Autore: miharu92
Fandom: Harry Potter
Personaggi: Albus Severus
Potter, personaggi originali vari
Raiting capitolo: Verde
Conteggio parole: 5574
Avvisi: //
Genere: Introspettivo,
Malinconico,
Betareader: Snoopy <3
Disclaimers: I personaggi
sono di proprietà intellettuale di chi ne detiene i diritti.
Non ricevo alcun profitto dalla stesura e pubblicazione di questa
storia, i fatti narrati non sono intesi a ledere l'immagine di
nessuno e qualsiasi similitudine a fatti realmente accaduti è
da considerarsi puramente casuale.
Capitolo
Primo; Brumous
"Of
grey skies and winter days; filled with heavy clouds of fog; relating
to winter or cold; sunless weather"
"Al
Sig. Albus Severus Potter,
Con
la presente La invitiamo a presentarsi al più presto al Centro
di Cura e Ricerca dei Disturbi Psichici 'Istituto Geelens'. La
preghiamo di rispondere tramite medesimo gufo indicando la data e
l'orario a Lei più comodi.
Confidando
nella sua comprensione,
Le
porgiamo i nostri più distinti saluti.
Dott.ssa
Florentia Vesela Åkerman
Docente
di Psichiatria presso l'Università Magica dei Disturbi
Psichici"
È
una gelida notte di gennaio
quando Albus riceve quella lettera. Sono anni che non ha contatti con
la comunità magica e quella povera bestia di un barbagianni ha
dovuto picchiare sul vetro della finestra in camera sua per parecchi
minuti, svegliando lui e il ragazzo sdraiato al suo fianco, prima che
l'uomo lo notasse.
«
Ma che cazzo… ? Albus, che rumore è?! » bofonchia
il più giovane, alzando appena la testa dal cuscino, «
Sono le tre di notte! »
«
Torna a dormire. » è
la fredda risposta di
Albus, ormai sveglio, « Sicuramente qualche ragazzino che si
diverte a lanciar sassi. »
«
Dannati mocciosi… » mormora il suo interlocutore,
richiudendo gli occhi e riaddormentandosi pochi istanti dopo.
Albus
lo guarda per qualche momento, chiedendosi se non sia meglio usare la
magia. Tanto dovrà cancellargli la memoria al mattino, la sua
agente gli ripete costantemente quanto non debba avere scappatelle
con i fan; ma è più forte di lui.
C'è
ancora il ricordo di un profumo che deve cancellarsi dalla pelle.
Decide
di alzarsi dal letto, il lenzuolo che scivola via dal suo corpo nudo,
coperto solo dai boxer, e si sposta nell'altra stanza con la certezza
che il gufo lo seguirà. Quando apre la finestra l'aria gelida
accompagna l'animale che si posa sullo schienale di una sedia,
guardandolo fisso con un'espressione che sembra quasi scocciata.
«
… ah no, non te la prendere con me. » borbotta, slegando
la lettera dalla sua zampa, « Non sono io che ti
ho
fatto volare con 'sto
tempo! » aggiunge, cercando poi nella dispensa qualcosa che
possa dargli da mangiare.
Non
sa quanta strada possa
aver fatto, quindi
preferisce farlo rimanere lì al caldo, con acqua e cibo,
piuttosto che ricacciarlo immediatamente in balìa
del vento gelido.
E
così, mentre il gufo si riprende dallo stress del volo, Albus
si accende una sigaretta e la tiene in bilico fra le labbra mentre
srotola quella pergamena dall'aria costosa. Gli porta alla mente un
mare di ricordi, densi come pece e minacciosi come tigri, bestie dai
denti affilati e dagli
artigli pronti a
dilaniargli la gola.
C'è
un motivo se ha deciso di distaccarsi dal Mondo Magico e quel motivo
è la propria sanità mentale.
Non
vi è più posto, per lui, fra i maghi.
Eppure
il suo passato ha deciso di bussargli alla finestra tramite un
barbagianni dall'aria parecchio offesa, con la calligrafia elegante
di una donna che lo invita nella sua clinica psichiatrica.
Cosa
possono volere da lui? È indubbio che negli anni abbia avuto
bisogno di un supporto psicologico, ma quel periodo è ormai
passato. Ora sta bene, ha una carriera di successo nel mondo della
musica; non esattamente la vita che ha desiderato, ma qualcosa che ci
si avvicina molto.
Può
considerarsi felice, tutto sommato.
Eppure
quella pergamena dall'aria piuttosto urgente lo riporta indietro di
decenni, strappandolo al presente e inchiodandolo a Hogwarts, nei
sotterranei; l'aria grigia e verde, un viso appuntito, la pelle
diafana, con occhi argentei e profondi--
«
No, ripigliati. » dice a
se stesso,
stringendo la pergamena fra le dita. Apre gli occhi, puntandoli
sulla prima cosa che vede
-il gufo- e inizia mentalmente a elencare
tutto ciò che
conosce su quegli animali.
'Sono
rapaci notturni.
Comuni sul territorio italiano. Il loro verso è simile al
russare di un uomo. Si cibano di piccoli roditori. Sono creature
semi-senzienti...'
L'animale
davanti a lui arruffa le piume, quasi gli avesse letto nel pensiero,
e Albus si calma, respirando lentamente e riprendendo il controllo.
Orribilmente fastidioso e familiare il modo in cui la sua mente
sembra vertere costantemente sulla sua persona. C'è stato un
tempo in cui il suo mondo girava solo ed esclusivamente attorno a lui
e lui soltanto, ma quegli anni spensierati sono ormai un ricordo
doloroso e lontano.
Non
ha bisogno di farsi del male in questo modo, non ne ha proprio
bisogno.
Con
gesti veloci si alza dalla sedia, spegnendo la sigaretta nel
portacenere e lasciando la pergamena sul tavolo, dirigendosi
all'ingresso e cercando fra le proprie tasche l'mp3. Quando lo trova
si mette immediatamente le cuffiette nelle orecchie, accendendolo e
impostando la riproduzione casuale nella cartella del suo ultimo
album.
Eccola,
la sua vita. Musica, parole, accordi, cd, servizi fotografici, tour
in giro per il mondo. Non c'è più posto per la magia,
che ancora gli scorre nelle vene, la sua esistenza è
totalmente nel mondo Babbano; e gli va più che bene così.
Perché,
ricorda,
a lui
i Babbani non piacciono,
non si sognerebbe mai di condurre una vita senza magia.
È
al sicuro.
Con
ancora la propria voce nelle orecchie a coccolare il suo ego, Albus
ritorna in cucina. Prende la prima penna che gli capita sotto mano,
facendo qualche ghirigoro a lato della pergamena per controllare che
scriva, prima di rispondere.
Ricorda
a memoria la propria agenda, non ha bisogno di ricontrollarla, e
anche se dovesse avere qualche altro appuntamento di poco conto lo
sposterebbe. Al momento questo ha la totale precedenza.
Gli
scheletri non decidono di uscire dagli armadi solo per poi attendere
pazienti che tu abbia tempo per loro.
«
Vieni, è tempo di tornare a casa. » mormora, richiamando
il gufo, il quale però apre minaccioso becco e ali,
impedendogli di legare la pergamena alla propria zampa.
«
Che diamine ti prende?! Avanti, dannato uccellaccio-- »
impreca, sottovoce, per
paura che il ragazzo nel suo letto si possa svegliare. Cosa che,
però, si premura di fare la bestia appollaiata sulla sedia,
spalancando il becco e facendo un rumore incredibile.
«
Taci, stronzo! » esclama Albus, andando a recuperare da un
cassetto la propria bacchetta e silenziando
quella bestia. Comunque
troppo tardi per evitare il danno.
«
… Albus? »
Il
ragazzo che era nel suo letto si trova ora sulla soglia della cucina,
una sua maglia addosso che gli copre a malapena i boxer e le dita a
stropicciarsi l'occhio. Sente il petto stringersi, dolorosamente, per
un ricordo che quell'immagine gli scaturisce.
«
Dimitri-- ti sei svegliato? »
«
Ho sentito un rumore assurdo e… Albus, ma quello è un
gufo?!
»
«
Ehm… no? »
Gli
occhi di entrambi sono ora sull'animale che, imperterrito, continua
ad aprire e chiudere il becco, nonostante non ne fuoriesca più
alcun suono. Dimitri si passa una mano sugli occhi, lo sguardo che
saetta dal gufo ad Albus fino alla sua bacchetta.
«
E quello a cosa serve? Perché hai un bastone in mano? Albus,
che sta succedendo?! »
L'uomo
si stringe la base del setto nasale fra pollice e indice, sospirando.
Sperava di poter combinare ancora qualcosa, con quel ragazzo, prima
di riportarlo a casa, ma evidentemente il karma deve avere tutt'altri
piani per lui.
«
Mi dispiace molto, Dimitri, sei un caro ragazzo. » inizia,
mentre il giovane lo osserva confuso e spaesato, « Davvero, mi
stavi simpatico. » continua Albus, portandogli la bacchetta
alla fronte e sospirando. Il ragazzo lo guarda senza capire per poi
spalancare gli occhi, le labbra un poco dischiuse, prima che il suo
intero corpo si ammorbidisca come burro fuso.
Albus
lo afferra con un braccio prima che cada a terra, lasciando la
bacchetta sul tavolo e portandolo in camera.
«
Dormi, Dimitri. Domani ti porto a casa. » sussurra,
accarezzandogli i capelli fin troppo chiari e rimboccandogli le
coperte. Non ricorderà nulla del loro incontro, di essere
andato a letto con lui e dell'averlo visto puntare un pezzo di legno
contro un barbagianni. Nella sua memoria tutto quello sarà
nulla più di un sogno molto strano.
Albus
chiude gli occhi, sospirando, e ritorna in cucina dall'animale che
ancora non si è deciso a calmarsi.
«
Contento?! » sbraita contro la bestia, che sembra rispondergli
nonostante il mutismo forzato, « Odio usare la magia sui
Babbani, dannazione. » continua, voltandogli le spalle e
aprendo la dispensa per versarsi un bicchiere d'alcool.
Le
vecchie abitudini sono le ultime a morire e sono quelle che fanno
maggior fatica.
Inspira
profondamente l'odore del liquore prima di ingerirlo, gustandoselo e
rigirandoselo sulla lingua. L'effetto è immediato ed è
convinto che non abbia nulla a che fare con l'aver effettivamente
bevuto ma sia più un "effetto placebo". I suoi
muscoli si rilassano, la sua mente si svuota e la calma ritorna in
suo possesso.
Posa
il bicchiere sul lavello, passandosi la mano sul viso, e lancia
un'occhiataccia al gufo che sembra invece guardarlo trionfante.
«
Vuoi partire domani mattina, piccolo demonio? » domanda,
retorico, mentre scuote la testa e si dirige verso la camera, «
E parti domani mattina. Ma non fare casini mentre dormo che
altrimenti ti spenno vivo. » lo minaccia, spegnendo la luce e
mettendosi sotto alle coperte.
Assurdo
come persino un dannato barbagianni gli ricordi lui.
~*~*~
Quando
la sveglia suona, la mattina seguente, Albus è già
seduto sul letto; un paio di jeans appena scoloriti, una canotta
nera, i capelli ancora umidi dalla doccia appena fatta e fra le
labbra una sigaretta accesa.
Poco
prima dell'alba ha portato Dimitri a casa, curandosi di rivestirlo e
di controllare che non ci fosse traccia del suo passaggio nella
memoria di quel giovane, poi si è Smaterializzato nuovamente a
casa. Ha sistemato l'ambiente con un tocco di bacchetta, il gufo
(soprannominato amorevolmente "Lucifero") già in
viaggio con la sua risposta, e si è fatto una veloce doccia.
Si prospetta una lunga giornata, visto e considerato che ha dormito
pochissimo e la preoccupazione gli impedisce
anche solo di pensare di
fare colazione.
Ha
ragionato a lungo su cosa possa significare quella lettera, ma tutte
le opzioni gli sembrano plausibili e terribilmente sbagliate in egual
misura. Che si tratti di un suo familiare? Forse suo padre è
definitivamente impazzito per tutto il lavoro del quale si è
sempre sobbarcato. Oppure sua madre, troppo impegnata a districarsi
fra la carriera sportiva e tre figli disastrati. James gli sembra
quello meno plausibile; non perché non abbia anche lui la sua
dose di problemi, bensì
perché risulta
quello meno incline a farsi aiutare. Dopotutto è stato il
primo a distaccarsi dalla famiglia invece di affidarsi a loro per un
appoggio che gli avrebbero donato incondizionatamente.
Non
ricevono neanche più le sue striminzite e fintissime lettere
per Natale.
'Forse
è morto.'
pensa Albus, con l'ombra di una fitta al petto;
se di
rabbia o di dolore è
difficile a dirsi.
E
se si trattasse di Lily? Albus ne dubita, è sempre stata la
migliore fra di loro; attraente, decisa, con abbastanza forza morale
da tenersi insieme nonostante attorno a lei gravitassero personalità
distrutte (e distruttive) come i suoi fratelli, suo padre e sua
madre.
È
proprio vero che la guerra dura molto più a lungo di quanto
venga ricordata sui libri.
Passano
pochi minuti dal suono della sveglia e il cellulare inizia a
squillare per i messaggi della sua agente. Albus si passa una mano
sul viso, scacciando più che può i pensieri che lo
affliggono, e aspira una lunga boccata di fumo dalla sigaretta mentre
allunga la mano per recuperare il telefono.
Da:
Marta
Sorgi
e splendi, raggio di sole, oggi è uno dei tuoi giorni
preferiti~
Fra
trenta minuti ti voglio sveglio, scattante e fresco come una rosa in
camerino, per il servizio fotografico che stai rimandando da una
settimana.
Se
lo rimandi ancora ti spezzo le gambine <3
Poi
hai una veloce intervista, poche domande, ma mi raccomando: sexy e
sorridente come al solito!
Dopodichè
REGISTRAZIONE! L'avevo detto che è il tuo giorno preferito,
no?
Ti
aspetto in camerino, splendore, a dopo!
Da:
Albus
Buongiorno
anche a te, uragano. Ci vediamo in camerino, ma portami del caffè.
È stata una nottataccia.
Mentre
Albus osserva distratto il fumo che abbandona la sua bocca,
disperdendosi nell'aria, cerca di deviare la sua attenzione da quella
dannata lettera al proprio lavoro; o, più precisamente, tenta
disperatamente
di sradicare
le radici che la sua testa
ha piantato nel passato e riposizionarle nel presente, dove devono
stare.
Se
davvero la sua forza e il suo benessere possono essere destabilizzati
così facilmente, pensa, deve farsi rimborsare i soldi dalla
psicologa che lo ha seguito per anni. Credeva di essere guarito,
credeva di essersi lasciato il mondo magico e le sue assurdità
alle spalle, credeva davvero di poter sfuggire a tutto ciò che
lo aveva ferito, nel tempo.
Ma,
si risponde, non è mai davvero scappato. Non ha mai davvero
smesso di essere un mago, l'energia magica gli scorre nelle vene e
-se non viene dispersa a dovere- gli pulsa fastidiosa nelle tempie,
spingendo da sotto la sua pelle e ruggendo sui suoi nervi. Non ha mai
davvero lasciato Hogwarts alle spalle né tantomeno lui e tutto
ciò che gli ha fatto provare.
Tutto
ciò di cui lo ha colmato e tutto ciò che gli ha tolto.
Non
è sicuro di come quella consapevolezza lo faccia sentire, il
pensiero che tutto il lavoro svolto con la psicologa sia stato solo
un mentire a se stesso, ma dopo qualche istante sente distintamente
la rabbia assalirlo. La sente vorticargli nella testa, nel petto,
dietro gli occhi; la sente danzare dispettosa su ognuno dei pensieri
che maggiormente gli procurano dolore, ridendo divertita dal sangue
che vede sgorgare dalle ferite ancora aperte.
Odia
se stesso per essere stato così stupido, così
orgoglioso, così codardo. Odia il mondo magico per essere così
tanto capace di trattenerlo a sé,
di impedirgli la fuga con le sue dita da ragno ricoperte di melma.
Odia il proprio sangue che non riesce a far scorrere via dal suo
corpo, solo perché gliel'ha promesso.
«
Niente sangue, ti
supplico. Niente ferite. E ti prometto che prenderò peso. »
«
Lo farò. »
«
Giuralo, ti prego. »
«
Te lo giuro. Te lo
giuro, niente sangue. »
Vorrebbe
convincersi di odiare anche lui, di detestarlo, di trovare
orribilmente fastidioso il modo in cui anche solo il suo ricordo lo
possa distruggere e tenere insieme al contempo. Vorrebbe poterlo
urlare, l'odio che non riesce a costruire contro di lui, vorrebbe
gridarlo al mondo.
Ma
non può. Non è in grado di provare odio nei suoi
confronti, non ci riuscirebbe nemmeno se ne valesse della propria
vita.
Dopotutto,
come può odiare qualcosa di così bello, di così
ammaliante?
Come
può odiare qualcosa che così tanto pare la
rappresentazione di un intimo dolore che non si riesce a spiegare,
che non si riesce a mandar via?
Come
si può odiare la sensazione che, come un veleno, si spande
nella cassa toracica, mozzando il respiro e aumentando il battito
cardiaco, rendendoti così vibrante di vita in quel frammento
di tempo prima della morte?
«
Come veleno… » mormora Albus al silenzio, piano, prima
di spegnere la sigaretta
e alzarsi dal
letto.
Si
prepara per uscire lasciando i propri pensieri fra le lenzuola
sfatte, nelle pieghe dei propri vestiti, spalmati sul pane imburrato
che riesce in qualche modo a mandar giù; possono
stare ovunque vogliano, a patto che si tengano lontano dalla sua
testa.
Quando
finalmente esce dalla propria abitazione,
l'aria fredda della notte
non ha ancora abbandonato completamente le strade e le case,
nonostante l'ora, attaccandosi alla pelle e pizzicandola un poco.
Vortica lenta attorno alle caviglie e risale dispettosa fino ai
polsi. Albus si stringe nel cappotto, camminando a testa bassa e
il passo veloce,
quasi a voler sfuggire
dalle sue preoccupazioni.
È
stupido, si dice, considerarsi persone adulte e soddisfatte della
propria vita per poi ridursi a scappare da dubbi che attanagliano
come rovi spinati. Non sa cosa quella dottoressa possa mai volere da
lui, con una tale urgenza poi, quindi la sola soluzione al momento è
attendere,
nonostante la
curiosità e l'ansia lo stiano divorando da dentro.
Aumenta
di poco il passo mentre svolta in un vicolo cieco, inspirando
profondamente prima di puntare il piede a terra e, in un frusciare di
stoffa, sparire come risucchiato dall'aria. Si Smaterializza nel
vicolo dietro l'edificio nel quale si svolgerà il servizio
fotografico e spinge la maniglia della porta di emergenza
mentre si scompiglia i
capelli.
«
Albus, dannazione, sei in ritardo! »
Una
voce femminile richiama la sua attenzione.
La
proprietaria sfreccia verso
di lui per afferrargli il bavero del giubbotto con una mano e
trascinarlo
dietro di sé.
«
Buongiorno anche a te, Marta. » ridacchia l'uomo, facendosi
tirare,
mentre saluta con un gesto
della mano le altre persone che assistono divertite alla scena.
«
Buongiorno un
paio di balle, tesoro! Ti avevo detto di essere qui in trenta minuti,
ce ne hai messi trentacinque! Io come devo fare con te, me lo
spieghi?! »
L'uomo
non risponde immediatamente e segue la ragazza nel proprio camerino,
dove del caffè
ancora ben caldo emette
placido del vapore dall'enorme bicchiere in carta nel quale è
stato riposto.
«
È assurdo come tu sia sempre in ritardo,
non me ne capacito... » borbotta Marta, lasciandogli andare il
giubbotto e camminando avanti e indietro.
«
Oh,
caffè!
»
«
Sei totalmente irresponsabile, per fortuna non fai così ai
concerti! »
«
E tu sei fantastica, Marta. » mormora l'uomo, sorridente,
assaporando la bevanda amara che gli riscalda piacevolmente la gola.
«
Non capisco perché io faccia ancora i salti mortali per te, ti
vizio troppo! »
«
Sono un uomo fortunato. »
«
Mi dai sui nervi, sei antipatico! » conclude la donna, una mano
sul fianco e l'altra a
indicare l'uomo, le gambe
larghe, « Sei davvero antipatico, Albus Potter! »
L'interpellato
continua a sorridere, posando il bicchiere e prendendo la sua mano
con la propria, avvicinandola alle labbra.
«
Sai cos'altro sono, Marta? » domanda, posando un bacio sulla
pelle delle sue dita, continuando a parlare mentre la ragazza alza
gli occhi al cielo, « Sono la persona più fortunata
della Terra. » un altro bacio, al polso, « E sai perché?
» chiede, posandole un terzo bacio all'avambraccio, «
Perché ho un angelo moro, » bacio al gomito, «
bellissimo » bacio al bicipite, « straordinariamente
capace » bacio alla spalla, « come te, nella mia vita. »
le bacia la guancia, mostrandole il suo sorriso migliore, «
Cosa per la quale
ringrazio Dio ogni giorno. »
«
... Albus, tu non credi in Dio. »
«
Dettagli, dolce creatura, dettagli! »
Marta
sbuffa, mal nascondendo un sorriso divertito, e si districa dalla
flebile presa dell'uomo, lasciandogli così modo di ridere,
appena roco, e ritornare al proprio caffè.
È
così semplice fingere, dimenticare, scrollarsi di dosso i
propri demoni e farli attendere alla porta, in fila; ad Albus sembra
così semplice, ma sa perfettamente che i suoi demoni non si
allontaneranno dalla porta ma che,
al contrario,
attenderanno famelici il
suo ritorno, graffieranno il legno e gorgoglieranno il loro desiderio
di afferrarlo, toccarlo, colmarlo e abbatterlo.
È
così facile fingere quando si trova al lavoro, quando si trova
con Marta. Se il suo cuore non fosse già stato sradicato
dal proprio petto e donato
a lui ancora pulsante, forse potrebbe innamorarsi di lei. La loro
vita sessuale non sarebbe soddisfacente, vista l'omosessualità
di Albus, ma forse sarebbero felici.
C'è
stato un momento, nella sua vita, nel quale ha realmente pensato di
poter stare con quella
donna. Poi il pensiero di lui tornava a coccolarlo ogni sera,
cullandolo fra i rovi e le spine con il dolce canto delle sirene, e
Albus aveva compreso quanto si sentisse sporco e sbagliato all'idea
di amare qualcun altro.
Mentre
termina il suo caffè,
Marta lo fissa con quegli
occhi verde scuro, terreno, che sembrano capaci di leggerlo in modi
impossibili ad altri. A volte lo spaventa quella piccola donna, e se
non fosse certo di non aver sentito alcuna vibrazione magica
provenire da lei giurerebbe di saperla praticare la Legilimanzia.
«
Albus, è tutto a posto? » gli domanda dopo qualche
istante, con quella voce che l'uomo non riesce a sopportare; così
interessata, dolce, carica di cristiana pietà... lo fa sentire
in difetto, bisognoso d'aiuto, e non è così che
desidera sentirsi.
«
Sì. » risponde, scrollando una spalla, « Non ho
dormito bene. Mi porti dalla truccatrice per il servizio? »
Marta
lo osserva ancora per qualche istante, nel quale Albus cerca di
tenere uniti i pezzi della propria maschera,
per poi sospirare e rilassare le spalle, gli occhi
socchiusi.
«
Certo. Il caffè
era buono? »
«
Squisito! »
~*~*~
Il
servizio fotografico è durato appena un ora e mezza ma Albus
ha già il forte desiderio di mettere mano alla bacchetta. Per
quanto odii
fare magie sui Babbani, in
quel momento non ci penserebbe due volte ad affatturare chiunque si
frapponga sul cammino
fra lui e la sicura
solitudine di casa propria.
«
Albus? » lo chiama Marta, distogliendolo dal cellulare, «
Vieni, devi fare l'intervista! Il giornalista è arrivato... »
L'uomo
inspira, posando il cellulare e seguendo la ragazza che si mette al
suo fianco senza parlare. Non è un buon segno.
«
Sei stato bravo, durante il photoshoot. » gli dice, finalmente,
spezzando il silenzio, e Albus si irrigidisce un poco. C'è
qualcosa nell'aria che pare sul punto di spezzarsi.
«
Ti ringrazio. » risponde, cauto.
«
Di solito sei straordinario. Sei davvero sicuro che non sia accaduto
nulla? » domanda Marta, e Albus ha la netta sensazione che la
cosa sul punto di spezzarsi sia la propria maschera. E ancora sente
un moto di disturbo, sente di non poter sopportare Marta, percepisce
la rabbia danzargli nelle vene e suggerirgli di allontanarla, di
farla stare al suo posto.
'Come
si permette di interessarsi?'
sembra sibilare l'ira, al suo orecchio, 'Non
rientra nelle sue mansioni.'
aggiunge, e Albus ha bisogno di inspirare ed espirare qualche volta,
a occhi chiusi, per scacciare il desiderio di farle
del
male.
«
Te l'ho detto, ho solo avuto una nottataccia. » la rassicura,
cucendosi sulle labbra il miglior sorriso che il suo repertorio sa
offrire, mettendo la mano alla maniglia della porta, « Il caffè
era squisito. Ah, sexy e
sorridente giusto? » le domanda, con un occhiolino al quale
Marta risponde con un gesto affermativo del capo
e
un leggero sorriso, «
A dopo, tesoro. » aggiunge, aprendo la porta per poi
richiuderla alle proprie spalle, forse un po' troppo frettolosamente
per sembrare davvero naturale.
E
sente d'aver appena estraniato l'intero mondo dalla propria vita,
perché Marta è la sola persona alla quale abbia
permesso di avvicinarsi
abbastanza, la sola persona che lo sappia leggere così
facilmente. Beh, l'unica dopo...
«
Buongiorno, Albus, sono Dennis Kerwar del Glamour, è un
piacere incontrarla! Sono un suo grandissimo fan! »
La
voce giovanile del giornalista distrae la mente dell'uomo da una
spericolata discesa verso il baratro, ma quando si volta è il
suo aspetto a spingerlo oltre il precipizio.
Il
ragazzo è snello, la figura longilinea resa più alta
dagli stivali e dai jeans aderenti, il viso pulito di chi non è
ancora un adulto. Ma ciò che Albus trova dolorosamente
ammaliante sono i suoi occhi, come ghiaccio d'estate, e i suoi
capelli biondissimi, legati in un piccolo codino all'altezza della
nuca.
Si
sente mancare la terra sotto i piedi. Improvvisamente l'aria viene
risucchiata dalla stanza come se si stesse Smaterializzando, ma la
sensazione non smette, l'ossigeno continua a venir sottratto ai suoi
polmoni che, disperati, gonfiano il proprio petto.
Si
ritrova piccolo, con una lunga tunica addosso, una camicia inamidata
e una cravatta verde-argento sul petto. Si ritrova fermo su un
pavimento in pietra, la luce fioca a illuminare l'ambiente.
Improvvisamente non è più un adulto con una casa, una
carriera e una libertà che si è guadagnato da solo,
no;
improvvisamente torna a
essere un ragazzino che tenta disperatamente
di comprare la libertà
di cui ha bisogno
con il proprio corpo, che si bea dell'illusione di poter fare ogni
cosa, di guardare il mondo dalla sommità di una montagna
composta di lacrime, bugie, dolori e veleno.
«
Dove vai tutto
agghindato, Albus? »
«
Ho un
appuntamento col battitore di Corvonero.
»
«
... ancora? Non
gli avevi dato il ben servito?
»
«
È stato
una bella scopata, posso replicare. Tu non esci?
»
«
No, non questa
sera. Ti aspetto per le coccole, tesoro!
»
«
Contaci,
splendore. A dopo! »
«
Albus... ? Mi scusi, va
tutto bene? »
La
voce del ragazzo, di nuovo, lo trascina via dai propri pensieri,
sradicandolo
da un passato che non è
del tutto sicuro di odiare,
per riportarlo a un
presente che non è certo di apprezzare come credeva.
«
Sì, sì, è solo che... mi ricordi qualcuno. »
mormora piano, scuotendo appena la testa, la sua gola che pare
rifiutarsi di funzionare come dovrebbe. Se la schiarisce un poco e si
sfiora il collo con le dita.
«
Ma non è nulla di importante. Piacere mio Dennis, è
sempre una gioia incontrare un fan! » gli sorride, scrollandosi
di dosso i propri pensieri, e gli tende la mano con un'espressione
rilassata e sicura di sé.
'Sexy
e sorridente '
gli ha ricordato la propria manager, perché è così
che si è presentato al pubblico la prima volta; sono state
proprio la sua sensualità e il suo sorriso da ribelle a
garantirgli un'ampia schiera di sostenitori.
Ed
è così che deve mantenere la sua immagine.
Il
ragazzo sembra un po' spiazzato da quel cambio repentino, ma il
sorriso di Albus compie la propria magia e Dennis gli stringe la mano
con le gambe molli e l'espressione estasiata.
Mentre
si siedono sulle comode poltroncine, Dennis estrae dalla borsa un
registratore, posandolo sul tavolo accanto a loro, accendendolo.
«
Questo mi servirà per riportare fedelmente le sue parole,
spero non sia un problema... » incomincia il giovane,
spostandosi una ciocca di capelli dagli
occhi, e a quelle parole
Albus sorride.
«
Se avessi problemi con la mia voce registrata non farei il cantante.
» scherza, e nota immediatamente le spalle del ragazzo
rilassarsi e le sue mani smettere di muoversi frenetiche in cerca di
qualcosa da fare.
«
Ha ragione-- »
«
E dammi del tu, Dennis; non ho vent'anni ma cerchiamo di non
sottolinearlo! »
Il
giornalista ridacchia appena alla sua battuta, mentre i suoi occhi
chiari risplendono di concentrazione e risolutezza. Il suo imbarazzo
e l'emozione di trovarsi
davanti il proprio idolo
sembrano essere sostituiti dalla professionalità.
Gli
sta già molto simpatico.
«
Già, quanti sono esattamente? » domanda sornione, con
uno spirito impudente da vera Serpe, e Albus posa il gomito al
bracciolo della poltroncina, reggendosi il viso con il pugno.
«
Quaranta esatti, compiuti quest'anno. » risponde leggero, «
E di quella festa si sono nutriti per settimane i giornali
scandalistici. » ridacchia, scuotendo divertito la testa.
«
Si riferisce agli scatti che la ritraggono in situazioni
compromettenti con un altro uomo? »
Albus
inarca un sopracciglio.
«
Stavamo limonando, sì. » lo corregge, trovando
divertente il modo in cui quel ragazzino si esprime; dev'essere una
deformazione professionale dei giornalisti.
«
Lo avrei definito più come 'scopare contro al muro'. »
risponde Dennis d'istinto, per poi spalancare gli occhi e avvampare,
espressione che fa scoppiare a ridere il maggiore, una mano sul viso.
«
Non-- Non intendevo, io... ! »
«
Le hai viste, eh? » chiede Albus, ancora ridendo e guardandolo
con un ghigno
divertito in viso. Il
ragazzo sembra mortificato, e sposta gli occhi dal cantante al
registratore, ripetutamente.
«
Forse... ? » tentenna, per poi cedere al sopracciglio inarcato
di Albus, « Okay, lo ammetto: le ho viste. Ma puramente per
ragioni lavorative! »
«
Certamente.
»
«
È vero! » si difende il giovane, l'imbarazzo che lo
rende semplicemente adorabile, e Albus sente il folle desiderio di
averlo risalirgli la spina dorsale. Gli somiglia così tanto...
è perfetto! Si domanda come potrebbe apparire disteso su un
lenzuolo immacolato, una benda a coprirgli gli occhi, il petto
inarcato per accogliere le ondate di piacere che lui sa donargli, i
capelli a raggiera attorno al suo viso perso nell'estasi...
«
Comunque » inizia Dennis, inspirando profondamente, «
torniamo all'intervista. Ormai sappiamo tutti la s-- la tua storia:
vincitore di un talent show per giovani promesse alla tenera
età di appena
diciotto anni, avvicinato dal manager
di una piccola casa
discografica,
incidi il tuo primo
singolo, "Sweet
Destroyer",
che resta in cima alle classifiche per due settimane. »
«
Hai fatto i compiti a casa, vedo... » commenta compiaciuto
Albus, parole alle quali Dennis risponde con un sorriso.
«
La tua carriera, però, decolla quando firmi il contratto con
la tua attuale casa discografica e il secondo singolo "Whispers"
viene pubblicato all'interno di un album -"Dirty"-
di dodici canzoni dalla spiccata sensualità e ritmo rock. E
dal primo tour americano, la strada è tutta in discesa;
interviste, nominations, premi, apparizioni in programmi televisivi,
addirittura una comparsa in un telefilm nei panni di te stesso e come
personaggio secondario in un film dove appari in jeans e senza
maglietta mandando letteralmente in tilt milioni di fan. »
«
L'hai visto quel film? » gli domanda l'uomo a bruciapelo.
«
Tre volte, ma non è questo il punto! » ribatte, fra le
risa del maggiore, « Quello di cui volevo parlare riguarda la
svolta avvenuta a ventidue anni. Il tuo stile e la tua musica hanno
risentito di qualcosa accaduto nella tua vita personale? »
La
risata di Albus si spegne lentamente.
Ricorda
con perfezione cos'è accaduto in quel periodo, ma non è
certo di voler condividere quella parte della sua vita, del suo
cuore.
«
Sì, è accaduto esattamente questo. »
Una
pausa, il silenzio che pizzica la pelle.
«
Me ne puoi parlare? » domanda il ragazzo, con molto più
tatto di quanto abbia mai visto rivolgergli da parte di coloro che si
sono trovati prima di lui a porgergli una domanda simile. Albus è
sempre stato molto ermetico al riguardo, vedendosi obbligato per
marketing a dare qualche velato indizio, ma nulla di più.
«
No. » risponde deciso, « Posso dirti cosa ho già
detto ad altri prima di te. All'epoca c'era una persona molto
importante nella mia vita, che avrei voluto mantenere al mio fianco,
ma così non è stato. Le nostre strade si sono divise e
non ci sentiamo da allora. » spiega, con l'amarezza nella voce,
e vede il ragazzo mordersi il labbro, a disagio.
«
Va benissimo così. Ma questo mi porta a un'altra domanda. Ci
sono stati numerosi articoli al riguardo, più o meno
lusinghieri, ma desidero sentire con le mie orecchie la risposta: la
tua vita di coppia. »
Nonostante
l'amarezza, Albus non riesce a trattenere una lieve risata. Li ha
letti tutti gli articoli su di lui, dal primo all'ultimo, da quelli
delle testate più famose a quelli del più sperduto blog
su internet. Sa benissimo cosa dicono di lui, e questo gli ha sempre
dato forza, più che abbatterlo.
Come
gli è stato insegnato da lui, che si è sempre fatto
vanto di come -per uno con il suo cognome- i pettegolezzi non fossero
altro che "semplice pane quotidiano".
Dennis
ignora la sua risata, e prosegue.
«
Non hai mai intrattenuto una relazione stabile, almeno non ne è
mai giunta notizia alla stampa. Come mai? »
«
Mi piace divertirmi. » risponde semplicemente, con una veloce
alzata di spalle, « Serate, locali, discoteche, pub... non
potrei condurre questa vita se fossi legato a qualcuno. »
«
Quindi non ha nulla a che fare con la persona alla quale hai
accennato
prima? » chiede
Dennis, quasi a bruciapelo, ed è il suo tono interessato a
spiazzare maggiormente Albus. Non è certo se quel ragazzino
sia sincero o solo molto bravo nel suo lavoro, ma nonostante tutto
non riesce a rispondere con un secco "No". Vorrebbe farlo,
lo vorrebbe davvero, ma la gola si chiude e la bocca si secca; perché
è vero, dannazione, inutile mentirsi.
Ha
cercato di convincere se stesso che il solo motivo per cui non si è
mai impegnato in una relazione fosse per mantenersi libero, ma non è
così.
'Sei
un bugiardo, Albus, solo uno schifoso bugiardo.'
si rimprovera,
mentre il petto si stringe dolorosamente e la cassa toracica diventa
un covo di serpi.
«
... Albus? » lo chiama Dennis, la voce tinta di preoccupazione,
« Tutto bene? Non volevo metterti a disagio, possiamo cambiare
argomento se-- »
«
Arrivo subito. » lo interrompe l'uomo, alzandosi bruscamente
dalla poltroncina e praticamente gettandosi alla porta, spalancandola
per percorrere il corridoio a passo spedito. Da una spallata a
qualcuno ma non riesce a voltarsi e chiedere scusa. Qualcun altro lo
chiama, a gran voce, ma la porta di servizio è proprio davanti
a lui e preme sul maniglione antipanico con una forza tale da farla
sbattere contro il muro,
quando si apre.
L'aria
fredda lo colpisce in viso, il gelo si intrufola sotto la pelle, ma
va
bene così. Lo aiuta
a concentrarsi, a rimanere arpionato al presente, ben saldo al luogo
in cui si trova.
È
in America, sta lavorando, è un cantante famoso; non si trova
a Londra, sperduto nella propria vita e naufrago nelle proprie
emozioni.
Così
non va bene, se ne rende conto, non può ridursi ad avere un
attacco di panico durante una semplice intervista, con un ragazzino
troppo simile a chi si è lasciato alle spalle.
«
Albus. »
L'uomo
non si volta, non ne ha bisogno, e si passa una mano sul viso mentre
Marta continua a parlare.
«
Ho detto al giornalista che l'intervista è finita. Mi sono
proposta di rispondere io alle sue rimanenti domande, in tuo nome, ma
ha rifiutato. Si è scusato e ha lasciato il suo biglietto da
visita, nel caso volessi "riprendere da dove avete lasciato",
così ha detto. Ricordati solo cosa ti ho raccomandato,
riguardo ai rapporti con i tuoi fan, confido
nel tuo buonsenso. »
La
sua voce è pragmatica, parla senza giri di parole, dritta al
punto. E fa male, in un modo quasi dolce, ma Albus non è un
bambino e sa benissimo che è esattamente ciò di cui ha
bisogno. Non vuole essere coccolato e protetto, sa che necessita di
avere la verità e la realtà gettate in viso come acqua
gelida.
«
Grazie... ti devo molto. »
«
Vai a casa. Siamo in anticipo sulla tabella di marcia per il nuovo
album;
ti puoi prendere una
giornata libera. »
«
Domani mattina non ci sono. Arrivo nel pomeriggio. » la avverte
Albus, con un tono che indica quanto personale e inderogabile sia
l'impegno che si è preso. Di spalle, non vede Marta
assottigliare le labbra e inspirare dal naso, gli occhi vibranti.
«
D'accordo. »
«
Ho bisogno di cantare. »
«
D'accordo, Albus. »
«
Ti assicuro che starò meglio. »
«
D'accordo. »
L'uomo
stringe i pugni, voltandosi con una fitta al petto.
«
Davvero, devi credermi... »
«
Albus, ti credo. » lo interrompe lei, avvicinandosi e
passandosi le dita fra i capelli prima di posarle al suo petto, «
Ma tu devi ricordarti che oltre a essere la tua manager sono tua
amica. Solo questo. Se hai qualche problema, io ci sono. »
La
fitta al petto di Albus si intensifica, e le prende la mano nelle
proprie con una rara dolcezza.
«
Ti ringrazio, Marta. Ti ringrazio davvero. »
Fine.
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