nella pelle tanto era emozionato e l’unica persona a cui aveva pensato era Maya. Uscito dal teatro dove erano terminate le selezioni era corso a perdifiato verso la stazione e il primo treno che l’aveva portato sotto casa sua.

Maya uscì lentamente da casa, scese le scale e lui sentì i passi lenti e cadenzati. C’erano tante cose che avrebbe dovuto dirle prima che partisse per la valle dei susini. Non l’avrebbe vista per chissà quanto tempo e non poteva più rimandare.

- Ciao, Maya! - quando lei sbucò si fece avanti salutandola. Lei si voltò di scatto meravigliata.

- Sakurakoji! - gli sorrise dolcemente e il suo cuore perse un battito - Che ci fai qui? Perché non hai bussato? E’ tanto che aspetti? -

- Io… - balbettò all’inizio passandosi nervoso una mano fra i capelli - Io… ho vinto il provino! Sono uno dei due Isshin! - le rivelò senza riuscire ad attendere, la voce tremante per l’emozione.

- Yu! - e gli buttò d’istinto le braccia al collo ridendo, felice per lui - Congratulazioni! -

Sakurakoji l’abbracciò a sua volta, stupito per quella reazione così spontanea. Ma non dovrei meravigliarmi, sei così Maya, sempre…

- Allora mi offri un caffè e un dolce e mi racconti tutto! - propose lei sollevando un indice e strizzandogli un occhio. Lui arrossì lievemente e annuì.

Camminarono scambiandosi le prime impressioni su quello che sarebbe avvenuto con la “Dea Scarlatta”, finché non raggiunsero una caffetteria non lontana dall’appartamento che Maya divideva con Rei.

- L’altro candidato è Kei Akame… - mormorò appoggiando il cappuccino sul tavolino. Maya sollevò la testa dal suo dolce.

- Yu, non devi preoccuparti, è famoso, ma tu sei giovane e bravo, vincerai la sfida e otterrai la parte di Isshin! - lo rincuorò lei stringendogli una mano e quando lo vide arrossire di nuovo, la ritirò immediatamente. Cos’è questo tepore che sento? Perché lo avverto così vicino a me, adesso? Sono così felice che sia uno dei due Isshin!

- Ho il cinquanta per cento di possibilità di essere il tuo Isshin - aggiunse poi, sempre mormorando, fissando il cappuccino che andava raffreddandosi.

- Sì! - annuì vigorosamente Maya mangiando un altro pezzo di torta al cioccolato.

- Quando partirai? - le chiese, sebbene sapesse esattamente giorno e ora del treno previsto per il loro viaggio. Sono uno stupido, dovrei dirle tutto e basta…

- Fra quattro giorni - rispose lei pacatamente fissandolo - E tu cosa farai? - aggiunse curiosa di sapere come avrebbe impiegato il suo tempo.

Si dedicherà a comprendere il personaggio di Isshin in attesa che Ayumi ed io torniamo dalla valle dei susini e inizino le prove vere e proprie…

- Ancora non lo so… domani ci sono le assegnazioni dei cast… - rispose terminando il cappuccino, imitato da Maya. Si alzarono e uscirono incamminandosi lungo il marciapiede. Rimasero in silenzio e Maya si diresse verso il giardinetto che amava tanto. Le assegnazioni… divideranno chi ha vinto i provini nelle due squadre di registi...

Si sedettero sulle due altalene cigolanti e Maya rifletté che sarebbe stato perfetto se avesse potuto recitare con Sakurakoji. Lo conosco da così tanto tempo… e poi… ho confidenza con lui, sicuramente… sicuramente Akoya e Isshin si intenderebbero alla perfezione, come Jane e Stewart!

Sakurakoji si alzò e la distrasse dalle sue riflessioni. Camminò avanti e indietro qualche momento sotto lo sguardo interrogativo di Maya. Yu, che ti succede? Si alzò a sua volta, in apprensione per lo strano e improvviso comportamento dell’amico.

- Sakurakoji, va tutto bene? - gli chiese sussurrando, era concentrato e aveva la fronte corrugata.

- Sì - rispose risoluto fermandosi e fissandola. Maya si sentì a disagio sotto quello sguardo deciso e determinato, così rimase immobile in attesa che lui continuasse.

- Ti avevo già detto che Mai ed io ci siamo lasciati - le ricordò, facendo un passo avanti, il cuore che batteva frenetico, combattuto fra i suoi desideri e il volto sincero della ragazza che amava.

- Sì - annuì Maya, sinceramente dispiaciuta.

- Non è lei la donna di cui sono innamorato e non potevo continuare in quel modo - le confessò candidamente facendo un altro passo verso di lei. Devo dirle tutto, ora!

Maya lo osservò con attenzione, era diverso, la sua voce era stata chiara e determinata, stava in piedi davanti a lei, rigido, come se non fosse a proprio agio.

- Io sono innamorato di te, Maya - le disse infine cercando di non balbettare, l’ultima cosa che voleva era apparirle un incapace.

Maya spalancò gli occhi a quella confessione così diretta e inaspettata. Perché hai deciso di dirmelo ora, Yu? Io… io…

Sakurakoji la vide sbiancare ed ebbe la conferma che non avrebbe sentito dalle sue labbra una risposta positiva, ma non gli interessava, erano giorni che ci stava pesando, sapeva già che Maya non lo ricambiava, eppure non riusciva più a tenersi tutto dentro. Durante “Lande dimenticate” era stato un tormento lavorare con lei e doverlo tenere nascosto, limitarsi per paura che lei non comprendesse...

- Yu, io… - balbettò Maya incapace di proseguire, sentiva il cuore pulsare velocissimo. Ricordi, di ciò che aveva provato per lui in passato, di quell’amicizia che si era lentamente tramutata per poi cambiare ancora, le invasero la mente. Abbassò la testa fissando imbarazzata l’erba, le guance infuocate che scottavano.

Sakurakoji si mosse quando la vide così dimessa e lei, notando le sue scarpe sportive, capì di averlo davanti.

- Maya… - sussurrò mettendole un dito sotto il mento e facendole sollevare gentilmente il volto - Non devi sentirti in imbarazzo, siamo cresciuti, non credi? - le disse in un mormorio basso e grave, il cuore che gli usciva dal petto per l’emozione.

Perfino la tua voce è cambiata, Sakurakoji… ma io… io… non posso!

Lo guardò negli occhi e li vide dolci e pieni di amore per lei e le si strinse il cuore.

- Sì… - concordò arrossendo ancora di più. Non sono più una ragazzina… è vero...

Yu si perse in quegli occhi castani che su un’altra sarebbero stati del tutto anonimi e che su di lei diventavano come oro brunito quando il sole era al tramonto come in quel momento. Aveva completamente perduto il contatto con la realtà tanto era attratto da lei, calamitato dalla sua personalità, dalla sua voce dolce. Maya… sei bellissima e non sei più una ragazzina… e neanche io sono più un ragazzino…

Si avvicinò e posò le labbra sulle sue, trattenendosi qualche istante.

Una scossa lo folgorò, neanche nei suoi sogni più lontani avrebbe potuto immaginare che sfiorarle appena le labbra l’avrebbe così soggiogato.

Maya si congelò irrigidendosi, non se l’era proprio aspettato. Le aveva solo appoggiate, ma le sue labbra erano morbide e calde e… e lei fece un passo indietro, arrossendo completamente e abbassando lo sguardo, il cuore che martellava come un tamburo.

- Scusami Yu, ma io… io proprio non posso… - mormorò, gli occhi spalancati che guardavano il terreno dove le ombre della sera si allungavano.

Lui la prese per le spalle e Maya sollevò lo sguardo imbarazzata scoprendo che anche lui aveva le guance un po’ arrossate e le fece tanta tenerezza.

- Maya, che io reciti Isshin con te o con Ayumi, questo mio sentimento non cambierà. Non è mutato nel tempo e non muterà in futuro - le sussurrò con il cuore che batteva per l’emozione - Io vedrò sempre te - aggiunse sorridendole.

Maya sorrise a sua volta ma era confusa, quel bacio lieve l’aveva scombussolata e aveva vanificato tutte quelle ore di riflessione che aveva speso dietro a ciò che nascondesse davvero nel cuore, a quel sentimento che sembrava occupare gran parte dei suoi pensieri. Sempre. E riguardava lui.

Lei rimase immobile e Sakurakoji, quando il silenzio si fece troppo opprimente, si passò una mano fra i capelli imbarazzato a ridacchiò.

- Spero che non riderai di me, stasera con Rei! - esordì cercando di allentare la tensione.

Maya corrugò la fronte, seria. Come puoi pensare questo di me…?

- No - gli rispose concisamente voltando di scatto la testa offesa. Sakurakoji scoppiò a ridere, un po’ per la tensione che andava scemando e un po’ per la sua faccia buffa. Maya, perfino le tue smorfie mi fanno battere il cuore…

- Era un no molto convinto… - e si mise le mani sui fianchi - Adesso sai quali sono i miei sentimenti, ti prego di tenermi in considerazione - proseguì seriamente.

Maya annuì, arrossendo lievemente, ma non gli negò un sorriso imbarazzato.

- Adesso torno a Tokyo, altrimenti mi toccherà chiederti ospitalità - aggiunse e le strizzò un occhio, allusivo. Lei arrossì, ma rise con lui.

Lo seguì con lo sguardo mentre lasciava il giardinetto e si sedette sfinita sull’altalena.

Mi sento la testa scoppiare… come farò ad affrontare la signora Tsukikage? Ayumi sarà concentrata, non si perderà dietro a sciocchezze e a fantasticherie come me! Sakurakoji… lui ha solo due anni più di me, abbiamo recitato insieme e lo conosco, il suo carattere… io… E se… se questo bacio me lo avesse dato… no, ma che stupida sono! E’ un uomo e non guarda certo le ragazze come me!

Si alzò all’improvviso, le guance in fiamme e prese a correre verso casa, scuotendo la testa per scacciare quei pensieri inutili.



La figura nell’ombra  si mosse lentamente con un unico pensiero in testa: come dire al suo capo ciò che aveva appena visto?

Questi sono i momenti in cui vorrei cambiare lavoro...

Sospirò, si mise le mani in tasca e si preparò ad affrontare le assegnazioni del giorno seguente e ad eseguire gli ordini del signor Masumi.



Hijiri varcò silenziosamente la porta del grande teatro. Come richiesto dal suo capo, sorvegliava lei. Chissà cosa penserebbe Maya se sapesse che la seguo in continuazione e che lui vuole sapere ogni suo spostamento e soprattutto con chi trascorre il suo tempo…

Ridacchiò appoggiandosi alla parete e osservò il palco. Stavano assegnando i due cast che si sarebbero affrontati per la “Dea Scarlatta”: uno capeggiato da Onodera della Ondine e Ayumi Himekawa, e l’altro da Kuronuma e Maya Kitajima. La sua attenzione venne attirata da un occidentale alto e dai capelli chiari che teneva in mano una costosa macchina fotografica. Aggrottò la fronte ma si rilassò quando si rese conto che il bersaglio di quel fotografo era Ayumi Himekawa. L’uomo faceva di tutto per restare nell’ombra e chissà come aveva fatto ad entrare… Cambiò posizione spostandosi leggermente mentre rimbombavano i nomi degli attori dei due cast.

Maya era seduta di fronte ad Ayumi e la fila di sedie si stava via via riempiendo da entrambi i lati. Sembrava pensierosa e completamente estranea a ciò che stava avvenendo. Hijiri scelse la nuova posizione e si appoggiò alla parete vicino ad un ampio tendaggio. Stavano assegnando i due attori che avrebbero interpretato il Generale Terufusa, quando sentì una delle grandi porte della sala aprirsi e vide entrare Masumi Hayami.

Signor Masumi… alla fine non è riuscito a resistere… l’ho letto nei suoi occhi quando mi ha chiesto di venire qui… sapevo che alla fine avrebbe ceduto… andrà tutto come da lei previsto, non deve dubitare di questo… è venuto per vedere come reagirà lei?

Masumi si sedette su una delle ultime poltrone e concentrò la sua attenzione sul palco. Hijiri lo osservò, guardò  il palco e notò che Maya teneva le mani in grembo, serrate una nell’altra. Uno dei giudici delle selezioni guardò il Presidente dell’Associazione Nazionale, poi prese l’ultimo foglio che aveva davanti e che indicava le assegnazioni per Isshin, dato che erano rimasti solo Sakurakoji e Akame.

Hijiri vide il suo capo fare un movimento impercettibile, il giudice si schiarì la gola e annunciò la prima accoppiata.

- Yu Sakurakoji va col gruppo del signor… - fece una lieve pausa e Hijiri notò perfettamente il volto del giovane attore, quello di Maya e quello del suo capo ed erano tutti e tre tesi - Kuronuma! - terminò alzando lo sguardo su Yu e proseguì - Pertanto il signor Akame sarà nel gruppo di Onodera -

Hijiri sorrise quando il suo capo si alzò uscendo dalla sala, Maya e Yu si sorrisero e anche Onodera sembrava soddisfatto di avere sia la grande Ayumi Himekawa che il famoso Kei Akame.

Aveva visto tutto ciò che era necessario e non avrebbe avuto necessità neanche di incontrare il suo capo dato che era venuto di persona. Ridacchiò ripensando al suo comportamento e, senza farsi vedere, lasciò la sala con un ultimo sguardo al fotografo che aveva scattato decine di foto.

 

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Capitolo 16
*** La valle dei susini ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

16. La valle dei susini



La giornata era talmente limpida che riusciva a vedere le coste dell’Isola di Sado. I gabbiani gridavano in alto nel cielo e un vento fresco muoveva le tende bianche della sua camera d’albergo in stile occidentale. Quegli ultimi quattro giorni lontani da Tokyo lo stavano facendo impazzire. Era stato costretto a raggiungere Niigata per concludere un contratto che rendeva la Daito stretto collaboratore di una casa di produzione cinematografica che si sarebbe appoggiata alla sua azienda per avere attori.

Non era ancora certo di riuscire a tornare a Tokyo, l’indomani, per vederla partire e quell’incognita lo riempiva di un’angoscia che lo distraeva e lo rendeva nervoso. Prese il telefono dalla tasca e, guardando l’ora sul display, si rese conto di aver chiamato Hijiri solo un’ora prima. Sorrise del suo stupido atteggiamento e rimise il telefono in tasca.

Tornò a guardare il mare, un altro gabbiano gridò solitario e un’onda enorme si infranse sugli scogli sottostanti. L’idea che lei sarebbe stata lontana e irraggiungibile per molto tempo gli fece salire un nodo alla gola. Così è… insostenibile... Prese di scatto il telefono e, premendo sull’icona sul display, chiamò Hijiri.

Quando il collaboratore sentì squillare il telefono e vide il chiamante, sorrise e rispose. Signor Masumi, vedo che la lontananza la rende nervoso…

- Hijiri - dall’altra parte sentì distintamente il mare.

- Le tue informazioni erano esatte. Sto attendendo che approvino l’ultima clausola che ho inserito, poi firmeranno… - lo informò con voce piatta sebbene non fosse quello che avrebbe voluto dirgli davvero.

- Sono felice di esserle stato utile - rispose lui mentre osservava Maya dall’altra parte della strada che mangiava un gelato insieme alla sua amica.

Fino a tre giorni prima si trovava nel paese natale della “Dea Scarlatta” e aveva tenuto d’occhio la signora Tsukikage. Poi lui aveva chiamato, dicendogli di tornare all’improvviso. Sorrise e rifletté su quanto fosse cambiato negli ultimi anni. E’ stata lei a cambiarlo ed è sempre per lei che mi chiama ogni ora, vero?

- E’ con la sua amica Rei - riferì Hijiri di sua iniziativa e quando dall’altra parte sentì silenzio seppe di aver detto la cosa giusta. Sorrise di nuovo osservando la ragazza che, da quando l’aveva rivista, era sempre assorta e silenziosa, parte della sua solarità sembrava adombrata da qualche pensiero, forse la partenza imminente dell’indomani.

- Questa sera hanno prenotato in un ristorante - dall’altra parte lo sentì inspirare così lo precedette - Lui non ci sarà - sapeva quanto lo irritasse saperlo intorno a lei. E non gli aveva ancora detto ciò che aveva visto… Di nuovo silenzio.

- Grazie, Hijiri - disse in un sussurro accennato e chiuse la telefonata.

Signor Masumi, per quanto possa valere la mia opinione, ritengo che abbia fatto bene a dirle parte della verità… Sono convinto che la malinconia che adombra i suoi occhi brillanti sia da attribuire ai pensieri sul suo ammiratore delle rose scarlatte…



Negli ultimi tre giorni tutta la confusione che aveva in testa era aumentata esponenzialmente con le sue paure. Da un lato c’era la “Dea Scarlatta”, l’incontro con la signora Tsukikage e quell’immancabile sensazione di non essere all’altezza, dall’altra… dall’altra c’era Masumi Hayami.

Si bloccò mentre terminava di fare la valigia. Alzò lo sguardo, le guance arrossate e il respiro corto e si accorse che Rei la guardava stranita. Tornò alla valigia e si accorse di avere un bicchiere in mano…

- Oh… - mormorò arrossendo ancora di più e Rei scoppiò a ridere.

- Maya, sei nervosa per la “Dea Scarlatta”, eh? - le chiese l’amica continuando a scrutarla. Invece io credo che tu stia pensando a lui… vero, Maya?

- Io… uh… oh… sì certo! - balbettò poco convinta tenendo lo sguardo basso. Posò il bicchiere e prese alcune cose dal cassetto, quando le infilò nella valigia si accorse che dentro aveva messo il barattolo del tè che era sul tavolino… Mi devo concentrare… non posso fare così… con che coraggio mi presenterò davanti alla signora? E come se tutto ciò che mi turba non fosse stato abbastanza… c’è anche Sakurakoji…

Da quando, quattro giorni prima, l’aveva baciata, il suo mondo si era sovvertito. Yu si era dichiarato, le aveva detto cosa provava per lei con un po’ di imbarazzo, è vero, ma con coraggio e determinazione. Recitare in “Lande dimenticate” li aveva avvicinati molto e Yu le aveva dimostrato di essere cresciuto davvero come attore. Da quando si erano rivisti, aveva scoperto che aveva la ragazza, Mai, ed era stata troppo concentrata sullo spettacolo e sulla sua Jane. Non aveva più pensato a lui in quel modo... E poi… il signor Hayami... c’era stata quella rosa nel corridoio buio, il ballo della premiazione, il cimitero. Io non so che pensare… che confusione!

Scosse la testa e Rei la fissò interdetta con un sorriso enigmatico. Avrebbe voluto parlare con lei, ma se non le aveva detto niente significava che non era ancora pronta. Maya, adesso dovresti dedicarti alla Dea Scarlatta… posso solo immaginare il tumulto che hai nel cuore e la confusione che ti alberga in testa…

Maya chiuse la valigia e sospirò. Ci batté le mani sopra contenta e decise di smetterla di pensare a tutto, di liberare la mente e di godersi il viaggio verso il paese natale della “Dea Scarlatta”.

- Sono pronta! - disse risoluta alzando lo sguardo e incontrando gli occhi sinceri di Rei. L’amica annuì e si alzò aiutandola con la valigia. Destinazione: la stazione ferroviaria di Tokyo a Marunouchi.

Alla stazione ci saranno Genzo e il Presidente dell’Associazione Nazionale… potrò partire tranquilla… non ci sarà… non ci sarà lui… oh santo cielo mi si blocca anche il cervello quando ci penso… la devo smettere di pensarci, lui mi vedrà sempre solo come un’attrice, è troppo adulto per pensare in quel modo a una come me… e forse anche la mia è solo un’infatuazione perché so che era il mio ammiratore e l’amore non c’entra niente… E Yu? Lui sarà lì per salutarci… Quando mi ha baciata io…

Scese le scale e seguì Rei, scuotendo forte la testa come se quello bastasse a cancellare il tumulto che le faceva battere il cuore.



Nell’istante in cui salì l’ultimo gradino per raggiungere il binario, vide immediatamente Ayumi e sua madre Utako che parlottavano vicino al treno rosso e bianco. Poco distante, il signor Genzo e l’anziano Presidente discutevano con quello che sembrava il capotreno. Rei l’aiutò con la valigia e, dopo che l’inserviente la prese salendo sul vagone dove erano i loro posti, Maya si diresse verso Ayumi, che si voltò sorridendole.

- Sono orgogliosa di entrambe - esordì Utako salutando Maya con un bacio affettuoso - Anche se, devo ammettere, un po’ invidiosa per qualcosa che mi è stato negato, ma largo alle nuove generazioni! - aggiunse e scoppiò in un’allegra risata argentina e molto femminile. Maya arrossì mentre Ayumi accennò un sorriso tagliato.

- Sono convinta che la signora Tsukikage farà un lavoro eccellente con voi! - continuò sempre emozionata.

- La ringrazio, signora Himekawa - Maya fece un lieve inchino sentendo su di sé lo sguardo di Ayumi.

- Inizia la nostra vera sfida, Maya - le disse con voce dolce, perfetta su quel volto da modella.

- Sì, Ayumi - annuì lei senza provare più il terrore di un tempo, bensì quell’adrenalina positiva che spinge ad una sana competizione. Le salutò entrambe e tornò da Rei.

- Come ti senti, Maya? - le chiese l’amica con apprensione, Maya sembrava distratta e aveva un’espressione stravolta.

- Io… - iniziò, ma vide arrivare Sakurakoji, arrossì talmente tanto che Rei spalancò gli occhi voltandosi, sicura che avrebbe visto Masumi Hayami e quando si rese conto che era Sakurakoji si domandò cosa significasse quel rossore diffuso. Maya… ma che sta succedendo?

- Ciao, Maya - la salutò lui con un sorriso dolce, imponendosi di non balbettare e di mantenere un aspetto dignitoso e compassato nonostante il ricordo di ciò che era avvenuto solo qualche giorno prima e che da allora aveva popolato incessantemente i suoi sogni.

- C-Ciao, Yu - ricambiò lei in un mormorio, abbassando lo sguardo. Rei la fissò di stucco, lentamente passò lo sguardo su Sakurakoji, che non l’aveva neanche degnata di attenzione e si rese conto che aveva occhi solo per Maya. Non ci sto capendo più niente…

- Tutto pronto, vedo - disse imbarazzato, quella frase di circostanza utile solo a riempire il vuoto che si era creato. Si portò una mano fra i capelli e tentò inutilmente di impedirsi di arrossire.

Maya rialzò lo sguardo e annuì con vigore - Sì, Sakurakoji! -

- Chissà come sarà la valle dei susini dove è nata la Dea Scarlatta? - mormorò sempre continuando a guardarla. Non so neanche quando potrò rivederti…

- Ciao, Sakurakoji - borbottò Rei battendo un piede per terra per attirare la sua attenzione e lui finalmente si girò, come se la vedesse in quell’istante.

- Uh… Ciao, Rei! - la salutò imbarazzato - Come stai? -

- Bene, grazie - annuì Rei assottigliando lo sguardo e analizzandolo. Cosa mi state nascondendo?

- Anche se attenderemo il ritorno di Maya e Ayumi, già domani mattina abbiamo una riunione con Kuronuma… - le informò mesto e Maya si interessò immediatamente.

- Davvero? Come mai? - non devo pensare a quella sera… a quel bacio...

- Ci darà indicazioni circa i ruoli e io dovrò decidere cosa fare per Isshin… - ammise lui sospirando. Era una sfida davvero difficile e lo sapevano entrambi. Maya lo vide abbattuto e lo afferrò per un braccio.

- Yu, non devi dubitare delle tue capacità - gli disse con voce infervorata - Con Stewart sei stato perfetto e il tuo Isshin batterà quello di Akame! - la mattina dell’assegnazione degli attori alle due squadre, non era riuscita a fermare il battito folle del suo cuore. Yu era lì, davanti a lei, quelle sedie si riempivano sempre più e quando era stato associato il suo nome al gruppo di Kuronuma, lei aveva smesso di respirare.

Sarai il mio Isshin, Yu e insieme vinceremo la sfida della Dea Scarlatta!

Sakurakoji addolcì immediatamente lo sguardo, stupendosi per quel contatto inaspettato, e posò la mano sulla sua, stringendola lievemente.

In quell’istante, Masumi Hayami scese dallo Shinkansen bianco latte che era arrivato silenziosamente sul binario accanto. Aggrottò la fronte alla scena che vide, ma riprese il controllo così rapidamente che nessuno dei tre uomini del suo staff, che avevano viaggiato con lui, si accorse di niente.

- Salve, ragazzina - aveva sperato di riuscire a raggiungere Tokyo per poterla vedere e quando quella mattina il contratto era stato firmato, lui era salito sul primo treno.

Maya venne congelata da quella voce profonda e severa che per anni l’aveva tormentata e che ora aveva un potere quasi ipnotico. Lasciò lentamente il braccio di Sakurakoji e si voltò col cuore in gola.

- S-Salve, signor Hayami - balbettò con voce appena udibile e gli occhi spalancati. Rei la osservò intensamente e anche Sakurakoji, inevitabilmente, si accorse della strana alchimia che si era creata.

- Sono appena tornato da un viaggio di lavoro e chi vedo? - disse con la solita voce ironica spostando lentamente lo sguardo su Sakurakoji - Isshin e Akoya in una scena improbabile. Non sapevo che le prove fossero già iniziate - e tornò a guardare lei che lo fissava imbarazzata.

- No… signor Hayami… è che noi… - balbettò, abbassando lo sguardo, ma Masumi la ignorò, Rei continuò ad osservare quel teatrino in silenzio e Sakurakoji corrugò la fronte infastidito.

Sembra ti stia giustificando, Maya...

- Mi aspetto che lei dia vita ad una Dea Scarlatta unica. Si impegni al massimo e veda di non far aggravare la malattia della signora Tsukikage - la sua voce fu stranamente dolce e priva della solita ironia.

Rei spalancò lentamente gli occhi rimanendo immobile come una statua quando notò il modo in cui il signor Hayami e Maya si fissavano, come se nessun altro intorno a loro esistesse. Ma… non può essere… non può assolutamente essere...

- Io… farò del mio meglio per il mio ammiratore… anche per lui ci tengo a fare un buon lavoro. Voglio che mi veda in quel ruolo, l’ho sempre desiderato… - gli disse facendo un passo avanti, mettendo a nudo il suo cuore, senza smettere di guardarlo, gli occhi luminosi come stelle. Signor Hayami, lo so che lei mi vede solo come un’attrice e io le dimostrerò che so recitare, che posso ambire alla Dea Scarlatta, che tutto quello che ha fatto per me non è buttato! La mia interpretazione non la deluderà!

Masumi riuscì a nascondere il sentimento che lo pervase in quel momento: vederla così appassionata e sincera, sentire quelle parole dirette a lui di cui nessuno poteva sapere tranne loro due. Maya, sono consapevole che l’affetto che vedo è diretto all’uomo delle rose e non a me, ma per un istante mi hai fatto davvero credere che lo fosse…

- Immagino che anche l’ammiratore delle rose sia ansioso di vederla in quel ruolo. E’ un uomo fortunato, sono convinto che avrebbe apprezzato le sue parole in cui è evidente la dedizione che lei mette nella recitazione - le disse, incapace di trattenere un sorriso che cambiò completamente la sua espressione e fece fermare il respiro di Maya.

- Davvero? Lei crede che la penserebbe davvero così? - Maya s’illuminò e arrossì, consapevole che quel dialogo, comprensibile realmente solo a loro due, era diretto all’attrice e non alla ragazzina, ma nonostante ciò ne fu immensamente felice.

Masumi annuì perché si trovò incapace, in quell’istante, di tirar fuori la voce. Lei si era avvicinata, il tono accorato e sussurrato, come se temesse di andare troppo oltre e lui avrebbe voluto solo stringerla a sé, incurante di chi ci fosse intorno.

- Certamente, è ovvio che ne sarebbe felice - riuscì a dire infine, sorridendo e stringendo il manico della valigetta di pelle.

- Presidente Hayami, dobbiamo andare - la voce del collaboratore alle sue spalle spezzò l’idillio e Masumi la vide rendersi conto della situazione e abbassare la testa.

- Devo andare, porti i miei saluti alla signora Tsukikage - la salutò e quando lei sollevò lo sguardo incrociando il suo, rimase senza fiato. Sembra che tu sia addolorata, ragazzina…

Maya annuì restando in silenzio, come fosse in trance, le mani chiuse al petto, comprese dolorosamente che stava andando via e un’angoscia profonda la riempì, avvertendo immediatamente la nostalgia e la mancanza. Non avevo mai provato un vuoto così intenso...

Lui si voltò salutando anche Ayumi, Genzo e il Presidente dell’Associazione Nazionale. Signor Hayami… chissà quando potrò rivederla… chissà se per allora sarò pronta a farle vedere la mia Dea Scarlatta…

Lo seguì con lo sguardo uscire dal binario seguito dai suoi collaboratori in abiti neri. Aveva creduto che non l’avrebbe più rivisto, che sarebbe partita tranquilla, ma in quel momento capì che niente dentro di lei sarebbe mai più stato lo stesso, che ciò che provava per lui era davvero amore, impossibile e irrealizzabile, ma indubbiamente amore. Prima di uscire dalla stazione lo vide voltarsi e guardarla un attimo con uno strano sorriso.

Fai del tuo meglio, ragazzina, e mostrami la tua Dea Scarlatta! Io ti attenderò qui, dove niente potrà colmare il vuoto della tua assenza...

Maya sentì accanto a sé la presenza discreta di Rei e tornò alla realtà sbattendo più volte le palpebre, poi arrossì e finalmente si girò a guardarla. L’amica rimase in silenzio e lei apprezzò il suo sguardo complice e pieno di affetto.

Quando si ricordò di Sakurakoji, si girò di scatto cercando di mantenere un contegno e di non sprofondare dalla vergogna. Com’è possibile che il signor Hayami catalizzi completamente la mia attenzione? Oh cielo…

- Yu, scusami… io… - balbettò torcendosi le mani. Lui la guardò serio un istante, poi scoppiò a ridere e lei lo imitò scacciando tutta la tensione. Mi dispiace Sakurakoji, ma io… io ora devo andare nella valle dei susini… So che vorresti che io dessi una risposta alle tue aspettative, ma io...

Sakurakoji le tese la mano e Maya la strinse con vigore. Maya, quest’oggi sei diversa… anche il signor Hayami mi è sembrato diverso… ma forse era solo stanco per il viaggio e stranamente non avete litigato come di consueto… mi sei sembrata più ben disposta verso di lui… chissà perché…

Venne annunciata la partenza e, dopo i saluti di rito, le due ragazze, accompagnate da Genzo e dal Presidente dell’Associazione, partirono per il paese della Dea Scarlatta.



Un cinguettio insistente la disturbò e distese le braccia sopra la testa allungandosi sul futon. Poi schizzò a sedere ricordando ogni cosa.

Sono nella valle dei susini…

Si voltò, la stanza era invasa dalla debole luce dell’alba, ma il letto di Ayumi, accanto al suo, era vuoto. Sbatté le palpebre e si ridistese tirandosi la coperta fino al mento. Il viaggio in treno era andato bene e, durante il tragitto a piedi fino al tempio dove avrebbero soggiornato, Genzo le aveva intrattenute raccontando la storia dell’origine della Dea Scarlatta e di come Ichiren Ozaki, che aveva vissuto lì, fosse stato ispirato dalla leggenda che si narrava in quei luoghi relativa alla bellissima statua di dea scolpita nel legno di susino, conservata nel tempio shintoista di quel villaggio.

La leggenda parlava di una dea, che viveva in una valle sprofondata fra le montagne, la cui protezione era affidata ad una famiglia di orchi ed un drago. La dea era la regina degli spiriti e della terra, in quanto governava l’energia di tutti gli esseri che traevano vita dal terreno. La valle dove dimorava era famosa per il perpetuo fiorire dei susini scarlatti e per il fatto che il luogo fosse proibito agli uomini corrotti. Coloro che infrangevano questo divieto venivano uccisi dagli orchi. In quella valle fioriva anche un albero sacro di susino, che si diceva fosse l’incarnazione della dea stessa. Uno scultore di immagini sacre intagliò dal legno di quell’albero una statua di dea per invocare la pace sul paese ed essa placò davvero la lotta intestina nella famiglia imperiale che si era divisa fra nord e sud.

Quando erano arrivate al tempio, avevano scoperto che la signora era in città per qualche affare. Maya voltò la testa dopo aver rievocato il ricordo del giorno precedente.

Che strano che ieri sera non ci fosse la signora… Quanto mi piacerebbe vedere quella statua e la valle dei susini! Ma Genzo… lui ha detto che gli orchi ci ucciderebbero! Che stupida sono… sono solo leggende… però il maestro Ozaki ha scritto qui la Dea Scarlatta…

Si alzò di scatto collegando l’assenza di Ayumi ad una sua probabile escursione verso la valle. Si lavò e vestì in fretta ed uscì nel fresco della mattina. Frenò all’improvviso e tornò dentro a prendere una felpa pesante perché faceva freddo.

Il tempio era immerso nel verde, la natura intorno a lei aveva suoni e odori completamente diversi da quelli dei giardini di città a cui era abituata eppure si mosse con naturalezza, quasi come se conoscesse già quei boschi fino a raggiungere un arco che delimitava la zona proibita narrata da Genzo. Maya si bloccò, intorno a lei una nebbia soffice e ovattata copriva ogni cosa donando al luogo un’aria spettrale. Ricordò le parole del signor Genzo, che gli orchi avrebbero ucciso gli impuri che tentavano di entrare, ma scosse vigorosamente la testa e fece un passo avanti oltrepassando l’arco. Non accadde nulla così, rinfrancata, proseguì sul sentiero ridacchiando delle sue stesse puerili paure.

Il suono di un tamburo tsuzumi riecheggiò nell’aria facendola trasalire, si voltò più volte cercando di capirne l’origine senza riuscirci, così andò avanti e la visione le tolse completamente il fiato quando sbucò dagli alberi in una valle completamente piena di susini scarlatti in fiore. La nebbiolina rossa aleggiava sopra ogni cosa e Maya spostò lentamente lo sguardo per riempirsi il cuore e la mente di quello spettacolo meraviglioso e unico.

Come possono essere fioriti in questa stagione? E’... uno spettacolo stupefacente… è davvero la natura, questa? Come vorrei che potesse vederlo anche…

Sussultò stringendo gli occhi, inspirò ed espirò scacciando il volto del signor Hayami dalla mente.

Mi devo concentrare… altrimenti Ayumi vincerà la sfida e davvero allora il signor Hayami avrebbe avuto ragione a chiamarmi sempre ragazzina… voglio diventare un’attrice!

Si addentrò in mezzo ai susini profumati e brillanti per le perle di nebbia posate sui petali scarlatti dei loro fiori. Il suono del piccolo tamburo a mano risuonò di nuovo per tutta la valle, ma quella volta risultò più vicino. Vide Ayumi poco più avanti e la raggiunse, ma lei non diede segno di averla sentita. Guardava avanti e Maya, seguendo il suo sguardo, notò un gigantesco susino e quella che poteva essere solo l’incarnazione della Dea Scarlatta, che la lasciò completamente a bocca aperta.

E’ meravigliosa…

La donna con la maschera e l’abito di seta, accompagnata dallo tsuzumi suonato da Genzo, si mosse al suono della natura, creando il vento con le sue movenze perfette e calibrate, smettendo di essere un’umana e diventando una dea a tutti gli effetti.

Quando la sua danza terminò Maya avvertì un vuoto freddo e solitario, come se si fosse spenta una luce e lei fosse sprofondata nel buio più totale. Si tolse la maschera e le salutò.

- Benvenute nel paese della Dea Scarlatta, Maya e Ayumi - disse solennemente la signora Tsukikage lasciandole di sasso.

- Signora Tsukikage! - esclamarono entrambe felici ed emozionate.

- Grazie per avermi restituito una nostalgica immagine, signora Tsukikage - la voce dell’anziano Presidente le raggiunse e tutti si voltarono.

- Presidente! - Maya e Ayumi lo salutarono stupite, decisamente quella prima giornata nella valle dei susini stava diventando singolare.

- Da quanto tempo siete qui? - li interrogò Genzo, posando il piccolo tamburo e rivolgendosi a tutti e tre gli arrivati.

- Quando mi sono svegliato non c’era nessuno così sono venuto a cercarvi e ho seguito il suono dello tsuzumi - rispose pacatamente il Presidente con un sorriso accennato e le due ragazze annuirono confermando di aver fatto la stessa cosa.

- Bentrovata, signora Tsukikage, sono felice di vederla in salute - esordì il Presidente avvicinandosi.

- Anch’io la trovo bene, Presidente. La ringrazio per quanto ha fatto e per aver accompagnato qui le ragazze - rispose la signora con un lieve cenno del capo.

- Sono così contenta di essere qui e di trovarla bene, signora Tsukikage - partecipò Maya entusiasta, le mani chiuse al petto e gli occhi luminosi e pieni di gioia.

- Poterla vedere in questa valle mi rende felice signora e non vedo l’ora di essere addestrata da lei per la “Dea Scarlatta”! - aggiunse Ayumi altrettanto emozionata.

Il Presidente fece alcuni passi avanti fino a raggiungere il gigantesco susino fiorito.

- Non ho mai visto un susino così enorme, chissà se sarà questo l’albero sacro da cui venne intagliata la statua… - sussurrò pieno di riverenza, sfiorando con una mano l’antico tronco.

- L’albero che venne intagliato per scolpire la statua era un altro, ma Ichiren si ispirò a questo per scrivere la “Dea Scarlatta” - spiegò la signora con sguardo sognante - Qui il tempo sembra essersi fermato, la temperatura è più mite e i susini fioriscono molto più a lungo, per sei mesi l’anno - aggiunse guardandosi intorno.

- Lei viene spesso qui a provare la Dea Scarlatta? - le domandò Ayumi con tono sommesso, ancora emozionata per aver visto la sua interpretazione maestosa.

- Sì, ma voi avrete la vostra Dea Scarlatta, non stancatevi mai di cercarla, aspirate alla perfezione - suggerì l’anziana sensei.

- Sì, signora Tsukikage - rispose Ayumi completamente concentrata sulla signora.

Maya, invece, raggiunse il grande susino, lo fissava con occhi spalancati, come se avesse davanti davvero la reincarnazione di una dea come narrato dalla leggenda.

- Essere addestrata da lei nella valle è stata a lungo il mio sogno. Sono pronta a tutto e sono onorata di mettermi sotto la sua direzione. La sua interpretazione di poco fa è stata meravigliosa, sembrava riprodurre il fruscio dei fiori di susino accarezzati dal vento quando in realtà non soffiava affatto - Ayumi espose tutta la sua emozione per quanto avvenuto poco prima.

- Ti ringrazio Ayu… - iniziò la signora, ma la sua attenzione venne attirata da Maya che, completamente rapita, fissava il grande susino.

- Maya… - la chiamò stupita del suo atteggiamento.

- Ah... S-Sì, signora! - balbettò lei riscuotendosi e voltandosi verso di loro.

- Si può sapere cosa ti prende? - la interrogò curiosa della risposta che avrebbe dato. Maya, sapevo che con te sarebbe stato tutto diverso...

- Stavo guardando quest’albero di susino, qui dimora lo spirito della Dea Scarlatta. E’ splendido... - iniziò Maya tornando con sguardo sognante al susino - Io diventerò lo spirito di un albero di susino come questo, se ci penso sono così eccitata! -

Ayumi raggelò nel sentirla così entusiasta mentre lei era tesa e preoccupata. La Dea Scarlatta è un capolavoro a cui aspirano tante attrici! Come fai ad essere felice? Sembra quasi un gioco per te! Se ti guardo prendo coscienza di me stessa, davanti a te mi rendo conto di quanto i miei sforzi siano inutili! Ah, ma perché esisti?! Perché…?

- Ora vi racconterò un po’ della storia della Dea Scarlatta - proseguì la signora Tsukikage attirando l’attenzione di tutti - In un passato lontano, quando il paese era devastato dalla guerra, l’imperatore ordinò ad uno scultore di immagini sacre di scolpire la statua di una dea per implorare a lei la pace. Lo scultore ne intagliò diverse, ma nessuna riuscì a soddisfarlo. Si chiese quindi come fare per scolpire una statua in cui dimorasse lo spirito della dea. Mentre si tormentava venne a sapere che da qualche parte esisteva un millenario albero sacro di susino. Tagliandolo e scolpendo il suo legno sicuramente ne sarebbe derivata una meravigliosa statua celante il suo spirito. Lo scultore partì alla ricerca di quell’albero e incontrò una fanciulla. Era la Dea Scarlatta, lo spirito millenario dell’albero di susino - la voce della signora ipnotizzò tutti i presenti.

Fece una breve pausa e fissò il suo sguardo intenso sulle due ragazze di fronte a lei.

- Imparerete qualcosa fin da ora sulla Dea Scarlatta, in modo che possiate cominciare a comprenderla e ad esprimervi nel personaggio per poter recitare questo dramma - continuò pacata.

- Va bene - accordò Ayumi mentre Maya deglutì rendendosi conto che la prima lezione era iniziata.

- Quindi ragazze, diventate un albero di susino - disse con tono serio, ma inamovibile.

- Un albero di susino? - domandarono entrambe stranite.

- Forza! - gridò la signora, spaventandole.

Si tolsero le felpe, faceva comunque più caldo lì e si posizionarono davanti al grande susino dove poco prima si era esibita la loro sensei.

Ayumi rifletté su come dare la forma di un albero al suo corpo, le gambe, le braccia, le mani, il collo, il busto, la testa. Formò i rami, le radici, il tronco e rimase immobile. Poi guardò Maya e rimase sconvolta.

Lei aveva assunto una posa semplice, senza sforzo, il suo sguardo vacuo, dava la sensazione che fosse un albero.

Com’è naturale! Se ne sta immobile senza nemmeno impallidire!

Un battito di mani le riscosse.

- Bene può bastare così! - gridò la signora - Cosa ne pensa, Presidente? - lo interrogò circa la prova delle due candidate. L’anziano uomo sembrò perplesso inizialmente, poi dette il suo giudizio.

- La posa di Ayumi era bella, ma difficile da mantenere a lungo, purtroppo ha rivelato la fatica di un essere umano. Al contrario Maya ha scelto una posizione estremamente semplice e comune, col passare del tempo è sembrata immedesimarsi sempre più nell’albero e ne ha dato la sensazione, ma sul palcoscenico non starebbe immobile tanto a lungo. In questo senso mi è parsa più rispondente la performance di Ayumi - disse passando lo sguardo da una all’altra e infine sulla signora.

Più rispondente quella di Ayumi… Sei grande, Ayumi!

Maya volse lentamente lo sguardo verso la rivale che ricambiò con altrettanta freddezza.

Ho rivelato la fragilità umana mentre Maya gli sembrava sempre più un albero… Maya Kitajima sei da temere!

- Vi farò qualche domanda - riprese la signora - Cosa c’è ai piedi di un albero, Ayumi? -

- Il terreno - rispose la giovane, sicura.

- E come fa l’albero a trarre nutrimento dal terreno, Maya? -

- Beh, succhia l’acqua dal sottosuolo - rispose prontamente, un po’ stupita per le domande.

- E come arriva l’acqua al sottosuolo? - insisté ancora la sensei rivolgendosi ad Ayumi.

- Da pioggia e rugiada che vengono assorbite dal terreno - continuò Ayumi incerta di dove volesse andare a parare la signora.

- E da dove vengono pioggia e rugiada, Maya? -

- Beh dal vapore acqueo nell’aria che si raffredda - rispose la giovane guardando l’erba a terra. Chissà perché queste domande all’apparenza senza senso...

- E di cos’altro hanno bisogno le piante per crescere? - chiese infine la signora con sguardo intenso.

- Del sole! - risposero all’unisono Maya e Ayumi e la signora sorrise soddisfatta.

- Terra, sole, aria, acqua, tutte cose che compongono la natura, fanno circolare l’energia e permettono agli esseri viventi di crescere. In questo mese vi farò studiare e comprendere questi quattro elementi è cioè vento, fuoco, terra, acqua. Se non li capirete e non riuscirete ad esprimerli, non sarete in grado di interpretare la Dea Scarlatta - spiegò l’anziana sensei con estrema naturalezza.

Maya e Ayumi si cambiarono uno sguardo titubante, ma la signora riprese a parlare.

- Il primo tema a cui lavorare per la Dea Scarlatta è il vento. Dovete pensare a come esprimere il suo movimento. Quando ci sarete riuscite, me lo mostrerete - terminò la signora dando il primo esercizio alle due attrici.

Entrambe le giovani si persero in riflessioni circa l’interpretazione del vento mentre la signora si avvicinò al presidente dell’Associazione Nazionale.

- Devo tornare a Tokyo, lascio le ragazze nelle sue mani - la salutò lui con calore.

- Certo, Presidente - annuì la signora comprensiva.

- Non vedo l’ora di tornare per poter vedere i loro progressi! - le confidò entusiasta - Arrivederci allora -

- Faccia buon viaggio - gli augurò Chigusa e osservò, insieme a Genzo, l’anziano Presidente riprendere il sentiero verso il tempio, poi si accasciò reggendosi ad un susino. Le ragazze erano così assorte nelle loro riflessioni sul vento da non accorgersi del mancamento della signora, prontamente aiutata dal fedele Genzo.

- Le avevo detto che avrebbe dovuto restare in ospedale! E’ voluta uscire contro il parere dei medici! - mormorò Genzo sostenendola.

- Va tutto bene, Genzo - cercò di rassicurarlo lei con un sussurro accennato e debole.

- Fino a ieri era ricoverata, deve riposarsi! - insisté lui senza farsi convincere dai suoi modi, ma Chigusa si girò di scatto sorprendendolo.

- Io vivrò! Fino a quando avrò addestrato le ragazze al ruolo della Dea Scarlatta! - gracchiò decisa soffocando un forte colpo di tosse.



Masumi scese le scale fino a raggiungere il salotto dove lo aspettava la colazione. E suo padre. Fortunatamente lo lasciò mangiare in pace prima di tormentarlo con le sue domande. Aveva imparato bene a celare i suoi piani e l’ultima persona a cui li avrebbe rivelati era seduto in quel momento davanti a lui.

Sfogliò il giornale con attenzione, soffermandosi sulla pagina finanziaria come faceva ogni mattina, poi la pagina degli spettacoli. Rimase immobile quando si ritrovò a fissare il volto sorridente di Maya. Suo padre gli aveva detto qualcosa, ma lui non aveva sentito, ancora perduto nel ricordo di quel frettoloso saluto alla stazione.

- Masumi! - lo chiamò di nuovo.

- Sì, padre? - riuscì a rispondergli voltando pagina e poi abbassando il giornale.

- Mi sembri troppo tranquillo, i diritti sono ancora in mano a Chigusa e l’Associazione Nazionale ha monopolizzato lo spettacolo, come puoi tollerarlo senza reagire? - gli chiese duramente, non amava essere ignorato.

- Non dovrei? - rispose lui pacatamente, rendendosi conto di quanto fosse stanco di mentire e doversi nascondere, di raggirare sempre tutti - La gestione esclusiva dell’Associazione ha impedito alle altre case concorrenti di mettere mano alla “Dea Scarlatta”. Ha scelto persone di talento per gli interpreti e lo staff e ha deciso per una rappresentazione di prova, tutto secondo i piani della Daito. Non ho nessun motivo per essere scontento -

- Quindi è stata tutta una tua macchinazione? E immagino che fra non molto uno speciale comitato scelga i teatri della Daito per rappresentare la “Dea Scarlatta” - suppose Eisuke riflettendo sulla situazione.

- Chi lo sa, può darsi - rispose enigmatico Masumi con un sorriso indecifrabile.

- E come pensi reagiranno Chigusa e quella ragazza? Non credo che accetteranno che sia la Daito ad allestire lo spettacolo - ipotizzò suo padre avendo ormai capito il caratterino di Maya.

- Non preoccuparti, padre. Stanno per cadere in trappola - gli rivelò in modo misterioso alzandosi e raggiungendo la porta: era ora di raggiungere l’ufficio e non l’aveva mai desiderato tanto come in quel momento.

Eisuke lo guardò uscire domandandosi cosa stesse tramando. Sei diventato molto prudente, Masumi…



Chiuse la porta dietro di sé e si appoggiò al legno. Serrò gli occhi ed espirò. Non so quanto ancora riuscirò a mentire così. Ogni parola che dico è una menzogna, ogni azione che faccio è volta a camuffare altre azioni, ma avrei detto qualsiasi cosa, qualsiasi, pur di sviare l’attenzione da lei e concentrarla sui diritti della Dea Scarlatta! E’ l’unica cosa che possa provocare in te un interesse, padre, ha così fagocitato la tua vita che non ti rendi ormai conto di dipendere esclusivamente da questa cosa… Ma io… io no, padre, io mi impossesserò di quei diritti e farò in modo che tu non possa mai raggiungerli né fare del male a chi li otterrà! Cosa starai facendo Maya, adesso? Sono trascorsi solo due giorni e l’idea di non poterti vedere né sentire mi svuota...

Imboccò il corridoio, indossò scarpe, soprabito e raggiunse la sua auto parcheggiata fuori, nel giardino della villa.


 

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Capitolo 17
*** Vento ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

17. Vento


 

Quando aveva visto Sakurakoji baciare Maya, aveva avuto l’impulso, inusuale per lui, di separarli ma, imponendosi autocontrollo, era rimasto nascosto. Aveva avvisato Masumi che aveva qualcosa da riferirgli, ma con la partenza di Maya era stato tutto rimandato. Poi lui era tornato alla valle e Masumi ai suoi affari. Quella mattina aveva ricevuto una telefonata con cui lo richiamava a Izu.

Era più di mezz’ora che si trovava all’esterno della villa, titubante, quella in cui Masumi si rifugiava quando voleva fuggire da quel mondo che lo attorniava per cercare un po’ di sollievo.

Adesso non so davvero come trovare le parole… per la prima volta nella vita ho pensato di mentirgli e di nascondergli ciò che ho visto… Però… da un certo punto di vista… potrebbe essergli di sprone…

Con quell’ultimo pensiero in testa, si incamminò verso la villa.



Dopo l’ultimo incontro con suo padre e l’assenza di Maya da Tokyo, l’unica cosa di cui aveva bisogno era rifugiarsi a Izu. Nonostante il vento freddo dal Pacifico a est, aveva aperto le finestre del terrazzo e osservava il mare. Si guardò la mano che portava ancora un piccolo segno del morso che gli aveva dato. Sorrise, incurante dei brividi che gli correvano lungo la schiena per il freddo e chiuse la mano a pugno ricordando perfettamente il calore che aveva provato quando lei l’aveva toccato. Immediatamente associò a quella sensazione l’averla vista in “Lande dimenticate” con quell’incredibile costume. Afferrò la balaustra serrando gli occhi e piegando la testa verso il basso.

Dovrei vergognarmi! Aspettavo solo che crescesse e ora può interpretare ruoli da innamorata e io... Eppure so di non avere speranze, ma non riesco ad accettarlo, sto bene in sua compagnia… io… con lei mi sento me stesso come con nessun’altra persona! Sono consapevole che un giorno s’innamorerà di un altro uomo e allora sarò capace di mantenere il mio sangue freddo e regalarle delle rose augurandole ogni felicità?

Il vento gli scompigliò i capelli e il gelo dal mare si mischiò a quello che fermò il suo cuore a quella prospettiva. Strinse forte la balaustra finché tutte le nocche sbiancarono per la tensione.

No! Impazzirei se fosse di un altro e io… io non posso lasciarla a nessuno!

Sussultò al suono del campanello a cui associò immediatamente Hijiri. Chiuse la porta finestra abbandonando quei pensieri e gli aprì.

- Buonasera, signor Masumi - lo salutò il collaboratore con un lieve cenno del capo. Lo lasciò entrare e chiuse la porta restando in silenzio.

Hijiri si rese immediatamente conto del freddo che c’era all’interno, nonostante il camino acceso e della tensione che attraversava il suo volto, ma non disse niente. Masumi era assorto e si diresse al mobiletto coi liquori, riempì due bicchieri e gliene porse uno, che lui prese. La sua espressione era pacata e controllata come sempre, ma non gli sfuggì quel lampo irritato che fece brillare i suoi occhi azzurri. Poteva immaginare cosa lo stesse angustiando, Maya era lontana, sembrava particolarmente subire la situazione e lui l’avrebbe solo aggravata...

- Avanti, Hijiri - disse sommessamente davanti al camino con il bicchiere in mano. Non l’aveva neanche toccato.

Hijiri, che ancora nutriva dei dubbi se rivelare o meno ciò che aveva visto, si sedette sul bracciolo del divano e riferì le poche notizie che aveva.

- La signora ha lasciato l’ospedale ed è al tempio con le due ragazze - decise di iniziare da lontano, sperando che lui si accontentasse di ciò che aveva da dirgli di recente. Masumi rimase immobile e Karato proseguì dopo aver bevuto un sorso.

- Le prove sono iniziate ed entrambe le ragazze sembrano impegnarsi molto. Non posso avvicinarmi più di tanto quindi non so esattamente su cosa vertano, ma spesso le vedo in silenzio a contemplare il paesaggio - si soffermò un attimo ripensando a quanto fossero magici quei luoghi. C’era una quiete innaturale che ammantava ogni cosa e con l’assenza dei rumori della città, tutto cambiava assumendo una forma eterea e surreale.

Masumi ascoltò in silenzio, fissando le fiamme che danzavano allegre nell’alcova del camino, le braccia lungo i fianchi, il bicchiere fra le dita.

- Mentre ero a Niigata mi hai detto che c’era qualcosa che avresti dovuto dirmi - mormorò dopo qualche attimo e Hijiri espirò lentamente, in realtà sapeva che non avrebbe potuto nascondergli quell’informazione. Aveva riflettuto a lungo su come comunicarglielo e infine aveva deciso per la via più breve. In fondo il suo compito era quello: osservare e riferire.

- La sera prima dell’assegnazione dei candidati ai due gruppi, Sakurakoji è andato a trovarla, hanno parlato a lungo e lui l’ha baciata, dichiarandole apertamente il suo amore - raccontò tutto di fila vedendo la sua schiena irrigidirsi lentamente. Sta davvero correndo un rischio a lasciar andare le cose, signor Masumi… può davvero innamorarsi di qualcun altro… o qualcun altro innamorarsi di lei...

Masumi rimase immobile e in silenzio così a lungo che Hijiri si alzò preoccupato, facendo un passo verso di lui.

- Lei? - gli chiese infine, rompendo il silenzio, con una voce così distaccata da farlo raggelare. Hijiri si fermò.

- Era dubbiosa, gli ha risposto che non poteva accettare ciò che le stava offrendo - rispose pacato rimanendo dietro di lui e meravigliandosi che gliel’avesse chiesto. In fondo questo dovrebbe rasserenarla, signor Masumi… o no?

- Grazie, Hijiri, puoi tornare alla valle - mormorò con voce atona, continuando a fissare il fuoco. Il fedele collaboratore sospirò, avrebbe voluto che in qualche modo gli dimostrasse ciò che provava, ma sapeva che era inutile con lui: era troppo riservato. Fece un lieve inchino e uscì in silenzio.

Masumi udì a malapena la porta chiudersi. Aveva intuito, dal tono della telefonata di quel giorno, che aveva visto qualcosa di particolare ma, tra il suo viaggio a Niigata e la partenza di Maya, aveva rimandato l’incontro con lui.

La rabbia che aveva dentro era così profonda e nera da sconvolgerlo. Era contro sé stesso, contro quella paura agghiacciante che lei lo rifiutasse, che mettesse davvero la parola fine alle sue possibilità ed erano queste le cose che lo rendevano incapace di agire.

Strinse il bicchiere che teneva in mano, ancora intatto e lo scagliò con forza dentro il camino. Andò in frantumi e il liquore s’infiammò illuminando la stanza per un breve attimo. Afferrò il bordo di marmo e abbassò la testa fra le braccia tese, chiudendo gli occhi, il cuore che martellava incessante per la rabbia che lo pervadeva.

Maya… io… non so cosa devo fare…

Il vento spalancò la porta finestra, il gelo dell’inverno marino invase la stanza e lui fu grato per quell’aggressione fredda che pregò placasse la rabbia infuocata che gli ardeva dentro.



Erano passati tre giorni da quando la signora aveva assegnato il compito di interpretare il vento. Maya stava camminando lungo un sentiero dietro il tempio, confusa e amareggiata per non aver ancora trovato la sua interpretazione. Nei giorni precedenti era rimasta ad ascoltare il vento per ore, mentre stormiva fra le fronde, correva sul pelo dell’acqua del fiume, passava in mezzo alle canne fischiando, ma senza trovare l’ispirazione.

Un sole vivido inondava la foresta e la nebbia dei primi giorni era scomparsa. Stava osservando immobile la natura intorno a lei: c’erano farfalle, uccellini, insetti, tutti sfruttavano il vento per restare in sospensione, correnti calde e fredde che passavano attraverso piume o membrane e gli permettevano di volare.

Ricordo dalle lezioni a scuola che il vento è il risultato di una forza che si sprigiona in presenza di due punti con differente pressione atmosferica… E’ una forza… agisce per ripristinare l’equilibrio… equilibrio…

Si guardò intorno e la lieve brezza che spirava le mosse i capelli facendola rabbrividire piacevolmente. Chiuse gli occhi godendo appieno di quell’istante magico e appoggiò la testa al tronco del grande albero dietro di lei. Distese le mani sull’erba e incrociò le gambe. Sentiva la brezza anche sulla pelle e sorrise a occhi chiusi. Rilassò il respiro e lasciò che la tensione nelle spalle scivolasse via, come rimossa dal vento debole.

Nel buio della mente, apparentemente svuotata, si formò il volto sorridente del signor Hayami come l’aveva visto alla stazione prima della partenza. Spalancò gli occhi stupita con un singulto. Scosse stizzita la testa per scacciare il ricordo e concentrarsi sul vento.

Devo restare concentrata… e cosa c’entra lui adesso? E’ a Tokyo, lontano da qui, lontano da me, penserà ai suoi affari e alle altre attrici!

Si alzò di scatto in piedi, irritata e con il cuore che batteva all’impazzata per il solo ricordo evocato. Si innervosì ancora di più e corse verso il tempio. La felpa aperta si gonfiò per una ventata improvvisa e sentì l’aria filtrare tra le dita che opponevano resistenza. Alla sua destra un cumulo di foglie si sollevò in una spirale perfetta per poi ricadere a terra appena il vento cessò. Si bloccò folgorata da un’intuizione.

Si genera in un punto… la forza spinge per ritrovare l’equilibrio! Prima piano, poi forte, poi piano, poi torna calma! Il vento nasce e muore! Posso farcela, sì!

Riprese a correre e tornando al tempio vide Ayumi seduta sul corridoio esterno di legno, immobile e ad occhi chiusi. La oltrepassò senza disturbarla e raggiunse raggiante la stanza dove si allenavano ogni giorno con gli esercizi per la voce e quelli fisici e iniziò immediatamente a mettere in pratica l’idea che aveva in testa. Per un fugace, irritante momento pensò che aveva trovato la soluzione grazie al ricordo del signor Hayami, poi si concentrò.



Ayumi aveva trascorso quei tre giorni in contemplazione del mondo intorno a lei. Quando aveva visto Maya diventare l’albero il primo giorno in cui erano arrivate, era rimasta sinceramente atterrita. Erano tre giorni che stava pensando a come interpretare il vento senza trovare una soluzione valida che potesse esprimere con le sue capacità di attrice e il suo corpo e che potesse soddisfare la signora Tsukikage tanto da preferirla a Maya. Il solo evocarne il nome la riscosse dalla sua concentrazione.

Maya mi spaventa veramente… ha una capacità di astrazione davvero singolare e terrificante… chissà come interpreterà il vento… so come si forma, conosco i suoi effetti sulle cose, sui tessuti, sulle piante, sull’acqua… ma come si interpreta un elemento della natura? Anche ora, che sono qui seduta, lo sento su tutto il corpo, picchia sulla pelle, ci scivola sopra e se ne va… il mio corpo lo sente, ci deve essere un modo per poterlo rappresentare!

Si alzò stizzita di scatto e iniziò a camminare. Poco prima aveva sentito qualcuno correre sulle assi, forse era Maya che era rientrata, ma non le interessava, lei avrebbe trovato il suo vento. Camminò a lungo fino a raggiungere il fiume. L’acqua correva briosa, dall’altra parte c’erano i primi susini della valle. Si accucciò sui ginocchi e fissò l’acqua che le restituì il suo riflesso distorto.

Sentiva il vento fra i capelli e rimase sconcertata quando immaginò che quel movimento fosse generato dalla mano del fotografo Hamil.

Ma che mi salta in mente!

Si alzò in piedi, aggrottando la fronte per il fastidioso e inopportuno pensiero. Il giorno in cui c’erano state le assegnazioni degli attori ai due registi, lui era riuscito ad entrare nel teatro, probabilmente grazie alla sua fama aveva tante conoscenze e le aveva strappato un invito a cena. Lei aveva acconsentito con la sola speranza di toglierselo di torno. Hamil non conosceva il giapponese e avevano parlato sempre in inglese, ma questo non gli aveva impedito di essere impudente e presuntuoso. Eppure era stata una serata piacevole e lui si era rivelato un abile conversatore.

Sollevò stizzita il mento per quell’ultimo ricordo che le aveva di nuovo tolto la concentrazione e spostò lo sguardo irato sui susini in fiore. Una folata di vento sollevò un mucchio di petali adagiati al suolo in una danza perfetta e armonica.

Ayumi spalancò gli occhi, folgorata, finalmente, dalla sua interpretazione del vento. Il movimento dei petali e la sensazione della mano fra i capelli le avevano dato una nuova consapevolezza.

Ho capito! So come muovere il mio corpo! So come interpretare il vento!

Si voltò per tornare di corsa al tempio, ma fu costretta a fermarsi quando si rese conto che in parte quella soluzione era dovuta a Peter Hamil. Scosse la testa e riprese a correre.



Quando Masumi ricevette una nuova chiamata dal collaboratore di suo padre, era il quinto giorno da quando Maya era partita. Chiuse il telefono e aprì l’interfono.

- Mizuki, cancelli i miei impegni di questo pomeriggio - ordinò con voce scocciata e la segretaria fissò l’auricolare dell’interfono per un momento.

- Devo andare da mio padre e mi faccia trovare un’auto giù - aggiunse lui, come a scusarsi. Lei sorrise e gli rispose pacatamente.

- Non si preoccupi, ci penso io - lo rassicurò - Non prende la sua auto? Questa sera desidera tornare al lavoro? -  indagò lei, sapeva che da quando Maya era partita praticamente trascorreva gran parte della notte in ufficio.

- Sì - rispose lui serafico e chiuse la chiamata.

Mizuki osservò la luce rossa dell’interfono e sorrise ripensando a quanto fosse impietoso il destino. Poi alzò la cornetta e avvisò la rimessa al piano interrato.

Masumi si appoggiò allo schienale della poltrona, espirò tutto il fiato in un lungo sospiro, poi si alzò, più determinato di prima, prese il soprabito e uscì. Rimandare non sarebbe servito a niente. Fece un breve saluto a Mizuki che ricambiò con un cenno silenzioso, scese e prese l’auto che la solerte segretaria gli aveva chiamato.

Durante il viaggio verso casa reclinò la testa sul sedile, non era da lui abbandonarsi in quel modo, ma era stanco di dover essere comandato come una marionetta, stanco di mentire, stanco di aspettare. Chiuse gli occhi e rimase immobile. Da quando Hijiri gli aveva raccontato ciò che aveva visto la sua impazienza era cresciuta di pari passo con la sua imbarazzante gelosia.

Ci aveva messo molto tempo ad accettare quella debolezza, ma nonostante il suo autocontrollo, in quel frangente non riusciva assolutamente a dominarsi. Quando aveva iniziato a rendersi conto di ciò che provava realmente per lei, automaticamente aveva compreso anche quel gelo profondo che avvertiva ogni volta che altri uomini le si avvicinavano. So di non avere alcuna pretesa su di lei… ma io… non riesco ad accettare che altri possano…

Si impose di smettere di pensare, corrugò la fronte e serrò gli occhi stringendo i pugni contro la pelle morbida dei sedili. Per fortuna l’auto si fermò nel giardino della loro villa, esonerandolo da quei ricordi che lo rendevano solo nervoso.

Uscì afferrando il soprabito ed entrò in casa. C’era il consueto silenzio, lui preferiva di gran lunga le onde del mare e senza perdere altro tempo si diresse immediatamente in salotto. Di fronte alle doppie porte si fermò raccogliendo le idee, poi entrò.

La stanza era nella penombra e suo padre era di fronte alla grande finestra. In quello si somigliavano, entrambi amavano quella posizione riflessiva. Sorrise amaramente e avanzò, affiancandolo.

- Sei venuto subito, come mai? - indagò Eisuke con voce profonda. C’era indubbiamente qualcosa di diverso in suo figlio che avallava ogni giorno di più i suoi sospetti. Sono proprio curioso di vedere cosa farai, Masumi…

- Stasera sono occupato in ufficio, non torno a casa - rispose lui pacatamente accendendosi una sigaretta.

- Quante sere sono che non torni? C’è qualcosa che ti preoccupa? - Eisuke era convinto di sapere esattamente cosa lo preoccupasse, ciò che in parte aveva preoccupato anche lui ma a cui, a differenza del figlio, aveva trovato una soluzione che ora stava per esporgli.

Masumi spostò lentamente lo sguardo sul profilo severo del padre, ricordando dolorosamente ogni percossa subita, ogni rimprovero, ogni lezione che gli aveva dato negli anni. Tutto quel malumore si sommò alla lontananza di Maya e a ciò che era accaduto fra lei e… Non ora! Non ora…

- Abbiamo concluso l’accordo a Niigata, devo occuparmi di ogni cosa - riferì laconicamente, come fosse annoiato, reprimendo l’istinto di andarsene e obbligando il suo cuore a rallentare i battiti dovuti alla rabbia che nascondeva dentro di sé.

Eisuke rimase in silenzio alcuni minuti e Masumi fu ben lieto di quegli attimi in cui riuscì a riprendere il controllo completamente.

- Vado nel paese natale della “Dea Scarlatta” - gli rivelò e sorrise quando il figlio si irrigidì, continuando a guardare fuori.

- Sei sicuro che sia una cosa saggia? La signora Tsukikage avrà necessità di concentrazione e… - ma suo padre lo interruppe.

- Stai cercando di farmi desistere? Sai che non cederò - replicò freddamente voltandosi finalmente a guardarlo. Anche Masumi si girò e si rese immediatamente conto che glielo stava solo comunicando, aveva già deciso tutto. Spense la sigaretta nel posacenere sulla scrivania e si servì uno scotch, poi tornò accanto a lui.

- No, non voglio farti desistere, so che hai già deciso, traevo solo delle conclusioni da ciò che la tua visita in quei luoghi potrebbe portare - rispose in modo forse un po’ troppo pungente rispetto a ciò che avrebbe fatto in passato. Anzi probabilmente in passato neanche avrebbe obiettato una sua decisione.

Eisuke rimase ancora in silenzio, poi si voltò, voleva guardarlo in faccia quando gli avrebbe fatto la prossima domanda.

- Vuoi venire anche tu? - gli chiese cercando di mantenere il tono il più innocente possibile sapendo comunque che Masumi non si sarebbe lasciato andare a nessuna confessione, posto che davvero gli stesse nascondendo qualcosa.

Masumi si girò guardandolo e mantenne un autocontrollo che non credeva più di possedere.

- Perché dovrei venire? Ho da fare qui - rispose freddamente bevendo il liquore.

Eisuke ridacchiò e tornò a voltarsi verso la finestra.

- C’è la tua pupilla là, non vuoi vedere come se la cava? - indagò guardandolo di sottecchi.

Ecco cosa stai cercando di fare, padre… vuoi sapere quanto sono realmente interessato a lei…

- E’ la pupilla dell’ammiratore delle rose, sai che non mi sopporta - replicò lui con un mezzo sorriso - Se vuoi quei diritti, dovresti lasciarle in pace e lasciarmi lavorare per ottenerli - aggiunse dopo una breve pausa.

- Non ti sopporta, dici? - ripeté pensieroso - Eppure mi è stato riferito che ultimamente vi siete… visti più spesso -  e si voltò verso di lui - La gente chiacchiera, Masumi, ricordati sempre chi sei. Lei è solo una giovane attrice e non dimenticarti che il tuo ruolo impone discrezione e autocontrollo, non voglio che la tua figura venga associata a qualcosa di sgradevole. Il matrimonio che ho in mente fonderà due grandi famiglie e porterà benessere a entrambe -

Masumi riuscì a non trasalire dalla rabbia a quelle parole fredde e vuote. Gestiva la sua vita come se lui non fosse neanche un essere umano, ma solo un mero strumento.

- Quando partirai? - tagliò corto, evitando di rispondere alle domande celate dietro il suo breve monologo.

- Domani mattina. Vado in una stazione termale vicina a Nara - lo informò - Dovresti venire anche tu qualche giorno, ti farebbe bene rilassarti un po’, ti vedo teso ultimamente - gli suggerì, sorridendo maliziosamente.

- Ti ringrazio, ma il lavoro mi tiene occupato - finì il liquore e poggiò il bicchiere sulla scrivania vicino al posacenere.

- Torno in ufficio - e si diresse verso la porta.

- Stasera tornerai a cena? - lo interrogò Eisuke girando la sedia a rotelle.

- No - rispose lui continuando a camminare.

Sei nervoso, Masumi, e si vede… da quando quella ragazza è partita, trascorri tutto il tempo alla Daito, fino a notte fonda… lavori davvero? O ti serve a non pensare? L’ho fatto prima di te, ho amato prima di te, so cosa significa non poter avere qualcuno… quel fuoco ti brucia dentro e ti consuma...

Udì il rumore dell’auto uscire dal giardino e si apprestò a trascorrere l’ennesima serata in solitudine. Ma per lui ormai non faceva più differenza.



In quella prima settimana la signora Tsukikage aveva voluto che entrambe cucinassero la cena a giorni alterni. Così Maya aveva dolorosamente realizzato di essere un’assoluta frana tanto quanto Ayumi era perfetta. Aveva scoperto, una sera in cui la signora si era informata dato - che il pesce cucinato da Ayumi era buonissimo - che la sua rivale era stata istruita da cuochi professionisti. Il divario fra loro era incolmabile, lei era elegante, sensuale, dolce, colta, educata nelle migliori scuole, preparata in tutto, al contrario di lei che si sentiva inadeguata, rozza, troppo semplice per quel mondo così complicato. Proprio come il suo...

Era soddisfatta della sua visione del vento, si era allenata ed era convinta di averlo capito, ma il confronto con Ayumi le pesava così gravemente sul cuore da terrorizzarla. Ora, però, non c’era più tempo. Fra pochi minuti l’avrebbe interpretato davanti alla signora Tsukikage, il primo passo verso la “Dea Scarlatta”. Signor Hayami… le dimostrerò che posso farcela! Tornerò a Tokyo e le farò vedere la mia Dea!

Si alzò, svuotando la mente da ogni altro pensiero e raggiunse la sala dove la sensei le attendeva. Quando entrò, trovò Ayumi in piedi e immobile. Le si affiancò, un po’ in imbarazzo per il ritardo e fece un lieve inchino alla signora.

- Bene ragazze, mostratemi il vostro vento. Ayumi, inizia pure - esordì la signora infrangendo il silenzio nella stanza.

Ayumi annuì e si spostò fluidamente in avanti, fino a raggiungere la parete aperta che dava sull’esterno. Si fermò, per molti secondi rimase immobile tanto che Maya si chiese cosa stesse facendo. Poi creò la sua magia.

Con un unico, perfetto, movimento del collo, dette l’impressione che il vento le attraversasse i capelli e andasse oltre, continuando per la sua strada. Maya rimase basita da quella semplice intuizione che le aveva permesso di interpretare alla perfezione il vento.

La signora Tsukikage batté le mani - Può bastare così, Ayumi, la tua interpretazione è impeccabile. Come sei arrivata a questa conclusione? - la interrogò la sensei e la giovane attrice fu ben felice di spiegarsi.

- Volevo dare una forma al vento che fa muovere le cose, poi mi sono accorta che è il movimento a dargliela - disse brevemente e Maya spalancò gli occhi per quella intuizione geniale. Io ho faticato per trovare il vento… come ha fatto lei a raggiungere questo traguardo così facilmente? Ayumi…

- Avanti, Maya - disse la signora implacabile facendola trasalire. Lei scattò sull’attenti poi si portò avanti e si accucciò a terra.

Da quell’istante si esibì in una serie di movimenti che inizialmente lasciarono Ayumi interdetta finché non realizzò cosa stessa facendo. E’ il vento che nasce! Poi una brezza… vento forte… Maya…

La signora Tsukikage osservò l’esercizio aggrottando la fronte. Quando Maya si accucciò di nuovo mimando il vento che si placava dopo la tempesta, picchiò il bastone a terra.

- Maya! - gridò, e la giovane si girò spaventata - Ti ho chiesto di interpretare il vento, non di immedesimarti! Devi imparare a recitare per il pubblico, non per te stessa! E i tuoi movimenti così grezzi! Dovresti esercitarti nella danza classica per migliorarti! - fece una pausa fissandola duramente. Maya rimase immobile, atterrita da quel giudizio così dequalificante.

- Ayumi ha recitato, tu sei diventata il vento - concluse implacabile la sensei con sguardo feroce.

La rivale rimase muta, incamerando quel piccolo elogio senza farsi illusioni.

Maya… anche se la signora mi ha gratificato e i tuoi movimenti non erano eleganti, sei stata in grado di diventare il vento… sei veramente un genio… ma io saprò batterti!

- La prossima interpretazione è il fuoco -

La signora Tsukikage si voltò e uscì dalla stanza, lasciandole sole.



Una pioggia battente sferzava Tokyo in quel febbraio gelido. Kuronuma guardava oltre la finestra. Sentì le braccia di sua moglie avvolgerlo delicatamente e le coprì le mani con le sue. Sapeva di non meritarla, era una donna eccezionale, ma forse, se avesse giocato bene le sue carte, questa volta avrebbe potuto diventare un regista rinomato e darle uno stile di vita più dignitoso. Sapeva che a lei non interessavano né i soldi né i gioielli, ma a lui sì e avrebbe fatto di tutto per farglieli avere.

- Riusciresti a fare a meno di me per qualche settimana? - le chiese in un sussurro voltandosi e abbracciandola teneramente.

- Quante settimane? - puntualizzò sua moglie mettendo il broncio. Era qualche giorno che lo vedeva pensieroso, più del solito e sapeva che stava rimuginando qualcosa.

- Due, massimo tre - rispose lui posando un bacio delicato sulle sue labbra morbide.

- Allo scadere della terza settimana, se non sarai tornato, verrò a cercarti, ovunque tu andrai, marito - rispose serafica lei e Ryuzo sapeva che avrebbe mantenuto la promessa. La sua mogliettina era una tosta, soprattutto se riusciva a sopportare lui.

- Devo capire bene l’ambiente della “Dea Scarlatta”, comprendere i luoghi dove Ichiren Ozaki la creò in modo da realizzare una regia perfetta! - le disse stringendola a sé. Lei sorrise e lo baciò intensamente.



L’anziano ometto era seduto sulla panca di pietra e osservava il giovane di città che, zaino in spalla, osservava assorto e incuriosito le statue sacre di quel tempio così lontano dalla mondanità da essere praticamente dimenticato da tutti.

Il giovane poteva avere ventitré o ventiquattro anni ed erano almeno dieci minuti che fissava la bella statua di una dea della terra. Si avvicinò portandosi una mano dietro la schiena e cercando di non pensare a quei dolori che gli tormentavano le ossa.

- E’ molto bella, vero? - gli chiese sollevando lo sguardo sulla statua. Il giovane si riscosse e si voltò stralunato a guardarlo.

- Sì, molto bella - sussurrò il ragazzo, rapito.

- L’ha intarsiata uno scultore di nome Kaikei - gli disse l’ometto incrociando le mani dietro la schiena curva.

Sakurakoji tornò a guardare la statua. Era stupenda e probabilmente Isshin avrebbe scolpito come questo Kaikei. Dopo la partenza di Maya, aveva deciso di visitare i templi per guardare le statue e cercare di capire come pensasse lo scultore della “Dea Scarlatta”. Finché non era giunto in quell’eremo solitario. Il tempio era vecchio, ma quella statua di dea della terra era incredibile.

- Sa dove posso trovarlo? - chiese all’anziano e gentile signore che si era avvicinato.

- Sì, mi pare di ricordare… - estrasse un taccuino dalla tasca e una piccola matita. Tracciò dei caratteri chiari e netti, strappò il foglio e glielo porse con un sorriso.

- Buon viaggio, ragazzo, spero tu trovi ciò che vai cercando - gli disse annuendo.

Sakurakoji lo ringraziò e si incamminò lungo la ripida scalinata che l’avrebbe riportato al villaggio alle pendici di quel tempio.



La mattina seguente la prova del vento, Genzo chiese a Maya di andare in città a prendere delle medicine per la signora Tsukikage. La giovane represse il desiderio di domandargli come stesse, anche perché non sembrava particolarmente preoccupato. Si incamminò nella foresta mentre pensava al fuoco fino a raggiungere la fermata dell’autobus che l’avrebbe portata in paese.

Spero che la signora Tsukikage non si sia stancata troppo a causa nostra… Ayumi ha espresso il vento in modo ineccepibile, chissà cosa starà facendo per il fuoco… il fuoco…

Arrivò l’autobus e salì meccanicamente con in testa solo la richiesta della sensei. Una buca sull’asfalto che fece sobbalzare il mezzo la riscosse, spostò lo sguardo fuori dal finestrino e d’improvviso si attaccò con le mani al vetro.

Ma quello è il signor Kuronuma!

Non ebbe tempo di verificare la sua prima impressione, così si sedette nuovamente e pensò di essersi sbagliata. In quella piccola cittadina, l’unico posto in cui prendere le medicine era l’ospedale stesso, anch’esso di dimensioni ridotte, così una volta che l’autobus si fermò nella piazza principale, lei seguì le indicazione che le aveva dato Genzo e ci si diresse. Varcò le doppie porte del pronto soccorso e rimase pietrificata da ciò che vide.  

Il signor Hijiri stava parlando con un medico vicino alla reception. Si nascose immediatamente dietro la colonna con il cuore che batteva follemente. La conversazione terminò e l’uomo in nero l’asciò l’ospedale uscendo e passando vicinissimo a dove si era nascosta. Maya lo seguì confusa con lo sguardo, poi raggiunse immediatamente il dottore con cui aveva parlato il signor Hijiri, curiosa e titubante.

Il medico gentile la informò che quel parente della signora Tsukikage era venuto spesso ad informarsi circa la sua malattia e si lamentò anche del fatto che la signora era veramente cocciuta e che in quel momento avrebbe dovuto essere ricoverata e non in giro chissà dove!

Signora… sta facendo tutto questo per noi… se il signor Hijiri è qui significa che sta informando il signor Hayami… sarà l’affarista preoccupato per la Dea Scarlatta o l’ammiratore preoccupato per me?

Ringraziò il medico, prese le medicine e uscì dall’ospedale. Camminava tornando alla piazza per riprendere l’autobus, mentre un’ansia inspiegabile le montava dentro, divisa fra ciò che provava per il signor Hayami e le azioni oscure che sembrava sempre intraprendere nei loro confronti.

- Signorina Kitajima! - una voce maschile la chiamò all’improvviso, Maya si girò distratta e vide il signore che le aveva fatto i complimenti durante “Lande dimenticate”.

- Signore! - lo salutò allegra andandogli incontro.

Eisuke si appoggiò al bastone e rimase piacevolmente sorpreso dal suo carattere solare e spontaneo.

- Come mai da queste parti? - gli chiese facendo un lieve inchino quando lo raggiunse.

- C’è un centro termale da queste parti e sono qui per delle cure - le rispose con un sorriso gentile - Lei, piuttosto, come mai in questo paese sperduto? - aggiunse facendo un cenno al suo collaboratore che entrò in un ristorante vicino. La vide illuminarsi come un sole esattamente come era avvenuto al binario del treno la prima volta che l’aveva incontrata.

- Stiamo affrontando le prime prove con la signora Tsukikage per la “Dea Scarlatta”! - gli rispose raggiante ed emozionata.

- Mi fa compagnia per il pranzo? Così potrà raccontarmi ogni cosa - la invitò lui sempre con un sorriso gentile e accomodante.

- Molto volentieri! - acconsentì Maya annuendo vigorosamente.

E’ incredibilmente vivace, piena di energia, concentrata sulla meta e la sfida con Ayumi Himekawa… Il suo sorriso è… luminoso… come i suoi bellissimi occhi vibranti...

Ordinarono della zuppa calda e quando ebbero finito la interrogò di nuovo, era curioso di sapere come la pensasse su alcune cose.

- Ho saputo che probabilmente la nuova “Dea Scarlatta” verrà rappresentata in un teatro Daito - esordì mentre sorseggiava un tè caldo. La vide irrigidirsi e la tazza si fermò a metà strada verso la bocca.

Maya si congelò a quella domanda e immediato fu il ricordo di ciò che le aveva detto il signor Hayami alla fine del ballo durante la premiazione di “Lande dimenticate”. Sollevò lo sguardo sull’anziano signore senza riuscire a reprimere quella fiamma che le ardeva dentro alimentata anche dal non sapere lo scopo della visita del signor Hijiri.

- Non reciterò mai per la Daito e la signora non permetterà mai che quello spregevole Masumi Hayami metta le mani sui diritti della “Dea Scarlatta”! E’ un uomo odioso, che pensa solo agli affari, raggira le persone e mi piacerebbe sapere davvero chi è che l’ha allevato in quel modo! - reagì di scatto, ogni parola fu un crescendo vocale. Maya impresse ad ogni lettera tutto ciò che aveva imparato in teatro finché ogni persona nel ristorante ebbe bene a mente che reputazione avesse quel Masumi Hayami.

Eisuke spalancò gli occhi sempre più appoggiandosi lentamente allo schienale della sedia, allibito per la sua veemenza e il coraggio che stava mostrando. Poi, alla fine della sua arringa infuocata, lui scoppiò a ridere.

- Non lo sopporta proprio, vedo - constatò lui guardandola incuriosito. Era imbarazzata per la forza che aveva dato alle sue parole, si era alzata in piedi, le mani appoggiate sul tavolo. Si guardò intorno e si sedette subito, arrossendo completamente per la vergogna. Abbassò lo sguardo sulla tazza di tè e si sentì una stupida per quell’uscita.

Appena ho sentito del teatro non ci ho visto più… Davvero non lo sopporto? Eppure non c’è giorno che io non pensi a lui… e mi manca così tanto… ma non sono stata capace di fermarmi… quell’insinuazione ha tirato fuori tutto l’antico rancore che provavo per lui...

- No… non lo sopporto - borbottò meccanicamente - E dicono che suo padre sia peggio di lui - aggiunse sempre con quella voce atona e gli occhi persi sulla tazza di tè.

Eisuke la osservò cambiare atteggiamento come se avesse ripensato a qualcosa. Di sicuro non era una ragazza che temeva di dire ciò che pensava e Masumi sembrava nel giusto circa i sentimenti di quella ragazza nei confronti del figlio… Eppure ora è così assorta...

- Cosa state facendo per la “Dea Scarlatta”? - Eisuke cambiò discorso sapendo che, tornando a parlare di teatro, lei avrebbe dimenticato tutto il resto e lui voleva vedere ancora quella luce vivida nei suoi occhi.

Maya cambiò completamente regime e si lanciò in un racconto appassionato del viaggio, dell’interpretazione della signora sotto il susino e della prova del vento. Eisuke la ascoltò in silenzio, estasiato per tutto il tempo, mentre lei passava da un ricordo all’altro, da una pennellata di colore all’altra, come se dipingesse un quadro pieno di emozioni.

- Ora dobbiamo interpretare il fuoco -  si appoggiò esausta e demoralizzata alla sedia. Eisuke sorrise per quel cambio repentino di umore.

E’ spontanea, non riesce in alcun modo a nascondere niente di ciò che prova, sembra vivere ogni istante pienamente e ha una determinazione e un coraggio davvero invidiabili…

- Se vuole uno spunto per il fuoco potrebbe leggere il dramma di Yaoya Oshichi - le suggerì quando la vide così abbattuta, memore anche che proprio Chigusa durante le sue prove, a cui lui aveva avuto la fortuna di partecipare, aveva usato quell’opera. Se questa ragazzina utilizzerà questa mia idea, forse, Chigusa, ti ricorderai di me…

- Yaoya Oshichi? - domandò Maya, immediatamente interessata.

Eisuke fu stranamente contento della sua reazione, era sempre entusiasta e pronta ad ascoltare.

- E’ la storia di Oshichi che durante l’immenso incendio che scoppiò a Edo perse la casa e si rifugiò in un tempio dove si innamorò di uno dei servitori, Kichiza - iniziò Eisuke continuando a guardarla - Quando l’emergenza terminò e lei se ne andò, desiderò così tanto rivedere il suo amato Kichiza da appiccare un incendio lei stessa pur essendo consapevole che era un reato punibile con la morte, ma era così ossessionata dal pensiero di Kichiza che credeva che un incendio glielo avrebbe fatto incontrare ancora - Maya spalancò gli occhi presa dal racconto.

- Il fuoco d’amore che bruciava in Oshichi doveva essere paragonabile all’incendio che distrusse Edo - concluse l’anziano signore e Maya sbatté le palpebre come uscendo da un sogno. Ha immaginato tutto il mio racconto come fosse lì… davvero impressionante…

- E’ una storia tragica… - mormorò Maya con lo sguardo fisso.

- Spero le possa essere di aiuto - le disse, cercando di attirare la sua attenzione. Lei si riscosse arrossendo lievemente e Eisuke la trovò squisita, meravigliandosi per il suo anomalo pensiero. Le sorrise e si alzò, aiutato immediatamente dal suo collaboratore.

- Ma certo, passerò immediatamente dalla biblioteca e prenderò un libro! - rispose entusiasta Maya alzandosi a sua volta.

L’anziano signore insisté per offrire lui il pranzo dato che l’aveva invitata e, nonostante qualche protesta colorita, Maya fu costretta ad accettare.

Una volta fuori, si salutarono con la promessa di rincontrarsi e Maya si diresse immediatamente alla piccola biblioteca della cittadina dove trovò il dramma di Yaoya Oshichi nella sezione teatro.

Tornò alla fermata dell’autobus e, stanca ma felice, si mise immediatamente a leggere in attesa di tornare al tempio.


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Capitolo 18
*** Fuoco ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

Questo capitolo è collegato ad una one shot a rating rosso che si intitola "My Fair Lady - Il fuoco del cuore" e contiene la continuazione dei sogni di Maya e Masumi che qui non è stata inserita. Vi consiglio di leggere prima questo capitolo e poi passare alla one shot :)

 

18. Fuoco



Maya fissava il fuoco da così tanto tempo che quando Ayumi la riscosse sentì tutti i muscoli doloranti. Era affascinata dalle fiamme. Da quando aveva letto il dramma di Oshichi e aveva iniziato ad analizzare il fuoco, lo aveva anche sognato. Fiamme, alte e potenti, o piccoli fuochi di candele, come punti nelle tenebre dei suoi sogni. Si muoveva in modo molto strano, non ci aveva mai fatto caso, sembrava casuale eppure doveva seguire un ordine logico dovuto a chissà quale calcolo matematico che coinvolgeva l’ossigeno e il combustibile.

- Straordinario, il fuoco, vero? -

Maya si girò e vide Ayumi, ancora più bella, illuminata solo dalla fiamma del fuoco del camino del tempio.

- Ha questo moto perpetuo, che consuma tutto, finché non diventa cenere, proprio come “la ballerina dalle scarpette rosse” che ha continuato a danzare fino alla morte… - sussurrò sedendosi accanto a lei. Solo il crepitare del fuoco era udibile nella stanza, fuori, la notte aveva preso il sopravvento da tempo, ormai.

- Maya, ti sei mai innamorata? - le chiese fissando le fiamme rosse che danzavano.

- Sì, tempo fa io mi… mi piaceva qualcuno, ma non è andata a finire bene… - mormorò imbarazzata Maya, girandosi lentamente verso la rivale.

- Oh, adesso ricordo, frequentavi Satomi - annuì lentamente Ayumi con un lieve sorriso - E adesso? - insisté sempre fissando il fuoco nell’alcova.

Nell’istante in cui la domanda riecheggiò nella sua testa, il volto del signor Hayami apparve nitido e distinto e il cuore prese a batterle all’impazzata. Non posso pensare a lui adesso… eppure io...

- No, Ayumi, e tu? - le chiese insicura, sperando che non si accorgesse della sua insicurezza.

- Io non capisco bene l’amore… - ammise la giovane attrice muovendo i tronchi con un ferro ricurvo. Le scintille volarono dovunque come schegge impazzite.

- Ma come? Proprio tu che hai sempre un enorme successo in amore? - si meravigliò Maya tornando a guardarla stupita. Eppure ciò che vide sul volto di Ayumi fu solo amarezza e malinconia.

- Tutte montature dei giornalisti o necessità di scena, Maya - scosse lentamente la testa - Io… non ho mai conosciuto il vero amore, che ti fa entrare in contatto con l’anima della persona che ami! - rivelò arrossendo lievemente e distogliendo lo sguardo.

Maya la osservò in silenzio, stupita. In contatto con l’anima della persona che ami… per me non sarà mai possibile… io so che questo mio desiderio non potrà mai avverarsi...

- Riuscirò a interpretare l’amore della Dea Scarlatta? - domandò Ayumi alle fiamme in un sussurro accennato - A volte, per recitare, sforzo e passione non bastano! Ma io non voglio essere da meno di te! - ogni parola fu un crescendo in sicurezza e determinazione, finché sollevò lo sguardo carico di sfida e la fissò.

Maya riconobbe all’istante la sua rivale, quella era Ayumi Himekawa, il momento delle confidenze era finito.

- Da quando sono arrivata qui, una tensione mi dilania al pensiero di dovermi confrontare con te! - confessò sollevando una mano e stringendola a pugno.

- Ma che dici, Ayumi! - era sbalordita e non riusciva a credere che potesse parlare così.

- Anche ora stavo cercando di capire come interpretare il fuoco, poi ti ho visto qui e il pensiero di ciò che potresti fare tu, mi atterrisce e mi riempie di un’ansia immotivata - i suoi occhi cristallini e limpidi si fissarono in quelli scuri della rivale.

Maya la fissò frastornata. Ayumi… ma che ti prende…?

- Fin da quando ero una studentessa alla Ondine e ti ho conosciuto, non ho potuto toglierti dalla mente! Tu mi hai fatto capire che sforzi e tecnica da soli non bastano! E’ così, fin da quando mimasti con la pantomima l’uccellino scappato dalla gabbia! Ho sempre provato un senso di sconfitta nei tuoi confronti! - Ayumi aveva lo sguardo gelido, pieno di rancore e Maya rimase pietrificata dalle sue parole che, in egual modo, ma al contrario, albergavano in lei.

- Soprattutto dopo che hai vinto il Gran Premio delle Arti non avrei mai voluto essere ingaggiata per la “Dea Scarlatta” senza misurarmi con te! Sento che se non riuscissi a batterti, non potrei interpretare il ruolo di Akoya! Io voglio credere nelle mie capacità e non mi farò battere da te! - terminò chiudendo i pugni, la schiena diritta, il collo rigido. Si voltò all’improvviso e uscì dalla stanza.

- Aspetta, Ayumi! Perché mi dici queste cose? Tu mi hai sempre preceduta, sei sempre stata inarrivabile, perché allora mi parli così? - urlò infastidita Maya - Hai sempre brillato di luce propria, io non mi sono mai nemmeno avvicinata a nessuna delle tue interpretazioni! Sei sempre stata il mio obiettivo! Arrivare a diventare come te sarebbe il massimo per me! - gridò Maya nel silenzio del tempio - Io ti ho sempre invidiata! -

Ayumi si fermò, voltandosi lentamente.

- Sono io che ti ho sempre invidiata! - e la lasciò sola, basita e incredula.

E’ impossibile! Non riesco a credere che Ayumi possa invidiare proprio me! Ma non ho alcuna intenzione di farmi battere da lei! Voglio interpretare la Dea Scarlatta e ci riuscirò!



Non solo Sakurakoji era riuscito a trovare il maestro Kaikei, ma aveva scoperto che era un capo ufficio del comune, era sposato e aveva due figli. Aveva parlato con lui e gli aveva raccontato ogni cosa della “Dea Scarlatta” e del suo obiettivo di impersonare lo scultore Isshin.

Il maestro, dopo un iniziale sgomento, lo aveva accolto in casa sua e aveva deciso di insegnargli alcune cose relative alla scultura. Yu non avrebbe mai potuto neanche lontanamente immaginare che dietro un maestro come Kaikei, capace di intagliare statue meravigliose, potesse esserci in realtà un uomo semplice e buono, amante dei valori fondamentali della vita che, la sera, veicolava tutto il suo essere in uno scalpello e dava vita al legno.

Gli aveva prestato un bel set di attrezzi e gli aveva spiegato la sua tecnica per visualizzare il disegno nella mente, trasferirlo su un foglio e poi dentro il legno. Per Sakurakoji era molto difficile, ma non ci fu giorno in cui la sua mente non tornasse a quella sera nel parco, alle labbra di Maya, alla sua voce che lo aveva allontanato, ma anche ad altre volte in cui invece lo aveva voluto vicino a sé, come quel giorno di pioggia fuori dalla sala prove, quando aveva rifiutato il ruolo dell’amante di Isadora e lei gli aveva chiesto di non abbandonarla.

La famiglia Kaikei lo aveva accolto come un ospite gradito nonostante fosse uno sconosciuto e anche se lui inizialmente si era sentito in imbarazzo, ora era troppo occupato a capire come Isshin svolgesse il suo lavoro, come pensasse la sua mente, come si muovessero le sue mani, come poteva aver deciso di accettare il lavoro imposto dall’Imperatore, per preoccuparsi di essere di troppo.

Era un mondo di cui non conosceva nulla e ogni cosa gli sembrava estremamente difficile, ma niente e nessuno lo avrebbe fermato, perché si rese conto ben presto che tutta l’esperienza che stava facendo gli sarebbe solo tornata utile una volta sul palco insieme a Maya.

Maya, tutto questo non è solo per interpretare al meglio Isshin, ma per dimostrarti che posso stare al tuo passo, che anche io riesco ad approfondire i personaggi e che posso essere capace di interpretazioni intense! Aspettami Maya, non ti deluderò, sarò il tuo Isshin!



La mattina seguente il suo scontro con Maya, Ayumi stava cercando di capire il fuoco nello spiazzo antistante il tempio. Aveva chiesto a Genzo di accendere un fuoco per lei. Seguendo l’idea della ballerina dalle scarpette rosse, voleva dare al proprio corpo le movenze delle fiamme, quel particolare movimento ondeggiante, serpentino e ipnotico, che ti spinge a fissare il fuoco. Utilizzava due nastri di stoffa come le ginnaste della ritmica e cercava di rendere i suoi movimenti fluidi ed eleganti.

Era così concentrata che non si accorse delle due persone dietro di lei che la osservavano, ma un click anomalo di una macchina fotografica la costrinse a voltarsi.

- Chi è? - gridò infastidita, solo per incontrare gli occhi smeraldini di Peter Hamil.

- Salve, Ayumi - la salutò lui cordialmente in giapponese e lei sollevò un sopracciglio scuotendosi la cenere di dosso caduta dai nastri incendiati.

- Che ci fa qui, signor Hamil? Le avevo detto che non intendo fare da modella per le sue fotografie! Io non sono una bambola! - gli ringhiò contro recuperando i due nastri.

- E’ per questo che voglio riprenderla mentre è sé stessa, si allena e recita - le rispose in inglese Hamil avvicinandosi lentamente - Questo è Masao, il mio assistente e interprete - aggiunse il fotografo presentando l’ometto anonimo che era accanto a lui e che sorrise ad Ayumi, incantato. Lei fece un lieve cenno con la testa e si voltò.

- Lei, signor Hamil, è inopportuno, come sempre - disse in giapponese e Masao tradusse per lui. Peter decise di ignorarla e si sedette sul porticato.

- Ho saputo della sua Dea Scarlatta. Sta lavorando per costruire il suo personaggio? Che cosa stava provando poco fa? - parlò in francese, Masao tradusse per lei e Ayumi si girò a guardarlo irritata.

- E a lei cosa è parso, signor Hamil - lo interrogò realmente incuriosita. In fondo era stato uno spettatore, cosa aveva visto in lei?

- Uhm… vediamo… ho avuto l’impressione che fosse diventata fuoco! - rispose il fotografo toccando una levetta della reflex nera.

- Sì, esatto! - rispose Ayumi con più energia di quanto avesse voluto, ma lui l’aveva stupita davvero con quella risposta azzeccata.

- Per interpretare la Dea Scarlatta è necessario cimentarsi nei quattro elementi e ora è il turno del fuoco - spiegò tornando a guardare le fiamme.

Hamil la fissava calamitato dalla sua voce e dalla delicatezza dei suoi movimenti mentre Masao cercava di stare dietro alla traduzione passando dal giapponese al francese con grande maestria.

- Io l’ho trovata bellissima, Ayumi - le confessò guardandola intensamente. Lei arrossì un poco e lui ne fu contento: allora non era così gelida come la dipingevano.

- Vorrei catturare la luminosità, il calore, la forza del fuoco, ma ciò che più vorrei è afferrare il suo ritmo! - e mosse i nastri mentre Hamil scattava una foto.

- Fiamme che divampano, che ardono - e fece delle piroette eleganti e fluide, i nastri che simulavano il fuoco.

- Mi muovo al suo ritmo, costringo il mio corpo a seguire la sua danza viva! - e ballò coi nastri sotto lo sguardo attonito ed estasiato di Masao, che a stento tradusse l’ultima frase rapito da tanta bellezza e Peter Hamil, che purtroppo sapeva già, da Tokyo, di aver perduto il cuore per quella stupenda giapponese, rimase a bocca aperta.

Ayumi piroettò, girò, volò e i nastri insieme a lei, in una danza folle e incredibile, mentre Hamil scattava fotografie a quel volto radioso, rapito dall’interpretazione che stava cercando di afferrare.

Non ho mai conosciuto una donna come te, Ayumi… mai… non sei solo la mia musa, tu sei il riempimento del mio cuore!

All’improvviso lei inciampò, cadendo verso le fiamme, ma Peter fu rapido e, incurante del dolore, si frappose fra lei e il fuoco, trascinandola a terra con sé. Rovinarono sulla nuda terra e lui le fece scudo col suo corpo finché un lieve lamento lo riportò alla realtà.

- Ayumi, va tutto bene? - le disse in un sussurro in inglese. Lei sollevò lo sguardo, ansimante e sudata, il volto sporco e le labbra tremanti. Annuì e si tirò su, liberandosi bruscamente delle sue braccia che la cingevano.

Hamil era sicuro di non aver mai visto niente di più bello in vita sua… Che peccato non averla potuta fotografare…

- Mi scusi… io non… - iniziò, rialzandosi, ma lei lo interruppe.

- La ringrazio, è stato gentile e… - lo guardò e per un attimo perse la sua sicurezza - E coraggioso - concluse raccogliendo i due nastri bruciacchiati.

Si avvicinò, meravigliandosi lei stessa della sua disinvoltura.

- Si è bruciato - sussurrò passando le dita sulla pelle del braccio vicino ad una lesione scura e avvertendo una serie di brividi al tocco.

- Anche lei - mormorò lui indicando la spalla che mostrava un cerchio rosso da cui usciva un po’ di sangue.

Si guardarono, durò solo un attimo, ma lo scambio che ci fu, fece battere il cuore ad entrambi. Ayumi distolse gli occhi e si afferrò la spalla con l’altra mano emettendo un lieve lamento.

- Nella prova del vento, Maya è riuscita a diventare quell’elemento… io devo riuscire a diventare il fuoco! Il mio fuoco! - disse decisa guardandolo di nuovo, mentre Masao traduceva per lui.

- Ayumi, lei era uno spirito del fuoco meraviglioso - disse Peter in francese, perché solo con la sua lingua natia avrebbe potuto esprimere ciò che sentiva nel cuore.

Lei gli sorrise, per la prima volta, lasciandolo di stucco, appena Masao tradusse. Si girò e rientrò nel tempio.

- Sta bene, signor Hamil? - gli chiese Masao preoccupato guardando la bruciatura.

- Sì, Masao, va tutto bene… - mormorò con lo sguardo sulla schiena diritta e perfetta di Ayumi Himekawa.



Il dramma di Oshichi e le parole di Ayumi l’avevano colpita profondamente. Yaoya amava Kichiza così follemente da appiccare un fuoco e subire una condanna a morte pur di provare a vederlo di nuovo.

Che sentimento intenso… come posso fare per rendere il fuoco nel cuore di Oshichi? Un fuoco d’amore tale da rendere folli?

Il pensiero le fece tornare alla mente il signor Hayami. Di nuovo.

Questa cosa deve finire… non ha alcun senso che io pensi a lui… E’ un amore a senso unico… il mio… però è simile a quello di Oshichi!

Fissò il piccolo fuoco del bruciatore esterno, stringendosi la coperta intorno alle spalle quando realizzò quella semplice verità. Nonostante l’aria mite durante il giorno, di notte faceva freddo.

Vorrei tanto poterlo rivedere… ma non posso, lui è lontano, distante e non avrei mai pensato che un giorno la sua voce mi sarebbe mancata a tal punto da sognarla...

Arrossì al ricordo del sogno della notte precedente e si strinse ancor più nella coperta. Decine di immagini di lui le invasero la mente. Cercò addirittura di ricordare in quale momento l’affetto per l’ammiratore si fosse trasformato in quel sentimento incontrollabile per lui, senza però individuarlo. Rabbrividì quando immaginò il fuoco che doveva aver bruciato il cuore di Oshichi e avvertì le mani di lui che la stringevano nel buio del corridoio della sala Ugetsu, i suoi occhi che la guardavano il giorno della visita al planetario, le sue braccia che la cingevano a Nagano durante “Anna dei miracoli”.

Si alzò di scatto, con la pelle che bruciava per l’imbarazzo.

Un amore folle… tale da appiccare un fuoco e morire pur di rivederlo… questa è Oshichi…

Rientrò nel tempio dirigendosi ai bagni, era infreddolita e voleva affondare nelle acque calde termali così si spogliò rapidamente, si lavò al doccino e si immerse fin quasi al collo nella vasca quadrata. Il vapore la circondava, era tutto silenzioso e sentì sollievo immediato quando il calore le entrò nelle ossa. Si rilassò e si appoggiò con la schiena al bordo, reclinando la testa e chiudendo gli occhi.



Masumi gettò la cravatta sulla poltrona ripensando a quell’ennesima giornata di lavoro. Nonostante i suoi sforzi non riusciva a non pensare a lei. Anche in quel momento, era quasi mezzanotte, stava ricordando il momento in cui era partita. I vestiti raggiunsero la cravatta con un gesto di stizza e si buttò sotto la doccia calda. Quel momento prima di andare a letto, o la mattina appena sveglio, era l’unico che dedicasse veramente a sé stesso. L’acqua sembrava lavare via la sua angoscia e gli permetteva almeno di addormentarsi.

Chissà come stanno andando le prove… hai trovato l’elemento? Cosa starai facendo in questo momento? Avrai pensato per un momento a me, a quel signor Hayami che chiami con quella voce carica di risentimento? No, non credo, forse magari al tuo ammiratore, o al ragazzo che ti ha baciata…



Maya si passò le mani bagnate sul volto rilassato, l’acqua calda aveva scacciato tutta la tensione. Chissà cosa stava facendo il signor Hayami in quel momento. Si irrigidì e arrossì all’improvviso.

Ma che mi viene in mente… sarà a letto, è tardissimo, con tutte le cose che lo occupano durante il giorno… E di sicuro non sta pensando a me, magari a qualche bella attrice, come Eiko Nakamura…

Scivolò un po’ nell’acqua e appoggiò la testa al bordo della vasca. Chiuse gli occhi e lo immaginò accanto a sé, come l’aveva visto davanti al teatro Nittei, mentre con una mano accompagnava l’attrice. Sostituì la donna con la sua figura e nell’immagine creata sollevò lo sguardo fino ad incontrare i suoi occhi azzurri che avevano guardato con dolcezza Eiko Nakamura e che ora stavano guardando lei nello stesso modo. Come era avvenuto all’attrice, immaginò di cadere e sentì le sue braccia intorno al corpo che la fecero sussultare nell’acqua come se fosse veramente lì con lei. Il cuore accelerò all’improvviso.

- Non ti lascerò cadere - le sussurrò in un orecchio lui e Maya, che aveva inventato la battuta dato che non aveva sentito ciò che si erano detti, rabbrividì nell’acqua calda alzando una mano e appoggiandola sul suo torace.

- Grazie - rispose lei, donandogli quel sorriso caldo e sensuale che aveva visto fare alla Nakamura e quando lo vide rispondere con un sorriso altrettanto dolce, Maya si sciolse dentro e il cuore prese a batterle rapidamente in petto.

Il signor Hayami strinse l’abbraccio e l’attirò a sé, come aveva fatto durante il ballo per “Lande dimenticate” e a lei mancò il respiro quando i suoi occhi incontrarono quelle profondità azzurre.



Masumi uscì dalla doccia con un telo intorno alla vita, si asciugò l’acqua dai capelli e li tirò indietro con le mani. La notte era sicuramente uno dei momenti che preferiva e camminò sul pavimento di legno a piedi scalzi, libero finalmente da quegli abiti e da quella maschera che indossava ogni minuto del giorno. Nel buio della sua camera, senza nessuno a giudicarlo, poteva pensare liberamente senza che Mizuki, Hijiri o suo padre immaginassero chissà cosa guardando la sua espressione.

Si lasciò andare sulla grande poltrona comoda e, dopo aver appoggiato la testa, chiuse gli occhi. Un silenzio ovattato ammantava la stanza e solo la luce debole della luna filtrava dalla grande finestra. Richiamare il ricordo di lei dalle sue personali tenebre interne richiese solo un istante. Immediatamente il suo cuore accelerò e portò la mano destra sul torace nudo con un sorriso sentendolo battere rapidamente.

Il tuo ricordo fa fluire rapido il mio sangue e solo qui, al buio e in solitudine, posso pensarti così liberamente… Nella mia mente nessuno può entrare e nessuno può impedirmi di sognarti… Se sapessi cosa penso di te, probabilmente mi odieresti ancora di più e per questo motivo non permetto mai alle mie emozioni di uscire. L’averti detto dell’ammiratore è stato solo perché non potevo più ingannarti…

Distese le dita sulla pelle ancora umida; sotto, il suo cuore, batteva rapido e aumentò nell’istante in cui rievocò il corridoio buio della sala Ugetsu.

- Aspetti! - lo chiamò lei di nuovo in quel sogno da sveglio e sentì che l’afferrava per il braccio, poi il tuono e in un attimo l’aveva fra le braccia.

La mano sul petto sentì il cuore battere ferocemente e lui strinse gli occhi per l’angoscia mista al desiderio di volerla per sé.

Non posso lasciarla a nessuno… nessuno!


Maya si lasciò cullare da quell’abbraccio deciso e protettivo sentendo il sangue salirle al volto quando si rese conto di quanto le mancasse davvero. Strinse ancor più gli occhi e in quel sogno gli passò un braccio intorno al collo.

E’ solo un sogno… non c’è nessuno qui che mi guarda, né la signora, né Yu, né i giornalisti, posso immaginare tutto quello che voglio, posso far bruciare il mio cuore per lui senza timore che qualcuno se ne accorga, posso piangere e morire come Oshichi!

Nel suo mondo onirico, Masumi la tirò a sé, ancora più vicina, sollevò una mano e le scostò i capelli continuando a guardarla, ma non come aveva fatto in quegli anni, Maya lo immaginò innamorato di lei, occhi dolci e carichi d’amore.

L’effetto di quella scena la lasciò a bocca aperta. Il suo volto era completamente diverso con quell’espressione immaginaria e lei nell’acqua si sentì avvolgere da un fuoco caldo e bollente.

Lei mi manca, signor Hayami, terribilmente, vorrei tanto rivederla!

Sollevò lentamente una mano e l’accostò alla sua guancia. Lui la coprì con la sua e avvicinò il volto, così vicino che lei tremò.


Masumi scacciò quell’orrenda sensazione e si rilassò. La mano sul suo cuore avvertì il momentaneo rallentamento del battito e un’immediata accelerazione appena, attraverso gli occhi chiusi, la vide sul palco di “Lande dimenticate” con quell’abito di scena che la fece sembrare nuda. Se l’idea che lei potesse innamorarsi di lui gli appariva distante come le stelle che tanto amava, quello che stava pensando in quel momento probabilmente si trovava nei pressi di Nettuno.

Ma i sogni sono desideri, no? E questo è l’unico posto dove io posso incontrarti così Maya, solo nei miei sogni. Come quella notte nella foresta… quella sera io…

La Maya del sogno scese le scale centrali del palco e lo raggiunse al suo posto nella sala Ugetsu, dove si era seduto. Il suo sguardo era completamente diverso da quello con cui lo guardava nella vita reale, la immaginò innamorata di lui e rimase sconvolto nel vedere quanto quella nuova consapevolezza cambiasse il suo volto.

Niente di tutto ciò che farò ora potrà in alcun modo placare la mia angoscia, se non nell’immediato, ma tu, ragazzina, mi sei entrata troppo dentro e io non so più cosa fare…

Serrò gli occhi e lasciò scivolare la mano che aveva sul cuore sull’addome, mentre Maya, nella sua visione, si avvicinò ancora.


Maya lasciò uscire il fiato rapido dalle labbra semiaperte, tenendo sempre gli occhi chiusi, persa in quel sogno immaginario. Lui la rilasciò dall’abbraccio con suo grande disappunto e le passò dietro, girandole lentamente intorno. Sentì le sue mani sulle spalle e le labbra vicino all’orecchio.

- Ho sempre desiderato farlo di persona - sussurrò facendola morire di desiderio, il fuoco che le ardeva dentro la stava bruciando molto più dell’acqua intorno a lei.

Masumi tolse il fermaglio che aveva nei capelli che ricaddero lungo la schiena provocandole un brivido di sorpresa. Lui ci passò le mani attraverso e Maya serrò i denti sentendo una scossa che le attraversò ogni muscolo. Poi sentì le sue dita sulla pelle delle braccia che scesero lentamente fino a raggiungere le sue mani. Intrecciò le dita alle sue e l’attirò a sé.

Maya sentì il suo corpo dietro aderire a lei, un’angoscia insofferente le stringeva lo stomaco mentre il cuore batteva così veloce da levarle il respiro. Masumi si abbassò fino a posarle le labbra nell’incavo del collo.

Brucia dentro di me, lo sento! Quanto vorrei che mi toccasse così, quanto vorrei rivederlo almeno!

Inarcò la schiena e lasciò scivolare una mano nell’acqua fin sull’addome.

Ora so… Oshichi… ora so! Ora ho il mio fuoco!



La mattina del quattordicesimo giorno dal loro arrivo nella valle dei susini, la signora Tsukikage le chiamò per presentare la loro interpretazione del fuoco. Quando Ayumi e Maya fecero il loro ingresso nella stanza che avevano usato per la prova del vento, trovarono anche il fotografo Hamil e il suo collaboratore Masao.

- Vi presento il signor Hamil e il suo assistente, il signor Suzuki - li presentò la sensei che appariva stranamente tranquilla - Desiderano assistere alle vostre interpretazioni -  

- Piacere - dissero insieme Peter e Masao.

- Signor Hamil! - esclamò Ayumi incapace di mantenere il suo consueto sangue freddo. In quei giorni l’aveva sempre guardata, a distanza e scattando delle foto, ma non l’aveva mai importunata e non pensava che avrebbe chiesto alla signora di assistere…

- Vedo che vi conoscete già… - mormorò la signora Tsukikage guardando intensamente Ayumi che per la prima volta sembrava in difficoltà.

- Stia tranquilla, non la fotograferò! Non voglio distrarla, ok Ayumi? - si affrettò a giustificarsi Hamil parlando un buon giapponese di cui Ayumi si stupì.

- Sta imparando il giapponese vedo, signor Hamil - ribatté lei arrossendo lievemente.

- Tutto merito di Masao - e indicò l’ometto che arrossì a sua volta.

Maya osservò lo scambio in silenzio e si rese immediatamente conto che aveva già visto quell’europeo alto e dai capelli chiari il giorno dell’assegnazione degli attori ai due gruppi. C’era quel giorno, lo ricordo e mi pare di averlo visto in giro qui in questi giorni anche se sono stata troppo occupata con i miei esercizi… sembra che Ayumi sia in imbarazzo, chissà perché…

- Allora cominciamo da Ayumi - la signora batté le mani riportando il silenzio e la calma nella stanza, dando il via alla prova del fuoco.

Ayumi si mise al centro della stanza, posò un piccolo registratore e lo accese. Il giorno seguente la sua caduta davanti al fuoco, quando Hamil l’aveva afferrata, le aveva parlato della musica consigliandole quel brano. Lei ci si era esercitata ogni giorno e lui non aveva mai detto niente.

Srotolò due nastri e dette vita alla sua meravigliosa danza magica. Il suo corpo elegante si mosse con la musica e i nastri crearono le fiamme. Maya spalancò gli occhi gradualmente finché Ayumi si fermò quando la melodia fece una breve pausa, lasciando ricadere i nastri fiammeggianti… No! le fiamme sono solo nella mia mente! E riprese a danzare con le note che s’impennarono riprendendo all’improvviso e il suo fuoco si ravvivò. Ayumi… sei meravigliosa… non riuscirò mai a batterti...

Hamil la fissava esterrefatto, era completamente diversa dalle prove che le aveva visto fare in quei giorni, più evocativa, più trascinante, era sicuro di poter vedere esattamente le fiamme intorno al suo corpo e ai nastri eppure non c’erano. Notò che anche la signora Tsukikage la osservava stupita. Ayumi sembri lo spirito del fuoco…

La danza durò esattamente tre minuti e quando Ayumi rallentò e terminò sulle note di quella meravigliosa musica, Maya ebbe la sensazione che il fuoco acceso si fosse spento e che la stanza fosse improvvisamente al buio.

- Grazie, signora Tsukikage - disse Ayumi con un lieve inchino. Era tutta sudata, eppure si sentiva soddisfatta di ciò che aveva fatto, mentre ballava si era sentita davvero il fuoco!

- Brava! Brava Ayumi! Sembrava davvero il fuoco! Anche io mi lascerei bruciare da un fuoco così bello! - esplose Hamil battendo forte le mani, preso da un’incontenibile emozione.

- Avanti Maya - la esortò la signora. Lei chiuse la bocca che era ancora spalancata e si fece avanti.

Il fuoco di Ayumi è stato meraviglioso… non avrei mai dovuto guardarla! Come posso esibirmi dopo di lei? La mia interpretazione sembrerà quella di una bambina a confronto con quella di un’adulta! Ho perso di colpo tutta la sicurezza che avevo acquisito in questi giorni… No! Io ho il MIO fuoco! Io ho Yaoya Oshichi!

Memore delle prove estenuanti a cui si era sottoposta e… e di quell’incredibile sogno a occhi aperti che aveva fatto e che le aveva permesso di capire il dolore e l’angoscia di Oshichi, chiuse gli occhi e fece entrare Yaoya e il suo cuore che ardeva d’amore folle per Kichiza.

Ayumi vide distintamente i suoi occhi cambiare e farsi spenti, la sua posizione rassegnata, le spalle abbassate.

- Per chi appicca un incendio è prevista la pena di morte… se mi scoprono mi uccideranno… mi faranno morire bruciata - mormorò e Ayumi si rese conto che avrebbe fatto una pantomima. Strinse i pugni, con ancora nelle vene il fuoco della sua danza che ardeva bruciante.

La signora Tsukikage si pietrificò a quelle prime battute, incredula per ciò che stava ascoltando. Maya… perché stai recitando questi versi in questa prova?

- Kichiza è rosso… il cielo di Edo è rosso! - gridò Maya e il suo sguardo cambiò - Ahh… la città sta bruciando… Kichiza… voglio rivederti… voglio rivederti - in quelle parole c’era tutta l’angoscia della separazione, tutto il desiderio che bruciava il suo cuore, tutta la voglia di rivedere il signor Hayami, di saperlo lontano, via da lei, di non poter sentire la sua voce, stringere la sua mano, abbracciarlo.

Maya perché stai recitando Yaoya Oshichi? E’ la stessa interpretazione in cui mi produssi io per il tema del fuoco che mi diede Ichiren! La stessa!

Completamente travolta dall’interpretazione, Maya si voltò di scatto costringendo Ayumi e Hamil a scansarsi. Mimò la salita della scala della torre di guardia fino alla campana e Ayumi la fissò esterrefatta: riusciva a vedere esattamente l’incendio di Edo e la scala che stava salendo. Maya… non ti smentisci mai…

- Quando questa campana suonerà io potrò tornare da te! Per scampare all’incendio, dovrò tornare al tuo tempio. Potrò di nuovo vivere lì con te, come allora. Assieme a te, Kichiza! Anche se mi condanneranno a morte per aver provocato l’incendio… - Maya fissava Edo in fiamme, lo sguardo rapito e bruciante di quel folle amore a cui era soggiogata, la distanza che la separava da lui, gli anni, l’aspetto, il rango, un abisso insormontabile. Ognuno di quei terrificanti aspetti uscì nelle sue parole e venne trasmesso ai quattro spettatori che seguivano attoniti la pantomima.

Afferrò il martello e suonò la campana.

Dooon, Dooon, Dooon

Hamil si guardò intorno credendo che qualcuno avesse davvero suonato la campana poi si rese conto che era tutta suggestione data da lei.

Ayumi non riusciva a staccare lo sguardo dalla sua Yaoya così infervorata e folle. Lo sento! Sento il suono della campana! Sento i rintocchi della campana suonata da Oshichi!

Maya si sollevò dopo aver suonato la campana e tornò a guardare l’incendio e ogni parte del suo corpo e del suo sguardo indicava il suo stato d’animo, l’amore impazzito che bruciava il suo cuore per Kichiza.

- Brucia… la città di Edo brucia… Kichiza ormai ci siamo! Presto ci rivedremo, guarda che fuoco! - Maya spalancò gli occhi e prese a tremare, la follia illuminava il suo sguardo pieno d’amore per lui, per aver finalmente raggiunto il suo scopo. Ora, in quell’ultimo atto, poteva finalmente mostrare il cuore di Oshichi.

Sotto lo sguardo incredulo e attonito dei quattro spettatori, che videro il fuoco raggiungere la torre di guardia, Maya riprese la sua incredibile e toccante interpretazione.

- Ahh… Fa caldo! Fa caldo, Kichiza! Brucia… Brucia ogni cosa! Tu, io, tutto…! - Maya si avvolse le braccia intorno al corpo, si divincolò, si accasciò e bruciò, il fuoco che avvampava intorno alla sua veste, ai suoi capelli, dentro i suoi occhi che morivano per un’attesa che non si sarebbe mai trasformata.

Signor Hayami! Anche il mio cuore brucia perché so che non potrà mai ricambiarmi, e io potrò solo lasciarmi ardere di un fuoco che non si spegnerà mai, in un’attesa eterna!

Ayumi rimase folgorata dai suoi movimenti così reali.

Questo è il fuoco del cuore di Oshichi che consuma la stessa Oshichi! Non avrei mai pensato che si potesse esprimere il fuoco in questo modo!

Il rumore secco del bastone della signora sul legno del pavimento riscosse tutti. Maya giaceva ancora a terra, consumata dal fuoco del cuore di Yaoya. Si rialzò lentamente, ancora pervasa da quella terrificante sensazione, da quell’ultimo pensiero che l’aveva lasciata svuotata.

- Basta così! - esordì la signora Tsukikage - I vostri due fuochi sono stati molto caratteristici e interessanti. E’ stato chiaro come ciascuna di voi ha percepito il fuoco - fece qualche passo avanti fino a raggiungerle.

- Il fuoco di Ayumi è stato talmente bello da far pensare allo spirito del fuoco. Nell’interpretazione di Maya io… io sono rimasta piacevolmente sorpresa da come sia stata in grado di esprimere il fuoco del cuore. Avete entrambe superato la prova - concluse la signora che stava continuando a guardare Maya con una strana espressione.

Maya… non riesco a crederci, ma pare che tu sia innamorata…



Una volta fuori dalla stanza della prova, Ayumi si asciugò il sudore con un asciugamano, ancora sconvolta per la pantomima di Maya.

Sei sempre stata un genio Maya e io neanche per un attimo ho mai pensato di esserti superiore…

- Ayumi… - lei si voltò di scatto e incontrò gli occhi verdi di Peter Hamil. Era uscita senza neanche ricordarsi che lui fosse nella stanza e se ne vergognò.

- Signor Hamil - gli sorrise stancamente e lui si avvicinò. Si sentiva già il freddo della sera e lei si strinse nelle spalle. Peter si tolse la giacca e gliela mise, restando in silenzio.

- Vorrei poterle parlare in francese - le disse in inglese - Per dirle con la mia lingua natia l’incredibile rappresentazione che ha fatto del fuoco - le confessò con un sorriso tirato.

Ayumi lo guardò interdetta, poi arrossì lievemente. In fondo aveva potuto dare il massimo grazie anche alla musica che le aveva suggerito e che si era rivelata perfetta per le sue fiamme.

- La ringrazio, signor Hamil, mi basta vedere il suo sguardo per capire - gli rispose in inglese anche se, usando il giapponese, avrebbe potuto aggiungere alcune sfumature alla frase, come l’espressione del suo viso o il fatto che i suoi occhi sembrassero degli smeraldi. Ma che vado pensando…

- Mi permetterà di seguirla anche nelle prossime prove? - le chiese dolcemente temendo per la prima volta la risposta di una donna.

Ayumi lo guardò inclinando il volto e domandandosi il motivo per cui quest’uomo europeo fosse così insistente. Ma era gentile e, le scocciava un po’ ammetterlo, molto bello.

- Sì, certo, signor Hamil - annuì lentamente, gli restituì la giacca, poi si girò per raggiungere i bagni. Peter abbassò le spalle lieto per la sua conferma, ma rattristato dal fatto che lei fosse sempre così fredda e distante.

All’improvviso Ayumi si girò di nuovo facendogli battere il cuore.

- La musica che mi ha suggerito era perfetta, grazie - e gli dedicò un sorriso dolce e amichevole di cui lei stessa si stupì.

- E’ stato un piacere, Ayumi - e si profuse in un lieve inchino alla giapponese. Lei ridacchiò e tornò a camminare, allontanandosi da lui.

La signora Tsukikage aveva ascoltato tutta la conversazione da dietro la parete di carta di riso. Sorrise nel buio e si diresse alle sue stanze.

Queste esperienze d’amore possono solo giovare alla vostra interpretazione della Dea Scarlatta, tanto quanto, se non di più, nell’afferrare i quattro elementi!


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Capitolo 19
*** Cielo stellato ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

19. Cielo stellato



La mattina seguente la prova del fuoco sorse frizzante e dominata da un lieve e piacevole vento. La signora Tsukikage le portò sul greto di un fiume, vicino al tempio, dove c’era una cascata piuttosto alta.

- Ovviamente il prossimo tema sarà l’acqua e questo... - esordì indicando la cascata - Il vostro palcoscenico -

- Ehhh?! Questa cascata? - Maya si accasciò con un’espressione sofferente.

- Davanti a una cascata come questa, potente espressione della natura, vedremo fino a che punto sarà valida la vostra interpretazione dell’acqua - confermò a entrambe sorridendo.

La due giovani attrici si fermarono a fissare estasiate l’immensa massa liquida che cadeva dalla rupe sovrastante. Maya fissò l’acqua che imperterrita, da migliaia di anni, scendeva inesorabile.

L’acqua… rappresentare l’acqua… non si sopravvive senza acqua...

- Maya? - la chiamò la signora, destandola dalle sue riflessioni a occhi aperti.

- Sì, signora? - rispose subito e la raggiunse lasciando Ayumi a osservare la cascata.

- Perché per il tema del fuoco hai scelto Yaoya Oshichi? - le chiese e Maya si meravigliò per quella strana domanda.

- Bé, ecco… quando sono andata in città ho incontrato per caso un signore che era venuto a vedermi in “Lande dimenticate”. Quando gli ho detto che ero in difficoltà per l’interpretazione del fuoco, lui mi ha parlato di Yaoya Oshichi - le raccontò, persa nel ricordo.

- Un signore? - indagò ancora la signora Tsukikage.

- Sì, un signore alle soglie della vecchiaia, molto gentile. Mi ha offerto il pranzo - spiegò brevemente senza comprendere il perché di quelle domande.

- Perché era in città? - insisté ancora la signora, visibilmente in ansia.

- Mi ha detto che stava facendo le cure termali nella stazione qui vicino - raccontò ancora Maya fissando la sensei.

- Cure termali… capisco - annuì l’anziana maestra con uno strano sguardo che Maya non seppe spiegarsi. La congedò e lei tornò a osservare la cascata con Ayumi.

Un signore alle soglie della vecchiaia… Possibile?! Quando Ichiren mi diede il compito della prova del fuoco io scelsi il dramma di Yaoya Oshichi con cui avrei potuto gridargli tutto il mio amore sperando che lui si accorgesse di me… Questa cosa dovrebbero saperla poche persone! Possibile che quell’uomo… Eisuke Hayami! Possibile che lui…

- Madame - la voce gentile e pacata del fotografo interruppe i suoi angosciosi ricordi.

- Il signor Hamil vorrebbe sapere perché le ragazze devono esercitarsi nei temi dei quattro elementi. Che cosa gli ha insegnato l’interpretazione del fuoco di ieri? - aggiunse in giapponese il suo assistente quando la signora fece cenno di continuare.

- Gli risponda che, nell’affrontare questi temi, non è importante il risultato, ma il percorso - disse la signora con un sorriso enigmatico. Masao tradusse e Hamil la fissò.

- Il percorso? - ripeté in giapponese il fotografo.

Ma la signora gli sorrise di nuovo senza aggiungere altro.



Quella mattina, mentre le ragazze erano alla cascata, due fedeli collaboratori riportarono le informazioni ai loro rispettivi capi.


Molto vicino, Eisuke Hayami, comodamente sdraiato in una vasca naturale di acqua termale, sollevò lo sguardo all’avvicinarsi del suo uomo in nero e ascoltò il suo racconto.

- Davvero?! Quella ragazza ha usato davvero Yaoya Oshichi per interpretare il fuoco? Chissà come ci sarà rimasta Chigusa! - e scoppiò a ridere, molto compiaciuto.

- La prossima interpretazione sarà l’acqua? - aggiunse rivolto al collaboratore.

- Sì - rispose l’uomo tenendo sempre il capo chino e un ginocchio a terra.

- Mi piacerebbe vedere le prove di quella ragazza - gli comunicò - Prenota un albergo in città, andiamo nel paese natale della Dea Scarlatta! - ordinò alzandosi all’improvviso dall’acqua, il vento freddo gli gelò le membra, ma lui si sentì più vivo che mai, come non lo era da anni. Non vedo l’ora di vedere quella ragazzina come vidi Chigusa trent’anni fa! Chissà se saprà emozionarmi!

- Sì, signore! - l’uomo in nero scattò, obbedendogli immediatamente.



Molto lontano, a Tokyo, Masumi Hayami ricevette una telefonata da Hijiri.

- Hanno già effettuato due prove? - erano trascorsi solo quindici giorni e a lui era sembrata un’eternità.

- Le fa confrontare con i quattro elementi, vento, fuoco, acqua, terra - aggiunse Hijiri pacatamente.

- I quattro elementi, dici? Tipico della signora Tsukikage - e ridacchiò - Immagino che non ne voglia sapere di tornare in ospedale - aggiunse Masumi guardando fuori dalla finestra.

- Esatto, signore… - ammise Hijiri che l’aveva capito appena aveva visto l’espressione del medico dell’ospedale.

- Mio padre? E’ alla stazione termale? - domandò, serrando la mascella mentre fissava il profilo nero della Torre di Tokyo, erano le dieci di sera e il cielo era nero di nubi e non si vedevano le stelle.

- Sì, c’è anche il suo collaboratore - riportò Hijiri con la solita professionalità.

- Hijiri? - sussurrò appena il suo nome.

- Sì? -

- Com’è il cielo lì? - domandò sollevando lo sguardo e chiudendo gli occhi.

- Completamente stellato - rispose lui dopo un attimo di esitazione.

Masumi immaginò la volta del planetario e immediato fu il ricordo di lei accanto a lui. Maya… cosa starai facendo adesso?

- Lei? - gli chiese infine con un sospiro. Hijiri rifletté che quella situazione era davvero assurda e insostenibile. Lo chiamava almeno quattro volte al giorno, chiedendogli le cose più disparate, ma l’ultima domanda era sempre la stessa. “Lei?” Signor Masumi… perché non viene qui e lo vede coi suoi occhi? Sta sbocciando, sta diventando quell’attrice che la signora Tsukikage individuò sette anni fa…

- Sta bene, si esercita, come sempre. Ha interpretato il fuoco in modo eccellente, per quanto sono riuscito a capire. C’è il fotografo Peter Hamil che assiste alle prove. Perché non viene anche lei? - si azzardò a suggerirgli prendendo come spunto l’ardire del francese. Dall’altra parte ci fu silenzio per molti secondi e Hijiri trattenne il fiato.

- Dopo il ricovero della signora, le ho promesso che non l’avrei più intralciata e non ho intenzione di infrangere la parola data. Inoltre non voglio irritarla e penalizzarla con la mia presenza, deve interpretare la Dea Scarlatta e ottenere quei diritti! - gli rispose glaciale, Hijiri comprese di essersi spinto troppo oltre e che lui aveva già pensato a ogni cosa.

- Mi scusi, signore, non era mia intenzione… - ma lui lo interruppe.

- Non preoccuparti Hijiri, ci sentiamo domani -

- Sì, signore - e chiusero la telefonata.

Ma Masumi, l’indomani, ricevette una telefonata completamente diversa che, in parte, avrebbe cambiato per sempre la sua vita.



Maya e Ayumi non erano le uniche a sottoporsi a prove particolari.

Sakurakoji stava approfondendo la vita di uno scultore insieme al maestro Kaikei rendendosi conto di come tutte le esperienze quotidiane di quell’uomo comune, concorressero, in realtà, a fargli realizzare alcune fra le statue più belle del paese.

Kuronuma, invece, aveva scelto proprio le foreste nei pressi della valle dei susini dove stava vivendo praticamente in mezzo alla natura, aiutato da pochi contadini con cui scambiava verdure con lavori di fatica. Quella vita, così a contatto con l’ambiente, acuì i suoi sensi e cambiò completamente la sua prospettiva nei confronti della città e di tutti i suoi agi. Ai tempi di Isshin e Akoya il mondo era più simile a come lo stava vivendo lui e questo non poteva che avvicinarlo a quell’opera straordinaria.



Ormai tutta la città sapeva della presenza delle due attrici nei pressi del vecchio tempio e dell’anziana sensei che un tempo era stata una grande attrice. La voce si era sparsa rapidamente ed era usuale vedere Ayumi o Maya andarsene in giro con la testa fra le nuvole in cerca di chissà quale ispirazione. I bambini le trovavano divertenti e Ayumi in particolare riscuoteva grande successo presso di loro, come d’altronde era sempre stato. Col fatto che doveva interpretare l’acqua, le potevi vedere imbambolate a guardare una fontana, o mezze bagnate sedute dentro una pozzanghera.

Queste stranezze non erano più viste con occhio critico, ma accettate con un sorriso e spesso aiutate concretamente.

Maya girovagava nei boschi, come aveva fatto per l’interpretazione del vento e osservava la natura: la pioggia, l’arcobaleno che nasce dai raggi del sole che colpiscono l’umidità, le nuvole, la nebbia. Si rese conto che l’acqua ha tante forme. Raggiunse la diga e realizzò che l’elettricità veniva prodotta dalla forza dell’acqua. Fissò quella massa enorme, immobile, nel bacino e immediato fu il ricordo di quella notte nel bagno del tempio mentre cercava Oshichi… Mi devo concentrare… questi pensieri non hanno alcun senso… Le turbine della centrale elettrica ronzavano ininterrottamente, come un canto alieno in quella natura incontaminata.

L’acqua si trasforma e ha una grande forza! Forse sto cominciando a comprenderla!

Ayumi invece iniziò facendo la cosa più naturale del mondo: bevve. Poi, osservando intorno a sé, si rese conto di un’ovvietà troppo spesso tralasciata: l’acqua mantiene la vita e dentro di lei c’è vita, pesci e altri animali.

Esseri che fuori dall’acqua muoiono… dall’acqua! Dalla vita! Forse sto cominciando a comprenderla!

Hamil la seguì a distanza in quel primo giorno di studio, sempre con la sua macchina fotografica. Avrebbe voluto parlarle ma, consapevole che si sarebbe irritata, la lasciò in pace alle sue elucubrazioni.

Per entrambe era molto difficile comprendere l’acqua, esattamente come lo era stato per i due precedenti elementi. Ma l’acqua sembrava ancora più sfuggente, come se non volesse farsi catturare.



Masumi Hayami abbassò il telefono lentamente. Di tutto si sarebbe aspettato, tranne la notizia che gli avevano appena comunicato le autorità. La signorina Mizuki era immobile davanti a lui e aveva sentito ogni cosa.

- Devo andare a cercarlo - riferì gravemente alla segretaria, che annuì.

Il poliziotto gli aveva riferito che l’auto di suo padre era precipitata nel fiume da una scarpata a seguito della forte e breve pioggia abbattutasi nella valle, mentre l’auto percorreva la strada verso il paese della Dea Scarlatta. E di lui non c’era alcuna traccia.

Mizuki uscì, sapendo già ciò che era necessario fare e si sedette alla scrivania componendo il primo numero con cui avrebbe noleggiato un elicottero per il suo capo.

Masumi prese il telefono e scelse il numero di Hijiri dalla rubrica.

Padre… perché stavi andando nel Paese della Dea Scarlatta?



Soltanto quella mattina la signora Tsukikage aveva rivelato il prossimo tema e che il palcoscenico sarebbe stato quella cascata, ma a Maya sembrava trascorsa un’eternità. Era sera, la volta di stelle era meravigliosa e aveva trovato una perfetta collinetta, vicina al tempio, da cui osservare il cielo diamantato.

Nel pomeriggio le sue osservazioni dell’acqua erano state disturbate da alcuni elicotteri che giravano sopra la valle, come se cercassero qualcosa. Cosa sarà successo? E’ piovuto così tanto stanotte...

Ora tutto era quieto, si sentivano solo i grilli e, in lontananza, lo scrosciare del fiume. C’era un tale silenzio che avrebbe potuto addormentarsi lì. Il suolo era fresco e un po’ bagnato, ma a lei non importava, era sempre acqua. Quel pensiero la stava ossessionando.

La volta celeste… è meravigliosa… il numero delle stelle è incalcolabile… il cielo brilla da far quasi paura… è di gran lunga più bello che al planetario…

Il ricordo fece apparire immediatamente il volto del suo ammiratore, facendola arrossire completamente.

Vorrei che anche lui potesse vedere questo cielo pieno di stelle… ma che mi viene in mente! Fargli vedere questo cielo stellato! Sarà a Tokyo, a qualche cena importante o a qualche festa per saldare i legami della sua azienda con giornalisti e televisioni… Si sarà già dimenticato di me… piccola e insignificante attrice che non è ancora nessuno e non può fargli guadagnare niente…

Sospirò e si portò le mani dietro la testa, provando a formare il suo volto unendo le stelle come punti di un gioco infantile.



Avevano cercato suo padre per tutto il pomeriggio senza alcun risultato. La sua auto accartocciata era stata ripescata dal fiume, ma di lui nessuna traccia. Il collaboratore gli aveva riferito che quella mattina erano partiti dalle terme per raggiungere il paese della Dea Scarlatta in quanto suo padre desiderava vedere le prove di Maya Kitajima. La macchina purtroppo si era guastata, lui era sceso per cercare aiuto e, a seguito delle forti piogge della notte, l’auto era scivolata giù dal dirupo durante la sua assenza.

Perché sei interessato a Maya? Cosa stai architettando padre? Non ti permetterò di farle alcun male!

Le ricerche si erano fermate appena il sole era tramontato, ma lui aveva continuato a cercare. Hijiri e altri tre collaboratori si erano diretti verso nord, dove c’era un piccolo villaggio in cui avrebbe potuto rifugiarsi, mentre lui si era incamminato seguendo il fiume, pensando che l’acqua lo avrebbe trascinato a valle. C’era un auto con l’autista che lo seguiva a breve distanza, pronto a riportarlo in albergo. Era troppo concentrato nell’udire suoni o rumori che non si rese conto dell’ora finché l’auto gli si affiancò.

- Signore, dovrebbe riposare e riprendere domani mattina - suggerì l’autista premuroso.

Masumi si mise le mani sui fianchi, era innegabilmente stanco. Sollevò gli occhi al cielo per la prima volta quella sera e rimase estasiato. Impressionante... La volta cobalto sembrava un velluto punteggiato di diamanti e si vedevano perfettamente tutte le costellazioni.

- No, ti ringrazio, credo che resterò ancora un po’ qui - mormorò affascinato dalle stelle brillanti.

- Ma… signore… - obiettò l’autista che non voleva lasciarlo in mezzo al nulla.

- In fondo a questa strada c’è un incrocio, attendimi lì - ordinò mettendosi le mani in tasca e continuando a camminare. L’autista si arrese e ripartì.

Il lato della strada non aveva guardrail di metallo come quelli di città, ma una semplice e bassa staccionata di legno. La scavalcò e camminò sull’erba alta pensando che probabilmente avrebbe rovinato le sue scarpe, ma quel pensiero durò un solo attimo perché di fronte allo spettacolo che gli si presentò, ogni riflessione venne spazzata via.

Sdraiata sulla cima della piccola collinetta davanti a lui, inondata dalla luce delle stelle in quella notte senza luna, c’era Maya.

Si fermò domandandosi se fosse un sogno, perché una coincidenza del genere poteva essere attribuita solo a quel desiderio che albergava profondo e nascosto nella sua anima e che qualche dio misericordioso aveva esaudito.

Com’è possibile che sia tu?

Con il cuore che batteva incontrollato, restò immobile trattenendo il fiato, non si mosse, non voleva rovinare quella scena, non voleva che lei sparisse all’improvviso. Una stella cadente lasciò la sua scia luminosa sparendo a est.

- Ah! Una stella cadente! - esclamò lei, mettendosi seduta e facendolo sussultare - Peccato... Ho sentito dire che se si esprime un desiderio prima che la stella scompaia, quello si avvera… - mormorò distendendosi di nuovo e mettendo le mani dietro la testa.

Masumi inspirò ed espirò tutto il fiato, non era sicuro come lei avrebbe reagito, ma l’unica cosa che sapeva era che voleva essere lì, accanto a lei, a contemplare il cielo stellato.

- Che desiderio avrebbe voluto esprimere? - le disse avanzando lentamente, sentendo crescere dentro quell’ansia e quella tensione che sempre lo accompagnavano quando lei era vicina.

Maya rimase sconvolta all’udire quella voce. Eppure io non ho espresso alcun desiderio… come può essere qui? E’ impossibile…

Si voltò lentamente restando seduta, certa che non avrebbe visto nessuno, invece lui era lì. Sentì un improvviso calore invaderle tutto il corpo e il cuore battere freneticamente mentre il cervello cercava inutilmente di dirle di restare calma. Santo cielo… come son grata alla notte! Come avrei potuto fissarlo alla luce del sole dopo quel… quel sogno? Devo calmarmi!

- Si-Signor Hayami… - balbettò - Che ci fa lei qui? - aggiunse in un sussurro incapace di credere ancora che fosse proprio lui.

- Salve, ragazzina - la salutò evitando di imprimere alla voce il consueto tono di scherno - Mi scusi se l’ho disturbata durante le sue osservazioni astronomiche -

Non appena i loro occhi si incrociarono lei vide l’uomo di cui si era innamorata e lui la ragazza che amava da sette anni, ma fu solo un istante breve, perché la realtà gridava ad entrambi una verità ben diversa.

E’ il Presidente della Daito Art Production e vuole la Dea Scarlatta… vedrà in me sempre e solo l’attrice...

E’ un’attrice esordiente e io un produttore teatrale… vedrà in me sempre l’ammiratore delle rose scarlatte...

- Posso sedermi nel posto speciale accanto al suo? - le disse mentre si sedeva, prima di perdere coraggio e andarsene.

- Signor Hayami… - mormorò lei sconcertata. E ora? Mi tremano le mani… e come mi batte il cuore… lo sentirà! Sentirà ogni cosa che penso! Se dovesse capire quello che io…

Abbassò la testa per nascondere il volto che sentiva bruciarle intensamente.

- Non avrei mai pensato di incontrarla qui - questa volta fu lui a sussurrare e Maya si voltò a guardarlo esterrefatta e imbarazzata, non ricordava di averlo mai sentito parlare così in tutti quegli anni. Osservava il cielo e il suo profilo si stagliava netto illuminato dalle stelle che a migliaia punteggiavano il cielo. Io… Io non mi ero mai accorta di come… di come lui fosse...

- Le stelle del firmamento… non avrei mai immaginato che avrei potuto vederle qui con lei… - il tono della sua voce era quasi meravigliato e Maya si convinse che non poteva essere ma, come la sera del planetario e quella al fast food, lui sembrava strano e diverso. Non riusciva a dire niente tale era l’emozione che stava provando nell’averlo così vicino dopo aver desiderato per giorni di poterlo rivedere e dopo quel sogno a occhi aperti.

- E’ stupendo. Questo è il vero cielo. Avevo dimenticato da tempo ormai come potesse essere… - sembrava realmente affascinato dalla volta celeste, come quel giorno al planetario, si vedeva che gli piacevano le stelle e Maya si trovò, suo malgrado, a sorridere dolcemente mentre lo guardava. E’ una brava persona… lo so… nel profondo io lo so… anche se non capisco perché a volte agisca in modi così oscuri…

- Si ricorda quando le dissi che un giorno mi sarebbe piaciuto vedere il cielo stellato nel paese natale della Dea Scarlatta? - abbassò lo sguardo fino a terra, ma non si voltò a guardarla, era terrorizzato da ciò che avrebbe potuto leggere nei suoi occhi, si ricordava perfettamente ciò che lei gli disse.

- Sì - sussurrò Maya senza staccare gli occhi da lui, troppo attratta da quel volto che per anni aveva odiato e che ora occupava costantemente i suoi sogni. Arrossì e ringraziò l’oscurità.

- Il mio desiderio si è avverato - concluse lui sempre guardando a terra. Chissà quale forza mi ha portato qui, ora, accanto a lei…

- Signor Hayami, perché è qui? - ripeté, dato che non comprendeva come avesse potuto incontrarlo esattamente in quel posto, sperduto perfino sulle mappe geografiche…

Masumi si voltò finalmente a guardarla, stupito per quella domanda, come se gli avesse letto nel pensiero. Magari si stava giustamente domandando anche lei la stessa cosa. Il suo sguardo era limpido e curioso, non aveva niente che avrebbe potuto ricondurre a rabbia, astio o disagio e riuscì a reprimere un sospiro di sollievo tanto fu felice per quella consapevolezza.

- Sto cercando mio padre - esordì tornando a guardare il cielo. Maya restò in attesa che proseguisse mentre uno strano nodo le serrava lo stomaco.

- E’ venuto qui, attirato dalla Dea Scarlatta e la sua auto è precipitata da una scarpata. E’ tutto il giorno che lo cerchiamo, l’auto è stata ripescata, ma di lui nessuna traccia - raccontò brevemente, la sua voce atona e priva di particolari inflessioni. Maya non aveva mai dimenticato, neanche per un istante, quello che lui le aveva raccontato davanti alla tomba di sua madre, di come suo padre l’avesse trattato, ma si rattristò nel sentire la completa assenza di amore o affetto nella sua voce.

- Disperso? - mormorò Maya sconvolta, un freddo improvviso le gelò il sangue nelle vene. Nonostante sapesse come Eisuke Hayami trattasse il figlio non ce la faceva proprio a gioire delle disgrazie altrui. E in fondo era sempre suo padre! Quindi gli elicotteri di oggi erano per lui… cercavano lui!

Masumi si girò nel sentire l’apprensione nella sua voce e rimase incantato dal suo volto illuminato dalla luce stellare. Guardava lui e arrossì lievemente quando si trattenne più del dovuto. Come puoi darti pena per quell’uomo che non conosci dopo ciò che ti ho raccontato di lui?

- Non si preoccupi, non volevo certo impressionarla. Gliene ho parlato perché presto o tardi sarebbe venuta a saperlo - si affrettò a riparare, gli era insopportabile vederla preoccupata, soprattutto per suo padre che non lo meritava.

- Si ricorda che le raccontai dell’ossessione di mio padre per la Dea Scarlatta? - e Maya annuì lentamente, così lui proseguì - Eisuke Hayami è come un millepiedi, ha trovato, mangiato e portato quasi alla morte un bellissimo albero di susino. Non gli ha dato tregua, prima le foglie, poi i rami, poi il tronco… - la sua voce era completamente cambiata e Maya avvertì tutto il rancore e l’astio che doveva provare anche in quel momento.

Ha perseguitato la signora Tsukikage… per quanto tempo l’ha tormentata?! Trenta anni???

La vide rabbrividire e stringersi le braccia al petto, così si tolse la giacca e gliela mise sulle spalle, in quel gesto ormai consueto, uno dei pochi che si era concesso durante i loro confronti.

- La notte fa freddo in montagna, si copra con questa - la fissò per un istante e vide i suoi occhi riempirsi di meraviglia e arrossire ancora di più. Perché sarà così imbarazzata? Eppure io non ho fatto niente, neanche per irritarla...

Maya sollevò lo sguardo verso di lui, sapeva che fissare una persona a lungo era scortese, ma quella notte lui era… e lei aveva davvero freddo. Masumi non riusciva a staccare gli occhi da lei, pur consapevole che non avrebbe dovuto.

- Signor Hayami… - sussurrò lei, le labbra lievemente tremanti e lui si lasciò trascinare, smettendo di ascoltare quegli ammonimenti che il suo cervello non faceva che ripetergli.

- Vuole venire accanto a me? - e distese un braccio scoprendo il fianco. Maya, travolta da un calore profondo, annuì lentamente, gli occhi spalancati, la giacca stretta a sé,e si avvicinò distogliendo lo sguardo dal suo, così intenso.

Masumi l’abbracciò e quel gesto semplice gli tolse il respiro. Non poteva saperlo, ma la stessa identica cosa accadde a Maya che si costrinse a fissare davanti a sé. Non sarebbe mai riuscita a sostenere il suo sguardo in quel momento. Il suo corpo emanava calore, lo poteva sentire attraverso tutti i vestiti e quel tepore si aggiunse a quello che usciva dirompente dal suo cuore e alle mille immagini di quel sogno che tornava a tormentarla. Signor Hayami… io non posso credere che lei sia qui…

- Qui il cielo è molto più chiaro che al planetario - si costrinse a dire Masumi per distrarsi dai pensieri che gli affollavano la mente e da lei così vicina.

- Guardi, quella è Spica, la prima stella della costellazione della Vergine - aggiunse sollevando la mano destra e allungandola verso il cielo.

Maya seguì la linea immaginaria con lo sguardo, felice di potersi distrarre e vide la stella brillante.

- Ah, vero! La vedo! - esclamò entusiasta, facendolo sorridere.

- Quella invece è la costellazione del Cigno - continuò Masumi indicando un gruppo di stelle a forma di croce - E la sua stella più brillante è Deneb -

- Sembra veramente un cigno con le ali aperte! - concordò Maya felice di averla individuata e lui si voltò per un istante a guardarla. Fissava rapita il cielo e pensò di non averla mai vista così prima d’allora. Il suo braccio le cingeva ancora le spalle esili e sembrava davvero che lei fosse a suo agio accanto a lui, così provò a rilassarsi.

- Quella che vede vicino a Deneb, è Vega, della costellazione della Lira - continuò Masumi e Maya vide distintamente la forma rettangolare della Lira.

- Ah! E quella è l’Orsa Maggiore? Quella poco distante dal cigno! - disse Maya allungando felice una mano e ridendo.

- Esatto - annuì Masumi guardandola di nuovo.

- Ah! Ci ho azzeccato! - esclamò lei tornando sotto la giacca e stringendosi più a lui in un gesto spontaneo, ma che le provocò un intenso calore dovunque. Ma che faccio… Come posso essere qui con lui, abbracciata a lui, come se niente fosse?

- Le conosce tutte, signor Hayami - gli fece notare sollevando il volto a guardarlo.

- Solo perché da piccolo andavo spesso al planetario - puntualizzò lui ricambiando lo sguardo interessato.

- Non avrei mai pensato di parlarne qui con lei, signor Hayami - mormorò lei tornando a guardare le stelle.

- Nemmeno io, è la prima volta che parlo così con qualcuno - acconsentì provando un’intima contentezza per la sua vicinanza e il calore che emanava. La sto tenendo abbracciata e mi sembra la cosa più naturale del mondo e lei non ha fatto niente per andarsene né per scacciarmi… è davvero una strana giornata questa...

- E’ curioso, qui con lei sono così tranquillo… - aggiunse quando Maya restò in silenzio, meravigliata per quell’anomalo atteggiamento - Chissà perché i fastidi per il lavoro e per mio padre ora non mi interessano - le confessò con grande sincerità, come mai prima aveva fatto con qualcuno per un sentimento che lo pervadeva.

- Ha qualche problema con la Daito Art? - gli chiese Maya con voce delicata, non voleva apparirgli un’impicciona.

Masumi abbassò lo sguardo divertito.

- Perché questa domanda? Da quando le interessano le sorti della Daito? - domandò con quel tono fastidioso che la irritava sempre.

- Perché interessa a lei - gli rispose seccamente distogliendo poi lo sguardo e lasciandolo di stucco. Perché non riesco mai a stare zitta?

- Lei, ragazzina, a volte è proprio strana… - mormorò dubbioso senza riuscire a comprendere per quale motivo gli avesse risposto così.

- Proprio lei mi dice una cosa del genere… - borbottò Maya abbracciandosi i ginocchi con le braccia. Masumi scoppiò a ridere e lei arrossì guardando a terra.

- Le faccio paura? - le chiese d’improvviso, come se fosse importante.

- No… non direi… ormai mi sono abituata alla sua presenza - rispose candidamente Maya e non si sentì affatto a disagio nel confessargli quel suo modo di vedere le cose. Masumi si voltò di nuovo a guardarla, era assorta, la fronte aggrottata come se stesse riflettendo. Ridacchiò e lei lo sentì muoversi.

- Che cosa ci trova di divertente? - domandò Maya indispettita. Ride sempre di me! Eppure io… non vorrei essere in altro posto se non qui accanto a lui, col suo braccio sulle spalle...

- Niente, solo che lei… ha sempre la meglio su di me - commentò sollevando di nuovo il volto verso le stelle - Credo che nessuno potrebbe mai immaginarmi in un posto come questo a guardare il cielo notturno con una ragazza… proprio nessuno - aggiunse in un sussurro lieve dopo qualche attimo.

Ragazza… ha detto ragazza… non ragazzina… ma non significa nulla… di certo non ha improvvisamente cambiato idea su di me...

- Ha ancora freddo? - le chiese poi dolcemente e di nuovo quella sua voce così premurosa le fece volare il cuore fino a quelle stelle che li avevano sorvegliati finora.

- No… No, signor Hayami, grazie, sto bene - balbettò a causa dell’emozione nascosta che provava e che non avrebbe mai potuto rivelargli.

- Come vanno le prove della “Dea Scarlatta”? - le chiese spostando un po’ il braccio con cui la teneva e Maya tremò per la sensazione che la pervase. La sua mano fra i miei capelli, che scorre sulla mia pelle… No! Santo cielo, non devo pensare queste cose...

- Sono difficili - gli confessò lei rannicchiandosi ancor più vicina a lui - Dobbiamo interpretare i quattro elementi… pare che siano necessari per arrivare ad interpretare la Dea Scarlatta… -

- I quattro elementi… - e ridacchiò - Non mi sarei aspettato niente di diverso dalla signora Tsukikage! -

Maya lo guardò per un attimo e decise che quando rideva era davvero stupefacente. Arrossì a quel pensiero così spontaneo e diverso da tutti gli altri che aveva sempre avuto su di lui.

- Sono in molti ad avere delle aspettative sulla sua Dea Scarlatta, quindi veda di impegnarsi molto - le suggerì lui sapendo che lei ora si sarebbe irritata, invece Maya si voltò di scatto verso di lui.

- Sì! Lo so, io infatti… ecco io mi sto impegnando molto! - ribatté immediatamente stringendo i pugni. Masumi la guardò, vide gli occhi ardere di un’emozione repressa, quella fiamma che li rendeva sempre vivi, di cui lui s’era follemente innamorato e fu sul punto di prenderle il volto con le mani, ma lei lo interruppe facendolo sussultare per quell’idea improvvisa di baciarla. Sono impazzito… impazzito… non devo neanche pensarla una cosa del genere...

- Anche per lei, signor Hayami! - aggiunse mettendosi in ginocchio e uscendo dal suo abbraccio protettivo - Potrò dimostrarle che tutto quello che ha fatto per me in questi anni non è sprecato, la mia Dea Scarlatta la soddisferà, glielo prometto! - aggiunse tenendogli la camicia sul braccio con una mano, lo sguardo luminoso e le labbra tremanti d’emozione.

Masumi la guardò esterrefatto, evitando di pensare alla sua mano che lo teneva. Ragazzina… E’ questo che stai cercando di fare… ripagarmi per… ma io… non voglio niente, solo che tu reciti, vederti brillare in quel mondo d’arcobaleno…

- Sono convinto che lei farà un ottimo lavoro, come sempre d’altronde - le confidò e quando la vide arrossire per il suo complimento si imbarazzò anche lui, rendendosi conto di essere andato oltre.

Maya si sentì avvampare, non le aveva mai detto una cosa del genere tranne nei biglietti che metteva sempre nelle rose scarlatte. Signor Hayami… io non mi arrenderò, vincerò contro Ayumi e otterrò la parte della Dea Scarlatta!

Poi all’improvviso, Masumi la vide dilatare gli occhi e illuminarsi in volto, guardava lontano e lo spinse lievemente con le mani per attirare la sua attenzione.

- Guardi! Una stella cadente! - gridò e lui si girò di scatto nella direzione del suo sguardo.

- Ha espresso un desiderio? - le chiese rendendosi conto di quanto gli fosse vicina.

Maya si riprese e si accorse di essergli praticamente addosso così si appoggiò sui ginocchi arrossendo e sospirò.

- No, non sono stata abbastanza svelta. E’ sparita prima che potessi formularne uno… - si rammaricò lei con una mano alla bocca - E lei, signor Hayami? - gli chiese guardandolo un po’ imbarazzata.

- Temo che quello che desidero non si realizzerà mai in vita mia -  le confessò guardando distante. Maya sussultò, sembrava malinconico e rassegnato a qualcosa.

Cosa ci può essere di così impossibile da essere irrealizzabile per un uomo come lui? Proprio non mi viene in mente niente, credo possa avere tutto ciò che desideri…

Si alzò scuotendosi dall’erba e lei lo seguì dubbiosa con lo sguardo.

- Andiamo, l’accompagno, non vorrei che qualcuno si preoccupasse per lei - e fece qualche passo avanti. Maya si alzò a sua volta con un lieve lamento. Era freddo senza di lui e lo seguì a malincuore.

Lui si fermò, si voltò e le tese la mano con un’espressione indecifrabile. Maya fissò la mano tesa meravigliata, il cuore che le usciva dal petto. Signor Hayami...

- Vuole darmi la mano? Ovviamente se non le dispiace - propose con il cuore che batteva a mille. Solo questo contatto… solo questo... Maya tenne lo sguardo basso e annuì mentre appoggiava la mano nella sua. Lui chiuse le dita intorno e lei sentì mancarle il respiro.

Non mi ero mai accorta di quanto fosse calda la sua mano… e non mi ero mai accorta neanche di quanto lui fosse sempre gentile e premuroso in realtà… come ho potuto essere così cieca? Tutte quelle cose che gli ho detto… come ho potuto?!

Gli indicò il sentiero per il tempio e camminarono a lungo e in silenzio sotto la volta stellata. Quando Masumi intravide il tetto della costruzione avvertì una spiacevole sensazione, un’angoscia profonda al centro del petto. Non poteva saperlo, ma per Maya fu esattamente la stessa cosa, tanto che perfino i loro pensieri collimarono.

Come vorrei che questo cielo stellato non avesse mai fine!

- Buonanotte ragazzina, un giorno vorrei poter vedere qui la sua Dea Scarlatta - la salutò con un sorriso che lei non seppe decifrare.

- Buonanotte, signor Hayami… - ricambiò lei a corto di parole, amareggiata e sconsolata. Non sono più una ragazzina… quanto vorrei che almeno se ne accorgesse…

Lo osservò proseguire sul sentiero che conduceva alla strada asfaltata, chissà come avrebbe fatto a tornare al suo albergo e chissà se sarebbero riusciti a trovare suo padre.



I giorni trascorsero inesorabili, avvicinandole sempre più al momento in cui la signora avrebbe preteso la prova dell’acqua. Erano entrambe in difficoltà non riuscendo a trovare un tema adatto per interpretare quell’elemento.

Hamil seguiva, costantemente e in silenzio, Ayumi, che non faceva che bagnarsi, tanto da fargli temere che potesse ammalarsi.

Mentre Maya, dubbiosa e insicura, si aggirava per il villaggio agricolo vicino al tempio. Erano passati due giorni da quando aveva incontrato il signor Hayami sotto le stelle e sollevò di nuovo il volto al cielo, come ogni giorno da allora, quando sentì gli elicotteri. Non hanno ancora trovato il signor Hayami… e lui… lui deve essere preoccupato anche se non lo dimostra… io spero che lo trovino presto…

Delle grida la distrassero e vide una signora rimproverare un gruppo di bambini che molestavano le tartarughe dello stagno.

- Vi attirerete il castigo di Ryujin! - urlò l’anziana signora, ma i bambini la canzonarono senza pietà.

- E’ solo una leggenda! E’ solo una leggenda! - cantilenarono insolenti.

- Esiste invece, solo che voi non lo vedete! - insisté lei convinta brandendo una ramazza a mo’ di spada. Un tuono rimbombò potente in cielo.

- Guardate, nubi temporalesche! Ryujin si è arrabbiato perché voi lo avete deriso! E ora farà cadere i suoi fulmini! - Maya ridacchiò quando i bambini fuggirono impauriti e si avvicinò all’anziana signora.

- Mi scusi, chi è Ryujin? - le chiese gentilmente Maya incuriosita.

- Davvero non sai chi è? - indagò la signora scuotendo la testa e Maya arrossì imbarazzata. Così la signora le narrò la leggenda di Ryujin, dio dell’acqua, che aveva potere sulle precipitazioni e su tutta l’acqua in generale: se era arrabbiato inondava villaggi oppure mandava la pioggia se c’era siccità. Mentre la ascoltava estasiata,  tutti i tasselli andarono al loro posto.

Fiumi, laghi… Ryujin domina tutte le acque! Vola in cielo, chiama le nubi e fa piovere! Se è arrabbiato provoca inondazioni che spazzano via villaggi interi! L’acqua che si trasforma… Ryujin che governa la forza dell’acqua! Ryujin! La MIA acqua!

Esultò e scappò via dalla signora ringraziandola con un gesto e un inchino frettoloso.

- Ragazzi… - commentò l’anziana sorridendo e vedendola andar via come una furia.

Come se fossero legate da un filo magico, Ayumi, osservando una coppia con la madre che allattava il suo bambino e dei ragazzi pescare nel fiume, ebbe la sua ispirazione.

Non solo l’acqua è vita! Gli esseri umani non hanno necessità solo di acqua per vivere, ma anche di amore! Tutte le relazioni sono basate sull’amore! Senza l’amore non si potrebbe vivere! L’acqua che mantiene in vita! Acqua e amore!

Si tolse le scarpe ed entrò nel fiume fra le grida indignate dei ragazzi che l’accusarono di far scappare i pesci, ma lei ormai aveva una sola cosa in testa: la sua acqua.

Si sedette su una roccia e unì le gambe, poi iniziò a muoverle come fossero una coda. Quando la sirena Ariel abbandonò il mare per amore era come un pesce fuor d’acqua! Amore e acqua! Ecco! L’ho trovata la MIA acqua!

 Quando rientrarono al tempio, stanche e sporche, Genzo le accolse stupito e preoccupato, ma le due giovani attrici si guardarono gelide, consce che la nuova sfida era appena iniziata: ora entrambe avrebbero potuto esercitarsi nel tema che avevano scelto.

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Capitolo 20
*** Il tempio della Dea Scarlatta ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

20. Il tempio della Dea Scarlatta



L’iniziale eccitazione per aver trovato il suo tema dell’acqua svanì quando Maya si rese conto di non avere idea di come impersonare un drago che era anche un dio. Movimenti, voce, emozioni, atteggiamenti, ogni cosa le risultava aliena perché non poteva sapere come impersonare un dio drago.

La sua rabbia, la sua felicità, quale voce avrei, come mi muoverei se fossi Ryujin? Come posso fare per capire il suo cuore?

Eseguì alcuni movimenti nei pressi della cascata, che avrebbero usato come palcoscenico, ma alla fine picchiò i pugni a terra insoddisfatta. Davanti a lei, nell’acqua del fiume, passarono alcuni fiori di susino scarlatto. Li raccolse e si alzò in piedi guardando in direzione della valle.

Sono stati portati qui dalla valle… c’era un drago lì, ora che mi ricordo, a guardia della dea…

Si incamminò travolta da quella nuova ispirazione e si diresse al ponte di corde e legno che collegava il bosco del tempio alla valle dei susini. Genzo la vide passare, la chiamò, ma lei non rispose.

Quella è la strada per la valle dei susini…

Sollevò gli occhi al cielo e vide le nuvole. Aggrottò la fronte preoccupato e tornò al tempio.



Masumi attese qualche istante fuori dal vecchio tempio. Erano due ore che pioveva insistentemente, ma lui aveva bisogno di sapere se la signora Tsukikage avesse visto suo padre prima dell’incidente, dato che stava andando proprio da lei.

- Benvenuto, signor Masumi. Non avrei mai pensato di incontrarla in questo tempio - lo accolse la signora dopo che Genzo lo fece entrare.

- Anch’io avrei preferito vederla in un’altra occasione - ammise lui con un sorriso debole - Sa dirmi qualcosa a proposito di mio padre, signora Tsukikage? - iniziò togliendosi il soprabito.

- No - rispose Chigusa con una lieve scrollata di testa.

- Sapeva che, quando è scomparso, stava venendo da lei? - aggiunse Masumi sedendosi in ginocchio al basso tavolino.

- No - rispose seccamente la sensei - Quand’anche fosse, credeva che l’avrei ricevuto? Anche suo padre doveva sapere bene che non avrei mai acconsentito - aggiunse freddamente fissandolo. Quell’uomo aveva qualcosa di strano…

- In effetti è vero - acconsentì Masumi - Venendo qui speravo di trovare qualche traccia -

- Allora suo padre non è stato ancora trovato - si informò la signora, non senza una punta di soddisfazione.

- No, purtroppo, lo abbiamo cercato sia nelle vicinanze dell’incidente sia allargando il cerchio, ma non c’è traccia di lui - riferì Masumi con tono piatto - Io comunque non ho intenzione di arrendermi finché non l’avrò ritrovato - aggiunse serio, ricambiando lo sguardo freddo della signora.

Un tuono squassò l’aria e la pioggia da dolce divenne battente.

- Sta diluviando, chissà se Maya sarà al sicuro? - intervenne Genzo portando il tè e guardando fuori dalla parete di carta di riso semi aperta.

- Maya? - chiese la signora, con tono leggermente allarmato.

- Sì, l’ho vista andare verso la valle dei susini ormai due ore fa… - spiegò Genzo preoccupato.

- La valle dei susini? - ripeté la signora aggrottando la fronte e guardando fuori la pioggia che scrosciava inesorabile.

- Sì, in quei paraggi le strade non sono buone e ho sentito dire che anche il fiume può straripare facilmente - aggiunse Genzo sospirando - Speriamo torni sui suoi passi… Perché tutta presa dalla recitazione, la signorina Maya è capace di fare cose assurde senza pensare… - borbottò Genzo con un sorriso accennato.

Masumi aveva seguito tutta la discussione senza aprire bocca ma con un gelo nel cuore che era andato aumentando ad ogni parola.

- Devo andare - riprese lui alzandosi - Se dovesse venire a sapere qualcosa di mio padre, mi avverta per favore - chiese gentilmente Masumi indossando l’impermeabile.

- Signor Masumi, mi permetta una domanda - lo fermò la signora incuriosita dal suo strano atteggiamento.

- Quale? - si voltò sulla porta, in attesa.

- Lei è affezionato a suo padre? - chiese la signora Tsukikage fissandolo intensamente. Lui rimase immobile alcuni attimi, come se stesse pensando alla risposta, poi soddisfece la sua curiosità.

- No - disse freddamente, senza alcuna inflessione d’affetto nel tono.

La signora Tsukikage lo osservò di spalle mentre se ne andava, incrociò le braccia al petto e sorrise.

- Genzo, il signor Masumi ti è sembrato il solito di sempre? - gli chiese in un sussurro. L’uomo la guardò per un attimo, ricordando che aveva notato come lui avesse prestato attenzione alla loro conversazione su Maya anche se era rimasto in silenzio.

- No, signora - convenne Genzo osservando l’auto che si allontanava.

- E, per la prima volta da quando lo conosco, non ha accennato alla Dea Scarlatta… curioso questo fatto - valutò la signora rientrando nel tempio.



Quella vocina interna non accennava a zittirsi e gli ripeteva in continuazione che avrebbe dovuto cercarla, che poteva davvero correre un pericolo con quel tempo inclemente. La pioggia era insistente e cadeva ormai da oltre due ore. Seguendo la mappa che aveva in auto si fermò quando la strada asfaltata terminò e da lì proseguì a piedi.

Ragazzina, perché devi prendere sempre tutto così sul serio! E poi… andartene in giro con questo tempo…

Si tirò su il bavero dell’impermeabile e si addentrò nel bosco fino a trovare il ponte di legno e corda. Attraversarlo fu come abbandonare quel mondo ed entrare in un altro. La pioggia batteva sulle foglie in un rapido e ipnotico ticchettio, un silenzio innaturale avvolgeva ogni cosa e lo spettacolo che gli si parò davanti uscendo dal sentiero lo lasciò letteralmente senza parole.

La valle dei susini si allargava davanti a lui per uno spazio indefinito, reso ancora più vasto da una sottile e impalpabile nebbiolina rosea che pareva emanare direttamente dalle migliaia di susini in fiore e impediva di vederne la fine. La pioggia scivolava sui petali e sui tronchi nutrendo la terra e facendo brillare ogni cosa come fosse coperta di diamanti. Rimase immobile per molto tempo ad ammirare quello spettacolo. Il profumo che lo attorniava era quasi stordente e sapeva di muschio e fiori dolci.

Davvero questa è solo natura? Sembra incredibile… non ho mai visto niente del genere…

Quietò anche i suoi pensieri, incantato da quella visione unica e irripetibile. Solo la pioggia, che in quella valle sembrava cadere più dolcemente, riverberava creando un suono lieve, un fruscìo continuo di sottofondo, unito all’acqua che scorreva dappertutto sul terreno fertile.

Si decise a fare qualche passo, proseguendo su quel sentiero umido, le goccioline che scivolavano sul tessuto refrattario dell’impermeabile e cadevano a terra lentamente, una dietro l’altra, in un moto perpetuo e instancabile. Ogni cosa intorno a lui aveva quella rilassante sfumatura di rosa e quell’intenso profumo permeava tutto.

Si fermò all’improvviso quando la vide. Era seduta sul ramo di un susino, le mani sul tronco, le gambe giù, gli occhi chiusi. Sembrava una bambola, l’acqua scorreva in rivoli lenti sui suoi capelli, sulla pelle, sul vestito. Da come era immobile sembrava che non respirasse.

Ragazzina…

Si avvicinò lentamente, non voleva rompere l’incanto, non voleva vederla arrabbiata per la sua presenza invadente in quel posto. Chissà cosa stava facendo…

Arrivò quasi sotto l’albero, era maestoso, enorme, pieno di fiori scarlatti e la pioggia lo rendeva brillante come un gioiello. Maya teneva il volto all’insù, le palpebre abbassate, come se volesse davvero incontrare l’acqua piovana, ma così si sarebbe sicuramente ammalata.

- Maya - la chiamò con fermezza, intenzionato a portarla via da lì quanto prima. Lei si riscosse, aprì gli occhi e Masumi si rese conto che era non era lì, in quella valle, era assente, poi piano piano riprese coscienza di sé, lo sguardo si fece chiaro e quando realizzò la sua presenza, li spalancò meravigliata.

- Si-Signor Hayami! Cosa ci fa lei qui?! - esclamò mentre il cuore prese a batterle incessante, come sempre quando lo vedeva.

Lui fece un passo avanti e lei si mosse insicura sul tronco scivoloso così Masumi le tese una mano - Mi permetta di aiutarla - le disse serio.

Maya avvertì all’improvviso un freddo intenso dovuto ai vestiti bagnati, arrossì e accettò la sua mano. Cercò di scendere con quanta più grazia possibile, ma era rimasta molto tempo nella stessa posizione sull’albero e scivolò trovando immediatamente le sue braccia. Lui reagì d’istinto, per non farla cadere e la strinse a sé, tenendole una mano. Quando la guardò, il suo volto era spaventato e vicinissimo, rimase impietrito per qualche attimo, la pioggia che scivolava lentamente su di loro.

- Signor Hayami - mormorò Maya - Che cosa è venuto a fare? - gli domandò in un sussurro, aggrappata alla sua camicia, tutta la sua attenzione calamitata dal calore che emanava, dal suo respiro accelerato, dalla mano che stringeva la sua.

- Mi hanno detto che lei poteva essere qui, così ho pensato di… - iniziò lui, incapace di distogliere gli occhi da lei, il respiro gli si fermò in gola, era così vicina, tanto da sentire il suo cuore battere. Le passò una mano sui capelli, lentamente, lisciandoli e trattenendola sulla testa; quel tocco gli diede una scossa così vivida da scuoterlo.

- Ho fatto bene a venire! Lei è una ragazza sconsiderata! - la redarguì con tono grave - Il suo viso, il suo corpo, sono così freddi… - seguitò, fissandola in quegli occhi smarriti e spalancati - Se continua a stare qui, si prenderà un malanno, sciocca ragazza! - per la prima volta si sentì realmente in apprensione, qualcosa che proveniva dal profondo del suo essere, temeva per lei, per ciò che sarebbe potuto accadere e il suo istinto di protezione si acuì sensibilmente.

- Senta com’è fredda la sua mano! - proseguì, prima di rendersi effettivamente conto di come la stesse stringendo a sé. Gliela teneva premuta contro il petto, cercando di scaldargliela, distese il palmo e lo sfregò sulle dita gelide.

Maya era senza parole, incatenata a quello sguardo di ghiaccio, che ardeva come fuoco vivo, in netto contrasto con le sue parole e i suoi gesti. Non l’aveva mai tenuta così strettamente, la mano sulla nuca era decisa e quella sulla sua, calda e forte. Santo cielo… tremo dall’emozione… sentirà ogni cosa! Si accorgerà che io…

Masumi la scostò leggermente da sé, interrompendo i suoi pensieri e facendola sussultare. Aprì la parte destra dell’impermeabile e l’avvolse, coprendola dalla pioggia incessante. Lei non fece altro che seguire passivamente il movimento, facendo scivolare il braccio intorno alla vita di lui. Era così in imbarazzo e allo stesso tempo così contenta che restò in completo silenzio. Sentì la sua mano cingerle la spalla, trattenendo l’impermeabile. Perché si preoccupa sempre così per me? Non posso credere che sia davvero solo per i diritti della Dea Scarlatta… che provi sinceramente dell’affetto?

- Su, andiamo! - le sussurrò abbassandosi e lei sollevò lo sguardo incontrando i suoi occhi splendenti, il volto e i capelli brillanti di pioggia - Ce la fa a camminare? -

Signor Hayami… io… non credo di averla mai vista così… né di averla mai guardata in questo modo… non riesce a leggermi nel pensiero, vero? Non so cosa farei se capisse…

- S-Sì - balbettò annuendo alla fine e sentì le guance farsi calde quando lui l’avvicinò ancora di più a sé.

- Ci deve essere da qualche parte un posto dove ripararsi dalla pioggia - sussurrò e lei si sentì incredibilmente protetta e al sicuro. Tutta l’ansia per la “Dea Scarlatta” sembrava svanita in quel momento e aveva quasi dimenticato perché fosse andata lì, sotto la pioggia.

Masumi iniziò a camminare e lei gli andò dietro, collaborativa e silenziosa. Stava cercando di non pensare alla sua vicinanza né a come lo avesse guardato qualche secondo prima e anche lui, ne era consapevole, l’aveva guardata in modo diverso… In quel momento non era riuscito in alcun modo a indossare quella maschera di indifferenza e ironia che era solito tenere con lei.

Proseguirono sul sentiero in mezzo ai susini scarlatti finché raggiunsero una radura incassata fra i grandi alberi. La pioggia ticchettava dovunque, instancabile, scivolava dolcemente su ogni superficie fino a raggiungere la terra. Un santuario shintoista giaceva in mezzo allo spiazzo, sulla destra c’era un piccolo edificio. Masumi si diresse immediatamente lì, si tolse l’impermeabile e lo mise a lei. Maya non riuscì neanche a protestare perché lui si voltò immediatamente verso la porta di legno afferrando la maniglia rettangolare.

Maya si strinse intorno il soprabito, inspirando il suo profumo, mentre il cuore le batteva così follemente che temeva si sarebbe fermato presto. Guardò la pioggia gocciolare dai suoi capelli fin sulla giacca mentre spingeva la porta.

Non mi sembra vero che sia qui… qui davvero con me… nella valle dei susini… deve essere per forza un sogno… La porta cedette e lui la fece entrare subito, seguendola e chiudendo la porta dietro di sé.

- Fuori fa troppo freddo, congeleremmo - mormorò, voltandosi a guardarla. Erano entrambi bagnati completamente, così lui si guardò intorno sentendo lo sguardo di lei che lo seguiva.

L’ambiente era piccolo, ma a destra, davanti alla piccola finestra, c’era una stufa, con molta legna accatastata accanto e una scrivania con due sedie. A sinistra, una pedana rialzata di legno occupava metà della stanza. Prese l’accendino dalla tasca e, senza dire una parola, si avvicinò alla stufa. Maya lo osservò stupita, camminò lentamente fino alla pedana e si sedette. Sentiva freddo, i vestiti erano tutti bagnati e fastidiosi contro la pelle.

Dopo qualche tentativo, Masumi riuscì ad accendere la legna nella stufa e, nonostante un po’ di fumo, il calore arrivò immediatamente fino a lei. Lui spostò una sedia della piccola scrivania vicino alla stufa e lei lo osservò a occhi spalancati. Era assorto, fissava un punto imprecisato del pavimento, si snodò la cravatta lentamente e Maya, inspiegabilmente, arrossì per quel gesto. Era come guardarlo nei suoi movimenti quotidiani, come se lo spiasse. Deglutì e si costrinse a mantenere un’espressione neutra sebbene il cuore in petto le battesse senza controllo. Come si muove… io non… non me ne ero mai accorta…

Tirò la cravatta con una mano, il tessuto scivolò intorno al collo e lei arrossì un po’ di più. La gettò sulla sedia e poi si tolse la giacca. Il movimento fu lento, come se stesse pensando qualcosa di veramente importante o come se quei gesti comuni non lo interessassero affatto. Non avrebbe potuto immaginare ciò che Maya stava provando in quel momento. La luce dolce delle fiamme rosse della stufa contornava la sua figura e lei si trovò a fissarlo, senza riuscire a distogliere lo sguardo.

Maya si strinse l’impermeabile intorno soffocando un lamento di sorpresa per il brivido intenso che la percorse fino alla punta dei piedi. Quel modo di togliersi la giacca la lasciò senza fiato e incapace di un pensiero coerente. Io… io non so che mi prende… non avevo mai visto queste cose di lui… io non mi ero mai resa conto di come… di come fosse realmente…

Masumi attaccò la giacca allo schienale della sedia e ci appoggiò sopra la cravatta. Spostò la sedia vicino alla stufa in modo che la giacca si asciugasse, poi si girò a guardarla.

- Dovrebbe togliersi gli abiti bagnati anche lei, altrimenti si ammalerà - le suggerì con voce preoccupata - Può tenere il mio impermeabile - e si diresse verso la porta.

- Dove va?! - esclamò Maya alzandosi in piedi di scatto. Non avrebbe saputo dirsi il perché, ma l’idea che lui se ne andasse la terrorizzava. Masumi si girò con un sorriso enigmatico.

- Esco - le disse - Vuole forse spogliarsi davanti a me? - la provocò, ma invece di una risposta indignata, come si sarebbe aspettato, ne ebbe una che lo lasciò di sasso.

- Sì! - rispose e lui alzò un sopracciglio soffocando un moto di meraviglia - Cioè, no! - si corresse Maya, arrossendo - Basta che… si metta di spalle, la prego… non esca! - lo supplicò con occhi imploranti. Masumi la fissò per un attimo, era già difficile restare così con lei e adesso…

- Come vuole, ragazzina - tornò indietro e si mise davanti alla finestra, dandole le spalle, le mani in tasca. Maya inspirò, si tolse l’impermeabile, appoggiandolo sulla pedana e le scarpe inzuppate. Masumi intuì il gesto e immaginò cosa stesse facendo.

Non sono più una ragazzina, signor Hayami… lei sarà indubbiamente abituato ad altri tipi di donne… ma… anche io… e poi… quando quella volta mi ritrovai a casa sua… indossavo un suo pigiama… e la notte nella foresta… è stato lei a mettermi nel letto...

Abbassò la cerniera del vestito che indossava, sentendosi avvampare e Masumi fu costretto a serrare i denti e chiudere gli occhi, imponendosi di non voltarsi. Sentì il tessuto scendere e immaginò come potesse essere. Lo so com’è… l’ho vista decine di volte… nei miei sogni… lo so com’è… lo so…

L’abito cadde a terra e lui camuffò un sussulto portando le mani dietro la schiena. La sentì raccogliere l’indumento e scuoterlo dalla pioggia, poi rinfilarsi il suo impermeabile. L’idea che fosse a contatto con la sua pelle, fece rapidamente accelerare il suo cuore.

Maya si sedette di nuovo e osservò la sua figura, alta e rigida. Non si è mosso… e non gli è importato di restare… Abbassò la testa e si fissò le mani in grembo mentre sentiva le lacrime riempirle gli occhi e un nodo serrarle la gola.

Non mi guarderà mai come una donna… mai…

L’aria si era riscaldata e il fumo iniziale era sparito. L’odore dolce della legna aveva invaso tutto l’ambiente.

- Come piove - la sua voce profonda la riscosse dai pensieri - Non sembra che smetterà presto - aggiunse voltandosi a guardarla. Fuori ormai il pomeriggio aveva ceduto il passo al tramonto sebbene le nubi nere del temporale oscurassero ancor più il cielo.

- Venga, si avvicini alla stufa - le disse, prendendo l’altra piccola sedia e posizionandola con lo schienale verso la stufa. Maya aggrottò la fronte ed esitò.

- Deve asciugarsi i capelli, non può restare così - le spiegò con sufficienza, indicando la sedia.

- Anche lei li ha bagnati - obiettò Maya alzandosi in piedi e assottigliando lo sguardo. Lui ridacchiò, poi la fissò.

- Possibile, ragazzina, che lei debba sempre contrapporsi a me? - le fece notare con uno strano sorriso - Si sieda - e aveva più l’aria di un ordine che di un consiglio, così Maya, dopo un attimo di indecisione, si sedette. Il calore della stufa era piacevole e lo sentì immediatamente addosso e sulla testa. Si passò le mani fra i capelli allargandoli e Masumi, che si era avvicinato, la osservò basito fare quel semplice gesto che probabilmente faceva ogni sera dopo il bagno.

- Io eviterei di ribattere... ma lei me le tira proprio fuori, le risposte, signor Hayami - disse all’improvviso Maya, sorprendendolo. Si girò a guardarlo sollevando il mento. Lui era in piedi, alla sua destra e la osservava. Quando i loro occhi si incrociarono, lei gli sorrise in segno di resa. Ragazzina… io non riesco davvero a comprenderti…

Smise di sistemarsi i capelli che si adagiarono sul retro della sedia per tutta la loro lunghezza. Le fiamme li rendevano quasi dorati, schiarendo il castano naturale. Maya reclinò un po’ la testa, gli occhi chiusi, facendo entrare tutto il tepore e rilassandosi.

Masumi la guardò, senza parole, in quella posizione così naturale: se prima lo affrontava e non lo temeva, ora la situazione sembrava davvero inconcepibile perché gli dava l’impressione che fosse addirittura a suo agio. Come nel viaggio di ritorno da Nakatsugawa… fondere le due figure ha davvero cambiato il tuo modo di vedermi… ma non sarà mai come io desidero…

Allungò un mano, poi l’altra e le toccò i capelli muovendoli davanti al calore della stufa, prima impacciato, poi più sicuro. Farli passare fra le dita gli provocò un brivido esteso e Maya si congelò, pietrificata dal quel gesto così naturale che era solita fare sua madre quando era bambina prima di asciugarle i capelli. Appena sentì le sue dita, la pelle avvampò come ardesse di un fuoco interno. Ha sempre così tante attenzioni… le ha sempre avute… si preoccupa per me… si cura di me… sicuramente teme che l’attrice non possa recitare la sua Dea Scarlatta…

Quell’ultimo pensiero la fece irritare e si mise seduta diritta, lasciando scivolare i capelli fra le sue dita un’ultima volta. Masumi aggrottò la fronte riscuotendosi dall’ipnosi piacevole in cui era caduto. Perché diavolo ho fatto una cosa del genere… è naturale che lei non mi conceda simili libertà... Maya si alzò e lo guardò.

- Si sieda - gli disse, imitando il suo tono di poco prima, lo sguardo serio e distante.

Che ti prende, ragazzina?… Non avrei dovuto...

Ricambiò lo sguardo, fissandola qualche istante, poi si spostò e si sedette. Lei era alle sue spalle, dove era stato lui fino a poco prima. La legna nella stufa scoppiettava ed era l’unico rumore, a parte i loro respiri.

- Perché era su quell’albero sotto la pioggia? - le chiese, per rompere il silenzio.

Maya fissò le spalle ampie e i capelli bagnati: goccioline cadevano a terra formando piccole macchie sul pavimento di legno. La domanda rimase sospesa a lungo, poi lei si avvicinò e gli passò le mani fra i capelli, tirandoli tutti indietro e scuotendoli dall’acqua. Lui non riuscì a restare immobile, si riscosse con il cuore che improvvisamente batté follemente, ma Maya non sembrò neanche accorgersene tanto era concentrata a passare le dita fra le ciocche bagnate. Che sensazione incredibile…

- Me lo faceva sempre mia madre, lo sa? - sussurrò assorta, ignorando la domanda precedente. Continuò a passare le dita, separando le ciocche per esporle al calore e farle asciugare senza immaginare neanche lontanamente ciò che provocava in lui. Masumi rimase immobile in quella posizione, chiuse gli occhi, non parlò e non pensò. Svuotò la mente e si concentrò solo ed esclusivamente su quelle dita delicate che lo sfioravano.

- Ryujin - sussurrò Maya dopo diversi minuti in cui nessuno dei due aveva osato interrompere quel momento.

- Ryujin? - ripeté Masumi aprendo gli occhi, svegliandosi da quel sogno e cercando di arginare l’emozione che lo pervadeva.

- Sì, era per lui che ero su quell’albero, per il dio drago dell’acqua - rispose lei in un sussurro, sempre passando meccanicamente le dita fra i suoi capelli - E’ per la prova della signora Tsukikage - quella risposta rievocò le altre prove: quella dell’aria… quella del fuoco… Maya avvampò e fermò le mani al ricordo di come aveva interpretato Yaoya Oshichi.

Masumi si girò quando interruppe il movimento e la trovò con lo sguardo assente, le guance rosse e le mani sollevate, immobili.

A che pensi ragazzina… Io… questa volta… non so se riuscirò a…

Ma lei abbassò le mani, sbatté le palpebre e quando le riaprì lo fissò, lasciandolo senza fiato. Era uno sguardo completamente diverso da qualsiasi altra volta si fossero mai guardati: conteneva una sorta di comprensione reciproca.

- Non riesco a capire come rendere la sua voce, i suoi sentimenti… - gli confidò sospirando e in un attimo tornò la Maya di sempre. Abbassò lo sguardo e si sedette di nuovo sulla pedana di legno. Tenne gli occhi a terra così non vide l’espressione di Masumi, fra l’irritato e il comprensivo.

- Sembrano prove molto importanti - valutò lui appoggiando i gomiti sui ginocchi - Deve impegnarsi molto - aggiunse e lei sollevò il volto, gli occhi socchiusi e irritati.

- Io mi impegno sempre molto, signor Hayami - gli rispose con tono piccato, stringendo i pugni in grembo. Lui trattenne un sorriso e proseguì.

- La sua Dea Scarlatta è uno degli argomenti più chiacchierati nei foyer, lo sa? - tenne lo sguardo su di lei, non si sarebbe perso i prossimi minuti per nulla al mondo.

- Ah sì? E cosa dicono? - Maya tornò a guardarlo, incuriosita, ma cercando di non darlo troppo a vedere.

- I critici pensano che lei sarà un fiasco e che farà perdere un sacco di soldi all’Associazione Nazionale se la signora dovesse sceglierla - le rivelò attendendo la sua reazione. Maya tenne lo sguardo fisso su di lui e rimase in silenzio.

- Lei cosa pensa? - gli chiese, immobile e composta, con tono piatto. Masumi aveva sperato in una sua sfuriata e quella domanda lo spiazzò. Cosa penso io, ragazzina? E da quanto ti interessa?

- Lei è l’erede di Chigusa Tsukikage e, se dovessi scommettere, io punterei su di lei - le rispose francamente, appoggiandosi allo schienale della sedia. Rimpiangeva gli istanti precedenti in cui, nel silenzio più totale, lei gli aveva toccato i capelli per asciugarli.

- Ed è qui perché ha scommesso? - gli chiese Maya indurendo lo sguardo e stringendo ancora più i pugni in grembo.

Masumi valutò la domanda, sapeva perfettamente cosa avrebbe dovuto rispondere, così fece ciò che doveva, accantonando per un attimo i suoi sentimenti.

- Ragazzina, lei non si rende conto del suo potenziale, come, invece, lo ha intuito la signora Tsukikage. Non avrei mai potuto permettere che un prodotto così importante corresse il rischio di ammalarsi - il tono era quello del Presidente della Daito e lei lo odiò con tutta sé stessa.

Quindi tutti questi anni di rose… di attenzioni… solo per questo! E’ davvero interessato solo alla Dea Scarlatta! Non ha alcun interesse per le persone, se non per sé stesso! Non si è preso cura di me, si è preso cura di Maya Kitajima, erede della Dea Scarlatta!

Si alzò di scatto, la rabbia che le bruciava l’animo, lo fissava con un odio così feroce che Masumi non riuscì a comprendere il perché di quel suo repentino cambio di atteggiamento. Altre volte l’aveva provocata e lei aveva sempre replicato ad ogni sua battuta senza farsi troppi problemi.

Maya raggiunse rapida la porta, così svelta che lui riuscì a malapena ad alzarsi. Corse fuori, via da quello spazio angusto, da quei pensieri che le laceravano l’anima, da quel sentimento irrealizzabile che continuava ad allargarsi nel suo cuore ben sapendo che niente mai sarebbe cambiato. La pioggia la colpì con la sua freschezza e insistenza, picchiettava sulla pelle calda del viso, mentre correva, gli occhi stretti dal dolore e dall’angoscia di una realtà che avrebbe voluto dimenticare. Un lampo e un tuono potente la fecero gridare.

E poi si sentì afferrare un braccio. Appena Masumi la raggiunse la tirò verso di sé, levandole il respiro.

- Ragazzina! Si fermi! - gridò l’ordine, ormai superfluo visto che l’aveva presa, mentre lei girava su sé stessa divincolandosi.

- Mi lasci! Mi lasci andare! - urlò lei continuando a muoversi freneticamente, così lui le afferrò anche l’altro braccio e la scosse.

- Basta! Maya, basta! - ringhiò, chiamandola per nome e lei si fermò guardandolo. Poi scoppiò a piangere.

- Perché? Perché, signor Hayami? - singhiozzò, mentre lui la teneva senza lasciarla andare, la pioggia scrosciava senza sosta, inzuppandoli completamente.

- Perché, cosa?! - sibilò ancora lui con occhi di fuoco tirandola verso di sé per entrambe le braccia. Maya si ritrovò di nuovo così vicina da poter vedere le pagliuzze dorate nei suoi occhi azzurri.

- Perché le rose? Perché per tutti questi anni lei… - ebbe il coraggio di chiedergli fra i singhiozzi, le lacrime salate che si mescolavano alla pioggia dolce. Masumi dapprima si irrigidì, poi allentò la presa e i suoi occhi si fecero malinconici e velati di tristezza.

- Perché… - iniziò facendo una pausa e avvicinando una mano al suo volto rigato di lacrime - Perché non ho mai visto occhi come i suoi né interpretazioni così coinvolgenti - le confessò in un sussurro, rapito dal suo volto piangente, desideroso di dirle davvero tutta la verità, mentre la pioggia cadeva incessante intorno a loro e riempiva l’aria di ticchettii. Posò le dita sulla sua guancia, sfiorandola appena, eppure Maya ebbe un tuffo al cuore per quello che gli vedeva ora negli occhi e sentiva nella sua voce. Perché questo sguardo, signor Hayami? Prova compassione per me? Per la ragazzina di una classe sociale inferiore che arranca nel suo mondo? Quella stessa ragazzina che ama l’uomo che ora le sta di fronte?

- In questo momento, in tutta la nazione, nessuna è come lei, neanche Ayumi Himekawa - proseguì in un basso mormorio, come se dirlo a voce più alta potesse rompere l’incanto. Se ti dicessi cosa provo davvero, nessuna rosa potrebbe colmare il divario che si creerebbe… e io non voglio… non posso...

- Allora perché lei… lei… - Maya non riuscì a finire, strinse gli occhi e le lacrime uscirono rapide. Masumi sapeva esattamente cosa volesse sapere, ma la risposta che avrebbe voluto darle era impensabile.

- Giornalisti, fotografi, possono stroncarle la carriera in un attimo e gettare al vento tutto il lavoro di questi sette anni! L’anonimato dietro alle rose è servito a proteggerla permettendomi di farle sapere quanto apprezzassi il suo talento! - sibilò, nuovamente irritato - Perché io sono fatto così, che le piaccia o meno! - sentiva la pelle bruciare nel punto in cui toccava la sua - E perché… - lasciò scivolare la mano dietro il suo collo e l’avvicinò a sé con l’altro braccio che tratteneva ancora il suo sottile - Perché… - mormorò di nuovo fissandola, quelle profondità blu ardevano come se trattenessero una rabbia profonda. Maya rimase impietrita per quella reazione. Un fulmine e un tuono squassarono l’aria inondando tutto di luce e ombra.

Non posso… non posso dirle la verità, la perderei per sempre…

Poi il suo sguardo cambiò, radicalmente, la lasciò all’improvviso e lei barcollò avvertendo la mancanza di calore data dalla sua vicinanza. Si avvicinò, la prese bruscamente in braccio senza troppe cerimonie e, nonostante la sua resistenza e le grida, la riportò dentro l’edificio. La mise giù ignorando le sue proteste e chiuse la porta.

Maya lo fissò esterrefatta. La stava ignorando e si era chiuso in un mutismo inquietante. Perché non ha finito la frase… cosa voleva dirmi?

Lui si avvicinò alla stufa e si scosse l’acqua di dosso, dalla camicia, dai capelli e sfregò le mani davanti al calore della fiamma che ardeva allegra. Io… stavo quasi per… ma lei non vuole questo da me… vuole l’ammiratore, qualcuno che le dia affetto e la protegga, che le dia quel tipo di amore che darebbe un fratello o un padre… ma io…

Si sentì tirare per la camicia e sussultò voltando la testa di scatto.

Lei era lì, accanto a lui e teneva il tessuto fra due dita, come una bambina smarrita. La sua pelle brillava per le lacrime e la pioggia, lo fissava con sguardo spaventato, insicuro e lui spalancò gli occhi trattenendo il respiro.

- Mi-Mi scusi… - balbettò con un filo voce, il tono incrinato e lo sguardo colpevole.

- Ragazzina… - mormorò voltandosi completamente verso di lei.

Maya chiuse gli occhi e lo abbracciò stretto. Non so cosa mi succede… ma l’idea che lui si allontani, che io non possa più vederlo, mi terrorizza… preferisco mi consideri un prodotto teatrale ma… ma almeno continuare a vederlo, a ricevere la sue rose… le sue attenzioni… non mi importa se sono per l’attrice…

Masumi rimase con le braccia semiaperte, sbalordito ed emozionato, il cuore che correva veloce in petto per quella reazione così sentita e diversa da quella di pochi minuti prima. Chiuse le braccia intorno a lei e l’abbracciò stretta. Maya…

- Mi scusi… non volevo… mi dispiace - mormorò in mezzo alle lacrime, ripetendolo come una litania sommessa.

- Va tutto bene - sussurrò lui, la prese di nuovo in braccio e lei non fece storie. Masumi si sedette a terra appoggiandosi con la schiena alla pedana, di fronte alla stufa. Maya gli si accoccolò in braccio, quietandosi. Teneva un braccio dietro la sua schiena e uno sul suo petto. Il respiro ora era calmo e Masumi si trovò a fissare il suo profilo illuminato debolmente dalle fiamme rosse e gialle.

Maya rimase immobile e rilassata, non voleva che la sentisse in tensione, perché non lo era. Stranamente era a suo agio, complice forse il fatto che lui sembrasse una stufa vivente ed emanasse quel calore invitante, tanto che perfino il suo cuore smise di battere furiosamente, concedendole un attimo di tregua.

Solo questo istante… vi prego… lasciatemi questo momento perché io possa ricordare il calore delle sue braccia e il tono dolce della sua voce… non vi chiedo molto, solo questa notte accanto a lui, immaginando che non mi consideri solo una ragazzina...

- Per lungo tempo lo spirito di una dea sorta dalla terra prese la forma di un albero sacro nel profondo della valle dove fiorivano i susini scarlatti… - sussurrò Masumi, Maya sollevò lo sguardo, ma lui stava fissando qualcosa davanti a sé. Voltò la testa e vide un quadro appeso al muro dove lui aveva letto quelle prime righe.

- Pare che fin dai tempi antichi, gli abitanti di qui considerassero questo luogo come sacro… - aggiunse senza distogliere lo sguardo.

- Incredibilmente, anche con il passare delle stagioni, i susini mantenevano la loro fioritura. Si diceva che i loro fiori, portati fuori dalla valle senza il sostegno dello spirito della dea, appassissero - Masumi proseguì nella lettura, la sua voce cadenzata e dolce era quasi ipnotica alle orecchie di Maya che riappoggiò la testa al suo petto - Durante il periodo Nanbokucho, per implorare la fine della guerra, uno scultore tagliò l’albero sacro della valle per scolpire una statua di dea. In questo luogo si cominciò a costruire un tempio per invocare la pace - concluse Masumi leggendo l’ultima riga.

- Parla della Dea Scarlatta? - sussurrò Maya con voce assonnata.

- Così pare - rispose lui a bassa voce continuando a guardare quella storia appesa - Ichiren Ozaki deve essersi ispirato a questa storia per scrivere il suo dramma - fuori, nel frattempo, la notte aveva ceduto al crepuscolo.

- Lo spirito della Dea sorto dalla terra - mormorò Maya e lui abbassò lo sguardo, osservandola.

- Pare che noi ci troviamo nel sacro suolo della Dea Scarlatta… - sussurrò, rapito dai lineamenti dolci del suo volto.

- La Dea Scarlatta… - disse Maya a voce così bassa che faticò a sentirla.

Sono qui… con lui… è così caldo… e io sono così stanca...

Il pensiero andò scemando nelle brume della stanchezza che avanzava e lei non contrastò quella sensazione ovattata e piacevole. Non si rese conto che lui non aveva smesso un attimo di fissarla né dell’espressione rapita del suo volto.

Stupefacente… si è addormentata...

Dopo diversi minuti in cui lui era rimasto fermo a contemplarla, Maya si mosse, facendolo sobbalzare. Sollevò il volto assonnata e lui la guardò aggrottando la fronte, senza sapere cosa aspettarsi.

- Grazie, signor Hayami - mormorò con la voce impastata dal sonno, fece leva sul suo petto con le mani e gli sfiorò la guancia con un bacio lieve - Di tutto - aggiunse, tornò nella posizione precedente e appoggiò la testa su di lui.

Masumi rimase così scioccato da fissarla senza fiato per svariati secondi tanto che i polmoni agognavano aria. Si portò le dita tremanti alla guancia mentre il suo bacio, pieno di affetto e gratitudine, gli bruciava la pelle come un marchio.

E’ stato come il tocco di una farfalla allora perché ne sono così sconvolto? Quando ti sveglierai anche tu volerai via dalle mie mani come le farfalle fra i susini… allora io forse non potrò fare altro che proteggerti… e tuttavia, probabilmente, sarò il più felice di tutti nel vederti volare libera… cresci presto, ragazzina… anche se finirai per volare dove le mie mani non potranno raggiungerti…

Chiuse le braccia intorno a lei che dormiva serenamente e appoggiò la guancia sulla sua testa cercando di calmare il tumulto che gli inondava il cuore.



La mattina seguente la pioggia era cessata. Maya si svegliò, dimenticando per un attimo dove si trovasse, poi ricordò vagamente la sera precedente, il bacio che gli aveva dato. Spalancò gli occhi, immobile. Era ancora abbracciata a lui.

L’ho fatto davvero? O è stato un sogno?

Si sentì avvampare, sbirciò all’insù e incontrò i suoi occhi azzurri che la fissavano.

- Buongiorno - le disse dolcemente con un sorriso che la lasciò atterrita.

Signor Hayami… mi ha tenuta così tutta la notte?

- B-Buongiorno a lei - mormorò imbarazzata. Uscì dal suo abbraccio e si alzò incerta, imitata da lui.

In un silenzio carico di disagio, sistemarono la stanza, Masumi si mise la giacca e uscì, lei si rivestì e quando lo raggiunse gli dette l’impermeabile. Si incamminarono fra i magici susini in fiore lungo il sentiero che avrebbe riportato lui alla sua auto e lei al tempio.

- Che meraviglia - mormorò Masumi all’improvviso - L’aria sembra davvero tinta di scarlatto -

- Già - acconsentì lei - E’ una valle bellissima -

Masumi si voltò a guardarla, poi le tese la mano, come qualche giorno prima in quella notte stellata. Maya la prese e passeggiarono in silenzio fino al bivio.

La valle della Dea Scarlatta… dove sbocciano i fiori del susino in cui prese forma lo spirito sacro della Dea venuto sulla Terra... fiori sacri che fioriscono solo in questa valle… anche i miei sentimenti, lasciato questo posto, torneranno a chiudersi in bocciolo… quello che accade qui è un sogno e qui resta, confinato in questa valle magica…

Si guardò intorno, i susini in fiore erano bellissimi e le venne spontaneo mostrare a quell’uomo che si prendeva cura di lei, che ciò che era avvenuto quella notte apparteneva a quella valle. Staccò un ramo di susino e gli si avvicinò.

- Grazie per avermi accompagnata, signor Hayami - esordì imbarazzata - Questo rappresenta i miei sentimenti… - gli porse il ramo fiorito e Masumi lo prese con espressione stupita.

- Ieri le ho dato molti pensieri ma… - proseguì - Metterò il massimo impegno nella recitazione. Vorrei davvero che lei mi… - si bloccò e distolse lo sguardo arrossendo.

- Che lei mi… - ripeté senza riuscire a terminare - Addio! Grazie di tutto! - fece un lieve inchino e scappò via, verso il tempio.

- Ragazzina! - la chiamò, impietrito, ma lei era già sparita fra i susini.

- I suoi sentimenti? Ma che significa? Quella ragazza è indecifrabile come sempre - scosse la testa, si infilò l’impermeabile e raggiunse la macchina tenendo il suo pegno in mano.

Entrò, posò il ramo sul sedile del passeggero e fece per partire, ma avvertì un odore familiare. E’ il suo odore… nell’impermeabile…

In un secondo la sentì addosso a sé, come lo era stata per tutta la notte, come se fosse ancora lì con lui.

Maya… non riesco a togliermi di dosso il suo calore, le sue mani che mi stringevano, il bacio lieve che mi ha dato… mi manca così tanto!

Con i pensieri confusi e il ricordo di quella notte, raggiunse il ryokan dove albergava. Quando scese venne accolto da uno dei collaboratori di suo padre e dalla proprietaria, entrambi preoccupati perché non l’avevano visto rientrare la sera precedente.

Teneva il ramo di susino in mano e si rese conto che rapidamente stava sfiorendo.

I fiori di susino stanno appassendo… quindi la leggenda circa questi luoghi è vera? Questi fiori sbocciano soltanto nella valle della Dea Scarlatta e lontani da essa avvizziscono, ciò che accade nella valle dei susini è tutta un’illusione, come questi fiori… una volta tornati in questo basso mondo, i sogni svaniscono…

Immediato fu il ricordo di quello che le aveva detto: “questo rappresenta i miei sentimenti”.

Possibile? L’amore della Dea Scarlatta? L’amore? Maya mi… mi ama? Lei, che mi ha detestato, odiato così tanto? Ci separano undici anni… è solo una ragazzina, sarei un pazzo se prendessi sul serio i suoi capricci… è affascinata dall’ammiratore, sente quel debito nei suoi confronti, come quel bacio che mi ha dato, era di gratitudine...


 

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Capitolo 21
*** Acqua ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

21. Acqua



Il giorno seguente alcuni giornalisti raggiunsero il tempio per una breve intervista con la signora Tsukikage e per assistere, il giorno dopo, alla prova della Himekawa e di Kitajima. La sensei soddisfece le loro domande per quanto le fu possibile senza svelare niente del dramma né tanto meno delle idee che aveva riguardo le due ragazze.

Ayumi aveva ormai chiarito la sua rappresentazione dell’acqua, che è amore e vita, e la sua sirenetta aveva un corpo: il suo.

Maya, invece, ancora confusa per l’incontro con il signor Hayami, vagava per le campagne nei dintorni del bosco, non riusciva a concentrarsi, l’unica cosa che aveva in mente era il suo volto, la pioggia che scivolava sui suoi capelli, quel ‘perché’ rimasto in sospeso di cui non avrebbe più saputo la conclusione, la sua pelle quando aveva posato le labbra sulla sua guancia.

Il cuore di Ryujin…

Tentò di concentrarsi di nuovo, ma quando pensava all’acqua le veniva in mente solo lui, la pioggia che lo bagnava, le dita fra i suoi capelli morbidi, il brivido che aveva provato.

Pioggia… nebbia… laghi, fiumi, mare… l’acqua è il cuore di Ryujin! E come mi sentirei se qualcuno mi pugnalasse al cuore? Se mi ferisse così profondamente, danneggiando la mia acqua, corrompendola, inquinandola?

Si girò di scatto iniziando a cercare rifiuti e non più manifestazioni dell’acqua. E così comprese ogni cosa: c’erano sacchetti, bottiglie, lattine, cartacce che infestavano gli argini del fiume, addirittura le pozzanghere. E di contro, immediata, fu l’associazione con l’acqua cristallina della pioggia che cadeva lenta dai suoi capelli.

L’acqua inquinata! Lo strazio di Ryujin! La rabbia! Ora posso farlo, posso interpretare la mia acqua!

Strinse in un pugno una lattina piegata e osservò il letto del fiume con un sorriso di trionfo.



La mattina seguente, una piccola folla, formata dai giornalisti arrivati il giorno prima e dagli abitanti del villaggio vicino, si era radunata sul greto del fiume.

Peter Hamil scattò alcune fotografie all’inusuale e variegato gruppo di persone, manna per un fotografo che amava ritrarre la vita. I giornalisti stavano preparando le loro attrezzature e quando sollevò lo sguardo sul ciglio della strada poco più in alto fu costretto a trattenere un moto di meraviglia quando vide Masumi Hayami, della Daito Art Production, appoggiato ad un’auto sportiva di un lucido acciaio che contrastava nettamente con il verde circostante.

Sembra che non abbiano ancora trovato suo padre… ma che ci fa qui?

Riportò lo sguardo sul fiume e vide arrivare la signora Tsukikage e le due ragazze, seguite dal signor Genzo, silenzioso e composto come sempre.

Fece un gesto di saluto ad Ayumi sollevando una mano e lei lo guardò meravigliata.

Peter Hamil… è qui di nuovo…

Sospirò e tornò a guardare la signora che sorrideva in modo enigmatico.

- Come mai tutte queste persone? Quando si sono radunate qui? -  domandò Maya arrossendo - E’ imbarazzante… - mormorò distogliendo lo sguardo. Notò molti abitanti del villaggio che aveva visto in giro, alcuni giornalisti e il fotografo Peter Hamil.

- Chi vuole iniziare? - chiese la sensei ignorando completamente sia la gente che il commento di Maya.

Masumi Hayami incrociò le braccia al petto, si era reso conto che Maya non si era accorta di lui, aveva guardato solo la piccola folla circostante. Meglio così, non vorrei innervosirla… In questi giorni anche lei avrà ripensato a quella notte? Avrà ripensato a me? Perché io non riesco in alcun modo ad arginare ciò che sento? Anzi sembra che questo luogo amplifichi tutto...  

- Lasci che inizi io - esordì Ayumi, poi si tolse la maglia restando con i soli pantaloni e lasciando basiti tutti gli spettatori, Peter Hamil per primo. Rimase così sbalordito nel vederla a petto nudo da mancare i primi scatti, ma deglutì e alzò la macchina fotografica.

Ayumi… sei bellissima… cosa vorrai fare con uno sfondo naturale così vero? Ogni interpretazione potrebbe risultare fasulla…

L’attrice camminò nel fiume fino a raggiungere una grande roccia vicino alla cascata. L’acqua le aveva inzuppato i pantaloni ma lei sembrò non accorgersene. Si tuffò sparendo alla vista e qualcuno esternò quel gesto con un grido di meraviglia.

E quando riemerse, respirando, era la sirenetta della favola. Maya sgranò gli occhi: il modo in cui si muoveva, le sue gambe unite che simulavano la coda, la sua angoscia per non poter rivedere il suo principe.

- Vorrei stare accanto a lui, vorrei poterlo guardare, fino a consumarmi la vita - recitò Ayumi, l’animo straziato d’amore - Ma per far questo non ho altra via che diventare umana con questa medicina che mi ha dato la strega degli abissi… Se la bevo diventerò umana… - mormorò, eppure perfettamente udibile a tutti, gli occhi spiritati e folli d’amore.

- Però mi brucerò la gola e perderò la voce, la mia coda si dividerà in due gambe che a ogni passo mi doleranno come se le trapassasse una lama e se il principe non dovesse scegliere me… - sollevò lo sguardo pieno d’angoscia - Se dovesse amare un’altra io dovrò scomparire, diventando spuma del mare! - si accasciò sulla roccia piena di dolore e frustrazione.

- Devo farmi coraggio! Mi basterà bere questa per diventare umana, anche a costo di perdere la voce, anche se le gambe mi doleranno come se venissero trafitte… - proferì con gli occhi fissi sulla fiala immaginaria che teneva in mano - Aspettami, mio principe -  e bevve tutto d’un fiato, poi si lasciò cadere dalla roccia, dibattendosi come un pesce fuor d’acqua, senza respiro, in punto di morte, coinvolgendo il pubblico e soprattutto Maya e la signora Tsukikage. La sua sofferenza nella trasformazione era palpabile, poi Ayumi s’immerse dove l’acqua della polla della cascata era più profonda.

Dopo qualche attimo in cui la preoccupazione serpeggiò fra i presenti, una mano uscì dall’acqua ghermendo la roccia con tenacia.

E Ayumi emerse come un’umana.

Sollevò il volto straziato dal dolore, non riusciva a respirare, affogava senza l’acqua, con l’ossigeno a bruciarle i polmoni non ancora abituati. Quando finalmente i singulti cessarono, Maya sospirò di sollievo. E’ riuscita a respirare!

La sirenetta provò ad alzarsi in piedi, ma le tremavano le gambe ed era instabile finché, dopo sforzi immani, riuscì a restare diritta, mostrando a tutti l’umana che era diventata, stagliandosi meravigliosa contro la cascata.

Peter Hamil rimase senza fiato e continuò a scattare fotografie senza fermarsi mai, con inquadrature stupende.

Maya l’applaudì senza sosta, completamente rapita dalla sua esibizione  e strappando commenti stupiti ai presenti che notarono la rivale così emozionata. Masumi Hayami la osservò impassibile, sempre appoggiato alla sua auto, sicuro che il dio drago di Maya avrebbe inabissato la sirena di Ayumi Himekawa.

Ragazzina, questa tua anomala lealtà non verrà compresa nel mondo dello spettacolo…

Cambiò posizione in attesa dell’interpretazione di Maya e non poté evitare di ricordare il suo bacio lieve di due notti prima né le sue mani fra i capelli bagnati e la sua voce che gli parlava di Ryujin.

- Basta così! - intervenne la signora bloccando tutti gli applausi che erano scaturiti - La sirenetta è stata una magnifica interpretazione dell’acqua, Ayumi, la tua capacità espressiva è stata eccellente - si complimentò con lei la sensei.

- La ringrazio - annuì la giovane attrice con un sorriso sereno.

- Perché l’hai scelta? - le chiese la signora, fissandola intensamente.

- Volevo interpretare una creatura che può vivere solo in acqua. Mi sono chiesta cosa le succederebbe una volta all’asciutto. Così ho desiderato interpretare i ruoli e le movenze della sirenetta che ama a costo della sua stessa vita - spiegò Ayumi riflettendo sul suo ragionamento di qualche giorno prima.

- Sei stata meravigliosa - concluse la signora Tsukikage ignorando tutti gli applausi e le grida di giubilo del pubblico circostante.

- Sei stata davvero splendida, Ayumi! - si complimentò Maya con volto radioso e sorridendo - Io… avrei voluto vedere anche il seguito! - aggiunse emozionata.

Ayumi la fissò impassibile, cercando di rallentare il sangue che ancora le ribolliva nelle per l’emozione.

Quello che mi sconcerta di Maya sono espressioni come questa… Quando mi guarda recitare si dimentica addirittura che sono la sua rivale? Il suo sguardo è quello di una convinta ammiratrice!

- Grazie - rispose semplicemente, senza sapere cos’altro aggiungere.

- Te lo meriti - aggiunse Maya sempre entusiasta.

- Impegnati al massimo anche tu - la incoraggiò Ayumi arrossendo lievemente.

- Grazie, Ayumi! - e si diresse sul greto del fiume, osservando l’ambiente circostante. In effetti non aveva pensato molto al suo palcoscenico, concentrandosi sull’interpretazione in sé.

Come faccio? In che modo posso usare questo palco naturale? E’ troppo grande, mi confonde… però…

Si gettò nell’acqua completamente vestita seguendo l’ispirazione che le era venuta e i suoi schizzi bagnarono completamente la signora Tsukikage, Genzo, i giornalisti e sollevarono risa sentite da parte di tutti i presenti. Perfino Masumi Hayami si ritrovò ad accennare un sorriso.

A metà strada dalla cascata, si voltò come se si fosse dimenticata qualcosa.

- Maya Kitajima! Mi cimenterò nell’interpretazione dell’acqua! - gridò per sovrastare il clamore della cascata.

- Che sciocca! - commentò la sensei con espressione interdetta, spazzolando via l’acqua dagli abiti con le mani.

Maya proseguì entrando nella cascata e sparendo alla vista dei presenti. Masumi Hayami si sollevò dall’auto a cui era appoggiato e osservò il punto in cui era sparita. Ragazzina, con te le cose non sono mai semplici…

Qualche istante dopo, una voce profonda e tenebrosa, che sembrava provenire dall’acqua stessa, si sparse tutt’intorno, stupendo i presenti.

HooooOooooooOoooo!

Masumi continuò a scrutare la cascata aggrottando la fronte, le mani sui fianchi.

Che voce incredibile… non può essere lei… come fa a farla?

Poi dalla cascata, all’improvviso, emersero le sue mani piegate ad artiglio che spaventarono tutti mentre quel ringhio misterioso e profondo scuoteva la terra stessa. Maya continuò ad avanzare lentamente, finché fu fuori dalla cascata, l’acqua che cadeva a lambirle la schiena, il volto completamente trasformato, le braccia incrociate al petto.

Il grido di grande potenza, che sembrava impossibile potesse uscire proprio da quella ragazzina magra e anonima, continuò a vibrare nell’aria, scuotendo i presenti.

- Vai! Vai acqua! - urlò - Vai! Colpisci i villaggi degli uomini! - Vai acqua! Io sono il dio Ryujin che governa le acque in eterno - gridò indignata - La tirannia degli uomini d’oggi è imperdonabile! Gli farò vedere la mia forza! - la rabbia che montava nella sua voce era grave e potente, degna di un vero dio.

- Uomini ingrati! Con l’acqua si bagnano la gola, lavano lo sporco dai loro vestiti e dai loro corpi! Nessuno di loro mi è grato, nonostante io gli dia i pesci e le nubi con la pioggia che irriga come una benedizione i loro campi! - Maya guardava fisso davanti a sé con sguardo truce, il corpo rigido, le braccia ancora al petto. Ogni fibra del suo corpo gridava l’indignazione di quel dio atavico e misterioso.

- Loro invece cambiano arbitrariamente il corso dei fiumi, sbarrano l’acqua, ricoprono i laghi, fanno scorrere la loro sporcizia, pescano in eccesso i pesci che io amorevolmente faccio crescere! - urlò, la rabbia che crebbe ancora, nella sua voce, nella sua postura, nei suoi occhi che s’infiammarono.

- Non posso più sopportarlo! - il grido rabbioso invase il fiume e tutta l’area intorno e Maya spalancò le braccia in alto, gli occhi che lanciavano fulmini.

- Vai, acqua! Vai e distruggi villaggio dopo villaggio! Castiga gli uomini! - il grido potente di Maya sembrò ingigantire davvero il flusso dell’acqua del fiume e della cascata alle sue spalle, tanto che Ayumi fu certa di aver visto il dio Ryujin proprio alle spalle di Maya, nella forma della cascata.

- Vai, acqua! Vai! Ammonisci gli uomini! Travolgi le case, inghiotti campi e risaie! - la rabbia di Ryujin scosse il fiume che cavalcò rapido contro le rocce, spinto da quella voce magica e maestosa. Tutti erano rapiti dall’interpretazione travolgente, la signora Tsukikage era immobile e terrea, sconvolta da quell’intensità.

Maya richiuse le braccia lentamente al petto e indietreggiò fino a scomparire nella cascata, da dove era uscita. Un silenzio innaturale e profondo invase l’area e tutti fissavano sbalorditi il punto dove era sparita.

Masumi Hayami tirò un sospiro di sollievo quando finì, riflettendo che aveva temuto davvero l’ira del dio per come gli uomini trattavano l’acqua e represse un sorriso nervoso.

Maya… riesci sempre a trascinarmi con la tua recitazione… solo due giorni fa non sapevi come riprodurre la voce del dio drago né i suoi sentimenti… come hai potuto fare questo?

Molti commenti simili a ciò che lui aveva pensato venivano mormorati fra la gente presente che aveva assistito basita. Ayumi continuava a fissare il fiume, mentre Maya non si faceva vedere.

Che cosa sarà stato? Un’illusione ottica? Ma certo… è solo uno studio di interpretazione eppure, per un istante, mi è sembrato che Maya fosse l’incarnazione di Ryujin!

- Basta così! - la signora batté le mani, ma di Maya non c’era traccia - Che succede? Non esce dalla cascata… - aggiunse preoccupata e in cima al ciglio della strada, Masumi Hayami fece un passo avanti.

- Vado a vedere - disse Genzo avvicinandosi al fiume, ma Maya uscì sputacchiando acqua e tossendo.

- Mi è entrata l’acqua nei polmoni… - si lamentò sempre tossendo con forza. Camminò nel fiume finché scivolò con un grido di terrore fra le facce disorientate dei giornalisti, che non riuscivano a credere fosse la stessa persona e quella sconvolta della sensei.

- Lei ha scelto Ryujin per la sua interpretazione - iniziò un giornalista prendendo appunti quando si accasciò, sfinita, sulla sponda - I suoi movimenti sono stati abbastanza contenuti. Ha solo sollevato una volta le braccia… Per quale motivo? -

Maya lo guardò titubante e Masumi ridacchiò vedendola in difficoltà.

Hai appena interpretato un dio e ora sei indecisa davanti ad un banale giornalista che ti pone una domanda?

- Veramente… non saprei dirle… ma così facendo ho avuto la sensazione che andasse bene… - rispose balbettando, poi le venne un dubbio e lo fissò atterrita - Non è andata bene? - chiese con una mano alla bocca.

- Ma no! Cosa dice? - la rassicurò il giornalista scoppiando a ridere - E’ stata brava! -

- Eh? Davvero? - Maya arrossì e gli regalò un bellissimo sorriso. La signora Tsukikage seguì lo scambio di battute e sorrise in modo enigmatico alla fine.

- Cosa ti ha dato l’idea di uscire dalla cascata? - le chiese Ayumi avvicinandosi a lei mentre si asciugava con un telo che le aveva dato Genzo.

- Ah! Niente in particolare… - Maya scosse la testa senza dare importanza alla cosa.

- Niente in particolare? - ripeté la rivale, immobilizzandosi.

- Ho pensato che andasse bene e così l’ho fatto - rispose Maya in modo completamente innocente.

Niente in particolare? Ha pensato che andasse bene? L’entrata in scena del dio dell’acqua Ryujin da dietro la cascata non poteva essere migliore! Primo, ha colpito perché nessuno se l’aspettava, poi ha accresciuto il mistero di Ryujin! E Maya l’ha fatto senza pensare! Senza ragionamenti, senza calcoli, grazie a una lieve ispirazione? Com’è possibile! Ma che razza di fenomeno sei, Maya!? Che rabbia!

Maya starnutì e tutti risero di gusto facendo aumentare la sua stizza. Masumi Hayami ridacchiò riprendendo il suo freddo autocontrollo subito dopo.

I giornalisti… li hai conquistati cadendo in acqua, con un gesto che avrebbe atterrito tutte le altre attrici e che per te invece non ha significato assolutamente niente…

- E così, siamo arrivati all’ultimo studio, quello della terra - esordì la signora, zittendo tutti - Maya, Ayumi, fate del vostro meglio - le incoraggiò.

Maya si rivolse ad Ayumi, ma lei si voltò ed evitò di guardarla e lo stesso fece con tutti i giornalisti che avrebbero voluto complimentarsi ancora con lei.

Ayumi… perché sei arrabbiata?

Maya la osservò andare via e, seguendola con lo sguardo, la parte della strada entrò nel suo campo visivo e lo vide. Si bloccò, terrorizzata, il cuore in gola e gli occhi spalancati.

Signor Hayami… che… che ci fa qui? Avrà visto la mia interpretazione?

Arrossì e un giornalista seguì il suo sguardo, imitato dalla signora Tsukikage, la cui espressione mutò in un sorriso enigmatico e pensieroso.

- Ehi, guarda, è Masumi Hayami, della Daito Art - sussurrò il giornalista dando di gomito al collega finché tutti sollevarono lo sguardo verso il ciglio.

Un brusio sommesso serpeggiò fra i giornalisti e la signora Tsukikage osservò Maya. Ma guarda un po’ cosa vedo… Passò lo sguardo da lei a lui, fino in cima alla strada e rimase piacevolmente sorpresa da quello che trovò. Sembra che… qualcosa sia diverso, signor Masumi…

Masumi allacciò per pochi secondi lo sguardo con Maya, ignorando gli altri, poi passò alla signora, le fece un cenno con la testa, che lei ricambiò appena e salì in macchina.

La signora Tsukikage si voltò e abbandonò il fiume con ancora in mente l’interpretazione di Maya.

Ayumi… è un fiore impareggiabile… sembra nata per fare la protagonista… basta il suo apparire sul palcoscenico perché lo sguardo di chiunque sia catturato da lei… nonostante sia così giovane, ha un tale carisma, una tale espressività, una tale distinzione… è un’attrice sorprendentemente completa… Ora come ora, Ayumi vince sotto ogni aspetto… Però… Maya ha il dono di attrarre chi la guarda! E di lasciare in esso una forte impressione… Anche dopo che il sipario è calato… Chi sarà la Dea Scarlatta più adatta?



Eisuke Hayami aprì gli occhi e immediatamente venne investito da dolori intensi e persistenti. Emise un breve lamento e provò a tirarsi su dal futon su cui era adagiato, ma non ci riuscì. Si guardò intorno e si rese conto di essere in una capanna di legno, una debole luce filtrava dall’unica finestra e fuori sentiva gli uccellini cantare allegramente.

Scosse la testa, ma i suoi ricordi erano confusi: la macchina che scivolava e cadeva nel dirupo, aveva avuto la presenza di spirito di aprire la portiera, ma tutto ciò che ricordava era di essere rotolato in mezzo alla vegetazione.

La porta della stanza si aprì ed entrò un uomo. Eisuke sussultò sorpreso, poi reagì come era suo solito, interrogando immediatamente lo sconosciuto.

- Che posto è questo? Da quanto tempo sono qui? - cercò di nuovo di alzarsi, ma il dolore al torace fu così lacerante da costringerlo ad un grido sommesso. Devo essermi incrinato qualche costola…

L’uomo però non dette segno di averlo sentito ed Eisuke lo guardò furente.

- Può darmi una mano? - insisté - Ehi! Non mi senti? Ti ho chiesto di darmi una mano! - gridò, ma l’uomo non si voltò nemmeno. Aveva in mano un uccellino ferito e lo stava mettendo in una scatola.

E’ sordomuto… Sono alla stessa stregua di un uccellino ferito? Mi cura aspettando che torni in salute? Chissà quanto tempo è passato… Cosa posso fare adesso?

Si guardò intorno, vide la sua giacca poco distante e un’idea improvvisa lo fece sussultare, ma non ci sarebbe mai arrivato da solo, così picchiò forte la mano sul pavimento di legno e l’uomo, finalmente, si voltò.

A gesti e parole cercò di fargli capire che voleva la sua giacca e lentamente l’uomo, dall’espressione alquanto istupidita, la raccolse facendo cadere l’orologio. Lo prese osservandolo incuriosito, come fosse un oggetto raro. Era d’oro e da tasca, davvero raffinato e costoso. L’uomo si avvicinò con la giacca, Eisuke fu svelto e afferrò l’orologio fissandolo alla cinta dei pantaloni dello sconosciuto che l’aveva salvato.

- Ecco, te lo regalo… così magari qualcuno potrà vederti e si domanderà perché indossi un oggetto del genere… - mormorò fra sé e sé sperando che la sua idea portasse dei risultati.

L’uomo sembrava entusiasta e si guardava il fianco con espressione meravigliata. Uscì dalla casetta lasciandolo solo e Eisuke si distese nuovamente, sperando che qualcuno notasse quello strambo individuo.

Percorse il viottolo sterrato fino a raggiungere la prima fattoria. Il sole era alto in cielo e molti contadini erano in giro per le commesse o sui campi. Era qualche giorno che girava strana gente e a lui gli estranei non erano mai piaciuti. Ma c’era una ragazza, quella l’aveva notata, era piccolina, magra e non faceva che andarsene in giro per boschi e campi, sempre con la testa fra le nuvole. L’aveva vista due giorni prima nei pressi del fiume, dove c’era la cascata e in quel momento la osservò, china su un cavolo, gli occhi puntati alle sue foglie larghe e verdi. Si appoggiò ad una staccionata di legno e rimase a fissarla. Era una strana ragazza e lui, quando si parlava di cose strane, sapeva bene distinguerle. Parlava sempre da sola e, anche se lui non poteva farlo, non aveva mai potuto farlo, lo vedeva dalle labbra che si muovevano lievi e davano alla sua espressione ora una nota arrabbiata, ora felice, ora dubbiosa.

Maya era intenta ad osservare il cavolo di fronte a lei, le foglie membranose, le radici che affondavano nella terra. Si distese e annusò l’odore del terreno così vide il cavolo da un’altra prospettiva. C’erano dei bruchetti sotto le foglie carnose, formiche che sparivano sotto le zolle e l’odore era intenso e particolare.

Si distese sulla schiena e fissò il sole. Era davvero difficile il tema della terra e non aveva idea di come rappresentarlo. Sbuffò e passò le mani dietro la nuca. Si girò e vide un gruppo di fotografi che la fissavano e parlottavano fra loro.

Uff… mi perseguitano… e io invece vorrei solo riflettere…

Si girò dall’altro lato del campo e vide l’uomo. Era appoggiato ad una staccionata di legno, non era molto lontano e la stava guardando incuriosito. Lo sconosciuto riprese a camminare e lei tornò alle sue riflessioni.

Il viottolo si trasformava in strada sterrata e, sentendo picchiare quell’oggetto sulla gamba, l’uomo lo prese per la catenella e iniziò a farlo volteggiare. Gli sfuggì, rotolò a terra in mezzo alla strada e venne raccolto da qualcuno che portava legna. Conosceva quell’uomo: alloggiava al vecchio tempio insieme alla signora elegante con l’occhio sfregiato e alle due ragazze.

Genzo si chinò e prese quell’oggetto rotondo e luccicante rendendosi conto che era un orologio d’oro. Lo voltò e rimase senza fiato leggendo il nome di Eisuke Hayami a caratteri eleganti. Sollevò stupito lo sguardo verso quell’uomo anonimo sapendo bene cosa significasse.

Due ore dopo la signora Tsukikage varcava la soglia della casa dell’uomo che aveva salvato Eisuke Hayami. Era il responsabile del suicidio del suo Ichiren, degli ultimi trenta anni di vessazioni nei suoi confronti che l’avevano costretta ad una fuga disperata come fosse un animale braccato e quando lo vide il suo cuore fremette gridando vendetta.



Maya si tirò su di scatto e i giornalisti sussultarono, poi si mise a pancia in giù e iniziò a picchiare piedi e mani, lamentandosi e gridando.

- Ah! Non capisco!!! - si rotolò, sporcandosi tutti i vestiti - Non riesco a interpretare la terra! Adesso basta… mi risposo! - decise piccata distendendosi completamente a pancia in giù, gambe e braccia allargate.

I giornalisti rimasero interdetti da quella sua immobilità e se ne andarono.

- Andiamocene! Meglio scrivere un articolo su Ayumi Himekawa… -

Maya non si rese neanche conto della loro assenza, chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal tepore del sole e dal calore della terra scaldata durante il giorno. Sentì un lieve grattare alla sua destra, aprì un occhio e vide sbucare una talpa. Restò immobile e la vide all’opera, mentre scavava.

Certo che nella terra vivono un sacco di creature… Guarda che carotina appena nata! Eh sì, la verdura cresce nella terra e non solo la verdura, tutte le piante…

Si alzò e raccolse della terra dal campo.

Dai fiori cadono i semi dai quali, poi, la pianta cresce naturalmente nella terra… Che cosa è mai la terra?

Fissò il materiale friabile che aveva fra le mani, l’odore era inteso, il colore marrone chiaro, c’erano sassolini, rena più grossa e zollette vere e proprie.

La terra… che fa crescere la vita… mangiando i frutti della terra, uomini animali e insetti vivono… tutti sono mantenuti in vita dalla terra, traggono vita da essa… proprio così, la vita nasce e cresce da questa terra… Ma come fa a farlo?

Afferrò la carotina e la tirò su.

- Non ci avevo mai pensato! Ho dato sempre per scontato che la verdura crescesse nella terra! - esclamò a voce alta attirando l’attenzione di una signora che raccoglieva i cavoli e di cui lei non si era neanche accorta.

- La verdura cresce grazie alla luce del sole e poi anche all’acqua e all’aria… - spiegò la signora staccando un cavolo.

- Il concime e le altre sostanze organiche danno nutrimento alla terra… -

Maya l’ascoltò attenta e affascinata.

- C’è una terra che vive e una che muore. E’ un ciclo. La stessa terra fa crescere i vegetali e ospita gli insetti - aggiunse la signora sorridendole con affetto. Era qualche giorno che vedeva quella ragazza in giro per i campi e sapeva ormai che era una delle due attrici del tempio che si contendevano un qualche dramma… cose da cittadini, ma la ragazza era simpatica e non disturbava.

La terra che fa crescere gli esseri viventi… che cos’è la vita? Nella terra nasce, cresce e muore la vita… la terra che dà vita… perché le piante hanno tutte forma diversa? I tralci che si avviluppano, piante che crescono orizzontalmente, o verticalmente…

- Mamma? - una voce di donna la riscosse e la signora vicino a lei sollevò la testa. Una madre con un bimbo neonato in braccio si stava avvicinando lentamente, un dolce sorriso sulle labbra. La nonna si alzò lasciando perdere i cavoli e la raggiunse.

La madre! La terra che fa nascere e crescere la vita!

Un’improvvisa esultanza la colmò, si lasciò cadere e afferrò le zolle fra le mani con forza. Intorno a lei crescevano le piante, elevandosi da terra.

La madre terra! Una forza si solleva dal fondo della terra! Ma certo! Nella terra dimora una forza di crescita e quella forza è sicuramente l’amore di una madre! Ho trovato la mia interpretazione della terra!



Peter Hamil sollevò l’obiettivo e inquadrò Ayumi dal busto in su. Era concentrata, inginocchiata a terra, con della semplice terra fra le mani. Se la portò al volto e l’annusò, poi starnutì e lui riuscì a cogliere quell’espressione infastidita che lo fece sorridere. Lei sentì il clic della macchina fotografica, si voltò di scatto e lui fece un’altra foto.

- Signor Hamil! - lo redarguì lei, gettando a terra la sabbia che aveva in mano e alzandosi. Lui sollevò le mani, che tenevano la costosa reflex, in segno di resa e lei non riuscì a restare arrabbiata.

In effetti non posso lamentarmi realmente… è vero… mi segue dovunque, ma non disturba…

Si voltò tornando a fissare il cumulo di terra inerte.

La terra… chissà Maya cosa sta facendo… alla cascata è rimasta a guardare la mia interpretazione sorridendo nonostante io sia la sua rivale! La detesto quella ragazza! Lei recita d’istinto! Non si accorge nemmeno di quello che fa! Come fa ad essere così innocente? Non riesco a capacitarmene! Le mie interpretazioni non le danno alcun pensiero? No!

Strinse i pugni, si irrigidì e Peter Hamil vide il suo stato cambiare, intuendo i suoi pensieri. Maya Kitajima, con la sua spontaneità, doveva rappresentare una fastidiosa spina nel fianco per la controllata e glaciale Himekawa. La sua espressione cambiò di nuovo e il francese scattò un’altra foto.

Qui ti sbagli, Ayumi! Tu lo sai! Lei ama davvero recitare! Per questo quando assiste a una interpretazione, ne è talmente assorbita che si dimentica di sé stessa! Anche se si tratta della competizione per aggiudicarsi la Dea Scarlatta! Lei comprende l’intima essenza del recitare! Come fa? Non ha nemmeno bisogno di grandi sforzi! E’ quello il talento? Ah! Se solo l’avessi io! Dio è ingiusto!

Si incamminò lungo il sentiero sterrato e sentì vagamente i passi lievi del fotografo che la seguiva.

A ben guardare, la mia recitazione è frutto di tutti i miei sforzi e della tecnica acquisita! E poi… di quella trascurabile distinzione che pare farmi spiccare sulla gente! Non è talento! Né tanto meno istinto! Invece lei… Fosse l’ultima cosa che faccio, non mi farò battere da lei!

Raccolse una zolletta di terra compatta, la scagliò senza pensare contro un tronco e si distrusse in tanti pezzi. Hamil fotografò l’atto e riuscì anche a inquadrare parte del suo volto irritato.

Abbassò la reflex e la osservò in silenzio. Ormai si era abituato a quelle uscite, lei camminava, pensava, parlava e lui la seguiva in silenzio, scattando fotografie. Quelle che aveva fatto alla cascata, durante la prova dell’acqua, erano bellissime. Il suo volto, il suo corpo giovane e seminudo, i lunghi capelli biondi, sembrava proprio una sirena.

Ayumi si avvicinò alle briciole di terra, si chinò e le raccolse con le dita sottili. Il cuore iniziò a batterle sempre più rapidamente mentre una semplice consapevolezza la illuminò.

Si modifica… la terra… si trasforma!

Schizzò via come un fulmine e Hamil la rincorse dopo un’imprecazione poco gentile in francese. Era agile e correva come una gazzella finché non raggiunsero il tempio. Attraversò le stanze e lui iniziò a preoccuparsi, non riusciva a capire cosa le fosse preso. Stava per chiamarla e farla fermare, quando lei aprì di scatto un cassetto, prese un piatto e lo lasciò cadere a terra. Hamil si bloccò stupefatto.

Il volto di Ayumi era radioso. Sollevò la reflex e scattò alcune foto in rapida successione. Nella cucina la luce era soffusa, ma a lui bastarono alcuni rapidissimi gesti per adattare l’otturatore alle sue esigenze.

Come in preda ad una rivelazione, Ayumi si inginocchiò davanti ai cocci, li raccolse e sollevò lo sguardo verso il fotografo, gli occhi che brillavano come zaffiri.

- Si trasforma! - gridò entusiasta e Hamil abbassò la macchina per godere di quel bellissimo sguardo luminoso.

Ayumi...

- L’energia trasforma la terra! I terremoti! I vulcani! L’argilla! La sabbia! - lasciò andare i cocci e si rialzò. Hamil annuì lentamente. Aveva intuito ciò che l’aveva sconvolta, probabilmente aveva trovato la strada giusta per interpretare il suo tema della terra e gioì per lei.

- Ci sono quasi! - sussurrò avvicinandosi e Hamil sussultò. Era così rapita dalla situazione da non rendersi neppure conto di ciò che stesse facendo.

Non sei qui, Ayumi, vero? Sei nel tuo mondo geniale e non stai realmente guardando me…

Lo oltrepassò, lo sguardo perso in avanti. Uscì di nuovo dal tempio e lui la seguì. Vagò errando apparentemente a caso e lui continuò ad andarle dietro mantenendo una certa distanza finché non si fermò davanti ad un gruppo di ragazzini che stavano giocando con una corda. Li osservò a lungo, si divertivano ad arrotolare la lunga corda in tanti modi diversi, dandogli le forme più strane.

- Signorina! Guardi! - gridò uno dei ragazzini rivolgendosi a lei che da un po’ li fissava rapita. Hamil scattò alcune foto sia ai bambini che ad Ayumi insieme a loro.

Lei si avvicinò e il ragazzino mosse la corda fino a dargli una forma specifica.

- Cos’è? - le chiese ridendo e Ayumi si chinò in avanti.

- Un serpente? - rispose osservando la corda sinuosa stesa a terra.

- Sì! - esultò il ragazzino muovendo la corda in modo da dargli l’aspetto di un serpente in movimento. Si inginocchiò a terra e, raccolta la corda, iniziò a darle un’altra forma.

- Un vaso… - mormorò Ayumi rapita e il ragazzino annuì esaltato anche dalle grida di giubilo degli altri amichetti vicini. Raccolse di nuovo la corda e l’arrotolò con abilità dandole un’altra forma ancora.

- Una lumaca… - sussurrò Ayumi incantata - Divertente, sei bravo a creare forme con la corda! - aggiunse sorridendogli e il ragazzino arrossì.

- Si possono fare anche delle decorazioni! - rivelò iniziando ad arrotolare la corda intorno ad una bottiglia che aveva precedentemente immerso nell’argilla del campo lì accanto.

- Vedi… se avvolgi una corda intorno all’argilla, poi togli bottiglia e corda… - fece tutto lentamente, mostrandole ogni passaggio e Ayumi rimase affascinata, a stento si accorse del fotografo Hamil che scattava apparentemente senza sosta.

- Ed ecco qui! - esclamò mostrando l’argilla con impressi i decori lasciati dalla corda. Ayumi spalancò gli occhi quando quel piccolo manufatto le fece riaffiorare un pensiero.

Si alzò di scatto, lasciando basiti i bambini e il fotografo. Mi ricorda qualcosa… dei lavori antichi con la corda e la terracotta… devo andare al museo!

- Signor Hamil - gli disse voltandosi a guardarlo e lasciandolo smarrito - Sarebbe così cortese da accompagnarmi in città? Devo andare al museo -

- Museo? - domandò lui cercando la parola giapponese per poterlo ripetere e verificare di aver capito esattamente. Ayumi annuì e lui, seppure con alcune riserve, la accompagnò senza sapere bene cosa stesse cercando di fare.

Il viaggio non durò molto, ma Ayumi non spiccicò parola, troppo concentrata, era vicina, vicinissima a comprendere il suo tema della terra e non voleva che niente la distraesse, neppure la presenza silenziosa e stranamente gentile di Peter Hamil.

La guida del museo rimase sbalordita da quella visitatrice così famosa e quando lei gli raccontò il motivo per cui si trovava lì, il giovane storico seppe subito dove portarla.

La teca di vetro conteneva alcune argille in condizioni davvero precarie, ma lei le fissava con occhi spalancati.

- Si dice che alcune terrecotte Jomon si rifacciano al serpente - iniziò la guida mentre il fotografo straniero dietro di lui scattava alcune foto.

- Gli antichi consideravano il serpente un dio per la sua forza e la sua energia vitale - proseguì - Lo veneravano principalmente come dio dell’acqua, ma anche come dio della terra. Non deve sorprenderci quindi se lo immortalarono nelle loro terracotte. I vasi avevano ovviamente un uso quotidiano, ma molti venivano utilizzati anche nei riti - raccontò mentre Ayumi fissava la terracotta.

Il dio della terra… Jomon… corda… decorazioni con la corda…

- Pare che la popolazione Jomon usasse le terrecotte in questo modo… - e indicò un arazzo appeso che raffigurava una scena di vita quotidiana con una tenda e due uomini, di cui uno teneva un vaso in testa. Ayumi si girò verso Hamil e lui fu costretto a spalancare gli occhi. Sei bellissima… bellissima...

- Ci sono, signor Hamil, ci sono! - gridò, facendo sussultare la guida del museo. Lo afferrò per una manica e lo trascinò fuori.

- Ayumi! Aspetti! Cosa fa? - le disse fermandosi appena davanti all’auto. Lei si girò raggiante.

- Torniamo al tempio! Ho la mia interpretazione della terra! - gli rivelò entusiasta facendo sussultare il suo cuore. Lui la fissò inclinando leggermente la testa come se non avesse compreso appieno. Ayumi si indispettì e strinse i pugni lungo i fianchi.

- Jomon! Corda! Serpente! Energia! Il dio della terra! - disse in giapponese, le parole che si rincorrevano rapide e serrate in quella lingua musicale e dolce che usciva dalle sue labbra. Hamil comprese ancora meno e lei gliele ripeté in inglese.

- Ha compreso adesso!? - gli disse.

- No, miss Ayumi, probabilmente lei vede in tutto questo molto più di me, un po’ come accade a me con la macchina - e sollevò leggermente la reflex sorridendo imbarazzato.

Ayumi avrebbe voluto ribattere a quella sua ottusità, ma si ricordò di ciò che le aveva detto il giorno prima circa le fotografie che faceva. Lui osservava con gli occhi e usava la macchina fotografica per cogliere quegli attimi. Lui era in grado di vedere alcune cose che agli altri sfuggivano, come adesso stava facendo lei. Pretendere che comprendesse la riflessione di giorni con cinque parole era assurdo.

Il suo sguardo si addolcì e arrossì lievemente.

- Mi riporti al tempio, domani le dimostrerò ciò che intendevo - gli disse togliendogli il respiro tale fu il modo con cui gli si rivolse.

E’ la prima volta che mi parla così gentilmente…

Hamil annuì e tornarono al tempio.


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Capitolo 22
*** Terra ***


Ultima revisione: novembre 2015

 

22. Terra



Masumi aprì gli occhi osservando il soffitto del bagno, fuori il tempo era ancora incerto sebbene non piovesse. Erano trascorsi tre giorni dalla prova alla cascata e lui ancora non si era scrollato di dosso il ricordo della sua voce che ordinava all’acqua di sommergere i villaggi.

Chissà cosa starai facendo adesso… avrai trovato un modo per interpretare la terra?

Uscì dalla calda acqua termale del ryokan in cui soggiornava da quando aveva iniziato a cercare suo padre. Il vapore lo avvolse completamente in lente volute delicate e un brivido lo costrinse a coprirsi con un lungo telo in vita.

Sarei potuto tornare a Tokyo… eppure ogni giorno ho chiamato Mizuki rimandando…

Rientrò in camera lasciando impronte bagnate sul pavimento di legno, liscio e profumato. Si strofinò i capelli con un asciugamano e l’occhio gli cadde su quel ramo di susino sfiorito che giaceva sul mobile. Si avvicinò e si appoggiò al bordo con le mani, fissandolo.

C’è qualcosa in te, Maya, che va oltre la semplice attrazione, qualcosa che mi lega a questo luogo, alla tua presenza, come se, allontanandomi, io recidessi quel legame sottile…

Sfiorò con un dito il legno del ramo rivivendo l’istante in cui gliel’aveva dato e le parole enigmatiche che aveva detto con quell’espressione indecifrabile.

Si riferiva sicuramente al senso di riconoscenza… come il bacio che mi ha dato… non per me, ma per ciò che ho fatto per lei… Ha dormito fra le mie braccia fidandosi, come se fossi un parente… non un…

Distolse lo sguardo voltandosi di scatto, cancellando la parola amante dalla testa e lo squillo fastidioso del suo cellulare lo obbligò a scacciare momentaneamente ogni ricordo di lei.

- Hayami - rispose freddamente attivando il viva voce mentre si vestiva.

- Signor Masumi, ho appena ricevuto una telefonata… - Mizuki fece una pausa e lui sollevò la testa di scatto subito attento: la sua segretaria non aveva attimi di tentennamento. Mai.

- Mizuki? - la interrogò con voce atona allacciandosi i pantaloni e infilandosi la camicia.

- Ha appena chiamato la signora Tsukikage - riferì - Ha trovato suo padre - concluse con la solita professionalità.

Masumi si bloccò mentre si abbottonava la camicia, prese il cellulare in mano, tolse il viva voce e dette alcune direttive importanti alla sua segretaria.



Un brusio sommesso proveniva dall’esterno del tempio. Quella mattina il cielo era ancora nuvoloso, le piogge dei giorni precedenti erano cessate, ma l’umidità era fastidiosa e Maya indossò una felpa. Uscì dalla camera e si trovò faccia a faccia con Ayumi. Si guardarono qualche istante, poi si sorrisero nervose, incamminandosi nel corridoio verso le grandi porte, la signora Tsukikage le attendeva per l’interpretazione della terra.

Fuori c’erano tutti i giornalisti e gli abitanti del villaggio che avevano assistito anche alla prova dell’acqua e Maya si guardò intorno imbarazzata mentre Ayumi sembrava concentrata e perfettamente a suo agio.

Sulla destra, appoggiato ad un albero, c’era il fotografo Peter Hamil. Ayumi lo osservò un istante, ma la voce della signora Tsukikage le costrinse a volgere lo sguardo su di lei.

- Diamo inizio all’interpretazione della terra! - esordì picchiando il bastone - Ayumi, inizia tu! - ordinò perentoria.

- Sì! - rispose con sicurezza la giovane attrice, portandosi avanti. Si fece una rapida treccia e raccolse una fune da terra. Maya la osservò rapita, così come tutti gli abitanti, i fotografi e giornalisti presenti.

Un lieve rumore di passi obbligò Peter Hamil a voltarsi infastidito per trovarsi di fianco l’austero Presidente della Daito Art Production, nonché capo di Ayumi, se non aveva capito male l’intreccio assurdo di tutte quelle compagnie teatrali.

- Sembra che lo spettacolo stia per iniziare - mormorò Masumi in inglese, tenendo gli occhi su Ayumi.

- E’ arrivato appena in tempo - rispose Hamil con un sorriso enigmatico. Poi gli porse la mano.

- Peter Hamil, piacere - si presentò sempre in inglese. Se avesse atteso un qualche segno cordiale da quell’uomo sarebbe diventato vecchio.

Masumi si girò lentamente e lo fissò con freddezza.

- Lei non si ricorda, ma ci siamo già incontrati quattro anni fa, quando ha fatto un servizio fotografico su un’attrice della Daito, Eiko Nakamura - spiegò, senza stringerli la mano.

Hamil alzò un sopracciglio perplesso e le sue labbra si allargarono in un debole sorriso.

- Chiedo scusa, allora, per non averla riconosciuta - ammise il fotografo sollevando la macchina e scattando una foto ad Ayumi che stava muovendo la corda come una frusta.

- Lei sembrava interessato solo all’attrice, è naturale che non si ricordi di me, signor Hamil - gli fece notare Masumi con una lieve nota ironica nella voce. Hamil staccò l’occhio dalla macchina e si voltò a guardarlo.

- Perché, a lei le donne non piacciono? Io sono francese, sa? - e gli strizzò un occhio, come se quell’asserzione spiegasse ogni cosa, ma Masumi rimase immobile a fissarlo sebbene il fotografo non sembrasse affatto risentire del suo atteggiamento freddo e distaccato.

Ignorò la domanda e guardò Maya di sfuggita, già calata nel suo mondo, fissava rapita Ayumi Himekawa che stava per iniziare la sua prova.

Quella mattina era andato a prendere suo padre nella capanna di un sordomuto come da indicazioni della signora Tsukikage e li aveva accompagnati Genzo. Ancora non riusciva a capire il gesto di quella donna misteriosa. Perché ha deciso di comunicarmi di averlo trovato? Avrebbe potuto lasciarlo al suo destino… Adesso suo padre era stato portato nell’ospedale, dove era stata ricoverata anche la signora e lui era venuto al tempio apposta per parlarle.

Davvero sono capace di dirmi ancora queste menzogne? C’è un solo motivo per cui oggi mi trovo qui...

Ayumi fece roteare la corda sopra la sua testa più volte, fino a farle formare dei cerchi, poi la lasciò andare e questa si adagiò a terra, in una spirale perfetta, esattamente come aveva provato e riprovato. Iniziò a muoversi, incantando tutti, Maya per prima, eseguendo una danza dentro e fuori dalla spirale, come fosse avvolta da un’energia dirompente.

Raccolse la corda e, con gesti decisi e la voce perentoria che richiamava gli incitamenti di un domatore, mosse la fune fino a farla ondeggiare nelle forme di un sinuoso serpente.

- E’ un serpente… - mormorò Hamil continuando a scattare fotografie. Masumi spostò lo sguardo su Maya, ma i suoi occhi erano completamente rapiti dalle movenze perfette dell’interpretazione di Ayumi. Non ti importa che sia la tua rivale… il tuo sguardo è tutto per la sua interpretazione...

La giovane riavvolse la corda di nuovo, facendola roteare sopra la testa, divenne un ammasso ordinato concentrico e lasciò che cadesse a terra. Si sedette e, preso un capo, iniziò ad avvolgerlo formando un vaso che si mise sulla testa.

- E’ un vaso! - disse un giornalista sottovoce - Si è messa un vaso in testa! -

- Cammina con l’anfora in testa come le donne dell’Asia sud orientale o del sud America! - aggiunse il collega a fianco sempre sussurrando.

Eseguì una danza col vaso e Maya non poté che rimanere affascinata dalle sue movenze.  Movimenti briosi e potenti… sei incredibile, Ayumi…

Si tolse il vaso dalla testa e, con la pantomima, simulò la raccolta dell’acqua da una fonte. Si portò l’anfora di corda alle labbra, come se bevesse, poi se la mise su un fianco, danzando.

Maya spalancò gli occhi, rapita ed emozionata.

Raccoglie l’acqua! La beve! La trasporta! La danza di Ayumi dai movimenti vigorosi e dinamici sembra farsi tutt’uno con l’energia della terra!

Ad un tratto sembrò sfuggirle l’anfora, che cadde a terra perdendo la sua forma. Maya sussultò finché non si rese conto che era voluto.

Il vaso si è rotto…

Ayumi osservò la corda scomposta a terra per un breve attimo come se pensasse, una pausa perfetta, poi raccolse un capo e iniziò a distendere la corda finché non fu perfettamente diritta. Si inginocchiò al centro, in modo da avere la fune davanti e si chinò fino a toccare terra con la fronte.

Un uomo barbuto, semi nascosto da un albero, aveva osservato tutta la rappresentazione e mugugnò qualcosa. Teneva le braccia incrociate al petto e restava in silenzio. Guardò la piccola platea riunita e sbuffò impaziente di vedere l’altra candidata.

- Cosa ve ne è parso, giornalisti e abitanti del villaggio? - chiese la signora Tsukikage rivolgendosi al pubblico

- Oh! E’ stata meravigliosa! - esclamò una signora.

- Davvero bravissima! - aggiunse un uomo accanto, entusiasta.

- E’ stato molto interessante veder esprimere la terra usando una corda - ammise un giornalista - All’inizio il movimento della corda ha fatto percepire l’energia della terra. Sembrava un serpente, ci vuole dare qualche spiegazione? -

- Per l’interpretazione della terra mi sono ispirata alle terrecotte Jomon - iniziò Ayumi - Gli antichi veneravano il dio serpente come dio dell’acqua e della terra - proseguì placidamente.

- Capisco - annuì il giornalista - Quindi tramite il serpente ha voluto esprimere l’energia della terra. Danzando è man mano uscita dalla spirale, perché? - domandò ancora prendendo appunti su un taccuino.

- Tramite la danza ho inteso esprimere il movimento dell’energia che va dal centro verso l’esterno, poi lanciando la corda in aria le ho dato un’altra forma, trasformandola in un vaso. Le terracotte Jomon venivano avvolte nelle corde che formavano poi le decorazioni, per questo ho creato un vaso - spiegò Ayumi - I vasi contenevano l’acqua, erano indispensabili per gli antichi, dando forma alla terra, la potevano trasportare. Tramite la danza ho provato a esprimere la vita degli antichi -

Ayumi…

Maya la fissò atterrita, incapace di credere che potesse aver fatto un ragionamento così complesso.

- Ma alla fine il vaso si rompe - fece notare il giornalista - Perché? - chiese sempre prendendo appunti.

- Ciò che trae origine dalla terra, torna alla terra - sentenziò - Uomini, animali, tutto ciò che vive dovrà morire. Ogni cosa ha un inizio e una fine. Il vaso è solo una delle trasformazioni della terra. Ma una volta rotto, torna ad essa, poi un giorno avrà un nuovo inizio -

- Ehi! Ayumi Himekawa non si smentisce! Un’interpretazione davvero accurata! - esclamò ammirato il giornalista rivolto ad un collega.

Ayumi è incredibile! E’ arrivata a pensare tutto questo! Io non potrei mai fare altrettanto! E’ davvero straordinaria! Come faccio a recitare dopo di lei?! Ci metteranno di nuovo a confronto! No! Io ho la mia terra! Ho la mia interpretazione!

Masumi la vide trasalire alla spiegazione della rivale, così studiata e approfondita. Poi però il suo sguardo si fece più determinato e sicuro, meravigliandolo.

Avanti ragazzina, dimostraci cosa sai fare! Sembra che tu stia guadagnando un po’ di autostima...

Per un fugace attimo i loro sguardi si incrociarono, ma Maya non ebbe il coraggio di soffermarsi. Le gambe presero a tremarle e sentì la bocca asciutta.

Perché è qui? Di nuovo! E adesso? Calma, Maya, pensa all’interpretazione della terra, anche per lui, per il tuo ammiratore!

- Ora, Maya! - esclamò la signora facendola trasalire e distogliendola dai suoi pensieri agitati.

- Sì! - rispose prontamente, sobbalzando.

Si sedette a terra afferrandosi i ginocchi e nascondendo il volto fra le braccia. Iniziò a ondeggiare piano da una parte all’altra sotto lo sguardo incuriosito di tutti i presenti. Mugolò mentre l’ondeggiamento accentuava e diventava un piccolo rotolamento.

- Ma che fa? - disse lo stesso giornalista che aveva intervistato Ayumi.

Maya tirò su il volto all’improvviso e sbadigliò, lasciando esterrefatti i presenti.

- Non c’è alcun senso in quello che fa… - mormorò Hamil e spostò lo sguardo sull’uomo silenzioso accanto a lui. Era immobile come una statua, l’impermeabile appoggiato al braccio, perfetto nel suo completo su misura e da francese poté apprezzare tutti i piccoli dettagli, dai bottoni, ai gemelli raffinati, alla cravatta di seta blu notte, alle cuciture perfette. Sembra completamente estraniato… Chissà se ha guardato così anche Ayumi…

- Che cosa ci faccio qui? Chi sono? Cosa sono? - biascicò Maya sonnolenta - Mmmh… io sono… Non posso essere altro che io! - sussurrò dubbiosa guardando in avanti, le mani che ancora abbracciavano le ginocchia.

- Ho la sensazione di aver fatto un lungo sogno, confuso e senza forma, ma mi sento felice - continuò sollevando il mento - Qui sto al calduccio - sorrise dolcemente.

La signora Tsukikage serrò le braccia al petto e la fissò intensamente.

- Chissà perché mi sono svegliato? - proseguì Maya, usando quell’inconsueta forma maschile -  Ma certo! Perché qui sto stretto! Non vedo l’ora di muovermi! - iniziò a stirarsi e distendersi.

- Sono pieno di forza e ogni giorno divento più grande, sempre più alto! La mia pelle si rompe e mi allungo sempre più! Le mie gambe si tendono, cresco sempre più! - i suoi movimenti somigliavano a quelli di qualcuno che è stato a lungo immobile, un po’ impacciati e anchilosati.

Ayumi la fissò e un gelo freddo le percorse la schiena quando comprese.

E’ un seme! Un seme della terra!

- Non vedo l’ora di diventare grande e sbucare in superficie! - esclamò felice alzandosi un pochino - Quando sarò là, potrò vedere il cielo azzurro, le nuvole bianche, il sole con la sua corona dorata! Presto devo sbrigarmi! Devo crescere per vedere il sole! - e si mise completamente dritta.

- Ehi… come faccio a sapere tutto questo? - si chiese meravigliata - Che cos’è il cielo? Che cos’è il sole? Anche se non lo so, lo so. Anche se lo so, non lo so. Ma ho la sensazione di saperlo anche da prima di svegliarmi.... chissà perché? - fissava a terra, smarrita, poi il suo sguardo cambiò.

- Ah, ma certo! Me l’ha insegnato la mamma. Qui sto dentro la mamma... - disse con un lieve e dolcissimo sorriso che stupì tutti i presenti. Si accucciò di nuovo sognante.

- Si sta al calduccio dentro la mamma… potrei stare qui per sempre… lei mi trasmette i suoi pensieri. Ma certo! Tutto quello che conosco da prima di svegliarmi, mi è stato trasmesso dalla mamma… - declamò, il volto radioso e felice.

L’uomo barbuto, ancora in disparte, fece un passo avanti, spaventando una delle abitanti che scattò, abbracciando suo marito. L’estraneo non la degnò di uno sguardo, completamente concentrato su quella ragazzina minuta che stava simulando il germogliare di un seme. Kitajima… a volte mi domando come tu possa essere così geniale...

- E poi lo zio rapa mi ha detto che la superficie è un posto meraviglioso, ma pericoloso! -  Maya si accartocciò su sé stessa per tornare, qualche secondo dopo, a sorridere - Però… a me non importa se fa paura o se è meraviglioso… se si soffre o se è piacevole… Il nonno talpa ha detto che sulla superficie soffia il vento, cade la pioggia, splende il sole, che il freddo e il caldo si susseguono a ritmo vertiginoso… Qui è buio e tranquillo, sulla superficie c’è la luce e ogni giorno è una lotta… - parlava come fosse annoiata, in ginocchio, gesticolando lentamente.

- Che cosa sarà il caldo? Che cosa sarà il freddo? - si domandò - Che cosa sarà meglio... l’ozio della pace o dover combattere? Ho anche sentito di piante e fiori, di insetti che ronzano… chissà se andrò d’accordo con tutti? - fece un gesto impaziente distendendo le braccia davanti a sé e stirandosi come un gatto.

- Non vedo l’ora! Sono impaziente, presto salirò alla superficie! Devo sbrigarmi! Mi sto gonfiando! Metto le radici, le mie gambe si allungano… divento sempre più grande! - il suo volto irradiava calore e sentimento - Presto metterò il germoglio! Presto vedrò il sole, il cielo azzurro, le nuvole bianche! Sentirò il vento, la pioggia, conoscerò le altre piante e gli insetti, non mi importa se avrò paura o soffrirò! La superficie, deve essere un posto meraviglioso! -

Si alzò completamente in piedi e sollevò le braccia, piegandole verso l’esterno e simulando due foglie.

Masumi rabbrividì nell’istante in cui lei nacque uscendo dalla terra.

Maya… è una gioia guardarti e rendersi conto di ciò che trasmetti a tutti...

- Un posto davvero meraviglioso! - e il sorriso che regalò a tutti i presenti li lasciò senza fiato. Il seme era sbucato fuori finalmente, alla luce del sole.

Fece un lieve inchino, arrossì quando depose la maschera e tornò Maya Kitajima. Tutti scoppiarono in un applauso sentito.

- Gr-Grazie - balbettò lei imbarazzata, tenendo lo sguardo fisso a terra. Non posso incontrare lui… io… non saprei cosa dire… cosa fare…

- Maya, vuoi spiegarci la tua interpretazione di questo tema? - domandò la signora Tsukikage con un sorriso enigmatico. Veramente eccellente, Maya...

- Sì, dunque… mentre osservavo i campi ho avuto la sensazione che la terra fosse come una madre - iniziò fissandosi sulla sensei.

- Una madre? Cosa vuoi dire? - domandò la signora.

- Mi sono resa conto che la terra fa crescere le piante che vengono mangiate dagli animali e insetti per vivere - spiegò ancora sempre sentendo addosso il suo sguardo. Perché sento che mi sta guardando? Eppure ci sono così tante persone... Allora perché sento lui?

- Ah, capisco… ma la scelta del seme? - insisté la signora scrutandola attentamente.

- Non saprei… nell’istante in cui ho pensato alla terra come una madre, ho pensato di interpretare un seme all’interno di essa e ho immaginato così il suo stato d’animo prima di mettere il germoglio - concluse innocentemente Maya, come se l’aver scovato e tradotto in recitazione quel complesso concetto fosse una cosa banale.

- Dar voce ad un seme nella terra? Non avevo mai pensato a cosa provasse un seme… Originale! - commentò un giornalista, scrivendo su un taccuino.

- Non so perché, ma lavorare nei campi da oggi sarà più interessante! - disse una delle contadine presenti ridacchiando.

- Povere pianticelle di verdure! - aggiunse il marito e scoppiarono tutti a ridere. Maya arrossì e se avesse potuto si sarebbe nascosta immediatamente dentro il tempio. Ayumi assottigliò lo sguardo, fissandola seria.

Maya! Ha saputo capire perfino il cuore di un seme! Io non avrei mai pensato a dar voce a un seme nella terra! Maya si immedesima sempre all’istante nel soggetto. Io fatico a riflettere per creare il personaggio, a lei invece basta averne l’occasione!

- Avete fatto un ottimo lavoro negli studi di interpretazione degli elementi - disse solennemente la signora Tsukikage - La prova è conclusa! - aggiunse - In questo paese vi resta una sola cosa da affrontare... - e il modo in cui le guardò fece scendere su entrambe un velo di gelo - Lo spirito dell’albero di susino, la Dea Scarlatta -

I giornalisti se ne andarono dopo gentile invito di Genzo e gli abitanti si dispersero mentre rievocavano le prove delle due ragazze con commenti stupefatti.

- Seguitemi! - le richiamò subito la signora, rientrando nel tempio.

Maya ebbe il coraggio di voltarsi per un istante e vide il fotografo e il signor Hayami che parlavano con Genzo. Perché è qui? Di solito accadono sempre cose strane quando lui è nei dintorni…

- Maya, ti vedo distratta - la apostrofò la signora, lei arrossì e abbassò lo sguardo, ma a Chigusa non sfuggì la direzione in cui stava guardando. Chissà come siamo arrivati a questa situazione…

- Mi-Mi scusi… - balbettò Maya seguendola all’interno del tempio. Le condusse in una stanza dove non erano mai state, accanto alla sua camera.

Quando aprì la porta, una delle pareti di carta di riso, il fusuma, era aperta ed entravano il sole e il vento lieve. Tutte le voci dall’esterno erano cessate e un silenzio teso aleggiava intorno a loro. Al centro della stanza, una bellissima veste di un tenero rosa pastello con ricami scarlatti, era adagiata perfettamente su un manichino, corredata della sua maschera.

La signora si avvicinò con sguardo colmo di affetto e malinconia. Maya sentì un groppo alla gola solo guardandola e capì immediatamente cosa fosse.

- Questo è il costume di scena e la maschera che usavo sul palcoscenico nella “Dea Scarlatta”… - sussurrò Chigusa sfiorando dolcemente la seta, persa nei ricordi.

Maya e Ayumi si scambiarono un’occhiata, commosse ed emozionate.

- Ancora adesso mi riporta a quei tempi. Ho dei ricordi indelebili - aggiunse - Che nostalgia! - la sua voce si fece più vivace - Le ovazioni del pubblico, gli applausi, mi sembra addirittura di risentire l’odore del teatro! -

- Signora… - Maya la fissò con apprensione, nonostante la voce allegra, si avvertiva tutto lo strazio per ciò che era accaduto.

Chigusa si spostò e indicò la veste così le due ragazze, titubanti, si avvicinarono. Maya, completamente rapita, sfiorò la seta morbida. Questa è la veste della Dea Scarlatta… avvertì un calore dal profondo, qualcosa molto simile all’amore di Oshichi, che la pervase completamente, come un’ondata.

- Avete capito perché vi ho fatto interpretare vento, fuoco, acqua e terra? - le interrogò la signora, incrociando le braccia al petto. Entrambe le giovani abbassarono la testa.

- No… - risposero sommessamente all’unisono, vergognandosi.

- La Dea Scarlatta è lo spirito che governa il mondo della natura - riprese la signora con un sorriso lieve - Voi ormai dovreste aver capito la Dea Scarlatta… -

Maya e Ayumi rimasero di sasso.

Capito la Dea Scarlatta?! Ma come??? Io… ho solo cercato di interpretare gli elementi come ci ha chiesto…

La signora si avvicinò ad un mobile corredato di scrivania e prese dei fogli. Si spostò lentamente verso di loro e glieli porse.

- Prendete, è una parte delle battute della “Dea Scarlatta”, il suo risveglio. Le reciterete fra una settimana. Il vostro palcoscenico sarà la valle dei susini - disse con un sorriso enigmatico, lasciandole basite - Vedrete che gli studi che avete fatto finora vi saranno utili - aggiunse con un’espressione misteriosa.

Le due giovani presero i fogli con mani tremanti, il respiro ridotto ad un sussurro lieve.

- Vi lascio alle vostre riflessioni - le congedò - Devo parlare con il signor Hamil - e Ayumi sollevò lo sguardo - E con il signor Hayami - e Maya tirò su la testa dalle pagine. La signora Tsukikage alzò un sopracciglio sinceramente meravigliata. Quindi è così che stanno le cose… forse non ve ne siete ancora accorte, ma qualcosa è cambiato nella vostra vita…

Sorrise in modo misterioso e uscì.

Maya arrossì seguita da Ayumi, ma entrambe evitarono di guardarsi, tornando con attenzione ai fogli.



- Allora, signor Hamil, cosa voleva chiedermi? - domandò con un sospiro la signora sedendosi nel piccolo salotto e fissando lo sguardo sul francese. Era una situazione davvero anomala e non ricordava di aver mai avuto tanti uomini intorno. Il fotografo era sempre curioso, poneva tante domande e aveva imparato un po’ di giapponese in un tempo davvero esiguo. Masumi Hayami, invece, tenebroso come al solito, guardava in silenzio fuori dalla finestra del tempio, le mani incrociate dietro la schiena.

Che uomini singolari… attratti da donne singolari…

Neanche per un istante pensò che fossero lì per caso né tanto meno per lei stessa. Hamil tossicchiò mentre Masumi Hayami rimase immobile.

- Madame, a proposito dell’interpretazione di vento, fuoco, acqua e terra… - iniziò in un giapponese stentato, parlando lentamente - Lei disse che, più che il risultato, contava il percorso. Che significato hanno avuto questi temi per le ragazze? - chiese, sedendosi più comodamente e scacciando quella sensazione di inadeguatezza che provava sempre nei confronti di quella donna enigmatica.

Chigusa abbassò lo sguardo con un sorriso dolce.

- Per interpretare il vento bisogna sapere qualcosa del vento - iniziò lei - Per interpretare il fuoco, qualcosa del fuoco, lo stesso vale per acqua e terra. E’ quando c’è una nuova scoperta che nasce un originale punto di vista - sollevò lo sguardo prima sul fotografo attento e poi su Masumi Hayami, che continuava a mantenere quella posizione rigida e assorta, apparentemente svincolato dal discorso - Ci si accorge della forma e dell’aspetto del vento, dell’acqua, ci si accorge della danza del fuoco e dell’energia della terra. Per questo non conta come vengono interpretati  i temi di vento, fuoco, acqua e terra, quanto il risvegliarsi a una certa consapevolezza della natura -

Hamil fissò la signora stupefatto nell’apprendere quella semplice verità celata negli studi che aveva fatto fare alle due attrici. Quindi lo scopo era solo renderle consapevoli!

- Ognuna delle due ragazze è arrivata alle proprie personali conclusioni, lei ha visto sei delle otto rappresentazioni, quindi sa di cosa parlo. Maya e Ayumi metteranno tutti questi temi nella loro Dea Scarlatta e sarà interessante vedere fino a quanto ne trarranno  profitto - sussurrò le ultime parole, come se stesse riflettendo a sua volta.

- Ho capito - annuì il fotografo celando la sua meraviglia - La ringrazio per avermi dato spiegazione  - si alzò avvicinandosi all’uscita, poi sembrò ricordarsi, si voltò, fece un lieve inchino alla signora, che ricambiò con un sorriso simpatico e lanciò un’occhiata a Masumi Hayami che era rimasto immobile e silenzioso per tutto il tempo. Preferisco di gran lunga avere a che fare con gli uomini europei…

- Allora, signor Masumi, mi dica ciò che deve, è stata una giornata pesante e non ho alcuna voglia… - ma lui la interruppe voltandosi, il tono di voce profondo, ma chiaro e deciso.

- Sono venuto per ringraziarla - le disse e Chigusa assottigliò lo sguardo.

- Lei mi sembra strano, quest’oggi… - ammise la signora indicando la poltrona dove era stato seduto Peter Hamil. Masumi accolse l’invito e prese posto.

- Perché? Avrebbe potuto non dirci niente e tenere nascosto il suo ritrovamento per vendicarsi. In fondo il passato è noto e sinceramente la persona strana, oggi, mi sembra lei, signora Tsukikage - gli disse lui con voce fredda, puntando gli occhi nei suoi. Ma la signora sembrò ignorare quell’ultimo affondo.

- Mi incuriosisce, signor Masumi. Lei mi disse che non aveva affetto per suo padre e ora è qui per ringraziare proprio me, dopo anni di vessazioni? - ribadì altrettanto aspramente alzandosi e avvicinandosi alla finestra dove era stato lui fino a qualche secondo prima.

- La figura di mio padre è legata all’azienda a doppio filo, la sua morte così improvvisa genererebbe solo caos - spiegò brevemente guardandole la schiena.

La signora sentì un lieve rumore di passi sulla passatoia esterna e sorrise socchiudendo gli occhi. Sembra che abbiamo uno spirito che origlia…

- Quindi il suo ringraziamento è per una questione meramente economica? E’ venuto qui solo per questo? - lo interrogò voltandosi. Ora sono proprio curiosa, signor Masumi, di vedere come risponderà alle mie prossime domande…

- No - rispose secco lui e lei rise dentro di sé. Era una risposta prevedibile...

- Allora, perché è qui, signor Masumi! - lo incalzò avvicinandosi e afferrando i braccioli della poltrona su cui era seduto. Lui rimase immobile sebbene non riuscì a celare la meraviglia nei suoi occhi dilatati.

- Per ringraziarla di averci avvisato - ripeté lui quasi meccanicamente, aderendo allo schienale della sedia.

- Mi ha detto di non essere venuto solo per quello, per cosa anche? - insisté lei serrando le mani sui braccioli.

Masumi rimase immobile, la risposta vera era impossibile da dare e ne era consapevole.

- Mi dica perché è qui! - insisté lei con un sibilo - Non ho mai voluto i suoi ringraziamenti e non era necessario che venisse a parlarmi! - rimarcò la signora lasciando andare la sedia e tornando alla finestra, ma Masumi rimase in silenzio.

- Da quando suo padre è stato dato per disperso lei ha assistito alle prove di Maya e Ayumi, cosa ne pensa? - gli domandò guardando fuori e cambiando discorso, il motivo per cui fosse lì le era chiaro, voleva solo metterlo in difficoltà e i suoi occhi parlavano per lui.

- Ayumi Himekawa ha mostrato la sua naturale eleganza, raffinata in anni di danza e recitazione, e la propensione all’analisi del personaggio che fanno di lei il genio di cui tutti parlano - esordì Masumi ricordando la sirena alla cascata e la danza con la corda. Si alzò e la raggiunse alla finestra. Fuori, il giardino del tempio era inondato dalla luce del sole di mezzogiorno.

- Sia l’approfondimento che ha fatto della favola della sirenetta, che quella delle terracotte Jomon denota la sua spiccata intelligenza e capacità di astrazione di un tema che è riuscita a tradurre perfettamente nelle due rappresentazioni -

La signora Tsukikage scoppiò a ridere e lui si girò a guardarla aggrottando la fronte. Questa donna è inquietante…

- Ah! Signor Masumi, davvero una critica teatrale coi fiocchi! - commentò ridacchiando di gusto.

- E mi dica, invece, Maya Kitajima? - gli chiese subito dopo, fissandolo intensamente. Potrà fingere con qualsiasi altra persona, signor Masumi, ma lei non era così, qualche tempo fa…

Lui non riuscì a tenere del tutto la sua maschera e la consapevolezza che lei potesse leggergli dentro con un solo sguardo lo costrinse a reagire immediatamente.

- Quella ragazzina… - sussurrò tornando a guardare fuori probabilmente troppo velocemente, ma non poteva continuare a fissarla in quel modo - L’aver usato in quel modo Ryujin, mi ha sorpreso - ammise - Ho guardato e seguito molte attrici, ma Maya Kitajima ha davvero un talento speciale. E’ capace non solo di immedesimarsi completamente, ma anche di trasmettere a chi la guarda emozioni profonde oltre che far immaginare allo spettatore la scena nella sua interezza... e la voce che ha usato… davvero incredibile, non trova? - sorrise al vetro e lei lo guardò alzando un sopracciglio.

- Per non parlare della trovata del seme per rappresentare la terra - proseguì - Istintiva, complessa, commovente, d’impatto… geniale - aggiunse alla fine riuscendo a strappare finalmente un sorriso alla signora.

- Vedo che è capace di guardare una rappresentazione anche col cuore, oltre che con la mente analitica di un produttore teatrale - notò lei maliziosamente, ma lui rimase immobile.

- Avrebbe dovuto vederla quando la prima volta è diventata il vento - gli confidò rapita dal ricordo - Avevo chiesto di interpretare il vento e lei è diventata il vento, capisce? - ridacchiò osservando le foglie che si muovevano lievi - Ma, soprattutto, avrebbe dovuto vederla nella rappresentazione del fuoco… - sussurrò al ricordo della sua stessa prova molti anni prima davanti a Ichiren.

- La prego - esordì Masumi dopo qualche minuto di silenzio - Mi racconti ciò che non ho visto - Chigusa lo guardò per un istante e poi gli raccontò ogni cosa.

- Potrebbe chiedere a Peter Hamil qualche fotografia, ne ha scattate molte e sembra avere un occhio speciale con quella sua macchina - gli consigliò alla fine del racconto.

- Magari lo farò - rispose lui pacatamente facendo un lieve inchino - La ringrazio ancora per mio padre e… - si fermò un attimo - E per aver soddisfatto la mia curiosità - concluse sommessamente.

- La curiosità su Maya Kitajima? - indagò lei, restando con lo sguardo su di lui.

- Sulle doti di un’attrice unica - la corresse Masumi con un sorriso enigmatico stampato sulla faccia.

- E c’è differenza? - gli chiese la signora alzando un sopracciglio.

Masumi la fissò per un attimo, poi scoppiò a ridere.

- No, penso di no - ammise raggiungendo la porta - Arrivederci, signora Tsukikage -

- Arrivederci, signor Masumi - ricambiò lei e udì distintamente, dietro la parete di carta di riso, dei passi frettolosi e non riuscì a trattenere un sorriso. Giovani…



Maya scappò rapida lungo il corridoio fino a raggiungere la parte opposta del giardino. Era passata per caso, ancora in mano il copione delle battute della “Dea Scarlatta”, i versi che rimbombavano nelle sue orecchie.

Non avrei dovuto origliare… ma… non ho saputo trattenermi. Hanno ritrovato il signor Hayami! E è stata la signora ad avvisare, non riesco a crederci!

Quando aveva sentito la notizia, un’emozione di intensa felicità l’aveva investita. Inizialmente aveva pensato che, nonostante il passato del signor Hayami, lei avrebbe voluto che venisse ritrovato sano e salvo, poi invece aveva capito.

Per lui… sono felice per lui… anche se sembra non amare particolarmente suo padre, io sono contenta che l’abbiano ritrovato… quella sera, sulla collina, anche se non ha voluto dirmi nulla, so che era in apprensione…

Continuò a camminare, le pagine strette al petto, la testa fra le nuvole, persa nei suoi ragionamenti, finché non inciampò nello scalino di discesa del camminamento e finì sul sentiero di sassolini.

- Ahi… - si lamentò e, quando riaprì gli occhi, vide un paio di scarpe eleganti sulla sua linea visiva.

- Lei, ragazzina, è sempre troppo disattenta. A volte mi domando come sia possibile che possa essere Ryujin, un seme della terra… o la Dea Scarlatta… - sentenziò, facendole ribollire il sangue nelle vene per la rabbia. Maya si alzò di scatto, spolverandosi i vestiti e arrossendo completamente.

- Io sarò una Dea Scarlatta perfetta! - borbottò più a sé stessa che a lui, che scoppiò a ridere.

- Questo è tutto da vedere, ancora! - ribadì Masumi, grato che lei avesse reagito immediatamente, perché il suo primo istinto era stato quello di tirarla su, ma ogni volta che la sfiorava, perdeva quella capacità di autocontrollo di cui tanto andava fiero.

Maya si portò i fogli al petto, stringendoli e corrugò la fronte infastidita.

Perché sono così irritata? Perché ho avuto conferma che ciò che sente per me è solo ammirazione per l’attrice? E’ questo che mi ha così infastidita? Pensavo che avrei sentito una confessione di quanto tenesse a me? Che cosa odiosa dover sentire il mio cuore battere in questo modo! Però… ciò che ha detto di me alla signora… lo penserà davvero? O stava solo rispondendo come Presidente della Daito?

Si incamminò e lui le si affiancò seguendola in silenzio, cercando di tenere lontano il ricordo delle sue labbra sulla sua guancia quella notte nel tempio.

- Cos’è quel tesoro che tiene così stretto a sé? - le domandò sperando che lei non iniziasse una guerra. Maya sembrò riemergere dal suo mondo.

- Battute… - sussurrò - Battute della “Dea Scarlatta”… la signora ce le ha date perché dobbiamo impararle e… - un nodo di paura le serrò la gola e si interruppe.

- Allora è davvero arrivato il momento, tutto quello per cui ha lottato si avvererà a breve - le disse lui, continuando a camminare. Maya sollevò lo sguardo e vide il sole filtrare tra i suoi capelli dorati. Arrossì e distolse lo sguardo mentre il cuore le batteva follemente in petto.

- Anche se non dovesse vincere la competizione, potrà comunque averla interpretata almeno una volta, è molto più di ciò che capita alla gente normalmente… -

Maya rimase in silenzio, la testa bassa e lui si girò a guardarla per un attimo.

Il sentiero usciva dal giardino per addentrarsi nel boschetto sebbene rimanesse battuto e facilmente percorribile.

- Le va di fare due passi con me? - propose, non aveva alcuna voglia di tornare al ryokan e da suo padre, nonché alle telefonate di Mizuki che aveva già avvisato sia i dirigenti della Daito che Onodera. Me li ritroverò tutti qui…

Maya si fermò e lui fece altrettanto. Guardò indietro verso il tempio e poi sollevò lo sguardo su di lui cercando di non arrossire come una ragazzina.

- Sì - gli disse semplicemente, anche perché era il massimo che era riuscita a tirare fuori dalle sue labbra mentre un’emozione intensa esplodeva nel suo cuore. Se continuo così non riuscirò neanche a fare una conversazione civile e penserà che sono una stupida…

- Conduca lei - aggiunse fissandola solo per il tempo necessario, che nessuno avrebbe potuto in alcun modo fraintendere, ma nonostante ciò il bagliore intenso dei suoi occhi lo colpì diritto al petto. Quella vena d’odio che li ha sempre attraversati è scomparsa… e non so quanto dovrei realmente gioire di ciò...

Maya riprese a camminare guardando avanti e lui, sempre a fianco, la seguì.

- Hanno ritrovato mio padre - la informò, con lo stesso tono neutro che aveva usato sulla collina sotto le stelle.

- Ah… Oh… Uh… Davvero?- mentì, dato che aveva origliato - S-sono felice! - balbettò Maya e quando lui spostò lo sguardo la vide completamente imbarazzata come se si vergognasse per qualcosa. Ragazzina… ma che hai, ora?

Maya evitò appositamente di guardarlo, non avrebbe saputo reggere la bugia se l’avesse fissata con quei suoi occhi glaciali. Non avrei dovuto origliare...

- Adesso è in ospedale, ma già questa sera lo dimetteranno e tornerà al ryokan dove soggiorno anche io - lo disse come fosse una condanna a morte, ma Maya non riusciva a credere che non provasse davvero alcun affetto per lui quando con lei si era dimostrato così benevolo e attento.

- Non dovrebbe essere da lui, adesso? - gli domandò istintivamente, anche se l’ultima cosa che voleva era che se ne andasse.

Masumi la guardò, continuando a camminare sotto gli alberi profumati, lei guardava avanti, in attesa della sua risposta.

- A volte lei è davvero impertinente - le disse e Maya si voltò di scatto, punta sul vivo, ma quando lo vide sorridere, tutta la sua rabbia improvvisa, svanì. Stava scherzando… non credevo potesse farlo così…

- Se devo essere sincero con lei, preferisco di gran lunga la sua compagnia a quella di mio padre - e si fermò, scoppiando a ridere, celando quell’imbarazzo che lo colse pronunciando quella frase. Anche Maya si fermò girandosi, cercando di capire quell’uomo dai mille volti che riusciva a sconvolgerla con una semplice risata. Quando Masumi riabbassò lo sguardo, trattenne il fiato vedendo il sole che illuminava il suo profilo e rendeva la sua pelle dorata e brillante. Incapace di trattenersi, alzò una mano e delicatamente le spostò una ciocca di capelli dietro la spalla.

Maya smise di respirare e perfino il cuore perse un battito per un istante. Signor Hayami...

- D’altronde, chi preferirebbe la compagnia di un millepiedi a quella di una farfalla? - sussurrò, facendola arrossire completamente - Solo un pazzo - aggiunse sempre in un mormorio debole e lasciando ricadere la mano sul fianco.

Questo sorriso… è così affettuoso… è per me… chissà cosa penserebbe in questo momento se sapesse cosa provo… mi deriderebbe… perderei anche quella sua parte che ammira l’attrice, perderei le sue rose per sempre, e io… io potrei morirne…

Abbassò lo sguardo sottraendosi al suo, così intenso e che aveva sempre difficoltà a sostenere.

- Cosa… - iniziò lei a voce così bassa che dovette ripetersi - Cosa pensa della… delle mie due rappresentazioni? - gli chiese riprendendo a camminare. Mi batte troppo il cuore, devo calmarmi… santo cielo… ma che razza di domanda… perché gliel’ho posta? Voglio vedere se mi mentirà rispetto a quello che ha detto alla signora? E’ questo che cerco…?

Masumi la osservò voltarsi con ancora la sensazione dei suoi capelli sulle dita. Non avrei dovuto toccarla né guardarla in quel modo… E’ un atteggiamento sconveniente...

- Lei è istintiva, ragazzina, ha un modo tutto suo di interpretare i temi che vi ha dato la signora Tsukikage… - iniziò - Vederla uscire dalla cascata ed evocare l’acqua per vendetta è stato emozionante, vederla nascere da un seme, commovente. Gliel’ho già detto, una volta, lei ha la capacità di attrarre lo spettatore, di trascinarlo dentro la scena ed è la dote più importante di un’attrice - concluse, la voce bassa e tranquilla.

Maya si fermò udendo quelle parole che le sembravano così sincere. Un’attrice...

- Lo pensa davvero? - gli chiese in un sussurro, fissando a terra.

Lui corrugò la fronte. Non mi guarda nemmeno… la terrorizzo così tanto?

- Lo penso davvero - ripeté senza esitazione.

Maya sollevò gli occhi. Era felice, veramente felice e lui lo capì dal suo sguardo vibrante. Ciò che Masumi non avrebbe potuto immaginare fu la fitta di angoscia che attraversò lei al pensiero che l’avesse valutata nuovamente e solamente, come attrice.

- La ringrazio, devo tornare al tempio - gli disse con un sorriso e un lieve inchino, iniziando a correre, i fogli stretti al petto. Lo so che mi sostiene sempre! Lo so! Lo so! E’ grazie a lui se ora sono qui, in questa valle… ma io… perché? Perché questo sentimento mi lacera così tanto? Perché non accetto chi sia lui realmente e che il suo affetto è solo professionale?!

- Ragazzina… - sussurrò Masumi, stupito per quell’improvviso cambio di atteggiamento mentre il consueto vuoto freddo si sostituiva al calore che lei aveva portato.

- Arrivederci! - gridò Maya alzando una mano e continuando a correre. Strinse gli occhi lasciando cadere lacrime calde di dolore che venivano dalla sua parte più nascosta e profonda.

Lui la osservò finché fu visibile, inspirò aria, la trattenne, poi la espirò.


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Capitolo 23
*** Lo spirito della Dea ***


Ultima revisione: dicembre 2015


23. Lo spirito della Dea

 

Mizuki si appoggiò allo schienale della sedia, esausta. Erano stati due giorni intensi e lei aveva fatto tutto ciò che il signor Masumi le aveva chiesto dopo aver saputo del ritrovamento di suo padre. Aveva avvisato il Consiglio di Amministrazione della Daito, il regista Onodera e Kei Akame, il Presidente dell’Associazione Nazionale e aveva emesso due comunicati stampa che, nel giro di poche ore, avevano stabilizzato le azioni sul mercato. Gli aveva domandato se sarebbe tornato a Tokyo, aspettandosi già la sua risposta, che infatti era stata negativa.

Non avevo alcun dubbio che sarebbe rimasto lì…

Ordinò alcuni fogli, archiviò i due comunicati stampa e controllò il cellulare per accertarsi che non ci fossero chiamate o messaggi. Sospirò, indossò il cappotto e uscì nella notte fredda di Tokyo.


Lo scalpello si muoveva deciso sul legno morbido mentre la statua prendeva forma fra le sue mani. Era così assorto da non essersi reso conto neanche del tempo che passava né del maestro che lo osservava in silenzio.

Per familiarizzare con la parte dello scultore Isshin ho quasi costretto il Maestro Kaikei a prendermi come allievo. Mi ha insegnato molti modi di intagliare e finalmente mi ha permesso di scolpire una statua… quando l’avrò ultimata, qui avrò finito… L’ho disturbato abbastanza…

Rifinì le ultime parti, poi gliela mostrò e il maestro annuì con un sorriso lieve.

- Grazie veramente di tutto, Maestro Kaikei -

- Di niente, non so quanto io possa essere stato utile, ma lei si è dimostrato un buon allievo! - si congratulò - Prenda, sono gli attrezzi che ha usato. Quando avrà difficoltà nella recitazione, provi a mettersi a scolpire - gli suggerì, benevolo.

- Maestro Kaikei… - Yu era senza parole per l’imbarazzo e il senso di gratitudine.

- Io non so che genere di personaggio sia lo scultore Isshin… - proseguì Kaikei - Ma non crede sia meglio non volerlo trovare a tutti i costi? - Yu lo guardò stupito - Quando la guardavo scolpire senza badare a niente altro, dimentico della recitazione, pensavo di trovarmi di fronte al suo Isshin! Se abbandonerà ogni pregiudizio, vedrà la verità - gli consigliò il saggio maestro - Non crede che il suo Isshin sia già dentro di lei? -

Yu lo fissò sbalordito, mai si sarebbe aspettato parole del genere da quella persona così riservata e disponibile.

- Quando avrò difficoltà con la recitazione, mi metterò a scolpire! - gli promise - Dimenticando tutto! - aggiunse con ardore - La ringrazio molto! Accetto con piacere gli scalpelli! E un giorno, sul palcoscenico, scolpirò una statua nei panni di Isshin! - affermò deciso ed emozionato.

Ora posso andare nel paese della Dea Scarlatta! Laggiù, nei luoghi dove l’opera è nata, proverò a scorgere l’Isshin che è dentro di me! Maya… aspettami! Sarò all’altezza della tua Akoya, te lo prometto! Non vedo l’ora di incontrarti!



Maya appoggiò la testa alla sottile parete dietro di lei. Era confusa, stanca, amareggiata, tesa e non aveva nessuno con cui confidarsi e allentare quell’angoscia dirompente. Sfogliò nuovamente le battute che tra sei giorni avrebbe dovuto recitare e con sgomento si accorse di non avere idea di cosa significassero realmente.

Sussurrò le frasi per l’ennesima volta come se questo potesse illuminarla in qualche modo. C’erano due personaggi, la Dea e Oniosa. Sospirò e lesse a voce alta.

Dea Scarlatta:

“Chi mi sta chiamando? E’ l’eco della foresta? Il silenzio della notte? No, è l’odore del sangue. Vedo due vortici che si stanno scontrando. Il turbine rosso e il turbine bianco sono due trottole che portano disordine nel creato.

Girano, girano, e mentre si scontrano, si urtano, tutto viene distrutto… il loro ruotare è sempre più furioso.

Lo spirito degli dei è agitato. Dalle due trottole nasce il fuoco della guerra che sparge odio e sofferenza. E, una dopo l’altra, le perle della vita svaniscono.

Non capisco, perché gli uomini combattono? Perché spargono sangue e distruggono? Non sentono la voce del cielo? Non sentono la voce della terra? Non sentono il canto degli dei che curano le perle della vita che legano cielo e terra?

Perché non se ne rendono conto? Chiamano solo il male nel mondo. Come fanno a non capire che trasmettendo al male i loro pensieri malvagi, tracciano la loro strada?”

Oniosa:

“Gli uomini credono solo in quello che vedono. Credono solo in quello che sentono con le proprie orecchie e in quello che possono toccare. Gli esseri di carne credono soltanto negli esseri di carne.”

Dea Scarlatta:

“Che cosa sciocca! Proprio loro non si rendono conto che è il cuore degli dei di cielo e terra a farli muovere, ad avere cura della loro vita?!

L’albero è lo spirito. Lo spirito degli dei della terra cresce e si manifesta sulla superficie. Qui, in questa terra sacra dove vivono gli dei, il mio aspetto è quello di un albero di susino!

La mia forza sale al cielo come una spirale e si prende cura degli esseri della superficie, degli esseri acquatici, degli esseri con le radici, degli esseri striscianti, degli esseri che volano, degli esseri che camminano, degli esseri che nuotano.

Crescete! Crescete! Rapidamente! Aumentate! Diffondetevi! Con la mia benedizione!

Sbocciate, fiori scarlatti dalla mia vita millenaria!”

Cosa significherà? Cielo e terra legati… due trottole… le perle della vita… la voce del cielo e della terra… E’ difficile… in che modo dovrò interpretare la mia Dea Scarlatta? Eppure… io non credo che il significato sia così oscuro… in fondo la battuta potrebbe voler dire esattamente ciò che dice...

Un grido riecheggiò nel tempio e lei sussultò. E’ la voce di Genzo che chiama la signora… Schizzò lungo il corridoio con il cuore martellante per la paura. Incontrò Ayumi con lo stesso sguardo atterrito e insieme spalancarono la doppia porta della stanza dove era contenuta la veste e da dove provenivano le grida sostenute.

La signora Tsukikage giaceva a terra senza sensi e Genzo la teneva fra le braccia.



Solo tu puoi interpretare le Dea Scarlatta, Chigusa… Sei la sola capace di esprimere la mia anima… non dimenticarlo, Chigusa… non dimenticarlo… Ti affido la Dea Scarlatta! Te l’affido!

Si svegliò di soprassalto da quel sogno incredibile dove avrebbe voluto restare per sempre se avesse potuto, da dove invece lui l’aveva spronata ad uscire. Aveva rivisto tutta la sua vita, quando era solo una ladruncola di strada e rubò, per caso, in un teatro, incontrando lui, il suo benefattore, il suo maestro, l’altra metà della sua anima.

L’aveva presa sotto la sua ala protettrice, insegnandole la recitazione e la vita, finché non fu pronta a salire su un palcoscenico. Il sogno era stato così vivido che aveva rivissuto ogni emozione, ogni palpito fremente del suo cuore quando lui la guardava, purtroppo più come una figlia che come una donna. Aveva famiglia, moglie e figli, e lei sapeva che l’amore che provava per lui non sarebbe mai stato corrisposto.

Ichiren la vide sbocciare come attrice, bellissima e geniale, ma lo scoppio della seconda guerra mondiale cambiò ogni cosa, costringendoli a fuggire da Tokyo mentre il loro teatro andava in fiamme. Si rifugiarono dai bombardamenti, ma quando si svegliò, il mattino seguente, lui era sparito. Lo cercò dovunque senza trovarlo, neanche presso la sua famiglia, ma la sorella di lui le fece vedere alcune foto di quando era piccolo e una in particolare attirò la sua attenzione: era stata scattata nelle campagne di Nara, dove andava spesso da ragazzino, per cercare orchi e draghi, inseguendo la leggenda di una dea scarlatta. Così, lei decise di raggiungere quel posto, con la speranza di trovarlo e le sue preghiere vennero accolte.

Ichiren Ozaki dette vita, in quel luogo magico, al più grande dramma teatrale giapponese, affidando a lei il ruolo della protagonista, Akoya, che ospitava lo spirito della dea. La guerra terminò e fecero ritorno a Tokyo riuscendo a mettere in scena la “Dea Scarlatta”, che ottenne grande successo grazie alla recitazione di Chigusa, pregna di un amore tormentato e non corrisposto nella realtà che lei riversava nelle battute piene di sentimento che trascinavano lo spettatore nella valle dei susini. La sua bellezza, come attrice e come Dea Scarlatta, divenne leggendaria e venne notata da un uomo che si innamorò perdutamente di lei e che fu la loro rovina…

Chigusa spostò lo sguardo intorno a sé, con il cuore che ancora batteva follemente. Genzo era alle sue spalle, come sempre, ora addormentato sul pavimento. Ai suoi lati, le due attrici, distese e dormienti, che aveva scoperto, come Ichiren aveva fatto con lei molti anni prima. Sorrise.

Eisuke Hayami era già ricco… si offrì di trasportare tutte le sceneggiature della Dea Scarlatta in giro per il Giappone, dove fosse necessario e gestì la pubblicità, la vendita dei biglietti… Non potevo sapere che avrebbe portato Ichiren alla morte, altrimenti io… Finché non scoprii che il suo unico interesse ero io… voleva me, tramite i diritti della Dea Scarlatta… fece di tutto per manipolare e convincere Ichiren, si assunse dei rischi finanziari che non riuscì a restituire e i creditori se la presero con Ichiren… Cercò di farmi entrare nella Daito, ma io rifiutai! Sabotarono i nostri spettacoli fino ad incendiare il teatro dove mettevamo in scena lo spettacolo… Ricordo ancora perfettamente come lui mi difese quando un gruppo di manigoldi avrebbe voluto sfregiarmi il viso… Lo picchiarono, era allo stremo, senza teatro, la compagnia sciolta e Hayami si ripresentò di nuovo! Maledetto approfittatore! Gli mise davanti una montagna di soldi cercando di convincerlo a vendere i diritti della Dea Scarlatta, ma Ichiren rifiutò… Non ci arrendemmo e cercammo di risollevarci, ma era sempre più difficile. Non avevamo più la forza di combattere contro Eisuke Hayami che, scoprii, era dietro a tutti i misfatti e le catastrofi che ci erano accadute: era lui che aveva portato Ichiren alla rovina! E fu quando la disperazione sembrava al suo massimo grado… che l’altra metà della mia anima cedette al mio amore, che non era mai scemato, ma solo intensificato… la sua famiglia l’aveva abbandonato, niente più legami, né etici, né professionali… Quella notte stessa, in cui le nostre anime divennero una sola, lui…

Si portò le mani al volto, piangendo sommessamente, il cuore straziato come allora dal ricordo di quel sogno così vivido.

Se non ci fosse stato Genzo e la Dea Scarlatta… io…

Si voltò sorridendo dolcemente a quel guardiano silenzioso e gentile che l’aveva protetta per anni. Si portò una mano al volto, a quella cicatrice che aveva bruscamente interrotto la sua carriera di attrice.

E poi l’incidente…

Sospirò e posò nuovamente lo sguardo sulle due ragazze. Ormai non avrebbe dovuto resistere più di tanto, erano pronte, sarebbe riuscita a trasmettere la “Dea Scarlatta” alla sua erede proprio come voleva Ichiren. Ayumi era distesa su un fianco, compassata anche nel sonno, Maya, invece, era in una posizione davvero strana che la fece sorridere.

Maya, non so come tu sia rimasta coinvolta con il figlio di quell’uomo, o come lui sia rimasto coinvolto con te, ma può essere solo un aspetto positivo per affrontare l’amore complesso della Dea Scarlatta… Ieri… quel ragazzo, è venuto qui per te, camuffando le sue azioni dietro una maschera di vetro anziché dietro un mazzo di rose scarlatte… è lui, vero? Ma non mi ha impedito di vedere oltre, forse anche lui sta cedendo… a quanto pare, su di lui, Eisuke si sbaglia...

Sorrise compiaciuta e allungò una mano per carezzarle amorevolmente i capelli.



Lo spavento per il malessere della signora era ormai passato e Maya e Ayumi erano potute tornare a concentrarsi sull’interpretazione della Dea Scarlatta. L’aria era fredda e il fiato si levava in deboli volute. Tutto il tempio era silenzioso, si sentivano solo i cinguettii degli uccelli e in lontananza un contadino che spaccava la legna.

Maya era seduta su un tronco lungo la via trafficata, appena fuori il tempio e aveva visto Ayumi, dure ore prima, dirigersi verso il boschetto dove aveva passeggiato con il signor Hayami. “D’altronde, chi preferirebbe la compagnia di un millepiedi a quella di una farfalla? Solo un pazzo.” Arrossì e si portò le mani al volto sentendo la pelle scottare.

Perché questo pensiero esce improvviso quando meno me lo aspetto ed è più violento ogni volta? Ci sono piccole cose che me lo ricordano, cose a cui non avevo mai fatto caso, che evocano la memoria di ciò che ha detto o fatto e io…

Il rumore di un’auto la distrasse e il suo cuore accelerò all’improvviso. Sarà lui? Si guardò addosso notando improvvisamente come fosse vestita… Santo cielo… ma da quando mi interessano i vestiti…? Dalla curva sbucò un autobus, quello che aveva preso per andare in paese, che si arrestò alla fermata. Lo fissò con la bocca spalancata e la sua meraviglia si tramutò in gioia quando vide i ragazzi della compagnia Tsukikage e Unicorno scendere di corsa.

Gli corse incontro chiamandoli e Rei abbracciò immediatamente Maya che piangeva felice mentre tutti gli altri le accerchiarono salutandola.

- Cosa ci fate qui? - li interrogò passando lo sguardo su tutti loro.

- Abbiamo ricevuto una telefonata dal signor Genzo! Come sta la signora Tsukikage? - spiegò subito Rei - Siamo venuti qui per questo -

- Venite, vi accompagno al tempio! - rispose Maya esuberante come sempre, il cuore colmo di gioia per la loro presenza. Durante il breve cammino gli raccontò tutto quello che era accaduto, le prove a cui le aveva sottoposte e quell’ultima, in cui avrebbero realmente interpretato la Dea Scarlatta.

- Signora! I membri della compagnia Tsukikage e della Unicorno sono venuti a trovarla! - gridò facendo sobbalzare Genzo poche stanze più in là che celò un sorriso divertito.



La mattina seguente, la signora Tsukikage, durante la colazione, le avvisò che avrebbero provato la “Dea Scarlatta” direttamente nella valle dei susini.

Genzo le aveva riferito che Ayumi era stata tutto il giorno precedente fuori dal tempio in cerca del significato delle frasi da recitare e che Maya, invece, si era trattenuta con gli amici appena arrivati, ridendo e scherzando, e che la sera si erano divertiti tutti insieme. Alla fine dei loro allenamenti quotidiani, aveva chiesto ad entrambe se avessero capito le battute del copione che aveva dato ad entrambe.

Le risposte l’avevano sconcertata. Ayumi aveva analizzato le battute come un’attrice, Maya… lei aveva accettato le battute esattamente per quello che erano. Non aveva cercato spiegazioni, lei le aveva prese come fosse la Dea Scarlatta, che volessero dire esattamente quello che dicevano. Le prime differenze fra le due attrici stavano iniziando a venire fuori ed era davvero curiosa di vedere cosa sarebbe accaduto nella prova.

Si cambiarono rapidamente dopo aver finito di mangiare, si incamminarono silenziose e al ponte di corda e legno che portava alla valle incontrarono tutto il gruppo di ragazzi della compagnia Tsukikage e Unicorno che, per visitare quei luoghi, avevano deciso di accamparsi nei dintorni per non portare disturbo alla signora e chiedere ospitalità al tempio.

- Ragazzi! Siete tutti qui? - li salutò entusiasta Maya.

- Stamani Genzo è venuto da noi e ci ha detto che la signora Tsukikage ci avrebbe mostrato la valle dei susini! -

- La valle dei susini... anche voi? - Maya si girò lentamente verso Ayumi.

- Chissà cosa ci farà fare stavolta… - commentò sommessamente la giovane attrice riprendendo il cammino.

Quando raggiunsero la valle, ogni chiacchiera terminò, ogni brusio si zittì, tutti i ragazzi stavano col naso all’insù, ammirando i susini scarlatti in fiore e la magica atmosfera che li circondava.

- E’ meravigliosa questa valle… - sussurrò Rei completamente rapita da quella meraviglia della natura.

Poco più avanti scorsero la signora Tsukikage. Maya e Ayumi si misero alla sua sinistra, mentre i ragazzi davanti a lei. Dietro di loro scorreva rapido il fiumiciattolo che attraversava la valle.

- Bene ragazzi, benvenuti nella valle dei susini della Dea Scarlatta - li salutò cordialmente la signora - Come potete vedere questa è una valle straordinaria. Per lungo tempo è stata un luogo proibito e misterioso. Questo è il posto dove lo spirito degli dei si manifesta sotto l’aspetto di albero di susino. Secondo la leggenda insieme al sacro albero vivono molti spiriti - spiegò e spostò lo sguardo serio sui volti attenti.

- Non a caso vi ho radunato tutti qui, oggi - proseguì - Vorrei che ognuno di voi assumesse il ruolo di uno spirito per giocare in questa valle - alcuni mormorii si levarono dai ragazzi - Mentre Maya e Ayumi... - e la signora spostò il suo sguardo penetrante sulle due giovani attrici - Vi affronterete per costruire il personaggio della Dea Scarlatta - i ragazzi esultarono di gioia, mentre Maya e Ayumi erano terree.

- Lo spirito del vento, della nebbia, di piante e fiori, dell’eco, della montagna, gli orchi protettori della valle e il drago Ryujin. Ognuno di voi può scegliere il ruolo che preferisce - spiegò ancora la signora. Tutti i ragazzi scelsero con grande entusiasmo.

- Io sarò l’eco del bosco! - esclamò Saiaka contenta di poter partecipare ad una interpretazione del genere in quel posto magico.

- E io sarò Ryujin - disse Rei - Ce la farò? Non ne so molto su di lui… -

I ragazzi scelsero lo spirito della montagna e l’orco.

- Allora spiriti, questa è la vostra dimora, un luogo sacro proibito agli umani. Gli umani danneggiano la natura, ognuno di voi è arrabbiato con loro - esordì la signora esponendo l’ambientazione dei personaggi e rivolgendosi ai ragazzi sotto lo sguardo attento e silenzioso di Maya e Ayumi che assistettero stupite all’immedesimazione dei loro amici negli spiriti della valle.

Ognuno di loro espresse agli altri l’ira nei confronti dell’uomo che inquinava, uccideva, deforestava, cambiava i corsi dei fiumi, prosciugava laghi e non accettava ciò che era diverso da esso. Per questo motivo gli spiriti non si mostravano all’uomo che aveva anche la cattiva abitudine di non credere a ciò che non vedeva.

- Loro non pensano che noi esistiamo - disse Rei nei panni di Ryujin -  per questo si comportano arbitrariamente rovinando campagne e montagne -

Maya li fissava con occhi spalancati, parlavano fra loro facendo emergere il vero cuore degli spiriti della valle e Ayumi si rese conto che con quel semplice gioco la signora li stava facendo entrare nei personaggi.

- Allora, spiriti, ora che avete espresso la vostra insoddisfazione nei confronti degli umani, cosa gli fareste se entrassero in questa terra proibita? Questo è il luogo sacro in cui lo spirito degli dei della terra si manifesta come albero di susino… che è la personificazione della Dea Scarlatta… Voi dovete proteggerla, come fareste? - domandò la signora apprezzando l’immedesimazione precedente.

Gli spiriti risposero che avrebbero fatto calare la nebbia, evocato l’eco per fargli perdere l’orientamento, intralciati con l’edera, fatti volare via col vento.

- E se non dovesse bastare, io chiamerei delle nuvole nere e farei piovere un acquazzone! - disse Rei con la voce di Ryujin.

Gli orchi, avvalendosi dell’invisibilità, li avrebbero fatti inciampare e cadere giù da un precipizio, l’acqua dei fiumi avrebbe trascinato via gli umani precipitati a valle.

- E se ne rimanesse ancora qualcuno, calpestando la terra la farei tremare e li spaventerei! - disse lo spirito della montagna.

- Così nessun umano potrebbe rovinare questo luogo - approvò la signora con un cenno lieve della testa - Bene, giocate pure tranquilli in questa valle. Ognuno scelga il posto che preferisce e vi stia finché non darò il segnale - ordinò la signora incrociando le braccia al petto.

Tutti i ragazzi si sparpagliarono cercando un posto consono al proprio personaggio mentre Maya e Ayumi videro avanzare Genzo che portava due stole di seta fra le braccia.

- Prendete questi e andate in cerca del posto che preferite - disse Chigusa alle due ragazze ancora frastornate per quanto stava accadendo.

- Stoffa? - mormorò Ayumi dubbiosa e seria.

- Wow che bello! Sembra una sciarpa! Funge da costume della Dea Scarlatta! - esclamò invece Maya entusiasta con gli occhi che brillavano come piccoli soli.

- Per gli altri questo è un gioco, ma per voi è una prova per la Dea Scarlatta. Vi svegliate da un sonno profondo e vi mostrate agli altri. Non dovrete muovervi fino al secondo segnale. Avete capito? - spiegò la signora fissandole intensamente.

- Sì, signora Tsukikage - risposero all’unisono le due ragazze scegliendo il posto dove interpretare la propria dea.

Le sensei osservò lo spazio intorno a lei, imitata da Genzo: i ragazzi avevano preso posto su rocce, alberi, Rei Aoki era saltata su una roccia in mezzo al ruscello. Incrociò le braccia al petto sorridendo sorniona in attesa che le due candidate prendessero posto.



Anche se era passato solo un giorno da quando l’aveva vista, non era riuscito a smettere di pensarla neanche per un istante. Era arrivato a credere che quel luogo dovesse in qualche modo influire sulle sue capacità cognitive perché per due volte si era addirittura rifiutato di rispondere a Mizuki.

Non ho mai fatto una cosa del genere da quando sono entrato a lavorare alla Daito Art… mi rendo conto di essere distratto, scostante e anche in questo momento rivedo il suo volto accarezzato dal sole su quel sentiero… la sua voce tremava quando mi ha chiesto cosa ne pensassi delle sue interpretazioni… è la seconda volta che chiede il mio parere...

Sorrise e prese le chiavi della macchina. Questa volta non aveva alcuna scusa per andare al tempio, ma era certo che ne avrebbe trovata una qualsiasi al momento opportuno per giustificare la sua presenza. Non aveva più intenzione di mentirsi.

Andava lì per lei, per Maya Kitajima.



- Ho capito… - rispose il fotografo Hamil in giapponese all’inserviente che lo aveva accolto all’entrata del tempio. Ridiscese le scale e vide la sportiva acciaio che aveva notato anche durante la prova dell’acqua.

Masumi Hayami della Daito Art Production…

Parcheggiò vicino alla sua e scese, con quell’aria sempre concentrata e oscura.

E’ proprio il tipo d’uomo che, disegnato in un manga giapponese, attirerebbe frotte di ragazzine…

Gli sorrise andandogli incontro mentre Hayami rimase del tutto impassibile come se non l’avesse neanche visto. Spostò lo sguardo prima sull’inserviente, ancora sulla porta del tempio e poi su di lui. Quante ore lavorerà al giorno? Venti? Magari lavora anche mentre dorme…

- Buongiorno, signor Hayami - lo salutò in giapponese con un lieve cenno della testa come gli aveva insegnato Masao. Si fermarono l’uno di fronte all’altro, squadrandosi, Hamil sorridente mentre lui serio e silenzioso.

- Buongiorno a lei, signor Hamil - ricambiò Hayami premendo sul telecomando per chiudere la macchina.

- Qual buon vento? - il fotografo passò all’inglese dato che non era riuscito a tradurre in giapponese quel modo di dire.

- Uno che profuma di diritti teatrali - rispose lui enigmatico.

- Temo che dovrà attendere - sospirò il francese - Sono tutti alla valle dei susini - concluse spostando lo sguardo verso il sentiero che portava al ponte sospeso.

Per tutta risposta Masumi si voltò e si incamminò.

- Ehi! Ma dove va? - gli chiese indispettito Hamil.

- Naturalmente vado a vedere Ayumi Himekawa - gli rispose laconico senza voltarsi - Lei non era venuto per questo? -

Hamil imprecò in francese su quanto fosse enigmatico e antipatico quell’uomo che probabilmente aveva la sua stessa età.

Camminarono silenziosamente sul sentiero che Masumi aveva già fatto quando aveva trovato Maya sotto la pioggia. Le immagini di quella notte al tempio non l’avevano più abbandonato da allora e non avrebbe potuto dimenticare quella strada neanche volendo. Hamil fissava le sue spalle, seguendolo e si domandò se fosse davvero interessato ad Ayumi.

Ayumi è un’attrice della Ondine… lui è il suo capo… è normale che se ne interessi… se lei dovesse vincere la sfida, otterrebbe i diritti della Dea Scarlatta che andrebbero direttamente alla Daito e quindi a lui…

- La signora Tsukikage mi ha detto che lei è stato presente a tre prove delle candidate - gli domandò all’improvviso riscuotendolo dai suoi pensieri.

- Sì, non ho assistito a quella del vento - confermò il fotografo affiancandosi al giapponese.

- Mi piacerebbe poter avere qualche scatto, pensa di potermi accontentare? - chiese continuando a camminare e in quell’istante intravide il ponte.

- Di Ayumi Himekawa? - lo interrogò il francese guardandolo in tralice.

- Sì - confermò Hayami senza distogliere l’attenzione dal sentiero.

- Ne vuole anche dell’altra candidata? - insisté, dando libera voce a quel minuscolo sospetto che gli ronzava in mente dal giorno precedente.

Hayami spostò solo lo sguardo, continuando a camminare.

Finalmente una reazione, mister iceberg…

- Sì - rispose di nuovo - Mandi tutto alla mia segretaria a Tokyo - aggiunse tornando a guardare il ponte.

- Ovviamente anche la fattura - disse dopo qualche secondo di silenzio. Hamil preferì non ribattere mentre le assi di legno scricchiolavano e ondeggiavano al loro passaggio.

Puoi starne certo che riceverai la mia fattura…

In breve raggiunsero i susini scarlatti e Hamil rimase a bocca aperta per tanto spettacolo. Masumi lo sentì scattare fotografie e rimanere leggermente indietro mentre lui continuò a camminare. Il fotografo spostò l’obiettivo puntandolo su di lui e sorrise.

Ma guarda che bella inquadratura… natura e tecnologia… morbido e spigoloso… dolce e amaro… armonico e dissonante…

Un grande susino fiorito si stagliava davanti ad Hayami, che gli camminava incontro. Il vento trascinò in aria i fiori rosa, gli mosse la giacca che ondeggiò e Hamil fermò quell’istante nella sua reflex con un sorriso soddisfatto. Perfetto!

In breve raggiunsero la radura, guidati anche dalle voci dei ragazzi che ridevano. Quando sbucarono dai susini, individuarono subito la signora e Genzo da un lato, i ragazzi erano sparsi in giro e sembravano giocare, le due ragazze invece parevano assorte in altro.

Ayumi si trovava in un’area ampia sotto la fronda di un susino, mentre Maya si stava guardando intorno eccitata cercando il posto migliore, che poi trovò. Era un susino antico, il grande tronco nodoso era ampio e robusto.

- Che bell’albero! Sì! Mi dà vibrazioni positive! - esclamò felice - Buongiorno! Piacere! Tu sei me! - disse e lo abbracciò appoggiando la guancia e il corpo al suo tronco. Immediatamente si rese conto che c’era qualcosa di strano.

Eh? L’albero ha qualcosa di caldo… Anche gli alberi hanno un tepore? Che bello… Lo spirito dell’albero di susino scarlatto… la Dea Scarlatta…!

Rimase folgorata da quell’intuizione, una scossa l’attraversò, come se avesse stabilito una connessione con quell’albero antico. Si girò, dando la schiena al tronco e mimò la posizione di un albero. La stessa cosa fece Ayumi nel luogo che aveva scelto.

Masumi e Peter si guardarono per una frazione di secondo, ma rimasero immobili e non raggiunsero la signora e Genzo.

In realtà mi sento un intruso… ragazzina stai davvero per recitare la Dea Scarlatta?

La signora batté le mani una prima volta e i ragazzi iniziarono a muoversi nella valle, impersonando i loro spiriti che lentamente si svegliano e prendono coscienza del mondo intorno a loro. Ognuno si divertiva nel proprio ruolo e per quelli ricoperti degli altri mentre il tempo passava.

- Sembra che impersonino gli spiriti della valle… - sussurrò Hamil scattando qualche fotografia - Le due ragazze… sono immobili… sembrano alberi… -

Inquadrò la sua musa e usò lo zoom per vederla da vicino. Sembrava dormisse in piedi.

Ayumi cercava di rilassarsi e concentrarsi, ma non era facile.

La signora non ha ancora dato il secondo segnale… cosa avrà in mente? E’ un bel po’ che sono in questa posizione… è stancante…

Ayumi si girò lentamente verso Maya e rimase basita.

Cosa?! Maya ha un’espressione così istupidita! Come se sonnecchiasse davvero!

Chigusa osservò le due ragazze alle prese con ciò che gli aveva chiesto di fare: prepararsi al risveglio da un sonno. Maya ha l’aria distratta di chi guarda cosa accade nella valle dei susini. I suoi occhi sono aperti, ma ciò che vi si riflette non arriva al cuore. Nel suo cuore non c’è nulla...

- Signora… - sussurrò allibito Genzo notando lo sguardo e la posizione di Maya rispetto a quella di Ayumi.

- Sono una l’opposto dell’altra… Guarda, Maya ha un’espressione indifesa... Con il passare del tempo Ayumi comincia ad ascoltare schiettamente il suo cuore, Maya, invece, se ne dimentica… Pare che il momento sia arrivato finalmente… - Chigusa le osservava febbrilmente e Genzo si rese conto che erano anni che non le vedeva un’espressione così rapita.

Masumi passò lo sguardo dalla signora in nero a Maya poi ad Ayumi e si rese conto che le due candidate avevano scelto un diverso modo di impersonare quello che sembrava il risveglio della Dea.

- Reciteranno il risveglio della Dea Scarlatta… - mormorò Masumi realizzando che avrebbe visto sicuramente qualcosa di incredibile in quella valle.

Il secondo battito di mani riecheggiò fra i susini in fiore.

Ecco! E’ il segnale! Ayumi iniziò a muoversi leggiadra, risvegliandosi come Dea Scarlatta sotto gli occhi spalancati dei ragazzi e di Hamil che continuava a scattare fotografie. Dalla forma di albero di susino si trasformò in spirito, incantando tutti. Con la coda dell’occhio si rese conto che Maya era ancora al suo posto.

Rei spostò lo sguardo verso Maya e rimase sconvolta. Perché Maya non si muove?

Maya era ancora immobile e sembrava non aver neanche sentito il segnale della signora. Il suo sguardo era vacuo, la posizione ancora quella di un albero, la stola di seta gentilmente appoggiata sulle spalle e sulle braccia.

Che mi succede? Io… non riesco a muovermi! Perché? E’ strano, non mi esce la voce… che mi succede? Non mi ero mai sentita così… Ah! Ma certo! Io sono l’albero di susino e sto per svegliarmi! Devo muovermi ma come posso fare? Devo parlare… ma come? Devo tirare fuori la forza della Dea Scarlatta! La forza della spirale? La spirale… Il vento… l’acqua… la spirale che viene dalla terra… La spirale! La forza della Dea Scarlatta!!!

Maya dischiuse le labbra, il primo piccolo movimento che le vide fare Masumi, un suono indistinto uscì, lentamente, come un lamento, che andò intensificandosi in un urlo potente e vibrante sancendo il suo risveglio da albero a spirito.

Ha superato in intensità addirittura quello che ha fatto alla cascata…

Masumi avvertì un lieve e fastidioso formicolio sulla punta delle dita e aprì e chiuse le mani più volte per farlo passare.

La signora Tsukikage non riuscì a trattenere un moto di sorpresa nell’osservare quella ragazza minuta che dimostrava la forza della Dea Scarlatta con la voce e con lo sguardo carico di energia.

Maya afferrò la stola alla fine del suo movimento, trasformando i rami in braccia e mani, mentre il suo urlo si quietò. Tutti la fissavano ammutoliti, perfino Ayumi.

- Maya! Vai! Pronuncia le battute della Dea Scarlatta! - gridò la signora infervorata - L’albero è lo spirito! Lo spirito degli dei della terra cresce e si manifesta sulla superficie! - la incitò, pronunciando la prima battuta, pervasa da un’emozione incontenibile.

- L’albero è lo spirito... - mormorò dapprima Maya, lo sguardo inespressivo e vuoto - Lo spirito degli dei della terra cresce e si manifesta sulla superficie… - si mosse leggermente, poi sollevò di scatto un braccio.

- Qui... in questa terra sacra... dove vivono gli dei! il mio aspetto è quello di un albero di susino! - e il vento prese vita dai suoi movimenti, tutti lo avvertirono, come se spirasse veramente. Maya girò su sé stessa avvolgendo la stola come una spirale intorno a sé.

Masumi rabbrividì e invece che passare, il formicolio alle dita si estese alle mani. Le sollevò guardandole un attimo mentre il cuore gli batteva incessante e tornò a fissare lei. Come può trasformarsi così...

- La mia forza sale al cielo come una spirale… e si prende cura degli esseri della superficie! Degli esseri acquatici, degli esseri con le radici, degli esseri striscianti, degli esseri che volano, degli esseri che camminano, degli esseri che nuotano… Crescete! Crescete! Rapidamente! Aumentate! Diffondetevi! Con la mia benedizione! Sbocciate, fiori scarlatti dalla mia vita millenaria! - gridò Maya alla valle alzando gli occhi al cielo.

Masumi comprese che ciò che Maya stava facendo andava oltre qualsiasi previsione della signora Tsukikage. I suoi occhi… i suoi occhi sono incredibili… non riesco a staccare lo sguardo da lei e sono sicuro che se volessi muovermi non ci riuscirei…

Maya abbassò il mento e le braccia, la stola cadde a terra lieve, come le centinaia di petali di susino scarlatti mossi dal suo vento, chiudendo la sua interpretazione. I ragazzi la fissavano senza parole mentre la signora Tsukikage, in preda ad un’emozione fortissima, la guardò con occhi spiritati e un’espressione rapita.

- Questa non è l’entrata in scena di uno spirito… - sussurrò Rei che si era avvicinata - E’... l’entrata in scena di una dea… - scostò lo sguardo e vide i due uomini. Masumi Hayami e Peter Hamil… ma che ci fanno qui? Signor Hayami… non dovrebbe guardarla in quel modo...

Maya congiunse le mani e iniziò a tremare vistosamente. La signora fece un passo avanti e la chiamò.

- Maya? - ma non ricevette risposta. La giovane si accasciò a terra appoggiandosi sui ginocchi.

Che mi è successo? E’ come se dentro di me si fosse fatta largo un’incredibile forza! Che cosa sarà mai stato? La… la dea Scarlatta!?

Ayumi era basita, sconvolta da quell’apparizione che lei stessa aveva scambiato per una dea. Non riesco… non riesco a credere che sia capace di tanto! Tutta la mia tecnica e la mia esperienza non mi sono servite a niente! Cosa ho fatto? Cosa ho mai fatto finora? Mentre vengo definita un genio, in realtà tutti i miei risultati sono frutto di sforzi immani! Io non sono affatto un genio! Qualunque sforzo faccia è inadeguato! Davanti a Maya capisco che qualunque sforzo è inutile! Lei mi fa capire quanto piccolo sia il mio potenziale! Perché  non sono lei? Mi basterebbe avere la metà del suo talento! Se potessi interpretare la Dea Scarlatta come lei! Quanto ho desiderato interpretarla! Il mio sogno era superare Maya e interpretarla! Che rabbia mi fa! Che rabbia! Che rabbia! Qualunque cosa faccia non posso competere con lei! La Dea Scarlatta è sua! Cosa è mai la mia recitazione? Maya Kitajima… ti detesto!

- Davvero notevole… - mormorò Hamil in francese senza rendersi conto dell’immobilità di Hayami accanto a lui.

Maya… non riesco neppure a dire a parole cosa ho provato guardandoti questa volta… Non ho mai visto nessuno recitare così… Qualcosa mi attirava verso di te, sento ancora che brucia dentro di me… e questo formicolio che ancora invade le mie mani…

Non si rese conto dello sguardo della signora Tsukikage e di Genzo, né quello degli altri attori che avevano recitato la parte.

Maya sollevò gli occhi, ancora a terra e li spalancò meravigliata, trovando quelli azzurri e pieni di sconcerto di Masumi Hayami. Il battito del suo cuore, ancora pieno dell’energia della Dea che era uscita dirompente da lei, si fermò di colpo. Signor Hayami!

- Che scena inusuale, non trovi, Genzo? - mormorò la signora facendo passare lo sguardo fra il figlio di Eisuke e Maya che si fissavano immobili.


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Capitolo 24
*** Incontri inaspettati ***


Ultima revisione: dicembre 2015

 

24. Incontri inaspettati



Me ne sono andato senza una parola… ho sentito lo sguardo della signora trafiggermi e sono sicuro che è stata capace di intuire che il mio interesse non è puramente professionale… Maya… sei stata incredibile… se la tua Dea Scarlatta sarà così intensa il teatro potrebbe addirittura cambiare faccia…

Masumi sollevò le mani nel buio della camera silenziosa del ryokan. Era disteso sul futon rigido, sopra la coperta e non riusciva in alcun modo a prendere sonno. Nel pomeriggio lo aveva chiamato Mizuki e lui aveva ascoltato il suo rapporto senza aggiungere niente. Suo padre avrebbe dovuto raggiungere l’ospedale a Tokyo e invece voleva uscire già da quello di Nara.

Alla fine, quel fastidioso formicolio se ne era andato, tanto repentinamente quanto era venuto, nell’istante in cui Maya aveva ripreso coscienza del mondo. Si era spaventato per lei? O si era emozionato a tal punto che vederla trasfigurata nei panni della Dea lo aveva sconvolto fino a fargli saltare la pressione?

Sorrise nel buio e lasciò ricadere le mani. Cos’era quella luce che ho visto nei tuoi occhi? Ti sei spaventata? Ti ho distratto? Ti sei resa conto che ero io a guardarti? Forse all’inizio non hai realizzato, ma poi ho visto il tuo sguardo cambiare e so che hai compreso… non sono riuscito ad impedirmi di fissarti ed è la prima volta che lo faccio pubblicamente… no… la seconda… anche la sera della premiazione di Lande dimenticate… Quando torneremo a Tokyo, questo stato di cose deve cessare… Qui non c’è nessuno… ma là…

Si alzò innervosito e uscì sul terrazzo. Il gelo della notte lo colpì e gliene fu grato. Il cielo era ancora punteggiato di stelle. Il cellulare vibrò, costringendolo a tornare in camera. La luce dello schermo che si era acceso era proiettata verso l’alto.

Hijiri…

L’ora sul display mostrava le due e quarantasette. Aggrottò la fronte e rispose.

- Hayami - mormorò meccanicamente.

- Signore, mi scuso per l’ora, spero non si sia allarmato, ma ritengo che l’informazione appena acquisita sia molto importante - lo informò il suo più stretto collaboratore. Masumi avvertì un’apprensione insolita nella sua voce.

- Non preoccuparti, Hijiri - chiuse la porta del terrazzo e si sedette sul letto. In realtà quella telefonata lo aveva obbligato a smettere di pensare a ciò che era accaduto.

- Come da sua richiesta ho scoperto finalmente qual è la famiglia a cui suo padre vuole legare il vostro cognome - iniziò Hijiri mantenendo quella strana apprensione nella voce che insospettì immediatamente Masumi. Attese in silenzio che il collaboratore proseguisse.

- Takamiya - disse solamente, facendolo raggelare.

- Il gruppo Takatsu… avrei dovuto immaginarlo - sussurrò appena.

- Suo padre e il vecchio Takamiya sono  molto amici e sembra avere un debito di grande riconoscenza con lui, tanto da voler far unire in matrimonio suo figlio alla nipote Shiori per rafforzare economicamente le due famiglie - la voce di Hijiri riprese il suo consueto tono professionale e distaccato.

- Ti ringrazio, Hijiri, hai fatto un ottimo lavoro - acquisire informazioni era fondamentale e lui l’aveva imparato ben presto durante le noiose lezioni di management dell’università. Anche se quell’idea malsana del matrimonio sembra essersi allontanata, so che mio padre non mi lascerà in pace…

- Sono felice di esserle utile, signore -

- Adesso sai cosa devi fare. Voglio capire se Takamiya ha qualche altro interesse per voler unire il suo nome al nostro. I vantaggi sembrerebbero tutti a mio favore e del gruppo Hayami e mi sembra troppo semplice... - se ci fosse stata una minima possibilità di allontanare ancora quell’unione o magari di eliminarla, si sarebbe adoperato perché ciò avvenisse.

- Le darò un aggiornamento quanto prima -

- Grazie, Hijiri - Masumi chiuse la chiamata con un sospiro distendendosi sul letto. Ridacchiò nervosamente rendendosi conto di non avergli neanche chiesto che aspetto avesse quella ragazza. Ho pensato solo ed esclusivamente al lato economico della faccenda… forse sono veramente un mostro senza cuore come mi vede lei...



L’interpretazione di Maya nella valle dei susini aveva sconvolto tutti, ma principalmente Ayumi Himekawa. La giovane attrice si era resa conto che, nonostante i suoi sforzi e la sua abnegazione per il teatro, non avrebbe mai raggiunto il talento istintivo di Maya Kitajima. Quella ragazza non aveva tecnica, era grezza, ma aveva la capacità innata di arrivare al centro delle cose.

E’ questa l’abilità che serve alla signora Tsukikage… Maya potrà sempre imparare a danzare e a muoversi con eleganza, affinando sempre più quel talento che io invece non avrò mai…

Le lacrime scesero inesorabili sulle guance arrossate per la rabbia mentre ficcava nella valigia tutti i suoi vestiti. Non sarebbe rimasta un attimo di più in quel posto, era stata sconfitta e anche la signora se ne era accorta.

Ieri, alla valle, non mi ha neanche fatto dire le battute della Dea Scarlatta… Ne ho abbastanza!

La signora Tsukikage osservava la scena poco fuori la stanza, dal fusuma, la cui parte scorrevole era leggermente aperta. Era cosciente che Ayumi era rimasta colpita dall’interpretazione di Maya, come lo era stata lei e sapeva che questo avrebbe generato del malumore. L’attrice doveva necessariamente superare questo scoglio da sola, altrimenti veramente non sarebbe stata degna della Dea Scarlatta. Qualche minuto prima aveva trovato Maya nel bagno, immersa nell’acqua, i capelli tirati su, lo sguardo assente. Aveva le guance arrossate e le mani abbandonate nell’acqua. Era certa che stesse ripensando al momento in cui lo spirito della dea l’aveva pervasa in quegli istanti meravigliosi, quando le battute erano uscite perfette dalle sue labbra.

Subito dopo l’esibizione, Ayumi era fuggita, seguita dal fedele fotografo, mentre Masumi Hayami aveva continuato a fissare Maya ben oltre il tempo necessario ad esprimere una concreta meraviglia, diventando di palese interesse. Ed era stata solo una semplice conferma ai suoi sospetti. In un modo che le risultava incomprensibile, il figlio di Eisuke Hayami e Maya erano legati. Poi, contemporaneamente, avevano abbassato lo sguardo, meravigliati entrambi per quanto si fosse prolungato quel contatto visivo.

Fuori, il sole della mattina si stava alzando. Lasciò Ayumi alla sua tempesta interiore, non si sarebbe intromessa e raggiunse la stanza della veste, gioendo del fatto che era davvero vicina a realizzare il sogno di Ichiren e trasmettere eternità alla “Dea Scarlatta”. L’attrice che l’avrebbe impersonata sarebbe stata in grado di insegnarlo a sua volta alla prossima erede.

Ichiren, manterrò la promessa che ti feci e darò vita ad una nuova Dea Scarlatta!



Ayumi uscì dalla camera mentre la luce debole del primo mattino inondava il tempio. Camminò lungo il corridoio e sentì qualcuno in bagno, sbirciò e vide Maya che si stava asciugando sul bordo della vasca. Un gelo improvviso l’avvolse, attanagliandole il cuore in una morsa serrata.

Basterebbe una semplice spinta… batterebbe la testa e…

Quando si rese conto di ciò che aveva pensato si ritrasse inorridita dal fusuma socchiuso. Strinse forte il manico della valigia e digrignò i denti.

Non sono io questa! Anche se ciò che sento dentro mi devasta, anche se mi sento una fallita, non posso pensare di fare un atto così impuro sapendo ciò che il teatro rappresenta per me… e per lei…

Si voltò di scatto e lasciò il tempio, incamminandosi sulla strada che quasi un mese prima aveva percorso al contrario per giungere in quella valle incantata. Aveva trascorso tutto il pomeriggio precedente a litigare con Peter Hamil, era nervosa, arrabbiata con sé stessa e lui non aveva fatto altro che irritarla di più con l’intento, fallito, di smuoverla da quel suo stato autodistruttivo.

Come se quei pensieri fossero stati un desiderio espresso a un genio, quando sollevò lo sguardo lui era immobile poco più avanti, in mezzo alla strada, la fedele macchina fotografica a tracolla. Lo fissò corrugando la fronte e stringendo forte la mano libera e quella che teneva la valigia.

- Buongiorno - la salutò in giapponese e fece un lieve inchino con la testa. Ayumi rimase a guardarlo ingoiando almeno tre valide rispostacce che le erano salite alla lingua.

- Perché è qui? - gli chiese invece.

Il francese la fissò mettendosi una mano sul fianco, come se fosse completamente rilassato quando invece avrebbe voluto correre da lei e abbracciarla.

- Ci sono alcuni momenti della giornata in cui la luce è particolare e posso catturare immagini incredibili - spiegò in giapponese inserendo qualche parola in inglese. Ayumi abbassò lo sguardo e sorrise: nonostante tutto riusciva sempre a sorprenderla.

Ieri non si è arreso, ha lottato contro di me senza avvicinarsi, con la sua voce, i suoi gesti, i suoi modi diretti da occidentale…

Si avvicinò a passo lento e si fermò davanti a lui.

- Ed è riuscito nel suo intento? - indagò ancora Ayumi con la tristezza che prendeva il posto della rabbia e tornava a sconvolgerla.

- Sì - le sorrise lui mantenendo sempre quella distanza formale e dialettica - E lei perché è qui? - aggiunse, facendola sussultare. Vide la sua espressione cambiare drasticamente: la Ayumi sicura e distaccata dal mondo era scomparsa e ora aveva davanti solo una ragazza delusa e profondamente amareggiata.

- Io… - replicò, ma la voce si spense in un sussurro.

- Non le permetterò di passare - le disse in inglese e quando Ayumi sollevò lo sguardo trovò il suo, serio e duro, gli occhi chiari erano assottigliati e indagatori.

Sa già tutto… come può leggermi così dentro?

- Cosa ne sa lei? - lo attaccò Ayumi, ben sapendo che avrebbe dovuto lottare ancora, anche per fuggire, anche per lasciare quel posto odioso e quella rivale così talentuosa. Perché non mi lasciate in pace?!

- Vuole davvero lasciare tutto e abbandonare la sfida? - la provocò Hamil facendo un passo avanti e dimostrandole che non la temeva affatto.

- Quale sfida? Ha visto anche lei l’interpretazione di Maya Kitajima! - gridò sporgendosi in avanti e sentendo gli occhi inumidirsi.

- Sì, l’ho vista, tutti l’hanno vista - replicò impietoso lui - Lei ha idea di quanta gente ho fotografato nel mondo? E se c’è una cosa che ho imparato è che il percorso non è mai lo stesso - le disse, attendendo che le stentate parole in giapponese facessero breccia nella sua testa confusa.

- Percorso? - indagò Ayumi, calmandosi. Com’è possibile che riesca sempre ad attirare la mia attenzione?

Hamil annuì - Ognuno di noi ha un modo diverso per giungere alla conclusione delle cose. Lei pensa davvero che alla signora Tsukikage interessi quanti minuti sono occorsi a lei e quanti a Maya Kitajima? - fece un altro passo avanti - Alla signora interessano i risultati, se si trova in difficoltà, chieda aiuto. Oppure - e sorrise - Visto il suo stato sociale, lei non è in grado di farlo? -

Ayumi si raddrizzò indispettita.

- Lei non sa niente di me - gli rispose glaciale, fissandolo.

- Chieda aiuto - insisté lui senza muoversi di un millimetro. Ayumi sostenne il suo sguardo, severo e freddo, e si rese conto che non l’avrebbe davvero lasciata passare a costo di riportarla a forza al tempio.

- Lei non oserebbe… - mormorò, spalancando gli occhi a quella prospettiva inespressa ma lampante.

- Mi metta alla prova - sogghignò lui, che assomigliava ad una roccia granitica in mezzo al sentiero. Ayumi espirò e abbassò lo sguardo fino a terra. Senza aggiungere altro si voltò e tornò al tempio, le spalle abbassate, sconfitta sotto ogni punto di vista.

Hamil la seguì con lo sguardo, costretto ad uno sforzo notevole per mantenere quell’immobilità e quell’apparente sicurezza quando avrebbe voluto seguirla e rassicurarla.

Siete uno strano popolo, voi giapponesi, costretti in queste filosofie, pensate sempre troppo e mostrate troppo poco… sembrate freddi e distanti invece dentro di voi ci sono animi turbolenti e colorati… Non demordere, Ayumi…

L’attrice camminava lentamente, ma qualcosa cambiò nella sua postura e Hamil sperò che alcune delle sue parole avessero davvero fatto breccia e l’avessero spinta a riflettere e a non abbandonare tutto per una delusione. Le spalle si raddrizzarono, la testa tornò su, le braccia diritte e le dita delle mani si rilassarono.

Si fermò e Hamil trattenne il respiro, si girò, gli sorrise, poi prese a correre verso il tempio e lui scoppiò a ridere rilasciando tutta la tensione.

Ayumi raggiunse le scale e le salì in fretta, rientrò in camera, era vuota, Maya probabilmente era uscita. Il lato dove dormiva era tutto disordinato e un sorriso le increspò le labbra. Si tolse il cappotto, disfece la valigia, si mise la tuta e volò letteralmente fuori. Se c’è qualcosa su cui posso fare leva per capire la Dea Scarlatta è proprio la mia capacità di analizzare le cose… non mi sono mai tirata indietro davanti a niente e anche se Maya Kitajima è una rivale pericolosa, io sono sempre Ayumi Himekawa e se lei potrà supplire alla sua scadente tecnica io potrò colmare le mie lacune tornando dalla signora Tsukikage e combattendo lealmente con Maya per la Dea Scarlatta!

Sentì delle voci e sbucando sul corridoio esterno, si rese conto che la signora aveva radunato i ragazzi e Maya subito fuori dal tempio.

- Ayumi - la chiamò e lei rimase congelata per l’occhiata penetrante che le lanciò - Stavamo aspettando te, sei in ritardo - la redarguì incrociando le braccia al petto.

- Sì, signora! - rispose lei dopo un attimo e si affiancò a Maya che la guardava stranita.

- Ragazzi, desidero che continuiate con i vostri esercizi e fra sette giorni Ayumi e Maya interpreteranno la Dea Scarlatta nella valle dei susini. Dato che siete qui ho intenzione di utilizzarvi per lo spettacolo, siete d’accordo? - espose la signora guardandoli uno a uno, per ultime le due attrici.

Un silenzio teso e imbarazzato piombò sul gruppo finché la voce di Rei riscosse tutti.

- Ma certo, signora! - esordì felice - Andiamo, ragazzi! - e il gruppo, esaltato per tale privilegio, si diresse ridente verso il fiume per iniziare le loro prove.

Maya, ancora scossa per l’interpretazione del giorno precedente, accettò quei settee giorni come una condannata al patibolo. Ieri è stato incredibile, come se io non fossi stata più io… chi sarà mai la Dea Scarlatta? Ci sono vicina, ma non la capisco ancora del tutto… anche se da qualche parte nel mio cuore ho come la sensazione di conoscerla…

Lasciò Ayumi da sola all’ingresso insieme alla signora e si diresse verso il bosco, sperando di trovare l’ispirazione giusta.

Ayumi osservò la signora risalire le scale e, ancora titubante, rimase immobile finché le parole di scherno di Hamil riaffiorarono fra i suoi ricordi. Strinse i pugni e la chiamò.

- Signora Tsukikage? -

- Cosa c’è, Ayumi? - la interrogò voltandosi, sperava che l’avrebbe fatto, in fondo era tornata indietro…

- Vorrei chiederle una cosa… - iniziò mormorando - Chi è la Dea Scarlatta? So che è lo spirito millenario dell’albero di susino, ma non l’ho ancora capita realmente… C’è qualcosa che non riesco ad afferrare - le confidò.

- A quest’ora dovresti averla già compresa - rispose pacata la signora socchiudendo gli occhi - Prova a pensare al perché vi abbia fatto affrontare i temi di vento, fuoco, acqua e terra - le suggerì, voltandosi e continuando a camminare.

Ayumi si sentì svuotata al pensiero che non l’avrebbe aiutata.

- La prego, signora Tsukikage! Mi dica chi è la Dea Scarlatta! La prego! - insisté salendo le scale, il cuore che batteva all’impazzata, ma ormai convinta a non mollare anche se questo le sarebbe costato chiedere aiuto.

Chigusa si fermò, restando di spalle e Ayumi rimase nel dubbio fino all’ultimo.

- D’accordo, usciamo, Ayumi - le rispose alla fine, voltandosi.

Nell’ora seguente la signora la interrogò senza sosta, facendole rievocare tutti i ragionamenti che aveva fatto per trovare i suoi temi degli elementi, la redarguì, gridò e lei non sapeva davvero cosa volesse farle capire.

Ho espresso il vento invisibile con il movimento del corpo, per il fuoco il ritmo senza forma, la vita e l’amore per l’acqua, e l’energia invisibile della terra…

Si era fermata a riflettere in mezzo al campo spazzato dal vento in cui l’aveva portata. Era vicina, lo sentiva.

- Energia che muove le cose… tutte le cose… - sussurrò spalancando gli occhi. Si accucciò in mezzo all’erba e passò la mano sugli steli che si piegavano sotto il vento, poi sollevò lo sguardo stupefatto e consapevole, quando si rese conto di aver capito la connessione.

La signora vide la rivelazione nei suoi occhi e, ansimante per le domande serrate che le aveva posto e che l’avevano portata finalmente a quella comprensione, si erse appoggiandosi al bastone protendendo una mano verso di lei.

- Avanti! - gridò - Pronuncia le battute della Dea Scarlatta! - le ordinò finalmente, dandole la stessa possibilità che Maya aveva raggiunto il giorno precedente. Il percorso non è lo stesso per tutti…

Ayumi si alzò, lo sguardo vacuo e con voce profonda e ultraterrena dette vita al risveglio del suo spirito.

- La mia forza sale al cielo come spirale e si prende cura degli esseri di superficie! - esplose Ayumi - La Dea Scarlatta dà vita e amore agli esseri viventi, emana dalla terra un’energia a spirale che, anche se invisibile, possiede la forza di muovere le cose sulla superficie! - realizzò, trovando finalmente la sua Dea Scarlatta.

Fa crescere gli esseri sulla superficie… l’albero è lo spirito, lo spirito degli dei della terra che cresce e si manifesta sulla superficie… questa è la Dea Scarlatta, lo spirito dell’albero di susino millenario!

- La Dea Scarlatta - la voce della sensei, profonda ed emozionata, la riportò alla realtà.

- Ho capito, signora… - mormorò ancora scossa e stupefatta - Ho capito… -  e la signora Tsukikage le sorrise benevola annuendo.



Maya si addentrò nel bosco fino a raggiungere quell’albero a cui si era appoggiata il giorno in cui aveva intuito come interpretare il vento. Riassunse la stessa posizione, appoggiò la schiena al tronco ruvido e immediatamente ricordò l’affinità con lo spirito avuta il giorno precedente, il calore che aveva sentito nell’albero, quegli intensi occhi azzurri che la fissavano meravigliati quando era tornata in sé.

Arrossì e abbassò lo sguardo portandosi una mano al petto.

Il mio cuore… come batte… ma che ci faceva lì? Avrà visto ogni cosa? Però se ne è andato… avrà trovato la mia interpretazione noiosa? Eppure… il suo sguardo era così stupito...

Lo stesso vento che stava aiutando Ayumi nel campo insieme alla signora Tsukikage, spazzò erba, fiori e il polline giallo creò una scia nell’aria. Maya sbatté le palpebre più volte.

Il vento porta lontano il polline per favorire la riproduzione dei fiori… il cuore del vento!

Si alzò in piedi, come folgorata e si guardò intorno.

Anche l’acqua ha un cuore! Il cuore di Ryujin! E… e il fuoco! E la terra! Hanno tutti un cuore! Il cuore della Dea Scarlatta!

Corse verso il piccolo fiume che sentiva gorgogliare e che era lo stesso che attraversava la valle dei susini.

Il vento… l’acqua, il fuoco, la terra… i loro movimenti sono il cuore della Dea Scarlatta! In quel cuore, uno a uno, si rivelano il dio del vento, il dio del fuoco, il dio dell’acqua e il dio della terra! E’ lei! E’ la Dea Scarlatta! Anche se non si può vederla, udirla o toccarla, vive sulla superficie e fa muovere la vita! Gli elementi sono manifestazioni del suo cuore!

Maya schizzò in piedi, elettrizzata, con il cuore che batteva furiosamente per quella semplice consapevolezza che le stava squassando l’anima. La riflessione che aveva fatto sul cuore della Dea non faceva una piega ed era certa che avrebbe potuto convertire quella rivelazione in una interpretazione veramente speciale. Ma non si fermò, come invece aveva fatto Ayumi, a quel pensiero. Il folle battito del suo cuore le fece fare un nuovo, strabiliante, collegamento.

Amore… Perché la Dea Scarlatta si sarà innamorata di un uomo? Che tipo sarà stato il suo Isshin?

Nell’istante in cui formulò quella domanda rivide il volto del signor Hayami che la fissava dopo aver interpretato il risveglio della Dea. E udì la sua voce. Così vicina che si girò di scatto. E’ la mia immaginazione…

- … nei teatri Daito - disse la sua voce, profonda e pacata come sempre. Maya sussultò e si nascose dietro un albero.

- Sono certo che qualsiasi cosa tu abbia in mente darà i suoi frutti a breve! - e l’uomo che aveva parlato rise.

E’ il regista Ajime Onodera!

- E’ un capolavoro che porterà miliardi di yen nelle tasche di chi riuscirà ad accaparrarsi i diritti - aggiunse una voce più tranquilla.

Questo è Kei Akame, l’attore che impersonerà Isshin con Ayumi!

- Il capolavoro di Ichiren Ozaki merita di essere preservato e salvaguardato - disse Masumi Hayami e Maya sussultò a quell’affermazione - E naturalmente la storia si ripete esattamente come trenta anni fa. Genera un tale indotto di soldi che perfino Ozaki non riuscì a gestire -

Signor Hayami…

I passi si avvicinarono e le voci si fecero più distinte.

- E di sicuro meglio in mano alla Daito Art Production che non all’Associazione Nazionale, vero Masumi? - e il regista scoppiò a ridere, imitato dall’attore.

Maya si accucciò e li lasciò passare. Il signor Hayami non aveva risposto a quell’ultima frase, lasciandole il dubbio su ciò che quell’uomo complicato pensasse davvero. Sbirciò oltre il tronco e appena lo vide di spalle, arrossì completamente mentre il suo cuore continuò a battere incessantemente.

Vanno verso la valle… se ne sta andando… avrei tanto voluto stare un po’ con lui! Cos’è questa malinconia che mi prende? Ho in petto una sensazione di freddo, mi duole per la tristezza... così vicino e non potergli neppure parlare… la Dea Scarlatta… era invisibile e si era innamorata di un uomo… per quanto lo amasse non poteva farsi vedere da lui! Governava la natura eppure amava un uomo, chissà quanto avrà sofferto! Quanto sarà stata triste! Questo è… questo è l’amore della Dea Scarlatta!

Si addentrò ancor più nel bosco, allontanandosi da lui e da quella spietata sensazione di malinconia che l’aveva colta.

Gli elementi sono manifestazioni del cuore del Dea Scarlatta… significa che la sua sofferenza e la sua tristezza diventano moti del cuore… Si ripercuoteranno sulla natura? I movimenti della natura sono i movimenti del cuore della Dea…. felicità, tristezza, rabbia, speranza… Quando la Dea Scarlatta si è innamorata di un uomo, come sarà stato l’aspetto della natura? Come trascorreva ogni giorno? Si divertiva a farsi portare dal vento? A danzare con la luce? A disegnare l’arcobaleno nel cielo? Divertirsi…

Spostò lo sguardo sui grandi alberi del bosco intorno a lei. Erano enormi e spettacolari, preludio di quella valle magica che si apriva poco più avanti. Il sentiero era ben tracciato e se non ricordava male confluiva nella strada battuta che portava al tempio. Non c’era nessuno intorno, così si lanciò in una corsa folle e sfrenata sentendo il vento fra i capelli, il sangue che correva veloce, il respiro serrato e tutta la natura intorno a lei che sembrava riecheggiare. Scoppiò a ridere pensando alla Dea che giocava a nascondino in quei boschi finché qualcosa si frappose fra lei e il sogno che stava vivendo. Rotolò a terra mescolando lamentele e grida e quando si rialzò si rese conto di avere sbattuto in qualcuno.

- Sakurakoji! -

- Ohi… ohi… - si lamentò il giovane - Maya! Ma che stai facendo?! - le chiese rialzandosi dolorante e spolverandosi da foglie e terra.

- Ehm… io… - balbettò imbarazzata - Era un esperimento di recitazione - gli disse scuotendosi.

- Recitazione? - Yu la osservò un istante, era davvero carina un po’ sporca e imbarazzata in quel modo. Che razza di Dea Scarlatta avrà mai intenzione di interpretare… Maya… com’è possibile che io ti abbia incontrato qui in questo modo?

- Come mai sei qui? - gli chiese Maya di rimando mentre lui raccoglieva il suo zaino da viaggio.

- Volevo visitare la valle della Dea Scarlatta e salutare la signora Tsukikage - spiegò il giovane rendendosi conto che lei evitava di guardarlo.

- Sai… sono accadute un po’ di cose qui… Ed è arrivata della gente da Tokyo… anche dei giornalisti… - mormorò lei - Vieni, ti porto dalla signora Tsukikage! - aggiunse poi piena d’energia e sorridendogli.

Lo afferrò per la manica e lo tirò lungo il sentiero. Yu si lasciò trasportare, incapace di far smettere il martellare del suo cuore. L’idea di fronteggiarsi con Maya sul palco e di essere Isshin lo aveva accompagnato in tutte quelle settimane ed era stato proprio quel senso di sfida a farlo andare avanti. Io sarò Isshin, Maya, e sul palco amerò la tua Akoya, qualunque sarà la tua interpretazione, esattamente come nella realtà amo te… anche se non vorrai ricambiarmi, i miei sentimenti non cambieranno...

Un coniglio attraversò il sentiero all’improvviso sbucando dai cespugli, seguito da una volpe che lo inseguiva. Maya si fermò e gridò spaventata, trovandosi fra le braccia protettive di Yu.

- Va tutto bene, Maya? - le domandò apprensivo. Lei annuì, fissando stupita il punto in cui i due animali erano spariti. Un rumore li fece voltare verso il lato da cui erano sbucati i due animali e un’ombra scura occupò la loro visuale. Maya gridò di nuovo intuendo la sagoma di un orso, ma quando la forma scura uscì dalla foresta fu costretta a soffocare un altro grido, ma di meraviglia.

- Signor Kuronuma! - esclamarono all’unisono i due ragazzi.

- Ragazzi! Anche voi qui? - li salutò gioviale il regista, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Maya e Sakurakoji si guardarono, poi scoppiarono a ridere.

- Inseguivo quel coniglio, ma a quanto pare quella volpe è stata più lesta… - commentò mestamente osservando il cespuglio in cui erano sparite le due bestie.

- Come mai si trova qui? - gli chiese Maya avvicinandosi insieme a Yu.

- Ho deciso di avvicinarmi a questo luogo per capire meglio la Dea Scarlatta - spiegò brevemente - Venite, vi faccio vedere - aggiunse e si incamminò nel folto della foresta seguito dai due giovani.



Esattamente come da sue previsioni, lo staff manageriale al completo della Daito Art Production aveva raggiunto il ryokan dove Eisuke Hayami aveva deciso di soggiornare una volta uscito, quella mattina, dall’ospedale, contro il parere di tutti i medici che avrebbero voluto trasferirlo a Tokyo. Erano giunti anche il regista Onodera e l’attore Akame. Proprio tutti qui, come se ci fosse una calamita...

Osservò in silenzio gli uomini che si affannavano intorno all’anziano Presidente, cercando di compiacerlo il più possibile, finché lui, irritato, li cacciò tutti fuori dalla stanza, strappandogli un sorriso tirato.

- Avvoltoi, ma io non mi lascio incantare - borbottò, agitando un pugno dalla posizione distesa sul futon.

- Eri stato dato per morto, si preoccupano per te - mormorò Masumi avvicinandosi. Suo padre si voltò a guardarlo con un’espressione schifata sulla faccia.

- Si preoccupano dei dividendi a fine trimestre e dell’andamento delle azioni in borsa, non certo di me! - gracchiò mettendo da parte il giornale finanziario che uno dei collaboratori gli aveva portato.

- Dovresti tornare a Tokyo - gli suggerì il figlio inginocchiandosi accanto al suo letto. Eisuke lo fissò qualche istante.

- Ora sto bene, tu dovresti tornare a Tokyo - rispose con acredine aggrottando la fronte. Masumi annuì lentamente.

- Ho intenzione di salutare la signora e partire quest’oggi - concordò trattenendo lo sguardo su uno dei titoli del giornale che riportava i violenti nubifragi dei giorni precedenti.

- E’ vero che è stata lei ad avvisarti? - gli chiese d’improvviso distendendosi e guardando il soffitto.

- Sì - rispose semplicemente - Perché stavi andando alla valle, padre? - aggiunse poi realmente curioso. Eisuke rimase in silenzio e Masumi gli lasciò tutto il tempo. Sapeva già che perché lui stava andando lì, ma era curioso di sapere che risposta gli avrebbe dato. Non gli avrebbe mai rivelato di aver incontrato Maya diverse volte in quei giorni.

- Volevo vedere lei - rispose infine Eisuke, lo sguardo fisso in alto. Masumi sollevò un sopracciglio perplesso.

- La signora Tsukikage? Ma sai che non ti avrebbe mai… - ma suo padre lo interruppe con un gesto stizzito della mano e un debole grugnito.

- Maya Kitajima - puntualizzò voltandosi - Volevo vedere le sue prove. Vedo che sei stupito - e ridacchiò.

- Concedimelo, padre, non è da te interessarti di attrici che non siano Chigusa Tsukikage - replicò il figlio alzandosi. Eisuke sbuffò e si appoggiò su un gomito.

- L’ho incontrata qualche giorno fa, le ho dato un suggerimento su come interpretare il fuoco e lei l’ha fatto davvero! - e scoppiò a ridere costringendo Masumi a sorridere a sua volta - Che carattere! - aggiunse tossendo. Il figlio gli porse un bicchiere pieno d’acqua che lui trangugiò immediatamente.

- E’ una ragazza reattiva - commentò cercando di mantenere la voce neutra - Io vado, se hai necessità puoi chiamarmi sul cellulare o chiamare Mizuki - e si diresse verso la porta.

- Masumi? - lo chiamò quando stava già per richiudere il fusuma.

- Sì? -

- La proprietaria del ryokan ha un pacco, dallo alla signora - mormorò Eisuke.

Masumi sporse la testa nella stanza e lo vide disteso sul futon, gli occhi al soffitto.

- Lo farò, padre - lo rassicurò e chiuse la parete.

Discese le scale e raggiunse la hall dove Onodera e Akame lo attendevano per seguirlo alla valle e dalla signora Tsukikage. La proprietaria gli consegnò il pacco, confezionato in una elegante carta rosata. Chissà cosa contiene...

Il viaggio fu breve e parlarono soprattutto il regista e l’attore mentre Masumi si limitò a dare qualche risposta breve o a commentare rapidamente qualche discorso, ma i due uomini si accorsero che era assente e guardava il paesaggio fuori dal finestrino.

Prima di recarsi dalla signora avevano fatto due passi nel bosco fino a raggiungere la valle. All’arrivo al tempio vennero ricevuti da Genzo che li annunciò alla signora e li fece accomodare in un’ampia stanza. C’era silenzio tutt’intorno quindi era probabile che né Ayumi né Maya fossero lì. Saranno in giro per i boschi a cercare la loro Dea Scarlatta… anche se... mi domando… cosa voglia realmente la signora da quelle ragazze dopo ciò che ho visto ieri…

La signora Tsukikage fece il suo ingresso distogliendolo dai suoi pensieri e i tre uomini salutarono presentando l’attore che avrebbe interpretato il ruolo di Isshin. Chigusa lo fissò a lungo, tanto da metterlo a disagio, poi, ignorando il suo imbarazzo e quello degli altri due uomini, prese parola.

- Buongiorno a tutti, signori, vi do il benvenuto in questo tempio di montagna - esordì con un sorriso enigmatico.

- Le sono molto obbligato per quello che ha fatto per mio padre - Masumi si inchinò lievemente e le mise davanti il pacco di Eisuke - Questo è solo un dono modesto, ma è fatto col cuore, la prego di accettarlo -

- Io ho semplicemente aiutato un uomo ferito in una baita di montagna - replicò la signora con lo sguardo duro - La prego di riprendersi il suo dono, non intendo accettarlo! -

- Immaginavo che avrebbe risposto così, ma le chiedo di accettarlo come un ringraziamento fatto da un uomo ferito. Se l’uomo che lei ha aiutato non è Eisuke Hayami, deve accogliere il suo dono di ringraziamento, non crede signora Tsukikage? - replicò Masumi senza subire l’attacco dell’anziana attrice.

- Un punto per lei! - sorrise la signora accettando il pacco - A quanto pare oggi mi ha sconfitto, signor Masumi! - aggiunse scoppiando a ridere.

- La ringrazio, signora Tsukikage - rispose Masumi con un lieve cenno del capo.

- Quello che conta è che lei stia bene, signora Tsukikage! - Onodera si unì all’ilarità scatenata dalla battuta dell’attrice - Perché, man mano che riprenderà le energie, dovrà portare a termine la Dea Scarlatta! - esordì ridendo - A proposito, procedono bene le prove delle due candidate? Non vedo l’ora di vedere la loro Dea dalla incomparabile bellezza! -

Una voce squillante li costrinse a voltarsi verso il cortile esterno. La signora sorrise riconoscendola. Anche Masumi si mosse leggermente e a lei non sfuggì il gesto. Lei è sempre così controllato signor Masumi… allora c’è qualcosa che smuove quel suo cuore di ghiaccio...

- Signora Tsukikage! Sono tornata! - urlò Maya con voce allegra - Abbiamo ospiti! Il signor Kuronuma e Sakurakoji! - gridò senza alcun ritegno correndo in mezzo al cortile e dirigendosi all’entrata della grande sala.

In quell’istante, Ayumi rientrò a passo lento e vide Maya. Erano entrambe sporche per le loro escursioni nella foresta, ma a nessuna delle due sembrava importare.

Il fusuma si aprì e ne uscì la signora che posò il suo sguardo dolce sulle due candidate. Dietro di lei avanzarono il regista Onodera, con lo sguardo scuro, l’attore Kei Akame, con la fronte corrucciata, e Masumi Hayami.

Oh santo cielo! Il signor Hayami! Che ci fanno qui?

Maya si bloccò congelata, sentendosi improvvisamente inadeguata e sporca.

- Signor Kuronuma, Sakurakoji - li salutò Ayumi con un sorriso sincero.

- Ciao, Ayumi - Yu sollevò una mano e le sorrise gentilmente.

- Signor Onodera, signor Akame, cosa ci fate qui? - domandò la giovane attrice per nulla sconvolta dalla situazione mentre Genzo le porgeva un asciugamano.

Sia il regista che l’anziano attore rimasero sconvolti nel vedere le condizioni in cui versava la solitamente bellissima Ayumi.

- Passi per quella ragazza... - esclamò Onodera lanciando un’occhiata fugace a Maya - Ma… Ayumi… come sei ridotta? Che ne è della Dea dalla incomparabile bellezza? - il regista si passò una mano fra i capelli finché il suo sguardo non cadde su Kuronuma e i loro occhi si incrociarono.

Maya fissò il regista stringendo i pugni e non replicò al suo commento offensivo né tanto meno ebbe il coraggio di guardare il signor Hayami che era rimasto in silenzio sul porticato accanto alla signora. Ayumi è bellissima anche sudata e sporca di terra, io devo sembrare una talpa… Sospirò e abbassò lo sguardo sentendo la gola bruciarle per l’oppressione.

- Pare che ci siamo proprio tutti - valutò la signora Tsukikage con un sorriso misterioso stampato sulla faccia.

- Kuronuma, sembri un samurai senza padrone o un brigante - commentò offensivo Onodera, alzando un sopracciglio e ridacchiando - Sapevo che ti eri ritirato da queste parti per pianificare lo spettacolo, ma vedo che alla fine ti sei adattato perfettamente! Vivere qui ti si addice più che in una metropoli! - e scoppiò a ridere seguito da Akame.

- Può darsi, almeno qui le volpi sono volpi e non come quelle di città che a volte sono travestite da persone - replicò pungente il regista rifacendosi alla leggenda della volpe trasformista.

- Kuronuma, ci prendi in giro? - ringhiò Onodera, offeso - Come sempre dici cose che sarebbe meglio tacere, ma ora te le faremo rimangiare! -

- Calma, signor Onodera e signor Akame - si intromise Masumi Hayami e Maya notò il modo con cui lo fece, deciso ma fermo, impedendo così il litigio che sarebbe sicuramente scaturito - Ne è passato di tempo, signor Kuronuma, pare in forma come sempre. Sono felice di rivederla -

- Grazie, anch’io giovane Presidente della Daito - rispose il regista cogliendo al volo l’occasione di tagliare corto con gli altri due personaggi.

- Ha problemi a vivere qui? Come fa a mangiare? - gli domandò Masumi realmente interessato. Quel regista era un uomo davvero singolare e gli piaceva molto.

- Sono diventato un buon pescatore e la verdura me la fornisce un agricoltore vicino - replicò Kuronuma facendo spallucce.

Maya seguì lo scambio di battute ripensando al luogo dove il regista li aveva portati dopo averli incontrati nella foresta. Viveva in una vecchia carbonaia, si era adattato perfettamente e aveva raccontato che essersi avvicinato così alla natura di quei luoghi lo aveva aiutato immensamente a capire meglio la “Dea Scarlatta”. Alla fine aveva convinto Yu a trattenersi a dormire da lui per condividere quel tipo di vita.

Come è accaduto a noi… la vicinanza con la valle ci ha stimolato... Valutò Maya osservando per un attimo Ayumi.

- Me ne rallegro - annuì Masumi - Così anche il piano di regia procede senza difficoltà - poi si voltò verso Maya e Ayumi, facendole arrossire - Anche le prove pare procedano regolarmente... -

Dopo la prova nella valle in cui aveva interpretato l’albero di susino, rivide quegli occhi azzurri che l’avevano fissata stupiti. Chissà perché era lì… e perché se ne è andato in quel modo? Sono giorni che mi faccio le stesse domande, ma non avranno mai risposta…

- Ciao, Sakurakoji, quando sei arrivato? - il signor Hayami cambiò bersaglio. Sembrava condurre il dialogo, come sempre d’altronde quando era presente, eppure Maya sapeva che in altri ambiti era completamente diverso, come la notte nel tempio nella valle, durante il temporale.

- Oggi, signor Hayami - rispose Yu gentilmente.

- Per vedere la signora Tsukikage? - indagò ancora cercando di mascherare il suo reale interesse.

- Anche per la signora, certo, ma sono venuto per vedere la valle dei susini, penso possa aiutarmi per interpretare il ruolo di Isshin - spiegò il giovane attore spostando per un attimo lo sguardo su Maya.

- Anche il signor Akame è qui per la stessa ragione - quella frase sembrò congelare l’area intorno a loro. Masumi notò lo sguardo di ghiaccio fra i due attori seguito da quello fra i due registi e, infine, fra le due attrici.

Un secco battito di mani interruppe la tensione e tutti si voltarono verso la signora che impassibile li guardava.

- Abbiamo due Dee Scarlatte, due Isshin e due registi. Dato che siete tre coppie rivali vi farò assistere alla Dea Scarlatta! - rivelò la signora Tsukikage incrociando le braccia al petto e posando lo sguardo per ultimo su Masumi Hayami.

- Ma vorrei che Ayumi e Maya vi mostrassero i risultati delle loro prove - aggiunse spostando l’attenzione sulle due giovani che erano terree.

- Ma… signora Tsukikage! - protestarono all’unisono le due attrici.

- Fra una settimana vi attendo alla valle - proseguì Chigusa ignorandole e rivolgendosi agli ospiti - Signor Masumi, le chiedo di estendere l’invito ai suoi collaboratori e al Presidente dell’Associazione Nazionale che dimora presso il vostro ryokan - si voltò e fece per rientrare nella sala insieme a Genzo, ma si fermò - E a chiunque pensi possa gradire uno spettacolo del genere - aggiunse tornando a guardarlo. Masumi annuì, fra i mormorii di stupore dei presenti, intuendo che, stranamente, si stesse riferendo a suo padre.

Maya e Ayumi si guardarono per un attimo, non era previsto che recitassero davanti a degli spettatori e per entrambe il dubbio era lo stesso: avevano davvero capito la Dea Scarlatta tanto da poterla interpretare davanti ad un pubblico?

Io… non so se sarò capace… La Dea Scarlatta… è così profonda… il suo amore verso la Terra e Isshin così misterioso e abnegante… e poi… ci sarà anche il signor Hayami… come posso fare… io non…

Ma le sue riflessioni, che le avevano fatto salire un’ansia crescente, vennero interrotte proprio dalla sua voce pacata.

- La Dea Scarlatta dovrebbe essere di una bellezza incomparabile ma… - Maya sollevò lo sguardo e se lo trovò davanti che la fissava con gli occhi del critico teatrale - Lei, piuttosto, sembra lo spirito delle radici dell’albero di susino a vedere come si è conciata - e allungò una mano sfilandole dai capelli un rametto e sorridendo in quel modo odioso. E così non posso lasciare questo posto come mi ero prefissato sebbene ogni volta che io la guardo rischi di mostrare ciò che provo...

Maya vide Ayumi che aveva sentito tutto e anche il signor Kuronuma, che l’avrebbe diretta, era proprio lì vicino e aveva seguito la battuta infelice. Perché è diverso ogni volta che lo incontro? Come può vivere una vita così complicata? E invece di provocarmi sempre, non potrebbe lasciarmi in pace?

Si voltò di scatto stringendo gli occhi per non far uscire quelle lacrime che sentiva emergere dal profondo della sua anima. Masumi rimase impietrito dato che si era aspettato una delle sue solite rispostacce. Piange… e sembra in imbarazzo… Perché? Mi ha sempre risposto per le rime… Che c’è? Che succede, ragazzina?

Maya fece qualche passo e trovò il conforto delle braccia di Yu, che aveva sentito a sua volta l’appunto del Presidente Hayami.

- Vieni, andiamo - le disse dolcemente e Masumi si accorse dello sguardo carico d’amore del giovane. Maya piangeva fra le sue braccia e ce l’aveva spinta lui in un modo che gli era sconosciuto. Mi sono comportato come ogni volta… cosa ho fatto di diverso? Devo tornare a Tokyo, qui c’è qualcosa di strano che mi induce ad abbassare la guardia e a commettere degli errori…

- Quanto è suscettibile… - borbottò Onodera avvicinandosi - E sembra che Akoya e Isshin se la intendano anche nella realtà - aggiunse, spostando lo sguardo su Ayumi e Akame che discorrevano pacatamente poco distanti.

- Sì, pare così - concordò Masumi in un sussurro appena udibile mentre li seguiva con lo sguardo e un velo gelido calava sul suo cuore accompagnato da ciò che avrebbe potuto fare quel ragazzo per consolarla.

Si voltò e tornò alla sua auto, seguito frettolosamente dal regista e dall’attore che salutò Ayumi con la promessa di rivedersi alla rappresentazione dopo una settimana.


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Capitolo 25
*** Le tre Dee - prima parte ***


Ultima revisione: dicembre 2015

 

25. Le tre Dee - prima parte



Le prove estenuanti a cui le sottopose la signora Tsukikage in quella settimana avrebbero mandato in panico chiunque, ma non le due attrici, forgiate al carattere scontroso e violento della sensei.

Il giorno seguente l’annuncio che la rappresentazione sarebbe stata pubblica, le fece camminare come lo avrebbe fatto la Dea nel padiglione in cui svolgevano gli esercizi al chiuso. Avevano campanellini alle caviglie e, sotto il suo sguardo severo, Ayumi danzò leggiadra, il suono dolce si diffuse nell’aria, armonico e gradevole, mentre Maya produsse una cacofonia inascoltabile. La giovane si rese conto immediatamente della differenza con Ayumi e alla stessa conclusione giunsero la signora e Genzo.

- La Dea Scarlatta non è umana, dovete cercare di migliorare anche la vostra andatura - spiegò - Per quanto potrete comprendere la Dea Scarlatta con la testa e con il cuore, poi dovrete rappresentarla su un palcoscenico. Il modo di camminare, di muoversi, di parlare, l’atteggiamento, l’espressione non devono essere assolutamente gli stessi di una persona. Il pubblico deve capire a colpo d’occhio di trovarsi di fronte alla Dea Scarlatta, lo spirito dell’albero di susino. La vostra recitazione deve convincere chi vi guarda - la signora sospirò facendo una breve pausa - In che modo interpretare il personaggio della Dea Scarlatta? Si può dire, senza temere di esagerare, che il successo di questo dramma si basa su questo quesito - proseguì catturando completamente la loro attenzione.

- Maya, devi riflettere bene sulla sensazione che hai provato nella valle dei susini quando ti sei risvegliata come Dea Scarlatta e sul modo di utilizzarla per la tua interpretazione - si avvicinò e la guardò intensamente. Ayumi rimase di sasso. Che cosa? Maya non stava recitando? Com’è possibile?

- Sì, signora Tsukikage - annuì la giovane, intimorita, arrossendo al ricordo di quell’abnegazione così intensa e travolgente e di quello sprazzo di cielo che aveva visto alla fine, quegli occhi che la stavano fissando stupiti.

Ayumi non aveva alcuna intenzione di soccombere a quel talento grezzo e incontrollato che sembrava mostrare la sua rivale così, colpita da un’idea improvvisa che le fece riacquistare fiducia nelle sue capacità espressive, si lanciò in una proposta.

- Io vorrei provare a camminare lungo il fiume come Dea Scarlatta, la prego signora Tsukikage! Ce lo lascia fare? - esclamò Ayumi - Insieme a Maya! - aggiunse passando lo sguardo speranzoso dalla rivale alla sensei. Maya, vediamo come te la caverai!

- E va bene - acconsentì la signora con espressione misteriosa incrociando le braccia al petto e scrutandole entrambe.

Così, il giorno dopo, si recarono sul greto del fiume, dove una discesa di rocce ripide terminava direttamente nel letto d’acqua corrente. Erano presenti anche i ragazzi delle due compagnie, alcuni abitanti del villaggio e c’era anche Peter Hamil con la sua macchina fotografica e il fedele interprete.

La signora dette il via alla prova, Ayumi scese, elegante e leggiadra come una farfalla e, anche se Maya ebbe paura che cadesse, l’attrice sembrò muoversi davvero in modo soprannaturale, come una dea.

Hamil immortalò ogni attimo, sempre più rapito da quella meravigliosa apparizione e Maya si rese conto che non sarebbe mai stata capace di muoversi in quel modo. Si voltò verso il piccolo pubblico, assicurandosi che lui non fosse lì. Espirò l’aria scacciando la tensione. Non c’è… Non riuscirei a concentrarmi se... Oh santo cielo… io non avrò mai quella grazia!

Quando la signora la chiamò, affrontò la prova col cuore scuro e la mente piena di dubbi e tutta la sua agitazione si rifletté nei suoi passi incerti, rendendola goffa e instabile, quando arrivò alla fine, scivolò nell’acqua. L’imbarazzo fu così grande per lei da farla fuggire verso il tempio piangendo.

- Per quanto il suo cuore si sia immedesimato nella Dea Scarlatta, il suo fisico resta umano… - valutò Rei seria - Maya ha una rivale temibile -

- Salta agli occhi di tutti quanto Ayumi a forza espressiva sia superiore a lei - aggiunse Mina borbottando - Ha la preparazione di una danzatrice professionista! In balletto classico, danza moderna e giapponese tradizionale… - aggiunse stizzita, era chiaro che riteneva Ayumi Himekawa una figlia d’arte, ricca e che aveva desiderato e ottenuto tutto ciò che aveva voluto.

Ayumi osservò la sua rivale fuggire, sotto lo sguardo indagatore della signora e Genzo, e sorrise compiaciuta. Ho trovato il tuo punto debole, Maya!

Eppure, nonostante i dubbi e le paure, Maya e Ayumi affrontarono separatamente quei dilemmi all’apparenza insormontabili: la grande capacità espressiva della seconda e il talento naturale della prima. Ed entrambe si convinsero di non darsi per vinte e di affrontare la rivale con tenacia e determinazione.

Il giorno dopo quella strana prova fisica, la signora le fece recitare con le battute che avrebbero interpretato nella rappresentazione pubblica, senza ottenere alcun risultato né da Maya né da Ayumi. Chigusa le spronava, urlava, pretendeva, ma le due ragazze sembravano incapaci di muoversi e parlare come la Dea Scarlatta. Così, ormai giunte tutte e tre al limite, la sensei decise di portarle in mezzo alla natura e mostrare loro la vera Dea Scarlatta con la speranza che comprendessero come interpretare un essere divino.

Sperimentarono l’eco, il modo in cui la voce si modificava e si ingigantiva costringendole a riflettere su come esprimere quell’aspetto fondamentale della recitazione di una dea. E poi arrivarono al lago.

Sembrava una gemma di zaffiro, incastonata fra i monti, l’aria frizzante inebriava e il sole baciava la pelle. La signora volle che le mostrassero l’aspetto della Dea Scarlatta specchiandosi nel lago e le due giovani, seppure titubanti, si avvicinarono alla sponda. L’acqua rifletteva le loro immagini e basta, ma spinte dalle domande incessanti di Chigusa, si astrassero completamente, cercando la Dea come aveva chiesto loro.

Maya notò che il lago mostrava le montagne come uno specchio e il paesaggio era bellissimo e vivido. Così lanciò una pietra increspando l’acqua e muovendo l’immagine riflessa delle montagne.

La signora Tsukikage, misteriosamente compiaciuta per quel gesto, si rivolse a Genzo.

- Ormai non abbiamo altro da fare qui, andiamo - gli disse, lasciando sole le due giovani rapite dalla natura. L’uomo rimase stupito, ma acconsentì seguendola. Chigusa, a volte proprio non riesco a capire cosa tu veda in quelle due ragazze...

Maya osservò i cerchi concentrici che cambiavano l’aspetto della natura riflessa, mentre il cuore prese a batterle incessante e Ayumi, stupita e timorosa dal suo atteggiamento, si allontanò cercando le sue riflessioni. Maya… chissà a cosa pensi...

- Nella natura c’è l’aspetto della Dea Scarlatta! - era circondata dai rumori della natura, il cinguettio degli uccellini, il gracidare delle rane, il ronzio degli insetti, lo scrosciare della cascata, il mormorio del ruscello e Ayumi comprese di aver trovato la voce della sua dea. Pronunciò la prima frase e l’eco della valle le rimandò indietro un suono soprannaturale che la pervase completamente. Nella natura c’è la voce della Dea Scarlatta! Interpreterò l’aspetto e il cuore della Dea Scarlatta!

Maya gettò un’altra pietra, sconcertata dalla semplicità della rivelazione che aveva appena avuto.

- Il paesaggio trema… il mondo trema… - si chinò in avanti osservando i cerchi che si spandevano - Lo specchio della Dea Scarlatta che riflette il mondo! - mormorò completamente rapita. Soffiò sull’acqua creando dei piccoli cerchi.

Muovere la natura!

E gridò con forza sull’acqua creando altri cerchi.

Con il suono della voce posso creare i cerchi d’acqua per far tremare il mondo! Trema… la superficie dell’acqua trema… le parole manifestano il cuore! Risuonando, le parole della Dea Scarlatta fanno tremare il mondo! Muovono la natura!

- Il suono del cuore della Dea Scarlatta! - gridò stringendo i pugni - Ho capito! Ho capito il senso delle battute! - si alzò e corse verso il tempio con il cuore che batteva all’impazzata.



Nei quattro giorni rimanenti, Maya e Ayumi si dedicarono ad affinare i movimenti e la voce della Dea Scarlatta per come li avevano carpiti al lago, unendoli all’interpretazione del loro risveglio dello spirito dell’albero di susino.

Ma non erano le uniche a progredire nella comprensione del personaggio, anche il regista Kuronuma e Yu Sakurakoji, che condividevano la vecchia carbonaia, si stavano dando molto da fare, vivendo a contatto con la natura, pescando, spaccando legna, riflettendo. E ognuna di quelle azioni li stava portando nella direzione giusta per realizzare una sceneggiatura innovativa, ma piena di magia e un Isshin nuovo ma attinente ai desideri del maestro Ozaki.

Quando giunse il giorno della rappresentazione, Yu decise di raggiungere il tempio dove risiedevano la signora Tsukikage e le due attrici per aiutare a trasportare il materiale in caso di bisogno. Mentre camminava, circondato dalla bellezza della natura, si sentì realmente in pace con sé stesso e in quell’istante si rese conto di aver nascosto il vero motivo della sua decisione.

Vado lì per lei, per vedere Maya… Perché trovo delle scuse inutili dopo averle rivelato i miei sentimenti?

La sua voce allegra mise fine ai suoi pensieri confusi e lo fece sorridere. Entrò nello spiazzo antistante la porta d’ingresso dove c’era un grande fermento. I ragazzi delle compagnie Unicorno e Tsukikage stavano radunando tutto il materiale e Genzo li stava aiutando.

- Sakurakoji! - lo salutò Rei, sbracciandosi. Lo osservò guardarsi intorno sapendo già chi stesse cercando. Non aveva dimenticato ciò che aveva visto il giorno della partenza di Maya per la valle. Non aveva avuto modo di parlarne con lei, erano giorni troppo concitati e la signora li impegnava tutti tantissimo, ma di una cosa era certa: Yu Sakurakoji doveva in qualche modo essersi dichiarato. Non era certo un mistero ciò che provasse per Maya.

E chissà cosa significava quello sguardo intenso e prolungato fra Maya e il signor Hayami...

- Ragazzi! - ricambiò Yu raggingendoli subito, aiutandoli.

- Se vuoi salutare Maya, è nel giardino interno - gli suggerì Rei, alzando lo sguardo e sorridendogli. Lui annuì leggermente imbarazzato e si incamminò verso il padiglione d’entrata, scomparendo alla loro vista. Rei scambiò un’occhiata d’intesa con Saiaka e poi scoppiarono a ridere.

L’interno era fresco e arieggiato, il pavimento scricchiolava sotto i suoi passi cadenzati ed era l’unico rumore oltre le grida dei ragazzi all’esterno. Scostò l’ultimo fusuma e vide il giardino. Rimase immobile, rapito dalla vista di lei, seduta a terra, le gambe incrociate, le mani adagiate in grembo, gli occhi chiusi. Sembrava fosse in ascolto o stesse dormendo. Un impercettibile movimento gli fece capire che era sveglia, così si avvicinò, ma appena posò i piedi sul sentiero di sassolini, questi scricchiolarono e Maya aprì gli occhi. Yu rimase senza fiato: era cambiata, non era la stessa ragazza che era partita quasi due mesi prima da Tokyo. I tratti del suo volto, le labbra, il suo sguardo, perfino la postura, ogni cosa era diversa.

- Ciao, Yu - lo salutò reclinando leggermente la testa come se lo avesse inserito nel mondo che stava ascoltando.

- Ciao… Ciao, Maya - balbettò lui, imbarazzato.

- Sei venuto ad aiutare i ragazzi? - gli chiese mantenendo quella strana posizione rilassata che, allo stesso tempo, imponeva la sua presenza nel giardino. Maya come puoi emanare quest’aura così incredibile?!

- Sì - ammise lui sorridendole - Stai bene? -

- Sì, Yu, sto bene - gli confermò, sempre fissandolo con quello strano sguardo, come se lo valutasse. Si avvicinò a lei e, posando un ginocchio a terra, le tese una mano.

- Andiamo? - le sorrise gentilmente e lei accettò facendosi tirare su. C’era qualcosa di realmente diverso in lei, una consapevolezza nuova che aveva cambiato completamente il suo sguardo.

Maya gli regalò un sorriso così bello che lui arrossì come un ragazzino, vergognandosi di non essere capace di dominare i suoi sentimenti.

- Oggi ti mostrerò la mia Dea Scarlatta, Yu - mormorò sollevando una mano e accarezzandogli una guancia. Lui rimase impietrito: i suoi occhi, la sua voce, i suoi movimenti… Chi sei tu?

La fissò intensamente, poi le prese la mano e la condusse fuori dal tempio, accodandosi a tutti gli altri che stavano partendo per la valle.



La signora Tsukikage aveva scelto una bellissima area accanto al gigantesco susino scarlatto, separata in due zone dal ruscello. Dietro il susino era stato allestito un padiglione che avrebbe svolto anche la funzione di camerino, dove Rei e gli altri avevano portato il poco materiale occorrente. Dall’altro lato erano stati messi cuscini e panche per far sedere gli ospiti.

Saiaka si sporse dalla tenda del piccolo padiglione, vide Genzo far accomodare gli spettatori in arrivo e soffocò un grido di meraviglia.

- Rei! - la chiamò trascinandola per una manica.

- Saiaka! Ma che fai?! Ferma! -

- Devi vedere! Guarda! - le disse, spingendola verso la tenda, già scostata da Mina. Fuori, un discreto quantitativo di persone stava prendendo posto.

- Vedo che Masumi Hayami si è dato da fare in questa settimana… - mormorò Rei con un mezzo sorriso.

- Vi rendete conto?! - bisbigliò Mina - Non ci sono solo il Presidente dell’Associazione Nazionale e i dirigenti della Daito, ma anche molti critici e giornalisti! -

- Ed eccolo là, il nostro principe tenebroso… - Rei indicò sulla destra e le amiche seguirono la linea immaginaria.

Masumi Hayami fece il suo ingresso nella zona. Mentre gli altri erano tutti affascinati dai susini e dalla bellissima radura, lui si mise subito all’opera.

- Non perde tempo… le pubbliche relazioni devono essere alla base dei suoi dialoghi giornalieri… - sussurrò Rei ridacchiando.

- Perché avrà fatto tutto questo? - mormorò Saiaka, osservandolo.

- Mi pare ovvio - rispose Rei fissandola. Stava per aggiungere che l’aveva fatto per Maya, perché lui era l’ammiratore delle rose scarlatte, ma si morse la lingua e cambiò versione - Pubblicità - disse infine e Saiaka annuì.

- Quell’uomo mi spaventa… - ammise Mina - Ancora non capisco come Maya possa averlo fronteggiato per anni. Dove avrà trovato il coraggio? A me tremano le gambe a guardarlo a distanza e non mi ha mai neanche considerata! -

Rei e Saiaka ridacchiarono, ma la loro attenzione venne subito catturata dalla signora Tsukikage che stava per fare il suo ingresso.



Masumi Hayami ebbe una parola per tutti. In quella settimana non era certo rimasto con le mani in mano. Era perfino tornato a Tokyo e poi ritornato alla valle. Per Mizuki quella scelta era stata dettata dalla necessità di coordinare gli inviti di alcuni selezionatissimi ospiti che avrebbero partecipato ad una visione tutta speciale direttamente nella valle dei susini, ma a lui era servita solo per prendere le fotografie che gli aveva mandato Peter Hamil.

Quel pomeriggio, nella fredda Tokyo, era rimasto ore a fissare quegli scatti rammaricandosi di non aver potuto assistere a quell’interpretazione incredibile che Hamil era riuscito a catturare col suo obiettivo. Era rimasto stupito nel trovare, fra le altre, le fotografie di una prova che doveva essere recente e che aveva impegnato le due attrici in una discesa da alcune rocce. Non aveva potuto evitare di sorridere all’evidente grazia angelica di Ayumi Himekawa in contrapposizione alla goffaggine di Maya.

Mio padre vide la rappresentazione del fuoco della signora Tsukikage… chissà come sarebbe stato guardarti, ragazzina? Per chi brucia il tuo cuore, come hai potuto rendere così vivido il dolore della distanza dell’amore di Oshichi? La disperazione trapela dai tuoi occhi, il desiderio di volerlo rivedere perfino sapendo che saresti stata condannata a morte… Come hai potuto simulare così intensamente un cuore folle d’amore?

Il ricordo venne interrotto dall’arrivo di Kuronuma e Sakurakoji. E c’era anche lei. Fissò il giovane attore, senza neanche preoccuparsi troppo di ciò che avrebbero potuto pensare gli invitati, in fondo era uno degli attori della Ondine.

- Ecco arrivato il giovane Isshin che ha accompagnato amorevolmente la sua Akoya - gracchiò Onodera, affiancandoglisi.

Masumi rimase immobile per non tradire il fastidio di quella rivelazione e spostò lo sguardo sul grande susino, indubbiamente il palcoscenico e infine guardò la piccola sporgenza dove suo padre si era fatto accompagnare per avere una visione migliore dello spettacolo. O per non farti riconoscere da Maya Kitajima, padre?

La signora Tsukikage si presentò davanti a loro e tutti smisero di parlare.

- Signore e signori, benvenuti. State per assistere alla rappresentazione della “Dea Scarlatta”. Grazie per essere venuti nella valle dei susini. Sono Chigusa Tsukikage. Sono passati molti anni da quando il mio maestro, Ichiren Ozaki, se ne andò da questo mondo lasciandomi in eredità quest’opera - esordì la signora, la voce carica di sentimento - Da quando lasciai le scene, molto tempo fa, la “Dea Scarlatta” è vissuta solo nella memoria e nei cuori di coloro che l’avevano vista, per poi svanire come un fantasma - sorrise a passò lo sguardo su tutti gli astanti, creando una pausa d’effetto.

- Ora, grazie a queste due giovani attrici di talento, Ayumi Himekawa e Maya Kitajima, voglio farla rivivere. E’ prematuro prevedere quale delle due interpreterà la Dea Scarlatta una volta tornati a Tokyo, ma ora vorrei mostrarvi i risultati che hanno conseguito fra queste montagne - sospirò - In seguito, sperando che la memoria non mi tradisca, interpreterò la Dea Scarlatta - un brusio lieve percorse tutti gli spettatori - Questo è un palcoscenico naturale, non ci sono altri attori. Vogliate perdonarmi se reciterò io sola. Ora cominceremo dalla Dea Scarlatta di Ayumi Himekawa. Seguirà quella di Maya Kitajima - terminò la signora e gli applausi inondarono la radura.

Dietro le quinte improvvisate, le due candidate si scambiarono un’occhiata gelida e determinata. Poi Ayumi prese la sua stola e, ignorando Maya, uscì posizionandosi davanti al grande susino. L’aria era carica di tensione e aspettativa, nessuno fiatava, ma lei rimase immobile in una posizione laterale e statica.

Genzo, posizionato su una roccia vicina al susino, suonò lo tsuzumi e Ayumi prese a muoversi a tempo, in una danza elegante e morbida, gli occhi chiusi, l’espressione rilassata. Terminò ponendosi frontalmente davanti al pubblico e spalancò gli occhi, svegliandosi.

- Si è trasformata da albero in spirito, eccellente! - mormorò il Presidente dell’Associazione Nazionale.

Con voce surreale Ayumi pronunciò le parole della Dea - Chi… Chi mi sta chiamando? - intervallò ogni battuta con un movimento fluido nei pressi del susino, come una farfalla in cerca di fiori e tutti rimasero affascinati da quella presenza magnifica e soprannaturale. La sua voce, imitando i suoni della natura, scandì la rabbia della dea alla vista del mondo reale e gli spettatori furono costretti ad accettare che quella non era Ayumi Himekawa, ma la Dea Scarlatta.

Al termine della sua rappresentazione, gli applausi scaturirono immediati e folgoranti mentre Maya, terrea e spaventata, si era rannicchiata dietro la tenda del piccolo padiglione. Perfino Rei e gli altri ragazzi furono costretti ad ammettere che la sua interpretazione era stata davvero su un livello recitativo altissimo.

Lo sapevo, è stata incredibile! Cosa faccio? Siamo su due livelli del tutto diversi! Al confronto con Ayumi, io sembrerò una semplice principiante! Devo farmi coraggio! Il signor Hayami mi sta guardando! Sì, l’ammiratore delle rose scarlatte! Questa è la valle dei susini! Io sono lo spirito dell’albero di susino!

Prese la sua stola e indossò la maschera della Dea Scarlatta.



L’interpretazione di Ayumi era stata davvero notevole, espressiva e d’impatto, aveva portato lo spettatore direttamente dentro il risveglio della Dea sulla terra, ma lui non avrebbe mai potuto dimenticare le parole di Maya di una settimana prima nella valle, quando aveva fatto nascere la sua Dea. Posso immaginarti là dietro, le labbra tremanti dopo aver visto Ayumi Himekawa, ma tu sei Maya Kitajima, avrai la tua Dea Scarlatta, falla vedere a tutti! Mostrala a me!

E come se avesse davvero sentito il suo richiamo, un urlo potente e disumano invase tutta la radura, tanto da spaventare gli spettatori presenti, poi il silenzio più totale. Finché la figura esile di Maya comparve lentamente fra i cadenti rami di susino. Aveva lo sguardo assente e si muoveva piano, come non volesse toccare la terra che stava calpestando.

- Chi… mi sta chiamando? - chiese al nulla davanti a sé e Masumi avvertì nuovamente quella morsa che gli stringeva il cuore e quel fastidioso formicolio sulla punta delle dita. Strinse i pugni e non si lasciò deconcentrare.

La sua voce… non può essere la sua voce… non è naturale…

Maya si avvicinò al greto del ruscello sempre con sguardo vacuo, perso. Se all’inizio il suo corpo era apparso esile, ora si dimostrava imponente.

- E’ l’eco della foresta? Il silenzio della notte? No… è l’odore del sangue… - e il modo in cui pronunciò quelle ultime parole, unite alla sua espressione terrificante, indisposero molti degli uomini presenti. Si guardò intorno, poi in alto, come se cercasse qualcosa.

- Uhm… vedo due vortici che si stanno scontrando, il turbine rosso e il turbine bianco, sono due trottole che portano disordine nel creato… - mormorò come valutasse davvero la situazione e il da farsi. Poi si inginocchiò davanti al ruscello.

- Girano, girano e mentre si scontrano e si urtano, tutto viene distrutto… - la sua voce crebbe un po’ d’intensità e la sua espressione si fece più dura - Il loro ruotare è sempre più furioso. Lo spirito degli dei è agitato! - esclamò, il tono ancora più acuto.

- Dalle due trottole nasce il fuoco della guerra che sparge odio e sofferenza. E, una dopo l’altra, le perle della vita svaniscono! - gridò, furibonda facendo seguire la sua protesta con un ululato raccapricciante e profondo che indicò tutta la sua sofferenza.

Masumi la osservò allibito, il formicolio non lo abbandonava, nonostante tenesse le dita serrate, anzi aumentava e non riusciva a togliersi di dosso quella strana sensazione di appartenenza a quel luogo. Ragazzina… come hai fatto a trovare questa Dea Scarlatta? Dove la nascondevi dentro di te? Come puoi contenerla?

Maya spostò la sua attenzione sulla superficie del ruscello.

- Che cosa fa? Cosa può mai guardare nell’acqua? - mormorò scettico uno dei critici.

- Probabilmente ci vede il mondo - replicò Kuronuma senza distogliere lo sguardo da lei. Sakurakoji, che era seduto accanto a lui, lo fissò per qualche attimo. Maya sei imprevedibile come sempre… chi avrebbe mai potuto dire che avresti tirato fuori una Dea Scarlatta così intensa e arrabbiata?

Maya continuò con quell’urlo devastante e malinconico creando una straordinaria vibrazione. Più che una voce, dava l’impressione di essere un suono che si spandeva vibrando nell’aria. Ayumi la osservò, lo sguardo di Maya era vacuo e concentrato sulla superficie dell’acqua che ondeggiava sotto il potere della sua voce.

Maya...

- Non capisco - riprese lei - Perché gli uomini combattono? Perché spargono sangue e distruggono? Non sentono la voce del cielo? Non sentono la voce della terra? Non sentono il canto degli dei che curano le perle della vita che legano cielo e terra? Perché non se ne rendono conto? Chiamano solo il male nel mondo. Come fanno a non capire che trasmettendo al male i loro pensieri malvagi, tracciano la loro strada? - ogni parola era intrisa di malinconia e incomprensione.

- Gli uomini credono solo in quello che vedono - si inserì Genzo interpretando Oniosa - Credono solo in quello che sentono con le proprie orecchie e in quello che possono toccare. Gli esseri di carne credono soltanto negli esseri di carne… -

Maya si portò le braccia al petto, stupita e arrabbiata a quella rivelazione.

- Che cosa sciocca! - gridò - Proprio loro non si rendono conto che è il cuore degli dei di cielo e terra a farli muovere, ad avere cura della loro vita?! -  e sollevò lo sguardo sempre iroso e vacuo, come se vedesse lontano.

- L’albero è lo spirito. Lo spirito degli dei della terra cresce e si manifesta sulla superficie. Qui, in questa terra sacra dove vivono gli dei, il mio aspetto è quello di un albero di susino! - riabbassò leggermente la testa.

- La mia forza sale al cielo come una spirale e si prende cura degli esseri della superficie, degli esseri acquatici, degli esseri con le radici, degli esseri striscianti, degli esseri che volano, degli esseri che camminano, degli esseri che nuotano - si era alzata in piedi lentamente mentre pronunciava quelle ultime battute.

- Crescete! Crescete! Rapidamente! Aumentate! Diffondetevi! Con la mia benedizione! - arretrò ancora intorno al grande tronco del susino, la sua voce profonda che scuoteva le menti e i corpi.

- Sbocciate, fiori scarlatti, dalla mia vita millenaria! - concluse sparendo lentamente dietro il susino da cui era apparsa e si era svegliata.

La radura piombò nel silenzio più assoluto, uniche note, quelle del flauto di Genzo, che chiudevano definitivamente la rappresentazione di Maya Kitajima.

Il pubblico rimase in silenzio, come in attesa che l’attrice proseguisse, solo dopo alcuni minuti si resero effettivamente conto che Maya aveva terminato e applaudirono imbarazzati. Masumi Hayami era rimasto immobile, quello strano formicolio non solo era stato più persistente, ma era risalito fino ai gomiti e tutt’ora ne sentiva gli effetti.

Se dovessi inscenare una Dea Scarlatta, sceglierei la tua voce e i tuoi occhi, ragazzina… e non c’entra niente ciò che provo per te, hai colto l’essenza del risveglio della Dea, il suo stupore, la sua rabbia, il suo dolore…

Intorno a lui, gli spettatori stavano discutendo sulle due dee ed erano in disaccordo: c’era chi prediligeva la grazia e le movenze di Ayumi Himekawa, chi la presenza scenica di Maya Kitajima, che ti restava addosso anche dopo la fine.

- Non si mettono d’accordo su quale delle due dee sia da preferire - ridacchiò il Presidente dell’Associazione e Masumi si voltò - Non vedo l’ora di vedere lo spettacolo di prova a Tokyo -

Maya e Ayumi, nel frattempo, avevano raggiunto la radura con gli ospiti, si guardarono con ostilità per un attimo, poi Ayumi si girò stizzita e si diresse verso Peter Hamil, Onodera e Akame, che immediatamente la elogiarono per il risultato raggiunto. Maya, che sentiva ancora il sangue bruciare per aver accolto dentro di sé la Dea Scarlatta, la osservò malinconica e demoralizzata.

Ayumi…

Un applauso vicino e singolo la riscosse, facendola voltare.

- Signor Hayami… - aveva la capacità di sbucare dai posti più assurdi e di prenderla sempre alla sprovvista.

- Salve, ragazzina, ho visto la sua Dea Scarlatta - esordì pacatamente - E’ stata molto interessante! Una dea dal deciso sapore! -

- Non sembra proprio un complimento! - ringhiò Maya incupendosi e stringendo i pugni. Aveva quello strano potere di irritarla solo aprendo bocca.

- Suscettibile? - la punzecchiò lui ancora, sapendo bene che tasti toccare.

- No, ma le sue parole non mi sembrano spontanee! Sono diffidente… - gli sibilò contro con un’espressione così buffa e diversa da quella seria e soprannaturale della dea di poco prima, che Masumi scoppiò a ridere, celando il suo imbarazzo e l’istinto che aveva avuto di abbracciarla all’improvviso.

- Che… che cosa c’è da ridere? - ringhiò Maya con un’espressione terrificante sulla faccia, pronta ad urlargli contro.

- Tranquilla! La sua è stata una buona interpretazione, desidero vedere quanto prima lo spettacolo - la rassicurò fissandola dolcemente per qualche attimo. Maya sussultò ma non riuscì a distogliere lo sguardo da quelle profondità azzurre che erano cambiate in un attimo.

- Signor Hayami, il signor Onodera la sta cercando - lo avvisò con discrezione un collaboratore della Daito.

- Ora vengo - avvisò - A presto, ragazzina - le fece un cenno di saluto e si incamminò dietro l’uomo.

Maya, inspiegabilmente, ed esattamente come la sera al tempio nella valle, si sentì svuotata all’idea che se ne andasse, così lasciò che i suoi sentimenti prendessero il sopravvento e lo seguì, afferrandolo infine per una manica.

- Signor Hayami! -

Masumi si immobilizzò e con uno sguardo rapido controllò quante persone ci fossero intorno a loro prima di voltarsi.

- Sì? - le domandò, restando pietrificato dalla sua espressione… implorante?

- Aspetti, per favore... - era imbarazzata - Mi manca ancora un po’... - mormorò insicura.

- Come? - effettivamente Masumi era confuso e non riusciva a capire cosa volesse dirgli.

- Io penso di non aver ancora perfezionato la mia recitazione. A dir la verità non so ancora cosa devo fare, esattamente, per esprimere il mio cuore… anche se non so recitare magnificamente come Ayumi, sto facendo tutto il possibile! - gli spiegò dolente - Ma per lo spettacolo sarò sicuramente pronta e… - arrossì ancora di più ma non staccò gli occhi dai suoi - ...e interpreterò una Dea Scarlatta che la soddisferà! -

Masumi non riuscì a mantenere il suo sangue freddo e spalancò gli occhi meravigliato. Ragazzina…

- Lo farò per lei! - aggiunse ancora, con tono deciso, le guance ancora arrossate per l’imbarazzo.

- Maya! - il suo nome gridato la fece girare verso Sakurakoji.

- Yu! - rispose lei con un sorriso, lieta di potersi togliere dall’imbarazzo. Non avrei dovuto dirgli niente… e se si accorgesse di ciò che io...

- Presidente Hayami! - lo salutò il giovane attore - Ho interrotto la vostra conversazione, scusate -

- Non preoccuparti, stavo per andare - lo rassicurò ignorando quel gelo freddo di gelosia che lo coglieva ogni volta - Allora, ragazzina, aspetterò di vederla nello spettacolo di prova - acconsentì spostando lo sguardo su di lei per qualche secondo in più del necessario. Maya lo sostenne, poi lui alzò una mano, le sorrise e si voltò.

- Sei stata brava, Maya! - le disse Sakurakoji - Mi hai fatto venire voglia di impegnarmi ancora di più e mostrarti il mio Isshin! - le confidò con fervore prendendola per le mani.

- Dici davvero, Yu? - esclamò lei, felice e imbarazzata.

Masumi continuò a camminare, non aveva alcuna intenzione di voltarsi, di guardarli perdersi l’una negli occhi dell’altro.

- Sono felice, stavo per perdere fiducia in me stessa! - gli confessò Maya, ricambiando la stretta di mani. Maya starnutì e Yu si prodigò subito togliendosi il giaccone che indossava.

- Hai freddo? - le chiese appoggiandoglielo sulle spalle e avvicinandola a sé. Maya, ancora scossa per quelle settimane intense e la rappresentazione appena conclusa, lo lasciò fare anche perché in effetti aveva freddo.

Masumi si voltò fermandosi un attimo, contravvenendo al suo proposito precedente. Avrei dovuto mandarle delle rose... Ma ciò che vide gli fece drasticamente cambiare idea.

Sakurakoji l’abbracciava teneramente e lei non sembrava sgradire la cosa. Si girò di scatto e raggiunse Onodera. Non ha più necessità di quel tipo di sostegno… adesso le serve un manager…

- State già provando nel ruolo degli innamorati? - gridò Saiaka battendo le mani - Ottima interpretazione! -

- Ma che dici, Saiaka? - replicò Sakurakoji scostandosi.

- Ah! Siete diventati rossi, non me la raccontate giusta! - e scoppiò a ridere.

- Basta! - esclamò Maya, nascondendosi il volto fra le mani.

Una voce annunciò la rappresentazione della signora togliendoli dall’imbarazzo, ci fu un movimento generale per riprendere i posti e Maya e Yu si sedettero su una roccia alla destra delle sedute per gli spettatori, perfetta per vedere lo spettacolo.

Sakurakoji lasciò che Maya si sedesse e poi l’affiancò, mettendole un braccio sulle spalle. Arrossirono entrambi senza guardarsi e quando Yu appurò che a lei non dispiaceva, si rilassò e le sorrise.

- Così spero che non avrai freddo e potrai goderti lo spettacolo - sussurrò vicino al suo orecchio. Maya rabbrividì pensando a quanto quella situazione fosse simile a quella vissuta con il signor Hayami sotto la volta di stelle.

Però, quando lui mi propose di tenermi accanto a sé, non lo fece in questo modo… Era più… distaccato… si offrì realmente e non avvertii alcuna tensione, come ora la sento in Yu… lo fece in modo naturale ed io… io non ero affatto in imbarazzo, come lo sono ora… Avranno influito gli anni che ci conosciamo? O il fatto che mi abbia detto di essere il mio ammiratore delle rose? O magari… che il suo affetto sia davvero genuino come quello di… di un parente…?

Si sentì morire a quella riflessione e abbassò lo sguardo, esattamente come morì una parte di Masumi Hayami quando la vide abbracciata a Sakurakoji dalla sua posizione accanto al Presidente dell’Associazione Nazionale.

- Non mi sembra vero di poter vedere tra poco la Dea Scarlatta di Chigusa Tsukikage, Masumi - esordì l’anziano Presidente - E in questa valle dei susini, poi… -

- Già, Presidente... - ammise mestamente Masumi continuando a fissare Maya.

- Penso che, se Ichiren Ozaki fosse ancora vivo, ne sarebbe profondamente commosso - valutò l’uomo portandosi una mano agli occhi.

- Lo penso anche io - concordò Masumi, assorto, lo sguardo che non lasciava Maya. E’ come una calamita… io non riesco a mantenere un minimo di autocontrollo in questo posto...

- E chissà quanto anche il Presidente Hayami sarà preso dall’emozione, ora! - aggiunse - Suo padre e Chigusa Tsukikage si sono odiati a lungo a causa della Dea Scarlatta… Sapeva che ha sempre amato Chigusa Tsukikage? -

- Sì, lo sapevo - ammise Masumi, lo sguardo completamente assente, fisso sulla parte del volto di Maya che riusciva a vedere: lei che aveva le guance arrossate, lei che sorrideva a Sakurakoji, che scherzava con lui.

- L’ha amata profondamente - proseguì con voce grave - Più di chiunque altro, fino a soffrirne - mormorò Masumi, il cuore che batteva incessante per la gelosia insensata che lo attanagliava in quel momento.

Il Presidente spostò lo sguardo sul giovane uomo accanto a sé chiedendosi cosa gli rodesse così profondamente nell’animo e che in quel momento traspariva dai suoi inquietanti occhi azzurri e dall’ossessione con cui stringeva le mani l’una con l’altra.

Un rintocco di tsuzumi attirò l’attenzione di tutti e la Dea Scarlatta comparve sulla cima di un piccolo promontorio, a sinistra del grande susino.


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Capitolo 26
*** Le tre Dee - seconda parte ***


Ultima revisione: dicembre 2015

 

26. Le tre Dee - seconda parte



Nel silenzio assoluto che precedette l’entrata in scena della signora Tsukikage, Saiaka si apprestò a sistemare il camerino. Raccolse l’asciugamano da terra e rimase sbalordita: una macchia di sangue vivo si allargava sul telo bianco!

- Rei! - emise un grido soffocato, le lacrime che bucavano gli occhi. Oh, signora!

L’amica accorse e appena vide la macchia sussultò, portandosi la mano alla bocca per soffocare un grido. Immediatamente raggiunse l’uscita del padiglione improvvisato, ma la signora era già sul promontorio. Signora Tsukikage!

L’apparizione nelle vesti della Dea Scarlatta attirò immediatamente l’attenzione di tutti. La sua aura si impose su spettatori e valle: la Dea era scesa sulla Terra. La sola presenza, immobile, il volto coperto da una maschera, bastò a far sospirare e a far tremare Eisuke Hayami. Chigusa...

La presenza scenica della signora mutò completamente l’atmosfera, confermando la grande attrice che era sempre stata. Lo tsuzumi diffuse il suono scandito nell’aria, mentre la voce di Genzo, precisa e profonda, narrò l’inizio della storia: l’apparizione della diabolica stella Yorei, portatrice di sventura; delle guerre e calamità che ne seguirono; dell’incontro fra il saggio bonzo e lo spirito del susino scarlatto e del messaggio che lui portò in tutto il paese.

Genzo usava sapientemente il tamburo, il cui ritmo accentuava o diminuiva a seconda dell’importanza che voleva dare alle sue parole. Fece una breve pausa d’effetto, poi riprese la narrazione.

Il popolo, che desiderava la pace, pregava la Dea affinché facesse sbocciare i suoi fiori scarlatti, ma i conflitti erano sempre più violenti e sanguinosi.

Il tempo trascorse facendo dimenticare sia la stella Yorei che la Dea Scarlatta. A causa delle guerre prolungate, la città di Kyo era in sfacelo. Si aggiunsero la siccità, la carestia, le malattie e, insieme al vento di tempesta che sembrava spirare sulla città sfortunata, giunsero due esseri mitologici, i Karasutengu, che iniziarono a parlare del paese e di come la corte imperiale fosse divisa in due fra la città di Kyo, a nord, e Yoshino, a sud.

I due esseri non riuscivano a comprendere come gli uomini fossero arrivati a quel punto e giunsero infine alla conclusione che tutto fosse riconducibile all’avvento del buddismo che aveva schiacciato lo scintoismo,  originariamente al governo del paese, il quale inglobò gli dei giapponesi. Così il popolo, confuso, adorava delle divinità senza sapere cosa stesse facendo e naturalmente gli dei giapponesi si lamentavano.

Genzo passò a narrare del sogno avuto dall’imperatore di Kyo, che per sette notti consecutive aveva visto fiori scarlatti vecchi di mille anni illuminare il mondo e una bellissima dea scarlatta che danzava. Poteva essere solo un segno: se avessero scolpito una statua, dedicandola alla Dea, il disordine del mondo si sarebbe infine placato.

Così l’imperatore ordinò che venisse trovato uno scultore in grado di scolpire tale statua e riportare la pace nel paese.

In quell’istante della narrazione di Genzo, con voce soprannaturale che permeò ogni cosa colpendo cuori e menti degli spettatori, la signora Tsukikage dette vita al suo risveglio dello spirito dell’albero di susino. In cima al promontorio, il volto coperto dalla maschera, il bellissimo abito ricamato, pronunciò le stesse battute che poco prima anche Ayumi e Maya avevano pronunciato.

Ma a differenza delle loro interpretazioni, quella della signora mostrò la vera Dea Scarlatta, adirata col mondo per l’odore del sangue che l’aveva costretta a svegliarsi.

Maya scivolò dall’abbraccio di Sakurakoji e si inginocchiò, rapita, sul greto del fiume, ammirando la recitazione della sua sensei. Tutti i presenti rimasero affascinati da quella Dea in terra, perfino Eisuke Hayami, coinvolto più di chiunque altro, si inginocchiò, il cuore in tumulto e l’anima straziata dal dolore per il suo amore non corrisposto.

Il dialogo con Oniosa la rese irascibile, vendicativa e visto che gli uomini si uccidevano fra loro e devastavano ogni cosa, lei chiamò i draghi inducendoli a riversare i loro poteri sulla Terra, i quali obbedirono prontamente. Ma proprio al culmine della sua rabbia, la Dea avvertì qualcosa di diverso, qualcosa che la attirò verso la Terra e le cose terrene, un potente sentimento che prima la spaventò e poi accettò.

La sua trasformazione lasciò tutti basiti, trasmessa da una danza con ventaglio e il solo ausilio del flauto di Genzo. Alla fine della danza, ormai la Dea era lo spirito del susino e, lanciando il ventaglio per attirare l’attenzione di tutti, la signora sparì dalla scena.

Con l’uscita di scena della signora, Genzo, interpretando direttamente Isshin, riprese a narrare gli eventi del dramma con l’incontro fra il Generale Terufusa, emissario dell’imperatore e lo scultore buddista che “possedeva una verità”. Il Generale faticò non poco a convincere lo scultore, che scolpiva statue del Budda a centinaia come gesti del suo cuore, ad eseguire il lavoro richiesto dall’imperatore, ma alla fine ci riuscì e lo chiamò Isshin, che significava “una verità”.

Ma nonostante gli sforzi dello scultore, dopo un mese la statua non era ancora pronta. Convinto di non riuscire a scolpire quella statua perché era stato un bandito e quindi non era più in grazia degli dei, l’artista stava per darsi per vinto, ma il Generale Terufusa non poteva permetterlo e lo spronò a proseguire.

Un giorno Isshin, sempre preso dallo sconforto, incontrò un monaco buddista, che gli suggerì di cercare un susino scarlatto millenario e di scolpire nel suo legno la statua che gli serviva. Così Isshin si incamminò verso sud, dove indicato dal monaco, senza farsene accorgere dagli uomini di Terufusa.

Durante il viaggio e la ricerca infruttuosa del susino, proprio quando stava per arrendersi, venne assalito da un gruppo di banditi e quando fecero per rubargli gli scalpelli, Isshin sentì una passione ardente crescere dentro di sé. Implorò ad alta voce i deliqnuenti di non derubarlo di quegli scalpelli perché altrimenti non avrebbe più potuto scolpire la statua. Nonostante la derisione di cui fu oggetto da parte dei malviventi, il loro capo decise di restituirglieli quando Isshin, con veemenza ed orgoglio, gli disse di essere uno scultore.

L’aver ammesso chi fosse realmente lo convinse finalmente della sua missione, facendogli riacquistare fiducia. Continuò a viaggiare ancora, verso sud, attraverso campi di battaglia e città distrutte.

Il tempo passò e un giorno, attraversando una zona dove era appena terminato uno scontro cruento, vide un uomo ferito a morte e riconobbe il bandito che aveva incontrato tempo prima e gli aveva restituito gli scalpelli. Scolpì per lui una statua, per permettergli di raggiungere il paradiso e in quel momento, quando il bandito morì, si rese conto di voler intagliare la statua della Dea Scarlatta dal profondo del suo cuore e giurò di scolpirla a costo della sua vita.

L’interpretazione di Genzo di Isshin colpì tutti, in particolar modo Sakurakoji e perfino Maya era rimasta completamente rapita dalla sua recitazione. Genzo riprese la narrazione con un colpo sullo tsuzumi.

Nel momento in cui Isshin gridò il suo giuramento, rivide il monaco buddista che gli indicò nuovamente la strada sulla montagna permettendogli di seguirlo. Isshin, rincuorato, lo fece, ma ad un certo punto, sentendo il profumo dei susini ed essendo fuori stagione, li cercò cominciando a correre a caso, perdendosi sulle montagne.

Genzo, abbandonando l’interpretazione di Isshin, riprese a narrare e descrisse l’arrivo, in un villaggio tra i monti, di tre sarugakumono, attori di uno spettacolo acrobatico nell’antico Giappone, due uomini e una donna, che chiesero se ci fossero feste nei giorni successivi in cui potersi esibire. Gli abitanti del villaggio gli suggerirono di recarsi in un altro villaggio al di là della montagna, ma li misero in guardia sul fatto che in fondo a quella valle dimorava la Dea che disponeva in cielo e in terra. Quella zona era proibita e gli abitanti vivevano per proteggere quella dea. Normalmente, quello era il motivo per cui gli estranei non venivano accolti, ma durante i giorni di festa l’interdizione veniva sospesa. Gli abitanti poi, si offrirono di parlare dei tre artisti al capo di quel villaggio.

Raccontarono ai tre giovani acrobati di una ragazza, che viveva in quel villaggio, che si chiamava Akoya e riusciva a sentire la voce degli dei. La reputavano strana e misteriosa perché, oltre a parlare con gli dei, parlava con il vento, gli alberi, gli animali e preparava portentosi medicamenti in grado di guarire anche le malattie più gravi. Gli raccontarono anche che Akoya aveva trovato e curato, un uomo sperduto, e che ora vivevano d’amore e d’accordo come fossero marito e moglie anche se lui non ricordava niente del suo passato. Nonostante la sua bravura, Akoya non era stata in grado di guarirlo da quell’amnesia.

La scena, raccontata da Genzo con grande trasporto, cambiò ancora e si spostò nella valle scarlatta, all’entrata della zona proibita, dove viveva la Dea protetta da draghi e orchi che uccidevano chiunque tentasse di entrare. Genzo proseguì riportando eventi che avevano coinvolto morti cruente di uomini che avevano provato ad entrare alla zona proibita e quelle notizie avevano terrorizzato la gente convincendoli a non avvicinarsi più.

Il suono improvviso dello tsuzumi riscosse tutti dall’ipnotico racconto di Genzo e la signora Tsukikage, nei panni di Akoya, fece la sua comparsa sul greto del fiume. Maya osservò rapita, il cuore palpitante, la sua sensei inginocchiata, un cesto fra le braccia e una nuova maschera sul volto. Seguì con lo sguardo Genzo, che lasciò la sua posizione e in pochi passi divenne Isshin.

Tutte le battute seguenti dell’innamoramento fra Akoya e Isshin, che ancora non ricordava chi fosse, tennero Maya letteralmente sospesa in un tempo e luogo magici e pieni di sentimento. La signora e Genzo riuscirono a trasmettere agli spettatori quell’amore trattenuto e potente che coinvolgeva i due giovani, facendo dimenticare completamente l’età reale dei due attori.

Isshin rievocò il periodo in cui era malato e Akoya l’aveva curato, l’attaccamento sempre più forte che aveva provato per lei e il fatto che, a causa della sua amnesia, il capo del villaggio e la nonna di Akoya lo odiassero, motivo per cui lui era deciso ad andarsene. Ma Akoya replicò che la nonna non era realmente sua nonna, era in realtà la madre del capo villaggio e che lei non aveva genitori. Quella vecchia si era presa cura di lei da quando era nata dicendo che era una bambina mandata dalla Dea e per quello i suoi genitori gliel’avevano affidata. Quando erano morti in una frana aveva tre anni, era rimasta orfana e la nonna si era occupata di lei.

Poi Akoya cambiò completamente atteggiamento e confessò di non essere mai stata triste fino a quel momento. L’idea che quell’uomo senza memoria se ne andasse faceva sprofondare il suo cuore nella solitudine. Genzo, nei panni dell’uomo senza nome, trasmise tutta la sua meraviglia nello scoprire che una ragazza come lei amasse uno come lui, ma Akoya si meravigliò a sua volta, incapace di guardarlo. Ribadì il suo amore per lui e quando lo accusò di non volerle bene quanto gliene voleva lei, l’uomo s’inalberò, confermando il suo sentimento profondo.

Poi la signora, ormai completamente avvolta dall’interpretazione di Akoya, scandì quelle battute che colpirono profondamente Maya, Sakurakoji, Ayumi, Akame e, incredibilmente, anche Masumi Hayami.

- Quel giorno, quando ti incontrai per la prima volta nella valle, compresi immediatamente che eri tu, come dice la nonna, la mia anima gemella - esordì Akoya.

- Quando il mondo era ancora nel caos, gli dei generarono dei figli che scesero sulla terra. Allora l’unica anima si divise in due, yin e yang, che andarono a dimorare nei rispettivi corpi carnali. Quando gli uomini si fossero incontrati avrebbero ritrovato l’unità portando l’armonia tra yin e yang e sarebbero diventati dei per rinascere a nuova vita. La nonna dice che tra noi agisce una forza straordinaria… - la signora Tsukikage proseguì con enfasi in quelle battute così delicate.

- Una forza straordinaria? - domandò sinceramente incuriosito Genzo con la voce del giovane scultore.

- E’ la forza che chiama l’anima dell’altro. Non esistono età, aspetto, rango, quando si incontrano, queste due anime si attraggono vicendevolmente cercando l’altra metà di sé stesse, ansiose di trovare l’unità implorano pazzamente l’altra. Questo significa innamorarsi… -

Masumi Hayami si alzò e anche Maya fece la stessa cosa, entrambi fissavano la signora, come trasportati in un’altra dimensione. La giovane strinse le mani al petto fissando lo sguardo febbrile su Akoya.

Signora Tsukikage… anime gemelle? Com’è possibile che esistano? E’ questo l’amore della Dea Scarlatta?

- Innamorarsi è implorare pazzamente l’anima di un’altra persona - Akoya si inginocchiò davanti all’uomo che amava mentre pronunciava con enfasi quelle parole d’amore.

- Una così straordinaria sensazione l’ho provata ora per la prima volta - si alzò mentre Genzo, con la sua rigidità, trasmise tutta la tensione che provava in quel momento.

- Solo se ti penso mi sento inebriata. Solo se sento la tua voce mi emoziono. Lo sai quanto sono felice quando ti tocco - sussurrò ogni cosa, intimamente, dando le spalle all’amato.

- Non si sa da dove provengo né come mi chiamo. Non ti preoccupa stare insieme a un uomo come me? - disse Genzo quasi ringhiando, imprimendo nella voce una rabbia e un imbarazzo che mostrò a tutti il senso di inferiorità che sentiva nei confronti di quella donna sacra. Sollevò lo sguardo verso di lei che le dava le spalle e proseguì.

- Ma sono io a preoccuparmi. Non penso di essere uomo adatto a te. Non ho nulla. Né nome né passato. Ho solo questo corpo e i miei occhi per guardarti - tutta la rabbia era svanita, la voce di Genzo trasmise solo sofferenza e inadeguatezza.

- Per la tua Akoya questo è sufficiente, lo sai? - Maya non riusciva a staccare gli occhi dalla signora - Cosa sono nome e passato rispetto al poter vivere con me, ora che mi hai incontrato? Questo può bastarci. Abbandona, te ne prego, il tuo passato… diventa solo mio, della tua Akoya! - l’ultima frase fece battere follemente il cuore di Maya, tanto da farle fischiare le orecchie. Si inginocchiò, sporgendosi in avanti, come a voler entrare nella scena.

- Un uomo come me? Sei sicura Akoya? - Genzo era ancora indeciso, sicuro che ciò che lei gli stesse offrendo non fosse destinato a lui e che lei meritasse di meglio.

- Tu sei l’altra parte di me. Io sono l’altra parte di te - Akoya con quella frase cercò nuovamente di fargli capire che erano due parti di un intero. E l’uomo senza nome capitolò.

- Io sono te. Tu sei me - le disse stringendo i pugni e serrando gli occhi - Ti penso con tenerezza. Non sapevo che ci fosse tanto ardore dentro di me! Amore mio, siamo stati separati, ma ora torniamo a essere uno! -

- Ora che ci siamo incontrati, com’è possibile vivere separati? Ormai non possiamo allontanarci! Il mio nome e il mio passato non sono importanti quanto te! Resto anche se non so chi sono! - continuò con veemenza Genzo.

Sakurakoji si sentì partecipe di quella scena, come se fosse al posto di Genzo, a dichiarare un amore impossibile a quella donna meravigliosa.

- Gli occhi per guardarti. Le mani per accarezzarti. Questo corpo per amarti… mi bastano solo questi - le sussurrò, comunicando la sua resa totale, la comprensione e accettazione di quell’amore incredibile che non credeva possibile.

Yu si inginocchiò dietro Maya, rapita dalla scena, in un gesto automatico, dettato dai sentimenti che lo pervadevano in quel momento.

- Come sono felice caro! - esclamò Akoya con un timbro pieno di passione - Solo una cosa mi rattrista… questi corpi sono divisi in due. Perché non possiamo vivere unendoci in un corpo solo? -

Yu si sporse in avanti e cinse le spalle di Maya con un braccio continuando a fissare quella scena con trasporto. Masumi Hayami vide il gesto del giovane attore e non riuscì a frenare quel moto freddo di gelosia incontrollata.

Un’anima divisa in due… lo yin e lo yang… questo è l’amore tra Akoya e Isshin… Padre! Questa è la fanciulla che hai sempre amato! E ora… Maya! Vuoi interpretarla tu?... Insieme a quel ragazzo?

- E’ per questo che desidero conoscere il tuo cuore. Scusami, Akoya. Non mi allontanerò più - le battute di Isshin espresse da Genzo furono un misto di implorazione e promessa.

- Anche se i nostri corpi carnali sono divisi in due, voglio vivere insieme a te diventando una cosa sola. Mio caro - concluse Akoya, il patto ormai suggellato.

La scena proseguì con l’uomo che chiese ad Akoya di dargli un nome dato che era difficile vivere senza fra la gente, ma lei replicò che non le importava del nome e che per lei, lui sarebbe sempre stato “lui”. Ma l’uomo non demorse, con un nome vero avrebbe potuto chiedere il consenso per sposarla al capo del villaggio e alla nonna.

Sakurakoji, ancora accanto a Maya, scosse la testa strabiliato, convinto di aver visto per un istante accanto a Genzo la figura dello scultore Isshin. Lo vedo… è accanto a Genzo… Isshin…

Ma Akoya insisté che il nome non era importante e si rifiutò di dargliene uno così l’uomo le chiese di insegnargli a preparare le medicine come faceva lei e i due attori, le figure della signora e di Genzo, si fusero con quelle di Akoya e Isshin e iniziarono a giocare fra loro, a rincorrersi come innamorati felici.

Akoya gli raccontò degli alberi, degli animali, di come lei ci parlasse, che tutte le cose posseggono un’anima e di come ascoltandole si impari molto. L’uomo la ascoltò raccontare dei suoi dialoghi con tutti gli esseri della terra, perfino con il cielo e che tutte le cose avevano un cuore, comprese che era una donna misteriosa e che, come dicevano quelli del villaggio, avrebbe potuto essere la vera dea.

- E a te, caro? Faccio paura? - gli chiese Akoya.

- No, sono solo sorpreso - rispose Genzo sicuro - Di qualsiasi cosa si tratti, sei sempre Akoya. Ti adoro lo stesso. Così come ci sono donne particolarmente brave nel tessere, tu sei abile a parlare con gli alberi, gli uccelli, il vento e il drago -

Maya osservò stralunata i due attori, che avevano dato vita a quella scena incredibile, senza neanche accorgersi della presenza di Yu accanto a lei.

- Io ti amo - esordì Akoya fissando l’uomo accanto a lei e Maya sussultò - Finora nessuno mi ha trattato come una ragazza normale…. sei la prima persona. Quando ho incontrato te, sono riuscita finalmente a sentirmi una ragazza come le altre - mormorò la signora.

Tutti gli spettatori, soprattutto gli uomini, non riuscirono più a scindere l’attrice dal personaggio e le sua interpretazione fu così intensa che nessuno rimase immune al suo fascino tanto che, ad un certo punto, l’emozione che provarono si confuse con quella dell’innamoramento.

Genzo riprese il suo ruolo di narratore e proseguì raccontando di come la nonna volesse cacciare dal villaggio quell’uomo senza nome e dell’arrivo, in contemporanea, di un Generale, guidato fin lì dal capo del villaggio. Il Generale concordò nell’allontanare da Akoya un simile individuo, ricordando di come, in passato, la ragazza avesse guarito l’Imperatore e che l’efficacia della sue medicine derivasse dal fatto che contenessero lo spirito divino e di come fossero indispensabili durante una guerra.

Ma quando Akoya chiese al Generale perché facessero la guerra, la sua risposta di voler riportare il mondo sulla retta via non la convinse e la giovane, sfidando il capo del villaggio, rispose per le rime al militare, senza alcuna paura. Akoya si lanciò in un’arringa sentita degli errori umani ripetuti, del loro egoismo, della cupidigia e di come l’odio generi solo altro odio. Poi spiegò che le sue medicine servivano per curare le malattie e preservare la vita e che di sicuro non le creava per curare le ferite di guerra. Quando il capo del villaggio cercò di interromperla di nuovo, il Generale volle invece che continuasse a parlare e Akoya non se lo fece ripetere due volte.

Così la giovane parlò della stupidità degli uomini, di come sprecassero la vita, che non gli apparteneva. Quando il Generale le chiese chi, dunque, avesse creato il corpo in cui dimoravano, Akoya non esitò e lo interrogò su chi avesse creato tutto ciò che li circondava. Anche per loro era lo stesso: tutti erano nati dalla stessa cosa.

La veemenza delle parole della signora diventò un’eco nella valle che stravolse gli spettatori.

Il Generale rifletté su quanto Akoya fosse straordinaria, sensibile e che avrebbe potuto essere davvero una Dea che parlava al cuore degli uomini. In quell’istante entrarono in scena i tre acrobati, giunti lì come indicato dagli abitanti del villaggio oltre la montagna. Il terzetto riconobbe il Generale Kusunoki, che era il junshin della dinastia sud, ovvero la carica di alto funzionario dello Stato che di solito scortava l’Imperatore di Yoshino. Sapevano tutto sulla vita del Generale e della sua carica, ma non sapevano cosa ci facesse un personaggio di quel calibro in quella valle sperduta. Ammiccando a vicenda, decisero di spiarlo per prevederne le mosse.

Genzo cambiò di nuovo la sua voce e la scena si spostò sulla festa del villaggio. Gli amici di Maya delle due compagnie interpretarono gli abitanti e circondarono Akoya che iniziò la celebrazione. Tutti gli spettatori erano rapiti e Maya era così coinvolta da mimare i movimenti della sensei e ripetere addirittura le battute sotto lo sguardo stralunato di Sakurakoji. Onodera e Akame, che la videro dimenarsi, borbottarono indignati che stava solo facendo confusione. Ma Ayumi si intromise e gli fece notare che Maya aveva già imparato a memoria le battute e ripeteva esattamente gli stessi movimenti della sensei. Quando i due uomini compresero ciò che stava facendo, restarono impietriti da tanto talento spontaneo.

Akoya invocò gli dei, dispensando consigli e segnando i presenti sulla fronte con della terra rossa e quando toccò al capo degli acrobati, l’uomo diventò terreo all’idea che quella sostanza scarlatta potesse essere il Tan, l’elisir di lunga vita che assumevano gli eremiti cinesi per non morire, per trovare l’oro o raddoppiare quello in possesso. Il capo dei girovaghi realizzò quanto fosse preziosa quella sostanza e i suoi pensieri iniziarono ad elaborare un piano.

Nello stesso momento, anche il Generale Kusunoki, la terra rossa stretta in pugno, stava pensando a qualcosa riguardo quella sostanza, finché notò lo sguardo di Isshin che fissava Akoya in mezzo alla gente. Genzo dette voce ai pensieri dello scultore, che vedeva la donna amata ormai inavvicinabile, così la osservava in silenzio. Il Generale gli chiese cosa gli piacesse della signorina Akoya e Isshin, spaventato, gli rispose che amava qualsiasi cosa lei fosse o facesse e Kusunoki, sospirando, gli raccontò che gli amori fra umani e divinità finiscono in tragedia, con la morte di uno dei due. Lo scultore replicò che non gli importava, perché per lui l’amore non finiva con la morte fisica.

In quell’istante, travolti dall’appassionata spiegazione di Genzo, Masumi Hayami, Sakurakoji, Ayumi e Maya compresero quale fosse l’amore di Isshin, condividendo lo stesso pensiero.

Non pensa che l’amore finisca quando sopraggiunge la morte! Una passione ardente che chiama l’anima dell’altro anche dopo la morte! Questo è l’amore di Isshin! L’amore appassionato e sincero!

La scena si spostò sulla zona proibita, dove gli amici di Maya interpretavano i guardiani della Dea. Essi erano consapevoli che Akoya fosse un essere divino dall’aspetto di donna mortale e che se avesse cercato di diventare umana non sarebbe stata perdonata. Se fosse stata una semplice sacerdotessa, diventando umana non sarebbe più riuscita a capire gli dei, avrebbe dovuto vivere la sua vita come una ragazza qualsiasi, ma avrebbe potuto essere felice. Invece se fosse stata una dea a diventare umana, come Akoya, avrebbe perduto i benefici del suo stato, le forze e infine sarebbe morta. E gli stessi guardiani ne avrebbero subito le conseguenze.

Mentre i cinque guardiani continuarono a recitare le loro battute, nel piccolo padiglione la signora Tsukikage, in attesa di riprendere il suo ruolo, si accasciò con un grido soffocato e venne prontamente aiutata dai ragazzi della Unicorno. Li rassicurò che aveva solo necessità di un attimo di pausa, ma nonostante le sue parole, Rei non l’abbandonò neanche un momento.

Genzo proseguì la narrazione e raccontò i retroscena che coinvolsero dei ladri al soldo dell’Imperatore del nord, che erano riusciti a sottrarre all’Imperatore del sud tre oggetti, ritenuti divini: una spada, una sfera ed uno specchio, simboli del vero Imperatore. Durante la fuga, i samurai uccisero uno dei tre ladri, mentre due riuscirono a fuggire. La notizia del furto giunse alla corte di Yoshino, dove i Generali stavano discutendo se la tregua imposta dal loro Imperatore fosse giusta o meno. La popolazione, intimorita per il furto, pregò la Dea perché gli oggetti divini venissero ritrovati e, quell’invocazione, fece apparire la signora Tsukikage nella zona proibita, nelle vesti della Dea Scarlatta.

Tutti vennero travolti dalla sua presenza e non ci furono dubbi che fosse l’apparizione di uno spirito divino. Maya fissò la sensei, chiedendosi come avrebbe potuto, in futuro, interpretare la Dea dopo aver visto la sua.

Gli amici di Maya, dietro le quinte, erano in apprensione per la sua salute, ma la signora era cosciente che questa parte del dramma fosse la più difficile, il momento in cui sarebbe diventata la Dea Scarlatta. Così ripensò a Ichiren, a tutto quello che avevano passato e richiamò la sua anima gemella.

La Dea Scarlatta, con voce soprannaturale, indicò agli abitanti dove scovare i tre ladri, come catturarli e gli promise che li avrebbe bloccati in quel luogo fino all’alba del giorno seguente. Ma pose una condizione: non avrebbero dovuto essere uccisi, la terra non doveva essere macchiata del loro sangue.

Un temporale scoppiò, avvolgendo le parole della Dea con un infausto presagio. Il Generale Kusunoki e i suoi uomini partirono alla volta della caverna indicata dalla Dea per catturare i due ladri rimasti ma, una volta raggiunti, nella lotta per la fuga, un samurai uccise uno dei due ladri e l’ultimo si gettò nel burrone pur di non essere catturato.

La Dea, avvisata dalla Terra del sangue versato, si ritirò lasciando un senso di vuoto e perdita in ogni spettatore tanto che nessuno si accorse che stava calando la nebbia nella valle dei susini.

La signora raggiunse immediatamente i camerini, ansimante e sfinita, ma i suoi occhi brillavano ancora pieni di energia. Genzo chiuse il primo atto e iniziò la narrazione del secondo.

Il rapporto fra il Generale Kusunoki e Akoya si incrinò nel momento in cui la promessa della Dea non venne mantenuta e il suolo della zona proibita venne macchiato di sangue. Tuttavia, il militare ricevette dall’Imperatore del sud la valle dei susini come feudo per il suo comportamento eroico nell’aver eliminato i due ladri e recuperato i tre oggetti. L’avidità del Generale lo spinse a scavare per trovare il prezioso Tan e anche il capo dei girovaghi, spia dell’imperatore del nord, pensò che proprio la zona proibita nascondesse una miniera di quella sostanza.

La scena si spostò nella valle scarlatta, dove la tensione fra Akoya e Isshin stava salendo irrimediabilmente. L’uomo insisteva per avere un nome dalla sua amata, ma Akoya ribatté spiegandogli che i nomi non erano necessari in quanto nessun’altra creatura li usava e che quando gli uomini erano divinità si capivano senza bisogno di parole, che la parola ‘dio’ non era un nome proprio, ma indicava un’essenza.

Isshin non comprendeva che essenza lui fosse, Akoya non volle rivelarglielo, lo scultore insisté, ma lei non si lasciò intimorire e ribadì che non importava come lo chiamasse, che per chiamarsi bastava pensare l’uno all’altra. Gli spiegò che c’era un dio in ogni cosa, che gli uomini vivevano guidati dalle intenzioni di questi dei, che nella zona proibita il dio del cielo e della terra si incontravano, completando il cerchio dell’armonia divina. Per questo gli uomini non dovevano sporcare quel luogo sacro e dovevano proteggerlo da coloro che non erano in grado di riconoscere la verità.

Poi Akoya gli chiese se avesse sentito una musica, che lei, purificando il suo cuore, riusciva ad udire. Era un suono che scorreva tra cielo e terra, che nasceva dalla terra e pioveva dal cielo, che nasceva mentre cadeva e nasceva mentre pioveva. Quell’armonia si intrecciò perfettamente e inondò ogni cosa, le sue onde dorate pervasero la valle, le montagne, i boschi, le pianure e i villaggi.

Alla fine di quel monologo appassionato e magico, tutti gli spettatori ebbero la sensazione, per un attimo, di aver visto la figura della Dea Scarlatta accanto a quella di Akoya.

Anche Isshin ‘vide’ la Dea in Akoya, quella visione aprì uno spiraglio nei ricordi dello scultore facendo riaffiorare l’urgenza di fare qualcosa di importante anche a costo della vita; quella passione ardente stava sbocciando di nuovo nel suo cuore.

Sia Maya che Ayumi compresero che quello era il punto di svolta del dramma e che recitare bene il ruolo della Dea Scarlatta era fondamentale proprio per quell’unico istante in cui Isshin riacquistava parte della memoria.

Genzo riprese la narrazione e la scena cambiò di nuovo, focalizzandosi sulla nonna di Akoya che ordinò ad un servitore di attaccare Isshin ma lui, sorprendendo sé stesso, si scoprì abile con la spada, confermando nel suo avversario i sospetti di tutti, che in realtà quell’uomo senza memoria fosse un bandito.

Poi una sera, mentre stava intagliando un pettine per Akoya, in realtà scolpì una statua buddista senza neanche rendersene conto né sapere come ne fosse stato capace. Così, stanco di non capire sé stesso, Isshin chiese di nuovo ad Akoya chi lui fosse. Era consapevole di avere qualcosa di importante da fare, ma non lo ricordava nonostante i suoi sforzi e quella situazione lo rendeva nervoso.

Akoya, che stava raccogliendo erbe, gli rispose semplicemente che era stanco e avrebbe dovuto riposare. Isshin, imbarazzato e triste, avrebbe voluto continuare a vivere in quel modo, ma sentì che nel suo cuore qualcuno cercava di svegliarlo e la cosa lo irritò perché avrebbe voluto attaccarsi a quel sogno che stava vivendo e continuare a dormire insieme a lei. Genzo, avvinto dall’amore profondo per Akoya sentì il profumo di susino su di lei e si avvicinò lentamente.

Akoya gli si rivolse con grande tenerezza, stese un velo su entrambi e gli disse di nuovo dolcemente di riposare e dimenticare tutto.

Sakurakoji e Masumi Hayami seguirono rapiti la scena e, nello stesso istante, i loro cuori batterono follemente quando Akoya, coperta dal velo, si chinò a baciare il suo Isshin, segnando così il suo destino di morte.

Poi Akoya si alzò, piena di tristezza per quell’amore irrealizzabile che l’aveva cambiata per sempre e se ne andò. Tutti gli spettatori restarono allibiti, provarono pena per lei, per la solitudine a cui era costretta, nell’impossibilità di amare l’uomo di cui si era innamorata. Tutti avevano Akoya nel cuore.

Eisuke Hayami, svuotato e pieno di malinconia, si rese conto che da sempre era stato in quel modo, che gli spettatori non potevano fare a meno di innamorarsi di lei, che era un amore doloroso, triste e irrealizzabile.

Ayumi si rese conto che era la presenza scenica della sensei a trasmettere malinconia e che faceva presagire un epilogo tragico.

Esprime la tragedia di un amore impossibile tra un uomo e un albero di susino! E tutto questo senza muovere un solo muscolo del proprio corpo…

Come immaginato da Ayumi, Akoya era diventata umana, non sentiva più il cielo, né comprendeva gli uccelli, non riusciva a capire il tempo atmosferico, né il cuore del vento o la voce dei laghi, i pensieri dell’acqua né il sussurro della terra. Persa la sua divinità, non riusciva più a comprendere la natura, sfogò tutta la sua frustrazione, il suo dolore e gli abitanti del villaggio, sconvolti e spaventati, rivolsero tutta la loro rabbia su Isshin.

Il Generale Kusunoki, venuto a sapere dei fatti dalla nonna di Akoya, cercò di separare i due amanti. Con una banale scusa lo catturò e lo rinchiuse nella prigione del suo palazzo, fra le grida disperate di Akoya.

Nel castello di Yoshino, a sud, i samurai discussero ogni giorno della guerra. Ora che i tre oggetti sacri erano stati ritrovati, la tregua non aveva più senso e vagliarono diverse strategie per riconquistare il nord e la città di Kyo. Ma il Generale Kusunoki aveva dei dubbi: il prolungarsi della guerra intestina stava devastando l’intero paese, i morti non si contavano più. Se fosse stato l’uomo di un tempo, non avrebbe esitato a dare battaglia, ma qualcosa in lui, grazie ad Akoya, era cambiato. Così, sperando di allontanare i dubbi dal suo cuore, raggiunse la giovane nella valle scarlatta.

Kusunoki rimase sbalordito nel vederla pelle e ossa, come se stesse per morire. Allarmato, chiese il perché di quella situazione e il capo del villaggio lo informò che non mangiava, non beveva e che pensava a quell’uomo più di quanto non facesse quando era lì. In quel modo non avrebbe mai riacquistato la sua divinità.

Il Generale la convinse a ristorarsi con la promessa di farle incontrare Isshin e Akoya sentì che qualcosa preoccupava quell’uomo. Kusunoki la interrogò circa il ruolo degli uomini nel mondo. Qual era il motivo per cui un dio faceva nascere gli uomini? A quale scopo? E cosa ne pensava, quel dio, delle guerre umane e delle morti relative ad esse?

Akoya, visibilmente tesa, gli rispose francamente come aveva sempre fatto.

- Come può esistere una madre che non si addolori vedendo i suoi figli combattere e uccidersi a vicenda? Il desiderio degli dei è quello che tutti vivano in armonia… Bisogna sempre essere coscienti del fatto che è grazie alla loro opera divina che noi viviamo! Il mondo è formato da due forze che si contrastano a vicenda, parlo della nascita e della morte, la creazione e la distruzione, il cielo e la terra, il fuoco e l’acqua, la luce e l’oscurità, gli uomini e le donne, le cose visibili e quelle invisibili. In apparenza sembrano tutte contrastare fra loro, ma in verità sono come le estremità di un bastone… due stremità legate fra loro. In mezzo, tra la nascita e la morte, c’è la vita. Tra la creazione e la distruzione c’è l’esistenza. La vita ha un significato. L’esistenza ha un significato. Tra il cielo e la terra c’è il mondo. Il fuoco diventa nulla contro l’acqua e l’acqua diventa nulla contro il fuoco. Lì c’è il calore, ma anche il freddo. La luce diventa tale solo se esiste l’oscurità e l’oscurità può dirsi tale solo se contrapposta alla luce. Gli uomini e le donne sono il negativo e il positivo, nati dagli dei… Insieme, quando si incontrano, ritrovano l’armonia fra yin e yang, diventando di nuovo divinità… Quello che muove questo corpo visibile è il nostro cuore invisibile. Sembrano contrari, ma si trovano solo alle estremità opposte di una stessa cosa -

Akoya si erse sulla persona sempre più ad ogni parola che uscì dalla sua bocca fino a ritrovare la sua divinità perduta.

E’ tornata ad essere la dea! Dalla sua fragilità traspare l’essenza del divino! Raccontando il cuore degli dei, si è trasformata da donna sofferente in dea!

Maya rimase scioccata nell’apprendere quella verità sul ruolo di Akoya legato a doppio filo a quello della Dea Scarlatta.

Alla fine di quel lungo e impegnativo monologo, Akoya si accasciò e né Maya né Ayumi avrebbero potuto dire se fosse previsto o meno dalla rappresentazione, ma Genzo, nei panni del Generale Kusunoki, le fu immediatamente accanto, proseguendo nel racconto.

La interrogò con voce preoccupata, su chi le avesse insegnato quelle cose e Akoya, in un sussurro teso, gli rispose che le aveva sempre sapute, che bastava guardarsi intorno per capirle e che anche lui le sapeva, ma fingeva di non notarle.

La recitazione della signora era così sofferente che dietro le quinte i ragazzi si domandarono se fosse realmente interpretazione o se la signora stesse male.

Ma Akoya si sollevò, dimostrando un’immensa forza e proseguì nella sua arringa accorata dicendo al Generale che una legge misteriosa avvolgeva il mondo e che nella natura vigeva la legge degli dei. Obbedendo a questa legge, ogni essere di quel mondo aveva diritto alla vita.

- Il senso della vita non si compie nel morire - gli rivelò, scioccandolo - Piuttosto nel vivere. Uccidersi a vicenda significa infrangere le leggi degli dei! -

Kusunoki si alzò in piedi e si rese conto che tutto ciò che aveva detto Akoya era vero. La vita andava preservata e si doveva creare un’armonia, quindi la guerra doveva cessare!

Ma all’improvviso un corno risuonò nella valle, scuotendo tutti gli spettatori e un soldato avvisò il Generale che la guerra era iniziata: i samurai sotto il suo comando non avevano atteso i suoi ordini e si erano lanciati all’attacco per riprendersi la città di Kyo.

Gli amici di Maya invasero la radura vestiti da soldati, ignorando le grida del Generale che cercava di fermarli, mentre la Dea, dall’alto del piccolo promontorio all’ingresso della zona proibita, li osservava in silenzio. Decise di parlare agli uomini, cercando di risvegliare in ognuno di loro quella parte divina, per renderli coscienti della loro vera natura, di essere vivi, di ascoltare gli elementi che gridavano intorno a loro, di scoprire di essere stati trattati teneramente.

Ma nessuno l’ascoltò e perfino il Generale Kusunoki si lasciò convincere dal suo soldato a partecipare alla guerra e guidare in battaglia i suoi uomini. Nel pieno dei combattimenti, giunse la notizia che le truppe della dinastia del nord si stavano dirigendo verso la valle scarlatta. Il Generale liberò Isshin dalla prigionia e gli consegnò una spada per combattere.

I guardiani presidiavano la zona proibita e videro arrivare l’armata del nord guidata dal capo degli acrobati girovaghi che diresse il suo esercito direttamente verso la caverna sacra dove credeva si nascondesse una vena di Tan, l’elisir di lunga vita.

Akoya, priva dei poteri, non era in grado di bloccarli e si diresse alla zona proibita insieme ad alcuni abitanti del villaggio, per cercare di proteggere la Dea Scarlatta che vi dimorava.

Anche Isshin raggiunse la valle, ma trovò il villaggio dato alle fiamme e i cadaveri degli abitanti ammassati lungo le strade. Quella visione sconcertante e dolorosa fece riaffiorare altri ricordi in Isshin finché, pensiero accanto a pensiero, ricordo accanto a ricordo, ritrovò completamente la memoria e Genzo sconcertò il pubblico per la veemenza con cui gridò il suo impegno per scolpire una statua votiva della Dea Scarlatta dal legno di un albero millenario.

In quel momento ricomparve il monaco buddista che aveva guidato Isshin sulla montagna e gli indicò un’ascia appoggiata ad un tronco spostando poi il dito verso la zona proibita. Isshin l’afferrò e corse alla caverna, ma vide l’ingresso violato da molteplici impronte umane.

Improvvisamente, la nonna di Akoya si gettò su di lui, inveendogli contro, maledicendolo e accusandolo della perdita della divinità di Akoya che sarebbe così morta. Isshin, spaventato dalle sue parole, chiese spiegazioni e dove fosse Akoya.

- Akoya era la protetta della Dea Scarlatta - gracchiò la vecchia - Ma ormai non c’è più speranza! L’umanità di Akoya è al cospetto della Dea, ora è solo una donna senza la sua divinità e non può sopravvivere! Per una Dea è impossibile dimorare in un corpo umano! -

Isshin, sulla via della comprensione, fece quella domanda che avrebbe cambiato per sempre il corso del suo destino.

- La Dea Scarlatta, ma che Dea è? Dimmelo, nonna! Quale Dea può dimorare nel corpo di Akoya?! -

La nonna lo fissò con gli occhi spiritati, brandendo il suo bastone.

- Una Dea nata dall’unione fra gli dei del cielo e gli dei della terra… il susino millenario che indossa un abito intessuto di fiori scarlatti… Akoya è la Dea incarnata! - gli urlò in faccia facendolo sbiancare.

Isshin non ebbe modo di riflettere a lungo su ciò che implicassero quelle parole perché in quel momento, dalla zona proibita ammantata di un’aura tetra, provennero le urla strazianti dei soldati dell’esercito del nord. Lo scultore si diresse immediatamente lì e Genzo sparì alla vista degli spettatori, raggelati dal fatto che stava per entrare in un luogo sacro e interdetto agli uomini, che venivano uccisi per quell’affronto.

Ma il pubblico non ebbe tempo per rifiatare, perché la loro attenzione venne immediatamente catturata dall’entrata in scena di Akoya accanto al tronco di susino vicino al fiume.

I ragazzi, dietro le quinte, esultarono felici: quella era l’ultima scena in cui avrebbe recitato la signora e che prevedeva l’entrata di Akoya, in fin di vita, nella zona proibita come spirito millenario del susino, dove avrebbe affrontato Isshin. I ragazzi indossarono gli abiti degli spiriti guardiani e raggiunsero il loro punto.

Gli spiriti punirono i soldati che si erano addentrati nella zona proibita, uccidendoli uno ad uno coi loro poteri naturali. Sapevano che ad un solo uomo era permesso abbattere il susino millenario ed era l’uomo amato dalla Dea Scarlatta. Lo videro arrivare con l’ascia in mano, avrebbero voluto proteggere le loro vite salvando il susino e la Dea, provarono a colpirlo con fulmini e vento, ma non lo scalfirono. Quindi decisero di contare sulle forze della Dea Scarlatta: se per l’uomo era possibile abbattere il susino millenario allora anche per la Dea Scarlatta era possibile annientare l’uomo!

La signora, ormai al limite delle sue forze fisiche e mentali, si accasciò davanti al susino, ma gli spettatori, sebbene preoccupati, pensarono facesse parte dello spettacolo. Maya si sporse in avanti e notò del sangue scivolare lentamente da sotto la maschera fin sul collo candido della sensei. Anche Ayumi sembrò aver notato qualcosa di rosso e si domandò se fosse sangue. La signora si aggrappò al susino e invocò il suo potere.

- Dea Scarlatta! Le vostre forze! L’uomo arriva! - gridò disperata Akoya.

- Uccidete l’uomo, per favore! - gridò Rei nei panni di uno dei guardiani - Se non lo farete, sarete voi a morire! Riappropriatevi della vostra divinità, fate che tutto ritorni com’era prima! - l’angoscia nella voce del guardiano era palpabile. La sorte della Dea era strettamente legata alla loro.

La signora, appellandosi al suo Ichiren, gli chiese forza e sostegno per terminare quell’ultima scena. E con quell’ultimo sprazzo di forze concesso dalla sua anima gemella, la signora Tsukikage si rialzò in piedi appoggiandosi prima al susino e poi ergendosi in tutta la sua statura.

Kei Akame, stravolto da tutta la rappresentazione, si rese conto che, attraverso il ritmo del respiro, la signora aveva riacquistato le forze ed era come se stesse assorbendo la forza dal susino. Erano senza parole, la determinazione di Akoya venne trasmessa a tutti e, con una danza spettacolare e unica, Akoya fece sbocciare e schiudere i millenari fiori scarlatti.

Sembra un essere senza peso corporeo… Si muove come se scivolasse sulle nuvole… Kei Akame non riuscì a staccare gli occhi da quella danza divina.

Ayumi, gli occhi spalancati e il cuore che batteva all’impazzata, osservò le sue mani. Danzano nel vuoto… sembrano petali…

Anche Kuronuma era attirato dal movimento delle braccia e della mani. Sembrano quelli delle statue buddiste…

Il suo corpo si sposta come se fosse l’aria a muoversi… Peter Hamil continuò, instancabile, a scattare fotografie per non perdere un attimo di quella magia.

- Io e il vento siamo la stessa cosa - enunciò la voce soprannaturale della signora - Io e il fuoco siamo la stessa cosa. Io e l’acqua siamo la stessa cosa. Io e la terra siamo la stessa cosa. Gli esseri che volano, strisciano, nuotano, corrono nei campi! Io sono uguale a voi! - e la Dea-Akoya assunse una posizione rilassata dopo la danza frenetica in cui tutti videro il creato e l’universo in pace e armonia.

Masumi Hayami, che di spettacoli e attori ne aveva visti a profusione, comprese il motivo per il quale Chigusa Tsukikage era ritenuta una delle più grandi attrici di tutti i tempi. E’ così convincente da far addirittura immaginare l’universo! La sua recitazione trasporta lo spettatore nel mondo del personaggio che interpreta… potrei anche arrivare a credere che gli dei sono fra noi...

- Montagne. Cielo. Mare. Sono i miei fratelli! Io sono uguale a voi! Io e l’universo siamo la stessa cosa. Io e tutta la natura siamo la stessa cosa! L’anima si manifesta trasformandosi in vita mentre la vita si cela diventando un’anima… Da quando sono al mondo, il tempo non esiste per me. Viaggio nell’eternità. Chi sono io? Sono un albero. Sono un uccello. Sono il vento. Sono il cielo. Sono la terra… Chi sono io? Io sono la forza della vita che emerge dal profondo della terra. Un’anima potente che scende giù dal cielo. Sono un essere che unisce il cielo e la terra! Io sono la Dea Scarlatta! -

Un vento pieno di petali corse fra gli spettatori basiti e nell’ultimo passo di danza la signora lasciò cadere la sua veste. Un attimo dopo la radura era vuota. Un silenzio soprannaturale avvolse tutto e tutti finché qualcuno iniziò a domandarsi cosa avessero visto veramente. Forse un’allucinazione, tale era stato reale il coinvolgimento dell’interpretazione della signora Tsukikage. Genzo ricomparve con un colpo secco sullo tsuzumi. Raccolse delicatamente la veste lasciata dalla signora con una mano e si appoggiò su un ginocchio.

- E infine - narrò - Di Isshin, determinato a portare a termine il suo compito di scolpire una statua della Dea Scarlatta intagliando il legno di un albero di susino millenario; di Akoya, incarnazione della Dea stessa che dimorava in quel susino e di cosa accadde nella valle dei susini da quel momento in avanti per ora non potete saperlo - un chiacchiericcio si sollevò dagli spettatori stupiti.

Masumi corrugò la fronte, un profondo senso di disdetta lo colpì.

Non mostreranno la fine del dramma… non potrò vedere la sua interpretazione del momento culminante...

- Una leggenda - proseguì Genzo - Viene tramandata da una persona all’altra, continuando così a vivere attraverso i secoli. E una nuova Dea Scarlatta proseguirà, un giorno, questa storia - Maya e Ayumi sussultarono entrambe.

- Ecco, ho capito! - esclamò il Presidente dell’Associazione Nazionale attirando l’attenzione di Masumi e dando voce ai suoi stessi pensieri - La storia si ferma qui, appositamente, in questa scena cruciale, per dare modo alle due Dee Scarlatte e ai due Isshin di pensare a come interpretare il proprio ruolo! La dea del susino millenario incarnata in Akoya. Isshin che tenta di adempiere alla missione affidatagli dal Mikado. Vita contro vita, una delle due sarà spezzata! Akoya e Isshin, che si incontrano e amano, recitano le loro parti raccontando agli spettatori lo spirito degli antichi dei e del Budda. E’ la scena più difficile. Chigusa Tsukikage ha lasciato quel compito alle due Dee Scarlatte e a Isshin! -

Maya e Ayumi fissavano Genzo, senza parole, condividendo lo stesso pensiero. Uno scontro tra la Dea e Isshin, la persona che più ama! Come bisogna interpretarlo? Oh, signora!

Sakurakoji e Akame erano entrambi incerti su ciò che avrebbero dovuto fare.

Isshin colpisce il susino millenario, ovvero la fonte della vita di una fanciulla innamorata!

Genzo riprese la parola narrando ciò che accadde in seguito. Tutti i mormorii e sussurri cessarono.

Diversi anni dopo, l’Imperatore, guardando il susino nel giardino del palazzo di Kyo, parlò ad un dispiaciuto Terufusa.

- Ho capito, allora quell’uomo non ha lasciato alcuna traccia… volevo in qualche modo ricompensarlo per i suoi meriti - mormorò l’Imperatore.

- Ormai non penso che sia necessario continuare a cercarlo - rispose Terufusa, chinando la testa - E poi… vorrei raccontarvi la storia misteriosa di un bonzo vagabondo di cui non si fa che parlare in tutto il paese! - riprese con maggiore ardore il Generale.

- Ebbene, quel bonzo, che non pronuncia mai il suo nome, invece di pregare il Budda amida, scolpisce bellissime statue. Quando il bonzo scolpisce una statua e prega, dal cielo cade una pioggia d’amore che placa la siccità; un terreno sterile produce un abbondante raccolto e sulla terra arida sgorga una nuova fonte! - raccontò sotto lo sguardo interessato dell’Imperatore.

- Oltretutto, se si rivolgono preghiere alle statue scolpite da quel bonzo, la tempesta si calma o un periodo di pioggia troppo lungo cessa! Si dice addirittura che il corso di un fiume possa essere cambiato! Gira voce che un intero villaggio colpito da un’epidemia avesse rivolto preghiere ad una sua statua e immediatamente tutti siano guariti! Sembra che questo bonzo sia un esperto di piante medicinali e che insegni la sua arte a chiunque voglia imparare… da solo ha salvato tantissime persone ferite o ammalate... Dicono che sia sempre in viaggio e che scolpisca continuamente senza stabilirsi mai in nessun posto. Parla con il cielo, con la terra, considera le nuvole della volta celeste sue amiche. Ora per la pace del paese, ora per amore verso il popolo, ora per un buon raccolto, per queste cose prega le statue che lui stesso scolpisce. Ogni volta che il bonzo se ne va, una statua piena d’amore viene lasciata. Sotto ogni statua c’è incisa la parola “verità” (n.d.r. Isshin)... - Terufusa riprese fiato e tornò a fissare il pavimento.

- Quel bonzo probabilmente è… - ma si fermò, facendo una pausa, senza dare voce a ciò che anche l’Imperatore sospettava - Ma nessuno può sapere dove si trovi ora quell’uomo, è come se fosse una nuvola che si sposta nel firmamento. Forse il suo cuore dimora nel cielo mentre il suo corpo si sposta sulla terra. Anche se riuscissimo a trovarlo, non scenderebbe mai sulla Terra - concluse Terufusa.

- Se può esistere una ragazza in cui dimora la Dea, allora può esistere anche un uomo in cui dimora il Budda - disse l’Imperatore ammirando gli splendidi fiori di susino in piena fioritura - E mentre le loro anime si uniscono, la Dea e il Budda diventano una cosa sola… E’ nata la statua della preziosa Dea Scarlatta. Può darsi che anche nel bonzo vagabondo dimori quest’anima preziosa -

L’Imperatore alzò gli occhi al cielo. I fiori scarlatti del susino erano belli e rigogliosi. I rami su cui sbocciavano si tendevano verso il cielo azzurro come se vi si arrampicassero.

Genzo appoggiò le labbra al flauto e ne trasse una melodia che incantò tutti i presenti, spargendosi per tutta la valle e raggiungendo il cuore stanco e malato della signora Tsukikage che, dietro le quinte improvvisate, sentiva il dramma della Dea Scarlatta andare verso la conclusione. Conscia del poco tempo che le rimaneva, ripensò a Ichiren, al loro amore che non era potuto sbocciare e consumarsi in questa vita e che avrebbe dimorato per sempre nell’unica anima a cui appartenevano. Afferrò la maschera debolmente e sorrise pensando che a breve la Dea Scarlatta sarebbe rinata in Ayumi o Maya.

Il suono del flauto si interruppe e una macchia di sangue imbrattò la maschera che teneva fra le mani.

Non è ancora il momento… ci sono Maya… e Ayumi… ancora un po’, Ichiren… ancora un po’...

Il piccolo gruppo di spettatori applaudì con trasporto e coloro che più strettamente erano legati al dramma avevano il cuore colmo di meraviglia e commozione. Ma nel piccolo padiglione, quel dramma sembrò consumarsi realmente, quando Rei si accorse del sangue che usciva dalla bocca della signora, accasciata, come senza vita, ad un tronco di susino.

Prontamente sostenuta dai ragazzi, la signora ebbe una fugace visione del suo Ichiren e, grazie alla forza che le infuse, riuscì a riprendersi e a mostrarsi davanti al susino che era stato il palcoscenico naturale della sua ultima rappresentazione.

Quella forza e il sorriso sereno che mostrò a tutti gli spettatori stupirono non poco i ragazzi che non riuscirono a comprendere un cambiamento così repentino in breve tempo.

- Incredibile! Sembra un’altra rispetto a poco fa… Sarà invulnerabile? - commentò uno dei ragazzi della Unicorno mentre fuori gli applausi invadevano la valle.

- No… - sussurrò Rei - Sta recitando! Questo è il suo commiato da attrice… Accompagnata dalle ovazioni del pubblico, sta interpretando la parte della grande attrice del passato: Chigusa Tsukikage… Con una forza d’animo in cui vuole credere… -

Dalla sua posizione privilegiata sulla piccola altura, Eisuke Hayami si coprì gli occhi con la mano, incapace di guardare ancora quel volto radioso che provocava in lui le stesse emozioni di tanti anni prima. Chiese a Sujimoto di portarlo via da lì prima che i sentimenti in lui svanissero. L’uomo, osservando il suo Presidente così provato, acconsentì alla richiesta e, a chiunque gliel’avesse chiesto, avrebbe giurato di non aver mai visto quell’uomo inflessibile e freddo reagire in un modo simile.

- Signore e signori, vi ringrazio sentitamente per essere qui oggi - esordì la signora dopo i meritati applausi.

- Rispetto al lontano passato in cui recitavo nella “Dea Scarlatta”, le mie forze e la mia professionalità si sono indebolite, ma ve le ho mostrate comunque, anche se con un certo imbarazzo. Devo ringraziarvi anche per aver resistito a lungo [n.d.a. anche io vi ringrazio, carissime :*] assistendo ad uno spettacolo in cui ho recitato praticamente da sola e che vi sarà sembrato approssimativo - la signora mantenne lo sguardo basso e sospirò.

- Questa è stata la mia ultima interpretazione della “Dea Scarlatta”. Ora che si è conclusa, devo ammettere che mi ha fatto ricordare molte cose… I frequenti rimproveri di Ichiren Ozaki durante le prove, per i quali soffrivo tanto da meditare di lasciare le scene, gli applausi del giorno della prima, che sembravano far tremare il teatro… e il mio unico amore… -

Maya si riscosse a quelle parole. Avvertì la vicinanza di Yu, il suo braccio protettivo sulle spalle e il cuore prese a batterle freneticamente.

- Sì - proseguì la signora - L’amore della Dea Scarlatta era il mio amore. I sentimenti di Akoya sul palcoscenico erano i miei stessi sentimenti. Le battute di Akoya corrispondevano alle parole del mio cuore. Un amore cercato e non realizzato… l’amore che implora l’anima dell’altro…. E’ questo l’amore! - Maya sussultò e l’espressione della signora completava ciò che i suoi sentimenti non avrebbero potuto esprimere meglio.

- L’ho capito grazie a questo dramma - continuò - Essere attirati unicamente dall’anima dell’altro a dispetto di professione, posizione sociale, età e razza… attirati come calamite e sovrapporre all’anima dell’amato la propria anima fino a diventare uno - la signora non poteva sapere che le sue parole stavano toccando in particolare maniera due degli spettatori presenti, non poteva sapere quanto vicino fosse andata alla realtà che coinvolgeva quei due speciali Akoya e Isshin.

- E’ vero, al mondo esiste chi vive tutta la vita senza incontrare una tale persona e per questo essere infelice - sollevò lo sguardo e lo fissò sul pubblico - Ma se la si incontra, ne siamo attirati, avvinti, e qualsiasi cosa accada, non ci si può più separare… per diventare un’anima sola. Con Ichiren Ozaki fu così. Aveva moglie e teneva molto alla famiglia. In apparenza mi amava solo come attrice, ma ero orgogliosa di essere, attraverso lo spettacolo, più strettamente legata a lui di chiunque altro. Ci capivamo reciprocamente, senza bisogno di parole. Sapevamo bene, più di chiunque altro, quando eravamo felici, tristi o sofferenti. E poi potevamo vivere la vita uno accanto all’altra. Quando sul palcoscenico interpretavo la Dea Scarlatta, ero tutt’uno con l’anima di Ichiren, anche se i nostri corpi erano separati, le nostre anime erano una sola. C’era un forte senso di unione, come se i nostri cuori non fossero divisi. Ichiren se ne è andato, ma dentro di me lui continua a vivere. Continua, nel mio cuore, a rimproverarmi, a consolarmi e a darmi coraggio. Anche adesso è insieme a me. E credo lo sarà fino a quando non lascerò questo mondo - Chigusa chiuse gli occhi e placò il suo spirito.

Maya non riusciva a controllare il battito frenetico del suo cuore. Ogni parola della sensei era incisa nella sua mente e nel suo cuore. Signora Tsukikage… tutto ciò che ha detto… sembra che… che io la stia vivendo ora… ma non è possibile questo… non è proprio possibile… il mio amore irrealizzabile… essere strettamente legata a lui tramite il teatro… più di chiunque altro...

- La Dea Scarlatta era la vita. Vorrei che quella vita si conservasse in tutti voi… - riprese la signora - E’ un miracolo che io, così ammalata, sia sopravvissuta finora, ma adesso sono come lo stoppino esausto di una candela. Prima che il fuoco si consumi del tutto vorrei accendere con esso una nuova candela - fece una pausa significativa, poi si girò verso l’uomo che l’aveva sostenuta in tutti quegli anni di solitudine.

- Genzo! - lo chiamò e lui le porse uno scalpello. Appoggiò a terra la maschera che aveva usato, sollevò lo scalpello lentamente con un gesto studiato, poi lo calò con forza sotto lo sguardo stupito di tutto il pubblico.

La maschera si spezzò in due metà perfette.

- Come potete vedere, signori e signore, la maschera della Dea Scarlatta è rotta - esordì la signora con un sguardo acceso e determinato.

- Se ci si aggrappa alle cose vecchie immancabilmente diventano arte morta. Capire il vecchio e generare il nuovo. Per creare cose nuove bisogna distruggere le vecchie. Maya! Ayumi! - chiamò e le due giovani scattarono come se avessero preso la scossa.

- Da adesso in poi, nella vostra disputa per la Dea Scarlatta, non dovrete imitarmi. D’ora in avanti dovrete creare la maschera della nuova Dea Scarlatta - ordinò con tono perentorio come era solita appellarle durante i loro allenamenti.

- Sì! - risposero entrambe con una lieve esitazione.

- Maya - e si voltò verso di lei con sguardo comprensivo - Crea la maschera della tua Dea Scarlatta -

- Ayumi -  e si rivolse alla giovane attrice - Crea la maschera della tua Dea Scarlatta - ripeté con lo stesso tono affettuoso.

Il pubblico esplose in un boato di applausi che né Maya, né Ayumi, né la signora sentirono, concentrate a guardarsi in quell’attimo emozionante.

- E’ stata superlativa, signora Tsukikage - applaudì il Presidente dell’Associazione Nazionale - La Dea Scarlatta di oggi lascerà in noi un’impressione indimenticabile. Credo che le persone che sono state testimoni ne parleranno per tutta la vita. E, signora Tsukikage, abbiamo sentito con chiarezza le sue parole, ora. Anche noi seguiremo con attenzione la nascita della nuova Dea Scarlatta! -

- Molte grazie, Presidente - rispose Chigusa piegandosi leggermente in avanti - E a voi signori e signore. La Dea Scarlatta potrà rinascere anche grazie a voi -

Un applauso scrosciante accolse quelle ultime parole dense di significato. Genzo osservò la platea, i volti sorridenti, gli occhi brillanti e sentì il suo cuore scoppiare di gioia.

E’ finito… ora tutto è finito… Grazie, signora Chigusa. Ho aspirato alla Dea Scarlatta per tutta la vita… Mi sembra un sogno aver potuto interpretare la parte di Isshin. Per lungo tempo l’ho servita standole accanto e stento a credere che un simile giorno sia arrivato… Così come sia arrivata anche la sua ultima rappresentazione nella Dea Scarlatta… Ora non ho più rimpianti…

Gli applausi continuarono per alcuni minuti poi Saiaka sorprese gli ospiti invitandoli ad un piccolo rinfresco in mezzo ai susini fioriti.

Così, mentre venivano allestite le pietanze, Maya si guardò intorno, ancora scossa per le emozioni provate, il cuore che non riusciva a rallentare i battiti furiosi. Si voltò incontrando lo sguardo sorridente di Yu. Arrossì lievemente, si alzò e avvertì un lieve dolore ai ginocchi. Emise un lamento sommesso e Sakurakoji la sostenne gentilmente per un gomito.

- Sei tornata tra noi, Maya? - le sorrise con affetto e lei non poté fare a meno di notare come il suo sguardo fosse cambiato.

Sakurakoji… sei cambiato… sembri così sereno… io invece… sono scossa… l’emozione che ho provato è stata travolgente… quasi incontenibile!

- S-sì… - balbettò, abbassando lo sguardo e mettendosi salda sulle gambe.

- Incredibile, vero? - sussurrò lui facendo qualche passo avanti, verso il ruscello che aveva separato palco da platea e puntando gli occhi in quella direzione - Non avrei mai immaginato che l’amore di Isshin potesse essere così… -

Maya lo osservò di spalle. Avrebbero dovuto, a breve, interpretare i due protagonisti della storia, personaggi complessi, che lei ancora non aveva compreso. In questo caso, entrare dentro il personaggio le risultava davvero difficile. Era sicura di essersi avvicinata molto con le prove nella valle e poi… Si voltò lentamente e individuò il signor Hayami che parlava con l’anziano Presidente dell’Associazione Nazionale.

Era consapevole, ormai, dei suoi sentimenti, esattamente come sapeva che non sarebbe mai stata ricambiata. Anche se quel dramma sembrava cucito sulla sua persona, il fatto che età, aspetto, rango, posizione sociale non avessero importanza e che l’amore vincesse su tutto, era solo un sogno e poteva far parte solamente di una favola, come lo era la “Dea Scarlatta”. Lo fissò ancora qualche istante, concedendosi il lusso di poterlo osservare a distanza senza essere vista. I ricordi dei momenti che aveva passato con lui in quel posto magico si fusero alle battute del dramma.

Una singola lacrima scese sulla guancia arrossata, dall’emozione e dal dolore, e scivolò lenta fino a terra.

Essere strettamente legata a lui tramite il teatro… più di chiunque altro...


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Capitolo 27
*** Anime gemelle ***


Ultima revisione: dicembre 2015

 

27. Anime gemelle



Il crepuscolo aveva riempito la valle di una sottile nebbia rosata. Gli ospiti che avevano assistito allo spettacolo stavano terminando il rinfresco mentre i ragazzi delle due compagnie si affrettavano a sistemare il materiale occorso alla rappresentazione. Maya stava aiutando come tutti, si inginocchiò a terra, mise una scatola sopra un’altra mentre ripensava alle battute e alla recitazione della signora. Si lasciò lentamente andare sedendosi sui talloni, lo sguardo perso nel vuoto, le battute che scorrevano frenetiche nella mente e rievocavano i passaggi più importanti.

La Dea Scarlatta… lo spirito del millenario albero di susino… la dea degli spiriti che governa la natura… la dea dell’armonia del creato, che cambia il mondo delle tenebre in quello della luce… la Dea Scarlatta, un’altra delle mie maschere… io… ci riuscirò? E poi… l’amore della Dea Scarlatta… anime gemelle… due anime che diventano una…

Il cuore prese a batterle freneticamente e gli occhi ripresero lucidità, facendola ritornare alla realtà. Il profumo dei susini la circondava e i rumori lievi degli insetti addolcivano l’aria come fosse ancora estate. Sbatté le palpebre e il volto del signor Hayami prese forma davanti a lei. Si portò le mani al volto di scatto, chiudendo gli occhi e arrossendo.

Si alzò lentamente. Davanti a lei, perfettamente adagiata sul manichino, c’era la veste che aveva indossato la signora Tsukikage. Allungò titubante una mano e prese fra le dita il tessuto di seta liscia.

Non è possibile… non è possibile che la mia anima gemella sia lui… non può essere, sarebbe un sogno… anche se come ammiratore mi avesse dimostrato dell’affetto oltre che della stima professionale, non significherebbe niente… Undici anni di differenza… sono troppi e poi… lui non mi ha mai considerato una donna, per non parlare delle classi sociali a cui apparteniamo…

- Che stai facendo, Maya?! - la voce di Taiko la fece sobbalzare - Scendi dalle nuvole e aiutaci! - la riprese con dolcezza.

- Ah… sì! - annuì Maya, lasciando di scatto la veste della signora, ma quando Taiko se ne andò, furtivamente sfilò la veste dal manichino. Si guardò intorno per essere sicura che non ci fosse nessuno, poi la indossò sopra i suoi vestiti. Un imbarazzo crescente le arrossò le guance avvertendo l’importanza di quel tessuto e cosa simboleggiasse.

- Me la sono messa - ridacchiò in un sussurro lieve - Soltanto per un momento… soltanto per un momento… - con passo leggero raggiunse il ruscello dietro le quinte, lo stesso che aveva diviso il palcoscenico dalla platea durante le loro rappresentazioni. Si specchiò nell’acqua e rimase senza parole.

Poi, presa dall’emozione, mimò alcuni passi sfruttando le maniche come ali e divertendosi un sacco. Il tessuto morbido e delicato sollevò i fiori di susino facendoli volteggiare intorno a lei e trasportandola nel mondo della Dea Scarlatta.

Poco distante, affiancato dal Presidente dell’Associazione Nazionale, dal regista Onodera e da Kei Akame, Masumi manteneva tenacemente quella maschera che gli permetteva di mostrare a tutti, senza ombra di dubbio, il Presidente della Daito Art Production. Ormai da anni aveva acquisito la capacità di seguire un discorso e pensare a tutt’altro e in quel momento era costretto a ricorrere obbligatoriamente a quell’abilità: lo strascico dell’interpretazione della signora Tsukikage e l’aver compreso appieno il ruolo di Akoya e di Isshin, lo avevano colpito come un tornado. E in più c’era ancora quel fastidioso formicolio alle mani. I tre uomini accanto a lui stavano ancora discutendo su chi potesse essere la Dea Scarlatta migliore fra Ayumi e Maya, ma in quel momento non era una cosa che lo interessasse: come produttore teatrale avrebbe valutato al momento della rappresentazione di prova a Tokyo.

Spostò lo sguardo fra la piccola folla cercando lei, invece trovò Yu Sakurakoji che parlava con Ayumi e Peter Hamil.

L’amore della Dea Scarlatta… le anime gemelle…

Con una scusa semplice si allontanò dal gruppetto, non poteva più guardare quel ragazzo, aveva bisogno di un po’ di tempo per assimilare tutto quello che era accaduto.

L’altra parte di te… complementare come yin e yang… esisterà per me?

Passeggiò lentamente allontanandosi verso il lato sinistro del grande susino e il ruscello che aveva diviso le due parti. Oltre il susino c’era il piccolo padiglione e poteva scorgere i ragazzi della compagnia Unicorno che sollevavano scatole e pacchi.

Fin da bambino sono sempre stato solo… non mi sono mai fidato di nessuno, non ho mai aperto il mio cuore a nessuno, non ho mai rivelato i miei veri sentimenti a nessuno… Può esistere, anche per uno come me, qualcuno che, anche senza parlare, ricambi il mio cuore e faccia vibrare la mia anima?

Maya, dall’altra parte della sponda, lo sguardo perso, realizzò che indossava quella veste meravigliosa e che quella era proprio la valle di susini, il paese natale della Dea Scarlatta. Mise le mani a coppa e raccolse uno dei fiori che il movimento della veste di seta aveva sollevato. Poi, ormai concentrata nell’immedesimazione di quel ruolo agognato, raccolse un ramo di susino e lo strinse a sé. In quell’istante, una potente folata di vento la investì e mulinò anche intorno a Masumi Hayami, sull’altra sponda, in un vortice di fiori rosa e profumati.

Appena la ventata si quietò, Masumi si guardò intorno stupito. Ogni cosa brillava magicamente, rendendo la valle, in quell’ora crepuscolare, simile a uno scrigno aperto pieno di gioielli.

Una nebbia scarlatta, che brilla? Com’è possibile? Non può essere… No… E’ il colore dei fiori di susino a tingere la nebbia… Ma come fa? Qui sta brillando tutto… è assurdo! Forse i miei occhi mi stanno facendo un brutto scherzo…?

Quella nebbia inverosimile lo aveva circondato completamente, un silenzio surreale ammantava ogni cosa tanto che ebbe timore a muovere un passo finché un unico suono catturò la sua attenzione. Si girò, sembrava un fruscìo lieve, aguzzò la vista intuendo un movimento nella nebbia davanti a sé.

Fu costretto a fare un passo indietro e a spalancare gli occhi mentre il cuore prese a battergli furiosamente quando, piena di splendore in mezzo alla nebbia brillante, si palesò davanti a lui la Dea Scarlatta!

La veste bellissima, i lunghi capelli neri, il ramo di susino in mano, la Dea era circondata da fiori e nebbia e sembrava galleggiare in quel limbo rosato. Ma l’incanto durò solo un attimo, poi la valle riprese il suo aspetto consueto: i susini intorno, il ruscello e Maya, davanti a lui dall’altra parte, che indossava la veste di scena della signora e portava un ramo di susino. Maya!

Si videro nello stesso istante ed entrambi sussultarono per la meraviglia mentre i loro cuori presero a pulsare incontrollabilmente.

Signor Hayami?! E’ lei davvero? O sto sognando?

Rimase immobile, pietrificata dall’emozione che stava provando in quel momento, complice l’atmosfera che la circondava e l’essenza della Dea Scarlatta che sentiva davvero vicina. D’improvviso ebbe l’impulso di raggiungerlo, voleva raggiungerlo, così si mosse in avanti fino al fiume.

Masumi la imitò, calamitato dalla sua presenza e incuriosito dal suo aspetto e dal modo di fare. C’era il fiume a separarli, Maya saltò su alcune piccole rocce che sbucavano fin quasi a metà del ruscello e lui si fermò quando giunse sulla riva, davanti all’acqua. Si fissarono, incerti e titubanti, senza sapere il perché del loro comportamento con l’unica certezza che avevano di fronte la persona amata.

Signor Hayami… io… io sono una ragazza senza qualità particolari… sono molto più giovane di lei e non sono né bella né ricca ma… io l’amo più di chiunque altro! Io l’amo!

Con quel sentimento a devastarle il cuore e riempirle l’anima, Maya chiuse gli occhi e si appellò alle battute di Akoya, che scaturirono spontanee dalle sue labbra, la postura e la voce che si adeguarono immediatamente. L’unico modo che aveva per dimostragli ciò che provava erano solo quelle battute, non aveva niente altro. Le aveva ascoltate una sola volta, poco prima dalla bocca della signora Tsukikage, ma si erano impresse perfettamente dentro di lei.

- Quel giorno… - iniziò con voce chiara anche se il cuore le batteva follemente - Quando ti incontrai per la prima volta nella valle, compresi immediatamente che tu eri la mia anima gemella… -

Masumi sussultò, stupito, ascoltando quelle frasi che lei doveva aver imparato a memoria durante la rappresentazione. Avvertì di nuovo quello strano formicolio nelle mani, ma era troppo rapito da ciò che stava facendo lei per poterci fare caso. Maya…

- Quando il mondo era ancora nel caos, gli dei generarono dei figli che scesero sulla terra. Allora l’unica anima si divise in due, yin e yang che andarono a dimorare nei rispettivi corpi carnali. Quando gli uomini si fossero incontrati, avrebbero ritrovato l’unità portando l’armonia tra yin e yang e sarebbero diventati dei, per rinascere a nuova vita. E’ allora che si sarebbe sviluppata una forza straordinaria, la forza che chiama l’anima dell’altro… - Maya aumentò l’intensità e l’emozione nella sua voce in modo del tutto spontaneo, senza artefatti di alcun tipo. Voleva comunicargli i suoi sentimenti tramite quelle battute e ci mise tutta sé stessa.

Masumi sentì quel formicolio intensificarsi e l’emozione che stava provando lo fece arrossire lievemente. La forza che chiama l’anima dell’altro…

- Non esistono età, aspetto, rango… quando si incontrano, queste anime si attraggono vicendevolmente cercando l’altra metà di sé stesse, ansiose di trovare l’unità implorano pazientemente l’altra - Maya sorrideva con gli occhi, con la bocca, con tutta la sua persona e cercava di trasmettergli ciò che provava nel profondo del suo cuore.

Signor Hayami! Sente battere il mio cuore? Avverte la mia emozione?

Fece un piccolo passo avanti distendendo la mano.

- Cosa sono nome e passato rispetto al poter vivere con me ora che mi hai incontrato? Abbandona, te ne prego, il tuo nome, il tuo passato… Diventa solo mio… amore mio! - Maya era raggiante, sentiva fortemente quel sentimento che spingeva fuori con quelle battute profonde e Masumi era costretto ad un’immobilità che non gli apparteneva con quello spiacevole formicolio che aumentava.

Maya… che cosa sta facendo? Che scopo ha tutto questo? Non è possibile… ciò che sto pensando non ha alcun senso… Non può essere che lei…

Lei allungò il braccio, con la mano distesa, come ad invitarlo, il cuore le pulsava così rapidamente da sentirlo fischiare nelle orecchie.

Me lo dica, la prego! Mi dica che le rose e le sue attenzioni non sono solo per l’attrice! Mi dica che prova anche dell’affetto per me! Mi basterebbe! Dell’affetto! E allora io… io…

Nessuno dei due avrebbe saputo spiegare il perché di quell’atteggiamento, di quel sentirsi calamitati l’uno verso l’altra, inesorabilmente, ma anche Masumi allungò il braccio e distese la mano aperta davanti a sé. Avrebbe voluto incontrarla, c’era il fiume a dividerli, nonostante ciò lo fece, spingendo verso di lei tutti i suoi sentimenti, tutto l’amore che provava e teneva nascosto da sette anni. Avvertì quel formicolio farsi così intenso da essere doloroso, poi sparì del tutto, all’improvviso e vide il mondo con altri occhi.

Dall’altra parte del ruscello, Maya lo fissava intensamente, tutto ciò che provava, racchiuso nell’ultima frase che aveva pronunciato. Avvertì una sensazione di distacco, un calore inteso l’avvolse e i suoi occhi videro un altro mondo. Era incorporea, fluttuava libera e leggera, lasciò il suo corpo carnale e raggiunse lentamente l’altra mano che si protendeva verso di lei.

Masumi la vide avvicinarsi, oltrepassò il fiume, finalmente libero di poterla raggiungere e quando le loro dita si sfiorarono, ogni cosa iniziò a vorticare, le due anime persero la forma, girando l’una nell’altra, attorcigliandosi come viti, fino a riacquisire le sagome originali, circondate da un universo di stelle luminose.

Erano uno di fronte all’altra, senza vestiti ad intralciare il loro incontro, senza alcuna vergogna, nessun atteggiamento umano avrebbe rovinato quell’attimo. Masumi sollevò una mano ad accarezzarle il volto come aveva fatto sotto la pioggia al tempio della Dea Scarlatta.

- Maya… - sussurrò, capace solo di pronunciare il suo nome, si guardavano e lei ricambiava con occhi carichi d’amore.

- Amore mio… - mormorò Maya, finalmente libera di dimostrargli ciò che le lacerava l’anima - Siamo stati separati… ma ora torniamo a essere uno… - concluse l’ultima battuta di Akoya, riversandoci dentro tutto il suo amore.

Si abbracciarono all’unisono, Maya si appoggiò a lui e Masumi la cinse stretta fra le sue braccia senza più riuscire a dominare ciò aveva nascosto per tanti anni. Lì non c’erano barriere, né costrizioni, lì erano solo loro due, insieme.

Quel contatto pieno di calore che sembrava solido, si frantumò all’improvviso, le due anime si attraversarono e qualcosa li separò, risucchiandoli verso i loro corpi carnali.

- Amore mio! - Maya lo chiamò disperatamente più volte, non voleva tornare indietro, voleva restare lì, in quel caldo abbraccio, ma lui non fu più in grado di raggiungerla, sentì lo strappo come una perdita profonda, un vuoto che non si sarebbe più colmato.

Le due anime rientrarono nei corpi, scuotendoli come una tempesta violenta. Il mondo riacquistò le sembianze comuni mentre entrambi tremavano ancora sotto l’effetto di quella incredibile unione. Erano lì, immobili, uno di fronte all’altra, come se niente fosse accaduto, il piccolo fiume a separarli ancora, il canto degli animali notturni che li circondava.

Masumi continuava a fissarla stralunato, sicuro di aver appena vissuto un sogno ad occhi aperti. Che cosa è stato? Un’allucinazione? Ma mi è sembrato davvero di stringerla fra le mie braccia… ho avuto la sensazione di udire la sua voce che mi chiamava ‘amore mio’...

Il cuore le batteva follemente e Maya si portò una mano al petto per assicurarsi di essere ancora viva. Che cosa sarà successo? E’ stato soltanto un attimo, ma sono entrata in contatto con il signor Hayami e mi sono fusa con lui!

Masumi si guardò le mani, stupefatto e imbarazzato, che formicolavano ancora un po’. Ho sentito davvero il suo tepore… è ancora qui, lo avverto anche adesso…

Lei rabbrividì, lo sguardo perso negli occhi di lui. Ho avvertito davvero il calore del signor Hayami… Mi manca… mi manca tantissimo! Se solo… Se solo attraversassi questo fiume… Se solo lo attraversassi…

Stringendo il ramo di susino a sé, sollevò leggermente la veste e mise un piede nell’acqua. Non avvertì freddo né si preoccupò del fatto che si stava bagnando scarpe e pantaloni. Fece un altro passo sotto gli occhi spalancati di Masumi, non le importava cosa pensasse di lei, voleva solo raggiungerlo e stringerlo ancora a sé.

Maya… che stai facendo…

Inesorabilmente attratto da lei, fece un passo avanti, un altro ancora e sarebbe entrato nell’acqua, proprio come lei che avanzava lentamente. Le anime si attraggono vicendevolmente cercando l’altra metà di sé stesse…

- Signor Hayami! - la voce del suo vicepresidente lo fece voltare di scatto - Signore, cosa fa qui? Dobbiamo andare - gli comunicò l’uomo guardandosi intorno.

Masumi tornò a voltarsi, ma Maya non c’era più. Un inspiegabile senso di vuoto e incompletezza lo colse, rilasciò le mani lungo i fianchi e abbassò lo sguardo sull’acqua.

- Sì, vengo - gli rispose con la voce appesantita dalla malinconia.

- E’ successo qualcosa? - gli domandò con premura il vicepresidente spostando lo sguardo dall’altra parte del fiume dove si intravedeva parte del piccolo padiglione adibito a camerini.

- No - rispose Masumi voltandosi e incamminandosi - Va tutto bene -

Un’allucinazione… è assurdo… anche adesso mi resta in corpo il calore del suo abbraccio… le due parti di un’anima sola… non è possibile… non è possibile…

Maya lo osservò mentre se ne stava rannicchiata, nascosta e tremante, dietro un grande susino. La voce estranea l’aveva sradicata da quel sogno in cui era caduta, si era accorta di essere nell’acqua e si era nascosta.

Stavo quasi per… io non riesco a capire… le due parti di un’anima sola… è mai possibile? Può essere vero? Ma poco fa l’ho toccato veramente! L’ho toccato, ne sono certa! Sarà stato un sogno? Un’allucinazione? No, no! Non è stato un sogno né un’allucinazione! E’ stato un legame di cuori, un’unione piena per un istante di traboccante felicità! Anche il signor Hayami… anche lui avrà provato la stessa cosa? Possibile?... chissà… forse… Io… l’avrei raggiunto… gli ho camminato incontro… sono pazza… l’avrei raggiunto e io…

Si portò le mani al volto e scoppiò a piangere, lacerata da quel sentimento che, per pochi attimi, era uscito dirompente senza curarsi delle conseguenze e le aveva fatto vivere quei momenti meravigliosi e indimenticabili.



Il sole del mattino seguente inondò la valle distendendo i suoi raggi benefici su ogni cosa. Alberi, rocce, abitazioni, lentamente era possibile vedere il suo progredire via via che la luce scacciava l’ombra.

Masumi, seduto su una bassa poltrona nella sua stanza del ryokan, voltò stancamente la testa, appoggiata allo schienale, verso la finestra. I raggi lo raggiunsero e socchiuse gli occhi portandosi una mano fra i capelli.

Ma che mi prende?

Aprì svogliatamente un occhio e guardò l’orologio al polso.

Non ho voglia di fare niente, tanto meno di andare da mio padre che avrà già riunito tutto il management della Daito nella sua stanza... Ho in mente soltanto quello che è successo ieri sera… Non riesco in alcun modo a scacciare quell’emozione… Ho avuto la sensazione di vedere la Dea Scarlatta in mezzo alla nebbia brillante e poi Akoya…

- Abbandona, te ne prego, il tuo nome, il tuo passato… e diventa solo mio! -

La risentì come fosse lì con lui e un brivido gli percorse la schiena finendo inesorabilmente dentro il suo cuore. Reclinò del tutto la testa chiudendo gli occhi e lasciandosi andare. Non aveva dormito neanche un secondo, eppure non si sentiva stanco. Si alzò lentamente e si buttò sotto la doccia.

E’ stata come un’autentica dichiarazione d’amore… è assurdo… non può essere… Nonostante questi ultimi mesi le abbiano probabilmente fatto cambiare idea su di me, i suoi sentimenti non possono essere passati da odio ad amore, impossibile…

Si asciugò, si vestì e fu costretto a cambiare la camicia perché inavvertitamente l’aveva macchiata con del sapone. Uscì dalla sua stanza e raggiunse quella di suo padre. Sapeva di essere in ritardo, ma non gli importava. Quando entrò aveva lo sguardo assente e salutò tutti brevemente, senza accorgersi dell’occhiata penetrante che gli riservò Eisuke.

Iniziarono a parlare dello spettacolo, dei diritti della Dea Scarlatta, dei teatri Daito, ma lui si sentiva estraneo a quella situazione, era in ginocchio sul cuscino ma non ascoltava, la mente assorbita da tutt’altro.

Sarà stato solo un sogno? Attirati come calamite, ci siamo trovati cuore a cuore. Per un istante è stato davvero come se le nostre anime si fossero unite… avrò avuto un’allucinazione?

Aveva vivo davanti agli occhi il ricordo di quell’incontro incredibile ed emozionante: la sua pelle calda, i suoi occhi che lo guardavano intensamente carichi di sentimento, i capelli luminosi fra le sue dita, l’abbraccio intenso che avevano condiviso.

E lei? Avrà provato la stessa cosa? Perché è entrata nell’acqua? Sembrava venire verso di me…

- Signor Hayami… - una voce lo chiamò, ma lui non dette segno di aver udito - Signor Hayami… - insisté la voce gentilmente - Signor Hayami? - il tono si alzò facendolo riscuotere - C’è una telefonata per lei - lo avvisò la cameriera con in mano la cornetta. Lui cercò di mantenere la sua aria compassata, ma quando si alzò rovesciò il tè vicino al suo cuscino.

- Mi scusi - si rivolse alla signora evitando di guardare in faccia gli altri occupanti della stanza, stupendosi per quell’inusuale goffaggine.

- Ora pulisco, non si preoccupi - lo rassicurò la cameriera che prontamente si inginocchiò per asciugare il liquido.

Eisuke Hayami seguì la scena con grande attenzione aggrottando la fronte. Masumi era arrivato in ritardo e, a sua memoria, era la prima volta che avveniva. Il vicepresidente gli aveva riportato che sembrava non avesse dormito, non aveva fatto colazione, appariva distratto e sospirava sempre.

- Pronto? Sono Hayami - rispose, ma non sentì nessuno dall’altra parte - Pronto? - insisté e la cameriera, mascherando un sorriso, gli fece notare che stava tenendo la cornetta capovolta.

Imbarazzato, sotto lo sguardo indagatore e perplesso di suo padre e dello staff al completo, girò la cornetta e rispose.

- Sì, sono Hayami - ascoltò per qualche istante poi ringraziò e chiuse la chiamata - Era il primario dell’ospedale Keio di Tokyo - comunicò a suo padre, tornando a inginocchiarsi accanto a lui. Il cellulare gli scivolò dalla tasca della giacca e rotolò per terra. La cameriera lo raccolse con un sospiro e glielo porse, guardandolo rassegnata. Lui lo prese cercando di mantenere un’aria seria.

Prese la tazza di tè, ma quando lo bevve fu costretto a sputarlo, tanto faceva schifo.

- Signor Hayami! - un’infermiera, fra lui e suo padre, attirò la sua attenzione - Quella era la medicina di suo padre! -

E quest’infermiera… da quando è qui? Ma che mi prende oggi?

Tossì e prese il fazzoletto che gli porse la cameriera che lo fissava stranita, come il resto delle persone nella stanza. Per fortuna tutto si risolse rapidamente e si trasse d’impaccio riuscendo a non incrociare lo sguardo con Eisuke. La riunione finì e il gruppo del management della Daito salutò ossequiosamente l’anziano e malato Presidente raggiungendo la hall.

Dopo averli accompagnati alle auto, tornò da suo padre ben cosciente che lo avrebbe atteso un quarto d’ora difficile. Chiuse la porta e si accomodò sul cuscino accanto al futon su cui Eisuke era seduto.

- Sono partiti tutti, Masumi? - lo interrogò, sorbendo una tazza di tè.

- Sì, padre - gli rispose pacatamente lui, sistemandosi la cravatta. Non posso più pensare a ieri sera…

- Cos’hai oggi? Non ti riconosco - aggiunse, evitando di guardare il figlio - Tu che non manchi mai di presenza di spirito, sei distratto, sembra che la tua mente non sia qui… I dirigenti sono rimasti piuttosto stupiti… Ti sei innamorato di qualcuna, Masumi? - gli chiese facendogli venire, letteralmente, un colpo. Non lo aveva guardato, volutamente, ma quel suo atteggiamento non lo convinceva.

Masumi cercò di mantenere il sangue freddo che aveva imparato in quegli anni con lui e gli rispose senza fretta.

- No… che dici? - l’ultima cosa che voleva era tirare in ballo quella storia...

- Meglio così. Ma non dimenticare l’autocontrollo, non perdere di vista te stesso, sii consapevole della tua posizione, capito Masumi? - lo redarguì severamente.

- Sì - mormorò il figlio stringendo i pugni appoggiati sui ginocchi.

- A Tokyo ti attende un lavoro importante, la Dea Scarlatta si avvicina e con essa il nuovo futuro della Daito Art Production, non dimenticartelo - aggiunse, sorseggiando il suo tè.

- Sì… sì padre, lo so - lo rassicurò sebbene un gelo freddo gli avvolgesse il cuore come un manto di morte. Lavoro… solo lavoro…

- A proposito… come ti è sembrata la Dea Scarlatta di ieri? Vorrei sentire le tue impressioni. Parla francamente - gli domandò, stupendolo.

Perché farmi una domanda del genere? Non abbiamo mai condiviso le performance degli spettacoli…

- Sì, dunque… la prima cosa che colpiva era l’ambientazione. Decidere di replicarla nella valle dei susini è stata una mossa vincente, non avrebbe potuto esserci scenografia migliore - iniziò rievocando quei momenti e relegando Maya nella parte più lontana della sua mente - Poi la musica… essenziale, semplice... Il suono del flauto, lo tsuzumi, le voci, si adattavano perfettamente a quello scenario, senza contare che l’eco naturale della valle ha amplificato l’effetto misterioso. Il mormorio dell’acqua, il fruscìo degli alberi, il colore del cielo al crepuscolo, il fuoco a illuminare la radura, la nebbia, il vento… Per rappresentare la Dea Scarlatta non poteva esserci palcoscenico di maggiore effetto - elencò tutto ciò che, in un teatro vero, avrebbe riguardato musica, scenografie, luci, effetti, eppure lì di tecnologico non c’era stato niente.

- Poi l’interpretazione dei due soli attori… - continuò con il ricordo a quelle scene - la valuto buona, non eccellente. La tensione non era eccessiva, hanno saputo creare aspettativa e perfino la maschera indossata da Chigusa Tsukikage per nascondere, probabilmente, le cicatrici del suo volto, è stata di effetto. Entrambi hanno abbondantemente espresso nel dramma la loro autentica forza artistica - fece una pausa riflettendo.

- Ma la cosa più bella è stata che palcoscenico e pubblico si sono fusi nella storia della “Dea Scarlatta” in un’emozione irripetibile. E’ stato proprio come se il pubblico fosse testimone di una storia e la condividesse assieme ai personaggi… e parliamo di un pubblico con una vastissima esperienza di spettacolo - già durante l’interpretazione aveva avuto un’intuizione, così la condivise con suo padre, sapendo che l’avrebbe irritato.

- Penso che per la Daito sarà impossibile riprodurre uno spettacolo migliore di questo, quali che siano i capitali che investirà… -

I due uomini si scambiarono un’occhiata glaciale, ma alla fine fu Eisuke ad abbassare lo sguardo sulla tazza di tè.

- Capisco, Masumi… concordo con te. Non potremmo mai riprodurre uno spettacolo migliore di questo, così, come la fenice rinasce dalle fiamme, la Daito produrrà una nuova “Dea Scarlatta”, portandola a nuova vita! Una magnifica “Dea Scarlatta”, che supererà il passato, nuova, migliore e diventerà leggenda! -

Eisuke sembrava assorto nella sua riflessione, come se avesse espresso un pensiero a voce alta. Masumi lo osservò in silenzio, immaginandosi esattamente cosa avrebbe detto, così si preparò.

- Devi impossessarti di quei diritti a qualsiasi costo! E’ questa la tua missione! - gli disse con sguardo glaciale.

- Sì, padre - acconsentì Masumi senza fare una piega, confermando i suoi pensieri. Sei prevedibile, padre… e ripetitivo…

- A proposito - riprese Eisuke - Chissà quale delle due ragazze verrà scelta per essere la nuova Dea Scarlatta… - sembrò soppesare le sue stesse parole - Conosco Ayumi Himekawa da quando era piccola e so che non è solo una ragazza di talento benedetta dalla fortuna e dalla famiglia da cui proviene. Sono in pochi ad accorgersene, ma ha un gran carattere ed è di un perfezionismo ineguagliabile. E’ una ragazza che non si risparmia per il suo obiettivo e possiede una grande consapevolezza di sé!  -

Masumi condivideva appieno la valutazione che aveva fatto di Ayumi e averla vista nelle ultime due prove più il risveglio della Dea Scarlatta non faceva che confermarla.

- E poi c’è quella... Maya Kitajima… la tua protetta - riprese Eisuke ridacchiando, dapprima lentamente, poi più intensamente, meravigliando alquanto il figlio.

- Padre… non è la mia protetta - negò Masumi domandandosi a cosa stesse pensando, ma Eisuke lo ignorò.

- E’ una ragazza interessante, ha procurato delle grane anche a te - gli disse, sollevando lo sguardo e fissandolo, ma Masumi rimase impassibile - E’ trasparente, incolore, non ha alcuna consapevolezza di sé… se l’avesse, la sua, nei confronti della recitazione, sarebbe solo passione, ma lei non desidera assolutamente nient’altro a parte recitare. Una simile ragazza è da temere, Masumi, perché ha puntato tutta la sua vita sulla recitazione -

- Sì… lo so… padre - non si era azzardato a rispondere altro, congelato da quel giudizio così azzeccato. Come può avere una visione così chiara di ciò che lei sia?

- Non è bella, eppure incanta la gente... sul palcoscenico emette una luce incredibile che cambia addirittura il suo aspetto… mi chiedo come faccia, Masumi - gli chiese sommessamente, mentre fissava il tè nella tazza e ricordava nitidamente gli spettacoli che aveva visto in cui lei aveva recitato.

- Non lo so neanch’io, padre - rispose senza esitare.

- Se considero le loro qualità di attrici, posso immaginare il futuro radioso e brillante di Ayumi Himekawa, ma quella ragazza… potrebbe diventare una grandissima attrice oppure fallirà e scomparirà -

- Che vuoi dire, padre? - sentendo un brivido freddo attraversargli la schiena.

Eisuke fece una pausa significativa prima di rispondergli e Masumi attese in silenzio, pronto a fronteggiare qualsiasi cosa avesse potuto dire. Ma non avrebbe potuto immaginare ciò che sarebbe seguito in quella conversazione.

- Che quella ragazza è un genio! - disse risoluto, stupendolo - I geni vivono solo per il loro talento, niente può fargli cambiare il loro modo di vivere e possiedono un grande potere di influenzare gli altri! Mozart, Einstein, Edison, pensa al modo in cui hanno cambiato il mondo! Ma sono in molti a temere la luce di questo potere di influenzare le cose e che, per questo, provocano grandi vortici… - sollevò lo sguardo fissandolo sul figlio - Maya Kitajima finirà per essere inghiottita da un vortice? O saprà stare immobile al centro di esso? Se il vortice si ingrandisce, starvi da sola diventa difficile. Se invece ci fosse qualcuno a sostenerla e proteggerla da quel vortice, sarebbe un’altra cosa. Il fatto che Maya Kitajima abbia successo o meno si basa tutto su questo - concluse senza staccare gli occhi da Masumi che aveva ascoltato impassibile, senza mostrare alcuna emozione. Forse la tua idea di corteggiarla con quelle rose non è stata una cattiva idea...

- Sì, è così padre - concordò lui chiudendo dentro di sé l’angoscia che lo stava assalendo. Perché questi discorsi, padre? Cosa stai cercando di dirmi?

- Sarà molto interessante vedere chi delle due sarà scelta. Se fosse Ayumi, per la Daito non ci saranno problemi, ma se venisse scelta Maya Kitajima… - Eisuke fissò suo figlio intensamente - ...e se il tuo piano non dovesse avere successo, dovrai distruggerla! -

Masumi trattenne un moto di meraviglia e costrinse il suo cuore a placarsi per timore che suo padre potesse sentirlo per come batteva forte in petto.

- Maya… distruggere una ragazza con il suo talento? - aveva avuto un’esitazione e non riuscì ad evitare che le mani gli tremassero, così le chiuse a pugno, serrandole forte - Farla sparire dal mondo dello spettacolo? Non è possibile… - era una situazione a cui non voleva neanche pensare, aveva sperato che suo padre si accontentasse di una guerra aperta contro di lei, non di…

- Dimostri una rara compassione, Masumi - gli fece notare sibillino Eisuke, sapeva di averlo messo in difficoltà - Ti rimorde la coscienza perché sei stato tu l’artefice della morte di sua madre? - lo accusò spietatamente.

Quell’ultima frase lo fece sussultare e gli fece perdere un battito tanto che sentì un dolore profondo al petto. E’ senza alcuno scrupolo… non ha pietà di niente e di nessuno… sono anche io così?

- Ascoltami, Masumi - lo riprese glaciale suo padre, la voce tagliente come una lama - Sono io che ti ho educato, non dimenticare l’obiettivo. La compassione è inutile e ti sarà solo d’intralcio. Dopotutto… credo che distruggere sia la cosa che sai fare meglio, hai un vero talento per questo -

Masumi rimase pietrificato da quelle semplici frasi che lo colpirono direttamente nella sua parte più sensibile e che Maya, in quegli anni, aveva portato allo scoperto.

E’ questo che pensa di me… io…

- Questa volta non permetterò nessun fallimento! Se non lo farai tu, lo farò io con queste mani! - ringhiò Eisuke stringendo i pugni e Masumi seppe che avrebbe mantenuto la sua promessa fino in fondo.

Se Maya dovesse essere scelta, le racconterò ogni cosa… la metterò in guardia, anche se non vorrà saperne di me, le proporrò un contratto, la affiderò ad uno studio di avvocati, qualsiasi cosa lei voglia, ma la terrò lontana da mio padre!

L’idea di non poterla più vedere recitare lo distruggeva ancor più che non poterla avere.



Il sole di quella mattina, seguente alla Dea Scarlatta, sorse e illuminò anche il tempio dove si trovavano le due attrici. Ayumi, a dispetto della sua solita sicurezza, era ancora piena di dubbi e l’idea che l’indomani mattina sarebbe tornata a Tokyo per iniziare le prove dello spettacolo dimostrativo la atterriva. Stava preparando la valigia e rimuginava cercando di tirare le fila di tutto ciò che aveva imparato nella valle.

Non ho ancora afferrato la Dea Scarlatta… l’ansia non mi abbandona! Non voglio perdere contro Maya! Cosa ho imparato nella valle dei susini? La valle in cui dimora la dea che governa la natura… il cuore della dea… saprò esprimerla bene? Non lo so e devo già tornare a Tokyo…

Uscì e passeggiò lentamente nel cortile esterno finché i suoi passi la portarono fuori, verso il ponte della valle.

Maya, dal canto suo, stava cercando di aiutare in cucina con risultati disastrosi. Era distratta, più del solito, versava le cose, lasciava andare il fuoco bruciando tutto, rovesciava pentole, si muoveva assente e con lo sguardo perso nel vuoto facendo irritare le sue amiche che erano costrette a riparare ai suoi danni. Così, giunte allo stremo, la spedirono fuori con una scopa a raccogliere le foglie sperando che non facesse qualche altro pasticcio.

Maya accettò la scopa e andò nel cortile, ma ben presto si dimenticò del compito che le avevano affidato e, senza volerlo, camminò verso il ponte che portava alla valle.

Esattamente come Masumi Hayami, anche lei ripensava costantemente alla sera precedente senza in alcun modo riuscire a levarsela dalla mente. Il cuore le batteva ad un ritmo frenetico appena rievocava quel sogno a occhi aperti.

Signor Hayami… di questo passo finirò per credere che quello che è successo ieri sera è stato un sogno… il signor Hayami e io non possiamo andare bene insieme… sarà stata un’allucinazione?

Quei pensieri, gli ultimi di una lunghissima serie, la colpirono profondamente e le lacrime sgorgarono copiose bagnandole le guance.

Sogno o allucinazione, io so solo che amo il signor Hayami da morire! Lo amo! Lo amo e non so cosa devo fare! Voglio vederlo! Voglio vederlo! Non posso sopportare di stargli lontana!

Ayumi la vide, immobile, la scopa in mano, che piangeva a dirotto e fece per avvicinarsi, ma un battito di mani perentorio le riscosse entrambe. La signora Tsukikage e Genzo le stavano osservando poco distanti.

- Perché siete venute qui, ragazze? - chiese la signora con voce glaciale. Le due giovani si guardarono intorno: alle loro spalle c’era il ponte di legno e corda che portava alla valle dei susini. Maya e Ayumi si scambiarono un’occhiata titubante e la signora spostò lo sguardo su Genzo.

- Forza, Genzo, comincia - gli ordinò e l’uomo, in silenzio, sparse il contenuto di una tanica bianca all’inizio del ponte, poi tornò indietro. Accese una torcia rudimentale, la passò alla signora che la gettò immediatamente sul liquido, che prese fuoco.

Maya e Ayumi corsero in avanti gridando allarmate, ma lei le fermò.

- Ascoltatemi bene, tutte e due! - gridò, mentre le fiamme mangiavano letteralmente il ponte sotto gli occhi allibiti delle due giovani.

- La valle dove dimora lo spirito del millenario albero di susino non è qui! E’ un’illusione! Esiste soltanto nel vostro cuore ed è lì che vive la Dea Scarlatta! Ricordatevelo bene tutte e due! Il vostro tirocinio qui è finito! La Dea Scarlatta è ormai dentro di voi! - urlò con veemenza mentre il fuoco avvampava, ringhiava e ruggiva intorno alle corde consumandole, aggredendole, carbonizzandole.

- D’ora in poi, sarete voi, con il vostro ruolo, il ponte che guiderà la gente nella valle dei susini… sarete voi a portare, grazie alle vostre capacità artistiche e di immaginazione, l’illusione nel mondo reale, sul palcoscenico! La risposta che cercate ai vostri dubbi non è in questa valle, ma dentro di voi! - le aggredì la sensi con voce aspra e sibilante.

Maya e Ayumi espressero all’unisono il loro sconcerto.

- La risposta è dentro di noi…? -

Così la signora Tsukikage raccontò di come anche lei avesse avuto dubbi sull’interpretazione della sua Dea Scarlatta e di come tutto venne fugato nell’istante in cui mise piede sul palco il giorno della prima. In quell’attimo, tutto ciò che aveva studiato, capito, imparato, provato, si concentrò in energia pura e lei divenne la Dea Scarlatta, senza più dubbi o timori. Sentì l’affinità completa con tutte le cose contenute nello spazio e comprese come secondo una volontà superiore tutte le forme di vita dell’universo venivano ugualmente fatte vivere e che una parte era come il tutto e il tutto come una parte. Lei era diventata lo spazio.

- Noi… siamo lo spazio? - mormorò Maya affascinata.

- Ma trattenere a lungo quella verità non è possibile - proseguì - La società umana è troppo lontana dalla verità. Desiderio e competizione generano l’odio… quello che ho raggiunto sul palcoscenico non è stato il modo di recitare, ma… la luce - era assorta e sembrava scegliere le parole con grande attenzione - Il vento è il mio cuore, il fuoco è la mia forza, l’acqua è la mia vita, la terra è il mio amore…  Un giorno, quando pronuncerete queste battute con convinzione, la Dea Scarlatta sarà nata dentro di voi. Fatelo ragazze, date sfogo a immaginazione e creatività. Io vi sto guidando verso una nuova Dea Scarlatta e sono ansiosa di vedere la nascita di una meravigliosa dea! -

Maya e Ayumi si scambiarono un’occhiata, consce di non aver ancora raggiunto l’obiettivo di cui parlava la signora.



Quella notte, mentre fuori la pioggia scrosciava incessante, Maya non riuscì a prendere sonno. Le parole della signora Tsukikage erano impresse nella sua mente come un marchio di fuoco, lo stesso che aveva bruciato il ponte, recidendo l’unico modo per poter raggiungere la valle dei susini.

La luce… la signora ha raggiunto la luce… essere tutt’uno con il creato… è difficile da capire… ancora non ci riesco…

Nella stanza accanto, anche Ayumi non riusciva a dormire e aveva gli stessi dubbi di Maya. Si alzò, si mise la tuta ginnica che usava durante le prove, prese la stola che avevano usato due sere prima per la rappresentazione e uscì. Fuori pioveva a dirotto, ma a lei non importava affatto.

Raggiunse un punto vicino alla foresta, subito fuori dal tempio, si concentrò e pronunciò la prima battuta della Dea Scarlatta, il suo risveglio. Iniziò a danzare, leggiadra, elegante e recitava quelle battute così difficili senza accorgersi che Maya la stava guardando con occhi spalancati da sotto l’ombrello.

Ayumi… il suo modo di usare quella stoffa è meraviglioso… la muove come se fosse viva… com’è bella!

Un’emozione incontenibile le fece salire le lacrime agli occhi.

Sembra una vera dea… è splendida… sia per come si muove sia per l’espressione… finirà sicuramente per catturare lo sguardo di tutti… Non posso… Non posso!

L’angoscia la sopraffece e lasciò cadere l’ombrello attirando l’attenzione della rivale. Ayumi si fermò, si voltò e la fissò duramente.

- Cosa ci fai qui? - le chiese, fredda, mentre l’acqua scivolava fra i suoi capelli fin sulla pelle delle spalle - Sei venuta a vedere cosa combina la tua rivale? -

- No! Ma che dici? La tua stanza era vuota, la porta della cucina era aperta, fuori c’erano delle orme e le ho seguite… Vedendoti ora non potrei mai paragonarmi a te… Sei così bella… sembri una dea… - rispose sinceramente Maya.

- Basta! Ne ho abbastanza dei tuoi complimenti falsi! - gridò Ayumi, innervosita - Detesto questo tuo stato servile! Dici che non puoi paragonarti a me? Che sembro una vera dea? Non puoi parlare sul serio! -

- Ma che dici, Ayumi? Io ti stimo davvero! - replicò Maya stupita, che non comprendeva l’atteggiamento dell’attrice né l’astio nella sua voce.

- Menti! Sei sempre timorosa e insicura, ma quando serve diventi un leone! - le urlò Ayumi ormai senza controllo, la rabbia che ardeva dentro usciva nelle parole taglienti.

- Ayumi… perché mi dici questo? - Maya fece un passo avanti, senza comprendere cos’avesse la rivale.

- Sono qui, sotto la pioggia, a provare, per non essere sconfitta da te! Voglio batterti e interpretare la Dea Scarlatta! Come attrice non mi sono mai sentita superiore a te, la perdente sono sempre stata io… - le confessò con un’inedita amarezza nella voce. Maya la fissò stupita e strinse le mani al petto, preoccupata per quell’atteggiamento incomprensibile.

- Ayumi… io non capisco… - mormorò, titubante.

- Tu non capisci? - scattò con lo sguardo su di lei, fulminandola - Mi hai sempre fatto provare un senso di sconfitta, fin dai tempi di “Takekurabe”… al Concorso Nazionale vinsi il premio della giuria, ma avevo solo amarezza nel cuore perché il pubblico aveva preferito te! Non mi ero mai sentita così umiliata! E quando interpretammo Helen Keller, mia madre scelse te! A me non aveva mai dato un bacio in pubblico… Puoi capire quanto doloroso sia stato per me? - ringhiò Ayumi, il volto trasformato - Ai tempi de “Le Due Regine” per la prima volta volli vivere nella realtà come il personaggio sul palcoscenico, quello che avevi sempre fatto TU…. ma mi sentii schiacciata! Io soffro per entrare nel personaggio, mentre tu ne catturi l’intima essenza! Guardandoti, finisco per pensare che qualunque sforzo sia vano, non credo più in me stessa… - concluse amaramente, la voce velata di malinconia.

- Addirittura! - replicò sconcertata Maya - Ma tu sei un genio! -

- Stai zitta! Non dire così! Mi fa star male! Io non sono un genio! IL VERO GENIO SEI TU - gridò Ayumi con quanto fiato aveva in gola superando anche il tuono che rombò sopra le loro teste e lo scrosciare della pioggia.

- Ma cosa stai dicendo, Ayumi…? - balbettò Maya imbarazzata -  Tu mi stai prendendo in giro… -

- La smetti di fare la stupida? - la redarguì Ayumi glaciale senza mezzi termini - Fingi di non accorgerti di avere talento? Ti detesto quando fai così! -

- Non posso credere che pensi questo di me! - si ribellò Maya - Ti ho sempre invidiata! Sei bellissima, hai un talento incredibile, sai fare tutto, sei figlia d’arte! Sei sempre stata il mio esempio! Il fatto che tu mi consideri una rivale, quando non mi sono mai sentita neanche vicina a poterti sfidare, sai cosa significhi per me e quanto mi incoraggi? In tutto quello che ho fatto, ho sempre avuto te come riferimento! -

- Io, invece, l’ho fatto per me stessa - replicò Ayumi - Per credere in me stessa dovevo combattere con te lealmente e vincere la Dea Scarlatta! Ma quando nella valle ti ho vista interpretare lo spirito del susino che si risveglia, ho capito che nessuno sforzo mi avrebbe avvicinato a te! -

- Ayumi… - Maya non riusciva a credere a ciò che sentiva. Ayumi non puoi essere tu questa…

- Mi sono demoralizzata, non ho visto sbocchi, volevo tornare a Tokyo, ho anche fatto la valigia, avrei voluto che tu sparissi dalla faccia della terra… -

- Non avevo idea che tu pensassi questo di me… -

- Mi credevo ferma, con un forte senso di giustizia, orgogliosa, coerente… finché non ti ho vista in bagno, avrei potuto spingerti e ucciderti -

- Eh? - Maya sussultò sbigottita. Ayumi aveva uno sguardo freddo come il ghiaccio, non c’erano emozioni nella sua voce.

- Ma non hai fatto niente, alla fine! - gli gridò contro Maya. Non posso crederci… sono questi i veri sentimenti di Ayumi nei miei confronti?

- Sono rientrata in me stessa e me ne sono andata, non potevo credere che dentro di me albergassero sentimenti tanto orribili! La colpa è tua! Dal momento in cui mi sei comparsa davanti, io ho perso la mia sicurezza. Odio me stessa per questi bassi sentimenti che straripano da me e odio TE! Perché esisti? Se non ti avessi mai conosciuto potrei credere in me stessa e essere felice! - l’accusò senza remore.

- Ayumi… - Maya era senza parole, subì quell’attacco spietato e lacrime amare iniziarono a scendere, mescolandosi alla pioggia che ormai le aveva inzuppate completamente.

- E adesso perché piangi? - le domandò stizzita Ayumi. Davvero insopportabile!

- Poverina… Mi dispiace per te, Ayumi - singhiozzò Maya - Sei sempre stata un esempio luminoso per me, il mio obiettivo. Non sapevo di questi tuoi sentimenti… - mentre Ayumi parlava Maya si rese conto di una cosa che l’atterrì: molto di ciò che aveva detto valeva anche per lei.

- Non ti permetto di avere pietà di me! - urlò Ayumi indignata e oltraggiata - Stai disturbando le mie prove, vattene immediatamente! -

- Non ti sto compatendo - replicò Maya - Anch’io provo le stesse cose! - confessò dando voce ai suoi ultimi pnesieri.

- Che cosa? - Ayumi era esterrefatta.

- Ti ho sempre temuto. Stando sul palcoscenico insieme a te non potevo evitare l’inquietudine. Invidio il tuo talento, sono io a perdere la fiducia in me stessa quando ti guardo. Mi sono sempre sentita una perdente… - le confessò imbarazzata e dispiaciuta.

- Davvero? Allora è necessaria una cosa - le disse seriamente Ayumi. Avanzò fino a raggiungerla, tenendo gli occhi nei suoi.

Allungò una mano e la schiaffeggiò con forza, cogliendola completamente di sorpresa.

- Cos’hai capito? Tu sei la mia rivale - l’additò Ayumi con determinazione - Sarò io a prendermi la Dea Scarlatta! Non te la lascerò! - gridò piena d’astio.

- Io non te la lascerò mai, Ayumi! - replicò Maya sentendo la rabbia e la fatica di tutti quei mesi montarle dentro. Questa ragazzina viziata non ha idea di cosa io abbia passato per colpa sua! Non sa niente di me!

E la ricambiò con un sonoro schiaffo che schioccò nella notte, complice la pioggia che bagnava la loro pelle. Si picchiarono a lungo, lanciandosi sfide ed epiteti. Si graffiarono, si lanciarono terra e sassi, rotolando nel fango del sottobosco.

- Mi disgusti! Quanto detesto il tuo costante atteggiamento da pessima studentessa! Quanto odio il tuo modo di parlare senza dignità! - gridò Ayumi, accusandola e Maya le tirò del fango in volto.

- Ti stimavo! Pensavo fossi una persona meravigliosa, invece sei tremenda! - urlò Maya rialzandosi.

- Hai fatto tutto da sola! Non sai chi sono realmente! Se faccio così lo capisci? -  e le lanciò una manciata di fango e sassi in piena pancia.

- Come posso capirti se appari sempre sicura e non mostri mai i tuoi veri sentimenti?! - replicò Maya urlando come un’ossessa.

- Senti chi parla! L’eterna insicura che guarda gli altri dal basso verso l’alto senza dignità! Io le detesto quelle come te! - la canzonò Ayumi senza alcun riguardo.

- E io detesto la gente tronfia d’orgoglio come te, Ayumi! - e la schiaffeggiò.

- Io non sono affatto tronfia d’orgoglio! - e ricambiò con una manata più forte.

- Ma se tratti i tuoi adulatori con l’altezzosità di una regina! - l’accusò Maya ricordando bene certi sui atteggiamenti.

- Sono loro a venirmi intorno! Io non ho un solo vero amico! Non dire queste cose quando non mi conosci veramente! Una come te, che è sempre stata aiutata e coccolata dagli amici, non può capirmi! Io ti ho sempre invidiata per questo! -

Maya rimase stupita da quell’ultima affermazione sconsolata e Ayumi le tirò ancora del fango in faccia.

- Per quanto la mia vita sembri splendida, la verità è che sono sempre sola… per questo ti detesto! - ripeté ringhiando se il concetto non fosse stato espresso in modo abbastanza chiaro.

Ma Maya questa volta non si lasciò commuovere e le tirò i capelli senza pensarci. Ayumi ricambiò il favore, gridavano, urlavano, passarono ai pugni, ai calci, offendendosi a più riprese senza alcuna regola né onore finché, stremate, sporche e sanguinanti, si trovarono in ginocchio a terra una di fronte all’altra. Non si erano neanche accorte che era smesso di piovere.

- Che brutta faccia - ansimò Ayumi toccandosi uno zigomo dolorante.

- Dovresti vedere la tua - ridacchiò Maya pulendosi il sangue dalla bocca, il respiro corto.

Poi scoppiarono a ridere entrambe.

- Te la cavi piuttosto bene - valutò Ayumi, riprendendo fiato - Hai combattuto alla pari con me! -

- Anche tu non sei stata male! - ammise Maya ansimando - E io che pensavo fossi una signorina tanto raffinata... -

- Ma sentitela! Questa potevi risparmiartela! - s’imbronciò Ayumi.

- Se non te lo dico io, chi lo fa? Solo io conosco la tua vera natura - replicò Maya soffocando un gemito di dolore.

E risero di nuovo.

- Sono due mesi che siamo qui nella valle. Stento a credere che sia già arrivato il giorno di tornare a Tokyo… - mormorò Ayumi alzandosi in piedi - Alla fine sono contenta di essermi scontrata con te in questo bosco. Il senso di angoscia che mi opprimeva è scomparso. Sono pronta a ricominciare - si girò verso di lei con uno sguardo terrificante e Maya temette che ricominciasse di nuovo.

- Ricorda, sono la tua rivale. Ti batterò! Erediterò la “Dea Scarlatta” senza sotterfugi! Sarò io, dopo Chigusa Tsukikage, a riportare sulle scene quel dramma e la supererò! - la sfidò additandola con decisione. Maya rimase basita da una reazione così opposta.

- Non vedo l’ora di incontrarti sul palcoscenico dello spettacolo dimostrativo! - aggiunse Ayumi, si voltò e se ne andò.

- Non… Non mi sconfiggerai! - le urlò Maya dietro, tirando fuori una grinta che non sapeva di avere - Saprò interpretare una Dea Scarlatta migliore della tua! Non mi lascerò battere da te! Mai! -

Non avevo idea che Ayumi avesse dentro un rancore simile… però… è servito anche a me… anche io ero nervosa e agitata e poi… tutto quello che è accaduto in queste ultime settimane mi ha disorientata… ora invece… mi sento svuotata e pronta a ricominciare!


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Capitolo 28
*** Un'amara scoperta ***


Ultima revisione: dicembre 2015

 

28. Un’amara scoperta



La mattina seguente, Onodera e Kei Akame raggiunsero il tempio per prendere Ayumi e tornare a Tokyo. Erano entrambi elettrizzati, impazienti di iniziare quella nuova avventura. Onodera sapeva che Masumi Hayami stava tramando qualcosa, perché il suo atteggiamento nei confronti dell’Associazione Nazionale era troppo rilassato, nonostante avessero preso praticamente tutto in mano.

Se c’è qualcosa che voglio evitare è mettermi contro Masumi Hayami e suo padre… ciò che conta è che io abbia ottenuto una delle due regie e con Ayumi e Akame sono certo di assicurarmi la vittoria!

L’auto si fermò davanti al tempio, l’autista scese, parlò brevemente con un inserviente e dopo pochi istanti la signora Tsukikage, Genzo e Ayumi uscirono dalle grandi doppi porte. Onodera e Akame stavano attendendo in silenzio fuori dall’auto.

Si salutarono tutti cordialmente e la signora augurò buon viaggio con la prospettiva di rivedersi a Tokyo per iniziare le prove.

- Arrivederci, signora - Ayumi fece un lieve inchino mentre l’autista caricava la sua valigia.

- A presto, Ayumi, non dimenticarti ciò che hai appreso fra queste montagne - ricambiò Chigusa con un sorriso dolce.

- Non lo farò, signora - confermò Ayumi, decisa.

Salirono in auto e Onodera non perse tempo, esternando immediatamente le sue considerazioni.

- Allora Ayumi, com’è andata con la signora Tsukikage? E’ stata severa? - le chiese. Quella donna l’aveva sempre inquietato ed era una vera disdetta che possedesse i diritti della “Dea Scarlatta”. Se lei non fosse stata in mezzo…

- No, non così tanto - la giovane scosse la testa fissando fuori dal finestrino.

- Davvero? Brava! Tu non ti smentisci mai - e Onodera scoppiò a ridere, Ayumi era proprio un cavallo di razza - E con Maya Kitajima com’è andata? Immagino se la sarà vista brutta dovendo confrontarsi con te! - aggiunse quando la sua risata scemò.

- Sono io che me la sono vista brutta - sussurrò Ayumi arrossendo e sia Onodera che Akame si voltarono meravigliati verso di lei.

- Cosa intendi dire? - la interrogò il regista.

- Sottovalutare Maya Kitajima sarebbe un grosso errore, signor Onodera - lo mise in guardia la giovane attrice, il volto tirato, lo sguardo deciso e la voce tagliente - Perché è capace, da sola, di realizzare grandi prodigi! - aggiunse riassumendo in quella semplice tutto il talento della sua rivale.

Onodera e Akame si scambiarono un’occhiata interrogativa.

- Io non l’ho mai sottovalutata in vita mia! - ammise la Himekawa con voce grave tornando a fissare fuori dal finestrino.

Maya Kitajima… tu sei la persona che probabilmente mi è vicina più di tutti… Sei l’unica in grado di capire veramente chi sono! E, forse, io sono l’unica in grado di capirti veramente sul palcoscenico… Sei la mia rivale! Vedrai, ti batterò e realizzerò il mio sogno a ogni costo! La prossima volta che ci vedremo sarà per lo spettacolo dimostrativo!



- Torno a Tokyo, sono venuto a salutarla, signora Tsukikage - esordì Masumi inginocchiato sul cuscino nella tranquilla saletta da tè del tempio - Grazie di tutto. Anche mio padre si è raccomandato di porgerle i suoi saluti - si udiva solo il cinguettio degli uccellini e lo stormire del vento che scivolava sulle pareti di carta di riso.

- Suo padre resterà qui? - indagò la signora Tsukikage eppure Masumi avrebbe giurato che l’astio con cui ne aveva sempre parlato si fosse attenuato.

- Sì, avrei voluto ricoverarlo a Tokyo, ma lui preferisce restare qui a riposarsi e curarsi ancora un po’ - confermò senza sapere come l’avrebbe presa.

- E’ da lui - disse solo la signora - Immagino intenderà ristabilirsi in tempo per lo spettacolo a Tokyo - sorrise in modo enigmatico e bevve un po’ di tè.

- Vedendo la sua interpretazione nella valle dei susini credo di aver capito perché mio padre, sin da giovane, è stato tanto affascinato dalla Dea Scarlatta - nell’istante in cui ripensò a quella sera, l’emozione si sommò a quella dell’essere in quel momento in quel tempio.

- Si è innamorato di qualcuno che non esiste nella realtà, ma di un’illusione che esiste solo sul palcoscenico - sussurrò la signora fissando il liquido scuro nella tazza - Il problema è che ha voluto rendere reale quell’illusione… -

- A quell’illusione erano legati anche successo, fama ed enormi profitti… - la colpì lui, per nulla convinto dalla spiegazione filosofica della signora - Non è così, signora Tsukikage? -

Chigusa sollevò lo sguardo e lui vide immediatamente il lampo irato che lo attraversò.

- Perché desidera i diritti della “Dea Scarlatta”, signor Masumi? - gli chiese a bruciapelo - Di certo non per le stesse ragioni di suo padre -

- Probabilmente li ho desiderati solo perché costituiscono il massimo desiderio di mio padre - rispose seccamente - Almeno fino a quando non ho visto la Dea Scarlatta interpretata da lei - aggiunse più dolcemente. La signora alzò un sopracciglio a quelle parole e rimasero in silenzio alcuni istanti.

Il fusuma laterale si aprì all’improvviso con un rumore secco facendolo sussultare. Chigusa inclinò lievemente la testa osservando quell’uomo silenzioso e impostato, seduto davanti a lei, che appariva particolarmente teso.

- E’ solo il vento - sorrise di quella strana reazione - Qualcosa non va? - gli domandò incuriosita. Sembra quasi stia aspettando qualcuno…

- No - rispose subito lui recuperando il suo autocontrollo. Sollevò la tazza di tè e bevve cercando di placare il cuore che batteva rapido.

Che silenzio… non c’è segno della presenza di Maya… forse è andata sulla montagna… Sono venuto qui sperando di incontrarla… mi sarebbe bastato anche vederla un momento… Non poterlo fare mi rende così triste… E’ come se un vento gelido soffiasse sul mio cuore…

- Signor Masumi… - Chigusa lo fissò stupita - Qualcosa non va? - gli chiese nuovamente. Si era irrigidito, teneva la tazza in mano e aveva lo sguardo assente. Non mi dica che è venuto qui… qui per lei…?

- No, va tutto bene - gli rispose lui, riprendendosi.

Che mi succede? Non è da me perdere così il controllo delle mie emozioni e poi proprio davanti a lei…

- Ayumi Himekawa è partita poco fa e… - fece una pausa e, come si era aspettata, Masumi Hayami sollevò lo sguardo - Maya Kitajima tornerà a Tokyo domani -

Davvero inusuale questa faccenda… signor Masumi…

- Sarà interessante vedere cosa saranno capaci di fare - ammise lui con un sorriso - Si prenda cura di sé, signora - aggiunse salutandola e alzandosi. Era ovvio che Maya non sarebbe tornata.

- Le auguro buon viaggio - ricambiò la signora piegando leggermente la testa.

Genzo lo accompagnò alla macchina. Lui si guardò un attimo intorno, ma il silenzio persisteva, esattamente come il vento e i versi degli insetti.



Il sottobosco profumava intensamente dopo le piogge della notte. Maya ripercorse lo stesso sentiero che l’aveva portata da Ayumi e al litigio liberatorio che ne era seguito. Quella mattina l’aveva salutata, non c’erano stati bisticci né vane parole, solo un cenno secco e una breve frase con la quale si sarebbero riviste il giorno dello spettacolo dimostrativo.

Ayumi… sei la mia rivale… non mi farò mai battere da te!

Ormai era giunto il momento della partenza, l’indomani avrebbe lasciato la valle insieme ai ragazzi delle due compagnie, sentiva il cuore piangere non solo perché ancora non aveva afferrato del tutto la Dea Scarlatta, ma perché temeva di lasciare lì tutto ciò che era accaduto insieme a lui

Chiuse gli occhi per lo strazio e prese a correre lungo il sentiero, sperando che lo sforzo fisico distraesse i suoi pensieri. Vedeva le foglie passare rapide, rami, farfalle, animaletti che scappavano, finché lateralmente il sentiero si aprì, rivelando la strada asfaltata molto al di sotto del dirupo. Notò l’auto che procedeva e la riconobbe.

Sussultò e aumentò l’andatura con il cuore che batteva martellante in petto. Signor Hayami… era lui, ne sono certa!

Piombò nel cortile e vide Genzo raccogliere le foglie in mucchi ordinati.

- Signor Genzo! - gridò afferrandolo per la manica e lui si spaventò - C’è stato qualcuno qui? -

- Oh… sì, Maya, il signor Hayami ha fatto visita alla signora - ma non riuscì a farle ascoltare la frase per intero che la ragazza era già schizzata via sotto il suo sguardo incuriosito e indagatore.

Si fiondò nel tempio dirigendosi immediatamente alla saletta da tè, dove sapeva che l’avrebbe ricevuto se si fosse presentato. Spalancò il fusuma dimenticando qualsiasi tipo di educazione, il respiro pesante, le guance arrossate. La stanza era vuota, tutto era in ordine. Cadde in ginocchio accanto al cuscino leggermente spiegazzato, ci appoggiò le mani tremanti e si rese conto che era tiepido. Il suo cuore si riempì di tristezza e malinconia.

Era qui… solo qualche attimo e l’avrei rivisto...

Abbracciò stretto il cuscino su cui si era sicuramente inginocchiato mentre lacrime bollenti scesero copiose sommandosi al dolore lacerante che le dilagò in petto.

Sul corridoio esterno, la signora Tsukikage notò il fusuma aperto, che aveva chiuso quando il signor Hayami se ne era andato. Si avvicinò lentamente udendo dei singhiozzi. Si affacciò in silenzio e le si addolcì lo sguardo alla vista di Maya, in ginocchio, le spalle accasciate, che stringeva lo zabuton come se avesse perduto qualcosa a lei molto caro.  Maya… sembra che tu sia realmente presa da questo amore sebbene io non possa immaginare in alcun modo come siate arrivati a questo punto… Eppure potrà essere solo un’altra esperienza che ti aiuterà a creare la tua Dea Scarlatta!

Si voltò lentamente e la lasciò a quei sentimenti prepotenti che la stavano distruggendo. Maya abbassò la testa, ignara che la signora fosse alle sue spalle, strinse ancora di più il cuscino, con la stessa tenacia della morsa che serrava il suo stomaco, dolorosa, devastante, incomprensibile.

Mi sento così triste per non averlo incontrato… non riesco a smettere di piangere e l’angoscia che provo è così tanta! Possibile che senza accorgermene mi sia innamorata del signor Hayami fino a questo punto?! Amor mio… è l’altra parte di me… Quanto vorrei… quanto vorrei vederlo!

Il destino che li legava, giocava anche coi sentimenti di Masumi Hayami che, di ritorno in macchina verso il ryokan, sentì la malinconia, avvertita in presenza della signora, dilagare senza limiti. Non era tipo da lasciarsi sopraffare in quel modo, ma il fatto di non averla rivista e probabilmente di non poterlo fare per un po’, gli era insopportabile.

Non mi sono mai sentito così in vita mia… Fatico a riconoscermi… Mi sembra di impazzire… Dal giorno della Dea Scarlatta nella valle io non sono più lo stesso…

Sebbene stesse guidando e avesse gli occhi aperti rivide parti dell’incontro con lei, la sera incombente, il ruscello che li separava, la nebbia incantata che copriva tutto.

E la sua voce… le parole della Dea Scarlatta… le ha ripetute con ritmo perfetto e scommetto che le aveva sentite per la prima volta dalla bocca della signora… le anime gemelle… l’amore della Dea Scarlatta… perché mi ha recitato proprio quelle frasi? E quella notte al tempio… Possibile che davvero Maya… provi qualcosa per me? No! Non può essere vero! Quella sera, il bacio che mi ha dato, era pieno d’affetto e riconoscimento, ma non aveva niente di…

La sua riflessione venne interrotta dalla visione che aveva avuto delle due anime che si incontravano e della voce profonda e delicata di Maya che lo implorava.

- Abbandona te ne prego il tuo nome, il tuo passato… -

Fu costretto a fermarsi, inchiodando l’auto, tanto gli batteva il cuore in petto ed era distratto. La sua voce era così reale che si guardò intorno stupito.

Sto davvero impazzendo… Perché si comporta così? Avrà voluto prendermi in giro? Eppure era seria mentre recitava, anzi, sembrava averci messo davvero il cuore! Oppure ha voluto mostrarmi una scena dello spettacolo e come padroneggiasse già la Dea Scarlatta…?

- Mi impegnerò e le prometto che la mia Dea Scarlatta non la deluderà! - di nuovo la sua voce gli risultò così nitida da farlo sussultare. Si appoggiò allo schienale del sedile, espirò tutta l’aria che aveva nei polmoni chiudendo gli occhi e aprì i finestrini per far entrare ossigeno.

Implorare l’anima dell’altro… l’altra parte di sé… E’ questo l’amore… cosa sarà accaduto quella sera? Non riesco a togliermi dalla mente quell’incontro di anime… avrò avuto un’allucinazione? Me lo sono domandato così tante volte che non so più cosa pensare… cerco di convincermi che sia così perché se dessi credito a quello che ho visto significherebbe anche iniziare a credere che Maya…

Serrò i pugni e strinse forte gli occhi, una parte di sé esultava per quell’improbabile futuro, un’altra parte era atterrita per ciò che quel futuro avrebbe potuto riservare soprattutto a lei e c’era quell’ultima parte, neutra, che aveva governato la sua vita finché non l’aveva incontrata. Era il raziocinio. La parte analitica della sua mente che da sempre gli diceva che non era uomo da poter essere amato né in grado di ricambiare un amore, era dedito al lavoro, agli affari, a distruggere, non a creare, cinico, freddo, calcolatore. Ed ebbe il sopravvento anche quella volta. Per un fugace attimo si domandò se preferisse far vincere quell’idea solo per paura di affrontare tutto il resto ma zittì anche quel pensiero.

Ero emozionato per la Dea Scarlatta della signora… ho tradotto in sogno ciò che il mio cuore desidera, che lei mi dica quelle parole… ma è stata un’allucinazione, mentre recitava quelle battute… nient’altro!

Chiuse i finestrini e ripartì.



Maya fissava la cena con sguardo assente sotto le occhiate indagatrici della signora Tsukikage e di Genzo.

- Scusate, vado a preparare la mia valigia - disse infine sospirando e alzandosi portando via il vassoio col cibo.

- Eh? Hai finito, Maya? - le domandò la signora preoccupata - Non hai mangiato quasi niente -

- Non ho molto appetito, mi dispiace - commentò lei lievemente imbarazzata, uscendo dalla stanza.

- Che cosa le succede? - mormorò Genzo, preoccupato - Ha qualcosa che non va… -

La signora osservò il fusuma chiuso in silenzio, poi terminò la sua cena e la raggiunse, lasciandole il tempo per riflettere.

Uscì sul corridoio esterno che dava sul giardino interno. I grilli riempivano ancora l’aria e il suo cuore lì aveva trovato la pace, in mezzo a quella valle, dove era stata con Ichiren. La giovane era seduta sulle scale e si teneva i ginocchi, lo sguardo fisso davanti a sé. Chigusa sorrise e palesò la sua presenza.

- Che ti succede, Maya? Sei pensierosa - la ragazza si voltò di scatto - Sei strana stasera, non hai quasi toccato la cena… cosa c’è che non va? -

- Signora… Niente… solo che… - balbettò indecisa - Sto pensando che domani dovrò lasciare la valle… a Tokyo cominceranno le prove vere e proprie e io… non so se sarò in grado di recitare bene… e poi… - ma si fermò, imbarazzata per i pensieri che le vennero in testa.

- E poi…? - incalzò la signora Tsukikage che non se ne sarebbe andata senza un chiarimento. Maya rimase in silenzio alcuni istanti, ma anche Chigusa non si mosse, poi finalmente decise di parlare.

- Signora Tsukikage, esistono le anime gemelle? - le domandò senza guardarla, fissando il giardino davanti a sé. La sensei si stupì profondamente per quella domanda, ma comprese perfettamente perché gliel’avesse posta, così rasserenò il tumulto che aveva nel cuore e le rispose.

- Sì, esistono, se tu credi che esitano - e Maya si girò a guardarla, le guance leggermente arrossate e il cuore accelerato dall’emozione.

- Un’anima gemella unica, l’altra parte di sé, per me e Ichiren fu così - iniziò con quelle semplici parole quell’argomento così spinoso.

- Mentre vivevo l’amore della Dea Scarlatta, vivevo anche il mio amore! - le rivelò - Però… incontrare una tale persona è come un miracolo… nessuno sa se la incontrerà o meno. Tu sei giovane, Maya, incontrerai molte persone, alcune ti faranno battere il cuore, forse incontrerai l’anima gemella… forse no - l’aveva guardata senza mai distogliere lo sguardo e la giovane era arrossita sempre di più, facendosi piccola come volesse scomparire.

- Ma se la incontrerai, lo capirai sicuramente - Maya spalancò gli occhi, attenta - Perché le vostre anime vibreranno, vi considererete unici l’uno per l’altra, a dispetto della ragione - la signora assottigliò lo sguardo, fissandola intensamente.

- Per quanto poteste essere diversi per posizione sociale, per quanto poteste essere distanti... - sospirò - I vostri cuori si capiranno e vorrete vivere la vostra vita insieme! -

Maya deglutì nervosamente, il cuore aveva accelerato i battiti improvvisamente. E’ così! Signora è così! E’ quello che sento… io… non è possibile…

- Se… - balbettò insicura la giovane - Se si incontra una tale persona, lo si capisce subito? - le chiese ingenuamente, con un sussurro lieve. La signor Tsukikage sorrise mestamente e appoggiò entrambe le mani sul pomolo del bastone che usava per aiutarsi a camminare.

- Quando ho conosciuto Ichiren avevo sette anni, Maya! - le fece notare - Anche se la conoscenza avviene troppo presto, può darsi che non lo si capisca finché non arriva il momento - puntualizzò la signora sorridendo dello sguardo perso di Maya.

- Potresti incontrare anche tu la tua anima gemella - riprese la sensei - Ma ascoltami bene - e si avvicinò abbassandosi - Se nel profondo del cuore senti che è lui… chiunque sia, non rinunciarvi! Perché siete nati certamente per incontrarvi! Età, classe, posizione sociale, non hanno importanza, sarete affascinati l’uno dall’altra. Se lui è davvero la tua anima gemella, non potrà resistere e proverà le stesse cose che provi tu… dovunque sia e qualunque cosa faccia… -

Maya osservava la sensei a bocca spalancata, un calore intenso le invadeva il petto e non riusciva in alcun modo a placare il battito furioso che le squassava il petto.

Proverà le mie stesse cose? Lui… potrebbe davvero…

- Se dovessi incontrarlo, tira fuori il coraggio e fai il primo passo! Perché da lì inizierà qualcosa! Se temi le conseguenze, non ti riuscirà mai niente! Ricorda che anche lui proverà la stessa cosa… - aggiunse fissando la luna in cielo che faceva capolino dalle nubi. Si avvicinò e la prese per le spalle. Maya… se davvero lui fosse la tua anima gemella, sarebbe davvero un curioso scherzo del destino…

- Solo io posso aprire le porte del mio destino! - filosofeggiò la signora - Questa potrebbe essere una tua battuta, non credi, Maya? - e le sorrise benevola mentre Maya arrossì senza contegno.

Prendere coraggio e fare il primo passo… signor Hayami… ma come faccio?!

- Ma ricorda, Maya - proseguì la signora che sapeva quanto fosse importante quel momento nella vita della ragazza e quanto avrebbe potuto incidere sulla sua Akoya - Ciò che è davvero importante è il legame che unisce le anime. Un amore superficiale non dà frutto… e quando vivrete insieme… capirai il perché sei venuta al mondo! E’ questo l’amore della Dea Scarlatta! -

- Signora… - Maya era senza parole, sopraffatta da tutto ciò che l’anziana e saggia sensei le aveva appena rivelato. Era per questo che era stata così gentile e comprensiva?

- Ah! Una stella cadente! - la signora osservò il cielo e Maya si voltò di scatto - Guarda, un’altra - mormorò indicandola - Sei fortunata a vederle prima di tornare a Tokyo. Dicono che se si esprime un desiderio prima che la stella scompaia, questo si avveri! E’ la tua ultima notte qui! Perché non esprimi un desiderio, Maya? Potrebbe avverarsi! Ma deve essere solo uno! - le suggerì spassionatamente la signora Tsukikage.

- Un desiderio a una stella cadente… - mormorò la giovane e immediato fu il ricordo della parole del signor Hayami, quella notte sotto le stelle, in cui le disse che il suo desiderio non si sarebbe mai avverato. Sollevò lo sguardo al cielo, il cuore colmo di malinconia.

Signor Hayami… qual era il suo desiderio? E’ troppo triste che non si debba avverare mai… qualcosa che io non posso sapere…? Cadi stella! Cadi! E fai avverare il mio desiderio!

- Guarda, Maya! - l’avvertì la signora vedendo un’altra stella e lei si girò nella giusta direzione in tempo per vederla e gridare mentalmente il suo pensiero a quella portatrice di fortuna.

Voglio che il desiderio del signor Hayami si avveri!



La notte buia nella capitale era nera e senza luna. Un vento freddo spirava impietoso costringendo i cittadini a chiudersi nei loro cappotti. Mizuki attendeva in silenzio il suo principale fuori dalla stazione centrale di Tokyo.

Il consiglio di amministrazione non è stato felice della sua scelta di rimanere a Nara, signor Masumi…

Lo vide uscire da una delle porte laterali, dedicata alla business class, portava l’impermeabile al braccio e sembrava indifferente al freddo esterno. Era assorto e una ruga lieve gli solcava la fronte.

- Bentornato, signor Masumi - lo salutò aprendogli la portiera dell’auto. Lui sollevò lo sguardo e le sorrise.

- Buonasera, Mizuki - salirono in auto e l’autista partì.

- Come sta il Presidente? - gli chiese osservando il suo profilo. Sembrava stanco.

- Bene - rispose laconicamente Masumi.

- Mi fa piacere -

- Niente di nuovo in mia assenza? - chiese alla segretaria fissando fuori dal finestrino il traffico che scorreva accanto alla loro auto.

- No, tutto regolare, come dai documenti che le ho inviato - lo guardò di nuovo, appariva distratto e pensieroso - C’è solo qualche questione in sospeso che necessita la sua decisione, dovrebbe dare un’occhiata a questi documenti per domani. Alle dieci ha il colloquio con il Presidente Yamanaka della Tozai Dentetsu, non se ne dimentichi -

- Ho capito… - il tono che usò fece voltare immediatamente Mizuki. Aveva il volto tirato nonostante stesse scorrendo i documenti che gli aveva passato.

- Ha mangiato, signor Masumi? - gli chiese aggrottando la fronte.

- No - rispose lui distrattamente.

- Provvedo subito - si adoperò immediatamente lei, prendendo il cellulare.

- Non importa - la liquidò Masumi seccamente - Voglio occuparmi di questi documenti - la sua voce espresse chiaramente la sua volontà di non essere più disturbato.

Mizuki serrò i denti riabbassando il cellulare e continuò a fissarlo. Nonostante sembrasse la stessa persona di sempre, c’era qualcosa di diverso, soprattutto nello sguardo che si erano scambiati alla stazione. Lei mi preoccupa, signor Hayami… le ho sempre invidiato la sua freddezza e la capacità analitica che la contraddistingue, ma tutti commettono errori, soprattutto quando sono innamorati…

Masumi Hayami non era mai stato un sognatore, quella capacità, propria dell’infanzia, gli era stata tolta quasi immediatamente, sostituita dalle tediose lezioni scolastiche a cui l’avevano sottoposto, fin da quando aveva sei anni, per diventare un giorno l’erede del suo padre adottivo.

Fissò lo sguardo sui documenti senza vederli realmente. Tokyo era esattamente la stessa di quando l’aveva lasciata due settimane prima, lui invece era cambiato.

E’ tutto come sempre… ora che sono qui, mi viene da pensare davvero che sia stato tutto un sogno… chissà se lei ha provato la stessa cosa… un’anima divisa in due… anime gemelle… una storia che può stare solo nelle leggende e che sembra davvero un sogno…

Non riuscì ad arginare il ricordo di quell’abbraccio di anime e risentì il calore della sua pelle, quell’“amor mio” sussurrato a fior di labbra, i suoi occhi che scintillavano come stelle, pieni d’amore.

Eppure… è come se l’avessi toccata… è stata una sensazione troppo vera… quelle battute, i suoi occhi… come se mi amasse… finché non le ho rivelato dell’ammiratore, ero sicuro che mi odiasse profondamente… per tutto quello che le ho fatto… per sua madre…

Inevitabile fu l’eco profonda della voce di suo padre che tornò ad invadergli la mente. Non aveva accettato quelle parole quando gliele aveva dette e in quell’istante, stanco per quelle settimane intense, ebbero il potere di congelargli l’anima.

- Se acconsentirà a legarsi alla Daito, bene, altrimenti dovrai distruggerla! Se non lo farai tu, lo farò io con le mie stesse mani! -

Gli erano accadute molte cose spiacevoli nella vita, spesso aveva provato paura, ma in quell’istante il cuore quasi gli si fermò in petto all’idea di dover fare una cosa del genere, di non poterla più vedere recitare.

Perfino Mizuki si rese conto della sua reazione e si voltò a guardarlo. I fogli gli caddero di mano, aveva lo sguardo spalancato e vacuo, come se avesse visto un fantasma.

Signor Masumi… fa paura… che espressione terrificante… è chiuso in sé stesso, sta soffocando rabbia e tristezza… ha un’espressione così vuota, non l’ho mai visto così…

Si chinò e raccolse i fogli caduti.

- Oh… - mormorò lui vedendola e riscuotendosi dai suoi pensieri - Mi scusi -

- Non si preoccupi - minimizzò la segretaria - Deve essere stanco e non ha neanche mangiato, non dovrebbe trascurarsi, signor Masumi -

Lui la guardò per un attimo fra il divertito e l’irritato, ma la segretaria continuò imperterrita.

- Le ricordo i suoi impegni di domani e si assicuri di riposarsi adeguatamente - gli porse un altro foglio con gli appuntamenti ordinatamente inseriti in una tabella in ordine di orario, dalla mattina alla sera.

Lavoro… sempre lavoro… per me non cambierà mai nulla…

- Prenda un caffè, almeno - Mizuki gli avvicinò una tazza fumante - E’ il blue mountain, il suo preferito. Si riposi un momento - le dispiaceva enormemente vederlo in quelle condizioni, inoltre se lei si era resa conto del suo stato d’animo, altri avrebbero potuto farlo e nel loro mondo queste debolezze non erano concesse.

- Grazie - mormorò lui prendendo il caffè e riflettendo all’improvviso di quanto quella segretaria indisponente e arguta in realtà gli fosse vicina.

- I dirigenti hanno raccontato dello spettacolo, è la notizia del momento alla Daito - gli sorrise - Com’è stato? -

Masumi bevve un po’ di caffè, pensieroso.

- E’ stato meraviglioso - disse semplicemente - Mi rimarrà nel cuore per tutta la vita, ne sono certo -

Mizuki rimase sconcertata a quella confessione spassionata, non era uomo che si confidasse in quel modo, soprattutto con lei.

- La valle dei susini è un posto misterioso e bellissimo… - mormorò - Vi ho fatto un sogno meraviglioso e straordinario, una dolce felicità mi ha scosso l’anima - aggiunse come se parlasse fra sé.

E’ stata un’illusione del mio cuore mentre in me rimaneva ancora l’eco della Dea Scarlatta che la signora aveva appena recitato… Già… è stata certamente l’illusione di una meravigliosa felicità… devo essere impazzito ad aver sperato anche solo per un momento che potesse essere tutto vero… Sono tornato nella valle dei neon e dell’asfalto e finché sarò Masumi Hayami il mio destino sarà restare qui e combattere...

Né l’uomo d’affari né la segretaria composta al suo fianco avrebbero potuto saperlo, ma la stessa stella alla quale Maya aveva espresso il suo desiderio a trecento chilometri di distanza, attraversò il cielo della metropoli.

- Guardi! Una stella cadente! - esclamò Mizuki felice di poterlo distrarre dato che la sua espressione si era di nuovo rabbuiata. Cosa le è accaduto, signor Masumi?

Lui si girò, guardando fuori dal finestrino senza vedere niente.

- L’ho vista! Proprio adesso! - la voce della segretaria era accesa di meraviglia.

- Una stella cadente? Qui a Tokyo? - obiettò Masumi, per niente convinto.

- Sì, ne ho appena vista una! - confermò lei tenendo lo sguardo sulla volta scura del cielo - Peccato, avrei potuto esprimere un desiderio - si rammaricò Mizuki e lui ridacchiò sommessamente.

Una stella cadente… il mio desiderio non si avvererà mai...



Il viaggio di ritorno in treno, insieme a Sakurakoji e al signor Kuronuma, si rivelò rapido sebbene il regista non avesse risparmiato minacce e improperi circa il futuro prossimo che li avrebbe visti insieme nelle prove per lo spettacolo dimostrativo.

- Preparatevi perché a Tokyo vi spremerò per bene! - gli comunicò scoppiando a ridere. Maya e Yu si guardarono, imbarazzati e titubanti, immaginando le angherie a cui li avrebbe sottoposti. Continuò a borbottare di prove estenuanti e che sarebbe ricorso anche al nerbo se necessario, facendoli sbiancare. Quella tiritera andò avanti per quasi un’ora finché non si addormentò.

- Credevo non la smettesse più… - sussurrò Maya tenendo lo sguardo fisso sul regista e Yu ridacchiò sommessamente.

- Il treno deve avergli fatto da ninna nanna - mormorò piano indicando anche altre persone che dormivano.

Maya si accorse che erano rimasti praticamente solo loro due svegli e abbassò lo sguardo imbarazzata. Sono accadute così tante cose… ho la testa che mi scoppia… E anche stanotte ho sognato le parole della signora… fare il primo passo… ma io non posso sapere se lui è davvero la mia anima gemella… ma allora cos’è accaduto nella valle quando le nostre anime si sono toccate? Ho sognato davvero? Però ho sentito il suo calore...

Se anche Yu si fosse accorto della cosa non avrebbe potuto saperlo, perché sembrò ignorare quel suo stato dimesso.

- Sai, Maya, ho incontrato il Maestro Kaikei - e le raccontò l’incontro con quell’uomo straordinario e di come quell’esperienza l’avesse cambiato profondamente. Maya rimase stupita dall’ardore con cui ne parlò, i suoi occhi brillavano come tizzoni e quando le fece vedere gli scalpelli, in un sussurro pieno d’emozione, le rivelò che li avrebbe usati sul palco per creare il suo Isshin.

- Maya, non ti deluderò, il mio Isshin sarà perfetto per la tua Akoya - le prese le mani fra le sue e Maya, nonostante il tumulto confuso che albergava nel suo cuore, venne sopraffatta dalla gioia e dall’emozione nella sua voce tanto da farle pensare, per un attimo, quanto lui fosse cambiato. Yu… chi sei diventato? Dov’è il ragazzo che ho lasciato a Tokyo sulla banchina della stazione?

La pace che trasmetteva cancellò tutta la tensione che aveva accumulato, come fosse stato un balsamo miracoloso. Lui non fece assolutamente niente per metterla a disagio, stava bene accanto a lei, davvero bene e non avrebbe mai fatto niente per rovinare quel momento. Era cosciente che probabilmente il cuore di Maya era perduto per il suo ammiratore, ma da quando aveva conosciuto Kaikei aveva imparato molte cose ed era sicuro di aver compreso sempre più Isshin e la sua visione della vita e dell’amore.

Si fissarono a lungo, senza imbarazzo, finché Maya alla fine ricambiò la stretta e gli sorrise dolcemente.

- Ed io, Yu, prometto che non mi arrenderò mai, la mia Akoya fronteggerà il tuo Isshin e non ci faremo sconfiggere da Ayumi e Kei Akame - gli disse con una determinazione che neanche lei sapeva di avere.

Lui annuì e lei passò a raccontargli tutto quello che la signora le aveva insegnato omettendo ogni parte riguardante il signor Hayami e il litigio con Ayumi. Maya si rese conto, parlando con lui, di come dividesse nettamente il tempo a Tokyo da quello nella valle, come se fossero stati eventi temporali staccati e non conseguenti. Yu, sicuramente, aveva perduto ogni tratto del ragazzino che ricordava. Quando si era dichiarato a Tokyo, la sua voce era stata decisa e chiara e sebbene lei lo avesse rifiutato, lui aveva mantenuto la sua dignità, rinnovandole la sfida sul palco a cui non avrebbe rinunciato per niente al mondo.

Si dimostrò estremamente interessato alle prove degli elementi e le fece molte domande in merito, mentre solo una riguardò il vecchio Presidente Hayami e la presenza del figlio a Nara.

- Maya, tu conosci Eisuke Hayami? - le chiese dopo un momento di silenzio - Perché sarà venuto a Nara? -

Maya distolse lo sguardo e lui corrugò lievemente la fronte.

- No, Yu, non lo conosco, però credo che il passato lo leghi alla signora Tsukikage e lui fosse lì per lei - ipotizzò Maya dando voce ad alcuni pensieri che aveva avuto.

- Sono anni che lavoro per la Ondine e non l'ho mai incontrato, c'è sempre stato Masumi Hayami - rifletté Yu - Sempre dedito al lavoro, l'ho incontrato svariate volte, soprattutto alla compagnia, però non ha esitato a venire fin qua per trovare suo padre -

Maya si voltò distogliendo lo sguardo dalla campagna che correva via veloce fuori dai finestrini del treno.

- Credo l'abbia fatto per la Daito Art, non certo per una questione di affetto... - mormorò appena senza rendersi conto di averlo detto a voce alta.

- Perché dici così? - Sakurakoji incontrò il suo sguardo, una linea solcava la sua fronte dandole un aspetto infastidito.

- Non mi pare uomo da provare affetto per qualcuno - giustificò il suo pensiero ripensando a quello che le aveva detto sotto la pioggia e a quello che aveva detto alla signora valutandola come attrice quando aveva origliato - E poi... - aggiunse - Cosa accadrebbe ad un'azienda così importante se il suo Presidente sparisse improvvisamente? -

Yu si stupì per quella strana considerazione e sollevò le sopracciglia. Maya arrossì, rendendosi conto che aveva riassunto in quella frase ciò che il signor Hayami le aveva spiegato quella sera in cui aveva visto il bilancio della Daito sulla scrivania. “Le società sono fatte di uomini e soldi”, le aveva detto, “ma gli uomini vengono prima di tutto, sono loro a fare i soldi. Uomini validi cresceranno e faranno prosperare compagnie solide. La perdita di uno di essi, a volte, può decretarne la fine.”

- Cosa ne dici di riposare un po'? - le domandò Yu lasciando cadere l'argomento. Anche se alla stazione di Tokyo il signor Hayami l'aveva salutata con meno acredine del solito, sapeva che Maya non amava parlarne, per tutto ciò che aveva fatto alla signora e alla compagnia Tsukikage.

Lei si girò sorridendogli e annuì abbassando lo schienale del sedile.

Yu... sembri sapere sempre quale sia la cosa giusta da dire... e ora... ora sei più riflessivo e più maturo di quando ci siamo lasciati... non hai fatto niente per mettermi in imbarazzo e te ne sono grata, soprattutto per l'amicizia che mi doni senza riserve nonostante io...

Ruotò lentamente la testa e fissò il suo profilo rilassato. Aveva gli occhi chiusi, le labbra leggermente aperte, respirava a ritmo regolare e appariva estremamente a suo agio. Si portò una mano al petto, quella morsa di tristezza e malinconia ormai non l'abbandonava mai.

Che sofferenza... non riesco a non pensarci... vorrei tanto rivederlo... signor Hayami... perché provo questo sentimento proprio per lei? Perché quest'angoscia non mi abbandona mai? Sono felice solo quando mi è vicino... anche se non mi parla io sono felice... la mia anima gemella è proprio lei? O ho sognato tutto? Tutto quello che è accaduto nella valle è stato un bellissimo sogno?

Calde lacrime iniziarono a scendere senza che riuscisse a fermarle mentre quel sospetto iniziava a divenire realtà. Non voleva che Yu se ne accorgesse, così si girò verso il finestrino, lasciandole uscire libere, sfogando all'esterno tutta la tristezza che aveva dentro.

Eppure ho sentito il suo calore, le sue braccia che mi cingevano erano calde come il suo corpo! I suoi occhi! Mi ha guardata come io guardavo lui! Io... io devo sapere... devo dirgli cosa provo per lui! Come ha detto la signora, se penso che sia la mia anima gemella, devo farmi avanti senza paura!

Strinse forte i pugni in grembo senza più preoccuparsi di quelle lacrime liberatorie che attenuavano il macigno che aveva sul petto.

Ma come posso trovare il coraggio di confessargli ciò che provo? E' un uomo! Un uomo adulto... io sono solo una ragazza semplice... riderebbe di me? Oppure mi ignorerebbe e io... io potrei morirne... E se si allontanasse? Se non volesse più neanche sentire il mio nome?

Si portò le mani al volto e singhiozzò in silenzio, un dolore atroce le squassava il petto e non riusciva a respirare.

Ma io lo amo! Mi manca, vorrei vederlo adesso! Vorrei che mi abbracciasse ancora come quella notte nel tempio! Vorrei tanto che mi chiamasse ancora col mio nome... io... non posso più continuare così! Appena arriveremo a Tokyo, andrò alla Daito a trovarlo e gli dirò ogni cosa! Non posso affrontare le prove di Kuronuma in queste condizioni! Farei un disastro!

Si girò verso Yu che dormiva, asciugandosi le lacrime.

Anche per lui che si impegna tanto e per tutti gli altri attori... devo essere concentrata...

Ripose il fazzoletto nella borsetta e con una nuova determinazione nel cuore si addormentò.



Erano le sette di sera quando il treno entrò nella stazione centrale di Tokyo. Nonostante l'ora, era affollata e gli altoparlanti gridavano i messaggi più disparati. Recuperarono i loro bagagli e raggiunsero l'uscita.

- Bene ragazzi - li salutò Kuronuma - Ci vediamo alle prove! Preparatevi! - e gli strizzò l'occhio sollevando un braccio mentre si incamminava.

Yu e Maya rimasero a fissarlo per qualche attimo, poi ridacchiarono.

- Ci aspettano dei mesi molto intensi - le disse Yu sorridendole.

- Sì, immagino che Kuronuma manterrà tutto quello che ci ha detto in treno... - sospirò Maya sistemandosi il cappotto. Lì faceva decisamente più freddo che nella valle.

- Vuoi che ti accompagni a casa? - le chiese in un sussurro arrossendo lievemente. Maya abbassò lo sguardo e negò con la testa.

- Grazie, Yu, non è necessario - rispose in un mormorio sommesso, tenendo la borsa con entrambe le mani.

Lui esitò qualche secondo, poi non insisté. Maya, ti aspetto sul palcoscenico, dove incontrerò la tua Akoya! In fondo al mio cuore nascondo ancora la speranza di riuscire a conquistarti, un giorno! Ma non farò niente per metterti in imbarazzo... io ti amo da molto tempo anche se ho provato a dimenticarti... ci sarò sempre per te!

- A presto, Maya - e le porse la mano che lei strinse, sorridendogli.

- Ciao, Yu, a presto! -

Lo seguì di spalle mentre scendeva per prendere la metropolitana. Corrugò la fronte e, decisa nel suo intento, con il cuore che batteva furiosamente, prese un taxi e raggiunse la Daito Art Production.

Temeva che sarebbe andata in confusione, invece la sua mente era completamente sgombra, le mani non erano sudate, solo il cuore martellava incessantemente.

Quando il taxi si fermò, il suo orologio segnava le venti. E' tardi, lo so... ma sono sicura di trovarlo qui... chissà se ci sarà anche la signorina Mizuki...

Varcò le doppie porte a vetri ed entrò nella hall. Alla reception non c'era nessuno. Si guardò intorno furtiva e lasciò il borsone sul lato destro della reception per non portarselo dietro. Sempre in quello stato di calma apparente, Maya salì, ma quando le porte si aprirono sul corridoio coperto di moquette blu, il coraggio le venne meno.

Si schiacciò contro il vetro dell'ascensore allontanandosi dalle porte mentre il terrore la sopraffaceva. La scrivania della signorina Mizuki, poco più avanti sulla sinistra, era vuota. Il corridoio era parzialmente illuminato e c'era silenzio.

Ecco lo sapevo... non riuscirò mai a dirgli ciò che provo...

Stava per andarsene, schiacciando il pulsante che l'avrebbe riportata a terra, quando sentì una risata. Quel suono, così anomalo in quel posto, la distrasse dalla paura che le stava facendo tremare le gambe. Uscì, prima che le porte si chiudessero nuovamente e camminò lentamente lungo il corridoio. Sapeva esattamente qual era la porta del suo ufficio, così si avvicinò tenendo lo sguardo sulla sottile linea di luce che passava sotto la porta.

Le voci provenivano da lì, titubante si fermò davanti all'ufficio e, con il cuore che batteva all'impazzata, rimase in ascolto. C'erano due uomini dentro e uno era sicuramente il signor Hayami. Fece un altro passo avanti fin quasi a sfiorare il legno dell'anta.

- Non manca molto allo spettacolo dimostrativo - disse la voce profonda maschile che non conosceva. Maya sussultò rendendosi conto che stava origliando. Di nuovo. Arrossì vergognandosi e fece per bussare, ma bloccò la mano a mezz'aria sentendo la risposta del signor Hayami.

- Sì, padre, ho visto Ayumi Himekawa, non ha possibilità in questo momento. Se dovesse continuare così, Maya Kitajima verrà scelta per interpretare la Dea Scarlatta e ne otterrà i diritti -

Pensa che sia migliore di Ayumi! E' con suo padre… Il suo cuore esultò di gioia.

- Così il piano che porti avanti da sette anni darà i suoi frutti! - gracchiò l'altro uomo facendola sbiancare. Ci fu un attimo di silenzio mentre Maya si sentì morire dentro.

- Devo ammettere, Masumi, che l'idea delle rose scarlatte è stata geniale, neanche io avrei potuto fare meglio! - e Eisuke Hayami scoppiò a ridere.

Maya non riuscì a fermare le lacrime che scesero copiose.

- Quando le verranno assegnati i diritti, potrai sempre dirle che le rose erano il tuo modo per apprezzarla e difenderla da maliziose conclusioni dato che sei un produttore teatrale - continuò l'anziano Presidente.

Me l'ha già detto... signore... me l'ha già detto...

E il ricordo dirompente sotto la pioggia davanti al tempio le inondò la mente.

“Giornalisti, fotografi, possono stroncarle la carriera in un attimo e gettare al vento tutto il lavoro di questi sette anni! L’anonimato dietro alle rose è servito a proteggerla permettendomi di farle sapere quanto apprezzassi il suo talento! Perché io sono fatto così, che le piaccia o meno!”. E le tornò in mente anche il dialogo nel bosco vicino al tempio che aveva avuto con Onodera e Kei Akame.

- Comunque non possiamo ancora sapere chi verrà designata - disse Masumi Hayami e Maya fece un passo indietro, inorridita.

- L'importante è che tu ottenga quei diritti, a qualsiasi costo! - incalzò il padre - Hai capito, Masumi? -

Maya trattenne il respiro, scacciando le lacrime con rabbia, che andava sostituendosi al dolore e all'angoscia.

- Sì, padre - rispose lui e Maya non ebbe necessità di ascoltare altro. Corse lungo il corridoio e s'infilò nell'ascensore ancora aperto che era rimasto al piano.

Non è la mia anima gemella! Non è lui!!!



La solerte segretaria del giovane Presidente Hayami uscì dall'ufficio stampa, dove aveva depositato dei documenti e tornò alla sua scrivania. Il vecchio Presidente, contravvenendo a tutte le indicazioni mediche, di ritorno da Nara, si era fatto accompagnare direttamente in ufficio e quando se l'era visto davanti aveva per un attimo perduto il suo sangue freddo. Erano già due ore che era chiuso dentro con il signor Masumi e sapeva che per lui non doveva essere un momento facile. Lo aveva visto cambiato, diverso, come se in quella valle o a causa di quello spettacolo, fosse accaduto qualcosa di irreparabile.

Mentre attraversava il corridoio vide qualcuno correre verso l'ascensore. Fece qualche rapido passo avanti, le porte si chiusero, eppure avrebbe giurato di aver visto Maya Kitajima.

E' impossibile...

Corrugò la fronte, camminò rapida fino all'ufficio stampa, oltrepassò l'open space buio e silenzioso, e raggiunse la vetrata. Attese con pazienza finché la sottile figura della giovane attrice corse rapida giù dagli scalini. Aveva con sé un borsone da viaggio.

Ma cosa significa tutto questo?


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Capitolo 29
*** Immedesimazione ***


Ultima revisione: dicembre 2015

 

29. Immedesimazione



Quella sera Rei rientrò in casa verso mezzanotte, terminato il suo turno di lavoro nel bar vicino Ginza. Tutte le luci erano spente e c'era silenzio, quindi immaginò che Maya non fosse ancora tornata dalla valle.

Eppure il suo treno sarebbe dovuto arrivare alle sette…

Accese le luci della cucina, posò il sacchetto con la spesa, lo svuotò, sistemò le cose nel frigorifero e si diresse in camera. Aprì il fusuma e vide Maya, seduta alla finestra. Piangeva.

- Maya... - sussurrò il suo nome, ma la ragazza non si mosse. Aveva lo sguardo assente e l'espressione avvilita.

Che sarà accaduto? Maya…

Si avvicinò e si inginocchiò accanto a lei, la prese dolcemente per le spalle e la fece girare: sembrava un fantasma.

- Maya, che succede? - mormorò sempre più preoccupata per la reazione assente dell'amica. Lei sbatté le palpebre una volta e i suoi occhi riacquistarono un po' di lucidità.

- Rei... - balbettò appena il suo nome e quando la riconobbe davvero, si gettò fra le sue braccia piangendo disperatamente.

- Maya... - Rei la strinse a sé cullandola, sperando che quel pianto angosciante finisse. Le lisciò la schiena scossa dai singhiozzi e le si strinse il cuore. Vi prego, dei, fate in modo che non sia niente di grave... deve recitare, sapete quanto sia importante per lei..

Maya non riusciva neanche a parlare, sentiva un vuoto incolmabile, il dolore le lacerava il petto e non riusciva a capire perché, avendo saputo le reali intenzioni del signor Hayami, ancora si ostinasse, dopo ore, a soffrire in quel modo. Era come se le fosse stata recisa una parte, come se qualcuno avesse strappato via qualcosa che le apparteneva di diritto.

No! No! Non è la mia anima gemella! Mi sono immaginata tutto, è stato un sogno! Lui non può provare niente per me, se non un interesse commerciale!

Picchiò i pugni sul petto di Rei e l'amica rimase stoicamente immobile, subendo quell'attacco di cui non conosceva l'origine, ma in cui vedeva tanta rabbia e dolore.

Maya non riuscì a fermare l'ondata di ricordi che aveva rievocato quel pensiero. Tutto ciò che aveva fatto per lei sia come ammiratore che come Masumi Hayami; i battibecchi che avevano avuto, i rari momenti particolari che avevano passato insieme dove lui si era sempre dimostrato gentile sebbene non avesse mai perduto quella vena ironica e pungente nei suoi confronti; il pomeriggio al planetario, quella confessione ancora incredibile che le aveva fatto che non riusciva in alcun modo a far collimare con ciò che aveva sentito nel suo ufficio poche ore prima.

Com'è possibile che abbia fatto tutto questo per sette anni solo per riuscire forse un giorno ad avere i diritti della Dea Scarlatta!? Come ha potuto scommettere su di me così precocemente? Perché ha fatto tutto questo, signor Hayami! Perché non mi ha risposto al tempio!? Perché ha lasciato quell'interrogativa in sospeso e non mi ha detto tutta la verità? Stava per farlo, vero? Ma qualcosa deve averla fermata…

Eppure si erano incontrati altre volte: al fast food, nel suo ufficio, la sala Ugetsu e poi “Lande dimenticate”, quando le aveva dato quella rosa di persona.

Come può qualcuno fare una cosa del genere per mero interesse commerciale? Valgono davvero così tanto questi diritti?

Rei la strinse forte e lei si quietò un po', ma quel fiume di ricordi non si fermò passando per quel sogno a occhi aperti che aveva fatto e in cui aveva capito il cuore di Oshichi, alla notte sotto le stelle, al tempio nella valle, al momento in cui era tornata in sé dopo aver interpretato il risveglio della Dea e aveva visto i suoi occhi azzurri che la fissavano stupiti per giungere infine a quel magico tocco di anime che, ora lo sapeva, era stata tutta una sua suggestione, spinta da ciò che provava per lui e che teneva nascosto nel cuore.

- Perché? - singhiozzò, lasciandosi cullare dalle braccia dell'amica e consentendo alla sua mente di soffermarsi su quell'abbraccio intenso e pieno di calore che non avrebbe mai dimenticato.

- Maya... - sussurrò Rei asciugandole le lacrime sulle guance - Calmati, sono con te. Vieni, andiamo a letto - le propose alzandosi in piedi e portandola con sé. Lei si lasciò guidare come un automa e una volta in bagno, Rei le passò un dischetto di cotone imbevuto di crema profumata su tutto il volto che si rivelò arrossato e livido.

Quanto ha pianto?

Le mise la camicia da notte e la fece distendere nel futon, poi avvicinò il suo e si distese accanto a lei. Infilò una mano sotto la coperta e prese dolcemente la sua.

- Non ti lascio sola, Maya, sono qui con te - sussurrò afflitta.

- Grazie, Rei - sospirò l'amica stringendole la mano.



Due giorni dopo venne indetta la conferenza stampa sullo spettacolo dimostrativo della Dea Scarlatta in cui le due squadre, capeggiate da Kuronuma e Onodera, si sarebbero fronteggiate per contendersi quella rappresentazione.

Il signor Yamagishi, Presidente dell'Associazione Nazionale per lo Spettacolo, presenziò la conferenza, al suo fianco i due registi, che apparivano sicuri e determinati, e i membri della giuria. Ricordò la composizione delle due squadre e di tutti gli attori che avrebbero ricoperto tutti i ruoli di quel dramma complesso. Spiegò che la giuria avrebbe designato, da quei due gruppi, il miglior regista e i vari attori e che i nomi sarebbero stati comunicati in un'altra conferenza stampa che si sarebbe svolta più avanti.

- Quale sarà il primo spettacolo ad andare in scena? - domandò un giornalista alzandosi in piedi.

Per tutta risposta Yamagishi sollevò, ben visibili, due buste.

- Ognuna contiene un foglio, uno con il numero uno e l’altro con il numero due. Il numero che i registi prenderanno, deciderà l'ordine di apparizione - spiegò semplicemente.

- Quindi lo stesso spettacolo, lo stesso giorno - mormorò il giornalista fra sé - Chi andrà in scena per primo lascerà un forte impatto! -

Yamagishi pose le due buste sul tavolo davanti a sé e lasciò che i due registi scegliessero il proprio destino. Signora Tsukikage, le assicuro che mi occuperò personalmente di ogni cosa e non tralascerò niente…

Onodera e Kuronuma si scambiarono un'occhiata gelida, poi presero una busta a testa. La tensione salì e non volava una mosca, si sentivano solo i click dei fotografi che immortalavano la scena per i posteri.

- Prego, signori, aprite le buste - disse il Presidente Yamagishi in tutta tranquillità. Kuronuma strappò la cima della busta e mentre scorse il numero il suo cuore prese a battere febbrilmente. Uno!

Lo mostrò a tutti e così fece Onodera, sul cui volto era dipinta una nota di disappunto.

- La Dea Scarlatta del gruppo di Kuronuma sarà la prima ad andare in scena e quella del signor Onodera, la seconda - confermò l'anziano Presidente rivolto a tutti i giornalisti. Il mormorio crebbe fino a diventare cacofonico e Yamagishi richiamò l'attenzione chiedendo di fare silenzio. Uno dei membri della giuria si alzò e gli venne dato un microfono.

- Noi tutti, membri della giuria, a cominciare dalla signora Chigusa Tsukikage, abbiamo intenzione di tener conto anche del giudizio del pubblico! - e ci fu un altro boato nella sala, ma l'uomo proseguì.

- Lo spettacolo dimostrativo si terrà il dieci ottobre presso lo Shuttle X - e i giornalisti rimasero interdetti nel sentire il nome del palcoscenico - La prima dello spettacolo effettivo della “Dea Scarlatta” si terrà il due gennaio dell'anno prossimo e resterà in cartellone per un mese! Sarà la giuria ad annunciare in che teatro verrà rappresentato! -

- Lo Shuttle X? Ma dov'è? - mormoravano alcuni giornalisti così il Presidente Yamagishi si fece avanti.

- Il Teatro Shuttle X non esiste ancora. Intendiamo riaprire l'area di Kyoshoto Mieki Atoshi - quella rivelazione sconvolse tutti i giornalisti e anche i due registi che sapevano bene di cosa stesse parlando il Presidente dell'Associazione Nazionale.



Quella sera la notizia venne riportata dai telegiornali e tutte le persone coinvolte, Maya e Ayumi per prime, ne vennero a conoscenza.

- E' stato deciso che il luogo di rappresentazione di prova del capolavoro teatrale “Dea Scarlatta”, che vedrà selezionati gli interpreti per lo spettacolo finale, sarà qui, al Kyoshoto Mieki Atoshi, rinominato Shuttle X - disse il reporter con voce chiara mentre la telecamera si allargava sulla gigantesca zona di cantiere alle sue spalle dove si vedevano resti di edifici distrutti, binari della vecchia ferrovia e altre rovine di cemento, ferro e asfalto.

- Che genere di dramma potrà mai essere rappresentato in questo terreno destinato all'edificazione di un nuovo quartiere? - il reporter fece una pausa guardandosi significativamente intorno - Non riusciamo a immaginarcelo - ammise con un sospiro affranto.

- Questo spazio aperto, queste montagne di macerie, queste case crollate, questi binari divelti, questi calcinacci, vedranno la sfida fra il veterano Hajime Onodera e il geniale Ryuzo Kuronuma. Fra la figlia d'arte, l'ex bambina prodigio Ayumi Himekawa e Maya Kitajima - sul video scorsero alcune loro fotografie e Maya osservò ogni cosa con occhi spalancati e il respiro corto.

- Questi ruderi, così lontani dall'immagine dello spettacolo, a quale “Dea Scarlatta” faranno da sfondo? Siamo ansiosi di saperlo - il reporter si spostò da un lato e il cameraman inquadrò una vasta area dismessa, piatta e brulla.

- Pare che il nome del teatro dove verrà messo in scena lo spettacolo finale sarà comunicato dalla giuria dopo lo spettacolo dimostrativo. Sarà una prima da ricordare, con la designazione della nuova protagonista. L'aspettativa è grande! Staremo a vedere - chiuse il reporter con un sorriso da televisione.

Maya, il cuore in tumulto, rimase con lo sguardo fisso sullo schermo, la mente confusa da quello strano palcoscenico così distante dalla magia della valle dei susini.

Come reciterò in un luogo del genere?



Il giorno seguente, i Kid Studio, dove il gruppo di Kuronuma si riuniva per le prove, vennero presi d'assalto dai giornalisti che non si fecero problemi a infilarsi addirittura dentro la sala prove.

- Signor Kuronuma, una parola sul suo rivale Onodera! -

- Cosa ci dice di Maya Kitajima, rispetto ad Ayumi Himekawa? -

- Che cosa pensa della scelta dello Shuttle X per lo spettacolo di prova? -

- Qual è il vostro parere sul gruppo di Onodera? -

- Maya, senti di poter battere Ayumi Himekawa? -

- Sakurakoji! Una parola sul tuo rivale, il veterano Kei Akame nel ruolo di Isshin! -

Li avevano accerchiati e non gli davano tregua, Maya indietreggiò fino a trovare Sakurakoji che le afferrò un gomito e la tenne vicino a sé, cercando di passare in mezzo ai giornalisti.

Kuronuma arrivò come una furia e li cacciò tutti senza tante cerimonie cosicché le prove potessero continuare serenamente. Rientrarono nella sala e lui chiuse la porta, sbattendola con forza.

- Che gente chiassosa! Mi raccomando non fateci caso! - e si rivolse a tutti i suoi attori - Gli altri sono gli altri, voi siete voi! Dovete credere in voi stessi! Perché voi siete capaci di recitare come nessun altro! Non dimenticatevelo mai! - gridò convinto cercando di infondere in ognuno un po' di fiducia. Il lavoro che li attendeva era arduo, ma aveva una grande squadra ed era sicuro della vittoria.

- Sì! - gridarono i giovani attori all'unisono.

- Bene, iniziamo con la lettura del copione - annuì soddisfatto e fece sedere tutti in cerchio, lui leggeva le parti descrittive e gli attori le loro battute. Mentre la lettura andava avanti, ebbe modo di guardarli tutti. Sembravano concentrati, tranne Maya Kitajima. Aggrottò la fronte e lasciò che le cose continuassero.

Le battute proseguivano e anche Sakurakoji si rese conto che Maya sembrava abbattuta e non ascoltava affatto i colleghi. Arrivò il momento delle battute del risveglio della Dea. Maya ripeté ogni parola senza alcuna enfasi che uscirono piatte e noiose dalla sua bocca. Yu la guardò stupito e anche Kuronuma la fissò meravigliato.

Poi arrivarono le battute dell'incontro delicato fra Akoya e Isshin. Maya le ripeté dapprima come le precedenti, vuote e piatte, Sakurakoji rispose e lei andò avanti senza alcun sentimento con lo sguardo fisso a terra.

- Cosa sono nome e passato? Tu sei qui con me... - mormorò - Questo mi basta per essere felice - e d'improvviso, incontrollabile, una marea di immagini le invase la testa. Rivide il signor Hayami bagnato sotto la pioggia quando la trovò all'altalena, quando si svegliò in casa sua, al planetario, al cimitero davanti alla tomba della madre di lui mentre le confessava di essere il suo ammiratore, nel corridoio della sala Ugetsu, al fast food, chino accanto a lei sui bilanci della Daito.

- Solo se ti penso mi sento inebriata, solo se odo la tua voce mi emoziono -

Lo vide l’aveva abbracciata sotto le stelle o nel tempio della Dea in mezzo alla valle, mentre le asciugava i capelli.

- E quando mi tocchi sono felice più che mai - la voce le tremò leggermente e Yu alzò gli occhi dal copione.

- Mi è dolce il tuo tepore, vorrei vivere abbracciata a te per sempre, mio diletto - sussurrò mentre un sorriso le increspò le labbra e gli occhi si rasserenarono.

- Che bisogno hai di nome e passato? Contano forse più di me? Non pensi a me? Abbandona il tuo nome e il tuo passato e sii solo mio... - Maya respirò e Yu sussultò stupito. Maya, che ti succede?

- Temo che un giorno ti allontanerai da me e finirai per dimenticarmi... - mormorò a voce bassa - Per dimenticarmi... - ripeté, completamente assorta, mentre gli ultimi ricordi che aveva del signor Hayami scivolavano via. Dagli occhi spalancati, cominciarono a uscire lacrime copiose che scivolarono lungo le guance e si depositarono sul copione in grosse gocce.

Kuronuma la fissò adirato, poi si avvicinò arrotolando le pagine e la colpì con forza. Yu si alzò di scatto dalla sedia e Maya gridò per il dolore e lo spavento.

- Vai a lavarti la faccia, Kitajima! - la redarguì - Questo non è il momento di piangere, non trovi? -

- S-Sì - balbettò lei, imbarazzata, il cuore ferito e bruciante di rabbia e d'amore. Lasciò la sala e fece come le aveva consigliato il regista. Si sciacquò il volto e si guardò allo specchio, incontrando il fantasma di sé stessa.

Che cosa mi è preso? Mentre pronunciavo le battute di Akoya avevo in mente solo il signor Hayami... Perché? Ancora non riesco a convincermi che niente potrà mai cambiare e che lui è solo un affarista senza scrupoli?

Si schiaffeggiò con forza, si asciugò e si guardò di nuovo allo specchio.

Devo reagire! Io sono Akoya! Akoya, la Dea Scarlatta!

Tornò in sala e trovò i colleghi che stavano provando la scena dei due spiriti Karasutengu che guardano la Terra. Passarono alla scena del risveglio e lei partecipò con rinnovato vigore sebbene fosse chiaro a tutti come non brillasse affatto.

Poi fu la volta di Yu di interpretare Isshin e Maya rimase sconvolta nel vedere quanto fosse cresciuto come attore sebbene i suoi movimenti ancora non fossero quelli giusti. Dibatté con il brigante che cercava di derubare lo scultore, la veemenza con cui difese gli scalpelli era quella giusta, ma l'atteggiamento appariva forzato e moderno, molto cittadino.

Giunse la scena che vedeva la prima entrata di Akoya e lo sbocciare dell'amore fra lei e Isshin. Maya si concentrò, sapeva quanto fosse importante, cercò di immaginarsi la valle dei susini come la ricordava: gli alberi fioriti, il ruscello, le rocce, le montagne. Lo studio sparì e intorno a lei si formò la valle.

L'amore di Akoya! Amor mio!

In mezzo ai susini comparve la figura perfetta e distinta del signor Hayami che le sorrideva. I suoi occhi si fecero vacui, la sua espressione vuota e immobile, come se fissasse un punto lontano.

- Kitajimaaaaaaaaa! - gridò Kuronuma spaventandola - Cos'è quella faccia intontita? Non hai voglia di lavorare? -

- Scusi signor Kuronuma, mi faccia riprovare! - lo implorò con un inchino, piena di vergogna.

Di nuovo!? Devo esprimere il mio amore per Isshin, allora perché... perché penso al signor Hayami?

- Avanti! - gridò il regista - Valle dei susini, Akoya che raccoglie erbe medicinali e Isshin che la osserva! -

Io sono Akoya! Qui c'è il mio amato Isshin! Cercò di convincersi e si concentrò. Le battute iniziarono ad uscire fluide e piene di sentimento quando si rese conto che avrebbe potuto sfruttare quel sentimento per dare corpo alle parole.

Akoya e Isshin si alternarono, mentre lei cercava di spiegargli cosa significasse innamorarsi. Kuronuma li osservava rapito e incuriosito, improvvisamente Kitajima sembrava aver cambiato regime.

- Abbandona il tuo nome e il tuo passato e sii solo mio - lo implorò Akoya.

- Un uomo come me? Ne sei sicura Akoya? - le fece notare Isshin, titubante.

Maya si girò guardandolo finalmente negli occhi.

- Tu sei l'altra parte di me, io sono l'altra parte di te - gli confessò arrossendo.

- Io sono te e tu sei me - confermò Isshin avvicinandosi a lei. Yu sollevò una mano e le accarezzò il volto lasciandola di stucco. Sakurakoji...

- Cara Akoya, hai ragione, siamo le due parti di una stessa anima, in corpi differenti. Insieme siamo una vita e un'anima sola - disse con trasporto lo scultore, gli occhi che brillavano intensamente e tenevano incatenati quelli di lei.

- Ormai non possiamo più allontanarci! - disse con sentimento - Ora che ci siamo incontrati, non possiamo vivere separati. Il mio nome e il mio passato non sono importanti quanto te. Resterò anche se non so chi sono - le promise tenendole il volto con entrambe le mani e fissandola intensamente.

Poi l'abbracciò, tenendola stretta a sé, lasciandosi travolgere completamente dalla sua interpretazione.

- Questi occhi per guardarti, queste mani per accarezzarti, questo corpo per amarti. Non ho bisogno d'altro - e affondò il volto fra i suoi capelli. Maya…

Ma lei iniziò a tremare, non sopportava quelle braccia intorno al corpo, estranee e fredde, le sembrarono una prigione eterna. Gridò e lo scostò rudemente. Si inginocchiò a terra, sconvolta, ansimante e piena di rimorso. Perché l'ho allontanato? Perché!?

- Vattene, Kitajima! - urlò Kuronuma, stufo dei suoi capricci - Chi non vuole recitare è di intralcio alle prove! Apri bene le orecchie, non so cosa sia successo, ma devi dimenticare te stessa! Sei in punizione: domani non venire alle prove! E ora fuori di qui, subito! - urlò senza ritegno.

Yu la fissò senza comprendere perché avesse avuto una reazione del genere mentre lei si diresse al suo camerino. Non era Akoya quella che ha respinto il suo amato Isshin... ma il mio corpo ha reagito in modo istintivo... Io... io non posso interpretare Akoya!

Sakurakoji si voltò e intercettò il regista.

- Signore! Signor Kuronuma? - lo chiamò e l'uomo si girò.

- Che c'è, Sakurakoji? - lo interrogò fermandosi nel corridoio.

- Io... mi scuso per prima, non ho recitato bene - si sentiva in parte responsabile per il comportamento di Maya, sapeva di non aver recitato correttamente.

- Non hai bisogno di scusarti, è lei che ha sbagliato - lo informò seccamente - Proprio prima di uno spettacolo importante doveva capitare che ti scambiasse per il suo innamorato! -

- Eh? - Yu lo guardò senza capire.

- Come? Vuoi dire che non te ne sei accorto, Sakurakoji? Certo che anche tu sei un bell'insensibile... - borbottò - Maya confonde il suo ruolo con la realtà - ma Yu lo guardò ancora con espressione interrogativa così Kuronuma sospirò e gli disse ciò che pensava.

- Sveglia! Parlo del suo amore non corrisposto! Anche se non so di chi si tratti, la cosa è molto seria. C'è lui nei suoi pensieri mentre parla d'amore a Isshin, per questo si è comportata così! -

Maya? Amore non corrisposto??? E per chi?



La mattina seguente, Rei aveva preparato la colazione e durante le notte si era resa conto che Maya non aveva chiuso occhio. Ora era appoggiata alla parete, fissava il pavimento e non aveva aperto bocca. Vi prego, dei, fate che non sia per il suo ammiratore…

- Vieni a mangiare, Maya - la invitò sperando in una reazione.

- Grazie, ma non ho appetito - le rispose in un mormorio debole.

- Devi mangiare, hai le prove oggi, no? - e versò il tè nella sua tazza.

- Io no, niente prove - confessò abbassando la testa ancora di più - Sono in punizione, non ho recitato bene e Kuronuma mi tiene a casa... -

Com'è cambiata… è così triste... perché? Non l'ho mai vista così per un insuccesso nelle prove…

Un clacson suonò dall'esterno, riscuotendole. Rei si affacciò alla finestra e vide Sakurakoji in piedi accanto alla sua moto.

- Ehi, Maya, vieni a vedere! - la chiamò Rei allegramente sperando che Yu potesse distrarla. Lei si sporse e gridò meravigliata il suo nome.

- Sakurakoji! Che ci fai qui a quest'ora? -

- Sono venuto a prenderti - rispose lui tranquillo con un sorriso.

- A prendermi? Oggi sono in punizione... - replicò lei, dubbiosa.

- Lo so! - le disse - Scendi!- lei lo fissò stupita, poi annuì, salutò Rei con un sorriso e scese.

Yu la stava ancora aspettando, le infilò il casco e un giubbotto da motociclista ignorando le sue proteste - E' mio, ti starà grande -

Maya si rassegnò stupita e inconsapevole di ciò che stava accadendo.

- Ciao Rei, ti porto via Maya per un po'! - gridò da sotto il casco all’amica che li guardava dalla finestra - Tieniti stretta, Maya! - aggiunse accendendo la moto.

- Ah! Va bene, Yu, ciao! - urlò Rei contenta mentre partivano. Spero tanto che riesca ad aiutarla…

- Dove andiamo Sakurakoji? E le tue prove di oggi? - gridò Maya per riuscire a farsi sentire dal casco in mezzo al traffico cittadino.

- Sciopero - borbottò Yu e lei lo sentì a stento.

- Sciopero? -

- Senza la mia partner non posso provare, no? Mi ha già sgridato - la rassicurò lui con fare sicuro, come se non avesse alcuna importanza.

- Eh? -

- Poco fa gli ho chiesto di mettere in punizione anche me - le raccontò sfrecciando accanto ad un camion.

- Ho... ho paura a chiedertelo... lui cos'ha detto? - balbettò lei, dispiaciuta che si fosse preso una sgridata per colpa sua.

- Ha ringhiato “fuori anche tu”! - ridacchiò Sakurakoji da dentro il casco.

- Lo immaginavo... - rispose abbattuta Maya appoggiando la testa alla sua schiena.

- Tieniti forte! Si vola! - gridò Yu all'improvviso, accelerando e spaventandola.



Quando Maya si rese conto del posto in cui l'aveva portata, scese lentamente dalla moto, si tolse il casco e spalancò gli occhi di fronte ad un gigantesco ottovolante che torreggiava su uno dei più bei parchi di divertimenti fuori Tokyo.

- Yu! -

- Bello vero? Ci vengo di tanto in tanto - commentò lui assicurando la moto e seguendola verso l'ingresso.

Non persero tempo e trascorsero tutta la mattina sulle attrazioni, ridendo e svagandosi come ragazzini, scacciando dalla mente le tensioni dei giorni precedenti e, Yu sperava, anche quelle più remote. Maya era troppo tesa, in quel modo non avrebbe mai recitato Akoya. Non sapeva se il regista avesse ragione o meno circa il suo amore non corrisposto, ma a prescindere da quale fosse il problema, così non poteva continuare.

Il parco era pieno di persone, bambini che gridavano felici e imploravano i genitori di portarli su una giostra o di comprare un dolce.

- Hai fame? - propose Yu, ad un tratto, uscendo da quell'attrazione a forma di barca dei pirati che ondeggiava paurosamente. Maya stava ancora tremando e lui ridacchiò prendendola in giro.

- Sì, ho fame, signor senza paura! - e gli fece la linguaccia. Solo in quel momento si rese conto di che ore fossero, che non aveva pensato neanche per un secondo alla “Dea Scarlatta” e neanche a... Scosse la testa e si rifiutò di cascarci di nuovo.

Si fermarono ad un chiosco e Yu comprò un po' di tutto, dato che erano affamati entrambi. Maya si avventò sul cibo famelica senza accorgersi che lui la guardava divertito, comodamente rilassato sulla sedia.

- Scusa... non ho fatto colazione - si giustificò lei e lui scoppiò a ridere.

- Mangia pure! - la incitò prendendo uno spiedino di gamberi arrosto.

Maya inghiottì la seppia e lo guardò arrossendo. A dir la verità non ho neanche cenato ieri sera... ho veramente una gran fame... E addentò una patatina.

Poi prese l'hot dog e lo divorò, tutto sotto gli occhi divertiti di Sakurakoji che sorrideva e mangiava.

- Tutto sommato, sei la stessa Maya di sempre - le fece notare indicandola con uno spiedo.

- Che cosa vuoi dire Sakurakoji! - gridò lei lanciandogli addosso la carta appallottolata del panino e centrandolo in piena testa. Lui scoppiò a ridere di gusto e sollevò la mani in segno di resa.

- E’ così che devi essere... è questo lo spirito giusto - le disse poi, facendosi serio. Maya si riprese e lo fissò interdetta.

Si è preoccupato per me... per questo mi ha portato qui... Sakurakoji...

- Adesso dove vuoi andare? - le chiese buttando le ultime carte nel cestino.

- Là! - e indicò con gioia la giostra dei cavalli. Perdonami Yu per averti fatto stare in pensiero...

Un gruppetto di amici si avvicinò alla giostra per salire una volta che si fosse fermata e osservò le persone sui cavalli.

- Ehi, guarda, quei due non sono Yu Sakurakoji e Maya Kitajima? Erano ieri sera al telegiornale... - disse uno di loro indicandoli.

- Delle celebrità? - esclamò un'altra - Aspetta che gli faccio una foto! - tirò fuori il cellulare e in un attimo l'immagine era in rete, sul profilo del suo social network preferito.

Maya e Yu scesero dalla giostra e camminarono verso un'altra, prendendo prima una bibita.

- Guarda! La ruota panoramica! - gridò Maya e si misero in fila per fare il biglietto. Anche lì qualcuno li riconobbe sebbene loro non si fossero accorti di niente. Una coppia di fidanzati li additò scattando alcune foto con il cellulare e altre persone intorno a loro iniziarono a sussurrare i nomi dei due attori ipotizzando che stessero insieme.

Salirono sulla capsula bianca con gli interni rossi che aveva i vetri a forma di cuore e portava due persone alla volta. La ruota girò e salì in alto mentre un silenzio imbarazzante scese fra i due.

- E' meraviglioso - mormorò Sakurakoji osservando il parco enorme che si estendeva sotto di loro - Non ero mai stato qui sopra - ammise voltandosi a guardarla con espressione rapita. Maya arrossì lievemente e gli sorrise.

Quindi oggi ci è venuto per la prima volta con me?

- Guarda, Maya - Yu attirò la sua attenzione indicando fuori davanti a sé. Lei si girò e rimase a bocca aperta: il monte Fuji si stagliava immenso e orgoglioso di fronte a loro, pinnacolo di congiunzione fra cielo e terra. La sua cima, perennemente imbiancata, era avvolta da nubi lievi che sembravano zucchero filato.

- Wow! - esclamò Maya appiccicandosi al vetro - Il monte Fuji! Le nubi! Guarda! Sembrano zucchero filato! - e rise di gusto. La ruota salì ancora e l'inclinazione dei raggi solari mostrò un meraviglioso arcobaleno.

Maya, al culmine dell'emozione, lo afferrò per il giubbotto e lo scosse con decisione.

- Sakurakoji! L'arcobaleno! Com'è bello! - gridò e la cabina dondolò paurosamente, scricchiolando e gemendo.

- Come siamo fortunati a vedere un simile spettacolo! - sorrise in modo adorabile - E' fantastico! Fantastico! - ripeté entusiasta battendo le mani. Yu la guardò, appassionata ed emozionata e il suo cuore accelerò i battiti. Non si stava illudendo, era cosciente di come stessero le cose, ma era genuinamente felice per lei.

- Finalmente ti è tornato il sorriso di sempre, Maya - le disse con la voce piena d'affetto - Sono contento - non la guardò, non voleva metterla a disagio, ma volle comunque comunicarle ciò che provava davvero in quel momento.

Sakurakoji... ti sei preoccupato così tanto per me?

Un singulto le bloccò il respiro nei polmoni mentre il senso di colpa, la tensione e la stanchezza di quei giorni la fecero scoppiare a piangere. Si portò le mani al volto, nascondendo la sua debolezza e insicurezza, mentre le lacrime e i singhiozzi si mescolavano.

- Maya... - Yu si girò preoccupato verso di lei - Cosa c'è, Maya? -

- S-Scusami - balbettò lei in mezzo al pianto - Scusami Sakurakoji! Perdonami se ti ho fatto stare in pensiero... ti do solo delle preoccupazioni... solo preoccupazioni, solo noie... - si appoggiò alla sua spalla, sfogando tutta quell'angoscia che teneva dentro - Ieri mi sono comportata così male durante le prove! Io... io fatico a capirmi... i miei sentimenti... non so cosa fare con me stessa! - avrebbe voluto dirgli tutta la verità, svuotare tutto il suo cuore, raccontargli di quell'amore sconfinato e doloroso che provava per il signor Hayami, che non solo non sarebbe mai stato corrisposto, ma dal quale doveva guardarsi attentamente.

- Maya... - mormorò lui gentilmente, dispiaciuto per quel suo stato così dimesso e affranto. La strinse a sé dolcemente, sussurrandole ciò che sentiva nel cuore.

- Dimenticatene! - le suggerì - Non so cosa sia successo, ma dimenticatene! Piangi finché ne avrai voglia se questo ti farà tornare quella di sempre... Io farò tutto ciò che posso! - in quella frase appena mormorata racchiuse tutto l'amore che provava per lei, l'angoscia per non poterla sollevare da quel dolore che, chiaramente, la stava devastando e offrì sé stesso per sanare quella ferita, se non come compagno, almeno come amico.

Maya accettò quella muta e sincera offerta, si raggomitolò fra le sue braccia come fossero un'ancora di salvezza e il suo cuore si quietò, la sua anima smise di gridare piena di sofferenza e la sua mente si rilassò.

- Il cielo azzurro solcato dalle nubi - riprese Yu dopo qualche minuto di silenzio - Ai nostri piedi il parco di divertimenti che sembra un paese di fiaba, in lontananza un piccolo lago luccicante. E' straordinario, non credi? Basta cambiare il punto di vista per vedere le cose in modo completamente diverso, nonostante niente cambi davvero... -

Entrambi guardavano il paesaggio esterno, consapevoli di quanto la vicinanza dell'altro lenisse dolori e pene, godendo di quell'abbraccio pieno di calore e affetto.

- Guardandoli così da lontano, si capisce quanto siano piccoli i posti dove eravamo fino ad un attimo fa. Il mondo è così vasto... - aggiunse Yu dopo una breve riflessione. Fino a qualche settimana prima non le avrebbe mai detto una cosa del genere, invece ora, dopo l'esperienza con il maestro Kaikei, riusciva a vedere le cose con occhi diversi.

- Già - ammise Maya concordando con lui.

- Penso che qualche volta ci faccia bene considerare che anche noi non siamo così importanti! -

- E' vero - annuì Maya asciugandosi le lacrime.

Non ci sono solo io al mondo... sono circondata da molte altre persone che hanno fiducia in me e si aspettano molto... Non ci sono solo i miei sentimenti, ma anche quelli degli altri, sentimenti buoni o cattivi... Ayumi attende la nostra sfida... Yu e il signor Kuronuma e tutti gli altri attori attendono la mia Akoya... e... è assurdo... ma anche il signor Hayami mi attende... nonostante sia una cosa crudele, attende la mia Dea Scarlatta, di vedere Maya Kitajima sul palcoscenico!

La ruota terminò il suo giro e una volta di nuovo in mezzo alla gente, Sakurakoji le propose di raggiungere il lago Kawaguchi, ai piedi del monte Fuji, che avevano visto dalla ruota. Così, pieni di entusiasmo ripartirono e arrivati a destinazione si fermarono in un caffè per prendere un gelato. C'erano anche dei gadget turistici e Maya si fermò ad osservarli rapita, concentrando la sua attenzione su un ciondolo a forma di delfino.

- Che carino! - esclamò entusiasta.

- Perché non lo provi? Sono certo che ti stia bene! - propose Yu e quando la vide titubante, prese il ciondolo, le andò alle spalle e glielo mise celando l’imbarazzo. La prese per le spalle e la portò davanti allo specchio.

Il delfino azzurro di vetro che teneva una piccola perla fra il muso e la coda, faceva bella mostra di sé al collo di Maya.

- Lo sapevo! Ti sta benissimo! - le disse felice arrossendo lievemente - Te la regalo! - decise infine e non si fece distrarre dalle sue lamentele appariscenti.

- Sa? - gli disse il commesso alla cassa - Questo ciondolo può andare in coppia con un altro, le faccio un buon prezzo! - propose l'uomo avendo compreso lo stato d'animo del ragazzo davanti a lui.

- Non siamo una coppia! Non puoi comprarmene due, Yu! - replicò Maya ad alta voce senza sapere come fermarlo.

Sakurakoji accettò il secondo ciondolo e pagò anche i gelati. Ignorò le sue rimostranze, si avvicinò allo specchio e indossò il secondo ciondolo.

- Ci stanno benissimo! - le disse prendendola per le spalle e mettendola davanti allo specchio insieme a lui.

Sakurakoji...

Maya osservò i due ciondoli, arrossì lievemente sapendo bene che significato avessero per lui e un'altra ombra scura calò sul suo cuore.

Sono una persona cattiva?

Uscirono dal caffè e, mentre stavano per risalire sulla moto, una voce femminile chiamò Yu. Il giovane si voltò e sorrise meravigliato alla donna in bicicletta a bordo strada.

Sakurakoji fece le presentazioni e Maya conobbe Yoko, sua cugina. Aveva una casa vicino al lago e li invitò a cena. Il posto in cui li portò era tranquillo, in mezzo al bosco su un lato del lago, si sentivano gli uccellini cantare e lo stormire del vento sembrava una ninna nanna.

Yoko gli fece visitare tutta la casa e chiese a Yu di sistemare il tavolo per la cena che si trovava sul patio esterno. Nonostante fosse settembre, sul lago il tempo era più mite e si poteva ancora mangiare fuori.

Si divertirono a dare da mangiare agli uccellini che, curiosi, si avvicinavano all'uomo, fonte di cibo perenne. Yoko uscì con un vassoio con caffè e biscotti, li vide sereni e felici e gli chiese di mettersi in posa per una foto. I due giovani acconsentirono e la cugina inviò la foto sul cellulare di Sakurakoji dopo averla scattata.

- Ecco qui! “La splendida coppia sul lago” - e ridacchiò di gusto.

- Ma noi non siamo una coppia! - replicò Yu notando l'imbarazzo di Maya.

- Su! Servitevi o il caffè si raffredda! - li invitò lei indicando le sedie e sorvolando sulla replica.

- E bravo Yu! - proseguì Yoko per niente convinta della risposta del cugino - Prometto di non dirlo a tua madre - e rise ancora ignorando il loro imbarazzo.

- Yoko! - ribatté lui indignato.

Il pomeriggio trascorse fra chiacchiere e risate dove Yoko raccontò del suo lavoro di illustratrice e autrice di libri e loro del dramma che stavano per mettere in scena. Gli disse inoltre che il marito la raggiungeva nei fine settimana quando lei decideva di trascorrere un po' di tempo in quella casa sul lago dove trovava grande ispirazione per i suoi lavori. Scattarono altre foto e la cugina le inviò tutte al cellulare di Yu.

Arrivò il momento della cena ed entrambi i ragazzi aiutarono la donna a prepararla. Yu e Maya si divertirono moltissimo insieme in cucina, Yoko li osservò a lungo, pensierosa e con un sorriso appena accennato.

- Sembrate proprio una coppia sposata! - li apostrofò all'improvviso facendoli arrossire completamente - Siete così carini! -

- Ma cosa dici, Yoko! - esclamò Yu facendo cadere una padella con un gran fragore.

- Yu sarà un buon marito - e lo disse rivolgendosi a Maya. La giovane abbassò lo sguardo e sorrise. Lui nel frattempo, le guance arrossate per la vergogna, stava cercando di riparare al danno che aveva fatto.

- Ehm... veramente io... - balbettò all'inizio, poi si riprese - Sì... ne sono certa! - rispose convinta sotto l'occhiata incredula di Sakurakoji.

Maya... capirti per me resterà sempre un mistero... Non riesco mai a comprendere cosa pensi realmente...

La cena venne messa in tavola e Yoko, strabiliata, fece i complimenti al cugino.

- Yu, da quando sei diventato così bravo a cucinare? - e inforcò degli ottimi spaghetti.

Effettivamente è davvero tutto ottimo... Maya lo fissò incuriosita.

- Di recente sono andato a vivere da solo e qualche volta mi preparo da mangiare - spiegò lui con tono sereno, come se fosse una cosa da niente.

- Vivi solo? E da quando? - gli chiese invece la cugina, stupita. Anche Maya lo guardò di nuovo, non sapeva che vivesse da solo.

- Da quando mi hanno scelto per interpretare Isshin nella “Dea Scarlatta”... - puntualizzò Yu fissando gli spaghetti davanti a sé.

- Capisco! Fai sul serio - annuì compiaciuta e orgogliosa, Yoko - Fate del vostro meglio! - li incoraggiò poi - Sono certa che voi due insieme sarete veramente affiatati sul palcoscenico e darete vita a una meravigliosa “Dea Scarlatta”! -

- Grazie, Yoko - annuì Sakurakoji riconoscente.

- Allora facciamo un brindisi alla “Dea Scarlatta”! - propose l'allegra cugina riempiendo di nuovo i bicchieri. Bevvero talmente tanto che, alla fine, Maya si appoggiò stremata e ubriaca alla spalla di Yu senza neanche accorgersene.

- Non mi sembra il caso che ti rimetta in strada ora, Yu - valutò Yoko fissando la giovane con un sorriso dolce.

- Sì... - ammise in un sussurro Sakurakoji, guardandola con occhi innamorati.

Yoko lo osservò, anche loro due avevano le guance arrossate per il vino, ma era sicura che quell'imbarazzo derivasse da ben altro. Non ci voleva una laurea in psicologia per capire cosa celasse l'atteggiamento pieno di premure e attenzioni che il cugino aveva per quella giovane attrice.

Sistemarono Maya sul divano, Yoko andò a letto e Yu rimase a fissarla a lungo, in ginocchio davanti al divano. Avrebbe voluto dirle molte cose, approfondire ciò che le aveva detto tempo prima in quel parco, ma si rendeva conto che lei non era dell'animo adatto.

Maya... vorrei tanto poterti trasmettere ciò che provo... se non potrò farlo nella realtà, te lo dimostrerò sul palcoscenico!

Il suo volto era appena rischiarato dalla debole luce della luna che veniva da fuori. Sentiva il cuore battergli in petto come un martello, le sue ciglia lunghe poggiavano dolcemente sulle guance pallide e le labbra erano leggermente socchiuse e perfette.

Si appoggiò con le mani ai cuscini del divano e si sollevò su di lei continuando a fissarla.


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Capitolo 30
*** Pegno d'amore ***


Ultima revisione: dicembre 2015

 

30. Pegno d'amore


Era ben cosciente che era come approfittarsi di lei, ma non riuscì in alcun modo a fermare quell’emozione dirompente che gli lacerava l’anima. Si abbassò senza toccarla e la baciò.

Fu completamente diverso dall’altro bacio, lei aveva reagito, in quel momento invece il batticuore era stato solamente suo. Si alzò col respiro corto e il cuore che batteva all’impazzata, soffermandosi ancora un attimo sul volto di lei, rilassato nel sonno, poi raggiunse il patio esterno per evitare di commettere un errore, preso dalle emozioni che lo divoravano.

Fuori la notte era fresca, ma la felpa riusciva a tenerlo al caldo. C'erano pochi rumori di animali notturni, spirava un lieve vento e l'odore del lago permeava tutto. Tirò fuori il cellulare e chiamò Rei per avvisarla. L'amica si mostrò inizialmente stupita, poi alla sua spiegazione si rasserenò. Chiuse la chiamata e scorse col pollice la cartella delle immagini. Guardò a lungo le foto che gli aveva mandato la cugina, scattate quel pomeriggio.

Maya si svegliò, confusa e con la testa che le girava leggermente. Si rese conto di essere su un divano in una casa sconosciuta, poi ricordò tutto.

Che stupida... e ridacchiò fra sé.

Spostò lo sguardo e vide Yu, di spalle, sul patio esterno appoggiato coi gomiti alla balaustra, l’unica fonte di luce veniva dalla luna, nitida in cielo. I suoi occhi si addolcirono immediatamente pensando a tutto ciò che aveva fatto per lei. Si alzò e lo raggiunse in silenzio.

- Sakurakoji - lo chiamò a voce bassa.

Lui nascose il cellulare oscurando lo schermo e si voltò di scatto.

- Ciao, ti sei svegliata - la salutò mentre lei si avvicinava.

- Scusami... mi sono addormentata... ho bevuto troppo... io non sono abituata... ora sto bene - si scusò, vergognandosi. Appoggiò le mani alla balaustra e gli si affiancò.

- Mi fa piacere - annuì sorridendole con il cuore che aveva accelerato all’improvviso.

- E tu? - gli chiese lei, preoccupata.

- Non sono riuscito ad addormentarmi sul divano, così sono uscito - le spiegò evitando di guardarla - A proposito - riprese - Ho chiamato Rei, avvisandola -

- Ah! Cos'ha detto? - si informò subito Maya sentendosi in colpa per non averci neanche pensato.

- Dapprima credeva che fossimo solo io e te, poi le ho spiegato di Yoko e ha capito tutto... - sorrise Yu - Devi stare tranquilla, non credo che equivochi la situazione - aggiunse vedendo la sua espressione e correndo ai ripari.

- Yu, volevo ringraziarti per oggi, mi sono divertita moltissimo - gli confessò sentendo dal profondo che era la pura verità - Devo a te l'aver ritrovato l'umore giusto! -

- Sono io che ti ringrazio, anch'io sono stato molto bene. Era da tempo che non salivo sulle montagne russe e avevo sempre desiderato andare al luna park con te, Maya - rispose lui distogliendo lo sguardo alla fine - Un tempo... - aggiunse, come fosse doveroso per lui chiarire quel punto.

Maya lo fissò qualche istante e comprese che avrebbe dovuto rendergli quel ciondolo, per lui rappresentava qualcosa, ma per lei non era così. Lo sganciò e glielo porse.

- Tieni, te lo rendo - gli disse celando il suo imbarazzo dietro un sorriso. Yu guardò prima il ciondolo e poi lei.

- Non sarebbe corretto che li indossassimo - aggiunse la giovane - Non oso pensare alla reazione del signor Kuronuma... - mormorò come avesse addirittura paura a nominarlo. Yu inclinò la testa sorridendo, ma il suo cuore si incrinò irrimediabilmente.

- Allora facciamo così - propose - Me lo tolgo io, quello è un tuo regalo e vorrei lo tenessi. Ma il mio posso tenerlo solo per oggi? Non vorrei si sentisse solo... - e mostrò il delfino al collo, sorridendole - Domani lo toglierò, va bene? - dovette fare un grande sforzo per mantenere quel sangue freddo, quando invece avrebbe voluto dirle tutto ciò che teneva dentro.

- Va bene - acconsentì lei annuendo.

- Sono contento! - si avvicinò, le prese il ciondolo dalla mano e, colmando la distanza che li separava, passò le mani intorno al suo collo per riallacciarlo.

- Portalo quanto vuoi... - le sussurrò appena, ma fu costretto a smettere di parlare tale fu l'intensità dell'emozione che lo travolse. Sentiva il profumo dei suoi capelli e alcuni, inevitabilmente, gli sfiorarono le mani.

Anche Maya non rimase indifferente a quel gesto che, si rese conto, andava ben oltre il semplice affetto e lo avvertì anche nel tono caldo della sua voce che vibrò intensamente. Il cuore le batté forte e rimase immobile finché lui non finì.

Sakurakoji…

- Grazie - mormorò Maya alzando lo sguardo e incontrando i suoi occhi luminosi. Per un attimo il tempo si fermò e anche i loro respiri. Quel legame durò a lungo, nessuno dei due riusciva a staccarsi.

Poi Yu sollevò una mano e le accarezzò una guancia, la sua espressione rapita e sognante. Maya sussultò al tocco, un brivido le scese lungo la schiena e la pervase completamente.

- Domani torneremo alle prove - sussurrò lievemente - Io diventerò Isshin sul palcoscenico. Lui non crede che l'amore finisca con la morte, ma continui a vivere anche dopo. Le anime... - si interruppe, come riflettendo - Le anime legate diventano una... anime gemelle, l'altro sé stesso... Se uno avesse la fortuna di incontrare un’altra persona così non potrebbe certamente amare più nessun altro... - le disse tenendo gli occhi nei suoi e faticando per frenare il desiderio di baciarla di nuovo.

- Io vorrei amare in quel modo - le confessò - Vorrei amare te sul palcoscenico! -

Sakurakoji... cos'è quest'intensità che hai nella voce? Il calore che sento nella tua mano che tocca la mia guancia? Eppure... così diverso da uno stesso tocco che ho ricevuto…

- Perciò - proseguì con la stessa emozione - Vorrei che anche tu diventassi Akoya così da incontrarci sul palcoscenico. Saremo anime gemelle che si ritrovano. Tu... - serrò i denti per un istante - Tu sarai la mia anima gemella. Dovrai considerarmi la tua metà, non credi, Maya? -

Lei spalancò gli occhi a quella semplice e ovvia rivelazione, il cuore che accelerò i battiti quando si rese conto di ciò che avrebbe implicato e a cui sarebbe dovuta giungere da sola.

Che cosa ho fatto...? Lui si impegna... io ho pensato solo a me stessa e ai miei problemi... ho riversato sugli altri i miei sentimenti fregandomene di loro e dello spettacolo! Che cosa ho fatto? Sì! Sarò Akoya e troverò sul palcoscenico Isshin, la mia anima gemella!

- Sì, Sakurakoji - gli rispose risoluta prendendogli la mano che aveva ancora sulla sua guancia e stupendolo.

- Mi scuso ancora per il mio comportamento... - aggiunse - Io sono l'anima gemella di Isshin e, come Akoya, sono convinta che il nostro incontro sia stato voluto dal destino. Sul palcoscenico diventerò lei e sarò all'altezza del tuo Isshin! - gli promise - Sono stata la peggiore delle partner... d'ora in avanti non ti farò più preoccupare, lo prometto! -

Una partner... sta parlando solo di lavoro... per un attimo ho sperato parlasse di sé stessa... di ciò che sentiva…

Yu sorrise mestamente poi le allungò una mano.

- Allora, Akoya, ci rivediamo sul palcoscenico - le disse nascondendo nel profondo del suo cuore la consapevolezza che lei non l'avrebbe mai ricambiato davvero. Maya gli strinse la mano sorridendo.

- Ci vediamo sul palcoscenico, Isshin! - e ridacchiò.

- Ma come siamo messi... - borbottò Yu passandosi una mano nei capelli, sconsolato.

Scoppiarono a ridere insieme, ponendo fine indissolubilmente a quel momento magico che era intercorso e in cui i loro cuori avevano vibrato all'unisono.

Mi sbagliavo! Cercavo la mia anima gemella da qualche parte nel mio cuore... e invece devo trovarla sul palcoscenico... il mio Isshin!



Ripartirono in mattinata e per l'ora di pranzo Yu fermò la moto nel retro dei Kid Studio, permettendo a Maya di entrare da quella porta poco usata mentre lui sarebbe passato dall’entrata principale. La giovane si tolse il casco e corse verso la porta di metallo che sapeva desse sul corridoio interno che raggiungeva anche le sale.

- Maya! - la chiamò lui ancora in sella alla moto. Lei si girò, fermandosi e Yu si tolse il ciondolo facendoglielo vedere, poi lo mise in tasca.

- Vai! - le disse - Ci vediamo dentro -

- Sì! - annuì lei con vigore. Grazie, Sakurakoji...

L'accoglienza di Kuronuma non fu delle migliori. Li redarguì aspramente, urlando che si erano divertiti mentre gli altri lavoravano, che doveva essere una punizione e che Yu aveva fatto di testa sua.

- Per riparare a questo comportamento scorretto, resterete tutta la settimana oltre l'orario a pulire le sale! - urlò, facendoli rabbrividire.

- Ci scusi - si prostrarono entrambi - Conti su di noi! -

- E ora al lavoro! - gridò minacciandoli con il copione - E non fatemi vedere una recitazione da schifo durante le prove! -

I due giovani sparirono nel corridoio e lui rimase a fissarli pensieroso.

- Sembra si siano ripresi, signore - commentò l'aiuto regista, dietro di lui, che aveva assistito a tutta la discussione.

- Li hai guardati negli occhi? - lo apostrofò voltandosi verso di lui - Saranno anche pronti per la “Dea Scarlatta”... ma adesso ci sarà un altro problema con quei due... - il regista era ben consapevole che quella scappatella non sarebbe passata inosservata, sia da parte della stampa che dei colleghi. Erano stati in un parco di divertimenti pieno di gente e qualcuno li aveva riconosciuti sicuramente. Avevano passato la notte fuori, insieme. Poco importava che fossero stati a casa della cugina di lui, la gente avrebbe visto solo ciò che avrebbe voluto.

Le prove che seguirono immediatamente dopo e che riguardarono la scena dell'innamoramento fallita due giorni prima, videro i due giovani recitare con tutt'altro sentimento, la postura, le voci, il tono, gli sguardi, tutto era più naturale, tanto che perfino Kuronuma si congratulò con loro.

- Finalmente siete tornati al punto di partenza - valutò seriamente il regista - I vostri Akoya e Isshin cominciano da qui -

- Sì! - risposero entusiasti entrambi, ancora emozionati per le battute appena recitate.

- Sarà la vostra recitazione il ponte che porterà il pubblico nell'arcana valle dei susini! - li redarguì, rivolgendosi a tutti. Maya sussultò.

Le stesse parole della signora Tsukikage quando ha bruciato il ponte!

- Se non sarete convincenti, non porterete mai il pubblico in quella valle! Lo lascerete sulla riva opposta... - fece una pausa, riorganizzando i pensieri per trasmettere al meglio ciò che aveva in mente.

- Mi rendo conto di quanto i vostri ruoli siano difficili... Spiriti, demoni, draghi, generali del passato, deità... - continuò sempre più infervorato - E' difficile far credere agli altri qualcosa in cui non crediamo neanche noi... Per questo esiste l'immaginazione! -

E passò lo sguardo fra tutti gli attori che, atterriti e preoccupati, seguivano il suo ragionamento.

- Se li create, almeno voi potete crederci! E sul palcoscenico diverranno reali! -

Immaginazione e realtà! Signor Kuronuma! La stessa cosa che diceva la signora Tsukikage!

- Date la precedenza all'immaginazione! Quello che volete interpretare dovete prima immaginarvelo! Nella testa, nel cuore, dovete rivedere la sua immagine infinite volte! - spiegò con grande fervore - Quando l'avrete fatto, il passo successivo sarà usare l'immaginazione per renderlo reale! E questo si fa a una sola condizione! -

Tutti gli attori mormorarono stupiti la stessa domanda che Maya disse a voce alta.

- A una sola condizione? -

Il regista, in silenzio, prese un secchio che era vicino al muro con a fianco uno spazzolone per i pavimenti. Era pieno d'acqua che lui rovesciò sul pavimento della sala con un gesto plateale fra le grida dei presenti.

- Kitajima! - la chiamò facendola sussultare - Cammina come farebbe la Dea Scarlatta! - le ordinò impassibile, incrociando le braccia al petto.

Maya passò lo sguardo da lui all'acqua sul pavimento. Annuì, si concentrò, immaginò la valle, i susini, il vento, i sentimenti della Dea legati agli elementi e agli uomini, poi camminò.

Il risultato fu uno scalpiccio di piedi nell'acqua che risultò sgradevole e poco divino.

- Hai camminato come un essere umano, Kitajima - le fece notare l'ovvietà a cui era giunta anche da sola - Anche il pubblico se ne sarebbe accorto. E’ questa la condizione! - e si girò guardando tutti - ESPRESSIVITA’! - scandì ogni sillaba lentamente in modo che entrasse bene in testa a tutti.

- Fatevi l'immagine del vostro personaggio! Quello che immaginate, esprimetelo sul palcoscenico! E’ l'espressività che convince il pubblico! - rimarcò, in modo che il concetto fosse abbastanza chiaro.

Non serve solo conoscere la Dea! Ma come camminava? Come si muoveva? Come parlava? Come si esprime la Dea Scarlatta che governa gli spiriti della natura?

- E ora, quaranta minuti di pausa! - gridò il regista, sperando che la ramanzina fosse servita a tutti.

Gli attori tirarono un sospiro di sollievo e Yu lanciò a Maya una lattina che lei prese al volo.

- Bella presa! A dopo, Maya! - le gridò allegro mentre usciva di corsa dalla sala prove. Le altre ragazze si radunarono intorno a lei, riempiendola di domande su quanto fosse in confidenza con Sakurakoji e se davvero avessero passato la notte insieme.

- Stamattina siete arrivati insieme! - gongolò una di loro.

- Ma che dite? - cercò di difendersi lei, arrossendo.

- E quello? - aggiunse un'altra battendo le mani insieme - E' un suo regalo? - disse indicando il ciondolo al collo.

- No, ma cosa te lo fa pensare?! - chiese Maya, insicura, afferrandolo e arrossendo.

- Non ce l'avevi prima! - le fece notare la stessa ragazza, maliziosa - Non puoi negare l'evidenza! -

- Vi sbagliate, Sakurakoji ed io siamo solo colleghi! - replicò con più determinazione Maya, finché qualcosa che sentì alle sue spalle le gelò il sangue nelle vene e le fece battere il cuore all'impazzata.

- C'è un agente della Daito Art all'entrata... - mormorò qualcuno dietro di lei.

- Scusate... - sussurrò voltandosi di scatto e correndo verso l'ingresso, spinta da una forza sconosciuta.

- Ehi, Maya, dove vai?! - la chiamarono le ragazze stupite, ma lei era già distante, la mente concentrata sul volto del signor Hayami.

Percorse tutto il corridoio, svoltò verso i camerini, svoltò ancora e, ansimante, sbucò nella hall degli studio. Si fermò di colpo. Parcheggiata fuori c'era una della auto scure della Daito Art Production. Si guardò febbrilmente intorno, mentre una parte della sua mente le diceva di smetterla di comportarsi in quel modo assurdo e l'altra parte cercava lui incessantemente.

Vide un uomo dai capelli chiari, di spalle, entrare nell'ufficio della segreteria e corse in quella direzione. La porta si chiuse e lei si fermò di scatto, interdetta. Si guardò intorno e vide una delle signorine che di solito si trovavano nella reception all'ingresso. Si avvicinò e le chiese chi fosse entrato.

- E' un agente della Daito Art Production, è venuto per Minako! - le sussurrò con fare cospiratore.

- Ho capito, grazie - Maya abbassò le spalle delusa, finché tutta l'emozione scemò, il cuore rallentò e riuscì a pensare più lucidamente.

Devo essere impazzita... perché lo cerco ancora quando ho sentito bene ciò che ha detto suo padre? Mi devo concentrare sulla Dea Scarlatta e su Akoya! Adesso so cosa significano le sue attenzioni e reagirò di conseguenza!

Nonostante la determinazione con cui rifletté sul futuro, le lacrime scesero involontariamente dagli occhi spalancati, si sentiva spaccata in due, mente e cuore, raziocinio e sentimento. Da una parte c'era Maya Kitajima, la ragazzina, che amava un uomo di undici anni più vecchio e dall'altra c'era Maya Kitajima, l'attrice braccata da quell'uomo, come suo padre aveva fatto con la signora Tsukikage trenta anni prima.

Come sono finita in questa situazione?!



Il cliente anonimo, in completo nero, leggeva il giornale comodamente seduto. Davanti a lui c’era una tazza di caffè fumante. Sembrava attento nella lettura, in realtà ascoltava il gruppo di ragazzi sui divanetti alle sue spalle. Tutti erano preoccupati per il cambiamento di Maya, soprattutto Rei Aoki, la sua migliore amica con cui condivideva l'appartamento, si diceva in apprensione: Maya non mangiava, era sempre triste, piangeva. L'altra amica, Saiaka, gli pareva di ricordare, suppose fosse la tensione per la Dea Scarlatta, poi ci ripensò e disse che forse era dovuto al fatto che aveva passato la notte insieme a Sakurakoji.

- Magari è successo qualcosa con lui - disse sommessamente.

- In passato quei due andavano molto d'accordo... - ammise uno dei ragazzi della Unicorno - Interpretano due innamorati, potrebbero essere innamorati davvero... -

- Tu cosa dici, Rei? - chiese Saiaka rivolgendosi all'amica. Rei rifletté per qualche secondo e Hijiri aggrottò la fronte in attesa della risposta.

Maya e Sakurakoji... no... non credo... Yu sicuramente è innamorato di lei, alla stazione quando è partita mi era molto chiaro... ma lei... no... Maya pensa al suo ammiratore... non potrò mai dimenticare l'espressione con cui ha salutato il signor Hayami alla stazione...

- Non lo so... - rispose diplomaticamente alla fine ammettendo quindi il suo dubbio su una relazione del genere.

- A proposito... - continuò Saiaka - Di recente ha ricevuto rose scarlatte? -

- Ora che ci penso, non credo - soppesò Rei - Prima le riceveva spesso... - ammise abbassando lo sguardo e Hijiri strinse forte il giornale.

- Allora forse è giù per questo motivo! - esclamò Saiaka certa di aver trovato il bandolo della matassa. Rei continuò a fissare la torta nel piattino smerlato e non fece caso all'uomo in nero che si allontanò dal tavolino che occupava.

Ha pianto troppo quella notte... la sera del ritorno dalla valle... deve essere accaduto qualcosa di grave e purtroppo credo proprio sia coinvolto il suo ammiratore...



Hijiri lasciò il caffè dove aveva seguito le amiche di Maya, il suo ultimo obiettivo prima di incontrarsi con il suo capo. Aveva raccolto tutte le informazioni che servivano su una compagnia teatrale ormai sull'orlo della bancarotta. Masumi Hayami l'avrebbe rilevata, avrebbe assunto tutti gli attori talentuosi, licenziato gli altri e smantellato la compagnia. Un rivale in meno sul mercato e un investimento per lui in termini di risorse umane e capitali che avrebbe ricavato dallo smembramento.

Prese l'ascensore per il piano più alto di un palazzo nella zona di Ginza, i cui primi quattro piani ospitavano un enorme centro commerciale. Poi c'erano solo uffici. Rapidamente raggiunse la cima e si ritrovò in una hall tutta a vetri da cui si vedeva la città. La torre di Tokyo, rossa e bianca, protagonista indiscussa delle foto dei turisti, si stagliava a destra. Un uomo solitario, di spalle, la stava guardando.

Hijiri sorrise mestamente e si avvicinò. Da quando era tornato dalla valle, era diverso, qualcosa doveva essere accaduto. E, dalle sue indagini, anche Maya Kitajima era cambiata. Sensibilmente. Ultimamente il suo lavoro era più ingrato del solito. Prima l'aveva vista baciarsi con Sakurakoji ed era stato costretto a riferirlo anche a lui, adesso come avrebbe fatto a dirgli ciò che aveva scoperto? Decise di lasciar parlare le fotografie e di non dare alcuna interpretazione dei fatti se non gliel’avesse chiesto direttamente.

- Mi stava aspettando? - si annunciò Hijiri parlando all'uomo di schiena.

- No, sono appena arrivato - Masumi Hayami si voltò e lo tranquillizzò.

Hijiri tolse dalla valigetta che aveva con sé una busta gialla sigillata.

- Queste sono tutte le informazioni della compagnia Nakano - Masumi prese l'incartamento e lo mise sotto braccio annuendo.

- Ho qualche informazione parziale sulla famiglia Takamiya - riportò con tono neutro e quando Masumi gli fece cenno di andare avanti, lui lo fece - Shiori Takamiya ha ventotto anni, sembra che la sua salute sia cagionevole e soffra di svenimenti frequenti che le impediscono di fare sport o sforzi particolari. Ha sempre vissuto con i nonni paterni: i corsi universitari e scolastici si sono tenuti tutti in casa con l'ausilio dei tutor - e gli porse una foto.

Masumi la prese e aggrottò la fronte.

- E' bellissima - mormorò con tono piatto.

- Indubbiamente - ammise Hijiri - Sebbene non sia ancora riuscito a capire che tipo di donna sia - ammise sollevando un sopracciglio - Suo nonno ha recentemente disinvestito una ingente somma di denaro, ma non ne conosco ancora il motivo - gli riferì infine.

- Scoprilo - gli ordinò perentorio Masumi rendendogli la fotografia.

Hijiri annuì, consapevole che ora sarebbe arrivata la parte difficile. Erano anni ormai che si domandava come un uomo del genere avesse potuto trascinare una situazione così assurda per tanto tempo.

Estrasse un'altra busta gialla, la aprì e tolse delle fotografie.

- Queste, invece, sono le ultime notizie su Maya Kitajima - gli riferì con tono neutro esattamente uguale alla precedente conversazione. Come aveva promesso a quella ragazza tempo prima, non l’aveva più incontrata, esclusa la parentesi della valle dei susini.

Masumi prese le fotografie e le osservò all'apparenza con fare distaccato finché non ne vide una in particolare, su cui si soffermò.

- Con il suo partner, Sakurakoji, è andata al parco divertimenti del monte Fuji dove in molti li hanno visti con i propri occhi e li hanno fotografati - riferì, indicando le immagini che lui teneva in mano - Queste sono alcune delle foto che hanno inviato alle riviste e che sono riuscito ad ottenere. Inoltre, fra lo staff circolano diverse voci sul rapporto tra i due. Dicono che quando sono andati al parco erano in punizione. Sembra che abbiano dormito a casa della cugina di lui sul lago Kawaguchi e che la mattina successiva si siano recati insieme alle prove - concluse Hijiri espirando lentamente tutta l'aria.

Masumi rimase in silenzio, con gli occhi sempre su quell'ultima fotografia.

- Questa? - chiese, mostrando l'immagine di Maya in cui era evidente il ciondolo a forma di delfino. La conosceva da abbastanza tempo da sapere che non era certo un accessorio che usava solitamente.

- Oh... il ciondolo - mormorò Hijiri e Masumi spostò lo sguardo su di lui avvertendo l'inflessione della sua voce - Le è stato regalato da Sakurakoji quel pomeriggio e da allora lo porta sempre. Anche questo ha dato adito a molti pettegolezzi -

Masumi rimase in silenzio fissando la fotografia. Hijiri non avrebbe potuto sapere cosa passasse per la testa del suo principale, ma avrebbe potuto scommettere che non erano pensieri tranquilli.

- Cosa devo fare? - gli chiese. Voleva agire, lui stesso sentiva la necessità di mettere fine a quelle voci, ma lo stupì quando lo guardò: la sua espressione era vuota e fredda.

- Lascia stare! - disse solo, chiudendo le foto nella busta gialla e mettendola sotto braccio come l'altra - Le foto al parco e il resto non provocheranno uno scandalo e ci sono poche probabilità che ne escano degli articoli. E anche se così fosse, sarebbe una buona pubblicità per la “Dea Scarlatta” - ribadì freddamente.

Signor Masumi...

- Devo andare, ho una riunione fra poco - si congedò avvicinandosi agli ascensori.

- Arrivederci, signor Masumi - e fece un lieve inchino.

Non è mai stato così remissivo... perché adesso accetta questa situazione? Perfino io... perfino io mi rendo conto che è necessario agire... cosa sarà accaduto nella valle dei susini? Qualcosa sembra averla segnata profondamente... avrei voluto dirle delle rose... dovrebbe inviargliene, sa?

Scese a sua volta a piano terra e si diresse ai Kid Studio, dove avrebbe tenuto d'occhio Maya Kitajima.



Sakurakoji uscì dallo studio fotografico dove gli avevano scattato delle foto a scopo pubblicitario. Il giovane attore si era meravigliato di quella richiesta, ma gli avevano detto che le immagini sarebbero state allegate all'intervista che aveva fatto qualche giorno prima e che sarebbe uscita su una rivista specializzata per il teatro.

Mentre scendeva le scale che l'avrebbero portato nella spaziosa hall, controllò il cellulare che aveva tenuto spento, ma inciampò e gli cadde di mano, rotolando lontano.

Masumi Hayami, che stava uscendo da un ascensore ed era stato a una riunione presso una controllata della Daito, raccolse l'oggetto che continuava a girare su sé stesso. Lo schermo era ancora illuminato e vide la foto di sfondo, raggelando.

Maya e il giovane attore ridevano felici, uno accanto all'altra e indossavano una coppia di ciondoli infantili a forma di delfino.

Sakurakoji lo raggiunse a passo veloce e i due si guardarono per un attimo, poi il signor Hayami gli porse il cellulare.

- Grazie, signor Hayami - e piegò la testa lievemente.

- Caffè? - propose il Presidente che controllava la Ondine e Yu accettò di buon grado.

Si spostarono in un bar a piano terra di quel grande palazzo e si sedettero ad un tavolino. I collaboratori di Masumi Hayami, che lo avevano seguito, presero posto in un tavolino attiguo, borbottando fra loro, ma il loro capo sembrò ignorarli.

- Mi scusi... mi vergogno un po' che abbia visto questa foto... - ammise Sakurakoji spegnendo il cellulare.

- Non è il caso - lo rassicurò l'uomo, impassibile, bevendo il caffè.

- Ma è una fortuna che sia stato lei a raccoglierlo da terra - replicò il giovane arrossendo lievemente.

- Sembrate molto felici - gli fece notare Masumi - State insieme? - chiese, facendola passare come una domanda qualsiasi nonostante la morsa che gli serrava lo stomaco.

- No, che dice? - Yu sussultò e negò con la testa - Ma mi accorgo che, vedendo questa foto, chiunque potrebbe equivocare - spiegò il giovane - Le prove non andavano bene così, per distrarci, siamo andati insieme fino alle pendici del monte Fuji. Ma attualmente, siamo solo compagni di lavoro, non una coppia, nonostante quei ciondoli che può aver visto nella fotografia - ammise Sakurakoji.

- E a te, sta bene? - indagò Masumi cercando di mantenere un'espressione neutra e disinteressata.

- Non posso farci niente! - rise Yu - Lei mi ha restituito il suo ciondolo e, anche se alla fine lo ha tenuto, non ha accettato me! - rise ancora, imbarazzato - Ho preferito togliere il mio... ma va bene, perché ormai sono abituato a essere rifiutato da Maya... lei ora... è la mia innamorata nella finzione scenica e nient'altro - gli confessò il giovane abbassando lo sguardo sulla tazzina.

- Capisco - annuì Masumi con lo stesso identico tono neutro.

- L'amore della “Dea Scarlatta”... le anime gemelle... l'altra parte di te che condivide la tua vita... chissà se nella realtà esiste davvero. Incontrarla sarebbe un vero miracolo! -

- Già, lo penso anche io - condivise Masumi socchiudendo gli occhi e bevendo un po' di caffè bollente.

- Oggi come oggi, credo che sia impossibile... Ma sul palcoscenico io incontrerò la donna del mio destino, l'altra parte di me... la mia anima gemella, che condividerà la mia vita... Akoya - disse Yu con lo sguardo assente, perso nell'immaginazione di quei momenti - E Maya, sul palcoscenico, sarà la mia anima gemella, signor Hayami -

Lui raggelò a quel pensiero e sollevò lo sguardo a fissarlo.

- Ma soltanto lì, una volta scesi dal palco, saremo colleghi e basta - ammise ridacchiando nervosamente - Però... se potrò incontrare una donna simile sul palcoscenico, sarò contento di immedesimarmi in Isshin - gli confidò sentendosi, in qualche strano modo, collegato a quell'uomo austero e silenzioso.

- Ti invidio - gli disse Masumi Hayami stupendolo - Le anime gemelle... probabilmente si possono incontrare solo sul palcoscenico. Nella realtà sono solo un sogno. Anche se si incontrano, non possono realizzare la loro unione... -

Signor Hayami... che visione fatalista... chissà da dove gli viene un simile pensiero... avrà anche lui una donna che non riesce a conquistare? No, mi pare impossibile, un uomo del genere... può avere qualsiasi cosa desideri...

Poi quell'uomo enigmatico sollevò il volto e sorrise.

- Sono ansioso di vedervi sulla scena, spero mi farete vivere in un bel sogno -

- Ah, certo! - rispose Yu, imbarazzato - Ma... è difficile recitare un amore simile! Non ho ancora capito... cosa può provare una persona incontrando la sua anima gemella... - Yu lanciò quella domanda inespressa, più parlando a sé stesso.

- Mi scusi, signor Hayami, dobbiamo andare - lo avvisò uno dei collaboratori alzandosi dal tavolino a fianco. Yu si alzò arrossendo.

- Mi scusi, non volevo trattenerla, Presidente - si scusò formalmente, abbandonando il discorso.

- Figurati, mi ha fatto piacere parlare con te - lo rassicurò incamminandosi, poi si voltò - L'anima gemella? Se uno avesse l'enorme dono di incontrarla, credo che comincerebbe a capire quanto è stato solo fino ad allora - gli rispose pacatamente - E se l'unione non dovesse realizzarsi... io credo che... - lasciò la frase incompleta e, dopo una pausa lunga, si voltò e uscì dal locale.

Sakurakoji rimase di stucco per quella risposta enigmatica. Accorgersi di quanto si è stati soli? Cosa significa? Io non capisco... se fossi Isshin sarei pazzo di felicità! E se l'unione non potesse realizzarsi... chissà cosa stava per dire... vorrei tanto saperlo... Cosa prova un'anima che non può ricongiungersi alla sua metà?



Nei giorni seguenti, Maya e Yu si trattennero ogni sera a pulire le sale dopo le prove come ordinato da Kuronuma. Erano stanchi, ma facevano tutto ciò che era necessario per non incorrere nelle ire del regista che usava anche troppo spesso il copione come una clava punitiva.

Ogni sera Sakurakoji l'accompagnava a casa con la moto e Rei l'attendeva con ansia, ma da quando erano tornati da quel parco di divertimenti, Maya sembrava davvero più serena.

Anche quella sera, Rei, dalla finestra, la vide scendere e salutare allegramente Yu mentre lui rimase a guardarla finché non entrò in casa. E' uno sguardo innamorato... Maya...

- Rei! - esclamò la giovane - Sono a casa! - annunciò dal piccolo corridoio all'entrata.

Rei chiuse la finestra e le andò incontro. La cena era pronta, mangiarono e Maya le raccontò la sua giornata, con entusiasmo come faceva ogni sera. Andarono a letto che era quasi mezzanotte, perché la mattina dovevano svegliarsi presto entrambe.

Maya si distese sul futon e non riuscì a prendere sonno. Prima di tornare a casa, Yu le aveva dato un biglietto per un musical la sera seguente e l'aveva invitata a cena. Non le aveva dato modo di rifiutare, ma adesso si ritrovava con l'annoso problema di decidere come vestirsi. Spostò lo sguardo sulla sua borsa, appoggiata sulla sedia della piccola scrivania, che conteneva il biglietto. Non vedeva l'ora di essere una spettatrice fra il pubblico per allentare la tensione delle prove che comunque procedevano bene.

Si girò verso Rei che dormiva beatamente e la scosse leggermente.

- Rei... - bisbigliò - Rei! - la chiamò più decisa e l'amica si rotolò sotto la coperta fino a guardarla negli occhi.

- Maya... è notte fonda, che succede? - borbottò con la voce impastata dal sonno.

- Avrei bisogno di un consiglio - ammise imbarazzata.

- Un consiglio? - e Rei si fece subito attenta. E ora che succede?

- Yu... domani sera... cioè... stasera - balbettò e si corresse visto che erano le quattro di notte - Devo andare ad un musical e poi a cena - spiegò tutto d'un fiato.

Rei spalancò la bocca, stupita da come si stavano evolvendo le cose.

- Un appuntamento!? - e soffocò l'emozione.

- No! - replicò Maya - Cioè... sì... non lo so... aiutami! - la implorò, abbassando lo sguardo.

- Devi vestirti elegante! Hai capito? - l'aggredì l'amica disperata. Maya sembrava incapace di comprendere cosa significasse essere un po' femminile.

- Vedrai che domani sera sarai perfetta! - le promise - Non posso uscire prima dal lavoro, quindi guardiamo il tuo armadio! Ora! - si alzò di scatto lasciandola basita e si diresse al piccolo armadio.

Iniziò a tirare fuori cose borbottando, finché, esasperata, si voltò verso di lei.

- Maya... prima o poi dovrai sistemare il tuo guardaroba! - le disse con occhi sottili e lei arrossì, vergognandosi.

Buttò sulla scrivania alcune cose e provò ad abbinarle, sbuffando e lamentandosi. Accoppiò delle scarpe e una borsa alla sua scelta e si mise le mani sui fianchi.

- Ecco qui, così va bene - annuì soddisfatta osservando il suo operato. Maya la raggiunse e guardò l'abito che era composto da una morbida gonna corta nera che aveva comprato due anni prima, una camicetta di seta bianca e una giacchetta nera, corta ed elegante, che aveva i taschini rifiniti con una linea brillante blu elettrica. Le scarpe e la borsa erano azzurre ed erano un regalo del suo ammiratore.

Rei la vide farsi seria di colpo e la osservò incuriosita.

Maya aprì la piccola scatolina dove teneva i pochi accessori che aveva e che non erano di valore, prese il ciondolo con il delfino azzurro e lo appoggiò alla camicetta. Si abbinava perfettamente.

- Non trovi che sia il suo completamento? - le chiese in un sussurro.

Rei la guardò intensamente. Indossare quel ciondolo in quell'occasione avrebbe dato un messaggio abbastanza chiaro a Sakurakoji.

- Maya... sei sicura di quello che fai? - le venne spontaneo pensare al suo ammiratore. Da quando aveva trovato la scatola con tutti i ritagli di giornale di Masumi Hayami e aveva scoperto che era lui il suo ammiratore, si era convinta che Maya ne fosse innamorata, soprattutto dopo quel saluto alla stazione di Tokyo e quando era tornata, afflitta e piangente, dalla valle dei susini, aveva dedotto che fosse accaduto qualcosa. E non le era certo sfuggita l'occhiata che si erano scambiati il giorno in cui Maya aveva recitato il risveglio della Dea...

La ragazza si girò verso di lei e la fissò. Rei rimase sconvolta dal dolore che vide in quelle iridi scure, che contrastava nettamente con il tono della sua voce.

- Perché me lo domandi? - le chiese - Yu è un bravo ragazzo... e lui... lui tiene a me più di chiunque altro - appoggiò il ciondolo alla camicetta che si adagiò sulla seta delicata.

- Maya ma... io credevo che tu... tu tenessi al tuo ammiratore! - non riuscì a fare a meno di dirglielo. Sapeva che non erano affari suoi e che avrebbe dovuto starsene zitta, ma non ci riuscì. Maya voltò la testa così lentamente che sembrarono passare momenti interminabili.

- Questo non ha niente a che vedere con me e Yu - rispose serafica con tono neutro, ma i suoi occhi tradirono la tensione che nascondeva.

Maya... ma cosa è accaduto... io non capisco... questa tua voce... stai recitando... davanti a me? Perché non ti confidi, Maya, potrei aiutarti...

Tornò a fissare il ciondolo.

- Ci sono delle persone che sono concentrate su sé stesse e riescono a vivere solo in quel modo - mormorò facendola raggelare per quelle parole così piene di dolore - Io non posso permettermi di pensare a me stessa, sono un'attrice, io indosso mille maschere e ora devo essere Akoya - concluse tornando a dormire.

- Grazie, Rei - aggiunse quando si distese.

- Di niente, Maya - rispose, sospirando.

L'amica la fissò, spense la luce e si coricò accanto a lei, i pensieri confusi che si rincorrevano. Avrebbe tanto voluto sapere cosa stava accadendo e le venne in mente un nome, una donna che era stata vicina a Maya ed era sempre vicina a Masumi Hayami. Lei doveva sapere qualcosa.

Mizuki Saeko...


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Capitolo 31
*** La rosa rifiutata ***


Ultima revisione: dicembre 2015

 

31. La rosa rifiutata



Si erano dati appuntamento direttamente dentro la hall del grande teatro dove si sarebbe svolto il musical. Maya attendeva nervosa vicino alla caffetteria che durante gli intervalli veniva presa d’assalto. Le persone intorno a lei erano eleganti, ma non come le ricordava alla premiazione di “Lande dimenticate”.

Sono così nervosa… non capisco perché… conosco Sakurakoji da così tanto tempo… un bel respiro Maya… passa una serata tranquilla e divertiti…

Cercò di convincersi finché vide Yu che saliva le scale. Stentò a riconoscerlo e dovette celare un moto di meraviglia.

- Ciao, Maya! - la chiamò lui agitando una mano e accelerando il passo fino a raggiungerla.

- Wow! Stentavo a riconoscerti! Stai molto bene in giacca e cravatta, sembri più grande - commentò lei genuinamente, facendolo arrossire.

- Mi hai un po’ rivalutato? - le domandò arditamente.

- Sì - lo stupì lei spontanea - Stai benissimo! - e gli sorrise.

Yu rimase a bocca aperta, così meravigliato da non riuscire a parlare.

- Che cosa c’è? - gli domandò lei, incuriosita dal suo atteggiamento.

- Niente… - balbettò imbarazzato - Solo che… sentirtelo dire… - ridacchiò nervoso - Anche tu stai bene, carino quel vestito! -

- Davvero? - Maya arrossì - Grazie! -

In quell’istante, Yu si accorse del ciondolo che lei portava e il suo cuore si aprì come un fiore in primavera. Lo indossa… non riesco a credere che sia possibile… perché dovrebbe fare una cosa del genere quando mi ha detto chiaramente che…

Ma la chiamata per lo spettacolo interruppe i suoi pensieri.

- Andiamo! - e la accompagnò mettendole gentilmente una mano sulla schiena - Sai, nel musical recitano alcuni miei senpai! -

- Davvero? Allora sono curiosa di vederli! - rispose entusiasta Maya.

Una maschera gli indicò i loro posti e assistettero allo spettacolo che entusiasmò Maya tanto da rapirla completamente. Afferrò il bordo della poltrona di fronte e per tutta la rappresentazione rimase con lo sguardo spalancato e fisso al palcoscenico, il respiro rapido e il cuore che batteva all’impazzata.

Quando il musical terminò, entrambi applaudirono con vigore.

- Bravissimi i tuoi senpai, Sakurakoji! - esultò felice Maya, gli occhi che brillavano e lui gioì nel vederla ridere così spassionatamente, l’ombra nei suoi occhi di qualche giorno prima sembrava scomparsa.

- Dai! - la incitò lui - Andiamo a mangiare! -

Uscirono nella notte e, quando lei fece per incamminarsi verso la fermata della metropolitana, lui la prese dolcemente per un gomito.

- Questa sera, signorina Kitajima, sarà mia ospite - le sussurrò affabile - Completamente - aggiunse, aprendole la portiera del taxi che aveva chiamato e invitandola ad entrare con un gesto della mano.

Maya lo fissò stralunata, guardò il taxi, poi lui che sorrideva appena. Annuì imbambolata e salì. Il viaggio fu breve ed entrambi, forse complice l’imbarazzo, rimasero in silenzio finché Maya si rese conto dove l’avrebbe portata. Attraversarono il Rainbow Bridge nel quartiere Minato e lei si attaccò al finestrino con entrambe le mani.

- Sakurakoji… - sussurrò stupita seguendo con lo sguardo la figura slanciata del ponte.

Il taxi si fermò davanti all’entrata sobria e squisita di un ristorante di cucina mediterranea. Il maître li fece accomodare al tavolo che avevano riservato per Sakurakoji e Maya non riuscì a non guardarsi intorno stupita, facendo la felicità del suo accompagnatore che la osservava sorridendo. Ogni cosa traspare da te, Maya… sei solare e spontanea, non voglio vedere quell’ombra che oscura la tua anima così luminosa!

Il ristorante era meraviglioso, pieno di coppie eleganti. I tavoli, con ceramiche e argenteria, avevano piccole candele che creavano un’atmosfera soffusa e intima. L’edificio era in stile occidentale, c’erano lampadari enormi e una scalinata che saliva ad una sala al piano superiore, ma loro si sedettero ad un tavolo sul patio esterno, che guardava la baia di Tokyo. Attraversando la sala, qualcuno bisbigliò i loro nomi, ma nessuno dei due era disposto a farsi rovinare quella serata, quindi li ignorarono.

Maya non era riuscita a spiccicare parola, tanto si sentiva in soggezione e le fu impossibile non ricordare una cena simile di molto tempo prima, in un altro elegante ristorante. Questi ricordi non mi aiuteranno… e non è corretto nei confronti di Sakurakoji, che adesso è qui con me…

- Wow! Che meraviglia! - esclamò sinceramente stupita, fissando il panorama della baia illuminata e scacciando la sensazione dolorosa che l’aveva avvolta.

- Ti piace? - le chiese Yu sedendosi dopo averla fatta accomodare.

- Sì! - rispose lei entusiasta, il volto raggiante.

Iniziarono con un brindisi, dove per la prima volta assaggiò un vino frizzante e fresco che veniva dall’Europa. Ridacchiò contenta e lui la imitò, ma era squisito e sapeva leggermente di frutta. Yu la guardò intensamente, posando il bicchiere sul tavolo.

- Che c’è? - gli chiese Maya, indagando su quella strana espressione.

- E’ che in qualche modo non riesco a credere di essere qui con te, Maya - le rivelò candidamente - Grazie per aver accettato - aggiunse - Ero convinto che avresti rifiutato il mio invito - le confessò con un certo imbarazzo. Maya esitò sulla risposta, ma lui la trasse d’impaccio.

- Per fortuna non l’hai fatto - le sorrise felice e lei sussultò sotto quello sguardo dolce e comprensivo.

Il cameriere arrivò con le prime portate così la conversazione divenne più frivola, mettendoli a loro agio e scacciando quello spettro che sembrava sempre aleggiargli intorno. E’ così piacevole… sembra contenta e… anche io lo sono… quanto vorrei chiederle perché ha indossato il mio ciondolo…

Dall’altra parte del ristorante, nella sala interna, un gruppo di uomini d’affari salì la scalinata accompagnato dal maître. Masumi Hayami discorreva amabilmente con uno dei manager della Nakano, la compagnia teatrale che presto avrebbe rilevato e smantellato, quando vide Maya e Sakurakoji seduti ad uno dei tavoli esterni. Ad una prima occhiata sfuggente ne seguì una più approfondita. I due giovani parlavano e ridevano, mentre consumavano la loro cena. L’usuale morsa di gelosia che gli freddò il sangue nelle vene venne accompagnata questa volta da una nota irritata. Alcune persone, sedute ad altri tavoli, parlottavano fra loro e li additavano, sicuramente li avevano riconosciuti. Distolse lo sguardo e continuò a parlare.

Yu e Maya proseguirono la cena in un clima disteso e tranquillo.

- Tutto sommato credo di non avere il talento dello scultore! - ridacchiò lui dopo averle raccontato alcuni aneddoti occorsi durante la sua permanenza presso la casa del maestro Kaikei - Di sicuro non quello di scolpire una statua per invocare la pace! - e Maya scoppiò a a ridere.

Sakurakoji è così gentile… lo è sempre stato fin dall’inizio… è come un balsamo sulle ferite… mi basta stare con lui per sentirmi meglio…

- Ma se, caso mai, un giorno, dovessi scolpire una bella statua, te la regalerò, Maya! - gli propose lui, con un sorriso lieve.

- Grazie, la aspetto - annuì lei ricambiando il sorriso - Se sei tu a scolpirla a me va bene una statua qualsiasi. La conserverò come una cosa preziosa - gli disse, stupendolo.

- Sono contenta - proseguì la giovane - Che sia tu a interpretare Isshin! Altrimenti ora non sarei certo qui a ridere in questo modo. Sarei molto depressa perché non riesco a provare… Ti ringrazio, Sakurakoji - tirò fuori la frase tutta insieme, arrossendo deliziosamente.

Maya… dici le cose in modo così spontaneo che non riesco a capire quale senso stai dando alle parole…

- Ti ricordi, in passato, quando ti dicevo quanto sarebbe stato bello, un giorno, interpretare la “Dea Scarlatta” insieme a te? - disse dopo qualche attimo, tornando a fissarla e riprendendo il discorso dei ruoli del dramma. Lei annuì sorridendo.

- Io… dicevo sul serio! Sono stato felicissimo quando mi hanno scelto per il ruolo di Isshin. E’ stato come vedere realizzato un sogno. Poter recitare nella “Dea Scarlatta” insieme a te è… - lasciò la frase in sospeso e Maya sussultò per l’emozione.

- Maya, noi adesso, come allora… - cercò di riprendere il filo, ma non riuscì a terminare la frase perché il suo cellulare vibrò. Quando vide il chiamante, aggrottò la fronte e venne percorso da un moto di irritazione. Sarà accaduto qualcosa?

- Scusami un momento, Maya, devo rispondere - le disse apparentemente tranquillo, ma lei avvertì la nota di disagio nella sua voce - Torno subito - e raggiunse una parte riparata del ristorante dove non avrebbe infastidito nessuno.

Maya attese paziente, terminò il suo dolce al cioccolato e trascorse i minuti a guardare il profilo di Tokyo illuminata nella notte senza luna. Non mi ero mai resa conto di quanto la voce e le parole di Yu fossero rassicuranti per me… e sono davvero felice che lui possa interpretare Isshin… se mi fossi trovata davanti un attore come Kei Akame io… Come farà Ayumi? Avrà le mie stesse difficoltà? Il fotografo francese… è stato sempre con noi, la seguiva dovunque… chissà se anche lei proverà dell’affetto per lui…

Arrossì e nascose il volto fra le mani. Ma che mi viene in mente…

- La signorina Kitajima? - la voce del cameriere la fece sobbalzare e lui sorrise.

- S-Sì… sono io... - balbettò girandosi di scatto.

- Per lei, signorina - le disse in modo formale porgendole un vassoio d’argento su cui era adagiata un’unica rosa scarlatta accompagnata da un biglietto piegato. Il cuore e il respiro si fermarono mentre un’emozione intensa la devastò.

Una rosa scarlatta… com’è possibile che io provi questo sentimento dopo ciò che ho sentito quella sera? Non gli interessa niente di me…

Fece uno sforzo per non guardarsi intorno, ringraziò il cameriere, prese la rosa e aprì il biglietto: “In attesa della sua Dea Scarlatta, sono lieto di vedere che sta bene. Come sempre di vero cuore. Il suo ammiratore”.

Maya strinse il biglietto e la rosa fra le dita, un brivido freddo, seguito da uno caldo, le pervase la schiena. Si voltò lentamente, spinta da quel sentimento che non si era affatto raffreddato nonostante tutti i suoi ragionamenti e la decisione che aveva preso. E’ qui! Mi sta guardando…

Scrutò febbrilmente ogni tavolo, stringendo a sé rosa e biglietto. Passò in rassegna tutti quelli sul patio esterno, poi entrò a passo rapido nella sala grande, avvertendo distintamente che qualcuno aveva pronunciato il suo nome, ma era troppo agitata per potergli prestare ascolto. C’era tantissima gente, il ristorante era quasi pieno, finché vide un gruppo di uomini d’affari, tutti vestiti di scuro, che si stavano dirigendo verso l’uscita, accompagnati dallo stesso maître che aveva portato loro al tavolo. E lui era lì.

Stava parlando con un signore brizzolato, che non sembrava particolarmente felice, mentre lui sfoggiava il solito sorriso sicuro da Presidente. Strinse i denti, la rosa e lentamente si incamminò fino a fermarsi sotto l’arco della hall d’ingresso. Non so neanche io che sto facendo… ma devo dirgli che, nonostante la gratitudine che provo per lui, non gli cederò mai i diritti della Dea Scarlatta se dovessi vincere contro Ayumi… Probabilmente mi riterrà una stupida ragazzina ingrata… perderò anche il briciolo di attenzione che aveva per me… ma non importa ormai…

Spostò sconsolata lo sguardo sulla rosa semiaperta e quando lo rialzò, lui la stava fissando, immobile, tutti gli altri uomini erano usciti.

Signor Hayami…

- Ragazzina - l’apostrofò nel solito modo facendo un passo avanti - Anche lei qui. C’è qualcosa che non va? -

Maya lo fissò arrossendo, teneva il cappotto nero sulle spalle, pronto ad uscire, eppure sembrava esitare. La guardava negli occhi, come se il resto di lei non avesse alcuna importanza, come se non stringesse la sua rosa fra le dita.

Perché questa rosa… adesso? Pensava veramente che le avrei ceduto quei diritti anche se non avessi sentito ciò che ha detto suo padre?

Quel pensiero la fece riscuotere.

- No, va tutto bene, signor Hayami - gli rispose cercando di mantenere la voce ferma - Io… ecco… mi domandavo se lei… - balbettò abbassando lo sguardo. Sono troppo emozionata… santo cielo… come mi batte il cuore… come può farmi questo effetto ogni volta?

Masumi sentì rientrare il maître, lo guardò e l’uomo attempato sembrò leggergli nel pensiero, capendo al volo la situazione. Si diresse in silenzio alla porta che c’era alla sua destra e l’aprì facendo un cenno con la mano, che Masumi replicò all’indirizzo di Maya, invitandola a entrare.

- Vuole accomodarsi? - le propose, continuando a domandarsi cosa volesse da lui. A parte la chiamata che mi fece quando la signora non si sentì bene, non ricordo mi abbia mai chiesto di parlare…

Maya deglutì nervosamente, lo oltrepassò senza guardarlo e entrò nella stanza.

- Mi porterebbe uno scotch, per favore? E un analcolico alla signorina - chiese al maître, che fece un lieve inchino e chiuse la porta dopo che lui entrò.

Maya si era fermata poco oltre, non voleva trattenersi più del necessario, la sua presenza la metteva sempre a disagio e doveva costringersi per non fissarlo come una scema. Non obiettò sul fatto che non le avesse neanche chiesto cosa volesse da bere, non voleva farlo irritare prima di ciò che aveva da dirgli.

E’ abituato a gestire ogni cosa e ad avere tutto sotto controllo…

Calò un silenzio imbarazzante e, anche se Maya tenne lo sguardo basso, lo vide togliersi il cappotto e appoggiarlo sullo schienale del divano. La porta si aprì di nuovo ed entrò un cameriere con un vassoio. Masumi prese il suo scotch, realizzando che ne aveva davvero bisogno e porse il flûte a lei mentre il cameriere se ne andava dopo aver fatto un lieve inchino.

Maya allungò la mano e prese il calice, tenendo con l’altra la rosa.

- Ha lasciato solo il suo accompagnatore - le fece notare Masumi dopo aver bevuto un sorso, evitando di fissare il ciondolo al suo collo. Sì… mi serve proprio…

L’analcolico, che sapeva di fragola ed era dolce e speziato, le andò di traverso e fu costretta a tossire oltre che ad arrossire profondamente.

- N-no… - balbettò - Sta rispondendo ad una telefonata - si giustificò lei. Lui mantenne la stessa espressione glaciale e Maya si chiese come facesse ad essere sempre in quel modo.

- Le rifaccio la domanda - continuò lui dopo un breve silenzio, evitando in qualsiasi modo di guardarla - C’è qualcosa che non va? - e si allontanò da lei per non aumentare la tensione più di quella che già aleggiasse nella stanza.

Maya rimase in silenzio, così lui bevve ancora e la fissò, in attesa. Ragazzina… che diavolo c’è che non va?

- Io… ecco… - fece qualche passo e lo raggiunse, dopo aver posato il bicchiere - Volevo ringraziarla per questa - gli sorrise sollevando la rosa e arrossendo lievemente - Le sue parole mi sono sempre di grande sprone e io non la deluderò, glielo prometto, ma non è necessario che lei si esponga -

Masumi scoppiò a ridere più per coprire il disagio inspiegabile che l’aveva colpito all’improvviso, che per le sue parole. Perché una frase del genere?

- Non avrei mai immaginato di sentire da lei parole come questa… “esponga” - e rise ancora mentre lei aggrottò la fronte infastidita.

- Io l’ho ascoltata quando mi ha spiegato come funziona questo mondo, cosa crede? E ho capito… - rimarcò lei senza cedere di un passo nei confronti di quell’uomo presuntuoso e arrogante, quell’aspetto di lui che aveva visto nella valle era completamente scomparso.

- Ah sì? E cosa avrebbe capito? - le chiese con un sorriso sfrontato, sedendosi sul bracciolo del divano. Maya lo osservò a lungo prima di rispondergli, domandosi cosa gli passasse per la testa in quel momento.

- La mia Dea Scarlatta la soddisferà, signor Hayami, è l’unico modo che ho per ringraziarla per quanto ha fatto per me in questi anni - spostò lo sguardo sulla rosa e le sue labbra si aprirono in un sorriso così dolce che lui rimase a fissarla incantato. Maya...

Rose scarlatte… il vostro profumo mi ha sollevato così tante volte che ho perso il conto… avrei tanto desiderato che rappresentassero il desiderio del suo cuore e non un mezzo meschino per arrivare alla Dea Scarlatta… ma non mi dimenticherò mai di voi, perché sono sicura che in fondo il signor Hayami un po’ si sia affezionato a me, almeno come attrice, altrimenti davvero non riuscirei a spiegarmi certi suoi atteggiamenti…

Masumi continuò a guardarla per quei brevi istanti, mentre il suo cuore raggelava tanto repentinamente quanto si era scaldato al suo sorriso.

Che stai facendo, Maya?

- Ecco - disse in un sussurro - Le restituisco quest’ultima rosa - e allungò la mano, scossa da un lieve tremore. Masumi guardò il fiore e poi lei, mentre quella morsa di paura, che per anni l’aveva attanagliato e che era scomparsa la sera in cui le aveva detto di essere l’ammiratore, tornò a colpirlo in mezzo al petto.

Ultima rosa? Significa che non le vuole più…

Prese il fiore fra le dita e lei riabbassò il braccio.

- Capisco - mormorò, incapace di aggiungere altro a causa del nodo che gli serrava la gola.

Dalla sua espressione non riesco neanche a capire se sia irritato o meno, se gli sia importato o meno… gli invidio questo suo sangue freddo… a volte vorrei tanto averlo anche io…

Si sentiva svuotata, una parte di lei morta per sempre.

- Ma… la prego - lo supplicò poi - Venga a vedere la mia Dea Scarlatta! -

Masumi sollevò lo sguardo e incontrò i suoi occhi luminosi. Non sembra aver subito in modo particolare la perdita di questi fiori… ma in fondo cosa mi aspettavo? Pensavo davvero di riuscire a farle cambiare idea su di me?

- Mi scuso per averla trattenuta - aggiunse con un lieve inchino dato che lui era rimasto in silenzio - Torno alla mia cena - e si voltò raggiungendo la porta il più presto possibile.

- Dal suo accompagnatore, vorrà dire - puntualizzò lui con un nota acre nella voce che non riuscì a dominare, alzandosi e rigirando la rosa fra le dita, mentre quell’insensata e immutabile gelosia gli fece quasi perdere la ragione. Se mio padre dovesse sapere che si è così allontanata da me… lui potrebbe...

Maya si bloccò, la mano sulla maniglia della porta. Si voltò verso di lui, con la sguardo duro e la fronte corrugata, il cuore che batteva follemente e lo stomaco chiuso in una morsa di dolore e rassegnazione.

- Sì! - annuì con un cenno deciso - Sakurakoji è un bravo ragazzo e reciteremo insieme! - gli disse, difendendolo e Masumi continuò a fissarla con sguardo freddo, cercando di nascondere la sua angoscia.

- Non mi sembrava una recita, là fuori - replicò ancora più duro, facendo un altro passo avanti e ricordando perfettamente quel giorno alla stazione, quando partirono per Nara, il modo in cui Sakurakoji l’aveva guardata.

Maya inspirò, indecisa se urlargli contro o andarsene sbattendo la porta, ma, come la tradizione dei loro incontri voleva, scelse la prima opzione.

- E anche se fosse? A lei cosa importa!? - ringhiò, trasformando le sillabe iniziali in un grido, con un crescendo prefetto. Perché ogni volta deve essere così odioso! Non gli è importato che gli abbia restituito la rosa… non gli importa di niente che non siano i diritti della Dea Scarlatta!

Masumi non si era aspettato quella replica così sentita e quando la vide voltarsi, indispettita e offesa, pronta a uscire, perse il suo decantato sangue freddo. Lasciò la rosa sul cappotto, fece due rapidi passi avanti e appoggiò con forza le mani sulle ante della porta, richiudendola con un tonfo.

Maya si girò di scatto, spaventata, e si trovò ingabbiata fra le lunghe braccia, i suoi occhi blu che ardevano come bracieri. Signor Hayami… è arrabbiato… perché?

- Ragazzina - sibilò a pochi centimetri da lei - Si ricordi che non sarebbe la prima attrice la cui carriera cessa rapidamente a causa di comportamenti avventati nonostante un innegabile talento! - le avrebbe detto qualsiasi cosa pur di farla desistere dal cadere fra le braccia del giovane attore.

- Perché mi dice queste cose? Sakurakoji non farebbe mai niente per rovinarmi, né per rovinare sé stesso, se è per questo! - gridò lei, irrigidendosi.

- Ed è questo che vuole? Legarsi a lui?! - si rendeva conto che le stava facendo un terzo grado assurdo, ma non riusciva a controllare il terrore che gli era montato dentro, l’idea di perderla veramente, che si innamorasse, o già lo fosse, di un altro. Per un attimo fissò il piccolo delfino azzurro.

- Cosa le importa! - urlò Maya sbattendogli i pugni sul petto in tensione - Almeno lui non vuole i diritti della “Dea Scarlatta” se io dovessi vincere! - non riuscì a fermare le lacrime, frutto della collera che l’aveva colta e della rabbia per non riuscire a dire la verità a quell’uomo, che sapeva tutto del suo piano, delle rose, di suo padre, dei diritti e che comunque in alcun modo riusciva ad odiare anzi, da quell’incontro di anime nella valle dei susini, quel sentimento si era riversato completamente in lei. Volevo che fosse lui! Ero sicura che fosse lui!

Masumi le afferrò i polsi, per fermare i suoi colpi, togliendola dalla gabbia creata dal suo stesso corpo, stupito e incredulo per le sue parole. I diritti della Dea Scarlatta? Ma che c’entrano ora? Perché ha detto una cosa del genere?!

- Mi lasci! - gridò Maya stringendo gli occhi che piangevano - Mi lasci andare! -

Maya… perché lotti sempre così strenuamente contro di me… eppure… nella valle… ogni volta che ci siamo incontrati… io credevo che le cose fossero cambiate… perché adesso sembra tutto cancellato?

- Si calmi! - la scosse un po’ rudemente e lei smise di dibattersi come un gatto arrabbiato. Tornò a guardarla e lei era così furente che non riuscì a collegare quell’atteggiamento alla calma con cui gli aveva reso la rosa.

Maya si appoggiò alla porta di legno e si coprì il volto con le mani, piangendo sommessamente.

- La prego, mi lasci uscire… - singhiozzò - Le sono molto riconoscente per tutto l’aiuto che mi ha dato negli anni, non lo dimenticherò mai, la ripagherò con la mia recitazione! Ma io… - sollevò lo sguardo - Io non potrò mai darle i diritti della “Dea Scarlatta”… Mai! - aprì la porta e fuggì via, in lacrime.

Masumi la seguì con lo sguardo, incredulo, domandandosi cosa avesse provocato quei cambiamenti così repentini. Indossò il cappotto, guardò la rosa rigirandola fra le dita e la infilò nella tasca interna.

Così, alla fine, l’ho perduta davvero e non sono neppure certo di sapere il motivo… Perché questi discorsi sui diritti della Dea Scarlatta? Ora devo solo essere cauto con mio padre… fino alla fine della rappresentazione dovrà credere che niente è cambiato fra lei e il suo ammiratore… Se dovesse scoprire qualcosa…

Finì lo scotch che era rimasto e vide il suo bicchiere con il liquido rosa. Socchiuse gli occhi, infastidito e adirato per l’effetto che lei gli faceva ogni volta, prese il flûte, appoggiò per un attimo le labbra dove le aveva appoggiate lei e lo bevve.

Chiuse la porta dietro di sé e raggiunse la sua auto senza riuscire in alcun modo a scacciare il gelo nel suo cuore.



Maya corse in bagno, si lavò la faccia sotto il getto di acqua gelida che usciva da bellissimi rubinetti elettronici e fissò il suo riflesso allo specchio. Ansimava per la tensione e il dolore che le laceravano il petto, le labbra dischiuse, le lacrime che ancora scendevano. Si lavò di nuovo e si asciugò.

L’ho fatto! Gli ho detto tutto! Ora… ora posso concentrarmi sulla Dea Scarlatta, posso pensare alla recitazione, cercare l’amore di anime sul palco, con Isshin! La realtà non ha niente a che vedere con tutto questo…

Uscì dal bagno più risoluta che mai e tornò al suo tavolo. Sakurakoji era già lì e quando lei si avvicinò sollevò lo sguardo preoccupato.

- Maya! - e si alzò di scatto.

- Ero in bagno, scusami, spero non ti sia preoccupato - gli disse, rendendosi conto di quanto le costasse parlare senza mettersi a piangere. Cos’è questa malinconia? Perché sono così triste? Non potevo davvero aspettarmi che il signor Hayami avesse una reazione diversa! Devo solo smettere di pensare a quel sogno, che appartiene alla valle dei susini e basta! Un’illusione! Solo suggestione…

- Oh, no, no - sorrise lui, tranquillizzandola - Che ne dici se andiamo a fare due passi a Ginza? - propose e Maya si affrettò ad annuire, entusiasta.

Se dovessi tornare a casa ora piangerei tutta la notte, lo so… e Rei… invece arriverò così stanca che crollerò…

Si fecero portare il conto, Sakurakoji pagò e quando Maya provò a proporgli di dividere, lui la congelò con lo sguardo, stroncando le sue rimostranze.

- Grazie… - sussurrò lei un po’ imbarazzata.

- Ti ricordi cosa ti ho detto a teatro? Stasera sei mia ospite! - le ricordò allegramente uscendo e chiamando un taxi. Camminarono fino a notte fonda, si fermarono in un caffè a prendere una cioccolata, parlarono del musical che avevano visto, ovviamente della Dea Scarlatta, della squadra rivale, se la signora sarebbe intervenuta nelle prove dei registi, dei loro dubbi e paure.

Quando fu il momento di tornare a casa, Sakurakoji chiamò un altro taxi che l’avrebbe portata a Yokohama, pagando in anticipo.

Maya lo osservò in silenzio prendere accordi col tassista e si sentì in imbarazzo. Sakurakoji… non hai voluto che pagassi niente, stasera… e se non ci fossi stato tu… io…

- Bene, Maya, spero tu sia stata bene in mia compagnia - la salutò Sakurakoji, con un sorriso dolce.

- Sì, Yu - annuì lei sinceramente, facendo un lieve inchino - Grazie per tutto - aggiunse, sorridendogli.

- Ci vediamo domani alle prove… spero di non crollare! - e scoppiò a ridere, contagiandola. Rimase immobile nella sua posizione e non fece niente per avvicinarsi anche se avrebbe voluto stringerla fra le braccia. Anche Maya rimase immobile e arrossì lievemente.

- A domani - lo salutò ed entrò nel taxi. L’autista partì e in breve fu fuori dalla sua visuale.

Sakurakoji rimase a fissare il punto dove era scomparso il taxi, si mise le mani in tasca e iniziò a camminare lungo il marciapiede.

Sembra tu ti sia davvero divertita e rilassata... allora… perché mi hai mentito, Maya? Perché eri in quella stanza con Masumi Hayami e ne sei uscita piangente? Cosa ti ha fatto?

Serrò i denti e tirò su il bavero del cappotto per fermare la brezza fredda.



Era stato addestrato per anni ad essere invisibile, un’ombra silenziosa e nascosta, servo di un uomo potente, come lo era stato suo padre prima di lui. Ed in quel momento stava mettendo in pratica tutto ciò che aveva imparato. Camuffarsi fra la gente, farsi passare per un uomo delle pulizie, accedere all’interno di un edificio, scassinare un armadietto e scaricare le fotografie di un cellulare erano azioni che compiva quasi ogni giorno, ma oggi le sue abilità sarebbero state dedicate ai problemi personali del suo capo.

Gli spogliatoi maschili erano silenziosi, tutti gli attori del Kid Studio erano sicuramente nelle sale prove. Quel giorno non aveva il compito di sorvegliare Maya Kitajima, e questo gli dispiaceva grandemente, ma di rubare il contenuto di  un cellulare.

Chiuse la porta con attenzione, controllò che non ci fosse davvero nessuno, guardando in tutte le file separate dagli armadietti, poi si diresse rapido a quello che gli interessava. In un attimo scassinò la semplice chiusura con un sorriso compiaciuto, prelevò il cellulare, lo collegò con un cavetto ad un piccolo hard disk e, usando la funzione stessa del telefono, copiò la cartella delle fotografie da un dispositivo all’altro. Erano anni ormai che non si faceva più domande, sapeva di essere un criminale, i metodi che usava per raccogliere le informazioni che servivano al suo capo per comprare e smembrare aziende, o per mettere in difficoltà qualcuno, violavano costantemente tutte le leggi esistenti, dalla privacy, al furto di dati aziendali, alla piccola corruzione per ottenere i modi e tempi utili alle sue azioni.

Sentì la porta dello spogliatoio aprirsi e corrugò la fronte: mancava ancora il dodici per cento del contenuto della cartella. Rimase immobile, senza farsi prendere dal panico. Appena il dispositivo vibrò, sganciò il cavetto, rimise il cellulare dentro con gesti rapidi, ma fu costretto a lasciare aperto l’armadietto, sebbene con l’anta accostata. Fece appena in tempo a nascondersi dietro la fila di armadietti, che qualcuno sbucò dalla parte opposta.

Trattenne il fiato e rimase immobile.



Quella mattina le prove erano andate davvero bene. L’affiatamento con Maya cresceva ad ogni scena, e anche gli altri attori stavano approfondendo la complessità di quel dramma e affinavano le loro interpretazioni. Erano passati quattro giorni da quando aveva trascorso quella serata con Maya e lei sembrava serena e tranquilla, l’ombra di quelle lacrime, scomparsa del tutto.

Era il momento della pausa pranzo, così raggiunse gli spogliatoi per prendere il suo portafoglio, ma appena svoltò nel corridoio dove si trovava il suo armadietto gli parve di vedere un’ombra. Acuì lo sguardo, ma non c’era nessuno. Rimase in ascolto in silenzio, ma non volava una mosca.

- Credevo di averlo chiuso… - aprì il suo sportello, titubante - Ci sarà tutto? - prese il portafoglio e il cellulare, controllò e si rasserenò. Devo aver proprio la testa fra le nuvole… Chiuse l’anta a chiave, attivò il cellulare e immediatamente passò alla gallery delle fotografie, sorridendo dolcemente quando vide Maya sul patio della casa della cugina sul lago, durante la loro scappatella al parco di divertimenti. Intascò il telefono e uscì di corsa dagli spogliatoi per raggiungere Maya.

Pranziamo ogni giorno insieme… Non siamo mai stati così vicini, prima d’ora… nonostante le urla di Kuronuma, niente sembra fermarci! Vorrei tanto poter fare qualcosa per lei… stupirla e poterle dire davvero quanto la amo!



Hijiri espirò tutto il fiato quando il giovane se ne andò. Con perfetta padronanza, uscì, riprese il carrello delle pulizie, lo lasciò nel locale dove l’impresa teneva anche i materiali, si tolse il camice azzurro e se ne andò.

Una volta fuori, si sedette sulla panchina dall’altra parte della strada, di fronte al Kid Studio. Prese il piccolo hard disk, il cavetto e lo agganciò al suo smartphone. Scorse tutte le immagini e ad alcune di esse il suo sguardo si rabbuiò.

Mi dispiace, signor Masumi… non le farà piacere vedere queste, sono molto più intime di quelle arrivate ai giornali...

Altre, invece, lo fecero sorridere dolcemente. Maya Kitajima, oltre ad essere un’attrice istintiva e talentuosa, aveva un carattere mite ma reattivo, remissivo ma non amava i soprusi, incantava tutti coloro che aveva intorno nonostante non avesse una bellezza fisica spiccata, e lui…

Io… io l’ho vista crescere… l’ho vista attraversare tanti momenti terrificanti, ma non si è mai data per vinta, anche quando le cose avrebbero fatto desistere un’altra persona… e come dimenticare il suo sguardo ad ogni mazzo di rose? I suoi occhi luminosi, pieni di speranza e affetto…

Scorse tutte le fotografie rimanenti, ne selezionò alcune che raffiguravano solo lei, esitò sul pulsante touch di ‘ok’, poi toccò lo schermo copiandole sul suo cellulare.

Sorrise arrossendo lievemente, chiuse il telefono e si apprestò a raggiungere il suo capo che lo attendeva in cima a uno dei grattacieli che usavano come punto di ritrovo. Era al corrente di tutta la situazione, almeno in quello il suo principale aveva avuto buon senso e gli aveva raccontato ogni cosa.

Ciò che l’aveva fatto pensare, nell’ultimo episodio che li aveva visti contrapposti al ristorante, era quel riferimento ai diritti della “Dea Scarlatta” con cui lei l’aveva scaricato per l’ennesima volta.

Maya Kitajima sembra sfuggente come l’acqua, signor Masumi… e se non è riuscito a tenerla legata a sé con un contratto teatrale, trovo molto difficile che lei ci riesca con metodi… simili…

Lasciò la panchina, si chiuse nel cappotto e s’inoltrò nella città brulicante di gente.



Le prove proseguirono nel pomeriggio senza soste né intoppi. Maya e Sakurakoji erano così concentrati sui loro personaggi che Kuronuma non ebbe niente da ridire, anzi, li trovò così affiatati da domandarsi cosa fosse accaduto fra loro.

L’unico neo a rovinare quei risultati idilliaci riguardò la scena della discesa della Dea sul campo di battaglia. Maya sembrava non riuscire a cogliere l’attimo in cui il pubblico vede Akoya, ma deve realizzare che in realtà è una Dea.

- Il pubblico inizialmente vedrà solo una fanciulla! - gridò redarguendola - Mentre i combattenti in campo non ti vedono, perché sei una presenza sacra di pura luce e bellezza. E’ allora che anche il pubblico si rende conto per la prima volta che la fanciulla è un essere straordinario! E’ una scena importante per la comprensione del racconto! - spiegò concitatamente.

- Qui, non hai nessuna battuta, Kitajima! - proseguì ignorando la sua espressione contrita - E nemmeno sensazioni da esprimere! Devi solo camminare sul campo di battaglia come l’incarnazione della Dea! -

La giovane lo fissò con espressione fra il disperato e le lacrime.

Solo camminare, dice lui! Come se fosse una cosa da niente! Preferisco mille volte avere delle battute che mi costringono a interpretare il ruolo!

- Hai capito, Kitajima? - la interrogò lui dato che lei non dava segni di vita.

- Sì… sì ho capito, signor Kuronuma… - annuì, stringendo i pugni e abbassando la testa.

- Bene! Rifacciamola! Al segnale, entra in scena! - e il regista si girò verso il resto degli attori dirigendo la scena. Lei si posizionò in attesa del suo gesto.

E’ difficile… Solo camminare sul campo di battaglia come l’incarnazione della Dea… L’azione di camminare non mi è mai stata così difficile…

L’angoscia le strinse in una morsa lo stomaco che andò ad aggiungersi a quella che la tormentava da quella sera al ristorante in cui aveva affrontato il signor Hayami.

Signor Hayami… ammiratore delle rose scarlatte! Ormai non posso più sperare di essere amata da lei! Di essere amata da lei come donna! Ma come attrice, voglio essere la persona che più conta per lei! Continui a seguire me e la mia Dea Scarlatta!

- Ci siamo! - gridò il regista - Tocca a te, Kitajima! -

Ecco… guardi, signor Kuronuma, la mia discesa sul campo di battaglia! Signor Hayami… chissà se mi manderà ancora delle rose o se avrà compreso la mia volontà di porre fine a quell’abitudine… Perché ancora quel vuoto non si colma? Perché le sue rose mi mancano così tanto?

Ripeterono la scena quattro volte, ma Kuronuma non era mai soddisfatto. Alla fine della giornata, lei era frustrata e insoddisfatta e Kuronuma nervoso e arrabbiato. Li mandò tutti a casa, sbattendo il copione sulla sedia vicina e lei se ne andò senza una parola, borbottando fra sé. Il regista la vide uscire, accompagnata da Sakurakoji, che non aveva aperto bocca e aveva rispettato il suo silenzio.

Il gruppo di Kuronuma non era il solo che stava affrontando di petto le prove per la rappresentazione, anche Onodera non dava tregua ai suoi attori, per prima Ayumi Himekawa. Presso gli studi Shin di Tokyo, la giovane attrice aveva scelto una strada completamente diversa da quella di Maya. Oltre all’analisi riflessiva del personaggio, lei stava lavorando duramente sul suo corpo. Voleva raggiungere la perfezione, essere in grado di far muovere Akoya e la Dea Scarlatta coi corretti movimenti e l’unico modo che aveva per farlo era fortificare i suoi muscoli. Così una parte degli studio era stata trasformata in una palestra dove lei si allenava senza sosta tutti i giorni.

Dentro di lei, ardeva ancora forte la competizione con Maya, il suo obiettivo era sconfiggerla su tutti i fronti, dimostrarle che lei sarebbe stata in grado di interpretare una Dea Scarlatta superiore alla sua.



Masumi Hayami rientrò nel suo ufficio al tramonto, dopo essersi assentato quasi due ore. La sua segretaria lo seguì con lo sguardo mentre entrava nell’ufficio e chiudeva la porta dietro di sé, una busta gialla sottobraccio.

- Mi porti un caffè, per favore - le chiese dall’interfono qualche secondo dopo. Mizuki si alzò, preparò il caffè nella stanza attigua al suo ufficio, bussò discretamente, entrò e glielo lasciò sulla scrivania. Non aveva neanche alzato lo sguardo, intento ad analizzare alcuni dati di borsa prima della chiusura. Lei fece un lieve inchino e uscì.

Era qualche giorno che si era chiuso in un mutismo preoccupante e precisamente dalla sera in cui aveva incontrato i dirigenti della Nakano e aveva concluso l’acquisto della loro compagnia con risultati eccellenti. Avrebbe dovuto essere quantomeno compiaciuto, invece era nervoso, insofferente, e soprattutto silenzioso. Non che normalmente fosse loquace, ma adesso raramente le rivolgeva la parola.

Inoltre aveva notato un fatto davvero strano: condividevano un’agenda digitale, legata alla posta elettronica, in cui lei inseriva gli appuntamenti e che lui poteva visualizzare sia sul portatile che sullo smartphone. Negli ultimi tre giorni e per tutti i giorni fino alla fine del mese, comparivano slot da un’ora e mezzo, occupati da lui personalmente, in cui lo spazio era stato contrassegnato come ‘non disponibile’.

Sapeva bene cosa significasse: lei non avrebbe dovuto prenotare altri appuntamenti in quegli orari e non ci sarebbe stato niente di male, se lui non l’avesse mai fatto prima di allora. Fino a quel momento la informava di quando era presente e disponibile e quando non lo era, e lei non si era mai neanche sognata di chiedergli cosa facesse.

Il telefono squillò destandola dalle sue riflessioni.

- Pronto? Parla Mizuki - rispose con la consueta professionalità - La ditta Marubishi? Un momento di attesa, prego - trasferì la chiamata con l’interfono all’ufficio del signor Masumi.

- Presidente Hayami, c’è il Presidente Kurata della Marubishi al telefono… - ma dall’altra parte non ottenne alcuna risposta - Pronto? - insisté - Pronto? Presidente Hayami? Pronto? - eppure era nella stanza.

Un sonoro ed inquietante rumore di qualcosa che andava in frantumi la fece voltare di scatto verso la doppia porta del suo ufficio. Si scusò con la segretaria del Presidente Kurata e chiuse la comunicazione. Spalancò le porte preoccupata e si bloccò in mezzo alla stanza.

Lui era davanti alla finestra, guardava fuori e stava fumando. Per terra giacevano la tazza del caffè in frantumi e una decina di fotografie, come se avesse spazzato via tutto dalla scrivania. Si accovacciò in silenzio e raccolse una fotografia spostando lo sguardo anche sulle altre. Trattenne il fiato quando si rese conto di cosa rappresentassero.

E’ Maya e… e l’altro giovane attore, Sakurakoji... sono insieme… anche abbracciati… e che… che sguardi… sono felici… Oh, signor Masumi!


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Capitolo 32
*** Uno scopo comune ***


Ultima revisione: dicembre 2015

 

32. Uno scopo comune



Rei osservò la parte frontale dell’alto edificio a vetri e si sfregò le mani l’una con l’altra per asciugarle dal sudore dovuto al nervoso. Ci soffiò sopra, puntando gli occhi all’ultimo piano, mentre una voluta di fiato caldo le avvolse il volto. L’aria iniziava a farsi fresca. Si infilò le mani in tasca e salì le scale, decisa nel suo intento.

La receptionist del piano terra l’accolse con la solita professionalità e le indicò ascensore e piano. Non sapeva a cosa l’avrebbe portata quell’idea che aveva in testa, ma non riusciva a cancellare dalla mente il volto di Maya che la sera, quando tornava a casa dopo le prove, si trasformava. In passato guardavano la televisione insieme, anche dopo che lei tornava tardi dal suo turno al caffè, invece adesso passava ore a fissare il cielo buio fuori dalla finestra. Rimaneva in silenzio, spesso leggeva il copione della “Dea Scarlatta”, ma la cosa più inquietante erano i suoi occhi: sempre spenti e assenti.

L’ascensore arrivò all’ultimo piano, appena le porte si aprirono la colpì il silenzio che regnava sul piano, perfino i passi venivano ovattati da una bellissima moquette blu notte a terra. Poco avanti, sulla destra, c’era una scrivania di legno che creava un bellissimo contrasto con le finestre ampie dai finimenti d’acciaio e i quadri contemporanei appesi alle pareti.

La segretaria, seduta a quella scrivania, alzò lo sguardo, subito attenta alla persona arrivata. Rei si avvicinò, schiarendosi la voce, fece un lieve inchino e si presentò, ormai non poteva più tirarsi indietro.

- Buongiorno, sono Rei Aoki - disse fissando in volto quella bellissima donna dalla pelle chiara come alabastro e lunghissimi capelli neri come l’ala di un corvo. E’ bellissima… gli occhiali che indossa accrescono l’aura di mistero emanata dai suoi occhi… E’ proprio lei… quando faceva da manager a Maya durante il suo periodo alla Daito l’avevo incontrata spesso… chissà se si ricorderà di me...

- Buongiorno, signorina Aoki, come mai si trova qui? - le chiese Mizuki andando diritta al punto e confermando il fatto che si ricordava di lei. Appena l’aveva vista entrare si era allarmata immediatamente, pensando fosse accaduto qualcosa a Maya, ma il tono della voce e la postura indicavano apprensione e non disastro.

- Ecco… io… - per un attimo le mancò il coraggio di chiederle ciò per cui era andata fin lì - Mi chiedevo se avesse qualche minuto da dedicarmi - le propose infine, arrossendo lievemente e abbassando lo sguardo.

Mizuki la fissò qualche istante in silenzio, poi si alzò e indicò con la mano una porta alla sua destra.

- Prego… si accomodi qui - la invitò, ma Rei si irrigidì e rimase immobile. Mizuki la guardò ancora e intuì. Non vuole restare qui… che sarà accaduto?

- Capisco, signorina Aoki - la segretaria guardò l’orologio che aveva al polso e tornò su di lei - Fra quindici minuti il signor Hayami avrà un pranzo con un cliente e anche io potrò fare la mia pausa, cosa ne dice di mangiare insieme? -

- Sì, mi farebbe piacere - ammise Rei, stupita. Ha capito solo guardandomi… leggerà con la stessa facilità anche gli atteggiamenti del suo principale?

- Ci vediamo al caffè all’angolo, c’è un tavolino a mio nome, mi attenda lì - la informò con la consueta professionalità.

Rei fece un lieve inchino e la salutò rapidamente, non aveva certo voglia di farsi vedere da Masumi Hayami.

Mizuki la seguì con lo sguardo, quando fu entrata nell’ascensore lo spostò sulle doppie porte dell’ufficio del suo capo. Sono proprio curiosa di sapere cos’ha da dirmi…



Masumi Hayami fissò, senza guardarlo realmente, il piano per il passaggio di alcuni dipendenti della Nakano. Avrebbe potuto ritenersi pienamente soddisfatto dell’acquisizione, invece l’incontro al ristorante con i dirigenti era culminato con quell’acre scambio di battute con Maya.

Si alzò, accese una sigaretta e fissò la sagoma inconfondibile della Torre di Tokyo. Il cielo era plumbeo, minacciava pioggia e somigliava molto a quello che celava nella sua anima. Aggrottò la fronte e cercò di distogliere il pensiero dalle parole di lei che l’avevano svuotato e amareggiato a tal punto da togliergli qualsiasi voglia di fare. Il suo piano per poter rappresentare la “Dea Scarlatta” in uno dei teatri Daito stava procedendo, ma cosa avrebbe detto lei quando l’avesse scoperto?

In realtà adesso non ha alcuna importanza… è stata chiara, molto più di quanto lo sia mai stato io con lei… non ha più bisogno di rose e di ammiratori… sembra volersela cavare da sola… e dovrei dirle tutta la verità...

Spense la sigaretta, prese il cappotto e uscì dall’ufficio con il cuore pesante, pronto per il pranzo d’affari che l’aspettava. Mizuki era seduta alla sua scrivania, come al solito, il suo soprabito era appoggiato da una parte, segno che sarebbe uscita per pranzo. Sorrise domandandosi se avrebbe pranzato da sola o con qualcuno.

Mizuki ricambiò il sorriso, ignorando il motivo per cui glielo stesse rivolgendo, mentre lui camminava verso l’ascensore che portava al seminterrato e al parco auto, aggiustandosi il colletto del cappotto nero. Lo seguì con lo sguardo, poi guardò l’orologio, si alzò, chiuse le porte dell’ufficio, prese il soprabito e scese passando dagli ascensori che portavano alla reception.

In breve raggiunse il caffè, trovò immediatamente il tavolino dove mangiava quasi ogni giorno e vide Rei Aoki. Per essere venuta da me deve avere un motivo molto valido…

La giovane si alzò, ma lei le fece cenno e si sedettero entrambe.

- Cosa desidera? - la interrogò mostrandole il menù. Rei sorrise e rispose subito, segno che probabilmente lo aveva già guardato nell’attesa.

- Tramezzini al prosciutto, succo d’arancia e caffè, grazie -

Mizuki chiamò la cameriera, ordinò per Rei quanto chiesto e una chicken salad e caffè per sé.

- Preferisce mangiare prima o vuole iniziare subito? - le chiese la segretaria con praticità. Rei la fissò un attimo e dedusse che era una donna che non amava perdere tempo.

- Se a lei non dispiace, preferirei iniziare subito - acconsentì Rei. Aveva pensato più volte a come introdurre il discorso perché non sapeva se fosse a conoscenza di qualcosa. Così aveva deciso per fare una sorta di introduzione.

Mizuki accavallò le gambe e attese paziente.

- So che le sembrerà strana la mia presenza qui, signorina Mizuki… - ma la segretaria si intromise gentilmente.

- Signorina Aoki, non è mia abitudine valutare prima di aver ascoltato, quindi non si preoccupi di questo - la fissò con un sorriso gentile, che avrebbe messo a proprio agio anche un orso.

- D’accordo - tossicchiò Rei nervosa - Sono preoccupata per Maya - esordì, sapeva che così la segretaria si sarebbe subito allertata. Mizuki rimase immobile, ma un fremito lieve fece accelerare il suo cuore.

- Da qualche mese non è più la stessa… c’è qualcosa che la turba - le rivelò cercando di capire qualcosa dall’espressione algida di Mizuki.

- E’ turbata? Per la “Dea Scarlatta”? - chiese Mizuki, prendendo l’insalata che le stava porgendo la cameriera e Rei fece altrettanto con i tramezzini.

- No - rispose seccamente Rei, era sicura che la “Dea Scarlatta” c’entrasse relativamente.

- No? - Mizuki sollevò un sopracciglio per la veemenza della risposta.

- La “Dea Scarlatta” la preoccupa per le solite cose per cui Maya si è sempre arrovellata il cervello… ma non è mai stata turbata dal teatro. Il teatro per lei è la vita e una sfida, una sorta di esercizio mentale, affronta le sue battaglie e le vince… ma ora… c’è qualcosa che la distrae e la fa soffrire - spiegò Rei cercando di dare un senso logico a ciò che aveva capito di Maya in quegli anni.

Mizuki smise di mangiare l’insalata e Rei addentò un tramezzino, bevendo un sorso di caffè bollente.

- Soffre, dice? - e Rei annuì - E perché è venuta da me? Pensa forse che la possa aiutare perché sono stata la sua manager? -

Rei scosse la testa, stupendosi ancora per quanto fosse perspicace quella donna. In realtà era lì per capire qualcosa di più su Masumi Hayami, ma la segretaria aveva comunque compreso che cercava aiuto.

- Maya recita sempre con grande ardore e… - Rei fece una breve pausa cercando le parole adatte - … e più di ogni altra cosa si è impegnata per dimostrare al suo ammiratore che tutto ciò che ha fatto per lei negli anni veniva ripagato dalle sue interpretazioni - fece un altro sforzo per mettere in parole i suoi pensieri ancora alquanto confusi in merito a tutta quella faccenda.

Mizuki smise di mangiare mentre un gelo freddo le avvolse il cuore. Lo sa… questa ragazza sa ogni cosa…

Rei soppesò quell’irrigidimento. Posò il tramezzino nel piatto e sfregò le dita. Sono una stupida… è inutile girare intorno al problema… è una donna troppo arguta e preparata, non la ingannerò mai e non riuscirò mai ad ottenere le informazioni che mi servono...

- Signorina Mizuki… io credo che Maya sia innamorata del suo ammiratore, che sappia chi sia e che sia accaduto recentemente qualcosa che le abbia causato molto dolore - disse tutto d’un fiato.

Mizuki si appoggiò alla sedia, le mani adagiate in grembo.

- E lei? - la interrogò assottigliando lo sguardo - Lei pensa di conoscere la sua identità? - la interrogò trattenendo il respiro.

- Io non penso di conoscerla, signorina Mizuki... - rispose Rei senza esitare e senza distogliere lo sguardo - Io la so -

- Dunque è per questo che è qui… - soppesò la segretaria senza dar adito al tumulto che le sconvolgeva il cuore. Come avrà fatto a scoprirlo? Gliel’avrà detto Maya?

- Se si sta domandando come io l’abbia saputo, è irrilevante, ma è stato un caso fortuito - le comunicò Rei leggendole nel pensiero - Se poi dovesse domandarsi quanto questo possa essere un rischio per lui, le assicuro che lo so da tempo e non ne ho mai fatto parola con nessuno, neanche con Maya ed è mia intenzione proseguire su questa strada - spiegò risoluta, senza alcun tentennamento.

Mizuki valutò attentamente le parole di quella ragazza e decise di fidarsi, sapeva che era molto amica di Maya ed era lì perché era preoccupata.

- Cosa la preoccupa, signorina Aoki? - la interrogò tornando alla sua insalata e archiviando i sospetti iniziali.

Rei tossicchiò nervosamente e Mizuki alzò un sopracciglio perplessa.

- Le dirò semplicemente ciò che ho visto da quando ho scoperto… - si interruppe e si schiarì la voce di nuovo. La segretaria sorrise notando quel rossore diffuso sulle guance.

- Dicevo… - riprese - Prima di scoprirlo avevo notato un cambiamento in Maya, non potevo sapere a cosa si riferisse, ma era un cambiamento positivo, sembrava… elettrizzata - cercò la parola facendo un attimo di pausa - Quando scoprii la sua identità, tutti i tasselli che avevo nella testa e che si erano rincorsi negli anni facendomi già sospettare un collegamento, andarono al loro posto ed ebbi modo di confermare ogni cosa il giorno della nostra partenza per la valle - Mizuki si pulì le labbra con il tovagliolo e si appoggiò allo schienale della sedia - Loro due si… si guardarono in modo completamente diverso - non aveva molte parole per descrivere lo scambio intenso che aveva visto.

- In effetti non è uomo che trattenga lo sguardo su una persona più del necessario - ammise Mizuki senza pronunciare alcun nome. Quindi, di ritorno da Niigata, riuscì ad incontrarla… signor Masumi, lei è sempre il solito! Quando si tratta di quella ragazza perde la ragione!

- Decisamente no - ammise Rei annuendo - Poi c’è stato l’incidente del Presidente Hayami e sono convinta che nella valle si siano incontrati diverse volte, ad uno di questi incontri ho assistito personalmente e le assicuro che il modo in cui si sono guardati, di nuovo, non dava adito ad interpretazioni errate… -

Mizuki corrugò la fronte e bevve dell’acqua.

- Strano, non è un comportamento usuale per lui - ammise preoccupata.

- E’ quello che ha detto la signora Tsukikage… - riferì Rei fissandola intensamente - Poi c’è stata la rappresentazione della “Dea Scarlatta”… - Rei fece un’altra pausa - Maya sembrava letteralmente in trance nei giorni seguenti, ho pensato inizialmente che fosse un lascito emozionale dell’aver interpretato la Dea, sappiamo tutti quanto Maya si immedesimi nei suoi personaggi, tanto da dimenticare sé stessa, ma ho cambiato idea quando l’ho vista sul patio esterno, teneva fra le mani un segnalibro con un petalo di rosa, aveva lo sguardo perso nel vuoto e un sorriso accennato e molto dolce… - riferì l’episodio e addentò l’ultimo tramezzino.

Mizuki ricordò il segnalibro, lo teneva sempre con sé. Che Maya provasse dell’affetto per il suo ammiratore era palese e sinceramente anche normale… che ne provi per il signor Masumi mi stupisce, anche se… quel giorno… quando lui era con Eiko Nakamura… lei fuggì piangendo...

- Poi tornò dalla valle… - proseguì Rei abbassando la voce - Pianse tutta la notte e non sono riuscita a capire cosa possa essere accaduto dall’arrivo alla stazione fino alla nostra casa, ma da allora non è più la stessa. Le prove procedono bene, si è avvicinata a Sakurakoji, molto, sono affiatati, ma… - fece una pausa e il suo sguardo divenne triste - I suoi occhi hanno perduto quella luce interna che li rendeva magnetici e speciali -

Mizuki ricordò esattamente lo stato d’animo del signor Masumi quando era andata a prenderlo alla stazione, di ritorno dalla valle. Era stanco, distratto e profondamente afflitto da qualcosa, senza contare ciò che mi disse sulle emozioni che gli aveva suscitato il vedere quello spettacolo…

- Quindi mi sta chiedendo se io so qualcosa di questo evento fantomatico che avrebbe in qualche modo sconvolto Maya? - la interrogò dopo qualche attimo di riflessione. Rei annuì lentamente, finì il tramezzino, il caffè e finalmente si appoggiò allo schienale della sedia.

Mizuki osservò la giovane attrice e si sforzò di pensare a qualcosa che avrebbe potuto essere collegato a quella faccenda quando un ricordo, breve ma intenso, la folgorò. Appoggiò lentamente le mani sul tavolo mentre l’immagine di Maya che scendeva le scale esterne della Daito si parò davanti ai suoi occhi, come se stesse accadendo in quel momento.

- Forse, se lei la vedesse, capirebbe - aggiunse Rei attendendo che la solerte segretaria riflettesse.

- Ma io l’ho vista! - esclamò all’improvviso, alzando lo sguardo, gli occhi spalancati per la meraviglia. Rei la guardò stupita, ricordava quella stessa apprensione quando Maya sparì alla prima di Shangrilà.

- L’ha vista? - sussurrò Rei senza capire.

- Sì! Due sere dopo il ritorno del signor Hayami, lei era… - si bloccò, quando una seconda intuizione si fece strada. Deve aver sentito qualcosa… - Lei era alla Daito Art! L’ho vista andare via! -

- Alla Daito? La sera del suo ritorno dalla valle? Ma può aver raggiunto i vostri uffici solo a sera inoltrata! Perché avrebbe fatto una cosa del genere? - mormorò la giovane sempre più preoccupata.

- Forse perché voleva parlare con il signor Hayami… e potrebbe aver sentito qualcosa, perché quella sera, nel suo ufficio, c’era suo padre… - sussurrò Mizuki, atterrita, le mani fredde e un brivido gelido lungo la schiena.

- Il Presidente Hayami? Ma non avrebbe dovuto essere all’ospedale? - Rei era sempre più confusa. Che ci facevi, Maya, alla Daito quella sera?

- Avrebbe dovuto, ma quell’uomo cocciuto non ne ha voluto sapere e quella sera era con suo figlio, ne sono sicura, perché me lo sono trovato davanti all’improvviso... -

- Cocciuto, eh…? - ridacchiò Rei - Mi ricorda qualcuno… -

Mizuki sorrise e annuì mentre la sua mente era già proiettata avanti: doveva trovare un modo per capire se Maya potesse aver sentito qualcosa e cosa. Ma come fare a farselo dire da quell’uomo ostinato e taciturno?

- Pensa che ciò che ha sentito possa averla sconvolta così tanto? - chiese Rei con tono triste - Avrebbe dovuto vederla, quella notte… Quanto ha pianto! Era disperata… - le confidò abbassando lo sguardo.

- C’è niente altro che dovrei sapere? - la sollecitò Mizuki mentre la sua mente frenetica cercava una soluzione.

Rei si prese il mento con le dita, socchiudendo gli occhi. In effetti, c’erano gli ultimi giorni, ma i suoi sospetti non avevano alcun fondamento, per questo non gliene aveva ancora parlato.

- Qualche sera fa - iniziò, decidendo di rivelarle i suoi dubbi - Maya e Sakurakoji sono usciti per vedere un musical e poi sono andati a cena in un ristorante famoso sul molo - raccontò lentamente - Ecco… quando è rientrata, quella sera, sembrava allegra, addirittura pareva essere tornata la Maya di sempre, ma in bagno l’ho sentita piangere e da allora non ha più nominato il suo ammiratore, neanche una volta, mentre prima accadeva praticamente ogni giorno -

- Un ristorante sul molo? Si ricorda il giorno esatto? - la interrogò Mizuki facendosi di nuovo molto attenta. Signor Masumi! Non mi dica che è riuscito a incontrarla anche lì! Cosa sarà accaduto? Coinciderebbe anche con il suo silenzio opprimente… e quegli appuntamenti giornalieri iniziati dal giorno seguente… chissà dove andrà…

Rei si fermò a riflettere, si portò le dita alle tempie serrando gli occhi, strappando un sorriso a Mizuki, poi li spalancò quando le sovvenne la data.

- Ci sono! Cinque giorni fa! - e puntò gli indici in avanti in uno slancio pieno di allegria. Mizuki sorrise ancora e lei arrossì.

- Ciò che mi ha appena detto coincide con lo strano atteggiamento del mio principale in questi ultimi giorni… Se si fossero incontrati lì e fosse accaduto qualcosa... - ammise la segretaria sospirando.

- Più strano del normale? - ironizzò Rei e la donna davanti a lei scoppiò a  ridere.

- Ha ragione, sì, più strano del normale - ammise Mizuki lasciando la carta di credito alla cameriera e facendo tacere sul nascere le proteste di Rei che avrebbe voluto pagare per conto suo.

- L’ho invitata io, non mi metta in difficoltà - le disse seccamente - La ringrazio per aver condiviso con me i suoi dubbi - aggiunse poi cambiando discorso - Sono convinta che insieme riusciremo a capire cos’è accaduto -

- Lei si è già fatta un’idea, dico bene? - Rei la guardò piegando la testa leggermente di lato. Quella donna era davvero molto bella e intelligente.

Mizuki chiuse la borsetta e finì l’acqua nel bicchiere.

- Forse… - ammise in un sussurro sommesso - Signorina Aoki, le prometto che farò del mio meglio per scoprire più possibile. Anche io tengo molto a Maya e in questi anni lei non può immaginare neanche quanto io… - ma si fermò, come se si fosse spinta troppo oltre - Adesso non ha alcuna importanza. Lui è un uomo davvero complesso e ostinato, ma io non sono da meno - e le strizzò l’occhio.

Rei scoppiò a ridere e si alzò - Non ho mai pensato diversamente, signorina Mizuki, o non sarei venuta da lei. E inoltre… come potrebbe essere la sua segretaria, altrimenti? - e le tese la mano. La segretaria gliela strinse con affetto e si scambiarono il numero di cellulare.

- Teniamoci in contatto - propose Mizuki uscendo dal locale - Se non avremo timore di confrontarci, la nostra indagine procederà più rapidamente -

- Sono d’accordo con lei - annuì Rei e si separarono.

Mizuki osservò la giovane di spalle, che sembrava un ragazzo alto e slanciato, e sorrise pensando che Maya aveva nell’amica una forte alleata.

Signor Masumi… in un modo o in un altro riuscirò a scoprire cos’è accaduto… è qualcosa che le ha tolto addirittura la volontà di comunicare con gli altri… e dove diavolo va ogni giorno?!

Chiuse il cappotto e tornò in ufficio.



- Grazie per avermi accompagnato, Yu - gli disse porgendogli il casco.

- Non c’è necessità che mi ringrazi ogni volta, Maya, ti accompagno ogni sera, mi fa piacere - e le sorrise facendola arrossire lievemente.

- Non riesco a non ringraziarti! - replicò facendogli la linguaccia. La giovane stava per scappare via, ma Sakurakoji gridò.

- Maya, guarda! Una stella cadente! - lei si girò di scatto vedendone solo la scia.

- Incredibile… una stella cadente nel cielo di Tokyo… - mormorò lentamente mentre il ricordo volava ad un’altra notte e ad altre stelle.

- Hai un desiderio da esprimere? - le chiese Yu fissando il suo profilo delicato che improvvisamente si era fatto serio.

- No, tanto so che non sarà mai esaudito - rispose lei con sguardo serio e un tono triste nella voce.

Sakurakoji continuò a guardarla finché lei non si girò. Maya, cosa muove il tuo animo così tormentato?

- A domani, Yu e grazie ancora! - lo salutò chiudendo la conversazione e correndo verso casa.

Nello stesso istante, esattamente come era avvenuto una settimana prima, il barista del caffè nel piano centrale dell’edificio della Daito Art Production notò la stella cadente nel cielo di Tokyo visibile dalle grandi vetrate trasparenti.

Molti degli avventori si girarono al suo avviso meravigliato, anche il giovane Presidente di quella società.

- Ha espresso un desiderio, signor Hayami? - gli chiese il barista, ormai erano anni che il capo veniva lì a bere la sera e ultimamente quell’abitudine si era intensificata, probabilmente perché era costretto a restare in ufficio fino a tarda ora.

- No - rispose seccamente - Tanto non si avvererebbe - il suo tono divenne più triste, tornando a guardare il bicchiere vuoto che rigirava fra le dita.

- I desideri si realizzano con le proprie capacità, non guardando il cielo... e quando si tratta di desideri impossibili da realizzare, è inutile anche formularli... Io ho rinunciato al mio sogno - aggiunse in sussurro che giunse però alle orecchie del barista.

Mi restano due sole cose da fare adesso… proteggerla da mio padre e ottenere quei diritti… se lei vincesse… io…

Lasciò il bicchiere vuoto sul bancone e tornò nel suo ufficio scacciando quei lugubri pensieri dalla testa.



Il mattino seguente Kuronuma, stufo dei continui errori di Maya nell’interpretare Akoya, la afferrò per un braccio e la chiuse in un ripostiglio, ignorando le sue lamentele e grida, sotto gli occhi stupiti di tutti gli attori.

- L’amore di Akoya è un sentimento cieco! Puro! Scaturisce dall’anima e dal corpo! - urlò da fuori la porta, mentre lei si appoggiava al legno e scivolava seduta a terra.

- Il tuo modo di raccogliere le erbe o attingere l’acqua è incompleto! - aggiunse e Maya lo sentì sbattere la porta della sala.

Lo so… signor Kuronuma… lo so… lei ha ragione… ancora mi sfugge Akoya… le sue battute… così complesse… eppure sono sicura che non hanno un significato oscuro, sono semplici, ma non comprendo che collegamento abbiano con Akoya...

Riprese il copione e tornò a leggere le battute che, pur avendo imparato a memoria, ancora non aveva compreso appieno. Tornò così con la mente alla valle, alle lezioni della signora, alle prove effettuate e finalmente si rese conto dell’ovvio.

Com’è possibile che io non l’abbia capito prima? Il fuoco, l’acqua, il vento e la terra... l’energia vitale che muove la natura! Akoya sicuramente la conosceva! Era una cosa naturale per lei!

Si alzò in piedi e picchiò contro la porta gridando il nome del regista.

- Signor Kuronuma! La prego mi faccia uscire! - urlò - Vorrei andare a provare fuori dagli studio! - e picchiò con insistenza sul legno della porta.

- Kitajima! Dov’è che vuoi andare? - Maya udì il suo vocione dall’altra parte e sorrise.

- Fuori! Sono sicura di poter ottenere un’ispirazione migliore! -

Il regista avvertì l’entusiasmo e l’emozione a stento celata nella sua voce e decise di acconsentire, così la portò nel Parco di Asahi.

Il sole di mezzogiorno splendeva alto nel cielo e il parco era pieno di gente. Il regista la mise immediatamente alla prova chiedendole di attingere acqua dalla fontana o di raccogliere erbe da un cespuglio vicino e nonostante il suo impegno, lui la redarguì aspramente sotto gli occhi attoniti dei visitatori del parco.

- Che significato ha per Akoya raccogliere acqua o erbe! Pensaci, Kitajima! - gridò insoddisfatto, ignorando la sua aria contrita e triste.

- Parla con quest’albero! - ordinò, poggiando la mano sul tronco di una gigantesca quercia.

- Parlare con un albero? - Maya sbatté le palpebre stupita.

- Perché ti stupisci? Anche quest’albero è un essere vivente, non ha il dono della parola, ma Akoya ci parla! Avanti! - insisté il regista senza darle tregua.

Maya si avvicinò e abbracciò l’albero. Chiuse gli occhi, rallentò la respirazione e sentì il tepore della corteccia. E’ tiepido… Come sei cresciuto, albero? Che forza ti serve quando prendi l’acqua dal terreno? Hai paura dei tuoni e dei fulmini? Ami la pioggia? Senti dolore quando la tempesta spezza i tuoi rami? Ci sono insetti o uccellini che preferisci? La notte dormi? Ti piace la luce del sole al mattino?

Lentamente avvertì una spossatezza invaderle il corpo, una sensazione di trascinamento di tutto il suo essere verso l’albero che la spaventò.

Oh… mi sento le gambe pesanti… ho il corpo irrigidito e non riesco a muovermi! Questa sensazione! L’avevo già provata nella valle… quando ho interpretato il risveglio della Dea!

Poi Kuronuma batté le mani e l’incanto si spezzò tanto rapidamente quanto era venuto.

- Dovrai essere tu a esprimere tutto ciò che ha provato e vissuto quest’albero, con la tua interpretazione, ricorrendo all’immaginazione - gli spiegò il regista con calma - Se la tua recitazione risulterà persuasiva, chi la guarderà distinguerà l’anima dell’albero! Questa volta il tuo ruolo è quello di parlare per conto della Dea Scarlatta. Attraverso la tua interpretazione dovrai trasmettere agli spettatori che cosa sente, pensa, cerca di fare, lo spirito della Dea - spiegò il regista accalorandosi.

Maya lo fissò mentre le immagini delle sue interpretazioni degli elementi le passavano ancora davanti agli occhi.

- Devi credere in te stessa, Kitajima - proseguì il regista - La Dea Scarlatta è dentro di te, esattamente come è dentro Ayumi Himekawa. Lei utilizzerà tutto ciò che ha imparato e darà fondo a tutte le sue risorse pur di arrivare alla sua Dea Scarlatta! -

Avanti, Kitajima, se perdi la fiducia in te, Ayumi vincerà…

Maya rimase sconvolta dalle semplici parole crude del regista che con lei non si risparmiava mai.

Proverò ad esprimere di nuovo tutto quello che ho imparato nella valle e otterrò anche io la mia Dea Scarlatta!



- Iniziamo a far vedere la nostra Dea Scarlatta… - sussurrò Onodera quando il collaboratore uscì dal suo ufficio, diretto dal gruppo di giornalisti che attendeva fremente nella hall della compagnia Ondine.

Era riuscito a raggruppare un numero consistente di testate sfruttando alcune sue conoscenze e vecchi crediti contratti. Tutto torna sempre a proprio favore se si giocano bene le proprie carte! Trema, Kuronuma e guarda la mia Dea Scarlatta prendere vita!

Si alzò, accese la pipa e raggiunse lentamente lo studio che era stato allestito appositamente per gli allenamenti intensivi di Ayumi Himekawa. Quella ragazza a volte mi spaventa… non sembra davvero umana…

Oltre ai giornalisti, era riuscito a convincere l’emittente Cho e a far realizzare un servizio che sarebbe andato in onda il giorno seguente. Gongolò alla vista dei giornalisti: le prove procedevano spedite, tutti gli attori erano reattivi e bravi, Ayumi e Akame, strepitosi, non aveva alcun dubbio su chi avrebbe vinto il confronto allo spettacolo rappresentativo.



Un gran fermento serpeggiava fra gli attori nella sala prove quando Maya entrò la mattina seguente, pronta per una nuova giornata di lavoro. Tutti bisbigliavano e molti avevano un giornale aperto davanti agli occhi.

- Che roba! Che significano questi articoli? - gridò uno degli attori che avrebbe interpretato uno dei briganti. Maya si avvicinò e improvvisamente scese il silenzio.

I titoli riportavano a lettere cubitali quanto fosse magnifica Ayumi Himekawa come Dea Scarlatta. Scorse rapidamente l’articolo dal giornale che gentilmente le porse il collega mentre il suo cuore accelerava stupidamente i battiti.

Maya non si rese conto, fino alla fine dell’articolo, che accanto a lei c’era Kuronuma. Il regista borbottò contrariato qualcosa e in quell’istante qualcuno entrò gridando di guardare immediatamente la televisione. Tutti gli attori gli corsero dietro e nella saletta comune c’era già qualcuno davanti allo schermo.

- E’ un servizio su Ayumi Himekawa… - mormorò un’attrice. Mostrava una sala alla Ondine con gli attrezzi ginnici e la giornalista tesseva le lodi dell’attrice che in quei luoghi stava mettendo a punto la sua Dea Scarlatta.

- Accidenti! - imprecò Kuronuma - Ci hanno fregati! -

Il servizio mostrò una splendida Ayumi che si muoveva leggiadra come una dea saltando abilmente su un tappeto elastico. Maya la osservò impietrita, incapace di distogliere lo sguardo da tanta bellezza e tecnica. Il velo che tiene tra le mani non tocca mai il pavimento… che meraviglia...! Eseguì una danza che riassunse tutti gli elementi fino alla sua naturale conclusione, in cui la giovane prese la posizione di un albero.

- E’ un susino… sembra davvero un albero - mormorò un altro attore, con tono pieno di riverenza.

Sakurakoji spostò lo sguardo su Maya, era terrea, immobile, la mano che aveva alla bocca tremava leggermente.

La Dea Scarlatta di Ayumi racchiude nei suoi movimenti i quattro elementi della natura… Non avrei mai immaginato che lei fosse così avanti nello studio della parte… Non sarò mai alla sua altezza! Cosa posso fare? Come posso interpretare la mia Dea Scarlatta?

Sentì una presa salda sulla spalla che la strappò al terrore che la stava avvolgendo. Seppe all’istante, ancora prima di sollevare lo sguardo, che era Yu.

Quando incontrò i suoi pacati occhi scuri, vide un lampo attraversarli. Rimasero in silenzio, a guardarsi, solo per un istante Sakurakoji le strinse un po’ di più la spalla e Maya seppe che avrebbero affrontato insieme ogni cosa.

Non so cosa posso fare per te in un momento come questo… so che, qualunque cosa ti dicessi, sarebbe del tutto inutile… però, Maya… sappi che non sei sola! Ogni volta che ti volterai indietro, ci sarò io! Non dimenticarlo…

- Grazie, Sakurakoji - gli sorrise lei, grata dal profondo per quel silenzioso e necessario appoggio, e coprì la mano con la sua. Yu annuì e le urla di Kuronuma li riportarono alla realtà.

- Kitajima! Non preoccuparti di queste chiacchiere inutili! - gridò - Tu hai la TUA Dea Scarlatta! Cerca di trovarla prima che puoi! -

- Sì, signor Kuronuma… - sussurrò Maya affranta, avrebbe tanto voluto averla già trovata, invece… Il chiacchiericcio intorno a loro si fece intenso.

- Chi sarà stato ad architettare tutto questo? -

- Sarà stato Hayami della Daito Art Production! Con la complicità di Onodera! -

- Tutti sanno del loro odio per Maya e la signora Tsukikage, che non ha mai ceduto i diritti di rappresentazione della “Dea Scarlatta”! -

- Sono disposti a tutto per fare della loro protetta la nuova Dea Scarlatta! -

- Fate silenzio! - sbraitò Kuronuma - Tutti in sala prove, lavativi! - aggiunse poi brandendo il copione arrotolato a guisa di clava. Ci fu un fuggi fuggi generale e Maya, almeno per quel giorno, non ebbe più modo di pensare all’accaduto.



A qualche chilometro di distanza, nello studio di un altro regista, la sua prima attrice spalancò la porta, brandendo un giornale spiegazzato.

- Cosa significa questo, signor Onodera? - domandò glaciale Ayumi sbattendo l’articolo sulla scrivania.

Il regista non fece una piega. Si appoggiò allo schienale della poltrona e ricambiò lo sguardo.

- Significa che la gente osserva con attenzione la tua Dea Scarlatta, Ayumi - le spiegò lentamente - Non è fantastico? -

- Io ho accettato di essere intervistata in quanto UNA delle due candidate al ruolo della Dea Scarlatta - incalzò lei, la voce tagliente - Perché mi era stato chiesto di offrire la mia collaborazione allo scopo di far conoscere alla gente la “Dea Scarlatta”, anche dall’Associazione Nazionale per lo Spettacolo. Mi era stato detto che si intendeva realizzare un documentario su entrambe le candidate! -

Si voltò e si incamminò verso l’uscita.

- Ma visto che l’altra candidata non ha ricevuto la stessa attenzione che ho avuto io, d’ora in poi anch’io mi dedicherò esclusivamente alle prove! La saluto! - e lasciò il regista senza degnarlo di un ulteriore sguardo.

- Attrici lunatiche… - borbottò Onodera fissando la schiena di Ayumi.

Ma l’importante è che il servizio e gli articoli siano usciti!



Kuronuma sapeva perfettamente come funzionava il mondo del teatro. Era pieno di squali, approfittatori, adulatori, che non perdevano occasione per tradire e ingannare pur di far girare l’acqua del mulino dalla loro parte.

Masumi Hayami era uno scaltro affarista, ma non era sicuro che potesse essere responsabile di quegli articoli e quando aveva ricevuto un suo invito informale per incontrarsi e mangiare qualcosa nel solito chiosco, ne era rimasto piacevolmente sorpreso.

- C’è lei dietro agli articoli di Ayumi Himekawa che infestano i giornali da oltre una settimana? So che l’Associazione Nazionale per lo Spettacolo è stata sommersa di richieste per partecipare allo spettacolo di Onodera… - gli chiese senza mezzi termini dopo un breve saluto.

Masumi scoppiò a ridere e negò ogni partecipazione.

- Bene, vuol dire che la nostra amicizia potrà durare ancora per un po’ - acconsentì il regista sorridendo e Hayami rise ancora.

- Piuttosto, cosa mi dice dell’altra candidata? - da quando aveva visto gli articoli aveva cercato un modo per informarsi senza dover andare ai Kid Studio né ricorrere a Hijiri. Poi aveva pensato di provare con il regista.

Kuronuma sorrise fra sé e si voltò a guardarlo. Ecco perché sono qui… è dunque questo che le interessa davvero?

- Maya? - infierì come se non fosse chiaro - Beh, credo sia rimasta parecchio scioccata guardando le prove della sua rivale, ma penso che sia stato un bene per lei. Si è resa conto della differenza che c’è tra loro… - gli riferì con un profondo sospiro - Di questo passo non avrà alcuna speranza… Tutto dipenderà da quanto riuscirà a far sentire la sua autenticità agli spettatori! -

- L’autenticità? - Masumi rimase di sasso nel sentire quella parola che lui stesso aveva sempre associato alle altre interpretazioni di Maya.

- Esatto! La vera Dea Scarlatta! - puntualizzò il regista fissando lo sguardo sul bicchierino di sake.

Ho sempre pensato che Maya avesse portato sulle scene personaggi autentici, fin dalla prima volta che la vidi recitare Beth… Sembra che la pensiamo allo stesso modo…

- Proprio così… Maya Kitajima è l’unica in grado di riuscirci! - e si girò a guardarlo notando quanto i suoi inusuali occhi azzurri brillassero pur alla fioca luce del chiosco - Ho il sospetto che anche la signora Tsukikage l’avesse intuito, per questo a suo tempo la scelse come candidata! -

Masumi contraccambiò lo sguardo franco del regista, cercando di calmare il tumulto che gli agitava il cuore in petto.

Sono molto affini, questo regista e la vecchia attrice… molto… molto affini… Chissà cosa ne uscirà… signor Kuronuma, non vedo l’ora di vedere la sua rappresentazione!

- Signor Hayami - lo interrogò poi, sembrava che parlare di quella ragazzina gli togliesse ogni volta la parola - Lei crede che esistano degli spiriti e delle divinità che governano la natura? -

- Onestamente, no - rispose Masumi quasi immediatamente.

- Lo immaginavo… - annuì il regista - Neanch’io ho mai pensato che esistesse una Dea che ci ama e si prende cura di noi stolti esseri umani. Ma se provassimo a crederci almeno un po’, il mondo in cui viviamo potrebbe cambiare, non trova? -

Masumi rievocò in un istante l’interpretazione della signora Tsukikage che, nonostante l’aiuto ottenuto dal suggestivo palcoscenico della valle dei susini, era riuscita a far credere a tutti che la Dea della natura era scesa sulla Terra.

- Se l’animo di questa Dea invisibile ci desse la vita, ci amasse e vegliasse su di di noi, quanto ci sembrerebbe stupendo il fatto stesso di vivere? - proseguì Kuronuma, assorto e pensieroso - Può darsi che lei riesca ad interpretare la vera Dea Scarlatta, in cui gli spettatori potranno credere! - concluse infine, fissandolo e sorridendo.

Signor Hayami, ogni volta che ci incontriamo lei mi chiede di Maya Kitajima, questa volta anche direttamente… mi domando cosa la leghi realmente a quella ragazza...



La pioggia cadeva incessante dalle grigie nubi sopra Tokyo. Mentre gli altri provavano al Kid, Maya aveva chiesto al signor Kuronuma di poter cercare da sola per qualche giorno la sua Dea Scarlatta. La città, piena di cemento e metallo, non era certo il luogo più adatto per trovare la Dea della Natura, nonostante ciò scelse uno dei parchi vicino agli Studi. Non si era neanche accorta della pioggia tale era la sua concentrazione.

Rievocò gli esercizi nella valle, le quattro prove a cui le aveva sottoposte la signora, il risveglio della Dea, quell’energia prepotente e magnetica che l’aveva travolta. Cercò di comprendere cosa potesse significare vivere per Akoya, il suo rapporto con l’acqua, con il fuoco, con il vento, con la terra.

Camminò fra i cespugli, il ticchettare della pioggia che l’accompagnava, il volto all’insù e lo sguardo assente. Si inginocchiò, macchiandosi i pantaloni e affondò le mani nel fango morbido.

Per Akoya cosa rappresenta la terra? E il fuoco?

Sollevò la testa di scatto quando il vento fece stormire i rami intorno a lei e la pioggia bagnò di nuovo il suo volto.

E il vento? E l’acqua?

Si alzò, tutti i sensi concentrati ad assorbire lo spazio intorno a lei e camminò fino alla piazza centrale lasciando che la pioggia la inzuppasse completamente.

Il giovane sotto l’ombrello vide la ragazza vicino alla fontana. Si era preoccupato per lei, così era uscito dagli studi di prova portando un secondo ombrello con sé. Sorrise ma restò immobile per non disturbarla e quell’esitazione gli permise di assistere ad una scena davvero inusuale. Ma quello lì è...

L’uomo poco distante, in piedi, immobile sotto la pioggia anche lui, osservava la ragazza in silenzio. Dopo l’incontro con Kuronuma, l’unica cosa che aveva voluto fare era incontrarla. Voleva vedere coi suoi occhi quanto fosse in difficoltà, quanto il confronto con Ayumi l’avesse piegata. Erano passati cinque giorni dal loro incontro al ristorante e le sue ultime parole lo avevano convinto a starle lontano il più possibile. Le probabilità di vederla insieme a Sakurakoji erano troppo alte e non era più disposto a vivere in quel modo.

Eppure, ora che ti vedo davanti a me, bagnata fradicia, il naso all’insù, le mani sollevate ad accogliere l’acqua, mi rendo conto di quanto siano vani i miei propositi… Non importa dove tu sia o chi sia con te, io ti porto sempre con me…

Agganciò la giacca con un dito e ruotò il polso fino ad appoggiarsela sulla spalla. Non gli interessava che la pioggia lo avesse completamente bagnato, avanzò lentamente, sapeva che quando lei l’avrebbe visto, la pace che aleggiava ora sul suo volto sarebbe scomparsa.

Maya riabbassò la testa, dopo essere stata immobile sotto l’acqua per un tempo indefinito. Aprì gli occhi e lo vide. La sua mente, confusa, arrabbiata, piena di riferimenti della Dea Scarlatta, si svuotò all’improvviso, diventando come una tela bianca da pittore.

Signor Hayami!

Rimase ferma in quella posizione, con l’acqua che le scorreva addosso in minuscoli rivoli fino a terra, il cuore che prese a battere all’impazzata. Ogni volta… ogni volta che lo vedo… io…

- Che piacere rivederla, ragazzina - la salutò lui col solito tono di scherno.

- Signor Hayami… - mormorò appena - Che cosa ci fa qui? Da quanto mi osserva? - a quel secondo pensiero arrossì e allo stesso tempo si infuriò.

- Ho fatto due chiacchiere con il suo regista - la informò ignorando le sue domande precedenti - E sono venuto a trovarla -

- Il signor Kuronuma? - Maya non avrebbe saputo spiegarsi per quale motivo i due uomini si fossero incontrati.

- Sembra che lui abbia un’alta considerazione del suo talento, ma così non riuscirà ancora a battere Ayumi Himekawa - la provocò lui gioendo alla vista del lampo irato che le attraversò gli occhi.

- Q-Questo lo so da me! - urlò lei di rimando - Se è venuto per prendermi in giro, signor Hayami, può anche andarsene! - quanto è irritante! - Ce la sto mettendo tutta per cercare di trovare la mia Dea Scarlatta! - aggiunse e si rese conto che sembrava una giustificazione e infatti lui ne approfittò immediatamente.

- La sua Dea Scarlatta? - fece un altro passo avanti, alzando un sopracciglio - Che tipo di Dea Scarlatta è quella che sta cercando? - le domandò con voce tagliente, piena di sfida. Maya lo fissò spalancando gli occhi. Quell’uomo trovava sempre il modo di metterla alle strette.

- Per chi e per quale motivo vuole interpretare la Dea Scarlatta, ragazzina? - aggiunse fermandosi davanti a lei e fissandola con occhi roventi.

Maya lo guardò sollevando il volto, era completamente fradicio, esattamente come lei. Signor Hayami…

Perché, Maya, mi fissi spaventata senza rispondermi? Perché ogni volta devi avere una reazione diversa?!

Lasciando che la frustrazione avesse il sopravvento sull’autocontrollo, la afferrò per il polso e iniziò a trascinarla ignorando le sue grida di protesta.

- Venga! - sibilò uscendo dalla piazza e dirigendosi al ponte pedonale sopra la strada.

Sakurakoji, stupito dall’atteggiamento del Presidente Hayami, completamente fradicio sotto la pioggia che trascinava Maya, li seguì salendo le scale del ponte.

- Dove vuole portarmi? Mi lasci! - Maya si divincolava, ma la sua presa ferrea le impediva di fuggire.

- Forza! Venga! - insisté lui continuando a tirarla su per le scale.

- Signor Hayami! - Maya si rese conto che ogni tentativo di fuga era impossibile. Lui aumentò il passo e lei faticava a stargli dietro, ma la sua presa salda le impedì di cadere. Raggiunsero il centro del ponte pedonale, la pioggia cadeva incessante e fitta, sotto le macchine passavano a centinaia nel traffico sostenuto.

Sakurakoji li osservò a distanza, sotto l’ombrello, curioso di scoprire cosa stessero facendo. Non aveva mai visto Masumi Hayami comportarsi in quel modo, solitamente era sempre rigido e composto. Lo vide appoggiare la giacca sulla balaustra di ferro e lasciare il polso di Maya che si piegò appoggiando le mani sui ginocchi, ansimando per la corsa che le aveva fatto fare.

- Guardi - esordì Masumi sollevando lo sguardo agli alti palazzi che fiancheggiavano la strada - Questo è il mondo in cui viviamo. Riuscirebbe a recitare la Dea Scarlatta proprio qui? -

- Qui? - Maya osservò il suo profilo, ancora una volta aveva agito in modo del tutto imprevedibile. Ogni volta che lo incontrava si comportava in modo diverso. Dovrei recitare la Dea Scarlatta qui? Perché, signor Hayami?

- Sì, qui - ribadì lui girandosi a guardarla - Mi accontento delle battute di Akoya, me le faccia ascoltare - le chiese addolcendo il tono della voce.

Maya si sentì trafitta da quello sguardo penetrante, esattamente come la prima volta che aveva incontrato i suoi occhi sulla scalinata del teatro mentre cercava il suo posto. Cosa vuole da me ogni volta…? Le sue sfide mi lacerano e sfiniscono… ma non mi tiro indietro!

Distolse lo sguardo da quegli azzurri che la fissavano, altrimenti non sarebbe stata capace neanche di aprire bocca e si concentrò.

- Per sapere del cielo, invece, basta chiederlo al dio drago - disse impostando la giusta voce e Masumi sussultò - Che faccia bel tempo o diventi nuvoloso, dipende dal suo umore, per le risaie basta chiedere al dio della terra. Se gli chiedi quale terra è adatta a quale pianta, lui te lo insegna - ci mise tutto il suo impegno, soprattutto perché recitava davanti a lui, perché lui gliel’aveva chiesto, ma c’era qualcosa che non andava.

Ragazzina… il tuo volto cambia ogni volta che pronunci una battuta...  non hai ancora trovato la tua Dea Scarlatta… e non sei convincente, lo senti anche tu, vero?

- Il bisbiglio della terra, la voce del vento, anche l’acqua ha un cuore - disse e Sakurakoji la vide sollevare le mani ad accogliere la pioggia - A cosa servono le parole degli uomini? Accordi il tuo cuore ai sentimenti del vento, ai pensieri della terra e all’anima dell’acqua… - si interruppe mentre la delusione le chiudeva la bocca dello stomaco in una morsa ferrea.

- Non ci riesco… - sussurrò abbassando lo sguardo - Non ce la faccio, signor Hayami - gli confessò dispiaciuta senza riuscire a guardarlo - Mi dispiace -

Masumi osservò il suo profilo abbattuto, gli occhi spalancati e stupiti che fissavano a terra. Non era la prima volta che falliva una recitazione, eppure sembrava inconsolabile. La voglia di stringerla a sé era così forte che si girò verso la balaustra e l’afferrò con entrambe le mani.

- Io… per chi e per quale motivo ho voluto mettere in scena la Dea Scarlatta? - ripeté la stessa domanda che aveva fatto a lei rivolgendola a sé stesso e cercando di dare un senso a ciò che voleva comunicarle - Anch’io sono uguale a lei - proseguì - Finalmente ora me ne sono accorto -

Cerco anche io l’autenticità della Dea Scarlatta!

Maya alzò lo sguardo osservando il suo profilo. Signor Hayami…

- Nessuno degli abitanti di questa metropoli crede nella Dea Scarlatta, non riescono a crederci… La Dea Scarlatta può esistere soltanto sul palcoscenico di un teatro. Una volta terminato lo spettacolo, svanisce come un sogno. L’animo e le parole della Dea Scarlatta non possono sopravvivere nel nostro mondo reale… -

Si girò verso di lei, catturando di nuovo il suo sguardo e ignorando la scintilla dolorosa che gli si accese in petto.

- Maya - lei trattenne il respiro per l’intensità del suo sguardo e all’udire il proprio nome - Mi faccia credere nella Dea Scarlatta - le chiese con voce dolce ma decisa.

Erano uno di fronte all’altra, completamente zuppi, eppure Maya riusciva a vedere solo l’azzurro dei suoi occhi e a sentire il suono della sua voce, tutte le altre forme e rumori erano svaniti.

- Mi mostri una Dea Scarlatta reale - insisté lui - In modo che io possa credere che lei esista veramente! A me e a tutti coloro che la guarderanno! -

Una Dea Scarlatta reale? Signor Hayami…

Maya aveva trattenuto il respiro fino alla fine di quella frase, diversa da qualsiasi altra lui le avesse mai rivolto.

- Chi ci riuscirà… - proseguì, ma venne interrotto da una voce pacata.

- Ehm… Vi ammalerete con questa pioggia… -

Sakurakoji aveva seguito il dialogo con attenzione e una strana sensazione l’aveva messo a disagio. C’era qualcosa nel tono della voce del signor Hayami e anche nel suo modo di muoversi, che lo avevano spinto e rivelarsi.

Masumi si voltò sapendo già chi avrebbe visto, il suo volto cambiò completamente espressione tornando quello freddo e controllato di sempre.

Quanto ancora riuscirò a celare i miei reali sentimenti? Nonostante ciò che lei mi ha detto… io non riesco a farmene una ragione e ogni volta che vedo questo ragazzo, io vorrei solo...

- Sakurakoji - lo salutò, troncando i suoi pensieri sconvenienti e tornando a guardare Maya - Volevo dirle solo questo. Scusi se l’ho disturbata durante le sue prove - concluse bruscamente riprendendo la giacca e posandosela sulla spalla.

Maya lo fissò con occhi spalancati mentre scendeva dalla parte opposta del ponte.

- Aspetti, signor Hayami! Prenda questo - Sakurakoji gli offrì l’ombrello. Masumi lo guardò un istante, poi guardò Maya e tornò su di lui.

- No, grazie - e allontanò l’ombrello con un colpetto della mano. L’idea che potessero stare insieme sotto un solo ombrello gli riempì l’animo di gelosia.

Sakurakoji spalancò gli occhi per la meraviglia al gesto di stizza con cui aveva rifiutato la sua offerta. Lo seguì con lo sguardo scendere la scalinata e quando tornò da Maya si rese conto che era completamente assorta, gli occhi spalancati, le mani unite al petto. Maya…

La giovane attrice fissava la schiena del signor Hayami che scendeva le scale in tutta tranquillità.

Come si può convincere qualcuno di qualcosa in cui non si crede veramente? Devo prima di tutto crederci io stessa! Però… nemmeno io… credo davvero nella Dea Scarlatta!

Yu la coprì con l’ombrello aperto restando in silenzio mentre lei sicuramente aveva la mente invasa da pensieri stimolati dalle parole del signor Hayami. Ma Maya lo stupì quando allontanò la sua mano con un colpo di mani esattamente come aveva fatto poco prima il Presidente della Daito.

- Maya… - sussurrò lui, ma lei sollevò le mani, lo sguardo perso nel cielo.

La pioggia… è l’acqua che fa crescere le piante! L’acqua donata dal cielo per far prosperare la vita! E’ il dio Ryujin che governa l’acqua! Com’è lo stato d’animo di Akoya mentre attinge acqua al torrente dove lui dimora?

- Grazie! - esclamò la voce di un bambino che passava con la madre sul ponte. Maya si girò di scatto e lo vide bere avidamente da una bottiglietta.

- Non devi bere troppo - lo rimproverò dolcemente la donna.

- Avevo tanta sete! - si giustificò il bambino, rendendo la bottiglia alla madre.

Maya si voltò folgorata per quella banale rivelazione.

Grazie?! Sì! Nei confronti del dio Ryujin che governa l’acqua! Oh! Sarà sicuramente quello lo stato d’animo di Akoya! Anche quando coglie le piante… lei prova sicuramente questo! Allora… cambia tutto! I suoi movimenti! L’espressione! Forse… posso riuscire ad interpretarla! Una Dea Scarlatta reale!


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Capitolo 33
*** Il dono degli Dei ***


Ultima revisione: dicembre 2015

 

33. Il dono degli Dei



Il giorno seguente Maya tornò di nuovo in quel parco. La pioggia era cessata e i sentieri accessibili a piedi in mezzo agli alberi erano tutti fangosi. Le gocce che cadevano dalle foglie creavano una sinfonia naturale che faceva rilassare. Si appoggiò con la schiena ad un tronco e chiuse gli occhi. C’era grande silenzio, ovvero la natura parlava, ma non c’erano altri esseri umani intorno a lei.

Riaprì gli occhi e lasciò lo sguardo vagare intorno. Inizialmente non aveva una meta, poi si trovò inspiegabilmente a cercare una figura specifica. Quando si rese conto di ciò che stava facendo arrossì e abbassò lo sguardo.

Non so perché sia venuto ieri, nonostante ciò che gli dissi quella sera al ristorante… ma oggi non ci sarà, quindi perché lo cerco? Gli interessano i diritti della Dea Scarlatta al punto che potrei dirgli qualsiasi cosa e lui tornerebbe comunque a rivolgermi la parola? Chissà con quanta gente è abituato a trattare… se dovessi vincere io… come potrò tenergli testa? Come potrò proteggere il lascito della signora e del suo maestro? Io… non posso proprio permettere che cadano nelle sue mani… Signor Hayami… mi dispiace… ma proprio non posso… avete reso un inferno la vita della signora Tsukikage… lei non vuole che voi abbiate i diritti e io… io la capisco! Se dovessi ottenerli, io li proteggerò!

Si tolse le scarpe, svuotò la mente da quei pensieri angoscianti che non l’avrebbero portata da nessuna parte, e si concentrò.

Il fango era morbido e tiepido per il sole che splendeva alto in cielo quando ci mise i piedi sopra.

Cammino… sono nella valle dei susini e sono Akoya…

Cercò di astrarsi il più possibile e di sentire tutto ciò che la circondava come aveva fatto mentre era a Nara.

Ma Maya non era sola. Qualcuno, nascosto fra i cespugli, la fotografò mentre si muoveva come un fantasma fra i sentieri, parlava agli alberi, toccava il fango, cadeva rovinosamente per evitare di schiacciare un insetto e si sporcava. Come molto tempo prima Masumi Hayami l’aveva avvertita, il mondo dello spettacolo era pericoloso e bisognava sempre stare in guardia.

- Meno male che non ti ho schiacciato - mormorò mettendosi in ginocchio.

Gli insetti e anche l’erba… sono vivi! E’ la terra che fa crescere la vita… Anche le piante che Akoya coglie… hanno vita… anche loro provano dolore…

Si rese conto di avere uno stelo sotto i ginocchi così si spostò.

Perdonami piantina…

E la tirò su con le mani cercando di rimetterla diritta. Si guardò le mani, i pantaloni e ridacchiò rendendosi conto di quanto fosse sporca. Si alzò e si diresse al bagno pubblico del parco che aveva incontrato, ma quando aprì il rubinetto esterno non uscì niente.

- L’acquedotto è rotto - la voce di un uomo anziano la fece sussultare e si girò di scatto incontrando un volto sorridente e benevolo - Non si possono usare neanche i bagni, oggi - aggiunse - Potresti provare a chiedere al tempio più avanti - le suggerì.

- Ah, sì, grazie! - corse rapidamente e poco più avanti incontrò il piccolo tempio di cui le aveva parlato lo sconosciuto.

L’inserviente le concesse di usare, in via eccezionale, l’acqua della fontana per lavarsi, che normalmente serviva per purificarsi prima di pregare. Quando Maya si avvicinò rimase sorpresa scoprendo la forma del rubinetto da cui usciva l’acqua: era un bellissimo drago di metallo con le fauci spalancate e gli artigli che penetravano nella roccia.

- Mi scusi… ma questo… - iniziò, rivolta al bonzo.

- E’ Ryujin, la divinità dell’acqua - terminò lui, sicuro di quale sarebbe stata la domanda - L’acqua scaturisce dalla sua bocca, vedi? - le disse, indicandolo - All’interno del corpo del dio Ryujin si crea l’acqua che viene donata a tutte le creature. Anche il serpente è considerato sin dall’antichità una divinità protettrice dell’acqua - spiegò pacatamente - “Rubinetto” nella nostra lingua si scrive con gli ideogrammi che indicano “bocca del serpente”, no? - le fece notare e Maya sussultò - La sua bocca è proprio come quella del drago in questa fontanella -

La giovane spostò lo sguardo constatando la verità. Il rubinetto è la bocca del serpente!

- L’acqua è, per così dire, uno dei doni ricevuti dagli dei! Gli antichi vedevano nella natura qualcosa di sacro, al contrario degli uomini di oggi… - proseguì l’uomo con un sospiro malinconico.

Un dono degli dei…! Allora non sbagliavo quando ho interpretato l’acqua nella valle dei susini! Ciò che rappresenta per Akoya… ciò che lei prova mentre attinge al torrente è… GRATITUDINE! Sì, è sicuramente così! Come il ragazzino ieri!

Si lavò, ringraziò il bonzo e tornò all’interno del parco per continuare la sua ricerca di Akoya.



Quella sera, mentre Rei stava leggendo il suo prossimo copione, improvvisamente la luce si spense. Si girò di scatto e vide Maya con una candela in mano. Era appoggiata allo stipite della porta della cucina e fissava la fiamma con sguardo assente. Sembra un fantasma...

- Maya! Io stavo leggendo il copione! - ma l’amica non dette segno di averla sentita - Hai ricominciato con le tue stranezze, eh? E’ davvero dura vivere con te, sai? - si lamentò, però la guardò con un sorriso. Almeno hai smesso di piangere… qualsiasi cosa sia accaduta sembra che il tuo cuore sia più leggero e che tu riesca a concentrarti sulla Dea Scarlatta…

Maya fissava la fiamma debole, si muoveva senza un disegno preciso, bruciava e basta.

Il fuoco per Akoya… emana calore… Il fuoco è fondamentale per la nostra esistenza! Il fuoco è prezioso come un tesoro per Akoya! Ma allora… il mondo di Akoya esiste anche nella nostra vita di tutti i giorni! Basta cambiare leggermente il proprio punto di vista! Posso trovare il mondo di Akoya davanti ai miei occhi in qualsiasi momento! La terra, l’acqua, il fuoco…

Quella riflessione profonda le fece scattare un altro meccanismo che le tolse il respiro quando giunse alla sua conclusione. Si rese conto che  il processo vitale di una pianta derivava dalla terra, che per crescere si nutriva di altra vita. Gli uomini, a loro volta, mangiavano e significava prendersi la vita altrui. Anche per vestirsi e ottenere i tessuti era necessario ottenere la vita dai bachi, per costruire le case si tagliavano gli alberi. Tutte le vite prese concorrevano a tenere in vita altre vite. Così, quando Akoya raccoglieva le erbe al ruscello, si prendeva la vita della piantina ringraziando la terra per il dono e quando attingeva acqua chiedeva il permesso di prenderla al dio Ryujin.

E’ prendendosi altra vita che si può vivere!

- Maya… - la chiamò Rei sussurrando sentendola borbottare fra sé. L’amica si voltò lentamente, smettendo di fissare la fiamma debole della candela. Il suo volto era radioso e consapevole tanto che Rei sussultò.

- Ti senti bene, Maya? - si avvicinò inginocchiandosi accanto a lei e mettendole una mano sulla spalla.

- Sì, Rei, sto bene - annuì Maya con voce dolce - Sai, Rei? Potrò interpretare una Dea Scarlatta reale… L’ho trovata Rei, proprio come mi ha detto il signor Hayami... - sembrava completamente assorta, come se in realtà non stesse parlando con lei.

- Il signor Hayami? Quando lo hai incontrato? - le chiese lentamente, mentre fissava con occhi spalancati il suo volto radioso. Maya ma… a cosa stai pensando? Sei qui con me?

- Ieri, al parco, sotto la pioggia… proprio come nella valle dei susini… ma quello era solo un sogno… - mormorò a voce così bassa che Rei temette di aver capito male.

Ieri? E nella valle? Oh Maya! Ma cos’è accaduto? La signorina Mizuki non mi ha ancora chiamato… chissà se riuscirà a scoprire qualcosa… domani devo farle sapere che si sono incontrati di nuovo…

- Maya, perché non vai a letto? E’ tardi - le suggerì. Lei spense la candela e il buio calò nella stanza. Sentì i passi lievi che si dirigevano verso la camera da letto, sospirò, si alzò, riaccese la luce e tornò a studiare il suo copione.



La mattina seguente Maya si recò nuovamente al Kid dopo i due giorni trascorsi a cercare la sua Akoya. Kuronuma la fece provare immediatamente nella scena dell’incontro fra Akoya e Isshin, mentre raccoglieva le erbe al ruscello.

Quando Maya si fece largo fra gli altri attori per raggiungere il centro della sala dove c’era anche Yu ad attenderla, tutti si resero conto di come il suo sguardo, la sua espressione e la sua postura fossero diverse. Era a piedi scalzi, il suo incedere era umile, attenta a ciò che stava calpestando, finché non raggiunse il fiume.

Kuronuma la fissava compiaciuto e quando udì le prime battute di Akoya annuì soddisfatto. Kitajima… ti sono bastati due giorni…

Akoya spiegò pazientemente a Isshin come conoscesse tante cose sulle piante per fare i medicinali e lui pose altre domande. L’affiatamento e la sintonia fra i due attori era evidente a tutti quelli che stavano osservando la scena.

- Riesci a conversare con la natura - comprese infine Isshin dopo i numerosi esempi riportati da Akoya - Sei veramente una donna misteriosa - le disse inginocchiandosi accanto a lei.

- E a te, amico mio? Faccio paura? - gli chiese lei distogliendo lo sguardo preoccupata.

- No, sono solo sorpreso - rispose Isshin con fermezza - Di qualsiasi cosa si tratti, sei sempre Akoya e io ti adoro - l’attirò verso di sé abbracciandola dolcemente - Come ci sono donne particolarmente abili nel tessere, tu sei brava a parlare con gli alberi, gli uccelli, il vento e il drago - le rivelò semplicemente catturando il suo sguardo.

- Caro... - mormorò Akoya con un’espressione dolcissima che fece arrossire molti degli attori.

- Basta così! - gridò Kuronuma - Kitajima! Il tuo non è amore! Si percepisce la simpatia che lei prova nei confronti di Isshin, ma manca la passione! - e picchiò il copione arrotolato nel palmo della mano - La tua Akoya non sembra innamorata di lui! -

Maya lo fissò mentre il cuore prese a batterle freneticamente.

- Ascolta bene… Isshin è l’unica persona al mondo che può completarla! E’ l’amore per il quale mette in gioco la sua vita, poiché se perdesse il suo partner potrebbe anche morire! Lei è pura, sincera, appassionata e lo ama con tutta sé stessa! Questo è l’amore di Akoya, ma dalla tua espressione non emerge! -

L’espressione di Akoya che ama il suo Isshin con anima e corpo… l’amore per il quale mette in gioco la propria vita! Di che tipo di espressione si tratta? Io non...

Il regista uscì dalla sala lasciandola alle sue riflessioni, seguito dal suo aiutante.

- Signor Kuronuma, a Sakurakoji non dice niente? - gli domandò, meravigliato l’aiuto regista del fatto che non avesse ripreso anche l’attore.

- Non ne ha bisogno - gli rispose enigmatico - Quando quello di Akoya sarà un amore autentico e puro, anche il suo lo sarà… -

L’aiuto regista si fermò in mezzo al corridoio, incapace di replicare e in quel momento un attore entrò di corsa nella sala prove brandendo un giornale.

- E’ terribile! Guardate questo settimanale! - gridò, attirando l’attenzione di tutti e facendo rientrare anche il regista e il suo aiuto.

Qualcuno lesse ad alta voce l’articolo che metteva a confronto i progressi di Ayumi, aggraziata come una fata, con le foto di Maya nel parco che cadeva nel fango, in cui veniva etichettata come la “miserabile rivale” della Himekawa e veniva dato già per scontato l’esito dello spettacolo dimostrativo. L’articolo inoltre riportava la sua giornata al parco di divertimenti con Sakurakoji, con fotografie annesse e insinuava una storia d’amore che andava oltre il palcoscenico, mettendo in evidenza quando la Kitajima fosse frivola e inaffidabile.

Maya sentì il suo cuore raffreddarsi sempre più ad ogni parola. Kuronuma strappò la pagina dal settimanale imprecando a voce alta.

- C’è la Himekawa in televisione! - gridò una ragazza affacciandosi dalla porta della sala prove. Kuronuma, sbuffando, raggiunse la sala comune a passo rapido seguito da tutti gli attori proprio mentre la giornalista diceva ad Ayumi che erano giunte centomila richieste per assistere alla sua Dea Scarlatta.

Ayumi si disse onorata che ci fosse tanta gente che volesse vederla e che le fosse di grande incoraggiamento. Poi affermò che avrebbe affrontato lo spettacolo dimostrativo con la massima attenzione e che il fatto che la Dea fosse uno spirito divino richiedeva movenze ed espressioni particolari. Se fosse sembrata una mortale, lo spettacolo avrebbe perduto di significato.

Maya perse il resto dell’intervista, la mente offuscata dal suo muoversi leggiadro ed elegante che aveva visto nell’intervista di qualche giorno prima e di persona nella valle dei susini durante le prove.

Lei è completamente diversa da me… E’ proprio come  scritto sul settimanale… non posso lontanamente competere con Ayumi né per tecnica né per bravura…

- Vado a sciacquarmi la faccia… - mormorò come un automa. Yu la chiamò ma lei non rispose.

Entrò in bagno e si accasciò accanto al lavandino, lo sguardo vuoto, il cuore che bruciava di vergogna e paura.

La rivale miserabile… miserabile! Ora come ora non posso minimamente competere con Ayumi… nonostante pensassi di averla finalmente raggiunta, lei è andata ancora molto più avanti di me! In un luogo lontano, per me irraggiungibile! Lei è salita ancora più in alto, dove io non posso andare!

Si appoggiò al lavandino e pianse sommessamente. Si sentiva sola in quella lotta impari. Non aveva nessuno con cui sfogarsi, era costretta a tenersi tutto dentro e la cosa che la devastava più di ogni altra era il fatto che qualunque cosa facesse, non avrebbe mai avuto il tempo necessario per raggiungere Ayumi, figurarsi vincere la sfida...



Il sole scaldava tiepidamente quel freddo autunno che stava volgendo all’inverno. Il cielo di Tokyo era lattiginoso, niente a che vedere con quello terso della valle dei susini. Il caffè dove stava attendendo aveva dei tavolini esterni riscaldati da lampade a calore così, invece che restare all’interno, si era seduto fuori. Sapeva che squalo fosse Onodera, ma era riuscito a far mandare in onda due servizi su Ayumi senza contare la quantità di articoli pubblicati in quei giorni, fino a quello della mattina.

Mizuki aveva preso l’abitudine di fargli trovare in mezzo ai giornali che leggeva di solito al mattino anche quelli sui pettegolezzi dello spettacolo. E la sua segretaria non faceva mai le cose senza uno scopo. Di solito leggeva giornali con critiche serie, il gossip non gli interessava, ma quell’ultimo articolo era finito anche sulle pagine di due quotidiani molto quotati e metteva crudelmente a confronto Ayumi Himekawa e Maya Kitajima.

Cosa avrai pensato, ragazzina, leggendo quelle righe? La stessa rabbia e angoscia che ho provato io nel non poter fare niente e che ti spronerà a reagire, oppure ti sarai abbattuta?

- Buongiorno - la voce pacata del suo collaboratore lo riscosse dai suoi pensieri.

- Hijiri, siediti - lo salutò indicando la sedia di fronte alla sua - Caffè? - aggiunse.

- Sì, grazie - annuì togliendosi gli occhiali da sole e sfregandosi le mani.

- C’è il sole ma fa freddo - constatò, mentre Masumi fece cenno al cameriere.

- L’inverno sarà molto rigido - ammise lui sollevando gli occhi al cielo latteo.

- Perché hai voluto incontrarmi? - gli chiese dopo una lunga pausa di silenzio - Hai qualche informazione sui Takamiya? - aggiunse con tono neutro.

Hijiri lo fissò immobile, le mani, con le dita incrociate, appoggiate al tavolino. A volte proprio non riusciva a capacitarsi di come quell’uomo analitico e pragmatico potesse fallire in qualcosa di così basilare come i rapporti umani.

- No - rispose con calma Hijiri e Masumi sollevò un sopracciglio, attendendo che proseguisse. Sembri irritato, Hijiri… cosa succede?

- L’articolo - disse solo, chiarendo così il motivo dell’incontro.

- L’ho letto - ammise lui, rifiutando una telefonata che aveva fatto vibrare il suo cellulare. Lo appoggiò sul tavolino e si accese una sigaretta.

- E’ triste e abbattuta - aggiunse Hijiri e Masumi sollevò lo sguardo verso di lui, ma non commentò.

Il collaboratore rispettò il suo silenzio e non aggiunse altro. Poteva solo immaginare ciò che gli stesse passando per la testa in quel momento. Aveva pensato a lungo se riferirglielo o meno, poi, quando l’aveva vista piangere, aveva deciso.

Il cameriere portò il caffè e Masumi si alzò sistemandosi il cappotto.

- Non posso fare niente - gli comunicò in modo deciso, ma Hijiri si alzò, fissandolo freddamente, come se volesse dirgli qualcosa e si stesse trattenendo.

- Cosa c’è? - gli domandò sulla difensiva. Anche se il suo collaboratore restava in silenzio, l’accusa era insita nello sguardo duro.

- Lo sai come funziona! Non posso intromettermi, peggiorerei solo la situazione! - sibilò Masumi mantenendo la voce bassa, ma Hijiri non commentò e mantenne quell’aria fredda e composta, irritandolo ancora di più.

- Non dipende da me! Non posso aiutarla! - insisté ancora Masumi, come se si stesse giustificando, l’angoscia e la frustrazione che gli laceravano l’anima.

- Signor Masumi... - si decise infine a dire Hijiri - Lei sa bene che io eseguo tutto ciò che mi chiede e non mi sono mai intromesso, ma questa volta ritengo di dover fare un’eccezione - sospirò - Perché non le manda delle rose? -

Masumi sussultò e il suo sguardo si fece duro. Hijiri notò il cambiamento repentino e si pentì di aver parlato.

- Non posso… - disse semplicemente, stringendo i pugni e Hijiri sollevò un sopracciglio.

- Ma… - protestò il collaboratore e Masumi lo interruppe immediatamente facendo un passo verso di lui.

- Non le vuole! - sibilò - Quindi non dirmi mai più di mandargliele! - averlo detto a voce alta gli creò un vuoto in petto e un nodo in gola che gli impedì di proseguire.

- Non vuole… le rose? Perché? - mormorò Hijiri che, senza rendersene conto, aveva posto la domanda a voce alta.

Masumi lo fissò qualche istante e poi decise di riferirgli ciò che era avvenuto in quell’ultimo incontro che li aveva visti contrapposti.

- Mi ha restituito una rosa, vuole camminare da sola - si sistemò il bavero del cappotto e si voltò incamminandosi.

- Signor Masumi! - lo chiamò Hijiri, un velo triste ad adombrargli lo sguardo - Almeno vada a vederla! - gli suggerì. Forse, se la vedesse, si convincerebbe che ha bisogno del suo ammiratore...

Masumi non si voltò e proseguì per la sua strada.

Non vuole vedermi, non vuole incontrarmi… non vuole più le mie rose… però… avrebbe bisogno di un manager…

Hijiri osservò il suo capo camminare lentamente sul marciapiede, fino a raggiungere la macchina parcheggiata sulla destra. Entrò e partì, senza mai voltarsi indietro.

Signor Masumi… perché si affligge così? Possibile che non abbia mai pensato di dirle tutta la verità? L’affinità con il suo partner di scena è più intensa ogni giorno che passa… vuole davvero lasciarla a quel ragazzo?



Lo stesso sole che scaldava tiepidamente Tokyo, brillava intenso sulla valle dei susini. Quei giorni, con la sola compagnia di Genzo, le avevano permesso di riprendersi, ma si era resa conto di quanto le mancassero le due ragazze.

- Signora Chigusa, chissà come se la stanno cavando le due candidate…? - esordì Genzo mentre le preparava una tazza di tè - Le prove a cui si sono sottoposte su questa montagna… saranno state utili? -

- Genzo… - sospirò la signora - L’ho già detto una volta… la Dea Scarlatta è ormai dentro di loro! -

- Sì, ma… mi chiedo se siano riuscite a farla emergere… - e quando sentì la signora sorridere sollevò lo sguardo incuriosito.

- Il vento, il fuoco, l’acqua, la terra… tutte le prove a cui le ho sottoposte… quando recitarono quelle parti tutto era già definito, Genzo! Mi riferisco al tipo di Dea Scarlatta che avrebbero portato in scena… - gli spiegò e lui mostrò la sua espressione piena di meraviglia.

- Non aveva importanza il tipo di interpretazione… L’esercizio vero e proprio era il processo stesso! Facendo affrontare loro la natura attraverso i suoi quattro elementi volevo che imparassero a percepirli ed esprimerli. Dar loro la chiave per avvicinarsi alla Dea Scarlatta! - mormorò la signora Tsukikage accettando la tazza di tè che lui le porse.

- Allora… Lei ha già capito che tipo di Dea Scarlatta interpreteranno nello spettacolo dimostrativo? - domandò Genzo - E anche quale sarà il suo esito, vero? -

- Sì! - esclamò la signora stupendolo.

- Ho capito - annuì lui lentamente chinando la testa - Mi dispiace per Maya! -

- Per Maya? - Chigusa sollevò lo sguardo meravigliata - Che stai dicendo, Genzo? Nello spettacolo dimostrativo, sarà Maya quella ad essere in vantaggio! -

Genzo spalancò gli occhi per la sorpresa.

- Poveretta! Per come stanno le cose, Ayumi non riuscirà nemmeno ad eguagliarla! - esclamò la signora piena di orgoglio.

Signora Chigusa… che cosa vedono i suoi occhi, visto che un tempo lei era la Dea Scarlatta? Vede qualcosa che noi non riusciamo a vedere?

La signora si alzò, posando la tazza a terra, si appoggiò al bastone e raggiunse il patio esterno.

- Sembra che sia giunto il momento… Genzo… - sussurrò fra sé.

Era ora di tornare a Tokyo e vedere a che punto erano le sue allieve.



Erano trascorsi due giorni da quando aveva incontrato Hijiri. Perfino Mizuki gli aveva chiesto se andasse tutto bene, si rendeva conto che doveva sembrare un animale in gabbia. Era nervoso, il giorno precedente aveva anche stracciato e fatto rifare due comunicati stampa, che in realtà andavano bene e la seconda volta si era recato personalmente nella redazione facendo piombare tutti nel caos più assoluto ed esigendo un lavoro più dettagliato e accurato. Non amava perdere il controllo, perdeva anche la lucidità che gli serviva per quelle decisioni che, nella maggior parte dei casi, erano state fondamentali nella sua vita.

Ma le parole del suo collaboratore lo avevano completamente destabilizzato, credeva che sarebbe riuscito a controllare i suoi sentimenti, si era detto che lei non voleva che si intromettesse, era stata chiara, non voleva lui intorno, non voleva le sue rose. Anche se aveva solo vent’anni, non aveva esitato a dirgli ciò che pensava.

Non che negli anni precedenti si fosse risparmiata…

Sorrise a quel pensiero, appoggiato al fianco della sua auto parcheggiata poco distante dai Kid Studio. Si accese una sigaretta e attese con pazienza che lei uscisse. Alla fine aveva ceduto al suggerimento di Hijiri e voleva vedere con i suoi occhi come stesse. Guardò l’orologio, poi il cielo: era quasi buio. Le porte si aprirono e gli attori iniziarono a uscire. Sentì il cuore accelerare ed espirò tutto il fiato.

Sembro un ragazzino fuori dalla scuola che aspetta la sua amichetta…

Ridacchiò nervosamente, ma tenne lo sguardo fisso sulla piccola folla che si disperdeva. Poi la vide. Uscì fra gli ultimi, era insieme a Sakurakoji e la sua presenza gli fece corrugare la fronte e serrare i denti. I due giovani si fermarono sul marciapiede qualche metro dopo l’entrata. Lui le aveva chiesto qualcosa, forse di accompagnarla a casa, ma lei aveva negato con la testa e abbassato lo sguardo. E lui l’aveva abbracciata.

Masumi rimase con lo sguardo rovente su di loro, lei lasciò che quelle braccia la cingessero, sebbene fosse rimasta con le sue lungo i fianchi, ma quando la lasciò, Maya gli sorrise ringraziandolo e rassicurandolo. Sakurakoji rise per qualcosa che lei disse e si incamminarono in direzioni opposte. Il giovane si fermò ad un tratto e Masumi sussultò, credendo che sarebbe tornato indietro, invece la guardò di spalle, poi proseguì.

Questa è una situazione veramente assurda…

Attraversò la strada e la seguì, mescolandosi alla gente che affollava il marciapiede. Lei camminava in silenzio e gli ricordò dolorosamente quella prima volta che avevano mangiato insieme al fast food. L’attenzione di lei venne catturata da una televisione dentro un negozio di elettrodomestici che stava trasmettendo quell’intervista ad Ayumi Himekawa che spopolava su tutti i canali. Maya si fermò davanti al vetro, appoggiò una mano e fissò lo schermo.

Lui rimase a distanza, ma poteva vederla perfettamente. La sua piccola mano tremava un po’ e lo sguardo era fermo sulle immagini. Poi all’improvviso, da quegli occhi spalancati e immobili, scese una lacrima.

Ragazzina…

Il primo istinto fu quello di raggiungerla e fece anche un passo avanti, ma lei scacciò la lacrima col dorso della mano e riprese a camminare. Lui la seguì con il cuore in tumulto e la voglia di stringerla fra le braccia per dirle che sarebbe andato tutto bene. Accelerò il passo, scostando i passanti che gli si paravano davanti, senza perderla di vista e avvicinandosi, sempre più, sempre più, ancora qualche passo e l’avrebbe raggiunta.

Ma accadde una cosa inaspettata. Lei si fermò e lui fece altrettanto, il battito frenetico del suo cuore che gli rimbombava nelle orecchie. Gli ci volle un istante per riordinare le idee e capire cosa avesse interrotto così bruscamente la sua camminata.

Guardava un mazzo di rose scarlatte dentro un negozio di fiori. Avvicinò le dita al vetro e lo sfiorò come se avesse toccato i petali vellutati, sul suo volto si aprì un dolcissimo sorriso.

Quel gesto lo sconvolse più di qualsiasi altra cosa lei avesse mai detto o fatto. Maya lasciò scivolare le dita sul vetro riprendendo a camminare, con lo sguardo sulle rose, poi si girò e corse via.

Masumi rimase in quella posizione, poteva vederla zigzagare fra la gente. Mise lentamente la mano all’interno del soprabito, estrasse il cellulare, scelse un numero dalla rubrica e chiamò, continuando a seguirla con gli occhi spalancati. Appena la comunicazione venne stabilita non attese neanche che l’altra persona si presentasse.

- Portale un mazzo di rose. Domani. Ti farò avere un biglietto - disse e chiuse la telefonata. Dall’altra parte Hijiri scostò il telefono dall’orecchio, guardò il display alzando un sopracciglio e sorrise.

Masumi rimise il cellulare in tasca e la vide svoltare l’angolo, perdendola così di vista.

Probabilmente le rifiuterai, ma è l’unico modo che ho per comunicare con te…



Maya borbottava frasi incomprensibili camminando avanti e indietro nel lungo corridoio fra la sala prove e l’area comune. Leggeva frasi dal copione e tutti la evitavano quando era in quello stato. Kuronuma l’aveva buttata fuori, era l’unico che riuscisse a contenere le sue stranezze, consigliandole di stare un po’ da sola e darsi una calmata. Eppure le prove erano migliorate, con Sakurakoji andava tutto a meraviglia, non erano mai stati così vicini e in sintonia, la sua Dea stava prendendo forma, ma il regista insisteva ancora che il suo sguardo non era innamorato!

Ringhiò qualcosa e buttò il copione a terra, salvo chinarsi e raccoglierlo immediatamente quando il senso di colpa la colse.

- Maya! C’è un corriere per te! - gridò una delle ragazze della segreteria degli studi teatrali dal fondo del corridoio. Lei sollevò di scatto la testa e si incamminò chiedendosi chi fosse. Poi lo vide. Signor Hijiri!

- Vengo da parte del negozio di fiori Hanafusa. Ho una consegna per Maya Kitajima - le disse con un bellissimo sorriso.

- Sono… sono io, Maya Kitajima - balbettò lei, gli occhi fissi sul mazzo di rose scarlatte e il cuore che rullava come un tamburo. Santo cielo… non riesco a respirare...

- Firmi qui - aggiunse lui porgendole una ricevuta, che Maya meccanicamente firmò, poi le porse il mazzo di rose. Perché il signor Masumi mi ha detto che non voleva più le rose…? Questa non mi pare una reazione di rifiuto...

Con mani tremanti lo strinse al petto. L’idea di rifiutarli l’aveva sfiorata solo per un istante accantonata dal messaggio che le inviava il cervello da quando le aveva viste: le ha mandate lui, le ha mandate lui, le ha mandate lui. Come ho potuto credere che rinunciare alle sue rose avrebbe alleggerito il peso che porto dentro?

Prese il bigliettino e lo lesse con il cuore in gola.

“Ho atteso con impazienza e per lungo tempo la sua interpretazione della Dea Scarlatta. Tra non molto arriverà il giorno tanto atteso. Qualunque cosa dicano o scrivano sul suo conto, tenga sempre presente che io, più di chiunque altro, credo nel suo talento. La vedrò allo spettacolo dimostrativo. Il suo ammiratore”

Quelle parole riaprirono la lesione profonda che riprese a sanguinare senza sosta e che con tanta fatica stava cercando di chiudere. Non le poteva sembrare possibile che proprio lui avesse scritto quelle parole.

Come può sapere il mio stato d’animo? Non ci siamo mai incontrati in questi giorni… come può sapere quanto sia stata ferita dal confronto con Ayumi?!

Quel tormento lacerò del tutto la debole toppa che aveva messo sul suo cuore, le lacrime scesero dagli occhi serrati mentre stringeva le rose a sé in un gesto disperato.

Hijiri la osservò, impotente, mentre lei si struggeva, strinse i pugni lungo i fianchi e il suo istinto gli gridava di portarla via da lì, di abbracciarla e consolarla al posto di quell’uomo distante e assente che la stava lasciando andare.

Ma non fece niente di tutto ciò, abbassò lo sguardo per non vederla piangere, si girò e lasciò i Kid Studio.

Kuronuma era uscito dalla sala per richiamarla dentro e quando non l’aveva trovata, aveva raggiunto la hall, vedendola davanti al fioraio con un mazzo di rose scarlatte. Altre attrici pigolavano fra loro su quanto fossero belle quelle rose. Lui sorrise e incrociò le braccia al petto.

- Signor fioraio! Aspetti! - gridò Maya rincorrendo Hijiri.

Il collaboratore si fermò e si voltò sorridendo.

- Per favore… signor Hijiri - sussurrò lei ben attenta a non farsi sentire - Gli dica che lo ringrazio e che ho apprezzato molto le sue rose e... che vorrei incontrarlo al cavalcavia pedonale del parco Asahi domani pomeriggio - disse concitatamente e arrossendo.

Lui la guardò, le lacrime bagnavano ancora i suoi bellissimi occhi luminosi.

- Lo sa che è sempre molto occupato, lui non… - iniziò Hijiri senza comprendere cosa significasse quella richiesta e perché gliela stesse facendo in modo così accorato.

Ma Maya lo interruppe.

- Non importa! Gli dica che io sarò lì da mezzogiorno e che venga quando gli farà più comodo! Io l’aspetterò - le sue guance si fecero ancor più arrossate.

Hijiri rimase affascinato da quel sorriso raggiante che, mescolato a quelle lacrime, poteva avere una sola, incredibile, spiegazione.

No… mi sbaglio di sicuro… non sono bravo in queste cose… non può essere ciò che immagino…

- E va bene, gli riferirò il suo messaggio - acconsentì annuendo lentamente con la testa.

Lei lo guardò andarsene col furgoncino del fioraio, domandandosi cosa facesse esattamente il signor Hijiri per Masumi Hayami.

Nonostante tutto quello che le ho detto in quel ristorante, lei mi ha comunque mandato le rose, si è preoccupato per me, deve aver letto quegli articoli… e probabilmente, proprio a causa di ciò che le ho detto lei non verrà all’appuntamento, vero? Perché di nuovo le rose? Non mi ha ascoltato? Può regalarmene a migliaia, ma io non le cederò i diritti della Dea Scarlatta se dovessi vincere! Se lei verrà, io glielo dirò, signor Hayami... questa volta le dirò che le sue attenzioni mi fanno piacere, ma che non avrà da me ciò che vuole… quindi può anche smetterla di preoccuparsi per l’attrice Maya Kitajima!

Venne colpita da un pensiero improvviso. Se dovesse sapere ciò che provo per lui… sicuramente riderebbe di me e poi… poi farebbe leva su quello per la Dea Scarlatta! Non deve! Non dovrà mai sapere! Posso tenerlo dentro di me! Posso! Reciterò la mia parte! Sarò la Maya Kitajima di sempre!

Abbassò la testa, affondandola nelle rose e permettendo al suo cuore, nascosto in petto e invisibile a tutti, di piangere sangue, come in quel momento i suoi occhi piangevano lacrime amare.

Come vorrei non aver ascoltato quella conversazione!



Masumi chiuse la telefonata fissando lo schermo. Hijiri gli aveva chiesto di incontrarlo quella sera e non aveva voluto anticipargli niente, solo che riguardava Maya.

Se ha rifiutato le rose potevi semplicemente dirmelo…

Lasciò scivolare il cellulare sulla scrivania e si tirò i capelli indietro appoggiandosi allo schienale. Era consapevole che quella situazione assurda gli stava sfuggendo di mano, ma non sapeva come poterla sistemare. Non riusciva a comprendere perché lei si fosse così allontanata.

Eppure… da quando le ho rivelato di essere l’ammiratore… lei sembrava diversa… e poi nella valle dei susini… quella notte sotto le stelle in cui è stata accanto a me senza allontanarmi… le prove a cui ho assistito… il tempo che abbiamo trascorso in quel tempio sotto il temporale e… e poi quel sogno a occhi aperti… probabilmente quel luogo così intriso di storia e magia ha creato solo una bella illusione…

Si alzò, si accese una sigaretta e raggiunse la vetrata da cui poteva guardare Tokyo. Era primo pomeriggio, il cielo era ancora offuscato e il sole nascosto. Soffiò fuori il fumo apprezzando quel breve dolore nei polmoni per il calore inalato.

Un deciso bussare lo distolse dai suoi pensieri e ad un suo assenso Mizuki entrò silenziosamente richiudendo la porta. Lui non si voltò neanche, la sentì appoggiare qualcosa sulla scrivania e fare qualche passo verso di lui.

- Signor Hayami - lo salutò con un lieve inchino - Le ho lasciato la scaletta di domani, si ricordi la riunione delle dodici - gli comunicò con la professionalità di sempre.

- Grazie, Mizuki - si sarebbe aspettato che lei uscisse, invece gli fece un’altra domanda.

- Come sta suo padre? - gli chiese con tono neutro.

Masumi si girò lentamente, era una domanda lecita, in fondo era stata la sua segretaria per anni prima che la cedesse a lui.

- Bene, la ringrazio per la sua premura - le rispose con un sorriso appena accennato. Mizuki sbatté le palpebre per quell’insolita espressione e si accinse a fare qualcosa che non aveva mai fatto prima con il suo capo.

- La sera che è voluto venire qui, devo essere sincera, sono stata in apprensione - gli confessò abbassando lo sguardo e unendo le mani in grembo, in una posizione dimessa e imbarazzata.

Masumi sollevò un sopracciglio. Mizuki in apprensione? Davvero?

- Sa com’è fatto mio padre, probabilmente meglio di me - ammise lui tornando a guardare Tokyo. Mizuki fece qualche passo avanti, i suoi tacchetti affondarono nella moquette blu.

- E’ stato imprudente - continuò lei, sempre tenendo lo sguardo basso. Se non adotto questo sistema, mi caccerà fuori… così invece posso incuriosirlo…

Masumi si girò di nuovo. Perché aveva quel tono? Sembrava realmente preoccupata per suo padre.

- Ho atteso a lungo che uscisse dal suo ufficio - ora che aveva la sua attenzione poteva proseguire - Avrei voluto occuparmi personalmente del suo rientro a casa - provò a far leva su una sua inesistente mancanza e funzionò.

- Non deve darsi pena, Mizuki, lei non ha alcuna responsabilità se mio padre non ascolta nessuno - sbuffò lui quasi imbarazzato - Mi ha tenuto qui fino a tardi... - aggiunse tornando a fissare lo skyline di Tokyo.

- Ha avuto la determinazione di parlare di affari dopo un lungo viaggio e non al massimo della sua forma - insisté Mizuki sulla scia delle sue parole - Avevo dimenticato la sua forza - ammise sempre con quel tono dimesso che infastidì Masumi.

La tua segretaria sembra avere ancora grande devozione verso di te, padre…

- Affari… - mormorò seccato - Quando si tratta della “Dea Scarlatta” è capace di qualsiasi cosa - aggiunse con un sorriso teso.

- Ancora quei diritti… - aggiunse Saeko in un sussurro lieve, come se fosse dispiaciuta. Hanno parlato della Dea Scarlatta! Sono sicura che Maya abbia sentito qualcosa… ma il signor Masumi non mi dirà cosa si sono detti…

- Sì - rispose lui quasi soffiando fuori quell’affermazione.

Mizuki sospirò, fece un lieve inchino e si apprestò ad uscire.

- Mizuki? - la chiamò facendola sussultare. La segretaria si fermò e voltandosi incontrò i suoi occhi azzurri che la fissavano.

- Sì, signore? -

- Tornerebbe a lavorare per mio padre? - le chiese con tono indecifrabile. Sembrò soppesare la risposta per qualche secondo, poi glielo disse.

- No - rispose candidamente.

Masumi la guardò ancora un attimo, poi la congedò e lei uscì in silenzio.

Una volta fuori dalla porta, Mizuki si appoggiò alle ante di legno con le mani dietro la schiena. Che tensione! Quell’uomo mi mette ancora soggezione… è già tanto che mi abbia risposto… ora ho un solo modo per scoprire qualcosa di più…

Si sedette alla scrivania e compose il numero privato di Eisuke Hayami.



Il silenzio era opprimente nel piccolo salotto del piano terra che dava sul giardino. Hijiri gli aveva riportato la reazione di Maya alle sue rose e la richiesta di incontrarlo l’indomani su quel cavalcavia dove le aveva suggerito di interpretare una Dea Scarlatta reale. Aveva cercato di riportare il fatto così com’era, senza farcirlo delle sue inadeguate e indubbiamente non volute considerazioni. Era quasi sicuro di ciò che aveva visto negli occhi e nell’espressione di Maya, ma dargli una speranza del genere in quel frangente specifico sarebbe stato quanto mai inopportuno, soprattutto se poi si fosse rivelata falsa.

Erano trascorsi più di cinque minuti e Masumi continuava a fissare il grande salice del giardino oltre le vetrate trasparenti. Aveva abbandonato gli abiti da ufficio, ma come si conveniva ad uno della sua classe sociale, indossava abiti sobri ma eleganti, adatti ad una cena informale in una famiglia come gli Hayami. Non aveva mai visto Masumi indossare qualcosa di diverso dai completi firmati o da quegli abiti classici e costosi, fin da quando erano ragazzini.

Stava ancora aspettando la sua risposta all’ultima domanda che gli aveva posto.

“Andrà all’appuntamento?” non sapeva perché gliel’avesse chiesto, di solito non si intrometteva nelle sue decisioni, ma non riusciva a cancellare dalla memoria gli occhi di lei e la sua reazione, incise come le parole di ringraziamento che aveva sempre per lui.

- No - quando Masumi parlò, infrangendo il silenzio e rispondendo alla sua domanda, lui si riscosse e serrò i denti. Per la prima volta da quando lo conosceva, Hijiri ebbe una reazione alle parole del suo capo.

- Avrebbe dovuto vederla - insisté lui, non riusciva a credere che gli ci fossero voluti cinque minuti per liquidarla con un ‘no’ secco.

Masumi si voltò lentamente e terminò il movimento fissandolo diritto negli occhi.

- Sei tu che non hai visto la sua espressione quando mi ha parlato l’ultima volta - replicò lui con voce fredda - E’ stata sincera come sempre, mi ha detto ciò che pensava, che era riconoscente per come l’avevo aiutata, ma che non avrebbe mai potuto darmi i diritti della “Dea Scarlatta” e ha rifiutato la mia rosa -

Hijiri lo fissò immobile, ciò che gli aveva appena detto non somigliava per niente all’atteggiamento che solitamente Maya aveva nei confronti del suo ammiratore. Deve essere accaduto qualcosa…

- I diritti... - soppesò il collaboratore incerto della reazione di Masumi alle sue parole inopportune.

- L’ha ripetuto due volte… - mormorò lui appoggiandosi al tavolo - Se mi presentassi inveirebbe ancora contro di me e non ho alcuna voglia di ascoltare di nuovo quanto ami Sakurakoji e del fatto che voglia legarsi a lui -

L’uomo ombra rimase scioccato senza che alcuna espressione tradisse il suo reale stato d’animo. Sembra aver rinunciato, signor Hayami… vuole davvero lasciarla andare?

- Sakurakoji? - quella storia era sempre più contorta. Ecco perché si era fatto ancora più silenzioso del solito.

Masumi non approfondì ulteriormente e si accese una sigaretta.

- Ti contatterò nei prossimi giorni, grazie, Hijiri - lo congedò, voltandosi verso il giardino.

Il collaboratore, che stava per replicare nuovamente, chiuse la bocca e fece un lieve inchino, uscendo dalla stanza.

 Perché questa volta hai accettato le mie rose? Io… non riuscirò mai a capirti, Maya…

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Capitolo 34
*** Un bacio d'amore ***


Ultima revisione: dicembre 2015

 

34. Un bacio d’amore



Maya aveva raggiunto il cavalcavia alle dodici in punto, adducendo una scusa qualsiasi a Kuronuma e a Sakurakoji. Teneva fra le braccia il bellissimo mazzo di rose che le aveva consegnato il signor Hijiri il giorno prima.

So che non devo aspettarmi che lui venga… in fondo questo invito va contro a tutto ciò che gli ho detto quella sera al ristorante… chissà cosa penserà di me… il nostro divario d’età è troppo grande… per questo non posso sperare che lui ricambi ciò che provo, ma… le sue rose sono l’unico incoraggiamento che ho… anche se me le regala con uno scopo, posso accettarle ugualmente e difendermi allo stesso tempo…

Osservò il traffico intenso che scorreva nell’ampia strada a doppio senso sotto il ponte. Tirava un debole vento fresco e affondò il volto nelle rose fra i petali vellutati per ripararsi. Il loro profumo le alleggerì immediatamente l’anima e allo stesso tempo fece uscire le lacrime all’improvviso, incontrollate.

Perché continuo a mentirmi in questo modo? Voglio continuare a incontrarlo come facevamo prima, voglio le sue rose, voglio che mi parli ancora della Daito Art con quell’affetto nella voce e vorrei tanto non aver origliato! Perché tutto questo doveva avere un secondo fine? Ma cosa ti aspettavi, Maya? Che un uomo come lui potesse affezionarsi a te? Solo nelle favole… Potrò tenere nascosto tutto quello che provo? Sarò capace di recitare accanto a Yu e magari accettare il suo amore? Mi piaceva, un tempo… ed è sempre così gentile, presente, premuroso! E quando siamo Akoya e Isshin, io lo sento così vicino!

Un sorriso gentile cambiò l’espressione addolorata del suo viso, ripensò alle parole che aveva detto al signor Hayami, a come aveva difeso Yu davanti a lui. Le era venuto spontaneo e l’aveva fatto di getto, senza pensarci.

Il tempo stava passando inesorabile, ma lei attendeva fiduciosa, se non fosse venuto, sarebbe tornata al Kid Studio senza farne una tragedia. Si appoggiò alla balaustra e non si accorse che due uomini la stavano osservando dal giardino dove cominciava il parco Asahi. Uno dei due tirò fuori una macchina fotografica e fece cenno all’altro.

A loro volta, i due non si accorsero che qualcuno li stava osservando. L’uomo nascosto comprese immediatamente la situazione e, come gli era stato ordinato, chiamò immediatamente il regista Kuronuma. Seguì un breve dialogo in cui lo informò che i due giornalisti, che avevano fotografato Maya al parco mentre cadeva nel fango e avevano scritto quell’articolo diffamante, la stavano pedinando ancora e il regista reagì prontamente, avvisandolo che sarebbe arrivato prima possibile.

- Andiamo, Sakurakoji! - gridò Kuronuma agitato - Credo che Maya possa trovarsi nei guai! Avevo fatto delle ricerche su quei giornalisti da strapazzo e la stanno ancora pedinando! E’ al cavalcavia del parco Asahi! - ringraziò la sua natura sospettosa che gli aveva fatto prendere la decisione giusta nel far seguire quei due loschi giornalisti.

Yu non rispose neanche, indossò la giacca e seguì il regista che uscì rapidamente dagli studio dirigendosi verso il parco poco distante.

- Salve! - esclamò uno dei due giornalisti che, nel frattempo, avevano raggiunto Maya sul cavalcavia - Lei è Maya Kitajima? -

Maya si voltò sorpresa e si trovò davanti due uomini, uno aveva una macchina fotografica mentre l’altro un taccuino. Giornalisti...

- Potrebbe concederci un’intervista? - le chiese il secondo con un sorriso affabile. Lei fece un passo indietro, in testa le rimbombavano tutti gli ammonimenti del signor Hayami, almeno a qualcosa i suoi commenti acidi erano serviti: quei due tizi non le piacevano affatto e dopo il recente articolo denigratorio non aveva alcuna intenzione di rilasciare interviste a degli sconosciuti. Magari sono stati proprio loro a scrivere quell’articolo...

- Che meraviglioso mazzo di rose! - notò l’uomo con la macchina fotografica - L’ha ricevuto da qualche fan? -

- E quello? E’ un biglietto? - incalzò il secondo avvicinandosi e cercando di prenderglielo.

- Non toccatelo! - gridò lei spostando di scatto il mazzo di rose che però venne raggiunto dal primo giornalista, il quale l’afferrò, togliendoglielo di mano.

- No! Smettetela! Ridatemelo! - urlò Maya, arrabbiata e spaventata.

- Se ci fa vedere il bigliettino le ridiamo i fiori! - esclamò quello col taccuino con un ghigno crudele.

Non troppo distanti, Kuronuma e Sakurakoji stavano attraversando di corsa il parco e presto l’avrebbero vista, ma non erano gli unici ad andare verso quel cavalcavia.

Masumi Hayami, uscito alle tre dalla riunione delle dodici che Mizuki gli aveva prontamente ricordato il giorno prima, aveva d’improvviso deciso di partecipare all’inaugurazione del centro d’arte “Atene” al posto del suo sostituto che presenziava di solito a questi eventi che non gli interessavano. La segretaria si era stupita per quella strana modifica al planning giornaliero, ma aveva eseguito e fatto chiamare una macchina per lui.

Decidendo di partecipare a quell’inaugurazione, aveva una scusa per passare da quel cavalcavia e chiese all’autista di cambiare appositamente percorso. L’uomo obiettò che avrebbero trovato traffico, ma quando il principale insisté, lui eseguì. Masumi osservò nervoso l’orologio e si rese conto che era davvero tardi e che probabilmente lei se ne era già andata, inoltre non aveva alcuna intenzione di incontrarla, voleva solo vederla. Mi accontento di guardarla…

Probabilmente, qualcosa legava davvero strettamente Maya, Kuronuma, Sakurakoji e Masumi Hayami, perché quando il giornalista afferrò il mazzo di rose, inciampò e lo lasciò andare facendolo cadere dal cavalcavia, il regista e Yu raggiunsero le scale individuando immediatamente Maya mentre Masumi passò sotto il ponte con la sua auto vedendo la scena. Tutti e tre gli uomini tennero gli occhi spalancati sulle rose che placidamente cadevano circondate da petali scarlatti come se il tempo andasse a rallentatore.

Maya gridò e si sporse dalla balaustra, costringendo Masumi a voltarsi e guardare dal lunotto posteriore prima di intimare all’autista di fermarsi immediatamente poco più avanti. Le rose rimbalzarono sul tetto di un camion e caddero mentre Maya correva giù dalle scale, il cuore che batteva follemente pieno di angoscia a dolore. Proprio mentre stava per gettarsi in strada, e probabilmente essere travolta, Yu l’afferrò per un braccio tirandola a sé.

- Attenta! - gridò il giovane - Che diavolo fai, Maya?! E’ pericoloso! - la tenne stretta e Maya si girò di scatto incontrando i suoi occhi spaventati.

- Lasciami! No! - gridò divincolandosi, doveva riprendere quelle rose, assolutamente. Il dolore le lacerava l’anima e non le interessava niente altro.

- Lasciami, Sakurakoji! - gridò ancora. Il semaforo divenne rosso e lei riuscì a liberarsi, gettandosi in mezzo alla strada.

Kuronuma e Yu la fissarono senza comprendere il suo comportamento, ma la lasciarono fare. Sull’asfalto nero c’erano centinaia di petali sparsi e Maya sentì un nodo serrarle la gola.

Poi la vide: un’unica rosa giaceva in mezzo alla strada. Si chinò e la raccolse portandosela al petto, il cuore in tumulto. Il semaforo divenne verde, ma lei sembrava aver cancellato il mondo intorno a sé. Camminò lentamente, come in trance, gli occhi sbarrati, le labbra tremanti, mentre le macchine sfrecciavano proprio dietro di lei, mancandola per un pelo.

Fece ancora qualche passo e si accasciò a terra in ginocchio.

- Maya - mormorò Yu preoccupato, guardando per un attimo anche Kuronuma.

- Mano male… se n’è salvata almeno una… - sussurrò lei fissando la rosa mentre lacrime sottili brillavano agli angoli degli occhi. Il cuore le batteva così forte da non riuscire a sentire altro suono e un dolce sollievo placò la sua angoscia mentre stringeva il fiore fra le mani.

Masumi aveva percorso il marciapiede da dove si era fermata la sua auto fino quasi al cavalcavia e, insieme a Kuronuma e Sakurakoji, assisté ad una scena che non avrebbe dimenticato per il resto della sua vita.

Maya, completamente assorta e dimentica del mondo, avvicinò la rosa al volto e ci posò un bacio sopra. Trattenne le labbra sui petali vellutati e Masumi fu costretto a stringere così forte le mani da infilarsi le unghie sotto la pelle mentre il suo cuore prese a battere senza controllo.

Maya…

Quando lei aprì gli occhi e guardò la rosa, il suo sguardo era così dolce e carico d’amore che Kuronuma ebbe un sussulto involontario. La sua espressione?! E’ impossibile!

Alcuni passanti riconobbero Maya come una delle due candidate alla “Dea Scarlatta” e iniziarono a mostrare troppo interesse così Kuronuma prese subito provvedimenti.

- Sakurakoji! - lo chiamò e il giovane si riscosse - Portala subito via! - gli ordinò e lui si chinò in silenzio aiutando Maya a rialzarsi che ancora non sembrava essere tornata nel mondo reale. Il regista si guardò intorno per vedere se ci fossero altri scocciatori o i due giornalisti quando si accorse della presenza di Masumi Hayami. Rimase sorpreso dal fatto che fosse lì, ma dato che sembrava aver seguito la scena si avvicinò.

- Guardi chi si vede! Cosa ci fa da queste parti, signor Hayami? - indagò, incuriosito soprattutto dalla sua espressione.

- Ho un impegno al centro d’arte qui vicino… - rispose subito lui - Passavo per caso [certo, certo… ^_^] con la macchina quando… - ma il regista lo interruppe.

- Ha visto tutto? - concluse per lui Kuronuma.

- Già - annuì laconico Masumi con lo sguardo su Maya e Sakurakoji, che la teneva a sé con un braccio sulle spalle. Ma cosa ho visto esattamente…?

- Ho un altro bel grattacapo… - iniziò Kuronuma fissando a sua volta i due ragazzi, preoccupato - Penso che Kitajima non sia innamorata di Isshin, né di Sakurakoji, ma della persona che manda quelle rose - continuò a guardare i due giovani, ma lentamente, con la coda dell’occhio, osservò anche l’espressione del signor Hayami, solitamente sempre compassata, mostrava invece un’agitazione inusuale.

Signor Hayami… se avessi avuto qualche dubbio, il suo sguardo adesso lo ha completamente chiarito… sembra geloso di un rivale? O è proprio lei quell’ammiratore così premuroso? Non si aspettava che Maya potesse innamorarsi di quell’uomo sconosciuto? Saprà che siete la stessa persona? Qualunque siano le risposte, il mio problema resta…

- Ma com’è possibile? Se non sa nemmeno chi sia... - sussurrò Masumi senza rendersi conto dello sguardo attento del regista.

- Eh, già… - ammise Kuronuma portandosi una mano nei capelli - Neanch’io la capisco… Ma poco fa aveva l’espressione di Akoya! Dell’Akoya che prova un amore puro e sincero… - spiegò succintamente il regista.

Il cuore di Masumi perse un battito e gli mancò il respiro. Un amore puro e sincero… Maya si sarebbe innamorata… di me? Non è possibile!

- Lei dice? - e si mise le mani in tasca facendo appello a tutto il suo sangue freddo - A me a dato l’impressione di una ragazzina che avesse perduto il suo giocattolo preferito - alzò una mano in segno di un frettoloso saluto e lasciò il regista tornando alla sua auto.

Davvero, signor Hayami, è questo ciò che ha visto? Ma come, un produttore attento come lei che non riconosce un semplice ed evidente stato d’animo?

Ridacchiò scuotendo la testa e si incamminò verso i due attori ormai già in mezzo al parco.

Sakurakoji gettò un’occhiata dietro e in lontananza vide il signor Kuronuma, tirò un sospiro di sollievo che venne interrotto dal pianto improvviso e silenzioso di Maya.

Maya…

Strinse gentilmente il suo abbraccio cercando di non pensare al significato del gesto che aveva fatto né dello sguardo che aveva avuto subito dopo per quella rosa, sicuramente visto anche dal regista.

Un bacio d’amore…

Lei piangeva, incessantemente, piccoli singhiozzi così dolorosi che facevano star male anche lui. La sofferenza attraversava il suo corpo sottile e passava a lui, come in un flusso unico. Maya appoggiò la testa al suo petto e con la rosa stretta fra le dita afferrò la sua camicia come se senza quell’ancora avesse potuto sprofondare chissà dove. Yu la tenne a sé, facendole sentire la sua presenza silenziosa, ma non la importunò con domande o altre attenzioni, lasciò che lei si sfogasse anche se il suo pianto gli straziava il cuore.

Maya si sentì morire dentro quando realizzò con quanta intensità avrebbe voluto che lui si fosse presentato. Non aveva mai sentito un dolore così acuto e prolungato. Somigliava ad una spina che affondava nella carne inesorabilmente e lei non poteva fare niente per toglierla. E girava e rigirava… fino a farla morire di sofferenza.

Signor Hayami… sapevo che non sarebbe venuto! Sono una stupida! Da qualche parte nel mio cuore speravo che prima o poi sarebbe arrivato… Lei ha sempre continuato a sostenermi, anche se per ottenere i diritti della Dea Scarlatta, e io non posso davvero cancellare ciò che provo per lei! Riuscirò ad interpretare una Dea Scarlatta che soddisferà quella stima che dice di avere nei miei confronti e che le farà credere che essa esista davvero in questo mondo! La Maya Kitajima attrice vincerà la sfida e otterrà quei diritti, li salverà da lei e da suo padre, lo devo anche alla signora Tsukikage, soprattutto a lei, mentre io… io sigillerò nel punto più profondo del mio cuore questi sentimenti inutili e non corrisposti!

Sollevò la testa, smettendo di piangere e incontrò lo sguardo preoccupato di Yu. Si scostò lentamente dal suo abbraccio protettivo, si asciugò le lacrime e sorrise.

- Scusami, Sakurakoji - mormorò con la voce insicura - Mi dispiace. Ti prometto che da ora in poi tutta la mia attenzione sarà dedicata alla rappresentazione e al tuo Isshin! - il suo volto si illuminò e Yu sussultò. Sei veramente bellissima, Maya…

- Ho capito adesso quello che devo fare, so come interpretare l’amore di Akoya, vieni!  - lo afferrò per una mano mentre nell’altra stringeva ancora la rosa sopravvissuta - Andiamo al Kid! Devo farti vedere una cosa! -

Yu si lasciò trascinare, incapace di dire niente, contagiato da quel repentino cambio di umore, ma soprattutto dal sorriso caldo e convincente che gli aveva rivolto.

Maya correva in mezzo al parco, una nuova sensazione la riempiva completamente, avrebbe recitato pienamente la Dea Scarlatta, lasciandosi trascinare dai suoi sentimenti.

Sì! Reciterò! Io interpreterò Akoya riversando nel personaggio tutti i sentimenti che provo per lei, signor Hayami! Non mi interessa più perché mi regala le rose, né perché a volte sembra volermi educare per sopravvivere in questo mondo! Io sarò la Dea Scarlatta anche grazie a lei e questo non potrò mai dimenticarlo!

Maya varcò la soglia dei Kid Studio trascinandosi dietro uno sconcertato Yu, senza sapere di aver intrapreso la stessa strada di rassegnazione, dolore e sofferenza che aveva percorso anche la signora Tsukikage trenta anni prima.



La mattina seguente la signora Tsukikage si presentò ai Kid Studio lasciando tutti di sasso. Kuronuma la accolse con la solita aria bonaria, si interessò della sua salute e strinse la mano all’onnipresente Genzo che l’accompagnava e al signor Yamagishi, Presidente dell’Associazione Nazionale per lo Spettacolo.

- Stavamo provando la scena della battaglia con la discesa della Dea - le disse tutto allegro - Resti lì e osservi! - e iniziò a gridare ordini per far mettere in posizione tutti gli attori coinvolti.

Chigusa sorrise della sua esuberanza appoggiandosi al bastone e rivedendo con tenerezza in quel regista burbero alcuni tratti del suo Ichiren. Voltò lentamente la testa per incontrare lo sguardo congelato di Maya.

E’ terrorizzata… Avanti Maya, indossa la tua maschera!

Maya l’aveva vista entrare e non era più riuscita a muovere neanche un muscolo. La sua sola presenza era sufficiente a farla sentire minuscola e senza speranza. Da quando il pomeriggio precedente aveva preso quella decisione, la sua Akoya sembrava essere sbocciata, ma Kuronuma aveva intenzione di far vedere alla signora la sua Dea Scarlatta! E’ qui per vedere la mia Dea Scarlatta! E c’è anche il Presidente dell’Associazione!

Spostò lo sguardo dagli attori, che stavano già lottando fra loro con dei bastoni, alla signora. Inspirò calmandosi, afferrò la semplice veste di seta che usavano per le prove e la sollevò tenendola sopra la testa come un velo.

Ecco… cammino in un campo di battaglia… cammino come un essere sacro… Intorno a lei le grida dei soldati riempivano le orecchie come lame bollenti. Io sono il vento…! Il vento che attraversa lo stato d’animo della Dea Scarlatta! E Maya camminò lieve in mezzo a loro fino a risalire la piramide di casse che simulava un colle.

Perfino Kuronuma rimase sconcertato dal suo modo di muoversi. Maya posò lo sguardo sul campo di battaglia e piano piano gli attori furono costretti a voltarsi e guardarla. Li fissava così intensamente e da lei emanava un tale autocontrollo che molti iniziarono a tremare. Il silenzio calò sulla sala e la signora Tsukikage osservava Maya con inatteso interesse.

- Che diavolo fate?! Stiamo provando o no?! - urlò Kuronuma battendo le mani - Che avete?! Vi siete dimenticati le battute? - Maya li ha completamente attirati a sé...

Gli attori si riscossero, confusi e imbarazzati, così presi dalla presenza imponente di Maya sulla scena da dimenticare tutto il resto.

- Ah…! Eh già! - esclamò uno arrossendo.

- Stavamo combattendo… - aggiunse il soldato accanto.

- Io ero morto… - disse un altro collega titubante.

- Ma… quella sua interpretazione? Non riuscivo a distogliere lo sguardo da lei… E’ completamente diversa rispetto a ieri… - commentò il soldato, basito.

- Hai ragione… - concordò l’attore.

- Maya Kitajima… finalmente ha tirato fuori il meglio di sé… E noi dobbiamo recitare insieme ad una come lei… - mormorò il primo attore che aveva parlato.

Maya era ancora in quella posizione, osservava in basso con sguardo assente mentre la signora sfoggiò un misterioso sorriso compiaciuto.

- L’incarnazione di una Dea che osserva semplicemente una battaglia combattuta dagli uomini… Bé fa sentire la propria presenza in maniera straordinaria! - commentò l’anziano Presidente, seduto accanto a Genzo che seguiva attento ogni cosa - Davvero impressionante… Non per nulla è una delle candidate scelta dalla signora Tsukikage! -

Sakurakoji, seduto a lato con altri attori che non partecipavano alla scena della battaglia, teneva lo sguardo fisso sulla sua partner, con il respiro corto e gli occhi spalancati per la meraviglia. L’incarnazione di una Dea! E’ un altro aspetto di Akoya! Percepisco qualcosa di inavvicinabile in lei! Come può un miserabile uomo come me innamorarsi di un tale essere divino?

Stoicamente, Maya mantenne quella posizione, con quello sguardo penetrante e attento, focalizzata nel dare il meglio di sé.

La signora Tsukikage mi sta guardando! Lei sta vedendo la mia Akoya! La Dea Scarlatta, lo spirito che governa la natura! La summa di ciò che ho imparato nella valle dei susini e che emana dal mio cuore! Le bellissime montagne, i boschi, la valle, il fiume, la pioggia, la foschia, la nebbia e l’arcobaleno che ho potuto ammirare nel paese natale della Dea Scarlatta… nulla di tutto ciò è opera dell’uomo! Questa cosa l’ho capita! A noi esseri mortali è solamente concesso di vivere in questo mondo!

E Maya pronunciò le sue battute congelando letteralmente la scena.

- Chi ha creato le montagne, i fiumi, i boschi e il cielo? Chi ha creato gli alberi, l’erba, i cervi e le volpi? Ascolta… - e tese l’orecchio - Chi ha creato gli uccelli, gli insetti e i pesci? Chi è stato a creare il sole che illumina le nostre giornate? Anche per noi è lo stesso, siamo tutti nati dalla stessa cosa -

La voce di Maya teneva tutti con la sguardo sulla sua persona.

- Non un capello o un’unghia, niente è stato creato da loro… Né le mani, né le gambe, neppure il sangue rosso che scorre nelle loro vene è stato creato da loro… Il nostro corpo ci appartiene, ma… non è davvero nostro… Noi vi dimoriamo solamente… - li redarguì tutti, puntando il dito e muovendosi in modo impeccabile sotto gli occhi spalancati di Kuronuma e quelli assorti della signora Tsukikage.

Nel corpo allevato dalla grande madre natura, dimora un cuore… il mio cuore! E’ grazie al cuore che esiste il movimento! Questo l’ho imparato da lei, signora Tsukikage! Grazie al mio cuore, il mio corpo può muoversi! Grazie al cuore della Dea il mondo si muove! Si muove il vento, scaturisce il fuoco, nascono nebbia, nuvole e pioggia! Grazie alla luce del sole, nasce l’arcobaleno… L’acqua irriga il mondo, genera fiumi e cascate… sono l’acqua, la terra e il sole a far crescere l’erba, gli alberi, i fiori e i boschi! Sono le piante a nutrire gli insetti, gli uccelli e gli altri animali! Ogni forma di vita! Quelle che volano, quelle che strisciano a terra, quelle che nuotano, quelle che corrono nei campi! Montagne! Cielo! Mare! Cari fratelli miei… grazie a ciò che tutto unisce, queste forme di vita possono vivere sostenendosi reciprocamente… grazie al cuore della Dea invisibile la vita può nascere!

Ormai Maya era completamente avvolta dall’incarnazione della Dea Scarlatta, tutti gli occhi seguivano i suoi movimenti fluidi, la sua voce perentoria, mentre dentro di lei ogni pezzetto andava al posto giusto.

L’albero di susino millenario che collega il cielo con la terra… il cuore della Dea che dimora in Akoya!

- Non sentono la voce del cielo? Non sentono la voce della terra? Non sentono il canto degli dei che curano le perle della vita che legano cielo e terra? - riprese Maya con voce sferzante - Se la gente non si accorge dei suoi errori, ordino ai draghi di tuonare in cielo, di spaccare la terra, allagando i campi! Purifichiamo la loro anima allontanando il male! -

In quell’istante, tutti i soldati chinarono la testa, vergognandosi dal profondo del loro comportamento. Il Presidente Yamagishi si era alzato e lo stesso aveva fatto Genzo che aveva notato il lieve tremore che faceva vibrare la mano della signora Tsukikage con cui teneva il bastone. Signora…

Sakurakoji non era riuscito a distogliere lo sguardo da lei, sentendosi sempre più inadatto a ricoprire il ruolo di Isshin accanto ad un’Akoya così infervorata.

Io sono Akoya! Devo raccontare il cuore dello spirito divino!

Ma non ci fu tempo neanche per respirare perché Kuronuma riorganizzò la scena e mostrò ai suoi ospiti lo scambio di battute fra Akoya e Isshin in cui la giovane interroga il suo amore sui suoni della natura, se anche lui sentisse il ruggito di un drago in cielo o quello che fremeva nella terra.

Sakurakoji non si lasciò stupire dalla freschezza dell’interpretazione di Maya, le andò dietro in ogni suo nuovo movimento, in ogni atteggiamento che nelle prove precedenti era assente. Sei così naturale, Maya, che mi viene spontaneo seguirti…

La signora Tsukikage seguì in silenzio e attentamente ogni battuta, ogni espressione di Maya finché Genzo e il Presidente dell’Associazione Nazionale dettero vita ai suoi pensieri.

- Comunque sia - sussurrò il suo fedele accompagnatore - Questa coppia di Akoya e Isshin trasmette un’impressione di novità… -

- Quella ragazza...- - mormorò l’anziano Presidente - Quando è nei panni della Dea Scarlatta, incute una sorta di timore reverenziale, ma non appena torna ad essere Akoya, non si può che nutrire affetto per lei… Per di più, la loro interpretazione è naturale! Non fanno sentire agli spettatori alcun senso di estraneità, dovuta al fatto che è una storia di un mondo completamente diverso da quello in cui viviamo noi. Bé devo dire che la “Dea Scarlatta” del gruppo di Kuronuma sembra farsi davvero interessante… -

L’assistente alla regia chiamò una pausa e avvisò tutti gli attori che le prossime prove sarebbero state in serata. Kuronuma si diresse deciso dai suoi ospiti.

- Come le è sembrata, signora Tsukikage? Ogni consiglio che vorrà darmi sarà ben accetto - le disse con umiltà e senza alcuna vergogna. Rispettava moltissimo quell’attrice e aveva superato da tempo quell’arroganza tipica di chi pensa di essere sempre in cima a ogni cosa.

La signora stava per rispondere quando si rese conto che Maya era ancora al centro della sala, seduta a terra sui ginocchi, lo sguardo sognante rivolto al soffitto, le labbra dischiuse in un sorriso dolce e comprensivo. Anche Kuronuma seguì il suo sguardo e corrugò la fronte osservandola pensieroso.

Chigusa si avvicinò lentamente con un sorriso misterioso stampato sul volto.

- Era da tempo, Maya, che non ti vedevo provare… Ti ringrazio… - iniziò, ma la giovane riuscì a balbettare solo qualche monosillabo incomprensibile.

La signora ridacchiò fissando la sua espressione assorta e incantata, poi si rivolse ad una stagista.

- Portatemi quella brocca e un bicchiere! - esclamò e la ragazza prontamente eseguì - Qui c’è qualcuno che ha bisogno di acqua… - aggiunse in un sussurro sempre sorridendo. Porse il bicchiere vuoto a Maya sotto gli sguardi rapiti di Kuronuma, Genzo, Sakurakoji, dell’anziano Presidente e lo riempì.

- Sarai stanca, su, bevi… Akoya - le disse la signora.

- Sì - mormorò Maya sollevandosi leggermente sui ginocchi e tenendo il bicchiere mentre lei lo riempiva. Acqua…

Maya tenne sollevato il bicchiere e chinò la testa in segno di profondo ringraziamento.

- Grazie per l’acqua…! - sussurrò, devota.

I quattro uomini che stavano seguendo la scena sussultarono per quell’atteggiamento dimesso. Sakurakoji spalancò gli occhi quando si rese conto di cosa era accaduto. E’ ancora Akoya… non è uscita dal personaggio… Maya…

La signora lasciò Maya con Yu ed ebbe una breve discussione con Kuronuma, poi, insieme a Genzo e al Presidente lasciò gli studi, diretta alla Ondine per vedere anche Ayumi.

- Signora… - la interrogò Genzo durante il viaggio - Perché l’ha chiamata Akoya? -

- Perché era ancora Akoya nonostante le prove fossero terminate, Genzo… Volevo vedere in che modo, come Akoya, lei avrebbe bevuto dell’acqua… -

- A proposito delle prove di oggi, il suo giudizio? - aggiunse Genzo riflettendo su ciò che gli aveva appena detto.

- E’ stata migliore di quanto immaginassi… - rivelò la signora, stupendolo - Naturalmente ci sono ancora delle imperfezioni da sistemare, nell’interpretazione di Maya si nota ancora una certa rozzezza… Rappresenta anche un problema pure il fatto che i suoi sentimenti sono talmente intensi che gli altri attori non riescono a starle dietro… Ma è solo che… anche durante le prove, lei… cerca di vivere come Akoya… - la sua voce andò sempre più abbassandosi, mentre il suo sguardo era perso nel vuoto - Che sorpresa scoprire che Maya mira a raggiungere l’autenticità della Dea Scarlatta! -

Genzo osservò il volto della donna che rispettava e amava profondamente. Era stupita e sorpresa come non la vedeva da anni. Signora Chigusa…!



Mentre Maya mostrava la sua Dea Scarlatta alla signora Tsukikage, la signorina Mizuki varcava la soglia di casa Hayami. Non sapeva se quell’incontro avrebbe portato qualche novità, ma doveva tentare.

Eisuke Hayami non era rimasto sorpreso dalla telefonata della sua vecchia segretaria, non era la prima volta che si incontravano e parlavano da quando l’aveva ceduta a Masumi. Fin da quando gli venne l’idea di affiancargliela aveva saputo che era la cosa giusta da fare. Saeko Mizuki era una risorsa preziosa, attenta, devota, intelligente, silenziosa.

Quando entrò nel suo studio dopo una lieve bussata, si compiacque per il perfetto inchino che gli fece e il sorriso che gli regalò.

- Presidente Hayami, come sta? - si informò subito lei raggiungendolo e sedendosi sul divano che lui le aveva indicato.

- Mai stato meglio - rispose lui deciso strappandole un altro sorriso.

- Avrebbe dovuto restare in ospedale - si azzardò a commentare Saeko sapendo bene che si sarebbe irritato, ma lo conosceva bene e sapeva come affrontarlo.

- E perché mai? - borbottò lui col solito tono scontroso.

- La sera del suo ritorno dalla valle è addirittura venuto alla Daito… - aggiunse lei corrucciata sfruttando subito l’onda della discussione.

Eisuke scoppiò a ridere picchiando la punta del bastone a terra.

- Le ricordo che non è più la mia segretaria, ha finito di vessarmi! - e rise ancora. Mizuki lo guardò mantenendo il controllo delle sue espressioni e sapendo che stava facendo un gioco rischioso.

- Sono consapevole del mio ruolo, Presidente - ribadì lei un po’ tagliente - Ma se permette, io ci tengo a lei - aggiunse e Eisuke alzò un sopracciglio.

- Adulazione, Mizuki? - ridacchiò - Non è da lei… -

La cameriera entrò con un tè, nonostante fosse metà mattina.

- Le dispiace? - offrì Eisuke - So che non è l’ora adatta, ma devo prendere una medicina e l’acqua non sa di niente… -

- Volentieri - annuì Mizuki servendo il tè al posto della cameriera, che uscì in silenzio come era entrata.

- Ricordo con nostalgia i tempi in cui era la mia segretaria - esordì Eisuke prendendo la tazza che lei gli passò.

- La ringrazio - e abbassò lo sguardo sul liquido fumante.

- Riserva a mio figlio lo stesso trattamento che riservava a me? - e ridacchiò di nuovo bevendo un sorso. Lei alzò lo sguardo e lo fissò seria.

- Sì - disse con tono neutro e Eisuke scoppiò a ridere - Sebbene suo figlio sia più testardo di lei - aggiunse senza farsi troppi problemi.

- Indubbiamente… - mormorò lui in un sussurro lieve, sorseggiando il tè.

- La mattina seguente alla sua visita alla Daito, era intrattabile. Impossibile lavorare con lui quando è in quello stato - Mizuki la buttò lì, continuando a bere, come se fosse una frase qualsiasi. Eisuke si alzò un po’ insicuro e raggiunse la vetrata che dava sul giardino.

- Deve ottenere quei diritti, lui lo sa, deve rappresentare la “Dea Scarlatta”, è per questo che ho fondato la Daito! - sibilò, picchiando ancora il bastone a terra.

- Qualsiasi cosa gli abbia detto quella sera ha reso la mia mattina lavorativa ingestibile - si lamentò Mizuki posando la tazza vuota, sperando che le dicesse qualcos’altro. Lui si voltò e guardarla, scrutandola attentamente e lei sostenne lo sguardo insistente.

- Lei conosce ogni suo movimento, vero Mizuki? - le domandò lentamente.

- Certo, gestisco la sua agenda giornaliera e so esattamente come sia impegnato ogni momento della sua giornata - annuì lei posando le mani in grembo. So quasi tutto… non so però dove vada ogni giorno, quasi sempre di pomeriggio, per un paio d’ore… non ancora...

- Lei è una donna attenta e riservata, so bene che non lo tradirebbe mai, esattamente come ha fatto con me - riprese lui e Mizuki si sentì improvvisamente in trappola, ma continuò a guardarlo.

- Masumi ha un piano e, sebbene io dubiti della sua fedeltà alla mia causa, è un buon piano e potrebbe farci ottenere i diritti della “Dea Scarlatta” nel caso in cui, a vincere la competizione per il ruolo, fosse Maya Kitajima che, è noto, non nutre certo sentimenti di affetto nei nostri confronti - le confidò continuando a fissarla. Mizuki non riuscì a trattenere la sorpresa, domandandosi quale fosse questo fantomatico piano e Eisuke sorrise in modo misterioso.

- La sua espressione può significare due cose… - le disse tornando a sedere - Non ne era a conoscenza oppure è stupita del fatto che io lo sappia -

- Gestisco la sua agenda, non i suoi pensieri - replicò lei freddamente - Sono la sua segretaria, non la sua confidente - aggiunse con un pizzico di indignazione. Maya era troppo sconvolta da quanto mi ha raccontato la sua amica Rei… Se hanno parlato di questo e lei avesse sentito… Signor Masumi! Non riesco a credere che lei voglia incastrare Maya e se sta facendo il doppio gioco con suo padre… chissà cos’ha pensato quella povera ragazza!

- Su, su, non si inalberi così! - Eisuke fece un gesto con le mani che indicava calma e ridacchiò, contento di averla colpita facendole perdere quell’aria sempre controllata.

- Vedo che sta meglio di ciò che pensassi - disse lei alzandosi e fingendo un risentimento che non provava. Non mi dirà mai di cosa si tratta realmente… è inutile che resti qui… tanto ormai ho capito perché Maya è fuggita dalla Daito quella sera e ha pianto tutta la notte…

Eisuke si alzò stancamente a sua volta e Mizuki, per un attimo, provò pena per quell’uomo anziano consumato dall’odio e dal rancore per un amore non corrisposto. E’ questa la sua fine, signor Masumi?

- Si riguardi - lo salutò lei con un lieve inchino e un sorriso appena accennato.

- Non perda di vista mio figlio - le disse Eisuke con un’espressione che lei non riuscì a comprendere e che la sconcertò: sembrava preoccupato.

- Mai, Presidente - mentì lei chinando la testa di nuovo. Ora devo scoprire cos’ha in mente, signor Masumi… e soprattutto dove va ogni giorno...

Con il cuore pesante per i segreti che era costretta a tenere lasciò la villa silenziosa e tornò in ufficio.



- Oggi, in via del tutto eccezionale, la signora Tsukikage assisterà alle nostre prove! - gridò Onodera attirando l’attenzione di tutti gli attori - Sarà un’ottima occasione per mostrarle quanto vale la nostra compagnia! -

Nell’istante in cui la signora era entrata, Ayumi aveva perduto l’uso della sua muscolatura ed era rimasta immobile con gli occhi spalancati. E’ venuta a seguire le prove… vuole vedere la mia Akoya… mi confronterà con Maya Kitajima!

Onodera fece accomodare la signora, Genzo e il Presidente Yamagishi su alcune sedie al lato della sala e, in un adattamento completamente diverso, Ayumi dette voce alle battute di condanna della Dea nei confronti dell’operato degli uomini. Se Maya era scesa fra i soldati, Ayumi era affiancata dagli altri spiriti. La sua voce scosse la sala, le sue movenze catturarono l’attenzione di tutti e proprio mentre domandava come gli uomini non potessero sentire la voce degli Dei, Peter Hamil fece il suo ingresso in silenzio, la macchina fotografica al collo. Alcune attrici lo notarono e bisbigliarono fra loro, ma lui le ignorò, trattenendo lo sguardo su Ayumi.

La Dea richiamò i draghi perché inondassero i campi e il suo urlo di rabbia squassò menti e corpi degli spettatori mentre la sua stola, mossa abilmente dalle braccia, sembrò spazzare ogni cosa come un vento potente.

La signora Tsukikage non distoglieva lo sguardo dall’attrice, impegnata nel ruolo più difficile e importante della sua vita, esattamente come Hamil, Genzo e l’anziano Presidente. La danza di Ayumi trasmetteva perfettamente tutti gli stati d’animo della Dea Scarlatta: nel turbine del vento si vedeva la collera, nelle fiamme ardenti la sua energia, nei movimenti che ricordavano i cerchi disegnati sull’acqua, il suo mistero.

Poi, all’improvviso, si fermò e il suo aspetto fece immaginare a tutti l’albero di susino in cui dimorava la vita della madre terra.

- Guardate! - mormorò il Presidente Yamagishi - Si è fermata! Grazie a quest’attimo di pausa, la sua figura ricorda proprio un susino! Se fosse durata di più sarebbe risultata innaturale e se fosse stata troppo corta, non avrebbe dato agli spettatori il tempo di far lavorare l’immaginazione… I suoi tempi sono perfetti… -

Ayumi riprese la sua danza simulando il vento, il fuoco, l’acqua e la terra come aveva fatto e compreso durante le prove nella valle dei susini fino a salire in cima ad una scala e essere circondata dai soldati esultanti.

La scena si concluse e lei venne accerchiata immediatamente da tutti gli attori che si complimentarono con lei. Qualcuno le passò un asciugamano e lei si deterse il sudore mentre ringraziava i colleghi.

- Le faccio i miei complimenti, signor Onodera - esordì il signor Yamagishi - Non vedo l’ora di assistere allo spettacolo! -

- La ringrazio, signor Presidente - rispose ossequiosamente il regista con un lieve inchino.

Ayumi notò la signora che si era distaccata dagli altri e si sganciò dagli attori avvicinandosi a lei.

- Grazie, Ayumi, per avermi fatto assistere - la salutò la signora in modo composto e trattenuto.

- Signora Tsukikage… - Ayumi era rimasta sorpresa da quella strana formalità.

- Genzo, portami dell’acqua - chiese, continuando a guardare l’attrice.

- Subito! - e in breve fu di ritorno con un bicchiere e una caraffa.

- Immagino che tu sia stanca… - le disse la signora porgendole il bicchiere vuoto come aveva fatto con Maya - Su, bevi… Akoya - aggiunse in modo deciso.

Ayumi era meravigliata ma felice che gliel’avesse offerta.

- La ringrazio, signora Tsukikage - e prese il bicchiere. La signora lo riempì e in un attimo Ayumi lo svuotò. Chigusa sorrise appena e si voltò verso Genzo.

- Possiamo andare, Genzo! Non voglio far attendere troppo gli altri -

- Sì, signora - rispose lui chinando leggermente la testa sotto lo sguardo stupito di Ayumi. La giovane attrice si rese conto di aver fatto probabilmente qualcosa di sbagliato vista la rapida dipartita della signora Tsukikage. Non mi ha detto una parola… perché?

- Ehm… signor Genzo? - decise di mettere fondo ai suoi dubbi e fermò l’onnipresente accompagnatore della signore, mentre tutti gli altri uscivano dalla sala prove - Come le è sembrata la mia interpretazione? La signora Tsukikage non ha fatto commenti… - gli confidò un po’ delusa.

- Signorina Ayumi, anche dopo aver assistito alle prove di Maya Kitajima, non le ha detto niente, non si preoccupi - la rassicurò con un’espressione dolce sul volto.

Non ha detto niente nemmeno a Maya…?

- Solo che… - proseguì lui, certo ormai di aver compreso e sicuro che alla giovane avrebbe fatto bene saperlo - Quando le ha dato un bicchiere d’acqua chiamandola Akoya, lei si è inginocchiata -

- Inginocchiata? - Ayumi era sbalordita e spaventata. Genzo annuì.

- Poi, tenendo in alto il bicchiere con due mani, si è inchinata e ha detto: grazie per l’acqua… E’ stato come se avesse ricevuto un dono molto prezioso - la salutò cordialmente e raggiunse il gruppo che usciva seguito dallo sguardo atterrito di Ayumi.

Si è inginocchiata… ha levato in alto il bicchiere, si è inchinata e ha detto grazie per l’acqua…? Questa è la Akoya interpretata da Maya! L’acqua, per Akoya è un dono prezioso? Ma perché? Che tipo di Akoya cerca di recitare Maya?

Spostò lo sguardo sulla caraffa e sul bicchiere nel vassoio che Genzo aveva appoggiato sul tavolo vicino.

- Lei è rimasta nei panni di Akoya anche dopo aver finito le prove! Per questo ha bevuto l’acqua come fosse Akoya! Io invece… - prese in mano il bicchiere mentre la delusione e l’angoscia la pervasero. La signora Tsukikage ha sicuramente capito tutto della differenza che c’è tra il mio talento e quello di Maya Kitajima!

Peter Hamil non l’aveva perduta d’occhio un attimo e aveva assistito e ascoltato tutti i dialoghi che erano intercorsi, rimanendo sempre in disparte e immobile. L’espressione di profondo rammarico e dolore sul volto di Ayumi parlavano più di qualsiasi parola avesse potuto dirgli.

Ayumi…


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Capitolo 35
*** Spiragli di luce ***


Ultima revisione: dicembre 2015

 

35. Spiragli di luce



Mizuki aveva avuto l’ingrato compito di contattare la signora Tsukikage e invitarla alla Daito dietro ordine del suo capo. Quando aveva incredibilmente ricevuto conferma positiva, aveva tirato un sospiro di sollievo. Quell’anziana attrice a volte era davvero inquietante e, con un sorriso curioso, la segretaria rifletté che Maya Kitajima era circondata davvero da persone molto strane ed eccentriche. La signora in nero per prima… poi il signor Masumi, il regista Kuronuma e anche i suoi amici sono molto particolari… Non ho potuto ancora rivedere Rei Aoki né ho potuto aggiornarla sul poco che sono riuscita a concludere e avrei voluto sapere da lei qualche novità… la chiamerò…

Le porte dell’ascensore si aprirono e lei accolse con un sorriso e un perfetto inchino la signora Tsukikage e il suo accompagnatore.

- Benvenuti, signora  Tsukikage e signor Genzo - li salutò - Prego, vi faccio strada - e li condusse nell’ufficio personale di Masumi Hayami. Aprì la porta, li annunciò e alla risposta positiva del suo capo li fece accomodare chiudendo la porta lentamente. Chissà perché li avrà invitati…

- Benvenuta, signora Tsukikage - la accolse con un inaspettato calore nella voce - Aspettavo con impazienza che lei tornasse dalla montagna. Ho saputo che ha voluto immediatamente assistere alle prove delle due candidate per il ruolo della Dea Scarlatta. Come le sono sembrate? - indagò pur sentendosi a disagio sotto quello sguardo intenso e sospettoso.

- Si danno molto da fare entrambe, questo è certo - rispose la signora - Non vedo l’ora che arrivi il giorno dello spettacolo dimostrativo -

- Prego, sedetevi - Masumi indicò uno dei due divani separati da un basso tavolino.

- E lei?  - aggiunse la signora con un sorriso enigmatico mentre si sedeva - Non è ancora andato a vederle? -

Genzo spostò lo sguardo fra i due, chiedendosi cosa stesse facendo la signora. Masumi Hayami prese posto a sua volta di fronte a loro e sorrise.

- Gli affari mi tengono lontano dai set, purtroppo - sospirò, fintamente deluso, glissando abilmente la risposta.

- Ayumi Himekawa e Maya Kitajima... A prescindere da quale delle due verrà scelta, fra non molto verrà decisa l’attrice che avrà tutti i diritti di rappresentazione della “Dea Scarlatta”… - infierì lei con una nota di soddisfazione.

- Difatti - ammise Masumi annuendo lentamente.

- Ormai non potrà più mettermi il bastone tra le ruote, signor Masumi! - aggiunse accompagnando le sue parole con uno sguardo duro e freddo.

- Lo so - confermò lui con uno strano tono che incuriosì la signora - La messa in scena dello spettacolo dimostrativo è affidata in via eccezionale all’Associazione Nazionale per lo Spettacolo. Nessuno potrà intervenire e anch’io mi limiterò ad osservare - le sorrise in modo così strano che la signora Tsukikage si trovò improvvisamente a ripensare al giorno in cui era venuto a salutarla al tempio nella valle.

- Si limiterà ad osservare? - alzò un sopracciglio mantenendo comunque la sua aria sospettosa - Proprio lei, che con la sua bieca ambizione vuole perseguire le volontà di Eisuke Hayami? - aggiunse con un sibilo di rabbia.

- Sì! - ammise lui senza vergogna - Proprio un ambizioso quale io sono! E mio padre non c’entra affatto - precisò distogliendo lo sguardo - E’ per me che voglio la “Dea Scarlatta”! -

La signora Tsukikage rimase turbata dall’espressione dei suoi occhi e da ciò che quella frase avrebbe potuto nascondere. Di cosa sta parlando, signor Masumi? Del dramma o dell’attrice…?! Possibile che anche lei… come suo padre…?

- Ogni diritto legale sulla “Dea Scarlatta” sarà ceduto soltanto alla sua protagonista! Come crede che riuscirà a portarglieli via? - gli fece notare lei con una punta di rabbia nella voce.

- Al momento ho le mani legate, me ne rendo conto - ammise lui mantenendo sempre quello sguardo colmo di rammarico - L’unica speranza che ho è quella di stipulare un contratto esclusivo con la protagonista - confessò candidamente.

- Se si trattasse di Ayumi Himekawa, non credo che le sarebbe difficile… - concordò la signora con un tono accondiscendente - Ma se fosse Maya Kitajima? Cosa pensa di fare? Maya la detesta più di chiunque altro o le cose sono cambiate? - si era domandata cosa lo stesse spingendo a dirle tutte quelle cose e soprattutto perché avesse quella strana espressione.

- No - rispose lui distogliendo di nuovo lo sguardo - Non è cambiato niente. Nel suo profondo Maya non mi perdonerà mai per tutto ciò che le ho fatto in questi anni esattamente come lei, signora Tsukikage, tutt’ora non riesce a perdonare mio padre Eisuke… - e la guardò. Ciò che Chigusa vide in quegli occhi la lasciò completamente disorientata. E’ davvero una cosa incredibile questa…

- Ma io sono diverso da mio padre! - proseguì lui convinto - Non si preoccupi per Maya Kitajima! Qualunque cosa accadrà, non gliela toccherò… Ma non rinuncerò alla “Dea Scarlatta”! Un giorno riuscirò ad ottenerne i diritti di rappresentazione, glielo assicuro… - il tono della sua voce era accorato e privo di astio - Né la Daito Art Production, né tanto meno Eisuke Hayami, ma sarò io a entrarne in possesso! -

Perfino Genzo aggrottò la fronte di fronte a quella reazione così sentita e allo sguardo malinconico di quell’uomo d’affari che li aveva tormentati negli ultimi dieci anni.

- Signora Tsukikage! - continuò Masumi - Io voglio vedere la vera “Dea Scarlatta” sul palcoscenico! Per questo voglio essere io a mettere in scena l’opera! - era così concentrato che non si rese conto di aver abbassato completamente le sue difese ed essersi tolto quella maschera che indossava sempre. Chigusa rimase in silenzio, colpita da quel ‘vera’ che aveva accentuato nella frase e che aveva accompagnato con uno sguardo carico di ardore. Singolare, signor Hayami, come anche Maya aspiri all’autenticità della Dea Scarlatta...

- Ogni volta che la incontro, signor Masumi, lei mi disorienta e mi mostra una maschera differente - sospirò lei con un mezzo sorriso - Nonostante io sia abituata agli attori, non riesco ad inquadrare lei - e si alzò reggendosi al bastone.

Genzo e Masumi Hayami fecero altrettanto.

- Sono davvero curiosa di vedere come andrà a finire questa storia - mormorò fissandolo e lui non riuscì a comprendere se si riferisse ai diritti o ai sospetti che aveva sicuramente nei suoi confronti circa il suo rapporto con Maya. Eppure non aveva esitato ad invitarla, voleva farle conoscere la verità e il fatto che suo padre non c’entrasse niente in quella faccenda.

- Spero ci rivedremo presto - la salutò lui gentilmente, sorprendendola di nuovo.

La signora Tsukikage si fermò, imitata da Genzo e si appoggiò al bastone.

- Mi ha detto che vuole vedere la vera “Dea Scarlatta” sulla scena - disse e lui annuì - Allora, forse, le farà piacere sapere che Maya Kitajima va proprio in quella direzione - rivelò, sorridendo per l’espressione stupita che gli apparve sul volto.

Si voltò e uscì, compiaciuta per quanto aveva visto.

Subito fuori, la solerte segretaria di Masumi Hayami li accompagnò all’ascensore e li salutò cordialmente.

- Pensa sia successo qualcosa, signora? - le domandò Genzo mentre le porte si chiudevano.

- Sì, Genzo - annuì lei, pensierosa - Quel ragazzo… è cambiato! - aggiunse decisa, con un piccolo tocco del bastone sul pavimento di marmo ad enfatizzare le sue parole.

- Come? - chiese il suo accompagnatore che non aveva ben chiaro a cosa si riferisse.

- Parlo di Masumi Hayami… - puntualizzò - Le fiamme gelide che aveva negli occhi sono scomparse… - gli confidò tenendo lo sguardo fisso avanti.

Vuole vedere sul palcoscenico la vera Dea Scarlatta… Davvero ambizioso, signor Masumi… e come pensa di prendere i diritti a Maya Kitajima se dovesse vincere? Crede davvero che le sue rose scarlatte e tutto ciò che ha fatto per lei negli anni di nascosto possano convincerla a cederglieli? A tradire la mia memoria? Crede davvero che l’amore che provate potrà superare tutto?

Scoppiò a ridere e Genzo la guardò pensieroso.

Nel suo ufficio, Masumi Hayami si lasciò cadere sulla poltrona della scrivania, girandosi verso la vetrata e il profilo di Tokyo ammantata di buio. Il suo cuore batteva ancora rapido, alla fine era riuscito a dire ciò che voleva alla signora. Sapeva che lei l’avrebbe attaccato; lui cosa aveva fatto in fondo, in quegli anni, se non tormentarla?

So perfettamente che Maya non riuscirà mai a perdonarmi fino in fondo, figurarsi se riuscirà mai a provare qualcosa più dell’affetto, che devo solo all’ammiratore, per me! Kuronuma dice di aver visto nel suo sguardo l’amore puro di Akoya quando ha posato le sue labbra sulla mia rosa, ma io le ho visto altre volte quegli occhi, luminosi e carichi di sentimento, ma non è amore! Come il bacio che mi ha dato al tempio! Ha solo vent’anni, come può capire cosa sia l’amore? Mi odiava profondamente finché non le detto la verità… e poi improvvisamente il suo atteggiamento è cambiato! E’ solo riconoscenza! Solamente riconoscenza! E quando l’ho incontrata al ristorante… ciò che mi ha detto non è fraintendibile… era con lui… con quel ragazzo che reciterà con lei nei prossimi mesi, sempre fianco a fianco… e io… mi sento così amareggiato! E pensare che quando l’ho rincorsa sul marciapiede io stavo per… sono un pazzo! Davvero un pazzo!

Si accasciò in avanti, appoggiando i gomiti sui ginocchi e prendendosi disperato la testa fra le mani.



Nei giorni seguenti la visita della signora Tsukikage ai due studi teatrali, le prove proseguirono serrate e soddisfacenti. Sia Onodera che Kuronuma non davano tregua ai loro attori, sentendo la sfida sempre più vicina. Entrambi dirigevano le loro prime attrici e attori con polso e determinazione, senza farsi minimamente intimidire dalla fama dell’una o dalle lacrime dell’altra.

Dopo una dura sessione di prove che sconcertò Kei Akame, confuso di fronte all’Akoya di Ayumi Himekawa, il regista chiamò dieci minuti di pausa. Immediatamente qualcuno le dette un asciugamano per detergere il sudore e quando Ayumi si girò vide Peter Hamil appoggiato allo stipite della porta.

Da quando mi ha incontrato è venuto ogni giorno a trovarmi, che fossimo qui o nella valle dei susini… che uomo curioso…

- Signor Hamil, è venuto anche oggi a trovarmi? - gli disse in inglese avvicinandosi a lui.

- Salve, Ayumi! Lo sa che lei è la mia principessa! - rispose in parte in giapponese e in parte in inglese, facendola arrossire lievemente.

- Ultimamente non mi fotografa, però… Come mai? - indagò lei che iniziava a preoccuparsi per quella strana anomalia frenando un moto di stizza per il fatto che stesse dando considerazione a quella cosa. Mi ha sempre fotografato…

- E’ che rimango ogni volta incantato davanti alla sua bellezza… - le disse cercando di nasconderle la verità - E mi dimentico di premere il pulsante di scatto -

Ayumi corrugò la fronte mentre un gelo freddo le abbracciava il cuore.

- Da quando ha iniziato a mentirmi, signor Hamil? - lo accusò lei con voce dura. Lui, troppo scioccato per riuscire a mantenere la maschera indifferente che aveva indossato, mostrò un’espressione stupefatta e colpevole.

- Io non fotografo le bambole, non scatto le foto a qualcosa che non ha un animo! - spiegò lui pur sapendo che così lei gli avrebbe sicuramente chiuso quello spiraglio di luce che aveva visto nella valle dei susini - Non mi interessa la sola forma della Dea Scarlatta! -

Il cuore di Ayumi perse un battito. Che cosa?

- Ayumi, tornerò di nuovo per fotografare la Dea Scarlatta viva! - disse in giapponese e le dette le spalle mentre dentro si sentiva morire. Spero che la mia accusa ti sia di sprone Ayumi… voglio vedere ancora il fuoco nei tuoi occhi! Voglio fotografare la tua anima che brilla!

L’asciugamano che teneva fra le mani scivolò a terra e lei rimase con gli occhi spalancati sulla schiena del fotografo francese che usciva dalla Ondine.

Significa che la mia recitazione è priva d’animo… che la mia è una Dea Scarlatta senz’anima?



Dall’altra parte della città, ai Kid Studio, Maya e Sakurakoji stavano mettendo a dura prova Kuronuma, il quale però non si lasciava certo intimorire.

- Mio caro! Non voglio che ti ricordi del tuo passato! - disse Akoya angosciata al suo Isshin in terra a gambe incrociate che scolpiva una statua - Se ti ricorderai tutto, te ne andrai da qui e dimenticherai anche me! - disse con la voce piena d’angoscia.

- Più disperata, Kitajima! PIU’ DISPERATA! - urlò esasperato Kuronuma - Questo è l’uomo a cui tieni più di chiunque altro al mondo! - e la sua arma preferita, il copione arrotolato a guisa di clava, colpì con forza la mano facendo un rumore terrificante.

Maya incassò la testa nelle spalle e abbassò lo sguardo serrando poi gli occhi, come se questo potesse farlo smettere di urlare. E Kuronuma ebbe un’idea.

- Senti, fai come se fosse l’uomo che ti regala sempre quelle rose scarlatte! Prova a recitare immaginando di parlare con lui! -

Maya arrossì completamente e si portò una mano alla bocca. L’ammiratore delle rose scarlatte… come mi ero ripromessa… è così che devo fare… usare i miei sentimenti… anche se questo significherà mostrare una parte di me stessa che per fortuna nessuno conosce...

Si voltò verso Sakurakoji e lo guardò. Lui vide distintamente i suoi occhi cambiare, perfino la sua espressione mutò completamente e divenne di nuovo Akoya.

Eccola… ti aspetto Maya! Vediamo come cambierà la tua recitazione se pensi a quell’uomo!

Si inginocchiò accanto a lui chiudendo gli occhi, gli prese la testa fra le mani e l’appoggiò al suo petto in un gesto di estrema dolcezza e possesso, lasciando basito Yu che si sarebbe aspettato di tutto tranne un’interpretazione così profonda.

- Se ti ricorderai tutto, te ne andrai da qui… - sussurrò disperata, un nodo d’angoscia che le serrava la gola - Non voglio che ti ricordi del tuo passato! Dimenticherai anche me! - Sakurakoji sentì il calore nella sua voce, la paura di perderlo che attraversava le sue parole e il suo cuore batté furiosamente.

- Basta! - gridò Kuronuma che si guardò intorno notando il silenzio che era sceso nella sala. Tutti gli attori erano rimasti incollati con lo sguardo alla disperazione di Maya che non voleva perdere il suo amore.

Maya si riscosse e lasciò Yu, si rialzò e accettò una bibita e un asciugamano da una collega accettando i complimenti per quell’interpretazione così sentita.

Sakurakoji la osservò, lei aveva ancora le guance arrossate e anche lui si era sentito davvero partecipe della scena, come se gli avesse parlato lei e non Akoya.

Maya… mi piace sempre di più la tua Akoya… senza di te non saprei che fare di questi sentimenti! So che la persona di cui sei veramente innamorata è il tuo ammiratore… il tuo più grande fan… che non hai mai incontrato… ma io ti aspetterò, Maya! Noi siamo Akoya e Isshin… ci vediamo tutti i giorni, stiamo sempre insieme, a scambiarci parole e gesti d’amore, sicuramente ti innamorerai di me, più di quella persona che non hai mai visto! Aspetterò, Maya, fino a quando nel tuo cuore non ci sarà posto anche per me!

Le prove si protrassero fino a sera e quando Kuronuma mise la parola fine per quella giornata, Maya crollò a terra sfinita.

- Non ne posso più… - borbottò sconsolata appoggiando le mani dietro la schiena e reclinando la testa. Yu la imitò e si sedette accanto a lei ridacchiando.

- Scommetto che Onodera non tratta così Ayumi e Kei Akame - si lamentò lui chiudendo gli occhi. Sono proprio stanco…

- Kuronuma è un demonio… - sussurrò lei, guardandosi poi intorno con sospetto per vedere se il regista fosse nei paraggi. Yu rise ancora e lei tirò fuori la lingua ridacchiando.

Si stirò e poi si alzò. Gli tese la mano e lo invitò ad alzarsi. Sakurakoji la fissò un istante, poi la prese, ma non fece leva su di lei, altrimenti l’avrebbe tirata giù.

- Ho fame… - mormorò mentre il suo stomaco brontolava.

Yu si portò una mano fra i capelli e rise.

- Anche io! - andiamo a prenderci un hamburger, ti va? - le propose, lei annuì felice, raggiunsero i camerini e in men che non si dica erano per strada verso l’hamburgheria all’angolo.

L’aria era fredda per il vento che spirava dall’oceano nonostante fosse solo settembre, così lui si tolse la sciarpa e la mise a lei. Fu solo un attimo in cui si guardarono, ma entrambi arrossirono lievemente per quel gesto affettuoso e spontaneo.

- Non devi ammalarti - le disse dolcemente. Maya passò le mani sul tessuto caldo e inspirò l’odore del suo profumo maschile.

- Grazie - sussurrò Maya affondando nella sciarpa. Lui sorrise e proseguirono verso la loro cena.

Masumi Hayami, appoggiato al fianco della sua sportiva, si accese una sigaretta e soffiò il fumo acre nell’aria gelida. Il vento lo allontanò immediatamente da lui e aspirò di nuovo sentendo il calore bruciargli la gola e i polmoni. Si mise una mano in tasca per difenderla dal freddo mentre continuava a fissare la coppia che si allontanava sul marciapiede. Notò due uomini che li seguivano, corrugò la fronte, attraversò la strada tenendo sempre gli occhi su di loro e in breve fu dall’altra parte.

I due uomini parlottavano fra loro, si tenevano a distanza, ma era chiaro che seguissero proprio Maya e Sakurakoji. Poi quello più alto tirò fuori dallo zaino, che portava ad una spalla, una macchina fotografica. Masumi gettò la sigaretta ormai finita e accelerò leggermente fino a raggiungerli.

- Buonasera, signori, posso esservi utile? - attirò la loro attenzione affiancandoli e continuando a guardare avanti. I due si bloccarono proprio mentre quello alto abbassava la macchina dopo aver scattato una fotografia.

Anche Masumi si fermò, interrompendo la linea visiva fra i giornalisti e la coppia che proseguiva ignara di ciò che stava avvenendo alle sue spalle.

- Si-Signor Hayami… - balbettò quello basso che l’aveva riconosciuto immediatamente e quando anche il secondo realizzò, spense immediatamente la macchina fotografica. Masumi attese che uno dei due rispondesse alla sua domanda e li fissò intensamente lasciando vagare lo sguardo tagliente da uno all’altro.

- Non vi è chiara la domanda che vi ho fatto? - insisté alzando un sopracciglio.

- N-No, è chiara… - rispose quello basso - Noi… - il suo sguardo cercò di raggiungere Maya e Sakurakoji oltre le spalle di quell’uomo alto. Masumi si irrigidì, socchiuse le palpebre e con un gesto rapido e calcolato prese la macchina fotografica di mano al giornalista che sussultò.

- Credevo foste dei professionisti - disse fintamente deluso mentre apriva la parte laterale della macchina sotto gli occhi spalancati del giornalista alto - Se volete un’intervista, chiedete alla vostra testata giornalistica di prendere un appuntamento con il regista e i suoi attori, così da poter avere tutte le informazioni e le fotografie che desiderate - sempre con gesti lenti estrasse la SD card e richiuse la macchina porgendola al giornalista con sguardo freddo - Questa la prendo io - gli comunicò algido infilandosi la memoria in tasca.

L’uomo deglutì e riprese la macchina, annuendo vistosamente.

- Bene, mi pare sia tutto chiaro - aggiunse rivolgendosi al giornalista basso - Se desiderate ancora lavorare in questo campo vi consiglio caldamente di mettere in atto il mio… - fece una pausa molto teatrale prendendosi il mento fra le dita - ...suggerimento - concluse con un sorriso tagliente.

- S-Sì… - annuì, dette di gomito al collega e si voltarono tornando da dove erano venuti. Masumi si assicurò che fossero ben lontani, poi tornò a voltarsi verso la direzione in cui erano andati i due giovani. Percorse lentamente il marciapiede abbastanza affollato mentre le dita della sua mano sinistra rigiravano la piccola memory card nella tasca.

Poteva immaginare dove fossero diretti, così si fermò davanti alla vetrata principale dell’hamburgheria. La individuò in un attimo. Sorrideva e teneva una patatina in mano. Dolorosamente ricordò quella volta in cui avevano mangiato insieme. Passò un dito sulla camicia nel punto in cui si era macchiato e che lei aveva innocentemente pulito senza poter immaginare ciò che quei gesti spontanei avevano provocato in lui. Notò altri clienti che stavano mangiando che, cellulari alla mano, indicavano la coppia seduta e scattavano fotografie.

Maya si rese conto che da tempo non si sentiva in quel modo. Sakurakoji aveva appena riso di una sua battuta e stavano mangiando insieme e spensieratamente come una volta. Sentì qualcuno sussurrare il suo nome e si voltò di scatto, rendendosi conto che alcune persone li avevano riconosciuti. Arrossì e Yu le domandò cosa fosse accaduto.

- Ci riconoscono… - mormorò lei facendo vagare lo sguardo smarrito intorno. Anche Yu guardò gli altri e aggrottò la fronte.

- Andiamo via… - le suggerì sempre in un sussurro sommesso.

Maya mosse lo sguardo così febbrilmente che per un attimo le parve di vedere un volto conosciuto. Il suo cuore perse un battito e spalancò gli occhi, ma quando tornò nel punto in cui le sembrava di averlo visto, non c’era nessuno. Signor Hayami?

Masumi vide Sakurakoji prenderla per mano e alzarsi, corrugò la fronte, si mise le mani in tasca e riprese a camminare, un istante prima di incrociare lo sguardo di lei.

Le serve un manager… deve imparare come gestire la sua vita da ora in avanti…



I giorni immediatamente seguenti, le prove furono altrettanto estenuanti e Kuronuma non dava tregua né a Maya né a Yu. Erano coscienti di essere i due primi attori, ma il regista sembrava non essere mai contento dei risultati nonostante riconoscesse l’affinità sempre maggiore fra i due giovani.

Li congedò per la pausa pranzo di mezz’ora e, borbottando, Maya accettò la proposta di Yu di salire sul tetto dei Kid Studio, che era piatto e aveva un parapetto di protezione.

- Non ci lascia neanche il tempo per uscire e mangiare decentemente… - si lamentò Maya con lo sguardo basso. La strada sottostante era intasata dal traffico e i marciapiede pieni di gente.

Yu sorrise guardandola, se c’era qualcosa che Maya amava particolarmente era il cibo e quando glielo toglievi diventava irritabile. Spezzò il dolce ripieno di marmellata di fagioli e glielo porse.

- Ecco la tua metà - Maya osservò il dolce e lo prese.

- Grazie - disse, realmente riconoscente - E’ buonissimo! - e dovette costringersi a non trangugiarlo dalla fame che aveva. Yu la guardò soddisfatto, era davvero carina quando si lasciava andare a quei commenti spassionati.

- Che hai? - gli chiese lei vedendolo assorto e sorridente.

- Mi piace trovarmi così con te… - e quando Maya mostrò un’espressione dubbiosa lui proseguì - Intendo… dividere a metà le cose… -

- Già… - sussurrò Maya osservando il dolcetto.

- Di sicuro anche Akoya e Isshin si dividevano tutto in questo modo. Così anche un frutto poteva saziare il loro cuore… Anche se vivevano in povertà, erano felici perché erano insieme… - Yu sospirò guardando l’orizzonte e Maya osservò il suo profilo rilassato.

- L’anima gemella… Chissà come sarebbe poterla incontrare… Chissà quali differenze avvertirei in me rispetto a com’ero fino ad allora? - aggiunse dopo una breve pausa.

- Quali differenze? - ripeté Maya che non era sicura di comprendere dove volesse arrivare col suo ragionamento.

- Sì… Che considerazione avrei del me stesso di prima? - chiarì lui sempre guardando avanti, il tono sommesso e pacato.

Quell’ultima frase rievocò quell’incontro di anime nella valle, nel quale per un solo attimo di immensa felicità aveva stretto a sé il signor Hayami durante quell’illusione così reale da sembrare vera. Il suo cuore prese a battere alla stessa velocità di quella volta, come se lui fosse lì con lei.

Dopo l’incontro di quella volta… quella sensazione di aver trovato la metà perduta di me stessa…

Un nodo d’angoscia le serrò la gola e non riuscì a respirare. Strinse con forza il pugno che teneva al petto e Sakurakoji si stupì di quel gesto improvviso, che indicava grande tensione.

- Maya… - sussurrò preoccupato vedendola farsi assente.

- Se incontrassi quella persona… - mormorò lei - Mi accorgerei sicuramente di quanto finora sia stata sola… -

Una scossa gelida percorse la schiena di Yu all’udire quelle parole sommesse e sentite.

- Io penso… che Akoya proverebbe questo! Le sue battute che raccontano il momento in cui ha conosciuto Isshin… riesco a capirle molto bene! - aggiunse, ancora più sentitamente, il cuore che non riusciva a calmare quel dolore nel petto che bruciava come fuoco vivo.

Maya?! Che significa? Sono le stesse cose che ho sentito dal signor Hayami! Com'è possibile?!



Mizuki, seduta nel solito caffè dove pranzava, selezionò il numero di Rei Aoki e attese che la ragazza rispondesse. Il collegamento non si fece attendere e la sua voce piena di vita la fece sorridere.

- Signorina Mizuki! - la salutò senza neanche presentarsi vedendo il numero sul display.

- Buongiorno signorina Aoki, come sta? - si era informata su quella giovane attrice e sapeva che stava preparando uno spettacolo insieme ad altri allievi che avevano fatto parte della compagnia Tsukikage.

- Bene! Ha scoperto qualcosa? - chiese senza mezzi termini e Mizuki sorrise di nuovo accavallando le gambe.

- Sì, cosa ne dice di incontrarci domani nello stesso caffè? - propose e corrugò la fronte quando dall’altra parte sentì silenzio.

- Va tutto bene? - incalzò e Rei si affrettò a rispondere.

- Sì, sì, tutto bene, solo che, in questi giorni Maya sembra rinata! Tutta quella tristezza sembra stata spazzata via da qualcosa di nuovo… forse la Dea Scarlatta… - riferì l’attrice confermando poi anche l’appuntamento.

- Allora a domani - e Mizuki chiuse pensierosa la telefonata. Chissà cos’è accaduto…



Il destino, che inesorabilmente legava le vite di Maya Kitajima, Yu Sakurakoji e Masumi Hayami, quel pomeriggio decise di far incontrare quei due uomini che, in modo diverso, amavano la stessa ragazza. Yu era appena uscito dalla palestra che frequentava un’ora ogni giorno appena aveva tempo e, dopo la breve pausa con Maya, dato che non aveva scene fino alle quattro, aveva deciso di andarci. Era ancora turbato per le sue parole, così simili a quelle di quell’uomo, che neppure la fatica aveva cancellato e non si accorse di essere sul punto di scontrarsi con lui.

Masumi Hayami aveva appena terminato la visita ad una piccola società legata al teatro che desiderava acquisire ed eliminare dal mercato quando, sollevando gli occhi, incontrò quelli di Sakurakoji, quasi alla sua stessa altezza.

- Signor Hayami! - lo salutò cordialmente andandogli incontro e Masumi ricambiò la stretta. Yu sentì il cuore accelerare improvvisamente, mentre le parole di Maya gli rimbombavano in testa.

- Buongiorno, Sakurakoji -

- Che ne dice di un caffè? - propose Yu - L’altra volta ha offerto lei, oggi tocca a me -

Masumi acconsentì e in breve erano seduti in un locale vicino.

- E’ passato del tempo dall’ultima volta che ci siamo visti - esordì Yu pieno di entusiasmo. Proprio quando mi disse cosa significavano le anime gemelle per lei…

- Sei cambiato - ammise Masumi osservandolo bene - Sembri pieno di fiducia e più deciso - gli sorrise camuffando la tensione che lo stava attraversando.

- Eh? Dice sul serio? - si meravigliò Yu - Beh, la ringrazio. Chi l’avrebbe mai detto che lei un giorno mi avrebbe fatto dei complimenti! - rispose un po’ imbarazzato.

- Ho sentito che le prove stanno procedendo bene e anche il rapporto con la tua partner - dato che il destino glielo aveva fatto incontrare, tanto valeva sapere qualcosa.

- Sì - rispose lui immediatamente - Ma solo quando recitiamo - puntualizzò, attirando la sua attenzione.

- Maya ha una persona a lei molto cara con la quale io non posso competere - gli confessò candidamente, fissandolo - Il suo ammiratore delle rose scarlatte -

Per poco Masumi non mandò di traverso il caffè e dovette fare un grande sforzo per evitare di soccombere all’imbarazzo che sentiva crescere.

- E’ un suo fan sin da quando lei salì sul palcoscenico per la prima volta, l’ha aiutata anche economicamente senza rivelare mai la sua vera identità… - spiegò Yu con la voce piena di malinconia.

- Ma lei non l’ha mai incontrato… - mormorò Masumi appoggiando la tazzina sul tavolo.

- Infatti… ma io credo che lei ami quell’uomo più profondamente di chiunque altro! - Sakurakoji teneva lo sguardo basso e sembrava riflettere fra sé e sé - Per Maya, recitare in teatro equivale a vivere… Con il passare degli anni lui è diventato il suo sostegno morale e senza che se ne accorgesse, una persona insostituibile! - Yu si sentì di dirgli tutto quello che gli passava per la testa, ma la domanda che lui gli pose lo lasciò perplesso.

- E tu che intendi fare? - gli domandò Masumi ricordando le volte in cui li aveva visti insieme.

- Non mi rassegno! - confessò con ardore fissandolo - Se l’ammiratore delle rose scarlatte non vuole incontrarla, avrà le sue ragioni e questo gioca a mio favore! Io sono Isshin e lei Akoya, durante le prove ogni giorno ci scambiamo parole d’amore, espressioni e gesti affettuosi. Come Isshin, penso con tenerezza a lei, sul serio! - la sua voce era carica di sentimento e Masumi dovette ammettere che aveva davvero una costanza inusuale.

- Per quanto Maya tenga al suo ammiratore, rispetto a lui che non vuole mostrarsi, io sono sicuramente avvantaggiato dato che sto con lei tutti i giorni! Prima o poi riuscirò a far breccia nel suo cuore! - aggiunse con grande determinazione facendo tremare Masumi.

- Grazie di avermi dedicato il suo tempo, signor Hayami - si salutarono poco dopo.

- E’ stato un piacere, Sakurakoji - rispose lui pacatamente mentre il giovane attore scendeva le scale del caffè.

- Ah, già! - Yu si bloccò, voltandosi - Si ricorda che una volta abbiamo parlato del miracolo che sarebbe incontrare la propria anima gemella? -

- Sì - annuì Masumi pensieroso.

- Le parole che mi disse mi sono rimaste impresse - aggiunse Yu - Che se accadesse, si incomincerebbe a capire quanto si è stati soli fino ad allora! -

- Già… - mormorò Hayami tenendo lo sguardo sul giovane.

- E’ strano, sa… - Yu sollevò lo sguardo, voleva proprio guardarlo quando gliel’avrebbe detto - Anche Maya ha detto la stessa cosa, che se incontrasse quella persona speciale… si accorgerebbe di quanto sia stata sola prima… -

Masumi non riuscì a camuffare la sua sorpresa, mai si sarebbe aspettato che Sakurakoji gli dicesse una cosa del genere. Yu sorrise in modo enigmatico, sollevò una mano e la mosse leggermente.

- E con questo, la saluto - e gli dette le spalle mentre il suo cuore batteva all’impazzata. Cosa ho visto sul suo volto? Perché quell’espressione sconvolta quando lui solitamente è così compassato?

Masumi Hayami, troppo stupito per ciò che potevano significare quelle parole, fissò la schiena diritta dell’attore che procedeva spedito sul marciapiede.

Maya ha detto le mie stesse parole? Dunque lei… prova i miei stessi sentimenti? La rosa che ha portato alle labbra al cavalcavia… le parole del regista, così simili a quelle di Sakurakoji… Non può essere innamorata di me!

Salì in macchina e chiese all’autista di portarlo alla Daito, poi si allentò leggermente la cravatta e si appoggiò completamente con la schiena al sedile, reclinando la testa e chiudendo gli occhi.

In un attimo rievocò la valle, quel ruscello e lei dall’altra parte, che recitava quelle parole d’amore. Poi quell’abbraccio incredibile, che non poteva essere avvenuto lì, ma in un altro luogo e in un altro tempo. Un’illusione.

E’ stata come una dichiarazione d’amore! Ha fatto qualche passo nell’acqua, veniva verso di me! Perché? Possibile davvero…? E perché al ristorante mi ha allontanato? L’ho spaventata in qualche modo… L’amore della Dea Scarlatta… l’amore di anime gemelle… sono sicuro, signora Tsukikage, che lei lo sa!

Sollevò la testa, determinato nel suo intento, mentre il cuore gli gridava di aggrapparsi a quello spiraglio di luce e la sua mente razionale continuava a ripetergli che era solo una ragazza di vent’anni, che lui aveva corteggiato ricoprendola di fiori e favori, che sarebbe stato un errore travisare i suoi sentimenti di gratitudine come se fosse amore. Eppure, una parte di lui, ben nascosta, riuscì a farsi sentire e il solo pensiero che lei potesse davvero ricambiare il suo amore lo fece gioire di felicità.


E quel giorno il destino non lasciò in pace neanche Maya. Era tornata in sala prove dopo che Yu aveva deciso di andare in palestra non essendoci scene che coinvolgevano Isshin e quando era rientrato alle quattro gli era sembrato stranamente assente, l’aveva salutata e si era messo subito al lavoro insieme al regista. Avevano provato per oltre un’ora la stessa scena in cui Isshin deve uccidere Akoya recidendo il tronco dell’albero di susino e questa volta Sakurakoji era apparso in grande difficoltà. Sembrava non riuscire a tirar fuori i sentimenti giusti per trasmettere allo spettatore il reale stato d’animo dello scultore così ad un certo punto aveva gettato a terra l’ascia e se ne era andato nei camerini sconsolato.

Maya fece un passo per seguirlo, ma sentì il regista borbottare.

- E’ a buon punto… - poi si girò verso di lei - Kitajima, che cosa hai provato quando lui ti ha puntato l’ascia contro? -

Maya lo fissò spiazzata, poi riordinò le idee e gli rispose.

- Ehm… Sono rimasta di stucco, poi mi sono irrigidita -

- Solo questo? - indagò Kuronuma, stupito.

- Sì - annuì Maya.

- Ho capito. E’ naturale che non trasmetti il dolore di Akoya. Mi dispiace veramente per l’Isshin di Sakurakoji - disse sconsolato scuotendo la testa.

- Come? - Maya si sentì immediatamente in colpa. E’ a causa mia che Yu non riesce a interpretare bene Isshin in questa scena???

- Isshin è l’altra metà dell’anima di Akoya - spiegò il regista con sguardo duro - Kitajima, sei libera di innamorarti di chiunque, ma il tuo amato sulla scena è solo Isshin! - la giovane lo fissò spaesata e con occhi spalancati.

- Tu sei un’attrice! Usa la testa! Serviti dell’immaginazione! So che puoi farcela! Guardandoti recitare gli spettatori dovranno credere che esista davvero un’anima gemella! - le consigliò con ardore scuotendola per le spalle.

Maya rimase imbambolata, poi il regista le mise in mano il copione aperto alla pagina della dichiarazione di Akoya e la lasciò da sola.

Queste battute… io… le ho recitate davanti a lui…

Rivide quella scena, quell’abbraccio così devastante che per un attimo le aveva fatto credere che lui ricambiasse i suoi sentimenti. Lacrime copiose presero a scendere senza sosta macchiando il copione bianco.

Un’illusione e niente altro… Io… io non riesco a usare l’immaginazione! Mi viene in mente sempre il signor Hayami! Non riesco a non pensarci, perché? L’incontro delle due anime gemelle… sono sicura, signora Tsukikage, che lei lo sa! Devo solo scoprire dove si trova a Tokyo!

Senza averne coscienza, Maya prese la stessa decisione che qualche ora prima aveva preso il signor Hayami: avrebbe fatto visita alla signora Tsukikage e le avrebbe chiesto spiegazioni sull’incontro di due anime gemelle. Si alzò più determinata che mai, corse ai camerini e cercò di individuare Yu, ma non c’era. Avrebbe voluto dirgli che presto avrebbe risolto anche quel nodo, che la sua recitazione sarebbe stata convincente e il suo Isshin ne avrebbe giovato. Con una punta di delusione lasciò scivolare la mano sullo stipite della porta e passò un’ultima volta lo sguardo sconsolato nel camerino vuoto. Sakurakoji… perché te ne sei andato?



Maya lasciò i Kid Studio mezz’ora dopo, si chiuse nel soprabito leggero per fermare il vento fresco di settembre e s’incamminò verso la metropolitana. Camminava a occhi bassi quindi non si rese conto che un’auto nera, anonima, la seguiva a distanza. Dopo qualche minuto, l’auto accelerò, accostò poco più avanti, l’autista scese, tolse la sedia a rotelle dalla bauliera, l’aprì e aiutò l’uomo a sedersi. Sujimoto, il collaboratore che lo seguiva ormai da anni, afferrò le maniglie della sedia e lo girò sul marciapiede.

Maya per poco ci sbatté contro, sollevò lo sguardo e spalancò gli occhi contenta.

- Signore! - gridò entusiasta - Che coincidenza! Che ci fa da queste parti? -

Eisuke Hayami, colpito ancora una volta dalla sua esuberanza spontanea, sorrise amabilmente e si sistemò il plaid sulle gambe.

- Ho avuto una visita in una clinica qui vicina [tale padre, tale figlio… -.-], stavo giusto per salire in macchina! Sono contento di essermi imbattuto in lei! Cosa ne dice di un parfait? - le propose sperando che lo accontentasse.

Maya si illuminò come un sole e annuì con vigore.

- Certo! -

- C’è un locale qui vicino... - e fece cenno a Sujimoto - Dove ne fanno di buonissimi -

In breve erano seduti ad un tavolo con davanti un gigantesco gelato.

- Wow! Ma sono giganteschi i parfait che fanno in questo locale! - Eisuke la osservò sollevato, aveva le guance arrossate, sorrideva e i suoi occhi brillavano come gemme.

- Mi dica, lei viene spesso qui? - gli domandò la giovane infilandosi un cucchiaio colmo di gelato in bocca senza farsi alcun problema.

- Sì - rispose lui deciso con un ampio sorriso - Adoro il parfait - mentì, ma era lì per trascorrere del tempo con lei e avrebbe fatto qualsiasi cosa per convincerla a restare con lui.

- Davvero? - Maya rimase sorpresa - Non credevo che alle persone della sua età piacesse il gelato -

Eisuke scoppiò a ridere e il suo collaboratore, poco distante in piedi vicino alla sedia a rotelle, fu costretto a soffocare una risata. Lei tirò fuori la lingua arrossendo e mangiò un altro cucchiaio di gelato.

Sempre così spontanea, sembra tu non conosca malizia né menzogna… genuinamente dici ciò che ti passa per la testa...

- Come vanno le prove per lo spettacolo? La “Dea Scarlatta”, se non ricordo male… - Eisuke cambiò discorso portandolo su ciò che gli interessava.

- Devo migliorare… - borbottò lei abbassando lo sguardo - Il regista non fa che sgridarmi! - si lamentò mettendo il broncio.

- Se non erro ha una rivale - e anche lui mangiò un po’ di gelato.

- Ayumi Himekawa - scandì ogni sillaba di quel nome importante con grande rispetto.

- Sicura di vincere? - la provocò lui provando ad adottare lo stesso sistema che aveva visto usare a suo figlio.

- Assolutamente no! - rispose lei bloccando il cucchiaio a metà strada - Ho seguito le sue prove in televisione, sembrava una vera e propria dea - gli confessò con un tono di stima.

Eisuke osservò per un attimo quella singolare ragazza.

- Come fa a lodare così tanto la sua rivale? - la provocò di nuovo. Sei davvero una strana ragazzina…

- Ma è la verità - replicò Maya con sguardo pieno d’ammirazione - Però io ho la mia Dea Scarlatta! - gli rivelò con orgoglio.

- Ohh… capisco - Eisuke sorrise di quella determinazione e del fuoco acceso che vedeva nei suoi occhi.

- Sul palcoscenico, voglio vivere come Akoya e come Dea Scarlatta! - gli ribadì come gli aveva detto la prima volta che si erano incontrati.

- Non sono una gran bellezza, ma sulla scena posso essere perfino una Dea! - l’amore per il teatro che traspariva dalle sue parole colpì profondamente Eisuke - O Helen Keller! O una piratessa! Ho recitato pure la parte di un robot! - i suoi occhi brillavano pieni di vita ed Eisuke si trovò a fissarla rapito.

- E anche una ragazza lupo! - aggiunse lui con un sorriso dolce. In quello spettacolo… tu sei stata strepitosa, ragazzina...

Maya scoppiò a  ridere poi si fece di nuovo seria.

- Amo recitare e poter vivere tante vite sul palcoscenico, come ha fatto la signora Tsukikage! -

Eisuke terminò il suo parfait e sollevò un sopracciglio.

- Ora che ci penso, ho visto la sua sensei, poco fa - mentì e Maya schizzò in piedi - Stava entrando in un palazzo qui vicino - in realtà aveva scoperto dove risiedeva già da qualche giorno. Si meravigliò lui stesso di aver rivelato quell’informazione a quella ragazza, rendendosi conto che l’aveva trascinato nel suo mondo pieno di allegria e spontaneità.

- La signora Tsukikage?! Quale palazzo? Me lo dica! - lo incalzò lei ed Eisuke la osservò incuriosito.

- Va bene, le disegnerò una mappa - prese un tovagliolino di carta, estrasse una bellissima penna dal taschino interno e iniziò a tracciare una mappa semplificata. Maya lo guardò e si rese conto che aveva un tratto preciso e costante e che non sapeva assolutamente niente di lui.

Così prese un altro tovagliolo di carta e la sua penna dalla borsetta. Segnò il suo numero di cellulare e la sua email. Quando Eisuke alzò lo sguardo trovò lei che lo fissava e arrossì lievemente.

- Ecco, questo è per lei - e le porse la mappa stilizzata.

- E questo è per lei! - e Maya gli avvicinò il suo tovagliolo mentre prendeva la mappa. Eisuke sbatté gli occhi incredulo e lei prevenne le sue rimostranze.

- Sono i miei contatti, li prenda, la prego - lo supplicò dolcemente toccandogli il dorso della mano.

Eisuke annuì, incapace di replicare a quello sguardo intenso e brillante.

- Allora non posso esimermi da lasciarle il mio - le sorrise - Sujimoto! - chiamò subito dopo e il fedele collaboratore scrisse rapidamente il suo numero di cellulare su un altro tovagliolo e glielo porse. Maya lo prese arrossendo lievemente, lo piegò e lo mise nella borsa.

Si alzarono e la giovane fu tentata di chiedere il nome dell’anziano signore poi rifletté che probabilmente non voleva darglielo per qualche motivo e lei non aveva intenzione di disturbarlo cono domande inopportune.

Lui insisté per pagare e Maya alla fine cedette.

- Grazie per il parfait! La prossima volta gliene offrirò uno io! - promise lei strizzandogli un occhio mentre uscivano dal locale.

- Eh? Lei a me? - domandò Eisuke stupito. Certo, ragazzina, che ne hai di energie e di coraggio…

- Sì! - replicò Maya decisa - Ha offerto anche l’altra volta, quindi la prossima tocca a me! Conosco un locale, non è lussuoso come questo, ma servono un parfait squisito e a buon mercato. Non si preoccupi, qualche risparmio da parte ce l’ho anche io! - aggiunse sollevando un indice, fintamente offesa.

Eisuke si sentì stranamente a disagio ascoltando quella confessione spassionata che non cercava la sua compassione né pietà. La totalità della gente che era abituato a frequentare voleva qualcosa da lui. Sempre.

- Benissimo - disse alla fine arrendendosi a quell’uragano di donna - Allora accetto volentieri il suo invito - il suo collaboratore avvicinò la sedia a rotelle all’auto.

- Perfetto! Ci conto! - annuì Maya entusiasta.

Sujimoto lo aiutò ad alzarsi, ma lui inciampò e Maya fece uno scatto rapido avanti sorreggendolo per il braccio. Eisuke sentì la forza della sua stretta e il loro occhi si incrociarono: quelli di Maya erano in apprensione e preoccupati.

- Signorina… - sussurrò continuando a guardarla imbarazzato.

- Va… va tutto bene, signore? - gli domandò Maya continuando a tenerlo stretto.

- Sì - rispose lui mentre lentamente si accomodava sul sedile posteriore - La ringrazio -

L’autista sistemò la sedia nella bauliera, Sujimoto chiuse la portiera e si sedette davanti.

- A presto! - lo salutò Maya - Per un altro parfait insieme! - gridò felice sbracciandosi.

- Sì! Promesso! - si ritrovò a gridare Eisuke agitando la mano da dentro e seguendola con lo sguardo finché fu fuori portata. Quando si accorse del suo gesto si ricompose immediatamente, tossicchiando.

- Ma… signore - lo riprese Sujimoto preoccupato - Si è davvero scambiato numero di telefono con quella ragazzina? Per giunta si è mangiato quel grosso gelato! -

- Non dirlo! - protestò Eisuke appoggiandosi le mani davanti - Ho già mal di stomaco… -

- Glielo devo dire… - azzardò il collaboratore - Non l’avevo mai vista divertirsi così tanto! -

Eisuke si rilassò e fissò lo sguardo sul pomolo del bastone, riflettendo sulle parole di Sujimoto.

- Eh già, è una ragazza piacevole - ammise e l’uomo ombra sollevò un sopracciglio, meravigliato per quell’atteggiamento così anomalo che non gli aveva mai visto.

- Se addirittura un tipo testardo e zuccone come Masumi si prende cura di lei da ben sette anni…! - mormorò fra sé riflettendo - Sette anni… non so come faccia a mantenere la calma… -

Se avessi potuto avere qualche dubbio in merito… ora mi è tutto molto più chiaro… è una ragazza davvero piena di vita…

- Cosa? - chiese Sujimoto sentendolo borbottare.

- Niente. Ascoltami bene: quella ragazza non dovrà mai sapere chi sono! - lo ammonì severo - Per lei io sono un signore di passaggio amante del parfait! Ci siamo capiti? -

- S-Sì… signore! - rispose Sujimoto rabbrividendo. L’ultima cosa che desiderava era contraddire il suo capo.

Eisuke Hayami, per la prima volta nella vita, si vide costretto a cambiare un’opinione che aveva su una persona, lasciando che quella nuova sensazione placasse momentaneamente la rabbia che albergava nel suo cuore.


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Capitolo 36
*** Vista interiore ***


Ultima revisione: marzo 2016

 

36. Vista interiore

 

Mentre Maya pranzava con Yu sul tetto dei Kid Studio, Ayumi Himekawa andava incontro, per volere sempre di quell’impietoso destino, ad un evento che avrebbe cambiato per sempre la sua vita. Onodera, proprio come Kuronuma, pretendeva il massimo dai suoi attori, da tutti quanti, senza distinzione.

Durante le prove di una scena del villaggio, un’attrice spostò involontariamente i cavi di alcuni riflettori. Ayumi, che seguiva attentamente la scena, dato che dopo sarebbe toccato a lei nei panni di Akoya, si accorse che la ragazza sarebbe stata travolta dal faretto fissato al piedistallo di sostegno, così si intromise nella traiettoria col proprio corpo. Ci fu un gran trambusto, Kei Akame le fu immediatamente vicino, così come Onodera e l’aiuto regista.

Qualche attimo dopo la sala prove divenne silenziosa, si sentivano solo i lamenti della ragazza che Ayumi aveva spinto lontano sul pavimento di legno.

- Ayumi… - la sostenne Akame tenendola gentilmente per le braccia. Lei si mise in ginocchio scuotendo la testa, poi sollevò gli occhi e sorrise disorientata.

- Sto bene - disse con voce moderata in modo che tutti potessero sentirla. Il cuore le batteva all’impazzata e un dolore acuto e penetrante le martellava in testa. Si rialzò completamente, aiutata dal suo Isshin, e un mormorio di approvazione e sollievo venne accompagnato da un forte battito di mani che inneggiava al suo coraggio. L’attrice che aveva salvato dall’impatto si avvicinò titubante, ma quando fece per ringraziarla, Ayumi sollevò una mano.

- Torniamo alle prove - e liquidò la faccenda come era solita fare lei, guardando avanti. Il regista espirò tutto il fiato che aveva in gola e batté le mani riportando l’ordine in sala.

Ayumi ignorò quel senso di spossatezza e vertigine che l’accompagnò per tutto il resto del pomeriggio senza rendersi conto, presa completamente dall’interpretazione di Akoya, quanto quell’incidente, all’apparenza innocuo, avrebbe inciso sulla sua carriera futura.



Maya osservò la mappa stilizzata sul tovagliolo di carta che le aveva lasciato quel simpatico vecchietto, poi spostò lo sguardo sull’orologio. Il luogo dove risiedeva la signora Tsukikage non era distante e sarebbe riuscita anche a tornare a casa per cena. Si incamminò decisa e dopo neanche venti minuti si trovò di fronte al cancello di una bella villa in stile giapponese. Anche da quella distanza poteva sentire il rumore rilassante e ritmico della fontana che batteva sulla roccia.

Sollevò lo sguardo sulla targa e quando lesse il nome della famiglia che vi abitava ebbe un sussulto involontario.

- Yamagishi… - mormorò, ricostruendo immediatamente l’immagine dell’anziano Presidente dell’Associazione Nazionale per lo Spettacolo. Sollevò un indice titubante, poi suonò il campanello.

- Sì, chi è? - rispose la voce di Genzo e Maya poté confermare che le informazioni avute dall’anziano signore erano veritiere.

L’inseparabile accompagnatore della signora la accompagnò per i corridoio della grande villa, l’unico suono era il battere della fontana in giardino.

- Come hai fatto a scoprire che eravamo qui, Maya? - la interrogò lui fissandola con curiosità. Certo che a volte il destino è veramente implacabile…

- Me lo ha detto una persona… - confessò lei senza però citare la fonte.

- Capisco - Genzo parve accontentarsi della risposta generica - Anche la signora Tsukikage ne rimarrà sorpresa! Avevi bisogno di lei per qualche ragione particolare? - le chiese con voce assolutamente neutra.

- Sì - rispose lei insicura - C’è una cosa che vorrei chiederle... -

Genzo la guardò per un istante, poi la annunciò alla signora da dietro il fusuma e il cuore di Maya prese a battere rapidamente.

- Signora, non indovinerà mai chi è venuta a trovarla - la introdusse lui.

- Entra pure - rispose la voce pacata della signora al di là della parete di carta di riso. Maya sentì le gambe tremare e quando Genzo aprì il fusuma e la fece entrare, il suo cuore smise completamente di battere per diversi secondi e sentì tutto il sangue defluire dal volto.

Nella stanza, di fronte alla signora, c’era Masumi Hayami.

Non… è possibile…! Il signor Hayami!

Masumi si voltò appena il fusuma venne aperto e non riuscì in alcun modo a mantenere il controllo delle sue espressioni. Maya!?

- Do il benvenuto a entrambi - esordì la voce pacata e misteriosa della signora - Una curiosa coincidenza… Dunque che cosa volete da me, signor Hayami e Maya? - li interrogò con un sorriso inquietante mentre indicava i due divanetti ai lati del tavolino centrale mentre lei si accomodò meglio sulla poltrona, pronta a godersi lo spettacolo. Davvero, davvero inusuale…

Maya non riuscì neanche a guardarlo tale era l’imbarazzo che provava, sentiva la bocca asciutta e le mani gelate per la tensione, e di contro Masumi la fissò solo qualche istante, poi riprese contatto con il mondo circostante mentre cercava di impedire al suo cuore di uscire dal petto. Mille immagini gli scorsero davanti agli occhi, per ultima quel bacio sui petali di velluto. Com’è possibile che ci siamo trovati qui, insieme? Neanche ci fossimo dati appuntamento…

Alla fine si sedettero e la signora osservò ogni loro movimento con estrema curiosità. Masumi Hayami evitava categoricamente di guardare Maya e la ragazza appariva imbarazzata, teneva gli occhi bassi, una mano stretta a pugno vicino alla bocca. Proprio Maya iniziò a balbettare qualcosa, pronta a rispondere alla domanda della signora, quando Masumi, con voce chiara e decisa, prese il controllo della conversazione.

- Volevo solo sapere come stava - esordì sorridente verso la signora Tsukikage - Sono contento di trovarla in salute -

Maya sollevò lo sguardo, indispettita, in un modo o nell’altro riusciva sempre a zittirla. Nessuno le crede! Sarebbe venuto qui solo per sapere come sta? Ma chi vuole prendere in giro! Vedrà che neanche la signora le crederà!

- E’ venuto soltanto per questo? - indagò Chigusa fissandolo intensamente.

Maya esultò come una bambina quando la signora sospettò delle sue parole: se avesse potuto gli avrebbe fatto una linguaccia. Visto? Che le dicevo?!

- Sì - rispose lui con voce composta - Per questo -

Certo che lei ha davvero una grande abilità con le parole, signor Hayami! Se avesse potuto, Maya l’avrebbe carbonizzato. Lo fissava con sguardo gelido, le mani chiuse in grembo e la rabbia che montava dentro inesorabile. Come può mantenere quella faccia rilassata! Come può mandarmi delle rose per ottenere i diritti della Dea Scarlatta e allo stesso tempo trattarmi con gentilezza? Che spregevole uomo duplice!

- Come al solito lei non rivela mai le sue reali intenzioni, signor Masumi - replicò freddamente la signora continuando a tenere gli occhi su quell’uomo così ambiguo. Maya si ritrovò a sorridere lievemente.

Ecco, signora! Gliene dica due! Non avrei mai immaginato di incontrarlo qui! E’ davvero un demonio! Non molla la presa, tormenta la signora ed è arrivato addirittura ad illudere me pur di ottenere i suoi scopi! Lui e suo padre sono fatti della stessa pasta!

- Le dico che anche questo era nelle mie intenzioni, signora Tsukikage - insisté Masumi sorridendo.

Maya lo osservò con attenzione e si rese conto che sembrava tranquillo, ma in realtà stava solo mantenendo un’espressione di facciata. Era rigido sulla poltrona, non si era mosso di un millimetro, non l’aveva mai guardata e le frasi rivolte alla signora avevano tutte lo stesso tono, come fossero risposte programmate di un robot.

- Sono rasserenato nel sapere che risiede nella seconda casa del Presidente Yamagishi - proseguì Masumi - Ho sentito che c’è sempre un’infermiera e che un medico viene a visitarla quotidianamente. Qui potrà riposare in tranquillità fino al giorno dello spettacolo dimostrativo della “Dea Scarlatta” -

Maya corrugò la fronte a quelle parole intrise di bugie.

Rasserenato?! Qui la signora è al sicuro da lei e suo padre e nonostante tutto ha avuto il coraggio di venire qui a disturbarla! E come fa a sapere sempre tutto di tutti?

Gioì quando la signora glissò la sua gentilezza e si rivolse a lei.

- A proposito… - e Chigusa sorrise vedendola sussultare, chissà a cosa stava pensando - Maya, cara, dimmi, come sei venuta a sapere che mi trovavo qui? - le domandò realmente incuriosita.

Masumi represse il desiderio di espirare con il fiato tutta la tensione che stava accumulando. La signora era ostile come sempre e non si era aspettato certo qualcosa di diverso, ma di sicuro non le avrebbe chiesto dei suoi dubbi davanti a Maya. Anche lei era palesemente ostile, si rifiutava di guardarlo e tutta la sua attenzione era per la signora.

- Ecco… - iniziò Maya un po’ imbarazzata - Me l’ha riferito un signore… - rivelò con un sorriso appena accennato.

- Chi? - incalzò subito Chigusa, stupita.

- Ehm… - Maya esitò - E’ un uomo su una sedia a rotelle. Mi ha detto di averla vista entrare in questa casa… -

Sia Chigusa che Masumi sbiancarono a quella descrizione. La signora fissava Maya che innocentemente raccontava l’evento. Sulla sedia a rotelle? Non sarà mica…?

- Che tipo è quell’uomo? Come l’hai conosciuto, Maya? - indagò ancora sperando che lei fugasse i suoi sospetti.

- Ehm… l’ho incontrato tempo fa per puro caso in una stazione. Gli diedi il volantino di “Lande dimenticate” e lui venne a vedermi a teatro… - spiegò con lo sguardo assente, assorta nel ricordo.

- In una stazione? - Chigusa era sempre più meravigliata.

- Un volantino? - perfino Masumi non riusciva a togliersi dalla testa che fosse suo padre. Deve essere lui… sempre a tramare…

- Poi l’ho rivisto casualmente anche quando eravamo in montagna per le prove della “Dea Scarlatta”, era lì per delle cure termali in una località vicino alla valle… - il suo volto esprimeva grande affetto mentre raccontava - Quella volta mi ha offerto una zuppa buonissima! E’ una persona gentile e molto divertente! Fu lui a suggerirmi di interpretare Oshichi, si ricorda signora? - e batté le mani confondendo completamente entrambi i suoi interlocutori.

- Una zuppa…? Gentile…? Sì… mi ricordo che me ne avevi parlato - la signora Tsukikage non poteva credere che quell’uomo potesse essere Eisuke Hayami. Eppure sarebbe da lui… ma Maya ne ha una percezione completamente diversa… da come ne parla sembra un’altra persona...

- Divertente? - borbottò Masumi immobilizzandosi. E’ lui…! L’ha incontrata di nuovo… ma Maya ne ha una percezione completamente diversa… sembra un’altra persona...

- Inoltre va matto per i parfait! - continuò Maya imperterrita, felice di condividere quei ricordi pieni d’affetto - Ne abbiamo mangiato insieme uno gigantesco in un locale molto carino! - confessò con un lieve imbarazzo, completamente dimentica delle due persone che erano con lei.

Masumi la osservò strabiliato, la contentezza traspariva dalla sua espressione e si capiva chiaramente quanto fosse stata bene in compagnia di quel signore.

Perché con lei si comporta in questo modo…? Cosa vorrà ottenere?

Chigusa decise che il tempo delle chiacchiere formali era finito. Si rassettò la lunga gonna dell’abito e si rivolse nuovamente a lui.

- Piuttosto, signor Masumi, perché non mi dice esattamente il motivo della sua visita? - e Maya, all’udire la voce della signora, tremò per lui.

Masumi rimase immobile per qualche istante, fissando la signora, indeciso se rivelare o meno il reale motivo della sua visita. Guardò anche Maya, per un solo attimo, e si stupì che lei lo stesse guardando. I suoi occhi ardevano d’ira e ancora una volta si domandò cosa avesse così drasticamente cambiato le cose.

- In fondo riguarda anche Maya, non è vero, signor Masumi? Si senta libero di dire ciò che deve - lo incitò lei senza alcun riguardo.

Maya spostò lo sguardo lentamente fra la signora e il signor Hayami mentre un gelo freddo sostituiva il fuoco della rabbia che le ardeva dentro.

Riguarda me?

Lui sussultò, senza capire a cosa si riferisse realmente la signora. Non può sapere il motivo per cui sono qui… è impossibile…

Inspiegabilmente Maya sentì salire un’angoscia profonda che si tradusse in lacrime silenziose che scesero dai suoi occhi spalancati. Era andata lì per chiedere cosa fossero realmente le anime gemelle, era già tesa per dover fronteggiare la sensei e trovarsi davanti lui era stato davvero troppo. La sua anima tirava e si allungava, prima da una parte, poi dall’altra, prima verso l’ammiratore delle rose scarlatte, poi anche verso l’uomo dietro cui si nascondeva, che col tempo aveva imparato ad apprezzare. Piano piano, senza rendersene conto, quell’ardente odio verso di lui si era trasformato in amore, passando per un’infinita riconoscenza. E ora era di nuovo al punto di partenza. Le sue attenzioni, le sue rose, in tutti quegli anni, erano stati solo una trappola, un espediente per raggiungere quei diritti nel caso in cui avesse vinto.

- Maya… - sussurrò la signora Tsukikage fissandola stupita.

Anche Masumi Hayami si girò, pensando ancora a cosa rispondere alla sensei, e quando vide il suo volto statico, con le lacrime che scendevano lentamente, la sua mente si svuotò del tutto, lasciandolo arido e dolorante. Maya… mi è insopportabile vederti piangere...

- E’ qui per i diritti, non è vero? - gli disse Maya in un sussurro teso mantenendo quell’immobilità inquietante, molto simile all’espressione che aveva tenuto in “Sorriso di pietra”. Masumi s’irrigidì e per lei fu solo una conferma ai suoi timori.

Abbassò lentamente il volto, piegando la testa di lato e chiudendo gli occhi. Quel gesto, così rassegnato e sconfortante, abbatté tutte le difese che Masumi Hayami aveva eretto, per difendere se stesso e lei dai suoi sentimenti inappropriati.

Chigusa lo osservò socchiudendo gli occhi, aveva lo stesso sguardo di quel giorno nella valle, quando Maya aveva recitato il risveglio della Dea. Quindi lei è così… signor Hayami… è questo il suo vero volto...

Masumi si alzò lentamente, aggirò il tavolino senza distogliere lo sguardo da lei, le arrivò davanti e poggiò un ginocchio a terra. Allungò una mano, che a stento riusciva a mantenere ferma, e con il pollice cercò di togliere quelle lacrime che continuavano a cadere.

- Maya… - sussurrò appena, il cuore a pezzi, mentre la signora Tsukikage osservava la scena con un sorriso sornione.

Lei avvertì il tocco delicato, il tono della sua voce, così simile a quello che aveva usato nel tempio della valle. Un’ondata di ricordi la investì, accompagnata da un calore intenso che divampò nel punto in cui la stava sfiorando. Per un attimo la ragione le disse di assecondare quell’odio antico che provava e allontanarlo, ma qualcosa di più profondo e istintivo la costrinse a restare immobile, il volto sempre piegato di lato, le lacrime che scendevano, per gioire il più a lungo possibile di quel contatto.

Perché è così gentile! Perché riesce a fingere così bene un affetto che non prova! Perché io devo sentirmi così disorientata in sua presenza e scoprirmi a desiderare che lui mi sfiori soltanto?

- Non c’è bisogno che lei sia gentile con me - mormorò Maya rimanendo in quella posizione dimessa. Scostò la sua mano con gentilezza continuando a tenere la testa voltata, ormai rassegnata a quei sentimenti contrastanti e inutili, che avevano l’unico potere di farla sentire disarmata e infelice. Tolse le lacrime con un gesto di stizza, poi si decise ad affrontarlo.

- Non vi rendete proprio conto che il modo che avete di trattare la gente è brutale e scorretto? - gli disse in un sussurro lieve, pieno di dolore e angoscia che fecero venire un nodo in gola a Masumi, calamitato da quello sguardo lucido e diretto. Ha parlato al plurale… mio padre...

- No, certo che no, tutto pur di raggiungere i vostri obiettivi, non è vero, signor Hayami? - lo accusò con amarezza. Si mosse di lato, alzandosi in piedi e lui fece altrettanto. Nonostante la differenza di altezza, era lei a guidare il gioco e lui si sentiva sconfitto.

- Comunque, signora - riprese Maya distogliendo lo sguardo da lui - Ero venuta per chiederle delle anime gemelle - il suo tono di voce ora era normale. Se Masumi aveva pensato di restare meravigliato per averla incontrata casualmente in quel posto fu costretto a ricredersi immediatamente. E’ qui per il mio stesso motivo…!

- Un’unica anima che si è divisa in due… l’altra parte di sé…! - proseguì Maya abbassando lo sguardo, pensierosa -  Età, aspetto, rango… cose del genere non hanno importanza, quando si incontrano, due anime gemelle si attraggono vicendevolmente… l’altra metà della mia anima è nata per riunirsi a me… -

Sollevò gli occhi e fissò Masumi Hayami senza alcun timore, poi guardò la signora. Lui ricambiò lo sguardo ancora sconvolto per le sue parole e per il motivo che l’aveva portata lì.

- Ma adesso non me ne importa più nulla perché ho capito che sicuramente non potrò mai incontrarla! - le confidò con la voce sempre più accalorata.

La signora Tsukikage si alzò con un sospiro pesante. A quanto pare, Maya, sei cresciuta…

Nonostante ciò che sentiva nel profondo del cuore e che ormai sapeva radicato nella sua anima, Maya si voltò verso quell’uomo che per tanti anni l’aveva derisa, pizzicata, sostenuta, aiutata, rinfrancata, e lo affrontò.

- Credevo che lei fosse una brava persona, signor Hayami, ma ora non ho più alcuna fiducia in lei - gli disse lapidaria e con una calma così glaciale da fargli fermare il cuore - Non permetterò mai che un uomo come lei ottenga i diritti della “Dea Scarlatta”! Mai e poi mai! -

Si sarebbe aspettato una scenata o un’aggressione come aveva sempre fatto, invece quelle parole, così fredde, indicavano cosa celava davvero il suo cuore.

- Credevo di essere stata chiara quando ci siamo parlati al ristorante - continuò lei dando fiato a tutto quello che la lacerava dentro - Mi lasci in pace e lasci in pace la signora Tsukikage. E ora scusatemi… - fece un lieve inchino alla signora e uscì chiudendo dolcemente il fusuma dietro di sé.

Ripercorse in trance il corridoio esterno, sentiva le mani e le gambe tremare e un dolore così intenso in petto come se le avessero strappato il cuore. L’ho ferito… lo so… ma non è lui la metà della mia anima… nonostante quell’illusione bellissima, non può essere lui!

Nella stanza calò un silenzio imbarazzato che la signora interruppe con una debole risata. Masumi si girò a guardarla.

- Complimenti, signor Masumi, lei riesce ad irritare Maya in modo magistrale - e rise ancora - A proposito, ora potrebbe dirmi il vero motivo per cui è venuto a farmi visita? - gli propose dato che aveva compreso perfettamente che non aveva voluto parlare perché c’era lei. Anche se in effetti ormai… non c’è altro che mi interessi sapere…

Masumi la fissò qualche istante, sorrise mestamente e si sistemò la giacca.

- In tutta onestà, anch’io ero venuto a domandarle dell’anima gemella, signora! -

Chigusa scoppiò a ridere rendendosi conto di quanto fosse ingrato il destino.

- Lei vorrebbe sapere delle anime gemelle!? - lo interrogò sedendosi di nuovo. Era davvero una scena a cui non avrebbe mai creduto di partecipare. L’implacabile Masumi Hayami, il cinico affarista senza scrupoli, che aveva dato la caccia a lei e ai diritti della “Dea Scarlatta” per oltre dieci anni soddisfacendo i desideri di suo padre, ora era lì, davanti a lei, appena rimbrottato da una ragazzina di vent’anni, a chiederle delle anime gemelle!

- Ed esattamente… cosa le interessa, signor Masumi? - gli domandò sedendosi nuovamente. Era meglio del cinema.

Masumi la osservò in silenzio qualche istante raccogliendo le idee, in realtà non si era preparato alcun discorso né aveva creduto che lei gli avrebbe risposto davvero.

- Come si riconosce? - le chiese con tono pacato ma fermo, senza alcuna inflessione particolare.

- Non sta scherzando, vero? - Chigusa lo fissò, irrigidendosi. Masumi rimase in silenzio e in attesa. Lei sospirò e infine gli rispose.

- Desidera così tanto quei diritti e non sa niente della “Dea Scarlatta”? - disse amareggiata alzando un sopracciglio - Ichiren lo ha messo nelle battute… Quando due parti di un’anima si rincontrano sono destinate inesorabilmente ad attrarsi l’una verso l’altra. Non c’è riconoscimento… - spiegò, marcando l’ultima parola.

- Si attraggono in che modo? - chiese ancora lui.

- Lei cerca di ricondurre tutto a qualcosa che può controllare, come fa con i suoi affari o con le persone che la circondano, ma nel caso dell’amore non è sempre così. Qualcosa non va come ci si aspetta o qualche persona non ha le reazioni che ci immagineremmo… - e fissò lo sguardo sul fusuma chiuso, da cui era uscita Maya, con un sorriso caldo e comprensivo.

- Non c’è una modalità… - e tornò a fissarlo intensamente - Età, aspetto, rango, non hanno più alcuna importanza, a dispetto di chi o cosa le due persone siano, esse saranno attratte l’una verso l’altra. Ciò che prova una, lo proverà anche l’altra. Felicità, tristezza, dolore, gioia, corrono su binari paralleli finché non riescono a ricongiungersi -

Se Maya si fosse… si fosse innamorata di me… starebbe soffrendo come soffro io adesso?

Mettere in parole quel pensiero gli costò una fatica titanica. Era così abituato a crederlo un sogno irrealizzabile che stentava a darsi una possibilità. A darci… però… cosa accadrebbe ora se io mi rivelassi? Se davvero le dicessi ogni cosa? La Dea Scarlatta è imminente...

La signora Tsukikage sembrò leggergli nel pensiero perché si alzò e lo raggiunse, l’unico occhio con cui l’aveva sempre scrutato ardeva di una fiamma gelida.

- Pensi bene alle conseguenze delle sue decisioni, signor Masumi - lo mise in guardia. Aveva sicuramente capito, eppure non fece il nome di Maya, non parlò della “Dea Scarlatta”, ma con quella semplice frase aveva dato vita a tutti i suoi dubbi.

Non può essersi innamorata di me, mi baso solo su dei sospetti… istanti nel tempo che non sono sicuro neanche di aver interpretato correttamente…

Ricambiò il suo sguardo freddo e la rassicurò.

- Non ho intenzione di fare alcunché, signora - le rivelò - Il suo spettacolo nella valle mi ha talmente colpito che volevo placare la mia curiosità - mentì scuotendo leggermente la testa. Mosse qualche passo verso il fusuma e la salutò cordialmente - La ringrazio per averla soddisfatta, arrivederci -

- Arrivederci, ci incontreremo di nuovo allo spettacolo dimostrativo. Ci sarà, non è vero? - lo provocò lei con un sorriso sardonico conoscendo perfettamente la risposta.

- Ci sarò - annuì lui uscendo dalla stanza e chiudendo la parete scorrevole. Fuori c’era Genzo ad aspettarlo.

Avrà ascoltato ogni cosa? Avrà capito anche lui come ha capito la signora? Eppure so che entrambi manterranno il segreto…

Sorrise gentilmente all’uomo e si fece accompagnare fuori dalla splendida residenza del Presidente Yamagishi.



Quella sera stessa, mentre Maya usciva a cena con Sakurakoji cercando di dimenticare il suo incontro con Masumi Hayami, Ayumi Himekawa si svegliava, confusa e disorientata, in un letto d’ospedale, dopo essere svenuta nel suo appartamento alla fine dell’estenuante giornata di prove.

Immediatamente l’aggredì l’odore pungente dei disinfettanti e la ruvidezza delle lenzuola. Cercò di aprire gli occhi, ma non ci riuscì e, con terrore, si accorse di averli bendati.

Gridò mettendosi seduta, la porta della stanza si aprì e entrò la sua tata in apprensione che immediatamente la raggiunse e l’abbracciò. L’aveva trovata in casa, svenuta, dopo l’iniziale spavento aveva chiamato immediatamente il loro medico che l’aveva portata personalmente in ospedale per non creare scalpore inutile e controproducente.

Ayumi si dibatteva, urlava e non voleva ascoltare le dolci parole della tata, per lei c’erano solo le prove per l’imminente spettacolo. Così, l’anziana signora chiamò i medici che le somministrarono un sedativo.

La giovane si calmò e con voce tremante pose la domanda fatale.

- Dottore, cos’hanno i miei occhi? Quando potrò tornare in sala prove? -

Il medico la fissò per un istante.

- Signorina Himekawa, dobbiamo farle ancora qualche esame, non deve strapazzarsi - le disse senza in realtà rivelarle niente. Spinse il carrellino con i medicinali e uscì.

- Ayumi non devi preoccuparti, ho avvisato il signor Onodera che ti assenterai qualche giorno per degli esami medici… - spiegò la tata cercando di tranquillizzarla.

- E della mia vista? - s’informò immediatamente lei in apprensione.

- Gli ho detto solo che le tue vertigini sono dovute alla stanchezza… -

- Bene… Grazie, tata - espirò - E la mamma? -

- Le ho spiegato la situazione, è a Hokkaido per degli esterni, ma verrà quanto prima - le disse dolcemente l’anziana signora appoggiando un mazzo di fiori sul comodino.

- Riferiscile che non ce n’è alcun bisogno, tanto non potrebbe fare niente per me, dille piuttosto di concentrarsi sul film - replicò gelidamente la ragazza.

- Ayumi! - protestò la tata stupita.

- Anche a papà non dire niente, sta facendo le riprese a Okinawa, te ne prego, tata - la supplicò lei.

- D’accordo, Ayumi - acconsentì lei conoscendo bene il carattere di quella che considerava una figlia. Rassettò la stanza e la salutò con un bacio sulla guancia.

Una volta che la tata fu fuori, Ayumi si alzò e si tolse le bende che fasciavano i suoi occhi, tenendo le palpebre chiuse.

Lo spettacolo dimostrativo è vicino! Ho le prove, non posso restarmene a letto! E poi… Maya Kitajima… quella ragazza si sta avvicinando alla parte! Non posso esserle inferiore proprio stavolta! Sono svenuta in casa… mi si è oscurata la vista, lo ricordo bene… come nel pomeriggio, quando mi è caduto addosso quel faro… forse il nervo ottico è danneggiato…

Raccolse tutto il coraggio che aveva nel cuore e aprì gli occhi trattenendo il respiro. Per un attimo che la terrorizzò, tutto le apparve nero, come se qualcuno avesse dipinto una tela davanti ai suoi occhi, ma poi, lentamente, l’oscurità divenne penombra e iniziò a distinguere tutte le parti della stanza.

Ci vedo! Riesco a vedere! Anche se tutto è un po’ offuscato sono comunque in grado di esercitarmi nelle prove! Sì, ce la posso fare!



La mattina seguente Masumi scese per fare colazione, come sempre insieme a suo padre. Era l’unico istante di condivisione che aveva con lui.

- Ho sentito che ieri sei stato a trovare Chigusa Tsukikage - esordì Eisuke mentre suo figlio leggeva il giornale.

- Sì, padre - rispose neutro senza distogliere lo sguardo dall’articolo. Riesce a sapere sempre tutto...

- Come sta la vecchia signora? - lo interrogò ancora bevendo del tè. Masumi chiuse il giornale e gli prestò attenzione.

- Un po’ smagrita, ma sembra in forze come al solito - lo osservò in silenzio domandandosi se per caso lo facesse pedinare.

- Qualche novità? - insisté Eisuke alzando finalmente lo sguardo verso di lui.

- No - mentì lui - Ti stanno tanto a cuore le sue condizioni, padre? - aggiunse poi incuriosito a sua volta.

- Ciò che mi sta a cuore sono i diritti della “Dea Scarlatta” - rispose categorico - E… quella ragazza… come sta? L’altra candidata… - il tono della sua voce mutò completamente in quell’ultima frase che sembrava buttata lì.

Masumi corrugò la fronte e si sarebbe messo a ridere.

- Parli di Maya Kitajima? - voleva essere sicuro, anche se di sicuro non gli stava chiedendo di Ayumi Himekawa.

- Esattamente - confermò Eisuke apparentemente disinteressato - Se dovesse venire scelta lei come Dea Scarlatta, sarà un bel problema! Riuscirai a conquistarla? Con Chigusa non ci sono mai riuscito nonostante anche io abbia fatto molto per lei -

Con quella frase stava dando per scontato che lui provasse qualcosa di più di un interesse economico nei confronti di Maya. Masumi ripiegò il giornale e gli fornì ciò che voleva sentire.

- Basta che mi ceda i diritti, il resto non ha alcuna importanza, può considerarmi il suo nemico, per quanto mi riguarda - replicò glaciale.

Eisuke scoppiò a  ridere e Masumi alzò un sopracciglio.

- Anche Chigusa ed io eravamo indubbiamente nemici… - mormorò perso nei suoi ricordi.

E’ curioso quanto io e lui ci somigliamo nonostante non ci sia tra noi alcun legame di sangue… Quest’uomo è stato il più grande ammiratore della signora Tsukikage… certamente fino a quel momento non aveva mai pensato che sarebbe diventato un fan di qualche diva ma dopo averla vista sul palcoscenico è rimasto estasiato da lei… già… proprio come me… guardare Maya recitare in preda alla passione è diventata la mia ragione di vita al punto che sono disposto a qualunque cosa per poterla vedere nel ruolo che più ambisce… ma purtroppo me ne sono reso conto troppo tardi…

Si alzò e prese la giacca poi gli tornò in mente il dialogo con Maya mentre erano dalla signora Tsukikage.

- Ehm, padre… c’è una cosa che vorrei domandarti - gli disse celando l’imbarazzo che provava in quel momento.

- Che cosa, Masumi? - e Eisuke tornò a guardarlo.

- Hai incontrato Maya Kitajima, ieri? -

Eisuke sussultò vistosamente e fu costretto a sputare il tè che aveva in bocca.

- Ma che dici?! Perché avrei dovuto, Masumi! Invece di scherzare, vai in ufficio a lavorare! - lo redarguì e Masumi trattenne un ghigno irritato. So sorprenderti anche io… mi hai mentito… cosa vuoi da lei? Credevo l’avessi incontrata solo nella valle, come mi avevi detto, invece è iniziato tutto con Lande dimenticate! Vuoi tormentare anche lei?

Chiuse la porta dietro di sé e Eisuke espirò tutta l’aria che aveva trattenuto.

Che tipo… non credo mi abbia visto con lei… ma ultimamente ha sviluppato un intuito bestiale! Quella Kitajima è davvero unica… il suo sguardo sincero stranamente cattura le persone.... nonostante all’apparenza sia una ragazza comune… quando recita ha qualcosa in più del solo talento… non per nulla è stata scelta da Chigusa come candidata per impersonare la Dea Scarlatta… Forse avevo sottovalutato quella ragazza…

Si appoggiò allo schienale della sedia a rotelle mentre la sua mente rievocava immagini di lei sorridente e spensierata e un sorriso dolce si dipingeva sul suo volto stanco.



Mizuki e Rei si incontrarono presso il caffè all’angolo, vicino alla Daito Art Production, durante la pausa pranzo della segretaria. Era davvero una bella giornata, molto rara a Tokyo, e Saeko guardava il cielo fuori dalla grande parete a vetri quando l’attrice la salutò e si sedette.

- Scusi il ritardo, signorina Mizuki - si scusò Rei trafelata per una lunga corsa - Purtroppo le mie prove si sono prolungate -

- Non deve preoccuparsi, il signor Masumi non è in ufficio - spiegò, lasciando  intendere che avrebbe potuto trattenersi senza incorrere nelle ire del suo capo. Rei ridacchiò e anche Saeko sorrise.

- Deve essere molto severo - commentò la giovane ripensando ai commenti delle amiche quando lo avevano visto entrare nella radura della valle poco prima della rappresentazione.

- Non può neanche immaginare quanto… - mormorò - Però, ciò che chiede a noi lo pretende da se stesso quintuplicato…. - aggiunse fissandola in una posa composta e perfetta.

- Sinceramente non mi sarei aspettata niente di diverso da un uomo come Masumi Hayami - annuì Rei seria - Allora, vuole aggiornarmi? Muoio di curiosità! Maya sembra essersi ripresa! - aggiunse contenta.

- La sera che è tornata dalla valle… - iniziò seria la segretaria - Per un motivo che non conosco, è venuta alla Daito, io ero lì e l’ho vista scappare, come già le ho raccontato - Rei annuì - Maya deve aver ascoltato una discussione fra il signor Masumi e suo padre che verteva sui diritti della “Dea Scarlatta”… -

Rei si portò una mano alla bocca e trattenne il respiro.

- Qualsiasi cosa abbia udito deve averla ferita profondamente… - rifletté la giovane attrice - Ha pianto per ore e non sono riuscita in alcun modo a rasserenarla… -

- Chissà perché Maya è venuta alla Daito quella sera… - Mizuki sussurrò quella frase picchiettando un indice sottile sul labbro.

- Sarebbe dovuta venire a casa… - aggiunse Rei con lo sguardo basso.

- Inoltre... si ricorda la sera del ristorante? - Rei annuì - Ho chiamato e parlato direttamente con il maître di sala e mi ha confermato che quella sera il signor Hayami ha incontrato una giovane donna che sedeva ad un altro tavolo... - concluse fissandola intensamente.

- Ecco! Chissà cosa si sono detti! - Rei picchiò un pugno nel palmo della mano.

- Qualsiasi cosa sia accaduta ha reso entrambi sofferenti… - mormorò la segretaria riflettendo - Ed ancora non so dove vada ogni giorno… quegli appuntamenti che ha fissato dal giorno seguente a quell’incontro con Maya… - Mizuki abbassò lo sguardo pensierosa.

- Maya mi ha detto di aver incontrato il signor Hayami poco tempo fa - iniziò Rei contenta di poter dare il suo contributo e vide la segretaria spalancare gli occhi - Sembra le abbia detto di recitare una Dea Scarlatta reale… - la sua voce si spense in un sussurro.

Mizuki continuò a fissare la giovane attrice senza capacitarsi delle azioni sconsiderate del suo capo. Signor Masumi… io non capisco cosa voglia fare...

- L’ha incontrata… di nuovo? - mormorò e Rei annuì, incrociando lo sguardo con Mizuki. Voleva dare voce ai suoi pensieri più di ogni altra cosa e condividere con lei l’ultimo dubbio che necessitava solo di una piccola conferma per divenire certezza.

- Che c’è? - la interrogò la segretaria vedendola titubante. Rei esitò ancora un istante, poi decise che era ora di chiederglielo.

- Sono innamorati, vero? - disse tutto d’un fiato. Sapeva che era così. Un uomo non guardava una donna nel modo in cui il signor Hayami aveva fissato Maya alla stazione e non le regalava rose a profusione sostenendola economicamente solo per arrivare ai diritti della “Dea Scarlatta”. Inoltre l’ammiratore ha iniziato molto prima a inviarle rose… dalla prima di Piccole donne… la Dea Scarlatta era ancora molto lontana e neanche un esperto come Masumi Hayami poteva prevedere che dopo sei anni la signora Tsukikage le avrebbe offerto la possibilità di contendersi quel ruolo…

- Non riesco a capire esattamente come ciò sia stato possibile, ma sì, si amano - ammise Mizuki dopo qualche attimo di silenzio. Non mi sarei mai aspettata che Maya potesse innamorarsi di lui… è così giovane… e provava un odio profondo per ciò che le aveva fatto negli anni… eppure…

- Che situazione… - sussurrò Rei arrossendo lievemente.

- Sembra che entrambi rifiutino questa condizione come possibile - valutò Mizuki con la solita praticità e Rei annuì - Se io mi intromettessi, lui mi escluderebbe, come ha già fatto in passato quando ho provato a convincerlo ad essere sincero con Maya… - e Rei sollevò un sopracciglio realizzando da quanto tempo il signor Hayami fosse interessato alla sua amica - Ma lei potrebbe cercare di parlare con Maya mentre io scoprirò dove va ogni giorno… - suggerì la segretaria con espressione cospiratrice.

- Io… sì… io credo che potrei riuscire a farla confidare, almeno in parte. Non è mia abitudine spettegolare né farmi gli affari degli altri, ma questa situazione surreale impedisce a Maya di recitare al massimo e, a quanto pare, al suo capo di lavorare serenamente. E’ giusto che la risolvano da soli e lui non mi pare certo il tipo d’uomo che apprezzi le intromissioni, ma noi potremmo sempre provare a dare una mano, non crede? - e le strizzò l’occhio. Mizuki sorrise e annuì.

- Sinceramente, non ci speravo più, signorina Aoki - le confidò la segretaria espirando - Ero convinta che lui avrebbe fatto la fine di suo padre, ossessionato da un amore irrealizzabile, a caccia di quei diritti per poterla incatenare, ma sembra che in questo caso, il destino abbia voluto diversamente... -

- Il destino… - sussurrò Rei puntando lo sguardo fuori dalla grande finestra - Non credo neanche di riuscire ad afferrare quanto questa situazione sia davvero complessa… Un’attrice, un produttore teatrale, stato sociale, aspetto, età… Niente sembra collimare né portare ad un epilogo felice, eppure si sono innamorati… - mormorò la giovane tornando a guardare la segretaria - Non sembra anche a lei che la “Dea Scarlatta” sia discesa nella realtà? Curioso quanto sia affine al dramma la loro storia… -

- Spero, allora, che l’affinità si fermi alle anime gemelle, vista la conclusione di quella storia… - aggiunse seriamente Mizuki alzandosi, imitata da Rei.

- Teniamoci in contatto, non esiti a chiamarmi se dovesse scoprire qualcosa di nuovo - e le porse la mano che Rei strinse con calore.

- Maya adesso sembra molto più serena rispetto ai giorni precedenti, ma non so quanto questo derivi dal fatto di essersi rassegnata a quell’amore che probabilmente crede non corrisposto o quanto ad una imposizione mentale che prima o poi la sfinirà… ma confido nella sua forza d’animo e nel teatro, che è la sua vita - le disse con sguardo malinconico.

- Le stia accanto - suggerì Mizuki mentre uscivano dal caffè.

- Di questo non deve dubitare - le sorrise di rimando Rei rassicurandola.

Si separarono tornando ai loro rispettivi impegni mentre l’uomo vestito di scuro sorrise infilandosi le mani in tasca e rientrando in macchina. Aveva deciso di restare nei pressi dopo aver visto la segretaria del suo capo e la migliore amica di Maya incontrarsi in quel caffè. Interessante unione d’intenti… chissà per quale motivo si sono incontrate…

Hijiri accese il motore e riprese la sua strada verso i Kid Studio.



Alla fine di quella mattinata di prove estenuanti, Kuronuma, insoddisfatto per il tono di alcune battute dei suoi attori che sembravano più ripetere a memoria che “capire” ciò che stavano dicendo, prese una decisione inusuale.

- Kitajima… - la riprese fissando il volto abbattuto della giovane - Devi comprendere realmente ciò che dici per riuscire a convincere gli spettatori. Devi colmare questo divario tra te e la Dea… - poi si voltò verso Sakurakoji - La tua recitazione… sembri voler sempre dimostrare qualcosa di più! Così non va! Nessuno vi crederà mai! - lo redarguì - Dovete essere in grado di percepire per primi i sentimenti dei personaggi che interpretate - aggiunse rivolgendosi a Tobe, l’attore che interpretava il Generale Kusunoki - Dovete vivere la loro storia per poterla trasmettere al pubblico! Così sembra che ripetiate delle battute difficili a pappagallo! -

Afferrò la giacca e fece cenno ai tre attori di seguirlo. Sembrava necessaria una misura drastica e lui non si sarebbe tirato indietro e avrebbe fatto tutto ciò che era necessario. Mestamente, i tre ragazzi lo seguono con aria afflitta.

- Non fate quelle facce! - li canzonò il regista una volta in strada - Andiamo a mangiare qualcosa, offro io! -

I tre giovani lo fissarono stralunati, poi si guardarono e lo seguirono senza protestare. Una volta intorno al tavolino di un caffè a due isolati dai Kid Studio, Kuronuma li sorprese di nuovo dando il via alla sua soluzione drastica.

- Vorrei che mi recitaste qui le vostre battute - propose serio e li vide sbiancare.

- Qui? - Maya si guardò intorno, imitata da Yu e Tobe.

- Sì, qui, sei un’attrice o no? - lo redarguì aspramente il regista - Che importa dove reciti? Adattati all’ambiente - insisté fissandola.

Così, si cimentò in quell’inusuale prova alla fine della quale Maya fu costretta ad ammettere che le battute erano uscite più fluide e naturali rispetto alle prove di qualche ora prima.

Kuronuma, in parte soddisfatto, li trascinò fuori, verso uno dei cavalcavia del parco Asahi e chiese a Sakurakoji e Tobe di recitare lo scambio di battute fra Isshin e Kusunoki proprio in quel punto. I due giovani si rilassarono, l’ambiente circostante gli era familiare, e iniziarono così a parlare di ciò che rappresentava Akoya per Isshin sotto lo sguardo sempre più meravigliato di Maya. Sono credibili! Sembrano amici che si confidano dei dubbi sull’amata di uno dei due!

- Allora, cosa ne pensate? - domandò il regista soddisfatto ai tre giovani.

- Ho colto maggiormente l’interiorità del mio personaggio e capito meglio i suoi sentimenti! - rispose entusiasta Tobe.

- Effettivamente è incredibile come spostando solo il luogo della rappresentazione, le cose cambino drasticamente… - rifletté Sakurakoji a voce alta.

- Esatto! - esultò il regista - I personaggi della “Dea Scarlatta” sono esseri umani che vivevano nella loro epoca! Un mondo diverso da quello odierno, ma lo vivevano pienamente ed è questo che dovete capire per rendere le vostre interpretazioni persuasive anche sul palcoscenico! - passò lo sguardo fra tutti e tre quei giovani e promettenti attori percependo in loro un reale cambiamento di condizione.

Isshin dice a Kusunoki che l’amore va oltre la morte… e se è davvero come immagino… comprendo appieno la scelta che sembra fare alla fine del dramma… è angosciante sapere ciò che pensa il personaggio, intuire come agirà e quello che tiene nascosto nel cuore… Io non so se sarò in grado di rendere i suoi sentimenti così profondi e terrificanti...

- Andiamo, Kitajima, ora tocca a te - disse risoluto il regista riprendendo a camminare. Maya deglutì e accettò la mano di Sakurakoji che giunse a confortarla. Camminarono a lungo e in silenzio finché non si resero conto del luogo dove li stava portando.

- E’ il municipio… - sussurrò Sakurakoji spostando lo sguardo su Maya. Lei gli strinse la mano e lui lo fece a sua volta per farle sentire che non l’avrebbe abbandonata.

Kuronuma entrò e prese l’ascensore turistico che portava alla sala panoramica del 45° piano dalla quale era possibile vedere tutta la città e anche il Monte Fuji. Una volta in cima, Maya si avvicinò alla vetrata osservando fuori. Tutto appariva piccolo, come quando era stata con Sakurakoji sulla ruota panoramica del parco di divertimenti.

Il regista le si avvicinò e lei avvertì la sua presenza confortante.

- Sembra che gli astronauti che osservarono la Terra dallo spazio ebbero la sensazione che il pianeta fosse un’unica entità vivente. Ti sei mai chiesta quale sia il punto di vista della Dea Scarlatta che osserva uomini e natura? - le chiese voltandosi a guardarla e incontrando i suoi occhi meravigliati.

- Ora che mi ci fa pensare… io… - tornò a guardare la città in basso.

- Recita qui le battute della Dea Scarlatta sull’universo e la natura - mormorò - Guarda il mondo dall’alto e dimmi cosa vede - la incitò afferrandola per un braccio. La giovane lo guardò di nuovo e il regista lentamente la lasciò, quando si accorse che i suoi occhi cambiavano: la consapevolezza di Maya Kitajima li abbandonò per far posto a quella della Dea. E’ questo che ha visto in lei, signora Tsukikage? Questa immediata e incredibile capacità di astrazione da se stessi?

Maya recitò tutte quelle difficili battute, lasciandosi travolgere dai sentimenti della Dea Scarlatta che guardava il mondo sotto lo sguardo compiaciuto di Kuronuma e allibito dei due colleghi.

E’ completamente diverso che recitare in sala prove! Da qui ho una visione nuova e cos’è quest’emozione che m’invade? Sono questi i sentimenti della Dea che guarda il mondo? E’ questo lo yin e lo yang? Le due estremità opposte di un bastone…

Quando Maya terminò, Kuronuma la prese gentilmente per le spalle, frenando il suo entusiasmo, e la guardò con occhi brillanti.

- Hai compreso adesso il significato di queste battute, Kitajima? Akoya ha una sensibilità più pura degli altri esseri umani, parla coi draghi e con gli alberi, vede cose che agli altri sono celate, e inoltre vede anche con gli occhi della Dea che incarna, la divinità che unisce cielo e terra ma che non ha creato l’universo! - la scosse leggermente mentre Maya, le labbra leggermente socchiuse, ascoltava rapita quel fiume di parole sommesse e sentite - Non riuscirai mai a capire tutto ciò usando la ragione, devi usare il cuore, la sensibilità e l’intuizione! Finché non sfrutterai tutti questi sentimenti, la tua Dea non sarà mai autentica e lo spettatore capirà che è solo una recita… -

Maya annuì, avvolta dalla magia delle sue parole che l’avevano aiutata a capire meglio la Dea Scarlatta. Cuore… Sensibilità… Intuizione...

Kuronuma si voltò verso gli altri due attori e con sguardo spiritato li afferrò per le spalle.

- Vedete questo palazzo? Acciaio, cemento, linee rette e curve… chi lo ha disegnato ha fatto in modo di creare un ordine logico della distribuzione degli spazi e che fosse anche gradevole alla vista. Guardare opere come questo palazzo o altre nel mondo, può influenzare lo stato d’animo dello spettatore. Il palcoscenico sottostà alla stessa regola e può influenzare lo stato d’animo di chi lo vede e voi... - e picchiò un indice su entrambe le spalle dei due giovani - Voi attori, ed io, il regista, possiamo creare qualcosa di speciale per plasmare questa visione! -

Sakurakoji e Tobe lo fissarono attenti.

- Avete capito quello che intendo? - gli domandò, ma non furono i due giovani a rispondere, la voce mormorata arrivò dalle sue spalle.

- Il palcoscenico è vivo… - sussurrò Maya, lo sguardo perso nel vuoto.

- Esatto, Kitajima… - espirò il regista abbassando le spalle e guardandola con affetto.

La giovane si voltò a guardarlo e si rese conto di una cosa incredibile che riguardava il signor Kuronuma. A volte… somiglia alla signora Tsukikage sebbene i suoi modi siano diversi…



Erano passati due giorni e lei era nuovamente lì.

Dopo essere stati al palazzo del municipio, Kuronuma li aveva portati anche a vedere due monumenti minori. Uno era una fontana, chiamata “il tempio dell’acqua”, e uno rappresentava un anello con all’interno alcuni monumenti del mondo. Stando di fonte ad uno, si poteva vedere in linea retta, più distante, l’altro.

Il regista li aveva spronati a riflettere su quanto fossero affini quelle due opere al contenuto della “Dea Scarlatta” e del fatto che fossero comunque presenti, e capite, nella loro epoca.

Le aveva fatto recitare le battute di Akoya davanti al tempio dell’acqua e si era resa conto di quanto fosse diverso dal recitarle in sala.

Il mondo della natura trabocca della vitalità degli dei… un dio dimora nel vento, uno nel fuoco e uno anche nell’acqua…

Esattamente come due giorni prima avvertì quella connessione speciale. Si trovava di fronte al tempio dell’acqua, sollevò lo sguardo e vide l’anello a distanza, il secondo monumento. Camminò lentamente, attratta da quella scultura che l’aveva disorientata. Quando ci si era trovata davanti, spronata dalle sollecitazioni del regista, aveva recitato spontaneamente le battute della Dea. Lo raggiunse e lo fissò con sguardo assente guardandoci attraverso e individuando dall’altra parte il tempio dell’acqua.

L’acqua è vita… il cerchio è il mondo che continua senza un inizio né una fine… la nascita e la morte, la creazione e la distruzione, il cielo e la terra, il fuoco e l’acqua, le cose visibili e quelle invisibili… all’apparenza sembrano tutte contrastare fra loro… ma in verità sono come le estremità di un bastone, due estremità legate fra loro! Gli uomini e le donne sono il negativo e il positivo, nati da un’unica vita, generano vita… La legge degli dei… ogni essere di questo mondo ha il diritto alla vita che continua in eterno… un mondo completo...

Ripeté mentalmente quelle battute ricordando le mani del regista che avevano afferrato le sue facendo in modo che abbracciasse quell’anello.

Kitajima! Con queste tue braccia racchiudi il tutto! Il passato, il futuro, la vita, la morte! Abbraccialo! Afferralo saldamente! Il mondo intero è tra le tue braccia! Non dimenticartene mai! Dentro di te c’è l’universo!

Le sue parole così penetranti l’avevano marchiata a fondo tanto che anche in quel momento le sembrò di avere il regista alle spalle che le premeva le mani sul bordo dell’anello. Ho capito, signor Kuronuma, ho capito…

Si avvicinò alla scultura e alzò le mani, completamente rapita da quella incredibile sensazione di appartenenza. La superficie era fredda, ma lei ebbe la sensazione di stringere ogni cosa esistente fra le sue braccia.

Posso sentire tutto… ogni cosa… tranne… tranne il mio amore… Isshin… lui non mi è concesso…

Una profonda angoscia divampò in lei, così prepotente e intensa da farla cadere in ginocchio. E’ questo ciò che prova? E’ così devastante l’impossibilità di un’anima di ricongiungersi alla sua metà?

Il tocco di due mani delicate che la tenevano per le spalle e il suono di una voce premurosa la riscossero dal suo profondo dolore interno per piombare in uno ancora più straziante quando incontrò un paio d’occhi azzurri intrisi di preoccupazione.

- Ragazzina… Sta bene? -


 

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Capitolo 37
*** Dichiarazioni pericolose ***


Ultima revisione: marzo 2016

 

37. Dichiarazioni pericolose

 

Erano due giorni che i giornali di spettacolo parlavano solo dell’interpretazione di Maya Kitajima al palazzo del governo in centro a Tokyo. Nonostante tutta la sua buona volontà di arginare quei pensieri inopportuni che lo distraevano, qualsiasi pagina aprisse mostrava una fotografia di lei, che lo riempiva di tristezza. Così, quella mattina, aveva deciso di passare per quella piazza, dove lei aveva recitato davanti ad una scultura ad anello. Sperava di trascorrere qualche minuto in solitudine prima di raggiungere quell’impegno giornaliero che aveva preso il giorno dopo averla incontrata al ristorante e che si trovava in un palazzo lì vicino.

Ma non avrebbe potuto immaginare di trovarla davanti a quel singolare anello circolare che non aveva mai notato prima. Era assorta, con il naso all’insù, poi all’improvviso aveva appoggiato le mani sul profilo della scultura, come se l’abbracciasse. Era rimasta immobile finché non era caduta in ginocchio.

Solo nell’istante in cui l’aveva afferrata per le spalle si era reso conto di essersi mosso fino a inginocchiarsi accanto a lei e di averle parlato dolcemente.

- Ragazzina… Sta bene? - la sentì irrigidirsi sotto la sua stretta eppure gli era sembrato di averla appena toccata.

Maya lo fissava con occhi sbarrati, aveva il respiro veloce, come fosse impaurita. L’ultima volta che l’aveva visto era stato dalla signora Tsukikage e gli aveva risposto in malo modo.

- Si-Signor Hayami… - balbettò rialzandosi e facendosi aiutare da lui. Alcune persone si erano fermate a guardare, ma quando la videro rialzarsi ripresero per la loro strada.

- Che ci fa qui? - aggiunse scuotendosi i pantaloni ed evitando di guardarlo. Nonostante tutti i suoi propositi, il suo cuore batteva forsennatamente e sentiva la sua vicinanza come calore vivo. Ma com’è possibile questa cosa…! Mi sta prendendo in giro… sono sette anni che lo fa… vuole solo i diritti della signora!

- Ha mai provato a contare la quantità di volte che mi ha fatto questa domanda? - Masumi alzò un sopracciglio e la guardò sorridendo - Lei piuttosto, che ci fa qui da sola? Ormai la riconoscono tutti… - la riprese infastidito. Nonostante tutti i miei propositi, appena la vedo, io...

- Non posso restare chiusa nei Kid Studio! - replicò lei stizzita - E poi cosa le importa di cosa faccio nella vita privata! - aggiunse alzando la voce e facendo girare qualche passante. Maya si rese conto di averlo aggredito di nuovo ma non riusciva a trovare un altro sistema per comunicare con quell’uomo irritante e bugiardo.

Lui indurì lo sguardo e si sistemò l’impermeabile.

- Se ha bisogno di un po’ di notorietà, l’accontento subito - le disse con voce tagliente sollevando lo sguardo gelido su di lei. Maya fece un passo indietro, quell’istante le ricordò dolorosamente una delle prime volte che l’aveva affrontato anni prima. Siamo tornati al punto di partenza… no… io l’ho portato qui…

Si girò, dandogli le spalle, non voleva urlargli ancora in faccia né riusciva più a sostenere la tensione del suo sguardo penetrante.

- La ringrazio ma non mi serve, ho già dei giornalisti che mi seguono costantemente e spiano ogni cosa faccia… - borbottò afflitta ripensando al biglietto che lui aveva allegato alle rose per tirarle su il morale. Quanto vorrei affrontarlo e dirgli che ho sentito tutto! Così la smetterebbe di fingere! Smetterebbe di far finta che gli interessi e io eviterei di vederlo! Che angoscia! Ma se faccio così non lo vedrò più! Perché è tutto così complicato?

Masumi vide le sue spalle abbassarsi, la tensione nella sua voce era la stessa di quella sera al ristorante. Il suo atteggiamento di rifiuto era chiaro, eppure lui era rimasto lì, in silenzio, ad osservarla, domandandosi cosa fosse cambiato da quando erano tornati dalla valle. Corrugò la fronte e si decise ad affrontarla.

- Cosa c’è che non va, ragazzina? - le chiese avvicinandosi tanto che, se avesse voluto, avrebbe potuto toccarla allungando una mano. Maya si irrigidì e lui lo notò innervosendosi ancora di più.

Se mi costringe a guardarlo… non voglio! Se gli dicessi che so tutto, lui… come sono confusa! Vorrei affrontarlo, ma allo stesso tempo sono terrorizzata dal distacco… No! No!

- Maya! - la voce chiara di Yu invase la piazza, facendo girare qualche passante curioso. Il giovane si sbracciò e Maya tirò un sospiro di sollievo così evidente che Masumi serrò i denti e strinse i pugni abbandonati lungo i fianchi.

- Yu! - gridò lei alzando un braccio e facendo qualche passo avanti, uscendo dalla presenza che sentiva alle spalle. Sconcertata, si rese conto di quanto gli avesse fatto piacere sentire la sua voce. Santo cielo! Yu!

- Buongiorno, signor Hayami, come mai da queste parti? - lo salutò il giovane attore con la voce trafelata per la corsa - Ciao, Maya - e le sorrise avvicinandosi.

- Buongiorno, Sakurakoji - lo salutò a sua volta - Ho saputo che Maya Kitajima aveva provato qui la sua Dea Scarlatta, così ho pensato di venire a vedere che posto fosse - gli rivelò candidamente con tono ironico. Maya si girò di scatto, incredula per quelle parole.

Avrà detto la verità? È più probabile che abbia qualche incontro qui vicino… in fondo qui cosa c’era da vedere?

- Il signor Kuronuma ha voluto che ci confrontassimo con un palcoscenico moderno per capire meglio come interpretare i nostri personaggi e ha funzionato! - gli sorrise Yu entusiasta - Vieni, Maya, tocca a noi fra poco! - e le porse la mano aperta.

Maya gli sorrise dolcemente e l’afferrò come fosse la sua ancora, sotto lo sguardo interdetto del signor Hayami. Sakurakoji avvertì la stretta e ipotizzò che in qualche modo quell’uomo l’avesse turbata. Chiuse le dita intorno alle sue facendole sentire che era lì e non l’avrebbe lasciata.

- Perché non viene a vedere le prove, qualche volta? Ormai siamo vicini allo… - ma Maya lo interruppe e Yu la fissò stupito. Maya…

- Non credo che il signor Hayami abbia tempo per queste cose, e poi sarebbe davvero sconveniente per lui essere visto presso uno dei due studi, non è vero? - fece notare con voce tagliente costruendo una frase che sarebbe stata perfetta per una segretaria di direzione. Masumi la fissò alzando un sopracciglio con un sorriso enigmatico stampato sul volto.

- Ragazzina, dove ha imparato a parlare così? - la interrogò infilandosi le mani in tasca per celare il nervosismo che lo pervadeva. Da quando si tengono per mano?

- Ho avuto un buon maestro! - replicò lei sempre tagliente.

- Dobbiamo andare, Maya - la sollecitò Yu guardando l’orologio di sfuggita. Lei annuì fissando il signor Hayami per un attimo ancora.

- Arrivederci, signor Hayami - e Yu fece un lieve inchino senza lasciare la mano di Maya. La tirò via con sé gentilmente, finché non fu lei ad accelerare il passo.

- Portami via di qui, ti prego, Yu - mormorò, tanto che il ragazzo non fu sicuro di averla sentita bene.

- Che succede, Maya? - le chiese preoccupato accelerando l’andatura. Gettò un’occhiata fugace alle spalle mentre si addentrava nel parco e si rese conto che Masumi Hayami era rimasto immobile nel posto in cui l’avevano lasciato.

- Ni-Niente… - sussurrò lei di nuovo, la voce tremante.

Sakurakoji si fermò all’improvviso e quando lei, spaventata, si ritrovò a guardarlo, i suoi occhi ardevano irrequieti.

- Cosa ti ha detto? - le domandò serio scuotendole leggermente il braccio.

- Non mi ha detto niente, voleva solo farmi arrabbiare come al solito - borbottò lei distogliendo lo sguardo, incapace di far cessare quella malinconia dilagante.

- Allora perché sei così? - insisté, prendendole il volto con le mani e costringendola a guardarlo, ma quando Maya sollevò gli occhi su di lui, ardevano infuriati e Yu sussultò.

- Gli interessano solo i diritti della “Dea Scarlatta”! È disposto a qualsiasi cosa per ottenerli! È un uomo davvero… - strinse le palpebre e cercò di non piangere, sopprimendo quel dolore infernale che le lacerava il petto - Davvero… - ripeté, ma non riuscì a terminare la frase. Lo abbracciò stretto, aggrappandosi al suo giubbotto leggero.

- Maya… - mormorò il giovane, meravigliato per quell’esternazione che non era certo un comportamento che lei tenesse abitualmente. La cinse stretta con le braccia mentre lei si scioglieva in singhiozzi pieni d’amarezza. Perché ogni volta che lo incontri deve finire così? Non vi sopportate proprio…

Masumi Hayami osservò la scena a distanza. Non avrebbe potuto dire in cosa fosse consistito il dialogo, ma quell’abbraccio sotto il sole lanciava un messaggio innegabile. Serrò così strettamente i denti da sentire dolere la mascella.

È proprio il momento giusto per il mio appuntamento…

Guardò per un attimo l’orologio e si incamminò verso la sua meta iniziale, il parco era una divagazione che si era concesso. Non mi aspettavo certo di trovarti qui, ragazzina…

Mentre costeggiava il parco, una figura lo seguiva a distanza e aveva avuto modo di assistere anche a tutta la scena. Bene, signor Hayami, vediamo dove va ogni giorno… ed era proprio necessario scontrarsi con lei?



Utako Himekawa aveva chiaramente lasciato il suo set e si era diretta a Tokyo, il tono di voce della tata tradiva fin troppo bene la sua menzogna. Ma quella testarda della figlia si era trasferita nella casa di suo padre vicino ad Hakone e lei non aveva perso tempo, raggiungendola immediatamente. Ciò che aveva scoperto l’aveva lasciata di sasso: Ayumi vedeva solo ombre e la sua vista si stava già aggravando. Aveva provato a farla desistere, ma quando la figlia si era ribellata alla sua imposizione lottando con le unghie e con i denti per interpretare la Dea Scarlatta a tutti i costi, aveva dovuto capitolare, celando un moto di orgoglio per quella ragazza ostinata e incosciente che le ricordava se stessa da giovane.

Si erano trattenute tre giorni insieme in quella villa dove Utako aveva provato alcune tecniche per insegnarle a sentire con gli altri sensi, poi erano tornate a Tokyo e lei non aveva perso tempo. Aveva affrontato il regista Onodera e con il suo status e la sua forza d’animo si era imposta riuscendo ad ottenere: uno studio completamente allestito per Ayumi, che lei avrebbe diretto personalmente senza l’intervento di altri; la planimetria dello Shuttle X con relative luci e scenografie che sarebbero state utilizzate, e i dettagli della messa in scena della sua Dea Scarlatta. Il regista all’inizio si era opposto, ma lei era stata inamovibile e aveva ottenuto tutto ciò che aveva richiesto.

La lotta di Ayumi era stata ardua, ma alla fine aveva vinto contro sua madre. La sua fama e il suo rango erano sempre stati come un cuscino soffocante e lei non avrebbe rinunciato per niente al mondo alla “Dea Scarlatta”, anche se probabilmente le sarebbe stato precluso per sempre il mondo del teatro. Quella decisione, lo sapeva, avrebbe cambiato per sempre la sua vita, ma le avrebbe anche permesso di approfondire le sensazioni e i sentimenti di Akoya e della Dea.

Due cose che non aveva messo in conto in tutta quella faccenda, erano Peter Hamil e la sua stessa paura. Non solo il fotografo si era accorto immediatamente del suo stato e l’aveva anche aiutata un giorno all’ospedale quando alcuni giornalisti le stavano addosso, ma aveva mantenuto le distanze pur continuando a seguirla costantemente. La sera che aveva voluto ‘guardare’ il sito dello Shuttle X e si era fatta accompagnare lì dal suo autista, lui l’aveva osservata nelle tenebre in silenzio, finché lei, irritata dal suo comportamento incomprensibile, gli aveva chiesto di rivelarsi.

Senza dire una parola si era avvicinato, le era girato intorno, lentamente, come fosse un felino in caccia, aveva allungato una mano e mosso i suoi capelli. Lei si era infastidita e lui aveva riso in quel modo così accattivante.

Avevano battibeccato un po’, lui usando il suo giapponese stentato che diventava migliore ogni volta che lo incontrava e che aveva quel simpatico accento francese, e lei ribattendo ad ogni sua provocazione. Gli aveva chiesto di non disturbarla, e lui si era seduto su una roccia, in silenzio. Era caduta e quando si era mosso istintivamente per aiutarla, lei l’aveva bloccato in malo modo. Hamil si era tirato indietro anche se avrebbe potuto descrivere il suo volto contrito senza poterlo vedere nitidamente. Si era stupita per quell’immagine e aveva ringraziato le tenebre che avevano celato il suo rossore. Da quando erano tornati dalla valle dei susini si era resa conto che il pensiero rievocava spesso il suo volto e che quando aveva scoperto il problema agli occhi, ricordava distintamente di aver pensato a lui.

In quel momento stavano uscendo da un ristorante francese, il fotografo aveva insistito per portarla a cena e, nonostante la “Dea Scarlatta” fosse vicinissima, lei alla fine aveva accettato. Mi sto abituando alla sua presenza costante e discreta… è uno strano uomo… forse perché è occidentale…

Peter Hamil non la temeva affatto e non subiva il suo rango come gli altri giapponesi che la circondavano. Lui ribatteva anche all’infinito, se aveva a cuore l’argomento, e non si faceva alcun problema ad usare alcuni termini scurrili giapponesi che lei conosceva ma che non aveva mai usato in vita sua.

- Dove ha imparato queste parole? - gli chiese indignata dopo che dalle sue labbra era uscita indubbiamente la parola “merda”.

- Vuole che le spieghi cosa significa? - rispose lui con un’altra domanda mentre l’accompagnava lungo il viale della sua villa, fatto di sassi bianchi e illuminato da piccoli lampioncini laterali.

- So cosa significa! - ribadì voltandosi a guardarlo - Ma questo non significa doverla usare! -

- Le parolacce che usate voi giapponesi sono niente in confronto alle offese francesi! Nei secoli abbiamo avuto molta più fantasia! - e scoppiò a ridere. Ayumi si girò verso di lui indignata, così Peter si avvicinò al suo orecchio - Vuole che gliene insegni qualcuna? - sussurrò, inspirando alla fine il suo profumo delicato di sapone.

- No! - esclamò lei scandalizzata, scostandosi.

- Ayumi, non mi dica che si è davvero offesa solo perché con lei posso essere me stesso?! - le domandò, spiazzandola.

- Se stesso? Cosa vuol dire? - lo interrogò camminando lentamente al suo fianco. Era settembre inoltrato, ma gli strascichi dell’estate si sentivano ancora e il vento freddo dei giorni precedenti era scomparso anche se nell’aria c’era profumo di pioggia.

Peter aveva visto sulla sinistra un gazebo dalla foggia occidentale con un tavolo rotondo di pietra e quattro sgabelli, anch’essi di pietra. La prese gentilmente per un gomito e deviò il loro percorso. Ayumi non disse niente, comprese dove volesse dirigersi, forse la risposta che voleva darle era più complessa ed esigeva calma.

Quando i loro piedi toccarono l’erba soffice del prato, lo scricchiolio dei sassolini cessò e lei perse quasi ogni riferimento intorno a sé, così lasciò che lui la guidasse. È piacevole… quasi rassicurante… All’improvviso si sentì afferrare per i fianchi, sollevare e avvertì la pietra gelida del tavolino sotto il sedere.

- Ehi! - esclamò piena di meraviglia, afferrandosi alle sue spalle per non cadere. Lo lasciò immediatamente, come se si fosse scottata, e lui ridacchiò.

- Ha freddo? - le chiese avvicinandosi al suo orecchio e facendola rabbrividire, ma lei non lo avrebbe ammesso neanche morta.

- No, e non ha risposto alla mia domanda - lo ghiacciò Ayumi irrigidendosi e distendendo la gonna sulle gambe.

Peter la osservò, infilandosi le mani in tasca con forza. Era seduta, perfettamente diritta, lo guardava eppure sapeva che vedeva solo ombre. Un nodo doloroso gli serrò lo stomaco a quel pensiero. Le gambe dalla pelle candida uscivano dalla gonna leggera e si incrociavano alle caviglie. Sei proprio nervosa, principessa… e anche io lo sono… ancora non riesco a capire come i giapponesi possano corteggiare le loro donne in questo modo così distante… e riuscire a trattenersi...

- Ho una fama da mantenere, sa? - iniziò borbottando e Ayumi unì le mani in grembo - La gente si aspetta che io sia in un certo modo e per non disattendere le loro aspettative, mi comporto come tale - le spiegò come se stesse parlando con un bambino.

- Non le sembra così di essere solo falso? - lo provocò Ayumi corrugando la fronte e indispettendosi per quel tono condiscendente. Lui scoppiò a ridere e lo sentì più vicino.

- Devo lavorare, sono un fotografo, preferisco dare agli altri ciò che vogliono ed esprimere me stesso con le fotografie e… - fece una pausa, allungò una mano senza potersi trattenere e le scostò una ciocca di capelli che era ricaduta in avanti - E con lei - concluse in un sussurro sentendosi stranamente imbarazzato. Un brivido intenso lo folgorò partendo dalle dita e finendogli in mezzo al petto.

- Perché mi dice queste cose? - azzardò Ayumi che non era riuscita a controllare il suo stomaco che aveva fatto una capriola all’udire la sua voce che aveva espresso in giapponese quel concetto e le sue dita che l’avevano sfiorata. Si sarà preparato delle frasi?

Di nuovo silenzio. Ayumi si sforzò di mettere a fuoco la sua figura, ma le luci del vialetto erano lontane e lì era davvero buio.

Peter, in quei mesi, aveva dovuto fare davvero uno sforzo notevole per il suo carattere: non era abituato a trattenersi in quel modo con le donne, di solito le conquistava in poche ore e nessuna gli aveva mai resistito. Ayumi Himekawa, invece, sembrava lottare perennemente contro di lui e, se lei fosse stata un’occidentale, avrebbe detto che era il suo modo di manifestare interesse. Ma qui si trattava di lei, della stella emergente del teatro giapponese, figlia d’arte ed ex bambina prodigio.

Anche in quel momento lo stava giudicando, lo riteneva probabilmente frivolo e poco interessante. Quel pensiero improvviso lo innervosì a tal punto da volerla punire, scacciando dalla sua faccia quell’aria saccente e compita e vederla trasalire almeno per una volta. Senza pensarci ulteriormente, scattò rapido avanti, le cinse il volto con le mani e la baciò.

Ayumi, colta completamente alla sprovvista, gli afferrò i polsi, spalancò gli occhi pur non vedendoci, fece per gridare, ma ottenne solo di aprire le labbra e Peter ne approfittò immediatamente per approfondire quel bacio rude. Le impediva di scalciare tenendola fermamente fra sé e il tavolino, ma la situazione prese una piega inaspettata per entrambi.

La giovane attrice, per niente avvezza a emozioni così dirompenti, sentì l’iniziale sdegno sostituito da un intenso calore che veniva dal suo profondo e Peter fu costretto ad ammettere di non aver mai assaggiato una bocca come quella. Era solo il perfetto completamento dei sentimenti che provava per lei e che inutilmente aveva cercato di trasformare in professionalità.

Il francese infuse in quel bacio tutta la sua esperienza e passione, voleva che restasse impressionata e che si ricordasse per sempre di lui, ma Ayumi lo sorprese modificando l’iniziale lotta in un’accettazione collaborativa che lo fece solo emozionare di più. Ayumi venne completamente annientata da ciò che stava provando, sia la sua mente che il suo corpo erano calamitati verso di lui, le sue mani che stringevano ancora il suo volto possessivamente, le sue gambe che le impedivano di muoversi.

Lasciò i polsi dell’uomo, che non era riuscita a smuovere di un millimetro, lo afferrò per la camicia davanti e, nello stesso istante, Peter spostò le mani dietro la schiena abbracciandola e tirandola verso di sé senza smettere di baciarla appassionatamente. Ayumi separò i ginocchi e, sebbene una parte della mente le urlasse di scacciarlo, tutto il resto di lei bruciava come mai le era capitato prima e ignorò quell’avviso remoto.

Aderì completamente a lui avvertendo la rigidità dei suoi pettorali tesi e distese le braccia sulla sua schiena curva, aggrappandosi alla giacca. La mia essenza! Io… sto per esplodere, lo sento… questa è una cosa incredibile… io… io non sono così...

Peter avvertì l’istante esatto in cui smise di combattere e si abbandonò a lui e quella capitolazione lo convinse a mettersi un freno. Santo Dio… non ho mai provato niente di simile per una donna… potrei fare l’amore con lei fra un minuto esatto... ma Ayumi vale molto più di questo attimo…

Lasciò scivolare le mani fin quasi al suo fondo schiena, ma non la toccò e portò le dita, strisciandole sul tessuto, fino alle gambe coperte dalla gonna. La sentì irrigidirsi, così le morse lievemente un labbro per distrarla e lasciò scendere le mani fino alla pelle tesa delle ginocchia. Ayumi gli artigliò prima la camicia, emettendo un basso ringhio sordo, poi sembrò rilassarsi quando lo sentì allontanarsi, ma neanche per un istante lasciò le sue labbra.

Quando le dita di Peter vennero in contatto con la pelle serica della giovane, un brivido intenso lo scosse completamente e non riuscì a fermarsi come avrebbe voluto. È come se avesse dentro una calamita e io fossi metallo…

Proseguì nella dolce invasione di quella bocca delicata ed esigente mentre i suoi polpastrelli sensibili risalirono lentamente i lati delle sue gambe morbide trascinando il tessuto della gonna nel loro incedere.

La pioggia improvvisa li investì, ma nessuno dei due sembrò farci caso, completamente persi uno nel tocco dell’altro. Brucio come fuoco… non c’è aria nei miei polmoni, la pioggia evapora sulla mia pelle bollente e mi manca la terra sotto i piedi… E questo che sente Akoya per Isshin?

Peter fermò le mani come artigli sui suoi fianchi, se avesse proseguito avrebbe commesso un grave errore, lo sapeva. Ayumi avvertì quella pressione prolungata e comprese, in un piccolo angolo del suo cervello sottosopra, che l’uomo si stava trattenendo. Finirà tutto, adesso!

Inspiegabilmente Ayumi venne colta dal panico, per la prima volta nella vita era incapace di gestire una situazione. Anche il bacio rallentò lentamente, divenendo languido e sensuale, finché il fotografo, ingoiando la tensione che lo stava sopraffacendo, lasciò il contatto con le sue gambe e le prese il volto con le mani staccando contemporaneamente le labbra e appoggiando la fronte alla sua. Lei gli afferrò di nuovo i polsi, ma questa volta per trattenerlo e aggrapparsi, non più per allontanarlo.

La pioggia cadeva incessante ed erano completamente fradici, ansimavano entrambi e Peter sapeva bene che l’espressione sconcertata ad appassionata dei suoi bellissimi occhi lucidi e brillanti era autentica, stava provando lo stesso desiderio che straziava lui, anche se non ci vedeva. Ayumi…

- Non sono un giapponese, Ayumi - sibilò il francese godendo del tocco delicato contro la pelle del suo volto bollente - Mi dispiace - e la lasciò andare.

Ayumi avvertì il distacco netto, improvviso com’era iniziato, non riusciva a respirare né a parlare, sentì i suoi passi decisi sull’erba che si allontanavano, poi lo scricchiolio dei sassi del vialetto. Allungò una mano davanti a sé come per trattenerlo, scese dal tavolino di pietra e mosse qualche passo, poi fu costretta ad abbracciarsi cingendosi la vita mentre un’angoscia profonda le devastava l’anima.

Fa freddo… mi sento sola… tanto sola… come ho potuto ignorare i tuoi sentimenti e addirittura divertirmi a volte quando io ora mi sento un guscio vuoto? Ora che te ne sei andato, sentendoti inadeguato e credendo di avermi fatto del male, io non so più fare a meno di te! Non andare, ti prego!

Cadde sui ginocchi e scoppiò a piangere senza che alcun suono uscisse dal sue labbra arrossate.

Peter Hamil non si voltò, per la prima volta nella sua vita scappò da una donna che, se ne rese conto in quell’istante, aveva catturato la sua attenzione nell’istante in cui l’aveva vista, nonostante la sua giovane età, e che lui aveva scambiato per interesse professionale. La mia musa… quante volte l’ho detto a lei e me lo sono ripetuto? Ma non è così! Sono stato uno stupido! Credevo di poterla gestire come tutte le altre, ma lei è diversa! Diversa!

Camminò rapido sul vialetto, tenendo i denti serrati e soffiando fuori il fiato caldo dai polmoni mentre il suo cuore martellava incessante. Un solco profondo gli corrugava la fronte, prese con rabbia il cellulare dentro la tasca della giacca e toccò l’icona per la chiamata rapida al suo traduttore che nei mesi era diventato un buon amico come solo i giapponesi possono diventarlo.

- Sono io, trovami il numero della segreteria di Masumi Hayami della Daito Art Production - ringhiò con tono minaccioso in francese. Dall’altra parte l’uomo obiettò qualcosa mentre lui apriva lo sportello della macchina ed entrava chiudendolo con forza.

- No! Devo parlare con lui! È il proprietario della Ondine, giusto? - aggredì di nuovo il traduttore che balbettò un’affermazione convinta, ma obiettò nuovamente qualcosa che lo fece irritare ancora di più. Appoggiò il cellulare al supporto sul cruscotto, mise il viva voce e accese il motore con rabbia.

- Devo prendere un appuntamento, non è mica l’Imperatore del Giappone, che cazzo! Ci sarà un modo per entrare in quell’ufficio! - sbottò aggredendo l’asfalto dell’autostrada.

- Va bene, signor Hamil - lo rassicurò in francese il traduttore, la voce metallica che usciva dal viva voce - Cercherò di farle avere un appuntamento quanto prima -

Hamil chiuse la comunicazione toccando lo schermo e accelerò, tenendo lo sguardo sulla linea della corsia e rievocando il bacio di poco prima. Il suo cuore riprese a battere frenetico ed ebbe la sensazione che lei fosse lì, accanto a lui, tanto che si girò di scatto.

Credevo che mi avresti cacciato via, picchiato anche… credevo che mi avresti respinto, sei sempre così rigida e stai sulle tue senza neanche guardarmi… invece… sei ghiaccio e fuoco, Ayumi… proprio come ti ho visto nella valle!



Mizuki fissava assente lo schermo del computer. Finalmente era riuscita a scoprire dove andava il suo capo ogni giorno per due ore. Era rimasta sconcertata e doveva valutare bene come e quando usare quell’informazione. Non era neanche sicura che fosse necessario rivelarlo a Rei Aoki, in fondo, era una cosa così assurda e distante dal tipo di uomo che era Masumi Hayami, che ancora stentava a crederlo.

Signor Masumi… cosa l’ha spinta a frequentare quel posto? E perché proprio dopo l’acquisizione della Asahi? Cos’è successo quella sera? Devo chiamare Rei Aoki...

Picchiettò con la matita il blocco davanti a lei e il trillo prepotente del telefono la costrinse a interrompere il flusso dei suoi pensieri.

- Mizuki - rispose prontamente, ma la voce concitata dall’altra parte la fece scattare in piedi - Che cosa?! - esclamò mentre una paura incontrollata strinse il suo cuore in una morsa. L’interlocutore aggiunse qualcos’altro, lei chiuse la telefonata e scese immediatamente a piano terra.

Dieci minuti dopo bussava all’ufficio del suo capo cercando di tenere sotto controllo il tremore delle mani. Entrò e richiuse la porta dietro di sé. Il signor Hayami non alzò neanche la testa dal documento che stava leggendo.

- Mi dica, Mizuki -

La segretaria avanzò lentamente fino a raggiungere la scrivania e in quel momento, visto il suo silenzio, l’uomo fu costretto a guardarla e si accorse immediatamente del suo volto terreo. Senza alcuna possibilità di imbrigliarlo, il suo pensiero andò a Maya.

- Che c’è? È successo qualcosa? - la interrogò corrugando la fronte e posando la stilografica.

- Mi scusi se la disturbo - iniziò Mizuki visibilmente scossa - C’è un’emergenza -

- Ovvero? - indagò lui appoggiandosi allo schienale.

- Poco fa è arrivato uno strano pacco, era indirizzato a lei e dentro c’era una bomba - riportò seriamente.

- Una bomba? - Masumi la fissò stupito con un lieve sorriso.

- C’era una lettera minatoria. Le guardie l’hanno aperto con attenzione e trovato l’ordigno. Per fortuna sono stati in grado di disinnescarlo. Era programmato per esplodere dopo un’ora. Probabilmente era solo un avvertimento perché non aveva una potenza esplosiva molto elevata - valutò lei riacquisendo la calma, spinta anche dalla sua posa rilassata.

- Cosa c’era scritto nella lettera? - le chiese alzandosi e prendendo una sigaretta dal pacchetto.

- Soltanto “muori” - riferì la segretaria - Qualche idea? - aggiunse, scrutandolo.

- Nessuna - rispose neutro Masumi accendendosi la sigaretta come niente fosse.

- Non scherzi! - lo fissò duramente Mizuki - Capirei se dicesse: “ho talmente tanti nemici che c’è l’imbarazzo della scelta”... - obiettò innervosendosi e lui scoppiò a ridere, voltandosi verso la grande vetrata.

- Ho paura possa trattarsi della Hokuto Production visto che lei si è accaparrato quel loro gruppo rock la cui popolarità è aumentata di getto… - Mizuki decise di confidargli i suoi sospetti - In giro si dice che quella gente abbia dei legami con la Yakuza… Cerchi di essere prudente - aggiunse reprimendo l’istinto di scuoterlo per le spalle. Ma lui rimase immobile e in silenzio, guardando fuori.

- Dico sul serio - aggiunse gravemente Mizuki facendo un altro passo avanti. Masumi si girò avvertendo la premura nel tono della segretaria.

- Lo farò senz’altro - la rassicurò lui spegnendo la sigaretta e sedendosi di nuovo.

- Come facciamo per la bomba? Denunciamo il fatto alla polizia? -

- No - rispose seccamente lui - Rendere pubblica la cosa potrebbe nuocere alla reputazione della Daito Art -

- Allora faremo svolgere delle indagini in segreto e sistemeremo la questione privatamente - lo tranquillizzò Mizuki esponendo i fatti con la solita professionalità.

- Mi affido a lei - si raccomandò Masumi fissando la segretaria che sembrava aver qualcos’altro da dire. Poi probabilmente cambiò idea perché fece un lieve inchino e uscì. Stava per fare una delle sue solite battute, vero Mizuki? Cosa l’ha fermata questa volta? Le faccio pena, forse?

Mizuki uscì dall’ufficio ed espirò cacciando fuori tutta l’aria con forza. Io tremavo e lui sembrava assolutamente rilassato… io mi domando come faccia a restare sempre così impassibile, senza mostrare mai un minimo coinvolgimento!

Si sedette alla scrivania, prese il cellulare e chiamò Rei Aoki.



Maya si sedette sulla cassa di legno appoggiata al muro nel retro dei Kid Studio. bevve dalla bottiglietta d’acqua che le aveva dato Yu e sorrise stancamente alla sua amica. Rei era venuta a trovarla e appena il signor Kuronuma aveva dato quindici minuti di pausa, erano uscite per un po’ d’aria e scambiare due chiacchiere.

- Oggi niente prove per me - la informò Rei, sorridendo. Mentre era rimasta in attesa nella hall, aveva visto un andirivieni di attori che entravano e uscivano dalla sala prove e quando anche Maya e Yu erano usciti, ridevano fra loro e stavano vicini.

- Hai fatto bene a venire qui, era tanto che non ci vedevamo durante le prove! - esclamò Maya entusiasta.

- Ti ho visto molto affiatata con Sakurakoji, vanno bene le prove? - le domandò, cercando di prendere la questione a distanza. Maya annuì vigorosamente e arrossì.

- Sì! Il suo Isshin è coinvolgente! Nelle scene riesce a tirare fuori il meglio della mia Akoya! - confessò lei candidamente.

Io credo che sia la tua Akoya a tirar fuori il meglio dall’Isshin di Sakurakoji…

- Sembri molto tranquilla in effetti - annuì Rei evitando di accennare al fatto che fosse arrossita come una scolaretta.

- Lo sono, Rei - e si voltò a guardarla intensamente - Non l’avrei mai creduto possibile, ma la Dea Scarlatta mi ha davvero fatto capire e scoprire un sacco di cose! - i suoi occhi brillavano come diamanti e, sebbene parlasse con lei, sembrava essere da tutt’altra parte.

- Sono davvero contenta di sentirti parlare così - le sorrise di rimando Rei.

- Sakurakoji nei panni di Isshin è l’anima gemella della mia Akoya! Non avrei potuto avere partner migliore! - le confessò entusiasta arrossendo di nuovo.

- Allora sembra che quella cena abbia portato grandi risultati - ammiccò Rei dandole di gomito. Maya arrossì profondamente e distolse lo sguardo.

- Avanti racconta! Non abbiamo mai avuto modo di parlare! Gli è piaciuto il vestito che ho coordinato per te? - le chiese cercando di far passare la domanda come interesse personale.

- Oh sì! - annuì Maya - Anche lui era vestito molto bene e il musical è stato bellissimo! - e si illuminò di nuovo, come ogni volta che parlava di teatro, poi il suo volto si scurì.

- Va tutto bene, Maya? - la interrogò premurosa Rei toccandole un braccio. Lei annuì ma guardava a terra, persa nei suoi pensieri. Quando rialzò lo sguardo stava piangendo. Come quella notte di ritorno dalla valle… lo stesso sguardo smarrito, la stessa paura profonda in quegli occhi tormentati… Maya...

- Rei… lo so che le lacrime potrebbero metterti su una cattiva strada e darti un’idea sbagliata, ma io sto davvero bene! - e le afferrò le mani mentre le lacrime scendevano lievi - Ci sono delle cose impossibili nella vita, irrealizzabili! Io ho ottenuto la possibilità di contendere per la Dea Scarlatta e mi pare ancora un sogno poter partecipare a questa sfida con Ayumi! I sogni, i desideri, le illusioni, sono quelle che devo portare sul palco, coinvolgendo lo spettatore, non posso provarle io stessa! - parlò rapidamente, stringendola convulsamente, la voce piena di sofferenza.

Rei non riusciva a capire dove volesse andare a parare. Di cosa stai parlando esattamente, Maya?

Maya si fregò via le lacrime e si alzò. Non fece caso al giornalista che si era avvicinato all’angolo del muro e che si era messo in ascolto.

- Quella sera, al ristorante, Yu ha risposto ad una telefonata - proseguì come un fiume in piena che fosse straripato, la sua voce aveva un tono tagliente - Io… io ho visto il signor Hayami, era lì, con altri uomini - Rei spalancò gli occhi e le si strinse il cuore al ricordo delle parole di Mizuki - L’ho affrontato, Rei! Gli ho detto che non gli darò mai i diritti della “Dea Scarlatta” se dovessi vincere! MAI! Né a lui né a suo padre! La Daito Art Production non avrà la “Dea Scarlatta” se dovessi essere io a vincere! -

Sembri arrabbiata, Maya, ma anche sofferente… ti sei davvero innamorata di lui a tal punto da soffrire così?

- Maya, ma… perché parli dei diritti della “Dea Scarlatta”? Come fai a sapere… - ma lei la interruppe bruscamente, aveva le guance rosse per la rabbia eppure gli occhi erano pieni di tristezza.

- Non importa come io lo abbia saputo! Lo so e basta! Sono trent’anni che tormentano la signora Tsukikage, non l’hanno praticamente lasciata vivere! Eisuke Hayami ha creato quella maledetta azienda solo per poter un giorno rappresentare la “Dea Scarlatta” e suo figlio non ha fatto che seguire le sue orme! Nonostante i nostri battibecchi in questi sette anni, lo credevo una brava persona, diverso da suo padre! Invece è solo un affarista senza scrupoli che pensa solo a raggiungere i suoi obiettivi! Mi ha sempre raggirata e ingannata e non ho più intenzione di accettare il suo gioco! -

Il giornalista arretrò lentamente, contento di ciò che aveva sentito e immaginando già il titolo del suo articolo, poi corse via appena fu abbastanza lontano.

Rei si alzò lentamente e l’amica si buttò fra le sue braccia, sembrava non avere neanche più la forza per piangere. Maya era così addolorata e arrabbiata che Rei riuscì solo a stringerla e cercò di rassicurarla. Si era sfogata così all’improvviso sebbene non le avesse comunque detto dell’ammiratore delle rose. Come ha detto Mizuki deve aver sentito qualcosa quella sera che le ha fatto cambiare idea… so che è crudele, Maya, ma io devo capire…

- Maya, stai tranquilla, ricordati che hai sempre noi a spalleggiarti, poi c’è la signora, Yu, e non dimenticarti il tuo ammiratore - le sussurrò con la sofferenza nel cuore. Maya sollevò la testa di scatto, gli occhi che ardevano infuocati e si staccò da lei.

- È grazie a lui se sono arrivata fino alla “Dea Scarlatta”, non potrò mai dimenticare il suo supporto e riuscirò a ripagarlo con la mia recitazione! - disse decisa, la sua voce non tentennò neanche un istante e Rei la fissò sbalordita.

Significa che non vuoi più il suo sostegno? Cosa puoi aver sentito di così grave per farti prendere una posizione così netta contro di lui? Perché non vuoi dirmi che sai chi è? Dimmelo Maya…

Ma Maya si girò e rientrò negli studi di prova, lasciandola con nuovi interrogativi.

Il giorno seguente, un articolo avrebbe scosso l’ambiente dello spettacolo. E soprattutto Masumi Hayami.


 

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Capitolo 38
*** Davide e Golia ***


Ultima revisione: marzo 2016

 

38. Davide e Golia

 

Come ogni mattina, Maya si recò in sala prove e Kuronuma era lì ad attenderla. Gli altri attori non erano ancora arrivati, voleva provare con lei alcune cose prima che giungessero tutti e lei non si era tirata certo indietro. Il regista era esigente, ma aveva molte visioni in comune con lei per quella sceneggiatura ed era ben felice di rispondere alle domande che le faceva e orgogliosa di poter partecipare ad alcune piccole decisioni che poi sarebbero andate in scena.

Il fatto che il regista si fidasse di lei aveva contribuito ad alleviare quel senso di inadeguatezza che l’aveva sempre accompagnata e questo era uno dei motivi per cui si era affezionata in maniera particolare a quell’uomo burbero ed esigente. Kuronuma infatti mescolava sapientemente carota e bastone, gratificandola e punendola praticamente in egual misura. Sicuramente un passo avanti rispetto ai modi della signora Tsukikage…

- Kitajima, mi ascolti? - la riprese sventolandole il copione davanti alla faccia. Lei sussultò e arrossì.

- Vai a vedere se Sakurakoji è arrivato, mettetevi gli abiti di scena, voglio provare la scena conclusiva, stamani - le ordinò alzandosi e raggiungendo la cabina di regia.

Maya schizzò in piedi e uscì di corsa dalla sala prove, percorse il corridoio principale, svoltò a destra e, senza pensare, aprì la porta del camerino di Yu.

Rimase immobile, sconcertata, mentre il lieve rossore sulle guance dovuto alla breve corsa si intensificava alla vista della schiena nuda di Sakurakoji. Era in piedi, probabilmente era stato in palestra perché indossava i pantaloni grigi di una tuta che segnavano perfettamente il suo fondo schiena, e quando si voltò di scatto in un movimento fluido sentendo aprirsi la porta, lei si portò una mano alla bocca, imbarazzata per la vista che lui le offrì. Oh… santo… cielo… io non credevo che… che lui…

Yu la vide con il volto in fiamme, afferrò una maglietta nera che era appoggiata sulla sedia e se la infilò rapidamente ottenendo solo di mettere ancor più in evidenza i suoi muscoli tesi.

- Scusa, Maya, io… - si scusò, arrossendo lievemente e distendendo la maglietta sulla pelle.

- No! - replicò lei che avrebbe voluto sprofondare - Sono... io che... sono entrata... senza bussare... - balbettò e chiuse la porta con uno scatto fulmineo. Maya si portò le mani al volto, sentendolo scottare. Tutto era durato forse venti secondi, eppure come avrebbe potuto guardarlo di nuovo? Ma perché sono entrata in quel modo? Stupida, stupida, stupida!

Yu si mise le mani sui fianchi e abbassò la testa sconsolato, mentre un lieve sorriso gli increspava le labbra e le sue guance s’imporporavano. Però sei rimasta a guardare...

- Immagino che Kuronuma mi aspetti per iniziare… - sbuffò borbottando fra sé, si tolse di nuovo la maglietta, la tuta, e indossò l’abito di scena. Quando uscì dal suo camerino, Maya era sparita come si era aspettato. Espirò e si incamminò verso la sala prove.


Nell’istante in cui Maya si dirigeva al camerino di Yu, Mizuki Saeko entrò nell’ufficio del suo capo, appena arrivato, senza neppure concedergli quei dieci minuti come era solita fare. Masumi sollevò la testa quando la porta si riaprì, indossava ancora il soprabito, e la fissò interrogativo.

- Mi scusi, signore, ma credo debba vedere questo - e gli porse un giornale, lui la raggiunse, lo prese e lo aprì.

Il titolo centrale riportava con ideogrammi netti e precisi: Davide contro Golia. Subito sotto, come sottotitolo: Storia di un produttore e di un’attrice. Mizuki lo vide corrugare la fronte e non le sfuggì neppure la mascella che si serrò in tensione.

L’articolo era scritto in prima persona come se qualcuno stesse raccontando. L’inizio riportava una parte, incompleta e inesatta, della storia che aveva coinvolto suo padre e Chigusa Tsukikage. Alcuni fatti riportati erano veri, rintracciabili su molti vecchi quotidiani, altri completamente inventati. Emise uno sbuffo infastidito e fece per chiudere il giornale, ma Mizuki ci mise una mano sopra.

- Signore, dovrebbe leggere fino in fondo - gli consigliò fissandolo intensamente. In quell’istante Masumi comprese che c’era qualcosa che non andava. Spiegò di nuovo il giornale e riprese quella lettura scadente. L’articolo proseguiva con una serie di inesattezze circa il ruolo di suo padre nel suicidio di Ichiren Ozaki, ma ciò che traspariva evidente era l’odio che il narratore provava nei confronti di Eisuke Hayami. Tutti i termini usati erano offensivi, svilenti, e lo condannavano come un mostro senza cuore, spietato, cinico e arrivista. Poi il racconto prese una piega diversa, spostandosi trent’anni dopo e quando si rese conto che la voce narrante in prima persona era Maya Kitajima, un gelo freddo gli serrò lo stomaco. Scorse rapido le righe, la maggior parte delle informazioni era approssimativa e raccontava di vessazioni che lei avrebbe subito a causa di Masumi Hayami, degno figlio di suo padre, perverso, gelido, egoista e senza scrupoli. Non era stata risparmiata neanche la Daito Art, che era stata dipinta come un covo di maligni approfittatori. L’ultimo paragrafo, che chiudeva l’articolo, diceva: “Lo credevo una brava persona, diverso da suo padre! Invece è un affarista senza scrupoli che pensa solo a raggiungere i suoi obiettivi! Mi ha sempre raggirata e ingannata e non ho più intenzione di accettare il suo gioco! Non importa quali mezzi usi, da me non avrà mai i diritti della Dea Scarlatta se dovessi vincere la sfida! Ricordatevi queste mie parole, perché io sono Maya Kitajima.”

Il suo sguardo si fermò su quelle ultime righe mentre il suo cervello pensava già a ciò che avrebbe dovuto fare. Non ha nominato l’ammiratore delle rose scarlatte, mai… e non posso credere che abbia rilasciato un’intervista del genere senza autorizzazione del regista… Inoltre è quasi tutto inventato… tranne i nostri litigi, ma quelli sono finiti su tutti i giornali ed erano facili da reperire… è sicuramente un falso…

Sorrise lievemente mentre ripiegava il giornale, poi sollevò lo sguardo su Mizuki e la segretaria sussultò. Che occhi freddi e vuoti… degni del vecchio Masumi Hayami…

- Conosco il direttore di questo giornale - le disse algido - Non capisco come possa aver permesso una prima pagina di questo calibro, palesemente un falso. Me lo chiami - poi si voltò e si tolse il soprabito buttandolo sulla sedia - E prepari un comunicato stampa, potrebbe servire - aggiunse voltandosi a guardarla.

Mizuki fece un lieve inchino e uscì in silenzio.

Maya non posso credere che tu abbia parlato liberamente con un giornalista… mi hai detto che avevi capito come funzionava questo mondo… devo trovarti un manager… non ti è più concesso commettere questi errori e non puoi tenere per mano il tuo partner sulla scena fuori dai teatri di prova anche se sei innamorata di lui… almeno non finché non avrai vinto la Dea Scarlatta… ragazzina… non ti rendi conto di quanto sia fragile e pericoloso il rapporto fra attrici e giornali? Avrei voluto aiutarti, ma io… non posso più espormi… se davvero qualcuno scoprisse il mio legame con te, tutti gli obiettivi che hai raggiunto negli anni verrebbero messi in discussione… come se io ti avessi favorito… per non parlare di ciò che potrebbe farti mio padre! La vera identità del tuo ammiratore dovrà sempre restare un segreto!

Angosciato, si afferrò la testa fra le mani rendendosi conto che era stata proprio lei a tagliarlo fuori dalla sua vita come aveva sempre temuto. Tutto quello che era accaduto nella valle era solo un riflesso dei sentimenti di gratitudine e affetto che provava per il suo ammiratore e che aveva cercato di rispecchiare in lui dopo aver scoperto che erano la stessa persona.

Ma non ci sei riuscita, vero ragazzina?



Nell’istante in cui Mizuki chiudeva la porta dell’ufficio del signor Hayami e si apprestava a chiamare lo sconsiderato direttore che aveva dato l’autorizzazione alla pubblicazione di quell’articolo, uno degli attori del gruppo di Kuronuma spalancò le porte della sala prove portando con sé un giornale.

Andò dritto da Maya, che ci mise qualche secondo ad uscire dalla parte di Akoya, mentre le grida del regista invadevano tutto lo spazio.

- Ma che fai?! - urlò brandendo il copione nei confronti dell’attore e raggiungendoli. Anche Yu si alzò dalla sedia e in breve fu alle spalle di Maya.

La giovane lesse l’articolo diventando sempre più terrea finché non crollò in ginocchio appoggiandosi il giornale sulle gambe, il viso sollevato verso il regista che la fissava, le lacrime che scendevano silenziose. Quelle ultime parole… le ho dette a Rei… ma eravamo sole… non c’era nessuno!

Un’angoscia dirompente le squarciò il petto e le tolse il respiro.

- Kitajima, che ti succede? - la interrogò bruscamente.

- Non sono stata io, signor Kuronuma, non sono stata io… - balbettò fra i singhiozzi strozzati. Il regista le strappò di mano il giornale mentre Sakurakoji si inginocchiò accanto a lei e la prese per le spalle: standole dietro aveva potuto leggere ogni cosa, ma non poteva credere che fossero parole di Maya.

- Hai parlato con qualcuno? Dimmi la verità, Kitajima! - indagò il regista, incredulo che potesse aver commesso un errore così grossolano come parlare con un giornalista, nonostante in effetti si stesse parlando dell’ingenua Maya Kitajima. Potrebbe anche averlo fatto e non essersene neanche resa conto...

Lei scosse la testa, piangendo sommessamente.

- Quello che racconta l’articolo è vero? - insisté Kuronuma abbassando il tono.

Lei continuò a fissarlo con gli occhi spalancati, le lacrime che scendevano, poi fece un movimento laterale con la testa che non significava solo negazione, ma in qualche modo gli stava confessando quanto le stesse causando dolore ciò che era scritto in quell’articolo.

- Direi che non le hai dette tu queste cose, giusto? - sussurrò il regista prendendola per le spalle e tirandola su. Maya ondeggiò lentamente la testa, negando di nuovo.

- Sakurakoji, portala nel mio ufficio e preparale un tè - ordinò il regista. Poi chiamò il suo aiuto, gli attori, e li dispose per provare una nuova scena. Dovrò chiamare Hayami… spero che non creda davvero a quel mucchio di spazzatura...

Yu l’accompagnò senza fare una parola, la sentiva piangere sommessamente e aveva ancora gli occhi spalancati, come avesse visto un fantasma. Come quella sera al ristorante… ogni volta che si tratta di quell’uomo finisci per piangere…

Rese la stretta intorno alle sue spalle più serrata e Maya sembrò rifugiarsi nel suo fianco in cerca di protezione.

Arrivati nell’ufficio di Kuronuma, la fece sedere, le passò un fazzoletto di carta, che lei prese mantenendo sempre quell’espressione piena di sconcerto e dolore, e le preparò un tè rimanendo in silenzio.

Dopo pochi minuti le porse la tazza fumante e finalmente Maya si riscosse, forse distratta dal profumo. Sollevò lo sguardo e incrociò i suoi occhi preoccupati. Prese la tazza fra le mani e bevve un sorso.

- Grazie, Yu - mormorò abbassando lo sguardo. Lui si inginocchiò davanti a lei raggiungendo i suoi occhi.

- Maya, perché ti ha così scosso quell’articolo? In fondo, anche se non è un’intervista a te, non mi sembrava così distante dalla realtà… devi ammettere che Masumi Hayami sarà anche un genio degli investimenti, ma è davvero odioso - sussurrò a bassa voce cercando di scuoterla. Maya sollevò lo sguardo incapace di trattenere un debole sorriso che Yu ricambiò.

- Lo è - ammise Maya debolmente bevendo un altro sorso di tè.

- Cosa? Un genio degli investimenti o odioso? - puntualizzò Yu sedendosi a gambe incrociate. Maya sollevò lo sguardo e lo fissò intensamente.

- Entrambe le cose - rispose lei seriamente, stupendolo. Chinò la testa e bevve di nuovo. Yu non aggiunse altro, sembrava essersi ripresa, e quell’ultima risposta gli era sembrata intrisa di un significato sconosciuto, come se lei sapesse molto di più su quell’uomo ambiguo e gelido.



Quella notte Maya non fece che rigirarsi nel letto, tanto che Rei si svegliò dopo aver ricevuto un calcio per come si dimenava.

- Maya… - mormorò assonnata, ma l’amica si girò nuovamente - Eppure il tuo futon è lontano… come fai a colpirmi…? - e sbadigliò. Si appoggiò sui gomiti e guardò la sua sagoma nel buio.

Scosse la testa sconsolata, si alzò e andò in cucina. Quell’articolo sembrava averla sconcertata più di quanto l’avesse rassicurata a cena. Appena lei stessa l’aveva letto, era rimasta colpita da quell’ultima frase.

Qualcuno stava ascoltando quando abbiamo parlato fuori dai Kid Studio e si è divertito a costruirci su una storia… Quanto devi essere combattuta, Maya, se l’ami così profondamente… sapere che è il tuo ammiratore e allo stesso tempo un uomo cinico che persegue con una volontà incrollabile i suoi scopi… Hai forse paura che le sue attenzioni fossero mirate? Per questo mi hai parlato dei diritti della Dea Scarlatta? Possibile che tu non abbia capito i sentimenti di quell’uomo e che lui non abbia ancora compreso i tuoi? Siete così ciechi di fronte al vostro amore? Oppure siete solo ingenui e non sapete riconoscerlo… o troppo spaventati per ammetterlo…

Preparò una tazza anche per Maya e sbadigliando tornò in camera. Durante la cena avevano parlato a lungo di quell’articolo, Maya si sentiva estremamente in colpa per aver parlato all’aperto e ad un certo punto aveva anche detto: “Il signor Hayami mi aveva avvisata di stare attenta, che le relazioni coi giornalisti sono sempre delicate…”. Si era stupita per quell’uscita, ma la frase seguente, pronunciata in un ringhio sommesso, l’aveva fatta sorridere: “La colpa è solo sua! Perché continua a volere quei diritti! Non si sono stancati di rovinare le persone? Non hanno un cuore?!” e aveva sbattuto un pugno sul tavolo, lamentandosi subito dopo del dolore.

La solita Maya...

Sorrise nelle tenebre, seduta a gambe incrociate di fianco al suo futon, lei che si rigirava nervosa.

Fra poche ore incontrerò Mizuki Saeko… deve avere qualche novità e anche io ce l’ho… dire a Maya quanto sia evidente il sentimento che li leghi entrambi in questo momento non è sicuramente una mossa saggia… la Dea Scarlatta è troppo vicina… e sono convinta che il signor Hayami pensi la stessa cosa… e sono anche convinta che entrambi crediate il vostro amore impossibile da essere corrisposto… che situazione assurda… sembra quasi che il dramma di Ichiren Ozaki si sia trasposto nella realtà…

Sospirò, accese una piccola abatjour e scosse Maya leggermente.

- Maya… svegliati… - mormorò continuando a scuoterla dolcemente. Lei aprì gli occhi e si mise seduta di scatto.

- Che c’è? Che succede? - biascicò insonnolita.

- Devi aver fatto un brutto sogno, tieni, bevi - e le porse la tazza di tè fumante. Maya osservò l’amica, poi la tazza, poi aggrottò la fronte.

- Un sogno… - sussurrò, e prese il tè - Grazie, Rei - gli disse, riconoscente.

Rei sorrise e si distese nel suo futon.

- Devi cercare di dormire, Maya, e dare il massimo nelle prove e nello spettacolo dimostrativo che ci sarà a breve… - le consigliò l’amica girandosi a guardarla - Lo so che sei confusa, anche se non vuoi confidarti con me, ma tieni duro come hai sempre fatto e afferra la Dea Scarlatta! -

Maya arrossì e abbassò lo sguardo.

- Rei… io… - balbettò, ma l’amica la interruppe subito.

- Non preoccuparti, Maya, pensa solo allo spettacolo - insisté, rassicurandola con un sorriso.

Maya annuì sollevata, avrebbe voluto tanto confidarle ogni cosa e potersi sfogare, ma era una situazione troppo complessa. in verità era sicura di apparire come una stupida ragazzina e che tutto ciò che si era immaginata riguardo quell’uomo fosse solo, appunto, un sogno. Cosa avrebbe potuto dirle? “Sai Rei, sono innamorata del mio ammiratore delle rose scarlatte… che poi è Masumi Hayami, che ho odiato profondamente per anni, che ha fatto chiudere la compagnia della signora, che l’ha vessata per anni insieme a suo padre, che ha concorso alla morte di mia madre, che mi ha costretto ad un contratto con la Daito e non ha fatto che umiliarmi e tormentarmi per sette anni, che le sue rose e attenzioni erano tutto uno stratagemma per arrivare ai diritti... ma io lo amo più di chiunque altro, non riesco a sopprimere questo mio sentimento e fino a qualche giorno fa ero convinta che fosse la mia anima gemella…”

No… non posso assolutamente dirglielo… e poi anche se lo facessi a cosa servirebbe? Lui non mi vedrà mai come una donna, non potrà mai pensare a questa ragazzina goffa e magra come a qualcuno con cui condividere la vita, l’unica cosa che poteva fare l’ha fatta: ha provato ad ottenere i diritti con le buone… ed io, senza rendermene conto, sono caduta nella sua trappola e so che ciò che sento non potrà mai essere cancellato dal mio cuore…

Si distese nel futon e si coprì mettendosi su un fianco, dando le spalle a Rei. Non riuscì a trattenere quelle lacrime di dolore che scaturivano dal suo profondo e quando Rei la udì, le si strinse il cuore. Strisciò nel suo futon, le mise un braccio intorno alla vita e si distese accanto a lei, abbracciandola stretta. Maya si abbandonò a quella vicinanza amichevole e silenziosa come fosse una colonna. Qui sentimenti così devastanti e incomprensibili non coinvolgevano solo lei, ma anche altre persone intorno e si rese conto, fra i singhiozzi, che tutta quell’angoscia non l’avrebbe portata da nessuna parte.

Farò in modo che tutto questo traspaia dalla mia Akoya! Renderò vivo il suo amore per Isshin, nessuno potrà dubitare di quel sentimento, né dell’esistenza della Dea, né del sacrificio dei due amanti!



La mattina seguente, dopo aver trascorso la notte quasi insonne, Maya si presentò puntale ai Kid studio. Andò nel suo camerino, si cambiò e raggiunse la sala comune per mangiare qualcosa. Si sentiva spossata e la mancanza di sonno aveva generato un lieve mal di testa. C’erano già altri due attori che la salutarono brevemente, avevano acceso la televisione e stavano guardando le notizie del mattino.

Maya prese una tazza di tè e una bottiglietta d’acqua, sempre disponibili sul tavolo. Si accasciò su una delle poltrone mentre ascoltava distrattamente il giornalista eliminandolo completamente dal suo campo uditivo quando iniziò a parlare delle notizie finanziarie. Ma all’improvviso uno dei due attori alzò il volume, così si voltò a guardare.

“... che a seguito dell’articolo uscito ieri hanno subito una forte oscillazione in negativo all’apertura della borsa. L’ufficio stampa della Daito Art Production ha confermato un comunicato che sarà rilasciato a breve dal suo presidente, Masumi Hayami, per fare chiarezza sulla situazione. Ed ora passiamo al meteo.”

Maya spalancò la bocca e lasciò cadere la tazza che andò in frantumi mentre i due attori si voltarono di scatto.

Sono stata io… è stata colpa mia… ma io… io non volevo… non ho mai voluto una cosa del genere!

- Kitajima! - l’urlo del regista la fece sussultare prendendola alla sprovvista e scattò in piedi come un soldato.

- Allora, vieni o dormi?! - l’apostrofò entrando nella stanza e notando la tazza a terra. Sbuffò e urlò di nuovo per chiamare la signora delle pulizie. I due attori si dileguarono in fretta lanciandole una rapida occhiata di comprensione.

- Kitajima… che ti succede? - si avvicinò abbassando la voce e riacquisendo la calma. Lei lo fissò arrossendo, ma lui non si mosse di un millimetro.

- N-Niente… - balbettò - Sono pronta -

- Pronta, dici? - Kuronuma la squadrò da capo a piedi, poi si voltò e imboccò il corridoio delle sale prove seguito dalla giovane che camminava a occhi bassi, il cuore colmo di tristezza e senso di colpa.



Masumi Hayami fissava impaziente il monitor del suo portatile che mostrava file e file di valutazioni borsistiche, in attesa di vedere quelle della sua azienda a seguito del suo comunicato stampa. Quella mattinata era trascorsa frenetica alla Daito Art, erano le dodici e la borsa avrebbe chiuso alle quindici: se le azioni si fossero riprese avrebbero potuto recuperare almeno quanto perso nella mattinata prima della chiusura.

L’elenco in scorrimento mostrò ciò che gli interessava e quando vide la cifra di quotazione in verde con la freccia in su in segno di ripresa, espirò passandosi le mani fra i capelli, si accese una sigaretta e si alzò raggiungendo la vetrata.

Non era la prima volta che tamponava dei danni collaterali: spettacoli che non erano andati bene, attori che avevano fatto scenate, litigi, corruzione, accuse di vario genere, ma era sempre riuscito a riguadagnare la fiducia degli investitori e del mercato.

Danni collaterali…

Controllò il telefono: non c’era nessuna chiamata da Hijiri. Il giorno prima lo aveva contattato dandogli il nome del giornalista che alla fine il direttore del giornale gli aveva fornito, dato che l’articolo riportava solo le iniziali. Era proprio curioso di scambiarci due parole.

Aveva anche ricevuto una telefonata del regista Kuronuma che si era scusato per l’inconveniente assicurandogli che la sua prima attrice non c’entrava niente. Anche lui non riteneva possibile che Maya potesse aver fatto una cosa del genere deliberatamente, non aveva né l’abilità né il carattere, però alcune delle cose che c’erano scritte somigliavano davvero molto a ciò che gli aveva rinfacciato spesso.

Sorrise fra sé, ripensando alle volte in cui l’aveva affrontata e aveva perso, compresa l’ultima.

Maya, ho sempre saputo che non avresti mai potuto vedermi come un uomo qualsiasi né tanto meno innamorarti di me… nonostante i sospetti di Mizuki e di Kuronuma, nonostante la rosa che hai baciato, nonostante quei versi incredibili che mi hai recitato nella valle… tutte le speranze che mi sono dato derivano solo dai miei desideri più profondi e non hanno alcuna attinenza reale…

Spostò lo sguardo sulla scrivania, il monitor si era spento, e lo fissò sul fascicolo giallo che conteneva le informazioni sul gruppo Takatsu, che Hijiri aveva raccolto, e la fotografia di Shiori Takamiya.

Alla fine dovrò sposare davvero quella donna? In fondo non ha alcuna importanza, farò ciò che mi ordinerà mio padre, anche se non potrò mai smettere di amare lei…

Il bussare deciso alla porta lo riscosse, costringendolo ad accantonare quei pensieri confusi e angoscianti.

Mizuki entrò e chiuse la porta, raggiungendo in pochi passi la sua scrivania.

- Signor Masumi, mi dispiace disturbarla e aggiungere altre preoccupazioni ma… - fece una breve pausa sistemandosi gli occhiali - Abbiamo ricevuto alcune telefonate minatorie - aggiunse infine tornando a guardarlo.

Masumi alzò un sopracciglio perplesso - Telefonate minatorie? -

- Sì, solo oggi ne abbiamo ricevute una dozzina. Asseriscono che metteranno bombe nei luoghi dei concerti o che faranno avere un incidente a qualche membro della band… - riportò la segretaria senza mascherare la sua preoccupazione.

- A questo punto deve trattarsi davvero di quelli della Hokuto Production… - soppesò Masumi accendendosi una sigaretta.

- Stia molto attento, Presidente, è gente che può essere pericolosa… - lo mise in guardia Mizuki, realmente preoccupata.

- Sì, ho capito, Mizuki… - annuì Masumi stranamente serio questa volta.

La segretaria fece un lieve inchino, contenta che per una volta quell’uomo testardo l’avesse ascoltata.


Saeko e Rei si incontrarono durante la solita pausa pranzo. L’ufficio era ancora sottosopra per la flessione di borsa del mattino, ma la segretaria era sicura che il comunicato stampa letto direttamente dal signor Masumi avrebbe fatto riacquisire la fiducia necessaria e le azioni sarebbero risalite, senza sapere che già dalle dodici tutto si era risolto per il meglio. In fondo non è la prima volta che affronta questo tipo di problemi…

- Che situazione assurda... - brontolò Rei sedendosi, imitata dalla segretaria.

- È stata Maya? - chiese Mizuki dopo una pausa. L’aveva domandato solo per scrupolo, sapeva che non poteva essere stata lei.

Rei la fissò per un attimo.

- No - rispose senza esitare - O almeno, non consapevolmente - aggiunse con una smorfia - C’ero anche io, in realtà… stava parlando con me. È probabile che un giornalista stesse ascoltando - aggiunse abbassando la testa.

- Quanto di ciò che ha scritto è uscito dalla bocca di Maya? - indagò ancora senza voler sapere i motivi né il contenuto esatto del loro dialogo.

- Solo l’ultimo paragrafo… - sussurrò Rei sentendosi in parte in colpa.

Mizuki valutò in silenzio la sua risposta, poi accantonò il problema, per lei ormai era passato e inutile.

- Ho scoperto dove va ogni giorno il signor Hayami - rivelò la segretaria dopo qualche attimo di riflessione. Rei la fissò pensando che facesse quasi paura.

- Adesso non ha alcuna importanza che io glielo dica, perché non è collegato a nessuna delle attività del signor Hayami, è una sua cosa personale che… - e fece una breve pausa - Sinceramente ha stupito anche me. E non è collegata neanche a Maya… almeno credo… - concluse assestandosi gli occhiali in mezzo al naso.

Rei annuì, confidando che la segreteria avesse ponderato la sua decisione e a lei certamente non interessavano gli affari di quell’uomo.

- Maya invece mi ha raccontato di aver affrontato il signor Hayami la sera del ristorante - disse Rei e Mizuki spalancò gli occhi.

- Gli ha detto che, anche se avesse vinto, non gli avrebbe mai ceduto i diritti della “Dea Scarlatta”… - proseguì Rei - Che poi è la frase che ha ripreso il giornalista - terminò tristemente.

- I diritti? Allora deve proprio aver sentito qualcosa… chissà cos’hanno detto quei due uomini sconsiderati nell’ufficio quella sera… - Mizuki corrugò la fronte poi sbuffò esasperata.

- Si amano e non lo sanno... Com’è possibile? - mormorò Rei incredula, condividendo con la segretaria quel pensiero.

- Sinceramente, signorina Aoki, non lo so… - sospirò Mizuki - Il signor Masumi… lui è stato allevato da Eisuke Hayami, ha avuto una vita sempre programmata. Lo hanno addestrato ad essere un manager per guidare le aziende di suo padre e il suo percorso è iniziato quando aveva sei anni. Comprende facilmente che tipo d’uomo possa essere diventato… - spiegò la segretaria parlando a bassa voce e fissando Rei.

- Il principe tenebroso… - sussurrò Rei appena udibile fra sé e sé.

- Mi scusi? - Mizuki alzò un sopracciglio, incerta di aver compreso bene. Rei ridacchiò portandosi una mano alla bocca e arrossendo lievemente.

- Non ci faccia caso… è un nomignolo che gli ho affibbiato - confessò candidamente.

La segretaria sorrise convenendo che era un appellativo che calzava a pennello.

- Inoltre non dobbiamo dimenticare la differenza di età e la loro posizione sociale nettamente diversa... - aggiunse Mizuki guardando l’orologio.

- Immagino che almeno da parte del signor Hayami abbiano avuto un peso rilevante… - azzardò Rei senza sapere se questo avrebbe recato offesa alla fedele segretaria. Mizuki la fissò per qualche istante.

- Non credo possa neanche lontanamente immaginarlo, signorina Aoki, e sono convinta che per Maya valga la stessa identica cosa. Sono in un impasse - sussurrò, e quando Rei la fissò senza capire, la segretaria si spiegò - È un termine francese, significa stallo - e Rei annuì, comprendendo.

- Pensa che noi potremmo… - la giovane attrice esitò - Sciogliere questo stallo? - terminò infine.

- Non lo so… - valutò seriamente la segretaria - Ma io adesso conosco il piccolo segreto del signor Masumi e non esiterò ad usarlo se dovesse essere necessario - rispose decisa Mizuki alzandosi - Mi scusi, ma devo andare -

- Oh… Sì! Le chiedo scusa… - borbottò Rei imbarazzata.

- Non si preoccupi - la rassicurò la segretaria scuotendo lentamente la testa.

- Stamani ho visto il telegiornale - aggiunse rapidamente Rei - Le perdite in borsa per quell’articolo sono state molto ingenti? -

- Il signor Masumi rimetterà tutto a posto, non tema - rispose la segretaria sorridendo. La giovane annuì e uscirono dal bar tornando ai rispettivi impegni.



Quando Maya uscì dagli studi di prova, fuori la notte aveva già avvolto completamente Tokyo. Guardò il cielo scuro, si girò intorno al collo la sciarpa sottile e abbottonò il soprabito. S’incamminò lentamente verso la fermata dei taxi, a quell’ora non avrebbe potuto prendere il treno per tornare a casa.

Ce ne erano due in attesa, così si avvicinò al primo e lo prese. Dette l’indirizzo al guidatore e si appoggiò stanca al sedile di pelle nera. Le luci della città correvano veloci mentre il suo pensiero insisteva ancora su quell’articolo che aveva addirittura avuto delle ripercussioni sulla borsa. Non volevo… non l’ho fatto apposta…

Un’angoscia dolorosa le attanagliò lo stomaco e le tolse il respiro. Si sentiva inadeguata e sempre fuori posto. Quello era un mondo così difficile, pieno di insidie e di persone cattive. Come farò ad affrontarlo da sola? Ayumi ha un manager…

Si portò le mani al volto e pianse sommessamente, sofferenza e rabbia, completamente incapace di gestire quella situazione che la vedeva contrapposta a lui, alla sua famiglia, al suo potere, al suo mondo.

All’improvviso si sporse in avanti verso il tassista. L’uomo sussultò e alzò un sopracciglio quando lei gli fornì un nuovo indirizzo. Borbottò qualcosa e poi acconsentì.

Chissà cosa avrà pensato… devo dirgli che non sono stata io… non l’ho fatto apposta, non volevo che accadesse tutto ciò!

Le strade erano quasi deserte e in breve il taxi si fermò di fronte al palazzo della Daito. Guardò l’orologio e si rese conto che le lancette segnavano le undici. Guardò fuori dal finestrino, in alto, e vide che gli ultimi piani erano illuminati. Pagò e scese, mentre il cuore prese a batterle rapidamente. Si portò una mano al petto e si fece coraggio. Avanti, Maya! In fondo è stata colpa tua, non hai ancora imparato come ci si comporta, il minimo che puoi fare è scusarti e fargli sapere che non sei direttamente responsabile…

Salì le scale verso il grande atrio e le gambe presero a tremarle.

Ma chi vuoi convincere? Ti riderà dietro… dirà: ragazzina non ha ancora capito come funziona questo mondo? E vorrebbe diventare la Dea Scarlatta?

Nella sua mente riprodusse quella voce antipatica e ironica e il risultato la fece innervosire convincendola ad accelerare il passo. Si avvicinò alle porte scorrevoli, ma rimasero chiuse. Si guardò intorno e sul lato sinistro, più avanti, vide l’ufficio della guardia notturna. Si avvicinò e quando fu davanti al vetro, il signore gentile dall’altra parte le chiese cosa volesse.

- Devo vedere il signor Hayami, gli dica per favore che c’è Maya Kitajima - non sapeva neanche dove avesse trovato il coraggio per dire la frase di senso compiuto, ma l’ometto annuì, alzò il telefono e fece una chiamata. Parlò alcuni istanti e le sembrò quasi di sentire la voce piena di sarcasmo che chiedeva chi fosse.

- Prego signorina, può entrare - la invitò la guardia e la porta di vetro davanti a lei si aprì con uno scatto. Maya la varcò e seguì le sue indicazioni per raggiungere gli ascensori laterali.

Per tutto il tragitto di salita fissò le luci dei piani che si accendevano e spegnevano sulla pulsantiera cercando di non pensare alla pazzia che stava facendo. Me le vado proprio a cercare… cosa penso di ottenere, poi? Non gli interesseranno affatto le mie scuse...

Strinse forte la cinghia della borsetta, uscì dall’ascensore e si trovò in un corridoio parzialmente buio che si allungava sia da un alto che dall’altro e venne presa dallo sconforto. Scelse una direzione e si incamminò lentamente.

- Dove va, ragazzina? - la sua voce la raggiunse alle spalle e lei sussultò, voltandosi immediatamente. Lui era lì, in mezzo al corridoio, a malapena distinguibile nella penombra.

- Gliel’ho già detto che non dovrebbe andare in giro da sola a quest’ora, o mi sbaglio? - l’apostrofò restando immobile - Lei non mi ascolta mai - si girò incamminandosi nella direzione opposta presa da Maya e lei lo seguì senza neanche avere la forza di rispondergli. Oh santo cielo…. dov’è finita tutta la mia determinazione?

Quando la guardia notturna lo aveva avvisato che c’era una certa Maya Kitajima, aveva avuto un attimo di esitazione. L’unico motivo che poteva averla portata nel suo ufficio a quell’ora e affrontarlo, era quell’articolo. Era rimasto immobile sulla sua poltrona, il cuore che aveva accelerato immediatamente. Sapeva che sarebbe uscita dagli ascensori laterali, così aveva deciso di andarla a prendere, sicuro che non fosse mai passata da quel lato. Quando era uscita, era rimasto ad osservarla, appoggiato alla colonna, protetto dal buio del corridoio, e quando l’aveva vista prendere la direzione opposta aveva sorriso e l’aveva chiamata.

Mi segui in silenzio, senza neanche parlarmi… e questo mi spaventa più di qualsiasi altra cosa…

Maya era così atterrita da riuscire a malapena a respirare. I suoi sentimenti contrastanti la rendevano insicura e spaventata per ciò che provava in quel momento. I corridoi erano vuoti, come quella sera in cui era tornata dalla valle, sebbene quella volta le porte al piano terra si fossero aperte, non era così tardi. Non c’era nessuno, neanche la signorina Mizuki. Tutte le porte erano chiuse finché non vide la sua, aperta, con la luce che invadeva il corridoio.

- Prego, signorina Kitajima - la canzonò lui facendo un gesto d’invito nella stanza. Maya lo fissò corrugando la fronte ed entrò, precedendolo. Riesce sempre a indispettirmi…!

- Allora, cosa la porta nella tana del lupo a quest’ora della notte? Non ha avuto neanche la buona creanza di salutarmi - le fece notare lui sedendosi alla sua scrivania, piena di documenti sparsi.

Maya fece un lieve inchino stringendo il soprabito fra le braccia unite davanti. Non perde occasione per criticarmi… odioso!

- Buonasera, signor Hayami - lo salutò arrossendo lievemente, cercando di infonderci tutta l’educazione possibile.

Masumi scoppiò a ridere e lei lo guardò in cagnesco.

- Non le riesce per niente naturale! -

- Se lei non fosse sempre così odioso, anche io sarei diversa! - ringhiò Maya raggiungendo le due poltrone davanti alla scrivania con pochi passi rapidi. Perché ogni volta deve essere sempre così?

Lui arretrò con la sedia sollevando le mani per evitare la sua aggressione, fintamente spaventato. Come dice la signora… riesco ad irritarti in modo magistrale…

- Ma davvero? - sussurrò, interrogandola poco convinto. Si alzò lentamente e la vide trasalire. Girò intorno alla scrivania, continuando a fissarla, senza fretta, e la vide fare un passo indietro sebbene non avesse abbassato lo sguardo, finché non le fu davanti. Sembrava spaventata ed aveva le guance arrossate. Sarebbe diversa, eh? Sono proprio curioso...

- Allora, vuole dirmi perché è qui? - le chiese dolcemente appoggiando una mano alla scrivania ed eliminando tutta l’acredine che usava di solito con lei. La vide spalancare gli occhi per lo stupore e sorrise al pensiero di quanto fosse trasparente.

Signor Hayami… ma… perché fa così…? Non so più neanche contare quanti volti ho visto… quale sarà davvero il suo? La sua voce adesso è come nella valle… come in quell’illusione…

- Io… - balbettò, abbassando lo sguardo - Volevo scusarmi per quell’articolo - gli disse tornando a incrociare i suoi occhi - Non sono stata io, davvero! Non ho parlato con nessun giornalista! -

Lui la fissò meravigliato, appoggiando le mani sui fianchi. Sembrava realmente dispiaciuta, teneva le mani serrate e i suoi occhi brillavano pieni di apprensione. Ragazzina…

Maya sentiva la gola chiusa per il senso di colpa, lui restava in silenzio, la guardava e non sapeva più davvero cosa dirgli quando Masumi la sollevò da quello stallo.

- Quindi il giornalista si è inventato ogni cosa? - le chiese con tono realmente incuriosito, senza asprezza. Lei arrossì di nuovo e distolse lo sguardo.

- Non tutto… - confessò - Io… ecco… ero fuori dagli studi, parlavo con Rei e qualcuno… qualcuno ha sentito - sussurrò, trasmettendo nel tono della voce tutto il disagio che provava. Qui lavora così tanta gente… e mi parlò della Daito con così tanto affetto e io… io non volevo causare dei problemi… adesso mi rimprovererà...

Masumi la fissò di nuovo, in silenzio e immobile, e Maya non avrebbe potuto dire se fosse arrabbiato o meno.

La tua espressione… così addolorata… perché ci tieni così tanto, ragazzina…?

- Mi… Mi scusi - aggiunse Maya con tono dimesso facendo un altro inchino, dato che lui non aveva replicato alle sue scuse, facendola sentire ancora più in colpa.

Masumi sospirò e lei rialzò lo sguardo stupita.

- Mi sembrava di averla messa in guardia - Maya lo fissava e lui si sentì stranamente in soggezione - I giornalisti ricamano sempre delle belle storie, soprattutto quando si tratta della “Dea Scarlatta”… - tornò a sedersi per mettere un po’ di distanza. Lei era troppo arrendevole, triste, probabilmente il senso di colpa la stava tormentando e lui non era certo di riuscire a mantenere l’autocontrollo. Ogni volta che si incontravano, non aveva idea di come si sarebbe evoluta la situazione. A volte sembrava quasi che potessero andare d’accordo, altre invece si tramutavano in alterchi aspri. E questa volta cosa farai, ragazzina?

- La “Dea Scarlatta”… - mormorò lei abbassando lo sguardo. Dietro a quell’opera c’era davvero un mondo crudele, che era stato anche il palcoscenico del dramma che aveva coinvolto la signora Tsukikage, il maestro Ozaki ed Eisuke Hayami.

- Deve ricordarsi che essere un’attrice non significa solo recitare - aggiunse Masumi cercando di mantenere quel tono conciliante. Maya annuì, sembrava smarrita, con i grandi occhi spalancati, per la prima volta la vide completamente dimessa nonostante si trovasse di fronte a lui.

- È così che lei mi vede? - le chiese infine, mettendole davanti il giornale piegato. Lei arrossì e lui scoppiò a ridere.

- No… non sono parole mie… è che io… - balbettò insicura e lui la interruppe.

- Lo so, lo so, i diritti della “Dea Scarlatta” - la prevenne lui sapendo bene quanto si sarebbe arrabbiata e infatti Maya smise di parlare stringendo le labbra e ingoiando la rispostaccia che le era salita alla lingua.

- I soldi attirano più dello spettacolo in sé - constatò amaramente lei e Masumi alzò un sopracciglio perplesso. In realtà si era aspettato una sfuriata epica, invece sembrava rassegnata.

- Pensava davvero che aziende come la Daito Art vivessero di sogni? - le domandò sinceramente meravigliato.

- Certo che no! - ringhiò lei stringendo un pugno - Ma speravo che chi le guidava fosse onesto! - aggiunse con occhi ardenti, accusandolo senza farsi troppi problemi. Aveva già pronta la lista delle sue scorrettezze, partendo dalla chiusura della Compagnia Tsukikage, ma Masumi si alzò, volgendo il suo sguardo all’esterno oltre la vetrata, le mani in tasca. Signor Hayami…

Maya lo osservò di spalle, aveva le maniche della camicia arrotolate e la giacca e la cravatta erano appoggiate su uno dei due divanetti a sinistra.

- La “Dea Scarlatta” non è solo un’opera di fantasia, ogni volta che viene rappresentata genera un indotto notevole, ormai se ne sarà resa conto anche lei - disse in un sussurro lieve - Sa anche quanto mio padre abbia sempre desiderato quei diritti - e si voltò a guardarla. Maya rimase stupita dal suo sguardo, così pieno di malinconia, e ricordò perfettamente quelle parole così aspre che aveva sentito quella sera uscire dalle labbra di suo padre.

- Come avete potuto tormentare la signora per così tanti anni? Quanto valgono questi diritti?! - sibilò Maya picchiando un pugno sulla scrivania. Masumi si girò e la fissò in silenzio qualche secondo, sapeva che sarebbe stata una lotta, in fondo fra loro era sempre stato così. Poi raggiunse la parete alla destra della scrivania e scostò un quadro, tirandolo verso di sé come fosse una finestra, sotto lo sguardo attonito di Maya.

Dietro al quadro c’era una cassaforte e Maya deglutì nervosamente. Lo sentì ruotare più volte il selettore per la combinazione, poi abbassò la maniglia e lo sportello si aprì. Tolse una cartellina nera e la raggiunse alla scrivania.

La guardò per un attimo poi appoggiò gentilmente i documenti sul piano davanti a lei. Non ti fiderai mai di me, vero?

- Può controllare da sola - le disse serio - Queste sono le previsioni dei ricavi se la Daito Art Production dovesse mettere in scena la “Dea Scarlatta” ottenendone i diritti - rimase in piedi accanto a lei, mentre Maya sollevava il lembo della cartella e sfogliava i documenti all’interno. I primi erano tutti contratti di acquisizione dei diritti da parte di chi li deteneva precedentemente. Ogni foglio aveva impresso in alto il logo di uno studio di avvocati.

Questi documenti sono tutti generici… non ci sono nomi… non gli interessa chi detiene i diritti… La signora Tsukikage, Ayumi, io… non ha alcuna importanza…

Con il cuore pieno di amarezza, continuò a girare i fogli finché non arrivò a uno che doveva essere messo in orizzontale per essere letto. Lo ruotò e osservò i conti. Le colonne riportavano delle abbreviazioni che non conosceva, ma si rese conto che quella proiezione si estendeva per cinque anni ed erano indicate anche la quantità di risorse umane impiegate. Quante persone potranno lavorare... sono tantissime…!

Si ricordò che in quei documenti le cifre erano da considerarsi con tre zeri in meno, quindi, la cifra in fondo a destra era esorbitante. Sollevò lentamente lo sguardo meravigliato verso di lui, ancora immobile accanto a lei, incrociando i suoi occhi chiari che avevano perduto del tutto quell’aria ironica che avevano di solito quando la guardava.

- E tenga presente che quella è la previsione con il margine più stretto - la informò con un lieve sorriso, spostando i fogli e mostrandone altri due.

- Margine più stretto? - mormorò lei spostando lo sguardo sugli altri conti.

- Sì, la previsione più pessimista - spiegò ancora lui osservando il suo profilo. Così vicina, eppure così lontana…

Maya lo sentiva vicino pur essendo cosciente del divario che la separava da lui, il suo cuore non aveva smesso un attimo di battere freneticamente, nonostante lei si imponesse di restare calma. Cercò di concentrarsi relegando in fondo al cuore quell’angoscia infinita.

Previsione pessimista? Ma allora… per quella più ottimista… di che cifra si parla?

Spostò titubante lo sguardo sull’ultimo foglio, cercando quella cifra, e quando la vide rimase sbalordita. Tenendo il foglio fra le mani tremanti si girò verso di lui.

- Ma… è impossibile - sussurrò mentre improvvisamente le furono chiari molti dei motivi che avevano spinto Eisuke Hayami a volere quei diritti che neanche Ichiren Ozaki riuscì a gestire. E che spingevano lui ad averli.

- Perché dice “impossibile”? - domandò Masumi in un sussurro gentile, incapace di distogliere lo sguardo dai suoi occhi sinceramente meravigliati.

Anche Maya, nonostante i suoi propositi, si rese conto di quanto fossero profondi e malinconici quegli occhi azzurri che la fissavano, stavolta privi d’astio come la sua voce, e il suo cuore perse un battito per poi accelerare improvvisamente. Cosa ci faccio io qui? Ho dimenticato perché sono venuta, ricordo solo le sue braccia intorno a me, le mie labbra sulla sua guancia quella notte al tempio, le sue mani fra i miei capelli…

Lasciò cadere il foglio, senza riuscire a rispondere, il respiro rapido e le guance arrossate immaginando qualcosa che, sapeva, non sarebbe mai accaduto.

Masumi vide cadere il foglio come fosse a rallentatore, vide il cambiamento graduale della sua espressione e non riuscì ad allontanarsi, non voleva allontanarsi. Perché esito? Come può guardarmi così…? Aveva ragione Kuronuma? È innamorata di me…! Ho dimenticato perché non gliel’ho mai confessato, ricordo solo le sue braccia intorno a me, le sue labbra sulla mia guancia quella notte al tempio, le sue mani fra i miei capelli…

Allungò lentamente una mano verso il volto di lei e lasciò che il suo cuore battesse follemente in petto, preludio di un’emozione ancora più intensa.


 

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Capitolo 39
*** La maschera caduta ***


Ultima revisione: marzo 2016

 

39. La maschera caduta

 

Il trillo del telefono suonò prepotente nella stanza, incrinando irrimediabilmente l’atmosfera. Masumi ritirò di scatto la mano che aveva sollevato, sentendo il suo cuore smettere di battere per un istante, e Maya si chinò, imbarazzata ed emozionata, a raccogliere il foglio che aveva lasciato cadere.

Che succede?! Sono senza fiato! Sento il volto che brucia e lui… perché mi guardava in quel modo? Perché la sua voce era così dolce? All’improvviso ogni cosa è cambiata…

- Hayami - rispose girando intorno alla scrivania e alzando nervosamente la cornetta. Come nella valle, quella sera nel tempio… era immobile e mi guardava con quegli occhi brillanti e pieni d’emozione… e io… io cosa stavo per fare?

- Ho capito, no, la ringrazio, ho finito - e mise giù il telefono.

Maya si rialzò e posò il foglio sulla scrivania, sollevò titubante lo sguardo su di lui e si rese conto che la stava già fissando. Sussultò e rimase impietrita.

- Inseriscono l’allarme sui piani, dobbiamo andare - le comunicò con voce neutra, tutta l’atmosfera carica di aspettativa che li aveva circondati fino a poco prima era completamente svanita.

Lei annuì restando in silenzio e cercando di placare le sue emozioni mentre Masumi raccolse i documenti, li chiuse nella cartellina nera e li mise nella cassaforte, appoggiando il quadro alla parete. Lasciò la mano qualche attimo sul metallo freddo dello sportello, cercando di riacquisire il pieno controllo delle sue facoltà. Cosa ho visto nei suoi occhi? E quella sensazione di appartenenza… che fosse la cosa giusta da fare...

Riordinò rapidamente la scrivania raggruppando alcuni fogli e ignorò completamente una cartellina gialla appoggiata a sinistra. Si rimise la cravatta, la giacca e prese il cappotto nero dall’attaccapanni.

Maya l’aveva seguito in ogni movimento, restando in silenzio e domandandosi quante volte gli capitasse di restare in ufficio fino a così tardi. Mi tremano ancora le mani… aveva alzato una mano verso di me? Cosa voleva fare? Cosa ho visto nei suoi occhi?

- Prego - le disse con un sorriso lieve aprendo la porta dell’ufficio. Lei si riscosse, uscì tenendo la testa bassa, lui spense la luce, chiuse la porta e raggiunsero gli ascensori laterali.

- Le capita spesso di restare qui fino a tardi? - gli chiese quando le porte dell’ascensore si chiusero cercando di non pensare alla sua vicinanza e sperando di scacciare quell’emozione dirompente che l’aveva conquistata.

- Sì - rispose Masumi evitando di guardarla e fissando le porte davanti a sé.

- C’è così tanto lavoro? - chiese ancora Maya incuriosita. Si era sempre domandata come facesse a lavorare così tanto e a sembrare sempre così tranquillo.

- No - un’altra sillaba atona e lei si girò sollevando lo sguardo.

- Allora perché resta qui? Non ha altre cose da fare? - lo interrogò senza rendersi conto di quanto lui fosse teso.

Masumi voltò lentamente la testa e incrociò il suo sguardo limpido e sincero. Nessuna menzogna… sei spontanea come sempre… io non ho realmente mai conosciuto nessuno come te, ragazzina…

Maya trattenne il fiato quando si ritrovò a guardare quegli occhi indagatori che la scrutavano.

- Resto qui perché lavorare mi distrae - le rispose pacatamente dopo qualche attimo di silenzio.

- Tramare sempre nell’ombra deve essere stancante - alluse Maya indurendo lo sguardo, ma continuando a sostenere il suo. Masumi scoppiò a ridere, davvero felice che, nonostante ciò che succedeva fra loro, lei gli riservasse sempre lo stesso trattamento. Quei battibecchi e le rose erano l’unica cosa che li aveva legati negli anni.

Le rose scarlatte...

- Lei non cambia proprio mai, ragazzina! - esclamò facendola irritare - E poi a casa non avrei niente da fare - aggiunse facendosi serio improvvisamente.

Maya avrebbe voluto chiedergli come fosse possibile, ma le porte dell’ascensore si aprirono. Ricordava la sua casa da quella volta che si era svegliata nel suo letto, con un suo pigiama, quando si era ammalata e lui l’aveva portata lì. Era enorme e bellissima, lo stile era misto, fra Giappone e occidente, alcuni mobili erano europei e c’era una grande scalinata che saliva al piano superiore. Quella volta voleva che non mi arrendessi… che continuassi a recitare...

Attraversarono parte dell’atrio e Masumi fece un cenno con la mano alla guardia notturna che aveva aperto la porta a Maya poco prima, la quale ricambiò con un sorriso.

- Non deve preoccuparsi per l’articolo - disse all’improvviso e lei si girò a guardarlo - Non è accaduto niente - abbassò gli occhi fino a incontrare i suoi e le sorrise, cercando di rassicurarla.

- Ma… stamani… le azioni… - balbettò lei sentendo tutto il peso della responsabilità gravarle sul cuore. Masumi scoppiò a ridere di nuovo, un suono cristallino che si sparse per tutto l’atrio deserto e Maya aggrottò la fronte sentendosi presa in giro per l’ennesima volta.

- Da quando si interessa di finanza? - le chiese mettendole una mano sulla testa e spingendola in avanti in modo canzonatorio.

- La smetta! - ringhiò Maya fermandosi davanti a lui e irrigidendosi.

- Ragazzina, sono anni che fronteggio emergenze come questa, non dia troppo peso a qualcosa che non ne ha - aggiunse serio, poi, chinandosi in avanti, le puntò un indice contro - È bastato un comunicato stampa e tutto è tornato a posto, è stata solo una flessione. La prossima volta però, farò scrivere a lei le parole con cui riguadagnare la fiducia del mercato! - e rise di nuovo.

Maya arrossì e abbassò lo sguardo ascoltando la sua risata pulita e schietta. Trova sempre il modo di rassicurarmi… l’ha sempre fatto, da quando lo conosco…

Proseguirono verso l’uscita, le doppie porte scorrevoli si aprirono, a quanto pare erano chiuse solo per chi arrivava dall’esterno, e scesero le scale senza poter immaginare ciò a cui sarebbero andati incontro.



Mentre Maya e Masumi Hayami avevano il loro alterco nell’ufficio della Daito, Sakurakoji rientrava a casa, nell’appartamento che aveva affittato da quando aveva lasciato la casa dei suoi genitori. Le prove erano sempre più serrate, ormai lo spettacolo dimostrativo era vicino e i loro due personaggi stavano uscendo sempre più nitidi e distinti.

Appoggiò sul tavolo il ramen che aveva comprato e si lavò rapidamente sotto la doccia. Ne uscì rinfrancato, le giornate di prova erano davvero estenuanti. Accese il suo portatile e si sedette alla scrivania.

Presto saremo perfetti, Maya! La tua Akoya e il mio Isshin avranno la meglio su quelli di Ayumi e Akame! Le tue battute sono sempre più convinte e profonde, ogni volta fanno vibrare la mia anima… sento una grande tenerezza verso di te Maya, proprio come Isshin doveva provarla per Akoya! Kuronuma non ci fa neanche respirare… ma sabato e domenica prossimi non ci sono prove per noi… vorrei tanto portarti da qualche parte e passare un po’ di tempo insieme senza dover pensare alla Dea Scarlatta…

Digitò rapidamente alcune informazioni di cui aveva bisogno ed era così assorto nella ricerca da non accorgersi del trascorrere del tempo, inconsapevole che, a pochi chilometri di distanza, Maya stava per affrontare il suo destino.



La notte avvolgeva completamente la città e i lampioni rischiaravano l’area pavimentata davanti al palazzo Daito. Maya scese tutte le scale sospirando. Era andata lì per scusarsi, l’aveva fatto e il signor Hayami come al solito l’aveva presa in giro, ma anche rassicurata. Era consapevole che ora l’avrebbe salutata, magari con qualche battutina pungente che l’avrebbe fatta arrabbiare, così lo precedette, fece qualche passo avanti e si fermò, voltandosi.

- Mi dispiace per tutto il trambusto che ho creato, farò più attenzione. Buonanotte, signor Hayami - gli disse facendo un lieve inchino. Masumi la fissò immobile, un lieve sorriso increspava la sua bocca.

- Dove pensa di andare a quest’ora, ragazzina? - domandò freddamente alzando un sopracciglio. Maya lo guardò meravigliata, facendo un passo indietro.

Ti spavento così tanto?

- Io… andavo… a casa… - balbettò lei insicura ma lui la ignorò.

- So bene che lei mi crede un uomo senza cuore, ma ritiene davvero che io potrei lasciarla tornare a casa da sola? E se le accadesse qualcosa? Fra poco dovrà affrontare lo spettacolo dimostrativo... - le spiegò come se stesse parlando ad un bambino.

Signor Hayami… protegge così l’attrice Maya Kitajima? Ma io…

- Adesso basta! - una voce dura e profonda li fece voltare di scatto.

Maya trattenne il respiro vedendo tre uomini armati di spranghe e bastoni farsi avanti sotto la luce del lampione. Senza rendersene conto, arretrò fino a trovarsi a fianco del signor Hayami. Lui rimase immobile, fissando il trio di delinquenti.

- Esci tardi dal lavoro, eh, giovane rampollo Hayami? - gracchiò lo stesso uomo, vestito in jeans e giubbotto di pelle nera - Difficile la vita dei figli di papà come te, eh? - aggiunse avanzando ancora, spalleggiato dagli altri due che picchiavano ritmicamente i bastoni sui palmi delle mani.

- Chi siete voi? - domandò Masumi con tono freddo e controllato mentre avvertì la mano di Maya che si aggrappava alla sua giacca.

- Dei nostri amici ci hanno detto che sei stato piuttosto prepotente con loro! - spiegò ironicamente il solito tizio - Sai, noi siamo degli altruisti. Siamo venuti da te perché non sopportiamo chi maltratta i deboli! - aggiunse, mentre i due compari si allargavano alla destra e alla sinistra del loro capo.

- Vi manda la Hokuto Production? - li interrogò ancora Masumi ignorando le provocazioni inutili del delinquente. Sentì Maya strattonargli la giacca, sapeva che era spaventata e non avrebbe voluto che restasse lì.

- Se ne vada da qui, ragazzina! - sibilò, tenendo lo sguardo sul malvivente che aveva di fronte e scostandola lentamente da sé con il braccio. Maya sollevò lo sguardo, tremando, sul suo profilo immobile e teso, ma non riuscì a replicare sentendosi afferrare rudemente per un braccio.

- Ma no! - esclamò il secondo uomo dalla strana capigliatura viola - La signorina può restare! Non sia mai che vada a chiamare qualcuno! - tirò Maya versò di sé e lei gridò divincolandosi.

Masumi si girò di scatto verso di loro con il cuore che si fermò per un attimo appena vide la mano dell’uomo ghermire il polso di Maya.

- Ohh! Ma è una faccia nota! - ridacchiò il terzo, il più robusto di tutti, guardando bene Maya - Vuoi vedere che anche lei è un articolo della Daito Art? - aggiunse con un sorriso malevolo.

Masumi fece un passo avanti cercando di tenere d’occhio anche gli altri due che lo stavano circondando.

- Fermati! Lei non c’entra! Lasciala stare! - urlò fissando il delinquente. Maya lo osservò con gli occhi spalancati e il terrore nel cuore, la mente svuotata e incapace di fronteggiare quella terribile situazione. Signor Hayami...

- Non posso lasciarla andare! - ridacchiò l’uomo coi capelli viola stringendo ancor più la presa - Visto che tu hai rubato il prodotto di un’altra azienda, ti faccio vedere cosa si prova quando qualcosa di importante ti viene portato via! - lasciò cadere la sbarra di ferro e tirò fuori un coltello a serramanico. Lo aprì in un istante con un suono inquietante, avvicinandolo al volto di Maya, che gridò sconvolta.

- Maya! - urlò Masumi accecato dall’ira scattando avanti e colpendo al volto quello robusto. Poi si girò abilmente e piantò una gomitata nella schiena del capo per poi avventarsi sull’uomo che tratteneva Maya. Sotto lo sguardo allibito e spaventato della ragazza, sferrò un pugno preciso con forza sul volto del delinquente che brandiva il coltello senza dargli tempo neanche di capire cosa stesse accadendo. Afferrò Maya per un braccio e la tirò verso di sé, allontanandosi di qualche passo verso la strada.

- Non azzardatevi a toccarla nemmeno con un dito! - gridò ai malviventi senza alcuna paura e Maya sentì le sue braccia stringersi intorno a lei. Lo sentiva respirare rapidamente e non l’aveva mai visto con quell’espressione determinata sul volto.

Signor Hayami…

- Lei non ha nulla a che fare con la Daito Art Production! - aggiunse stringendola ancora di più.

I tre si rialzarono raccogliendo le loro armi e si fecero lentamente avanti.

- Caspita che Presidente ammirevole! - ridacchiò con cattiveria quello grosso - Questa ragazzina dev’essere un articolo di prima scelta! -

- Allora - mormorò minacciosamente il capo brandendo una mazza da baseball - Stai bene attento che non si rovini! -

Masumi costrinse Maya a voltarsi verso di lui stringendola fra le sue braccia. Dietro di loro c’era un’auto parcheggiata ed era consapevole di ciò che avrebbe dovuto fare, sperava solo di riuscire a proteggerla.

- Tranquilla - le sussurrò. Maya si aggrappò alla sua giacca, appoggiando la testa al suo petto e chiudendo gli occhi con il cuore che batteva furiosamente per la paura. Cosa vuole fare...?

Quello grosso calò la sua spranga e Masumi si girò tenendo Maya fra sé e l’auto e proteggendola con tutto il suo corpo. Il colpo arrivò, potente e doloroso, sulla sua schiena.

Maya gridò e si divincolò quando comprese ciò che avrebbe fatto, ma lui serrò le braccia e la guardò.

- Non si muova! - le gridò sperando che per una volta gli desse ascolto e non facesse di testa sua - Non deve ferirsi! Non dimentichi lo spettacolo dimostrativo! -

- Prendi questo! - esclamò con foga il capo calando la mazza da baseball sulla schiena del loro bersaglio.

Maya sentiva arrivare ogni colpo, ma il signor Hayami rimase stoicamente in quella posizione, chino su di lei, le sue braccia che la tenevano stretta.

- Ma quanta resistenza! Presidente di una casa di produzione di prima categoria! - urlò quello coi capelli viola abbassando il bastone e colpendolo alla testa.

- Difendi a costo della vita i tuoi prodotti migliori, eh? - lo canzonò quello grosso e poi calò la spranga - Da ammirare sul serio! -

- Questo sì, che è divertente! - il capo lasciò la mazza e iniziò a tempestarlo di pugni - Molto meglio che colpire i sacchi di sabbia! -

I tre continuavano a picchiarlo e Maya teneva gli occhi sbarrati e terrorizzati sul suo volto. Masumi continuò a proteggerla senza fiatare, accusando ogni ferita e incassando ogni colpo. Signor Hayami… perché sta facendo questo per difendermi? Non posso credere che lei, che ora mi protegge così, possa avermi sostenuto per tutti questi anni solo per ottenere i diritti! Ho recitato Beth a tredici anni e ricevetti allora il primo mazzo di rose del mio ammiratore! No! Non può averlo fatto in previsione della Dea Scarlatta! Non può! Forse… quella sera… fu costretto a rispondere a suo padre in quel modo, forse… anche allora… lei mi ha protetto!

Sentiva il cuore scoppiare, le lacrime presero a scendere, brucianti e dolorose, mentre i tre malviventi continuavano a picchiare il signor Hayami senza alcuna pietà. Inspirò e gridò con quanto fiato aveva in gola, sfruttando tutte le sue capacità di attrice, gridò e gridò ancora chiedendo aiuto finché la guardia notturna la sentì e uscì di corsa, prestando soccorso.

I tre scapparono immediatamente e Maya sentì farsi più debole la stretta dell’abbraccio in cui era racchiusa.

- Stai bene, Maya? - mormorò Masumi tenendo gli occhi socchiusi e trattenendo dietro una smorfia il dolore acuto che sentiva dovunque. Lei lo fissò piangendo con occhi sbarrati, c’era sangue dappertutto, sul suo viso, sui loro vestiti, fra i capelli biondi. Quel tono confidenziale e la sua voce così debole, quando di solito era chiara a carica di ironia, fecero scendere altre lacrime di dolore e sgomento per ciò che aveva appena fatto.

- Sì… - sussurrò annuendo debolmente.

- Ti sei fatta niente? - le chiese ancora, il tono pieno di preoccupazione.

- No - Maya scosse la testa trattenendo i singhiozzi che le laceravano il cuore.

- Meno male… - aggiunse lui con un debole sorriso.

- Presidente! - gridò la guardia notturna quando si rese conto chi aveva davanti. Masumi girò lentamente la testa stringendo i denti per non urlare dal dolore.

- Non chiamare la polizia… evitiamo clamori - gli ordinò - Non voglio coinvolgere lei… -

Maya lo sentì aggrapparsi alle sue spalle e scivolare lentamente a terra, svenuto. Rimase in piedi, terrorizzata, con le gambe che tremavano come foglie al vento e un’angoscia come mai aveva provato prima a serrarle lo stomaco.

- Signor Hayami! - urlò, mentre la guardia cercava di sollevarlo. D’impulso lei si avvicinò e aiutò l’uomo che le stava dicendo qualcosa che Maya non comprese, troppo concentrata a guardare il suo volto rigato di sangue.

- … nel suo ufficio - terminò la guardia mentre risalivano le scale, trascinandolo.

- Sì - rispose lei senza essere sicura di aver capito, ciò che le importava in quel momento era portarlo via da lì e aiutarlo.

Lo adagiarono su uno dei due divanetti nel suo ufficio, che avevano lasciato da poco, e la guardia si premurò di togliergli la giacca, che lei usò per coprirlo, e di prendere uno dei cuscini dell’altro divano, che Maya gli mise sotto la testa.

Fece ogni cosa meccanicamente, fissandolo con sguardo vacuo, come se non fosse realmente lì. Ogni cosa sembrava essere sparita, l’unico colore che vedeva era il rosso del sangue che scorreva dalla sua fronte.

La guardia le disse qualcos’altro che lei non comprese, si girò verso di lui e istintivamente disse - Chiami la signorina Mizuki, la prego -

L’uomo, grato per aver ricevuto un ordine, non badò al fatto che la ragazzina da cui l’aveva ricevuto fosse poco meno che ventenne né si interrogò sul motivo per il quale fosse andata a trovare il loro Presidente a così tarda ora. Uscì dall’ufficio e raggiunse la sua postazione al piano terra facendo ciò che aveva chiesto.

Maya si inginocchiò accanto a lui e lo guardò con nuovi occhi.

Guardi come si è ridotto per proteggermi… per me! È questo il suo vero volto che tiene nascosto sotto la maschera? Finora non me n’ero resa conto… mi perdoni se può…

Le lacrime scesero lentamente, scaturite dal dolore, dalla sofferenza, dalla tensione, dal senso di colpa e da quel sentimento non corrisposto che teneva dentro di sé da troppo tempo. Si avvicinò posandogli un bacio sulla fronte e le gocce tiepide colpirono il suo volto come tante piccole scosse.

Masumi, pur essendo incosciente, avvertì quell’angoscia così pronunciata, i singhiozzi di qualcuno accanto a lui, le lacrime che si posavano dolcemente sul suo volto. Maya… stai piangendo?

Lei si alzò, disperata si diresse alla sua scrivania e aprì un cassetto, poi l’altro, cercando qualcosa per poter asciugare il sangue che usciva incessante, si sentiva le dita appiccicose e quell’odore ferroso l’avvolgeva in modo raccapricciante. Aprì anche il cassetto centrale, poi quelli a sinistra, appoggiandosi freneticamente alla superficie fece cadere quella cartellina gialla che era lì anche poco prima. Il contenuto si sparse e vide la foto di una donna bellissima. Pelle bianca come alabastro, profondi occhi neri come i capelli, lunghi e lucenti. Sussultò e si chinò immediatamente. Sembra una principessa…

Spostò la fotografia e il foglio sottostante la lasciò senza fiato. Gli occhi si posarono su un’unica serie di ideogrammi che riportavano “matrimonio combinato”. Richiuse immediatamente la cartellina rimettendoci dentro i documenti, senza accorgersi delle piccole impronte insanguinate che vi aveva lasciato sopra né della scossa che le aveva infranto il cuore, e la rimise sulla scrivania. Si chiama Shiori Takamiya… è bellissima, signor Hayami… bellissima!

Tornò a inginocchiarsi accanto a lui, svuotò la sua borsetta sul tappeto cercando freneticamente il fazzoletto che di solito portava con sé, lo afferrò e prontamente tamponò il sangue che usciva da un taglio sulla fronte. Si soffermò sul suo volto come mai aveva fatto prima, seguendo la linea degli occhi, quella diritta del naso, gli zigomi, il profilo deciso della mascella, le labbra, ora distese, le ciglia che poggiavano dolcemente sulle guance. Quando il sangue smise di scendere, gli prese una mano fra le sue stringendola. Era calda ma inerte e guardandola ricordò le volte in cui aveva stretto la sua.

Signor Hayami… lei è il mio Isshin! La mia anima gemella!

- Cosa sono nome e passato rispetto al poter vivere con me ora che mi hai incontrata? - le battute della Dea uscirono spontaneamente, era ciò che aveva nel cuore e quelle le uniche parole d’amore che erano capaci di spiegare ciò che provava in quel momento.

- Diventa solo mio, della tua Akoya. Tu sei l’altra parte di me, io sono l’altra parte di te. Amore mio! Ormai non possiamo allontanarci! -

Ognuna di quelle parole ricalcava perfettamente il suo stato d’animo, la signora Tsukikage aveva ragione, così lasciò che il suo cuore si perdesse in quello strazio d’amore incapace di fermasi, incapace ancora di tenere quella maschera che aveva portato negli ultimi tempi, incapace di mentire ancora a se stessa.

- Caro amore mio, solo adesso mi sono accorta che la mia anima gemella sei tu! - sussurrò con voce accorata e piena d’amore.

Masumi, parzialmente incosciente, sentì una presenza accanto, una fonte di calore forte e luminosa che gli stava parlando. Questa voce… Maya?

- Quel giorno, quando ti incontrai per la prima volta nella valle compresi immediatamente che eri tu, come dice la nonna, la mia anima gemella - Maya riversò nelle battute di Akoya tutto l’amore che provava per lui tanto da fargli immaginare, in quel dormiveglia dovuto al trauma, la valle dei susini e la visione della Dea Scarlatta che aveva avuto davanti al ruscello. La valle dei susini…? Akoya?

- Non esistono età, aspetto, rango, quando si incontrano queste due anime si attraggono vicendevolmente. Abbandona, te ne prego, il tuo passato, diventa solo mio, della tua Akoya! - gli passò una mano tra i capelli, ora non aveva più dubbi su cosa fosse l’amore di Akoya per Isshin: era lo stesso che provava lei per Masumi Hayami.

- Nemmeno io posso credere veramente… una così straordinaria sensazione! - gli confidò entusiasta, la voce che tremava per l’emozione, completamente diversa da quella di Maya Kitajima - Solo se ti penso mi sento inebriata, solo se sento la tua voce mi emoziono! - rivelò senza alcun timore stringendogli la mano e sospirando.

- Lo sai… quanto sono felice quando ti tocco - e si portò la mano alle labbra sfiorando la sua pelle calda, cosciente che ognuna di quelle parole corrispondeva alla verità - Tu sei l’altra parte di me, io sono l’altra parte di te - ripeté quella battuta riversandoci tutta l’abilità nella recitazione di cui era capace, donando alla sua Akoya una voce soprannaturale da cui traspariva l’amore profondo per il suo Isshin.

Masumi ascoltò ognuno di quei versi, così sentitamente pronunciati da una meravigliosa Akoya, dal suo inconscio onirico senza sapere quanto di ciò fosse realtà o sogno. Maya…

- Mi sei più caro di chiunque altro, ora che ci siamo incontrati com’è possibile vivere separati? Originariamente noi eravamo un’unica anima, un’unica vita. Tu sei la mia vita stessa. Non potrò mai separarmi da te finché ci sarà la vita eterna! - Maya lo guardò, gli occhi colmi di quell’amore che aveva potuto finalmente trovare libero sfogo in quell’ammissione piena di sofferenza e dolore.

- Dimentica tutto e riposati con serenità, caro mio! Ci sarò io con te! - completamente avvolta dalla recitazione e da quel sentimento dirompente, Maya si chinò lentamente su di lui, chiuse gli occhi e posò le labbra sulle sue in un bacio silenzioso e prolungato che le mandò il cuore in pezzi dalla gioia e dalla disperazione per qualcosa che non avrebbe mai potuto avere.

Il buio del sogno di Masumi divenne sfolgorante di luce quando Akoya lo baciò, ogni dolore scomparve, ogni preoccupazione svanì, le due anime si erano finalmente ricongiunte. Poi lei si alzò, allontanandosi e lui la chiamò dalle tenebre che lo reclamarono nuovamente, mentre la disperazione per averla perduta ancora lo colmava di una profonda tristezza. Akoya? Dove vai? Dove vuoi andare senza di me? Non lasciarmi, Akoya!

Maya si lasciò scivolare tenendosi alla sua mano, scoppiò a piangere disperatamente mentre uno strazio incandescente le lacerava il petto. Appoggiò la testa su di lui restando inginocchiata e sfogò tutto quel tormento finché non si addormentò, sfinita.



Mizuki venne svegliata dallo squillo insistente del suo cellulare. Lo cercò a tentoni sul comodino spingendolo per terra. Sussultò svegliandosi completamente, si chinò, lo raccolse e rispose con voce assonnata.

- Sono Mizuki -

- Signorina! Sono la guardia notturna della Daito! - l’uomo parlò con voce tesa e piena d’urgenza tanto che Saeko si mise seduta sul letto - Deve venire qui, signorina, subito, è successo qualcosa di grave al signor Hayami! - si affrettò ad aggiungere la guardia.

- Al signor Hayami? - lo interrogò lei immaginando subito il peggio - Arrivo! - chiuse la comunicazione e corse in bagno a cambiarsi senza ulteriori indugi.



Akoya!

Sbatté le palpebre più volte, nel cuore ancora quell’amarezza devastante, quella sensazione di sentirsi incompleto che si sommò al dolore fisico che gli invase la mente, costringendolo all’immobilità più assoluta e a serrare i denti per soffocare un grido. Aprì gli occhi lentamente e si rese conto di essere nel suo ufficio. Una fitta lancinante alla fronte gli strappò un gemito e toccandosi con le dita sentì una piccola lacerazione. I ricordi riaffiorarono prepotenti facendosi spazio fra quelli del sogno che aveva vissuto e un terrore incontrollabile prese il sopravvento. Maya!

Avrebbe voluto alzarsi ma qualcosa di pesante lo teneva sul divano. Abbassò gli occhi e la vide. Dormiva, inginocchiata a terra, la testa abbandonata sul suo fianco, le mani dalle dita insanguinate aggrappate alla sua camicia. Una tenerezza come mai aveva provato prima riempì il suo cuore e, nonostante il dolore diffuso che avvertiva, fece apparire un sorriso sul suo volto.

Devi esserti spaventata… scusami… tutto questo è colpa mia, del mio modo di fare… se avessi trattato diversamente con quelli della Hokuto, tutto questo non sarebbe accaduto…

Osservò rapito il suo volto rilassato nel sonno, l’arco perfetto delle sopracciglia sottili, le lunghe ciglia scure appoggiate alle gote appena arrossate, il piccolo naso un po’ all’insù, le labbra appena dischiuse che l’avevano maledetto e ringraziato, che avevano baciato le sue rose, la sua guancia, le sue labbra. Sussultò.

Le mie? No, era solo un sogno quello, mentre ero senza conoscenza… le battute di Akoya che ho sentito dalla signora nella valle o da lei quando le ha recitate sul ruscello…

I suoi occhi si chiusero un istante per rievocare quel sogno che gli era parso così vero, eppure lei dormiva. Il suo cuore accelerò immediatamente per quell’accorata dichiarazione quando le due anime si erano finalmente unite e la luce sfolgorante aveva invaso le sue tenebre.

Quando li riaprì, lei era ancora lì, accanto a lui, aggrappata a lui, e non lo lasciava, neanche nel sonno. Allungò le dita, sfiorandole la guancia morbida e rabbrividendo al tocco fino a passarle fra i suoi capelli, spingendoli indietro. Lo fece lentamente, non voleva svegliarla e, egoisticamente, voleva approfittarne finché dormiva, così, una volta che i capelli scivolarono via, lo fece di nuovo, e ancora, e ancora, riempiendosi l’anima di quel tocco lieve.

Non permetterò mai a mio padre di spegnere il tuo sorriso Maya, anche se mi costringerà a sposarmi, anche se tu mi considererai sempre il tuo nemico, io continuerò a proteggerti e ad amarti nell’ombra… ora lo so… la signora ha detto che si può vivere felici anche senza rincontrare la propria anima gemella ma io, che ho ritrovato la mia, so che non potrò amare più nessun’altra…

Si distese di nuovo, adagiò il braccio lungo il fianco e racchiuse la sua piccola mano, che stringeva ancora la camicia, nella sua, chiudendo gli occhi per l’emozione mista ad angoscia che lo travolse.



Fuori la notte ammantava ancora Tokyo quando Mizuki spalancò la porta dell’ufficio del suo capo, ansimando per la corsa. C’era una sola luce accesa, nella penombra vide che c’era qualcuno sul divano, così si avvicinò spalancando gli occhi di fronte a ciò che vide.

Il signor Masumi giaceva disteso sul divano e sembrava dormire, parte del volto macchiata di sangue, come la camicia, i capelli e il cuscino. Inginocchiata accanto a lui, addormentata con la testa appoggiata al suo fianco, c’era Maya, una mano tratteneva la camicia sull’addome e l’altra era stretta in quella di Masumi. Per terra c’era un fazzoletto insanguinato e il contenuto della borsetta di Maya sparso sul tappeto.

Santo cielo… signor Masumi… Maya…!

La guardia notturna le aveva fatto un breve resoconto insistendo sul fatto che era stato proprio lui a non voler chiamare i soccorsi.

Ho capito perché l’ha fatto… ma è notte fonda… lei avrà bisogno di cure… non si deve sapere che Maya era qui… suo padre non deve sapere…

Chiuse immediatamente la porta, andò alla scrivania e vide ditate di sangue sui cassetti aperti, forse Maya aveva rovistato cercando qualcosa per tamponare il sangue. Prese il suo fazzoletto e iniziò a pulire finché non arrivò alla cartelletta gialla. C’era un’impronta nitida sul lembo esterno, se avesse provato a pulirla sarebbe stata ancora più evidente. Corrugò la fronte contrariata e l’aprì. Vide la foto di una bellissima ragazza con un’impronta parziale di sangue sul lato destro, così anche lei la spostò e lesse il foglio sottostante e anche tutti quelli seguenti stupendosi sempre più ad ogni parola.

Sembra che suo padre voglia fargli incontrare questa donna per un matrimonio combinato… Shiori Takamiya, nipote dell’Imperatore Takamiya, proprietario del gruppo Takatsu! E queste movimentazioni di conti… decine di milioni di yen spostati su conti esteri…

Alcuni fogli riportavano una sigla “HK” che sembrava una firma, forse qualcuno dei suoi uomini ombra che agivano per lui quando aveva bisogno di informazioni e non poteva raccoglierle in modi leciti. Sollevò gli occhi verso Maya che dormiva ancora e il suo sguardo si addolcì.

Maya… hai visto anche tu questi documenti? Cosa avrai pensato? Che per te non ci sarà mai posto nel suo cuore? Ti sarai disperata? Avrai pianto? Quanto vorrei dirti tutto ciò che so… ma cosa accadrebbe ora con la Dea Scarlatta così vicina? Se suo padre scoprisse l’amore che vi lega veramente… io credo che…

Abbassò la testa, afflitta da quei pensieri che da giorni la tormentavano. Chiuse la cartellina gialla e finì di pulire le impronte lasciate da Maya nella sua ricerca frenetica. Tornò ai divanetti, raccolse tutte le sue cose e le rimise nella borsetta. Prese il fazzoletto insanguinato, lo piegò e lo appoggiò sulla scrivania.

Rimase immobile a fissarli per un tempo indefinito. Avrebbe tanto voluto lasciarli così, mano nella mano, che si svegliassero insieme, magari parlassero e rivelassero i loro sentimenti reciproci, invece inspirò, espirò, e fece ciò che andava fatto.

Si chinò e, delicatamente ma con il cuore straziato dal dispiacere, separò le due mani. Il signor Masumi corrugò la fronte nel sonno e Maya protestò con un mugugno sommesso. Sorrise mestamente e scosse lievemente la giovane sperando che non si svegliasse gridando.

- Maya - sussurrò piano e lei sbatté le palpebre lentamente. Aprì gli occhi mettendola a fuoco e la segretaria sorrise cercando di rassicurarla. Lei scattò in piedi barcollando e Mizuki si alzò a sua volta.

In un attimo tutti i ricordi le piombarono addosso. Spalancò gli occhi, avvampando, e si voltò immediatamente verso il signor Hayami che dormiva sul divano, poi verso Mizuki, poi di nuovo su di lui.

- Sta bene, non preoccuparti - la rassicurò la segretaria - Sei stata molto coraggiosa, Maya - aggiunse in un mormorio lieve - Ma ora devi andare via da qui, mi occupo io di lui, adesso -

Maya spostò di nuovo lo sguardo da uno all’altra, titubante, conscia che quel suo atteggiamento avrebbe potuto destare dei sospetti nella segretaria. Poi le tornarono in mente tutti i suoi ammonimenti, l’articolo che era appena uscito e aveva provocato un disastro da una sua sola frase, la voce di suo padre, che gli intimava di prendere quei diritti e di usare le rose come scusa, e per ultima riaffiorò l’immagine di quella bellissima donna che aveva visto solo per un attimo. Si sposerà…

Strinse i denti e si erse diritta sulla persona, fissò Mizuki e annuì.

- Sì, signorina Mizuki - raccolse la sua borsetta, il soprabito che aveva gettato sull’altro divano, sebbene non ricordasse di averlo fatto, e la seguì fuori dall’ufficio senza mai voltarsi.

La segretaria notò lo sforzo a cui si costrinse e poteva immaginare come si sentisse dentro: incompresa, inadeguata, ignorata, sola. Le mise un braccio sulle spalle e la strinse a sé mentre l’accompagnava giù verso il taxi che aveva chiamato per lei. Maya accettò quel gesto di affetto in silenzio, se avesse aperto bocca si sarebbe sicuramente tradita, incapace di reggere ancora quella tensione straziante. Aveva già provocato fin troppi guai al signor Hayami e non voleva aggiungercene altri con la sua goffaggine.

- Grazie, signorina Mizuki - le disse solo, accennando un debole e stanco sorriso. La segretaria ricambiò e la fece salire seguendo l’auto che si allontanava nella notte.

Sospirò e rientrò per terminare ciò che aveva iniziato. Prese il cellulare e chiamò il medico personale della famiglia Hayami chiedendogli gentilmente di recarsi presso gli uffici della Daito senza fare domande. Soddisfatta della risposta, chiuse la chiamata e si diresse alla postazione della guardia notturna: anche lui doveva essere istruito in modo che niente di quella storia trapelasse.

L’uomo sembrò comprendere perfettamente e lei annuì compiaciuta. Riprese l’ascensore e tornò nell’ufficio. Si sedette sul divano e attese l’arrivo del dottore, tenendo lo sguardo sul signor Masumi che dormiva e preparandosi ad affrontare la giornata seguente.



Yu raggiunse il tetto degli studi dove sapeva l’avrebbe trovata. Quella mattina, anche durante le prove, Maya era apparsa, di nuovo, completamente diversa. In lei quegli stati d’animo variabili sembravano alternarsi con una frequenza insolita e se inizialmente aveva pensato che fosse per la “Dea Scarlatta”, ora era certo che le preoccupazioni per lo spettacolo fossero solo una parte del problema.

- Ciao, Maya - la salutò gentilmente appoggiando gli avambracci sul parapetto, nella stessa posizione in cui era lei.

- Ciao, Yu! - si voltò raggiante e gli sorrise.

- Vedo che stai meglio - la osservò e poi tornò a guardare la città.

- Sì! Scusami per averti fatto preoccupare! - gli disse con un sospiro - Sai, tempo fa ho ascoltato due persone dire qualcosa di spiacevole che mi ha fatto molto pensare, ma ora so che non c’era alcun problema! - aggiunse piena di entusiasmo, gli occhi che brillavano luminosi.

Yu la guardò stupito e le sorrise.

- Sono contento che tutto si sia risolto, qualunque fosse la tua preoccupazione - annuì, realmente felice che lei fosse più serena.

- Bene, Kitajima! - la voce del regista alle loro spalle li fece sussultare.

- Signor Kuronuma! - Maya si girò di scatto.

- Qualunque avvenimento, per quanto sgradevole, doloroso o triste, per un attore è un’esperienza preziosa! Custodiscilo nel cassetto del tuo cuore! Un giorno ti tornerà utile! - le consigliò.

- Sì! - annuì lei con vigore e Sakurakoji vide il suo sguardo appassionato, le mani strette al petto, la voce sicura e chiara.

Qualunque esperienza è preziosa… come mi disse la signora Tsukikage… Sì, i sentimenti che ho provato in quel momento, si sono espressi tramite le parole di Akoya… Quell’amore ardente che mi scaturiva dal cuore… Akoya vive dentro di me! Il suo sentimento è il mio! Terrò cara quest’esperienza!

- Recita, Kitajima! - aggiunse Kuronuma - Fa’ tesoro di ogni esperienza che vivi! Doneranno alla tua interpretazione un realismo impossibile da ottenere contando solo sull’immaginazione! Ognuna di esse sarà un arricchimento per la tua Dea Scarlatta! -

Maya lo guardò annuendo ancora, piena di speranza, ora era quasi certa di avere la sua Dea Scarlatta, bastava solo trovare la giusta equazione con l’Isshin di Sakurakoji. Si voltò verso il suo partner con espressione determinata e Yu la fissò stupito.

Maya, cosa significa questo sguardo pieno di aspettativa? Immagini già la nostra battaglia sul palco? So che dovrò di nuovo scontrarmi con te, far incontrare il mio Isshin alla tua Akoya che, ne sono certo, vedrò in una versione inedita!



Hijiri provò per la terza volta a chiamare il suo capo ma, come le due volte precedenti, il cellulare suonò a vuoto e lui non rispose. Corrugò la fronte preoccupato, non era mai accaduto prima, ma doveva comunicare con lui in tutti i modi perché era riuscito a rintracciare il giornalista che aveva scritto l’articolo. Era un ometto insignificante, che si guadagnava da vivere montando storie e spesso inventando notizie. Quella sera lo avrebbe incontrato con la scusa di potergli far avere del materiale piccante riguardo un attore molto famoso e lui aveva abboccato.

Lei vorrà partecipare, immagino… perché non risponde?

Sollevò lo sguardo all’ultimo piano del palazzo Daito che aveva di fronte. In tutti gli anni che aveva lavorato per lui non si era mai neanche avvicinato a quel posto, la sua persona non doveva essere in alcun modo associata a lui, ma la sua auto era ancora nel parcheggio sotterraneo e non rispondeva a telefono. Espirò nervosamente e scrisse un messaggio criptico che sperò fosse comunque comprensibile da lui. Distolse lo sguardo e risalì in macchina, raggiungendo i Kid Studio.

Alla fine il signor Masumi aveva ceduto e le aveva mandato le rose. Sorrise mentre parcheggiava l’auto, si sistemò il cappuccio della tuta, sembrava un uomo qualsiasi che facesse jogging, mise le cuffiette e collegò l’auricolare al cellulare.

Ancora mi domando cosa lo fermi dal dirle tutta la verità… però la rappresentazione è vicina… probabilmente la situazione sarebbe ancora più problematica…

Alzò lo sguardo sulle grandi doppie porte degli studio di prova, poi lo riabbassò sul display del cellulare. Ancora nessun segno dal signor Hayami. Aprì la galleria delle immagini e scorse lentamente le foto che aveva tenuto. Un timido sorriso gli illuminò il volto, ma sussultò quando sentì la sua voce cristallina dall’altro lato della strada. Spostò lo sguardo spegnendo il cellulare e la individuò immediatamente: stava attraversando il semaforo e presto ce l’avrebbe avuta davanti. Controllò l’orologio e si rese conto che era ora di pranzo, forse stava andando da qualche parte a comprare da mangiare.

Perché è da sola?

Cercò Sakurakoji ma non lo vide. La seguì con lo sguardo, mentre attraversava il passaggio pedonale e correva sul marciapiede. Era una giornata tiepida, anche lei indossava una felpa e quei pantaloni aderenti che utilizzava sempre nelle prove. Era lì solo in veste di osservatore, come faceva ogni giorno, e i secondi di esitazione per allontanarsi lo costrinsero a fronteggiarla.

Maya tenne lo sguardo sui pedoni che incontrava per evitarli quando incrociò un volto familiare. Si bloccò immediatamente, il respiro rapido, le mani strette al petto, quando si rese conto di chi stava guardando.

Signor Hijiri…

Indossava una tuta da jogging e stava ascoltando della musica. Non aveva avuto il coraggio quella mattina di chiamare l’ufficio della Daito e chiedere alla signorina Mizuki come stesse il signor Hayami, ma ora lui era lì, quell’uomo che le aveva sempre consegnato le rose, forse poteva chiederlo a lui. Lo raggiunse e gli sorrise con un lieve inchino.

- Buongiorno - lo salutò senza pronunciare il suo nome come le aveva chiesto in passato.

- Buongiorno, signorina - ricambiò lui togliendosi le cuffiette - Stavo raggiungendo il parco qui vicino - mentì osservando il suo volto radioso.

- Lei… voglio dire… - balbettò Maya imbarazzata e lui sollevò un sopracciglio perplesso - Se non avesse ancora pranzato… vorrebbe… - teneva lo sguardo basso e solo alla fine lo sollevò coprendosi la bocca con una mano stretta a pugno.

Hijiri la fissò un istante, quello sguardo celava una supplica e solo in quel momento notò gli aloni scuri sotto i suoi occhi, come se non avesse dormito molto.

- Volentieri, se non le reco disturbo - acconsentì lui avvertendo, per la prima volta, il palpito del suo cuore aumentare rapidamente.

- No! No! - Maya si affrettò a scuotere la testa - Le piacciono gli okonomiyaki? - gli domandò immediatamente dopo, facendosi avanti. Lui annuì e lei rise felice.

- Allora venga, andiamo in un posto qui vicino dove hanno la piastra sui tavoli! - e lo afferrò per la felpa grigia, sconcertandolo.

Lo raggiunsero in breve, era davvero nella strada accanto, e una volta preso posto, il cameriere portò le due ciotole con l’impasto principale e le ciotoline con le aggiunte che avevano ordinato. Entrambi mescolarono alcuni ingredienti all’impasto e lo rovesciarono sulla piastra bollente. Hijiri la osservò, era rimasta in silenzio da quando si erano seduti, come se fare quella frittata fosse la cosa più importante del mondo.

Stava per girare l’okonomiyaki quando bloccò le due palette e arrossì. Hijiri sorrise e, con un colpo preciso, girò la sua frittata e Maya lo guardò con occhi spalancati.

- Posso aiutarla? - si offrì gentilmente. Allungò le mani e lei gli passò le palette arrossendo ancora di più. Squisita… è così spontanea che non si vergogna neanche di arrossire davanti a me…

Con un movimento preciso girò la frittata mentre lei lo osservava tenendo gli occhi bassi.

- Grazie… - mormorò senza avere il coraggio di guardarlo in volto, lui ridacchiò e completò il suo okonomiyaki. Maya lo imitò e iniziarono a mangiare.

- Non è venuto, quel giorno sul ponte, sa? - gli disse all’improvviso sempre tenendo gli occhi sul pranzo. Hijiri smise di mangiare e la fissò ma lei rimase con la testa bassa.

- Io… non mi aspettavo realmente che lo facesse - aggiunse subito dopo e anche a quella distanza Hijiri vide distintamente le sue guance arrossarsi.

- Le avevo detto che lui è sempre molto occupato… - constatò mestamente mentre un profondo dispiacere gli chiuse la gola. Gli aveva risposto con un ‘no’ secco, aveva immaginato che non ci sarebbe andato.

- Come sta? - domandò frettolosamente lei, sollevando lo sguardo. Hijiri rimase scioccato dall’espressione del suo volto. Era preoccupata e imbarazzata allo stesso tempo e lui davvero non riuscì a capire cosa stesse pensando. Perché mi sta facendo questa domanda?

- Bene - rispose pacato, sperando fosse la verità dato che non era riuscito a mettersi in contatto con lui. Lei corrugò la fronte e appoggiò le mani in grembo.

- Davvero? - domandò insicura. Magari lui non sa niente… lo metterei solo in difficoltà se gli chiedessi qualcosa…

- Va tutto bene? - gli era sembrato di aver visto delle lacrime luccicare agli angoli degli occhi e il suo istinto lo mise in allarme immediatamente. Lei scattò come se l’avesse punta uno scorpione.

- Sì! Cioè… non lo so… - ammise alla fine sospirando.

- Lo sa che può dirmi tutto ciò che vuole - la incoraggiò lui posando le palette. Era così abbattuta e scoraggiata, sembrava ancora più esile e indifesa.

Maya lo guardò per un attimo, il cuore che batteva per la paura e l’emozione di quella notte appena trascorsa. Da quando la signorina Mizuki l’aveva svegliata, il ricordo di ciò che aveva fatto mentre lui era incosciente aveva occupato tutti i suoi pensieri. Quella mattina, per riuscire a concentrarsi in sala prove, era stata costretta a fare uno sforzo enorme.

Hijiri la vide lentamente spalancare gli occhi e arrossire. La cosa avvenne in modo così graduale che gli sembrò di averla vista al rallentatore. Chissà a cosa sta pensando…

- Ecco… lei… ha visto l’articolo… - iniziò balbettando e torcendosi le mani in grembo - Io… mi sentivo così in colpa… allora… ieri sera sono andata a scusarmi - balbettò ancora fissando la frittata e Hijiri la guardò con occhi dilatati per la sorpresa. Era così imbarazzata che riusciva a parlare a stento.

È andata alla Daito Art ieri sera…

- Io… ce l’ho fatta! Sono riuscita a scusarmi! - e sollevò lo sguardo pieno di fiducia - Non volevo, signor Hijiri, davvero, io non credevo che delle parole potessero generare un simile danno! - afferrò con forza il bordo del tavolo, era tesa e dispiaciuta e lui si domandò con che sentimenti si fosse presentata davanti a Masumi.

- Poi… siamo usciti e fuori c’erano tre persone - la sua voce si abbassò terribilmente, il tono era pieno di sconforto e Hijiri aggrottò la fronte immaginando ciò che potesse essere accaduto - Hanno detto delle cose e il signor Hayami gli ha chiesto se fossero di una certa casa produttrice… - fece una pausa e si portò un dito fra i denti - Ora non ricordo il nome… mi scusi… - lui la fissò mentre lacrime sottili presero a scendere sulle sue guance. Maya… ecco perché non mi ha risposto!

- Ma loro hanno iniziato a picchiarlo! - singhiozzò mentre parlava concitatamente - E mi teneva contro una macchina… mi ha protetto! Ho gridato… sono scappati... è venuta la guardia e lo ha portato nel suo ufficio, ma lui non ha voluto che chiamassimo i soccorsi! - scoppiò a piangere e Hijiri la fissò gelido, il cuore stretto in una morsa angosciante.

L’ha fatto per me! Solo per me! Perché non venissi coinvolta dato che lo spettacolo è così vicino! Oh santo cielo! Che cosa ho fatto! Cosa ho fatto?! Come ho potuto pensare che le sue rose fossero un ricatto?

- Poi è arrivata la signorina Mizuki… ha chiamato un taxi per me e mi ha mandata a casa… Vorrei tanto sapere come sta ma… - si asciugò le lacrime ed esitò - Ma… non ho avuto il coraggio… Sembra che io possa procurargli solo guai… -

- Non deve pensare questo, signorina - riuscì a dirle Hijiri che era rimasto immobile ad ascoltare quel racconto così pieno di tristezza e angoscia - Lui crede veramente nel suo talento, i suoi sentimenti sono sinceri - aggiunse, come se le avesse letto nel pensiero.

- Lo crede davvero, signor Hijiri? - sussurrò in un soffio, gli occhi pieni di speranza, le labbra e le dita che tremavano leggermente.

- Sì - le sorrise dolcemente - Sono un testimone piuttosto attendibile - e Maya pensò all’istante alle rose scarlatte. In fondo è lui che me le ha sempre portate...

- Lei quindi non sapeva niente? - sussurrò, imbarazzata, spostando con la paletta la tazza del tè verde bollente.

- No, mi dispiace, ma se vuole posso provare a chiamarlo - si offrì, qualsiasi cosa pur di farla smettere di piangere.

- Davvero lo farebbe? - la sua espressione cambiò completamente, i suoi occhi divennero luminosi come stelle e la tristezza venne spazzata via in un istante. Hijiri infilò la mano nella felpa e prese il cellulare. Toccò l’icona sul display e il numero si compose in automatico mentre lei lo guardava piena di speranza. Una parte di me vorrebbe che tutto rimanesse com’era, ma un’altra gioisce di quello che sto vedendo ora… non mi ero sbagliato, non mi ero affatto sbagliato… È... innamorata… di lui…

- Per favore non gli dica che io… - bisbigliò Maya arrossendo e facendolo ridere. Le strizzò un occhio e sentì dall’altra parte la comunicazione che si apriva. Finalmente...

- Sono Hijiri - e lei trattenne il fiato sollevandosi un po’ dalla panca.

- Sei agli studi? -

- Sì - rispose, anche se Maya non avrebbe saputo dire a cosa era riferita la risposta.

- Lei dov’è? Sta bene? -

- Sì - rispose di nuovo e Maya continuò a fissarlo in attesa - Lei, signore, tutto bene? - indagò cercando di mantenere il tono più neutro possibile. Dall’altra parte ci fu un breve silenzio poi una risposta.

- Sì, tutto bene -

- Sono felice di sentirglielo dire - concordò, sorridendo a Maya e facendole capire che era quella la risposta che attendeva. Lei tornò a sedere, lentamente, gli occhi spalancati, il cuore che batteva all’impazzata, sollevata e felice come non era mai stata.

- Ha ricevuto il mio messaggio? - ne approfittò, tanto lei non avrebbe potuto immaginare.

- Sì, facciamo nel solito modo - e chiuse la comunicazione.

Hijiri scostò il telefono dall’orecchio e lo fissò per un istante con un lieve sorriso.

- Chiude sempre così le telefonate? - la voce, acre e sibilante, venne da Maya e quando si girò la trovò completamente diversa.

È questo, dunque, che il signor Masumi vede sempre in lei? Sembra archiviare le cose una volta che le risolve… e passa subito all’emozione successiva… e questa che vedo è sicuramente una difesa… è preoccupata ma non vuole che io lo sappia…

- A volte, sì - ammise lui sospirando, rimettendo il cellulare nella tasca.

- È veramente arrogante! - e incrociò le braccia al petto appoggiandosi alla spalliera. Hijiri sorrise mentre lei fissava con sguardo fiammeggiante l’okonomiyaki come se fosse il suo peggior nemico.

- Ha molto da fare - lo giustificò lui con un’alzata di spalle.

- Come può lavorare per lui? La ricatta, forse? - gli chiese con lo stesso cipiglio irritato. Lui scoppiò a ridere, poi divenne serio di colpo e la guardò.

- No - rispose, attirando completamente la sua attenzione - Gli devo tutto, per questo lavoro per lui - poi si alzò.

Signor Hijiri… gli deve tutto? Cosa vorrà dire?

- È stato davvero un piacere poter pranzare con lei - e fece un lieve inchino mentre anche Maya si alzava - Si riguardi, mi raccomando - aggiunse poi dolcemente, inoltrandosi nel marciapiede affollato.

Maya lo guardò sparire nella folla e si pentì di aver parlato.

Ho detto qualcosa di sbagliato? Non riesco mai a fare la cosa giusta… però… sembra che il signor Hayami stia bene! Io… non ho neanche un graffio… né un livido… mi sono solo spaventata… e poi… come ho potuto cedere così alle mie emozioni? Ma avevo così paura! E lui mi ha protetto fino alla fine!

Si coprì il volto con le mani per nascondere quel rossore diffuso che sentiva divampare, sentendo ancora il tocco con le sue labbra.

Sposerà davvero quella donna bellissima? Se così fosse, non potrò che congratularmi con lui! Chissà se continuerà ad apprezzare il mio talento e se… se mi manderà le sue rose…?



Hijiri chiuse lentamente la porta. A chiave.

L’uomo, ignaro del brutto quarto d’ora a cui sarebbe andato incontro, fumava una sigaretta, seduto scompostamente su una vecchia poltrona lacera. Muoveva languidamente gli occhi sui vecchi poster di donne nude appesi alle pareti finché li fermò sul giovane, in un perfetto abito da giorno, che gli si parò davanti.

- È venuto davvero… - gracchiò il giornalista senza alzarsi e squadrando il giovane alto e di bell’aspetto.

- Vogliamo iniziare? - lo interrogò con tono gelido Hijiri facendo un altro passo avanti e prendendo il cellulare in mano. Aveva utilizzato quella stanza squallida un’altra volta, in passato, e per un motivo molto simile a quello che l’aveva portato lì adesso. Con un’unica differenza: Maya Kitajima.

Non avresti dovuto… amico…

Il giornalista lo fissò in silenzio, forse voleva fargli vedere le fotografie di cui aveva parlato. Gettò la sigaretta sul pavimento sporco e si soffiò il naso in modo poco elegante. Hijiri lo ignorò e compose il numero del suo capo, appoggiò lentamente il telefono sul tavolo e si sistemò la giacca.

Masumi, comodamente seduto sulla poltrona nello studio buio e silenzioso, rispose alla chiamata portandosi il telefono all’orecchio. Ignorò la fitta che gli attraversò il collo, prima di dormire avrebbe preso un’altra di quelle pasticche che gli aveva lasciato il medico. Era riuscito a nascondere ogni cosa a suo padre, sebbene non fosse sicuro che i suoi collaboratori non gli avessero riportato ciò che era avvenuto fuori dalla Daito. La voce pacata e fredda di Hijiri, quella che preannunciava ciò che avrebbe fatto a breve, lo distolse dai suoi pensieri.

- Mi servono alcune informazioni - esordì l’uomo ombra, e udì anche un rumore sinistro.

- Ehi! Ma cosa…? - la voce gracchiante e meravigliata era sicuramente del giornalista e venne accompagnata dallo sfregare di una sedia sul pavimento. Masumi piegò la bocca in un sorriso malevolo e attese con pazienza.

- Sai cos’è, vero? - ancora la voce di Hijiri, glaciale e fredda come uno strale. Gli giunsero rumori di colluttazione finché tutto si placò.

- Possiamo proseguire, ora? - la voce del suo collaboratore mantenne quel tono basso e minaccioso e non sembrava affatto affaticato. Ci fu solo un borbottio indistinto e Masumi sorrise di nuovo.

- L’articolo che hai scritto, dove hai preso le informazioni? -

- La ragazza, quell’attrice, è stata lei! - si difese il giornalista con veemenza. Masumi trattenne il fiato e sentì un inquietante suono, poi un grido.

- Stai mentendo - proferì calmo Hijiri - Ricominciamo -

- Ok! Ok! - sibilò il giornalista - Era fuori dagli studi Kid, ho sentito solo qualche frase, lei parlava con un’amica - confessò l’uomo tossendo.

- Chi ti ha commissionato il lavoro? - domandò Hijiri dopo qualche secondo e Masumi udì di nuovo quel rumore sinistro.

- Nessuno… - tentò il giornalista, ma il suo collaboratore doveva aver fatto qualcosa perché l’uomo spaventato cambiò subito regime.

- No, aspetti! - ansimò - Ho ricevuto solo dei soldi da qualcuno che somigliava a lei… -

- A me? - indagò Hijiri e Masumi sentì il sangue gelarsi nelle vene. Mio padre…

- Sì, mi ha detto di scrivere un articolo che screditasse Maya Kitajima con qualcosa di torbido riguardo la sua vita personale e quelle frasi mi sono parse perfette… Ma lei chi è? -

- Questo non ha alcuna importanza - lo redarguì Hijiri - Dove vi siete incontrati? - indagò ancora. Masumi comprese che qualcosa doveva aver insospettito Karato perché per lui era evidente che fosse suo padre il mandante.

- In un vecchio magazzino teatrale dove ci sono gli studi di prova della Compagnia Ondine… - confessò con voce debole il giornalista.

Masumi si alzò in piedi lentamente ignorando il dolore acuto alla schiena. Onodera…!

Silenzio.

- Bene, abbiamo finito - lo liquidò il suo uomo ombra. Ci fu un trambusto, poi una porta che si apriva e si chiudeva. Hijiri riprese il telefono dalla scrivania e se lo accostò all’orecchio.

- È soddisfatto, signor Masumi? - il collaboratore si sistemò la giacca. Se il responsabile era davvero Onodera, erano stati dei dilettanti a gestire la situazione...

- Sì -

Hijiri chiuse la telefonata e tornò al suo appartamento. Non era il primo giornalista che minacciava e non sarebbe stato l’ultimo. L’unico dubbio che aveva mentre lasciava quell’edificio fatiscente riguardava proprio quell’uomo, facile alla corruzione. Spero che non gli venga qualche idea malsana in mente...


 

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Capitolo 40
*** L'invito ***


Ultima revisione: marzo 2016

 

40. L’invito



La sveglia suonò, destandolo del tutto. Aprì gli occhi e fissò il soffitto, portandosi le mani dietro la testa. Sospirò e li richiuse nuovamente, abbandonandosi al tepore che gli aveva lasciato il sogno che aveva fatto.

L’ho sognata… di nuovo… non riesco a dimenticare il sogno che ho fatto quella notte, quando siamo stati aggrediti…

Si mise a sedere sul letto, scostando il copriletto, i piedi incontrarono il tappeto e poggiò i gomiti sulle ginocchia prendendosi la testa fra le mani. Restò alcuni minuti in quella posizione prostrata, cercando di scacciare quella sensazione di aspettativa, l’idea che lei potesse davvero provare qualcosa per lui.

Si passò le mani fra i capelli tirandoli tutti indietro, si alzò, spogliandosi e infilandosi sotto la doccia.

Era così reale… sento ancora le sue lacrime sul mio volto… sono svenuto dopo l’aggressione e non ricordo cosa sia accaduto, poi… quando ho riaperto gli occhi, lei era lì… inginocchiata e addormentata… le sue mani che stringevano la mia camicia… comunque, l’importante è che non si sia fatta niente… e quando mi sono ripreso, lei non c’era più… Mizuki si è occupata di tutto...

Sciacquò tutto il sapone spostando il miscelatore su acqua fredda e rimase immobile sotto il getto, che lo fece rabbrividire. Quando aveva riaperto gli occhi la mattina seguente, aveva visto il volto serio e compassato della segretaria, seduta sul divano di fronte al suo. Immediatamente si era reso conto che lei non era più accanto a lui: quando le aveva stretto la mano stava davvero troppo male per poter restare sveglio e all’inizio non era stato neanche del tutto sicuro di essere cosciente e di aver invece solo immaginato di sfiorarle i capelli e stringerle la mano…

Mizuki aveva fatto venire il medico e lui non si era accorto di niente. Si era ritrovato pulito, curato e gli era stata fatta un’iniezione nel braccio. Lei si era occupata di Maya, della guardia notturna e, dopo essersi assicurata che fosse in condizioni di capire ciò che gli stava dicendo, lo aveva aggiornato sulla versione dei fatti a cui si sarebbero attenuti se qualcuno avesse chiesto qualcosa.

Indossò l’accappatoio, sfregandosi i capelli con l’asciugamano.

C’è qualcosa che non va in me… non posso continuare a sognare Maya… non è possibile che in realtà io l’ami davvero… da qualche parte, nel mio cuore, aspettavo che lei crescesse… era come osservare un bocciolo che lentamente si schiude… ma nonostante abbia provato in tutti i modi a reprimere tale sentimento inappropriato in questi anni… forse questi sogni, significano che quell’amore che vorrei dimenticare… scalpita per uscire allo scoperto!

Trattenne l’asciugamano stretto in pugno e immediatamente ripensò ai suoi capelli fra le dita, alla mano che le aveva stretto, alle sue piccole dita che trattenevano la sua camicia anche nel sonno, al bacio che aveva dato alla rosa, a quella notte nel tempio e sotto le stelle, l’abbraccio in cui l’aveva avvolta, il bacio che gli aveva dato, la passeggiata nel bosco che avevano fatto, quando lei aveva ripreso coscienza di sé dopo aver interpretato il risveglio della Dea, fino a tornare a quella sera del planetario in cui le aveva rivelato di essere l’ammiratore delle rose scarlatte.

Voglio davvero abbandonarmi alla speranza che lei mi ricambi? Al ristorante, quando ha rifiutato la mia rosa, era ferita… qualcosa l’aveva colpita profondamente eppure eravamo appena tornati dalla valle… cosa le avrà fatto cambiare idea? Poi quel bacio alla rosa… ho visto anche io il suo sguardo, ma mi sono rifiutato di vedere davvero ciò che stavo guardando… ha ragione il regista? Mi ama? Era per me quell’emozione piena d’amore con cui fissava quell’unico fiore che si era salvato? L’espressione di Akoya che prova un amore puro e incondizionato per Isshin…

Il suo cuore prese a battere senza che lui potesse in alcun modo controllarlo. La voce nella sua mente, che in quelle notti aveva sognato, ripeté le battute piene d’emozione, le stesse che lei aveva pronunciato sul ruscello in mezzo alla valle.

Si portò le dita alle labbra rievocando quel bacio che aveva ricevuto da Akoya che, nonostante le sue suppliche, s’era allontanata anche in quel sogno. Chiuse gli occhi rendendosi conto di quanto gli fosse sembrato reale…

Sono proprio un pazzo…

Spostò lo sguardo sul comodino accanto al letto, mentre si abbottonava la camicia. Il fazzoletto macchiato di sangue che Maya aveva usato giaceva lì inerme. Mizuki aveva deciso di lasciarlo sulla sua scrivania, senza dire niente, e lui l’aveva portato con sé da allora, pensando al gesto della ragazza e alle lacrime che aveva avvertito sulla pelle. Ha pianto… sarà accaduto davvero? Non ero neppure cosciente… avrò immaginato tutto... E poi quelle impronte di sangue sulla cartellina coi documenti del Gruppo Takatsu… e un’altra sulla fotografia di Shiori Takamiya… chissà cosa avrà pensato e perché l’ha aperto… forse per mera curiosità...

Terminò di vestirsi e scese per la colazione. Anche se avesse voluto dirle tutto aggrappandosi a quello spiraglio di luce che aveva intravisto, non era certo il momento migliore per farlo.

Lo spettacolo è troppo vicino e non ho alcuna intenzione di ferirla ancora confessandole i miei sentimenti inopportuni e inappropriati… Deve recitare al meglio delle sue possibilità, deve vincere la sfida con Ayumi e ottenere i diritti! Li merita… assolutamente, li merita!

Ignorò il tavolo con la colazione e si diresse direttamente in ufficio, infilando quel fazzoletto nella tasca interna della giacca.



Mizuki sollevò la cornetta e rispose al telefono. Dall’altra parte, una voce titubante si scusò più volte ancor prima di presentarsi. Lei lo rassicurò e lo invitò a parlare. L’uomo si presentò come il traduttore del fotografo francese Peter Hamil e chiese se stesse parlando con la segretaria del Presidente della Daito Art Production. Mizuki confermò e l’uomo disse che il fotografo aveva necessità urgente di parlare con Masumi Hayami e quando lei obiettò che era molto occupato, lui insisté per avere una risposta immediatamente. La segretaria aggrottò la fronte e chiamò il suo capo con l’interfono spiegandogli brevemente la situazione.

- L’ho già avvisato che lei è occupato… - concluse Mizuki ricordando il volto scuro con cui era entrato quella mattina in ufficio. Erano trascorsi tre giorni dell’aggressione di quella sera e, a parte il momento in cui si era svegliato, non ne avevano più parlato.

- Lo incontrerò alle tre… dall’agenda risulta libero fino alle quattro - rispose lui dopo un attimo.

- Va bene, signore, aggiorno l’appuntamento - rispose lei, riprese la telefonata e concluse con il traduttore che la ringraziò a profusione.

Di quella sera sembrava svanito ogni cosa, anche il ricordo, la ferita sulla fronte era guarita quasi subito e in parte era nascosta dai capelli, il volto non aveva lividi ma lei aveva visto la sua schiena quando il medico l’aveva esaminato: quei segni rossi sarebbero diventati sicuramente scuri e gli avrebbero procurato dolore. Aveva preso la boccetta di antidolorifici che gli aveva prescritto il medico ed era andato a casa. Si era accorta che il fazzoletto che lei aveva lasciato sulla scrivania non c’era più.

La porta dell’ufficio si aprì e lei sussultò. Ne uscì il suo capo con l’impermeabile al braccio.

- Ci vediamo alle tre - disse solo, incamminandosi verso gli ascensori.

- Arrivederci, signor Masumi - rispose lei cortese.

Mizuki guardò l’orologio e poi lo schermo del suo PC che mostrava quello spazio bianco occupato da lui per due ore, dalle undici alle tredici. Sorrise abbassando lo sguardo e domandandosi cosa avrebbe fatto dalle tredici alle tre, dopo aver assolto il suo nuovo impegno.

Quella notte, Maya non si è premurata neppure di nascondere i suoi sentimenti, è rimasta in piedi davanti a me, spaventata, preoccupata, e il suo sguardo ha cercato subito lui… Il signor Masumi le teneva la mano, chissà se l’avrà fatto consciamente o meno… Maya aveva cercato dappertutto qualcosa con cui fermare il sangue, forse presa dalla concitazione del momento, e solo dopo aveva usato il suo fazzoletto… che lui ora porta sempre con sé… sarebbe quasi inquietante se non lo conoscessi… E Maya ha visto anche quei documenti sulla famiglia Takamiya…

Lo spettacolo dimostrativo della “Dea Scarlatta” sarebbe stato il dieci di ottobre, mancavano poco più di due settimane: era davvero vicino. Prese il cellulare dalla borsetta e mandò un messaggio a Rei Aoki. Devo sapere come sta Maya…



Rei varcò la soglia del caffè dove la signorina Mizuki la stava sicuramente aspettando. Guardò l’orologio e si rese conto di essere quindici minuti in ritardo. Non indugiò ulteriormente e con passo svelto la cercò fra i tavoli individuandola immediatamente.

- Mi scusi per il ritardo - e si inchinò con il volto arrossato.

- Non si preoccupi, siamo tutti impegnati con il lavoro - rispose conciliante la segretaria - Come procedono le sue prove? - aggiunse sorprendendola.

Rei arrossì lievemente domandandosi come facesse a saperlo, si sedette e raccontò brevemente del prossimo spettacolo, la cui prima sarebbe stata il primo dicembre, e dove lei avrebbe interpretato il ruolo di Heathcliff in una versione di Cime Tempestose formata da sole attrici.

- So che la critica ha già dato riscontri positivi su questo progetto - annuì Mizuki - È sicuramente un’idea ardita - aggiunse poi bevendo il suo tè verde bollente. Ne offrì a Rei, ma la giovane rifiutò cortesemente.

- Sì! - ammise lei con orgoglio e i suoi occhi si illuminarono - È una sfida e quando ci è stato proposto abbiamo accettato! -

- Sono felice di sapere che anche lei è impegnata - disse la segretaria - E lavora, anche, vero? - la pose come una domanda, ma era chiaro che conosceva già la risposta.

Rei annuì, arrossendo lievemente. Questa donna a volte mi fa paura…

- Come sta Maya? - chiese subito dopo Mizuki e la giovane attrice si fece immediatamente seria, conscia che i convenevoli erano finiti - Le ha per caso raccontato qualcosa? - aggiunse la segretaria posando la tazza e sollevando lo sguardo su di lei.

- Non mi ha raccontato niente, è successo qualcosa? - chiese Rei subito allarmata. Lo sguardo fermo della segretaria fu una risposta fin troppo eloquente.

- Tre giorni fa, Maya è venuta alla Daito, era tardi, credo verso le undici, io non c’ero - iniziò Mizuki e Rei spalancò gli occhi - Penso sia venuta con l’intento di scusarsi con il signor Masumi per quell’articolo che era uscito, ma è una mia supposizione - sospirò e riprese, accavallando elegantemente le gambe - Quando sono usciti dalla Daito… - ma Rei la interruppe.

- Sono? - si intromise, preoccupata.

- Sì, erano insieme - annuì Mizuki - Pare ci fossero tre uomini che li hanno aggrediti... - Rei sbiancò e si appoggiò alla sedia - Ma il signor Masumi credo l’abbia protetta perché Maya non aveva un graffio, mentre lui, quando sono arrivata io alle due, era stato picchiato ed era svenuto - si affrettò a concludere la segretaria vedendo quanto fosse in apprensione l’amica.

- Perché Maya non mi ha detto niente…? - sussurrò con gli occhi spalancati.

- Lei non ha notato nulla di strano? - indagò Mizuki assottigliando lo sguardo.

- Ecco perché queste sere è sempre tornata a casa e Yu è venuto a mangiare da noi… - mormorò, lo sguardo assente e la mente concentrata - Ridevano, scherzavano, ma hanno comprato la cena fuori e… - i suoi occhi tornarono attenti e si fissarono sulla segretaria.

- Sembra felice… invece mente… mente sempre! - aggiunse Rei sibilando e stringendo un pugno.

- Non ha idea di quanto il signor Hayami abbia affinato quell’abilità… - borbottò Mizuki corrugando la fronte. Rei scoppiò a ridere e la segretaria la imitò portandosi una mano alla bocca.

- La “Dea Scarlatta” è troppo vicina, non possiamo fare niente, ora, vero? - aggiunse Rei all’improvviso e Mizuki la fissò - Lo ha pensato anche lei… - sussurrò l’attrice, sconsolata.

La segretaria annuì lentamente.

- Sicuramente, se agissimo ora in qualsiasi modo, io probabilmente verrei licenziata in tronco e anche lei passerebbe dei guai… - valutò la donna con espressione seria - Maya non ne gioverebbe assolutamente anche se sapesse che il suo amore è ricambiato e, probabilmente, neanche la sua Akoya ne trarrebbe vantaggio… è un amore tormentato quello… è meglio per tutti che la situazione resti così… -

- Meglio per tutti tranne che per loro due… - sussurrò Rei dispiaciuta.

- Ci sono delle cose che devono essere fatte, signorina Aoki, non concorda anche lei? - Mizuki la fissò intensamente - Non sarebbe meglio se fosse davvero Maya a vincere la sfida contro Ayumi Himekawa e ad ottenere i diritti della “Dea Scarlatta” dalla signora Tsukikage? -

- Diritti! Diritti! Parlate solo di questo! - ringhiò la giovane alterandosi per la prima volta e ricordando l’astio con cui Maya aveva parlato del signor Hayami e dei diritti di quell’opera. La segretaria si appoggiò allo schienale della sedia e incrociò le braccia al petto.

- In realtà è l’unica cosa di cui dovremmo occuparci - rincarò Mizuki mantenendo lo sguardo freddo - Dovrebbe aver capito ormai come gira questo mondo, le guerre fra le compagnie, i registi che snaturano e rovinano opere bellissime pur di fare soldi e… - fece una breve pausa - Lei ha un’idea vaga di quanto valgano quei diritti? - le chiese inclinando leggermente la testa.

Rei la fissò mantenendo quell’espressione contrita, poi scosse la testa.

- Non importa quanti miliardi di yen valgono, i soldi non possono sostituire le persone! E perché, se il signor Hayami l’ama come sembra, tormenta la signora e Maya per quei maledetti diritti? - picchiò un pugno sul tavolo e Mizuki socchiuse gli occhi sospirando.

- Non lo so, signorina Aoki, non lo so… - ammise dispiaciuta - Io credo che Eisuke Hayami abbia influito sul carattere del signor Masumi per molti anni poi… - si fermò, non poteva essere sicura di ciò che fosse avvenuto veramente.

- Poi? - la incalzò Rei sporgendosi in avanti e appoggiando gli avambracci sul tavolino.

- Poi ha conosciuto Maya Kitajima - terminò, espirando e confidandole la sua versione dei fatti - Sono convinta che lei gli abbia restituito quell’umanità che suo padre aveva sradicato fin da quando era un bambino… -

Rei valutò le parole della segretaria annuendo e si trovò pienamente d’accordo stupendosi per non esserci arrivata prima. È molto probabile che abbia ragione… Maya era una bambina di tredici anni quando incontrò Masumi Hayami, però ciò non significa che già all’epoca non lasciasse il segno nelle persone che la circondavano… sul palcoscenico poi, brillava come una stella… il primo mazzo di rose arrivò per Beth… Il signor Hayami deve essere rimasto davvero… folgorato…

Mizuki la vide sorridere, poi la giovane alzò lo sguardo e la mise al corrente dell’ultima cosa che la preoccupava.

- Però c’è qualcos’altro che è cambiato, adesso… - iniziò Rei - In queste sere in cui Yu è stato a casa nostra, loro sono più… - fece una pausa, ma la segretaria terminò per lei.

- Affiatati? - mormorò Mizuki, corrugando la fronte.

- Sì - annuì Rei - Ma non è solo questione della “Dea Scarlatta”, il loro modo di rapportarsi è cambiato, come se Maya avesse fatto una scelta precisa… da quella sera che è andata con lui al ristorante e decise di indossare il suo ciondolo… -

- Una scelta precisa? - ripeté la segretaria sollevando le sopracciglia - Cosa le ha dato questa impressione? -

Rei scrollò le spalle.

- A volte lui le tiene la mano e Maya non sembra subire quell’atteggiamento, anzi, oppure l’aiuta con il cappotto, piccole gentilezze che prima avrebbe rifiutato e che ora invece fra loro sono spontanee - riportò, cercando di ricordare i frangenti in cui li aveva visti insieme.

- Capisco… - annuì la segretaria alzandosi, imitata da Rei - Qualunque sia il motivo, non possiamo fare niente, Maya ha il diritto di scegliere -

Chissà se questa decisione deriva dall’aver scoperto che il signor Masumi dovrà sposarsi...

Rei la fissò qualche attimo in silenzio.

- Dovrebbe scegliere con consapevolezza, però, non credendo che… che lui non la ricambi - spiegò a bassa voce.

- Signorina Aoki… - sospirò Mizuki sempre mantenendo il tono di voce basso - Lei pensa che il nostro ammiratore possa essere davvero l’uomo adatto per Maya? Ha mai riflettuto su ciò che una loro relazione potrebbe creare? E dico non solo a livello emotivo per entrambi, ma anche professionale e, perché no, economico... -

Rei spalancò lentamente gli occhi ascoltando quelle parole, all’apparenza così fredde e distanti. Ero convinta che la signorina Mizuki volesse la felicità del suo capo… ho frainteso i suoi intenti…?

- Eppure, io per prima in passato l’ho spronato a chiarire la situazione, ma in questi giorni, avendo saputo che Maya lo ricambia, mi sono soffermata a pensare ciò che potrebbe avvenire… senza contare le ripercussioni, soprattutto sulla carriera di Maya, se venisse scoperta l’identità del suo ammiratore… Si rende conto? Sette anni di agevolazioni… ogni obiettivo raggiunto da Maya verrebbe inquinato dalle azioni che si sono protratte nel tempo… - si portò due dita in cima al naso e chiuse gli occhi, reprimendo l’onda di nausea che la colse immaginando lo scenario.

Rei rimase a fissarla inebetita.

- Io… non l’avevo mai vista in questi termini... - sussurrò, presa dallo sconforto.

- Se tiene a Maya, invece, dovrebbe - le fece notare con una decisa asprezza nella voce, e Rei comprese che la frase di prima, così analitica e controllata, celava solo il suo reale pensiero. Vorrebbe la felicità del suo capo… ma sa che sarebbe un disastro…

- E ora? Cosa facciamo? - mormorò la giovane attrice torcendosi le mani in grembo. La segretaria finì il tè e sollevò lo sguardo determinato verso di lei.

- Niente. Attendiamo la “Dea Scarlatta” e nel frattempo continuiamo ad ascoltare e a parlare con loro, soprattutto lei con Maya, visto che lui raramente si confida con me… e negli ultimi tempi ancora meno… - propose, pratica come sempre, la segretaria.

- Va bene - concordò Rei domandandosi come avrebbe potuto condividere qualche parola con Maya dato che non si vedevano quasi mai…

- Non si abbatta, per ora abbiamo fatto ciò che potevano per comprendere meglio la situazione - la rassicurò Mizuki - Conto sull’incapacità del mio capo nelle relazioni interpersonali per poter intervenire nuovamente e non mi tirerò indietro quando accadrà… - suonava molto come una minaccia e Rei scoppiò a ridere.

- Non è che Maya sia da meno… - borbottò la giovane con un ampio sorriso.

- Ci risentiamo presto, allora - si congedò Mizuki alzandosi, imitata da Rei.

- A presto, e grazie per la sua pazienza - la giovane attrice fece un lieve inchino.

L’uomo vestito di scuro, che aveva ascoltato tutta la conversazione comodamente seduto nel tavolino di fianco, ripiegò il giornale e seguì con lo sguardo le due donne.

Non me lo sarei mai aspettato… dunque è questo che stanno facendo…

Hijiri si alzò e un sorriso accennato gli incurvò le labbra. Il suo cellulare vibrò e rispose in automatico alla chiamata del suo capo che avrebbe incontrato entro mezz’ora.



Il fotografo francese varcò la soglia dell’ufficio del Presidente della Daito Art Production, accompagnato dalla sua gelida segretaria. Appena incrociò lo sguardo dell’imprenditore si rese conto che c’era qualcosa di diverso rispetto alle volte in cui l’aveva incontrato a Nara. Corrugò lo sguardo, ma gli strinse la mano e si accomodò sulla poltrona di fronte alla scrivania.

- Non ricordavo che fosse questo il suo ufficio quando sono venuto anni fa - esordì Peter utilizzando il giapponese.

- Non ricoprivo ancora questo ruolo - rispose pacatamente Masumi sedendosi - Se preferisce possiamo parlare in inglese - gli propose.

- Se non le dispiace preferirei utilizzare il giapponese finché mi sarà possibile nella discussione e la prego di perdonare i miei errori grossolani - gli disse ossequiosamente tenendo lo sguardo ancorato al suo.

- Non si preoccupi - rispose Masumi tornando al giapponese - Mi dica come mai l’urgenza di questo incontro -

- Lei è un uomo difficile da incontrare, lo sa? - gli erano occorsi giorni per trovare il contatto della sua segreteria personale.

Masumi sorrise mestamente e si accese una sigaretta, offrendola anche al francese che accettò.

- Purtroppo molti impegni richiedono la mia presenza ed è la signorina fuori da questa stanza che gestisce la mia agenda, ne sa molto più lei, della mia vita, di quanto non ne sappia io… -

Peter sorrise appena e si apprestò ad informarlo circa la sua presenza lì, sapeva che era un uomo diretto e che sarebbe stato inutile girare intorno al problema.

- Il mondo delle compagnie teatrali è davvero un groviglio e all’inizio, quando sono entrato nell’ambiente, ho fatto un po’ di fatica a districare tutti i nodi, ma adesso mi è tutto molto più chiaro - iniziò Peter notando quanto sembrasse distaccato quell’uomo, come se in realtà non fosse con lui in quella stanza.

- Avrebbe potuto chiedermi delucidazioni, l’avrei senz’altro aiutata - si intromise Masumi schiacciando l’interfono e chiedendo del caffè a Mizuki.

- Mi avrebbe dato una sua versione, io invece preferisco farmi un’idea da solo - e Peter gli strizzò l’occhio lasciandolo interdetto.

- Vedo che si è già fatto un’opinione di me - valutò Masumi consentendo a Mizuki di entrare col caffè. La segretaria appoggiò il vassoio in silenzio sulla scrivania, fece un lieve inchino e uscì.

Peter Hamil la seguì con lo sguardo soffermandosi sul suo posteriore perfetto e Masumi accennò un sorriso per quanto fosse scontato il comportamento di quell’europeo.

- È mai stata la sua amante? - gli chiese a bruciapelo, tornando a guardarlo quando lei uscì.

- No - replicò seccamente Masumi - Probabilmente è una pratica frequente in Francia, ma non qui in Giappone -

Peter scoppiò a ridere e spense la sigaretta.

- Non dica sciocchezze! È così anche in Giappone, è lei che è un uomo diverso - gli fece notare prendendo il caffè. Masumi lasciò correre quell’ultima frecciatina, non gli importava affatto che idea si fosse fatto il francese, molto di più il motivo che l’aveva spinto lì.

- La Ondine è di proprietà della Daito Art, vero? - riprese Peter posando la tazzina vuota e notando che lui non l’aveva bevuto. Masumi annuì e il fotografo proseguì.

- Quindi, tecnicamente, lei è il capo di Ayumi Himekawa - aggiunse fissandolo intensamente. Il suo interlocutore sembrò valutare quell’affermazione.

- I contratti con gli attori sono sempre molto delicati, Ayumi Himekawa ha un suo manager personale, ma diciamo che lei è nel giusto - confermò il Presidente della Daito.

- Allora sto parlando con la persona giusta - annuì il fotografo cambiando posizione sulla poltrona.

Masumi fu quasi convinto di averlo visto sospirare di sollievo. Ma che succede…?

- Sono perfettamente a conoscenza di quanto sia remunerativa la “Dea Scarlatta”, degli interessi che ci siano dietro, della guerra fra le compagnie per i famosi diritti che pare dividano quelli che stanno dalla parte della signora Tsukikage e quelli che stanno dalla parte del dio denaro, e anche della battaglia serrata che divide le due attrici protagoniste, ma… - fece una brevissima pausa che allarmò immediatamente Masumi - Ayumi Himekawa non sta bene, rischia di non poter più recitare e io non posso proprio permettere che accada una cosa del genere -

Il francese fissò l’uomo davanti a sé, sapeva di essersi completamente scoperto, ma non gli interessava. Appena Ayumi avesse saputo ciò che aveva fatto, l’avrebbe tagliato fuori dalla sua vita, cancellandolo completamente, ma lui voleva vederla sul palcoscenico, voleva fotografarla con gli occhi che ardevano presi dalla recitazione.

- Cosa significa tutto questo? - indagò Masumi appoggiando gli avambracci sulla scrivania e sporgendosi in avanti.

- Lei è un produttore teatrale e non ha mai apprezzato particolarmente un’attrice? Non posso crederlo… - lo stuzzicò il francese con un sorriso e lui si sentì gelare il sangue nelle vene.

- No - rispose Masumi dopo qualche attimo di tensione - Riconosco il talento e lo metto sotto contratto, ma apprezzarlo pubblicamente non mi è permesso, se ne renderà ben conto se ha davvero capito come funziona questo mondo - replicò pacatamente.

Quest’uomo sembra interessato solo agli affari… eppure… quel giorno nella valle, ho visto bene come guardava Maya Kitajima… vedeva solo il suo talento?

- Ma io posso! - e rise di nuovo - Ayumi Himekawa rischia la cecità permanente se non si opera immediatamente e io non posso sopportare di non vederla più recitare -

Udendo quella frase, che tante volte Masumi si era ripetuto a proposito di Maya, gli si bloccò il respiro in gola. Se Ayumi scoprisse che è venuto qui a dirmi una cosa del genere lo allontanerebbe immediatamente… quindi lui ne è innamorato a tal punto da rischiare tutto pur di aiutarla…

- Cecità permanente? - domandò inarcando un sopracciglio e celando la sua reale preoccupazione. Ecco perché sua madre Utako si sta occupando personalmente delle sue prove!

- Sì - annuì il francese freddamente - Ha avuto un incidente durante le prove poi è stata male… - spiegò brevemente, con espressione tesa.

Quanto gli sarà costato cercare il mio aiuto? Che strano europeo…

- Signor Hamil… - Masumi espirò il fiato appoggiandosi allo schienale della sedia - Comprendo perfettamente la gravità della situazione e parlerò con il manager della Himekawa sebbene dubito conosca le reali condizioni della sua assistita. Perché pensa che io possa ottenere qualcosa dove lei ha fallito? -

Peter Hamil si irrigidì e strinse con forza i braccioli della sedia.

- Non ho provato a convincerla e lei è legata alla sua agenzia da un contratto, no? Volete perdere un’attrice del calibro di Ayumi? - ringhiò il francese cercando di mantenere la calma e di parlare correttamente in giapponese.

Masumi si fece serio in un attimo.

- Avrebbe dovuto provare a convincerla, prima di venire da me - si alzò sistemandosi la giacca e versò due scotch, porgendogli un bicchiere - È una ragazza molto determinata, l’ha sempre avuta vinta coi suoi genitori, famosi e assenti, con i registi con cui ha lavorato, Onodera per ultimo, con i partner di scena, con le attrici rivali - il francese prese il bicchiere e seguì con lo sguardo quell’uomo freddo e controllato che, aveva capito, non avrebbe fatto assolutamente niente.

- E questo cosa significa? - sibilò Peter stringendo il bicchiere.

- Significa che Ayumi Himekawa ha scelto la Daito Art Production e non viceversa - rispose semplicemente con un sorriso sincero. Si sedette nuovamente, rigirando il liquore ambrato - Crede veramente che io potrei riuscire in qualche modo ad impedirle di interpretare la Dea dopo l’impegno che ha profuso? - alzò un sopracciglio perplesso e lo fissò.

Peter Hamil rimase in silenzio, riflettendo sulle sue parole lapidarie e rendendosi conto che, accecato dalle sue paure, aveva dimenticato la cosa più importante: Ayumi stessa. Non rinuncerebbe mai… ha combattuto per emergere dall’ombra dei suoi genitori per anni… è in lotta aperta con l’altra candidata… non le interessano i diritti né la fama derivante dall’interpretare quel ruolo… le interessa solo recitare e vincere quella sfida!

Bevve tutto d’un fiato quel liquore, che gli bruciò la gola e lo stomaco, appoggiò il bicchiere vuoto sulla scrivania e si alzò.

- Mi sarebbe insostenibile non vederla più recitare… - mormorò - Ma comprendo la sua posizione e le sue argomentazioni - annuì il fotografo sistemandosi la giacca del completo grigio che indossava.

- Se per lei è così importante, dovrebbe fare tutto ciò che è in suo potere per far sì che non accada - gli consigliò seriamente Masumi alzandosi e porgendogli la mano.

- La ringrazio per il tempo che mi ha concesso - disse il francese con tono di riconoscenza.

- Parlerò con il suo manager - gli promise Masumi accompagnandolo alla porta - Ma se sua madre Utako la segue nelle prove, significa che l’ha convinta, e significa anche che ha accettato che sua figlia possa diventare cieca pur di ottenere quella parte… -

- Lo so, la ringrazio anche per il tentativo che farà - annuì Peter uscendo dall’ufficio.

Mizuki fece un lieve inchino all’ospite che se ne andava e restò di fianco al suo capo. Era silenzioso e fissava la schiena del francese.

- Sembra combattuto - valutò la segretaria in un sussurro lieve.

- Lo è - rispose semplicemente Masumi rientrando nella stanza.



Anche quella sera uscirono dai Kid Studio che la notte aveva preso il sopravvento. Erano le dieci, i marciapiede erano poco affollati e spirava un debole vento.

- Sono stanca morta… - borbottò Maya contrariata fissando i piedi che si muovevano meccanicamente, uno davanti all’altro.

- Vieni, sali, ti porto io fino alla moto - propose Sakurakoji mostrandole la schiena. Lei arrossì lievemente e rimase immobile.

- Avanti, non fare storie - le sorrise in modo gentile e le fece cenno con le mani. Maya lo guardò ancora un attimo e poi accettò. Fece un piccolo salto mentre lui si piegava e si aggrappò al suo collo con le braccia. Yu la tenne saldamente sotto le gambe e la sistemò meglio, poi riprese a camminare.

- Non addormentarti, eh? - la mise in guardia - Altrimenti non riuscirò a portarti da quanto pesi! -

- Yu! - sibilò lei indignata, dandogli un piccolo pugno sulla testa.

- Ahi! - si lamentò il giovane, celando l’emozione di averla così vicina. Maya rimase in tensione solo per qualche minuto, poi si rilassò e appoggiò il mento alla sua spalla.

- Pensi mai all’esito dello spettacolo? - gli chiese con un mormorio appena accennato. I suoi capelli le pizzicavano la guancia, ma il calore che emanava era piacevole e anche il suo profumo.

- Ci penso ogni giorno, Maya - le confessò lui candidamente - La mia carriera potrebbe cambiare in modo drastico se mi aggiudicassi la parte di Isshin… -

Calò il silenzio dopo quella frase e nessuno dei due ebbe voglia di replicare. Se la vita di Yu sarebbe cambiata, quella di Maya sarebbe stata stravolta e lei ne era cosciente. Ma desiderava troppo diventare una vera attrice, capace di indossare mille maschere, come le aveva detto la signora Tsukikage. Le prove stavano davvero andando bene e lo spettacolo di Kuronuma prendeva forma. Anche se c’era ancora quella parte finale in cui sia lei che Sakurakoji non riuscivano ad esprimere al meglio i sentimenti di Akoya e Isshin.

Com’è possibile trasmettere i sentimenti legati ad un sacrificio così estremo! Come potrò mai mostrare alla gente quella maschera? E Yu? Anche lui… come potrà far vedere quanto sia immenso l’amore di Isshin, tanto da capire il sacrificio che va fatto?

- Ecco, siamo arrivati - la voce gentile di Yu la riscosse dalle sue riflessioni e lei vide la moto parcheggiata - Vuoi mangiare prima di tornare a casa? -

- No… ho sonno… - gli confessò lei scendendo - Grazie, Yu - aggiunse mentre lui le porgeva il casco.

- Perché mi ringrazi sempre con quel muso? - domandò avvicinandosi e fissandola con un sorriso canzonatorio.

- Io… sei sempre gentile, e non posso fare niente per ripagarti… - borbottò imbarazzata - Mi accompagni sempre a casa, paghi ciò che mangiamo e mi ascolti quando sono troppo nervosa per recitare e non riesco ad entrare nella parte… -

Sakurakoji la guardò per un attimo e il suo sguardo si riempì di dolcezza facendola sentire ancora più in difficoltà.

- Siamo stanchi entrambi, vero? - le chiese come se parlasse a se stesso - Non trovi che ci serva una pausa prima dello spettacolo? -

- Kuronuma non ci lascia neanche respirare… - ammise lei che iniziava a sentire la tensione che, cumulata alla stanchezza, la rendeva irritabile e nervosa.

- Dalla pianificazione, sabato io avrò le prove fino alle quattro e poi niente fino a lunedì, tu invece sei libera sia sabato che domenica - iniziò lui sentendo il cuore accelerare all’improvviso. Non aveva pensato di dirglielo in quel modo, ma la discussione l’aveva portato spontaneamente a quel punto.

Maya annuì di nuovo e lo vide frugare nel suo zaino.

- C’è un evento legato al teatro a cui vorrei partecipare, saremo di nuovo degli spettatori - e le porse un biglietto tenendone un altro per sé - Ho comprato due biglietti, ti va di venirci con me? Trascorreremo un po’ di tempo insieme, senza avere Kuronuma fra i piedi che urla né battute della “Dea Scarlatta” da ripetere all’infinito - e le sorrise.

Maya prese stupita il biglietto e spalancò gli occhi.

- Una nave? - sul biglietto era riportato l’orario di imbarco e il numero della cabina. Passeremo la notte sulla nave...

- Sì, è una nave da crociera, che fa un breve giro della baia di Tokyo - spiegò lentamente - L’evento prevede un intervento di alcuni registi e viene messa in scena la storia della principessa splendente e inoltre... - ma Maya lo interruppe afferrandogli un braccio.

- Taketori monogatari? - disse citando il titolo dell’opera. La sua espressione rapita fece sorridere Yu. Si è fermata a quell’informazione… non ha sentito niente del resto…

- Sì, esatto, Maya - confermò lui - E nel caso in cui risulti tutto noioso, ci sono sempre gli altri spettacoli che offre la crociera - aggiunse, ma Maya era già partita per il suo mondo.

- Ma… ci sarà tanta gente… ci riconosceranno e noi non… - balbettò lei riprendendo il contatto con la realtà.

- Niente giornalisti… solo altri attori e tutta gente del settore, anche se dovessero riconoscerci, non ci tormenteranno - la rassicurò Yu. Maya lo fissò stupita e un po’ imbarazzata, indecisa su cosa rispondergli.

- Tieni il biglietto, hai questi due giorni per decidere e io non insisterò oltre - aggiunse Yu rimettendo nello zaino il suo biglietto. Maya passò lo sguardo fra lui e il talloncino di carta che teneva fra le dita, mille pensieri che le attraversavano la testa.

Sakurakoji salì in moto e la invitò a fare lo stesso. Lei mise il biglietto nella borsa, si infilò il casco che lui le passò e salì.



Maya appoggiò il biglietto sul cuscino e si mise a pancia in giù sotto le coperte, puntando sui gomiti. Rei non era ancora tornata e la casa era silenziosa e buia. Una debole luce argentea filtrava dalla finestra della camera riflettendosi sui brillantini all’interno della carta del biglietto e lei sorrise.

Una crociera… con Yu… sapeva che dicendomi della rappresentazione della principessa della luna splendente mi avrebbe incuriosito, ma in fondo saremo solo lui ed io…

Spostò il biglietto e lo mise in verticale, come se questo potesse cambiare completamente la visione delle cose.

Siamo stati soli altre volte… al parco di divertimenti, a casa di sua cugina… anche qui… eppure lui non ha mai fatto niente di particolare dopo quella volta al parco in cui…

Si avvolse nelle coperte e si sentì avvampare perché il ricordo di quel bacio rievocò quello che lei aveva dato al signor Hayami quella notte dopo aver subito l’aggressione di quei tre tizi. Quante cose erano accadute in quegli ultimi mesi, aveva perduto il conto, anche in quell’istante era così confusa che avrebbe potuto sentire il suo cervello elaborare i pensieri. C’era stato addirittura un momento in cui aveva creduto che Masumi Hayami potesse essere la sua anima gemella. Tornò a guardare il biglietto adagiato sul cuscino e lo ruotò di nuovo.

Il mio ammiratore delle rose scarlatte… quanto ha fatto per me… è stato gentile, premuroso e anche affettuoso quando non era costretto a incontrarmi nella realtà… E io l’ho sempre aggredito, credendo che ce l’avesse con me e con la signora… anche quella sera, quando l’ho trovato a casa del Presidente Yamagishi, non ho creduto alle sue parole, l’ho assalito e gli ho detto delle cose terribili… e lui invece, mi ha tenuta stretta a sé, lasciandosi colpire senza un lamento, tutto per proteggermi… può desiderare i diritti della Dea Scarlatta, ma nessun essere umano arriva a fare una cosa del genere per profitto…

Si rigirò ancora, era sola, al buio, sotto le coperte, eppure si vergognava dei suoi pensieri, di quello che aveva provato quando l’aveva baciato sulle labbra, del calore del suo corpo che aveva agognato quando erano nel tempio nella valle, dei brividi che l’avevano attraversata quando l’aveva guardato togliersi semplicemente la giacca o aveva passato le dita fra i suoi capelli…

Si sposerà… devo accontentarmi del suo affetto di ammiratore, delle sue rose, dei suoi messaggi incoraggianti, ma non potrò mai avere niente di più… è impossibile che lui possa vedermi come una donna desiderabile… sarò sempre “ragazzina”... undici anni… davvero un’enormità… il suo lavoro… la sua famiglia, il suo rango… e anche… anche il suo aspetto… lui è davvero troppo irraggiungibile per me, una stella lontana che posso guardare brillare per sempre…

Sentì lo stomaco stringersi dolorosamente a quel pensiero di rinuncia, era cosciente che sarebbe stata quella la fine dei suoi desideri, ma in realtà, una parte nascosta in profondità nel suo cuore, aveva davvero creduto e sperato che lui fosse la sua anima gemella. Sospirò e strinse a sé il biglietto della crociera. In quel momento, l’opportunità di passare del tempo lontano da tutti, in un ambiente diverso, ma con accanto Yu a darle sicurezza, le sembrò la scelta ottimale.

Sono stanca di tutta questa tensione… del mio cuore che sobbalza ogni volta che penso a lui… della terra che mi manca sotto i piedi quando lo vedo o quando mi parla, anche se tutta questa sofferenza ha reso più vera la mia Akoya… continuerò a riversare i miei sentimenti nella recitazione… ciò che Akoya prova per Isshin è quello che sento per il signor Hayami e che non potrò mai confessargli…

Portò le ginocchia al petto raggomitolandosi e lasciò che lacrime di dolore scorressero libere, senza alcuna paura di mostrare quel suo lato debole. Rimase in silenzio e in solitudine a piangere finché non uscirono più lacrime e la gola le bruciò talmente da impedirle di respirare. Si sfregò gli occhi con le mani chiuse a pugno, si alzò, appoggiò il biglietto con attenzione sulla scrivania e andò in bagno a lavarsi il viso. L’acqua fresca fu come un tonico e lei sospirò guardandosi allo specchio.

In quel momento la porta di casa si aprì e chiuse e sentì i passi delicati di Rei che cercava di non far rumore per non svegliarla.

È sempre stata così gentile con me… e io… non ho mai avuto il coraggio di dirle niente…

Abbassò lo sguardo e quando il fusoma si aprì, si girò incontrando lo sguardo stanco di Rei.

- Maya… cosa fai ancora alzata? - le domandò in un sussurro.

- Non riuscivo a dormire - ammise lei - Ti va un tè? Lo preparo mentre ti lavi - propose, uscendo dal bagno.

Rei annuì e la seguì con lo sguardo finché non entrò in cucina. Chissà se si sarà spaventata per quell’aggressione… perché non mi hai detto niente, Maya? Si spogliò, si lavò rapidamente e quando uscì dal bagno la raggiunse il profumo delicato del tè infuso. Maya era seduta a gambe incrociate e fissava la sua tazza fumante.

- Come mai non riesci a dormire? Problemi con la Dea Scarlatta? - domandò sedendosi a sua volta e inspirando l’odore della bevanda. Maya scosse la testa.

- Kuronuma è esigente, non ci lascia tempo neanche per pensare quando passiamo da una scena ad un’altra, ma sembra soddisfatto ultimamente… - borbottò lei in risposta sempre con quello sguardo fisso.

- Allora cosa c’è che non va? - insisté Rei sorseggiando il suo tè.

- Sono stanca, Rei - ammise la giovane sollevando lo sguardo e solo in quel momento l’amica si rese conto che i suoi occhi erano arrossati. Ha pianto…

- Le prove sono pesanti? -

- Lo sono - annuì Maya - Ma non è solo per quello... - e riabbassò lo sguardo sospirando.

- Con Sakurakoji va tutto bene? Mi è sembrato sereno in queste sere, quando è venuto qui. C’era anche stasera? - chiese con indifferenza mascherando abilmente il suo reale interesse.

- Sì, con Yu va tutto a meraviglia, anzi… - la guardò con un sorriso e Rei la fissò incuriosita - Mi ha invitato per una crociera in nave dove ci sarà un evento legato al teatro e verrà rappresentata la storia della principessa della luna splendente -

- Una crociera? Quando? - sì informò immediatamente mentre mille immagini diverse le si pararono davanti.

- Questo fine settimana - spiegò Maya arrossendo lievemente.

- Quindi dormirete a bordo - annuì Rei fingendo disinteresse - E tu? Cosa vuoi fare? È questo che ti affligge? -

Maya sollevò la tazza e bevve un po’ di tè, completamente assorta nei suoi pensieri.

- Non gli ho ancora dato risposta, ma vorrei andare - rispose alzando lo sguardo, che non sembrava affatto in dubbio.

- Oh… capisco… - annuì Rei con espressione neutra mentre un enorme campanello di allarme le trillò in testa. Ha rinunciato al suo ammiratore… perché? Eppure basterebbe che tu sapessi che ti ricambia, che ti ama da sette anni!

Posò la tazza con l’intenzione seria di dirle tutto, di farla desistere dall’accettare quell’appuntamento, di affrontare il signor Hayami, ma Maya parlò per prima, distraendola.

- È vero che saremo solo noi due, ma non ci saranno giornalisti, solo gente del settore del teatro… sono così stanca… e Yu è sempre gentile, presente, silenzioso… - quelle parole suonarono più come una giustificazione, ma Rei rimase ad ascoltarla - Questa è la realtà, io vivo qui: i sogni, le illusioni, fanno parte di un mondo che non mi appartiene… -

Rei fissò l’amica che parlava con tono dimesso e appena sussurrato domandandosi da dove le venisse quella presa di posizione. Hai sempre considerato il signor Hayami come un’illusione irraggiungibile? Posso capirti, Maya… scoprirsi innamorata di un uomo come lui, che ti ha sempre deriso e maltrattato oltre che corteggiato e aiutato nei panni di un ammiratore segreto deve essere stato davvero un brutto colpo… chissà cosa ti ha portato a decidere di accantonare quel sentimento… e quanto stai soffrendo adesso? E se sapessi che anche lui soffre come te?

- Hai mai pensato al matrimonio, Rei? - le chiese all’improvviso Maya e l’amica sputò il tè che le era andato di traverso, picchiandosi un pugno sul petto e tossendo fino a colorarsi come un pomodoro.

- Il matrimonio? - la interrogò Rei osservandola diventare rossa per l’imbarazzo. Maya abbassò lo sguardo e unì le mani in grembo.

- Sì… il matrimonio - sussurrò - L’ho sempre considerato l’inizio di una nuova strada, non c’è più ‘io’, ma ‘noi’, un vincolo che permette a due persone di unire le forze e vivere insieme -

Maya ma che ti prende? Perché mi parli di matrimonio???

- Io… sinceramente non ci ho mai pensato… - ammise Rei con un ultimo colpo di tosse - Non starai mica pensando di… - ma Maya la interruppe con una faccia buffa, completamente rossa.

- No! No! - esclamò scuotendo le mani in avanti - Sai… ho scoperto che il signor Hayami si sposerà - le confidò in un debole mormorio.

Rei sussultò. Sposarsi? La signorina Mizuki non mi ha detto niente…! Quindi è questo il motivo!

- Si sposa? - ripeté lei, più per cercare di dare un ordine ai suoi pensieri confusi ed evitare di dire la cosa sbagliata. Maya annuì.

- Lo so che ti potrà sembrare strano che io ne parli, in fondo con me è sempre stato sgradevole e inopportuno - e Rei vide i suoi occhi incendiarsi di colpo, ricordando gli screzi passati - Per non parlare di come suo padre abbia braccato la signora Tsukikage… ma… - si bloccò di colpo, improvvisamente in difficoltà e per fortuna Rei la trasse d’impaccio.

- È singolare che un uomo come lui si sposi… inoltre non mi sembra di averlo mai visto in compagnia e nessun giornale ne ha mai parlato… - valutò Rei sussurrando. Guardò Maya per un po’: lei teneva lo sguardo basso, aveva le guance arrossate e poteva solo immaginare cosa stesse pensando. Vorrei chiederle come lo ha scoperto, ma so che la metterei in difficoltà…

- Se anche un uomo come lui riuscirà a sposarsi, anche io… - ma si fermò di nuovo, confusa e frastornata, non riuscì ad esprimesi e quando sollevò gli occhi speranzosi su di lei, Rei soffocò un groppo in gola per il dispiacere. Maya… non dovresti sminuirti così… perché questi paragoni?

- Ma certo! - esclamò allegramente - Masumi Hayami che si sposa? Finché non lo vedrò non ci crederò! - e picchiò un pugno sul tavolo facendo la faccia cattiva. Maya ridacchiò e Rei si unì a lei.

Grazie, Rei...

- Mi… mi aiuteresti con il vestito e le altre cose? - le chiese vergognandosi un po’ e Rei sentì il cuore stringersi per la sofferenza.

- Ovvio! Non oso pensare a cosa faresti se ti lasciassi da sola! - la redarguì immediatamente - Sabato mattina, se non hai le prove, ci occuperemo di tutto! - aggiunse con voce risoluta e Maya la fissò con occhi spalancati.

- Va… va bene - riuscì a rispondere Maya apprezzando la veemenza dell’amica e la sua disponibilità. Sì… starò bene… potrò non pensare per un po’ alla Dea Scarlatta né a… Oh basta! Inizio da ora!

Si alzò scuotendosi il pigiama e sbadigliando.

- Vado a dormire, grazie, Rei -

- Buonanotte Maya, io finisco il tè, grazie per avermelo preparato -

La seguì con lo sguardo, in apprensione, e quando chiuse il fusoma della camera, prese di scatto il cellulare e scrisse un messaggio.

“Signorina Mizuki, sono Rei Aoki, mi scuso per l’ora, non si allarmi, ma devo assolutamente chiederle una cosa… Il signor Hayami si sposa?”

Rei attese trepidante, sperando che la segretaria rispondesse, il cuore che batteva rapidamente. Dopo tre minuti stava per rassegnarsi quando il telefono vibrò. Toccò immediatamente l’icona e aprì il messaggio.

“Non so darle risposta certa in questo momento, ma credo che suo padre voglia farlo andare ad un incontro matrimoniale con la nipote di un suo vecchio e caro amico. Lei come fa a saperlo?”

Rei ebbe un tuffo al cuore e venne avvolta da un profondo dispiacere per Maya. Allora è vero… si sposa…

“Me l’ha detto Maya! Ha accettato di andare con Yu Sakurakoji in crociera per due giorni nella Baia di Tokyo! Credo che abbia deciso di dimenticare il suo ammiratore... ”

Ancora silenzio per diversi minuti.

“Incontriamoci domani al solito caffè”

Rei rispose immediatamente.

“Va bene”

Espirò, spense il cellulare e andò a dormire con il cuore pesante e i pensieri scombussolati.


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Capitolo 41
*** Una Principessa splendente ***


Ultima revisione: marzo 2016

 

41. Una Principessa splendente



Hijiri attraversò lentamente la strada seguendo la figura elegante e sinuosa della segretaria del suo capo. Non era solito agire di propria iniziativa, soprattutto quando Masumi gli dava degli incarichi specifici, ma la conversazione delle due donne di qualche giorno prima l’aveva incuriosito e anche piacevolmente sorpreso. Entrambe sembravano volere solo ed esclusivamente il bene dei loro protetti, non agivano per interesse personale né, tanto meno, per tornaconto.

Mizuki Saeko, di cui ora conosceva non solo il nome, ma anche parte della sua vita, si era rivelata molto intelligente, arguta e con uno spiccato senso del dovere nei confronti di Masumi tanto da convincerla ad esporsi completamente con l’amica di Maya.

Rei Aoki, della quale aveva cercato informazioni sebbene non ci fosse poi molto da sapere, era altrettanto fedele a Maya ed era stata lei a contattare Mizuki ricorrendo probabilmente a tutto il suo coraggio. Aveva intuito che si erano incontrate forse una o due volte in più rispetto alla discussione che aveva sentito, ma ora era deciso a non perdersi più un loro incontro.

Aveva cercato assiduamente la motivazione che l’aveva spinto ad agire in modo così impulsivo e senza avvisare Masumi: dapprima si era detto che più informazioni avesse appreso, meglio sarebbe stato, poi aveva capito.

Maya Kitajima sembrava sinceramente e profondamente innamorata di Masumi Hayami, proprio di quell’uomo che l’aveva apparentemente vessata per anni e, dall’altra parte, incoraggiata, mandandole delle rose e dandole aiuti economici a profusione. Durante quegli anni in cui lui stesso l’aveva sorvegliata e consegnato le rose, un affetto sempre più radicato lo aveva spinto verso quella ragazza e, quando si era accorto dei suoi sentimenti, era troppo tardi per poterli cancellare.

Distolse lo sguardo che teneva fisso su un ideogramma del giornale che aveva davanti e una ruga increspò la sua fronte liscia.

Non voglio cancellarli…

Riportò l’attenzione sul giornale. Si era anche reso conto che, nonostante i suoi sentimenti, non avrebbe mai fatto niente contro Masumi, a costo di rimetterci la sua, di sanità mentale. Però, quelle due donne, parlavano continuamente di Maya, conoscevano momenti della sua giornata che a lui erano sconosciuti e che invece avrebbe voluto sapere. Inoltre, dal loro ultimo confronto e da ciò che aveva dedotto osservandola, Maya sembrava in qualche modo più serena e sicuramente più vicina a Sakurakoji. Quel moto freddo di gelosia, lo stesso che aveva visto infinite volte nello sguardo di Masumi, aveva colto anche lui.

Sono qui perché sono innamorato di lei e non tollero che soffra e sia infelice… ecco l’ho ammesso… cambierà qualcosa? Assolutamente no… ma farò tutto ciò che è in mio potere per renderla felice…

Il caffè era affollato, un mormorio sommesso si mescolava alla musica di sottofondo, ma lui si era posizionato in un tavolino alle loro spalle e non avrebbe avuto alcuna difficoltà ad udire la conversazione.

- Quindi Maya ha guardato quel fascicolo la notte in cui sono stati aggrediti? - sussurrò Rei portandosi una mano davanti alla bocca.

- Sì, ho visto io stessa la cartella e il suo contenuto - annuì Mizuki - È probabile che Maya abbia tratto le sue considerazioni da sola, non è più una bambina, ormai… -

- Si è rassegnata! - esclamò Rei e Hijiri corrugò la fronte sfogliando una pagina del giornale che teneva aperto davanti agli occhi.

- Se ha deciso di accettare la crociera con Yu è molto probabile che sia così… - concordò la segretaria e Hijiri apprezzò quel suo modo di fare, pacato e riflessivo.

Una crociera? Quando? Avanti… ditemi quando!

- Sono convinta che stasera glielo dirà… - immaginò Rei con voce mesta.

Il silenzio divenne prolungato, così Hijiri si girò leggermente e puntò gli occhi sul profilo della segretaria. La tensione sul bel volto era evidente, le due donne si guardavano, poi la segretaria inspirò e accavallò le gambe con un movimento fluido.

- Signorina Aoki - iniziò Mizuki - Non voglio coinvolgerla da ora in avanti, so che lei è amica anche di Yu Sakurakoji, ma io ho intenzione di fare in modo che lui non si presenti sabato sera al molo, né che salga su quella nave! - la sua espressione determinata e fiera non lasciava adito a dubbi: avrebbe fatto esattamente ciò che si era prefissata. Hijiri sussultò.

La crociera è dopodomani!

Rei spalancò lentamente gli occhi e serrò le labbra. Aveva compreso da tempo da che parte stesse la signorina Mizuki, anche lei aveva capito i sentimenti di Maya, ma non voleva che la sua amica soffrisse in alcun modo. Se aveva deciso di relegare in un angolo del suo cuore un amore irraggiungibile e impossibile e accettare invece quello di Sakurakoji, per lei andava bene così. Forse Maya avrebbe sofferto un po', ma alla fine sarebbe stata felice.

- Cosa vuole fare? - la interrogò la giovane attrice e Hijiri notò il suo cipiglio deciso. Non sei una che si lascia intimidire, vedo...

- Ancora non lo so... - ammise la donna - Ma troverò un modo per impedirgli di raggiungere Maya! Lei la porti pure a fare shopping, ha diritto di sentirsi una Principessa per una notte, ma il suo Principe Azzurro non verrà! - sibilò Mizuki, meravigliando Rei per quella reazione così sentita e fuori dal comportamento usuale della segretaria.

- Non potrebbe provare a convincere lui... - aggiunse Rei, ma Saeko la interruppe subito.

- Sono cinque anni che ci provo! Crede che sia facile parlare con quell'uomo?! A volte non mi permette neanche di fiatare! - ringhiò la segretaria perdendo la sua calma. Rei sbatté più volte le palpebre senza riuscire a capire.

Signorina Mizuki... perché è così nervosa? Sembra in apprensione per qualcosa... tiene davvero così tanto alla felicità del suo capo come io tengo a quella di Maya? Io però sono disposta ad accettare la sua decisione... lei invece...

Hijiri osservò di sottecchi le due donne che si fronteggiavano. Ognuna era rimasta sulla propria posizione, entrambe volevano che la persona a cui tenevano fosse felice: per una il suo datore di lavoro e forse qualcosa di più, per l'altra la sua migliore amica, forse una sorella.

Mizuki Saeko... probabilmente non ascolterà lei, ma io potrò almeno farlo ragionare... il signor Masumi è uno di quegli esseri umani che dà il meglio di sé quando viene messo alle strette e io ho tutta l'intenzione di chiudere il leone in gabbia...

Forte di quella risolutezza, si alzò chiudendo il giornale e lasciò il caffè: tutto ciò che gli serviva lo aveva udito, adesso doveva trovare il modo di usarlo e di convincere lui a salire su quella nave al posto del giovane attore. Spostò lo sguardo per un'ultima volta sulla segretaria del suo capo, si assestò gli occhiali da sole ed uscì nelle strade affollate di Tokyo.



Quella giornata sembrava non finire mai e quando Kuronuma, alla bellezza delle dieci di sera, mandò tutti nei camerini, Maya avrebbe voluto sinceramente ucciderlo. Aveva la stessa capacità di irritare della signora Tsukikage, ma in più aveva la forza fisica. Sembrava instancabile, usava quel maledetto copione come una clava e si trasformava realmente in un cavernicolo.

Era sudata e stanca, ringraziò dal profondo del cuore un'altra attrice che le porse un asciugamano mentre tutti i suoi pensieri si focalizzavano su ciò che avrebbe dovuto dire quella sera a Yu. Sentiva i suoi occhi su di sé, era dietro di lei probabilmente. Per tutto il giorno aveva atteso la sua Akoya, si erano incontrati e amati decine di volte su quel palcoscenico improvvisato, ma lui adesso aspettava Maya Kitajima.

Evitò di voltarsi sebbene la curiosità fosse alle stelle, lasciò la sala prove e raggiunse il suo camerino. Chiuse la porta dietro di sé ed espirò tutto il fiato che aveva trattenuto.

Santo cielo... sembro una condannata a morte... Vado a fare una crociera, non finisco sul patibolo! Cosa penserà di me Yu se mi presenterò in queste condizioni?

Si sedette davanti allo specchio e fissò il suo riflesso. Si portò le dita alle guance e le tirò, facendo le boccacce.

Ogni momento libero nella giornata trascorsa aveva pensato a quella faccenda, convincendosi che la decisione che aveva preso fosse non solo la più giusta, ma anche l'unica disponibile. Non avrebbe potuto continuare a struggersi per un uomo che non l'avrebbe mai potuta considerare come una donna, l'abisso era incolmabile; invece Yu era lì, accanto a lei, sempre, era il suo Isshin, l'amava sulla scena e nella realtà, ed era evidente.

Scosse la testa per scacciare tutti quei pensieri e si vestì rapidamente. Corse fuori dal camerino incrociando gli altri attori e salutando, allegra come sempre, finché nell'atrio trovò Yu ad attenderla. Il suo cuore accelerò immediatamente, ma riuscì a dominare l'emozione e quando lo raggiunse gli sorrise raggiante.

- Andiamo? - chiese lui porgendole la mano.

- Sì! - Maya la mise nella sua e uscirono insieme sotto lo sguardo corrugato del regista Kuronuma che aveva seguito la scena appoggiato alla porta della segreteria.

Raggiunsero la moto nel solito parcheggio vicino ai Kid Studio e una mezz'ora dopo erano sotto l'appartamento di Maya e Rei a Yokohama.

Scesero togliendosi il casco e la giovane attrice riuscì a trovare il coraggio per parlargli.

- Yu, vengo volentieri con te in crociera questo fine settimana - gli disse senza balbettare, sentendosi fiera di se stessa. Lui spalancò lentamente gli occhi, meravigliato, e rimase in silenzio qualche secondo, tanto che Maya iniziò a preoccuparsi.

- Io... ne sono davvero felice, Maya! - esclamò all'improvviso abbracciandola. Non era lo stesso modo che usava quando recitava Isshin. Le sue braccia l'avvolsero con calore e lei si sentì come in un bozzolo. Abbandonandosi a quella sensazione, si accorse però con sgomento che il suo cuore non batteva frenetico come quando aveva vicino il signor Hayami.

Ecco! Non ci avevo pensato tutto il giorno!

Yu la sentì irrigidirsi e, pensando non avesse gradito il suo slancio d’affetto, la liberò dall'abbraccio; un po' imbarazzato, risalì sulla moto.

- Sarà una serata di gala, quindi indossa un bel vestito elegante, lo farò anche io - e sorrise amabilmente strizzandole l’occhio - Inoltre porta una valigia con tutto quello che ti occorre e qualche cambio per stare comoda - aggiunse infilandosi il casco - Io avrò le prove fino alle quattro, ma dato che tu sei libera potrai andare sulla nave con calma, io ti raggiungerò lì! -

Maya ascoltò la sfilza di suggerimenti che le giunsero con voce emozionata e annuì sorridendo. Una serata di gala... speriamo vada tutto bene...

Senza sapere da dove le venisse quel dubbio così pronunciato, sollevò la mano e salutò Yu prima di rientrare in casa.



Avevano dedicato quella soleggiata mattina di sabato all'acquisto di un abito da sera. Maya ne aveva provati almeno venti in dieci negozi diversi e non si piaceva mai, diceva che appariva diversa da ciò che era e che non si sentiva a suo agio, finché, allo stremo delle forze, Rei aveva mandato un messaggio a Mizuki chiedendole di nascosto un negozio dove portare Maya che potesse soddisfare l'esigenza semplice e giovanile della ragazza. La segretaria aveva semplicemente inviato un indirizzo e Rei aveva preso l'amica per una mano e ce l'aveva trascinata.

Dapprima Maya aveva fatto le solite storie e mentre la tirava per strada nessuno avrebbe potuto dire che quella ragazza mingherlina che urlava come un'ossessa avrebbe potuto essere la prossima Dea Scarlatta.

In quel momento, ansante per la fatica, Rei aprì le doppie porte del negozio. Una volta dentro, Maya si guardò intorno spalancando gli occhi per la meraviglia. Somigliava ad un salotto, con tanto di divani e lampadario centrale di cristalli.

- Rei... sai quanto costeranno qui i vestiti? - le chiese in un sussurro teso e la venditrice che gli era venuta incontro mascherò un sorriso dietro una mano.

- Non preoccuparti di questo adesso, guarda se c'è qualcosa che ti piace - le consigliò Rei imbarazzata sedendosi su uno dei divani e appoggiando le borse e i soprabiti.

Maya spiegò alla signorina cosa stesse cercando e due commesse che chiamò si misero subito in cerca, portandole nel camerino quattro abiti. Rei si portò una mano alla fronte, pronta ad una maratona infinita di lamentele, ma quando Maya uscì col primo vestito, raggiante in volto, seppe che avevano centrato l'obiettivo.

Acquistarono l'abito e uscirono in cerca degli accessori. Se Rei aveva creduto quel traguardo più facilmente raggiungibile non avrebbe potuto commettere errore di valutazione più grave. Probabilmente Maya non era abituata a fare shopping quindi non aveva idea di come si facesse. Chissà se il signor Hayami conosce questo lato della nostra Maya... magari potrebbe fare dietro front se lo sapesse...

Alla fine optò per un bellissimo paio di sandali con i tacchi non troppo alti e una borsa decorata della stessa foggia. Quando Rei insisté per comprare anche orecchini e collana, Maya oppose un tale categorico rifiuto da lasciarla sbalordita.

- Non mi posso permettere dei gioielli veri e non voglio andare in mezzo a quella gente con delle pietre finte... so benissimo cosa direbbero gli articoli il giorno dopo... - si lamentò decisa, il volto paonazzo e le labbra imbronciate.

- Ma se hai detto che non ci sono giornalisti! - obiettò Rei esasperata.

- Eppure le notizie trapelano lo stesso! Hai visto cosa è successo quel giorno quando abbiamo parlato? - rispose Maya stringendo i pugni e guardandola irritata.

- Maya, smettila di fare i capricci! Non puoi andare senza gioielli! - rimarcò bloccandola in mezzo al marciapiede.

- Invece posso eccome! - ribatté senza smuoversi di un millimetro dalla sua idea - A chi vuoi che importi se un'attrice sconosciuta indossa o meno dei gioielli! Ci saranno donne bellissime, nessuno mi guarderà! -

- Oh! Che donna impossibile! - sibilò Rei ormai al limite della pazienza - Fai come ti pare! - la lasciò girando i tacchi e proseguendo verso il salone di bellezza dove nel pomeriggio Maya sarebbe stata trasformata in una moderna Cenerentola.

Mentre Rei spiegava ogni cosa alla commessa del salone, Maya ripensò a quell'analogia con la favola e un sorriso si dipinse sul suo volto. Rei oggi è come la mia fata madrina...

- E ora andiamo a mangiare! - l’amica le prese un braccio trascinandola fuori e Maya preferì non lamentarsi vista l'occhiata rovente che le rifilò.

Si sentiva frastornata ma felice: era la prima volta che faceva una cosa del genere e non vedeva l'ora di assistere alla rappresentazione della Principessa splendente.



Mizuki aveva vagliato diverse alternative per riuscire a far ritardare l'uscita di Sakurakoji dagli studi di prova e alla fine aveva scelto quella in cui riusciva meglio: la burocrazia. Lui era un attore della Ondine, fra poco meno di due settimane ci sarebbe stato lo spettacolo dimostrativo ed era necessario rivedere alcuni punti del contratto.

Così aveva chiamato il regista Kuronuma chiedendo di poter passare alla fine delle prove e trattenere qualche minuto il suo primo attore. Il regista aveva acconsentito anche perché gli risultava che Yu non avesse alcun impegno quel pomeriggio.

Lei non aveva niente contro quel ragazzo, anzi, le piaceva anche, ma non poteva permettere che Maya scegliesse senza conoscere ogni cosa. Naturalmente lei aveva provato a parlare con il signor Masumi, ma non era mai riuscita a fare breccia nella sua corazza, che sembrava essersi ispessita in quegli ultimi tempi, neanche usando il sarcasmo con cui l'aveva sempre scosso. Non aveva potuto rivelargli ogni cosa altrimenti, ne era sicura, l'avrebbe licenziata su due piedi.

Non è importante che lei salga su quella nave... per ora è più importante che non ci salga quel ragazzo... Ed è interessante come entrambi gli attori non abbiano detto niente al loro regista di questa uscita...

Varcò le doppie porte dei Kid Studio, raggiunse la segreteria e la fecero accomodare nell'ufficio di Kuronuma, che arrivò qualche minuto dopo. Discussero brevemente e poi lui uscì a chiamare il suo primo attore. Mizuki si sentiva elettrizzata, non aveva mai agito in quel modo in vita sua e sapeva che la sua carriera avrebbe potuto subire una improvvisa battuta d'arresto.

La porta si aprì nuovamente e Sakurakoji, il volto scuro e contratto, fece il suo ingresso seguito dal regista.

- Buonasera, signorina Mizuki - la salutò con deferenza, poi notò il plico appoggiato sulla scrivania di Kuronuma e immaginò che ci fosse qualcosa che non andava.

- Ciao, Sakurakoji - ricambiò il saluto - Prego siediti, ci sono alcune cose del tuo contratto che dovremo rivedere, non ci vorrà molto - gli comunicò mantenendo una freddezza studiata.

- Il mio contratto? - chiese lui spaesato senza sedersi.

- Sì, il contratto con la Ondine - continuò con la solita professionalità la segretaria. Yu esitò ancora qualche attimo, guardò l'orologio nervosamente, poi si sedette.

Erano le quattro e quindici del pomeriggio.



Maya si guardò nello specchio e non riuscì a credere ai suoi occhi. Spalancò la bocca e sgranò gli occhi per lo stupore. Con pollice e indice prese i lembi della gonna leggera come seta e li lasciò ricadere.

Rei ridacchiò e le mise le dita sotto il mento chiudendole la bocca.

- Sono io questa? - domandò in un sussurro allo specchio del salone di bellezza.

- Sì, sei tu! - mormorò Rei tenendola per le spalle e posandole un bacio sulla guancia - È tardi, Principessa, la tua carrozza ti attende fuori, o farai tardi! -

Maya si riscosse e la guardò voltandosi.

- Grazie, Rei - le disse con occhi brillanti - Quando tornerò da questa crociera c'è una cosa che devo dirti, aspettami! - aggiunse stringendole le mani con forza. Scusami, Rei... ti dirò ogni cosa, lo prometto... mi sei tanto cara, amica mia!

Salutò le commesse del salone che l'avevano coccolata per tutto il pomeriggio, indossò un elegante soprabito nero e salì sul taxi, la sua valigia già nella bauliera.

Le strade iniziavano a riempirsi per il traffico di uscita degli uffici, ma il tassista la rassicurò dicendole che sarebbero arrivati per tempo al porto.

La mia mente è così vuota... da quando ho detto a Yu che sarei andata con lui, ogni cosa sembra essersi fermata... Non ho più pensato a niente, tranne a questa sera... sono proprio patetica... una ragazzina insignificante con un bel vestito addosso...

Voltò lo sguardo fuori dal finestrino e lo lasciò vagare sul panorama circostante.

Erano le cinque e dieci minuti.



Hijiri sapeva che Masumi non avrebbe mai preso in considerazione l’idea di salire spontaneamente su quella nave. Uno dei motivi era legato al fatto che sembrava aver deciso di non confessare a Maya il suo amore essendo così vicina la “Dea Scarlatta”. Un altro, ne era certo, era la sua difficoltà nel doverle stare accanto. Era sicuro che durante il periodo trascorso nella valle fosse accaduto qualcosa ad entrambi, ma lui non gliene aveva mai parlato. Era innegabile che Masumi avesse cambiato completamente regime da allora.

Ma questa volta non era disposto a lasciar correre, anzi, aveva preso una decisione ben precisa: se Masumi non fosse andato su quella nave, ci sarebbe andato lui, non l’avrebbe lasciata da sola in mezzo a tutta quella gente. Soprattutto con Sakurakoji.

Si guardò allo specchio e approvò il risultato: poteva funzionare davvero.

Prese il cellulare e chiamò il suo capo avvisandolo che doveva incontrarlo urgentemente per parlargli di una cosa che riguardava Maya. La risposta arrivò scontata, chiuse la telefonata con un lieve sorriso a increspargli le labbra, prese il soprabito elegante e le chiavi della macchina dando inizio al suo piccolo piano.

Erano le cinque e ventisette minuti.


Quando Mizuki terminò il suo teatrino con Sakurakoji, il giovane schizzò via dall’ufficio come se avesse un demone ad inseguirlo, sotto lo sguardo attonito del regista.

- Lo scusi, signorina Mizuki - le disse Kuronuma portandosi una mano fra i capelli, lievemente imbarazzato.

- Non si preoccupi - scosse la testa - Deve avere un appuntamento molto importante, spero di non avergli fatto fare tardi… - aggiunse la segretaria continuando a fissare il corridoio dei camerini dove Sakurakoji era scomparso, celando abilmente la sua soddisfazione.

- In qualsiasi posto debba andare, spero che l’appuntamento sia tardi, perché fuori le strade sono intasate per il traffico… - borbottò il regista salutandola con un lieve inchino che lei ricambiò. Mizuki sorrise guardando il suo orologio. Mi dispiace, ragazzo… l’imbarco termina alle sette...

Erano le cinque e quarantotto minuti.



Masumi raggiunse l’ultimo piano di quel palazzo che spesso usavano come punto di incontro. La voce di Hijiri lo aveva messo in allarme. Era consapevole che il suo uomo ombra non l’avrebbe chiamato così all’improvviso se non ci fosse stato un reale problema e in più, se non aveva potuto parlargliene a telefono, doveva essere accaduto davvero qualcosa. Negli ultimi due giorni non l’aveva sentito, sapeva che sorvegliava sempre lei e che poteva contare su di lui per qualsiasi cosa.

Sentì dei passi e si girò incrociando gli occhi verdi del suo collaboratore che stranamente non indossava i consueti occhiali da sole.

- Hijiri - lo salutò e l’uomo ombra ricambiò con un lieve inchino.

- Signor Masumi -

Si rese immediatamente conto che c’era qualcosa di diverso nell’espressione di Karato e i suoi timori iniziarono a farsi sempre più pressanti.

- Cosa succede? - gli chiese subito senza perdere tempo, mentre il cuore accelerò i battiti sull’onda della sua preoccupazione.

- Maya Kitajima, signore - iniziò Hijiri sapendo così di avere tutta la sua attenzione - Questa sera salirà su una nave da crociera, per due giorni… - fece una breve pausa osservando il volto impassibile di quell’uomo controllato - ...con Yu Sakurakoji -

Masumi corrugò la fronte e i suoi occhi diventarono freddi, ma non fece nessun altro movimento né parlò.

- Non vuole fare niente? - lo incalzò Hijiri con voce pacata.

- Non posso fare niente, quella ragazzina ha diritto di fare quello che vuole della sua vita, io ho interferito abbastanza - replicò lui freddamente cercando di placare quell’angoscia lacerante che gli premeva in petto.

- Non crede che avrebbe diritto di decidere dopo essere stata messa al corrente della verità? - insisté il collaboratore deciso a non soccombere al suo sguardo assassino che ogni volta gli impediva di opporre resistenza.

- La verità? - domandò sarcastico Masumi tornando a voltarsi e mettendosi le mani in tasca - Come pensi reagirebbe? Credi davvero che l’averle rivelato la mia identità possa in qualche modo aver cancellato ciò che le ho fatto? Ho distrutto la compagnia Tsukikage, l’ho costretta a firmare un contratto con la Daito obbligandola a lavorare per me quando avrebbe preferito morire prima di accettare un simile compromesso, ho ucciso sua madre! - esclamò con tono rovente, pieno di rammarico e dolore - Non sono cose che si possono cancellare con delle rose né confessando ciò che provo per lei… -

- Vuole davvero lasciarla a quel ragazzo? - perseverò Hijiri ignorando completamente le sue rimostranze. Masumi si girò verso di lui, lentamente. Hijiri… che stai cercando di fare…?

- Lasciarla implicherebbe averla avuta, ma non è mai stata mia! - urlò stringendo un pugno, la rabbia che aveva sopito negli ultimi mesi concentrata in quell’unica frase.

- Vada su quella nave - proseguì Hijiri con tono molto simile a un ordine, ignorando per la prima volta lo stato d’animo del suo capo e puntando gli occhi nei suoi. Masumi li spalancò gradualmente, incredulo di fronte all’atteggiamento inusuale del suo collaboratore. Inspirò più volte cercando di riacquisire la calma e si sistemò la giacca.

- No - rispose seccamente ricambiando lo sguardo freddo.

Hijiri rimase immobile per un paio di minuti, poi lentamente si sbottonò il soprabito sotto lo sguardo corrucciato del suo capo. Masumi si rese conto solo in quell’istante di come fosse vestito. Ma che…?

- Signor Masumi… - iniziò il collaboratore con voce affranta - Da quando suo padre ha aiutato mio padre, la mia famiglia vi è stata riconoscente, lavorando per voi nell’ombra. Ho accettato quella mia condizione con gioia, ero felice di poterla servire, esattamente come lo sono ora - si tolse del tutto il soprabito appoggiandolo al braccio e rivelando lo smoking nero che gli calzava a pennello - L’ho seguita in ogni passo che ha fatto, ho imparato ad apprezzare le cose che apprezzava lei, sport, letture, cibo, vestiti, e può ben immaginare il sentimento che ho iniziato a provare per quella ragazza - lo fissò intensamente e quando gli occhi azzurri di Masumi divennero gelidi come strali di ghiaccio, comprese che aveva capito. Sembra che non ci sia altro modo… mettere il leone in gabbia…

- Ma che dici, Hijiri? - sibilò Masumi facendo un passo verso di lui.

- Se lei non raggiungerà Maya Kitajima su quella nave, lo farò io - gli spiegò candidamente aggiustandosi il papillon nero che spiccava sulla camicia candida.

- Per quale motivo dovresti farlo? - lo interrogò Masumi con voce tesa, il cuore che palpitava incessante e gli rendeva difficile respirare.

- Non ho alcuna intenzione di lasciare che Sakurakoji modifichi l’attuale stato delle cose - rispose pacatamente Hijiri senza farsi contagiare dall’angoscia nelle parole del suo capo. Non poteva sapere se l’idea di Mizuki Saeko avrebbe funzionato, ma non aveva tempo per sincerarsene. Per quanto ne sapeva lui, quel ragazzo poteva già essere sulla nave insieme a lei.

- Perché Maya dovrebbe contare su di te? - sibilò facendo un altro passo verso di lui.

- Perché si fida di me - gli rispose serafico, senza alcuna pietà, e ci aggiunse anche un mezzo sorriso molto affascinante. Quant’è ostinato, signor Masumi… io proprio non la capisco…

Masumi rimase interdetto da quell’ultima risposta. Quanti mazzi di rose le avrà consegnato in questi anni...? Quante volte l’avrà consolata quando piangeva? Quanti messaggi mi ha riportato usciti dalla sua bocca…? Sì… Maya si fiderebbe di lui…

- Non le resta molto tempo per decidere - aggiunse Hijiri piegando il polso e guardando il suo orologio - O va lei o vado io - ripeté per ribadire il concetto. Lo vide esitare, così si voltò, incamminandosi verso l’uscita. Avanti… mi fermi… non posso credere che mi lasci davvero andare...

- Aspetta! - gridò Masumi, afferrandolo per un braccio e girandolo di scatto. Hijiri incontrò il suo sguardo infuocato e seppe di aver vinto.

Erano le cinque e cinquanta minuti.


Maya scese dal taxi nei pressi del Molo 6, pagò e, imbracciando la sua piccola borsa, si incamminò lungo la banchina facendo attenzione a non inciampare. C’era un grande andirivieni e la nave immensa, di un bianco splendente, era impossibile da non notare. Torreggiava immobile a fianco del molo, verso la fine.

Il mare blu brillava e i gabbiani stridevano in cielo, mentre il sole si abbassava all’orizzonte verso le montagne, iniziando a tingere di rosso l’aria della sera. Seguì la fila di gente che, come lei, si sarebbe imbarcata. Era completamente presa dal momento e non riusciva a pensare a nulla, tranne che a raggiungere la scala esterna di salita che l’avrebbe condotta sul ponte dove c’era la reception con l’accoglienza.

Si fermò ad osservare la nave per intero, lasciando scorrere lo sguardo dalla poppa ampia alla prua slanciata dove, sul fianco, in caratteri occidentali, era inciso il suo nome: Astoria.

Sorrise e salì lentamente la lunga scalinata che aveva un tappeto rosso molto elegante. Spero di non mettere in imbarazzo Yu con la mia solita goffaggine…

- Buonasera - la salutò la hostess alla reception con un lieve inchino - Posso vedere la sua carta d’imbarco? - chiese gentilmente porgendo la mano.

Maya, presa alla sprovvista dato che stava fantasticando sugli interni lussuosi di quella nave, iniziò a frugare febbrilmente nella borsa sotto lo sguardo dolce della signorina.

- Ecco qui! - rispose, ficcandole in mano il biglietto un po’ spiegazzato.

La hostess lo prese e passò il codice a barre sul lettore spalancando gli occhi per poi riprendere immediatamente il controllo.

- Benvenuta a bordo, signorina Kitajima - le sorrise - Lasci il suo bagaglio qui, verrà portato nella sua cabina, questa è la chiave digitale. La nave salperà alle sette - e le porse quella che sembrava una carta di credito, nera e argento con il numero 864 scritto sopra, e un opuscolo della nave.

- Grazie - annuì Maya, poi le venne in mente una cosa - Mi scusi, sto aspettando una persona che si imbarcherà con me, si chiama Yu Sakurakoji, potrebbe gentilmente avvisarlo che io sono già qui? -

- Ma certo, lo avviserò appena farà il check in - la rassicurò la signorina con un sorriso - Nel frattempo può girare sui ponti e visitare il bar che è sempre aperto. Per qualsiasi cosa chieda ai miei colleghi che troverà sempre pronti e disponibili -

- La ringrazio! - esclamò Maya allegra strappandole un altro sorriso, tenne il soprabito, ma lasciò la borsa dove le aveva detto la hostess, poi si incamminò lungo il corridoio esterno che fiancheggiava il molo.

La signorina richiamò l’attenzione della collega a fianco che stava accogliendo un altro cliente e, senza farsi vedere, le indicò Maya che si allontanava.

- Sai chi è quella? - sussurrò mentre l’altra scuoteva la testa - È Maya Kitajima, quella che si contende la Dea Scarlatta con Ayumi Himekawa! -

- Chi? Quella che era sul giornale qualche tempo fa imbrattata di fango? - chiese la collega stupita.

- Sì… - mormorò la prima - Non l’avevo assolutamente riconosciuta finché non ho visto la sua carta d’imbarco… - ammise, per poi tornare ad occuparsi del cliente che aveva davanti.

Maya si appoggiò alla balaustra esterna, per fortuna quello strascico d’estate aveva reso l’aria meno fredda dei giorni precedenti e si stava bene. Puntò lo sguardo sul sole che stava per tramontare e sospirò guardando l’orologio.

Erano le sei e quattordici minuti.



Sakurakoji spostò nervosamente lo sguardo dal suo orologio alla strada, completamente intasata dal traffico. Aveva chiesto più volte al tassista di cambiare tragitto e lui aveva sempre obbedito, ma la situazione non era cambiata. Si era maledetto più volte per non aver preso la moto nonostante indossasse quel vestito, aveva avuto paura di rovinarlo e credeva comunque di arrivare per tempo.

Fuori alcuni clacson suonarono insistentemente, ma la fila non si mosse di un millimetro. Picchiò un pugno sul sedile di pelle e digrignò i denti, passando la mano sinistra sulla piccola scatola che teneva nella tasca dei pantaloni.

Maya… non credevo che avresti accettato di buon grado questa crociera… quando mi hai dato la tua conferma, per un attimo ho pensato che stessi sognando… C’è qualcosa di molto importante che devo dirti questa sera… e spero che tu…

Il suono delle trombe di un camion lo assordò, distraendolo dalle sue riflessioni, e fece imprecare il tassista in malo modo. Guardò di nuovo l’orologio per l’ennesima volta.

Erano le sei e ventidue minuti.



Hijiri, guidava sicuro in mezzo al traffico, svoltando e imboccando vie apparentemente a caso, ma che li portavano sempre più vicini al porto e al Molo 6. Da quando erano saliti in auto, Masumi non aveva detto una parola e si era chiuso in un mutismo inquietante.

- La crociera ospita un evento sul teatro, ho fatto in modo che il suo nome fosse fra gli invitati, così le sarà più facile giustificare la sua presenza a bordo - gli spiegò brevemente senza sapere come avrebbe reagito.

- Da quanto lo sai? - gli chiese Masumi con voce fredda senza distogliere lo sguardo dalla strada.

- Due giorni - rispose Hijiri con calma.

- Perché hai atteso solo ora? - domandò ancora in un sibilo sottile.

Hijiri rimase in silenzio, non serviva una risposta in realtà, perché sapeva di aver tradito la sua fiducia. Lui era i suoi occhi e le sue orecchie su un mondo che gli era precluso e che riguardava lei. L’avergli taciuto delle informazioni equivaleva ad aver infranto la missione che gli aveva dato anni prima e che aveva giurato di eseguire.

- Sei innamorato di lei? - aggiunse serrando i denti in un ringhio pieno di rancore, voltandosi verso di lui. Hijiri non rispose immediatamente, facendolo innervosire ancora di più.

- Lei, signor Masumi, mi fa sempre penare, lo sa? - confessò con una nota sarcastica evitando di rispondere alla sua domanda. I miei sentimenti non hanno alcuna importanza adesso, mi interessa solo che lei possa essere felice…

Masumi lo fissò in silenzio, incerto se credergli o meno. Avresti fatto tutto questo solo per spronarmi ad andare da lei? Però non hai negato...

- A bordo ci sono molti negozi, se vuole può comprare un abito - gli suggerì - Oppure vuole il mio? - aggiunse spostando lo sguardo su di lui per un attimo con un mezzo sorriso - Abbiamo la stessa taglia -

Masumi tornò a guardare la strada e non riuscì a trattenere un sorriso.

- Credo di essere in grado di comprarmi un vestito… - mormorò, guardando l’orologio e reprimendo quella gelosia che l’aveva sempre pervaso sapendo che Sakurakoji e Maya potevano già essere insieme.

- La nave salperà alle sette - lo precedette Hijiri a cui era bastato un sguardo alla sua espressione per capire cosa gli passasse per la testa.

Erano le sei e trenta minuti.



Maya chiuse il soprabito e seguì il fiume incessante di persone che stava entrando all’interno del ponte centrale dove era stato allestito un aperitivo, annunciato dagli altoparlanti. L’immensa sala era di una rilassante tonalità turchese e i mobili erano eleganti e raffinati.

Santo cielo… che ci faccio qui da sola…? Perché Yu non è ancora arrivato?

Guardò l’orologio al polso di un signore vicino a lei e sospirò.

Erano le sei e quarantatré minuti.



Masumi scese dall’auto e fissò Hijiri per un istante, prima di voltarsi, percorrere il molo e raggiungere la scala d’ingresso. Salì gli scalini coperti da un tappeto rosso e si presentò alla reception dando solamente il proprio nome. La signorina controllò una lista e gli sorrise, riconoscendolo immediatamente.

- Buonasera, signor Hayami e benvenuto a bordo - digitò qualcosa sul computer e la sua fronte si aggrottò - Non abbiamo camere a suo nome, ma ci sono alcuni passeggeri che non si sono ancora presentati. Appena la nave salperà, eseguiremo un controllo e le assegneremo una delle suite libere -

- La ringrazio - rispose sorridendole e imboccando il corridoio che l’avrebbe portato agli ascensori e al ponte del centro commerciale. Le navi da crociera erano tutte uguali e trovare i negozi non fu difficile.

Mentre il commesso sceglieva alcuni abiti e accessori per lui, guardò nervosamente l’orologio.

Erano le sei e quarantacinque minuti.



Maya sollevò la testa quando udì la sirena della nave. È salpata… dov’è Yu?

Masumi uscì dal negozio indossando un perfetto smoking. La sirena urlò. È salpata… dove sarà?

Yu scese dal taxi, corse a perdifiato lungo il Molo 6. La sirena risuonò. È salpata… Maya...

Erano le sette.



La musica risuonava dolcemente per i corridoi mentre Maya cercava di ritrovare la strada per la reception e chiedere di Yu quando udì una voce gentile alle spalle.

- Si è perduta, per caso? -

Maya si girò e vide un uomo elegante che teneva un flûte con la mano sinistra e le sorrideva amabilmente.

- Io… sì… forse sì… - balbettò lei arrossendo lievemente - Stavo cercando una persona -

- L’accompagno alla reception, così potrà chiedere a loro - si offrì lui porgendole il braccio in cui lei infilò titubante la mano. Chi sarà questo signore…?

- Queste navi sono grandi - disse mentre sbucavano nel corridoio principale.

Maya emise un gridolino felice riconoscendo il luogo, vergognandosi immediatamente dopo, e lui le sorrise amabilmente. Fece qualche passo rapido e raggiunse la reception.

- Signorina, mi scusi, si ricorda di me? - domandò avvicinandosi alla hostess che l’aveva accolta e che le sorrise con un cenno - Non ha visto la persona che attendevo? - chiese speranzosa. La ragazza digitò sul computer il nome che ricordava e sollevò lo sguardo verso di lei.

- Mi dispiace ma non si è registrato, forse non è riuscito ad arrivare in tempo… - azzardò lei dispiaciuta.

Maya abbassò lo sguardo mentre lo sconforto e un iniziale timore prendevano il sopravvento. Cosa farò adesso?

- Lei è Maya Kitajima, vero? - di nuovo la voce del signore gentile. Lei si voltò e annuì mestamente.

- Se accetta la compagnia di un uomo anziano, posso farle da cavaliere questa sera - le propose, sfoggiando un sorriso affascinante - C’è qualcuno che vorrei farle conoscere - aggiunse porgendole di nuovo il braccio.

Maya lo fissò stralunata, gli occhi incatenati a quelli grigi dell’uomo. Lentamente allungò la mano e la appoggiò nell’incavo del gomito.

- Grazie, lei è molto gentile - mormorò, mentre pensava a come poter contattare Yu, ma, come se le avesse letto nel pensiero, lui le offrì il suo cellulare.

- Se vuole può chiamare il suo amico con il mio telefono -

- Grazie, ma… - balbettò arrossendo - Non ricordo il suo numero a memoria - ammise sentendosi completamente inadeguata. L’uomo le sorrise rinfilandosi il telefono nella tasca interna e la condusse lungo il corridoio, verso gli ascensori.

- Lo sa che lei ha un modo squisito di arrossire, signorina Kitajima? - le fece notare con un sorriso amabile - Era molto tempo che non incontravo una persona spontanea come lei. Sa, nel nostro ambiente, siamo tutti attori, alcuni migliori di altri - aggiunse con rammarico.

Maya arrossì lievemente di nuovo a quel complimento spassionato e fissò il profilo di quell’uomo che aveva qualcosa di familiare. Poi all’improvviso lo riconobbe. Strinse la mano intorno al suo braccio e lo costrinse a fermarsi.

- Ma lei è… - sussurrò con occhi spalancati, il cuore pieno di emozione e vergogna.

- Oh, sono lieto che mi abbia riconosciuto, è così giovane e di solito i ragazzi non seguono le mie interpretazioni - le sorrise in modo elegante e riprese a camminare.

- Ho visto il suo ultimo film! - esclamò lei piena di riverenza. Come ho fatto a non riconoscerlo?

L’attore la guardò con affetto e mise una mano sopra la sua mentre camminavano.

- Io l’ho seguita assiduamente quando interpretava Satoko, e ho visto la sua Ardis e la sua splendida Jane in “Lande dimenticate” -

- Da… Davvero? - Maya non riusciva a credere che un attore di quel calibro potesse aver seguito proprio lei. Entrarono in un ascensore e continuando a parlare amabilmente delle loro rispettive esperienze, raggiunsero di nuovo il salone dove stavano servendo l’aperitivo.

- Venga, le presento alcuni colleghi - le propose lui notando felice che la ragazza, inizialmente tesa, si stesse rilassando.

Maya lo seguì in silenzio guardandosi intorno. C’erano centinaia di persone, tutte splendidamente vestite, una musica lieve di sottofondo creava un’atmosfera perfetta, c’era un delizioso profumo di cibo e per la prima volta non si sentì a disagio in mezzo a tanti personaggi famosi. Individuò altri attori e attrici, sia di teatro che di cinema, qualcuno la guardò, ma nessuno si soffermò particolarmente su di lei e ne fu felice.

Il suo cavaliere la presentò ad altri quattro uomini, tutti giapponesi, e le offrì un flûte di champagne.

- Desidera mangiare qualcosa? - le chiese gentilmente l’attore, ma Maya scosse la testa.

- No, la ringrazio - rispose con un sorriso. Se mi mettessi a mangiare farei sicuramente un disastro e sporcherei il mio vestito…

I cinque uomini erano molto gentili, le chiesero di sue interpretazioni passate, della signora Tsukikage, della “Dea Scarlatta”, e loro raccontarono le esperienze vissute e aneddoti divertenti che la fecero ridere.



Masumi Hayami entrò nel grande salone turchese, il suo nome venne sussurrato dalle signore vicine, ma lui ignorò tutti e lasciò spaziare lo sguardo fra le decine di persone finché non la vide. Rimase congelato sul posto avendo modo così di osservarla senza essere visto.

È diversa dalla premiazione di Lande dimenticate… Ho atteso che crescesse… che diventasse una donna… senza che me ne accorgessi lo è diventata e ora, per la prima volta in vita mia, la guardo con altri occhi…

Sorrideva, con una mano alla bocca, gli occhi socchiusi, il blu notte dell’abito e i ricami argentei del corpetto mettevano in risalto la sua pelle chiara dandole una luminosità quasi innaturale. Aveva i capelli raccolti, che evidenziavano il suo volto ovale perfetto, ma alcune ciocche erano sfuggite all’acconciatura e si adagiavano morbidamente ai lati e dietro il collo. Sorrise cercando di non pensare a quanto rapidamente il suo cuore battesse in quel momento.

Riconobbe tutti e cinque gli uomini che le stavano attorno e corrugò la fronte. Tre erano attori, ma due facevano parte di una compagnia teatrale che aveva cercato di acquisire per molto tempo. Usavano dei modi poco ortodossi e avevano cercato di corrompere alcuni impiegati della Daito per avere delle informazioni. Perché Sakurakoji non è con lei? Ragazzina, come riesci a metterti sempre nei guai?

Maya sorrise all’ultima battuta di uno degli attori, un sesto uomo si unì, e quando glielo presentarono, lui le baciò elegantemente la mano. Arrossì rimanendo immobile e sentendosi una stupida ragazzina.

- Sono lieta di conoscerla - sussurrò in completo imbarazzo.

- Era da tempo che volevo incontrarla, signorina Kitajima - disse l’ultimo arrivato fissandola con occhi benevoli - Non vedo l’ora di assistere alla sua Dea - le rivelò pieno di aspettativa e lei ne gioì - Sa, la mia compagnia - è indicò i due uomini alla sua sinistra che avevano parlato con lei - È molto antica, il mio bisnonno la fondò quasi centoventi anni fa. Quando il Maestro Ichiren Ozaki portò la “Dea Scarlatta” a Nagoya, venne rappresentata nel nostro teatro - le raccontò fiero.

Maya lo guardò stupita e affascinata.

- Davvero? - gli domandò realmente incuriosita.

- Sì - annuì lui con un sorriso gentile - Sarebbe davvero bellissimo se io potessi riuscire a metterla in scena a Tokyo e seguire le impronte di mio nonno - le confessò sospirando.

- Ma sappiamo bene tutti che l’Associazione Nazionale per lo Spettacolo si sta occupando di ogni cosa e ancora i diritti non sono stati ereditati, non è vero, Presidente Tanaka? - una voce profonda li fece voltare tutti e quando Maya alzò lo sguardo incontrò i vibranti occhi azzurri di Masumi Hayami.

Rimase immobile, congelata, ogni pensiero che poteva aver avuto, ogni congettura che aveva fatto, ogni promessa per relegare quei sentimenti in fondo all’anima, vennero cancellate dal calore immediato e devastante che invase il suo cuore.

È qui… su questa nave… e ora che faccio?

- Masumi Hayami della Daito Art Production - sibilò con astio Tanaka senza usare la stessa cortesia che aveva avuto il rivale - Dovevo immaginarlo che ci sarebbe stato anche lei - sbuffò infastidito senza nasconderlo.

- Io invece non credevo che fosse a caccia ancora di quei diritti - valutò Masumi facendo alcuni passi avanti, senza togliere lo sguardo da lui.

- Chi non li vorrebbe? Lei non è forse il primo della lista? - ribadì seccato Tanaka, fronteggiandolo. Si girò di scatto senza dargli tempo di ribadire e si rivolse a Maya che aveva osservato basita lo scambio di battute.

- Signorina Kitajima, mi duole che lei abbia dovuto assistere a questo alterco - le prese gentilmente la mano e la baciò di nuovo - Avrà compreso che Hayami ed io non andiamo molto d’accordo. Non voglio rovinarle la serata, quindi spero che in futuro avremo modo di parlare ancora. Aspetto con ansia di vederla in teatro - e fece un lieve inchino.

- Non… Non deve preoccuparsi, va tutto bene - balbettò lei, presa alla sprovvista da quella frase sentita e carica di risentimento.

Tanaka e i suoi due uomini si allontanarono, seguiti a breve dai due attori che le erano stati presentati dal suo cavaliere. Ogni volta che c’è lui si crea il vuoto intorno a me… però… quell’uomo gli si è rivolto senza alcuna cortesia… chissà se riuscirò mai ad abituarmi a questo ambiente…

- Signor Hayami, è un piacere rincontrarla - lo salutò l’attore anziano riportandola alla realtà. I due uomini si strinsero la mano. Si conoscono…

- Il piacere è mio - rispose cordiale Masumi mentre gli stringeva la mano - So che parteciperà al forum prima dello spettacolo -

- Mi hanno chiesto di dire qualcosa e ne sono stato onorato, soprattutto ora che so di parlare anche ad un pubblico più giovane - aggiunse rivolgendosi a Maya con un sorriso pieno di calore. Lei chinò leggermente la testa in segno di rispetto ed evitò assolutamente di guardare il signor Hayami. Come potrò fare tutta la sera… Yu perché non sei riuscito a venire?

- La sua fama la precede, sarà un grande onore poter ascoltare le sue esperienze - rivelò Masumi con tono stranamente gentile.

È lo stesso modo con cui si rivolse al signore del planetario… cambia maschera a seconda di chi ha davanti…

- La signorina Kitajima è senza accompagnatore questa sera, quindi mi ero offerto di farle da cavaliere - spiegò l’attore con un sospiro - Ma credo prediliga la compagnia di qualcuno più giovane… - aggiunse guardando Masumi.

Maya arrossì e sollevò lo sguardo su quell’uomo cortese.

- No! Ma cosa dice? Lei è così gentile e piacevole! - esclamò stringendo le mani a pugno.

- Il signor Hayami conosce probabilmente tutti gli invitati di questa festa e saprà tenerla lontana dalle insidie - per un attimo corrugò lo sguardo in direzione del Presidente Tanaka, poco distante - Mi scuso con lei per averla messa in difficoltà, per un attimo ho dimenticato la sua delicata posizione, distratto dalla sua squisita freschezza - aggiunse con tono estremamente dispiaciuto e una nota galante che la fece arrossire di nuovo.

Delicata posizione? Parla dei diritti della Dea Scarlatta? Per questo il signor Hayami ha attaccato briga con quell’uomo? Per allontanarli da me?

- Spero di vedere quanto prima la sua Akoya - la salutò facendole un leggero inchino che Maya ricambiò rigidamente.

- La ringrazio per la sua estrema gentilezza - riuscì a dirgli senza balbettare. Santo cielo! Se va via, sarò costretta a parlare con lui… Che gli dico? Cosa faccio? Mi scoppia il cuore! Sentirà! Sentirà tutto! Si prenderà gioco di me all’infinito se dovesse scoprire i miei sentimenti…

Con quell’ultimo pensiero in testa si voltò lentamente per affrontarlo. Chinò lievemente la testa e quando sollevò lo sguardo trovò i suoi occhi gelidi e freddi.

- B-Buonasera, signor Hayami - balbettò intimorita.

- Ragazzina… non ha ancora imparato come ci si comporta a questi eventi? Non deve parlare con persone che non conosce e soprattutto deve sviare il discorso quando vogliono farla parlare della “Dea Scarlatta”! - la redarguì con un sibilò feroce abbassandosi verso di lei. Fu un errore perché poté inspirare il suo delicato profumo di gelsomino e vedere perfettamente i suoi occhi luminosi lievemente truccati dilatarsi per il timore.

- Vedo che non ha ancora bevuto - aggiunse guardando il bicchiere che non aveva tracce del rossetto che illuminava le sue labbra - Se proprio vuole bere, si ricordi sempre di mangiare qualcosa. Se ha paura di macchiarsi, prenda cose piccole, ma non beva mai a digiuno, ha capito? - aggiunse leggendole probabilmente nel pensiero.

Come fa a sapere sempre cosa penso…? Le mie paure… i miei timori… sono così trasparente per lui?

- Sì… sì, signor Hayami, ho capito - replicò lei irrigidendosi - E la smetta di trattarmi come una bambina! Ho l’età per bere, se voglio! -

Lui si rimise diritto ignorando la sua rimostranza e, apertamente, la osservò da capo a piedi facendola arrossire completamente.

- Lei è diversa questa sera - osservò con un mormorio lieve, assorto - Però manca qualcosa - valutò portando due dita al mento.

- Eh? - Maya si guardò addosso facendo una faccia buffa e lui sorrise.

- Venga - e si incamminò fuori dalla sala. Maya sbatté le palpebre più volte, posò il bicchiere e si affrettò dietro di lui.

E ora dove va? Devo calmarmi, altrimenti capirà ogni cosa… Perché mi ha fissata in quel modo…? Io proprio non lo capisco...

- Perché è da sola? Dov’è il suo accompagnatore? - le domandò mentre prendevano un ascensore.

- Uh… Oh… Sakurakoji sembra non sia riuscito ad imbarcarsi… non so perché... - ammise lei abbassando lo sguardo.

Volevi davvero essere con lui su questa nave, vero ragazzina?

- Vuole chiamarlo? - suggerì lui guardandola. Se continuo a osservarla in questo modo… ma non riesco a smettere…

- Non ricordo il numero - sussurrò lei piena di vergogna.

- Vuole chiamare i Kid Studio? - insisté Masumi che avrebbe voluto cancellare dal suo volto quell’aria delusa e affranta.

- Non ci sarà nessuno a quest’ora… - valutò lei, ben sapendo che alle quattro le prove erano terminate.

- Allora sembra proprio che le toccherà passare la serata in mia compagnia! - e scoppiò a ridere. Maya lo guardò e le mancò il respiro. Quando sorride è veramente un’altra persona…

- Mi fa piacere, signor Hayami… - gli rispose prima di riuscire a frenare la lingua. Masumi smise di ridere e la fissò per un istante. Maya era immobile, i suoi occhi brillavano e ciò che aveva appena detto era la pura verità. Davvero, ragazzina?

Le porte dell’ascensore si aprirono spezzando l’attimo di tensione che si era creato. Maya distolse lo sguardo e lui uscì, facendole strada. Erano sul ponte coi negozi, era pieno di gente e lui, a passo deciso, entrò in uno, seguito da lei che non era riuscita neanche a guardarsi intorno.

- Ha una preferenza particolare? - le chiese facendole spazio e permettendole di guardare le teche.

Maya trattenne il respiro di fronte ai bellissimi gioielli esposti. Spalancò gli occhi e si avvicinò lentamente ad una parure di diamanti che sarebbe stata bene indosso ad una regina. Masumi la osservò senza smettere di guardarla un istante, gioendo per la sua reazione spontanea e sincera.

Passò alla teca accanto, poi alla seguente, rapita ed emozionata. Si voltò verso di lui, rendendosi conto di non aver risposto alla sua domanda.

- Signor Hayami… io… non posso… non... - balbettò, ma lui la interruppe immediatamente.

- La smetta di farsi tanti problemi, sono solo in affitto, non glieli compro, stia tranquilla - la rassicurò lui con un mezzo sorriso, divertito dal suo imbarazzo genuino. Un’altra donna li avrebbe accettati immediatamente…

Maya si risentì di quel tono così ironico così tornò a voltarsi verso le teche trovando di fronte a lei un commesso, che le sorrise.

- Posso consigliarla, signorina? - le domandò gentilmente e lei annuì mantenendo un silenzio scioccato. Il giovane estrasse una parure da una teca e gliela mostrò.

Maya rimase folgorata dalla foggia degli orecchini e della collana e perfino Masumi alzò un sopracciglio sorpreso. Com’è possibile che mi abbia proposto proprio questi? Forse perché sono blu come l’abito...

Si girò verso di lui, lentamente, il cuore che batteva all’impazzata.

- Le piace? - chiese Masumi avvicinandosi. Sembra proprio destino…

Maya annuì, incapace di proferire parola, gli occhi luminosi come stelle. Prima le sorrise dolcemente lasciandola senza fiato e poi si rivolse al commesso con un cenno. Il giovane tolse i gioielli dal loro supporto e li porse a lei.

Con mani tremanti, Maya si infilò gli orecchini di zaffiro blu a forma di rosa, con al centro un piccolo diamante. Poi prese la collana, ma sentì la sua presenza alle spalle. Il poco fiato che era riuscita a inspirare si bloccò in gola.

- Lasci che l’aiuti - mormorò Masumi, emozionato e teso, non voleva che lei si accorgesse di quanto follemente stesse battendo il suo cuore, di come aveva sempre battuto per lei.

Maya abbassò lo sguardo, senza avere la forza e il coraggio di rispondergli, persa in quell’attimo sospeso nel tempo. Mi sento davvero come Cenerentola…

Spostò la mano e sentì che lui sfilava la collana dalle sue dita. Le passò le braccia sopra la testa e lei trattenne il fiato, portandosi le mani chiuse a pugno allo stomaco che si contorceva per l’emozione. La rosa si posò sul suo petto, lo sentì aprire la chiusura e quando la rilasciò per lasciarla scivolare intorno al collo, le dita toccarono la sua pelle. Maya sussultò al contatto, chiuse gli occhi e con le mani afferrò il bordo della teca. Come può un suo solo tocco farmi così emozionare?

Masumi si trattenne un istante più del dovuto, i suoi occhi, che avrebbero voluto restare attaccati al gancio della collana, scesero lungo la schiena candida fino ad arrivare alla cerniera dell’abito. Sono impazzito… la devo smettere con queste fantasticherie… altrimenti lei si accorgerà di ogni cosa… la perderò… nonostante quello che dice Kuronuma… non è innamorata di me… appena l’ho toccata, ha sussultato, scostandosi da me…

Il commesso le mise davanti uno specchio e Maya sollevò lo sguardo, le guance arrossate per l’emozione intensa.

- Le sta molto bene - commentò Masumi con la voce nuovamente distaccata - Perfetto per una principessa splendente - aggiunse osservando il riflesso nello specchio.

Maya rimase in silenzio, rapita per una volta dalla sua immagine riflessa che a stento riconosceva.

- Ha fame? - la sua voce alle spalle la riscosse, svegliandola da quel sogno a occhi aperti - Le va di cenare con me? - le chiese con tono sommesso, non aveva comunque alcuna intenzione di lasciarla da sola. Lei si voltò con un bellissimo sorriso a illuminarle il volto, stupendolo ancora una volta.

- Sì, signor Hayami -


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Capitolo 42
*** Il ballo di mezzanotte ***


Ultima revisione: marzo 2016

 

42. Il ballo di mezzanotte

 

Il ponte che ospitava il ristorante era enorme, riccamente arredato, argenteria e cristalli brillavano dovunque e una musica lieve e sommessa rallegrava l’aria. Dalle grandi finestre laterali si intravedeva il mare, nero per la notte imminente. Ampi tendaggi bianchi si muovevano pigri sotto la brezza lieve che entrava da alcuni spiragli aperti, rendendo l’atmosfera ancora più magica.

- Ci sono due cose che questa sera dovrà evitare di fare in mia presenza e in mezzo agli altri - la sua voce la riscosse da quell’osservazione della sala e Maya sollevò lo sguardo verso il suo profilo serio, che guardava avanti.

- Due cose? - ripeté, e lui inclinò la testa voltandosi e guardandola.

- Balbettare e abbassare lo sguardo, se ne ricordi - spiegò con espressione indecifrabile. Maya annuì incapace di trovare una replica a quella richiesta.

Appena attraversarono la grande sala un bisbiglio sommesso iniziò a serpeggiare e i loro nomi vennero mormorati mentre le persone si voltavano a guardarli.

- Ci… ci guardano tutti… - balbettò lei e Masumi strinse i denti continuando a guardare avanti, verso il loro tavolo.

- Si ricorda cosa le ho detto due secondi fa, ragazzina? - sibilò senza scomporsi.

Parla facile lui… usa questo atteggiamento orribile da anni… ma io no!

- Era necessario passare in mezzo a tutti? - si era resa conto della scelta deliberata di quell’azione. Sembra che ponderi ogni cosa fa per averne qualche tipo di ritorno...

- Pensava davvero di passare inosservata? - le chiese in un sussurro avvicinandosi al suo orecchio mentre la faceva sedere, avvicinandole la sedia. Maya rabbrividì e per qualche secondo perse il contatto con la realtà.

- Io… - mormorò, fissando lo sguardo sul piatto di porcellana davanti a lei.

- La smetta - Maya alzò subito la testa udendo il tono freddo e incontrò i suoi occhi azzurri che la fissavano dall’altra parte del tavolo rotondo.

- Sì - rispose prontamente lei, abituata agli ordini di Kuronuma o della signora Tsukikage. Masumi ridacchiò e lei corrugò la fronte.

- Da quando lei ha messo piede su questa nave, tutti sanno chi lei sia - le fece notare lui.

- Però guardano anche lei - replicò Maya rimanendo seduta composta, le mani in grembo.

- Certo, lei è Maya Kitajima, erede della signora Tsukikage e io sono Masumi Hayami, Presidente della Daito Art Production… - spiegò semplicemente - Un produttore e un’attrice, è questo ciò che vedono -

Maya spostò lo sguardo lentamente a destra e a sinistra. Non c’era paio d’occhi che non fosse puntato su di loro. Un produttore e un’attrice…

- Anche lei vede questo, signor Hayami? - domandò con voce lieve quando tornò a guardarlo. Masumi rimase interdetto da quella domanda così personale e improvvisa. La sua espressione era assorta, incuriosita, in attesa della sua risposta.

- Lei è la signorina Kitajima? - la voce delicata del cameriere infranse quell’attimo e lei si girò annuendo.

- Sì, sono io -

Il cameriere le porse un telefono portatile con un lieve inchino.

- Una telefonata per lei - e attese che la giovane lo prendesse sotto lo sguardo imperscrutabile di Masumi.

- Sono Maya - e arrossì lievemente - Yu! Cos’è successo? - Masumi rimase impassibile, ma aveva visto la sua reazione quando aveva capito chi c’era dall’altra parte - Mi dispiace, Yu… No, no, non preoccuparti va tutto bene! - gli rispose tranquillizzandolo - Sì, domani! - concluse e con le guance in fiamme per la vergogna restituì il telefono, ringraziando il cameriere.

- Sakurakoji non è riuscito a raggiungere il molo per il traffico - disse all’improvviso alzando lo sguardo. Masumi la guardò qualche attimo e il suo sguardo divenne piano piano più duro.

- Non gli ha detto che è in mia compagnia, le risulta così terribile la cosa da non informare neppure il suo partner? - sibilò a denti stretti.

Maya notò la sua espressione, sembrava davvero dispiaciuto così, memore della sua minaccia di poco prima, cercò di mantenere il sangue freddo mentre gli rispondeva.

- No, signor Hayami, l’ho fatto per Yu. Si sarebbe solo preoccupato inutilmente - Non ho balbettato! Ho fatto un discorso tutto intero senza tremare!

Masumi continuò a guardarla e lasciò cadere l’argomento, si sentiva già abbastanza irritato dal fatto che lei si fosse preoccupata così tanto per Sakurakoji. Arrivarono le prime portate e iniziarono a mangiare in silenzio.

Sono qui seduta a mangiare tranquillamente con lui… non devo assolutamente pensare a nulla… altrimenti leggerà ogni cosa sulla mia faccia!

Rabbrividì e smise di mangiare, bloccandosi.

- Che c’è? Soffre forse il mal di mare? - le chiese Masumi senza neanche alzare lo sguardo.

Ma come fa a sapere sempre ciò che faccio?

- No - rispose lei fermamente - Per un attimo questa cena mi ha ricordato quella sera del planetario, si ricorda? - gli domandò arrossendo lievemente.

Masumi smise di mangiare, la fissò e Maya si sentì ancor più sotto esame.

- Sì, mi ricordo - le rispose addolcendo lo sguardo e lei si sentì mancare la terra sotto i piedi per l’emozione - Anche stasera c’è una rosa - aggiunse in un sussurro fermando gli occhi sulla collana, poi distolse lo sguardo tornando al piatto e lei, imbarazzata e col cuore che correva come un treno, fece la stessa cosa. L’ammonisco di comportarsi in un certo modo e io non riesco a smettere di guardarla… Ma stasera quella rosa è davvero sbocciata…

- Come mai avete scelto questa crociera? - le domandò più per avere qualcosa di cui parlare che per reale interesse. Maya lo ringraziò intimamente per averle dato modo di chiacchierare e allontanare i ricordi dalla mente.

- Rappresentano la Principessa splendente! - rispose piena di entusiasmo - Credo che Sakurakoji l’abbia scelta per questo motivo… - aggiunse, senza essere sicura.

- Come vanno le prove? - si riallacciò Masumi immaginando che quello fosse veramente uno dei motivi che avevano spinto l’attore a scegliere quella crociera. Ma non il motivo principale…

Maya, che sembrava incapace di arginare i suoi pensieri, ricordò proprio in quell’istante l’attimo in cui era entrata nel camerino e aveva visto Yu spogliato per metà. Arrossì profondamente e Masumi alzò un sopracciglio.

- Vanno bene - disse solo, ingoiando la vergogna insieme ad un boccone di carne. Basta, Maya! Concentrati! C’è qui davanti a te il tuo ammiratore! Siete insieme su questa bellissima nave! Sì… però… se mi concentro su di lui è peggio… poi io penso a quel bacio che gli ho dato…

Arrossì ancora di più e Masumi si domandò a cosa stesse pensando in realtà. Il terrore che le cose si fossero spinte ben oltre la palese amicizia e intesa che c’era fra i due gli fece scorrere un brivido lungo la schiena.

- Ho detto qualcosa di sbagliato? - le domandò e Maya sussultò battendo addirittura le posate nel piatto.

- No! - esclamò, spalancando gli occhi.

- Ne sono sollevato - concordò lui sorridendole. È nervosa… e anche io lo sono… chissà perché è arrossita così... Il cameriere appoggiò sul tavolo un’altra portata così la tensione venne sciolta.

- Conosce la favola della Principessa splendente? - chiese lui improvvisamente e Maya s’illuminò.

- Sì! E lei? - chiese subito con tono allegro e pieno di trasporto, battendo insieme le mani.

- L’abbiamo rappresentata molte volte - annuì Masumi osservandola reagire in modo così spontaneo.

- Davvero? - lo interrogò Maya sporgendosi in avanti - Ah! Come vorrei poter interpretare Kaguya-hime! - e congiunse le mani al petto, lo sguardo completamente perso nelle sue fantasticherie. Lui sorrise vedendola così rapita e si rammaricò che intorno ci fossero così tante persone che li stavano guardando.

- È una bella storia, ma non ha un bel finale - ammise lui finendo di mangiare.

- È vero… - ammise - La Principessa torna sulla Luna rifiutando tutti i pretendenti e i suoi genitori adottivi muoiono - mormorò fissando il piatto - Ma l’Imperatore getta l’elisir nella bocca del monte Fuji! La favola dà il nome alla montagna! - aggiunse con veemenza alzando gli occhi luminosi e quando si accorse di aver parlato troppo, si ricompose e arrossì appena.

- Mi scusi - borbottò sentendosi una stupida.

- Non si scusi… - replicò lui scuotendo lievemente la testa - Lei cambia completamente quando parla di teatro, è un piacere ascoltarla - lo disse come un dato di fatto e lei lo guardò esterrefatta. Perché a volte esce con queste frasi? Io proprio non capisco…

- Il teatro è tutta la mia vita - rispose semplicemente mantenendo la voce ferma, gli occhi che brillavano come fari nella notte.

- Allora cosa ne dice di andare a vedere questa rappresentazione? - le propose lui alzandosi e raggiungendo la sua sedia. Maya annuì vigorosamente e le ciocche sfuggite all’acconciatura ondeggiarono lentamente. Molte altre persone si erano alzate dirigendosi al teatro sul ponte 6 e loro seguirono lo stesso tragitto.

Maya iniziò a raccontargli le varie scene in cui era divisa l’opera, completamente dimentica di chi lui fosse e dell’ambiente intorno a lei. Lui la guardava con un lieve sorriso domandandosi come potesse passare da un atteggiamento dimesso ad uno disinvolto.

Poco prima di raggiungere il teatro Masumi si fermò di fronte al corridoio dei bagni. Maya continuava a parlare incessante, rapita dal racconto di quell’opera bellissima e quando si rese conto che si erano fermati si guardò intorno. Vide i bagni, guardò lui, tornò sui bagni, poi realizzò arrossendo.

- No, grazie - scosse la testa portandosi le mani dietro la schiena.

- È sicura, ragazzina? - indagò lui alzando un sopracciglio.

- Non mi tratti come una bambina! Se dico no, è no! - sbuffò lei irrigidendosi e mostrando un’espressione accigliata.

Masumi riprese a camminare celando un sorriso e lei gli andò dietro, borbottando qualcosa. Lui ridacchiò fra sé e aprì le porte della sala, lasciandola entrare.

Le poltrone erano rosse e comode, mentre tutto il resto dell’allestimento era sfarzoso e d’impatto. Maya si bloccò e sentì la sua presenza alle spalle.

- Su, entri - la incitò - Sembra che non sia mai stata in un teatro... - ironizzò, spingendola lievemente. Ma Maya non si era bloccata per i fasti dell’arredamento, bensì perché il teatro era identico a quello in cui aveva visto con lui Anna Karenina.

Come può esserci un teatro così grande dentro una nave? E ha proprio la stessa identica forma…

Trovarono i loro posti e si sedettero in silenzio. Masumi si voltò a guardarla, ma lei teneva lo sguardo fisso sul palcoscenico. La sua espressione era raggiante ed esprimeva pienamente ciò che stava provando in quel momento. Rimase immobile ad osservarla e quando lei si girò incontrò i suoi occhi azzurri che la fissavano.

- Che ho fatto? Che ho detto? - disse, subito preoccupata, ma lui sorrise e Maya si rilassò.

- Com’è nervosa… è a causa mia? Vuole che me ne vada? - domandò con tono neutro ma la sua espressione terrorizzata lo divertì e sarebbe scoppiato a ridere se non avesse saputo quanto l’idea di restare da sola in mezzo a tutta quella gente la spaventasse realmente.

- No! La prego! Lei non c’entra niente… è che io… - abbassò lo sguardo, avrebbe voluto dirgli che stava bene con lui, esattamente come quella sera al planetario, ma proprio come quella volta rimase in silenzio.

- Non la disturberò, glielo prometto - ammiccò Masumi lasciandola di sasso. Chissà se lei si ricorda di quella sera…

Maya avrebbe voluto ribattere, ma le luci si spensero e il sipario venne tirato. La musica invase l’aria ed entrambi si voltarono verso il palco, lei tirando un sospiro per scacciare la tensione.

Il primo atto si concluse dopo quaranta minuti nei quali Maya era rimasta immobile, lo sguardo rapito dagli attori e dall’incedere della storia, e Masumi si era concesso di osservarla a lungo attratto dalla sua espressione sognante e appassionata. Quando il sipario si chiuse per l’intervallo e le luci si riaccesero, lui si voltò e la trovò a fissarlo.

Lì per lì rimase sconvolto dall’intensità dei suoi occhi, il suo cuore prese a battere incontrollato finché non la guardò meglio e si rese conto che stava seduta in una posizione molto scomoda, le gambe serrate, le mani strette in grembo.

- Ragazzina… Si sente bene? - le domandò in un sussurro senza sapere cosa aspettarsi.

- Mi scusi… - mormorò lei avvicinandosi e lui rimase immobile - Io dovrei andare… - disse altre due parole, ma così sommessamente che inizialmente Masumi non comprese. Era arrossita di colpo e continuava a guardarlo. Poi gli venne un’illuminazione e per poco non scoppiò a ridere in mezzo al teatro. La sua espressione era davvero esilarante e pensò di canzonarla, ma il suo sguardo divenne una supplica, così rinunciò.

- Lei vuole proprio costringermi a dirle che gliel’avevo detto… - sospirò iniziando ad alzarsi per lasciarla passare. Maya scattò in piedi, grata che avesse capito.

- Maya Kitajima! - qualcuno gridò il suo nome, lei si girò mentre aveva già fatto un passo avanti, inciampò e Masumi alzò le mani d’istinto, prendendola al volo. Accadde così rapidamente che quando sentì le sue braccia intorno al corpo smise di respirare, fissando il pavimento con occhi spalancati. Venne scossa da brividi intensi, che le impedirono di ragionare freddamente, ma riuscì ad appoggiare le mani sul suo braccio e a fare leva per rimettersi in piedi.

- Gr-Grazie, signor Hayami… - balbettò in un sussurro così debole che lui la udì appena. Era leggera come una piuma e la seta del suo vestito era morbida ed elettrizzante al tatto. Nonostante tutto il teatro li stesse guardando, lui non la lasciò finché non ebbe riacquisito stabilità da sola.

- Sta bene? - le domandò catturando i suoi occhi ardenti, grandi e dilatati per la sorpresa. Sono sorpreso anche io, ragazzina, sai? Sono solo più bravo di te a nasconderlo…

Maya annuì e proseguì lungo il passaggio a fianco delle poltrone. Masumi la seguì con lo sguardo, mentre la gente intorno bisbigliava, riprendendo ciò che stava facendo prima del piccolo incidente che aveva attirato l’attenzione. L’abito blu svolazzava lieve fino al ginocchio intorno alle sue gambe longilinee, segnandole perfettamente il fisico minuto. Si accorse di non essere il solo a guardarla, interruppe la linea visiva e tornò a sedersi, mentre sentiva un gelo freddo lungo tutta la schiena. Quando lei non c’è, l’aria vicino a me cambia drasticamente… o è dentro di me?

Maya risalì rapida la scalinata fino a raggiungere le doppie porte di entrata. Si fermò sulla soglia e si guardò indietro. Il signor Hayami era tornato a sedere eppure a lei batteva ancora follemente il cuore. L’aveva stretta a sé di nuovo, come molte altre volte in cui era caduta, le sue braccia erano forti come le aveva sempre ricordate, ma se a lei l’emozione aveva tolto il fiato, lui era rimasto impassibile, la sua voce sicura, sebbene i suoi occhi avessero una nota preoccupata. Si sfregò le braccia scoperte con le mani e rabbrividì. Quando lui non c’è sento freddo… o è la mia anima a sentire la sua mancanza?

Proseguì raggiungendo i bagni, cercando di scacciare dalla mente quella sensazione di solitudine e rassegnazione. Appena rientrò in teatro riprendendo il suo posto senza soffermarsi a guardarlo, le luci scesero di nuovo, dando inizio al secondo atto.

Masumi avrebbe voluto almeno poterla guardare negli occhi, ma quando lei si sedette, tutta la sua attenzione venne calamitata dal palcoscenico. Sorrise amaramente e distolse lo sguardo dal suo profilo delicato, dedicandosi al dramma.

Nel momento culminante della storia, quando la Principessa splendente lasciò la Terra per tornare sulla Luna, Maya si sporse in avanti afferrandogli una mano. Masumi si girò lentamente, incerto su ciò che avrebbe visto. Stringeva lui, ma avrebbe potuto essere il bracciolo della poltrona, tanto era forte la sua stretta, e piangeva con gli occhi spalancati. Nonostante ciò il suo respiro accelerò improvvisamente.

Maya… sei su quel palco, vero? Se io ti chiedessi di recitare queste battute saresti in grado di farlo e probabilmente molto meglio di quell’anonima attrice…

Le luci si alzarono e gli applausi riempirono la sala in un’ovazione sentita. Lei rimase immobile, seduta sul bordo della poltrona, stringendogli ancora la mano. Inizialmente pensò di scuoterla poi rimase in quel modo, concedendosi di guardarla, assorta e raggiante, ancora avvolta dalla magia del teatro, quella passione che emanava da lei e aveva colpito lui sette anni prima.

Maya si voltò lentamente, le labbra tremanti e le lacrime che avevano appena smesso di scendere.

- Le è piaciuta la rappresentazione? - domandò lui che aveva assoluta necessità di dirle qualcosa per giustificare il fatto che la stesse fissando. Maya annuì molto lentamente finché la sua espressione non si distese in un bellissimo sorriso.

Masumi si avvicinò al suo orecchio e lei si congelò, trattenendo il fiato.

- Se vuole possiamo restare così anche tutta la notte, ma non desidera ascoltare la conferenza? - sussurrò mentre lei chiudeva gli occhi per l’emozione. Quando tornò alla sua posizione indicò con gli occhi la mano stretta in quella della giovane. Maya seguì la traiettoria e sbiancò visibilmente mentre lo lasciava e ritraeva la mano di scatto.

- M-Mi… scusi… - balbettò e abbassò lo sguardo.

- Io mi domando se lei a volte mi ascolti - ridacchiò lui - Le avevo chiesto di non balbettare e abbassare lo sguardo e adesso ha fatto entrambe le cose contemporaneamente! -

Maya arrossì, poi sollevò lo sguardo irritata: l’unica cosa che sapeva fare era darle ordini.

- Le chiedo scusa - esordì seria - La strada per diventare una vera attrice è ancora lunga e, ho capito, non è fatta solo di recitazione - ammise fissandolo senza abbassare gli occhi questa volta. Lui ricambiò lo sguardo franco, poi si alzò porgendole la mano.

- La smetta di far finta di essere una donna navigata - sussurrò nel teatro ormai vuoto - Anche se stasera sembra una principessa, dentro è la solita ragazzina! - e ridacchiò gioendo nel vedere il suo sguardo infiammarsi.

Maya scattò in piedi, punta sul vivo, e serrò le mani in grembo senza accettare la sua.

- Non sono più una ragazzina, signor Hayami! - era probabilmente la cosa che la feriva più di tutte, che lui neanche si fosse accorto di quanto era cambiata - Ho l’età per bere, per uscire la sera e per sposarmi, anche! - ringhiò, troppo presa dalla sua rabbia per accorgersi della meraviglia di lui - E questo vestito non l’avevo messo certo per lei! - concluse passandogli accanto e raggiungendo la scalinata centrale.

L’avevi messo per lui… a volte, quando mi sei vicina, io dimentico che i tuoi sentimenti per me non potranno mai cambiare… a volte il tuo sguardo sembra davvero sincero…

Si infilò le mani in tasca e risalì le scale, seguendola in silenzio.



La conferenza si tenne in una grande sala, allestita come un cinema, con un lungo tavolo a cui erano seduti alcuni uomini, uno dei quali era l’attore che l’aveva accompagnata all’inizio della crociera. Parlarono del futuro del teatro, di come sarebbe stato da lì a dieci anni, delle preferenze del pubblico, delle nuove tecnologie e il signor Hayami le indicò nomi e cariche di molti dei personaggi presenti, degli attori e attrici, critici e registi.

Nessuno si avvicinò a loro e Maya non avrebbe saputo dire se perché non fossero interessati a lei o per la presenza del signor Daito Art Production che non l’aveva abbandonata un istante.

Teme che io possa dire qualche stupidaggine sulla Dea Scarlatta… finora non ha fatto altro che spiegarmi cosa stesse accadendo in questa sala… conosce praticamente tutti e sa molte cose di ognuno di loro… in fondo me lo disse, no? Le informazioni sono fondamentali per condurre un buon affare…

Alzò lo sguardo e fissò il suo volto attento e concentrato. La sua vita era il lavoro e di questo ormai non aveva più alcun dubbio. Ed era davvero bravo, o almeno in quell’ambiente era temuto e rispettato, ma lei sapeva bene a che mezzi era ricorso anche in passato pur di raggiungere i suoi obiettivi. Però, qualcosa era indubbiamente cambiato nel suo modo di fare.

Le persone sedute al tavolo non condivisero solo le loro esperienze, ma stimolarono la platea a partecipare con domande e accendendo alcune infiammate discussioni. Poi qualcuno nominò la “Dea Scarlatta”, di prossima rappresentazione, e la quasi totalità delle persone si girò verso di lei.

Entrati fra gli ultimi, erano rimasti in piedi in fondo anche per volontà della stessa Maya, nonostante una maschera avesse indicato al signor Hayami due posti. Lei si irrigidì sotto quell’attenzione insistente, ma la voce pacata di lui la riportò alla realtà.

- E pensava davvero di passare inosservata? - mormorò voltandosi verso di lei con un sorriso sarcastico. Maya, nonostante sentisse i suoi occhi su di sé, non osò voltarsi, non voleva che si accorgesse di quanto avrebbe voluto che la portasse via da lì, lontana da quelle centinaia di persone invadenti e curiose. Il brusio s’infittì finché quell’attore famoso la salvò rivolgendosi alla platea.

- Credo che la signorina Kitajima, come ben sapete una delle due candidate al ruolo della Dea Scarlatta, sia qui per una sera di svago e non abbia certo voglia di partecipare ad una discussione così animata - esordì riportando l’ordine in sala e rivolgendole un caldo sorriso.

- Faccia solo un lieve inchino al suo indirizzo - sussurrò il signor Hayami e Maya rimase sconcertata dal modo in cui lo fece: era rimasto immobile, fissando l’attore in fondo alla sala, aveva bisbigliato quasi senza muovere le labbra, eppure lo aveva sentito perfettamente.

Maya si limitò a fare ciò che le aveva detto e, come un’onda unica, gli ospiti riportarono la loro attenzione sugli occupanti del tavolo. Ha funzionato… è incredibile…

Il discorso verté su Ayumi Himekawa e immediatamente la discussione si animò.

- Vuole andare? - le domandò lui con tono gentile e comprensivo. Non ti sei ancora abituata a tutta questa attenzione, ragazzina… e non puoi immaginare cosa ti aspetterà in futuro...

- Sì, grazie - rispose meccanicamente Maya.

Lui le aprì la porta, ma lei sembrò non accorgersene. Il signor Hayami camminava solo un passo avanti a lei e lo seguì passivamente. Il corridoio era pienamente illuminato e le pareti lucide riflettevano colori e luci, abbagliando quasi. Masumi aprì un’altra porta e si trovarono sul ponte laterale esterno della nave. Sentendo l’aria fresca, Maya sollevò lo sguardo e lo spettacolo della notte stellata le tolse il fiato. Mi ha portata qui perché sapeva che mi mancava il respiro?

- È immenso… - sussurrò afferrando la balaustra. Masumi la osservò: aveva gli occhi spalancati, guardava all’insù e il vento le scompigliava le ciocche che erano uscite dall’acconciatura. Il chiarore della luna e delle stelle illuminava la sua pelle d’alabastro. Si tolse la giacca e gliel’appoggiò sulle spalle.

Maya raccolse i lembi con le mani e se la chiuse davanti, in un gesto spontaneo voltandosi a guardarlo.

- Grazie - sussurrò con un sorriso - A volte sembra che lei mi legga nel pensiero - gli confidò lasciandosi cullare da un brivido esteso e piacevole.

Masumi rimase incantato da quell’espressione, non ricordava di avergliene mai vista una simile, soprattutto rivolta a lui. Una ciocca di capelli si posò sulla sua guancia, così, spinto dal desiderio di sfiorarla, allungò una mano e gliela portò dietro l’orecchio. Maya trattenne il respiro, mentre fissava quel volto odiato e amato allo stesso tempo illuminato dalla sola luce brillante della volta celeste.

Non mi abituerò mai a questo… sento la scossa ogni volta che mi tocca anche se so che la sua è solo gentilezza…

- Non vorrà ammalarsi, vero? - mormorò lui, sebbene senza la solita acredine, tanto che perfino lei se ne accorse. Maya portò una mano alla bocca e ridacchiò, felice che per una volta non fosse stato acido come sempre.

- Ride di me, ragazzina? - s’irrigidì immediatamente lui, fissandola, più per contrastare l’onda d’emozione che lo aveva invaso che per reale necessità. Ma lei continuava a ridacchiare, mentre si stringeva intorno la sua giacca.

- No, signor Hayami, non mi permetterei mai di ridere del Presidente della Daito Art Production, che tutti temono e a cui si inchinano! - gli rispose scimmiottando un accento di completa deferenza.

Masumi corrugò la fronte, indeciso se rifilarle una delle sue battutine velenose oppure lasciar correre, per una volta.

- Sarà meglio rientrare… - borbottò, optando per la seconda. Percorse il corridoio fino ad una porta e Maya lo seguì prima con uno sguardo contento, poi gli trotterellò dietro felice. Ho vinto di nuovo…!

Il calore all’interno la riscaldò subito così gli restituì la giacca rendendosi conto che quel gesto non la imbarazzava più. Lui se la rinfilò notando che sembrava davvero a suo agio.

Mentre camminavano, con una mano Maya sfiorò la rosa che pendeva al collo. Potrei abituarmi a tutto questo? Potrei riuscire a convivere con i miei sentimenti e accettare che lui continui a essere il mio ammiratore anche dopo che si sarà sposato?

Lo osservò di spalle, quello smoking nero gli calzava a pennello, come se gliel’avessero cucito addosso e, se possibile, lo faceva sembrare ancora più statuario. Solo nelle favole la povera Cenerentola sposa il Principe Azzurro… nella realtà il mio Principe è inarrivabile anche se, a modo suo ormai l’ho capito, mi vuole bene…

Sorrise e congiunse le mani al petto mentre una musica dolce la raggiungeva. Involontariamente accelerò il passo, attirata da quelle note, fino a superarlo. Masumi alzò un sopracciglio ma la lasciò andare, curioso di capire cosa volesse fare.

Maya arrivò davanti alle doppie porte sul lato del corridoio, la musica veniva da lì, le spalancò distendendo entrambe le braccia e l’immensa sala si aprì davanti ai suoi occhi meravigliati. Enormi specchi riflettevano i candelabri di cristallo, sulla destra una piccola orchestra riproduceva la musica che aveva sentito, ai lati decine di tavoli alti raccoglievano gruppi di persone, tutti con un flûte in mano. I camerieri passavano in un costante andirivieni e i vassoi lucidi nelle mani guantate di bianco sostenevano i calici pieni di liquido dorato.

Al centro della sala coppie bellissime ballavano al suono di quella musica magica.

- Vuole ballare? - la voce calda e sommessa arrivò alle sue spalle e non ebbe il coraggio di voltarsi. Il cuore stava per uscirle dal petto, come l’infuriare di una tempesta, e un brivido la scosse completamente. È appena dietro di me! Sentirà… sentirà tutto… e io come potrò negare?

Abbassò lo sguardo e vide la sua mano sulla destra. Fece un unico cenno di assenso con la testa e posò la mano nella sua.

Masumi chiuse gli occhi quando lei appoggiò la sua piccola mano tremante, gliela strinse leggermente e la fece girare su se stessa riuscendo finalmente a guardarla. Aveva le guance arrossate e lo sguardo basso. I tacchi che portava l’avevano avvicinata, ma la differenza di altezza era una caratteristica incolmabile che li avrebbe sempre divisi. Come molte altre cose…

- Ha paura? - le chiese iniziando i primi passi di danza e conducendola al centro della sala.

- No, signor Hayami, non ho paura - rispose lei sollevando lo sguardo e sorridendogli - Solo che queste persone sono tutte adulte e io non sono fatta per questo mondo… - sussurrò, inebriandosi della musica e della sua vicinanza.

- Eppure prima mi ha detto di non essere più una ragazzina - le sorrise ben sapendo che non avrebbe mai perduto quel senso di inadeguatezza.

- Ecco… io… - balbettò e arrossì, ma lo sentì stringerle la mano, lo stava facendo di nuovo, così tornò a guardarlo.

- Le assicuro che questa sera nessuno potrebbe mai fraintendere la sua posizione - replicò Masumi fissandola intensamente mentre la guidava nei passi di danza.

- Posizione? - chiese Maya incuriosita. I suoi occhi… di solito sempre freddi e distanti… questa sera invece sono diversi…

- Lei è Maya Kitajima, erede della grande Chigusa Tsukikage, rivale di Ayumi Himekawa nella sfida per ottenere il ruolo più ambito dalle attrici dell’intero Giappone - e la fece volteggiare portando alle stelle l’emozione che stava provando in quel momento - Nessuno qui, stasera, può prenderla per un’altra persona - concluse Masumi facendola girare ancora.

Maya era sconvolta, non tanto dalle sue parole, quanto dal tono con cui le aveva dette. Non le aveva mai parlato così prima, ogni sillaba era stata pronunciata con trasporto, come se avesse un grande valore, e non ebbe dubbi che stesse dicendo la verità, in quel momento.

- Allora, qualche volta, anche l’abito conta - sussurrò lei, sperando che le parlasse ancora in quel modo.

- L’abito è importante, ma è una parte, se lei non lo portasse in modo adeguato, risulterebbe come una maschera - le fece notare avvicinandosi e sussurrandole all’orecchio.

Maya si irrigidì per l’emozione intensa che la travolse e Masumi, avvertendo la tensione, pensò di aver davvero esagerato. Scusami, ragazzina, lo so che non sei abituata a questo… sono io che mi approfitto di te, della tua genuina trasparenza…

Continuarono a ballare, mentre gli altri ospiti bisbigliavano i loro nomi e la musica riempiva l’aria e i loro cuori. Quando il brano terminò, Masumi le lasciò lentamente la mano e il fianco e Maya lasciò ricadere le braccia.

- Lei è davvero bravo, signor Hayami… - sussurrò ancora in preda ad un batticuore incessante - Come la sera della premiazione di “Lande dimenticate”… - aggiunse fissandolo stranita.

- Lei è riuscita a starmi dietro, è molto agile - le sorrise, riuscendo a stento a dominare il sentimento che cresceva dentro di lui.

- Balla spesso? - gli domandò Maya arrossendo lievemente. Santo cielo… riesco a malapena a stare in piedi...

- No - rispose Masumi con un monosillabo secco e lei pensò di averlo irritato in qualche modo - Ballare fa parte delle pubbliche relazioni, per questo ho imparato, ma non l’ho mai trovato divertente - ammise - Tranne quando ballo con lei, perché non so mai se mi seguirà o cadrò per terra! -

- Signor Hayami! - sibilò lei irrigidendosi e stringendo le mani a pugno per frenare la rabbia. Si rese conto all’improvviso con quanta facilità passasse da un’intensa emozione devastante ad una completamente opposta. Ha sempre fatto così… sono anni che fa così con me...

Un orologio riecheggiò per tutta la nave scandendo la mezzanotte e tutti si guardarono intorno mormorando.

- È mezzanotte… - sussurrò Maya sentendosi davvero come Cenerentola. La voglia di scappare lontano da lui e di rifugiarsi nella sua cabina fu molto potente, ma la sua voce, un bisbiglio pacato mentre ancora i rintocchi echeggiavano, la riportò alla realtà.

- Sembra sia giunto il momento, per la Principessa, di lasciare il ballo - le sorrise lui vedendola intristirsi - Non ci sono zucche né scarpette di cristallo, ma se vuole, posso accompagnarla alla sua cabina - e le porse di nuovo la mano. Non avrebbe saputo dire neanche lui perché se ne fosse uscito con una frase del genere, ma i suoi occhi si erano oscurati, pensava sicuramente a qualcosa di triste, e l’analogia con la favola sembrava perfetta.

Maya lo fissò sbalordita, quella era davvero una serata magica se persino il glaciale Masumi Hayami le riservava un trattamento speciale. Adesso aveva due possibilità: fuggire o accettare.

- Lei è molto gentile - rispose con un lieve inchino cercando di mantenere la voce ferma - Sono onorata - e posò la mano nella sua. Santo cielo, che sto facendo… è come se lo corteggiassi...

Finché le dita sottili non toccarono le sue, Masumi non avrebbe potuto dire quale sarebbe stata la sua decisione. Non si era accorto di aver trattenuto il fiato, lei arrossì squisitamente e lui poté far rientrare l’aria nei polmoni. Sono onorata… sei strana stasera, ragazzina...

Percorsero in silenzio la sala, ignorando tutti i mormorii che bisbigliavano i loro nomi, e imboccarono il grande corridoio che portava agli ascensori. Poco prima di raggiungerli, una hostess li fermò.

- Signor Hayami! - lo chiamò gentilmente ma con fermezza, aveva uno sguardo affranto e dispiaciuto. Entrambi si fermarono e la giovane fece un lieve inchino.

- Purtroppo non ci sono suite disponibili - lo disse come fosse stata messa al patibolo - Sono davvero spiacente -

Maya passò lo sguardo dalla ragazza a lui, sbattendo le palpebre. Come mai non ha la cabina?

- Non importa - tagliò corto lui - Non deve preoccuparsi per me - aggiunse facendo un passo, ma la hostess lo fermò di nuovo.

- Se vuole ci sono delle camere nei ponti minori, se per lei… ecco… - balbettò, si capiva perfettamente quanto si sentisse a disagio.

- Andrà benissimo una qualsiasi - annuì lui sorridendole - La mia segretaria si è dimenticata di fare la prenotazione [certo… certo… -.-] - aggiunse con tono neutro.

La signorina Mizuki si è dimenticata? Ma… è così precisa di solito… quando mi ha fatto da manager la mia agenda era perfetta… [cioè… se n’è accorta anche Maya…]

La signorina gli porse una chiave digitale nera su cui era inciso un numero in argento. Masumi la prese e Maya vide il numero.

Probabilmente il destino, che tanto stava giocando con le loro anime, dette una spintarella anche in quel caso perché un evidente 865 era inciso nel centro della chiave.

E la stanza di Sakurakoji! È... è accanto alla mia…!

- La ringrazio - annuì Masumi, la signorina sorrise, si inchinò e se ne tornò da dove era venuta. Quando si voltò a guardarla, Maya era assorta e pareva imbarazzata. Chiamò l’ascensore e rimase ad osservarla.

- Su che ponte dobbiamo andare? - le domandò prima di premere. Maya, senza alzare lo sguardo, il cuore gonfio di vergogna, sollevò la sua chiave, facendogli vedere il numero. Se la situazione non fosse così tragica, ci riderei su…

Masumi alzò un sopracciglio, anche la sua chiave era nera, la girò e quando vide il numero dilatò gli occhi. Ecco perché era arrossita… aveva letto il numero… chissà a cosa sta pensando…

- Sembra che le nostre camere siano vicine - sussurrò premendo il pulsante - Se rischia di passare una notte insonne a causa mia, ne chiederò un’altra - propose mentre lei continuava a tenere la testa abbassata.

Come posso dirgli che è esattamente il contrario…? Che in questo momento il mio cuore batte perché so che dormiremo vicini e che ci sarà lui accanto a me?

- No… davvero… non c’è alcun problema… - mormorò restando con lo sguardo basso, sapeva che, se avesse sollevato gli occhi, lui vi avrebbe letto dentro ogni cosa.

- È sicura? Sembra una condannata a morte... - e ridacchiò nervosamente. Ti intristisce così tanto l’idea che ci sia io in quella camera anziché Sakurakoji?

Serrò i denti e strinse la chiave che teneva in mano, ingoiando quella rabbia che non riusciva mai a trattenere. Le porte dell’ascensore si aprirono salvando Maya dal dover ribattere. Il lungo corridoio aveva porte su entrambi i lati e Masumi camminò finché non arrivò davanti alla cabina numero 864. Almeno ha avuto il buon senso di prenotare due cabine separate…

- Questa è la sua cabina, buonanotte - la salutò freddamente e Maya si rese conto che il suo tono era improvvisamente cambiato. Ha cambiato umore… a volte non capisco cosa gli prenda…

- B-Buonanotte e grazie, signor Hayami - ricambiò facendo un lieve inchino, ma lui si era già diretto alla porta seguente. Lo osservò di spalle, sospirando.

Maya rigirò un paio di volte la carta rettangolare, poi appoggiò la chiave al lettore e la porta si aprì.



Masumi infilò la chiave rettangolare nel vano dietro la porta e tutte le luci si accesero. Notò distrattamente i suoi abiti appesi e perfettamente stirati nell’armadio semiaperto, si slacciò il papillon, lo gettò sul tavolino, si tolse la giacca dello smoking e osservò l’ambiente circostante senza troppo interesse. Letto, bagno, poltrona, scrivania, un terrazzino, finché non la vide: c’era una porta nella parete di sinistra che separava le due camere.

La sua gelosia salì immediata al pensiero che il giovane attore avesse premeditato ogni cosa. E anche se fosse…? Avrebbe tutto il diritto di provarci…

Si cambiò rapidamente, indossando di nuovo i suoi abiti, scostò il lembo della giacca e prese le sigarette e l’accendino. Spense tutte le luci, lanciò una fugace occhiata alla porta, raggiunse il terrazzino e, una volta che la brezza fresca lo colpì, accese la sigaretta.



Maya entrò, la stanza era buia, vide i pulsanti nella penombra, li premette, ma le luci non si accesero. Sospirò affranta: non aveva idea di come funzionasse. Accanto alla porta, in basso, c’era una piccola luce di cortesia che, unita a quella lunare che entrava dalla finestra del terrazzino, le fornì il bagliore necessario a muoversi. Raggiunse la finestra e scostò tutte le tende così si rese conto che c’erano un bagno, una scrivania, una poltrona, un letto e… un’altra porta. I pensieri corsero tutti in un’unica direzione e al volto del signor Hayami. Arrossì e aprì la finestra. Chissà se Sakurakoji l’ha prenotata appositamente oppure se gli è stata assegnata questa coppia di cabine a caso...

La brezza dell’oceano entrò prepotente, fece un passo sul terrazzino e sentì il familiare odore di sigaretta. Si immobilizzò spostando lo sguardo verso destra. C’era una separazione che impediva di vedere l’altro terrazzo, ma lei sapeva che lui era lì.

Avrà visto la porta? Cosa avrà pensato? Sembrava così assorto quando mi ha salutato… come se qualcosa lo avesse intristito… eppure io non ho detto niente…

Si sfregò le braccia per fermare i brividi dovuti al vento, poi abbassò la testa e rientrò. In quel momento notò che vicino alla scrivania c’era la sua valigia e, appoggiata sopra il piano di legno, una scatola scura, forse quella dei gioielli.

Masumi finì la sigaretta rientrò nella stanza e chiuse la finestra.

Si fermò davanti a quella porta divisoria, immobile, le braccia lungo i fianchi e le mani strette a pugno. Dall’altra stanza non giungeva alcun suono. Cosa starà facendo?

Maya fece qualche passo sulla moquette morbida, i suoi tacchi affondavano appena. Si fermò di fronte alla porta, nessun rumore proveniva dall’altra parte. Cosa starà facendo?

Masumi strinse i denti e corrugò lo sguardo, fece un passo avanti e Maya, dall’altra parte, fece la stessa identica cosa, portandosi una mano al petto.

Con il cuore che batteva follemente, raggiunsero entrambi quell’ostacolo che divideva le due stanze. Maya sollevò una mano appoggiandola al legno pregiato, freddo e liscio, e Masumi la imitò senza saperlo, chinando la testa, rassegnato.

Se in mezzo non ci fosse stato niente, le loro mani si sarebbero unite, come le loro anime che in quel momento vibravano di quell’attesa infinita, l’unico vero muro a dividerli.

È solo una porta… potrei aprirla e… potrei fingere con la mia solita goffaggine… che non sapevo cosa fosse… il signor Hayami riderebbe di me e tutto tornerebbe a posto…

È solo una maledetta porta… se l’aprissi… lei si spaventerebbe e non avrei modo di giustificare il mio atto…

Presi dallo sconforto, certi che la persona dall’altra parte non avrebbe compreso, si voltarono di spalle, scivolando lungo il legno e sedendosi a terra.

Maya aveva il respiro accelerato, quando si rese conto di ciò che avrebbe voluto fare, e Masumi lasciò ricadere la testa fra le ginocchia.

Quella sera… io… l’ho baciato… ho recitato per lui la mia Akoya… tutto quello che sento… tutto quello che provo per lui…

Si portò le mani al volto e pianse sommessamente. Sentiva un dolore pressante che non l’abbandonava, per qualcosa che sapeva non avrebbe mai potuto avere, un sogno, un’illusione, che aveva visto per un breve attimo nella valle dei susini. Ma lui era adulto, distante eoni da lei in ogni cosa, era gentile, poi c’erano le rose… le rose scarlatte da sempre… solo per lei… ma questo non bastava. Ripensò alla fotografia della donna che aveva visto fra i documenti mentre il suo nome le rimbombava in testa. Si adagiò lentamente da un lato, strisciando la schiena alla porta fino a distendersi e chiuse gli occhi mentre le lacrime cadevano incessanti.

Quella notte… l’ho sognata… Akoya… il suo amore per Isshin, le sue labbra sulle mie… come se lo stesse dicendo davvero a me… quando mi sono svegliato lei era lì, aggrappata a me…

Si portò le mani fra i capelli, centinaia di immagini che si accavallavano l’una all’altra, come se quel tormento non dovesse mai avere fine. Era così vicina, eppure inafferrabile, aveva creato lui quella situazione di stallo, lui che non aveva mai avuto il coraggio di rivelarle la verità, tutta la verità. Quante volte glielo aveva detto Hijiri? Anche lui sembrava, infine, provare dell’affetto per lei, ed era stato disposto a sfidarlo pur di fare qualcosa, pur di farlo salire su quella nave.

Si girò di scatto alzandosi in piedi. La porta era sempre lì, il cuore batteva follemente e gli diceva di farlo, di aprirla e dirle ogni cosa, di porre fine a quell’angoscia inutile, qualunque sarebbe stata la sua reazione, anche se l’avesse rifiutato, anche se l’avesse maledetto!

Afferrò la maniglia con rabbia, il corpo irrigidito per ciò che stava per fare, lo sguardo pieno di rancore contro se stesso, contro quella folle paura di un suo rifiuto, ma stava diventando davvero insostenibile. Sakurakoji non aveva prenotato quelle stanze a caso, voleva dichiararsi a lei! E non certo come quella volta in quel giardino…

Piegò la maniglia e tirò la porta verso di sé con forza.

Come nella sua stanza, dall’altra parte c’era buio e silenzio. Stava per fare un passo avanti quando si rese conto che lei era distesa a terra, proprio davanti a lui.

Sussultò e si inginocchiò con gli occhi spalancati. Era girata di schiena, l’abito corto e morbido che arrivava alle ginocchia, le spalle scoperte, segnate dal bustino ricamato d’argento, le braccia raccolte davanti. Maya…

Delicatamente la prese in braccio, sperando che non si svegliasse, e l’adagiò sul letto in stile occidentale. Era la terza volta che compiva quel gesto e lei era sempre stata addormentata. I raggi della luna illuminavano appena il suo profilo rilassato: distolse gli occhi e cercò di placare il tumulto del suo cuore. Trovò nell’armadio una coperta e si accorse della chiave digitale sulla scrivania. Sorrise dolcemente, immaginandola mentre cercava di accendere le luci senza sapere di dover infilare quella chiave nel vano apposito. Si assicurò che tutti i pulsanti fossero giù e la inserì. Ragazzina, non sai proprio niente di questo mondo, eh…?

Stava per distendere la coperta quando il brillio delle scarpe attirò la sua attenzione. Serrò i denti, fissò il suo volto che dormiva beato, maledicendosi per il debole autocontrollo che riusciva a mantenere quando lei era vicina. Appoggiò la coperta sulla poltrona e si piegò per sganciare i piccoli laccetti dei sandali. Prima ne tolse uno, tenendo le dita rigide, e poi l’altro. Sbuffò trattenendo una risata rendendosi conto di quanto fosse in tensione per una cosa così stupida. Le tenne delicatamente una caviglia e tolse il primo sandalo, facendo la stessa cosa con il secondo. Si rialzò tenendoli fra le dita e li appoggiò sulla scrivania. Erano davvero di bella fattura e il suo piede era piccolo e perfetto.

La coprì con la coperta, spostò la poltrona al lato del letto e si sedette con un profondo sospiro. L’istinto di distendersi accanto a lei e proteggerla anche la notte, come cercava di fare da sette anni durante il giorno, era prepotente, così afferrò saldamente i braccioli della poltrona, tenendo lo sguardo fisso sul suo volto rilassato.

È la quarta volta che la guardo dormire in questo modo… potrò accettare di vivere accanto ad un’altra donna sapendo che lei dorme fra le braccia di un altro? Riuscirò davvero a lasciarla andare se non sono riuscito neanche a tenere chiusa quella porta? Se lei fosse stata sveglia… cosa avrei fatto?

La fissò immobile per un tempo interminabile, poi Maya si girò su un fianco verso di lui, sospirò e mise una mano sotto la guancia. Masumi seguì ogni movimento nonostante la penombra e quando una ciocca di capelli le ricadde in avanti, l’istinto reagì prima del raziocinio: si sporse in avanti e gliela spostò dietro l’orecchio. La sua pelle era calda e soffice, lei emise un lieve lamento ma non si svegliò, mentre lui fu costretto a trattenere il fiato.

Toccata da un altro uomo… amata da un altro uomo… no… non credo riuscirei a sopportarlo… ma lo spettacolo è così vicino… non posso sconvolgere la sua vita… mi rifiuterà, ma non sarebbe comunque abbastanza serena per affrontare la Dea Scarlatta e vincere contro Ayumi Himekawa… ma una volta che avrà vinto… potrò liberarmi di questo peso e mettere fine a ogni cosa…

Tornò ad appoggiarsi alla poltrona, continuando ad osservarla nel sonno, mentre i minuti e le ore si susseguivano inesorabili verso l’alba del nuovo giorno.



Maya si stirò nel tepore del letto, sbattendo le palpebre nel buio della camera: unica fonte di luce, i deboli raggi lunari che entravano dalla porta finestra. La notte iniziava a cedere il passo al sorgere del sole. Scostò la coperta che l’aveva tenuta al caldo mentre ricordi confusi riaffioravano.

Si tirò di scatto a sedere. Come sono finita nel letto? Perché ho una coperta addosso e sono ancora vestita? Oh… non ho le scarpe…

Mosse le dita dei piedi che sbucavano dalla coperta, si passò distrattamente le mani tra i capelli, sbadigliando e li trovò ancora appuntati. Involontariamente le sue dita sfiorarono gli orecchini, sospirò e il suo sguardo vacuo andò alla porta che divideva le due stanze.

Distrattamente si girò per scendere dal letto e si bloccò, con il cuore che stava per schizzarle fuori dal petto.

Che… che ci fa qui?

Il signor Hayami dormiva seduto sulla poltrona, la testa appoggiata all’ampio e comodo schienale. Indossava un abito diverso dallo smoking, sembrava completamente rilassato, tranne una piccola ruga in mezzo alla fronte.

Mi ha… mi ha messo lui qui? Mi ha tolto le scarpe? Come nella foresta di Nakatsugawa…

Si portò la coperta al petto, arrossendo nel buio della camera. Scese lentamente, continuando a fissarlo, strisciò lungo il bordo del letto, poi afferrò la valigia, la scatola scura e si infilò nel bagno col cuore che batteva a mille. Chiuse la porta, a tentoni cercò l’interruttore e quando lo premette la luce si accese. Adesso funziona...

Con un po’ di difficoltà riuscì a sganciare la cerniera dell’abito, non voleva rovinarlo, e quando finalmente ci riuscì, le uscì un sospiro di vittoria. Indossò la gonna corta a pieghe che aveva portato, una maglietta e un maglioncino rosa, calze e scarpe. Abiti comodi, come le aveva suggerito Sakurakoji. Disfece la pettinatura, mettendo via tutte le forcine che avevano usato per tenerli insieme e sbuffò quando si rese conto di quante ce ne fossero.

Poi, lentamente, mise la scatola quadrata davanti a sé. L’aprì, al centro c’era un rilievo dove appoggiare la collana e, ai lati, due fori per gli orecchini. Sospirò e si tolse i tre oggetti richiudendo la scatola dopo avergli dato un ultimo sguardo.

Sono solo in affitto, non glieli compro…

Quella frase sarcastica l’aveva spinta, ore prima, ad accettare quel gioiello. Aggrottò la fronte e un misto di rabbia e delusione l’avvolse.

E se avesse voluto regalarmeli come ha fatto con altre cose in passato? Cosa avrei fatto? Li avrei accettati?

Abbassò le spalle e sospirò. Sarò capace davvero di convivere con questi sentimenti e vederlo sposato ad un’altra donna senza neanche… senza neanche cosa? Anche se gli dicessi tutta la verità lui riderebbe come ha sempre fatto…

Sospirò di nuovo mentre una profonda malinconia le riempiva l’anima. Perché aveva iniziato a provare quei sentimenti per il signor Hayami? Si era fatta mille volte quella domanda senza riuscire a darsi una risposta. Era sicura di odiarlo, uno dei pochi punti fermi della sua vita, poi, ogni volta che lui la spronava, lei doveva dimostrargli di essere capace di farcela, erano tutte sfide che voleva vincere. Già allora, quel rancore aveva iniziato a trasformarsi fino a quando le aveva rivelato di essere il suo ammiratore. Le due metà si erano fuse, perfettamente, come se fosse stata l’unica ovvia soluzione e anche i suoi sentimenti erano cambiati  drasticamente, venendo allo scoperto. Ammetterlo era stato faticoso, riconoscere ciò che provava per lui dopo anni di risentimento, le era parso impossibile, ma ora non aveva più dubbi. Contro ogni immaginazione, lo amava.

Prese la scatola e uscì dal bagno spegnendo la luce. Rientrò nella camera posando lo sguardo furtivo sul signor Hayami che ancora dormiva sulla poltrona, poi il suo sguardo venne attirato dal cielo all’esterno. Camminando lentamente, posò la scatola sulla scrivania e raggiunse la porta finestra, appoggiando le mani sul vetro.

Il cielo era metà blu e metà rosa, il sole faceva appena capolino all’orizzonte.

Che spettacolo incredibile!

Senza pensarci si voltò di scatto e lo raggiunse scuotendolo.

- Signor Hayami! Signor Hayami, si svegli! - gridò piena di gioia strattonandogli la camicia.

Masumi si riscosse sbattendo gli occhi, dolorante per la posizione che aveva tenuto tutta la notte. Non ebbe neanche il tempo di capire cosa stesse accadendo che si sentì trascinare via. Maya lo teneva per una mano e correva lungo il corridoio della nave finché raggiunse una porta in fondo che dava su uno dei ponti di prua. La giovane proseguì la sua corsa nella sala tirandoselo dietro e continuando a stringerlo. Maya…

Spalancò col braccio libero le doppie porte e sbucò direttamente su un ampio ponte dal pavimento in teak.

- Guardi! - gli disse appoggiandosi alla balaustra e indicando davanti a sé - Dovevo farle vedere quest’alba, signor Hayami! - aggiunse con entusiasmo fissando il cielo che si arrossava e il disco abbagliante che sorgeva dal mare incendiato.

Masumi fissò il suo profilo pieno di vita, il vento le scompigliava i capelli, che ora erano sciolti, e i suoi occhi brillavano pieni della luce del sole nascente. Si è cambiata e non indossa più i gioielli...

- Davvero meraviglioso… - sussurrò senza riuscire a smettere di guardarla.

Maya si girò sentendo il tono della sua voce così anomalo e incontrò i suoi occhi azzurri che la guardavano intensamente. Arrossì senza riuscire a dominare le sue emozioni e tornò a fissare l’alba.

- Mi scusi, non volevo svegliarla - mormorò aggrappandosi alla balaustra. Quante volte mi giro e lo trovo a fissarmi…? Chissà cosa penserà di me…

- No, è bellissimo - ammise Masumi, appoggiandosi anche lui. Maya sollevò lo sguardo e sembrava rilassato mentre fissava il mare. Il vento muoveva i suoi capelli biondi, illuminati dai raggi rosati che si spargevano dovunque.

- Grazie per stanotte - disse all’improvviso la giovane arrossendo e continuando a guardare il sole che sorgeva inesorabile.

- Ragazzina, non sapeva che per accendere le luci nelle cabine deve inserire la chiave dietro la porta? - la canzonò lui ironicamente per mascherare quella sensazione di disagio che la sua vicinanza gli causava.

Maya si girò, ma invece della consueta rabbia che solitamente la coglieva ogni volta che lui la provocava e la metteva di fronte alla sua inadeguatezza, si sentì sollevata che avesse mantenuto quell’atteggiamento che aveva contraddistinto da sempre i loro confronti.

- No, non lo sapevo - gli disse serenamente, senza timore di ammettere la sua mancanza, in fondo lei di quel mondo patinato non sapeva assolutamente niente.

Masumi rimase interdetto dalla sua espressione rilassata, non aveva reagito come al suo solito né si era irrigidita come spesso le accadeva. Tra l’altro, una risposta così disarmante non gli aveva permesso di ribattere. Solo ora mi rendo conto che per la prima volta sono costretto a confrontarmi con lei… nessuno di noi due ha modo di scappare… non c’è l’uscita di un teatro da cui potersene andare in fretta, né la mia segretaria che mi chiama… e lei non sembra volermi scacciare…

- Adesso sa come fare - le rispose infine, sorridendole.

Maya, che si era aspettata un’altra battuta pungente su quanto fosse inesperta, sbatté le palpebre perplessa. Il vento mosse ancora i suoi capelli e lei vide la piccola ferita sulla fronte, una sottile linea rossa.

- Non ho mai avuto modo di ringraziarla di persona - gli disse tenendosi alla balaustra come fosse un’ancora - Quella sera lei mi ha… - nonostante tutto il suo impegno, le parole le morirono in gola e si trovò costretta ad abbassare lo sguardo. Il ricordo di ciò che aveva fatto la colpì come una scossa: la paura che aveva avuto, i versi che gli aveva recitato, le lacrime che aveva versato, il bacio che gli aveva dato, la fotografia della sua futura sposa. Maya tornò a fissare il sole che lentamente sbocciava dall’orizzonte.

- Non deve preoccuparsi, l’importante è che lei stia bene - le rispose con tono neutro, meravigliandosi per quell’uscita così spontanea che aveva avuto. La vide voltarsi verso il mare e fece altrettanto. Di quella sera ricordava ben poco: delle lacrime, una voce che parlava, quel sogno con Akoya, quelle due piccole impronte insanguinate sui documenti dei Takamiya.

- Sì, l’attrice Maya Kitajima non è stata sfregiata e sarà in grado di recitare - gli confermò sommessamente. Ormai aveva accettato quel particolare interesse per la sua carriera.

Masumi si voltò mentre rivedeva il delinquente con il coltello vicino al suo volto. Serrò i denti e infilò la mano all’interno della giacca.

- Questo deve essere suo - e le porse il fazzoletto che Mizuki aveva lasciato sulla scrivania - È ancora macchiato di sangue, mi dispiace -

Maya sollevò lo sguardo stupita arrossendo completamente e puntando gli occhi su ciò che lui teneva in mano. È il mio fazzoletto! Lo avevo lasciato nel suo ufficio?! Santo cielo come sono sbadata…

Rimase immobile qualche secondo, con gli occhi spalancati e il cuore che batteva follemente mentre Masumi teneva la mano tesa, probabilmente più imbarazzato di lei. Non ricordo di averla mai vista arrossire in questo modo… a cosa starà pensando? Non sarà… per caso… che…

L’idea folle che gli occupò totalmente il pensiero gridava che quella notte non aveva sognato Akoya, ma era lei che aveva recitato!

La sua voce… era così diversa… e… lei mi avrebbe…

Maya allungò titubante una mano e prese il fazzoletto interrompendo i suoi pensieri che stavano rievocando quel bacio lieve e prolungato.

- Grazie, signor Hayami… - mormorò con un tono appena udibile, mettendolo nella tasca della gonna.

Masumi rimase immobile, folgorato da quell’idea che l’aveva travolto, che Maya l’amasse davvero, che quei versi fossero una dichiarazione. Come nella valle sul ruscello… come il ramo di susino che mi dette… sono stato così cieco? [N.d.A.: abbastanza… -.-]

Aveva un solo modo per sincerarsene. Si voltò verso l’alba che stava per raggiungere il suo massimo fulgore e lasciò che tutti i dubbi scivolassero via, che il cuore avesse la meglio sul raziocinio, che i suoi desideri si sovrapponessero ai suoi doveri.

- Si ricorda che le dissi di recitare una Dea Scarlatta che fosse vera? - iniziò continuando a guardare davanti a sé - Le andrebbe di recitare ora, per me, le battute di Akoya? - poi si girò, incontrando i suoi occhi spalancati pieni di meraviglia.

- Recitare? Qui? - Maya si guardò fugacemente intorno.

- Sì, qui, se non le dispiace, ovviamente - aggiunse, aspettandosi che lei rifiutasse una simile richiesta.

La nave correva veloce sull’acqua, il vento fresco li avvolgeva, il sole nascente illuminava ogni cosa, il ponte di legno era lucido e brillante.

Questo sarebbe il mio palcoscenico? Senza abiti di scena, come ci fa provare il signor Kuronuma, senza luci o musica, con il solo aiuto della natura… posso portare qui la mia Akoya? Sì! Reciterò solo per te, mio ammiratore delle rose scarlatte, solo per te!

Alzò lo sguardo sorridente, il cuore che le scoppiava per l’emozione, pronta a dare il massimo per quell’uomo che aveva completamente sconvolto la sua vita.

- Sì, signor Hayami, reciterò per lei - gli disse semplicemente e Masumi trattenne il fiato per il tono che aveva usato, per il suo sguardo vivido e luminoso, preparandosi ad assistere alla più bella e intensa interpretazione che Maya avesse mai dato di Akoya.

Quelle battute all’alba sul ponte dell’Astoria avrebbero cambiato, per sempre, il corso delle loro vite.


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Capitolo 43
*** Alba sull'Astoria ***


Ultima revisione: marzo 2016

43. Alba sull’Astoria

 

Maya Kitajima si era sempre ritenuta un’incapace buona a nulla, complice di questa sua attitudine l’educazione che aveva ricevuto dalla severa madre, che non voleva si crogiolasse in sogni che avrebbero portato solo delusioni e dolore. Ma un giorno di quasi sette anni prima aveva incontrato la signora Tsukikage che aveva cambiato completamente la sua vita dandole una possibilità.

Recitare era la cosa che le riusciva meglio e su quella nave, davanti al suo ammiratore, avrebbe aperto il cuore, facendo fuoriuscire tutti quei sentimenti che teneva racchiusi e trasformando le battute di Akoya in quello che la sua anima gridava ormai da tempo.

Si tolse lentamente le scarpe, un gesto che era abituata a fare anche in sala prove, e si volse verso la balaustra, afferrandola con le mani. Masumi la seguì con lo sguardo, emozionato e teso, domandandosi cosa avrebbe fatto.

Maya si girò verso di lui, catturando volutamente il suo sguardo per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, e lui trattenne il respiro. È Akoya…

- Quel giorno, quando ti incontrai per la prima volta nella valle, compresi immediatamente che eri tu, come dice la nonna, la mia anima gemella - Maya impostò la sua voce, quel timbro che aveva maturato nel tempo per la sua Akoya: sacerdotessa della valle scarlatta e donna che incarnava la dea della natura. L’intensità del suo sguardo fu tale da modificare, con esso, tutta l’espressione del volto e la postura. Masumi rimase bloccato a fissarla, rapito dalla sua voce.

- Quando il mondo era ancora nel caos, gli dei generarono dei figli che scesero sulla Terra. Allora, l’unica anima si divise in due: yin e yang che andarono a dimorare nei rispettivi corpi carnali - gli spiegò, sempre tenendo gli occhi allacciati ai suoi. Maya non avrebbe saputo descrivere l’emozione che stava provando in quel momento, mentre il sole sorgeva un altro po’. Ogni sua fibra era concentrata e veicolata in quell’interpretazione: voleva dimostrargli i risultati di tutti i suoi sforzi, parte dei quali erano riusciti grazie a lui.

- Quando gli uomini si sarebbero incontrati, avrebbero ritrovato l’unità, portando l’armonia tra yin e yang, e sarebbero divenuti dei, per generare una nuova vita - Maya muoveva appena le mani e il resto del corpo per enfatizzare ciò che stava spiegando al suo Isshin, la maggior parte del lavoro era fatta dall’espressione angelica e dal tono serafico della sua voce. Masumi ringraziò di avere la balaustra vicina, alla quale si appoggiò, perché non era affatto sicuro che non sarebbe indietreggiato di fronte a quello sguardo amorevole.

- La nonna dice che in quel momento agisce una forza straordinaria - riprese Maya mutando ancora la sua espressione che divenne dolce e piena di sentimento - È la forza che chiama l’anima dell’altro - sentiva il cuore scoppiarle per la gioia, era Akoya, ogni cosa di lei lo gridava, quelle parole erano perfette e lei ci riversò dentro tutto il suo amore.

Masumi spalancò gli occhi e il suo cuore, che batteva frenetico, ebbe una battuta d’arresto. Queste parole… il tono della sua voce...

- Non esistono età, aspetto, rango, quando si incontrano, queste due anime si attraggono vicendevolmente, cercando l’altra metà di se stesse - Maya modificò ancora una volta la sua espressione che divenne quasi di supplica, era evidente quanto non volesse perdere il suo amore a causa di quelle inutili diversità.

Maya… queste battute le ricordo molto bene! Il timbro...

- Nemmeno io ci posso credere veramente - la giovane spalancò gli occhi per la sorpresa, ancora non li aveva sganciati dai suoi, azzurri e luminosi, che la fissavano - Una così straordinaria sensazione l’ho provata ora per la prima volta -

Masumi appoggiò una mano alla balaustra, tenendosi strettamente, se avesse serrato ancor più i denti per la tensione, li avrebbe mandati in frantumi.

È questa la voce del sogno! Queste le battute!

- Solo se ti penso mi sento inebriata - Maya si portò le dita sottili alle tempie in un gesto spontaneo, la sua voce era un sussurro lieve, piena d’emozione.

Masumi venne attraversato da un brivido freddo. Ormai, quello che voleva dimostrare con quella richiesta improvvisa di recitare su quel ponte, era stato confutato.

Sì! Non ci sono dubbi! È questa la voce che ho sentito quella sera dopo l’aggressione! Non era un sogno! Era lei che mi recitava queste stesse battute! Piangeva, mi ha baciato sulla fronte e poi… poi… le sue labbra sulle mie! È innamorata di me!

Quella innegabile certezza lo sconvolse a tal punto da lasciarlo senza fiato, la mente completamente svuotata, non c’era niente altro che lei.

- Solo se sento la tua voce, mi emoziono - tutta l’anima di Maya vibrò, concentrata e protesa in quelle battute cruciali che racchiudevano tutti i suoi sentimenti.

Signor Hayami… io l’amo! Il sentimento di Akoya è anche il mio! Il suo amore verso Isshin è anche il mio per lei!

Maya lasciò che i suoi sentimenti fluissero all’esterno, che fossero percepibili nelle sue parole.

- Poi… - fece un passo avanti con un tempismo perfetto e appoggiò le dita sul dorso della sua mano sinistra - Lo sai quanto sono felice quando ti tocco - gli sorrise in un modo così inequivocabile che Masumi arrossì, nonostante il divario d’esperienza che li separava.

Dal contatto scaturì un’ondata di calore così intensa che investì entrambi, trascinandoli in un vortice di emozioni incontrollate.

Questa non è più recitazione, vero, Maya? Mi ami sul serio...

E lo stupì di nuovo, gelandogli il sangue nelle vene. Lasciò scivolare lentamente le dita sulla pelle della sua mano fino a prenderla nella sua e a portarsela al volto.

- Tu sei l’altra parte di me, io sono l’altra parte di te - mormorò chiudendo gli occhi. Le guance si tinsero di rosso e Masumi non poté far altro che assistere sconcertato a quell’interpretazione così sentita. Maya sollevò lo sguardo dopo una pausa perfetta e, sempre tenendo la sua mano calda vicino al volto gli confessò quello che portava nascosto nel cuore.

- Cosa sono nome e passato rispetto al poter vivere con me ora che mi hai incontrato? - solo per un fugace attimo si domandò se lui si sarebbe accorto dei suoi sentimenti, ma ormai non le importava affatto - Questo può bastarci -

Signor Hayami!

- Abbandona, te ne prego, sia il tuo nome, che il passato… - sussurrò stringendogli la mano e dando enfasi alla sua espressione e al suo tono di supplica - Diventa solo mio, della tua Akoya! - esclamò con voce carica d’emozione repressa che trovò il suo completamento nel volto raggiante e negli occhi lucidi che tenevano incatenati quelli azzurri del suo Isshin.

Il sole sorse completamente dal mare e la sua aura dorata inondò il ponte e i loro profili rapiti da una avvolgente trepidazione.

- Originariamente eravamo un’unica anima e un’unica vita - terminò Maya recitando l’ultima battuta di Akoya - Tu sei la mia vita stessa, non potrò mai allontanarmi da te nella mia vita eterna! - riabbassò la sua mano e fece per lasciargliela, ma lui la strinse con forza. Maya dilatò gli occhi uscendo dal personaggio e si perse nel suo sguardo cristallino.

Basta! Non ce la faccio più! Devo arrendermi, non posso più continuare a ingannare il mio cuore!

In un impeto incontrollabile, Masumi la tirò verso di sé, stringendola fra le braccia in una stretta agognata e sognata a lungo. Maya tremò, il cuore che batteva follemente, rendendosi pienamente conto che quell’abbraccio era diverso da qualsiasi altro le avesse mai dato.

Signor Hayami!

In quel momento, unico e irripetibile, l’alba infiammata sul ponte dell’Astoria si fuse al ritmico ondeggiare del mare, un gabbiano solitario stridé e la brezza frizzante li avvolse come una coperta mentre Maya sentì la terra mancarle sotto i piedi.

- Basta, non recitare più… Ho capito… Ora ho capito tutto - le sussurrò con voce incrinata nell’orecchio. L’anima di Maya vibrò come la corda di un violino pizzicata da un maestro. Signor Hayami! Non è… non è assolutamente possibile… lui… lui...

Ma i suoi pensieri impazziti di gioia per ciò che si era affacciato alla sua mente, vennero interrotti bruscamente: dalla scala laterale, alcune persone sbucarono alla spicciolata.

- Wow! Che alba stupenda! - esclamò un uomo ubriaco che aveva ancora in mano un flûte.

- Fantastica! - rispose la donna accanto a lui.

Maya si irrigidì, spaventata, e si mosse leggermente, ma Masumi serrò le braccia intorno a lei, impedendole di lasciarlo. Sussultò meravigliata per quella reazione così sentita e carica di significato.

- Ohh… che scenetta romantica! - esclamò un’altra signora osservando la coppia abbracciata.

- Ma guarda che scena interessante… - disse quello ubriaco - Maya Kitajima e Masumi Hayami della Daito Art Production… - gli altri intorno a lui lo fissarono con occhi spalancati.

- Signor Hayami! - sussurrò Maya con apprensione - La prego, mi lasci, ci stanno guardando... - lo avvisò spaventata e nonostante cercasse di uscire dal suo abbraccio, lui la teneva stretta e le impediva di liberarsi.

- Non me ne importa… anche se metteranno in giro delle voci su di noi! - sussurrò lui affondando il volto fra i suoi capelli - A te dispiace se parlano di noi? - aggiunse con quel nuovo tono informale.

Maya tremò piena d’emozione, per le sue braccia che la cingevano, per il calore bruciante del suo corpo, per il tono appassionato della sua voce. Anche lei aveva capito, nonostante l’idea l’avesse completamente sconvolta, e non c’era più nessun motivo di nascondergli quello che gli aveva confessato con le battute di Akoya.

- No! - esclamò immediatamente in modo che il concetto fosse chiaro anche a lui - No… per niente… - aggiunse in un mormorio vibrante appoggiando la testa al suo torace ampio.

- Allora, rimaniamo così ancora per un po’, ti prego - le chiese con un lieve sussurro che la fece fremere completamente.

- Sì - rispose semplicemente Maya, abbracciandolo a sua volta, aggrappandosi con forza alla sua camicia. Masumi sussultò, ormai sicuro dei sentimenti che entrambi provavano l’uno per l’altra e si abbandonò a quell’abbraccio ardente.

Gli intrusi borbottarono qualcosa che nessuno dei due comprese e lasciarono il ponte.

- Credevo che tu mi disprezzassi - sussurrò Masumi tenendola stretta a sé - Da quanto non è più così… Maya? - le chiese, chiamandola per nome. Lei, appoggiata al suo torace, spalancò gli occhi per la sorpresa mentre sentiva battere forte il cuore di lui in petto.

- La odiavo, all’inizio… - mormorò lei cercando di dare un senso ai pensieri che le inondavano la mente - Ma poi ho capito che l’avevo fraintesa - gli rivelò rendendosi conto che quella semplice frase racchiudeva sette anni di incomprensioni.

Masumi chiuse gli occhi e inspirò il profumo dei suoi capelli come quella notte al tempio.

- Pensavo - riprese lei accoccolata fra le sue braccia - Che lei mi considerasse una bambina, che non si curasse di me - gli confessò arrossendo, invisibile alla sua vista.

Oh, Maya! Sono stato io… io ho creato tutto questo… ma come potevo immaginare… che tu mi avresti ricambiato?

Lei si teneva ancora aggrappata a lui, come l’aveva trovata la notte dell’aggressione, le sue piccole dita stringevano la camicia sui fianchi e nell’istante in cui l’aveva stretta a sé, si era reso conto che era stato come ricomporre due metà di un vaso rotto, esattamente la stessa sensazione che aveva provato nella valle, con quel ruscello a dividerli, la prima volta che gli aveva recitato quelle battute.

Maya sentiva le sue braccia ancora serrate, come se non volesse in alcun modo interrompere quel contatto. Il signor Hayami l’amava, esattamente come lei amava lui! Andava contro ogni logica, contro ogni convenzione, contro le stesse abitudini del suo popolo, ma erano davvero anime gemelle e lei l’aveva compreso appena l’aveva stretta a sé, esattamente come era avvenuto nella valle. Mio ammiratore! Mi ami? Mi ami davvero? Com’è possibile questa cosa? Io… io non riesco a crederlo… eppure… eppure i suoi occhi, meravigliosi occhi azzurri limpidi e sinceri… ora non mentono!

Masumi la staccò lievemente, portando le mani sulle sue spalle esili. Maya lo fissò, adesso senza più alcuna vergogna, e lui rimase rapito da quello sguardo sincero, in cui la menzogna era assente. Aveva le guance arrossate e le labbra appena dischiuse, il respiro accelerato, probabilmente il cuore di lei batteva rapido come il suo, e quell’espressione così piena di aspettativa lo riempì di tenerezza. Sei tutto ciò che il mio cuore desidera da così tanti anni… Maya...

I raggi dell’alba riscaldavano l’aria e le onde del mare creavano una sinfonia perfetta, lentamente le prese il volto con le mani, si abbassò e la baciò, congiungendo le labbra alle sue e chiudendo gli occhi, mentre dentro la sua anima urlava di gioia. Maya reagì d’istinto abbracciandolo alla vita, e il suo cuore esplose in mille pezzi brillanti.

Le sue labbra erano morbide e profumate e la sua risposta era stata così struggente e piena di sentimento che Masumi preferì godersi il momento, prolungandolo il più possibile, senza che lei dovesse sentirsi a disagio. Lasciò scivolare le mani lungo la sua schiena e l’abbracciò stringendola a sé, così le loro labbra premettero le une contro le altre facendoli emozionare ancora di più.

Masumi si scostò leggermente, Maya sbatté le palpebre più volte svegliandosi da quel sogno e quando incontrò i suoi occhi azzurri che la fissavano pieni d’amore si rese conto che non era stato tutto un sogno come aveva immaginato, che lui era lì e ricambiava il suo amore. Impossibile...

- Scusa… se ti ho colta di sorpresa - le confessò imbarazzato senza lasciarla - Ieri mi hai chiesto di non chiamarti più “ragazzina” - riprese in un sussurro fissando gli occhi meravigliati di lei, squisitamente arrossita - Allora d’ora in poi ti chiamerò per nome e ti tratterò in modo diverso da come ho fatto finora, se sei d’accordo, Maya - aggiunse resistendo alla voglia di baciarla ancora.

Lei lo guardò stupita, perfettamente a suo agio fra le sue braccia che l’avevano sempre fatta sentire al sicuro e protetta.

- Sì… Sì, signor Hayami - annuì lei balbettando, cercando di non pensare al bacio che le aveva dato e che aveva infiammato tutti i suoi sensi. Masumi sorrise dolcemente nel vederla imbarazzata, ancora incredulo di stringerla a sé.

- Anche tu non devi chiamarmi più “uomo spietato” - sibilò, fintamente offeso. Maya dilatò gli occhi stupita, irrigidendosi.

- Eh? S-Sì… - balbettò vergognandosi.

- E nemmeno “scarafaggio” - proseguì lui impietoso - Né “affarista senza scrupoli”! -

- Ok! - annuì lei stringendo gli occhi, mortificata.

- O “uomo senza cuore”, “iettatore” o “sarcastico”! - Masumi la scosse fissandola con sguardo minaccioso.

- Ok! - confermò Maya, appoggiando la fronte al suo petto, se avesse potuto si sarebbe sepolta dalla vergogna. Allora sa tutte le cattiverie che ho detto sul suo conto!

Allungò le braccia e gli circondò la vita, abbracciandolo stretto.

- Scusi… scusi… - mormorò aggrappandosi a lui - Io… - la tensione che aveva accumulato in tutto quel tempo sembrò sfogarsi in quei pochi attimi. Masumi avvertì la sua angoscia e la strinse a sé.

- Maya, non importa adesso - la rassicurò bisbigliandole dolcemente all’orecchio. Lei sembrò calmarsi, continuò a tenere le braccia intorno alla sua vita e lui ne gioì immensamente. Eppure è una cosa così banale… ma mi rendo conto di non poterne fare più a meno…

- Guarda l’alba, che spettacolo - sussurrò ancora facendola rabbrividire. Appena lui la lasciò, avvertì il distacco come una inquietante sensazione di troncamento. Appoggiò le mani alla balaustra e lui le andò accanto.

- Davvero impressionante… - mormorò lei che stava ancora cercando di mettere ordine nei suoi pensieri affollati di emozioni e baci, incredula per ciò che era avvenuto.

- Mai quanto quello che ci è appena accaduto - replicò Masumi voltandosi a guardarla. Maya si girò lentamente fino ad incontrare i suoi incredibili occhi turchesi.

- Davvero impressionante… - ripeté in un mormorio appena accennato, l’espressione completamente rapita, gli occhi dilatati e le guance arrossate per l’imbarazzo.

Masumi si portò una mano fra i capelli e scoppiò a ridere. Era dolcissima e intimidita allo stesso tempo e se non avesse trovato subito qualcosa per smorzare la tensione non era sicuro di riuscire a mantenere il suo autocontrollo.

Maya serrò i denti e corrugò la fronte. In un istante erano di nuovo gli antichi nemici che si fronteggiavano.

- Signor Hayami! Se lei crede… - sbottò Maya, ma lui sollevò un indice ammonitore smettendo di ridere e facendosi serio.

- Ricordi quello che ho detto prima? - la redarguì simulando il suo vecchio comportamento. Lei lo fissò con occhi spalancati.

- S-Sì… - annuì mettendosi le mani dietro la schiena. Sembra completamente diverso dall’uomo che ho sempre conosciuto… Santo cielo… cosa succederà ora? Non posso davvero chiamarlo senza la dovuta deferenza...

- Saremo divisi fra due mondi, Maya - le spiegò lui in un mormorio sommesso e pieno di emozione, come se le avesse letto nel pensiero - Noi due e il resto - specificò catturando il suo sguardo - All’esterno niente dovrà mutare, perderesti ogni cosa adesso e la “Dea Scarlatta” è un traguardo troppo vicino per te - allungò una mano e le sfiorò una guancia. Quante volte ho voluto farlo in passato?

- La Dea Scarlatta… - mormorò lei sussultando per quel contatto inaspettato. Quando era con lui di solito manteneva sempre le distanze.

- Maya, ti rendi conto di quanto sia pericolosa questa situazione, vero? - le domandò avvicinandosi con espressione davvero preoccupata. Lei a volte era così spontanea da non rendersi conto di ciò che la circondava.

- Sì, ho capito, signor Hayami - annuì lei altrettanto seria, marcando il suo nome.

- Hayami-san… quante volte mi hai sfidato chiamandomi così…? - le sorrise in modo così disarmante da farle tremare le ginocchia. Maya arrossì, portandosi le mani al volto e Masumi si accorse di quante volte, invece, l’aveva vista lui comportarsi in quel modo. Erano i tuoi sentimenti… per me...

- Con te mi sento così spontaneo… - le confidò abbattendo l’ultimo muro che lo separava da lei - È strano, nonostante la nostra differenza di età, nonostante proveniamo da due realtà molto diverse, mi sento a mio agio con te come con nessun altro… -

Maya contraccambiò quello sguardo pieno di sentimento, avrebbe voluto confessargli un milione di cose, ma fece un passo avanti, i piedi nudi sul legno scaldato dal sole dell’alba, sollevò una mano e gli carezzò dolcemente una guancia.

- Io sono l’altra parte di te, tu sei l’altra parte di me - mormorò con la sua voce usando le battute di Akoya. Non avrebbe mai creduto di poterlo toccare in quel modo, solo un’ora prima le sembrava un uomo irraggiungibile, ora invece i loro cuori sembravano battere all’unisono.

Se un’anima è felice, lo è anche l’altra...

Masumi coprì dolcemente la mano con la sua e si perse nel suo sguardo pieno di felicità, cosciente che anche i suoi occhi brillassero allo stesso modo. In un movimento fluido che sembrava programmato, lui si chinò e Maya si alzò sulla punta dei piedi finché le loro labbra si unirono nuovamente in un bacio carico di sentimento con quell’alba nascente come unica testimone.

 

Nel momento in cui lasciarono il ponte dove la loro vita aveva subito una drastica virata, Maya si sentì avvilita, perduta in dilemmi ancora più gravi di quelli che li avevano preceduti. Aver scoperto che lui provava i suoi stessi sentimenti l’aveva riempita di pura gioia, ma cosa avrebbero dovuto fare ora?

Quando scenderemo da questa nave torneremo alle nostre rispettive vite… ho paura che tutto possa veramente svanire come un sogno… come avvenne nella valle dei susini… lui tornerà alla Daito Arto Production al suo mondo di affari seri e importanti che io non comprendo, io al teatro… dovrò sembrargli davvero una ragazzina sprovveduta…

Chiuse la borsa e l’appoggiò sulla scrivania, dove giaceva anche la scatola blu con i gioielli a forma di rosa.

- Sei silenziosa - la sua voce pacata la raggiunse e lei sussultò arrossendo lievemente. Masumi rimase sulla porta che divideva le due stanze e attese che lei si voltasse. Un sorriso appena accennato incurvò le sue labbra quando lei negò.

- Guarda - le disse avvicinandosi alla porta finestra - Quella è la penisola di Izu -

Maya lo raggiunse e guardò fuori, verso il promontorio che lui stava indicando.

- Da qualche parte su quella costa c’è il mio nascondiglio - e le sorrise.

- Nascondiglio? - gli chiese lei meravigliata.

- La mia villa… - annuì lui stranamente serio - L’unico posto dove posso essere me stesso - le confidò continuando a fissare la penisola - Ci viene di rado soltanto un dipendente che mi serve da tanto tempo e non vi ho mai fatto entrare nessuno, neanche mio padre -

- Che tipo di posto è? - chiese lei tornando con lo sguardo su quel promontorio mentre il suo cuore, che ancora non accennava a rallentare i battiti per l’emozione, riprese a galoppare follemente. Solo perché mi è così vicino…? Santo cielo...

- I colori e i suoni sono diversi da quelli della città - esordì in un sussurro, lo sguardo perduto in quei luoghi - Il cielo è azzurro e il mare blu intenso, quando cammini a piedi nudi sulla spiaggia bianca, si sente lo scricchiolio e la sabbia è morbida e fresca -

Si girò verso di lei catturando il suo sguardo e le sorrise con grande dolcezza. Maya… senti il mio cuore che freme in petto? Lo puoi udire? Spaventa te quanto spaventa me quest’emozione così dirompente e incontrollata?

- Mi piace fare lunghe passeggiate e il cielo, di notte, è strepitoso. Mi fermo spesso a rimirarlo - le confessò senza alcun timore - E il rumore delle onde mi fa dimenticare le cose sgradevoli. In quei momenti sento di riuscire a recuperare il vero me stesso… -

Maya lo fissò scacciando quella malinconia che sentì invaderle il cuore. Il vero se stesso…? Non immaginavo che si sentisse così…

- Mi piacerebbe fartela vedere, ci verresti? Io e te soltanto - le propose arrossendo lievemente. Maya dilatò gradualmente gli occhi mentre il cuore prese a batterle freneticamente. Noi due e nessun altro…

- Se ti va, ovviamente - aggiunse, come a voler giustificare il suo silenzio. Ma cosa mi è venuto in mente di chiederle…

- Certo, ci verrò da sola - assentì lei stupendolo, e stupendo se stessa. Santo cielo… che sto facendo?

- Allora appena possibile andremo a Izu - le promise sorridendole.

Gli altoparlanti della nave annunciarono l’arrivo in porto e la fine della crociera. Entrambi sollevarono leggermente la testa e si irrigidirono.

- Maya, ascoltami bene - le disse prendendola per le spalle - Qualunque cosa accada in futuro, avrai fiducia in me? - le chiese guardandola con espressione piena d’apprensione.

Lei cercò di rallentare il turbinio dei suoi pensieri e il battito frenetico del suo cuore. Incredibilmente quella domanda le sembrò estremamente chiara e non ebbe dubbi sulla risposta.

- Sì, signor Hayami -

Masumi la tirò a sé abbracciandola, lei si abbandonò completamente fra le sue braccia appoggiando la testa sul suo petto e ascoltando il battito forte e vigoroso.

- Oh, Maya! - mormorò lui affondando il volto fra i suoi capelli morbidi e stringendola come se avesse dovuto perderla.

Rimasero abbracciati, persi nei sospiri dell’amore che avevano ritrovato finché la sirena della nave suonò di nuovo.

Si separarono, imbarazzati e in silenzio, consci che quel momento non si sarebbe mai più ripetuto, che quell’alba aveva segnato per sempre le loro vite.

Maya raggiunse la scrivania e prese la sua borsa fissando con espressione dolce la scatola blu. Sfiorò il coperchio con un dito e Masumi ci appoggiò sopra la sua mano.

- Non preoccuparti, ci penso io a restituirli - la rassicurò. Lei annuì con un sorriso e un pressante nodo allo stomaco, voltandosi per aprire la porta della cabina. Una volta oltrepassata, li avrebbe aspettati il mondo e tutto sarebbe tornato come prima. L’incantesimo finisce…

Maya mise la mano sulla maniglia, ma non riuscì a piegarla. Chinò la testa cercando di impedire alle lacrime di scendere e l’angoscia che la pervase fu tale da toglierle il fiato. Tutto quello che è successo… sarà vero?

Abbassò la mano tenendo stretta la maniglia e serrando gli occhi, ma si sentì abbracciare stretta. Trattenne il respiro, lasciò cadere la borsa e afferrò le sue braccia, aggrappandosi come ad un’ancora. Sentì il suo volto accanto al proprio, il respiro accelerato e il suo cuore batteva così forte da sentirlo attraverso la schiena. Signor Hayami…

- Non pensare che svanirà tutto oltre quella soglia - le sussurrò debolmente - C’è la “Dea Scarlatta” e io continuerò a seguirti come ho sempre fatto - allentò un po’ la stretta e la fece girare fra le sue braccia fino a guardarla negli occhi. Piangeva.

- Vinci quella sfida, Maya, diventa una bellissima Akoya! - le disse con ardore stringendole le spalle. Lei rimase in silenzio, gli occhi spalancati, mentre il cuore le batteva follemente.

- Sì, signor Hayami, sì… - annuì sfregandosi le lacrime.

Masumi l’attirò a sé inspirando il profumo delicato dei suoi capelli, sentì le sue braccia esili cingerlo sotto la giacca e il suo volto premere sul suo petto. Nonostante fosse un abbraccio del tutto innocente, non riuscì a trattenere l’emozione di quell’attimo che si tradusse in un sospiro pieno di malinconia.

Maya si aggrappò a lui, cedendo completamente ai suoi sentimenti, ormai senza alcun controllo. Non le importava più il motivo per il quale sentiva quell’attrazione folle, l’unica cosa che sapeva era che il signor Hayami era la sua anima gemella, non aveva più alcun dubbio, e che per lui sembrava valere la stessa cosa. La sua camicia profumava lievemente  di sapone e il calore che emanava la raggiungeva alla guancia che teneva appoggiata a lui. Reciterò, mio ammiratore! Reciterò fino allo sfinimento, vedrai che la mia Akoya ti stupirà!

Serrò ancora di più le braccia intorno a lui e Masumi, come accogliendo quel muto segnale di supporto, la tenne stretta a sé e con una mano le toccò i capelli. Devo lasciarla andare… non posso continuare a tenerla così…

Ricorrendo a tutto l’autocontrollo di cui disponeva, lasciò scorrere le dita lungo le sue braccia sottili e la staccò lentamente, catturando i suoi occhi che apparivano più sereni.

- Sei pronta? - la incitò, rendendosi conto di non esserlo lui stesso. Quando aveva accettato di salire su quella nave, non avrebbe potuto immaginare che sarebbe andata a finire in quel modo. Hijiri…

- No - rispose lei candidamente facendolo sorridere. Le raccolse la borsa, prese la scatola con i gioielli e uscirono nel corridoio affollato di persone che si apprestavano a lasciare l’Astoria.

 

Il terminal del porto era gremito di gente, oltre le grandi vetrate trasparenti era visibile l’Astoria in tutta la sua imponenza. Sakurakoji si guardò intorno, centinaia di persone sciamavano nell’atrio affollato e rumoroso. Chissà cosa aveva fatto da sola, non si era dato pace in quelle ore e non era riuscito neanche a dormire, tale era la rabbia che aveva accumulato. Avrei dovuto andare via sabato… e preoccuparmi delle conseguenze dopo…

Spostò lo sguardo con frenesia, cercandola in mezzo a quel mare di gente che lentamente fluiva verso l’esterno finché la vide. Camminava a testa bassa, le mani davanti che tenevano la borsa, e accanto a lei… Masumi Hayami! Ma che ci fanno insieme? L’evento sul teatro… sicuramente lui era uno degli invitati...

I loro sguardi si incrociarono per un attimo e Yu lo vide distintamente voltarsi verso di lei e sussurrarle qualcosa. Maya alzò gli occhi e lo vide, ma l’espressione che Sakurakoji osservò con stupore apparirle sul volto non fu sollievo, come si sarebbe aspettato, ma rassegnazione. Masumi Hayami le mise una mano dietro la schiena e gentilmente la spinse verso di lui.

- Sakurakoji - lo salutò lui per primo - Non è molto galante abbandonare una signora su una nave per due giorni - aggiunse con una nota acre nella voce che fece voltare Maya.

- Signor Hayami - ricambiò il giovane con un lieve inchino - Sono stato trattenuto dalla sua segretaria per una modifica al mio contratto. È stata una fortuna che ci fosse lei su quella nave… - replicò Sakurakoji tenendo gli occhi fermi in quelli chiari del Presidente della Daito Art Production.

Masumi mantenne un’espressione neutra mentre si aggiustava il soprabito. La signorina Mizuki? Ma non c’è alcuna modifica al suo contratto...

- La lascio nelle tue mani - proferì serio ignorando qualsiasi allusione - Guida con prudenza - lo avvertì Masumi indicando con lo sguardo il casco che teneva in mano - Ricordatevi che siete entrambi due attori importanti nella battaglia per la “Dea Scarlatta” e non vorrei mai che la prima attrice del regista Kuronuma non fosse in grado di recitare per un incidente - concluse con un sorriso sarcastico.

Sakurakoji e Maya lo fissarono meravigliati, lui per un motivo e lei per un altro.

- Mi aspetto di vedervi quanto prima sul palcoscenico - li salutò sollevando una mano e incamminandosi verso l’uscita VIP, dove ci sarebbe stata un’auto della Daito a prenderlo.

- Arrivederci, signor Hayami - Yu fece un lieve inchino, accorgendosi solo in quell’istante di aver stretto il casco fino a farsi venire le nocche bianche. Spostò lo sguardo su Maya e trasalì. Lo seguiva con lo sguardo, un’espressione triste e angosciata che traspariva evidente sul suo volto. Sono stati insieme tutto il tempo… cosa sarà accaduto?

Maya si girò di scatto e gli mise in mano la borsa con sguardo implorante.

- Yu, aspettami qui! Torno subito! - esclamò con le labbra che tremavano e le guance arrossate.

- Maya… -

- Aspettami! - gridò lei girandosi mentre correva in mezzo alla gente. Non gli ho detto la cosa più importante! Devo dirgliela!

Yu la fissò qualche istante, poi iniziò a camminare e infine prese a correre per non perderla di vista con un angosciante vuoto nel cuore.

Maya seguì la direzione che aveva preso senza curarsi di chi spintonava o di chi avesse davanti. L’unica cosa che le premeva era raggiungerlo prima che uscisse. Imboccò il tunnel che portava alle uscite riservate e lo vide.

- Signor Hayami! - gridò, accentuando la sua corsa. Masumi si girò di scatto sentendo la sua voce e immediatamente il suo cuore accelerò i battiti. In un attimo se la ritrovò fra le braccia e la cinse stretta a sé, chiudendo gli occhi.

Sakurakoji raggiunse l’entrata del tunnel, ma si bloccò interdetto: Maya e Masumi Hayami si abbracciavano nella penombra. Ma cosa significa? Ho le allucinazioni?

- Maya… dov’è Sakurakoji? - sussurrò lui con apprensione.

- Mi sta aspettando… - mormorò affondando il volto nel suo petto caldo - C’è una cosa che devo dirle! - aggiunse che veemenza, stupendolo.

- Sono più piccola di lei e buona a nulla… - balbettò mentre quel tormento le lacerava l’anima - Ho sempre vissuto nel mondo del teatro perciò non riesco a comprendere niente di lei… può darsi che ora le risulti di peso… ma la prego di aspettarmi! - gli confessò piangendo, senza riuscire a trattenersi.

Masumi tremò per quelle parole così sentite, si stava preoccupando per una cosa davvero insignificante, eppure per lei sembrava importante.

Maya...

- Io maturerò! Glielo prometto! Perciò mi aspetti! - si strinse a lui con forza, come se lasciarlo avesse significato una perdita irrecuperabile.

- Certo… senz’altro - sussurrò Masumi con trasporto - Così come tu aspetterai me! - la strinse a sé chiudendo gli occhi e infilandole le mani fra i capelli, il cuore che batteva follemente. Maya tremò, sommersa di brividi. Maya sono sette anni che ti aspetto… ciò che provo per te non cambierà mai...

- Ora vai, Maya - la esortò sentendo lo stomaco contorcersi per l’angoscia.

- Sì - annuì lei asciugandosi le lacrime e scostandosi da lui. Gliel’ho detto! Santo cielo… mi considererà una stupida?

Sakurakoji aveva osservato tutta la scena immobile, non aveva capito cosa si fossero detti, ma quell’abbraccio era inequivocabile. Non può essere! Loro due… Non ci credo! Qualcuno mi dica che questo è un incubo!

Fece qualche passo indietro, poi si voltò e corse fino all’atrio. Quando arrivò, si piegò sui ginocchi ansimando, gli occhi serrati e le mani strette a pugno. Hanno una relazione?! Ma com’è possibile?

Si raddrizzò e tornò a guardare in direzione del tunnel finché la vide riapparire. In mezzo a quella folla, non si accorse del giornalista che aveva seguito la scena con estremo interesse.

 

Hijiri attese con pazienza nel grande studio appena illuminato. Sakurakoji non era riuscito a salire su quella nave, segno che l’idea della segretaria del signor Masumi in qualche modo aveva funzionato. Dovevano aver trascorso insieme quel breve periodo e, nonostante andasse contro ciò che il suo cuore provava per quella ragazza, sperò che in qualche modo le cose fossero cambiate. Non l’aveva mai chiamato, non si era certo aspettato che lo facesse, ed era sicuro che, per una volta, neppure la signorina Mizuki lo avesse infastidito con tediose telefonate di lavoro.

Le doppie porte dello studio si aprirono ed entrò Eisuke Hayami accompagnato da Sujimoto che spingeva la sedia a rotelle.

- Buonasera, Presidente Hayami - lo salutò Hijiri con deferenza, facendo un inchino.

- Buonasera, Karato - ricambiò l’anziano padre di Masumi.

Eisuke lasciò che il suo collaboratore lo spingesse fino alla grande scrivania e quando si trovò nella posizione desiderata, lo congedò. Fissò per alcuni secondi Hijiri, diritto in piedi davanti a lui e il giovane mantenne quell’espressione dimessa e la testa leggermente chinata.

Sa ancora stare al suo posto...

- È su quella nave insieme a lei, vero? - esordì all’improvviso scrutando attentamente la reazione del suo volto.

- Sì, signore - rispose pacatamente Hijiri cono voce atona.

Eisuke Hayami scoppiò a ridere e batté i palmi sul piano di legno. Voltò la sedia a rotelle e guardò il giardino attraverso la grande vetrata.

- L’hai mai vista recitare, Karato? - gli domandò, e Hijiri alzò un sopracciglio perplesso ma rispose sinceramente.

- Sì, signore -

- È un autentico talento e ricordo di aver visto solo un’altra attrice così… - mormorò sovrappensiero e Hijiri pensò alludesse a Chigusa Tsukikage - Con la differenza che Maya Kitajima ha solo diciannove anni… - e rise di nuovo.

Il collaboratore cambiò posizione a disagio e guardò l’orologio: la nave doveva essere già arrivata in porto.

Eisuke girò di nuovo la sedia, aggirò la scrivania e lo raggiunse.

- Ti farò una domanda, adesso, ed esigo una risposta sincera, sono stato chiaro? - gli chiese con tono che non lasciava adito a dubbi su chi fosse il padrone e chi l’uomo ombra. Hijiri sostenne lo sguardo gelido dell’uomo che aveva salvato la vita a suo padre e, di conseguenza, a lui stesso.

- Mio figlio è innamorato di lei? - Eisuke lo vide trasalire; per un attimo quel giovane, che riusciva a mantenere un ferreo autocontrollo, lasciò intravedere la paura e lui ebbe solo conferma di ciò che sospettava da molto tempo.

Karato pensò rapidamente a una risposta da dargli senza compromettere Masumi, non si era certo aspettato una domanda del genere, ma Eisuke voltò di scatto la sedia dandogli le spalle e riprese a parlare. La mia espressione deve avermi tradito… mi dispiace signor Masumi...

- Alcuni mesi fa mi ha detto che l’ha corteggiata per anni spacciandosi per un suo ammiratore, regalandole rose e favori, tutto per arrivare ai diritti della “Dea Scarlatta” - gli rivelò e Hijiri mantenne a stento la sua maschera di indifferenza quando l’anziano e scaltro Presidente tornò a voltarsi.

- Quale delle due versioni è la verità? - gli chiese di nuovo.

- Consegnavo io le rose scarlatte alla signorina Kitajima - rispose pacatamente Hijiri immaginando che lui lo sapesse già - Ma il signor Masumi non mi ha mai messo a parte dei suoi piani - si giustificò sapendo che non gli avrebbe mai creduto.

Eisuke lo fissò in silenzio per lunghi istanti, poi alla fine sospirò.

- Vattene via - lo congedò fissandolo con occhi freddi e vuoti.

Hijiri fece un inchino e lasciò la stanza in silenzio, certo che quella discussione avrebbe avuto delle ripercussioni sulla vita di Masumi. Prima che lui entrasse nello studio, non gli erano sfuggite le fotografie di Shiori Takamiya sparse sulla scrivania, che probabilmente aveva lasciato apposta.

Signor Masumi… mi dispiace ma non potevo immaginare che suo padre mi avrebbe convocato per farmi simili domande… dovrà fare molta più attenzione adesso se vorrà continuare su questa strada…

 

Maya si strinse a Sakurakoji, mentre il vento le sferzava le gambe, una malinconia piena di rassegnazione riempì la sua anima, che si sentiva fredda e sola. Durante quel viaggio, abbracciata al suo partner, si rese finalmente conto di cos’era quella sensazione che sempre più spesso aveva provato: le mancava terribilmente.

Ora che poi… tutto ciò che credevo impossibile si è avverato… io… stento ancora a crederci… signor Hayami...

Strinse più forte le braccia intorno a Yu che, credendo avesse timore della velocità, rallentò, con la mente ancora invasa da ciò che aveva visto. Dovrei chiederle spiegazioni?

La sua attenzione si spostò sulla scatolina che teneva ancora nella tasca. Se inizialmente la crociera gli era sembrata la migliore opportunità, ora si sentiva un ragazzino stupido e ogni prospettiva gli appariva insulsa. Come può essersi innamorata di lui? Hanno sempre litigato… è cinico, freddo, calcolatore! Maya stessa l’ha sempre detto! Ha fatto chiudere la compagnia Tsukikage! E ora… mi sembra di impazzire!

Fermò la moto sotto casa e l’aiutò a scendere, poi si tolsero il casco.

- Mi dispiace, Maya - si scusò, arrossendo di vergogna - Ieri sono stato trattenuto ai Kid Studio e con il traffico non sono riuscito a raggiungere il porto… -

- Non preoccuparti, Yu - lei scosse la testa con leggerezza - In fondo si è trattato di poco tempo anche se lo spettacolo è stato meraviglioso! - e batté le mani insieme, entusiasta. Sakurakoji sorrise rendendosi conto che almeno si era divertita. Quanto di ciò sarà merito del signor Hayami? Cosa sarà accaduto?

- Ne sono felice. Il signor Hayami ti ha fatto arrabbiare? - la interrogò, ma la sua reazione spontanea e incontrollata cancellò ogni suo dubbio, facendolo piombare in una nera disperazione. Maya arrossì e abbassò lo sguardo, il cuore che prese a batterle febbrilmente.

- No… che dici? - balbettò - Mi ha solo fatto compagnia - ammise con la voce che scemò sempre più - Adesso salgo. Ci vediamo domani, Yu! - lo salutò restituendogli il casco e prendendo la borsa.

- A domani, Maya - alzò una mano e si rinfilò il casco, allacciandolo.

Non sa che li ho visti… ma ora sento un vuoto freddo dentro… così profondo e gelido da non vederne la fine...


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Capitolo 44
*** Il ricatto ***


Ultima revisione: marzo 2016

44. Il ricatto



Ayumi si rendeva conto che la sua cecità aumentava ogni giorno di più, anche se le medicine che stava prendendo sembravano aver rallentato lievemente il processo. L’allenamento con sua madre era terminato e convincere Onodera a farla recitare, nonostante la grave malattia, non era stato affatto semplice.

Utako Himekawa aveva avuto un’idea geniale: dare una dimostrazione pratica di come Ayumi riuscisse a muoversi in un ambiente, apparentemente come una persona normale. Così avevano invitato il regista e Kei Akame nel magazzino dove si erano allenate per giorni e Ayumi aveva impersonato Akoya stupendo l’attore esperto tanto da farlo imbarazzare.

Onodera aveva seguito tutto con attenzione e alla fine, quando Utako gli aveva detto che sua figlia aveva un problema alla vista e che la situazione sarebbe solo peggiorata, il regista era sbiancato. Inizialmente aveva opposto una feroce resistenza per poi capitolare di fronte alle argomentazioni dell’attrice che non gli aveva lasciato via di scampo se non accettare.

Da allora il regista aveva tenuto lontano i giornalisti, non voleva certo che si accorgessero del suo problema e che rovinassero tutto. Dopo l’iniziale dubbio, Onodera aveva compreso appieno il potenziale recitativo di Ayumi e a quali risultati avrebbe potuto portare una maggiore sensibilità negli altri sensi. Quell’Akoya, pochi minuti di intensa interpretazione, era stata in assoluto la più completa che avesse visto finora.

Ayumi appoggiò l’asciugamano dopo essersi detersa il sudore dal volto, collo e braccia. I ricordi dei giorni precedenti l’avevano distratta. Era sera ormai, ma lei, ad abbandonare le prove, si sentiva quasi in colpa. Si rendeva conto da sola di essere sempre più vicina alla sua Akoya definitiva e questo la elettrizzava.

Maya, la nostra sfida è ancora aperta!

Sentì la consueta adrenalina salirle dal profondo, era pronta, e non si sarebbe tirata indietro per nulla al mondo! E “nulla”, includeva anche quell’arrogante di Peter Hamil. Il suo manager le aveva raccontato di aver ricevuto una telefonata da Masumi Hayami: il Presidente della Daito Art si era detto preoccupato per le sue condizioni e quando il manager aveva approfondito, aveva scoperto che era stato proprio il fotografo francese ad informarlo.

Inizialmente Ayumi si era talmente arrabbiata da pensare di lasciare del tutto la Ondine, aveva cercato Peter Hamil senza trovarlo in alcun modo e quando aveva deciso di aspettare che fosse lui a venire, il fotografo non si era mai presentato e questo l’aveva fatta infuriare ancora di più. Poi i giorni erano passati e il tempo l’aveva costretta a riflettere. Il francese l’aveva indubbiamente corteggiata cercando addirittura di imitare lo stesso sistema dei giapponesi che, l’aveva capito, gli era costato un grande sforzo avendo dovuto reprimere la sua reale natura. E poi c’era stata quella sera in cui l’aveva accompagnata a casa e l’aveva baciata sotto la pioggia.

Se n’era andato all’improvviso e lei si era sentita sola e abbandonata, come se avesse perduto una cosa preziosa. Ci aveva riflettuto a lungo, rifiutando l’idea di essersi realmente innamorata di lui. Inizialmente aveva creduto che fosse stato un errore raccontargli tutto del suo incidente; poi invece aveva dovuto rivedere la sua idea iniziale: Peter l’aveva ascoltata, sorretta, anche compresa, e lei si era potuta sfogare, allentando la tensione di cui era oggetto ogni minuto della giornata. Quando era con lui, sembrava dimenticarsi addirittura della sua cecità e ogni ostacolo le sembrava superabile.

Rimase in piedi, al centro del magazzino, chinò la testa e i fluenti capelli biondi ricaddero in avanti. La porta si aprì e lei sollevò la testa riconoscendo immediatamente l’intruso. Peter Hamil…

Nonostante la sua mente avesse inviato un impulso irritato, il suo cuore prese a battere incessante.

- Buonasera, signor Hamil - esordì lei con un tono freddo, degno dei loro primi alterchi. Il francese sorrise amaramente e avanzò nel grande magazzino.

- Buonasera, Ayumi - ricambiò lui - Mi riconosce al passo? Complimenti - la lodò, preparandosi alla sua invettiva. Dal tono della voce doveva aver scoperto del suo dialogo con Masumi Hayami. Dalla sera in cui l’aveva baciata non si era fatto più vedere e non era certo da lui fuggire da una donna. Da una ragazzina...

- Sta provando da sola a notte fonda? Non c’è nessun altro? - aggiunse continuando a camminare.

- Sono andati tutti via. Stavo semplicemente ripassando ciò che ho fatto oggi - rispose lei stizzita avvertendo la sua vicinanza, un’ombra indistinta nelle tenebre circostanti. Un intenso profumo di donna e liquore la investì e inspiegabilmente la sua rabbia aumentò.

- Signor Hamil… stasera è stato a qualche party? - indagò con voce sibilante dandogli le spalle per camuffare il suo imbarazzo.

- Sì, come ha fatto a capirlo? - Peter alzò un sopracciglio fissando la sua schiena rigida.

- Per via di un leggero… odore di alcol! - lo accusò lei con tono di scherno.

- Mamma mia! - rise lui - Avrà anche perso la vista, ma l’olfatto non le manca! -

- Signor Hamil! - gridò Ayumi, offesa e arrabbiata. Come osava piombare di sera durante le sue prove dopo quello che aveva fatto senza chiederle neanche il permesso? Ha parlato con il Presidente Hayami dei miei problemi! Signor Hamil… lei… e che schifo questo profumo di donna!

Ma la sua voce, dal tono dimesso e preoccupato, bloccò tutti i suoi pensieri.

- Mi scusi, Ayumi, ero in pensiero per lei - le confessò perdendo parte della sua sicurezza.

- Non ha bisogno di stare in ansia per me - replicò lei voltandosi e fissandolo duramente - E non si azzardi mai più a contattare il Presidente Hayami rischiando di rovinare tutto ciò che sto facendo! - sibilò in modo terrificante costringendolo a fare un passo indietro. I suoi occhi bruciavano intensamente e la sua espressione era contrita e gelida.

- Non posso non essere in pensiero dal momento che non so se la mia musa riuscirà a recitare o meno - obiettò lui senza arrendersi né lasciarsi intimorire dalla sua reazione. Era consapevole che lei l’avrebbe trattato freddamente, ma non era più riuscito a starle distante.

Ayumi rimase scioccata dalle sue parole, così sentite e piene di calore. La sua musa… non sono dunque niente altro per lui? Cosa significava allora quel bacio sotto la pioggia?

Andando contro al suo carattere e alle sue abitudini, spinta da quei sentimenti contrastanti e inspiegabili, lasciò che il cuore parlasse al posto della mente.

- Vuole mettermi alla prova, signor Hamil? - gli domandò suadente, cambiando completamente atteggiamento. Peter vide la sua espressione mutare e, incuriosito, stette al suo gioco.

- Alla prova? - indagò restando immobile.

- Sì, le dimostrerò che non deve stare in ansia per me - spiegò semplicemente con occhi brillanti - Spenga la luce accanto alla porta -

Peter eseguì raggiungendo il pulsante e quando fu tutto buio sentì la sua voce distante.

- Come va, signor Hamil? - domandò con tono neutro.

- È completamente buio, non vedo niente - intorno a lui il grande magazzino era avvolto dalle tenebre.

- In questo modo lei si trova nelle mie stesse condizioni - spiegò Ayumi soddisfatta - Da quando ho questo problema agli occhi mi sono sottoposta a specifici allenamenti per muovermi contando solo sugli altri sensi. Il rumore di una matita che rotola, quello fievole che si sente quando si sfoglia un libro, oppure i fruscii dei vestiti. Ce l’ho messa tutta per non lasciarmi sfuggire nemmeno il minimo suono e individuarne la provenienza. Ho cercato di misurare la distanza che mi separa dalle persone tramite i loro passi, di intuire i movimenti grazie allo spostamento dell’aria. Prima di tornare in questo studio, mi sono dedicata a questo genere di esercizi -

Peter udiva la sua voce, così ipnotica e apparentemente neutra, che bucava il buio fino a raggiungerlo. Ayumi… quanto deve averti prostrata questa situazione… Perché lotti così strenuamente rischiando di perdere la vista?

- Mi sono stati fondamentali per riuscire a muovermi nella mia situazione. Questo studio è delle dimensioni del palcoscenico che verrà usato per la “Dea Scarlatta”. Provi a muoversi immaginando di essere Isshin, signor Hamil! - lo sfidò lei.

- Senza vedere niente?! - domandò Peter guardandosi intorno.

- Akoya riuscirà sicuramente a raggiungerla - aggiunse lei rincarando la sfida.

- Ok! Ci proverò! - accettò il fotografo - Vedremo se lei riuscirà effettivamente a trovarmi in mezzo a questo buio! - iniziò a camminare lentamente finché non sbatté il ginocchio in qualcosa di duro e pesante.

- È inciampato in una scatola di legno? - ridacchiò Ayumi che aveva già individuato la sua posizione dai suoi soli passi.

Hamil borbottò qualcosa e riprese a camminare per confonderle le idee, poi ad un certo punto si fermò.

Il rumore dei passi è cessato!

- Mio caro… - proferì lei solenne, con la voce di Akoya - Ormai è finito il gioco del nascondino! Ovunque ti trovi riesco a capire dove sei! - gli comunicò Ayumi soddisfatta. Il cuore le batteva rapidamente e non vedeva l’ora di stupirlo. Peter si girò di scatto sentendo la sua voce così diversa.

La sua voce…. si sta avvicinando a me!

- Pensi che mi lasci sfuggire il rumore dei tuoi passi? - e Peter sussultò sentendola ancora più vicina - Pensi che io possa scambiare qualcun altro per te? Credi che io possa sbagliare? - proseguì, recitando Akoya, simulando un gioco a nascondino con Isshin.

Arriva diritta verso di me senza alcuna esitazione!

- Rimani dove sei! - esclamò Ayumi con tono divertito - Adesso ti prendo! - e allungò una mano afferrando di scatto la sua giacca. Peter sussultò e accese rapidamente l’accendino illuminando il volto radioso di Ayumi.

È... è meravigliosa… proprio Akoya che prova un amore puro per il suo Isshin…

- Preso! - gridò lei felice. Il sorriso che rischiarava il suo volto gli fece scorrere il sangue rapido nelle vene.

- Akoya… - mormorò spegnendo l’accendino e prendendole il volto fra le mani.

- Sì, mio Isshin, sono io… - sussurrò Ayumi avvertendo il calore sprigionato dalle sue dita, che in un attimo si fuse con quello fuoriuscito dal suo cuore.

Nel buio protettivo del magazzino e nel silenzio più assoluto, Peter la strinse a sé in un bacio appassionato. Questa volta Ayumi non si lasciò sconvolgere, aveva desiderato che lo facesse ancora da quando l’aveva visto entrare, poi il suo orgoglio e la sua insensata gelosia l’avevano fermata, ma quando l’aveva toccato ogni dubbio si era dissolto.

La giovane lasciò scivolare le mani sotto la giacca e gli circondò la schiena, inondandolo di brividi, così Peter si sentì autorizzato a fare altrettanto e audacemente toccò la sua pelle calda sotto la felpa. Ayumi si inarcò accostandosi a lui e il bacio si approfondì riempiendoli di emozione, mentre le loro braccia si stringevano nel tentativo di fermare quell’onda che li aveva travolti.

Il fotografo separò appena le labbra, i loro respiri rapidi si mescolarono: nonostante fosse buio, riusciva a vedere perfettamente la sua espressione stupita e appassionata.

- Ayumi… - sussurrò a fior di labbra, facendola fremere.

- Peter… - mormorò lei con la voce bassa - Lasciami recitare… ce la posso fare… non temere per me… il ruolo della Dea Scarlatta è troppo importante… lo capisci? - lo supplicò aggrappandosi alla sua camicia sulla schiena.

- Ho capito… basta… ho capito, amore mio - si arrese lui, anche se l’idea che lei potesse diventare cieca lo atterrì tanto quanto sapere che sembrava ricambiarlo pienamente. Se poteva aver interpretato il bacio sotto la pioggia come una risposta dettata dalla curiosità, quello che si erano scambiati in quel momento non lasciava adito a fraintendimenti.

Unì di nuovo le labbra alle sue, incapace di resistere a quell’attrazione così forte e intensa da fargli perdere ogni capacità di riflessione. Non mi importa che sia giovane… che sia giapponese… che sia famosa… Non permetterò a nessuno di portarmela via…

Ayumi lasciò che lui guidasse quel bacio così intimo e appassionato, sentiva le gambe cederle e brividi dovunque mentre dal suo cuore continuava ad uscire quel calore intenso e dilagante, come lava incandescente. È una sensazione incredibile… come sotto la pioggia, adesso in queste fitte tenebre… come due metà riunite… qualcosa di rotto in me che si è aggiustato… quel senso di vuoto che ho provato fino ad ora è scomparso!

- Avrei voluto essere anch’io un attore… - mormorò Peter interrompendo di nuovo quel bacio ardente - Invidio il tuo partner teatrale perché può avere tutti per sé i tuoi sorrisi… -

- Peter… - sussurrò lei cercando di non pensare alle sue mani che scorrevano languide sulla schiena.

- Non m’importa se scoppierà uno scandalo, se si tratta di una storia con te - aggiunse, e Ayumi lo sentì irrigidirsi, le sue mani afferrarle la felpa nei pugni chiusi - A te interessa? -

- No, per niente… - rispose sicura, arrossendo completamente. Per fortuna è buio… ma non mi interessa davvero…

Si alzò in punta di piedi e unì le labbra alle sue, vicinissime, che si tesero in un sorriso prima di aprirsi alla sua invasione curiosa. Peter stava cercando di mantenere un minimo di autocontrollo, ma la sua bocca era così dolce e arrendevole, le sue piccole mani si tenevano aggrappate a lui in tensione, come per paura di andare oltre, tanto da spingerlo ad essere un po’ più audace. Non aveva idea di come si comportassero i giapponesi in quel frangente, ma neanche volendo avrebbe potuto fermarsi.

Spinse le mani lungo la schiena, risalendo lentamente e sentendola fremere, viva e calda, sotto di lui. Lei aumentò il ritmo del bacio, come se chiedesse di più, così il francese lasciò scivolare una mano sul fianco e poi risalì di nuovo, arrivando fin sotto il piccolo seno. Ayumi lo abbracciò ancora più stretto, soggiogata dal quel sentimento che le riempiva l’anima e la faceva sentire forte e finalmente completa. Toccami… ti prego…

Peter, allargò la mano a coppa e dolcemente le cinse il seno. Lei rabbrividì così intensamente da fermare il bacio e lui scivolò lungo il suo collo candido, coprendolo con una scia rovente di baci appassionati.

- Ayumi… - sussurrò con voce roca, conscio di essere arrivato al limite della sua resistenza. Non voleva farla sentire a disagio, né costringerla a qualcosa di diverso da quello che già c’era stato, ma il suo corpo atletico e longilineo fremeva fra le sue braccia e i suoi sospiri accelerati non lo aiutavano a fermarsi.

- Peter… Peter… - chiamò più volte il suo nome, avvertiva il suo tentennamento, sapeva che esitava a causa sua, ma per lei era tutto chiaro e decise di farglielo sapere.

- Se dovessi sentire ancora una volta del profumo di donna su di te - gli sussurrò minacciosa in un orecchio - Io ti ucciderò - e affondò i piccoli denti nel lobo del suo orecchio.

Peter sussultò e, mentre un’intensa emozione lo travolgeva, riconquistò le sue labbra, che si schiusero immediatamente per lui facendolo impazzire. Le tirò giù la zip della felpa con mani rapide ed esperte, Ayumi credette di impazzire per l’audacia di quell’uomo e i piccoli brividi di paura che l’attraversavano per ciò che sarebbe accaduto di lì a breve.

Sei il mio Isshin, Peter Hamil… non mi importa che tu sia un uomo adulto… che tu sia francese, che tu abbia avuto altre donne… sei la mia anima gemella e non ti lascerò andare ora che ti ho ritrovato!



Mizuki appoggiò un giornale sulla scrivania del suo capo che stava apponendo delle firme su alcuni documenti.

- È stata una bella crociera? - gli domandò pungente, sapendo bene che si sarebbe irritato per la sua intromissione non desiderata.

Masumi alzò lo sguardo e vide il titolo del giornale. “La Daito Art Production all’attacco della Dea Scarlatta” e subito a seguire c’era un sottotitolo “Il Presidente Masumi Hayami tiene compagnia ad una delle due candidate al ruolo di Akoya”. Un’immagine di loro due che ballavano nel salone dell’Astoria faceva bella mostra di sé a centro pagina.

Signor Masumi… cos’è accaduto? Lei ha un’espressione completamente diversa da quando è arrivato in ufficio…

Masumi ignorò il giornale e tornò a mettere una firma, ma calcò la mano, incapace di celare i suoi veri sentimenti e un’ampia goccia di inchiostro macchiò il foglio. Mizuki sorrise compiaciuta e tirò su il giornale.

- Lo ristampi - le disse gelido, accartocciando il foglio e buttandolo distrattamente nel cestino. La segretaria continuò a sorridere e uscì dopo aver fatto un lieve inchino.

Era immaginabile che qualcosa sarebbe trapelato… ma non significa niente… non hanno nulla in mano, solo il fatto che abbiamo parlato e ballato…

Si alzò e raggiunse la grande vetrata. Immensi nuvoloni neri coprivano Tokyo, molto simili a quelli intorno al suo cuore. La malinconia che l’aveva avvolto da quando lei l’aveva lasciato con quelle parole sotto il tunnel del terminal non lo voleva abbandonare. I ricordi di quella notte e di quell’alba sull’Astoria sarebbero stati indelebili per sempre.

Sette anni… è davvero pronta a questo? Davvero mi ama? Mi sono lasciato andare ai miei sentimenti e lei… lei ha risposto… io… ancora non capisco come possa essere possibile… perfino il regista Kuronuma se ne è accorto? E Mizuki…

Come evocata dal suo pensiero, la segretaria rientrò con un nuovo documento e un’aria soddisfatta sul volto.

- Ecco, signor Masumi - e posò il foglio sulla scrivania, facendo per uscire nuovamente, ma la sua voce gelida la bloccò.

- Signorina Mizuki - esordì voltandosi verso di lei - Come mai sabato è andata ai Kid Studio e ha incontrato Yu Sakurakoji? -

Saeko rimase immobile, l’espressione concentrata, e gli rispose quello che si era preparata nel caso in cui lui fosse venuto a saperlo.

- Ho fatto un favore ad un’amica - ammise candidamente - Impedendole di commettere un errore -

- E questa risposta cosa significa? - indagò Masumi aggrottando la fronte.

- Esattamente ciò che ho detto - replicò lei per niente intimorita dal suo atteggiamento. Avrebbe potuto far aumentare la sua irritazione chiedendogli cosa ci facesse lui su quella nave, ma non calcò la mano.

- Lei deve sempre essere così criptica… - borbottò il suo capo, stupendola per quell’atteggiamento dimesso. Si mise le mani in tasca e tornò a guardare fuori - Mi lasci lavorare adesso -

Mizuki fece un lieve inchino e uscì con un tiepido sorriso sulle labbra - Io criptica…? -

Masumi si girò di scatto, ma la segretaria uscì chiudendo la porta.

Quella donna… è sempre stata troppo intuitiva…

Ripensò al giornale e all’articolo, mise una firma sul documento, prese il soprabito e uscì.



Era inutile continuare a rimuginare su quella crociera. Non era riuscito a chiudere occhio, si detestava per essere stato così inconcludente, odiava se stesso per non essere stato più audace, cosa che sicuramente aveva fatto Masumi Hayami. Maya era giovane e impressionabile e in qualche modo oscuro doveva essere riuscito a raggirarla. Era sicuro che lei non avrebbe potuto innamorarsi di un uomo del genere se non ci fosse stato qualcosa sotto. Eppure lui voleva quei diritti, Maya ne era al corrente da anni, lui non ne aveva mai fatto un mistero, ma nonostante ciò sembrava ricambiarlo.

Aveva fatto e rifatto quel ragionamento infinite volte, gli sfuggiva qualcosa, ne era sicuro, perché Maya non era certo una ragazza che si lasciava andare a situazioni del genere. Come può averla convinta? Quali mezzi avrà usato?

Spostò lo sguardo su di lei e fissò il profilo delicato e apparentemente anonimo. Tranne quando recitava: lì usciva la vera Maya, quella che normalmente era avvolta in un bozzolo di inadeguatezza che non riusciva a scrollarsi di dosso. A volte tremava, era insicura, poi metteva una delle sue maschere e si trasformava. Ma un uomo freddo e cinico come Masumi Hayami non avrebbe mai potuto vedere e apprezzare questo di Maya, a lui interessavano solo i diritti della “Dea Scarlatta”. Strinse i denti e i pugni lungo i fianchi, reprimendo quell’ondata di gelosia e rabbia che lo travolse.

La voce del regista lo riscosse da quei pensieri oscuri.

- … detto questo, è stato deciso di tenere una conferenza stampa insieme al gruppo del signor Onodera, domani, al teatro Shuttle X, dove sarà rappresentato lo spettacolo dimostrativo - continuò il signor Kuronuma dopo un’arringa infinita circa i progressi, rivolta a tutti gli attori - Ovviamente dovrete partecipare anche voi, Maya e Yu, intesi? - concluse, fermando lo sguardo su di loro.

- Sì! - risposero entrambi con determinazione.

- Inoltre, le prove sceniche allo Shuttle X, potranno essere eseguite per un giorno soltanto! Nello spettacolo dimostrativo saranno messe alla prova tutte le vostre capacità! - li informò il regista e un boato sconsolato si levò da tutti i presenti.

- Un giorno solo? - domandò esterrefatta l’attrice che interpretava la nonna di Akoya.

- Assurdo…! - si trovò concorde immediatamente un collega accanto.

- È pieno di macerie ed è in corso di demolizione! Non è affatto come un normale teatro! - si lamentò un altro attore.

- State zitti! - urlò Kuronuma insofferente alle lamentele - Non voglio sentire brontolare! Anche il gruppo di Onodera lavorerà nelle nostre stesse condizioni! -

Tutti gli attori tremarono di fronte alla reazione infiammata del regista e scese il silenzio.

- Ascoltatemi bene! Questa è un’occasione, per noi! - riprese con veemenza - In un luogo inusuale, fino a che punto sarà persuasiva una recitazione che non conta su scenografia e illuminazione? Le vostre abilità saranno messe a dura prova - spiegò lentamente - Come starete in quel contesto? Anche questo fattore verrà esaminato! Avete capito?! -

Sakurakoji fissò lo sguardo a terra. Riuscirò a recitare in un posto del genere? Che ansia…

Maya aveva lo sguardo assente, persa nelle sue riflessioni. Un luogo in rovina… che stanno demolendo… Un sorriso dolce ed emozionato le illuminò il volto.

- Cosa c’è, Maya? - la interrogò una delle colleghe - Solo tu sembri felice! -

- Beh, sarà divertente! - esordì lei tutta eccitata - Reciterò in un luogo diverso dal solito! Non vedo l’ora! -

Yu la guardò strabiliato. La sensazione di rabbia e tristezza non lo aveva ancora abbandonato, ma dovevano recitare insieme e i suoi sentimenti avrebbero dovuto restare chiusi nel suo cuore.

- Spensierata come al solito! - commentò la collega - È proprio da lei reagire così! -

- È ora di pranzo - disse Kuronuma guardando l’orologio. Batté le mani e la piccola folla si disperse.

Il regista lasciò la sala prove e raggiunse il suo ufficio, sedendosi di botto sulla sedia della sua scrivania. Appoggiò la testa allo schienale e lasciò che gli occhi vagassero senza una meta finché vide il titolo di uno dei giornali che gli venivano consegnati ogni mattina.

- Ma che…! - si alzò tenendolo strettamente in mano e urlò con quanto fiato aveva in gola, tanto che lo sentirono ben oltre le porte e la sala prove.

- Kitajimaaaaaaaa! -

Dopo qualche attimo la porta si spalancò e la giovane, terrea, fece il suo ingresso. Dietro erano visibili Sakurakoji e gli altri attori che masticavano parti del loro pranzo.

Il regista sollevò lo sguardo infiammato su Maya voltando contemporaneamente il giornale che stringeva fra le dita serrate.

- Cosa combini?! - domandò con un ringhio così minaccioso da far arretrare tutti. Maya fissò lo sguardo sulla pagina e un gelo improvviso la immobilizzò. Poi avvampò.

Se Kuronuma avesse avuto bisogno di qualche altra conferma, quell’espressione confutò ogni sospetto. Sospirò e abbassò il giornale, tornando a sedersi. Santo cielo… Kitajima… sei innamorata di quell’uomo veramente?… è davvero lui il tuo ammiratore?

- Voi! - urlò a quelli oltre la porta agitando frettolosamente una mano - Andatevene e chiudete la porta! -

Sakurakoji fece un passo dentro accompagnandolo con un lieve inchino.

- Le chiedo scusa - proferì - Desidero poter restare, c’è qualcosa che dovrei dire, in merito - aggiunse con espressione seria e concentrata.

Il regista lo fissò adirato, chissà perché era sicuro che anche il suo primo attore c’entrasse qualcosa. Ah… questi ragazzi…!

- Chiudi la porta, Sakurakoji! - urlò - Allora, Kitajima, mi vuoi dire che cavolo ci facevi su quella nave con il Presidente della Daito Art Production? - sibilò trattenendo a stento la rabbia che gli infiammava le vene - Hai idea di cosa significhi essere fotografata con un uomo come lui quando l’Associazione Nazionale e la signora Tsukikage hanno fatto di tutto per tenere lontane le compagnie teatrali dalla “Dea Scarlatta”? -

Maya tremava, in piedi, le mani chiuse a pugno e strette al petto, in una posizione di estremo pentimento. La sua espressione era vacua, spaventata e il regista non riusciva davvero a capire cosa fosse accaduto.

- Signore, mi scusi, è colpa mia, la prego, Maya non c’entra - si intromise Sakurakoji anche se non era stato interpellato. Il regista spostò lo sguardo adirato su di lui e lo invitò a parlare con un’occhiataccia.

- Avevo comprato due biglietti per l’evento teatrale che si svolgeva a bordo di quella nave, dove sarebbe stata rappresentata la storia della Principessa Splendente e ho invitato Maya a vederla con me, ma… - il giovane fece una pausa abbassando lo sguardo.

Kuronuma ricordò la strana presenza della signorina Mizuki sabato pomeriggio lì agli studi e quei documenti che avevano richiesto così tanto tempo.

- Non ce l’hai fatta a raggiungere il porto perché sei uscito tardi di qui… - sussurrò lentamente il regista facendo due rapidi conti. Sakurakoji annuì e Maya si voltò verso l’amico, incapace di proferire parola. Yu… io… il signor Hayami aveva ragione… non sono capace di stare in questo mondo…

- Kitajima… che è successo su quella nave? - le chiese senza troppi preamboli - Lo chiedo per proteggere te! - aggiunse addolcendo la voce.

Lei balbettò qualcosa di incomprensibile, poi si portò le mani al volto per trattenere quella sensazione di inadeguatezza che l’aveva sconvolta e infine si decise a rispondergli.

- Quando Yu non è salito sulla nave, mi sono sentita persa… - raccontò - C’erano tanti attori, uno di loro, di cui ho visto l’ultimo film!... - esclamò battendo le mani e Kuronuma accigliò lo sguardo in modo così minaccioso che lei si riprese subito - Mi… mi scusi… ecco, questo attore è stato così gentile da tenermi compagnia -

- Hai parlato con qualcuno? - volle sapere il regista per capire quanto fosse esteso il danno. Dapprima Maya scosse la testa con vigore, poi arrossì e abbassò la testa. Kuronuma si portò una mano alla faccia, disperato e attese che la sua prima attrice proseguisse.

- Solo con un uomo, il Presidente di una compagnia teatrale il cui nonno, a Nagoya, tanti anni fa, aveva messo in scena la “Dea Scarlatta” del maestro Ozaki e della signora Tsukikage… - proseguì tutta presa dal racconto - Ma in quel momento è arrivato il signor Hayami e da allora… - si bloccò, abbassando di nuovo lo sguardo, senza accorgersi dell’espressione di Sakurakoji che aveva seguito tutto in silenzio.

- Masumi Hayami… - sussurrò Kuronuma picchiettando le dita sulla scrivania e osservando la foto sul giornale - Che uomo singolare… -

- Io… - balbettò Maya non sapendo bene come continuare - Ho assistito allo spettacolo, che è stato bellissimo!, e poi alla discussione con registi e attori, ma niente altro! - si affrettò ad aggiungere arrossendo violentemente.

Niente altro, eh, Kitajima…? Peccato che la tua espressione così trasparente parli per te… Quindi… sembra che qualcosa sia accaduto… speriamo non abbia ripercussioni sulla tua Akoya…

Sakurakoji rimase in silenzio, rendendosi conto di quanto Maya difendesse strenuamente il suo segreto e la relazione che aveva con Masumi Hayami. Quell’uomo… ancora mi domando come sia potuta accadere una cosa del genere...

Kuronuma sollevò lo sguardo grattandosi la barba e li fissò duramente.

- Da oggi in avanti non voglio più avere a che fare con situazioni come questa! Sono stato chiaro? Mi sono stancato di rimediare ai vostri errori! Se non vi interessa niente dello spettacolo, ANDATEVENE VIA! - urlò, deluso e amareggiato da quel comportamento infantile. Maya spalancò gli occhi sentendo tutta la responsabilità per quell’azione sconsiderata e Yu abbassò lo sguardo irrigidendosi.

Il cellulare del regista, appoggiato sulla scrivania, squillò insistentemente. Kuronuma guardò il display e si portò tutte e due le mani alla faccia in un gesto disperato.

- Ci vuoi parlare tu, Kitajima? - ringhiò, mostrandole il display che indicava “Hayami Masumi DAP”. Maya fece un passo indietro, come se avesse di fronte un fantasma, mentre scuoteva vigorosamente la testa. Si girò, aprì la porta e scappò via senza che l’avesse congedata.

- Facile la vita, eh, Kitajima? - le urlò dietro il regista mentre intimava con gli occhi a Yu di uscire e chiudere la porta. Strisciò il dito sul display e rispose alla chiamata.



Aprì la porta dello studio e si diresse all’elegante mobile dei liquori senza neanche accendere la luce. Versò il liquido ambrato e profumato nel bicchiere basso e rotondo e lo bevve tutto d’un fiato. Si tolse la giacca e la cravatta e si buttò sulla grande poltrona davanti alla vetrata. Reclinò la testa all’indietro e chiuse gli occhi.

In quei due giorni era stato distratto e intrattabile. Con tutti. E pochi minuti prima si era reso conto del perché. Hijiri lo aveva chiamato per comunicargli alcune cose e per ultima che, come ogni sera, aveva seguito lei. Questa volta era tornata a casa da sola, Sakurakoji non c’era. Nel momento in cui Karato aveva chiamato, la stava guardando e lei stava entrando in casa. Qualcosa di profondo e bruciante gli era salito dallo stomaco, impedendogli di respirare.

Mi manca… terribilmente… e avrei voluto essere io lì, ad assicurarmi che stesse bene…

Inspirò profondamente e immediato lo colpì il ricordo dei momenti che avevano passato insieme. Quelle immagini, così vivide ed emozionanti, scacciarono la tensione e gli restituirono la serenità che tanto agognava.

La porta dello studio si aprì e qualcuno accese la luce.

- Masumi, sei rientrato - la voce di suo padre incrinò la quiete della stanza. Eisuke avanzò nello studio, spinto da Sujimoto che, ad un cenno del suo capo, lasciò silenziosamente la stanza, chiudendo la porta.

- Sì, padre - rispose pacatamente Masumi riaprendo gli occhi di malavoglia e alzandosi lentamente dalla poltrona. Eisuke alzò un sopracciglio, osservando il suo aspetto trasandato.

- Stai bene? - indagò il genitore seguendolo con lo sguardo mentre si sedeva alla scrivania.

- Sì, sono stanco - ammise Masumi per la prima volta, lanciando un’occhiata annoiata alle buste impilate con ordine da qualche collaboratore efficiente. Eisuke aggrottò la fronte.

- Sei ancora vestito, devi uscire? - si informò, stranamente interessato.

- Sì, incontro un regista - rispose blandamente, aprendo qualche busta controvoglia. Anche a casa, solo lavoro…

- Non hai cenato - constatò, il tono della voce che iniziava ad irritarsi.

- Non ho tempo adesso - tagliò corto il figlio aprendo un’ennesima busta.

- Ti sei divertito in crociera? - chiese Eisuke avanzando davanti alla scrivania. Masumi alzò la testa, per nulla sorpreso, aveva già pronte le risposte per lui.

- Ho partecipato ad un evento - spiegò ingoiando il nervoso per doversi ogni volta giustificare. Non ti basta tutto quello che do di me alla Daito?

- E Maya Kitajima, come sta? - domandò velenoso, gli occhi che brillavano incuriositi.

- Sta bene - gli rispose sorridendo e appoggiando la lettera che teneva in mano e di cui non aveva ancora letto una riga - Il suo partner non è riuscito a salire sulla nave e quando ho visto il Presidente Tanaka girarle intorno ho pensato di farle da cavaliere - aggiunse, riprendendo in mano la lettera, ma suo padre non si accontentò.

- Le è piaciuto lo spettacolo? - gli chiese e Masumi rialzò nuovamente lo sguardo, incuriosito.

- Molto - ammise, al ricordo di quei momenti - È stata una buona rappresentazione della Principessa splendente - valutò col suo solito modo schietto.

- L’hai trattata bene? - gli domandò tenendo lo sguardo negli occhi azzurri di suo figlio. Masumi si appoggiò lentamente allo schienale della poltrona e alzò un sopracciglio.

- Devo veramente rispondere a questa domanda? - chiese, seriamente sbalordito. Padre… che succede?

- Masumi! - lo redarguì lui sporgendosi in avanti sulla sedia a rotelle - Mi devo preoccupare? - il figlio lo guardò per un attimo, poi appoggiò i gomiti alla scrivania e incrociò le dita.

- Hai visto la foto sul giornale? Non eravamo una coppia perfetta? Perfino il titolo dell’articolo era perfetto - gli fece notare cercando di mantenere un’espressione neutra.

- È un bene che tutti sappiano che nonostante il vincolo dell’Associazione Nazionale, la Daito Art Production è in prima linea e non si arrende! - Eisuke sembrava molto convinto - Avete parlato dei diritti della “Dea Scarlatta”? - incalzò subito dopo.

- No - rispose gelido Masumi - Non c’è stata occasione - aggiunse riprendendo in mano la lettera. Scorse alcune righe rapidamente, era diversa da quelle che riceveva abitualmente, non aveva intestazioni né firma. Man mano che leggeva, Eisuke lo vide sempre più concentrato.

- Masumi, che succede? - domandò, irritato per essere stato interrotto.

- Niente… - borbottò lui abbandonando la lettera sulla scrivania e alzandosi - Le solite lettere minatorie - guardò l’orologio e si riabbottonò la camicia. Rimise la cravatta e la giacca mentre suo padre prendeva in mano quella lettera.

- Devo andare, ci vediamo domani, buonanotte, padre - lo salutò uscendo dalla stanza.

Eisuke lesse la lettera due volte domandandosi se ci fosse qualcosa di cui preoccuparsi. Sapeva che suo figlio, esattamente come lui anni prima, riceveva periodicamente lettere e minacce di ogni tipo, ma quella aveva un tono particolare.

“Chi la fa, l’aspetti. Devo ammettere che non è stato facile, ma ho trovato un collegamento fra l’attrice Maya Kitajima, Masumi Hayami e delle bellissime rose scarlatte. Sono un uomo di poche pretese e sono convinto che troveremo un accordo, altrimenti tutto ciò che ho scoperto finirà sui giornali e chiunque potrà così chiarirsi le idee su chi sia il misterioso benefattore che, negli anni, ha sostenuto e aiutato finanziariamente l’attrice che in questo momento si contende il ruolo di uno dei più redditizi drammi in circolazione. Incontriamoci domani sera presso la stazione di Shibuya.”

Eisuke espirò e fissò la porta chiusa dello studio da cui era uscito suo figlio in tutta fretta, poi chiamò Sujimoto.



La notte ormai aveva preso il sopravvento sulla città. Tokyo cambiava incredibilmente: i suoi neon, l’abbigliamento della gente, i tipi di locali che restavano aperti, la downtown di Shinjuku quasi completamente buia. Diresse l’auto al chiosco sotto il ponte, ormai diventato il ritrovo abituale con l’eccentrico regista. Era consapevole del rischio che correva parlandoci, ma doveva rassicurarlo che la sua prima attrice non era in pericolo, che quell’incontro era stato fortuito e che non era sua intenzione tormentarla per i diritti della “Dea Scarlatta”.

Non era certo di riuscire a mantenere la sua maschera di indifferenza dopo ciò che era avvenuto ed era anche il motivo per cui, letta quella lettera, era fuggito dallo studio e da suo padre. Aveva già chiamato Hijiri riferendogli quanto letto e insieme avevano convenuto che potesse essere il giornalista che aveva redatto quell’articolo qualche giorno prima. Come avesse potuto scoprire qualcosa era un mistero, ma Masumi gli aveva chiesto di rintracciarlo.

Scacciò ogni timore, doveva avere la mente lucida e puntualmente perdeva le sue capacità ogni volta che pensava a Maya. Sorrise e fermò l’auto, scese e si rese conto che il regista era seduto alla panca del chiosco e probabilmente stava bevendo del sake caldo.

- Buonasera - salutò scostando la tenda di protezione. Kuronuma si voltò e sollevò il bicchiere.

- Buonasera a lei - sembrava particolarmente allegro e soddisfatto e Masumi sospettò che il motivo del suo compiacimento fosse proprio lui stesso. Si sedette e il venditore gli versò da bere.

- Come procedono le prove? - lo interrogò Masumi prendendola alla larga.

- Bene. Domani mattina abbiamo una conferenza stampa allo Shuttle X - replicò Kuronuma fissando il bicchiere.

- Ne sono a conoscenza - annuì il giovane Presidente della Daito.

- Lei parteciperà? - gli chiese subito il regista guardandolo di sottecchi.

- No - Masumi scosse la testa - Solo giornalisti, le compagnie sono state tenute fuori - lo informò con il tono di chi è completamente disinteressato. Il regista ridacchiò.

- Avanti, mi dica perché ha voluto incontrarmi di persona, avrebbe potuto spiegarmi ogni cosa stamani per telefono - lo interrogò - Mi fido di lei, lo sa - aggiunse con tono solenne.

- Davvero? - Masumi scoppiò a ridere - Sarebbe il primo in assoluto! -

- Oppure pensa che io sia… - ma il giovane davanti a lui sollevò una mano, improvvisamente serio.

- Non c’è necessità che prosegua - lo fermò - Non c’è un motivo particolare, solo che questa per me è una situazione nuova. È la prima volta che sono costretto a giustificare un mio comportamento, di solito mi tengo ben distante da situazioni di questo genere - gli spiegò lentamente.

- In effetti, è la prima volta che vedo un articolo su un giornale discutibile, che parla direttamente di lei per un pettegolezzo e non per una sua conquista commerciale - sorrise il regista - Perché è solo un pettegolezzo, vero? - e si voltò verso di lui.

- Maya Kitajima stava parlando con il Presidente Tanaka delle Produzioni Tanaka - spiegò con tono neutro - Suo nonno rappresentò la “Dea Scarlatta” a Nagoya quando Ichiren Ozaki la portò in giro per il Giappone e stava proponendole di fare la stessa cosa, come se avesse già vinto la sfida con Ayumi Himekawa -

Kuronuma annuì, in effetti tornava con quello che gli aveva raccontato Kitajima. Eppure, mentre lei era arrossita di colpo, lui sembrava una statua di marmo, tale era la completa assenza di emozioni su quel volto eburneo. Molto, molto bravo, signor Hayami… vediamo se riesco a far cadere la sua maschera...

- Quindi, sostanzialmente, lei l’ha aiutata - valutò il regista scrutandolo attentamente.

- Proteggo un probabile investimento futuro, lei non farebbe la stessa cosa sapendo che stiamo parlando del più proficuo astro nascente del teatro giapponese? - lo interrogò Masumi mantenendo quel tono da affarista.

Il regista si fece riempire nuovamente il bicchiere e si voltò verso di lui mettendosi a cavalcioni della panca. Non si sarebbe perso per niente al mondo i prossimi venti secondi.

- Maya Kitajima è indubbiamente molto promettente, io per primo me ne accorsi quando la scelsi per “Lande dimenticate” - annuì - E, dalla fotografia su quel giornale a tutta pagina, si è fatta anche molto carina - e scoppiò a ridere. Masumi rimase immobile, senza commentare.

Ecco… ora è pronto per la prossima domanda…

- Come non notare la bellissima parure…? - e vide un lampo passare per quei glaciali occhi azzurri - Rose di zaffiro e diamanti, davvero squisite… chissà come li ha avuti… - a quel punto Masumi dilatò gli occhi per un secondo, prima di riacquisire il suo autocontrollo, ma a Kuronuma bastarono come conferma a tutti i suoi sospetti. Sinceramente a lui non importava niente della vita sentimentale di quel ragazzo né tanto meno della sua prima attrice, finché questo non inficiava sulle prove per lo spettacolo. Inoltre era convinto che Sakurakoji non si sarebbe dato per vinto tanto facilmente. Il giorno prima l’aveva visto gingillarsi con una scatolina blu e non faticava a intuire cosa potesse essere.

- Signor Hayami - esordì con un sospiro poggiando il bicchiere vuoto - Io sono un uomo pratico, e sono convinto che lei lo sia altrettanto, probabilmente è abituato a trattare con altri tipi di persone, ma io sono diverso - Masumi lo fissò mantenendo quel silenzio inquietante - Manca davvero poco alla “Dea Scarlatta” e vorrei che Maya Kitajima mantenesse tutta la sua concentrazione - e piantò i suoi occhi neri e profondi in quelli azzurri dell’uomo davanti a sé.

- Perché? Teme che io voglia sabotare il suo spettacolo distraendo la sua prima attrice? - lo schernì con un sorriso ironico, mantenendo quella posizione rigida.

- Lei è il proprietario della Ondine - valutò il regista - Se Ayumi dovesse vincere, i diritti passerebbero in mano a lei. Non ha alcun motivo per proteggere Maya Kitajima, a meno che, ovviamente, non ci sia qualche altra ragione... - e lasciò in sospeso la frase. Lo stava solo provocando, ma la reazione che lui ebbe lo convinse definitivamente che l’integerrimo Masumi Hayami si fosse innamorato follemente dell’insignificante Maya Kitajima. E chissà da quanto tempo…

- Per me il palcoscenico è sacro - replicò Masumi freddamente - Il mio intento è solo poter mettere in scena un giorno la vera “Dea Scarlatta”! - troppo tardi si accorse della veemenza delle sue parole, del tutto fuori luogo in quel frangente. Kuronuma alzò un sopracciglio e finse una mezza ubriacatura che non aveva affatto.

- Ehi, signor Daito, non si scaldi tanto! Maya Kitajima è un’attrice con un talento unico e, se non perderà la strada e verrà sorretta da qualcuno dell’ambiente, diventerà una star! - esclamò con voce roca, vuotando completamente il bicchiere che il venditore aveva silenziosamente riempito - Se fossi un produttore teatrale, la vorrei anch’io nella mia scuderia, a prescindere dai diritti della “Dea Scarlatta”! - e scoppiò a ridere sonoramente.

Masumi lo fissò perplesso, incerto se ringraziarlo silenziosamente per la sua delicatezza o se invece credere alle sue accuse e agire di conseguenza. Ho provato a costringerla ad un contratto… ma non collaborerà mai con la Daito… forse adesso non a causa mia… ma sicuramente per mio padre…

Una tenerezza struggente dilagò dal suo cuore al ricordo di ciò che era accaduto solo due giorni prima, rendendolo in grado di vedere sotto un occhio diverso la reazione del regista. Kuronuma vide, per la prima volta, due stati d’animo diversi avvicendarsi sul volto di quell’uomo schivo e riservato. Si susseguirono come lampi, ma lui era lì, in attesa, proprio per leggere quei segnali che solitamente sfuggivano a tutti. Signor Hayami… non ci crederà… ma io parteggio per lei… Sarebbe l’uomo perfetto per Maya Kitajima… potrebbe proteggerla da un mondo che lei conosce molto bene in modo che il vortice che la circonderà a breve non la risucchi e riesca invece a emergere come quella stella che merita di diventare… e magari, a quanto pare, potrebbe anche amarla nel modo giusto…

- Mi scuso con lei, signor Hayami - sollevò di nuovo il bicchiere - Ho esagerato e non era mia intenzione - la muta condivisione di intenti rimase sospesa nell’aria finché Masumi, con un sorriso, sollevò il bicchiere e lo svuotò.

- Ma l’avverto - aggiunse assottigliando lo sguardo - Se Kitajima avrà dei problemi con la recitazione, verrò a trovarla personalmente… - marcò minacciosamente l’ultima parola, per poi scoppiare a ridere di gusto.

- Non deve preoccuparsi di questo, non ho alcuna intenzione di fare niente, soprattutto adesso che lo spettacolo è così vicino - lo rassicurò Masumi accendendosi una sigaretta.

- Già… lo spettacolo… - mormorò Kuronuma rimettendosi seduto - Dovrebbe vederla, signor Hayami… la sua Akoya è sfolgorante… cattura lo sguardo, incatena il cuore, ti fa innamorare… - sussurrò fra sé e sé facendo ondeggiare il bicchiere vuoto.

Masumi non ebbe alcuna difficoltà a immaginarla in quella veste. Quando gli aveva recitato quelle battute così profonde, perfino la sua voce era stata diversa, calda e ammaliante, travolgente, ipnotizzante. Guarderai lui ogni giorno così? Reciterai a lui quei versi con tanta passione?

- Ha trovato un equilibrio con il suo partner? - domandò con tono apparentemente disinteressato. Il regista si voltò lentamente.

- Insieme daranno vita ad una “Dea Scarlatta” unica - ammise con tono solenne - Manca solo quell’ultima scena… la più difficile… ma sono sicuro che riusciremo a trovare il modo giusto per rappresentarla. Se Kitajima troverà la strada, Sakurakoji la seguirà a ruota… quando lei sale sul palcoscenico, si appropria della scena e gli altri devono starle dietro… - gli spiegò, sempre con quello sguardo assorto e riflessivo, come se stesse parlando da solo.

Masumi osservò l’espressione rapita del regista e rivide esattamente la signora Tsukikage. Anche lei lo aveva messo in guardia, di fare attenzione, di non incrinare quel delicato equilibrio che permetteva a Maya di recitare il ruolo più importante della sua vita, ma su quel ponte, al suo tocco, con quelle parole sulle labbra, non era stato in grado di trattenersi e aveva ceduto ai suoi sentimenti, esattamente come aveva fatto lei. Si somigliano tantissimo Kuronuma e la signora… è una coincidenza davvero unica… Onodera non ha alcuna speranza contro questo regista geniale…

Quell’ultimo pensiero sembrò ripagarlo di tutte le scorrettezze che il regista della Ondine aveva fatto negli anni e a cui lui si era sempre opposto, a partire dal boicottaggio di Gina e i cinque vasi azzurri fino allo spostamento del giorno di prove per Takekurabe. Sono sicuro che sia stato lui… eppure Maya l’ha sempre battuto, nonostante le sue scorrettezze, la sua recitazione è stata capace di vincere su pubblico e giuria…

- Sono ansioso di vedere il vostro spettacolo - e gli sorrise, alzandosi.

- Potrebbe venire ai Kid Studio, un giorno - gli suggerì con noncuranza. Masumi si bloccò, con la mano che teneva sollevata la tendina.

- Credo che lei si stia divertendo molto alle mie spalle, signor Kuronuma - gli fece notare, serio.

- Non mi permetterei mai, signor Hayami! - replicò fintamente offeso il regista mostrandogli un sorriso smagliante.

Masumi scosse la testa sorridendo e se ne andò, mentre il regista lo seguiva con lo sguardo attento e un sorriso sornione stampato in faccia.



Mizuki varcò la soglia del bar dove lavorava Rei Aoki e si guardò lentamente intorno. Venne accolta immediatamente da una giovane cameriera che la fece sedere ad un tavolino vicino ad una finestra. Pochi attimi dopo il suo sguardo incrociò quello franco e allegro della giovane attrice, che la raggiunse sedendosi davanti a lei.

- Buonasera, signorina Mizuki! - la salutò, fregandosi le mani sul grembiule - Posso portarle qualcosa? -

- Buonasera - ricambiò la segretaria con un lieve cenno del capo - Sì, grazie, un tè e una fetta di torta al limone -

Rei raddoppiò l’ordine e chiese al suo capo qualche minuto, erano comunque quasi in orario di chiusura. Lui borbottò un po’, ma Rei era un’ottima lavoratrice e quindi acconsentì.

La giovane appoggiò tutto sul tavolino e dedicò tutta la sua attenzione alla segretaria.

- Non vorrei causarle qualche problema facendole perdere tempo - affermò bevendo dall’ampia tazza.

- Non si preoccupi, il mio capo borbotta e basta - e le strizzò l’occhio. Mizuki sorrise e appoggiò la tazza fumante sul tavolo.

- Come vanno le sue prove? È difficile il ruolo di Heathcliff? - si informò con interesse, dopotutto la Daito avrebbe potuto decidere di mettere sotto contratto anche lei, un giorno…

- È un personaggio complesso… - ammise sospirando - Ma il regista è contento della mia interpretazione - le sorrise e mangiò altra torta.

- Come sta Maya? - chiese abbassando la voce e Rei sollevò lo sguardo sporgendosi un po’ in avanti.

- Sospira in continuazione, ha lo sguardo perso, borbotta da sola… - riferì sussurrando - E questo sarebbe abbastanza comune per Maya, se non fosse che ieri mattina, mentre facevo il bagno, il vapore sullo specchio ha evidenziato due M occidentali e un cuore! - ridacchiò Rei arrossendo e Saeko fece esattamente la stessa cosa. La giovane attrice prese un tovagliolo di carta e, con la penna con cui prendeva le ordinazioni, disegnò ciò che aveva visto, poi sollevò compiaciuta il disegno, continuando a ridacchiare.

- Io… non ci credo… - mormorò la segretaria arrossendo lievemente mentre fissava i simboli tracciati.

- Sì! Sono rimasta cinque minuti come una scema davanti allo specchio! - Rei accartocciò il tovagliolo e rise di gusto.

- Però… devo dire… che ha un certo senso artistico… - borbottò compassata Mizuki tossicchiando lievemente.

- È sicuramente successo qualcosa! - esordì entusiasta Rei sempre tenendo la voce bassa - Lei ha saputo niente? -

Mizuki sollevò lo sguardo subito seria.

- Lei ha idea di come sia il signor Masumi in ufficio? - e alzò un sopracciglio - Mi farebbe più compagnia un orso… - ammise - L’unica costante di questi tre giorni è che è venuto a lavoro tardi -

- Tardi? - ripeté Rei stupita, non era certo un atteggiamento che avrebbe associato ad un uomo del genere. La segretaria annuì lentamente.

- Non ha mai parlato di Maya neanche una volta, e questa è un’altra anomalia, perché in un modo o in un altro riusciva sempre a infilarla nei discorsi… - aggiunse pensierosa Mizuki - Però ha scoperto che ho tenuto occupato Sakurakoji sabato pomeriggio… -

- Può averlo saputo solo da Yu stesso… forse al porto… - valutò Rei portandosi due dita al mento - A proposito - aggiunse subito - Non mi sono ancora complimentata con lei, il suo piano sembra aver funzionato perfettamente! -

Mizuki sorrise ma il suo sguardo si oscurò poco dopo e Rei sussultò intuendo che ci fosse qualcosa che non andava.

- Sì, Sakurakoji non è riuscito a salire su quella nave - ammise - Ma non so perché il signor Masumi ci sia andato... - rivelò la segretaria sempre assorta e pensierosa.

- Non era stato invitato a quell’evento? - provò Rei, immaginando che fosse plausibile, ma Mizuki scosse la testa.

- Sono a conoscenza di tutti i suoi impegni e questo non ne faceva parte… - mormorò fissando la fetta di torta che non aveva ancora toccato.

- Allora forse è stata proprio lei a convincerlo - ipotizzò la giovane con un’alzata di spalle - Domani mattina ci sarà una conferenza stampa allo Shuttle X e il regista Kuronuma parteciperà insieme a Maya e Sakurakoji. Lui ci sarà? - domandò infine, finendo la torta.

- No - replicò secca Mizuki - Solo giornalisti, le compagnie sono state tenute lontane -

- La “Dea Scarlatta” è vicina… - mormorò Rei, abbassando lo sguardo e la segretaria la vide preoccupata.

- Maya ha qualche problema con le prove? - le domandò controllando distrattamente il display del suo cellulare.

- Dal poco che mi ha detto e che ho carpito dalle sue conversazioni con Yu, solo con la complessa scena finale fra Akoya e Isshin - riportò l’attrice e Mizuki aggrottò la fronte.

- Il sacrificio… - sussurrò assorta - Maya, nonostante sia innegabilmente giovane, è sempre riuscita ad approfondire incredibilmente i suoi personaggi e a trovare la giusta maschera da indossare - Rei l’ascoltò in silenzio dato che l’austera segretaria sembrava in vena di confidenze - Quando la conobbi più approfonditamente, diventando la sua manager, ciò che sapevo di lei era quello che i giornali riportavano, oppure proveniva dal tam tam dell’ambiente e soprattutto dalla visione che aveva di lei il nostro ammiratore… -

- È una ragazza straordinaria… - ammise Rei annuendo - Me ne accorsi appena l’incontrai - sorrise dolcemente e finì tutto il tè.

- Sembra emanare un magnetismo particolare che conquista le persone - valutò Mizuki parlando lentamente - È spontanea, diretta, gentile, genuina… - sorrise - Io non sono mai riuscita a fronteggiare lui come fa lei… proprio non so dove trovi il coraggio a volte -

- Maya è fatta così, affronta le cose a testa bassa ed è istintiva, come con il teatro - Rei aveva lo sguardo lucido d’emozione - Recita con una passione unica e mette tutta se stessa nei personaggi che interpreta! -

- Spero solamente che non accada qualcosa e che il nostro… come lo chiamate? Ah sì, principe tenebroso, non commetta qualche errore - Mizuki sorrise mestamente. Mise il cellulare in borsa e fissò risoluta la giovane.

- Sono convinta che non arrecherà alcun danno a Maya, qualsiasi cosa sia accaduta su quella nave - rispose Rei determinata - L’ha protetta per sette anni, non le rovinerà la carriera ora -

- Questo è un mondo squallido e pieno di gente cattiva. In fondo siamo tutti pedine e spesso c’è qualcuno che gioca una partita di cui non siamo a conoscenza e quando veniamo mangiati è ormai troppo tardi - si alzò infilandosi il soprabito e Rei l’accompagnò alla porta.

- Se dovessi venire a conoscenza di qualcosa le manderò un messaggio - l’aggiornò l’attrice, facendo un lieve inchino.

- Io farò la stessa cosa - annuì la segretaria ricambiando il saluto.

Si addentrò sul marciapiede affollato nonostante l’ora e non notò l’uomo in nero che la seguiva con discrezione.


Masumi rientrò quando la villa di suo padre aveva ormai tutte le luci spente. Lui era sicuramente a letto e anche i domestici che vivevano nella dépendance perché era tutto buio. Raggiunse il suo studio e fece praticamente gli stessi gesti che aveva fatto poche ore prima: si tolse la giacca e la cravatta gettandole sul divanetto al centro, si versò da bere, si accese una sigaretta e camminò lentamente fino alla grande vetrata.

Fuori c’era solo la luce della luna ad illuminare il giardino e i suoi deboli raggi mantenevano l’oscurità nella stanza, che gli dava grande sollievo. Da quando era sceso da quella nave, sembrava aver cambiato completamente prospettiva riguardo le cose che lo circondavano. Contro ogni logica, il suo desiderio più profondo si era avverato. Le semplici ma chiare parole di Maya, precedute da quelle battute, avevano aperto una porta sul futuro, qualcosa a cui lui non aveva mai pensato.

In realtà io… io non avevo mai considerato una eventualità così remota perché la credevo impossibile… E ora cosa farai, Masumi? Vi siete detti di aspettarvi… come fronteggerai tuo padre? Come gli impedirai di farle del male?

In quell’attimo di calma il suo cuore prese a battere, dapprima flebile, poi sempre più veloce, mentre il ricordo di quelle ore si materializzava davanti ai suoi occhi unito a quella speranza per il futuro.

Stare con me…

Sorrise nel buio e si sedette alla scrivania. Quella lettera minatoria giaceva ancora lì, aperta, chissà suo padre cosa aveva pensato. Cosa starai facendo adesso, ragazzina?

Guardò l’orologio che segnava le ventitré, sicuramente non era in sala prove ed in effetti Maya, in quel momento, era seduta alla sua scrivania, le luci spente. Rei non era ancora tornata e il silenzio ammantava tutto. L’unica cosa che sentiva era il suo cuore che, come un tamburo, picchiava nel suo petto. Ci portò una mano sopra, cercando inutilmente di placarlo. Aveva provato a restare concentrata nelle prove e quando aveva avuto necessità di recitare Akoya appassionata o abbattuta, era ricorsa ai suoi sentimenti e quando, come in quel momento, era da sola, lasciava che uscissero dirompenti perdendosi nei ricordi.

Quella fibrillazione piena d’emozione si fuse all’angoscia dilagante che le esplose nello stomaco. Amore e rinuncia… proprio come Akoya… gli ho chiesto di aspettarmi… e mi ha detto che avrei dovuto attendere anche lui… parlava del matrimonio? Come ho potuto dirgli tutte quelle cose…? Non mi riconosco più… Cosa farò da ora in avanti? Come potrò salire su quel palcoscenico e…

Abbassò la testa sconsolata, appoggiandola alle braccia piegate sulla scrivania, e chiuse gli occhi. Chissà che stai facendo adesso…? Mi manchi così tanto… Sarà così anche per te?

Un nodo le serrò la gola e ricacciò le lacrime che bruciavano dietro le palpebre. Aprì lentamente il primo cassetto della scrivania e, nel buio del suo studio, Masumi fece esattamente la stessa cosa. La luce della luna si rifletté sull’argento e sul vetro blu del delfino nel cassetto di Maya e su rose di zaffiri e diamanti in quello della scrivania di Masumi.

Mi dispiace Yu…

Pianse sommessamente lacrime amare per l’ironia della situazione: aveva un bel ragazzo pronto ad amarla per sempre, gentile, presente, comprensivo ma che lei non riusciva a ricambiare, e un uomo, adulto, distante come le stelle, che le aveva dichiarato il suo amore fin da quando era solo una ragazzina con mazzi di rose scarlatte e lei… lei non aveva capito nulla.

Collegati da quel filo rosso del destino che li univa da sempre, Masumi, nelle tenebre del suo studio, sollevò delicatamente la collana e il diamante al centro della rosa di zaffiro amplificò la poca luce lunare.

Brilla come i tuoi occhi, Maya…

Lasciò che ondeggiasse appena, seguendo con lo sguardo quel movimento ritmico e, per la prima volta da che aveva memoria, permise al suo cuore di battere senza sosta, spinto dal ricordo di lei, senza sopprimere quel sentimento dirompente.


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Capitolo 45
*** Lo Shuttle X ***


Ultima revisione: marzo 2016

45. Lo Shuttle X



La mattina seguente Maya si fece trovare all’ora stabilita presso i Kid Studio. Aveva trascorso una notte agitata, mille pensieri che si fondevano, ma l’ultimo sogno che aveva fatto aveva cancellato tutto il resto. Si sedette sugli scalini e si tenne le ginocchia con le braccia, affondando il volto in mezzo, che si era colorato di un tenue rossore. Per fortuna è stato solo un bacio… non come quel sogno che feci durante la ricerca dell’interpretazione di Oshichi...

Chiuse gli occhi e rievocò quella scena intensa e breve. Era un posto che non conosceva, dai tratti indistinti, come tutti i sogni, ma c’era lui, ne era certa, perché sapeva riconoscere la sensazione che avvertiva quando la osservava. Si era voltata intorno, c’erano altre persone, forse il signor Kuronuma, finché l’aveva visto. La stava fissando e appena lei se ne era accorta, lui aveva preso a camminare lentamente, senza distogliere lo sguardo, e si era fermato davanti a lei. Aveva sentito il cuore scoppiarle in petto anche in sogno: quel modo che aveva di guardarla la turbava sempre e le faceva rigirare lo stomaco. Lui l’aveva chiamata per nome, come aveva fatto sull’Astoria, poi si era abbassato e l’aveva baciata davanti a tutti. Per un solo brevissimo istante aveva pensato che non avrebbe dovuto, che una cosa del genere non era da fare in pubblico, poi le labbra avevano toccato le sue e ogni cosa si era spenta, per accendersi, immediatamente dopo, di fulgida luce.

Sollevò le mani e si coprì il volto arrossato, dandosi della stupida. È solo un sogno… e poi… ogni notte sarà così? Santo cielo...

- Ciao, Maya! - la voce squillante dell’aiuto regista, che la salutò con gentilezza, la riscosse prepotentemente dalle sue fantasticherie.

- Buongiorno! - ricambiò, scattando in piedi e facendo un piccolo inchino.

Le conferenze stampa l’avevano sempre messa in agitazione e inoltre avrebbe rivisto Ayumi. Qualche istante dopo giunse anche Sakurakoji, stranamente silenzioso. Maya gli dette il buongiorno con una mano alzata e un sorriso e lui ricambiò senza troppo entusiasmo. Forse è preoccupato perché incontrerà Kei Akame?

Le sue riflessioni vennero interrotte da uno scoppiettio inquietante. Era molto presto e la strada non era ancora trafficata, Maya si girò, imitata dai due accanto a lei, e spalancò gli occhi.

- Noi… dovremmo presentarci alla conferenza stampa... con quello? - sussurrò atterrita vedendo sbucare un furgone antiquato guidato dal regista Kuronuma.

- Però… - mormorò Yu - Devo dire che si adatta al personaggio - ridacchiò e Maya sorrise sperando che l’amico non si facesse condizionare dalla fama del suo rivale. Sì… certo… parlo io… che lotto contro Ayumi Himekawa...

L’aiuto regista era terreo e fissava sgomento il suo capo che si avvicinava lungo la strada. Kuronuma si fermò a bordo strada, facendogli cenno di salire, e loro, seppur di malavoglia, si sedettero nel furgone che emetteva scricchiolii preoccupanti ad ogni movimento.

- Signor Kuronuma, questo macinino ha qualche problema, eh? - esordì l’aiuto regista, tremando.

- Non si chiude lo sportello - si lamentò Yu - E fa anche dei rumori strani! -

- Non fateci caso! - gracchiò Kuronuma, impegnato alla guida.

- Ma quando l’ha comprato? - domandò Yu sconcertato, dato che sembrava essere molto datato. Maya lo guardò spaventata mentre si reggeva alla maniglia laterale.

- Non l’ho comprato! - replicò il regista - È un regalo che mi ha fatto uno che vende auto usate come compenso per un lavoretto occasionale! -

- Per caso era una macchina da rottamare? - replicò Sakurakoji aggrappandosi al sedile, atterrito dalla guida insensata dell’uomo.

- Mi scusi ma… - balbettò l’aiuto regista - È stata fatta la revisione? - era atterrito e si teneva alla cintura di sicurezza come fosse un’ancora. Kuronuma gli lanciò un’occhiata innocente.

- Revisione? E cosa sarebbe? Non le so io, queste cose! - replicò candidamente continuando a guidare come un pazzo per le strade di Tokyo.

Yu, l’aiuto regista e Maya, che era rimasta in silenzio tutto il tempo, si scambiarono un’occhiata terrorizzata e si tennero con ancora più forza.

Per fortuna il viaggio non durò molto, Kuronuma parcheggiò all’esterno dello Shuttle X e, quando Maya scese, rimase a bocca aperta davanti allo spettacolo che le si parò davanti.

- Eccolo… - sussurrò, affiancata da Yu - Il luogo dove terremo lo spettacolo dimostrativo… - un’emozione intensa l’avvolse, unita ad un calore confortante.

Un enorme spazio metropolitano, pieno di macerie e ferraglie sparse, si apriva davanti a loro come una sterminata landa desolata in mezzo ai palazzi moderni. Il cielo azzurro di quella giornata soleggiata contrastava con il grigio e l’acciaio che li circondava.

- È questo… - mormorò Yu mettendosi le mani sui fianchi - Terribile… -

L’area era assolutamente disastrata, c’erano operai dovunque al lavoro, giganteschi macchinari che sbriciolavano il cemento e piegavano le lunghe sbarre di ferro, ruspe che caricavano le macerie su enormi camion e da un lato, riparato dai lavori in corso, un’area all’aperto allestita per la conferenza stampa. C’erano molti giornalisti che stavano facendo le riprese nei pressi di una zona che sembrava una vecchia fermata del treno, con un cavalcavia, alcuni edifici semi distrutti, un binario centrale e una pensilina.

- Che razza di posto… - borbottò uno di loro - Come faranno a mettere su uno spettacolo teatrale? - il giornalista si portò una mano fra i capelli, confuso.

L’attenzione di Maya venne catturata dalla voce gentile del Presidente Yamagishi dell’Associazione Nazionale per lo spettacolo.

- Oh, Kuronuma - esordì l’anziano uomo rivolgendosi al regista - Ti aspettavo! -

- Che piacere rivederla dopo tanto tempo, Presidente! - rispose gioviale lui, affiancato subito dal suo aiuto.

- Fra poco arriveranno anche Onodera e il suo gruppo - lo informò il Presidente che indossava un bellissimo kimono.

Mentre i due uomini continuavano a chiacchierare, Maya si guardò intorno, rapita, girando con lo sguardo e cercando di lasciarsi travolgere dal momento.

- Secondo me… - sussurrò Sakurakoji - Sarà un’impresa! - aveva un’espressione affranta e preoccupata. Quel luogo era davvero sterile, non aveva niente a che vedere con la valle dei susini dove avevano recitato la “Dea Scarlatta”. Maya riprese a guardarsi intorno e non concordò affatto con la sua visione.

Le macerie di cemento armato divennero le rocce della valle; i binari il fiume che scorreva placido, le colonne della vecchia pensilina, i maestosi alberi della foresta. La sua mente fervida sovrammise ogni pezzo e in un attimo venne traslocata nella valle. Ah! È perfetto! È proprio adatto come scenografia per la Dea Scarlatta! Sì! Ci sono!

Yu si girò e la vide raggiante, lo sguardo trasognato, le mani congiunte al petto in una posizione piena di stupore. Cosa vedi, Maya…?

- È arrivato il gruppo di Onodera! - gridò un giornalista scatenando il parapiglia.

Il regista avanzava con sguardo sicuro, seguito da Ayumi Himekawa, Kei Akame e dal fotografo Peter Hamil. Maya osservò il gruppetto con apprensione, apparivano molto più professionali di quanto non lo fossero loro. Ayumi!

- Signorina Ayumi! - gridarono alcuni fotografi scattando senza sosta - Da questa parte per favore! -

Lei si lasciò fotografare, senza mostrare alcun interesse, l’espressione serena ma concentrata. Onodera mantenne tutta la calma possibile, osservando la scena con attenzione.

Porca miseria! Fortuna che ho cercato di tenere alla larga i giornalisti! Certo… non potevamo rifiutarci di partecipare alla conferenza stampa nel luogo dove verrà allestito lo spettacolo… Comunque devo prestare la massima attenzione a che nessuno si accorga di Ayumi…!

L’attrice venne affiancata immediatamente dal fotografo francese, che le rimase accanto in silenzio. Ayumi sentiva la sua presenza costante e la cosa la rassicurava. Se inizialmente l’aveva presa come uno smacco alla sua autonomia, via via aveva capito che Peter non aveva nessuna intenzione di farle da bastone, era lì solo per lei: se fosse servito, l’avrebbe aiutata.

Il teatro Shuttle X… un palcoscenico pericoloso per me, ora come ora… Binari abbandonati, massi di cemento sparsi qua e là… potrei inciampare e cadere ad ogni passo… recitare proprio qui…

- Ayumi! - la voce squillante e allegra la riscosse dai sui pensieri. Questa voce… Maya Kitajima!

Un brivido freddo le attraversò la schiena. Non voleva scontrarsi con lei, ma i giornalisti iniziarono a scattare fotografie.

- Oh! Ecco le due rivali! Ritratte finalmente insieme! -

Maya osservò Ayumi con apprensione: aveva un’espressione fredda e distante, la sua postura era rigida, ma non più di altre volte che l’aveva incontrata, il suo abbigliamento impeccabile come sempre, le labbra erano leggermente tirate e la sua fronte corrucciata, come se fosse scocciata da tutta quella situazione.

- Signori! - gridò la voce di uno speaker impedendo a Maya di salutarla come avrebbe voluto - Diamo inizio alla conferenza stampa in vista dello spettacolo dimostrativo della “Dea Scarlatta”! - esordì con voce chiara nel microfono - Signori dei gruppi Onodera e Kuronuma, venite da questa parte! - e indicò l’area allestita all’aperto con un lungo tavolo e le targhette che indicavano i nomi degli ospiti. Davanti erano state sistemate molte sedie disposte a cinema per i giornalisti.

Ayumi si voltò verso lo speaker, intorno a lei solo ombre indistinte, evitando di guardare in direzione di Maya. Lei è l’ultima persona che deve sapere del mio handicap! Riuscirò a recitare la parte di una persona che ci vede perfettamente! Maya Kitajima è la mia unica rivale!

Si diresse con movenze sicure verso la voce di Peter che aveva sussurrato il suo nome, sotto lo sguardo acceso di sfida di Maya. Presero tutti posto e lo speaker dette inizio alla conferenza stampa.

- Questo teatro Shuttle X, come potete vedere, è una montagna di macerie; stanno demolendo delle strutture che un tempo formavano una stazione, allo scopo di adibirle ad altro uso - esordì con voce chiara - Sarà proprio qui che si terrà la rappresentazione dello spettacolo dimostrativo della “Dea Scarlatta” -

Maya guardò fra le decine di persone sedute lì davanti, il cuore che prese a battere freneticamente. È inutile… non può essere qui… ci sono solo giornalisti e nessuna compagnia teatrale...

Sospirò e tornò a prestare attenzione allo speaker.

- Per l’occasione saranno rimosse soltanto le parti pericolanti, oltre agli oggetti pericolosi per la sicurezza delle persone - proseguì - Ma fondamentalmente lo spettacolo verrà messo in scena in mezzo alle macerie - un mormorio si diffuse fra i giornalisti - Non ci saranno né apparato scenico, né scenografie, ma soltanto l’illuminazione minima e indispensabile e ovviamente i piccoli attrezzi e strumenti necessari allo spettacolo. I costumi invece sono lasciati alla discrezione di ciascun gruppo. I registi e gli attori dovranno tenere la rappresentazione rispettando queste restrizioni. Qualche domanda? - spiegò dettagliatamente l’uomo.

- Ecco… vorrei sapere, come mai è stata scelta una location del genere? - domandò uno dei giornalisti in prima fila.

- A deciderlo è stata la signora Tsukikage in persona - rivelò il Presidente Yamagishi, sconcertando tutti. Maya spostò lentamente lo sguardo su Yu e sul signor Kuronuma, ma anche loro erano visibilmente tesi e stupiti.

- Come vedete qui siamo in mezzo alle macerie - proseguì l’anziano Presidente - Non c’è nulla che possa coadiuvare la rappresentazione teatrale, come in un comune teatro. Le capacità del cast verranno messe a durissima prova. Ma comunque… - ed emise un breve sospiro - La signora Tsukikage svelerà il motivo per cui ha optato per un palcoscenico del genere al termine dello spettacolo dimostrativo - un’altra ondata di mormorii investì gli ospiti seduti al tavolo - Così ha detto - concluse con voce pacata.

I due registi rimasero in silenzio, neppure loro erano a conoscenza di niente e apprendevano in quell’istante quelle informazioni come i loro primi attori. Maya sudava freddo, avvertiva brividi lungo la schiena e le tremavano le gambe. Cosa significa che lo spiegherà al termine dello spettacolo?

- Inoltre - riprese lo speaker - Solo per un giorno ogni gruppo potrà fare le prove generali, sempre in base alle istruzioni della signora Tsukikage - rivelò lo speaker con grande teatralità.

Maya sentì distintamente i denti di Kuronuma sbattere con forza. Abbiamo un solo giorno per provare qui…

- Per quanto riguarda l’ordine, il gruppo di Kuronuma potrà svolgerle mercoledì, il gruppo di Onodera venerdì della prossima settimana - spiegò con voce chiara - A proposito - aggiunse rivolto ai giornalisti - Vi preghiamo di astenervi dall’effettuare servizi giornalistici direttamente sul luogo: potrebbero disturbare la concentrazione degli attori - un borbottio pieno di dissenso invase l’area e Maya e Yu si scambiarono un’occhiata complice: i giornalisti non erano quasi mai graditi, almeno non a chi volesse lavorare davvero.

- Il palcoscenico principale sarà il marciapiede del binario in demolizione. I posti per gli spettatori saranno installati lì attorno - spiegò ancora indicando le varie zone - Ma la regia potrà utilizzare liberamente qualunque altra postazione, purché all’interno di quest’area - concluse lo speaker e passò la parola ai giornalisti per le domande agli ospiti.

- Signorina Ayumi - esordì il primo rivolgendosi chiaramente a lei - Finalmente potrà rappresentare la Dea Scarlatta! Che impressioni ha avuto di questo luogo? - le domandò curioso di conoscere la risposta della ex bambina prodigio.

- Di qualunque posto si tratti... - rispose lei con calma - Non fa differenza! Io non devo fare altro che recitare - spiegò serena, camuffando perfettamente l’inquietudine che le lacerava l’anima e che in quel momento neanche la presenza di Peter era riuscita ad allontanare. Impressione? Una nube scura piena di sagome indistinte...

- Non mi aspettavo altra risposta da lei - si complimentò il giornalista - Vuol dire che qualunque posto andrebbe bene e che ha piena fiducia in se stessa -

- Che ne dice lei, Maya? - domandò un altro giornalista.

- Ehm… Beh… - balbettò insicura Maya all’inizio, poi si fece coraggio - Recitare qui sarà divertente! - rispose entusiasta.

- Divertente? - replicò basito il giornalista.

- Sì - annuì lei convinta - Mi tornano in mente i giochi d’imitazione che facevo da piccola ai giardini pubblici - e il suo sguardo si perse nell’immaginare quel mondo di fiaba - La cima dello scivolo diventava la vetta di una montagna, o un precipizio, a volte addirittura un castello! L’altalena a bilico diventava la piattaforma di lancio di un razzo, le altalene si trasformavano nelle liane di una giungla! Facevo la ninja e mi nascondevo tra i cespugli! -

I giornalisti la fissarono straniti e Sakurakoji si voltò lentamente verso di lei. Era completamente rapita dal ricordo, il suo sguardo brillava pieno di gioia, come se in quel momento fosse davvero un ninja. Maya...

- Solo pensare che potrò giocare in vari modi, utilizzando i blocchi di cemento, le rotaie, il vecchio marciapiede, mi fa fremere di entusiasmo! Credo davvero che sarà spassosissimo! - e batté le mani fra loro. Ayumi ebbe un tuffo al cuore nel sentirla parlare in quel modo così disinvolto.

Il giornalista sorrise imbarazzato.

- Si è ricordata dei giochi d’imitazione che faceva da piccola? Che spensieratezza… -

- Sì! - rispose Maya piena di entusiasmo fra l’impaccio generale, ma un giornalista particolarmente acuto la mise in difficoltà.

- Lo spettacolo dimostrativo della “Dea Scarlatta”, per lei, è come un gioco da bambini? - le fece notare pungente - Benedetta ragazza, non si rende conto di dove si trova? Che sempliciotta… - borbottò interdetto.

- Ehm… - Maya rimase senza parole, arrossì e abbassò lo sguardo. Ho detto qualcosa di strano? I giornalisti travisano sempre…

Una risatina aleggiò nell’aria e tutti si rivolsero verso il signor Kuronuma.

- Beh, anch’io quando ero un moccioso, giocavo spesso in posti tipo questo! - esordì stupendo Maya che lo guardò con occhi spalancati - Facevo non solo il ninja, ma anche il supereroe e pure il dinosauro! Una volta ho sconfitto il grande re dei demoni che voleva distruggere la Terra e poi… -

- Lei che ne pensa, signor Onodera? - un giornalista interruppe il suo soliloquio. Il regista scoccò un’occhiata disgustata al duo. Non c’è alcuna speranza per loro… un’attrice e un regista fatti l’una per l’altro…

- Secondo me, la signora Tsukikage ci sta sfidando. Fino a che punto riusciremo ad esprimere la ”Dea Scarlatta” in una situazione come questa? - rispose concentrato - Credo che la signora intenda mettere alla prova la nostra forza e il talento e io non intendo assolutamente perdere la sfida! - molti giornalisti annuirono segnando la risposta sui loro taccuini o tablet.

- Sakurakoji - parlò un altro giornalista rivolgendosi al giovane attore - Si vocifera che la parte di Isshin andrà automaticamente al suo rivale Kei Akame, più esperto e abituato alle interpretazioni d’epoca. Cosa ne pensa? Ritiene di avere qualche possibilità? -

Maya si voltò verso il suo partner e lo trovò con un’espressione grave e concentrata sul volto. Allungò una mano e gli afferrò la giacca dietro il gomito facendo attenzione che nessuno potesse vedere il suo gesto di sostegno. Sakurakoji...

Yu avvertì il tocco di Maya e sussultò più per quello che non per le parole del giornalista che non dicevano comunque niente di nuovo rispetto alle notizie degli ultimi giorni. Maya…

- Vedrete il mio Isshin e giudicherete - rispose serafico evitando di guardare Kei Akame che stava sicuramente sorridendo. I giornalisti borbottarono fra loro per la risposta irriverente, invece Maya strinse un po’ di più il tessuto della giacca, comunicandogli la sua approvazione.

Il Presidente Yamagishi dichiarò chiusa la conferenza stampa e tutti si alzarono. Maya notò come il francese Peter Hamil si avvicinò ad Ayumi e le sussurrò qualcosa che la fece sorridere lievemente. Sembra serena ora...

- Come rappresentanti dei due gruppi - esordì lo speaker - Chiediamo alle due dee scarlatte, ovvero le signorine Himekawa e Kitajima, di stringersi la mano giurando di fare del proprio meglio! - propose - Entrambe vengano qui davanti! - i fotografi e i cameraman si misero in posizione per registrare l’evento.

Ayumi s’impietrì e a nulla valse la raccomandazione appena sussurrata di Peter, non avrebbe visto niente e non voleva correre il rischio di mettere la mano nel posto sbagliato davanti a tutti quei giornalisti. Si avvicinò lentamente, distinguendo solo alcune ombre e quella che gli parve la sagoma di Maya.

La giovane vide la sua rivale farsi avanti e le porse la mano in attesa della sua. Ayumi la fissò quasi con disprezzo e Maya rabbrividì per quello sguardo vuoto e arrogante.

Poi all’improvviso si girò e fronteggiò gli intervistatori, lasciando tutti di stucco. Ayumi…

- Possiamo leggere il suo gesto come una dichiarazione di guerra? - esplose un giornalista sovrastando il clamore generale.

- Interpretare la Dea Scarlatta era il mio più grande sogno da tanto, tanto tempo… - replicò gelida Ayumi rivolgendosi al giornalista - Non potrei mai dare la mano alla mia avversaria per questo ruolo - spiegò sotto lo sguardo attonito di Maya - Chi di noi è più adatta alla Dea Scarlatta, chi ne sarà degna alla fine, sarà deciso dalla giuria e dal cielo! -

Una cacofonia di suoni invase lo Shuttle X.

- Io reciterò la mia Dea Scarlatta mettendoci anima e corpo! Non sarò da meno di lei! - aggiunse con un’aria combattiva e risoluta. I flash scattarono all’infinito e i fotografi correvano all’impazzata intorno a loro per cercare l’inquadratura migliore.

- Ayumi! - gridò Maya cercando la sua rivincita - Neanch’io sarò da meno di te! - strinse un pugno voltandosi verso di lei - Riuscirò ad interpretare una Dea Scarlatta del tutto diversa dalla tua! Non mi lascerò battere da te! - promise piena di fervore. Non ci penso proprio ad arrendermi! Avrei dovuto schiaffeggiarti più forte nella valle! Non hai ancora capito che io non mi arrenderò mai?

- Wow! Che risposta a tono! - notò un altro giornalista con espressione compiaciuta. Ayumi sorrise con sufficienza e si rivolse al suo regista.

- Signor Onodera, andiamo? Le prove mi attendono - proferì con tono solenne, come se per lei quella conferenza non avesse avuto alcun valore. Hamil sorrise e disse qualcosa in francese, in un mormorio sommesso che Maya udì appena. Perché lui è qui? La segue sempre e non mi sembra che a lei dispiaccia… chissà se le cose sono cambiate fra loro come… come… ma che vado a pensare… non devo farmi idee sbagliate! Non potremo mai stare insieme! Lui dovrà sposarsi e io sono troppo giovane! È un produttore, io un’attrice… È ricco, e io…

Scosse la testa con vigore e osservò la schiena di Ayumi che se ne andava senza poter immaginare cosa celasse sotto l’apparente scorza dura.

L’attrice continuò a camminare pur sentendo addosso lo sguardo di tutti. È la prima volta in vita che mia che provo un’ansia simile… chissà se riuscirò a recitare bene… in questo posto e nelle mie attuali condizioni...

Un vento fresco si levò, spazzando tutta l’area e interrompendo le sue elucubrazioni. Ayumi si girò improvvisamente verso la direzione da cui proveniva. Passò lieve attraverso i capelli, sulla pelle del viso e delle mani, e andò oltre. Eh? Questo vento… l’ho già sentito da qualche parte…

Non fece in tempo a formulare il pensiero che davanti a lei, al posto delle ombre e delle macerie dello Shuttle X, si materializzò la valle dei susini in tutto il suo splendore.

- Cosa ti succede, Ayumi? - domandò dolcemente Hamil accostandosi a lei.

- N-No… - balbettò - Non è niente… - cercò di convincerlo con quella breve frase. Per un istante queste montagne di macerie mi sono sembrate il paesaggio della valle dei susini! Forse a causa dell’indebolimento della vista, le immagini impresse nella mia mente si sono materializzate? Ora che ci penso… il vento di prima assomigliava a quello che c’era nella valle dei susini! Che cosa mi sta accadendo?

Accettò il braccio di Hamil e lasciò quel palcoscenico naturale piena di dubbi e angosce.



Kuronuma si avvicinò alla zona che avrebbe dovuto usare per mettere in scena la sua “Dea Scarlatta”. Il binario rugginoso correva al centro, sul lato destro c'erano la pensilina e un edificio diroccato, sul lato sinistro il marciapiede rialzato, davanti a lui una parte ancora in piedi del passaggio sopraelevato della ferrovia.

- Uhm… Mettere in scena la “Dea Scarlatta” qui… - borbottò fissando l’ambiente illuminato dal sole di fine settembre - Chissà come mai la vecchia signora ha scelto questo spazio? Niente scenografia, illuminazione minima… nulla che possa aiutare la rappresentazione teatrale. Per giunta solo un giorno per le prove generali… - si portò una mano al mento, pensieroso - La signora Tsukikage dovrebbe sapere benissimo quanto sia assurdo tutto questo… allora quali sono le sue intenzioni? -

Fece diversi passi avanti sentendo dietro di lui quelli di Maya e Sakurakoji.

- Sembra che voglia spingerci a mettere in scena una rappresentazione improvvisata - mormorò fra sé e sé, poi venne colto da un’intuizione e si voltò verso Maya fissando il volto rapito della ragazza che osservava le macerie. Lei ha già visto tutto… mi fa davvero paura…

- Kitajima! - la chiamò e lei sussultò, riscuotendosi dal suo sogno a occhi aperti - Hai detto che facevi spesso dei giochi d’imitazione nei giardini pubblici, giusto? - domandò mentre una frenesia incontrollata lo pervadeva.

- S-Sì… - balbettò lei un po’ confusa, notando l’espressione eccitata del regista.

- Anche a me piacevano tanto i giochi d’imitazione… Noi andiamo d’accordo! - le confidò, dandole una pacca sulla spalla sotto lo sguardo strabiliato di Sakurakoji - Se dovessimo fare un “gioco d’imitazione della Dea Scarlatta” proprio qui, per cosa useresti questo marciapiede con la pensilina del binario? - le domandò fissandola intensamente. Ho paura di sapere cosa mi risponderà…

Maya si voltò lentamente, osservò il marciapiede rialzato e appoggiò le mani sul cemento. Di nuovo vide la foresta prendere forma dalle colonne e le fronde dal tetto della pensilina stessa.

- Il bosco! - esclamò sgranando gli occhi - Il villaggio, oppure l’interno del palazzo reale! -

- E le rotaie e quel cavalcavia? - incalzò Kuronuma estasiato dalla potenza d’immaginazione di quella ragazzina. Signora Tsukikage… quanto ha visto lontano quando ha incontrato Maya? E sarò io a dirigere quest’attrice!

Maya si girò di scatto, rapita da quel gioco divertente e Sakurakoji osservò il cavalcavia mentre lei riprendeva le associazioni.

- Le rotaie potrebbero essere un ruscello, una strada, dei cespugli, un nascondiglio sotto la roccia… - proferì felice - E quel passaggio… - rimase a fissare il cavalcavia finché le venne un’idea, batté le mani insieme e il regista e Yu si girarono verso di lei, che aveva un’espressione allegra e soddisfatta. È il passaggio che conduce al mondo degli spiriti!

- Ma sì! Gli spiriti o le divinità possono passarci! Se questo marciapiede del binario è il mondo degli umani, quello sul lato opposto è il mondo degli spiriti! E il cavalcavia è l’unico passaggio che collega le due dimensioni! - tutti e tre fissarono con occhi spalancati il passaggio sopraelevato vedendo effettivamente ciò che Maya aveva evocato con le sue parole.

Santo cielo, Kitajima… mi spaventi davvero…

- Interessante… - sussurrò Kuronuma - Quindi gli esseri umani non possono attraversare quel limite -

- Proprio così… - annuì Maya con espressione estasiata - Quest’altro marciapiede è il mondo degli spiriti! Lo spazio oltre quella parete... - e la giovane indicò un’area con uno squarcio - È il loro nascondiglio! Ah quante idee interessanti, signor Kuronuma! -

- Questo sarà il nostro palcoscenico! - esplose Kuronuma convinto - Faremo il gioco d’imitazione della “Dea Scarlatta” proprio qui! -

- Sì, signor Kuronuma! - annuì lei completamente concorde. Incredibile… la vediamo allo stesso modo!

Sakurakoji li guardò, immobile e stupito, mentre Maya e Kuronuma si fissavano con occhi luccicanti e pieni di aspettativa.

Ho capito… i giochi d’imitazione consistono nel divertirsi usando l’immaginazione! Potremo recitare paragonando il marciapiede distrutto al mondo della Dea Scarlatta grazie al potere della fantasia! Maya… hai fatto l’associazione immediatamente…

Tutti e tre guardarono con occhi nuovi quell’area disastrata che all’inizio li aveva così disorientati. C’era una via d’uscita anche per un palcoscenico così impossibile. E sembrava divertente!



Terminata la conferenza stampa, Kuronuma li aveva riportati ai Kid Studio e avevano provato fino alle dieci di sera. Perfino Sakurakoji, che di solito era quello più resistente, aveva dato segni di cedimento, tanto da sbagliare addirittura delle battute, e il regista li aveva cacciati in malo modo.

- Non prendertela, Yu - mormorò Maya - Fra due giorni abbiamo la prova e oggi c’è stata quella conferenza… è solo nervoso… -

- Lo so... e io sono stanco - borbottò Sakurakoji gettando l’asciugamano sulla sedia. Rimasero in silenzio a lungo, la sala vuota, le luci abbassate.

- Non riesco ancora a interpretare Isshin nella scena in cui deve uccidere Akoya… - sussurrò tenendo gli occhi chiusi e la testa reclinata all’indietro. Maya si voltò a guardarlo, sembrava rilassato ora, ma se era stanco la metà di quanto lo era lei, stava mantenendo una maschera.

- Neanche io… - concordò affranta. Quella scena era l’apice di tutta la rappresentazione, l’annichilimento di una donna-dea da parte del suo amato per poter salvare un popolo. Rinunciare alla persona che si ama… definitivamente...

- È una cosa inconcepibile… - sussurrò Yu - Non riuscirei mai ad uccidere la donna che amo, per nessuna ragione… sono mesi che penso, ma non ne vengo a capo… - si alzò in piedi sospirando e la guardò.

- Andiamo a casa? - e le tese la mano. Maya annuì stancamente e l’afferrò, ma Yu, anziché tirarla e basta, l’avvicinò a sé, abbracciandola stretta.

- Maya - le sussurrò nell’orecchio con voce vibrante - Domani sera resta con me, proviamo tu ed io, senza gli altri, senza Kuronuma… -

Lei s’irrigidì poi, all’udire la sua richiesta che nascondeva una supplica d’aiuto, sollevò le mani e le appoggiò sui suoi fianchi.

- Certo, Yu, puoi contare su di me - rispose dolcemente appoggiando la fronte sul suo petto. Lo sentì espirare, come se fosse rimasto in attesa, e sorrise nascosta nel suo abbraccio.

Sakurakoji la lasciò andare anche se avrebbe voluto parlare con lei, dirle che l’aveva vista con il signor Hayami, ma si rendeva conto che intromettersi nella sua vita in quel modo l’avrebbe solo fatta allontanare di più. Chissà se il signor Hayami, nelle volte in cui ci siamo incontrati, in realtà stesse controllando ciò che faceva Maya… Da quanto tempo va avanti questa storia…?

- Scusami… non volevo metterti a disagio… - mormorò cercando di placare il suo cuore che batteva follemente.

- Non… non preoccuparti, Yu - lo rassicurò lei imboccando il corridoio dei camerini. Sakurakoji la osservò di schiena, il passo lento, la testa leggermente abbassata, l’asciugamano stretto in mano. Ti sei davvero innamorata di lui, Maya? Eppure… in questi ultimi tempi, da quella cena al ristorante, tu mi sei sembrata diversa… diversa con me… ho frainteso tutto?

Strinse i pugni lungo i fianchi e ripensò alla scatolina blu al sicuro nel suo giubbotto che racchiudeva tutti i suoi sentimenti. Ingoiò la rabbia che aveva preso il posto dell’emozione e la seguì mesto.



Quando Maya rientrò in casa, sfinita e assonnata, trovò Rei seduta al tavolo della cucina con una tazza di tè. Aveva l’aria stanca anche lei, ma si alzò in piedi con un sorriso e l’abbracciò.

- Allora? Com’è andata la conferenza stampa? - le chiese immediatamente, preparando altro tè. Maya sbuffò, gettò la borsa sul tavolo e si accasciò sulla sedia con ancora indosso il soprabito.

- Mercoledì abbiamo la prova generale… - la guardò sconsolata - Un solo giorno… -

Rei si girò di scatto con un’espressione meravigliata.

- Un solo giorno? - sussurrò, riprendendo il controllo e portando il tè in tavola.

- Ci sono solo macerie, Rei… dovremmo recitare in quelle condizioni… - aggiunse Maya prendendo, grata, la tazza.

- Oh santo cielo… - l’amica si sedette e riprese la sua tazza fra le mani. Se la signorina Mizuki voleva sapere come stesse Maya, ecco qui svelato l’arcano. Da quando era tornata dalla crociera si erano viste solo quando Yu l’aveva riaccompagnata. Lei non le aveva detto niente, sembrava sfinita, così l’aveva lasciata in pace, rispettando i suoi tempi. Non mi ha detto neanche che Sakurakoji non è mai salito su quella nave…

- Rei… - sussurrò Maya - Non ho neanche avuto modo di raccontarti della crociera… - iniziò, e l’amica esternò la sua più credibile espressione meravigliata.

- Non preoccuparti, Maya! Però sono curiosa di sapere se il vestito è piaciuto e come fosse lo spettacolo! - la rassicurò appoggiando la tazza vuota sul tavolo. Maya rimase in silenzio diversi secondi: era stata una giornata intensa, ma era il momento di dire tutto a Rei. Mercoledì ci sarebbe stato il giorno di prova allo Shuttle X e poi una tirata fino alla “Dea Scarlatta”. Inoltre… non era più certa di riuscire a tenere ogni cosa chiusa dentro il cuore. Inspirò profondamente, sollevò lo sguardo e fissò l’amica.

- Lo spettacolo è stato bellissimo, la nave era meravigliosa, ma Sakurakoji non è riuscito a salire - iniziò e, quando vide la perplessità di Rei che nascondeva abilmente la sua tensione, sospirò affranta e proseguì - Rei, ricordi che prima di partire ti dissi che avevo qualcosa da raccontarti e che l’avrei fatto appena tornata? -

L’amica annuì meccanicamente - Mi devo preoccupare? - mormorò lentamente e Maya sorrise arrossendo e scuotendo la testa.

- Non devi - la rassicurò - In fondo, quello che sto per raccontarti, è solo un bellissimo sogno - il suo sguardo si fece di colpo dolce e struggente e Rei non riuscì a sostenerlo.

- Così, però, mi spaventi davvero… - borbottò tornando a guardarla.

- Non sono stata da sola sulla nave, il signor Hayami è stato con me… tutto il tempo… lui è… - trattenne il fiato, ancora indecisa se rivelare o meno quel segreto che si portava dentro da tempo, poi cedette alla tensione che la stava lacerando - Lui è il mio ammiratore delle rose scarlatte… - sussurrò con un filo di voce, abbassando lo sguardo e avvampando.

- L’ammiratore…? - ripeté Rei mantenendo quell’espressione sorpresa. Maya...

Ora sarebbe venuta la parte difficile. Maya mantenne lo sguardo basso sulle mani chiuse in grembo. Come posso dirle ciò che sento nel profondo del mio cuore e che sembra essere ricambiato da lui?

Rimase in silenzio così a lungo che Rei cercò di riportarla nel mondo reale.

- Iniziai a sospettare qualcosa dai tempi di Puck… - ammise la giovane e Maya sollevò di scatto lo sguardo.

- Davvero? - sussurrò Maya sconvolta. Rei annuì lentamente, abbassando lo sguardo, non era sicura di riuscire a celarle che fosse a conoscenza di buona parte della storia.

- Capitava stranamente al posto giusto, nel momento giusto… - le fece notare l’amica - E anche se sembrava stuzzicarti sempre, i suoi rimproveri mi sono sempre sembrati costruttivi, soprattutto per la tua carriera… - aggiunse arrossendo lievemente.

Maya si appoggiò allo schienale, disorientata e stupita che l’amica avesse visto cose che per lei erano state inesistenti. Perfino lei si era accorta… io invece…

- Ma c’è dell’altro, vero? - indagò Rei sporgendosi in avanti. Maya arrossì gradualmente, fino a diventare rossa come una mela matura. L’amica la fissò spalancando gli occhi lentamente e raddrizzandosi sulla schiena.

- Maya… - sussurrò piano, incredula che in qualche modo le cose si fossero spinte oltre. La giovane attrice rimase immobile, mantenendo quel rossore intenso. Deglutì e si decise a raccontare ogni cosa.

- Rei… - iniziò con tono basso - So che può sembrare assurdo ma… sono innamorata di lui… - le confessò e l’amica si appoggiò allo schienale colpita dalla realtà di quella rivelazione. Un conto era immaginarlo, un conto era sentirlo dalle sue labbra.

Maya si schiarì la voce, abbassò lo sguardo e iniziò il suo racconto partendo da ciò che era avvenuto sull’Astoria.

Rei ascoltò basita ogni parola, ogni sussurro, ogni balbettio, scrutando il suo volto che neanche per un attimo aveva perduto quell’imbarazzo diffuso, né il brillio dei suoi occhi che mai era diminuito. Durante il racconto, Maya intervallò parti del passato, raccontando vicende con un tono e una visione completamente diverse, lasciando di stucco Rei che mai avrebbe potuto immaginare che nell’amica albergassero simili segreti e che si fosse tenuta tutto dentro per tanto tempo.

- Masumi Hayami, il gelido affarista senza scrupoli della Daito Art Production, si è innamorato di te… - mormorò Rei che, nonostante conoscesse in parte la verità, rimase scioccata da quel racconto incredibile. Sette anni… sette anni di rose e amore silenzioso… eppure, anche se lo sapevo, stento a credere che quell’uomo alla fine si sia dichiarato…

Maya abbassò la testa e avvampò.

- Io… non lo so Rei… - balbettò insicura, ma l’amica la fece sussultare picchiando un pugno sul tavolo.

- Come non lo sai? Che c’è da sapere? Mi pare evidente! - esclamò sporgendosi in avanti e rovesciando la tazza del tè che nel frattempo si era raffreddato.

Qualcuno dal piano di sopra picchiò sul pavimento ed entrambe le ragazze incassarono la testa nelle spalle. Rei spostò lo sguardo sul piccolo orologio sopra il frigorifero e sgranò gli occhi.

- Sono le tre di notte! - e si alzò di scatto imitata da Maya. Si fissarono per un istante e poi scoppiarono a ridere mettendosi una mano sulla bocca. La tensione scomparve all’istante e il peso del racconto che le aveva confidato sembrò alleggerirsi, eppure Rei non riusciva a scacciare quella spiacevole sensazione di fatalità.

Questa storia è così simile alla Dea Scarlatta da farmi rabbrividire… troppo simile...

Si prepararono rapidamente per la notte, allestirono i futon e in men che non si dica e nel più assoluto silenzio erano sotto la coperta.

Rei si mise a pancia in giù, appoggiando il cellulare sul cuscino. La stanza era avvolta dal buio, sentiva Maya che si rigirava finché si quietò e il suo respiro si fece regolare. È certa che sia la sua anima gemella… anche se mi è sembrata serena sono sicura che sia turbata ed è ancora insicura sui sentimenti del signor Hayami… chissà se tutto questo avrà ripercussioni sulla sua Dea Scarlatta…

Accese il cellulare e, dopo una prima esitazione, digitò un messaggio.

“Signorina Mizuki, mi scuso per l’ora, Maya mi ha raccontato tutto della crociera e molto altro… è incredibile…”

Premette su invio e ci appoggiò la testa sopra.

- È veramente troppo anche per me… - ammise in un sussurro lieve. La vibrazione del cellulare la fece sussultare, lo schermo si illuminò e l’icona delle email segnava un messaggio.

“Signorina Aoki, si rende conto che un messaggio del genere a quest’ora della notte sconvolge il mio sonno solitamente regolare? Vuole che ci incontriamo al solito caffè domani?”

Rei ridacchiò pensando alla composta segretaria, spettinata e senza trucco, che digitava quel messaggio mezza assonnata.

“Le chiedo scusa per averla disturbata. Ci vediamo domani.”



La mattina seguente Maya si era alzata con la testa pesante come un macigno, ma con il cuore più leggero: l’aver confidato tutto a Rei aveva chiarito anche molte delle sue idee scollegate che invece, raccontandole in ordine, avevano preso un corso completamente diverso. L’amica dormiva ancora beatamente, così aveva lasciato la stanza in silenzio, si era lavata e cambiata rapidamente e aveva raggiunto i Kid Studio.

Kuronuma, pressato dalla prova allo Shuttle X del giorno dopo, li aveva fatti provare e riprovare le scene più importanti e con il suo aiuto regista aveva discusso a lungo su come impostare la prova in quel teatro naturale.

Il risultato di quella giornata era evidente in quel momento dai muscoli doloranti.

Maya si massaggiò le spalle e i polsi abbandonandosi sulla sedia nel suo camerino. Gli studi si stavano svuotando, ma lei sarebbe rimasta lì, come aveva promesso a Yu. Erano consapevoli entrambi che alcuni passi non andavano e si era anche accorta che spesso lui la guardava pensieroso, come se riflettesse su qualcosa. Infilò una tuta sul body per non raffreddarsi troppo e indossò una felpa dato che sentiva il sudore ghiacciarsi sulle spalle.

Il regista non aveva più accennato al signor Hayami e di questo Maya gli era stata immensamente grata. Non poteva sapere se non l’aveva fatto perché effettivamente si era risolto tutto in niente, oppure perché era stato così indaffarato da dimenticarsene, ma l’importante era che non l’avesse nominato. Si era domandata perché il signor Hayami aveva telefonato al regista, ma non era riuscita a darsi alcuna risposta.

Era rimasta così concentrata sulla Dea durante tutto il giorno da aver cancellato ogni altra cosa. Avvicinò la borsa, l’aprì e prese fra le dita il segnalibro con il petalo di rosa. Immediatamente fu come aprire una porta di ricordi.

Questo petalo viene dal suo primo mazzo di rose… del mio ammiratore… all’epoca non avrei mai potuto immaginare come sarebbe stata la mia vita nel futuro né ciò che sarebbe accaduto… mi interessava solo interpretare Beth al meglio...

Lo strinse al petto arrossendo, poi lo rinfilò nella borsa al sicuro e raggiunse di nuovo la sala prove in modo furtivo, assicurandosi che non ci fosse nessuno degli altri. Le luci erano quasi tutte spente e sapeva che la guardia avrebbe chiuso lo stabile alle dieci: avevano ancora tre ore.

Aprì la porta della grande sala prove e la richiuse alle sue spalle lentamente. Solo una luce piazzata illuminava il centro del palco di legno, il resto era avvolto dalle tenebre e dal silenzio. Yu era seduto in quel cerchio di luce a gambe incrociate e occhi chiusi. Lo raggiunse e si sedette davanti a lui. Il suo volto era rilassato e aveva perduto l’apparente stanchezza che vi aveva visto impressa solo qualche minuto prima.

Aprì gli occhi e incontrò lo sguardo limpido e sincero della ragazza che amava.

- Maya, sei rimasta - asserì in un sussurro. Lei annuì e gli sorrise.

- Iniziamo? - gli disse distendendo una mano. Yu l’afferrò e si tirarono su insieme.



L’uomo di guardia lo aveva osservato per un po’ di tempo, poi aveva perduto del tutto l’interesse nei suoi confronti, anche se la cosa non lo interessava affatto. La sedia del grande atrio non era comoda, ma anche quello non gli interessava. Fuori dall’ampia vetrata d’ingresso la notte aveva preso il sopravvento e un vento debole e freddo spirava dall’oceano, preannunciando l’inverno ormai prossimo. Rigirava nervosamente il cellulare fra le mani, un movimento lento, sempre uguale, provando a calmare i nervi sebbene dalla sua espressione nessuno avrebbe potuto indovinare il tumulto agitato che gli scuoteva l’anima.

Quella ragazzina mi sta facendo impazzire e lei probabilmente non ne ha il minimo sentore…

Ridacchiò nella penombra e strinse forte il cellulare fra le dita rendendosi conto che da quando erano scesi dalla nave aveva contato le ore che lo separavano da lei, dal poterla di nuovo incontrare. Non era un comportamento che teneva usualmente, anzi, ma lei negli anni aveva operato su di lui un cambiamento lento e sottile pur non avendola affatto frequentata. Ora lei era ad un passo dalla realizzazione del suo sogno più grande e quello era il motivo per cui non riusciva ad alzarsi da quella sedia.

Nonostante ciò che era accaduto su quella nave, per Maya il teatro restava al primo posto e non aveva alcuna intenzione di rovinarle la carriera proprio ora. Se prima i loro incontri casuali erano stati rari, adesso avrebbe dovuto interromperli del tutto finché lei non avesse vinto la sfida con Ayumi Himekawa.

Andando contro a questo ragionamento, che si ripeteva almeno dieci volte al giorno, avrebbe voluto accettare l’invito del regista a visitare gli studi, ma era cosciente che non sarebbe stata affatto una buona idea.

Si alzò di scatto, reprimendo quell’onda d’angoscia, guardò le doppie porte di vetro che lo separavano dall’esterno poi il corridoio buio di fronte a sé. La mente gli urlava di andarsene, di proteggere se stesso, la Daito, e quell’attrice di undici anni più giovane, ma il cuore lo spinse ad assecondare quel desiderio nascosto, muovendo le sue gambe verso quel corridoio.

Dapprima il passo si mantenne lento, proprio quello controllato di Masumi Hayami, poi accelerò, ancora e ancora, finché non sentì risuonare i tacchi delle sue scarpe sul pavimento. Raggiunse le doppie porte della sala prove, il respiro veloce e un’ansia incontrollabile che gli montava in petto. Sapeva che erano ancora lì, che non erano usciti con tutti gli altri. Sapeva anche che stavano recitando, che non c’erano altri motivi per cui averebbero dovuto trattenersi all’insaputa del loro regista, ma non riusciva in alcun modo a liberarsi dell’idea che Yu Sakurakoji l’avesse invitata per quella crociera e che la stanza avesse una porta interna…

Appoggiò la mano sulla maniglia, l’afferrò con rabbia e chiuse strettamente gli occhi, cercando di calmarsi. Respirò profondamente e riprese il controllo delle sue emozioni. Non dovrei essere qui…

Poi sentì la sua voce.

Ogni dubbio si cancellò dalla sua mente, ruotò lentamente la maniglia e aprì la grande porta. La sala era immersa nel buio, tranne un’unica luce piazzata al centro del palco che illuminava i due attori. L’espressione di Maya aveva trasfigurato il suo volto, era Akoya, come l’aveva vista sul ponte dell’Astoria mentre gli aveva recitato quelle battute d’amore.

E io che non avevo capito niente…

Sakurakoji teneva strettamente fra le mani un’ascia di scena, aveva il volto contratto, la mascella serrata e fissava lei. Maya era immobile, uno sguardo triste e trionfante allo stesso tempo, che aveva appena sostituito quello pieno d’amore con cui aveva detto addio al suo Isshin. Lo scultore lasciò andare l’ascia e cadde in ginocchio.

Sono ancora lontani da come dovrebbe essere recitata questa scena…

Maya uscì dal personaggio e lo raggiunse inginocchiandosi davanti a lui.

- Yu… - sussurrò piena d’angoscia, le lacrime a stento trattenute. Sapeva bene che quelle due ore non erano servite a niente. Avevano provato in tanti modi diversi, ma nessuno dei due era stato in grado di simulare la giusta reazione dello scultore e della sacerdotessa-dea.

Sakurakoji picchiò a terra i pugni in un gesto di rabbia e stizza. Maya lo fissò con occhi colmi di tristezza. La signora ha sempre insistito che la cosa più difficile della Dea Scarlatta fosse diventare un albero di susino… ma io non riesco ad accettare la morte e il sacrificio della dea…

Yu l’attirò a sé e l’abbracciò stretta. Maya trattenne il respiro per quel gesto improvviso e disperato, poi lo cinse lentamente con le braccia, appoggiando la fronte alla sua spalla.

Masumi fece un passo avanti, poi si fermò. I sentimenti che lo pervadevano in quel momento l’avrebbero spinto a fare qualcosa di irreparabile. Si voltò e uscì, ripercorse rapidamente il corridoio buio, spalancò le porte di vetro e inspirò l’aria fresca della notte chiudendo gli occhi.

Maya si girò, sicura di aver sentito un rumore, ma la sala era buia e vuota.

- Sono stanca Yu… così non arriviamo a niente… - mormorò la giovane staccandosi dall’abbraccio.

- Lo spettacolo è fra una settimana e domani abbiamo la prova allo Shuttle X! - ringhiò Sakurakoji fissandola con sguardo rovente. Era cosciente che la sua incapacità di rappresentare e capire la scelta di Isshin fosse strettamente legata al suo stato d’animo attuale. Non accettava l’idea che Maya si fosse davvero innamorata di Masumi Hayami e la gelosia lo rodeva per ciò che poteva essere accaduto su quella nave.

- Proprio per questo devo andare a dormire - gli fece notare lei dolcemente - Posso prendere l’ultimo treno… -

- Ti accompagno io, non preoccuparti - la rassicurò Yu alzandosi in piedi e tirandola con sé.

- Grazie, ma… - balbettò arrossendo lievemente - Vorrei camminare un po’ e pensare a questa scena - abbassò lo sguardo e non notò il lampo di rabbia che attraversò gli occhi di Yu.

- Va bene… come preferisci - acconsentì lui voltandosi e scendendo dal palco.

Maya lo fissò di spalle, non avevano più avuto modo di confrontarsi sulla crociera, sapeva che Sakurakoji si era sentito in colpa per non essere arrivato in tempo e non aveva gradito che fosse stato proprio il signor Hayami a tenerle compagnia.

Ma io non posso dirti la verità, Yu, perdonami…

Lo seguì in silenzio, recuperò le sue cose dal camerino e lo attese nell’atrio per salutarlo, ma dopo diversi minuti lui non si presentò e la guardia uscì dal suo ufficio avvisandola che l’attore era già andato via. Sakurakoji…

Abbassò la testa e raggiunse l’esterno tenendo la borsa stretta al petto e il soprabito ben chiuso. In passato aveva trovato insormontabili certe interpretazioni che aveva affrontato, ma niente in confronto alla Dea. Inoltre in questo caso moltissime scene dipendevano anche dalla reazione di altri personaggi, Isshin in testa. Doversi occupare solo del proprio personaggio l’aveva sempre portata ad una soluzione, ma adesso era molto più difficile.

Era consapevole che parte della colpa fosse sua. Lei non lo coinvolgeva abbastanza, sapeva che il suo sguardo non aveva la giusta intensità, che i suoi movimenti erano impacciati, ma aveva la testa piena di immagini, di sensazioni, e non riusciva a separare la vita reale dalla recitazione quel tanto che bastava da farle interpretare Akoya che rinunciava alla sua vita per Isshin. Si fermò in mezzo al marciapiede e fissò le mattonelle rosse.

Io… non so cosa fare… non so come interpretare Akoya in quell’ultima scena… Non riesco a scacciare dalla mente ciò che è accaduto sulla nave…

Strinse forte la borsa appoggiandoci il mento e serrando gli occhi. Un batticuore frenetico le esplose in petto al solo ricordo appena accennato.

Non pensare che svanirà tutto oltre quella soglia…

L’eco di quelle parole rese ancora più acuta e dolorosa la distanza che la separava da lui. Ogni istante dei momenti liberi che aveva avuto in quei due giorni, li aveva spesi in un sogno ad occhi aperti che aveva rievocato all’infinito tutto quello che era accaduto. Come l’abbraccio in cui l’aveva stretta quando le aveva sussurrato quella frase. Ricordò la sensazione delle sue braccia intorno al corpo finché quella percezione divenne reale. S’irrigidì e spalancò gli occhi finché la sua voce sciolse quel nodo doloroso.

- Maya… - sussurrò Masumi che era rimasto a guardarla in disparte finché non si era fermata e aveva abbassato la testa. La strinse a sé, incurante di chi passasse o che qualcuno li riconoscesse.

- Signor Hayami… - mormorò lei replicando lo stesso movimento che aveva fatto sulla nave e afferrandogli le mani. Perché sei qui? La mia anima esplode e non riesco a respirare!

- Lascia che ti accompagni, per favore - le chiese espirando tutto il fiato che aveva trattenuto. Abbracciarla sembrava cancellare ogni timore e far svanire qualsiasi dubbio.

Maya rimase sconvolta dal tono della sua voce, il cuore le batteva incontrollato, era certa di non essere in grado di spiccicare parola, così annuì e basta. La sciolse dall’abbraccio in cui l’aveva stretta e le si affiancò iniziando a camminare lentamente.

- Avete fatto molto tardi - constatò guardando avanti. Maya sollevò lo sguardo incuriosita. Sembra aver cambiato atteggiamento…

- Sì… - balbettò - Sono rimasta con Sakurakoji per provare alcune scene ma… - si bloccò e distolse lo sguardo, non voleva che si voltasse e la vedesse con un’espressione di resa. Masumi la guardò in tralice e sorrise della sua stessa gelosia. Maya non sarebbe capace di alcun sotterfugio…

- Sono sicuro che Ayumi Himekawa abbia sciolto da tempo i nodi che sembrano ostacolarvi… - valutò con una punta di sarcasmo, sapeva che così lei avrebbe reagito all’istante.

Maya si voltò di scatto stringendo i manici della borsa.

- Signor Hayami! - sibilò serrando i denti - Non lascerò MAI che Ayumi Himekawa mi batta! - rispose immediatamente, poi si bloccò fissandolo. L’ha fatto di nuovo… e io ci sono cascata… di nuovo…

- Mi fa piacere sentirti parlare così - le sorrise lui inclinando la testa.

- Sì… ecco beh… - balbettò - Farò il possibile -

- Il possibile non sarà abbastanza per la Dea Scarlatta - le fece notare lui riprendendo a camminare. Maya serrò i denti e si morse la lingua per la rispostaccia che avrebbe voluto dargli.

- La mia macchina è qui vicina, mi permetti di accompagnarti a casa? È tardi - le propose mostrandole le chiavi. Lei si lasciò trascinare dall’onda dei suoi sentimenti e annuì, arrossendo lievemente per la gioia di Masumi, che per la prima volta non era costretto a nascondere ciò che provava. Non riesco ancora a credere che possa essere vero… come siamo arrivati qui?

Percorsero un altro tratto di marciapiede in silenzio finché lui le aprì la porta dell’auto. Maya si sedette fissando gli interni e lui prese posto alla guida. È la stessa auto con cui venne a prendermi a Nakatsugawa…

- Lei si ricorda… - avrebbe voluto esprimere ciò che sentiva in quel momento, ma lui la interruppe subito.

- Sì, mi ricordo - rispose, accese la macchina e partì. Chissà se un giorno rinuncerà al titolo onorifico che mi rivolge ogni volta… (N.d.A.: Masumi si riferisce al suffisso che Maya mette al suo nome, ovvero Hayami-san che in italiano hanno adattato con “signor Hayami”).

Maya rimase incantata a fissare il suo profilo mentre lui guidava chiedendosi come il destino l’avesse portata su quella nave e a pronunciare quei versi con cui, innegabilmente, gli si era dichiarata. Arrossì e distolse lo sguardo.

- Ti senti a disagio? - le chiese a malincuore. Era cosciente che non avrebbero potuto risolvere sette anni di litigi in due giorni, ma nonostante ciò gli dispiaceva profondamente che lei si sentisse così in sua compagnia.

- No! - scattò lei - No, signor Hayami! - non voleva che lo pensasse, non era così che si sentiva - Sto bene, davvero - gli confessò arrossendo di nuovo.

Un provvidenziale semaforo rosso gli permise di voltarsi a guardarla e di godere della sua espressione genuina e trasparente. Sembra proprio che sia così… ragazzina…

Rimasero con gli occhi incatenati uno all’altra finché l’auto dietro a loro suonò intimandogli di partire dato che era scattato il verde. Entrambi distolsero lo sguardo, lei lo puntò sui piedi avvampando e lui sulla strada. Santo cielo come mi batte il cuore… non ho idea di come ci si comporti… di ciò che devo dire…

Rimasero in silenzio per il resto del viaggio e quando Maya intravide i quartieri di Yokohama, nella periferia sud ovest di Tokyo, sentì un nodo serrarle la gola. Sono dunque così coinvolta da sentire già la sua mancanza nonostante sia qui seduto accanto a me?

Sospirò e Masumi la fissò per un breve istante.

- Sei preoccupata per domani? - chiese, ma lei scosse la testa vigorosamente senza guardarlo. Masumi alzò un sopracciglio perplesso e provò ancora.

- Temi che Kuronuma possa… - ma lei scosse di nuovo la testa e lui aggrottò la fronte.

- Non c’è niente, davvero - sussurrò lei, sapeva che se l’avesse guardato adesso, lui avrebbe letto nei suoi occhi tutta la malinconia del distacco. Masumi si rassegnò e riportò la sua attenzione sulla strada.

- Perché è venuto stasera, signor Hayami? - gli chiese poi raccogliendo un po’ di coraggio. L’auto si fermò e quando Maya guardò fuori dal finestrino si rese conto di essere davanti a casa. Si girò e lo trovò a fissarla con un’espressione seria e concentrata.

- Per te, Maya - le rispose candidamente appoggiando le braccia sul volante. Maya spalancò gradualmente gli occhi e arrossì. Fu lieta che il lampione fosse lontano e la luce debole così da non doversi vergognare del suo imbarazzo infantile.

- Per… me…? - sussurrò piano stringendo le mani in grembo e sentendo il cuore scoppiarle in petto. Lui annuì lentamente, allungò una mano incapace di trattenersi e le sfiorò la guancia. Lei chiuse gli occhi al brivido che la scosse con prepotenza.

- Ottieni quei diritti Maya, è l’unico modo che hai per salvarli da mio padre e dalle altre compagnie - le consigliò socchiudendo gli occhi in un’espressione piena di malinconia.

Suo padre? Significa che a lui non interessano più? Perché il suo sguardo è così triste?

- L’unica cosa che so fare è recitare e mostrerò a lei e alla signora Tsukikage quanto i vostri sforzi per aiutarmi non siano stati vani! - gli promise con tono sicuro, i suoi occhi si illuminarono e Masumi rivide lo stesso sguardo ardente che aveva sul palco quando recitava. Rimase così scosso da ciò che provò da restare, per la prima volta nella vita, senza parole.

Maya fraintese quel silenzio e si premurò di scusarsi immediatamente.

- Oh… uh… Ma non è solo per gratitudine! - e batté le mani insieme arrossendo - Ci sono tanti motivi! - e iniziò a contare con le dita - Recitare mi permette di indossare tante maschere, poi c’è la sfida con Ayumi, quella con Sakurakoji... la signora e il regista Kuronuma mi hanno insegnato tanto... andare a scuola è stata una delle esperienze più belle... la televisione... il cinema… - continuò a parlare ininterrottamente completamente avvolta dal ricordo - Poi ci sono le rose scar… - aggiunse sognante senza rendersi conto di ciò che stava dicendo, ma non riuscì a terminare la frase, sentì la sua mano fra i capelli e un istante dopo le loro labbra erano unite.

Per un attimo Maya s’irrigidì spalancando gli occhi e il suo cuore s’arrestò, ma non fu in grado di fermare l’onda intensa d’emozione che l’avvolse, né il calore che si sprigionò dal petto, così si abbandonò a quella sensazione dirompente e incontrollabile. Signor Hayami…

Masumi l’aveva osservata parlare, l’espressione persa nei ricordi che stava evocando, lo sguardo in su, mentre contava con le dita. Era dolorosamente consapevole che non avrebbe potuto rivederla fino allo spettacolo dimostrativo: per tutto il tempo trascorso insieme aveva cercato di dirglielo senza riuscirci e averla così vicina rendeva tutto più difficile. Quell’angoscia sottile e silenziosa, che precedeva ciò che avrebbe dovuto fare, aveva iniziato a farsi strada dentro di lui, sempre più dilagante finché la dolce espressione sul suo volto al solo nominare le rose scarlatte aveva cancellato tutti quei pensieri.

Nell’istante in cui aveva toccato le sue labbra, aveva avvertito la meraviglia in lei, ma il suo cuore prese a battere così prepotente da sentirlo rimbombare nelle orecchie e l’emozione che lo pervase eliminò qualsiasi dubbio. I suoi capelli sottili come seta gli scivolavano fra le dita provocandogli brividi insistenti, avrebbe voluto approfondire quel bacio ma si vergognò del suo desiderio nascosto, così appoggiò la fronte alla sua e staccò le labbra.

- Maya… io… - sussurrò appena, e lei venne scossa da un brivido quando il suo respiro passò sulle sue labbra. Era così concentrata su quell’attimo che la mente era completamente vuota e il cuore le batteva all’impazzata. Sembrava triste per qualcosa, imbarazzato, invece lei scoppiava di felicità e voleva che lo sapesse. All’improvviso le parve la cosa più importante da fare. Sì… signor Hayami… voglio che tu lo sappia...

Insinuò le braccia intorno al suo collo e sfiorò titubante le sue labbra, poi serrò gli occhi e le unì alle sue con decisione, imitando quello che aveva fatto lui, trattenendo il fiato e lasciandosi avvolgere da quel calore emozionante. Masumi spalancò gli occhi per lo stupore e rimase immobile, meravigliato e incredulo per quell’esplosione di affetto. Maya…

Proprio come lei, si lasciò andare, tenendole il volto con le mani, cancellando la propria identità e quella della ragazza che aveva accanto. Per una volta smise di vederla come Maya Kitajima, la ragazzina, e di vedersi come Masumi Hayami, l’affarista senza scrupoli, c’erano solo le loro anime che si cercavano e agognavano vicinanza e ardore.

Lasciò che l’istinto e il desiderio lo guidassero, approfondì il bacio, lentamente, e lei rispose prima insicura, poi lo seguì in quella danza eccitante. Maya si sentì annullata, completamente coinvolta in qualcosa di cui non sapeva assolutamente niente, ma che la spingeva inesorabilmente verso quell’uomo che occupava costantemente i suoi pensieri.

Masumi si rese conto di aver sopravvalutato la sua capacità di autocontrollo, che quel bacio che aveva immaginato infinite volte, e sempre gestito nei suoi sogni, gli stava sfuggendo di mano. Maya aveva reagito spontaneamente, come in tutte le cose che affrontava, e se inizialmente era sicuro di riuscire a condurre il gioco, fu costretto a porre un termine a quell’idillio prima di trasformarlo in un errore colossale.

Facendo appello a tutta la sua calma, diminuì lentamente l’intensità e quando infine staccò le labbra da lei si sentì privato di quel dolce calore come se l’avessero derubato. Fissò Maya incredulo, che tenne gli occhi chiusi ancora qualche istante e quando li aprì fu come osservare un fiore che sboccia all’alba. L’avrebbe baciata di nuovo se lei non fosse arrossita. Quell’imbarazzo evidente contagiò anche lui che, incapace di trattenere le proprie emozioni, arrossì leggermente, sorridendole.

Io… l’ho baciato… è impossibile… e lui è… è arrossito… come un ragazzo qualsiasi… signor Hayami non avrei mai creduto che…

Ma il suo sguardo, così dolce e triste allo stesso tempo, le strappò un singhiozzo di dolore che la spinse a gettarsi fra le sue braccia. Perché mi ha baciata così? Perché quello sguardo? Che succede…?

Masumi la strinse a sé pur nella scomoda posizione tra i due sedili e inspirò profondamente il suo profumo delicato. È così sensibile da accorgersi che qualcosa mi preoccupa…

- Credo tu possa comprendere quanto la situazione… - iniziò con grande sforzo, ma lei gli premette i pugni contro il petto staccandosi dall’abbraccio.

- La prego! Non mi parli così! Non come il Presidente della Daito! - lo supplicò mentre una paura sottile le gelava la schiena. Non voleva pensare a ciò che stava per sentire, sarebbe voluta fuggire via da quello spazio ristretto, ma sapeva che era tutto inutile: qualsiasi cosa fosse, sarebbe accaduta comunque.

Masumi vide i suoi occhi farsi lucidi e le labbra tremare lievemente. Era spaventata e lui probabilmente avrebbe solo aggravato quello stato d’animo.

- Va bene, hai ragione - sussurrò fissandola negli occhi mentre un nodo d’angoscia gli stringeva lo stomaco - Devi concentrarti sulla Dea, porta la tua Akoya su quel palco naturale e vinci la sfida con Ayumi Himekawa! Se otterrai i diritti, nessuno potrà portarteli via, neanche io… - concluse abbassando ancor più la voce. Maya lo fissava con occhi sbarrati, in quella frase aveva concentrato ciò che temeva di più: si allontanava da lei. Non potremo incontrarci neanche per caso… le poche foto della crociera sono finite subito sui giornali… se il Presidente della Daito Art Production fosse visto intorno alle candidate… o a una in special modo… non devo assolutamente piangere… lo conosco da così tanto tempo… se mi sta dicendo così significa che vuole proteggermi, come ha sempre fatto…

Masumi la osservò in silenzio vedendo diverse emozioni attraversare il suo sguardo cristallino e spaventato. Ha capito anche se non le ho detto niente… allora perché mi sento così male al solo pensiero che si senta abbandonata da me?

- Il tempo non cambierà niente, Maya, mai - le promise, stringendola dolcemente per le spalle. Lei annuì meccanicamente e deglutì, scostandosi da lui e tornando seduta composta sul suo sedile. Masumi la lasciò andare staccando appena le mani quando invece ciò che avrebbe voluto fare era stringerla a sé e non lasciarla andare mai più.

- Non si preoccupi per me, davvero, signor Hayami - gli confidò con voce sicura, voltandosi a guardarlo - Non ho alcuna intenzione di cedere il passo ad Ayumi né di cedere ad alcuno i diritti della signora, se dovessi essere scelta - fece una pausa continuando a fissarlo e Masumi serrò i denti avvertendo la distanza che lei aveva già messo fra loro - Neanche a lei - aggiunse sorridendogli.

Lui sollevò le sopracciglia e le sorrise annuendo lentamente.

- Aspetto di vederti recitare - le disse soffocando il nodo doloroso che gli stringeva il petto.

Maya mise le mani in borsa e le dita tremanti trovarono ciò che cercava. Immediatamente il suo cuore si quietò. Masumi vide il suo volto distendersi in un sorriso dolcissimo, spostò lo sguardo e vide cosa teneva fra le dita.

- La lascerò a bocca aperta, signor Hayami! - gli promise illuminandosi e stringendo fra le mani il segnalibro con il petalo di rosa come se fosse un tesoro prezioso. Aprì di scatto la portiera e uscì, voltandosi e chiudendo gli occhi per fermare le lacrime. Non deve vedere! Non deve…

Masumi la seguì con lo sguardo, oltre il finestrino, fin sulle scale. Rimase immobile, congelato in quell’attimo sospeso, un dolore sordo gli lacerava cuore e anima. Se fosse uscito e l’avesse raggiunta, non l’avrebbe più lasciata andare. La Dea Scarlatta… è come una maledizione…



Dalla parte opposta di Tokyo, una fiumana di gente attraversò uno degli incroci più spettacolari del mondo quando tutti i semafori, contemporaneamente, divennero rossi per le auto. Lo Shibuya Crossing si riempì in ogni punto disponibile, essere lì in mezzo poteva togliere il fiato. L’uomo fissò l’andirivieni, i suoi occhi si spostavano rapidi, sapeva bene chi stava aspettando ma anche quella volta lui non era in mezzo a quell’onda. Sputò a terra e il suo sguardo vagò fra i palazzi intorno, i neon brillavano fastidiosi e il chiacchiericcio della gente era incessante.

Lo Shibuya 109 svettava orgoglioso, simbolo della Tokyo giovane che vestiva la moda straniera, firmata e costosa. Era convinto che quelle parole avrebbero smosso il freddo, giovane Presidente della Daito, invece non si era presentato all’appuntamento. Non gli restava che passare alla seconda fase, in fondo non ci aveva creduto neanche lui. Probabilmente riceveva decine di lettere minatorie che ignorava categoricamente. Se crede di vincere a braccio di ferro con me, si sbaglia di grosso… io non sono come gli altri… io conosco il suo segreto più profondo!

Sputò di nuovo a terra e si confuse fra la gente, sparendo alla vista di Hijiri, che aveva atteso con pazienza l’evolversi della serata. Quel giornalista, che aveva scritto quell’articolo qualche settimana prima, si era rivelato davvero astuto: scegliere la fermata di Shibuya era perfetto e inoltre non era ancora riuscito a individuare dove vivesse, né come fosse riuscito a scoprire il legame fra l’ammiratore e Maya.

Signor Masumi… non sottovaluti quest’uomo… forse abbiamo commesso un errore…



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Capitolo 46
*** Un annuncio scioccante ***


Ultima revisione: marzo 2016

46. Un annuncio scioccante



Lo spazio adibito a palcoscenico dello Shuttle X era lievemente migliorato dalla conferenza stampa della settimana prima, ma non di molto. Maya si guardò intorno, il cuore e l’anima pieni di trepidazione. Era tutto per loro e Kuronuma non perse tempo, organizzandoli immediatamente per le prime scene. Avevano solo quella giornata a disposizione e non dovevano sprecare neanche un attimo.

Non c’era praticamente niente come apparato scenico, né luci o musica, e il cielo era limpido, solo qualche nuvola bianca lo solcava.

Sakurakoji guardò in alto e sospirò.

- Almeno il clima è dalla nostra parte... - mormorò e, come ogni volta negli ultimi giorni, il suo sguardo si posò su Maya. Anche se era sempre gentile e sorridente, qualcosa era cambiato da quella crociera. Non aveva mai trovato il coraggio di dirle che aveva visto ogni cosa e non aveva trovato una risposta alle domande che lo assillavano. Lei era concentrata, la sua Akoya viveva, non la interpretava, Maya non recitava, era la sacerdotessa. Si era accorto di come la guardasse Kuronuma in certe scene: affascinato, assorto, stupito.

Non li aveva più messi a confronto per la scena finale e Yu aveva dedotto che volesse affidarsi all’istinto e al genio della giovane attrice. Però sarò io a doverla seguire… e come potrò sapere cosa fare se non avremo provato la scena? Sarò in grado di stare al suo passo?

La sua recitazione nelle scene in cui entravano in gioco i sentimenti erano sensibilmente cambiate. Si muoveva e lo guardava in modo diverso e ogni volta per lui era una vera sfida resistere a quello sguardo intenso e carico di promesse. Il timbro della sua voce, appassionato e malinconico, gli faceva venire la pelle d’oca e il suo cuore sobbalzava ad ogni sillaba uscita dalle sue labbra. Ma mentre lui riusciva a mantenere vigile e attivo il suo “io” durante le scene, Maya si trasformava e diventava Akoya che dichiarava il suo amore a Isshin. È lui che vedi quando mi guardi, vero? È per questo che il tuo amore sembra così puro e sincero…

Serrò i denti e strinse fra le mani il semplice yukata che avrebbe indossato per tutta la giornata. Scese i gradini disconnessi della piattaforma del binario e si portò nel punto indicato dal regista. Lanciò un’ultima occhiata a Maya che teneva lo sguardo sul copione stropicciato, poi si dedicò a Isshin.



Un bussare insistente lo infastidì e non fece neppure in tempo a rispondere che la porta si spalancò.

Aggrottò la fronte quando vide entrare suo padre, la sedia a rotelle spinta da Sujimoto. Immediatamente dopo entrò Mizuki che probabilmente non era riuscita a fermare l’anziano Presidente.

- Padre… - mormorò alzandosi in piedi lentamente.

- Da quando, Masumi, sussurri come un ragazzino? - lo redarguì lui raggiungendo la scrivania - Hai forse dimenticato la tua posizione, perso in altri pensieri? -

Masumi corrugò la fronte e l’aria nella stanza si abbassò di diversi gradi. Mizuki passò lentamente lo sguardo tra i due uomini che si fronteggiavano. Quando aveva visto uscire il Presidente dall’ascensore non era riuscita neppure a premere l’interfono per avvisare il signor Masumi.

- A cosa devo la tua visita improvvisa? - appoggiò la penna ed espirò cercando di mantenere la calma.

- Questa è ancora la mia azienda, non ho bisogno di permessi per entrare nei miei uffici! - ringhiò Eisuke picchiando un pugno sul bracciolo della sedia. Tossì con forza e Sujimoto si abbassò, ma lui lo scacciò in malo modo.

Masumi assottigliò lo sguardo, lo spostò su Mizuki per un attimo, la segretaria fece un lieve inchino e si congedò. Lui si diresse verso il mobile bar e si versò uno scotch, poi sollevò la bottiglia all’indirizzo del padre. Era certo che nei prossimi minuti ne avrebbe avuto bisogno.

- Da quando hai questi modi grezzi? - lo riprese di nuovo freddamente il padre - E poi lo sai che non bevo! -

Masumi sorrise mestamente e abbassò la bottiglia, prese il bicchiere e si appoggiò al bracciolo della poltrona accanto a suo padre.

- Sembra che io debba prendere in mano la situazione - iniziò suo padre facendo un cenno a Sujimoto - Hai indagato su quel ricattatore? - gli domandò immediatamente dopo e Masumi avvertì un brivido gelido. Da quando si occupa delle minacce che ricevo? Prendere in mano la situazione… che avrà in mente?

- Sì - rispose - Ma… - suo padre non lo fece finire e lo interruppe girando la sedia e fronteggiandolo.

- Ho parlato con il tuo uomo ombra - lo fissò freddamente - Sembra che tu non abbia la lucidità necessaria per seguire questo affare -

Masumi rimase immobile, il cuore che accelerò i battiti all’istante mentre una rabbia sottile gli cresceva dentro. Hijiri…

- Che cosa significa? - gli domandò bevendo lentamente. Non sapeva proprio cosa pensare e attese che suo padre calasse quella spada di Damocle sulla sua testa.

- Voglio che tu ti occupi a tempo pieno dei diritti della “Dea Scarlatta” - gli ordinò glaciale e Masumi rivide se stesso dire la stessa cosa a Maya la sera precedente. Mi allontana…

- Io mi sto… - iniziò di nuovo lui, ma suo padre lo interruppe ancora.

- No! - ringhiò, tossì ma continuò - Ti dirò io cosa devi fare e tu eseguirai! - le vene erano uscite evidenti sul collo, segno di quanto fosse irritato.

- Ti ho già spiegato cosa sto facendo - gli rispose freddamente Masumi stringendo il bicchiere in mano.

- Questo tuo gioco mi ha stancato e non sta portando a niente, a parte farti scoprire da un misero giornalista! - lo accusò picchiando ancora un pugno.

Masumi appoggiò il bicchiere vuoto sulla scrivania e si sedette sulla sua poltrona.

- Non è un gioco - asserì con tono gelido e distaccato.

Eisuke lo ignorò e prese il foglio che gli stava porgendo Sujimoto. Il collaboratore l’aveva estratto da una cartellina bianca e anonima. Spinse la carrozzina fin davanti alla scrivania e suo padre sbatté il foglio con violenza mantenendo quello sguardo duro e privo di sentimenti.

Masumi lo tirò lentamente verso di sé, era scritto a mano, gli hiragana si susseguivano eleganti e precisi, e fin dalle prime sillabe si rese conto che era un comunicato stampa. Ad ogni nuova parola, parte della sua coscienza si annebbiava, il sangue gli ribolliva e lo sentiva rimbombare nelle orecchie come un martello.

- Assolutamente no! - gridò alla fine perdendo le staffe davanti a lui per la prima volta.

- Non è qualcosa su cui tu possa discutere, fai battere la notizia entro mezzogiorno - sibilò tagliente tenendo lo sguardo fisso in quello ardente del figlio.

- Non avrai i diritti così! Non otterrai niente! - insisté stringendo il foglio in pugno.

- Non preoccuparti, invia quel comunicato stampa e pensa solo alla Daito! - replicò Eisuke con occhi infuocati.

- No! - si ribellò rimanendo in piedi, rigido e tremante di rabbia.

Eisuke non ricordava di aver mai visto suo figlio in quello stato, soprattutto con lui. Sapeva che non avrebbe incontrato il suo favore con questa mossa, ma era l’unico modo che aveva per salvare quella situazione.

- Non sto discutendo con te, Masumi, obbedisci! - gli intimò girando la sedia a rotelle - Possibile che tu non ti renda conto che è anche l’unico modo per salvare la tua reputazione e aiutare quella ragazzina a cui tieni tanto? -

Masumi trattenne il fiato. Perché ha tirato fuori Maya, adesso?

- Come puoi aver perduto così la tua lucidità? Cosa accadrebbe se quel collegamento venisse davvero alla luce? Il modo in cui l’hai sostenuta, le rose scarlatte, ed era solo una bambina! - infierì senza dargli tempo di ribattere. Amare faceva perdere di vista gli obiettivi e rendeva deboli, ma lui avrebbe sistemato ogni cosa.

Lentamente, Masumi si rese conto che probabilmente aveva ragione. Anche solo immaginare di poter essere felice era stato un errore, perché la sua felicità era direttamente proporzionale a quella di Maya: se lei avesse sofferto, per lui sarebbe stato un inferno, ma se per colpa sua avesse perduto la Dea Scarlatta, non sarebbe più riuscito a perdonarsi.

Espirò tutto il fiato ed Eisuke si rese conto del cambiamento della sua espressione. Non aveva alcuna intenzione di far precipitare la sua azienda in un baratro profondo per colpa di un giornalista, né tanto meno per inedia. Aveva tutta l’intenzione di lottare.

- Ah, un’altra cosa - aggiunse mentre Sujimoto ruotava la sedia. Masumi sollevò lo sguardo tornando a fissarlo freddamente.

- Il tuo uomo ombra torna al mio servizio per qualche tempo, ho bisogno di lui - gli comunicò lapidario e Masumi si rese conto di aver perduto anche quell’ultimo collegamento con Maya. Padre… cosa stai facendo?

Il ticchettare della sedia in movimento risuonò flebile per la stanza e quando la porta si chiuse ed Eisuke Hayami fu fuori dalla sua vista, Masumi si sedette lentamente, lo sguardo fisso nel vuoto e il comunicato stampa ancora stretto in pugno. Appoggiò la schiena alla poltrona e rimase in silenzio a lungo, cercando di placare l’angoscia che gli stava facendo perdere il senno. Devo avvisarla… devo dirle ogni cosa! Hijiri…

Afferrò il telefono e chiamò il suo collaboratore, che rispose immediatamente.

- Mi dispiace, signor Masumi, io non… - iniziò Hijiri con voce costernata.

- Non preoccuparti, mi rendo conto della tua posizione - lo rassicurò, neanche per un istante aveva avuto dubbi sulla sua fedeltà, era ben consapevole di quanto potesse essere minaccioso e spregevole suo padre - Devi avvisare lei! - gli ordinò con un sibilo teso.

- Non posso, me l’ha proibito - gli rispose in un sussurro appena sommesso.

- Hijiri… -

- Mi ha detto che la sua reazione spontanea è la cosa migliore in questo caso, in modo che ogni associazione fra lei e l’attrice possa essere del tutto allontanata, senza ombra di dubbio -

Masumi rimase congelato da quelle parole lapidarie e un sospetto iniziò a prendere forma nella sua mente.

- Hijiri, cosa ti ha chiesto di fare? - si voltò verso la vetrata serrando i denti per la rabbia.

- Deve fidarsi di me, signor Masumi, lei sa che io…. -

- Dimmi cosa devi fare! - urlò al suo collaboratore rendendosi conto di quanto fosse angosciante l’ignoranza e la mancanza di informazioni.

- Mi dispiace, signore, si ricordi che io non farei mai niente contro di voi… - la sua voce affranta gli confermò che suo padre stava tramando davvero qualcosa di spaventoso - Mi scusi, devo andare, suo padre mi sta chiamando - e chiuse la telefonata.

Ha detto “contro di voi”... ha incluso anche Maya… è qualcosa che coinvolge anche lei! Perché, padre? Perché non puoi lasciarla in pace?!

Afferrò con forza il bordo della scrivania, fissando il foglio sgualcito. La sua mente era in subbuglio e un velo di sudore freddo gli imperlava la fronte. Restare immobile non avrebbe portato a niente e dopo una lunga riflessione prese la sua decisione.

La cosa più importante resta sempre lei. Deve recitare a vincere quei diritti e devo tenerle lontano qualsiasi scandalo… non riesco a capire come mio padre possa pensare di ottenerli da lei se dovesse farcela… questo comunicato stampa… potrebbe davvero funzionare… ma deve sapere la verità… deve essere preparata… io… Maya…

Schiacciò l’interfono e chiamò Mizuki.

La segretaria entrò dopo pochi secondi e si rese immediatamente conto che era accaduto qualcosa.

- Signor Masumi… - aveva un’espressione terribile e fece un passo indietro. Teneva in mano un foglio accartocciato e glielo stava porgendo. Si avvicinò e lo prese.

- Lo faccia avere immediatamente alle agenzie maggiori - ordinò, accendendosi una sigaretta - Chiami l’avvocato, voglio vederlo dopo pranzo - aggiunse con quel tono freddo e distaccato.

Mizuki lesse rapidamente il comunicato spalancando gradualmente gli occhi per la meraviglia. Ma cosa succede…? Signor Masumi…

- Deve farmi un favore, Mizuki - la segretaria alzò gli occhi dal foglio e incontrò quello sguardo privo di qualsiasi emozione.

- Deve trovare un modo per… - ma non terminò la frase, si voltò verso la vetrata che aveva alle spalle e continuò a fumare in silenzio.

- Signore… è allo Shuttle X tutto il giorno… la zona è blindata… nessuno si può avvicinare… - dalla sua schiena in tensione riusciva a capire perfettamente il suo stato d’animo. È angosciato… vorrebbe dirglielo di persona ma non vuole avvicinarla… forse per la Dea Scarlatta o per non alimentare le chiacchiere dopo le fotografie di quella crociera… signor Masumi non so davvero come fare…

Masumi si voltò e la fissò intensamente.

- Trovi un modo, la prego, posso affidarmi solo a lei - il tono con cui pronunciò quella frase la lasciò completamente disarmata. Era sicura di non avergli mai sentito una supplica nella voce in tutti quegli anni e ora si era rivolto a lei abbassando tutte le sue difese.

- Va bene… - annuì, piegando il foglio e congedandosi.

Espirò tutta l’aria e spense la sigaretta. Guardò l’orologio, prese il soprabito e uscì.

Mizuki lo vide passare, posò lo sguardo sull’agenda aperta sul monitor e individuò immediatamente lo spazio bianco.

Spero che le prossime due ore sollevino il peso che porta sul cuore, signor Masumi…

Distese il comunicato stampa e con un sospiro profondo e rassegnato si apprestò a fare il suo ingrato lavoro.


Quell’enorme cantiere era stato messo in sicurezza e nelle prime ore della mattina c’era stato un andirivieni incessante di persone, poi alle dieci i cancelli erano stati chiusi e tutto si era quietato. C’erano sei furgoni con le insegne di varie televisioni e decine di giornalisti che parlottavano fra loro, in attesa che qualcuno uscisse per tempestarlo di domande. Lui aveva per le mani un pesce molto più grosso e, se avesse giocato bene le sue carte, non avrebbe avuto più bisogno di scrivere articoli. Era un pesce sfuggente, ma lui aveva l’esca perfetta per farlo abboccare.

Aveva individuato immediatamente la giovane attrice che era giunta su un furgone sgangherato insieme al suo partner, all’aiuto regista e al regista Kuronuma. Era rimasta in silenzio, il giovane attore aveva cercato di dirle qualcosa, ma lei sembrava molto concentrata. Poi erano entrati e li aveva perduti di vista.

Erano già trascorse tre ore così, per placare la fame crescente, prese i kama sake al salmone e semi di sesamo che aveva acquistato per pochi yen e si sedette comodamente su una panchina. Erano gli onigiri che preferiva e li comprava sempre nello stesso negozio.

Quella ragazzina avrebbe potuto cambiare per sempre il corso della sua vita. In fondo quell’uomo era talmente ricco che separarsi da un po’ di soldi non avrebbe dovuto essere un problema, ma era risaputo quanto i ricchi fossero taccagni e infatti aveva ignorato la sua minaccia e non era venuto all’appuntamento.

Vediamo se questa volta verrai… signor Hayami…



Quando Rei vide il messaggio della signorina Mizuki rimase interdetta. Si erano incontrate il giorno prima e non c’era altro che si dovessero dire. Mai avrebbe potuto immaginare il motivo della richiesta e anche in quel momento, abbigliata come una giornalista, mescolata in mezzo agli altri fuori dallo Shuttle X, riusciva a credere di aver davvero accettato.

Era sconvolta e dispiaciuta e lo era anche la signorina Mizuki. Non era stata in grado di dirle il perché di quella decisione, l’unica cosa che sapeva era che il comunicato era già stato spedito alle agenzie.

Non uscirà mai… come posso dirglielo? Perché questa storia deve essere così complicata? Come vorrei avere il potere, con carta e penna, di cambiare tutto semplicemente riscrivendola! Farei in modo che tua madre non morisse, Maya, che la Compagnia Tsukikage non chiudesse, che il tuo ammiratore ti dichiarasse il suo amore molto prima di arrivare a tutto questo! Ma soprattutto eliminerei dal testo tutte quelle parti che ti hanno fatto soffrire… Non meriti ciò che sta per accadere, amica mia… Perché, signor Hayami…? Io… credevo che lei amasse davvero Maya…

I cancelli esterni si aprirono e i giornalisti si catapultarono sul malcapitato senza neanche riuscire a capire chi fosse realmente.

L’ometto venne risucchiato da quella marea e sommerso di domande finché non si resero conto che era solo un tecnico delle luci. Rei approfittò del momento di calma e delusione, si avvicinò e, mentre il poveretto si spolverava la felpa, attirò la sua attenzione con una semplice domanda.

- Mi scusi, lei rientra allo Shuttle X? -

Il tecnico si girò sentendo una voce gentile di donna e si trovò davanti una ragazza alta e magra. Sembrava una giornalista, ma non gli dava l’impressione che volesse intervistarlo.

- Sì, perché? - chiese immediatamente sospettoso. Rei frugò nella borsa che aveva a tracolla e tirò fuori due buste.

- Le chiedo di consegnare questa a Maya Kitajima - e gli porse la prima busta sottile che lui prese titubante - E, se vuole accettarli, questi sono per il disturbo - e gli avvicinò, inchinandosi, la seconda busta più spessa. La signorina Mizuki l’aveva riempita di soldi sperando in una situazione simile. Quella donna mi spaventa davvero…

Quando Rei sentì che la busta le veniva sfilata di mano, si rialzò e osservò compiaciuta la faccia del tecnico.

- Gliela consegnerò - promise, e si allontanò sul marciapiede.

Rei attese fuori dallo Shuttle X insieme a tutti gli altri giornalisti per assicurarsi che rientrasse come aveva detto e quando tornò, carico di borse, capì che era andato a comprare il pranzo per la troupe e sorrise dei suoi dubbi. Il tecnico rientrò e lei si allontanò dalla ressa.



L’idea che Maya e Kuronuma condividevano circa i ‘giochi di interpretazione’, mandava nel panico il resto degli attori. Tutto sarebbe stato giocato sulla loro bravura nel trasmettere allo spettatore le giuste emozioni e avevano solo la mimica facciale e corporea per farlo: niente musica, niente scenografia se non quel rudere di cemento, niente luci adatte, niente costumi. Maya splendeva come una stella e tutti si erano accorti del salto che aveva fatto dai Kid Studio a quel palco naturale. I suoi occhi erano sempre distanti, come se vedesse ben oltre quel cumulo di macerie.

In quel momento stava scendendo in mezzo alla battaglia, una vera dea in terra, era impossibile non guardarla.

- Scusi, signor Sakurakoji? - udì il suo nome e a malincuore staccò gli occhi da lei e li posò su un tecnico che lo fissava con un debole sorriso.

- Sì? - annuì, corrugando la fronte.

- Potrebbe dare questo a Maya Kitajima quando la scena termina? - e gli avvicinò una lettera. Yu la guardò sospettoso.

- Cos’è? -

- Non lo so, me l’ha consegnata una ragazza fuori dai cancelli, sembrava una giornalista -

- Una giornalista? Non conosce il suo nome? - si informò ancora non convinto.

- No - il tecnico scosse la testa - Era alta, capelli corti e biondi, sembrava un ragazzo… - gliela descrisse rapidamente.

È Rei!

Sakurakoji prese la busta e ringraziò. La rigirò fra le mani ma all’esterno non c’era scritto niente. Tornò con lo sguardo su Maya quando la sua voce che rimproverava i soldati lo raggiunse adirata e sconvolta.

Mentre osservava la scena girava la busta fra le dita e l’occhio gli tornò su quel rettangolo di carta. Perché Rei dovrebbe consegnarle un messaggio in questo modo assurdo?

La curiosità, mista all’apprensione, gli fecero salire un nodo allo stomaco. Si guardò intorno, il tecnico era sparito e nessuno si era accorto del loro scambio. L’iniziale vergogna per ciò che stava per fare venne cancellata dall’onda di sospetto che lo sommerse completamente. Era un’azione meschina, ma lui doveva sapere.

Separò con lentezza estrema il lembo superiore della busta ed estrasse la lettera. Con il cuore che martellava all’impazzata lesse i pochi kanji mentre una gelosia inarrestabile mista a soddisfazione gli riempì il cuore.

Perché le sta dicendo una cosa del genere? Qual è il motivo di questo messaggio? In fondo si rivela per quello che è sempre stato, un affarista senza scrupoli, pronto a siglare il contratto migliore fregandosene dei sentimenti altrui… forse è ora che anche Maya lo veda per quello che è…

Con un gesto lento e calcolato appallottolò la lettera, si alzò e la gettò in uno dei cestini.

Quando Kuronuma gracchiò senza voce l’ordine di andare tutti a casa e che le prove erano finite, Maya si accasciò per terra sfinita. Non si era neppure accorta di che ore fossero, tanto si era immersa nell’interpretazione. Ogni cosa riacquistò i giusti contorni, avvertì l’odore acre dello smog, i clacson delle auto, e le luci dei palazzi che creavano lo skyline di Tokyo le ferirono gli occhi.

Sakurakoji era disteso accanto a lei, braccia e gambe divaricate, non si sentiva più i muscoli. Libero dalla concentrazione di dover recitare, venne nuovamente investito dal senso di colpa. Si voltò e guardò il profilo stanco di Maya, seduta per terra con le braccia a cingere le ginocchia. Non aveva più niente dell’Akoya che l’aveva stretto fra le braccia né della Dea Scarlatta che aveva redarguito i soldati. Maya… non so neanche io perché l’ho fatto… in fondo è una cosa che verrai a sapere lo stesso… perché Rei ha voluto avvisarti…?

Erano rimasti in silenzio, svuotati e sfiniti, finché il vocione del regista si fece sentire di nuovo. Intorno a loro, tecnici e operai stavano rimettendo ogni cosa a posto.

- Kitajima! - Kuronuma la chiamò con l’ultimo fiato disponibile. Lei si alzò di scatto e Yu sorrise domandandosi dove riuscisse a trovare la forza di obbedirgli ancora.

- Sì! -

- Prendi quello che resta del tuo partner, vi riporto a casa! - e batté le mani per farli muovere. Maya si girò verso Sakurakoji, ancora disteso.

- Dai, andiamo, Yu! - lo scosse gentilmente.

- Vengo, vengo… - borbottò tirandosi su con fatica. Seguirono mestamente il regista, Maya aveva ancora la testa piena delle scene interpretate, della visione della valle dei susini, dello spirito della Dea che l’aveva pervasa completamente.

Si unì anche l’aiuto regista e in breve furono sul furgone tutto scassato. Kuronuma chiese di poter uscire dai cancelli che usavano gli operai e i camion e non da quello principale da dove erano entrati in modo da poter evitare i giornalisti. Gli venne concesso e dopo un breve tragitto fra buche e sassi che somigliò ad un safari, si trovarono immersi nelle strade di Tokyo.

- Per un momento ho pensato che il furgone si sarebbe rotto in due… - sussurrò terrorizzato l’aiuto regista. Maya ridacchiò ma Kuronuma gli rifilò un’occhiataccia torva.

- Vi sto riportando a casa gratis, quindi fate silenzio! -

Maya si appoggiò al finestrino e dopo qualche secondo chiuse gli occhi. Yu la fissò ripensando al contenuto di quella lettera. Anche Rei sa ogni cosa? Da quanto tempo va avanti questa storia assurda? Li ha protetti? Si saranno incontrati altre volte di nascosto? Possibile non si renda che quell’uomo mira solo ai diritti della Dea Scarlatta?

Un rancore antico e profondo gli rimescolò lo stomaco e all’improvviso, l’averle nascosto quell’avviso, gli sembrò una cosa giusta. Maya era sicuramente confusa e non avrebbe mai permesso a lui di approfittare della sua gentilezza e ingenuità.

L’aiuto regista si era già addormentato e Kuronuma aveva acceso la radio che gracchiava una vecchia canzone dei Rolling Stones. Yu si appoggiò al vetro e decise che chiudere gli occhi non avrebbe fatto male neanche a lui.

Il regista sbuffò guardando nello specchietto retrovisore.

- Tzè… giovani… dov’è tutta la loro resistenza? -

Quella giornata era stata davvero incredibile. Quando aveva visto Maya scendere fra i soldati, aveva lasciato cadere il copione che teneva arrotolato in mano. Era rimasto a fissarla, attratto dal magnetismo che trasmetteva, poi aveva parlato. Sì, perché non aveva recitato delle battute, era proprio una Dea sulla Terra. Quella ragazza si trasformava completamente, quando credeva che non si sarebbe più meravigliato nel vedere una delle sue interpretazioni, ogni volta doveva ricredersi perché lei riusciva a sorprenderlo.

È questo che vide la signora Tsukikage? È quella luce che emana che ha catturato il cuore di quell’uomo algido e riservato?

Fermò il furgone ad un incrocio per il rosso frenando un po’ bruscamente, Maya sbatté le palpebre e si svegliò. Accanto alla loro c’era un’altra fila di macchine e il marciapiede, nel suo campo visivo oltre il finestrino, era pieno di gente. Sbadigliò tenendo svogliatamente lo sguardo sulla folla finché si creò uno spazio che le permise di vedere la vetrina del negozio di elettrodomestici. Era chiuso, ma le televisioni, coi grandi prezzi ben in evidenza, erano tutte accese.

Un terrore improvviso le fermò il cuore per un attimo, come se avesse visto un fantasma. È lei…

L’immagine cambiò e la strana sensazione precedente si intensificò in maniera esponenziale. Aprì la portiera laterale ed uscì, guidata dalla morbosa curiosità di scoprire perché quelle due fotografie fossero affiancate.

Sakurakoji si riscosse lentamente e vide Maya scendere dal furgone e attraversare la corsia piena di auto ferme. Kuronuma si voltò e vide la stessa cosa, il semaforo divenne verde e ingranò la marcia accompagnando il gesto con un’imprecazione. Yu stava per scendere, ma il suo ordine perentorio lo fermò.

- Fermo! Fammi accostare, poi potrai raggiungerla! - quando Maya Kitajima era nei paraggi succedevano sempre delle cose strane. Perché diavolo è scesa nel bel mezzo del traffico?

Yu annuì in apprensione e tenne lo sguardo su lei finché venne inghiottita dalla folla sul marciapiede. Imprecò e attese in silenzio che il regista accostasse, pronto a schizzare fuori.

Maya attraversò come un automa, lo sguardo fisso sulle immagini che scorrevano. Non si accorse nemmeno delle auto che la sfiorarono quando il semaforo tornò verde. Salì sul marciapiede e raggiunse la vetrina. Era il servizio di un telegiornale e la giornalista, coi fogli perfettamente ordinati fra le mani, leggeva la notizia che aveva fatto impazzire i listini di borsa.

“Sebbene la notizia, battuta dalle agenzie questa mattina, avrebbe potuto essere considerata di puro gossip, ha iniziato a generare interesse quando alcune azioni di una controllata del Gruppo Takatsu sono state acquistate obbligando la chiusura della compravendita del titolo. L’annuncio del matrimonio fra la nipote del Presidente e proprietario dell’intero Gruppo Takatsu, Shiori Takamiya, e Masumi Hayami, Presidente della Daito Art Production, nota casa di produzioni artistiche, nasconde in realtà una fusione delle due aziende che diventerebbero così un colosso dell’industria dello spettacolo. Il Gruppo Takatsu si è sviluppato negli anni anche in moltissimi altri settori, della ristorazione, alberghiero, logistica, ma quello dello spettacolo è sempre rimasto un sogno per l’Imperatore Takamiya che ora potrà realizzare grazie all’amicizia di vecchia data con Eisuke Hayami, proprietario e primo Presidente della Daito. I due giovani inizieranno a frequentarsi proprio in questi giorni…”

Maya non ascoltò il resto della notizia, la sua mente si era svuotata e un nodo duro e doloroso le chiudeva lo stomaco. Sapevo che si sarebbe sposato… quella donna è bellissima, l’ho vista… il fascicolo con la foto era nel suo ufficio… perché allora questa delusione nel cuore? Avevo creduto davvero alla sua promessa di aspettarsi? Avevo creduto davvero che un uomo così importante e ricco avrebbe potuto amare una come me?

Lasciò scivolare le mani sul vetro della vetrina e s’immerse in mezzo alla folla, completamente dimentica di Sakurakoji e Kuronuma, vagando senza una meta, l’anima straziata dal dolore e dall’angoscia.

Yu corse lungo il marciapiede affollato, ma quando raggiunse la vetrina Maya non c’era più. La chiamò e la cercò a lungo, ma di lei nessuna traccia. Si soffermò ad ascoltare la stessa notizia col fiato corto e i muscoli che tiravano per la stanchezza.

Alla fine l’hai saputo anche tu…

Lasciò ricadere le braccia e ripensò al semplice biglietto che aveva gettato.

“Deve sposarsi. Fidati di lui”.

Rei potrà dirglielo anche di persona…

Digrignò i denti e tornò al furgone del regista, accostato un po’ più avanti.



Il liquore ambrato abbracciava i cubetti di ghiaccio come un tenero amante. Le piccole onde che si generavano ad ogni movimento si infrangevano sul lato del bicchiere, per poi tornare indietro e piano piano spegnersi.

- Signor Hayami è tardi, perché non va a casa? - la gentile voce del barista lo raggiunse come da un luogo lontano. Sollevò lo sguardo lentamente dalla contemplazione del bicchiere e incontrò il volto gioviale e bendisposto di quell’uomo coi baffi che lo serviva personalmente ogni volta che si recava lì.

- Lei ama il suo lavoro? - gli chiese ignorando la sua precedente domanda. Il barista alzò un sopracciglio smettendo di asciugare il bicchiere.

- Sì - rispose subito, fissando quel giovane Presidente che sembrava trovare rifugio in quell’angolo silenzioso e riparato del banco.

- È sposato? - domandò ancora Masumi facendo ruotare il bicchiere sul bancone.

- Sì - confermò il barista con un sorriso senza comprendere dove volesse andare a parare con quelle domande sconnesse. Ogni volta che l’aveva visto seduto, lo aveva servito e raramente si erano parlati.

- Ama sua moglie? - chiese ancora, posando il bicchiere dopo aver bevuto un sorso - Chiaramente è libero di mandarmi al diavolo quando vuole - aggiunse con un mezzo sorriso.

Il barista ridacchiò, posò il bicchiere e il panno, appoggiando le mani sul bancone e avvicinandosi.

- Sì, l’amo da impazzire - si guardò furtivo intorno - Ma non glielo faccia sapere! - sussurrò con fare complice. Masumi sorrise e finì il liquore.

- Sono felice per lei - annuì - Deve essere bello poter conciliare lavoro e amore - si alzò, lo salutò con un gesto della mano, e uscì controllando il cellulare.

Il barista lo seguì con lo sguardo, perplesso, domandandosi che problemi potesse avere un uomo nella sua posizione. Se avessi i suoi soldi, non avrei certo problemi…

Masumi raggiunse il suo ufficio, la postazione di Mizuki era vuota, controllò l’orologio, che segnava le undici, entrò nella stanza buia, si accese una sigaretta e osservò la città sfavillante di luci. La segretaria gli aveva assicurato che era riuscita a far entrare un messaggio allo Shuttle X. L’impossibilità di usare Hijiri e la consapevolezza che per la prima volta Maya era davvero sola in giro per Tokyo, lo rendevano nervoso e agitato. Come sarà andata la prova? E avrà compreso? Si fiderà davvero di me?

Le strade erano quasi deserte e solo le grandi arterie in lontananza, che uscivano da Tokyo, mostravano le luci delle auto in fila. Più volte era stato tentato di andare lui stesso a casa di Maya per assicurarsi che fosse tutto a posto, ma se qualcuno lo avesse riconosciuto…

- Al diavolo! - spense la sigaretta, afferrò il soprabito dall’attaccapanni e uscì sbattendo la porta dietro di sé.

Recuperò l’auto dal parcheggio sotterraneo della Daito e la guardia lo salutò con un lieve inchino. Guardò di nuovo l’orologio e calcolò che se avesse spinto un po’ sarebbe arrivato in mezz’ora sotto casa sua. Abbassò il piede sull’acceleratore apprezzando per la prima volta quell’auto sportiva che aveva acquistato anni prima.

Aveva trascorso tutto il pomeriggio con l’avvocato redigendo un fac-simile di contratto che avrebbe protetto i diritti della “Dea Scarlatta” e la sua nuova proprietaria. Quando l’avvocato aveva obiettato che con quel tipo di contratto anche la Daito sarebbe stata esclusa, lui aveva sorriso e gli aveva detto di prepararne due copie. Risolto quel primo scoglio, lo aveva messo a conoscenza dell’idea che aveva avuto per evitare il matrimonio imposto da suo padre e che gli frullava in testa fin da quando aveva rivelato a Maya di essere l’ammiratore delle rose scarlatte. L’avvocato gli aveva confermato che era l’unico modo e che naturalmente avrebbe perduto anche la Daito Art, ma l’aveva già messo in conto.

È difficile conciliare lavoro e amore… ma rinunciando al suo cognome non avrà più potere su di me e io sarò libero di vivere la mia vita...

Spostò per un attimo lo sguardo sul sedile accanto dove giacevano le due copie del contratto che avrebbe dato alla signora Tsukikage e i documenti dell’anagrafe, pronti per essere consegnati. Sopra era adagiata un’unica rosa scarlatta.



Maya vagò senza sosta per ore, la mente in subbuglio, il cuore leso da un dolore lacerante che non accennava a diminuire. Non riusciva a spiegarsi perché dovesse soffrire così tanto, in fondo era una cosa che sapeva, l’aveva letta lei stessa, ma l’idea di perderlo per sempre aveva reso nulla quella consapevolezza. Eppure era cosciente che non erano fatti per stare insieme, in fondo al cuore l’aveva sempre saputo. Rango, aspetto, età, niente di ciò che erano collimava in alcun modo e anche lui doveva saperlo. Il matrimonio per unire due famiglie era solo uno degli obblighi a cui sottostavano uomini come il signor Hayami, famiglie ricche e facoltose che si sposavano proprio per alleanze fruttuose e accrescere prestigio e potere.

Anche se le aveva chiesto di fidarsi alla fine della crociera, sapeva che se suo padre gliel’avesse ordinato, lui avrebbe obbedito. Era così che andava. Da secoli.

Anche Akoya si sarà sentita così all’idea di perdere Isshin? Mi sento inutile, un guscio vuoto, all’idea di dovermi separare dalla mia anima gemella…

Si lasciò andare su un muretto laterale, coprendosi il volto e piangendo sommessamente. Il dolore che la pervadeva la prostrava, rendeva molli i suoi muscoli, arido il suo cuore, secca la sua gola.

Tu sei l’altra parte di me… io sono l’altra parte di te… la mia anima gemella… signor Hayami! Mi ha sempre sostenuta… mi ha salvata a costo della sua vita… credevo che quella fosse la sua vera natura… e che qualunque cosa accadesse, le nostre anime sarebbero rimaste legate! Tuttavia… signor Hayami…! Non era lei il mio Isshin?! Io… non riesco più a comprendere l’amore della Dea Scarlatta!

Senza forza, sfinita e rassegnata, vagò fino a trovarsi davanti ad una grande villa. Sollevò lo sguardo apatica, e quando lesse il nome sul campanello spalancò gli occhi.

Come posso essere finita proprio qui?

Sollevò tremante una mano e premette il pulsante.



Il cellulare squillò e il trillo lo fece sobbalzare. Era quasi arrivato a Yokohama, la casa di Maya non era distante. Strinse forte il volante e rispose.

- Hayami -

Dall’altra parte ci fu un’esitazione, poi un colpo secco di tosse per schiarirsi la voce.

- Signor Hayami, chiedo scusa se la disturbo a quest’ora… - era il regista Kuronuma e inspiegabilmente Masumi raggelò.

- Non si preoccupi - tagliò corto lui.

- Ecco, lo so che la domanda potrà sembrarle strana, ma per caso Maya Kitajima è con lei? -

Il fatto che glielo stesse domandando e che comunque Maya non fosse con lui indicava che non la trovavano. Quando si tratta di lei sembro un veggente…

- No, signor Kuronuma, non è con me - rispose seccamente - Vuole dirmi cosa sta succedendo? Forse posso aiutarla - si propose accostando lentamente l’auto nella corsia d’emergenza.

Silenzio.

- Signor Kuronuma… è accaduto qualcosa a Maya? - non gli importava più di scoprirsi, aveva deciso da tempo di fidarsi del regista, era convinto che già sospettasse eppure non ne aveva mai fatto parola con nessuno.

- Non lo sappiamo, signor Hayami - sospirò infine il regista - Vede… - poi si fermò, sembrava esitare, come se qualcosa lo frenasse.

- Mi dica tutto, non si faccia problemi con me - cercò di convincerlo della sua buona volontà e il regista sentì l’inflessione della voce e la tensione con cui pronunciò quelle parole, così si decise a dirgli ogni cosa.

- Quando siamo tornati dalla prova allo Shuttle X, Maya ha visto un telegiornale dove veniva riportata la notizia del suo… - fece un’altra breve pausa, forse per cercare le parole migliori, poi sospirò e terminò - del suo matrimonio, signor Hayami. È sparita in mezzo alla folla, era a piedi e Sakurakoji non è riuscito a trovarla, così ho pensato di chiamare lei dopo averla cercata per un’ora -

Masumi strinse con forza il volante. Allora non ha ricevuto alcun avviso… chissà se poi la sua reazione sarebbe davvero cambiata… Maya...

- Dove eravate quando è sparita? - chiese un istante dopo riacquisendo l’autocontrollo. Kuronuma gli fornì tutte le indicazioni necessarie e anche dove l’avevano cercata.

Fece inversione nella strada deserta e si diresse immediatamente lì, con il cuore dilaniato dal senso di colpa, all’idea che stesse soffrendo a causa sua.



Ormai un’ora prima Rei aveva ricevuto una chiamata di Sakurakoji che le chiedeva se per caso Maya fosse rientrata a casa. Quella sera non aveva il turno al bar ed era in attesa proprio dell’amica per sapere come fossero andate le prove e rassicurarla circa la notizia che era rimbalzata su tutti i telegiornali nazionali. La signorina Mizuki le aveva detto che lui stava facendo tutto il possibile per non essere costretto a sottostare agli ordini del padre.

L’avevano cercata ai Kid Studio ma non era lì, così Rei era andata al parco che avevano vicino casa e dove Maya spesso si rifugiava quando era triste. Ma l’altalena era deserta, le panchine anche, e la zona coi giochi per i bambini era silenziosa e buia.

Sakurakoji le aveva raccontato come aveva appreso del matrimonio del signor Hayami e Rei poté solo immaginare lo stato d’animo attuale della ragazza.

Allora non ha mai ricevuto il mio biglietto! Maya… dove sei? Perché non sei tornata a casa? Cosa starai pensando ora? Fa freddo e sei sola, perché non mi hai chiamato? E in fondo il mio messaggio di avviso avrebbe davvero alleviato il dolore e la delusione?

Aveva chiamato la signorina Mizuki che le aveva trasmesso tutta la sua preoccupazione e il dispiacere per quella situazione davvero insostenibile. Nonostante l’ora, sarebbe andata alla Daito Art per vedere se magari Maya avesse cercato lì il signor Hayami.

In quel momento, Rei guardava fuori dalla finestra e teneva il cellulare in mano, in attesa della chiamata della segretaria che sperava le dicesse di averli trovati a bisticciare come loro solito in ufficio, quando lo squillo la fece sussultare.

- Mi dispiace, alla Daito non c’è nessuno, neanche il signor Hayami, che non risponde alle mie telefonate… - le riferì subito Mizuki con voce affranta.

Rei abbassò le spalle, rassegnata e preoccupata.

- Dove potrebbe essere andata? - sussurrò spostando lo sguardo sulla strada.

- Era sola, a piedi… non dovrebbe essersi allontanata troppo, come hanno fatto a perderla!? - la voce irritata della segretaria fece sorridere Rei. Mentre era la sua manager, anche l’integerrima Mizuki aveva avuto dei problemi con Maya.

- Mi avvisi se la trova - le chiese Rei scostando la tenda e guardando ancora fuori.

- Certo. Lo stesso vale per lei, signorina Aoki - rispose seria Mizuki chiudendo la telefonata.

Rei sospirò mentre il senso di colpa le serrava la gola.

Avrei dovuto attendere e insistere per poterla vedere... se l’avessi fatta chiamare… Kuronuma l’avrebbe fatta uscire… avrei dovuto dirle ogni cosa di persona!



- Chi è? - domandò la voce maschile che ebbe il potere di calmarla all’istante.

- Sono io, Maya Kitajima - disse in un sussurro. Ci fu un attimo di silenzio, poi il portone si aprì con un sonoro click.

Maya lo spinse titubante e si addentrò lungo il viale di ghiaia. Si sentiva così persa che pensò che l’esser giunta proprio lì non poteva essere per un caso fortuito. Uno dei fusoma della grande villa si aprì all’improvviso e ne uscì un’ombra distinta che le corse subito incontro.

- Maya… perché sei qui a quest’ora? Va tutto bene? - il tono preoccupato di quell’uomo che le era tanto caro, fece sgorgare le lacrime che credeva di non avere più, da quante ne aveva già versate.

Si gettò fra le sue braccia che l’accolsero con il consueto calore, piene d’affetto e tenerezza, proprio come il padre che non aveva mai conosciuto.

- Vieni, ti porto dalla signora Tsukikage - le sussurrò Genzo, cercando di rassicurarla mentre la faceva entrare in casa. La ragazza piangeva incessantemente e quando vide la signora, se possibile, si disperò ancora di più.

- Maya… - sussurrò la signora stringendola a sé - Cos’è successo? -

- Oh signora! - singhiozzò - Non so che fare, non capisco… io… non capisco nulla! - e riprese a piangere a dirotto. La signora fece cenno a Genzo che andò a preparare un tè mentre lei trascinava gentilmente la sua allieva sul divano.

- Signora Tsukikage, ho bisogno di lei! Ho smarrito l’amore della Dea Scarlatta! Non capisco più gli stati d’animo di Akoya e Isshin! - balbettava e piangeva, aggrappata al suo vestito nero, come fosse l’unica ancora di salvezza disponibile. Chigusa la osservò stupita iniziando a intuire il problema.

- Mi sfugge cosa sia veramente la cosiddetta anima gemella! Non ce la faccio proprio, signora Tsukikage! - inframezzava le parole ai singhiozzi e alle lacrime, le mani chiuse a coppa sul volto.

- Maya, se fai così non capisco quello che dici, avanti, calmati - le suggerì con voce dolce, sospirando al ricordo del suo cuore spezzato dal dolore per Ichiren - Sanno che sei qui da me? - le chiese poi guardandola negli occhi.

Lei si asciugò le lacrime con le mani e scosse la testa abbassando lo sguardo.

- Allora forse prima è meglio avvertire il signor… - iniziò, ma Maya s’intromise, finendo la frase.

- ...Kuronuma! - chissà perché era terrorizzata all’idea che la signora avrebbe potuto chiamare il signor Hayami, eppure sapeva che non lo sopportava. Chigusa alzò un sopracciglio e piegò la bocca in un mezzo sorriso.

- Certo, chiamerò il regista… - si alzò lasciandola sul divano e raggiunse il telefono nella stanza.

Il regista rispose immediatamente.

- Signor Kuronuma, sono Chigusa Tsukikage, Maya si trova qui da me - la sentì dire dal divano mentre accettava la tazza di tè da Genzo.

- Signora! Che sollievo! -

- Domani la farò riaccompagnare con un taxi, non si preoccupi - disse ancora la signora -

- Vuole che venga a prenderla? -

- No, preferisco che resti qui stanotte, se per lei va bene - Maya sollevò la testa meravigliata, rendendosi conto di quanto la sua maestra avesse letto in profondità nel suo stato d’animo.

- Sì, certamente, la ringrazio, allora -

Chiusero la telefonata e la signora tornò sul divano accanto a Maya.

- Spero di non essere stata indiscreta senza averti chiesto prima di restare - e le mise un braccio protettivo intorno alle spalle.

Maya scosse la testa con vigore e la signora sorrise.

- Mi… mi scusi… è tardi e io non avrei dovuto… - arrossì e abbassò lo sguardo. Si rese improvvisamente conto di quello che aveva fatto, ma soprattutto detto, qualche minuto prima.

- Non importa, Maya - la rassicurò la signora tenendola per le spalle. Maya sollevò gli occhi pieni di lacrime e annuì. Inspirò tutta l’aria che poteva e le raccontò sommariamente e col volto paonazzo ciò che aveva appena saputo, senza fare alcun nome, terrorizzata all’idea di cosa le avrebbe fatto la signora se avesse saputo di chi si fosse innamorata.

- Capisco - disse alla fine la signora - L’uomo che pensavi fosse la tua anima gemella, proprio come Isshin per Akoya, ti ha promesso di aspettarti e ora si sposa senza averti detto niente, perciò non riesci più a capire cosa c’è nel suo cuore… - riassunse brevemente sotto lo sguardo meravigliato di Maya.

- Signora… -

- Quanto sei cresciuta, ragazza mia… - le disse dolcemente - Ne è passato di tempo da quando sei venuta da me scappando di casa, mentre frequentavi la scuola media! -

- Signora Tsukikage… - Maya era senza parole, rendendosi conto di quanto fosse trasparente per la sua sensei.

- Tu lo ami, Maya? - la interrogò fissandola intensamente - Lo consideri la tua anima gemella? -

- Sì - rispose abbassando lo sguardo e arrossendo completamente.

- Ricordati bene una cosa - iniziò la signora, seria - Se lui è veramente la tua anima gemella, prova il tuo stesso sentimento. Quindi ciò che è accaduto deve avere una qualche giustificazione! -

Maya si congelò a quelle parole, la sua mente si era subito svuotata appena aveva sentito quell’annuncio.

- Maya, secondo te perché potrebbe aver agito così? Te lo sei chiesto? - la interrogò la signora, fissandola negli occhi.

Mi sono solo disperata… senza pensare a lui...

- Beh… per esempio se la mia famiglia avesse scelto per me… e io fossi stata costretta ad accettare almeno sul momento… - mentre rifletteva si rese conto di aver agito impulsivamente, senza riflettere sulla situazione. E tu aspetterai me, Maya… la voce del signor Hayami le rimbombò in testa,

- Proprio così, Maya - annuì la signora lentamente - Un’unica anima divisa in due… le due parti sono legate nel profondo… Se badi soltanto alle parole e alla superficie, non riuscirai mai a vedere la verità - le rivelò alzandosi e uscendo in giardino.

La notte aveva avvolto il suggestivo giardino della villa del Presidente Yamagishi. La fontana si svuotava scandendo il ritmo e lo scrosciare dell’acqua era ipnotico e rilassante.

- L’importante è cosa c’è nel cuore. Se lui è la tua anima gemella, sa quello che tu provi, quando ti senti felice, anche lui è felice, quando ti senti triste, anche lui prova dolore… - era assorta e sembrava più parlare a se stessa - Per quanto vi troviate lontano, le vostre anime riecheggiano. Come tu sei attratta da lui, anche lui è attratto da te. Come tu lo desideri, anche lui non smette mai di desiderarti. È afflitto per il fatto di stare lontano da te... -

Signora Tsukikage...

Ad ogni parola, Maya aveva sentito il cuore battere sempre più velocemente: era esattamente il suo stato d’animo.

- Quando pensi a lui, anche lui pensate a te. Se ti ha ferita, è perché lui è ferito ancora di più - Chigusa sollevò gli occhi perdendosi nel ricordo, ora Maya ne era certa - L’anima gemella… l’altra parte di te… solo quando la incontri e vivi insieme ad essa, la tua anima sarà appagata dal vero amore! - si voltò a guardarla con uno sguardo dolcissimo e pieno di affetto - Questo è l’amore fra Akoya e Isshin… Maya! -

- Signora… io… - rimase a guardarla, lo stomaco stretto in una morsa d’angoscia.

- Se pensi che lui sia la tua anima gemella devi avere fiducia in lui, Maya! - la strinse per le spalle per dare enfasi al suo discorso - Qualunque cosa accada, credi in lui, perché le vostre anime sono un’unica cosa! -

Qualunque cosa accada in futuro, avrai fiducia in me?

Le sue parole le affiorarono in testa, gliele aveva sussurrate proprio prima di lasciare la nave… come aveva potuto dimenticarle così facilmente?

Il signor Hayami sta soffrendo… anche più di me? Se lei è la mia anima gemella deve provare il mio stesso sentimento! Ci crederò! Avrò fiducia nel signor Hayami, come Akoya in Isshin!



Masumi cercò Maya incessantemente, a piedi, ignorando le chiamate di Mizuki che stava cercando di contattarlo. Non voleva sentire nessuno, non voleva avvertire la pietà nella voce della segretaria, né immaginarsi i suoi occhi carichi di malinconia.

Se avessi voluto sarei riuscito ad entrare allo Shuttle X! Avrei dovuto raggiungerla senza preoccuparmi delle conseguenze! Avrei dovuto essere io a dirle come stavano le cose, ciò a cui saremmo andati incontro!

Picchiò un pugno serrato al palo della luce che aveva di fronte. Il tipo di angoscia che stava provando era diversa da qualsiasi altra avesse mai avvertito fino a quel momento. In passato era sempre incentrata su se stesso, sulla convinzione che Maya non l’avrebbe mai ricambiato e che i suoi sentimenti sarebbero rimasti sepolti in fondo al cuore e mai sarebbero sfioriti. Ora che invece sapeva che lei provava i suoi stessi sentimenti, l’ottica era completamente cambiata.

Sollevò di nuovo lo sguardo sulla folla che si andava via via diradando vista l’ora. Una signora lo fissò con sguardo interrogativo, ma lui passò oltre ricominciando a camminare. La cercava nei vestiti delle altre, nell’altezza, nei capelli, negli occhi delle ragazze che incrociava, tutta la sua attenzione era dedicata a quella ricerca frenetica, il cuore che martellava e l’adrenalina che gli scorreva veloce nelle vene.

La signora Tsukikage mi disse che l’anima gemella soffre se l’altra prova dolore… è per questo che non riesco a darmi pace per ciò che le ho sicuramente causato? Quest’angoscia lacerante è anche la sua? Dove sarà adesso? Starà piangendo?

Quell’idea gli fece serrare i denti e aumentare l’afflizione che gli contorceva lo stomaco. Era impossibile che fosse sparita, Karato l’avrebbe trovata subito ma sapeva che era inutile chiamarlo, suo padre lo aveva impiegato in chissà quale piano per accaparrarsi i diritti della “Dea Scarlatta”. Il rancore per tutto ciò che lui rappresentava si sommò al tormento dell’assenza di Maya.

Non c’è stato abbastanza tempo… è accaduto tutto così rapidamente e l’unica cosa che ho saputo fare è stato tenere buono mio padre e inviare quel comunicato stampa…

Mentre camminava sul marciapiede quasi deserto si fermò. Per la prima volta, la consapevolezza del non averla sotto controllo, seguita da Hijiri, gli bloccò il respiro. Sapeva sempre dov’era e cosa facesse, c’era sempre lui a tenerla d’occhio, a proteggerla e a vegliare su di lei, da quando si svegliava a quando andava a dormire.

Un brivido, freddo e sottile, gli attraversò la schiena, all’idea di poterla perdere, che lei non accettasse la sua spiegazione, che non comprendesse, che si sentisse abbandonata e sola. La disperazione incontrollata prese il sopravvento e lo costrinse a inginocchiarsi a terra prendendosi la testa fra le mani, fra le occhiate sorprese dei rari passanti.

Il telefono vibrò nella tasca interna della giacca facendolo sussultare e distogliendolo da quei pensieri distruttivi e dolorosi. Lo ignorò, non voleva contatti col mondo, voleva solo trovare lei, vedere il suo sorriso e i suoi occhi che si illuminavano.

Ma chi stava chiamando non si arrendeva e alla fine, irritato, decise di rispondere senza neanche controllare chi lo stesse cercando con tanta insistenza.

- Hayami - rispose freddamente alzandosi in piedi e tornando verso la macchina.

- Signor Hayami, mi scusi, volevo avvisarla che Maya sta bene -

Masumi si fermò, lo sguardo perso nel vuoto davanti a sé.

- Dov’è? - chiese solo, senza preoccuparsi minimamente di cosa potesse pensare il regista.

- A casa del Presidente Yamagishi, dalla signora Tsukikage - lo informò immediatamente Kuronuma.

- La ringrazio per avermi avvisato - un torpore caldo lo percorse completamente, come se tutto il freddo precedente fosse stato scacciato da quella semplice frase.

- Dovere, signor Hayami - replicò Kuronuma chiudendo la telefonata. Masumi riabbassò il telefono, rimanendo immobile alcuni minuti, cercando di placare quel tumulto che gli scuoteva l’anima. Accostò una mano al petto avvertendo il battito accelerato.

Maya… se avevo pensato di soffrire quando non potevo averti, adesso l’angoscia è ancora più insostenibile…

Tornò rapidamente alla macchina con le immagini degli ultimi giorni che si accavallano, buttò il cellulare sul sedile coi documenti, con un’unica idea in testa: dire a Maya ogni cosa. Passò lo sguardo per un attimo sui documenti per la signora Tsukikage rendendosi conto che involontariamente aveva anche una scusa per poterla incontrare.

Si accorse di aver perduto la sua lucidità perché non aveva fatto caso al luogo dove si era fermata realmente Maya, si era precipitato a cercarla e basta, altrimenti avrebbe collegato subito che la casa del Presidente Yamagishi era relativamente vicina per essere raggiunta a piedi. Deve aver camminato a lungo… chissà se l’ha fatto consciamente o è stato solo un caso…

In breve raggiunse la villa, scese afferrando la coppia di documenti gemelli e in un attimo era davanti al campanello.



Maya, seduta sul porticato esterno della grande villa, rimirava il giardino avvolto dall’oscurità. La fontana shishi odoshi picchiava sulla pietra a ritmo regolare, creando una singolare sinfonia insieme allo scrosciare dell’acqua e al lieve stormire delle foglie. Le parole della signora l’avevano colpita profondamente, molto più di quanto si sarebbe aspettata.

Si era resa conto che tendeva a focalizzarsi sui sentimenti che le scaturivano dalle esperienze immediate, senza fermarsi a riflettere sulla trama generale. In passato questa sua mancanza le aveva generato difficoltà anche nell’affrontare alcuni personaggi, finché, a forza di insistere, aveva compreso il carattere da interpretare da ogni punto di vista.

Però, nonostante applicasse questo sistema al teatro, immancabilmente veniva meno quando si trattava del signor Hayami e di ciò che lo circondava. Si era domandata come mai, proprio per la persona per lei più importante, non riuscisse a mantenere un briciolo di autocontrollo che le permettesse di esaminare la situazione più a fondo.

L’istante in cui aveva sentito la notizia e ciò che comportava, ogni parte cognitiva aveva smesso di funzionare: l’idea di perderlo dopo averlo appena trovato le era risultata inconcepibile. Quel pensiero l’aveva annientata e vanificato ogni suo sforzo di vedere la questione in modo più lucido. Il signor Hayami, negli anni, l’aveva protetta e aiutata infinite volte. In quel tunnel al porto le aveva promesso che si sarebbero aspettati e prima di uscire dalla cabina le aveva chiesto di avere fiducia.

E io invece cosa ho fatto? Ho pensato solo a me… anche lui starà soffrendo così come dice la signora? Chissà perché non ha potuto rifiutare il matrimonio… perché non mi ha detto niente… non ha mai incontrato alcun problema a dirmi le cose in faccia, perché questa volta ha scelto un’altra strada?

Chinò la testa fra le ginocchia e pianse sommessamente. Si sentiva sola, il ricordo della sera precedente, quando l’aveva portata a casa, aumentava quello strazio bruciante che le aveva messo sottosopra lo stomaco. La signora le aveva detto di fidarsi di lui, ma cosa avrebbe potuto fare se non obbedire alla sua famiglia? Probabilmente era nato proprio per quel destino, per far unire quelle due potenti famiglie e lei chi era per intromettersi nelle vite altrui?

Chissà se mi manderà ancora le rose…

Sollevò lo sguardo verso l’alto muro di recinzione quando sentì un’auto fermarsi all’esterno. Si alzò in piedi di scatto con la certezza che quella macchina fosse del signor Hayami. È lui! È venuto per me!

Masumi aveva il respiro leggermente accelerato, il dito sollevato in un attimo di esitazione che non era da lui. È tardi… cosa sto facendo? Lei è con la signora Tsukikage e non è detto che voglia vedermi… piombare a quest’ora in casa del presidente Yamagishi non è proprio qualcosa che Masumi Hayami farebbe…

Abbassò il braccio e la sua bocca si piegò in un sorriso amaro. Risalì in macchina e riprese la via di casa.

Maya rimase in ascolto, il cuore che pulsava in preda ad un’emozione fortissima, finché sentì la stessa auto ripartire. La delusione le fece accasciare le spalle e tornare a sedere sul porticato. Ma che vado a pensare… è troppo tardi… e poi come potrebbe sapere che sono qui?

Incassò la testa piangendo sommessamente e lasciò che la malinconia colmasse il suo cuore.



Rei tirò un sospiro di sollievo quando ricevette la telefonata di Sakurakoji. Avvisò immediatamente la signorina Mizuki che rispose al suo messaggio dopo pochi secondi. Lasciò il cellulare sul tavolo e si appoggiò al vetro guardando fuori, la stessa posizione in cui era rimasta in quelle due ore sperando di vedere Maya comparire sul marciapiede.

Maya… ormai dovresti aver imparato a fidarti del signor Hayami… chissà cos’ha in mente però per chiederle di fidarsi così ciecamente… un matrimonio…

Sospirò e tirò la tenda.

Dall’altra parte della strada, nascosto dietro un lampione, l’uomo aveva atteso con pazienza, ma la ragazza non era rientrata a casa, chissà dove si era cacciata. Fece spallucce e, rimanendo nascosto nell’ombra, riprese la via verso il suo squallido appartamento.



Era rimasto mezz’ora sotto la doccia, sperando che l’acqua lavasse via il senso profondo di colpa che di nuovo gli aveva serrato lo stomaco in una morsa gelida. Anche se aveva trovato mille scuse al suo gesto, quell’amarezza tornava a tormentarlo.

Era geloso.

E non una gelosia qualsiasi, era un sentimento dilagante, incontrollabile, che si era acuito nell’istante in cui aveva visto Maya e il signor Masumi abbracciati nel tunnel dell’uscita VIP al porto. Aveva cercato di accettare il fatto, ci aveva provato davvero, ma l’idea che Maya e quell’uomo potessero…

Dopo tutto quello che le ha fatto! Non posso credere che Maya lo ami davvero… la costringerò a dirmi la verità!

Picchiò con forza i pugni sulle piastrelle bagnate, digrignando i denti fino a sentirli vibrare. Come posso recitare accanto a lei sapendo che quando mi guarda con occhi pieni d’amore o mi abbraccia, probabilmente sta pensando a lui?

Si asciugò sommariamente e, coperto solo da un telo in vita, raggiunse la sua scrivania. I capelli lasciavano cadere piccole gocce sul legno levigato da anni di studio, la sua mano si mosse lentamente e toccò il delfino blu che giaceva davanti a lui.


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Capitolo 47
*** La rosa con le spine ***


Ultima revisione: aprile 2016

 

47. La rosa con le spine

 

La mattina seguente la prova allo Shuttle X, Kuronuma radunò tutti i suoi attori nella grande sala. Maya era arrivata quasi un’ora prima ed era rimasta nel suo camerino in attesa che il regista venisse a sgridarla, ma non era avvenuto. Era sicura che l’avrebbe rimproverata aspramente invece non le aveva neanche rivolto la parola.

- Da questo momento - declamò con voce chiara il regista - Dichiaro il coprifuoco totale! - e batté il copione arrotolato nella mano facendo sussultare tutti. Un brusio sommesso si levò dalla piccola folla che lui fissava con sguardo duro.

- Silenzio! - gridò - Mancano meno di dieci giorni allo spettacolo dimostrativo e non ho alcuna intenzione di cedere il passo a Onodera, né permettere che giornalisti impiccioni rubino scatti alle nostre prove! -

Molti volti annuirono e quello del regista si posò su Maya.

- Kitajima! - e lei, letteralmente, fece un salto, scattando sull’attenti - Ti interessa ancora la sfida con Ayumi Himekawa? O preferisci abbandonare tutto e dedicarti ad altro? - le domandò raggiungendola e sventolando il copione.

Maya tremò: mai, neanche per un istante, aveva pensato di mollare tutto.

- N-No… signor Kuronuma - scosse la testa rimanendo immobile.

Lui annuì lentamente riconoscendo la verità nello sguardo cristallino della ragazza. Non riuscirebbe a mentire neanche se volesse…

- Non posso chiudervi qui dentro, ma vi invito proprio a farlo - disse stupendo gli attori. Il brusio si levò alto finché lui non mise a tacere tutti.

- Si tratta in fondo di pochi giorni, mangiare e dormire qui non è un problema, gli spazi ci sono e so che qualcuno l’ha già fatto… - e rivolse un’occhiata eloquente ad una coppia di attori che interpretavano due coniugi del villaggio scarlatto. I due arrossirono e gli altri attori scoppiarono a ridere.

Alla fine, la quasi totalità, accettò quella segregazione volontaria che avrebbe permesso al gruppo una maggiore concentrazione e affiatamento.

- E ora, tutti al lavoro! - urlò il regista dando una pacca al suo aiuto, costretto come gli altri a vivere al Kid Studio.

Maya osservò il regista che rideva a voce alta di qualcosa e tecnici e attori che si preparavano alle prime prove.

- È proprio da Kuronuma, eh? - la voce di Yu la raggiunse alle spalle. Lo aveva visto, ma volontariamente evitato. Non aveva il coraggio di affrontarlo dopo essere scesa in quel modo la sera prima dal furgone.

Si voltò, arrossì lievemente e annuì.

- Pare che non ci farà neanche uscire… - mormorò piano distogliendo lo sguardo.

- Dopodomani anche Ayumi e Akame avranno la prova allo Shuttle X… - le fece notare Yu senza accennare a ciò che era accaduto la sera prima. Maya si voltò a guardarlo, fissava il palcoscenico al centro della sala ed era completamente assorto.

- Avremo i nostri Akoya e Isshin, Yu, non pensare alla loro rappresentazione! - gli si affiancò imprimendo nella voce tutta la positività possibile.

Per la prima volta da quando era iniziata la sua vita nel teatro, aveva un po’ di fiducia nel traguardo raggiunto. Quella mattina, quando si era svegliata dalla signora Tsukikage, si era resa conto in modo disarmante e incredibilmente semplice che il dolore provato all’idea di perdere per sempre la sua anima gemella era identico a quello di Akoya per Isshin. Probabilmente, in modo del tutto casuale, aveva compreso l’ultimo tassello della Dea.

- Concentriamoci e lasciamoci guidare dal signor Kuronuma - aggiunse Maya toccandolo sul braccio. Yu si riscosse, la guardò e annuì. Ingoiò il senso di colpa che gli ostruì la gola. Avrebbe voluto parlare con lei, ma sembrava così fiduciosa che non se la sentì di infrangere quel momento di tranquillità.

Non importa chi siamo… sul palco saremo Akoya e Isshin!



La prima cosa che aveva provato a fare Masumi una volta arrivato in ufficio quella mattina, era stata cercare di ottenere un incontro con il regista Kuronuma al Kid Studio, scoprendo invece che aveva dichiarato una sorta di coprifuoco costringendo i suoi attori a restare reclusi nell’edificio fino alla rappresentazione di prova. Maya compresa.

Aveva riso di gusto a quella trovata che, sebbene l’avesse irritato in un primo momento, riflettendoci aveva approvato pienamente.

Mizuki, alla sua risata spontanea, si era alzata dalla postazione e aveva aperto la porta dell’ufficio chiedendogli se andasse tutto bene.

- Credo di sì, signorina Mizuki - ammise appoggiando il cellulare sulla scrivania dopo aver chiuso la chiamata. La segretaria aveva sorriso ed era tornata al suo lavoro.

Senza Hijiri non posso controllarla, se resta chiusa lì dentro sarà meglio per tutti… c’è Sakurakoji, ma è inevitabile, devo solo smettere di pensarci…

Si alzò e si accese una sigaretta guardando la città dalla vetrata. A volte il destino era davvero crudele. La sera precedente era ad un passo da lei, avrebbe suonato quel campanello senza esitare se avesse saputo che Kuronuma li avrebbe rinchiusi come prigionieri. Aveva bisogno di parlare con lei, di spiegarle ogni cosa. Ridacchiò e si lasciò andare sulla sua poltrona.



Eisuke Hayami aveva dato una caccia sfrenata al giornalista che aveva scritto quella missiva di ricatto. Non gli piaceva che qualcuno interferisse coi suoi piani, tanto meno se coinvolgevano un dispendio di soldi o energie inutili.

L’uomo però si era rivelato sfuggente e perfino Karato, apparentemente, stava avendo dei problemi. Strinse la mascella per aver pensato “apparentemente”, sì, perché stava iniziando a sospettare che Hijiri parteggiasse per suo figlio e non fosse molto concorde sul piano a cui l’aveva costretto, sebbene eseguisse ogni ordine senza protestare.

Non aveva alcuna intenzione di rivelare ogni cosa a quei ragazzi, non avevano né l’esperienza né il sangue freddo per fare ciò che andava fatto, in primis quello zuccone di suo figlio che sembrava dimenticare tutto ciò che gli aveva insegnato non appena pensava a quella ragazza.

Voltò la sedia a rotelle e tossì con forza. Immediatamente Sujimoto entrò nella stanza, ma lui lo cacciò con un ringhio feroce e un gesto inconsulto della mano. Col fiato grave raggiunse il mobile dei liquori e si servì dell’acqua dalla brocca ordinatamente riposta sopra. Sembra che la signora in nero ed io camminiamo a fianco almeno su questo viale… sono proprio curioso di vedere chi di noi due morirà per primo!

Scoppiò a ridere e il collaboratore socchiuse la porta per vedere cosa stesse accadendo. Ultimamente il suo principale era strano, spesso assorto nei suoi pensieri e almeno due volte lo aveva trovato addormentato proprio in quello studio davanti alla televisione accesa che replicava gli spettacoli di Maya Kitajima. Il Presidente Hayami non rimaneva mai alzato la sera, anzi, per quanto lui si sforzasse di ricordare, non gli era mai capitato di vedergli usare la televisione. Di solito trascorreva un’ora nella biblioteca. Richiuse la porta in silenzio scuotendo la testa.

Eisuke tornò alla sua scrivania e fissò lo sguardo prima su quella lettera che Masumi aveva praticamente ignorato, poi sulla fotografia di Shiori Takamiya e infine ne prese in mano una che raffigurava Maya Kitajima in Anna dei miracoli.

- Hai il suo stesso sguardo… come interpreterai la tua Akoya? - sussurrò assorto corrugando la fronte.



Il giorno stabilito per il gruppo di Onodera allo Shuttle X arrivò mettendo a dura prova la glaciale e perfetta Ayumi Himekawa. La sera precedente Peter si era offerto di seguirla entrando come accompagnatore, senza macchina fotografica, ma lei si era arrabbiata e non aveva voluto parlarne più.

Sul palco, il giorno della rappresentazione dimostrativa, sarebbe stata Akoya, non ci sarebbe stato posto per niente altro, e doveva essere in grado di cavarsela senza aiuti. Akame si era detto disposto a fare tutto ciò che sarebbe stato necessario e quando lei aveva freddamente rifiutato la sua offerta, l’attore l’aveva meravigliata, insistendo e ottenendo una promessa di collaborazione.

Di solito l’anziano attore era riservato e silenzioso, il suo Isshin era esattamente ciò che ci sarebbe aspettato da quel tipo di personaggio, ma Ayumi si era resa conto che la sua recitazione a volte era piatta, fredda e distante. Qualcuno le aveva raccontato che Yu Sakurakoji aveva fatto un viaggio e conosciuto un intagliatore di legno per poter approfondire e capire meglio gli stati d’animo dello scultore.

Chissà come sarebbe stato recitare con Sakurakoji… come interpreteranno Akoya e Isshin? Alla conferenza stampa, Maya mi ha urlato contro che non sarà da meno di me...

Sorrise asciugandosi il sudore che, nonostante il vento lieve, le imperlava la fronte. Quella ragazza era capace di interpretazioni incredibili, diventava il personaggio, e lei sapeva bene quanto potesse essere terrificante.

Il regista Onodera all’inizio, in mezzo a quel cemento, le era sembrato preoccupato dal tono della voce, ma lei aveva dimostrato tutta la sua incredibile abilità, camminando fra quelle macerie e inciampando solo due volte. Chiaramente non c’era la pressione che avrebbe avuto durante lo spettacolo, ma l’aver calcato quel suolo per tutta la mattina e l’aver “visto” la valle nei profili confusi delle rovine le aveva infuso una fiducia insperata.

Controllò il cellulare ma non c’erano messaggi, né chiamate. Solo per un secondo un lampo guizzò nei suoi occhi al pensiero che Peter non l’avesse minimamente considerata, poi rifletté che in realtà era proprio ciò che voleva da lui. Mi conosce così bene? Sono così prevedibile?

Buttò il telefono in borsa e tornò sul binario dove Onodera stava dirigendo la battaglia.



- Maya, torna dentro, è freddo… - la voce di Yu, pacata e gentile come sempre, giunse alle sue spalle facendola sentire irrimediabilmente in colpa. Si voltò appena in tempo per vederlo calarle sulle spalle una coperta. Sussultò, era un gesto così simile a quello che faceva spesso lui...

Il cielo stellato era stranamente vivido quella sera, poche nubi oscuravano le stelle e una luna tonda e chiara illuminava ogni cosa col suo bagliore argenteo. Maya prese i lembi e si tirò la coperta davanti. L’idea stravagante del regista si era rivelata incredibilmente azzeccata. Gli uomini dormivano in una sala prove minore e le donne in un’altra al primo piano. Si erano tutti sistemati come fossero degli sfollati, ma quel convivere aveva creato un’atmosfera davvero unica.

- Ancora qualche minuto, ti prego - lo supplicò lei, tornando a guardare le stelle. Non aveva più rivisto il signor Hayami, ogni volta che ci pensava le si aggrovigliava lo stomaco, così la sera, quando Kuronuma li mandava nelle camerate (sì, perché ormai lo consideravano il loro Generale), lei saliva fino in cima ai Kid Studio e guardava il firmamento. Era l’unico modo che aveva per sentirlo più vicino e si domandava ogni volta se magari anche lui stesse facendo la stessa cosa oppure se fosse occupato con la sua fidanzata.

Si morse un labbro per impedirsi di pensare ancora a quella cosa che tanto l’aveva sconvolta e richiamò immediatamente le parole della signora Tsukikage che placavano la sua ansia e lenivano le pene del suo cuore.

Fiducia… mi ha chiesto di aspettarlo… che qualsiasi cosa sarebbe accaduta avrei dovuto fidarmi di lui…

Si girò verso Sakurakoji che aveva il volto piegato all’insù e guardava il cielo. Quei tre giorni erano stati così intensi da non permettergli neanche di parlare. Era sempre concentrato e ogni tanto lo scorgeva a guardarla, la fronte corrugata, gli occhi accesi d’ira salvo poi cambiare espressione appena lei si girava. Era così da quando era tornata dalla crociera, da quella sera che l’aveva accompagnata a casa. Chissà perché è così distaccato…

- Hai letto il giornale stamani? - domandò Sakurakoji continuando a guardare il cielo.

- Sì - rispose lei annuendo. Ayumi… chissà come sono andate le prove? Avrai trovato le stesse difficoltà che ho incontrato io?

Il regista Onodera, alla fine della loro giornata di prove, era uscito dallo Shuttle X e aveva lungamente parlato con i giornalisti, elargendo commenti e provocazioni, tutti all’indirizzo del gruppo di Kuronuma.

- Non si possono proprio vedere, eh? - le sorrise Yu, voltandosi a guardarla. Maya ridacchiò e annuì.

- Sono due uomini completamente diversi… Onodera mi fa rabbrividire… - e si strinse la coperta intorno al corpo.

- Forse perché qui fa freddo? - le fece notare Sakurakoji chiudendosi il giubbotto che indossava - In fondo è ottobre… -

Maya lo guardò e il suo sguardo si indurì.

- È stato lui l’artefice della maggior parte delle nostre disavventure, io lo odio! - e picchiò un pugno sulla balaustra - Gina e i cinque vasi azzurri, Takekurabe… io non potrò mai dimenticare! - rincarò facendo riaffiorare ricordi dolorosi. Avevo creduto che la causa fosse il signor Hayami… invece lui non c’entrava niente… almeno non in quegli specifici eventi...

Yu la fissò perplesso, Maya aveva questa capacità di virare il suo stato d’animo da un momento all’altro e nonostante la conoscesse da tempo, non riusciva mai ad abituarsi a questo lato del suo carattere.

- Kuronuma è un genio - aggiunse Sakurakoji tornando a guardare il cielo brillante - Se fossi la signora Tsukikage, sceglierei lui per mettere in scena la “Dea Scarlatta” in questo secolo -

- Chissà come sarà la rappresentazione del regista Onodera… - mormorò Maya ripensando alle prove sostenute da Ayumi nella valle e alla sua interpretazione di Giulietta. È leggiadra, elegante, bellissima, preparata… non mi concederà alcun margine e io… io non ne darò a lei!

- Lo vedremo presto, il dieci ottobre si avvicina, non c’è più molto tempo… - Yu fece spallucce, che fossero pronti o meno, lo spettacolo sarebbe andato in scena, loro per primi, Onodera e il suo gruppo per secondi. Vide Maya rabbrividire e si staccò dalla balaustra.

- Vieni, torniamo dentro, rischiamo di prenderci qualcosa -

Maya fissò le stelle ancora per un attimo, poi si strinse la coperta addosso e lo seguì lentamente.



Quella mattina Maya si svegliò con lo stomaco attorcigliato. Mancavano due giorni allo spettacolo dimostrativo e sentiva tutto il peso della responsabilità della sua interpretazione. Kuronuma non le aveva dato un attimo di respiro e non solo a lei, anche a tutti gli altri attori. Si era domandata spesso come riuscisse a tenere quel ritmo: sembrava instancabile, alle sette era in piedi e spesso restava sveglio fino a tarda notte. Le uniche altre cose che faceva erano mangiare e dormire.

Scese al piano terra ignorando il brontolio allo stomaco, pronta ad affrontare la giornata, certa che l’angoscia che le agitava il cuore non si sarebbe placata. Era così agitata che non le andava neanche di fare colazione. Salutò senza troppa energia alcuni attori che incontrò e si meravigliò per non aver trovato Yu, che solitamente l’aspettava ogni mattina in fondo alle scale del primo piano.

Raggiunse il camerino di Sakurakoji e, memore dell’esperienza precedente, bussò con discrezione arrossendo lievemente. Non ricevette risposta così girò la maniglia e scostò la porta infilando la testa dentro: era buio e non c’era nessuno, così, perplessa, richiuse la porta e si diresse verso il suo camerino.

- Se cerchi Sakurakoji, questa mattina presto è uscito - Maya si girò di spalle e vide una coppia di attori che interpretavano alcune guardie di Terufusa e uscivano dagli spogliatoi.

- Oh… grazie! - li salutò lei, sollevando una mano e si affrettò ad entrare e cambiarsi. Aveva appena finito di indossare lo yukata che usava per Akoya quando qualcuno bussò alla porta.

- Avanti! - rispose annodando la cintura scura e incontrando lo sguardo sorridente di Yu che si era affacciato.

- Buongiorno, Maya! - e entrò mostrandole una scatola - Hai fatto colazione? - e si avvicinò porgendogliela.

Maya osservò la scatola e riconobbe il marchio sul davanti. S’illuminò in volto e lo guardò con un’espressione colma di ringraziamento.

- Torta al cioccolato! - batté le mani insieme per la felicità con un gridolino.

- Sono contento di aver colpito nel segno! - appoggiò la scatola sulla toletta davanti allo specchio e si sedettero sorridenti. Maya fissava la scatola estasiata, Yu ridacchiò quando la aprì e il suo sorriso si allargò ancora di più.

- Dovresti vederti, Maya! Sembri davanti a un tesoro! - e scoppiò a ridere. Lei arrossì e si ficcò le mani in grembo, abbassando lo sguardo.

- Avanti, una fetta è tua! - le disse a bassa voce avvicinandosi. Maya sussultò più per la vergogna di quanto facilmente fosse corruttibile la sua anima che per il brivido che le aveva dato la voce di Yu.

Allungò una mano e non se lo fece ripetere due volte: afferrò una delle due fette perfettamente tagliate, scostò l’involucro esterno e affondò i denti nella cioccolata esterna, la morbida torta subito sotto e la crema all’interno, sempre al cioccolato. Chiuse gli occhi godendo di quel momento così appagante, mentre Yu la fissava estasiato e divertito. Le piace proprio la cioccolata…

Morse anche lui la sua fetta, ammettendo che era davvero squisita, e in breve avevano terminato la due porzioni. Maya riaprì gli occhi accorgendosi di aver già finito e di quanto fosse davvero affamata. Spostò lo sguardo riconoscente su Sakurakoji, anche se in quei giorni non avevano praticamente avuto modo di parlare, lui trovava sempre il modo per occuparsi di lei, in silenzio.

Quando Yu sollevò lo sguardo sentendosi osservato, Maya gli stava sorridendo e aveva un fanciullesco baffo di cioccolata. Alzò d’impulso una mano e lo tirò via, sfregando gentilmente l’angolo delle sue labbra. Entrambi si bloccarono, gli occhi spalancati per quel gesto inaspettato, poi Maya abbassò lo sguardo, arrossendo lievemente e voltando la testa di lato. Yu comprese perfettamente cosa significasse quel gesto. Ritirò immediatamente la mano chiudendola a pugno e si alzò di scatto raggiungendo la porta.

Afferrò la maniglia e serrò i denti con forza, avrebbe voluto ribadirle i suoi sentimenti, darle quell’anello che portava pateticamente sempre con sé da quella crociera, chiederle di affidarsi a lui, invece abbassò la testa e borbottò una frase di circostanza.

- Ti avevo vista abbattuta e pensierosa, spero che la torta abbia sollevato il tuo morale - aprì la porta e uscì senza attendere la sua risposta.

Maya fissò la porta bianca, la testa piena di immagini che si rincorrevano. Guardò la scatola con il marchio della pasticceria che le piaceva tanto.

È andato per me… ma io… io non posso ricambiare i suoi sentimenti… anche se il signor Hayami dovesse sposarsi, io non potrei amare che lui… siamo anime gemelle, ne sono sicura, ci incontreremo in un’altra vita se in questa non sarà possibile…

Si voltò verso lo specchio e solo in quell’istante si accorse delle lacrime che scendevano silenziose. Le asciugò con un gesto disperato e uscì dirigendosi alla sala prove.



Fuori dalla Stazione Centrale di Tokyo il cielo volgeva all’imbrunire. Il traffico denso e ordinato della sera, che coincideva con l’uscita dagli uffici, creava scie bianche e rosse sull’enorme arteria di collegamento. Sul lato est della stazione c’era il Palazzo Imperiale, il cui tetto imponente era appena visibile oltre le fronde dell’antico giardino lussureggiante. Durante l’hanami, il momento della fioritura dei ciliegi, la parte pubblica di quel giardino diventava spettacolare.

La porterò a vederli…

Il pensiero gli sorse spontaneo, l’associazione fu immediata, ma venne anche seguita da un’intensa fitta dolorosa, che gli tagliò il respiro. Strinse a pugno la mano coperta da un elegante guanto di pelle chiara. Aveva eseguito anche quell’ordine di suo padre ed ora si trovava fuori dal ristorante in cima all’attico di quel palazzo dalla meravigliosa visuale, in attesa della sua futura fidanzata. Aveva meditato a lungo su ciò che sarebbe stato meglio fare, temeva che rivelare a suo padre le sue intenzioni in quel momento sarebbe stato pericoloso: non voleva che accadesse qualcosa a Maya proprio a due giorni dallo spettacolo.

Dopo che la signora Tsukikage avrà assegnato il ruolo della Dea Scarlatta gli dirò ogni cosa… non ho comunque intenzione…

La voce del suo collaboratore lo riscosse.

- Signor Hayami, prego, può lasciare il soprabito a me - lo avvisò porgendo il braccio.

Masumi sospirò, lasciando l’ampia vetrata e la vista del Palazzo Imperiale, si tolse il cappotto e lo lasciò al braccio dell’uomo che sparì rapido com’era venuto.



Kuronuma fissò esterrefatto Akoya e Isshin che battibeccavano al centro del palco. Sakurakoji le urlava contro come un ossesso e lei aveva in mano un geta che agitava pericolosamente contro di lui.

- Come sono arrivati a questa situazione…? - mormorò il regista abbassando sconfitto le braccia.

- Non lo so… - replicò sgomento il suo aiutante, fissando la coppia che urlava.

- Ci siamo allontanati… quanto?... cinque minuti? - sussurrò basito, poi decise di mettere fine a quel comportamento infantile.

- Kitajima! - urlò e tutti gli attori che stavano guardando la scena si girarono di scatto, intimoriti, seguiti da Maya e Yu.

La giovane incassò la testa nelle spalle e si rese conto dello squallido spettacolo che avevano dato. Come aveva potuto perdere le staffe in quel modo? Abbassò lo sguardo imbarazzata e intuì che Yu si sentiva nella stessa maniera.

Era concentrata, stavano recitando la scena in cui Isshin chiede ad Akoya di dargli un nome e lei cerca di fargli capire quanto sia superfluo e inutile e che lo ama a prescindere. A differenza di altre volte in cui avevano provato, Yu aveva interpretato un Isshin rabbioso, quasi irriverente nei confronti di Akoya. Il suo tono era stato ironico quando aveva ribattuto alle posizioni di Akoya e quando Maya, alla fine, si era voltata dicendogli “ti amo”, Sakurakoji si era irrigidito, era uscito dal personaggio e le aveva urlato contro che non c’era sentimento in quello che gli stava dicendo, che non lo stava dicendo a Isshin, che non era concentrata, che pensava ad altro. Lei aveva abbandonato Akoya e gli aveva risposto per le rime, spinta dall’agitazione, dalla paura e dallo stress di quegli ultimi giorni.

Posò lo sguardo sul geta che teneva in mano, non ricordava neanche di esserselo tolto e averlo brandito come un’arma. Arrossì mentre il regista li redarguiva aspramente: quello non era un comportamento da attori professionisti.

Fece un profondo inchino scusandosi con tutti e fuggì verso il suo camerino, ignorando la voce di Yu che la chiamò allarmato e quella del signor Kuronuma che le urlava dietro indignato.

Chiuse la porta alle sue spalle appoggiandosi, aveva il respiro affannoso per la corsa e un nodo le chiudeva la gola per l’angoscia. Si portò le mani al volto e scoppiò a piangere per la tensione. Sono davvero una persona orrenda… come ho potuto trattare così Yu? Gli ho urlato contro… quello che gli ho detto della sua recitazione… lo volevo picchiare con uno zoccolo!

Si sentiva al limite, era stanca, nervosa, preoccupata, sapeva di essere inadeguata e ogni minuto che passava si domandava il motivo per cui stesse lottando così strenuamente per interpretare la Dea. Signora Tsukikage! Cosa ha visto in me? Io non posso farcela! Come salirò fra due giorni su quel palco? Non sono pronta! Non sarò mai pronta!

Reclinò la testa all’indietro, appoggiandola alla porta, e la vide.

La rosa scarlatta giaceva al centro della sua toletta con i petali vellutati che brillavano di rugiada. Smise di respirare e spalancò lentamente gli occhi, restando assolutamente immobile.

Una... rosa... scarlatta…

Fece qualche passo avanti tenendo gli occhi fissi su quella che sembrava essere in quel momento l’unica fonte di luce e calore nella stanza. Non riusciva a pensare a niente altro che non fosse quella rosa, al significato che aveva, all’uomo che gliel’aveva fatta avere.

Come puoi essere qui, rosa scarlatta?

Allungò una mano e sfiorò i petali, incredula.

È... vera…

Si sedette senza smettere di guardarla, la prese fra le mani guardandone il centro che formava un disegno perfetto. Chiuse gli occhi e vide distintamente il volto del signor Hayami, come se fosse lì con lei. Il suo cuore, che batteva già rapido, si riempì di felicità, interrotta bruscamente da un acuto dolore all’indice.

- Ahi! - gridò sorpresa serrando gli occhi per la sofferenza. Una goccia di sangue macchiò la pelle e solo in quel momento vide la spina con cui si era punta.

Una spina…

Si portò il dito alle labbra e succhiò il sangue, poi prese un fazzoletto di carta dal contenitore e lo premette sul dito. Quel movimento fece cadere un biglietto, che raccolse prontamente.

Era chiuso su se stesso e Maya lo guardò con il cuore che scoppiava di gioia: quella singola rosa aveva avuto il potere di cancellare tutti i suoi dubbi, le sue paure, sapeva perfettamente perché voleva interpretare la Dea Scarlatta. Il teatro era la sua vita, quel ruolo difficile, tutto ciò per cui aveva lavorato duramente negli anni, aiutata da un ammiratore segreto di cui si era innamorata. Quell’uomo per anni l’aveva sostenuta, nascondendosi dietro una maschera di cinismo e freddezza: se in quel momento poteva contendersi quella parte con la più geniale attrice giapponese, era anche grazie a lui.

Aprì il biglietto con mani tremanti e lesse l’unica riga che le fece sobbalzare il cuore.

“Ti aspetto al cavalcavia del parco, questa volta ci sarò”

È qui!

La sua mente si azzerò all’istante. Appoggiò il biglietto accanto alla rosa, uscì dal camerino, corse lungo il corridoio vuoto e silenzioso dove solo i suoi zoccoli risuonarono ritmicamente. Attraversò l’atrio suscitando la meraviglia della segretaria all’entrata che vide una ragazza, in yukata e geta, spalancare la porta d’ingresso e andare fuori.

Il sole era già tramontato e le luci erano accese. Meccanicamente, al semaforo prese il passaggio pedonale, poi il marciapiede ampio, finché vide il bordo del parco Asahi. Corse, spinta dalla necessità di vederlo, di abbracciarlo, di sentirsi dire che tutto sarebbe andato bene, che a lui interessava solo vederla recitare. Con quell’emozione a colmarle l’anima e a lenire le sue pene, non fece caso agli sguardi perplessi di chi incontrava, non aveva pensato di prendere il soprabito, non si era cambiata, l’unica cosa che desiderava era raggiungere quel cavalcavia.

Passò in mezzo ai grandi alberi, abbandonando la zona illuminata, imboccò il sentiero che passava tra le aiuole di azalee, che a maggio fiorivano in modo spettacolare, attraversò la piazza con la fontana, che normalmente era piena di studenti, e intravide la struttura di metallo che si innalzava oltre gli alberi, quasi alla fine del parco. Sorrise, ignorando i polmoni che bruciavano, e aumentò gli sforzi per raggiungerlo.

Salì le scale di metallo, proprio come aveva fatto tanti mesi prima portando con sé un mazzo di rose, e corse lungo il cavalcavia, fino a raggiungere il suo centro. La strada sottostante, intasata di giorno, era quasi deserta e sul ponte non c’era nessuno.

Ansimando, afferrò la balaustra di metallo, era fredda, così ritirò subito le mani avvertendo un brivido in tutto il corpo. Continuò a spostare lo sguardo, con la speranza di incontrare i suoi occhi prima possibile. Era un’attesa piena di aspettativa, il cuore le martellava in petto come fosse impazzito, finché vide la sagoma di un uomo venirle incontro. Le si bloccò il respiro, ma si rese conto che non poteva essere lui. Distolse lo sguardo e lo puntò nella direzione opposta, verso la scala dall’altra parte della strada.

Fu l’ultima cosa che vide, perché sentì un fazzoletto premere sulla bocca e un istante dopo divenne tutto nero.



Sakurakoji imboccò il corridoio dei camerini lanciando un’occhiata a quello di Maya, ma la porta era chiusa. Entrò nel suo, si cambiò, avvertendo la fame che gli fece brontolare lo stomaco, e si sedette sospirando. Kuronuma lo aveva fatto lavorare fino allo stremo, era nervoso e l’atteggiamento da prima donna tenuto da Maya non gli era affatto piaciuto. Si prese il volto fra le mani e le passò fra i capelli, strisciandole con forza.

Come ho potuto trattarla in quel modo? Ma quando… quando lei ha detto “ti amo’”... il modo con cui aveva cercato di convincermi che un nome non significasse niente… non guardava me! Pensava a lui, il suo sguardo mi passava attraverso, era passionale, pieno di calore, ma non per Isshin!

Reclinò la testa all’indietro e fissò il soffitto bianco, aprì la bocca respirando pesantemente e cercando di far defluire quell’insana gelosia che gli stava impedendo di recitare. Isshin amava incondizionatamente Akoya, non gli importava chi lei fosse né cosa potesse fare, che parlasse con la natura, chiamasse i draghi o evocasse il vento.

Dovrei fare la stessa cosa… se Maya si è davvero innamorata del signor Hayami, non potrò comunque fare niente… io le ho detto cosa provo per lei… ma lei ha sempre evitato di darmi una risposta certa… se fra due giorni voglio salire su quel palco e strappare la parte a Kei Akame dovrò essere davvero Isshin, amarla a prescindere, smettere di pensare che nella realtà non potrà mai essere mia… su quel palco, invece, devo dimostrare il mio amore per lei!

Voltò la testa verso la parete che divideva i loro due camerini. Si alzò all’improvviso, doveva assolutamente scusarsi, uscì e bussò alla porta di Maya, ma non ebbe risposta. Bussò di nuovo avvicinando l’orecchio, ma tutto era silenzioso. Aprì lentamente la porta e sbirciò all’interno: le luci erano accese, la sedia spostata, i suoi vestiti appesi al porta abiti. Aggrottò la fronte e fece spaziare ancora lo sguardo finché vide la rosa sulla toletta.

Entrò avvicinandosi lentamente, incuriosito e infastidito, sapeva bene quale reazione generassero quelle rose scarlatte. Fissò il fiore che giaceva inerme e notò il biglietto semi aperto. Abbandonando qualsiasi riserva, con il cuore che aveva iniziato ad accelerare inspiegabilmente, lo sollevò e lo aprì, leggendo l’unica frase vergata da una mano elegante.

“Questa volta ci sarò”… ricordo bene qualche tempo fa… il cavalcavia e la rosa in mezzo alla strada… il bacio che lei dette su quei petali… È scappata dal suo ammiratore appena lui l’ha chiamata…

La sua mente fece un collegamento improvviso che lo costrinse a sedersi, senza fiato. Non è possibile che sia innamorata del signor Hayami… io ho sempre creduto che nel tempo si fosse infatuata del suo ammiratore pur non conoscendolo… perché li ho collegati? Perché è andata subito da lui? Se Hayami fosse l’ammiratore allora potrei anche capire perché Maya se ne sia innamorata nonostante tutto quello che le ha fatto...

Riguardò il biglietto mentre quella sgradevole sensazione diventava una certezza.

Masumi Hayami è l’ammiratore delle rose di Maya?

Non riusciva a credere alla sua stessa intuizione. Strinse il biglietto fra le dita e corse fuori dal camerino, attraversò l’atrio deserto, irruppe sul marciapiede, la notte ormai si era addensata su Tokyo. Attraversò il parco, raggiunse il cavalcavia senza fiato, si piegò sulle ginocchia respirando affannosamente e salì le scale preso da una frenesia incontrollabile.

Il ponte era deserto, camminò lentamente chiedendosi quanto tempo fosse passato. Sarà con lui, ora?

Quell’idea lo bloccò mentre un veleno bruciante gli rovesciava lo stomaco. Abbassò la testa e fissò con occhi spalancati il cemento del ponte. Completamente accecato dalla gelosia, che in quei giorni di reclusione era montata sordida dentro di lui, tornò ai Kid Studio, ignorò la guardia che gli gridò dietro, tornò nel suo camerino, prese le chiavi della moto e schizzò via di nuovo.

Le strade di Tokyo erano quasi vuote, a quell’ora ormai non c’era più nessuno, sapeva che era una follia, avrebbero potuto essere dovunque, ma si diresse alla Daito mentre nella sua mente si accavallavano ricordi e sensazioni; come quella volta al ristorante, in cui Maya e Masumi Hayami si incontrarono e lei pianse, oppure gli spettacoli, a cui lui era sempre stato presente, nella valle, la scuola, la sala Ugetsu, ogni cosa! Era sempre stato lui! Perché allora quando la incontrava il suo atteggiamento era scontroso e cinico? Perché ha distrutto la compagnia Tsukikage alla ricerca ossessiva di quei diritti maledetti? Ricordava vagamente che forse l’ammiratore aveva pagato le spese mediche della signora e anche della madre di Maya.

Con una mano toglieva e con una dava… è pazzo? Maya è solo una ragazzina e lui un uomo! L’ha corteggiata con quelle rose e quando lei avrà scoperto che erano la stessa persona…

L’idea di Maya fra le braccia di quell’approfittatore dalla duplice faccia lo fece accelerare ai limiti della guida spericolata. Scese dalla moto lasciandola davanti alla breve scalinata che conduceva all’ingresso della Daito. Salì gli scalini a due per volta e raggiunse in poche falcate la portineria esterna.

Quando la guardia notturna lo vide venire di corsa verso di sé, aprì il vetro e lo accolse gentilmente.

- Buonasera, cosa posso fare per lei? -

- C’è Masumi Hayami? - chiese appoggiando il casco sul mensola davanti. La guardia alzò un sopracciglio.

- Sono spiacente, il Presidente Hayami non è qui - gli rispose serafico, mostrando il rispetto dovuto al suo Presidente.

- Senta, sono un attore della compagnia Ondine e ho urgenza di vederlo. Lo chiami! - si impose picchiando un pugno e alzando la voce. La guardia corrugò la fronte e lo fissò in silenzio.

- Anche se volessi, non potrei farlo. Non ho alcun numero per poter contattare direttamente il Presidente, si rende conto di quello che mi sta chiedendo? -

- Lei deve… - urlò Sakurakoji, ma venne interrotto da una voce di donna. Si girò di scatto e incontrò lo sguardo accigliato della signorina Mizuki.

- Che succede qui? - domandò con calma la segretaria.

Sakurakoji la fissò per un attimo: nonostante fossero le undici di sera, lei sembrava appena uscita da una doccia e il tailleur che indossava non mostrava neanche una piega.

- È con lei, vero? - ringhiò il giovane che non riusciva più a controllarsi.

Mizuki sentì una scossa ghiacciata attraversarle la schiena. Solo anni di confronti con il signor Masumi le permisero di mantenere un’espressione calma e compassata.

- Lei? Di chi stai parlando? - domandò mentre riprendeva la discesa della scalinata dicendo addio al bagno caldo che aveva in mente una volta arrivata a casa.

Sakurakoji la seguì e l’afferrò per un braccio.

- Sa benissimo di chi sto parlando! - sibilò fissandola con occhi ardenti che non preannunciavano niente di buono - Masumi Hayami è con Maya in questo momento? Dove sono? - e strinse la presa.

Mizuki rimase immobile, sostenendo lo sguardo irato di quel giovane. Voglio un aumento…

- Non dire sciocchezze… - sospirò divincolandosi dalla sua presa e raggiungendo il marciapiede.

- È lui l’ammiratore delle rose scarlatte, non è vero? - le urlò dietro Sakurakoji senza darsi per vinto. Mizuki si voltò, uno sguardo rapido intorno le permise di vedere che non c’era nessuno.

- Sakurakoji… hai bevuto per caso? - gli chiese inclinando la testa da un lato come se stesse valutando la sua sanità mentale.

- Non mi prenda per uno stupido! Ho capito tutto! È stato lui a mandarla da me il sabato della crociera, in modo che io non salissi su quella nave e lui potesse avere campo libero! - la accusò avvicinandosi minaccioso.

La segretaria osservò ogni movimento, restò immobile e ringraziò il cielo che avesse abbassato la voce.

- Te lo dirò una volta sola, quindi presta attenzione - rispose lei glaciale e Yu ingoiò la rispostaccia che aveva sulla punta della lingua - Il signor Hayami questa sera è a cena con la sua futura fidanzata, hai letto i giornali? - e alzò un sopracciglio - Per quanto riguarda la crociera, il signor Hayami faceva parte degli ospiti e il tuo contratto necessita davvero di essere modificato in vista della “Dea Scarlatta” - sospirò - E il donatore di rose scarlatte… il signor Hayami mi ha fatto indagare per anni, ma non abbiamo mai scoperto chi fosse, di sicuro non lui - e le sue labbra si piegarono in un sorriso canzonatorio. Voglio assolutamente un aumento…

Sakurakoji non aveva staccato gli occhi da lei: o era davvero una professionista della menzogna, ed era possibile, oppure aveva detto la verità. Tutta la rabbia che aveva accumulato era scemata piano piano, ad ogni sua parola.

- E ora vorrei sapere il perché di questa tua… uscita - gli domandò rifilandogli un’occhiata glaciale.

Sakurakoji esitò, poi abbassò lo sguardo e tirò fuori dalla tasca il biglietto che aveva preso nel camerino di Maya.

- Non la trovo… non so dove sia… - disse sconsolato - Abbiamo litigato sul palco, nel suo camerino c’era una rosa scarlatta con questo biglietto, sono andato al cavalcavia, ma non c’era nessuno… i suoi vestiti sono ancora appesi al porta abiti… è uscita con il costume di scena! - e le allungò il biglietto.

Mizuki lo prese e camuffò abilmente la sua meraviglia che si unì ad un nuovo, inquietante brivido freddo.

- Anche se la tua teoria sull’ammiratore potesse avere un fondo di verità, questa calligrafia non appartiene al signor Hayami - gli confermò. Non è la sua! Chi le ha mandato la rosa? Dov’è ora, Maya?

Glielo restituì e alzò lo sguardo su di lui.

- Ne è sicura? - Yu corrugò la fronte, per niente convinto.

Mizuki sollevò entrambe le sopracciglia.

- Mi hai fatto davvero questa domanda? - sospirò, aprì la cartellina che teneva sottobraccio e gli mostrò un documento - A margine ci sono delle note del signor Masumi - gli spiegò brevemente. Yu osservò gli ideogrammi ed effettivamente la calligrafia era diversa. Mizuki mise via il documento e riprese a camminare sul marciapiede verso la sua auto con un peso sul cuore. Maya…

- Aspetti! - la fermò Yu - La prego, perdoni il mio comportamento… e… - arrossì e abbassò lo sguardo vergognandosi - Sono davvero preoccupato per Maya, non so dove sia ed è tardi… Potrebbe comunque avvisare il signor Hayami? - neanche lui avrebbe saputo il perché di quella richiesta, ma era convinto di essere nel giusto anche se la segretaria aveva negato. Masumi Hayami era il donatore delle rose scarlatte ed era innamorato di Maya. Se avesse saputo che non si trovava, avrebbe smosso mari e monti come fece alla prima di Shangrilà. Ora finalmente molte cose avevano un senso.

La segretaria lo guardò in silenzio e annuì.

- Torna ai Kid Studio e avvisa il signor Kuronuma - prese una penna e scrisse su un foglietto - Questo è il mio numero, daglielo e digli di chiamarmi se Maya dovesse tornare -

Sakurakoji prese il foglietto e lo mise in tasca insieme al biglietto di Maya. Osservò la schiena diritta della segretaria che si allontanava sul marciapiede. Espirò tutta l’aria che aveva nei polmoni, stentando a credere al suo stesso comportamento di poco prima. Sto impazzendo…

Prese il cellulare e chiamò Rei Aoki, magari Maya era a casa.



Mizuki raggiunse rapidamente la sua auto, entrò, gettò la borsa e la cartella dei documenti sul sedile accanto e chiamò il suo capo. Non era sua abitudine disturbarlo nei momenti di vita privata, ma era sicura in quel caso di poter fare un’eccezione.

- Hayami - rispose subito con il consueto tono distaccato.

- Le chiedo scusa, signor Masumi, per averla disturbata, ma credo ci sia un problema - esordì mentre il suo capo dall’altra parte ascoltava. Il brusio era diminuito quindi si era spostato in una zona appartata.

- Problema? - il suo tono da distaccato divenne gelido.

- Lei ha mandato una rosa scarlatta a Maya questa sera? - dall’altra parte ci furono svariati secondi di silenzio poi la sua voce la raggiunse in una sillaba secca.

- No -

- Immaginavo - annuì alla conferma non necessaria - C’era un biglietto che la invitava a presentarsi al cavalcavia del parco Asahi - gli riferì sapendo bene che la sua mente si sarebbe messa immediatamente al lavoro.

- Sakurakoji è venuto alla Daito Art - aggiunse dopo il suo prolungato silenzio - Maya non si trova -

Dall’altra parte Mizuki non lo sentiva neanche respirare.

- Ho capito - disse solo poco dopo, mentre lei era pazientemente in attesa. Chiuse la telefonata e la segretaria fissò il display. Spero che mantenga il suo sangue freddo, signor Hayami...

Masumi strinse il cellulare in mano e puntò lo sguardo sulla bellissima donna seduta al suo tavolo. Forse un po’ troppo timida per i suoi gusti, poco avvezza alla vita mondana e ancor meno alla compagnia maschile. Continuò a guardarla a distanza e compose un numero che non aveva più fatto negli ultimi giorni.

- Hijiri, ho bisogno di te - e gli chiese rapidamente ciò che voleva facesse, e quando il collaboratore ombra si disse disponibile, non celò un sospiro di sollievo. Si rimise il telefono nella tasca della giacca e tornò al tavolo.

- Ti chiedo scusa, Shiori -

- Lavoro? - gli chiese con un sorriso dolce e comprensivo.

- Sì - rispose lui neutro, bevendo dal calice di pregiato vino rosso. Si meravigliò di se stesso per essere riuscito a camuffare così bene l’angoscia che lo dilaniava. Lo spettacolo era fra due giorni e lei…

Guardò fuori dalla vetrata del ristorante: il cielo di Tokyo era più chiaro rispetto a quello notturno delle campagne, ma le stelle si vedevano comunque. Maya…



La mattina seguente, la scomparsa di Maya gettò nel panico il gruppo di Kuronuma, ma il regista, allertato la sera precedente da Sakurakoji, affrontò il problema come suo solito: di petto. Letteralmente.

Invece del copione che brandiva solitamente, si presentò con una mazza da baseball. La puntò a terra tenendo le due mani sul pomello finale e quel gesto zittì il brusio circostante.

- Questa sapete tutti cos’è, vero? - e passò lo sguardo sui presenti - Il primo che nomina Maya Kitajima la assaggerà sul proprio corpo - li informò gelidamente - E non sto scherzando - aggiunse, se la sua espressione non fosse stata già abbastanza eloquente.

- Ora riprendiamo le prove, qualcuno si sta già occupando di Maya e non ho alcun dubbio che sarà qui per lo spettacolo! - picchiò di nuovo la mazza e gli attori presero posto come stava indicando l’aiuto regista.

Kuronuma e Sakurakoji si scambiarono un’occhiata significativa. Il regista aveva chiamato la segretaria di Masumi Hayami quella mattina, avvisandola che Maya non era rientrata e lei lo aveva rassicurato che stavano facendo tutto il possibile per ritrovarla e di non preoccuparsi eccessivamente.

Mantenere la calma non era facile in quel frangente, ma cos’altro avrebbe potuto fare se non concentrarsi sullo spettacolo che valeva tutta la sua carriera? L’importante era che i giornalisti non venissero a sapere di quella scomparsa improvvisa. Tornò alle sue prove e inviò un ringraziamento silenzioso al signor Daito che sempre si prodigava per Maya Kitajima.

Dall’altra parte della città, proprio Masumi Hayami scendeva per fare colazione. Suo padre era già al suo posto, in cima al lungo tavolo. Non sembrava particolarmente in forma, ma in quel momento la sua mente era occupata in altro.

- Chiedo scusa, signor Hayami - annunciò con discrezione un domestico. Si voltarono entrambi, ma si era avvicinato ad Eisuke - Hanno consegnato questa per lei - e gli porse una busta. Sul davanti c’era scritto solo “Hayami” ed era completamente anonima. L’aprì mentre il domestico si ritirava e Masumi tornava al suo giornale.

Eisuke si rabbuiò immediatamente.

“Bene, caro donatore di rose scarlatte, la tua rosa ha colpito di nuovo la nostra bella, solo che questa volta dietro la maschera c’era la bestia! Adesso forse sarai più propenso ad ascoltarmi e ad accogliere la mia umile, e neanche troppo pretenziosa, richiesta. Se ne avessi bisogno, ti ricordo che lo spettacolo è fra tre giorni e a meno che tu paghi, non la troverai mai. L’appuntamento è fra due giorni, di sera, alla banchina davanti alla ruota panoramica. Un tuo devoto e fervente ammiratore”

- Questa lettera è per te, in realtà, ma come al solito dovrò occuparmene io - il tono di Eisuke fu così freddo e distaccato che Masumi chiuse il giornale e lo fissò.

- Sapevi che Maya Kitajima è stata rapita? - lo disse come se stesse parlando del tempo, ma dallo sguardo del figlio, che non tradì alcuna emozione, seppe che ne era già al corrente - Ma certo che lo sapevi. E avevi intenzione di dirmelo? -

Masumi si alzò, prese la lettera che suo padre aveva lasciato sul tavolo, la lesse e sollevò lo sguardo su di lui.

- E perché avrei dovuto dirtelo? Avresti fatto di tutto perché non venisse ritrovata, così i diritti della “Dea Scarlatta” sarebbero andati direttamente ad Ayumi Himekawa, giusto? - constatò appoggiando di nuovo quella lettera - Immaginavo che quel giornalista si sarebbe fatto vivo. Pagherò - asserì con espressione completamente disinteressata - Voglio che Maya Kitajima partecipi a quello spettacolo, voglio vedere la sua Akoya - gli confidò infilandosi la giacca.

Eisuke però non ebbe la reazione che si sarebbe aspettato.

- Continuerà a ricattarti e non puoi sapere se racconterà ogni cosa ad un giornale! Sei impazzito? Questa faccenda va sistemata! - inveì contro di lui e Masumi si girò guardandolo in tralice.

- Non c’è tempo, tre giorni sono troppo pochi e Tokyo è grande - aprì la porta della sala, ma suo padre lo fermò.

- Masumi! - e il figlio si voltò - Continuerò a occuparmi io di questo giornalista, tu devi occuparti del teatro per la prima della “Dea Scarlatta”! - gli ordinò con un ringhio furioso.

- Non posso - replicò con tono sommesso - Non posso lasciarti fare, padre -

Eisuke fissò basito la schiena del figlio e quando la porta si chiuse, una fitta dolorosa gli attraversò il petto lasciandolo ansimante e senza fiato.

Ho perduto anche lui… ma io continuerò sulla mia strada… quella ragazzina… voglio vederla anche io!



Da quando aveva ricevuto la chiamata di Masumi non si era dato pace. Aveva trascorso tutta la notte a cercare informazioni su quel giornalista, pentendosi di non aver approfondito prima. Era stato in tutti i peggiori posti che avrebbe potuto frequentare quel tipo, facendo domande discrete, a volte minacciando, finché aveva trovato una traccia. Era flebile e probabilmente non avrebbe portato a niente, ma il suo scopo era trovarlo e seguirlo per riuscire a scoprire dove avesse nascosto lei.

Mancavano tre giorni allo spettacolo, sapeva che Masumi avrebbe pagato qualsiasi cifra per tirarla fuori dalla sua prigionia e non osava neanche pensare a cosa stesse pensando in quel momento, braccato da suo padre e senza poter sapere dove fosse Maya né se stesse bene. Lui invece sapeva esattamente cosa doveva fare: trovare quel giornalista e il luogo dove l’aveva rinchiusa, il resto sarebbe venuto di conseguenza.

Fissò lo sguardo attento sulla porta sgangherata di uno squallido edificio nella periferia nord di Tokyo, forse aveva trovato il suo appartamento, ma erano le dieci del mattino e di lui ancora nessuna traccia. Attese paziente per un’altra ora finché venne ripagato. Un sorriso deciso gli increspò le labbra, si tirò su il bavero del cappotto scuro e calzò bene la pelle dei guanti neri che indossava, poi si apprestò a seguirlo a distanza.



Quando Maya aprì gli occhi, un dolore lancinante le perforò la testa costringendola a richiuderli immediatamente. Cercò di rallentare il cuore che batteva all’impazzata e contemporaneamente si rese conto di avere una benda sulla bocca, sugli occhi, e mani e piedi legati. C’era anche qualcosa negli orecchi, forse cotone, perché non sentiva niente. Sono prigioniera!

La paura prese il sopravvento, togliendole il respiro come se la benda non fosse stata sufficiente. Cercò di ricordare cosa fosse avvenuto ma era tutto confuso. Il ponte... ! Ma chi mi ha preso e perché? E la rosa… come faceva a sapere…

Scosse la testa ancora più confusa e riaprì gli occhi frenando le lacrime che stavano per uscire. Non voleva disperarsi, non voleva piangere, ma soprattutto doveva trovare un modo per uscire di lì. Lo spettacolo sarebbe stato fra tre giorni e quel pensiero la investì come un camion in corsa. Un groppo in gola le impedì di respirare e la paura fece spazio alla rabbia. Si tirò su a sedere e cercò di liberarsi le mani, legate dietro la schiena, o i piedi, ma non ci riuscì. Era seduta su un futon e c’era un odore orribile, di pesce, catrame, acqua marcia.

Ma dove sono? Non vedo e non sento niente!

Provò di nuovo a sciogliere i nodi, ma i legami erano così serrati da farle sentire presto un dolore bruciante ai polsi. Si appoggiò sconsolata alla parete che aveva alle spalle e lasciò che le lacrime scendessero liberamente, fermate dalla benda che le impediva strettamente la visione del mondo.

Lo spettacolo… cosa posso fare? Perché sono qui? Sapevo che non avrei dovuto cedere ai miei sentimenti e credere a quel biglietto, non mi ha mai scritto niente del genere prima, perché avrebbe dovuto cambiare tutto ora, per i baci che mi ha dato?

Serrò i denti per l’angoscia, si sentiva una stupida ragazzina.

Avrei dovuto rimanere concentrata sullo spettacolo! Non avrei dovuto pensare a lui! Ma vedo il suo volto, sempre! Ogni volta che recito Akoya non vedo Sakurakoji, vedo lui! Sempre e solo lui! Yu ha ragione! Non interpreto Akoya, sono Maya che ogni volta si dichiara a lui! Signora… non avrebbe dovuto scegliermi, non sono pronta! Non posso essere Akoya! Mi manca così tanto! Volevo vederlo!

Si distese nuovamente tirando le ginocchia verso il petto, non riusciva a contenere la sua sofferenza, la faceva sentire piccola e in difetto, un’insignificante ragazzina che era finita in una situazione assurda senza neanche sapere perché, né chi fosse il suo rapitore.

Non riesco neppure a gestire le cose più piccole che mi riguardano… come posso pensare di interpretare la Dea Scarlatta? Cosa faranno gli altri adesso? Che ore saranno?

Spaventata e sfinita si addormentò di nuovo con pensieri oscuri a occuparle la mente.



Il giornalista aveva girovagato per tutto il giorno facendogli solo perdere tempo. Nessuno dei luoghi che aveva visitato poteva essere collegato al luogo in cui teneva Maya prigioniera. La sede di un giornale, poi di una TV locale, una mensa dove aveva mangiato uno scadente riso al curry, aveva trascorso un’ora litigando con qualcuno a telefono, era rimasto chiuso due ore in un pachinko a giocare e, quando ormai aveva perduto ogni speranza che fosse lui il rapitore, quell’uomo aveva fatto una mossa falsa.

Lo stava osservando in quel momento, seduto su una panchina di un piccolo e anonimo parco vicino a Roppongi. Era abituato a seguire la gente senza essere notato e il giornalista era troppo preso da se stesso per potersi accorgere proprio di lui. Aveva messo una mano in tasca e quando il sole ormai al tramonto aveva illuminato l’oggetto, Hijiri si era irrigidito, rimanendo immobile dietro il tronco che lo celava ai suoi occhi.

Il giornalista rigirò il segnalibro fra le dita, era anonimo, di semplice cartone bianco, con un petalo di rosa essiccato e attaccato in cima. Ridacchiò e se lo rinfilò in tasca. Si alzò e Hijiri lo seguì tenendo lo sguardo fisso sulla sua schiena.

C’era un solo modo per scoprire dove tenesse Maya: entrare in casa sua.

I due Hayami, padre e figlio, lo avevano chiamato almeno dieci volte e lui aveva deciso di non rispondere soprattutto per non perdere la concentrazione. Non era sicuro che fosse quello il motivo della sua diserzione, perché ad ogni vibrazione del telefono un moto d’irritazione gli aveva colmato il petto. Prese il telefono e chiamò Masumi per primo.



La mattina seguente Hijiri attese con pazienza che il giornalista uscisse di casa, ma il tempo passava e lui restava chiuso dentro. Rispose due volte a Masumi e una al padre Eisuke. Entrambi erano nervosi, per due motivi diversi, nonostante li avesse rassicurati che l’avrebbe trovata, ma quella certezza stava lasciando via via il posto ad un angosciante senso di inattività. L’attesa era snervante, non rimaneva più molto tempo, il signor Hayami si era rassicurato di non prendere iniziative pericolose altrimenti il suo piano sarebbe andato in fumo.

Iniziative pericolose… avrei potuto ottenere tutte le informazioni necessarie già ieri… però… devo ammettere di aver riconsiderato quell’idea folle che mi ha proposto… probabilmente è l’unico modo per liberarsi di ogni problema… il signor Hayami conta troppo sulle mie capacità… sono un ottimo osservatore e agisco all’occorrenza, ma… ciò che mi ha chiesto di fare è una cosa diversa…

La porta del condominio si aprì e ne uscì il giornalista, interrompendo il fiume di pensieri che l’aveva distratto. Lasciò che si allontanasse, scese dalla sua auto, attraversò la strada ed entrò nell’atrio buio e sporco. Un intenso odore di muffa gli aggredì le narici, ma ignorò ogni cosa e salì le scale. Individuò l’appartamento e in un attimo entrò: le serrature non erano mai state un problema.

L’interno era fumoso e oscuro, il sole filtrava parzialmente dall’unica finestra che dava sulla strada, coperta da una vecchia tenda sporca. Attese qualche secondo che gli occhi si abituassero all’ambiente, scrutò ogni angolo, dalla minicucina, al futon sfatto e lercio, alla scrivania. Si diresse lì e analizzò tutti i ritagli appesi alla parete.

Era un lavoro minuzioso di ricerca della famiglia Hayami, c’erano addirittura fotocopie di vecchissimi giornali che riguardavano Chigusa Tsukikage, Ichiren Ozaki ed Eisuke Hayami.

Potrebbe scrivere una biografia… invece preferisce ricattare rapendo ragazzine… la gente se le cerca proprio…

Spostò alcune carte e trovò un porta documenti giallo dall’aspetto relativamente nuovo, rispetto al resto che la circondava. Sollevò il lembo e all’interno c’erano decine di ritagli di articoli di riviste e parlavano tutti di Masumi Hayami e di Maya Kitajima. Aveva cercato ogni loro confronto, ogni battibecco che avevano avuto negli anni, c’erano due immagini di Maya che teneva fra le braccia un mazzo di rose e in un altro ritaglio c’era un’enorme corona di rose scarlatte appoggiata alla colonna di qualche teatro.

Anna dei miracoli…

L’ultimo foglio in quella cartellina era una sorta di schema che riuniva le varie informazioni che aveva trovato: c’erano cancellazioni, correzioni, aggiunte, ma aveva davvero capito ogni cosa.

Forse il signor Hayami ha ragione… e forse tiene di più a suo figlio di quanto non voglia ammettere…

Richiuse il porta documenti e si dedicò al resto della scrivania. C’erano dgetecine di fotografie di Maya e molte anche di Masumi, della Daito, degli studi di prova della Ondine, dove in quel momento stavano provando Ayumi Himekawa e il gruppo di Onodera, della casa di Maya, di Rei Aoki, di Saeko Mizuki, dei Kid Studio.

Aprì il primo cassetto e trovò altre vecchie fotografie, le sfogliò con calma e stava per chiuderlo quando notò una di quelle buste di carta in cui i negozi inserivano negativi e fotografie. Era l’unica con quel logo, il resto delle istantanee era stato sviluppato amatorialmente da qualcuno.

Sollevò il lembo, estrasse le immagini e un brillio illuminò i suoi occhi. Prese lentamente il cellulare dalla tasca interna e compose il numero.

- L’ho trovata - disse e dall’altra parte udì solo un sospiro di sollievo.


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Capitolo 48
*** La voce della Dea ***


Ultima revisione: aprile 2016

 

48. La voce della Dea



Riaprì gli occhi quando un intenso crampo allo stomaco le fece contorcere le viscere. Era ancora sola, nessuno era venuto a farle visita. Le bende le coprivano ancora occhi e bocca e i legami stringevano caviglie e polsi.

Quanto tempo sarà trascorso? Ho fame… sono tutta indolenzita… ho freddo...

Si tirò di nuovo su con una smorfia, appoggiandosi al muro alle sue spalle. Provò a muovere i piedi, si tolse un geta e tentò di fare scivolare un piede. Non aveva niente da fare così si concentrò su quel compito. La calza era scesa e sembrava favorire quel movimento finché alla fine, con uno strappo doloroso, riuscì a togliere il piede con un gridolino smorzato dalla benda.

Tolse subito anche l’altro lasciando a terra la corda e la calza dell’altro piede. Si alzò barcollando e cominciò lentamente a muovere qualche passo avanti.

È la stessa sensazione di quando ho interpretato Helen Keller… devo trovare un modo per togliere i legami alle mani!

Inciampò in qualcosa di duro e cadde rovinosamente a terra. Si rialzò lentamente, le mani legate dietro le rendevano i movimenti più banali davvero difficili, ma continuò la sua esplorazione. C’erano casse, barili, strani oggetti che cercava di toccare girandosi di schiena ma che non riusciva ad individuare. Lo stomaco brontolò ancora e le venne da sorridere.

Non riuscì a trovare la porta, in realtà neanche una parete, così cercò di tornare al futon steso a terra. Quello spazio di fronte sembrava libero e aveva cercato di mantenere l’orientamento pur privata della vista.

Si sedette di nuovo una volta che i suoi piedi incontrarono la coperta, appoggiò la testa alla parete e pianse colta dalla disperazione.

Lo spettacolo… le prove… Sakurakoji… come potrò salire su quel palco? Che giorno sarà? Ho così lottato per avere quel ruolo! Devo confrontarmi con Ayumi, voglio diventare la Dea Scarlatta!

La signora Tsukikage era stata molto chiara anni prima, quando le aveva detto cosa fosse lo spirito del susino: annullarsi. La parola le rimbombò nella testa permettendole di scacciare la paura e i dubbi.

In questi ultimi giorni di prove mi sono così concentrata su quella scena finale da dimenticare chi è realmente la Dea Scarlatta! Come ho potuto essere così cieca! Nell’attimo in cui Isshin cala l’ascia, lei diventa un albero! Un albero! Dona se stessa affinché possa essere scolpita la statua, sacrifica il suo amore personale per quello che ha per gli uomini… Quell’immobilità… devo smettere di essere Maya Kitajima… non devo pensare a niente, solo ad Akoya, al suo stato d’animo, alle sue emozioni… sempre che io riesca ad uscire da qui per tempo…

Si accucciò di nuovo, cercando di ripararsi dal freddo, e, dal buio della mente, un’immagine spiccò chiara tanto da farla sussultare: il signor Hayami le metteva sulle spalle la sua giacca. Affondò il volto nei capelli e scoppiò a piangere.

Qualsiasi cosa io faccia per non pensarci è vana… lui è sempre nei miei pensieri! Cosa starà facendo, ora? Saprà che sono prigioniera? Come vorrei poter sentire almeno la sua voce! Anche se dovesse prendermi in giro, non m’importerebbe!

Lasciò che le lacrime bagnassero la benda e la sensazione che da qualche giorno occupava una parte profonda della sua anima uscì completamente, lasciandola disarmata e inconsolabile. Anche se lui aveva dimostrato di provare dei sentimenti per lei, non significava niente. Suo padre aveva organizzato quel matrimonio, loro non avrebbero mai potuto…

La sola idea di perderlo le chiuse lo stomaco in una morsa dolorosa e la mente si rifiutò di formulare il pensiero. Eppure era ben consapevole della sua posizione sociale: non era nessuno, una nullità, anche solo pensare di poter avere un uomo come Masumi Hayami era lontano da qualsiasi logica e volontà.

Avvicinò le ginocchia al petto e si addormentò di nuovo, avvolta dal silenzio più assoluto e da una tenebra esterna che si infiltrò nel suo cuore ferito.



Hijiri lasciò immediatamente l’appartamento, ma quando raggiunse Odaiba il sole era già tramontato oltre le montagne a ovest di Tokyo. Accelerò, passando davanti alla piazza dove era esposto un gigantesco robot a grandezza naturale protagonista di qualche anime famoso e si diresse al molo davanti alla Rush Japan, nota per le sue cacce al tesoro.

Il quartiere di Odaiba era un centro di attrazione per turisti e giapponesi, pieno di locali, sale giochi e la grande ruota panoramica. Il traffico era intenso, guardò l’orologio nervosamente finché  giunse sulla strada parallela al molo e notò la stazione di polizia.

Questo giornalista… sta rischiando molto…

Parcheggiò rapidamente l’auto e corse verso i magazzini, l’odore del mare era pungente e il vento spinto dal Pacifico correva rapido su quella parte della Baia di Tokyo. Passò al vaglio con lo sguardo le porte dei magazzini, finché individuò quello che aveva visto nella fotografia. Un sorriso gli increspò le labbra mentre si dirigeva alla grande porta di metallo. La serratura non sarebbe stata un ostacolo, si guardò intorno e dopo qualche attimo un click gli rivelò che l’ingranaggio aveva ceduto al suo tocco delicato.

- Ma che bravo cagnolino - la voce giunse alle sue spalle, tagliente e aspra. Si voltò lentamente, incontrando lo sguardo freddo e la sagoma del giornalista. L’illuminazione era scarsa in quel punto e l’aggressore era completamente in ombra. E in vantaggio.

- Allontanati lentamente da quella porta - gli intimò facendo un passo avanti e la poca luce si rifletté sulla lama di un coltello. Hijiri assottigliò lo sguardo e si maledisse per essere stato così incauto. Eseguì l’ordine e si spostò di lato, mentre il giornalista si avvicinava al magazzino.

- E ora ti consiglio di andartene, ragazzino, se non vuoi fare una brutta fine - lo minacciò puntando avanti il coltello.

Per tutta risposta Hijiri iniziò a camminare verso l’uomo, adesso aveva lui la posizione di vantaggio e il giornalista era con le spalle al muro e poca possibilità di movimento, probabilmente non era pratico di aggressioni.

- Sei stupido? Non ci tieni alla vita? - il giornalista impugnò meglio il coltello e digrignò i denti, ma Karato proseguì silenziosamente la sua camminata. Deve essere proprio disperato...

- Io sono già morto - gli sussurrò fermandosi davanti alla lama tesa - Lascia andare la ragazza - gli ordinò con tono glaciale, di chi non era abituato a sentire un ‘no’ come risposta.

Il giornalista scoppiò a ridere.

- E dovrei farlo perché me lo dici tu? Pensavi davvero che la tua sceneggiata dell’altra volta mi avrebbe fatto capitolare? Sei ridicolo, ragazzo! Vattene via! - e distese ancor più il braccio con il coltello.

Hijiri fece un altro passo avanti e il giornalista affondò la lama che però mancò il bersaglio. Iniziarono a lottare, tenendosi per le mani e scalciando coi piedi. L’uomo era forte e non mollava il coltello, ma Karato era più abituato alla colluttazione, più esperto e preparato. Quando il giornalista si accorse di essere in svantaggio, lo colpì con forza al volto e scappò. Hijiri scosse la testa schiarendosi la vista, si girò di scatto sentendo un rumore, fissò lo sguardo nella penombra e sorrise facendo un cenno alla persona poco distante, poi si lanciò all’inseguimento del ricattatore.



Con il cuore che batteva incessante, piegò la maniglia del magazzino che cedette immediatamente. Espirò tutto il fiato che aveva trattenuto e aprì la porta, che scricchiolò fastidiosamente. L’interno era completamente buio, così cercò a tentoni un interruttore, prima a destra e poi a sinistra, lo schiacciò e lunghi neon sul soffitto illuminarono un’ampia stanza piena di casse, scatole, bidoni, fasciame di ogni tipo, bancali. Si guardò intorno, freneticamente, poi iniziò a camminare evitando gli ostacoli finché, nell’angolo in fondo a destra, la vide.

Era rannicchiata su un vecchio futon, aveva le mani legate dietro la schiena, una benda sugli occhi e sulla bocca e per terra c’era una corda abbandonata, i geta e una calza. Quella vista lo rese ancora più furibondo di quanto non lo fosse in precedenza e allo stesso tempo gli riempì il cuore di tenerezza.

È riuscita a liberarsi i piedi…

Avanzò lentamente tenendo gli occhi sul suo volto addormentato, si inginocchiò accanto a lei e iniziò a slegarle i polsi. Non sopportava di vederle quelle lacerazioni e doveva aver avuto freddo solo con lo yukata di scena.

È uscita così, credendo che quel biglietto fosse mio… è andata su quel ponte per me…

Sfilò la corda tenendole le mani, ma Maya si svegliò e sentendosi libera scattò all’indietro raggiungendo l’angolo del muro freddo. Era terrorizzata, non vedeva né sentiva niente, c’era qualcuno accanto a lei, che la raggiunse e le prese di nuovo le mani. Lei si divincolò, ma chi la teneva era fermo nelle sue intenzioni. Poi un odore familiare la colpì come un fulmine. Si bloccò, con il cuore che iniziò a battere per l’emozione e la sorpresa.

Non è possibile…

Sentì la presa allentarsi e Maya allungò le mani tremanti, che toccarono una camicia. Spostò una mano a destra, ma nel taschino della giacca non c’era alcuna rosa. Sussultò ma sollevò le mani fino a incontrare il volto dell’uomo davanti a lei. Lasciò scorrere le dita lentamente, il naso all’insù, gli occhi ciechi, ma la sua mente ricompose perfettamente quel viso. Masumi la osservò strabiliato, accettò quell’esame lento e minuzioso, le sue piccole dita che scorrevano sulla pelle, lasciando un’invisibile traccia tiepida.

Poi la consapevolezza che il suo non era solo un sogno, le illuminò il volto e Masumi la vide cambiare proprio come quella volta a Nagano.

Signor Hayami!

Lo abbracciò stretto, inginocchiata davanti a lui, piangendo lacrime che liberarono il suo cuore dall’oppressione e dalla paura. Lui socchiuse gli occhi per la dolcezza che gli dilagò nell’anima, poi la strinse a sé con forza. Maya…

Mi ha trovata! È venuto per me!

Maya non riusciva a comprendere cosa fosse accaduto, ma in quel momento l’unica cosa a cui riusciva a pensare erano quelle braccia protettive che la stringevano. Sentì le sue mani che trafficavano con le bende e quando caddero, la luce intensa la costrinse a stringere gli occhi. Si portò automaticamente le mani al volto e si tolse il cotone dagli orecchi. Improvvisamente il mondo cambiò aspetto, proprio come durante le sue prove per Anna dei miracoli. Udì il rumore del mare, un gabbiano che garrì, gli alberi delle navi che tintinnavano nel vento e la sua voce.

- Maya… - la chiamò, sussurrando appena, timoroso che quell’uomo potesse averle fatto del male. Lei sollevò lo sguardo lentamente e quando incontrò i suoi occhi azzurri rimase folgorata da quanto fossero diversi. Non è più la stessa persona che conoscevo…

Masumi le sorrise e lei si buttò fra le sue braccia, piangendo senza riuscire a fermarsi, tutta la tensione che scivolava via da entrambi.

- Grazie! Grazie! - singhiozzò fra le lacrime, tenendosi stretta a lui. In quel momento, tutti i ragionamenti che aveva fatto, tutti i pensieri, tutte le emozioni, ogni cosa venne cancellata dalla sua vicinanza, dalla sua voce che ripeteva il suo nome in un mormorio lieve.

Lui si alzò prendendola in braccio, mentre il suo pianto si placava. Attraversò lentamente il magazzino, Maya si appoggiò al suo petto e quando raggiunse l’esterno si era abbandonata fra le sue braccia, addormentandosi.

Mi dispiace, Maya… è a causa mia… non avevo compreso quanto fosse pericoloso quell’uomo…

Fissò il suo volto mentre l’adagiava sul sedile dell’auto, poi i polsi graffiati e la rabbia gli fecero serrare con forza i denti. Chiuse delicatamente la portiera per non svegliarla e chiamò Mizuki.



Quando il cellulare squillò, Mizuki saltò sulla sedia, abbandonò il documento che stava leggendo e rispose cercando di controllare la sua apprensione.

- Mizuki - disse decisa.

- Avvisi il regista Kuronuma, Maya domani si presenterà allo Shuttle X -

La segretaria trattenne il fiato, anche se la voce del suo capo le aveva dato un ordine, il suo tono non aveva niente del manager che incontrava ogni giorno in ufficio. E ora sapeva anche perché le cose fossero così drasticamente cambiate.

- L’ha trovata? - gli domandò con tono euforico.

- Sì - rispose con tono distratto.

- Avviserò il regista immediatamente -

- Grazie, Mizuki - e chiuse la telefonata.

Saeko fissò lo schermo perplessa. Grazie, Mizuki…? Ma guarda cosa fa l’amore…

Sorrise e chiamò il regista che lì per lì rimase in silenzio e poi esplose in una serie di benedizioni e maledizioni, confuse e gridate, che la costrinsero a scostare il cellulare dall’orecchio. L’unica cosa che riuscì a capire era che il signor Kuronuma era contento.

Devo chiamare Rei Aoki… deve essere in pensiero...

Si erano incontrate il giorno prima e le aveva detto tutto. All’inizio, il racconto sembrava la storia ordinaria di una ragazza ordinaria com’era Maya, poi le cose erano cambiate. Quando aveva conosciuto Masumi Hayami.

Compose il numero e la chiamò.



Caldo, morbido, profumato. Furono queste le prime sensazioni che ricevette da ciò che la circondava. La mente ci mise un po’ a rievocare gli eventi precedenti, quindi per un attimo le sembrò di essere nel suo futon.

La Dea Scarlatta!

Scattò a sedere, sbatté le palpebre e si guardò intorno smarrita. La stanza era avvolta dalle tenebre, tranne una finestra sulla destra da cui filtravano i raggi della luna, e aveva qualcosa di familiare. Abbassò lo sguardo e si rese conto di stringere fra le mani un piumone colorato di un letto occidentale. Bende bianche le fasciavano i polsi e avvertì la stessa cosa sulle caviglie. Il ricordo di ciò che era avvenuto la investì di colpo, spostò gli occhi freneticamente per la stanza, riconoscendola subito, e il suo cuore perse un battito.

È quella stanza! La stessa di tanto tempo fa!

Scese dal letto con una smorfia e raggiunse il cono di luce della finestra. Tirò il lembo di tessuto che aveva addosso e si accorse di indossare un pigiama da uomo.

Oh no! Di nuovo!

Arrossì e staccò le mani, guardandosi sconsolata.

- Era l’unica cosa che potessi indossare, non ci sono donne, qui -

Maya si girò di scatto reprimendo un grido di dolore alla caviglia. La voce proveniva dalle tenebre davanti a lei, oltre il letto di cui vedeva appena la sagoma. È lui!

Sentì i passi avvicinarsi e lei ne fece qualcuno indietro finendo contro la finestra senza neppure sapere il perché di quella reazione. Masumi Hayami entrò nel cono di luce della luna e i toni di bianco e nero definirono la sua figura.

Maya spalancò gli occhi appoggiandosi con la schiena al bordo della finestra.

- Signor Hayami… - sussurrò fissandolo stupita e imbarazzata.

- Ti avevo già detto che ti dona, vero? - e le sorrise fermandosi a distanza.

In un attimo il ricordo della sua visita in quella casa molto tempo addietro le invase la mente. Shangrilà… mia madre…

Il pensiero che lui potesse tenerla lì per non farla partecipare allo spettacolo coprì ogni altra cosa, perfino quello che era accaduto solo qualche giorno prima in auto davanti a casa sua, perfino il fatto che, innegabilmente, l’avesse tratta in salvo dal suo misterioso rapitore.

- Che giorno è? Che ore sono? - gli chiese apprensiva. Lui si fece subito serio, rimase immobile davanti a lei, Maya non riusciva a vedere i suoi occhi e non immaginava che espressione avesse, solo le sue labbra erano tirate in un sorriso malinconico.

- Vedo che non hai ancora perduto la diffidenza nei miei confronti - le confidò amareggiato e Maya si sentì tremendamente in colpa.

- Io… - balbettò, ma lui la interruppe.

- Sono le due di notte, la “Dea Scarlatta” è nel primo pomeriggio, il tuo regista è già stato avvisato - la tranquillizzò facendo un passo avanti, così lei poté finalmente vederlo in piena luce. Sembrava stanco e preoccupato, in quel momento si accorse della rigidità delle spalle, delle braccia lungo i fianchi, immobili, delle mani strette a pugno.

Masumi la fissò, l’aveva seguita con lo sguardo dal momento in cui si era svegliata. L’aveva osservata di nascosto fin da quando era una ragazzina e restare nell’anonimato gli dava una certa sicurezza. Quando si guardavano, invece, qualcosa scattava, anche se lei probabilmente non se ne rendeva conto, e lui perdeva ogni grammo di lucidità e capacità di analisi che aveva acquisito nel tempo. Come in quel momento.

Il suo pigiama le stava grande, almeno quattro taglie sopra, aveva tirato su le maniche e le bende erano evidenti.

Maya vide la sua espressione cambiare, i suoi occhi, che sembravano grigi, si assottigliarono e diventarono gelidi.

- Ti ha fatto del male? - le chiese con più freddezza di quanto avesse voluto, ma lei lo teneva a distanza: credeva forse che l’avesse segregata in casa sua per impedirle di partecipare allo spettacolo?

- No - Maya scosse la testa e abbassò lo sguardo - Chi mi ha… - ma non riuscì a terminare la frase, si ritrovò stretta fra le sue braccia, sentiva il suo cuore battere forte in petto e l’emozione che la investì le lasciò appena la capacità di respirare, annullando tutto il resto.

- Mi… mi dispiace… sono stata io? È colpa mia? - balbettò Maya, confusa e spaventata, certa che la causa di tutto quel trambusto fosse lei stessa.

- No, Maya, non sei stata tu - mormorò Masumi stringendola a sé. Quando l’aveva vista così dimessa, con quello sguardo pieno di dubbi e paure, non era più riuscito a starle lontano. Non gli importava che lei lo respingesse, né che pensasse a lui con disprezzo, invece Maya lo sorprese, allungò le braccia e si strinse a lui, cercando conforto.

- Grazie per… per avermi aiutata - balbettò in un sussurro imbarazzato. Masumi la scostò appena, per riuscire a guardarla in volto. La luce della luna illuminava solo metà del suo viso, l’altra era al buio. Non mi abituerò mai a te, ragazzina, continui a sorprendermi ogni volta…

Maya si perse in quello sguardo così misterioso, che per tanti anni l’aveva sfidata e canzonata, e l’unica cosa che seppe fare fu sorridergli dal profondo del cuore, sperando che capisse quanto gli fosse riconoscente. Masumi la vide sbocciare davanti ai suoi occhi, neppure il sorriso di Akoya sul ponte della nave era stato così genuino e spontaneo.

Si era spaventato, l’idea che sarebbe potuto accaderle qualcosa non l’aveva fatto dormire in quei due giorni e quando l’aveva vista in quel magazzino, si era reso conto della realtà: non avrebbe potuto vivere senza di lei. Lasciarla ad un altro uomo? Impossibile. Permettere a qualcun altro di proteggerla? Intollerabile. Doveva farle sapere quanto tenesse a lei.

Devo… devo assolutamente dirglielo… altrimenti penserà che non ci sono speranze...

Emozionato e teso dette voce a quel pensiero e le parole trasformarono in realtà ciò che il suo cuore e la sua anima urlavano da tempo.

- Ti amo - sussurrò sfiorandole il volto con le mani e tenendo gli occhi incatenati nei suoi, il sangue che correva rapido e gli rimbombava nella testa.

Maya spalancò gradualmente gli occhi e arrossì, piena di una felicità che non credeva di meritare. Smise di respirare, fissandolo, colpita dalla viva sensazione suscitata da quella semplice parola. Come posso aver davvero trovato la mia anima gemella?

Allungò le mani afferrando la sua camicia, si alzò sulla punta dei piedi andandogli incontro e Masumi si piegò, accostando le labbra alle sue.

Entrambi coinvolti da una bramosia inusuale e sconosciuta, si abbandonarono l’uno nelle braccia dell’altra, approfondendo quel bacio appassionato che riuniva finalmente le due anime. I loro cuori battevano all’unisono, spinti da un’emozione fortissima che gli impediva di tornare alla realtà, trattenendoli in quel mondo dorato, pieno di calore e amore.

Maya lasciò scivolare le braccia dietro la sua schiena, trasportata da quell’onda eccitante e folle, si sentiva come ubriaca, l’unica cosa a cui riusciva a pensare erano le grandi mani che la stringevano e le sue labbra che… santo cielo… mi tremano le gambe…

Masumi prolungò quel piacere finché non la sentì cedere, completamente abbandonata fra le sue braccia. Era come un sogno, una sorta di realtà alternativa, perché se fosse stato tutto realmente vero, probabilmente sarebbe impazzito di felicità, e lui sapeva quanto fosse effimero quel sentimento, solitamente era breve e violento, ma non duraturo.

La tenne a sé, staccandola dalla finestra, lasciando scivolare lentamente le mani sulla schiena diritta e tesa mentre quel bacio aveva acceso il loro desiderio. Maya abbandonò la vecchia se stessa, quella sempre indecisa, titubante, inadeguata, lasciò che quell’uomo l’accarezzasse, facendo esplodere il suo cuore e scacciando tutta la paura di quel rapimento e le insicurezze per la Dea. In quel momento c’erano solo loro due.

Akoya e Isshin…

Lo imitò, mosse le mani incerta sulla schiena ampia, voleva essere un messaggio per lui, per dimostragli quanto l’amasse, che si fidava di lui. Masumi venne scosso da un brivido profondo, lei probabilmente non si accorgeva di quanto quei gesti semplici e all’apparenza privi di sensualità in realtà minassero e infrangessero ogni sua difesa.

Non ci sono più barriere fra noi…

Maya trasse un piacere inaspettato nel toccarlo, tanto che, involontariamente, continuò a lasciar scivolare le mani fin sui fianchi, seguendo il profilo del suo corpo, poi davanti, risalì fino a raggiungere il suo collo, a cui s’aggrappò, troppo emozionata.

Masumi trattenne un sussulto a quel movimento spontaneo rendendosi conto di non aver mai raggiunto con nessun’altra quel perfetto grado d’intimità e desiderio, una sensazione nuova e carica di aspettativa che spazzò via ogni dubbio residuo.

Interruppe quel bacio e la fissò, volto contro volto. Erano entrambi coinvolti senza possibilità di ritorno e Maya, con il respiro accelerato e la mente in subbuglio proprio come lui, si accorse della fiamma nei suoi occhi, la stessa che accendeva il suo cuore.

La sollevò in braccio e lei nascose il volto nell’incavo del suo collo, imbarazzata e tesa. La sua pelle era calda e aveva un intenso odore maschile, lo stesso che aveva sentito nel magazzino.

L’adagiò lentamente sul letto, senza mai smettere di guardarla, era sicuro di quello che faceva, perché gli occhi di Maya non gli avevano mai mentito. Si distese accanto a lei e le accarezzò il volto. Era impacciata, ma quell’atteggiamento non fece altro che emozionarlo ancora di più.

- Tu sei l’altra parte di me… - sussurrò Maya arrossendo e fissando senza paura i suoi occhi intensi.

- Io sono l’altra parte di te - concluse Masumi avvicinandosi e catturando di nuovo le sue labbra.

Maya cercò la sua mano, mentre si perdeva in quell’estasi squisita e intrecciò le dita alle sue. Masumi la strinse, infondendole sicurezza, si sollevò appena e lasciò lentamente scivolare i polpastrelli lungo il fianco di lei, perdendo il contatto con la realtà.

Entrambi si lasciarono trasportare dai reciproci sentimenti ormai esplosi con quel bacio infiammato.



Maya si stirò sbadigliando, strinse forte gli occhi e allungò gambe e braccia sul materasso morbido. Materasso?

Si tirò su di scatto, il cuore che batteva a mille, la mente ormai sveglia che le riversò addosso migliaia di immagini e sensazioni, disorientandola completamente. Si rese conto di essere nuda e, sconvolta, tirò verso di sé il lenzuolo candido con l’unico risultato di scoprire lui.

Spostò molto lentamente lo sguardo alla sua destra, tenendo strettamente il tessuto al petto per coprirsi, e rimase congelata dalla vergogna.

Il cotone morbido era sceso fino ai fianchi e lei non riusciva a smettere di fissarlo. Non è stato affatto un sogno! È tutto vero… verissimo… sa-santo cielo…

Si passò le mani fra i capelli e quando il lenzuolo accennò a scendere, lei lo riprese subito avvolgendoselo intorno con un movimento inconsulto. Il risultato precedente peggiorò, scoprendolo ancora di più, e Maya chiuse gli occhi arrossendo interamente finché sentì il tessuto in tensione. Riaprì un occhio solo e si accorse che lui l’aveva afferrato con una mano e tirato verso di sé.

- Fa freddo - borbottò la sua voce profonda e solo in quell’istante Maya ebbe il coraggio di guardarlo in volto. Masumi la guardava in modo diverso da come avesse mai fatto prima e lei si voltò dandogli le spalle, incapace di reggere l’imbarazzo. Lui seguì lentamente il profilo della sua schiena candida e liscia che terminava con le natiche perfette a forma di cuore, affondate nel materasso. È come una visione… è lei davvero? O è un altro dei miei sogni?

Maya sentiva il suo sguardo addosso, le bruciava la pelle come carbone ardente, la vergogna le impediva di ragionare e il ricordo delle emozioni che li avevano travolti la colpì nuovamente. Non posso credere che io…

Abbassò lo sguardo e serrò gli occhi, non era mai stata così in imbarazzo in vita sua. Nessuna delle cose che le erano capitate erano in alcun modo paragonabili a quella e non era in grado di uscire da quello stallo. Si sentiva stupida, inesperta, incapace di esternare in quel momento i propri sentimenti. Lui si mosse sul letto e il suo cuore accelerò subito.

- Stai bene, Maya? - le sussurrò in un orecchio coprendola con il lenzuolo. La sua voce dolce e apprensiva le sciolse l’anima: ancora una volta si preoccupava per lei. Un po’ della tensione si allentò e si appoggiò a lui annuendo.

- Sì - mormorò, stringendosi nel lenzuolo.

Masumi l’abbracciò, attirandola a sé, cercando di infondere quel senso di protezione che, in quegli anni, aveva provato costantemente a darle tramite l’ammiratore. Il profumo che emanava gli ricordava prepotentemente quella notte appena trascorsa, la Maya che era stata fra le sue braccia era completamente diversa da quella imbarazzata davanti a lui.

- Di qualsiasi cosa si tratti, sei sempre Akoya. Ti adoro lo stesso. Così come ci sono donne particolarmente brave nel tessere, tu sei abile a parlare con gli alberi, gli uccelli, il vento e il drago - sussurrò Masumi usando le parole di Isshin e assorbendo tutta l’emozione dell’averla così intimamente vicina. Sapeva bene che l’unico modo per farla reagire era ricordarle delicatamente, vista l’ora, che avrebbe dovuto recitare quel ruolo per cui aveva tanto lottato.

Maya s’irrigidì nell’udire quelle parole, le aveva pronunciate come mai Sakurakoji aveva fatto interpretando Isshin. La Dea Scarlatta… lo spirito dell’albero di susino…

Chiuse gli occhi e Masumi la sentì inspirare e rilassarsi. Puntò sulle ginocchia, girando fra le sue braccia e, ignorando la nudità quando uscì dalla protezione del lenzuolo, gli accarezzò le spalle catturando il suo sguardo, sicura che ci avrebbe trovato solo l’amore che le aveva donato quella notte con tutto se stesso. Ora ho capito tutto, mio ammiratore…

- Io ti amo - sussurrò con la voce carica di sentimento e Masumi rabbrividì, incapace di distogliere lo sguardo dal suo così magnetico - Finora nessuno mi ha trattato come una ragazza normale…. sei la prima persona. Quando ho incontrato te, sono riuscita finalmente a sentirmi una ragazza come le altre - gli confessò usando le parole di Akoya. Allungò lentamente le braccia, distendendole oltre le spalle ampie e chiudendole, appoggiò le labbra sulle sue, affondando in quell’emozione infinita di cui ancora non riusciva a capacitarsi. È questa la felicità?

Masumi rimase scioccato da quella dolcezza spontanea; il tono della sua voce, quella di Maya non quella impostata di Akoya, era stato vibrante e carico di consapevolezza; i suoi occhi, trasparenti e sinceri come sempre; il suo tocco, qualcosa di nuovo e stupefacente. Allungò le braccia, sfiorandole appena i fianchi con le dita, ma quando toccò la sua pelle, l’attirò a sé, attraversato da un brivido incontrollabile che gli fece abbandonare ogni riserva.

Lottando contro quel desiderio crescente, abbandonò le sue labbra e la coprì ancora con il lenzuolo, in un gesto delicato e pieno di attenzione. Maya osservò le sue mani muoversi, mentre quel silenzio imbarazzato calava su entrambi. Fino a quel momento non l’aveva capito, ma ogni volta che lui l’abbracciava in quel modo, lei si perdeva in un altro mondo.

Sollevarono lo sguardo insieme, arrossendo appena per quell’intimità profonda appena condivisa.

- Lo spettacolo, Maya… - mormorò accarezzandole una guancia. Vide il suo sguardo cambiare di punto in bianco: s’irrigidì, il labbro inferiore iniziò a tremare vistosamente e il calore del suo corpo scese di diversi gradi all’improvviso. Si trattenne dallo scoppiare a riderle in faccia, talmente comica era la sua espressione.

- Che… che ore sono? - domandò basita, mentre una voragine nera la inghiottiva.

- C’è un taxi che ti aspetta, non temere - la rassicurò, ma lei cambiò espressione di nuovo.

- Ma… e…? - balbettò, arrossendo squisitamente.

- Io sarò lì, come sempre - le sorrise, gioendo segretamente di quell’esitazione per una sua eventuale assenza. Sarei lì anche se cascasse il mondo, Maya…

Lei annuì sorridendo, persa in quello sguardo cristallino che rifletteva i suoi stessi sentimenti. Come dev’essere perdere la persona che si ama? Doverci rinunciare? Come si sarà sentita Akoya? Perché io… ora… proprio non riesco a immaginarmelo…



La porta si spalancò all’improvviso e il regista, circondato dal suo staff, si voltò scattando come una molla.

- Kitajima! - gridò, alzandosi in piedi e lasciando cadere il copione. Maya sbiancò e cercò di controllare il tremito che l’aveva pervasa oltre che far entrare più aria possibile nei polmoni a causa della corsa e dell’apprensione.

Kuronuma la squadrò da capo a piedi, indossava una strana tuta ginnica maschile che sarebbe stata più adatta ad un ragazzino e teneva serrati fra le braccia la sua borsa e lo yukata di scena che usavano durante le prove ai Kid Studio. Un intenso rossore le tingeva il volto e preferì evitare di pensare cosa potesse significare.

Quando la sera precedente aveva ricevuto la telefonata della segretaria di Masumi Hayami per poco gli era venuto un infarto. Solo alle prime parole della donna il suo cuore aveva cessato di battere per lo spavento.

Maya s’inchinò profondamente e chiese scusa dieci volte, balbettando e mostrandosi estremamente nervosa.

- Va bene, va bene! - tagliò corto il regista raccogliendo il copione - VAI SUBITO A CAMBIARTI! - urlò camuffando il suo sollievo - Il tuo camerino è in fondo a destra, accanto a quello di Yu! -

Maya s’inchinò di nuovo e schizzò via senza una parola, troppo imbarazzata e piena di sensi di colpa. Il cuore le martellava come se dovesse scoppiarle. Corse a perdifiato lungo il corridoio semi buio, incontrò altre persone che non la degnarono di uno sguardo e lei fece altrettanto, troppo scossa e nervosa.

Lo Shuttle X era stato allestito con giganteschi padiglioni a lato del palcoscenico naturale che si vedevano anche dall’esterno. Un tecnico uscì da dietro una tenda e un raggio di sole filtrò mostrando uno scorcio dell’esterno. Maya si fermò, lo sguardo attirato dal brillio del binario. Si mosse lentamente, scostò il tessuto e poté guardare l’area in cui avevano provato solo qualche giorno prima.

Un vento lieve muoveva i radi cespugli di erbacce, l’aspetto era migliorato solo un po’, ma la crudezza del metallo e del cemento erano ancor più in evidenza. Avanzò e attraversò quello che in un teatro normale sarebbe stato il posto dell’orchestra. Si mise di fronte al binario centrale, a sinistra il mondo degli umani, come l’aveva immaginato lei, a destra quello degli spiriti, di fronte la porta che li divideva, idealizzata dal passaggio superiore sopraelevato. Dietro di lei erano state ordinatamente poste le sedie per gli spettatori. Le bastò chiudere gli occhi un istante per rivedere la valle, il villaggio, il ruscello, la prigione di Akoya, il giardino dell’Imperatore.

- Sei pronta, Maya? - la voce roca e stanca provenne dalle sue spalle e lei si girò, spaventata.

- Signora Tsukikage… - sussurrò in preda all’ansia. L’anziana sensei mostrava tutti i suoi anni, ma i suoi occhi brillavano intensamente come mai li aveva visti prima di quel momento. Incoraggiata da quello sguardo, Maya si erse sulla persona, stringendo ancor più ciò che teneva fra le braccia.

- Sì, signora, sono pronta - rispose annuendo lentamente.

- Mostrami la tua Dea Scarlatta, Maya - la incitò facendo qualche passo avanti e appoggiandosi al bastone - Oggi sarà una giornata indimenticabile -

La giovane annuì, stranamente serena, non vedeva l’ora di calcare quel palco e di far vedere a tutti la sua Dea Scarlatta.

Signora Tsukikage… reciterò per il pubblico e insieme a tutti gli altri attori! Diventerò Akoya!

Fece un lieve inchino e scappò di nuovo verso i camerini. Individuò quello di Yu e si fermò di fronte alla porta. Allungò una mano per bussare, ma la porta si aprì davanti a lei.

- Maya! - gridò Sakurakoji stupito, abbracciandola d’impeto.

- Yu… - sussurrò lei, che con le braccia impegnate non poteva rispondere al suo slancio d’affetto e apprensione.

- Dove sei stata? Cos’è successo? - le chiese immediatamente, lasciandola dall’abbraccio e fissandola mentre la tensione iniziale scemava.

- È tutto a posto, Yu - rispose lei, arrossendo lievemente. Yu la osservò, quella strana tuta ginnica non sembrava sua, era maschile in realtà, e fra le braccia stringeva lo yukata con cui era uscita tre giorni prima. Cosa è accaduto, Maya… perché sei imbarazzata?

- Pensiamo allo spettacolo, non c’è tempo per questo, ora, e comunque fa parte del passato e io sto bene! - ribadì piena di energie, anche perché non avrebbe saputo assolutamente cosa dirgli né da che parte rifarsi per raccontargli gli ultimi tre giorni.

- Ti chiedo solo un favore, potresti prestarmi il cellulare? Vorrei chiamare Rei… - gli confessò piena di vergogna, abbassando la testa. Sakurakoji la guardò ancora un attimo, non voleva, non poteva immaginare in quel momento dove fosse stata e con chi. Non avrebbe voluto associare Masumi Hayami al donatore di rose scarlatte, ma la sua mente fece ogni cosa da sola, in fondo era stato il suo pensiero fisso in quei giorni colmi d’angoscia. Adesso era sicuro che fosse lui, aveva ricordato molti particolari, ogni cosa combaciava e quando ormai aveva accettato quel fatto si era domandato come non avesse potuto accorgersene prima. Forse perché mi sembravano distanti anni luce… nessuno potrebbe immaginare un uomo del genere attratto da una ragazza come Maya…

Rientrò in camerino e prese il cellulare appoggiato sulla toletta per poi passarglielo con un sorriso. Maya chiamò Rei immediatamente e Yu la osservò, impacciata e imbarazzata come sempre. Si scusò infinite volte per averle dato pensiero e la rassicurò che era tutto a posto e che l’avrebbe aspettata fuori dallo Shuttle X.

Era stato impossibile, infatti, riuscire ad invitare altre persone esterne. L’elenco di chi avrebbe potuto assistere a quello spettacolo dimostrativo, unico nel suo genere, era stato scrupolosamente selezionato e gestito dall’Associazione Nazionale per lo Spettacolo, sotto la supervisione della signora Tsukikage. Alla fin fine era solo una questione di soldi e forse il signor Hayami non aveva tutti i torti… La Dea Scarlatta genererà un indotto impressionante nei prossimi anni… chi riuscirà ad avere l’esclusiva per le sua rappresentazione, a prescindere dall’ottenere o meno i diritti, avrà un miniera d’oro… Maya… se vincerai questa sfida… diventerai molto ricca… riuscirai a gestire ogni cosa continuando a recitare con quella spontaneità? O verrai risucchiata da questo mondo?

Maya chiuse la telefonata e allungò la mano porgendogli il cellulare. Yu la fissava, i pensieri perduti nelle sue riflessioni, e lei lo guardò incuriosita, il braccio alzato, in attesa. Quando Yu si riscosse, borbottò una scusa e riprese il telefono.

- Vado a prepararmi! - gli disse lei euforica.

Sta già pensando allo spettacolo… qualsiasi cosa sia avvenuta è già lontana nei suoi ricordi…

- Ti aspetto sul palco, Maya - annuì lui, celando i dubbi e la gelosia. Lei si mosse ma lui la chiamò di nuovo.

- Maya! - e l’afferrò per un braccio - Come facciamo per quella scena…? - era stato il suo secondo cruccio in quegli ultimi giorni, quella scena finale, l’accettazione della morte, Akoya che diventa un albero di susino. Lei sussultò, fissandolo intensamente.

- Non lo so, Yu - ammise voltandosi verso di lui - Ma tu ed io, su quel palco, saremo Isshin e Akoya. Per la prima volta reciteremo tutto il dramma in fila, con una pausa fra i due atti, e sono sicura che agiremo esattamente come agirebbero loro! - il suo volto era raggiante, gli occhi brillavano come stelle e con una mano strinse la sua aggrappata al braccio.

Sakurakoji si lasciò trasportare dal suo genuino ottimismo. Comincio a capire come devono essersi sentiti gli altri attori che Maya ha incontrato… sul palco, ne sono convinto, vedrò una Akoya completamente diversa da quella delle prove e sarò costretto a starle dietro… sarà questa la mia vera sfida!

- Allora ti aspetto, Akoya - annuì sorridendo e lasciandola. Maya corse via e Yu ancora non poteva sapere che l’avrebbe rivista, realmente, solo alla fine dello spettacolo.



Ayumi Himekawa prese posto insieme ai suoi genitori nelle poltrone che erano state riservate per loro. Era stata molto combattuta, in passato non aveva voluto vedere le esibizioni di Maya quando si erano trovate contrapposte, ma la “Dea Scarlatta” era una cosa completamente diversa. Niente di ciò che avrebbe potuto fare o dire Maya avrebbe in qualche modo minato la sua interpretazione. Aveva la sua Akoya, erano settimane che la interpretava, non aveva dubbi sulle sue scelte e non si sarebbe lasciata influenzare. Senza contare che non vedeva praticamente niente.

Avvertì il tocco gentile di Peter sul gomito e si voltò sorridendogli.

- Scatta delle fotografie, per favore - gli chiese in un sussurro dolce. Lui la guardò per un attimo, quegli occhi di fata avevano il potere di incantarlo.

- Ma certo, ma petite chérie - annuì il fotografo preparando la sua reflex. Da quella sera al magazzino, ogni cosa era cambiata. Ayumi era cambiata. Lui era cambiato. Farei qualsiasi cosa per te, Ayumi… qualsiasi…

Ayumi si sedette e lui si spostò facendo alcune foto al palco naturale che vedeva per la terza volta. Il giorno di prove del gruppo di Onodera era stato una maratona massacrante. Alla fine si era domandato come facessero gli attori a reggere quei ritmi imposti da quell’uomo sgradevole ed esigente.

Individuò tre uomini vestiti di nero che sembravano sorvegliare un uomo anziano in abiti tradizionali dall’aspetto nobile e un altro, all’apparenza malato, in sedia a rotelle. I due parlavano e sembravano essere amici. Scattò una foto e spostò l’obiettivo a destra. L’inquietante signora vestita di nero che deteneva i diritti di quell’opera, era seduta al suo posto, in silenzio, alla sua sinistra il fido segugio, e alla destra il Presidente Yamagishi dell’Associazione Nazionale. Scattò di nuovo e tornò con l’occhio a guardare il resto della platea che andava riempiendosi per quell’evento tanto chiacchierato e atteso. Individuò un gruppo di ragazzi e riconobbe alcuni degli amici di Maya Kitajima. Scattò ancora e fece un primo piano all’interessante ragazza alta e bionda che sembrava un ragazzo. Puntò, poi, l’obiettivo sul padiglione da cui entravano gli ospiti e si bloccò.

- Ben arrivato… è da un po’ che non ci vediamo… Mr. Iceberg - mormorò appena fra sé e sé, mise a fuoco la coppia elegante e scattò due fotografie. E così quella deve essere la famosa Shiori Takamiya… i giornali di spettacolo non parlano d’altro... davvero una donna notevole… hai capito quell’uomo che sembrava tanto freddo...

Masumi Hayami condusse la donna che aveva al braccio dai due uomini circondati da quei tipi sospetti.

Hamil inquadrò il quartetto e scattò. Quello in abiti tradizionali deve essere l’Imperatore Takamiya… e l’altro… beh l’altro è Eisuke Hayami…

Padre e figlio non si guardarono nemmeno, mentre la donna sorrise e parlò a lungo col nonno finché non venne chiamato l’inizio dello spettacolo. Hamil tornò a sedere accanto ad Ayumi, alla quale si erano uniti Onodera e Kei Akame, e la trovò concentrata, con lo sguardo fisso davanti a sé.



Maya udì la chiamata, esattamente come tutti gli altri attori, il brusio cessò, abbassò la testa e lasciò che la Dea Scarlatta entrasse dentro di lei. Aveva rimuginato abbastanza, era inutile farsi un cruccio di ciò che avrebbe potuto fare in più. Ora è il momento di recitare!

L’idea dei giochi d’imitazione attirò immediatamente il pubblico, che si trovò immerso in quell’atmosfera di cui ben presto dimenticarono acciaio e cemento, sostituiti da campi, villaggi, boschi, susini in fiore. Non c’erano veramente scenografie, né musica, né luci, a parte quelle indispensabili, ma la forza recitativa del gruppo di Kuronuma sbalordì tutti, trascinandoli con prepotenza in un mondo di spiriti, orchi e draghi. Per i costumi avevano scelto yukata e kimono, ma tutti moderni, non quelli da rievocazione storica. L’impatto fu impressionante perché sembravano persone attuali che si stessero confrontando con il mondo degli spiriti.

Ma la discesa della Dea della Natura sulla Terra lasciò tutti senza parole. Maya abbandonò la sua consapevolezza e la sostituì con quella della Dea, imprimendo in quell’interpretazione adirata tutto ciò che aveva imparato in quei sette anni e durante le prove nella valle dei susini. Il suo kimono, rosso e oro, accentuò la sacralità di cui era ammantata e l’unico rumore, per un attimo, fu la decorazione dei suoi kanzashi che tintinnavano.

Sakurakoji l’aveva seguita e si rese conto che non era più Maya Kitajima, la sua non era un’interpretazione, non stava recitando, lei viveva quella vita in quel momento.

Genzo vide la signora Tsukikage sbiancare accanto a sé quando Maya pronunciò le prime parole della Dea, appena destata dall’odore del sangue. Quella ragazza stava addirittura superando le sue aspettative: la voce, il suo movimento, le scene erano così coinvolgenti da far dimenticare a tutti la vera struttura di quel palco naturale.

Masumi non si sarebbe mai aspettato di rivivere quel momento con la stessa intensità che aveva provato nella valle dei susini. Maya pronunciò quelle parole, lo stesso sguardo, amplificato, diretto alle cose grandi e non alle piccole, spaziò su tutta la platea e lo fissò su di lui. O così gli parve perché non era possibile che Maya lo stesse guardando. Sta recitando, è solo la Dea Scarlatta...

Il fotografo francese fissava sbalordito quella ragazzina che, nonostante sembrasse insignificante, sul palco diventava un’altra persona. Nelle prove alla valle aveva avuto modo di vedere il suo risveglio della Dea, ma quella recitazione di allora non aveva niente a che vedere con quella che stava guardando in quel momento. Il suo volto aveva perduto i tratti che conosceva, i suoi occhi fissavano in basso colmi di una saggezza infinita e di un amore sconfinato.

C’è qualcosa di diverso… è consapevole del suo amore per gli uomini, sa che sono preziosi ed è addolorata perché si uccidono fra loro e non comprendono quanto la vita sia sacra… la Dea soffre… sta soffrendo!

Quando si rese conto di aver pensato all’attrice come alla Dea della Natura, di aver provato dolore per quella sofferenza, scosse vigorosamente la testa uscendo da quel sogno a occhi aperti. Ma che diavolo…!

Si guardò intorno, erano tutti rapiti, come in trance, spostò lentamente lo sguardo su Ayumi e si accorse che stringeva in modo convulso i braccioli della sedia.

- Vedi la Dea anche tu, Peter? - sussurrò la giovane con voce tremolante.

- Sì, Ayumi, la vedo… - ammise lui scioccato.

- Peter… - sussurrò con tono così basso che lui l’udì appena - La vedo anche io… anche io! - il fotografo la fissò stupefatto, mentre una lacrima solitaria le scese sulla guancia.

- Avverti il suo dolore? Non ti è intollerabile? - sussurrò Ayumi, continuando a fissare Maya come se ci vedesse realmente. Maya Kitajima… ma chi sei? Perché esisti? Perché ho dovuto scontrarmi proprio con te? Non importa quanto io diventi brava! Riesco a vedere la tua Dea… proprio come quel giorno alla valle…

Una rabbia intensa le sconvolse cuore e anima, mista ad un inesorabile quanto bruciante senso di sconfitta.

L’Imperatore che sogna la Dea e il Generale Terufusa alla ricerca incessante dello scultore, tennero tutti con gli occhi puntati alla scena, dove la maestria di tutti gli attori diretti da Kuronuma trasformò il palco dello Shuttle X in un vero e proprio viaggio con il solo potere della recitazione.

L’entrata in scena di Isshin chiarì immediatamente a tutti quanto l’ interpretazione di Sakurakoji fosse completamente diversa da quella classica. Kei Akame osservò i suoi movimenti fluidi, mentre intagliava statue votive e veniva interrogato dal Generale, e venne preso da un inspiegabile panico. Come può essergli così familiare? Dove ha imparato a scolpire così? E quello sguardo mentre intaglia… Questo ragazzino…

Onodera fissava basito l’inesistente allestimento di Kuronuma e, nonostante quella rappresentazione non avesse niente di classico, la sua prima impressione era stata quella di vedere uno scultore e un Generale che parlavano. Maya Kitajima aveva dato una buona interpretazione della Dea, ma la grazia dei movimenti di Ayumi era impareggiabile. E non ci vede…

Il viaggio di Isshin alla ricerca dell’albero sacro lo vide alle prese con un attacco di briganti che tentano di derubarlo. Quell’incontro cambierà il capo della banda di ladri quando lo scultore si dimostrerà attaccato ai suoi scalpelli e, quando in futuro Isshin troverà il brigante morente e scolpirà una statua votiva per lui, lo scultore si renderà conto di quanto desideri ardentemente scolpire la statua della Dea Scarlatta per attenuare la sofferenza delle persone. Così Isshin decise di riprendere il suo viaggio alla ricerca dell’albero sacro, ma si perse fra le montagne e nessuno lo vide più.

Sakurakoji, in quel monologo sentito e pieno di trasporto, mostrò il suo Isshin cambiare completamente il modo di vedere quella ricerca, che inizialmente gli era parsa inutile e senza senso.

Tutto il pubblico si fece ancora più attento con l’arrivo di Akoya sul greto del fiume che raccoglieva erbe. La signora Tsukikage si sporse sulla sedia e tenne lo sguardo febbricitante su Maya. Quella era una delle scene madre di tutto il dramma, tutti gli occhi erano puntati su quella coppia e quando Maya sollevò lo sguardo nessuno ebbe alcun dubbio su chi lei fosse.

- Genzo… guardala… la vedi? - sussurrò la signora. Lui, che aveva visto la stessa Chigusa recitare quella parte tanti anni prima, riuscì solo ad annuire. In qualche modo Maya stava coinvolgendo il pubblico esattamente come aveva fatto lei. Le due interpretazioni non erano neanche similari, la signora aveva scelto un’altra strada per Akoya, ma il trasporto con cui Maya recitava e ti faceva credere che fosse tutto vero, era lo stesso.

Sakurakoji si rese immediatamente conto che Maya non era affatto come nelle prove e Kuronuma dietro le quinte sussultò mentre un’euforia lo invase completamente. Non riesci proprio a recitare… sei incredibile, Maya… non ho mai conosciuto nessuna come te… scommetto che adesso cambierai anche le battute…

Non fece in tempo a terminare il pensiero che Isshin fu costretto a stare al passo di quell’improvvisazione naturale. Maya era così dentro la parte da recitare in base ai sentimenti di Akoya e le parole che uscivano dalla sua bocca appartenevano a lei, alla sacerdotessa che era anche la Dea della Natura. Non si rese conto di aver messo in difficoltà Yu, lei agiva e parlava per ciò che la vita le diceva, e Isshin, dopo un iniziale smarrimento, notato da Akame e sottolineato con una risata cinica, riuscì a tenerle testa, dando vita ad un dialogo nuovo e convincente, in cui Akoya dichiarò il suo amore alla sua anima gemella.

Masumi seguì la scena con inquietudine crescente finché, sbalordito, si accorse che quelli sul palco non erano Maya e Sakurakoji, ma Akoya e Isshin! Aveva visto decine di spettacoli e di attori all’opera, ma non gli era mai capitato di confondere il ruolo con l’attore…

- Sembra quasi che quei due ragazzi non siano neanche più loro, non è vero, Masumi? - gli domandò Shiori in un sussurro lieve - È sempre così negli spettacoli? Mi batte forte il cuore come se vedessi davvero il loro amore -

- No, Shiori, non è mai così… - mormorò lui in risposta, continuando a fissare il palco. Maya… su quel ponte hai recitato queste stesse battute… i tuoi occhi erano solo per me… ora chi sei?

La signora Tsukikage si irrigidì e un sorriso comprensivo si stampò sul suo volto.

- Ha capito… Genzo… alla fine ha capito… - bisbigliò - Recita per il pubblico… Ha anche perduto i tratti di Maya, ora è Akoya, vive la sua vita sul palco e la mostra a tutti! -

Genzo fissò la donna che aveva seguito negli ultimi trenta anni e sorrise dolcemente. Per la prima volta il suo sguardo aveva perduto quell’alone di malinconia, forse rivedeva se stessa in quella giovane attrice talentuosa e ora anche lui poteva vedere quel genio di cui una volta gli aveva parlato.

Durante la scena della festa del villaggio, ci fu un momento di tensione quando il gruppo di attori entrò sul placo dal lato sbagliato, ma Maya, agendo completamente travolta dall’interpretazione, agì come avrebbe fatto la stessa Akoya, parlò con naturalezza e rimise ogni cosa a posto evitando un infarto al povero Kuronuma che dietro le quinte si stava sbracciando come un dannato.

Tutto il pubblico rimase sconcertato dal dialogo fra il generale Kusunoki e Isshin riguardo i sentimenti di quest’ultimo verso la ragazza. Sakurakoji riversò in quelle parole tutta l’amarezza, il dolore e la speranza che provava dentro di sé.

- Quella donna potrebbe anche non essere umana. Ho sentito dire che quando un uomo si innamora di un essere che non è umano, uno dei due è destinato a morire. Cos’è la morte? È quando il tuo corpo si corrompe? Akoya parla con esseri senza corpo, lo sai? - Isshin sollevò lo sguardo su Kusunoki - La cosa che mi manca di più è la sua anima. Io non adoro solo l’aspetto di Akoya, qualsiasi aspetto avesse, sarei ugualmente affascinato da lei. Non penso che l’amore finisca quando sopraggiunge la morte - il suo sguardo serio, deciso e compassato non dava adito a dubbi e nessuno, fra gli spettatori, scambiò lo scultore per il giovane attore. Chi lo guardava vedeva Isshin, “verità”.

Masumi non si accorse dell’espressione curiosa con cui l’erede dei Takamiya, e sua probabile futura moglie, lo stava osservando.

Una passione ardente che chiama l’anima dell’altro anche dopo la morte! Quel ragazzo è davvero cresciuto… ed è innamorato di lei…

I fantasisti arrivati al villaggio scarlatto si rivelarono dei ladri che avevano rubato degli oggetti sacri dell’Imperatore. Quando la Dea venne interpellata con preghiere per poterli trovare, Maya avrebbe dovuto apparire al centro del camminamento sopraelevato, ma qualcuno aveva lasciato alcuni tubi per terra e lei cadde. L’attore sul binario poco sotto aveva terminato la sua battuta, il pubblico era in trepidante attesa, ma la Dea non si vide. Poi un lamento dette il brivido a tutti.

Ayumi sbiancò e la sua consapevolezza di non poter neanche rivaleggiare con Maya Kitajima raggiunse livelli insopportabili. Fece per alzarsi, ma la mano ferma di Peter la bloccò. Lei si voltò a guardarlo, dapprima irritata, poi rassegnata tornò a sedere.

Maya, terrorizzata e sola in quel passaggio, trovò nella voce della Dea l’unico appiglio per prendere qualche secondo di tempo. Apparve in mezzo, in una frattura del muro, e sentì distintamente un sospiro di meraviglia levarsi dagli spettatori. Mi aspettavano… aspettavano me… credevano che non venissi? Che non rispondessi alle loro preghiere? Ma io ci sono sempre per loro, per tutti loro…

Maya non si rese conto di aver pensato come la Dea, né di essere completamente calata nella parte tanto da dimenticare se stessa. Gli rivelò dove fossero nascosti, li mise in guardia sulla zona sacra, ma in fondo al cuore sapeva che quegli uomini avrebbero fallito. Eppure lei era pronta al suo destino.

Il sangue macchiò il suolo sacro quando uno dei briganti trovato dalle guardie venne ucciso, Maya avvertì la dissacrazione della terra come una ferita reale, un dolore profondo nel petto le tagliò il respiro. Il pubblico assisté angosciato alla sofferenza evidente della Dea e quando rialzarono lo sguardo dal cadavere del ladro, lei non c’era più.

- È andata via… - mormorò un uomo vicino con la voce incrinata e Masumi si voltò a guardarlo lentamente. Teneva gli occhi sbarrati davanti a sé e non era seduto sulla sedia, ma rigidamente in avanti. Sono tutti calati nel dramma… mi hai detto che mi avresti stupito… ma questo, Maya, va oltre qualsiasi interpretazione io abbia mai visto… perfino le tue…

Tutti gli occhi erano puntati su quella spaccatura nera e buia, l’assenza della Dea venne avvertita da tutti al termine di quel primo atto.

Un silenzio innaturale calò sullo Shuttle X e nessuno osò alzarsi, tutti rimasero seduti. Peter Hamil sollevò la macchina fotografica e scattò qualche foto ai volti rapiti.

- Non si muove nessuno, vero? - la voce amareggiata e tesa di Ayumi lo colpì profondamente - Credo che il buffet questa volta non verrà consumato… hanno speso soldi per niente… resteranno tutti qui ad aspettarla… - la sua voce andò via via scemando fino a diventare un sussurro lieve. Peter le strinse la mano e si accorse che anche il regista Onodera e Kei Akame avevano sentito ciò che aveva detto.

- La tua Akoya è diversa, Ayumi, avete due modi di recitare - asserì lui, convinto. Le aveva seguite entrambe nella valle, il loro approccio all’analisi di quel dramma era stato completamente diverso.

- E tu questo lo chiami recitare? - gli sussurrò voltandosi a guardarlo. I suoi occhi erano lucidi, ma si rese conto che non erano lacrime: brillavano pieni di stima e ardore.

Allora non s’è arresa…

- Io interpreterò Akoya e la Dea Scarlatta, io sarò un’attrice - aggiunse risoluta marcando con orgoglio quella parola. Peter Hamil la guardò sconcertato e il rispetto che aveva per lei crebbe ancora. È una ragazza incredibile… capisco ora da dove venga la fama e l’aura di invincibilità che la circonda e di cui tutti parlano…

Ayumi tornò a voltarsi verso il palco che ora appariva come una massa scura. Quando c’era Maya il mondo tornava di nuovo a colori.


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Capitolo 49
*** Morte di una Dea ***


Ultima revisione: aprile 2016

 

49. Morte di una Dea



Maya imboccò il lungo corridoio alla sinistra del palco naturale, celato alla vista degli spettatori. Un silenzio inquietante regnava intorno e lei uscì a fatica dal personaggio che l’aveva completamente fagocitata. Una parte di lei era cosciente della fine del primo atto, avrebbe dovuto raggiungere il suo camerino per cambiarsi, ma un’altra parte sentiva ancora il sapore ferroso del sangue che aveva macchiato la terra della sua valle sacra.

Si fermò in mezzo al corridoio in penombra, sentiva delle voci ovattate alle sue spalle finché in fondo, dalla parte opposta, si delineò una figura. Riprese a camminare con quel passo delicato e quasi soprannaturale, e anche la figura dall’altra parte fece la stessa cosa. Qualcuno sollevò il lembo del padiglione sulla destra e una lama di luce solare tagliò in orizzontale il corridoio.

Maya si fermò con il cuore che correva all’impazzata e la figura, ora ben definita, la imitò, fermandosi poco prima della luce a terra, come fosse una barriera invalicabile.

- Signor Hayami… - sussurrò con occhi spalancati, lasciando completamente il personaggio.

Masumi vide distintamente cambiare la sua espressione e il suo portamento.

- Maya… - la chiamò con tono lieve - Non sapevo come chiamarti… sembrava tu fossi ancora la Dea Scarlatta... - le disse con un sorriso.

- Io… io… - balbettò insicura, torcendosi le mani sudate. Poi abbassò la testa. Quel primo atto per lei era stato come un sogno e non era capace certo di valutare da sola la sua interpretazione. Ma lui… lui acquistava e vendeva attori da anni, sapeva esattamente cosa era necessario perché uno spettacolo facesse successo e producesse dei soldi. Sapeva cosa guardare.

- Non ho mai visto nessuno recitare così, Maya - le disse immaginando il tumulto confuso che doveva agitarle il cuore e, se era anche la metà di quello che scombussolava lui, non riusciva a capire come potesse sembrare così tranquilla. Non aveva resistito, doveva vederla, doveva parlarle. Lei arrossì e abbassò lo sguardo puntandolo sul fascio di luce che li divideva. Non mi abituerò mai alla sua recitazione… ogni volta è come quel giorno in cui la vidi recitare Beth e mi rubò il cuore...

- Hai portato la magia della valle dei susini in questo cemento - proseguì, infilandosi le mani in tasca - Aspetto con ansia di vedere il secondo atto -

Maya sentì qualcuno alle sue spalle, ma tutta l’attenzione era rivolta all’uomo davanti a lei. Quell’attimo scorse a rallentatore, ogni fotogramma le rimase impresso nella mente.

Il signor Hayami si voltò facendole un breve cenno di saluto e davanti a lui intravide un’altra persona, la silhouette inconfondibile di una donna. Lui la raggiunse, parlarono brevemente protetti dall’ombra del corridoio, poi, la donna si sollevò sulle punte delle preziose scarpe che indossava e lo baciò.

Avrebbe voluto fermarla, ma qualcuno la trattenne per un braccio. Si voltò incontrando lo sguardo serio di Sakurakoji. Si divincolò, rischiando di strappare l’abito di scena, avrebbe dovuto cambiarsi e indossare quello di Akoya, in un punto lontano della sua mente si rese conto di essere in ritardo.

- Lasciami andare! - urlò con la voce di Akoya - Lasciami! - una rabbia furiosa, incontrollabile e sconosciuta, la pervase completamente. Yu la guardò esterrefatto, continuando a tenerla. Spostò lo sguardo in fondo al corridoio e vide Masumi Hayami in compagnia della sua fidanzata, lentamente stavano raggiungendo la platea. Chissà cosa ha visto… sembra una tigre...

- Lo spettacolo… Maya… - Sakurakoji cercò di farla ragionare, ma quando si voltò verso di lui, i suoi occhi erano infuocati. Ma che le prende... Gridò di nuovo, una rabbia profonda mista ad un’angoscia infinita e lacerante, facendo accorrere anche il regista Kuronuma e il suo assistente.

- Kitajima! Che ci fai ancora qui! - la redarguì il regista, che si rivolse subito a Sakurakoji - Che succede? Perché urla come un’ossessa? -

- Non lo so - Yu fece spallucce - C’era il signor Hayami qui e anche la sua fidanzata - riferì continuando a trattenere Maya. Nell’istante in cui pronunciò il nome di quell’uomo, lei si bloccò. La sentiva rigida dal braccio che teneva saldo, ma la sua immobilità lo spaventò. Gentilmente l’allontanò da quel corridoio, Maya tremava e non rispondeva a nessuna domanda né sollecitazione. La costumista la prese per le mani interrogandolo con lo sguardo, ma lui scosse la testa e attese che la preparassero per la scena immediatamente dopo a quella di ripresa del secondo atto.

Qualcosa l’ha sconvolta… qualcosa che ha visto o sentito… chissà se lui le ha detto qualche frase sgradevole… come può amare un uomo del genere?

Puntò lo sguardo in fondo al corridoio dove il Presidente della Daito Art Production era sparito insieme alla sua fidanzata. Adesso il corridoio era pieno di gente, tutti che correvano e si agitavano. Kuronuma era immobile accanto a lui, faceva paura e sembrava un fantasma. Non aveva detto una parola, si tormentava la barba e faceva scattare lo sguardo dal corridoio al camerino di Maya e quando lei uscì, la squadrò da capo a piedi.

- Kitajima - la chiamò con un’inusuale dolcezza e forse proprio per quello la giovane alzò la testa - Concentrati sullo spettacolo, andrà tutto bene - gli promise cercando di incoraggiarla. I suoi occhi si fecero lucidi e lui corse subito ai ripari.

- Niente lacrime! - la minacciò con un dito e lei sussultò, ma si riscosse quel tanto che bastava da capire dove si trovasse.

Il regista, seguito da Sakurakoji, l’accompagnò al lato del palco naturale, dove Akoya e Isshin avrebbero avuto quello scambio cruciale di battute sul greto del fiume in cui lo scultore avrebbe riacquisito parte della memoria perduta.

Maya sentiva un dolore così intenso da togliere il respiro, era sicura che non sarebbe stata in grado di pronunciare alcuna battuta, figurarsi stare in scena un’altra ora. Perché quest’intensa rabbia e delusione? Perché non riesco a domare i miei sentimenti? Ha sempre mantenuto le sue promesse… mi ha detto di aspettarlo… di fidarmi… allora perché non riesco a scacciare questa angoscia dal cuore? È questa la gelosia? Avrei chiamato Ryujin, se fossi stata Akoya, avrei evocato gli orchi e le avrei fatto cavare il cuore dal petto!

Sussultò a quell’ultima improbabile minaccia. Non erano pensieri che le appartenevano, non aveva mai voluto il male di nessuno, ma quando aveva visto quella donna...

- Kitajima… - il sussurro del regista giunse inaspettato e la riscosse - Concentrati, fallo anche per il signor Hayami, è lui il tuo ammiratore, no? -

La teneva per le spalle e Maya si girò di scatto con gli occhi spalancati.

- Signor Kuronuma… - mormorò balbettando. Il mio ammiratore...

In quell’istante e grazie a quelle parole, Maya comprese ogni cosa. Il regista la vide ergersi, il suo sguardo cambiò, sorrise, e quando si voltò verso Sakurakoji era Akoya, la sacerdotessa-dea, nonostante nel cuore avesse solo dolore e sofferenza.

Il signor Hayami è la mia anima gemella! Non lo deluderò e non cederò il passo ad Ayumi! Io sono Akoya!



Se nel primo atto Maya aveva atterrito gli spettatori con la sua Dea solenne e la sua Akoya innocente, nel secondo colpì tutti al cuore, per prima la signora Tsukikage. L’intensità della sua recitazione, l’espressione del suo volto, i sentimenti che impresse in ogni scena, conquistarono definitivamente anche chi poteva aver avuto qualche dubbio circa quella giovane e discussa attrice.

Maya e Yu vissero come Akoya e Isshin, lui trascinato dalla recitazione di lei, dalle sue emozioni, che trapelavano da ogni parola. La prima scena in cui si fronteggiarono circa il nome da dare a Isshin, li vide fortemente contrapposti, come mai avevano fatto nelle prove. Era una scena nuova anche per il regista che seguiva tutto con un sudore freddo a coprigli la schiena.

Maya Kitajima è un’attrice incredibile… sarà stata così anche la signora Tsukikage quando a dirigerla era il maestro Ozaki? Non so cosa farà… abbiamo provato per mesi, eppure adesso lei è completamente diversa… e non è solo a causa di quello che è accaduto poco fa, era così anche nel primo atto… imprevedibile… eppure gli attori le vanno dietro come fosse un direttore d’orchestra e allo stesso tempo rispetta spazi e tempi che io ho deciso durante le prove… Kitajima… chissà se potrò dirigerti anche in futuro?!

Il suo sguardo brillò nell’istante in cui, dopo una furiosa litigata sull’inutilità del nome vero di Isshin in cui sembravano davvero due innamorati, Akoya e lo scultore si fissarono tesi.

- Vorrei poter vivere come sono adesso! Ma da qualche parte nel mio cuore sento una voce che mi dice di svegliarmi! - Yu strinse entrambi i pugni, un breve spazio li separava, Maya ansimava leggermente, presa dalla discussione: l’uomo che amava sembrava non capire cosa fosse davvero importante.

- Chi è che tenta di svegliarmi da questo sogno felice? Chi è?! - proseguì Isshin infervorato - Non voglio! Voglio attaccarmi a questo sogno che sto vivendo adesso. Akoya, vorrei continuare a dormire insieme a te! Se questo è un sogno, basta che io non mi svegli mai più! - le confessò con ardore facendo un passo avanti.

Il pubblico rimase col fiato sospeso, incerto sulla reazione che avrebbe avuto Akoya. Shiori spostò lentamente lo sguardo sull’uomo seduto accanto a lei. Gliene avevano fatta una descrizione dettagliata e minuziosa, sapeva perfettamente chi fosse l’imprenditore Masumi Hayami, ma non l’avevano preparata affatto a capire chi fosse l’uomo. Si era assentato durante l’intervallo, quando erano rimasti tutti seduti, lei compresa, così era andato a cercarlo. Quando lo aveva trovato, si era accorta della giovane attrice in fondo al corridoio, così, per non farsi sentire, si era avvicinata e gli aveva sussurrato nell’orecchio. Lui non aveva gradito il gesto. In quel momento fissava la coppia sul palco, apparentemente rilassato, ma a lei non era sfuggita la tensione delle mani che artigliavano i braccioli. Chissà perché è andato a parlare a quella ragazza… sembra molto interessato a questo spettacolo… la Dea Scarlatta… deve essere davvero importante per la sua compagnia…

Maya, in un angolo molto lontano del suo cuore, si accorse che Sakurakoji aveva impersonato Isshin in modo diverso dalle prove, aveva seguito la sua reazione, generando una scena totalmente diversa e più intensa. Lasciò che tutti i suoi sentimenti fluissero nella recitazione, fece un passo avanti, Akoya desiderava Isshin, la sua anima gemella, la desiderava più di qualsiasi altra cosa, eppure era consapevole che quell’unione non era destinata a durare.

- Ti adoro, caro… - gli confessò in un sussurro pieno di malinconia, abbandonando la rabbia - Vieni, riposati - e gli porse una mano. Yu, travolto da quello sguardo pieno d’amore, recitò dando sfogo a tutto quello che teneva celato nel suo cuore e che sapeva impossibile da realizzare. Prese la mano e l’attirò a sé.

- Akoya, profumi di susino - mormorò con voce roca, carica di desiderio, che fu avvertito da tutti gli spettatori.

Masumi cercò di restare concentrato sullo spettacolo. Era consapevole che recitavano, ma lo facevano così bene che sembravano veri. Tutta la platea era coinvolta dal loro amore, il desiderio che provavano era palpabile nell’aria, proprio come quello che li aveva travolti solo la notte precedente. Starà usando quell’esperienza per rendere più intensa la sua recitazione? Vedrà me o Sakurakoji? Oppure… oppure vede solo Isshin...

Akoya sorrise ad Isshin arrossendo squisitamente, lo stesso inequivocabile sentimento appariva nel brillio dei suoi occhi e Yu rimase sconcertato da quanto quell’interpretazione fosse reale. Quell’istante rimase sospeso nel tempo, un vuoto fra i due sguardi, pochi centimetri separavano i loro volti. Una pausa perfetta.

Poi si baciarono appassionatamente, con urgenza, l’attrazione era tangibile e raggiunse il suo apice quando Sakurakoji slacciò con impeto la cintura dello yukata di Akoya e, infilandole le mani sulle spalle, lo lasciò scivolare fino alla vita, mostrando a tutti la sua schiena candida.

Masumi non riuscì a controllare la gelosia che gli avvelenò l’anima e gli fece bruciare il sangue nelle vene come fosse lava. Anche se Maya stava recitando con trasporto, Sakurakoji di sicuro era ben cosciente di se stesso e di ciò che stava facendo! Il pubblico sospirò, come vivesse lui stesso quell’intensa e struggente storia d’amore.

Maya, lentamente, l’accompagnò a terra, si distesero, lo guardò con una tale tristezza da strappare alcuni singhiozzi ai più sensibili fra gli spettatori, conscia che, accettando quell’amore, non sarebbe più stata la stessa.

- Provo pena per lei… - sussurrò Shiori Takamiya e Masumi udì appena la sua voce, troppo coinvolto da ciò a cui aveva appena assistito - È come se sapesse che il loro amore non ha futuro… che è irrealizzabile -

Masumi si voltò lentamente, fissando il profilo algido e perfetto di quella donna bellissima. Una fitta di dolore lo costrinse a serrare i denti. È questo che Maya pensa di noi? Per questo recita così sentitamente? Ha lasciato che ciò che prova uscisse dalle labbra di Akoya… nonostante il trasporto, i suoi tempi sono perfetti… le sue espressioni incredibilmente veritiere...

Quando riportò lo sguardo sul palco, Akoya era prostrata davanti al fiume e piangeva, non riusciva più a parlare con gli spiriti, resa umana dall’amore condiviso con Isshin. Masumi sentì il cuore straziato da tanto dolore e sofferenza e si chiese come lei riuscisse ad esprimere così bene quel sentimento. Era questo che la signora Tsukikage ha visto in te? Questa passione sconfinata? Questa capacità di tradurre l’energia che hai dentro in recitazione?

Si guardò intorno, erano tutti completamente assorti: Ayumi, eppure non ci vedeva a detta del fotografo che era seduto accanto a lei; Onodera e Kei Akame, impressionati anche se facevano di tutto per nasconderlo; la signora Tsukikage che sembrava febbricitante; il Presidente dell’Associazione Nazionale che non aveva distolto lo sguardo un attimo; suo padre che assomigliava a un fantasma.

Quell’ultima scena… se questo dolore che prova e che traspare dalla sua voce è causato dal credere che per noi non c’è futuro… è meglio che resti così… perdonami Maya… ma sei un’Akoya perfetta, se riuscirai a stregarci anche in quell’ultimo passaggio, Ayumi non avrà alcuna speranza…

Si domandò cosa avrebbe pensato lei se avesse saputo che stava giocando così spietatamente con i suoi sentimenti. Mi guarderebbe coi suoi occhi infuocati e mi urlerebbe contro che sono il solito affarista senza scrupoli!

Gli venne da ridere e Shiori si girò, stupita, ma lui la ignorò e continuò a guardare lo spettacolo.

Isshin venne accusato di essere la causa della perduta sacralità della loro sacerdotessa, la quale non era più in grado di richiamare le benedizioni, e la nonna di Akoya riuscì ad allontanarlo e a farlo rinchiudere nelle prigioni del Generale Kusunoki. L’apparizione di Maya nelle scene seguenti lacerò il cuore a tutti gli spettatori. Sembrava dimagrita di dieci chili, ed era già esile di corporatura, un’ombra dell’attrice briosa che aveva interpretato un’Akoya felice e una Dea solenne.

La signora Tsukikage la fissò intensamente, il dolore che traspariva dalla sua espressione per la separazione da Isshin le ricordò il suo, quando Ichiren sembrava ignorarla e rimase con sua moglie. Questo è un passaggio fondamentale, Maya! Qui Akoya, parlando con Kusunoki, torna ad essere la Dea! Fammi vedere la sua rinascita!

Il Generale Kusunoki, preso dai dubbi, decise di andare a trovare Akoya. La trovò pelle e ossa e l’attore, all’inizio, rimase spiazzato dalla reazione di Maya. È diversa dalle prove… perché questa pausa dopo la mia battuta? Perché non risponde? Kusunoki è rasserenato dalla presenza di Akoya… si sente bene quando lei è vicina e gli parla… e va bene Kitajima, starò al tuo gioco!

Kuronuma osservò Kusunoki inginocchiarsi accanto ad Akoya, prostrata e silenziosa. Nelle prove, questo dialogo non era stato mai particolarmente brillante, ma adesso la scena stava prendendo una piega diversa, più intensa ed era proprio curioso di vedere come Akoya avrebbe reagito alle domande di Kusunoki. Bravo! Improvvisa, sarà ancora più naturale! Seguila e non avere paura!

L’attore la prese per le spalle, delicatamente, ma quando Akoya si voltò, il suo sguardo accusatore lo trafisse come una spada. Lui però riuscì a convincerla ad accettare il suo aiuto, battute che non erano neanche presenti sul copione, e Akoya, diffidente come un felino, si alzò, girandogli intorno, il respiro affannato. Avrebbe dovuto esserci il dialogo con cui le prometteva di farle incontrare Isshin se si fosse ristabilita, ma quell’Akoya che lo fronteggiava era di tutt’altro avviso e sembrava preparata alla guerra.

Lo accusò di aver imprigionato Isshin senza motivo, che lui non aveva colpe. Il Generale continuò a seguirla con lo sguardo mentre lei gli girava intorno, sembrava realmente provata e ad un certo punto, smise di vederla come un’attrice e si concentrò su Akoya. E va bene, ragazzina!

Maya era arrabbiata, stanca, furibonda, Isshin le mancava terribilmente e attaccò il suo carceriere con battute taglienti, ma l’attore fu così bravo da portarla verso quell’attimo in cui Akoya si accorge che qualcosa oscurava il cuore del Generale. La giovane sacerdotessa valutò quell’uomo, accettò la tazza di tè che le offrì e non poté ignorarne lo sguardo malinconico.

- Qualcosa vi preoccupa? - chiese Akoya moderando il tono della voce - Vedo nuvole di incertezza nel vostro cuore -

Quella frase, pronunciata come fosse una mano tesa, segnò l’inizio della più bella interpretazione di Maya. Akoya affrontò i dubbi del Generale, gli pose quelle domande che l’avrebbero fatto riflettere sul suo operato di uomo e di soldato, e allo stesso tempo chiarì a fondo il proprio cuore e i sentimenti, tanto che riacquisì il suo essere divino.

La signora Tsukikage ascoltò in silenzio lo scambio di battute e Genzo la osservò preoccupato. Sembrava che non fosse lì, traslocata in un altro mondo e in un’altra epoca.

- Parlando del cuore degli dei al Generale, si trasforma da donna sofferente in Dea! - mormorò la signora stupendo Genzo per il tono di riverenza che aveva usato.

Kusunoki sostenne Akoya, che crollò esausta, provato anch’egli per quello scambio intenso di opinioni che avevano toccato profondamente la sua anima.

- Il senso della vita non si compie nel morire - gli rivelò Akoya - Piuttosto nel vivere. Uccidersi a vicenda significa infrangere le leggi degli dei! -

Il Generale si rese conto che ogni parola proferita da quella ragazza era vera: la vita andava preservata. Ora aveva compreso la sua strada. La scena toccante venne interrotta dal soldato che avvisò il Generale che la guerra era iniziata. Lui tentò di fermarli invano, il binario venne invaso dall’esercito e la Dea, ergendosi con determinazione, redarguì i soldati, cercò di farli desistere risvegliando in loro la parte divina che c’è in ogni uomo, ma nessuno l’ascoltò.

L’angoscia che Maya trasmise al pubblico fu tale da suscitare lacrime, singhiozzi e qualche commento acido nei confronti del Generale che, infine, si lasciò convincere a guidare il proprio esercito. Kusunoki però, ancora toccato dalle parole di Akoya, liberò Isshin dalla sua prigionia mentre Akoya, priva dei suoi poteri ma fermamente convinta a proteggere la Dea, raggiungeva la zona proibita insieme ad alcuni abitanti, pronta al suo atto finale.

Maya era consapevole che il momento cruciale si stava avvicinando. Quando l’avevano separata da Isshin, aveva sentito crollare il mondo. Non riusciva più a parlare con gli spiriti e la sua anima gemella le era stata strappata. Il dolore era stato talmente grande da somigliare al trancio di un arto, si sentiva priva della sua metà e quando vide il suo amato scultore armato di ascia entrare nella zona proibita, ogni cosa le fu chiara. Sentiva quel dolore pressante dentro, veniva dal profondo e sembrava schiacciarla. L’aveva dominata senza mai scemare, c’era qualcosa che aveva visto, la fotografia di una donna bellissima, un servizio che parlava di matrimonio, un’alba indimenticabile e una notte in cui avevano unito le loro anime, un bacio in un corridoio.

Sakurakoji vide il suo sguardo cambiare, non sapeva cosa sarebbe successo, sapeva solo che Maya l’avrebbe stupito come ogni volta. Già in quell’istante era diversa da tutte le prove che avevano fatto. Il pubblico stava trattenendo il fiato e anche lui, si rese conto, aveva smesso di respirare. La sua Akoya era immobile, ma gli occhi irradiavano amore e fiducia.

Ho capito, signora… la paura di Akoya è la stessa che sto provando io, il suo dolore lo stesso che provo io ora al pensiero di non poter rivedere la mia anima gemella… ma se lo lascio andare… lui potrà vivere la sua vita e potremo rincontrarci un giorno… io lo amerò sempre e lo aspetterò!

- Mio amato, hai ricordato tutto, non è vero? - gli domandò avvicinandosi lentamente. Sakurakoji annuì, con un groppo in gola che gli impediva di respirare. Strinse l’ascia che aveva in mano e si chiese cosa stesse per fare Maya.

Akoya colmò lo spazio che la separava da Isshin, ma lui fece involontariamente un passo indietro sollevando l’ascia per non farla avvicinare. Non voglio ucciderti! Vattene via!

Il pubblico mormorò, la signora Tsukikage si alzò in piedi, trattenendo il respiro, Masumi Hayami e suo padre, la rivale Ayumi, il fotografo francese, Onodera, Kei Akame, tutti erano calamitati verso quella scena finale. Il regista Kuronuma afferrò il tessuto del padiglione che fungeva da separatore. Kitajima, che fai… non sono queste le battute!

- Io ti amo, amore mio - gli ricordò lei sollevando una mano e lasciando scorrere il dito lungo la lama affilata. Lo scultore rimase immobile di fronte a quello sguardo disarmante, non voleva che si avvicinasse, non voleva ucciderla, non gli importava niente della statua, voleva solo lei.

- Isshin - pronunciò con un dolcissimo sorriso - Il tuo è un nome bellissimo, “verità” - e fece un altro passo avanti scostando la lama come fosse un filo d’erba. La solennità dei suoi movimenti, la chiarezza cristallina della sua voce, l’intensità del suo sguardo rapirono totalmente il pubblico e in particolar modo la signora Tsukikage.

Yu aveva di fronte Maya, ma non era lei, era Akoya, ora ne era certo. Perfino i tratti del suo volto erano diversi, complice forse il trucco che cambiava l’aspetto, ma quando disse quella parola, verità, comprese dove voleva arrivare.

Il maestro Kaikei, che gli aveva insegnato tutto quello che sapeva sulla scultura, aveva trasmesso al suo allievo una nozione molto importante: quando si ha davanti un pezzo di legno prima si deve ‘vedere’ ciò che si vuole intagliare, poi si può procedere, e ogni incavo che produci, ogni linea che tracci, ogni ricciolo che togli, incide la verità in quella statua.

- Non temere amore mio, noi ci rivedremo, fai quello che devi, salva gli uomini, lascia che io faccia questo per te - sollevò una mano e gli toccò una guancia. Yu venne folgorato da quel tocco sensibile e delicato, le dita di Maya erano gelide come se fosse stata all’aperto in pieno inverno senza guanti. Mi sta lasciando… se ne andrà e io non potrò fare niente…

Akoya si sollevò posando le labbra sulle sue in un istante che gli sembrò durare un’eternità. Poi fece qualche passo indietro e lui la vide letteralmente diventare un albero di susino.

- Guarda, Genzo… - la signora fissava la scena con l’unico occhio che brillava e un’espressione rapita - Guardala… - sussurrò ancora presa dall’emozione.

Il movimento morbido che fece, le braccia, il volto appena piegato, gli occhi, che prima fissarono Isshin e poi si spostarono sul pubblico, come se guardasse oltre, si chiusero così lentamente da dare l’impressione che si fosse addormentata in piedi. Le dita furono le ultime, come se quella scossa divina l’avesse attraversata da capo a piedi, uscendo dalle estremità.

Poi ci fu l’immobilità.

Isshin la fissò con occhi sbarrati.

È andata… non è più Akoya…

Un panico incontrollabile lo colse, accompagnato dal dolore più intenso che avesse mai provato. Cadde in ginocchio, reclinò la testa all’indietro stringendo l’ascia fra le mani e il suo grido disperato squarciò l’aria intorno.

- Akoya! - la chiamò senza ottenere risposta. Si alzò, i denti serrati e le labbra arricciate in un ringhio furioso. Si avvicinò lentamente, preda di un rifiuto palpabile, e si fermò davanti a lei.

Tremava, e il pubblico con lui, erano tutti coscienti del dolore che dilaniava il giovane scultore e del dilemma interiore che traspariva dalla sua espressione e dal lampo spiritato dei suoi occhi.

All’improvviso, sollevò l’ascia e la calò sull’altra metà della sua anima con un grido carico di sofferenza.

Tutta la platea si zittì, Shiori Takamiya si portò una mano alla bocca per soffocare un singhiozzo e, dall’espressione dell’uomo seduto accanto a lei, le fu evidente con quale trasporto avesse partecipato alla scena. Perché questo dramma significa così tanto per lui? Quei due attori… sono stati davvero incredibili… e quella ragazza… Non ho mai visto nessuno recitare con una tale intensità… Se dovessi dire che volto abbia, non saprei dirlo, io ho visto solo Akoya…

L’unico suono che infranse il silenzio fu il singhiozzo sconnesso di Isshin, inginocchiato accanto ad Akoya senza vita.

Kuronuma attese qualche attimo che il pathos della scena raggiungesse il punto perfetto, poi ordinò il cambio di scena.

La signora Tsukikage, ancora in piedi, immobile come una statua, il volto estasiato, sollevò le mani e le batté dapprima lentamente, poi con sempre più vigore, e venne seguita da un boato che scosse lo Shuttle X.

Kuronuma vide Sakurakoji percorrere il corridoio con Maya in braccio e gli andò immediatamente incontro mentre la parte finale dello spettacolo intratteneva il pubblico ancora turbato per quella scena toccante.

- Cos’ha?! - gli chiese subito, apprensivo.

- Credo sia solo sfinita… - mormorò Yu, fissando il volto sereno appoggiato al suo petto.

- Siete stati… incredibili! - li lodò il regista battendogli con le mani sulle spalle dell’attore - Portala nel suo camerino! - e gli fece strada con un gran sorriso ad illuminargli il volto.



- Kitajima! Kitajima! - qualcuno la stava scuotendo rudemente e quando aprì gli occhi trovò il volto del signor Kuronuma, raggiante e paonazzo.

- Svegliati! Svegliati! Non è ora il momento di dormire!!! - la scosse ancora e lei batté i denti gli uni con gli altri - Non senti il pubblico?! Li senti, Kitajima? -

Maya si sollevò a sedere sul divanetto dove l’avevano distesa. Il suo ricordo si fermava al momento in cui era diventata un albero. Yu! Cosa sarà accaduto?

Si voltò sbiancando verso il regista e lo prese per una manica mentre un’angoscia incontrollata le rodeva l’anima.

- Signor Kuronuma! Sakurakoji… - ma il regista la interruppe.

- È andato tutto bene, Kitajima! L’hai portato al punto giusto e lui ti ha seguita dando vita ad una scena memorabile! Li senti? Li senti? - insisté scuotendola.

Maya prestò attenzione a quello che inizialmente il suo cervello aveva registrato come un rumore intenso di fondo, invece erano applausi e grida. Santo cielo…

Spalancò gli occhi e fissò il regista, che annuì silenziosamente.

- Andiamo, ci chiamano alla ribalta, stanno tutti aspettando te! - la giovane lo guardò ancora stralunata, aveva la mente confusa, il cuore che batteva incessante e in fondo ancora quel dolore straziante che l’aveva spinta a recitare la sua Akoya al meglio. Signor Hayami…

Abbassò lo sguardo, poi si alzò e con il cuore diviso fra gioia e disperazione seguì il regista.



La mano di Yu teneva salda la sua, davanti a loro, gli spettatori applaudivano e gridavano e lei non capiva niente, era tutto confuso, ovattato.

- Quando hai improvvisato non sapevo davvero cosa fare, Maya - la voce del suo partner le arrivò appena accennata ma chiara.

- Scusami… io… - balbettò arrossendo, ma lui le strinse la mano.

- Sei stata perfetta e io ho potuto dare il massimo per Isshin - le confidò strizzandole un occhio. Ecco… ora è Maya… non c’è più niente di Akoya…

Lei arrossì di nuovo e si inchinarono tutti per il pubblico. Quando l’ovazione finì, il corridoio laterale del padiglione si riempì di attori e tecnici che si congratulavano. Maya sentiva tutto il peso della stanchezza per quelle due ore intense. Perse di vista Yu, aveva tante persone intorno che le porgevano fiori o le facevano i complimenti. Cercò di rispondere a tutti, sorridendo e balbettando qualche frase di circostanza, finché si ritrovò in mano una rosa scarlatta.

Si fermò, immobile, fissandola con occhi spalancati. Poi alzò lo sguardo, cercando in mezzo alla folla, ma non vide né lui, né il signor Hijiri. Il cuore le batteva follemente, non udiva più le persone intorno a lei che ridevano felici, lo cercò incessantemente con lo sguardo, allontanando la piccola folla intorno a lei. Quando si rese conto che era tutto inutile tornò a fissare la rosa che teneva fra le dita. Aveva un biglietto legato al gambo, lo aprì tremante, ignorando le domande che le rivolgevano senza sosta.

“Hai reso reale una Dea. Ho sofferto con te e sono stato felice con te. Io sono l’altra parte di te, tu sei l’altra parte di me”

Si portò il biglietto al petto, mentre un sollievo la invadeva e riempiva il suo cuore palpitante.

È lui, il mio ammiratore, la metà della mia anima!

Tornò a guardare la gente intorno a sé, ma c’erano solo attori e personale dello staff.

- Non preoccuparti, Kitajima, vedrai ancora il tuo ammiratore - gli sussurrò il regista in un orecchio facendola sobbalzare. Lei arrossì e abbassò la testa. Sa tutto… ma com’è possibile?

- Vuoi vedere lo spettacolo della tua rivale? - mormorò ancora, strizzandole un occhio.

Maya lo guardò meravigliata, poi annuì con vigore.



Quando raggiunsero i loro posti nella platea, erano gli stessi che avevano occupato Ayumi e il gruppo di Onodera. Maya tremava come una foglia, spaventata all’idea dell’Akoya della sua rivale. Nonostante l’ovazione del pubblico e l’espressione soddisfatta che aveva visto alla signora Tsukikage, seduta proprio davanti al palco, lei non aveva avuto percezione della sua interpretazione, si era sentita smarrita in alcuni momenti, come quando era caduta, o durante il colloquio con il Generale Kusunoki. Il signor Kuronuma insisteva che erano andati bene, meglio del previsto, e che la scena finale aveva superato tutte le sue aspettative. L’aveva ringraziata più volte, ma lei non riusciva a partecipare a tanto entusiasmo. Era incerta sul giudizio della signora Tsukikage, sicura che Ayumi li avrebbe stupiti tutti, con la sua grazia e la sua interpretazione.

Si guardò intorno, un brusio sommesso serpeggiava in mezzo alla gente, molti guardavano nella loro direzione e li indicavano, anche se lei cercava un unico volto.

- Cercano Akoya, Kitajima, ma non ti riconoscono - ridacchiò il regista avvicinandosi a lei, che arrossì lievemente.

- In effetti sei completamente diversa… - ammise Sakurakoji sedendosi accanto. Qualcuno gridò il suo nome e lui sollevò una mano per un saluto breve.

Yu sembra tranquillo… eppure io tremo all’idea di quello che farà Ayumi…

- Perché mi fissi così, Maya? - la sorprese il giovane attore voltandosi a guardarla - Pensi di essere l’unica a temere l’interpretazione della tua rivale? Anche se posso sembrare tranquillo, dentro di me albergano i tuoi stessi timori - le rivelò con sguardo appassionato.

Maya per la prima volta da che conosceva quel ragazzo, comprese i suoi sentimenti dallo sguardo e dal tono di voce che aveva usato. Capì immediatamente a cosa stava alludendo, non parlava solo del confronto con Kei Akame. Yu perdonami… chiarirò tutto, te lo prometto…

Qualcuno pronunciò “Hayami” alle sue spalle, così si girò, aggrappandosi con le mani al bordo della poltrona, e spostò rapidamente lo sguardo fra le sedute. Sakurakoji la osservò, aggrottando la fronte.

- Chi stai cercando, Maya? - le chiese voltandosi a sua volta. Sei troppo trasparente… sul tuo volto si legge ogni cosa…

- Ne-Nessuno… - balbettò lei tornando a sedere. Abbassò lo sguardo con quell’amaro sconforto a gravarle sul petto. Non c’è… non è qui… Chi mi avrà messo quella rosa in mano? Come ho fatto a non accorgermi di niente? Sarà davvero una rosa da parte sua?

Sbuffò per la sua inettitudine, mentre l’angoscia le chiudeva lo stomaco in una morsa serrata al ricordo del rapimento. Il regista la guardò in tralice, preoccupato, ma quando vide il rossore sulle sue guance, iniziò a guardarsi intorno finché non individuò la probabile causa delle pene della sua giovane prima attrice. Quell’uomo ha riportato indietro Maya dopo quello strano rapimento… agisce nell’ombra ma tutto ciò che fa sembra a favore di Maya… cosa spera di ottenere? Un abisso li separa… un abisso incolmabile che si scontra con l’intera società giapponese… come pensa di abbattere quel muro millenario?

- Kitajima, vieni, andiamo a salutare qualcuno - Kuronuma la fece alzare prendendola per un braccio e lei fu costretta a seguirlo inciampando più volte. Sakurakoji avrebbe voluto seguirli, ma alcuni spettatori lo bloccarono per chiedergli un autografo.

Il regista percorse rapidamente il camminamento laterale, a sinistra della platea, e stentava a stargli dietro. Si fermò all’improvviso e lei andò a sbatterci contro.

- Ohi… ohi… - si lamentò fregandosi il naso.

- Oh! Signor Hayami! - salutò il regista col suo solito vocione. Maya si bloccò, improvvisamente tutto il sangue defluì via e sentì la terra mancarle sotto i piedi. Il regista si spostò all’improvviso e lei si trovò davanti a lui e alla bellissima donna che aveva visto nella fotografia e nel corridoio. Shiori Takamiya...

- Salve, Maya - l’apostrofò - Questa volta devo proprio farle i miei più sinceri e sentiti complimenti -

Ma io… nel corridoio… ho visto quel bacio… perché si comporta come se niente fosse?

Maya lo fissò stupita per quell’elogio pubblico, spostò lo sguardo sulla donna che le sorrideva amabilmente e poi si ricordò di dover essere gentile.

- Gr-Grazie, signor Hayami - rispose gentilmente con un inchino.

- Permettetemi di presentarvi, lei è la signorina Shiori Takamiya - Masumi la fece avanzare mettendole una mano dietro la schiena.

- Sono lieta di fare la vostra conoscenza - li salutò con voce delicata - La sua Akoya è stata toccante, signorina Kitajima, e la sua regia perfetta, signor Kuronuma - li lodò, sorridendo ad entrambi.

- La ringrazio, signorina Takamiya, non merito tanti complimenti - rispose Maya con un altro inchino.

- Signor Kuronuma, i miei complimenti più sentiti anche a lei - aggiunse Masumi rivolgendosi al regista - Vedo che, oltre ad aver messo in scena uno spettacolo unico, è riuscito anche ad addomesticare la sua prima attrice! - e scoppiò a ridere proprio come usava fare con lei quando erano in pubblico. Maya alzò su di lui uno sguardo infuocato che non sfuggì a Shiori.

Il regista, che aveva già compreso da tempo come fosse realmente quell’uomo schivo, stette al gioco dell’imprenditore, lanciandogli anche una frecciatina.

- Eh sì, ammetto che è stata una fatica, ma potrebbe tornare comodo anche a lei, signor Hayami - proferì con tono di sufficienza - Magari potrebbe riuscire a farle firmare un altro contratto con la Daito Art Production! -

- Qualsiasi cosa accadrà, non firmerò mai un contratto con la Daito - asserì Maya troncando ogni altro commento. Sapeva che quel suo modo di fare era solo di facciata, era cosciente di quello che era avvenuto fra loro solo la notte precedente, ma questo non significava che fosse costretta a restare lì a guardarlo mentre la sua probabile futura fidanzata si aggrappava al suo braccio.

Masumi la osservò andarsene di spalle, dopo aver fatto un rapido inchino di congedo, e sorrise amaramente all’indirizzo del regista, che borbottò una scusa imbarazzata.

- Forse c’è ancora qualche angolo da smussare… - constatò congedandosi e raggiungendo il suo posto.

- Quella ragazza… stento a credere che sia la stessa che era poco fa sul palco - commentò Shiori cercando di intrattenere una conversazione con quell’uomo enigmatico che era diventato improvvisamente silenzioso.

- Maya Kitajima… - mormorò la giovane donna - Credo di aver letto qualcosa di lei su qualche giornale… - soppesò pensierosa - La sua voce, il suo modo di muoversi, di camminare, nelle vesti di Akoya era irriconoscibile - ammise osservando il profilo deciso di colui che sarebbe probabilmente diventato suo marito.

- Eppure è lei l’attrice - sussurrò Masumi guardando il palco con espressione concentrata. Shiori rimase in silenzio ad osservarlo finché venne chiamata l’entrata in scena del nuovo spettacolo. Altre due ore.

Sospirò e si apprestò a seguirlo, come le era stato insegnato.



Ayumi Himekawa aveva fatto del teatro la sua professione. Sua madre era una grande attrice, addirittura candidata in passato dalla signora Tsukikage per lo stesso ruolo che alla fine aveva avuto lei. Suo padre era un regista famoso, che lavorava anche a Hollywood. La sua infanzia era trascorsa in solitudine e così la sua adolescenza. Unico conforto, la tata, sempre gentile e disponibile.

Sapeva che tutti le invidiavano la posizione sociale, la grande villa, gli abiti e gli accessori che indossava, la sua strepitosa bellezza.

A lei invece non interessava niente di tutto ciò. Lei voleva recitare ed uscire dall’ombra dei suoi genitori. Quando poteva, evitava di dire chi fosse, se nominavano i suoi, lei sviava, sempre mostrando quel fascino giovanile e accattivante che le avevano insegnato ad usare. Aveva studiato nelle scuole migliori ed era entrata alla Ondine, una delle più prestigiose compagnie teatrali del Giappone che facevano capo alla Daito Art Production della famiglia Hayami.

Sempre il meglio, per lei.

Osservava il palco naturale dello Shuttle X in quel momento, ad una svolta epocale della sua vita. Chissà perché le erano venuti quei pensieri.

I suoi colleghi stavano inscenando la parte iniziale del dramma e lei era pronta ad interpretare la Dea che si risveglia. Rivide per un secondo il volto di Maya, la sua voce, i suoi movimenti. Com’è possibile che quest’immagine sia così chiara quando non vedo quasi più niente? Come può essermi rimasta così dentro? Maya Kitajima… sapevo che saresti stata una rivale temibile il giorno in cui ti vidi fare quella pantomima dell’uccellino alla Ondine...

Strinse i pugni e sentì sulle spalle le mani gentili di Kei Akame. Aveva il sospetto che quell’anziano attore avesse un debole per lei. Chissà cosa penserebbe Peter…

Sorrise e si concentrò. Durante Le Due Regine aveva imparato cosa significava vivere come un personaggio sul palcoscenico solo per scoprire che Maya lo faceva ogni dannata volta!

Fu una sensazione incredibile… ora che non vedo, sento ogni cosa amplificata intorno a me… odori, rumori, percezioni, come questo vento che sento spirare alla mia destra… Akame è nervoso… Onodera digrigna i denti mentre sposta la pipa da un lato all’altro della bocca… e io… io sono pronta!

Prese posizione e dette vita al suo risveglio della Dea.



Maya si alzò lentamente in piedi, gli occhi sgranati, il cuore che batteva senza controllo. La voce di Ayumi riverberò in tutto lo spazio circostante, il suo modo di muoversi non era più umano, la sua rabbia a stento contenuta per la follia dell’uomo le fece venire i brividi. Come fa a camminare in quel modo…? Come può la sua voce avere questo timbro surreale? Il suo sguardo… vede il mondo… sta guardando l’umanità dal cielo…

Sakurakoji le toccò dolcemente una mano e quando lei si voltò a guardarlo, i suoi occhi brillavano carichi di stima e d’emozione.

- È una Dea… Yu… la vedi? - mormorò con voce grave e commossa.

- Sì, Maya, la vedo… siediti, ti prego - annuì, tirandola leggermente. Lei obbedì meccanicamente e in quel momento un boato di applausi si levò dalla platea al termine della scena. Non ricordi il tuo risveglio, Maya? Hai lasciato tutti senza fiato… non c’è stato applauso per te, perché hai trascinato il pubblico dentro la storia… da subito…

- Ayumi Himekawa non si smentisce… - mormorò il regista Kuronuma tenendo lo sguardo fisso sul palcoscenico - Deve aver lavorato molto duramente e vedo che Onodera ha scelto un’ambientazione classica che però mi pare poco si sposi con quei binari… - valutò portandosi una mano al mento.

Sakurakoji prestò più attenzione a quei particolari notati dal regista e si rese conto che in effetti i loro abiti erano bellissimi, avevano usato alcuni pannelli per dividere gli ambienti, che venivano mossi secondo la necessità, mentre loro, in realtà, non avevano usato assolutamente niente a parte la recitazione. Questo forse aveva reso le varie scene più “divise”, mentre quelle di Onodera apparivano più fluide, però era stato solo grazie alla forza delle loro interpretazioni se il pubblico non aveva sentito la mancanza di scenografie.

- Anche Onodera sembra essersi affidato completamente alla sua prima attrice… - proseguì il regista - Eppure avverto una strana tensione nell’aria, esibirsi per secondi dopo di noi non deve essere facile. Il pubblico conosce già la storia e l’interpretazione di Maya… - Kuronuma si girò, ma la ragazza era assorta, gli occhi dilatati, appoggiata con le mani sullo schienale della poltrona davanti. Le labbra erano separate e il suo respiro entrava e usciva rapidamente. È emozionata… non importa chi sia a recitare, lei è affascinata dal teatro… ma è ingenua, timida, con un forte senso di inadeguatezza… sono caratteristiche che difficilmente perderà… le serve qualcuno che la protegga…

Si girò quel tanto che bastava ad individuare Masumi Hayami. Era pomeriggio inoltrato, ma c’era ancora abbastanza luce da permettere una visione completa della platea. La ricca ereditiera al suo seguito sedeva compostamente e seguiva lo spettacolo con apparente interesse, proprio come lui. Sono sicuro che sia innamorato di Kitajima, sebbene possa sembrare assurdo vista la sua posizione sociale… e non capisco perché abbia accettato di incontrare quella donna… magari suo padre gli sta facendo qualche pressione…

- Sono diversi… completamente diversi da noi… - il sussurro di Maya accanto a lui lo riscosse dalle sue elucubrazioni.

Akoya raccoglieva erbe e in quel momento Isshin entrò in scena.

- Vediamo come se la cava Kei Akame… - mormorò il regista incrociando le braccia al petto. Sakurakoji s’irrigidì, quell’attore aveva una presenza scenica notevole, data anche dalla sua altezza inusuale e da una intonazione perfetta.

Il suo Isshin è proprio come Ichiren Ozaki doveva averlo immaginato nella sua fantasia quando creò la Dea Scarlatta… Portamento, dignità, umiltà… è perfetto…

- Che noia… - borbottò Kuronuma e Yu si girò di scatto, imitato da Maya - Beh! Che avete da fissarmi così? Mi sta venendo sonno… - e fece un gesto eloquente con la mano portandosela alla mano e sbadigliando per finta. Maya ridacchiò spezzando la tensione e anche Yu sorrise divertito.

Nonostante le battute del regista, Ayumi e Akame dominavano la scena, lei briosa, sbarazzina, giovane sacerdotessa, come Ozaki doveva averla immaginata, probabilmente ispirata alla signora Tsukikage; lui serio, imbarazzato di fronte alla rivelazione d’amore di Akoya. Se qualcuno poteva aver pensato che la coppia non avrebbe funzionato vista la differenza di età, venne smentito completamente.

Non solo Ayumi e Akame erano in sintonia, ma fu chiaro fin da subito l’attrazione esplicita che provavano. Maya si voltò verso Yu e trovò i suoi occhi ad attenderla. Arrossì lievemente e abbassò lo sguardo.

- Noi… - balbettò, poi fu incapace di continuare. Il bacio che si erano scambiati, il suo yukata abbassato mentre stava recitando le erano sembrati ovvi: Akoya desiderava Isshin, era innamorata di lui, a tal punto da rinunciare alla sua parte divina.

- Kitajima - la voce del regista li colse di sorpresa - Il vostro è stato un innamoramento, un sentimento graduale, era palpabile e tutto il pubblico se ne è accorto - indicò il palco assottigliando lo sguardo - Loro sono perfetti, recitano in modo ineccepibile, ma sembrano già innamorati… Capite la differenza? - li fissò intensamente e i due giovani ricambiarono lo sguardo stupiti. Entrambi non avevano mai recitato quella scena rendendola un’abitudine, ma cercando ogni volta di esporre al meglio quel sentimento nascente. Quando Maya l’aveva baciato in quel modo, la sua reazione era stata un misto dei suoi sentimenti reali e di quelli che doveva provare Isshin. Se ci ripenso… l’ho spogliata… santo cielo… eppure lei… non le avevo mai visto quello sguardo carico di desiderio… non era per me… era per Isshin e probabilmente stava pensando a quell’uomo…

Si girò appena, Masumi Hayami sedeva accanto a Shiori Takamiya. Aggrottò la fronte contrariato, domandandosi ancora una volta come quella storia con Maya potesse avere un senso e cosa fosse realmente accaduto in quella pazzesca e improvvisa sparizione. Tornò a fissare il profilo di Maya, affascinata dallo spettacolo, ammettendo a se stesso che in quella scena lei si era comportata in modo disinvolto. Il bacio che gli aveva dato era stato sensuale e istintivo e quando l’aveva toccata abbassandole l’abito, lei aveva tremato d’emozione.

È come se… come se…

Ma la sola idea di ciò che poteva essere accaduto fra loro per rendere Maya così “preparata”, bastò a fargli gelare il sangue nelle vene. I suoi tempi sono stati perfetti… pause, ritmi… ogni attimo intercalava perfettamente le sue battute… che avesse calcolato tutto o che sia stata solo istintiva, il risultato è stato incredibile e lei neanche se ne rende conto…

Kei Akame mostrò il suo Isshin nel confronto con Terufusa quando gli venne chiesto di intagliare una statua sacra e Maya si girò quando sentì ridacchiare. Signor Kuronuma…

- Davvero sono convinti che la signora Tsukikage potrà mai scegliere una recitazione così dozzinale e poco approfondita? Ma vedete come intaglia? Se avessi messo sul palco una bambina di dieci anni l’avrebbe fatto meglio! -

Maya e Yu tornarono a guardare la scena, ignorando i borbottii indecenti del regista. In effetti l’attore, nonostante avesse tenuto testa a Terufusa, appariva impacciato con gli strumenti da intaglio mentre Maya ricordava perfettamente lo sguardo di Yu mentre lavorava il legno. Si girò a guardarlo e lui, sentendo gli occhi addosso, si voltò rimanendo stupefatto dalla sua espressione. Era di stima e di orgoglio, le era bastata una sola occhiata per fare la differenza fra loro due. Arrossì lievemente e si portò una mano fra i capelli, imbarazzato.

Ancora non ho avuto modo di rendermene conto… sono accadute così tante cose in poche ore… ma aver recitato la Dea Scarlatta con Yu è stata un’esperienza unica… per la parte di Isshin lui verrà scelto di sicuro dalla signora Tsukikage!

Gli sorrise felice e lui distolse lo sguardo, ripetendosi che il suo atteggiamento spontaneo era solo amichevole e che quello sguardo dimostrava solo la stima che aveva di lui come attore.

Non prova niente per me...

Si fissò le mani in grembo, rievocando ancora quell’intimità e quella gioia provate quando fra le sue braccia era stata Akoya, innamorata, innocente e pura. Quanto mi è costato lasciar andare Akoya? In quella scena, Maya mi ha così coinvolto da farmi dimenticare ogni cosa… e quella era solo finzione… come potrò lasciarla andare davvero? E se quell’uomo si sposerà, lei cosa farà? Soffrirà…

Quell’ultimo pensiero cristallizzò nel suo cuore un’angoscia che aveva quasi dimenticato grazie alla concentrazione per la “Dea Scarlatta”.

Riportò l’attenzione sul dramma mentre Isshin lottava contro i briganti. Si rese conto ancora una volta che la recitazione di Kei Akame era davvero eccellente, ma non trasmetteva alcuna emozione particolare. Guardò Kuronuma, che fissava assorto il palcoscenico, una mano al mento e la fronte aggrottata. Forse comincio a capire ciò che intendeva…

Maya non aveva staccato gli occhi dal palcoscenico che gli attori e quelle semplici scenografie trasformavano in modo fluido e continuo nei vari ambienti catapultandola direttamente nella valle. Ho potuto interpretare Akoya perché ho vissuto delle esperienze… tutto quello che la signora ci ha fatto fare nella valle dei susini mi è servito oggi… si può inventare, è vero… ma se conosci il sentimento che devi esprimere, mettere quella maschera diventa più facile…

Guardò Yu senza farsene accorgere e arrossì immediatamente tornando a guardare il palco. Non so come avrei recitato quella scena al ruscello… volevo baciarlo… desideravo farlo… Isshin era la mia anima gemella su quel palco, ero attirata verso di lui come il ferro con la calamita… non so davvero cosa avrei fatto nella scena finale se io… se io…

Chiuse gli occhi stringendoli con forza, ricordando quella tremenda sensazione di strappo che aveva avvertito quando aveva visto la donna baciarlo. Il tempo si era fermato, anche il suo cuore aveva smesso di battere, per tutto il secondo atto aveva creduto che non avrebbero avuto alcun futuro e aveva riversato quel senso di abbandono nella sua Dea Scarlatta. Signor Hayami… forse i miei occhi mi hanno ingannato ma… la signorina Shiori è davvero bellissima… se io fossi al posto del signor Hayami non sceglierei mai una come me… ancora sono convinta che ciò che è accaduto stanotte sia solo un sogno…

Il suo cuore prese a battere freneticamente, non riusciva mai a contenere le emozioni quando pensava a lui. E poco prima, quando il signor Kuronuma l’aveva portata di forza a salutarlo, aveva riprovato quel nuovo, scioccante sentimento: la gelosia. Era una cosa priva di senso, ne era consapevole, e lei non aveva alcun diritto di sentirsi in quel modo: Shiori Takamiya era destinata a diventare sua moglie, le loro aziende avrebbero così chiuso una solida alleanza e il loro potere si sarebbe rafforzato.

Ed eccola, la scena dell’innamoramento di Akoya. Ayumi e Akame dettero vita ad un incontro molto più classico, ma non meno intenso di quello proposto da Maya e Yu. Incredibilmente l’esperienza dell’attore e l’eccellente interpretazione di Ayumi trasformarono quelle battute in un’onda piena di sentimento che fece sospirare il pubblico.

Maya rimase a bocca spalancata, il cuore che le batteva, perché quella scena aveva rievocato tutto quello che era successo con il signor Hayami e anche con Yu. Akoya conquistò il cuore di tutti, il suo modo di muoversi, le sue espressioni, la sua voce delicata e piena di rispetto dimostrarono ampiamente quanto lei avesse compreso profondamente la sacerdotessa-dea.

- È... è bravissima… - balbettò confusa e intimorita. Non sarò mai capace di muovermi in quel modo… non potrò mai eguagliare la facilità con cui cambia maschera! Ha capito la Dea Scarlatta molto meglio di me!

- Sì, è brava - ammise Kuronuma interrompendo il flusso incontrollato dei suoi pensieri. Si girò a guardarlo, ma lui era concentrato sullo spettacolo, che proseguì senza intoppi fino alla festa del villaggio. Isshin, in disparte, fissava Akoya che elargiva benedizioni e ascoltava preghiere. Il suo sguardo era decisamente quello di un uomo innamorato che osserva la sua fidanzata, essendo consapevole della distanza che li separa. Kusunoki, vedendo Isshin distratto, gli chiese cosa gli piacesse di Akoya. Lo scultore, preso alla sprovvista, aprì il suo cuore e Sakurakoji, sentendo la sua voce accorata e piena d’amore, dubitò della sua interpretazione: forse era stato troppo blando nel rivelare l’amore eterno, che andava oltre la morte, che lo legava ad Akoya.

Questo è uno dei nodi del dramma, ciò che permette a Isshin di rinunciare alla sua anima gemella… io l’ho potuto capire quel pomeriggio al porto, quando Maya è corsa dietro al signor Hayami e li ho visti abbracciarsi teneramente…

L’apparizione della Dea Scarlatta, che risponde alla preghiera per ritrovare i tesori divini dell’Imperatore rubati dai tre ladri, lo riscosse dai suoi pensieri malinconici. Ayumi era meravigliosa, la sua espressione, la sua voce, stregarono tutta la platea e l’intensità della sua riposta lasciò Maya intimorita e allo stesso tempo convinta che non avrebbe mai potuto avere una rivale migliore di lei.

Il sangue di uno dei ladri insudiciò la terra e il dolore della Dea divenne il dolore di ognuno degli spettatori presenti. Maya si sedette, gli occhi spalancati mentre lacrime calde scendevano copiose sulle sue guance.

- La zona proibita… è corrotta… il suolo macchiato di sangue… gli uomini hanno infranto la promessa… - mormorò facendo voltare Kuronuma e Sakurakoji. Il regista la fissò pensieroso, in quella scena Maya aveva dato un’interpretazione tutta sua di quel dolore. Anche se la recitazione di Ayumi era impressionante, lui non si sentiva particolarmente coinvolto e c’era qualcosa di strano in quella ragazza sebbene non avrebbe  saputo dire ‘cosa’ di preciso. Mi sono vergognato di essere un uomo quando la Dea di Maya ha emesso quel lamento di indicibile dolore…

Il primo atto ebbe termine con l’uscita di scena di Akoya. Maya si appoggiò allo schienale della sedia non perché volesse rilassarsi, bensì per lo shock causato da quell’ultima interpretazione di Ayumi.



Un brusio costante e concitato si levò dagli spettatori mentre defluivano lentamente verso il padiglione del buffet. Eisuke Hayami osservò la platea con occhio critico. Come si era aspettato, la recitazione di quella ragazzina aveva tenuto tutti incollati alle sedie e, nonostante quella della loro attrice fosse stata eccellente, non lo era stata abbastanza da lasciarli basiti.

Trenta anni fa mi accadde la stessa cosa la prima volta che vidi Chigusa recitare la Dea Scarlatta… il suo sguardo, il suo modo di muoversi… se non avessi saputo che era lei, non avrei potuto riconoscere in Akoya, Maya Kitajima… È questo che ti ha affascinato di lei, Masumi, quando era solo una bambina? I suoi occhi? Questa passione che emana?

Spostò lo sguardo su quella ragazza che aveva sconvolto la vita del figlio e ripensò alla sua. Non si era mai arreso ai rifiuti di Chigusa, le aveva dato una caccia spietata, se si fosse impossessato dei diritti, avrebbe avuto anche lei per sé. Ma ora… tutto sta cambiando...

Maya era circondata dagli altri attori del suo gruppo, dal suo Isshin e dai suoi amici. Fece cenno a Sujimoto e si allontanò.


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Capitolo 50
*** Decisioni ***


Ultima revisione: aprile 2016

 

50. Decisioni



Il buffet, che era stato allestito nel padiglione subito seguente a quello dell’ingresso, venne preso d’assalto da tutti gli spettatori. Il sole era quasi calato e sembravano affamati. Maya osservava la folla accalcata intorno ai vassoi e ascoltava il brusio incessante, appoggiata ad uno dei tubolari bianchi che sostenevano i tendaggi. Sentiva spesso i loro nomi pronunciati dalla gente, che si rincorrevano come foglie al vento. Stava cercando di capire cosa ne pensasse il pubblico dell’interpretazione di Akoya quando sentì una presenza accanto a sé. Sorrise della sua debolezza, ormai riusciva a riconoscere quella sensazione che provava ogni volta che lui era vicino.

- Buonasera, signor Hayami - lo salutò cortesemente mordendosi la lingua. Avrebbe voluto potergli dire molte altre cose, che l’abbracciasse e scacciasse tutti i suoi pensieri oscuri, invece si limitò a quella semplice frase.

- Buonasera, Maya - le rispose trattenendo lo sguardo su di lei, rimase distante anche se avrebbe voluto solo stringerla fra le braccia. Sembra preoccupata… chissà per quale motivo…

- Cercava il suo Isshin? - chiese Masumi fissando anch’egli la folla e cambiando volutamente la rotta dei suoi pensieri.

- No - rispose Maya semplicemente, incrociando le mani dietro la schiena. Era a circa un metro da lei, immobile, eppure ne avvertiva prepotentemente la vicinanza - Lei sta cercando la sua fidanzata? - si sarebbe domandata in eterno perché gli avesse fatto quell’assurda domanda.

Masumi si voltò lentamente piegando la testa.

- No - rispose con tono neutro come aveva fatto lei - E non è la mia fidanzata - puntualizzò mettendosi le mani in tasca.

- Ma lo diventerà - insisté Maya con una nota acre, mentre quello spiacevole livore amaro le risaliva dallo stomaco. Devo essere impazzita… cosa mi è venuto in mente?

- È bella e ricca, mio padre vuole che la sposi, quindi è probabile che diventi la mia fidanzata - ribadì irrigidendosi e lasciando che un tepore inaspettato gli scaldasse il petto. È... gelosa?

Maya avvertì il tono di sufficienza con cui disse quelle parole, gli avrebbe risposto per le rime, ma quando si voltò, i suoi occhi avevano un’espressione completamente diversa dal tono che aveva avuto la voce. Sta indossando una maschera… e io… stavo per cascarci di nuovo… forse non è felice neanche lui di questa unione voluta da suo padre… devo provare a stare al suo gioco, adesso…

- Allora dovrebbe andare da lei, non vorrà che qualcuno gliela porti via! - sibilò girandosi di scatto e ignorandolo volutamente.

Masumi sorrise a quella reazione artificiale. Era brava a recitare tanto quanto non lo era a fingere. Non riuscirai mai a essere qualcosa che non sei, Maya… tranne sul palco...

- Ma io sto già facendo la guardia alla cosa a cui tengo di più in modo che qualcuno non me la porti via… - le confessò continuando a guardarla. L’effetto di quelle parole colorò le sue guance di rosso vivo.

Maya abbassò lo sguardo e il cuore le batteva così forte da sovrammettersi a tutti gli altri suoni. Parla… di me? Per questo non si è avvicinato nessuno?

- Quante volte le ho detto che non deve starsene attaccata alle pareti come un quadro? - riprese lui cercando di spezzare quella tensione che si era creata. Adesso è così difficile starle vicino senza guardarla o…

- Sono stanca, volevo solo ascoltare - mentì, in realtà non aveva alcuna voglia di sentire i commenti degli altri, di quanto Ayumi Himekawa fosse brava e bella, di quanto la sua Dea Scarlatta si muovesse in modo divino, di come la sua interpretazione fosse simile a quella della signora Tsukikage.

- Oppure perché non vuole restare delusa da ciò che gli altri potrebbero dire - replicò lui con un sorriso ammiccante. Maya si voltò a guardarlo, ogni volta le toccava stare con la testa all’insù. Mi legge come un libro aperto…

- N-No… - negò in modo non troppo convincente - Sono davvero stanca - ripeté tornando a guardare il padiglione.

- Lo sa che durante l’intervallo fra primo e secondo atto della sua rappresentazione quasi nessuno è venuto al buffet e l’hanno tutti attesa sul palco? - le riferì sperando di infonderle un po’ più di sicurezza. Non le avrebbe certo detto che Ayumi non ci vede. Era veramente incredibile il modo con cui si muoveva su quel palco naturale.

- N-Non lo sapevo… - ammise, cercando di assumere un atteggiamento serio e composto.

- Masumi, sei qui? - la voce suadente della signorina Shiori li raggiunse, facendoli voltare entrambi con un tempismo perfetto. Lei alzò un sopracciglio, erano distanti, la ragazzina sembrava imbarazzata, lui invece a suo agio come sempre, quasi divertito.

- Shiori - le sorrise dedicandole tutta la sua attenzione, mentre Maya fece un leggero inchino.

- Signorina Kitajima, prima dell’inizio del secondo spettacolo non abbiamo avuto tempo per parlare, ma volevo dirle quanto la sua interpretazione mi abbia toccato - le confessò meravigliandola - Ho avuto difficoltà a separare l’attrice dalla sacerdotessa e dalla Dea, è stata in grado di trasportarmi in quella bellissima valle che non ho mai visto - aggiunse con un sorriso molto dolce. Maya la fissò inebetita, senza riuscire a spiccicare parola.

Masumi guardò stupito quella donna colta e riservata e sollevò un sopracciglio, poi allungò un braccio e schioccò le dita davanti agli occhi di Maya. Potrei chiedere a Mizuki di insegnarle come si affrontano situazioni come questa…

- Gr-Grazie, signorina Shiori - balbettò Maya riscuotendosi e inchinandosi subito. Shiori rise garbatamente per la trasparenza di quella giovane attrice.

Chiamarono il secondo atto e quell’annuncio la salvò dal dover trascorrere altro tempo con quella donna stupenda che la faceva sfigurare sotto ogni aspetto.



Il secondo atto vide Ayumi e Akame raggiungere il loro massimo fulgore interpretativo. Se nella prima parte qualche scena avrebbe potuto essere giudicata non all’altezza dei due attori, in quella seconda parte ogni dubbio venne spazzato via.

Durante la battaglia, parte del muro laterale destro cadde e, sebbene dal pubblico si fossero levate grida spaventate e di avviso, gli attori continuarono a recitare e per fortuna nessuno si fece male.

Maya rimase basita dall’entrata in scena della Dea Scarlatta di Ayumi che redarguì i soldati cercando di fargli capire il senso della vita. Lei sembrava aver scelto una graduale evoluzione dei due personaggi che aveva interpretato. Sia Akoya che la Dea Scarlatta crebbero sotto gli occhi di Maya, dal primo al secondo atto, come se gli eventi avessero cambiato i caratteri dei due personaggi. Ha scelto una strada completamente diversa dalla mia! Le sue interpretazioni sono più complete e non teme niente! Quando è crollato quel muro… come ha fatto a mantenere quel sangue freddo? Io, nel camminamento, quando sono caduta, stavo per morire di paura…

E se la signora Tsukikage potesse aver avuto qualche dubbio su chi scegliere fra le due, la scena finale che vide contrapposti Akoya e Isshin dissolse ogni incertezza.

Non ci furono battute, né alcun dialogo, solo le loro espressioni raccontarono quello stato d’animo combattuto. Isshin entrò nella zona proibita, l’ascia sollevata, il volto contratto per la consapevolezza di ciò che avrebbe dovuto fare. A differenza di quello di Sakurakoji, il suo scultore giunse più preparato al destino che li avrebbe travolti.

Akame e Ayumi si fissarono negli occhi, alcune donne scoppiarono a piangere in mezzo al pubblico tale fu la tensione a cui i due attori sottoposero la platea con quel solo sguardo prolungato. Poi Akoya sorrise.

Non fu un sorriso qualsiasi, racchiudeva in sé tutta la comprensione di quel gesto d’addio.

Maya serrò le mani in grembo, chiedendosi come Ayumi fosse riuscita a creare quel sorriso. Un nodo le chiuse la gola per l’angoscia espressa da quella coppia di amanti. Anime gemelle… si ritroveranno… il distacco è solo in quella vita… ma perché allora è così doloroso? Signor Hayami… io…

Si voltò appena, voleva solo guardarlo, invece trovò i suoi occhi azzurri che la fissavano. Sussultò, arrossì, e tornò a guardare il palco. Ayumi sollevò le braccia lentamente, Maya sgranò gli occhi perché il movimento fu eseguito in modo così fluido da sembrare al rallentatore. Contemporaneamente abbassò un po’ il mento e piegò la testa, posizionò i piedi. Il suo corpo si irrigidì partendo dal centro, poi via via verso le estremità, fino alle dita che si fermarono per ultime.

L’immobilità del susino di Ayumi raggelò il pubblico e il dolore dei due innamorati scosse la platea fin nel profondo. L’espressione di Akame mutò altrettanto lentamente, contrapponendosi a quella serena di Akoya, la sua era furiosa, arrabbiata, poi si distese accettando, infine, quel distacco.

- Come possono avere un controllo così esteso del loro corpo… - sussurrò Maya sconvolta afferrando lo schienale della sedia di fronte.

Isshin si avvicinò al susino, toccò la sua guancia come fosse tronco, poi calò l’ascia, uccidendola. Il pubblico reagì in massa, con un sospiro di rassegnazione e dolore. La signora Tsukikage si alzò e applaudì nel silenzio totale e Maya cercò di dominare il brivido gelato che le attraversò le membra

- Non farti venire strane idee, Kitajima - la voce burbera del regista la riscosse - Ha fatto la stessa cosa anche per te - le rivelò lasciandola di stucco.

- Per… per me? - balbettò insicura riacquistando un po’ di colore.

- Sì - rispose secco lui. Quando ha applaudito per te, il suo sguardo era spiritato… adesso la vedo di spalle… chissà com’è in volto adesso… Kitajima… hai lasciato basito anche me… non ti rendi conto delle tue reali capacità né di ciò che infondi nel pubblico quando calchi il palcoscenico… e forse è proprio questa tua umiltà innata a fare di te la grande attrice che sei e che diventerai…

Il sipario venne ‘calato’ e anche la seconda rappresentazione di prova finì, nello sconcerto generale. Chi aveva partecipato a quell’evento raccontò a parenti e amici di aver assistito a qualcosa di veramente unico, finché il due gennaio, quella percezione venne sradicata dalla messa in scena dalla “Dea Scarlatta” definitiva.

Ma questa è un’altra storia.



Ayumi Himekawa fissava oltre il vetro della finestra il giardino della villa dei suoi genitori, immaginandone il ricordo. Si sentiva davvero strana. Una parte di lei era svuotata, stanca e gradevolmente appagata. L’altra era emozionata e carica di aspettativa per il suo futuro.

È tutto finito… ho atteso tanto, eppure quelle due ore nei panni di Akoya sono volate via…

Nell’istante in cui la signora Tsukikage aveva applaudito, lei aveva riniziato a respirare come Ayumi, abbandonando la Dea Scarlatta. Quell’esperienza l’aveva segnata per sempre, non solo per la complessità del ruolo, ma per ciò che era riuscita a capire di se stessa. Alla fine della rappresentazione di Maya Kitajima era giunta ad una conclusione tanto semplice da scuotere tutto il suo essere.

Quella riflessione le aveva permesso di recitare la sua Dea più intensa e coinvolgente, trascinando con sé il suo partner e tutti gli altri attori.

Dalla reazione sembra che io abbia convinto anche il pubblico…

Sorrise al ricordo dell’emozione provata, dell’energia che l’aveva travolta, dell’amore intenso che aveva sentito per Isshin, riflesso di quello che provava per Peter Hamil. Anche Maya aveva trasmesso quel sentimento e si domandò chi avesse conquistato il suo cuore.

Oppure era solo interpretazione…

Nel padiglione del buffet, il Presidente Yamagishi aveva informato tutti gli ospiti che l’esito della rappresentazione di prova e la scelta della candidata sarebbero stati ufficializzati dopo due giorni, presso l’attico di un famoso hotel di Ginza, che ospitava spesso eventi per l’Associazione Nazionale per lo Spettacolo, durante una serata di gala a cui avrebbero partecipato le persone più illustri.

Domani sera tutto si concluderà… dovrò operarmi, eppure so che niente cambierà, non vedrò mai più…

Aveva ricevuto complimenti a profusione, soprattutto da Onodera e da Akame, anche se aveva volutamente ignorato Maya, ma non avrebbe mai potuto dimenticare quello di Peter. Aveva insistito per riaccompagnarla a casa, era rimasto in silenzio e lei lo stesso, fraintendendo quel suo atteggiamento. Ho creduto che non gli fosse piaciuta la mia interpretazione…

I cancelli della villa si erano aperti, lui aveva parcheggiato l’auto e l’aveva aiutata a scendere. Era un sollievo non doversi preoccupare di nascondere la sua cecità, Peter non le faceva mai pesare la cosa, anzi sembrava sempre disponibile, come se fosse una cosa normale. Un silenzio imbarazzato l’aveva messa a disagio, poi lui l’aveva abbracciata e baciata con quella passione e quel trasporto a cui non riusciva più a rinunciare.

- Qualsiasi cosa deciderai, io sarò con te. La tua Dea Scarlatta ha incantato la platea e incatenato definitivamente il mio cuore - le aveva sussurrato a fior di labbra facendola rabbrividire di piacere. Gli è bastato guardarmi per capire ciò che mi passava per la testa… Si erano stretti in un abbraccio urgente e sensuale, finché le sue parole appena mormorate nell’orecchio avevano sciolto ciò che rimaneva dei suoi dubbi.

- Sposami, Ayumi - lei ricordava di essersi staccata dall’abbraccio, la mente in tilt e il cuore che batteva furiosamente, di aver immaginato l’uomo alto e biondo davanti a sé, i suoi lineamenti occidentali, le sue labbra perfette e piene. Le lacrime erano scese involontariamente, perché lui la capiva perfettamente, perché era stanca per la Dea Scarlatta, per il confronto con Maya, e perché quelle parole erano tutto ciò che voleva sentire.

- Sì - aveva risposto, avvertendo la gioia palpabile di Peter che aveva subito contagiato anche lei. L’aveva stretta a sé di nuovo e avevano parlato a lungo, fino a notte fonda, e lei gli aveva rivelato ogni cosa. Aveva capito tutto...

Si abbandonò al ricordo piacevole che aveva seguito quella chiacchierata e lasciò la finestra da cui comunque non riusciva a vedere assolutamente niente. Durante lo spettacolo, quel senso mancante le aveva permesso di avvertire gli altri elementi in modo più prepotente e di mostrare un’interpretazione ancora più intensa.

Maya… ci vediamo domani sera!



I giornali di gossip parlavano del fidanzamento dell’anno e non c’era attimo in cui non vedesse un’immagine, ascoltasse una notizia o leggesse un articolo sulle riviste. Maya aveva accettato quel fatto con una passività che aveva sconcertato Rei. Aveva dormito come un sasso e quella mattina si era svegliata piena di energie. Quando la TV aveva trasmesso un servizio su Masumi Hayami e la sua bellissima “quasi” fidanzata, lei aveva semplicemente cambiato canale. Non c’era tristezza sul suo volto, né nei suoi occhi.

Aveva sentito la signorina Mizuki, venendo così a parte di tutta la storia completa del rapimento improvviso e della visita di Sakurakoji alla Daito Art Production. Non riesco a capire lo stato d’animo di Maya…

Ma la cosa che davvero l’aveva sconcertata di più era la sua reazione alla Dea Scarlatta. Finito lo spettacolo di Ayumi, il Presidente dell’Associazione Nazionale per lo spettacolo aveva dichiarato che l’esito della scelta sarebbe stato reso pubblico due giorni dopo durante un gala. Maya sembrava essersi chiusa in se stessa, le aveva raccontato con gli occhi lucidi come fosse stata intensa l’interpretazione della sua rivale e non aveva accennato minimamente alla sua. Guardandola adesso… è come se non le interessasse niente di ciò che la circonda… probabilmente si sente sconfitta da Ayumi e abbandonata dal suo ammiratore… in fondo non credo che il signor Hayami le abbia mai detto di persona del suo fidanzamento, né delle sue reali intenzioni, e allo spettacolo era con quella donna…

Maya vide l’amica alzarsi di scatto, una strana espressione feroce dipinta sul volto. La prima del suo Cime Tempestose sarebbe stata il 15 ottobre e forse era nervosa per quel motivo. Interpretare Heathcliff essendo una donna non doveva essere per niente semplice. Non ho mai interpretato un ruolo maschile… chissà come sarebbe…

Puntò i gomiti sul tavolo con le mani a coppa e ci appoggiò il mento immaginandosi in quelle vesti. Preferiva di gran lunga pensare al futuro che al passato. Interpretare la Dea Scarlatta era stata un’occasione indimenticabile. Tutto il lavoro che aveva fatto insieme alla signora in quegli anni, le prove nella valle dei susini che l’avevano così avvicinata a quel personaggio complesso e articolato, l’avevano fatta crescere come attrice in un modo che neanche lei avrebbe mai immaginato. Il sogno era finito, adesso, lo spettacolo dimostrativo si era concluso, l’Akoya di Ayumi era ancora davanti ai suoi occhi, la vera Akoya, quella immaginata dal maestro Ichiren Ozaki. Ayumi e Yu saranno perfetti! Non vedo l’ora di vederli fra due mesi alla prima voluta dalla signora Tsukikage!

Rei si voltò, irritata e nervosa, e la vide con lo sguardo sognante fisso in avanti. Chissà a cosa sta pensando… avrei tanta voglia di cantargliene quattro al nostro signor Hayami! Non immagina come sia ridotta? Perché non le ha fatto avere neanche una rosa? Con tutto quello che ha passato…

- Vieni, Maya! - sibilò all’improvviso prendendola per una mano e afferrando i soprabiti.

- Rei! Aspetta! - sussultò la giovane presa alla sprovvista - Dove andiamo? - strillò stupita mentre l’amica le infilava a forza il cappotto.

- A fare shopping! - le intimò con un tono che non ammetteva repliche - Domani devi partecipare alla serata dell’Associazione Nazionale, devi comprarti un vestito adatto! -

- Un altro? - sbuffò Maya incredula - Ma, Rei, io… - borbottò poco convinta, non le interessava affatto un abito, ma le fu impossibile fermare l’amica che la stava trascinando.



Eisuke Hayami era riuscito ad ottenere una registrazione delle due rappresentazioni della “Dea Scarlatta” del giorno precedente. L’Associazione Nazionale si era premurata di avere a disposizione una troupe privata che riprendesse l’evento e, nonostante dovesse rimanere segreto, i suoi soldi avevano comprato una copia. Ancora non riusciva a credere di aver visto la trasformazione di quella ragazzina. Lo spettacolo era andato ben oltre quella piccola prova nella valle dei susini e oltre ogni sua più rosea aspettativa.

Chigusa sceglierà lei… IO sceglierei lei… terrà inchiodati gli spettatori per mesi! Vogliono tenere in cartellone lo spettacolo per il solo mese di gennaio… Stupidi! Lei vi costringerà a rivedere i vostri piani! Se… se le dicessi tutto… se mi mostrassi sincero, forse lei capirebbe che la soluzione che le offro è la migliore per tutti… di sicuro l’unico modo per toccare la sua anima sfavillante è raggiungere il suo cuore!

Erano anni che non si sentiva così emozionato nel guardare uno spettacolo. L’interpretazione della Dea Scarlatta faceva impallidire tutti i suoi personaggi precedenti. Era stata in grado di carpire ogni spigolosità di Akoya con la leggerezza innata di un genio. I movimenti, le espressioni, il suo carattere, i sentimenti come la paura, il coraggio, la solitudine, il dolore lacerante del comprendere che il suo amore per Isshin non avrebbe avuto futuro. Era stata diversa da Chigusa, aveva scelto un’altra strada, eppure non meno efficace.

Anzi… in certe occasioni è stata addirittura più incisiva…

Tornò con lo sguardo agli occhi di lei che fissava adorante Isshin e rimase immobile a lungo, in attesa del ritorno di Masumi.



Quella giornata sembrava non avere mai fine. Aveva provato a restare concentrato senza riuscirci. Lo spettacolo dimostrativo aveva avuto una risonanza incredibile e, nonostante solo gli ospiti vi avessero assistito, i giornalisti avevano trovato il modo di ottenere delle interviste.

Si sentiva imprigionato, suo padre non gli permetteva neppure di alzare il naso dalla scrivania. Aveva parlato con Hijiri e gli era bastata una sua parola per capire che il giornalista era stato messo a tacere. Quando gli aveva chiesto dove fosse, lui era rimasto in silenzio per un attimo e poi gli aveva detto che suo padre si sarebbe occupato di tutto.

Ed è la cosa che mi preoccupa di più… mio padre…

Spostò lo sguardo sulla scrivania e lo fissò sui documenti dell’anagrafe. Era la sua ultima carta e l’avrebbe giocata quella sera stessa. Non aveva alcuna intenzione di continuare a uscire con Shiori Takamiya che, pur essendo bella, intelligente e piacevole, non aveva nulla di interessante. E non sarei mai capace di amarla, in nessun modo…

Prese i fogli in mano e controllò un’ultima volta le firme apposte. Solo lui e l’avvocato erano a conoscenza di quella situazione. Si accese una sigaretta e guardò l’orologio. Sono proprio bravo a mentire e fingere, mi hai insegnato bene, padre… Chissà cosa starai facendo, Maya…



In quel momento, Maya Kitajima non aveva più niente della Dea Scarlatta che aveva interpretato poche ore prima e sembrava piuttosto una tigre arrabbiata. Stava salendo le scale del loro appartamento a Yokohama, seguita da Rei tutta felice che portava un numero imprecisato di borse e pacchetti. Era riuscita a trovare un abito adatto nello stesso negozio in cui avevano preso quello per la crociera. Anche se Maya all’inizio aveva fatto storie e si era oscurata in volto, lei non si era arresa finché non l’aveva vista sorridere timidamente indossando quello che poi avrebbe comprato.

- Lo shopping è sempre un toccasana! - esclamò felice Rei posando i pacchetti sul tavolo della cucina. Maya borbottò qualcosa di incomprensibile e lei ridacchiò.

- Suvvia, Maya! Domani sarai bellissima! - e iniziò a spacchettare ciò che avevano acquistato.

Maya sollevò lo sguardo irritato sull’amica, ma non riuscì a tenerle il broncio vedendola così elettrizzata. Perché io non riesco a sentire più niente? Sembra quasi che la Dea Scarlatta mi abbia risucchiato tutte le forze… se potessi non parteciperei a quella festa… conosco il risultato, ho visto Ayumi… e ci saranno tutti quelli che conosco... Onodera riderà di me… e il signor Kuronuma…

Si portò le mani al volto incapace di trattenere le lacrime per la delusione e la rabbia di aver fallito. Rei sollevò lo sguardo e il cuore le divenne piccolo piccolo. Maya…

Si avvicinò e la cinse con le braccia, lasciandola sfogare. Tieni sempre tutto dentro… sembra che tu stia bene, invece…

Maya pianse senza fermarsi, aggrappandosi alla sua amica. Non voleva ripensare alla Dea Scarlatta, né a quella notte prima della rappresentazione. Non voleva ricordare il volto perfetto e cordiale di quella donna, né quel bacio che le aveva visto dare al signor Hayami.

Cosa farò, adesso?

Rei la sostenne con il cuore pieno di tristezza, finché il pianto disperato si placò. La scostò gentilmente da sé e lei si asciugò le lacrime con le mani, continuando a singhiozzare.

- Maya… - sussurrò il suo nome e l’amica le sorrise debolmente.

- Va tutto bene, Rei, grazie per… - e arrossì lievemente per aver dimostrato così apertamente la sua disperazione.

- Prima di affliggerti aspetta ciò che dirà la signora Tsukikage… - le suggerì cercando di essere convincente - La tua Dea Scarlatta è stata incredibile! Anche Ayumi è stata brava, ma tu… tu sei stata magica… -

Maya la fissò con occhi spalancati.

- Siediti - aggiunse dolcemente accompagnandola sulla sedia. Si appoggiò su un ginocchio davanti a lei e prese coraggio. Non so se sia il momento giusto ma devo parlarle…

- Ascolta, Maya… - iniziò titubante, ma tenne fermi gli occhi nei suoi - Il giorno della prova generale allo Shuttle X… - la vide rabbuiarsi subito, così le prese una mano fra le sue - Io ho chiesto ad un tecnico di farti avere un messaggio da parte del signor Hayami... - appena pronunciò quel nome la sentì irrigidirsi e la sua espressione si fece desolata, ma continuò - Non l’hai mai ricevuto, vero? -

Maya scosse la testa, in fondo non aveva alcuna importanza. Rei ebbe solo conferma di ciò che aveva sospettato.

- Mi dispiace, Maya, avrei dovuto consegnartelo di persona - si rammaricò, ma l’amica scosse di nuovo la testa.

- Rei, non devi preoccuparti - la rassicurò - Sapevo della signorina Shiori, sapevo del suo matrimonio, ho visto un fascicolo nel suo ufficio la sera che siamo stati aggrediti… - un’unica lacrima scese lungo la guancia destra.

- Maya, voleva rassicurarti, non sapeva come raggiungerti e ha chiesto alla signorina Mizuki che ha chiamato me! - le spiegò tutto d’un fiato. Maya la guardò, si asciugò la lacrima e le sorrise.

- Il signor Hayami fa parte di una famiglia potente, sappiamo tutti chi è, è naturale che suo padre combini un matrimonio per lui e per la loro azienda - ribadì più per convincere se stessa, ma Rei scosse vigorosamente la testa.

- Devi avere fiducia in lui, Maya! C’era scritto questo su quel messaggio! Santo cielo, è Masumi Hayami, sistemerà ogni cosa! Ha ristrutturato un teatro intero solo per te! - le ricordò con enfasi e lei rimase a fissarla a bocca aperta.

- È l’erede di suo padre, non potrà tirarsi indietro e io… - Maya abbassò la voce finché non divenne un sussurro indefinito - Io non voglio essere un peso, non voglio intralciare la sua vita, non importa ciò che è avvenuto o che ci siamo detti, quello è il passato -

- Maya, ma che dici…? - Rei rimase sconvolta da quelle parole così definitive.

- Sai, Rei? - proseguì - Ho anche pensato che avrei potuto dare a lui quei diritti, se avessi vinto. In fondo la Daito Art Production è potente e sembra intenzionato a mettere in scena la vera “Dea Scarlatta”… ma questa cosa non sarà necessaria. Ichiren Ozaki scrisse quel dramma e Ayumi è stata in grado di dar vita all’Akoya che lui voleva. L’ho capito appena l’ho vista - i suoi occhi si fecero brillanti.

È incredibile… non prova alcuna invidia, anzi, è felice per Ayumi… Maya…

- Di sicuro, però, non li avrei mai ceduti a suo padre! - aggiunse cambiando completamente espressione e stringendo con forza la mano di Rei. Il suo sguardo ardeva d’ira e tremava dalla rabbia.

- Maya, non pensare a tutte queste cose - insisté Rei che, nel profondo, era sicura che tutto si sarebbe risolto - Domani sera potrai decidere cosa fare della tua vita e del teatro, ma non ora! - la scosse con vigore con la speranza che almeno in parte l’ascoltasse.

- Rei, io sto bene, davvero - rispose cercando di essere convincente, ma vide l’amica indurire lo sguardo.

- Ah sì? Allora perché piangi? - domandò con un sibilo freddo. Maya si portò di scatto le mani al volto e si rese conto delle lacrime che scendevano. Arrossì e le cacciò via, poi si alzò spingendo indietro la sedia.

- Sono stati giorni davvero intensi, sono stanca - si giustificò.

Possibile che nessuno capisca! Le prove infinite di Kuronuma… Sakurakoji… la Dea Scarlatta… mi hanno anche rapito per un motivo che non conosco! E poi… poi… la sera in cui mi ha trovato io… io ho lasciato che tutti i miei sentimenti uscissero! E in quel corridoio, quel bacio... quella donna… bellissima donna al suo braccio, sono una coppia perfetta! E Ayumi… splendida Akoya…

Si girò di scatto e si rifugiò in camera continuando a piangere. Rei fissò l’amica, restando immobile in mezzo alla cucina. Piangi, Maya… sfoga tutto il tuo dolore e preparati per domani sera… io non sono affatto convinta che la signora sceglierà la perfetta Akoya di Ayumi Himekawa… ricordo che nella valle dei susini disse che le due candidate non avrebbero dovuto copiare la sua recitazione, ma creare la propria Akoya… Ayumi è stata davvero intensa, probabilmente la sacerdotessa che il maestro Ozaki stesso avrebbe voluto, forse migliore addirittura della signora Tsukikage… ma Maya… tu mi ha fatto vedere la valle dei susini e questa cosa non è accaduta con la recitazione di Ayumi!



- Riuscire ad avere un appuntamento con lei è più difficile che averlo con l’Imperatore - Masumi appoggiò la cartella nera sul basso tavolino.

La signora Tsukikage lo osservò incuriosita, ormai l’uomo che aveva davanti non aveva niente a che fare con quello che era entrato nel suo salotto insieme al regista Onodera sette anni prima e davanti ad una sconosciuta Maya Kitajima le aveva intimato di vendergli i diritti della “Dea Scarlatta”.

- Non vorrà dirmi che questo è il suo ultimo tentativo di estorcermi i diritti? - chiese con tono blando e annoiato, ma quando lui alzò il suo sguardo cristallino, si rese conto che il motivo non era affatto quello.

- No - replicò lui - Sono venuto a portarle questi documenti - e spinse in avanti due gruppi di fogli perfettamente uniti e identici, almeno sulla prima pagina - Li faccia controllare al suo avvocato e, se vuole, li dia alla candidata che sceglierà -

La signora passò lo sguardo da lui ai documenti, ne prese uno e lo scorse rapidamente, tornando poi a fissarlo stupita.

- Perché mi sta dando questi contratti? - gli chiese, curiosa di conoscere la risposta. Masumi ricambiò l’occhiata indagatrice e si aggiustò la giacca.

- L’attrice potrà salvaguardare i diritti della “Dea Scarlatta” - rispose semplicemente.

- Ma anche la Daito Art Production sarà tagliata fuori! - aggiunse la signora che non riusciva a capire quale fosse il piano di quell’uomo enigmatico. Perché si taglia fuori da tutto? Perché proteggere i diritti è più importante che ottenerli, adesso?

Masumi si appoggiò allo schienale del divano e sorrise.

- Sì, anche mio padre sarà fuori dai giochi - ammise annuendo lentamente.

- Suo padre? Non è lei la Daito Art Production? - insisté la signora Tsukikage sollevando un sopracciglio perplessa.

- Io sono sempre stato uno strumento nelle mani di mio padre e da stasera non sarò più neanche quello - ammise lui con tono malinconico e la signora lo fissò stupita chiedendosi cosa potesse significare quella frase misteriosa.

- Non è stato lei a dirmi che avrebbe ottenuto i diritti e messo in scena la vera “Dea Scarlatta”? Ha forse cambiato idea? - lo stuzzicò appoggiando il contratto. Cosa sta facendo, signor Masumi?

- Nient’affatto! - puntualizzò Masumi irrigidendosi.

- E come pensa di farlo se consiglierò alla vincitrice di firmare questo contratto? - replicò la signora rabbrividendo. Masumi la fissò qualche istante in silenzio e il terrore della signora aumentò. Il suo sguardo si fece freddo e le sue labbra tirate per la tensione.

- Davvero ingegnosa la sua idea di far rappresentare la “Dea Scarlatta” allo Shuttle X - esordì mettendosi comodo - Acciaio, vetro, cemento, ferro, tutti materiali distanti anni luce dalla valle dei susini e da ciò che la “Dea Scarlatta” dovrebbe evocare: terra, aria, acqua, fuoco. Un legame inscindibile fra dei e uomini - riassunse brevemente - Eppure, i due gruppi sono riusciti a trascinare lo spettatore in quel mondo. Significa che non sono necessari miliardi di yen per mettere in scena la mia “Dea Scarlatta” -

- La sua? - la signora alzò un sopracciglio perplessa.

- Sì, la mia “Dea Scarlatta”… non serve una grande compagnia teatrale. Chiunque abbia capito come sia davvero quel dramma, può inscenarla con l’attrice che lei sceglierà! - spiegò Masumi piegandosi in avanti.

- E lei ha davvero capito com’è la “Dea Scarlatta”? - Chigusa non riuscì a trattenere una risatina nervosa.

- Sì - rispose lui serenamente, tornando ad appoggiarsi al divano. La signora Tsukikage lo squadrò per alcuni istanti, mantenendo un silenzio inquietante.

- Mi dica una sola parola che per lei rappresenti la “Dea Scarlatta” - lo sfidò tenendo l’unico occhio in quelli chiari di lui.

Masumi sembrò riflettere qualche secondo, meravigliandosi per quell’esame improvviso, poi pronunciò lentamente un’unica parola.

- Rinuncia -

Chigusa Tsukikage mantenne il suo consueto sangue freddo nonostante il cuore le martellasse per l’emozione. Non la stupì il fatto che avesse compreso in modo così profondo quel dramma, in fondo un’analisi avrebbe dato lo stesso risultato anche ad uno studente particolarmente perspicace, ma che a comprenderlo fosse stato proprio Masumi Hayami. Sembra che sia davvero cambiato… chissà cosa direbbe suo padre se sapesse di questi contratti...

Lo fissò qualche istante in silenzio.

- Ho sentito che si sposerà - esordì infine con un sorriso ironico. Eisuke Hayami doveva aver pianificato l’unione delle due famiglie da tempo. Vide il giovane figlio del suo più odiato nemico assottigliare lo sguardo e cambiare posizione nervosamente.

- No - rispose Masumi, continuando a sostenere il suo sguardo indagatore.

- No? E come pensa di opporsi a suo padre? Ichiren non c’è riuscito… e neanche io! - sibilò abbassando la voce e indurendo lo sguardo. Unì nervosamente le mani in grembo, stringendole con forza, indice della rabbia che la pervadeva.

Masumi rimase in silenzio, era cosciente di come suo padre avesse braccato Ichiren Ozaki e la signora Tsukikage e del tragico epilogo che aveva avuto la loro storia.

- Non posso cancellare il passato, ma cambiare il futuro, sì - disse infine, alzandosi.

Chigusa lo guardò stupita, il tono con cui aveva proferito quella frase era pieno di rammarico e di dolorosa consapevolezza. Signor Masumi… a cosa sta rinunciando?

Si alzò accompagnandolo al fusoma, fuori c’era Genzo in attesa. L’aria fresca della sera invase la stanza e il rumore ritmico della fontana si fece più nitido. Si voltò un istante a guardare i due contratti.

- Perché mi ha portato due copie? - gli chiese sulla porta, appoggiando una mano alla sottile parete. Masumi si girò a guardarla con un sorriso lieve.

- Non so esattamente cosa voglia fare, signora Tsukikage. Le due rappresentazioni sono state ottime, potrebbe anche sceglierle entrambe -

- Ma lei ha già scelto la sua vincitrice - lo stuzzicò con un sorriso carico d’ironia.

- Il mio scopo è ottenere quei diritti - rivelò serenamente - Quale delle due attrici interpreti Akoya non ha importanza, sarebbe comunque un successo. Sono state eccellenti, non trova anche lei, signora Tsukikage? - la interrogò blandamente, in realtà non gli interessava la risposta, avrebbe comunque fatto la sua scelta la sera seguente.

- Maya è venuta a trovarmi, qualche giorno fa - gli disse infatti, glissando la sua domanda, e Masumi si fermò, girandosi di nuovo - L’ho trovata cambiata, non trova anche lei? - chiese rigirandogli la stessa identica frase con la stessa inflessione della voce. Lui alzò un sopracciglio e la sua pausa fu troppo lunga per fraintenderla.

- Sì, è cambiata - ammise - A domani, signora Tsukikage - la salutò, seguendo poi Genzo nel portico esterno fino all’uscita.

La signora in nero incrociò le braccia al petto e sorrise in modo enigmatico.

Chissà se riuscirò a vedere la fine di questa storia…



Il silenzio del suo studio gli permise di rilassarsi quanto bastava ad affrontare suo padre. Finalmente avrebbe reciso ogni legame con lui, compreso quell’inutile fidanzamento. L’indomani sera avrebbe dovuto presentarsi con Shiori Takamiya alla sera di gala dell’Associazione Nazionale, ormai era cosa decisa da tempo, ma sarebbe stata l’ultima volta.

Mentre rigirava fra le mani il brandy che si era versato, si rese conto di essere elettrizzato all’idea di comunicarglielo. Immaginava la sua reazione: l’espressione imbalsamata, i pugni stretti, la rabbia che gli montava dentro, ma che non avrebbe mai reso visibile, soprattutto a lui. Finì il liquore, prese i documenti ordinatamente raccolti sulla scrivania e raggiunse l’ampia biblioteca dove suo padre era solito trascorrere un paio d’ore dopo la cena. La porta scricchiolò appena, ma dentro era buio. Aggrottò la fronte interdetto e si diresse al suo studio. Fuori, Sujimoto era seduto sul divanetto e scattò in piedi appena lo vide arrivare.

- Buonasera, signor Hayami - lo salutò con un lieve inchino il collaboratore di suo padre.

- Buonasera, Sujimoto, mio padre è qui? - chiese indicando lo studio e l’uomo annuì. Masumi aprì la porta ed entrò. Si sarebbe aspettato di tutto tranne vedere suo padre davanti alla televisione che riproduceva la Dea Scarlatta di Maya. Sul tavolino accanto alla sua sedia a rotelle c’erano sparsi molti CD con indicati i nomi degli spettacoli a cui Maya aveva partecipato. Masumi fece allibito qualche passo avanti, tenendo lo sguardo sullo schermo, finché la voce di Eisuke incrinò la magia dell’interpretazione di Maya.

- Davvero una ragazza fuori dal comune - mormorò assorto - Ma è inutile che te lo faccia notare, vero, Masumi? - lo interrogò voltandosi - Tu l’avevi capito molti anni fa che quella luce ardente nei suoi occhi era una fiamma accesa di passione per il teatro! - e scoppiò a ridere.

Masumi avvertì un terrificante brivido freddo: lo sguardo di suo padre era brillante, febbrile, l’espressione tirata e il tono della voce quasi stridulo. Tossì violentemente, Sujimoto entrò, ma lui lo cacciò via.

- Padre… - non era la prima volta che lo vedeva in quelle condizioni. Nascose subito il fazzoletto con cui si era asciugato la bocca, ma lui era certo di aver visto del sangue sul tessuto bianco e quella fugace visione, incredibilmente, lo terrorizzò. Sujimoto era rimasto immobile e Masumi gli fece un cenno con la mano per congedarlo.

Sta morendo...

- Non pensare di mettermi sotto terra tanto presto, Masumi! - gracchiò in modo inquietante - Prima farò in modo che la Daito Art e il tuo futuro siano assicurati! - e rise di nuovo. Vide il figlio avvicinarsi al mobile dei liquori, versare dell’acqua per lui e dello scotch per sé.

Gli porse il bicchiere, che il genitore accettò e vuotò, e si sedette sul bracciolo del divano. Non aveva intenzione di trattenersi molto, il giorno seguente sarebbe stato molto impegnativo.

- Ti sei preoccupato sempre troppo per la Daito Art - gli fece notare pungente - L’azienda è sana ed è la più importante in Giappone nel suo settore -

- Grazie alla mia costanza e all’educazione che ti ho impartito, Masumi! Non dimenticarlo! - ringhiò il genitore picchiando i pugni sui braccioli della sedia a rotelle. Sullo schermo, la figura eterea di Akoya che raccoglieva erbe sul fiume era bloccata dal fermo immagine. Masumi la guardò rendendosi conto di quanto perdesse in termini di emozione, rispetto alla realtà.

Il teatro non è come il cinema, non puoi metterlo su pellicola… gli attori esprimono il meglio sul lungo termine, scene che durano ore, non brevi, interrotte dal ciak e ripetute infinite volte finché riescono… il teatro genera emozione e va visto dalla poltrona…

- Vedi solo lei, adesso - ridacchiò Eisuke, fissandolo freddamente. Masumi spostò lo sguardo su di lui e gli sorrise.

- Mettere sotto contratto un’attrice come Maya Kitajima porterebbe enormi proventi alla Daito Art Production - replicò in modo neutro.

- Ci hai provato, ma lei alla fine ti fece strappare il contratto! - rise di nuovo di gusto - Neanche tu riesci a tenerle testa! -

Masumi corrugò la fronte, non riusciva a capire il comportamento di suo padre. Decise di mettere fine a quella chiacchierata inutile e irritante, e appoggiò il documento che aveva ancora in mano sul tavolino pieno di CD. Sembra ossessionato da lei… come lo è stato con la signora Tsukikage… Se Maya dovesse essere scelta e firmare quel contratto, sarà al sicuro anche da lui… non farà la fine della signora…

- Cos’è? - gli chiese burbero il genitore.

- Rinuncio al tuo nome, padre - gli rivelò guardandolo intensamente, per niente al mondo si sarebbe perduto i seguenti venti secondi. Eisuke rimase immobile, gli occhi acquosi in quelli cristallini del figlio. Non è mio figlio… è il figlio di una cameriera! Io l’ho solo addestrato credendo che così divenisse il mio erede… ma qualcosa lo ha cambiato…

Non degnò il documento neanche di uno sguardo e giocò la carta che in quel momento con lui avrebbe funzionato.

Pianse. Di rabbia, ma si sa, le lacrime sono lacrime, e fanno sempre effetto. Il suo piano si sarebbe concluso la sera seguente: l’ammiratore delle rose scarlatte sarebbe svanito, e proprio per volere di Maya Kitajima, la Daito Art Production avrebbe avuto la sua fusione e allo stesso tempo i diritti della “Dea Scarlatta”. Ma suo figlio doveva essere un Hayami a tutti gli effetti.

Masumi si alzò lentamente in piedi, gli occhi spalancati: mai lo aveva visto piangere, neppure una volta.

- Padre… - sussurrò stupito, incredulo di fronte a quella scena così anomala.

- Aspetta fino a domani sera, poi farai la tua scelta - gli disse ricomponendosi - Ti prego - aggiunse mantenendo lo sguardo arrossato su di lui e stringendo con forza i braccioli della sedia. Masumi lo fissò, la mente inondata di ricordi, della sua voce sempre dura e aspra che lo aveva educato negli anni, così diversa da quella supplicante e roca di quel momento.

- Va bene, padre, aspetterò - annuì riprendendo il documento.

- Domani sera verrai con Shiori Takamiya? - si informò, ma tutto lo screzio era sparito dalla sua voce.

Come saremmo stati diversi, padre, se avessimo parlato sempre così, invece che come generale e soldato?

- Sì - confermò lui, dirigendosi verso la porta. Uscì e si appoggiò al legno, ignorando lo sguardo, preoccupato prima e curioso poi, di Sujimoto.

Padre… devo fidarmi davvero? Cosa stai architettando?

Si incamminò lungo il corridoio ed estrasse il cellulare fissando lo schermo scuro. Lo toccò appena e si illuminò, premette l’icona e chiamò Hijiri. Essere all’oscuro dei fatti lo angosciava oltre ogni misura e sapere che anche lei sarebbe stata coinvolta, quando per anni aveva provato a tenerla lontana da qualsiasi problema, aumentava la sua inquietudine.

Hijiri non rispose, si fermò in mezzo al corridoio e osservò lo schermo luminoso.

Chissà cosa starà facendo…



Un vento freddo spazzava i quartieri di Yokohama, foriero dell’inverno ormai vicino. Le foglie degli aceri si rincorrevano in una danza senza fine e un gracchìo isolato di un corvo gli fece sollevare gli occhi al cielo.

Aveva lasciato vibrare il cellulare, quella sera non era lì per ordine di nessuno e non voleva sentire nessuno. Tornò con lo sguardo sulla finestra e la sua attesa venne ricompensata. La tenda della finestra della cucina venne scostata e il volto di Maya fece capolino dietro al vetro. Immediatamente lei sollevò lo sguardo al cielo e la sua espressione delusa gli fece capire che cercava le stelle.

La notte era nuvolosa, il firmamento quella sera era celato a occhi umani. Hijiri si chiuse nel soprabito che non riuscì ad arginare il freddo che gli gelava le ossa.

Mi dispiace… è necessario e spero che capirai… tutto ciò che mi interessa è non vedervi soffrire… anche se questo significa rinunciare a te per sempre…

Maya lasciò andare la tenda e lui si infilò le mani in tasca, distolse lo sguardo con un peso che gli gravava sul cuore e si allontanò nel buio.



Kuronuma aveva trascorso tutta la giornata a riordinare il suo ufficio nei Kid Studio. Avrebbe potuto rimanere a casa, trascorrere del tempo con sua moglie, invece era andato lì. Quando la segretaria l’aveva visto arrivare si era meravigliata, nessuno dei suoi attori era presente anche se c’erano compagnie minori che stavano provando. La grande sala che avevano utilizzato in quei mesi era deserta e silenziosa. Aveva perso tempo rimettendo a posto alcuni attrezzi, raccogliendo cartacce, spostando sedie. Voleva solo tenersi occupato dopo l’adrenalina del giorno precedente. Aveva riflettuto a lungo sulle due interpretazioni, indubbiamente diverse, che però avevano attirato il pubblico. Sicuramente aveva preferito Sakurakoji ad Akame, non perché l’avesse diretto lui, ma perché era stata lampante la maggiore dedizione del giovane attore e la profondità con cui aveva scavato nel carattere dello scultore. Aveva addirittura passato del tempo a casa di un maestro, doveva pur valere qualcosa!

La nonna di Akoya diretta da Onodera era stata incisiva, più dell’attrice che aveva diretto lui, ma era sicuro che il merito non sarebbe stato da attribuire al regista, ma alla bravura indiscussa dell’attrice.

Dei due Generali, aveva preferito il suo Terufusa e il Kusunoki di Onodera, mentre gli acrobati, sicuramente quelli di Onodera. Aveva saputo che erano stati circensi per davvero, le loro qualità atletiche erano innegabili e la recitazione davvero eccellente.

Ayumi o Maya…?

Da quando le due rappresentazioni erano finite si era posto quella domanda. Il suo cuore gli diceva Maya Kitajima. Dirigerla era stato come dipingere una tela bianca, ma il colore non l’aveva messo solo lui, lei a sua volta ci aveva messo delle pennellate personali. Era una vera sfida lavorare con lei, le sue trovate erano geniali, manna per un regista ambizioso. Eppure, dopo aver visto l’interpretazione di Ayumi Himekawa era rimasto colpito sia dal suo modo di muoversi che dalla sua recitazione. C’era qualcosa di davvero anomalo in lei, quella sensazione non riusciva ad abbandonarlo neanche in quel momento.

Osservò la piastra fumante dove i suoi calamari stufavano e si deliziò del profumo. Domani sera a quest’ora saprò che ne sarà della mia vita da ora in avanti… Se non dovessi essere scelto, mi piacerebbe partecipare ad un nuovo progetto, magari con la compagnia Unicorno, mi piacciono quei ragazzi… giovani, intraprendenti, atletici! E se Kitajima non venisse scelta… anche se la signora sarebbe folle a non farlo… se lei non venisse scelta, mi piacerebbe dirigerla di nuovo… chissà se accetterebbe di lavorare ancora con me…

La tristezza ebbe il sopravvento e svuotò tutto il bicchierino di sake. Onodera era un regista conosciuto e stimato, lui invece era reputato un ribelle, ingestibile uomo scontroso, le compagnie non lo ingaggiavano, i teatri lo fuggivano. Ma a lui non era mai interessato il teatro classico, preferiva scoprire nuovi orizzonti e nuovi attori, come aveva fatto con Maya Kitajima e “Lande dimenticate”. Poter mettere in scena quel progetto aveva cambiato la sua vita e, ora che ci pensava, anche quella della sua prima attrice. Ricordava perfettamente le difficoltà che aveva incontrato finché l’ammiratore di Maya aveva fatto ristrutturare la sala Ugetsu.

All’epoca non sapevo chi fosse… ora è tutto chiaro…

- Speravo di trovarla qui - la voce maschile alle sue spalle lo fece riscuotere.

- Oh! Signor Hayami! Stavo pensando giusto a lei! - lo accolse Kuronuma scoppiando a ridere. Masumi si bloccò con la mano sulla tendina scostata del banco e inarcò un sopracciglio.

- A me? - gli chiese sedendosi. Kuronuma lo guardò riprendendosi e fece un gesto di noncuranza con la mano.

- Bah! Lasci perdere… - e tornò al suo sake. Masumi ne ordinò anche per sé e lo bevve subito. Il regista lo guardò perplesso e borbottò qualcosa di incomprensibile.

- Non dovrebbe essere a festeggiare? - chiese girandosi verso Kuronuma.

- Festeggiare? - domandò di rimando - Non sarò certo io ad essere scelto come regista - sentenziò scolando un altro bicchiere.

- Perché lo pensa? La sua rappresentazione è stata davvero incredibile, non credo di aver mai incontrato un regista come lei - gli confidò con un sorriso accennato.

Kuronuma lo fissò sbalordito: non era certo dal Presidente della Daito profondersi in elogi verso un regista.

- Mi sta prendendo in giro? - borbottò alzando un sopracciglio.

- Le sembro un uomo in vena di scherzi? - replicò Masumi fissandolo intensamente. Da quando aveva visto il suo “Lande dimenticate” aveva capito che tipo di persona fosse Ryuzo Kuronuma.

- Sinceramente, signor Hayami, fino a qualche tempo fa lei non mi sembrava neanche un uomo capace di ridere - gli rispose schiettamente il regista addentando un calamaro - Quindi ora mi aspetto che lei possa anche scherzare -

Masumi lo guardò interdetto, come per Maya, non sembrava intimorirlo affatto. Non osava immaginarli mentre discutevano sul palco.

- Le andrebbe di lavorare per me? - gli chiese a bruciapelo, in fondo aveva sperato di trovarlo lì proprio per quel motivo. Kuronuma spalancò gradualmente gli occhi, sinceramente stupito.

- Lavorare per la Daito Art Production? - mormorò smettendo di masticare.

- No, non per la Daito, per me - puntualizzò - Lei non mi sembra regista da legarsi con un contratto vincolante, dà il meglio di sé quando viene lasciato libero di agire, o mi sbaglio? -

Kuronuma lo fissò ancora più meravigliato, in una semplice frase aveva sintetizzato tutti i suoi desideri.

- Una compagnia indipendente… con lei? - sussurrò pulendosi la bocca e ingoiando il calamaro. Il suo cervello cercò di calcolare cosa potesse celare una proposta del genere, quali i vantaggi e quali gli svantaggi, ma soprattutto cercò di capire cosa stava cercando di fare quell’uomo. Eppure sembra sincero… e poi perché mentirmi? È stato lui a farmi la proposta…

- Potrò decidere le sceneggiature? - domandò con voce dubbiosa e assottigliando gli occhi. Masumi annuì.

- I teatri? - chiese facendosi più vicino. L’altro annuì di nuovo con un sorriso.

- Gli attori? - incalzò finendo faccia a faccia con lui. Le compagnie imponevano sempre i loro attori e un regista poteva decidere ben poco in merito.

- Avrà carta bianca - gli promise Masumi rimanendo immobile. Kuronuma lo fissò intensamente, e gli chiese quell’ultima cosa a cui teneva particolarmente.

- Anche se scegliessi Maya Kitajima? - vide un lampo inquieto attraversare i suoi occhi azzurri che tornarono immediatamente sereni.

- Sì - confermò, ricambiando lo sguardo sincero.

Kuronuma lo afferrò per le spalle e lo scosse con vigore cogliendolo di sorpresa.

- Allora, affare fatto, signor Hayami! - esultò sancendo il patto - Se domani sera dovessi vincere la poltrona di regia della “Dea Scarlatta” sarò proprietà dell’Associazione Nazionale fino a febbraio, altrimenti potremo cominciare subito! - e continuò a scuoterlo mentre un’emozione nuova gli riempiva il cuore. A questo punto non so neanche se preferisco la Dea Scarlatta o questa nuova idea… se mi lascia davvero fare… io… io…

Lo lasciò d’improvviso come lo aveva afferrato e lo fissò con espressione gioviale.

- Ci vedremo domani sera, al gran gala? - gli chiese, conoscendo già la risposta.

- Sì - confermò lui - E mi raccomando, non si faccia comprare da altri, lei ed io abbiamo un contratto -

Kuronuma corrugò la fronte offeso e Masumi scoppiò a ridere.

- Stavo scherzando! - lo rassicurò, e il regista mutò espressione in una buffa e meravigliata.

Masumi si alzò e sollevò la tendina della bancarella, incamminandosi verso la macchina.

Chissà quali sono i suoi piani… una compagnia indipendente dalla Daito Art… cosa ne dirà suo padre?


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Capitolo 51
*** Addio, ammiratore delle rose scarlatte! ***


Ultima revisione: aprile 2016

 

51. Addio, ammiratore delle rose scarlatte!



Mizuki varcò l’enorme porta ad arco della sala adibita all’evento dell’Associazione Nazionale per lo Spettacolo. Il signor Masumi le aveva fatto fare un attento controllo di tutti i partecipanti e avevano così scoperto che erano state invitate quasi tutte le grandi compagnie teatrali, le società di spettacolo legate al cinema, i giornali, la televisione, oltre ad attori e attrici di vario calibro. Sarebbe stato un evento mediatico imponente e tutto a solo vantaggio della “Dea Scarlatta” del 2 gennaio.

Sicuramente il Presidente Yamagishi sa come muoversi… Riempirà il teatro in cui verrà rappresentata e probabilmente un solo mese di cartellone non sarà sufficiente… Ricchezza, fama e un grande impegno attendono la futura erede della signora Tsukikage…

Si guardò intorno, cercando qualcuno di sua conoscenza, sapeva che il signor Hayami sarebbe venuto con Shiori Takamiya. Erano stati presi accordi precisi e anche se lui avesse voluto diversamente, non sarebbe stato possibile annullarli.

La sala si stava riempiendo lentamente e aveva già notato alcuni attori della Daito Art e altri di compagnie rivali. Un cameriere si avvicinò con un vassoio pieno di flûte e lei ne prese uno, ringraziando con un sorriso.

Alle pareti erano stati affissi enormi arazzi che raffiguravano Maya e Ayumi in alcune istantanee della loro interpretazione in formato gigante.

Chissà cosa dirà quando Maya le vedrà…

Ridacchiò e lasciò vagare lo sguardo. C’erano vasi pieni di susini scarlatti, si avvicinò ad uno, toccò un petalo e si rese conto che erano finti. Ridacchiò di nuovo, ma apprezzò il modo delicato con cui erano stati disposti e l’armonia che creavano nell’ambiente. Le tende alle grandi porte finestre che si aprivano sull’ampio terrazzo esterno erano porpora e davano all’ambiente una solennità che suggeriva di parlare sottovoce.

Dal lato opposto, alcune sale minori erano disponibili per conferenze stampa o interviste. In fondo, sulla destra, c’era una sorta di palco rialzato, adornato di drappi purpurei su cui era stato sistemato un lungo tavolo corredato di microfoni e sedie, coperto anch’esso da una tovaglia dello stesso colore. Dietro, un sipario scarlatto era stato decorato con centinaia di rami di susino, come fosse un gigantesco albero.

Nella parte di sala che si apriva davanti a lei e guardava il palco, decine di grandi tavoli rotondi attendevano gli ospiti. Tovaglie e coperture delle sedie erano bianchissime e al centro di ogni tavolo un’unica candela cremisi era stata inserita in un delicato vaso di vetro. Poco prima dei tavoli centrali si incontrava un buffet di aperitivi, già circondato da molti invitati.

Completava l’atmosfera surreale una dolce musica kangen e le note armoniche del flauto e del tamburo riecheggiavano nella sala.

Mizuki si diresse lentamente verso un angolo riparato da un’ampia tenda che le avrebbe permesso di osservare tutta la sala senza essere disturbata. Si stava sforzando di mantenere il giusto autocontrollo, ma l’inusuale nervosismo del signor Masumi l’aveva irrimediabilmente contagiata. Non le aveva detto niente di particolare e questo aveva incrementato i suoi sospetti che qualcosa sarebbe accaduto quella sera.

Maya, spero che non siano tanto incoscienti da coinvolgerti proprio ora…

Bevve dal calice l’ottimo vino bianco frizzante e spostò lentamente lo sguardo, registrando mentalmente tutti i presenti. Quando sarebbe arrivato, il signor Masumi avrebbe voluto essere aggiornato.

La sala si popolava sempre più, proprio sotto i suoi occhi attenti. Vide passare alcuni registi famosi, attori e attrici, presidenti di compagnie teatrali, compresi i Tanaka di Osaka, ma nessuno dei protagonisti si era ancora fatto vedere. Posò il bicchiere sul vassoio vuoto di un cameriere che le passò accanto e si mosse verso l’ingresso. In quell’istante, dal grande arco laterale da cui era passata anche lei poco prima, entrò l’intero gruppo di Onodera. Ayumi Himekawa, in uno splendido abito corto, nero e oro, si teneva delicatamente al braccio del fotografo europeo. Ormai la loro relazione era pubblica, i più maligni avevano insinuato che la sua Akoya era stata così passionale perché scaldata dal cuore del biondo francese.

Immediatamente il suo nome venne mormorato dovunque e tutti gli ospiti presenti si assieparono intorno al gruppo come api sul miele. Mizuki osservò in silenzio, ascoltando la raffica di domande che vennero poste senza un ordine e senza attendere le risposte. Il regista Onodera era perfettamente a suo agio, come anche Kei Akame e ovviamente Ayumi e Peter Hamil. Un po’ meno gli altri attori minori che di riflesso stavano godendo di quella fama momentanea.

- Signorina Mizuki - la voce profonda e dal tono ironico la costrinse a voltarsi lentamente - Lei è la segretaria di Masumi Hayami, vero? -

Saeko fece un lieve inchino ignorando il suo tono completamente privo di riguardo.

- Sì, sono la segretaria del Presidente Hayami, lei è il Presidente Tanaka - confermò alzando l’asticella della sua attenzione al massimo. Lui sorrise in modo canzonatorio, come se quel rispetto non lo riguardasse, e con un dito indicò Ayumi Himekawa.

- È bellissima, ormai l’hanno incoronata come prossima Dea Scarlatta - e tornò a guardarla. Mizuki si sentì esaminata da quello sguardo freddo, occhi scuri e privi di sentimento.

- Come mai un importante Presidente di una casa di produzione perde tempo con un’inutile segretaria anziché essere in prima linea con la nuova Dea Scarlatta? - lo provocò lei senza farsi alcun problema. Tanaka si voltò con un sorriso enigmatico.

- Hayami le permette un atteggiamento del genere? - e ridacchiò, poi sembrò ripensarci - Ah… ho capito! Lei dice sempre quello che pensa e ad Hayami va bene così… - e le strizzò l’occhio. Mizuki rimase immobile e in silenzio, non gli avrebbe dato alcun appiglio a cui aggrapparsi. Tanaka sospirò, si mise le mani in tasca e le girò intorno guardandola. Aveva scelto un tubino nero e lunghi guanti, neri anch’essi, una mise molto simile a quella di Audrey Hepburn in uno dei suoi film. I capelli erano acconciati all’insù e fermati con una semplice coroncina di brillantini.

- Conosco Masumi Hayami da molti anni - iniziò in un mormorio sommesso - È un uomo dalle mille risorse, suo padre l’ha addestrato molto bene. Conosce perfettamente la finanza giapponese e, che io ricordi, non ha sbagliato un investimento in questi anni alla guida della Daito Art Production - parlava lentamente, camminandole intorno e si guardava la punta delle scarpe lucide, assorto.

Mizuki non si mosse, lasciò che si divertisse col suo teatrino. Chissà cosa vuole da me… credo lo scoprirò presto…

Tanaka si fermò di fronte a lei, allacciò le mani dietro la schiena e la fissò con espressione indecifrabile.

- Basandomi su questi fatti, ho riflettuto che doveva esserci un motivo valido dietro quell’atteggiamento estremamente protettivo che il suo Presidente ha avuto nei confronti di una certa ragazzina apparentemente insignificante durante una crociera… - abbassò gradualmente il tono della voce e si piegò in avanti verso di lei. Mizuki rabbrividì, ma rimase immobile. Tanaka sollevò le sopracciglia, divertito dall’autocontrollo di quella donna che non aveva battuto ciglio alle sue insinuazioni.

- Così - riprese - Mi sono fatto spedire copie degli spettacoli di Maya Kitajima dal mio agente di Tokyo e ho capito - la fissò con occhi accesi, come un bambino davanti ad un giocattolo nuovo - Masumi Hayami è convinto che l’erede della Dea Scarlatta sarà Maya Kitajima e, visti i suoi successi passati, chi sono io per dubitare del suo fiuto? - le confessò ironico rimettendosi diritto e appoggiando le mani sui fianchi.

Mizuki riuscì a trattenersi dal ridergli in faccia, ma tirò un enorme sospiro interno di sollievo. Per fortuna ha intuito solo a metà… ecco perché non gli interessa Ayumi Himekawa...

- Il Presidente Hayami non mi mette a conoscenza delle sue intenzioni, io gestisco solo la sua agenda di appuntamenti - replicò pacatamente unendo le mani in grembo. Tanaka scoppiò a ridere finché la sua attenzione si concentrò su un gruppo di persone.

- Le chiedo scusa, signorina Mizuki, ma il prossimo cavallo di razza che entrerà a far parte della mia scuderia è appena arrivato - fece un lieve inchino - È stato un piacere parlare con lei -

Mizuki chinò la testa, ma non rispose e quando rialzò lo sguardo lui aveva già raggiunto Maya. Non poteva lasciarla sola con quello squalo, fece qualche passo avanti ma una voce sommessa e profonda la fermò.

- Non c’è necessità del suo intervento, se la caverà da sola -

Saeko si voltò sorpresa e s’inchinò subito.

- Presidente Hayami - lo salutò, mentre un brivido gelato le correva lungo la schiena. È qui anche lui...

Eisuke fece un cenno e Sujimoto spinse la carrozzina in avanti, uscendo dall’ombra protettiva del tendaggio.

- Guardi - aggiunse tenendo lo sguardo su Maya. Mizuki lo seguì ed in effetti, dopo un primo momento di smarrimento, la giovane attrice non solo tenne testa in qualche modo a quell’uomo, ma riuscì anche ad allontanarlo. Rei Aoki era rimasta tutto il tempo accanto a Maya e ridacchiava cercando di celare il divertimento dietro una mano. Sembra che abbia davvero imparato a cavarsela… chissà cosa gli ha detto…

- Ho bisogno del suo aiuto, signorina Mizuki - le chiese, guardandola, e lei si sentì a disagio - È l’ultimo che le chiederò - concluse serio.

Mizuki si inchinò e lo seguì mentre una scossa le scuoteva lo stomaco.



Non aveva neanche fatto in tempo ad entrare nella sala e a dominare le proprie emozioni, che aveva dovuto subito affrontare il Presidente di quella compagnia di Osaka che aveva incontrato anche sulla nave. Lui era stato gentile, proprio come allora, ma lei non aveva dimenticato il modo scortese con cui si era rivolto al signor Hayami, né ciò che il suo ammiratore le aveva ribadito ogni volta: di fare attenzione quando parlava, di non dare spazi quando il discorso verteva sulla “Dea Scarlatta”, di non fare promesse, di non rivelare mai niente della sua vita privata o delle prove. Lei aveva applicato tutte quelle piccole regole, senza andare nel panico e affrontandolo. Forse le sue risposte erano state un po’ ridicole, ma avevano sortito l’effetto sperato: quell’uomo si era allontanato.

Per far posto a cento altri. Si guardò intorno sconsolata, decine di altre persone si erano accalcate intorno a loro, facevano domande, sorridevano, e il signor Kuronuma cercava di rispondere e di avere una parola per tutti.

Maya si sentì afferrare per la mano, un attimo dopo la folla era sparita e lei si trovava nascosta dietro un pesante tendaggio, la schiena contro un muro freddo. Fece per parlare, ma una mano le tappò la bocca.



Rei cercò Maya con lo sguardo, l’aveva perduta di vista un attimo e ora non riusciva più a trovarla. Si staccò dal gruppo e poco oltre vide la compagnia di Onodera, con Ayumi, Kei Akame e il fotografo francese, ma di lei nessuna traccia. Mentre spaziava con lo sguardo per l’ampia sala vide una persona che non credeva avrebbe più rivisto. Iniziò a camminare verso di lui, prima lentamente, poi, quando si rese conto che stava raggiungendo una porta di servizio, accelerò l’andatura.

- Ehi! Signore! - lo chiamò quando aprì la porta, spostando il peso di ciò che trasportava da un braccio all’altro. L’uomo si voltò stupito e poi le sorrise.

- Oh… è la giornalista - la salutò - È qui anche lei stasera? -

Rei sussultò e poi, imbarazzata, fece un lieve inchino.

- Sì… ehm… si ricorda di me, allora -

- Certo, non dimentico mai le belle ragazze - e le strizzò un occhio.

- Come mai è qui? - si azzardò a domandargli, perché era una coincidenza davvero strana.

- Siamo la squadra di montatori dell’Associazione Nazionale, siamo sempre noi a gestire i suoi eventi - le rispose pacatamente e con un certo orgoglio.

- Oh… capisco… - annuì Rei - Si ricorda che le detti una lettera? L’ha consegnata? - restò in attesa della sua risposta, prima di prenderlo a calci, con la rabbia che le rigirava lo stomaco.

- Certo! - rispose lui, sicuro - La signorina Kitajima stava recitando, così l’ho data al signor Sakurakoji -

Rei rimase immobile, l’iniziale rabbia venne sostituita dall’incomprensione, poi da una delusione improvvisa e infine nuovamente la rabbia le riempì le viscere quando intuì come potevano essere andate le cose.

- Oh… la ringrazio! Buon lavoro, allora! - lo salutò rapidamente e si mise alla ricerca di Sakurakoji, rendendosi conto che sembrava mancare anche lui all’appello. Aveva un brutto presentimento, una frenesia inusuale la spinse a cercare l’aiuto delle amiche, così anche Saiaka e le altre, pur non comprendendo la sua agitazione, si misero in cerca di Maya e Yu che sembravano svaniti.



Quando si rese conto che chi la stava stringendo era Yu, il panico incontrollato cessò di colpo e smise di dimenarsi. Lui allentò la presa ridacchiando e si strinse a lei quando qualcuno passò vicino alla tenda.

- Va meglio, ora? - sussurrò nell’ombra, con le labbra vicine all’orecchio di lei.

- S-sì… - balbettò Maya, stretta fra il muro freddo e il suo corpo caldo.

- Ci hanno assalito come belve! - ridacchiò di nuovo e allentò la tensione con cui la stringeva. Aveva agito d’impulso, ma in quel momento non riusciva a fermare quell’emozione che gli straziava il cuore. Il suo corpo minuto era attaccato al suo, le mani, aggrappate alla sua giacca, il suo respiro era accelerato, forse per lo spavento iniziale.

Maya si rese conto che lo spazio dietro la tenda era talmente angusto da costringerli in quella posizione ravvicinata. Si irrigidì, a disagio fra le sue braccia, e Sakurakoji avvertì quell’esitazione. Allentò la presa e fece un passo indietro, guardandola finalmente negli occhi.

La malinconia e la compassione che vi lesse lo fecero letteralmente esplodere. Sapeva perché aveva quello sguardo, sapeva perché lo rifiutava, si era innamorata di un uomo di undici anni più vecchio, che mirava solo ai diritti e che l’aveva ridicolizzata per anni! Tranne poi, nella sua follia di onnipotenza, coprirla segretamente di rose scarlatte e convincere così il suo cuore che lui non fosse così meschino come lo dipingeva la realtà.

- Pensi veramente che scegliere lui ti cambierà la vita? - sibilò con acredine, stringendo i pungi. Maya dilatò gli occhi, mentre un’improvvisa e inspiegabile paura la fece temere per il suo ammiratore.

- Yu… io… - balbettò, ma Sakurakoji sollevò le mani sbattendole sul muro, ai lati del suo volto, l’espressione che gli deformava il viso era terribile.

- Vi ho visti, Maya, nel tunnel del porto… - sillabò lentamente ogni parola che la ferì come una sciabola tagliente. Lei trattenne il fiato, un incontrollabile terrore le dilagò in petto. Nessuno dovrebbe saperlo… nessuno… [certo… certo… -.- quanto è carina Maya quando è così ingenua? ^O^]

Abbassò lo sguardo imbarazzata. Non sapeva cosa dire, né cosa avrebbe dovuto fare, ma una cosa le era chiara. Sotto il suo sguardo rovente, aprì la borsetta che le aveva fatto comprare Rei e ne estrasse la collana. Avevo promesso che dopo lo spettacolo gli avrei dato una risposta…

Strinse il delfino nella mano coperta di sudore freddo e si meravigliò di quanto si sentisse tesa. Sollevò lo sguardo, decisa a restituirgliela, ma lui si abbassò e la baciò all’improvviso. Era chiusa fra il muro e il suo corpo, si sentiva in trappola, picchiò i pugni sul suo torace, la catenina che ondeggiava ritmicamente, ma lui non la lasciò.

- Lasciala andare, Sakurakoji! - la voce perentoria li fece sobbalzare entrambi.

- Rei… - sussurrò Maya con una nota di gratitudine nella voce. Abbassò le braccia e si passò meccanicamente un pugno teso sulle labbra. Un miscuglio disordinato di emozioni rendevano la sua mente confusa e il suo corpo tremante. Non ricordava di essersi sentita così impotente, neppure quando si era svegliata legata e imbavagliata nello sporco magazzino del porto.

Sakurakoji si sistemò la giacca, imbarazzato e irrigidito, poi uscì da quell’alcova protetta e Maya lo seguì in silenzio e con lo sguardo basso.

- Che intenzioni hai, Sakurakoji? - chiese gelidamente Rei, che stava trattenendo a stento la sua rabbia. È stato lui! Lui non ha consegnato il messaggio che ho portato! È geloso!

- Non ti riguarda - ribadì freddamente restando davanti a Maya. Rei assottigliò lo sguardo, incrociò le braccia al petto e si preparò all’attacco.

- Sai, a volte il destino gioca brutti scherzi - iniziò tenendo gli occhi nei suoi - Ho appena incontrato un amico che ho conosciuto allo Shuttle X, il giorno delle vostre prove generali… - raccontò con un sorriso ironico. Yu si irrigidì e Maya seguì stupita lo strano scambio di battute.

- Preferisci dirglielo tu o lo faccio io? - lo interrogò quando lui rimase in silenzio. Spostò lo sguardo su Maya e quel gesto servì da incentivo.

- Io - pronunciò seccamente quell’unica sillaba e sollevò una mano per fermarla. Rei annuì e, addolcendo lo sguardo, si rivolse a Maya.

- Ti stanno tutti cercando, ti aspetto di là - e le sorrise. Maya annuì meccanicamente, ancora sconvolta per quegli ultimi minuti. L’amica lasciò la rientranza e lei si trovò di nuovo sola con Yu.

Sakurakoji si voltò, guardandola, i suoi occhi erano cambiati completamente rispetto a prima. Una struggente malinconia li riempiva e Maya si stupì delle lacrime che vide brillare.

- Yu… - sussurrò, tenendo ancora stretta in pugno la collana col delfino azzurro.

- Sono stato io, Maya - la bloccò subito lui - Il messaggio del signor Hayami è stato consegnato a me - ammise arrossendo e abbassando lo sguardo - Ho letto ciò che diceva e, accecato dalla gelosia, l’ho buttato! - confessò, cadendo in ginocchio e coprendosi il volto con le mani.

Maya smise di respirare, un gelo doloroso le serrò il cuore e la sua mente rievocò la disperazione di quella sera in cui aveva saputo del matrimonio da un servizio alla televisione. Perché? Perché si è comportato così? Io mi fidavo di lui…

- Cosa diceva? - gli chiese freddamente, restando in piedi davanti a lui. Anche se ne aveva parlato con Rei, non conosceva l’esatto contenuto del messaggio, il primo del suo ammiratore che non aveva potuto leggere di persona. Yu sollevò lo sguardo, gli occhi interrogativi e lucidi, pieno di una vergogna che non riusciva a digerire.

- Cosa diceva il messaggio? - ripeté di nuovo, lentamente, fissandolo. Sakurakoji abbassò le mani in grembo e poggiò il mento sul petto.

- “Devo sposarmi. Fidati di me.” - sussurrò Yu, incapace di sostenere il suo sguardo.

Maya sospirò, quando Rei le aveva detto del biglietto, aveva creduto che non fosse importante, invece, sentirlo dire da Yu, le aveva subito alleggerito l’anima. Chissà se l’avessi ricevuto allora… avrei davvero affrontato la cosa in modo diverso? Mi sono sentita morire all’idea che lui… ma in fondo cos’è cambiato? Non ho neanche mai avuto il coraggio di dirgli niente, né lui l’ha fatto con me…

Distese la mano davanti a sé e l’aprì.

- Ecco, te la restituisco, non posso accettarla, Yu - gli disse con voce dolce. Lui alzò lo sguardo e vide il delfino disteso nella sua piccola mano. Prese la catenina fra le dita e la tirò verso di sé.

- Mi sono innamorato di te fin dalla prima volta in cui ti vidi, alla Ondine, e fosti attaccata dai cani di guardia… - mormorò fissando il delfino con un sorriso malinconico - Ma c’era anche lui, Masumi Hayami... - proseguì sollevando lo sguardo - Non avrei mai pensato che sarebbe finita così - ammise, rialzandosi.

- Ne-Neanche io… - borbottò lei portandosi una mano chiusa a pugno alla bocca e abbassando il mento. Si sentiva in imbarazzo, ma aveva compreso da tempo che non avrebbe mai potuto reprimere quel sentimento, né tanto meno cancellarlo. Lo amava e niente di quello che sarebbe successo avrebbe cambiato questo fatto. Anche se dovesse abbandonarmi… anche se si sposasse… io non smetterei mai di amarlo…

Sentì le lacrime affiorare, ma scosse la testa e strinse gli occhi.

- Non ti importunerò mai più, Maya, e ti chiedo perdono per il mio comportamento - le confidò facendo un lieve inchino. Lei lo guardò, accennando un timido sorriso, arrossendo e annuendo lentamente. Anche volendo, non sarebbe mai riuscita ad odiarlo.

- È meglio che tu vada, adesso - le mise una mano dietro la schiena e la spinse gentilmente verso la sala - Rei ti attende -

Maya si voltò un’ultima volta, poi raggiunse Rei con il cuore più leggero.



La sala si era completamente riempita quando Maya raggiunse il gruppo di Kuronuma, circondato da tanti ospiti. Notò Ayumi Himekawa e incrociò lo sguardo con il fotografo francese, che le sorrise, si abbassò, e sussurrò qualcosa all’orecchio della sua rivale.

Ayumi si voltò lentamente e la fissò con espressione di sfida. Maya rimase immobile, i pugni serrati. Tra poco la signora Tsukikage sceglierà la sua erede… chissà se anche lei è nervosa come me?

Qualcuno distrasse Ayumi e quel legame visivo si spezzò. Maya tornò a dedicarsi alle domande e si avvicinò al regista Kuronuma. Si sentiva al sicuro accanto a lui che avrebbe arginato eventuali stupidaggini uscite dalle sue labbra.

- Stai bene, Maya? - la voce delicata la fece sussultare, le esatte parole che le aveva detto lui quella mattina, quando si era svegliata… Arrossì e si voltò verso Rei.

- S-sì… grazie, Rei, sto bene - le rispose e l’amica sollevò un sopracciglio nel vederla così imbarazzata.

- Ho scelto le parole sbagliate? - volle sapere, temendo di essere la causa del suo rossore, ma lei scosse la testa.

Un brusio intenso si moltiplicò e il nome “Hayami” venne mormorato dovunque come se i pensieri sconvenienti di Maya avessero preso vita. Entrambe si voltarono per vedere la coppia più chiacchierata del momento varcare l’arco di entrata nella sala.

- Guardali, brillano di luce propria… - mormorò Rei, incrociando le braccia al petto. Maya li fissava, incapace di distogliere lo sguardo. Sono di un altro pianeta… il loro status sociale è talmente alto che io in confronto valgo meno di una formica… la signorina Shiori è bella come una fata…

- Sì… brillano come stelle… - concordò meccanicamente.

- Quanto mi piacerebbe sapere perché continua ad uscire con quella donna… - borbottò Rei contrariata. Aveva consegnato lei stessa il messaggio e la signorina Mizuki le aveva spiegato che lui non desiderava quel matrimonio combinato, ma non riusciva a comprendere perché si comportasse in quel modo con Maya. Non merita questo trattamento, signor Hayami, lo capisce?

Masumi entrò con al braccio la sua bellissima e perfetta accompagnatrice. Avrebbe dedicato tutta la sera agli affari, ma il primo sguardo sarebbe stato per lei. Anche se la sala era piena di gente, quando puntò gli occhi, trovò i suoi ad accoglierlo. Un’ondata intensa di calore lo pervase, l’idea che lei lo stesse guardando bastò a riempirlo d’emozione. Risolverò tutto, Maya, manca poco, fidati di me!

Maya tremò e ricorse al sostegno di Rei per non cedere a quel sentimento così dirompente. I suoi occhi azzurri ignorarono tutti e cercarono lei. Sta guardando me… proprio me fra tutti! Santo cielo…

- Non potete guardarvi così, Maya, la gente capirà… - la riscosse gentilmente l’amica e la connessione fra loro si recise.

Rei sospirò: quello scambio le aveva ricordato il giorno in cui Maya partì per Nara e la valle, e il signor Hayami l’aveva salutata sul binario. Incredibile… sembra che non se ne rendano neanche conto… e lui… lui è cambiato…

Maya arrossì e fissò una colonna anonima alla sua sinistra, torcendosi le mani in grembo.

- Ciao, Maya - la voce alle loro spalle superò il brusio e le costrinse a voltarsi.

- Signorina Mizuki! - la salutò con calore lei facendo un lieve inchino, imitata da Rei.

- Sei una giovane donna davvero splendida stasera - le fece notare con un sorriso dolce. Maya arrossì e Rei le dette un pizzicotto.

- Gr-Grazie, signorina Mizuki - e s’inchinò di nuovo. Quando aveva scelto quell’abito, era rimasta affascinata dal motivo di foglie scarlatte, molto simili ai fiori di susino. Rei l’aveva obbligata a comprare dei sandali e una borsetta coordinati, ma anche quella volta l’aveva spuntata sui gioielli. Questa volta non ci sarà il mio ammiratore a mettermi una collana…

- C’è una persona che vorrebbe salutarti prima che la conferenza inizi -

- Una persona? - Maya la fissò stupita.

- Sì, vuoi seguirmi? - e le sorrise in modo incoraggiante. Rei si rese conto che la signorina Mizuki aveva evitato deliberatamente di guardarla. Il senso di protezione sviluppato nei confronti di Maya le fece pensare immediatamente il peggio, ma rifletté che la segretaria non avrebbe mai fatto niente per metterla in pericolo.

Maya annuì perplessa e con lo stomaco ancora scombussolato per quello sguardo prolungato che si era scambiata con il signor Hayami, la seguì fiduciosa.



Mizuki si era strenuamente opposta alla richiesta del signor Eisuke, ma si era anche resa conto che qualcosa non andava. Era stanco, tossiva in continuazione e ogni volta il suo fazzoletto si macchiava di rosso. Rifiutava l’aiuto del suo collaboratore e il suo sguardo era ancora lucido e fiero. La sua malattia lo stava consumando e alla fine aveva pensato che uno scambio di frasi con Maya non avrebbe nuociuto a nessuno. L’aveva stupita quella sua strana richiesta, Eisuke Hayami non aveva mai avuto niente a che fare con Maya Kitajima, come mai ora voleva parlarle?

Entrarono in una delle sale laterali e, quando lo raggiunsero, Mizuki la spinse dolcemente in avanti. La giovane sollevò la testa e il suo primo stupore si trasformò in gioia pura.

Mizuki osservò meravigliata l’incredibile trasformazione. Lo conosce? Ma com’è possibile?

Eisuke Hayami si era alzato dalla sedia a rotelle e si teneva appoggiato ad un bastone. Appena il suo sguardo incontrò quello di Maya, la sua espressione cambiò immediatamente. Le rughe si appianarono e gli occhi sorrisero felici. La giovane attrice si lanciò in avanti e gli scoccò un sonoro bacio sulla guancia, stupendo tutti.

- Signore! - esclamò felice - È qui anche lei? -

Eisuke rimase scioccato da quello slancio d’affetto improvviso e spontaneo e, suo malgrado, arrossì.

Mizuki e Sujimoto si scambiarono un’occhiata perplessa poi, ad uno sguardo del suo anziano Presidente, la segretaria si congedò con un lieve inchino. Cosa avrà in mente? Perché Maya lo conosce? Il signor Masumi… devo avvisarlo…

- Sì, sono venuto ad assistere di persona al tuo trionfo! - le confessò ricomponendosi e appoggiandosi al bastone. Maya arrossì e abbassò lo sguardo.

- Ma io… - balbettò insicura e lui scoppiò a ridere.

- Cosa ti avevo detto l’ultima volta che ci siamo visti? Devi far uscire l’attrice che è in te anche nelle relazioni pubbliche! -

Maya lo fissò sbalordita e imbarazzata. L’anziano uomo fece qualche passo verso la finestra e scostò la tenda. Fuori era già buio, presto la signora Tsukikage avrebbe fatto il suo annuncio, consacrando la nuova Dea Scarlatta.

- È molto tempo che ci conosciamo - le disse tornando a guardarla - Ma non mi sono mai presentato -

Lei lo guardò con aria interrogativa, in effetti non aveva mai saputo il suo nome e i loro incontri erano sempre stati casuali. Lo vide appoggiare entrambe le mani sul pomello d’argento del bastone e, per un fugace attimo, le venne in mente la signora Tsukikage.

- Io sono Eisuke Hayami - rivelò ergendosi sulla persona e attendendo la sua reazione. Maya impallidì visibilmente e il dispiacere che lui provò per quell’espressione spaventata venne immediatamente sostituito dalla necessità di dirle ciò che doveva.

- Lei è… - sussurrò Maya irrigidendosi e sentendo il sangue defluire dal volto. In quel momento si rese conto di essere da sola, la signorina Mizuki era andata via. Non è andata via! È... è stato lui a congedarla… è il padre del signor Hayami… ecco perché è stata la signorina Mizuki ad accompagnarmi!

- So che probabilmente adesso mi detesterà, ma ho bisogno di parlarle a cuore aperto - incalzò lui facendo qualche passo avanti, il ricordo di quel bacio carico d’affetto a scaldargli l’anima.

Maya fece un passo indietro e indurì lo sguardo.

- Mi ha mentito per tutto questo tempo, perché dovrei ascoltarla adesso? - sibilò stringendo la borsetta fra le mani.

- Per mio figlio - replicò con voce grave - Se lo ami davvero, devi farlo per lui -

Lei si irrigidì come una statua, quelle parole all’apparenza cariche di sentimento, l’avevano congelata. Sa ogni cosa… ogni cosa…



Mizuki lasciò la saletta attraversando il centro della sala. Rei Aoki le andò incontro e corrugò la fronte quando vide il suo sguardo.

- Ho commesso un errore - esordì rabbiosa la segretaria e Rei inarcò un sopracciglio - Non so come sia possibile, ma Maya conosce il signor Hayami - e tornò a puntare lo sguardo su Masumi che, sul fondo della sala con a fianco Shiori Takamiya, intratteneva una conversazione.

Rei ebbe un attimo di esitazione e poi comprese che si riferiva al padre di Masumi Hayami. Maya non può conoscerlo… è impossibile, me l’avrebbe detto…

Lasciò che la segretaria proseguisse senza interrompere la sua concentrazione e tornò dai suoi amici in attesa degli sviluppi. Quindi Maya adesso si trova con il padre del signor Hayami?

Quando Mizuki raggiunse il suo obiettivo, servirono alcuni minuti per riuscire ad attirarne l’attenzione, ma alla fine Masumi si congedò e si dedicò a lei.

- Le chiedo scusa se sono stata così insistente - proruppe la segretaria facendo un lieve inchino - Maya Kitajima si trova con suo padre nella saletta in fondo a destra - gli riferì senza altro indugio a bassa voce. Masumi dilatò lentamente gli occhi e Saeko si stupì di quella reazione incontrollata e spontanea.

- Lo ha salutato felice, come può conoscerlo? - gli chiese ancora sottovoce in un sibilo trattenuto. Lui la fissò in silenzio, poi fece un passo in direzione della sala, deciso a interrompere qualsiasi cosa stesse tramando suo padre. Così alla fine ha deciso di rivelarsi...

- Masumi? - la voce di Shiori lo riportò alla realtà e quando si voltò di scatto, la trovò sorridente alle sue spalle che indicava con la mano le persone accanto a sé. Ritrovò immediatamente l’autocontrollo e dette le spalle a Mizuki, occupandosi necessariamente dei suoi ospiti e maledicendo l’etichetta.

- Buonasera, signori Takamiya - salutò con un sorriso e un lieve inchino all’indirizzo del nonno di Shiori e dei suoi genitori.

Mizuki comprese immediatamente la situazione, lanciò uno sguardo alla saletta in lontananza e poi tornò sul signor Masumi, sperando che riuscisse a liberarsi presto.




- Suo… figlio? - balbettò Maya mentre le gambe iniziarono a tremarle.

- Sono davvero costernato per averti taciuto la mia reale identità, ma ciò che temevo era proprio questa tua reazione - le confessò con sguardo triste - La prima volta che ti ho incontrata su quel binario, i tuoi occhi, ciò che mi hai detto della Dea Scarlatta… capii perché Chigusa ti aveva scelta! - fece un altro traballante passo avanti, gli occhi lucidi e brillanti.

- Appena ti conobbi, compresi anche il sentimento che Masumi provava per te, le sue rose scarlatte erano solo una conferma di qualcosa che mi era già chiaro - rivelò, e Maya, se avesse potuto, sarebbe fuggita il più lontano possibile da quell’uomo cattivo, ma il suo corpo terrorizzato non rispondeva.

- Le rose scarlatte… - mormorò Eisuke guardandola con dolcezza - Non avrei mai creduto Masumi capace di una cosa del genere. Per anni, fin da bambino, l’ho cresciuto perché un giorno ereditasse tutto ciò che ho costruito, rendendo la sua vita più agiata di quanto non fosse quando ho sposato sua madre -

Fece una pausa e Sujimoto gli porse un fazzoletto bianco. Quando si asciugò la bocca, Maya notò il filo rosso che macchiò il tessuto candido. Non stava bene e forse, memore dell’affetto che aveva avuto per lui quando lo credeva solo un simpatico vecchietto, si dispiacque enormemente.

- Saprai che non è veramente mio figlio, sua madre era una cameriera che lavorava alle mie dipendenze - il suo sguardo si fece pieno di affetto - Ma questo per me non significa niente, lui è sempre stato mio figlio - dichiarò orgoglioso.

Maya ripensò a ciò che le aveva raccontato il signor Hayami la sera del planetario, quando le aveva rivelato di essere il suo ammiratore. Non posso credere che questo signore sia davvero Eisuke Hayami! Lui mi aveva raccontato cose ignobili… tutti ne parlano come di un demonio, un approfittatore, uno squalo… perfino la signora Tsukikage lo dipinge come un assassino! Allora perché io avverto calore nella sua voce? Perché i suoi occhi brillano quando parla di suo figlio? È chiaro quanto tenga a lui! Possibile che nessuno se ne sia accorto?

- Ed è per questo che sono qui - sospirò affranto, abbassando lo sguardo, poi lo rialzò, deciso - Rinuncia a lui, tu diventerai un’attrice famosa, sarai ricca, sei giovane, bella e potrai innamorarti ancora... Permetti anche a lui di ereditare tutto ciò che ho costruito! - le chiese con veemenza, la voce strozzata per l’emozione. Maya sussultò, portandosi una mano alla bocca e cercando di controllare quel tremito sempre più evidente che la scuoteva.

Io… rinunciare a lui?

- La Daito Art Production non sopravviverà… io… io sto morendo - le confessò socchiudendo gli occhi come se reprimesse un indicibile dolore. Maya fece involontariamente un passo verso di lui e distese una mano. Il primo impulso era stato di sostenerlo, di abbracciarlo stretto, ma la rabbia che provava dentro la fermò.

- Signor Hayami… - sussurrò senza sapere cosa dire.

- Se Masumi sposerà Shiori Takamiya, le due società potranno fondersi, la Daito Art avrà stabilità e ne godranno tutti, non solo noi, ma anche i dipendenti - le spiegò con enfasi agitando una mano. Tossì e, quando scostò il fazzoletto dalla bocca, era macchiato di sangue.

Sta male davvero… non ha mai accennato neanche una volta ai diritti della Dea Scarlatta...

- Lascialo andare, ti prego! - la supplicò, piegato in avanti e appoggiato con forza al bastone - Lui lotta strenuamente contro di me, ma tutto ciò che faccio, lo faccio per lui! - aggiunse cercando di convincerla delle sue buone intenzioni.

Maya inspirò ed espirò con calma, abbassò le braccia, tenendo la borsa fra le mani e lo fissò. Due profonde borse sotto gli occhi scavavano il suo volto, le rughe erano accentuate, la schiena curva, le mani tremanti stringevano il bastone.

Sembra che voglia davvero il suo bene… io… io non ho mai pensato al futuro, a ciò che sarebbe potuto succedere… ogni cosa che è accaduta, è stata sull’onda dell’emozione momentanea, non c’è mai stata pianificazione, né volontà da parte di nessuno dei due… La notte dell’aggressione, quando vidi quella cartellina, seppi senza ombra di dubbio che in nessuno modo il signor Hayami avrebbe potuto essere il mio Isshin… c’è un legame fra noi, è vero… ma non deve essere una catena… Suo padre ha ragione, ognuna delle parole che ha detto erano per lui…

- Ho capito, signor Hayami - gli disse infine, annuendo lentamente, con la morte nel cuore. In realtà, si rese conto, gli aveva detto addio esattamente il giorno dell’aggressione, quando aveva accettato i propri sentimenti e l’aveva baciato per la prima volta. Si voltò e si incamminò, ma si fermò dopo pochi passi.

- Se io dovessi vincere la sfida con Ayumi Himekawa e cedessi i diritti alla Daito Art Production, cosa accadrebbe? - gli chiese voltandosi a guardarlo.

Eisuke spalancò gli occhi, sinceramente sorpreso, e anche Sujimoto si mosse a disagio.

- Masumi metterebbe in scena una Dea Scarlatta indimenticabile e farebbe di te l’attrice più pagata e più famosa del Giappone - le rispose lentamente dopo un attimo di esitazione, mai avrebbe creduto in una simile opportunità. Perché mi ha fatto questa domanda?

Maya rifletté sulla risposta, poi lo fronteggiò a testa alta dando voce all’idea che le era balenata in mente.

- Le propongo uno scambio - disse lentamente cercando di non far tremare la voce - Rinunci alla Daito Art Production e faccia pubblicamente le sue scuse alla signora Tsukikage - strinse con forza la borsetta per darsi coraggio. Signor Hayami! Vorrei che mi vedesse adesso! Ho imparato, sa?

Eisuke ghermì il bastone serrando i denti, mentre dentro di sé ammirava il coraggio e la schiettezza di quella ragazza. Oppure incoscienza… Poi la guardò negli occhi e comprese che era dannatamente seria.

- Va bene - acconsentì, e scoppiò di nuovo a ridere - È così che tieni testa anche a lui? -

Maya ignorò la sua provocazione e continuò a fissarlo duramente. Si voltò e uscì dalla saletta, lasciandolo di sasso. Un brivido freddo dilagò dentro di lei, abbracciandole piano piano il cuore come una gabbia di cristallo.

Rinuncerò alle rose scarlatte, ma non posso cancellare dal mio cuore ciò che provo per lui!



Masumi raggiunse il più rapidamente possibile la saletta, seguito dalla segretaria in apprensione. Liberarsi della famiglia ingombrante di Shiori era stata una vera impresa. Proprio mentre stava per entrare, Maya uscì, il volto terreo, le labbra tremanti e lo sguardo vitreo.

- Maya… - sussurrò così debolmente che Mizuki lo sentì a stento. Lei si voltò lentamente e quando lo vide, si trasformò completamente.

- Buonasera, signor Hayami - gli sorrise, fece un lieve inchino e proseguì per la sua strada. Entrambi la fissarono intensamente, poi Masumi guardò la segretaria e lei capì senza che dicesse una parola. Mizuki si incamminò dietro di lei mentre lui entrava nella saletta.

Suo padre era seduto sulla sedia a rotelle, sembrava particolarmente provato, gli occhi erano iniettati di sangue e due borse scure rendevano il volto scheletrico e avvizzito. Si bloccò, frenando l’impeto con cui era entrato.

- Cosa le hai detto? - ringhiò stringendo un pugno, ma un boato festoso li interruppe.

- Sembra che la conferenza stia per iniziare - gli disse con voce gracchiante - Non vorrai perderti il trionfo della tua pupilla - e fece cenno a Sujimoto che lo spinse nella sala principale. Masumi lo seguì con lo sguardo rovente, serrando i denti e ingoiando la replica che aveva pronta. Padre… mi auguro solo che non stia male a causa tua proprio adesso… non riuscirei a perdonartelo…

Raggiunse Shiori e la sua famiglia a passo svelto e cercò Mizuki con lo sguardo. Era seduta al tavolo vicino a quello del cast principale di Kuronuma. Maya era tesa e concentrata, ma proprio come per le altre premiazioni a cui aveva partecipato, non avrebbe potuto fare niente per lei.

Il Presidente dell’Associazione Nazionale prese posto al tavolo sul palco, seguito dal suo vice, dalla giuria e dalla signora Tsukikage che appariva stanca e dimagrita. Dopo qualche attimo, necessario affinché tutti fossero al loro posto, Yamagishi prese la parola.

- Buonasera a tutti, signori e signore - esordì con espressione cordiale - Sono lieto che siate presenti a questo evento - lasciò scorrere lo sguardo sulla grande sala piena di gente.

- Come sapete - riprese - Questa sera verranno assegnate le parti della “Dea Scarlatta”, scelto il regista e, infine, deciso chi interpreterà il ruolo di Akoya, conteso fra Ayumi Himekawa e Maya Kitajima - ricapitolò l’anziano Presidente - L’attrice non otterrà solo la parte principale, ma un contratto con l’Associazione Nazionale per tutta la durata della rappresentazione, la cui prima sarà il 2 gennaio, ed erediterà i diritti del dramma dalla signora Tsukikage - aggiunse - Dopo due giorni di riflessione, la giuria ha espresso il suo giudizio insieme alla signora e sono state prese delle decisioni. Lascio quindi la parola alla signora Tsukikage -

Chigusa unì le mani davanti a sé e fece una pausa d’effetto, poi si alzò.

- Buonasera a tutti - esordì con voce chiara - raggiungere questo verdetto è costata molta fatica, ma lo scontro fra i due gruppi doveva servire proprio a questo: trovare gli elementi migliori per dare vita alla “Dea Scarlatta” del maestro Ichiren Ozaki - annunciò lasciando vagare lo sguardo sui principali protagonisti prima di proseguire.

- Prego, Presidente di Giuria, proceda alla lettura dei ruoli - la signora guardò l’uomo alla sua destra e si sedette.

Come aveva riflettuto Kuronuma, le parti vennero quasi equamente distribuite scegliendo attori da entrambi i gruppi. La parte della nonna di Akoya e quella di Kusunoki vennero assegnate agli attori di Onodera, Terufusa sarebbe stato interpretato invece dal suo attore. Il regista gli assestò una pacca sulla spalla per congratularsi, mentre Onodera ridacchiava fra sé e sé.

Per interpretare i tre fantasisti ladri vennero scelti gli attori di Onodera, mentre il ruolo dell’Imperatore e quello del bonzo che indirizza Isshin, andarono al gruppo di Kuronuma.

Maya ascoltò rapita ogni nome che usciva dalle labbra del giudice, congratulandosi con gli amici e cercando con lo sguardo quelli del gruppo avversario.

- Sembra che non finisca mai… - sussurrò Sakurakoji seduto accanto a lei.

- Yu, non farti prendere dal panico - cercò di rassicurarlo Maya e lui alzò un sopracciglio perplesso.

- Senti chi parla… - ribadì, spostando lo sguardo sui pezzettini di carta sparsi tutt’intorno. Maya sussultò arrossendo e si rese conto di aver sbriciolato il cartellino col suo nome.

- Santo cielo… - mormorò imbarazzata scuotendosi e spingendo i pezzettini sotto il tavolo.

- E ora lascio di nuovo la parola alla signora Tsukikage - concluse il Presidente di Giuria riordinando tutti i fogli che aveva davanti. La signora rimase seduta e in silenzio per qualche minuto. La tensione salì alle stelle sia fra i diretti interessati che fra il pubblico.

- Il ruolo di Isshin - iniziò Chigusa facendo una breve pausa d’effetto che congelò il sangue dei due attori - È stato assegnato a Yu Sakurakoji, per l’ottima interpretazione e coinvolgimento del pubblico - un boato si levò dalla sala, ma non tutti erano concordi sulla scelta, c’era chi avrebbe preferito Kei Akame. L’attore, di contro, non fece una piega, rimase immobile al suo tavolo, fissando la signora Tsukikage.

Sakurakoji si congelò, il cuore che batteva all’impazzata, poi si girò verso Maya, lentamente, e la trovò sorridente.

- Complimenti, Yu! - gli sussurrò con voce piena d’emozione.

- Ce l’ho fatta… - mormorò il giovane, per poi piegarsi in avanti sotto la pacca vigorosa del regista Kuronuma.

- Bravo, Sakurakoji! - vociò continuando ad assestargli pacche che schioccavano facendo ridere quelli intorno. Il giovane attore arrossì e si portò una mano fra i capelli, imbarazzato.

- Nonostante l’interpretazione del signor Kei Akame sia stata eccellente sotto ogni punto di vista, Yu Sakurakoji è stato in grado di trascinare il pubblico con maggiore intensità grazie ad un innegabile approfondimento della vita dello scultore che è risultato tangibile in ogni suo movimento, parola ed espressione - spiegò la signora ignorando gli ospiti che commentavano.

- Hai visto che tutto il tuo impegno è stato premiato? - gli fece notare Kuronuma dandogli un’altra sonora pacca. Yu, ancora sottosopra, annuì sorridente.

Masumi sorrise appena e Shiori si domandò il motivo di quell’espressione piena di compiacimento. Sembra che se lo aspettasse…

- Ed ora passiamo alla regia - riprese parola il Presidente Yamagishi - La scelta si è protratta a lungo nei due giorni precedenti - iniziò lanciando uno sguardo alla signora Tsukikage, che annuì - Entrambi gli spettacoli dimostrativi hanno sfruttato pienamente il sito dello Shuttle X, pur con tutte le difficoltà annesse, ma il più efficace è stato in grado di trasportare lo spettatore nel mondo della “Dea Scarlatta”, facendogli credere di vedere una foresta di susini quando invece c’era un binario arrugginito -

I due registi si alzarono e gli ospiti si zittirono.

- La regia della “Dea Scarlatta” è stata assegnata a Ryuzo Kuronuma! - rivelò il Presidente Yamagishi. Quell’assegnazione generò qualche secondo aggiuntivo di silenzio dovuto probabilmente alla sorpresa. Poi un boato dilagò, acclamando il nuovo regista.

Kuronuma esultò come era solito fare anche durante le prove, tutti i suoi attori gli si strinsero intorno, Maya per prima, che venne stritolata in un abbraccio poderoso.

- Kitajima! I nostri giochi d’imitazione hanno funzionato! - vociò felice stringendo mani e sorridendo a profusione. Lei annuì commossa e vide Onodera fumare di rabbia dall’altra parte della sala.

Masumi prese il cellulare e fissò un appuntamento sulla sua agenda con un mezzo sorriso. Forse ho fatto bene ad aspettare a rinunciare al cognome di mio padre… ha i suoi vantaggi...

Mizuki, seduta composta al suo posto, avvertì la vibrazione del suo telefono, aggrottò la fronte e controllò. Vuole che gli fissi un appuntamento con Ajime Onodera per domani?! Ma… come pensa che io possa fare una cosa del genere? E per quale motivo, poi?

Sbuffò e inviò una mail alla segretaria del regista, che conosceva anche di persona, sperando che la leggesse e che in qualche modo riuscisse a combinare l’appuntamento. L’idea di chiedergli un aumento si faceva sempre più pressante.

Il Presidente Yamagishi tossicchiò nel microfono cercando di richiamare l’attenzione. Se la nomina del regista aveva generato quella confusione, cosa sarebbe accaduto quando la signora avesse fatto il suo annuncio?

Chigusa Tsukikage spostò lo sguardo da Ayumi a Maya, le aveva seguite fin da quando erano ancora delle ragazzine sperando che un giorno potessero ricoprire quel ruolo e darle la possibilità di trasmettere la sua eredità, teatrale ed economica. In quel viaggio, Ichiren le era sempre stato al fianco, senza lasciarla mai, insieme avevano vissuto quegli intensi sette anni di prove e difficoltà. Guardale Ichiren… hanno superato ogni mia aspettativa… ma ora è giunto il momento della verità!

Si alzò e il pubblico si zittì all’istante. Maya e Ayumi, sebbene a distanza l’una dall’altra, erano percorse dagli stessi sentimenti: aspettativa, paura, orgoglio. Erano certe di aver fatto tutto il possibile, al meglio delle proprie capacità, ora l’ultima parola spettava alla signora Tsukikage.

Tutti gli ospiti erano in attesa e alcuni, particolarmente coinvolti, fremevano proprio come le candidate. I loro amici, che in parte le avevano accompagnate in quel lungo percorso, Mizuki Saeko, che stringeva le mani in grembo nervosamente, i registi, che speravano nella loro prima attrice, i due uomini che le amavano, silenziosi e in attesa del verdetto. Infine Eisuke Hayami, al quale Chigusa dedicò una lunghissima occhiata che lo fece tremare da capo a piedi.

- Il ruolo duplice della protagonista della “Dea Scarlatta” - iniziò la signora continuando a fissare l’antico rivale, cosa che non sfuggì a nessuno - Prevede un’interpretazione unica nel panorama dei drammi giapponesi. Quando Ichiren Ozaki lo scrisse, si trovava nella valle dei susini, che gli fu di ispirazione - spostò lo sguardo su Ayumi - Akoya ospita dentro di sé la Dea della Natura, è affine a tutti gli elementi che compongono il mondo e parla con gli spiriti, gli orchi e i draghi - e il suo unico occhio si fissò su Maya - Isshin è il budda, porta in sé la verità. Il loro amore puro è destinato a durare in eterno, sono anime gemelle, che niente, neppure la morte, potrà dividere -

Chigusa tornò a fissare spietatamente Eisuke Hayami proprio su quelle ultime parole. Maya si voltò appena e sussultò quando si rese conto su chi era puntata la sua attenzione. Se io… se io dovessi vincere… quell’uomo manterrà la sua promessa?

- Ayumi, Maya, venite avanti - le invitò la signora e un brusio meravigliato serpeggiò fra gli ospiti quando il fotografo francese porse il braccio ad Ayumi, accompagnandola accanto a Maya, che tremava come una foglia.

Ayumi… ma che succede… perché ti ha accompagnato?

Peter la lasciò con un bacio lieve sulla guancia e tornò al suo posto. Maya fissò la rivale, ma lei era immobile, lo sguardo in avanti verso la signora Tsukikage.

- È stata una gioia per me potervi vedere interpretare la Dea Scarlatta. Potrei restare qui ore a spiegarvi i motivi della mia scelta, ma ve ne comunicherò uno soltanto - proseguì la signora dolcemente, raggiungendole alla base del basso palco rialzato. La sua voce non aveva bisogno di microfoni, era perfettamente udibile da tutti nella sala.

- Ayumi… - iniziò spostandosi di fronte a lei - la tua interpretazione è stata sublime, il tuo modo di muoverti e di trasmettere i sentimenti di Akoya e della Dea ha sconvolto il mio cuore e quello del pubblico. La tua sensibilità, la tua voce, ogni cosa era come Ichiren l’avrebbe voluta - sorrise ignorando il boato che si levò dal pubblico - Probabilmente hai superato anche me, perché io ero coinvolta -

- Grazie, signora Tsukikage - Ayumi si inchinò e la sua voce tremò d’emozione commuovendo sua madre Utako e suo padre che assistevano poco dietro.

- Maya… - Chigusa si spostò e si rivolse alla sua allieva - Alla fine hai capito, vero? - le domandò con estrema dolcezza. La giovane annuì imbarazzata.

- Sì, signora, io… io ho recitato per voi! - rispose emozionata con gli occhi che brillavano fieri. La signora le sorrise e le strinse le spalle.

- Maya, la tua Dea Scarlatta è stata diversa da qualsiasi idea io potessi aver avuto in merito a questa interpretazione. Hai saputo darle una sterzata, traghettandola in questo secolo di cemento e ferro. Hai convinto il pubblico di trovarsi nella valle scarlatta, sul greto del fiume, alla festa, nella grotta della zona sacra utilizzando solo la tua voce e le tue espressioni, le uniche armi di un attore -

Maya annuì come un automa, gli occhi spalancati e il cuore che batteva follemente in attesa del suo verdetto.

- Ma… - e sentì che la stringeva sulle spalle e induriva la voce - A volte i tuoi movimenti avevano poco della Dea - alcuni fra il pubblico risero e lei arrossì di vergogna - Nella scena del nome di Isshin hai improvvisato senza rispettare il copione mettendo in difficoltà il tuo collega e hai atteso troppo quando la Dea avrebbe dovuto uscire alle preghiere del messo dell’Imperatore -

In quel momento Maya si sentì come durante le prove e abbassò lo sguardo dimenticando tutto ciò che la circondava.

- Sono caduta… - si giustificò, sapendo che la signora l’avrebbe sgridata. Altre risa si levarono alle sue spalle.

- Sei caduta nel passaggio? E cosa hai fatto? - la interrogò ancora proprio come se fossero le prove. Maya sollevò lo sguardo, si erse sulla persona e la fissò. Chigusa si rese immediatamente conto che aveva ottenuto ciò che voleva, non era più Maya Kitajima.

- Ho richiamato l’attenzione dell’uomo che mi stava pregando… avevo paura che pensasse che non sarei arrivata - rivelò fremente e appassionata - Ma io non avrei mai abbandonato gli uomini, mai, io vengo ogni volta che mi pregate… - si voltò lentamente verso gli ospiti ammutoliti per la voce che li aveva raggiunti e la signora sorrise in modo enigmatico.

- Se mi pregate, io verrò, risponderò sempre, non importa cosa accada, io ascolterò le vostre parole! - dichiarò con enfasi mentre il timbro profondo della Dea avvolgeva tutti trasportandoli di nuovo in quel luogo magico senza tempo.

Masumi la fissò allibito: era rientrata nel personaggio in pochi secondi e in altrettanti aveva reso vera una Dea in quel mondo di cellulari e computer. Esattamente come la prima volta che ti vidi recitare Beth…

- Maya, la Dea Scarlatta è tua - sussurrò la signora abbassando le braccia, sicura più che mai della sua scelta. Non c’era più niente da aggiungere, quella giovane e geniale attrice aveva dato riprova di quanto fosse pienamente entrata nella parte. Gli ospiti, ancora in silenzio per quella breve e intensa interpretazione, esplosero in applausi festosi.

Maya sbatté gli occhi, arrossì e si voltò a guardare la signora, tornando l’attrice timida e insignificante, ogni tratto della Dea era scomparso.

- Signora Tsukikage… - mormorò con occhi spalancati per l’incredulità.

- Complimenti, Maya - riuscì a dirle con un sorriso prima che la folla la risucchiasse.



Il vortice che l’aveva fagocitata non accennava a diminuire. Era sicura che Rei l’avesse abbracciata entusiasta, come Sakurakoji, il signor Kuronuma, Saiaka, Mina, gli amici della Unicorno. Aveva stretto mani, ricevuto e dato baci, senza rendersi conto effettivamente di ciò che stava accadendo. Le parole della signora le rimbombavano in testa, colmandola di una gioia indescrivibile. Cercò Ayumi, ma aveva intorno così tante persone da impedirle quasi di respirare.

I giornalisti non facevano che subissarla di domande, vide per un attimo la signorina Mizuki, avrebbe voluto chiederle aiuto, ma le fu impossibile. Non posso crederci! Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta davvero! Interpreterò la Dea Scarlatta!

Si girò a stringere l’ennesima mano e si trovò davanti Ayumi. Le stava sorridendo e la stretta che le dette non aveva nulla della sconfitta bruciante che aveva appena incassato.

- Ayumi… - sussurrò allibita.

- Complimenti, Maya - la rivale le fece le sue congratulazioni più sincere - La nostra sfida finisce qui - le rivelò con un velo d’amarezza - Ti aspetta un impegno intenso, non deludermi -

Maya rimase senza parole, sembrava un addio.

- E tu cosa farai, ora? - le chiese, notando il fotografo francese vicino a lei. C’era qualcosa di strano in Ayumi, quella sensazione che aveva avuto quando lui l’aveva accompagnata vicino al palco, come se non ci vedesse, tornò prepotente e con essa alcune piccole cose che aveva notato durante la rappresentazione di prova.

- Mi aspetta una tournée in Europa, porterò in Inghilterra la mia Giulietta - la informò mentre intorno a loro il brusio aumentava e i giornalisti scattavano senza sosta.

Maya si avvicinò senza darle tempo di reagire e l’abbracciò. Non voleva metterla in difficoltà proprio in quel momento.

- Ayumi… - mormorò gravemente - Hai recitato la Dea Scarlatta così? La signora Tsukikage lo deve sapere! Spetta a te il ruolo di Akoya, io non lo merito, la tua interpretazione è stata… - le sussurrò con urgenza, ma sentì che la rivale stringeva l’abbraccio come una morsa.

- La signora sa tutto, Maya, e aveva già fatto la sua scelta quando l’ho informata ieri, non avere timore - le confidò con tono carico di stima - Con questa cecità ho finalmente compreso la mia Dea Scarlatta! Abbandonerò il mio nome e il mio passato! Amo Peter, lo sposerò, Maya! - le confessò arrossendo, nascosta ai fotografi dai capelli dell’amica.

Maya sussultò, il cuore era un miscuglio di gioia e rammarico, per non aver compreso quanto Ayumi fosse in difficoltà.

- Aspetto di vederti sul palco il due gennaio, tornerò apposta per vederti - aggiunse in un sussurro lieve, la lasciò dall’abbraccio e la guardò intensamente - Quando ti vedo recitare il mondo torna a colorarsi, Maya Kitajima - aggiunse a voce alta, in modo che tutti potessero sentirla. Ci fu un applauso intenso, venne circondata immediatamente da giornalisti affamati di notizie e furono separate di nuovo. Lei rimase immobile, l’angoscia per la condizione di Ayumi andava mescolandosi alla felicità del ruolo ottenuto. Quella punta di amarezza la spinse a fare ciò che, inconsciamente, aveva sempre fatto: cercò lui in mezzo a tutti.

Chiese scusa infinite volte cercando di uscire da quella prigione umana. Voleva almeno vederlo, il suo ammiratore, l’uomo che in parte aveva reso possibile il suo sogno, ma sembrava praticamente impossibile. Poi qualcuno sospirò, alcuni gridolini si levarono e uno spiraglio si aprì. Lei ne approfittò subito, ma andò a sbattere contro un uomo.

- Signorina Kitajima - la chiamò, tenendola per una spalla con una mano guantata di bianco ed evitandole una caduta. Lei sollevò lo sguardo incontrando gli amichevoli occhi sorridenti di un cameriere.

- S-Sì…? - balbettò lei suscitando un’ilarità contenuta in quelli che la circondavano.

- Devo consegnarle questa - abbassò il vassoio d’argento che teneva sospeso con l’altra mano, mostrandole la rosa scarlatta che giaceva sul centro ricamato. Maya inspirò trattenendo il fiato e la fissò con occhi spalancati.

La prese delicatamente, non si accorse del cameriere che la salutò con un lieve inchino, non si rese conto che la sala era silenziosa, né dei sussurri accennati all’indirizzo di quel fiore scarlatto, né tanto meno delle signore che sospiravano. Ogni sua cellula era concentrata sui petali vellutati. Avrebbe voluto più di ogni altra cosa sollevare lo sguardo e incontrare i suoi occhi azzurri che la ricambiavano colmi di quell’amore che da poco aveva scoperto. Ma la parole di Eisuke Hayami la riportarono coi piedi per terra. La mia vita è nel teatro… sarò un’attrice per sempre… lui è un produttore, il suo stato sociale, anni luce dal mio… la sua vita è completamente diversa dalla mia… ha già una bellissima fidanzata e le loro due famiglie diverranno una… se io rinuncio… anche il signor Hayami manterrà la sua promessa… dovrà chiedere scusa alla signora Tsukikage per tutto ciò che le ha fatto e se… se lascerà la Daito Art… io potrei anche…

Chiuse gli occhi, tenendo fra le dita e accostata al petto, quell’unica rosa. Un’angoscia indicibile dilagò dal suo cuore, finché una voce chiara e che conosceva molto bene, risuonò nella sala.

- Cosa ne dice di ricongiungere quella rosa alle sue sorelle? -

Maya sollevò lentamente gli occhi spalancandoli gradualmente per la meraviglia, mentre il cuore prese a battere freneticamente. Anche gli ospiti mormoravano agitandosi incuriositi e i fotografi non facevano che chiamarsi e scattare, coi flash che illuminavano a tratti la scena. Deglutì arrossendo violentemente e rimase immobile.

È impossibile…


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Capitolo 52
*** Un nuovo inizio ***


Ultima revisione: aprile 2016

 

52. Un nuovo inizio



Si avvicinò con un sorriso accattivante porgendole un bellissimo mazzo di rose scarlatte, indossava uno splendido abito bianco, aveva tagliato i capelli corti e i suoi stupefacenti occhi verdi erano liberi dagli occhiali che gli aveva sempre visto indossare.

Signor… Hijiri...

In un attimo ogni cosa le fu chiara. Si meravigliò della rapidità con cui giunse a quella conclusione, ma adesso sapeva esattamente cosa fare. Strinse la rosa fra le dita e recitò il ruolo più difficile della sua vita.

Masumi Hayami rimase immobile, folgorato alla vista dell’uomo che recava con sé un mazzo di rose scarlatte e, altrettanto rapidamente, giunse alla stessa conclusione della sua anima gemella, comprendendo il piano di suo padre.

- Finalmente posso farle le mie congratulazioni di persona - le disse sorridendole dolcemente. Perdonami, Maya… spero che tu capisca…

Maya lo fissava ancora sbalordita, se il padre del signor Hayami aveva voluto sorprenderla c’era riuscito perfettamente. Prese lentamente il mazzo di rose senza staccare gli occhi da lui, chiunque li avesse guardati avrebbe capito ciò che volevano trasmettere: la tensione era palpabile, un incontro a lungo atteso, un sentimento profondo che legava quei due ragazzi stava per emergere.

Rei deglutì a fatica, spostò lo sguardo su Mizuki, interdetta anche lei, poi su Sakurakoji che aveva un’espressione truce, e infine si azzardò a guardare Masumi Hayami. Santo cielo che espressione ha… terrificante… anche lui sembra all’oscuro... Ma chi diavolo è questo tizio?

- Lei è… lei è il mio ammiratore… - sussurrò emozionata quel tanto che bastava a farsi sentire dalle persone intorno. Karato, con la bile amara in gola sentendo il suo tono accorato, le sorrise annuendo lentamente. È proprio brava a recitare… oppure vede Masumi...

Maya lasciò andare le rose, che si adagiarono sul pavimento spargendo alcuni petali, l’espressione ancora incredula. Fece un passo avanti, sollevando una mano verso il suo volto. Lui dovette abbassarsi, lo fece d’istinto, non aveva idea di cosa stesse facendo. Quando le sue dita gli sfiorarono la guancia, erano fredde come ghiaccio. Maya...

- Lei… che per tutti questi anni… mi ha incoraggiato… - il suo tono carico d’emozione lo sconvolse, i suoi occhi brillavano pieni di riconoscenza.

Mio ammiratore… avrei tanto voluto dirti queste parole… spero che tu mi stia ascoltando e che mi perdonerai… ma tuo padre ha ragione ed è meglio per tutti, soprattutto per te…

- Io non potrò mai dimenticare le sue rose, le parole che mi sono sempre state di sprone... - continuò tenendo gli occhi nei suoi, se si fosse distratta, se avesse cercato lui fra la gente, avrebbe perduto tutto il coraggio che le rimaneva. Signor Hijiri… la prego mi aiuti! La prego, io… scoppierò a piangere se lei non mi aiuta!

Karato probabilmente sentì la sua voce che si incrinava, sapeva che quelle parole non erano per lui ma indirizzate a Masumi, sapeva che lui era lì, da qualche parte e li stava guardando. Signor Masumi.., mi dispiace… mi perdoni… la prego…

- Maya… - mormorò coinvolto in quella finzione più di quanto volesse ammettere.

Le prese la mano con la sua e la tirò gentilmente verso di sé. Maya sprofondò nel suo abbraccio chiudendo gli occhi, lacrime amare scesero silenziose, scambiate per felicità dai presenti, quando lui abbassò il volto e la baciò.

Masumi non riuscì a mantenere il suo consueto autocontrollo, perfino Shiori Takamiya, che gli era accanto, si portò una mano tremante alla bocca. La sua immobilità era spaventosa, i suoi occhi gelidi fissavano la bella coppia al centro della sala, quella dichiarazione aveva fatto sospirare tutti. Masumi è innamorato di quella ragazza! Ma Maya Kitajima… il modo in cui guarda quell’uomo vestito di bianco, lei è sicuramente innamorata di lui!

Quando Karato staccò le labbra dalle sue, l’abbracciò stretta, sussurrandole più volte di perdonarlo, mentre un’angoscia infinita gli riempiva l’anima.

- Mi tenga stretta, signor Hijiri, la prego… non mi lasci andare - lo implorò sussurrando e aggrappandosi alla sua giacca.

- Mi dispiace, Maya… mi dispiace… perdonami... - continuò a mormorare lui - Il signor Hayami… -

- Lo so, lo so… ho capito… ho capito… - gli confessò fra le lacrime - Sono stata brava? -

- Sei stata bravissima, come sempre! - la rassicurò, pensando a se stesso, con il cuore a pezzi e la voce spezzata. Averla fra le braccia avverava per un momento il suo sogno più segreto, che sapeva essere irrealizzabile. Non l’aveva realmente baciata, quando aveva appoggiato le labbra alle sue, lei tremava come una foglia al vento d’autunno. L’ammiratore muore oggi, ma voi due forse potrete realizzare il vostro amore… Il signor Eisuke crede di poter vincolare suo figlio, ma non ha ancora capito di cos’è capace per lei…

Masumi li fissava, un rancore profondo rivolto a suo padre e a se stesso che gli aveva permesso di agire liberamente. Deve averla minacciata… deve averle promesso chissà cosa pur di farle accettare una messinscena del genere… e Hijiri… chissà come avrà fatto a convincerlo…

I giornalisti si scatenarono, Rei venne raggiunta da Mizuki e in silenzio la giovane attrice raccolse il mazzo di rose e la rosa singola che erano a terra. La infilò in centro e in mezzo al baccano generale osservarono la coppia abbracciata.

- Lei sapeva niente? - la interrogò Rei mantenendo lo sguardo su Maya che piangeva. Quelle non sono lacrime di gioia, come fa la gente a non capire?

- No… - ammise Saeko - E, vista l’espressione, direi neanche il signor Masumi… - aggiunse in un borbottio contrariato.

- Come la prenderà? Perché Maya ha accettato tutto questo? - sussurrò ancora Rei nella confusione più totale.

- Sinceramente credo che ci sia lo zampino di suo padre… - sospirò la segretaria - In parte probabilmente sono responsabile di tutto questo… - aggiunse con tono pieno di rammarico. Non avrei dovuto portarla dal signor Hayami...

- Ma chi è quell’uomo? - chiese Rei assottigliando lo sguardo - Ha qualcosa di familiare… - e continuò a guardarlo in volto.

- Non ho idea di chi sia - Mizuki scosse la testa - Ma Maya sembra conoscerlo… le ha portato le rose… -

Rei l’afferrò per un braccio facendola sussultare.

- Le rose! - esclamò con voce strozzata - Lo so chi è! Una volta l’ho visto tempo fa, aveva i capelli alle spalle, portava gli occhiali, e le ha consegnato un mazzo di rose scarlatte! - si voltò fissando Mizuki con occhi spalancati.

- Forse… - la segretaria si portò un dito alle labbra, pensierosa - So che la famiglia Hayami si è sempre servita di uomini ombra, persone dal passato oscuro, spesso senza neanche documenti identificativi… magari è uno di loro e il signor Masumi lo usava come collegamento con Maya quando doveva farle avere qualcosa ma non poteva incontrarla… -

Rei fissò pensierosa il bel ragazzo in abito bianco, poi cercò Masumi Hayami e non faticò a trovarlo, accanto a lui Shiori Takamiya, e infine guardò Eisuke Hayami. Povera Maya… si è trovata in un gioco troppo più grande di lei…

- Certo… che se volevano allontanare l’idea delle rose scarlatte dal signor Hayami… questa è davvero una trovata eccellente… - valutò Mizuki a voce molto bassa.

- Magari chi ha rapito Maya l’ha fatto per ricattare Hayami… - soppesò Rei voltandosi verso la segretaria - Forse aveva scoperto tutto e trovato il suo punto vulnerabile - aggiunse sempre rincorrendo i suoi pensieri confusi.

Mizuki annuì seria e indicò sulla destra.

- Guarda un po’ che strana riunione… - sussurrò stupita - Prevedo guai in arrivo - Rei seguì la linea immaginaria e vide Eisuke Hayami fronteggiare la signora Tsukikage.

- Santo cielo… - borbottò scocciata - Quell’uomo non ha altro da fare che rovinare le vite altrui? -

Parte dell’attenzione dei giornalisti si spostò da Ayumi e Maya a quei nemici di vecchia data. Chiunque seguisse il teatro doveva obbligatoriamente conoscere le vicende di quel dramma reale così strettamente legato alla “Dea Scarlatta”.

- Maya… guarda… - sussurrò Karato rilasciandola dall’abbraccio, sforzandosi di non pensare al signor Masumi che sicuramente aveva seguito tutta la scena. Mi ucciderà…

Maya si voltò, felice di sentire ancora un suo braccio confortevole intorno alle spalle, vide Eisuke Hayami che parlava con la signora Tsukikage, ma erano troppo lontani perché potesse sentire cosa si stessero dicendo. L’unica cosa certa era che la signora si stava alterando. Genzo si avvicinò silenzioso e con sguardo minaccioso fino a fermarsi alla spalle della donna che aveva protetto per oltre trenta anni.

Il signor Hayami manterrà la promessa? Si scuserà con lei?

- Si-Signor Hijiri… - balbettò lei sollevando lo sguardo - Potremmo avvicinarci? - le domandò stringendosi a lui. Karato la guardò stupito, sentì la sua manina infilarsi nella sua e il suo cuore ebbe un tonfo.

Annuì, incapace di aprir bocca per l’emozione e tenendosi per mano ignorarono l’orda di giornalisti che grazie a lui non li aveva assaliti, dirigendosi verso i due che battibeccavano violentemente.

Ma riuscirono a fare solo pochi passi, la signora si afferrò l’abito al petto e crollò a terra mentre grida sconcertate echeggiavano per la sala.

- Non avrai mai il mio perdono, MAI! HAI CAPITO! - gracchiò sollevando la testa e mostrando senza volerlo la cicatrice che sfigurava il suo volto all’uomo che odiava tanto. Eisuke sussultò, una miriade di stati d’animo gli invadeva il cuore, rendendo tutto confuso.

Genzo la sostenne per le spalle ma fu tutto inutile, Chigusa Tsukikage si accasciò al suolo e chiuse gli occhi nello sconcerto più totale.



Il forte odore di disinfettante del bagno dell’ospedale aggrediva le narici. Maya si asciugò le mani e si guardò allo specchio. Indossava ancora l’abito della serata anche se aveva disfatto l’acconciatura, lasciando scendere i capelli sulle spalle come li aveva sempre portati, e il trucco era stato lavato via dalle lacrime.

Quando l’ambulanza aveva portato via la signora, lei aveva insistito per salire con Genzo e ora si trovavano nel reparto di terapia intensiva. Deve ancora insegnarmi come interpretare la Dea Scarlatta! Non può morire adesso! Se dovesse lasciarmi, io… io sarei sola… non avrei più nessuno a cui appoggiarmi, neanche il mio ammiratore…

Quell’idea fece sgorgare nuove lacrime senza che lei potesse fermarle in alcun modo. Abbassò il mento e lasciò che cadessero nel lavandino coi singhiozzi che le scuotevano le spalle.

- Maya… - il sussurro delicato di Rei la riscosse. Frettolosamente si asciugò le lacrime e sorrise al suo riflesso nello specchio.

- Rei… - si girò e l’abbracciò stretta.

- Stai tranquilla, andrà tutto bene - cercò di rassicurarla accarezzandole la schiena. Tornarono nella sala d’attesa dove Genzo, Sakurakoji, le altre ragazze e il signor Hijiri aspettavano in silenzio. Erano successe troppe cose e ancora non era riuscita a metabolizzare tutto.

A malapena si ricordava di essere stata scelta dalla signora e le sembrava fosse accaduto un anno prima. Invece sono solo passate tre ore… Dove sarà il signor Hayami? Non ho avuto neppure il coraggio di guardarlo… l’ho evitato, sapevo cosa avrei visto nei suoi occhi… sarebbero stati gelidi e accusatori…

Strinse forte gli occhi per evitare di piangere, poi si alzò di scatto, seguita dagli occhi di tutti.

- Vado a prendere un caffè - mormorò appena udibile. Si incamminò lungo il corridoio, i pensieri che si rincorrevano costringendola a saltare da uno all’altro, senza sosta. Non avvertì i passi cadenzati di Hijiri che la seguì a distanza, senza disturbarla. Voleva solo tenerla d’occhio così, quando lei si fermò davanti al distributore, lui si appoggiò all’angolo del corridoio che sfociava in quella sala ristoro.

Era assorta, prese meccanicamente il caffè e rimase in piedi davanti alla macchinetta con lo sguardo basso a fissare il pavimento immacolato. Poteva solo immaginare quanto fosse confusa e disperata. La gioia improvvisa dell’assegnazione del ruolo era stata subito sommersa da quella rosa. Aveva detto al signor Eisuke di attendere, di far passare un po’ di tempo, ma lui non aveva voluto sentire ragioni. Serrò i denti al ricordo di quella spiacevole discussione, però, quando si era trovato davanti a lei, i suoi occhi stupiti non erano rivolti alla situazione in sé, ma alla sua presenza in quella sala con un mazzo di rose in mano.

Se era quella la reazione che il signor Hayami voleva, Maya lo ha sicuramente accontentato… ha recitato, era al corrente di qualcosa… deve averle parlato… chissà a cosa starà pensando… tremava così tanto quando l’ho stretta…

Tornò a fissarla rievocando quella sensazione incredibile che l’aveva pervaso al solo averla vicina. Finché non l’aveva fronteggiata, non era stato sicuro di riuscire a farcela. Un conto era trafugare o scoprire informazioni, forzare serrature, rubare segreti industriali, un’altra affrontare se stesso interpretando una parte che di recitazione non aveva proprio niente. Nell’istante in cui l’aveva guardata negli occhi, tutto quello che si era preparato era svanito, così era stato costretto ad aprire il suo cuore.

Avrei dovuto solo parlarle… ma quando mi ha abbracciato tremando io… non avrei mai dovuto baciarla… mai… eppure lei ha recitato, dimostrando a tutti quali sentimenti provasse per il suo ammiratore delle rose scarlatte…

Si portò una mano al petto, l’angoscia che lo stava dilaniando era pari solo alla tristezza di aver tradito il signor Masumi. Era sicuro che l’aver obbedito all’ordine di suo padre avrebbe reciso per sempre il legame d’amicizia che li univa da più di vent’anni. Strinse forte la mano a pugno che teneva ancora appoggiata al petto. L’ammiratore era stato allontanato per sempre dalla sua figura, i giornalisti avrebbero scritto pagine su quello struggente incontro. Se Masumi avesse giocato bene le sue carte, avrebbe potuto proteggere Maya per sempre. È l’unica cosa che mi interessa…

Lei era rimasta immobile in quei minuti, la testa china, il caffè fra le mani. Il ronzio delle macchinette era l’unico suono distinguibile. La signora non accennava a riprendersi ed erano ormai le tre di notte. Hijiri controllò il cellulare, scostando il lembo della giacca bianca, ma non c’erano messaggi, né chiamate. Strano… almeno il signor Eisuke avrebbe dovuto contattarmi...

Maya rigirò il bicchiere di cartone fra le dita. Era spaventata e si sentiva terribilmente sola. L’idea che la signora potesse lasciarla proprio in quel momento l’atterriva più di ogni altra cosa, addirittura più di non poter rivedere il signor Hayami. Era sicura che fosse la sua anima gemella, sicura che l’avrebbe rivisto in futuro, sicura che eventi e tempo non avrebbero potuto in alcun modo distruggere il legame che li univa. Ma se la signora Tsukikage fosse morta, non avrebbe potuto prepararla per lo spettacolo ufficiale.

E io… io cosa potrei fare? Senza i suoi insegnamenti… senza la sua guida…

- Maya - la voce profonda e pacata la raggiunse facendola trasalire. Sollevò la testa fissando la macchinetta davanti a sé, ma vide il suo volto riflesso nel vetro. Si girò lentamente, tenendo lo sguardo basso, la vergogna la privò della parola, eppure sapeva che avrebbe dovuto affrontarlo, prima o poi.

Hijiri aveva visto Masumi sbucare dal corridoio opposto. Si erano scambiati una breve occhiata, ma aveva compreso all’istante: quello che era avvenuto in quella sala non aveva importanza, ciò che contava era lei. Si era aggiustato la giacca e aveva percorso un tratto indietro, appoggiandosi al muro laterale, metà bianco e metà giallo canarino, per non ascoltare la loro discussione, ma essere vicino se fosse stato necessario.

- Si-Signor Hayami… - sussurrò Maya sollevando lo sguardo - Come mai anche lei qui? - gli chiese reprimendo l’istinto di correre fra le sue braccia. I suoi occhi la osservavano intensamente, teneva le mani in tasca e la sua espressione appariva stanca e provata.

Masumi fece qualche passo avanti continuando a guardarla. Aveva gli occhi spalancati, come fosse spaventata, tremava appena e stringeva in modo convulso il bicchiere del caffè. Si era ripromesso di chiederle il perché di quella sceneggiata, ma ora che l’aveva davanti non gli interessava affatto.

- Mio padre… - rispose pacatamente - Non si è sentito bene - le spiegò brevemente. Dopo l’uscita di scena della signora Tsukikage, Eisuke Hayami aveva avuto un attacco e a nulla erano valsi il suo aiuto e di Sujimoto.

Maya spalancò gli occhi preoccupata, trattenendo il fiato.

- Se la situazione non fosse così drammatica, ci sarebbe da ridere… - mormorò sbalordita. Si sentiva a disagio, così si sedette sulla sedia davanti alla macchinetta e lui fece altrettanto occupando quella accanto. Maya rabbrividì, rievocando altre volte in cui in passato si era seduto accanto a lei. Era il mio ammiratore… e io non lo sapevo… lo odiavo così profondamente da non rendermi conto di niente…

Masumi sorrise stancamente riflettendo che il destino poteva essere davvero crudele.

- Si trovano entrambi qui, la signora Tsukikage e mio padre… - sussurrò guardando il suo profilo - Davvero curioso… -

- Come sta, adesso? - gli chiese sollevando gli occhi per un attimo e riabbassandoli subito per l’imbarazzo. Eisuke Hayami non le stava certo simpatico, ma contrastava completamente con il simpatico vecchietto che aveva conosciuto per tanto tempo e di sicuro non era sua abitudine augurare del male a nessuno. Eppure era così diverso… non capisco… e inoltre… hanno fatto entrambi la stessa cosa con me… si sono spacciati per qualcun altro…

- No - replicò lui freddamente - Sta morendo -

Maya si voltò con espressione dispiaciuta e Masumi per un attimo avrebbe voluto scuoterla, ricordarle ciò che aveva fatto alla signora per anni, a lei stessa e a lui, e che non meritava il suo perdono né la sua compassione. Ma si ricordò chi aveva davanti: era Maya Kitajima, probabilmente incapace di provare odio per qualcuno. Tranne per me…

- Io… mi dispiace, signor Hayami - e gli porse il caffè che teneva in mano da mezz’ora. Lui lo prese e ne bevve un po’ trovando piacevole il calore che aveva mantenuto nel contenitore. Maya sorrise appena, per un attimo dimentica di tutto ciò che era accaduto. È così rassicurante sentirlo accanto a me...

- Non dovrebbe dispiacerti, era un uomo terribile - rimarcò lui parlandone già al passato - Chissà come gli è venuto in mente di chiedere scusa alla signora Tsukikage… ciò che le ha fatto per trenta anni è imperdonabile -

Maya distolse lo sguardo e arrossì. Masumi si voltò a guardarla senza comprendere quella sua reazione.

- A proposito - e attirò di nuovo la sua attenzione - Con tutto quello che è accaduto non ho avuto modo di farti i miei complimenti, alla fine hai vinto il ruolo e ottenuto i diritti della “Dea Scarlatta” - le sorrise dolcemente sperando che lei non si alterasse, ma quando Maya sollevò lo sguardo, lacrime calde bagnavano i suoi occhi immobili.

Masumi rimase stupito da quella reazione improvvisa. Forse la tensione era troppa e lei non riusciva più a gestirla. Maya…

- Ce l’ho fatta… ho vinto… ma sembra che la maledizione di questo dramma sia infinita! - mormorò con la voce rotta dal pianto - La signora sta male e anche suo padre! A cosa servono i diritti di un’opera così importante se non si è in grado di portarla in scena? Come potrò interpretarla se la signora… - non riuscì a terminare la frase e si portò le mani al volto piangendo senza sosta. Masumi serrò le mani impedendosi di toccarla, non sembrava certo nello stato d’animo per reggere un altro scossone.

- Non pensare a mio padre e la signora si riprenderà - cercò di rassicurarla come aveva sempre fatto - La tua Dea Scarlatta, che ho visto allo Shuttle X, è già perfetta per costruire uno spettacolo - aggiunse vedendo che lei non accennava a smettere di piangere.

La vide arrossire, quello almeno fu un cambiamento, e poi asciugarsi le lacrime col dorso della mano. Quel gesto lo riempì di tenerezza, era passato tanto tempo, ma ancora gli risultava insopportabile vederla piangere.

- Dice… dice davvero? - mormorò insicura con il cuore palpitante per quel complimento improvviso.

Masumi annuì lentamente sorridendole.

- Come ha detto la signora ci sono delle cose che dovrai correggere - e finalmente vide quel lampo di sfida nei suoi occhi - Ma in buona sostanza il tuo personaggio c’è - proseguì spietatamente - Il regista Kuronuma ha già le idee chiare su cosa sia realmente la “Dea Scarlatta” e Sakurakoji ha dato prova di un ottimo Isshin -

Maya lo fissò sbalordita, immobile sulla sedia, leggermente voltata verso di lui. Non le aveva detto che era stata eccellente, ma che ‘in buona sostanza’ il suo personaggio c’era. Ma chi si crede di essere?! Ha idea della fatica che ho fatto per recitare Akoya?

- E lei? - replicò con voce sottile - Lei cosa farebbe se dovesse metterla in scena fra due mesi? -

Masumi inclinò la testa da un lato, sorpreso. Si era indubbiamente ripresa, ma una domanda del genere non se l’era proprio aspettata.

- Il settore pubblicitario della Daito Art si occuperebbe della campagna promozionale - iniziò con tono professionale, come se illustrasse delle slide a qualche manager - Sia cartacea,  sia digitale, su giornali, cartelloni, internet, televisioni, radio - avvicinò il volto un po’ al suo - Dapprima sarebbe soft, poi più incisiva. La prima attrice avrebbe un servizio fotografico completo insieme al suo partner, poi qualche voce messa qua e là avrebbe incuriosito circa la loro vita privata e il mistero dietro la “Dea Scarlatta” del maestro Ozaki - Maya spalancò gli occhi e lui si avvicinò un altro pochino - Le loro apparizioni sarebbero sporadiche ed esclusive, a feste scelte appositamente o ad eventi importanti - continuò a spiegare lasciandola ammutolita - Organizzerei le registrazioni per le musiche che verrebbero utilizzate, gli studi dove produrre la scenografia che il regista riterrà necessaria, ed infine - sussurrò avvicinandosi ancora - Mi occuperei personalmente di attivare tutti quei contatti che trasformerebbero quella prima in un evento nazionale e non solo legato alla città di Tokyo - terminò ad un centimetro dal suo naso - Hai capito, ragazzina? -

Maya annuì lentamente, sbalordita e sconcertata, dal suo sguardo, dal suo tono di voce, dalla chiarezza delle sue idee. Sa già cosa fare… probabilmente ci pensa da anni… oppure semplicemente è il suo lavoro…

- S-Sì… ho capito… signor Hayami - balbettò lei attaccandosi al bracciolo della sedia con la schiena.

Masumi le sorrise socchiudendo gli occhi.

- Vedo che le mie lezioni non sono state vane! - e rise tornando a sedersi. Maya sospirò rilasciando tutto il fiato che aveva trattenuto e arrossì.

- È questo che ti aspettavi ti dicessi? - la interrogò di nuovo - Oppure avresti preferito che ti rivelassi che il mio unico desiderio è mettere in scena la vera “Dea Scarlatta”? -

Quelle ultime parole la fecero fremere fin nel profondo destando in lei una curiosità a stento trattenuta. I suoi occhi azzurri erano intensi, stava dicendo la verità, qualsiasi cosa significassero i suoi intenti, era quello che voleva fare davvero. La vera Dea Scarlatta?

Avrebbe voluto chiedergli cosa intendesse, ma una voce urgente li interruppe.

- Signor Hayami! - la figura di Sujimoto apparve dal corridoio, trafelata - Suo padre…! -

Masumi si alzò di scatto e Maya lo imitò senza volerlo, il cuore che rimbombò nel petto per lo spavento. Seguirono entrambi il collaboratore a passo sostenuto senza accorgersi che Hijiri era uscito dal corridoio opposto e li stava seguendo.

Nella stanza di Eisuke Hayami, il macchinario suonava all’impazzata e c’era già un infermiere del turno di notte. Masumi si avvicinò al letto e si sentì ghermire il polso.

- Masumi! - gracchiò suo padre strappandosi la mascherina dal volto che lo aiutava a respirare - Promettimi che ti occuperai della Daito Art Production! - gli intimò con sguardo febbrile, appena sollevato sul letto.

- Padre… - sussurrò il figlio chiedendosi come potesse pensare a cose del genere anche in punto di morte. Annuì lentamente e lo vide distendersi, ma non gli lasciò il polso.

- Sposa Shiori Takamiya, fondi le due famiglie e avrai un futuro assicurato! - proseguì continuando a fissarlo, la voce ansimante era un’ombra di quella che lo aveva terrorizzato per metà della sua vita. Masumi rimase immobile e osservò il suo volto cambiare.

- C’è la ragazzina, vero? - gli chiese ancora scuotendogli il braccio. Lui spalancò gli occhi stupito e si spostò per fare spazio a Maya.

La giovane aveva osservato tutta la scena e si avvicinò titubante e scossa. La sua espressione era sofferente, nessun uomo avrebbe dovuto provare un dolore del genere.

Nell’istante in cui la vide, Eisuke lasciò il figlio e distese una mano verso di lei. Masumi guardò meravigliato il suo volto che cambiava, gli occhi che si addolcivano, le labbra che si stendevano in un sorriso debole.

- Maya Kitajima… - sussurrò debolmente - Sei davvero il genio che Chigusa credeva, recita la Dea Scarlatta, porta la tua Akoya in tutti i cuori e fai innamorare quelli che ti guarderanno recitare! -

- Signore… - mormorò lei tenendogli la mano fra le sue. Sentì che stringeva forte le dita e sussultò.

- Ho mantenuto le due condizioni che hai messo al nostro accordo, adesso devi mantenere le tue! - le intimò tornando l’Eisuke di sempre, ogni tentativo dell’infermiere di farlo stare tranquillo risultava vano.

Masumi passò lo sguardo fra i due, allibito. Quale accordo?

Maya annuì lentamente, seria e composta, anche se il cuore piangeva lacrime che gli occhi non riuscivano più a far uscire. Eisuke tornò a distendersi sul letto, fissando lo sguardo sul soffitto.

- Come sta Chigusa? - sussurrò con voce appena udibile. Maya guardò per un attimo il signor Hayami, e ad un suo cenno proseguì.

- Non si è ancora ripresa… - mormorò Maya con voce affranta.

- L’ho fatta soffrire fino alla fine - ammise tossendo violentemente. Masumi aiutò l’infermiere e quando la crisi passò suo padre lo fissò sfinito.

L’ultimo sguardo fu per lui, chiuse gli occhi e morì.



Hijiri aveva osservato tutta la scena, Maya si era coperta il volto con le mani, piangendo sommessamente. Nonostante tutto ciò che le aveva fatto, lei non riusciva ad odiarlo. Era trascorsa un’altra ora, il corpo di Eisuke Hayami era stato portato via e Masumi si stava occupando di tutti i documenti necessari. Le prossime settimane, per lui, sarebbero state intense. Aveva affidato a lui la cosa a cui teneva di più e in quel momento stava fissando Maya di fronte alla stessa macchinetta del caffè di prima.

Non aveva aperto bocca, gli aveva chiesto gentilmente di andare due volte nella sala d’aspetto dove erano gli altri ad informarsi sulla signora, aveva ascoltato le sue risposte ed era tornata a guardare il pavimento in silenzio.

- Chi è lei, signor Hijiri? - gli chiese all’improvviso rimanendo in quella posizione di fissità.

Karato sussultò, quando Masumi diceva che lei lo stupiva, cominciava a capire cosa significasse realmente.

- Nessuno - rispose sincero - Un uomo che è morto molto tempo fa e a cui il signor Eisuke ha dato un’altra occasione -

Maya si voltò a guardarlo, gli occhi ricolmi d’affetto.

- Eisuke Hayami? - gli domandò e, al suo assenso, gli sorrise - Lo sapevo che in fondo non era così cattivo - lo stupì di nuovo - Sicuramente ha commesso degli errori, ma il suo ultimo pensiero è stato per suo figlio - gli confessò. Hijiri l’ascoltò scioccato, non aveva niente della ragazzina timida che ricordava.

- Ha voluto assicurargli un futuro combinandogli un matrimonio per unire due famiglie potenti; ha fatto in modo che la Daito Art prosperasse e non avesse più problemi insegnandogli tutto quello che sapeva di quel mondo e ha anche ammesso con la signora Tsukikage di aver sbagliato - aggiunse in un sussurro sommesso. Karato rimase in silenzio, domandandosi quando avesse maturato una riflessione del genere. Si chiese che tipo di accordo l’avesse legata ad Eisuke Hayami e se in qualche modo c’entrasse la sua rinuncia delle rose scarlatte e quella scena che aveva recitato poche ore prima.

- Grazie, signor Hijiri, di tutto - gli confessò con un tono che sapeva di addio - Lei è stata una delle persone che mi ha più capita in questi anni e che mi è stata accanto -

Karato sentì il cuore balzargli in gola, strinse forte i pugni e cercò di mantenere un’espressione neutra.

- È stato un onore, per me, Maya - la ringraziò con voce carica di sentimento - Non ho ancora avuto modo di scusarmi con te per il mio comportamento in sala… - partì deciso, ma alla fine della frase abbassò il tono e arrossì lievemente.

Maya scosse la testa, imbarazzata a sua volta.

- Sono io che dovrei scusarmi, l’ho messa in difficoltà - ammise abbassando lo sguardo - Adesso però nessuno potrà associare le rose al signor Hayami, giusto? - gli domandò piena di speranza tornando a guardarlo. Hijiri la fissò interdetto. Perché questa domanda?

- Sì, certo - annuì - La persona che ti ha rapito era un giornalista, lo stesso che scrisse quell’articolo tempo fa e che stava ricattando il signor Masumi perché aveva scoperto il legame con le rose scarlatte… -

Quando Maya divenne terrea, Karato si rese conto di aver commesso un errore. Non sapeva niente, non avrei dovuto dirglielo…

- Lo ricattavano per quel motivo… - balbettò con gli occhi spalancati e un terrore sordo ad aggrovigliarle lo stomaco. Improvvisamente comprese appieno le parole che Eisuke Hayami le aveva detto al gala. Sono una minaccia… sarebbe infelice per sempre se dovesse rinunciare alla sua vita e al suo lavoro…

- Non deve preoccuparsi… il signor Hayami riceve spesso lettere di minaccia e ricatto… - proseguì Hijiri, ma si rese conto che il suo sguardo era perso in pensieri sconosciuti e non aveva sentito una parola.

- Maya! - il grido di Rei alle loro spalle li scosse entrambi. Hijiri scattò in piedi e lei si voltò spaventata. Dall’espressione dell’amica capì che era accaduto qualcosa alla signora Tsukikage. Corsero verso la sala d’aspetto, un via vai di medici entrava e usciva dalla stanza della signora. Maya si guardò intorno spaesata, vide Ayumi e la raggiunse, prendendole le mani immediatamente.

- Ayumi, perché sei qui? - le chiese preoccupata vedendola sola, senza l’onnipresente fotografo francese.

- Non riuscivo a starmene a casa - ammise - La signora Tsukikage ha appena avuto un altro attacco - la informò voltandosi verso la stanza da cui proveniva un insistente allarme sonoro.

Genzo non era fra i presenti, Saiaka e le altre si avvicinarono stringendosi intorno a lei, Sakurakoji era subito dietro Ayumi e sentiva la presenza di Hijiri alle sue spalle. Un infermiere uscì e Maya ne approfittò per tenere la porta aperta.

La signora respirava aiutata dalla macchina e il suo cuore batteva ancora. Entrò lentamente, seguita da Rei e si avvicinò al letto. Un’altra infermiera, che stava sistemando la flebo, alzò una mano per cacciarle, ma quando si rese conto dell’espressione costernata e affranta della ragazza di fronte a lei, decise di lasciarle fare. Posò lo sguardo sull’uomo silenzioso che avevano trovato nella stanza quando la macchina aveva segnalato l’arresto cardiaco, il quale non aveva voluto saperne di uscire, meravigliandola per la sua determinazione, e tornò al suo lavoro.

Lentamente anche gli altri entrarono, mettendosi alla parete in fondo al letto per non disturbare. Hijiri osservò la scena sulla porta, poi sentì una presenza alle sue spalle e si voltò.

- Come sta la signora? - domandò la familiare voce della segretaria del signor Hayami.

- L’hanno appena rianimata, ha avuto un altro attacco - spiegò a bassa voce con naturalezza e con una confidenza di cui lei si stupì.

Mizuki lo fissò in silenzio per qualche secondo e Karato sostenne il suo esame.

- Il signor Hayami è morto un’ora fa - le comunicò e Saeko annuì.

- Mi ha chiamato il signor Masumi, sono venuta a portare dei documenti - lo informò posando lo sguardo dentro la stanza - Maya? -

Hijiri si voltò verso la ragazza al lato del letto e aggrottò la fronte.

- È stanca e confusa - sussurrò assorto e Mizuki tornò a domandarsi chi fosse quell’uomo che aveva inscenato quella pantomima nella sala poche ore prima.

Il Presidente Yamagishi aveva ristabilito l’ordine dopo che l’ambulanza aveva portato via la signora e la festa era proseguita fino a notte inoltrata. Aveva sentito alcuni giornalisti parlare fra loro dell’uomo delle rose scarlatte e dell’articolo che avrebbero pubblicato il giorno dopo. Non conosceva i motivi che avevano spinto Eisuke Hayami ad agire in quel modo, né perché all’improvviso avesse deciso di fare ammenda con la signora Tsukikage sperando di ottenerne il perdono. Perfino io avrei potuto dirle che non l’avrebbe mai perdonata, signor Hayami…

Entrarono entrambi nella stanza e Hijiri chiuse la porta. L’infermiera alzò un sopracciglio nervosa notando la piccola folla, non avrebbero dovuto stare lì, ma avvertiva chiaramente il legame che univa quelle persone a quell’anziana signora. Sospirò e uscì lasciandoli soli, certa che non avrebbero causato alcun danno.

Maya parlava sommessamente, raccontava alla donna che per lei era come una madre, come aveva trovato la sua Akoya, quello che avrebbe voluto fare fino al due gennaio, dei dubbi che aveva, la paura, l’insicurezza che la bloccava ogni volta. Rei le teneva le mani sulle spalle e la sentiva tremare. Lanciò un’occhiata agli altri amici, tutti riuniti sul fondo del letto, notò sulla sinistra la signorina Mizuki e l’uomo delle rose scarlatte, e infine Genzo di fronte a loro dall’altra parte del letto.

Siamo tutti qui… le persone che sicuramente sono più vicine alla signora Tsukikage e a Maya… sembra un addio…

Sentì gli occhi riempirsi di lacrime e un groppo salirle alla gola. Maya continuava a spronare la signora Tsukikage, le diceva di tornare, di svegliarsi, e anche la sua voce s’incrinò per le lacrime che presero a scendere inesorabili. Le teneva la mano, stringendogliela, ricordandole quanto fosse importante la “Dea Scarlatta”.

- Sa, signora? - mormorò con un sorriso bagnato di lacrime - Ho compreso la rinuncia di Akoya - le confidò e le parve di sentire una reazione nella stretta della mano, così proseguì incoraggiata - Il Maestro Ozaki ha visto il loro amore eterno oltre la morte e adesso… adesso che… - il suo pensiero andò al signor Eisuke, l’uomo che le aveva rovinato la vita. Era morto, non avrebbe più potuto farle alcun male.

Si erse sulla persona e Rei la lasciò andare, stupita. Si voltò e schizzò fuori dalla stanza, ignorando i richiami dei suoi amici. Percorse il lungo corridoio senza fermarsi, poi l’area ristoro, il secondo corridoio, fino all’accettazione del reparto rianimazione. C’era silenzio e solo le luci di cortesia erano accese, ma lui era in piedi di fronte alla finestra che dava sull’esterno. Espirò con il cuore che batteva rapido e riprese a correre.

- Signor Hayami! - lo chiamò e lui si girò immediatamente, meravigliato di vederla lì. Maya lo afferrò per la mano e iniziò a trascinarlo. Masumi la seguì, aveva visto le sue lacrime, forse la signora Tsukikage stava male.

- Maya! - provò lui a fermarla, ma lei continuò la sua corsa lungo i corridoi finché raggiunse la saletta d’aspetto davanti alla stanza della signora. Spalancò la porta e lo trascinò dentro. Masumi si guardò intorno stupito e scosso, tutti gli occhi erano puntati su di lui e si sentì stranamente in imbarazzo.

Lei lo strattonò per la mano, attirando la sua attenzione, ma tenendolo accanto a sé. I suoi occhi erano lucidi e le labbra tremavano mentre il respiro usciva accelerato.

- Glielo dica, la prego… - lo supplicò accompagnandolo accanto al letto. Tutti i presenti li guardavano senza comprendere, alcuni addirittura meravigliati dell’atteggiamento di Maya nei confronti di Masumi Hayami.

Si fissarono intensamente per alcuni attimi, non sapeva cosa volesse esattamente lei, ma alla fine capì. Annuì, le lasciò la mano e prese fra le sue quella della signora Tsukikage che giaceva inerme sul lenzuolo candido, in un gesto che sorprese perfino Maya.

Si sentiva impacciato, non sapeva bene quali parole usare, non era abituato a fare affidamento al proprio cuore. La mano piccola di Maya coprì le sue e il calore che emanò da lei lo avvolse con dolcezza, facendogli ritrovare immediatamente la calma.

- Sono Masumi Hayami, signora Tsukikage - mormorò - Mio padre è morto, non potrà più farle del male - le disse semplicemente. Avvertì subito le dita della signora che si stringevano intorno alla sua mano. Trattenne il respiro, la macchina segnalò l’aumento di frequenza del battito, l’occhio si aprì lentamente e l’anziana sensei si girò verso di lui.

L’infermiera entrò e controllò la macchina, poi fece il giro del letto e si affiancò all’uomo silenzioso che in quel momento aveva un’espressione più serena. La signora Tsukikage sollevò l’altra mano e cercò di togliersi la mascherina, l’infermiera l’aiutò, chiedendosi quale forza la tenesse ancora in vita.

- La sua morte non mi ripagherà per ciò che ho perduto - ansimò Chigusa allo stremo, anche se il suo occhio era vigile e brillante. Commenti entusiasti si levarono dai ragazzi e anche Genzo sospirò.

- Questo non è proprio da lei, signor Masumi - aggiunse piano la signora fissando le mani che tenevano la sua. Lui reagì d’impulso e la lasciò, arrossendo lievemente. Chigusa sorrise debolmente e provò a tirarsi su. Maya e Masumi raggiunsero il fondo del letto mentre l’infermiera passò dall’altra parte e, facendosi aiutare da Genzo, riuscì a posizionarla meglio. Ansimava pesantemente, ma era sveglia e cosciente.

- Vado a chiamare il dottore - comunicò, fece un lieve inchino e uscì in fretta.

Mizuki si avvicinò a Maya, il cui volto esprimeva tutta la felicità ritrovata. Si teneva aggrappata al bordo di metallo del letto, accanto a lei, e il signor Masumi la guardava pensieroso. Dietro di loro, gli amici che borbottavano fra loro con tono sollevato.

- Siete tutti qui… - notò la signora con il solito tono scorbutico e i ragazzi ridacchiarono rivedendo la loro sensei. Chigusa portò lo sguardo su Masumi Hayami e lo fissò a lungo. Lui sostenne quell’esame silenzioso, e Maya sollevò lo sguardo verso il suo profilo. Sorrise dolcemente e quando Masumi si girò a guardarla, sentì il cuore riempirsi di gioia, che trasparì per la prima volta dalla sua espressione.

Chigusa Tsukikage spalancò gradualmente l’unico occhio, mentre una visione surreale prendeva forma davanti a lei. Afferrò la mano di Genzo, ghermendola con forza, e l’uomo le prestò subito attenzione.

- Genzo… li vedi? - sussurrò a voce bassa, indicando i ragazzi che parlottavano fra loro. L’uomo si girò, ma vide solo i ragazzi di sempre.

- Non… non vedi… la valle? - balbettò ansimando, il fiato corto per l’emozione. La stanza aveva perduto i contorni, enormi susini scarlatti facevano da sfondo, un vento lieve spirava disperdendo i petali come fiocchi di neve, il cielo blu copriva ogni cosa.

Come se fosse in atto una magia incredibile, Chigusa vide gli occupanti della sua stanza cambiare aspetto, i tratti dei loro volti, i vestiti che indossavano. La pelle divenne grigia, le muscolature evidenti, le zanne acuminate e letali, i capelli ispidi e neri.

Una famiglia di orchi circondava ora Maya e Masumi Hayami, che si guardavano negli occhi, uno di fianco all’altra. Il loro amore era palpabile, sebbene non si toccassero nemmeno. Dietro di loro, l’uomo vestito di bianco cambiò lentamente forma, il suo corpo si allungò, si coprì di lucenti scaglie azzurre, le dita delle mani si allungarono in poderosi artigli, finché il suo muso si sollevò dietro il gruppo, spalancò le fauci piene di denti affilati e inarcò il collo. La sua lunga coda si chiuse a spirale, davanti al gruppo, proteggendoli tutti.

- Ryujin… - sussurrò Chigusa sconvolta ed emozionata per ciò che stava osservando. Il drago si erse sopra il gruppo e fissò gli occhi gialli nel suo. Il cuore le batteva forte in petto quando vide gli abiti di Maya e Masumi Hayami cambiare fino a prendere la forma di due kimono tradizionali. Le loro espressioni rapite parlavano più di qualsiasi altra cosa avessero potuto dire o fare.

- Akoya e Isshin… -

Genzo la sentì sussurrare quei nomi apparentemente fuori contesto, spostava lo sguardo fra lei e il gruppo in fondo al letto, senza capire.

Nonostante la loro differenza… si amano profondamente… lo vedi, Chigusa?

La voce la raggiunse dalla sua sinistra e quando si girò, atterrita, trovò Ichiren che le sorrideva. Il suo cuore debole esplose per la gioia e lacrime calde scesero dal suo unico occhio.

- Ichiren… - sussurrò ancora, e Genzo spostò lo sguardo dove guardava, vedendo solo la porta della stanza.

La nostra Dea Scarlatta è in buone mani, puoi lasciarla andare, se vuoi…

Mormorò il suo amato avvicinandosi e lei non aveva occhi che per lui.

- Signora… - la voce gentile di Maya fece breccia nella sua mente - Signora, sta bene? -

Chigusa si girò lentamente, la visione s’infranse, ognuno riacquisì le proprie sembianze, Rei, Saiaka, le altre ragazze, Sakurakoji, Ayumi, la statuaria segretaria, persero i tratti degli orchi per tornare loro stessi. Il grande drago Ryujin tremolò, ringhiò mostrando i denti e ritornò l’uomo vestito di bianco che stava in disparte. Maya la guardava con gli occhi di Akoya, lentamente vide sparire quella consapevolezza, proprio come accadde a Masumi Hayami.

Tutti si accorsero dell’espressione esterrefatta con cui li stava guardando uno ad uno. Attesero pazienti che si riprendesse, scambiandosi occhiate preoccupate.

- Sì, sto bene - mormorò piano. Riunì le mani davanti, si sentiva debole e stanca, ma finalmente completa.

- Maya - la chiamò e la giovane scattò come ai vecchi tempi suscitando risatine sommesse alle sue spalle.

- Sì, signora! - rispose, subito reattiva, arrossendo lievemente.

- Sei pronta ad un nuovo inizio? - la interrogò seria. Maya sussultò, afferrò di nuovo il fondo del letto e sollevò titubante per un attimo lo sguardo sul signor Hayami accanto a lei. Quando prima si erano guardati aveva avvertito una scossa emozionante, non aveva più necessità di convincersi che lui fosse la sua anima gemella, lo sapeva. Anche se non si fossero incontrati in questa vita, lo avrebbero fatto nella prossima, niente li avrebbe divisi. Lui annuì sorridendo, emozionato per la fiducia silenziosa che gli stava concedendo.

- Sì, sono pronta - le confermò con voce decisa. Dietro di lei sentiva la presenza di tutti quanti: erano i suoi amici, le persone a cui più teneva, accanto l’uomo di cui si era innamorata e davanti c’era la sua sensei, la donna che aveva cambiato per sempre la sua vita.

Chigusa Tsukikage annuì soddisfatta.


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Capitolo 53
*** Epilogo ***


Ultima revisione: aprile 2016

 

53. Epilogo



Era lo stesso ufficio di sempre, eppure non lo era. La notte appena trascorsa aveva cambiato la sua vita drasticamente. Non si era aspettato la morte precoce di suo padre e, con la sua dipartita, tutti i suoi piani, le sue cattiverie, i suoi ordini, erano svaniti. Avrebbe dovuto sentirsi sollevato, oppure addolorato, invece non avvertiva nessuno dei due stati d’animo.

In realtà si sentiva soddisfatto. Erano accadute molte cose in quelle ore, ma una sola aveva costantemente dominato i suoi sentimenti: Maya era stata scelta come nuova Dea. Anche pensarlo in quel momento lo fece sentire stranamente orgoglioso. Appena la signora si fosse ristabilita, avrebbero anche espletato tutte le formalità relative all’eredità dei diritti dell’opera.

I soldi non saranno più un problema per te… potrai vivere una vita piena, soddisfacendo ogni tuo desiderio anche se, conoscendoti, so che non ti interesserà affatto… reciterai, ora come in futuro e ogni personaggio sarà una sfida… lo affronterai a testa bassa e, con un’intuizione speciale, lo renderai incredibile sul palcoscenico…

Bussarono alla porta e lui si riscosse dalla contemplazione del documento che avrebbe dovuto leggere. Sorrise fra sé e fece entrare la sua segretaria.

Nonostante fosse rimasta fino a tarda notte anche lei in ospedale, quella mattina alle otto era seduta alla scrivania fuori dal suo ufficio. Mizuki si avvicinò e fece un lieve inchino.

- È arrivato, signor Masumi - lo avvisò - Ha bisogno di qualcosa? - aggiunse fissandolo da dietro le lenti.

- No, lo faccia entrare - replicò Masumi alzandosi e mettendosi la giacca. Poi ci ripensò, se la tolse e l’appoggiò alla sedia. La segretaria uscì e poco dopo entrò il suo ospite.

- Prego, signor Onodera, si accomodi - lo accolse lui cordialmente. Non era mai stato un uomo vendicativo, ma quell’idea ormai gli rimbalzava in testa da troppo tempo.

- Buongiorno, Masumi, accetti le mie condoglianze per la scomparsa prematura di suo padre -

Masumi annuì, quella mattina erano arrivati decine di telegrammi, fiori, e Mizuki si stava occupando di tutto per il funerale che si sarebbe tenuto il giorno seguente.

- La ringrazio, si sieda pure - lo invitò, indicando la poltrona davanti alla scrivania. Onodera si sedette e lui fece la stessa cosa sulla sedia dalla parte opposta.

- Come mai ha voluto incontrarmi così repentinamente? - indagò - Pensavo si sarebbe preso qualche giorno di riposo, la attenderanno delle settimane intense - gli fece notare riempiendo il fornello della pipa. Masumi si accese una sigaretta e gli porse l’accendino.

- Mi conosce, io devo lavorare - replicò semplicemente e il regista scoppiò a ridere.

- Immagino di essere qui per il fallimento della “Dea Scarlatta” - ammise freddamente, si era aspettato almeno uno scambio di persona, invece si era servito della segretaria per prendere quell’appuntamento. Ma Masumi lo stupì scuotendo la testa in segno negativo.

- Non è per la “Dea Scarlatta” - lo rassicurò - Ha fatto un ottimo lavoro, signor Onodera, la vostra rappresentazione è stata eccellente anche se io avrei sfruttato meglio la presenza di Kei Akame - sollevò lo sguardo sul regista e lo fissò. Onodera aveva un’espressione interdetta e confusa.

- In realtà, ho intenzione di modificare l’assetto della Daito Art Production - iniziò sporgendosi in avanti sulla scrivania. Il regista esultò dentro di sé, colto da un’improvvisa ondata carica d’emozione. Forse vuole promuovermi… magari mi offrirà un posto, ora che non c’è più suo padre a tarpargli le ali…

- E anche della Ondine - aggiunse soffiando fuori il fumo della sigaretta. Vide Onodera annuire accondiscendente e rimanere in silenzio.

- Sebbene questa possa sembrarle una mossa dovuta all’assenza di mio padre, la prego di non pensarlo - gli rivelò candidamente. Si alzò e raggiunse la vetrata che guardava la città in fermento. Quella mattina i quotidiani riportavano già la notizia dell’assegnazione della “Dea Scarlatta” e quelli di gossip anche la struggente storia d’amore fra la nuova Dea e il suo misterioso donatore di rose scarlatte che per anni l’aveva ricoperta di fiori e regali restando nell’anonimato.

- Il suo modo di fare, Onodera, non mi piace - gli comunicò gelido tornando a guardarlo e il regista s’irrigidì - Preferisco giocare alla pari, senza trucchi o inganni che, alla fine, non portano comunque a niente -

- Ma… - iniziò il regista senza riuscire a continuare. Masumi lo fulminò con lo sguardo, inchiodandolo alla poltrona. Rimase in piedi, le mani dietro la schiena, si voltò completamente verso di lui e fece un passo avanti.

- Lei è licenziato - gli comunicò, mentre un senso di sollievo e una punta di soddisfazione gli rinfrancarono l’anima.

Onodera digrignò i denti, quelle semplici parole avevano infranto il suo sogno. Si alzò rigidamente, si inchinò appena e uscì in silenzio.

Masumi espirò con un sorriso appagato, prese il cellulare e chiamò Hijiri.



Maya e Sakurakoji si ritrovarono in un vortice infinito di impegni, senza contare le prove di Kuronuma per la nuova “Dea Scarlatta” del 2 gennaio. L’Associazione Nazionale per lo Spettacolo aveva già pronta un’agenda di convegni, interviste, conferenze, indipendentemente da chi si fosse aggiudicato i ruoli dei due protagonisti. La prima cosa che fece la mattina seguente quella terribile notte all’ospedale, assonnata e stanca, fu di firmare il contratto con l’Associazione Nazionale, che l’avrebbe vista impegnata con loro fino alla fine di febbraio: un mese di rappresentazione e uno di seguenti interviste e campagna pubblicitaria.

La domenica seguente, Maya e tutto il nuovo staff stavano provando negli studi assegnati dall’Associazione Nazionale e in cui avrebbero trascorso i prossimi due mesi.

- Maya! Maya! - gridò una collega spalancando le porte della grande sala prove, un salto di qualità rispetto ai Kid Studio. Si bloccò imbarazzata, quando il regista Kuronuma la guardò in cagnesco brandendo il copione.

- Sc-Scusi… - balbettò avvicinandosi in silenzio a lei mentre la scena riprendeva.

Maya la seguì con sguardo interrogativo finché non si sedette accanto a lei prendendole con emozione le mani fra le sue.

- C’è il tuo ammiratore delle rose! - le sussurrò con fare complice. Maya s’illuminò, il pensiero andò immediatamente al signor Hayami, ma sapeva che avrebbe trovato il signor Hijiri. Si alzò di scatto e corse verso l’ingresso con il cuore che batteva all’impazzata. Sapeva che era assurdo illudersi, si sarebbe sposato, non era uomo adatto a lei. Anche se si erano dichiarati e avevano condiviso il loro sentimento nel modo più profondo, il suo destino era alla guida delle aziende di suo padre e un giorno avrebbe ereditato sicuramente anche il gruppo Takatsu. Lei invece sarebbe stata soltanto un’attrice. Ma nonostante tutto, le era impossibile non gioire ogni volta che ci pensava. Resta chiuso nel mio cuore, nessuno lo sa, solo io, e io posso convivere con questo sentimento…

Hijiri l’accolse con un mazzo di rose scarlatte, era di nuovo vestito di bianco e in quel frangente ebbe modo di osservarlo meglio. I capelli corti gli stavano bene, anche se lo preferiva com’era prima, ma gli occhi… quelli erano di un’inusuale tonalità di verde, praticamente inesistente nei giapponesi, forse erano delle lenti a contatto. Si stupì di quella particolare intuizione e ridacchiò fra sé.

- Buongiorno, Maya - la salutò con un sorriso, domandandosi perché stesse ridendo.

- Buongiorno - prese le rose e inspirò il loro profumo, chiudendo gli occhi.

Lui le porse il braccio e la invitò - Ti va di fare due passi con me? -

Maya annuì, infilò la mano nell’incavo del suo gomito, meravigliandosi di quanto negli atteggiamenti a volte somigliasse a Masumi. Arrossì all’improvviso e abbassò lo sguardo. Santo cielo… ho pensato al suo nome…

Le attrici che l’avevano seguita fuori dalla sala prove, li seguirono con lo sguardo, rimirando invidiose il giovane alto e distinto che si era dichiarato in modo così romantico.

Una volta fuori si addentrarono nel piccolo parco al di là della strada e quando gli sembrò naturale, Hijiri la lasciò immediatamente.

- Mi scuso, non vorrei averti… - ma Maya non lo fece terminare.

- Non devi scusarti, ho capito a cosa serve tutto questo, la sua posizione è molto delicata e io stessa non voglio essergli d’intralcio - gli confessò stringendo le rose a sé con entrambe le braccia. Karato la fissò a lungo, camminando sotto le fronde e chiedendosi come mai per la seconda volta gli stesse dicendo una cosa simile. Masumi non gli aveva raccontato niente, ma sapeva che la notte in cui l’aveva tirata fuori da quel magazzino l’aveva portata a casa sua. Possibile che non abbiano aperto il loro cuore? No… non lo credo… è più probabile che il signor Eisuke le abbia detto qualcosa il giorno dell’assegnazione… le sue parole a quanto pare hanno effetto anche dopo la sua morte…

- Avrebbe voluto incontrarti di persona ma… - Maya si girò di scatto con gli occhi sgranati e lo interruppe di nuovo, lasciandolo interdetto.

- No! - esclamò con veemenza, arrossendo lievemente - Riferiscigli che non deve venire, che si occupi della sua azienda e pensi ai suoi affari! -

Hijiri alzò un sopracciglio, se non avesse avuto un’espressione così decisa e concentrata, si sarebbe messo a ridere. Ma come parla…?

- Il suo matrimonio salderà l’unione con la famiglia Takamiya e la Daito Art Production ne godrà di riflesso negli anni futuri! E anche lui! Io sarò sempre, solo un’attrice... - aggiunse, mentre gli occhi si facevano lucidi. Karato venne attraversato da un brivido freddo, intuendo quali fossero stati i toni della conversazione che lei aveva avuto con il suo precedente capo. È questo dunque ciò che le ha chiesto… di rinunciare al figlio perché avesse un futuro assicurato e potesse concludere la fusione delle due aziende… come può averla convinta? Maya non ha capito che lui la ama e che anche in questo momento si sta adoperando perché possano stare insieme? Non ha compreso che non la lascerà mai a nessun altro?

- Non posso riportargli un messaggio del genere - le comunicò sorridendo e cercando di sdrammatizzare - Mi licenzierebbe… e non lo vuoi, vero? -

Maya sussultò prima di rendersi conto che stava scherzando. Gli somiglia anche in questo…

- Ti prego… diglielo… - lo supplicò afferrandolo per una manica della giacca, mentre con l’altra stringeva convulsamente le rose. Hijiri la fissò stupefatto, non era una richiesta campata per aria, si era convinta che non avrebbero potuto condividere la stessa vita, voleva che vivesse la sua come l’aveva preordinata suo padre.

- Va bene… - annuì lui iniziando già a pensare alla forma con cui l’avrebbe riportata al suo capo.

- Signor Hijiri! - la sentì sussurrare in apprensione - C’è un giornalista! - aggiunse avvicinandosi - La mano! -

- Eh? - Karato abbassò il volto per guardarla, poi sentì le sue piccole dita insinuarsi nella sua mano. Serrò i denti frenando l’emozione intensa che lo investì. La strinse un po’ e si girò per tornare indietro.

- Inizia a fare freddo, meglio rientrare - le disse simulando un’accortezza che non avrebbe fatto fatica a mostrarle davvero.

La riaccompagnò passeggiando lentamente, senza alcuna fretta, parlando dello spettacolo e lasciando che il giornalista scattasse le agognate fotografie. Quando rientrò, venne circondata immediatamente dalle colleghe, con estremo disappunto di Kuronuma, che cinguettarono mettendola in imbarazzo e ricoprendola di domande e commenti. Lei balbettò qualche risposta e il regista, avendo compreso perfettamente chi fosse l’uomo vestito di bianco che aveva fatto quell’entrata spettacolare al gala, venne in suo aiuto, disperdendo la piccola folla e riprendendo le prove.

Il giorno seguente, Masumi Hayami rispose al messaggio di Maya, inviatogli tramite Hijiri, con un breve comunicato stampa. [nda: perché fare le cose semplici, mai… mandarle un bigliettino… incontrarla… una telefonata...]

Maya era a casa, insieme a Rei, stavano parlando delle reazioni al suo spettacolo “Cime tempestose”, interpretato da sole attrici, e che aveva suscitato grande clamore nell’ambiente. Il suo Heathcliff era stato strepitoso e negli ultimi due giorni, gli studi dove provavano erano stati presi d’assalto da un’orda di ragazze, attratte dal fascinoso e oscuro straniero inventato da Emily Brontë e interpretato da Rei.

Mentre chiacchieravano e consumavano la tradizionale colazione giapponese, Rei cambiava canale alla piccola televisione, saltando da un programma all’altro, senza particolare interesse, finché l’immagine della bellissima Shiori Takamiya la costrinse a bloccarsi. La speaker stava leggendo un foglio, appoggiato alla scrivania, e ogni tanto alzava lo sguardo e sorrideva al pubblico.

- ...che questa mattina ha dato uno scossone ai mercati azionari, è stata causata da un breve e conciso comunicato stampa rilasciato dal Presidente, e ora unico proprietario, della Daito Art Production. Ve lo riportiamo esattamente com’è stato battuto dalle agenzie di stampa - riabbassò lo sguardo e cambiò foglio - “A seguito di un messaggio ricevuto da un collaboratore, è necessario chiarire una spiacevole situazione. Questo comunicato stampa sarà seguito da un altro, similare ed ufficiale, emesso dal Gruppo Takatsu. I sereni e duraturi rapporti commerciali fra la Daito Art Production e il Gruppo Takatsu proseguiranno senza necessità di stipulare nuovi contratti” - concluse la giornalista abbassando il foglio e passando alla notizia successiva.

Rei spalancò la bocca e il telecomando le cadde di mano, ruzzolando sul pavimento. Maya fissava lo schermo con la bocca semi aperta piena di riso bianco.

- Maya… - sussurrò l’amica voltandosi lentamente e cercando a tentoni il telecomando. Lei la guardò interrogativa.

- Cosa significa quello che ha detto? - chiese con un filo di voce, la mente azzerata.

- Significa che non si sposerà più… - spiegò Rei scandendo ogni parola - Ha ricevuto un messaggio da un collaboratore... Ma che vuol dire? - soppesò tamburellando con le dita sul tavolo. Maya avvampò talmente all’improvviso cambiando colore che Rei sgranò gli occhi per la sorpresa.

- Maya… non mi dire che…? - deglutì vistosamente e non ebbe il coraggio di proseguire. Che avrà combinato?

- No! - replicò Maya negando qualsiasi idea potesse aver avuto l’amica - Io… io ho lasciato un messaggio al signor Hijiri che ieri è venuto a portarmi le rose… - mormorò spostando lo sguardo sul vaso a destra dove le rose si aprivano rivelando tutta la loro bellezza.

- Maya! Ma fai ancora queste cose? - Rei s’inarcò sul tavolo sporgendosi verso di lei - Masumi Hayami non è un ragazzino qualsiasi! Possibile che tu non l’abbia ancora capito? - la redarguì aspramente mostrando i denti in un ringhio indignato.

Maya sollevò lo sguardo senza riuscire a controllare il suo imbarazzo.

- Rei… Io so benissimo chi sia… - sussurrò con voce spenta - Ed è proprio per questo motivo che non voglio essere la causa della rovina della sua vita - iniziò titubante - Io sarò sempre un’attrice, Rei, la mia famiglia è sempre stata povera, i nostri stati sociali completamente diversi. Lui ha la Daito Art Production, il suo lavoro, la sua vita, l’eredità di suo padre... - abbassò la testa e il tono della voce andò via via scemando quando quelle semplici parole segnarono il reale divario che li separava.

- Ma che dici? Sono certa che a lui non interessi niente di queste cose! - ribadì con veemenza scuotendo la testa - Ti ama! Sarebbe disposto a lasciare tutto, ne sono convinta! - aggiunse battendo un pugno sul tavolo.

- No! - gridò lei con le lacrime che si affacciavano agli angoli degli occhi - È proprio questo che non voglio, non capisci? - spiegò con voce incrinata - Sarebbe un errore, si pentirebbe ogni attimo di aver lasciato, se dovesse farlo! E pensa... - proseguì alzandosi - Lui è Masumi Hayami, io non sono nessuno! - e scappò in camera piangendo.

Rei la seguì allibita con lo sguardo. Aveva creduto che in realtà le cose fra loro si fossero assestate, che queste idee pazzesche l’avessero abbandonata. Ha fatto un comunicato stampa solo per lei… a seguito di ciò che deve aver detto al signor Hijiri…

Prese il cellulare e scrisse un’email alla signorina Mizuki.



Appena la signora Tsukikage riuscì a ristabilirsi quel tanto che bastava, volle lasciare l’ospedale nonostante il parere contrario dei medici. Lei non aveva ascoltato nessuno e fatto di testa sua, come sempre, ma la sera prima di uscire, ricevette una visita inaspettata, quando Masumi Hayami entrò nella sua stanza.

- Ha deciso di non ascoltare il medico - le disse dopo i saluti di rito. La signora Tsukikage sorrise appena sistemandosi la coperta che le proteggeva le gambe, seduta sulla sedia a rotelle.

- Mi controlla ancora, signor Masumi? - lo interrogò lei senza la consueta asprezza nella voce.

- Certamente - rispose lui candidamente con un sorriso malizioso.

- Non la smetterà mai? - replicò la donna alzando un sopracciglio.

- E perché dovrei? Lei mi sta a cuore e deve ancora mettere in scena la “Dea Scarlatta” - le fece notare Masumi sedendosi.

- La “Dea Scarlatta”… - Chigusa girò la sedia verso la grande finestra. Oltre si vedeva il giardino interno dell’ospedale, gli aceri erano rossi per l’autunno inoltrato e molte foglie erano già cadute a terra.

- Una volta mi ha chiesto delle anime gemelle - sussurrò fissando fuori e Masumi annuì senza sapere se l’avrebbe visto - Ci crede? -

- Sì - rispose con sincerità - E lei? -

Chigusa si voltò, osservando la sua espressione, i suoi occhi azzurri, un tempo così freddi, ora ardevano di una nuova luce. Rimase in silenzio a lungo, continuando quello scambio silenzioso.

- Non ha importanza cosa io creda o meno - replicò - Ma le dico che per tutta la vita Ichiren è stato al mio fianco - spiegò con uno sguardo dolce - Se non ci fosse stato lui, non ce l’avrei mai fatta, neanche a tenere testa a lei e a suo padre - aggiunse con un sorriso malinconico.

Masumi si alzò, a disagio, sentendo la responsabilità del peso delle proprie azioni. Ciò che avevano fatto a quella donna era stato davvero ignobile.

- Adesso non ha più niente da temere - la rassicurò sistemandosi la giacca e avvicinandosi alla porta - Arrivederci, signora Tsukikage -

Lei lo guardò seria e sollevò una mano in segno di saluto, stupendolo.

- Abbia cura della mia Dea Scarlatta - gli disse con un sorriso misterioso.

Masumi annuì, indeciso se si riferisse all’opera, a Maya, o ad entrambe. Si trattenne ancora un secondo e poi uscì sentendosi stranamente sollevato. Mi ha perdonato?



Una settimana dopo, Maya Kitajima firmò un contratto che avrebbe cambiato completamente la sua vita anche se lei allora non poteva averne alcun sentore. Quando si presentò nell’austero ufficio di avvocati nel centro di Tokyo, raggiunse immediatamente la signora Tsukikage e Genzo, intimorita e agitata.

L’aria che si respirava era solenne, perfino la signora appariva rosea in volto e il suo sorriso la illuminava. Genzo si trovava alle sue spalle, le mani gentilmente appoggiate sulle manopole della sedia a rotelle. Ormai la signora non riusciva più a stare in piedi, soffriva per quella costrizione, ma era decisa a recarsi quanto prima agli studi dove il regista Kuronuma stava dirigendo gli attori avvalendosi anche di sue esplicite direttive.

Due uomini compunti e severi li fecero entrare nella grande stanza, arredata in modo classico e ricercato, tipico di quell’ambiente. Maya si accostò a Genzo e quando tutti si furono seduti, l’avvocato dai capelli bianchi dalla parte opposta del tavolo iniziò a parlare. Lei capì forse la metà di quello che disse e li fissava con occhi stralunati, come se appartenessero ad un altro mondo. Uno sguardo della signora, però, bastò a rassicurarla.

Le misero davanti i documenti e lei appose la firma accanto a quella della signora Tsukikage dove le venne richiesto. Si sentiva strana, in realtà la parola giusta sarebbe stata “estranea”. Quel mondo non le apparteneva: leggi, avvocati, diritti, niente di tutto quello le interessava, ma si rese conto di quanto fosse importante per la signora Tsukikage e che con quelle carte avrebbe messo al sicuro l’opera dell’uomo che aveva amato con tutta se stessa.

Quando firmò l’ultima pagina, sospirò sollevata e i presenti sorrisero.

- Bene, Maya, come ha spiegato l’avvocato, con questo contratto, alla mia dipartita da questo mondo... - iniziò - ...e non credo dovrai attendere molto, diventerai unica proprietaria dei diritti dell’opera -

Maya sentì le lacrime salirle agli occhi, non le interessavano i soldi, avrebbe preferito che la signora vivesse molto a lungo.

- Questo significa che ogni rappresentazione, ogni attore, ogni sceneggiatura, ogni teatro, tutto dovrà passare per la tua approvazione e sarai sempre tu a decidere chi potrà metterla in scena - spiegò lentamente e con voce dolce. Allungò una mano e le sfiorò una guancia. La giovane attrice tremò, l’abbracciò di slancio e scoppiò a piangere.

- Oh, suvvia, dovresti festeggiare! - ironizzò la signora battendole gentilmente le mani sulla schiena e Maya la guardò con il broncio, mentre si asciugava le lacrime.

- Come può dire una cosa del genere…? - singhiozzò addolorata - Lei sa che a me interessa solo il teatro… - sussurrò affranta. La signora la fissò intensamente, poi prese in mano il contratto appena firmato.

- È il motivo per cui ti ho ceduto quei diritti, Maya - le rivelò candidamente, stupendola - Solo una persona che ama il teatro a tal punto può davvero custodire e rappresentare quest’opera. Fra qualche anno, sarai in grado di formare un’altra attrice, proprio come ho fatto io con te e Ayumi - proseguì gioendo dello sguardo genuino e rapito di quella ragazza così sensibile.

- Ma… signora, io… - balbettò insicura e Chigusa le prese una mano.

- Non pensare a questo adesso, ora devi concentrarti sulla recitazione e prepararti per la rappresentazione ufficiale - le suggerì vedendo il panico affiorare nel suo sguardo trasparente.

Maya annuì ricacciando indietro le lacrime che volevano uscire di nuovo. L’avvocato le consegnò una copia del contratto e quella originale sarebbe stata conservata agli atti in quello studio fino al momento in cui sarebbe venuta a ritirarla.

Ci furono i saluti di rito e ripresero l’ascensore tutti e tre insieme. Maya teneva il contratto fra le mani, fissando il suo nome che figurava accanto a quello della signora Tsukikage.

- Sai chi ha redatto quel contratto? - la voce della signora la riscosse dai suoi pensieri facendola sobbalzare. Maya scosse la testa domandandosi perché dovesse avere importanza.

- Masumi Hayami - le rivelò lentamente godendosi la sua reazione spontanea. Maya arrossì all’istante e rimase in silenzio, così Chigusa proseguì, con un sorriso enigmatico stampato in volto.

- È venuto a portarmelo il giorno dopo la rappresentazione dimostrativa - spiegò corrugando leggermente la fronte - È un contratto esclusivo, chiude le porte a qualsiasi casa produttrice - aggiunse fissandola intensamente - Anche alla Daito Art Production - concluse cercando di mantenere un’espressione seria. Maya non era stupita, come si sarebbe aspettata, ma imbarazzata e addolorata. Qualcosa doveva consumarla dentro, serrava le dita intorno al povero contratto e le tremava il labbro inferiore come se stesse trattenendo una grande tensione.

- Il signor Hayami? - sussurrò come un automa.

- Sì - annuì Chigusa - Mi disse che avrei dovuto darlo alla candidata che avessi scelto, in modo da proteggere i diritti della “Dea Scarlatta” - raccontò ancora, mentre l’ascensore si apriva a piano terra.

Uscirono nella fredda aria di Tokyo, novembre si avvicinava e il clima stava cambiando. Maya non riusciva a frenare i battiti del suo cuore, il solo sentirlo nominare l’aveva fatta trasalire e quando aveva saputo cosa aveva fatto si era sentita ancora più triste e, nel contempo, riconoscente.

- Maya - la chiamò la signora con estrema dolcezza.

- Sì? - rispose riscuotendosi dai suoi pensieri.

- Abbi cura della mia “Dea Scarlatta” - si raccomandò consegnandole quell’ultimo lascito verbale. Maya annuì con vigore, incapace di frenare le lacrime, che scesero generose.



Nei due mesi che seguirono quell’importante firma, Maya quasi dimenticò quel pomeriggio nello studio di avvocati. Kuronuma e la signora Tsukikage li fecero provare senza sosta, Maya fu costretta ad affrontare dure sessioni di danza classica e moderna per dare maggiore fluidità al suo corpo senza contare il corso di dizione, quello di trucco, portamento e musica. Si domandò arrabbiata a cosa le servisse imparare a suonare il flauto e quando la signora la redarguì aspramente dicendole che non aveva niente di femminile, si decise ad affrontarlo seriamente. La sera, quando tornava a casa, le dolevano tutti i muscoli e spesso non riusciva neanche a mangiare, crollando addormentata con la testa appoggiata sul tavolo.

Rei continuò a tenersi in contatto con la signorina Mizuki, l’ammiratore non le aveva più fatto avere delle rose, sebbene il signor Hijiri avesse incontrato Maya ancora, diradando sempre più le visite. Si convinse che anche quell’uomo sconosciuto e silenzioso in qualche modo si fosse innamorato di lei. Se ne accorse un pomeriggio, quando venne a prenderla a casa e il suo sguardo smeraldino non riuscì a nascondere i suoi sentimenti.

Si avvicinava inesorabilmente Natale e con esso la prima della “Dea Scarlatta”. Maya era nervosa, suscettibile, intrattabile, così Rei e Mizuki escogitarono un piccolo piano.

La mattina del 23 dicembre Maya entrò sbadigliando in cucina e, come ogni mattina da qualche settimana, trovò buste e pacchetti impilati ordinatamente sul tavolo.

- Dovrai cambiare casa, questa non si addice più a una stella - ridacchiò Rei versandole il tè. Maya scorse senza troppa voglia le varie buste finché una completamente bianca ed elegante attirò la sua attenzione. L’aprì e rimase sconvolta, tanto che Rei alzò lo sguardo incuriosita.

- Qualche fan? - le domandò cercando di mantenere il controllo delle sue azioni.

- No… - sussurrò, sentendosi investire immediatamente da un’onda di calore. Rei allungò il collo e, con soddisfazione e un sorriso complice, lesse le poche righe: “È molto tempo che non ci vediamo, ho ristrutturato l’ultimo piano della Daito Art Production e vorrei farglielo vedere, sono convinto che le piacerà. L’aspetto questo pomeriggio alle sedici.”.

Maya si rese conto di quanto le fosse mancato nell’istante in cui il suo volto si delineò davanti a lei. In quei due mesi si era concentrata sulla “Dea Scarlatta”, ricacciando il suo ricordo in fondo all’anima. Aveva cercato di non pensarci, tenendo sempre a mente le parole del padre che l’avevano messa in guardia su quanto lui avrebbe veramente perso se avessero continuato a frequentarsi, ma ogni suo sforzo era stato vano. Non avrebbe mai potuto cancellare quella notte che avevano trascorso insieme proprio prima dello spettacolo dimostrativo, né il dolore che provava all’idea di non poterlo più rivedere.

- Hai intenzione di andarci? - la interrogò Rei tenendole lo sguardo addosso. Non se ne era resa conto, ma erano più di cinque minuti che fissava il vuoto davanti a sé. Avremmo dovuto farlo prima… le manca e si vede… lui è l’unico che può tranquillizzarla… la signorina Mizuki non sa perché si sia allontanato da lei… però mi ha detto che soffre alla stessa maniera anche se non vuole ammetterlo… si è buttato anima e corpo nel sistemare le società del padre dopo la sua morte… Maya era impegnata con la Dea Scarlatta… forse sono solo gli impegni che li hanno tenuti lontani…

- Sì… - mormorò Maya tornando a vedere con gli occhi e uscendo dal suo sogno. Arrossì lievemente e appoggiò l’invito.

- Vedo che continua a tenerti d’occhio - le fece notare Rei - Sa che oggi pomeriggio non hai impegni - e le strizzò un occhio facendola arrossire ancora di più. Che tenera… è trasparente come un vetro…



Maya si recò all’appuntamento con il cuore che le ballava in petto, sussultando ogni volta che le sembrava di udire la sua voce. Davanti all’entrata della Daito, ricordò la prima volta che vi si recò, le gambe presero a tremarle incontrollabilmente e fu tentata di tornare indietro, ma il desiderio di poterlo rivedere anche solo per un breve attimo la spinse a salire le scale, abbandonando ogni timore.

Quando le porte dell’ascensore si aprirono, vide immediatamente la scrivania della signorina Mizuki e, vedendola seduta, tirò un sospiro di sollievo. Era molto affezionata a quella donna sincera e diretta, e si rammaricava per come l’aveva trattata quando era stata la sua manager.

Appena fu davanti a lei, la segretaria alzò la testa e le regalò un bellissimo sorriso.

- Maya! - la salutò alzandosi e andandole incontro. Si salutarono e la giovane attrice riuscì a smaltire un po’ di tensione grazie alle parole gentili e interessate della signorina Mizuki che le chiese della signora Tsukikage, della sua salute e delle prove.

La porta dell’ufficio si aprì all’improvviso e Maya quasi svenne dall’emozione. Sentì il sangue defluire dal viso come se si stesse svuotando, non avvertiva più i piedi, la gola era secca. Saeko la fissò divertita, aspettando la sua reazione.

- Che succede qui? - la voce dell’uomo che uscì dall’ufficio la lasciò basita.

- C’è Maya Kitajima, signor Presidente - lo informò Mizuki facendo un lieve inchino.

- Pre-Presidente? - balbettò Maya fissando il signor Hijiri con occhi spalancati. Indossava un abito scuro da ufficio, camicia azzurra e cravatta blu, i suoi capelli erano neri come l’ala di un corvo e i suoi occhi di un inquietante grigio cenere, freddi e distaccati.

- Sì, Maya, ti presento il signor Hijiri Karato, il nuovo Presidente della Daito Art Production - le rivelò godendosi il momento.

Lo sguardo di Hijiri cambiò all’istante, quando la raggiunse per salutarla.

- Benvenuta, signorina Kitajima - fece un lieve inchino e le sorrise arrossendo lievemente. Saeko li guardò entrambi cercando di mantenere un contegno professionale. Povera Maya… si vede chiaro e tondo che si aspettava di incontrare il signor Masumi!

- Si-Signor Hijiri… - balbettò - Co-Complimenti - riuscì a dirgli continuando a tenere gli occhi spalancati fissi su di lui. Il signor Hayami non è qui… perché ha lasciato la Daito a lui…? Perché mi ha mandato quell’invito? Cosa succede?

Karato scoppiò a ridere e si portò una mano fra i capelli, imbarazzato.

- Se era venuta per il signor Hayami, mi dispiace ma non lo troverà qui - la informò, dispiaciuto. Maya scosse vigorosamente, negando chiaramente l’evidenza. Mizuki cercò di restare seria e le mise un braccio intorno alle spalle.

- Suvvia, signor Hijiri, non metta in imbarazzo la nostra piccola stella - suggerì pacatamente mostrando una spiccata confidenza con il nuovo Presidente. Maya passò lo sguardo da uno all’altra, domandandosi se stessero complottando contro di lei.

- Vieni, Maya, ti riporto a casa - le mormorò con voce sicura.

- Vi chiamo una macchina - disse serio Hijiri avvicinandosi alla scrivania della segretaria e chiamando il garage del piano interrato. Maya lo fissò stranita, aveva un atteggiamento completamente diverso dal signor Hayami, però, quando era uscito dall’ufficio, il suo sguardo era concentrato e gelido.

Dopo pochi minuti erano per strada e tutto procedeva perfettamente. Mizuki osservò il profilo deluso della ragazza seduta accanto a lei e sorrise lievemente.

- Eri venuta per lui? - la interrogò con dolcezza.

Maya chiuse gli occhi e annuì, mentire alla signorina Mizuki era impensabile, avrebbe capito comunque.

- Ti manca? - chiese ancora, impietosa.

- Sì - sussurrò appena Maya, imbarazzata.

- Dopo la morte di suo padre, ci sono stati dei problemi con il Consiglio di Amministrazione della Daito Art e ha dovuto lottare per sistemare le cose. Gli è occorso un mese per mettere tutti d’accordo, ma alla fine ce l’ha fatta - raccontò mentre Maya si girava a guardarla, improvvisamente incuriosita.

- Perché il signor Hijiri è…? - le sembrava così strano che fosse al suo posto, per lei il signor Hayami, fin da quando aveva solo 13 anni, era il Presidente della Daito Art Production, il cinico uomo d’affari che voleva strappare i diritti alla signora Tsukikage e che usava qualsiasi scorrettezza pur di ottenere ciò che voleva.

- Ho pensato anche io, molto, alla stessa domanda che ti stai ponendo e sinceramente non lo so - le rispose candidamente - Forse perché è un suo amico d’infanzia, mi sembra. L’unica cosa di cui sono certa è che quell’uomo dagli occhi grigi non esisteva, il suo stato sociale era stato annullato per qualche motivo, ma il signor Masumi ha fatto di tutto per poterlo riabilitare e, quando gli ha proposto la Presidenza della Daito, si è scatenato un altro inferno -

Maya la fissò stupita, era colpita da ciò che aveva fatto per il signor Hijiri e le venne spontaneo pensare al contratto che aveva firmato con la signora e che lui aveva fatto redigere. Sembrano non interessargli più i diritti… ha lasciato anche la presidenza della sua azienda…

- Anche tu sei stata molto occupata - le fece notare riscuotendola dalle sue riflessioni. Maya annuì e tornò a tormentarsi le mani.

- Sono così tesa… sono stanca, le prove sembrano non finire mai… - si lamentò sommessamente, vergognandosi per quel suo atteggiamento poco professionale.

La macchina si fermò e Mizuki scese, facendole cenno di seguirla. Lo fece passivamente, senza rendersi conto di dove fosse.

- Vieni, facciamo due passi - le propose la segretaria, percorrendo un marciapiede e svoltando in una via minore. Maya la seguì in silenzio, era sicura di essere nei pressi del parco Asahi, ma non era certa, non conosceva bene quella parte della città.

- Sai, Maya? - riprese Mizuki dopo una pausa - Ci sono dei momenti, nella vita, in cui si deve tirare un bel sospiro e smettere di pensare a tutto -

- Cosa significa? - le domandò, seguendola verso un edificio bianco.

- Lo ami? - chiese all’improvviso fermandosi davanti ad una delle finestre e Maya la fissò meravigliata.

- Sì - annuì arrossendo.

- Anche lui ti ama, profondamente - le disse indicando la finestra e facendola fremere d’emozione.

Maya guardò attraverso e rimase scioccata.

Il signor Hayami stava suonando il pianoforte, l’espressione concentrata e rapita.

- Ora sta a te, Maya, scegliere cosa fare - le dette un bacio lieve sulla guancia e la lasciò. Quando, mesi prima, aveva scoperto cosa facesse in quelle ore che aveva occupato durante la giornata, era sicura che quell’informazione le sarebbe tornata utile. Sorrise e scoccò un’ultima occhiata a quella ragazzina, che ormai ragazzina non era più, salire le scale dell’edificio.

Ha deciso.



Maya si tolse il cappotto e se lo mise al braccio insieme alla borsa. Entrò e percorse il corridoio finché non le giunse all’orecchio una melodia che ricordava perfettamente: gliel’aveva sentita suonare una volta quando era andato a trovarla alla villa di Ayumi durante Le due regine. È la Träumerei di Schumann!

Si fermò in mezzo al corridoio, ricordò una cena in un fast food e ciò che gli disse quella sera tornò prepotente a galla: “dovrebbe riprendere a suonare il pianoforte. Le sue mani sono perfette per quello strumento.”

Ha ripreso davvero a suonare il pianoforte…!

Raggiunse la porta e la scostò piano, per non disturbarlo. La musica lieve permeava l’aria e le sue dita danzavano sui tasti come ballerine. Il suo cuore sembrava battere all’unisono con il tempo di quella melodia, quel sentimento che aveva tenuto dentro in quei due mesi scaturì tutto insieme, facendole uscire un singhiozzo strozzato proprio sull’ultima nota.

Masumi si voltò di scatto, incontrando i suoi occhi lucidi e sorpresi.

- Maya… - sussurrò, forse più meravigliato di lei, l’emozione che saliva alle stelle. Era così tanto che non la vedeva, era stato sommerso dal lavoro e non aveva avuto, o forse voluto, tempo per incontrarla.

Lei cancellò ogni suo pensiero appena incrociò i suoi occhi azzurri. Gli corse incontro, lasciando cadere il cappotto e la borsa, con in mente solo lui e il sentimento che le stava strappando il cuore. Masumi rimase seduto sul panchetto, non ebbe il tempo neanche di alzarsi, allargò le braccia e l’accolse stringendola forte a sé.

Entrambi restarono in silenzio, stretti l’uno all’altra, il respiro trattenuto, gli occhi chiusi, il volto affondato nel collo dell’altro.

- Mi sei mancato tanto - sussurrò tutto d’un fiato e lasciando che il cuore volasse alto, dimenticando del tutto, per la prima volta, la forma di rispetto che gli aveva sempre riconosciuto.

- Anche tu, Maya, anche tu - rispose Masumi con lo stesso ardore, affondando il viso nei suoi capelli sottili come seta. Quando la udì rivolgergli quelle parole così sentite e finalmente prive di distacco, gioì immensamente, stringendola ancor più a sé.

- Scusa… io… - balbettò imbarazzata continuando a tenergli le braccia intorno al collo - Io… -

Masumi non la lasciò finire, le prese il volto fra le mani e la baciò con un’urgenza che riscontrò anche in lei, nelle sue mani che gli afferrarono la camicia, nelle labbra dolci che l’accolsero immediatamente. Maya… Maya…

Si abbandonarono a quell’unione fremente, scordando il mondo intorno a loro, persi in quell’amore infinito che li legava, malgrado età, aspetto, rango. Restarono abbracciati a lungo, nel silenzio della scuola di musica, finché Maya sentì la sua voce, un sussurro lieve vicino all’orecchio.

- Guarda, Maya, nevica - lei si voltò, restandogli accanto, e spalancò gli occhi per la meraviglia.

- Ti va di fare due passi? - le chiese dolcemente. Maya annuì sorridendo, colma di una felicità che non credeva fosse raggiungibile.

Raccolse le sue cose, si infilarono i cappotti e uscirono in quella fredda notte, uno accanto all’altra. Sollevarono entrambi il volto al cielo facendosi colpire dai leggeri fiocchi di neve. All’improvviso lei si fermò e Masumi si girò a guardarla. Frugava nella borsa e ne tirò fuori un ombrello, arrossendo lievemente. Lo aprì e arrossì ancora di più.

Masumi alzò un sopracciglio e prese il manico coprendo entrambi.

- L’ombrello con le fragole… - sussurrò ricordando un’altra passeggiata sotto la neve di molto tempo prima.

- Ti ricordi… - mormorò Maya sollevando lo sguardo.

- Sì, mi ricordo - annuì lui imboccando la strada principale il cui ampio marciapiede era affollato di gente che scappava verso casa.

Nonostante il traffico e la confusione, camminavano fianco a fianco, in silenzio, gioendo per quel momento di condivisione insieme. Masumi sentì la piccola mano insinuarsi nella sua e intrecciare le dita. La guardò stupito, era imbarazzata e guardava in basso. Lui gliela strinse sorridendo e continuò a camminare.

- Guarda! - esclamò Maya all’improvviso indicando dall’altra parte della strada - Una pasticceria! - iniziò a correre, tenendolo per mano, verso il passaggio pedonale. Maya si lanciò proprio quando il semaforo dell’attraversamento divenne verde. In un attimo erano dall’altra parte e Masumi si fermò trattenendola a sé.

Osservò le strisce bianche e l’omino che brillava di verde, con un’emozione incredibile che gli riempiva il cuore.

- Che succede? - chiese lei in apprensione. Lui si voltò a guardarla sorridendole e ricordando l’esito completamente diverso che aveva avuto la precedente passeggiata.

- Niente, Maya, andiamo - la rassicurò stringendole la mano.

Signorina Mizuki… aveva ragione anche questa volta… il semaforo non sarebbe rimasto rosso per sempre...



La Dea Scarlatta del 2 gennaio fu un successo immenso, che gratificò regista e attori, e fece guadagnare molti soldi all’Associazione Nazionale. Il Presidente Yamagishi espresse tutta la sua gratitudine allo staff e alla signora Tsukikage che avevano profuso i loro sforzi perché lo spettacolo fosse indimenticabile.

Come aveva immaginato Eisuke Hayami, Maya, sotto la guida della signora, esplose in tutta la sua bravura, diventando un’Akoya splendida e una Dea Scarlatta ultraterrena, costringendo l’organizzazione a prolungare la messa in scena di un ulteriore mese, fino alla fine di febbraio.

Durante il mese dell’hanami, Maya e Sakurakoji furono impegnati nelle interviste e nella partecipazione a programmi televisivi e radiofonici, senza avere un momento libero.

Un pomeriggio della fine di marzo, Maya aspettava Rei presso una caffetteria con l’intento di trascorrere un po’ di tempo insieme. L’amica era già impegnata in un nuovo progetto ed era molto occupata.

Appena la commessa la fece sedere ed ebbe ordinato un tè in attesa di Rei, venne avvicinata da una coppia di signori che le sembrava di conoscere.

- Buonasera, signorina Kitajima - esordì quello più attempato, con un tono mellifluo. Lei sbatté gli occhi più volte cercando di ricordare chi fossero, senza però riuscirci.

- Buonasera - ricambiò cordiale e i due si sedettero senza neanche chiedere.

- Volevamo farle i nostri più sentiti complimenti per la sua stupefacente interpretazione della Dea Scarlatta - sorrise quello più giovane.

- Grazie, siete gentili - ringraziò lei, con un lieve cenno del capo.

- Ecco, ci domandavano se per caso le interessasse, ora che ha terminato questo immane impegno, una partecipazione, con ruolo da protagonista, si intende, per uno spettacolo delle Produzioni Tanaka... -

Maya li fissò sbalordita, ma non ebbe neppure il tempo di ribattere, che una profonda voce si intromise.

- No -

Tutti e tre si voltarono e i due uomini sbiancarono visibilmente. Maya rimase a bocca aperta. Masumi si ergeva a fianco del tavolino, imponendo la sua presenza, l’usuale impermeabile che amava tanto copriva un perfetto completo blu, camicia bianca e cravatta azzurra. Come i suoi occhi…

- Signor Hayami - lo salutò ossequiosamente quello giovane, seguito dall’altro - Con tutto il rispetto, non credo che possa rispondere per la signorina… - ma l’occhiata gelida che Masumi  gli rifilò lo fece zittire all’istante.

- Essendo il suo manager, ho più che diritto - si sporse minacciosamente in avanti - Ho il dovere di proteggerla da gente come voi - sibilò con occhi infuocati. I due si scusarono malamente e se la dettero a gambe levate.

Maya li guardò sconsolata e Masumi si sedette davanti a lei.

- Dovresti fare un comunicato stampa e dire a tutti la verità - gli fece notare lui, ma lei si voltò sorridendogli e facendolo struggere d’amore.

- Mi diverto di più a vedere l’effetto che fai sulla gente - ammise lei tirando fuori la lingua - Non ha prezzo! -

- Ti diverti alle mie spalle, ragazzina? - la interrogò corrugando la fronte: stare troppo a contatto con Kuronuma l’aveva resa una selvaggia, più di quanto non fosse già in precedenza.

- No, non mi permetterei mai - ammise lei schietta - In fondo sei il manager più temuto dell’intero Giappone e io sono solo l’ultima delle attrici che hai preso sotto la tua ala - sospirò, fintamente delusa.

- Sei stata la prima - borbottò Masumi fissandola interdetto.

Rei entrò e li vide battibeccare come al solito. Sorrise e si avvicinò, salutandoli con calore e unendosi a loro per quel tè pomeridiano.



Mizuki osservò l’agenda di quella giornata e constatò con un sospiro che era il 10 maggio. A breve sarebbe cominciata la stagione delle piogge accompagnata da un’umidità pazzesca. Se inizialmente aveva pensato che il suo lavoro sarebbe stato più semplice con l’arrivo del signor Hijiri, aveva fatto i conti nel modo sbagliato. Se prima era costretta a tenere l’agenda del Presidente della Daito Art Production, ora era costretta a tenerne due. Perché il signor Hayami aveva lasciato la Presidenza all’amico, ma parte della società era ancora sua e inoltre, essendo il manager di Maya Kitajima, aveva chiesto il suo supporto come segretaria. L’unica nota positiva era l’appropriata retribuzione che era riuscita a ottenere.

Sospirò e rispose all’interfono, dove il signor Hijiri le chiedeva gentilmente un caffè. Si alzò, lo preparò nella stanza accanto ed entrò nell’ufficio dopo aver bussato discretamente.

- Grazie, Mizuki, lo metta sulla scrivania - disse Hijiri senza alzare lo sguardo dal documento che stava leggendo. Dopo le prime settimane di confronto si era subito resa conto che quell’uomo era preparato quanto il signor Hayami, in fondo avevano fatto la stessa università ed erano cresciuti insieme. In breve la Daito aveva ripreso i suoi ritmi frenetici, esattamente come quando alla guida c’era Masumi Hayami.

Appoggiò il caffè, fece un lieve inchino e tornò verso la porta.

- Ah, Mizuki? - la fermò lui sempre scorrendo il documento - Questa sera manderò un’auto a prenderla, si vesta elegante, non è un incontro di lavoro - le comunicò con apparente freddezza.

Saeko lo fissò qualche istante, sorrise in modo misterioso e si inchinò di nuovo.

- Sì, signore - uscì e chiuse la porta.

Karato espirò e si appoggiò allo schienale della poltrona, le guance lievemente arrossate e il cuore che batteva a mille.

Il cellulare vibrò e lui controllò immediatamente l’email.

“Ha funzionato?”

Sorrise fra sé e digitò la risposta per Masumi.

“Sì, ha funzionato.”



*** *** ***


Il vento spirava lieve, muovendo dolcemente le tende bianche. Il silenzio imperava intorno a lei, non c’erano auto, né pubblicità fastidiose che gridavano i loro prodotti. Non c’era odore di smog, né quell’aria stagnante tipica delle grandi città. Si affacciò alla finestra e inspirò la brezza marina. Le onde si infrangevano sulla costa frastagliata della penisola di Izu, provenendo da chissà dove nel Pacifico.

Chissà quale forza le spinge fin qui? Forse Ryujin?

Sorrise del suo pensiero e incrociò le braccia sul davanzale della finestra appoggiandoci il mento. Un gruppo di gabbiani garriva intorno ad un peschereccio che si allontanava nel mare blu e il sole splendeva alto nel cielo in quel caldo marzo.

Rei si trovava ad Hokkaido, la Ondine l’aveva assunta quasi un anno dopo il suo successo con “Cime Tempestose”, dove aveva interpretato un meraviglioso Heathcliff. In breve era passata alla regia, scoprendosi capace e geniale, quasi quanto Kuronuma.

Il regista, aveva accettato davvero la proposta di Masumi di creare un’agenzia indipendente dai grandi giri dello spettacolo ed ora la gestiva col consueto pugno fermo, aiutato dall’intuito del suo Presidente. Continuava anche a fare il regista, scegliendo sempre spettacoli difficili e adattandoli come solo lui sapeva fare. Selezionava i suoi attori, i fornitori con cui realizzare musica e scenografie, i teatri in cui andare in scena. All’inizio la casta dello spettacolo aveva chiuso loro le porte, ma col tempo, il genio di Kuronuma aveva costretto tutti alla resa e ora i teatri e le grandi compagnie facevano a gara per averlo in cartellone. Chiaramente il regista non si era mai piegato ai rifiuti, optando anche per i palchi delle scuole, per i vecchi cinema, ben felici di affittare i loro spazi, arrivando addirittura a mettere in scena un suo adattamento della favola italiana “Pinocchio” in un minuscolo villaggio vicino Takayama dove gli spettatori si muovevano seguendo gli attori nelle varie “scene” invece di restarsene fermi sulle poltrone.

Dando corda al suo intuito, aveva scelto un giovane attore per interpretare il famoso burattino, scovato in una scuola di periferia durante le sue ricerche incessanti di un palcoscenico da usare.

- Kitajima, è proprio come te! - aveva urlato col suo vocione mettendola in imbarazzo davanti a tutti il giorno della prima. Anche l’attore dodicenne era arrossito fino alla radice dei capelli in mezzo a quei complimenti e le aveva ricordato davvero il suo modo di affrontare i personaggi in quell’interpretazione sentita. Quando il regista l’aveva insistentemente invitata allo spettacolo, non avrebbe mai creduto di assistere ad un adattamento così audace.

- Ha trascorso due settimane a casa di un falegname famoso, Kenji Matsumoto, convincendolo, non so come, della necessità di osservarlo mentre lavorava… - aveva aggiunto il regista fissando pensieroso il giovane che guardava a terra.

Quel ragazzo si chiamava Tetsuya Takahashi e all’epoca nessuno poteva immaginare chi sarebbe diventato sebbene, proprio come la signora Tsukikage, Kuronuma sembrava avere un fiuto particolare per scovare i talenti.

Saiaka e Mina si erano orientate sugli spettacoli per bambini. Il loro progetto aveva avuto una tale risonanza a livello nazionale, grazie anche ad una pubblicità strategica di Masumi, che, a seguito di un’intervista con un quotidiano di San Francisco, erano state “costrette” a trasferirsi per quasi un anno in California portando il loro spettacolo nelle scuole statunitensi.

Sakurakoji era, anche in quel momento, l’attore di punta della Ondine. Dopo la “Dea Scarlatta”, la sua popolarità era salita alle stelle, quasi come la sua, soprattutto per il pubblico femminile che aveva gradito particolarmente l’interpretazione di Isshin. Da quell’incredibile giorno dell’assegnazione dei ruoli, da quando gli aveva restituito il ciondolo, lui non aveva più accennato ai suoi sentimenti. I giornali di gossip gli attribuivano una storia la settimana, ma, grazie anche alla presenza di Rei alla Ondine, sapeva che lui non aveva la ragazza, tanto meno una fidanzata.

Nonostante il suo comportamento, aveva pensato spesso che parte di ciò che era avvenuto era stata anche colpa sua: non gli aveva mai dato una risposta certa, se ne era resa conto con l’andare avanti del tempo, e questo aveva generato una situazione anomala. L’ho sicuramente illuso col mio comportamento…

Ricordava ancora perfettamente la cena al ristorante e la decisione di indossare la collana col delfino. Sono stata una stupida…

Ayumi aveva sposato il suo fotografo due anni dopo la “Dea Scarlatta”, non aveva più riacquistato la vista, ma, a suo parere, aveva acquisito molte altre caratteristiche. Non aveva perduto niente della sua determinazione, né del piglio deciso che le inarcava le sopracciglia quando qualcosa non le andava a genio. Peter Hamil doveva averla compresa perfettamente, probabilmente era davvero la sua anima gemella, perché nelle volte in cui li aveva visti, le ricordavano esattamente lei e Masumi. Battibeccavano di continuo e di solito lei vinceva e lui capitolava. Ma la cecità le aveva donato una sensibilità e una dolcezza che prima erano assenti. La voglia di emergere dall’ombra dei genitori famosi l’aveva corrosa troppo profondamente e l’altra vista, donata dall’assenza di quella principale, aveva nutrito e fatto crescere la sua parte più amabile e amichevole, facendole abbandonare quella altezzosa e snob, retaggio della sua infanzia.

In quel momento si trovava in Inghilterra, probabilmente uno dei luoghi che preferiva dato che ci era tornata più volte, e di sicuro una delle nazioni in cui era più conosciuta e apprezzata. Se non eri al corrente della sua disabilità, era davvero difficile capire che non ci vedesse. Aveva sviluppato esponenzialmente gli altri sensi e questo le permetteva comunque di recitare alla perfezione e di relazionarsi con gli altri.

La signora Tsukikage, terminato il lavoro sulla “Dea Scarlatta” e tutte le repliche che erano seguite, si era ritirata a Nara, nello stesso tempio che aveva accolto Ayumi e lei durante le dure prove a cui le aveva sottoposte per il ruolo di Akoya.

Era morta nel mese di aprile dello stesso anno, mentre i susini erano completamente in fiore. Genzo era rimasto nel tempio, unica proprietà della signora che per testamento era stata destinata a lui. Andava a trovarlo spesso, adorava quei boschi, il silenzio, il contatto con la natura, i suoni, i profumi. Ogni cosa le ricordava il mese che vi aveva trascorso e tutto ciò che era avvenuto lì.

Quando la sensei se ne era andata, lei si era sentita amputata di una parte fondamentale: era sempre stata la sua guida, il suo faro nella notte, la candela che faceva luce nella stanza. Quando aveva avuto qualche dubbio sulle sue interpretazioni, era corsa da lei, quando si era innamorata e non riusciva a capire quel sentimento, si era rifugiata nei suoi consigli, quando si era sentita abbandonata da quell’amore appena scoperto e incapace di capire le anime gemelle, aveva trovato nella sua voce un caldo conforto.

Si era sentita smarrita, sola, angosciata, finché Masumi, con la sua invidiabile praticità, le aveva consigliato di vedere il bicchiere mezzo pieno, considerando tutto ciò che le aveva dato e non ciò che era andato perduto. E lei lo aveva preso alla lettera, passando giorni a raccontargli quello che era accaduto negli anni: discussioni, aneddoti, le prove a cui l’aveva sottoposta, la durezza del suo comportamento, che aveva contribuito a farla crescere. Ma anche i momenti di estrema dolcezza che aveva avuto, le paure, il coraggio, la determinazione e, soprattutto, il suo talento innato di attrice.

Sorrise a quei ricordi, distese le braccia in avanti, stirandosi come un gatto e sbadigliò. Prese in mano i documenti che erano sulla scrivania e scese al piano di sotto. Qualcuno trafficava in cucina, forse la signora Satō, ma lei la ignorò e sgattaiolò sulla terrazza che le piaceva tanto. Abbandonò la cartellina sul tavolino e si appoggiò alla balaustra, lasciando che il vento filtrasse fra i suoi capelli.

Amava tutto, di quel posto: i suoni della natura, il mare, l’alba incredibile che sorgeva dal Pacifico, i ciliegi del giardino, che in quel momento esplodevano, pieni di fiori. A differenza di altre case della zona, quella aveva una scalinata che portava ad una spiaggia privata che Masumi aveva mantenuto esattamente come la natura l’aveva creata. Non c’erano strutture, né abbellimenti, solo sabbia, mare e un gruppo di pini giapponesi che profumavano tantissimo. Sospirò rimirando l’oceano e ripensò all’incontro che aveva avuto con Karato. Distese la mano sinistra e osservò l’anello che brillava nel sole. Arrossì e nascose la mano coprendola con l’altra, mentre un’emozione intensa la sconvolgeva.

Solo una settimana prima, Hijiri aveva voluto incontrarla e le aveva raccontato tutto: si era dichiarato, le aveva confidato i sentimenti che erano nati nel tempo, di ciò che provava per lei anche in quel momento e che avrebbe sempre provato. Lei si era sentita completamente annientata da quella rivelazione, non aveva compreso ciò che provasse per lei, non aveva capito che si era innamorato a tal punto da rinunciare anche ad un banale tentativo quando aveva compreso l’amore che la legava a Masumi Hayami. Pur di far felice il suo migliore amico, aveva sofferto in silenzio.

Lei era rimasta scioccata alle sue prime parole, il cuore che batteva follemente, al pensiero di ciò che aveva fatto, di quanto probabilmente avesse sofferto a causa di quella condizione. All’ultima rappresentazione della “Dea Scarlatta”, c’era stato l’ultimo mazzo di rose. Non era più necessario fingere per i giornalisti, la sua storia con l’ammiratore, nata la sera dell’assegnazione dei ruoli, si era andata affievolendo col tempo, proprio come aveva intuito Eisuke Hayami. Il modo in cui si era presentato in quel salone, l’abito completamente bianco, gli occhi verdi come smeraldi, i capelli castani, avevano completamente distolto l’attenzione dei media e quando era diventato il Presidente della Daito Art Production, riprendendo il suo aspetto, nessuno avrebbe potuto scambiarlo per quell’ammiratore. Aveva scoperto che l’aveva protetta per anni, senza farsi vedere, senza ricevere mai un grazie da parte sua. Ma lui aveva proseguito e anche ora, ne era certa, svolgeva quella mansione di sorveglianza.

La sua dichiarazione aveva uno scopo. Probabilmente si era liberato di un peso che gli gravava sull’anima, perché proprio in quel momento stava chiedendo a Mizuki Saeko di sposarlo. Arrossì al ricordo delle sue bellissime parole che avrebbe portato per sempre celate nel cuore, non era necessario che Masumi venisse a conoscenza dell’esatto tenore del loro incontro.

- Esistono molti tipi di amore e tutti hanno un tempo, alcuni sono destinati a terminare, altri a durare in eterno - aveva esordito fissandola coi suoi occhi grigi - Ciò che io provo per te non potrà mai cambiare, perché è radicato in profondità dentro di me - le aveva rivelato candidamente e lei era arrossita - Sono, però, un uomo pratico, e mi rendo conto quando una battaglia è persa - le aveva sorriso in modo così disarmante da annullare qualsiasi sua possibilità di replica - Con mia meraviglia, e non sono facile allo stupore, ho scoperto di poter donare la mia anima ad un’altra persona. È stato un processo lento, mi è occorso del tempo per capire cosa mi stesse accadendo realmente - lei l’aveva guardato con occhi spalancati, mentre lui aggrottava la fronte pensieroso rievocando quei momenti - Incredibilmente i ruoli si sono invertiti, e, se fui io a spronarlo perché si rivelasse con te, è stato Masumi, adesso, a mettermi con le spalle al muro e a farmi capire che ero innamorato di Saeko -

In quel momento aveva capito ogni cosa. Karato aveva parlato ancora a lungo e lei era rimasta volentieri ad ascoltarlo. Una sorta di confessione liberatoria, in cui sembrava giustificarsi del fatto che avrebbe amato un’altra donna e non più lei. Lo aveva abbracciato, alla fine, felice e piangente, perché la signorina Mizuki era perfetta per lui e lui l’uomo adatto a lei.

Sollevò di nuovo la mano e ripensò al giorno in cui il suo ammiratore, quello vero, aveva chiesto a lei di sposarla. Era avvenuto quattro anni prima, il giorno di Natale dell’anno della “Dea Scarlatta”, in quella villa a Izu, mentre un’alba stupenda infiammava l’oceano. Arrossì e nascose di nuovo la mano al ricordo di quei momenti.

Quel giorno la sua prospettiva delle cose cambiò radicalmente. Inaspettatamente l’aveva portata lì, narrandole di come quella villa sul mare fosse stata il suo rifugio, proprio come le aveva detto sull’Astoria. Poi, esattamente su quella terrazza, l’aveva stretta a sé e con voce carica di sentimento che l’aveva fatta sciogliere, le aveva chiesto di sposarlo. Ricordava distintamente di essersi sentita annullata, persa in quella richiesta d’amore futuro da non riuscire a spiccicare parola. Aveva sussurrato un “sì” tremolante e lui le aveva cinto il dito con quel bellissimo anello.

La promessa che si erano scambiati si era concretizzata due anni dopo. Quella dimora a Izu e il bellissimo giardino erano stati il palcoscenico per il loro matrimonio, attorniati da tutte le persone che gli volevano bene.

Fissò il sottile cerchio dorato accanto all’anello di fidanzamento che l’aveva catapultata in un nuovo mondo, fatto di altre responsabilità e, soprattutto, di felicità. La sera di quel giorno, stanca e con la testa ancora fra le nuvole per il meraviglioso sogno che si era avverato, era rimasta nel grande bagno a lungo, godendo dell’acqua bollente nell’ampia vasca che le aveva ricordato tanto l’onsen che aveva frequentato da bambina. L’idea di quello che sarebbe accaduto di lì a poco nella stanza di fianco l’aveva resa nervosa, nonostante non fosse la prima volta che trascorrevano la notte insieme.

Quando era entrata in camera, titubante e imbarazzata, avvolta in un telo bianco, un profumo intenso l’aveva riempita d’emozione, rendendosi conto che un manto di petali scarlatti copriva il pavimento. Solo la luce della luna entrava dalle grandi finestre aperte, le tende bianche svolazzavano spinte dalla brezza di primavera. Immobile, in mezzo alla stanza c’era lui, la cui sagoma era illuminata per metà. Ogni timore era svanito nell’istante in cui aveva visto il suo sorriso e le sue braccia si erano aperte.

Quando si erano rilasciati dall’abbraccio aveva sentito le sue mani intorno al collo e quando le aveva staccate, si era resa conto di indossare la collana con la rosa che le aveva messo sull’Astoria. Era rimasta a bocca aperta, il cuore in tumulto, finché lui aveva fatto scivolare nella mano i due orecchini.

- Li avevi… comprati? - aveva balbettato con un filo di voce.

- Sì - aveva risposto lui - Quell’alba sulla nave cambiasti la mia vita - le aveva confessato facendola tremare d’emozione.

Sorrise dolcemente al ricordo e spostò lo sguardo sui documenti che aveva appoggiato sul tavolino del terrazzo: era ora di portare la “Dea Scarlatta” in giro per il Giappone.

La porta principale della casa si aprì e si chiuse. Maya rimase immobile, guardando il mare e aspettando lui con il cuore che batteva frenetico.

Le sue braccia le cinsero la vita, avvicinandola a sé. Rabbrividì, come accadeva sempre da quell’abbraccio a Nagano. Appoggiò la testa al suo petto, abbandonandosi, e lui le sfiorò il collo con un bacio. Quel lieve tocco la fece tremare e Masumi non seppe resistere a quel cedimento, la girò tenendola fra le sue braccia e la baciò.

Esattamente come la prima volta, Maya si lasciò conquistare, appoggiò le mani al suo petto e afferrò la camicia, aggrappandosi. Ogni volta che lei lo toccava in quel modo spontaneo, Masumi perdeva parte della sua coscienza e la cosa veramente incredibile era che in quei quasi cinque anni, niente era cambiato, anzi, si era acuito ancora di più. Entrambi attendevano solo il momento di potersi incontrare la sera, o in qualsiasi altro posto la necessità richiedesse. Maya aveva scoperto con imbarazzo che Masumi otteneva sempre quello che voleva, non importava dove fossero, trovava un modo per poter passare del tempo da solo con lei. All’inizio quel forte senso di possesso che emanava l’aveva messa a disagio, poi invece aveva iniziato ad apprezzare anche quel suo modo di fare e si trovava ad attendere con impazienza il momento in cui l’avrebbe stretta fra le sue braccia e baciata di nuovo.

Neanche il loro modo di confrontarsi era cambiato: si punzecchiavano in continuazione, lui provava a darle degli ordini, lei si rifiutava e alla fine trovavano un compromesso. Ma questa volta vincerò io, caro ammiratore…

Lasciò che l’accarezzasse, le mani scivolarono aderendo al suo corpo, riempiendola di brividi da capo a piedi. Rispose al suo bacio con altrettanto ardore, le era mancato, stava tutta la settimana a Tokyo e tornava da lei il sabato sera.

- Sei tornato prima, oggi - sussurrò a fior di labbra perdendosi nei suoi occhi azzurri.

- Ti disp… - iniziò lui inarcando un sopracciglio, ma Maya non gli permise di continuare.

- No! - lo tirò per la camicia e si alzò sulla punta dei piedi, baciandolo di nuovo. Non riusciva mai a capacitarsi del perché, ogni volta che lo baciava, avesse delle sensazioni diverse. Era come se quello scambio d’anime reagisse in un modo nuovo alle loro emozioni. Mai avrebbe potuto immaginare che la costanza di Masumi, la sua pazienza e determinazione avrebbero fatto crollare tutte le sue insicurezze. Anche se aveva deciso di rispettare il patto con Eisuke Hayami, condividendolo in parte, Masumi aveva proseguito per la sua strada, fino a quel giorno di Natale, in cui le aveva chiesto di sposarlo e lei aveva capitolato di fronte all’evidenza.

Maya aveva quel modo incredibile e spontaneo di baciare, così, prima che l’istinto prendesse il sopravvento, mise fine a quell’unione d’anime e corpi.

- Hai fame? - sussurrò cercando di mantenere salda la voce. Non era certo usuale che un uomo della sua età e posizione balbettasse come un ragazzino al primo bacio. Maya annuì illuminandosi, ma quando lui si voltò, vide i documenti sul tavolino e si rabbuiò immediatamente.

- Abbiamo già parlato di questo - disse freddamente senza guardarla.

- No - ribadì Maya serena - TU hai parlato, io sono stata costretta ad ascoltarti - puntualizzò, le mani sui fianchi - Ho riflettuto su quello che mi hai detto, ma ho intenzione di iniziare comunque, non c’è un motivo valido per cui io debba fermarmi -

Masumi si girò a guardarla. Qualche anno prima, quello sguardo privo d’emozione l’avrebbe terrorizzata, ma adesso sapeva perfettamente che era una difesa e lei avrebbe profuso tutto l’impegno necessario per fargli capire che niente le avrebbe impedito di organizzare quella tournée.

- Un motivo valido? - sibilò Masumi tenendo a freno la rabbia. Si ostinava a non comprendere le ragioni ovvie e aveva capito da tempo che più le dava ordini, più lei faceva come voleva, quindi doveva usare una tattica diversa.

- Sì - annuì Maya - Sono tranquillamente in grado di recitare Akoya dopo gli insegnamenti della signora Tsukikage e anche se sono passati quattro anni, potrò riprendere senza alcun problema. E ci sarà Kuronuma - aggiunse, sicura del suo punto di vista.

- Sai benissimo che non dubito delle tue capacità artistiche - replicò lui gelido, fronteggiandola.

- Allora i tuoi investimenti saranno al sicuro - lo punse lei voltando di scatto la testa. Se c’era una cosa che Masumi sapeva gestire, erano i soldi. La compagnia indipendente fondata con Kuronuma aveva il bilancio in positivo dal primo anno di attività e da allora era cresciuto esponenzialmente. La scuola aveva già cambiato edificio due volte, andando in uno sempre più grande. Gli attori aumentavano, le iscrizioni anche, per non parlare degli investitori che volevano il regista a capo dei loro progetti.

- Smettila! - ringhiò Masumi stringendo i pugni - Sai che la compagnia non c’entra niente con tutto questo! - fece qualche passo avanti, minaccioso, ma Maya non si mosse, né apparve intimorita. Aveva ancora la capacità di irritarlo e ancora lo fronteggiava senza paura.

Lei alzò un sopracciglio, perplessa alla sua reazione. Era pronta a girare i tacchi e mollarlo lì, quando il suo sguardo cambiò.

- Voglio che resti qui, non devi andare - la supplicò lui, sinceramente afflitto, abbracciandola dolcemente.

Maya chiuse gli occhi, sospirando per quel contatto caldo e premuroso, ma doveva mettere in chiaro le cose subito, prima di perdere il coraggio. Si voltò uscendo dal suo abbraccio e afferrò la balaustra. Il peschereccio che aveva visto prima non si scorgeva più e anche i gabbiani erano spariti.

- Non c’è motivo per cui io debba stare segregata qui, non puoi incarcerarmi - sussurrò, sperando che si arrendesse e capisse i suoi sentimenti.

- Maya… - le sussurrò in un orecchio attirandola a sé. Lei si lasciò andare, chiudendo gli occhi.

Masumi le baciò il collo, inspirando il suo profumo. Fece scivolare le mani lungo i suoi fianchi, lentamente, immaginando perfettamente la pelle liscia sotto i vestiti. Nessun altro l’avrebbe mai avuta, nessuno l’avrebbe toccata in quel modo.

Proseguì quel percorso e la sentì sospirare. Reagiva sempre spontaneamente, infiammando ancora di più il suo desiderio. Allargò le mani e le distese sul ventre rotondo, godendo di ogni attimo di quell’esplorazione.

- Non sono malata, Masumi - mormorò con voce carica di aspettativa.

- No, non sei malata - replicò in un sussurro lieve pieno d’emozione - Ma non voglio che la madre di mio figlio se ne vada in giro per il Giappone a recitare - abbracciò con le dita la piccola pancia prominente, mentre la commozione gli chiudeva la gola. Se anni fa credevo che preoccuparmi per lei fosse una priorità, oggi pensare a loro mi fa impazzire…

- C’è ancora tanto tempo… - sospirò Maya appoggiando le mani sopra le sue e sorridendo dolcemente, i capelli che ricadevano in avanti - Lasciami recitare - aggiunse intrecciando le dita alle sue. Ogni volta che le passava le dita sulla pancia in quel modo, l’emozione era così forte da impedirle qualsiasi azione coerente.

- Recitare… - anche in quel momento pensava al teatro.

- Sì, interpreterò una nuova Dea! - gli confidò raggiante voltandosi e fissandolo con occhi brillanti.

Masumi la osservò, la maternità l’aveva resa ancora più bella, il suo sorriso aveva il potere di incantarlo e così avvenne anche in quel momento.

- Sì - capitolò infine, consapevole che era ciò che avrebbe dovuto dirle immediatamente. Maya s’illuminò letteralmente, riempiendolo di gioia. In fondo vivo per questo… per vederla sorridere...

- Grazie, mio ammiratore - ciò che vide nel suo sguardo cristallino le fornì la conferma, una volta di più, che era davvero la sua anima gemella.

Tornò a voltarsi verso il mare e Masumi la tenne stretta a sé, riportando le mani su quello scrigno che custodiva il tesoro più grande e frutto del loro amore.

- Riesci sempre ad avere la meglio su di me, ragazzina… - borbottò lui, fintamente arrabbiato. Lei ridacchiò lasciando che il cuore si colmasse di quel momento di estrema felicità.

Unì le mani alle sue, si appoggiò a lui e insieme guardarono il mare.




My fair lady

FINE.



Quei due, così come sono, sono reciprocamente necessari. Ecco, questo modo d’essere è l’amore.

Italo Calvino


Di occhi belli ne è pieno il mondo, ma di occhi che ti guardano con sincerità e amore ce ne sono pochi.

Bob Marley

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