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Una
donna dalla perfetta chioma rossa stazionava da parecchi minuti davanti alle
porte del 12th distretto della Polizia di New York, muovendosi nervosamente sul
marciapiede come indecisa sul da farsi. La sua aria teatrale attirava
l’attenzione di alcuni passanti che si voltavano di quando in quando per
osservare meglio la scena.
Dopo
un ultimo cenno della mano, quasi come a conclusione di un profondo e lacerante
discorso tra sé e sé, la donna afferrò la maniglia della porta a vetri e sparì
dietro di esse, inghiottita dal distretto che oramai conosceva da anni.
***
L’arrivo
di Martha Rodgers all’interno dei locali della
Squadra Omicidi fu accolto da sguardi perplessi e da qualche saluto timoroso:
molti dei poliziotti presenti conoscevano l’attrice, madre del noto scrittore
Richard Castle, che per anni aveva lavorato accanto
alla detective Beckett, ma proprio perché conoscevano la donna erano ancora più
stupiti nel vederla spuntare quella mattina al distretto. Da quando Castle e Beckett non lavoravano più insieme, nessuno dei
membri di quella famiglia aveva più messo piede al distretto e l’ingresso di
Martha non poteva significare nulla di buono.
I
detective Ryan ed Esposito si scambiarono un’occhiata veloce dalle loro
scrivanie prima di decidersi ad alzarsi e dirigersi verso la donna.
-Oh,
è molto gentile da parte tua, figliolo, ma non sei mai stato molto bravo a
mentire.
Il
detective accennò ad un mezzo sorriso imbarazzato aspettando che il suo amico e
collega arrivasse a sostenerlo.
-A
cosa dobbiamo il piacere della sua visita?- intervenne prontamente Esposito.
-Vorrei
parlare con il detective Beckett, se non vi dispiace.
I
due uomini si guardarono di nuovo incerti sul da farsi.
-Beh…ecco…
-Oh,
so benissimo che Kathrine è tornata in città. Quindi
per come la vedo io avete due possibilità: potete essere così gentili da
indicarmi dove si trova in modo che io le possa parlare, oppure posso aspettare
seduta qui finchè tornerà alla centrale.
L’espressione
sicura ed irrevocabile dipinta sul volto di Martha convinse i detective che era
inutile tergiversare e tentare di mentire, così indicarono con un cenno del
capo l’ufficio della Gates dove Beckett stava aggiornando il capitano su una
delle indagini in corso.
-Vi
ringrazio. Aspetterò qui- disse accomodandosi su quella che un tempo era la
sedia di suo figlio Rick.
-Quindi…-
riprese Ryan con tono titubante. -Castle?
La
donna alzò lo sguardo verso l’irlandese che si sentì gelare per l’imbarazzo di
non essere riuscito a trattenersi dal fare una domanda inopportuna.
-Beh,
ragazzo. Se vuoi parlare con Richard perché non lo chiami?
Esposito
colpì il compagno con una leggera spallata per sottolineare la stoccata
rifilatagli da Martha.
-Ehi,
ragazzi! La Gates vuole che torniamo a fare un….- Kate Backett
era uscita a passo militare dall’ufficio del capitano con la testa infilata in
un fascicolo, senza accorgersi del visitatore accolto da Esposito e Ryan.
-Martha- riuscì a bisbigliare Kate. Sentì la terra mancarle sotto i piedi e
senza rendersene conto si guardò attorno convinta di trovare anche Rick da qualche
parte, magari nella saletta relax davanti alla macchinetta del caffè.
-Lui
non c’è, Kathrine- disse la donna pacatamente.
Esposito
e Ryan presero congedo con una finta ricerca da effettuare e Martha li
ringraziò con un sorriso cordiale.
-Posso
fare qualcosa per te, Martha?- chiese Kate con un certo distacco per tentare di
dissimulare l’ansia che quell’improvviso incontro le aveva provocato.
-Puoi
dedicarmi un po’ del tuo tempo. Dobbiamo parlare.
Kate
annuì. La condusse nella saletta relax con la scusa di un caffè e Martha
accettò di buon grado.
-Ti
trovo sempre in splendida forma, Kathrine- fu
l’attrice a rompere il ghiaccio visto che la detective sembrava fin troppo
assorta nella preparazione della sua droga quotidiana. I tempi in cui era
qualcun altro ad occuparsi del suo caffè erano oramai lontani.
-Grazie,
Martha. Anche tu stai divinamente.
La
donna sollevò le spalle sempre con i suoi modi teatrali strappando il primo
sorriso della giornata a Beckett.
-Beh,
sai com’è. Cerco di non somigliare troppo alla nonna anziana di Alexis.
Kate
si portò la tazza di caffè alla bocca non prima di aver porto alla sua ospite
la sua. Si guardarono per secondi interminabili finchè
Kate fu costretta ad abbassare gli occhi, trovando quelli della donna davanti a
lei troppi simili a quelli di Rick.
-Sta
tornando a New York, Kate.
La
voce di Martha, sebbene non fosse più forte di un sussurro, rimbombò nella
testa di Kate. Stava tornando. Rick stava tornando a New York. Era sparito da
mesi e Dio solo sa quanto Kate lo avesse cercato in tutto questo tempo…ma aveva
dovuto darsi per vinta. Lui non voleva essere trovato. Anzi, non voleva essere
trovato da lei. E come biasimarlo, dopo quello che era accaduto?
-Le
cose sono un po’ complicate tra noi, adesso…- si difese la detective.
-Complicate?
Vuoi che non lo sappia? Mio figlio ti chiede di sposarlo ed il giorno dopo è
sul primo volo per l’Europa. Sono sei mesi che Alexis ed io non lo vediamo; a
malapena siamo riuscite a chiamarlo in tutto questo tempo. Quindi, sì….lo so che
le cose sono un po’ complicate. Fidati.
Nel
tono con cui Martha rispose alla giovane poliziotta non c’era traccia di
rancore anche se era chiaramente dispiaciuta per gli eventi degli ultimi mesi.
-So
che è colpa mia quello che è successo, ma non credo che Rick voglia vedermi o
anche solo parlarmi.
-Beh,
mi sembra ovvio, darling! Lo puoi forse biasimare per
questo? Hai anteposto la tua carriera a lui…come deve essersi sentito?- la
donna respirò profondamente in una di quelle pause che Castle
definiva le “pause drammatiche alla Martha Rodgers”.
-Senti, Kathrine. Io non voglio stabilire colpe o
comminare pene. So solo che tu e mio figlio vi amate. O perlomeno vi amavate
molto, prima che…beh, prima di Washington. Per quello che vedo, tu tieni ancora
molto a lui, altrimenti non saresti qui davanti a me a tormentare quella povera
tazza di caffè che tieni ancora tra le mani.
Kate
si accorse solo in quel momento che la sua presa attorno alla tazza era fin
troppo forte, tanto da sbiancarle le nocche per lo sforzo.
-Martha,
Rick non vorrà parlare con me e io lo capisco! Sul serio. Quindi non vedo
perché dovrei cercare di incontrarlo ora! Sai benissimo che se si è reso irrintracciabile
in tutto questo tempo è solo perché io non lo potessi trovare.
-Vuoi
dirmi che ti arrendi così? Che non vuoi fare un tentativo?- Martha lasciò a
Kate un istante per riflettere in silenzio. Poi riprese: -Per quale ragione sei
tornata a New York tre mesi fa? Avevi il lavoro che dicevi di desiderare più di
quanto non desiderassi un futuro con mio figlio. Eppure dopo soli tre mesi sei
tornata. Perché? Perché è Richard quello che vuoi più di ogni altra cosa. Solo,
l’hai capito troppo tardi.
Kate
scosse la testa cercando di ricacciare indietro le lacrime che premevano per
scorrerle sul viso e trovare il meritato sfogo. Era vero: è così che era
andata. Si era trasferita a Washington pochi giorni dopo la proposta di Rick e
si era subito buttata nel lavoro. Giorno e notte. Tutto pur di dimenticare Rick
e soprattutto non sentire il senso di colpa che puntualmente veniva a farle
visita. Ma il lavoro non le bastava. Risolvere casi di alto profilo, sentirsi
elogiare dai pezzi grossi della capitale…non era questo quello che voleva.
Così, dopo soli tre mesi aveva ripreso un aereo per New York e aveva ripreso
servizio al dodicesimo, convinta che tutto sarebbe potuto tornare come prima.
Convinta che Rick sarebbe stato lì ad aspettarla ancora una volta. Ma Rick se
n’era andato, in Europa a quanto pareva, senza lasciare tracce dietro di sé.
-Io
so cosa significa non avere una seconda possibilità, darling.
Credimi. Avrei tanto voluto averne una concreta con il padre di Richard, ma il
suo lavoro non ce l’ha permesso. Forse avrebbe potuto lasciare la CIA o forse
aveva ragione lui e non si può mai smettere di essere una spia. Ma tu puoi. Tu
hai scelto di fare un passo indietro per amore di mio figlio. E ora che fai?
Alla prima difficoltà di fermi?
-Io
l’ho ferito, Martha! Gli ho sempre chiesto di aspettarmi e lui lo ha sempre
fatto. Per quattro anni. Gli ho mentito dicendo di non ricordare la sua
dichiarazione quando mi hanno sparato, l’ho sempre allontanato quando cercava
di proteggermi dagli assassini di mia madre. E quando avrei dovuto capire che
ora era il mio turno di fare qualcosa per lui, io…gli ho chiesto di aspettarmi
ancora. Lui ha sempre rischiato la sua vita per salvare la mia ed io non sono
stata capace di sacrificargli un lavoro. Non credo sia una cosa su cui Rick
potrà mai soprassedere.
Martha
si alzò dal divanetto della sala relax per avvicinarsi a Kate ed asciugargli
una lacrima furtiva che aveva vinto la strenua resistenza della detective.
-Allora
credo che tu non conosca abbastanza bene mio figlio, Kathrine.-
Kate puntò i suoi occhi verdi in quelli della donna davanti a lei. –Non posso
costringerti a parlare con Richard se non è questo quello che vuoi. Ma se provi
ancora qualcosa per lui, non buttare tutto all’aria. Sarà dura. Sarà
terribilmente dura riconquistare la fiducia di mio figlio, ma se credi che ne
valga la pena devi almeno tentare.
***
La
detective rimase immobile nel centro della sala dopo che Martha se ne andò. La
tazza di caffè era ancora piena ma ormai completamente fredda quando Esposito e
Ryan si azzardarono ad avvicinarla.
-Beckett?
Tutto ok?- chiese l’ispanico, che forse era stato il primo tra tutti a capire
quanto Castle fosse importante per Kate. Ed anche
l’ultimo ad accettare la sua decisione di andarsene a Washington mollando la
polizia da un giorno all’altro. Aveva criticato Kate aspramente per la sua
scelta, arrivando quasi a dipingerla come uno di quegli arrivisti che popolano
gli uffici di One Police Plaza;
poi, quando era tornata solo pochi mesi prima l’aveva accolta come se nulla
fosse accaduto, proprio come si fa in una famiglia vera.
La
donna si voltò verso di lui annuendo mentre le lacrime avevano cominciato a
scendere copiose.
-Sto
bene, Javi.
-Lo
vedo.
-Si
tratta di Castle, non è così?
-E’
tornato- rispose laconica Kate alla domanda di Ryan. Anche loro l’avevano
aiutata a rintracciarlo, benchè tutto questo avesse
richiesto una notevole contropartita: aveva dovuto raccontare tutto agli amici
e colleghi. Il silenzio e le menzogne di Kate, la rabbia di Rick ed infine la
sua proposta. Loro avevano ascoltato in silenzio, senza mai giudicarla, anche
se aveva potuto leggere nei loro occhi la delusione.
-Andrai
da lui?- chiese di nuovo Esposito.
-Non
lo so.
-Dovresti-
aggiunse Ryan.
Doveva,
certo, lo sapeva anche lei. Doveva provare a salvare quel rapporto che lei aveva
distrutto sei mesi prima. Ma come poteva presentarsi da lui dopo quello che era
accaduto? Dopo quello che si erano detti l’ultima volta?
Angolo dell’autrice:
salve
a tutte. Sono tornata con una long (quanto long ancora non si sa).
Fatto
sta che questo finale mi lascia appesa così e non mi va. Quindi la mia fantasia
malata ha prodotto un seguito (che spero proprio molto lontano dalla realtà di
Marlowe) in cui le cose per i due protagonisti sono piuttosto in salita.
Per
ora questa è solo una piccola intro per far capire a che punto stanno i
personaggi. Dal prossimo si comincia sul serio.
Ringrazio
Marta per la consulenza =)
E
Tempie90 per la gentile concessione della fuga in Europa ;)
Kate
aveva guidato per chilometri nel centro di Manhattan senza una direzione
precisa. Voleva solo guidare e dimenticare. Dimenticare la proposta di Rick e
soprattutto la sua stupida, stupidissima risposta!
Quando
spense il motore si rese conto di essere sotto casa di Lanie
e, anche se temeva di trovarla in compagnia di Esposito, si decise a scendere
dall’auto e a salire dall’amica.
Come
previsto, Lanie aprì la porta con indosso una
vestaglia piuttosto provocante.
-Sto
interrompendo qualcosa, per caso?- chiese Kate con aria maliziosa, cosa che
almeno per un secondo le fece smettere di pensare a Rick.
-No…per
ora, almeno!- Lanie osservò meglio l’amica e si rese
conto da come tormentava l’interno della bocca che qualcosa in lei non andava.
-Honey, è successo qualcosa?
Kate
non rispose, limitandosi ad alzare le spalle, forse in segno di giustificazione
per quella intrusione a tarda sera.
-Avanti,
siediti e dimmi cosa è successo. Si tratta di quella proposta di lavoro di cui
mi hai accennato?
-Già.
-Castle…ne hai parlato con lui.
-Non
proprio.
Lanie piegò il capo
verso destra e fissò in tralice l’amica.
-Senti,
non ho intenzione di tirarti fuori le parole di bocca una ad una. Quindi, sputa
il rospo!
A
Kate sfuggì un mezzo sorriso per la risolutezza dell’amica, sorriso che sparì
pochi secondi dopo quando cominciò a raccontare della discussione fino alla
proposta di matrimonio.
-Lui…cosa?
-Mi
ha chiesto di sposarlo, Lanie. Quante volte lo devo
ripetere?
-Beh…Richard
Castle che fa una proposta di matrimonio…
-…è
quasi un clichè!- concluse Beckett amareggiata.
-Aspetta
un momento! Non eri tu quella che voleva risposte sul vostro futuro? E ora ti
lamenti perché ti ha chiesto di sposarlo come ha già fatto con Meredith e Gina?
-Sì!
No! Non ne ho idea!
-Ok,
con calma, Kate- Lanie si accovacciò in avanti
appoggiando tutto l’avambraccio sulle cosce. -Tu cosa gli hai risposto?
Lanie non aveva bisogno
di porre quella domanda: conosceva Kate e tutte le sue idiosincrasie meglio di
chiunque altro. La sua espressione, il suo mordersi l’interno della guancia, il
continuo sfregarsi le mani. Era chiaro quello che era successo. Ma proprio
perché conosceva tanto bene la detective sapeva che non c’era nulla di meglio
che farla parlare per aiutarla a capire.
-Gli
ho detto di no, Lanie.
Ed,
infatti, non appena Kate pronunciò quell’ultima frase sembrò sentirsi più
leggera: aver confessato quello che potenzialmente poteva essere il suo più
grande errore la faceva sentire meglio.
-Perché?
Tesoro, avevi ottenuto quello che volevi!
-Lo
so! È solo che…e se non lo volesse davvero? Se fosse solo un espediente per
convincermi a restare?
Gli
occhi di Lanie si aprirono a dismisura, evidentemente
allibita da quanto aveva appena detto l’amica.
-Frena,
tesoro! Tu sai che io non sono la fan numero uno di Richard Castle,
ma quello che hai appena insinuato è di una tale bassezza che non riesco a
creder tu possa pensarlo seriamente. Non di Castle!
Non dopo quello che ha passato per poter arrivare a te!
Kate
si sentì schiacciare dal tono accusatorio di Lanie:
sapeva che era la verità e lei stessa si sentiva meschina per aver anche solo
pensato una cosa del genere, ma d’altro canto c’era da sempre dentro di lei una
seppur piccola parte che non credeva fino in fondo al cambiamento di Rick e
alla loro relazione.
-Kate,
lui ti ama! Moltissimo, direi! Era pronto a morire insieme a te poche settimane
fa! Come puoi crederlo capace di proporti un matrimonio solo per non lasciarti
andare a Washington?
-Lo
so, Lanie! È solo che….non me lo aspettavo! Non ora!
-Ma,
insomma, tesoro, cosa doveva fare per ottenere la tua approvazione? Sul serio,
non ti capisco! Prima lo accusi di non essere chiaro nelle sue intenzioni, poi
quando finalmente lo è, lo accusi di volerti incastrare qui! Cosa doveva fare?
Darti il suo consenso a questo lavoro e trasferimento, promettendoti che ti
avrebbe aspettato? Ancora? E ancora? E ancora?- Lanie
si rese conto di aver peggiorato i sensi di colpa che attanagliavano Kate da
ore, ma era certa che non ci fosse altra strada per far comprendere all’amica
l’errore che stava facendo. Le prese le mani perché quello che stava per dire
l’avrebbe ferita ancora di più, ma non poteva evitarlo: -Non hai mai pensato,
Kate, che forse il problema sei tu? Hai avuto per le mani uomini splendidi, per
cui altre donne avrebbero fatto carte false. Pensa a Demming
o a Josh. Ok, forse il secondo non era sempre
presente per te, ma c’era a modo suo, un modo che ti è stato bene per molto
tempo e poi all’improvviso…puff! E io ho pensato che
tutto sommato andava bene, che tu eri cotta di Castle
e che finalmente forse eri pronta per aprirti a lui. Invece…ora hai Castle e lo stai buttando via. Perché?
-IO
NON LO SO, LANIE!- si ritrovò ad urlare Kate con tutto il fiato che aveva in
gola. - Io non lo so- ripeté questa volta con più calma.
Lanie si fermò a
riflettere su quanto fosse più opportuno dire a quel punto.
-Senti,
se vuoi cambiare lavoro perchè sei stanca dei soliti
omicidi per droga o gelosia, d’accordo. Vai a Washington, risolvi casi di alto
profilo, diventa una star! Te lo meriti e so che puoi farcela. Ma devi
ammettere a te stessa il vero motivo per cui lo fai. E non è per fare qualcosa
di più importante di quello che fai qui. Sei stata tu ad insegnarmi che per chi
è coinvolto ogni omicidio è importante , anche il più semplice o banale. Ogni
vittima è un figlio, o un padre o un marito, con una famiglia a casa che
aspetta di avere sue notizie. Il solo motivo per cui ora vuoi disperatamente
quel lavoro è che hai paura di quello che potresti avere qui con Rick.
Kate
sollevò lo sguardo verso quello dell’amica, gli occhi gonfi e rossi per le
lacrime che non accennavano a fermarsi, trasfigurando il viso della detective.
-E
se semplicemente non potessi farlo? Non potessi sposare Rick? Se finissi come
mia madre? Non voglio correre il rischio che Castle e
i miei figli soffrano quello che abbiamo sofferto io e mio padre. Non posso
permetterlo.
-Sweety, so che per te il caso di tua madre è IL caso, ma,
in realtà, è solo UN caso. Johanna è morta a causa del suo lavoro e non ha
potuto essere la moglie e la madre che avrebbe voluto e potuto essere. Ma non è
certo così per tutte. Né deve esserlo per te. Il mondo è pieno di donne in
carriera che sanno essere buone mamme e mogli. Perché tu non potresti rientrare
in questa categoria? Il punto è che tu guardi al passato e non al futuro.
Guardi ancora a tua madre anziché a Rick. Ma lei è morta, Kate, mentre Rick è
qui. Ora.
La
detective si passò una mano tra i capelli ravvivandone i ricci ribelli.
-Ho
fatto un casino, vero?
-Solo
un po’! ma…ehi! Castle ti ama…scommetto che se ora
vai da lui ti accoglierà a braccia aperte.- Lanie
cogliendo lo sguardo scettico dell’amica si corresse: -Ok, forse non proprio a
braccia aperte, ma capirà, ne sono sicura. E sistemerete tutto.
L’abbraccio
che Lanie regalò all’amica venne interrotto da un
fitto bussare alla porta. Senza attendere il permesso della padrona di casa,
Esposito entrò nell’appartamento trovando le due donne ancora strette l’una
all’altra.
-Ehi!
Ho interrotto qualcosa?
-Ovviamente
sì, ma se quella che hai in mano è la cena sei perdonato.
L’uomo
sorrise agitando il pacchetto che teneva stretto nella mano.
-Vuoi
mangiare con noi, Kate?- chiese Lanie.
-Assolutamente
no! È la vostra serata e io ti ho già rubato abbastanza tempo!
-Sicura
di stare bene?
-No,
ma sto sicuramente meglio di quando sono arrivata.
La
patologa annuì soddisfatta dalla sincerità della risposta.
-Ora
devo scappare. Ci vediamo domani, Espo!- disse la
detective prendendo la via della porta e chiudendola dietro di sé con in mente
la prossima destinazione di quella lunga serata.
***
-Tu
sai cosa la preoccupa?- Javier aveva atteso il termine della cena per
addentrarsi nel discorso “Kate” anche se avrebbe voluto parlarne molto prima.
Erano giorni che la sua amica e collega era strana e ora vederla a casa di Lanie, dove a giudicare dal colore degli occhi aveva pianto,
aveva suscitato nuovi interrogativi.
-Certo
che lo so, Javi! Sono la sua migliore amica!-
Esposito fissò la donna come ad invitarla a spifferare tutto. –No, non te lo
dirò! E non importa quante moine farai, Javier Esposito!
L’ispanico
afferrò per i fianchi la compagna tirandola a sé con forza e passione.
-Andiamo,
chica! Non lo dirò a latte e miele, promesso! È solo
che Becks ed io ne abbiamo passate tante nell’ultimo
anno e non vorrei stesse per fare una nuova sciocchezza.
La
patologa scrutò gli occhi scuri di Javier alla ricerca della verità e vide che
era sincero.
-Ok,
ma devi giurarmi che qualsiasi cosa succeda tu non dirai nulla a Kate, Rick o
Kevin!
-Promesso-
rispose l’uomo poggiando la mano destra sul petto all’altezza del cuore.
Lanie raccontò per sommi
capo la proposta di lavoro ricevuta da Kate, i suoi dubbi e la reazione di Castle, fino ad arrivare alla proposta di nozze ed al
rifiuto della detective. Alla fine del racconto, Esposito rimase in silenzio
elaborando quanto appena appreso.
-Io
lo capisco- disse, infine, aprendo bocca quasi a fatica. –Castle,
intendo. Io lo capisco. Anche io avrei reagito allo stesso modo se tu avessi
anche solo considerato la possibilità di trasferirti in un’altra città per
lavoro senza parlarmene.
-Andiamo,
Javi! A me non potrebbe mai capitare una cosa del
genere!- disse la donna messa in imbarazzo dalla serietà con cui Esposito aveva
parlato. –Per me si tratta sempre di tagliuzzare cadaveri; posso farlo ovunque
e sempre nello stesso modo.
-Ma
se capitasse, tu cosa faresti?- incalzò il detective.
-Che
cos…Javi, per favore, cambiamo argomento, ti va?
-No!-
il tono risoluto di Esposito non ammetteva repliche. –Tu cosa faresti?- chiese
di nuovo. Nel farlo si diresse verso la sua giacca abbandonata all’arrivo sul divano
dell’ingresso.
Quando
tornò davanti a Lanie, teneva tra le mani un astuccio
di velluto nero.
-Sono
settimane che me lo porto dietro cercando il momento ed il luogo giusto per
dartelo e forse non lo è nemmeno questo, ma non importa. Mi ero preparato un
discorso convincente…beh, almeno credo che lo fosse- l’uomo sospirò cercando di
riprendere il controllo delle sue pulsazioni, cosa davvero strana per un
tiratore scelto dei marines. –Lanie, non voglio
correre il rischio di rovinare tutto come ho fatto l’ultima volta e di
perderti. Non voglio aspettare che sia troppo tardi e che tu ti sia stancata di
me e di noi. Voglio dirti che ti amo e che sono pronto a prometterti che ti
amerò per sempre. Voglio dirti che sei la cosa più importante della mia vita e
che non mi importa se tutto questo ti suona banale. Voglio dirti che voglio te
ogni giorno della mia esistenza da oggi e per sempre. Quindi, LanieParish, vuoi sposarmi?
Angolo dell’autrice:
eccomi
con il secondo capitolo a tempo di record, ma non fateci l’abitudine :P
Questa
è la versione dell’immediato post 5x24 dal punto di vista di Kate: penso che se
lei mai dovesse dire di no, questa sono le ragioni che potrebbero spingerla a
farlo. Altrimenti è una pazza: chi potrebbe dire di no a Riccardone???
Ovviamente
bisogna vedere come l’ha presa anche Castle.
Il
finale del capitolo è per i fan degli Esplanie e mi
servirà anche per la trama. Ma per conoscere la risposta di Lanie
dovrete attendere ;)
-Credo che tu non abbia capito, mamma.
Ha detto di no. Non “dammi un po’ di tempo per pensarci” o “magari non subito,
ma in futuro sì”. Ha detto semplicemente no. È stata lapidaria in questo. E poi
ha fatto la cosa che le riesce meglio da sempre: scappare.
Richard Castle
misurava il salotto del suo loft a grandi passi da almeno mezz’ora continuando
a ripercorrere con la mente le ultime ore della sua giornata. Dove aveva
sbagliato questa volta? Davvero non riusciva a capirlo. Kate sembrava voler
fuggire da lui perché non le aveva dimostrato di essere pronto ad impegnarsi ed
ora che l’aveva fatto, e anche con un grosso anello, lei era comunque fuggita.
Cosa gli era passato per la testa? Doveva dare retta al suo istinto e non a sua
madre!
-Richard, devi cercare di capirla…
-Capirla, mamma? Capire LEI?-
sottolineò l’ultima parola con un astio nella voce che non gli era mai
appartenuto prima, perlomeno non quando si trattava della sua musa.
-Ma certo, tesoro! Lei è una donna
forte e indipendente! Si sarà sentita messa alle strette. L’hai costretta a
prendere una decisione!
-Beh, notizia dell’ultimo minuto,
mamma! La vita è piena di decisioni da prendere! Quindi non fare passare Kate
Beckett per una povera vittima della mia oppressione! Non questa volta!
-E’ solo spaventata. Non ha mai dovuto
fare un passo del genere con qualcuno prima…
-Ed io? Io non ho il diritto di essere
spaventato? Soprattutto visto che sto, anzi stavo, con una donna che non trova
di meglio nella vita che allontanarmi e ferirmi? Io non merito un po’ di
rispetto?
Martha osservava suo figlio disperarsi
per come le cose erano finite quel pomeriggio e non poteva evitare di sentirsi
in colpa: se solo non avesse instillato in lui l’idea di una proposta di
matrimonio, forse quei due avrebbero trovato un’altra strada per riconciliarsi.
Magari lunga e tortuosa, ma alla fine si sarebbero riuniti a modo loro.
-Tesoro, certo che lo meriti, ma il
punto è che tu tra i due sei quello…come posso dire…esperto in materia!
-Che vuoi dire? Che siccome sono già
stato sposato due volte per me tutto questo sia facile? E dire che pensavo che
proprio tu tra tutti potessi capire visto il tuo passato. Credi sia facile
aprirti di nuovo con qualcuno? Fidarti di un altro essere umano quando sei già
stato preso e abbandonato due volte? Credi che non avessi paura di fallire
anche questa volta?
-Certo che lo credo, Richard. Ed è per
questo che ora devi calmarti e fermarti un momento. Prenditi del tempo per
riflettere, ma non buttare tutto all’aria. Lasciale il suo spazio e vedrai che
quando avrete entrambi riflettuto su quanto accaduto vi ritroverete.
Lo sguardo di Rick spaventò Martha:
non aveva mai visto quegli occhi così cupi e freddi. Il solito azzurro
brillante aveva lasciato il posto ad una tonalità quasi glaciale e spenta. Non
era il suo Richard quello che ora stava davanti a lei.
-No. Non questa volta. Sono stanco di
essere preso in giro e sono stanco di aspettare che lei si senta pronta per
ogni minimo passo. Ho vissuto un anno di piccole cose che per lei erano
montagne invalicabili. Non voglio un cassetto in una camera da letto. Non mi
basta più. E lei non è disposta a dare di più. Ma io merito di più di una donna
che mi tiene all’oscuro della sua vita come se io fossi un intruso.
-Hai ragione- la voce di Kate risuonò
nell’appartamento costringendo lo scrittore a voltarsi di scatto. -Hai ragione,
Castle. Rick- si corresse non appena si rese conto di
quanto fastidio provocasse all’uomo il sentirsi chiamare per cognome dopo tutti
quegli anni. Come aveva fatto a non capire che anche solo quella piccola cosa
lo aveva ferito e tenuto a distanza? Era stata così cieca. Ma ora voleva
rimediare.
-Beckett, hai sprecato il tuo
preziosissimo tempo venendo qui. Non abbiamo nulla da dirci.
-Beh, io ce l’ho qualcosa da dirti-
rispose la donna cogliendo la durezza non solo nel volto di Rick ma anche nella
sua voce. I ruoli si erano invertiti: ora era lui ad avere costruito un muro
dentro di sé per tenerla lontana. –Ho sbagliato, Rick, e mi dispiace. Ho
sbagliato a non parlare con te di Washington e del lavoro e…
-Quanti? Quanti sapevano tutto?
-Rick…
-No! Voglio sapere! Tu chiedi sempre
scusa ma solo a metà. Vuoi che io ti ascolti? Allora raccontami la verità per
una volta.
-Ok. Ne ho parlato con mio padre, con Lanie e…con la Gates.
All’ultimo nome Rick si lasciò andare
ad una risata isterica e Kate lo aveva previsto.
-Ti rendi conto? Ne hai parlato prima
con la Gates. Anzi, scommetto che è stata in assoluto la prima persona a cui
l’hai detto. Ho indovinato, vero?
-Sì- rispose la detective con le
lacrime agli occhi.
-Queste sono le tue priorità, Kate. Il
tuo capo. La tua migliore amica. La tua famiglia. Io vengo dopo tutto questo.
Cosa ti dice di noi questo?- Castle ripropose la
stessa domanda che le aveva fatto il giorno prima a casa della donna ben
sapendo che anche in questo caso lei non avrebbe potuto trovare una risposta. -Mi
stupisce che tu non l’abbia ancora detto a Ryan ed Esposito…ma è perché ti
vergogni, non è così? Senti di tradirli andandotene. Mentre non ti sembra di
tradire me. Di nuovo situazione singolare, Kate. Qualsiasi cosa tu possa dire e
per quante scuse tu possa farmi, tutto questo non cambierà. Questa sei tu. E
pensavo di poterti amare così come sei, ma mi sbagliavo.
-Richard…- Martha intervenne a
rimproverare il figlio per l’eccessiva severità delle sue parole.
-No, Martha. Lui ha ragione. Ma…vorrei
che tu sapessi che ho solo avuto paura, che non ho mai dubitato di amarti e
che…voglio sposarti un giorno- un accenno di sorriso comparve sulle labbra di
Kate nella speranza che quelle parole potessero per un istante placare l’ira di
Rick.
L’uomo, da parte sua, la fissò con
serietà, gesto che la detective interpretò come una valutazione circa la
veridicità del discorso di Kate.
-Kate- il tono di Castle
si era fatto meno aspro –mi dispiace, ma ora sono io a non volerti più.
La donna sentì chiaramente il cuore
spezzarsi mentre le si annebbiava la vista a causa delle lacrime che ora non
riusciva più a reprimere. Non poteva credere di aver davvero perso Rick.
-Non posso fidarmi di te. Vai e vieni
nella mia vita come ti pare; mi allontani e mi riprendi come fossi un giocattolo
e a me questo non basta più. Oggi sei qui a dirmi che mi ami e che mi vuoi
sposare, ma domani mattina o più avanti quando ti chiederò di fissare una data,
ti prenderà di nuovo il panico. E così per ogni decisione che comprenda me. Mi
vedi come un ostacolo alla tua libertà, come qualcosa che limita quello che sei
invece che come qualcosa che può completarti davvero. Mi spiace, Kate. Ma è
finita. Questa volta per sempre.
La detective non si rese nemmeno conto
che Castle era uscito dalla stanza diretto nella sua
camera da letto. La loro camera da letto. Deglutì a fatica quando sentì un paio
di braccia che la accompagnavano delicatamente verso il divano.
-Kathrine,
mi dispiace così tanto. È tutta colpa mia. Sono stata io a mettere in testa a
mio figlio questa storia del matrimonio.
Beckett scosse la testa e tentò di
abbozzare un sorriso per consolare l’attrice.
-No, Martha. La colpa è mia. L’ho
perso perché l’ho allontanato dalla mia vita. L’ho tenuto fuori da ogni
decisione importante, sin dall’inizio. E ora…lui non ci sarà più.
-Non dire così. Lascia solo che
sbollisca la rabbia e la delusione e vedrai che tra qualche tempo tornerà da te
come ha sempre fatto.
La detective si asciugò le lacrime che
le rigavano le guance cercando la forza per alzarsi da lì e andarsene da quella
che nell’ultimo anno era stata praticamente casa sua.
-Penso che accetterò il lavoro a
Washington a questo punto. Non ho più motivo per restare.
-Un cambio d’aria farà bene ad
entrambi.
-Che vuoi dire ad entrambi?
-Oh, beh…credo che anche Richard
voglia andare via per qualche tempo. Forse negli Hamptons.
Forse a Los Angeles. Non lo so.
-Ma…tornerà, vero?
Martha fissò la giovane detective
accanto a lei con un senso di compassione profonda.
-Certo, che tornerà. Qui ci siamo io
ed Alexis. Questa è casa sua- Martha sperò di essere convincente, ma in cuor
suo aveva la sensazione che Rick questa volta avesse bisogno di un distacco più
netto da New York. Qualcosa che non gli ricordasse ad ogni passo l’esistenza di
Kate Beckett. Probabilmente non avrebbe nemmeno più scritto di Nikki Heat, ma questo era l’ultimo dei problemi per lei.
-Mi dispiace, Martha.
-Dispiace anche a me, tesoro.
E dopo un abbraccio madre-figlia Kate
richiuse alle sue spalle la porta del loft ti Rick. Era fuori dalla sua vita.
Per sempre.
Angolo dell’autrice:
Dunque,
qui si conclude il flashback su quanto accaduto subito dopo la proposta di
matrimonio. Rick pare irremovibile sulla sua decisione e io lo capisco pure,
povero!
Dal
prossimo capitolo si tornerà al presente e posso anticiparvi che Rick farà una
sorpresa a Kate. Ma per sapere se sarà bella o brutta dovrete aspettare e
leggere.
Per
ora grazie a tutti quelli che leggeranno questo capitolo…e arrivederci al
prossimo!
Erano trascorse più di 48 ore dalla
visita di Martha al distretto. Kate se ne stava in auto da ore sotto il palazzo
di Rick mentre guardava le finestre illuminate nel buio della notte newyorkese
chiedendosi se era giusto andare da lui, ripiombare nella sua vita dopo che
l’aveva esclusa con tanta decisione. Non sapeva trovare una risposta.
Il suo cuore le diceva di andare, di
salire quelle maledette scale e presentarsi da lui; la sua testa, invece, le
diceva che non era giusto dopo quello che era accaduto.
Si prese la testa tra le mani
appoggiando la fronte sul volante della sua Crown Victoria. Come aveva fatto a
ridursi così? Solo sei mesi prima entrava ed usciva da quel palazzo salutando
il portiere come un vecchio amico ed ora le pesava anche solo stazionare in
macchina a qualche metro dal portone!Non si riconosceva più: dov’era finita la donna decisa che era diventata
l’ispirazione per quattro best seller?
Ripensò alle parole di Martha al
distretto e a quanto, pur non sapendolo, avesse atteso di sapere che Rick era
tornato: aveva fantasticato per notti intere di rivederlo spuntare al 12th e di
poter riprendere da dove avevano interrotto. Ma mai in nessuna di quelle
fantasie lei si era ritrovata senza nulla da dire e con la paura che le
scorreva liquida nelle vene.
Inspirò un’ultima volta prima di
aprire lo sportello dell’auto.
Il portiere dello stabile, Frank, la
guardò come si è soliti osservare un fantasma, o meglio un morto risorto dalla
tomba. La detective sorrise al pensiero che Castle
avrebbe ben compreso la differenza tra quei due concetti a differenza di
chiunque altro nel mondo, ma bastò quel piccolo accenno a lui nella sua mente
per sentire di nuovo la paura pervaderla.
-Signorina Beckett. È tornata…anche
lei?- chiese titubante l’uomo.
-Sì, Frank. Diciamo di sì. Rick è in
casa?
-Sì. È appena rientrato. Devo
avvisare?
-No, preferirei fargli una sorpresa se
posso.
-Come desidera.
Già, una sorpresa. Se sarebbe stata
bella o brutta, Kate ancora non poteva saperlo. Man mano che l’ascensore
saliva, la detective sentiva mancarle l’aria nei polmoni: era arrivata fino a
lì, ma non aveva ancora pensato a cosa dirgli quando di sarebbero finalmente
rivisti. Il trillo dell’ascensore la richiamò alla realtà. Mancavano pochi
passi al loft di Rick e tremava come una ragazzina al suo primo appuntamento.
Non sapeva se era un bene.
Prese un profondo respiro prima di
suonare il campanello a lato della porta. Ma nessun respiro, nessuna pausa,
nessun addestramento, potevano prepararla a quello che stava per accadere.
-Detective Beckett!
-KyraBlaine?
***
Se ne stava seduta da pochi minuti su
uno degli sgabelli della penisola della cucina di Castle,
trascinata lì da una Martha perplessa e turbata almeno quanto lei. Kyra si era allontanata con la scusa di dover cercare Rick
e comunicargli che la sua grande amica Kate Beckett era appena venuta a
trovarlo.
-Mi dispiace, tesoro, non ne sapevo
nulla- esordì Martha non appena si fu assicurata che Kyra
si era allontanata sufficientemente da non percepire più le loro voci.
-KyraBlaine?- ripetè Kate più a se
stessa che all’attrice accanto a lei. -Come? E non è sposata?
-Beh, da quello che ho potuto capire, Kathrine- continuò Martha con tono cospiratorio -si sono
incontrati in Europa circa un paio di mesi fa. E pare che lei si trovasse lì
perché fresca fresca di divorzio. È stato un incontro
casuale a quanto pare, in un piccolo bistrot di Parigi. E da allora hanno
continuato a viaggiare per il vecchio continente insieme. Oh lo so cosa stai
pensando, Kate. Ma non può esserci nulla tra loro.
-Ne sei sicura, Martha? A me non
sembra. Si muove in questa casa come se fosse sua!- Kate non sapeva contro chi
rivolgere la sua rabbia. Le veniva più semplice indirizzarla verso l’intrusa
che si era permessa di rovinare la sua grande entrata con Rick e la loro
inevitabile riconciliazione (o almeno questa era l’idea che si era fatta la
detective nella sua testa) oppure meglio ancora verso Rick stesso che aveva
osato portare a casa loro un’altra donna. Ma in realtà Kate sapeva di dover
dare la colpa unicamente a se stessa: i suoi errori e le sue incertezze di sei
mesi prima ora si mostravano in tutta la loro gravità, perché Castle sembrava essersi scordato di lei e rifattosi una
vita con quella che lei sapeva essere stata il primo vero grande amore di Rick.
-Kate, questo non cambia nulla.
-Tu dici?- la frustrazione della donna
era palpabile. –Sono arrivata troppo tardi.
-Questo non lo puoi sapere. Non ho
avuto ancora modo di scambiare molte parole con Richard, ma non credo che le
cose siano già giunte a un punto di non ritorno. Conosco mio figlio, ragazza, e
se ti dico che non è più lo stesso sprovveduto di un tempo che si impegnerebbe
con la prima donna che gli capita sotto mano, devi fidarti di me.
Kate abbozzò un sorriso vendendo il
piglio battagliero di Martha, che tranquillizzò la ragazza poggiandole una mano
sull’avambraccio.
-Trova il modo di parlare con lui. Non
aspettare troppo. Io farò la mia parte, non preoccuparti!- Martha strizzò
l’occhio alla detective facendole cenno di rimanere in silenzio accennando con
il capo a Kyra che stava tornando verso di loro.
-Detective, Rick mi ha chiesto di
ringraziarla da parte sua per la visita, ma ora è occupato con Paula, la sua
agente, e non può proprio liberarsi al momento.
La gentilezza innata di Kyra, che Kate aveva già avuto modo di apprezzare anni
prima durante le indagini per l’omicidio della sua damigella d’onore, rendeva
estremamente difficoltoso detestarla e vederla come una nemica. La detective si
maledisse mentalmente per quello scherzo maldestro che il destino le aveva
giocato ma si decise a mostrarsi serena.
-Non si preoccupi, signora Murphy.
Calcò volutamente l’ultima parola: da
esperta detective quale era, sapeva benissimo come estorcere informazioni senza
doverle espressamente chiedere.
-Oh, mi chiami solo Kyra, detective. La signora Murphy è sparita circa tre mesi
fa.
-Mi dispiace. Sembravate così felici.
Kyra alzò le spalle con leggerezza ma l’occhio attento
della detective colse la sfumatura di tristezza che li ha velati per un
istante.
-Lo eravamo. Poi sono cambiate troppe
cose. E forse siamo cambiati anche noi. Tutto qui.
Calò un silenzio imbarazzante che Kate
interpretò come un invito ad andarsene dal loft.
-Io ora dovrei andare. Il lavoro mi
chiama- abbozzò di nuovo un sorriso, il migliore di quelli possibili in quel
momento.
-Il crimine non dorme mai, vero? È
stato un piacere rivederla, detective- Kyra allungò la
mano in direzione di Kate, che la strinse non riuscendo davvero a provare odio
nei confronti di quella donna.
-Anche per me, Kyra-
mentì, correndo poco dopo giù per le scale fino a farsi inghiottire dalla sua
auto dove finalmente avrebbe potuto piangere e dare libero sfogo alla sua
rabbia.
***
-Non posso crederci! KyraBlaine! Questa sì che è una
sorpresa!- esclamò Lanie.
Kate l’aveva subito raggiunta dopo
aver lasciato la casa di Castle e l’aveva trovata in
compagnia di Jenny. Da quando lei ed Espo si erano
messi a fare sul serio uscivano molto più spesso con Ryan e sua moglie, tanto
più che Kate era partita per Washington e Lanie era
rimasta sola senza la sua migliore amica.
-Chi è KyraBlaine?- chiese Jenny sempre curiosa di apprendere di più
sulla famiglia lavorativa di Kevin.
Kate raccontò per sommi capi del
passato sentimentale che legava Kyra a Rick, il SUO
Rick, e l’espressione di disappunto che lesse sul volto della donna non le
piacque.
-Avanti, Jenny. Dì quello che pensi.
La donna scrollò le spalle,
imbarazzata per essere stata scoperta così facilmente. -Io non penso niente…ok,
è solo che da come ne parli questa Kyra sembra….beh,
la donna perfetta per Rick.
Jenny sembrò farsi piccola sul divano
di Lanie sotto lo sguardo prima severo e poi depresso
della detective.
-Lo è, in effetti. Ed è dolce,
comprensiva, presente…è perfetta, hai ragione- la moglie di Ryan si rilassò
vedendo che Kate non aveva preso troppo male il suo commento. –Ed è proprio
questo il punto. Non ho speranze contro una come lei.
-Beh, ne parli come se fosse una
guerra, honey!- intervenne la patologa. –Castle avrebbe potuto avere Kyra
anni fa se solo lo avesse davvero voluto, lo sappiamo entrambe. Ma ha scelto di
lasciarla a Greg. Mentre Kyra sapeva che per lei non
c’era più posto nella vita di Rick, perché già innamorato di te. Tu hai già
vinto, bella!
-Ma questo, Lanie,
è successo anni fa! Sono cambiate un po’ troppe cose da allora. Prima fra tutte
il mio rifiuto alla proposta di Rick e la mia fuga a Washington!
-Ok, va bene. Ammettiamo pure che lui
possa provare qualcosa per questa Kyra, Kate. Ma è
stato innamorato anche di te. Qualcosa in te lo ha fatto capitolare…e quel
qualcosa è ancora dentro di te. Usalo! Riportalo da te come hai fatto la prima
volta!
-Jenny ha ragione! Sappiamo tutti come
è cominciata, giusto? Un omicidio. E tu risolvi omicidi tutti i giorni.
Stuzzica la sua curiosità, convincilo a seguirti di nuovo al distretto!
-Primo, tutto è cominciato per un caso
in cui LUI era coinvolto. E a meno di voler manipolare le prove su una scena
del crime (cosa che mi costerebbe il posto, per inciso) dovrei aspettare che Castle uccida davvero qualcuno!- rispose Kate. –E secondo,
lui ha continuato a seguirmi solo per scrivere i suoi libri. Ma da quello che
mi risulta, il suo ultimi libro su Nikki Heat è fermo
e non verrà mai pubblicato- anche questo le faceva male. Sapere che per lui non
era più nulla, nemmeno la copia vivente della sua eroina cartacea! L’aveva
davvero cancellata dalla sua vita nel modo più totale possibile.
-Allora inventa un caso come hai fatto
per il suo compleanno!
Il solo riferimento ad un anno prima
le fece stringere il cuore: ripensare a quanto erano felici in quei giorni le
faceva un male tremendo. Come aveva potuto buttare via tutto?
-Seriously?
Credi che ci cascherebbe di nuovo? E hai una vaga idea di quanto può volerci ad
organizzare una cosa del genere? Mi ci erano voluti mesi! Non ho mesi questa
volta, ma giorni! Se Kyra è quella giusta, non se la
farà scappare di nuovo!- un fastidioso nodo alla gola le venne a fare visita
quando realizzò quanto fosse concreta quell’ultima possibilità.
Nel sedersi vicino al bancone della
cucina, Kate si accorse di quello che le due amiche stavano facendo prima che
arrivasse da loro come un fulmine. Un cartellone bianco era disteso sopra il
tavolo ricoperto da piccoli talloncini con delle scritte sopra.
-Che stavate facendo?- chiese giusto
per deviare la conversazione dai suoi problemi a qualcosa di più allegro.
-Niente di che. Jenny mi stava dando
una mano con la disposizione dei tavoli per il matrimonio. Javier ha invitato
mezzo distretto e io sto impazzendo!
Kate rise per la prima volta da giorni
e questo la fece sentire bene…almeno fino a quando non notò un nome
accompagnato da un punto interrogativo.
-Castle?- lesse
ad alta voce.
-Lo so, tesoro! È solo che Javier ci
tiene ad averlo presente: da quando ha saputo che è in città non fa altro che
ripetermi che deve assolutamente invitarlo alle nozze. Ma se tu non te la senti
di vederlo, ci parlo io con lui e gli chiederò di non invitarlo.
-No! No, figurati, non è un problema.
Siamo comunque due adulti e sappiamo come cavarcela in pubblico anche se non
siamo più in buoni rapporti.
-Mi dispiace, Kate.
-Tranquilla, davvero! Non è un
problema! Ora devo scappare. È meglio che vada a casa a farmi una bella
dormita!
-Sicura di stare bene?
-Sì, Lanie.
Sto bene! Davvero! Castle è andato avanti e ha fatto
bene. Devo solo farlo anche io! Magari troverò anche un accompagnatore in tempo
per il tuo matrimonio!
-Sì e quando succederà saprò che il
mondo sta per finire!- scherzò Lanie.
il cellulare di Kate squillò
all’improvviso facendola sobbalzare.
-Beckett. Dove? Arrivo subito.- disse
rispondendo ad una chiamata dal distretto. -Un omicidio. Devo andare. Ci
sentiamo domani, Lanie! E buonanotte, Jenny!
-Buonanotte- rispose la donna mentre
Kate se ne andava di corsa.
Angolo dell’autrice:
ci sono alcune cose che ritengo di dover spiegare. Allora…forse
vi sembrerà banale la scelta di mettere in campo una donna vicino a Rick, ma la
mia “donna” ha due caratteristiche un po’ diverse dal solito. Per prima cosa
non si sa ancora se i due sono una coppia a tutti gli effetti. Si sa solo che
si sono incontrati in Europa in un momento difficile per entrambi, ma come ha
detto Martha Rick è un uomo molto diverso ora da quello che era all’inizio
della serie quindi non prenderebbe più la cosa alla leggera. E proprio per far
capire questo ho scelto di mettere al suo fianco non una donna qualunque ma LA
donna: Kyra, la sola vera potenziale nemica di Kate. Si
sa che il legame tra Kyra e Rick è sempre stato forte
e autentico, quindi è la sola persona che possa davvero impensierire Beckett.
Inoltre Kyra non è odiosa, altrimenti per la nostra
Kate sarebbe tutto troppo semplice, non trovate?
Vabbè…ad ogni modo…spero che vi sia piaciuto. =)
a presto!
Non
appena la detective Beckett mise piede in uno dei lussuosi palazzi dell’Upper Est Side, i colleghi Ryan ed Esposito le vennero
incontro muniti di taccuini sui quali di certo avevano già provveduto ad
annotare le prime informazioni utili sul caso.
-Allora,
cosa abbiamo?
Ryan
aprì il suo taccuino e lesse diligentemente: -La nostra vittima è un maschio
bianco, sui 40-45 anni circa. A quanto pare è arrivato in città solo un paio di
giorni fa e ha acquistato l’attico del palazzo tramite una società di
intermediazione immobiliare circa tre mesi fa.
-Non
sappiamo il nome?- chiese la donna dopo aver ascoltato le prime sommarie
informazioni raccolte da Ryan.
-Non
ancora. Abbiamo perquisito l’appartamento ma non abbiamo trovato portafogli o
un qualsiasi un documento personale. Ma- continuò Esposito anticipando
l’osservazione di Beckett -abbiamo già chiesto richiesto alla centrale di
verificare nei registri pubblici quale immobiliare abbia trattato la vendita e
chi sia il compratore. Avremo la risposta a breve, credo.
Kate
annuì soddisfatta del lavoro già svolto dai colleghi, anche se non aveva mai
nutrito dubbi sulla loro professionalità.
-Chi
l’ha trovato?
-Il
portiere. Era arrivato un pacco per l’interno della vittima e glielo stava
consegnando.
-Causa
della morte?
-Perlmutter è ancora di sopra con il cadavere, ma per quello
che abbiamo potuto vedere si tratta di un colpo d’arma da fuoco che l’ha colpito
in piena fronte.
-Un’esecuzione?-
suggerì la detective.
-Difficile
da dire, Beckett. È stato sparato un solo colpo, ma questo non è sufficiente né
a confermare né ad escludere l’ipotesi di un tiratore esperto- concluse
Esposito attingendo alla sua esperienza nelle forze speciali.
La
detective raccolse tutte queste informazioni immagazzinandole mentalmente
dentro di sé, ma evitando di elaborarle: per ora si era limitata a registrare
ogni dettaglio che le potesse essere utile per tenere la mente libera da qualsiasi
pregiudizio prima di aver visto il cadavere.
-Ok.
Grazie, ragazzi. Voi continuate con i soliti rilievi del caso. Parlate con gli
altri inquilini del palazzo: anche se è qui da pochi giorni, magari qualcuno lo
conosceva o ha visto qualcuno di sospetto aggirarsi qua attorno. Io, intanto,
salgo da Perlmutter!
-Auguri!-
rispose di rimando Ryan. -Oggi è più intrattabile del solito. Ed è tutta colpa
della tua ragazza!- disse rivolto all’ispanico.
-Ehi!
Lanie è occupata con l’organizzazione del matrimonio,
non può fare turni doppi o straordinari!
-Potevi
offrirti di fare tu qualcosa per le nozze- suggerì Ryan il cui unico intento
era quello di provocare l’amico.
-credi
che non ci abbia provato? Ogni volta che ho mosso un dito, le mi idee sono
state miseramente bocciate. Quindi, passo la mano, amico!
-Ok,
ragazzi. Ci penso io a Perlmutter! So come tenerlo a
bada!
Kate
fece per dirigersi verso l’ascensore quando venne raggiunta da Esposito.
-Ehi,
Becks! Posso…posso parlarti un secondo?
-Ma
certo! Di che si tratta?
-Del
matrimonio. Il fatto è che…beh, io…
-Vuoi
invitare Castle- concluse Kate evitando all’amico di
dover pronunciare il nome dell’uomo. -Tranquillo, Javi.
Lo capisco ed ho già detto a Lanie che per me va
bene. Davvero!
-Oh…allora
è tutto ok?
-Sì.
Sì, è tutto ok!- rispose la detective mentre con la mano dava un piccolo
colpetto sul braccio di Esposito, il quale per tutta risposta sorrise
rincuorato.
Senza
aggiungere altro, la detective si infilò nell’ascensore del palazzo
appoggiandosi alla parete quando le porte si chiusero davanti a lei. Parlare di
Castle era per lei ogni volta come ricevere un pugno
nello stomaco. Era così dal giorno in cui lui l’aveva respinta…ma ora che era
tornato e che era con Kyra il solo pensare a lui era
una tortura. Un’autentica tortura. Anche se faceva di tutto per evitarlo,
continuava ad immaginare Rick e Kyra seduti sul
divano del loft intenti a guardarsi un film condividendo un cestello di popcorn
caldi e molto salati, come piacevano a Rick. Oppure li vedeva in quello che era
il loro letto…nella loro vasca da bagno…
Chiuse
gli occhi per scacciare dalla sua mente queste immagini e solo il trillo
dell’ascensore la costrinse ad aprirli. Prima di scendere inspirò profondamente
per liberarsi da ogni tensione che poteva interferire con il suo lavoro e solo
quando fu sicura di aver ripreso totalmente il controllo di sé entrò
nell’appartamento della vittima.
Il
poliziotto all’ingresso accennò con il capo alla cucina, dove la detective
trovò Perlmutter ancora inginocchiato accanto al
cadavere.
-Dottor
Perlmutter- disse Beckett avvicinandosi al medico
legale. -Può già dirmi qualcosa sulla vittima?
Quello
però che vide quando si avvicinò al cadavere la confuse a tal punto da non
sentire la risposta del patologo.
-Detective
Beckett? È con noi?- la riprese l’uomo.
-Sì…io.
Sì.
-Mmhh…aver passato del tempo con quello scrittore da quattro
soldi ha leso i neuroni del tuo cervello, detective?
-Cos…?
No. No. È solo che…conosco la vittima.
***
-Greg
Murphy?- chiese Ryan con lo sguardo perplesso mentre la detective Beckett
ancora incredula attaccava l’immagine della vittima sulla lavagna del delitto.
-Avanti,
Ryan! Non dirmi che non te lo ricordi! È…beh, era il marito di KyraBlaine!- la spiegazione di
Esposito rinfrescò i ricordi dell’irlandese che annuì convinto.
-Ex
marito- intervenne Kate sapendo che questa precisazione le sarebbe costata una
serie di spiegazioni che avrebbero riaperto una ferita che stava cercando di
tenere chiusa ad ogni costo. Decise di giocare d’anticipo con i colleghi e di
raccontare tutto prima che loro potessero fare domande e quando arrivò alla
fine ringraziò il cielo per il fatto che nessuno dei due osò chiederle come si
sentisse dopo aver visto Kyra a casa di Rick.
-Beh,
questo spiega perché abbia acquistato l’appartamento tre mesi fa. Coincide con
la data del divorzio- fu ciò che disse Esposito.
Kate
annotò l’osservazione sulla lavagna mentre Ryan faceva notare che c’era almeno
un’altra strana coincidenza. -Guarda caso Greg è tornato a New York quasi
contemporaneamente alla ex moglie. Altra coincidenza?
-Non
ci sono coincidenze nei casi di omicidio, bro! E se
aggiungiamo il fatto che i due stanno divorziando e che probabilmente si tratta
di un divorzio da milioni di dollari…beh, ecco il movente!
Beckett
avrebbe tanto voluto rincarare la dose e confermare le accuse di Esposito, ma
per quanto desiderasse mettere Kyra fuori gioco per
potersi riprendere Rick o almeno avere la speranza di poterlo fare, Kate
restava sempre il miglior detective della città e non poteva permettere che le
sue aspirazioni personali le offuscassero il giudizio.
-Ragazzi!
È una buona teoria, ma solo una teoria. Servono delle prove. Ora…dagli
interrogatori dei vicini non è emerso nulla di interessante. Inoltre, Perlmutter mi ha anticipato che l’ora della morte può
collocarsi indicativamente tra le 20 e le 22 di ieri sera. Quindi, Greg Murphy
è rimasto in città solo 24 ore circa prima di essere ucciso!
-Benvenuto
a New York- fu il commento sarcastico di Esposito.
Beckett
sorrise prima di puntare il suo pennarello di nuovo sulla lavagna per
evidenziare l’intervallo della morte.
-Sarà
il caso di scoprire cosa ha fatto Greg in queste 24 ore e di capire dove fosse
prima di arrivare in città e soprattutto perché abbia deciso di venire qui
proprio l’altro giorno. Come ha detto Espo, le
coincidenze non esistono.
-Me
ne occupo io, Becks- disse l’ispanico.
-Perfetto.
Voglio sapere tutto della vita di Greg. Professione e vita privata, conti
correnti, polizze assicurative. Tutto. Voglio sapere se conosceva qualcuno in
città o se era qui per affari. Concentrati anche sulle pratiche del divorzio: Greg
aveva un fondo fiduciario piuttosto cospicuo e sarebbe interessante capire a
chi è andato dopo la fine del matrimonio o a chi andrà ora che è morto.
-Ho
capito. Insomma, ricerca a tappeto.
-Esatto.
Invece, tu, Ryan, re di tutti i dispositivi elettronici, dovresti controllare
carte di credito e pagamenti delle ultime 48 ore. E fatti mandare anche le
telecamere dell’ascensore del palazzo della vittima.
-Già
fatto, Beckett. Anche se ho controllato: c’è almeno un altro punto di accesso
al pianerottolo dove c’è l’appartamento di Greg, le scale di sicurezza interne,
e quelle purtroppo non sono monitorate da nessuna telecamera. L’assassino
potrebbe essere passato da lì.
-Ok,
beh…tentiamo comunque.
-Un’altra
cosa- aggiunse Ryan sfogliando il suo taccuino. -L’appartamento di Greg è stato
ristrutturato poco prima che lo acquistasse. I precedenti proprietari hanno
installato una serratura magnetica che registra ogni apertura della porta. Mi sono
fatto mandare anche le registrazioni elettroniche della serratura.
-Hai
fatto bene- continuò Kate allontanandosi dalla lavagna per osservare più in
generale i fatti (pochi per la verità) di cui era a conoscenza fino a quel
momento.
-Il
cellulare? Non è stato trovato tra gli effetti personali, mi sembra.
-No,
sparito come il portafoglio.
-Ma
non mi sembra plausibile che si tratti di un furto- aggiunse Esposito.
Ryan
scosse la testa evidentemente condividendo la conclusione dell’amico: -No,
nemmeno io lo credo. Tutto l’appartamento è fin troppo in ordine a parte
qualche camicia qua e là. Se fosse stato un furto, il ladro avrebbe messo sotto
sopra la casa per trovare contanti o gioielli. Qualunque cosa di valore che
fosse facile da rivendere. Non un cellulare, facilmente rintracciabile con il gps.
-Ok.
Ryan occupati anche di questo. Vedi se Greg aveva qualche contratto telefonico
a suo nome e vedi se riesci a rintracciare un numero. Inoltre, controlla le
chiamate nell’appartamento. Stava lì solo da due giorni, ma di certo
l’assassino sapeva che ci abitava anche se da poco tempo. Per cui…potrebbero
essersi sentiti.
-Provvedo
subito, capo.
Mentre
Ryan ed Esposito si misero al lavoro davanti ai loro pc, Beckett stette in
piedi davanti alla lavagna mordendosi l’interno della guancia, pensierosa. Il
destino aveva decisamente uno strano senso dell’umorismo con lei. Le aveva
fatto ritrovare Castle solo per vederselo portare via
da Kyra, neodivorziata, il
cui marito ora giaceva immobile nella sala autopsie del distretto.
-Detective
Beckett. Le posso parlare?- Victoria Gates era spuntata dal suo ufficio non
appena si era resa conto che la consueta riunione di aggiornamento tra Kate e
la sua squadra era terminata.
La
donna senza rispondere si diresse nell’ufficio del capitano chiudendo poi la
porta alle sue spalle in attesa che la Gates parlasse.
-Detective,
mi risulta che lei conosca già le persone coinvolte nel caso.
-Diciamo
che ho avuto a che fare con la vittima in passato per un altro caso di omicidio,
signore, ma non direi che la conoscevo.
Gates
annuì mentre scrutava una Kate sempre più a disagio.
-Signore,
per quale motivo mi ha convocata qui?- Beckett odiava sentirsi sotto torchio
soprattutto se a torchiarla era il capitano Gates.
-Ho
rintracciato la moglie, detective. E pare che al momento alloggi a casa del
sig. Castle. Lei questo lo sapeva?
Kate
serrò ancora più saldamente la mascella prima di rispondere: -Sì, signore. L’ho
scoperto poco fa.
-Crede
che la sig.ra Murphy possa avere a che fare con la morte del marito?
-Non
lo so, signore. Non ho ancora nessun elemento per affermare o escludere la sua
responsabilità.
Una
nuova pausa di silenzio annunciò a Kate che il capitano stava per arrivare al
nodo della questione.
-Lei
sa che nella maggior parte dei casi gli omicidi hanno motivazioni passionali e
familiari. I coniugi hanno sempre un posto speciale nelle liste di sospettati.
-Sì,
lo so signore.
-Il
fatto che questa donna sia un’amica del sig. Castle
influenzerà la sua indagine, detective?- Kate colse il particolare accento con
cui la Gates aveva appena definito Kyra un’amica di
Rick. Il significato sottointeso era abbastanza palese per chiunque, ma non era
da Kate lasciare che qualcuno potesse mettere in dubbio la sua professionalità.
-Signore,
se KyraBlaine è colpevole,
mi assicurerò che paghi per il suo crimine. Chiunque frequenti in questo
momento.
-Dunque,
è come sospettavo. La sig.ra Murhpy e Castle…
-Non
lo so, signore.
Victoria
Gates annuì, fingendo di credere all’imparzialità di Beckett: del resto, ogni
volta che un’indagine l’aveva toccata personalmente, Kate non aveva dimostrato
di saperla gestire nel miglior modo possibile; ma nonostante questo, Beckett
era il suo uomo migliore.
-D’accordo,
detective. Mi auguro che non lascerà al sig. Castle
la libertà di seguire le nostre indagini come in passato, visto che a quanto
pare è coinvolta una persona a cui è…legato.
-No,
signore.
-Può
andare, detective.
-Sì,
signore.
***
Per
la seconda volta a poche ore di distanza Kate Beckett si ritrovò parcheggiata
davanti al palazzo di Castle. Solo la sera prima lei
non sapeva cosa l’aspettava una volta varcata la soglia del loft dell’uomo che
solo sei mesi prima le aveva chiesto di sposarlo; ora sapeva che salendo
avrebbe trovato Kyra, magari seduta per la colazione
accanto a lui in compagnia di Martha e Alexis. Una famiglia.
Esattamente
quello che Rick desiderava.
Esattamente
quello che anche Kate desiderava.
Angolo dell’autrice:
chiaramente
per Castle e Beckett non c’è modo migliore per
riavvicinarsi se non un bel cadavere che spunta dal nulla. E perché non il
cadavere dell’ex marito di Kyra complicando ancora di
più le cose?
Posso anticiparvi
che nel prossimo capitolo ci saranno un po’ di chiarimenti sulla situazione
Rick-Kyra nonché il primo incontro della nostra
coppietta. A presto!
-Era
ora che tu tornassi a sederti dietro quella scrivania, Richard!
Castle sollevò lo sguardo
dal suo computer per puntarlo dritto negli occhi della madre che se ne stava
ferma davanti all’ingresso dello studio in una delle sue sgargianti vestaglie
colorate.
-Sto
solo controllando le email, mamma. Non esaltarti troppo!
-Richard!
Non credi che dovremmo parlarne?
L’uomo
sospirò sonoramente manifestando tutto il suo disappunto per la situazione che
si era venuta a creare. Aveva tentato in tutti i modi possibili di evitare di
restare solo con Martha proprio per evitare di dover affrontare imbarazzanti
conversazioni con lei che di certo avrebbero portato alla luce almeno due
argomenti spinosi che Rick voleva ad ogni costo eludere.
-Non
c’è niente di cui io debba parlarti al momento. Quindi, se non ti dispiace,
vorrei tornare a concentrarmi su questa email.
-Così,
vuoi farmi credere che la visita di ieri pomeriggio da parte di una certa
detective non ti ha scosso?
-Nemmeno
un po’ mamma- si costrinse a mentire Rick.
Quando
Kyra il pomeriggio precedente era venuta ad annunciargli
che Kate Beckett era nel salotto, il suo cuore si era istantaneamente fermato.
Sapeva che prima o poi le loro strade si sarebbero incrociate una volta
rientrato a New York, ma non poteva più stare lontano da casa. New York era la
sua casa, c’erano sua madre ed Alexis, e l’uomo maturo e responsabile che era
diventato anche grazie alla detective Beckett non poteva permettersi di
trascurare le due persone più importanti della sua vita. Però, dovette
ammettere a se stesso che quella visita era avvenuta fin troppo presto e lui
non era ancora pronto a trovarsi vicino a lei. Si sentiva ancora troppo debole
e fragile per affrontare quegli occhi e quel sorriso, che, ne era certo,
l’avrebbero fatto capitolare in breve tempo.
-Non
ti credo. E sai perché, Richard? Perché se così fosse, Kyra
non dormirebbe nella stanza degli ospiti, ma nella tua- rispose Martha mentre
si avvicinava con passo lento alla scrivania del figlio. -Non sei l’unico
investigatore della famiglia, mio caro!
Castle si lasciò ricadere
mollemente sulla poltrona di pelle incrociando le dita delle mani sul ventre
non più propriamente atletico: il viaggio in Europa era stato un ristoro per
l’anima quanto per il corpo.
-Dì
quello che devi dire e poi chiudiamo per sempre questo argomento.
-Con
piacere!- continuò con un movimento sinuoso della mano che accompagnò le sue
parole sempre misurate e ben ponderate. -Perché non l’hai voluta incontrare
ieri? Quella ragazza è venuta qui per te. Per parlare con te. Per chiederti
scusa, di nuovo.
-Credi
che non lo sapessi? Per questo non l’ho voluta vedere: so che mi avrebbe
rifilato le stesse identiche giustificazioni di sei mesi fa e io…io non posso
ascoltarle ancora. Non è cambiato nulla per me. Né per lei.
Martha
non era sicura di come interpretare le parole del figlio: c’era della rabbia,
questo era evidente, ma soprattutto c’era frustrazione, come se Richard in cuor
suo non desiderasse altro che perdonare Kate e riprenderla con sé, ma si
sentiva bloccato da qualcosa. Paura, forse?
-Tutto
è cambiato, tesoro! Kate prima di tutto. È andata a Washington ma è tornata
dopo tre mesi, quando ha capito che tu eri più importante di qualsiasi lavoro,
e ti ha cercato incessantemente per giorni! È venuta da me ogni giorno per
settimane, Richard, chiedendo di te, implorandomi di rivelarle dove tu fossi.
Questo deve pur significare qualcosa, non credi?
-Mamma-
la voce di Rick era chiaramente incrinata ma lo scrittore tentava comunque di
rimanere impassibile. -Questo mi dimostra solo che Kate è sempre la stessa
donna insicura che cambia idea su ogni cosa. Desiderava Washington e la task
force federale più di me…dopo tre mesi cambia idea e torna a New York. Chi ti
dice che fra sei mesi non vorrà di nuovo qualcos’altro?
-Richard…
-No,
senti…io lo so che non è colpa sua, ok? So che non lo fa apposta a tirarsi
indietro quando le cose si fanno più serie. Questo l’ho capito ma è proprio per
questo che per me è ancora così difficile anche solo pensare di stare nella
stessa stanza con lei! Finirei per ricadere nel medesimo errore che ho già
commesso e non credo di riuscire a riaffrontare tutto questo di nuovo.
La
donna restò in silenzio per qualche istante assimilando le parole del figlio.
-Ma
se sei ancora innamorato di lei, perché hai portato qui Kyra?
-Perché
lei è stata una boccata d’aria fresca. È tutto quello che Kate non è e non
potrà mai essere. Kyra è semplicità e leggerezza,
mentre con Kate è sempre tutto così complicato, come una partita a scacchi. E io
sono stanco di dover meditare e programmare ogni mossa come se stessi camminando
in una cristalleria. So che in un rapporto non più essere tutto semplice, ma
con Kate è tutto una battaglia…e non credo che l’amore debba essere così.
Quando
Castle si passò convulsamente le mani tra i capelli,
Martha comprese che la discussione doveva ritenersi chiusa: suo figlio aveva
ampiamente chiarito la propria posizione e per quanto lei fosse soddisfatta per
il fatto che ci fosse ancora uno spiraglio per Kate, non riteneva per ora
opportuno insistere con lui per un nuovo incontro con la detective.
D’altra
parte Martha aveva sempre creduto nel potere del destino e anche in questa
occasione si voleva affidare ad esso: Richard e Kate erano fatti l’uno per
l’altra e Martha lo sapeva; era solo questione di tempo e avrebbero trovato il
modo di riavvicinarsi. Nel frattempo, magari, avrebbe cercato di tenere lontana
Kyra da suo figlio…giusto per maggior sicurezza.
Lo
stato di prostrazione di Rick gli impedì di sentire il campanello della porta,
che invece non sfuggì all’attrice.
Senza
aggiungere altro, Martha uscì dallo studio del figlio e in pochi passi fu
davanti alla porta.
-Katherine!
Decisamente
il destino aveva una certa fretta!
***
-Martha!
Mi dispiace disturbarti a quest’ora- esordì la detective notando che la donna
indossava ancora la vestaglia, la stessa che lei le aveva regalato nell’unico
Natale che lei e Rick hanno passato insieme. Di nuovo una stretta allo stomaco
le venne a far visita ma decise di ignorarlo e di concentrarsi sul motivo che
l’aveva condotta lì di prima mattina.
-Darling,
non credo che in questo momento Richard…
-Non
sono qui per lui, Martha. Ma per Kyra. Devo parlare
con lei per lavoro.
Furono
forse queste ultime parole che spinsero Castle ad
uscire dallo studio e a presentarsi davanti a Kate.
Nello
stesso momento in cui i loro occhi si incrociarono fu chiaro per entrambi che i
sentimenti che li avevano legati per più di cinque anni erano ancora lì, forti
e travolgenti come sempre.
-Rick-
fu tutto quello che la detective riuscì a dire davanti a quegli occhi rossi e
gonfi che di certo avevano appena pianto.
L’uomo,
invece, restò a fissarla come si osserva uno spettro che ci perseguita giorno e
notte impedendoci di continuare a vivere.
-Cosa
vuoi da Kyra?- disse Castle,
il tono di voce più duro di quanto avrebbe voluto. Avrebbe voluto dirle che le
era mancata, ma l’orgoglio e forse anche
la paura lo avevano bloccato.
-Devo
parlare con lei, Castle- Kate incassò il colpo con
eleganza, fingendo che le attenzioni di Rick per Kyra
prima che per lei non l’avessero ferita.
-Sta
ancora dormendo.
Possibile
che ogni frase che usciva dalla bocca di Castle fosse
una pugnalata? Beckett si immaginò Kyra ancora
addormentata nel letto che un tempo era appartenuto a lei, ma si costrinse a
restare impassibile.
-Sarebbe
meglio che tu la svegliassi.
-Ci
penso io- si inserì Martha. Il destino aveva voluto che Kate piombasse da loro
proprio quando Richard si era mostrato ancora vulnerabile alla presenza della
detective. Chi era lei, Martha Rodgers, per
contestare le scelte del destino? Era il momento di lasciare quei due da soli;
così, senza aspettare che Rick potesse trovare una scusa per andarsene da lì,
Martha si allontanò su per le scale, seguita con gli occhi da una Kate confusa
e perplessa.
Calò
un silenzio imbarazzante che nessuno dei due sembrava in grado si spezzare. Il
cervello di Kate elaborava velocemente la nuova informazione: se Martha era
salita al piano superiore significava che Kyra
occupava la stanza degli ospiti e non la camera di Rick. Questo le infuse il
coraggio necessario per fare il primo passo.
-Sei
sparito.
-Avevo
bisogno di restare solo.
-Con
Kyra?- Kate non avrebbe voluto risultare così
sarcastica ma la sua voce e il suo sopracciglio fin troppo inarcato avevano
parlato per lei.
-Non
credo che siano cose che ti riguardano- rispose Castle
non risparmiandosi una certa acidità. -Comunque, no: ci siamo incontrati molto
dopo la mia partenza da New York.
Di
nuovo il silenzio, interrotto solo dal ticchettio dell’orologio della cucina.
-Mi
dispiace.
-L’hai
già detto altre volte, perché sapevi che mi bastava questo per tornare da te.
Sapevi che mi bastava una flebile speranza perché io dimenticassi le ferite che
mi lasciavi.
-Castle…
-Kate,
ti prego. Abbiamo avuto la nostra possibilità e l’abbiamo sprecata. Ora
lasciami andare avanti. Almeno questo me lo devi.
La
donna annuì ancora una volta sopraffatta dal senso di colpa e di impotenza davanti
agli errori commessi. C’era di buono che Rick ora non sembrava più avercela con
lei e questo rispetto al loro ultimo incontro era un enorme passo avanti.
-Certo,
Rick. Scusami.
Castle le sorrise per la
prima volta dopo tanto tempo e anche se Kate sapeva che era solo un gesto di
cortesia si sentì riempire il cuore perché quel sorriso, anche se spento e velato
di tristezza, era per lei.
-Detective
Beckett. Martha mi ha detto che deve parlarmi. È successo qualcosa?
La
voce allarmata di Kyra le giunse alle spalle
facendola sobbalzare. Improvvisamente si ricordò il motivo per cui si trovava
lì e realizzò quello che stava per accadere. C’era un omicidio da risolvere, un
vittima che doveva avere giustizia, una donna che si preparava ad affrontare un
grande dolore. Rick riconobbe i segnali di quanto stava per succedere sul volto
di Beckett e il suo vecchio istinto da scrittore/poliziotto tornò a ruggire
prepotente dentro di lui.
-Kyra, forse è meglio se ti siedi- disse e raccolse il muto
ringraziamento di Kate per quell’aiuto inaspettato.
-C’è
una cosa che devo dirle, sig.ra Murphy- la detective lasciò che la donna si
sedesse ma dovette costringersi a restare calma quando vide Rick appoggiarle
dolcemente una mano sulla spalla, mano che Kyra
afferrò subito con ansia. Nemmeno quel moto di gelosia repressa sfuggì allo
scrittore che però rimase dove era ben sapendo che ora era Kyra
quella ad avere più bisogno di lui.
-Mi
dica, detective.
-Sig.ra
Murphy….Kyra…suo marito Greg…è stato ucciso.
Angolo dell’autrice:
dunque, mi pare di aver chiarito alcune cose essenziali
almeno dal punto di vista di Castle. L’amore c’è
ancora, ed è anche molto forte, ma Rick ha deciso di voler andare avanti
nonostante questo. Kate probabilmente non è della stessa idea, ma per il
momento non può far altro che accettare la cosa. Nel prossimo capitolo si
delineeranno ancora meglio le dinamiche di questo trio, o almeno spero :P
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e che hanno
recensito.
-So
che è difficile, Kyra, ma dovrei farle qualche
domanda. Se la sente di rispondermi?
Beckett
si era accomodata sul divano accanto alla donna e appoggiava una mano sulla sua
gamba per infonderle un minimo di sicurezza; dalla parte opposta, Rick
consolava Kyra lasciando lunghe carezze sulla sua
schiena, gesto che la detective si sforzò di non osservare.
-Io…va
bene, detective. Se pensa che possa essere importante, va bene.
-La
ringrazio- Kate inspirò profondamente prima di cominciare. Questa era la parte
del suo lavoro che più odiava e amava allo stesso tempo: costringere amici e
familiari a ripercorrere gli ultimi momenti passati con la vittima era una
sofferenza indescrivibile e lei più di chiunque altro poteva saperlo. Castle intuì i suoi pensieri perché per un istante smise di
prestare attenzione a Kyra per dedicare un sorriso
comprensivo solo a Kate: come poteva essere ancora così attento e sensibile nei
suoi confronti dopo quanto accaduto? -So che avete divorziato qualche mese fa,
ma lei sa come mai suo marito si trovasse a New York?
Kyra scosse la testa:
-No, detective. Voglio dire, quando ci siamo visti per firmare le carte del
divorzio Greg mi aveva detto di aver intenzione di acquistare un appartamento
qui, ma non mi ha mai detto per quale ragione. Immagino sia per questioni di
lavoro.
-Lavoro?
Aveva dei clienti qui?
-Non
lo so, non ho mai voluto sapere dei suoi affari. Penserà che sono stata una
pessima moglie o lui un pessimo marito- aggiunse Kyra
con un mezzo sorriso.
-Non
è così, Kyra. A volte anche in un rapporto perfetto
tendiamo a chiuderci in noi stessi, a tenere dei segreti senza motivo. Forse
solo per non caricare gli altri delle nostre paure e angosce- Kate si sforzò di
mantenersi concentrata su Kyrabenchè
avesse la certezza che ora Rick la stava osservando. Quelle parole erano
rivolte tanto alla donna seduta accanto a lei quanto allo scrittore.
-Credo
fosse così anche per Greg. Diceva sempre che non dovevo preoccuparmi per il
lavoro, che ci avrebbe pensato lui a mantenere il mio stile di vita. Non che io
l’avessi sposato per i soldi, ma…era fissato: non voleva che mi mancasse nulla.
-La
amava molto, Kyra.
-Già…all’inizio
almeno.
-Posso…posso
sapere il motivo per cui avete divorziato.
-E’
proprio necessario?- intervenne Castle nel tentativo
di proteggere la donna evitandole chiaramente di rivangare spiacevole ricordi.
-Non
preoccuparti, Rick. È giusto che la detective Beckett voglia saperlo. Beh, mi
aveva tradita. Per qualche tempo ho pensato di poterci passare sopra, ma col
tempo ho capito che anche se lo avevo perdonato non riuscivo a dimenticare. Mi
era impossibile lasciarmi accarezzare o baciare da lui. Quindi…ho preferito
lasciarlo libero di trovare qualcuno che potesse renderlo di nuovo felice.
Kate
si morse l’interno della guancia mentre riportava sommariamente queste
informazioni nel proprio taccuino: quando aveva trovato il corpo di Greg una
parte di lei, piccola e meschina, aveva sperato di poter facilmente incolpare
di quella morte Kyra così da eliminarla dalla sua
strada, ma ora addirittura si trovava a solidarizzare con lei, a volerla
confortare. Era troppo.
-Sa
se suo marito avesse qualche nemico? Qualcuno che lo abbia minacciato?
-No,
no, detective. Io…non lo so. Mi dispiace, so di non esserle d’aiuto.
-Non
si preoccupi. Un’ultima domanda: quand’è stata l’ultima volta che lo ha visto, Kyra?
La
donna non sembrò doverci riflettere molto prima di sorridere mestamente.
-Il
giorno del divorzio. L’ultima cosa che gli ho detto è stata “Addio,
Greg”…almeno erano le parole appropriate- commentò sarcastica, prima di
scoppiare in lacrime e di rifugiarsi nell’incavo della spalla di Rick.
-Ehi,
non è colpa tua. Va tutto bene, Kyra. Va tutto bene.
La
dolcezza con cui Rick aveva pronunciato il suo nome e la abbracciava fece
sentire Kate un’intrusa. Serrò la mandibola con forza per costringersi a non
versare una lacrima e si alzò in silenzio dal divano accompagnata dallo sguardo
di Rick che non la perse di vista un istante.
Era
già arrivata alla porta quando lui la fermò prendendola per un braccio. Kate
chiuse gli occhi a quel contatto prima di voltarsi verso di lui.
-Posso
darti una mano con il caso?- chiese l’uomo deglutendo vistosamente a disagio.
Forse non era quello che davvero desiderava passare tutto quel tempo accanto a
Kate, accanto alla donna che lo aveva ferito e per la quale provava ancora un
sentimento così forte da spaventarlo, ma lo doveva a Kyra.
Aveva risolto tanti casi di omicidio per illustri sconosciuti e ora che poteva
lenire le sofferenze di una persona a cui teneva voleva poter contribuire in
qualche modo.
-E’
meglio di no, Castle. Sei coinvolto in prima persona.
Conosci la vittima e tu e Kyra…- Kate non riuscì a
finire la frase, non riuscì nemmeno a pensare a quello che poteva esserci tra
loro. –Beh, sarebbe meglio che tu ne restassi fuori. Per il bene di Kyra.
Castle annuì sereno e
dispiaciuto allo stesso tempo.
-Certo,
capisco. Ma se ci dovessero essere delle novità, promettimi che mi terrai
informato.
La
detective si limitò ad annuire accennando ad un sorriso timido.
-Grazie-
mormorò Rick mentre rispondeva al sorriso. Si sentiva a disagio davanti a lei,
la stessa donna che solo pochi mesi dormiva tra le sue braccia rilassata come
una bambina. La guardò mentre imbarazzata si chiudeva la porta alle spalle:
Kate gli mancava da impazzire.
***
La
Crown Victoria di Beckett correva verso nord sulla First Av.
in direzione dell’obitorio; Perlmutter l’aveva
chiamata mentre scendeva di corsa le scale del palazzo di Castle
informandola che c’erano novità emerse dall’autopsia.
La
detective non ci aveva pensato molto e si era messa al volante felice di avere
un momento di solitudine totale che le permettesse di riflettere. Riflettere su
Castle e su Kyra,
soprattutto.
Le
era stato subito chiaro non appena aveva incrociato lo sguardo di Rick che le
possibilità di dimenticarlo e andare oltre erano pari allo zero. Non poteva
chiudere in un cassetto i suoi sentimenti per lui, non più: lo aveva fatto per
anni ma alla fine aveva dovuto cedere. Eppure lui sembrava essere riuscito a
chiudere il capitolo “Kate” ed era passato a Kyra. Le
attenzioni che le aveva rivolto, le premure e la dolcezza…tutto aveva ferito
Kate, anche se sapeva di non aver alcun diritto di sentirsi tradita. Ma era
esattamente così che si sentiva. Tradita dall’unico uomo che avesse mai amato,
dall’unico uomo di cui si fosse mai fidata davvero. E si malediceva perché la
sola persona da incolpare per tutto questo era lei e soltanto lei.
Ed
ora c’era Kyra.
Di
nuovo, come anni prima.
Allora
la donna era in procinto di sposarsi e, per quanto potesse avere ancora un
debole per Rick, non aveva dato segno di volerselo riprendere. Ma ora?
Il
telefono vibrò sul sedile del passeggero un tempo occupato da Castle; premette il pulsante del vivavoce e rispose.
-Beckett.
-Yo, Becks! Dove sei finita?
-Sono
stata da Kyra, Espo!
-Oh-
il silenzio di Esposito era solo preparatorio alla successiva inevitabile
domanda e Beckett questo lo sapeva. -Castle?
Involontariamente
Kate sorrise per la prevedibilità dell’amico.
-Non
c’è niente da dire in proposito- rispose impassibile.
-Sicura?
-Espo!
-Ok,
scusa!
-Già
che ci siamo. Puoi controllare un paio di cose per me?
Angolo dell’autrice:
capitolo un po’ di transizione, perché ad un certo punto se
c’è un catafero (come direbbe Catarella)
ci devono pur essere delle indagini. Ma qui troviamo Rick continuamente sospeso
tra le due donne della sua vita. Kyra, che ha bisogno
di lui ora più che mai, e Kate, che…beh…è Kate. Piano piano Rick si renderà
conto che dovrà fare una scelta netta tra le due? Speriamo di sì ;)
per ora spero vi sia piaciuto questo capitolo. Baci baci
Quando
Esposito chiuse la comunicazione telefonica con il suo contatto alla polizia di
San Francisco, Ryan si avvicinò a lui accennando con il capo all’ascensore del
distretto.
-Guai
in vista- mormorò l’irlandese.
Esposito
seguì con lo sguardo le indicazioni dell’amico e vide Castle
che avanzava allegramente verso di loro con un sincero sorriso dipinto sul
volto.
-Ehi,
amico!- Ryan fu il primo ad alzarsi e ad abbracciare lo scrittore, mentre
Javier si limitò ad una vigorosa ed assolutamente virile stretta di mano.
-Non
è stato carino sparire così, fratello!
Castle annuì senza mai
perdere il suo solito sorriso: -Avete ragione, ragazzi, ma..avevo
bisogno di cambiare aria per un po’!
Entrambi
i detective annuirono dimostrando di conoscere alla perfezione la situazione
che si era venuta a creare tra Castle e Beckett.
-Hai
fatto bene- disse, infine, Esposito. -Ma scommetto che hai sentito la nostra
mancanza, bello!
-Ogni
giorno, Esposito. Non ho fatto altro che pensare a te!- scherzò lo scrittore.
–Ryan, come sta Jenny? Ha già partorito l’erede?
L’irlandese
si mosse imbarazzato sul posto mentre scuoteva il capo con un sorriso ebete sul
volto: -Non ancora. Si fa attendere, ma va bene così.
-Aspettava
il mio ritorno per venire al mondo, mi sembra giusto. Voleva lo zio Rick! Posso
sapere se avrò un figlioccio o una figlioccia?
-Ehi,
bello! Se uno se ne va per sei mesi perde ogni diritto sui figli altrui!- Espo si avvicinò a Castle con
aria di sfida.
-Ok.
Smettetela voi due: Jenny ed io non abbiamo ancora deciso nulla per il bambino
o bambina.
-Quindi
sarà una sorpresa!
-Già,
Castle. Jenny ha voluto così…ma io non so…avrei forse
preferito saperlo.
-Beh,
quando è nata Alexis anche io non volevo sapere. Sai, sono uno scrittore di
gialli e per me la sorpresa è essenziale. Ma quando sei sposato con una maniaca
dello shopping ti assicuro che è impossibile impedirle di comprare ogni
coordinato possibile del colore adatto al nascituro!
Ryan
ed Esposito sorrisero al ricordo di Meredith-bomba-alla-crema ed in effetti non
stentavano a credere alla versione fornita da Castle.
-Ad
ogni modo, Ryan, l’unica cosa che conta è che sia sano o sana…e nel caso
dovesse essere una femmina, tienila lontana da Esposito una volta raggiunta la
maggiore età.
-Non
sei divertente, scrittore- protestò l’ispanico. -E comunque tra una settimana
non sarò più sul mercato!
Rick
si portò istintivamente una mano alla bocca per nascondere la sorpresa mista ed
emozione che quella rivelazione gli aveva provocato.
-Javier
Esposito! Questa è una notizia…meravigliosa! Ehi, un momento…dimmi che la
fortunata è Lanie, ti prego!
-E’
Lanie, non preoccuparti! E a questo proposito…-
mentre Javier si era voltato per cercare qualcosa in uno dei cassetti della sua
scrivania, Castle con il labiale sussurrò un “era
ora” in direzione di Ryan che sorrise divertito. -Eccola! Questa è per te! Me
la porto dietro da settimane sperando che tu ti decidessi a farti vivo!
Castle afferrò la busta
color panna con gli occhi lucidi: gli era mancata la sua famiglia e sapere di
aver perso momenti così importanti della loro vita lo fece sentire uno sciocco.
-Sarò
dei vostri molto volentieri, Esposito. Ma…- la pausa volutamente teatrale di
Rick lasciò con il fiato sospeso i due detective -per ogni matrimonio che si
rispetti, è necessario un addio al celibato con i fiocchi. Non ditemi che
l’avete fatto senza di me!
Ryan
scosse la testa: -E quando? Non ne abbiamo praticamente avuto il tempo!
-Ottimo!
Allora lasciate fare a me!
-Castle! Niente Atlantic City o Elvis questa volta!- avvisò
Esposito.
-Oh,
ma dai! Ryan, diglielo anche tu…il miglior addio al celibato di sempre.
-Con
te che hai rischiato di farti uccidere?
-Mmhh…ok, magari leviamo quella parte, che ne dite?
-Sono
d’accordo. Quindi cosa propone il re di tutte le feste?- chiese sornione il
detective irlandese.
Castle finse di pensarci
qualche secondo: -Una bevuta coi fiocchi all’OldHaunt! Offro io!
Esposito
e Ryan acconsentirono con una pacca sulla spalla dello scrittore, fino a quando
la voce della Gates giunse perentoria dalle spalle di Rick.
-Signor
Castle! Credevo che non l’avrei più rivista qui
dentro.
Rick
si voltò cercando di calarsi sul viso una maschera di gentile serietà. -Capitano
Gates, anch’io sono felice di rivederla.
-Le
sue moine non le sono mai servite con me, signor Castle.
Perché è qui?
-Sono
venuto a trovare degli amici che non vedevo da tempo.
-Capisco.
E tutto questo non ha nulla a che fare con l’indagine in corso per l’omicidio
dell’ex marito della sua nuova compagna, vero?
Castle si costrinse a
inspirare profondamente prima di rispondere onde evitare di essere cacciato a
calci o peggio arrestato.
-Capitano,
che lei ci creda o no, non sono l’uomo meschino e subdolo che lei crede di aver
inquadrato così bene. Ed in ogni caso, la mia vita personale e le mie
frequentazioni non credo siano cose che la riguardano.
La
risposta secca dello scrittore spiazzò il capitano Gates che normalmente aveva
la meglio su di lui e bloccò il respiro ai due detective che assistevano alla
scena. Erano convinti che ora la Gates lo avrebbe davvero preso a calci o
sbattuto in una cella, ma invece di prendere provvedimenti contro l’intruso, la
donna serrò la mandibola e rispose : -Va bene, ma faccia in fretta. Qui la
gente deve lavorare.
Castle seguì la donna con
lo sguardo per assicurarsi che rientrasse nel suo ufficio e poi si voltò verso
gli amici.
-Beh,
ragazzi. È meglio che io vada ora…a stasera?
-Ok,
Castle! Io ci sto- disse Esposito battendo il pugno
di Rick , gesto poco dopo ripetuto anche da Ryan.
-Sempre
che Jenny ti lasci la serata libera- aggiunse infine lo scrittore dirigendosi
verso l’ascensore.
***
Castle aveva ancora il
sorriso sulle labbra mentre si rigirava la busta di Esposito tra le mani
sentendo l’ascensore che velocemente lo accompagnava a pian terreno. Il
classico trillo del meccanismo gli annunciò di essere giunto alla meta
spingendolo a staccarsi dalla parete e a posizionarsi davanti alle porte
scorrevoli.
Quando
queste si aprirono Rick si ritrovò Kate davanti a lui con la testa immersa in
un fascicolo.
-Castle! Che ci fai…che ci fai qui?
Gli
occhi blu di Rick si incupirono quando percepì il tono brusco della detective.
-Sono
solo passato a salutare degli amici.
-Certo,
scusami- la donna tentò di addolcire la sua espressione ma Castle
era già sulla difensiva. -Vedo che Esposito ti ha dato la bella notizia.
-Sì…sì,
una bella notizia. Sono contento per loro. Ho accettato di venire al
matrimonio, ma se ti crea problemi, posso…
-No!
No, devi venire. Fai parte della famiglia.
-Già..ok, adesso vorrei tornare da Kyra.
Rick
superò la detective dirigendosi verso l’uscita. Kate senza pensare troppo alle
possibili conseguenze lo bloccò per un braccio.
-Stai
con lei?
Castle la guardò negli
occhi e vi vide la paura. Paura di qualsiasi risposta lui potesse darle. Temeva
che stesse con Kyra tanto quanto temeva che non fosse
così. Quella donna continuava ad essere incomprensibile per lui.
-No-
disse espirando quasi a fatica. Vide Kate abbozzare un sorriso timido come se
quella risposta le avesse dato una nuova speranza. -Questo non cambia nulla,
Kate.
La
donna annuì: -Rick…ti prego. Ho sbagliato, me ne rendo conto, ma…non possiamo
buttare via tutto.
-Tu
hai buttato via tutto. Hai buttato via me. Ora non puoi pretendere che io
dimentichi come se nulla fosse.
-Hai
bisogno di tempo, lo capisco. E ti darò tutto il tempo di cui hai bisogno.
-Kate,
non si tratta di tempo. Posso anche perdonarti e ti assicuro che l’ho fatto. Ma
il punto è che non riesco a fidarmi di te. Ogni volta che ti vedo, che ti
incontro, tutto quello che riesco a pensare è che tu ti sei presa cinque anni
della mia vita senza darmi nulla in cambio. E sento dentro di me crescere una
rabbia, una frustrazione…finiremmo per farci ancora del male, quindi…è meglio
lasciar perdere ok? Ora voglio solo concentrarmi su Kyra.
Lei ha bisogno di me ora e io voglio starle accanto e chissà che tra qualche
tempo non potremo riprendere da dove abbiamo interrotto anni fa.
Castle non lasciò a Kate
il tempo di rispondere ed imboccò l’uscita del palazzo.
Beckett
si trovava già da qualche minuto davanti alla lavagna del delitto quando Ryan
ed Esposito riemersero dalla saletta relax. Dall’espressione tesa e concentrata
della donna, i due intuirono che doveva aver incrociato Castle
nel palazzo.
Alzarono
gli occhi al cielo prima di avvicinarsi alla detective.
-Beckett!
Novità?
-Già!
Sono stata da Perlmutter- afferrò il fascicolo con
cui era entrata nel distretto –conferma l’ora del decesso tra le 20 e le 22 per
un solo colpo di arma da fuoco. Il proiettile estratto è stato inviato alla
balistica per le solite analisi, ma presumibilmente è un 32 mm.
-Beh,
non necessariamente- intervenne Ryan che si diresse alla sua scrivania cercando
a sua volta degli appunti. -Mentre controllavo i pagamenti effettuati dalla
vittima nelle ultime 48 ore ho trovato la ricevuta di un’armeria del Queens. La
mattina dell’omicidio qualcuno ha comprato una 32 mm con la carta di credito di
Greg. Visto che non sappiamo quando gli è stato sottratto il portafoglio mi
sono permesso di convocare il proprietario per capire se è effettivamente stato
Greg a compare l’arma o se magari è il nostro assassino. È nella saletta.
-Hai
fatto bene, Ryan- l’irlandese annuì e tornò poi a prestare attenzione alla
lavagna. -A proposito…non è stata trovata l’arma nell’appartamento, vero?
-No,
Beckett! Nessuna arma.
-Allora
è possibile che l’assassino abbia proprio usato quell’arma e se la sia portata
dietro dopo l’omicidio- suggerì la detective ma prima di appuntare
l’osservazione sulla lavagna venne interrotta da Ryan.
-Sì
e no. Voglio dire, l’arma potrebbe essere quella acquistata con la carta di
credito di Greg, ma…abbiamo rintracciato il gps del
cellulare poco fa. Ho mandato due agenti sul posto e hanno trovato solo il
telefono e il portafoglio. Nessuna traccia della pistola. E sempre parlando di
telefoni- continuò il detective -sono in attesa di ottenere i tabulati del
cellulare di Greg e anche del telefono dell’appartamento. Li sto aspettando a
minuti.
-Perfetto.
Sul divorzio? La versione di Kyra regge?- il solo
sentir nominare quella donna fece calare un immediato silenzio imbarazzato
nella stanza. -Ok, ragazzi. Non possiamo bloccarci tutte le volte che si nomina
KyraBlaine. Prendiamo atto
che è parte di questa indagine e lasciamo perdere tutto il resto, chiaro?
Kate
decise di non rendere pubblica per il momento la confessione di Castle: era evidente che se lo scrittore, durante la sua
visita di poco prima al distretto, non aveva rivelato nulla sul suo rapporto
con Kyra, non voleva che questo fosse un argomento di
cui parlare alle sue spalle. E dopo tutto Rick, per quanto avesse chiarito che
per il momento Kyra fosse per lui solo un’amica, non
aveva escluso la possibilità che in futuro le cose potessero cambiare. Al solo
pensiero sentì una fastidiosa contrazione allo stomaco.
-Tutte
le carte che riguardano il divorzio così come la situazione finanziaria di Greg
sono a San Francisco dove viveva prima della fine del matrimonio con Kyra. Ho chiesto a Gates di poter collaborare con la
polizia locale e sto aspettando che mi mandino tutta la documentazione
richiesta. Lo so, siamo un po’ fermi ma del resto la vittima non è di New York.
-Non
siamo totalmente fermi. Perlmutter mi ha detto di
aver trovato sui vestiti della vittima dei capelli castani. Sono al laboratorio
per le consuete analisi: se c’è qualche corrispondenza con AFIS e CODIS lo
sapremo presto. In più gli aloni violacei trovati sul viso della vittima
indicano che probabilmente poco prima di morire ha ricevuto un colpo in faccia,
forse un pugno. Perlmutter sta cercando di ottenere
impronte o il calco del pugno.
-Si
può fare? Credevo che fosse solo una cosa alla CSI!- disse Esposito.
-Sì,
si può, Espo. E comunque non dire mai a Perlmutter che lui non può fare quello che fanno in CSI…ti
ucciderebbe.
-Afferrato-
l’ispanico riuscì a strappare un sorriso a Kate raggiungendo così lo scopo del
suo intervento. Era raro vederla sorridere da quando era tornata da Washington e
poteva anche capirlo, soprattutto ora che Castle era
tornato ma a quanto pareva si era mostrato indifferente alla detective.
-Andiamo
avanti. Nell’appartamento di Greg vicino al suo corpo sono state trovate fibre
di un tessuto che non appartiene a nessun abito indossato dalla vittima al
momento della morte- Beckett affisse sulla lavagna una foto ingrandita delle
fibre, seguita poi dall’immagine di un bicchiere con delle impronte. -Anche
questo bicchiere forse può dirci qualcosa. La scientifica sta lavorando sulle
impronte.
-Io
non capisco…è…è tutto così senza senso!- intervenne Ryan.
-che
intendi, bro?
-Beh…Greg
arriva a New York praticamente all’improvviso e la prima cosa che fa,
probabilmente, è comprarsi un’arma. È come se stesse scappando, se sapesse che
qualcuno lo stava cercando, non vi pare?
-Questo
confermerebbe la tesi del killer professionista e dell’esecuzione- aggiunse il
collega.
-Sì…se
solo non fosse per tutto questo- disse Ryan indicando la lavagna.
-Ryan,
ha ragione. Se fosse un professionista non avrebbe commesso tutti questi
errori: impronte, capelli, fibre…
-Esatto!
O questi indizi non c’entrano nulla con l’omicidio oppure dobbiamo abbandonare
l’idea del killer e di quanto potrebbe essere successo a San Francisco.
-Non
sono d’accordo, bro- si intromise Esposito. –Potrebbe
anche essere che l’assassino abbia deciso di sviare i sospetti mettendo prove
fasulle sulla scena del crimine.
-Un
po’ troppo laborioso per un omicidio su commissione, non credi, Espo?- l’ispanico annuì alla detective, la quale però
continuò: -Ad ogni modo non possiamo escludere nulla. Perciò, Esposito, fai un
controllo sui voli in arrivo e in partenza da New York e vedi se spunta qualche
nome interessante, ok?
-Ok.
-Io
intanto parlo con il proprietario dell’armeria. Ryan, vieni con me.
***
-Buongiorno,
signor Clarke. Sono la detective Kate Beckett. La ringrazio per essere venuto.
L’uomo
con i capelli brizzolati e lineamenti spigolosi che attendeva la detective
della saletta del distretto sorrise alla donna stringendole la mano.
-Si
figuri, detective. Con il lavoro che faccio sono abituato ad essere contattato
dalla polizia.
-Lo
immagino. Prego, si sieda pure- Beckett accennò alla poltrona consunta che
stava ancora insieme per miracolo e Clarke vi si sedette solo dopo averne
valutato la stabilità. –Credo che il mio collega, il detective Ryan, le abbia
detto perché l’abbiamo convocata.
-Sì,
una 32 mm venduta lunedì mattina. Non è così?
-Esatto.
Sappiamo che lei ha venduto questa pistola nel suo negozio e vorremmo avere la
conferma dell’identità dell’acquirente. Si tratta di quest’uomo?- chiese la
detective allungando una fotografia in formato A5 di Greg Murphy.
Clarke
l’afferrò e la esaminò per meno di un secondo: -No, detective. Non ho mai visto
quest’uomo.
-Ne
è sicuro? Nessun altro lavora nel suo negozio?
-No,
a parte mia moglie. Lunedì scorso, però, mia moglie era fuori città ed in
negozio ero solo.
-Capisco.
Se la sente di aiutare un nostro agente per un identikit dell’uomo che ha
comprato quest’arma?
-Certo,
anche se…beh, a dirla tutta, non era un uomo.
Beckett
e Ryan si guardarono perplessi.
-Mi
scusi…chi ha acquistato la 32 mm è una donna?
-Esatto.
Una bella donna, direi. Non molto alta, capelli castani, mossi. Occhi scuri e
dolci. Se devo essere sincero, quando l’ho guardata ho pensato che l’ultima
cosa che una donna del genere avrebbe mai potuto comprare era una pistola.
Trasmetteva dolcezza e serenità.
Beckett
aprì di nuovo il fascicolo del caso che teneva in mano e sfogliò velocemente le
carte trovando finalmente ciò che cercava: un’altra fotografia che sottopose
all’uomo.
-Per
caso si tratta di questa donna?
Clarke
si illuminò e sorrise: -Sì, è lei. Bellissima donna.
Kate
non sapeva se essere snervata da tutti gli epiteti positivi che l’uomo
rivolgeva alla donna in fotografia o se essere sorpresa e scioccata per la
scoperta. Clarke aveva appena riconosciuto KyraBlaine.
Ryan
boccheggiò guardando la foto di Kyra per poi posare
gli occhi timidi su Kate che evidentemente trovava estremamente difficile
razionalizzare la situazione.
-Mi
ha contattato qualche giorno prima di arrivare a New York, dicendo che sarebbe
arrivata in città a breve e che aveva bisogno di quell’arma. Io feci i
controlli del caso e lunedì mattina la contattai. Un paio di ore dopo arrivò in
negozio- aggiunse Clarke senza che nessuno dei due detective chiedesse nulla.
-Ed
era sola? Voglio dire, in negozio…è venuta sola?
-Sì…anzi,
no. Mi spiego: è entrata da sola, ma fuori c’era qualcuno ad attenderla. Un
uomo. Tra l’altro mi sembrava di conoscerlo. Forse un personaggio famoso, ma
mia moglie è quella brava in queste cose. Conosce tutto e tutti. Io sa…lavoro e
la sera, beh…vado a letto presto!- disse l’uomo arrossendo in imbarazzo per
quella confessione privata.
Ryan
sorrise all’uomo per stemperare la situazione mentre vedeva che Kate prendeva
il cellulare e batteva il dito sullo schermo alla velocità della luce.
-E’
questo l’uomo che ha visto fuori dal negozio?
Clarke
allungò per la terza volta il braccio e prese il cellulare dalle mani della
donna.
-Sì.
Lui.
-Richard
Castle- disse la detective più a se stessa che agli
altri presenti nella stanza.
Le
cose stavano prendendo una piega decisamente sbagliata.
***
-Ryan,
controlla se KyraBlaine ha
accesso al conto corrente dell’ex marito e come è possibile che lei avesse una
carta di credito collegata a lui.
Kate
si era ripresa rapidamente dal colloquio con Clarke e aveva aggiunto le nuove
informazioni sulla lavagna, omettendo però la presenza di Castle
fuori dall’armeria e questo per evitare che la Gates lo venisse a sapere.
-A
questo posso rispondere io, Becks!- intervenne
Esposito. -Sono arrivate alcune delle carte da San Francisco, in particolare il
fascicolo del divorzio. Ho iniziato ad esaminarle ed è emerso che un paio di
conti aperti in comune durante il matrimonio con il divorzio spettano a Kyra. Solo che l’avvocato di Greg non ha ancora provveduto
ad informare la banca dell’intervenuto cambio di titolarità. Sia Kyra che Greg evidentemente avevano accesso a carte di
credito riferite al conto.
-Ok…visto
che il fascicolo è arrivato, sai dirmi se la versione fornita da Kyra sul divorzio è veritiera.
-Non
proprio. La storia del tradimento è vera, ma la ex signora Murphy non l’ha
presa molto bene. Una coppia di vicini, i Miller, ha chiamato la polizia circa
sette mesi fa perché dalla casa dei Murphy provenivano grida così forti da
svegliare il figlio dei Miller. Dal verbale pare che il litigio tra Greg e Kyra
fosse dovuto alla scoperta del tradimento.
-Quindi
Kyra non l’ha presa bene come vuole farci credere-
commentò Ryan.
-No-
mormorò la detective. –Ma perché mentirmi?
-Beh,
questo è un buon movente per un omicidio.
-Dopo
sei mesi dal divorzio, Javier? Non ha senso!
-Forse
ha solo dovuto pianificare il tutto e le è servito tempo- suggerì di nuovo
l’irlandese.
-E’
possibile…ma…
-Detective
Beckett- la Gates era uscita dal proprio ufficio nel suo classico completo
grigio fumo. -Abbiamo novità?
Beckett
lanciò un’occhiata ai suoi colleghi prima di rispondere al capitano.
-Capitano,
abbiamo degli indizi ma niente di concreto.
-Credi
che Castle c’entri qualcosa?- Ryan fu il primo a
parlare da quando Kate era entrata nell’ufficio della Gates per il ragguaglio.
-Cosa?
E perché? Che motivo avrebbe avuto?
-Non
lo so, magari Greg voleva riprendersi Kyra e Castle non ci stava.
A
Javier bastò un’occhiata per zittire l’amico. Entrambi tornarono a fissare le
vetrate dell’ufficio della Gates in attesa che Beckett tornasse con qualche
notizia.
***
-Mi
pare che a questo punto la signora Murphy ci debba qualche spiegazione. La
convochi ufficialmente al distretto, detective.
Kate
si morse l’interno della guancia all’ordine del suo capitano, evidentemente non
condividendo il punto di vista del suo superiore.
-Qualcosa
non va, detective? Ha forse qualche problema con questo caso?
-No,
Signore. Ritengo solo poco proficuo convocare ora KyraBlaine.
-Detective
Beckett. Abbiamo l’arma, abbiamo il movente e sappiamo che quella donna ci ha
già mentito una volta. Cosa le serve ancora?
-Sono
solo indizi circostanziali. L’arma corrisponde solo nominalmente a quella usata
per l’omicidio: non c’è nessun effettivo riscontro che dimostri che quell’arma
è quella che ha ucciso Greg Murphy. E non potrò certo avere un mandato sulla
base del fatto che KyraBlaine
sette mesi fa ha lasciato il marito dopo una furiosa litigata. Quale sarebbe il
movente a mesi di distanza? Come posso stabilire un collegamento a New York tra
Kyra e Greg? Inoltre, se interrogassi ora la donna e
se fosse davvero lei l’assassina, rischierei di metterla in allarme, tanto che
potrebbe liberarsi della pistola.
La
Gates ascoltava in silenzio le rimostranze della detective senza lasciar
trapelare alcuna emozione. Come sempre del resto. Kate temeva solo di rivelare
che dentro di sé si sentiva trascinare da forze contraddittorie: da un lato il
desiderio irrefrenabile di proteggere Rick dalle grinfie della Gates e
dall’altro l’istinto prepotente della poliziotta che la portava a voler
affrontare Kyra di petto ed eliminarla dalla sua
vita.
-D’accordo,
detective. Raccolga altre prove, ma se dovesse emergere anche solo il più
piccolo indizio contro KyraBlaine
voglio che lei la conduca qui immediatamente.
-Sì,
signore.
-Un’altra
cosa. Lo sa che il signor Castle è stato qui questa
mattina?
-Sì,
signore, ma io non…
-Lo
so, detective, che lei non c’entra nulla con questa visita. Lo tenga d’occhio
però. Non vorrei che si intrufolasse qui approfittando delle vecchie amicizie
per favorire la sua nuova compagna.
-Certo,
signore. È tutto?
-Sì,
detective Beckett. Può andare.
***
-Avremmo
dovuto dirlo a Beckett- protestò Ryan fuori dall’OldHaunt mentre Esposito pagava il taxi che li aveva
accompagnati fino a lì. Almeno quando non erano in servizio, Esposito e Ryan
preferivano non mettersi al volante, soprattutto se si prospettava loro una
serata non propriamente sobria e scevra di alcool.
-Per
l’ennesima volta, latte e miele! Abbiamo fatto bene a tenere la bocca chiusa!
Sarà sufficiente non spifferare nulla del caso a Castle!
Pensi di riuscire a cucirti la bocca per un paio d’ore? E anche a non fare
quella faccia da colpevole? Dio, ci credo che a poker sei pessimo!
Ryan
sospirò un’ultima volta prima di imboccare le scale che portavano all’entrata
del locale oramai di proprietà dello scrittore. Lo trovarono dietro al bancone
intento a preparare qualche strana bevanda di un colore rossastro che di certo
avrebbe inaugurato l’addio al celibato di Javier.
-Ehi,
Castle! La crisi ha colpito anche te, scrittore? Ora
fai il barista?
-Spiritoso,
Espo. Ma no…il doppio lavoro mi serve per mantenere
due ex moglie arpie e mangiasoldi. Pensa a questo quando litigherai con Lanie e vorrai andartene di casa.
-Come
augurio per un futuro sposo non mi sembra il massimo!- intervenne Ryan.
-Ehi,
io non sono il testimone. Non è compito mio incoraggiare lo sposo ad arrivare
all’altare. Io sono l’amico onesto e sincero che dipinge la cruda realtà che lo
aspetta.
Rick
terminò di shakerare i tre drink e invitò gli amici a prendere i bicchieri
accompagnandoli poi verso un tavolino appartato del locale.
-Allora…a
Javier Esposito. Sono molto felice per te, amico!- disse Castle
alzando il bicchiere, subito seguito da Kevin e da Javier.
Cadde
un silenzio imbarazzante tra i tre, come se tutti avessero la mente affollata
di pensieri che però non potevano o non dovevano trovare luce.
Fu
Ryan a trovare il coraggio di parlare per primo: -Così, sei l’ultimo singole
rimasto, Castle.
-Non
per mia scelta- ribattè prontamente lo scrittore, che
non dava segno di aver sofferto per la battuta infelice. Esposito, invece,
riuscì a rifilare un calcio sotto il tavolo al compagno, che nonostante il
dolore sentiva di meritarsi quella lieve punizione.
-Se
può consolarti, amico, io sono dalla tua parte. In questa cosa con Beckett,
intendo.
-Ti
ringrazio, Javier, ma non c’è motivo di schierarsi. È andata così infondo credo
che mia madre dopotutto avesse ragione. Diceva che non mi decidevo a fare il
grande passo con Kate perché non ero davvero certo di quanto potesse durare
questa relazione. Ed è stato così.
Lo
scrittore bevve un altro sorso dal suo bicchiere e con un cenno della mano
chiamò il cameriere perché arrivasse prontamente a riempirlo di nuovo.
-E
sei sicuro che non c’è rimedio a questa cosa? Voglio dire…siete Castle e Beckett…mamma e papà. Ci manchi al distretto-
continuò Ryan. Se non potevano parlare del caso almeno volevano scavare fino in
fondo nel rapporto tra lo scrittore e la detective. Avevano sentito solo la
versione della donna e per quanto fossero certi che le sue parole si
avvicinassero molto alla realtà, preferivano sentire anche la voce di Rick
sull’argomento.
-Ragazzi,
io vi voglio bene, sul serio. Siete stati più una famiglia voi di quanto lo
siano state le mie due ex moglie, e lo sapete. Ma al punto in cui sono arrivate
le cose io non credo davvero che si possa ricucire questo strappo. Almeno, non
da parte mia. Ho accettato tutto per Kate, ho aspettato, ho sofferto, ho messo
in secondo piano mia figlia. In cambi le ho chiesto di dimostrarmi con i fatti
che anche io avevo un ruolo non secondario nella sua vita. E lei cosa ha fatto?
È scappata. Quindi…per me Kate è un capitolo chiuso. Ma ehi…voi sarete come i
figli di genitori separati, starete un week end con lei e uno con me. Paparino
vostro!
Il
sorriso di Rick non ingannò i due detective che si resero conto di come quella
felicità fosse solo apparente.
-Ma
stasera siamo qui per Javier…il nostro amico Javier che tra pochi giorni
diventerà il signor Parish!
Ryan
scoppiò a ridere quando vide la faccia stralunata dell’amico nel sentirsi
chiamare così.
-Ehi!
-MI
dispiace, amico, ma Castle ha ragione. Sono le donne
a comandare davvero, ma lo fanno in modo subdolo.
-Esatto,
Kevin! Tu pensi di avere il potere….di avere il controllo di quello che accade,
ma in realtà ce l’hanno loro!
-..sì…e
tu prenderai delle decisioni che in condizioni normali non prederesti mai. Ma
ti fanno credere che le hai volute tu quelle cose, anche se in realtà non è
così.
-Ok,
piantatela voi due.
-Paura,
Esposito?
-Certo!-
ammise l’ispanico scatenando l’iralirtà degli altri
occupanti del tavolo. –Ma se io non mi presento all’altare, sappiate che Lanie verrà a cercarvi!
Castle e Ryan finsero di
tremare di paura. Lo scrittore si sentì aprire il cuore vedendo i due amici
davanti a lui sorridenti: gli erano mancati. Immensamente. Come aveva potuto
penare di allontanarsi da loro per così tanto tempo? Erano la sua famiglia, la
sua casa! Solo ora se ne era reso conto.
Kevin
fu il primo ad accorgersi che Castle li fissava con
uno strano sorriso sulle labbra.
-Che
c’è, Castle?
L’uomo
scosse il capo: -Niente. Sono solo felice di essere tornato a casa!
***
Beckett
aveva deciso di rimanere qualche ora di più in ufficio in attesa dei primi
riscontri della scientifica. A dire la verità, da quando era rientrata da
Washington, difficilmente rientrava a casa presto la sera: aprire quella porta
e trovarvi solo un inquietante silenzio ad attenderla, le faceva sentire ancora
di più il peso delle proprie scelte sbagliate, così preferiva la fuga al
distretto.
Quella
sera non era diversa dalle altre e Kate davanti al cursore lampeggiante del suo
pc fissava lo schermo cercando di sgombrare la mente dai suoi problemi
personali per concentrarsi sul lavoro: peccato che questa volta il lavoro e la
sua vita privata si erano intrecciate in modo decisamente spiacevole.
Tornò
a fissare la lavagna per riportarsi alla mente le informazioni fino ad ora
raccolte sul caso: la posizione di Kyra si stava
complicando ma, invece che esserne felice per la piega che avevano preso gli
eventi, si sentiva inquieta.
Se
Kyra si fosse rivelata una spietata assassina, Kate
avrebbe di certo chiudo il caso velocemente liberandosi anche di una pericolosa
rivale. D’altra parte, però, se accusava Kyra,
rischiava di incorrere nell’odio di Rick, il quale avrebbe di certo difeso a
spada tratta la donna e avrebbe accusato lei, Kate, di aver montato un’ignobile
accusa solo per allontanarlo da Kyra. In effetti,
questo era stato il principale motivo per cui aveva preferito rimandare la
convocazione di Kyra al distretto: non erano tanto le
sottigliezze legali che aveva propinato alla Gates come questa, quanto il
timore di fare un passo falso con Rick che l’avevano frenata.
La
detective si passò nervosamente una mano tra i capelli, ravvivando i ricci
morbidi che li caratterizzavano. Cosa doveva fare? Perché davanti a lui tutte
le sue certezze private e professionali dovevano cadere?
Venne
richiamata alla realtà dall’arrivo alle sue spalle di Perlmutter
che, evidentemente, come lei aveva fatto le ore piccole.
-Detective
Beckett, sono felice di trovarti alla tua scrivania- il suo tono insolitamente
allegro per essere un uomo che lavorava da almeno 10 ore senza pause la mise di
pessimo umore. Cominciava a capire perché Castle lo
detestasse tanto.
-Perlmutter! Pensavo che avrei visto uno dei tuoi colleghi
arrivare fin qui.
-Oh,
certe notizie preferisco darle di persona. Sai, fa parte del divertimento.
Aveva
sempre pensato che il senso dello humor di Castle su
una scena del crimine fosse quanto di più imbarazzante e fuori luogo lei avesse
mai visto da quando era entrata in polizia; ma ora quel medico legale poteva forse
superare lo scrittore.
-Novità?
-Direi
di s’, detective. Sono riuscito a estrarre del DNA dalle ferite sul volto di
Greg Murphy, all’altezza dei pugni.
-Abbiamo
dei riscontri?
-Beh,
non esattamente.
-Perlmutter. È tardi e io sono stanca, quindi ti prego, se
hai qualcosa per me, dimmelo e basta.
L’uomo
aggrottò la fronte contrariato da tanta impazienza.
-D’accordo.
Diciamo che quando ho inserito il DNA nel database non ho trovato nulla,
ma…quando ho analizzato queste- disse estraendo l’immagine raffigurante le
impronte digitali trovate sul bicchiere rinvenuto sulla scena del crimine –ho
avuto un’illuminazione.
-Insomma,
sai a chi appartengono o no?
-Dannazione,
detective, mi stai rovinando un momento magico.
-Magico?
-Sì,
il momento in cui finalmente posso dire che l’assassino è Richard Castle!
***
-No,
un attimo. Castle avrebbe ucciso Greg Murphy?- Ryan
era stato il primo a dare voce ai dubbi di tutti la mattina seguente dopo
essere stato aggiornato da Kate sugli sviluppi del caso.
-Perlmutter dice che il DNA trovato sul volto della vittima
e le impronte rinvenute sul bicchiere sono quelle di Richard Castle- riassunse Beckett con la testa che le scoppiava.
Possibile che in quei seri mesi di lontananza Rick fosse cambiato a tal punto da
diventare un assassino? E perché poi? Per Kyra? No,
non era quello il suo Rick.
-Ne
sono sicuri?- l’occhiataccia di Beckett fu una risposta sufficiente per
Esposito. –Ok, sono sicuri. Ma per quale ragione? Voglio dire…Castle non sapeva nemmeno che Greg era in città.
-Beh,
a questo proposito- intervenne Ryan, mentre afferrava una cartelletta
recapitatagli solo pochi minuti prima. –Dai tabulati del cellulare di Greg
risulta che da quando è atterrato a New York ha chiamato un paio di volte un
numero fisso di Manhattan. Il loft di Castle.
-Quindi,
non solo sapeva che Greg era in città, ma aveva anche la disponibilità
dell’arma visto che è stato lui ad accompagnare Kyra
a comprarla.
-Ok,
fermi tutti. Sono l’unico qui a pensare che tutto questo sia quantomeno assurdo?-
sbottò Javier mettendosi tra Kate e la lavagna come a voler interrompere il
fluire dei pensieri della detective. -Non vi sembra fin troppo semplice? È Castle! Se volesse uccidere qualcuno sarebbe molto più
abile nel nascondere gli indizi!
-Allora
tu cosa suggerisci? Un nuovo piano del Triplo omicida per caso?- Beckett alzò
il sopracciglio per sottolineare quanto poco credesse a quell’ipotesi.
-Tyson
non conosceva nemmeno Castle ai tempi dell’omicidio
della damigella al matrimonio di Greg e Kyra- precisò
Ryan escludendo subito la teoria di Esposito.
-Non
sto dicendo che è stato Tyson, ma che tutti questi indizi sono
solo….coincidenze…
-Javier,
non ci sono coincidenze in un caso di omicidio.
-Va
bene, Castle aveva accesso ad un’arma compatibile con
quella usata per l’omicidio, il suo DNA e le sue impronte sono state ritrovate
sulla scena del crimine. Ma quale è il movente?
-Magari
lo stesso che ha spinto Kyra a procurarsi un’arma!-
sottolineò Beckett con assoluta logicità.
-Io
non posso crederci, Becks! Sembra quasi che tu lo
creda colpevole di questo omicidio. Che ti prende? Dove è finita la donna che
ha lottato contro la Gates quando Tyson stava per incastrarlo?
Kate
fulminò con lo sguardo Javier, il quale, tuttavia, non accennò ad abbassare gli
occhi davanti alla detective.
-Ragazzi,
non perdiamo la calma, ok?- intervenne Ryan mettendosi tra i due amici.
–Nessuno di noi crede che Castle sia colpevole. Ma…se
teniamo all’oscuro la Gates delle prove che abbiamo di certo penserà che
vogliamo coprire Castle e ci toglierà il caso. E
sappiamo che qualunque altro detective non sarebbe così scrupoloso come lo
siamo noi nell’indagare e finirebbe con l’accusare Castle
senza troppi problemi.
Javier
finalmente decise di interrompere il contatto visivo con Beckett e di ascoltare
l’amico.
-Ok,
bro! Allora cosa dici di fare?
-Cosa
faremmo in un caso simile se non ci fosse Castle di
mezzo?
-Lo
convocheremmo- concluse Beckett. -Ma non lo interrogheremo noi, lo farà la
Gates!
-Cosa?
Iron Gates lo metterà in ginocchio!
-Non
è detto, Javier! Lei non lo sopporta, è vero, ma lui è l’unico a saperle tenere
testa. E ad ogni modo, se sarà lei ad interrogarlo nessuno avrà dubbi sulla
genuinità dell’interrogatorio.
-Beckett
ha ragione, Espo. È la cosa migliore per Castle in questo momento.
-Perfetto.
Allora…io vado dalla Gates, voi fate portare qui Richard Castle.
***
Kate
osservava la scena da dietro il vetro a specchio della sala interrogatori del
distretto tormentandosi l’interno della guancia con i denti. Aveva atteso di vederlo
entrare nella saletta accanto senza avere il coraggio di incrociare il suo
sguardo quando lo avevano condotto al distretto scortato da due agenti come un
qualsiasi criminale. Eppure Rick stava guardando fisso verso di lei oltre quel
vetro: sapeva che era lì e anche solo con quello sguardo sicuro e deluso lui le
stava riversando addosso tutta la sua rabbia e la sua disapprovazione. Codarda.
Ecco come si sentiva. Una codarda che aveva appena tradito la fiducia di un
uomo perbene.
-Signor Castle. È un
piacere riaverla tra noi così presto- disse la Gates non appena entrò nella
sala interrogatori, indicando con un cenno della mano la sedia su cui l’uomo
avrebbe dovuto accomodarsi.
-Vorrei
poter dire lo stesso, capitano.
-Davvero?
Eppure non mi sembra le sia mai dispiaciuto stare qua dentro.
-Si
diverte, non è vero? A starsene lì, dall’altro capo del tavolo con quell’aria
di superiorità che, detto tra noi, non le si addice per niente?
I
lineamenti duri di Castle si rilassarono per un
momento aprendosi quasi in un sorriso quando si accorse che la Gates aveva
accusato il colpo. Anche Kate da dietro il vetro, al sicuro da sguardi
indiscreti aveva sorriso involontariamente. Se Gates pensava che sarebbe stato
semplice avere a che fare con Rick al tavolo degli indagati si sbagliava di
grosso. Lei ne sapeva qualcosa. Si era trovata in quella situazione due volte
nella sua vita ed era stato difficile per lei mantenere i nervi calmi e non
strozzare quello scrittore tanto pazzo da sfidare con leggerezza l’autorità.
L’ingresso
di Kevin e Javier la costrinse a ritornare impassibile.
-Come
sta andando il ragazzo là dentro?- chiese l’ispanico addentando una ciambella
come il più classico dei poliziotti cinematografici.
-Diciamo
che se la Gates non gli è già saltata al collo è un miracolo.
Ryan
sorrise prima di concentrarsi di nuovo sulla scena al di là del vetro.
La
Gates intanto aveva aperto un fascicolo davanti a Rick che la guardava
impassibile, quasi rilassato.
-Senta,
capitano. Ho assistito a un notevole numero di interrogatori qui dentro e le
assicuro che conosco ogni vostra tecnica dilatoria, intimidatoria ecc…quindi, non offenda la mia intelligenza e mi dica
chiaramente cosa vuole sapere da me- disse Rick mentre si sporgeva verso la
donna appoggiando entrambi i gomiti sul tavolo davanti a lui.
Gates
per tutta risposta sorrise: -Va bene, signor Castle.
In quali rapporti è con la signora Blaine?
Castle roteò gli occhi
verso l’alto sinceramente stanco di sentirsi porre questa domanda da chiunque.
-Ancora,
capitano? Davvero lei vuole solo farsi gli affari miei? Perché non aspetta
l’uscita del primo giornaletti di gossip della città per avere le sue risposte?
-Non
sto scherzando, signor Castle.
L’uomo
alzò gli occhi per una frazione di secondo verso il vetro sorridendo beffardo.
-Kyra ed io siamo amici di vecchia data.
-Solo
amici?
-Attualmente
sì.
La
Gates rimase in silenzio per un istante di troppo.
-Che
c’è? Sorpresa? Pensava forse che io non fossi in grado di resistere più di due
giorni senza andare a letto con qualcuno? Sono felice di averla sorpresa ancora
una volta, capitano.
-Se
siete solo amici, perché la signora Blaine vive da
lei?
-Semplicemente
aveva bisogno di un alloggio quando è venuta in città. Voleva prendere una
stanza al Four Season, ma ho insistito perché stesse
da me in attesa di trovare una sistemazione a lei più consona.
-Quindi
mi conferma che tra voi non c’è nessun coinvolgimento sentimentale?
-Sì.
-D’accordo.
Dov’era lunedì mattina all’incirca verso le 10.
Castle sembrò riflettere
seriamente sulla domanda: -Oh, sì…ricordo. Ho accompagnato Kyra
in un’armeria. Quando eravamo in Europa, Kyra ha
cominciato a ricevere chiamate anonime nel cuore della notte. Abbiamo cambiato
cellulare e allora sono cominciate ad arrivare email con lo stesso tenore. Le
ho suggerito di…proteggersi in qualche modo.
-Non
poteva semplicemente suggerirle di rivolgersi alla polizia?
-Come
ho fatto a non pensarci prima! Caspita! Chiamare la polizia- il tono ironico
dello scrittore non piacque al capitano. –L’abbiamo fatto; chiami la polizia
francese e vedrà che sono state presentate regolari denunce.
-Ha
la risposta pronta per tutto, vedo.
-Beh,
è facile quando si sa di non aver nulla da nascondere.
-O
quando ci si è preconfezionati da tempo una bella storiella approfittando delle
proprie capacità narrative- ribattè prontamente la
Gates.
-E’
un complimento professionale?
Iron Gates non rispose
e preferì continuare con l’interrogatorio –Dove si trovava invece lunedì sera
tra le 20 e le 22?
-A
casa mia.
-Da
solo?
-Ovviamente
no. Con Kyra.
-Altri
testimoni?
-Può
chiederlo al mio portiere.
-Lo
farò.
-Ne
sarà entusiasta.
-Un’ultima
domanda. Perché il suo DNA è stato trovato sul viso di Greg Murphy e le sue
impronte su un bicchiere presente sulla scena del crimine?
Neanche
allora Castle si scompose.
-Sono
stato da lui lunedì pomeriggio, verso le 17. Kyra era
fuori quando ho ricevuto una telefonata a casa. Era Greg: straparlava, urlava
cose senza senso contro Kyra. Così ho pensato di
andare da lui e chiarire le cose.
-Prendendolo
a pugni?
-Se
la può consolare, capitano, anche io ne ho presi un paio, ma non in viso.
Castle si alzò dalla
sedia e con un movimento improvviso cominciò a sfilarsi la camicia aprendola
bottone per bottone.
-Ehi!
Come spogliarellista ha un futuro- commentò Esposito accanto a Beckett che non
riusciva a togliere gli occhi di dosso allo scrittore e ai centimetri di pelle
che stava lentamente scoprendo. Sentì mancarle l’aria nei polmoni e dovette
imporsi un notevole autocontrollo per non piombare nella stanza affianco e accarezzare
quella pelle.
Quando
Rick ebbe finito, mostrò due chiazze livide una all’altezza delle costole e una
sul braccio.
-Contenta?
-Estasiata.
E il bicchiere?
-L’ho
afferrato quando mi sono reso conto che Greg era ubriaco fradicio.
-Cosa
aveva contro Kyra?
-Non
l’ho capito sinceramente. Diceva che era una ladra, che lo aveva lasciato senza
nulla. Ma da quello che so, Kyra si è presa solo
quanto le spettava con il divorzio, non un centesimo in più.
La
Gates annuì chiudendo il fascicolo davanti allo scrittore.
-La
ringrazio, signor Castle. È libero di andare.
Senza
aggiungere altro il capitano uscì dalla stanza diretta al suo ufficio; nel
piccolo corridoio incontrò i tre detective.
-Non
è stato lui- disse lapidaria, ma con un sorriso sul viso che proprio non
riusciva a nascondere pur con ogni sforzo possibile.
Anche
Kate sorrise. Sapeva che non poteva essere stato lui.
Angolo mio:
chiedo
venia, sono in super-ritardo, lo so. Per questo mi faccio perdonare (o almeno
ci provo) con un capitolo un po’ più lungo del normale con dentro un po’ di
tutto: momenti privati e action!
Kate
rincorse lo scrittore sino all’ingresso del 12th distretto incurante degli
sguardi incuriositi ed imbarazzati degli agenti di turno.
-Castle, fermati, ti prego!- implorò nuovamente la
detective. L’uomo si fermò ma gli ci volle un istante prima di decidersi a
voltarsi verso la donna.
-Beckett,
che cosa vuoi?- lo sguardo spento e la voce piatta erano un chiaro segnale che
Rick non aveva gradito essere bloccato lì da lei.
-Volevo
solo dirti che mi dispiace per come si è comportata la Gates poco fa. È stata
dura, ma non pensa che sia stato tu- il sorriso accennato da Kate non trovò
risposta nello scrittore.
-Ok,
grazie- rispose l’uomo e riprese la sua marcia.
-No,
aspetta!
-Che
vuoi ancora? Non ti è bastato tutto questo?
-Ho
fatto solo il mio lavoro!- protestò la donna sinceramente stupita per la
reazione dell’uomo.
-Certo,
il tuo lavoro! Come sempre al primo posto nella tua vita! Il resto…sono
futilità per te!
-Smettila!
-Di
fare cosa? Di dire la verità? Avresti potuto venire da me, chiedere a me tutte
queste spiegazioni, senza farmi trascinare qui da due agenti sconosciuti come
un qualsiasi volgare delinquente!
-Beh,
avresti anche potuto dirmi che avevi incontrato Greg da vivo, per esempio! E
nulla di tutto questo sarebbe accaduto!- Kate abbassò il tono della voce quando
si rese conto che un paio di agenti si erano attardati vicino alla porta di
ingresso per origliare la conversazione. -E comunque l’ho fatto per proteggere
te! Se ti avessi interrogato io….
-Ma
per favore, Beckett! Hai protetto il distretto, la tua indagine, i tuoi
colleghi e te stessa ma non di certo me! Volevi mettere al sicuro il caso!
-Sei
ingiusto!
-Davvero?
Dimmi la verità, Kate. Qual è stato il tuo primo pensiero quando hai trovato
gli indizi che portavano a me? Quanto tempo ci hai messo per ritenermi un
possibile colpevole?
-Cosa
avrei dovuto pensare, Castle? Mi hai mentito! Ero da
te per parlare con Kyra dell’omicidio di Greg e tu
non hai detto nulla- protestò la detective anche se dentro di sé doveva
ammettere che per una frazione di secondo, seppur piccola, aveva ritenuto Rick
capace di un atto così violento.
-E
cosa sarebbe cambiato? Avresti evitato di convocarmi qui? No! E lo sai perché?
Perché tu sei così. Tu sei per prima cosa una detective e solo una detective.
Non riesci ad andare oltre a questo…io ci ho provato. Ho tentato di tirare
fuori Kate, ma Beckett deve averla compressa e nascosta a tal punto per anni
che ora non sai più come fare a ripristinare un equilibrio tra le due parti- Castle trasse un profondo respiro e sembrò calmarsi.
–Ricordi quando siamo rimasti per ore in quella sorta di tenda protettiva dopo
la contaminazione da radiazioni?
Kate
annuì spiazzata da quell’improvviso cambiamento di argomento non riuscendo a
capire dove voleva andare a parare Castle.
-In
quel momento hai detto una cosa su te e Josh che non
avevo capito fino in fondo. Avevi detto che è strano come le cose che più ci
attirano in una persona all’inizio, finiscano poi con l’essere le cose che più
odiamo dell’altro.
Rick
fece una pausa per lasciare alla detective il tempo di assorbire le sue parole.
-Mi
ricordo, sì.
-Ora
l’ho capito. Ti ho scelta come musa per la passione e l’energia che mettevi nel
tuo lavoro, perché davi tutta te stessa per dare risposte ai parenti delle
vittime e per dare voce a queste ultime. È questo quello che mi ha fatto
innamorare di te. Ed è questo che ora mi porta a scappare lontano da te. Per te
tutto ciò che non è lavoro è un problema, un ostacolo. Non concepisci che puoi avere
tutto: carriera e amore. Vivi l’amore come un limite alle tue possibilità
professionali.
-Non
è così, Castle. Ero pronta a lasciar perdere
Washington per te. Possibile che non conti nulla questo?
Castle scosse il capo con
un sorriso rassegnato dipinto sul volto.
-Continui
a non capire. Cosa sarebbe successo se tu avessi rinunciato a Washington? Con
il tempo me lo avresti rinfacciato e mi avresti odiato!
-Allora
ho fatto bene ad andarmene…eppure ti ho perso!
-E’
qui il tuo errore, Kate. Sei tu che hai considerato le due opzioni (carriera e
matrimonio) come alternative. Non io. Non ti ho mai detto: lascia perdere il
lavoro e sposami. Ti ho chiesto di diventare mia moglie qualunque fosse la tua
decisione lavorativa. Non ricordi? Ero disposto a trasferirmi con te a
Washington o a fare il pendolare da week-end se fosse stato necessario, ma tu
non l’hai nemmeno preso in considerazione. Mi hai solo chiuso fuori dalla tua
vita, perché è questo quello che volevi sin dall’inizio. Una scusa per sfilarti
dal nostro rapporto senza che fosse colpa tua.
Rick
afferrò il volto di Kate con entrambe le mani e asciugò con i pollici due
lacrime furtive che attraversavano le sue guance arrossate per l’emozione di
sentire di nuovo dopo tanto tempo Rick così vicino.
-Avresti
potuto avere tutto, Kate. Ma non eri pronta. Probabilmente ho sbagliato non
accorgendomi che non eri preparata per un futuro insieme; o forse, non sono la
persona giusta con cui tu possa capire tutto questo. Spero che prima o poi
avrai la fortuna di incontrare questa persona e ti auguro di riuscire a
lasciarti andare completamente all’amore.
Nonostante
la dolcezza del momento Kate sentì il freddo stringerle le viscere in una morsa
dolorosa. Rick stava davvero rinunciando a lei, a lottare per lei, e questo in
cinque anni non era mai accaduto, nemmeno una volta.
Castle le posò un leggero
bacio sulla fronte prima di voltarsene ed andarsene dall’edificio, lasciando
che quella sensazione di gelo interiore paralizzasse totalmente la detective.
***
La
serratura della porta d’ingresso del loft di Castle
scattò e la giovane donna all’interno, percependo il rumore, si alzò dal
bracciolo del divano sul quale era appoggiata da qualche minuto in attesa del
proprietario dell’appartamento.
-Ehi!
Kyra!- esclamò l’uomo felice di vederla ancora lì.
Gli occhi della donna, però, si abbassarono velocemente fino a puntare sul
pavimento. –Tutto bene?
-Dovrei
essere io a chiederlo a te, non credi?
Rick
sorrise e nel poggiare le chiavi in una ciotola vicino all’ingresso si rese conto
di un paio di valigie pronte che stazionavano non distanti da lui.
-Che
sta succedendo, Kyra?
-Senti,
Rick…
-Te
ne stai andando?- chiese l’uomo senza lasciare a Kyra
la possibilità di spiegare.
-Credo
sia la cosa migliore, Rick. Per te- Kyra accompagnò
le sue parole con una carezza leggera sul volto dello scrittore. –Sono
rientrata nella tua vita da quanto? Un paio di mesi? E già abbiamo dei
problemi…non dureremmo a lungo.
-Di
che cosa stai parlando?
L’uomo
le afferrò la mano e stringendola nella sua la tolse dal suo viso.
-So
che cosa pensi, Rick. Non hai mai saputo nascondermi nulla. Ma io non posso né
voglio sostituire Kate nella tua vita!- la donna accennò ad un lieve sorriso
davanti allo sguardo prima smarrito e poi colpevole di Rick.
-Non
era questa la mia intenzione!
-Lo
so. Hai pensato di poterti buttare il passato alle spalle…ma, beh, Rick, anche
io sono il passato. E per quanto io ti voglia ancora bene, siamo cresciuti: non
siamo più due ragazzini del college che trascorrevano i pomeriggi sopra un
tetto di New York.
-Però
devi ammettere che erano dei gran bei pomeriggi!
Il
sorriso di Rick si trasmise in pochi istanti anche sul volto di Kyra.
-I
migliori della mia vita, Rick! Ma non sono io la donna che dovresti portare su
uno di quei tetti oggi.
L’allusione
di Kyra alla misteriosa donna di Rick non aveva
bisogno di esplicitazioni.
-Con
Kate è finita, sul serio. Ci abbiamo provato, ma…non vogliamo le stesse cose.
Tutto qui.
-Forse
hai ragione, Rick. O forse semplicemente non avete gli stessi tempi. Forse lei
ha bisogno di più tempo per metabolizzare ogni scelta e magari tutto questo è
troppo nuovo per lei. Non sa come si fa.
-Non
è una bambina di cinque anni.
-No,
è vero. Ma non è nemmeno te, Rick! Tu sei un impulsivo per tua natura, mentre
Kate no. Lei ha bisogno di ponderare ogni scelta.
-Kyra, ne abbiamo
già parlato altre volte: le ho chiesto di sposarmi, d’accordo, ma non
pretendevo lo facesse il giorno dopo o che rinunciasse al suo lavoro!
-A volte, Rick, sei così ottuso! Per essere
uno scrittore dimentichi troppo spesso quale abisso ci sia tra ciò che tu dici
e ciò che gli altri percepiscono! Tu avevi tutte le buone intenzioni di questo
mondo, ma forse la tua Kate non l’ha capito. E tu non ti sei dato la pena di
spiegarglielo.
Castle
si allontanò da Kyra contrariato.
-Perché? Perché mi fai questo? Io non vi
capisco…tu e mia madre. Sembra quasi che la vittima in tutto questo sia
Beckett. E i miei sentimenti? Il dolore che lei mi ha provocato rifiutandomi?
Questo non conta nulla?
-Certo che conta, Rick. Ma in questo
rapporto sei tu quello forte e devi prendere lei per mano e condurla con te. Da
sola non ce la farà mai.
-Può darsi che io non abbia voglia di
sostenere un rapporto da solo anche per lei- il tono duro di Castle non scoraggiò Kyra che
conosceva la forza ma anche la debolezza di Rick nelle questioni di cuore.
-E’ possibile. Non ti sto dicendo che sei
obbligato a farlo, solo che potresti. Senti, io ti conosco e ho visto come vi
siete guardati quando lei è stata qui. E ti vedo anche ora, dopo che sei
tornato dal distretto dove c’era lei. Non puoi mentire con me. Sei ancora
innamorato di lei e questo non cambierà con il tempo, perché a differenza mia,
di Meredith e di Gina, lei è quella giusta. E per quanto tu possa convincerti
del contrario, la amerai sempre.
La mano di Rick attraversò frenetica il
ciuffo sempre così ordinato e ben pettinato dell’uomo.
-Non ce la faccio. Ogni volta che penso a
lei, che la vedo, io…riesco solo a pensare a quel no, a lei che scappa dal quel
parco. Ho paura, Kyra.
La donna con un sorriso gli afferrò il
volto con entrambe le mani: -Adesso sei pronto. Provi esattamente quello che
prova Kate. Adesso la puoi capire, finalmente. E forse sarai più clemente con
lei.
Castle
aprì la bocca più volte come incerto su quanto doveva dire: -E se ora lei non
volesse più avermi tra i piedi?
Kyra
per tutta risposta alzò un sopracciglio scettica.
-Credi davvero che quella donna non stia
aspettando un tuo passo per poter ricominciare da dove vi siete interrotti? Sei
sul serio così stupido?
-Posso non rispondere a quest’ultima
domanda?- chiede Rick con un timido sorriso sulle labbra. Forse sapeva già
tutte queste cose su Kate, su di lui e sul loro rapporto: aveva solo bisogno
che qualcuno di realmente esterno a tutto quello gli aprisse davvero gli occhi.
-Rick…puoi essere enormemente felice con
lei: datevi una seconda possibilità.
-Ci proverò. Tu cosa farai ora?
-Ho chiamato mia madre, mi raggiungerà a
breve.
-Se hai bisogno di qualunque cosa…
-Lo so, tu ci sarai sempre. È questa la tua
qualità migliore, Rick.
Kyra
si sollevò sulle punte dei piedi e stampò un bacio leggero sulla guancia di
Rick, che si strinse a lei affondando il viso nella sua chioma castana.
-Buona fortuna, Rick.
Angolo dell’autrice:
ebbene sì,
sono tornata anche qui. E fa quasi rima =)
A parte gli
scherzi, avevo perso gli appunti sul caso e non avevo più voglia di rimettermi
a ricostruire tutto. Poi l’ho fatto, anche invogliata da Federica P. che su FB
tempo fa me lo aveva chiesto.
Comunque, la
storia riprende. Spero di riuscire a essere costante nell’aggiornamento. Ho già
scritto un bel po’ di capitoli e spero di non perdere l’ispirazione proprio ora
che l’ho ritrovata.
-Sono a casa!- urlò Martha entrando nel
loft immerso nella penombra nonostante fosse appena passata l’ora di pranzo.
-Da quando ti annunci, mamma?
-Da quando ospitiamo una certa persona dai
lunghi capelli castani e due grandi occhi marroni, figliolo.
-Se è questo che ti preoccupa, puoi anche
stare tranquilla. Kyra se n’è andata. Ha fatto le
valige un paio di ore fa.
-Sul serio?- fu il commento sbigottito
della donna. -Oh, beh…ce ne faremo una ragione.
-Mamma!
Lo sguardo severo di Rick addolcì Martha
che posò una mano sul viso del figlio.
-Tesoro, so che avevi dei progetti su te e Kyra, ma…beh, lei forse è più saggia di te in questo
momento- la donna trasse un profondo sospiro prima di riprendere. -Ad ogni
modo, cosa pensi di fare ora con Kate?
-Niente.
-Niente? Pensi che lei si ripresenterà qui
di nuovo e ti cadrà tra le braccia?
-Non intendevo questo, lo sai. È solo che
con lei è tutto molto…
-…complicato?
Richard annuì mentre si dirigeva nel suo
studio posizionandosi davanti al suo amato portatile, trascurato per molto,
forse troppo, tempo.
-Tesoro, tu sei innamorato di lei e lei è
innamorata di te. Cosa c’è di complicato? Molta gente è partita con molto meno,
te lo assicuro.
-Forse tu dimentichi Washington, la
proposta, il suo rifiuto e la mia fuga, mamma. Questo credo che complichi un
bel po’ le cose.
Martha Rodgers
squadrò il figlio intrecciando le braccia al petto.
-Richard Alexander Rodgers!-
tuonò la donna. Castle sapeva bene che sua madre
usava chiamarlo con il suo vero nome solo quando il discorso era
particolarmente serio ed in un certo senso questo meccanismo gli piaceva: lo
riportava a quando era solo un ragazzino che seguiva la grande diva dietro le
quinte dei grandi teatri di Braodway. -Io non ho
cresciuto un vigliacco! Hai tanti difetti, lo riconosco, ma non questo. Per cui
ora alza il tuo bel sedere da quella sedia e corri al distretto da Kate. E
prega che lei ti voglia ascoltare e riprendere con sé.
-Ma…
La donna alzò la mano per zittire il figlio
che ancora se ne stava seduto dietro la scrivania.
-Sei ancora lì?
-Non so cosa dirle! Non posso mettere piede
al 12th e dirle: “ehi, Kate! Hai presente tutto quello che ti ho detto in
questi mesi? Ecco, ho cambiato idea!” Forse non lo sai, ma ha una pistola!-
cercò di sdrammatizzare l’uomo, anche se in cuor suo sapeva non solo che sua
madre aveva ragione (come sempre, del resto), ma anche che presentarsi al
distretto era esattamente quello che voleva fare già da molto tempo.
-Richard! Quella donna ti ha cercato per
tre mesi, senza sosta. Non appena ha saputo che eri tornato si è precipitata
qui! Tu non l’hai vista quando si è resa conto che qui c’era un’altra donna, ma
io sì. Lei ti ama, tesoro! Ti ama come ha sempre fatto, se non di più ora che
sa di aver messo te, anzi voi, al primo posto nella sua vita. E forse
all’inizio farete fatica a superare gli ultimi sei mesi e tutte le parole
dette, ma…alla fine ce la farete. Vedrai. Avete superato di peggio: supererete
anche questa.
Rick accennò ad un debole sorriso
decidendosi infine ad alzarsi.
-Grazie, mamma- disse lasciandole un bacio
sulla guancia.
Poi uscì. Per andare da lei.
***
Dopo la discussione avuta con Castle, Kate era più che mai decisa a buttarsi nel lavoro e
a dimenticare tutto il resto. Non che avesse molte alternative, in effetti: a
parte il lavoro non le restava granché della sua vita!
-Becks!- Esposito
agitò le braccia sventolando dei fogli appena stampati. -Ho appena finito di
controllare le liste passeggeri in arrivo e in partenza da tutti gli aeroporti
di New York e provenienti da San Francisco. Ho controllato anche i principali
scali e le linee ferroviarie…ma niente.
-Niente?- chiese perplessa Kate. -Non è
possibile! Vuoi farmi credere che Greg è stato ucciso da un perfetto
sconosciuto? Per caso?
-Beh, dico solo che non ho trovato
corrispondenze in questi elenchi viaggiatori. Nessuno che apparentemente sembra
legato a Greg Murphy. Né sentimentalmente né professionalmente. Ma ho allargato
le ricerche: se lui non stava scappando da qualcuno, forse stava raggiungendo
qualcuno qui a New York. Ho chiesto di poter visionare anche gli elenchi
passeggeri arrivati in città prima di Greg per scrupolo.
-Hai fatto bene, Espo!-
Kate si alzò dalla sua scrivania per spuntare dalle voci in elenco sulla
lavagna i risultati appena ottenuti. Non che questo cambiasse qualcosa. Anzi.
Il tutto aveva un significato sempre più chiaro che l’esperta detective non
poteva non notare. -Credo che a questo punto io non possa più rimandare.
-Rimandare cosa?- anche Ryan ora si era
avvicinato per osservare gli sviluppi e per portarne di altri.
-Chi è l’unica persona che sappiamo essere
a conoscenza del fatto che Greg fosse a New York?
-Non avevi detto che il movente di Kyra era praticamente inesistente?- obiettò l’ispanico.
-L’ho detto, è vero…
-…ma se non fosse il tradimento il
movente?- si intromise Ryan con il suo classico sorriso di quando portava buone
notizie.
-Che intendi dire?
-Beh, sapete quando Castle
ha parlato delle email che Kyra ha ricevuto? Ecco,
nell’appartamento di Greg ho trovato il suo pc e le email provenivano da un suo
account di posta…non ufficiale, diciamo così. E non solo. Kyra
gli ha persino scritto…e proprio il giorno in cui Greg è morto. Non a questo
indirizzo evidentemente, ma ad un altro indirizzo di Greg che fa capo alla sua
società. In questa mail gli chiede spiegazioni circa gli ammanchi sul conto
corrente che con il divorzio doveva spettare a lei. In pratica Greg l’ha
lasciata senza un soldo…beh, a parte quelli della famiglia di Kyra. Ma a parte questo, tutti i soldi che dovevano
provenirle dal divorzio…in una parola non esistono!
-Che cosa? Come ha fatto Greg a dilapidare
milioni di dollari in soli quattro anni?- esclamò Esposito.
-Avrà ereditato il talento dello zio Teddy, presumo- rispose Ryan mentre Kate si appuntava la
novità sotto l’immagine di Greg.
-Ok, ma tutto questo ancora non mi basta
per un mandato di perquisizione- disse infine la detective mordendosi la parte
interna della guancia destra. -Abbiamo un movente, più di uno a dire il vero, e
sappiamo che Kyra era a conoscenza della presenza di
Greg in città. Ma niente di più.
-A
dire il vero sappiamo anche che Kyra ha comprato
un’arma il cui calibro corrisponde a quello della pistola usata per l’omicidio.
E troverebbero anche spiegazione i capelli femminili rinvenuti sulla scena del
crimine. Chiedi un mandato- aggiunse Javier.
Kate
scosse la testa: -No, è il classico serpente che si morde la coda, Espo. Per avere il mandato dovrei essere almeno in grado di
collocare Kyra nell’appartamento di Greg o quantomeno
nelle sue vicinanze. Ma…le uniche prove che potrebbero collocarla lì posso
ottenerle solo con la perquisizione. Novità dall’analisi del meccanismo
elettronico di apertura della porta, Ryan?
-Sì…nell’intervallo
individuato da Perlmutter la porta è stata aperta sei
volte: la prima alle 20.10, la seconda circa 12 minuti dopo; poi di nuovo alle
20.29, e chiunque sia arrivato è stato lì un bel po’ perché le porte sono state
riaperte alle 21.37 infine alle 21.42 è presumibilmente entrato l’assassino che
poi è uscito alle 21.53.
-Sei
riuscito a fare un confronto con le immagini recuperate dalla telecamera
posizionata nell’ascensore?
Ryan
scosse la testa: -Negativo. A quanto pare la telecamera non era in funzione
quel giorno. Ma ho mandato i tecnici del nostro laboratorio a controllare: il
sistema non è stato manomesso. Un’interruzione casuale.
-Casuale
ma di certo fortunata per l’assassino- concluse Kate continuando a prendere
appunti sulla lavagna.
-Beh,
c’è sempre il portiere!- disse Javier. -E a questo proposito ho controllato:
sono ben tre i portieri dello stabile e secondo il piano dei turni di lunedì il
nostro portiere è Tim Collins.
-Tim
Collins!
-Già…ho
parlato con lui qualche minuto fa. Mi ha detto di aver visto uscire una donna
di corsa dal palazzo. Lunghi capelli castani.
-Uscire?
-Sì,
un inquilino lo ha chiamato d’urgenza per un problema in uno degli appartamenti
e lui si è assentato dall’ingresso per almeno un’ora. Quando è tornato ha fatto
a malapena in tempo a vedere una donna uscire di corsa dalla porta principale.
-Ha
riconosciuto Kyra, Espo?
-No,
l’ha vista di spalle e solo per una frazione di secondo. Però questo colloca Kyra sulla scena del crimine.
-Non
direi, amico- si intromise Kevin. -Semmai è un’altra prova circostanziale.
Possiamo al massimo dire che una donna con lunghi capelli castani era nel
palazzo. Il che non restringe di molto la nostra indagine. Potrebbe anche
essere una delle inquiline, o comunque qualcuno diretto in uno degli altri
appartamenti.
-Ok…vi
detesto quando smontate le mie teorie.
-Non
te la prendere, Javi. Ma almeno il tuo testimone
ricorda a che ora ha visto questa donna?
-Sì,
verso le 22. In corrispondenza con l’ultima apertura della porta. Quindi,
potenzialmente ha visto l’assassina.
-Potenzialmente-
ripetè Beckett ancora concentrata sugli sviluppi
appena conosciuti. –Ok, Espo, tu torna nel palazzo e
vedi se qualcuna delle inquiline ha lunghi capelli castani e verifica se
qualcuno ha ricevuto visite lunedì sera.Ryan, tu controlla di nuovo i conti di Greg. Se ha sperperato tutti quei
soldi nel modo sbagliato è possibile che tutto ciò riguardi il suo omicidio.
Voglio sapere dove è andato a finire ogni singolo dollaro.
-Tu
che farai?
-Vado
da Perlmutter. Dovrebbero essere pronti gli esami di
laboratorio che avevo richiesto. Tossicologico e contenuto dello stomaco.
Solita routine, insomma. Se scoprite qualcosa di interessante, chiamatemi
subito! Prima otteniamo un mandato per la pistola di Kyra,
meno sono le probabilità che trovi il modo di sbarazzarsene.
-Sempre
che non l’abbia già fatto- commentò Esposito.
-Esatto…sempre
che non l’abbia già fatto.
La
detective afferrò decisa il proprio cellulare depositato sulla scrivania e la
sua giacca e si diresse a passo militare verso l’ascensore. Senza curarsi di
quello che le accadeva attorno premette il pulsante di chiamata e attese che il
trillo di avvertimento le annunciasse la prossima apertura delle porte. Cosa
che avvenne nell’arco di pochi secondi.
Ma
non appena le porte si aprirono Richard Castle le si
parò davanti.
Angolo mio:
Qualcuno
doveva pur fare il primo passo…oddio, Kate ci ha provato più volte ma Rick era
stato un po’ un mulo…ops, un muro. Così ora è lui ad
andare da lei. Un po’ per uno non fa male a nessuno, no?
Certo, le
cose non sono ancora appianate, ma ci stiamo lavorando =)
Non prevedo
tempi lunghissimi per la riappacificazione, perché sono pur sempre Castle e Beckett e per quanto testoni sono pur sempre
innamorati come due pere cotte :p
Anyway, grazie a chi ha letto, a chi ha recensito lo scorso
capitolo (avendo anche la pazienza di rileggersela tutta).
Il
tono impacciato di Castle era quanto di più lontano
Kate potesse immaginare di sentire dopo l’ultima discussione che avevano avuto
solo qualche ora prima.
-Ehi-
si limitò a rispondere, incerta su quello che in effetti stava succedendo.
-Stai
uscendo?
-Sto
andando da Perlmutter per dei referti.
-Perfetto,
ti accompagno.
Rick
allungò la mano invitandola ad entrare in ascensore ma Kate non mosse un passo.
-Non
credo sia il caso che tu venga, Castle.
L’uomo
sospirò evidentemente pronto a quella obiezione. Dopotutto lei era stata già chiara
pochi giorni prima nell’appartamento dello scrittore: una eventuale
collaborazione era impensabile, soprattutto in quel caso.
-Ok,
senti…so quello che hai detto e ti prometto che se mi dirai di andarmene perché
non sono obiettivo e non ti sono d’aiuto me ne andrò senza battere ciglio, ma fino
ad allora posso darti una mano. Come ho sempre fatto.
Kate
rimase a fissarlo qualche istante prima di prendere una decisione: senza dire
nulla si infilò nell’ascensore lasciando che Castle,
dopo un momento di smarrimento, indirizzasse il marchingegno a piano terra.
***
Il
viaggio in ascensore era trascorso nel silenzio più totale, complice anche
l’ingresso al piano inferiore di un paio di agenti della sezione furti e
rapine. Ma Castle non ebbe più fortuna una volta
salito in auto: Kate si era messa al telefono prima con Ryan, poi con Lanie ed infine persino con suo padre. Castle
ebbe il vago sospetto che tutto questo sforzo comunicativo della detective
fosse volto unicamente ad impedire a Rick di parlare e a lei di ascoltare.
-Aspettami
qui- disse Beckett una volta arrivata davanti ai laboratori della scientifica.
-Cosa?
Non avevamo chiarito la questione?
-Perlmutter non ti sopporta, Castle.
Men che meno ora che è sfumata la sua possibilità di dichiararti l’assassino di
Greg Murphy!
Non
appena Kate chiuse violentemente la portiera dell’auto, Rick uscì
dall’abitacolo bloccandola in mezzo al marciapiede a pochi passi dall’ingresso
del palazzo della scientifica.
-Kate…ok, va bene. Me lo merito, d’accordo? So
di aver detto cose non propriamente piacevoli sul tuo conto e su quanto
accaduto, ma se sono qui, se sono tornato, è per un motivo, Kate!
La
donna si costrinse a guardarlo negli occhi con determinazione e senza alcuna
esitazione.
-Allora
perché sei qui, Castle? Perché francamente io non ci
arrivo! Ho passato mesi a cercare di scusarmi con te, a tentare di spiegarmi e tu
sei sempre scappato o mi hai respinta. Perciò, perdonami se ora non faccio i
salti di gioia trovandomi qui con te!
Il
tono era fin troppo sarcastico e Kate si morse la lingua non appena smise di
parlare, soprattutto dopo aver visto gli occhi di Rick incupirsi di nuovo, come
sei mesi prima.
-Fammi
capire…io sono quello mollato come un idiota con un anello di fidanzamento in
mano in mezzo ad un parco pubblico e tu fai quella risentita perché io non ne
ero entusiasta?
Kate
roteò gli occhi verso l’alto non avendo nulla da dire.
-Tu….tu
vuoi sempre vincere, Kate! Non puoi sempre avere tutto nella vita. Ogni tanto
devi scendere a compromessi e fare delle scelte. Devi…crescere, Kate.
-Perfetto!
Adesso mi dai della bambina?
La
discussione era rapidamente degenerata, in un modo che nemmeno Castle avrebbe mai potuto prevedere. Come aveva fatto a
dare retta alla madre e a Kyra? A pensare di poter
anche solo parlare con Kate, figuriamoci ad appianare le cose con lei?!?
-Sai
che ti dico? Io…ci rinuncio. Tu non vuoi capire ed io sono stanco di correrti
dietro come il tuo fedele cagnolino.
Castle si voltò e
ripercorse a passi veloci lo stesso percorso fatto poco prima in auto, almeno finché
non si sentì braccare all’altezza del gomito.
-Non
hai ancora risposto. Perché sei qui?- gli occhi di Kate ora erano meno risoluti
e forse fu proprio questo a convincere Rick a darsi una seconda possibilità.
-Sono
qui perché ti amo, Kate. Per quanto io voglia dimenticarti e convincermi di
poter andare avanti io non ci riesco.
La
detective aggrottò la fronte non propriamente certa che quelle parole le
facessero piacere.
-Io
voglio fidarmi di te, Kate. Voglio credere in te, in noi, in qualunque cosa possa
tornare a farmi vivere. Ma ogni volta che penso di poter tornare da te, di
poter passar sopra a quanto è successo, tu…tu fai questo- disse agitando le
mani come per ricordare la discussione appena avvenuta. -Metti sempre te stessa
al centro del mondo e dimentichi che in quel mondo ci sono anche io, c’è il
nostro rapporto, i miei sentimenti. Mi sono sentito solo, Kate: stavamo
insieme, ma ero solo.
-Rick-
iniziò la detective. Cercava le parole giuste per non dare vita ad un nuovo
litigio ma era così difficile sopportare il peso di quel discorso. -So di avere
sbagliato. Ho capito cosa intendessi dire e capisco anche ora quando dici che
ti sei sentito solo. È solo che io faccio fatica a gestire tutto questo.
-Ok…ma
non puoi pensare che io possa gestire un rapporto per entrambi.
-No,
lo so. Quindi?
-Quindi
cosa?
-Ora
che si fa?
Castle inspirò
profondamente prima di rispondere: -Mettiamo una pietra sopra quanto è
successo.
Kate
annuì: -E per quanto riguarda noi due?
-Dammi
il tempo di fidarmi di te, Kate.
-Certo.
Nel frattempo…che ne dici di venire con me da Perlmutter?
Lo
scrittore sorrise, forse per la prima volta da mesi. -E’ già un inizio!
***
Ryan
ed Esposito squadrarono per cinque minuti buoni Castle
che se ne stava seduto alle spalle della detective mentre questa aggiornava la
lavagna del delitto.
-Ragazzi,
volete smettere di guardarlo?- chiese le donna cercando di nascondere un
sorriso divertito.
-Sì,
certo. È solo che…
-…che
ci fa qui Castle?
-Felice
anche io di rivedervi, ragazzi- mormorò lo scrittore incurante dello stupore
dei due amici.
-Allora,
vogliamo lavorare o ordino the e biscotti per tutti così ci aggiorniamo sugli
ultimi pettegolezzi del distretto, ladies?
Il
tono sarcastico di Kate mise a tacere le proteste e le domande dei due
detective i quali rispolverarono i fascicoli che tenevano in mano per
aggiornare Kate sulle loro scoperte.
-Abbiamo
parlato con tutti gli inquilini del palazzo nell’Upper
East Side e la famosa donna in fuga verso le 22 è la fidanzata di un tizio del
secondo piano. L’abbiamo sentita e ha confermato di aver lasciato il palazzo
verso quell’ora.
-Ok,
quindi, la donna vista dal portiere non è l’assassina- disse Beckett spuntando
la relativa voce dalla lavagna. -E sui fondi di Greg, Ryan?
-Sto
ancora controllando. Sono state effettuate diverse operazioni: per la maggior
parte sono investimenti andati male, ma ci sono alcuni spostamenti di denaro
verso conti che risultano inesistenti. È come se quei soldi fossero spariti nel
nulla.
-Nel
nulla? È impossibile.
Ryan
si limitò ad alzare le spalle. -Lo so; ho chiesto di poter effettuare ulteriori
controlli su quei conti ma sto ancora aspettando delle autorizzazioni.
Kate
sbuffò seccata per le interminabili attese burocratiche. –Siamo di nuovo ad un
punto morto. Nessun sospettato e nessuna nuova pista.
-Un
momento- intervenne Castle che finalmente sembrava
aver assorbito il contenuto della lavagna. -Qualcosa non torna, Kate!
-Che
intendi?
-Beh,
Perlmutter, che devi ricordarmi di ringraziare per
avermi accusato di omicidio, ha rilevato che Greg aveva appena consumato una
cena cinese. Ma non c’era traccia di scatole o piatti provenienti da un
ristorante della città o sbaglio?
-Hai
ragione, Castle. Quindi, chiunque abbia cenato con
Greg è anche il suo assassino. E ha ripulito ogni traccia del suo passaggio
perché non potessimo risalire a lui. C’è solo un problema…
-…ci
sono centinaia di ristoranti cinesi in città…
-…esatto,
è impossibile rintracciare un acquisto compiuto lunedì sera!
Castle restò a fissare un
punto particolare della lavagna, dove era appesa la foto di Kyra.
-Forse
non è necessario- disse l’uomo afferrando l’immagine di Kyra.
–Quella sera Kyra è uscita di casa per andare a
comprare la cena per noi. È tornata a casa con una cena cinese…anzi, con mezza
cena cinese. Al momento ho pensato che Kyra avesse
sbagliato con l’ordinazione e calcolato male la capacità del mio stomaco…ma
ora...forse parte della cena è rimasta da Greg.
Kate
rimase per un istante in silenzio: la sua mente lavorava frenetica ma non
voleva affrettare le parole, non voleva rischiare di dire qualcosa di
sbagliato.
-Castle, tu hai detto che…
-So
cosa ho detto sull’alibi. Ma…beh, io ero sotto la doccia. Quando mi sono chiuso
nella doccia Kyra era in casa. Le avevo detto che
saremmo potuti uscire a cena ma quando sono tornato in salotto lei non c’era. Mi
aveva lasciato un messaggio sul bancone della cucina per dirmi che non aveva
voglia di uscire né di cucinare e voleva prendersi qualcosa da mangiare. È
stata via molto. È rientrata verso le22.30.
-Potrebbe
starci con i tempi. Ha ucciso Greg verso le 21.45 e con un taxi poteva tornare
all’appartamento di Castle in tempo. Un po’ tirata
con i tempi, ma avrebbe potuto- suggerì Ryan ottenendo l’approvazione della
detective.
Kate
si voltò verso Rick mordendosi l’interno della guancia destra nervosamente:
doveva fare il suo lavoro e non sarebbe piaciuta all’uomo la sua prossima
mossa.
-Convochiamo
KyraBlaine al distretto.
Mi dispiace, Castle…
L’uomo
scosse la testa con un mezzo sorriso dipinto sul volto.
-E’
il tuo lavoro, Beckett. Lo capisco.È al
Four Seasons ora.
-Four Seasons?- la sorpresa nella voce di Kate non passò
inosservata a nessuno dei presenti. –Voglio dire…ero convinta stesse da te.
-No,
ha deciso di andarsene stamattina, per non mettermi ulteriormente nei guai
e…per poter fare la cosa giusta- aggiunse infine Castle
puntando i suoi occhi azzurri in quelli di Kate che dovette abbassarli
timidamente in tutta risposta.
-Avete
sentito, ragazzi? Four Seasons. E nel frattempo vi
farò avere un mandato di perquisizione per la camera di Kyra.
Voglio la sua pistola.
Castle annuì. Possibile
che Kyra fosse un’assassina?
Angolo mio:
Kyra sta sempre più inguaiata…ma sarà stata lei ad uccidere
l’ex marito?
Intanto i
testoni cominciano a collaborare di nuovo: che c’è di meglio di un bella
indagine per omicidio per ricostruire la loro storia d’amore? Per quanto tempo
riusciranno a non litigare?
Ringrazio
tutti coloro che hanno letto e recensito.
Kyra era già nella sala
interrogatori da qualche minuto ma Kate aveva preferito prendersi del tempo per
riflettere su quanto stava per fare e soprattutto sull’impatto che questo
poteva avere su Rick e sulle sue possibilità di rimettere insieme i pezzi del
loro rapporto.
Si
sciacquò un’ultima volta il viso nel bagno delle donne e appena uscita da lì
trovò Rick ad attenderla.
-Ehi!
Tutto ok?
Kate
lo guardò stranita. –Non dovrei essere io a chiedertelo? Stiamo parlando di Kyra.
L’uomo
alzò le spalle per tutta risposta.
-Non
ci andrò pesante, ok?
-Lo
so. Se c’è una cosa di cui sono assolutamente certo è che nel tuo lavoro sei la
migliore. Perciò…se Kyra è colpevole, tu lo saprai.
-Ma
tu non credi che lo sia…è così?
Castle sospirò
allontanando lo sguardo da Kate: -Pensi di conoscere le persone, ma poi…beh,
fanno sempre qualcosa che ti sorprende. Nel bene o nel male.
Beckett
ebbe la vaga impressione che quelle parole fossero rivolte anche a lei, sebbene
fosse incerta sul significato da attribuire loro: si riferiva al passato o alle
possibili sorprese future?
-Castle…
-Ehi,
Beckett! La Gates chiede cosa aspetti ad interrogare Kyra!-
intervenne Esposito, che costrinse Kate ad abbandonare la discussione con Rick
e a dirigersi verso la sala interrogatori.
Poco
prima di passare davanti all’ufficio della Gates, Castle
si fermò non senza che la detective se ne accorgesse.
-E’
meglio se non mi faccio vedere nei paraggi dalla Gates- ammise lo scrittore già
pronto ad imboccare la via dell’ascensore. -Chiamami più tardi.
-No!-
fu la risposta perentoria di Beckett. -No, tu resti. Tu hai fornito
un’informazione essenziale e se la Gates dovesse obiettare qualcosa, me la vedo
io.
Castle sorrise
visibilmente sorpreso e allo stesso tempo colpito. –Sicura?
-Sicura.
E…vorrei tu assistessi all’interrogatorio.
-Perché?
-Credo
che Kyra si sentirebbe meno sotto pressione se ci
fossi anche tu nella stanza.
L’uomo
sembrò dover riflettere sulla proposta trovandola evidentemente bizzarra e
anche vagamente scomoda.
-D’accordo.
Ma ad una condizione.
-Quale?
-Se
dovessi rendermi conto che stai esagerando nei toni voglio che tu ti fermi.
Questa
volta fu Kate a dover riflettere. –Mi sembra equo. Ora che ne dici di andare?
***
-Come
devo dirglielo, detective? Non sono stata io! Rick, ti prego…dì qualcosa!
Lo
sguardo implorante di Kyra passò velocemente dalla
detective allo scrittore in cerca di un sostegno in quella situazione
francamente fin troppo assurda.
-Kyra, la detective Beckett sta solo facendo il suo lavoro.
-Non
posso crederci! Tu pensi che io stia mentendo? Che io sia in grado di uccidere
un uomo a sangue freddo?
La
sedia di Rick divenne improvvisamente scomoda: si trovava tra due fuochi. Dare
retta a Kyra lo avrebbe fatto litigare con Kate e
dopo tutto quello che era già successo l’ultima cosa che voleva era mettere un
nuovo muro tra di loro. D’altra parte dare retta a Kate significava mettere Kyra in una posizione difficile, dal momento che non
credeva possibile che il suo primo amore si fosse trasformata in un’assassina.
-Rick
le crede, Kyra. E anche io- intervenne la detective
attirando su di sé lo sguardo grato di Castle. –Ciò
non toglie che ci siano delle domande che dobbiamo farle e che sono
indispensabili per trovare l’assassino.
-Non
vedo a cosa possa servirvi il mio alibi per sapere chi ha ucciso il mio ex
marito!
-Il
punto è che lei non ci ha detto tutta la verità, Kyra,
e questo la mette in una pessima posizione.
-Se
vi avessi detto tutta la verità…beh, a quest’ora sarei già finita in cella e
avreste archiviato il caso!- rispose brusca la donna.
-Sei
ingiusta, Kyra! Sai che Kate non lavora in questo
modo!- intervenne Rick, sorprendendosi lui stesso per aver pronunciato quel
nome in quella stanza. Lì dentro, in quelle quattro mura, erano sempre stati Castle e Beckett, mai Rick e Kate. Quest’ultima del resto
sentì chiaramente il suo cuore accelerare nel sentirsi chiamare in quel modo ma
mantenne il controllo necessario per continuare in modo professionale
l’interrogatorio.
-D’accordo-
continuò poi Kyra espirando vistosamente, ora più
calma. –Cosa vi serve sapere?
Kate
aprì il fascicolo appoggiato sul tavolo davanti a lei. –Dunque, nell’interrogatorio
fatto al signor Castle, lui ha dichiarato che lei
riceveva di continuo telefonate anonime. È così?
-Sì.
-E
sapeva da chi provenissero?
-Beh,
mi pare ovvio che non ne avessi la certezza, detective. Erano anonime!
-Ok,
allora mettiamola in questi termini…aveva dei sospetti circa l’autore di quelle
chiamate?
Kyra sbuffò di nuovo
questa volta più seccata.
-Sì,
avevo il sospetto che si trattasse di Greg. E prima che lei mi chieda come
potessi avere questo sospetto le rispondo che già pochi giorni dopo aver
firmato le carte del divorzio, ho cominciato a ricevere telefonate e email da
Greg, che mi pregava di tornare da lui, dicendo che era stato tutto un errore e
potevamo rimediare se solo lo avessimo voluto. Per farlo smettere ho cambiato
numero di telefono, indirizzi email….ho cambiato addirittura continente.
-Già,
ma ad un certo punto lui ti ha rintracciata di nuovo- si intromise Castle: la sua voce calma e rassicurante placò per un
istante l’ira di Kyra che sembrava sul punto di
riesplodere da un momento all’altro.
-Esatto.
Lui conosceva molte persone. Ovunque.
-Ha
mai parlato con lui, Kyra?
La
donna si fermò di colpo come colta da un’improvvisa illuminazione.
-Sì,
una volta. Ho risposto come al solito ad una delle telefonate anonime e lui
invece che riagganciare ha parlato. Ha cominciato a dire che ero una ladra, che
avevo premeditato tutto…il divorzio, la fuga. Ha detto che me la avrebbe fatta
pagare.
-Esattamente
quello che ha detto a me il giorno in cui è morto- commentò Rick voltandosi
verso Kate. Guardarla negli occhi gli faceva sempre uno strano effetto: per
questo distolse lo sguardo pochi istanti dopo.
-Sa
di cosa stesse parlando?
-No,
ovviamente! Ma ho avuto paura e così appena tornata a New York ho comprato una
pistola, per difendermi. Ed è stato allora che è successo qualcosa di strano.
-Strano?
-Sì,
esatto. Ho pagato con la mia solita carta di credito, quella intestata a Greg
ma circa un’ora dopo vengo contattata dalla banca che mi informa di aver
onorato il pagamento basandosi sul buon nome di mio marito…beh, ex marito. Ma
il conto era in rosso. Allora ho chiamato una mia amica e le ho chiesto di fare
un controllo sulle mie finanze e sa cosa ho scoperto, detective?
-Che
dei soldi che Greg le avrebbe dovuto lasciare con il divorzio non c’era
traccia!
-Esatto!-
gridò quasi Kyra. –Non che la cosa mi importasse.
L’anno scorso mio padre è morto e io ho ereditato tutto il suo patrimonio.
Voglio dire, sono ricca, non avevo bisogno dei soldi di Greg.
-Allora
perché è andata da lui?- chiese Beckett con una tale decisione da stupire Kyra, la quale tuttavia sorrise quasi divertita.
-Come
fa a dire che sono stata da lui?
Beckett
dovette accusare il colpo: in effetti senza l’arma del delitto e senza
riscontri scientifici l’unica cosa che poteva dire su Kyra
era che non aveva un alibi per l’ora del delitto. Su dove però fosse stata in
quell’arco di tempo era tutto un mistero.
Ma
Kyra fece qualcosa che la sorprese: -Lei non può
provare che io sia stata da Greg, ma…lo ammetto, ci sono stata.
Castle e Beckett si
guardarono ed entrambi in contemporanea aggrottarono la fronte evidentemente
perplessi.
-Kyra, tu…- Castle tentennò un
istante. Una parte di lui voleva mettere al riparo Kyra
consigliandole di chiamare un avvocato, ma un’altra parte, quella più prepotente,
voleva fare chiarezza sull’intera vicenda. Kate dovette comprendere il suo
conflitto interiore, ma invece che cacciarlo dalla sala interrogatori o
minacciarlo con lo sguardo come avrebbe fatto un tempo, si limitò ad osservarlo
in silenzio lasciando che fosse lui a scegliere. E Rick scelse Kate. –Tu
ammetti di essere stata da Greg lunedì sera?
-Sì…e
so che non potete provarlo perché ho dovuto pagare il tassista in contanti,
visto che le sole carte di credito che avevo nel portafoglio erano quelle relative
ai conti in rosso di Greg. Né c’era il portiere nel palazzo quando sono
entrata. Perciò sono piuttosto sicura che voi non avreste mai potuto sapere che
ero in quel palazzo.
Beckett
si sporse in avanti appoggiando entrambi gli avambracci sul tavolo e
intrecciando le mani. -E per quale motivo è andata da lui?
-Per
capire che cosa fosse successo! Senta, gliel’ho già detto. Non ho bisogno di
soldi, ma conoscevo Greg e mi creda se le dico che era davvero disperato per
via di quei soldi. Credeva davvero li avessi presi io!
-Ma
lui non ti ha creduto, vero?- intervenne Castle. –Ti
ha minacciata di nuovo?
-A
dire il vero all’inizio sembrava credere alle mie parole. Poi però…beh, la borsa
che avevo appoggiato in bilico sul tavolino del salotto è caduta e ne è uscita
la pistola. Io non volevo portamela dietro, non ricordavo nemmeno di averla
nella borsa. Ma quando Greg l’ha vista…
-…ha
pensato tu volessi ucciderlo.
-Esatto.
Ho cercato di raccogliere la borsa ma Greg ha preso la pistola e me l’ha
puntata contro. Sono inciampata nella mia sciarpa e sono rimasta a terra. Ero
terrorizzata.
-Era
quella la sciarpa che indossava, Kyra?- chiese la
detective osservando l’indumento che Kyra aveva portato
con sé anche quel giorno.
-Sì.
Sì, credo fosse questa. Perché?
Kate
si voltò verso Castle lanciandogli uno sguardo di
intesa.
-Le
fibre di tessuto sul pavimento…- mormorò Rick accompagnato dall’annuire di
Beckett. -E dopo cosa è successo?
-Il
suo telefono è squillato all’improvviso; lui ha risposto e io ne ho
approfittato per andarmene di corsa.
-A
che ora se ne è andata?
-Poco
dopo le 20. Poi sono andata a comprare la cena in un ristorante cinese nelle
vicinanze. Mi pare sulla Second Av. all’angolo con la
East 80th. C’era parecchia gente quella sera, un compleanno o una festa
aziendale, non ne ho idea. Comunque ci ho messo un bel po’ prima di avere la
mia ordinazione Ho pagato in contanti. Quando sono uscita ho incontrato una
vecchia amica che non vedevo dal matrimonio, Megan Pearson;
abbiamo parlato un po’ e quando ho visto che si era fatto tardi lì ho preso di
nuovo il taxi verso casa di Rick.
Kate
terminò di segnare l’indirizzo dettato da Kyra ed il
nome dell’amica sul proprio blocco per gli appunti per poi chiuderlo e alzare
lo sguardo tranquillo e sorridente sulla donna.
-Grazie
per la collaborazione, signora Blaine. Può andare.
Castle si volse verso la
detective stupito tanto quanto Kyra.
-Posso
andare?
-Sì.
Ovviamente non può lasciare la città finchè non si
saranno concluse le indagini, ma non c’è motivo per trattenerla. Come ha detto,
non ha un valido movente. E se il suo alibi verrà confermato, come credo,
beh…la sua posizione sarà molto chiara.
Beckett
non attese alcuna risposta prima di uscire dalla stanza, lasciando Kyra e Rick da soli.
-Wow-
fu tutto quello che riuscì a dire la donna. -La tua Kate sta davvero facendo di
tutto per riprenderti…
-Cosa…?
No, è solo che ha ragione, non c’è motivo per ritenerti tra i sospettati.
-Davvero?
Io penso che se non fosse per te, il trattamento che mi sarebbe spettato
sarebbe stato molto diverso.
-Kyra…
La
donna rispose appoggiando una mano sopra quella di Rick. –Vuole solo
dimostrarti che puoi fidarti di lei, che in qualche modo vieni prima del suo
lavoro. Non era quello che volevi?
-Io…immagino
di sì.
Kyra non aggiunse altro
e raccolti i suoi effetti personali si affrettò a lasciare non solo la sala
degli interrogatori ma anche il palazzo del distretto.
Dal
canto suo Castle tornò ad occupare la sua sedia
accanto alla scrivania di Kate che immersa nelle scartoffie osservava di quando
in quando lo scrittore per capire cosa gli stesse passando per la testa.
-Tutto
bene con Kyra?- chiese poi per spezzare quel
silenzio.
-Sì.
Bene. Anzi, grazie…per non esserci andata pesante- rispose l’uomo con il
sorriso più dolce di cui fosse capace.
Beckett
scosse la testa in imbarazzo: dopo tutto quel tempo, quel sorriso sapeva ancora
scioglierla. –Non ho mai creduto che lei c’entrasse qualcosa. Non è da Kyra uccidere qualcuno.
-Non
la conosci nemmeno.
Kate
alzò le spalle mentre puntava i suoi occhi in quelli dello scrittore.
-Conosco
te. E non le avresti creduto ciecamente se non ne fossi stato più che
sicuro…non dopo quello che ti è capitato con il tuo migliore amico dei tempi
del college- gli ricordò la detective.
-Giusto-
annuì Castle. –Beh, grazie comunque. Se la Gates
dovesse venire a saperlo….
Rick
non fece in tempo a terminare la frase che Iron Gates
si piazzò accanto a Castle, le mani saldamente
ancorate ai fianchi e lo sguardo severo di chi non ha intenzione di concedere
sconti di pena.
-Signor
Castle. Detective Beckett. Nel mio ufficio. Adesso.
Angolo mio:
scusate il ritardo, ma c’erano le feste pasquali di mezzo e sono stata
un po’ presa.
Dunque, capitolo un po’ così…serve ovviamente per risolvere il caso e
serve anche per indicare a Castle la via da prendere.
Doveva scegliere tra le due una volta per tutte e non lasciare che fossero le
donne a scegliere per lui, come è accaduto fino a questo momento. Perciò, d’ora
in poi sarà chiaro che per Castle la priorità è Kate
e ricostruire il rapporto con lei…ma come? Eheheheh…lo
scoprirete nel prossimo capitolo.
-Si
può sapere cosa le è passato per la testa, detective?- tuonò la Gates non
appena Beckett ebbe richiuso le porte dell’ufficio del capitano alle sue
spalle.
-Signore?
-Lasciare
andare la nostra principale sospettata e permettere che il suo
amico…ragazzo…qualsiasi cosa siano ora partecipasse all’interrogatorio! Io non
so dove voglia andare a parare, detective, ma le assicuro che una bella
retrocessione a dirigere il traffico è in arrivo!
-Capitano
Gates…- cercò di intervenire Castle sentendosi in
colpa per quello che stava succedendo a Kate, ma la detective lo bloccò con un
cenno della mano.
-Con
tutto il rispetto, Signore, io non credo che la signora Blaine
abbia qualcosa a che fare con l’omicidio dell’ex marito.
-Lei
non crede?
-Ne
sono sicura, Signore. Esattamente come lo era lei quando ha lasciato andare Castle!- ribattè prontamente Kate
e capì di aver centrato un punto debole del capitano quando la vide serrare la
mandibola contrariata per quella sensata argomentazione.
-Farà
meglio a confermare in fretta la storia della signora Blaine,
detective, o credo proprio che dovrà pentirsi del suo istinto!- ribadì il
capitano per poi indicare con un cenno del capo la porta. -Non così in fretta,
signor Castle! Lei resti.
L’uomo
lanciò un’occhiata a Kate nella speranza di rassicurarla, cosa che non sfuggì
alla Gates.
-Signor
Castle- cominciò quando Kate se ne fu andata -non le
avevo detto di restare fuori da queste indagini?
-Sì,
capitano, ma…
-Cosa
le fa credere di poter disobbedire ad un mio preciso ordine senza che io prenda
provvedimenti?
-Beh,
prima di tutto lei non è il mio capo...tecnicamente…- si affrettò a precisare
lo scrittore. -E inoltre, lei sa meglio di me che posso essere un valido aiuto;
e non si preoccupi per…beh, per il mio rapporto con la detective Beckett.
Attualmente è solo ed esclusivamente professionale.
-Attualmente?-
il sopracciglio di Irons Gates si sollevò a dismisura.
Castle non rispose ma
sostenne lo sguardo severo della Gates.
-Può
andare signor Castle, ma si ricordi che posso
cacciarla quando e come mi pare.
-Come
è sempre stato del resto- mormorò l’uomo prima di andarsene dall’ufficio.
***
-La
Gates ti ha messo in riga?- disse Beckett quando Castle
tornò a sedersi accanto a lei, nel posto che era sempre stato suo di diritto.
Forse per un implicito automatismo, o più verosimilmente per rincuorare lo
scrittore, la detective gli aveva preparato una tazza di caffè che ora fumava
alla sinistra dell’uomo. Un caffè per loro valeva più di mille parole.
-Niente
che non abbia già dovuto affrontare in passato- rispose lui afferrando la tazza
bollente. -Ma grazie del caffè…dopo l’incontro ravvicinato con Iron Gates ci voleva proprio. Qualche novità sul caso?
Beckett
non era certa che Castle avesse evitato di nominare
esplicitamente Kyra per delicatezza nei suoi
confronti, ma ne fu comunque lieta. Non che avesse nulla da temere da quella
donna, questo ora le era chiaro, ma sapere che per due mesi lei e Rick erano
stati vicini come molti anni primi era ancora una ferita non propriamente
rimarginata.
-Abbiamo
controllato l’alibi di Kyra. Regge. Ryan ha parlato
con il gestore del ristorante cinese e ha confermato che Kyra
è arrivata da lui verso le 20.30. Il locale era pieno per una festa, lei ha aspettato
al bar quasi fino alle 21 e poi è stata servita. Se n’è andata verso le 21.30.
Esposito invece ha parlato con questa Megan, che conferma la versione di Kyra.
-Non
ho mai pensato potesse essere stata lei. E grazie per averle dato il beneficio
del dubbio.
Kate
scosse la testa: -Niente ringraziamenti; ho già creduto in passato che KyraBlaine fosse capace di un
omicidio e mi ero sbagliata alla grande. Non commetto mai gli stessi errori due
volte- disse la detective guardando fissa negli occhi lo scrittore. Il sottotesto di quelle ultime parole era chiaro per chiunque,
non poteva certo essere frainteso. –E ad ogni modo, non sarebbe stato banale
una ex moglie che uccide il proprio ex marito per soldi? Non è certo una delle
teorie alla Richard Castle- concluse Beckett per
smorzare la tensione palpabile che si era creata tra loro.
Rick
non rispose. Si limitò a guardare la detective nel suo modo, quello unico ed
insostituibile che era in grado di farla sciogliere in ogni circostanza. Sfiorò
la mano di Kate con la propria e rimasero in questa posizione per un tempo
indefinito. Anche questo gesto, come il caffè giornaliero, per loro valeva più
di una dichiarazione ufficiale.
-Beckett!
Abbiamo trovato qualcosa!
Esposito
entrò nell’ufficio rovinando quell’atmosfera intima che Rick e Kate erano
riusciti a costruire nel bel mezzo del distretto più affollato di tutta New
York. Sventolava un foglio con aria soddisfatta, aria che sparì dal suo viso
non appena si accorse di aver interrotto un momento importante tra i due.
-Ho
interrotto qualcosa?
-Sì-
risposero in coro entrambi. E se la cosa non era affatto sorprendente per
quanto riguardava lo scrittore, l’ammissione della detective aveva invece dello
straordinario. Non era decisamente da Beckett.
-Vai
pure avanti, Javier!- continuò la detective.
L’ispanico
scosse il capo come a voler riprendere il corso dei propri pensieri. –Avevo
ragione sulle liste passeggeri. Non era Greg ad essere inseguito! Era lui ad
inseguire qualcuno qui a New York.
-Chi?
Esposito
appese sulla lavagna una fotografia che ritraeva un volto già conosciuto da
tutti i presenti.
-Keith
Murphy? Il fratello della vittima?
-Esatto-
intervenne Ryan riemerso proprio in quel momento dalla saletta riunioni, che in
quei giorni era diventata il deposito di tutta la documentazione che riguardava
il divorzio e le finanze di Greg Murphy. –E aveva motivo di farlo. Il piccolo
Murphy ha passato la maggior parte degli ultimi due anni in un centro di
disintossicazione piuttosto esclusivo della West Coast.
Roba da vip, per intenderci.
-Keith
è un tossicodipendente?- domandò esterrefatta Beckett, che nel frattempo era
scattata in piedi dalla sedia e si era avventata sulla lavagna per aggiungere i
nuovi elementi.
-E
del tipo peggiore, direi, visto il quantitativo di denunce per aggressione
sporte da Greg contro il fratello minore. Pare che Keith si rivolgesse a Greg
per ottenere i soldi necessari per la sua dipendenza.
-Anche
Keith era al verde? In questa famiglia sembra essere un cliché- commentò
ironico Castle.
-In
pratica Greg era diventato lo sportello prelievi del fratello- concluse Ryan
continuando a leggere dai rapporti provenienti da San Francisco e relativi elle
denunce di Greg.
-Da
non credere. Non so cosa sia peggio…se il fratello drogato che sfrutta Greg per
i soldi, o Greg che denuncia il suo stesso fratello alle autorità. Hanno
ragione a dire che non ti puoi proprio più fidare di nessuno- fu il commento
sarcastico e amaro di Esposito.
-Detto
da te che stai per mettere su famiglia con Lanie non
è rassicurante, amico!
-Un
attimo- si intromise Castle che assorto nei suoi
ragionamenti non aveva probabilmente colto i commenti dei due amici poliziotti.
-Tranquillo,
bro! Stavo scherzando sulla famiglia. Sposo ancora Lanie- rispose divertito Esposito convinto che lo scrittore
si stesse riferendo a lui.
Castle aggrottò la fronte
con quel suo fare un po’ bambinesco di chi non capisce cosa sta accadendo
attorno a lui. –Non ho idea di cosa tu stia parlando, Esposito. Io mi riferivo
al caso.
-Bell’amico,
nemmeno ascolta quando parlo- commentò sottovoce l’ispanico rivolto a Ryan.
–Sono felice di aver scelto te come testimone!
Ryan
sorrise compiaciuto, ma solo per pochi istanti. Poi fissò in tralice il
collega: -Vuol dire che hai avuto bisogno di scegliere?- protestò l’irlandese.
-Non
fare l’offeso! Anche tu hai preferito il fratello di Jenny o sbaglio?
-Io
non avevo scelta. Diglielo anche tu, Castle!
Ma
quando Ryan e Esposito si voltarono verso lo scrittore e la sua musa li
trovarono intenti a guardarli, il primo con aria divertita, la seconda
decisamente più seccata.
-Abbiamo
finito con il vostro siparietto, signore? Lo scrittore qui avrebbe una teoria
da sottoporci- Ryan ed Esposito borbottarono ancora qualcosa ma Beckett
sogghignò mentre si volgeva verso Castle. –Ti prego,
niente alieni, mafia, complotti internazionali, insetti giganti o viaggi nel
tempo, scrittore.
Castle aprì bocca
fintamente indignato, cosa che fece sorridere ancora di più Kate: -Detective
Beckett, vorrei farti notare che nel corso della nostra collaborazione abbiamo
incontrato alieni, mafia, complotti internazionali e viaggi nel tempo. Per gli
insetti giganti mi sto ancora attrezzando, ma non dispero. Detto questo, la mia
teoria è molto più terrena e pratica. Mi avete detto che nell’appartamento di
Greg non hanno trovato portafoglio, cellulare, contanti…nulla. E così?
-Esatto.
Abbiamo rintracciato grazie al GPS il cellulare di Greg ed insieme c’era il
portafoglio. Ovviamente niente contanti, solo carte di credito.
-Allora,
miei cari signori, mi pare ovvio che ho appena risolto il vostro caso. E devo
dire che è deludente che non ci siate arrivati da soli prima, ma
ammettiamolo…senza di me sareste persi.
Castle fece un piccolo
inchino non appena terminato di parlare.
-E
sentiamo, scrittore, chi sarebbe l’assassino? Il fratello?
-Beh,
avrebbe un senso. Keith senza un soldo va dal fratello maggiore per avere
denaro contante. I due litigano, forse anche perché Greg gli comunica di non avere
più un soldo in banca, e Keith uccide Greg con la pistola che Kyra aveva lasciato nell’appartamento. Poi prende,
telefono, portafoglio e pistola e scappa- disse Castle.
–Ovviamente, il ragazzo abbandona subito cellulare e carte di credito perché
rintracciabili, ma si tiene i contanti.
-E
perché si terrebbe la pistola?- chiese Esposito.
-Forse
ritiene potrebbe servigli in futuro, visto il giro di persone non poco
raccomandabili che di certo frequenta. O forse è un bene che potrebbe riuscire
a smerciare per qualche soldo in più.
-Tu
che ne dici Beckett?- chiese Ryan, notando il silenzio della detective.
-Dico
che è una teoria. Spiegherebbe alcune cose.
-Solo
alcune? Avanti, detective, dammi un po’ di soddisfazione- il tono provocante di
Castle non lasciò indifferente la detective che
arrossì all’istante. Anche lo scrittore però dovette rendersi conto che era la
prima volta che tornava a usare quel tono così confidenziale e intimo con lei e
si costrinse a distogliere lo sguardo dalla donna per rompere l’imbarazzo che
si era creato.
-Il…il
fatto è, Castle, che non sappiamo se Greg ed il
fratello erano in contatto. Dai tabulati telefonici non risulta nulla. Né dal
cellulare né dal telefono dell’appartamento. Quindi come ha fatto Keith a
sapere che Greg era a New York? E come ha fatto a sapere dove abita? E
soprattutto perché Greg avrebbe dovuto seguirlo a New York se sapeva quanto era
pericoloso?
-In
realtà forse non l’ha seguito. Se ricordi, Greg ha acquistato l’appartamento 3
mesi fa, all’epoca del divorzio. Aveva già intenzione di trasferirsi qui- disse
Ryan.
-Giusto-
ribadì lo scrittore strizzando l’occhio all’amico. –Ryan, ha ragione. E
comunque è anche possibile che Greg credesse che i soldi fossero spariti a
causa del fratello. Ed è venuto qui per chiedergli spiegazioni.
-No,
questo non è proprio possibile- intervenne Esposito. –Chiunque abbia fatto
sparire quei soldi è un mago della finanza. Un genio della truffa.
Rintracciarli è praticamente impossibile. Non penso proprio che un
tossicodipendente come Keith possa aver architettato tutto questo.
-Forse
non da solo- incalzò lo scrittore, ansioso di difendere la propria teoria.
-Ok,
adesso basta. Stiamo entrando nel terreno delle mere speculazioni. Atteniamoci
ai fatti, babe.
Beckett
arrossì istintivamente non appena comprese quello che aveva appena detto. Come
le era venuto in mente di chiamarlo “babe” davanti a
tutti? Al distretto? E dopo tutto quello era successo tra di loro? Forse aveva
esagerato, anzi, ne era certa.
Ma
come sempre Kate restava senza fiato per le reazioni di Rick. Lui sorrise,
semplicemente. Come se quelle due sillabe, quattro lettere, gli avessero appena
cambiato la giornata.
-Ehi,
voi due. Se avete finito di farvi gli occhi dolci, qui dovremmo lavorare-
commenta sarcastico Esposito.
-Certo…giusto.
Quindi…La versione di Castle ha dei punti molto
validi. Spiega il telefono e il portafoglio tanto per cominciare. Sollecitiamo
la scientifica e vediamo se hanno trovato impronte, magari del fratello.
Dovremmo già averle per un confronto dal caso del matrimonio.
-Ok,
me ne occupo io, tanto stasera devo andare a prendere Lanie.
-Perfetto.
E cerchiamo di rintracciare Keith: magari non ha nulla a che fare con
l’omicidio del fratello, ma per ora è la sola pista che abbiamo. E,
ragazzi…toglietevi quel sorriso divertito dalla faccia, chiaro?- minacciò Kate,
ma con il sorriso sulle labbra.
-Mamma
e papà sono tornati- mormorò Ryan mentre di allontanava con Esposito.
Angolo Mio:
Eccomi!
Scusate il
ritardo, ma tra lavoro e ponti non ci capisco più niente =)
Dunque, che
dire? boh! I due proseguono in tutti i sensi sia nelle indagini che nel
riavvicinamento…piccoli passi che sembrano venire naturali per il momento. Ma sarà
così semplice? Staremo a vedere.
Grazie a
tutti coloro che leggono e recensiscono…o anche solo a chi legge =)