Anche oggi si tr***a domani

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ristorante ***
Capitolo 2: *** Letto ***
Capitolo 3: *** Cinema ***
Capitolo 4: *** Officina ***
Capitolo 5: *** Letto 1.3 ***
Capitolo 6: *** Divano ***
Capitolo 7: *** Tavolo ***
Capitolo 8: *** Negozio ***
Capitolo 9: *** Letto 2.0 ***



Capitolo 1
*** Ristorante ***


Mi osservo allo specchio, rimanendo colpita da quanto somiglio a Nami stasera.
Ho tirato su i capelli, ma quella ciocca vicino all’orecchio non vuole saperne di stare a posto e in fondo non mi dispiace, però.
Sono poco convinta dal vestito, color crema, taglio semplice, una decorazione floreale sul lato della gonna.
Piego il capo di lato, corrucciando le labbra.
Mi fa apparire così… innocente.
E non è che non vada bene, sono una persona semplice io, da scarpe basse e abbigliamento sportivo, ma mi domando se piacerà a lui.
Voglio essere al meglio per lui.
È strano, non mi è mai importato più di tanto del mio aspetto fisico, anche se certo sono stata sempre attenta all’alimentazione e a fare attività ma questa è eredità dell’educazione di mamma, ma per Kidd farei di tutto pur di apparire sempre bella e desiderabile ai suoi occhi. Nonostante lui mi guardi come fossi un capolavoro anche quando me ne sto con i vestiti di casa.
Faccio un giro su me stessa, ticchettando per terra con i tacchi non troppo alti dei miei sandali, e quando torno dritta i suoi occhi dorati mi stanno fissando nel riflesso dello specchio di camera nostra.
Mi fissano in quel modo che mi fa sciogliere come neve al sole e mi fa passare istantaneamente la voglia di andare al ristorante per restare a casa e fare l’amore tutta la sera.
Desiderio che però nascondo, perché sono orgogliosa io, non come Nami okay, ma a modo mio lo sono e sono anche tosta.
Senza contare che questa serata la progettiamo da dieci giorni e so che ci tiene, perché è da un pezzo che non ci concediamo un’uscita come si deve.
Mi perdo ad ammirarlo, i jeans scuri che gli fasciano le gambe, la camicia a quadri blu e bianca che lascia intravedere una porzione di petto, e inspiro per controllarmi e non saltargli addosso senza ritegno.
Non andiamo in un posto elegante ma ci tenevo a essere carina e, a giudicare dal suo sguardo, sono riuscita nel mio intento.
-Pronta?!- mi domanda, ghignante e roco.
Io torno a fissarmi con aria critica, capendo finalmente cosa non mi convince.
Alzo una mano, sciolgo i capelli che ormai mi arrivano ben oltre le spalle e li porto tutti da una parte, scoprendo completamente il lato destro del mio collo e la clavicola.
Lo vedo allargare il ghigno e sorrido a mia volta nello specchio.
-Ora sì-
 

 
§
 

Ringrazio il cameriere, guardandolo posare il piatto con il semifreddo al mandarino davanti a me e afferrando subito il cucchiaino, impaziente.
Il dolce è sempre la parte che preferisco e Kidd lo sa, mi fissa ghignando, divertito e soddisfatto dalla cena.
È stata una bella serata, rilassata, tranquilla, senza intoppi ed è solo all’inizio.
Incredibilmente anche lui stasera era singolarmente tranquillo. Ha sbuffato poco e non si è innervosito quando hanno sbagliato il nostro ordine.
Sollevo gli occhi su di lui e lo trovo perso in qualche riflessione, il cuore che mi esplode di gioia per l’esito positivo di questo “appuntamento”.
Se è possibile, credo di essermi innamorata ancora di più stasera.
Apro la bocca per chiamarlo e ringraziarlo.
-Kidd?! Sei proprio tu?!-
Rimango un attimo con il fiato sospeso, perché a parlare non sono stata io, e infatti eccolo girarsi sorpreso verso il possessore della voce, un attimo prima che lo faccia anche io.
Trasalendo.
Perché il possessore è una lei.
Alta, bionda, provocante.
E inguainata in un tubino rosso paillettato e senza spalline, che lascia ben poco all’immaginazione.
Chi cazzo è questa?!
Si accosta al nostro tavolo, camminando su tacchi a rocchetto vertiginosi che io userei solo come arma contundente per difendermi e non certo come calzature.
Si accosta al nostro tavolo e si appoggia, stringendo appena le braccia per schiacciare i seni tra loro, mostrando tutta la sua generosa scollatura, non certo a me.
-Domino!- esclama Kidd e io mi giro a guardarlo sorpresa e omicida quando si alza in piedi per baciarla sulle guance.
Si risiede subito e io assottiglio lo sguardo, minaccia che sembra passare inosservata ai suoi occhi dorati che non si vogliono staccare da questa Jessica Rabbit bionda appiccicata stile cozza al nostro tavolo.
-Allora come stai, ragazzone?! È una vita che non ci si vede!-
-Tutto bene, tutto bene! E tu?! Ti trovo in splendida forma!-
Che ha detto?!?! Da quando in qua è così socievole?!?!
La mia mano si sposta in autonomia a stringere il manico del coltello, mentre un calore alquanto spiacevole mi monta dentro.
Che cosa è, questa stretta allo stomaco?! Non ricordo di averla mai provata prima.
-Anche tu non scherzi!- risponde la bionda e sgrano gli occhi quando la vedo ammiccare e allungare una mano a saggiare i muscoli del suo bicipite senza la benché minima discrezione.
E perché lui sta ghignando?!?!
Io li ammazzo! Li ammazzo tutti e due!
Tanto sicuro Zoro e Nami a nascondere i corpi mi aiutano!
-Oh Domino, lei è Nojiko!-
Mollo il coltello, quando lo sento finalmente pronunciare il mio nome e, con un sorriso più falso di giuda, allungo la mano per stringere quella di Domino, che mi guarda come fossi un fastidioso scarafaggio.
-È una tua amica?!- domanda, tornando a cercarlo con lo sguardo.
-Fidanzata!- intervengo senza esitazione, continuando a sorridere -E tu?!-
Un lampo di fastidio le attraversa gli occhi, facendomi gongolare soddisfatta ma il mio trionfo ha vita breve.
-La sua ex storica del liceo- mi fredda, prima di ghignare e girarsi verso di lui -Ci siamo divertiti parecchio ai tempi eh?!- ammicca, e quando mi giro a guardarlo il mio sguardo diventa truce e omicida.
Che ha da sogghignare?!?
-Ma davvero?!- domando minacciosa e l'imbecille sembra finalmente accorgersi del mio tentativo di incenerirlo, sgranando gli occhi interrogativo.
Oh non sa dove sta il problema?!
Ma glielo spiego io, a suon di legnate però!
-…un caffè e parlare un po’ dei vecchi tempi!- la sento proporre e il silenzio cala intorno a noi.
È una situazione assurda.
Domino continua a guardare insistentemente Kidd, il MIO Kidd, che è tornato impassibile e non stacca gli occhi da me proprio come io non li stacco da lui, nella speranza di vederlo prendere fuoco.
-No lui non può bere il caffè!- intervengo, sempre fissa su di lui -Se beve il caffè muore!- aggiungo prima di decidermi a riportare gli occhi su di lei, con falso candore -Sai, pressione alta- mormoro con noncuranza, cercando però di trasmetterle che se s'azzarda anche solo a sfiorarlo di nuovo la uccido.
Sembra capire perché, dopo qualche istante di inutile lotta, scrolla le spalle e si decide a rimettersi dritta, smettendo di mettere in mostra la mercanzia e visibilmente irritata.
-Beh pazienza allora- mormora ostentando noncuranza, portando una ciocca dietro l'orecchio -Allora vado! È stato un piacere!- aggiunge premurandosi di rivolgersi solo a lui mentre lo dice.
Si allontana ma fatti pochi passi torna a voltarsi quando la chiamo.
-Oh scusa potresti, già che vai, dire al cameriere se ci porta il conto?!- le chiedo sorridendo -Grazie mille eh-
La guardo boccheggiare indignata prima di girarsi e allontanarsi pestando sui tacchi e mi sento invadere dalla soddisfazione.
Ignorando l'occhiata incredula di Kidd mi concentro sul mio dolce, affondando il cucchiaio e prendendo un generoso boccone.
Lo assaporo con un mugugno.
Non ricordavo che il semifreddo al mandarino fosse così buono.
 





Angolo dell'autrice: 
Ed eccoci qua! Buonsalve a tutti gente!!! Dunque dunque... Io mi sto divertendo da morire a scrivere questa raccolta/long e voglio ringraziare tutti coloro che stanno dando una possibilità a questo crack pairing. 
Ringrazio soprattutto e di cuore Emy e Vivian per le recensioni! Love U soooo much, girls! :* 
Grazie a tutti e alla prorrima! 
Piper. 

 

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Capitolo 2
*** Letto ***


A Vivian...







Mi passo una mano tra i capelli mentre metto a posto lo spazzolino da denti.
Cazzo che occhiaie! Sono esausto!
Oggi al lavoro è stata una giornata di puro delirio, è un miracolo che non abbia commesso nemmeno un omicidio.
Mi giro verso la porta socchiusa della nostra camera, visibile dal bagno.
So che è lì e mi sta già aspettando e che anche lei è stanca morta ma non mi pesa stasera. Sono distrutto, ho solo voglia di dormire, con il suo caldo e invitante corpo schiacciato addosso però.
Mi basta questo pensiero per ghignare e perdere un po’ di quell’espressione miserabile che mi ritrovo oggi.
Mi raddrizzo e mi avvio deciso verso camera nostra, spegnendo la luce del bagno e cercando a tentoni la porta, soffocando un’imprecazione quando picchio il mignolo contro il bordo.
Cazzo che male!
Porca di quella…
Faccio un respiro profondo per calmarmi e mi ritrovo i polmoni invasi di profumo di mandarino, profumo che ha il potere di calmarmi all’istante.
Punto gli occhi su di lei, una sagoma appena distinguibile nella penombra, gli occhi già chiusi, il respiro già regolare.
Mi perdo a considerare quanto è bella giusto qualche secondo prima di scuotere la testa, dandomi del patetico coglione.
Ma patetico o meno, ormai la voglia di stringerla tra le braccia mi ha invaso e mi affretto a raggiungere il mio lato del letto, dove mi infilo vestito solo di boxer e maglietta.
Chi lo avrebbe mai detto che io, Eustass Kidd, avrei finito con l’andare a convivere con una donna.
Con la mia donna.
Non ci ho mai creduto, io, in queste stronzate, il solo valore a cui abbia mai tenuto fede è da sempre l’amicizia ma lei ha capovolto tutte le mie convinzioni.
Io sono entrato nel suo negozio, lei è entrata nella mia vita e a pochi mesi di distanza anche a casa mia, con una valigia e un paio di quadri e, incredibilmente, non ho provato nemmeno per un attimo l’impulso di scappare.
Il punto è che se trovi la persona giusta, tutto diventa semplice.
Se trovi la donna che sa tenerti testa, che non ha stupide paturnie femminile, che sì ogni tanto piange ma solo per colpa degli ormoni e non per un caramelloso quanto idiota film romantico, che non ti stressa se un venerdì sera vai a bere una birra con il tuo migliore amico, che ti sopporta senza rinfacciarti ogni singola cosa…
Beh se la trovi non è solo facile vivere insieme. È anche bello e vai al lavoro al mattino con la smania di tornare a casa la sera.
Tornare a casa e dormire con lei tra le braccia.
Mi allungo proprio per arpionarla e appiccicarmela addosso mentre formulo questo ultimo pensiero e sgrano gli occhi nel buio quando le mie dita affondano in qualcosa di soffice, morbido e peloso.
Nella penombra, a cui i miei occhi si stanno abituando, noto un movimento e metto a fuoco due oggetti a punta che si muovono quasi fossero antenne mentre un suono vibrante e basso si espande nell’aria.
Assottiglio lo sguardo minaccioso, stringendo a pugno la mano libera.
-Torao- sibilo, ottenendo solo di fargli aumentare le fusa.
Fottuta palla di pelo!
Maledetto lui e il giorno che Trafalgar ce l’ha portato!
Non potevano, vero, tenerselo loro?!
E fare leva su Lamy poi, dicendo che la piccola aveva detto che si fidava solo dello zio per curare questo maledetto sacco di pulci, nero pece e con gli occhi blu!
-Scendi- gli intimo ma lui non fa che allungarsi verso di me alla ricerca di coccole –Ho detto. Scendi. Dal. Letto-
Un mugugno si leva nell’aria seguito da un sussurro roco.
-Kidd?!- domanda e io sposto veloce  la mano ad accarezzarle la guancia.
-Tranquilla, è tutto a posto- la rassicuro, cercando di suonare se non proprio dolce nemmeno omicida.
La vedo sfregarsi un occhio e sollevare appena il capo per guardarmi.
-Perché litighi con Torao?- domanda sinceramente confusa.
Io sgrano appena gli occhi, conscio di quello che sta per succedere.
-Volevo solo farlo scendere dal letto- mi limito a dire, tornando a ringhiare.
Nojiko piega la testa di lato e sposta uno sguardo affettuoso su Torao che ora si è girato a guardarla facendo fusa a tutto spiano, il venduto.
-Ma che fastidio ti da?!- domanda, coccolandolo.
Io soffio dal naso e un attimo dopo eccolo avvicinarsi e darmi una testata alla ricerca di una carezza da parte mia.
-Dai! Guarda come ti vuole bene! È così dolce!- mi fa notare e io sento la vena omicida risalire di nuovo in me.
Cerco di fulminarlo con gli occhi ma, niente, questo continua a comportarsi come fossi il padrone dell’anno.
È la sensazione umida che arriva inaspettata sulle mie labbra a riscuotermi e cogliermi impreparato.
Nojiko si stacca da me e mi accarezza il viso, sorridendo un po’ persa.
-Ti amo- soffia e io sento lo stomaco rivoltarsi per un attimo mentre il cuore accelera.
La guardo tornare a sdraiarsi e richiudere gli occhi e mi passo una mano sul volto, prima di riportare gli occhi su Torao, ancora seduto a pochi centimetri da me e intento a fare le fusa.
Scuoto la testa rassegnato mentre mi sdraio anche io.
-Ti faccio la ceretta un giorno di questi- gli sibilò e allungo un braccio per posare la mano sull’addome piatto di Nojiko, che subito intreccia le sue dita con le mie.
Mi rilasso e inspiro mentre già il sonno mi pervade e Torao si acciambella contro il mio petto, aiutandomi ad addormentarmi con il suo vibrare costante. 






Angolo dell'autrice: 
Salve a tutti! Rubo due minuti solo per ringraziarvi e dirvi che se la coppia vi piace vi consiglio di andarvi a leggere le FF su di loro di Vivian Gerardi! 
Grazie di cuore e a presto! 
Piper. 

 

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Capitolo 3
*** Cinema ***



Angolo dei chiarimenti: 
Questo capitolo è un po' più comprensibile per chi ha letto l'altra mia ff "La Girandola e il Mandarino" che però non è necessaria per capire la trama di quest'altra long. 







La seguo nella sala buia, scrutandola nella penombra.
Non capisco cosa le sia preso, stava andando tutto bene e da quando siamo usciti al ristorante non mi rivolge più la parola.
Ho capito che non le è piaciuto l’intervento di Domino ma, cazzo, mica è colpa mia!
Mi lascio cadere pesantemente sulla mia poltroncina, alla sua destra, grugnendo e constatando con un’occhiata che ci sono pochissimi spettatori a questo spettacolo. Nella fretta di seguirla e chiederle cosa le prendesse non ho neppure capito per che film abbiamo preso i biglietti.
Spero non sia una di quelle stronzate mielose e cariadenti.
Incrocio le braccia al petto mentre il nervoso prende a scorrermi sempre più prepotente nelle vene, a causa del silenzio tra noi che si sta facendo sempre più insopportabile.
Vorrei capire perché cazzo non mi parla!
Smuovo le spalle per sistemarmi meglio, gli occhi dardeggianti e fissi davanti a me, proprio come lei, mentre i trailer e le pubblicità cominciano a scorrere sullo schermo, rimanendo l’unica fonte di illuminazione della sala.
Mi concentro sulle immagini che si susseguono rapide, presentando un film che parla chiaramente di corse d’auto, accendendo un poco il mio interesse, finché una voce al mio fianco non mi riporta alla realtà.
-E così vi siete divertiti parecchio all’epoca eh?!- sibila e io mi giro a guardarla accigliato.
Ma che diavolo…
Sgrano gli occhi nel capire improvvisamente a cosa si riferisce, guardandola incredulo.
Oh andiamo! Non può essersela presa per quello!
Per quella frase, quella ridicola frase!
-Nojiko…-
Si gira di scatto verso di me, cercando di incenerirmi con gli occhi, furibonda.
-Cosa voleva dire?!- domanda, fuori di sé.
Porco Roger non posso credere che sia così incazzata!
Va bene la gelosia, non mi dispiace che la provi per me, ma cazzo così esagera!
-Nojiko, porca p…-
-Non provare a cambiare discorso! Rispondi e basta!- mi aggredisce, puntandomi contro il dito -Voglio sapere! Cosa facevate eh?! Manette?! Frustini?! Guaine?! Parla!!!- continua a sibilare sottovoce e io mi ritrovo a indietreggiare appena per la sorpresa.
-Ma niente di tutto questo!!!- ribatto, incazzandomi a mia volta e alzando per un attimo la voce, facendo voltare una parte degli spettatori e riabbassandola subito -Nojiko lo facevamo solo spesso e in posti strani okay?! Tutto qui! Sei tu che stai ingigantendo la cosa!- le faccio notare, provocandole un lampo d’ira e una veloce contrazione delle sopracciglia.
Mi osserva qualche istante per poi tornare a girarsi verso lo schermo e ignorarmi, le braccia incrociate sotto al seno e un’espressione tra l’arrabbiato e l’infastidito.
Attendo qualche istante e, quando capisco che non ha intenzione di parlarmi, decido di comportarmi come lei, dedicandomi appieno al film, di cui comunque non ci capisco una mazza.
Non so neppure di cosa parla e francamente non mi interessa.
Il suo odore di mandarino mi invade le narici e non sopporto questa situazione ma non ho nessuna intenzione di cedere.
Non ho fatto niente io, che cazzo!
Mi impongo di seguire i dialoghi e recuperare il filo logico di questa stronzata colossale e, dopo qualche minuto, ci riesco anche, sentendo il corpo rilassarsi almeno un po’.
Ma una sensazione improvvisa mi fa irrigidire di nuovo quasi subito e abbasso gli occhi, restando poi immobile e interdetto qualche istante, nel riconoscere la mano della mia donna che si muove lenta e decisa su e giù lungo il mio interno coscia, dal ginocchio all’inguine.
Un fremito mi attraversa mentre, deglutendo a vuoto, sollevo lo sguardo sgranato su di lei, ancora girata verso lo schermo ma sorridente. Un sorriso che, lo vedo appena si gira a guardarmi con occhi pieni di malizia, è tutto un programma.
Si sporge verso di me, baciandomi sotto lo spigolo della mandibola, mentre la sua mano si ferma ad accarezzarmi in mezzo alle gambe a palmo pieno, facendomi sobbalzare appena e chiudere gli occhi.
-E dimmi… un pompino al cinema te lo ha mai fatto?!- domanda direttamente al mio orecchio e io rispalanco gli occhi, scioccato.
Cazzo ha detto?!
Mi giro e mi ritrovo a ghignare quando vedo come mi sta guardando.
Mi bacia decisa mentre le sue mani armeggiano con la mia cintura e i miei pantaloni e dopo pochi secondi me la ritrovo inginocchiata in mezzo alle gambe, ad abbassarmi i vari strati di indumenti che mi coprono dalla vita in giù, aiutata da me.
Sistemo la mia giacca, in modo da coprirla alla vista di chiunque possa passare nello stretto corridoio laterale, tanto per precauzione perché la sala è molto buia, il film pieno di scene notturne e gli spettatori pochissimi.
Trattengo a stento un grugnito a metà con un gemito quando la sento baciarmi proprio lì prima di…
Oh porco Roger!
Stringo i pugni e chiudo gli occhi, cercando di rimanere immobile, posandole una mano sul capo ma senza obbligarla a cambiare ritmo, godendo senza ritegno.
Cazzo, che meraviglia!
Apro appena la bocca per chiamarla a fatica ma quello che sento non è il suo nome.
Quello che sento mi fa spalancare gli occhi e sollevare la testa di scatto, mentre un brivido mi percorre la schiena.
-Kidd?!-
Mi giro verso la ragazza che mi scruta nell’ombra, attirata dalla mia inconfondibile capigliatura e strabuzzo gli occhi nel riconoscerla.
-Caimie! Ciao! Che fai qui?!- domando, coprendo con la mia voce il mugugno di Nojiko, che smette finalmente di mandarmi ai pazzi quando sente il nome di una delle sue fedelissime “allieve” dei corsi di fai-da-te che organizza di tanto in tanto al negozio.
La sento schiacciarsi contro la mia gamba, che sposto subito in avanti, ringraziando di essere praticamente tre volte lei e di riuscire quindi a nasconderla così facilmente, e posiziono meglio anche la giacca, per buona misura.
-Siamo venuti al cinema ma abbiamo fatto un pelo tardi! Ci siamo persi molto?!- domanda, sporgendosi in avanti per non disturbare gli altri spettatori e facendomi agitare non poco.
-Oh no!- rispondo, un po’ troppo agitato e nervoso -No, no, tranquilla!-
Mi sorride radiosa, annuendo, prima di accigliarsi.
-Ma dov’è Nojiko?! Sei qui da solo?!-
-No!- ribatto immediatamente, casomai le venisse l’idea di sedersi qui vicino a me -No, no! È andata un attimo in bagno!- 
-Ho preso i pop-corn-
Una voce atona mi fa irrigidire ancora di più e sbianco nel spostare gli occhi dal viso di Caimie a quello di Marco che mi fissa, impassibile come sempre.
-Ciao Kidd-
Rispondo con un cenno del capo, mentre Nojiko tra le mie gambe si rannicchia sempre più, lasciandosi andare a una mezza imprecazione sottovoce.
Ci mancava solo lui cazzo!
-Ehi Marco e se ci sedessimo qui con lui?! C’è anche Nojiko solo che è un attimo in bagno!- gli dice subito Caimie e io non riesco a trattenere un’espressione inorridita.
Testa d’ananas mi fissa per un lungo istante senza lasciar trasparire nulla prima di girarsi verso la sua accompagnatrice e abbozzare un mezzo sorriso, o quello che per lui equivale a un sorriso.
-Io penso che sia più giusto lasciarli un po’ da soli- le dice e subito Caimie diventa bordeaux, agitandosi per l’imbarazzo.
-Oh giusto! Hai ragione!- annuisce, portandosi una ciocca dietro l’orecchio, prima di rivolgermi un timido sorriso che io ricambio, digrignando i denti in attesa che si levino dalle palle.
Le staranno andando le gambe in cancrena là sotto!
-Comunque noi siamo qui solo in amicizia eh!- sottolinea Caimie, indicando Marco, preoccupata di cosa potrebbe sembrare vista la differenza d’età tra loro che, comunque, ora che Caimie è maggiorenne, non è poi neanche così tanta ma, francamente, in questo momento non me ne frega proprio un cazzo.
Annuisco e finalmente Caimie si decide a scendere gli scalini verso la proprio fila, dopo avermi lanciato un ultimo cenno con la mano.
Faccio per tirare un respiro di sollievo ma mi rendo conto che Marco è ancora immobile e mi fissa.
Lo fulmino, in una muta domanda per sapere cosa vuole ancora e lo guardo, con non poco stupore, piegare le labbra in un ghigno.
-Salutami Nojiko eh- mormora, facendomi strabuzzare gli occhi, prima di allontanarsi a sua volta.
È solo quando li vedo sedersi qualche fila più in giù che mi lascio andare contro lo schienale, reclinando la testa all’indietro e sospirando, prima di abbassare lo sguardo e scostare la giacca.
La trovo appoggiata alle mie ginocchia che mi osserva con un’espressione indecifrabile e mi ritrovo a ghignare nuovamente.
-Che figura di merda- mormora, consapevole anche lei che Marco ha capito tutto.
Senza una parola, poso una mano sulla sua guancia e la osservo abbandonare il viso contro il mio palmo, chiudendo gli occhi che riapre subito, piegando le labbra in un sorriso, quando sente la mia proposta.
-Che ne dici se ce ne andiamo a casa?!- 

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Capitolo 4
*** Officina ***


Procedo verso l’officina, masticando insulti al vento e spaventando due dei nuovi apprendisti, che stanno andando adesso in mensa per la pausa pranzo. Io ho chiesto di poterla anticipare di mezz’ora perché meno gente vedo, meglio è.
Rischio seriamente di commettere un omicidio in questi giorni e  siccome il carcere non mi attizza molto meglio evitare il problema alla radice.
Non è come se mi fossi alzato con il piede sbagliato. Non sono semplicemente incazzato o intollerante o in debito di sonno.
No, io sono in un uomo in astinenza. Sono un uomo che è arrivato al limite. Sono un uomo che ha bisogno di dormire in un letto vero, con un vero materasso, che ha bisogno di tornare a casa e trovare la doccia libera o occupata da una donna con cui può eventualmente condividerla, non dalla sorella della donna in questione.
Ma soprattutto, sono un uomo che ha bisogno di scopare.
Sto per esplodere. Non so per quanto potrò tollerare ancora questo stallo. Ho bisogno di un po’ di intimità con Nojiko o rischio di rimetterci il cervello.
Che non è solo bisogno fisico, chiariamo. Per quello ci sono valide alternative che mi è toccato anche mettere in atto. Ma qui siamo al di là. Siamo al livello che se la situazione non si sblocca iscrivo Nami a un sito di incontri o gli organizzo un appuntamento al buio con qualche collega dell’officina e non sto scherzando!
Oggi mentre mangiavo riflettevo su chi sarebbe più adatto. Paulie del reparto plastico mi sembra il candidato più valido, basta che lo convinco a non fare il malmostoso sulla lunghezza delle gonne di mia cognata.
Ci rendiamo conto a cosa sono arrivato?!
Come se poi servisse a qualcosa. Quella ragazza è più sotto a un treno di una rotaia anche se cerca di fare quella forte e indipendente. Ma se davvero stesse bene come va dicendo non starebbe rintanata in casa tutto il tempo al di fuori dell’orario di lavoro. Tutti e sottolineo tutti sono passati a turno a cercare di tirarla su, metaforicamente e anche letteralmente se inseriamo il divano nell’equazione, senza successo.
Prima il deficiente sparacuori e schizzasangue, il nasone, il feticista delle mutande, il piccolo genio, Franky, il cretino di Rufy che ci ha svuotato il frigo e per finire Robin. Sapete com’è andata a finire? Che hanno passato una divertente e spettegolante serata tra donne. Sul mio sofà. Nel mio appartamento. Insieme alla mia donna.
E se neppure l’Oracolo di Yuba è riuscita a spuntarla cosa spero di poter ottenere io? Finché dal basso della sua disperazione la mia adorata cognatina continua a preoccuparsi più di Zoro che di se stessa non c’è proprio niente che io possa fare.
Non esce con gli amici perché preferisce che tengano compagnia a lui. Tanto lei non è sola, dice, c’è Nojiko che è lì per lei.
Ecco. Appunto.
Grazie al cazzo per la considerazione.
Sempre detto io che fidanzarsi tra amici è una stronzata. E qui torniamo alla mia idea di presentarle Paulie. Dubito fortemente possa avere qualche effetto benefico sul lungo termine ma se riuscissi a farla uscire di casa anche solo un paio d’ore… Me le farei bastare, giuro.   
Mi afferro le tempie con la mano e mi fermo fuori dall’officina per calmarmi prima di rientrare. Oggi devo fare un lavoro di saldature e non mi sembra proprio il caso di maneggiare la fiamma ossidrica in questo stato.
Calmo. Devo stare calmo.
Faccio due profondi respiri prima di svoltare l’angolo ed entrare nella stanza deserta. Anticipare la pausa pranzo è stata una buona idea. Sono così nervoso che non ho voglia nemmeno di parlare con Killer. O di insultarlo.
Mi avvicino alla bacheca di sughero su cui è appeso il progetto di sta benedetta balaustra che ci hanno affidato per dargli un’occhiata. Non mi metto al lavoro se non so ho presente tutti i passaggi che devo affrontare nei più minimi dettagli. Ed è proprio su quei dettagli che sono così concentrato quando una voce alle mie spalle mi coglie impreparato.
-Scusa, sai dove posso trovare una fresa?-
 Intanto perché è femminile e nel mio reparto non ci sono donne. Ma soprattutto perché è famigliare.
E so già chi è, quando mi giro per verificare di non essere impazzito ma, non appena la vedo, il cervello mi si disconnette e comincio seriamente a credere di non essere affatto impazzito ma di essere proprio morto ed essere in paradiso.
-N-Nojiko?-
Perché quella davanti a me non è semplicemente la mia donna. È la mia donna infilata in una tuta da lavoro, che non so da dove arrivi, che fascia alla perfezione tutte le sue curve, la zip sul davanti completamente aperta che mi permette di intravedere senza fatica il reggiseno in pizzo e ciò che contiene, una cintura degli attrezzi allacciata proprio sopra ai fianchi e i capelli tirati su.
È da mozzare il fiato. Da divorare. Da farci l’amore fino a che non mi diventa blu per lo sforzo e la costrizione.
L’amico di sotto è già sull’attenti e, mentre lei cammina verso di me, sculettando sensuale, un solo pensiero riesce a farsi strada nella mia mente annebbiata. Il pensiero più bello del mondo.
Siamo soli. Per mezz’ora, qui, adesso.
Piego le labbra in un ghigno sadico mentre mi muovo per incontrarla a metà strada, le mani che prudono e fremono. Si avventa sulle mie labbra e si aggrappa al mio collo, graffiandomi, mentre io le afferro i fianchi di prepotenza e spingo il mio bacino contro il suo per farle sentire la mia erezione.
Cazzo, quanto mi è mancata!
A giudicare da come sta lavorando di lingua nella mia bocca, la cosa è reciproca.
Le afferro il sedere con entrambe le mani e la sollevo, obbligandola a circondarmi il bacino con le sue chilometriche gambe, per poi spostarmi e inchiodarla al muro.
I boxer tirano e cominciano a fare male ma sono così drogato del suo odore e sapore che nemmeno me ne accorgo. Scendo a leccarla sul collo e tra i seni, mordendo la coppa del reggiseno con la voglia di strapparle via tutto a morsi.
La voglio da impazzire.
Mi sono abituato all’idea di volerla come non ho mai voluto nessun’altra donna della mia vita. Ma in questo momento la voglio più di quanto non l’abbia mai voluta da quando la conosco.
È un’esperienza quasi mistica.
Sono ad altezza ombelico quando mi afferra i capelli e tira appena. Capisco, non so come, che non è un gesto di passione ma una richiesta a sollevare il capo e fermarmi, almeno momentaneamente.
La accontento, riluttante, e anche lei non sembra felicissima della cosa ma subito scopro di non essermi sbagliato. Ha effettivamente qualcosa da dirmi. Con voce roca e spezzata. Un brivido mi percorre la schiena. Mi fa impazzire vederla così e sapere che io ho causato tutto questo.
-Qui siamo troppo esposti.- i fa notare ma allo stesso tempo inarca la schiena per schiacciare il seno contro il mio petto. -Non c’è un posto dove possiamo avere più intimità?-
Senza pensarci due volte, me la riaddosso contro e mi dirigo a passo di carica verso il ripostiglio degli attrezzi. Chiudo gli occhi e per un attimo cammino alla cieca quando immerge il viso nel mio collo, baciandomi e mordendomi.
Voglio essere onesto. Quando si tratta di lei io non capisco veramente più un cazzo.
Vedo rosso quando qualcuno ci prova, mi disconnetto dal mondo quando mi sorride e quando è così… quando è così io…
Tutto, tutto è limitato a lei e lei è tutto il mio mondo. Gli odori, i sapori, i rumori. Non sento che lei con ogni mio senso.
E questo spiega come sia possibile che io non li abbia sentiti prima. Ma li sento fin troppo bene ora che ho aperto la porta. E li vedo anche. E non sarà un’immagine facile da cancellare.
-Cazzo! Kidd! Ma che stai facendo?!- protesta il mio migliore amico mentre si affretta a coprire come meglio può le nudità di Bonney.
Ora non è che Bonney sia un brutto spettacolo, anzi per niente. Se la creatura attualmente ancorata al mio collo non mi avesse incastrato ci farei pure un pensiero. E con Killer ci conosciamo dall’asilo.
Però, porca puttana, un conto è fare la doccia insieme dopo allenamento, un conto è vederlo chiavare! E poi, che cazzo sta facendo qui e adesso?! Dovrebbe essere in pausa! Dovrebbe essere in mensa!!!
-Tu cosa stai facendo!-ruggisco, stringendomi contro Nojiko, che si gira a vedere cosa sta succedendo e geme disperata.
-Kami non ci credo.- mugugna, appoggiando la fronte alla mia spalla, disperata.
E sì, anche se non lo do a vedere mi sento disperato anche io.
-Ti serve una definizione?!- domanda Killer dopo un momento di incredulità, indicando Bonney con il braccio con cui la stava coprendo.
Con un verso di protesta, Bonney gli tira un ceffone e si copre da sola, prima di lanciarmi un’occhiata omicida. -Kidd, chiudi!-
-Uscite da qui! Lo stanzino serve a noi!-
-Ma non ci penso nemmeno!- ribatte immediatamente Killer.
-Noi siamo arrivati prima!- gli da manforte Bonney, facendomi ringhiare.
Nojiko mi colpisce con un pugno sul pettorale, ferendomi solo nell’orgoglio. -Non ringhiarle contro!- mi ammonisce, in difesa della sua migliore amica.
Visto?! Fidanzarsi tra amici è una stronzata, comunque la si metta!
Le lancio un’occhiata indignata per il suo mancato supporto prima di tornare alla carica. -È iniziata la pausa pranzo.-
-La salto.- risponde senza esitazione Killer, stringendosi nelle spalle.
Mi giro verso Bonney, in attesa, ma nemmeno lei mi da soddisfazione. Solleva un sopracciglio e gracchia un fastidioso: -Beh?!- di fronte a cui sgrano gli occhi incredulo.
-Come beh?! Non sei una fogna senza fondo di solito?!-
-Fogna a chi?!- protesta, sgranando gli occhi, incazzata.
Killer si sporge con il busto per afferrare la maniglia. -Okay amico! Hai detto abbastanza! Ora, con il tuo permesso, mi occupo di farle smaltire la rabbia e la tensione che le hai provocato eh.- mi fa l’occhiolino prima di sbattermi la porta in faccia, mettendo fine alle mie proteste e alle mie speranze.
Sto seriamente valutando di mettermi a tempestare la porta di pugni o rispalancarla per continuare la discussione ma quando li sento che ricominciano a gemere come due gatti in calore l’urgenza di allontanarmi da lì si fa più impellente.
Attraverso l’officina a grandi falcate, ringraziando i macchinari del deposito accanto che fanno abbastanza rumore da coprire i mugolii del mio migliore amico di merda e della sua fidanzata acida.
Mi appoggio al muro con Nojiko ancora appiccicata addosso e picchio la nuca contro la parete.
Non ci credo. Non ci credo. Non ci credo.
È una maledizione cazzo!
Smetto di cercare di provocarmi un trauma cranico quando Nojiko mi circonda il viso con le mani.
-Amore.- mi chiama piano, con una certa sofferenza nella voce. -Io tra poco devo andare. Bon-chan poteva guardarmi il negozio solo fino alle due.-
La osservo implorante e stringo le mani sui suoi fianchi per una manciata di secondi, finché non riprendo il controllo su me stesso e con un sommesso ringhio la rideposito a terra. Si alza sulle punte e mi schiocca un bacio a fior di labbra. -Ci vediamo stasera a casa.- mi dice, con un sorriso dispiaciuto.
Sospiro mentre la osservo allontanarsi, ancora appoggiato al muro. Lancio un’occhiata omicida verso lo stanzino degli attrezzi e poi chiudo gli occhi per concentrarmi e trovare il modo di sgonfiare il mio pacco prima che i colleghi comincino a tornare dalla mensa.
Ed è mentre sono così concentrato che un pensiero mi colpisce. Riapro gli occhi di scatto.
Qualcuno deve mettere fine a questa storia. E forse io ho appena trovato il modo.  

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Capitolo 5
*** Letto 1.3 ***


Rimbalzo sul materasso, lasciando cadere le scarpe a terra, ringraziando di non avere messo quelle con il laccio.
Mi puntello sui gomiti, godendomi la scena, mentre lui si slaccia la camicia con lentezza esasperante, scoprendo il torace ampio e i pettorali scolpiti. Quei pettorali che sono solo miei, miei e di nessun altra.
Come anche il suo ghigno.
E quello sguardo pieno di voglia.
E il suo respiro caldo.
E il suo…
Gemo, quando si struscia sul mio pube ancora vestito per farmi sentire la sua erezione. Abbassa le spalline del mio vestito e la coppa del reggiseno, per potermi succhiare e mordere il capezzolo, mandandomi già in estasi.
Gettò la testa all’indietro mentre le mie mani vagano autonome alla ricerca della fibbia della cintura e della lampo dei pantaloni.
Lo voglio. Ora. Tutto.
Ho un disperato bisogno di fare l’amore con lui. E non è più questione di marchiare il territorio, per colpa di quella Domino, come mi è successo poco fa al cinema.
So che è mio ma voglio anche sentirlo mio. E voglio sentirmi sua.
Kami, non posso aspettare, se aspetto ancora esplodo.
Riapro gli occhi a fatica, sollevando il capo per poterlo guardare, l’urgenza visibile sul mio viso e lui ghgina soddisfatto, spostandosi per sfilarmi le mutandine.
Deglutisco a vuoto, la gola secca, in attesa di sentire le sue labbra sottili e morbide sulle mie, gonfie e bagnate di piacere.
Mi lascio andare, stringendo il lenzuolo tra le dita, rischiando di bucarlo con le unghie.
Amo il nostro letto. È grande, spazioso, morbido e fresco.
E sa di noi.
Se questo letto potesse parlare, non oso pensare a tutto quello che avrebbe da raccontare, a partire da quando siamo andati a sceglierlo e siamo finiti a farlo nel bagno della Mokomo Dukedom.
Il problema mio e di Kidd è che essere nella stessa stanza crea un campo di attrazione tra noi che non siamo assolutamente in grado di contrastare.
In fondo, sarebbe andare contro le leggi della fisica, giusto?!
Giusto?!
Mi mordo il labbro per non gemere di frustrazione mista a piacere quando lo sento baciarmi le cosce, il pube e le grandi labbra, nascosto sotto alla gonna, aggirando volutamente il mio centro del piacere, solo per prolungarlo e decuplicarlo tra poco.
Kidd sa come far impazzire una donna e, per una qualche fortuna karmica, la donna che ha scelto di far impazzire per il resto dei suoi giorni sono io.
Inarco la schiena quando sento il suo respiro proprio lì, dove anelo per sentire le sue labbra e l’aspettativa da sola mi provoca scariche di piacere così forti che mi sembra persino di sentire le campane.
Aspetto, tesa, sempre più tesa, aspetto di potermi finalmente rilassare e perdere ma la sensazione tanto agognata non arriva e io comincio a tornare lucida, sento i fremiti diminuire, la frustrazione tornare a pulsare vivida in me.
Cosa strana, il trillo nella mia testa non accenna a cessare.
Riapro gli occhi, tenendoli puntati al soffitto mentre mi riapproprio del mio corpo e lentamente comprendo che il trillo altro non è che il campanello di casa nostra. Sollevo la schiena e lo trovo ancora in ginocchio di fronte a me, la testa ora libera dalla stoffa del mio abito e l’espressione tra l’incredulo e l’omicida.
-Il bastardo non accenna a smettere- spiega, ringhiando.
E in effetti il suono si sta facendo sempre più insistente e cadenzato e mi basta un’occhiata a Kidd per capire che, o vado subito ad aprire e far smettere chiunque sia l’inatteso ospite o stasera, sul nostro pianerottolo, potrebbe consumarsi una tragedia.
A malincuore, trattenendo un’imprecazione, perché basta e avanza lui arrabbiato, le labbra ancora pulsanti di aspettativa, sistemo il reggiseno e il corpetto dell’abito, senza preoccuparmi di rimettere le mutande.
Mi giro a guardarlo sconsolata prima di imboccare il corridoio e dirigermi rapida alla porta.
Chiunque sia, qualunque cosa voglia, ho intenzione di liberarmi di lei/lui/loro il più in fretta possibile.
Voglio tornare da Kidd! Tornare da lui e a quello che stavamo facendo!
Sono così di fretta che non guardo nemmeno dallo spioncino. Apro, la mia frase per liberarmi degli scocciatori già sulla lingua, e le parole mi muoiono in gola.
I capelli rossi scarmigliati, gli occhi nocciola gonfi, le labbra normalmente rosa quasi color ciliegia tanto sono arrossate.
Prima ancora di notare il borsone sulla sua spalla, il suo sguardo sofferente nonostante cerchi di apparire fiera come sempre, lo so già, perché me lo dice l'istinto.
Mia sorella sta male.
-Nami- la chiamo già preoccupata ma lei evita i miei occhi ed entra in casa.
-Scusa se non ti ho avvisato, ho fatto tutto in fretta e poi sto cercando di tirare fine mese per ricaricare il cellulare!- spara a macchinetta e io la seguo a occhi sgranati.
Tipico di Nami certo ma che ci fa qui?
-... dormire sul divano, ovviamente! Sempre che Kidd non abbia un moto di galanteria e decida di lasciarmi il letto!- gesticola, posando il borsone sul tavolo del salotto.
Aspetta... vuole fermarsi qui?!
-Che hai da guardarmi così Nojiko?!- chiede poi, portando le mani ai fianchi e io scuoto la testa per tornare in me.
Certo che ha intenzione di dormire qui, figurati se va a pagare un hotel ma non è certo quello il mio problema.
Assottiglio lo sguardo, entrando in modalità sorella maggiore.
-Nami, cosa fai qui?!-
Sgrana gli occhioni nocciola, come se non capisse cosa mi turba.
-Te l’ho detto, mi fermo per stanotte! Se non è un problema ovviamente!-
Intreccio le braccia sotto il seno, sempre più accigliata.
Non è un problema ovviamente, cioè tecnicamente lo è ma è mia sorella, è più importante di una notte di sfrenati amplessi con Kidd, ma non per quello mi sento così contrariata.
E così, visto che lei non sembra propensa a voler parlare con me, decido di tirarle fuori io la verità.
-Perché non sei a casa?! Zoro è dovuta andare via per lavoro di nuovo e hai paura a dormire da sola?!- sogghigno.
Mi aspetto di tutto, che si indigni e gonfi le guance, che neghi fino alla morte, che diventi rossa per l’imbarazzo. Ma ciò che la mia domanda provoca non è niente di tutto questo e ha il potere di sconvolgermi.
Stringe le labbra, come quando da bimba faceva i capricci, si irrigidisce e solleva il mento con fierezza ma la sua facciata dura poco, giusto il tempo che serve ai suoi occhi per colmarsi di lacrime.
-Nami…- la chiamo di nuovo, senza fiato stavolta, mentre le gocce salate cadono, graffiandole il volto.
-Lui mi ha… io e Z-Zoro… noi abbiamo… abbiamo…- parla a fatica, tremando -Lui mi ha lasciata- riesce poi a buttare fuori, prima di cominciare a singhiozzare.
Un attimo di interdizione e mi getto verso di lei, abbracciandola stretta, baciandola sul capo e asciugandole le lacrime, mentre le ripeto di stare calma e che andrà tutto bene.
Non so cosa sia successo e non è il momento di farmelo spiegare. Quel che è certo è che potrà stare qui tutto il tempo che vorrà.
La sto ancora coccolando quando l’impressione di essere osservata mi fa sollevare il capo.
Kidd è sulla porta del salotto e mi fissa con uno sguardo che vuole dire “Dimmi che non è come penso, ti prego” e tutto ciò che posso fare è lanciargli un’occhiata di scuse.
Perché è precisamente come pensa e la nostra parentesi hot è finita prima ancora di cominciare per oggi, ormai è andata così.
E visto il mio forte senso di famiglia, c’è anche la questione che dubito sarà Nami a dormire sul divano stanotte.
 

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Capitolo 6
*** Divano ***


-Nami, tranquilla! Ci penso io!- le dico alzandomi a metà sulla sedia ma subito mia sorella solleva il palmo per bloccarmi.
Ha cucinato una cena davvero ottima e ora si è già messa in pista per sparecchiare. Non mi sembra giusto che debba fare tutto lei, sin da bambine ci siamo sempre divise i compiti o aiutate nel loro svolgimento. Ma stasera avevo la prima lezione del corso per le decorazioni di Pasqua e quando sono arrivata la tavola era già imbandita e la casa profumava divinamente. Non so quanto sia stata ai fornelli per fare tutto.
-Tranquilla tu. Non mi costa niente.-
-Ma…- protesto ancora.
-Sono due settimane che mi ospitate. Prepararvi una bella cena e occuparmi io dei piatti sporchi mi sembra il minimo che posso fare per sdebitarmi.- ribatte, irremovibile, e io ci rinuncio. In questo è tale e quale a mamma.
Nonostante il rumore delle stoviglie che cozzano mentre Nami le impila non mi sfugge il ringhio di Kidd. Mi giro a guardarlo, cogliendo poche parole, tra cui “divano”, “mio letto”, “merda” e “mal di schiena”, e lo fulmino.
Non è che a me lui non manchi la notte, ovviamente. Mi manca, mi manca eccome. Ma deve capire che siamo in una situazione di emergenza. Non capita tutti i giorni che tua sorella venga lasciata dall’amore della sua vita! È ovvio che Nami ha bisogno di me e di tutta la vicinanza che posso darle quando posso dargliela!
Come da copione, Kidd sgrana appena gli occhi e fa un cenno del capo che significa “Che vuoi?! Non l’ho detto ad alta voce!”, dando ancora una volta prova dei suoi proverbiali tatto e sensibilità.  
Voglio essere onesta su questo punto. Io lo amo così com’è. Mi sono innamorata di ogni suo aspetto, quelli positivi e quelli negativi. Non mi importa se a volte è rozzo e maleducato, io per prima divento una camionista quando sono al volante, per dire. Sa controllarsi abbastanza da non mettersi nei casini, da quando stiamo insieme si sforza anche di più e comunque vale la pena sopportare i suoi difetti se questo significa potergli stare accanto per il resto dei miei giorni. Viverlo in tutte quelle sfaccettature che mostra solo a me.
Ma se si parla di mia sorella o di Bonney, Baby e Violet, non c’è follia d’amore che tenga. Loro nessuno me le deve toccare! Neppure lui!
È il campanello a salvarlo dalla mia modalità “sorella maggiore protettiva”. Con un’ultima occhiataccia, mi alzo per andare ad aprire, perché sono più vicina alla porta e perché, a giudicare da come trilla il campanello, chiunque stia suonando si deve essere attaccato al bottone e non so come potrebbe andare a finire se andasse ad aprire Kidd.
Attraverso quasi di corsa l’ingresso, stordita dal rumore continuo e gracchiante. Santo cielo, ma che è?! Spalanco l’uscio con veemenza, pronta ad abbaiare un “Che c’è?” al nostro inatteso ospite ma rimango di sasso quando vedo di chi si tratta.
Leva prontamente il dito dal campanello e stacca la fronte dallo stipite, indietreggiando di un passo mentre si riavvia la zazzera verde menta con una mano. Nei suoi occhi scuri c’è uno sguardo tra il colpevole e l’implorante, sulle sue guance un velo di barba ispida e, nel complesso, ha un aspetto miserabile.
Capisco dal suo linguaggio del corpo che teme che io abbia esattamente la reazione che mi sarei aspettata di avere nell’incontrarlo. Ma tutto quello che provo, in realtà, è dispiacere. So da Robin che Rufy, Chopper, Sanji e Usopp si sono trasferiti da lui in pianta quasi stabile negli ultimi dieci giorni, per assicurarsi che mangiasse e si svagasse almeno un po’ ma non sembra sia servito a molto. È l’ombra di se stesso, non l’ho mai visto così, si vede da un chilometro quanto sta male e, francamente, ho la tentazione di abbracciarlo.
-Uhm. Ciao Nojiko. Scusa l’ora, so che è tardi ma posso… posso entrare?- esita, a disagio.
-Sì certo, Zoro! Entra pure!- mi affretto a rispondere, facendomi da parte per lasciarlo passare. Si guarda intorno spaesato e subito mi faccio avanti per prendere la sua giacca e appenderla accanto alla porta ma non fa nemmeno in tempo a sfilarla.
-Nojiko chi era alla p…- Nami esce dalla cucina a passo svelto e si immobilizza in mezzo al corridoio appena lo mette a fuoco.
Per un attimo è come trovarsi sulla linea di tiro di un esperto cecchino dell’esercito nemico, che non punta a te ma che non si farà certo problemi ad abbatterti se necessario. Vorresti essere ovunque tranne che lì. E dopo questo pensiero direi che è ora di fare qualcosa contro questa strana dipendenza che Kidd è riuscito a provocarmi per i film di guerra.
-Ciao Nami.-
Il modo in cui mormora il suo nome mi spezza il cuore e vorrei restare solo per supportarlo e convincere Nami almeno ad ascoltarlo ma so che non posso. Intanto, non sono affari miei. In secondo luogo, è lei mia sorella e anche se nel privato non mi faccio problemi a rimproverarla quando sbaglia, in pubblico non è giusto mettermi apertamente contro di lei. E, per finire, non so neppure cosa sia successo, non c’è stato verso di farmelo raccontare, ergo non so chi dei due sia dalla parte della ragione.
Quando sgattaiolo rapida verso la cucina, passando gioco-forza in mezzo a loro, il movimento riscuote Nami che lo stava ancora fissando come se una creatura mitologica si fosse improvvisamente materializzata nell’ingresso di casa nostra, il cucchiaio sporco di sugo ancora in mano.
-Che cosa ci fai qui?-
Il tono incerto, lo sguardo incredulo, il tremito che la scuote, tutti per me sono eloquenti segnali e, mentre risospingo Kidd in cucina e accosto la porta, mi sono già fatta un’idea di chi sia il vero e probabilmente unico colpevole di questo litigio. Ma non ho tempo né modo per indagare.
-Devo parlarti.- è la risposta asciutta di Zoro nonché l’ultima frase udibile prima che io mi metta a fare un grande e intenzionale fracasso impilando le stoviglie, la mente altrove.
Spero non sia così grave come temo da giorni, spero sia risolvibile, spero risolvano stasera. Tutto quello che voglio è che Nami sia felice e possibilmente anche Zoro.
E Kidd. Voglio anche Kidd.
Voglio la casa vuota tranne noi due, voglio lui sul divano, sul letto, sulla lavatrice, sopra di me, dentro di me. Santo cielo, fa che sistemino le cose, non ce la faccio più, ho un disperato bisogno di scop…
-Nojiko! Basta! Che è tutto sto casino, non si sente un cazzo!- sibila Kidd, levandomi di mano una pila di piatti e posandoli nel lavello con una delicatezza che non gli ho mai visto usare neppure con me.
Porto le mani ai fianchi, già pronta a protestare e ricordargli che si tratta della vita privata di mia sorella e non di un interessante programma di intrattenimento di cui lui può liberamente usufruire per trastullarsi. Ma quando anche la voce di Zoro si alza di un’ottava, smetto di mentire a me stessa.
Chi voglio prendere in giro?! Anche io voglio stare a sentire! Ho bisogno di sentirli mentre chiariscono e fanno pace perché, quanto è vero che il colore dei miei capelli è naturale, devono fare pace stasera o potrei rimetterci la salute mentale!
E il fatto che Zoro si sia riscosso dal suo disagio, mi fa ben sperare. Se litigano ci sono più probabilità che tirino fuori il problema e lo risolvano. Funzionano così, Zoro e Nami.
-…andarmene così, senza nemmeno averti detto ciò che devo, dopo aver passato le ultime due ore e un quarto a cercare la casa di tua sorella!-
-Due ore?!- domanda incredula Nami. Io e Kidd ci scambiamo un’occhiata altrettanto esasperata. -Zoro, porca miseria! Stiamo ad appena due isolati da qui! Al terzo incrocio devi girare a destra, quante volte devo ripetertelo?!?! Io ci sono venuta a piedi la sera che… che…- la voce l’abbandona al ricordo di quella sera di ormai tre settimane fa.
-Nami…-
-No!- lo ferma e, ne sono certa anche se non la vedo, indietreggia. -Lo vedi?! Non è solo che sei disorientato! È che non ascolti! Tu non mi ascolti mai!-    
-Questo non è vero! Io ti ascolto! Non sempre, lo ammetto ma quando mi dici qualcosa di importante ti ascolto!-
-Non puoi decidere da solo quali sono le cose importanti e quali no!- gli vomita addosso mia sorella, la voce ridotta a un sibilo.
-Nami, andiamo!- il tono di Zoro è quasi implorante. -Ci sono cose che sono oggettivamente importanti e su tutte le altre non dico che non devi arrabbiarti, però…-
-Però non devo fare la pazza furiosa?! O urlare come un’arpia?!- lo interrompe Nami, sull’orlo delle lacrime.
Zoro prende un profondo respiro, come se stesse cercando il coraggio di parlare e le parole giuste per farlo. -Non lo pensavo davvero…- ammette, la voce di nuovo ridotta a un sussurro. -Ho sbagliato io… Dannazione! Era stata una giornata infinita, ero stanco morto e sono scattato! Rufy mi ha fatto impazzire al lavoro, avevo il livello di tolleranza sotto i tacchi e tu mi hai aggredita per un calzino che era rotolato fuori dalla mia borsa del kendo senza che nemmeno me ne accorgessi! Era solo un calzino!-
Sgrano gli occhi, oltre l’incredulità. Non posso credere di essere in astinenza da tre settimane per colpa di un calzino!
-Puzzava di topo morto, Zoro!-
Per un attimo ritrovo la mia empatia e solidarietà femminili. Certe volte ho paura a toccare i vestiti di Kidd, soprattutto quelli che usa per gli allenamenti. Non posso dire che non la capisco.
-Sì ma era solo un calzino comunque e non l’ho lasciato lì di proposito! È davvero così grave?! Io ho smesso di lamentarmi sul fatto che Mikan si infila sotto le coperte perché so che a te fa piacere e tu mi condanni per un calzino?!-
Tiro una pacca a Kidd, indicando verso la porta con il capo. Non mi faccio certo scappare l’occasione di fargli notare che persino Zoro non si lamenta più della loro gatta, a differenza sua con Torao.
-Io non ho condannato nessuno!-
-Te ne sei andata di casa, Nami! Hai fatto le valigie e te ne sei andata senza un biglietto, una spiegazione, una telefonata!-
-Certo che me ne sono andata di casa!!!- perde completamente il controllo mia sorella.
-Per un calzino?!?-
-Perché non sopporto di trattarti così, Zoro!!-
Per un attimo tutto si ferma e nessuno dice niente. Incredula, cerco Kidd con gli occhi per accertarmi di aver sentito bene. Mia sorella sta ammettendo di essere in torto? Davvero?!
Mi giro verso la finestra giusto per controllare che non sia iniziata una pioggia di meteoriti e il mondo stia per finire ma no, fuori è tutto calmo e sereno.
È Zoro il primo a riscuotersi e rompere il tombale silenzio che aleggia in casa nostra. -Cosa…- comincia ma non trova altre parole per esprimere la propria perplessità.
-Non ti ho condannato per un bel niente, però è vero che ti ho aggredito!- riprende Nami, la voce un po’ distorta e il cuore mi si stringe. Non sopporto di sentirla così ma non posso intervenire, non sarebbe giusto. -Per uno stupido calzino, ti ho esasperato, ti sono saltata alla gola e tu eri così stanco… Si vedeva che eri stanco e io… io…- un singhiozzo le sfugge e capisco da come cambia il suo tono che il mio sospetto che in tre settimane non si fosse ancora sfogata, a parte i cinque minuti di pianto la sera che è arrivata qui inattesa con le valigie, era più che fondato. -Non posso fare così, okay?! Non te lo meriti di essere trattato così solo perché ero agitata perché eri in ritardo! E quindi ho fatto le valigie e me ne sono andata perché era meglio così! E lo sai anche tu che è meglio così!-
-Non è vero, non è…-
-Io dovrei sostenerti e… e confortarti quando hai una giornata pesante non rendertela ancora più difficile! E invece sono solo capace d…-
-Nami ma che ti prende?!- la interrompe finalmente Zoro.
Per fortuna, perché stavo per mandare al diavolo la discrezione e precipitarmi da lei. Non è in sé e non capisco cosa le prenda. C’è sotto più di quel che sta dichiarando e ora comincio a essere preoccupata sul serio.
-Te l’ho detto!- protesta lei, ricacciando indietro i singhiozzi.
-No! Non è da te parlare così! Sei impazzita per caso? Confortarmi perché ho avuto una giornata pesante al lavoro?! Sai benissimo che noi non siamo così! Mi basta trovarti a casa anche nervosa e contrariata per stare meglio! Quando mai ti sei preoccupata di non rimproverarmi solo perché avevo avuto una giornata pesante?!-
-Stavolta era diverso!-
-Perché?!?-
-Perché era l’anniversario dell’incidente sulla Thriller Bark, Zoro!!!-
Ed è di nuovo silenzio di tomba. Incredula, mi avvicino al calendario e scorro indietro con gli occhi fino alla famosa sera della mia cena con Kidd. La sera in cui Nami si è stabilita qui da noi. Il cuore mi sprofonda quando riconosco la data. Quando è successo non me ne sono nemmeno accorta, presa com’ero dal mio  appuntamento/non-appuntamento ma ora tutti i pezzi stanno andando al loro posto. Chiudo gli occhi ed espiro forte. Nessuno stupore che mia sorella fosse così in aria.
Una mano si posa rassicurante sulla mia spalla e non mi serve aprire gli occhi per sapere a chi appartiene. Subito sovrappongo anche la mia e dopo pochi istanti sono completamente avvolta dalle braccia di Kidd, tra cui mi lascio andare alla ricerca di calore e conforto.
-Mi dispiace.- Zoro, in corridoio, si riscuote e immagino la perplessità di Nami nel sentirlo sussurrare queste parole. -Santo Roger, Nami, mi dispiace. Io non ho proprio realizzato. Non ti avviso mai quando faccio tardi ma se mi fossi reso conto… Ora capisco perché eri così tesa.- 
Sorrido, le palpebre ancora serrate, così fiera di mio cognato. Perché sì, è ancora mio cognato o comunque tornerà a esserlo tra poco. Nessuno la capisce come lui, certe volte neanche io. E dalla fatica che Nami sta facendo ora a trattenersi dal piangere deve avere centrato in pieno il punto anche stavolta. -Non è ques… questo il… il punto…- singhiozza.  
-Sì, lo è.-
-Proprio perché e-era quel g-giorno non… non a-avrei dovuto… Non è stata colpa tua!-
-Nemmeno tua!- s’impone deciso Zoro. -È stata solo un’incomprensione, abbiamo sbagliato tutti e due ma non è stata colpa di nessuno.- mormora dolce e quando Kidd si sporge appena indietro con la schiena lo imito subito anche io, spinta dall’impressione che la sua voce si sia fatta più vicina.
Ed è con immenso sollievo che, dallo spiraglio aperto della porta, lo vedo di fronte a Nami, con le mani a circondarle il viso. Mia sorella solleva le mani e le porta a stringere la maglietta di Zoro, in cerca di un sostegno. 
-Torna a casa.- le dice, fermo e determinato. -Non è successo niente di grave. Mi rifiuto di perderti e cederti a quell’imbecille di Paulie per una cosa così stupida.-
Io e Nami aggrottiamo le sopracciglia, perplesse, nello stesso momento e so esattamente cosa sta pensando mia sorella. Cosa c’entra Paulie?
Ma Nami non fa in tempo a indagare anche per me quando Zoro, più intenso che mai, aggiunge: -Tu sei mia.-
E tanto basta. Per mettere le cose a posto e privarmi della risposta che speravo di ricevere, perché Nami si getta tra le sue braccia e lo bacia disperata e Zoro non perde tempo, la stringe ancora di più mentre risponde.
Mi limito a sollevare un sopracciglio quando cominciano a mugolare e gemere uno contro la bocca dell’altra, trattenendo a stento un sospiro. Perché sono così da sempre e saranno sempre così e si scanneranno chissà quante altre volte ma si amano da morire e non sono semplicemente una coppia. Sono così indispensabili l’uno all’altra che dovrebbe esistere un termine per definirli. Tipo un mix dei loro nomi.
Quel che è certo, però, è che la prossima volta o le pago un hotel o vado a recuperare Zoro prima. Non posso passare altre tre settimane così. Non ci voglio nemmeno pensare.
Dei tonfi interrompono il filo dei miei pensieri e quando mi concentro di nuovo sul corridoio Nami e Zoro sono scomparsi. E i tonfi che sento provengono inequivocabilmente dal salotto. Ad occhi sgranati, scambio un’occhiata con Kidd prima di precipitarmi insieme a lui nella stanza accanto solo per assistere allo spettacolo di mia sorella e mio cognato, che conosco dall’asilo, impegnati in una sessione di riconciliazione che potrebbe essere più spinta solo se non avessero i vestiti addosso.
-Che cosa credete di fare, voi due?!- ruggisce Kidd e stavolta non ho il cuore di fermarlo.
Stavolta ha tutte le ragioni. Ma loro ci ignorano, o forse non ci sentono proprio, e il livello di intimità cresce talmente in fretta che la cosa diventa troppo imbarazzante prima che persino Kidd possa intervenire fisicamente per sbatterli fuori. Mi porto le mani nei capelli, esasperata.
-Nami per l’amor del cielo!- esclamo ma tutto ciò che ottengo in risposta sono disperati mugolii.
Non può essere vero! Questo è un incubo!
Poi uno spostamento d’aria micidiale accanto a me che quasi mi fa finire a terra e io sono così impegnata a mantenere l’equilibrio che non vedo cosa succede finché non mi ritrovo a fissare Kidd che tiene Zoro e mia sorella per il colletto delle loro t-shirt e li trascina verso la porta. -Passi venire buttato fuori dal mio letto, passi l’invadenza dei vostri amici e passi anche l’astinenza! Ma se pensate che vi starò a guardare mentre chiavate sul mio divano quando io non scopo da più di tre settimane siete fottutamente fuori strada! Cazzo!- esplode, scaraventandoli verso la porta, Nami dritta tra le braccia di Zoro che non si preoccupa nemmeno di recuperare la propria giacca.
Se ne vanno senza una parola ma la cosa non mi tange. So che domani si faranno vivi per ringraziare e francamente in questo momento l’unica cosa che conta è che se ne siano andati.
Finalmente!
La casa… è… nostra!
Il rumore della porta violentemente richiusa da Kidd sottolinea questo mio ultimo pensiero. Rimane immobile di fronte all’ingresso ancora qualche secondo, le mani appoggiate agli stipiti e la fronte alla porta. Prende un profondo respiro prima di girarsi verso di me. Ha l’aria esausta ma questo non mi frena dall’incrociare le braccia sotto il seno e sollevare un sopracciglio. -Tu per caso hai niente a che fare con la convinzione di Zoro che Paulie fosse interessato a mia sorella?- chiedo, indagatrice.
Non so se sia la stanchezza accumulata, la felicità per essere di nuovo solo noi o il fatto che sa che con me tanto non attacca ma Kidd non prova nemmeno a negare.
-Forse…- comincia, avanzando verso  di me. -…a Zoro è arrivata la voce che Paulie mi ha chiesto se conoscevo qualcuno con cui poteva uscire e sai come sono i passaparola. Ora che arrivano in fondo ci sono sempre un sacco di dettagli aggiunti poco chiari…-
Scuoto la testa con una disapprovazione che il mio sorriso rende poco credibile.
-Beh alla fine è stata una buona mossa no?- si stringe nelle spalle, sorridendo famelico. -Zoro ha reagito esattamente come speravo e si sono rimessi insieme. Ora tua sorella è felice e noi…- mi afferra per i fianchi e mi trascina contro di sé e un fremito mi attraversa dalla testa ai piedi, concentrandosi poi nel basso ventre. -…noi siamo soli.- mormora.
Lo guardo da sotto in su, gli occhi carichi di lussuria mentre saggio i suoi scolpiti pettorali a palmi pieni e sto per rispondere qualcosa di molto sconcio e molto spinto con il preciso intento di eccitarlo più di quanto già non sia quando un pensiero mi colpisce quando vedo che ore sono sull’orologio appeso al muro alle sue spalle.
L’orrore si impossessa di me e anche della mia espressione, a quanto pare.
-Nojiko? Che succede?- chiede, preoccupato.
Merda!
Santissima merda!
Ora chi glielo dice che è stasera che dobbiamo andare a fare da baby sitter a Lamy?! 

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Capitolo 7
*** Tavolo ***


Ringhio rabbioso, cercando di fulminarlo con gli occhi e subito un pugno di Nojiko mi colpisce sulla spalla. Mi giro istintivamente verso di lei che mi lancia un’occhiata di ammonimento.
Razionalmente so che ha ragione lei e che non ho nessun diritto di essere incazzato. Ma sfido chiunque a essere razionale nella mia situazione. Sono in astinenza da tre settimane, ormai mi basta sentire il suo profumo perché mi venga duro, e quando mi viene duro così fa pure un cazzo di male, siamo stati interrotti un’altra volta dieci minuti fa, ho perso il conto non chiedete, e ora mi tocca pure sentirmi la paternale dal coglione?!
Che sospira esasperato, per giunta. Che cazzo ha da essere esasperato?!
Non riesco a trattenere un nuovo ringhio mentre mi rigiro verso di lui, seduto di fronte a noi al tavolo del loro salotto. Ha i gomiti appoggiati al tavolo e le dita premute sulle tempie, come se stesse cercando di risolvere un qualche fottuto problema astrofisico. Il solito megalomane. Manco avessimo ammazzato qualcuno.
«Ora qualcuno mi spiega perché sono uscito di casa dando la buonanotte a mia figlia di sette anni e quando sono tornato mi sono ritrovato due pubescenti in salotto?»
«Pubescente a chi?!»
«Kidd!» mi ammonisce Nojiko in un sibilo. «Svegli Lamy!»
Law non fa un piega, continua a fissarmi impassibile come sempre ma il modo in cui tamburella le dita tradisce la sua voglia di picchiarmi. Voglia che, per altro, condivido. «A parte il fatto che vorrei dare fuoco al tavolo, perché dubito che riuscirò a guardarlo ancora senza venire perseguitato dall’immagine di voi due che ci copulate sopra, hai pensato per un attimo, Eustass-ya, che Lamy si sarebbe potuta svegliare e avrebbe potuto vedervi?» domanda, la voce che si fa più instabile per la rabbia quando arriva a parlare di sua figlia.
«Non sono così coglione Trafalgar!» mi altero anche se una voce dentro di me, molto in profondità, mi fa presente che ha ragione lui e mi sono comportato da irresponsabile. «Ci siamo messi sul tavolo proprio per tenere d’occhio il corridoio!»
Un lampo omicida gli attraversa gli occhi. «Sai quanta voglia ho di vivisezionarti?» domanda con una calma che non so da dove cazzo riesce a tirare fuori ma quello che dice dopo ha il potere di terrorizzarmi. «Scordati di occuparti ancora di Lamy.»
Sgrano gli occhi ma stavolta non per la rabbia o per il fastidio. Quello che provo è orrore allo stato puro. Non può! Non può impedirmi di stare con mia nipote, non glielo permetto!
Sono il suo padrino, cazzo! Vorrà pur dire qualcosa!
«Trafalgar…»
«No. Niente Trafalgar. Sei tu che hai fatto la cazzata, Eustass-ya.» stringo le dita intorno al bordo del tavolo e subito Nojiko posa una mano sul mio braccio, preoccupata. Io mi accorgo vagamente di avere iniziato ad iperventilare. «Non mi posso più fidare e dal momento che si parla di mia figlia…»
«Che ne dici se interpelliamo anche la mamma visto che non l’hai concepita da solo e soprattutto non sei stato tu a metterla fisicamente al mondo?» lo interrompe Koala, di ritorno dalla cucina con un vassoio di the per tutti. Il caffè era troppo pericoloso visto che sia io che il coglione siamo sull’orlo dell’omicidio.
Law la osserva distribuire le tazze e posare al centro del tavolo la zuccheriera prima di ribattere. «Koala, ti rendi conto di cosa sarebbe successo se Lamy si fosse svegliata anche solo per andare in bagno?» chiede, facendo del proprio meglio per dominare il nervoso e tenendo d’occhio ogni suo minimo movimento.
È sempre così quando si tratta di lei e c’è stato un tempo in cui trovavo cariadenti il loro rapporto e in cui adoravo prenderlo per il culo per il fatto di aver perso la testa come un tredicenne alla prima cotta. Ma ormai devo starmene zitto. Uno, perché io mi comporto esattamente nello stesso modo con Nojiko. Due, perché in questo momento la amo anche io, Koala, per averlo zittito, per non pensarla come lui, perché a quanto pare lei non ha intenzione di togliermi mia nipote.
Koala finisce di distribuire le tazze e posa la zuccheriera e un piatto di biscotti al centro del tavolo, prima di rimettersi dritta e posare le mani sui fianchi. «Ma non è successo e non credo che Lamy accetterebbe senza proteste il fatto di non poter più stare con il suo zio preferito.»
«Ha solo sette anni.» grugnisce Law, meno convinto anche se non lo da a vedere.
«E, come hai ribadito più volte, è figlia tua e se si mette in testa qualcosa addio mondo. Ma poi smettila di farla tanto lunga! Non è successo niente e, comunque, nel caso l’avessi dimenticato, se abbiamo una figlia di cui discutere è perché tu hai perso il controllo mentre facevamo da baby-sitter a Perona quindi dacci un taglio!» conclude, sedendosi decisa accanto a lui. 
In una normale situazione, mostrerei apertamente la mia soddisfazione, perché è sempre uno spettacolo vedere Law zittito da quell’affare che raggiunge a fatica il metro e sessanta e anche perché, sì, lo ammetto, sono molto sollevato. Ma dal momento che io e Nojiko non avevamo iniziato nemmeno i preliminari quando la coppia felice qui, che chiaramente ha una vita sessuale molto attiva, è arrivata ho poco di cui essere felice.  
Law e Koala si sfidano per un po’ con gli occhi e poi, come se niente fosse, si voltano di nuovo verso di noi, Koala posando una mano sulla nuca di Law e Law posando una mano sulla coscia di Koala.
«Ma voi due, piuttosto. Che succede?!» chiede Koala, sgranando appena gli occhi. «Non è da voi fare una cosa del genere.»
Ora, chiariamo un punto. Quando Koala dice che non è da noi fare una cosa del genere vuol dire che non è da Nojiko fare una cosa del genere, perché quando a me viene voglia di trombare non ci sono scuse che tengono. Il punto è che, normalmente, Nojiko non mi asseconda in queste cose.
Ma il punto è che io e Nojiko siamo ben lontani dalla normalità.
«È successo qualcosa?» prosegue Koala, con il solo intento di aiutarci, lo so.
Ma a me viene lo stesso voglia di urlare perché è successa più di una cosa e continuano a succedere e, dai, non è possibile! Quanta sfiga possiamo avere?!
È una maledizione!
«No, non è successo niente, davvero. Noi non… abbiamo nessun problema.»
«A parte che non scopiamo da tre settimane!» esclamo fuori di me.
Nojiko si gira a guardarmi sconvolta ma io ormai sono esploso e non riesco più a fermarmi. Mentre una voce nella mia testa mi urla di stare zitto io continuo a parlare e raccontare tutto, tutto quanto, del pompino al cinema, di Nami e Zoro, di Killer e Bonney. Gli racconto tutto perché alla fine, per quanto sia un insopportabile coglione, è pur sempre l’amico che mi ha sempre ascoltato, capito e consigliato nel migliore dei modi. E Koala non è mai stata da meno. E io sono veramente disperato e ho veramente bisogno di un aiuto adesso.
Ma è solo quando mi fermo che mi rendo conto di che enorme cazzata io abbia fatto.
Perché è pur sempre di Trafalgar che parliamo e infatti il merdone ora mi fissa con un ghigno divertito che mi fa solo venire voglia di tirargli una cartella in faccia così forte da obbligarlo a girare con la carta d’identità appesa al collo per farsi riconoscere.
«Cazzo c’hai da ridere?»
«Assolutamente niente.» risponde lui, appoggiandosi allo schienale e continuando a fissarmi con troppo divertimento.
Adesso lo ammazzo, giuro.
«Perché non siete andati in hotel?»
Mi giro verso Koala che ci ha posto la domanda con un tono così ovvio che mi sento già coglione a priori, figuriamoci quando ci rifletto e mi accorgo che in effetti avrebbe avuto senso. Perché sta benedetta ragazza deve avere sempre una soluzione per tutto? E perché non l’abbiamo interpellata prima?
«Voglio dire, capisco che non sembra molto giusto, pagare voi una stanza quando avete una casa vostra ma dal momento che si parlava di Nami e chiedere a lei di andare in hotel non era fattibile… Non dico tutte le sere ma una volta o due per scaricare sarebbe stata una buona idea. Anche noi lo facciamo a volte.» si stringe nelle spalle e io e Nojiko riusciamo solo a sbattere le palpebre interdetti. «E poi potevate dircelo, per stasera. Avremmo chiesto a Sabo.»
«O annullato la cena.» aggiunge Law, lanciandole un’occhiata di striscio.
«Non ci sembrava molto giusto, così all’ultimo minuto.» si giustifica anche per me Nojiko.
«Invece farlo sul nostro tavolo è stata un’idea geniale.» commenta atono Law, sollevando un sopracciglio.
«Oh Trafalgar quanto cazzo la fai tragica! Non lo abbiamo fatto fatto, okay?»
«Mamma, papà?»
Ci giriamo di scatto verso il corridoio non appena la sua vocina si fa sentire al di sopra delle nostre. È ferma davanti alla porta della sala, i piedi scalzi, le gambe del pigiama arrotolate intorno ai polpacci e una mano a sfregarsi gli occhi. Istintivamente sia io che Trafalgar spingiamo indietro la sedia per andare da lei ma è Law il primo ad alzarsi e raggiungerla. Se la carica in braccio e le stampa un bacio in fronte.
«Che succede?»
«Vi ho sentiti parlare. È successo qualcosa?» chiede, assonnata, prima di sbadigliare, gli occhi che le si chiudono.
Law sorride e la guarda con infinito affetto anche se faccio fatica a crederci persino io che sto assistendo. «No piccola, è tutto a posto. E tu ora devi tornare a nanna.» le dice, avviandosi verso la sua cameretta.
Fatti pochi passi però si blocca e avvicina l’orecchio al viso di Lamy che evidentemente gli sta mugugnando qualcosa nel dormiveglia. Law rimane immobile alcuni secondi e poi sospira rassegnato, prima di girarsi verso di noi, Lamy tra le sue braccia già praticamente nel mondo dei sogni.
«Eustass-ya.» mi chiama, autoritario. «Datti una mossa. Vuole che vieni a rimboccarle le coperte.»
 
§
 
Mi sento esausto quando finalmente arriviamo a casa. Il silenzio che ci accoglie è surreale, Torao non si preoccupa nemmeno di sollevare il muso e continua a dormire imperterrito, acciambellato sul divano.
Nojiko finisce di appendere la giacca e poi si volta a guardarmi, quasi colpevole. Mi osserva, addossato alla porta, l’espressione miserabile, e poi si avvicina per circondarmi il volto con le mani e baciarmi piano sulle labbra serrate.
So benissimo che pensa esattamente quello che sto pensando io.
Siamo soli. La casa è nostra. È mezzanotte e persino il gatto sta dormendo eccezionalmente in sala.
Ma resta il fatto che stasera ci siamo fatti beccare come due adolescenti, ci siamo beccati la ramanzina da papà Trafalgar il coglione e non sono nemmeno nella posizione di arrabbiarmi per questo perché, a coronare tutta sta fottuta merda, aveva tutte le ragioni. E per chiudere in bellezza mi sono comportato da irresponsabile mentre ero nella stanza adiacente a quella di mia nipote, che è l’unica cosa dritta della mia vita oltre a Nojiko.
Quindi purtroppo, anche se la voglio davvero tanto, anche se ne ho veramente bisogno, anche se mi manca da morire, il mio stato mentale impedisce all’amico là sotto di comportarsi come dovrebbe. Quando Nojiko si stacca da me e mi guarda dritto negli occhi capisco subito che comunque non avrebbe fatto molta differenza.
Neanche lei è dell’umore.
Mi prende per mano e mi guida in camera nostra senza una parola.
Sospiro.
E niente. Anche oggi si tromba domani. 








Angolo dell'autrice: 
Hola gente splendida! Buona Domenica! 
Dunque, dovete sapere che quando ho iniziato questa raccolta non conoscevo ancora la pagina Facebook "anche oggi si tr***a domani" e solo oggi ho pienamente realizzato che sarebbe stato un titolo perfetto, se non che mi fa un po' brutto cambiarlo adesso. Anche se poi magari lo farò una volta conclusa la storia ma per il momento ve lo regalo come rassegnato pensiero del nostro povero Kidd. 
Ci tengo davvero a ringraziare tutti voi che leggete e seguite. Non pensavo che l'avrei mai ripresa in mano e invece mi sta regalando un sacco di soddsifazioni proprio grazie a voi! 
Un bacione. 
Page. 

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Capitolo 8
*** Negozio ***


Mi muovo agile ed esperta tra gli scatoloni, scalciandoli via a destra e a sinistra. La consegna di inizio stagione è sempre folle e con Pasqua alle porte mi è arrivato un carico ancora più abbondante del solito.
Mi fermo a tamponarmi la fronte con il dorso della mano. Ieri sera tra una cosa e l’altra siamo andati a letto tardi e io ho fatto una faticaccia ad addormentarmi. Continuavo a ripensare alla figura che abbiamo fatto con Law e Koala.
Non fosse stato per il modo sempre positivo che ha Koala di affrontare la vita, non avrei più il coraggio di guardarli in faccia, figuriamoci occuparmi della loro figlia. Comunque. Meglio non pensarci.
In realtà sono grata a questa maxi-consegna che mi permette di tenere la mente impegnata e non pensare. Né a quanto successo ieri sera, né ad altro. Anche se a quel problema, a quanto veramente io cominci a non tollerare più la mancanza fisica di Kidd, non smetto mai veramente di pensarci.
Se riesco a occupare la mente, ci pensa il mio corpo a ricordarmelo.
Come in questo momento.
Mi è bastato pensare il suo nome e già sento un pulsare diffuso un po’ ovunque e più intenso là dove è giusto che sia più intenso. Io non so se ne esco sana.
Sono veramente troppo al limite perché tutto questo non mi provochi danni cerebrali. Per esempio, anche ora, mentre sistemo gli scatoloni, non posso fare a meno di pensare a cosa non gli permetterei di farmi se solo fosse qui. Proprio qui, nel mio negozio, dove mi sono sempre categoricamente rifiutata di lasciarmi andare ad alcun istinto primordiale, forte della professionalità che ho ereditato da mamma.
Anche se mi piace farlo in modo strano e in posti strani, anche se mi eccita farlo dove non si dovrebbe, questo è sempre stato un luogo off limits. Tengo troppo alla mia attività, che si basa su una clientela di nicchia ma abituale, per rischiare di rovinare tutto per una scappatella.
Sono sola qui e se qualcuno entrasse nel bel mezzo dell’atto sarebbe davvero difficile mantenere le apparenze. Ammesso di riuscire a sentire l’eventuale cliente, perché Kidd mi fa sempre urlare così forte, come se ogni singola fibra del mio essere volesse comunicargli che paradisiaca sensazione è stare tra le sue braccia così, persa, abbandonata e sua, libera come non mi sono mai sentita in nessun’altra situazione o luogo, libera come una foglia che si stacca da un albero e si lancia senza paura nel vento.
Eppure se adesso fosse qui, manderei al diavolo la professionalità per una volta, per questa volta.
Pur di sentirlo di nuovo, anche solo per poco. Sarebbe così rigenerante. Come un temporale estivo. E potremmo metterci proprio lì, dietro quegli scatoloni ancora interi che, senza volerlo, ho disposto a formare un fortino. Saremmo al riparo, anche entrando qui non ci vedrebbe nessuno, potremmo… potremmo… se solo fosse qui…
Il campanello che suona mi fa sobbalzare.
«Okay! Ora ascoltami bene!»
Sgrano gli occhi quando il suo ringhio riecheggia per tutto il negozio. Un fremito mi percorre la schiena dalla base del collo all’osso sacro.
Dei tonfi seguono la sua teatrale e incazzosa entrata in scena, quando comincia a picchiare il pugno sulla porta chiusa del retro del negozio. Anche se non lo definirei bussare.
È più un aggredire. Un tentativo di sfondarla o addirittura scardinarla.
Mi muovo per fermarlo prima che la butti giù ma incespico nei miei stessi piedi e in uno scatolone di quelli più piccoli.
«So che sei lì dentro e so che non vuoi farlo qui e nelle ore di lavoro. So che protesterai ma è bene che tu lo sappia. Oggi non accetterò un no come risposta, chiaro?! Sono venuto qui con un ben preciso obbiettivo e non me ne andrò finché non l’avrò ottenuto. Quindi preparati perché, accada quel che accada, io e te oggi faremo sesso! Mi sono spiegato, donna?!»
Oh. Santo. Roger.
Mi lancio praticamente fuori dal labirinto di cartone che mi imprigiona, affrettandomi a raggiungere la porta e lui.
Cosa gli è saltato in testa?
Ora io capisco l’astinenza e tutto, però…
«Ti sei spiegato davvero molto bene. E non ho nessuna intenzione di tirarmi indietro.»
La sua voce mi fredda a metà delle scale che portano dal magazzino sotterraneo al negozio.
Ecco. Magnifico.
Proprio quello che ci voleva.
Mi passo una mano sul volto e grugnisco prima di riprendere a salire i gradini due per volta. Okay, lo so, un po’ se l’è cercata.
Se entri in un luogo pubblico a passo di carica e ti metti a urlare che vuoi fare del sesso, è abbastanza normale che succeda qualcosa di poco piacevole. Ma nella maggior parte dei casi si tratta di una vecchietta indignata che prova a picchiarti con un bastone. O una denuncia per atti osceni in luogo pubblico.
Ma questa però è sfiga!
Entrare nel negozio della propria fidanzata mentre è chiuso al pubblico e pretendere dell’intimità con lei sarà socialmente inappropriato ma dovrebbe essere più sicuro. In linea di massima non ti aspetteresti certo di avere bussato alla porta sbagliata e avere proposto del sesso all’arrapata milf con un problema di ninfomania, assidua frequentatrice del negozio della tua ragazza e dei suoi corso di bricolage.
Se succede una cosa del genere è, appunto, sfiga!
E sì, Kidd è parecchio sfigato a quanto vedo quando arrivo finalmente sulla cima delle scale che portano giù al magazzino. Faccio giusto in tempo a vedere lui che indietreggia terrorizzato e Califa che parte all’attacco, staccandosi dallo stipite della porta del retro, a cui era appoggiata mollemente in una posa che nelle intenzione sicuramente voleva  essere sexy.
Kidd si precipita fuori dal negozio e Califa lo segue a ruota, correndo con una velocità e un’agilità che hanno dello straordinario visti i tacchi vertiginosi che indossa.
E corro anche io, fermandomi però sulla soglia del negozio e osservando Kidd tagliare per il parco qui di fronte con Califa alle calcagna. Sospiro, sconcertata.
Stasera sarà una furia a casa. Ma, per lo meno, io non devo finire di svuotare gli scatoloni da sola. Svoltano l’angolo proprio in questo momento, arrivando tutti insieme, mentre si sganasciano dal ridere per non so bene cosa, anche se posso fare una previsione.
Si sono resi tutti disponibili e non so dire quanto io mi senta fortunata per averli nella mia vita. Sono tutti qui, Bon-chan, Caimie e Marco, che ha preso pure la mattina libera al lavoro e ha coinvolto il suo ragazzo, Izou, un tipo eccentrico e parecchio… gioioso diciamo. A sorpresa c’è anche il ragazzo di Caimie, Duval, che deve essersi aggregato all’ultimo e che sono piuttosto certa che sia la fonte delle loro risate. Ci metterei la mano sul fuoco che si è appena esibito in un dei suoi occhiolini plastici.
Ma le loro risate hanno vita breve quando si accorgono dell’inseguimento che sta avendo luogo a pochi metri da noi. Si fanno sempre più perplessi e accigliati, man mano che si avvicinano all’ingresso e a me, fino a fermarsi e contemplare la scena come se stessero cercando di capire un quadro di arte contemporanea.
«Ha usato le parole sbagliate nel momento sbagliato.» mi premuro di spiegare dopo qualche secondo.
«Accidenti se corre.» mormora Marco e so con certezza assoluta che sta parlando di Califa.
«Cosa succede se lo prende?» domanda Duval e Caimie diventa rossa fino alla punta dei capelli.
«Dovrò tagliarli le palle anche se tecnicamente non sarà stata colpa sua.» mi stringo nelle  spalle mentre mi faccio da parte per farli entrare.
Izou si attarda, continuando a fissarli, ormai due capocchie di spillo in fondo alla strada. «Quasi quasi mi unirei a loro.» afferma con un ghigno malizioso sulla faccia. Marco che sta entrando ora, si ferma sulla soglia e sospira sonoramente, scatenando la sua immediata reazione. Izou ruota istantaneamente per fronteggiarlo, o meglio per fronteggiare la sua schiena. «È inutile che sospiri Marco-chan! Sei tu che mi hai negato ciò che è mio di diritto! Tutto quel blaterale che avremmo fatto tardi e ora ti stupisci se sono in astinenza!»
«Izou non puoi parlare di astinenza dopo nemmeno dodici ore.» gli fa notare Marco, sempre ragionevole.
Sospiro sconsolata, lanciando un’ultima occhiata alla strada. Non sa proprio di cosa sta parlando.
«Perché no?» protesta imperterrito. «Califa ne parla dopo dodici minuti!»
«Izou…»
«Va bene, va bene, ho capito! Tanto me lo dovevo immaginare. È martedì in fondo. Il martedì è sempre uno schifo.» mormora, mortificato e melodrammatico.
Mi blocco sulla porta, presa in contropiede. «Oggi è martedì?» domandò, sorpresa.
Ho perso un po’ il conto dei giorni ultimamente ma non mi ero proprio resa conto che oggi fosse martedì. Non… non può essere martedì.
«Sì perché?»
Li osservo per un attimo senza vederli, interdetta.
Martedì? È davvero martedì?
«Nojiko?» mi chiama piano Caimie con voce sottile e preoccupata. «Qualcosa non va?»
«Oh no! No Caimie, è tutto a posto tranquilla!» mi affretto a rassicurarla, riscuotendomi e avvicinandomi a loro che si sono già messi a riordinare quello che sanno, in attesa di nuove direttive.
Mi piego per aprire la scatole che contiene i nastri di raffia, presente di testa solo per metà.
Martedì. Oggi è martedì.
Okay.
Non è un problema.
Devo solo ricordarmi di respirare. 







Angolo dell'autrice: 
Weeeeeee gente splendida!! Niente alla fine non ho resistito e ho cambiato il titolo. 
Comunque sono qui per ringraziarvi come sempre ovviamente ma soprattutto per dirvi che non ho potuto non inserire Duval in coppia con Kayme in questo capitolo dopo aver letto la fantastica FF di Momoallaseconda, Saturday Rainy, che vi consiglio caldamente. La ringrazio per avermi aperto gli occhi e un mondo su questo pucciosissimo pairing. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! 
Un bacione. 
Page. 

 

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Capitolo 9
*** Letto 2.0 ***


 
Non so dove trovo la forza di non imprecare quando le chiavi mi scivolano dalle mani e cadono sullo zerbino. Forse in realtà non impreco proprio perché di forze non ne ho più.
Sono solo delle cazzo di chiavi su un cazzo di zerbino, in fondo, ma oggi sono l’ennesimo ceffone del fottuto universo alla mia persona. È stata la più merdosa delle giornate di merda di tutta la mia merdosa esistenza e non esagero.
Dopo aver seminato quell’infoiata sui trampoli, che mi ha rincorso per due isolati e mezzo, sono dovuto tornare indietro a recuperare la macchina, facendo un giro molto più lungo per evitare di incontrarla di nuovo, e ci ho trovato una fottuta multa per parchimetro scaduto. Arrivato in ritardo al lavoro, ho scoperto che una di quelle teste di cazzo degli stagisti ha mandato in loop, non si sa come, la fresatrice e indovinate un po’ chi è lo stronzo a cui è toccato aggiustarla?
Avevate qualche dubbio per caso?!
E mentre riparavo quella macchina di merda, che solo oggi ha lavorato più del mio pene nelle ultime tre settimane, Killer è pure arrivato con un sorriso ebete sulla faccia e il racconto dettagliato delle tre nuove posizioni che ha provato con Bonney ieri sera. Si può avere un migliore amico più coglione?! La risposta è no! E lo dico io che come unica alternativa ho Trafalgar!
E in tutto questo io sto cominciando a dimenticarmi come ce l’ha Nojiko.
Porca puttana, che altro deve succedere ancora?!
Rompermi una gamba?! Esplodermi la casa?! Finire il mondo?!?   
Afferro le chiavi con un gesto di rabbia e mi ci vogliono tre tentativi per imbroccare il verso giusto. Quanto meno non è solo il mio affare ad avere difficoltà  ad infilarsi in qualcosa. Le giro con così tanta forza che rischio di spaccarle nella toppa, così come rischio di scardinare la porta quando la spalanco per poi pietrificarmi sulla soglia, sorpreso da Nojiko che mi aspetta nell’ingresso.
Ha le braccia incrociate sotto il seno e un’espressione grave che mi raggela.
Universo, che cazzo stai combinando ancora?! Se è uno scherzo non fa ridere!
La osservo con attenzione. Se fosse arrabbiata per qualcosa che ho fatto, o non ho fatto, mi si sarebbe presentata omicida e, probabilmente, armata di carabina. Mi guarderebbe con disapprovazione, le sopracciglia un po’ arcuate e il mento sollevato. E, soprattutto, non mi avrebbe aspettato qui in entrata.
Quindi qualunque cosa stia succedendo, perché qualcosa sta succedendo, non sarà uno di quei problemi di semplice soluzione.
Ammesso che ce l’abbia una soluzione.
Per favore, ditemi che non è quello che penso.
«Se è per Califa, non sono stato certo io a…»
«Non è per Califa.»
Sì, lo sapevo che non era per Califa ma ci ho provato lo stesso.
«Kidd, dobbiamo parlare.»
Cazzo. No. Il “dobbiamo parlare” no.
La fisso immobile qualche secondo e poi annuisco perché sono così in panico che faccio a fatica a respirare, figuriamoci parlare.
Anche lei annuisce e poi si avvia per raggiungere il salotto e io la seguo, pensando e ripensando a cosa cazzo posso avere combinato di così irreparabile. Ma non ho fatto nulla di diverso dal solito e in fondo il problema è proprio quello.
Il problema è che io sono io. Sono un cazzo di disastro che non so come si è illuso di poter avere una donna simile. Ma probabilmente era il sesso stupefacente e ora che si è disintossicata si è accorta che non può funzionare e mi sta lasciando.
Magnifico davvero. L’ideale per coronare questa giornata di merda.
Lancio una furtiva occhiata nel corridoio ma non c’è traccia delle sue valigie e le sue tele del liceo artistico sono ancora al loro posto.
Entro in salotto più spaesato che mai. Nojiko è seduta sul divano, accanto a Torao che dorme acciambellato e spara fusa come Killer spara cazzate, godendosi senza vergogna le coccole della mia ancora per poco donna/quasi ex.
Fottuto bastardo.
Ringhio appena verso il sacco di pulci prima di riportare gli occhi sul volto di Nojiko nell’esatto momento in cui lei fa lo stesso con me. Una scarica elettrica mi attraversa quando i suoi occhi si fissano nei miei. Se è veramente l’ultima volta che succede…
«È martedì.» annuncia e, nonostante la paura sia ancora lì a rompere le palle al mio stomaco, mi acciglio. Va bene prenderla larga ma così mi pare un po’ eccessivo. «È martedì e noi non facciamo l’amore da tre settimane.»
Sbatto le palpebre perplesso.
«Il che significa che abbiamo un problema.»
Qualunque barlume di buon senso il mio cervello abbia mai conosciuto, mi abbandona all’istante. «Ma dici sul serio?! Cazzo, va che non me n’ero proprio accorto!»
«Kidd!»
«Cosa?! Nojiko so benissimo da quanto non scopiamo! Puoi venire al dunque per favore?!»
Un lampo di fastidio le attraversa gli occhi ma si impone di restare calma con un profondo respiro. Stasera si comporta proprio in modo strano. «Se non lo facciamo da tre settimane e oggi è martedì significa che non è il secondo martedì del mese ma il quarto. Non me ne sono proprio accorta con tutto il casino di Nami in ballo ma se questo è il quarto martedì del mese significa che ho un ritardo di due settimane. E di solito il mio ciclo spacca il secondo.»
È solo grazie alla sua espressione piena di aspettativa che capisco che ha finito di dire quello che doveva dirmi, non certo perché ha smesso di parlare. Anche perché la sua voce al momento riecheggia nella mia mente in loop come la cazzo di fresatrice.
Cosa sta dicendo? Sta dicendo che.. sta… sta dicendo…
«Cosa… io… tu…»       
Si alza in piedi e mi fronteggia fiera, le braccia tese lungo i fianchi e i pugni stretti. «Sono incinta. Ho fatto tre test, oggi pomeriggio. Tutti positivi.»
E ora il mio cervello fischia anche come la cazzo di fresatrice.
Com’è successo?! Venticinque secondi fa ero sul punto di perdere tutto e ora sto per diventare padre?!
Io… Che cazzo! Io non…
«So che è inaspettato e… precoce per il punto a cui siamo e se non te la senti io lo capisco. Non ne abbiamo mai parlato prima, è capitato tra capo e collo e non conosco la tua posizione al riguardo ma i… mpf!»
Il suono non è sicuramente dei più sexy ma chi mai riuscirebbe a suonare sexy ritrovandosi improvvisamente in gola la lingua del proprio fidanzato? Il punto è che non mi è venuto in mente modo migliore per farla smettere di dire stronzate e soprattutto, sono l’uomo più felice su questo stracazzo di pianeta.
Senza contare che Nojiko è sexy. Lo è sempre e lo sarà anche tra nove mesi con tanto di pancia che la farà somigliare a una balena spiaggiata e la tempesta ormonale costante.
Ma lo è in particolar modo adesso, mentre si schiaccia su di me e si struscia su di me e mi graffia e tira i capelli e sì, so che non è il momento più adatto ma la voglio troppo e il mio martello di sotto non si astiene dal ricordarmelo.
È una sofferenza fisica quando si stacca da me per potermi guardare con gli occhi che brillano e un ghigno in faccia. «Sei felice.»
Non è una domanda, è una constatazione e capisco dal tono malizioso che si è accorta di tutto l’apparato pronto a colpire. Il che non mi stupisce visto che al momento sono duro come una sbarra di diamante. Ma non mi sfugge nemmeno il sollievo nei suoi occhi.
Pensava davvero che avrei mollato tutto per paura della responsabilità? Stupida donna. Sono un idiota, okay, ma non tanto da autoesiliarmi dal paradiso.
Non riesco a immaginare niente di meglio, una famiglia con la donna che amo e prima di tutto questo la casa finalmente per noi, solo per noi, per festeggiare stasera e ancora per i prossimi nove m…
Per un attimo mi dimentico come si respira. Il terrore che mi si è appena riversato addosso tipo una cazzo di doccia gelata dev’essere scritto su tutta la mia faccia perché Nojiko si irrigidisce e porta le mani a circondarmi il volto.
«Amore?» mi chiama preoccupata.
«Sei incinta.» mormoro come se lo avessi appena realizzato. Ma in realtà ho appena realizzato un’altra cosa ed è una fottuta tragedia. «Quindi… non possiamo farlo per i prossimi nove mesi.»
«Eh?!» reagisce Nojiko, gli occhi sgranati.
«Per il bene del bambino. Non lo possiamo fare finché sei incinta.»
Okay ora non voglio che pensiate che sono una persona superficiale o insensibile però… Che cazzo dai! Universo adesso hai veramente rotto eh!
Nojiko sbatté le palpebre interdetta un paio di volte, poi aumenta la presa intorno alla mia faccia e mi obbliga a chinarmi un altro po’ verso di lei. «Questa è una leggenda metropolitana. Non c’è nessuna controindicazione sul fare sesso durante la gravidanza, mamma mi ha assicurato che lei e papà non si sono mai astenuti, eppure io e Nami siamo nate perfettamente sane, perciò…» socchiude gli occhi in un modo che azzarderei definire minaccioso. «…ora noi ce ne andiamo sul nostro letto e tu stasera mi scopi finché non mi rimane più fiato in gola per gridare il tuo nome, a costo di obbligare i vicini a chiamare la polizia. Chiaro?» sibila in un tono che ora decisamente posso definire minaccioso.
Ma quanto è vero che mi chiamo Eustass Kidd, quello che provo con la paura non ha a che fare proprio un cazzo. Quanto è vero che mi chiamo Eustass Kidd, stasera farò esattamente quello che mi ha appena chiesto, nel suo singolare modo di chiederlo ovviamente.
Porco Roger, grazie!
Grazie mondo, karma, universo, qualunque cosa sia!
Grazie!
«Agli ordini.» ringhio sottovoce, ghignando sadico.
È iniziata come la giornata più merdosa da che ho memoria ed è diventata la più bella della mia vita. Universo assomigli un sacco a Trafalgar, lo sai?
Me la carico sulla spalla, una mano saldamente stretta sul suo fondoschiena e mi dirigo a passo di carica verso camera nostra, sul nostro letto. Il NOSTRO letto, dove la scaravento con più delicatezza del solito e spoglio senza tante cerimonie.
Non c’è tempo, abbiamo parecchio da recuperare e da festeggiare stasera. E non ci sono cazzi, mazzi, ex vendicative, sorelle disperate, amici deficienti, nipoti che tengano, non stasera.
Stasera sono solo suo.
E lei, lei è solo mia. 





Angolo dell'autrice: 
Ma buongiorno!!
Come andiamo?! 
Lo so, sono in imbarazzante ritardo ma, ci credereste mai? Mi ero dimenticata che mancava ancora un capitolo che, santa ispirazione, sono riuscita finalmente a scrivere. E Kidd è riuscito finalmente a tr****re. 
E voi potete finalmene tirarmi la frutta marcia. 
Ah che bell'inizio di settimana! 
Dunque, come sempre sono qui per ringraziare tutte le anime pie che mi hanno letto, seguito, preferito anche stavolta e soprattutto Jules, Momo, Daimler, Vivian, Zomi e Gibutistan per le recensioni e per tutto lo scioglievole fangirl che mi regalate ogni giorno. 
Grazie davvero ragazze! E grazie davvero a tutti voi! 
Alla prossima! 
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