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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Nel bagno di Casa Salvatore. *** Capitolo 2: *** Bonnie. La risposta a tutte le domande. *** Capitolo 3: *** Fratelli minori. *** Capitolo 4: *** Cerchiamo di rimettere insieme i pezzi. *** Capitolo 5: *** Il nome. *** Capitolo 6: *** Matt è meglio di uno psicologo. *** Capitolo 7: *** Minacce, promesse e tanto amore. *** Capitolo 8: *** La cura. *** Capitolo 9: *** E alla fine arriva Rick. *** Capitolo 10: *** La nostra possibilità ***
Non
poteva credere di essere rinchiusa in quel bagno.
Non
poteva nemmeno pensare di averci creduto davvero per qualche secondo.
Come
era possibile?
Si
sentiva sciocca, stupida.
Seduta
nella vasca di Casa Salvatore, nel bagno di Damon.
Le
braccia che circondavano le ginocchia tenendole unite.
Da
lontano sarebbe potuta sembrare una scatola chiusa. La testa ripiegata sulle
ginocchia e il volto coperto dalle braccia mentre i capelli le ricadevano lisci
sulla schiena.
Non
voleva vedere nulla, non voleva che Damon la trovasse lì. Si sarebbe fatto
delle domande. Presto avrebbe capito le risposte e lei non avrebbe fatto altro
che sentirsi ancora più stupida.
La
cosa che la faceva riflettere di più è che ci aveva sperato.
Aveva
veramente sperato che quel bastoncino bianco le avrebbe detto che sì,
nonostante fosse un vampiro, avrebbe avuto un bambino da Damon.
Perché
fra loro non era mancato niente.
C’era
stato il sesso, e che sesso!
C’era
l’amore.
C’era
la voglia di stare insieme.
E
soprattutto c’era il per sempre. Non quello che si dicono i comuni mortali. Non
quel lasso di tempo che comprende una vita umana.
Quello
che avrebbero potuto avere lei e Damon per essere genitori era una vera
eternità.
Per
sempre.
Come
poteva aver creduto anche solo per un momento che potesse essere incinta?
Era
una vampira e i vampiri non si riproducevano.
Era
stata la prima lezione di Damon, durante il loro primo viaggio.
“Non
possiamo riprodurci, ma ci piace provarci.” Adesso che anche lei era un demone
immortale, doveva dargli ragione. Provarci gli piaceva.
Ma
andare a credere che per lei le regole erano diverse era da pazzi.
Era
una doppelganger.
Per
lei molte regole erano diverse.
Perché
questa no?
-Dove
ti sei nascosta?- La voce di Damon proveniva dal piano di sotto. Stava ridendo,
si sentiva dal suono della sua voce, così calda.
Elena
sapeva benissimo che l’avrebbe trovata.
Il
solo respiro poteva guidarlo da lei.
Neanche
un secondo e anche Damon era in bagno con un sorriso sulle labbra che
prometteva una serata veramente divertente.
Elena
non si era mossa di un centimetro ma sentendo il silenzio che era calato in
quella casa alzò la testa per incrociare i suoi occhi e sorridergli.
-Perché
sei nella vasca? Vestita.- La guardava in modo strano. Aveva capito che
qualcosa non andava.
-Ci
sto comoda.- Mentì Elena con un’alzata di spalle.
Lui
per tutta risposta si avvicinò al lavandino.
All’unico
oggetto in tutta la stanza a cui non avrebbe dovuto avvicinarsi.
Elena
avrebbe potuto scaraventarsi sul lavandino prima di lui e rompere
quell’oggettino che la rendeva ancora più patetica del solito.
Ma
non lo fece. Non ne aveva la forza.
Tutto
ciò che sentiva ora era vergona e odio per se stessa e la sua fervida
immaginazione.
-Questo
cos’è?- Chiese Damon allungando la mano verso il bastoncino bianco e
osservandolo attentamente quasi fosse cosparso di verbena.
-Una
sciocchezza! Io…io sono una stupida!- Sospirò Elena gettando nuovamente la
testa fra le ginocchia che le aveva fatto da scudo per tutto quel tempo.
-E’
un test di gravidanza?! Perché hai fatto un test di gravidanza?- Continuò con
le domande Damon, alzando un sopracciglio come solo lui sapeva fare.
-Io…Niente
te l’ho detto è una cavolata.- Sospirò da dietro il suo muro fatto di pelle e
ossa la ragazza.
Damon
sprofondò in un lungo silenzio. Elena alzò la testa dal suo rifugio per
controllare che non fosse successo nulla.
-Elena.
E’ positivo.-
Buogiorno :)
Sono tornata a
scrivere in questo meraviglioso fandom con un'idea alquanto malsana.
Ora, io pensavo di
chiuderla qui, ma poi avrei lasciato molti di voi sulle spine. Quindi vi chiedo
se volete che vada avanti con la storia (vari problemi che sorgono ecc.) o se
semplicemente nel prossimo capitolo volete un finale.
Capitolo 2 *** Bonnie. La risposta a tutte le domande. ***
II.
Tutti vorrebbero una soluzione magica per i propri
problemi ma chiunque si rifiuta di credere nella magia.
Once Upon A
Time.
Fix you -
Savannah Outen
Ancora
non aveva capito bene se lui ne fosse felice oppure no.
Ricordava
cosa aveva detto quella volta, quando aprendo gli occhi alla luce calda del
mattino, aveva incrociato il suo sguardo e aveva confessato in tutta franchezza
che gli sarebbe piaciuto mettere su famiglia con lei. E adesso? Adesso che lei
aspettava un bambino non ne era felice?
L’aveva
semplicemente presa in braccio, così come solo lui sapeva fare, portandole un
braccio sotto le ginocchia e l’altro a sostenere le spalle. Lo sguardo di
ghiaccio fisso in un punto davanti a lui.
Elena
si era rannicchiata sul suo petto, che a dirla tutta, era molto meglio del
rifugio in cui era stata fino a quel momento. Poteva sentire il suo profumo e
sfiorare i suoi pettorali, nascosti da un sottile strato di tessuto nero.
Se
lo doveva ancora spiegare in realtà.
Chissà
perché Damon continuava a indossare capi neri?
Gli
stavano bene, questo era certo, ma era si era sempre chiesta come mai il nero
dominasse nel suo armadio.
Elena
ci stava ancora pensando su quando Damon l’aveva messa a sedere sul sedile
della sua auto. Le aveva allacciato la cintura di sicurezza, come se sarebbe
potuto essere utile, e una volta seduto al posto del guidatore era partito alla
massima velocità.
Destinazione
sconosciuta. Almeno per Elena.
Damon
sapeva dove stava andando e presto anche la sua compagna poté capire dove erano
diretti. La strada era così famigliare.
Bonnie.
Era
sempre la risposta a tutto e Damon sperava che anche questa volta potesse
averne una.
Come
al solito lui non si era fatto molti scrupoli. Aveva cominciato a suonare il campanello
fino a che la strega non era andata ad aprire.
Li
aveva invitati in casa.
Li
aveva fatti accomodare, anche se Damon preferiva stare in piedi e percorrere il
soggiorno avanti e indietro. Sicuramente era in astinenza da alcool.
-E’
possibile che una vampira rimanga incinta?- Se ne uscì mezzo sorridente. Forse
cominciava a crederci anche lui o forse l’idea gli sembrava talmente ridicola
da dover trattenere le risate. Ma Elena adorava il suo sorriso.
-Che
hai combinato Damon? Non ti bastava asservire le ragazze? Adesso le metti anche
incinta?- Rispose ironica Bonnie, che notando gli sguardi seri dei due si
limitò poi a scuotere il capo.
-Allora
perché io sto aspettando un bambino da Damon?- Chiese Elena serenamente
portandosi una mano al ventre.
Bonnie
era immobile. Fissava Elena con lo sguardo sbarrato, vuoto. Non poteva credere
a quello che aveva appena sentito.
-E’
tutto vero.- Confermò Damon guardando la strega per poi passare lo sguardo
sulla ragazza seduta sul divano. La ragazza che amava e che ancora una volta
aveva messo nei casini.
-Chiamo
Shane. Vedo se sa qualcosa.- Disse con una voce che non sembrava per niente la
sua mentre di muoveva verso le scale e raggiungeva il piano superiore.
-Pensavo
che non ti piacesse Shane.- Punzecchiò Elena guardando con sguardo divertito
Damon.
Lui
si limitò a sedergli a fianco.
-Non
mi piace. Ma è l’unico che può capirci qualcosa.- Dichiarò Damon prendendo le
mani di lei fra le proprie.
-Lo
so che continuo a fare casini. Prima cerco di ucciderti. Poi mi innamoro di te,
mi faccio mordere da un lupo mannaro e per poco non rimango ucciso. Ho
trasformato tua madre. Ho cercato di trasformare te, nonostante sapessi che era
l’unica cosa che non volevi. Che avresti preferito morire. Ma io l’ho fatto lo
stesso. Perché mi saresti mancata, perché non avrei potuto sopravvivere senza
di te. E’ puro egoismo.
C’è
stata la storia dell’asservimento e pur sapendo che facevi qualunque cosa io
volessi, ho continuato a stare con te.
Stefan
aveva ragione.
Saresti
dovuta rimanere con lui. E’ lui quello buono.- Aveva abbassato lo sguardo.
Erano tanti anni che Elena lo conosceva eppure non lo aveva mai visto
vergognarsi di ciò che era, non con lei.
Allungò
una mano verso il suo viso e con una carezza gli fece alzare gli occhi fino a
che non incontrarono nuovamente i suoi.
-Non
mi hai uccisa.
Tu
mi hai sempre salvata.
E
l’asservimento, lo sai, Bonnie l’ha tolto, non c’è più nessun asservimento.
Io
ti amo e probabilmente non sarai un padre modello, ma sarai perfetto.- Elena
gli sorrise e non poté più smettere quando anche lui lo ricambiò incurvando le
labbra.
-Dovrò
smettere di bere il mio Bourbon?- Chiese fingendosi allarmato.
-Oh
no. Non saresti più lo stesso Damon senza sapore di Rum sulle labbra.- Sussurrò
Elena sporgendosi per baciarlo.
-E’
l’asservimento.- Pronunciò Bonnie dalle scale spezzando quello che era stato
fino a quel momento un fantastico incantesimo.
-Cosa?
Tu l’hai tolto ricordi?- Elena si era fiondata in piedi e ora urlava contro
l’amica.
-Io
ho fatto un incantesimo per farti agire e pensare di testa tua. Non ho fatto
nulla per impedire al tuo corpo di rispondere in modo positivo agli stimoli che
Damon ti manda.- Cercò di spiegarsi Bonnie.
-Cosa
significa?- Ora anche Damon era in piedi al fianco della vampira dai capelli
cioccolato.
-Che
probabilmente hai detto qualcosa tipo: “Potremmo avere un bambino.” E il corpo
di Elena ti ha obbedito. Quando tu le dici di fare qualcosa, come andare in un
posto, lei può decidere. Ma se tu le dici qualcosa che normalmente non è una
decisione presa con la testa, come l’essere incinta, l’asservimento funziona
ancora.-
Damon
portò lo sguardo sulla vampira. Ricordava perfettamente quella mattina in cui
aveva desiderato avere una vera famiglia con lei.
Quindi
era stato lui a metterla in quella situazione, come sempre, continuava a fare
disastri.
-Tutto
qui? Non c’è nessun problema.
Insomma
era quello che entrambi volevamo.- Esordì Elena con un sorriso sulle labbra.
Non gli importava come il suo corpo di immortale aveva creato quel piccolo, la
cosa più bella era che l’avesse fatto.
-Il
problema c’è Elena. Il tuo bambino sarà sotto totale asservimento di Damon.
Sempre.- Bonnie era seria.
Elena
era sicura di non averla mai vista così, forse solo quando recitava i suoi
incantesimi più difficili.
-Non
puoi usare l’incantesimo che hai usato su Elena?- Chiese Damon quasi leggendo
nella mente della vampira.
-Sono
due asserimenti diversi. Quello di Elena era parziale, condizionato dall’amore
che lei provava da umana per te. Quello del bambino è totale. E’ come se lui
fosse nato dall’asservimento.-
Elena
aveva odiato quell’ultima frase. Il loro bambino era nato dall’asservimento?
Come
osava dirlo?
Lui
era nato dal loro amore.
Da
quello che provavano lei e Damon, l’una per l’altro.
-C’è
un modo per riuscire a togliere l’asservimento?- Chiese Damon, lo sguardo che
pregava ci fosse una soluzione che non implicasse il dover uccidere il bambino
o peggio, Elena.
-Una
soluzione c’è.- Disse Bonnie facendo calare ancora più silenzio in quella casa.
Non
c’erano respiri, non c’erano rumori. Era come se il tempo si fosse fermato lì.
Aspettavano
una risposta.
-Dovete
trovare la cura. La daremo al bambino, che non essendo più un vampiro non sarà
più asservito.- Bonnie rimase impassibile.
-E
dov’è?- Chiese Elena con gli occhi che brillavano di speranza.
-Nessuno
lo sa.- Sospirò Damon buttandosi sul divano.
Era
tutto perduto.
Non
era quello che voleva. Lui voleva una famiglia, non un robottino come figlio.
-Io
penso di avere un’idea.- E per la prima volta in quella conversazione sulle
labbra di Bonnie spuntò un sorriso.
Buongiorno
e Buon 2013! :)
Ecco
qui il capitolo nuovo.
Volevo
innanzitutto ringraziare tutti coloro che hanno letto e recensito il capitolo
precedente chiedendomi di continuare questa fanfiction.
Grazie *-*
Mi
scuso se è noioso, ma dovevo spiegare la situazione.
In
poche parole Elena non è più sotto asservimento grazie ad un incantesimo di
Bonnie. Adesso il vero problema è la cura…
Era
troppo presto perché il cellulare di Damon continuasse a suonare in quel modo.
La
luce del sole era appena entrata dalla finestra illuminando con quel magnifico
tono caldo i capelli di Elena.
Eppure
il telefono continuava a suonare. Doveva essere una cosa davvero importante, ma
Damon aveva di meglio da fare.
Elena
poggiava la testa sul suo petto e lui accarezzandole lievemente i capelli, la
stava facendo sognare.
Le
stava facendo vedere casa loro, la grande pensione dei fratelli Salvatore. Loro
due seduti sul divano, davanti al fuoco, lui che le cingeva le spalle con un
braccio. Un bambino giocava sul grande tappeto.
Sembrava
felice. Era tutto così perfetto, così magico e al tempo stesso così reale che
Elena non avrebbe mai voluto che Damon smettesse.
Riusciva
a sentire il calore del camino acceso, le risate di quel piccolo bambino. Aveva
i capelli color del cioccolato fuso, tagliati corti con un ciuffo ribelle che
cercava costantemente di coprire i due occhioni azzurri che brillavano di
felicità. Riusciva a percepire lo sguardo di Damon su di sé, anche se era
sicura che ogni tanto si distraesse a guardare quel loro piccolo miracolo.
Poteva
sentirlo, quella visione piaceva anche al bambino.
Quel
dannato cellulare però continuava a suonare ed Elena sapeva che c’era un motivo
se continuava a strillare.
-Dovresti
rispondere. Probabilmente è importante.- Sbuffò Elena cercando di non sembrare
indispettita.
Non
aveva ancora ben imparato a controllare le emozioni ingigantite che comportava
l’essere immortale, a volte i sentimenti prendevano ancora il sopravvento. Come
quando il suo cuore era saltato dalla gioia nel pensare che avrebbe avuto un
bambino, da Damon.
Lui
invece era più bravo, sapeva tenere tutto dentro, aveva represso la felicità
fino a che non era stato sicuro che fosse la verità, che nessuno si sarebbe
fatto male, e ancora adesso faticava a buttare tutto fuori.
Quel
sogno però era una conferma, lui voleva un bambino quanto lei.
-Sappiamo
entrambi chi è e cosa vuole.- Il sogno si era interrotto di colpo ed Elena
aprendo gli occhi e aveva subito incontrato quelli di Damon. Anche quello
poteva essere definito un sogno.
Pochi
secondi dopo però il sogno si interruppe di colpo, di nuovo. Damon si alzò dal
letto, raggiunse la cassettiera dove aveva lasciato il telefono la mattina
prima e rispose con freddezza:
-Si
può sapere cosa vuoi? Non sono tutti sempre liberi come te. Ho un’agenda piena
io.- Stefan aveva risposto sicuramente con uno sbuffo seguito da qualche seria
risposta, ma Elena non ci badava molto, stava ascoltando il bambino. Riusciva a
sentire il suo cuore battere, era velocissimo, molto più di quello della
ragazza.
-Si,
si lo so. Dobbiamo parlare. Vediamoci al Grill.- Chiuse corto Damon mentre già
indossava la sua camicia pronto a uscire e incontrare il fratello.
-Lo
sai, vuole parlare di te. Non crede ancora che ti ami, ma è così.- Sorrise
Damon ad Elena prima di raggiungerla, baciarla e scomparire dalla porta.
***
Il
Grill era, come al solito, un covo di ragazzi che cercavano un qualche svago in
quella città ben poco provvista di divertimenti.
Stefan
era già seduto al bancone. Davanti a lui si intravedeva un bicchiere che il
barista stava riempiendo scuotendo violentemente la testa.
-Ci
siamo scambiati i ruoli per caso?- Chiese Damon mentre alzando un braccio in
direzione del ragazzo dietro al bancone ordinava da bere anche per sé.
-Il
tuo Rum si sentiva solo.- Si limitò a sbuffare Stefan. L’idea che lui fosse lì
a buttare giù alcool senza nemmeno avere il piacere di ubriacarsi decentemente
e velocemente quanto un umano mentre suo fratello si divertiva con la ragazza
che amava non era un’idea che gli piaceva molto.
-Di
cosa mi volevi parlare?- Tagliò corto Damon svuotando il bicchiere che gli era
stato appena servito.
-Bonnie
mi ha raccontato tutto e volevo parlarne con te…-
-Ah,
la strega che tiene tutti i fatti per sé, eh.- La beffeggiò Damon alzando gli
occhi al cielo. Possibile che a Mystic Falls non si riuscisse a tenere un
misero segreto?
Stefan
finse di non aver sentito le parole del fratello e continuò con il suo
discorso.
–Sapevi
che avrei voluto parlarti. Insomma lei è…è…- Non sarebbe riuscito a finire la
frase. Poteva anche aver finto di accettare che la sua ragazza scegliesse Damon,
ma non gli era mai passato quel sapore amaro in bocca, non avrebbe mai smesso
di sentire quel rifiuto totale, praticamente assoluto, verso il fratello. E ora
si trovava lì a parlare con lui come se niente fosse. Ma lo stava facendo per
lei, solo ed esclusivamente perché, nonostante tutto, voleva il suo bene.
-Lei
non è, lei era la tua ragazza.- Specificò Damon cercando lo sguardo del
fratello. Doveva capire bene ciò che intendeva.
-E’
la ragazza che amo.- Poche parole, ma Damon poteva sentirlo, erano vere. Non lo
aveva mai sentito parlare di Elena in quel modo. Certo, aveva ripetuto
centinaia di volte che amava quella ragazza, ma mai in modo così diretto e
sincero, non con lui.
-Parlerò
con Caroline come mi ha chiesto Bonnie per quel favore e sono d’accordo sul
dare la cura al bambino, infondo, non lo nego, ho sempre desiderato che Elena,
come me, potesse vivere per sempre.
Voglio
solo il meglio per lei, e so benissimo, come d’altronde hai appena dimostrato,
che tu non sei quello giusto per lei. Combini solo casini e lasci pagarne a lei
le conseguenze.
Lei
farebbe di tutto per te, asservimento o no. E una volta lo avrei fatto anche
io, ma adesso basta. - Damon non poteva credere alle sue orecchie. Per tutti
quegli anni aveva vissuto con la consapevolezza che Kathrine amasse Stefan,
molto più di quanto avesse mai amato lui.
Aveva
dovuto convivere per gli ultimi due anni sopportando la visione della ragazza
che amava e suo fratello, insieme, sempre. Aveva creduto di dover passare
l’eternità nella consapevolezza che l’amore non gli avrebbe mai dato pace, che
non era fatto per essere felice, che avrebbe continuato ad osservare la
serenità delle famiglie da lontano per poi piombare fra loro e succhiare
avidamente dalle loro vene tutto ciò che erano stati, lasciandone solo un
cadavere su cui qualche parente avrebbe pianto.
Nonostante
tutto aveva sempre creduto che Stefan avrebbe donato la vita per lui,
semplicemente perché lui avrebbe fatto lo stesso.
Non
gli importava che fosse la causa della morte dell’amata madre, che fosse sempre
lui a fare innamorare le ragazze che amava. Lo avrebbe sempre salvato.
-Sei
così tanto geloso?- Chiese Damon con la sua solita aria spavalda.
-Damon,
io non sono geloso. Sono stanco. Perché so che appena Elena si renderà conto di
cosa sei veramente tornerà correndo da me. Perché so che la farai stare male,
come fai stare male chiunque ti stia vicino. So che piangerà, convinta di
averti amato e perduto per sempre.
Ma so anche che alla fine tutto tornerà come
all’inizio di tutta questa storia.
Tu
lontano da Mystic Falls.
Io
ed Elena insieme.-
Per
qualche secondo Stefan credette di aver esagerato ma guardando il risultato che
le sue parole avevano avuto sul fratello capì che aveva fatto centro. Lo aveva
finalmente distrutto.
I
suoi occhi azzurri fissi sul bancone dove la sua mano era ancora stretta
attorno al bicchiere vuoto. Era come se attorno a lui il tempo si fosse
irrimediabilmente fermato.
-Vedi
semplicemente di stare attento con lei. Posso accettare di crescere tuo figlio
quando ti sarai stancato di lei e te ne andrai, ma vorrei evitare che le tue
copie siano due.- Stefan aveva detto tutto ciò che si era prefissato di dire al
fratello.
A
volte si chiedeva perché Kathrine non avesse trasformato solo lui. Damon a
quest’ora sarebbe morto e non ci sarebbe stato nessun problema, Elena sarebbe
ancora fra le sue braccia.
Si
alzò dallo sgabello e senza guardarsi indietro raggiunse la porta del Grill per
uscire lasciando Damon seduto al bancone, immobile, quasi sembrasse una
statuetta di cera.
***
Pochi
attimi dopo che Damon era uscito dalla porta anche il telefono di Elena aveva
cominciato a suonare all’impazzata e quindi ora la vampira si trovava in
macchina a guidare verso la casetta sul lago dove Jeremy era ancora segregato.
Non
si sarebbe mai aspettata quella telefonata, eppure Jeremy, avendo saputo tutto
da Bonnie voleva vederla.
Dopo
aver parcheggiato si avvicinò al portone e trovandolo aperto entrò senza
problemi, infondo era casa di suo fratello e lui l’aveva invitata molto tempo
prima.
-Jeremy?-
Chiamò lei ad alta voce guardandosi intorno.
Neanche
un secondo dopo eccolo spuntare dalla porta della camera da letto.
Sorrideva,
come il bambino del sogno di Damon, anzi assomigliava in modo impressionante a
quel bambino.
Un
sorriso spuntò inevitabilmente anche sul viso della ragazza che senza esitare
gli corse incontro spalancando le braccia.
Non
lo vedeva da troppo tempo, gli era mancato come mai nulla in tutta la sua vita.
Lui
era tutto ciò che gli rimaneva della sua vita da umana. L’unica cosa che
riuscisse a ricordargli i suoi genitori in modo positivo, l’unico per cui
riusciva a sorridere parlando dell’incidente del ponte, lui non era su quella
macchina, non sarebbe morto in ogni caso.
Non
fece nemmeno in tempo a sfiorare le braccia di lui con le proprie che il
ragazzo più forzuto che mai l’afferrò per la gola e la sbatté al muro puntatole
al cuore un paletto di legno con un’estremità pericolosamente appuntita.
Elena
lo guardava con il terrore negli occhi. Non era mai stata così impaurita.
Non
temeva per la sua vita ma per quella del piccolo e per quella di Jeremy. Ora
era guidato da chissà quale forza misteriosa, ma una volta uccisa, si sarebbe
ricordato chi fosse e probabilmente sarebbe arrivato a spezzare la sua stessa
vita.
-Fermo!-
Urlò Bonnie arrivandogli alle spalle. Era come se lui non la sentisse, come se
fosse talmente impegnato nel suo lavoro da non notare il mondo che lo
circondava.
Guardò
per un secondo Elena dritta negli occhi e le sorrise, un sorriso malato, un
sorriso pazzo.
Caricò
il braccio mostrando i muscoli e concentrando tutta la forza che aveva in
quell’unico veloce gesto.
Elena
continuava a guardarlo stupita. Come era possibile che suo fratello si fosse
trasformato in quella…quella cosa?
La
ragazza chiuse gli occhi. Non voleva che la sua ultima visione fosse suo
fratello che dava di matto.
Cercò
di concentrarsi, di ricostruire un’immagine mentale, come una fotografia in
movimento.
Era
il compleanno del bambino e c’erano proprio tutti.
Damon
la stringeva per la vita mentre chiacchieravano con Jenna e Alaric.
Jeremy ed Anna si stringevano la mano mentre Matt giocava a palla con il
piccolo bambino, fuori in giardino. La madre di Elena stava discutendo con la
nonna di Bonnie mentre lei e Caroline ridevano pensando ai ragazzi della
scuola. Suo padre gesticolava, tipico nella sua parlantina, con Stefan, che
sorrideva e annuiva.
Era
tutto così perfetto.
Elena
riaprì lentamente gli occhi e trovò davanti al proprio lo sguardo di Jeremy,
congelato nel vuoto.
-Non
potevo permettergli di farti del male.- Disse Bonnie sospirando e andando verso
l’amica. L’accompagnò al divano dove la fece accomodare.
-Stai
bene?- Elena si limitò a scuotere il capo.
-Perché
voleva uccidermi? Non avevate superato la cosa?- Chiese cercando di non farsi
spezzare la voce dal dolore.
-Aveva
superato che tu fossi un vampiro, ma ora stai per mettere al mondo un vampiro.
Per lui non è una vita degna di essere vissuta. Dover uccidere per vivere.
Ero
riuscito a convincerlo che tu avevi vissuto da umana abbastanza per poter
comprendere cos’è la vita e non sprecarla. Ma un neonato. Lui pensa che il
piccolo, non avendo mai vissuto una vita umana, non capisca cosa questa
significhi e faccia razzia di vite umane.- Bonnie si era spiegata anche troppo
bene.
Elena
era rimasta basita da quelle parole, non aveva mai pensato che la cura servisse
anche a non far diventare il suo bambino un mostro, pensava semplicemente che
lo avrebbe liberato dall’asservimento.
-Torna
a casa. Tranquilla. Lo terrò buono io. Gli farò capire ogni cosa.
Andrà
tutto bene.- Sospirò infine Bonnie guardando l’amica.
Ma
quello era più un autoconvincimento che altro.
***
Erano
di nuovo stesi nel letto, proprio come quella mattina.
Lei
poggiata sul braccio di lui mentre le sue dita le sfioravano i capelli. Erano
loro due e la pancia di Elena che cominciava a crescere.
Eppure
erano completamente diversi da quella mattina.
Damon
aveva scoperto che suo fratello lo riteneva un poco di buono, che avrebbe
preferito la sua morte alla sua felicità.
Elena
si era sentita per la prima volta sola. Aveva perso anche l’ultimo briciolo di
umanità che Jeremy portava nella sua vita, aveva perso la sua famiglia e non
era più sicura che quella che stava costruendo con Damon sarebbe cresciuta
forte come sperava.
-Sai,
mio fratello mi odia.- Sussurrò Elena con un sorriso ricco di malinconia sul
volto che immediatamente si scompose in un pianto silenzioso.
Le
lacrime cadevano dai suoi occhi, rigavano le sue guance e terminavano la loro
corsa in un saporaccio salato in bocca.
-Si,
anche il mio.- Furono le uniche parole che Damon riuscì a pronunciare prima che
la sua voce si spezzasse e una lacrima si liberasse dai suoi occhi azzurri.
Buonasera
:)
Alcuni
di voi aspettano da tanto questo capitolo e spero che l’attesa non sia vana. E’
un capitolo che si distacca un po’ dalla storia che si è affrontata fino ad ora
e analizza il rapporto tra vecchi personaggi che conosciamo da ormai tre anni.
Lo
so che forse vi aspettavate qualcosa di più Delenoso,
ma non volevo che questa fanfiction si concentrasse
solo su di loro, ma che si unisse a tutti i problemi che a Mystic Falls
spuntano come funghi. A parte questo la parte iniziale di questo capitolo mi
sembra molto dolce e quindi spero di essermi salvata grazie a quella…
Ringrazio
tutti per il sostegno, le letture e soprattutto le fantastiche recensioni!
Capitolo 4 *** Cerchiamo di rimettere insieme i pezzi. ***
VI.
Le persone cambiano, okey?
Crescono.
Pretty Little
Liars
Wicked Game -
Gemma Hayes
Lo
stava facendo solo perché glielo aveva chiesto Stefan, solo perché non voleva
che un’altra vita andasse a distruggersi per colpa di Damon.
Ne
aveva rovinate abbastanza. La sua prima di tutto, poi c’era Stefan ed Elena,
per essere sintetici mezza Mystic Falls lo aveva isto immischiarsi in qualche
modo nella propria vita e andarsene pochi secondi prima del crollo di tutto.
Quindi
si, avrebbe chiesto aiuto a Klaus.
Speravano
che solo il fatto che fosse lei a parlargli lo avrebbe reso buono e
caritatevole, ma si sbagliavano.
Era
un mostro.
Un
essere senza cuore che si divertiva a strappare quelli altrui.
Lei
non aveva dimenticato. Potevano tutti fingere, impegnarsi nella ricerca della
cura, chiedersi come un neonato avrebbe potuto sopravvivere agli sbalzi d’umore
di Damon, ma lei non riusciva a dimenticare la visione che aveva avuto la
mattina seguente alla nuova elezione di Miss Mystic Falls. Sembrava che insieme
alla sua corona avesse perso anche la fortuna e l’amore, soprattutto l’amore.
Tyler
era scomparso.
I
corpi di dodici ibridi privati del proprio cuore erano stati ritrovati nella
foresta.
Fortunatamente
nessuno andava là molto spesso e lei una volta trovati, aveva chiamato la madre
che aveva nascosto il tutto.
I
genitori e gli amici di quei ragazzinon
avrebbero mai saputo la verità. Avrebbero creduto di aver sbagliato qualcosa,
si sarebbero chiesti: “So solo fossi stato migliore magari non se ne sarebbe
mai andato.” Quando invece erano probabilmente stati fra i loro ultimi
pensieri.
Eppure
Tyler non era fra loro. Non si era presentato neanche al funerale della madre.
Era
stata trovata nella fontana di Mystic Falls, annegata.
Il
giorno dopo un uomo scappato dal manicomio si era suicidato buttandosi giù dal
tetto dei grandi magazzini. Per quanto indecoroso potesse essere la colpa della
morte della signora Lockwood era stata data a lui.
I cittadini ci credevano.
Ovvio,
tutti tranne i vampiri e chi sapeva che popolavano quella città, loro sapevano
chi era il carnefice.
Klaus
passeggiava nel bosco senza fare alcun rumore. Ci andava spesso dalla notte
della strage. Ricordava le urla piene di terrore, la pozza di sangue che si era
formata sul suolo, fra le foglie secche, il calore del cuore di quegli ibridi
che da sciocchi avevano anche provato a difendersi. Ricordava ogni minimo
dettaglio e sorrideva da freddo assassino.
–Credevi
che non ti avrei notato, mia cara?- Chiese lui fermandosi a parlare
apparentemente ad un albero.
–Che
ne dici di saltare i convenevoli?- Da un ramo saltò giù Caroline.
Lo
stava aspettando.
–Ancora
arrabbiata con me per quella cosuccia?- Klaus sfiorò con le dita una corteccia
di un albero segnato con una macchia di sangue dal dolore di quella notte.
Come
osava definirla una “cosuccia”?!
Aveva
sterminato quella che riteneva la sua stessa famiglia. Aveva cercato di tenere
Elena umana per così tanto a lungo, solo per creare nuovi ibridi, e ora? Ora li
sterminava tutti?
La
cosa non aveva il minimo senso. Aveva rinchiuso la sua famiglia in delle fredde
bare e adesso si era liberato anche del suo esercito di ibridi.
Era
solo.
Lo
sarebbe sempre stato.
–Dimmi
tutto quello che sai sulla cura?-
-Questo
tono autoritario mi piace, è molto…sexy. Ma come mai questa domanda,
cara?-
-Penso
che tu lo sappia. Hai occhi e orecchie ovunque.- Odiava vederlo fare il finto
tonto.
Era
una delle persone più intelligente e carismatica che avesse mai conosciuto,
sicuramente gli era arrivata la voce.
Una
vampira incinta; le voci corrono e molto più veloce di qualsiasi essere
soprannaturale. Qual è il modo migliore per sdebitarsi con un Originale se non
rivelargli qualche stranezza che si era sentita in giro.
Per
questo Klaus sapeva sempre tutto. Molti avevano paura di lui e incutere
terrore, si sa, è potere.
–Questo
mi lusinga. Perché hanno mandato te?- Continuava a fingere.
–Lo
sai benissimo perché.-
-Pensano
che la tua bellezza possa fare aprire il mio cuore e fare in modo che ti riveli
ogni oscure segreto sulla cura?- Chiese lui sarcastico.
–In
realtà si.- Ripose lei senza scomporsi.
Se
doveva essere del tutto sincera le piaceva il fatto che lei avesse una certa
ascendenza su di lui. Ogni volta che veniva chiamata dai suoi amici che la
mandavano a convincere Klaus di qualcosa si sentiva potente.
–Questa
volta non avrai molta fortuna.- Klaus sollevò le sopracciglia avvicinandosi
lentamente a lei facendo scricchiolare le foglie secche sotto il peso delle sue
scarpe.
Non
le avrebbe detto nulla sulla cura, non l’avrebbe messa in pericolo in quel
modo. Per quanto potesse sembrare che non fosse così, lui teneva molto a
Caroline e l’ultima cosa che poteva accettare era vederla rischiare la vita
alla ricerca di qualcosa che non avrebbe nemmeno utilizzato per se stessa. Lo
aveva sempre pensato, quella ragazza era troppo buona, e nella sua mente
contorta era nata l’idea che dovesse essere lui a proteggerla.
–Perché?
Io sono una ragazza molto fortunata di solito.- Chiese lei con voce fredda e un
briciolo di vanità.
–Non
questa volta, non ti dirò niente di quello che so sulla cura.- La guardò per
qualche secondo, soffermandosi sui capelli biondi e vaporosi per poi seguire la
guancia candida fino agli occhi brillanti. Poteva anche concedersi il lusso di
qualche illusione a volte.
–A
meno che…- Iniziò avvicinandosi a lei di un altro passo sapendo che lei non
avrebbe mai accettato le sue condizioni e quindi sicuro di tenerla al sicuro.
Il suo profumo riempiva l’aria, gli sarebbe bastato allungare la mano per poter
sfiorare il volto di lei.
–A
meno che?- Caroline era scocciata. Immaginava dove volesse andare a parare,
infondo era un uomo.
–Che
ne dici di un bacio?- Sorrideva. Un sorriso leggero ma che mostrava le profonde
fossette che scavavano il suo viso. I suoi occhi brillavano, Caroline credeva
grazie alla speranza che lei avesse accettato, ma quella luce veniva dalla
consapevolezza di aver tenuta al sicuro quella creatura così perfetta.
–Pensi
che basti che Tyler sia lontano perché io possa tradirlo con colui che lo ha
asservito fino a poco fa chiedendogli anche di uccidermi?-
-Sai
come si dice: “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.”- La guardò ancora per
qualche secondo poi semplicemente si voltò e si allontanò verso l’interno del
bosco.
–Dove
te ne vai?- Urlò lei mentre lo guardava allontanarsi.
Lui
non si voltò.
Alzò
semplicemente una mano in segno di saluto aggiungendo –Tu non mi darai ciò che
voglio e io non ti dirò ciò che ti serve.
Facile!-
***
Il
Grill era strano. O forse era semplicemente lei che si sentiva strana lì
dentro.
Tutti
la guardavano in modo veramente sconvolto. Sapeva di essersi fermata all’età di
diciotto anni, ma era maturata e poteva benissimo crescere quel bambino che
portava in grembo.
Lei
e Damon. Insieme. Avrebbero potuto fare qualsiasi cosa.
Elena
si sedette su uno sgabello del bancone con l’intenzione di ordinare un alcolico
ma subito si ricordò di essere una neo-madre. Ora non poteva bere.
–Un
bicchiere d’acqua.- Certo era strano. Un vampiro aveva bisogno d’alcool.
Serviva a calmare la sete di sangue. Il calore che sentivi nella gola era
praticamente identico per entrambi i casi.
–Bevi
per dimenticare?- Era Caroline. Era seduta ad un tavolo lì vicino e si stava
avvicinando.
Aveva
bevuto parecchio, ma per i vampiri ubriacarsi non è così facile.
–Dimenticare
cosa?- Si limitò a chiedere Elena.
Il
loro rapporto non era tornato ancora quello di migliori amiche come una volta.
–Sai, potresti dimenticarti che hai litigato
con me.- Scrollò le spalle la bionda. Doveva ammettere che da quando aveva
litigato con Elena tutto era cominciato ad andargli male e adesso non aveva
nemmeno una spalla su cui appoggiarsi.
–Non sai quanto vorrei che tronasse tutto come
prima. Mi piacerebbe che potesse chiamarti zia Caroline.- Elena si era portata
una mano all’addome. Era sorpresa quanto l’altra da quelle parole. Ricordava la
loro lite. Aveva disprezzato il rapporto che c’era fra lei e Damon, ma le
mancava ed era convinta di mancarle.
–Forse
non me lo merito. Klaus non mi ha voluto dire niente della cura. So cosa
succederà se non la troviamo…- Il respiro di Caroline si era fermato per
qualche secondo. Elena la stava abbracciando, stringendo come non faceva da
tanto, troppo tempo.
–Tu
glielo hai chiesto?- Pensava che dopo la loro litigata lei non avrebbe mosso un
dito per aiutarla. Caroline si limitò ad annuire mentre ancora abbracciava
l’amica.
Una
volta liberate dall’abbraccio la biondaallungò la mano verso la pancia dell’altra, dopo essersi seduta su uno
sgabello, e accarezzandola dolcemente sussurrò:
-Ehi,
qui è zia Caroline che parla. Tutto bene là dentro?- Si sentiva un po’ stupida,
ma non appena aveva poggiato la mano sul ventre dell’amica lo aveva sentito.
Un
cuore. Un piccolo instancabile cuore che batteva all’impazzata. Non poteva che
quel piccolo miracolo fosse opera di Damon.
–Tu lo ami, non è vero? Damon intendo.- La
guardò per qualche secondo.
Non
gli sarebbe servita nessuna risposta, poteva capirlo semplicemente dal suo
sguardo.
–Con
tutta me stessa.- Elena non lo aveva sussurrato, non aveva abbassato lo sguardo,
anzi lo aveva mantenuto. Quelle parole erano le più sincere che Caroline avesse
mai udito.
–Proverò
a fare un altro tentativo ma tutte le volte che lo vedo mi ricordo di Tyler.
Del motivo per cui se ne è andato e vorrei semplicemente ucciderlo. Poi però mi
ricordo di tutti quei momenti in cui mi era sembrato…-
-Umano.-
Finì per lei la frase Elena.
Conosceva
bene quel sentimento. Lo aveva provato, con Damon.
Fino
a che non si era accorta che l’unico modo per fare vedere agli altri l’umanità
che c’era in lui quando era con lei, era quello di starci sempre, di
sostenerlo, di volergli bene. Era così che aveva finito per innamorarsi di lui.
–Dovresti
parlargli di Tyler. Lascia stare la cura per un po’, ok?- Caroline aveva
annuito ma quando Elena le aveva chiesto di prometterle che non gli avrebbe
chiesto nuovamente della cura lei non aveva proferito parola.
Sarebbe
tornata a parlare con Klaus, forse gli avrebbe dato semplicemente ciò che
voleva.
Sapeva
solo che una volta sentito quel cuore battere doveva fare tutto ciò che poteva
per cercare di salvarlo dalla follia di Damon. Lui e Klaus si assomigliavano
più di quanto pensasse. Cattivi fuori ma umani dentro. A volte però la pazzia
predominava nei loro cuori e voleva a tutti costi salvare quella piccola
creatura prima che questo potesse succedere.
Infondo
era sua zia.
***
-Quindi
credi sia un maschio o una femmina?- Chiese Elena facendo spuntare le ginocchia
dalla schiuma della vasca.
Damon
accarezzò con le grandi mani la pancia di lei che ormai era ben visibile.
Erano
nella vasca. La schiena di lui appoggiata alla fredda pietra che contrastava
con l’acqua bollente che riempiva la vasca del suo bagno, lì dove aveva
scoperto che sarebbe diventato padre. Lei aveva trovato un comodo rifugio fra
le sue braccia mentre inarcava la testa all’indietro poggiandola nell’incavo
del collo di Damon.
–Credo
che anche quello dipenda dall’asservimento.- Alzò le spalle Damon facendo
muovere l’acqua. La verità era che non gli importava gran che. Avrebbe avuto un
bambino con Elena, e probabilmente non avrebbe sofferto dell’asservimento a
vita, perché c’era una speranza, la cura. Questo gli bastava per essere felice.
–Una
femmina ti farebbe ingelosire parecchio.- Ridacchiò lei mentre già si
immaginava di dover trattenere Damon mentre cercava di mordere il ragazzo di
loro figlia.
–Adesso
che mi ci fai pensare hai ragione. Allora sarà un maschio.- Affermò Damon
lasciando un piccolo bacio sui capelli bagnati di lei.
–Un
maschio, eh?- Rispose lei.
Era
felice.
Lui
era felice.
Se
un demone non poteva meritarsi il paradiso a Damon andava bene così, infondo
quel momento ci andava molto vicino.
Mancavano
solo poche cose. Dei fratelli che li avrebbero amati nonostante tutto, un piccolo
bambino che giocasse libero in giardino e un vecchio amico ad aspettarlo al
bar, Alaric.
Buongiorno :)
Mi scuso per il ritardo con cui pubblico questo capitolo, ma spero mi
perdoniate, anche perché ho qualche novità per voi.
Primo fra tutto, penso vi siate accorti del cambio di stile. Questa fanfiction (se riuscirò a finirla in tempo) parteciperà ad
un contest dove erano richiesti (anche se non obbligatori) una citazione e una
colonna sonora per ogni capitolo. Così ho pensato di aggiungerle anche qui,
anche perché mi sembrava un’idea carina.
La seconda novità è che ho creato una pagina facebook.
Mi sono accorta di pubblicare molto in ritardo e ho pensato che se fossi stata
una lettrice avrei voluto sapere qualcosa in queste lunghissime pause (che
spero si accorceranno un pochino). Quindi nella pagina pubblicherò piccoli
spoiler, novità, magari nuove entrate nel cast e anche a che punto sono con la fanfiction.
La pagina è questa: http://www.facebook.com/pages/HollyMaster-EFP/151381281683183?ref=hl
se volete farci un giro e lasciare un “Mi Piace” mi farebbe piacere :)
Beh, aspetto le vostre recensioni e le vostre opinioni su questo capitolo.
P.S. Mi scuso anche per non averlo fatto del tutto Delena,
ma mi piaceva inserire tutti i personaggi, spero che non vi dispiaccia!
Un bacione a tutti, HollyMaster
La
discussione era continuata per qualche oretta nel bagno di casa Salvatore.
Lui
intento a fingere di valutare ogni lato positivo o negativo di scegliere questo
o quel sesso per il bambino in arrivo.
Lei
che continuava a blaterare sapendo benissimo che Damon non stava seguendo i
suoi ragionamenti.
Elena
avrebbe potuto parlare per ore e ore e trovare anche il miglior pregio del mondo
ma ormai Damon aveva scelto.
-Maschio.-
Aveva semplicemente detto durante una pausa che Elena si era presa per poter riprendere
il respiro. Alla sua affermazione aveva semplicemente sorriso.
-Idee
per il nome?-
-Qualcuna…-
Damon non ci aveva pensato troppo ma appena lei aveva fatto la domanda la sua
mente aveva trovato una risposta.
-Se
fosse una femmina mi piacereb…- Lui la bloccò subito,
interrompendola.
-Ti
ho appena detto che sarà un maschio.- Stava
cercando di spiegarle nuovamente quando Elena aprì la bocca e lo lasciò
sconvolto.
-Questa
è la nostra unica possibilità. Non avremo un altro figlio. Non potremo mai riviere
tutto questo. Non lo avremo dovuto vivere, ma forse qualcuno ha ascoltato i
nostri desideri. Non voglio che la storia della cura mi allontani dalle piccole
e stupide cose che porta una gravidanza, e fra queste c’è anche il trovare un
nome. Quindi…- Elena prese un gran respiro.
–Se
fosse femmina mi piacerebbe molto Charlie. So che è un nome prevalentemente da
maschio ma vederlo su una bimba mi piace davvero tanto!- Annuì Elena cercando
di dimenticare la conversazione precedente e sfoggiando un dolce sorriso.
-Io
preferirei qualcosa come Rose o Andie. Nemmeno Bree sarebbe male.- Scrollò le spalle per poi lasciarsi
cadere sulla poltrona.
Elena
gli preparava un bel bicchiere di bourbon mentre valutava i nomi appena
proposti da lui. Si avvicinò a lui con passo sensuale per poi avvicinarsi con
viso al suo. Quando fu a pochi centimetri non fece altro che rovesciargli
l’intero contenuto del bicchiere in testa per poi allontanarsi velocemente
cadendo sul divano fra le risate provocate dalla faccia sconvolta di lui.
-Credevi
che non me ne sarei accorta?- Chiede tentando di mettere il broncio mentre non
riesce e fermare le risate.
-Cosa?!-
Chiese lui ancora più stupefatto.
Elena
ci aveva messo forse più tempo di quanto avesse desiderato ma non appena aveva
riflettuto un po’, aveva subito collegato i nomi ai volti delle ex ragazze di
Damon ed era sicura che lo avesse fatto apposta. Quindi si limitò ad alzare un
sopracciglio, aggiungendo: -Ci mancava solo Kathrine.-
-Oh
no! Non sminuire il mio lavoro! Sarebbero mancate Caroline, Isobel,
Rebekah, Charlotte, Lexi, Sage…- Era come se Damon le stesse contando ad alta voce ed
ad ogni nome aggiunto alla lista il sorriso sul suo volto si allargava. Eccolo
lì che riaffiorava, il vecchio Damon, omicidi, sesso e alcool. Anche se questa
volta la puzza di bourbon era dovuta a Elena e non a quanto ne aveva bevuto.
-Passiamo
ai nomi maschili?- Propose lei con una certa acidità nel tono della voce.
Ebbene si, Elena era altamente gelosa e lui lo sapeva benissimo, anzi doveva
ammettere che la cosa gli piaceva, lo faceva sentire stranamente amato, voluto.
-Mi
è improvvisamente venuta voglia di scegliere i nomi maschili.- Aggiunse lui
cercando di rabbonirla con un sorrisetto innocente.
-Ti
sembrerò ripetitiva ma io propongo Charlie.- Elena sorrideva sul divano
cercando gli occhi di Damon che si erano abbassati inspiegabilmente. Lo guardò
per qualche secondo cercando di carpire il significato nascosto in quegli occhi
che evitavano i suoi quasi fossero di due poli uguali di una calamita, quando
invece quei brillanti azzurri non facevano altro che attrarre i suoi.
Era
difficile vederlo così serio, anche se sembrava che questa gravidanza lo
portasse ad esserlo sempre più spesso.
-Non
è che hai anche una lista di nomi maschili ricollegabili a dei tuoi ex di cui
non so niente, vero?- Chiese cercando di farlo sorridere. Ma Damon rimase
stranamente serio e finalmente alzò lo sguardo su di lei.
-Ti
sembrerò sdolcinato, e probabilmente lo sono, ma a me piacerebbe…insomma avevo
pensato a un nome.- Elena lo raggiunse sulla poltrona e senza pensarci due
volte gli si sedette in braccio, nonostante fosse completamente bagnato e reso
appiccicoso dall’alcool. Allungò poi il braccio per fare in modo che gli
circondasse le spalle cercando di dargli quel conforto che una volta lui aveva
passato a lei semplicemente sfiorandola. Quel suo abbraccio era un modo per
dire che lei c’era, che ci sarebbe sempre stata.
-Si,
insomma, che ne dici di Rick?- Damon alzò lo sguardo su quello di Elena che
subito gli sorrise comprensiva.
-Rick
mi piace.- E non mentiva.
Buongiorno
:)
Lo
so, sono in stra-super-mega-extra-ritardissimo
ma ho avuto molto da fare in questo ultimo periodo e lo scrivere è rimasto un po’
indietro. In più mi sono venute nuove idee per delle originali che al momento
mi stò impegnando a scrivere e pubblicherò a breve…se
volete seguirle siete i benvenuti :)
Prometto
però che non farò più un ritardo così.
La
pagina per gli spoiler o le anticipazioni è ancora questa https://www.facebook.com/pages/HollyMaster-EFP/151381281683183?ref=hl
, se volete farci un giro.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e ci riaggiorniamo il più
presto possibile per il prossimo capitolo.
Un bacione a tutti :D HollyMaster
Capitolo 6 *** Matt è meglio di uno psicologo. ***
VI.
Non lasciare mai che qualcuno ti faccia sentire come
se non meritassi ciò che vuoi.
10 reason to
hate you
Flowers to a
ghost – Thriving Ivory
-Davvero
non ti sembra strano vedermi cosí?- Chiese Elena
alzandosi dal divano per mostrare la pancia tonda e soda.
-Davvero.-
Fu la semplice risposta del ragazzo biondo che era rimasto seduto sul divano di
casa Salvatore guardandola dritta negli occhi.
Era
la prima persona che non fissava incredula quella pancia enorme ma riusciva a
instaurare un contatto con lo sguardo di Elena.
Lei
non ci era piú abituata. Ormai neanche Damon la
guardava più, restando a fissare il suo corpo ormai molto diverso da come se lo
ricordava. Era troppo preso dai sensi di colpa per accorgersi di quanto lei
avesse bisogno di essere guardata dai suoi occhi azzurri con amore, proprio
come faceva prima. Troppo preoccupato di essere la causa della pazzia di Jeremy
e del dolore di Stefan e cosa che lo feriva ancora di più sapeva di essere la
causa della vita che stava per nascere. Il suo unico scopo era diventato quello
di trovare un modo di rende la vita di quel bambino vivibile, felice, anche se
sotto stretto controllo dall’asservimento.
Un
modo che non prevedesse la cura.
Un
modo, secondo Elena, impossibile da trovare. Damon però non si dava per vinto e
ormai passava le sue intere giornate chiuso in camera a studiare i vecchi diari
di Alarick sperando che avesse scritto qualcosa sulla
nascita dall’asservimento.
Tutto
cio che Elena poteva fare era continuare a sperare,
sperare di trovare la cura ma la speranza sembrava ormai svanita nel nulla.
Aveva
affidato a Caroline il compito di convincere Klaus a trovare e consegnare a
loro la cura, ma non aveva avuto piu notizie di lei.
Ora
mentre guardava quegli occhi azzurri che finalmente la ricambiavano si rendeva
conto di quanto quelli di Damon gli fossero mancati, ma quello che aveva
davanti era lo sguardo di Matt e questo non faceva altro che farle mancare
ancora di più quello del ragazzo che amava.
-Come
faccio a non sembrarti strana?- Chiese lei mentre si sedeva nuovamente al suo
fianco cercando di smettere di pensare al grade argomento “cura”. Infondo lo
aveva invitato anche per quello, ciò che gli serviva in quel momento era una
distrazione e soprattutto un amico.
-Io
ti ho sempre immaginata così.- Rivelò il ragazzo mentre le sue guancie si colorivano leggermente di rosso.
Elena
non aveva ben afferrato il concetto così si limitò a corrugare le sopracciglia
–Quindi mi hai sempre ritenuto grassa e tonda?-
-No.-
Matt sorrise scuotendo la testa recuperando il suo solito colorito pallido. –Ho
sempre immaginato te incinta. Ti ho sempre vista come un’ottima madre.- Nonostate le parole che aveva appena pronunciato,
nonostante il rossore che lentamente tornava a colare i suoi zigomi, lo sguardo
del ragazzo non aveva mai lasciato quello di Elena.
-Saresti
il primo.- Sbuffò lei prima di rendersi veramente conto di cosa le avesse
appena rivelato Matt.
Lui
l’aveva amata, così come lei aveva amato lui, ma non si era mai soffermata a
fare piani per il futuro, non prima che Stefan e Damon entrassero nella sua
vita, non prima che i suoi genitori morrissero. Aveva
cominciato a pensare al futuro solo dopo l’incidente, dopo aver capito che non
sempre è possibile averne uno, ma vale la pena pianificarlo per vivere quei
piani almeno nella propria mente.
Non
aveva mai pensato che lui ne avesse fatti. E’ vero, a volte ne avevano parlato
ma lei non si era mai soffermata troppo sul loro futuro.
-Mi
dispiace che sia andata così…- Provò a cominciare Elena ma subito Matt la fermò
poggiandole una mano sulla spalla con un dolce sorriso.
-Non
è colpa tua se dei vampiri sono arrivati in questa città.- Elena non poteva credere
a quello che stava sentendo, Matt stava dando la colpa a Damon e Stefan per la
loro separazione.
-Tra
noi non è funzionata e di questo mi dispiace molto ma non puoi dare la colpa a
loro.-
-E
non lo sto facendo. Tra noi sarebbe comunque finita, o sarebbe andata avanti a
litigi. Quindi devo ringraziarli per essere arrivati in città e anzi devo
ammettere che è stata tutta colpa mia. La tua trasformazione intendo. Se non ti
avessi obbligata a scegliere fra loro due su quel ponte probabilmente saresti ancora…-
Nonostate tutto il tempo che era passato dalla sua
trasformazione Matt faticava ancora ad ammetterlo.
La
sua intera città, lì dove era cresciuto, i suoi più cari amici, erano diventati
esseri immortali assetati di sangue umano. Certo, con il tempo aveva capito che
questo non cancellava i loro ricordi, che continuavano a volergli bene, ad
essere i suoi soliti amici.
Ogni
tanto però si ritrovava steso sul letto a pensare pochi minuti prima di
addormentarsi. Si ricordava cosa aveva voluto dire la trasformazione per sua
sorella, era stata la sua fine, la sua firma per una morte assicurata e di
certo non voleva la stessa fine per Elena.
Altre
volte si trovava quasi a venerare il mondo di quei demoni. Lui sarebbe morto,
così come tutti gli esseri umani, ma i suoi amici no, avrebbero vissuto per
sempre ricordandolo come cosa? Colui che era stato abbastanza lontano da loro quando
avevano qualche problema da non essere dovuto ricorrrere
a inconvenienti quali la trasformazione?
-Umana.-
Finì la frase Elena.
Matt
sospirò lasciando calare nella stanza un silenzio tombale.
-Ricordi
quella bambola che mi avevai regalato? O meglio quella
che avevi rubato a tua sorella?- Chiese Elena con un sorriso cercando di non
farlo pensare troppo.
-Come
potrei diementicarmene?! Sono stato in punizione per
una settimana per quella bambola.- Rispose ridendo amareggiato al ricordo delle
sue follie d’amore all’età di 6 anni. –Charlie..- Sussurrò infine riportando
alla mente in nome della bambola mentre cercava di ricordarne i capelli biondi
e boccolosi, la canagione
biancastra e il vestitino verde leggero.
-Ho
sempre pensato fosse nostra figlia.- Confessò la ragazza. –Sei stato il primo a
fare follie per me, sei stato il mio primo amore. Tu vuoi che io viva una vita
felice tanto quanto io voglio che lo facciatu. Quindi capisco perché hai voluto farmi scegliere quella notte. Non
scegliendo non sarei di certo stata più felice. Ma ora, ora lo sono.- Elena
posò il palmo della mano sulla spalla del ragazzo e lo fece scorrere sul suo
braccio in una dolce carezza.
-Ed
è anche grazie a te.- Aggiunse sorridendogli.
***
-Riempimi
il bicchiere!- Lo invitò Caroline appoggiando il bicchiere vuoto sul bancone in
attesa che Matt lo colmasse con qualche nettare dolciastro che gli avrebbe
fatto dimenticare le parole di Klaus che ancora le ticchettavano nel cervello.
-Non
posso! Hai già bevuto abbastanza oggi.- Rispose lui passando il canovaccio sul banone per ripulirlo.
-Sai
benissimo che reggo l’alcool.- Cercò di convincerlo lei con ironia.
-Sei
quasi al “Double D”- Continuò lui senza smuoversi dalla sua posizione.
-Cos’è
il “Double D”?- Chiese lei aggrottando le sopracciglia e lasciando cadere la
testa, che ormai si era fatta pesante, sul braccio appena appoggiato sul
bancone mentre ancora con la mano teneva stretto il bicchiere vuoto.
-E’
il numero massimo di drink ce è riscito a ingurgitare
Damon prima che Alarick o suo fratello lo portassero
via a peso. La prima regola del Grill, la prima informazione che ti danno
quando ti assumono qui è di fermare qualunque cliente prima che arrivi al
“Double D” o “Drink Damon”.-
Caroline
scoppiò in una risata. –E quanto sarebbe?-
-Tre
bottiglie.- Si limitò a dire lui mostrandole la sua terza bottiglia mezza
vuota.
Doveva
ammettere che la testa le stava cominciando a girare e probabilmente non le
sarebbe stato facile mantenere l’equilibrio su quei tacchi altissimi che si trovava
ai piedi. Di certo non era in grado di superare il punteggio di Damon, non
quella sera almeno.
Nonostante
la testa che non sembrava avere alcuna intenzione di frenare il suo movimento e
la vista sempre più annebbiata non poteva dimenticare Klaus e le sue parole.
-Non
ti ho mai visto così.- Intervenne Matt che si era allontanato qualche secondo
per servire un uomo, anche lui ben vicino alla soglia del “Double D” a vederlo.
-Qual
è il problema questa volta?- Caroline lo aveva sempre detto che Matt era troppo
buono, sempre impegnato a cercare di aiutare gli altri, ma doveva ammettere che
anche solo sapere che lui si interessasse di lei la faceva stare molto meglio
di tutti quei bicchieri di alcool che si era buttata giù fino a quel momento.
-Penso
che questa volta il problema sia io.- Sospirò lei.
-Ho
cercato di aiutare Elena, sai, con la cura. Ho parlato con Klaus e lui mi ha
proposto di baciarlo. Ovviamente ho detto di no ma io, io ci ho pensato su
qualche secondo.- Confessò lei vergognandosi di se stessa.
-Ma
gli hai detto di no, alla fine.- Rispose Matt senza scomporsi troppo.
A
volte Caroline si chiedeva come facesse. Tutti si erano di certo abituati alle
notizie sconcertanti ma nessuno come lui. Non aveva mosso un muscolo, non aveva
aggrottato le sopracciglia e nemmeno sospirato. Nulla.
-Ovvio.-
-E
cosa ti ha fermato dal baciarlo?- Matt appoggiò i gomiti sul bancone per poter
sentire la sua risposta che sapeva sarebbe stata un flebile sussurro.
-Lui
ha cercato di uccidere Tyler…- Proprio come si aspettava il ragazzo la voce di
lei era a malapena udibile nonostante la vicinanza ravvicinata.
-E
io non so perché…- Aggiunse sottovoce.
-Allora
forse dovresti chiederglielo.- Matt si rimise in piedi e lasciando Caroline ai
suoi pensieri si avvicinò all’uomo seduto al bancone che chiedeva di riempire
il bicchiere ancora una volta.
Caroline
alzò la testa dal legno del bancone dove era rimasta per tutto quel tempo e
guardò dritta davanti a se senza però vedere realmente tutte quelle bottiglie
accatastate sugli scaffali.
Matt
aveva ragione.
Doveva
chiederglielo. Chiedergli dove era Tyler e perché voleva ucciderlo.
Capire
perché aveva pensato così tanto a quel bacio, perché nemmeno l’alcool riusciva
a cancellare il suo viso dalla sua mente.
Caroline
si alzò e senza nemmeno salutare il ragazzo dietro al bancone si diresse alla
ricerca di Klaus e delle sue meritate risposte.
Angolo
dell’autrice:
Buonasera a tutti! In questo capitolo non abbiamo nessuna scena Delena e me ne dispiace tanto ma prometto che preso ce ne
saranno di molto belle :)
Abbiamo scoperto da dove viene il tanto amato nome Charlie e che ci
saranno altre scene fra Klaus e Caroline.
Spero vi sia piaciuto e che recensirete in tanti!
Grazie a tutti, a chi recensisce, chi mette la storia fra le seguite/preferite/ricordate
e anche solo chi spreca un po’ del suo tempo a leggere.
Grazie davvero!
HollyMaster
P.S. Sono indietro con le risposte e lo so, ma provvederò a rispondere a tutte
le vostre recensioni.
Capitolo 7 *** Minacce, promesse e tanto amore. ***
VII.
Provare sentimenti per due persone, non è
importante... lo è quello che decidi di fare in proposito.
Life Unexpected
Arrival of the
birds – The Cinematic Orchestra
Tornare
a sedersi sulle scalinate di quel porticato, lì dove lei lo aveva lasciato era
difficile. Più di quanto si fosse aspettato ma soprattutto in modo di diverso.
Si era aspettato di non riuscire neppure ad avvicinarsi, di vedere quella
scalinata e doversi allontanare correndo per non scoppiare in lacrime. Ma non
era andata così. Si era avvicinato senza alcun problema. Aveva percorso il
vialetto senza versare nemmeno una lacrima e si era seduto rassicurato del
fatto che ormai il peggio era passato, ma si sbagliava. Era subito dopo che si
era seduto che erano iniziati i problemi, i ricordi lo avevano investito senza
alcun preavviso e certo l’arrivo di Elena non aveva migliorato la situazione.
Aveva
deciso di ingorare la situazione “gravidanza” anche
se sapeva che lei lo aveva chiamato proprio per quel motivo ma era da troppo
che non la vedeva e il pancione che ora le spuntava sotto il seno era veramente
impossibile da non notare.
Le
lacrime stavano cercando in tutti i modi di uscire dai suoi occhi ormai lucidi.
Il suo sogno era sempre stato Elena, avere Elena, essere amato da lei, e tutto
quello che aveva ottenuto era che la donna che amava, che continuava ad amare e
che avrebbe per sempre amato, se la spassava con suo fratello, che l’aveva
messa incinta fingendo addirittura che una famiglia fosse diventato il suo
sogno. Ma Stefan era convito che presto si fosse stancato di lei e del figlio
che portava in grembo e tutto sarebbe ricaduto su di lui, perché, al contrario
di Damon, lui ci sarebbe sempre stato per Elena.
Elena
si fermò davanti a lui, in piedi. Era ancora bellissima, il viso magro come
l’ultima volta che l’aveva vista, così come le gambe che erano nude, dato il
mese caldo. L’unica cosa che era cambiata di lei era l’enorme pancia su cui
cadeva continuamente l’occhio, la stessa che Stefan era abituato ad accarezzare
durante le loro notti di passione.
-Allora,
come mi trovi?- Chiese lei cercando di rompere il ghiaccio. Era evidente che
fosse difficile anche per lei. Stette ancora per un po’ in piedi mostrandosi in
tutta la sua bellezza.
-Sei…stupenda!
Come sempre.- Sussurrò Stefan.
Il
fatto che fosse arrivata dal vialetto e che non fosse semplicemente uscita
dalla porta di casa Gilbert significava che si era trasferita da Damon, ma
certo di questo Stefan non poteva essere sicuro. Lui se ne era andato già da un
bel po’. Viveva nei boschi e ogni tanto, strano a dirsi, trovava un letto da
Bonnie. Era presentandosi a casa sua una notte in cui pioveva a dirotto che
aveva scoperto della gravidanza di Elena.
-Avrei
dovuto farmi vedere prima.- Si scusò Elena sedendosi al fianco di Stefan,
facendo così in modo che i ricordi riprendessero forma nella mente di entrambi.
-Si,
avresti dovuto.- L’apostrofò Stefan.
-Ma
probabilmente avrei reagito male. Diciamo che i mobili di Bonnie non sono molto
felici di come lo sono venuto a sapere ma almeno la faccia di Damon è ancora
intatta.- Continuò lui senza cercare di trattenere la rabbia quando pronunciò
il nome del fratello.
Elena
non capiva come Stefan riuscisse, a volte, a essere così ottuso. Lei aveva
visto le lacrime di Damon e sapeva cosa significasse perdere un fratello, una
sensazione che non avrebbe augurato a nessuno.
-Non
capisco come puoi dire una cosa del genere. Hai mai visto tuo fratello dopo
quella chiacchieratina al Grill?- Le chiese in preda ad una rabbia della quale
non sapeva spiegare bene la provenienza.
-Io…no.-
Si limitò a balbettare il vampiro sorpreso quanto lei della rabbia nella sua
voce.
-Beh,
dovresti. E’ difficile. Lo è per tutti. Tu…tu hai perso me. Ma io sono ancora
qui. Lui ha perso Alarick e niente glielo darà
indietro. E adesso, adesso ha perso anche te. Sebbene tu possa tornare da lui
non vuoi farlo e questo lo distrugge.- Non aveva mai parlato così per nessuno,
ma Damon la preoccupava parecchio, il solo fatto che avrebbe voluto chiamare
loro figlio Rick faceva capire quanto l’amico di bevute gli mancasse.
Stefan
non aveva mai pensato che il fratello potesse avere una qualche debolezza. L’unica
a cui aveva mai pensato era Elena, il suo amore per lei lo rendeva debole, lo
rendeva umano, scalfibile e ricattabile; ma mai avrebbe pensato di poter
assumere la stessa importanza per il fratello, eppure Damon glielo aveva
dimostrato più volte, standogli vicino e salvandogli la vita nonostante il loro
amore per la stessa ragazza.
-Non
voglio parlare con lui e chiedergli scusa perché io ti amo ancora e sarebbe una
bugia. Sono sicuro che ti tratterà male, che ti abbandonerà. Non vorrei
pensarlo ma so che succederà!- Elena era seccata di sentirlo parlare così.
Chiunque conoscesse era certo che Damon fosse un individuo da evitare, uno di
quelli a cui stare alla larga. E perché mai? Vestiva totalmente di nero e
beveva parecchio, ma questo non poteva incidere così tanto. Aveva avuto i suoi
periodi no in cui uccideva gente a random per divertimento ma anche Stefan
aveva passato il suo momento Ripah e se possibile ne
era uscito molto peggio.
Elena
si alzò dandosi forza appoggiando le mani sulle ginocchia.
-Bene,
se è così che la pensi…- Non ottenendo nessuna risposta dal vampiro ancora
seduto continuò –allora Damon non ha bisogno di te. Io e lui gli basteremo.-
Disse mentre si portava istintivamente una mano sul ventre teso.
Lo
guardò per un ultima volta mentre lo sguardo di lui era fisso sulla sua mano e
sul significato che comportava; lentamente si girò e fece qualche passo verso
il vialetto, quando sentì la mano di lui tirarle il braccio. La stava
bloccando, le stava impedendo di proseguire, di andare avanti.
-Sappi
che sarai di nuovo mia.- Le sussurròsemplicemente all’orecchio per poi liberarla dalla presa ferrea che
aveva esercitato su di lei. Invece di correre via in preda al panico di quella
minaccia, le parole del ragazzo avevano bloccato ancora di più Elena che se ne
stava lì a fissarlo seppur libera di andarsene.
Lui
si limitò a sorridere, evidentemente sollevato che le sue parole avessero
ottenuto il risultato voluto e si allontanò da lei a passo sicuro, mentre Elena
se ne stava bloccata sul vialetto di casa sua a rimuginare su quelle parole.
Quella
non era una minaccia, era una promessa.
***
Camminò
decisa diretta verso il bosco. Questa volte non si sarebbe fatta raggirare da
Klaus, glielo avrebbe chiesto chiaro e tondo. Voleva sapere cosa fosse successo
a Tyler, dove fosse e cosa che la preoccupava più di tutte, perché non fosse
ancora tornato.
Sembrava
che lui non si fosse mai mosso da lì. Era ancora in piedi, la schiena
appoggiata alla corteccia ruvida di un albero.
Un
sorriso apparve sul suo volto non appena la vide. Solo dal passo leggero ma
allo stesso tempo deciso aveva capito di chi si trattava ma vedendola non
poteva che sorridere. La luce che portava con se illuminava quel bosco come non
sarebbe riuscito mai a fare un raggio del sole e riscaldava il cuore di Klaus
come nessun’altro prima d’ora.
-Hai
deciso di scendere a patti?- Chiese lui, increspando poi le labbra per
ricordarle cosa avevano pattuito.
Lei
scosse la testa sorridendo, Klaus poteva avere tanti difetti ma sicuramente
aveva le idee chiare e una volta che aveva deciso che avrebbe ottenuto qualcosa
era deciso a prenderselo. Così come era decisa Caroline, avrebbe ricevuto delle
risposte.
-No.
Sono qui per sapere cosa è successo a Tyler, e il motivo per cui non torna.-
Disse avvicinandosi a lui e fermandosi a qualche passo di distanza.
-E
tu me lo dirai.- Continuò imperterrita sostenendo lo sguardo negli occhi
dell’ibrido.
Klaus
la fissò per qualche secondo per poi sorridere, fiero di lei.
-Certo
che te lo dirò.- Riusciva a capire quanto lei volesse sapere la verità in quel
momento.
-Tyler
sta bene. Se ne è andato da un gruppo di licantropi a qualche miglio da qui.
Lui crede che non sappia dov’è. Crede di essere al sicuro…- Klaus lasciò la
frase in sospeso per qualche istante, facendo in modo che le parole
aleggiassero nell’aria, che Caroline le capisse totalmente.
Solo
quando vide spuntare sul viso della ragazza un’espressione di disgusto mista al
terrore si preoccupò di continuare: -Non gli farò alcun male. Non mi
interessa.- Scrollò semplicemente le spalle. Era la verità. E Caroline lo
capiva bene.
-Tu…-
La vampira cercò di mettere insieme i pensieri cercando di far combaciare ciò
che Klaus le aveva appena rivelato.
-Tu
sai dov’è, ma non lo vuoi uccidere e non hai mandato nessuno per farlo.-
Sembrava sperduta, confusa.
-Esatto.-
Rispose lui scuotendo il capo in un gesto affermativo.
-Perché?-
Quella domanda uscì come un flebile sussurro dalle labbra di Caroline. Una parte
di lei era desiderosa di avere una risposta ma l’altra la temeva come se da
questo dipendesse il suo intero futuro.
-Mi
avevano detto che avrei dovuto uccidere un certo numero di ibridi per poter
avere la cura, ma fortunatamente l’ho trovata prima di trovare Tyler. Mi
avevano detto una cosa sbagliata solo per fare in modo che uccidessi il mio
esercito.- Spiegò Klaus con la sua voce calma e rilassata facendo intendere
alla ragazza che chiunque gli avesse detto il falso ora l’aveva già pagata
pesantemente, probabilmente con la morte.
-Perché
hai tenuto Tyler per ultimo?- Caroline si sorprese a fare quella domanda, in
realtà voleva una risposta precisa, la sua mente si aspettava una certa
risposta e le sue orecchie si tesero pronte ad ascoltare quelle parole.
-Ho
aspettato fino all’ultimo sperando che ci fosse un altro modo, un modo che non
implicasse l’uccisione del mio primo ibrido, un modo che non implicasse che tu
ce l’avessi con me per sempre per avertiportato via il tuo unico amore.- Klaus abbassò lo sguardo leggermente
irritato del fatto che Caroline riuscisse sempre a tirargli fuori tutta la
verità, sebbene questa fosse estremamente imbarazzante.
Lei
non aspettava altro che sentire quelle parole, erano esattamente quelle che il
suo cuore voleva sentire in quel momento. Annullò la distanza fra loro
correndogli incontro e lo abbracciò. Un abbraccio di quelli che Klaus non aveva
mai ricevuto in tutta la sua vita; non si era mai nemmeno lasciato toccare in
quel modo da sua madre quando era un bambino. Suo padre gli aveva insegnato che
l’amore estirpava la forza dall’animo e donare qualche battito del proprio
cuore per qualcun altro significava sprecare tempo in qualcosa di inutile.
Ma
questo abbraccio era diverso, non ero privo di forza, anzi ne sprigionava come
il sole avvampa di luce. Era qualcosa che Klaus non si sarebbe mai aspettato,
qualcosa che non conosceva.
-Grazie.-
Sussurrò Caroline al suo orecchio rendendo così il momento ancora più intimo ma
sempre più forte.
Lentamente
si staccò da lui mentre si rendeva conto che aveva appena abbracciato l’uomo
che aveva sterminato un intero esercito di ibridi che ama chiamare “famiglia”,
uno così non era degno d’amore. Come non lo era Damon, anche se dopo che Elena
gli aveva donato il proprio cuore era del tutto cambiato.
L’amore lo aveva cambiato.
Forse
poteva cambiare anche Klaus? O forse lui era destinato a vagare per sempre
contemplando la solitudine della sua anima.
In
quel momento sembrava che tutto si fosse bloccato come in uno strano
incantesimo, lo sguardo di Klaus vagava sulle labbra della ragazza che
continuava a tenere le mani sulle spalle di lui nonostante l’abbracciò fosse
terminato.
I
due si mossero come all’unisono, l’uno verso l’altro, attratti da una forza
calamitante. Le loro labbra si toccarono in un piccolo dolce e umido bacio.
Caroline
si stupì ancora di più di se stessa e si affrettò ad allontanarsi da lui di
qualche passo per fare in modo che non accadesse nuovamente. Non solo aveva
abbracciato un mostro ma ora lo aveva anche baciato.
Sul
viso di Klaus si dipinse un sorriso beffardo al quale Caroline girò i tacchi
pronta per allontanarsi.
-Fermati,
dolcezza!- Le urlò Klaus facendo qualche passo verso di lei che sentendolo
avvicinarsi e impaurita dall’idea che la scena che si era appena presentata si
riproponesse, si fermò ben lontana da lui.
-Cosa
vuoi adesso?- Chiese lei tentando con tutte le sue forze di assumere un’aria
sprezzante incrociando le braccia al petto.
-Ho
avuto quel bacio,- Sorrise Klaus passando poi la lingue sulle labbra, come se
il sapore di quelle di lei vi fosse stato impresso sopra. –ora tu avrai le tue
riposte sulla cura, sempre che tu le voglia ancora.-
Era
un uomo di parola, di questo non si poteva assolutamente dubitare.
Caroline
annuì con il capo sciogliendo le braccia e lasciandole rilassate lungo i
fianchi.
-Come
ti ho detto prima, sono riuscito a prendere la cura evitando tutti i massacri
che mi erano stati proposti. L’ho nascosta. Ora, il mio intento era quello di
non farla bere da Elena, o da uno dei miei ibridi, ma se mi dici che questa
cura andrà al figlio di Salvatore allora posso anche dartela.- Klaus la
guardava dritta negli occhi, non aveva finito, lei poteva sentirlo, aveva
ancora altro da dire, qualcosa che voleva che lei ascoltasse bene.
-Devi
promettermi che non la userai su di te, per nessun motivo.- Era egoista da
parte di Klaus chiedere a Caroline di non invecchiare ne morire mai solo perché
questa era la sua sorte, ma aveva fatto la parte del cattivo talmente tante
volte che ormai non lo scalfiva più nulla.
-Se
lo facessi non potrei passare l’eternità con Tyler.- Rispose lei, forse più
dura di quanto avrebbe effettivamente voluto.
Klaus
abbassò lo sguardo per qualche istante per poi riportarlo negli occhi di
Caroline.
-Ci
rivediamo qui tra qualche giorno e ti consegnerò quello che vuoi.- fece per
allontanarsi quando la voce di lei lo interruppe.
-Perché
così tanto tempo? Non puoi, che so darmela domani?- Sperava che la cosa si
fosse potuta risolvere in meno tempo. Era determinata a vedere la parola “fine”
in quella storia e soprattutto a poter scorgere della pura felicità nella vita
di Elena e del piccolo.
-Vedi,
l’ho nascosta. Non è proprio dietro l’angolo, ho bisogno di tempo per andare a
prenderla e portartela.- Spiegò Klaus senza neanche l’accortezza di girarsi per
guardare in volto la ragazza.
-Posso
venire con te?- Era sicuramente una delle giornate più sorprendenti per
Caroline che si trovava a far uscire di bocca parole che non le avevano neanche
attraversato l’anticamera del cervello.
Klaus
si voltò verso di lei e la scrutò per qualche secondo cercando di capire se
stesse scherzando o se facesse sul serio.
-Certo.-
Si limitò a dirle sorridendo prima di riprendere il suo viaggio verso la cura
seguito da una dapprima esitate e poi sempre più decisa Caroline.
***
-Non
dovresti stare là su!- La rimproverò Damon prendendola in braccio e portandola
delicatamente giù dalla scala di legno.
-Anzi,
cosa ci facevi lì?- Chiese nuovamente poggiandola finalmente a terra.
Elena
era arrivata alla tenuta dei Salvatore dopo la chiacchierata con Stefan e il
suo umore non era alle stelle come quando era partita convinta che il fratello
del suo ragazzo,nonché suo ex fidanzato
volesse sapere se stavano bene e chiedere scusa per ciò che aveva detto. Ma non
era andata esattamente così.
Una
volta la casa si era stesa sul divano ma l’ozio la rendeva agitata, così era
partita alla disperata ricerca di un qualche svago e passando davanti alle
varie camere presenti nella tenuta una perplessità le era balenata in mente.
Rick non aveva ancora una stanzetta. Mancava veramente poco alla sua nascita ma
dai Salvatore non c’erano indizi che potessero far presumere un nuovo arrivo in
famiglia. Così aveva scelto una stanza, una con una grande finestra da cui la
mattina i raggi caldi del sole avrebbero svegliato dolcemente Rick, e si era
messa a dipingere.
Aveva
arrotolato in un angolo il grande tappeto antico e aveva tolto le pesanti tende
lasciando che il pavimento di legno si colorasse grazie ai raggi del sole che
vi si riflettevano contro.
Sarebbe
stata davvero una bella camera per un bambino ma le pareti nere davano alla
stanza un’aria lugubre e triste, quindi si era issata su una scala di legno per
ridipingerle di un bel rosso, che non stonasse con l’antichità della casa ma
che andasse bene anche per un bambino.
Quando
Damon era tornato a casa dal suo giro per “non-si-sa-dove” si era subito
all’armato nel vederla in bilico su una scala di legno con la pancia poggiata
al muro da quanto ormai era tondeggiante.
Era
da un po’ che Damon scompariva nei pomeriggi e quando tornava tentava di
evitare l’argomento. Elena dal canto suo non aveva mai fatto troppe domande,
notando, ogni volta che provava a parlargli, che questo incupiva Damon.
-Volevo
solo dare una riverniciata. Ho pensato che potrebbe essere la stanzetta di
Rick, ma quel nero era opprimente.- Spiegò lei dopo aver toccato terra e aver
sciolto l’abbraccio.
-Lo
avevo scelto io, il nero opprimente.- Obbiettò Damon con una smorfia.
-Era
molto bello, solo che non andava bene per il bambino.- Tentò Elena, cercando di
riparare ciò che aveva detto. Damon si limitò a scossare la testa sorridendo
leggermente.
-Era
il mio periodo dark, in cui bevevo, ero scontroso e uccidevo gente a caso per
la strada.- Asserì lui alzando lo sguardo e portando all’altezza degli occhi di
lei.
-Non
che ora tu sia cambiato molto, ma almeno non uccidi persone innocenti.- Le
sorrise lei sporgendosi per riuscire a baciarlo, dato che, a causa della
gravidanza, i due erano divisi da un enorme pancione.
Damon
ricambiò il bacio, grato di avere tutta quella felicità. Una cosa in cui non
aveva mai sperato, non ci era abituato. Era solito ad affrontare problemi su
problemi cercando di risolverli nel migliore dei modi, anche se alla fine ogni
suo tentativo si rivelava un totale fallimento.
Forse
avrebbe dovuto essere preparato al fallimento, ma una volta che aveva
assaggiato la felicità si era dimenticato dell’essere miserabile che era stato
perché tutto ciò a cui pensava era la vita serena che lo attendeva con la sua
nuova famiglia.
Si
era dimenticato della cura, così come Elena. Sapevano che Caroline era sulle
sue tracce e erano certi che avrebbe trovato quello che cercavano.
Il
loro futuro era spianato di fronte a loro, luminoso come non lo era mai stato.
Nessuno
di loro aveva pensato che come in una normale giornata, il sole, prima o poi,
deve tramontare.
Angolo autrice: Buongiorno
:)
Lo so, è da molto che non pubblico qualcosa ma spero che mi perdonerete con
questo capitolo che, personalmente, mi piace parecchio.
Come promesso ho inserito una parte Delena e anche
una parte Klaroline (che è un’altra ship che adoro in questo fandom).
Che altro dire, siamo vicini allo scoprire la cura e no, non seguirò l’andamento
del telefilm, quindi aspettatevi l’inaspettabile.
Al prossimo capitolo e un grande ringraziamento a tutti voi. Sia chi
recensisce, chi ha inserito questa storia tra le preferite/ricordate/seguite e
un grazie anche ai lettori silenziosi.
Un abbraccione a tutti, HollyMaster
Se elimini l’impossibile, qualunque cosa rimanga,
per quanto improbabile, deve essere la verità. Star Trek
Love Song Requiem – Trading Yesterday
-Hai
fatto ciò che ti ho chiesto?- Chiese una voce femminile nella semioscurità.
-Certo.
Klaus ha saputo della cura. E’ già nelle sue mani.- Rispose una bassa voce
maschile.
-Spero
che almeno l’abbia nascosta.- Commentò con un pizzico di acidità la voce
femminile che si era fatta più acuta.
-Ovvio.
Di certo però non si aspettava che la cura fosse così…-
-Pericolosa?-
Chiese la voce femminile nuovamente acuta interrompendo quella maschile.
-Sicuramente
la tua idea di dare alla cura una nuova forma è stata efficace.- Si complimentò
lui facendo qualche passo verso di lei e sentendola sorridere soddisfatta.
Quando
nessuno dei due parlava l’unico rumore che regnava nell’oscurità di quella
notte era il silenzio, nemmeno i respiri dei due potevano sentirsi.
La luce di una candela illuminava un angolo dove nessuno dei due aveva la
stoltezza di dirigersi. Nessuno doveva vederli, ancora di più se erano insieme
e di certo portarsi davanti al riflesso della luce non era il metodo migliore
per non essere scoperti.
-Ci
sta portando Caroline, al nascondiglio, le darà la cura e puoi stare certa che
finirà nella mani di Damon e lui cercherà in ogni modo di darla al piccolo.
Io
ho fatto la mia parte, ho detto a Klaus dove si trovava la cura. Ora, puoi
assicurarmi che avrò la mia ricompensa?- Chiese lui. Conosceva bene la ragazza
con cui stava parlando ma sapeva altrettanto bene che non poteva fidarsi di
nessuno, soprattutto se si trattava di qualcuno che viveva a Mystic Falls.
-Non
appena il piccolo asservito diventerà un umano, io ti giuro che avrai ciò che
desideri, tutto ciò che mi hai chiesto e nessuno potrà più portatelo via.-
Rispose la figura femminile sorridendo malignamente e avvicinandosi all’angolo
in cui la candela si stava lentamente consumando.
Avvicinò
il viso alla fiamma che illuminò per un solo, breve istante, un ciuffo di
capelli neri, dopodiché si spense lasciando i due nell’oscurità più completa.
-Chiamami
quando avrai degli aggiornamenti.- Lo esortò lei mentre un nuvolo di fumo le
saliva fino a sfiorarle le guance e farle lacrimare gli occhi.
-Puoi
starne certa.- Rispose la voce maschile seguita da un rumore di passi che si
allontanavano e poi solo silenzio ed oscurità.
***
Probabilmente
andare lì lo faceva solo stare peggio, ma era come se ne avesse bisogno, come
se una forza antica e potente come la sua anima lo trasportasse lì ogni volta
che usciva di casa. Qualcosa che non poteva fermare, qualcosa che infondo non
voleva fermare.
L’appartamento
di Alarick non aveva nulla che assomigliava alla lussuosa
tenuta dei Salvatore. Arroccato alla fine di una lunga scala, al fianco di un
altro appartamento altrettanto inadeguato alla vita di chiunque. Chiunque che
non fosse Alarick, perché lui ci era sempre stato
bene. Non che ci avesse mai fatto qualcosa di più che dormire e mangiare ogni
tanto una pizza da asporto, ma era casa; tutta quella proprietà urlava il nome
di quell’uomo, dal letto ancora sfatto e che probabilmente era ridotto in quel
modo la maggior parte del tempo, all’armadio colmo di vestiti indossabili,
almeno secondo Damon, che nascondeva un piccolo cassettone strapieno di armi
che si sarebbero rivelate letali se usate contro un vampiro.
Era
tutto rimasto così come lui lo aveva lasciato. Damon non si era mai preso la
libertà di toccare nulla.
Semplicemente entrava e si sedeva contro la porta osservando la stanza e
immaginandosi l’amico che correva avanti e indietro al telefono, intento a
trovare unmodo per calmare Elena, che
riteneva quasi come una figlia, o disteso sul letto, ancora con i vestiti
addosso, dopo che lo aveva diligentemente riportato a casa invece che lasciarlo
marcire in un bar dove si stava crogiolando sui problemi con la ragazza che
amava.
Pensava a Jenna e alla possibilità che se un paradiso doveva esistere, beh
allora doveva esistere per loro due, solo per farli rincontrare, perché se
Damon non avesse avuto un’eternità da vivere con Elena sulla terra, allora
avrebbe voluto vederla almeno dopo la morte, perché Jenna era l’Elena di Alarick.
Così anche quel pomeriggio si era ritrovato seduto sul pavimento di quel
appartamento che non vedeva una finestra aperta da fin troppo tempo. L’odore
ristagnante del chiuso si mischiava al profumo di lui, che ancora aleggiava
nell’aria. Spesso Damon si chiedeva come fosse possibile, ricordava a stento i
tratti di quel viso che troppo spesso aveva visto sfuocato dall’alcool, ma il
suo odore non aveva ancora lasciato l’appartamento.
Non sapeva per quale ragione ma faticava a dire a Elena dove passava gran parte
dei suoi pomeriggi. Non voleva che lei potesse vedere le sue debolezze e Alarick era stata una di queste e nonostante tutto
continuava ad esserlo.
Passava
gli occhi da un mobile ad un altro, tentando di catturarne ogni minimo
dettaglio, ogni minima scalfittura nel legno o qualche segno che potesse farlo
concentrare su come si fosse formato cercando così di immaginarsi un Alarick maldestro che rovinava involontariamente il suo
stesso mobilio.
Ancora non aveva mai parlato alla stanza vuota. Lo aveva fatto, in passato. Ora
gli sembrava solo di essere uno stupido e il non ricevere nessuna risposta lo
faceva solamente stare peggio, gli riconfermava ogni volta ciò che già sapeva,
che il suo amico non sarebbe mai più tornato, che non avrebbe mai visto suo
figlio crescere. Glielo avrebbe voluto dire, della gravidanza di Elena, si
sarebbe voluto godere la sua reazione. Sarebbe certamente stato sorpreso,
all’inizio, ma poi gli avrebbe fatto i complimenti e sarebbe partito senza fare
domande alla ricerca della cura, compito che era stato affidato a Caroline, ma
che, Damon ne era sicuro, Alarick avrebbe svolto
molto meglio e senza vendersi a Klaus in nessun modo.
Si
sedeva lì e semplicemente osservava una stanza vuota.
***
Camminavano
già da un po’, da molto più di quanto Caroline volesse ammettere. I suoi
muscoli stavano cominciando a indolenzirsi e dato che lei era una vampira,
significava solamente una cosa: erano in viaggio da veramente tanto.
Continuava
a seguirlo, stando qualche passo dietro di lui. Non si erano rivolti parola per
l’intero viaggio. Dopo quel fatidico bacio fra loro era caduto un silenzio
imbarazzante che sembrava nessuno dei due volesse rompere.
Caroline
orgogliosa com’era l’aveva presa come una sfida e di certo non avrebbe nemmeno
nominato i crampi che stavano cominciando a farle urlare i polpacci coperti da
un paio di stivali alti fino al ginocchio, neri e dal tacco spropositato, che
di certo non erano stati ideati per partire alla ricerca di una cura che
sembrava essere ben nascosta.
-Non
ti lamentare!- La ammonì lui. A volte sembrava che riuscisse a leggerle nel
pensiero.
-Io
non ho detto niente.- Le ricordò lei felice di poter interrompere quel silenzio
che si era protratto anche troppo, senza perdere la sfida.
-Giusto,
ma i tuoi sbuffi non sono stati altrettanto silenziosi.- Non le era sembrato di
aver sbuffato. -E penso che gli sbuffi valgano come “interruzione del rumore”.
Mi dispiace cara, ma questa sfida l’ho vinta io e direi che come premio un bel
bacio non me lo toglie nessuno.- Era imbarazzante il modo in cui lui riusciva a
leggerle dentro. Era come se avesse letto il manuale “Come capire Caroline Forbes”. Se lo immaginava durante una solitaria nottata
insonne che aveva passato a sfogliare le pagine del manuale davanti ad un
camino acceso.
Scrollò
le spalle e con un passo più lungo, al quale le sue gambe le ricordarono dei
crampi, lo raggiunse.
Negare
che nella sua testa si stesse svolgendo quella sfida era ridicolo. Lui sapeva
di avere ragione.
-Quanto
manca ancora?- Gli chiese, questa volta sbuffando sonoramente, facendo apparire
sul suo volto un sorriso.
-Non
molto. Ma preferirei che tu smettessi di lamentarti. Non sono di piacevole
compagnia quando sono innervosito, e i tuoi continui sbuffi mi infastidiscono.-
Le spiegò lui mentre il sorriso scompariva dalle sue labbra.
Caroline
scosse la testa e tornò a rallentare il passo finendo nuovamente a dovergli
arrancare dietro. Quando mai era stato di buona compagnia durante quel viaggio?
-Posso
capire perché tu voglia salvare il piccolo dall’asservimento, ti senti vicina a
quel bambino, ti senti come una sua seconda madre per lui. Sai che non potrai
mai esserlo, questa è la tua possibilità.- Aveva continuato a camminare,
spostando lo sguardo dalle sue scarpe all’orizzonte che si prospettava davanti
a loro.
-Come
lo sai?- Caroline voleva proprio conoscere l’autore di quel manuale. Nemmeno la
sua stessa madre l’avrebbe capita così profondamente. Era sempre andata fiera
della sua capacità di apparire superficiale e priva di emozioni umane davanti a
chiunque, ma ora si trovava a davanti a l’unico che aveva, evidentemente, letto
questa enciclopedia di cui lei era totalmente all’oscuro. Ora si trovava
completamente priva di quel muro che si era costruita, quello che nessuno aveva
mai oltrepassato, non Matt; Tyler era riuscito solo a scalfirlo, ma Klaus, lui
aveva rimosso con facilità un mattone e tutto era crollato.
-Anche
io mi sento così, a volte. Ovviamente se qualcuno dovesse chiedermi qualcosa
negherei fino a strappare il cuore dal petto del povero malcapitato, ma, a
volte, ci penso anche io. Sai, a come sarebbe avere un figlio, anche se so
benissimo che non succederà mai.-
Caroline
lo ascoltò attentamente e pensò molto prima di parlare. Non voleva risultare
stupida oltre che incapace di trattenersi dal lamentarsi.
-Tu
sei un ibrido. Tu puoi avere figli, come Tyler.- Il problema era lei, non il
mondo che la circondava. Era lei a non poter diventare madre, e come al solito
era stata Elena ad essere graziata da questa specie di maledizione.
-Ma
ho il suo stesso problema…- La sorprese lui voltandosi improvvisamente per
poter perdere il suo sguardo negli occhi di lei.
-Quale?
Quale problema?-
-L’unica donna che ritengo degna di diventare la madre dei miei figli non può
avene. Sai, lei è una vampira.- Le riservò un sorriso sghembo per voi voltarsi
nuovamente incamminandosi verso l’orizzonte.
-Un’ultima
cosa.- La spiazzò lui. Si era aspettata che dopo quella rivelazione lui non le
parlasse per il restante viaggio, ma evidentemente, era stata solo lei ad
arrossire e imbarazzarsi al punto di volersi sotterrare a quelle parole.
-Quando
la vedrai promettimi di non dare di matto.- All’inizio Caroline pensava ad uno
scherzo ma dopo averlo visto fermarsi e voltarsi verso di lei con lo sguardo
fisso, capì che non lo era.
-Dovrei
dare di matto?- Chiese senza capirlo, fermandosi a sua volta.
-Diciamo
che non immagineresti mai la cura in questo modo.- Si limitò a dire lui senza
distogliere lo sguardo da lei.
-Tu
che ne sai di cosa mi immagino io?-
Klaus
si limitò ad alzare un sopracciglio per poi decidersi a parlare. -Non ti ho
ancora dato abbastanza prova di capirti, cara?-
Caroline
ripensò alle parole che Klaus le aveva rivolto poco prima. Lui la capiva come
nessuno era mai riuscito prima e lei sapeva che il merito non era di nessun
manuale, perché nessuno sarebbe mai riuscito a scriverlo. Nessuno tranne lui.
-Quindi
niente pozione verdeggiante, puzzolente e piena di bolle?-Chiese lei facendolo sorridere nuovamente.
Non avrebbe mai ammesso davanti a Klaus che lui la conoscesse così bene da
percepire i suoi pensieri ancora prima che si formassero nella sua mente.
L’ibrido
ricominciò il suo percorso con la vampira subito dietro.
-No,
niente pozione verdeggiante, puzzolente e piena di bolle.-
***
Da quando avevano dipinto le pareti della stanza Elena era uscita solo per
comprare oggetti da buttarci dentro. Ogni giorno entrava e vedendone la
disposizione decideva di cambiarla; la culla era troppo vicina alla finestra, il
piccolo avrebbe preso freddo; il fasciatoio era troppo vicino alla porta e la
puzza dei pannolini pieni avrebbe raggiunto il soggiorno o semplicemente il
quadro appeso il giorno prima era improvvisamente diventato inabbinabile
con le pareti.
Correva
fuori e dentro come una trottola trasportando ogni tipo di oggetto e ogni
volta, dopo aver nuovamente sistemato la stanza chiamava Damon per mostrargli
gli ultimi progressi.
All’inizio
era stato ben felice di quel ruolo, di vedere l’allegria nel volto di Elena, ma
giorno dopo giorno aveva capito che quella specie di passatempo era diventata
un’ossessione per la vampira. Non avrebbe mai creduto che ci fossero così tante
possibilità di inter cambiare quei pochi mobili che potevano servire ad un neonato.
Damon
aveva capito che tutto quel lavorare serviva a Elena per tenere a freno i suoi
pensieri, che, altrimenti, si sarebbero sempre rivolti a Caroline e al suo
viaggio verso la cura.
Il
tempo stava per finire ed era facile capirlo; la pancia della ragazza era così
gonfia che sembrava fosse sul punto di scoppiare e la pelle in quella zone era
tesa e tirata e mostrava le sottili vene bluastre. Quasi stonava con la
sottigliezza delle gambe della ragazza e con la sua figura, altrimenti,
asciutta.
Quando,
dopo la decima volta in quel giorno che lei lo chiamava al piano superiore per
mostrargli nuovamente la stanza, Damon decise che aveva visto già abbastanza.
Si precipitò su per le scale e non appena arrivato nella camera la prese in
braccio, come era solito fare quando voleva trasportarla contro la sua volontà.
Con un braccio le cingeva le spalle mentre l’altro sorreggeva le sue gambe
all’altezza delle ginocchia.
Il
suo petto fu colpito diverse volte dalle mani di Elena che tentava di
divincolarsi da quella stretta, ma nemmeno le sue urla di disapprovazione lo
fermarono. La sistemò nel sedile dell’auto per poi sedersi al posto di guida e
mettere in moto.
-Cosa stai facendo?- Chiese lei con un tono acuto di rimprovero.
-Ti porto via da quella stanza. Tra poco tornerai alla disposizione originale e
potrei finire con il buttare giù dalla finestra quella bellissima culla.- Si
chiarì lui mentre guidava sulla strada deserta.
-Ero già tornata alla disposizione originale. Più di una volta.- Elena fece una
smorfia al sorriso di Damon, che continuava a guidare come se nella sua mente
fosse ben definita una meta precisa.
Girò
il viso per poterla guardare in volto per qualche secondo per poi rimettere gli
occhi sulla strada -Allora ho fatto bene a portati via.-
-Diciamo
di si.- Sbuffò lei poggiandosi una mano sulla pancia e cominciando ad
accarezzarla leggermente. –Ma dove andiamo di preciso?- Chiese mentre
cominciava a sentire qualche piccolo calcio di Rick.
-In Georgia c’è un bar che ci aspetta. Penso proprio che dovremmo fermarci lì.-
Le sorrise lui ricordandole del primo viaggio in macchina che avevano fatto
insieme. Lei non aveva quella pancia enorme, ma lui, allora come adesso,
l’aveva salvata, perché era questo che faceva Damon: la tirava fuori dai
problemi ogni volta che se ne presentava uno nella sua vita, piccolo o grande
che fosse, lui avrebbe fatto qualunque cosa per aiutarla, come aveva fatto
quella volta facendola uscire da ciò che era rimasto della sua auto dopo
l’incidente.
-Speriamo
di non uccidere la proprietaria come l’ultima volta.- Ironizzò lei mentre
cominciava a sentire lo stomaco in subbuglio, come se qualcuno lo avesse preso
per mano per fargli ballare un tango con tanto di casquè finale.
Damon sorrise scuotendo la testa. –Non penso che si ripresenterà una mia
vecchia fiamma. E anche se dovesse accadere penso che tu e Rick facciate
abbastanza scena da tenerle tutte lontane.- Elena rispose colpendo la spalla di
Damon, mentre la sensazione del vomito cominciava a presentarsi al suo esofago.
-Qualcosa
non va?- Chiese lui, visibilmente preoccupato, dopo averle rivolto uno sguardo.
-Ferma
la macchina!- Si limitò a dire Elena, una mano già sulla maniglia pronta ad
aprire la portiera e scendere alla velocità della luce per non imbrattare i
sedili della tanto amata macchina di Damon.
-Mi
sembra di vivere un déjà-vu.- Sorrise lui scendendo a sua volta e
raggiungendola.
-Io…mi
dispia…- Cercò di scusarsi lei, prima di essere
investita dal suo abbraccio.
-Ora
torniamo indietro, ma tu promettimi di chiedere la porta di quella camera e non
riaprirla fino a che non dovrai mettere a dormire Rick lì.- Le sussurrò
all’orecchio per poi sciogliere l’abbraccio e guardarla dritta negli occhi in
attesa di una risposta.
-Sai
che succederà presto, vero?- Lo guardò negli occhi, dritto in quell’azzurro
sconfinato per perdercisi ancora una volta.
-Spero
proprio perché non ne posso più di questi abbracci a tre.- Sorrise lui
guardando verso il basso la grande pancia di Elena che impediva ai loro di
corpi di aderire l’uno all’altro.
Lei
lo imitò guardando in basso e sorrise.
Era
felice.
***
Si
rigirava la cura fra le dita mostrandola a Caroline continuando a guardarle il
volto alla ricerca di una sua qualche reazione. Temeva che si sarebbe
infuriata, che avrebbe buttato tutto all’aria, che avrebbe cercato di
distruggere in tutti i modi possibili la cura. Ma per la prima volta durante
quella giornata si trovava ad aver torto su di lei.
Caroline continuava a fissare le mani di Klaus mentre stupore e delusione si
mescolavano sul suo volto creando un’unica maschera dura.
-N-non
può essere! Come…?- Questa volta aveva subito afferrato il suo pensiero,
sebbene lei non fosse in grado di pronunciarlo.
-Non
lo so. Spero solo che la vostra streghetta abbia qualche asso nella manica.-
Buongiono :)
Finalmente
sono riuscita a pubblicare questo nuovo capitolo. Spero che vi piaccia come gli
altri e soprattutto di avervi messo un po’ di dubbi addosso. Chi c’è dietro
tutta questa storia? Cosa hanno trovato Klaus e Caroline?
I
momenti Delena in questo momento più che essere
importanti per la trama sono solo molto fluffosi :D
E
per concludere penso che ormai il personaggio di Alarick
diventi sempre più importante, nonostante sia effettivamente morto.
Come
al solito voglio ringraziare tutti quelli che mi stanno seguendo e soprattutto
coloro che hanno lasciato una recensione, anche solo per dirmi ciò che pensano.
Un
bacione a tutti :)
HollyMaster
P.S.
So che sono indietro con il rispondere alle recensioni vecchie, ma prometto che
domani provverderò :)
Si pensa
sempre di essere pronti per quello che ci aspetta. Non lo si è.
Grey’sAnatomy
To build a home –
The Chemical Orchestra
Era
stato parecchio fastidioso da parte di Bonnie lasciarlo lì, lontano da Elena,
da tutto quello che le stava succedendo, lontano da lei e dal bambino, ma
infondo era per il suo bene.
Damon
non faceva che ripeterselo mentre saliva per l’ennesima volta le scale d casa Gilbet che era diventata da qualche ora il suo rifugio.
Sapeva
che non doveva uscire di lì per nessun motivo e così, per tenersi impegnato
durante l’attesa, si stava impegnando a salire e scendere le scale di legno.
Aveva
contato i grandini più e più volte ed era poi passato a contare il tempo che
impiegava solo salendo, per poi sommargli quello impiegato durante la discesa.
Non
aveva mai passato del tempo annoiandosi così tanto, ma le parole di Bonnie lo
avevano bloccato lì, per la prima volta in vita sua aveva pensato ad un essere
che andava al di fuori da se stesso e da Elena; aveva pensato al piccolo Rick e
al fatto che non voleva ferirlo in alcun modo.
Bonnie
era terrorizzata all’idea che Damon, sentendo le urla di dolore di Elena,
causate dal parto, avrebbe desiderato la morte del piccolo e grazie
all’asservimento il suo sogno non avrebbe fatto altro che avverarsi.
Era
più lontano che poteva. Lei era alla pensione dei Salvatore, ed era al sicuro,
come il bambino che avrebbe dato alla luce a breve. Bonnie e Caroline non
avrebbero mai permesso che le succedesse qualcosa, né a lei né al piccolo, e
lui avrebbe fatto lo stesso, li avrebbe voluti proteggere, ma l’asservimento
glielo impediva e sebbene avesse giurato che non avrebbe mai ferito Rick,
sapeva di non avere nessun controllo quando si trattava di Elena.
Stare
lì era la migliore delle soluzioni.
Non
le avrebbe stretto la mano come ogni film romantico presupponeva e non avrebbe
sorriso quando, guardando il viso del piccolo avrebbe saputo di essere stato il
primo a vederlo, ma era disposto a sacrificare queste romantiche sciocchezze
per la vita di quello che sarebbe stato il suo unico figlio.
Mentre
percorreva le scale ancora una volta, discendendole, il peso di ciò che stava
succedendo lo prese alla sprovvista facendolo cadere seduto su un gradino.
Lui
era lì, in attesa di quella che sarebbe stata la sua famiglia, di quella che
aveva scelto e creato, ma era solo. La sua famiglia precedente, Stefan, lo
aveva abbandonato lì e Damon non poteva che chiedersi se anche Elena e Rick, un
giorno, lo avrebbero abbandonato e non poteva sopportare una risposta positiva.
Era
patetico come forse non era mai stato, eppure si era sentito talmente felice in
quegli ultimi tempi che tornare quello di una volta, il vendicativo e oscuro
fratello minore dei Salvatore, non gli faceva alcuna voglia.
-Sei qui?- Damon, talmente assorto nei suoi pensieri non aveva sentito la porta
di casa Gilbert spalancarsi e nemmeno i passi di Bonnie che si avvicinavano.
-Eccoti!-
Gridò la ragazza una volta posato lo sguardo sul vampiro, ancora seduto su uno
degli scalini di legno, con la testa appoggiata al muro, totalmente preso dai
suoi pensieri infelici.
Damon
si alzò di scatto quando sentì la voce della ragazza e subito realizzò che se
Bonnie era lì, allora Elena e Rick dovevano stare bene e probabilmente lui in
questo momento era felicemente sdraiato tra le braccia della mamma.
-Come
stanno?- Chiese con evidente preoccupazione e affanno Damon.
-Loro
stanno bene. E’ andato tutto bene.- Constatò lei annuendo vigorosamente con il
capo, come per dargli una maggiore conferma.
-Ma
tu dovrai sederti.- Aggiunse poi posizionandosi davanti a lui per potergli
impedire ogni via di fuga.
-No,
io devo correre da loro, vedere come stanno. Voglio passare una mano fra i
capelli di Elena mentre tengo stretto il piccolo Rick fra le braccia.- Damon
non poteva credere di averlo veramente detto, non davanti a Bonnie perlomeno.
Si stava rammollendo un po’ troppo forse.
-Tu non vai proprio da nessuna parte. Prima io e te dobbiamo fare un
discorsino.- Cercò di intimarlo lei, senza però ottenere un grande risultato.
-Se
vuoi minacciarmi dicendomi di fare il bravo ragazzo con Elena, sai benissimo
che lo farò, e che soprattutto le tue minacce non mi farebbero alcuna paura.-
Cominciò Damon cercando intanto di divincolarsi in qualche modo da quella morsa
che creava il corpo di Bonnie bloccandolo nella bocca delle scale.
-Le
mie minacce dovrebbero terrorizzarti, ma non è questo ciò di cui voglio
parlarti. Ora siediti e appena avremmo finito potrai andare da loro.- Disse lei
in tono ragionevole che stranamente acquietò Damon che si mise diligentemente
seduto su di uno scalino con la schiena dritta e tesa di chi non vede l’ora di
correre via veloce.
-Caroline
e Klaus hanno trovato la cura.- Iniziò Bonnie cercando di usare il tono di voce
più calmo che aveva in repertorio.
-E’
un’ottima cosa. Finalmente arriva il lieto fine.- Sorrise Damon e scattando in
piedi tentò, invano, di fare due passi in avanti prima che le mani di lei lo
spingessero nuovamente sul gradino.
-Sarebbe
un’ottima cosa se la cura non fosse ciò che è.- Sospirò Bonnie passandosi una
mano fra i capelli visivamente agitata, anche se nella sua voce non c’era
nient’altro che calma assoluta.
-Mi
spiace ma se mi fai una frase così complicata, di sicuro non ci capirò molto.-
Tentò di ironizzare Damon. Aveva capito che qualcosa non andava, solo che non
riusciva bene a capire cosa.
Il
silenzio calò nella casa, come quando la strega aveva scoperto della gravidanza
di Elena.
Tutto
era muto, irreale e Damon per la prima volta in vita sua, ebbe paura. Paura che
ciò che sarebbe uscito dalle labbra di Bonnie lo avrebbe riportato alla realtà
troppo violentemente.
-La
cura è un pugnale.- Si limitò a dire lei dopo diversi secondi di silenzio.
-Cosa!?-
Damon si era alzato nuovamente e questa volta Bonnie non aveva nemmeno tentato
di fermarlo, sapeva benissimo che grazie alla rabbia che stava crescendo dentro
di lui, non ci sarebbe mai riuscita.
-Cosa
vuol dire: “La cura è un pugnale.”!?- Ripeté Damon con enfasi guardando la porta
davanti a sé per poi voltarsi verso Bonnie, che adesso dava le spalle alle
scale, in cerca di una risposta.
-Non
vedo come avrei potuto fartela più semplice. La cura è un pugnale. Per poter
sciogliere il legame che l’asservimento crea dovrai…-
-Dovrò
ucciderlo.- Gli occhi di Damon erano fissi nel vuoto, rendendo quell’azzurro
ghiaccio di una tonalità spaventosa e grottesca, che mai, in tutti quegli anni
di oscurità, avevano mostrato.
-Dovrò
uccidere nostro figlio.- Aggiunse. Bonnie poteva vedere la speranza morire
lentamente nei suoi occhi per poi abbandonarli, scivolando giù per le guanci,
racchiusa in piccole lacrime salate.
Bonnie
non lo aveva mai visto così sconvolto. -C’è una possibilità che, che il bambino
si salvi o la cura stessa sarebbe inutile.- Cercò di spiegargli con vera
speranza. Il fatto stesso che la cura esistesse implicava che in qualche modo
doveva risanare e la morte sarebbe stata, probabilmente, una della possibilità,
ma di certo sarebbe bastato una qualunque arma.
-Ora
posso andare da loro?- Riuscì a chiedere Damon con una voce smorzata
dall’infelicità.
-Certamente.
Puoi andare, ma non dirle niente, non adesso!- L’ultimo consiglio prima di
vedergli aprire la porta di casa Gilbert.
Bonnie
si chiedeva come, dopo quella scoperta, riuscisse ancora a muovere i muscoli
del proprio corpo senza soffrire tanto da perdere il fiato ogni volta.
-Non
lo farò. Non voglio farla soffrire.- Le ultime parole prima che scomparisse al
di là della porta.
***
Non
ne avrebbe parlato.
Non
con lei.
Non
in quel momento.
Si
fermò davanti alla porta della villa dei Salvatore e la fissò per qualche
secondo. Si asciugò gli occhi dalle lacrime che per tutto il percorso non
avevano smesso di scorrergli lungo le guance. Chiuse gli occhi per qualche
secondo, fece un profondo respiro, si stampò un grande sorriso sulle labbra e
aprì il portone vedendosi una Caroline felice e ed elettrizzata corrergli
incontro con le braccia spalancate e un sorriso brillante.
L’impatto
con il suo corpo lo fece tornare alla realtà.
La
strinse fra le braccia pensando che solo pochi attimi dopo, quelle stesse
braccia avrebbero accolto il corpicino di Rick. Suo figlio. Ora non poteva e
non voleva pensare alla cura, a ciò che avrebbe dovuto fare. Voleva vivere come
aveva sempre sognato, vivere quel momento così come facevano tutte le altre
famiglie, in modo normale.
Liberò
la bionda dalla stretta e si diresse subito in salotto, dove sentiva scalpitare
un piccolo cuoricino energico.
Elena
era seduta sul divano con un fagotto di coperte in grembo.
Damon
le si avvicinò, le sorrise stampandole un dolce bacio sulla fronte per poi
lasciare cadere lo sguardo sul piccolo volto che emergeva dalla stoffa.
Era
bruttino, il volto rugoso contratto in una smorfia ma agli occhi di Damon
appariva semplicemente perfetto. Pochi capelli di un castano chiaro facevano
capolino dalla stoffa e gli occhi, quasi sempre tenuti serrati, apparivano di
un azzurro rubato alla desolazione dei ghiacci del polo.
Damon lo aveva preso in braccio con timore ma appena lo aveva sentito
rilassarsi si era, a sua volta, tranquillizzato. Lo cullava tenendolo
appoggiato sul braccio; la testa talmente piccola da stare comodamente nel
palmo della mano del vampiro.
Elena
guardava la scena sorridendo, rapita dai suoi due ragazzi. Se in quel momento
fosse partita una melodia al piano sarebbe stato un finale perfetto. Invece fu
la voce cristallina di Caroline ha irrompere nel silenzio.
-Penso che il piccolo voglia conoscere la zia!-
-E
io penso che la mamma del piccolo voglia tornare dal suo papà…- Sussurrò Elena
all’orecchio di Damon facendolo rabbrividire di piacere.
-E’
una bella idea, piace anche al papà in questione.- Aggiunse Damon sorridendo
sornione. Caroline li guardò con una smorfia di disgusto per poi rivolgersi a
Rick.
-Andiamocene,
qui presto usciremo dalla zona protetta.- Dopo averlo preso dalle braccia di
Damon senza privarlo di uno sguardo di rimprovero e uscì dalla stanza
lasciandoli finalmente soli.
-Chi
ha detto che il padre in questione eri tu?- Chiese maliziosa Elena alzandosi
dal divano sul quale era seduta, avvicinandosi a Damon.
Lui finse di imbronciarsi incrociando le mani al petto, dando le spalle alla
ragazza. Lei sorrise scossando la testa e avvicinandoglisi.
-Dovrai
dare un taglio alla gelosia. Ora non sei più l’unico uomo nei miei pensieri.-
-Anche
io penso costantemente ad un uomo.- Aggiunse lui sorridendole.
-Allora
dovrei essere io quella gelosa…e anche un po’ scioccata.- Elena si fermò a
guardarlo sgranando gli occhi mentre lui, ancora a braccia incrociate
continuava a fissare il camino.
Lo
sguardo di Elena si addolcì improvvisamente, mentre lei riprendeva ad
avvicinarsi a lui.
-Dovrò
farti tornare quello di una volta allora.- Gli sussurrò nelle orecchie,
arrivatagli ormai alle spalle. Un brivido freddo percorse la schiena di Damon
nonostante il fuoco nel camino scoppiettasse senza sosta. Si girò verso di lei
non potendo più resistere al desiderio di perdersi in quel mare oscuro che
erano i suoi occhi.
-Sai
che non ce né alcun bisogno.- Si limitò a dire lui prima che la voce gli si
bloccasse in gola.
Elena
aveva cominciato ad accarezzargli il petto solleticandogli la pelle che stava
letteralmente andandogli a fuoco.
Era troppo tempo che si tormentava con tutti quei pensieri infelici sulla cura,
aveva bisogno di rilassarsi un po’ e quale miglior luogo se non le braccia di
Elena.
Infilò
una mano fra i suoi capelli, dietro alla nuca e l’avvicinò alle sue labbra con
un movimento veloce e istintivo. Avanzò di un mezzo passo facendo così aderire
il suo petto al corpo di Elena.
Voleva
sentirla vicina, attaccata a lui, come calamitata, voleva che non lo
abbandonasse mai, ma sapeva che presto sarebbe successo.
Tenerla
fra le braccia gli faceva sentire che era tutto reale, che almeno per un
attimo, lei era stata fiera di lui e di ciò che avevano costruito insieme.
Elena
si era accorta che i baci di Damon sapevano di nostalgia, gridavano
disperazione e malinconia e lei voleva semplicemente che fosse felice, così
come lo era lei, perché per loro era finalmente arrivata la parola “Lieto fine”.
-Ora che abbiamo la cura possiamo vivere felici e contenti.- Si limitò a
sussurrare sulle sue labbra prima di sprofondarci nuovamente,
Se
possibile aveva peggiorato la situazione. Damon ora era distante, si staccò da
quel bacio ed accarezzandole la guancia con una compassione che non era sua la
guardò intensamente.
-Possiamo
semplicemente evitare di parlarne per oggi.-
Elena
corrugò leggermente le sopracciglia, non capiva.
Ma decise che per quel giorno non le interessava capire, voleva solo lui.
Sorrise maliziosamente prima di avvicinarglisi nuovamente.
-Dove
eravamo rimasti?- Per tutta risposta Damon si buttò sulle sue labbra senza
farla aspettare un secondo di più.
–Ehm…scusate
ma devo andare!- Urlò Caroline per attirare la loro attenzione mentre entrava
con gli occhi chiusi e una mano su quelli di Rick, che teneva in braccio, per
tenere serrati anche i suoi.
Aprì
leggermente un occhio e vedendoli vestiti e in piedi si rilassò sospirando
rumorosamente e tolse la mano dagli occhi del bambino che cominciò a ridere,
credendo si trattasse di un qualche gioco divertente.
Damon
la guardò spazientito. Proprio ora che riusciva ad avere un minuto solo con
Elena lei doveva andarsene?! Le sue sfortune non finivano mai!
-Avevi promesso di fare la buona zia babysitter…- Le ricordò prima di andarle
incontro per prendere il piccolo dalle braccia.
Caroline
scosse la testa facendo ondulare la chioma bionda. -Si, ma il figlio è vostro,
su, su, amatelo un po’!- La sua voce cristallina risuonò nel grande soggiorno
prima che il portone di casa si richiudesse dietro di lei con un tonfo.
Elena
sorrise dolcemente a Damon mentre lui faceva ruotare gli occhi e si sedeva sul
divano al suo fianco pronto ad affrontare la sua prima serata in famiglia.
E fino a che non si addormentò sperò che non fosse anche l’ultima.
Buongiorno :)
Ed ecco qui il nuovo
capitolo. Spero vi piaccia e non deluda le vostre aspettative.
Il piccolo Rick è nato ma, ovviamente, ci sono dei problemi…
Grazie a tutti quelli che hanno inserito questa storia fra le preferite, fra le
ricordate o fra le seguite.
Grazie a chi recensisce ogni volta e grazie anche a chi decide di dare una
semplice letta.
Grazie davvero tanto. Stò diventando ripetitiva ormai
ahahah
Aspetto le vostre care recensioni :)
Un bacione, HollyMaster
La cosa che odio di te è che fai in modo che io ti
ami.
7 Things
Please don’t go
– Barcelona
Non
lo aveva ancora detto ad Elena. Avrebbe dovuto farlo prima e lo sapeva bene, ma
toccare l’argomento bambino lo spaventava più di quanto avrebbe voluto
ammettere.
La vampira amava alla follia quel piccolo pargoletto, talmente tanto da non
accorgersi che ciò che aveva predetto Bonnie si stava rivelando veritiero.
Il piccolo Rick seguiva alle lettera tutto ciò che Damon gli diceva di fare e
non solo. Sembrava che sentisse anche i suoi pensieri, ogni tipo di pensiero e
si comportasse a dovere.
Certo, per certi aspetti poteva essere una cosa positiva, come quando si era
svegliato nel cuore della notte strillando e grazie all’insulto mentale che
Damon gli aveva mandato si era subito zittito anche se era rimasto sveglio fino
all’alba perché suo padre si era dimenticato di aggiungere un “dormi”.
Damon
non voleva nemmeno pensare a quando avrebbe dovuto usare la cura su di lui. A
volte si svegliava madido di sudore dopo aver visto, in sogno, un piccolo
bambino che si pugnalava da solo pur di fare ciò che il padre avrebbe dovuto.
Era
una visione più che orribile.
L’ultima
cosa che Damon voleva era che anche Elena vivesse incubi del genere, non poteva
permettere di farla soffrire ancora. Così aveva semplicemente deciso di non
dirle nulla, di portare a termine ciò che doveva, di prendersene ogni
responsabilità.
Avrebbe
agito non appena Elena li avrebbe lasciati soli e quell’occasione si presentò
prima di quanto avrebbe mai pensato.
-Mi raccomando comportatevi bene fra ometti.- Li salutò prima di chiudersi la
porta alle spalle.
Damon spense il sorriso che aveva acceso solo per lei e ascoltò per qualche
istante il silenzio che era piombato in casa.
Rick
sapeva che stava per succedere qualcosa. Stava fermo, nel lettino, in silenzio,
come Damon gli aveva mentalmente ordinato.
Aveva bisogno di pensare, di calmarsi, di portare a termine ciò che doveva
fare.
Nulla era mai stato più difficile.
Anche
con la cura in mano e guardando il piccolo dritto negli occhi da sopra la culla
la situazione non migliorava.
Rick
ricambiava lo sguardo dall’alto dei suoi cinque mesi, fiero di essere lì e
sicuramente più pronto di Damon a ciò che lo aspettava. Quelli non sembravano
gli occhi di un bambino, somigliavano a quelle di una persona saggia oltre
l’inverosimile, quelle che hanno fatto della loro esperienza la loro saggezza.
Damon
respirò a fondo cercando di farsi tornare in mente le parole di Bonnie, unico
appiglio di fortuna che gli era stato teso in quel buco nero di morte: -C’è una
possibilità che, che il bambino si salvi o la cura stessa sarebbe inutile.-
Il
vampiro inspirò nuovamente senza nessun risultato.
La
strega aveva ragione, cercò di ripetersi, doveva essere la soluzione giusta,
tutto sarebbe finito per il meglio, ne era certo.
O
almeno era ciò che sperava.
***
Elena
non era abituata a lasciarli a casa da soli. Non che dubitasse di Damon,
semplicemente si fidava più di se stessa, quando c’era in ballo il bambino.
Ancora
le faceva strano.
Aprì
il portone di Villa Salvatore piena di buste in mano. La casa era silenziosa,
troppo quieta, e i suoi cinque mesi passati con Rick le avevano insegnato che
con lui non era possibile che regnasse un silenzio come quello tetro e cupo che
raggelava le pareti in quel momento.
Lasciando
cadere tutto ciò che aveva tra le mani e senza preoccuparsi di chiudere la
porta dietro di lei si precipitò su per la scale fino ad entrare nella stanza
di Rick. Damon era chino sulla sua culla e un pugnale sporco di sangue brillava
nelle mani del vampiro mentre una vistosa chiazza rossa macchiava la tutina del
bambino.
-Damon…-
Mormorò Elena. Non riusciva a trovare le parole a capire come tutto potesse
essere accaduto. Non c’era nulla da spiegare, nessuna strana situazione da
comprendere.
Damon
aveva appena pugnalato il loro bambino.
Non
appena sentì chiamare il suo nome si voltò verso di lei, gli occhi lucidi e
acquosi dalle lacrime, ma immobili, come pietrificati.
Elena
si precipitò verso Rick, verso l’unica cosa che amava più di quell’uomo
trasformato in pietra dalle sue stesse lacrime.
-Che
cosa hai fatto?!- Urlò lei presa da una rabbia e da una forza che non pensava
di avere.
-Io…
La cura… - Nemmeno lui sapeva cosa dire. Il suo sguardo era ancora fisso sulla
porta della stanza dalla quale era entrata Elena anche se lei non era più lì,
ma il suo viso, l’espressione che aveva ostentato erano ancora lì, fisse come
se gli occhi di Damon avessero fermato l’immagine in un’istantanea.
-Vattene!-
Strillò lei mentre il suo sguardo non si allontanava dal volto del piccolo,
sereno, con gli occhi chiusi.
-Subito!-
Sbraitò nuovamente. –Non voglio vederti mai più!- Furono quelle esatte parole
che fecero finalmente muovere il vampiro che utilizzando la sua velocità uscì
da quella casa deciso a non farvi più ritorno. Non lo meritava.
Elena
si fece coraggio e abbassò lo sguardo sulla ferita di Rick. Sebbene la tutina
fosse completamente macchiata di sangue, dallo squarcio che il pugnale aveva
formato sul tessuto si intravedeva la pelle del piccolo ancora perfettamente
intatta.
Rick non aveva nessun taglio, nessuna ferita.
-Rick…-
Sussurrò lei mentre dai suoi occhi cominciavano a cadere lacrime salate.
Proprio in quel momento il piccolo aprì gli occhi mostrando un dolcissimo
sorriso sdentato alla madre e allungando le manine paffute verso di lei.
-Lui
ti ha curato…-
***
Lo
aveva legato.
Avrebbe
avuto le sue risposte. In un modo o in un altro.
Non
gli importava di ferire suo fratello, non dopo quello che aveva fatto. Non dopo
quello che gli aveva fatto perdere. Elena e la possibilità di avere una
famiglia con lei. Lo aveva privato dell’unica cosa che per tutta la sua vita da
immortale aveva costantemente inseguito: la felicità.
Risalire
a lui era stato più semplice di quanto pensasse.
L’idea
che dietro a tutto, la cura che aveva preso la forma di un pugnale, era
balenata in modo malsano nella mente di Damon molto tempo prima ma
semplicemente lui l’aveva sempre tenuta bloccata e nascosta in un piccolo e
oscuro angolino della sua testa.
Non
voleva crederci.
Non poteva farlo.
Stefan era l’unico a Mystic Falls che voleva veramente morta quella piccola
creatura.
Damon
però era sicuro che non avesse agito da solo. Non era abbastanza potente per
scavalcare la magia delle streghe e permettersi addirittura di utilizzarla.
Ma
gli avrebbe rivelato chi lo aveva aiutato. O sarebbe morto tra atroci
sofferenze.
Legato
con quelle corde intinte nella verbena aveva perso la sua combattività.
-Ti
arrendi già, fratellino?- Lo beffeggiò Damon avvicinandosi a Stefan che si
contorceva nel dolore delle corde che lo intrappolavano e gli bruciavano la
pelle ogni volta che uno spasmo di dolore lo faceva contorcere.
-Non
provare a chiedere perché lo sto facendo!- Esclamò Damon non appena video il
fratello socchiudere le labbra per parlare con lui.
-Non
provare a chiedere perché l’ho fatto.- Mormorò Stefan tra i denti, respirando a
fatica, mentre la sua pelle diventava sempre più rossa e lucida a contatto con
quella corda che lo bruciava come le fiamme dell’inferno.
Elena.
Era sempre stata la risposta.
Lui l’aveva fatto per averla tutta per sé, e Damon non poteva biasimarlo, a
ruoli inversi probabilmente avrebbe fatto lo stesso.
-E’
stata Bonnie, vero? Ad aiutarti.-
Stefan
non rispose. Forse non riusciva più a parlare, forse non voleva farlo. Si
limitò ad annuire leggermente come se si vergognasse di dare via così il nome
della sua complice, senza aver neanche lottato per mantenerla al sicuro.
-Bene.-
Aggiunse Damon mentre si allontanava per raggiungere la streghetta che,
fingendo di avere tutte le risposte per la loro felicità, li aveva consapevolmente
spinti nel baratro della disperazione più totale.
-L’ha
fatto per quello che è. Per ristabilire l’equilibrio della natura.- Sussurrò
Stefan, come se ora volesse proteggerla, trovare qualcosa di buono in lei e
probabilmente anche in lui stesso.
Damon
scosse la testa scoprendo un sorriso rabbioso, malato, che non ammetteva il
perdono.
-Penso
mi abbia ingannato. Sono sicuro che a casa troverai una piccola sorpresa.-
Aggiunse Stefan ancora legato e dolorante.
-Cosa
intendi?- Damon si avvicinò a lui con uno scatto repentino. Temeva che Elena
fosse in pericolo, sarebbe stata colpa sua, di nuovo, e forse, questa volta,
non sarebbe riuscito a salvarla.
-Corri
da lei e raccontale tutto. E’ quello che ti riesce meglio, no?-
***
Correre
da Elena gli era sembrata la cosa migliore da fare. Non voleva ascoltare suo
fratello, fare quello che gli diceva, ma doveva assicurarsi che Elena stesse
bene. Non poteva sentirsi ancora in colpa per quello che le succedeva.
Damon
scese dalla macchina e avvicinandosi al vialetto scorse dalla finestra Elena,
di spalle, si immaginava stesse piangendo tutte le lacrime che aveva in corpo.
Ed era colpa sua.
Improvvisamente,
mentre continuava ad immaginarsi il volto della vampira percorso da rigoli di
lacrime bagnati la vide girarsi.
Sorrideva.
Un
sorriso brillante, sereno. Qualcosa che lasciò Damon senza fiato per qualche
secondo.
La vampira si abbassò, scomparendo dalla vista di lui per qualche secondo prima
di ricomparire con in braccio il piccolo Rick, in perfetta saluta. Anche lui
sorrideva, e se il primo sorriso aveva tolto il fiato a Damon questo gli
strappò il cuore, ma in un modo estremamente piacevole, come se gli fosse stato
permesso di poter volare, libero e leggero.
Ai due si avvicinò Caroline, anche lei sorridente che prese il piccolo dalle
braccia della madre mentre lei si allungava per abbracciare Bonnie.
Probabilmente
le aveva detto tutto, che per le sue stupide leggi delle streghe
sull’equilibrio della natura, quella piccola creatura che non sarebbe mai
dovuta esistere. Per questo lei aveva trovato un modo per renderlo umano.
Avrebbe
dovuto ringraziarla un giorno.
Dalla finestra della cucina scorse Klaus andare incontro alla vampira bionda
sorridendo e scossando la testa contrariato quando lei gli propose con un gesto
di tenere in braccio il piccolo.
Damon
sorrise prima di voltarsi per allontanarsi da quella casa e da tutta quella
felicità, che di certo non meritava. Grazie a lui tutte quelle persone avevano
solamente conosciuto la tristezza e la disperazione ed ecco che appena si era
allontanato la gioia aveva bussato alle porte della villa.
-Fermati!- Damon si voltò sentendo quella voce proveniente dalle labbra di
Matt, in piedi sotto il porticato dei Salvatore.
-Cosa vuoi?- Chiese con fare scorbutico il vampiro.
-Non puoi perderti tutto quello che sta succedendo lì dentro. Non vorrei mai
ammetterlo ma lei non sarà mai felice senza di te, e lo sai.- Si limitò a dire
lui indicando la porta alle sue spalle. -Quindi adesso entra in casa, baciala e
passate l’eternità con il vostro bambino. E’ questo che devi fare!- Esclamò con
impeto.
Solo quando sentì dire quelle parole da Matt si accorse immediatamente che
aveva ragione e che per una volta la sua felicità poteva coincidere con quella
di tutti. Ora che la maledizione era spezzata e che l’equilibrio della natura
era stato risanato avrebbero potuto vivere tutti insieme. Sarebbero stati una
vera famiglia.
Damon
raggiunse il ragazzo e poggiandogli una mano sulla spalla gli mostrò la sua
immensa gratitudine. Alarick continuava a mancargli,
gli mancavano i suoi consigli che gli permettevano di fare sempre la cosa
giusta, ma Matt era stato un buon sostituto.
-Ci
vediamo al Grill.- Aggiunse con un mezzo sorriso prima di superarlo ed entrare
in casa.
Non fece in tempo a superare la soglia che sentì le braccia di Elena
stringergli il collo e il suo viso sulla sua spalla. Lui l’abbracciò di rimando
stringendola a sé come se non volesse più lasciarla andare.
Ed
era così.
-Non andartene mai più!- Lo ammonì lei prima di tuffarsi con le sue labbra
sulle sue in un bacio appassionato.
-Piano
ragazzi!- Esclamò una Caroline sorridente che chiudeva gli occhi al piccolo
Rick.
-Non
vorrete mica scandalizzare la creaturina!- Aggiunse mentre una risata scoppiava
tra tutti i presenti.
Holly’s notes
Salve
a tutti,
Dopo davvero troppissimo tempo sono riuscita a
finire questa storia.
Scusate eventuali errori di grammatica e la probabile conclusione affrettata.
Era nata per avere un capitolo in più, ma dato che ultimamente l’ispirazione mi
ha lasciata ho preferito darvi un finale anche se un tantino diverso da come lo
avevo immaginato.
Volevo ringraziare tutti quelli che hanno letto, recensito, inserito nelle
seguite/ricordate/preferite.
Spero di rincontrarvi, magari in un altro fandom.
Grazie mille per tutto <3