L'Armatura Nera

di Exhausted_Panda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Obbiettivi ***
Capitolo 2: *** Carceriere o ospite? ***
Capitolo 3: *** Leggermete in trappola ***
Capitolo 4: *** Senza parole ***
Capitolo 5: *** Arthur Blanchard ***
Capitolo 6: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 7: *** Il nostro momento ***



Capitolo 1
*** Obbiettivi ***


Lo scontro si fece violento. Sia io che lui eravamo ormai senza forze ciò nonostante quel maledetto non diede segni di cedimento. Tale situazione si ripeteva in continuazione. Non era possibile continuare così! I nostri scontri ormai durano da millenni con lo scopo di ucciderci. Ci siamo affrontati nei più disparati  campi di battaglia: piazze di villaggi, tra i boschi, distese aperte e vicoli angusti, ma nessuno dei due  era mai riuscito a sopraffare l’altro. Un tiro alla fune continuo, ma era arrivato il tempo che la battaglia giungesse al termine. L’unica soluzione era aspettare un passo falso e colpire senza esitazione. Già troppe volte avevo tentennato nel dare il colpo finale, i ripensamenti questa volta erano fuori discussione.
 Obbiettivi: 1-estorcere la verità; 2-uccidere.
Il terreno era accidentato e fu su una maceria che persi per un istate l’equilibrio. IO che avrei dovuto vincere inciampo?! Lui prevedibilmente ne approfittò e con un balzo mi caricò come un toro. Quel maledetto era sempre un passo davanti a me. E questa volta aveva pure un vantaggio e forse anche la vittoria. Il mio aggressore nella sua sfavillante armatura nera mi si scaraventò addosso togliendomi il respiro. Lessi nei suoi occhi visibili da una fessura dell’elmo una sicurezza irritante. Con il suo peso il corvaccio mi schiacciò contro un muro mezzo crollato di una casa andata distrutta durante la battaglia. Per il brutale impatto persi la spada che volò lontano fuori dalla mia portata. Ormai disarmata venni sopraffatta dal nemico che mi bloccò le mani sopra la testa. Non era molto più alto di me e potei facilmente guardarlo negli occhi che da dentro l’elmo sembravano neri come la notte senza stelle. Anche se l’obbiettivo n. 2 non era realizzabile cercai comunque di farmi rivelare la verità: -Dov’è? Dimmelo! Dovè lui adesso?- .Dissi quasi ringhiando.
-Non sei nella posizione di dare ordini. Sappi comunque che non ho idea. Da anni va avanti così. Quante volte dovrò ripetertelo stupida donna!- Disse lui in risposta in tono tranquillo. La sua voce risuonava metallica dietro la maschera anch’essa nera come il carbone decorata con corna di toro.
-Comunque questa volta non mi accontento della tua sconfitta. Voglio vederti implorare pietà- continuò lui- -Preferisco morire che inchinarmi a te- sputai le parole come veleno.
-Vedremo-. Detto questo mi sferrò un pugno alla bocca dello stomaco.
-Vedremo mia dolce Luna.-
-Che tu sia maledetto Arthur.
Ormai priva di forze non resistetti al colpo e svenni tra le braccia dell’uomo. Il mio aguzzino nell’imponente armatura scintillante, mi afferrò per le spalle per non farmi cadere al suolo. Da li in poi il vuoto.
 
***************Angolo autrice******************
 
Grazie per aver letto questo primo capitolo. Ammetto che tutto questo è una prova. Non sono sicura di poter terminare questa storia anche se mi impegnerò per quanto possibile. Accetto volentieri commenti e critiche e non mi offendo. Anzi se avete notato errori informatemi senza riguardo sarò lieta di poterli correggere e migliorarmi visto che ammetto la mia grammatica è carente da tutti i punti di vista:))!! Hahahaha vi ringrazio ancora per l'attenzione e ci sentiamo alla prossima!!!

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Capitolo 2
*** Carceriere o ospite? ***


Perché mai tutta quella sfiga doveva arrivare a me?? Possibile che il Fato volesse questo?? Per troppi anni avevo combattuto inseguendo il mio scopo. Il mio aspetto cela la mia vera età. Attualmente ho 417 anni. Difficile da credere, ma tempi addietro, quando ero ancora una comune mortale, venni benedetta o forse meglio dire maledetta con la vita eterna. La mia vita cesserà solo il giorno in cui raggiungerò la meta prestabilitami dalla Volta Celeste ossia trovare quella persona e liberarla dalla Dannazione. Ammetto che sono stufa di vivere. Ho perso la mia “Raison d’être”, perciò inseguo disperatamente il mio obbiettivo, lasciare questa tormentata vita riiniziandone una completamente nuova. Voglio avere una famiglia, una casa fissa e, perché no, anche un cane. Raggiungere questo scopo però diventa arduo se a metterti i bastoni tra le ruote è un colossale bestione nero dai modi bruschi e violenti che si rifiuta di farsi battere e dire quello che sa alla sottoscritta. Al  momento sono rinchiusa in una stanza lussuosa, ma priva di finestre che mostrano l’esterno e proprio per questo non ho idea di dove si trovi questo fantomatico castello. La prigione che mi ospita è ammobiliata con pochi, ma raffinati mobili di legno massiccio. Il letto doppio a baldacchino dove mi sono svegliata è abbellito da tende rosso cremisi, lenzuola anch’esse di un rosso sfavillante e da una pelliccia di orso morbida e calda. Ai piedi del letto c’è un’ ingombrante cassettiera contenente abiti eleganti delle più varie e pregiate stoffe, mentre i vestiti contenuti nell’armadio di fronte sono più comodi e privi di inutili fronzoli. La stanza è illuminata e riscaldata da un caminetto le cui fiamme danzano creando un’atmosfera intima e accogliente. Le pareti di pietra sono rivestite di arazzi intrecciati con fili d’oro e rappresentano eroi in posizioni trionfanti come un cavaliere del re intento a salvare la sua principessa o a cavalcioni di uno stallone bianco preso a sconfiggere un malvagio drago sputafuoco. Io non credo in queste cose. Se quella principessa voleva essere libera poteva anche trovare il modo di arrangiarsi e non aspettare lo stoico principe impersonando lo stereotipo della donna debole che va protetta. È per colpa di quel tipo di donne che vengo sottovalutata e presa poco in considerazione. Sono forte tanto quanto un uomo se non di più. L’unico a tenermi testa è quello spregevole buffone in armatura. Detestabile.
Parli del diavolo e spuntano le corna. Sento girare la chiave nella toppa della serratura e dalla porta appare men che meno lo sfavillante e piacente Conte Dei Miei Stivali. Sono seduta su una poltroncina foderata in velluto rosso affianco al letto dove mi sono svegliata non so bene quanto tempo fa. Indosso solo alcune parti dell’armatura giusto per stare comoda, ma senza farmi trovare completamente indifesa dato che sono disarmata. Quando Arthur entra ho le gambe accavallate e le braccia incrociate sul petto e un sorriso sornione e strafottente sul viso e lo fisso con arroganza. Non mi farò certo vedere debole e avvilita come un gatto bagnato raccolto da un fiume. Lo osservo. Non indossa l’armatura ma una semplice camicia blu di seta che evidenzia un corpo armonioso e muscoli scolpiti. Non avendo l’elmo mi accorgo per la prima volta dei suoi capelli biondissimi e delle sue orecchie leggermente a punta che donano fascino al volto affilato. Non mi era mai capitato di vederlo senza tutto quel ferro e ora appare molto meno imponente e feroce.
Sono tesa... La sua presenza mi rende tesa. Non vedo vie di uscita se non la porta da dove Arthur mi parla.
-Buon giorno splendore. Dormito bene?- Chiede il mio aitante carceriere o se preferite il mio ospite.
-Avrei dormito meglio se non mi fossi addormentata con un pugno nello stomaco- Rispondo io pungente.
-La gattina tira fuori gli artigli- dice lui in risposta avvicinandosi. Non mi scompongo e non mi muovo neanche di un millimetro, neppure quando quel bellimbusto mi afferra il mento tra il pollice e l’indice e mi costringe a guardarlo negli occhi.
Devo ammettere che a turbare il mio sonno è stato in realtà un dolore lancinante alla spalla che mi sono probabilmente procurata nello scontro di… Ieri… Qualche ora fa?.. non ho idea di quanto tempo sia passato dalla battaglia ma certamente tale ferita non agevolerà la fuga. A scandire il tempo c’è solo il rintocco di un orologio poco lontano. Tic tac… Tic tac… la tensione sale e continuare a fissare Arthur non aiuta. Devo fuggire alla svelta.
 
**********Angolo autrice**********
Secondo capitolo fatto. Pubblicato tra un fazzoletto e un pezzo di cioccolata. Sarà quello che sarà. Abbiate pietà per questa volta, ma credo di avere anche la febbre hahahaha. Ringrazio tutti i lettori silenziosi e ringrazio in  particolare un mio amico, Fill ;), che  ha insistito tanto per leggere la storia. Vi auguro una buona Pasqua!!!
PS: accetto critiche! Non abbiate pietà di me hahahaha febbre o no voglio dare il meglio!
EmmOZ

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Capitolo 3
*** Leggermete in trappola ***


Rimango immobile. Arthur mi sovrasta. Mi vedo riflessa nei suoi occhi. Non mi ero mai accorta che fossero di un grigio così profondo, con sfumature verde e oro. Mentre continua a tenermi il viso bloccato sento il suo profumo che mi investe le narici: pino… odore di foresta. Mi sforzo per non arrossire dall’imbarazzo. Irritata dalla situazione gli ordino con il tono più autorevole di cui sono capace:-Lasciami. Non sono il tuo giocattolo!
 Allora lui si allontana ridendo e alzando le mani:-Volevo solo sincerarmi che tu stessi bene e vedo con piacere che ti sei ripresa.
-Per quanto sono rimasta incosciente?- chiedo.
-Due giorni. Eri davvero sfinita. Ammettilo: non ti sei riposata neppure un attimo tra uno scontro e l’altro. Dovresti prenderti più cura di te stessa-.
Tali parole suonano molto come un rimprovero e feriscono il mio orgoglio: -Non farmi la paternale; so badare a me stessa-.
-Era solo un consiglio. Non sarò certamente io a dirti quello che devi fare. Arrangiati pure, ma sappi che io e te dobbiamo parlare. Ormai è tardi quindi ti ho fatto preparare una vasca con l’acqua calda e quando avrai finito se lo desideri potrai cenare, basta che tu chieda alla servitù. Il bagno è in fondo al corridoio fuori da qui e dentro la cassettiera trovi vestiti della tua taglia-. Detto questo si avvia verso la porta.
Non sono ancora soddisfatta quindi gli chiedo:- La porta non è chiusa a chiave e fuori non c’è neppure una guardia. Cos’hai in mente?
Arthur allora si ferma al varco e si volta, mi guarda con occhi falsamente innocenti e dice: -Non ho in mente proprio niente. Sei libera di andartene quando vuoi. Ti invito solo a riflettere sul fatto che siamo in un castello diroccato distante almeno tre giorni di cammino dal primo centro abitato e ci terrei a sottolineare che siamo in pieno inverno. La fuori non sopravvivresti neppure una notte.
Non riesco ad aggiungere altro che è già uscito dalla porta chiudendosela alle spalle.
Rifletto su quello che ho appena sentito: 417 anni o no… non sono esattamente immortale! La questione fuga si fa più difficile, il freddo o una belva feroce possono tranquillamente stroncare la mia vita.  Decido di lasciar perdere per questa volta le paranoie mentali e mi accorgo di non profumare di violetta e di avere lancinanti fitte alla spalla. A questo punto prendo in considerazione l’idea di andare a farmi un bagno. Noto anche con dispiacere che i miei vestiti sono sporchi e laceri così apro la cassettiera e prendo il primo abito che trovo: un abito di seta scarlatta lungo fino ai piedi, ma senza maniche. Con poche cerimonie mi dirigo verso il bagno con il vestito sotto braccio. Il corridoio è completamente deserto allora seguo le indicazioni fornitemi in precedenza e lo percorro. Durante la strada mi accorgo di diverse porte chiuse da grossi lucchetti arrugginiti. Non mi soffermo più di tanto e tiro dritto fino a raggiungere l’ultima e unica porta aperta. Mi affaccio sulla stanza e tiro un sospiro di sollievo. –Trovato-. Mi fiondo dentro e mi chiudo la porta alle spalle. Solo dopo essere entrata mi accorgo di essere esageratamente tesa. Mentre camminavo mi sentivo come osservata, spiata, tenuta costantemente nel mirino. Dopo aver ripreso il controllo di me mi guardo intorno e rimango ammaliata dallo splendore del bagno. Le pareti sono interamente rivestite di piastrelle blu come la notte e su tutte e quattro le pareti grandi specchi incorniciati d’oro diffondono la luce proveniente da alcune candele poste ai quattro angoli. Al centro della stanza c’è un grande “buco” colmo di acqua fumante fino all’orlo. Appena noto la vasca mi assicuro che la porta sia chiusa a chiave e mi svesto velocemente. Mi levo l’armatura ammaccata e la getto in un angolo, mi levo anche gli abiti facendo attenzione a lividi e tagli. Utilizzo uno specchio sulle pareti per vedere la situazione della ferita… A dir poco catastrofica. Lo squarcio parte da metà schiena e arriva fino alla spalla sinistra. La cosa che mi preoccupa di più è la presenza di schegge di legno conficcate in profondità. Anche se la ferita mi pulsa provo a levarmi la scheggia più grande. La afferro e strappo. Il dolore è indescrivibile, ma resisto. Quando la scheggia è finalmente uscita la lascio cadere al suolo e, lasciandomi dietro una scia di sangue, mi immergo nell’acqua bollente della vasca. La vista mi si annebbia dal dolore che si propaga fin nelle viscere del mio corpo dolente. Mi sciolgo il lunghi capelli castano scuro che generalmente tengo legati in una stretta treccia o in una coda. Cadono nel acqua e con una lavata accurata levo detriti e polvere accumulati nel tempo. Rimango in ammollo per un bel po’ed esco solo quando l’acqua è ormai fredda. Prendo gli asciugamani che ci sono sul bordo della vasca e dopo essermi asciugata strappo dai miei abiti vecchi una striscia di stoffa che utilizzo come benda per la spalla. Fatto ciò mi vesto indossando l’abito rosso. Mi sta d’incanto. Sembra  fatto apposta per me. Anche se sono testarda e arrogante non mi sono mai considerata una bellezza, ma guardandomi allo specchio indossando uno splendido vestito elegante noto con orgoglio che non sono per niente male. Alta, magra con un vitino da vespa. Capelli mossi che creano onde morbide sulle spalle e lunghi sino ai fianchi come quelli di mia madre e due occhi blu mare come quelli di mio padre messi in evidenza da un incarnato pallidissimo. A dare un tocco di colore sono labbra carnose di un rosa intenso.
Ancora intenta a guardarmi allo specchio mi passo le mani tra i capelli sciolti cercando di sistemarli. Fatto il possibile esco dal bagno e prendo con me l’armatura, non si sa mai. A piedi scalzi percorro la strada a ritroso e lascio la corazza nella camera dove ho dormito, ma non ci rimango. Ho vogli di scambiare due chiacchere con quel bellimbusto di Arthur. Non creda di potermi tenere chiusa qui dentro come un canarino!
 
 
 
**********Angolo autrice**********
Comunico ufficialmente che ho trovato l’idea giusta per rendere interessante la storia. Colpi di scena, tradimenti,intrighi; amori; passati turbolenti. Hehe  mi divertirò parecchio.
Ringrazio tutti i lettori silenziosi, ma in particolare ringrazio Giulietta _01 per le sue recensioni. Se avete idee consigli o critiche sappiate che sono ben accetti. Alla prossima!
EmmOZ 

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Capitolo 4
*** Senza parole ***


Luna
Sono che cammino per i corridoi della mia “prigione” e non incontro anima viva. Mi sento a disagio tra queste quattro mura di pietre vecchie di chissà quanti anni. Per arrivare alla sala principale  mi affido al mio istinto e volto ora a destra ora a sinistra percorro un corridoio dopo l’altro. Cammino a passo svogliato e pigro a piedi scalzi e guardandomi intorno vedo un grande telo nero che copre un grande quadro appeso alla parete. Riguardo le porte chiuse dai lucchetti avevo lasciato stare, ma questa volta la curiosità vince e mi avvicino. Lo sollevo abbastanza da vedere cosa il quadro raffigura. Sulla tela una bellissima e giovane donna dai capelli biondissimi che sorride spensierata. A colpirmi di più di lei sono i suoi occhi: uno viola scintillante e l’altro grigio come il ghiaccio più freddo. E’ seduta su un trono e ai suoi piedi un giovane bimbo sui 5 anni giocherella con una trottola di legno. Il bambino lo riconosco come Arthur per via della zazzera bionda e degli occhi grigi che noto essere anche uguali all’occhio della donna. Adesso capisco da dove arriva questo meraviglioso vestito e deduco che tale donna sia morta e anche da parecchio tempo. Mi allontano pensierosa dal quadro. Chi avrebbe mai detto che quel piccolo bimbo sarebbe cresciuto così freddo e impassibile. Con questi pensieri raggiungo ricopro il quadro e mi allontano. Finalmente raggiungo un salone spazioso ben illuminato. Il soffitto molto alto mi da respiro e ad illuminare la stanza c’è un grande lampadario con gocce di vetro pendenti che riflettono la luce di centinaia  di candele messe ad illuminare l’immenso salone. Alle pareti un esercito di armature vuote monta la guardia ormai da chissà quanti anni. Le grandi finestre mi fanno sentire meno in trappola e il pavimento di legno chiaro da sollievo ai miei piedi congelati. L’arredamento semplice comprende due poltrone, un divanetto e un tavolino basso di legno con le gambe finemente decorate con scene di angeli e demoni che combattono.  tutto difronte ad un caminetto acceso. Tra le due poltrone il tavolino ospita due tazzine di te e dei biscotti fumanti appena sfornati. Mi guardo un pochetto intorno e  mi avvicino. Nella stanza non c’è nessuno, ma dopo pochi passi sento un fruscio alle mie spalle e con prontezza felina mi volto. Le uniche cose che vedo sono una chiazza bionda e un coltello scintillante mortalmente affilato che punta dritto al mio stomaco. La lama non è abbastanza lunga da potermi uccidere, ma certamente piantata per bene provocherebbe i suoi danni. Ad impugnare quel coltello e niente meno che il mio “adorato” Arthur!. MENO MALE CHE NON AVEVA NIENTE IN MENTE!!! L’adrenalina mi scorre nelle vene i miei movimenti sono veloci e precisi anche se un po’ impediti dall’abito lungo. Afferro con una mano il polso del doppiogiochista costringendolo con uno strattone ad avvicinarsi e gli colpisco il mento con una gomitata. La sua testa scatta indietro per l’urto e  grugnisce dal dolore. Un rivolo di sangue scende dall’angolo della bocca. Con un avvitamento si libera dalla mia presa e mi guarda fisso negli occhi. Occhi che credevo fossero di un meraviglioso grigio adesso sono spenti e vitrei. Arthur parte di nuovo all’attacco. I suoi movimenti sono lenti e goffi, quasi animaleschi, non sono come il solito. Il suo stile di combattimento corpo a corpo l’ho sperimentato più volte e ci scommetterei il mio onore che l’essere difronte a me non è umano. Schivo l’affondo diretto. Mentre lo schivo con facilità penso a cosa fare. Le soluzioni sono poche: scappare o combattere. Donna orgogliosa che sono rimango a combattere. Determinata a vincere schivo un altro fendente abbassandomi, giro su me stessa fino a trovarmi alle sue spalle. Tento una presa al collo, ma una fitta insopportabile alla spalla mi annebbia la vista abbastanza da permettere ad quella cosa di colpirmi di striscio al fianco con una coltellata . Cado su un ginocchio tenendomi la ferita con la mano. Lo osservo dal basso. Non sono ancora sconfitta, strigo i denti e con tutte le forze che mi rimangono lo colpisco allo stico della gamba che so essere quella portante. Si sbilanci indietro ed io ne approfitto gli salto addosso facendolo piombare al suolo con un tonfo. Stordito com’è levargli l’arma è una sciocchezza. Afferro il coltello e glielo punto alla gola, ma nonostante ciò lui ride e sghignazza.
-Cosa ridi?- ringhio fuori di me. -Ma prima dimmi chi sei?
-Come non mi riconosci? Sono io, sono Arthur- dice cuna voce che sembra provenire dalle viscere della terra. Mi suona familiare.
-Tu menti. Dimmi chi sei?- sibilo.
 Sento i muscoli tendersi sotto di me, ma non mi smuovo.
-Sono io cara sorellina! Ero venuto per farti un regalino, ma mi hai scoperto prima. Mi sono impossessato di questo corpo e pensavo prima di divertirmi un po’ con te poi contavo di ucciderlo!
 In brivido freddo mi percorre  la schiena alle parole di quello che riconosco essere Lui. Proferisce tali parole con voce graffiante, inumana. La voce di chi è stato dalle Tenebre. Il dannato eterno. Non so cosa fare. Io devo ucciderlo, è questo il mio compito. Questa è la mia occasione, mi basterebbe piantargli il coltello nella gola e sono sicura che morirebbe all’istante ma con lui morirebbe anche Arthur. Non riesco a muovermi la mano sul coltello mi trema e sento una lacrima solcarmi il viso: fallo! Devi farlo! Continuo a ripetermi ma il corpo non risponde o meglio il cuore non risponde.
-Su su non fare quella faccia. Non sei ancora pronta e ormai ti devo lasciare il mio tempo in questo corpo è esaurito, ma giuro che torno a trovarti mia cara o se preferisci vieni tu a cercarmi.
Detti ciò ricomincia  a ridere finche le risate con si trasformano in colpi di tosse e gli occhi di Arthur tornano ad avere il loro colore vivo. Prende una grossa boccata d’aria come fosse stato in apnea per troppo tempo. Si guarda intorno stordito. Poi mi osserva. Sono ancora a cavalcioni sopra di lui, ma non me ne importa assolutamente niente. Sono troppo sollevata. Credo che il sollievo sia provocato dal fatto che non devo più uccidere l’ uomo sotto di me. Questo sentimento mi divora credo di provarlo da molto ma il mio orgoglio l’ha sempre soffocato. E’ dura da ammettere, ma avevo paura di perderlo.  E’ come se tra me e lui ci fosse una sorta di connessione che ad ogni scontro si facesse più forte. Che fosse solo il caso che ogni indizio che seguivi portasse inevitabilmente a lui. Sto ancora elaborando l’accaduto che inizio a ridere per non piangere.
-Cos’è successo? Non ricordo niente e mi chiedo cosa tu ci faccia ferita a cavalcioni sopra di me! Dobbiamo parlare…Oh si dobbiamo proprio parlare!
Non rispondo mi limito ad accovacciarmi sul suo petto e a chiudere gli occhi. Mi faccio cullare dal battito del suo cuore che accelera e dal suo profumo di bosco. Passa un lasso di tempo indeterminato che mi pare una piacevole eternità. Anche se lui si alza lentamente e io non mi muovo. Mi sorregge e si alza in piedi. Ormai sono mezza incosciente. Lo sento solo portarmi in braccio per i corridoi. Credo che la destinazione sia la mia camera ma mi addormento prima di accertarmene.
 
 
**********Angolo autrice**********
Il mistero si fa più fitto!!
Nel prossimo capitolo credo vedremo la scena dal punto di vista di Arthur e non più di Luna. Spero che la storia vi intrighi. Vi ricordo che accetto molto volentieri critiche e commenti. Se avete pareri non esitate a dirmeli :))
Scusate se i capitoli sono troppo corti ma preferisco pubblicarne tanti e spesso seguendo un po’ la fantasia che mi viene nei momenti meno opportuni tipo prima d andare a dormire o durante una lezione hahaha. Abbiate pietà  e ci sentiamo nei prossimi capitoli!
EmmOZ

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Capitolo 5
*** Arthur Blanchard ***


Impegni, scadenze, doveri. Stupidi e inutili stratagemmi per superare la giornata. Andrebbe anche bene se la mia vita durasse mediamente 50 anni, ma la situazione cambia drasticamente se la  prospettiva di vita è intorno a 1500 anni. Il mio nome è Arthur Blanchard cacciatore di taglio professionista. Una mia caratteristica fondamentale è che odio profondamente gli esseri umani. Il mio odio è tale da vivere in un castello isolato distante giorni da paesi abitai. E’ per sfogare il mio odio verso tali esseri inferiori sono diventato un cacciatore di taglio. I miei obbiettivi sono solo criminali con alte somme sulla loro testa e le condizioni sulla loro cattura sono: vivo o morto. Non è mai successo che un mio obbiettivo arrivasse alle autorità vivo, per questo vengo paragonato ad un dio della morte e tutti mi conoscono come l’Armatura Nera. Alla veneranda età di  423 anni mi metto a giocare a nascondino con una misteriosa organizzazione davvero abile a sfuggirmi. Ad intromettersi nel mio lavoro ci si mette anche Luna una mercenaria professionista baciata dal Fato che mi perseguita ormai da anni per non so quale motivo. Dopo tutto questo tempo passato a stuzzicarci è nata una sorta di intesa: io riesco a prevedere le sue mosse e lei fa altrettanto. Solo qualche giorno fa sono riuscito a essere più bravo di lei, ma credo che non fosse solo questione di bravura, ho motivo di credere che qualcuno stia nascosto nell’ombra e trami contro di noi. Per questo ho deciso di non ucciderla, bensì di portarla con me e sistemare la faccenda il più pacificamente possibile. Il questo momento sono seduto su una poltrona nella mia stanza, e osservo una fanciulla che dorme tormentata da incubi e in preda alla febbre. Lei è l’unica che possa dirmi cosa è successo nella stanza del camino. Ho ricordi vaghi. Ricordo una terribile sensazione di freddo al petto e di aver lottato contro una presenza che tentava di entrarmi dentro e occupare il mio corpo e una volta ripreso il controllo di me mi sono trovato disteso sul pavimento e sopra di me un esile corpicino tremante. Lei, unica persona che mi abbia mai tenuto testa, appariva solo una ragazzina sconvolta e sanguinante. Quando le ho chiesto delucidazioni si è limitata ad accasciarsi tra le mei braccia. Al primo momento ero tentato di lasciarla alle cure della servitù poi senza un motivo plausibile mi sono preso personalmente cura di lei. Non è la prima volta che mi capita di provare un sentimento così strano, vederla come un cucciolo bisognoso di cure. Per quanto odio ci sia nel mio cuore per lei tirerei giù il cielo, ma non so perché lo farei e questo sentimento che non capisco mi turba. Cos’è lei per me? Mentre continuo a rimuginare Luna riprende conoscenza, mi osserva dal bordo della coperta con il respiro pesante e gli occhi persi nel vuoto. Mi limito a chiederle:
-Come stai?- non ottengo risposta.
-Hai intenzione di raccontarmi cos’è successo o devo tirare ad indovinare?- continuo io.
Lei si limita a sotterrarsi tra le coperte. Siccome non voglio insistere decido di lasciarla riposare e mi avvivo verso l’uscita dicendo:-Ti mando Herendal, è un esperto in medicina oltre che ad essere il mio fedele spirito servitore e se avrai bisogno di altro c’è Vistilia, la cameriera.
Sto per uscire dalla stanza e chiudermi la porta alle spalle quando dal letto arriva una vocina flebile, un sussurro che mi chiede: -Rimani?
Decido di rimanere e sperare in un progresso più soddisfacente di mezza parola sussurrata. Rientro nella stanza e mi risiedo sulla poltrona affianco al letto e la vedo riemergere appena appena dal bordo delle coperte:-Chi è la donna del quadro?- capisco subito a chi si riferisce. Avrei preferito parlare d’altro, ma è comunque un punto d’inizio.
-La donna a cui fai riferimento è mia madre. Morì quando avevo 6 anni- dicendo tali parole i ricordi riaffiorano come un torrente impetuoso che mi travolge riportandomi nel mio terribile passato. La mia prospettiva di vita è così alta perché sono metà umano e metà demone. Mio padre era un demone bianco ramingo, il suo nome era Samigina. Viaggiava molto, ma dei giorni vissuti insieme rammento la serenità e il divertimento delle lezioni con la spada e ricordo anche il giorno in cui lui partì senza mai più tornare. Non ho idea di come i miei genitori possano essersi conosciuti, perché sono scomparsi entrambi dalla mia vita ancor prima di raccontarmi la loro storia.
Mio padre si dileguò senza lasciare traccia il giorno del mio sesto compleanno e mia madre venne uccisa due mesi dopo.
Cassandra Blanchard, contessa della storica e ormai estinta casate dei Blanchard. Morì assassinata dai compaesani che abitavano nel villaggio di nei dintorni del castello che tuttora abito chiamato Castello di Vassàlia.
In quel periodo una grave carestia mieteva vittime ovunque e gli abitanti dei paesi vicini esasperati e ridotti allo stremo accusarono mia madre di essere la strega causa dei loro mali. All’inizio fu solo una diceria e nessuno osò alzare un dito su me e mia madre. Poi arrivò un epidemia di una malattia  sconosciuta, ma mortale e il capro espiatorio fu  niente meno che mia madre. Neppure il nome di mio padre, che fino a quel giorno ci aveva protetti, fece desistere gli abitanti dall’attaccarci. Fu una notte terribile. Al calar del sole, il ventunesimo giorno di epidemia, una folla inferocita marciò verso il Castello di Vassàlia armata di torce e forconi urlando: “A morte! A morte la strega!”. Mia madre mi affido alle cure di Herendal e sua moglie Vistilia ordinandoci di scappare dal castello e di non tornare. Noi scappammo, ma mia madre rimase per cercare di parlare e tranquillizzare la folla. La mattina costrinsi Herendal e Vistilia a riportarmi al castello. Lo spettacolo che mi si presentò davanti agli occhi mi procurò uno shock tale da togliermi la parola per due settimane. La morte aleggiava nell’aria. Per terra cadaveri si persone comuni e di soldati protettori del castello, ma solo oggi mi rendo conto che dei semplici popolani non potevano sconfiggere delle guardi addestrate e pesantemente armate. Qualcuno aveva interferito creando una carneficina che per molti anni venne ricordata come: la notte del Riscatto. La mia casa era ormai distrutta, gli arredamenti bruciati o trafugati, tutta la servitù è morta o fuggita, poco era rimesto. Trovai il corpo di mia madre nella stanza dei ricevimenti con una freccia piantata tra le scapole. Dopo quella notte non fui più lo stesso. Feci sotterrare mia madre nel giardino del castello insieme alle guardie valorose morte per proteggerla. Il resto dei luridi contadini li feci bruciare. Poi mi rinchiusi nel castello e con me rimasero soltanto Herendal e Vistilia.  Passai gli anni in isolamento affinando le mie doti di combattente. Le mie abilità raggiunsero un livello fuori dalla concezione umana. Velocità, destrezza, precisione e potenza raggiunsero un livello superiore. Avevo 156 anni quando mi sporcai per la prima volta le mani di sangue radendo al suolo i villaggi nell’arco di trenta miglia. Chi non è riuscito a scappare e morto sotto la mia spada. Nonostante ciò il mio odiò non diminuì. Intrapresi il lavoro di cacciatore di taglie per cercare di alleviare il dolore della ferita inferta da mano umana. L’unica a poter alleviale questo dolore è una mercenaria incontrata durante una missione. La sua sola presenza è in grado di farmi sentire meglio. Anche se ha un carattere arrogante e presuntuoso, ammiro la sua tenacia. Adesso lei stringe il mio cuore in una morsa più dolce ma allo stesso tempo straziante.
Sento picchiettare sul mio ginocchio e rinsavisco dai miei pensieri. Luna mi guarda con occhi interrogativi. Questa sciocca ragazzina ha il mio cuore in palmo di mano e se solo volesse potrebbe disporre di me a suo piacimento.
-Oh, scusa. Dove eravamo rimasti?
 
**********Angolo Autrice**********
Come al solito vi ringrazio di leggere. Siccome non ho niente di importante da dire vi invito a continuare la lettura e a lasciare recensioni positive o negative/costruttive che siano. (capitolo in revisione)
Emmoz

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Capitolo 6
*** Un nuovo inizio ***


Arthur
Mentre sono perso nei miei pensieri Luna mi riscuote allora cerco di riprendere il discorso: -Perdonami. Stavo pensando ad una cosa, ma non parliamo di me, mi devi ancora raccontare cos’è successo non molto tempo fa nella stanza del camino. Gradirei che non evitassi all’infinito questa domanda. Ho il diritto di sapere-
Con lo sguardo da rassegnata e dopo un interminabile periodo di silenzio finalmente Luna comincia a raccontarmi il misterioso evento: -Sei stato posseduto. Non so come abbia fatto ma ti ha posseduto.
-Certamente. Che mi abbia posseduto è chiaro, ma… CHI ERA????.
Le rispondo in malo modo, ma tutto questo mistero mi sta dando alla testa. Finalmente si decide a rispondermi: -Era mio fratello o per lo meno quello che ne rimane. E’ una lunga storia collegata con il mio torbido passato che preferirei non raccontare. Ti basti sapere che mi è stato concesso di vivere fino ad adesso per eliminare Astaroth, sangue del mio sangue . Dopo tragici avvenimenti odio e dolore dentro di lui hanno preso consistenza fino a diventare un essere autonomo che si nutre dei sentimenti più oscuri delle persone. Si manifesta con il corpo di mio fratello anche se della sua coscienza sono quasi sicura non ci sia più traccia.
Mentre ascolto Luna raccontare di suo fratello mi accorgo che il suo viso si fa sempre più pallido e il respiro sempre più affannato. Nonostante le sia difficile parlare continua: -Poco fa, non so come, Astaroth mi ha parlato attraverso di te e credo abbia in  mente qualcosa di terribile.
Sono interessato a quello che mi sta raccontando, ma e difficile ignorare le sue condizioni. Ha il respiro davvero pesante. Sembra ormai stare per soffocare, mi guarda supplichevole: -Mi sento soffocare qui dentro. Ti prego portami fuori.
Vendendola in tale stato non posso non preoccuparmi. Le porgo una mano per aiutarla ad alzarsi, ma la rifiuta orgogliosa. Si regge a malapena in piedi, il  volto bianco come il latte e gli occhi arrossati. Si mette in piedi con uno notevole sforzo. Le faccio strada per i corridoi dirigendomi ai giardini interni del castello. Sono costretto ad andare piano perché cammina arrancando con una mano appoggiata alla parete per tenersi in piedi. Spesso si ferma per riprendere fiato, ma più che respirare sembra boccheggiare. Stufo di vederla sprecare così le sue forze la prendo di peso, tenta di fare resistenza ma poco dopo si accascia come un sacco vuoto tra le mie braccia. Sembra più morta che viva. Raggiungiamo finalmente il terrazzo che si trova ad un lato del castello ed è sospeso nel vuoto. Mi avvicino al parapetto e noto con piacere che tra le rocce sottostanti le stelle alpine di mia madre sono ancora vive. Il vento invernale sferza sul mio fiso diretto verso il vuoto. Il freddo pungente mi provoca i brividi. Luna si dimena leggermente così la faccio scendere. Si appoggia al parapetto. Le nuvole si diradano mostrando un meraviglioso cielo stellato e una luna più grande del solito e la sua luce rischiara la notte gelida. Il bagliore fa apparire la pelle della donna pallida quasi diafana che con mio immenso stupore inizia a brillare. Il freddo non sembra minimamente infastidirla. Rimane immobile e fissa il vuoto. Il vento le scompiglia i capelli e il vestito fluttua come una nuvola. Rimango ammaliato da tale visione celestiale. Sembra stare per perdere conoscenza e l’afferro per le spalle. La sua pelle scotta sotto le mie mani, sembra stia per andare a fuoco, ma ha ripreso colore. I capelli sembrano più luminosi, gli occhi sono tornati del loro colore naturale, sembra ringiovanita, sul viso ha un espressione leggermente imbronciata che le dona quel pizzico di fascino da farmi perdere la testa.
 
 
 
Luna
La luna. La mi amata luna. Meraviglioso pezzo di cielo che allevia le mie sofferenze. Rimanere senza di lei è come non mangiare o essere consumati dalla fatica. Per stare bene devo ricavare energia dalla sua luce ed è ormai da giorni che non lo faccio. Il mio limite di astinenza è in genere di quattro o cinque giorni ma la
ferita alla spalla rende la resistenza più bassa. Non sono mai stata moto tempo senza di essa, ma ricordo storie che narrano di eroi miei simili che rimanendo per due settimane senza la luce della luna sono caduti in un coma profondo e che dopo centinaia di anni continuano a dormire aspettando che la luce li raggiunga. Non ho mai creduto veramente a questa leggenda, ma la sensazione che sto provando di stanchezza e spossatezza rendono la leggenda più facile da accettare. Per fortuna non dovrò accertarmi se il mito è vero o no per il momenti dato che la luna mi grazia con la sua presenza. La pelle sfrigola piacevolmente e un esplosione di calore mi pervade il corpo. Il calore si concentra sulla spalla e il dolore prima lancinante si attenua fino a diventare un dolore più attenuato che sta di sfondo ai miei pensieri che irrompono nella mia testa. Il  passato che ho sempre cercato  di dimenticare si presenza con prepotenza e mi fa rivivere momenti di enarrabile dolore. Flash che mostrano il mio villaggio natale depredato dal un gruppo di pericolosi banditi assassini. Le umili capanne incendiate, mamme che cercano i loro bambini, uomini giovani o vecchio pronti a difendere fino alla morte le loro famigli. Rivedo mio padre lottare con uno sporco e feroce ladrone per liberare mi madre. Rivedo la spada che lo trafigge. Risento le grida di battaglia e le voci di coloro che muoiono sotto i ferri degli assalitori, ma soprattutto risento la voce di mi madre che mi ordina di scappare il più lontano possibile con il mio fratellino. Avevo 13 anni e mio fratello 11. Dopo la fortunata fuga trovammo riparo in città da un’amica di famiglia che ci accolse con amore nella sua casa. Non avevamo più posto dove tornare o una famiglia a cui appartenere. Del villaggio eravamo gli unici sopravvissuti. Fu dura ma superai il trauma. Non fu così però per mio fratello. Bramava vendetta mentre il suo cuore si oscurava dall’odio e dal dolore. Fu in quel periodo che da Astaroth il mio dolce e gentile fratellino è nata una bestia covatrice di odio e vendetta. Non sospettavo minimamente di una cosa del genere. Presi davvero coscienza del suo cambiamento lo stesso giorno in cui tentò di uccidermi e non riuscendoci scappò via. Da allora cerco e seguo ovunque le sue tracce. Per permettermi di terminare il mio compito le stelle mi permettono di vivere senza invecchiare e mi proteggono. Mi sono allenata giorno e notte per raggiungere un livello di abilita eccellente e spesso ho desiderato lasciar perdere, ma non mi è possibile; il mio destino e di uccidere mio fratello e con lui il male annidato in lui. Lasciare che i ricordi tornino a galla mi fanno sentire vuota, ma più leggera. Le mie membra chiedono di riposare e io non mi oppongo, spero solo di potermi risvegliare domattina.
Per mia fortuna la mattina del giorno seguente sono sveglia e carica al massimo. Quando mi sono addormentata molto probabilmente Arthur mi a riportata a letto, ma in una stanza diversa, più grande e con mio immenso piacere con una grande finestra che porta ad un balconcino. Il sole entra dai vetri inondando la stanza di luce. Era da tanto che non mi sentivo così bene. Per iniziare la giornata decido di cambiarmi indossando l’abito che trovo poggiato ai piedi del letto: un meraviglioso vestito di velluto turchese con la scollatura a cuore e dei lacci sulla schiena. Lo indosso e mentre mi cambio controllo la ferita che per fortuna si è quasi rimarginata del tutto. L’abito che indosso è della mia misura ed è un piacere indossarlo perché ha un così buon profumo…profumo di bosco, lo stesso profumo di Arthur. Cerco di allacciarmi il lacci del vestito dietro la schiena, ma sono in difficolta. Proprio in quel momento sento bussare alla porta: -Avanti- Rispondo senza riflettere. Entra Arthur. Gli do le spalle, ma riconosco il passo, non mi volto e continuo a trafficare con i lacci davanti al grande specchio che c’è nella stanza.
-Permetti?- Mi chiede una voce alle mie spalle. Delle mani grandi afferrano con delicatezza i lacci, li stringe leggermente e con abilità li annoda in un fiocco ordinato.
-Grazie-  Dico  leggermente imbarazzata per la mia goffaggine.
-Viene. Andiamo a fare colazione- Dice lui garbatamente. Oggi sono di buon umore e decido di seguirlo senza tante storie anche perché ho davvero fame. Ci dirigiamo nella sala da pranzo senza scambiare una parola. Cammino dietro di lui e lo osservo attentamente: dai capelli biondissimi tenuti abbastanza lunghi spuntano due orecchie leggermente a punta che tradiscono il sangue misto come anche dei canini troppo affilati. Indossa una camicia leggera bianca con sopra una casacca nera e rifiniture bianche che creano eleganti decorazioni che si abbinano alla perfezione con un pantalone semplice di pelle scura e stivali alti fino sopra il ginocchio. Io invece giro scalza, preferisco. Mentre sono persa nella contemplazione del corpo statuario della mia guida arriviamo nella sala da pranzo dove la colazione è già servita. Mi siedo affianco ad Arthur che mentre versa del the ad entrambi comincia: -Volevo discutere con te della questione di tuo fratello.
Fermo a mezzaria la fetta di pane con la marmellata che ero pronta ad addentare.
-Mi rendo conto che non è un argomento facile, ma sono sicuro che la questione di Astaroth è più complicata di quello che sembra- continua lui. Lo guardo consapevole del fatti che ha pienamente ragione: -Credo anche io che stia architettando qualcosa.
-Visto che siamo entrambi d’accordo su questo punto di vista vorrei proporti una collaborazione. Posiamo l’ascia di guerra e collaboriamo per risolvere questo enigma, è inutile combatterci senza motivo.
Rifletto sulla proposta ed esordisco dicendo: -In realtà io un motivo per attaccarti l’avevo, ma ho constatato che non può essere. Ogni volta che seguivo le tracce di mio fratello arrivavo a te. Ad un certo punto sono arrivata a pensare che avessi a che fare con mio fratello.
 Arthur mi guarda perplesso e risponde dicendo: -A dire la verità ero io che seguendo le tracce dei banditi miei obbiettivi mi imbattevo in te! Che scemo! Un altro trucco di tuo fratello per metterci uno contro l’altro, come ho fatto a non arrivarci prima!
Faccio spallucce e addento la fetta di pane ancora ferma a mezz’aria. Finito di masticare il appetitoso boccone : -Visto che la questione è risolta non trovo una cattiva idea collaborare.
Ci scambiamo un’energica stretta di mano per sugellare l’accordo con cui diventiamo ufficialmente compagni di battaglia e affidiamo la nostra vita all’altro. Finito di mangiare Arthur mi accompagna a fare il giro del palazzo e mi presenta per bene ad Herendal ed a Vistilia entrambi dei cordiali spiriti servitori. Imparo in fretta e a fine giornata sono in grado di muovermi autonomamente per tutto il castello senza perdermi. Ma la mia stanza preferita è un’immensa biblioteca con decine di scaffali ricolmi di libri. Arthur mi ha dato libero accesso ad essa e credo che sfrutterò al massimo tale tesoro. Adoro leggere!! La giornata passa in fretta e la sera decido di condividere tutte le informazioni che ho con il mio nuovo compagno e lui fa altrettanto con me. A sera tardi non siamo venuti a capo di niente. Prima di andare a riposare Arthur mi dice: -Se vuoi rimanere qui sappi che se la benvenuta, ma se desideri puoi andartene quando vuoi-.-Ti ringrazio e mi farebbe molto piacere rimanere qui. Non ho una vera e propria casa e trovo questo castello davvero magnifico- dico con entusiasmo. Lui mi risponde sorridendo: -Mi fa molto piacere la tua compagnia. E da ora in puoi la tua stanza sarà quella con il terrazzino se sei d’accordo.
-Penso sia perfetta grazie!- e con queste parole esco dallo studio dove ci eravamo sistemati e mi dirigo nella mia nuova stanza.
***********Angolo Autrice**********
 Grazie a tutti i lettori che per il primo capitolo sono già 180 SONO DAVVERO MOLTO CONTENTA. Spero che questo capitolo vi piaccia e vi prego di dirmi se trovate errori anche di battitura, non ho avuto occasione di rileggerlo e il mio fedele “correttore” non si è ancora messo all’opera. XD. Spero che comunque on troviate troppi errori e ci vediamo al prossimo capitolo che vorrei pubblicare il prima possibile.
EmmOz

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Capitolo 7
*** Il nostro momento ***


La candela proietta ombre allungate e danzanti sulle pareti della mia nuova stanza e una brezza leggera entra e volta le pagine del libro aperto sopra il letto. A piedi nudi sulla terrazza mi faccio scompigliare i capelli dall’alito freddo del vento che mi aiuta a pensare. Penso a mio fratello, penso agli ultimi eventi e a come mi hanno cambiato, ma il particolare penso ad Arthur e a come la sua presenza mi disorienti. Sentimenti contrastanti mi tolgono il sonno, il suo fascino da guerriero duro e insensibile oppure quel modo arrogante che si fonde con il suo  lato così gentile e premuroso che spiazza.  Ad interrompere la mia riflessione è il gracchiare di un corvo il lontananza. Per la precisione un corvo messaggero che si dirige, invisibile a molti ma non a me, verso il castello puntando direttamente alla torre più alta. Nel giro di meno di dieci minuti sento bussare alla porta.
-Si?- rispondo rimanendo immobile e con lo sguardo ancora fisso all’orizzonte ancora profondamente buio.
-Mi dispiace disturbarla, ma il Signorino vorrebbe parlarle subito se permette. La aspetta nella biblioteca- Dice una voce anziana da uomo da dietro la porta ancora chiusa. Non ho neppure tempo di rispondere che sento i passi allontanarsi lungo il corridoio. Con molta calma indosso una vestaglia presa dall’armadio e la indosso sopra la camicia da notte un po’ troppo trasparente ed esco imboccando la strada per arrivare al punto di incontro. Percorro i corridoio con estrema calma, ma allo stesso tempo una certa trepidazione mi guida con precisione tra gli scaffali colme di polvere e libri. Entrando nella grande stanza mi chiudo alle spalle la porta e rabbrividisco per il freddo. Mi stringo le braccia intorno al corpo e seguo la fioca luce che proviene da dietro un ripiano.  Raggiunto la fonte e trovo Arthur seduto ad un tavolo stracolmo di libri e mappe. Un in particolare attira la mia attenzione ovvero una grande mappa rovinata dal tempo che rappresenta i tre domini: Lux, Medium, Obscuro e nel Dominio Obscuro un cerchietto rosso nell’entro terra racchiude un castello stilizzato con sopra una scritta: Tenebris Castro castello della terza generazione di domatori di demoni. Non ho il tempo di osservare meglio la mappa.
-Scusami se ti ho svegliato, ma avevo urgenza ti metterti al corrente di alcuni informazioni che mi sono appena giunte dai miei informatori al confine-. Intavola il discorso Arthur.
-Nessun problema, non stavo dormendo- Dico in risposta sedendomi nella seconda sedia libera accavallando le gambe e lasciando che i capelli creino una cascata intorno al mio corpo bianco. Osservo la palla di pelo caffelatte e bianco sotto la sedia di Arthur che appena entrata non avevo notato. Come se sapesse che lo stavo osservando l’animale di alza e si siede ritto affianco al suo padrone guardandomi con due occhietti neri immersi nel pelo candido e curato. Arthur gli posa una mano sulla testa e lo accarezza affettuosamente  dicendo: -Lui è Daiki che significa “Grande gloria”, è un Akita. Fa da cane da guardia al castello ed è anche un mio fedele compagno nelle missioni pericolose. Bene finite le presentazioni vorrei affrontare il discorso per il quale ti ho chiamato nel bel mezzo della notte. Tra due settimane ci sarà il compleanno della principessa Melisandra che compiendo sedici anni verrà incoronata regina delle terre Obscure e i miei informatori hanno buoni motivi di sospettare che gli uomini di tuo fratello saranno presenti alla cerimonia che verrà data per l’incoronazione e vorrei che venissi con me. Faremo finta di essere marito e moglie, signori di terre hai confini del Dominio e tenendo un basso profilo indagheremo . Cosa ne pensi?- Rifletto per un poco valutando tutte le variabili che mi vengono in mente: se venissimo scoperti? Se fosse un imboscata? Se Lui non ci fosse?...
-Non saprei, ma… non credo sia un idea da scartare. Anzi la trovo un idea geniale!- Dico saltando in piedi euforica. Arthur mi guarda alzando un sopracciglio e il cane drizza le orecchie e inclina la testa. In un certo senso assomiglia al suo padrone e la cosa mi fa sorridere.
-Per raggiungere Tenebris Castro bisogna passare per un paesello dove ho perso le tracce di Astaroth poco tempo fa- Dico girando intorno alla scrivania gesticolando presa dal discorso. Quando mi trovo dall’altra parte poggio le mai sul tavolo per guardare meglio la mappa e con il dito percorro sulla carta il possibile itinerario da seguire per arrivare fino al cerchio rosso che circonda il castello di Melisandra. Non mi accorgo che Arthur nel frattempo si è alzato e mi  ha raggiunto mettendosi alle mie spalle. Sento il suo respiro sul collo e il suo corpo appoggiato al mio. Con la coda dell’occhio noto che è intento a studiare la mappa in questione. Il battito del mio cuore aumenta senza che io possa fare niente per impedirglielo e il calore del corpo appoggiato al mio passa i vestiti leggerissimi che indosso provocandomi un imbarazzo esagerato. Arthur non sembra accorgersi del mio stato e continua con il discorso guardando la mappa.
- La strada che prenderemo allora dovrebbe richiedere all’incirca quattro o cinque giorni di cavallo da qui se evitiamo soste non necessarie, ma passare per l’entroterra sarà abbastanza pericoloso sei sicura di riuscire a recuperare le forze in tempo per il viaggio-.
Questa insinuazione è una pugnalata al mio orgoglio che spazza via l’imbarazzo. Indosso il mio sorriso arrogante e mi giro per guardarlo:- Sono pronta a fare uno scontro anche adesso. Tanto non andrei a dormire comunque e un po’ di allenamento farà bene a tutti e due. Andiamo?.
Arthur
Quando fa quel sorrisetto arrogante desidero solamente stringerla a me per poterla toccare e baciare su quelle labbra perfette color ciliegia, ma mi controllo anche se la distanza tra i nostri volti e di pochi centimetri 
-Perché no. Che ne dici di uno scontro corpo a corpo. Niente armi, lame o altro. Una semplice lotta io e te-
-Ci sto- risponde senza esitare.
-Allora seguimi-. Esco dalla biblioteca per dirigermi prima in armeria e poi nella sala allenamenti.  Luna mi segue per i corridoi affiancata da Daiki che pare abbia una particolare adorazione per lei e le sta incollata trotterellando come un cagnetto da compagnia. Arrivati a destinazione faccio un gesto al cane che si allontana dopo aver preso una coccola dietro le orecchie da Luna. Mi Sento uno stupido ma vorrei io le sue attenzioni. Quel cane gioca sporco.
-Non fare caso a lui e un approfittatore- Dico entrando nella sala che ospita tutte le mie scorte di armi e anche una grande stanza sgombra che utilizzo per allenarmi senza essere disturbato. La mia preziosissima collezione ospita centinaia di armi tra spade, lance, pugnali o asce ma le mie armi preferite sono una katana nera come il carbone che appartiene alla mia famiglia ormai da generazioni e una spada dalla lama larga quanto un avambraccio di pesante acciaio temprato. Mi ci sono voluti anni e anni di allenamento per riuscire ad utilizzare con destrezza tale spada dal peso non indifferente. Ma per questo scontro non credo utilizzeremo armi. Con uno sguardo veloce osservo l’abbigliamento della mia avversaria non molto adatto al combattimento. Allora le indico un armadio a muro che contiene tutte le tenute da battaglia compresa la mia solita armatura nera. Luna accostandosi all’armadio si sofferma davanti alla bestia nera e la osserva come incantata, ma subito dopo come se si fosse svegliata da un sogno entra nella piccola stanzetta e io le indico una semplice tenuta di cuoio leggero. Io prendo la mia ed esco dandole la possibilità di cambiarsi. Ci mettiamo entrambi pochissimo tempo e siamo così pronti per sfogarci.
-Se sei pronta cominciamo- chiedo, e lei risponde solo con un cenno di assenso. Cominciamo a girare introno al centro della stanza uno difronte all’altro. In questo momento di stallo posso osservarla: si muove sicura e furtiva come una gatta, i capelli legati in una coda di cavallo ondeggiano al ritmo dei passi, la tenuta di cuoio le fascia il corpo alla perfezioni, ma non ha indossato ne scarpe ne stivali. E’ a piedi scalzi. I pantaloncini sono a metà coscia e non ha messo neppure i para stinchi, probabilmente per alleggerirsi e non avere  protezioni inutili. Mentre la osservo vedo guizzare i muscoli dei polpacci nudi e prevedo che salterà pronta ad attaccare ma non mi faccio prendere alla sprovvista. Schivo con facilità i primi due pugni: uno dritto alla faccia e l’altro alla bocca dello stomaco e roteando su me stesso cerco di prenderla alle spalle, ma non è così facile sei di accuccia con velocità sorprendente e sfugge alla mi presa. Di nuovo uno difronte all’altro ci osserviamo. Il primo a colpire questa volta sono io che con una finta le faccio alzare il braccio per difendersi permettendomi così di poterla afferrare per quello stesso braccio e trascinarla verso di me e girarla di mezzo giro. Le blocco i movimenti chiudendola in una morsa. La sua schiena sul mio petto, afferro tutte e due le sue braccia e le tengo incrociate davanti al suo petto impedendole di dimenarsi. Rimaniamo per qualche istante così. La sento respirare pesantemente ma non una goccia di sudore la scorre sul corpo.
-Ok il riscaldamento e finito e ora di fare sul serio- Dice lei roteando i polsi e dando uno strattone che allenta leggermente la mia presa su si lei permettendole di sgusciare via. Non so bene per quanto la lotta sia andata avanti. Un contini scambio di colpi, parate e prese fino allo sfinimento. Entrambi ormai siamo sfiniti: io con un labbro spaccato e dolori ovunque mentre lei con una mano sul fianco si regge a malapena in piedi. L’ultimo attacco sarà quello che deciderà il vincitore e vista la situazione decido di darci un taglio io partendo all’attacco. Prendo un lungo respiro e con uno scatto mi lancio verso di lei che non riesce a reagire abbastanza prontamente e la prendo per un braccio e con un spinta laterale e un colpo alla gamba postante finisce a terra senza fiato con me spora e senza vie di uscita. Il laccio che le legava i capelli si rompe poco prima che lei atterri e adesso intorno alla sua testa c’è un’aureola di capelli dorati.
-Ok mi arrendo basta non ce la faccio più- . Ammette lei ansimando e sentite tali dolci parole la lascio e le porgo una mano per alzarsi. Lei accetta e la tiro su con facilità e finiamo uno addosso all’altro e occhi negli occhi non riesco più a resistere. Le metto una mano sulla vita la stringo a me e lei non sembra opporsi e sostiene il mio sguardo. Con una mano le sposto i capelli dal viso e avvicino il suo volto al mio. Sento il suo respiro veloce, ma non so se per il momento o per la fatica della lotta. Le sue guance sono bollenti al tatto. Mentre il mio cuore galoppa nel petto e i pensieri vanno a briglie sciolte avvicino il suo volto al mio fino a che le nostre labbra non si incontrano. Il pavimento sembra sparito da sotto i miei piedi, ma per un interminabile istante penso a quello che sto facendo! Cosa sto facendo! Il mio sollievo è immenso quando lei ricambia e appoggia le mani al mio petto. Le percorro con una mano tremante la schiena e lei sembra sciogliersi tra le mie braccia. Una scossa mi percorre quando dividiamo, poi lei mi guarda e dice al mio orecchio: -Tutto qui?- Quando la guardo ha sul volto quel sorrisetto che mi fa impazzire. Le nostre labbra si uniscono in un bacio più intenso e passionale. Per quanto mi dispiaccia mi divido da lei e senza parlare la carico in spalla e lei molla un urletto di sorpresa e si dimena cercando invano di liberarsi.
-Che ne dici allora di un bagno?
Quando esco dalla stanza busso due volte sulla pareste e il mio fedele maggiordomo si presenta all’istante:-Prepara il bagno-  e con un cenno di consenso sparisce dentro il muro con la stessa rapidità con cui è arrivato mentre io mi dirigo verso la stanza con la grande vasca interrata: la mia preferita.
Luna
Mi dimeno con le poche forze che ho ma lui non cede al massimo ride e dice: -prendila come il premio per il vincitore. L’umiliazione è davvero troppa. Adesso siamo io e lui nel bagno: i vapore dell’acqua invade la stanza e un profumo afrodisiaco annebbia la mente. Credo sia gelsomino. Subito dopo essere entrati Arthur mi poggia finalmente a terra, ma non neppure il tempo per insultarlo che lui mi ha praticamente già svestita slacciando le fibbie che tenevano la corazza unita. Sento le sue mani che sganciano la mi sfilano di dosso la tenuta e io non oppongo resistenza o per meglio dire non voglio opporre resistenza. In pochissimo tempo siamo entrambi nella vasca senza niente addosso. Sento le mani insaponate che passano tra i miei capelli, ma non lo vedo visto che è alle mie spalle. Non ho il controllo della situazione sono in completa balia del mio cuore. Quando i miei capelli sono puliti e profumati le mani di Arthur non si fermano e percorrono il mio corpo in ogni suo angolo. Senza il mio consenso dalla mia bocca escono suoni e piccoli gridolini indefiniti di puro piacere.  Tutto sembra passare in un attimo fino a che mi volto per rivoltargli contro la sua stessa arma. Prendo una noce di sapone pure io e con fare da gattamorta gli passo pe mani tra i capelli biondi e poi scendo fino al petto e percorro i muscoli asciutti del suo petto, ma lui ridendo mi prende per i fianchi e mi costringe a voltarmi di spalle e lo sento baciarmi lungo il collo e una attimo dopo non lo sento più alle mie spalle. Lo vedo fuori dalla vasca con un asciugamano avvolto intorno alla vita, si passa una mano tra i capelli portandoli indietro e mi guarda con un sorriso sornione. Con poche falcate lo vedo raggiungere la porta, ma poco prima si ferma a raccogliere qualcosa da terra per poi uscire silenziosamente e chiudersi alle spalle la porta. Un attimo dopo esco anche io dalla vasca e mi avvolgo un asciugamano attorno e con irritazione mi accorgo che la cosa che prima Arthur ha raccolto sono gli abiti con qui eravamo arrivato! Mi affaccio al corridoio. Lui è già in fondo davanti alla porta della mia camera… mi guarda…ed entra.
quando raggiungo la mia stanza lo trovo ad aspettarmi con le spalle appoggiate al muro e le braccia incrociate sul petto. Quando sono completamente entrata nella stanza chiude la porta con un piede e si avvicina a me. Lo guardo fisso negli occhi e mi sento strana… vorrei mi guardasse così sempre.
Arthur
Bella come una rosa, ma piena di spine. La desidero soltanto per me a costo di ferirmi per raccoglierla. Afferro il suo volto tra le mani e percorro con i pollice il profilo delle sue labbra arrossate per il bacio di prima. Il suo corpo e caldo contro il mio. Le impedisco i movimenti bloccandola alla porta mettendole una gamba tra le sue e fermandole le mani sopra la testa. Le do un altro bacio e lei risponde con passione e mi mordicchia anche il labbro inferiore. Mi stacco stupito e la guardo negli occhi, occhi colmi di desiderio e così belli da farmi perdere la tesata. Continua a guardami negli occhi e io le lascio le mani che si avvolgono intorno al mio collo. La stringo forte a me e lei mi bacia con ardore. La lascio fare. Mi passa una mano tra i capelli bagnati ed un brivido mi percorre la schiena. Il semplice asciugamano che la avvolge sta per cadere ma lei non ci fa caso. Non pensavo che il mio stupido gioco finisse così bene. Entrami abbiamo il respiro pesante,  poi avvicino le labbra al suo orecchio e sussurro:- “tutto qui” gattona?-. Sulle sue labbra appare quel sorriso poi si avvicina e le sue mani percorrono la mia schiena finche con ci pianta le unghie e mi sussurra all’orecchio:-Miaooo!- allora la sollevo leggermente da terra. Quasi la lancio al centro del gigantesco letto che c’è al centro della stanza. Lei ride reggendosi l’asciugamano con una mano. Le sto completamente sopra, e lei mi sfiora la pelle delle spalle ancora umida e con i segni delle unghie. Si solleva sui gomiti per avvicinarsi e baciarmi. Per vendicarmi dello scherzetto mi avvicino come per assecondarla e quando lei mi viene incontro mi allontano, lei mi cerca e solo dopo averla fatta penare per un po’ la bacio assaporando le sue labbra che ho tanto desiderato. Le nostre lingue si accarezzano e in corpo ho pura adrenalina. Le sue mani percorrono la linea del mio petto mentre io con una mano sulla sua coscia sfioro la sua pelle perfetta e la faccio sussultare. Le sue mani mi avvolgono stringendomi a lei. I nostri corpi sono come un'unica cosa. I nostri cuori battono all’unisono ad una velocità sconcertante. Resistere diventa sempre più difficile e il comportamento provocatorio di Luna  non aiuta. Faccio scendere i miei baci lungo il collo e proprio sotto l’orecchio la bacio la pelle prima con delicatezza poi con  più forza fino a lasciarle un livido violaceo che sarà il mio marchio su di lei. Adesso siamo solo io e lei e niente può rovinare i nostro momento.
 
**********Angolo Autrice**********
Scusate per avervi fatto attendere per così tanto tempo, ma mi mancava l’ispirazione. E poi ho trovato il mio nuovo Beta (dato che quello precedente non partecipava molto attivamente hahahaha). Vi ringrazio per la lettura e mi scuso ancora per il ritardo.
Ci terrei ad aggiungere anche che l’aspetto di entrambi i personaggi e stato modificato
Riassuntino veloce:
Luna: capelli castani mossi lunghi fino ai fianchi. Occhi blu
Arthur: Biondo capelli tenuti abbastanza lunghi, ma sopra le spalle. Occhi grigio-verdi con sfumature dorate.
Come al solito accetto: consigli, Correzioni, critiche costruttive e tutto il resto. Grazie e alla prossima.
EmmOz

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