The hunting

di Eco_90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tornare a casa. ***
Capitolo 2: *** Bad news ***
Capitolo 3: *** The haunted house. ***
Capitolo 4: *** Billy. ***
Capitolo 5: *** D'incidenti, preti e case abbandonate. ***
Capitolo 6: *** Fuggire ancora. ***
Capitolo 7: *** Purgatorio. ***
Capitolo 8: *** The unknown ***
Capitolo 9: *** L'amore oltre la morte. ***
Capitolo 10: *** what remains of us ***
Capitolo 11: *** Il mio per sempre. ***
Capitolo 12: *** La dama del treno. ***
Capitolo 13: *** Agenti segreti e piani suicidi. ***
Capitolo 14: *** Confessioni in riva al fiume. ***
Capitolo 15: *** Fine dei giochi. ***
Capitolo 16: *** Quello che resta. ***
Capitolo 17: *** Non sono sparita! ***
Capitolo 18: *** farewell. ***
Capitolo 19: *** Piacere! ***



Capitolo 1
*** Tornare a casa. ***


 
Era in macchina, seduta sul sedile posteriore destro. Non era sola, c'erano suo fratello e altre due persone, ma non ricordava chi fossero; non le vedeva. Voltò di scatto la testa verso il suo finestrino come richiamata da qualcuno, o qualcosa. Si rese conto che erano appena entrati in un paesino. La prima cosa che vide fu una casa di legno, era diroccata e circondata da un enorme giardino. La cosa strana fu vedere il giardino allagato, pieno di pozze, come una palude, anche se non ne dava l'idea. La luce del sole trafiggeva le grandi chiome degli alberi, passandovi attraverso e illuminando solo in parte il prato. Due volpi bianche giocavano tra l'erba e l'acqua, rotolandosi gioiosamente, il pelo perennemente bianco nonostante il fango. Quelle volpi non si sporcavano mai. Quel posto emanava auree contrastanti, la casa sembrava infestata, mentre il giardino aveva un non so ché di incantato, era pieno di farfalle, anch'esse bianche, che svolazzavano allegre, il tutto protetto da una recinzione signorile in ferro battuto. "che strano accostamento." Si ritrovò a pensare.
Superata la casa, e raggiunta la piazza del paese, scese dalla macchina. Quel borgo così particolare era costituito da un paio di casolari in pietra gialla e dalla casa diroccata. Camminando si ritrovò al centro del piazzale, non vedeva nessuno, ma sapeva che c'erano persone a osservarli nascoste dietro le tende delle finestre, o tra i porticati. Senza rendersene conto si fermò tra un monumento al centro del piazzale e la casa abbandonata che, vista da davanti, dava una sensazione fortissima di disagio mista a paura. Avrebbe voluto entrarci, ma si era ripromessa di non cedere. Si voltò a guardare il monumento alle sue spalle, c'era una targa dorata sopra cui erano state incise tre bare. Capì che qualcuno era morto in quella casa, poi aprì gli occhi. Era un sogno. Il solito sogno che la tormentava da mesi e mesi. Poggiò una mano sulla sua fronte, scottava, segno che come al solito quel sogno, l'aveva scombussolata più del dovuto. C’era ancora quello strano odore di vaniglia, lo sentiva sempre prima di addormentarsi, ma solo nel suo letto. Cercò di calmarsi girandosi e rigirandosi, ma non funzionò. Scattò a sedere sbuffando rumorosamente, cosa che non sfuggì a suo nonno seduto sulla poltrona della sua camera, intento a leggere un giornale. -Sempre il solito sogno è?- Alzò lo sguardo dal quotidiano per guardarla, prima di voltare pagina e ricominciare a leggere. -Sì, sempre il solito.- Rispose lei sconsolata. A quel punto il vecchio chiuse il giornale e puntò i suoi occhi chiari in quelli della nipote, prima di riprendere il discorso. -Hai mai pensato di chiedere a qualcuno cosa significasse?- Quella domanda tanto ovvia quanto banale la lasciò di stucco per diversi attimi. Come una sciocca non aveva mai pensato di cercare il significato del suo sogno, eppure doveva essere qualcosa d’importante dato che la tormentava ogni notte da quando... morse piano il labro inferiore e portò dietro l'orecchio una ciocca ribelle. Era diventata nervosa, e il nonno se ne rese conto.
-Da quant'è che fai questo sogno?-
BAM, colpita in pieno. Suo nonno la conosceva bene, forse troppo. Lo guardò un po’ intimorita, ma poi trovò il suo solito coraggio. -Da quando sono andata via.-
L'amarezza che si fece spazio sul volto dell'anziano diede molto da pensare alla ragazza. Prima chiariva quella situazione e meglio era, soprattutto per tornare a dormire di notte, cosa che, a pensarci bene, in pratica non era mai accaduta.
- Kelly tesoro, guarda che fai tardi!- sua madre dal piano inferiore la stava richiamando all'ordine. Aveva del lavoro da fare, lavoro normale: era la segretaria di una dottoressa. Ormai era quella la sua vita, non c'era più spazio per le nottate insonni al freddo solo per convincere un paio di presenze a sloggiare. Già, non c'era più tempo per quelle cavolate. Scese le scale di corsa, cercando di scacciare quei pensieri, e poi si catapultò in macchina per correre a lavoro. La dottoressa, amica di famiglia, che le aveva gentilmente offerto il lavoro era una donna molto grassa e poco incline a tutto ciò che riguardava il tatto e la gentilezza. I suoi modi rudi, uniti al suo aspetto poco aggraziato erano rinomati, tanto che per tutti ormai lei era “la vecchia ciabatta informe”, per gli amici solo vecchia ciabatta! Le ore a contatto con quella donna sembravano scandite da un bradipo. Più lente sarebbe stato impossibile.
Arrotolò nuovamente una ciocca di capelli attorno alla sua penna, mentre seduta alla sua scrivania aspettava che il paziente di turno uscisse sbraitando dall'ufficio della vecchiaccia. Poi si ricordò quello che doveva fare. Scrisse su un forum specializzato il sogno che la tormentava da quasi un anno e mezzo e aspettò una risposta. Neanche due minuti dopo aver finito di scrivere, il signor Malone uscì dallo studio della dottoressa Nelson inveendo contro di lei.
-Signor Malone, vuole segnare il suo prossimo appuntamento?- tentò Kelly, temendo per la sua incolumità. Lui si voltò sconcertato verso di lei e poi ricominciò a sbraitare. -Appuntamento? Appuntamento? Io non metterò mai più piede qui dentro... quella vecchia ciabatta deve solo ritenersi fortunata se le ruote della sua macchina sono ancora tutte gonfie!- poi se ne andò come una furia, sbattendo la porta.
La cosa morì lì, come tutte le altre volte, così il tempo ricominciò a scorrere lentamente, fino alle sei del pomeriggio ora in cui smontava dal suo turno. "Ci vediamo la prossima settimana." disse congedandosi dalla ciabatta.
A casa tutto andò come al solito: suo padre che tornava dal lavoro stanco morto pronto per cenare in tranquillità con la sua famiglia, sua madre ansiosa di propinare i suoi esperimenti culinari ai suoi cari, e suo fratello sempre pronto a farla ridere con qualche battuta idiota. Suo fratello, era felice di averlo ritrovato, nonostante la sua aria da sottuttoio era una delle persone più importanti della sua vita. Le era costato molto fare a meno di lui, ma adesso tutto era tornato al suo posto.
Cenò in silenzio, stupendo tutti i suoi familiari per poi andare a chiudersi in camera. Aveva delle cose importanti da fare. Accese il Computer ed eseguì subito l'accesso su quel forum. Due notifiche: una inutile. Una ragazza che diceva di credere nel destino e non ai sogni. Una molto, molto utile. Si firmava "Sparviero Nero", l'unica persona in cinque ore ad averle dato una spiegazione del sogno.
Le aveva scritto che i fantasmi nella casa erano le sue paure, paure che tentava di reprimere, ma che erano sempre pronte ad uscire fuori. Le aveva detto che faceva finta che la situazione che stava vivendo le stesse bene. L'aveva informata che le tre bare sulla lastra rappresentavano tre persone con cui aveva chiuso per sempre. In quel preciso istante un conato di vomito la scosse, costringendola a gettarsi sul letto con la testa fra le mani. Aveva il respiro irregolare, la nausea mista a sconforto. Quello sconosciuto l'aveva capita più di quanto avesse voluto fare lei stessa.
Che stava facendo? Quella non era la sua vita, quelle non erano le persone che voleva avere intorno. Il suo posto era in quel mini appartamento, nel suo piccolo paesino sperduto a picco sull’oceano. Anche il suo colore di capelli era diventato monotono come lo era lei, un castano scialbo che non aveva niente a che vedere con il fucsia di prima.
Sbuffò, cercando di trattenere qualche lacrima che tentava di uscire prepotentemente dai suoi occhi. Non poteva farlo. Non poteva abbandonare la vita con la sua famiglia per un suo bisogno egoistico. I suoi genitori ci sarebbero rimasti male, non gliel’avrebbero perdonato.
- Kelly, amore posso entrare?- forse avrebbe dovuto chiedere consiglio a sua madre. Magari spiegandole la situazione avrebbe capito il suo bisogno.
- Kelly, tutto bene?- le aveva chiesto vedendola rannicchiata sul suo letto. –Sei tanto silenziosa ultimamente.- si era seduta accanto a lei e aveva cominciato a carezzarle i capelli.
-Si, va tutto bene. Solo un po’ di stanchezza, la vecchia ciabatta è impegnativa da gestire.-
La madre sorrise, ma poi si stampò in faccia un cipiglio autoritario.
-Non dovresti chiamarla così, è stata gentile a trovarti un lavoro. Portale un minimo di rispetto.- aveva detto sconsolata.
Lei si era limitata a sbuffare contrariata.
-Comunque ero venuta per darti questo.- tirò fuori dalla tasca dei suoi jeans una busta da lettera, e gliela porse. –Meglio se ti lascio un po’ sola adesso.- poi si alzò e richiuse la porta alle sue spalle.
La ragazza rimase lì, sul suo letto a osservare quella busta. Non c’erano scritte, o indirizzi. Chissà chi era il mittente.
La aprì trovandovi dentro un contratto di compravendita del suo vecchio appartamento. Sua madre aveva un senso dell’umorismo masochista, cosa poteva interessare a lei se qualcuno aveva comprato l’appartamento in cui aveva vissuto?
“Aspetta.” Un sospiro pesante uscì dalle sue labbra, finalmente ci era arrivata.
“Aaaaaaaah!” aveva gridato senza ritegno, era saltata giù dal letto con il passo pesante di un elefante per poi raggiungere sua madre in cucina. Era seduta al tavolo con una tazza di tè fumante davanti a se. “Ce ne hai messo di tempo per capire!” sorrideva mentre le parlava. Era da troppo che non vedeva sua figlia felice. Da quando Kelly si era incupita, non faceva altro che pensare a una soluzione, da lì l’idea di comprarle quella casa impiegò veramente poco a venirle in mente.
D’altra parte il lavoro andava bene, l’albergo appartenente alla loro famiglia portava più entrate di quelle sperate, quindi non fu un sacrificio così grande.  
Non si era neanche resa conto che sua figlia le si fosse aggrappata addosso, stringendola e cullandola in un abbraccio soffocante.
-Quando hai intenzione di partire?- le chiese, scollandosela di dosso.
La ragazza si fermò qualche secondo, riflettendo attentamente su quella domanda. Poi un guizzo negli occhi le fece capire che aveva deciso. –Parto tra due settimane. Non posso perdermi il compleanno di papà. Me ne andrò il giorno dopo.-
 
***
 
I giorni seguenti furono costellati da miliardi di sentimenti. L’ansia era quello persistente. L’angoscia di lasciare i suoi genitori, la paura di tornare a casa sua, perché quella era la sua vera casa ormai. Rivedere Ronnie era una delle cose che più le premeva. La cosa veramente importante però era un’altra: Billy. Al solo pensiero la gola le si chiudeva, il respiro si mozzava e le mani iniziavano a sudare. Non l’aveva più sentito, non perché non volesse, ma perché le sembrava ingiusto tenerlo legato a lei; lei così lontana per poter portare avanti qualsiasi tipo di relazione. Parliamoci seriamente, non era capace di far andare bene le cose quand’era lì con lui, figuriamoci da lontana. Comunque lui ogni tanto le aveva scritto, ma Kelly aveva accuratamente evitato di rispondergli. Come al solito si era comportata da stronza, sapeva già cosa le avrebbe detto se se lo fosse trovato davanti: “Non puoi decidere anche per me.” Gliel’aveva ripetuto fino allo stremo. A ripensarci le veniva da ridere.
Cosa gli avrebbe detto lei? Come avrebbe potuto presentarsi davanti a lui, così, dal niente?
Sbuffò, per poi rotolarsi sulla superficie morbida del letto. Ormai aveva sistemato quasi tutto: si era licenziata, aveva comprato il regalo a suo padre e infine aveva impacchettato tutte le sue cose. Le rimanevano solo la festa e i saluti. Saluti che comunque non sarebbero stati così terribili e strazianti, i suoi ora sapevano dove sarebbe andata a vivere, quindi li avrebbe rivisti presto.
-Tre giorni.- la voce del nonno la fece trasalire. 
-Nonno. – disse nervosamente. –Potresti almeno che so... bussare, far cadere qualche soprammobile? Per te potrà essere divertente comparire dal nulla, ma a me fai perdere anni e anni di vita tutte le volte.- il vecchio si ritrovò a sghignazzare. –Perdonami, ma come hai detto tu, è veramente divertente far spaventare voi vivi. E poi io ho così pochi passatempi da quando sono morto!- Kelly scosse piano la testa in segno di dissenso e poi continuò la sua opera di rotolamento. Languire sul letto non era proprio una buona tattica, ma per una volta le piaceva l’idea di auto commiserarsi un po’.
Passò così un altro giorno, arrivò la festa di suo padre.  Fece mille foto che poi avrebbe portato con se come un tesoro inestimabile. Mangiò la torta, prese in giro i suoi parenti con suo fratello e si fece coccolare dai suoi genitori. La mattina della partenza si svegliò presto. L’aereo per Shannon sarebbe partito soltanto all’una, ed erano le sette. Affondò il viso sul cuscino e poi si alzò. Trovò suo padre in cucina, intento a preparare dei panini. –Sono per me quelli?- chiese indicando i tramezzini. Il padre la guardò un po’ smarrito. –Si, sono per te!-
Lei sorrise, ringraziandolo. Poi lo abbracciò forte, voleva fargli capire che nonostante stesse partendo si sarebbe fatta sentire. –Verrete a trovarmi, vero?-
Lui le scompigliò i capelli e le diede un bacio sulla fronte.
– è il minimo, devo vedere se terrai in ordine il MIO appartamento.- scherzò.
Lei lo guardò in cagnesco, ma poi rise di cuore.
-Sarò ben felice di ospitarti a casa mia papà! Tranquillo, vieni quando vuoi... magari però prima chiama!- disse mettendosi in punta di piedi e dandogli una pacca sulla spalla con fare comprensivo, per poi correre via dalla camera, prima che lui potesse acchiapparla e farle il solletico.
La partenza arrivò prima del previsto, quasi come se non fosse stata pronta ad andarsene.
Salutò tutti e s’imbarcò. L’aereo avrebbe impiegato un’ora ad arrivare all’aeroporto di Shannon, e da lì avrebbe preso un taxi che in quaranta minuti l’avrebbe portata a destinazione. Era talmente angosciata, che aveva pensato più volte di prendere un volo e tornarsene a casa, i suoi sarebbero stati felici, e al massimo avrebbero potuto affittare l’appartamento. Lisciò le pieghe del vestito di chiffon azzurro che aveva indossato per l’occasione. Non l’aveva mai fatto prima, vestirsi da donna non era mai stata una sua priorità ma sua madre aveva insistito. Doveva far vedere a tutti com’era cambiata, far vedere che ormai era una signorina. Una sensazione di fastidio le arrivò fino alla punta del naso, facendolo arricciare. Sicuramente non sarebbe bastato un vestitino per farsi perdonare più di un anno di assenza. Sbuffò, e si concentrò sulla canzone che stava ascoltando, sperando così di poter scacciare via quei pensieri, fino al momento in cui non avrebbe più potuto rimandare. Durante l’atterraggio le si tapparono le orecchie, cosa che in principio le procurò qualche problema di comunicazione col tassista. –E’ la prima volta che viene qui?- chiese l’uomo, cercando di intavolare una conversazione, per rendere più piacevole quel viaggio. Sorrise a quella domanda mentre fissava estasiata il paesaggio che le sfrecciava accanto. -No è da più di un anno che manco, ma ho vissuto qui per un paio d’anni .- Continuò a guardare fuori dal finestrino. Quei luoghi erano così familiari: le case, i boschi e i campi che circondavano la strada... Era quasi a casa!





Sono tornataaaa, come Kelly a quanto pare! L'idea di postare nuovamente un capitolo mi allettava troppo per riuscire ad aspettare ancora, anche se magari non è proprio una cosa positiva! Ho letto e riletto questo capitolo cercando di capire se potesse andare bene, ma alla fine credo di si. Volevo mostrare almeno all'inizio la nuova vita di Kelly, farvi capire cosa stava passando dopo aver deciso di lasciarsi Billy e la sua vecchia vita alle spalle. Comunque detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto! Penso di pubblicare il prossimo tra una settimana, sperando che la nuova storia vi alletti almeno un pochino!
Ora vi lascio... una bacio!

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Capitolo 2
*** Bad news ***


Ecco il secondo capitolo. Spero che possa essere di vostro gradimento!!
Buona lettura!



-Dove ha detto che devo fermarmi?- chiese il conducente appena entrato nel paesino.
-Sotto quel palazzo rosso. Grazie!- non poteva fare a meno di sorridere a quella vista. Era tutto come l’aveva lasciato... stentava a crederlo.
Salire con le tre valigie su per due piani non fu facile, ma alla fine, stremata, riuscì ad arrivare davanti alla porta del suo appartamento. Mise la chiave nella toppa e rimase stranita aprendo la porta, nel vedere quanto fosse spoglio quel posto. Il suo successore doveva essersi portato via più cose di quanto avrebbe dovuto. Lasciò le valigie all’ingresso, tuffandosi senza pensarci due volte sul suo divano, strofinando la guancia sulla stoffa morbida. Quante ne aveva viste quel sofà; quante ne aveva viste quella casa!
-AAAAh! Allora è vero!- quel grido alle sue spalle le fece gelare il sangue, tutto quel tempo d’inattività l’aveva disabituata a trovarsi intorno dei fantasmi, per non parlare delle loro apparizioni improvvise. –Signora Evans!- disse poi ritrovando la calma e sorridendo amabilmente alla presenza dietro di lei. –Tesoro mio, è bellissimo rivederti qui!- aveva le lacrime agli occhi.
Nonostante fosse un fantasma, erano state rare le volte in cui si era fatta vedere durante quell’anno e mezzo. Alla fine però non poteva biasimarla, lei non era la sua baby- sitter, e Kelly era quasi certa di non avere bisogno di qualcuno che badasse a lei. –Anche per me è bello!-
La ragazza si rese conto che il fantasma la stava squadrando da capo a piedi, sembrava non le tornassero un paio di cose. –Bambina, ma come ti sei vestita? E quei capelli? Non sembri quasi più tu!- Nonostante le continue scenate per i capelli di colori improbabili di Kelly, ora la signora Evans sembrava rimpiangere il vecchio stile della ragazza, e inconsapevolmente aveva colto nel segno. Il sorriso che Kelly aveva sulle labbra sfiorì in pochi attimi, lasciando solo un’impronta di amarezza stampata sul suo viso. –E’ proprio per questo che sono qui!- il dispiacere aveva incrinato la sua voce, ma tentò comunque di darsi un contegno.
Cercò una posizione comoda sul sofà, stringendosi nelle spalle e fissando un punto indefinito oltre la vecchia presenza.
-Non volevo farti deprimere. - tentò la donna, cercando di farle tornare il sorriso.
-Si figuri, non è per lei. Non mi sono comportata bene con nessuna delle persone che conoscevo qui. Sono sparita. E’ che ho solo paura delle loro reazioni. Probabilmente non vorranno parlarmi, e se così fosse, non potrei biasimarli. – disse sconsolata. La presenza scosse vigorosamente la testa, puntandole un dito davanti al naso. –Non dire scempiaggini, tutti qui ti vogliono bene. Tutti! E molti di loro aspettavano con ansia che tu tornassi. - asserì, scoccandole un occhiolino eloquente. Lei si ritrovò a sorridere di cuore per quell’affermazione.–In ogni caso ho fame, e non ho nulla da mangiare dentro casa. Ronnie è sempre aperto a quest’ora?- chiese un po’ titubante.
La donna fece un cenno di assenso con la testa. –Dovresti sbrigarti... se hai così tanta fame! – la signora Evans non si sprecò neanche a nascondere quel suo tono malizioso, cosa che fece arrossire la ragazza, e non poco.
Sospirò pesantemente, giungendo le mani per poi sclosciare le falangi. Troppo energicamente. -Ouch. - sventolò i palmi per cercare di calmare il dolore, poi prese la borsa e uscì da casa. Quello, nonostante tutto sarebbe stato il viaggio più impegnativo di tutta la giornata.
Passò nel parcheggio all’aperto: non c’erano macchine, i lampioni erano stati riparati e i vetri per terra erano stati tolti, la macchia di sangue, però, era rimasta. Non si aspettava di averne perso tanto. La chiazza ormai era nera, ricoperta dalla polvere e dalla ghiaia. Respirò a fondo, nella mente le proiezioni di quei momenti saettavano veloci, lasciando un senso di sconforto dentro di lei; scosse la testa cercando di non pensarci più, riprendendo la sua marcia.
La porta di legno del pub cigolò come al suo solito, e il campanello situato sopra di essa squillò sonoramente. Molti dei clienti che la videro entrare accennarono un timido saluto, altri sorrisero allegri, questo riuscì a rincuorarla almeno un po’.  Kelly sorrise di rimando prima di raggiungere il bancone, e appropriarsi del suo vecchio sgabello. –Che mi venga un colpo. Ce ne hai messo di tempo per tornare!- Jack poggiò la sua pipa sul banco per poi sporgersi e depositarle un bacio sulla guancia. Il freddo che derivò da quel contatto la rese ancora più allegra e speranzosa. –Aspetta che attiro l’attenzione di mio figlio.- disse mostrando un ghigno maligno quasi degno della signora Fitzpatrick. –No, Jack non c’è bisogno. Aspetterò qui tranquillamente!- la sua obiezione non sortì alcun effetto. Jack fece cadere una bottiglia vuota riposta su una delle mensole dietro il bancone, e subito dal retrobottega uscì Ronnie infuriato come non mai. –Maledetto. Papà sei un maledetto, sei rimasto per rovinarmi la vita, ammettilo! Aah, se solo potessi, te la farei vedere io! - aveva un diavolo per capello, si vedeva lontano un miglio. Decise così di intervenire, alla fine nonostante il tentativo di Jack, lui ancora non si era accorto della sua presenza e questo, forse, avrebbe potuto mitigare la sua arrabbiatura. –Credo sia colpa mia. - soffiò tutto d’un fiato. Ron si voltò senza pensare troppo alla voce conosciuta, mostrandole un viso corrugato e distorto dalla rabbia. Lei sorrise timorosamente al proprietario del locale, che solo in quel momento si rese conto della persona che aveva di fronte. L’espressione corrugata sparì mutando in un sorriso che fece brillare il volto dell’uomo. –Dovrei ucciderti, lo sai vero?- il tono scherzoso nascondeva una punta di dispiacere. –È strano, non sei il primo a dirmelo. - sibilò sottovoce. – Comunque non volevo che rompesse la bottiglia, gli avevo detto di non farlo, ma conosci tuo padre.- cercò di giustificarsi. –Al diavolo la bottiglia. Tu piccola signorinella sei sparita, non ti sei fatta vedere né sentire per più di un anno, come pensi che dovrei reagire io?- il disagio non si fece attendere. Ronnie aveva tutte le ragioni per sentirsi offeso, o peggio, tradito. Fortunatamente per lei, l’uomo continuò il suo discorso permettendole di non soffermarsi troppo a fantasticare sugli sviluppi catastrofici delle sue azioni. Oltrepassò il bancone, ritrovandosi davanti alla ragazza, ora niente li separava. –Guarda che scherzavo. - la rassicurò, sorridendo. –Piccola guerriera.- aggiunse poi teneramente. Le lacrime si affacciarono subito agli occhi della ragazza, che fuori di se dalla gioia corse dall’uomo, abbracciandolo forte. –Mi sei mancato tanto!- disse continuando a frignare come una bambina. Lui le lisciò i capelli, asciugandole poi le lacrime calde che non avevano ancora smesso di solcarle il viso. –Se smetti di piangere ti offro un cheeseburger e le patatine fritte.- lei sfregò forte il viso sul petto dell’uomo cercando di riprendere un minimo di controllo, poi si staccò respirando a fatica. –Certo che l’aria di città ti ha proprio cambiato. - se ne uscì lui con fare pensieroso, e un’espressione buffa sul viso.
Nel momento in cui poggiò il piatto colmo di cibo sul bancone, una ragazza uscì dal retrobottega. Stava portando una cassa di bottiglie vuote fuori dal locale. Ronnie sembrò non curarsi troppo di lei, ma Kelly dal canto suo, era incuriosita da tutte le novità che quel posto le avrebbe riservato. La novità in questione aveva capelli cortissimi di un biondo brillante, occhi azzurri, talmente chiari da sembrare trasparenti, il tutto abbellito da piccole labbra fine di un rosa pallido. Per il resto era una ragazza abbastanza nella media, niente di speciale. Non era truccata in modo eccessivo o vestita in maniera appariscente, ma aveva qualcosa nella sua personalità che la faceva spiccare comunque, anche con la maglia logora che indossava in quel momento. Con l’espressione più ingenua che avesse nel suo repertorio guardò intensamente Ronnie, cercando un modo fintamente incurante per chiedergli chi fosse il nuovo acquisto. –Quindi hai assunto una cameriera? Che c’è, tuo nipote non ti aiuta più?- mossa forse troppo azzardata, non sapeva neanche lei da dove provenisse tutta quella sfrontatezza, non avrebbe mai pensato di riuscire a parlare di Billy con un tono così leggero. Ronnie dal canto suo si ritrovò spiazzato, sperava che lei non si fosse accorta di quella ragazza, non voleva essere coinvolto. –No, lui ogni tanto mi aiuta, ma sta facendo un corso per diventare chef, quindi spesso non può venire. Comunque si chiama Lory la nuova cameriera.- fu il più sbrigativo possibile, poi cambiò nuovamente discorso cosa che Kelly appuntò per bene nella sua mente. Parlarono del più e del meno per molto tempo, Ron si fece raccontare tutto quello che aveva passato a casa con i suoi genitori; sembrava quasi una vecchia comare, era così entusiasta di averla lì davanti che, fosse stato per lui non avrebbe mai smesso di parlare e fare domande.  –Comunque ora si è fatto tardi, ci vediamo domani Ronnie!- l’uomo si massaggiò la testa sorridendole, per poi posare pesantemente la mano sul bancone. –Ci conto, piccola guerriera!-
Uscì dal locale più serena di come vi era entrata, quando, svoltando per tornare a casa, trovò Lory al telefono. Parlava fitto fitto con qualcuno che Kelly capì essere molto intimo. –Ci vediamo dopo a casa tua. - disse la biondina sorridendo a Kelly che senza rendersene conto si era fermata, e ora la stava fissando.
Imbarazzatissima corse via, andando a rifugiarsi a casa sua. 
 
 
***
 
Era sdraiata sul letto già da un po’ quando si ritrovò a pensare che c’erano ancora due persone che non aveva visto. Troppe. Doveva rimediare in fretta. Prese il telefono digitando il numero che inaspettatamente ricordava a memoria. –Sono tornata! Se ti va, puoi venire a casa mia. – chiuse la chiamata per poi correre a darsi una sistemata. Quel vestito l’aveva stancata, come l’avevano stancata le reazioni che sortiva. Si legò i capelli in una crocchia scomposta e indossò una tuta abbastanza comoda, poi attese.
Il campanello suonò circa due ore dopo la sua chiamata. Quando aprì la porta, si ritrovò davanti un ammasso di ricci pronto a fiondarsi su di lei. –Sei una brutta persona, avresti potuto avvertire sarei passata a prenderti in aeroporto!- Moira non era cambiata, i suoi ricci rossi e vivi come molle infuocate, il carattere forte e tempestoso e quegli occhi tanto profondi quanto penetranti che riuscivano sempre a cogliere ogni cambiamento d’animo di Kelly. -Non ce n’è stato bisogno. Ho preso un taxi- rispose tranquilla.
La fece accomodare, prendendo due birre dal frigorifero: quelle, insieme con alcuni pacchi di patatine erano il massimo della spesa che aveva fatto.
 Passarono ore a chiacchierare come due amiche di vecchia data, e dire che qualche tempo prima l’avrebbe fatta fuori volentieri, anzi si sarebbero fatte fuori a vicenda.
Fu molto brava nel pilotare la conversazione su Ron facendolo sembrare un caso, poi da lì parlare della nuova cameriera fu quasi scontato.
-Ah, hai visto Lory?-
-Si, sembra simpatica. Tu la conosci bene?-
-Non molto, ma hai ragione... è simpatica. - indugiò un po’ prima di risponderle, quello era un campo minato e presto sarebbero esplose parecchie bombe.
- Ron mi ha detto che l’ha assunta perché Billy segue un corso per diventare chef. Tu ne sai niente?- voleva scoprire come stava, ma chiedere direttamente di lui l’avrebbe fatta passare per una ragazzina ancora follemente innamorata del suo ex, se così si poteva definire.
-Non ne so molto, non parlo spesso con Billy, ma dovrebbe essere tutto ok. - il tono evasivo colpì molto Kelly, che sospettosa decise di andare dritta al punto.
Guardò intensamente la sua amica, che aveva cominciato in maniera ossessiva a stringere e stropicciare la stoffa leggera della sua camicia di blu notte, poi pronunciò quelle parole così odiose per lei. –Stanno insieme, non è così?- qualcosa nel suo stomaco le provocò un dolore lancinante, arricciò le labbra cercando subito  di mettere su una maschera di disinteresse per nulla convincente.
Moira esitò ancora, sapeva che la sua amica sarebbe stata male, ma tanto valeva dirle tutto. –Si, si sono messi insieme poco meno di un anno fa. Lui aveva il corso, ma spesso la incontrava al locale dello zio... poi da lì. - La piccola guerriera distolse lo sguardo, era difficile, più del previsto. Doveva però trovare la forza per fare finta di nulla. Nonostante tutto era sua la colpa, o il merito di tutta quella situazione. Era stata lei a spingerlo via per l’ennesima volta, quindi ora non poteva sentirsi tradita se lui era finalmente riuscito a farsi una vita, anche se senza di lei.
-Sono innamorati.- la rossa sentì di dover porre l'accento su quel punto. –So che non vuoi sentirlo, ma stanno bene insieme e si amano. Forse le cose dovrebbero restare così, non credi?- la ragazza aveva iniziato a martoriarsi le mani: erano diventate rosse e calde a forza di sfregarle forte l’una contro l’altra.
Respirare senza dare modo ai singhiozzi di uscire fu molto difficile, tentò più volte di parlare, ma invano; pestò forte un piede a terra e solo allora riuscì a dire qualcosa di minimamente sensato. –Va bene così. Non mi aspettavo altro. - bugia. Era partita cercando di soffocare quell’alito di speranza che ancora le dava modo di sognare, ma non ci era riuscita. Si era ritrovata a illudersi di scoprirlo lì ad attenderla, come nel più bel film d’amore. Quanto era stata sciocca? Nel periodo con i suoi genitori si era dimenticata di quanto la vita fosse ingiusta, e quanto lei da sola riuscisse a complicarsela. – Credo sia ora di andare a dormire. – Moira a quelle parole si alzò velocemente, abbracciandola forte. Prima di chiudere la porta la guardò un’ultima volta: lo sguardo di compassione che le aveva lanciato era stato il colpo di grazia.  Pianse per la seconda volta in poche ore, solo che questa volta la gioia non c’entrava niente.

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Capitolo 3
*** The haunted house. ***


Ecco il nuovo capitolo. Ho cercato eventuali errori rileggendolo più volte, ma avendo sonno gli occhi si incrociano e io non ci capisco molto. Spero comunque che possa piacervi, quindi vi lascio leggere in pace!
Buoanotte!! :3

Risvegliarsi in quel letto fu un sollievo. Era stata strappata da quel materasso così morbido e caldo, e ora finalmente poteva riabbracciarlo. Riuscì a godere appieno del tepore delle lenzuola e solo dopo molti tentativi andati in fumo, riuscì ad alzarsi. Si stiracchiò svogliatamente per poi dirigersi in cucina, era convinta che il frigo potesse celarle ghiottonerie di ogni genere, ma il sonno gioca brutti scherzi. Trovare l’elettrodomestico vuoto e freddo le portò un senso di desolazione che poche volte aveva provato. –Maledetta me. - disse colpendosi la testa con la mano. –Oggi dovrò fare la spesa. – Se c’era una cosa che Kelly odiava più che essere svegliata nel cuore della notte, era proprio fare la spesa. I negozi racchiudevano troppe persone, troppi corpi da evitare, troppi sorrisi finti da ricambiare, troppa scelta per il cibo.
Un brivido le salì svelto fino alla nuca al solo pensiero.
Uscire dal suo caldo rifugio fu traumatico, ma rivedere quegli edifici le fece tornare il sorriso. Era a casa, questo bastava!
-Bambolina, come vanno le cose?- il nonno era apparso e le camminava accanto, tranquillo, beandosi di quella bella giornata di sole.
-Tutto bene. Ci sono un paio di novità, ma niente di così scioccante. - aveva l’arai serena, guardava dritta davanti a sé come se si fosse prefissata un obbiettivo e stesse per raggiungerlo. Si era obbligata a farlo, nessun fatto negativo l’avrebbe scalfita: basta con drammi, pianti e storie senza sbocchi. Lei non era più quella di prima, certe cose non le servivano.
-Dove vai a quest’ora della mattina?- era strano vederla sveglia di prima mattina, di solito non un suo dito usciva dal letto prima delle tre del pomeriggio.
-il frigorifero è vuoto e devo mangiare, non c’è più mamma a cucinare per me . -
-Che persona matura, non avevo capito che fossi diventata grande tutto d’un botto.-
L’occhiata che lanciò a suo nonno fu molto esplicativa, le parole sarebbero state totalmente superflue.

Quel giorno avrebbe pranzato con Moira, doveva riadattarsi ai ritmi di quel posto e non c’era cosa migliore di un picnic al limitare del bosco.
Il telo spesso a scacchi rossi e blu contrastava con l’erba di un verde quasi accecante, ma la stoffa morbida era un sollievo contro la pelle, soprattutto rispetto ai rametti appuntiti che si trovavano sul prato.
Più volte aveva gridato in preda al dolore per colpa di quei piccoli e malefici stecchetti che le si conficcavano nei palmi delle mani.
- Com’è andata la spesa?-
Kelly le lanciò uno sguardo da cane bastonato, poi addentò con cattiveria il tramezzino che aveva poggiato nel piatto. –Perché ne vuoi parlare? Io l’avevo quasi rimosso. - scosse la testa e poi si sdraiò sul telo. Il cielo era limpido, il sole non era mai stato così caldo, strano, ma era talmente piacevole. –Hai già ricevuto delle chiamate nel cuore della notte?- Kelly sorrise voltandosi verso l’amica che, imitandola, si era sdraiata a sua volta. –Che c’è vuoi replicare lo scherzo della casa infestata?- scoppiarono entrambe a ridere. Era passato abbastanza tempo, ormai poteva dirsi pronta a scherzarci sù.
La piccola guerriera chiuse gli occhi per qualche secondo, il sole la stava accecando.
In lontananza poteva sentire il ruscello sotto il ponte che dal paese portava al bosco, scrosciare allegro. Le voci degli abitanti del posto erano lontane e ovattate, ma facendo attenzione si potevano sentire spezzoni dei loro discorsi. Passò distrattamente le mani sulle sue braccia, carezzandosi la pelle che aveva iniziato a scottare, poi qualcosa la portò a riaprire gli occhi.
Un bambino le stava tirando la gamba cercando di attirare la sua attenzione.
Sorrise e si mise seduta. –Ciao tu! E da un po’ che non ci vediamo. -
Il bambino aveva come al solito le guanciotte paffute e rosse e gli occhi grandi e brillanti. Corse verso di lei e lo abbracciò. Per la prima volta poté sentire le sue braccine stringersi attorno alle sue spalle, si emozionò a quel contatto, era stata una vera tortura per lei non poterlo toccare per fargli sentire che lei c’era e che era lì per farlo sentire amato, per consolarlo.
-Sei tornata! Ho seguito Moira per vedere se era vero, però tu non dirglielo sennò si arrabbia.-
Lei lanciò un’occhiata furba al bimbo e poi guardò Moira. –Scommetti che è felice di sapere che sei qui con noi?-
Dal canto suo la rossa si era messa a fissare la sua amica, sapendo ormai che sicuramente qualche fantasma rompi scatole era venuto per chiederle aiuto, rovinando il loro pomeriggio di tranquillità.
Il bimbo era agitato, l’idea che la sorella potesse prendersela con lui, o gridare come faceva prima lo terrorizzava. Lui non voleva infastidirla, gli faceva piacere passare del tempo insieme con loro, poi Kelly era sempre tanto gentile. La ragazza avvicinò il viso al suo orecchio, per non farsi sentire da Moira, e cominciò a bisbigliare delle cose. –Allora adesso io le dico che sei qui, tu stai buono e vedrai che lei non si arrabbierà. Capito?-
Il bimbo assentì, anche se pieno di dubbi.
-Moira, senti ti devo dire una cosa, ma giura che non ti arrabbi. -
La ragazza la guardò un po’ in cagnesco. –C’è uno di quei rompiscatole, vero?- a quelle parole il bimbo strinse il piccolo palmo sulla maglia di Kelly. Lei lo guardò con tenerezza e gli disse di stare tranquillo. –Ci penso io. - bisbigliò mostrandogli uno dei suoi sorrisi più dolci.
Tornò a rivolgersi alla rossa al suo fianco, continuando a sorridere bonariamente.
-No, non è un rompiscatole. E’ un bimbo veramente dolce e simpatico. -
A quel punto la rossa trattenne il respiro. Gli occhi divennero visibilmente lucidi e lei iniziò a strappare ossessivamente tutti i ciuffi di erba che trovava a portata di mano. –C’è Timothy?- la voce uscì flebile dalle sue labbra, incerta, come Kelly mai l’aveva sentita. –Si. Ha paura che tu possa arrabbiarti perché ti ha seguito, ma tu non sei infastidita, vero?-
Moira scosse vigorosamente la testa, non era mai stata così felice. Il suo fratellino era morto troppo piccolo, per colpa di una bruttissima polmonite. Non ci fu niente da fare, lo vide lasciarla sola, andarsene per non tornare mai più. Adesso invece grazie alla sua amica non era più così, adesso poteva parlargli. Avrebbe potuto rassicurarlo, sentirlo nuovamente vicino.
-Ovviamente non sono arrabbiata, anzi sono felicissima. Puoi dirglielo?-
Kelly sorrise, per poi fare un occhiolino al piccolo Timmy.
-Te l’avevo detto!-
Il bimbo iniziò a correre per il prato e a gridare per la felicità. Da quando era diventato un fantasma, la sua sorellona non era mai stata felice di averlo vicino. Tutte le volte che lei gridava lui correva via, piangendo e rintanandosi nell’angolino più buio della sua cameretta. Solo, senza nessuno che potesse consolarlo. Per la prima volta dopo anni di solitudine finalmente aveva passato un pomeriggio insieme a sua sorella, chiacchierando tranquillamente e giocando come qualsiasi altro bambino della sua età!
Finito il picnic e le chiacchiere, le due ragazze si divisero. Timmy la salutò dondolando in aria la sua manina paffuta, per poi tornare a seguire la sorella. Era sfinita nonostante la mattinata di puro riposo. Rientrata a casa il suo primo pensiero fu di rinchiudersi nella doccia. La musica le faceva compagnia, impedendole di pensare troppo. Restò parecchio sotto il getto tiepido senza lavarsi, solo facendo scrosciare l’acqua sul suo corpo, ascoltando il piccolo tic delle gocce che entravano in contatto con la sua pelle. Passò distrattamente la mano sulla parte esterna del suo avambraccio destro, toccando i bordi frastagliati della grande cicatrice riportata dopo quella notte. La notte in cui tutto era finito. Ricordare quegli avvenimenti non le provocò dolore, stranamente non sentì nulla. Era tranquilla, era trascorso un tempo sufficiente a non farla rabbrividire a ogni minima rievocazione di quegli attimi.
Prima di cenare decise di far sapere ai suoi genitori che era viva, e che nessuno l’aveva rapita.
- Kelly amore, tutto bene?-
-Si, vi ho chiamato proprio per dirvi questo, qui va tutto perfettamente!-
La madre sorrise dall’altra parte della cornetta tranquillizzando anche suo marito, facendogli capire che non c’era nulla di cui preoccuparsi.
-Senti tesoro, volevo chiederti una cosa: ti dispiace se tuo fratello viene qualche giorno da te?  Sai che voleva vedere il fiume Shannon da sempre, e passando da te ne avrebbe l’occasione.-
-Si mamma non c’è problema... di a Senan che può passare quando vuole.- l’avere suo fratello a casa sarebbe stato solo di aiuto per lei. Quel testone ne combinava sempre una, ma anche nei momenti in cui avrebbe dovuto sotterrarsi per l’imbarazzo, tirava fuori quell’aria da saputone che secondo lui lo faceva automaticamente passare dal torto alla ragione. Era più unico che raro.
Passò un mese dal suo arrivo; mese in fin dei conti abbastanza tranquillo e produttivo.
Aveva ripreso a lavorare, ma lavorare veramente, non come segretaria di una vecchia maleducata. In ogni caso non era la notte il momento per dormire, almeno non per lei. Era divertente tornare alle vecchie abitudini, ritrovare persone in maniche di mutande ad aprirle la porta, troppo spaventate per rendersi presentabili per il suo arrivo. Il pagamento poi, quello le era mancato. Non avrebbe visto tutti quei soldi neanche se avesse lavorato un anno intero dalla ciabatta, e pensare che lei li guadagnava in poche notti di lavoro. Aveva anche iniziato a spostarsi nei paesi vicini. Con una parte dei soldi guadagnati si era comprata una mini di seconda mano, ovviamente il modello più vecchio: gialla con due strisce centrali sul cruscotto di un verde bottiglia molto scuro. Alla fine il giallo le piaceva, e dubitava di poterla trovare fucsia.
In quel periodo oltretutto non aveva mai smesso di frequentare il pub di Ronnie, ma solo dopo aver chiesto mille volte se ci fosse, o no suo nipote. Aveva avuto fin troppe sorprese fino a quel momento, voleva evitare ad ogni costo l’ultima, poiché probabilmente sarebbe stata letale per lei.


***
Suo fratello l’aveva avvisata dicendole che in un paio d’ore sarebbe arrivato a destinazione.
Quando bussarono alla porta Kelly passò dall’avere un sorriso brillante a una smorfia vagamente disgustata.
- Liam ?- ovviamente non si curò di nascondere il suo fastidio.
-Dal tuo dolce sguardo capisco che Senan non ti ha avvisato della mia presenza, vero idiota?- urlò il ragazzo per il pianerottolo facendo innervosire ancora di più la piccola guerriera; che dal canto suo lo prese per la maglia tirandolo a forza nell’appartamento. –Ma sei pazzo? Ci manca solo che l’amministratore viene a rompermi le scatole.- il ragazzo si grattò vigorosamente la testa, gesto più che altro dovuto al grande imbarazzo. Era cambiato dall’ultima volta in cui si erano visti: i capelli neri più corti di quanto li ricordasse, la carnagione abbronzata, gli occhi scuri troppo penetranti per un tipo come lui. Anche il fisico era cambiato, aveva davanti a se un ragazzo di ventidue anni alto e muscoloso, non più un teppistello mingherlino e attaccabrighe di quindici anni. Si ritrovò piacevolmente sorpresa da quel cambiamento, anche se sapeva che chi nasce tondo non può morire quadrato. Nel frattempo era entrato in casa anche suo fratello, carico di cibo e borsoni. –Hai intenzione di stabilirti in eterno qui?- chiese la ragazza incrociando le braccia sotto al petto.
Lo sguardo furbo del fratello minore la fece sbiancare per qualche secondo, ma poi si riprese accigliandosi ancora di più e facendolo spaventare. –Tranquilla, scherzavo. Resteremo due settimane, poi potrai cacciarci. Comunque portiamo doni, non siamo poi così approfittatori.- disse indicando le buste piene di cose golose, in gran parte i suoi piatti preferiti. –Mamma ha paura che tu possa deperirti, o diventare obesa a forza di patatine fritte.-
-Tua madre va da un eccesso all’altro. – rispose lei iniziando a sistemare il cibo. –Comunque stasera si cena fuori, offro io . - i due ospiti sorrisero, sapevano che Kelly non li avrebbe trattati male, anzi.


***
-Guerriera, stasera porti ospiti?- Ronnie la accolse con un caloroso abbraccio, stropicciandole un po’ il vestito bordò che aveva indossato quella sera. –Si, ti presento mio fratello Senan.- disse, poggiando una mano sulla spalla del castano. –E il suo amico Liam .-
Ron strinse loro le mani, forse con troppa forza, date le espressioni di dolore malcelate dipinte sui loro visi. –Dovrebbe arrivare anche Moira!-
-Perfetto, quindi un tavolo per quattro. Seguitemi, vi porto al tavolo migliore del locale. - Ron li guidò fino all’angolino più appartato del locale, vicino a una grande finestra da cui in lontananza si poteva vedere il bosco. Moira arrivò poco dopo e anche Jack si fece vivo, salutò Kelly, congedandosi poco dopo con la scusa che suo figlio meritasse uno scherzo.
Fatte le dovute presentazioni, i quattro cominciarono a ridere e scherzare senza troppi problemi. Liam era un po’ silenzioso, almeno con lei, mentre suo fratello ci provava spudoratamente con Moira, cosa che sembrava non dispiacerle per niente.
La cena andò avanti tra chiacchiere e risate. Kelly era piena come un uovo, così decisero di uscire dal locale per fumarsi una sigaretta. Aveva ricominciato a fumare da quando era tornata a vivere con i suoi, la aiutava a non pensare. –Quindi come mai vi conoscete voi due?- chiese Senan a sua sorella. –E perché non mi hai mai parlato di Moira?- c’era una punta di minacciosità nella sua voce, come se lei l’avesse oltraggiato in qualche modo. –Beh vedi.- intervenne Moira. – All’inizio io sono stata abbastanza stronza con tua sorella tra scherzi di dubbio gusto e scenate varie, poi mi ha salvato la vita, e non potrò mai ringraziarla abbastanza.- gli occhi della rossa brillavano alla luce dei lampioni. Kelly si avvicinò alla ragazza poggiando la testa contro la sua spalla. Moira era rimasta scioccata da quell’esperienza, e ancora non aveva superato del tutto l’accaduto. –Sta di fatto che da quel momento tua sorella ed io siamo grandi amiche, anche se è sparita per più di un anno .- disse cominciando a ridere.
-Allora avevo riconosciuto la voce!-
Due ombre sbucarono dall’angolo del pub, le due ombre che Kelly non avrebbe mai voluto vedere, sicuramente non insieme.
Ogni suo muscolo s’irrigidì al solo suono di quella voce, cosa che non sfuggì a nessuno dei presenti. Lo stesso accadde all’interlocutore non appena si ritrovò davanti al gruppo. Aveva sentito solo la voce di Moira, quindi si era diretto a passo sicuro verso di lei. –Bi... Billy, come stai?- la rossa tentò di dissimulare l’imbarazzo e la tensione, ma queste erano talmente opprimenti che le risultò quasi impossibile. D’altra parte il ragazzo sembrò non averla sentita, era rimasto a fissare quella che ormai per lui era solo una sconosciuta. Kelly però non lo guardava, aveva subito abbassato lo sguardo, tentando di scappare ancora da lui, cosa impossibile ormai. –Tesoro, tutto bene?- la mano di Liam era scattata a cercare la sua, non sapeva neanche lui il perché, ma sentiva di doverlo fare. La ragazza alzò il viso, guardandolo stralunata. Non rispose a parole, accennando solo un lieve “si” con la testa. –Beh Billy, noi ora dobbiamo andare.- Tagliò corto Moira, salutando il ragazzo, che intanto, dopo aver visto la mano di Kelly stretta in quella di quel tipo così muscoloso, si era ritrovato a stringersi inconsapevolmente a Lory, che vicina a lui aveva assistito a tutta la scena senza dire una parola.

Arrivati sotto casa i quattro si divisero su richiesta di Kelly. Suo fratello andò con Moira e lei rimase sola con Liam.
 –Non farlo mai più.- il sibilo velenoso che uscì dalle sue labbra era intriso di disprezzo. –Scusami?- chiese il moro sorpreso da quella reazione. –Hai capito benissimo. Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno, men che meno del tuo, quindi la prossima volta evita. Mi hai creato un casino e neanche te ne rendi conto.- sputò acidamente.
-Scusami sai, psicopatica che non sei altro, ma io cercavo solo di darti una mano. Ti ho visto in difficoltà e ho agito di conseguenza, di solito si ringrazia, ma tu non cambi mai.- il ragazzo aveva iniziato ad innervosirsi , quella scema era tutta agitata e lui voleva tranquillizzarla ed ecco il ringraziamento. Anche quando erano più piccoli, succedeva sempre: lei piangeva, lui faceva il pagliaccio per farla ridere e lei gli sbraitava contro. Maledetta ingrata.
-Senti, fai così, fingi che io sia un signor nessuno. Non rivolgermi la parola ed io non t’infastidirò più. Sono venuto qua per godermi le ferie, non per essere attaccato da te. - detto, questo era salito su casa lasciandola lì da sola. Il cretino si era dimenticato che solo lei e suo fratello avevano le chiavi. Fratello che lasciò a chiacchierare con Moira... sicuramente l’avrebbe accompagnata a casa, e la sua presenza sarebbe stata solo un impiccio.
Salì le rampe di scale fino ad arrivare al suo appartamento. Seduto davanti alla porta Liam, stava imprecando sottovoce. –Se ti sposti magari ti faccio entrare.- aveva detto Kelly, l’arrabbiatura le era passata e ora si sentiva in colpa. La sua bocca era sempre pronta a dire troppo, mai una volta che fosse riuscita a mordersi la lingua biforcuta che si ritrovava. Appena dentro, il ragazzo si fiondò in bagno e a lei, non rimase che prendere due birre dal frigo e sedersi sul divano, aspettandolo.
-Volevo chiederti scusa.- disse non appena il ragazzo mise piede in salotto. Lui afferrò in malo modo la birra che lei gli stava porgendo e poi si mise a sedere sul lato opposto del sofà.
-E’ una situazione complicata ed io non so come gestirla. Per quanto il tuo gesto sia stato dolce e premuroso si è trattato comunque di un gesto sconsiderato che mi aggiungerà altri problemi. Però non è colpa tua, è iniziato tutto da me quindi è stato ingiusto da parte mia dirti quelle cose. Scusa.- il ragazzo parve riflettere a quelle parole, poi avvicinò la sua birra a quella di Kelly e le fece cozzare l’una contro l’altra. –Cin.- disse semplicemente.
Kelly dovette ricredersi, era cambiato in meglio, ma non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce.

Nei giorni seguenti si ritrovarono spesso a fare scampagnate per i boschi e piccoli bagni nei ruscelli vicino al paese.
-Kelly non fare la preziosa, siamo cresciuti tutti insieme sia io che Liam abbiamo visto come sei fatta quindi buttati che l’acqua è fantastica!- La sorella aggrottò la fronte, non gli piaceva essere ridicolizzata in pubblico, e poi si vergognava terribilmente del suo corpo. –Scusami perché tu sei lì e Moira è qui con noi?- continuò imperterrito Senan.
-Non farmi dire perché Moira è in acqua con voi.- rispose stizzita, ma ormai decisa a gettarsi anche lei in acqua, in fin dei conti una volta tolto il vestitino in pizzo avrebbe impiegato veramente poco per nascondersi sotto la superficie del ruscello.
I tre ragazzi stavano ridendo a crepapelle, così lei gettò a terra il vestito e corse verso di loro alzando onde enormi e buttandosi a pancia in giù in acqua.
La panciata fece male, ma il fresco dell’acqua la fece riprendere subito.
Riemerse con un sorriso enorme e iniziò a schizzare tutti quanti. –Ve la siete cercata brutti infami!-
Tra spruzzi, tentativi di affogarsi a vicenda e piramidi in acqua passarono un’oretta a mollo, fino a quando Kelly non iniziò a sentire freddo e uscì dal ruscello seguita a ruota da Moira. I due folli erano rimasti in acqua, avevano deciso di esplorare il posto, come facevano da bambini.
 Era strano avere giornate così calde. Non ricordava di aver mai sentito il sole scottare così sulla sua pelle, era una bella sensazione. Gli uccellini cantavano, le goccioline d’acqua sopravvissute all’asciugamano le rigavano il viso e le gambe. Era tutto perfetto, anche il bosco davanti a loro sembrava meno minaccioso del solito, non c’erano ombre o scricchiolii sospetti, solo uccelli, e qualche fantasma che passeggiava nel sentiero. Sembravano tutti sereni, intenti a vivere la loro vita, o la loro eternità in tranquillità.
 -Ti senti bene?- Moira la stava fissando con la coda dell’occhio, era stesa a prendere il sole sul suo asciugamano verde smeraldo, poco più acceso dell’erba che le circondava.
Il contrasto con i suoi capelli era fortissimo, i suoi ricci sparsi sul telo sembravano tanti fiori appena sbocciati, era una visione, come sempre.
-Si, tutto bene. Mi ero solo fissata a guardare una coppia di fantasmi del diciottesimo secolo che passeggiano tranquilli lì nella radura. Sembravano così innamorati!-
Indicò un punto in cui tra gli alberi riusciva a filtrare un po’ di luce del sole, ma ovviamente Moira riuscì solo a vedere un cespuglio rampicante pieno di fiori di un arancione pallido.
-Capisco. Comunque tuo fratello è  molto simpatico.- buttò lì quella frase con tutta la nonchalance  che fu in gradi di fingere. Kelly, divertita da quel suo atteggiamento e dalla quella sua uscita cominciò a ridere a crepapelle. –Si ho notato quanto ti sta simpatico mio fratello!- insinuò maliziosa. Moira dal canto suo la fulminò con lo sguardo, ma non fece in tempo ad aggiungere altro che i due piccoli esploratori usciti dall’acqua le raggiunsero. Neanche a farlo apposta suo fratello si accomodò sull’asciugamano di Moira, che lo guardò diventando rossa quasi quanto i suoi capelli. A quel punto Kelly non riuscì più a trattenersi, si alzo dal telo e corse fino al fiumiciattolo, solo arrivata alla riva si liberò ridendo sonoramente e gettandosi a terra. Erano due scemi, cotti l’uno dell’altra ma troppo tonti per chiarire subito le cose. Probabilmente le sarebbe toccato l’ingrato compito del cupido di turno, ma forse si sarebbe divertita a farlo. -Bambolina?- a quel richiamo smise subito di ridere, il tono che aveva usato suo nonno non prometteva niente di buono. –Dimmi.-
-Ci sono dei disordini nella vecchia casa della Fitzpatrick.- la ragazza lo guardò un po’ stranita, chi poteva essere? Quella casa ormai doveva essere uno dei luoghi più tranquilli del paese. La ragazza si trovò a ipotizzare un'infinità di possibilità, una meno probabile dell'altra. Ritornò alla realtà dandosi della stupida per essere entrata nel pallone per così poco. Fissò lo sguardo negli occhi profondi del nonno, traendone un po' di sicurezza.
-Andrò a controllare.-
Tornò di corsa dal trio che intanto aveva deciso di godere degli ultimi raggi caldi di quella giornata. –Ragazzi io devo andare.- disse molto frettolosamente. Moira e Senan non sembravano stupiti, l’avevano vista parlare da sola vicino la riva del fiume. –ok .-- rispose il fratello. –ci vediamo dopo a casa!- Liam guardò la scena spostando gli occhi dalla ragazza a suo fratello. –Scusa dove vai?- chiese sconcertato. -è Domenica.- aggiunse. –Il mio lavoro non ha orari né giorni festivi, lavoro quando mi chiamano, e se lo fanno non posso tirarmi indietro.-
Liam sapeva che c’era sempre stato qualcosa di strano in lei, spesso da piccolo l’aveva vista parlare da sola, ma aveva liquidato la faccenda con un semplice: “Ragazze.” Possibile che fosse stato così cieco da non capire che lei in realtà non parlava da sola? Possibile che stesse parlando con qualche entità? Lui a queste cose non ci aveva mai creduto, gli riusciva proprio difficile ma Kelly non era pazza, questo lo sapeva, quindi la spiegazione era solo una. La più ovvia, ma anche la meno credibile per lui.
Kelly corse fino alla vecchia casa, degli strani rumori si sentivano da fuori. Oggetti che sbattevano contro le pareti, vetri che si rompevano. Chiunque fosse lì dentro si stava dando un gran da fare.
Entrò un po’ titubante, i rumori provenivano da sopra, quindi come l’ultima volta dovette fare attenzione a dove metteva i piedi. Sembrava che fosse passato un terremoto, alcune assi del pavimento erano rotte, come l’ultima volta, ma il resto era tutto all’aria: sulle pareti non c’era quasi più carta da parati, le finestre erano state tutte rotte e qua e là c’erano segni scuri, lasciati dalle fiamme. Ciò che la sconvolse fu vedere che il piano di sopra non era messo meglio, e dire che l’ultima volta che lei ci aveva messo piede tutto sembra perfettamente in ordine e pulito.
Ora però i teli bianchi erano ammucchiati in una pila maleodorante e i mobili erano quasi tutti rotti. Un altro rumore la fece sobbalzare. Entrò nella camera padronale, trovando una figura alta in un angolo un po’ buio della stanza. Si fece ancora avanti, cercando di vedere meglio la sagoma di quell’entità, per poi restare sorpresa. Le parole le erano morte in bocca e il fiato che prima riempiva i suoi polmoni era sparito. Si appoggiò al comò di legno scuro alla sua sinistra cercando di capirci qualcosa, anche se non ci riusciva proprio. Le labbra iniziarono a tremarle visibilmente, e senza rendersene conto pronunciò il suo nome.
 

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Capitolo 4
*** Billy. ***


–Billy?-
La sagoma tremò un po’, per poi irrigidirsi. Il ragazzo, sconvolto, si girò verso di lei, sembrava un altro. Il volto era segnato dalla stanchezza, gli occhi erano profondi pozzi di tristezza. Vederlo in quello stato le fece male, lui era sempre allegro, sempre sorridente, di solito tra i due era lei quella cui far tornare il sorriso.
-Perché sei qui?- la voce era fredda, una lama tagliente che si puntò dritta nel suo petto. –Mi... Mi ha chiamata mio nonno, mi ha detto che c’erano dei problemi qui. Pensavo si riferisse a qualche fantasma, non mi ha detto che c’eri tu.-
Lui la guardò con occhi cattivi, era rabbioso e sembrava pronto ad attaccarla in qualsiasi momento: un animale messo in un angolo, pieno di astio, di paura, tradito dalla persona a cui teneva di più.
-Forse non hai capito bene.- riprese lui. – Che cosa sei tornata a fare?-
Uno schiaffo sarebbe stato meno doloroso. Deglutì a vuoto e ricacciò dentro quelle quattro lacrime che avevano deciso di fare capolino dai suoi occhi. –Mi mancava questo posto. Mi mancava casa mia.- disse. Lui rise sguaiatamente, una risata senza gioia, senza allegria. Era solo odio. –Casa tua? Casa tua non è qui, qui non c’è la tua famiglia. Casa tua è dove sei rimasta per più di un anno. Casa tua è il posto in cui ti sei nascosta come una codarda.-
Aveva centrato il punto: lei si era nascosta. Aveva messo scuse su scuse, cercato giustificazioni alla sua lunga permanenza lì, ma la verità era che era rimasta per fuggire alla paura. Aveva avuto paura di cominciare qualcosa con lui, qualcosa di serio. Aveva paura di mandare tutto a puttane come faceva sempre. La paura di farlo soffrire, o di poter soffrire le aveva suggerito di restare con i suoi, di scomparire e non farsi più sentire da lui. Si era detta che lei per lui non andava bene, che meritava di più. Così l’aveva evitato per più di un anno, continuando a ripetersi che era la cosa giusta, come sempre. Però per chi era la cosa giusta? Per Billy no, e quello era ovvio, ma neanche per lei. S’imponeva di credere in quella cosa, si era condannata a soffrire solo per il timore di poter provare dolore. Che ragazzina codarda.
-Hai ragione, ma sai ho capito che non è così. Questa è casa mia. - la voce le tremava terribilmente, ma fece finta di nulla. –Non credo. Questa avrebbe potuto essere casa tua. - disse il ragazzo afferrando un portagioie in cristallo che si trovava sul comodino vicino al letto. –Ma tu ci hai lasciati, ci hai abbandonati per andare a fare la bella vita. – lanciò il portagioie con tutta la rabbia che aveva in corpo. Prese la mira e lo scagliò contro il muro dietro la ragazza. Le schegge schizzarono in tutte le direzioni, finendo anche per incastrarsi nei capelli di Kelly.
 Lei non si mosse, non aveva paura di lui, sapeva che le avrebbe fatto del male solo a parole. –Ma ovviamente non ti bastava stare in città e spassartela, no. Sei dovuta venire qua e sbattercelo in faccia.- usava il plurale, quando alla fine solo lui era rimasto scosso dal suo ritorno. Non voleva ammetterlo, e quello gli era sembrato il modo più semplice per nascondere la rabbia di essere stato l’unico di cui lei si fosse dimenticata. L’unico che aveva lasciato indietro, qualcosa che apparteneva alla sua vecchia vita, inutile nella nuova, sostituibile.
-Io sono qui da quasi due mesi, da sola, e non faccio la bella vita come dici tu. - marcò volontariamente sul fatto che fosse sola, sapeva che il comportamento di Liam aveva influito sullo stato attuale del ragazzo e voleva fargli capire che era stato tutto un grande malinteso. –Ah. Ti riferisci a quella mezza tacca che ti porti dietro? Non è un po’ piccolo per te? Che c’è ora ti servono i giocattolini per lenire i tuoi pruriti?-.
Sputò tutto con più veleno possibile, e rise vedendo la smorfia di dolore che si faceva largo sul viso della ragazza.
Kelly aveva iniziato a tremare e a respirare a fatica, una cosa del genere non se la meritava. Quelle allusioni così spregevoli, basse e volgari erano qualcosa che non si sarebbe mai aspettata da Billy. Riusciva a giustificare la sua rabbia e il suo disprezzo, riusciva anche a capire qualche insulto, ma lui la conosceva e forse era proprio questo a farle più male.
–Già, a me basta essere scopata per stare bene. - quella risposta lo colse alla sprovvista, rimase spiazzato dalle parole della ragazza, ma comunque cercò di non dimostrarlo.
-Dillo su! Dillo anche tu che mi basta essere sbattuta addosso a un muro per stare bene. Perché è questo che pensi, e magari l’hai sempre pensato. - stava perdendo il controllo delle sue parole, ma non poteva farci nulla, era riuscito a ferirla, come se già non si facesse abbastanza schifo da sola. –Ho sbagliato a lasciarti qui, a non scriverti a fare finta che tu non esistessi, ma avevo paura: paura di farti soffrire, di soffrire, di sputtanare tutto. Mi sono rifugiata nel mio cantuccio caldo, nascosto da tutto e tutti. Nascosta da te, perché sei sempre stato tu a farmi perdere il controllo e allo stesso tempo a far si che ti facessi soffrire.  E’ colpa mia, ho sbagliato ma almeno evita di sparare sentenze.- aveva urlato, senza accorgersene il suo tono si era alzato parecchio e adesso anche le lacrime avevano trovato libera uscita verso l’esterno.
-Spero tu possa sentirti meglio adesso. - disse lui, ma ora non lo guardava più, preferiva fissare i suoi piedi. –Non credi sia tardi per queste illuminanti spiegazioni?- la voce di Billy poteva sembrare calma, ma lei sentiva quella punta di rammarico, riusciva quasi a vedere il dispiacere sul suo viso, nonostante i suoi occhi fossero saldamente piantati a terra.
-Si.-
-Dovresti tornare dal tuo fidanzatino.-
Kelly, come piena di nuovo furore alzò il viso e lo guardò con sprezzo. –Ancora? Smettila ok? Io e Liam non siamo niente, siamo amici, ma di sicuro al momento sto meglio con lui che con te. -
-E di chi è la colpa?- anche lui ora gridava, in fin dei conti era inutile trattenersi. Erano uno davanti all’altra. Furiosi e fuori controllo. –Te l’ho già detto che è mia la colpa, che altro vuoi?-.
La ragazza era sfiancata da quello scontro, ma non si sarebbe tirata indietro.
-Io ti amavo, tu te ne sei andata. Io ti ho detto che ti amavo e tu sei sparita per un anno e mezzo. Non ti sei neanche sprecata a rispondermi, e ora capisco il perché. - detto questo, il ragazzo lasciò la camera. Lei lasciò libero sfogo alle sue emozioni, franando a terra senza più un filo di forza in corpo. Aveva fallito su tutta la linea e poteva soltanto ringraziare se stessa. –Stupido idiota... non hai capito nulla, io ti amavo. Io ti amo. – fu un sospiro, uscito insieme a uno dei tanti singhiozzi che accompagnavano il suo pianto isterico. Ovviamente Billy non la sentì, uscì di casa trovando fuori dall’ingresso Liam, che era appena arrivato. Aveva seguito Kelly di nascosto, preoccupato per la sua salute e alla fine sentendo quelle grida poteva dire di aver fatto bene. I due si lanciarono uno sguardo assassino, poi continuarono per la loro strada.
- Kelly? Kelly stai bene?- sentì dei rumori al piano di sopra e la trovò a terra in lacrime. –Andiamo a casa, ok?- la prese di peso e la portò via da quel posto.
 
A casa la situazione non cambiò molto, aveva lasciato la porta della camera della ragazza accostata così da poterla controllare. Kelly dal canto suo aveva passato il resto della giornata rannicchiata in posizione fetale a piangere.
-Quel pezzo di merda.- sibilò amaramente il ragazzo, i pugni serrati all’inverosimile.
La porta dell’appartamento si aprì, e un gioviale Senan fece il suo ingresso trionfale con un sorriso brillante stampato in faccia.
- Kelly?- la domanda gli era uscita spontanea guardando il suo amico in faccia. Era nero, sembrava circondato da un fumo tossico.
Liam non disse nulla, si limitò a indicare con fare furioso la camera della ragazza.
Senan entrò preoccupato e la trovò lì rannicchiata, a disperarsi per chissà cosa.
Cercò di farla parlare, ma inutilmente. Le uniche cose che lasciavano le sue labbra erano i singhiozzi incontrollati che la squassavano. Il ragazzo preoccupato uscì dalla camera, accostando la porta. Sospirò profondamente, poi rivolse la sua attenzione all’amico in piedi davanti a lui. 
–Chiama Moira. – fu l’unico pensiero di senso compiuto che riuscì a esprimere.
 
***
 
La rossa si precipitò a casa loro come una furia. Una massa di fiamme ricciolute passò velocemente dall’ingresso fino alla camera di Kelly, sbattendo forte la porta senza troppi riguardi.
Lei non aveva bisogno di chiedere spiegazioni, sapeva tutto senza bisogno di farla parlare.
Si limitò a sdraiarsi vicino a Kelly, carezzandole piano i capelli. Passarono gran parte della notte così, finché verso le tre la ragazza, sfinita dai singhiozzi, si addormentò.
Moira uscì dalla stanza, trovando i due amici ancora svegli e con delle facce da funerale.
-Sta bene, sarebbe successo in ogni caso. – era stranamente serena, e i ragazzi non riuscivano a capacitarsene.
-è stato quel ragazzo, è tutta colpa sua. - il tono gelido di Liam lasciò di stucco Moira, che non si aspettava un attaccamento simile da parte sua alla ragazza.
-Questo è indiscutibile, ma la colpa non è solo sua. Kelly è colpevole tanto quanto lui, a dire il vero ha dato inizio lei a tutto questo. - rispose amaramente la rossa.
I due non indagarono oltre, avrebbero preteso delle spiegazioni dalla ragazza non appena si fosse svegliata.
***
 
La luce del giorno la colpì in pieno volto, infastidendola. Aveva ancora gli occhi gonfi per le troppe lacrime.
Era stata una sciocca, non sarebbe dovuta tornare. Lui aveva ragione, quella non era casa sua,
però le erano mancati tutti, troppo, non aveva potuto fare altrimenti. Tornare era l’unica soluzione. Aveva già messo in conto gli insulti, le cattiverie da parte sua, perché sapeva che solo lui avrebbe reagito male. Aveva tutte le ragioni per farlo, quello era indubbio, ma lei aveva il diritto, se voleva, di tornare in quella che riteneva la sua casa.
Con questa consapevolezza si alzò sentendosi un pochino meglio. Si sedette sul letto, guardandosi nello specchio. La figura che rimandava quella superficie così liscia non era la sua, quella non era lei. Prese i suoi occhiali da sole e un vecchio zuccotto di cotone e senza cambiarsi uscì di corsa da casa, cercando di non svegliare i tre amici che dormivano l’uno appiccicato all’altro sul divano.
Al suo ritorno li trovò svegli e completamente nel panico.
 Quando la videro, le si avventarono addosso ricoprendola di domande e insulti. –Kelly, ma sei cretina? Dove sei andata?- Moira le stringeva le braccia facendole male.
 –La macchina sparita, tu idem... potevi avvisare non credi? Stavo per chiamare mamma e papà, ti rendi conto?- Senan sembrava spiritato, ma lei ancora non capiva perché tutta quell’apprensione nei suoi confronti, era solo uscita da casa.
Poi i suoi occhi andarono a posarsi sull’unico abitante della casa che non le era corso incontro, l’unico rimasto sul divano, che per evitare di ascoltare quelle chiacchiere inutili aveva acceso la televisione.
 
Gli si avvicinò, buttandosi con poca grazia accanto a lui. Si tolse gli occhiali, ormai gli occhi si erano sgonfiati, quindi non aveva più bisogno di nasconderli dietro un paio di lenti scure
-Che guardi di bello?- provò lei, anche se con poca convinzione.
A quel punto lui alzò di poco la mano che stringeva il telecomando e spense il televisore, per poi alzarsi e uscire dall’appartamento senza proferir parola.
Kelly, spiazzata, guardò gli altri due come per chiedere spiegazioni.
-Era preoccupato, e pure tanto. - si limitò a dire il fratello.
La ragazza decise che era meglio seguire l’amico e chiedere scusa, alla fine era sparita per una mattinata intera senza dire nulla, era normale che si fosse preoccupato.
Corse fuori dal portone cercando il ragazzo nei dintorni, senza trovarlo.
Non sapendo né come né perchè le venne in mente un’idea strana: corse nel bosco fino a trovarsi davanti ad un vialetto sterrato, poi corse ancora.
Quella strada l’aveva percorsa solo un paio di volte, ma la ricordava perfettamente.
Gli alberi erano fitti, così come la vegetazione più bassa. Ogni tanto i piedi le rimanevano incastrati in radici sporgenti o rami pieni di spine, ma lei sembrava non farci molto caso. Non era la fretta, o la paura per qualcosa a non farle sentire il dolore, voleva solo chiarire con lui.
Era da sempre così con Liam, se litigavano, o lei si comportava male aveva subito l’impulso di chiedergli scusa, o comunque di spiegare le sue ragioni. Ne avevano avute di brutte litigate, settimane passate a non parlarsi per sciocchezze di cui ora neanche ricordava l’origine, ma poi erano passate, così come sarebbe passata anche questa. Nonostante tutto Liam era un suo caro amico.
Volente o nolente era cresciuta assieme a lui, se lo trovava sempre in mezzo ai piedi, in giro per casa con quel pazzo di suo fratello a ordire piani inutili, beccandosi sempre punizioni terribili che accettavano col sorriso.
Le venne da sorridere a quel pensiero. Quei due la facevano sempre sorridere, era stata una fortuna averli ritrovati.
Vide il tetto della casa comparire tra le chiome degli alberi. Aveva il fiato corto per lo sforzo, e qualche gocciolina di sudore era scesa da sotto lo zuccotto a imperlarle la fronte.
Lui era lì, davanti alla porta della vecchia casa della Fitzpatrick. Non sapeva perché ci fosse andato, ma era sicura che l’avrebbe trovato. Arrestò la sua corse, per avvicinarsi a Liam con passi studiati e silenziosi, nonostante le foglie e i rametti che scricchiolavano sotto le sue scarpe.
-Che ci fai qui?- chiese sorridendogli.
Lui la guardò un po’ stralunato, ma poi si riprese subito voltandole le spalle.
-Mi piace questa casa, sembra tranquilla. -
Kelly non riuscì a trattenersi, sbottò a ridere senza ritegno. La casa in se era tranquillissima, ma tutto quello che aveva dovuto passare per colpa della proprietaria era stato un incubo.
-Che hai da ridere?- chiese il ragazzo, con tono scontroso.
-Niente, figurati. Diciamo che la proprietaria non era proprio una persona tranquilla, e che in generale questa casa è appartenuta a una famiglia non proprio fortunata. -
-Sono morti tutti per colpa di un assassino psicopatico?- chiese lui con fare ingenuo.
-No.- rispose Kelly tranquillamente. –Ma sia la proprietaria sia il figlio sono morti. Il piccolo ucciso, lei suicidandosi. Comunque entrambi hanno perso la vita nel grande parcheggio all’aperto vicino casa. -
La ragazza vide i lineamenti di Liam indurirsi, come per cercare di reprimere un brivido di angoscia.
Si avvicinò al ragazzo, posando una mano sulla sua spalla. –Stanno bene adesso, te lo giuro!-
-Come... ? Ah, lasciamo stare. - disse scuotendo stancamente la testa.
-Non volevo farti preoccupare, né te, né nessun altro. C’era una cosa importante che doveva fare assolutamente. -
A quel punto Liam si alzò, sovrastandola, era parecchi centimetri più alto di lei e la stava studiando con quel suo sguardo sempre troppo limpido per i suoi gusti; poi la sorprese, tirò via il cappello che indossava da ormai due ore, scoprendo così una massa lunga e liscia di capelli fucsia, che caddero ordinati sulle spalle della ragazza.
-Cioè io sono morto di paura per questi?-
Lei gli lanciò uno sguardo al vetriolo. –Questi, come li chiami tu, sono la mia essenza. –
Si vantò un po’ del suo ritorno alle origini. –Fino a un anno e mezzo fa erano così. Disse rabbuiandosi. –Poi è cambiato tutto. - il ragazzo, accortosi del suo cambio repentino d’umore, cercò di rimediare in qualche modo. –Sai che somigli a quegli unicorni dei cartoni per bambini? Quelli con i capelli colorati e gli occhi enormi.-
-Quindi sembro un mostro deforme?- chiese lei leggermente piccata.
-Naa, alla fine stai anche bene.-
-Davvero, mi dispiace se ti sei preoccupato.-
Lui si sedette sugli scalini mezzi rotti della casa e fece cenno a lei di imitarlo. –Ero spaventato. Ieri eri in condizioni pessime, avevo paura che potessi fare qualche sciocchezza come correre da quell’idiota.-
Kelly aveva iniziato a tormentarsi le mani, non voleva parlare di Billy, era troppo presto. –Non è un’idiota, ma per favore non nominarlo più.- sussurrò il tutto, come a non voler sentire le parole che uscivano dalla sua bocca.
Lui la prese, stringendola a se e scompigliandole i capelli. –No! Mi sono costati un occhio della testa.-
-Dovevo battezzarli, è la regola.- lei sbuffò infastidita e lui rise di cuore.
Finalmente la tensione era svanita e loro tornarono tranquilli a casa.





Scrivere questo capitolo mi è dispiaciuto molto. E' stato pesante  far confrontare Billy e Kelly, soprattutto per lo scambio infelice di complimenti che hanno avuto, ma ho pensato che fosse il minimo. Chi ha letto Mo Anam Cara sa benissimo che tutti e due sono dei testoni orgogliosi, ma questo non vuol dire che non si vogliano più bene. Non sono così cattiva, ve lo giuro! Forse alla fine tutto volgerà per il meglio, ma sinceramente non lo so... la fine è così lontana che ancora non è stata scritta!
Tornando seri per un secondo, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Per me è ora di dormire quindi buonanotte!! :3

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Capitolo 5
*** D'incidenti, preti e case abbandonate. ***


Erano passati un paio di giorni dall’ultima chiamata di lavoro, e lei era decisa a godersi quegli attimi di pace che sapeva sarebbero finiti molto presto.
Infatti, come previsto, il telefono iniziò a squillare in modo fastidioso, interrompendo il suo sonnellino pomeridiano.
La chiamata che ne seguì fu la più strana mai ricevuta, ma anche quella più fruttuosa in assoluto.
Agganciò, ancora un po’ frastornata da quanto sentito.
Una squadra molto famosa di cacciatori di fantasmi, era stata ingaggiata per visitare una grande struttura ospedaliera ormai in disuso.
Lei non credeva in questi fantomatici impostori che vendevano fumo alle povere persone ma dato che l’avevano chiamata, magari, avrebbero veramente trovato qualcosa.
Si gettò sul divano, sempre con quell’aria afflitta, divisa in due: da una parte la voglia di provare, dall’altra quella di non svendersi.  Decise di non dire niente agli altri finché non avesse preso una decisione.
-Tesoro?- alzò lo sguardo trovandosi davanti la signora Evans. –Si?-
-Tutto bene?- rifletté qualche minuto, poi decise che almeno con lei avrebbe potuto parlarne, alla fine loro erano la sua fonte di reddito. Sbuffò sonoramente facendo cenno alla donna di sedersi.  - Ho ricevuto una strana proposta di lavoro. Dovrei far parte di un gruppo di cacciatori di fantasmi, anche piuttosto famoso. Sono stati ingaggiati per andare a visitare un grande ospedale in rovina. Se non ho capito male, registreranno il tutto mandandolo poi in onda come puntata speciale del loro programma.-
-Cosa non ti convince?- chiese la donna, vedendola in seria difficoltà.
-Non lo so, mi sembra una sciocchezza.-
-Cosa ti sembra una sciocchezza?- questa volta non era stato il fantasma a parlare, ma Liam, sbucato da chissà quale angolino oscuro dell’appartamento.
La ragazza si grattò nervosamente la testa, non aveva una scusa pronta e non sapeva come imbastire una balla su due piedi.
-Non puoi ascoltare le conversazioni private delle altre persone, è maleducazione, non lo sai?- provò a deviare il discorso, il senso di colpa magari si sarebbe rivelato utile.
-Conversazione privata col muro? Io qui vedo solo te. Ho pensato che magari avrebbe potuto farti piacere parlare con una persona reale.-
Quel ragazzo era quanto di più sbagliato avesse mai incontrato. Un ricettacolo di difetti fastidiosi che puntualmente si riversavano contro di lei. Si alzò, visibilmente stizzita e lo fulminò con lo sguardo.
-Sei un cretino.- poi si dileguò fuori dall’appartamento, nonostante tutto le aveva regalato un’occasione ghiottissima per non rispondere alla sua domanda.
 
 
 
***
 
C’era una cosa che aveva lasciato in sospeso, o meglio c’era una cosa più importante rispetto a tutte le altre lasciate in sospeso: una punizione da infliggere, qualcosa di finalmente giusto e pulito. Una delle poche cose chiare e limpide della sua vita. Aveva fatto una promessa molto importante, era arrivato il momento di rendere onore alla parola data.
Decise di dare una nuova occhiata nella grande biblioteca della città. Quando qualche anno prima ci era andata alla ricerca d’indizi, non aveva trovato nulla di rilevante, se non l’indirizzo della Fitzpatrick, ma a pensarci bene quegli articoli erano pieni di nomi collegati in un modo o nell’altro alla disgrazia: sarebbe ripartita da lì.
Quel posto le piaceva tanto, spesso ci incontrava poeti e scrittori famosi morti tanto tempo prima.
Era piacevole confrontarsi con loro, e scoprirne lati di cui nessuno ormai era a conoscenza.
I grandi tavoli di legno erano ricoperti da una lieve patina di polvere, non era un luogo molto frequentato dai vivi, ma non le dispiaceva. Effettivamente era un posto un po’ lugubre, sempre relegato nella penombra, per via dei grandi alberi che lo circondavano.
Il gestore poi era una persona molto particolare, Samuel: zoppo, con grandi occhiali squadrati a fondo di bottiglia, che rendevano i suoi occhi vacui e leggermente inquietanti. La sua strana ossessione per le falene poi, faceva venire i brividi a Kelly. Spesso le aveva mostrato le sue infinite collezioni, e anche se lei detestava profondamente vedere quei poveri animaletti inchiodati in teche di vetro, reprimeva il senso di disgusto sorridendogli accomodante.
Si avvicinò lentamente al bancone, attirando l’attenzione dell’uomo, chiedendogli per la seconda volta quella mole enorme di documenti, cosa che stranamente lo fece sorridere.
-Secondo te è comico?- le sembrava una reazione troppo strana, anche per lui.
Samuel la guardò, inclinando lentamente la testa di lato. -È comico il tuo modo di ostinarti a cercare qualcosa che in così tanti hanno cercato di nascondere anni fa!- quella risposta la sorprese e non poco, quell’uomo inquietante sapeva qualcosa e lei doveva scoprirlo.
-Tu che ne sai di questa storia?- non si premurò di nascondere il suo interesse, lui sapeva che stava indagando, quindi sarebbe stato solo uno spreco di tempo inscenare la farsa della piccola ragazza ingenua.
-Beh io so che è pericoloso ficcanasare in questa storia, e che il piccoletto è finito male per uno sbaglio commesso da qualcuno. Mentre qualcun altro ha guadagnato parecchio da quell’errore.-
Le parole dell’uomo significavano tutto e niente. C’erano troppi lati oscuri in ciò che le aveva detto. Zone d’ombra in cui sicuramente si celavano dettagli importanti. –Tutti i giornali dicono che è stato investito per sbaglio, non parlano di guadagni strani, o di complotti nascosti.- non poteva fidarsi ciecamente dell’uomo che aveva davanti. Era strano, e spesso lo aveva sentito parlare di teorie complottistiche tra il salumiere e il panettiere. Avrebbe dovuto prendere con la pinza ogni sua minima rivelazione.
-Se non mi credi chiedi a Padre Joel. – sollevò le spalle e detto questo la lasciò sola, andando a sistemare alcuni libri nella sezione dei romanzi.
Uscì da quel posto pensando insistentemente alle parole dell’uomo. Non sembrava volerla convincere ad ogni costo, le aveva detto solo ciò che sapeva, o che si era inventato e poi le aveva suggerito di parlare col prete.
Perché avrebbe dovuto farlo? A lei quell’uomo non piaceva, e l’odio era reciproco.
Spendeva tanto tempo a predicare e condannare i peccati altrui, quando lui era il primo dei peccatori.
Beveva, andava spesso ad alcune feste di politici importanti e parecchie volte era stato trovato in compagnia di donne compiacenti. La storia del: “ devo riportarle sulla retta via.” Non aveva imbambolato quasi nessuno, se non si teneva conto delle vecchiette bigotte che ancora popolavano il paese.
Se lui era a conoscenza di dettagli importanti di questa storia, allora tutto si faceva più torbido e contorto di quanto avrebbe potuto aspettarsi.
Giudò fino alla chiesa. Stranamente aveva cominciato a piovere, quasi fosse un segno. Mancava solo un cartello con la sua faccia sbarrata e la scritta: “ Tu non puoi entrare”. Facendosi coraggio entrò nella piccola chiesa, situata proprio nella piazza principale del paese. Era stata costruita dopo l’abbandono immotivato della chiesa in cui aveva combattuto contro la Fitzpatrick.
L’aria lugubre di quel posto le metteva i brividi, l’altare era uguale a quello su cui aveva trovato legato Billy. –Billy. – scosse vigorosamente la testa, scacciando quel nome dalla sua mente, per poi continuare la sua camminata verso la sacrestia.
-C’è nessuno?-
-Aah, ora si spiega il tempo.- la voce sarcastica proveniva da una stanza vicino a lei.
-Prete non è il momento per le battute. Sono venuta a chiederti un paio di cose.- era molto decisa, e intenzionata a finire il prima possibile quella tortura.
-Per le tue domande ho un libro che potrebbe delucidare ogni tuo dubbio.- ora erano faccia a faccia, e si studiavano come due vecchi nemici.
-Non ho bisogno della tua Bibbia, né di un esorcismo.- aggiunse. -so che stavi per propormelo.- lo sguardo al vetriolo che scaturì dagli occhi del prete avrebbe intimorito chiunque, ma lei era abituata.
-Devo sapere che fine ha fatto il marito della signora Fitzpatrick. Non c’è nessuna traccia di lui, dov'è andato a finire?-
Il prete la sorpassò, camminando per la navata, fino a mettersi seduto su una delle panche. L’espressione sul suo volto era totalmente cambiata, sembrava essersi stancato in un secondo, apparendo addirittura più vecchio agli occhi della ragazza.
Scostò piano dal suo viso una ciocca di cappelli bianchi, tornando a guardarla intensamente. –Dovresti lasciar stare quella brutta storia.- sembrava la stesse pregando. Forse era talmente abituato a farlo da non rendersene neanche conto.
-Non posso, l’ho promesso. I colpevoli dovranno pagare.- era semplice la cosa, scoprire il colpevole e mandarlo in carcere. Kelly non capiva perché si fosse alzato tutto quel polverone per quella storia.
-Ragazzina te lo dico seriamente, lascia perdere. Rischi di farti male.-
Kelly rise sguaiatamente a quell’affermazione. –Se avessi potuto avrei lasciato correre. In più ho già rischiato di morire, ho perso persone per me importanti e via dicendo. Posso sopportare tutto. Quello che mi lascia perplessa è l’implicazione di un uomo di chiesa in una faccenda così macabra. Verrebbe da pensare che lei abbia contribuito all’insabbiamento del caso.- sapeva di aver tirato troppo la corda, ma quell’uomo non si decideva a parlare.
La faccia del Prete s’indurì subito. La bocca arricciata ai lati gli donava un’aria arcigna, decisamente lontana dall’idea comune di fraticello pio e misericordioso.
-Non ti azzardare sai, io mi sono opposto a tutto quanto. Io non volevo che andasse a finire così, ma sono un prete, che poteri pensi che possa esercitare io su questa comunità?  Posso solo intimorire le persone con l’idea dell’inferno, niente di più.-
La ragazza aveva perso ormai ogni singola goccia di pazienza. Si mise davanti a lui sovrastandolo, e cercando di fargli intuire quanto poco potevano interessarle tutte le sue chiacchiere da timorato di Dio. –Senta, si decide a parlare o no? Non ho tutto il tempo del mondo.-
Il vecchio si portò una mano alle labbra, soppesando le parole della ragazza, certo aveva un caratteraccio, ma alla fine stava cercando di fare qualcosa di buono.
-Ci sono dei documenti... nascosti nella vecchia casa della signora Fitzpatrick. Non so dove e non so che tipo di documenti siano, so solo che sono stati decisivi per far passare il fattaccio come un incidente.- detto questo il vecchio se ne tornò piano verso la sacrestia chiudendosi la porta alle spalle.
Rincuorata Kelly, decise di andare a farci un salto, ormai quella era la sua seconda casa; passava più tempo nella vecchia dimora della Fitzpatrick che da Ron, ma quello era normale. Non le andava di vedere le dolci effusioni della coppietta felice, effusioni sempre più ostentate dopo la sua chiacchierata con Billy.
Prese il viale sterrato che portava alla casa, la pioggia aveva quasi allagato la strada, formando buche piene di fango e mini paludi ai lati della via.
Scese dalla macchina, immelmando subito le sue nuove scarpe gialle, cosa per cui non trattenne un’imprecazione.
L’acqua filtrava nei muri della casa, e gocciolava dal soffitto su cui erano presenti vari buchi. Il tetto dopo anni d’incuria stava cedendo, ma nessuno ci avrebbe fatto caso.
Iniziò a meditare, cercando di immedesimarsi in un “documento nascosto.” -Dove potrei essere messo per non farmi trovare?- si chiese tra se e se.
Cercò nel salotto, alzando le assi ormai rotte del pavimento, spostando i pochi mobili e soprammobili rimasti. Cercò in cucina, aprendo ogni pensile con lo sportello ancora intatto. Addirittura cercò nello sciacquone del bagno, ormai senza più acqua, ma ovviamente non trovò nulla se non qualche blatta morta.
Decise allora di scendere in cantina, il sole stava calando e la luce lì non abbondava sicuramente. Accese il flash del cellulare e cercò speranzosa qualche candela, ne trovò alcune bianche e lunghe. Quelle che di solito sua madre usava accendere durante un blackout.
La cantina, se possibile, era peggio dei piani superiori. C’erano scritte di qualche fanatico satanista sui muri, foglie, terra e ragnatele ovunque, per non parlare della muffa ormai nera.
Mise le mani in ogni scatolone, scatola o baule. Cercò fra gli attrezzi da lavoro, tra i mobili vecchi riposti nel seminterrato fino a che cadde nello sconforto più totale. Si sedette sulla scala e si accese una sigaretta, la mano libera a tenerle la testa mentre cercava di fare ordine nel caos d’idee che le era nato nel cervello. In lontananza le campane risuonavano tristemente, facendole compagnia.
 
 
Era immersa nei suoi pensieri, anzi, nel suo pensiero più profondo: quello che non le dava mai pace, quello che probabilmente le avrebbe sempre fatto compagnia, quando un rumore alle sue spalle la fece sobbalzare. Si alzò di scatto, voltandosi velocemente, per trovarsi davanti a lui. Era a torso nudo, col fiatone e i capelli bagnati, uno strano connubio. Restarono imbambolati a fissarsi per qualche minuto. Lui sembrava più sorpreso del solito, aveva le pupille dilatate come se stesse provando un forte dolore. Kelly capì subito da cosa scaturiva. Si portò una mano ai capelli, ormai bagnati, ricordandosi della tinta fatta da poco. Notando il suo gesto, Billy parve risvegliarsi dal suo stato semi-catatonico. –Che cosa ci fai qui?- il tono perennemente scontroso. –Non ti riguarda, ma se proprio vuoi saperlo, sono venuta per indagare.- snocciolò questa notizia per poi tornare a fissarlo intensamente. –Beh vattene, non c’è...-
-Niente per te qui.- disse lei bloccandolo e poi facendogli il verso. –Si lo so, l’ho capito. Sei monotono. Mi dispiace deluderti però, non me ne vado, ho del lavoro da svolgere.-
Piantò bene i piedi per terra per fargli capire che non avrebbe cambiato idea, quando lui fece qualcosa di totalmente inaspettato. La afferrò per un braccio, strattonandola e cercando di farle salire a forza le scale, per mandarla via. –Ma sei scemo? Lasciami Billy mi fai male. Lasciami. - gridò lei in preda al panico. Lui non parlava, si limitava a tirarla stringendole forte il braccio, tanto da bloccarle la circolazione.  –Billy, tutto bene tesoro? C’era veramente qualcuno lì sotto?- la voce arrivava dai piani superiori, probabilmente dalla camera padronale. Kelly si bloccò, così come Billy. La ragazza abbassò lo sguardo, puntandolo a terra... il viso era ormai nero. Ora tutto tornava. Aveva scambiato quella casa per il suo "scannatoio" personale. Si senti così stupida in quel momento. Aveva veramente pensato che lui fosse triste perchè i suoi capelli gli ricordavano i bei tempi andati, invece era solo agitato, non voleva che lei scoprisse cosa stesse facendo al piano superiore. Con uno strattone si liberò dalla sua presa, quel contatto ormai la nauseava, per poi portarsi il braccio al petto. Salì le scale senza guardarlo e senza proferire parola, poi arrivata all’ultimo scalino si fermò. Lui non era salito, era rimasto lì, nella cantina, con gli occhi sbarrati e uno strano peso sul cuore. –Io sarò stata una stronza, ma tu non sei meglio di me .- la ragazza disse solo questo, prima di cominciare a correre verso la macchina, sapeva che non l’avrebbe seguita, sapeva che l’avrebbe lasciata andare, era il solito codardo. Imboccò il sentiero sterrato e corse a casa. Era fradicia dalla testa ai piedi, ma non se ne curò molto, si accasciò nell’ingresso dell’appartamento con la schiena poggiata sulla porta d’entrata. Tremava per il freddo e per lo sconforto, lo schifo ormai era passato.
Un tepore confortante si spanse per tutta la schiena, qualcosa di morbido e caldo le era stato appena poggiato sulle spalle. Si sentì sollevare da terra per poi essere portata in camera sua, e poggiata sul letto. Solo allora vide che Liam aveva avuto tutte quelle accortezze nei suoi confronti. La stava lasciando sola, ma lei si era stancata della solitudine. Allungò una mano afferrando il suo braccio sinistro. –Resta. -  non servì altro. Lei si stese sul letto e lui fece altrettanto, accarezzandole teneramente i capelli bagnati.
Fu lui l’unico ad addormentarsi, lei passò tutto il tempo a fissarlo, senza realmente guardarlo. Il velo fastidioso delle lacrime non aveva ancora abbandonato i suoi occhi, sembrava una patina ormai permanente. Alle prime luci dell’alba si sgranchì le ossa, alzandosi silenziosamente. Era inutile rimanere a letto.
Cercò la sua borsa, trovandola per terra vicino alla porta d’ingresso, era rimasta lì dalla sera prima. Tirò fuori il cellulare e compose il numero che le serviva. –Salve, si so che è presto, ma avrei deciso di partecipare alla vostra spedizione.-
Prese accordi con il coordinatore, e s’incontrò con lo stesso qualche ora dopo.
Sarebbe dovuta partire da lì a un paio di giorni: “Perfetto”. Aveva pensato scoprendolo.
Doveva prepararsi una borsa leggera e avvertire suo fratello, Moira e Liam. Sarebbe tornata presto, una settimana e avrebbe fatto ritorno. Era poco tempo, ma sufficiente per riprendersi.

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Capitolo 6
*** Fuggire ancora. ***


Kelly decise di uscire a prendere un po’ d’aria, la camera era diventata troppo stretta per i suoi gusti. Il suo nuovo colpo di testa le avrebbe regalato una litigata infinita con suo fratello, e i suoi due amici.
Sospirò, il cielo sopra di lei era limpido, eccezion fatta per qualche piccola nuvola di un bianco candido che lo chiazzava qua e là; nonostante tutto però il sole risplendeva, donandole anche un po’ di calore.
Alla fine dei conti era felice, le mancavano le scampagnate in ruderi pericolanti, se poi il vitto e l’alloggio erano offerti, lei non poteva tirarsi indietro.
Passeggiava allegra lungo le sponde del fiumiciattolo, l’acqua verde lasciava trasparire di tanto in tanto delle piccole alghe, e degli insetti non bene identificati.
Stranamente si sentiva in pace col mondo. Sorrise quasi stupidamente vedendo una coppia di fantasmi occupata in dolci effusioni, si stiracchiò allungando le mani sopra la testa, per tornare sui suoi passi.
Era quasi ora di pranzo e magari del buon cibo avrebbe distratto i suoi futuri carnefici.
Magari li avrebbe anche resi felici della sua decisione.
Controvoglia si diresse verso il pub di Ron, la sola idea di trovarci Billy le metteva i brividi.
Deglutì a vuoto un paio di volte per poi farsi coraggio prima di spingere la porta ed entrare.
Il campanello sopra la porta segnalò la sua presenza a ogni persona nel locale, facendola imbarazzare. Cercò di fare finta di nulla, incamminandosi verso il bancone, per sua sfortuna riuscì a fare pochi passi prima di trovarsi davanti alla nuova fiamma di Billy. Per quanto provasse a concentrarsi, non riusciva proprio a ricordare il suo nome. Forse, neanche troppo inconsciamente, non riusciva a metabolizzare che quei due formassero una coppia stabile.
Guardò per qualche secondo la biondina davanti a sé, superandola poi senza neanche accennare un saluto.
L’averla sentita squittire nella casa della Fitzpatrick le sarebbe bastato per gli anni a venire, anche se altrettanto non valeva per la ragazza, che sembrò non gradire il suo comportamento. Rimase per svariati minuti a fissare scandalizzata quella che aveva capito essere l’ex del suo Billy, fortunatamente un cliente attirò la sua attenzione, altrimenti non si sarebbe più mossa da lì.
Kelly corse verso il bancone, andando a salutare e abbracciare Ron, che ricambiò la stretta con altrettanto calore.
-Ciao Jack, tutto bene?- chiese poi, rivolgendo il suo sguardo alla presenza dietro il banco di legno lucido.
-Io sì, tu sei sicura di non essere stata trafitta da qualche sguardo? Quella ragazza sembrava intenzionata a ucciderti con la forza del pensiero. -
Kelly si voltò per qualche secondo, lanciando uno guardo scettico in direzione di Lory. Stava anche per ribattere, ma in quel momento la porta si spalancò andando a cozzare contro il muro. Sembrava fosse stata una raffica di vento, ma in realtà Billy aveva solo fatto il suo solito ingresso teatrale.
Sorrise dolcemente a Lory (cosa che fece quasi vomitare Kelly), ma senza andare a salutarla, aveva altre intenzioni in quel momento.
Il suo obiettivo era seduto al bancone.
Si diresse a passo spedito verso Kelly, afferrandola per il braccio, lo stesso del giorno prima, iniziando a strattonarla per trascinarla dietro il bancone. La ragazza stupita da quel comportamento rimase in silenzio senza sapere come reagire.
Tutti li stavano fissando, ma nessuno si alzò per fermare il ragazzo. Ron dal canto suo iniziò a sbraitargli contro, tentando inutilmente di sciogliere la sua presa dal braccio della ragazza.
-Billy, sei impazzito?- gridò senza pensarci. –Lascia immediatamente Kelly, è ora che la smetti di fare il disadattato. Lasciala. - i tentativi di tirare la ragazza a sé si rivelarono tutti inutili, Billy senza proferire parola continuava la sua marcia verso il retrobottega. L’ultima cosa del locale che la piccola guerriera riuscì a vedere fu lo sguardo affranto di Lory, che aveva assistito a quel teatrino senza intromettersi.
Il retro del locale era piccolissimo tanto che il sole faceva fatica a illuminarlo. Quando uscì lì fuori per poco non rischiò di cadere, nessuno si era premurato di avvisarla della presenza di alcuni scalini subito fuori dalla porta, scalini che le fecero slogare una caviglia.
Strinse i denti accasciandosi su se stessa, se non fosse stata sorretta da Ron e Billy probabilmente sarebbe franata con la faccia sul pavimento maleodorante.
-Guerriera, tutto ok?- l’omone preoccupato da quella brutta caduta cercò di tirarla su, ma proprio in quel momento suo nipote decise che la ragazza meritava un altro strattone.
-Billy, smettila. - l’aveva ripreso ancora suo zio. Intanto il locale si era svuotato, tutti i clienti si erano riversati fuori per  assistere a quello spettacolo, rendendo quasi impossibile qualsiasi tipo di movimento. L’aria maleodorante per via dei secchi della spazzatura, il vociare e il pubblico le stavano facendo salire la rabbia. Sentiva il sangue ribollire nelle sue vene e le strette sulle sue braccia non miglioravano la situazione. Era al limite. –Basta. - aveva gridato esasperata, cercando di sovrastare tutte le voci.
- Lo spettacolo è finito, rientrate tutti. - non era un consiglio, era un ordine sibilato a mezza voce.  – Questa è una conversazione privata tra… come potrei definirci?- soffiò in direzione di Billy, che subito distolse lo sguardo. –Ah, sì... ex amanti.- concluse malignamente con un ghigno cattivo sul viso. A quelle parole il ragazzo lasciò la presa sul suo braccio. Probabilmente lo sminuire ciò che c’era stato tra loro l’aveva colpito, cosa che rese Kelly leggermente euforica.
La gamba le doleva sempre di più, e se non fosse stato per la presa salda di Ronnie, probabilmente in quel momento si sarebbe accasciata a terra. Si voltò a guardarlo, e lui le regalò un sorriso dolce, prima di poggiarla sugli scalini malefici e congedarsi a sua volta.
La gente sciamò via piano, tornando a occupare il proprio tavolo nel locale, solo allora sia Kelly sia Billy si resero conto della presenza di Lory. Era rimasta in disparte, spettatrice silenziosa di quel dramma da quattro soldi.
Se ne andò via con lo sguardo basso e le mani tremanti.  –Poverina. - Kelly non riuscì a non dirlo. Le dispiaceva, anche se alla fine almeno in quel caso non era colpa sua.
-Lasciala fuori da tutto questo. Non ti permetterò di farla stare male. - avrebbe voluto rispondergli, sentiva il sangue pompare veloce, era infuriata. Come poteva incolpare lei per tutto quello che era successo? Lei che aveva sempre tentato di mantenere le distanze, a differenza del ragazzo. Poi però la rabbia si era sgonfiata come un palloncino, sentirlo proteggere un’altra l’aveva fatta pensare.
Le era tornata in mente la lotta nella chiesa abbandonata, quando lui si era fatto pugnalare pur di salvarla da Moira.  Ora, anche se in maniera meno pericolosa, era lei la Moira della situazione.
Si era incastrata un’altra volta nei suoi pensieri, tanto da essere rimasta per qualche minuto a fissare il vuoto con aria assorta, cosa che Billy fraintese. –È inutile che cerchi di impietosirmi facendo la vittima. - sputò velenoso.
Lei sembrò risvegliarsi dal suo stato di trans, puntando gli occhi sul ragazzo. –Ma ti ascolti quando parli?- si avviò verso la porta, faticando un po’, per poi fermarsi nuovamente. –sto per andarmene, che cosa vuoi da me?- chiese ancora la ragazza sull’orlo di una crisi di nervi.
Lui fissò i suoi occhi verdi in quelli di Kelly, l’unico sentimento che trasmettevano era il risentimento nei suoi confronti. –Vorrei non averti mai conosciuto. Mi hai rovinato la vita. Sei la persona peggiore che possa esistere. - aveva rinnegato ogni momento tenero vissuto insieme senza neanche battere ciglio. Kelly si chinò su se stessa tentando di respirare normalmente. Il dolore alla gamba era stato soppiantato da un dolore ben più profondo.
Ricacciò indietro le lacrime che minacciavano di uscire da un momento all’altro, ma il tremore no, quello non riuscì a fermarlo.
Continuava prepotentemente a fissarsi i palmi delle mani, non sapendo come ribattere. Solo dopo svariati attimi, decise che era inutile scappare, doveva affrontare la situazione, per quanto difficile potesse sembrarle.
Alzò il viso, fissando il suo sguardo in quello del ragazzo. Un lieve strato di lacrime le distorceva l’immagine di Billy, ma cercò di non curarsene.
-Avevi ragione. - singhiozzò. –ma non del tutto. Vedi non è che qui non ci sia nulla per me. In realtà credo che tu non abbia mai avuto nulla da offrirmi. Con te era tutto o bianco, o nero, se mi distaccavo dal tuo pensiero facendo di testa mia mi davi addosso colpevolizzandomi. Vedi, io non sono come te, mi dispiace.
Potrei dimostrartelo anche soltanto con il fatto che io non rinnego nulla di ciò che abbiamo vissuto. Io non sputo sopra i momenti belli passati insieme solo perché adesso tu mi tratti come una merda. Tu si.- il disprezzo con cui parlò la destabilizzò un pochino, non aveva mai parlato a Billy in quel modo, tentando di fargli male, probabilmente stava imparando dal migliore. Teneva i suoi occhi puntati in quelli del ragazzo, quelle pozze verdi piene di odio erano magnetiche per lei. Era sufficiente che lui la guardasse per farla sentire bene, non le interessava il modo in cui lo faceva. Lei vedeva ancora il suo sguardo dolce, il sorriso che le lanciava sempre quando lo scopriva a pedinarla per poterla riaccompagnare a casa. Nonostante tutto per lei Billy era ancora quella persona.
Ecco cosa non la faceva spezzare completamente, il suo ricordo, ma era giusto vivere di ricordi quasi sbiaditi?
-Tu non sai quello che dici. Io ti ho dato tutto, mi sono quasi fatto ammazzare per te.-  Quell’immagine terribile le sfiorò la memoria facendola rabbrividire. –Te l’ho già detto, te ne sarò eternamente grata, ma veramente vuoi negare quello che ho detto prima, o il fatto che con me ti sei sempre trattenuto per paura che io alla fine potessi lasciarti? Per non parlare del piccolo dettaglio per cui tu non hai mai accettato che fossi io quella che doveva proteggere te, e non il contrario. - non sapeva perché quel fiume di parole stava lasciando la sua bocca, non capiva perché sentisse il bisogno di rinfacciargli quelle cose, lo stava facendo e basta. Billy sembrò accusare il colpo, aveva il viso tirato per la stanchezza e le mani strette in due morse ormai bianche. –Tu non mi hai mai dato modo di fidarmi di te. Mi hai sempre mentito, preso in giro, allontanato. Avrei dovuto dare retta alle dicerie del paese. Dovevo fidarmi di chi diceva che sei pazza e che alla fine saresti morta da sola in qualche fosso. Ti meriti solo questo.- kelly lanciò un gridolino di dolore, non era riuscita a trattenere nemmeno quello, aveva le unghie conficcate nella carne, ma non sentiva male, non sentiva nulla. Lasciò andare ogni freno, dando il via libera al suo pianto pieno di singhiozzi, ormai c’era ben poco da poter salvare in quella situazione. Billy continuava a guardarla, si era pentito subito di ciò che aveva detto, ma ormai il danno era fatto. Tentò di avvicinarsi alla ragazza per calmare quel pianto disperato che tanto lo stava turbando, non l’aveva mai vista in quello stato e ne era spaventato.  Notando il suo gesto, Kelly lo bloccò repentinamente, lanciando un grido che poco aveva di umano. Billy era confuso, certo quello che aveva detto, era orribile, e non si era mai soffermato a pensare a tutto ciò che le diceva, riversando sulla ragazza quanto più odio e frustrazione aveva in corpo. Aveva sempre e solo pensato che Kelly era forte, lei era una roccia, aveva le spalle larghe e poteva resistere ai suoi insulti, al suo odio che forse alla fine si sarebbe calmato, ma a quanto pareva non era così. Kelly era quanto di più fragile potesse esistere, una volta lo sapeva, una volta la proteggeva dal male che il mondo avrebbe potuto farle, invece adesso era stato lui a farle del male, il mondo non c’entrava nulla.
La ragazza tirò su con il naso, doveva essere uno spettacolo deprimente, ma non le importava.
-Kelly?- una voce vicino a lei attirò la sua attenzione. –Ragazzina, tutto ok?- Robert e Jack erano stati attirati dalle sue grida tanto da correre in suo soccorso.  La scena che gli si palesò davanti, li fece stare male, non avevano mai visto quella rompiscatole ridotta a quel modo, e pensare che fosse per colpa di un ragazzo non aiutava per niente.
-Kelly rispondimi. - riprese Robert. –Vuoi andare via? Se vuoi, possiamo distrarlo in qualche modo. - aveva cominciato a carezzarle in capelli cercando di farla calmare, anche se con scarsi risultati.
La ragazza si ritrovò a pensare stupidamente che quella fosse la prima volta, dopo tanto, in cui Robert non si comportava da maniaco. Bisbigliò un “si” senza troppa convinzione e lasciò tutto nelle mani delle due presenze.
Si alzò piano da terra e guardò Billy, ignaro del coperchio di uno dei secchi della spazzatura che aveva iniziato a levitare alle sue spalle. Cadde a terra poco dopo a peso morto, massaggiandosi la testa.
Il colpo doveva essere stato piuttosto forte, Kelly ne aveva avvertito il rumore sordo, ma non si era voltata, aveva continuato a zoppicare fin dentro il pub. Si asciugò le ultime lacrime, sperando che il trucco colato non la facesse somigliare ad un panda, poi riemerse dietro al bancone.
-Guerriera, tutto ok?- Ron visibilmente preoccupato corse ad aiutarla, ma lei lo fermò subito. –Billy è a terra, tuo padre l’ha colpito alla testa. Ha più bisogno lui di aiuto. - detto, questo zoppicò via, lasciando Ron a bocca aperta.
 
Quel maledetto bastardo le aveva augurato di morire da sola, e non le aveva neanche permesso di comprare il pranzo per gli altri. L’unica soluzione era sgattaiolare via senza dare nell’occhio, tanto sicuramente quei nullafacenti stavano ancora dormendo. Entrò silenziosamente in casa, arrancando verso la sua camera. La caviglia le faceva un male cane, ma non era quello il momento di pensarci.  Nel suo letto trovò ancora Liam, completamente avvolto dalle coperte. Sembrava un bozzolo alieno. Racimolò tutti i vestiti di cui aveva bisogno e guardò un’ultima volta il ragazzo, ringraziandolo mentalmente per il suo appoggio continuo.
Tornata in cucina scrisse un biglietto per quei due avvisandoli che da lì a una settimana sarebbe tornata. Lanciò un bacio a suo fratello che dormiva supino nel divano letto, poi uscì di casa.
Sapeva qual era il punto d’incontro con i suoi nuovi colleghi, dirigersi lì qualche giorno prima non sarebbe stato un dramma.
 
 
***
Si svegliò totalmente rilassato. Scese dal letto con gli occhi chiusi, andando a sbattere il mignolo del piede sinistro contro il grande comò di legno della camera. L’imprecazione che ne seguì avrebbe potuto sentirsi benissimo da un capo all’altro del paese. Uscì saltellando dalla camera senza neanche rendersene conto. Senan allarmato da quel guaire strano, corse subito fuori dalla doccia, rischiano più volte di scivolare sul pavimento che stava bagnando lui stesso.
-Che cazzo ti gridi?- sbraitò il ragazzo.
-Ho sbattuto il mignolo, fa malissimo. - rispose Liam, mostrando il piede dolorante al suo amico.
Senan lo squadrò, per poi lanciargli una sua ciabatta.
-Sei un coglione. - dissero all’unisono, sbuffando poi contemporaneamente.
-Invece di fare il bambino, vai a svegliare mia sorella, sono le tre del pomeriggio e ancora dorme. -
-Tua sorella non c’è, nel letto c’ero solo io.- lui lo guardò con aria di scherno. –Chissà cosa le avrai fatto per farla scappare così.- insinuò malignamente.
Liam, seduto sulla poltrona con il piede tra le mani guardò male il suo amico, evitando qualsiasi tipo di risposta.
-Chiamala, vedi che fine ha fatto. Io vado a finire di farmi la doccia. - detto, questo sparì nel bagno.
I tentativi di Liam per rintracciare Kelly furono del tutto inutili. La signora Evans, apparsa dopo il grido straziante del ragazzo, aveva assistito allo scambio di complimenti tra i ragazzi rimane ndo scioccata dalla poca attenzione ai dettagli dei due, tanto che decise di fare la sua mossa. Si avvicinò al tavolo su cui Kelly aveva lasciato il bigliettino, facendolo volare poi ai piedi di Liam. Dopo aver letto il suo contenuto, avvisò il suo amico, che ancora sotto il getto dell’acqua sembrò rincuorato dalla notizia del nuovo lavoro. Lo stesso non si poteva dire di Liam, che sembrava non essersi bevuto per niente la scusa del nuovo impiego,
qualcosa puzzava e anche tanto.
Era l’ora di uscire da casa e andare a chiarire alcune cose, e lui sapeva con chi.
 
 
-Moira, tu mi stai dicendo che non sapevi niente di questo lavoro?- Aveva chiesto alla rossa di vedersi sotto casa sua, per cercare delle spiegazioni, anche se più andava avanti e più la cosa lo insospettiva. Ok Kelly era impulsiva, era scappata di casa restando via per due anni, ma adesso non aveva alcun motivo per andarsene così.
-Senti io non ne sapevo nulla, ma se ha scritto che ha trovato un lavoro allora è tutto ok.-
-Tutto ok un par di palle! Ieri era sconvolta e questa mattina è scappata via in silenzio. Sappiamo entrambi che c’entra quel coglione riccio. -
La ragazza sbuffò, Liam era fissato con Billy, anche troppo per i suoi gusti.
-Senti facciamo così, andrò a parlargli io, magari lui sa qualcosa... anche se io credo che ne sia totalmente all’oscuro. -
Il ragazzo non era molto convinto di quella soluzione, ma se ci fosse andato lui, probabilmente gli avrebbe spaccato quella faccia da coglione e poi una denuncia non gliel’avrebbe tolta nessuno.
-Ok, va bene ma appena sai qualcosa avvertimi. Sono preoccupato. -
Detto questo i due, si divisero e Moira imboccò la strada per il pub di Ronnie.
Entrata nel locale notò che quasi tutti i clienti bisbigliavano tra loro, era successo qualcosa di strano e le chiacchiere non facevano altro che aumentare i suoi timori.
-Ciao Ron, sai dov’è Billy?-
L’uomo dietro al bancone si limitò a farle un cenno con la mano, indicando il retrobottega. –Stai attenta però... non è aria.-
Lei fece un cenno con la testa per poi uscire nel retro.
 
-Tu sei un coglione ecco cosa. Che significa la scenata che le hai fatto? Spiegamelo. - Il tono esageratamente alto di Lory non preannunciava nulla di buono.
-Dovevo parlarle ecco tutto. - si giustificò il riccio, puntando gli occhi sulle sue scarpe.
-Ecco tutto? Mi prendi per scema? Tu provi ancora qualcosa per lei, prova a dirmi di no. Stupido idiota che non sei altro, se la vuoi tanto vai e scopatela così siamo tutti più felici. -
“Quanta poca grazia” si ritrovò a pensare la rossa. Quella ragazza ora come ora sembrava uno scaricatore di porto, anche la sua postura era simile. Finito di urlare contro Billy si voltò e rientrò nel pub, lanciando un’occhiata di fuoco alla povera Moira che non c’entrava assolutamente nulla.
-Mi dicono che hai fatto un casino. Cos’è successo?- chiese lei sarcastica.
Lui si sedette su uno scalino vicino all’ingresso del pub, stringendosi nervosamente i capelli tra le dita.
-Si, non tanto per Lory però. -
La ragazza si portò le mani al viso, la storia tra Billy e Kelly stava facendo più vittime del previsto.
- Che cosa è successo?-
-Due giorni fa Kelly era a casa della Fitzpatrick e ha scoperto che c’eravamo anch’io e Lory. -
-Ovviamente voi non stavate giocando a carte, vero?-
Lui la guardò stremato, quella faccenda lo stava uccidendo. –Ovviamente no. Il brutto è che l’ho trovata io ed ero a torso nudo. - si fermò un secondo, cercando di non far sembrare le cose più brutte di quanto non fossero in realtà. -Ho cercato di scacciarla da casa prima che potesse scoprire la presenza di Lory. -
-Idiota. -
-Grazie. Lei è scappata via sconvolta e oggi l’ho trovata qui al pub. L’ho presa di forza e l’ho portata qui. Ovviamente erano presenti tutti durante questa mia piazzata. Lory era sconvolta, mio zio cercava di fermarmi, ma poi Kelly ha cacciato tutti. -
-E che cosa le hai fatto?- chiese lei con fare autoritario. Si stava stancando di tutte quelle spiegazioni inutili, e ormai aveva capito che Liam aveva ragione.
-Le ho detto che avrei preferito non vederla mai più, che non doveva tornare. -
-Ma sei scemo, che cosa ti dice il cervello? C'è altro?-
Billy si prese la testa fra le mani, sprofondandoci sempre di più. Ripeteva frasi sconnesse, che la rossa non riusciva ad afferrare. –Le ho detto che si meritava di morire da sola, come dicono tutti qui in paese. -
Moira rimase scandalizzata da quell’affermazione, nessuno aveva mai detto una cosa simile. Tanti la trovavano strana, forse pazza, ma nessuno le aveva mai augurato la morte.
-Tu sei un coglione. Tu mi fai veramente pena.-
-Ero sconvolto, e poi lei ha cominciato a piangere e tremare, oddio che ho fatto?- era sprofondato totalmente con la testa fra le gambe. Aveva combinato un casino e non sapeva come rimediare.
-Sei un coglione ecco cosa hai fatto. Da quando è tornata, non hai fatto altro che darle addosso, continuamente e senza motivo. Se n’è andata e ha lasciato tutti, ti aveva promesso che sarebbe tornata e l’ha fatto. Non si aspettava di trovare una festa per il suo ritorno, ma avresti potuto fare l’indifferente, non tartassarla continuamente. -
-Devo chiederle scusa.-
-Dovresti, ma ora è tardi. Se n’è andata, tornerà tra una settimana.-
-Lo ha fatto di nuovo. - disse lui amaramente.
-Chiediti perché? Per quando tornerà, mi aspetto le tue scuse. Mi aspetto che siano convincenti, e mi aspetto anche che smetterai di darle addosso. Hai la tua vita, vivila. - non gli lasciò spazio per ribattere, lasciandolo solo con i suoi pensieri.
Faceva bene a sentirsi in colpa, e avrebbe fatto bene a continuare fino al ritorno della sua amica.
Nonostante tutto non poteva dire nulla a Liam e Senan, si sarebbero preoccupati e avrebbero preteso la testa Billy, non era il caso.
Decise quindi di dirgli soltanto che aveva ragione lei, che Kelly era partita per lavoro, senza altri motivi.
La sua amica però avrebbe potuto parlarne con lei, maledettissima testarda. –Kelly. – sospirò piano la rossa, mordendosi poi le labbra. –Cerca di tornare intera a casa. -
Quelle parole ovviamente si persero nel vento freddo che aveva iniziato a sferzare la città. A quanto pareva bastava l’assenza di Kelly, o il suo essere triste per far arrivare il freddo nel paese. Sconsolata si strinse nel suo giacchetto di lana, incamminandosi silenziosamente verso casa sua.

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Capitolo 7
*** Purgatorio. ***


Nuovo, nuovo, nuovo!!! Devo dire che mi è piaciuto parecchio scrivere questo capitolo, in particolar modo la parte dei fantasmi nel rudere. Spero che possa piacervi tanto quanto piace a me.
Buona lettura! ;)







-Signorina Delaney è un piacere conoscerla. - aveva detto il nuovo proprietario della struttura, che avrebbe dovuto controllare con la troupe televisiva. Era un uomo alto, distinto, con i capelli brizzolati e un leggero velo di barba. Vestiva in modo informale come se in realtà si trattasse di un incontro di piacere e non di lavoro.
-Il piacere è mio signor Murray, ma per favore mi chiami Kelly!-
Lui le sorrise gentilmente, aveva qualcosa di attraente, nonostante i notevoli anni in più di lei.
-Allora lei può chiamarmi Brendan.- la ragazza si ritrovò a sorridere come un’ebete, maledicendosi mentalmente poco dopo.
I compiti che le venivano assegnati erano semplici: se vedeva o sentiva qualcosa, doveva avvertire il cameraman. Lui avrebbe pensato a tutto e i conduttori del programma si sarebbero occupati di abbellire un po’ le scene.
Infondo si aspettava proprio questo, la finzione più totale.
-Scusi se glielo chiedo, ma perché le interessa sapere se ci sono o no dei fantasmi?-
L’uomo parve voler riflettere sulla sua domanda, forse per non sembrare impulsivo.
-Vede, mi appassionano queste cose e ho pensato che trattandosi di un ospedale dismesso sicuramente lei troverà qualcosa di affascinante. Avevo pensato di integrare la parte ospedaliera con una parte storica, come un museo di vite passate in quel posto.-
Effettivamente non aveva tutti i torti, chissà quante persone ci erano morte dentro, sarebbe stato un lavoro faticoso, ma alla fine non le veniva chiesto di cacciare via nessuno.
Si stupì molto nello scoprire che Brendan avrebbe partecipato alle incursioni notturne nell’ospedale. Era un tipo insolitamente curioso, ma non le dispiaceva affatto, sarebbe stato una buona compagnia.
Fatte le dovute presentazioni con la troupe, andarono a fare il primo sopralluogo, ovviamente di giorno, per vedere dove far passare i fili, installare telecamere e microfoni e cose tecniche di cui lei non capiva nulla. Si limitava a sorridere e ad annuire, facendo sempre un’ottima figura!
Per lei giorno, o notte comunque faceva poca differenza, lei li vedeva lo stesso: ombre scure si muovevano in quel posto. Entità tristi, assorte totalmente nel loro mondo, altre presenti, ma poco disposte a disquisire del più e del meno.
-Iniziamo bene. - disse tra se e se, camminando fra quei corridoio dissestati, pieni di fili elettrici che sbucavano da ogni dove, mattonelle franate a terra, muri crepati o pieni di muffa e porte bloccate o staccate completamente dai cardini. Perché diavolo Brendan avesse comprato quella struttura, era un mistero, definirla fatiscente era poco, pochissimo.
-Iniziamo bene?- chiesa proprio quest’ultimo che era al suo fianco nella sua passeggiata macabra tra le rovine.
Lei alzò gli occhi fissandolo attentamente. –La puntata verrà bene. - il sorriso sincerò che nacque sul volto dell’uomo la infastidì, sembrava un bambino in un negozio di caramelle, non capiva quanto fosse complicata e triste l’esistenza della maggior parte di quelle anime.
 Cercò di non pensare a questo, erano tanti soldi e lei sicuramente non ci avrebbe sputato sopra.
Finito il sopralluogo venne accompagnata in uno degli hotel più lussuosi della città. La sua camera aveva un letto enorme, poltrone, un divano, televisore a un milione di pollici, e una vasca con idromassaggio in cui sarebbero entrate oltre a lei almeno altre quattro persone. Era in paradiso. La camera affacciava sul porto illuminato da mille luci che si riflettevano sull’acqua, ormai scura, dato l’orario. Sarebbe rimasta a vivere lì molto volentieri.
A cena era attesa nel ristorante dell’albergo, ma non essendo una persona molto espansiva, aveva declinato l’offerta preferendo rilassarsi prima di cominciare il lavoro per cui sarebbe stata pagata.
Si gettò sul letto, dopo un lungo bagno rilassante, sprofondando nel piumone vaporoso di un tenue color lilla. Il cellulare giaceva abbandonato e spento sul comodino vicino a lei, era indecisa sul da farsi, ma forse sbirciare per vedere se qualcuno l’aveva cercata, era il minimo dopo essere sparita in quel modo.
In pochi secondi le arrivarono venti messaggi di chiamate varie: da sua madre, a Liam, per terminare con Moira. Avrebbe sentito sua madre e lo scapestrato in un altro momento, ora doveva parlare con la sua amica, e sapeva che non sarebbe stato molto piacevole.
-Ah sei viva. Complimenti per il tuo impeccabile comportamento.- le aveva sturato i timpani col suo tono dolce e melodioso da pazza sull’orlo di una crisi di nervi.
-Scusami, mi dispiace. Scommetto che sai già tutto vero?-
-Se so già tutto? Mi pare ovvio, mia cara. Liam stava per andare a uccidere Billy e neanche sapeva cosa fosse successo, lo avrebbe ucciso se avesse scoperto la verità. Sei fortunata ad avere una persona come me che ti copre sempre quelle tue chiappette da medium.-
-Hai parlato con lui?- non c’era bisogno di specificare, Moira avrebbe capito subito a chi si riferiva la sua amica. –Si, ci ho parlato. - aveva risposto sommessamente. –Sembrava molto scosso. -
-Può anche morire per quanto mi riguarda. - affermò la ragazza, cercando di sembrare convinta delle sue parole.
-Certo, poi come faresti a liberarti di un Billy fantasma?-
Calò il silenzio per qualche attimo e poi entrambe scoppiarono in una fragorosa risata.
Parlò a lungo con la sua amica, e solo verso le tre di notte riuscì a prendere sonno, godendosi ogni secondo di quel meritato riposo.
 
***
 
Era il tramonto e si apprestava a partire alla volta dell’ospedale. Erano in venti tra tecnici, autori, conduttori e dottori. Ognuno aveva il suo compito, ognuno la sua postazione. Sarebbero entrati in sette: lei, Brendan, tre conduttori, e due cameraman.
Candace, Roger e Matthew, i tre conduttori, si sarebbero divisi: Roger sarebbe andato con lei Brendan, e Jerry il cameraman, mentre i restanti avrebbero formato un altro gruppo.
Avrebbero perlustrato un piano al giorno, quindi quella notte gli sarebbe toccato il pianterreno.
C’erano quaranta stanze solo in quel piano, sarebbe stata una lunghissima notte.
Molti dei fantasmi lì presenti scappavano non appena li vedevano arrivare, altri incuriositi li seguivano senza proferire parola. Il posto era molto simile a quello in cui aveva fatto pratica l’anno precedente con Robert, suo nonno e la signora Evans, l’unica piccola differenza era la dimensione mastodontica di quest’ospedale, i piani sembravano non finire mai. Certamente il buio aiutava. Le sembrava di essersi iscritta in palestra, stava facendo attività fisica, non stava visitando un posto in cerca di fantasmi. Ogni due passi doveva saltare dei calcinacci sul pavimento, per non parlare dei fili elettrici che sbucavano da ogni dove e che ogni tanto regalavano qualche scintilla un po’ preoccupante.
Aveva parlato con una decina di fantasmi, in sostanza nessuno sapeva di essere morto, e solo alcuni sapevano di trovarsi nel vecchio ospedale. Essere ripresa durante le sue chiacchierate le era sembrato così innaturale, certo era pagata, ma le conversazioni che lei fino ad ora aveva avuto con i fantasmi erano state riservate, in più anche volendo, i telespettatori avrebbero solo visto lei che parlava da sola, e al massimo una sagoma di quattro colori diversi davanti a lei. A pensarci bene però tra telecamere a infrarossi, rilevatori di calore e sensori acustici almeno questa volta non avrebbe fatto la figura della pazza.
-A cosa pensi?- Brendan l’aveva osservata durante tutta la perlustrazione, il più delle volte era pensierosa, con uno sguardo triste, uno sguardo che non le donava. Era sempre attenta a non farsi vedere. Aveva potuto costatare che il più delle volte non appena qualcuno le rivolgeva la parola lei  si stampava sul viso un sorriso forzato, ma nessuno ci faceva caso, erano tutti tremanti di paura per via dei fantasmi.
La ragazza parve cadere dalle nuvole, si voltò verso di lui e sorrise gentilmente. –Pensavo al fatto che passerò per una pazza davanti a milioni di persone!-
L’uomo scoppiò a ridere, per poi poggiarle una mano sulla spalla. Quel contatto caldo la rinfrancò un pochino. Non poté però ringraziarlo per il suo sostegno, un grido dall’altra parte dell’ospedale li mise tutti in allarme. Kelly iniziò a correre, sapeva che grida di quel genere in un posto come quello non portavano a niente di buono, mai.
Arrivarono nel punto in cui l’altro gruppo stava indagando e trovarono alcuni di loro seduti a terra, intenti a massaggiarsi la testa. - Cos’è successo?- chiese lei un po’ angosciata.
Candace aveva gli occhi stralunati, e si passava le mani sul viso con fare incredulo. – Non riesco a capire, prima erano vicino a me, poi mi giro e li ritrovo per terra che si massaggiano le chiappe e la testa.-
-Avete toccato qualcosa, o siete entrati in una camera in particolare?- aveva chiesto allora la ragazza, spazientita. –Siamo entrati nella 206, era l’unica col numero ancora leggibile e ci siamo incuriositi. - era sufficiente, piantò tutti lì e corse a dare un’occhiata a quella camera.
Effettivamente era una camera un po’ strana, l’unica in tutto il corridoio col numero quasi del tutto intatto e l’unica camera in cui il tempo non sembrava essere passato quasi per niente. C’erano anche qui fili che sbucavano dal muro. L’umidità aveva lasciato chiazze gialle sulle pareti, facendo staccare qua e là qualche mattonella. L’odore di chiuso e di muffa era persistente lì, come nelle altre parti dell’ospedale, ma dopotutto era comunque una camera arredata.
Il letto era fatto, sul comodino c’era un vaso con dei fiori, c’erano delle tende di un rosa tenue alla finestra, solo un filo di polvere tradiva il passare del tempo. Era stranamente accogliente, come se qualcuno cercasse di mantenere un contatto con l’abitante di quella stanza.
Quella notte per sua sfortuna non riuscì a vedere nessuno, decise che avrebbe ritentato la notte successiva. Lasciarono l’ospedale alle prime luci dell’alba, un po’ più ammaccati e doloranti di quando erano entrati.
Quel posto cambiava totalmente faccia quando i raggi fiochi del sole iniziavano a trapassare le vecchie finestre rotte. Sembrava rifiorire almeno per qualche minuto, poi il sole saliva e le ombre si allungavano, facendolo tornare lugubre come sempre.
Quella camera d’albergo era un sogno. Dopo un’intera notte passata all’addiaccio, era un toccasana per le sue povere ossa il potersi sdraiare su un letto morbido, con un piumone soffice come una nuvola. Si faceva servire e riverire, i suoi servizi non erano certamente gratuiti, non che lo fossero, in realtà aveva ricevuto una montagna di soldi e solo per fare quello che lei faceva ogni santa notte, da anni.
Dormì fino a pomeriggio inoltrato, per poi essere svegliata da un lieve bussare alla porta.
-Chi è?- la voce impastata dal sonno, gli occhi mezzi chiusi, se avesse aperto così avrebbe sicuramente ucciso il malcapitato.
–Liam. -
Sgranò gli occhi fino a farsi male. –Che ci fai tu qui?- gridò tentando di darsi una sistemata. –Preferirei parlarne in camera se non ti spiace.- rispose lui un po’ acidamente. –Dammi un attimo.-
Corse dal salotto fino al bagno della camera per lavarsi e legarsi i capelli, mettendosi la prima cosa che le capitò sottomano.
-Ciao!- disse aprendo la porta e facendo accomodare il ragazzo.
Lui la squadrò per qualche minuto, c’era qualcosa che non tornava, ma non capiva cosa fosse.
Poi l’etichetta di cinque centimetri sotto il mento della ragazza lo illumino. –Guarda che l’hai messa al rovescio, e al contrario.- disse indicandole il pezzo di stoffa bianco.
Senza pensarci troppo, si voltò dando la schiena al ragazzo e sfilandosi al contempo la felpa. Ovviamente non aveva pensato che non indossava altro se non quell’indumento, così solo dopo averlo sfilato, si rese conto dell’errore. Un gridolino nervoso le uscì dalla bocca, mentre cercava di coprirsi il più in fretta possibile. Liam per tutto quel tempo era rimasto a bocca aperta a fissare la schiena nuda della ragazza, senza però avere il coraggio di far scendere i suoi occhi più in basso; sapeva che Kelly era manesca, e gli bastavano le esperienze passate.
Quando quella ragazza ti assestava un pugno, lo faceva con la forza di un boxeur di centocinquanta chili.
Kelly continuava a saltellare cercando di infilarsi la felpa, gridando e inveendo contro il ragazzo che immobilizzato da tutta la situazione, non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Quando finalmente riuscì a coprirsi prese la prima cosa a portata di mano, un posacenere in vetro dello spessore di cinque centimetri, e lo tirò addosso al ragazzo, che per sua fortuna riuscì a evitarlo. –Maniaco. – urlò ancora, correndo in bagno per sciacquarsi il viso divenuto irrimediabilmente rosso, per via dell’imbarazzo. –Scusa, ma non è colpa mia se elargisci spogliarelli al primo venuto. - non lo avesse mai detto, la ragazza uscì come una furia cominciando a lanciare ogni tipo di boccetta trovata nel bagno contro il povero Liam, che dal canto suo cercava di proteggersi come poteva fino a quando per schivare uno shampoo, andò a cozzare con il piede contro lo spigolo di marmo del mobile da bagno, sembrava una maledizione. -Basta!- gridò dolorante. -Smettila di comportarti da psicopatica, neanche ti ho visto il sedere. Non m’interessa minimamente vederti nuda!-.
A quel commento la ragazza si fermo, mettendo a posto il portasaponette in ceramica. -Buon per te. Comunque che ci fai qui?- nessuno tranne Moira sapeva dove si trovasse, e questo voleva dire che quella pettegola aveva spifferato tutto a lui e a suo fratello. -È bello potersi fidare dei propri amici.- disse stizzita. -Infatti. Questo mi fa chiedere perché hai tenuto nascosto tutto questo a me e a tuo fratello.- Liam non sapeva. Moira, fortunatamente, aveva omesso la cosa più importante. -Volevo dirvelo, ma mi hanno fatto correre qui. Non potevo rifiutare, c'erano troppi soldi in ballo.- il ragazzo guardò la camera con aria critica, prima di buttarsi a peso morto su uno dei divani della suite. -Vedo, vedo.- disse poi con ammirazione. -Quindi sei venuto a trovarmi? Quando hai detto che te ne vai?- sapeva che la sua non era una vera e propria visita di cortesia, ma si sa, la speranza è l'ultima a morire!
-Veramente non me ne vado.- rispose il ragazzo, mentre si accomodava meglio sul sofà. -Scusami?- una vena aveva cominciato a pulsare in modo preoccupante sulla fronte di Kelly, ma Liam era troppo intento a godersi la comodità di quei cuscini imbottiti per rendersene conto. -Non me ne vado. Tuo fratello mi ha spedito qui per controllarti, o almeno così dice lui. Secondo me voleva la casa libera per spupazzarsi Moira.-
Maledetto Senan. Maledetto piccolo infido fratello minore. Appena finito il lavoro, lo avrebbe cacciato di casa. Era una promessa. -Ok, senti io stasera vado a lavorare quindi tu resti qui. Siamo intesi?- lo sguardo sconsolato del ragazzo parlò per lui. -Che c'è adesso?- era esasperata da tutta quella situazione e Liam non la stava affatto aiutando. -Perché non posso venire con te?- Lei lo guardò truce. Le mani sui fianchi e l'aria autoritaria la resero se possibile ancora più temibile di prima. -Ti sembro tua madre?- chiese Kelly con tono severo. -Ora come ora?- chiese lui intimorito. -direi di sì, molto. - rispose infine.
la ragazza non poté fare altro che passarsi le mani sul viso, cercando di ritrovare la calma.
-Ok, verrai con me. Due regole fondamentali: stammi sempre vicino, e non fiatare. Mi hai capito?-
Per cercare di non urtarla ulteriormente, il ragazzo si limitò ad assentire con un cenno della testa, mostrandole il più grande e luminoso sorriso mai visto prima.
 
 
La sera arrivò, e con lei la solita passeggiata in quello che soleva chiamare “il purgatorio”. Quell’ospedale alla fine non era altro che una sala d’attesa in cui aspettare di poter passare dall’altra parte, sempre se l’anima in questione era pronta.
Aveva sempre pensato che Inferno, Purgatorio e Paradiso fossero solo una finzione per impaurire le persone. Spesso aveva sentito genitori dire ai propri figli di fare i buoni perché altrimenti sarebbero finiti all’inferno. I bimbi cattivi non possono andare in paradiso. Era una minaccia bruttissima secondo lei, quale genitore sano di mente direbbe mai una cosa simile a un bambino?
In realtà, come aveva potuto constatare, le anime erano le uniche artefici del loro destino: c’era chi passava oltre subito, non avendo alcuna situazione in sospeso col regno dei vivi; chi, dovendo chiudere delle questioni restava sulla terra per qualche tempo, vagando fino al momento in cui non avesse raggiunto il suo obbiettivo, e poi c’era chi, come la Fitzpatrick, si costruiva il suo inferno personale. Lei aveva pagato quel suo comportamento a sue spese, e da quello che le aveva detto Shannon, sarebbe stato così per sempre.
Le anime di quel posto erano tristi, sperdute e senza meta. Molti di loro si chiedevano perché nessuno fosse venuto a salvarli, non un padre, una madre, o un figlio. C’erano altri talmente arrabbiati da fare paura persino a Kelly, erano quelli da evitare, sempre che non ti andasse di baciare il pavimento con trasporto e una spinta bella forte. Infine c’erano quelli che a Kelly facevano più pena, erano anime talmente sbiadite che addirittura lei faceva fatica a vedere, quelli erano gli spiriti delle persone arrese, anime che di lì a poco sarebbero svanite nel nulla, cui non interessava passare oltre. Presenze che preferivano sparire nel nulla, dimenticandosi di poter vivere oltre la vita, e tutto perché erano state dimenticate a loro volta dalle persone a cui tenevano di più. Da un certo punto di vista le capiva, anche lei aveva desiderato morire, per non dover fare i conti con le persone cui teneva, persone che in quel determinato momento l’avevano buttata a terra e calpestata, ma poi aveva capito che lo doveva a sé stessa. Per questo motivo quelle erano le anime cui lei teneva di più. Aveva passato ore e ore ogni notte a lottare con loro per fare in modo che finalmente potessero andare avanti. Tante volte ci era riuscita, alcune volte aveva addirittura versato qualche lacrima per quelle presenze, ma a volte, per alcune di loro, non c’era nulla da fare. In quei momenti mollava tutto e tutti per andarsi a fare una passeggiata all’aria aperta. Quelli erano i suoi momenti, quelli in cui gettava tutto fuori. Gridava per il dolore e la frustrazione e spesso piangeva, come non faceva quasi mai, come solo lui l’aveva fatta piangere.
Quella notte però aveva un altro compito. Gli altri sarebbero andati avanti con le ricerche negli altri piani, mentre lei, accompagnata da Liam e Brendan, sarebbe tornata nella 206. L’ultimo aveva insistito per fare compagnia ai due. Sapeva che lei poteva vedere e parlare con i fantasmi, e sapeva che era anche l’unica in quel gruppo di fantomatici medium, ecco perché le stava appiccicato addosso come una zecca.
-Qualcuno veniva qui ogni giorno a sistemare la camera e a cambiare i fiori, ma non lo fa più da quando ci siamo noi. - disse Kelly pensierosa, toccando i petali ormai ingialliti delle gardenie.
-Forse dovreste mettere delle minitelecamere e vedere chi è il fantomatico uomo delle pulizie.- Liam l’aveva riportata alla realtà, stranamente parlando di qualcosa d’interessante.
-Non sarebbe una cattiva idea. - disse lei, rivolgendosi al proprietario dello stabile.
Lui parve riflettere a lungo su quella proposta, ma l’espressione del volto non sembrava promettere nulla di buono, così Kelly decise di giocarsi il tutto per tutto. Si avvicinò all’uomo, con fare elegante e poggiandogli delicatamente una mano sul braccio sussurrò piano due semplici parole. – Speciale televisivo. -
A quel punto l’uomo sembrò illuminarsi di luce propria. –Deve essere fatto, avete proprio ragione.-.
Neanche quella sera riuscì a scovare il fantasma di quella stanza, ma scoprire chi andasse lì a sistemare tutto era già un gran passo avanti. Quella storia la attraeva come un gatto attratto dalla luce del laser, il senso e il perché di quella storia erano lì davanti a lei, ma al contempo le sfuggivano sempre. Doveva sapere, doveva conoscere il motivo di tanta attenzioni nei confronti di qualcuno che non c’è più.
 Liam tornò all’albergo volando su una nuvola, continuava a dire di non essersi mai divertito tanto. Ancora non era del tutto convinto dell’esistenza dei fantasmi, ma questo non sembrava limitare il suo entusiasmo.
-Questa sera mi ci riporti, vero... vero?- il ragazzo la stava tormentando da almeno venti minuti con domande del genere. Come diavolo faceva ad avere ancora tutte quelle energie? Lei era stremata.
-Sono troppo vecchia per queste cose.- disse semplicemente, ignorando il ragazzo e le sue
richieste.
- Kelly. – gridò sdegnato, attirando nuovamente l’attenzione della ragazza.
-Senti, ok stasera ti porto con me, ma ora piazzati su quel divano e fammi dormire.-
Detto questo, si diresse verso il letto, finendoci sopra a peso morto e rotolandosi tra le coperte per avvolgervisi. Sembrava un verme dentro il suo bozzolo. Prese il cellulare dal comodino, doveva mettersi una sveglia, forse quattro... altrimenti non si sarebbe svegliata. Poi notò un messaggio, non sapendo di chi fosse cliccò sull’icona della busta da lettere… era di Billy. Mise la sveglia e poggiò nuovamente il cellulare sul comodino. Probabilmente avrebbe fatto qualche incubo.

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Capitolo 8
*** The unknown ***


-Signora Evans.- bisbigliò, mentre Liam era chiuso in bagno. Erano le quattro del pomeriggio e si erano appena svegliati. Aveva approfittato del momento di solitudine per chiamare la vecchina, aveva bisogno di alcune informazioni. –Kelly, tesoro! Dimmi tutto.- era apparsa accanto a lei, seduta sul letto con le gambe accavallate, come una vera signora di altri tempi. Aveva sempre quel portamento regale e distinto che la faceva un po’ ridere. Ormai nessuno si atteggiava più come lei.
La ragazza sembrò titubare all’inizio, si vergognava di dover chiedere notizie alla signora, soprattutto quel genere di notizie. La vecchina la squadrò molto attentamente mettendosi con le braccia incrociate, come se stesse fissando una tela interessante in una qualche mostra.
-Tesoro parli, o facciamo il gioco del silenzio?-
-Mi serve un’informazione.- sbottò.
La presenza sospirò rumorosamente, un po’ spazientita da quell’atteggiamento così innaturale da parte della ragazza che di solito diceva tutto subito, senza nessun problema, o filtro di sorta.
-Questo l’avevo capito. Che cosa ti serve?-
-Billy... - disse lei mordendosi il labbro inferiore. –Sta ancora con Lory?-
Non era partita con l’idea di chiedere questo alla signora Evans, ma ormai l’aveva detto.
-Vado a controllare e ti dico. Scusami sai, ma la sua vita non m’interessa molto. -
Sparì un istante dopo, lasciando Kelly piena di domande e di angoscia.
-Quindi il muro può darti informazioni sul coglioncello?- Kelly sobbalzò, credeva di essere sola in camera, ma a quanto pareva quell’impiccione di Liam aveva origliato tutto.
-Ma tu non potresti farti gli affari tuoi? Ti ospito, ti porto con me a lavoro... non ti basta?-.
Il ragazzo, ancora bagnato per la doccia fatta da poco, si sedette accanto alla sua amica, inumidendo il piumone sotto il suo sedere. Lei lo guardò appena, primo perché era ancora infastidita per la violazione della sua privacy, secondo perché vederlo a petto nudo, le stava facendo uno strano effetto.
-Questi sono affari miei, tu ti stai facendo prendere per il culo da un cretino qualsiasi. Se permetti, mi dispiace. - non capiva tutto quell’interessamento da parte sua, si ok, lo conosceva dall’infanzia, ma non erano così intimi da poter sostenere una conversazione di quel genere.
Lei lo guardò truce, poi si voltò verso la finestra per raggiungerla qualche attimo dopo.
-Stai bagnando il letto, perché non vai a vestirti invece di impicciarti di cose che non ti riguardano?- sapeva di aver usato un tono odioso, e sapeva che nonostante tutto lui era preoccupato veramente, ma il tasto Billy sarebbe stato sempre dolente e parlarne con Liam non le sembrava il caso.
-Che ci parlo a fare con te?- il ragazzo detto questo uscì dalla camera, sbattendo la porta alle sue spalle.
-Cretina, cretina, cretina. Sei la solita stronza acida. -sbatteva la testa sul vetro della finestra mentre s’insultava, stavano tornando a farsi vedere i soliti segni di squilibrio mentale che la caratterizzavano.
-Tesoro?- la ragazza si ritrovò a saltare nuovamente per la paura, a quanto pareva, quella sera le persone si divertivano a spaventarla apparendo dal nulla.
-Signora Evans mi ha spaventata. Ha scoperto qualcosa?-
La signora la guardò per qualche attimo prima di parlare. –Nulla che possa farti piacere, temo. -
Aveva sperato che il messaggio di Billy fosse qualcosa di bello, e invece probabilmente erano solo insulti gratuiti. –Vedi, quando l’ho trovato, era intento a sbaciucchiarsi quella piccola cameriera con gli occhi enormi. Bruttina a parer mio. - aggiunse, cercando di farla sorridere.
-Grazie lo stesso mi è stata veramente d’aiuto!-
La donna si avvicinò a Kelly, e come spesso faceva le prese il mento fra le mani per guardarla bene in viso.
 –Tesoro, perché non ti cerchi un ragazzo nuovo? Il tipetto mezzo nudo di là mi sembra carino e simpatico. Perché non esci con lui? In più è venuto qui di nascosto per vedere se stavi bene, era molto preoccupato per te. Pensa, voleva anche andare a picchiare Billy.-.
La ragazza si stupì venendo a scoprire queste cose. Allora Liam le aveva mentito, era venuto di sua spontanea volontà, e voleva picchiare Billy solo perché le aveva fatto del male. Cavolo si sentiva ancora di più una merdina.
-Non lo sapevi?- La vecchina aveva notato l’aria stupita e assorta della ragazza, e aveva fatto due più due.
–No, mi aveva detto che lo aveva costretto Senan a venire qui. - tuffò il viso tra le mani, cercando di capire come rimediare. –L’ho trattato male e invece lui ha fatto tutto questo casino per me. Sono pessima. -
-Beh sì, diciamo che non sei mai stata una ragazza dolce e sensibile... ti ho sempre vista come uno scaricatore di porto in miniatura, ma hai momenti da ragazza normale anche tu!-
Kelly fissò sbigottita la signora Evans, tutto si sarebbe aspettato da quell’amabile vecchina tranne un discorso del genere.
-Dovresti chiedergli scusa.- aggiunse l’anziana presenza prima di sparire con un sorriso sghembo sulle labbra.
Doveva assolutamente chiedergli scusa, e forse aveva trovato il modo. La signora Evans l’era stata utilissima, anche se si era dimenticata di chiederle un altro piccolo favore, a quello avrebbe pensato il giorno seguente.
Intanto nel salone della suite Liam stava facendo del suo meglio per farle capire che era infuriato. Sbatteva bicchieri e sportelli dei mobili, strusciava sedie e poltrone. Era quasi divertita da quel comportamento, ma decise di tenere una maschera di severità sul viso. Fece capolino con la testa nell’altra stanza. Il ragazzo stava parlottando animatamente tra se e se, mentre stringeva più del dovuto un bicchiere di cristallo nella sua mano sinistra.
-Potresti per favore fare più piano? Siamo in un hotel a cinque stelle, non in una trattoria.- aveva mantenuto il tono acido di pochi minuti prima e lo guardava con fare severo. –Tu invece potresti cercare di nascondere il fatto che sei una bastarda patentata?- gli era uscito spontaneamente. Lei si era comportata da stronza e lui aveva reagito, non lo aveva mai fatto prima e si ritrovò a sbarrare gli occhi non appena finita la frase. Reazione che ebbe anche lei. Le veniva quasi da ridere, era stata un’affermazione troppo divertente, tanto d’averla spiazzata. Cercò di ritrovare la sua serietà, anche perché era calato un silenzio imbarazzato che si stava protraendo troppo a lungo per i suoi gusti. –Vedi di vestirti bene, siamo stati invitati a cena da Brendan e la troupe. – detto questo, si rintanò in camera, buttandosi sul letto con la testa fra i cuscini per soffocare una risata sguaiata, che non voleva assolutamente far sentire al ragazzo. Lui doveva rimanere sulle spine ancora per un po’.
Dopo due ore di preparativi, agganciò al polso il bracciale di cristalli neri e uscì dalla stanza.
Liam fu sicuro di aver perso qualche anno di vita vedendola apparire in quel modo. Era raggiante.
Indossava un lungo vestito nero in stile impero, con uno strato di tulle che scivolava sul pavimento. Sembrava una creatura ultraterrena, la pelle lattea in totale contrasto con il nero profondo del vestito. I capelli fucsia legati in un morbido chignon a metà testa, e qualche pietra rigorosamente nera che brillava sulle sue orecchie e sul suo collo.
Se ne stava ferma sulla porta, in completo imbarazzo, le guance lievemente rosse. Aveva iniziato a torturarsi le mani, muovendo nervosamente il piede sotto il vestito, per cercare di mantenere un po’ di calma.
-Sei bellissima. - le disse il ragazzo in un sospiro.
Lei sembrò riprendersi dopo la sua affermazione, sorridendogli come non faceva da un po’. Un sorriso sincero e vero, non di quelli che faceva di solito, per dimostrare al mondo che stava bene, quando palesemente non era così.
-Anche tu non sei male! Dove hai rimediato quello smoking?- chiese sorpresa la ragazza, vedendolo vestito di tutto punto.
-Beh quando ho saputo che stazionavi in un hotel a cinque stelle ho pensato di portarmi dietro il mio pezzo forte. - si avvicinò a lei sistemandosi il cravattino, più per scena che per vera necessità, porgendole il braccio subito dopo.
Uscirono dalla camera come due veri signori, guardandosi di soppiatto di tanto in tanto, per sbirciare le reazioni l’uno dell’altra.
Arrivati al ristorante, Liam fu piacevolmente sorpreso nello scoprire che non c’era nessuna cena della troupe, ma che era stata Kelly a ordire tutto solo per invitarlo a mangiare con lei.
-Sei quasi diabolica.- le disse scherzando.
-In realtà l’ho fatto per scusarmi. - aveva abbassato lo sguardo, sentendo l’imbarazzo montare piano. –Ho saputo quello che hai fatto per me, ho saputo che non ti ha mandato mio fratello e che volevi picchiare Billy solo perché mi aveva fatto del male. -
L’espressione che si fece spazio sul volto del ragazzo fu impagabile, era un misto d’imbarazzo e spavalderia, il tutto era talmente tenero da farle scappare un sorriso.
-Che fai ridi di me?- aveva chiesto lui sentendosi quasi offeso.
Lei, senza pensarci troppo, poggiò la sua mano sulla sua, per tranquillizzarlo. Gesto che le fece provare almeno un paio di brividi. –Non rido di te, anzi ti sono grata. Senza di te questi giorni sarebbero stati sicuramente durissimi, mi hai aiutata molto. -
Lui non rispose, si limitò a sorriderle di rimando.
Fu una serata tranquilla fino al momento in cui suo nonno non decise di apparire proprio affianco a Liam, facendola sobbalzare. La mano di Kelly era ancora appoggiata su quella del ragazzo, ma la tolse subito alla vista del vecchio fantasma.
-Nonno, che cavolo ci fai qui?-
Lui l’aveva fulminata con lo sguardo, mentre il ragazzo aveva cominciato a guardarsi nervosamente attorno. –Modera il linguaggio signorinella. Erin mi ha detto che eri qui e che ti trovavi in compagnia di questo simpaticone. Pensi veramente che vi avrei lasciato soli?- il tono perentorio del vecchio non lasciava molto spazio a ulteriori polemiche, ma Kelly non si fece intimidire.
-Nonno, ho ventiquattro anni ormai, sono autonoma e so cavarmela da sola. -
-Oh bambolina su questo non ho dubbi, tu sei la mia roccia, ma dello slavato qui non mi fido. - masticò, indicando il ragazzo accanto a se.
Lei aveva alzato gli occhi al cielo, mentre Liam diventava sempre più agitato e confuso. –Senti se vuoi vi lascio soli. - aveva proposto. –Ma sei matto? Se mi vedono parlare da sola mi prendono per pazza. Tranquillo, ora lo faccio andare via.- gli aveva detto cercando di rassicurarlo, poi rivolgendosi al nonno aveva alzato un sopracciglio in modo molto eloquente. –Nonno, mi serve un favore.-
-Dimmi tesoro.-
-Devi andare nell’ospedale abbandonato qui vicino, devi dirmi se vedi entrare qualcuno, o se qualcuno si dirige nella camera 206, è l’unica col numero.-
La vecchia essenza la guardò con un po’ di stizza. –Io ci vado, ma torno presto e stanotte resto in camera a controllarvi. Uomo avvisato. - e senza finire la frase sparì, facendo cadere il bicchiere pieno di vino rosso sui pantaloni del ragazzo.
-Oddio, scusami è iperprotettivo. - si era giustificata la ragazza sentendosi tremendamente in colpa.
 
 
***
Tornarono di corsa in camera, quella sera non erano previste perlustrazioni della vecchia struttura in disuso quindi avevano la serata libera. –Dovresti cambiarti, chiamo la Hall dell’albergo così facciamo pulire quelle brutte macchie.-.
Il ragazzo non fece neanche in tempo a sfilarsi i pantaloni che fu fatto scivolare a terra, sbattendo forte il fondoschiena. Kelly, di spalle, non capì subito cosa fosse accaduto. –Nonno.- disse indignata, incontrando poi gli occhi colpevoli del vecchio.
-Niente: “Nonno”. Ti lascio per quaranta minuti e questo qui già si spoglia?- Kelly si ritrovò a pensare che a suo nonno mancasse soltanto il fumo dal naso. Era diventato rosso dalla rabbia e indicava con insistenza il povero Liam che, ancora steso a terra, si massaggiava i glutei con aria dolorante.
-E’ tutta colpa tua se si stava spogliando sei tu che gli hai macchiato i pantaloni col vino. Si stava cambiando per farli lavare. -
Vide la bocca del nonno aprirsi molto lentamente, donandogli un’aria di totale imbarazzo con qualche accenno di sensi di colpa.
-Chiedigli scusa.- disse poi, facendo finta di nulla. –Comunque qualcuno sta entrando nell’ospedale.
Kelly parve perdere quell’aria baldanzosa di pochi attimi prima e tornò seria. –Vestiti Liam, andiamo a fare una scampagnata.-.
Non si cambiò neanche; cosa che purtroppo non poté fare neanche il ragazzo. Corsero come pazzi dal corridoio fino alla hall, il tutto mentre Liam cercava infruttuosamente di riallacciarsi i pantaloni del completo. Tante signore facoltose si girarono alla vista di quel ragazzo senza ritegno, mentre lui poverino, era rosso in faccia e cercava di coprirsi in ogni modo. –Ti odio, sappilo. Odio te e la tua famiglia.- le aveva gridato mentre uscivano dalla porta dell’albergo.
Kelly parve non farci molto caso, per lei era già complicato correre con i tacchi e un vestito che vi s’impigliava in mezzo, finendo spesso e volentieri sotto le sue scarpe.
Arrivarono piegati in due e col fiatone davanti alla struttura in rovina. Solitamente non le faceva paura, forse perché c’erano sempre tante persone a farle compagnia ma quella volta si sentiva un po’ intimorita.
-Tutto bene?- Liam le aveva messo una mano sulla spalla cercando di infonderle un po’ di calore. L’aveva vista sbiancare alla luce della luna, e sicuramente non era un bene. –Tutto ok è colpa della corsa. Andiamo. - e senza attendere oltre s’incamminò a passo sicuro per il viale dell’ospedale.
Il rumore dei tacchi rimbombava sulle pareti, echeggiando sinistramente per tutta la struttura. Non andava bene, così rischiava di mettere in allarme il visitatore ignoto.
Decise che sarebbe stato meglio toglierli e appoggiarli all’entrata, al massimo glieli avrebbero rubati.
Svelti e silenziosi arrivarono davanti alla camera 206, una luce fioca spargeva i suoi raggi sottili sulle tende e le coperte del letto. La porta socchiusa non permetteva loro di vedere altro, ma potevano sentire dei rumori provenire dall’interno della stanza. Si guardarono negli occhi prima di entrare, cercando di imitare con poco successo i poliziotti dei film americani.
Il risultato fu un infarto mancato, quasi causato a un vecchietto che se ne stava seduto con le braccia sul tavolinetto della stanza. In mano aveva una fotografia che stringeva convulsamente per via dello spavento.
-Oh mio dio, mi dispiace... ci dispiace. - disse Kelly cercando di rimediare al casino fatto. –Non volevamo spaventarla. Volevamo solo capire chi c’era dietro a tanta premura.- aveva detto poi la ragazza indicando la camera ordinata.
Il vecchio parve riprendersi, e un sorriso mesto si fece largo sul suo viso. Le rughe donavano al suo viso un’aria molto dolce, sembrava una persona gentile e probabilmente lo era, ma c’era qualcosa nei suoi occhi, un vuoto che Kelly conosceva bene. Era la mancanza di qualcosa d’importante, la tristezza che solo la distanza obbligata di un pezzo fondamentale di se, strappato con violenza dal proprio cuore può lasciare.
Era la sua stessa tristezza.
Chissà se anche lei si sarebbe ritrovata da vecchia con ancora quel dolore nell’anima... un dolore talmente grande e profondo che poteva essere letto anche negli occhi. Sperava con tutta se stessa che non accadesse, essere vincolati a un dispiacere non era la sua massima aspirazione nella vita; lei voleva essere ricca, schifosamente ricca e magari, fortuna permettendo, non le sarebbe dispiaciuto avere anche qualcuno al suo fianco, che non fossero solo una manciata di fantasmi impiccioni. Qualcuno che potesse risanare le sue ferite e farla sentire amata. Amata come qualsiasi altra persona sulla faccia della terra.
Si ridestò dai suoi pensieri soltanto quando sentì pronunciare il suo nome, Liam stava facendo le presentazioni e a quanto pareva quel signore tanto simpatico si chiamava Thomas O’Neill.

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Capitolo 9
*** L'amore oltre la morte. ***


Nuovo capitolo, spero che possa piacervi!! Buona lettura!


-E’ un piacere fare la sua conoscenza. Posso farle una domanda?- Kelly non attese molto, col rischio di sembrare fuori luogo o maleducata.
Il vecchio sorrise, era da un po’ che non vedeva una ragazza così sicura di sé.
-Vuole chiedermi perché ho fatto e faccio tutto questo?-
La ragazza buttò fuori un sospiro di sollievo, sembrava non essere un tipo restio o malfidato, quindi forse le avrebbe raccontato tutto.
-Vedi Kelly, è una storia molto vecchia, io ero poco più di un ragazzo e Wynne, o beh, lei era la più bella infermiera che avessi mai visto. Aveva un viso pallido con le gote di pesca e dei leggeri boccoli castani che le ricadevano sulle spalle. Gli occhi poi erano magnetici, castani con delle striature verdi all’interno. Quegli occhi sapevano leggermi dentro. - Indugiò qualche secondo su quel pensiero, prima di ricominciare a parlare. Sembrava come rapito dal ricordo di quella ragazza. Parlava mentre guardava Kelly, anche se in realtà in quel momento lui non era lì con loro, era in un altro posto, in un’altra epoca. L’emozione sul volto di quel vecchio la fece tremare, sembrava rivivere proprio in quel preciso istante l’attimo in cui il suo sguardo si era posato su Wynne per la prima volta.
-La incontrai subito dopo essere stato trasferito qui, a quel tempo c’era la guerra ed io mi ero arruolato dopo il bombardamento di Dublino, nel ’41. Riportai una ferita molto importante alla gamba sinistra e pensavano che non mi restasse molto, così fui rimpatriato. Vedi, mio padre era un noto politico di Dublino, e mia madre invece era di qui. Dopo i bombardamenti tedeschi decisero di trasferirsi nella tenuta estiva della famiglia di mia madre.
 Quest’ospedale distava poco da casa mia, così i miei genitori potevano venire a trovarmi quando volevano.
La mia famiglia è sempre stata benestante e questo influì molto sul mio ritorno a casa e sul trattamento riservatomi sia qui sia nell’esercito. Wynne, infatti, era la mia infermiera privata, i miei avevano pagato l’ospedale per far si che avessi delle cure adatte a un membro della mia famiglia, sapete, mio padre era un politico molto stimato a quei tempi.-.
Il vecchio prese fiato, sistemandosi meglio sulla sedia. Non smetteva mai di carezzare dolcemente quella foto, c’erano due giovani immortalati: un ragazzo e una ragazza, probabilmente erano lui e Wynne.
Iniziò a tormentarsi le mani, Kelly sapeva che quella storia avrebbe messo a dura prova i suoi nervi già sensibilmente provati dalle vicende degli ultimi tempi, ma decise di fare la forte, almeno finché poteva.
La luce della candela tremolava a ogni spiffero che riusciva a oltrepassare l’ostacolo dei vetri ormai rotti.
La ragazza strinse le braccia al petto, il vestito era leggero e le spalle scoperte erano percorse da brividi sempre più violenti.
-Nonostante la gravità della ferita c’erano dei miglioramenti visibili: dove prima c’era carne lacerata si poteva vedere una bella cicatrice, certo c’è poco di bello in una cicatrice, ma fidatevi di me se vi dico che una gamba mezza aperta non è il massimo. - l’uomo ci scherzò su come se nulla fosse, mentre Kelly dal canto suo sentì un lieve conato di vomito salirle veloce.
-Comunque, un giorno in cui mi sentivo abbastanza in forze ordinai a Wynne di portarmi nel parco dell’ospedale, volevo prendere un po’ d’aria. Fu in quel giorno che ci scattarono questa foto. Io ero completamente innamorato di lei, e anche se lei faceva la sostenuta, sapevo che ricambiava con altrettanto ardore.- I due ragazzi si ritrovarono a sorridere di gusto, la smorfia sul viso di Thomas la diceva lunga sul modo in cui Wynne cercava di fare la preziosa.
Doveva essere un tipo molto insistente e forse anche abbastanza persuasivo. Un Dongiovanni in piena regola. –Passai tanti bei momenti con la mia Wynne, tanti pomeriggi abbracciati sul letto, col terrore che potesse entrare chiunque e scoprirci, passeggiate sotto il viale alberato, che ormai non c’è più, e cenette a lume di candela che più che altro erano spuntini di mezzanotte; era più sicuro, nessuno passava a quell’ora. Le regalai anche un ciondolo a forma di cuore, uno di quelli in cui dentro puoi mettere le foto. Ci avevo nascosto un bigliettino in cui le chiedevo di sposarmi. Pianse di gioia quando lo trovò, mi buttò le braccia al collo gridando come una pazza. -
D’un tratto i lineamenti di Thomas s’indurirono, sembrava sull’orlo delle lacrime. Le mani stretta a pugno che tremavano in modo preoccupante. –Thomas... - disse Kelly preoccupata, cercando un contatto con lui. –Thomas tutto bene?-
L’uomo la guardò dritta negli occhi, aveva lo sguardo liquido e triste.
Buttò fuori un po’ d’aria e poi cercò la forza per continuare.
-Vedete, un giorno i miei genitori portarono con loro la figlia di un ricco uomo di Dublino, uno che aveva fatto i soldi dal niente. Diciamo che mentre ero in guerra mi era stata accennata la possibilità di un matrimonio di convenienza ma dato che ero tornato in pessime condizioni, credevo che ormai fosse una cosa passata. Ovviamente mi sbagliavo. Quasi ci beccarono quel giorno, a me e Wynne, mentre ci baciavamo di nascosto. I miei entrarono in camera con la loro solita spocchia da ricchi superiori al resto della popolazione mondiale. Scansarono Wynne in malo modo e iniziarono a parlare davanti a lei del matrimonio, dicendo che ormai mancava poco alle mie dimissioni, che un accordo è un accordo e che io ero vincolato. Tentai di ribattere, ci provai con tutto me stesso, vidi Wynne uscire dalla stanza, profondamente turbata. Mi sentii morire.
Ho odiato per anni i miei genitori per quello che mi avevano... che ci avevano fatto, ma ormai era troppo tardi.
Fui dimesso facendo una promessa a Wynne, le giurai che sarei tornato a prenderla, che ci saremmo sposati e avremmo vissuto felici, lontano dai miei genitori. Purtroppo non fu così. Quando i miei scoprirono quali fossero i miei piani, mi spedirono a Cork. Mi ero rifiutato di sposarmi e loro erano infuriati. Ero relegato in una tenuta con dei parenti che, come stabilito dai miei genitori, non mi lasciavano mai libero. Le lettere per Wynne erano rintracciate e bruciate, non c’era modo di avvertirla dei nuovi sviluppi e non ci fu modo per me di sapere cosa le stava accadendo. - si bloccò ancora, guardandosi attorno con fare spaesato.
-Feci ritorno a  casa due anni più tardi, e corsi subito all’ospedale. La cercai in ogni dove, ma non la trovai. Chiesi allora a una suora che faceva servizio lì, e finalmente grazie a lei riuscii a trovarla. La sua lapide spiccava rispetto alle altre del piccolo cimitero dell’ospedale. Forse era solo la mia immaginazione, ma ai miei occhi risplendeva come una piccola stella nell’oscurità che era calata su di me. Mi disse che Wynne era debilitata dalla tristezza e quando un’epidemia colpì l’intera struttura, lei fu una delle prime ad ammalarsi. Mi disse che mi chiamava durante il delirio, che mi pregava di tornare. Credeva che l’avessi abbandonata. – adesso qualche lacrima aveva iniziato a rigare il volto stremato dell’uomo. Kelly cercando di mantenere un minimo di autocontrollo si era inginocchiata vicino a Thomas carezzandogli piano la mano, asciugandosi di tanto in tanto gli occhi.
-Disse che resistette per giorni e giorni, non voleva morire senza rivedermi, ma alla fine la malattia ebbe la meglio. Aveva solo ventitré anni. -
Ci furono lunghi minuti di silenzio, spezzato solo da qualche singhiozzo.
Kelly era stata riportata con violenza al momento in cui aveva salutato Billy, in cui lo aveva abbandonato volontariamente. “Tornerò.” Quella parola detta per paura di dirgli che lo amava era stata la sua maledizione. Era tornata, era vero, ma l’aveva fatto troppo tardi, come Thomas... solo che lui era stato costretto.
-Sapete, ogni tanto penso che sia qui con me. La sento, percepisco il suo tocco. Non so spiegarvi come sia possibile, ma è per questo che vengo qui. So che lei c’è e che mi aspetta ancora, ed io non la voglio deludere. -
Kelly si alzò di scatto, cominciando a camminare avanti e indietro nella piccola cameretta. Era un modo per non pensare, per sentire meno il fastidio della sua colpa. Perché la colpa era esclusivamente sua e lo sapeva. L’aveva perso perché non aveva avuto il coraggio di tornare, perché non sapeva cosa avrebbe trovato al ritorno. Si era fregata da sola.
Camminava incessantemente da dieci minuti, sotto lo sguardo attento dei due uomini, poi sentì qualcosa che la fece girare di scatto verso il signor Thomas. Un qualcosa di gelido, ma che donava sensazioni di pace. All’inizio si trattava di una leggera nebbiolina sfocata, solo dopo qualche secondo riuscì a vedere una ragazza. Una bellissima ragazza, con un sorriso caldo sul volto, stava asciugando le lacrime del suo amato con gesti lenti e delicati.
-Sei tu!- in un sospiro aveva pronunciato queste due parole. Cosa che non sfuggì a nessuno. Sia Thomas sia Liam la guardarono straniti, mentre Wynne si faceva avanti, frapponendosi tra Kelly e gli altri due.
-Tu mi vedi? Tu mi senti?- l’emozione traspariva chiara dai gesti e dall’espressione del fantasma.
Che dopo un gesto di assenso di Kelly, si mise una mano sulle labbra, incredula, per la grande fortuna che aveva avuto. –Sono anni che aspetto una come te, e finalmente sei qui. Dio ti benedica. -
Kelly si mise seduta sul letto, accanto alla ragazza, scrutandola con molto interesse. Si stava mordicchiando nervosamente il pollice sinistro, indecisa sul da farsi.
-Vuoi parlare con lui?- disse Kelly, indicando Thomas.
-Lo voglio da molti anni! Avrei tanto voluto chiedergli perché era sparito, ma stasera l’ho capito. Stasera ho trovato la mia serenità.-
-Cosa vuoi che gli dica?-
-Digli che lo amo, non ho mai smesso di farlo, neanche quando stavo morendo. Digli di non venire più, che sarò io ad andare da lui finché mi vorrà al suo fianco. Non lo abbandonerò mai. -
Kelly riportò per filo e per segno ciò che le aveva detto il fantasma.
Thomas, si sciolse in un pianto liberatorio tenuto dentro da troppi anni. Aveva il viso nascosto tra le mani ed era scosso dai brividi e dai singhiozzi. Erano finalmente liberi. Non liberi di amarsi ancora, ma liberi dal dolore di un abbandono forzato, liberi da pensieri errati e da paure ingiustificate. Si erano amati, si amavano e sarebbe stato così fino alla fine, anche se non potevano vedersi.
Uscirono tutti e quattro all’alba dall’ospedale. Liam e Kelly accompagnarono il signor Thomas a casa sua. Kelly gli lasciò il suo numero di telefono e l’indirizzo, in modo che potesse sempre raggiungerla per qualsiasi evenienza.
Si abbracciarono con trasporto. Il vecchio col suo viso dolce e sereno la ringraziò ancora per averlo aiutato.
Si congedarono poco dopo, tornando silenziosamente in albergo. Kelly si maledisse mentalmente per aver lasciato le scarpe all’ospedale, ormai i suoi piedi somigliavano a due ghiaccioli. Con il groppo in gola si mise a letto tutta vestita, non diede la buonanotte a Liam, che però non se la prese. Affondò nelle coperte, avvolgendosi fino alla testa. Era stremata, era affranta, era spezzata. Voleva Billy al suo fianco, desiderava sentire le sue carezze, le mani calde che l’avvolgevano donandogli sicurezza, ma lui non c’era. Non c’erano le sue mani, né le sue carezze. Era sola e non voleva.
Decise che forse era l’ora di aprire il suo messaggio. Aveva quell’occasione, lui le aveva scritto e nessuno aveva impedito al messaggio di arrivare. Era pronta a qualsiasi cosa. Con dita tremanti andò a cliccare sull’icona del suo messaggio, poi strinse gli occhi, involontariamente, come per proteggersi da una verità troppo crudele.
“Dobbiamo parlare.” Tremò interiormente pensando a un altro round contro di lui, ma pur di vederlo era pronta anche a farsi prendere a parolacce.
Gli rispose, con due giorni di ritardo dicendogli che era a Shannon e che non poteva raggiungerlo. La cosa che la stupì fu sapere che anche lui era lì. Era lì per lei.

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Capitolo 10
*** what remains of us ***


Si svegliò verso le tre del pomeriggio con un nuovo spirito combattivo. Si vesti silenziosamente, sgattaiolando fuori dalla camera per non svegliare Liam, che ancora dormiva sul divano.
Non percorse però molta strada, che fu subito intercettata da Brendan. Era appostato come un avvoltoio alla fine del corridoio, vicino all’ascensore del loro piano.
-Eccola la mia sensitiva preferita!- il tono non era molto cordiale, e i suoi occhi minacciavano guerra.
-Buongiorno anche a te!- disse, cercando di sviare qualsiasi argomento. –Stavo scendendo a fare colazione.-
-Colazione? Come mai? Ieri non c’erano visite notturne all’ospedale, credevo che avessi dormito un po’, invece ti sei comunque svegliata tardi. -
-A quanto pare ho avuto il sonno agitato, in più alcuni fantasmi mi hanno infastidita per tutta la notte.-
Lo sguardo di lui si fece ancora più tagliente. –Sai che ho seguito il tuo consiglio? La mattina seguente alla tua proposta ho incaricato un tecnico di montare delle telecamere in tutto l’ospedale. Fantastico quello che puoi scoprire di un posto abbandonato!-.
Ecco dove voleva arrivare. Kelly si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio fingendosi disinvolta, come se quello che Brendan stesse dicendo fosse di poco conto.
-Immagino. - si guardava intorno, cercando una via di fuga, ma non trovando niente si arrese al dover dare delle spiegazioni.
-Vai al punto Brendan.- disse infastidita.
-Il punto è che sei andata lì senza avvisare nessuno. Ti ho visto entrare con Liam e uscire con lui e un vecchio. È lui quello della camera 206?-
-No, ti pare? Quello era solo un satanista.- il tono sprezzante non piacque molto a Brendan, che si avvicinò minaccioso a Kelly, fino a farla poggiare con la schiena al muro dietro di lei.
-Forse non ci siamo capiti. Io ti pago, tu non puoi fare cose di nascosto da me. -
Si metteva male. Gettò la spugna correndo ai ripari. Non voleva perdere i suoi soldi.
-Che cosa vuoi da me?-
-Voglio che mi dici tutto quello che hai scoperto, voglio che contatti quel vecchio e che ci fai una puntata speciale con quegli sfigati della televisione. Voglio quello che mi hai promesso.-
Cavolo era furbo e pure stronzo.
-Non lo contatterò. Ha trovato da poco la pace, non voglio fargli provare ancora dolore.-
Il viso tremendamente rosso di Brendan e le vene pulsanti sulle tempie fecero rimpiangere a Kelly il fatto di essere già attaccata al muro. Stranamente, anche se in modo del tutto innaturale, Brendan parve ritrovare la calma. Ora le sorrideva cosa che le causò non pochi brividi di terrore. Probabilmente quell’uomo era pazzo.
-Carina, tu farai quello che ti dico. Lo chiamerai, lo intervisterai e poi manderemo tutto in onda!-
Non le diede il tempo di ribattere. La salutò voltandole di scatto le spalle.
Per calmarsi tirò qualche calcio all’ascensore appena arrivato al suo piano.
Doveva rasserenarsi, era obbligata, ancora trenta minuti e avrebbe visto Billy, non poteva farsi trovare già incazzata.
Cercò di sistemarsi la felpa di due taglie più grande che aveva indossato di corsa, era talmente lisa in alcuni punti da lasciar trasparire la pelle intirizzita dal freddo.
Per fare alla svelta si era vestita con poca attenzione, quel giorno faceva veramente freddo e la leggera nebbiolina che oscurava la strada riusciva a farsi spazio nelle ossa fino a provocare delle fitte fastidiose.
Stringeva convulsamente i bordi delle maniche, le faceva quasi senso toccarle, erano umide di saliva, dato che all’inizio non aveva fatto altro che morderle; aveva smesso solo per evitare che Billy potesse notare le macchie umide e scure, già così non si sentiva a suo agio...
Erano quasi le quattro del pomeriggio, ancora qualche minuto e sarebbe arrivato anche lui. Si erano dati appuntamento sulla riva dello Shannon, poco distante dal suo hotel. La foschia sembrava provenire proprio dal fiume, risaliva le sponde e si spargeva in ogni dove, sembrava quasi magia, un paesaggio stregato. Il cielo prometteva pioggia, e tutto intorno gli alberi e i campi sembravano immobili, come se niente potesse toccarli, o modificarne la loro essenza: eterni, impalpabili, nella loro immutabilità.
Respirava affannosamente, creando col suo respiro caldo delle piccole nuvolette di vapore. Quando era sola in giro e fuori faceva freddo, si divertiva spesso a soffiare fuori tutto il fiato che aveva in corpo solo per vedere quelle nuvolette. Le erano di conforto in un modo che lei ancora non riusciva a comprendere, la facevano sentire bambina, come se tutte le angosce provate fino a quel momento non fossero esistite. Si perse nei suoi vaneggiamenti, restando imbambolata dal rotolare dei sassolini colpiti dalle sue scarpe, ci voleva veramente poco per farla incantare, le bastava notare anche solo un granello di polvere particolarmente interessante per lei, che passava minuti interi a fissarlo intensamente, come se le parlasse di un segreto fondamentale per la sua esistenza.
-Aspetti da molto?-
Si ritrovò a trattenere il fiato, non sentiva la sua voce così tranquilla da un’infinità di tempo. Aveva smesso di colpire i sassolini e nessuna nuvoletta aveva più lasciato le sue labbra.
-Dovresti ricominciare a respirare, dicono che non faccia bene trattenere il fiato per troppo tempo.- le stava sorridendo. Billy sorrideva proprio a lei. Neanche nel sogno più ottimista mai fatto, si sarebbe spinta a immaginare un suo sorriso. Aveva sognato di fare l’amore con lui, ma anche lì si trattava di qualcosa di rabbioso, uno sfogo per la loro frustrazione, niente di più, e invece adesso lui le stava sorridendo. Rimase a guardarlo trattenendo il respiro ancora per qualche secondo, poi senza sapere come, ritrovò un pizzico di lucidità. Forse inconsciamente l’idea di fare la figura della stupida proprio davanti a lui non la entusiasmava molto.
-L’ho sentito anch’io. – si affrettò a rispondere. L’aria entrò nei polmoni molto velocemente, ghiacciandoli all’istante. Si portò subito una mano al petto cercando di riscaldarsi internamente, anche se lei per prima sapeva che non sarebbe servito a nulla.
Il silenzio tra loro aleggiava indisturbato, opprimendoli come mai prima.
Kelly si ritrovò a pensare a quanto fosse bello con quel cappellino di lana sgangherato col pom- pon tutto sfilacciato. Sinceramente la ragazza non sapeva neanche come avesse fatto a infilarselo con tutti quei ricci fin troppo vaporosi. Gli occhi rilucevano nel bianco della nebbia, sempre protetti da quelle lunghe ciglia castane. Le sue labbra, gli occhi, tutto l’era mancato immensamente, soprattutto quella sua espressione serena sul viso. Era tornato a essere lui, finalmente.
Kelly si ritrovò a pensare che la signora Evans non avrebbe gradito per niente. Che pensiero sciocco, in quel momento avrebbe potuto pensare a un milione di alte cose, e invece? I dubbi sul fatto di non essere molto normale si stavano trasformando in pura e semplice realtà, lei non era normale, e non solo perché chiacchierava abitualmente con persone decedute da tempo, no, lei era anormale perché si complicava la vita da sola, provandoci anche gusto.
-Di cosa volevi parlarmi?- lo guardò con la coda dell’occhio cercando di individuare una qualsiasi reazione. Reazione che non si fece attendere. I tratti del viso di Billy s’indurirono, come se un brivido gelido avesse attraversato il suo corpo. Non la guardava, sembrava intenzionato a voler fissare un punto indefinito del fiume davanti a loro.  
-Di tutto quello che è successo fino ad oggi. - la risposta fu semplice e diretta, anche se l’argomento non poteva essere più spinoso di quello.
L’aveva detto facendolo sembrare la cosa più tranquilla del mondo, quando entrambi sapevano che non era proprio un argomento da prendere sottogamba; loro due non erano un argomento da sottovalutare, non lo erano mai stati.
-Da dove vogliamo iniziare?- chiese lei sarcasticamente.
Sarcasmo che ovviamente non sfuggì al riccio, che però, stranamente, si ritrovò a ridere di gusto per l’atteggiamento della ragazza.
-Beh, vediamo. Magari dal fatto che non avrei dovuto insultarti gratuitamente ogni santa volta che incrociavi la mia strada.-
Lei fece finta di soppesare l’affermazione del ragazzo, mettendo su un’espressione che sarebbe dovuta sembrare seria, ma che sembrava solo vagamente ironica. –Bell’argomento, mi piace.- disse poi con convinzione. –E diciamo  che io non sarei dovuta sparire nel nulla.-
Il ragazzo parve avere un guizzo, il sentire ammettere quella precisa colpa da Kelly lo fece stranire, e non poco. –Senti, lo so che sono stata una stronza, non ho problemi ad ammetterlo e non ho problemi a chiederti scusa, se parliamo in modo tranquillo come adesso.-
Il ragazzo si trovò a concordare silenziosamente con lei, che parve molto sollevata per la loro ritrovata maturità emotiva.
-Perché lo hai fatto?-
La ragazza decise che la sponda del fiume, nonostante l’erba bagnata e la nebbia persistente, fosse la cosa più comoda nelle vicinanze, così lasciò Billy dietro di sé e iniziò a camminare verso la riva per sedersi a osservare il paesaggio.
Lui la raggiunse quasi subito, fissandola, in attesa di quella risposta che aspettava da troppo tempo.
-Avevo paura.- Billy parve non capire, così lei proseguì con la sua spiegazione. –Non mi sentivo più io, non lavoravo più con i fantasmi, mi ero chiusa in me stessa, non avevo neanche più la tinta.- disse con tono solenne, quello sembrava essere la cosa più tremenda mai accaduta nella sua vita. –Avevo paura che vedendomi non mi avresti più voluta, non mi volevo nemmeno io, così ho posticipato il ritorno fino a quando ho potuto. Fin quando il desiderio di tornare non ha preso il sopravvento su quello di restare nascosta.- Lui la fissò intensamente, spostandole poi una ciocca di capelli dal viso. –Ma sei scema?- non trovò altro da dire, nelle altre frasi erano presenti offese anche piuttosto pesanti che forse era meglio evitare. A quell’uscita la ragazza scattò in piedi con un movimento brusco che la fece quasi cadere nel fiume, complice anche l’erba umida.
-Possibile che sei così limitato? Come fai a non capirmi?-
Billy cercò di reprimere l’istinto di gettarla nell’acqua gelida limitandosi a dare un cazzotto al terreno sotto di lui. –No, sei tu che non capisci, ero preoccupato, ero triste solo ed ero innamorato di te. Mi hai lasciato dicendomi che saresti tornata e invece? È passato più di un anno prima che potessi vederti riapparire dal niente con la tua solita faccia tosta.- i toni pacati erano andati a farsi benedire, aveva nuovamente alzato la voce, accusandola ancora una volta. Solo che adesso era giusto, adesso almeno si era fatto un’idea generale dell’angoscia in cui aveva vissuto per tutto quel tempo. C’era una cosa però che aveva colpito la ragazza, il resto delle parole era passato in secondo piano davanti all’evidenza di quello che aveva appena ammesso. –Tu mi amavi?-
Lui sembrò cadere dalle nuvole. Era pronto a fare fuoco e fiamme e quella domanda l’aveva sorpreso, quasi tranquillizzandolo. –Si, ti amavo. Lo sapevi, te l’ho detto. Sei tu quella che non l’ha mai detto.-
Lei si voltò, dandogli le spalle. Aveva ripreso a mordersi il bordo della manica. –Tu mi amavi.- ripeté con voce tremula. Solo allora il ragazzo parve rendersi conto di cosa avesse turbato Kelly. –Beh vedi io...- cercò di giustificarsi senza trovare niente da dire. L’aveva amata, l’amava sicuramente, ma ora c’era Lory e in più aveva paura di ricevere un’altra batosta aprendosi nuovamente con lei.
-C’è Lory adesso.- mai parole furono più sbagliate. Si pentì subito di averle pronunciate.
La ragazza tremò visibilmente e poi come se niente fosse iniziò a sorridergli. Aveva gli occhi leggermente velati, ma il suo autocontrollo sembrava aver avuto la meglio su qualsiasi reazione esasperatamente viscerale. -Bene, dato che abbiamo chiarito direi che puoi tornare a casa. – il tono era velatamente perentorio. Non erano ammesse altre risposte se non un “ciao, ci si vede.”  Ma lui come al solito non riusciva a capirla. Si sporse verso di lei, cercando di afferrarla per il braccio ma Kelly fu più veloce facendo qualche passo indietro, evitando così la sua presa.
- Kelly. – l’aveva pregata il viso di Billy ormai era scuro, triste. Sapeva come sarebbe finita, le aveva offerto su un piatto d’argento l’occasione di scappare nuovamente da lui.
-Billy io devo andare, ho del lavoro da fare.- detto questo iniziò a correre verso il suo albergo, le mancava il fiato e non per la corsa, doveva allontanarsi più velocemente possibile, sentiva che altrimenti sarebbe crollata.
Il ragazzo gridò ancora il suo nome, ma non servì a nulla.
Aveva iniziato a piovere. Pioveva talmente forte che le gocce che le sbattevano sul viso le lasciavano dei piccoli segni rossi.
Il cielo era diventato quasi nero e i fulmini correvano tra le nuvole con scie di colore viola. Era uno spettacolo spaventoso.
Purtroppo per lei i pochi punti del viale coperti da tettoie erano già occupati da turisti senza ombrello che si godevano lo spettacolo del cielo d’Irlanda in tempesta.
Le gocce cadevano ovunque entrandole spesso dentro gli occhi, che faticava a tenere aperti.
Arrivata in albergo, corse fino alla sua suite, lasciando al suo passaggio impronte fradice sul pavimento di marmo.
Bussò per parecchio tempo, forse Liam stava ancora dormendo, ma poco importava, avrebbe continuato fino a svegliarlo.
-Che cavolo... - il ragazzo aprì la porta con gli occhi mezzi chiusi per il sonno. –Ti pare il modo? E poi con questo tempo vai a correre?-
Lei lo spostò con poca grazia, dirigendosi in camera sua per cambiarsi e riscaldarsi come meglio poteva. –Sei pazza? Anzi no, la tua pazzia è peggiorata ultimamente?-
Kelly lo guardò male per qualche secondo, poi senza dire nulla si scagliò contro di lui, obbligandolo a uscire dalla sua camera. Le grida di disappunto provenienti dal salone furono totalmente ignorate dalla ragazza, che rinchiusa nel suo mutismo si gettò nella doccia facendosi coccolare un po’ dal getto bollente dell’acqua.
Restò lì dentro per un’ora, ne uscì solo quando la pelle prese a raggrinzirsi come una prugna secca, ma ne valse la pena. Non avrebbe comunque aperto bocca con nessuno e per nessun motivo, ma era sicuramente meno distrutta rispetto a prima.
 Era ancora bagnata quando sentì bussare alla porta della suite.
-È per te. - le disse Liam con fare scontroso.
La ragazza non si vestì neanche, rimase col suo asciugamano bagnato addosso e si avvicinò all’ingresso della camera.
Il volto scuro di Brendan fu molto eloquente, non ebbe bisogno di proferire parola. –Ci andrò a parlare tra un paio d’ore .-
-Cerca di essere convincente e fatti dare l’autorizzazione per filmarlo, altrimenti non servirà a nulla la tua chiacchierata con lui.-
Detto questo se ne andò, lasciandola con una sensazione fastidiosa alla bocca dello stomaco, talmente fastidiosa da costringerla a correre in bagno per dare di stomaco.
Tutte quelle emozioni le avevano fatto capire che il suo fisico stava risentendo della rabbia, la frustrazione e la tristezza che covava dentro. Passò un po’ di tempo piegata sulla tazza del bagno a fissare le lastre di marmo chiaro che coprivano tutte le superfici. Era rannicchiata a terra senza la forza né la voglia di alzarsi. –Immagino che il pavimento sia comodo.- le disse Liam prima di accovacciarsi a sua volta vicino a lei. Poggiò una mano sulla sua schiena massaggiandola un po’ con delicatezza, quel ragazzo era fin troppo gentile nei suoi confronti.
Kelly lo guardò con tenerezza, girando verso di lui soltanto la testa. Era sfinita e si vedeva da chilometri di distanza. –Hai una faccia!- la stuzzicò il ragazzo.
-Vorrei vedere te.- sbuffò lei. –Non sei tu quello che deve costringere un povero vecchietto a svendere la sua storia.-
-Effettivamente non è proprio il massimo, ma puoi promettergli qualcosa di bello. Fai in modo che quelli della produzione, o che proprio Brendan gli offrano qualcosa in cambio. Tu sarai il tramite.-
Quel ragazzo ogni tanto tirava fuori delle idee geniali, e dire che non gli avrebbe dato un soldo. Proponendo un affare del genere a Brendan avrebbe fatto in modo di guadagnarci anche lei.
Vestita e sistemata, camminò a passo di marcia fino alla camera dell’uomo, che aprendo la porta si ritrovò sbattuto per terra. Quando Kelly aveva qualcosa in mente, si faceva prendere dalla foga e non pensava ad altro. Guardò storto Brendan, non capendo come avesse fatto a finire col sedere sul pavimento, poi decise di glissare passando subito al sodo.
-Ho una proposta.- disse sicura di se.
L’uomo ancora intontito si tirò in piedi, massaggiandosi il sedere dolorante. –Che proposta?-
-Ti faccio avere la più bella intervista con annessa autorizzazione. Intervista che farò io al signor Thomas, al quale voi donerete qualsiasi cosa lui voglia.- lo sguardo dell’uomo si fece scettico. –Sta tranquillo, non vorrà i tuoi soldi, è ricco!- le paroline magiche, Brendan parve riprendere il solito colorito, anche i lineamenti del viso sembravano più distesi.
-Va bene. Che altro vuoi?- chiese infastidito. Quella piccola pulce sapeva il fatto suo, almeno questo doveva ammetterlo, anche se restava comunque una spina nel fianco.
-Voglio che mi trovi tutte le informazioni riservate su un caso di omicidio e successivo suicidio. Si tratta di Cecille Fitzpatrick e di suo figlio.-.
-Informazioni riservate? Per chi mi hai preso, per la C.I.A. ?-
-No, per un miliardario. Inventati qualcosa. Hai i mezzi che vuoi per farlo.-
Lui la guardò truce, lei ricambiò sorridendo. Il gioco di sguardi durò qualche minuto, ma come aveva previsto Kelly, lui non ci mise molto a cedere.
-Va bene piccola stronza, ma dovrai farmi un servizio strepitoso, voglio far diventare il mio ospedale famoso, voglio che tutto il mondo lo conosca. -
Lei alzò le mani in segno di resa, sorridendo per la limitata visione della vita che puntualmente le dimostrava Brendan: o soldi e notorietà o niente. I sorrisi, l’amore, il rimpianto, il dolore... niente esisteva se non procurava denaro. Kelly era sicura che potendo si sarebbe venduto anche sua madre, o magari lo aveva già fatto.
Uscì saltellando dalla sua camera, Liam la aspettava nella Hall dell’albergo, l'avrebbe accompagnarla in quell’impresa, glielo doveva.

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Capitolo 11
*** Il mio per sempre. ***


Il signor O’Neill parve illuminarsi trovando i due ragazzi fuori dalla porta di casa sua.
Li fece accomodare in un salotto molto ampio, ricoperto di legno scuro. Aveva grandi finestre coperta a metà da tende di un tessuto pesante color sangue, che davano su un giardino ormai fradicio per la pioggia del giorno, e un camino in muratura alto quanto un uomo e lungo uguale. Era uno spettacolo raro. Kelly ne rimase affascinata. Davanti al camino c’era un divano con due poltrone, e poco più lontana faceva bella mostra di sé una sedia a dondolo che sembrava molto antica.
Le luci non erano accese, solo il fuoco illuminava quella grande stanza, creando ombre lugubri sulle pareti circostanti.  
Il vecchio li fece accomodare davanti al camino, avendo notato il leggero tremare dei due ragazzi, dovuto alle temperature lievemente rigide dell’esterno.
Offrì loro del tè con qualche biscotto, per poi immergersi nella totale ammirazione delle fiamme che ballavano davanti al suo sguardo.
-Siete stati carini a venire, so che anche Wynne apprezza il gesto, lo sento.- disse sicuro, senza mai distogliere lo sguardo dalle fiamme.
-Siamo felici di questo, ma sono qui per qualcosa di spiacevole. Devo chiederle un favore, e mi creda se le dico che non vorrei farlo, ma sono obbligata...- sembrò non aver bisogno di respirare, disse tutto senza mai prendere fiato mordendosi spesso il labbro inferiore. Tutta colpa del disagio che si faceva spazio in lei.
-Giuro che avrà in cambio tutto ciò che vorrà, senza alcuna restrizione.- ormai aveva perso il controllo, parlava a vanvera cercando di mettere le mani avanti per evitare l’umiliazione nel dovergli chiedere quella cosa.
Il vecchio la studiò per un po’, rendendosi subito conto del suo disagio. –Ragazzina parla, così ti togli il pensiero!- le lanciò un sorriso dolce e tranquillo che Kelly ricambiò con altrettanto sentimento. –Beh, vede... vorrei chiederle un’intervista sulla sua storia con Wynne. Io lavoro in quell’edificio, cioè lavoro per il proprietario, collaboro con la troupe che fa i rilievi di notte in quel posto. Cerchiamo fantasmi. La storia della 206 ha affascinato da subito il mio capo, così vorrebbe filmarla e mandarla in tv...-
 Il disagio era tornato più forte che mai, ora evitava lo sguardo di Thomas, e si tormentava le mani cercando di trovare un minimo di sollievo. Si faceva leggermente schifo in quel momento, ma non aveva molta scelta... quei soldi le facevano gola, non era poi migliore di Brendan.
-Beh, va bene.- la risposta dell’anziano signore arrivò inaspettata, Kelly saltò sulla poltrona tanta fu la sorpresa. Liam aveva iniziato a ridere, fin troppo felice per quella risposta.
-Dovrebbe firmare queste carte.- disse poi la ragazza, tirando fuori dalla borsa che aveva poggiato sulle gambe dei documenti prestampati. Qualche minuto dopo tutto era finito. La richiesta di Thomas fu semplice, un’ala del nuovo ospedale, quella in cui si trovava la 206 doveva essere dedicata a Wynne, e chiedeva anche che fosse eretta una cappella nel cimitero dell’ospedale in cui far riposare la sua amata, abbastanza spaziosa da far si che ci fosse posto anche per lui, un giorno.
Kelly abbracciò con trasporto il vecchietto davanti a se, salutando poi il fantasma della donna che si era palesato solo in quel momento. Si sarebbero visti il giorno seguente, per registrare la sua intervista.
 Brendan fu estremamente felice per la notizia, e fu ancora più contento di scoprire che le condizioni del vecchio non richiedevano chissà quale sperpero di denaro.
Rassicurò Kelly per quanto riguardava ciò che lei aveva chiesto, c’era già un’equipe d’investigatori a lavoro per farla felice.
Quella sera andò a dormire più contenta, Billy era sparito dalla sua mente, ora c’era solo la felicità che provava per aver portato a termine qualcosa d’importante.
 
                                                                                  ***
 
 
L’intervista fu molto toccante, tutti, nessuno escluso, versavano lacrime per la troppa emozione, o per empatia nei confronti di Thomas. Anche quella vipera senza cuore di Brendan. Kelly dal canto suo cercava di non mostrarsi troppo fragile: vedeva la forte emozione di Thomas nel raccontare la loro storia, e vedeva Wynne con una mano poggiata sulla spalla del suo amore, sempre pronta a donargli forza e sicurezza. –So che può sembrare strano.- disse il vecchietto, finendo la sua intervista. –Ma nonostante la distanza, gli equivoci e l’impossibilità di vederci, io so che il nostro amore ancora resiste. Ne abbiamo passate talmente tante che non potrebbe essere altrimenti, la amo, anche se fisicamente non è qui, la amo perché lei è quella parte indispensabile della mia anima, la parte di cui ho fatto a meno per troppo tempo. L’ho persa senza poter fare nulla per cambiare le cose, è morta da sola aspettando il mio ritorno, ma nonostante questo ora siamo insieme e quando finalmente tornerò da lei per stringerla forte a me, da quel momento in poi l’eternità sarà il nostro futuro, un futuro che passeremo insieme senza più limitazioni. Lei è il mio per sempre. Se avessi potuto, avrei fatto in modo di passare ogni istante di questa vita insieme a lei, regalandole tutto me stesso, ma adesso ho solo l’eternità davanti, una vita dopo la vita da dedicarle completamente. Penso spesso al momento in cui la rivedrò. So che piangerò senza ritegno, so che cadrò ai suoi piedi chiedendole perdono per non essermi opposto alla decisione dei miei genitori, per non aver lottato a sufficienza per noi. Ora so che avrei dovuto provare, so che se ami qualcuno con tutto te stesso non lo lasci andare via dalla tua vita, non lasci che venga strappato un pezzo della tua anima senza il quale non potrai più vivere, non veramente. Per questo non vedo l’ora di riaverla con me, perché la vita che ho vissuto fino a questo momento non è stata veramente vita, ho vissuto nei ricordi di noi, invecchiando senza di lei. Morirò trovandola già al mio fianco, sarà la cosa più bella del mondo.
La bacerò e poi la terrò con me, come il tesoro più prezioso che sia mai esistito, e solo in quel momento potrò veramente vivere felice, anche se sarò morto!- Aveva parlato con la tranquillità che lo caratterizzava sempre, la consapevolezza della morte non lo spaventava, anzi, lo esaltava fino al punto di renderlo euforico. Sarebbe tornato da lei, sarebbe tornato dal suo amore. Solo questo era l’importante: ricongiungere i pezzi stracciati della sua anima. Riunire le loro essenze per crearne una nuova e unica.
Kelly si alzò dalla poltrona del salotto di Thomas, aveva deciso di registrare lì il loro incontro, e lo abbracciò piangendo come una bambina isterica. Piangeva per la sua storia, piangeva per Billy, piangeva perché era stata lei l’artefice della disastrosa fine tra loro due.
L’abbraccio caldo del vecchietto la consolò ma solo in parte, sembrava che il suo pianto non potesse essere placato in nessun modo. Tremava e singhiozzava sonoramente, sotto lo sguardo di tutti. Nessuno però aveva voglia di parlare, ognuno dei presenti capiva lo stato d’animo della ragazza, anche loro erano usciti provati da quel colloquio.
Solo dopo parecchio tempo Kelly sembrò calmarsi, erano andati via tutti tranne Liam, sempre pronto a prestarle una spalla su cui piangere.
-Dovresti andare da lui.- Kelly  che era ancora abbracciata a Thomas sbarrò gli occhi, erano umidi per le tante lacrime, le guance rosse indolenzite per il troppo pianto. Cercò di ritrovare un minimo di compostezza prima di voltarsi verso il suo interlocutore.
Liam la guardava con intensità, lo sguardo praticamente indecifrabile. Era seduto in maniera strana sulla sedia a dondolo, sembrava trovarla particolarmente scomoda.
-Scusa come?- non credeva possibile che proprio lui potesse dirle una cosa simile. Proprio Liam che si era battuto strenuamente per tenerla lontana dal riccio, per proteggerla da lui.
-Hai capito benissimo, dovresti andare da lui. Hai sentito cos’ha detto il signor Thomas.-
Le labbra le tremarono vistosamente, segno che stava per ricominciare a frignare. Salutò molto velocemente l’anziano signore e la sua dolce metà, per poi afferrare Liam per un braccio e condurlo fuori dalla grande villa.
-Perché?- chiese lei semplicemente. Il cuore che le galoppava nel petto come in poche altre occasioni.
-Perché non puoi stare senza di lui. Non stai vivendo, sopravvivi sperando che il domani sia leggermente meno merdoso dell’oggi. Nonostante odi quel coglioncello ho capito che solo lui può renderti veramente felice.- la voce gli tremava, la stava lasciando andare via dal riparo sicuro delle sue braccia.
Kelly carezzò piano il volto del ragazzo, aveva lo sguardo pieno di tenerezza, il cuore pompava più sangue del dovuto e un sorriso appena abbozzato fece capolino sul suo viso.
-Lo sai che comunque tu sei indispensabile per me, vero?- non era un modo per tenerlo legato a lei facendogli credere di avere qualche possibilità. Voleva solo fargli capire che nonostante tutto aveva bisogno della sua presenza nella sua vita, che anche lui ormai era diventato un pezzo necessario della sua anima. –Ovvio che non puoi fare a meno di me, ma mi hai visto?- Kelly rise con gusto a quelle parole, quel ragazzo sapeva sempre come renderla felice, come farle tornare il sorriso.
Guidata dall’affetto nei suoi confronti e dalla gratitudine si avvicinò al suo viso, depositando un lieve bacio sulle sue labbra. Fu solo per qualche secondo, poi si staccarono, entrambi pieni di una nuova consapevolezza: erano liberi.

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Capitolo 12
*** La dama del treno. ***


Chiedo scusa a tutti quelli che leggono la storia, sono pessima. Lo so che è passato tantissimo dall'ultimo capitolo pubblicato, ma avevo le idee troppo confuse per riuscire a scrivere. Comunque sono tornata, spero che possa essere una buona notizia per voi, sicuramente lo è per me, questa storia è la mia piccola creaturina ed anche se è un pò storpia ha diritto anche lei ad una conclusione! Per sua fortuna la piccola vacanzina in Irlanda ha giovato e non poco alla mia voglia di scrivere, così appena rientrata mi sono fiondata sulla tastiera!
Ora vi lascio alla lettura del capitolo, a presto! :3









Il suo lavoro lì era finito, avevano ispezionato l’ospedale scendendo fino alle fondamenta della struttura filmando tutto, ora bisognava montare la puntata e lo speciale.
Rimase scioccata quando tutti i membri della troupe la salutarono calorosamente, anche Brendan, che, lasciandola ulteriormente di stucco corse da lei per abbracciarla.
-Sei una grande, una ragazza speciale!- Le aveva detto con un sorriso splendente.
Lei aveva risposto con un grazie tremolante, ricambiando il sorriso con una smorfia che faceva trapelare solo disagio.
Festeggiarono tutti insiemi fino alle prime luci dell’alba nella sala da ballo dell’hotel. Lei si ritrovò a ballare spesso con Liam, che però, altrettanto spesso la lasciava sola, o con qualcun altro, per andare a ballare con le ragazze della squadra d’investigazione.
Alle sette di mattina gli sbadigli si sprecavano, c’era gente accasciata sulle sedie ai lati della pista, chi, sorretto forse dal troppo alcool, o da qualche droga riusciva ancora a fare qualche passo di un lento che in sottofondo cullava tutti i presenti. Kelly e Liam decisero di rintanarsi nella loro suite, la ragazza non fece storie quando vide Liam gettarsi di peso sul lato sinistro del letto. Poveretto, era stremato, non poteva cacciarlo.
Si fissarono un po’ prima che le palpebre pesanti di entrambi si chiudessero da sole. 
-Buonanotte .- Mugugnò lei, cadendo subito dopo in un sonno profondo.
 
Un profumino delicato la riportò alla realtà facendole aprire lentamente gli occhi, non riusciva a quantificare le ore in cui aveva dormito, ma fuori era buio, quindi sicuramente era passato un bel po’ di tempo.
-Buongiorno sgorbio!- Le disse Liam sorridendole amichevolmente. Era seduto sul piumone, sempre vicino a lei e sgranocchiava quello che poi riuscì a identificare come pollo fritto. -Fai colazione così?- La sua voce era ancora impastata dal sonno, quindi cercò di scandire il più possibile ogni sillaba che usciva dalla sua bocca.
-Colazione? Veramente sono le nove di sera... ti ho aspettato per cenare insieme, ma tu sembravi caduta in coma, quindi ho deciso di mangiare da solo.-
Kelly si mise seduta a sua volta, guardandolo con scetticismo. –Ci credo poco che tu abbia provato a svegliarmi, ti conosco.-
Lui si mise in bocca il pezzo di pollo che stava smangiucchiando, assumendo la posa di chi deve prestare giuramento, le mano destra poggiata sulla maglia aveva creato un enorme alone scuro a che si allargava a vista d'occhio. -Te lo giuro su questo pollo.- Farfugliò. Kelly ci mise qualche secondo per capire cosa aveva detto, ma comunque l’espressione di velato rimprovero non volle saperne di lasciare il suo viso.
Prese a sua volta un pezzo di pollo e iniziò a mangiarlo tranquillamente, guardando quel pozzo senza fondo seduto al suo fianco, le si era formato un’enorme voragine nello stomaco.
-Domani prendiamo il treno e torniamo a casa, ok?-
Lui la guardò con l’aria di chi neanche sotto tortura avrebbe lasciato un posto del genere.
-Ti offro una giornata in una Spa .- Aveva continuato la ragazza.
Liam sorrise trionfante, in un modo o nell’altro riusciva sempre a guadagnarci qualcosa.
Passarono il resto della nottata a preparare le valigie e a guardare film da quattro soldi in televisione.
Alle sette di mattina erano pronti per partire, avrebbero impiegato quasi tre ore per tornare a casa, ma sicuramente avrebbero trovato il modo di passare il tempo sul treno.
-Qui ci sono fantasmi?- domandò il ragazzo. Erano seduti in uno scompartimento isolato, il treno era mezzo vuoto e per loro fortuna non avrebbero dovuto intrattenere chiacchiere inutili con sconosciuti .
-C’è una signora dei primi del ‘900 seduta alla tua destra, è molto bella.- Effettivamente il fantasma in questione era veramente bello, il vestito lungo con il bustino stretto, una stola sulle spalle e un cappellino a coprire i capelli corvini rinchiusi in una crocchia morbida, la veletta scura a coprirle il viso di bambola.
-Grazie mille, siete veramente molto gentile!- Anche la voce era bella, bassa e calda, raramente le era capitato di sentire una voce così.
-Come mai siete su questo treno?- Le aveva domandato Kelly, molto incuriosita dall’entità.
La donna la guardò con fare smarrito, per poi spostare il suo sguardo sulla finestra dello scompartimento. –A dirvela tutta non lo ricordo, credo fosse qualcosa d’importante, ma è da talmente tanto tempo che sono bloccata qui che la ragione del mio viaggio non mi sovviene più.- L’espressione corrucciata le donava ancora di più, non doveva essere poi così grande, forse aveva una trentina d’anni, ma non di più.
-Come vi chiamate?- Liam era stato estromesso dalla conversazione, non per cattiveria, ma solo perché ovviamente non era in grado di vedere la presenza accanto a lui.
-Mi chiamo Evangeline Mahoney.- appena saputo il nome, Kelly prese il suo cellulare per vedere se ci fossero notizie di lei su internet.
-Lei è figlia di sir Leonard Mahoney III?- La donna parve ravvivarsi sentendo il nome di suo padre, era passato troppo tempo dall’ultima volta in cui l’aveva visto, o anche solo sentito nominare, che sembrò perdersi nei ricordi che aveva di lui. Senza aspettare la risposta di Evangeline, Kelly continuò a leggere la biografia della donna. Da quanto poteva leggere, era stata una donna molto combattiva, aveva vissuto la sua vita donandosi completamente a tutte le novità in cui le capitava di imbattersi, aveva anche rifiutato di sposare il duca cui era stata promessa. –Qui dice che siete morta su questo treno, forse per una malattia, ma non si sa. Stavate andando a far visita a vostra zia a Dublino, a quanto pareva lì abitava anche un vostro congiunto, forse un vostro lontano cugino? Chiese la ragazza, magari Evangeline con queste informazioni avrebbe potuto ricordare qualcosa.
Un guizzo negli occhi del fantasma e tutto parve chiaro.
-Stavo andando a trovare Edward, avete ragione, era un mio cugino alla lontana. La storia di mia zia Nora era tutta un’invenzione per tenere a bada mio padre. Sapete lui non accolse di buon grado la notizia del mio amore verso Edward, voleva farmi sposare un Duca così da ricavarne terreni e ricchezze. Era un uomo molto gretto, ma a quei tempi erano pochi gli uomini veramente interessati alle loro figlie femmine.
Decisi di scappare e presi il primo treno disponibile per Dublino. Ci avrei messo giorni ad arrivare, ma ne valeva la pena. Accadde qualcosa però il secondo giorno di viaggio: mi sentivo strana, le mie gambe si stavano intorpidendo e facevo fatica a respirare, poi tutto passò, solo che da quel momento scordai le ragioni del mio viaggio e rimasi qui sopra per paura dell’ignoto. Nessuno mi vedeva, nessuno mi parlava, ero sola e questo scompartimento era l’unica casa che mi era rimasta. -
Sembrava fosse una congiura, trovava sempre e solo storie che le alzavano i livelli di depressione al massimo storico.
Perché non trovava mai fantasmi felici e contenti di essere morti?
Decise che quella donna aveva penato fin troppo, doveva aiutarla.
-Non avete visto tunnel o luci bianche davanti a voi?- Domandò con fare indagatore.
-Ho visto una luce flebile, ma non sapevo cosa fosse così mi sono tenuta alla larga da quel bagliore.-
-Lo vede ancora?-
La donna si guardò intorno per poi puntare i suoi occhi su un punto proprio dietro la testa di Kelly. Allungò un braccio per indicare la posizione della luce e la ragazza si sposto un poco per fare spazio.
-Beh direi che è ora di raggiungerla non crede? La luce la condurrà in un posto in cui la attendono solo cose belle, si può fidare di me!-
Evangeline non sembrò molto convinta della spiegazione della ragazza, ma qualcosa la portò a fidarsi di lei. C’era un calore nello sguardo della ragazza che le fece capire quanto il suo animo fosse puro.
Prima di essere risucchiata in quel lampo di luminosità la donna ringraziò Kelly, posandole un lieve bacio sulla guancia, poi sparì nel nulla lasciando dietro di se solo una piccola folata di vento.
-Lavoro troppo impegnativo per i miei gusti.- Soffiò Liam con fare infastidito.
-Neanche troppo, ma sicuramente non ti aiuta a portare allegria nella tua vita. - 
-Tu ne avresti bisogno, forse dovresti smetterla con i fantasmi... i tuoi hanno un albergo, vai a lavorare lì no?-
La ragazza portò gli occhi al cielo, Liam era un vero rompiscatole, non perdeva occasione per dare consigli non richiesti, o borbottare come una pentola di fagioli.
-Ho rifiutato fin dall’inizio il lavoro che i miei mi avevano offerto, li vedevo già abbastanza a casa. Non voglio dipendere da loro, non m’interessa, voglio fare quello che mi piace e nonostante tutto mi piace avere a che fare con i fantasmi. Sono una fonte inesauribile di storie ed emozioni, non capita così spesso che qualcuno venga da te ad aprirsi come mai prima. È una cosa importante, per me e per loro... non sai quanto possa arricchirti una cosa così .- Disse lei. Lui le lanciò uno sguardo eloquente. –Aaah, smettila, non parlo solo dei soldi che ci guadagno. Non sono così avida.-
Strinse le braccia al petto assumendo un’aria offesa.
-Scherzavo, lo sai. Quindi adesso cosa farai?-
-Aspetterò di ricevere notizie dagli investigatori di Brendan e continuerò a indagare sul caso della Fitzpatrick. Ovviamente continuerò ad andare casa della gente a orari improbabile per chiacchierare con qualche fantasma insonne. - Poi lo guardò, stava riflettendo su qualcosa di serio, qualcosa che le premeva da un po’ di tempo.
-Tu che farai?- Disse senza pensarci troppo. –Voglio dire, voi... voi che farete? Tu e mio fratello.-
Il ragazzo sorrise, era troppo divertente vedere Kelly in imbarazzo, diventava tutta rossa ed iniziava ad evitare il suo sguardo.
-Tuo fratello resterà con te, o comunque nel paese... io tornerò a casa, devo pure guadagnare qualcosa per vivere. - Era serio mentre parlava, cosa che lasciò lievemente di stucco la ragazza.
-Proprio a questo stavo pensando. Vedi io da sola non posso gestire tutto e tu mi sei stato di grande aiuto quindi pensavo, parlandone anche con Senan e Moira, di aprire un’attività tutta mia. Voi potreste aiutarmi, se vi va. –
Il ragazzo aspettò qualche minuto prima di mostrarsi entusiasta per la notizia. -È fantastico!- sbottò senza freni, alzandosi di scatto dal suo posto. -Non puoi capire quanto io mi sia divertito in questi giorni. Oddio è la notizia più bella del mondo!- Iniziò a saltellare, prendendo poi le mani di Kelly, improvvisando con lei un girotondo nello scompartimento.
-Tu sei pazzo.- Gli gridò la ragazza, sorridendo senza riuscire a smettere.
Lo abbracciò non appena finì di farla girare. La testa era leggera, ma il corpo le sembrava pesantissimo.
-Ti voglio bene. - gli disse poi, strofinando il viso sul suo petto, godendosi il calore di quel suo abbraccio, senza essere costretta a ritrarsi per paura di ferirlo.
Il resto del tempo passò veloce, il sole alto nel cielo infinito illuminava gli sterminati campi di un verde brillante che si susseguivano veloci, interrotti soltanto da qualche muretto a secco che ne delimitava la proprietà; ogni tanto qualche nuvola veloce cercava di oscurare la luce del sole, ma il vento la soffiava subito via.
Alla stazione furono accolti da Senan e Moira, che, mano nella mano li guardavano con delle espressioni buffe di felicità mista a disagio, per via della situazione.
-Non vi si può lasciare soli neanche per qualche giorno che subito vi trovo così?- Rise lei indicando le mani strette dei due.
Fu Moira a reagire, mostrandole il dito medio mentre le sorrideva gioviale.
-Come sei dolce!- Disse, prima di abbracciarla.
-Avete fame?- Chiese poi Senan. –Ron ha cucinato un sacco di cose per il vostro ritorno!-
Si accorse solo dopo della piccola gaffe, cosa che purtroppo però non sfuggì a Moira, che per poco non lo strangolò nel mezzo della stazione. –Doveva essere una sorpresa, scemo.- Sprizzava rabbia da tutti i pori. –Scusa, non volevo. - Cercò di giustificarsi il ragazzo, anche se la rossa non sembrava voler sentire ragioni. –Moira, lascialo stare. Col tempo imparerai che è irrecuperabile!- Scherzò Kelly.
Quel viaggio l’aveva decisamente rigenerata, nonostante un paio di svolte inaspettate alla fine tutto era andato per il meglio.
Certo, l’idea di mangiare da Ronnie non la sollazzava molto, ma tutti si erano fatti in quattro per il loro ritorno, il minimo che potesse fare era sembrare felice per quella sorpresa mancata. Così si stampò sul viso un sorriso poco convinto, sperando vivamente di riuscire a superare la serata senza troppe ammaccature.

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Capitolo 13
*** Agenti segreti e piani suicidi. ***


 
-Quindi è venuto da te dicendo che lo avevo cacciato io?- il tono minaccioso di Senan aveva fatto sì che Liam si spostasse di qualche centimetro dalla linea di tiro. L’aveva visto impugnare la forchetta con troppo trasporto, cosa che l’aveva allarmato un po’.
Tra le risate generali, Kelly poté costatare con piacere che di Billy, o di Lory non c’era traccia. –Ron, il locale è bellissimo ma non avresti dovuto addobbarlo così solo per me!-
Effettivamente festoni di ogni colore adornavano le pareti e il soffitto del pub, dei palloncini erano sparsi sul pavimento e per non farsi mancare nulla, Ron le aveva anche regalato delle rose. –Sono solo felice che tu sia tornata sana e salva!- Kelly si alzò dalla sedia, per andare ad abbracciare il suo papà adottivo. Ringraziava ogni giorno di averlo conosciuto, e ogni giorno si stupiva di quanto lui ricambiasse il suo affetto. In quel posto Ron era la sua unica certezza, l’unica tangibile.
Finirono di mangiare tra una chiacchiera e l’altra, congedandosi dal proprietario del locale con almeno due chili in più.
Si divisero davanti al palazzo di Kelly, Senan voleva riportare a casa Moira, per lui doveva essere difficile staccarsi dalla rossa, dato che nell’ultimo periodo avevano praticamente convissuto.
Saliti su casa, Kelly e Liam, si gettarono sul divano, distrutti.
-Che hai intenzione di fare?- le chiese Liam, come se lei effettivamente potesse sapere a cosa si stesse riferendo. Gli lanciò uno sguardo interrogativo sperando che lui potesse capire.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, dire che Kelly fosse poco intuitiva era un eufemismo.
-Riguardo al coglioncello. Prima ti ho vista tirare un sospiro di sollievo per la sua assenza.-
La ragazza si ritrovò inconsapevolmente a mettere il broncio, incrociando le braccia e rannicchiandosi sul divano, sembrava una vecchietta. –Non ti ho chiesto mica se vuoi sposarlo, non c’è bisogno di imitare “Rain man” . - Kelly non lo guardò neanche, ormai era immersa nei suoi pensieri. L’ultima cosa che voleva era vedere quel coglione di Billy, e pensandoci bene ci sarebbe anche riuscita. Doveva chiedere alcuni permessi per aprire la sua agenzia e in più aspettava ancora i resoconti degli investigatori di Brendan.
-Ho troppo da fare per pensare a lui. Per me può anche sposarsela quella slavata con cui sta.- non si era neanche resa conto del cambiamento del suo tono, era diventata acida in meno di due secondi. –Noto un po’ di astio nei confronti di quella ragazza?-
-Non è astio, è solo indifferenza. - disse cercando di convincere anche se stessa.
Liam le diede un buffetto sulla guancia, poi si alzò per andare in bagno, lasciandola sola con i suoi pensieri.
-Tesoro sei tornata!- ovviamente non aveva mai tempo per poter pensare, sicuramente non da sola. Oltre alla signora Evans c’erano anche suo nonno e Robert, che la guardava con un sorriso stranamente ebete.
-Tutto ok?- chiese ai due anziani, indicando il cavaliere.
Il nonno lo guardò, scuotendo vigorosamente la testa. -È innamorato. - Kelly strabuzzò gli occhi, non pensava che i fantasmi potessero innamorarsi, anche se in realtà le uniche cose a differenziarli dal resto del mondo erano la loro invisibilità e il fatto che fossero deceduti.
-Di chi?-
-Oh, è una donzella magnifica! Occhi castani e capelli biondi... pelle bianchissima. È un sogno!- rispose il cavaliere con la testa fra le nuvole.
-Era una contessina del '700. È scesa dal tuo stesso treno. - spiegò il nonno con fare sbrigativo.
-A quanto pare quel treno è più infestato di questa casa...- bisbigliò Kelly. -Se a quanto mi dite è uscita dal treno allora sta bene, non dovete preoccuparvene. Magari potreste farle da Ciceroni. - la proposta fu accolta con ardore dai due sentimentali. Suo nonno invece era rimasto sulle sue, sicuramente non perché non avesse anche lui a cuore i problemi di quella ragazza, ma perché teneva molto di più a controllare che alla sua nipotina andasse tutto bene. –Erin, Robert perché non andate a cercare la ragazza? Io vi raggiungo dopo. - i due fantasmi abbracciarono Kelly con trasporto, per poi sparire silenziosamente.
-Bambolina, stai bene? Quando siamo arrivati, eri tutta raggomitolata su te stessa, e avevi anche su il tuo solito broncio. Te lo porti dietro da quando eri piccola, non sai quante ne hai spuntate con quel trucchetto !- La ragazza rise di cuore, suo nonno le aveva riportato alla mente dei ricordi felici, rasserenandola un po’.
-Sto aspettando delle notizie sul caso della signora Fitzpatrick e in più ho deciso di aprire un’agenzia tutta mia. - il nonno rimase piacevolmente sorpreso da quelle novità, finalmente la vita di sua nipote stava prendendo una svolta positiva.
-Sono veramente felice! Sappi che potrai fare affidamento su ogni singolo fantasma del paese, ci hai salvato … è il minimo che possiamo fare. -
La ragazza abbracciò il nonno, scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia. Ogni tanto avere il suo potere si rivelava piacevole, soprattutto se le dava la possibilità di sentirsi veramente vicina a suo nonno.
 
 
In un mese, grazie anche alla sua neo notorietà, riuscì ad aprire la sua agenzia. Si trattava in realtà di un piccolo ufficio inutilizzato di un nipote della signora Evans. Fu molto utile far il suo nome al momento della stipulazione del contratto. La vecchina le aveva suggerito di farlo, anche se a Kelly sembrava di approfittarsi della situazione.
Comunque avevano rimediato un ufficio di un centinaio di metri quadri. A pensarci bene era quasi più grande di casa sua. Il posto era in buono stato, loro dovettero solo riverniciarlo e spolverare le scrivanie e i vecchi computer. Quell’uomo le aveva venduto tutto, senza battere ciglio.
La massima soddisfazione però arrivò quando fissò l’adesivo con il nome della compagnia sulla porta dell’ingresso. Alla fine aveva deciso di rendere il tutto meno sfarzoso possibile. Non voleva insegne luminose in stile “Vegas”, le bastava la tanto amata porta a vetri su cui tutti i professionisti di ogni film che si rispetti affiggono il loro nome. Liam, Senan e Moira erano stati felici della sua scelta, alla fine era qualcosa che li univa tutti. –The Hunters?- quel sibilo sarcastico alle sue spalle fece sparire ogni goccia di gioia dal suo corpo. –Ti serve qualcosa?- la voce le uscì dura, senza incrinature di sorta. –Volevo vederti. - bisbigliò piano.
-Bene, ora che l’hai fatto puoi andartene. -
-Volevo parlarti. - aggiunse, ritrovando un po’ di sicurezza. Lei gli lanciò uno sguardo pieno di astio. –Hai fatto anche questo... più e più volte.- Stava per andarsene, quando si sentì afferrare dalla mano calda di Billy.
Il contatto con la sua pelle fu destabilizzante come sempre, sentiva la mano del ragazzo bruciare la sua pelle.
Cercò di mantenere almeno in apparenza quel disinteresse che in realtà dentro di sé non aveva mai provato.
Con uno strattone energico si liberò dalla sua morsa, aspettando in silenzio la sua prossima mossa.
-Che cosa stai facendo?- sapeva che la domanda racchiudeva un senso più grande di quanto potesse sembrare. Cercò di immagazzinare quanta più aria possibile nei polmoni, e solo dopo rispose. -Scappo da me stessa. - Bisbigliò, voltandosi a guardarlo.
-Scappo da te, e da ciò che mi ricordi. - fu talmente semplice rispondere a quella domanda, che quasi se ne stupì.
Gli occhi di lui erano più sgranati rispetto a prima, sembrava turbato da quell’ammissione così tranquilla. –Questa volta è veramente colpa mia. - sospirò lui, trovando quella conclusione adatta a quanto era stato detto.
-Ci siamo impegnati entrambi per arrivare a questo punto. - ciò che gli rimaneva era quel senso d’incompiuto. Erano stati sconfitti dalle loro paure e dai loro pregiudizi e ora ne pagavano le conseguenze.
Erano consapevoli dei loro sentimenti, totalmente consci della loro forza distruttrice. Ne avevano provata la smania assassina sulla loro pelle.
-Perché non torni da Lory?- non aveva più voglia di portare avanti quella continua lotta, ora era pronta ad arrendersi.
-Se tornassi mi ucciderebbe. - sogghignò lui, pronunciando quelle parole.
-Allora perché non vai via e basta?-
-Semplice no?- asserì Billy, facendosi avanti. –Non voglio!-
Kelly lo fulminò con lo sguardo. Quel cretino dopo tutto quello che si erano detti aveva ancora voglia di giocare al gatto col topo, non fosse che lei era sempre stata il gatto, nonostante le varie ritirate.
-Non ce la faccio più con questi giochetti. È meglio finirla qui. - il piede le tamburellava svelto sul pavimento, mentre lei fingeva un atteggiamento distaccato. Ancora non riusciva a tenere a bada quel maledetto piede, cosa che probabilmente avrebbe dato modo a Billy di scoprire che in realtà stava fingendo.
-Perché non la smetti?- chiese lui seccato dal suo atteggiamento.
-Smettere cosa?- il tono risultò più disperato di quanto avesse voluto, ma lui la stava portando all’esasperazione.
-Smettere di pretendere che per te vada bene così!- disse indicando entrambi. –Noi…-
Morse il labbro con forza, cercando le parole giuste per dirle quello che provava, quello che lo stava facendo impazzire. –Che questo sia giusto. - aggiunse il ragazzo al limite della sopportazione.
-Veramente pensi che a me vada bene così?- si passò nervosamente una mano tra i capelli prima di continuare. –Io maledico ogni secondo di ogni stramaledettissimo giorno l’attimo in cui ho urtato contro di te. Da allora non ho avuto altro se non rabbia, tristezza e gastrite. - a quell’affermazione il ragazzo sbottò a ridere a crepapelle, avrebbe voluto controllarsi ma proprio non ce la faceva.
-Poi ti chiedi perché io sia così riluttante a parlarti. - sputò acidamente lei, mentre lui tossiva cercando di ritrovare un pizzico di serietà.
-Hai ragione… scusa. - aveva ancora il sorriso sulle labbra, e Kelly non poté fare a meno di pensare che quello fosse solo per lei. Quel sorriso, quello che non vedeva da tempo, glielo aveva procurato lei… era così piacevole vederlo sereno in sua presenza.
-Comunque come vedi io dovrei lavorare. L’agenzia non va avanti da sola.-
Una Moira piuttosto concitata fece capolino alle sue spalle, cercando di far sembrare che fosse capitata lì per caso.
-No, tu parla pure… chiarisciti. All’agenzia ci pensiamo noi!- si dileguò subito dopo, accennando un lieve saluto con la mano. Kelly, incredula, si massaggiò stancamente la testa.
-Maledetti impiccioni. - bisbigliò astiosamente.
-Sono simpatici, Moira in particolar modo. Ti ho sempre detto che era forte!-
-Già, tu e il tuo modo sbagliato di giudicare le persone. - rispose la ragazza in tono sprezzante.
-Comunque se sei qui per i ringraziamenti, beh, grazie per aver cercato di salvarmi la vita più di un anno fa. Se invece sei in cerca di altro, te lo dico subito, caschi male.-
Disse sbrigativa.
–Cercavo solo te.- il tono serio con cui pronunciò quelle parole la colpì, lasciandola a bocca aperta per svariati secondi.
-Scusa come?- chiese incredula.
-Cercavo te, per parlarti. - Billy sapeva che lei aveva colto perfettamente il senso della sua frase, ma voleva farla scoprire un po’.
-La volta sul fiume Shannon è stato tutto così solenne e pesante. Volevo avere almeno un ultimo bel ricordo di noi.
Lei non capiva a cosa si stesse riferendo Billy, ma c’era qualcosa di strano, se lo sentiva.
-Stai andando via?- chiese scioccamente.
Il ragazzo sorrise. –Io? No.-  stava abboccando alla sua esca, la conosceva troppo bene per non riuscire a fregarla.
Kelly, sembrò rifletterci un po’ su. Aveva sul viso quell’espressione dolce di quando qualcosa non le tornava e non ne capiva la ragione. Per lui era irresistibile, ma doveva controllarsi… tempo al tempo.
-Beh, allora ciao!- detto questo gli diede una piccola spinta, quel tanto che bastava per farlo uscire dal suo ufficio, chiudendogli la porta in faccia.
Il gestaccio che gli fece poi lo costrinse a digrignare i denti, per evitare di riempirla di parolacce.
Masticò uno “stronza” prima di andarsene sconfitto, pestando i piedi.
Kelly passò il resto del tempo in agenzia a sorridere come un’invasata, tanto che gli altri arrivarono addirittura a pensare a una loro riappacificazione. Non potevano essere più lontani dalla realtà. A pomeriggio inoltrato decise che era ora di diventare adulta e comportarsi in modo serio.
Togliersi quello sfizio però era stato il massimo, si vedeva dalla sua espressione da beota che stava cercando di fregarla, ma lei era da sempre la più furba tra i due, anche se lui non lo avrebbe mai ammesso.
Una chiamata la riportò alla realtà, finalmente Brendan aveva deciso di farsi vivo.
-Ce ne hanno messo di tempo i tuoi super agenti segreti. - non disse né ciao né altro, dopo il suo comportamento decisamente discutibile, aveva deciso di trattarlo come meritava, nonostante il grande favore che le stava facendo.
-Buongiorno anche a te raggio di sole!-  ovviamente lui non perdeva mai l’occasione per essere sarcastico e fastidioso, ma Kelly lasciò correre.
-Notizie positive spero.-
L’uomo non rispose subito, qualcosa lo turbava, probabilmente la storia della morte di quel bambino era veramente piena di accordi segreti e compensi strani.
-Quindi?- lo incalzò lei.
-Quindi calmati ragazzina, questa storia è veramente pericolosa. Forse dovresti lasciar andare. -
-Senti ti ho chiesto di indagare per me, non voglio i tuoi consigli. Non mi serve una guardia del corpo. - rispose acidamente Kelly.
-Fai come ti pare, tanto sapevo che avresti risposto così. Le informazioni che ti servono sono state recapitate ora a casa tua. Buon divertimento. -
Detto questo attaccò, senza attendere una sua risposta.
La ragazza aveva altri piani per quel pomeriggio, ma effettivamente attendeva da troppo tempo quelle notizie. Lasciò l’agenzia nelle mani dei suoi cacciatori e si diresse di corsa al suo appartamento.
Dei documenti non c’era alcuna traccia, né nella cassetta delle lettere né davanti alla porta di casa. Possibile che quell’odioso le avesse fatto uno scherzo? No, non ci poteva credere.
Aprì la porta e si buttò sul divano, solo allora si accorse che i documenti erano proprio davanti a lei, sul tavolinetto del salotto.
-Ma che ca...- gli agenti segreti erano entrati in casa sua senza lasciare traccia. Ne fu quasi impaurita.
Prese un profondo respiro, concentrandosi totalmente sulla busta gialla e leggermente pesante che aveva in mano. Aprirla e leggerne il contenuto fu un susseguirsi di orrore e tristezza, subito soppiantati dal senso di ripugnanza nei confronti di chi aveva compiuto il fatto e di chi l’aveva insabbiato. Era piena di documenti strani, registri telefonici e foto, quelle erano la cosa peggiore. Scorse piano piano, ogni singolo foglio, tentando di reprimere un grido di frustrazione. Come si poteva arrivare a quel punto? Come si poteva lasciare così impunita la morte di un bambino, di un figlio?
Poggiò i documenti sul tavolo davanti a se, le mani le tremavano visibilmente.
In chissà quale modo gli investigatori erano riusciti a procurarsi gli scatti nel parcheggio all’aperto. Nessuna traccia del corpo, solo delle strisce bianche di gesso a disegnarne i contorni immaginari, lì dove una macchia di sangue scuro e denso aveva lasciato insieme ad una piccola scarpa, l'unica traccia tangibile della sua morte. Un senso di nausea e un forte giramento di testa la colpirono all'improvviso, facendole temere uno svenimento. Fortunatamente per lei, l’immagine del bambino sorridente vicino a sua madre si era fatta prepotentemente spazio nella sua mente, aiutandola a riprendersi un po’.
Si stropicciò le mani, era nervosa e agitata. Quei documenti erano veramente pericolosi, le serviva un piano, o anche lei ci avrebbe rimesso la pelle. Il suo cervello iniziò a lavorare veloce, vagliando ogni singola possibilità, ogni pro e contro di qualsiasi situazione … era tutto così complicato, ma poi un’idea venne alla luce. Era pericolosa e non solo per lei ma doveva tentare.
 Prese il telefono, tentando di mettersi in contatto con la troupe televisiva con cui aveva lavorato. Doveva mettersi d’accordo con loro. Sarebbe tornata a Shannon, avrebbe chiesto l’aiuto di Thomas, portando finalmente a termine questa storia. Non avvisò nessuno, prese i documenti e si diresse veloce al pub. Appena messo piede all’interno del locale Lory le lanciò un’occhiata gelida, per poi ignorarla totalmente. Non si curò molto di quell’atteggiamento così poco maturo, si fece avanti fino ad arrivare al bancone.
-Ron … Roooon!- aveva gridato, ma dell’omone nessuna traccia. “maledizione” pensò fra se e se.
 -Ron.- tentò un’ultima volta, ma niente.
-Mio zio non c’è.- la voce di Billy la colse alla sprovvista. –Puoi dire a me se vuoi.-
La ragazza non lo ascoltò minimamente. –Mi serve tuo zio, è importante. -
-Ok, ma lui non c’è.- rispose pazientemente il ragazzo.
-C’è un modo per contattarlo? Ho fretta. -
-No, mi dispiace. È andato a pescare, è praticamente impossibile contattarlo. -
Kelly sbuffò, non ci voleva proprio. Doveva parlargli, dirgli che se le cose si fossero messe male gli sarebbe servito il suo aiuto. Lui avrebbe dovuto reggerle il gioco, tenendo nascosto a tutti la sua missione. Avrebbe dovuto sviarli, o tranquillizzarli, senza dirgli dove fosse andata. Senza di lui le cose si complicavano.
–Dov’ è andato a pescare?- chiese spazientita.
-Alla foce del fiume. – era inutile tentare di fermarla, Billy la conosceva troppo bene e sapeva che dissuaderla era impossibile.
-Ok, grazie. - la ragazza corse fuori dal locale, precipitandosi verso la macchina. Aveva caricato il borsone, era tutto pronto. Dopo aver parlato con Ron, sarebbe partita alla volta di Shannon.
 Si dileguò talmente di corsa che neanche riuscì a rendersi conto che Billy la stava pedinando. Aveva lasciato il locale nelle mani di una poco accomodante Lory, e ora seguiva Kelly come fosse la sua ombra.

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Capitolo 14
*** Confessioni in riva al fiume. ***


Capitolo piccolo piccolo.... quello che verrà dopo sarà moooolto più lungo e sicuramente più interessante, almeno lo spero! Sicuramente da qui in poi le cose si complicheranno ed alcune cambieranno per sempre. Buona lettura!! ;)



Impiegò quasi un’ora per arrivare alla foce del fiume, per sua fortuna con quella piccola deviazione si era avvicinata molto alla città di Shannon.
Le ci volle quasi lo stesso tempo per trovare Ron, si era nascosto in un cantuccio all’ombra di due grandi alberi vicino ad un ponticello di legno malconcio , da solo, con la canna da pesca in una mano e la pipa nell’altra. Era una visione, un tutt’uno con la natura!
-Ron, finalmente!- gridò contenta la ragazza.
-Guerriera? Fai piano che mi spaventi i pesci.- la sgridò subito lui. Kelly lo guardò storto, buttando poi uno sguardo al secchio in cui in teoria avrebbero dovuto esserci i suoi trofei. Era vuoto. –Quali pesci?-
-Effettivamente non sono mai stato bravo a pescare.- disse massaggiandosi il pancione. –Però mi rilassa venire qui. Ogni tanto ne ho bisogno.- guardava l’acqua fluire veloce. Kelly si sedette sull’erba ad ammirare il paesaggio che li circondava. Billy dal canto suo si era nascosto nella boscaglia, abbastanza vicino da ascoltare le loro parole, ma ben celato in modo che loro non potessero scoprirlo.
-Sei venuta fin qui per prenderti gioco di me piccola impertinente?- chiese l’uomo, aspirando un’altra boccata di  fumo.
-La risposta la sai.- era impaurita, perfino lo scontro con la Fitzpatrick le sembrava sciocco messo a confronto con ciò a cui stava andando incontro. Si voltò a guardare Ron, mordendosi la bocca dall’interno.
-Devo tornare a Shannon. Le indagini sulla morte del figlio della Fitzpatrick sono giunte al  termine.-
L’uomo la guardò spaesato, piantò la canna da pesca a terra e si sedette vicino alla ragazza. –Non me ne avevi parlato.- disse agitato.
-Se lo avessi fatto, mi avresti vietato di indagare.-
Ron sospirò in modo afflitto. –Hai ragione, ma girano voci strane su quella storia, non voglio che ti accada nulla.-
Lei sorrise amaramente, da quando si era trasferita in quel paesino sperduto aveva avuto solo grane. Rischiare la vita praticamente ogni due anni non era proprio il suo ideale, però ormai c’era dentro, non poteva tirarsi indietro. Volente o no era stata risucchiata nelle storie familiari di quelle poche anime che popolavano il paese, ormai faceva parte di ogni famiglia, quindi doveva mettere un punto a quella storia.
-Massacrarti le mani non ti aiuterà a indorarmi la pillola, quindi spara.-
Gli aveva raccontato tutto, non si era fermata un secondo tentando di non perdere il filo. –Tu vorresti andare lì da sola e rischiare la vita in questo modo?- aveva urlato Ronnie, scandalizzato dal poco giudizio di quella ragazza. –Ti credevo più intelligente. Non puoi andare lì e rischiare di farti accoppare per una vecchia storia.-
Kelly scosse più volte la testa, cosciente del fatto che una reazione del genere fosse normale, se non proprio attesa.
-Ho sistemato tutto in modo di limitare al massimo i rischi, non devi preoccuparti. Non voglio morire!-
Lo sguardo adirato di Ron parlava per lui, la ragazza non sapeva cos’altro dire. Poggiò una mano sul suo braccio, tentando di infondergli un po’ di serenità. –Possiamo restare in contatto tutto il tempo. Tieni.- disse poi, porgendogli un computer portatile. –Il mio cellulare si scarica troppo velocemente, questo però dovrebbe andare bene.- lo sguardo serio e profondo che aveva colpì molto l’uomo. La sua piccola guerriera era cresciuta e maturata, sapeva ciò che stava per fare, ora ne era sicuro. –Ho fatto sistemare delle telecamere nascoste nella casa di un signore che ho conosciuto a Shannon, sono collegate al computer quindi potrai sentire e vedere tutto.- prese un piccolo respiro prima di continuare. –Se sentirai che qualcosa non va avverti la polizia, ok?- si alzò da terra tentando di pulire i pantaloni dalla fanghiglia marrone su cui si era seduta, era ora di andare. –Ah Ron, inventati qualcosa per gli altri. Non farli venire da me. È già abbastanza pericoloso così .-
L’uomo non era molto convinto, gli sembrava di abbandonarla a se stessa, ma se questo era il suo volere, lui poteva solo acconsentire.
Abbracciò con trasporto l’uomo davanti a se, prima di tornare alla sua macchina, era quasi fatta.
-Billy, esci da solo o devo venire a prenderti io?- Ron fumava tranquillamente, e anche il suo tono di voce era calmo, come se fosse sollevato dal fatto che suo nipote sapesse ogni cosa. Aveva aspettato il momento più sicuro per farlo uscire, Kelly non doveva sapere che c’era anche lui.
Il ragazzo sgusciò dalla boscaglia, rischiando di franare a terra per colpa dei rami fini e lunghi di alcune piante. –L’hai sempre saputo?-
L’uomo gli lanciò un’occhiata eloquente, sputando fuori una nuvola di fumo denso. –Per chi mi hai preso? Ti avrebbe visto anche Kelly se non fosse stata così agitata.-
Effettivamente Billy non era mai stato bravo in queste cose, sicuramente nessuno gli avrebbe mai chiesto di diventare una spia. –Comunque devo andare, altrimenti la perdo.-
Lo zio fece un cenno con la testa, sembrava pensieroso, così il ragazzo decise di confortarlo per quanto gli fosse possibile. –Non la lascerò mai sola.-
Detto questo si congedò da suo zio, correndo verso la sua macchina. Kelly era parecchio avanti rispetto a lui, ma la strada era dritta e poteva ancora vederla. Prima di giurarlo a suo zio l’aveva giurato a se stesso, non l’avrebbe più lasciata.

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Capitolo 15
*** Fine dei giochi. ***


  
L’imponente villa di Thomas le sembrava più cupa del solito, una strana sensazione le gravava sullo stomaco. Sarebbe successo qualcosa di brutto per colpa sua, se lo sentiva.
Strinse i pugni per poi andare a suonare il campanello. Il vecchietto sempre sorridente le aprì la porta, facendola accomodare nel salotto col grande camino in pietra.
Fuori faceva freddo e il tempo era grigio, mentre dentro, grazie al fuoco accesso, l’aria sembrava più leggera e meno greve, nonostante i suoi piani.
-Io e Wynne resteremo qui.- disse perentorio il vecchietto.
Kelly perse il respiro a quell’affermazione, non poteva fargli rischiare la vita, non era il caso che gli succedesse qualcosa per una questione che neanche lo riguardava.
-Non se ne parla. Mi dispiace cacciarla da casa sua, ma è troppo pericoloso restare qui.-
Anche il suo tono denotava una certa determinazione, ma l’uomo sembrò ignorarla.
-Hai detto bene, questa è casa mia. In più la mia famiglia in un certo senso è implicata in tutta questa storia, non sono state poche le donazioni fatte da parte nostra a quell’uomo e alla sua causa. -
Era inutile parlare con quell’uomo e cercare di farlo ragionare, l’aveva capito subito, dal loro primo incontro: un uomo che non si arrende per la perdita del suo grande amore come può capitolare davanti alle richieste di una ragazzina con manie suicide involontarie? Scosse la testa, senza sapere cosa dire, rivolgendo uno sguardo implorante verso la presenza che non lasciava mai il fianco dell’uomo. Il sorriso che ricevette in risposta la incoraggiò abbastanza da farle addentare uno dei piccoli biscottini che la cameriera aveva portato assieme al tè.
***
Era quasi ora, le cinque sarebbero scoccate a momenti e qualcuno avrebbe bussato alla grande porta d’ingresso. Il suo piede batteva ritmicamente sul pavimento, producendo un lieve ticchettio sulla superficie di marmo. Le dita avevano preso a tamburellare da sole sulle sue labbra, mentre lei come un mantra ripeteva tutto quello che avrebbe dovuto dire, o fare. Questa volta, anche volendo, Shannon non avrebbe potuto salvarla.
Una mano calda si poggiò sulla sua spalla, non era quella di un fantasma, lo sapeva. Thomas dietro di lei stava cercando di trasmetterle un po’ di serenità, anche se con scarsi risultati.
-Ho avvisato il commissario di polizia, è un mio vecchio amico, sa che potrebbe dover intervenire da un momento all’altro. Ho fatto in modo che le telecamere nascoste fossero collegate anche con la stazione di polizia.-
Qualcosa di freddo sciolse la sua morsa dal cuore della ragazza, ora era sicuramente più tranquilla.
Fecero preparare del tè dalla cameriera, nell’attesa debilitante del momento tanto temuto. Sarebbe stato l’ultimo attimo di pace prima della tempesta che sicuramente si sarebbe abbattuta su di loro.
Bussarono alla porta cinque minuti dopo le cinque. Tre uomini fecero il loro ingresso nella grande villa e con loro entrarono anche quattro fantasmi. Quando vide i loro visi preoccupati, le venne spontaneo sorridere per tranquillizzarli. Robert, Jack, suo nonno e la signora Evans erano venuti per proteggerla, cosa che non le dispiacque in quel momento. Tutti i presenti si accomodarono, chi attorno al tavolo, chi sulle poltrone del salotto. Nessuno sembrava intenzionato a voler parlare, c’era solo un susseguirsi di sguardi indagatori, ognuno dei presenti cercava un minimo segno di cedimento nei visi degli altri.
-Perché mi hai fatto venire qui Thomas?- l’uomo che aveva parlato era un signore sulla sessantina, con grandi occhi marroni e capelli brizzolati. Indossava un elegante vestito nero gessato, sprizzando superiorità da ogni poro Il. suo nome era Keeran O’Malley, un tempo Sindaco del paese in cui viveva Kelly, leader di una delle compagnie elettriche più grandi in tutta l’Irlanda e uomo molto influente nella sfera politica. Aveva un’aria conosciuta, sembrava ricordarle qualcuno che però, per qualche strana ragione, sfuggiva viscidamente alla sua memoria.
Gli altri due ai suoi lati erano le sue guardie del corpo, incarnavano il perfetto stereotipo del bodyguard: due uomini grandi come armadi, vestiti di nero e senza l’ombra di un capello, o di sopracciglia.
Fissavano Kelly e Thomas con fare minaccioso, anche se non accennavano a voler attaccare o offendere nessuno in alcun modo.
-Sono giunte alle mie orecchie delle voci strane, mio caro. - rispose il signor O’Neill.
-Credo che allora dovremmo parlarne in privato, perché questa ragazza è qui? Non sapevo che avessi una nipote.-
Thomas lanciò un’occhiata dolce alla ragazza accanto a lui, sorridendole.
–Non è mia nipote. È una ragazza che mi ha chiesto aiuto dopo aver scoperto delle cose su di te.- Sembrava che niente potesse turbare quel vecchietto, parlava al suo ospite senza curarsi di tenere i toni bassi e di trattarlo con rispetto. Il signor O’Malley dal canto suo cercava di non notare quel suo comportamento così poco rispettoso nei suoi confronti, come se stesse tentando di fare un favore al povero vecchietto.
-E di grazia, che cosa ha scoperto questa signorina così poco propensa a farsi gli affari suoi?- L’aveva fulminata con lo sguardo, tentando di intimorirla. In quel momento Thomas le poggiò piano una mano sulla sua e i suoi fantasmi si accostarono a lei. La sensazione di essere circondata da angeli custodi le rendeva quel momento più sopportabile. Quell’uomo, comunque, non le faceva paura… le sue guardie del corpo sì, ma lui era solo un essere insignificante dotato di troppo potere. Gli lanciò lo stesso sguardo che lui le aveva riservato, cercando di parlare con un tono il più possibile tagliente.
 –Vede, me l’hanno detto in molti ma questo non mi ha mai fermato. – giunse le mani, sfregandole leggermente, tentando di far capire all’uomo davanti a sé che sicuramente non era lui a condurre i giochi.
-Sa, da quando sono andata ad abitare in Killadysert ho iniziato il mio lavoro da cacciatrice di fantasmi.- non poté continuare perché una risata sguaiata uscì dalle labbra dell’uomo davanti a lei.
 –Ma chi mi hai portato Thomas? Questa qui è una pazza invasata che crede di vedere i fantasmi, se mi hai chiamato per questo, allora posso pure andarmene. -
Stava per alzarsi quando Wynne catapultandosi dietro di lui lo spinse in malo modo sulla sedia, per non farlo andare via. L’uomo diviso tra lo spavento e il fastidio si guardò attorno, tentando di individuare il colpevole. Cosa che fecero anche le sue guardie, risultando solo ridicoli agli occhi del padrone di casa e di Kelly.
-Che fine ha fatto il marito della signora Fitzpatrick?- chiese allora la ragazza, riportando l’attenzione su di se.
-Tu piccola sciocca, che ne sai di quella storia?-
-Allora è vero che c’è una storia da sapere.- disse con fervore. Gli occhi dell’uomo erano fiammeggianti, ma Kelly cercò di non farci caso, non poteva farsi intimorire da lui.
-La signora Fitzpatrick non era molto felice del trattamento riservato al figlio, così è venuta a lamentarsi. Diciamo che indagando qua e là ho scoperto pagamenti strani, viaggi dall’altra parte del mondo e insabbiamenti da varie cariche del paese. Le dice nulla?-
L’uomo, allibito, tentò più volte di parlare, senza riuscirci.
-Thomas questo è inaccettabile, non puoi farmi trattare così da questa ragazzina.- Sembrava che l’uomo che era entrato in casa, quello altezzoso e sicuro di se fosse sparito, lasciandone uno in preda al panico, intento ad arrampicarsi sugli specchi, andando a peggiorare la sua già grave situazione.
-Keeran, perché non la smetti di fare lo sciocco e inizi a parlare?- per quanto la voce del signor O’Neill sembrasse calma, ascoltandola attentamente si poteva sentire una punta di veleno farsi spazio nel suo tono altrimenti sereno.
-Io non devo dire niente a nessuno di voi. E ora me ne vado. - tentò nuovamente di alzarsi, e nuovamente Wynne fece poggiare il suo sedere pomposo sulla sedia.
-Ma che diavolo di stregoneria è questa? Lasciatemi andare o giuro che ve ne faccio pentire. –
A  quelle parole Kelly sentì scivolare via qualche anno della sua giovane vita. Scosse con vigore la testa e poi riprese, ormai era quasi fatta, tirarsi indietro sarebbe stato da codardi.
-Vede, prima di uccidersi, la signora Fitzpatrick aveva messo insieme parecchie prove che incastravano lei e suo figlio per ciò che avevate fatto. Le prove però sono state nascoste dal marito, che voi avete pensato di pagare profumatamente per non farlo parlare. Per questo la signora Fitzpatrick si è uccisa, non è vero?-
L’uomo si rinchiuse in un mutismo ostinato, così lei continuò con la sua arringa.
-Il marito di quella povera donna era uno dei vostri più fedeli galoppini, quando gli avete proposto un’isola privata nel mare dei caraibi e un vitalizio abbastanza alto, lui non ci ha pensato due volte ad accettare. Di sicuro non poteva mandare in galera lei o suo figlio; ormai il danno era fatto e quindi tanto valeva accettarne le conseguenze e andare avanti, con o senza sua moglie. Mi sbaglio?- aveva alzato il tono della voce, gesticolando con enfasi a ogni parola che usciva dalla sua bocca. L’alzarsi in piedi e sbattere le mani sul tavolo era stato solo un effetto dell’adrenalina che le scorreva veloce in corpo, le era sembrato un gesto tanto teatrale quanto d’effetto.
Ora tutti avevano gli occhi puntati su di lei, ma nessuno ancora osava parlare.
-Suo figlio ha investito il piccolo dopo che l’aveva visto vendere della droga a dei ragazzi minorenni nel parcheggio all’aperto. Non gli ha lasciato scampo, è entrato in macchina e l’ha seguito fino allo sfinimento, fino a che il bimbo non è più potuto scappare. Non ha avuto ripensamenti, e lei l’ha coperto, lei e parecchie altre cariche del paese... come ad esempio il prete!- Kelly fece una pausa, qualcosa in ciò che aveva detto l’aveva colpita più del dovuto. Era stata una stupida a non pensarci prima. –Padre Joel O’Malley…- puntò i suoi occhi in quelli dell’ex sindaco. -Il prete è suo fratello!- Ecco perché quel vecchio davanti a lei sembrava ricordargli qualcuno di spiacevole, gli ricordava quel prete maledetto. Quel viscido l’aveva aiutata a portare all’aria tutto quello schifo solo per potersi pulire la coscienza, ora sentiva di odiarlo ancora di più. Aveva provato a riaprire la bocca, ma la voce le si era spezzata in gola al solo pensiero di quel povero bambino, ma tentò di riprendersi, adesso stava bene, era felice con sua madre, questo bastava. -Ovviamente nessuno avrebbe fatto entrare in parlamento uno spacciatore, bisognava porre rimedio a quel piccolo contrattempo. Chissà cosa accadrà quando i politici e gli elettori lo verranno a sapere, ormai suo figlio ha una bella carriera alle spalle. Sarà un peccato doverla terminare in un modo così poco dignitoso. -
Qualcosa in quel momento scattò negli occhi dell’uomo, Kelly poté vedere distintamente quel guizzo di consapevolezza e cattiveria farsi strada dentro Keeran. Ormai conosceva bene quel tipo di sguardo e aveva imparato a temerlo.
L’uomo si sporse verso la guardia del corpo alla sua sinistra estraendo velocemente la pistola dalla sua fondina. La ragazza rimase impietrita, senza sapere cosa fare né come reagire. – Hai parlato troppo. - il sibilo che uscì dalle labbra dell’uomo le fece gelare ulteriormente il sangue. Aveva talmente paura che non riusciva neanche a respirare, anche il signor Thomas sembrava spiazzato e impaurito dall’evoluzione degli eventi, non avrebbe mai pensato che una persona come quel suo vecchio amico si sarebbe potuto macchiare di così tanti peccati.
-Keeran, ragiona non puoi ucciderci. Sai che faranno domande, inchieste e comunque la verità salterà fuori. - lo sforzo del vecchio di farlo ragionare si rivelò inutile. L’uomo ormai sembrava un invasato, probabilmente non sapeva neanche lui cosa stava facendo e questo lo rendeva mille volte più pericoloso.
Teneva gli occhi e la pistola puntati su Kelly, la mano tremava un pochino, ma non tanto da fargli sbagliare mira.
In quell’attimo la ragazza vide la sua fine a rallentatore. L’uomo stava per premere il grilletto e lei non reggendo al terrore chiuse gli occhi, proprio come aveva fatto nel parcheggio all’aperto.
Si udì un grido improvviso dall’ingresso e poi uno sparo.
Passarono attimi interminabili in cui Kelly, sbalzata a terra, pensò di essere morta; ma quando aprì gli occhi, qualcosa di peggiore le comparve davanti.
Billy tenuto fermo dalle due guardie del corpo con la pistola puntata alla testa tentava inutilmente di liberarsi dalla loro stretta, e il signor Thomas riverso a terra, accanto a lei, con la mano poggiata sul suo braccio. Era immobile, e pieno di sangue. Tutto sembrò perdere velocità, ogni cosa intorno a lei era rallentata, lei stessa sentiva di muoversi e reagire più lentamente di quanto avrebbe dovuto. - Noo. - il grido straziante che lasciò le sue labbra fece tremare ogni persona presente in quella stanza, lasciandola vuota e con la gola in fiamme.
Subito la ragazza si catapultò sul corpo del vecchio, che respirava a fatica. Un sorriso dipingeva il suo volto sereno e felice. –La vedo sai? Vedo la mia Wynne.-
Kelly piangeva e tremava, cercando di tamponare la ferita al petto, senza però riuscirci. Non poteva essere vero, non era giusto. Quell’uomo non meritava di morire, non così, non per colpa sua. Era la seconda persona a perdere la vita per un suo sbaglio e il solo pensiero la lacerava fin nel profondo. –La prego signor Thomas resti con me, non mi lasci qui. La prego.- parlare era difficile, respirare era difficile, anche solo tenerlo stretto al suo corpo lo era. Rivolse il suo sguardo pieno d’odio verso Keeran che ora pareva sperduto.
-Io non volevo colpire lui. Io volevo colpire te, ma questo ragazzo… È colpa sua. - disse voltandosi nuovamente verso Billy, che intanto aveva lo sguardo fisso sulla ragazza. Come sempre in quelle situazioni a lui non sembrava interessare di morire, bastava solo che lei fosse al sicuro; e come al solito veniva incolpato da un pazzo solo perché tentava di salvarle la vita.
-La smetta, è colpa sua. Lei è un mostro.- le grida strazianti della ragazza furono udite anche da fuori. Gli agenti già allarmati dallo sparo, fecero irruzione subito prima che quell’uomo potesse fare del male anche a Billy.
-Chiamate un’ambulanza, per favore.-
 Kelly piangeva senza sosta, gli occhi ormai gonfi e rossi, così come le sue guance. Era completamente coperta dal sangue del vecchio che si stava spengendo piano tra le sue braccia, senza un briciolo di paura o rimpianto. Billy, sciolto dalla stretta delle due guardie del corpo, corse da lei, abbracciandola forte, mentre l’uomo che teneva stretto a se perdeva velocemente colorito e calore.
-Kelly cara, sei una ragazza forte. Non piangere per me, sai che non vedevo l’ora di riabbracciare il mio amore. La mia morte non è un peccato, è solo la liberazione da una vita senza ciò che la rendeva degna di essere vissuta. -
Il vecchio alzò lentamente il braccio, carezzandole piano il viso bagnato. La ragazza strinse la sua mano in quella dell’uomo, iniziando a scuotere la testa con vigore.
-No, no, no. Non è giusto. La prego non mi lasci, resti con me. Per favore, non voglio perderla. Per favore resti con me.-
La corsa in ambulanza si rivelò totalmente inutile. L’uomo perse la vita a pochi metri dall’entrata dell’ospedale.
Non c’era nessuno da avvertire, perché non aveva parenti in vita, solo qualche conoscente, che sarebbe stato avvisato in seguito. Era una persona sola, chissà come faceva a essere sempre così gioviale e gentile…
Kelly pianse per tutto il giorno rannicchiata vicino alla pozza di sangue scura, che macchiava il grande tappeto rosso a ricami blu che si trovava nel salotto della grande villa. Billy la cullava dolcemente tra le sue braccia, stringendola più forte tutte le volte in cui la sentiva tremare.
Non le importava dei poliziotti che le sciamavano intorno, non le importava dei rilievi o delle testimonianze da fare, lei voleva solo piangere.
Wynne era andata via, anche lei sorridendo. Aveva detto a Kelly che doveva stare vicina al suo uomo in quel momento così doloroso e lei l’aveva salutata, ma senza riuscire a guardarla negli occhi.
I suoi fantasmi l’avevano lasciata sola, c’era Billy con lei, la sua presenza bastava a farli stare tranquilli.

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Capitolo 16
*** Quello che resta. ***


Ormai era calato il buio, e dovendo rimanere in città i due si diressero in un Bed&Breackfast vicino alla villa, non importava dove andassero, bastava avere un letto su cui dormire … per Kelly non era necessario neanche quello, lei non avrebbe dormito.
Non parlò con Billy, nonostante tutto si richiuse nel suo mondo fatto di mutismo e solitudine. Ron li raggiunse a tarda sera, accompagnato da Liam, Senan e Moira, tutti scossi da ciò che gli aveva detto l’uomo. Avrebbero voluto parlare con Kelly, ma lei si chiuse in camera sua tenendo tutti fuori. Quello non li riguardava, non si trattava di lei che aveva rischiato la vita, si trattava di un uomo che era morto per lei.
Un uomo, una persona cui era legata, anche se da poco, l’aveva spostata per prendersi una pallottola partita per sbaglio. -Aaah !- il grido uscì forte dalle sue labbra, prese la bottiglia di vetro che aveva sul tavolino della stanza e la gettò addosso al muro con violenza, l’acqua andò a inzuppare la carta da parati, macchiandola, ma lei non lo notò, tornando a gridare come un’ossessa.
Subito Billy entrò di forza in camera sua, chiudendola a chiave, per evitare che altri potessero seguirlo.
-Esci immediatamente da qui. Esci immediatamente dalla mia vita.- inveire contro di lui non le dava sollievo, ma dirgli di andarsene per sempre era il minimo dopo le cose che era riuscito a sputarle addosso.
-Posso anche farlo, ma dovresti smetterla di distruggere la stanza. Il proprietario del posto non sembra felice del casino che stai facendo.- indicò con fare eloquente i cocci della bottiglia.
–Non me ne frega niente di quel cazzone del proprietario. Adesso posso ripagargliela per intero questa camera, quindi vai via.-
-A beh certo, adesso sei ricca, quindi che ti frega di rispettare la proprietà altrui?- Kelly fissò il suo sguardo in quello verde e un po’ buio del ragazzo.
Anche lui sembrava provato, lo si vedeva benissimo dal colorito pallido e dalle borse sotto gli occhi. Possibile che avesse pianto? -Hai pianto?- lo chiese senza pensarci, alla fine dei conti era la cosa più ovvia da domandare. Lui abbassò gli occhi, senza però risponderle.
–Come facevi a sapere dov’ero?-
-Ti ho seguito. Sembravi agitata al pub, non volevo lasciarti sola.-
-È una novità.- bisbigliò amaramente.
-Smettila, per favore. Oggi ho rischiato di perderti… ancora, per sempre… e cavolo è frustrante pensare che non è la prima volta che dico una cosa simile.- girò su se stesso con fare rabbioso, tenendo le mani sul viso.
-Strano, ricordo che mi avevi augurato una cosa simile pochissimo tempo fa. - Spazientito da quell’atteggiamento infantile decise di prendere il toro per le corna, e farla finita con quella manfrina. A passo svelto si avvicinò a lei, afferrandola forte per le braccia.
–Kelly guardami. - lei non sembrò ascoltarlo, era scossa, troppo scossa per affrontare anche lui. –Per favore Kelly.- la voce di Billy sembrò rompersi improvvisamente. La piccola guerriera alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere qualche lacrima cadere dagli occhi del ragazzo. Senza pensarci alzò una mano e asciugò i suoi occhi bagnati. Lui sorrise, senza realmente essere felice per qualcosa. Erano vivi, ma in che condizioni? A che prezzo? Prese la mano della ragazza e ne baciò il palmo con una delicatezza estrema, per poi lasciarla di nuovo libera.
-Continuerò a frantumare tutto quello che trovo, anche se resti qui.–
Lui non sembrò più di tanto allarmato da quell’affermazione, si diresse alla finestra afferrando il vaso pieno di fiori poggiato sul davanzale. Lo guardò per alcuni istanti prima di svuotarlo completamente, riversandone a terra l’acqua fresca e il mazzo di fiori di campo, per poi porgerlo alla ragazza.
–Tanto paghi tu!- disse semplicemente, prima di accomodarsi silenziosamente sul letto, da bravo spettatore. Kelly gridò, pianse e ruppe quasi ogni cosa nella stanza, compresa la carta da parati. Niente sembrava soddisfarla, niente riusciva a farle ritrovare quel pezzo della sua anima che si era polverizzato alla vista del vecchietto agonizzante tra le sue braccia. Non poteva credere di averlo perso, nonostante avesse parlato con lui un paio di volte aveva vissuto con quell’uomo più di quanto altri avrebbero mai potuto dire. Thomas si era aperto, raccontandole la sua storia, parlandole di Wynne e del loro amore tormentato, sentiva come se anche lei avesse vissuto con loro quei momenti.
E ora per colpa sua era morto. Si lasciò cadere a terra, esausta e vuota. Non piangeva più, non aveva forza per farlo e forse non aveva neanche più lacrime. La luce del sole aveva illuminato la stanza già da qualche ora, aveva passato l’intera notte a smontare la camera senza rendersi conto del tempo che passava. Si era anche scordata della presenza di Billy per qualche attimo. Il ragazzo era rimasto in silenzio a vegliare su di lei per tutta la notte, senza mai chiudere occhio.
-Dovresti andare a dormire, io qui ho finito. - Il riccio si stiracchiò, sbadigliando sommessamente.
–Dovresti dormire anche tu. - le disse semplicemente. Lei lo guardò, per poi avvicinarsi al letto e stendersi sul piumone caldo. Senza dire nulla si voltò su un fianco dando le spalle a Billy, chiudendo gli occhi, per cadere subito in un sonno pesante.
Quando si svegliò, era ormai pomeriggio inoltrato e Billy non era più in camera. Cosa si aspettava? L’aveva assistita tutta la notte, meritava anche lui un minimo di riposo. Anche se in realtà lei non gli aveva impedito di dormire lì. Sbuffò sonoramente, mettendosi seduta sul letto, massaggiandosi piano la testa. Aveva i capelli completamente scompigliati e di sicuro il viso non era messo meglio.
-Finalmente ti sei svegliata!-
-Billy .- disse in un bisbiglio. Aveva sgranato gli occhi senza neanche accorgersene, la vista del ragazzo l’aveva scombussolata completamente, nonostante avesse passato con lui tutta la notte.
-Credevi che me ne fossi andato senza dire nulla?- sogghignò beffardo. Kelly si ritrovò ad abbassare lo sguardo, senza riuscire a rispondergli.
-Sono solo andato al bagno. - aggiunse, indicando la porta bianca vicina alla finestra.
-Buon per te. - rispose lei, dandogli le spalle e cercando di non fargli notare il suo disagio. Prese a sistemare raccogliere i fiori ormai appassiti e ad asciugare l’acqua del vaso che la notte prima aveva lanciato contro la parete. Sentiva gli occhi del ragazzo fissi sulla sua schiena, non la mollava un attimo, era snervante.
-Puoi smetterla di fissarmi?- sbottò indispettita.
Lui però non sembrò curarsi delle sue proteste. Si era avvicinato silenziosamente, portandosi a pochi centimetri da lei, che ignara di tutto era rimasta di spalle, tentando di restare tranquilla.
Possibile che nonostante i mille problemi e i terribili avvenimenti lei riuscisse ancora ad arrossire per un suo sguardo insistente?
-Stupida. - mormorò a mezza bocca.
-Hai detto qualcosa?- le chiese lui, sporgendosi in avanti fino a sfiorarle l’orecchio con le labbra. Il sangue parve gelarsi nelle vene della ragazza, che si trovò con la bocca totalmente secca e gli occhi sbarrati all’inverosimile. Sarebbe svenuta se la spina di un cardo che aveva nelle mani non si fosse conficcata nella sua carne, facendole sfuggire dalle labbra un gridolino di dolore. Subito Billy le prese la mano, facendo cadere i vetri a terra, per trascinarla in bagno e farle mettere le mani sotto il getto dell’acqua fredda. Billy le lavò e le fasciò la mano, anche se lei rifiutava ancora di guardarlo. Aveva puntato i suoi occhi scuri sulla finestra dietro di lui, fissando intensamente il suo sguardo sulle goccioline di pioggia che ne rigavano il vetro.
-Io sono qui, potresti guardarmi almeno. - il tono sommesso del ragazzo attirò la sua attenzione, ma non mollò lo sguardo.
-Ci sei adesso. - il rammarico nel tono della ragazza provocò una fitta nel petto di Billy.
-C’ero anche ieri. - riprese lui guidato dalla foga.
-C’eri anche ieri. - gli fece eco lei, posando il suo sguardo in quello del ragazzo. Liberò la mano ferita dalla dolce morsa del riccio, portandola poi ad accarezzare il viso provato del ragazzo. Billy non si mosse, cercando di godere a pieno del calore emanato dalla piccola mano di Kelly. Il riccio chiuse gli occhi, respirando profondamente il suo profumo... le era mancata talmente tanto. La sognava ogni notte da quando era partita, e il suo ritorno non aveva cambiato le cose. La presenza nei suoi sogni era continua, tossica per la sua irrealtà; nonostante tutto però lui non poteva farne a meno. Averla, anche se per finta, per quanto potesse essere deleterio, era comunque necessario per riuscire ad andare avanti. Anche per questo riversava su di lei il suo odio nei giorni in cui la incontrava; lei ogni notte lo abbandonava, come aveva fatto in precedenza. Non riusciva a perdonarglielo, non era possibile che anche nei suoi sogni Kelly fosse in grado di lasciarlo solo. Scacciò via quei pensieri negativi, cercando di concentrarsi totalmente su quel contatto tanto sperato. Quando riaprì gli occhi, si ritrovò a guardare un sorriso triste e malinconico. Kelly ormai sembrava essere diventata l’ombra di se stessa, e lui aveva contribuito a quel cambiamento.
-Riuscirò mai a vederti sorridere come all’inizio?- La domanda spiazzò totalmente la ragazza, che smise di carezzare il viso di Billy, limitandosi a guardarlo intensamente.
-Credo di essermi dimenticata cosa significhi. - ammise sommessamente. Era tornata a stuzzicarsi le mani, guardando la parete davanti a se.
-Ti amo. - Si era avvicinato al suo orecchio, e le aveva bisbigliato piano quelle due parole. La voce di Billy sembrava calma, ma un lieve tremore faceva intuire l’emozione che aveva provato nel confessarle di nuovo i suoi sentimenti. Con Kelly era sempre una sfida, il più delle volte da intraprendere al buio, senza punti di riferimento o appigli cui sorreggersi. L’averle nuovamente esternato i suoi sentimenti lo rendeva nudo e fragile, completamente inerme nelle sue mani.
-Anche io. – le sue parole ebbero l’effetto di un fulmine a ciel sereno. Credeva che mai avrebbe potuto sentire quelle parole uscire dalla sua bocca. Rimase a fissarla, imbambolato come un bambino davanti al suo cartone preferito. -Ma credi veramente che dopo tutto quello che ci è successo, e che ci siamo fatti, un “ti amo” possa bastare? Che possa sistemare ogni cosa?- fissò intensamente il viso di Billy. –Io non penso. - riprese poi, finendo la frase con tono amaro. Il ragazzo colpito dal discorso di Kelly, passò gentilmente la mano su quelle di lei, ormai strette in una morsa di agitazione.
–Penso che potrebbe essere un inizio. - A quel contatto Kelly si alzò dal letto, il disagio era tornato a farle compagnia. Ormai non si sentiva più tranquilla con Billy, ma non solo per quello che lui le aveva fatto, non si sentiva tranquilla per ciò che lei aveva fatto a lui; per il dolore che gli aveva procurato soltanto perché convinta di avere ragione. Era stata una sciocca, e adesso non sapeva più come comportarsi. Sentiva di sbagliare sempre con lui e non era una situazione sostenibile. Lo guardò negli occhi, cercando di capire cosa stesse pensando, ma fu inutile. I suoi occhi erano un’imperscrutabile pozza verde scuro, rischiava di annegarci come nelle sabbie mobili. Cercò una soluzione, una via di fuga per salvarsi la vita… e la trovò; trovò rifugio e salvezza nel più triste degli avvenimenti. -C’è il funerale.- si apprestò a dire, prima di alzarsi e chiudersi in bagno. Uscì un’ora dopo, aveva fatto tutto il possibile e l’immaginabile in quella stanzetta, si era anche ritrovata a pulire il lavandino dalle goccioline ormai rapprese del suo sangue. Aveva cercato ogni espediente pur di non uscire da lì, tutto solo per evitare qualsiasi contatto con Billy. Era uscita solo quando aveva capito che il suo cellulare non era lì con lei e che la noia l’avrebbe presto portata alla pazzia. Mise piano un piede fuori dal bagno, affacciandosi silenziosamente, per non attirare la sua attenzione. Qualcosa però non andava, la camera era troppo silenziosa. Uscì fuori dal suo nascondiglio e capì. Se ne era andato, era ovvio.
-Guerriera?- Ron era entrato nella stanza senza bussare, era scuro in viso. -Billy mi ha detto di venire a farti compagnia, lui è… - ma non finì la frase, un po’ perché non sapeva come giustificare il comportamento di suo nipote, un po’ perché non voleva ferire ulteriormente la ragazza.
- Ronnie, è ora di andare. - sospirò lei semplicemente. Non voleva sentire più niente. Non voleva ascoltare nulla su Billy. Decise che per le ore a venire non avrebbe pensato a lui, c’era il funerale cui partecipare. Non poteva farsi carico anche della sua assenza, sarebbe stato troppo. Si stampò in faccia un sorriso traballante e uscì aggrappandosi al braccio dell’omone vicino a lei, senza degnare di uno sguardo la stanza devastata e vuota dietro di sé.

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Capitolo 17
*** Non sono sparita! ***


Ciao a tutti, scusate se è da un pò che non scrivo più con la frequenza di prima, ma ho avuto dei problemi che mi hanno tenuta lontana dalla storia. Il prossimo capitolo comunque è già pronto, ma prima di farvelo leggere dovrò sistemare gli ultimi due capitoli pubblicati... per sbaglio ho scritto una cavolata assurda che ora dovrò cancellare T.T sorry, sono un disastro... ma vi voglio bene *^* perchè nonostante tutto continuate a leggere la storia!! Grazie mille a tutti quelli che l'hanno inserita tra le preferite, seguite e ricordata, a chi l'ha recensita e a chi mi invia messaggi per dirmi che la storia gli piace! Ovviamente grazie anche a chi legge e basta!!! Se non fosse per voi forse non andrei più avanti nella pubblicazione,perciò continuate a seguirmi!! Un bacione :)

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Capitolo 18
*** farewell. ***


Non riuscirò mai a farmi perdonare >.< giuro che non farò passare più così tanto tempo... e se dovessi farlo vi permetto di prendermi a parolacce!!! Spero che il capitolo possa piacervi nonostante tutto!!! Vi mando un bacione!









La targa di marmo bianco svettava tra quelle ormai consunte del cimitero dell’ospedale. La piccola cappella costruita sotto richiesta di Thomas era aperta in modo che tutti potessero depositare fiori e biglietti per il signor O’Neill.
Anche in quel momento il vento soffiava forte, sferzando gli alberi che circondavano il cimitero, ormai piegati dalle continue intemperie. Le grandi nuvole che sovrastavano i presenti sembravano cumuli di cotone grigio appesi con dei fili trasparenti a un cielo altrimenti sereno.
In molti di quelli riuniti lì piangevano la dipartita di un grande uomo, un uomo magnanimo, dolce e comprensivo; sempre pronto a dare una mano, anche, purtroppo, a costo della sua stessa vita.
Nonostante tutto anche Kelly pianse qualche lacrima ascoltando le parole tristi dei presenti. Liam le passò piano una mano sulla spalla, stringendola, per donarle un po’ di conforto. La ragazza si voltò a guardarlo sorridendogli tristemente, notando che anche lui stava piangendo in silenzio.
-Va tutto bene. - disse, avvicinandosi all’orecchio del ragazzo, per non disturbare la funzione.
-È felice! È l’unico dei presenti che sta ridendo. - Liam si rilassò sentendo quelle parole, quel vecchietto l’aveva colpito molto, e la sua dipartita era stata tanto inaspettata quanto devastante, per lui.
La funzione era finita da un po’, tutti erano andati via, tutti tranne lei ovviamente.
Si era trattenuta di più per salutare i due innamorati.
Da quando Thomas era morto, non li aveva più visti, quindi ritrovarsi davanti due ragazzi poco più che ventenni l’aveva lasciata di stucco.
Thomas ora era un ragazzotto alto e muscoloso, con i capelli neri e gli stessi occhi di sempre, anzi più brillanti che mai, senza la tristezza che per molto li aveva tormentati.
-Siete felici?- chiese col sorriso sulle labbra.
-Si, adesso si!- rispose Thomas.
-Mi fa piacere! Che farete adesso? Passerete oltre?-
-Beh vedi … - i due si lanciarono un’occhiata d’intesa prima di rispondere. Vogliamo goderci un po’ questi paesaggi prima di andare via. Pensiamo che sia giusto così. -
Il ragazzo rispose amabilmente, regalando a Kelly un sorriso carico di gioia.
-Credo che sia la scelta giusta!- assentì lei, con lo sguardo perso nel paesaggio circostante.
-Tu invece che farai?- la domanda di Thomas la lasciò senza parole per qualche minuto, non aveva per niente pensato a se stessa, quindi non aveva una risposta pronta.
-Non lo so. - disse semplicemente, tornando a guardare i due fantasmi. –Non ci ho pensato. - ammise poi.
-È che mi dici di quel ragazzo?- Wynne sorrise maliziosamente ponendole quella domanda.
- Liam? È un caro amico, lavorerà con me nella mia agenzia. - La presenza la bloccò subito, Kelly non aveva capito a cosa si riferisse, così decise di spiegarsi meglio.
-No, io parlo di quel ragazzo. - disse Wynne indicando un punto dietro Kelly, che subito si voltò a guardare.
Billy era poggiato a una quercia poco distante dalla ragazza, lo sguardo puntato sull’erba sotto le sue scarpe, le mani nelle tasche per evitare il vento freddo. Qualcosa nel petto di Kelly parve esplodere, pensava che fosse partito, che fosse tornato da Lory con la coda tra le gambe… e invece era lì ad aspettare lei.
Guardandolo bene, Kelly si accorse che aveva in viso un’espressione che non gli apparteneva, sembrava perso. Lo fissò a lungo, prima di tornare a rivolgersi alle due presenze.
-È tardi ormai. Ne abbiamo passate troppe. - i due fantasmi risero di gusto, a Kelly sembrò trattarsi di una risata di scherno, ma cercò di non darci peso. –Lo dici a noi due?-
Chiese Thomas, canzonandola.
Kelly scosse la testa in segno di diniego. –Sono due cose diverse, voi siete stati obbligati a dividervi, noi ci siamo fatti del male a vicenda per troppo tempo. Certe ferite restano.-
-Getti la spugna così? Credevo fossi una ragazza forte, piena di grinta. - Thomas aveva alzato la voce, era arrabbiato con lei, ma lui non sapeva nulla della storia tra lei e Billy.   –Tu non capisci. - stava per continuare ma il fantasma la bloccò, iniziando a parlarle sopra.
Quel suo atteggiamento cominciava a irritarla, dovette mordersi la lingua per evitare di rispondergli male. –Tu dici che io non capisco? Ragazzina sai cosa vuol dire passare la tua intera esistenza a rimpiangere il tuo unico amore? Sei una sciocca se pensi che tutto passerà alla fine, e che tu ti scorderai di lui. Questo non succede mai. - Aveva terminato la sua ramanzina con un ringhio gutturale che fece fremere la piccola guerriera, tanto da farle incassare la testa nelle spalle e stava anche per ricominciare, quando una mano afferrò il suo braccio per trattenerlo.
-Thomas basta così. - Intervenne Wynne, che dal canto suo aveva tentato di frenarlo in ogni modo.
 –Lo capirà da se, non trattarla come una stupida. - lo ammonì con lo sguardo per qualche attimo, per poi passare a Kelly. Avevano entrambi bisogno di capire quale fosse il loro posto e fino a che punto era giusto spingersi.
-Anche se in modo rude, Thomas ha detto la verità. Soffrirai tutta la vita per la tua decisione, e il peggio è che sarai stata tu stessa a farti del male. Rifletti bene su cosa può e cosa non può essere salvato. -
Detto questo Wynne la abbracciò forte, ringraziandola per averli riuniti.
Thomas era ancora un po’ contrariato, ma non voleva che il suo ultimo ricordo di Kelly fosse macchiato dall’amarezza. Wynne aveva ragione, lei avrebbe capito che valeva la pena lottare per un sentimento come quello. Attirò a se la ragazza, stringendola forte e schioccandole un bacio sulla guancia. La piccola guerriera si sentì quasi mancare, sicuramente non avrebbe più rivisto quell’uomo… si stupì sentendo che già le mancava. Inspirò forte, cercando di tenere a bada i singhiozzi che sentiva nascere in gola, sciogliendo controvoglia quell’abbraccio tanto accogliente. Tornato dalla sua donna, Thomas le sorrise un’ultima volta, per poi darle le spalle e incamminarsi sul sentiero sterrato che portava al giardino dell’ospedale, fino a sparire.
Kelly sospirò forte, l’aria fredda le batteva sul viso, senza dare sosta alla sua pelle ormai screpolata. Restò qualche altro minuto a osservare la tomba dei due innamorati prima di voltarsi e dirigersi verso Billy.
Il ragazzo studiò ogni suo movimento, ogni suo passo incerto, ogni sua occhiata al cielo. Era tesa anche lei, forse più di lui.
Nessuno dei due parve voler parlare, avevano iniziato a guardarsi intorno, lui stringendo le mani nelle tasche del giacchetto, lei sbattendo leggermente il piede sul prato.
-Bella funzione. - disse poi il riccio, cercando di smuovere la situazione. Kelly lo guardò incuriosita.
–Potevi avvicinarti, avresti sentito meglio le belle parole dei partecipanti. -
-Non volevo infastidire nessuno, per questo sono rimasto in disparte. Il ragazzino mi odia. - Billy sogghignò pronunciando quell’ultima frase.
-Con “ragazzino” intendi Liam?- chiese lei nascondendo a stento una risata.
 –Rischiava di stritolarti, è stato tutto il tempo a stringerti. - aggiunse con tono vago il ragazzo.
Un leggero rossore aveva iniziato a imporporare il suo viso, cosa che Kelly notò subito.
-Sembri infastidito. - disse malignamente. Billy spostò il suo sguardo in quello della ragazza.
–Io non sono geloso di quel microbo. - le sibilò acidamente.
-Io non ho mai detto questo. - gli fece notare Kelly, che ormai gli rideva in faccia senza farsi problemi.
Il riccio si ritrovò spiazzato, senza sapere come ribattere all’affermazione della ragazza.  –Potresti anche smettere di ridere. - sospirò con fare offeso. –E poi non ti ho mai nascosto quello che provo per te. – aggiunse ritrovando un po’ di sicurezza.
Kelly smise subito di ridere, non si era aspettata una reazione del genere, così non le restò che ritornare seria. –No, tu non lo hai mai fatto. - strinse convulsamente le sue mani, tanto da farle diventare rosse e bollenti.
-Così te le stacchi. - le disse Billy, notando lo stato pietoso dei palmi della ragazza.
-Probabilmente hai ragione. - assentì anche lei. Aveva abbassato la testa e ora non sapeva più come continuare quella conversazione.
–Credo sia ora di andare per me. C’è un taxi che mi aspetta fuori dal cancello di questo rudere, per portarmi all’aeroporto di Shannon.-
Un terremoto, si ritrovò a pensare Kelly. Qualcosa di forte l’aveva appena scossa dalla testa ai piedi. La ragazza sentì le gambe tremare, stavano per cederle. Alzò di nuovo la testa per guardare Billy negli occhi.
-Dove vai?- chiese con voce incerta. Lui le sorrise mestamente, portandosi una mano tra i capelli scarmigliati per via del vento.
-Torno dai miei, a Londra.-
Kelly sgranò gli occhi. –È così lontana. - sussurrò tra se e se.
 Billy la squadrò, era strano vederla così, totalmente disorientata. Si arrotolava i capelli attorno alle dita, forse senza neanche rendersene conto, era totalmente assorta nei suoi pensieri, sembrava essersi dimenticata che lui fossi lì.
-Kelly?- esordì il ragazzo riportandola alla realtà.
 Lei fissò bene i piedi a terra, puntando i suoi occhi su Billy senza il minimo turbamento.
Aveva deciso di prendere il coraggio a due mani e farsi avanti, non era più il momento di scappare, non poteva. Avevano sprecato talmente tanto tempo pensando di averne all’infinito, e ora lui stava andando via… Wynne e Thomas avevano ragione, doveva agire.
-Non voglio che parti. - esordì con voce calma. Billy rimase sorpreso da quelle parole.
-Scusa?- chiese incredulo.                                      
-Non voglio che parti. - affermò lei seriamente. –Londra è lontana, e poi scusa tu sei irlandese, perché vivi a Londra?- il ragazzo si ritrovò a sorridere, era così strano vederla agitata per lui.
-Mio padre lavora lì. Ci siamo trasferiti dieci anni fa, prima vivevamo a Doolin. - si bloccò aspettando che lei potesse assimilare tutte quelle notizie.
-Quindi non tornerai più?- la voce della piccola guerriera tremò un po’, la sicurezza che aveva ritrovato qualche minuto prima era già sparita, lasciandola sola e piena di dubbi.
Billy si avvicinò a lei per tranquillizzarla, la abbracciò con trasporto accostando le sue labbra all’orecchio della ragazza. –Torno tra due giorni. - le disse poi, sbottando a ridere sguaiatamente.
Kelly rimase gelata sul posto per svariati secondi, poi cercò di divincolarsi dall’abbraccio ormai soffocante del riccio.
-Sei uno stronzo!- urlò assestandogli un pugno nello stomaco. Billy si sganciò subito da lei, piegandosi in due per il dolore.
-Psicopatica che non sei altro … - ringhiò lui, tentando di riprendersi dalle fitte terribili che lo stavano torturando.
-Ritieniti fortunato … avevo pensato a una ginocchiata alle palle. - sputò lei acidamente piegandosi verso di lui per cercare di rimetterlo in piedi. Solo dopo svariati muniti Billy, ritrovò la sua postura da Homo erectus.
-Meglio?- chiese la piccola guerriera.
-Si. – grugnì lui, era ancora furioso per quella reazione spropositata. Alla fine aveva fatto tutto da sola, lui non le aveva mica detto che sarebbe partito per sempre, certo, non aveva neanche detto il contrario, ma questo non la giustificava per niente.
-Inizia a fare freddo, andiamo in un pub, ho ancora qualche ora a disposizione. -
S’incamminò senza aspettarla, calciando di tanto in tanto qualche ciottolo che si ritrovava tra i piedi.
-Ma non avevi detto che un taxi ti aspettava qui fuori?- sbuffò Kelly, tentando di raggiungerlo. Lui si voltò a malapena, lanciandole un’occhiata infuocata, per tornare subito dopo ad ignorarla.
 
 

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Capitolo 19
*** Piacere! ***


È piccolino, però mi piace, per questo mi è venuta voglia di pubblicarlo subito. Non so se per voi sarà lo stesso, ma devo ammettere che ad un certo punto, mentre scrivevo, mi sono emozionata! Devo dirvi però che questo sarà uno degli ultimissimi capitoli della mia piccola storia.... che cosa triste... però è anche ora che la smetta di tormentare i miei piccoli protagonisti... Comunque riflessioni a parte io vi lascio alla lettura del capitolo, spero che possa piacervi! Un bacione!









  Appena entrati nel pub, avevano sentito i loro muscoli rilassarsi. L’aria calda del locale li aveva subito fatti sentire meglio.
Presero  posto vicino ad una finestra dai vetri colorati: Il rosso e il verde risplendevano, riflettendosi di tanto in tanto sul loro tavolo, grazie ai fiochi raggi del sole, che riuscivano a trafiggere le grandi nuvole cariche di acqua. I due non avevano ancora ricominciato a parlare, avevano aperto bocca solo per ordinare del tè e della cioccolata calda.
La cameriera arrivò, portando con sé le bevande calde e poggiando lo scontrino al bordo del tavolo, per poi lasciarli al loro gioco del silenzio.
-Certo che tu non sai cosa voglia dire la parola “dieta”. - sbuffò Billy, guardando la cioccolata fumante che Kelly aveva davanti a sé. Effettivamente non era proprio un alimento leggero: il bordo della tazza era completamente ricoperto di panna montata sormontata da piccoli marshmallow colorati, il tutto accompagnato da sciroppo al cioccolato. Kelly fissò la sua tazza con un moto d’orgoglio, poi fissò il suo sguardo, disgustato, in quello del ragazzo.
-Non ho mai detto di essere a dieta. - sputò con fare stizzito. –Se cerchi la compagnia di un’anoressica dovresti provare a tornare da Lory. A proposito, come sta?- si stupì del suo tono, era più maligno e acido di quanto avrebbe voluto.
-Starà sicuramente bene. - le rispose lui, senza scomporsi. Sapeva che quando Kelly si sentiva attaccata allora, attaccava a sua volta; era come un serpente velenoso, sempre pronto a scattare, per ucciderti.
-Vuoi proprio parlare di lei?- la domanda gli uscì spontanea… non aveva rimandato il suo volo per continuare a litigare, anche se sapeva che Kelly non sarebbe arretrata neanche di un millimetro. Voleva lottare e quello avrebbero fatto per il resto del tempo.
-Dovrei voler parlare del fatto che sei scappato senza dire nulla?-
-Da che pulpito. - la stuzzicò lui. A quel punto la ragazza parve infervorarsi ancora di più. Gli occhi iniziarono a brillarle di una luce masochista che non prometteva per niente bene.
-Scusa, non avrei dovuto. - Billy cercò di rimediare subito, ma sapeva che il danno era fatto.
-Si, figurati. Per quanto ancora vorrai rinfacciarmelo?- chiese lei con tono scocciato. Era più calma del previsto, e questo preoccupò ancora di più il ragazzo.
-Non avrei neanche voluto dirlo, ma tu vuoi litigare, si vede. Quindi forza… divertiti. - il riccio si scostò dal tavolo con un gesto plateale, alzando di qualche tono la voce. Era contrariato dal solito comportamento infantile della ragazza, ogni volta lo portava all’esasperazione senza neanche impegnarsi troppo.
-Non voglio litigare. Non voglio niente da te. La domanda giusta è: cosa vuoi tu da me?-
Kelly aveva colpito nel segno, certo non era proprio vero ciò che aveva detto, o almeno non tutto. Lei non voleva litigare, questo era vero… il resto l’aveva detto solo per fare scena. Si stampò in faccia una maschera di superiorità, che stonava terribilmente col tumulto che la stava squassando dentro, cercando di guardarlo senza farsi incatenare dai suoi occhi.
-Io vorrei che tutto tornasse come prima.- sospirò lui, più a se stesso che per rispondere a lei.
Kelly spiazzata, si ritrovò a mordicchiarsi l’interno della bocca, non sapeva proprio come replicare. Certo, la faceva facile lui, ormai i danni erano fatti, non si poteva cancellare tutto e fare finta di nulla. Non era come da bambini quando bastavano un paio di mignoli per rimettere tutto a posto. Sentì il sapore ferroso del sangue farsi largo nella bocca, e capì di aver esagerato nel mordicchiarne l’interno. Represse una smorfia di dolore, fingendo un ritrovato interesse per la tazza stracolma di cioccolato bollente.
-A te le cose vanno bene così?- proseguì Billy a mezza voce.
I suoi occhi saettarono sul volto del ragazzo, senza soffermarsi troppo su nessuna cosa in particolare, era indignata dalle sue parole, ma ancora non sapeva come replicare.
Si fece coraggio solo quando, dopo svariati minuti, lo vide riaprire la bocca per partire in quarta.
-Senti, non so per chi mi hai preso, ma credevo che mi conoscessi un minimo. Come puoi solo pensare che con tutto quello che mi hai fatto provare, e quello che abbiamo passato insieme le cose possano andarmi bene così come sono ora?- detto ciò si portò la tazza alle labbra per prendere un lungo sorso di cioccolato.
Il calore che si sprigionò nel suo stomaco la fece rilassare ancora un po’, certo quella conversazione non era delle più facili, ma aveva visto di peggio, poteva affrontarla senza troppi traumi.
Stranamente fuori dal pub il tempo sembrava voler migliorare, cosa strana, tutte le volte che s’incontravano per parlare si verificava un nuovo diluvio universale. Forse avrebbe dovuto prenderlo come un segno!
Billy continuava a osservarla attentamente, e lei sentendosi in imbarazzo iniziò a giocare con lo scontrino, fino a romperlo.
-Ci avrei messo la mano sul fuoco!-
-Uff.- sbuffò Kelly, annoiata dalle parole del riccio. – Piacerebbe anche a me far tornare le cose come prima, come quando mi pedinavi e t’inventavi le scuse più cretine per accompagnarmi a casa e poi imbucarti di prepotenza. - sorrise mesta, mentre la testa vagava fra quei ricordi così dolci da farle male.
Il ragazzo a quelle parole si alzò di scatto, portandosi vicino alla sedia di Kelly, che spaventata da quel suo gesto così improvviso si ritrovò ad alzarsi a sua volta, solo per inciampare nei piedi di Billy e cadere a terra.
-Ouch, ma sei scemo?- gracchio la ragazza massaggiandosi le mani doloranti, per lo scontro con il pavimento
-Forse dovresti guardare dove metti i piedi. - la voce del ragazzo si era fatta più profonda e calda, intiepidita da qualcosa che stava riaffiorando piano, un ricordo!
-Senti tu…- cominciò Kelly, che dal canto suo non si era accorta del cambiamento nel ragazzo. Avrebbe anche continuato la sua frase, se lui non avesse deciso di tirarla su prendendola per le braccia.  –Bi… Billy…- balbetto la ragazza, cerando di rimettere in moto il suo unico neurone, ma sembrava tutto inutile. Gli occhi di quel ragazzo le mandavano sempre in tilt il cervello. Lui la squadrò per qualche secondo, tenendo i loro visi a pochi centimetri di distanza, poi come se niente fosse, la lasciò andare e fece qualche passo indietro, sempre restando in silenzio.
-Billy, sei sicuro di stare bene? Prima ti alzi di botto, come se qualcuno ti avesse messo delle puntine sotto il sedere, poi non parli più. Così mi spaventi!-
Kelly stava quasi per scuoterlo violentemente, quando lui fece qualcosa di inaspettato.
-Piacere, il mio nome è William. Sono il nipote di Ron!- disse allungando una mano, senza mai spostare il suo sguardo da quello di Kelly.
Solo in quel momento il cervello della ragazza parve riattivarsi, almeno quel tanto che bastava per farle arrivare il ricordo agli occhi. Occhi che non riuscirono a evitare che un fastidioso velo umido si frapponesse fra loro e il ragazzo che tanto amavano fissare.
-Sei un cretino!- riuscì a singhiozzare lei, con qualche difficoltà.
Billy mosse la sua mano, esortando Kelly a fare quello che aveva fatto lui.
La ragazza alzò timorosa il palmo verso quello del ragazzo, per poi stringerlo con decisione. Prese un profondo respiro e poi sorrise. –Piacere, io sono Kelly e vedo i fantasmi!-
 

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