Bright lights

di Giada in the universe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vieni con me ***
Capitolo 2: *** Le mie illusioni ***
Capitolo 3: *** La missione ***
Capitolo 4: *** Ricordi al chiaro di luna ***
Capitolo 5: *** Il prof ***
Capitolo 6: *** Parlami di te ***
Capitolo 7: *** Parti con me? ***
Capitolo 8: *** La decisione ***
Capitolo 9: *** Fra le nubi ***
Capitolo 10: *** La sala del the ***



Capitolo 1
*** Vieni con me ***


E di nuovo 
si trovava immersa in quello splendore,
tutto luccicava sotto ai suoi occhi. 
E mentre faceva correre lo sguardo 
su quelle brillanti superfici,
la sua attenzione venne catturata 
di nuovo
dallo stesso 
trono,
che si ergeva 
imponente
in mezzo all`ampia stanza;
ornato 
da enigmatici disegni,
cerchi e linee,
apparentemente privi di senso.
Aveva strizzato gli occhi,
lo aveva osservato a lungo,
aveva focalizzato l`attenzione 
soprattutto sulla grande sfera,
che sovrastava 
lo schienale; 
Fece scorrere lo sguardo sulle righe,
lunghe e corte,
che si alternavano intorno ad essa
e riconobbe
la forma del sole.
Vide poi i cerchi,
che gli danzava intorno
"Pianeti?" si chiese incerta
e intravide
in quelle linee appena accennate
l'intero cosmo
con le sue infinite stelle.
E poi,
splendente e immensa,
La stella più importante di tutte
illuminava i piccoli pianeti,
che le si avvicinavano
bisognosi di calore.
Ed erano cosí
immobili,
Imprigionati nell'oro.
Chiuse gli occhi
li vedeva tutti:
Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Uranio e Nettuno.
Riaprì gli occhi
e provó stupore,
davanti a lei,
sul luminoso trono,
erano solo quattro i pianeti che circondavano 
il grande sole.
Prima che potesse chiedersi perché,
un suono di tacchi 
nel silenzio solenne della sala
attirò la sua attenzione.
Si giró
riconoscendo quei capelli castani,
raccolti nella lunga coda.
E di nuovo 
sentì
dalle labbra aperte in un sorriso
le solite parole:
"Giada,
pronta per partire?"
Ma un suono stridulo e ripetitivo fece sparire di colpo tutto lo splendore di quelle immagini. Aprì gli occhi e vide la sua camerarischiarata solo da un unico, debole, raggio di sole mattutino che s'intrufolava nella stanza, approfittando della portafinestra leggermente aperta. Riuscì ad ammirare questa visione solo per un istante, prima che la sveglia riprendesse a gridare con la sua voce acuta.
La spense con una manata, sentendo il rumore della plastica che sbatteva contro il legno del comodino. I suoi caratteri rossi e luminosi le ferivano gli occhi, ricordandole che il suo lungo letargo estivo, durato tre mesi, finiva quella mattina; e più precisamente alle sei e un quarto.
Si giró supina, sentendo la morbidezza del cuscino sotto la sua testa. Si sorprese quando capì di non essere nervosa o stressata, nonostante fosse la prima volta da mesi che si svegliava prima di mezzogiorno.
Insomma, si sentiva pronta a rinunciare al suo riposo e affrontare studio e sveglia alle sei ogni mattina per i futuri nove mesi. O anche no. Forse il vero problema era un altro, non aveva voglia di ricominciare, ma semplicemente non riusciva a immaginare che cosa l'aspettava nell'imminente anno scolastico, perché quei sogni, che si ripetevano uguali, da una settimana ormai, la turbavano.
Aveva letto che i sogni hanno un significato, ma che significato poteva avere un sogno simile? Soprattutto uno così misterioso, che si ripeteva prepotente ogni notte.
Forse non era niente di che , probabilmente stava solo reprimendo lo stress per l'inizio scuola. 
Uscì di casa e sentì appieno l'atmosfera di quella mattina di settembre, tutto silenzioso, tutto calmo. Le sue scarpe che battevano sull'asfalto erano gli unici rumori che turbavano quella calma leggera, vibravano ed echeggiavano nell'aria. Respirò appieno, si sentiva già meglio; E proprio in quel momento un urlo pose fine a tutta la quiete. "Giada!" si giró e vide Tiziana, i capelli castani corti, gli occhiali neri ed era la sua stravagante compagna di banco. Prima che potesse ricambiare il saluto si trovò avvolta nell'abbraccio del "che bello rivederti".
Cercò di scrollarsela di dosso, ma il potere dell'amore è più forte di qualsiasi bisogno di respirare, fortunatamente i soccorsi arrivarono, salvando Giada appena prima che esalasse il suo ultimo respiro.
"Andateci piano, o vi accuseranno di atti osceni in luogo pubblico" si girarono di scatto e riconobbero i lunghi capelli di Naomi.
"Oh ciao nao" la salutò Giada, e anche Tiziana la salutò, a modo suo, donando un po' del suo abbraccioso affetto anche all'altra ragazza. 
Dopo che la piovra ebbe esaurito tutto il suo bisogno d'amore ripresero a camminare verso la scuola, parlando delle vacanze ed esprimendo il loro dolore per l'inizio del nuovo anno. Giada non poté fare a meno di raccontare il suo sogno, probabilmente voleva solo essere confortata e sentirsi dire di non preoccuparsi, e così fu; erano tutte d'accordo sul fatto che fosse solo stress; e i racconti sull'estate ripresero. 
Tra una chiacchiera e l'altra giunsero davanti alla scuola, si fecero forza a vicenda e poi Naomi deviò verso l'artistico, mentre Giada e Tiziana andarono dritte verso l'alberghiero.
Arrivate in classe Giada si concentrò sulle lezioni, approfittando di quella freschezza di cui si dispone solo durante il primo giorno, e comunque non presente in tutti. Come in Tiziana che, con il mento appoggiato al banco, lottava contro la forza di gravità per impedire alle palpebre di cadere, sentendo di non aver ancora abbandonato completamente il letto. Ma questo solo per italiano, e per scienze subito dopo, perché già nelle due ore successive, che li avrebbero visti tutti affaccendati ai fornelli, bisognava svegliarsi, se non ci si voleva fare del male in venti modi diversi, ma questo, come constatò Tiziana, e le povere lasagne sventuratamente da lei preparate, non arrivò proprio a tutti; e l'insegnante di cucina intervení giusto in tempo, prima che esplodesse il forno (e probabilmente tutta la scuola).
Quel giorno, essendo il primo, gli studenti avevano l'orario ridotto e  uscirono a mezzogiorno. Le tre ragazze s'imcamminarono verso casa. 
Tiziana raccontò a Naomi la disavventura delle povere lasagne, che molto probabilmente, quel giorno stesso, avrebbero chiesto al giudice un ordine restrittivo, per essere tutelate dal mostro coi capelli corti, mentre Giada pensava alla lezione di scienze. 
Avevano trattato il sistema solare e lei si era di colpo ricordata dell'iscrizione sul trono, che raffigurava il sole circondato da quattro pianeti. Per sicurezza li aveva ricontrollati anche sul libro, già, erano proprio 8, Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Uranio, Nettuno, perché, quindi sul trono erano solo quattro? Ma non poteva pensarci in quel momento: Tiziana la chiamava "Giada, che hai?"
"Ah, nulla" rispose prontamente. 
"Sembri giù di morale" insistette quella. 
"Ma no, sto bene, pensavo solo che mi toccherà riabituarmi ai ritmi della scuola". Entrambe la guardarono per qualche secondo, valutando se era stata convincente, e quando decisero di sì ripresero a parlare. 
"Ah quasi dimenticavo..." esclamò Tiziana "che ne dite di venire a casa mia a dormire stasera?".
"Perché?" Naomi la guardò interrogativa.
"Perché stasera c'è la luna piena!" rispose Tiziana, con entusiasmo.
"E allora?" Giada non capiva il perché di tutta quella gioia.
"Staremo sveglie ad osservare la luna tuuutta la notte" congiunse le mani e le portò al viso, con fare sognante.
E senza saper spiegare il motivo, Giada e Naomi accettarono.
Così Giada era a casa dell'amica. Avrebbero dormito su tre materassi, sistemati per terra. 
Giada e Naomi erano già sotto le coperte, quando Tiziana venne a chiamarle "pronte?"
"Sì, arriviamo" si alzarono e andarono in balcone; 
E lo spettacolo che le aspettava era davvero degno di essere ammirato tutta la notte: una grandissima luna piena splendeva esattamente al centro del cielo notturno, facendosi largo tra la coltre di nubi.
Le tre ragazze la fissarono con gli occhi sbarrati, era davvero bella. Tiziana iniziò subito a fantasticare "ve la immaginate una dichiarazione al chiaro di luna?" Giada la fissò sorridendo, mentre quella continuava a sognare "lui mi prenderà il viso fra le mani e mi dirà..." 
"ma lui chi?!" le chiese Naomi, realista. 
E mentre Naomi cercava di riportare Tiziana sulla terra, Giada pensava alle sue amiche, a come fossero così diverse, ma entrambe così fondamentali per lei. Alzò di nuovo lo sguardo verso la luna, ma stavolta accadde qualcosa;  sentì come una strana attrazione, che le impediva di staccare lo sguardo. E poi, all'improvviso, non si trovava più su un balcone, ma in un posto sterile e deserto, circondata solo da rocce e da un cielo nero, puntellato di stelle bianche. Davanti a lei c'era una ragazza che piangeva, aveva una lunga chioma argentata, raccolta in due code. Giada tese la mano verso di lei "hei, piccola, perché piangi?". Fece correre lo sguardo su quei capelli, che risplendevano d'argento davanti a lei. Di colpo la ragazza sparì e davanti a lei non c'erano più rocce, ma solo la ringhiera del balcone di Tiziana e i visi delle sue due amiche che la fissavano preoccupate. Ma l'istante dopo non ci furono più neanche quelli, e tutto si fece nero.
Eppure
 
sentiva
 
ancora
 
quei      
   
singhiozzi
 
e
 
ancora
 
vedeva
 
quelle
 
ciocche
 
argentee
 
Finché non sparirono anche quelle
 
E si ritrovò nella solita stanza, 
Come ogni volta, dopo che i soliti sogni, se ne andavano dopo averla tormentata tutta la notte
E la lasciavano spaventata e turbata
Con la sola compagnia dei suoi soliti mobili.

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Capitolo 2
*** Le mie illusioni ***


Nella sua stanza c'era un mobile a cui era particolarmente affezionata: l'armadio color crema, sistemato esattamente davanti al letto; era sempre stato lì, fin che ne aveva memoria. La guardava quando, spaventata, scrutava il buio intorno a lei, vedendo mostri ad ogni angolo; quando si rigirava agitata nel suo letto, per il primo giorno di scuola,  per una verifica; quando fissava il muro con un sorriso sulle labbra, perché il pensiero di lui la teneva sveglia; quando affondava la testa nel cuscino e lo stringeva, singhiozzando a dirotto per il divorzio dei suoi genitori; o quando chiudeva gli occhi e dormiva tranquilla, perché l'indomani Tiziana e Naomi la aspettavano per fare un giro in centro.
In tutto quello che le poteva succedere, lei sapeva che quell'armadio ci sarebbe sempre stato. Ma stavolta c'era anche qualcun'altro: Naomi e Tiziana che la fissavano sorridendo.
Si tirò su "che è successo?"
Tiziana si sedette sul letto "ieri notte sei svenuta all'improvviso"
"All'improvviso..." si ripetè e le tornò in mente l'immagine della ragazza che piangeva. Si risvegliò dai suoi pensieri  e vide che le sue amiche la guardavano intensamente. "che ore sono?" Giada guardò  la sveglia: sette e mezza "oddio è tardissimo!" buttò via le coperte e fece per alzarsi "no!" la fermò Tiziana "non per te!" "ricordati che ieri notte sei svenuta e hai sbattuto la testa. Quindi ora riposi" aggiunse Naomi. La salutarono e se ne andarono, raccomandandole di riposarsi.
Giada rimase col sorriso sulle labbra finché non se ne andarono; appena sentì la porta chiudersi si buttò sdraiata sul letto.
Aveva tentato di ignorare il problema, ma questo non faceva che peggiorare. Cosa poteva fare, ora che i sogni la perseguitavano anche da sveglia? Non poteva neanche definirli sogni se non dormiva; cos'erano, quindi? Apparizioni? Visioni? Un momento, ma quindi aveva le visioni??  La situazione degenerava, stava davvero impazzendo.
Ma perché proprio lei? E perché proprio quella ragazza?
Sentì una fitta alla testa, tutte quelle paure e preoccupazioni le frullavano in testa, facendole male.
Chiuse gli occhi per riposarsi, ma non ci riuscì. Una forza maggiore la chiamava e le diceva di aprire gli occhi.
Ubbidì e vide una sagoma seduta sul bordo del suo letto, prima ancora che potesse agitarsi riconobbe la lunga coda castana che rivedeva ondeggiare in ogni suo sogno, accompagnata dal suono degli stivaletti.
Si tirò su "tu?".
"Che bello rivederti" rispose solo, la sagoma.
Giada fissò per qualche secondo il viso sorridente della ragazza dei sogni. Era confusa, non le erano accadute già abbastanza stranezze? Questo era il sogno giornaliero o era solo un'extra? Quella sera ce ne sarebbe stato un altro? 
Però questa volta era diverso.
Si guardò intorno. Non era in quella strana sala del trono, ma era nella sua stanza.
Quindi non era un sogno? Senti la mano  della ragazza che le accarezza i capelli.
"Povera Giada!" le parlava con voce serena "Spaventata da tutte queste visoni! Da questi sogni strani!ti confondono, vero?".
Le parole, però, non suonavano premurose. Le carezze della ragazza diventavano sempre più fastidiose e opprimenti. Tentò di sottrarsi, ma prima che potesse accorgersene si trovò avvolta tra le braccia della ragazza e il corpo stretto contro il suo "povera piccola Giada! Vieni qui! Ci penso io a tirarti su"
Ora, Giada mal sopportava il contatto umano, soprattutto se così appiccicoso e soffocante, iniziò, quindi, a dimenarsi nel tentativo di riconquistare il suo spazio personale.
Intanto che lottava, la sua mente macchinava.
Per qualche motivo quello che la ragazza aveva detto continuava a riecheggiarle in testa.
Qualcosa si nascondeva dietro a quelle frasi, ma gran parte dell'energia che le serviva per riflettere e capire era impegnata a fermare quelle manifestazioni affettive indesiderate.
Eppure, in un angolo del suo cervello, qualcosa lavorava.
Quei pezzi che si stavano accumulando andavano ad incastrarsi tra loro.
E la ragazza castana era il cardine attorno a cui tutto ruotava; era la protagonista di quei sogni che la perseguitavano, era a conoscenza delle visioni e ora si era materializzata in camera sua.
Ci mise poco a trovare la soluzione "ehi! Ma questi sogni assurdi sono colpa tua per caso??!!"
La sua morsa non si allentò nemmeno mentre rispondeva "uuumh.... Beeeeh..... Eccoooo..... Sí"
"Cosa?" si liberó con uno scatto, ma venne subito riacciuffata, e si ritrovò con la guancia pressata contro quella dell'altra.
"Vuoi lascharmi adessho?" riuscì a dire.
La ragazza, forse per pena, decise di lasciarla andare. Non senza nascondere un moto di delusione "male, male Giada! Se avessi saputo che eri così fredda non ti avrei scelta" Giada si massaggió il collo, dolorante; ma non poté fare a meno di ascoltare. Quando una parola attirò la sua attenzione "scelta...?" ripetè.
La ragazza si giró verso di lei, guardandola divertita "pensi che tutto questo ti stia accadendo per caso?"
Provò una forte emozione, che si allargava sul suo petto. Più questo cresceva, più il suo respiro si faceva pesante.
Non poteva staccare gli occhi da quelli che aveva davanti. La ipnotizzavano. Sapeva che da qualche parte, fra quegli occhi marroni, c' erano le risposte che cercava da settimane.
"Giada, fra tutti gli abitanti di questa terra, io ho scelto te per la mia missione".
Non riusciva a parlare. Aveva ottenuto la sua risposta, eppure non era ancora abbastanza.
Come poteva quel vago accumulo di parole placare tutti i suoi dubbi?
Incominciava ad odiare la ragazza castana, parlava con enigmi e appariva a qualsiasi ora, giorno o notte, solo per scombussolarle la vita.
E poi, quando pensava di averla tormentato abbastanza, spariva.
Lasciandola con le sue domande, la sua paura e tutta la sua confusione.
E anche adesso, la ragazza misteriosa vedeva come la testa le scoppiasse, sovraffollata di pensieri confusi. Ma invece di aiutarla a far chiarezza, piano,si alzava.
"Di quale missione stai parlando?" mormorò Giada, nel tentativo di ottenere le sue risposte.
"È ancora presto per parlarne" la ragazza le rivolse un sorriso; e di fronte ai grandi occhi che la fissavano incantati, pronunciò la sua frase d'uscita "alla prossima, Giada"
E Giada si svegliò.
La luce del sole si stiracchiava sulle pareti della stanza, sfruttando la portafinestra spalancata per entrare. I lunghi capelli di Giada erano sparpagliati sul suo viso.
Fra le ciocche castane, i suoi occhi erano, però, ben aperti.
Riusciva a vedere la sua camera. Ancora tanto familiare, ma che non era più una certezza.
Si era appena svegliata da quella che credeva fosse la realtà; ed erano stati proprio quei cari mobili ad ingannarla.
Si tirò su a fatica, abbandonare il letto era sempre una dura scelta.
Andò in bagno piena di preoccupazioni. Quei sogni peggioravano; diventavano sempre più reali e sempre più frequenti. Si piastrò i capelli, fissando lo specchio.
Era stress, era ovviamente solo stress.
Notò un cesto pieno di biancheria appena lavata sopra la lavatrice, con un biglietto. Suo padre le chiedeva di stendere i panni. Sospirò, le sarebbe piaciuto fare la malata (e se lo meritava, dato che era svenuta) e poltrire tutto il giorno, ma in fondo aveva voglia di un po' d'aria fresca. Prese i panni e uscì in giardino.
Il cesto pesava, già solo percorrere lo spazio che separava il bagno dal giardino le aveva causato il fiatone.
Appena aprì la portafinestra sentì un leggero tepore. Era una calda mattina di settembre, anche se a tratti tirava un vento lieve che alzava le foglie secche.
Ma in lontananza scorse qualcosa di strano; sotto l'albero del suo giardino c'era qualcosa di grande... Un accumulo di stracci portati dal vento? Si avvicinò e vide brillare qualcosa simile all'argento.
Dopo pochi passi riconobbe la ragazza della visione svenuta sul suo prato e la cesta le cadde di mano.
Nemmeno lei saprebbe spiegare come riuscì a sollevare la ragazza e portarla in camera,forse la ragazza era molto leggera. Ma grazie a questo o a quel motivo, ora Giada poteva guardare la ragazza dalla chioma argentea, che riposava nel suo letto.
Una ragazza si era appena materializzata nel suo giardino, eppure lei non si sentiva spaventata o agitata. Probabilmente si stava abituando alle novità, oppure era il viso della ragazza, così rilassato, che le faceva dimenticare sogni, visioni e apparizioni.
Riusciva a mettere da parte tutto questo e vedere solo una ragazza priva di sensi, che aveva bisogno di cure e attenzioni. 
E magari anche una gitarella in ospedale, ma in quelle condizioni era fuori discussione. 
Non poteva raccontare ai medici che la ragazza era caduta dal cielo, d'altronde non pensava neanche che questa strana apparizione dai capelli argento avesse dei documenti con se.
Guardò ancora la figura stesa placidamente sul letto, il suo petto che si alzava e si abbassava piano. 
Aveva tirato le tende, lasciando filtrare solo qualche raggio di luce soffusa.
Guardò un'altra volta la sua visione, reale e viva davanti a lei; e facendo scivolare lo sguardo tra le morbide linee del viso, incorniciate da ciocche argentate, sentì qualcosa che la disturbava. Turbava la quiete in cui era immersa.
Era come un allarme che suona senza un motivo, oppure con un significato che hai dimenticato. Ti ricorda qualcosa che dovevi fare...
Si tirò in piedi di scatto "i panni!!" e corse fuori.
Di solito odiava fare lavori in casa, ma, anche se odiava ammetterlo, questa volta la avevano aiutata.
Concentrarsi su gesti ripetitivi le aveva liberato la mente, aveva potuto staccare la spina da tutte le preoccupazioni che la sommergevano. Si sentiva un po' più tranquilla.
La potenza del vento era aumentata, non era più una leggera brezza. Percuoteva le lenzuola e tentava di farle cadere. 
Puntò lo sguardo verso la portafinestra della sua camera, dove una sconosciuta giaceva sul suo letto, svenuta.
Era l'ennesima stranezza, la manifestazione di cosa stavano diventando quelli che all'inizio erano solo sogni. Ma l'aveva capito, il cambiamento non era dentro di lei, era fuori, in tutto quello che la circondava.
Il vento soffiava sempre più forte, scompigliandole i capelli. Urlandole nelle orecchie.
Poi Giada si girò di scatto: aveva sentito qualcosa oltre al suono del vento.
Era come un grido, lontano e a bassissima voce.
Eppure sentiva come una presenza che si avvicinava. Guardò dietro sé, ma vide solo il suo caro albero,la siepe e il solito giardino. 
Sentiva ancora quella strana sensazione. Percepiva che stava arrivando qualcosa, ma non capiva cosa, o da dove. 
Alzò lo sguardo e la risposta arrivò.
Con le sembianze di una nana, alta poco più di dieci centimetri, che cozzò contro la sua faccia.
Giada cadde sul sedere, stordita. In pochi secondi si riprese e alzò lo sguardo.
Davanti a lei c'era una ragazza minuscola che fluttuava...
Una ragazza.
Minuscola. 
Che fluttuava

Una ragazza............................................................



Minuscola............................................................



Che......................................................................................



FLUTTUAVA!

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Capitolo 3
*** La missione ***


Giada aveva raggiunto il limite, va bene i sogni, le visioni, le perdite di sensi, le persone che appaiono dal nulla... Ma una nana!!! Una nana fluttuante!!!
Era troppo! Troppo!
E il microbo pensò di dare il colpo di grazia "beh? Conti di rimanere lì per terra ancora per molto?" domandò con aria spocchiosa.
Ah, parlava anche?! Parlava e la prendeva in giro?!
Nel pieno di una crisi nervosa, afferró il coso fluttuante e le urló contro "ma che diamine?!"

Nella camera di Giada il clima era completamente diverso, la ragazza della visione aveva appena aperto gli occhi. Gli schiamazzi del giardino erano arrivati fino a lei e per questo si era tirata su, ancora un po' intontita.
Guardò la tenda blu che copriva la vista sul giardino, l'urlo sembrava venire da dietro a essa.
Scostò un poco la tenda per sbirciare, ma la scena che vide le fece strabuzzare gli occhi. Svelta aprì la portafinestra e uscì.
Giada, che stava strangolando e sballottando la minuscola creatura, si giró di scatto al suono della maniglia che cigolava.
Vide la ragazza dai capelli argentati in piedi, davanti a lei. La fissava incantata. 
Anche Giada fissava la ragazza, senza rendersene conto, la sua presa si allentò e la piccola ragazza poté liberarsi. Forse capiva perché non si era agitata nel vederla svenuta nel suo letto.
Lei era stata prima visione e poi persona reale. 
Ma non era diventata reale nel momento in cui l'aveva trovata svenuta nel suo giardino. In quel momento era stato solo un corpo, privo di conoscenza. Quasi reale, ma non ancora del tutto.
Questo era il momento, in cui la ragazza "della visione" diventava persona fisica, ora che stava di fronte a lei e la guardava, con gli occhi chiari persi in quelli marroni di Giada.
Uno sguardo sveglio e vivo, che ora esprimeva serenità, accompagnato da un sorriso rassicurante.
"Piacere, sono Luna"
E Giada rimase immobile.
Capiva che le sarebbe toccato abituarsi alle frasi enigmatiche, visto quanto piacevano a queste persone. Luna... forse era solo un nome proprio, ma sarebbe stata una coincidenza troppo grande.
Insomma, la visione l'aveva avuta proprio guardando intensamente la luna. E la ragazza piangeva in un luogo sterile, desolato, pieno di crateri, molto simile alla luna. 
Luna si abbassò verso Giada, che era ancora seduta per terra dall'impatto con la nana.
"Dai, ora alzati" le disse piano, con tono gentile "abbiamo tanto di cui discutere".

Le ragazze si spostarono in casa. Lì Luna e la nana volante, che si presentò come Apollonia, spiegarono la situazione a Giada; ma la situazione si rivelò più dura di quanto si aspettassero, non perché Giada non fosse in grado di capire, ma perché la realtà che le due ragazze le presentavano era qualcosa di completamente fuori dal suo mondo. 
Le raccontavano di altri mondi abitati, le raccontavano di viaggi fra galassie e poi, cosa che le risultava più assurda di tutte, le raccontavano la loro storia, quella che riguardava anche lei. Quella che la ragazza con la coda aveva chiamato "missione", un attimo prima di sparire.
Ma questo era tutto davvero troppo incredibile, scosse la testa. Ora che aveva le risposte non le accettava.
"Avanti, terreste, non rendere il mio compito ancora più duro di quello che già è!" sbottò Apollonia, incrociando le braccia.
"Senti non lo sto facendo a posta! Scusami, ma proprio non riesco a crederti."
"Devo ricominciare??"
"No! Ho capito, solo che non mi convince..."
"Cosa ti convincerebbe, Giada?" intervenne la voce calma di Luna
"Non lo so, solo che... che prove ho che quello che mi state dicendo è vero?" 
"Insomma, terrestre!" irruppe Apollonia "ti sembro una tua simile?? Cioè, insomma, volo!!" 
-E sei poco più grande di un insetto- pensò Giada. Ma doveva proprio ammetterlo: se due così ti dicono che sono aliene devi dare loro ragione.
"Okkei, ricominciamo da capo" mormorò Giada, ignorando le proteste di Apollonia "Giove, no aspetta, come si chiamava? Giove? Giusto? Ecco, Giove, cosa vuole da me?"
Apollonia sospirò, irritata "Vuole che ti unisci ad un gruppo di sette ragazzi e ragazze per raggiungere il pianeta Giove, per incontrare Giove, in persona"
"E perché dovrei unirmi a questo viaggio? Che interesse dovrei avere?"
"Ma sei sorda?? Incontrerai Giove! La somma divinità che ha creato tutto ciò che vedi intorno a te e molto di più!"
"Ecco, vedi, questo è già un problema... Io non credo molto alle divinità e altro. Sono piuttosto atea.."
Apollonia si girò verso Luna, confusa "Che dice? Atea? Che significa?"
"Che non credo agli dei, l'ho appena detto!" intervenne "mi sa che non sono io quella sorda" sorrise soddisfatta.
"Non credi agli dei???" urlò "Ma che idiozie dici?? Come fai a non credere a qualcosa che chiaramente esiste??"
Prima che Giada potesse ribattere, Luna si rivolse a lei, tranquillamente "Ma proprio perché non ci credi, questa sarebbe un'ottima occasione. Potresti vedere una volta per tutte come stanno davvero le cose"
Non sembrava granché come ragionamento, era troppo semplicistico. Ma probabilmente aveva anche la sua logica.
"okkei, punto a vostro favore" ammise
Apollonia rivolse a Luna un sorriso vincente e proseguì "Quindi... La cosa è semplice. Tu vieni via con noi; andiamo a prendere gli altri, così vediamo un po' gli altri pianeti, e poi ce ne andiamo su Giove"
Semplice. Semplice un corno. Questa storia non faceva che diventare sempre più complicata. 
Ma c'era qualcosa che la attirava in quel viaggio. No, non era spirito di avventura, quello non l'aveva mai avuto... Forse perché era intelligente e ci teneva alla sua vita.
Qualcosa, però, le nasceva dentro. Era quasi una curiosità per quei popoli che nessuno scienziato aveva mai visto.
Dove si erano nascosti gli abitanti di quei pianeti, che tutti gli astronauti avevano cercato invano?
Ora lei poteva entrare in contatto con gli alieni! Vedere culture mai studiate!
Ma come aveva già detto, non era affatto semplice. Per cui cercò di tenere a freno l'entusiasmo.
"Okkei, facciamo finta che accetto... Cosa succede dopo?"
"Ottimo!" esclamò Apollonia, vedendo che Giada sembrava sempre più convinta "beh, prima faremo tappa su Mercurio, prenderemo...".
"No, ehi! Aspetta un attimo!" la interruppe Giada "ma in tutto, questo viaggio quanto durerà?"
Apollonia piegò il capo di lato e assunse un'aria pensosa "mmh da uno a tre mesi, molto approssimativamente"
Giada spalancò gli occhi "che?! Ma non è un po' troppo?"
"Guarda che dobbiamo girare cinque pianeti! Ti sembra poco?! E ringrazia di poter contare sui miei sofisticatissimi strumenti creati appositamente nelle migliori officine di bla bla bla..."
Giada aveva smesso di ascoltare, c'era qualcosa di strano nel discorso della ragazza. Una discrepanza che aveva già avvertito prima...
"Ma perché solo cinque pianeti?" se ne uscì di punto in bianco, ignorando l'espressione contrariata che aveva Apollonia, dopo essere stata interrotta.
"Perché? Quanti ne vuoi visitare?! Per Giove! Prima è troppo e ora è troppo poco, sei una lagna!"
"Sì, ma non ti agitare!" Giada guardò Apollonia, stupita "l'ho chiesto perché c'è una cosa che non capisco. Hai detto che andremo prima su Mercurio, quindi visiteremo il sistema solare, no?"
La ragazza in miniatura annuì "sì, voi terrestri lo chiamate così"
"Ecco: il sistema solare è fatto di otto pianeti, quindi perché ne visitiamo solo cinque?"
Apollonia la guardò sconcertata, come se avesse detto la più grande cretinata della storia. Poi, però, intervenne anche Luna "è vero! Anche a me avevano detto così. Aspetta quali erano?" li contò sulle dita "Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno e...".
"Uranio e Nettuno" la aiutò Giada, sorridendo
"Aaah" esclamò Apollonia "ovvio, voi non lo sapete..."
Giada e Luna la guardarono, curiose.
"Giove governa Mercurio, Venere, Terra, Marte e il suo pianeta omonimo. Gli altri tre non sono sotto il suo comando"
"E perché?" chiese Luna
"Perché non sono nati dalle sue sapienti mani, ma da quelle dei suoi fratelli"
Giada non aveva il tempo di chiedersi se tutto questo fosse vero o no. Era troppo appassionante!
Voleva fare altre domande sulla famiglia di questo Giove, ma Luna parlò per prima "E perché non possiamo vedere anche gli altri pianeti?"
"Perché questo è un viaggio voluto da Giove, quindi sono autorizzata a portarvi solo nei suoi territori. Piuttosto..." tagliò corto Apollonia "la signorina cosa ha deciso, ci viene o no?"
Giada fu colta alla sprovvista, non ci aveva neanche pensato.
Abbassò la testa "ecco... Io... In realtà dovrei parlarne anche con mio padre... Anche se ho già 19 anni".
"No, no, no, no! Nessuno deve sapere di questo viaggio. Giove ha sempre preferito tenere gli abitanti di un pianeta all'oscuro dell'esistenza di vita negli altri pianeti! Se raccontassi a qualcuno di quello che ti ho detto si spargerebbe la voce!"
"E noi che siamo? Dei prescelti?" Giada la guardò scettica.
"Un esperimento, in realtà" annuì Apollonia "negli altri pianeti i viaggi interplanetari sono di routine. Giove ha organizzato questo viaggio per vedere se una politica simile è attuabile anche da noi"
"Che bello sarebbe!" esclamò Luna, felice.
"Allora che hai deciso?" Apollonia si rivolse a Giada.
"Ma come faccio a sparire per due mesi senza dire niente a nessuno? Mi daranno per dispersa!"
"E allora?" Apollonia assunse un espressione di sufficienza.
"Stai scherzando, vero?! Mio padre si spaventerà a morte! Le mie amiche anche!".
Non poteva davvero dare questo dispiacere alle persone a lei care. Divertirsi andando in giro per i pianeti, mentre loro, qui sulla terra, piangevano e si preoccupavano per lei. "No, scusate. Ma io così non parto"

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Capitolo 4
*** Ricordi al chiaro di luna ***


Giada si pentì in fretta della decisione presa, ma non vedeva via d'uscita.
Per quanto il viaggio fosse senza dubbio l'occasione migliore che poteva capitarle in tutta la vita, poteva anche rivelarsi la scelta peggiore che aveva mai preso.
Passata l'euforia iniziale, prese a valutare la questione in una prospettiva più razionale.
C'erano vari contro: per prima cosa c'era il fatto che quelle due erano delle sconosciute e, per quanto i loro racconti fossero mozzafiato, non poteva fidarsi.
Ma la questione più importante era che, insomma! Una persona come lei quanto può durare nello spazio?? Era in una situazione nuova! E il suo spirito di adattamento pari a zero non l'avrebbe aiutata.
Certo che l'idea di conoscere popoli nuovi era esaltante, ma aveva dimenticato un particolare: per conoscere nuove culture bisogna socializzare!Cioè parlare con le persone!
Insomma, capiva bene che questo viaggio non faceva per lei.
Eppure le due ragazze non avevano rinunciato, perché, come aveva detto Apollonia "se il volere di Giove è che tu venga con noi, tu verrai con noi!"
Insomma, quello che all'inizio sembrava un invito, si era trasformato in un obbligo.
Ma non aveva intenzione di cedere. I suoi motivi erano più che validi.
D'altronde Luna e Apollonia,appollaiate sull'albero del suo giardino, sembravano agguerrite quanto lei.
Si affacciò alla finestra e sorrise quando scorse una ciocca argentea tra il fogliame, le ragazze avevano deciso che avrebbero passato lì la notte.
Giada trascorse le ultime ore del pomeriggio a riposarsi, leggendo e ascoltando musica. Tenne la mente il più possibile occupata, così da impedire alle sue preoccupazioni di soffocarla e presto arrivò la sera. 
Dopo cena Giada era in camera sua a preparare lo zaino per l'indomani e non poté resistere alla tentazione di scostare la tenda per vedere cosa combinavano le due infiltrate.
L'albero su cui erano nascoste era immobile e silenzioso, non c'era niente che potesse suggerire la loro presenza. Tanto che Giada quasi sperò che se ne fossero andare. 
Poi lo sguardo le cadde sul cielo e rimase incantata, le stelle non le erano mai sembrate tanto belle e splendenti.
Decise di uscire e stare un po' seduta ad osservarle, probabilmente avrebbe potuto riflettere con più chiarezza.
Si sedette sul lastricato per non sporcarsi i pantaloni di erba e in quella quiete, in cui il giardino era immerso, i suoi pensieri iniziarono a fluire liberamente. In quel silenzio, riusciva a sentire quello che le dicevano con più chiarezza.
La sua mente le suggeriva il vero motivo di tutta la sua paura, che le impediva di partire. Oltre alla sua predisposizione naturale e al suo carattere, c'era una ragione più profonda: l'affetto che la legava a Tiziana e Naomi. 
Non era mai stata brava a socializzare e, come si sa, le persone come lei erano quelle che venivano sempre escluse a scuola, alle feste e in ogni luogo. Come molte persone che, come lei, avevano vissuto questa situazione, la fiducia che nutriva negli altri era venuta a mancare. Ma quelle due ragazze l'avevano aiutata, l'avevano fatta sentire a suo agio e si erano preoccupate per lei. Le avevano mostrato che non tutti sono come quelli che in passato l'avevano isolata. E le sue amiche l'avevano resa più serena. 
Ora Giada doveva prendere la decisione improvvisa di partire e abbandonarle, senza alcun preavviso. Come aveva fatto sua madre quando i suoi genitori si erano lasciati.
Se solo avesse potuto chiedere un consiglio a Naomi e Tiziana, come aveva sempre fatto.
Se fossero state proprio le due ragazze a spronarla a partire lei non avrebbe aspettato nemmeno un secondo di più.
Se avessero espresso dubbi sul viaggio, lei avrebbe mandato via Luna e Apollonia senza pensarci due volte.
Era forse l'idea di prendere una decisione da sola a spaventarla.
Alzò lo sguardo al cielo e cercò di fare il punto della situazione, ma era davvero troppo confusa. Un rumore di scarpe sul lastricato la fece girare di scatto; Luna stava venendo verso di lei, con un sorriso sulle labbra "Buonasera". Si sedette sul lastricato, accanto a lei "non trovi che sia una magnifica serata?"
Sostenne lo sguardo della ragazza per tre secondi scarsi, poi abbassò la testa. Conosceva quella ragazza da troppo poco tempo; si sentiva ancora a disagio. 
Era talmente agitata che si limitò ad annuire e fra di loro cadde un imbarazzante silenzio.
A Giada sudavano le mani, diamine, ila situazione era opprimente. Era sola con una sconosciuta, che tentava di essere gentile, quindi si sentiva in colpa per le sue scarsi doti sociali che le impedivano di portare avanti un banalissimo discorso. 
Alzò lo sguardo verso il cielo, nel tentativo di stemperare l'ansia che la stringeva, e la sua attenzione si soffermò sullo spicchio di luna che si faceva largo fra le stelle. Tentò di incominciare un nuovo discorso, per riscattarsi della figura da spocchiosa che aveva fatto prima: "Quindi tu vieni da lì?" accennò alla luna con un cenno della testa.
"già" fu la sola risposta.
Giada guardò Luna, chiedendosi se quel tono conciso era una vendetta per come prima aveva liquidato la domanda della ragazza. Luna fissava la piccola falce luminosa, il suo viso non tradiva alcuna emozione.
Provò a cambiare argomento, sperando di avere più fortuna "Dov'è Apollonia?".
Luna mostrò un sorriso e guardò verso l'albero."Dorme. La sera è molto stanca. Sai ,no, che viene dal sole? Prende l'energia che le serve dai raggi solari." 
Giada accennò un sorriso. Luna era piuttosto informata. Ovviamente doveva aver fatto delle domande ad Apollonia, quando l'aveva vista la prima volta.
Giusto, com'era andato il loro primo incontro? "Luna..." incominciò "cosa hai pensato quando hai visto Apollonia per la prima volta?"
"mi sono chiesta chi era... O forse cos'era..." Fece una risatina.
Giada ridacchiò appena "E quando ti ha proposto di partire?".
"Dopo aver sentito la storia non vedevo l'ora di affrontare quel viaggio. Ho detto subito di sì".
 Eppure come risposta sembrava finta... Quasi preparata. "Ma non ti sei preoccupata nemmeno un po' per quello che avrebbero pensato i tuoi genitori?" insistette Giada.
"Beh, diciamo che il caso mi ha un po' aiutata in questo. I miei genitori sono morti".
Giada si sentì malissimo. "Ah... Mi spiace... Non lo sapevo". Cavolo, si rendeva conto di aver detto le tre frasi più banali della storia, ma l'aveva davvero colta di sorpresa.
"Non fa niente. Non sono l'unica; la luna è deserta. Gli unici rimasti sono una piccola tribù di sette persone."
"E non si accorgeranno che sei sparita?".
Alzò le spalle "Penseranno che sono morta".
Giada si sentiva sul punto di piangere: era sconvolta! Luna raccontava dei fatti così spiacevoli con un espressione tanto distaccata! Deglutì, cercando di riprendersi "Ma com'è successo?".
"Non lo so. Non me l'ha mai raccontato nessuno. Quando sono nata la situazione era la stessa di oggi, solo che la tribù era un po' più grande"
Giada non sapeva che pensare. Il tono della ragazza era neutro, non sembrava triste. Era in grande contrasto con quello che stava dicendo.
"E i tuoi genitori...?" chiese ancora Giada.
Alzò nuovamente le spalle "Mai conosciuti. Quelli della tribù hanno detto di avermi semplicemente trovata".
Giada tornò a fissare la luna, non sapeva che dire. Mormorò solo un "mi spiace" a bassissima voce. Tanto basso che l'altra non la sentì.
L'imbarazzante silenzio scese ancora su di loro "Però..." Giada tentò nuovamente di scrollarsi quel silenzio di dosso "voglio dire, questi tuoi compagni della tribù ci tengono a te, no? Non ti mancano?". Semplicemente non voleva rassegnarsi all'idea che quest'individuo fosse cresciuto senza nessun affetto. Solo provare ad immaginare una solitudine tanto grande bastava a spaventarla. Ma, allora, com'era stato possibile, per luna, conviverci senza problemi? Impossibile.
"Giada, viviamo in un satellite sterile. Mancano acqua e cibo. L'unico obiettivo è sopravvivere, non si stringono amicizie."
Sentì un grande malessere provenire da un punto non ben definito del suo corpo. L'enorme tristezza che la ragazza cercava di nascondere arrivava fino a lei, colpendola duramente. 
Deglutì, cercando di placare il dolore, ma questo non diminuì. 
Si concentrò sulla luna per dimenticarsene, ma dalla sua bocca uscirono, incontrollabili, delle parole "Sei sola..."
A quel punto Giada desiderò di poter sprofondare, aveva detto una cosa terribile.
Il suo collo girò, lentamente, verso Luna; tanto lentamente che le sembrava di avere la testa sorretta da un ingranaggio cigolante e un po' difettoso. 
Il viso impassibile di Luna rimase fisso in un punto qualsiasi, poi la ragazza si alzò "Si è fatto tardi. Meglio andare a dormire" poi si girò, mostrando a Giada un sorriso del tutto inaspettato "A domani, Giada".

Purtroppo per Giada la sveglia non esplose nemmeno quella mattina, nonostante tutte le speranze che aveva nutrito negli ultimi anni. Si tirò su con gli occhi mai così gonfi dal sonno.
La luce che attraversava le tende e entrava nella stanza era però un ottimo buongiorno. Era il settembre più caldo degli ultimi anni; sembrava proprio che l'estate avesse tutte le intenzioni di rimanere ancora un po'.
Anziché diventare sempre più invernali, le giornali si scaldavano sempre più. Assurdo.
Riscaldamento globale? 
Intanto, sull'albero, luna si era dolcemente svegliata con il canto degli uccellini.
Apollonia, si era svegliata con spirito da guerriera "Avanti miei prodi!" urlava.
Luna alzò pigramente gli occhi stanchi verso di lei "Il nuovo giorno è finalmente giunto!" continuò.
La ragazza fissò la piccola marocchina che fluttuava davanti a lei e scoppiò a ridere. 
In effetti, Apollonia, aveva dei tratti piuttosto arabi; specialmente quei capelli lunghi e nerissimi e quelle sopracciglia folte. Per non parlare di quella pelle scura, che sembrava anche più chiara in contrasto a quei nerissimi occhi. 
Certo, con queste poche indicazioni non poteva affermare con certezza che la ragazza vestita da quegli abiti orientalizzanti fosse proprio marocchina. Anzi, certamente non lo era, dato che veniva dal sole ed era alta poco più di dieci centimetri. Ma nel suo complesso. Apollonia dava proprio quell'idea.
Le ragazze erano, poi, scese dall'albero e entrate in casa, per usare il bagno e anche la cucina, e avevano trovato Giada con la tracolla in spalla e pronta per andare a scuola.
Apollonia era subito partita in quarta "Dove pensi di andare, tu??"
L'altra la guardo confusa, ma la piccola abitante del sole non la lasciò spiegare:"Abbiamo una missione da compiere per conto di Giove! Non capisci??".
Non poté trattenere un sorrisetto ironico "Non lo metto in dubbio, ma io devo andare a scuola".
Ma Apollonia ha la testa più dura del muro e se si fissa su una cosa deve ottenerla. 
Giada dovette faticare per uscire di casa. Ebbene sì, Giada si trovò a lottare per andare a scuola!
In qualsiasi altra situazione sarebbe rimasta a casa, ma con quella pazza in giro era fuori discussione.
Incredibilmente riuscì a raggiungere l'edificio scolastico, ma dovette combattere al meglio delle sue forze, considerando che Apollonia, nonostante i suoi dieci centimetri di altezza, era in grado di sollevarla da terra senza alcuna fatica. Meglio non indagare sulla questione.
Quanto fu finalmente giunta in classe, si sedette e appoggiò la testa al banco, sfinita. Ma le andava di lusso, la prima ora era religione e poteva stare tranquilla. 
Un altro punto a favore era che, per mancanza di professori, la sua classe si univa con una dell'artistico, quella di Naomi.
Così, anche solo per un'ora a settimana, le tre amiche potevano stare in banco insieme.
C'era,poi, anche un altro particolare, che rendeva quell'ora apprezzabile: Il professore era un bel figazzo. 
Certo, tutti motivi che non c'entravano granché con la religione, ma tant'è.
Proprio in quel momento, il prof fece il suo ingresso trionfale, la sua voce profonda riecheggiò per la stanza "Buongiorno ragazzi... E ragazze".
La classe intera si paralizzò e tutti cercarono l'origine di quella voce.

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Capitolo 5
*** Il prof ***


Tutti, ragazzi compresi, si girarono verso la porta per ammirare la figura dell'insegnante che entrava in classe. 
Perché, in fondo, nessuno di  quelli che se lo trovavano di fronte poteva negare che fosse un bell'uomo.
Eccetto una. Tiziana, infatti, non condivideva gli sguardi interessati delle ragazze, o quelli invidiosi dei ragazzi.
"A me sembra solo un pervertito!" diceva, irritata
"Non per dire, ma a te sembrano tutti dei pervertiti" le ricordava Naomi.
Giada rideva, adorava assistere ai loro botta e risposta.
Poi però le ragazze si concentrarono su di lei e questo le piacque meno.
"Però ci siamo dimenticate di chiederti come stai" Naomi si girò verso di lei, preoccupata "Ti abbiamo lasciata ieri mattina dopo che eri svenuta e non ci siamo più viste. Sicura di essere già pronta a tornare a scuola?"
"Già!" continuò Tiziana "sei caduta come una pera cotta e alla fine non si è neanche capito bene il motivo!"
Giada si agitò, doveva trovare una scusa, in fretta!
"Ma non preoccupatevi! L'unica ragione è che avevo dormito poco la notte prima. Tutto qui."
"A proposito" Naomi tornò alla carica "quei sogni strani li fai ancora?"
"Sì! Quelli con troni d'oro e ragazze che parlano strano, no?" infierì Tiziana.
Non andava bene. Non andava bene affatto. Giada le guardò, doveva elaborare qualcosa di più convincente che un semplice no. Ma prima ancora che potesse parlare, il professore la interruppe "su, su ora basta parlare!" puntò lo sguardo proprio sulle tre ragazze "Io sono più interessante delle vostre chiacchiere, non vi pare?"
Giada ridacchiò, un po' perché il prof l'aveva salvata, ma soprattutto per la battutina che Naomi le aveva sussurrato all'orecchio, in risposta a quanto detto dal prof.
Tiziana, già in precedenza irritata dai modi di fare dell'insegnante, ora ancora più arrabbiata per essere stata ripresa, s'imbronciò e iniziò a dondolarsi sulla sedia.
Intanto il prof incominciava a spiegare. 
Forse il suo punto forte erano gli occhi verdi, risaltati dai capelli castani, corti e dall'accenno di barba. Le spalle non erano molto larghe, ma neanche troppo esili. Si vestiva con la cura e l'attenzione di un ragazzo giovane, non ancora frustrato e sfinito come gli altri insegnanti che giravano per la scuola.
Ad appena dieci minuti dall'iniziò della spiegazione, Giada e Naomi incominciavano ad accasciarsi al banco, annoiate. Tiziana, invece, si accasciava direttamente a terra, cadendo mentre si dondolava.
Il tonfo svegliò anche i più addormentati della classe. Il professore accorse e diede un'occhiata all'alunna per terra, sperando di non perdere il posto di lavoro. "Forse dovremmo chiamare un'ambulanza. Non vorrei che avesse subito dei danni"
"Non si preoccupi" Naomi guardò l'amica "nella sua testa non c'è più nulla che potrebbe aver subito dei danni".
E poichè tutti concordavano con lei, alla povera vittima venne solo offerto del ghiaccio.
Purtroppo, contrariamente a com'era iniziata, la lezione finí in modo noioso. Poiché Naomi non trovava nulla da commentare con le sue battutine e perché Tiziana, dopo la botta che aveva preso, preferiva starsene tranquilla e in silenzio.
Quando finalmente la campanella suonò, gli studenti si prepararono a cambiare classe, mentre il professore sorrideva e faceva scorrere lo sguardo su ognuno di loro. 
Quando il suo sguardo si posò sulla vittima che aveva scelto, la chiamò: "Giada! Ti spiacerebbe raccogliere le bibbie e aiutarmi a riportarle in biblioteca?"
La ragazza andò in panico, odiava parlare con una persona che conosceva poco, soprattutto se maschio.
Deglutì, cercando di apparire il più normale possibile, anche se stava già diventando completamente rossa.
-Caspiterina!- urló dentro di sé -Dì qualcosa! Qualcosa!!-

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Capitolo 6
*** Parlami di te ***


Giada serrò le labbra, stava sudando.
Il professore la guardava sorridendo sempre di più, probabilmente adorava fare quest’effetto alle ragazze.
Questo le faceva venire ancora più rabbia, ma soprattutto la faceva agitare di più.
Aprì la bocca per parlare, ma capì subito che non ci sarebbe riuscita. Quindi si limitò ad annuire e raccolse i vari volumi, a testa bassa. Fece in tempo a salutare Naomi e Tiziana, mentre queste le porgevano i libri, mai aperti, che avevano abbandonato tutta l’ora in un angolino del banco, e, purtroppo, riuscì anche a sentire la battutaccia che Tiziana le sussurrava all’orecchio “Secondo me ti vuole molestare”.
“Ma smettila!” la zittì, poi passò a prendere le altre bibbie.
Formò due pile su di un banco, il professore le si accostò e ne prese una. Giada mantenne la testa bassa per non incrociare il suo sguardo e sollevò la pila rimasta, per poi seguire l’insegnante fuori dall’aula.
Giada si fissò intensamente le scarpe per tutto il tragitto, sperando vivamente che l’altro non aprisse bocca, ma, ovviamente, un uomo appositamente sceso sulla terra per esaudire i desideri ti tutte le donne(e, chissà, anche di qualche uomo), come lui, non poteva non infondere in Giada un po’ della sua meravigliosa magnificenza. Così, neanche il tempo di fare cinque passi, attaccò a parlare: “Allora, ti è piaciuto l’argomento di oggi?”.
Cacchio! Argomento? Che argomento?  “eeeemh, certo!”.Ma siamo almeno sicuri che avesse fatto lezione oggi? Non è che aveva parlato degli affaracci suoi e adesso le aveva fatto una domanda a trabocchetto per vedere se era attenta? Dannazione!
Vide il sorrisetto compiaciuto allargarsi sulla bocca dell’uomo “Ne sono contento”.
Oh no! Oh no!! Ecco, lo sapeva! Le aveva teso un tranello! E lei ci era cascata come una scema!!
Le veniva da piangere. Ma perché aveva accettato di aiutarlo?! Perché non si era limitata a tirargli la bibbia in faccia e poi a scappare, urlando?
Sapeva che era una brutta idea, fin dall’inizio. Lei odiava parlare con persone che conosceva poco! Soprattutto quando erano degli sbruffoni a cui piaceva metterla in difficoltà, come questo qui.
Intanto lui continuava a sorridere, finchè non decise di parlare ancora “Vedi, mi piace sapere che gradisci le mie lezioni, di solito sei così poco partecipativa… Non si riesce mai a capire che cosa pensi”.
Ecche qua. Un altro che le propina la solita solfa sulla sua mancanza di partecipazione in classe. Lo preferiva quando si crogiolava nella sua autostima.
“Anche adesso, sto praticamente parlando da solo” continuò “sei taciturna, eh?”
“mmh” fece solo Giada. Ora, in realtà lei voleva provare a difendersi, maa… Dirgli che aveva torto sarebbe stata un’offesa all’onniscienza dell’uomo.
E poi era stanca di sentire sempre le solite domande. ‘Ma non parli mai?’ ‘Ma perché non dici niente?’ ‘Sei di poche parole, eh?’. 
Si chiedeva, ma cosa interessa alle persone se parlo o no? Perché dovrei esprimere la mia opinione, anche quando non ne ho? E spendere ore e ore a chiacchierare a vuoto, con persone che neanche mi stanno simpatiche? Perché dovrei condividere i miei pensieri anche con chi tanto non la ascolterebbe? Non sarebbe meglio stare in silenzio?
Ma era stanca di spiegarlo e rispiegarlo, quindi, ancora una volta, preferì stare in silenzio.
Il professore, però, voleva divertirsi ancora un pochino “Sai, Giada” le strizzò l’occhiolino “a me le ragazze silenziose piacciono di più”.
Giada non sapeva se scoppiare a ridergli in faccia o fargli una carezza piena di pietà. Così decise di diventare un pomodoro.
Davvero, non avrebbe voluto dargli la soddisfazione di agitarsi di nuovo, proprio per questo facendo di tutto per controllarsi, con il risultato di percorrere l’ultimo tratto che li separava dalla biblioteca più rigida di un pezzo di legno.
Ma non voleva dargliela vinta, così finse indifferenza “Sembra un po’ sessista come frase”.
Lui rise. Dannazione, non riusciva a prenderlo alla sprovvista. D’altronde, era sicuramente più disinvolto di lei.
“Non intendevo assolutamente dire che voglio una donna sottomessa”, entrarono in biblioteca, “Semplicemente misteriosa… Un po’ come te”.
Giada sentì che se l’altro ci avesse provato ancora con lei, gli avrebbe scaraventato contro tutte le bibbie che aveva ancora in mano, ma sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio.
Appoggio la pila di volumi al tavolo della biblioteca, ma non si allontano da essa. In fondo, il bibliotecario non si vedeva e star sola con il professore la metteva a disagio.
Voleva solo sentirsi un po’ più sicura.

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Capitolo 7
*** Parti con me? ***


Ma poi il professore iniziò a riordinare le bibbie e Giada dovette fare lo stesso. 
Rimasero qualche minuto in silenzio e quegli istanti le sembrarono il paradiso. Poteva concentrarsi solo sui suoi gesti meccanici o sul rumore di passi, poteva rilassarsi. Ma poi il simpaticone decise di aprire bocca:"Ti piace viaggiare?".
Giada rimase spiazzata. Questo era il tipo di persona che si faceva i suoi giri mentali e poi saltava su così? Decise di non fare polemiche "non molto, perché?".
"Così" alzò le spalle. Beh? Tutto qui quello che aveva da dire?
Giada sperò che fosse davvero tutto, ma rimase delusa. "L'altro giorno ho visto la pubblicità di un'agenzia di viaggi. Lo slogan spronava a mollare tutto e partire per una vacanza. Si vedeva il tipo che buttava delle scartoffie all'aria e infilava una camicia a fiori. Però mi ha fatto riflettere... Da come lo presentava la pubblicità, sembrava fosse facile buttarsi tutto alle spalle e saltare sul primo treno disponibile. Tu che ne pensi?".
Giada deglutì, sembrava troppo pianificato, ma molto probabilmente Luna e Apollonia, o la ragazza con la coda, o Giove o chicchessia avevano fatto in modo che passasse proprio quella pubblicità,  che il prof la vedesse e che sentisse il bisogno di parlarne con lei. Quasi sicuramente il prof aveva visto la pubblicità in sogno, doveva avergliela mostrata proprio la ragazza con la coda.
Giada era proprio stanca di questa situazione, ormai tutti la accerchiavano e le ordinavano di partire, ma stavolta non sarebbe stata ferma, a tormentarsi di paranoie. Avevano manipolato il suo prof per convincerla? Bene, allora lo avrebbe ascoltato e avrebbe sentito la sua opinione, mascherandosi dietro ad un innocua conversazione su una pubblicità. In fondo, questa era la prima volta che poteva parlare con qualcuno di quel viaggio che tanto la spaventava. 
Cercò di rispondergli senza guardarlo in faccia, per non agitarsi "Penso che sia una scelta irresponsabile".
L'altro sorrise "ma a volte ce n'è proprio bisogno".
"Ma non si può abbandonare famiglia e amici così... Cioè, in realtà non bisognerebbe abbandonare niente così, tipo il lavoro o la scuola... Però da quello ci si può prendere una pausa"
"E dagli amici no? Certo, portarli in vacanza è sempre bello... Ma a volte proprio non puoi. Quindi perché non prendersi una pausa anche da loro?"
"Ma sí, ovvio. E allora perché una madre stressata non dovrebbe prendersi una pausa dal proprio figlio?! In fondo lei ne ha bisogno! E chi se ne frega se invece suo il figlio ha bisogno di lei?!" si era scaldata tanto che non si era neppure accorta di non balbettare dall'imbarazzo.
L'uomo rise "ma i tuoi amici una mamma ce l'hanno! Non è un abbandono!".
"Ma sentiranno la mia mancanza! E io la loro!".
"Ma poi tornerai!".
"Lo so, ma..." abbassò la testa.
"Si capisce che non viaggi tanto" sorrise .
Giada alzò lo sguardo verso di lui, forse per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare.
Il prof continuò:"Tutte le volte che io viaggiavo era sempre così: Mi divertivo e prima che potessi accorgermene era già ora di tornare. Dovresti provare per credermi" si avvicinò "se vuoi possiamo farci una vacanzina solo io e te".
Giada indietreggiò, arrossendo "no, grazie...".
L'altro rise "Va bene, qui abbiamo finito. Puoi andare, ma prima devi farmi una promessa".
"Dipende...".
"Mi prometti che prima della fine dell'anno organizzi una bel viaggetto e parti?".
"Vedrò...". 
"Dai, promettimelo!".
"Arrivederci" si giró per uscire.
"Dai! Dove vuoi tu! Anche da sola o in compagnia di chi vuoi!".
Giada lo ignorò e continuò a percorrere il corridoio.
"Cattiva!".
La ragazza ridacchió fra sé e sé, era proprio eccentrico.
Guardó la porta davanti a lei e la vide annebbiata, ebbe un mancamento e finí per terra.
Riaprì gli occhi e vide solo buio intorno a sé. Quando i suoi occhi si abituarono all'oscurità riuscì a distinguere meglio ciò che la circondava. 
Era in un luogo mai visto prima; il suolo su cui era sdraiata era completamente nero, piatto, uniforme.
Si guardò intorno, non vedeva alcuna parete, ma solo spazio infinito in cui fluttuavano alcune nubi, chiare e leggerissime, tanto che lasciavano trasparire la grave aria nera che le circondava. 
Dei passi risuonarono in quel vuoto, accompagnati da una voce "Ben ritrovata, mia cara" Dei passi risuonarono in quel vuoto, accompagnati da una voce "Ben ritrovata, mia cara"

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Capitolo 8
*** La decisione ***


Fissó i capelli della ragazza raccolti nella lunga coda, che le arrivava al fianco.
"Sei stata tu a portarmi qui?" le chiese Giada, ancora stordita.
"Sí, devo parlarti" si piegò leggermente sulle ginocchia, per guardarla negli occhi , poiché quella era ancora seduta per terra.
Giada fissó per un attimo la ragazza, che era forse un po' troppo vicina.
"Non sei ancora del tutto convinta a partire, vero?".
Giada le rivolse un'occhiata stanca e confusa.
"Che c'è, Giada?" si avvicinò e la guardó maliziosa "non vuoi venire a trovarmi?".
Giada distolse lo sguardo "non è assolutamente questo il problema!".
La ragazza non accennò comunque ad allontanarsi "e allora qual è il problema?".
"É che... Insomma, dai!" distolse lo sguardo, non riuscendo a leggere quello troppo intenso e ravvicinato dell'altra "la sola idea che io mi ritrovi a girare per pianeti sconosciuti, ad affrontare persone nuove, potenzialmente pericolose... Cioè... Non so neanche che razza di avventura è questa! Come faccio a sapere cosa mi aspetta là fuori?! Ho davvero la forza di affrontare tutto questo??".
Giada era stupita, di solito non faceva scenate. L'altra ragazza rimase in silenzio, poi sorrise "E perchè no?" si tiró su "Tu vali molto più di quello che credi".
Giada la guardò, per niente convinta.
"Questa è la tua occasione per dimostrare a te stessa di cosa sei capace. Devi solo avere il coraggio di seguire l'istinto, per una volta. In fondo ora è tutto sistemato, non hai neanche più paura di lasciare le tue amiche. Allora perchè continui a cercare scuse?".
"Cosa? Non sono scuse! Ho paura davvero!".
"Ma perchè? Non te ne accorgi?Tu ormai vivi nella paura!".
Giada la guardò, corrugando la fronte per trattenere le lacrime. Aveva toccato un tasto dolente.
"Puoi prendere il controllo della tua vita, spetta solo a te! Parti! Dimostra a stessa che non ti farai dominare dalla paura!".
"Ma io non ho il controllo!".
"È troppo comodo dire così! In realtà non ci hai mai provato!".
"Sì, invece!".
"Non abbastanza!".
Giada serrò le labbra, ma questa chi si crede di essere??
"Forse non vuoi neanche cambiare..."
"Ma tu che ne sai??".
"Devi fare solo una cosa, Giada..."
"Non è così semplice!"
"Ma tu puoi farcela!"
Non rispose.
"Giada, puoi vincere la paura. Io lo so. Devi fare solo una cosa..."
Strinse i pugni.
"Giada, non avere paura! È la svolta decisiva! Cambierà tutto! La tua vita, te stessa... Sarai più serena, più felice! Non vivrai più nella paura, devi credermi!"
Nessuna risposta.
"Vuoi cambiare, Giada?"
"..."
"Giada, vuoi cambiare?!"
"..."
"Dimostramelo, Giada!  Dimostrami che puoi farcela!!"
"E va bene!!" urlò "Parto!".
La ragazza sorrise,poi si alzò un vento da bufera, che colpì con violenza il viso di Giada. Chiuse gli occhi e le scappò un urletto. Sollevò il braccio, coprendosi gli occhi, in un tentativo di proteggersi.
Riuscì ad aprirli appena, per scorgere la ragazza, che veniva colpita alle spalle dal vento. Nel suo viso, semi coperto dai capelli si intravedeva ancora un sorriso. Poi parlò:"Sono fiera di te".
Ma la voce arrivò a Giada come se fosse lontana.
Si risvegliò su un divano di pelle nera, i suoi occhi, ancora assonnati sfiorarono le spoglie pareti gialle. Non riusciva a capire dove si trovava.
Poi vide il viso del professore e d'improvviso quelle pareti le sembrarono più familiari: era l'infermeria della scuola.
Giada, però, faceva ancora fatica a svegliarsi del tutto e lo si vedeva dalla sua espressione semi cosciente. Il professore tentò di accarezzarle una guancia, per farla star meglio, ma proprio quando lei vide la mano avvicinarsi, tornò in sè e istintivamente scacciò la mano dell'altro.
Era svenuta! Ma per quanto tempo? "Oddio! Che ore sono??" si tirò su di colpo
"le due..." rispose il professore.
"Oh no!" Scese dal letto e corse fuori.
"Giada!" il professore cercò di seguirla "non correre! Sei appena svenuta!"
"Non si preoccupi! E grazie di tutto!".
Sparì, oltrepassando la porta principale.
Il professore rimase sorpreso, ma poi le sue labbra si rilassarono in un sorriso. "Hai fretta di partire, Giada?".
La ragazza percorse in fretta il vialetto della scuola. Appena arrivò al cancello, si fermò di colpo; davanti a lei c'erano le sue due amiche che l'aspettavano. "Finalmente hai finito!" le sorrisero.
Anche Giada ricambiò il sorriso, era davvero contenta di vederle.
Ormai aveva preso la sua decisione e non voleva tornare indietro. Sarebbe partita e non avrebbe rivisto le sue amiche per un bel po', per questo voleva passare più tempo possibile insieme a loro. 
"Vi va una pizza?" propose e le ragazze accettarono l'invito.
Arrivarono al bar vicino alla scuola ed entrarono, prendendo posto ad un tavolino, dopo un quarto d'ora arrivarono le pizze.
Giada e Naomi si misero a mangiare, mentre Tiziana, che probabilmente aveva battuto la testa da piccola, decantò un'ode alla sua pizza: 
"oh gustosa croccantezza, 
lascia che mi sazi di te".
Giada la guardò, sorridendo rassegnata, mentre Naomi fece finta di non sentirla.
"Come dici?" continuò Tiziana 
"temi che il tuo paradisiaco sapore venga sprecato? 
Non devi aver timore! 
Non permetterò che nemmeno una briciola di te 
venga gettata via!"
"Non puoi mangiare e basta??" sbottò Naomi, esasperata.
"Vuoi scherzare??" ribatté Tiziana "la pizza non va mangiata, va gustata..." i suoi occhi presero la forma di due cuoricini "...con amore, fino all'ultimo morso". 
Giada non riusciva a staccare gli occhi dalle due ragazze, Tiziana che tagliava cautamente la pizza e Naomi che la guardava, senza trattenere un sorriso. 
-Mi mancherete tantissimo...- pensò -... Entrambe-
Mentre guardava le ragazze scherzare fra loro sentì una certa tristezza crescere dentro di lei.
Un anno era un periodo di tempo davvero troppo lungo. Sarebbero cambiate parecchio, sarebbero cresciute, lontane da lei. E anche lei sarebbe cambiata.
Non si erano mai divise per così tanto tempo, ma Giada, adesso, sentiva di voler davvero partire, anche se sapeva che vagando fra quei pianeti avrebbe sempre provato nostalgia per la sua casa e per le sue amiche. 
Doveva ancora partire e non vedeva già l'ora di tornare. 
-Dopo tutto il tempo che passerà...- si chiese -aspetterete il mio ritorno?-
Appena tornò a casa, si mise a cercare Luna e Apollonia. Le trovò in giardino; Luna era distesa sull'erba, mentre Apollonia fluttuava accanto a lei. Le chiamò e loro si girarono a guardarla.
"Ho deciso, parto!"
Luna le sorrise, Apollonia strabuzzó gli occhi "veramente?!"
Anche Giada sorrise e annuí. La ragazza in formato tascabile si precipitò verso di lei. 
"Perfetto!" esclamò e la spinse in casa.
"Devo preparare la valigia?" chiese Giada, sorridendo divertita dalla reazione di Apollonia.
"Ma che valigia!" la rimproverò quest'ultima "te la vuoi portare appresso su tutti i pianeti??"
Giada la guardó sorpresa, mentre la nana continuava a spingerla. Aprì la bocca per rispondere, ma Apollonia riprese a parlare "Niente valigia! Quello che ci serve c'è lo procureremo man mano. Piuttosto...!" .
Smise di spingerla quando furono arrivate in cucina Sul tavolo, davanti a loro, c'era un pacco regalo.
Giada lo guardó, stupita, quando era entrata in casa non c'era.
Apollonia lesse il suo sguardo "è un regalo da parte di Giove, per il viaggio"
"Oh, che gentile".
"Non entusiasmarti troppo, ne ha ognuno per tutti i partecipanti della missione".
Alle loro spalle sentirono la voce di Luna, che doveva averle seguite fin là " a me ha regalato queste due mollete" indicò le fermagli a forma di stella sui suoi capelli.
Giada le guardó, non le sembravano granché come regalo. Si girò verso il tavolo e aprì il suo.
"Oh... Una borsa".
"Non è una semplice borsa" Apollonia la prese "è collegata direttamente alla tua cucina" gliela porse "avanti, prova"
"Cosa dovrei fare, esattamente?"
"Infilaci la mano dentro e pensa ad un oggetto che usi per cucinare" 
Giada aveva tante domande, ma - come può essermi di qualche utilità?- era quella che più le premeva fare.
Guardó la borsa e cercò di aprirla. 
Apollonia la allontanò "Non si fa così!".
"Prima di infilarci la mano voglio vedere che c'è dentro!" insistette Giada.
"È vuota! " le mostrò l'interno, effettivamente vuoto "ma se fai come ti dico, potrai trovarci quello che ti serve" la richiuse di nuovo.
Giada la guardó sospetta "tipo dei soldi?".
"No! Mi hai ascoltata all'inizio?? Solo ciò che si trova nella tua cucina!".
"Ma non ti sai spiegare!".
"La infili o no 'sta maledetta mano??".
"Okkei! Ma calmati!" ubbidì, senza più protestare.
"Bene. Ora pensa ad uno degli strumenti che usi in cucina".
Giada si mise a pensare, non sapeva quale scegliere. Pensò all'ultima volta che aveva cucinato, aveva fatto della zuppa. Si ricordò il mestolo che aveva usato per impiattarla e all'improvviso si accorse che stava stringendo un oggetto metallico. Tiró fuori la mano, ad occhi sbarrati, e si ritrovò ad impugnare un mestolo. 
"Vedi? Te l'avevo detto che funzionava!".
"Sì, ma a che mi serve un mestolo nello spazio?!".
"Ma che ne so! Sei tu la cuoca!".
Che intendeva dire? Che avrebbe dovuto cucinare a degli alieni?!
Ah ecco. Era per questo che era stata scelta, gli serviva una schiava.
"Ora muoviti. Prendi il tuo regalo che partiamo".
Di già?? Giada si sentì di colpo agitata, non era pronta! 
Afferró la borsa, era molto tentata di tirarsi indietro.
Apollonia andò in giardino e Luna la seguì. 
" A-aspettatemi!" Giada aumentó il passò per raggiungerle.
Le due si fermarono al centro del giardino, aspettando Giada. Quando questa fu arrivata, Apollonia guardó le due ragazze davanti a lei.
"Pronte?".
"Certo!" annuí Luna.
Giada sussurró un "no", ma senza farsi sentire.
Apollonia rimase immobile, a fissare il vuoto, finché una luce comparve sul terreno sotto di lei.
Giada strizzò gli occhi, non riusciva a tenerli aperti. Quando li riaprì notò che la luce aveva la forma di un sole. Da esso, si sprigionarono altri due raggi, che finirono uno sotto i piedi di Giada e l'altro sotto i piedi di Luna.
Giada aveva il cuore a mille, non aveva mai visto niente di simile. Guardó Luna, che mostrava un'espressione tranquilla.
"Bene, si parte" Esclamò Apollonia.
Di colpo la luce sotto ai loro piedi divenne solida e si staccò dal terreno, per poi mettersi a fluttuare a venti centimetri da terra.
Giada andò in panico "oddio, soffro di vertigini!!". Quel coso traballava, sembrava dannatamente instabile.
Apollonia roteó gli occhi, ignorandola.
" Tranquilla!" la rassicurò Luna "non puoi assolutamente cadere. È magico!"
Giada stava per ribattere, ma la piattaforma di luce iniziò a prendere quota "no! Hei! Hei!!".
Apollonia la rimproverò: " Vuoi fare silenzio?? Non dobbiamo farci notare!".
"Ma non vedi che luce fa 'sta specie di... Di...".
"Si chiama Solarius. È fatto di raggi di sole!" .
Intanto salivano sempre più in alto, la casa di Giada era tanto piccola da confondersi con le case vicine. 
"Oddio! No!" urló Giada, cadendo in ginocchio. Si aggrappò con tutte le sue forze a Solarius, tremava dalla paura.
Andavano sempre più in alto e sempre più veloce, il cuore di Giada batteva così forte da stordirla. Ansimava e aveva le lacrime agli occhi. Persino le montagne russe la spaventavano troppo e ora era si trovava in questa situazione.
Non facevano che salire, la velocità aumentava.
Voleva solo fermarsi e invece diventava ancora più spaventoso.
La sua vista non distingueva più ciò che la circondava, tutto scorreva troppo veloce.
Non riusciva più a ragionare e rimase immobile, con lo sguardo assente. 
L'unica cosa che sentiva ancora era una paura immensa.
Di colpo si fermarono e Giada provò a guardare intorno a sé, ma vide solo  bianco.

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Capitolo 9
*** Fra le nubi ***


Ci mise un attimo a capire dove si trovava, la sua mente spaventata dovette calmarsi, regolarizzare il respiro e calmare i battiti del cuore. Quando il suo organismo riprese a lavorare al giusto ritmo, fece correre lo sguardo intorno a sè, ma vide solo candide nubi che quasi ostruivano il cielo azzurro. Luna si guardò in giro, come ipnotizzata. Non era la prima volta che le vedeva, ma esserci in mezzo era tutt'altra cosa! Si ricordava i giorni in cui lei e la sua tribù giravano senza sosta per la superficie sterile della Luna, per cercare qualcosa da mangiare. Erano tutti stremati per la fatica, agitati, nervosi, preoccupati, che ogni respiro potesse essere l'ultimo. In quei momenti lei cercava di distrarsi, concentrava la sua attenzione sullo spazio buio che li circondava, costellato di puntini luminosi, guardava il terreno ai suoi piedi, facendo attenzione ai crateri, ma soprattutto, quando poteva, guardava la Terra. E la sua mente veniva rapita. Vedeva quella sfera, avvolta quasi completamente da un manto candido, sotto il quale si intravedevano dei ritagli di verde e di blu. Luna non capiva bene come fosse fatta realmente la terra, non essendoci mai stata. Immaginava che quella coltre ricoprisse la terra interamente, come nebbia. Solo recentemente, dopo essere scesa sulla terra insieme ad Apollonia, aveva visto il vero aspetto della terra. Poteva dire di essere rimasta un po' delusa. La Terra che si era immaginata, immersa nel bianco candido, le piaceva di più. Ma almeno le sue nuvole poteva vederle sempre, le bastava alzare lo sguardo. E ora che la circondavano completamente si sentiva davvero felice.
"Che meraviglia" si lasciò sfuggire, guardandosi intorno. 
Anche Giada era alquanto rapita, viste così le nuvole facevano un altro effetto.
Mentre si perdeva ad osservarle, la sfiorò un dubbio.
Si rivolse ad Apollonia "ma perchè siamo sulle nuvole?".
Luna la guardò per un attimo confusa, non capendo cosa intendesse, ma in poco tempo si illuminò:"è vero! Non dovremmo essere nello spazio?".
Apollonia non si mosse, restando a braccia conserte e a testa bassa, con gli occhi chiusi, in uno stato di assoluta imperturbabilità. Mentre in realtà, osservandola per alcuni secondi, si poteva notare che stava sudando freddo.
Iniziò a parlare, cercando di impedire alla sua voce di tremare, ma fallì "beeeeeeeeh...." si zittì subito.
Luna e Giada la guardarono, perplesse. Apollonia distolse lo sguardo.
Rimasero così per un paio di interminabili secondi, poi Giada sbuffò:"fantastico".
"Stai zitta tu!"si arrabbiò Apollonia "con tutte le tue urla mi hai distratta!".
Giada si sentì ferita "Ti chiedo scusa se ho osato spaventarmi!" 
"Dai, ora basta litigare" intervenne Luna "la prossima volta terrò stretta Giada così non avrà paura" sorrise alla ragazza, che distolse lo sguardo, imbarazzata.
"Bene, allora ripartiamo" Apollonia tese la mano avanti e si concentrò su Solarius. I suoi occhi si illuminarono di una luce del colore dell'ambra e i raggi di Solarius, su cui stavano le due ragazze si avvicinarono.
Giada, anche se era seduta, perse quasi l'equilibrio, mentre Luna rimase stabile sui suoi piedi.
Quando i raggi si unirono, la ragazza dai capelli d'argento si sedette e abbracciò Giada, che dovette superare il suo odio per il contatto fisico per non spingere via la ragazza. In fondo era meglio che tremare per le vertigini.
"Ora si parte!" esclamò Apollonia.
Giada chiuse gli occhi e strinse Luna. Oddio.
Solarius iniziò a fluttuare, ma ancora non partiva, limitandosi a traballare a mezz'aria.
Giada voleva che accadesse più in fretta possibile, così non avrebbe provato tutta quell'ansia. Il suo respiro divenne pesante.
Voglio tornare a casa.
Perchè ci mette tanto?
Ho paura.
Sapevo di non essere all'altezza.
"Dannazione..."  sentì la voce di Apollonia.
Aprì gli occhi e vide la nanerottola che fissava Solarius, che non voleva saperne di iniziare a salire verso lo spazio.
Luna guardava Apollonia, preoccupata.
Giada ricominciò ad agitarsi e si guardò intorno. A circondarli, c'erano solo le nuvole. E ora?
Vide Apollonia agitare le braccia, arrabbiarsi, colpire e prendere a calci Solarius, ma niente.
Quando la piccoletta si accorse che le ragazze la stavano fissando se la prese con loro: "beh??" urlò.
Quelle sussultarono e rimasero in silenzio; avrebbero voluto chiedere che fare e come uscire da quella situazione, ma non osarono.
Guardarono la piccola abitante del sole che riduceva Solarius alle dimensioni di una piccola stella e ci si sedeva sopra, a gambe incrociate, poi si sollevo nell'aria, insieme con la piccola stella e si girò alla sua sinistra. Iniziò ad avanzare in quella direzione.
Le ragazze la guardarono per un po', si muoveva con una tale lentezza che non temevano di perderla di vista. Senza dire una parola, si alzarono e la seguirono.
Camminarono dietro di lei, mantenendo circa un metro di distanza. La nanetta proseguiva tranquillamente, con le braccia incrociate e gli occhi chiusi. Le ragazze si chiesero se stesse solo girando a vuoto o se sapesse dove stava andando. Ma il fatto che tenesse gli occhi chiusi le faceva protendere per la prima ipotesi. Se stava cercando un posto preciso, come faceva a sapere dove andare? E poi, cosa avrebbe dovuto cercare in un posto del genere? Probabilmente la piccoletta voleva fare un giro per sbollire la rabbia. 
Giada guardò Apollonia che fluttuava davanti a lei. Le dava le spalle, quindi il suo piccolo corpo era interamente coperto dai lunghi capelli. Nerissimi, illuminati dalla luce riflessa dalle nuvole. La terrestre li fissò incantata, ma poi Luna le tirò una gomitata e Giada si riscosse. 
Guardò il viso incorniciato da chiome argentee, guardarla preoccupato e si ricordò della situazione in cui si trovavano. Deglutì e guardò Apollonia che continuava a procedere, impassibile.
Giada aveva pensato di non dire niente e aspettare che Apollonia si calmasse, ma questa continuava ad avanzare, con la stessa impassibilità di prima. 
Da quanto tempo camminavano così? Giada incominciava a sentirsi stanca.
Rivolse un'altra occhiata a Luna per farsi coraggio e poi, titubante, cercò di attirare l'attenzione di Apollonia: "ah emh..." quella  non si scompose.
"Apollonia...". Ancora niente.
Giada guardò Luna, in difficoltà.
"Hey, Apollonia!" Luna la chiamò più forte.
"Cosa??" rispose sgarbata. Luna si morse la lingua e non parlò più.
Giada prese coraggio e decise di aiutarla: "dove stiamo andando?".
"Al tempio di Eolo". 
Le ragazze rimasero basite. Chi? Che cosa?
Giada era tentata di chiedere chi fosse, ma aveva paura che la folletta la rimproverasse.
Si azzardò a porle un'altra domanda "E, umh... Quant'è lontano?".
"Molto, ora state zitte".
Giada si arrabbiò, ma chi si credeva di essere? E poi, che cavolo! Solo perchè il suo stupido coso volante le aveva lasciate fra le nuvole e poi si era ammutinato doveva comportarsi così? Mica era colpa loro!
Poi Giada si ricordó come si era agitata su Solarius e si sentì in colpa. E se Apollonia avesse detto la verità? Se quei problemi fossero davvero causa sua? Avrebbe voluto chiederglielo, ma la nanerottola avrebbe potuto accusarla solo per farla stare male. Che schifo di carattere che aveva, quella! Magari più tardi avrebbe chiesto a Luna il suo parere, in privato, ma per il momento non potè fare a meno di lasciarsi divorare dai dubbi per il resto della camminata.

Le piante dei piedi le dolevano terribilmente. Aveva sete. Era stanca, stremata. Non era abituata a camminare così tanto.
Guardò Luna e le sembrò di intravedere un'ombra di stanchezza sul suo viso, ma la vita difficile che aveva avuto le aveva forgiato una resistenza alla sete e alla fatica.
Giada, invece, era davvero allo stremo. Grazie alla fatica riuscì a superare il timore per il caratteraccio di Apollonia: "Non ce la faccio più...".
Quella la ignorò, mentre Luna la guardò preoccupata.
"No, Apollonia, seriamente. Fermiamoci un attimo".
Continuò ad ignorarla, mentre Luna le avvolgeva un braccio attorno alle spalle.
Giada reagì al silenzio di Apollonia arrabbiandosi e smise di camminare, per poi sedersi su quel tappeto di nuvole.
Luna la guardò incerta, ma comunque si fermò accanto a lei, lanciando delle occhiate preoccupate ad Apollonia.
Questa continuò a fluttuare, come se niente fosse. E poi, di colpo, si fermò.
Si girò, cercando di mantenere la calma "Ascoltami, ragazzina...".
Giada alzò lo sguardo verso di lei e glielo puntò dritto negli occhi. aveva le braccia incrociate e le labbra serrate, la stava sfidando. Probabilmente era proprio la stanchezza ad averle tirato fuori tutta questa determinazione, che neanche sapeva di avere.
Apollonia rimase spaesata per un attimo, non si aspettava che la ragazza potesse reagire così. In un attimo riaquisì il controllo di sè e ritornò alla carica "Non credere che starò dietro ai tuoi capricci".
"Non sono capricci! Sono stanca! Non sono abituata a queste fatiche. Quindi, o trovi una soluzione o mi riporti a casa!". Giada non si riconosceva molto in quel momento, ma di una cosa era sicura: la nuova giada le piaceva tanto!
Apollonia era rossa di rabbia, se avesse potuto le sarebbe saltata al collo. E invece doveva ingoiare la rabbia e fare come Giada chiedeva perchè la ragazza doveva partecipare alla missione, ordine di Giove.
La terrestre quasi si divertiva a vederla così, la rabbia della nanetta le ribolliva il sangue e a Giada sembrò quasi di poter intravedere il fumo che le usciva dalle orecchie, come se stesse diventando una pentola a pressione.
"E va bene" La voce le uscì forzata.
E lanciando un'ultima occhiataccia a Giada, che sorrideva vittoriosa, prese Solarius e lo trasformò di nuovo in un mezzo di trasporto,già in volo.
Stavolta i due fasci di luce erano già uniti, per permettere alle ragazze di star vicine. Giada deglutì e si alzò, accidenti. Le sue gambe avevano già preso a tremare, odiava quel coso. Luna le si avvicinò e la prese sottobraccio, per farle coraggio.
Apollonia sorride compiaciuta, vedendo tutta la spavalderia di Giada disintegrata e prese posto sopra la grande stella. 
Giada salì, con l'angoscia scritta in faccia.
"Ma mica non partiva??".
"Se lo accendi normalmente parte" rispose fredda Apollonia "Non riesce a prendere quota e salire nello spazio".
"E allora che senso ha attivarlo?" si strinse a Luna.
"Non vola solo dall'alto verso il basso. Siete pronte?" si girò verso le ragazze.
"Sì" annuì Luna.
Giada non rispose.
Apollonia le puntò il dito contro "Al primo urlo ti butto giù".
Giada la incenerì con lo sguardo e rimase zitta.
"Bene, partiamo".
La terrestre strizzò gli occhi e trattenne il respiro, mentre sentiva Solarius che raccoglieva l'energia, per poi partire ad una velocità spaventosa e squarciare le nuvole dietro di loro. 
Solarius era peggio delle montagne russe in picchiata, soprattutto perchè Giada non aveva niente a cui aggrapparsi, oltre a Luna.
Aveva costantemente l'impressione di scivolare indietro e cadere, per colpa della corrente che formava il volo di Solarius e che le sbatteva in faccia, scompigliandole i capelli. 
Le nuvole scorrevano rapidissime intorno a loro, mai come allora Giada provò il desiderio di mettere in pausa tutto e non farlo ripartire mai più. 
L'intero suo corpo sembrava scombussolato da quella velocità assurda, aveva una sensazione opprimente al petto e lo stomaco era sottosopra.
Il vento sbatteva contro i suoi occhi facendoli lacrimare.
Sentiva di non avere il controllo della situazione e lo odiava. 
Giada non saprebbe dire quanto fosse durata quella corsa, probabilmente, grazie alla velocità a cui avevano viaggiato, solo un paio di minuti, che a Giada erano sembrati ore.

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Capitolo 10
*** La sala del the ***


Il tempio di Eolo era più simile ad un palazzo che a un tempio. Era formato da un elemento a forma di parallelepipedo, posto al centro, e costellato di finestre piccole e rettangolari, che erano rigidamente ordinate in quattro file, due a destra del portone e due a sinistra. Come a spezzare questo rigore, ai lati del parallelepipedo c'erano due torri, che si attorcigliavano attorno ad esso. L'intero edificio era imponente e altissimo, tanto che Giada non riusciva a scorgere la cima, ed era di un azzurrino chiaro, che quasi si confondeva con il colore del cielo. Delle nuvole fluttuavano intorno al palazzo.
La lunatica era stupita. La terrestre era basita. Quel palazzo si era sempre trovato sopra la sua testa?? Certo, non era proprio sopra casa sua perchè avevano camminato parecchio, ma certo non dovevano essere così lontane.
Fuori dal palazzo c'erano delle persone affaccendate. Giada le guardò bene e vide che manipolavano le nubi per creare delle composizioni, le venne da sorridere pensando che erano molto simili ad alcuni giardinieri con le siepi. 
Queste persone avevano una divisa, composta da dei jeans grigi e una giacchetta corta, dalle maniche lunghe e argentata che copriva una maglietta azzurra. 
Le composizioni che aveva davanti erano molto belle, c'erano fiori, elefanti, alberi, struzzi, ma la sua preferita era quella a forma di gatto acciambellato, alta circa un metro e larga sei; le nuvole che lo componevano gli conferivano un aspetto morbido e paffutto, Giada desiderò di potersi buttare sopra di esso e, mentre sorrideva al pensiero, si alzò una potente folata di vento, che distrusse o danneggiò tutte le composizioni.
Sui visi dei lavoratori si disegnarono espressioni contrariate, arrabbiate, disperate e si alzò un coro di lamentele.
Il rumore divenne sempre più forte finchè un uomo alto e snello uscì dal palazzo.
La prima cosa che Giada notò furono i suoi capelli, spettinati e quasi ritti sulla sua testa, erano di colore grigio. Gli occhi erano grigio scuro e il suo viso sembrava molto giovane; il suo abbigliamento era simile agli altri, solo che al posto della giacchetta aveva un gilet.
"Che succede?" il suo sguardo passò sugli operai e si accese di stupore quando vide i brandelli di nuvole che un tempo erano artisticamente modellati.
"Sua figlia!" urlò una donna e le seguirono diverse voci concitate. 
"Melanippe!!"il grido dell'uomo risuonò nell'aria, accompagnato da un'eco, ma non ottenne nessuna risposta.
Arrabbiato, quello abbassò il viso, per poi rialzarlo e scrutare la reazione dei presenti. Oltre alla folla dei suoi impiegati, c'erano tre ragazze che assistevano in disparte. Erano sicuramente delle straniere, lo si capiva dall'abbigliamento, ma, non appena ebbe posato lo sguardo su Apollonia, l'uomo corrugò la fronte, confuso, per poi distendere il viso in un sorriso accogliente. 
Andò loro incontro "Ben arrivati, stranieri"e tese la mano, anzi, il dito, ad Apollonia, poichè la sua mano era troppo grande rispetto alle manine della nanetta.
Senza darle il tempo di rispondere al saluto, riprese a parlare "Tu devi essere un membro dell'esercito del sole, giusto?".
Apollonia ebbe giusto il tempo di annuire, che lo sconosciuto attaccò di nuovo "Oh, ma certo! Il tuo aspetto non mente. E quanto a voi due..." si rivolse alle altre due ragazze presenti "Tu, sei sicuramente una terrestre" puntò il dito verso Giada "e tu non saprei..." lo spostò verso Luna" i tuoi abiti sono più da terrestre, ma quei capelli argentei sono inconfondibilmente da lunatica".
"Sì, signore" rispose Luna, con un sorriso gentile "vengo dalla luna. Ma questi vestiti me li ha regalati Apollonia".
Apollonia stava per dire la sua, ma il suo intervento venne stroncato sul nascere:"Ohh, certo, certo! Perchè probabilmente i tuoi abiti erano rovinati. Ho sentito dire che sulla luna non ve la passate bene! Beh, almeno hai avuto la fortuna di incontrare una così simpatica abitante del Sole che ha provveduto a donarti questo prezioso regalo. Ma, permettete la curiosità, come mai proprio abiti terrestri?".
Apollonia, che aveva già perso la pazienza da un po', rispose con tono sgarbato "Perchè i miei non le piacevano...".
"Ma sì, per forza! In fondo sai bene anche tu che la luna è molto più vicina alla terra che al sole, questo è scontato! Anche i gusti e la mentalità saranno molto simili! Eppure c'è un altro dubbio che mi tormenta: che ci fai da queste parti con una terrestre e una lunatica? E perchè sono insieme?".
La folletta lo guardò, irritata, e aspettò qualche secondo per capire se il ragazzo avrebbe ripreso a parlare o stava davvero aspettando una sua risposta. Poi, con un sospiro, disse: "Ordini di Giove".
"Oh!" Eolo spalanca gli occhi "sono secoli che non capito da quelle parti. Come sta?".
Prima che Apollonia potesse rispondere, gli operai incominciarono a lamentarsi e Eolo si ricordò all'improvviso di quello che era successo.
Con lo sguardo ripercorse di nuovo lo scenario sommerso di brandelli di nuvole che gli si apriva davanti, poi si rivolse di nuovo alle ragazze "Perdonatemi, ma devo prendermi cura di una questione in sospeso.  Ma voi iniziate pure ad accomodarvi all'interno del castello."
Richiamo l'attenzione di un'operaia in prima fila: "Cara, ti sarei grata se potessi accompagnare i nostri ospiti alla sala grande, mentre io risolvo questa spiacevole situazione".
La ragazza aveva un'aria accigliata, ma si sforzò di annuire:"Con piacere, signore"
Rivolse un'occhiata fredda a Giada e alle altre "seguitemi, prego".
Mentre il tono di Eolo era carezzevole e pieno di cortesia, quello della ragazza era sbrigativo e forzatamente cerimonioso, come se quei modi le fossero stati imposti. Entrarono nel castello dalla piccola porticina in legno d'ebano, che contrastava incredibilmente con l'imponenza del castello e sia con il suo colore. Giada era quasi spaesata dalla familiarità del legno, continuava a dimenticarsi che,in fondo, non avevano ancora lasciato la Terra.
Appena si trovarono all'interno, Giada e Luna strabuzzarono gli occhi. Le pareti, il soffitto, i mobili... Ogni cosa nel castello era fatta di nuvole, i cui colori spaziavano dal bianco ad un insolito azzurrino.
Alcuni dei mobili sembravano fatti di cristallo, c'erano pure quelle che sembravano delle colonne in marmo.
A Giada sembrava impossibile che dei materiali così pesanti riuscissero a stare in equilibrio sulle nuvole e, ora che ci pensava, era strano anche che loro riuscissero a camminarci.
Guardò la ragazza, che non sembrava propensa a ricevere domande, guidarle nel castello.
Procedeva borbottando, fissando la strada davanti a lei. Ad un certo punto si girò verso le ragazze "Scusate per l'accoglienza, ma non ne possiamo più" .
Giada si sentì sollevata, finalmente la donna aveva deciso di prenderle in considerazione.
Luna rivolse alla sconosciuta un sorriso gentile "Nessun problema".
Mentre le ragazze si guardavano intorno ammirate, la donna continuava il suo discorso:" È la figlia del padrone. La sua presenza rende il nostro lavoro molto piuttosto difficile". Giada annuì, cercando di mostrarle comprensione.
Arrivarono al salone.
Non è l'enorme salone che le ragazze si aspettavano, ma certo neanche piccolo.
La mobilia era composta unicamente da triclini, bianchi, morbidi, davanti ai quali erano posti dei tavolini, anch'essi più o meno delle stesse dimensioni dei triclini.
"Accomodatevi" la donna indicò l'intera sala, con un gesto del braccio.
Giada e Luna le rivolsero un'occhiata, poi una ai triclini, e ancora alla ragazza. Per poi andare a sedersi, impacciate.
Scelsero due triclini vicini. Giada si avvicinò al suo, da quella prospettiva le sembrò piuttosto alto. Non aveva davvero idea di come salire. Che diamine.
Si girò verso la donna che la stava fissando. Aveva le braccia incrociate e la guardava con sufficienza.
Giada deglutì e si concentrò di nuovo sul triclinio. Appoggiò le mani e si tirò su, ma non riuscì ad issarsi abbastanza da appoggiare le ginocchia e rimanne bloccata a mezz'aria. Sollevò alternativamente le ginocchia, ma a vuoto. Le sembrò di sentire la donna dietro di lei che ridacchiava, ma non poteva girarsi a guardarla, si piegò in avanti e appoggiò la pancia, finendo sdraiata di traverso. Si aggrappò ai bordi e si tirò su, tremando per la paura di scivolare, poi si sdraiò su un fianco e tentò di assumere la posa che aveva visto nel suo libro di storia, sembrando quasi a suo agio.
Luna, al contrario, salì con facilità, le era bastato un salto, ma ora non sapeva come mettersi. Guardò Giada e tentò di copiarne la posizione, ma stava scomoda. Si girò sulla schiena, poi sull'altro fianco, poi di nuovo sulla schiena, provò persino a pancia in giù. Alla fine si rassegnò e si rimise come Giada.
La donna, che aveva seguito i movimenti di entrambe con un sorrisino, prese la parola "vi porto da mangiare" e lasciò la stanza.
Giada guardò Luna, imbronciata per la posizione scomoda, e Apollonia, che fluttuava in mezzo a loro.
La nana aveva gli occhi chiusi, con un'aria di serietà dipinta in viso, poi avvertì un rumore flebile, che le altre due non percepirono e guardò fuori dalla finestra. Giada, nel vedere Apollonia aggrottare le sopracciglia, seguì lo sguardo della ragazza e vide nuvolette che scheggiavano nell'aria fuori dal palazzo. Spalancò gli occhi, era uno spettacolo simile a quello che avevano visto appena arrivate, solo che il vento non soffiava in una sola direzione, ma sbatteva le nuvolette a destra, a sinistra, in alto e in basso.
Girò il viso verso Apollonia "Che succede?"

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