La Dame en Noir

di Artemisia246
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno. ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro. ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno. ***


Saaalve a tutti, sono Artemisia246.
Non scrivo da molto per cui potrei essere arrugginita.
La storia narrerà principalmente di Trafalgar Law e della sua ciurma,
anche se andando avanti appariranno alcuni personaggi.
Questa Fan Fiction sarebbe gemellata con un altra che sto attualmente
scrivendo, per cui mi farebbe piacere se i futuri lettori, otre a leggere questa,
leggessero anche l'altra, e possibilmente lasciarmi una recensione 
sia qui che nell'altra.
È ambientata PRIMA dell'arrivo alle SABAODY, anche se Jean Bart
c'è già, spiegherò poi.
Ho detto tutto, quindi vi lascio alla storia...




 
 
Arrivo sull'Isola di Han'ei

 

Il giovane macchinista dei Pirati Heart stava sudando freddo e pregando in tutte le lingue a lui conosciute e sconosciute di riuscire a salvarsi.
Il suo Capitano, Trafagar Law, era in piedi davanti a lui, senza ghigno sulla faccia.
Male, molto male.
Nel sottomarino vigeva una regola, semplice e chiara : mai far sparire il ghigno dalla faccia del Capitano.
Poteva sembrare una regola stupida, ma lì era una specie di comandamento di Dio.
Non che quando il Capitano sorridesse le cose andassero sempre a loro vantaggio, ma c’era una buona probabilità che i danni più grossi li avrebbero ricevuti solo i nemici.
Quando invece il Capitano non sorrideva, allora sarebbero finiti nei cazzi sia loro che i nemici, e, strano ma vero, ad alcuni gli organi interni erano ancora necessari.
-Allora, spiegati meglio, Nick- il Capitano aveva pronunciato quella frase con tono scocciato.
Se possibile, Nick sbiancò ancora di più.
-E-ec-co… v-vede… per fu-fuggire dalle n-navi de-della marina… n-noi…- il giovane aveva provato a voltare lo sguardo verso i macchinari, ma non era servito dato che sentiva il freddo sguardo del capitano su di lui.
Trafalgar, intanto, osservava il macchinista. Era un ragazzo giovane, piuttosto basso per la sua età e con una zazzera di capelli biondicci in testa. Ciò che Law detestava veramente era la sua eccessiva timidezza.
Aveva paura a parlare con tutti, qualsiasi conversazione era costituita principalmente di monosillabi o balbettii.
Nonostante ciò, se la cavava egregiamente con la pistola ed era un mago ai motori.
Aveva avuto l’occasione di vederlo al lavoro da solo e aveva appurato le sue teorie, ovvero che da solo era forte, sicuro di sé e deciso. In quel momento poteva addirittura riuscire a rispondere al Capitano, non ne sarebbe uscito vivo ma avrebbe avuto il coraggio di farlo. In mezzo ad altre persone diventava una pecorella smarrita.
Ci furono attimi di silenzio dopo la “quasi frase” del macchinista.
-Praticamente per fuggire dalla marina abbiamo finito il carburante- era stato Louis a parlare.
Louis superava di venti centimetri buoni Nick per altezza ed era molto più muscoloso. Con la pelle scura e gli occhi chiari, era il secondo macchinista degli Heart e, a differenza di Nick, non aveva problemi a parlare in modo sicuro e deciso al capitano.
-Uhm uhm- Law annuì – quanto carburante ci resta?-
-Direi che abbiamo il tempo di arrivare in un’isola ma poi lì dovremmo fermarci a fare carburante- Louis fissò il Capitano
-Prima ho parlato con Jean Bart, ha detto che l’isola più vicina si chiama Han’ei- lo informò Law
-Sì, lo so, con il carburante che abbiamo potremmo essere lì in un giorno stando immersi sia giorno che notte, tre solo notte-
Il Capitano annuì.
-Bene, restiamo in immersione- optò per la via più veloce. Dopotutto era una Supernova ricercata, voleva avere al più presto il sottomarino in funzione nel caso di un’altra fuga dalla marina.
Non che gli potessero causare problemi, ma era sempre meglio avere un piano secondario.
Non appena se ne fu andato, Nick tirò un sospiro di sollievo ma Louis lo fulminò con lo sguardo.
-B-beh… ch-che c’è?- balbettò.
-Sei il fottutissimo primo macchinista! Non ti dovrebbe spaventare parlare con il capitano di qualcosa riguardante i motori!- sbottò.
-S-saresti spaventato a-a-anche tu se ti fissasse con quello sguardo- Louis scosse la testa e si voltò a mettere a posto una valvola.
-Devi tirare fuori le palle!- vedendo che Nick non diceva niente, Louis continuò –senza di te noi non ci muoveremmo di un nodo! Sei fondamentale!-
Nick arrossì e borbottò un : -Ci proverò-
Si rimisero a lavoro senza più accennare all’argomento.
Il Capitano riacquistò il suo ghigno e si diresse con passo moderato verso il suo studio. Oltrepassò i corridoi di colore giallo spento, alternati qua e là solo da alcune finestre delle varie cabine, dal soffitto pendevano delle luci al neon.
Law percorse quei corridoi in assoluta pace, e soprattutto silenzio. Assaporò quel momento, e si lasciò trasportare. A dispetto di ciò che si pensa, la pace e tranquillità nel sottomarino erano delle qualità che ben pochi possedevano e utilizzavano.
-Ehi capitano!- Shachi gli si parò davanti, compromettendo il suo idilliaco piacere.
Law, tuttavia, non perse il sorriso e concesse attenzione al suo subordinato.
-Allora, cosa ha detto Nick?-
-Che a causa della mancanza di carburante dobbiamo fermarci nella prossima isola vicina. Vai a confermare a Jean Bart la rotta- ordinò. Shachi annuì e fece per andarsene ma Law riprese –Bepo in questo momento sta facendo l’inventario delle attrezzature mediche e dei medicinali, Penguin invece delle scorte alimentari, tu farai quello del materiale per la riparazione del sottomarino. Quando avete finito, insieme fate una lista delle cose che mancano, consultatevi con Nick e Paul, poi portate tutto nel mio studio-
Shachi annuì e si diresse nella sala di navigazione.
Law intanto era entrato nel suo studio e seduto alla scrivania pensava ad Han’ei.
Non gli andava a genio andare in quell’isola, principalmente perché lì c’era stanziato il Vice-Ammiraglio Budo, il “dio dei calci e pugni”.
Tsk, che soprannome ridicolo, pensò, si dice che sia un genio delle arti marziali e che si sia guadagnato il suo posto picchiando qualunque pirata gli si parasse davanti… fufufufufu... beh una lotta contro di lui sarebbe comunque interessante…
Dopo quella considerazione riprese il lavoro interrotto prima di andare nella sala motori.
***
Come previsto da Jean Bart, il giorno dopo arrivarono all’isola di Han’ei.
Il moro Capitano uscì dalla nave, socchiudendo appena gli occhi a causa della luce solare che aveva fatto una irruenta entrata nel suo campo visivo.
Law si prese il tempo di osservare bene il porto. Era una città semplice e spoglia. Dava quasi l’idea dell’abbandono o comunque di una povertà disarmante. Il porto era composto da pochi moli per attraccare, quattro o cinque in totale, costituiti da assi di legno che avevano visto giorni migliori e che a ogni passo scricchiolavano. C’erano solo quattro abitazioni, divise da una strada che conduceva al centro del paese.
Di fianco a loro si trovava un peschereccio grigio con delle macchie di unto sul retro, mentre un pescatore piuttosto mingherlino gettava acqua sul ponte tentando, inutilmente, di scacciare via l’odore di pesce andato a male. Tentativo inutile dato che l’afa e l’umidità del posto contribuivano a dare alla città quell’odore.
Un barbone faceva capolino dall’angolo della strada con una bottiglia in mano mentre uno svogliato commerciante si stava quasi addormentando al banco dove vendeva le esche.
I suoi uomini scesero dal sottomarino sospirando e commentando ad alta voce che dopo ben tre settimane in mare la prima isola su cui mettevano piede era così orribile.
Una rapida occhiata bloccò tutte le frasi e le future lamentele.
Il Capitano distribuì i compiti da svolgere : lui sarebbe andato da solo nella libreria della città, ammesso che ne avesse una, per cercare un nuovo libro di medicina e successivamente a comprare le medicine, ammesso che la “città” avesse una farmacia, Nick e Louis, dato che volevano controllare che i motori non avessero riportato eventuali problemi (tutti concordavano sul rimanere il meno possibile sull’isola, per cui era meglio controllarli), affidarono a Shachi, Bepo e Penguin la missione di trovare un negozio che vendesse del carburante e un’altra lista di oggetti da comprare per la corretta funzionalità del sottomarino, Jean Bart invece sarebbe andato a fare scorta di cibo (era l’unico di tutta la ciurma che non si sarebbe mai sognato di comprare qualcosa al di fuori di ciò che c’era scritto solo per una semplice golosità) mentre gli altri sarebbero andati dove volevano.
***
-Uffa! Che palle! Fosse almeno una città carina!- Shachi si lamentava pesantemente, con le mani incrociate dietro la testa mentre camminava per le vie sporche della città.
-E smettila di lamentarti! È da mezz’ora che camminiamo alla ricerca di quel negozio, almeno stessi zitto- anche Penguin era irritato, insomma quell’isola a conti fatti faceva davvero schifo.
C’erano pochissimi negozi, quasi tutti vendevano attrezzi per la pesca ed erano sudici e malconci.
C’erano dei bar, ma la maggior parte era riversa in condizioni ancora più pietose dei negozi.
Ma soprattutto non c’era nemmeno l’ombra di una ragazza carina!
E che cazzo, dopo tre settimane senza toccare terra, a stare rinchiusi in un sottomarino claustrofobico con altri dodici uomini, un orso e un capitano pseudo- folle, chiunque avrebbe voluto avere delle morbide e delicate curve femminili con cui distrarsi, no?
Fu quest’ultimo dettaglio che fece presente con gli altri.
-Ci fossero almeno delle belle ragazze- mentre lo diceva passò davanti a una donna, il cui viso esprimeva un’età avanzata, mentre i vestiti corti e attillati esprimevano la volontà di restare giovane. Stava fumando una sigaretta, Penguin le lanciò un occhiata e lei rispose con un sorriso languido, leccandosi sensualmente le labbra e mostrando i denti cariati.
Penguin rabbrividì teatralmente, cercando di scacciare quel sorriso dalla sua testa.
-Già- un triste e depresso Shachi espresse il suo parere, totalmente d’accordo con l’amico.
-Ci fossero almeno orse femmine…- Bepo si unì a loro, abbassando la testa sconsolato.
-NON CI SONO ORSE FEMMINE SU QUEST’ISOLA!- lo ripresero i due.
-Scusate- con tono sconsolato e affaticato il povero Bepo si scusò.
-NON SCUSARTI PER QUALSIASI COSA!-
-Comunque,- e qui Shachi ritornò serio –c’è qualcosa di strano in questa città- con gli occhi iniziò ad analizzare le case che man mano stavano superando.
-Già, è strano che una città comandata da un Vice-ammiraglio sia così povera- Penguin gli diede man forte.
-La calura poi è insopportabile- il povero Bepo intanto, cercava, con tutte le sue forze, di non crollare a terra dal caldo. Essendo un orso polare faticava a restare concentrato con una calura così. Shachi, dopo aver dato un’occhiata all’amico, propose di fermarsi nel primo bar messo non troppo male dell’isola, sia per far refrigerare Bepo, sia per chiedere informazioni.
L’occasione si presentò non appena svoltarono l’angolo.
Il bar “Della Luna Piena” sembrava messo bene, secondo lo stato dell’isola. La porta non era del tutto scardinata, le finestre erano incredibilmente sporche ma intere, e dalle pareti esterne erano ancora presenti pezzi di carta, evidentemente i vari avvisi dovevano essere stati staccati di recente.
-Entriamo qui- affermò Bepo. Penguin e Shachi si accodarono.
L'interno del bar era effettivamente peggiore dell'esterno.  Il locale era composto essenzialmente da una enorme stanza circolare, un bancone dove un uomo di corporatura abbastanza robusta stava lucidando un bicchiere era lungo fino alla fine della parete, alcuni gradini appartenenti a una rampa di scale facevano capolino alla fine di esso. I Pirati del Cuore non faticarono a immaginare che genere di “affari” si gestissero alla fine di quei gradini.
Lungo l’unica parete della stanza erano appesi vari avvisi di taglia ma solo due finestre lerce ad illuminarla.
I tavoli erano pochi e disposti a grande distanza tra loro, tuttavia ogni tavolo poteva vantare dai due ai tre clienti seduti.
Sono tutti abitanti del luogo, constatò Bepo. Tutti avevano, chi più o chi meno, abiti lerci e consunti, tra le dita inzaccherate reggevano dei bicchieri colmi di liquore. La cosa, però, che li accumunava veramente, non erano né gli abiti consunti né il luogo, erano gli occhi.
Tutti avevano lo stesso tipo di sguardo, lo stesso tipo di espressione in viso.
I loro occhi sembravano dire tutti la medesima cosa: andatevene.
Ed erano pieni di odio, un odio puro, un odio antico come il mondo.
-Ehm… mi scusi, ma non è che potrebbe dirci dove si trova un buon negozio di carburante?- domandò, affabile, Penguin. Avevano deciso, sotto ordine di Bepo, appena prima di aprire la porta, di comportarsi gentilmente e d evitare di scatenare inutili risse che avrebbero compromesso la loro permanenza. Dopo tutto, come li aveva informati precedentemente il capitano, su quell’isola c’era la base di un vice-ammiraglio della marina. Era già tanto che fossero sbarcati senza problemi, figurarsi se Trafalgar Law aveva voglia di combattere contro di lui, sapendo che sarebbe stato solo uno spreco di energie e di tempo dal risultato scontato.
Il barista assottigliò gli occhi e sembrava che l’odio all’interno della stanza fosse aumentato. Poi lanciò un occhiataccia ai pirati.
-Sparite- bofonchiò, abbassando la testa e pulendo di più il bicchiere.
Bepo lo fissò stranito, Shachi e Penguin si scambiarono un’occhiata.
-Ci scusi, ma noi vorremmo solo sapere dove si trova il negozio- ripete Shachi, sorridendo.
Questa volta tutta l’attenzione di tutti i clienti si riversò su di loro.
-Ho detto “sparite”- scandì bene le sillabe e si girò completamente verso di loro.
Si sentì un crack e il suono di mille voci che parlavano una sull’altra.
-Non l’avete sentito? Ha detto che dovete andarvene!-
-Andatevene, sporchi pirati!-
-Lurida feccia, fuori di qui!-
Tutti i clienti si erano come ripresi dal torpore che aleggiava prima e li aggredivano.
I ragazzi, d’altro canto, tentavano solo di parlare e di chiedere in giro del negozio, evitando di dire parole che potessero mettere altra benzina sul fuoco.
La vera rissa iniziò quando un cliente, vedendo che Bepo si era voltato per parlare con il barista, gli lanciò contro un bicchiere.
L’orso si mise una mano davanti al viso per proteggersi e così il vetro cadde a terra e si ruppe in mille pezzi.
Sia l’orso che i compagni si erano già messi in pose di combattimento, ma si ricordarono delle parole del capitano. Intanto oggetti volavano contro i poveri malcapitati, vetri, bottiglie, coltelli, perfino sedie, ma loro rimasero fermi e incassarono senza fare niente. Ordini del capitano.
-Scusate, scusate ma che ne dite di fermarvi un attimo? Dopo tutto non hanno fatto niente di male- a parlare fu una voce sconosciuta vicino alla porta.
Tutti si voltarono verso di lei e per un momento le ostilità cessarono.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Due. ***


Alour, Buonsalve e Buonasera.
Lo so, meriterei una visita da parte di Akainu solo perchè ho fatto
così tanto ritardo, ma ehy non era colpa mia.
O almeno non tutta...
Vedete prima il computer che non andava, poi il tablet dal quale
non riuscivo a scrivere bene e il "blocco dell'autore"...
Sì, un mucchio di cose, ma adesso tutto okay!
Proverò, ho detto proverò quindi sta volta siete avvertiti, ad aggiornare
con più regolarità. E dovrete attendere ancora qualche giorno per la ff gemellata.
Di cose particolari dentro al capitolo non ce ne sono molte,
devo ringraziare
Amahy che mi fa da beta (davvero un grazie enorme
quanto la stazza di Barbabianca) e sinceramente, se devo dir la verità, 
è la beta migliore che abbia mai avuto (sul serio pirati,
è fantastica).
L'unica cosa degna di nota è la comparsa di Mirajane, la mia protagonista
ma per sapere qualcosa in più su di lei dovrete aspettare il prossimo capitolo.
Ora vi lascio, ho già rotto fin troppo le palle.
Un ultimo
GRAZIE ad AMAHY, e adios.
Da Artemisia246 




 
VIANDANTE
 

Tutti si voltarono istantaneamente verso la voce.
La figura era avvolta in un mantello marrone sgualcito, rattoppato in più punti e con l’orlo rovinato. Gli arrivava fino ai piedi e il cappuccio copriva la parte superiore del viso, lasciando intravedere delle labbra non troppo carnose ed eleganti.
Dalla voce, poteva essere sia un uomo che una donna, i pirati Heart non erano riusciti a capirlo bene.
-Fermatevi, sono solo degli stranieri che hanno chiesto delle informazioni, non mi pare un buon motivo per attaccarli, no?- provò a convincere i clienti, usando una voce dolce. Tuttavia questa tattica non funzionò. Chiamatela prontezza di riflessi o semplice fortuna, ma riuscì a schivare un bicchiere lanciato al suo indirizzo, che si schiantò contro il muro producendo un fastidioso rumore acuto.
-Vattene via! Anche tu non dovresti stare qui!- gridò un vecchio di mezza età, col volto pieno di rughe e una giacca marrone rattoppata sul gomito.
-Ha ragione! Vattene!- gli diede man forte un ubriacone che si alzava a stento.
Iniziò una nuova pioggia di vetri rotti e bottiglie, lanciate contro i quattro malcapitati.
Gli Heart si destreggiavano tra i pezzi di vetro, mentre una valanga di insulti gridati da voci roche e consumate dall’alcool gli scivolavano addosso.
Anche il loro misterioso alleato riusciva a non farsi colpire dalle armi improvvisate eseguendo degli spostamenti degni di un ballerino, tuttavia Bepo notò,  grazie al suo occhio medico, che ogni tanto ondeggiava verso destra, come se in quei momenti non avesse l’equilibrio per ritornare nella posizione iniziale.
Magari si è ferito alla gamba, ipotizzò l’orso.
Decise di rimandare la questione a dopo essere usciti da quel bar di pazzi. Shachi sentì una leggera pressione al braccio e vide a pochi centimetri da sé un cappuccio marrone.
-Porta i tuoi amici fuori di qui, vi aiuterò io- la voce roca e l’apparizione improvvisa, gli fecero prendere un colpo. Ma annuì ed iniziò a cercare Penguin e Bepo per portarli fuori.
Si avvicinò al ragazzo con il pon-pon in testa, toccò il suo braccio e indicò la porta con un cenno, questi confermò e, facendo lo stesso con Bepo, uscirono finalmente da quella baracca infernale.
Il sole e l’afa si stagliarono sui loro corpi con ancora più forza di quanto non ne avessero fatto arrivati sull’isola. Tuttavia l’aria fresca era una benedizione per i loro poveri polmoni consumati dall’aria stantia del bar.
Penguin si portò le mani sulle ginocchia prendendo grandi boccate d’aria, subito imitato da Shachi e da Bepo. I tre sentirono distintamente le voci da dentro il locale farsi sempre meno intense, un fragore di sedie e un tavolo spostati fece intuire che i clienti si erano calmati. Rimasero in quella posizione per un altro paio di secondi, poi si misero eretti e si esaminarono le braccia per vedere se avevano dei tagli.
-Ma cosa diavolo è preso a quei tizi?- domandò il rosso. Penguin scosse la testa.
-Ah non lo so, dopotutto non abbiamo fatto niente- disse.
Bepo scrollò le spalle e si portò una zampa al viso per proteggersi dal sole.
-Non è colpa vostra- disse una voce chiaramente femminile alle loro spalle.
Con somma sorpresa si accorsero che la misteriosa figura non era un lui, ma una lei.
Sia Penguin che Shachi sgranarono gli occhi mentre scrutavano la loro misteriosa alleata.
Il viso allungato era di un leggero color ambra, dai tratti morbidi, su cui svettavano degli occhi nocciola e delle labbra rosee. Non sembrava avere trucco ma la luce del sole conferiva una brillantezza unica al viso, come se vi fossero incastonati tanti piccoli diamantini, effetto reso anche grazie al sudore per via della calura sotto al cappuccio, i capelli marroni le arrivavano alle spalle ma era difficile stabilirne la lunghezza  effettiva visto che erano in parte coperti dal mantello.
-State bene?- domandò confusa. Solo allora i pirati si resero conto di essere rimasti imbambolati ad esaminarle il viso, ma d’altronde lei era la prima ragazza carina che vedevano da più di tre settimane.
-Eh? Ah sì sì, non ti preoccupare- disse Penguin riprendendosi e facendo la figura dell’idiota. La ragazza piegò le labbra in un ghigno.
-Piacere di conoscerti, io sono…- iniziò Shachi ma non riuscì a finire la frase.
-Non qui- lo interruppe lei, guardandosi attorno con aria circospetta –Non è il luogo adatto per fare delle chiacchiere: tra non molto dovrebbe arrivare la Marina- spiegò lei.
Bepo si guardò attorno ma vide solo delle case lerce e sudice, anche se non faticò ad intuire che probabilmente la ragazza aveva ragione.
-Venite a casa mia, lì potremmo parlare tranquillamente- disse lei incamminandosi.
-Ehm, scusa… sei stata gentile ma noi dovremmo tornare alla nostra nave- disse cordialmente Penguin.
Lei sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
-Se prima nel bar avete chiesto dove si vende del carburante vuol dire che avete un mezzo a motore, tu hai detto “nave” quindi è una imbarcazione che può fungere anche da nave- spiegò con un tono scocciato fissandoli uno ad uno mentre loro si facevano sempre più ammutoliti –da ciò che hai detto, posso dedurre che possedete o un sottomarino o una imbarcazione simile in grado di navigare sopra e sotto l’acqua- stavolta ghignò come per sottolineare le sue affermazioni e per vedere se avevano da ribattere –potreste anche utilizzare la modalità “nave”, ammesso che l’abbiate,  ma non se volete fare delle fughe rapide. Io so qual è un discreto negozio che vende carburante anche a gente che non è del posto e posso dirvi dove si trova, ma non qui. Vi porterò a casa mia- concluse semplicemente, come se avesse appena dettato la lista della spesa invece di smascherare come si muovevano deducendolo da solo tre o quattro parole.
Dopotutto, avere un sottomarino era una cosa insolita per dei pirati, c’era delle gente che ci metteva una vita per capire come mai riuscissero ad andarsene sempre così di fretta o come riuscissero, quasi sempre, ad evitare le tempeste. La maggior parte si chiedeva se avevano un sottomarino o una nave, decidendo a priori che doveva per forza essere o una cosa o l’altra. Lei era l’unica che per il momento aveva preso in considerazione entrambe le opzioni.
-E tu ci daresti queste informazioni gratis?- disse Shachi volutamente retorico.
Okay, magari poteva averli anche aiutati nel bar e sì, aveva sicuramente ragione nel dire che la Marina sarebbe stata lì a breve, ma appunto per questo dovevano andarsene ed evitare di perdere tempo a parlare con una bella ragazza. Adocchiò velocemente la base militare che stava sopra una delle poche colline verdi presenti nel territorio. Vista dal porto e consultandone la cartina, sembrava che l’isola avesse una forma arroccata. La parte portuale dell’unica città presente era prevalentemente piana, tuttavia più ci si addentrava nel cuore più le strade si facevano in pendenza, fino ad arrivare ai piedi di una grande collina su cui troneggiava una base militare che sembrava dire, dall’alto, “ricordatevi sempre chi comanda”. Ai suoi lati si estendevano altre due pianure verdeggianti utilizzare per i raccolti mentre a sud dell’edificio si trovava un bosco.
-Sì che ve le darei gratis- rispose la ragazza alzando gli occhi al cielo.
-E perché?- domandò Bepo, sospettoso.
-Non sopporto come la gente di questo posto tratta i nuovi arrivati solo perché hanno chiesto delle informazioni- diede una occhiata di sbieco alla porta del bar. Penguin e Shachi si fissarono mentre il sole picchiava sempre più forte sopra le loro teste.
-Senti, sei stata carina prima e ti ringraziamo per questo, ma adesso dobbiamo proprio andare. Grazie e buona fortuna- si mise meglio il giubbotto che aveva sulle spalle mentre Shachi annuiva alle parole dell’amico e Bepo si limitava a fissare la ragazza con i suoi grandi occhi da orso. I due umani si voltarono per incamminarsi verso la stradina che li avrebbe condotti al porto ma l’orso restava sempre immobile
Per tutta risposta la castana sbuffò sonoramente inclinando la testa all’indietro come se avesse a che fare con delle enormi scocciature.
-Da quella parte rischiate di incontrare i Marines che probabilmente stavano bazzicando nel porto ma comunque fate come volete, io volevo solo essere gentile- si rimise il cappuccio in testa e camminando si voltò dalla parte opposta alla loro.
-D’altronde non sono io quella che ha un sottomarino senza carburante e che rischia di incontrare un vice-ammiraglio, ma la scelta è vostra- questa frase detta con un tono estremamente malizioso, fece gelare sul posto i due pirati -che si ricordarono solo in quel momento del compito che gli aveva affidato il loro capitano, mentre la sconosciuta se ne andava.
-Aspetta, aspetta!- la richiamò Bepo e vedendo che si era fermata continuò, nel mentre i suoi compagni lo fissarono in maniera stupita –verremo a casa tua signorina e scusaci per il nostro comportamento- disse inclinando il capo.
Mentre Shachi e Penguin si lamentarono con l’orso per il suo carattere debole, si resero conto che quella era la soluzione migliore per evitare di perdere qualche organo o arto appena sarebbero tornati nel sottomarino.
La ragazza su voltò e con un sorriso a trentadue denti disse loro: -Bene, allora adesso copritevi al meglio che potete e seguitemi-
I pirati le furono velocemente accanto e in silenzio voltarono nella stradina subito alla loro sinistra. La strada era larga abbastanza per due persone, così Bepo affiancò la sconosciuta mentre passavano sotto a finestre con attaccati fiori secchi e persiane chiuse.
Secondi interminabili di silenzio, interrotti solo dal rumore delle porte chiuse lungo la via e dei loro passi nel cemento, si scagliarono sui pirati.
-Scusatemi per prima ma dovevo farvi prendere una decisione. Il mio nome è Mirajane, ma chiamatemi Mira- esordì Mira con un piccolo ghigno da gatto.
-No, scusaci tu ma ci eravamo fatti un po’ trasportare dall’atmosfera del bar, io sono Penguin- disse giovialmente il giovane dietro di lei.
-Io sono Shachi, è un piacere-
-Bepo, e scusaci ancora-
-Nulla, il piacere è tutto mio- rispose Mira.
Non accennò ad altro, non chiese se erano pirati o civili, se avessero intenzione di restare o se invece se ne sarebbero andati. Semplicemente si limitò a condurli lungo un labirinto di vie ciottolate.
Dopo una decina di minuti che camminavano, superando via via case lerce e negozi senza clienti, Penguin domandò a Mira quando sarebbero arrivati.
-Manca poco, ho una casa nella parte più periferica della città-
-Il più lontano possibile dalla Marina, eh?- chiese retoricamente Shachi con un sorriso.
-Esattamente- ghignò lei in risposta. I due dietro sorrisero e nella loro testa si formarono delle domande riguardo alla ragazza.
Chi era?
Da dove veniva?
Abitava su quest’isola oppure no?
Ovviamente queste domande se le faceva Penguin, Shachi era impegnato a scrutare la schiena di Mira nel tentativo di indovinare qualcosa riguardo al suo fisico.
Stabilì che doveva essere alta sul metro e ottantacinque, appena di cinque centimetri più bassa del loro capitano e che doveva avere sui vent’anni, più o meno. Non si accorse di star ragionando da più tempo del previsto fin quando lei non li avvertì che erano quasi arrivati.
Superata l’ennesima stradina, si trovarono di fronte a una distesa verde su cui svettava un vialetto grigio chiaro. Bepo capì che si trovavano  nella collina a destra della base della Marina, sufficientemente lontano a non ritrovarsi addosso i militari, abbastanza vicino per spiarli.
I pirati si presero del tempo per guardarsi attorno e notarono che da vicino le condizioni del palazzo erano persino migliori di ciò che si riusciva a vedere da lontano.
Tirando le somme, quello non era altro che un enorme castello bianco e azzurro, la cui entrata era un portone di legno massiccio posto alla fine di un elegante vialetto.
Era evidente e disgustoso il distacco tra la ricchezza militare e la povertà popolare, in quell’isola.
Finita l’esplorazione della base nemica, Bepo si concentrò su Mira.
Gli bastò una breve occhiata per stabilire che la leggera zoppicatura che presentava di tanto in tanto mentre camminavano era dovuta a un dolore alla gamba sinistra.
Mirajane, persa tra i suoi pensieri, venne riscossa dalla voce dell’orso.
-Ti fa male la gamba?-
-Uh? Ah si, è solo una vecchia ferita che ogni tanto torna a fare male, non preoccuparti- rispose sogghignando.
Una piccola costruzione bianca spuntò all’orizzonte e lei, felice dentro di sé, disse ai compagni che erano arrivati.
Si permisero di correre e arrivarono in fretta alla porta.
La casa, tuttavia, stupì i pirati.
Era una bassa casa bianca, probabilmente riverniciata, con il tetto piatto marrone. Aveva due finestre alle pareti. Non sembrava tanto grande ma era la casa più carina dell’isola; questo, in automatico, la rendeva la più appariscente.
Perché ha detto di voler stare il più lontano dalla Marina e poi viene a vivere qui? , si domandò Bepo. Comunicò la sua domanda con lo sguardo ai compagni, che risposero entrambi con facce confuse.
Cosa facciamo?, domandò il rosso con il labiale a Bepo.
Aspettiamo, rispose l’orso. Entrambi annuirono.
Si sentì un armeggiare di chiavi e ben presto la porta venne aperta.
Mira si mise accanto all’uscio e disse: -Entrate-, sotto forma di ordine o di minaccia, però, non si capì.
I pirati entrarono a disagio e Mira li seguì a ruota chiudendo la porta.
L’abitazione era più grande dentro rispetto che fuori, composta prevalentemente da una camera che fungeva sia da salotto che da cucina e da un piccolo corridoio che portava al bagno.
Alla loro sinistra, la cucina aveva un piano bar con tre sedie e le mensole e il lavello erano attaccati al muro, nella parete sinistra c’era una finestra da cui si intravedeva un po’ del paese, nella destra un piccolo muro che collegava il frigo al piano bar era l’unica forma di privacy che distingueva la cucina dal salotto.
Il “salotto” alla loro destra, composto da un divano rosso consunto e rattoppato in più punti, sopra la quale c’erano un cuscino e una coperta bianca, dava l’idea che la casa fosse stata priva di mobilio prima dell’attuale proprietaria.
Un tavolino coperto di libri e appunti era davanti al divano, al cui fianco spuntava una valigetta lunga quanto una ventiquattrore ma più grossa, dietro c’era una libreria vuota eccetto che per un unico scaffale su cui si trovavano una decina di quaderni riposti in maniera maniacale.
Oltre alla finestra alla destra del divano e all’attaccapanni vicino alla porta, la casa era spoglia.
Il che la faceva sembrare più grande di quando fosse in realtà.
Una casa dice molto del suo proprietario,e quella non era da meno. Attraverso quel poco mobilio, gli Heart inziarono a intuire che quella era una abitazione temporanea, la ragazza svolgeva un lavoro che necessitava di dover trascrivere tutto su carta, sapeva usare una pistola –una era sul tavolino- e il pugnale dalla consunta custodia sopra alla coperta indicava che quella era la sua arma preferita.
 A questo punto, Shachi, Bepo e Penguin non sapevano più cosa pensare.
-Volete qualcosa? Caffè, tè, acqua- propose Mira togliendosi il mantello e appoggiandolo all’attaccapanni.
-No, grazie mille comunque signorina- rispose Bepo, voltandosi verso di lei facendo alzare lievemente il cappotto. Per un attimo gli sembrò che Mira gli avesse lanciato una occhiata alla schiena, ma probabilmente si era sbagliato.
-Va bene, allora sedetevi prego- commentò alzando lievemente le spalle e passando vicino a Shachi, i capelli marroni erano lunghi fino quasi a metà schiena.
I suoi ospiti presero posto, a disagio, nelle sedie del bancone. Bepo in mezzo, Shachi vicino alla finestra e Penguin vicino al salotto.
Guardarono ovunque, dal soffitto marrone scuro al parquet rovinato, rimirarono i dettagli dell’abitazione più e più volte.
Tutto pur di non guardare lei.
Non sapevano come comportarsi in una situazione del genere.
Intanto, Mira armeggiò con una piccola caffettiera sul piano cottura, prendendo delle bustine di caffè da sopra le mensole. Li osservò con la punta dell’occhio, Bepo in particolare, e si avvicinò alla finestra spalancandola. Un leggero venticello proruppe dalla finestra. La castana spalancò il frigorifero, ne tirò fuori una bottiglia d’acqua, la aprì e ne bevve un sorso. Tirò fuori un bicchiere e una sacca bianca dal ripiano sotto di lei e una confezione di dodici cubetti di ghiaccio dal frigo. Versò l’acqua nel bicchiere, ci infilò dentro due cubetti di ghiaccio e gli altri dieci li mise nella sacca.
Si avvicinò all’orso e gli diede in mano la sacca ghiacciata e posò il bicchiere, facendo tintinnare il ghiaccio al suo interno, davanti a lui.
Fu in quel momento che Bepo si rese conto di essere stato l’unico tra i suoi compagni ad aver assistito alla preparazione.
-Grazie mille, signorina- disse gentile l’orso, bevendo l’acqua e godendosi il fresco scaturito dalla borsa del ghiaccio posata sopra la sua testa. Shachi e Penguin si voltarono stupiti verso di lui, osservando gli oggetti che aveva in mano.
-Tranquillo, tu sei un orso polare, no? Immagino che queste temperature non debbano essere il massimo per te- disse calma e impassibile, prima che un rumorino nella macchina della macchina del caffè le rivelasse che la bevanda amara era pronta.
I bucanieri la fissarono con nuova curiosità.
Mira continuò ad armeggiare brevemente con l’elettrodomestico e finalmente si voltò verso di loro. Con la tazza di caffè nella mano sinistra -il sole illuminò il bracciale che portava al polso- i glutei appoggiati al bancone, la gamba sinistra piegata e la destra stesa e appoggiando la mano destra  dietro di lei per darsi equilibrio, i ragazzi poterono finalmente vedere in maniera completa e totale il suo fisico illuminato dalla luce del sole.
In quel momento seppero di stare iniziando a sbavare, o almeno i due esseri umani.
Mira portava una maglietta aderente blu scuro a maniche corte, che le fasciava perfettamente il seno prosperoso. Il ventre era piatto, la vita sottile e delicata. Assieme alle gambe lunghe e toniche (Shachi si domandò se una ragazza poteva essere un metro e ottanta solo di gambe), le cosce magre, il sedere sodo –come appurato prima da Penguin- e i fianchi morbidi, Mirajane era una delle più belle ragazze che i due avessero mai visto.
Appoggiò le labbra alla tazza e chiuse gli occhi, gustandosi il caffè mentre sentiva gli sguardi dei due giovani uomini gravarle sul corpo.
Bepo si auto-rimproverò mentalmente per avere dei compagni così stupidi.
Stava già per iniziare a scusarsi per il loro comportamento e farli rinsavire con una manata, ma le parole della ragazza ebbero un effetto più immediato.
-Allora, ditemi, cosa ci fa Il Chirurgo della Morte su quest’isola?- domandò tranquillamente, a occhi chiusi, gustandosi il suo caffè. Gli ospiti di casa sbiancarono e si ammutolirono all’istante.
-Come?!- si strozzò Penguin, con faccia sconcertata, Bepo per poco non sputò l’acqua e Shachi si fece in avanti con il busto.
Come cazzo faceva a sapere che era sull’isola?!
Va bene che avevano un sottomarino giallo, ma avevano scelto un punto del porto un po’ appartato per attraccare e il capitano probabilmente era stato ancora più accorto di loro per evitare che chiunque lo riconoscesse. Era impossibile che qualcuno si fosse accorto di loro, in quel caso, quelli rimasti sul sottomarino dovevano avvisare via den-den mushi.
E nessuno aveva ancora chiamato.
-Che c’è, stupiti?- domandò curiosa, socchiudendo un occhio e abbassando la tazza.
-Come fai a saperlo?- chiese Shachi, con una punta di panico nella voce. La ragazza si prese tutto il tempo di bere un altro sorso. Il silenzio era opprimente.
-Avete il suo Jolly Joker nella schiena- rispose calma mentre loro si guardavano sconvolti, d’altronde non si erano mai tolti i vestiti da quando erano sull’isola.
-Come hai fatto a vedere i nostri vestiti?! Non ci togliamo i cappotti da quando siamo arrivati!- chiese, irritato, Penguin. Mira alzò le spalle, socchiudendo entrambi gli occhi.
-Quando prima siete entrati, dell’aria vi ha fatto alzare i cappotti e ho visto un pezzo del simbolo… un Jolly Joker così particolare non si dimentica facilmente- sorrise leggermente mentre loro si guardavano sconcertati –in più, l’orso ha una taglia sulla testa- concluse alzando le spalle e indicando Bepo con la tazza.
Penguin iniziò a collegare i puntini.
-Ecco come facevi a sapere che avevamo un sottomarino! Ci avevi già riconosciuto da Bepo!- esclamò, mentre Bepo sussurrava un –Scusate- e Shachi gli dava una pacca sulla spalla.
-No, per quello lì sono andata a intuizione- e bevve un altro sorso –c’erano delle dicerie, delle ipotesi sulla vostra nave, ma nulla di certo… io mi sono semplicemente basata sulle vostre parole- aprì gli occhi, abbassando la tazzina.
-Hai intenzione di denunciarci alla Marina?- domandò Penguin. Sia Shachi che Bepo allertarono i sensi. Lei rise leggermente.
-No- rispose, e prese un altro sorso, lasciando stupiti i pirati. Rimasero tutti in silenzio per un paio di istanti.
-Cosa sei tu? Un pirata, un Marine o una abitante del posto?- chiese Bepo, sapere che non aveva intenzione di smascherare la loro posizione alla Marina non era molto rassicurante se non sapevano chi fosse lei.
Mira alzò gli occhi al cielo, e con una smorfia alla bocca, si prese il tempo di pensare a come rispondere.
Ogni silenzioso secondo gravava sui suoi ospiti come se fossero di metallo.
Penguin aveva già la mano sulla pistola, contenuta nella tasca interna della divisa, Shachi sui suoi pugnali e Bepo si avvicinò al bordo della sedia, pronto a scattare.
La fissarono con occhi duri, ma lei non parve accorgersene. Anzi, fece passare ancora di più il tempo bevendo un sorso di caffè.
Loro erano al limite, stavano per attaccarla quando ciò che disse Mira li lasciò senza parole, ancora.
-Viandante- rispose bevendo un altro sorso di caffè.
-Viandante?- ripeté Penguin confuso, allentando la presa sulla sua pistola. Shachi e Bepo si guardarono confusi.
-Cosa intendi con “viandante”?- chiese Shachi, riponendo il coltello nel fodero. Mira alzò le spalle.
-Mi avete chiesto chi sono e io vi ho dato la mia risposta: viandante- iniziò enigmatica- La Marina definisce “pirati” quelle persone che, viaggiando per mare con una bandiera nera su cui sono dipinte un teschio con due ossa incrociate, danno fastidio ai “civili” che abitano nei villaggi e alle forze dell’ordine, giusto?- spiegò bevendo un altro sorso dalla tazza bianca- E definisce “civili” quelle persone che svolgono una ruotine -andando a lavoro la mattina, tornando a casa nel pomeriggio, prendendo uno stipendio, e stando con i figli la sera- e che sono rispettose della legge, dico bene?- domandò loro prendendo un ultimo sorso di caffè –Beh, io non sono nessuna di questi due tipi di persone, e di certo non faccio parte di quella banda di spocchiosi ipocriti dalle tute bianche che si credono chissà chi solo perché possono attaccare gli altri con la benedizione del Governo- spiegò, appoggiando la tazzina ormai vuota dietro di sé, e sostenendo il busto con entrambe le mani. I pirati aspettavano curiosi la fine del discorso –Per cui, cari i miei pirati, riponete le armi… se avessi voluto denunciarvi alla Marina l’avrei fatto non appena siete entrati nel bar, visto che non mi avete notato- concluse, fissandoli negli occhi uno ad uno.
Dal canto loro, gli Heart non poterono che rimanere stupiti dalle sue parole.
Si scambiarono uno sguardo incerto, ma Bepo li convinse, con una occhiata, a fidarsi della ragazza e a far cadere le armi.
Era pur sempre un animale, più civilizzato di molti uomini ma pur sempre un animale, e il suo sesto senso gli diceva che si potevano fidare.
-Fiù, meno male. Per un attimo ho temuto che volessi correre dalla Marina- disse Penguin, poggiando gli avambracci sul piano bar.
-Anche se l’avessi fatto, voi sareste comunque riusciti a filarvela giusto?-
-Nah, o almeno, avremmo anche potuto farlo ma poi saremmo rimasti bloccati in mezzo al mare per mancanza di carburante-
-E il nostro capitano avrebbe utilizzato il nostro sangue come carburante- l’esclamazione di Shachi strappò una risata a tutti.
-È così terribile?- chiese sogghignando Mira.
-Non è terribile, solo sadico- rispose Shachi intrecciando le dita.
-Fufufufu- Mira ghignò e rise bassamente –allora, avete bisogno di carburante?- domandò.
-Si, siamo rimasti a secco- disse Bepo.
-Non è una buona isola per fare acquisti, questa, sia che siate pirati o no- rispose la ragazza scuotendo la testa e incrociando le braccia al seno.
-Abbiamo notato, ma cosa è successo agli abitanti?- chiese Penguin.
-Avevamo letto che quest’isola era famosa per il commercio- aggiunse Bepo.
-Beh, sì lo era, un po’ di tempo fa. Circa quindici anni fa, l’isola di Han’ei era una delle isole più prospere del Grande Blu, con il commercio di pesce e di seta era una delle mete preferite di chi viaggiava per mare-
-Seta? Non abbiamo visto alcun tipo di negozio, venendo qui- disse Shachi. Mira scrollò le spalle.
-Sì, hanno smesso da circa sette anni: quando i costi di lavorazione diventarono molto più alti dei costi di vendita, il sindaco decise di smettere di lavorarla. La popolazione raggiunse il picco della povertà circa cinque anni fa- e indicò con il pollice sinistro la base della Marina dalla finestra.
-Quindi è colpa dei Marines se adesso la popolazione vive così male- dedusse Bepo.
-E poi sarebbero i pirati i cattivi- sbuffò Penguin incrociando le braccia.
Mira ghignò –La colpa è sia dei Marines che dei pirati… Vi spiego, all’inizio della Grande Era delle Pirateria, l’isola di Han’ei era prospera, molto prospera. La seta vendeva e il mare traboccava di pesci. Essendo necessario registrare il suo magnetismo per andare avanti in due rotte che governano le acque del Grande Blu era ovvio che dei pirati sarebbero venuti, quindi la gente pensava di arricchirsi utilizzandoli come fonte di guadagno. Funzionò, per un po’ di tempo. I pirati venivano, bevevano al bar, andavano nei bordelli, dormivano nelle locande ed erano amati dal popolo. Grande fonte di commercio- e qui scollò le spalle mentre Shachi, Penguin e Bepo la ascoltavano –Tuttavia capirono troppo tardi che non tutti i pirati venivano lì per spendere soldi… venne saccheggiata. Una, due, tre, tante volte che ormai non riuscivano più a rimettersi in piedi che subito arrivava una nuova ciurma a derubarli. Così gli abitanti iniziarono a chiudersi in se stessi, non fidandosi più di nessuno, né pirati né turisti. Ebbero anche l’idea di non riparare più le case dalle precedenti invasioni solo per far vedere a chi veniva che non c’era niente da rubare. Inizialmente il loro approccio non era male, sì certo, più andavano avanti con il tempo e più peggioravano, ma almeno i turisti che venivano lì solo per farsi un giro o perché stavano tornando a casa erano ancora beneaccetti, e sembravano esserci segni di ripresa. Come ho già detto, la loro poca fortuna, ma soprattutto il loro poco denaro, svanirono cinque anni fa, con l’arrivo del vice-ammiraglio Budo. ‘sto cretino era venuto fin qui perché aveva sentito le voci sulla grande ricchezza di quest’isola, si dice abbia fatto carte false, pur di arrivare fin qui. Ovviamente è rimasto deluso da ciò che ha visto ma non si è fatto scoraggiare, ha tassato duramente la popolazione e si è costruito una reggia- spiegò scuotendo la testa.
-Ah, ora capisco. La popolazione si è chiusa ancor più a riccio dopo che ha visto che tanto anche coloro che dovrebbero portare avanti la “giustizia” non erano altro che dei ladri, e quindi non molto diversi dai pirati- dedusse Shachi. Mira fece un piccolo applauso sarcastico.
-Ma tu non sei del posto, cosa ci fai qui?- disse invece Penguin. La castana scrollò le spalle, chiudendo gli occhi.
-Anche io, come voi, sono capitata qui perché si era rotta la mia nave, anzi diciamo che è proprio andata in pezzi, circa due settimane fa- spiegò.
-Perché allora non ne rubi un’altra?- Ma Mira scosse la testa, spiegando che, anche se avesse provato a rubare una nave, le uniche imbarcazioni che avrebbe trovato sarebbero stati dei pescherecci con poca capienza di carburante e che non avrebbe fatto in tempo a prendere il largo che subito i Marines le sarebbero stati alle calcagna.
-Ma scusa, anche la popolazione odia la Marina, perché mai dovrebbe rivelarle dove ti trovi?- disse Penguin confuso.
-Semplice, la popolazione odia sia la Marina che gli stranieri, per loro sarebbe una grande gioia se questi si azzuffassero e iniziassero a combattere- gesticolò a quelle parole, per enfatizzare il concetto –E poi, ho un conto in sospeso con il vice-ammiraglio-, l’ennesimo ghigno da gatta comparì sulle sue labbra.
-Però se la gente odia gli stranieri, come faremo a prendere il carburante senza trovarci la Marina addosso?- chiese Shachi, voltandosi verso i compagni.
-Bisogna ringraziare il Signore, che su quest’isola non tutti sono dei completi coglioni, per fortuna perche se no sarebbe preoccupante. Le uniche persone che accettano i nuovi che arrivano sull’isola, sono i lavoratori del negozio “Oil and Boat” di Fip Checkerman, sono bravi, discreti e puliti. Forse perché sono gli unici che hanno capito che nessun pirata distruggerà mai un negozio di rifornimenti per navi- rispose Mira, andando verso Bepo e prendendo il bicchiere vuoto e la borsa calda.
-Ah e un ultima cosa, sia voi che i vostri compagni dovreste evitare di andare in giro, o almeno se proprio devono farlo che lo facciano coperti bene- consigliò iniziando a pulire i piatti.
-Quasi tutti i nostri sono in giro per l’isola per fare rifornimenti- sussurrò Bepo.
-Ahah, allora buona fortuna a non farvi scoprire- rise sarcastica –finisco di pulire qui e poi vi faccio vedere dov’è-
-Va bene, grazie- disse Bepo.
Passò qualche secondo di silenzio, fin quando Mira non abbandonò i piatti e corse verso di loro, agguantando con una mano i lembi dei cappotti di Bepo e Shachi e con l’altra quello di Peguin. Li alzò sgarbatamente e li trascinò in salotto.
-Cosa stai facendo?- disse Shachi puntando i piedi imitato da Bepo e Penguin.
-Sta arrivando qualcuno- disse con voce atona –e chiunque egli sia non va bene-
-Ma allora andiamo in bagno no?- propose Penguin.
-No, il bagno è fin troppo ovvio, andrete in cantina- disse spostando il tavolino.
-Ma non è ovvio anche quello?-
-No, se la gente non sa che esiste una cantina- ghignò Mira .
Fu un flash, ma Bepo vide, per un secondo soltanto, il volto del capitano invece di quello di Mira.
Stesso ghigno provocante, stessi occhi sadici, stessa vena di follia.
Volendo, Mirajane poteva essere pericolosa e loro lo avevano capito troppo tardi.
Aprì una botola quasi invisibile da sotto al tavolino, grande quanto un uomo robusto e con una scala che pendeva verso il vuoto.
-Forza entrate, ci sono pochi pioli e poi dovreste atterrare, poggiando i piedi su un terreno fangoso- spiegò mentre lentamente scendevano, Bepo in testa, Penguin alla fine. Contarono ogni secondo speso sulla scala
Uno, due, tre, quattro, cinque –e qui Mira chiuse la botola con un tonfo secco-, sei, sette, otto, nove, dieci.
Bepo scese lentamente e si rese conto che il terreno era effettivamente della fanghiglia.
-Potete scendere, è tutto apposto- sussurrò ai suoi compagni. Il buio pesto non limitò le imprecazioni dovute a un errore nel calcolo della profondità di Penguin, sfortunatamente non c’era né una lampadina né una torcia, per cui dovettero accontentarsi di stare al buio e ascoltare cosa diceva Mira di sopra.
Sentirono Mira che masticava insulti a bassa voce e qualcuno che bussava. Senza volerlo, trattennero il fiato per non fare rumore. Dai passi, Mira stava andando ad aprire alla porta.
-Chi è?-
-La Marina Militare, signorina-

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre. ***


Buon Giorno, Buona Sera e Buona Notte,
sono felice di pubblicare il terzo capitolo di "Dame en Noir",
per chi segue "You cant' give up on famigly", il secondo capitolo è in produzione 
Ah un avvertimento,
NON È ASSOLUTAMENTE NECESSARIO LEGGERLE ENTRAMBE,
almeno per il momento ;), sono essenzialmente due storie indipendenti.
In questo capitolo si verranno a scoprire nuove cose su Mira, che spero vi piacciano,
Non ho nient'altro da dire, quindi vi lascio.
Buona lettura,
Artemisia246
.

 



 
UNA TAGLIA DA 90 MILIONI DI BERRY
 
La prima cosa che Mira si disse, non appena quei vecchi sacchi di carne ammuffita e alcolizzata ebbero iniziato a bersagliare quei tre poveri cristi, fu: devo aiutarli.
La sola cosa che l’aveva spinta a farlo era l’odio che provava verso quegli stronzi e verso i loro modi di trattare gli stranieri.
Il fatto che fossero pirati, beh, non le importava. Aveva riconosciuto l’orso al bar e intravisto un qualcosa di giallo al porto, prima che una vecchietta passasse di li vicino per andare a casa e non la costringesse ad andarsene. Aveva intuito chi fosse il capitano di quel particolare vascello e ne era rimasta stupita.
D’altronde cosa ci faceva un pezzo grosso come il Chirurgo della Morte su quell’isola?
Non sapeva cosa le era venuto in mentre quando li aveva portati con se, pensando che la motivazione che li avesse spinti fino lì fosse solo la mancanza di carburante, ma andava bene comunque, d’altronde, l’essere curiosa faceva parte della sua natura.
Non sapeva nemmeno cosa le era venuto in mente quando l’aveva detto, le parole le erano uscite così, senza volerlo e prima che se ne rendesse conto pienamente avevano già imboccato la strada di casa.
Sbuffando, appoggiò i gomiti sul bancone e si prese il ponte del naso tra le dita.
Bofonchiò un: -Idiota-, diretto a se stessa.
Perché sì,  era un’idiota.
Perché diavolo li stava aiutando così tanto?
Stava rischiando la sua copertura su quell’isola, maledizione!
Si passò un mano tra i capelli e, con un ringhio di frustrazione in gola, si issò completamente in piedi, ma in quel momento una fitta di dolore partì dalla gamba sinistra fino ad arrivare al cervello.
-Ma certo. Perché sei anche tu qui su quest’isola? Perche sei stata una cogliona- ricordò sarcasticamente a se stessa, con un piccolo ghigno sulle labbra. Aveva calcolato male i tempi, quella volta. Una piccola visione di una nave in fiamme e di lei con la gamba insanguinata le si parò nella mente ma non ci diede peso e pensò a cosa fare per uscire da quella situazione.
Chiuse gli occhi e si concentrò per sentire i passi dei Marines sul vialetto e per calcolare quanto tempo aveva prima che arrivassero. Nel silenzio totale della casa, ogni singolo rumore esterno sembrava amplificato e le rimbombava in testa.
Restò in attesa un altro paio di secondi, e infine sentì dei passi pesanti che si avvicinavano dall’inizio del vialetto. Dal rumore sembravano in due, e sarebbero arrivati alla porta in un minuto.
Così zoppicò velocemente verso il divano, prese lo zainetto verde che c’era dietro e lo aprì, mettendoci dentro tutte le carte che erano sul tavolino il più velocemente possibile. Dopo averci infilato tutto alla rinfusa, lo gettò con poca grazia dietro al divano e aprì la valigetta nera.
Quell’operazione le aveva portato via circa trenta secondi, ne aveva altri trenta per nascondere la pistola, il pugnale e la valigetta. Doveva decidere cosa nascondere e cosa no, non aveva tempo per tutto e quei tizi si sarebbero insospettiti se li avesse fatti aspettare sulla porta.
Optando per nascondere la pistola, al posto del pugnale, aprì la valigetta nera e, facendo spazio tra le banconote contenute al suo interno, ce la infilò. Poi girò il cuscino in mezzo del mobile, scoprendovi una cavità abbastanza grande per la valigia e ve la infilò.
Tanto questo divano è scomodo di suo, non noteranno la differenza tra quel cuscino gli altri, pensò Mirajane. Si mise in ascolto di nuovo, e calcolò che ai due mancavano dieci secondi per bussare alla porta.
Con il pugnale in mano, prese un gilet nero che aveva lanciato per terra due giorni fa e se lo mise, assicurandosi l’arma alla schiena.
Fu quando si alzò per notare se fosse ben nascosto, che bussarono alla porta.
-Chi è?- chiese, con una voce fintamente innocente.
-La Marina Militare, signorina- rispose una voce giovanile ma ferma da dietro la porta.
Minchia, che formalità. Chissà quanto si credono importanti, pensò sarcasticamente. Sfoderò il suo miglior ghigno e con gli occhi provocanti andò ad aprire alla porta.
I due soldati che le si presentarono davanti erano piuttosto giovani. Avranno avuto dai venti ai venticinque anni.
Quello alla sua destra era bassino, non le arrivava nemmeno al seno, tozzo e con pochi ciuffi rossicci sulla testa, teneva in mano il fucile come se si tenesse in mano una brioche e il suo sguardo cadde sul davanzale della ragazza. Lei gli sorrise, e lui arrossì.
Con un ben celata occhiata di disgusto passò a guardare l’altro.
A differenza del collega, lui era alto, quasi quando lei,  e magro –Mira ci avrebbe scommesso tutto ciò che aveva che anche una bambina sarebbe riuscita a batterlo a braccio di ferro- con i capelli biondi e delle lentiggini sulla faccia.
Almeno lui non tiene il fucile come si tiene un dolce, si disse Mira.
Sfoderò il suo miglior sorriso accattivante e si rivolse al più basso, stringendo un po’ le braccia per mettere in mostra il seno e chinandosi per mostrare meglio la scollatura.
Come previsto, il giovane non fece a meno di far vagare lo sguardo verso la prorompente scollatura.
-Perché la Marina è sulla mia porta?- chiese fingendo un sorriso genuino.
Ormai il poveretto aveva la faccia dello stesso colore dei suoi capelli.
-E-ecco, p-perché ab-abbiamo avuto un-una chiamata da-da parte del bar “Lu-na Piena”- balbettò rosso, ma poi tossì e riprese il controllo mostrandosi più sicuro di quanto non fosse –dei clienti ci hanno chiamato per dire che avevano avuto una rissa con delle persone, che probabilmente sono pirati, e che sono usciti prendendo la strada che porta fin qui- spiegò, dritto come un fuso.
-Oh, va bene. Posso sapere come vi chiamate?- si rivolse all’altro, sorridendo mentre si passava una mano tra i capelli.
-Io sono Shane e il mio collega si chiama Das- spiegò con tono fermo e lievemente arrabbiato il più alto.
Mira sorrise innocentemente e rilassò le braccia, facendo un breve passo verso Shane.
Il sorriso caldo della ragazza lo fece sciogliere un po’ e rilassò le spalle.
Mira fece un piccolo ghigno pericoloso ma loro non la notarono, troppo occupati a sbirciare dentro la casa. Aveva una gran voglia di buttarli in strada a calci in culo, ma si trattenne.
-Oh, ma che maleducata. Prego entrate- e si scostò, allungando il braccio sinistro per indicare la casa.
I due Marines entrarono con passo deciso, nonostante l’iniziale partenza e iniziarono a guardasi attorno, commentando a bassa voce l’arredamento.
Mira chiuse lentamente la porta, un ghigno maligno sulle labbra rosee.
I due sfortunati non si resero conto di essere chiusi nella casa del diavolo.
***
Intanto, i Pirati Heart si annoiavano.
Comprensibile, ma sfortunatamente inevitabile.
Stare in una caverna buia, a tre passi di distanza l’uno dall’altro e senza poter emettere rumori troppo forti per non farsi scoprire, non era una situazione divertente.
Ma dovevano ingoiare il rospo e stare zitti.
-Mira li ha fatti accomodare in casa- sussurrò Penguin.
-Wow, grazie per l’informazione, davvero molto utile- disse Shachi sarcastico.
-Beh, tu non fai altro che ripetere “che palle” da quando siamo scesi, almeno io vi tengo aggiornati- disse di rimando il pinguino.
-Se non volete che ci scoprano, dovete stare zitti- sussurrò Bepo, tentando di dargli due coppini ma senza successo.
I due bonfochiarono un po’, ma fecero di nuovo silenzio.
Non si preoccuparono per Mira, d’altronde, come avevano appurato poco prima di scendere lungo la scala, non era lei quella in pericolo, lassù.
***
Mira, chiuse la porta, e il ghigno scomparve. Poi tutta sorridente si voltò verso i poveri e ignari ospiti.
Nel mentre, Shane e Das si guardavano attorno, in cerca di quei famosi pirati per cui avevano avuto una segnalazione.
Sobbalzarono quando sentirono le mani di Mira posarsi entrambe sulle loro spalle e la sua testa spuntare tra le loro, principalmente perché non l’avevano nemmeno sentita camminare.
-Se proprio dovete, prego, cercate pure in tutta casa quei pirati. Io intanto metto su del caffè, ne volete?- propose con un sorriso.
-No grazie, siamo in servizio e non dovremmo…- iniziò a protestare Shane.
-Insisto- Mira disse quella parola con un tono tanto freddo quanto malizioso, al punto che i Marines non poterono fare a meno di obbedirle, anche se con riluttanza.
-Allora va bene, grazie- disse Das di rimando.
Shane intanto provava a convincersi che non aveva visto assolutamente uno scintillio passare tra gli occhi di Mira, quando aveva proposto il caffè. Nervoso, concentrò il suo sguardo sul divano.
-La casa è tutta qui, come potete vedere. Davanti a voi c’è il bagno e lì di fianco la cabina armadio con porta sul retro- spiegò gioiosamente la ragazza dall’angolo cottura.
-Non è che avete anche una cantina, signorina?- domandò Das
-Ahahahaha, vi prego chiamatemi Mira- rise la ragazza –e comunque no, non ho una cantina. Tutto ciò che ho è davanti ai vostri occhi- rispose.
-Okay, grazie, Mira- rispose Shane.
Das aprì la porta del bagno, un piccolo locare dalla forma rettangolare con una doccia, una finestra nella parete opposta alla porta, i servici igienici e un lavandino con sopra un vasetto di crema idratante.
Chiuse la porta e tornò in salotto mentre Shane controllava la cabina armadio.
Dopo pochi secondi entrambi si ritrovarono in salotto. Si scambiarono uno sguardo e scossero le spalle.
-Allora, trovati i vostri pirati?- domandò scherzosamente Mira.
-Mi dispiace, Mira. Ci deve essere stato uno sbaglio, perdona la nostra scortesia- disse Shana imbarazzato dirigendosi verso la cucina.
-Fa nulla, state tranquilli. Il caffè è quasi pronto, intanto sedetevi- e Shane e Das si sedettero sulle due sedie del bancone, mentre la terza era stata messa dalla parte opposta.
Iniziarono a mangiare i salatini che la ragazza aveva posto sul tavolo, mentre lei era voltata di spalle a prendere le tazze.
Si credono talmente tanto benvoluti da non pensare che qualcuno possa avvelenare il loro cibo, idioti, constatò Mira aspramente.
Per quanto le sarebbe piaciuto ucciderli seduta stante, ma non poteva perché rischiava che dopo venissero a cercarli e che poi trovassero lei.
Questi due non si tengono aggiornati, evidentemente, pensò Mira, altrimenti mi avrebbero attaccata appena entrati… bah, meglio così.
Tirò un sospiro di sollievo dentro di sé mentre puliva i piatti con cui aveva pranzato quel giorno, aspettando che la macchinetta decidesse di completare la preparazione del caffè.
-Allora, Mira, da quello che vedo, non abiti qui da molto- fu una constatazione quella di Shane  -pronunciata con un tono basso e insicuro: come se stesse tastando il terreno. Mentre Das espresse la sua continuando a masticare rumorosamente, con lo sguardo puntato sul fondoschiena di Mira.
-Sì infatti, mi sono appena trasferita- rispose lei cordialmente, con un piccolo sorriso sulle labbra. Il suo gioco era semplice da capire, per chiunque con un po’ di cervello.
Si trattava di usare la classica facciata da “ragazzina bene educata” per non destare sospetti, facilmente intuibile, ma dannatamente utile.
-Beh, spero che ti piaccia questa città. È molto tranquilla- le disse Das.
Sono tutti morti di fame, più tranquilla di così, pensò la ragazza.
-Già, ho notato… comunque pensavo fosse più prospera- pesò le parole, Mira, mentre posò il piatto di fianco al lavello –Avevo sentito dire che Han’ei era una delle isole più ricche del Grande Blu. Cosa le è successo?- chiese, osservando con la coda dell’occhio, senza che se ne accorgessero, i loro visi.
Come previsto, distolsero lo sguardo da lei e lo posarono su punti indefiniti della stanza, imbarazzati.
-Si beh, noi siamo qui da soli cinque anni… l’isola era già cosi prima che ci arrivassimo- iniziò Shane.
-E poi il vice-ammiraglio ha fatto così tanto per i cittadini ma loro non ne volevano sapere- intervenne Das, parlando velocemente.
Shane annuì, lievemente spaventato.
Mira osservò attentamente le loro espressioni e i loro modi di comportarsi: il viso rosso, le spalle curve e occhi e orecchie tese al massimo, come se avessero paura che Budo li sentisse parlare di lui dal quartier generale.
Hanno paura di lui, dedusse.
-Oh beh, ne sono sicura- li consolò lei. I due rimasero zitti per un po’, fin quando il rumore della caffettiera indicò che la miscela era pronta.
Mira prese due tazzine dal ripiano superiore, e iniziò a versarlo.
Quando completò entrambe le tazzine –senza che se ne accorsero, aggiunse alle miscele una piccola dose di polvere bianca-, Shane le fece una domanda che la ragazza avrebbe preferito evitare.
-Allora, la tua famiglia? Sei molto giovane per vivere da sola- le chiese, per spostare l’argomento.
E questa volta toccò a Mira rimanere in silenzio.
Abbassò impercettibilmente la testa, le labbra si contorsero in una linea dura e strinse fino a farsi diventare le nocche bianche il bordo della tazzina, che stava per mettere su un vassoio. Calò un pesante silenzio tra loro.
-Partiti- utilizzò un tono più duro del  previsto, e i due Marines sobbalzarono sulle sedie spaventati –Sono partiti per un viaggio da poco, volevano… prendersi una vacanza- concluse con un tono freddo e distaccato. Data l’intonazione forte e sicura, i soldati si fidarono.
Mira ringraziò il Signore di non essersi voltata, i suoi occhi –per la prima volta della giornata- erano lievemente malinconici ma più che altro furiosi: avrebbero insospettito i soldati.
Shane e Das pensarono che fosse solo un caso e non diedero importanza alla sua schiena, che si era irrigidita, i muscoli in rilievo sotto la stoffa aderente.
-Ah bene, hai fratelli o sorelle?- domandò innocentemente Das.
Questa volta le dita delle mani fecero incrinare il manico della tazzina, e le labbra divennero quasi invisibili. Si obbligò a riprendere il controllo, mentre dentro di se infuriava una rabbia cieca.
-Ho una sorella minore- rispose, lentamente e apaticamente –è andata in vacanza anche lei, è da un po’ che non la vedo- si voltò con le tazzine in mano e aggiunse, con un sorriso forzato –È partita poco prima dei miei, spero che stia bene-
Il sorriso fintamente gioioso di lei li tranquillizzò ampiamente.
Secondo le loro congetture, Mira era una normale e comune ragazza che doveva lavorare per mangiare mentre i genitori e la sorella erano in vacanza.
-Quindi immagino che i tuoi siano andati a fare una vacanza di piacere e anche tua sorella-
-Sì, i miei sono appena andati in pensione e pensavano di prendersi un attimo di pausa per girare un po’ mentre mia sorella è andata da alcuni amici dopo aver finito gli studi-  la bugia di Mira fu così convincente che i due, dopo che lei si fu seduta davanti di loro, le rivolsero ampi sorrisi.
-Sarai felice per loro, immagino-
-Non sai quanto- rispose Mira, una mezza verità, pronunciata in quel mare di bugie.
-Che lavoro fai?- le domandò Das.
-Oh, ehm- si prese tempo per trovare una scusa –Sono una disegnatrice- annuì soddisfatta -Disegno di tutto. Dai vestiti ai mobili, infatti ero venuta appunto su quest’isola perché era famosa per la seta e ne volevo trovare un po’ per i miei progetti-
Al momento, quella fu la scusa migliore che trovò.
-Interessante-
-Ma adesso parlatemi di voi, è da molto che siete distanziati qui?- Mira cambiò argomento, posandogli le tazzine davanti e incrociando le dita.
-Si, siamo qui sin da quando la Marina ha deciso di fondare una base- le rispose Shane, bevendo.
-È stato il vice-ammiraglio a sceglierci di persona- il tono orgoglioso di Das fece capire a Mira che, nonostante il pugno di ferro con cui governava la base, Budo suscitava comunque dell’ammirazione verso i suoi sottoposti.
-Ah davvero? Allora dovete essere proprio dei Marines valorosi- sorrise ampiamente la ragazza.
I due arrossirono ma annuirono comunque.
-E ditemi, com’è il vice-ammiraglio? Ho letto molte storie su di lui ma non sono mai riuscita a farmene una idea precisa- la curiosità prevalse sul suo animo.
Iniziamo.
-Il vice-ammiraglio è…- Shane pensò a quale aggettivo potesse descrivere meglio il loro capo, quando gli corse incontro Das.
-Rigido, severo, ci tiene molto alle regole e alle tradizioni  della base- completò Das. Shane annuì alle parole del compagno. Entrambi non capirono come mai le parole gli fossero uscite così di bocca, ma non ci diedero peso.
-Vuole che tutti noi facciamo dei turni di allenamento giornalieri per tenerci in forma e quasi mai ci fa seguire il programma delle altre basi-
-Ogni volta che riscuotiamo le tasse del popolo, ne prende sempre una piccola parte per sè-
-Già, la mette nel secondo caveau della base-
-Nel primo invece ci tiene le armi della base, che non ci fa usare perché sostiene che un vero Marines debba saper combattere a mani nude-
-Il vice-ammiraglio è un esperto di arti marziali, le conosce quasi tutte, dal karatè al ju jitsu, pensa, conosce addirittura qualche tecnica Rokushiki-
-Credo che sappia il Soru e il Ranyaku-
-Sìsì, ma non le padroneggia benissimo-
Ormai i Marines ne dicevano di cotte e crude sul loro superiore, da come volesse prendere il caffè alla mattina a come sosteneva fosse meglio utilizzare i pugni.
Mira sorrideva ampiamente a ogni loro informazione, ringraziando nella mente la stupidità dei Marines semplici e la genialità dei scienziati nei loro laboratori.
Il composto che aveva versato clandestinamente nei loro bicchieri ne era la prova.
Si trattava di una imitazione del famoso “siero della verità” che la Marina aveva sviluppato in uno dei suoi laboratori segreti, e che era riuscita misteriosamente a rubare.
Questo siero aveva delle enormi potenzialità: colui che lo ingeriva riusciva a confessare tutto ciò che l’interlocutore voleva sapere, presentandolo come una confessione spontanea e non sotto coercizione. Per esempio, se ad un ladro si voleva far confessare i suoi crimini, gli si dava questa polverina e gli si chiedeva una cosa collegata al suo lavoro ma non necessariamente diretta.
Tipo: “allora, le piacciono i gioielli?”, da qui il criminale avrebbe risposto alla domanda basandosi sulla sua esperienza, e di conseguenza avrebbe confessato i crimini senza che gli agenti lo pressassero.
Se avesse funzionato a dovere, a quest’ora la Marina avrebbe molti più seguaci tra il popolo… appunto, se.
Sfortunatamente, il siero cancellava la memoria dopo appena dieci minuti.
Si era scoperto, che, somministrando il siero a ei grossi boss del crimine organizzato, quello automaticamente cancellava le informazioni della memoria a lungo termine, facendo sì che le confessioni fossero attendibili solo per i primi dieci minuti.
Così la Marina smise di utilizzarlo almeno finché i loro piccoli geni non fossero riusciti a risolvere il problema.
Preso in piccole quantità, come quella che ho dato a loro, il siero dovrebbe cancellare solo i ricordi di questa conversazione e, spero, anche di tutta la vicenda a partire dalla chiamata di quegli ubriaconi del bar, pensò Mira.
Quando calcolò che ormai mancavano circa quattro minuti prima che facesse effetto, riprese le redini della conversazione.
-Allora, ditemi, in questi giorni succederà qualcosa alla base?- domandò.
-Beh sì, a dir la verità, tra poco meno di cinque giorni, il vice-ammiraglio festeggerà il suo compleanno- le rispose con sincerità Shane.
-Ma non ci ha voluto dire come, ha solo detto che sarà “bellissimo”- aggiunse Das.
-Sìsì,ha detto che chiederà anche ad altri suoi colleghi di venire qui!-
Mira sgranò gli occhi, colta da un improvviso e orribile presentimento.
-Verranno altri vice-ammiragli? Come Garp?!- domandò, quasi strozzandosi, mentre il panico la invase.
Un conto era affrontare Budo  da sola, un altro era ritrovarsi contro l’Eroe della Marina.
-No, il capo ci ha provato ma Garp non ha potuto accettare perché stava svolgendo una missione sotto ordine di Sengoku-
Mira sospirò e disse a voce bassa un: -Grazie a Dio-, poi li incitò a continuare il racconto.
-Comunque ci saranno anche altri suoi colleghi! Si riuniranno tutti nel salone principale, quello al primo piano, e anche tutti noi soldati della base militare siamo stati invitati a partecipare-
Quindi la sorveglianza sia esterne che interne saranno ridotte, pensò.
-Umh umh, bene, avrei una curiosità. Dove farete la festa?  Insomma, da quello che si vede all’esterno deve essere una specie di reggia e sono sicura che avrete molte stanze sfarzose- e rise scioccamente, fingendo una ingenuità non sua.
I Marines tentennarono un po’, e per un attimo Mira pensò che il siero avesse già avuto effetto, ma ghignò quando vide i due sorrisi ebeti che sfoggiarono i Marines.
-La festa la faremo nel salone principale, quello del piano terra, il vice-ammiraglio vuole che sia tutto perfetto-
-Già, anche perché il salone del secondo piano è troppo vicino al suo ufficio e lui teme che qualcuno ci possa entrare e rubare chissà cosa dai cassetti della scrivania-
-Ha detto che tiene qualcosa di importante nel secondo cassetto, ma non so cosa-
Quella frase, detta da Das con la sincerità di un bambino, fece fare a Mira un ghigno ancor più accattivante perché aveva ottenuto, finalmente, le informazioni che anelava dall’inizio della loro conversazione.
-Davvero? Beh, sono felice per lui- e guardò l’orologio teatralmente –Oh, ma come si è fatto tardi. Non per offendervi ma secondo me dovreste proprio andare, sapete, non vorrei mai che veniste punti per colpa mia- disse dolcemente e si alzò, imitata dagli altri due.
Shane e Das, durante il breve tragitto, si guardarono attorno spaesati, come se non fossero mai stati lì.
Fufufufufu, i dieci minuti sono già passati, dopotutto, pensò Mira mentre apriva la porta e loro facevano un passo oltre la soglia.
-Ah sì, dobbiamo proprio andare. Senti non è che potrei farti una domanda?- chiese Shane, inclinando la testa.
-Ma certo-
-Da quanto siamo qui, noi due?-
-Appena un paio di minuti- e sorrise mentre loro se ne andavano lungo la via, di certo erano confusi su cosa stessero facendo e dove fossero, ma in fondo, perché mai dubitare di una ragazza così carina e gentile?
Mira sorrise fin quando non furono scomparsi dalla curva del vialetto, poi chiuse la porta e ci si appoggiò con la schiena.
Meno male, pensò, sospirando.
***
Nella cantina, i tre pirati del Cuore avevano tirato un sospiro di sollievo.
-Finalmente è finita- disse Shachi.
-Ma quanto hanno parlato?- domandò Penguin.
-Per circa dieci minuti, credo- gli rispose il rosso, mentre l’orso lì con loro non faceva altro che respirare profondamente e pensare alle strane domande che la ragazza aveva fatto ai due soldati.
-Chissà perché ha rivolto a quei due tutte quelle strane domande- disse Bepo, dando voce ai suoi pensieri.
Gli altri due lo guardarono, capendo perfettamente cosa volesse dire l’orso ma senza una spiegazione plausibile.
Allora si fissarono tutti e tre negli occhi, e fecero una muta promessa.
Ne parliamo con il capitano, e tutti e tre annuirono.
-Potete uscire- disse la voce di Mira, aprendo la botola e facendo entrare uno spiraglio di luce.
Con un sospiro di sollievo, l’aria li sotto era ormai calda e irrespirabile, iniziarono a salire sulla scala a pioli, con Bepo in testa e Shachi a chiudere la fila.
***
Mira aspettò che anche l’ultimo dei pirati Heart fosse uscito dalla botola, prima di inchinarsi e far sparire con un tonfo secco l’entrata per quel nascondiglio segreto.
-Allora, state bene?- domandò, mentre loro si pulivano le mani nei pantaloni.
-Sìsì, grazie per il nascondiglio- disse Penguin. Mira alzò le spalle.
-Figuratevi, forse è meglio che ve ne andiate a informare i vostri compagni- disse riponendo il gilet con il pugnale sopra al divano –Se i Marines sono arrivati fin qui vuol dire che gli abitanti si sono lamentati e ben presto questa cosa arriverà anche alle orecchie del vice-ammiraglio. In questa cittadina succedono ben poche cose e l’arrivo di alcuni pirati in città desterà dei sospetti- spiegò.
I ragazzi, in silenzio, annuirono.
-Bene, allora grazie per tutto- e si avviarono verso la porta, ringraziando a turno Mira.
Fu quando Shachi toccò la maniglia, che Mira sospirò pesantemente e li guardò scocciata.
-Quei due saranno ancora in giro per la via, in cerca di qualche bar. Se prendete quella strada adesso, rischiate di incontrarli e, anche se sono sicura che non avreste problemi a batterli, dopo Budo sarà certo della vostra presenza sull’isola- spiegò, mentre loro si voltavano verso di lei, rendendosi conto che, forse, non aveva tutti i torti.
-Hai una porta sul retro?- chiese Penguin.
La ragazza annuì e si voltò verso la porta che stava a sinistra del bagno.
-In origine, questa stanza doveva essere un corridoio per connettere la porta sul retro alla casa principale ma io l’ho adibita come armadio perché mi risultava più comodo- spiegò mentre si avviava verso la sopracitata porta, tuttavia Shachi le pose una domanda che la costrinse a fermarsi proprio mentre stava per girare la maniglia.
-Perché hai fatto tutte quelle strane domande a quei due?-
Mira li guardò con la punta dell’occhio e con un ghigno canzonatorio sulle labbra.
-Curiosità- con una malizia invidiabile, sussurrò quella parola.
Penguin deglutì mentre Bepo e Shachi si scambiavano una occhiata spaventata.
Poi si sentì un leggero click, e la porta si spalancò su una oscurità dentro la quale Mira fece un passo.
Svanì completamente e dopo un paio di secondi una luce artificiale riempì la stanza, dando modo ai pirati Heart di vedere alcune grucce con appesi sopra degli abiti scuri.
-Forza, venite- la voce di Mira arrivò loro da  un punto imprecisato oltre la parete, e si costrinsero a raggiungerla.
Insieme attraversarono la porta, scoprendovi un piccolo corridoio lungo appena due metri e largo per quanto una sola persona pieno di vestiti scuri.
Mira era dall’altra parte rispetto a loro, sulla soglia della porta da cui si vedevano alcuni tratti di città e una distesa verde.
Bepo, Shachi e Penguin passarono, in fila indiana, fino ad arrivare sulla morbida erba verde.
-Allora, vi do due ultimi consigli. Il primo è che dovete cambiare la posizione del sottomarino. Se i Marines sono arrivati qui vuol dire che di sicuro controlleranno anche il porto e vi scopriranno, nel lato occidentale dell’isola c’è una insenatura grande abbastanza per una nave militare, è sufficientemente nascosta e non molto lontana dalla città se volete fare degli ultimi acquisti. Il secondo è quello di sbrigarvi ad andare da Fip, sempre per la stessa motivazione di prima. Il suo negozio è vicino al porto, dovete prendere la seconda strada a sinistra, dopo quello che vende ami e esche. Lo noterete subito perché è grande ed è vicino alla roccia che delimita il lato occidentale dell’isola, potete dirgli che siete dei pirati, non vi farà scoprire- disse, guardandoli negli occhi -Qualche domanda?-
Gli Heart si guardarono tra loro, e scossero la testa.
-Bene, direi che è ora di andare. È stato un piacere- stava quasi per tirarsi indietro e chiudere la porta quando Bepo le pose una domanda.
-Perché non scappi?.. Non è vero che non ne avresti le capacità- aggiunse subito dopo, guardandola negli occhi -Potevi rubare una nave militare e andartene tempo fa, quindi perché resti qui?- domandò, mentre il volto di Mira si increspava in un sorrisetto e pronunciò quelle parole dopo qualche secondo
-Fufufufufufufu… voglio solo vedere cosa porterà questa generazione di Marines e Pirati al mondo e alla storia-
I pirati rimasero interdetti a quelle parole, non sapendo bene come interpretarle.
Poi Mira regalò un ultimo ghigno e si chiuse la porta dietro le spalle, mentre loro iniziavano, silenziosamente, a scendere lungo la via per tornare nel sottomarino.
***
Bepo, lanciando una occhiata eloquente a Shachi e Penguin, si avviò dentro la cittadina, lontano dalla casetta bianca e da Mira, venendo raggiunto dopo pochi secondi dai suoi compari.
Rimasero in silenzio, non sapendo cosa dire riguardo a quel lungo e strano pomeriggio.
Fu quando stavano per entrare in città che decisero di chiamare il sottomarino per sapere se erano tutti a bordo cosicché potessero informarli riguardo alle scoperte del giorno.
Tirarono fuori il baby den-den mushi dalla tasca e composero il numero, sentendo poi la voce di Nick rispondere dall’altro capo della cornetta.
-Allora, avete trovato il carburante?- domandò.
-No, ma sappiamo dove trovarlo, come vanno le riparazioni?- disse Penguin.
-Tutto bene, ma mi sa che dobbiamo restare su quest’isola ancora per qualche giorno, abbiamo scoperto che c’è un problema piuttosto serio con i rotori-
-Okay,sono tutti a bordo ora?-
-Beh, sì, perché?- la lumachina rifletté l’espressione confusa del ragazzo dall’altra parte della cornetta.
-Dobbiamo dirvi alcune cose se vogliamo evitare una visita da parte della Marina. Dov’è il Capitano?- disse Penguin.
-Il Capitano è a tavola, stiamo per mangiare e mancate solo voi-
I tre si scambiarono una occhiata.
-Bene, noi saremo lì tra dieci minuti-
E si avviarono per dire al cinico e sarcastico Trafalgar Law dell’incontro con la strana e intelligente Mirajane.
***
Mirajane percorse in pochi passi la lunghezza della cabina armadio, per poi rispuntare dall’altra parte e chiuse la porta di legno, poggiandoci sopra la fronte.
Rimase in quella posizione per alcuni istanti, rivivendo i momenti di quel giorno e pensando a cosa fosse meglio fare in quel frangente.
-Idiota- si rimproverò ulteriormente a bassa voce, picchiando la testa contro il legno duro della porta.
Zoppicò verso il divano ma una fitta di dolore che le fece vedere bianco per un paio di secondi, la costrinse ad appoggiarsi al bracciolo per non cadere a terra.
Con un colpo di reni, riuscì a sedersi sul cuscino duro come la pietra e strizzò le labbra, per non farsi scappare nemmeno un gemito.
-Non mi fermerò per questo, non ora- disse a denti stretti, voltando il cuscino centrale e togliendo la pistola dalla valigia, assieme ad un baby den-den mushi con il guscio nero e dei capelli marroni in testa.
Prese da dietro il divano lo zaino e lo aprì, sfogliando le carte fino a trovare quelle giuste per poi stenderle sul tavolino.
Le planimetrie della base militare, disegnate con tanta cura, la fecero ghignare e dimenticare il dolore alla gamba.
-Manca poco, manca poco e poi finalmente potrò andarmene da questa merda di isola-
Nel sole mattutino, il suo ghigno brillò di malvagità.
***
-Quindi mi state dicendo che questa ragazza, questa “Mira”, vi ha aiutato a uscire da un bar dove dentro dei vecchi ubriaconi vi stavano riempiendo di mazzate?- ripeté, allibito, Louis, mentre Law stava ascoltando il racconto senza emettere una parola, concentrato sul suo piatto di pollo. I pirati attorno a loro sghignazzarono.
Al suo fianco destro, Bepo, Shachi e Penguin stavano raccontando la vicenda sotto le orecchie di tutti, mentre invece al suo fianco destro, Louis, vicino a Nick, li stava prendendo in giro.
-Ti dico che non ci stavano riempiendo di mazzate, ci lanciavano pezzi di vetro mentre noi non reagivamo per evitare di venire scoperti- ripeté Shachi, quasi strozzandosi con il pollo.
-Sìsì, come no- lo sbeffeggiò senza pietà Louis, mentre tutti gli altri ridevano.
A Trafalgar Law stava per venire il mal di testa per via del trambusto che causavano i suoi sottoposti, così si limitò a ingoiare un'altra forchettata di pollo.
Se doveva essere sincero, dell’avventura di Shachi, Bepo e Penguin al bar non gliene era importato nulla. Anche lui aveva notato il comportamento ostile degli abitanti e non gli ci era voluto molto per capire a cosa fosse riferito e a capire come comportarsi per non farsi scoprire.
Tentativi infruttuosi, perché nella farmacia della città non aveva trovato praticamente niente, a parte qualche ragno o muffa.
Aveva iniziato ad importargli quando gli avevano detto che avevano incontrato una certa “Mira”.
Mira, Mira, Mira… ha un qualcosa di famigliare, ragionò il chirurgo.
-Bepo- il Chirurgo della Morte disse quella frase con una intonazione piatta e senza staccare gli occhi dal proprio piatto, facendo però diminuire bruscamente il brusio della stanza. Law sentì distintamente gli occhi degli occupanti del suo stesso tavolo posarsi su di lui, ma non ci diede peso e deglutì quella roba che volevano far passare per pollo.
-S-sì Capitano- disse incerto il vice, prendendo poi coraggio e raccontandogli tutta la storia.
Gli disse del bar, di come li avevano trattati, di Mira, di casa sua, delle informazioni che aveva dato loro, dell’arrivo dei Marines e del suo consiglio di mettere il sottomarino nel lato occidentale dell’isola. Alla fine, stettero tutti zitti, ad aspettare la risposta del loro capitano.
-Capisco- disse, incrociando le dita sopra al piatto, alla fine del racconto, con un ghigno malandrino sulle labbra.
-“Mira” è il vero nome o solo un diminutivo?- chiese, voltandosi verso Shachi.
-Il nome completo è Mirajane- rispose Shachi.
-Mirajane…- replicò lentamente Trafalgar, chiudendo gli occhi e inclinando da un lato la testa.
-Lei la conosce, capitano?- domandò Louis, nel silenzio della stanza. I suoi subordinati lo fissarono, mentre voltava lentamente da  una parte all’altra il collo, pensieroso.
Dopo qualche secondo Law, rispose, apaticamente: -No- e allontanò il suo piatto, alzandosi –No, non la conosco. Ora vado, se mi cercate sono nello studio. Ah, fate come ha detto Mira, e se volete uscire non fatevi riconoscere-
-Si- risposero tutti in coro.
Uscì dalla stanza, mentre lentamente i suoi uomini riprendevano a mangiare, parlando del più e del meno e della strana decisione del capitano.
***
Trafalgar, intanto, spinse indietro la sedia del suo studio e si sedette, accavallando le gambe.
Prese dal secondo cassetto della scrivania uno sgualcito avviso di taglia, ghignando. Con la destra resse il foglio ingiallito, mentre con la sinistra si sosteneva il mento, sorridendo divertito.
-“Mira”, eh?- sussurrò, sinceramente curioso, ricambiando lo sguardo duro della ragazza voltata di profilo, mentre con la coda dell’occhio fissava la fotocamera.
-Sarà un isola interessante- e quel ghigno, brillò nella luce della stanza.
***
Passarono due giorni dall’incontro con i pirati, e Mira era ormai decisa a entrare nella base militare.
Aveva calcolato tutto: sapeva chi e per quanto tempo faceva la guardia al porte la mattina e la sera, sapeva dove le reclute si esercitavano, sapeva chi insegnava loro, sapeva il numero di protezioni sia interne che esterne e sapeva quando il vice-ammiraglio era o non era in ufficio.
Sapeva tutto quello che c’era da sapere ed aveva le planimetrie della base per orientarsi.
Con il suo addestramento, non ci sarebbero stati problemi.
E allora perché proprio oggi non riesco a stare in piedi?!, pensò con rabbia Mira, mentre si osservava la gamba ferita, che proprio oggi pareva aver voluto dare il meglio di sé. Il sudore le colò dalla fronte sulla carne e aveva il viso un po’ troppo bianco.
La ferita, lunga quasi come tutto il suo polpaccio, era di colore rosso vermiglio e con delle pustole piene di pus sia sopra che a fianco.
Merda, si è infettata troppo, stringendo i denti, rovistò nel cassetto del bagno in cerca delle medicine, le ho finite. Cazzo, e su quest’isola non c’è niente che possa usare per curarla.
Le sarebbero bastati un bisturi e una crema antibatterica, non chiedeva tanto dopotutto.
Ma, ovviamente, su quell’isola era già una enorme cosa se c’era un antibiotico per bambini.
Questo non mi fermerà, e si bendò con cura la gamba, stringendo i denti. Poi la appoggiò a terra, mentre si mordeva a sangue le labbra per evitare di gemere di dolore.
Zoppicando, si chiuse la porta del bagno e ci si appoggiò sopra.
Stava per sedersi sul divano, quando sentì un rumore fuori, simile al suono amplificato che fanno mille formiche mentre camminano. Istintivamente drizzò la schiena, e tese le orecchie. Quando il rumore si ripeté, decise di provare a capire la motivazione, non senza una piccola dose di panico.
-Kenbou-shouko Haki: tonalità dell’osservazione- sussurrò, chiudendo gli occhi concentrata.
Sentì una fresca ondata di energia partirle dal petto, estendersi verso tutto il corpo e bastò che lei aprisse gli occhi, affinché tutta l’energia accumulata potesse espandersi nell’aria e concentrarsi fuori, assorbendo i dettagli di tutto ciò che toccava.
Tuttavia, ciò che percepì non le piacque per niente.
Sono in trenta… Marines semplici… non particolarmente forti, aggrottò le sopracciglia, saranno qui fra due minuti, e… o cazzo, con loro c’è Budo!
Scattò, con l’adrenalina nelle vene e non pensando più al dolore alla gamba, verso la libreria, prendendo tutti i suoi appunti e ficcandoli alla rinfusa nello zaino.
Aprì la valigetta e ci infilò, tra i soldi, anche le planimetrie abbandonate  sul tavolino. Con il coltello alla cintura fece appena in tempo ad entrare nell’armadio per raggiungere la porta sul retro che Budo in persona sfondò la porta con un calcio.
-Dove sei!- ruggì, mentre dietro a lui i Marines impugnarono meglio le armi.
Si guardò intorno, con la vena che pulsava rabbiosa nel collo muscoloso. Alto quanto la porta e con i capelli rosa acceso, con gli occhi la centrò subito.
-TU!- ruggì feroce.
-Si, io… però Budo, per formare una frase è necessario avere più di un semplice soggetto, sai?- disse lei, con voce provocante e ghigno sarcastico. Seguì un istante in cui tutto si fece immobile, e poi lei aprì la porta e ci si fiondò dentro, mentre i Marines facevano lo stesso nel suo salotto.
Percorse in poco meno di un secondo il corridoio, e aprì la porta correndo verso l’erba verde.
Cosa può avermi tradito? Sono stata così attenta! Merda… aspetta, e l’immagine di una giovane donna le apparve in testa, strappandole una imprecazione, ma certo! La tizia di ieri! Pensavo che non mi avesse visto, ero troppo coperta e… la gamba! Deve aver visto che zoppicavo e da dove venivo, avrà avvertito la Marina che si devono essere accorti degli effetti di quei due dell’altro giorno… speravo mi avessero dimenticata, maledizione!
Pensando, si diresse velocemente verso un muro laterale di una stradina, vi si appoggiò e riprese fiato, gettando la testa all’indietro.
Sentiva le urla di Budo solo a pochi metri di distanza. Solo allora si accorse della fitta lancinante che le percorse la gamba.
Devo scappare, e anche in fretta…funzionerà il soru?, domandò a se stessa, strizzando un occhio e mordendosi le labbra.
Chiuse entrambi gli occhi e le piegò, tastò la terra dieci volte molto velocemente e quando ricomparve un metro più in là, per poco non urlò dal dolore.
Non riesco a usare il soru, quindi non riuscirò nemmeno con il geppou e anche se la indurissi con il tekkai non riuscirei ad alzarla… se ingaggio una battaglia con Budo, non riuscirei a vincerla e la Marina mi catturerebbe.
-MIRAJANE! ESCI FUORI! LO SAPPIAMO CHE SEI QUI VICINO!- urlò, con i passanti che si voltavano verso di lui e gli uomini dietro. Le donne aprirono le persiane e si affacciarono, a Mira si gelò il sangue quando si rese conto che una era anche sopra di lei.
-Vice-ammiraglio! Vice-ammiraglio! È qui! È qui sotto! Presto!- urlò una donna con i capelli rossi sopra di lei. Mira le rivolse uno sguardo d’odio quando capì che a Budo sarebbero bastati pochi minuti per raggiungerla.
E lei corse, corse con la gamba che le urlava contro e con le grida di avvertimento dell’uomo nelle orecchie.
Svoltava vie acciottolate, scansava passanti che cercavano di fermarla e provava a confondere i suoi inseguitori.
Fu quando iniziarono a spararle contro e Budo a rompere muri con la sola forza fisica -come poté notare voltandosi-, che sentì una voce familiare davanti a lei.
-Mira, che sta succedendo?-
Lei si voltò, e per poco non le prese un infarto.
A pochi metri, c’erano i tre pirati dell’altra volta, Bepo, Shachi e Penguin, coperti con un cappotto ma senza mantello sulla testa.
-Che ci fate ancora qui? Non vi avevo detto che dovevate andarvene in fretta?!- disse rabbiosa, appena prima che un muro di fianco a lei le esplodesse in faccia, costringendola a ripararsi con le braccia.
Dall’altra parte, Budo, con il braccio ancora teso, ghignava.
-Presa- disse, mentre le correva incontro. Lei non ci pensò nemmeno.
-Merda- si fermò un attimo e poi corse incontro a loro, spingendoli con le braccia e la valigetta davanti.
-Ma che?- esclamò Shachi, con l’angolo della valigetta che gli premeva sulla schiena.
-Ti sta inseguendo Budo?!- chiese Bepo, voltandosi appena.
-Sì. Voi, piuttosto, che ci fate qui senza mantello?! Vi avevo detto che non dovevate farvi riconoscere!- disse lei, fulminandoli con lo sguardo.
-Abbiamo tenuto il mantello fino ad adesso e stavamo tornando al sottomarino per andarcene- spiegò Penguin, mentre lei, con poca grazia, li spingeva in una strada sulla destra.
Dopodiché si attaccò al muro, e prese un forte respiro.
-Capito- disse, appoggiando la valigetta a terra.
Bepo la osservò meglio. Era attaccata al muro, con la gamba destra piega e la sinistra tesa, la fronte madida di sudore, il viso bianco e le labbra serrate a trattenere un gemito, quando si alzò.
-Hai ancora male alla gamba?- le domandò.
-Non è importante- rispose, fissandolo negli occhi –Ciò che è importante ora è che ve ne andiate!-
Penguin stava per replicare, quando Mira si voltò appena verso il muro e li esortò ad andarsene.
Alcuni istanti dopo, il muro esplose in una miriade di pezzi e loro si trovarono al centro della piazza centrale della città.
-Merda- disse Mira, con il cappuccio sulle spalle e il braccio ancora teso per ripararsi.
-Ma che…- iniziò Shachi, quando una voce tonante li interruppe.
-TI HO TROVATA MIRAJANE! TE E QUEGLI SPORCHI PIRATI!- una figura alta e muscolosa emerse dalla polvere, ghignando divertita.
Il vice-ammiraglio Budo li osservò tutti e poi rise, con le vene sul collo che ormai impazzivano.
La ragazza li guardò e poi strinse le labbra con un gemito di  frustrazione.
Non posso lasciare che li prenda… maledizione, che cazzo sto facendo per degli sconosciuti?, sorrise internamente, fanculo, se li prende li rinchiuderà in cella perché fanno parte della ciurma del Chirugo della Morte… hanno dei compagni da cui tornare… meglio che se ne vadano da quest’isola.
Prima ancora che gli Heart potessero estrarre le armi, Mirajane era davanti a loro, con il pugnale sguainato davanti.
-Andate via! Tornate al vostro sottomarino e partite!- gridò, guardandoli con la punta dell’occhio.
-Cosa…- Shachi la fissava confuso.
-Non restate qui a perdere tempo! Andate! ORA!- replicò lei.
Gli Heart rimasero in silenzio per qualche secondo, poi si scambiarono una occhiata e decisero di seguire il consiglio di Mira, con un po’ di amarezza.
-Ma tu come farai?!- domandò Bepo, mentre camminava all’indietro lentamente senza staccare gli occhi da Budo, che invece fissava insistentemente lei.
-Bene bene bene, ti ho preso, Mirajane. Sono sicuro che Sengoku sarà felice di avere la tua testa- disse, scrocchiandosi le nocche.
Mira si voltò verso di lui e gli rivolse una occhiata d’odio.
-Non preoccupatevi per me, me la caverò- con un ghigno provocatorio si mise in posizione d’attacco, reprimendo un gemito a causa della sua gamba –E ora sparite!-
Tanto, ormai non ho più un posto dove tornare, aggiunse dentro di sè amara.
I ragazzi seguirono il suo consiglio e, mentre correvano, notarono che sia lei che Budo erano partiti nello stesso momento, causando uno spostamento d’aria quando la lama del pugnale e la carne della mano si scontrarono.
Bepo, Shachi e Penguin corsero per cinque minuti buoni, con sottofondo i rumori della battaglia.
-Pensi che riuscirà a battere Budo?- domandò Shachi a Pengui, correndogli vicino.
-Non ne ho idea- rispose il ragazzo con il cappello.
Potrà davvero batterlo con quella gamba? Non riusciva a reggersi in piedi prima…, i pensieri di Bepo, così come la loro corsa, vennero interrotti da un urlo di dolore femminile, che squarciò l’aria.
Bastò una occhiata, e tempo cinque secondi, che erano già tornati nella piazza. Giusto in tempo per vedere Mira che veniva sbalzata su una casa, distruggendone una parete.
Accasciata sui calcinacci, si reggeva la gamba sinistra coperta di sangue con il viso pallido, ma senza un graffio.
-Ahahaha, quindi è questa tutta la tua forza ? E io che volevo divertirmi!- esclamò Budo, a poca distanza da lei, aveva un taglio sulla guancia e uno profondo sul braccio, ma per il resto sembrava integro.
Videro Mira ringhiare, con la faccia storpiata da una morsa di rabbia.
Gli Heart assistevano alla scena con una mano attaccata al muro.
-Prendiamola e portiamola al sottomarino- ordinò Bepo.
-E il Capitano?- domandò Shachi, voltandosi verso di lui.
-Ci penseremo dopo, non possiamo lasciarla lì- disse Penguin, fissandoli negli occhi. Con un cenno d’assenso furono in pochi secondi ai fianchi di Mira, mentre Bepo si mise davanti a Budo, in posa da combattimento.
-Cosa…- Budo fece un passo indietro, stupito di trovarsi davanti un orso anziché della ragazza. Poi dovette mettersi in posizione di difesa, perché il piede di Bepo gli arrivò nello stomaco.
-Vuoi aiutare quella ragazza eh? Non te lo lascerò fare!- e iniziarono a combattere.
-Ma… che… diavolo?- ansimò Mira, mentre Shachi e Penguin l’aiutavano ad alzarsi.
-Ti portiamo al sottomarino, il nostro Capitano ti aiuterà-
-Non ne ho bisogno-
-Sì, invece-
-Andatevene! Ora! Lasciatemi qui, me la caverò!-
-Non possiamo farlo, tu ci hai aiutati e ora ripagheremo il favore-
Mira li guardò per qualche secondo, ricambiando lo sguardo duro di Shachi, poi scosse impercettibilmente la testa, rassegnata.
-Prendete… anche le mie borse… sono imp…- provò ad alzarsi in piedi, ma svenne, colpita dall’eccessivo dolore alla gamba.
-Cazzo- Shachi riuscì a prenderla appena prima che toccasse il suolo, mentre Penguin prendeva lo zaino e la valigetta abbandonati poco più in là. Intanto, Bepo e Budo combattevano.
-Bepo! Andiamo!- disse Shachi, con Mira sulle spalle.
L’orso spedì Budo, con un calcio particolarmente potente, nel muro dietro di loro.
E tutti e tre insieme corsero nell’insenatura del sottomarino, con la loro salvatrice in spalla e i suoi documenti in mano.
***
Quando arrivarono, notarono che la maggior parte dei loro compagni era lì fuori a caricare le scorte, controllare il sottomarino e a parlare.
Trafalgar Law, con la nodachi in spalla, stava parlando con Louis riguardo alle condizioni del mezzo.
-CAPITANO! CAPITANO!- urlarono, entrando nell’insenatura.
Subito tutti si voltarono verso di loro, guardandoli stupiti, dato che erano sporchi di terra e sangue.
Law inarcò un sopracciglio curioso.
Solo quando arrivarono a distanza di tre-quattro metri da loro, notarono che Shachi aveva un corpo marrone sulle spalle.
-Ma che…- esclamò Nick, avvicinandosi.
-Cosa è successo?- domandò il Capitano, mentre i tre sottoposti si appoggiavano alle ginocchia per riprendere fiato, il rosso con ancora il corpo svenuto della ragazza sulle sue spalle.
-Budo… budo è qui vicino-
-Arriverà… tra poco-
-Non potevamo lasciarla-
Fu l’ultima frase, detta da Bepo, a scatenare la curiosità dei pirati e il ghigno di Law, i quali subito formarono un campanello li attorno.
-Mi spiegherete dopo, ora, chi avete in spalla?- e con la nodachi indicò il corpo. Shachi la appoggiò delicatamente a terra, di modo che tutti le potessero vedere il viso.
-Beh, lei è…- iniziò l’orso.
-Ma è una ragazza!- esclamarono alcuni.
Law le si inginocchiò affianco, ghignando e subito tutti tacquero, in attesa del suo verdetto.
-Umh… capisco- disse, scostandola appena con la punta della spada, in modo che le spalle toccassero terra per esaminarle meglio il viso –Beh, non che mi aspettassi diversamente-
-La… la conosci, Capitano?- domandò Penguin stupito.
Il ghigno di Trafalgar si allargò.
-Miei cari signori, colei che avete salvato non è niente meno che Mirajane Strauss, chiamata “Dame en Noir” o “Dama Nera”,  che dir si voglia. Ha una taglia di 90'000'000 di berry-

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro. ***


Saaaalve pirati/umani/Marine/mostri/ecc...,sono tornata con il quatro capitolo di "Dame en Noir"
(ormai non sto neanche più a scusarmi per il ritardo).
Come al solito, non ho molto da dire tranne che il capitolo è più corto degli altri (esigenze di trama),
 si verranno a sapere più cose di Mirajane e ci sarà il tanto atteso incontro Mirajane-Trafalgar Law.
Consiglio la lettura anche di "You can't give up on family", che sarebbe l'altra mia ff su One Piece.
E con questo ho finito.
Buon giorno, buona sera e buona notte.

By Artemisia246





 
Chirurgo della Morte

 
-Allora, come sta?-
-Ha una taglia sulla testa?! Ma lei non ci ha detto di essere una pirata!-
-La gamba?-
Furono queste le domande che Trafalgar Law si sentì pronunciare, non appena uscì dal bagno annesso alla sala operatoria.
Osservò Bepo, Shachi e Penguin che guardavano verso la vetrata che dava sulla sala ricovero, mentre si puliva le mani con un strofinaccio, con un sopracciglio alzato. D’altronde tutti e tre quasi saltavano sul posto.
Si avvicinò a loro e diede una occhiata di sbieco alla ragazza addormentata su un lettino, con un supporto per tenere la gamba alzata e le mani lungo i fianchi.
Poi si rivolse ai suoi sottoposti scrollando le spalle.
-La gamba era molto grave: una ferita di arma da taglio lungo quasi tutto il polpaccio sinistro risalente ad alcune settimane fa, era infettata da almeno cinque o sei giorni e lei deve essere riuscita a curarla con delle medicine del posto, anche se da come ho potuto notare io stesso, nessun tipo di quelle che vendevano era adatto al suo problema. Tuttavia, al momento sta bene- si strofinò ancora una volta le mani –Sono riuscito a curarla e dovrebbe riprendere a camminare tra un paio di giorni-
Seguirono attimi di silenzio durante i quali Law osservò attentamente i suoi sottoposti contrarre i pugni pur di non urlare.
-Non ci aveva detto di essere una pirata- esclamò Bepo, con un aria pacata.
-Già- dissero Shachi e Penguin, mentre Law abbozzò un sorrisetto.
-E come si è presentata, di grazia?- chiese, fissando negli occhi i suoi uomini.
Vide che gli altri esitarono un po’, prima di rispondere.
-Viandante- al sorriso ironico di Law, Penguin si obbligò a continuare il racconto –Ha detto di essere una “viandante”-
Shachi arrivò in soccorso all’amico, -Quando le abbiamo chiesto se fosse una pirata o una del posto, lei ha risposto che non era nessuno dei due e nemmeno una Marine. Ha detto solo di essere una “viandante”-
Trafalgar inclinò la testa all’indietro e alzò gli occhi al soffitto, mentre soppesava le parole.
-Beh… non è una definizione errata-
-Ma ha una taglia sulla testa! Ha mentito!- si infervorò Penguin, mentre Shachi annuiva energicamente.
-Non tutti i ricercati sono pirati, sai?- disse Law, con un sorrisetto, in quel momento gli altri spalancarono stupidamente la bocca, perché si resero conto del enorme dettaglio che non avevano calcolato.
-Cosa intendi dire?- domandò il rosso.
-Che lei non ha mentito, non è né una pirata né una civile né una Marines- spiegò semplicemente il Chirurgo.
-E allora cos’è?-
Trafalgar scrollò le spalle con noncuranza.
-Spia, assassina, contrabbandiera, ladra, criminale… non ha una definizione precisa, per cui ipotizzo che “viandante” sia ciò che le riunisce tutte-
O che non ne comprende nessuna… In altre parole è la definizione perfetta, concluse mentalmente, mostrando un sorrisetto ai pirati, che attesero qualche secondo per esprimere le loro domande.
-La Marina cosa dice a riguardo?- domandarono gli altri, tentando di capirci qualcosa.
-Le informazioni che dà al pubblico sono estremamente scarse e frammentarie. Appare poche volte sui giornali e ogni volta con una definizione diversa -e poi fissò la ragazza, con il ghigno malizioso ancora pronunciato –Sembra quasi che vogliano far dimenticare la sua esistenza ai cittadini cambiandole sempre immagine-
Per un attimo, Bepo rivide Mira mentre utilizzava lo stesso identico tono con loro.
-Prima, Budo ha detto che “Sengoku sarebbe felice di avere la sua testa”- ricordò l’orso, mentre tre paia di occhi si posavano su di lui, facendogli abbassare il capo e dire sommessamente –Mi dispiace-
-Beh, mi pare ovvio, no? Se anche lei è una ricercata, Sengoku non potrebbe che essere felice di avere la sua testa- disse Shachi.
-In più, la sua taglia è alta, per essere una semplice criminale-
Law, tuttavia, scosse la testa, spiegando la teoria a cui stava lavorando da quando lei era salita a bordo.
-Ci deve essere una ragione particolare se Budo ha detto così. D’altronde, se fosse una “semplice criminale”, perché mai il Grand’Ammiraglio Sengoku dovrebbe volere così ardentemente la sua vita, tanto che addirittura un sempliciotto come Budo ne sarebbe a conoscenza? In fondo ci sono personaggi con taglie ben più alte a cui puntare, e molto più “pericolosi”, tenendo conto delle informazioni presenti- ghignò ampiamente, indicandoli con un dito -Oh no, signori miei, ci deve essere un’altra ragione del perché abbia detto così- abbandonò lo straccio in mano a Bepo e tornò a catalizzare la sua attenzione sulla ragazza addormentata –Ci deve essere sotto una motivazione talmente segreta, che la Marina non può permettersi di far rivelare al pubblico. E io sono curioso di scoprire quale sia-
In che razza di guaio ci siamo cacciati?, si domandarono mentalmente i tre pirati, osservando il loro capitano che fissava il lettino con occhi carichi di malizia e sadica curiosità.
***
Il fatto di stare bene su quel morbido letto non le impedì di provare un leggero moto di rabbia verso quei tre idioti che non avevano seguito il suo consiglio.
Ma cosa avevano in testa, quei tre?Dovevano lasciarmi lì e andarsene, maledizione!, pensò facendosi uscire un piccolo sbuffo, ancor prima di aprire gli occhi per notare dove fosse.
Aveva preso in seria considerazione l’idea di rimanere a dormire ancora per un po’, ma sentiva la gamba sinistra alzata, faticava a muoverla e in più si ricordava perfettamente tutto ciò che le era successo prima di svenire, quindi era necessario aprire gli occhi.
Si issò a sedere sul letto, facendo forza con le braccia, mentre il lenzuolo le calava sul seno, mostrandole la leggera veste color panna che indossava, e la gamba fasciata sospesa davanti a lei e collegata al muro con un’asta. La prima cosa che fece fu guardarsi attorno, notando che la stanza che la ospitava era quadrata, con le pareti metalliche di un color giallo.
Un punto d’osservazione, che partiva da un metro da terra fino ad arrivare a cinquanta centimetri dal soffitto, di vetro, era nella parete alla sua destra, vicino a una porta di legno scuro.
Il suo letto era accanto alla parete a sinistra della stanza, ai suoi lati ce ne erano due mentre davanti a lei un altro paio, con accanto un piccolo cunicolo dove ci dovevano essere i servizi igienici.
La parete di sinistra ospitava qualche cavo per la presa di corrente e una grande finestra che dava sul mare, di un colore cristallino a causa del sole che vi filtrava. Rimase a fissare quello spettacolo per una infinità di secondi, prima che una lampadina le si accendesse in testa.
Questo vuol dire solo una cosa…
-Ben svegliata, Mira-ya- una voce calda, profonda e dannatamente attraente, che proveniva  da davanti a lei, la fece riscuotere dal suo momento di osservazione.
… sono nel sottomarino del Chirurgo della Morte. Merda…
Quasi per ironia, una scrivania era posta tra le due corsie di letti, e lei non se ne era minimamente accorta.
Un giovane uomo sedeva sull’unica sedia presente, steso quasi completamente sulla sedia e con un ghigno sardonico in volto.
Le gambe lunghe erano fasciate da dei pantaloni azzurri con una fantasia maculata, distese completamente davanti al suo letto, il tallone destro appoggiato sul ginocchio sinistro, coperto da uno strano paio di stivali marroncini con un leggero tacco. Il petto non troppo ampio era coperto da una felpa gialla con stampato un Jolly-Joker nero sopra, il ghigno si stendeva su una faccia dai lineamenti squadrati, la pelle color ambra e un pizzetto nero sul mento. Sulla testa vi era un cappello bianco maculato, alle orecchie due anelli per lobo e delle basette che gli arrivavano alle guancie. Gli occhi erano di un grigio metallico e freddo, con una sfumatura ironica, contornati da leggere occhiaie. Dopo il saluto del pirata, Mirajane attese in silenzio una qualsiasi azione da parte sua, tuttavia, visto che i secondi senza parole si facevano sempre più lunghi, capì che era il suo momento di parlare.
-Deduco di trovarmi sul suo sottomarino, Chirurgo della Morte- disse, lentamente, inclinando la testa da un lato, e guardando negli occhi Law. Se era in quella situazione, tanto valeva arrivare al punto in fretta.
-Fufufufu, deduzione esatta, onorato che lei sappia il mio nome, Dama Nera- rise lui, posando le mani sulle ginocchia, mentre un senso di curiosità si impossessò di lui non appena Mirajane lo fissò negli occhi.
-È difficile dimenticare una taglia da centonovanta milioni- e qui scrollò le spalle, mentre si lanciavano una silenziosa sfida con gli occhi -piuttosto, sono stupita di come lei conosca il mio- replicò lei, tranquilla, senza una emozione in viso.
-È difficile dimenticare una taglia da novanta milioni- disse lui, utilizzando le stesse parole di lei, con un principio di risata in volto.
-Allora, Dama Nera, si ricorda di come è arrivata fin qui?- chiese, interrompendo il silenzio ormai superfluo che si era venuto a creare dopo le presentazioni.
-Ho una chiara immagine dei suoi sottoposti che mi ci portavano a forza dopo lo scontro con Budo, Chirurgo della Morte- rispose lei tranquilla, sbattendo le palpebre e scrollando le spalle –anche se non mi è chiaro il perché- aggiunse, tranquillamente e con una punta di interesse.
-Volevano sdebitarsi per come li ha trattati su Han’ei- disse Law, socchiudendo gli occhi
-Ma non ho fatto niente- ribatté la ragazza.
-Secondo loro no, però- Law incrociò le dita sotto il mento.
-Mi sono limitata a dar loro delle informazioni
-E a salvarli dalla Marina-
Mira serrò le labbra.
-Erano due marinai semplici, niente di che. Sarebbero riusciti a batterli-
-Eppure si è messa davanti a Budo per proteggerli, dopo-
-Non volevo che venissero catturati-
-Ora sono io che le chiedo il perché- disse Law, inarcando un sopracciglio.
-Non volevo dar loro la soddisfazione di avere tra le mani dei membri della ciurma del Chirurgo della Morte, e di conseguenza di avere tra le mani una possibilità per ricattarla- rispose, lasciando Law perplesso.
-È strano sentir dir questo da una criminale, sa?-
-Mi scocciava l’idea che avessero tra le mani una taglia alta. Avrebbe aumentato ancor di più quel gigantesco ego che si ritrovano- Law rise sommessamente a quella risposta –Ma ora vorrei sapere perché mi ha curato-
-Le ho già detto il perché: i miei sottoposti l’hanno portata qui- disse, socchiudendo gli occhi e agitando una mano.
-Voglio sapere perché lei mi ha curato, Chirurgo della Morte. Se non sbaglio, è il capitano, decide lei cosa fare e cosa no quindi si sarebbe potuto benissimo rifiutare-
Questa volta fece ancor più fatica a trattenere una risata.
Oh sì, quella ragazza lo stava facendo divertire in una maniera assurda.
-Ero curioso di sapere cosa ci facesse una persona così pericolosa su quest’isola abbandonata da Dio-
-Dovevo fare delle ricerche sulla base militare-
-E per farlo ha chiesto anche la data del compleanno di Budo?-
-Ogni singola informazione è fondamentale, non trova, Chirurgo della Morte?-
-Concordo pienamente, Dama Nera-
Nonostante le parole dette da entrambi fossero state lente e senza fretta, il botta e risposta fu, al contrario, veloce e preciso.
Cosa che provocò un sorrisetto a Mira, mentre il silenzio si dilatava tra loro come una bolla, inghiottendoli, senza che nessuno dei due facesse niente per fermarlo.
D’altronde, sfidare l’altro in quel momento era molto più interessante.
Il contatto visivo, che nessuno dei due aveva ancora interrotto, era risultato estremamente interessante per il Chirurgo della Morte.
Capitava di rado, se non in casi eccezionali, che qualcuno riuscisse a mantenere lo sguardo fisso nel suo per più di qualche secondo. Il più delle volte la gente abbassava le pupille, spaventata da quel liquido argenteo in cui scorrevano follia, sadismo e sarcasmo insieme. Tuttavia Mirajane, una pericolosa ricercata capitata su quella nave quasi per sbaglio, non aveva ancora abbassato la testa, e questo era interessante.
Non l’aveva fatto semplicemente perché aveva finalmente trovato un degno avversario.
Gli occhi dell’altro erano due abissi sconosciuti composti da chissà quali segreti e guarniti di una macabra curiosità per il nuovo e per il diverso, tanto da essere rivoltante per la comunità stessa.
Fufufufufufu… direi che può bastare, pensarono nello stesso momento, con un sorrisetto divertito sulle labbra.
-Anche se le chiedessi l’esatta motivazione per cui le si trovava ad Han’ei, non mi risponderebbe, dico bene?- dedusse lui, senza sforzo.
Mirajane alzò le spalle.
-Le basti sapere che il suo arrivo non era nulla di premeditato- disse lei, sorridendo ampiamente.
-Bene, allora, visto che da questa conversazione nessuno dei due ricaverebbe niente, che ne dice di rispondere a qualche domanda per la sua cartella medica?- disse ironicamente lui, voltandosi indietro per prendere il blocco di fogli.
-Faccia pure- rispose tranquilla, togliendosi il sorriso dalla faccia e inclinando la testa di lato.
-Perfetto, iniziamo. Nome completo?-
-Mirajane Strauss-
-Età?-
-Ventidue anni-
-Data di nascita?-
-Tredici agosto-
-Altezza?-
-Un metro e ottantacinque-
-Peso?-
-Mh, non mi ricordo, credo sui sessantacinque chili o giù di lì-
-Gruppo sanguigno?-
-Esse, RH negativo-
-Misure?- Mirajane inclinò la testa e chiuse gli occhi, mentre Trafalgar già si immaginava le urla che la ragazza avrebbe fatto insinuando chissà quale molestia. Tranne uno sbuffo, ma alzò gli occhi al cielo, preparandosi già a ripetere che era solo una prassi medica e che non aveva un doppio fine.
-Mi pare che siano: ottantasette di seno, sessantasei di vita e novantadue di fianchi- rispose, dopo un paio di secondi.
Law appuntò tutto diligentemente sulla sua cartella medica, stupito che avesse risposto così sinceramente e in fretta.
Tre domande dopo, nelle quali chiedeva se assumesse farmaci, se avesse malattie e se prendesse delle droghe, Trafalgar Law chiuse la biro e appoggiò la cartella dietro di sé.
-Fufufufu, sa Mira-ya, lei è interessante- disse, ridendo bassamente.
-Perché?-
-Ha risposto in maniera complete ed esauriente a domande che, solitamente, la maggior parte delle ragazze eviterebbe o denuncerebbe per molestie colui che le ha poste-
Mira alzò le spalle e ghignò.
-Ho una preparazione medica, imbarazzarsi per domande del genere sarebbe ridicolo-
-Oh? Non immaginavo che lei fosse un medico, Mira-ya- disse Law, con sincero interesse.
-Se viaggi da sola e hai una taglia sulla testa, andare in un ospedale sarebbe troppo pericoloso, Chirurgo della Morte-
-È specializzata in qualcosa?-
-In  niente, a dir la verità- Trafalgar si fece più attento –Vede, sono fondamentalmente convinta che nella medicina bisogna conoscere un po’ tutto di tutto per essere preparati a ogni tipo di evenienza, non trova anche lei?-
Trafalgar le fece un cenno con la testa, alzandosi dalla sedia.
-Ha ragione-mormorò lui -Ora vado, la lascio riposare- e si avviò verso la porta.
Quando ormai aveva messo la mano sulla maniglia, Mirajane gli fece una domanda che aveva in testa da quando si era svegliata.
-Perché non mi ha ammanettato?- vide il pirata voltarsi leggermente verso di lei, con un ghigno canzonatorio sulle labbra –Insomma, non poteva sapere se avessi avuto intenzione di attaccarla o se possedessi un Frutto del Diavolo, appena sveglia. Il  non prendere questa precauzione indica che lei pecca di superbia, o che mi sottovaluta- Mirajane vide Law ridere sommessamente.
-Fufufu, io non sottovaluto nessuno, Mira-ya- aprì la porta con la mano, prima di continuare –Non l’ho ammanettata perché in questo momento, con una ferita del genere alla gamba,  non riuscirebbe nemmeno ad alzarsi, figuriamoci a combattere-
-Allora si sopravvaluta- replicò lei, con un ghigno sulle labbra, mentre lui si era voltato un attimo, facendo un passo oltre la soglia.
-Mh, forse- concesse lui, il sorriso enigmatico che le lanciò, lasciò la ragazza stupita –Meglio che si riposi, Mira-ya-
Prima che lei potesse replicare, Trafalagar Law si chiuse la porta, lasciandola da sola con il suo respiro.
Dopo un paio di secondi, quando sentì i passi di lui farsi sempre più lontani e nessun altro provenire da quel corridoio, appoggiò la testa al muro e si lasciò andare un sospiro frustrato.
-Merda- ringhiò, mordendosi un labbro.
-Merda, merda, merda- sussurrò, tirando testate al muro.
-E ora come cazzo faccio?- chiese a se stessa, fissando un punto imprecisato nel soffitto.
Sono nella più completa e totale merda. Non solo non ho sconfitto Budo, ma sono anche finita nel sottomarino del Chirurgo della Morte, con la gamba fasciata, senza il mio zaino o il mio coltello, pensò, Ha ragione, messa come sono ora, non riuscirei ad alzarmi, e non ho possibilità di fuga. Così come non ho le mie piantine, i miei quaderni o i miei soldi. Quindi, cosa faccio?
Si prese la testa fra le mani, conficcandosi le unghie nel cranio.
-Non ho niente, se non una gamba rotta e tanta, ma tanta, sfiga- disse. Provò, allora, a elencare le cose che poteva fare.
Provare a fuggire? Non ci sarebbe riuscita.
Provare a recuperare le sue cose? Primo non gliele avrebbero ridate e secondo, spinti dalla curiosità, avrebbero provato a leggerle(se non l’hanno già fatto, ammise).
Starsene ferma, buona e composta, aspettando che il Chirurgo della Morte tornasse da lei?
A malincuore, constatò che quella fosse la sua unica opzione disponibile.
Così voltò la testa, verso il mare, e rimase a contemplarlo, immobile e rassegnata.
***
Era ora di cena, nel sottomarino dei pirati.
Era l’ora che Trafalgar Law temeva più di tutte.
Non perché avesse qualche problema con il cibo o perché si rifiutasse di vedere i suoi compagni.
No, il suo problema era chi cucinava il cibo. O, più precisamente, il suo problema era Shachi.
Sfortunatamente, il cuoco ufficiale era rinchiuso nella sua cabina a dormire da più o meno tre giorni di fila, senza poter fare sforzi a causa di una delicata operazione fatta una settimana prima al suo addome.
In teoria, si sarebbe già dovuto riprendere egregiamente, in pratica il suo fisico non aveva una grande resistenza ai medicinali che assumeva ogni giorno per stabilizzare gli effetti post-operazione, quindi sarebbe dovuto rimanere a letto per altri tre giorni.
Perciò, quell’essere infame che ancora si ostinava a chiamare “nakama” si era auto-nominato “cuoco provvisorio” per quegli odiosi sei giorni.
A nulla erano valsi tutti i tentavi che avevano fatto i suoi compagni, per tenerlo lontano. Penguin e Bepo avevano tentato praticamente di tutto: dal legarlo a una sedia, al chiuderlo in cabina fino a prenderlo di peso e allontanarlo dalla cucina a forza.
Ma niente, quel ragazzo dai capelli rossi era ostinato a voler cucinare.
E nulla l’avrebbe fermato, nonostante Law avesse pensato, più di una volta, di usare la Room per scomporlo in pezzi fino alla fine della convalescenza del cuoco.
Così, con un sospiro e senza la Kikoku -abbandonata nel letto della sua cabina- spinse la porta della cucina, mentre un rumore assordante gli arrivò alle orecchie.
Dieci uomini su quindici erano seduti ai tavoli, urlando e lanciandosi pietanze.
Si schiarì la voce, giusto per far notare loro che se volevano lanciarsi il cibo poi avrebbero provveduto a ripulire, ma tutto fu vano.
Scuotendo brevemente la testa, si diresse al suo posto, oltrepassando un pollo che aveva visto tempi migliori e un suo sottoposto un po’ alticcio. Sedendosi di fianco a Bepo, che lo salutò con una zampa, e Penguin, vide posarsi sotto i suoi occhi un piatto da cui proveniva uno strano buon odore.
Immediatamente alzò un sopracciglio, voltandosi verso Shachi. Costui rispose con un largo sorriso -come se cucinare del cibo che non sapeva di vomito fosse una cosa normale, per lui- e tornò in cucina.
L’incessante mal di testa che aveva assalito Law sin dal pomeriggio gli fece mettere le mani sulle meningi, massaggiandosele, mentre il rumore dei sui subordinati assomigliava tanto a un colpo di cannone dritto sulle sue orecchie.
-Hai mal di testa, capitano?- domandò Bepo, mangiando la zuppa.
Trafalgar annuì brevemente, dando una occhiata alla stanza.
-E Mira-ya?- domandò, quasi distrattamente, dando una occhiata di striscio a Bepo.
-Niente di nuovo, tranne la richiesta che ha fatto oggi, non ha domandato nient’altro- rispose l’orso, alzando le spalle.
Ah già, la richiesta di oggi, gli venne in mente Law.
Mirajane, un paio d’ore dopo che l’ebbe lasciata, riuscì a chiamare Penguin, che in quel momento passava vicino alla finestra, per chiedergli un libro.
Un libro, aveva chiesto semplicemente un libro.
Non importava che libro fosse, se uno dei suoi o uno che possedevano loro, l’importante era passare il tempo, spiegò.
Così il ragazzo portò quella strana richiesta a Trafalgar che prima di rispondere pensò a quello che  avevano trovato ispezionando i suoi bagagli. Poco dopo, acconsentì, facendole recapitare un libro sulla anatomia umana.
Ovviamente, quella era una chiara provocazione nei confronti della ragazza.
Incrociando le dita all’altezza degli occhi, Trafalgar Law iniziò a pensare a cosa avevano trovato nel suo zaino.
Intanto il rumore dei suoi compagni di equipaggio iniziava ad assomigliare sempre di più a una lama che penetrava lentamente nel suo cervello.
In effetti, il contenuto dello zaino e della valigetta lasciano da pensare. Nel suo zaino, c’erano unicamente dei quaderni neri pieni di appunti su piante e animali provenienti da varie isole, mentre dentro la valigia c’erano i progetti della base militare e circa cinque milioni di danari in contanti, ragionò, curioso su cosa ci facesse con quegli oggetti.
-Per il resto?-chiese, prendendo in mano un cucchiaino.
-Niente, praticamente. Dopo che le abbiamo dato il libro non si è più fatta sentire- rispose Penguin.
Questo potrebbe voler dire che non si è nemmeno alzata dal letto, pensò l’uomo, oppure potrebbe già essere riuscita a trovare un modo per fuggire.
-Non ha chiesto neanche da mangiare?- stupito, Bepo guardò Penguin.
-A detta di Shachi, non ha voluto niente-
A quella risposta, una campanella suonò nella testa di Law.
-Shachi! Vieni qui!- urlò, in direzione del rosso, che al momento stava portando in cucina tre piatti vuoti.
Quando riapparve dalla porta, gli arrivò subito incontro.
-Sì, capitano? Vuole degli onigiri?- domandò, arrivandogli affianco.
-No. Senti, è vero che Mira-ya non ha voluto da mangiare?- chiese conferma, appoggiando l’avambraccio tatuato sul tavolo. A quella domanda, il compagno sgranò gli occhi.
-Ehm, sì, capitano. Quando sono andato da lei per sapere se avesse qualche tipo di preferenza alimentare, ha risposto che andava bene anche se non mangiava. Ho provato ad insistere ma non c’è stato verso di farle cambiare idea, comunque le ho preparato un piatto di zuppa lo stesso da portarle più tardi-
-Capisco- disse, alzandosi dalla panca –Dammi il piatto, glielo porto io-
-Cos-? No no, capitano, stia tranquillo, glielo porto dopo io- assicurò Shachi, guardando Law che si era appena alzato, mentre Bepo e Penguin lo fissavano stupiti.
-No, glielo porto io adesso. Deve mangiare, viste le sue condizioni. E poi ho qualche altra domanda da farle-
E almeno potrò gustare questo pasto in un posto meno rumoroso e con una compagnia un po’ più arguta, concluse la frase nella sua testa.
Quando ottenne il vassoio con sopra il cibo, si avviò verso la stanza in cui era ricoverata Mira-ya, sentendo lo sguardo dei suoi subordinati nella schiena.
***
Mirajane stava sorridendo divertita, mentre voltava la penultima pagina del libro che le avevano recapitato quel pomeriggio.
 Era sicura che fosse una provocazione del Chirurgo della Morte, fatta unicamente per stabilire se fosse un vero medico o se mentisse ma non si preoccupò di farglielo notare, preferendo una lettura rilassante ai pensieri decisamente catastrofici che aveva in testa.
Così si stupì non poco quando notò la porta della sala aprirsi, e il Chirurgo della Morte entrare con in mano un vassoio con due piatti di quella che sembrava essere zuppa, due bicchieri e due tovaglioli.
Difatti alzò un sopracciglio, scettica, mentre usava un dito come segnalibro.
-Avevo detto che non mi interessava mangiare, stasera- puntualizzò lei, cauta, fissandolo con circospezione.
Law intanto le dedicò un ghigno sarcastico, prima di dire: -Non mangiare non le farà di certo bene, nelle sue condizioni. Come medico, dovrebbe saperlo Mira-ya-
-Le sue occhiaie parlano per lei, Chirurgo della Morte, anche la mancanza di sonno non giova alla salute- ribatté, calma.
Si avvicinò al suo letto e le posò sul comodino un piatto di zuppa e un bicchiere d’acqua.
Osservandolo più da vicino, lei notò i tatuaggi che gli abbellivano l’avambraccio, e le lettere della parola “Death” impresse su ogni dito della mano sinistra, partendo dal pollice.
Fufu, non per niente lo chiamano “Chirurgo della Morte”, pensò con un certo divertimento la ragazza, mentre il moro si sedeva sulla sedia, appoggiandosi completamente allo schienale, il tallone del piede sinistro sul ginocchio destro.
-Vedo che è una buona osservatrice, Mira-ya- rise, prendendo la zuppa e iniziando a mangiarla.
-Non ci vuole un genio, per capirlo-
-Così come non ci vuole un genio per capire che lei non vuole mangiare perché teme che possiamo versare qualcosa nel suo piatto- disse, ridendo sotto i baffi e bevendo una grossa cucchiaiata di zuppa.
Mira alzò le spalle.
-La precauzione non è mai troppa, visto che mi trovo sul suo sottomarino-
-Se avessi voluto farle del male, l’avrei lasciata sull’isola in compagnia di Budo-
-Potrebbe sempre aver messo un qualcosa nella zuppa che mi faccia confessare tutto ciò che so-
-Come il siero che ha dato a quei poveri Marines sull’isola?- disse, fissandola negli occhi –Si rilassi, Mira-ya, ogni singola informazione che voglio ottenere da lei preferisco averla utilizzando le parole- il tono divertito che usò fece capire alla ragazza che la frase non era ancora finita –E comunque, se proprio dovessi usare la forza, di certo utilizzerei altri metodi, non di certo quello di un composto chimico nel bicchiere- ghignò sadicamente, mentre Mira ghignò appena, a sua volta.
Fece passare un altro paio di secondi, durante i quali fissò prima il capitano e poi il suo piatto.
Decise di fidarsi perché, nonostante tutto, il Chirurgo della Morte aveva ragione: volendo, avrebbe avuto mille occasioni e mille modi per estrapolarle delle informazioni, e di certo il metodo del siero non era nemmeno contemplato nella lista.
Quindi prese il cucchiaino e la zuppa, mentre Law ghignò appena.
-Mi dica la verità, Chirurgo della Morte, perché è qui?- domandò sincera, commentando internamente il fatto che la zuppa non fosse poi così male.
-Ho mal di testa e i miei subordinati, quando ci si mettono, sanno essere davvero indecenti- spiegò, agitando in aria il cucchiaio.
Lei annuì brevemente, comprendendo la situazione e subito il silenzio tornò a farla da padrone.
Passarono così il resto del pasto, ognuno concentrato sui propri pensieri.
L’unico suono dopo circa dieci minuti di silenzio, fu quando Trafalgar Law appoggiò il piatto sulla scrivania e fece per andare a prendere quello della ragazza.
Mira, dal canto suo, stava fissando il fondo vuoto, seguendo con lo sguardo ogni gocciolina di zuppa rimasta vagare indisturbata sulla superficie di ceramica per poi scontrarsi con un'altra e riprendere indisturbata il percorso.
Solo quando sentì la sedia spostarsi e il Chirurgo della Morte appoggiarsi alle ginocchia e alzarsi, si convinse ad esporgli l’unica idea che le era venuta  in mente per riuscire a togliersi dall’impiccio in cui si era cacciata.
-Ohi, Chirurgo della Morte- lo richiamò, alzando gli occhi dal piatto –vuole fare un accordo con me?- chiese, tutto d’un tratto, lasciando l’altro stupito.

 

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