La capacità inversa dell'amore

di Holy Hippolyta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la distorsione della fase rem ***
Capitolo 2: *** L'incognita della fisionomia ***
Capitolo 3: *** Il meccanismo di trasferimento ***
Capitolo 4: *** La deficienza del diritto ***
Capitolo 5: *** Il rigetto del patrimonio genetico ***
Capitolo 6: *** La razionalizzazione Cooper-Koothrappali ***



Capitolo 1
*** la distorsione della fase rem ***


Tornarono a casa da quella cena soddisfatti per la sazietà, però al contempo quel delizioso pasto aveva lasciato entrambi con un retrogusto amaro per il significato che aveva avuto. Infatti non era stata una normale cena tra amici: quella fu il tributo estremo alla memoria della signora Debbie Wolowitz, la quale aveva congelato delle pietanze prima di scivolare, durante un breve riposo pomeridiano, nel sonno eterno. Era quindi l’ultima volta che venivano nutriti dalla buona ed orchesca madre di Howard. Stare tutti assieme nel largo tavolo di legno, imbandito con piatti caldi e profumati, sarebbe stato nostalgico se Sheldon e Leonard non avessero iniziato a battibeccare a causa di un articolo pubblicato su una rivista scientifica di prestigio. A Bernadette non importava di cosa si trattasse, ma li rimproverò per la loro poca delicatezza di fronte a quella serata che doveva essere speciale e di conforto per il momento difficile che stava passando suo marito, e quei due scemi la stavano rovinando! Per fortuna era intervenuta in tempo per evitare il disastro, però non riusciva a smettere di pensare che Howard ne soffrisse. Per non dargli l’incombenza di stare al volante, insistette perché guidasse al ritorno. Voleva che si rilassasse, soprattutto perché sapeva che il suo gracile corpo era stato riempito non solo dal cibo  in sé, ma anche dai ricordi.
Giunti a casa si prepararono per andare a letto, essendo tardi ed Howard doveva recarsi al lavoro il giorno seguente.
Mettendosi sotto le coperte, la ragazza decise di rivolgersi all’ingegnere non potendo trattenere oltre il suo pensiero: “ Howard, sono desolata per il comportamento insensibile di Sheldon e Leonard. A volte voi uomini siete proprio dei bambinoni.”
Lui la guardò sorridendo: “ Non ti preoccupare, tesoro! È stata ugualmente una bella serata per me. E da quel che ho sentito hai dato loro una bella strigliata.”
: “Oh – Esclamò lei sorpresa  e un po’ imbarazzata, arricciando  le lenzuola – m’hai sentita?”
: “ Mia cara, la tua voce supera ogni barriera, pure i muri di mia madre.”
: “ Stavano rovinando la cena! Non potevo tollerarlo! Lo sapevano che per te era importante…” Protestò la microbiologa, come per giustificarsi del suo scatto protettivo.
: “ Capita che litighino, ma si vogliono un bene incredibile, anche se non riescono ad ammetterlo perché sono troppo orgogliosi. Fanno praticamente tutto assieme, sono come quelle coppie di canarini inseparabili.”
: “ Vero, e stasera puliranno anche i piatti assieme. Aiuteranno Stuart a sistemare la cucina, per farsi perdonare.”
: “ La signorina Rottenmeier sarebbe fiera di te.” Le disse scherzosamente scostando un ciuffo dei suoi capelli biondi.
: “ Non ho mai sopportato quella rozza contadinella tirolese – Rispose aggrottando le sopracciglia riferendosi ad Heidi – In fondo ho sempre pensato che fosse una sporcacciona. Una che vive in mezzo alle capre e se la intende con un pastore non può profumare di essenza alpina.”
Howard rise leggermente, apprezzando le allusioni della giovane simpaticamente disgustata della promiscua montanara , le dette un bacio e si sdraiò coprendosi fino al collo con le coperte dandole la buonanotte.
: “ Howard! – Lo richiamò lei, tornando all’iniziale tono preoccupante – Sei sicuro di non essertela presa?”
Lui si rizzò seduto  e guardandola fissa nei suoi dolci occhi blu ripeté  le sue affermazioni, non capendo da dove venisse la sua agitazione: “ Sul serio, non ce l’ho con loro! Assolutamente! Non credevo fossi così preoccupata.”
: “ A dirti la verità lo sono. – Gli confessò – Da quando è morta tua madre non ti sei ancora sfogato. Non voglio che tu soffra… sai che con me puoi parlare. Ho resistito a quando mi hai raccontato di aver perso la verginità con tua cugina, di quella volta che i tuoi amici ti regalarono una prostituta… posso sostenerti in tutto.”
: “Bernie, sei molto gentile e tenera però dico davvero, non hai motivo di darti pensiero per me. Ero sconvolto, non lo nego, ma con il passare del tempo sto comprendendo  che non devo disperarmi. È successo, devo andare avanti. E quando ti guardo credo di potercela fare.”  Howard credette di averla convinta e rassicurata, in realtà era il primo che doveva convincersi delle sue stesse parole. Ancora non sapeva spiegarsi perché resistesse di fronte a sua moglie, mostrando una sicurezza impeccabile.
Bernadette annuì, sebbene non fosse del tutto sicura che ciò che le aveva detto fosse quello che provava realmente, però decise di lasciare stare: probabilmente era una sua impressione: “ Va bene, allora sto tranquilla. Buonanotte!” Scambiandosi un altro bacio e un sorriso, si coprirono nuovamente con il manto della notte inoltrata.
 
Howard era seduto sul divano trapuntato con righe e tenui fiori, facendo zapping di fronte alla televisione con aria annoiata.
All’improvviso lo chiamò una voce roca, graffiante, penetrate e pedante che proveniva dalla cucina lì accanto, urlando: “Howard !! Vado dalla zia Gladys in Florida! Respirerò dell’aria fresca e sana! Dicono che i Sali marini aiutino a togliere i liquidi in eccesso!”
Scocciato, le rispose come era solito fare, ossia a tono: “ Ma’, tu sei tutta un eccesso! Hai più sale tu nelle vene che l’Oceano Pacifico!”
: “ Pensa quello che vuoi, la medicina ha fatto passi da gigante! E dire che tua moglie lavora come medico! Dovresti saperlo!”
: “ Bernadette lavora in una casa farmaceutica, non è un dottore!” Non capiva mai niente, quella donna.
: “ Beh, è ugualmente a contatto con germi e batteri! Strano che non si sia ancora beccata qualche malattia misteriosa! Diverrebbe famosa e la vedrei in tv!”
: “ Potresti finirci anche tu un giorno, se continuerai a dire idiozie! Ma sul telegiornale della cronaca nera!”
: “ Ad ogni modo, signor Permaloso, ho il volo tra un’ora! Mi accompagni o devo chiamare un valletto per far vedere al vicinato quanto abbia un figlio degenere?!”
: “ Avrei da fare! …”
: “Non hai cinque minuti per tua madre?! Li recuperai poi con la polacca!”
: “ Ma’!! … - Sbuffò e infine concluse, rassegnato – E va bene! Aspetta che arrivo…”
Stranamente non riusciva ad alzarsi dal divano, quasi come se si fossero intorpidite le gambe a tal punto da esser diventate di sasso. Cosa succedeva?
: “E come ci arrivo? Non ho le ossa come quelle degli uccelli!” Di cosa stava parlando? Pensò Howard, non trovando un nesso logico con quella frase.
: “ Te li sei mangiati tutti, non mi stupirei se ti crescessero le ali! E comunque ho detto che ti accompagno io, sei diventata pure sorda?!”
: “A che ora arriverebbe questo taxi? Ordinamene uno XXL almeno, che ho un sacco di roba! Mi vestirò così bene da far sfigurare quella vacca di Gladys!”
: “ Tu invece sei sfigurata già di tuo! Che taxi e taxi?! – Cominciava a sentire un’ansia crescente dentro di sé, perché la loro incomunicabilità stava degenerando in qualcosa di tremendo e fatale – Ho detto che vengo io!”
: “Va bene, va bene Signor Sono Occupato! Ho capito che devi far girare  le palline nell’almanacco! È già arrivato il taxi, ci sentiamo quando arrivo!”
Quella sensazione nefasta crebbe a dismisura, il cuore accelerò  freneticamente, annaspava alla ricerca disperata di aria e proprio adesso che doveva fermare sua madre non riusciva più a gridare o a muoversi, gettandolo con una spinta nel panico.
: “ Ma’! No, aspetta! Vengo con te! Ma’! Maaaaa’ !!!”
 
Si svegliò si soprassalto, con la fronte imperlata di sudore e il respiro affannoso. Mi mise una mano sul cuore tentando di contenerlo dato che gli pareva vicino ad esplodere, dicendo fra sé e sé: “ Aritmia portami via!”
Si girò verso sua moglie e vide che era beata nel suo sonno, ignara dell’angoscia che invece lui aveva provato. Non volle svegliarla ma era così turbato da non riuscire a riprendere il suo riposo, per cui si alzò e andò in bagno per rinfrescarsi un po’. Era accalorato, sudato, perfino tremante. Rivivere l’ultima discussione avuta con sua madre e capire di non potere riuscire a fermarla era stato molto penoso, facendogli tornare alla mente la propria colpa imperdonabile: averla trascurata pure in quel momento fatidico, non esser stato un bravo figlio… nemmeno per sua madre.
Dopo essersi sciacquato il volto si guardò allo specchio, quasi per prendere coscienza di essere tornato alla realtà ed essere sfuggito dal sogno. Infine un’idea lo calmò: “Nah, è stato il cibo. Ho mangiato troppo e ho fatto indigestione. Semplice, niente di più! Una limonata mi farà bene.” E si diresse in cucina a prepararsi la bevanda. Aveva dato una spiegazione razionale e scientifica ai suoi tormenti, tipico suo, e credette di essersi dato pace.
Bernadette nel frattempo allungò istintivamente un braccio verso la zona del letto riservata ad Howard, ma si accorse che non c’era. Si destò e si allarmò di non trovarlo al solito posto, a quell’ora per giunta. Senza chiamarlo, seguì la luce della zona cottura e gli andò incontro assonnata: “Howie?”
Lui era seduto sulla mensola accanto al frigorifero, si girò al suono della voce di lei e si stupì di vederla: “Mi dispiace, ti ho svegliata?”
: “Non ti ho trovato nel letto e mi sono alzata da sola! Che succede?”
Howard le rispose con un sorriso forzato: “Credo di non aver digerito le camionate di cose che ho mangiato perché ho fatto un brutto sogno. Sono venuto a farmi una limonata, di certo mi farà bene. Mia madre mi dà allo stomaco pure quando non c’è.”
: “Povero piccolo! – Esclamò mettendogli le braccia attorno al collo come per abbracciarlo – Potevi chiamarmi! Mi sarei presa cura di te.”
La toccò in segno di apprezzamento per la sua presenza, ne aveva bisogno più di quanto volesse ammettere. Si sentiva fortunato ad averla nella sua vita e nonostante i suoi difetti l’avrebbe risposata mille volte. Lo aveva amato per qualcosa che lui stesso non aveva notato e per amore di lei aveva scoperto di essere un uomo migliore. Tutti quei tentativi melliflui di abbordare ragazze bellissime in passato erano segnali della sua reale paura di impegnarsi. Ecco perché quando con Bernadette i suoi sentimenti iniziarono a mutare la spinse a lasciarlo facendo le cose più incredibili, come avere rapporti poco leciti con un troll su un videogioco online, salvo poi pentirsi e tentare di recuperare, perché sapeva che senza di lei la vita non aveva senso. La amava tanto da avere paura di perderla alcune volte. Era la sua amica, il suo sostegno, il suo amore… era tutto per lui, ora più che mai essendo morta sua madre. Non voleva analizzare quanto fosse sconvolto da quel fatto, per non scavare nel proprio animo e assistere all’apertura dell’ennesima voragine che si spalancava sotto di lui. Non avrebbe retto e non poteva permettersi di crollare: era un marito adesso e si sentiva investito della responsabilità di essere un uomo forte, ancora più di prima. E si sentiva protetto da quel ruolo perché così non doveva affrontare le fragilità del suo passato. Howard era cresciuto perdendo l’amore e per anni lo aveva cercato nei posti sbagliati, con Bernadette aveva scoperto tutte le forme possibili dell’amore, da quelle più spaventose a quelle più eccitanti.
: “Cosa hai sognato?” Gli chiese, sedendosi davanti a lui.
Non ebbe problemi a narrarle il sogno, però cercò di minimizzarlo per non apparire debole di fronte a lei. Ancora cercava di tenere su la maschera: “Niente di particolarmente orribile. Ho rivissuto l’ultimo dialogo con mia madre, solo che cercavo di dirle che l’avrei accompagnata io in aereoporto… ma non sono riuscito.”
Bernadette intuì da quell’abbassamento di voce quanto fosse stato inquietante quell’incubo e lo guardò con la sua consueta dolcezza confortante, accarezzandogli una gamba: “Non fu colpa tua, Howie.”
: “ Lo so, lo so – Soggiunse recitando malamente il ruolo del disinteressato – Mi capita di pensarci ogni tanto, tutto qui. E di chiedermi se sono stato un buon figlio… pur avendola lasciata sola.”
: “Non l’hai lasciata sola – Ripeté lei, alternando tenerezza a una punta di ribrezzo – Hai vissuto con lei perfino quando eravamo sposati! E poi le hai affiancato Stuart, facendosi compagnia a vicenda. In maniera un po’ sospetta e a tratti viscida, ma sempre compagnia era, e ne era contenta.”
: “Non volevo si sentisse abbandonata…” Stava per concludere la frase con “di nuovo” ma un nodo in gola gli impedì di pronunciarla. Non poteva spiegarsi il motivo per cui si sentiva così frenato. O forse non voleva spiegarselo.
La moglie lo rassicurò di cuore sul fatto che la suocera non aveva provato quella sensazione, per quanto lei facesse delle osservazioni puntigliose forse per il gusto di avere continue attenzioni da parte dell’unico figlio.
: “Hai ragione. Grazie, Bernie.” Finalmente provò del sollievo da quando si era destato dal sogno, quasi come una ventata d’aria pura proveniente da una finestra d’una stanza chiusa per giorni.
: “ Se non ti senti bene, perché domani non stai a casa? Telefonerò io all’Università per dire che sei malato.” Propose Bernadette, per far riprendere Howard dalla nottataccia appena passata.
: “ Devo assolutamente andare al lavoro, non posso saltare. Mi aiuterà a dimenticare questo disturbo. Domani è il tuo giorno libero, vero? – Le domandò ed ella confermò – Goditi la giornata, dunque! Vai al centro benessere, a fare shopping con le tue amiche, quello che vuoi! Così non potrai lamentarti che non hai del tempo per te stessa.”
: “ Sarebbe una cosa rilassante per me che ti ricordassi di far andare la lavatrice ogni tanto.” Replicò pungente, guardandolo di sott’occhi.
: “ Va bene, ehm.. allora inviami un promemoria, così lo farò, contenta?”
: “ Non fare promesse che non puoi mantenere, caro.”
Si fissarono in viso e si misero a ridere all’unisono, rendendosi conto che discutere a quell’ora delle faccende domestiche era assurdo, ma anche reale perché il giorno dopo sicuramente Howard si sarebbe scordato di far andare la lavatrice.
Tornarono a letto, sebbene fosse praticamente l’alba, per passare quelle poche ore abbracciati nel loro accogliente rifugio soffice.
Suonò la sveglia, maledettamente puntuale. Howard aveva dormito poco ma era lieto all’idea di andare al lavoro, perché così si sarebbe distratto dai pensieri che gli incupivano la mente. Dopo colazione salutò sua moglie e uscì di casa sereno.
Per Bernadette era il giorno libero, ottenuto ( o per meglio dire preteso) dal proprio capo con la sua nuova tattica della lacrima facile e disperata. A volte il suo faccino innocente le faceva ottenere quello che voleva, e in caso non riuscisse usava le sue maniere: quelle forti.
Era da sola in casa, ed era tarda mattinata. Lei stava facendo ordine in casa e cominciando ad organizzare un pomeriggio di relax, quando inaspettatamente suonò il campanello.
 

 

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Capitolo 2
*** L'incognita della fisionomia ***


Capitolo 2
L’incognita della fisionomia
 
Lei stava facendo ordine in casa e cominciando ad organizzare un pomeriggio di relax, quando inaspettatamente suonò il campanello.
 
Bernadette andò ad aprire e si vide di fronte un uomo con una tuta arancione e bianca, un berretto sulla fronte e un pacco sotto braccio che le chiese: “Abita qui il signor Howard Wolowitz?”
Lei si tolse la bandana rossa che era solita indossare sul capo per proteggersi i capelli dalla polvere che toglieva dai mobili più alti e lo accolse con un sorriso confermandogli che era vero.
: “Avrei un pacco da consegnargli.”
: “ Adesso non si trova in casa, è al lavoro. Dia pure a me, sono sua moglie.”
: “Sua moglie…?”
: “Bernadette Wolowitz-Rostenkowski. Dove devo firmare?”
: “Mi spiace signora, ma è un pacco strettamente personale e devo consegnarglielo di persona.”
: “ Io e lui condividiamo la vita, per cui sono certa che ho il suo consenso nel ritirare…”
: “Mi spiace, però mi è stato detto espressamente di darlo in mano a lui. Senza intermediari.”
: “Allora dovrà tornare più tardi, perché non c’è.” Disse Bernie, irritata dall’atteggiamento scortese dell’addetto. Da quando le mogli non potevano prendere la posta dei mariti?
: “ Non posso ritornare, perché la prossima consegna è fuori città. Essendo un pacco privato e urgente non posso riportarlo alla posta centrale. Lo aspetterò.”
: “Oh beh… le poste funzionano in maniera complessa e insulsa. Giacché fa la gentilezza di aspettarlo, si accomodi. – E gli indicò la poltrona – Dovrebbe tornare per pranzo. Oggi ha solo mezza giornata, per fortuna!”
L’uomo entrò con lo scatolone imballato e si sedette dove lei gli aveva indicato, ponendo accanto a sé l’oggetto.
Bernadette restava in piedi, sempre più perplessa di fronte a quell’uomo. Non era normale che i corrieri insistessero così tanto per consegnare un pacco. Di solito lo lasciavano malamente nella buchetta apposita o non si facevano scrupoli a rimandarla un’altra volta. Perché quell’insistenza? Guardando meglio la divisa poi, non la associava a nessuna compagnia postale, non aveva nemmeno il cartellino nominativo addosso! E di certo non poteva essere neppure la NASA. Distorse la bocca da un lato, mordendosi le labbra in preda ai sospetti: e se fosse stato un truffatore? Magari voleva rivenderle un frullatore guasto o un aggeggio simile. E se fosse stato un ladro? Molto probabile. Trova una donna sola, facile preda per un male intenzionato… E se fosse stato un corriere che consegna giocattoli erotici? Conosceva bene Howard e, per quanto fosse cambiato da quando si erano conosciuti e poi sposati, era facile immaginare che avesse speso centinaia di dollari in idiozie, come fece per quelle action figures. Belle ma troppo costose! Alla fine si convinse però che la risposta più corretta  era che quell’uomo fosse di certo un ladro ma era stato sfortunato: Bernie era tutt’altro che una indifesa mogliettina. Con una scusa si allontanò e andò nel ripostiglio in camera da letto, a cercare un’arma con cui scacciare il malvivente balordo per fargli il cosiddetto “mazzo”. Trovò giusto quello che cercava: la mazza da baseball con la quale aveva allenato Howard il giorno dell’inaugurazione del suo robot lancia palle. Un fiasco come esperimento eppure fu una simpatica esperienza per entrambi, perché fu lei a insegnargli qualcosa. Come sempre.
Mentre afferrava e contemplava la mazza per vedere come colpire l’intruso, si accorse che lì accanto c’erano le foto d’infanzia dell’ingegnere. Prese quella in cui erano ritratti lui, a nove anni, sorridente accanto a suo padre. Nell’osservare quell’attimo di tenerezza immortalato per sempre, si mise ad analizzare meglio il viso del padre di Howard e notò quanto fossero simili ai tratti dell’uomo che stava nel suo salotto. Guardò ripetutamente la foto, anzi, la portò con sé e per confrontarle meglio si nascose dietro la porta e alzava e abbassava gli occhi dal postino alla foto e viceversa. Si disse che era impossibile, che doveva essere una coincidenza che si assomigliassero così tanto. La forma del naso, spessa e pronunciata, il taglio degli occhi allungati e brillanti, il contorno della faccia allungata e il mento squadrato che lo terminava, quell’espressione mansueta e imperscrutabile. No, era una coincidenza. Posò la foto sulla mensola della cucina e si avvicinò con passo felpato all’ignoto e lo fece alzare: “ La smetta di fare la commedia!”
Lui s’alzò di scatto e la vide armata, per cui alzò le braccia e il volto si allungò maggiormente per l’espressione di sconcerto: “Signora!”
: “Non mi dica ‘signora’, cosa vuole? Lei non è un postino! È un ladro? È un corriere di oggetti depravati? Risponda!! Se non mi dice la verità le riempirò di mazzate fino a sbriciolarle il sedere!” Bernadette sapeva diventare una vera leonessa nonostante la vocina acuta stonasse con l’atteggiamento fiero.
: “Si calmi, si calmi! Va bene, le dico tutto ma abbassi quella mazza! – Bernie la abbassò di molto poco. Lui riprese fiato per lo spavento e le domandò – Come ha fatto a capire che mentivo?”
: “ L’intuito d’una donna è forte, ma quello d’una moglie è infallibile. Mi dica subito chi è e che cosa contiene quel pacco. Se è roba sconcia la caccio a bastonate e mio marito sarà preso a pedate in seguito.”
: “Stia tranquilla, non ho cattive intenzioni. È vero, non sono un corriere e quel pacco non contiene niente se non della carta di giornale.” E con un gesto le fece toccare con mano che diceva il vero.
: “Ah ah !” Esclamò con trionfo Bernadette, stringendo ancora di più la mazza.
: “ Mi chiamo Sam, sono il padre di Howard.”
Al suono di quelle parole la ragazza gelò e lasciò cadere sul pavimento l’arma e si paralizzò, quasi fosse stata pietrificata da un incantesimo. Dunque l’uomo che aveva innanzi a sé era davvero lui!
: “Suo… suo padre? – Ripeté meccanicamente, scioccata e incredula. – Lei è… mio suocero!”
Sam Wolowitz annuì senza parlare, non mostrando ancora nessuna particolare emozione. Bernadette invece era come un libro aperto, con gli occhi sgranati e la bocca asciutta dalla sorpresa, annaspò con un braccio alla ricerca del divano e si sedette per evitare di crollare a terra per le gambe deboli.
: “Mi servirà qualcosa di altamente alcolico per digerirlo!” Disse fra sé e sé la microbiologa.
: “Sono proprio io.” Confermò nuovamente.
: “L’avevo riconosciuta da alcuni tratti ma non potevo crederci. Perché è tornato?” Riuscì a chiedergli restando calma nonostante lo sbalordimento in cui era preda.
: “ Ho saputo della morte di Deborah.”
: “ Ed è venuto a ballare sulle sue ossa?! Non potrebbe, specie perché è stata cremata.”
: “Non è per questo. Sarebbe anche orrendo per me sporcarmi con le sue ceneri.”
: “ Non era una bella donna né particolarmente amabile, ma dovrebbe portare rispetto nei confronti della persona che ha sposato e da cui ha avuto un figlio stupendo come Howard. Lei non può sapere quanto lui abbia sofferto, quanto si sia colpevolizzato, sacrificato per dedicarsi a sua madre… ai traguardi che non ha potuto dividere con lei.. e tutti i complessi che mi sono dovuta sorbire!”
: “Vorrei che me le dicesse lui queste cose.” Replicò con dispiacere, tornado a sedersi sulla poltrona. Era difficile riuscire a capire cosa passasse per la testa di quel soggetto alto e spallato. I suoi occhi chiari erano blindati e con un codice segreto.
: “ Ringrazi che gliele dico io! Lui le avrebbe sbattuto le porte in faccia per non vederla! Ha perfino bruciato la lettera che gli aveva spedito a diciotto anni, quella in cui gli scriveva di aver assisto al suo diploma!”
: “ Ora so perché non mi rispose mai.” Commentò a bassa voce. Sembrava diviso fra rabbia repressa e nostalgia, eppure c’era qualcosa di strano.
: “ E pretendeva che le rispondesse dopo che lo aveva abbandonato per così tanti anni lasciandolo in un disperato silenzio?! Come ha potuto non farsi vivo nemmeno con suo figlio? Se era infelice con sua moglie, perché non ha divorziato e mantenuto i rapporti con Howard?!” Bernie era armata di parole e di cuore per proteggere il marito, del quale aveva assistito agli effetti nefasti di quell’abbandono. Anche lei voleva delle risposte.
: “Dovevo staccare da tutto. Se lo avessi frequentato o sentito mi avrebbe ricordato sempre Deborah. E io non potevo tollerarlo.”
: “ Ha odiato sua moglie a tal punto che quest’odio ha investito anche Howard, un innocente bambino di undici anni!” Si era fatta definitivamente portavoce di suo marito, sia nei toni che nelle domande incalzanti.
: “ Me ne resi conto troppo tardi. Quando lo vidi in quell’auditorium ero orgoglioso di lui ed ero tentato di andargli incontro. Poi mi accorsi che c’era anche Deborah, e rinunciai. Cominciai a pensare che era inutile andare da lui per dirgli cosa? Il perché me n’ero andato? E se mi avesse visto anche lei avrei rovinato il suo giorno, non volevo che accadesse e me ne andai. Sapevo di condannarlo a vivere con una donna come quella, però mi augurai che Deborah  fosse una madre migliore dato che come moglie fu pessima. Venendo oggi a conoscenza del suo viaggio nello spazio, dei suoi successi e della sua vita coniugale vedo che tutto sommato se l’è cavata.”
: “ Howard è fantastico, intelligente, spiritoso, affettuoso… aveva un rapporto morboso con sua madre e a volte è infantile, ma io so di poter contare su di lui e mi ama.” Disse orgogliosa, per sbattergli in faccia cosa si era perso e che persona speciale era diventata quel ragazzo che lui aveva rifiutato.
: “ Debbie si era attaccata al passato, a quella gioia che aveva distrutto.” Proferì con amaro rancore, come se la ferita fosse stata appena fatta.
: “ Ma si può sapere cosa è successo? Perché l’ha lasciata e la detesta così tanto?”
: “ Perché mi aveva tradito. – Allo sguardo interrogativo di Bernadette, proseguì con crescente risentimento al solo sovvenirsi di quegli avvenimenti – E in maniera disgustosa, per giunta: con mio fratello Lewis. Una sera uscì con mio fratello e un paio di amici per farci una bevuta in compagnia. Lewis bevve troppo arrivando al punto di ubriacarsi e senza accorgersene mi disse che sei anni prima aveva avuto una relazione con mia moglie, con colei che diceva di amarmi a tal punto di scappare di casa per sposarmi. Tu l’hai conosciuta in un modo, ma da giovane Debbie era bellissima, ammaliante, desiderata da tutti e con la fama di femme fatale. Non fare quella faccia, era così! Io sul momento non dissi niente a Lewis ma tornato a casa ero fuori di me; ero sicuro che Deborah avesse sedotto mio fratello in passato e quella notte le gridai che sapevo tutto della sua relazione, che era imperdonabile, non l’avrei mai più amata perché era un mostro e che tra noi era finita. Lei non negò, ed era prova che era tutto vero, però mi implorò di restare per Howard e la accontentai. Al tempo Howard aveva sei anni. Entrambi eravamo spesso ebbri, per annegare io il dolore del tradimento e lei la sua colpa. Debbie iniziò ad ingrassare e divenne la donna che hai conosciuto e mi faceva sempre più ribrezzo tornare da lei, soprattutto perché ebbi un sospetto. Calcolando i tempi dell’adulterio, coincidevano con la nascita di mio figlio e cominciai a pensare che poteva avermi mentito anche sull’identità di Howard. Poteva essere figlio di Lewis, quindi mio nipote! Questo mi tormentava sopra ogni cosa e per questo fui gelido con Howard: lo credevo mio nipote e provai orrore.”
: “Ma è assurdo!” Strepitò Bernadette, agitandosi sul suo posto all’udire quella storia pazzesca, tanto da non poterci credere.
Sam annuì e continuò il suo racconto: “Quando Howard ebbe undici anni ero allo stremo, non potevo più continuare a vivere in quell’inferno di litigi, di mostruosità, di sospetti e bugie. Un giorno decisi di sciogliere il dubbio che avevo. Prelevai un campione di nascosto e lo portai al laboratorio per l’esame del DNA. Se fosse risultato negativo me ne sarei andato per sempre. Invece il test confermò due giorni dopo che era mio figlio. Ciò nonostante non potevo più vivere in quella situazione e decisi di andarmene comunque.”
: “Ma Howard non c’entrava! Che colpa aveva? Le voleva così bene e lo ha bistrattato senza motivo!”
: “ Non ci pensai! Mi costruì una nuova vita lontano da qui, volendo scordare di aver avuto prole da quella donna. Ma pensai che saremmo potuti ripartire da zero alla morte di lei. venni a saperlo e son venuto per tentare.”
: “E crede davvero che ad ascoltare questa spiegazione così paradossale vorrà stringerle la mano? Se fosse vero distruggerebbe la figura di sua madre, la sola che l’ha cresciuto e che nonostante i dissapori l’ha amato! Al suo modo malsano e inquietante, ma l’ha amato!”
: “ Tutti sbagliamo, signora, ma non per questo siamo condannati in eterno. Esiste il perdono e la speranza di ottenerlo mi ha spinto fino a qui.”
: “ Mi deve ancora dire come ha fatto a sapere il nostro indirizzo.”
: “ Ho fatto una ricerca di internet. Ormai si trova di tutto.”
: “ Spero anche che abbia trovato la sensibilità di non irrompere burrascosamente nella sua vita. Sta passando un periodo difficile per la morte di sua madre, per cui non penso che sia il momento adatto per turbarlo ulteriormente. Cos’è, voleva presentarsi oggi di fronte a lui vestito da postino?! E se l’avesse respinta?”
: “ Beh, il postino suona sempre due volte. – E ridacchiò, ma Bernie non affatto in vena di scherzare. Allora riprese, supplicando – Ti prego! Sei mia nuora! Dobbiamo cercare di riunire la famiglia…”
: “ Per favore, se ne vada adesso!” Volle tagliare corto: tutta quella faccenda era troppo complicata e voleva riprendere fiato.
: “ Aiutami, Bernadette! Una sola possibilità di parlarci… e quel che sarà, sarà! Tentare di spiegarmi con Howard! … Dargli la possibilità di avermi nella sua vita futura!”
: “Per carità, se ne vada! Non vorrei che la trovasse qui…”
: “Promettimi solo che gli dirai che l’ho cercato, che voglio parlargli… e se vorrà vedermi mi chiami a questo numero!” E le dette un foglio già preparato con su un numero di cellulare inciso in inchiostro blu.
Bernadette prese con noncuranza il biglietto e lo incitò ad uscire, accompagnandolo all’uscita: “Vedrò… vedrò! Adesso vada! Vada!”
Sam la salutò frettolosamente dall’ultimo spiraglio della porta prima di vedersela chiusa davanti al volto. Bernadette rimase immobile qualche secondo con la fronte che sfiorava la soglia, poi si girò e si appoggiò con le spalle, guardando il soffitto, sospirando per essersi liberata di quell’ospite  inatteso.
Aveva appena udito un racconto inverosimile, assurdo, a cui non riusciva a credere del tutto. Però il volto di suo suocero inizialmente impassibile aveva svelato tutto il dolore di un passato travagliato e anche nella voce si era accorta che era un rammarico che si trascinava da anni. Eppure non poteva fare a meno di mettere in discussione l’autenticità di quelle dichiarazioni… la signora Wolowitz adultera con il cognato Lewis, Howard creduto un nipote… Chissà cosa altro non le aveva detto di più terribile!
A questo punto però per Bernadette c’era un bivio: che fare? Dire a suo marito delle intenzioni del padre per dargli la possibilità di rimettere assieme i pezzi della sua famiglia d’origine, oppure tacere ed evitargli un incontro sgradevole e lo svelamento di segreti che lo avrebbero fatto soffrire?


 
 

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Capitolo 3
*** Il meccanismo di trasferimento ***


Capitolo 3
Il meccanismo di trasferimento
 
Howard tornò a pranzo e il suo aspetto era molto più rilassato di quello del giorno prima, nonostante avesse dormito poco e si fosse alzato presto. Il lavoro gli aveva fatto bene sul serio.
Bernadette lo accolse amorevolmente come al solito, nascondendo l’intimo dilemma che la tormentava. Doveva dirgli che al mattino si era presentato suo padre con l’intenzione di riallacciare i rapporti oppure fare finta di niente? E nel caso, come dirglielo? Un modo per rendergli meno sconvolgente la questione non esisteva, ma le sliding doors si manifestavano di fronte alla ragazza con dei probabili scenari, che andavano dalla possibilità di vedere Howard svenuto o con un arresto cardiaco oppure con una curiosa predisposizione a incontrare l’uomo che lo aveva abbandonato,  curioso quanto meno di sapere la verità. Però poteva succedere che non volesse neppure sentirlo nominare, come ultimamente diceva. Meglio tacere allora: quell’uomo meritava silenzio, lo stesso che aveva fatto patire ad Howard. E se invece l’ingegnere si arrabbiasse per non esser stato informato? Allora era meglio dirglielo. A furia di pensare a tutti questi scenari, Bernadette risultò alquanto silenziosa a tavola e suo marito se ne accorse: “Bernie, tutto bene?”
Lei si scosse a sentirsi toccare la mano e con noncuranza gli rispose: “Certo, certo! Perché?”
: “ Mi sembri particolarmente silenziosa… vuoi parlarmi di qualcosa?”
Ecco il momento, le aveva fatto la domanda esplicita. Doveva risolversi e subito.
: “Niente di importante… Invece di riposarmi, oggi sono stata così scema da pensare alle frasi di auguri da inviare ad amici e parenti.”
: “E per quale occasione?”
: “ Per le prossime feste comandate. Ho pensato che dovevo portarmi avanti per evitare di ritrovarmi immersa da biglietti in cui vorrei scrivere malauguri invece che auguri. Essendo di buon umore ho iniziato a farne un po’ ma alla fine mi sono stancata.”
: “Sei troppo gentile! Hai sempre una buona parola per tutti.”
: “Eh, è il mio difetto.”
Howard sorrise a bocca chiusa, alzandosi dal tavolo per iniziare a sparecchiare e per dare un bacio alla sua tenera mogliettina mentre lei ricambiava con viso sereno ma finto.
: “ Quanto sono stupida!”  Si disse fra sé e sé, mordendosi il labbro inferiore, sgridandosi. Però forse era la soluzione dell’istinto: non fargli sapere nulla, proteggerlo da un’eventuale sofferenza che lo avrebbe devastato. Era la cosa migliore, allora perché non riusciva a calmare quel tarlo che scavava nel suo animo così insistente?
Quella stessa notte, mentre Howard vagava placidamente negli spazi infiniti delle rappresentazioni di immagini fantastiche, meglio conosciuti come sogni, presumibilmente credendosi un supereroe della Marvel, magari Batman, Bernadette soffriva di insonnia. Ancora non riusciva a convincersi di aver scelto l’opzione giusta per risolvere quella situazione in cui era stata involontariamente coinvolta. Le dette fastidio soprattutto perché si sarebbe rovinata il sabato, rimanendo così stordita che sarebbe stata affascinante come un personaggio di Walking Dead, ed era una cosa che detestava perché non si sentiva sicura se non appariva in ordine, pulita e attiva dal punto di vista mentale.
: “ Se sono così nervosa significa che non ho fatto veramente quello che dovevo. È la vita di Howard, non la mia. Non posso scegliere per lui! Non posso nemmeno proteggerlo nel caso Sam torni alla carica. Se lo preparo, anzi, potrà reggere meglio all’urto. Lui fa il forte con me per darmi la sensazione di sicurezza e stabilità, però so quanto dentro di sé sia un fragile pulcino. Sì, deve sapere!” Emettendo un soffio di liberazione poté rivolgersi dal lato di suo marito per avvicinarsi e finalmente, con l’animo in pace, poté chiudere gli occhi e lasciarsi andare alla stanchezza.
Riaprì gli occhi di colpo: “ Dannazione, devo andare in bagno.”
 
La mattina bussò delicatamente sulle loro finestre con dei tiepidi raggi. I due coniugi si destarono assieme in perfetta sintonia, scambiandosi le “effusioni del buongiorno”, come le chiamava Howard. Erano sposati da pochi anni e sentivano ancora la frizzante sensazione di aver cominciato la loro vita soltanto ieri. C’erano e ci sarebbero state delle difficoltà, ma la certezza di essere uniti era salda così come lo era il loro amore. Sfortunatamente Bernadette sapeva che un nuovo momento di prova si stava prospettando per il suo sposo e non poteva più indugiare.
Dopo aver fatto colazione e sistemato le stoviglie, Howard si mise sul divano alla ricerca di qualche replica del Dottor Who in attesa di ritrovarsi con Raj e gli altri per organizzare il pomeriggio. Vedendolo cambiare canale con quella sciocca bacchetta magica avrebbe voluto fargliela andare di traverso pensando a quanto aveva probabilmente speso…però stava tergiversando.
: “Howard.” Lo chiamò, accostandosi lentamente al divano per non farlo sospettare.
: “ Dimmi!” Rispose lui senza distogliere gli occhi dallo schermo.
: “ Devo parlarti.”
Lui si irrigidì e la guardò intimorito da quella frase, che non preannunciava niente di buono: “ Cosa ho fatto?” Domandò ritraendosi con il corpo.
: “ No, non hai fatto nulla! Devo parlarti di una cosa ma… promettimi che non darai di matto!” Nel mentre gli si sedette accanto, riducendo la distanza fisica tra loro, invitandolo a spegnere la televisione.
: “ Di solito questo lo dice Leonard a Sheldon quando sta per dirgli qualcosa che lo farà di certo andare fuori di matto.” Soggiunse ridendo nervosamente l’ingegnere tirando verso di sé la bacchetta-telecomando per oscurare l’episodio dei Muppets.
: “ Promettimi! –  Insistette lei con aria seria e lui annuì – Ieri sera a cena ti ho mentito. Non ho passato la giornata a scrivere biglietti di auguri.”
: “ E allora cosa hai fatto? – Perché mai gli aveva mentito? Non c’era alcun motivo. Poi cambiò nuovamente espressione, indossando quella preoccupata con una venatura di sospetto – Hai incontrato un tuo ex?”
: “ Ma che! – Esclamò con un acuto –Sono rimasta a casa ma … è venuta una persona inattesa.”
: “ Un tuo ex, lo sapevo! – Intercalò Howard, muovendosi a scatti – Scommetto che era uno più alto di me, più bello di me che ti implorava di tornare con lui… ma tu gli hai dato picche perché mi ami e sei la mia dolce metà per sempre, vero?”
: “Howie, non dire sciocchezze! Non era affatto un mio ex! Cercava te… - Allo sguardo perplesso del marito, alla fine lasciò cadere la bomba – Era tuo padre.”
Howard si immobilizzò, sentendo ogni muscolo del suo corpo afferrato dalla morsa di un serpente. Trattenne il fiato per un secondo. Sperava di non aver capito: “ Pardon?”
: “ Era tuo padre. Si è presentato come finto corriere ma l’ho sgamato in cinque minuti. Lo credevo un ladro e lo minacciai con la mazza da baseball, però mi disse che era Sam Wolowitz e che ti cercava per parlarti.”
Aveva inteso bene, ma il veleno di quella notizia gli era entrato in circolo: “ Sei … certa che fosse davvero lui?”
: “ L’ho confrontato con una foto di quando tu eri piccolo, poi lui stesso me lo ha confermato. Mi ha detto dettagli che solo lui poteva sapere…”
Egli non sapeva come reagire: suo padre, l’uomo che lo aveva abbandonato ed era sparito nel nulla, che lo aveva fatto soffrire così tanto da avergli causato ancora adesso delle ripercussioni e delle insicurezze profonde, che gli aveva rovinato la vita! Lui, aveva messo piede in casa sua! Si era presentato a sua moglie e con faccia di bronzo si era messo a chiacchierare del passato, a far leva sulla bontà della microbiologa per suscitarle pietà.
: “ Come… come ha saputo il nostro indirizzo?”
: “ Mi ha detto che lo ha cercato su internet.”
: “ Maledetto motore di ricerca! – Gridò fra i denti, contenendo l’esplosione di emozioni che si mescolavano in una forza centrifuga – Dopo più di vent’anni d’assenza… cosa vuole da me? Parlarmi?! E di cosa vorrebbe parlare? Di quando mi faceva giocare al cavallino sulle sue spalle? Di quanto sia dispiaciuto di essere sparito dalla mia vita? Cosa?!”
: “ Sostiene di avere delle cose molto importanti da comunicarti e che vorrebbe farlo di persona. Vorrebbe la possibilità di parlarti, solo questo…”
: “ Solo questo, eh? Bella pretesa.” Commentò a mezza voce contrariato, abbassando lo sguardo. Ancora cercava di mostrarsi inflessibile mentre avrebbe voluto semplicemente sbriciolarsi.
Bernie si sentiva in imbarazzo e nuovamente si contorceva interiormente per aver compiuto la scelta sbagliata. Gli prese la mano e la strinse nella propria: “ Ti chiedo scusa, Howie… ti ho turbato… Pensavo che dovessi saperlo! Se fosse tornato qui non saresti stato preparato.”
: “ Non devi chiedermi scusa, Bernie. Hai fatto bene. Ma quindi ti ha detto che tornerà qui?” Era riuscito ad assumere un tono distaccato adesso, un po’ freddo però necessario per riuscire a mantenere il controllo di sé stesso.
: “ No… mi ha dato questo. Se vuoi incontrarlo, dovrai chiamare a questo numero.”  Ed estrasse dalla tasca del vestito a fiori il pezzetto di carta inciso di blu.
Howard lo osservò tra le dita di lei, indeciso se afferrarlo o meno: era un numero fatale, toccarlo voleva dire toccare anche suo padre. Ne ebbe ribrezzo e si rifiutò: “ Mettilo vicino al telefono.”
: “ Cosa farai?” Gli domandò, sempre più in pensiero per lui, specialmente nel vederlo così impassibile.
: “ Non lo so. Deciderò. Mettilo là.”
Bernadette non insistette né aggiunse altro, andò soltanto a baciarlo dolcemente come lei sapeva fare e fece quello che le aveva detto. Appena la vide allontanarsi estrasse il cellulare dai propri jeans attillati e telefonò: “Pronto Raji? Sono Howard. Ascolta, è sorto un imprevisto e non posso proprio venire. Stasera ti aggiorno se mi son liberato, ok?... Sì sì, tutto bene, solo un contrattempo. A più tardi, ciao!”. Riattaccò ma tenne in mano il telefonino.
 
Per due ore e mezza il giovane ingegnere restò sul medesimo divano attaccato allo schermo non più del televisore ma del cellulare, e accanto a sé aveva un pezzo di carta e una penna. Bernadette era uscita per fare delle commissioni e quando tornò, per l’appunto, due ore dopo ritrovò il marito nella stessa identica posizione. A quel punto non poté fare a meno di notare con quale frenesia e concentrazione egli si dedicava a leggere e ad annotare qualcosa.
: “Tesoro, ma non dovevi vederti con i tuoi amici?”
: “ Ho rimandato a stasera.” Rispose senza alzare il capo.
: “Strano! Non rinunci alle partite di videogames con loro nemmeno per una intera pastiera.” Quel discorso non le piaceva per niente e lo ascoltava intanto che poneva via i suoi recenti acquisti.
: “ Sai, stasera volevo andare da loro per comunicargli il mio nuovo indirizzo.”
: “ Di posta elettronica?”
: “ No, di casa! Sto cercando in quale zona di Pasadina potremmo andare… guarda, c’è la zona residenziale! Le case sono molto più grandi e, oh guarda, c’è pure una piscina comune! Costa un po’ di più ma con il tuo stipendio ce lo possiamo permettere.”
: “ Cosa?! – Gridò Bernadette in uno scatto felino strabuzzando gli occhi che parevano uscire dalle lenti degli occhiali – Vuoi trasferirti?!”
: “ Beh, se vogliamo una famiglia questa casa è troppo piccola. Se poi i nostri figli vorranno un cagnolino, dove lo mettiamo, sopra la cappa? Mi sto portando avanti. Ho già trovato un paio di indirizzi niente male. Sono zone un po’ isolate e nascoste ma avremo molta privacy!” Howard era partito come un treno e il suo obiettivo di trovare una nuova dimora era sostenuta da cento altre scuse come quelle che aveva appena detto a sua moglie, la quale era sempre più esterrefatta.
: “ Noi non andremo da nessuna parte, sono stata chiara?! Cosa ti è saltato in testa, un ratto dalle fognature?!” Lo minacciò incupendo drasticamente la propria voce, tanto da farlo spaventare. Specie perché assomigliava sempre più a sua madre.
: “ Visto, un altro ottimo motivo per andarcene! I terribili ratti!” Soggiunse celiando, ma non stava affatto funzionando perché lo sguardo corrucciato di lei non era cambiato.
: “ Howard Joel Wolowitz! Hai tempo cinque minuti per spiegarmi questa follia.” Quando Bernie scandiva il suo nome completo era davvero nei guai, e a quel punto fu costretto a vuotare il sacco, non prima di aver sospirato profondamente: “ Io volevo… volevo andarmene via da qui.”
Bernadette si acquetò vedendo della mestizia spuntare nel suo volto, perché comprese allora che non era un capriccio irragionevole: “ Perché mai? Viviamo in una casa tutta nostra, siamo autonomi...”
: “ Non è per quello! A quanto pare casa nostra è facilmente rintracciabile su internet per chiunque. Non siamo al sicuro.”
La ragazza parafrasò facilmente ciò che le stava dicendo, poiché era ovvio che si riferiva al suo timore di un’intrusione del padre  e lo andò ad abbracciare: aveva bisogno di lei. Lui la strinse senza troppo coinvolgimento per non lasciarsi trasportare dal momento. Gli passò una mano sulla guancia per accarezzarlo: “ Lo sapevo che non stavi bene. Me ne vuoi parlare?”
: “ Non c’è molto da dire. A quanto pare mio… - Si trattenne, perché lo stava per chiamare papà e si corresse – mio padre può infiltrarsi in casa sotto qualsiasi forma in qualsiasi momento… Non voglio trovarmelo così davanti.”
: “ Beh, allora perché non dargli appuntamento? Così sarai sicuro di vederlo una volta sola in un unico posto.”
: “ No! Cioè… - Balbettò, non sapendo nemmeno lui cosa volesse davvero e in segno di confusione si pose i palmi delle mani sul viso  – Non lo so…”
: “ Howie, quando ho deciso di raccontarti del mio incontro con tuo padre mi ero ripromessa che non ti avrei fatto pressioni con le mie idee. È una tua scelta, riguarda la tua vita e voglio che tu ti senta libero di fare ciò che ti senti.” Bernie era sempre premurosa e rispettosa, ma in alcune occasioni il suo tempismo era perfetto, come in questo caso.
: “ Ma la mia vita e la tua sono un’unica vita.”
: “ Sei dolcissimo amore, ma non ho il diritto di dirti cosa devi o non devi fare in questo caso. Sei un adulto e puoi decidere come più ti piace.”
: “ Vero… però un aiutino mi farebbe comodo. Tutta questa faccenda… non vorrei affrontarla.”
: “ Se ci tieni al mio parere, ti consiglierei di affrontarlo. Non puoi continuare a scappare perché da quanto ho visto non ha intenzione di mollare. Guardalo in faccia, sputagli addosso tutto ciò che avresti voluto dirgli in questi anni… e magari sputagli anche concretamente addosso.”
: “ E poi?”
: “ E poi vedrai come si comporta, se è degno del tuo perdono oppure se si merita solo una pedata.”
: “ Non sono sicuro di averne la forza…”
: “ Prenderlo a pedate magari no, sei troppo pulcino in confronto a lui… ma lo sputo non prevede una eccessiva forza fisica! –  Gli rispose, magari sperando di farlo sorride ed alleggerire la situazione. L’espressione poco divertita di lui però le smorzò l’ironia e riprese – Vedila così: ti libererai di un fantasma e magari avrai delle risposte alle domande che ti sei sempre fatto. È un’opportunità.”
Howard l’ascoltava e desiderava lasciarsi guidare, come un bambino che mira ad uscire dal dentista senza esser troppo terrorizzato e possibilmente con una caramella zuccherosa. Forse desiderava, in fondo al suo cuore, di ricongiungersi con il padre, venire a conoscenza di cosa lo avesse spinto ad abbandonare la sua famiglia e poi, come suggeriva la giovane, decidere cosa fare. Era lui che aveva in mano la situazione perché era il genitore che lo pregava di incontrarlo. A quell’idea riprese vigore e si sentì risoluto: “ Hai ragione. Sono io che decido. Incontriamolo e vediamo cosa succede!”
: “ Sono orgogliosa di te, caro! Ti passo il telefono?”
: “ No, chiamalo tu… prendi tu l’appuntamento per me.”  Ed ecco che s’era sgonfiata con poco tutta l’energia e la presa di posizione.
Bernadette, per quanto sbalordita da quel cambio repentino di atteggiamento, chiamò Sam per decidere giorno, ora e luogo del fatidico incontro. Almeno si era sicuri di prendere un appuntamento. Howard attese fremente e dopo pochissimo tornò da lui: “ Dice di vedervi domani mattina alle 10 presso la biblioteca.”
: “La biblioteca? – Ripeté – Strano… mi immaginavo un parco, un parcheggio… sotto casa!”
: “ Se avessi chiamato avresti potuto dirglielo.”
Lui andò oltre la battuta di Bernie e la ringraziò sinceramente per aver fatto questa cosa per conto suo, ed ella replicò pungente ma sorridente: “ Tutti i giorni faccio cose per te caro, sono abituata” Usava spesso il volto felice per manifestare un proprio pensiero, anche se velatamente offensivo.
Alla fine si abbracciarono di nuovo.
Ormai era fatta: il giorno dopo avrebbe incontrato suo padre.
 

 
 
 

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Capitolo 4
*** La deficienza del diritto ***


Capitolo 4
La deficienza del diritto
 
La mattina arrivò più in fretta del previsto. Era domenica e quel giorno Howard avrebbe incontrato suo padre, fissandolo in volto dopo più di vent’anni di completa assenza. L’appuntamento era per le dieci alla biblioteca della città: un orario e un luogo fatali.
Bernadette si offerse di accompagnarlo in auto e lui accettò ben volentieri. Provava a nasconderlo ma era molto agitato e non si sarebbe concentrato adeguatamente al volante. Lei però lo aveva intuito dal lungo silenzio che aveva caratterizzato il loro tragitto. Giunti, gli restò accanto fino alla facciata bianca e rigida del complesso.
: “ Ci siamo…” Furono le prime parole che riuscì a pronunciare mentre sbatté le mani tra loro, gesto che usava per caricarsi quando stava per cimentarsi in  qualcosa.
Era una mattina soleggiata sebbene ci fossero ancora rimasugli del gelo invernale, il traffico era stranamente tranquillo e i clacson erano ancora mansueti.
: “ Vuoi che rimanga?” Gli domandò premurosa, ma il marito scosse la testa: “ No, grazie. È una questione che devo affrontare da solo.” Disse quelle parole con una nuova calma, probabilmente perché ormai l’attesa era finita.
: “ Ok… allora quando arriva l’ora di pranzo chiamami per dirmi come va.”
: “ Conto di finire per mezzogiorno o poco più. Verrò direttamente da Leonard e Sheldon. Ti scriverò lo stesso.”
: “ A dopo, caro. E ricorda – Aggiunse,  toccandogli un braccio e con occhi furbi – se te la vedi brutta, sputagli in un occhio!”
: “ Non lo dimenticherò.”
: “ Sono orgogliosa di te. Ciao!”
Lui contraccambiò il saluto e appena la vide lontana  guardò l’ora al polso: era un po’ in anticipo.
 
Ʊ  Ʊ  Ʊ  
 
Ognuno s’era seduto in salotto in attesa che Leonard portasse il pranzo.
Solo un posto rimaneva fisso: quello di Sheldon, il suo punto zero se inserito all’interno di un grafico cartesiano con ascisse e ordinate. Intoccabile, immutabile e comodo sia per la cervicale sia per la conversazione, che permetteva una buona visuale per la televisione ed era vicino al termosifone per provare il giusto calore senza sudare. In tre parole: il suo posto.
Gli altri invece non avevano problemi ad alternarsi, anzi, era interessante osservare i commensali da un altro punto di vista. Infatti non avevano tutte le manie e le paranoie compulsive del fisico teorico dalla memoria eidetica.
S’era riunito il solito gruppetto di amici e questa volta c’era pure Stuart, il proprietario della fumetteria, il quale arrivò prima dell’orario che gli era stato comunicato per evitare di perdersi l’inizio del pasto. Peccato che Leonard fosse in ritardo per cui dovette sorbirsi per primo, insieme ad Amy Farrah Fowler, la sfuriata del dottor Cooper sull’importanza del rispetto degli orari per favorire, tra le altre cose, la regolarità intestinale.
: “ Cavoli – Disse sottovoce ad Amy – sapevo che parlava tanto… ma non così tanto!”
: “ E non è uno dei suoi giorni peggiori. Sei stato fortunato che tu non abbia assistito ad un cambio di programma.” Gli rispose la neurobiologa  sottolineando la non eccezionalità di quella parlantina concitata.
Sheldon non si accorse dello scambio di battute tra i due ma soltanto dello sguardo perplesso di Stuart e allora gli disse senza mezzi termini: “ Bene, quando avrai un parassita alieno che ti colpirà l’intestino costringendoti ad una data regolarità poi ne riparleremo.”
Il ragazzo riccioluto non poté replicare in quanto Penny, la fidanzata di Leonard, e Raj, l’astrofisico d’origine indiana, entrarono.
: “ Ciao a tutti!” Esclamò Penny con il suo sorriso solare.
: “ Siamo a posto! – Intercalò scocciato Sheldon – Adesso la gente entra pure senza bussare. Avanti così e la civiltà cadrà a picco in fondo al mare!”
: “ Dimmi, oggi è in uno di quei giorni?” Chiese la giovane e bella biondina ad Amy, la quale replicò: “ Niente di diverso. Leonard è in ritardo.”
: “ Di ben cinque minuti! Siamo in piena anarchia.”
: “ Rilassati Sheldon, il quarto d’ora accademico è tollerato!” Intervenne Raj prendendo il suo spazio sul pavimento.
: “ Nelle mie lezioni non c’è nessun quarto d’ora! Un’usanza barbara per gli scansafatiche.”
: “ Ed ecco perché sei chiamato dai tuoi allievi ‘ Professor Rompipalle Cooper’.” Si misero tutti a sorridere eccetto Amy, la quale sapeva quanto il suo ragazzo soffrisse del fatto di non esser un bravo insegnante.
: “ Ed ecco perché quegli studenti li chiamo ‘rusticoni ignorantoni’.”
A quelle parole finalmente giunse Leonard che aprì maldestramente la porta poiché pieno di sacchetti e scatoline da asporto. Penny corse ad aiutarlo mentre Sheldon gli si pose davanti con le braccia incrociate e con aria di rimprovero: “ Ma dove ti eri cacciato? Ti eri perso via ad acchiappare farfalle?!”
: “ Sai com’è, ora che si riesce ad esaurire un tuo ordine il calendario cinese cambia segno.” Ribatté ironico Leonard, poco propenso ad udire critiche: aveva dovuto tollerare una coda indecorosa di clienti e la comanda complicata del suo coinquilino non era stata d’aiuto.
: “ Lascia stare, dai! Adesso si mangia! Ho una fame…” Penny voleva letteralmente gettarsi sul cibo invitante ma fu fermata dall’occhialuto Leonard: “ Un attimo! Mancano Howard e Bernadette! Li aspettiamo?”
: “ Perfetto Leonard, c’è qualcuno più ritardatario di te.”
: “ Strano, non è da loro… Raj – Domandò Amy – non ti han fatto sapere niente?”
: “ Ieri sera Howard ci aveva confermato di venire, ma nient’altro.”
Proprio in quel punto s’udì battere alla porta e Raj s’ammutolì:  erano loro di certo!
: “ Ciao, scusate il ritardo.” Disse Bernadette dopo esser stata accolta da Stuart.
Sheldon dava sempre  in escandescenze ma non ci badò nessuno perché tutti si chiedevano come mai fosse sola.
: “ Howard ci raggiunge più tardi!”  E mentre parlava si toglieva la giacca e appoggiava la borsa accanto  a quella delle sue amiche.
: “ Di bene in meglio.” Commentò ad alta voce Cooper, ed Amy gli puntò gli occhi addosso per dirgli silenziosamente di smetterla.
: “ Beh, iniziamo a mangiare altrimenti si raffredda! – Pure l’astrofisico era affamato e indugiare ulteriormente non faceva che aumentargli l’appetito. Tutti allora afferrarono il loro pasto ed immersero le forchette – Come mai Howard non è venuto subito? Aveva da fare?”
: “ Doveva incontrare suo padre…” Non poté concludere la frase che si scatenò una serie di reazioni collettive: la mandibola di Raj si abbandonò allo stupore, Amy e Sheldon strabuzzarono le pupille, a Stuart cadde per terra un boccone che stava per mordere, Leonard era impegnato a dar pacche sulla schiena a Penny, la quale si stava strozzando e tossiva convulsamente. Appena si riprese gridò: “ Cosa?! – Bernie rimase stupita da quelle espressioni incredule – Suo padre?! E quando avevi intenzione di dircelo?!”
: “ Credevo ve ne avesse parlato!”
: “ No, non ci ha detto proprio niente! Suo padre?! Ma … lui lui?!” Proferì Hofstadler sobbalzando sulla poltrona.
: “ No, il suo clone.” Replicò con una non velata ironia pungente.
: “ Sono riusciti finalmente ad attuare delle clonazioni?! E quando avevate intenzione di dirmelo?!” Interruppe Sheldon illuminandosi all’idea di creare un doppione di sé stesso.
: “ Sarcasmo, Sheldon” Gli suggerì Amy inclinandosi verso di lui.
: “ Pareva troppo bello per essere vero.” Il fisico non rimase troppo deluso: lo avrebbe saputo prima di tutti gli altri se avessero realizzato una perfetta clonazione.
: “ Raj, nemmeno tu lo sapevi?” In Bernadette cresceva sempre di più una brutta sensazione.
: “ Siamo amici del cuore, ma non posso leggere nella mente! Anche se mi sento un po’ offeso che me non l’abbia scritto sul nostro diario dei segreti.”
Ennesima confessione imbarazzante sul rapporto poco chiaro e a tratti ambiguo fra l’ingegnere e il ragazzo indiano, il quale sarebbe stato meglio non essere svelato.
: “ Adesso comincio a preoccuparmi…”
: “ Ti preoccupi solo ora? Mi pare un po’ tardi, ormai sono quasi una coppia di fatto…” Disse Penny, riferendosi al diario segreto ma non era ciò che intendeva Bernadette: “ No! Sono preoccupata del fatto che non vi abbia informato! Per quale motivo?”
: “ Non lo so! Raccontaci tu questa storia!”
E la ragazza narrò per filo e per segno l’intera dinamica e le reazioni del marito. Ci volle un po’ di tempo perché era una questione complessa e fantascientifica.
Gli altri mangiavano, ascoltando ghiotti di notizie, e sussultavano sorpresi.
: “ La signora Wolowitz cosa?!”
: “ Penny, hai perso il dizionario? Vedo che ripeti la stessa parola da un’ora.”
: “ Sheldon, zitto!”
: “ Non avrei mai pensato a una versione sexy di Debbie… non la so proprio immaginare. E dire che amo il fantasy!”  Stuart non poté fare a meno di ricostruire con la memoria la forma non propriamente seducente dalla donna, per quanto avesse imparato a volerle bene.
: “ Hai capito la signora! Anche lei aveva i suoi scheletri nell’armadio!”
: “ Se proporzionato alla sua persona direi che è enorme!”
: “ Povero Howard, non deve esser stato facile accettare di vederlo sapendo questo!”  Asserì Amy, per interrompere lo scambio di battutine sconvenienti tra l’astrofisico e il fisico teorico.
: “ No, Howard non lo sa. Sam voleva spiegargli tutto di persona, ecco perché dell’invito.”
: “ Per tutti gli struzzi da ventaglio spennati! – Proferì Raj – Chissà come andrà a finire.”
: “ Aveva assicurato che mi avrebbe scritto per pranzo. Ancora nulla…”
: “ Stai tranquilla, magari stanno parlando dei loro ricordi e han perso la cognizione del tempo.” La consolò Penny prendendole la mano.
: “ Oppure si stanno scannando e rinfacciando le reciproche mancanze.” Propose Leonard poco ottimista.
Bernadette fissava lo schermo del cellulare e immaginò la scena, agitandosi maggiormente: come poteva non chiedersi se avesse fatto bene a farli incontrare.
: “ Non avevi scelta. Sono certa che andrà tutto bene.” Le ragazze avevano circondato la microbiologa per farle sentire il loro sostegno.
Arrivarono le due e mezza del pomeriggio e dell’ingegnere non era pervenuto alcun messaggio.
Bernadette proruppe innervosita: “ Basta, devo sapere che succede! Ho un brutto presentimento…”
: “ E cosa vorresti fare? Irrompere in biblioteca e disturbarli?” Le domandò la bionda, cercando di trattenerla dal suo proposito.
: “ Veramente la biblioteca è chiusa. – Interloquì Cooper, lasciando tutti basiti – Alla domenica chiude alle dodici e mezza perché fanno solo mezza giornata. Cosa insensata perché la domenica è il giorno migliore per dedicarsi alla lettura perché si è a casa dal lavoro.”
Dopo un secondo di completo silenzio, la sposina esplose: “ Dov’è mio marito?!”
: “ Calma, calma! Provo a chiamarlo!” E Raj compose il numero dell’amico sperando di poter tranquillizzare la giovane sull’orlo dell’isteria, ma squillò a vuoto.
: “ Giuro che se quel pendaglio da forca ha fatto qualcosa ad Howard lo faccio marcire in galera con le gambe in bocca!”
: “ In che senso?” Le chiese inopportunamente Sheldon.
: “ Nel senso che gli romperò il fondoschiena!” Gridò, trasformandosi rapidamente in una sorta di Incredibile Hulk in miniatura e con la passione del rosa.
: “ È suo padre! – Intervenne Leonard – Cosa vuoi che gli faccia?”
: “ È uno snaturato! Quale padre sparirebbe per più di vent’anni  per poi farsi vivo per raccontare all’unico figlio una storia del genere?! Lo distruggerà! Doveva starsene rintanato nel suo nascondiglio e non tornare! Come starà Howie? E se nel litigare fossero arrivati alle mani? E se lo avesse rapito perché non lo voleva perdonare? È così fragile e leggero che quell’omone non farebbe fatica a tirarlo su…”  In preda al panico, la povera Rostenkowski-Wolowitz   non riusciva a trattenersi e gesticolava con movimenti scattosi.
Finalmente anche gli altri si resero conto che quel silenzio stava durando troppo e bisognava rintracciare l’ingegnere in ogni modo. La sola che ancora insisteva sul fatto di non dover fare gli investigatori o i curiosi era Penny: “ Ma chissà dove si trovano! E comunque sono dell’idea che non vadano disturbati.”
: “ Beh, non è la mia idea!” Replicò Bernadette marcando le sue parole.
Si misero a riflettere intensamente senza arrivare velocemente ad una soluzione.
: “ Volendo perdere tempo in questa questione, che non ci dovrebbe riguardare, suggerirei di pensare a un posto che possa essere di interesse per entrambi ed essendo un ritrovo, magari che susciti ricordi di eventi familiari o personali tali per cui la conversazione possa rimanere attiva e senza tempi morti. Come impone la migliore tradizione sociologica, che sguazza nel creare situazioni patetiche e lacrimevoli.” L’intervento di Cooper, per quanto nella sua modalità meccanica e dissacrante, fu illuminante per Bernie la quale sobbalzò dal divano e disse entusiasta: “ La casa d’infanzia!! Sheldon, sei un maledetto genietto!”
: “ Per essere un ‘maledetto genietto’ dovrei perdere almeno cinque punti del mio quoziente intellettivo.”  Precisò egli ma, ancora una volta, nessuno badò a quel commento, aumentando il suo stato di irritazione. Soltanto Amy lo rassicurò che l’espressione colloquiale dell’amica non intendeva in alcuna maniera sminuire il suo prezioso Q.I.
: “ Però ha ragione Sheldon: sono cose private di Howard e non abbiamo alcun diritto di metterci in mezzo. Ci richiamerà lui.” Pure Leonard cominciò ad appoggiare il pensiero della fidanzata, avendo preso in considerazione il dovuto rispetto per la delicata vicenda.
: “ Hai ragione. Voi non avete alcun diritto, invece io sì, essendo la moglie! Vado!” E rapidamente la donna scattò fuori dall’appartamento con giacca e borsa e sbatté la porta alle sue spalle con frettolosa non curanza. Aveva perso fin troppi minuti ad ascoltare le indecisioni dei suoi amici: era lei la consorte, per cui solo lei poteva prendere in mano la situazione.
: “Bernadette…!” Era inutile: la microbiologa era un uragano e il suo intuito, che non la deludeva mai, la guidava verso la dimora del passato di Howard, certa che ci fosse bisogno di lei e che il marito non riuscisse a comunicare per qualche misterioso ed inquietante motivo.
Raj avrebbe voluto seguirla ma alla fine si adattò alla linea comune ed aspettò pazientemente notizie direttamente dall’ingegnere.
Sheldon allora soggiunse: “ È l’ora di ‘World of Warcraft’?”
Tutti si girarono a guardarlo con facce perplesse, quando poi gli scienziati risposero all’unisono come se non fosse accaduto niente poco prima: “ Va bene!”
: “  Ehi , ragazzi! – Li sgridò Penny con aria severa – Ma vi pare il caso?! Un vostro caro amico si trova in un periodo difficile con una moglie carrarmato e vi mettete a giocare?”
Inizialmente quelli chinarono il capo in segno di dispiacere e pentimento per la propria frivolezza, infine Leonard stesso concluse: “ Vero. Adesso c’è il dolce!”



 
 
 

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Capitolo 5
*** Il rigetto del patrimonio genetico ***


Capitolo 5
Il rigetto del patrimonio genetico
 
Guidò come una disperata, non badando agli ignari uccellini o imprecando contro i lenti pedoni. Era una questione troppo importante per stare a sottolineare chi avesse la precedenza. La risposta era solo una: lei, perché aveva una emergenza.
Ci mise la metà del tempo che impiegava di solito, parcheggiò la vettura, la chiuse ed estrasse le chiavi per entrare.
Si guardò intorno: non c’era alcuna auto. Brutto segno.
: “ Non c’è… altrimenti vedrei un’altra auto, probabilmente quella di Sam. Però meglio controllare ugualmente.”
Forse si stava solo facendo dei film mentali troppo cruenti, ma non era tranquilla e l’ansia la stavano consumando.
Controllò prima in giardino, alla ricerca di impronte evidenti o di pale per scavare una fossa. Nulla, tutto in ordine.
: “ Ok, non l’ha sotterrato! Povero amore!”
A quel punto entrò nella casa della suocera, facendo attenzione a non fare rumore. Giunta nell’antiquato salotto non vide alcuno né udì voci concitate. Si disse che era così strana quella dimora senza più le grida di Debbie. Non era più lo stesso senza di lei, per quanto fosse stata una presenza ingombrante… in tutti i sensi.
Nemmeno in cucina avvertì delle presenze per cui si diresse al piano di sopra, salendo le scale rivestite di moquette.
Salita al piano superiore iniziò ad udire dei suoni.
: “ Howard?” Chiamò debolmente incerta, seguendo quella percezione fioca. Man mano che raggiungeva le camere da letto il parlare si faceva leggermente più forte, restando sempre indistinto.
Di fronte alla porta della camera di Howard! Ecco l’origine di quel suono! Stava parlando qualcuno… un uomo.  Decise di aprire, a costo di fare una figuraccia ed interrompere un discorso commovente sul più bello… tutto purché la sua angoscia avesse fine.
Spalancando l’ingresso della stanza a lei ben nota rimase stupefatta dallo scenario che le si offriva: seduto sul materasso c’era Howard con le gambe incrociate ad ‘x’, spettinato, con indosso una vestaglia d’un blu oceano logoro e sbiadito che ricopriva  il petto nudo e i pantaloni slacciati. Aveva la testa bruna china su dei pezzi di carta e fotografie, le quali lo circondavano come fiorellini velenosi di cui pareva aspirare l’odore fatale.
Nell’aria si sentiva una voce umana ovattata, a tratti meccanica e fredda, lontana.
: “ Howard…?” La ragazza si avvicinò con passi lenti e cauti, quasi vi fossero schegge di vetro al suolo, o schegge di lui.
Egli alzò il capo e levò gli occhi su di lei, scoprendo degli occhi azzurri gonfi e doloranti, assomiglianti ad argini che stavano per esplodere dall’eccessiva pressione. Il volto era più pallido del normale, fermo in una espressione tristemente apatica.
: “ Bernadette…” Le disse senza tono, come prosciugato.
: “ Perché non mi hai chiamata? Ero così preoccupata!”
: “ Che ore sono?” Le domandò, confuso.
: “ Sono le tre e mezza!”
: “  Oh… perdonami… non mi ero accorto.”
: “ Dov’è tuo padre?”
: “ È qui.” Proferì terribilmente serio puntando il dito da un lato, verso la radio accesa.
La giovane prestò attenzione e si rese conto che era la voce di Sam! Cosa voleva dire? Era veramente inquietante.
: “ È lui!? È registrato…?”  
: “ È tutto ciò che mi resta di lui: questa audiocassetta. Alla vecchia maniera. Non s’è presentato.”
: “ Cosa?!” Esclamò, non potendo credere alle proprie orecchie. Non s’era presentato? La faccenda non era chiara.
: “ Quando arrivò l’ora prestabilita entrai in biblioteca. Non vidi nessuno. Magari si era diretto in una particolare sezione e non lo trovavo, per cui chiesi alla receptionist. Mi disse che la persona che cercavo mi aveva dato delle istruzioni. Lo trovai carino in principio: non sapeva come affrontarmi e aveva creato questa introduzione. Andai in sala riproduzioni con il nastro e lo ascoltai. Forse sarebbe comparso ad un certo punto per fare un ingresso ad effetto. Ascoltai… ascoltai…”
: “ Oh, tesoro…” Sospirò Bernadette, sedendosi accanto a lui, cominciando a comprendere cosa fosse accaduto di così tremendo.
: “ Era la sua voce – Proseguì Howard, miracolosamente in vena di spiegare. Probabilmente voleva parlare per timore di scoppiare. A tratti tremava perché il suo autocontrollo vacillava, però si riprendeva subito – Fu un tuffo al cuore, ma il tuffo divenne una caduta libera inarrestabile. Mi ha detto… mi ha detto tante cose. Che era fiero di me, che era presente il giorno del mio diploma… poi ha farneticato il motivo che lo aveva spinto a sparire…che mi credeva suo nipote perché Ma’ lo aveva tradito con zio… Assurdo, assurdo! E che ha capito che non deve essere egoista e pretendere di tornare nella mia vita così, per cui ha deciso all’ultimo di non venire e che con quel gesto era per dimostrarmi che almeno ha voluto chiarire tutto.”
: “ Mi dispiace tanto… Quel balordo! – Strepitò Bernie, arrabbiandosi e imprecando contro il suocero – Mi aveva fatto credere che ci teneva, che cercava il tuo perdono, una possibilità… Ah, ma questa non la passa liscia! No no: i Rostenkowski sanno come rendere pan per focaccia! Non lo posso sentire, fammi spegnere quel coso!” Si rizzò in piedi e schiacciò il tasto ‘off’ sulla radio, ponendo fine a quell’incessante ronzio. Rimasta in piedi, continuò sempre più concitata e determinata: “ Vedrai! Chiederò a mio padre di sguinzagliare i suoi colleghi della polizia, lo troveremo e…”
: “ E cosa?! – Represse il grido che stava per dirompere, facendo violenza su di sé e abbassò i toni – No, lascia stare per favore…”
: “ Quel vigliacco non può farti del male e sparire impunemente! Non è giusto! Tutto ridotto a questa cassetta!” La leonessa protettiva s’era ridestata in tutta la sua forza, incredula e furiosa per ciò che aveva passato suo marito. Era stato dunque ingannato?
: “ Sai, è la quarta volta che la sento. Penso di non aver capito alcuni passaggi. Su una cosa è stato chiaro: odiava mia madre… e odiava me. Mi ha lasciato di nuovo.”
: “ Howie…” Bernie tornò a sedersi e ad addolcirsi. Non era il momento di pensare alla vendetta contro quell’uomo biasimevole, bensì di confortare il giovane, visibilmente affranto.
: “ Perché… non capisco perché!”
: “ Perché è un idiota! Lo è stato in passato e oggi l’ha riconfermato! Gli dissi che uomo fantastico sei!”
: “ Non lo fui al tempo.”
: “ Ma ora lo sei.”
: “ Troppo tardi.”
: “ Ehi, è lui che si è lasciato sfuggire l’unica occasione di riconciliarsi con te! Tu non hai perso nulla.”
: “ Invece ho perso! Ho perso tutto, Bernadette! – Proruppe lui, facendo intravedere un guizzo del dolore che lo stava soffocando –  Non ho più niente! La mia famiglia è scomparsa. Mia madre è morta, mio padre mi disprezza fino al punto da avermi abbandonato due volte. È colpa mia, sono stato un pessimo figlio per entrambi.”
: “ Non è vero, Howard! Tua madre aveva il suo carattere dispotico ma ti adorava ed era fiera di te. Ti voleva così bene che non voleva lasciarti con me. Eravamo sposati e abitavamo ancora da lei!”
: “ Non conta! È stata tutta colpa mia… sono stato orribile.”
: “ Non eri orribile, eri solo un bambino.”
: “ E son rimasto fermo lì!”
: “ Sei cresciuto moltissimo invece! C’è ancora qualcosa da migliorare non lo nego, ma sei un uomo meraviglioso e responsabile.”
: “ Io non so chi sono.” Quella frase lapidaria era terribile, se poi pronunciata con quella corda flebile e fragile diveniva un motto che apriva uno squarcio oscuro e senza fondo.
: “Ti dirò una cosa. Io conosco un uomo, un ingegnere aereospaziale, un amico leale, una persona spiritosa e amabile, un astronauta, un mago dilettante, un figlio attento e premuroso, un eccellente imitatore, una mente brillante. Ti ricorda qualcuno?” Gli domandò con un sorriso appena accennato.
: “ Sembra un gran figo.”
: “ E adesso arriva il bello: è anche il mio più grande amore, la mia vita e mio marito. Sei tu. Sei tutto questo e anche di più.”
: “ Vorrei che mi avesse visto così anche lui. Avrei voluto… avrei voluto che tornasse, anche se dicevo di no. Ma lo dicevo per paura…. Paura di soffrire ancora, quando avevo giurato a me stesso che non avrei mai più guardato da quella finestra, sperando di vederlo. Mi mancava, non dormivo. Mi chiedevo: cosa ho fatto? Non sono cattivo, no? Perché? Torna, ti prego… torna papà…” A quella parola il fiato si spezzò e il suo animo non poté più reggere a quel ricordo. Il volto si contrasse, il fiume di lacrime traboccò dagli occhi e dal cuore con una forza disperata e inarrestabile, tanto da farlo tremare violentemente quasi fosse preda di convulsioni. L’aver trattenuto a lungo l’oceano burrascoso di dolore che si era venuto a creare, unito alle ferite del passato che s’erano squarciate e sanguinavano rubiconde, aveva provocato una reazione fisica ed emotiva esplosiva e straziante. Bernadette lo strinse a sé, accarezzandogli la testa e le spalle, venendo scossa anch’ella dai tremiti. Lui provò una nuova paura e mentre singhiozzava stringeva i denti premeva il volto sulla spalla di Bernadette, come per nascondersi e seppellire da qualche parte il proprio sfogo così penoso.
: “ Non ti vergognare, tesoro! …”  Gli disse con le pupille umide, turbata, avvertendo il suo compassionevole tentativo ed aumentando la stretta. Il tormento di lui passava attraverso il contatto tra la pelle e per la ragazza sembrava di essere colpita da una palla demolitrice. Chissà quanto amplificato lo provava il suo amato! Piansero assieme quando Howard ricominciò a profferire confusamente: “ E vedevo mia madre… sapevo di essere un peso per lei, ma non potevo tollerarlo… ci aggredimmo per anni… ora non le posso più parlare e dirle che mi dispiace… e non l’ho accompagnata quel giorno…!”
: “ Howie, stai mischiando troppe cose! Lo so che sei deluso e amareggiato; ascoltami – E staccandolo da sé lo prese per le braccia costringendolo a fissarla dritta negli occhi – è vero, la tua famiglia d’origine non c’è più ma hai la tua famiglia! Raj per te è come un fratello, a tratti pure ambiguo; Sheldon e Leonard sono i cugini con le rispettive fidanzate; Stuart è… il parente acquisito, e hai me, che ti amo così tanto! Ricordi lo spazio che vedesti dalla navicella spaziale? Ecco, tutto l’universo non riesce a contenere il mio amore per te. Se tuo padre è stato così imbecille da non saperti apprezzare è un problema suo ormai! Sei meraviglioso e non devi mettere questo in discussione. Lui vivrà col rimorso di essere stato un padre indecente. Tu invece sarai un padre dolce e affettuoso. Lo avevamo stabilito: io porto a casa i soldi e tu accudisci i bambini.”
: “ Non penso sia il caso.” L’ingegnere distolse lo sguardo agitandosi nuovamente.
: “ Beh, l’accordo è questo non accetto cambi di ruolo.” La microbiologa divenne seria per un attimo e si corrucciò all’idea di ridiscutere in quel contesto della possibilità di essere casalinga. Possibilità che lei escludeva a prescindere.
: “ No, io non… non posso avere figli!”
: “ Come? Perché no? Li adori, li desideri…”
: “ Con gli esempi che ho avuto che padre potrei mai essere?! Nessun figlio merita uno schifo come me.”
: “ Tu sarai meraviglioso e sai perché? Perché hai subìto gli errori dei tuoi genitori, ne hai sofferto e hai compreso che li vuoi correggere perché non vuoi vederli ripetuti. Anzi, corriamo il rischio che tu sia così affettuoso che sarai più un compagno di giochi e non sarai abbastanza severo.”
Howard, per la prima volta da parecchie ore, sorrise leggermente divertito da quell’immagine assolutamente realistica. Soprattutto se si parlava di trucchi di magia.
Passò un breve silenzio, d’improvviso fu Bernadette ad essere contrita ed afferrò le mani del marito: “ La verità è che la colpa è soltanto mia. Mi sento responsabile di tutto questo! Sono io che ti ho convinto ad incontrarlo! Se non te ne avessi parlato… se avessi preso a mazzate quel maledetto come avrei voluto fare…! Io ti ho illuso… se soffri è colpa mia! Perdonami, Howie!”
Egli rimase sorpreso da quei motti: come poteva pensare una cosa del genere? Non lo aveva affatto illuso né aveva colpa per quello che era accaduto.
In quel frangente ella ebbe una illuminazione: “ Allora facciamo un patto. Io non mi darò la colpa se farai altrettanto. Ti prego, come favore personale.”
Di fronte a quella richiesta fatta con quella dolcezza e quell’amore non poté rifiutare e le promise che ci avrebbe provato. A Bernie questo bastò. Gettò lo sguardo infine sulle foto adagiate lì vicino: “ Cosa volevi farci con quelle?”
: “ Tagliarle. Perché tenere unito ciò che non esiste? E poi pensavo di bruciarle. Bruciare tutto… però ho pensato che io non volevo finire arrostito e ho desistito. Avrei lo stesso odore delle penne di pollo bruciate.”
Lei sorrise teneramente per quella battuta: “ Torniamo a casa. Ti aspettano tutti.”
: “ No! Non voglio vedere nessuno.”
: “ D’accordo, però andiamo via da qui. Devi riposarti.”
Howard annuì e si fece trascinare docilmente dalla moglie, senza ricordarsi di prendere l’audiocassetta della verità. Sulla soglia Bernie lo fermò e gli disse: “ Prima cosa da fare: doccia. Quella vecchia vestaglia chissà da quanto non viene lavata.”
: “ Vero… l’ultima volta la indossò mia madre.”
: “ Per cui candeggina a manetta!”
: “ Ma così perderà il colore.”
: “ Era il mio scopo. Si pulisce da tutti gli animaletti da compagnia che lo abitano. Andiamo!”
 

 
 
 

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Capitolo 6
*** La razionalizzazione Cooper-Koothrappali ***


Capitolo 6
La razionalizzazione Cooper-Koothrappali
 
Suonò il campanello e corse subito ad aprire, con l’animo in fibrillazione.
: “ Ciao! Finalmente siete qui!” Esclamò con sollievo, ma l’agitazione non accennava a diminuire.
: “ Ehi, che succede? Hai l’aria sconvolta!” Rispose Raj richiudendo la porta alle sue spalle.
: “ Spero ci sia una buona motivazione per questa convocazione senza preavviso. Siamo scienziati molto impegnati.” Aggiunse con il solito tono saccentello il dottor Cooper, sempre lieto di far pesare la propria presenza.
: “ Stavamo giocando a ‘Super Mario Kart’! E Koothrappali ti stava stracciano come di consueto. – Intervenne Leonard, smontando la tracotanza del suo coinquilino – Ti ha salvato dall’ennesima figura da cioccolataio.”
: “ Sei proprio una schiappa alla guida, sotto qualsiasi forma:” Rimarcò con soddisfazione l’astrofisico, facendo tacere il fisico teorico.
: “ Ragazzi, focalizziamoci su Bernadette! Dicci tutto. C’entra Howard, non è così?” Le domandò, facendola delicatamente sedere sul divano per cercare di calmare l’amica, visibilmente un fascio di nervi.
: “ Sì… Howard sta male! Ieri sera gli è venuta la febbre e non riuscivo a fargliela abbassare. Volevo portarlo all’ospedale ma era troppo debole per spostarsi per cui ho fatto quel che ho potuto. Ancora non è calata, sono sveglia da tutta la notte, lui ha iniziato a delirare… non so cosa fare!” Singhiozzò la microbiologa coprendosi il volto con le mani, non trattenendo più a lungo la sua frustrazione. In quelle ore aveva visto sprofondare suo marito in un abisso di traumi dell’infanzia, ferite mai sanate e sensi di colpa taglienti come lame. Ella dovette resistere a quell’urto di emozioni terribili ed essere un sostegno per il suo amato, però non era stato per niente facile, specialmente di fronte al crollo della sua salute.
: “ Va bene, stai tranquilla, adesso ci siamo qui noi – La consolò Leonard, abbracciandola per pochi secondi – Gli hai dato dei farmaci?”
: “ I tipici: tachipirina…”
: “ Howard è malato, dunque! Allora io non posso restare qui.” La interruppe scortesemente Sheldon, avendo ben inteso delle condizioni dell’ingegnere.
: “ Sheldon, non fare lo scemo!” Lo rimproverò Hofstadler, rotando il busto dalla sua parte per impedirgli di dire altre stupidaggini: non era il momento di farsi prendere dalla ipocondria.
: “ Lo scemo sei tu che rimani a contatto con batteri o virus altamente contagiosi. Se vogliamo davvero aiutare Howard dobbiamo costruire uno speciale contenitore igienico per impedirci di toccarlo e condurlo al più vicino ospedale per farlo vedere, oppure tenerlo in isolamento e passargli i medicinali necessari da una cavità che faremo nella porta della sua camera.” Era troppo tardi: la fissazione di Sheldon aveva già preso il via ed era una corsa inarrestabile, come quella di un treno guidato da un soggetto con disturbi ossessivi compulsivi. Il suo terrore delle malattie in quel contesto stava diventando più importuno dell’usato.
: “ Non essere ridicolo – Soggiunse Raj – Non è una malattia normale!”
Cooper mostrò un viso scandalizzato : “ Oh no, non è catalogata! Allora è gravissimo! Basta, non posso stare qui oltre!” E s’avviò quasi correndo verso l’uscita della casa dei coniugi Wolowitz.
: “ Ma dove vai, che sei a piedi!”
: “ L’uomo è stato dotato di gambe per la fuga dai pericoli e la posizione eretta ha facilitato l’aumento della velocità possibile. Addio!” E sbatté la porta, dandosela letteralmente a gambe elevate non potendo tollerare di respirare aria infetta.
Leonard si volse nuovamente verso Bernadette e le chiese scusa a nome del coinquilino schizzato, il quale s’era mostrato più insensibile del solito, ma sapevano tutti che era allergico alle dimostrazioni di affetto. La ragazza però replicò che non c’era problema: “ Meglio così: non avrei potuto tollerare due malati gravi nella stessa casa!”.
Dopo un attimo di silenzio il fisico occhialuto divenne nuovamente serio: “ Ha ragione Raj, non è una febbre normale. Sicuramente è collegata a qualcosa che è successa ieri. Ce ne vuoi parlare?”
Bernadette fece un resoconto sintetico dei fatti avvenuti poche ore prima, giacché anche per lei non era facile riviverli con la memoria: la vista di Howard distrutto nell’animo, la codardia di Sam nel lasciare al figlio un’audiocassetta registrata e fredda, la immensa delusione del giovane e la sua crisi interiore, esplosa in un pianto disperato e straziante.
: “ Volevo che stesse con voi, però mi chiese di stare da solo e lo riportai a casa. Fu allora che mi accorsi…”
: “ Povero Howard. Deve essere stato terribile…”
: “ Che padre schifoso. – Disse Raj, che s’era seduto sulla poltrona – Pregherò le mie divinità affinché facciano pagare cara a quell’uomo la sua crudeltà. Magari con un elefante che gli schiacci la faccia con il suo enorme posteriore, tanto da deformarlo.”
: “ A meno che non vada al circo, dubito che possa accadere.” Replicò Leonard, scettico dell’efficacia di quel malaugurio.
: “ E chi ti ha detto che deve essere letterale? È una minaccia metaforica! L’enorme sedere del fato lo pesterà a dovere.” Specificò l’astrofisico, convinto della forza delle sue parole.
: “ Temo piuttosto che sia una malattia psicosomatica. Le emozioni negative possono mantenere il sistema nervoso in stato di eccitazione e il corpo in una condizione di emergenza continua, a volte per un tempo più lungo di quello che l’organismo è in grado di sopportare e si crea la situazione di debolezza.” Spiegò in maniera impeccabile Leonard, ma Bernadette lo fissò crudelmente attraverso i suoi occhiali: “ Lo so cos’è! Devo sapere come farlo guarire in fretta!”
: “ In fretta non si può! Dipende da come reagirà Howard. Noi possiamo solo stargli vicino. Potreste andare da uno psicologo.”
: “ Oppure in un centro benessere. Niente è più efficace di un bel massaggio rilassante!” Suggerì Raj, congiungendo le mani per creare una posizione di meditazione.
Bernie non ci vide più: “ Hai intenzione di aiutare sul serio o continuare a dare consigli da ‘ Woman Magazine’?!”
: “ D’accordo, d’accordo! A quanto pare qualche Chakra è disturbato!” Rispose alzando le mani al cielo.
: “ Sì, dal suono delle tue scemenze!”
: “ Allora mentre state qui a parlare vado da lui. Dov’è?”
: “ Dorme in camera nostra. Si è addormentato poco fa, se lo svegli finisci cucinato con il tuo amato curry.” Lo minacciò puntandogli l’indice contro, quasi fosse stata un’arma letale. La ragazza era letteralmente fuori di sé dalla preoccupazione e la sua indole più intransigente emergeva in tutta la sua forza da bullo. L’indiano annuì accondiscendente e si recò silenziosamente presso l’amico, contento di lasciare da solo Leonard a gestire quel fascio di nervi.
Entrato nella camera richiuse delicatamente la porta dietro di sé e osservò accuratamente l’ingegnere: il volto sbattuto dalla notte in bianco gli stava scavando il contorno, gli occhi erano socchiusi con espressione agonizzante, il respiro era lento e pesante a vedere da come il gracile petto s’alzava e s’abbassava per metà coperto dalle lenzuola e per metà scoperto.
: “ Howard?”  Chiamò, avvicinandosi e sedendosi accanto a lui aspettando una risposta. Provò sincera compassione: non l’aveva mai visto ridotto in quello stato così pietoso. Stava soffrendo troppo per un uomo che era indegno perfino del titolo di padre.
Poco dopo dalla bocca fuoriuscirono parole in principio non molto chiare, quasi dei versi, poi riuscì ad articolare un suono preciso: “ Ma’…”
: “ Ma’? – Ripeté tra sé e sé, comprendendo che si stava riferendo a Debbie, sua madre – No Howard, sono Raj! Non mi riconosci?”
: “ Ma’, perdonami… sono stato un cattivo figlio…”
L’astrofisico si rese conto che Howard stava delirando e cominciò a sollevarsi per andare a cercare Bernadette, però si sentì sfiorare debolmente e udì altre parole indistinte. Allora Raj tornò a sedersi per tentare di comprendere cosa stesse dicendo, in pensiero per lui: “ Calmati, amico!” Gli sussurrò gentilmente, mettendogli una mano su una spalla appoggiata al guanciale umido, provando a farlo star tranquillo.
Fu in quel punto che il discorso apparentemente sconnesso ebbe un senso: “ Non sono stato come volevi … mi sentivo solo un peso… ma non potevo esserlo… dovevo esserci… per sostituirlo… era troppo…”
Al giovane indiano venne in mente una idea semplice e spontanea pur di aiutare il suo migliore amico e compagno di bravate.
: “ Figlio mio, non devi scusarti.” Gli disse con voce dolce e materna, accarezzandogli la spalla.
: “ Come farò senza di te?” Domandò Howard, convinto di parlare con la propria madre. Era completamente assorbito dal proprio delirio e teneva gli occhi appena aperti indirizzati al soffitto, come se si stesse rivolgendo al cielo.
: “ Ce la farai, sei in gamba. Non hai bisogno di me. E poi hai degli amici che ti vogliono bene e una moglie che ti ama. Andrà tutto bene.”
: “ Mi dispiace così tanto di non averti accompagnata, Ma’… sono stato uno stupido egoista... mio padre m’ha punito!”
: “ Non devi preoccuparti, tesoro. – Seguitò Raj, recitando il ruolo di Debbie per consolarlo – Non è colpa tua, non lo è mai stato. Ti ho sempre voluto bene in ogni momento, anche quando ti sei sposato. E tuo padre è un idiota, non badare a quello che dice.”
: “ Grazie. Ma’, perché non gridi?”
: “ Beh… Qui in Cielo è proibito urlare. Mi hanno spiegato che per farmi sentire non serve alzare la voce, ma un sussurro che fa fremere il cuore.”
In quel punto i suoni si confusero nuovamente e l’ingegnere cadde in un nuovo sonno ma più tranquillo dei precedenti, quasi i motti che aveva appena udito fossero stati un balsamo che leniva le ferite rimaste aperte.
Raj restò ancora qualche minuto e per scrupolo decise di misurargli la temperatura. Era calata di due gradi! Fu soddisfatto del risultato momentaneamente ottenuto e sperò vivamente che l’effetto continuasse anche dopo. Voleva dire che era riuscito a calmarlo a tal punto da aiutare a guarirlo! Leonard aveva centrato in pieno il problema: era psicosomatica. Quando tornò nel salotto assicurò Bernadette che il marito stava riposando serenamente e che stava meglio.
: “ Come hai fatto?!” Esclamò sorpresa la giovane, balzando in piedi.
: “ Ha solo bisogno di essere coccolato e rassicurato un po’, tutto qui! Ha bisogno di sentire voci amiche e tanto amore. Con una dose giornaliera abbondante vedrai che si rimetterà presto!” Parlava come un saggio guaritore però aveva compreso le necessità dell’amico di presenze confortanti per ricostruire la propria solidità sia affettiva che mentale.
: “ Dicci il tuo segreto, Guru!” Lo incalzò Leonard, non credendo che poche e semplici parole abbiano potuto agire così rapidamente su una condizione così compromessa.
Alla fine l’indiano cedette e confessò che aveva assecondato il delirio di Howard, fingendosi sua madre e dicendogli parole di affetto lui si era calmato.
: “ Mi confonde spesso per sua madre eppure con me non ha funzionato.” Replicò la microbiologa, ricordando tutti i lapsus del suo amato quando la chiamava “mamma”, e che le pareva sempre più inquietante e morboso se pensava a chi era Debbie.
: “ Sei stanca, ecco perché. Hai bisogno di riposare e recuperare energie dopo aver sopportato uno sfogo di Howard. Ne ho visti parecchi e sono già molto violenti, figuriamoci in questo caso!” Le rispose l’astrofisico, riferendosi a quei momenti di sconforto perché non trovava uno straccio di donna che potesse amarlo, perché si sentiva solo o quando voleva farla finita ingoiando un intero sacchetto di arachidi, di cui era allergico.
: “ Io non l’ho mai visto così sconvolto. Ed è vero, non riesco ad aiutarlo come vorrei perché dopo quella maledetta domenica è stato devastante anche per me. Povero il mio tesoro…” Sospirò, avvertendo che la voce stava per tornarle a tremare dalla commozione.
: “ Oooh, credimi dava fuori di testa come una ragazzina che non riusciva a diventare la punta delle Cheerleaders! –  Rimarcò Raj, trovando l’approvazione di Hofstadler che annuiva – Ovviamente questa volta è stata amplificata dalla morte della madre, dall’abbandono del padre e dalle rivelazioni bomba. Al suo posto io sarei rannicchiato in un angolo a chiedermi perché sono nato.”
: “ Come un vero uomo…” Commentò acida Bernadette squadrando il migliore amico del marito, veramente a tratti troppo sensibile. Troppo.
Leonard volle entrare pure lui almeno per vedere Howard ma Raj glielo impedì , sostenendo che non era il caso di confonderlo presentandogli altre persone davanti. Era meglio lasciarlo riposare tranquillo e attendere che la febbre calasse ancora un po’, vedendo se era ancora necessario interpretare Debbie Wolowitz oppure no. Per cui i due amici uscirono salutando la padrona di casa, la quale ringraziò entrambi sinceramente per il loro aiuto. Appena chiuse la porta corse da Howard, per assicurarsi che non avesse esercitato su di lui qualche strana pratica indiana però rimase piacevolmente sorpresa: in effetti stava meglio.
 
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Il giorno seguente Howard non aveva più la febbre, sebbene fosse ugualmente debilitato nel corpo e non riusciva ad alzarsi dal letto. Qualsiasi diavoleria avesse combinato Koothrappali, aveva funzionato e Bernadette era sollevata e felice. Quella mattina gli portò la colazione a letto e gli mostrò uno dei suoi sorrisi più raggianti: “ Mi avevi spaventata, tesoro! Sono così felice che ti stia riprendendo.”
: “ Mi dispiace, Bernie. – Le disse ricambiando il sorriso, immaginandosi la sua tenera preoccupazione e toccandole un braccio – Ti prometto che non accadrà più.”
: “ Non ti chiedo questo! Sei esploso proprio perché avevi trattenuto troppo. Vorrei il contrario: non temere di mostrarti fragile davanti a me. Sai che ti amerei di più se avessi bisogno di me. Non devi mostrarmi che sei forte: lo sei già.” Lo guardava negli occhi, unendo il proprio mare con il suo per abbassare gli ultimi flutti che potevano agitarsi ancora sulle rive del cuore di Howard. Lui si sentì come una quieta alba sulla spiaggia e le promise che si sarebbe fatto meno scrupoli.
: “ A proposito! Sai, mentre stavo male ieri ho fatto un sogno strano tra tutti quelli che ho fatto, perché era molto realistico!”
: “ Di che si tratta, caro?”  Gli domandò, sdraiandosi accanto a lui.
: “ Ho sognato che mia madre mi parlava.”
: “ Parlava?”
: “ A quanto pare in Cielo è proibito gridare, così ha detto. È stata molto materna, più di quanto non fosse stata in vita. Mi ha rincuorato e ne ero lieto. Sentivo così nitida la sua voce che non capisco se è stata una allucinazione o è stato reale. Così oltre che esser stato nello spazio… son stato in un’altra dimensione! Quella ultraterrena!” Facendo quella battuta sullo spazio Bernadette comprese che il marito era definitivamente guarito e stava tornando il solito giocherellone di sempre.
: “ Qualsiasi cosa sia, ti ha aiutato. E penso che sia questo l’importante.” Concluse lei, dandogli un bacio affettuoso e delicato sulle labbra. Non volle svelargli che era stato Raj, per mantenerlo in quella bella pace. Appena si staccarono egli fece un profondo respiro come per allontanare il pensiero dei suoi dolori passati. Da quando aveva udito sua madre in quella specie di sogno aveva trovato tutte le ragioni che gli servivano per andare avanti e non disperarsi più. Si stava allontanando con consapevolezza dal dolore: sapeva che quelle cicatrici sarebbero rimaste per sempre però la sua pelle di sarebbe rafforzata e avrebbe protetto i punti deboli, impedendo a chicchessia di toccarli.
Quel tardo pomeriggio il campanello dei Wolowitz suonò rapido e acuto.
: “ Ciao Bernadette! Come sta Howard oggi?” Domandò Leonard quando fu fatto accomodare insieme a chi stava con lui.
: “ Molto meglio, davvero! Raj è stato fantastico! – Poi volse il suo sguardo verso il ragazzo alto e magro – Sheldon, vedo che si sei anche tu!”
Cooper era contrariato e non lo nascondeva: “ Leonard mi ha costretto a venire. Spero che sul serio sia guarito miracolosamente nella notte. Non solo come amico, ma anche come seguace della sanità.”
: “ Sono certa che ad Howie farà piacere rivederti.”
: “ Se è sveglio, Sheldon vorrebbe vederlo per augurargli una pronta guarigione. Non è vero, Sheldon?” E sottolineò quel motto con una non velata minaccia, ben nota al fisico, il quale replicò rassegnato che era impaziente di vedere il febbricitante ingegnere in preda a un delirio. Bernadette gli indicò la stanza che anch’egli conosceva, sorridendo.
: “ Knock Knock Knock Howard? Knock Knock Knock Howard? Knock Knock Knock Howard?” Il rituale della bussata era sempre rispettato.
: “ Vieni pure, Sheldon!” Gli disse la voce di Howard.
: “ Oh, mi riconosci! Notevole per un delirante.” Ammise con la sua ingenuità tagliente entrando nella stanza.
: “ Sto bene, non sono contagioso né malato. Sono in convalescenza.”
: “ Potenzialmente contagioso, quindi.”
: “ Come mai sei qui?” Gli chiese a bruciapelo per cambiare argomento, avendo capito che si stava per incaponire sulle sue condizioni di salute.
: “ Leonard mi ha fatto notare che ieri sono stato scortese nei tuoi confronti a scappare agitando le braccia al cielo gridando ‘al contagio!’ Per cui sono qui perché minacciato dal mio coinquilino a chiederti scusa, augurandoti di tornare presto a camminare con le tue gambe.”
: “ Non dovevi disturbarti! Non ero in me per cui non mi sono nemmeno accorto.”
: “ È quello che dissi anche a Leonard! Dovresti dirglielo pure tu così la smette di importunarmi!”
: “ Lo farò.”
Passò qualche secondo di silenzio, Sheldon rimase serio e una nuova luce brillò nel suo sguardo: “ Voglio dirti una cosa.”
Howard sospirò forte, non molto propenso ad ascoltare qualche sproloquio insensato però portò pazienza e lo invitò a parlare.
: “ Capisco quello che stai provando.”
: “ Ah sì? Capisci cosa significa essere abbandonati per la seconda volta da tuo padre, essere stato assente alla morte di tua madre e vivere nel senso di colpa?” Gli domandò sarcastico, intendendo il contrario, ma ovviamente Sheldon non lo colse: non riusciva a comprendere l’ironia.
: “ No. Mio padre è morto quando avevo quattordici anni, quindi mi ha abbandonato una volta sola. E mia madre è ancora viva, per quanto cerchi di avvicinarsi a una fantomatica sfera ultraterrena. Che sciocchina la mia mamma. – Disse con un sorriso tra il serio e il faceto – Credere che esista una entità denominata ‘Dio’ che risolve tutti i problemi…  a questo punto dobbiamo far tornare in auge la Fatina di Cenerentola o il Topino dei Denti.”
L’ingegnere lo guardò spazientito e allora il fisico teorico riprese il concetto principale: “ Il punto è che come ci sente ad essere abbandonati a sé stessi senza avere nessuna guida.”
: “ Davvero?”
: “ Certo! A me capita molto spesso! Mi capitò quando cambiarono l’ordine delle pietanze al Cheesecake Factory, quando Amy distrusse ‘Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta”… ricordo tutte quelle volte che successe! E come potrei? È una cosa irritante.”
: “ Grazie della comprensione.”
: “ Devi semplicemente superarlo e razionalizzare la situazione. – Proferì Sheldo – Chi ti ha cercato? Chi ti ha pregato di avere un colloquio? Secondo la testimonianza di  Bernadette non sei stato tu. Chi ha fatto la figura dell’inaffidabile e del perdente non presentandosi? Sempre secondo la testimonianza di Bernadette non sei stato tu. Per cui, tirando le somme, tuo padre dovrebbe avere un collasso, non tu. Per cui non devi sentirti così, non hai alcuna colpa. Fino ad oggi te la sei cavata senza di lui: non ne avevi bisogno e non ne avrai bisogno in futuro.”
: “ Lo pensi veramente?” Si commosse Wolowitz.
: “ Sì, veramente. Non è colpa tua se sei nato da due genitori come quelli. Il tuo semplice master in Ingegneria lo conferma.”
Quella battuta spietata sul suo titolo di studio era scontata e come sempre riuscì a smontare la spontaneità e la gentilezza di quelle parole, che l’amico pronunciava con sorprendente rarità.
Howard non seppe arrabbiarsi e sorrise: “ Ti ringrazio Sheldon, sei un buon amico.”
: “ Di niente. – Calò nuovamente il silenzio e il giovane fisico, ritto in piedi, cominciò a provare un certo disagio – Posso andare adesso?”
: “ Certo!”
: “ Bene! – Sospirò –  Spero che Leonard sia soddisfatto. È stato più difficile fare questo discorso che scrivere la mia prima tesi di laurea.”
I due si congedarono, promettendo di rivedersi il giorno dopo nell’appartamento con Leonard e Raj per una classica partita a Dungeons and Dragons, come i vecchi tempi… ossia la settimana prima. Howard promise e Sheldon chiuse la porta.
Rimasto solo, il ragazzo non poté non riflettere sulle parole pronunciate da quello strambo di Cooper, che curiosamente aveva trovato gli argomenti giusti per portarlo a raffreddare il suo spirito ed usare la sua logica scientifica.
: “ Mi dispiace quasi ammetterlo, ma Sheldon è un genio.” Si disse fra sé e sé, giungendo alla conclusione che era tutto vero e che non aveva responsabilità in quel frangente. Verso sua madre ne avrebbe sempre provato, ma verso suo padre mai più perché era un indegno. Da quel momento, ultimò, era definitivamente orfano e avrebbe ricominciato una nuova vita con Bernadette e le persone che gli volevano bene davvero.
Per sancire quell’inizio, s’alzò in piedi.
 

 
Ciao a tutti!! Scusate se mi sono fatta attendere ma sono un po’ incasinata e non ho avuto molto tempo per concludere questo capitolo! Spero vi piaccia e che l’attesa non sia stata vana! A presto!! : ) Baci !! <3
 

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