CSI: Delitto al Cioccolato [traduzione di manwhoela]

di Beth Einspanier
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il Bambino più Fortunato del Mondo ***
Capitolo 3: *** Il Culto della Barretta di Cioccolato ***
Capitolo 4: *** Fuochi d'artificio ***
Capitolo 5: *** Grandi Noccioline ***
Capitolo 6: *** Viola, la Fata Turchina ***
Capitolo 7: *** Roba che Scotta ***
Capitolo 8: *** Nuovi Sviluppi ***
Capitolo 9: *** Scacchi con la Regina ***
Capitolo 10: *** Un Salt-o Alla Fabbrica ***
Capitolo 11: *** In Fabbrica ***
Capitolo 12: *** Pacco Con Sorpresa ***
Capitolo 13: *** Rimbalzo ***
Capitolo 14: *** Grande Motivazione ***
Capitolo 15: *** Cerchio Completo ***
Capitolo 16: *** Passaggio del Testimone ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Titolo originale: CSI: Death by Chocolate

Disclaimers: “CSI: Crime Scene Investigation” e i relativi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della CBS; anche “La fabbrica di cioccolato” e i relativi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 

Gli eventi si svolgono dieci anni dopo quelli descritti nel film di Tim Burton “La fabbrica di cioccolato”

 

 

Il giovane giaceva tra la vegetazione del deserto come una riproduzione improvvisata dell’Uomo Vitruviano di da Vinci, sebbene alla tenue luce del crepuscolo fosse difficile vederci chiaro senza una torcia elettrica, e poiché il ragazzo era morto, l’effetto fu poco apprezzato da coloro che in quel momento ne avevano una.

Indossava un completo giacca e cravatta, tuttavia il completo era, o comunque era stato un tempo, di colore blu reale brillante, un colore che generalmente non si trova in un catalogo di abbigliamento maschile. Adesso era malamente macchiato da una spessa sostanza marrone, che odorava vagamente di rancido. I suoi occhi esanimi fissavano, senza vederlo, il cielo, e se non fosse stato per le mosche che esploravano allegramente la roba marrone che gli circondava gli occhi e gli incrostava naso e bocca, sarebbe potuto sembrare semplicemente un drogato.

Gil Grissom puntò la sua torcia sul volto della vittima e vide dell’altra sostanza marrone che incrostava i capelli, i quali erano corti e piuttosto ben curati. Qualunque cosa fosse questa sostanza marrone, era stata attentamente rimossa da gran parte del viso della vittima, probabilmente post mortem. Se non altro, il giovane sembrava vagamente sorpreso più che intimorito.

Nick Stokes fece una smorfia mentre si avvicinava al suo capo, “Cos’è quella roba?” Indicò le macchie marroni con un cauto gesto della mano.

“Quella, Nick, è una delle tante ragioni per cui indossiamo i guanti su una scena del crimine. Potrebbe non essere nulla, naturalmente –”

“O potrebbe essere esattamente quello che sembra.”

“Precisamente. Nessun documento?” Questa domanda fu diretta a un agente lì vicino.

“Sembra che avesse un passaporto nella tasca interna del cappotto.” Porse il passaporto a Grissom, il quale vide immediatamente che era ricoperto della stessa sostanza marrone, tanto da renderlo illeggibile. Lo imbustò, annotandosi mentalmente di mandarlo al Recupero Documenti una volta finito il lavoro sulla scena.

“Ehi Griss, da’ un’occhiata alle sue mani.” Nick sollevò una delle mani della vittima verso la torcia di Grissom. C’erano delle fibre bianche e lisce sotto le unghie, insieme alla sostanza marrone. “Sembra che abbia lottato.” Con le pinzette, prelevò un campione di una delle fibre – sembravano peli di animale – per poterle guardare con maggiore attenzione una volta tornato al laboratorio.

“C’è una cosa che non capisco, però,” osservò Grissom.

“Cosa manca?” Nick si guardò attorno, anche se sapeva che era sciocco cercare qualcosa che non c’era.

“La nostra scena del crimine. La sostanza marrone si trova per lo più sul corpo, e non vedo nessuna fonte per le fibre bianche. Ho la sensazione che il nostro sconosciuto sia stato scaricato qui. Credo, tuttavia, che una volta capito cosa sia questo…” Fece cadere un po’ della sostanza marrone dalla giacca della vittima. “…sapremo meglio dov’è la nostra scena del crimine.”

Presto avrebbero capito che quello sconosciuto una volta era stato il bambino più fortunato del mondo…

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Capitolo 2
*** Il Bambino più Fortunato del Mondo ***


“Scusate per il ritardo, ragazzi,” disse Warrick mentre entrava sulla scena del crimine e si infilava un paio di guanti. “Questa settimana il traffico è stato un delirio. Credo stiano aprendo un grande negozio sulla Strip. Che cosa abbiamo qui?”

“Uno sconosciuto, probabilmente è stato scaricato qui,” riassunse Nick. “Aveva un passaporto ridotto male, un paio di mazzi di chiavi, uno dei quali con un sistema di allarme a distanza, e anche una chiave magnetica di un hotel.”

“Non era uno del posto, dunque. Forse si trova qui per la stessa ragione per cui chiunque altro col suo gatto si trova qui.”

“Probabilmente.” Nick illuminò la macchia erbosa con la sua torcia. “C’è un’impronta.” La fotografò e si accovacciò per guardare meglio. “Questo posto è un paradiso per le escursioni. Scommetto che ci saranno impronte dappertutto.”

Nick sogghignò. “Ma scommetto che non ce n’è nessuna con una data.”

“Okay, vediamo.” Warrick si diresse verso il punto in cui Nick era accovacciato e vide –

Una pagina di giornale, calpestata da qualcuno che aveva lasciato una buona impronta della sua scarpa – che sembrava una scarpa da corsa, abbastanza piccola da essere una scarpa da donna – sulla carta sgualcita. La pagina era dominata da un annuncio pubblicitario a lettere colorate che urlava al lettore: “IL MERAVIGLIOSO MONDO DI WILLY WONKA APPRODERÀ A LAS VEGAS QUESTO FINE SETTIMANA! Per la prima volta dopo trent’anni, WILLY WONKA aprirà un negozio specializzato, proprio nel cuore della Las Vegas Strip! Venite a VEDERE le STRAORDINARIE creazioni e i dolciumi di cotanto CALIBRO ASTRONOMICO che possono provenire solo da… WILLY WONKA!” L’ultimo WILLY WONKA era scritto a lettere tonde alte sette centimetri e, sotto, c’era il disegno variopinto di un uomo sorridente vestito con un completo viola di un taglio andato fuori moda pressoché cento anni prima, completato da un audace cappello a cilindro. Quell’uomo allargava le braccia come un direttore di circo dei vecchi tempi, come a crogiolarsi nella sua stessa aura di grandezza.

L’impronta era atterrata dritta sul direttore di circo.

“Immagino che a qualcuno non piacciano le caramelle,” suggerì Warrick.

Nick seguì col dito inguantato la forma della W dell’ultima scritta WONKA. “Questo è interessante,” osservò.

“Sembri Grissom. Cosa è interessante?” 

“C’era una W proprio come questa su uno dei portachiavi che abbiamo trovato sulla vittima.”

“Forse il tizio era coinvolto nell’apertura del nuovo negozio.”

“Forse. Se siamo fortunati troveremo qualche serratura compatibile con queste chiavi. Nel frattempo, sappiamo per certo che questa impronta è stata fatta in un dato momento negli ultimi due giorni.” Indicò la data sul giornale: 4 Luglio 2005, una pubblicità in perfetto accordo con le festività del Giorno dell’Indipendenza.

Warrick controllò la data sul suo orologio. Era il 7 Luglio, giovedì – o almeno lo sarebbe stato per altri quindici minuti. Dunque l’apertura dell’emporio era stata programmata per l’indomani o il giorno dopo ancora, ma probabilmente questo non sarebbe accaduto se quello che avevano ritrovato era il proprietario…

 

“Charles M. Bucket, stando al suo passaporto ripulito,” disse il dottor Robbins al di sopra del cadavere disteso nell’obitorio. “Paese d’origine: Inghilterra. Età: 22, in buona salute – eccetto il fatto che è morto – e molto probabilmente il più sano apparato dentale che abbia mai visto. Non una sola carie, tanto meno ogni altro genere di intervento odontoiatrico. Nemmeno una capsula.” Sollevò il labbro superiore di Bucket per mostrare i denti a Grissom. Infatti, essi erano perfettamente sagomati e bianchi come perle, il tipo di denti per cui i produttori di dentifricio ucciderebbero per mostrarli in una delle loro pubblicità.

“E per quanto riguarda la sostanza che lo ricopriva quando l’abbiamo trovato?” chiese Grissom.

“È qui che la faccenda diventa un po’ strana,” rispose Robbins. “Zucchero, cacao, latte, tutti leggermente inaciditi. Cioccolato rancido.”

“Cioccolato?” La fronte di Grissom si corrugò.

Robbins annuì. “E ne ho trovato ancora di più nella gola e nei polmoni. Quindi la causa del decesso è…”

“Il cioccolato.” Grissom inarcò un sopracciglio a questa affermazione.

“Lo sto classificando come decesso da asfissia causato da annegamento, ma sì. Quest’uomo è annegato – o è stato annegato – nel cioccolato liquido. Se lo volessi, potrei ricavare un mio personale modello del sistema respiratorio superiore fatto di cioccolato, tuttavia dubito che qualcuno vorrebbe mangiarlo. Ho mandato un campione a Greg insieme ai vestiti del signor Bucket; forse può dirci chi è il produttore, ma non trattenere il fiato nell’attesa.”

“Direi che una fabbrica del genere avrebbe cioccolato liquido a sufficienza per annegarcelo. Una tinozza, magari?”

“Probabilmente. Però non ci sono molte fabbriche di cioccolato a Las Vegas.”

“Be’, questo dovrebbe rendere le cose più facili, allora.”

“Ho trovato altre due cose che ti potrebbero interessare.” Voltò la testa di Charlie verso sinistra, rivelando un’ammaccatura semicircolare sul lato della testa, ad alcuni centimetri dall’attaccatura dei capelli. “È stato colpito piuttosto forte con qualcosa – a giudicare dalle dimensioni e dalla forma della ferita direi una palla da biliardo o qualcosa di simile. Aiutami a girarlo.” I due girarono il cadavere su un lato. “Guarda, c’è una ferita analoga alla base del cranio. Ho trovato delle schegge di colore rosso nelle ferite, probabilmente vernice o qualcosa del genere appartenente all’arma.” Grissom riusciva facilmente a immaginare uno sconosciuto che attaccava alle spalle lo sfortunato signor Bucket, brandendo una palla da biliardo come arma improvvisata – ma…

“Cioccolato e biliardi?” domandò Grissom, aggrottando la fronte.

“Non sembra un caso facile. Mi dispiace.”

“Al contrario, a dire il vero. Ho scoperto che più il caso è complicato, più semplice è la soluzione.”

“Se lo dici tu. Abbiamo anche trovato un paio di capelli biondi e alcuni peli bianchi d’animale sui vestiti del signor Bucket, conservati nel cioccolato. Forse la persona a cui appartengono può fare un po’ di luce sulla sua morte. Nick sta dando un’occhiata ai campioni adesso.”

“Bene. Se trovi qualcos’altro, fammelo sapere.”

Robbins annuì, e Grisom lasciò l’obitorio.  

 

Greg Sanders aveva uno sguardo eccitato quando Grisson entrò nel laboratorio.

“Dal luccichio nei tuoi occhi deduco che abbiamo il nome del produttore del nostro campione di cioccolato?” domandò Grissom.

“Deduci correttamente,” disse Greg, praticamente bruciando dall’emozione, “Vedi, il cioccolato contiene di base gli stessi ingredienti, ma ogni cioccolatiere ha la sua propria specifica formula, il suo proprio modo di mescolare gli ingredienti e così via. E posso dirti fin da subito che quel campione non era come il cioccolato a buon mercato dei coniglietti pasquali.” Dandosi una veloce spinta con le sue sneakers, si lanciò con la sua sedia girevole verso il cassetto di una scrivania, da cui tirò fuori una grande barretta di cioccolato avvolta in una luccicante carta rossa su cui c’era scritto ‘Barretta Wonka Cremcaramellosa’. “Era cioccolato Wonka.” Allo sguardo vuoto di Grissom, aggiunse, “E vedo che per una volta non hai idea di cosa io stia parlando.”

“Non sono un gran mangiatore di cioccolato.”

“Che sorpresa.” Greg alzò gli occhi al cielo.

“Okay. È significativa questa scoperta?” domandò Grissom.

Greg sollevò le sopracciglia incredulo. “Solo se consideri significativa la più pregiata cioccolata della società moderna. E questa non è solo la mia opinione – dopo tutto, non possono avere torto ben tre miliardi di amanti del cioccolato in tutto il mondo. Willy Wonka è un genio in ciò che fa… Forse è un po’ svitato, se quello che si dice è vero, ma è in ogni caso un genio assoluto.”

“Cosa intendi con ‘svitato’?”

“Sai, gli manca qualche rotella.” Greg roteò il dito attorno al suo orecchio per chiarire il concetto. “Ha vissuto nella sua fabbrica negli ultimi trent’anni, per lo più da solo, occupandosi solo dei dolciumi. Questo fino a dieci anni fa, quando ha finalmente preso con sé una sorta di assistente. Fu pazzesco. Indisse una gara, e il vincitore diventò il suo assistente nella fabbrica. Un certo ragazzino di nome Charlie, mi sembra.”

L’attenzione di Grissom si stava affievolendo, ma a quel nome scattò di nuovo sull’attenti. “Charlie?”

“Sì. Charlie.”

“Bucket?”

Greg lanciò a Grissom un lungo sguardo. “Pensavo non ne sapessi niente.”

“So che abbiamo un giovane uomo nell’obitorio che risponde al nome di Charlie Bucket,” disse Grissom con aria seria.

Greg restò senza parole alla notizia. Guardò la sua barretta di cioccolato e la ripose rispettosamente nel cassetto.

“Ora,” continuò Grissom, “ho bisogno che tu scopra quante fabbriche di Las Vegas producono cioccolato Wonka-”

“Posso dirtelo subito,” lo interruppe Greg, con tono ancora leggermente sconvolto, “C’è solo una fabbrica in tutto il mondo, in Inghilterra. Produce tutti i dolciumi Wonka che vengono venduti in tutto il mondo, non solo il cioccolato. Accidenti, che schifo di situazione.”

“Bene, il fatto che al mondo ci sia una sola fabbrica di cioccolato Wonka semplifica le cose – dal momento che il signor Bucket è stato annegato nel cioccolato Wonka, allora la nostra scena del crimine deve essere quella fabbrica.”

“Avevo quattordici anni quando fu aperta la caccia ai biglietti dorati. Tra i miliardi di tavolette Wonka vendute in tutto il mondo, solo in CINQUE ci sarebbero stati i biglietti dorati nascosti nell’involucro. Ogni bambino voleva essere uno di quei fortunati cinque che avrebbe fatto un giro gratis della fabbrica. Me incluso. E tra quei cinque, solo un bambino avrebbe vinto il grande premio. Charlie potrebbe essere stato il bambino più fortunato del pianeta. Se quello che dici è vero, allora c’è una sola persona che potrebbe averlo ucciso – e mi rifiuto di credere che Willy Wonka possa aver ucciso il suo stesso apprendista.”

“Posso solo seguire le prove, Greg,” disse  gentilmente Grissom, con un tono di scusa nella sua voce. “Non posso farci niente su dove mi portano.”

Diede a Greg una pacca sulla spalla e se ne andò. Greg guardò tristemente i vestiti ricoperti di cioccolato che giacevano sul tavolo del laboratorio. 

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Capitolo 3
*** Il Culto della Barretta di Cioccolato ***


“Okay gente,” annunciò Grissom agli agenti adunati nella sala riunioni all’inizio del turno di notte di venerdì, “Cosa sappiamo finora sul caso Bucket? Nick?”

“C’erano dei peli sui vestiti della vittima provenienti da due fonti diverse,” disse Nick, “Quelli più lunghi sono capelli umani, probabilmente di una donna… quasi certamente ossigenati. Nessun frammento di pelle, il che indica un distacco naturale. I peli bianchi più corti sembrano provenire da un animale appartenente alla famiglia dei mustelidi. Se dovessi tirare a indovinare, direi visone.”

“Non mi piacciono le supposizioni, Nick,” lo rimproverò Grissom.

“Okay, se dovessi teorizzare, direi visone, dal momento che non ci sono molti mustelidi nel Nevada.”

“Una bionda ossigenata con indosso un cappotto di visone?” osservò Sara in modo secco, “Quante tipe così crediate ci siano a Las Vegas?”

“Molte di loro probabilmente indossano pellicce finte, non che lo ammetterebbero,” rispose Nick.

“Greg,” disse Grissom, ignorando quel teatrino, “Cos’abbiamo sugli altri effetti personali di Bucket?”

“Due serie di impronte sul portachiavi,” rispose il tecnico del laboratorio, “Una serie appartenente alla nostra vittima e un’altra appartenente a uno sconosciuto, probabilmente una donna.”

“La fidanzata?” suggerì Nick, “Forse Bucket le stava mostrando il suo alloggio?”

“Se fosse stato così ci sarebbe una sola serie di impronte – quelle di Charlie. Voglio dire, a meno che non abbia lasciato che fosse lei ad aprire la porta, il che sarebbe decisamente patetico.”

“Niente sulla chiave magnetica dell’hotel?”

“È per una suite al Grand Hotel MGM sulla Strip. In base a quanto detto  dall’addetto alla reception, Charlie stava trascorrendo il fine settimana in un posto più grande del mio appartamento, e anche dannatamente più confortevole. Mentine sul cuscino, servizio di couverture e tutto il resto – tutto a carico di Willy Wonka.”

“Stanze di questo genere non sono economiche,” disse Grissom, riportando la conversazione sui binari, “Idee sul perché?”

“Potremmo avere una pista sul perché Bucket era a Las Vegas,” disse Warrick, “Nick e io abbiamo rilevato un’impronta da un annuncio di giornale lasciato sulla scena, riguardava l’apertura prevista per questo fine settimana di un negozio di dolciumi Wonka.”

“E in che modo questo è pertinente?” domandò Grissom.

“Be’, secondo Greg, questo Wonka non lascia mai la sua fabbrica, e probabilmente non inizierà a farlo per l’apertura di un negozio se è davvero agorafobico – voglio dire, c’è mezzo mondo tra Las Vegas e Londra, giusto? Quindi spedisce il suo assistente a occuparsi della faccenda, non sognandosi neppure che possa venire ucciso.”

“Avete un indirizzo del negozio di dolciumi in questione?” chiese Grissom.

Warrick sbuffò. “Anche se non l’avessimo, ci basterebbe seguire i pellegrini.”

Grissom sollevò un sopracciglio. “Pellegrini?”

“L’apertura del negozio è programmata per questo fine settimana. È come un’adunanza del Culto della Barretta di Cioccolato sulla Strip.”

“Ho bisogno che tu e Nick mettiate in sicurezza quella zona. Se c’è una qualche prova all’interno del negozio, o anche nei suoi dintorni, non voglio che venga calpestata da un’orda di impazienti golosoni. Metti giù la mano, Greg, ho bisogno di te qui in laboratorio, non a un qualche evento pubblicitario.” Greg si accasciò sulla sua sedia. “Sara, aiuta Greg con qualsiasi prova trovino. Quel negozio non aprirà finché non arriveremo in fondo a questa faccenda. Catherine, tu e io daremo un’occhiata a quella stanza d’hotel stasera – vediamo se Charlie ha lasciato qualche traccia. Va bene gente, avete i vostri compiti. Vediamo cosa riusciamo a trovare.”

Riunione terminata.

Mentre Catherine se ne andava con Grissom, lui le toccò improvvisamente un gomito.

“Cosa c’è?”

“In quanto tempo credi di poter essere pronta per andare a Londra?” chiese senza guardarla.

Catherine si fermò di colpo. “Londra!” sbottò, come se l’entomologo forense l’avesse appena invitata a bere un paio di drink al Coyote Ugly.

Grissom finalmente la guardò. “Questo potrebbe potenzialmente essere un caso internazionale. Quanto meno, i parenti più prossimi di Bucket dovrebbero essere messi al corrente – e io gradirei parlare col signor Wonka per scoprire che parte ha, se ce l’ha, in questa storia.”

“Grissom… tu odi il cioccolato.”

“Non capisco come questo sia rilevante.”

“Bene – Dammi solo un paio di giorni per organizzarmi.”

“Posso darti 24 ore. Quando l’arma del delitto è deperibile, il tempo è essenziale. 

Catherine sospirò. Una volta, un suo amico le aveva dato una raccolta di racconti di Sherlock Holmes da leggere nei suoi (estremamente rari) giorni liberi, e Catherine era scoppiata a ridere alle similitudini che aveva trovato tra il detective dell’età vittoriana e il suo supervisore. Nella pratica, tuttavia, i capricci di Grissom le facevano venire più voglia di strangolarlo che di ridere.

 

Si era già formata una sorta di piccolo villaggio nel parcheggio di quello che era destinato a diventare un negozio di dolciumi. SUV, tende per una o due persone, e perfino persone con solo dei sacchi a pelo che punteggiavano l’asfalto nella zona immediatamente circostante l’edificio (per non contare alcuni sacchi a pelo sul marciapiede), preannunciavano che un sacco di persone sarebbero rimaste molto deluse una volta scoperto che il negozio non avrebbe aperto in orario.

“Cristo santo,” respirò Nick, “Sembra di essere alla prima di un film di Star Wars.”

“Della trilogia originale o dei prequel?” domandò Warrick.

“Episodio I.”

Il capitano Brass gli si avvicinò. Era a capo di un piccolo gruppo di agenti della polizia di Las Vegas chiamati per aiutare a mettere in sicurezza il negozio. “Molto bene,” disse, “Come volete procedere, facendo rumore o in maniera tranquilla?”

“Non facendoci uccidere, direi.” suggerì Warrick.

Alla fine, ci volle un’ora molto diplomatica per liberare il marciapiede (un campeggiatore aveva deciso che non si sentiva particolarmente diplomatico all’una del mattino e fu necessario portarlo via con una volante dopo che aveva fatto sanguinare il naso a un agente) e permettere ai tecnici della Scientifica di avvicinarsi indisturbati alla vetrina. Le prove che potevano essere state sul marciapiede erano probabilmente rovinate a questo punto, ovviamente, ma ora non ci si poteva fare niente.

Nick mise le sue mani guantate a coppa contro il vetro e sbirciò all’interno del negozio mentre la polizia delimitava il perimetro dell’area con il nastro giallo. Accese la sua torcia per vedere meglio e scrutò gli espositori e gli scaffali nascosti nell’ombra, i quali sembravano già portare il peso delle merci. Stava per voltarsi verso Warrick quando –

– una piccola ombra gli sfrecciò davanti –

– e sparì prima che potesse individuarla con la sua torcia.

“Ehi Warrick, hai la tua semiautomatica con te?” chiese al suo partner.

“Sì, perché?”

“Ho visto qualcosa muoversi lì dentro. Potrebbe essere un gatto o qualcos’altro, non saprei dire. Fai attenzione.”

Prese le chiavi – separate dal portachiavi viola brillante, che si trovava ancora in laboratorio – dalla sua tasca e aprì con cautela il catenaccio. Spinse piano la porta, che ruotò sui suoi cardini, e trasalì al suono di una campanella vecchio stile posizionata sopra la porta. Prese il suo kit ed entrò nel negozio. Il luogo era pregno di un fitto, vigile silenzio – come se fosse in attesa di qualcuno. Puntò la  luce sul bancone di vendita, vedendo altre coloratissime merci in esposizione, molte delle quali mostravano l’immagine del sorridente e ghignante direttore di circo vestito di viola, il quale sembrava più inquietante che invitante in quell’oscurità.

“Sembra libero,” decise infine Nick, così Worrick lo seguì nel negozio col suo kit.

“Contattatemi via radio se vi serve qualcosa,” disse Brass, e se ne andò ad aiutare gli altri uomini a delimitare il perimetro.

Shuffle…

“Cosa diavolo è stato?” sbottò all’improvviso Warrick, puntando la sua torcia in un angolo. Era vuoto.

Flap flap flap flap…

La torcia di Warrick seguì il suono, che portava verso una porta a battente che conduceva sul retro. Lui e Nick si scambiarono uno sguardo.

“Hai detto che era libero,” sbottò Warrick.

“Ho detto che sembrava libero,” replicò Nick, “C’è una bella differenza.” Afferrò la ricetrasmittente dalla sua cintura. “Ehi Brass, abbiamo un problema qui - ” La radio gli rispose con alcune scariche di interferenza, come a dire ‘Cattivi! Niente caramelle per voi!’ Poi, attraverso l’interferenza, cominciò a sentirsi un piccolo suono vivace, come di un organo a vapore impazzito.

“Okay, sto cominciando a dare di matto…” disse Nick a disagio.

Poco dopo Warrick vide il primo piccolo volto che lo fissava nell’ombra, dopodiché scoppiò l’inferno.

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Capitolo 4
*** Fuochi d'artificio ***


Il cellulare di Grissom squillò proprio mentre lui e Catherine entravano nel parcheggio del Grand Hotel MGM. Lo prese e rispose.

“Grissom.” Si ritrasse leggermente non appena udì un acuto stridio provenire dall’altro capo del telefono.

“Grissom, sono Sara,” le sentì dire quando riappoggiò il telefono all’orecchio, “Greg e io abbiamo scoperto qualcosa di strano riguardo quei frammenti provenienti dalle ferite alla testa di Charlie.”

“Strano-buono o strano-cattivo?” domandò con impazienza. ‘Strano’ non era una valutazione scientifica che amava sentire, e stava cominciando a preoccuparsi per tutti quei disturbi alla linea. I cellulari del dipartimento di polizia di Las Vegas di solito offrivano una ricezione migliore di quella.

“Direi piuttosto che si tratta di una faccenda strana alla ‘non abbiamo idea di cosa diavolo sia successo’. Comunque ti dirò quello che sappiamo. Quando ho analizzato il campione, ne è venuto fuori destrosio, sciroppo di mais, maltodestrina e tracce di acido malico, stearato di calcio, carta cerata per…”

“Caramelle,” concluse Grissom.

“Lecca lecca,” rispose Sara, “Probabilmente uno di quelli grandi, per il quale ti ci vogliono giorni per consumarlo, a giudicare dalla ferita alla testa.”

“Be’, non c’è niente di particolarmente strano riguardo un assassino che usa come arma qualcosa che aveva a portata di mano.”

“Già… ma è a questo punto che lo spettrometro di massa ha dato di matto. Sta sparando fuochi d’artificio fin da quando abbiamo finito dieci minuti fa.”

“Cosa intendi con ‘fuochi d’artificio’? Fa le scintille? Va in fiamme? Sara, devi essere più precisa.”

Intendo che sta cacciando fuochi d’artificio!” urlò Sara, “Esplosioni viola, piccole spirali luminose, scintillanti fontane d’argento – merda!” Un altro missile stridente passò sbandando. Quando Sara riprese a parlare, sembrava lo stesse facendo da sotto una scrivania. “Greg, altri quattro tecnici e tre agenti non sono riusciti a spegnerlo. Sembra il 4 di Luglio qui dentro!”

“Stai bene?” chiese Grissom con preoccupazione crescente, “Esci fuori di lì se sta diventando pericoloso.”

“No, per ora sto bene.” Sentì un fruscio attraverso la linea, e immaginò che Greg si stesse riparando vicino a Sara. “Aspetta in linea, c’è un’altra cosa che dovresti sentire dalla fonte.” Passò il telefono.

“Ciao Griss!” Greg Sanders sembrava più eccitato che spaventato, il che era notevole considerando che aveva già assistito a un’esplosione in laboratorio durante la sua carriera.

“Greg, esattamente, cosa sta succedendo laggiù?”

“Esattamente quello che pensavo sarebbe successo – lo spettrometro di massa ha trovato nel campione un elemento che lo ha confuso di brutto.”

“Quale elemento, Greg? Nessuno di voi dice cose sensate.” Grissom stava esaurendo quella che molti consideravano una pazienza buddista.

Aveva la sensazione che il giovane tecnico stesse sogghignando. “È lo stesso elemento che ho trovato la notte scorsa nel campione di cioccolato Wonka, ma sembra ce ne sia molto di più nel lecca lecca. O meglio, nel ‘Succhia succhia’.”

“Greg,” disse Grissom con calma, “Che stai dicendo.”

“È quello che rende i dolci di Wonka quello che sono, Grissom. Il cioccolato e tutto il resto.”

Grissom aveva ascoltato l’ultima parola pronunciata dalla bocca di Greg, dopodiché chiuse il telefono e lo infilò nuovamente in tasca.  

“Cosa è successo?” chiese Catherine, notando la nube scura che era calata sulla fronte del suo supervisore.

“Greg si è preso il suo tempo per prendermi in giro,” borbottò, “Pensavo che almeno sarebbe stato…” Scosse la testa. “Non importa. Diamo un’occhiata alla suite di Bucket.” Entrò nella lussuosa hall dell’hotel, con le sue decorazioni e la sua architettura ardita che facevano sembrare gli altri hotel dei ripostigli per le scope. “Onestamente,” mormorò sottovoce, “Pura magia.”

 

Warrick e Nick si tuffarono al riparo dietro vari scaffali ed espositori di fronte a un bizzarro bombardamento di caramelle gommose, liquirizia e lecca lecca lanciate a velocità accecante da nascondigli immersi nell’ombra. Nick era già stato colpito di striscio alla tempia da quello che si scoprì essere un proiettile di caramella, mentre Warrick aveva una caramella gommosa intrappolata tra i capelli.

“Da dove provengono?” urlò Nick.

“Sia dannato se lo so,” urlò a sua volta Warrick, “Sembra che - porca puttana…” Nick guardò giusto in tempo per vedere Warrick lanciarsi all’inseguimento di qualcosa che era schizzata via dal fondo dello scaffale. “Preso! Ahi! Ehi! Ti dispiace smetterla?”

Nick si accovacciò per indagare, e vide che Warrick stava trattenendo quella che sembrava essere una persona minuscola, perfino più minuta di quelle che, come Nick sapeva, preferivano essere chiamate ‘persone piccole’ – alta forse sessanta centimetri, per essere eccezionalmente generosi, si agitava furiosamente nella presa di Warrick come un leprecauno appena catturato per il suo oro. Lui – poiché il prigioniero era certamente di sesso maschile – aveva una carnagione scura, probabilmente indicativa di una origine Hindi (volendo ignorare la prodigiosa mancanza di peso), e una testa ricoperta da capelli neri che avevano una strana sorta di onda che partiva dalla sommità del capo. La targhetta col nome cucita sulla sua minuscola tuta lo identificava come ‘Oliver’.

“Ehi,” disse Nick, guardandosi intorno, “L’attacco si è fermato.”

Difatti, era di nuovo tutto tranquillo nel negozio di dolciumi, finché con un forte CRACK! Oliver diede una testata contro il naso di Warrick, divincolandosi dalla presa mentre lo aveva così distratto. Nick seguì il percorso di Oliver lungo il pavimento, cercando di capire dove stava andando, ma poi notò dei movimenti in molte altre mensole. Uno a uno, molti altri esseri come Oliver si materializzarono dall’ombra – forse venti in tutto. Nick si raddrizzò lentamente, ammutolito per lo sconcerto, perché quelle creaturine sembravano tutte assolutamente uguali, tuttavia Nick sperò follemente che avessero tutti nomi diversi. Queste fissarono lui e Warrick così intensamente che Nick iniziò a sentirsi come in un film di Hitchcock.

“Warrick, stai bene?” domandò.

“Sì, penso di sì… Non credo sia rotto ma, dannazione, quel piccoletto aveva la testa dura!” Warrick si tamponò il naso sanguinante.

“Potreste farmi un favore davvero grande?” chiese Nick, sporgendosi verso la piccola tribù, “Non… fate… nessun… movimento… improvviso.” Alzò leggermente la voce. “Siamo del dipartimento di polizia di Las Vegas. Stiamo indagando su un omicidio.” Uscì lentamente da dietro gli scaffali e indicò il distintivo sulla sua cintura. “Siamo con la polizia. Stiamo indagando su un omicidio.”

Warrick si alzò per vedere con chi stava parlando Nick. “Che diamine succede? Chi sono?”

“Credo che vivano qui,” disse Nick con cautela. Provò a individuare Oliver, ma scoprì che non ne era in grado.

“Pensi che possano aiutarci?” chiese Warrick dubbioso. Il suo naso aveva praticamente smesso già di sanguinare. 

Allora quelle piccole creature fecero l’ultima cosa che si aspettavano facessero.

Cominciarono a cantare.

 

Un crimine orribile è stato commesso-

Il nostro caro amico Charlie è stato soppresso!

Potete aiutarci a risolvere il caso?

Il killer era qualcuno del suo passato!

Lei per vedere il nostro amico è venuta

Un ‘no’ come risposta non avrebbe accettato

A mandarla via lui provò – ma lei urlò e si dimenò!

Quanto poco è cambiata, abbiam pensato!

Lei gli ha detto “Tutte le mie ricchezze, Charlie,

Non hanno significato!”

Lei gli ha detto “Tutte le mie ricchezze, Charlie,

Non hanno significato

se il tuo amore non ho conquistato!”

(“Chi era questa donna? Gwen Stefani?” Mormorò Warrick a Nick)

Ora la paura abbiam quasi superato

Willy ci ha detto di restare celati

Ma con Charlie scomparso cosa facciamo?

Noi facciamo caramelle, anche venderle non possiamo!

Quale fine davvero sciagurata

Al nostro secondo, più caro amico è toccata

(Willy il primo amico è

Ma un’altra storia questa è)-

Vi aiuteremo se possiamo

A catturare il suo assassino

Un essere dall’animo malato

Nero come un carbone bruciato 

Ma prima c’è una cosa che dovete fare

Il nostro amico Willy bisogna avvisare.


Calò un silenzio mortale nel tetro negozio dopo che lo strano coro cessò di cantare.

“Oh, Grissom amerà tutto questo,” osservo secco Nick, “Gli unici testimoni che abbiamo sono dei Mastichini.”

Si sentì tirare una gamba dei pantaloni. Guardò in basso verso la faccia tonda di una delle piccole creature – probabilmente Oliver. Il ‘probabile Oliver’ lo guardò attentamente, e con una mentale scrollata di spalle, Nick si accovacciò così da poter arrivare al livello della creatura, per quanto la sua costituzione texana glielo permettesse. Non si trattava di Oliver, si accorse – la piccola targhetta col nome diceva ‘Nigel’. Nigel lo fissò, apparentemente in attesa di qualcosa.

“Vi aiuteremo,” disse Nick, “È il nostro lavoro, dopo tutto. Uh, ascoltate, avremo bisogno di una dichiarazione ufficiale da parte di… tutti voi,” concluse debolmente.

“Umpa-Lumpa,” disse Nigel, con una scioccante voce baritonale che fece momentaneamente sospettare Nick che, nascosto da qualche parte, James Earl Jones gli stesse facendo uno scherzo.

“Cosa?”

“Siamo Umpa-Lumpa,” chiarì Nigel pazientemente, come se si stesse rivolgendo a un bambino ottuso.

O-kayyy…” disse Nick, alzandosi e rivolgendosi a Warrick. “Molto bene… come vogliamo procedere?”

“Sto ancora cercando di capire come spiegare tutto questo nel mio rapporto,” rispose Warrick. Con sollievo di Nick, Warrick gli sembrava confuso quanto lui. “Tu va’ a dire a Brass che abbiamo dei testimoni. Io… Umpa-aspetto qui.”   

“No, credo che dovresti andare tu a spiegargli la situazione.”

“Prima o dopo avergli spiegato come mai ho una caramella gommosa tra i capelli?”

“Dopo. Digli… digli solo i fatti così come li conosciamo.”

“Cristo santo. Grazie mille. Mi devi un grande favore quando torniamo.” Warrick uscì.

Nick si sedette sul pavimento con le gambe incrociate e guardò Nigel, che lo stava ancora fissando.

“Allora,” disse Nick, “Hai visto qualche bel film di recente?”

 

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Capitolo 5
*** Grandi Noccioline ***


Ci volle un po’ per convincere il portiere a permettere a Grissom e Catherine di esaminare la suite di Bucket – funzionava così, anche quando si trattava di un caso che prevedeva quel tipo di riservatezza per la quale si paga una tariffa a ore. Quello che è accaduto a Las Vegas, dice il detto, resta a Las Vegas. In ogni caso, la morte di una celebrità minore e la potenziale pubblicità negativa che un tale evento avrebbe portato al Grand Hotel MGM avevano richiesto del tempo per ungere le ruote della diplomazia. A quanto pare, Grissom era uno degli uomini più diplomatici della squadra, se non altro perché lui conosceva abbastanza il codice penale da permettergli di bloccare col suo piede parecchie porte legali. Con le persone era leggermente meno diplomatico. I membri della squadra ci scherzavano su, dicendo che andava più d’accordo con le blatte fischianti del Madagascar che con le persone. O almeno, le persone al di fuori del dipartimento pensavano fosse uno scherzo.

“Chiedo scusa!”  Queste parole giunsero taglienti come un colpo di frusta. “Chi vi ha autorizzati a stare qui?”

Grissom e Catherine si voltarono verso la persona che aveva parlato, una giovane donna bionda in abito da sera con un paio di scarpe col cinturino che le penzolavano da una mano – a quanto pare decisa ad andare a dormire presto all’una e un quarto del mattino. Catherine poteva capirla – non importa quanto potevano sembrare comode in un negozio, ma tutte le scarpe coi tacchi alti si trasformavano in uno strumento di tortura medievale dopo alcune ore.

“Siamo del dipartimento di polizia di Las Vegas,” disse Catherine, mostrando il suo distintivo. Tirò fuori la fotografia di Charlie Bucket e la mostrò alla donna. “Ha visto quest’uomo in giro per l’hotel?”

La donna guardò attentamente la foto e sorrise dopo aver riconosciuto la persona ritratta. “Sarebbe stato difficile non vederlo. La mia camera è proprio accanto alla sua, e comunque è facile notarlo in mezzo a una folla. Completo blu brillante, sapete.”

“Ha sentito qualcosa di strano provenire dalla sua camera, signorina…?”

“Salt. Veruca Salt – e ho già sentito ogni genere di battuta sulle verruche, quindi non disturbatevi. Per quanto riguarda i rumori strani provenienti dalla sua camera – non sono venuta a Las Vegas per stare tutta la notte nella mia camera mentre il Cirque du Soleil debutta col suo ultimo spettacolo. Una mia vecchia amica è riuscita a farsi assumere dalla compagnia quest’anno, e non sarebbe stato da me perdermi la sua esibizione.”

“E invece in questi ultimi giorni?”

“Non direi, no. Quando stavo nella mia camera era abbastanza tranquillo. Ovviamente si potrebbe probabilmente far saltare una granata in una di queste stanze e non si sentirebbe nulla dall’esterno, se non col balcone aperto.”

“Okay. C’è un numero al quale possiamo raggiungerla se abbiamo altre domande?”

“Be’, non vedo cos’altro potrei dirvi, ma vi darò il mio biglietto da visita.” Frugò nella sua borsetta e tirò fuori il biglietto da visita, porgendolo a Catherine. “Il mio cellulare è sempre acceso.”

Catherine guardò il biglietto. ‘NOCCIOLINE SALT, New York, NY,’ annunciava a caratteri festosi, “Forse siamo delle piccole noccioline, ma siamo delle grandi noccioline!” In fondo c’era un numero di telefono, presumibilmente il cellulare di Veruca, come promesso.

“Ho un’altra domanda,” Grissom parlò mentre Veruca apriva la porta della sua camera.

“Sì?”

“Potrei avere il nome della sua amica del Cirque?” Sorrise nel suo modo piuttosto disarmante. “Piacciono anche a me gli spettacoli.”

Veruca rispose a sua volta con un sorriso, chiaramente lusingata dall’interesse di Grissom. “Violet Beauregard. Nello spettacolo interpreta la Principessa dell’Oceano – è un’acrobata e, senza esagerare, la più incredibile contorsionista mai vista.”

“Andrò a dare un’occhiata,” rispose Grisom amabilmente. Veruca annuì e sparì nella sua stanza.

“Non sapevo ammirassi i contorsionisti,” osservò Catherine dopo che la porta si chiuse. 

“Non particolarmente, no,” rispose Grissom con disinvoltura, tornato serio, “Non sono neanche mai stato al Cirque du Soleil, a essere onesti.”

“Allora perché questo interesse per l’amica di Veruca?”

“Se Violet è una vecchia amica di Veruca, allora c’è una buona possibilità che abbiano parlato tra loro.”

“Veruca è una sospettata?”

Grissom le lanciò uno sguardo simile a quello di un bambino curioso. “Dovrebbe esserlo?”

Detto questo, fece un cenno al portiere, il quale aprì la porta della camera di Charlie. Provò a seguirli all’interno, ma Grissom alzò una mano per fermarlo.

“È meglio se aspetta nella hall,” gli spiegò, “Nel caso ci sia qualche prova che possa condurci a un sospettato.” Il portiere annuì e restò fuori.

“Camera ordinata,” osservò Catherine.

“Efficiente servizio di pulizia,” rispose Grissom cupo, esaminando la scoraggiante assenza di disordine, “Probabilmente vengono a pulire almeno una volta al giorno. Il che è un bene per l’hotel ma un male per le indagini.”

Camminando rasente a una parete, si avviò verso il bagno e sbirciò all’interno. “C’è un kit da barba, non usato. Dal modo in cui le sue cose sono allineate sul ripiano, probabilmente non sono state utilizzate fin da quando ha preso possesso della camera.” Coi suoi occhi scansionò il rasoio di sicurezza (Gillette), lo spazzolino da denti (Oral-B), il dentifricio (Smilex) e il pettine (Ace) allineati sul costoso ripiano del bagno (marmo, probabilmente autentico) come fossero i membri di un culto che pratica il suicidio in attesa che il Kool-Aid faccia il suo effetto.

“Ho trovato un portatile,” disse Catherine dalla camera da letto. Grissom alzò lo sguardo, vedendo soprattutto il fondoschiena di Catherine attraverso la porta del bagno, mentre si piegava verso quello che doveva essere il portatile in questione. Qualsiasi altro uomo si sarebbe soffermato a contemplare gli effetti ancora visibili della sua precedente carriera da ballerina esotica (e quanto fosse ancora una bella donna, sebbene si stesse inesorabilmente avvicinando il suo quarantesimo compleanno), ma al contrario Grissom oltrepassò la porta giusto in tempo per vedere le dita di Catherine, infilate nei guanti di lattice, non riuscire a convincere il portatile (che era di un’improbabile sfumatura di viola) a cedere i suoi segreti.   

Per tutta risposta, uno sfacciato programma di sicurezza mostrò un’altra grafica del direttore di circo col cappello a cilindro, che le agitava un dito in segno di rimprovero. “Ah-ah-ah!” la sgridò il portatile con una voce da tenore che sembrava quella di un cartone tanto era squillante, “Hai dimenticato di dire la parola magica! ADDIO!” E il portatile si spense.

“Lo manderemo al Recupero Dati,” la rassicurò Grissom, “Dovrebbero riuscire a crackare la password.”

“Lo imbusto,” rispose Catherine, chiaramente seccata dall’essere stata rimproverata da un portatile. Appena ebbe finito, si guardò intorno. “Non vedo alcun segno di lotta.”  

“Vedi qualsiasi altro segno di Charlie Bucket?” domandò Grissom.

Catherine diede uno sguardo alla camera da letto. “Be’, c’è il kit da barba che hai trovato nel bagno, il portatile… bagaglio Samsonite nell’angolo.” Si avviò pensierosa verso il guardaroba nell’angolo e lo aprì trovandovi sei completi, in varie sfumature di colori accesi, accompagnati da sei paia di scarpe stringate impeccabilmente lucidate. “Questo tizio aveva il gusto per la moda di Austin Powers.”

“Chi?”

“Lascia perdere. È irrilevante. Esaminò ogni completo con attenzione. “Nessun capello, suo o di qualcun altro. O aveva una spazzola per abiti o non sono stati indossati. Non troveremo niente in nessuno di questi.”

“Imbustane uno comunque. E un paio di scarpe, per non tralasciare nulla.”

Il cellulare di Grissom squillò. Gli diede una sola occhiata apprensiva (non voleva sentire di nuovo da Greg quelle stronzate sulla ‘magia’) e rispose. “Grissom.”

“Sono Nick. Warrick e io siamo di ritorno dal negozio di dolciumi.”

“E?”

“E abbiamo trovato qualcosa che crediamo tu debba vedere.”

“Questo non mi aiuta, Nick.”

“Be’, abbiamo trovato dei testimoni che si nascondevano nel negozio. A parte questo, dubito che mi crederesti.”

Grissom si premette con le dita la radice del naso. Stava cominciando a venirgli un leggero  mal di testa. “Nick, in questo momento sto ispezionando la camera d’hotel di Bucket per trovare delle prove. Catherine e io dovremmo tornare al quartier generale tra un’ora se non troviamo niente. A voi va tutto bene?”

“Sì. Certo. Ci metteremo un po’ a sistemarli tutti, in ogni modo.”

“Come dici tu, Nick.” Riagganciò.

“Problemi?” chiese Catherine, vedendo la sua espressione 

“Sembra che certi membri della scientifica stiano provando a prendersi gioco di me. Finiamo con la camera. Non gli darò la soddisfazione di cadere in qualunque bravata abbiamo progettato.”

 

Quindici minuti dopo, il Capitano Brass entrò al comando di polizia, seguito da una lunga fila di Umpa-Lumpa. Un altro agente si trovava in coda, sebbene sembrasse tristemente impreparato nel caso gli Umpa-Lumpa avessero deciso di rompere la fila e sparpagliarsi. Brass sapeva che gli altri li osservavano. Non poteva farci niente se non mantenere una parvenza di dignità, impresa non facile considerato il suo seguito. A loro beneficio, gli Umpa-Lumpa sembravano seri come lo erano stati nel negozio di dolciumi.

Altri quindici minuti dopo, Warrick era riuscito a registrare i nomi di tutti gli Umpa-Lumpa (nessuno di loro aveva un documento quindi aveva dovuto fidarsi della loro parola). Passò la piccola tribù agli agenti il cui lavoro adesso era sistemare venti Umpa-Lumpa praticamente identici nelle stanze degli interrogatori per fare le loro deposizioni separatamente. Se coincidevano, bene. Se differivano, c’era qualcosa che non andava. Se erano tutte assolutamente identiche, tuttavia, la polizia avrebbe avuto un problemino, vale a dire un dibattito sull’effettiva possibilità che esistesse un processo di clonazione che producesse Mini-Me.

Trascorsi cinque minuti per fare ciò, nacque un’accesa discussione su quale delle Umpa-Lumpa vestite di rosa fosse Betty e quale Nadine; faccenda che venne presto risolta dalle stesse signore in questione, le quali affermarono che, difatti, loro erano Maxine e Gertie, e che quelle due Umpa-Lumpa erano Betty e Nadine. Gli ufficiali confessarono che loro non vedevano differenze, il che fece piangere Gertie che venne consolata da un agente donna, la quale confermò che quegli screanzati erano dei maiali sessisti e che sarebbero stati rimproverati più tardi.     

Due minuti dopo, un agente affermò che gli era venuta l’emicrania in quella stanza di matti.

Ci vollero ulteriori venti minuti per capire le logistiche della distribuzione di venti testimoni in quattro stanze per svolgere interrogatori separati.

Quindici minuti dopo, Grissom entrò al quartier generale, cercando di sembrare meno seccato di quanto lo era in realtà. Nick si trovava lì per incontrare il suo supervisore.

“Ora, prima che tu veda i testimoni-” esordì Nick.

“Nick, non ho tempo per i giochetti in questo momento. Siamo nel bel mezzo di un’indagine per omicidio, e non apprezzo che tu e Greg cerchiate di prendermi per i fondelli.”

Nick si accigliò. “Che cosa ha fatto Greg?” Grissom gli passò di fianco continuando per la sua strada. Nick affrettò il passo per continuare. “Ascolta, c’è una cosa che dovresti proprio sapere-”

“Cosa diavolo è successo al laboratorio?” Grissom si fermò così bruscamente che per poco Nick non gli finì addosso. Lo spettrometro di massa era per metà fuso e per metà esploso, e delle bruciature di magnesio bianco argenteo gorgogliavano e striavano il muro retrostante e il soffitto per circa due metri, come se qualcuno avesse fatto esplodere la più grande candela romana del mondo. Greg informò il suo capo con una scrollata di spalle leggermente dispiaciuta mentre metteva via i vetri rotti; grazie al cielo la finestra d’osservazione in Plexiglas era intatta e Greg stesso sembrava tutto intero. Non si era trattato di una bomba quindi. Grazie a Dio per i piccoli miracoli.

“Ascolta, Griss, credo davvero che dovresti-”

Ma Grissom era già uscito. Si affrettò a seguirlo e riuscì ad afferrare la spalla del suo supervisore appena prima che questi entrasse nell’area di osservazione che guardava in tutte e quattro le stanze degli interrogatori. Grissom si voltò bruscamente, e Nick indietreggiò leggermente davanti alla forza del suo sguardo. Grissom non si arrabbiava spesso, ma quando lo faceva, te ne accorgevi.

“Nick,” disse Grissom, “Prima che tu dica o faccia qualcosa di infantile che  potrebbe compromettere l’integrità di un caso di omicidio, voglio che pensi davvero bene a cosa diamine è quello?” Grissom stava ora guardando in una delle stanze degli interrogatori, dove un Umpa-Lumpa (Elmer, se Nick ricordava bene, e probabilmente non era così) sedeva a gambe incrociate sul tavolo. La rabbia di Grissom era, comprensibilmente, scoppiata come una bolla di sapone.

“Quello è uno dei nostri testimoni,” spiegò Nick “Ne abbiamo trovati venti che ancora presidiavano il negozio.”

“Sono tutti così?”

“Penso che… sia meglio che tu veda con i tuoi occhi. Tu sei uno che vuole le prove, giusto?”

Nick prese gentilmente Grissom per il gomito e lo condusse nella stanza d’attesa dove due agenti supervisionavano i restanti sedici Umpa-Lumpa. Appena aprì la porta, gli Umpa-Lumpa si misero in piedi e guardarono in su verso i due tecnici della scientifica con un’aria di attesa.   

Nick aveva visto un certo numero di emozioni sul volto di Grissom da quando aveva iniziato a lavorare per la scientifica di Las Vegas. L’incredulità ne era una nuova, ma si addiceva perfettamente alla bocca spalancata del suo supervisore.   

“Va tutto bene qui?” chiese Nick agli Umpa-Lumpa. Con la sincronia della Riverdance Irish dancing troupe, gli Umpa incrociarono le braccia al petto e quindi le riabbassarono lungo i fianchi in una sorta di gesto di affermazione.

Grissom guardò bruscamente Nick, il quale alzò le mani come per tenerlo lontano. “Posso solo spiegare quello che so, capo.”

“Farai meglio a farlo. E voi-” Puntò il dito agli Umpa-Lumpa, che lo guardarono a loro volta con sguardo felino. “Uhm. Riposo.” Gli Umpa-Lumpa si sedettero.

Grissom trascinò via Nick per interrogarlo.

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Capitolo 6
*** Viola, la Fata Turchina ***


“Come va la testa?”

Grissom guardò Catherine dal luogo in cui era stato seduto nella sala ristoro nell’ultima mezz’ora, curando quello che era solo un lieve mal di testa (nonostante quello che tutti quanti dicevano riguardo le emicranie e gli aneurismi). Davanti a lui c’era il rapporto di Nick su quanto era successo al negozio di dolciumi, il che era ordinatamente riassunto così: “Warrick e io siamo arrivati sulla scena, ma abbiamo scoperto che qualsiasi prova ci potesse essere sul marciapiedi era stata compromessa dagli astanti. Siamo entrati nella sede e abbiamo scoperto venti individui ancora all’interno, i quali hanno iniziato a tempestarci di caramelle finché non ci siamo identificati; allora hanno cessato l’attacco e ci hanno sorpresi facendo una dichiarazione attraverso un numero musicale. L’intero coro è stato trattenuto per ulteriore interrogatorio.”

“Sai,” disse Grissom, “Ogni volta che penso di aver visto tutto quello che c’è da vedere a Las Vegas…”

“Incontri degli gnomi di bottega. Lo so. Ti fa sentire come se avessi preso una curva sbagliata e fossi finito a Oz.”

“Il lato positivo è che le loro dichiarazioni coincidono e non sembrano state preparate.”

“A differenza del ‘numero musicale’ che Nick e Warrick dicono di aver sentito?”

“Sto ancora cercando di capire quella faccenda. Concedimi un giorno.”

Catherine rise. “Credo che neanche tu saresti in grado di capirci qualcosa.”

“Come procedono i controlli sui precedenti delle signorine Salt e Beauregard?”

“Sono certa che i ragazzi se la stiano cavando. Rilassati. Soprattutto Nick – si assicurerà che tutto proceda senza di noi.”

“Hai ragione. Abbiamo un aereo da prendere. Lindsay…?”

“Starà con la zia. È tutto sotto controllo.”

“Non posso fare a meno di pensare che in questo caso ci sia qualche elemento che mi sfugge…”

 

 

Nick fece capolino nel laboratorio, dove Greg aveva appena finito di togliere gli ultimi vetri dello spettacolo pirotecnico.

“Ehi Greg – ti va di uscire dal laboratorio per una sera?”

Greg alzò lo sguardo, già interessato – il laboratorio puzzava ancora di zucchero bruciato. “Certo! Che succede?”

“Lei, signore, stasera ha un appuntamento con una contorsionista.”

Greg batté le palpebre mentre la sua mente rovistava tutte le possibilità di quella dichiarazione. “Io… cosa?” domandò finalmente, nello spirito della pura inchiesta scientifica.

Nick gli passò un raccoglitore. “Catherine e Griss hanno incontrato una donna che si chiama Veruca Salt la notte scorsa. Un’occhiata ai suoi precedenti ci ha messi al corrente che la signorina Salt era—”

“Uno dei cinque finalisti del concorso del Biglietto Dorato di dieci anni fa!” concluse Greg.

“Già. Avremmo dovuto chiedere a te e risparmiare il disturbo all’emeroteca?”

“Scusa. Continua. Ti ascolto.”

“Comunque, Veruca Salt ha menzionato una sua vecchia amica che è andata a vedere al Cirque.” Nick diede un colpetto al raccoglitore. “Violet Beauregard, anche se adesso è nota col nome d’arte di ‘Violet la Fata Turchina’. Ho bisogno che tu confermi la storia della Salt.” 

“Ti è capitato di leggere le notizie circa una settimana dopo il tour alla Fabbrica di Cioccolato?” domandò Greg, “Io seguivo l’intera vicenda – e a quanto pare la piccola Veruca era piuttosto fumante di rabbia per non aver vinto. Suo padre ingaggiò una guerra legale contro Wonka, citandolo per stress emotivo, affermando che Wonka aveva degli animali selvaggi a piede libero che avevano attaccato Veruca, che aveva fatto dei commenti crudeli su sua figlia e che l’aveva scaricata in uno scivolo per la spazzatura--”

“Visto che sei il grande esperto in materia,” proruppe Nick, “Qual è la tua opinione?”

Greg fece questa considerazione. “La vidi in TV. Aveva bisogno di un bello spavento.”

“In tal caso sono certo che sarai molto attento a verificare che la storia di Violet coincida con quella di Veruca… vero?”

“Certo. ‘Diligente’ è il mio secondo nome.”

“Ottimo. Il tuo biglietto per il Cirque è nel raccoglitore.”

Greg aprì di colpo il raccoglitore e vide che era proprio così. Giaceva in cima a un breve dossier su Violet, che includeva una foto di una donna snella (che non poteva pesare più di 40 kg, bagnata fradicia) con un costume sottile, drappeggiata in maniera seducente contro la prua di un galeone con una polena raffigurante un cavalluccio marino. Il suo volto e i capelli erano di un colore blu zaffiro.

“Un trucco da paura,” osservò Greg, più che altro a se stesso.

“Hai un’ora prima che lo spettacolo cominci,” disse Nick, “Dopo non fanno entrare più nessuno per alcun motivo. Forse ce la puoi fare se corri – ma non dimenticarti qui il cervello, intesi?”

“Intesi.”

Più tardi, Greg rifletté che questa fosse probabilmente la più circospetta impellenza della storia – e non l’aveva preparato per  l’incontro. Neanche per metà.  

 

 

Il Cirque du Soleil è famoso nel mondo per la diversità e la grande maestria delle performance che sceglie come parte dei suoi spettacoli, e coloro che lo gestiscono sono ovviamente insoddisfatti dell’avere il meglio del meglio sul loro palcoscenico. Solo il meglio del meglio del meglio ha quanto basta per lavorare con il Cirque, e gli scansafatiche vengono scartati dalla produzione così repentinamente come una pellicina che viene tagliata da un dito screpolato.

Quindi non fu assolutamente una sorpresa per nessuno che la conoscesse che Violet Beauregard, detentrice del titolo in quasi una dozzina di diverse categorie dall’età di dodici anni e perennemente insoddisfatta del secondo posto, si sarebbe infine unita alla leggendaria compagnia. L’unica volta nella sua vita in cui accettò volentieri di essere la seconda classificata, fu in seguito al tour della Fabbrica di Cioccolato, durante il quale era stata trasformata in un mirtillo largo sei metri e, di conseguenza, aveva subito una spremitura di emergenza.  

Quest’ultima inezia non figurava nel dossier riguardante i suoi precedenti che Greg Sanders aveva ricevuto, e avrebbe potuto spiegare alcune cose che osservò in seguito.

Al momento, tuttavia, stava osservando clinicamente la sua performance sul palcoscenico, in uno stato di compassione chiropratica. Aveva un buon posto – Nick gli aveva assicurato che il budget del dipartimento sarebbe andato a farsi fottere per il resto dell’anno grazie a quel biglietto, quindi avrebbe fatto meglio a goderselo, dannazione – e Greg riusciva a sentire che la sua stessa spina dorsale cercava di riallinearsi mentre Viola la Fata Turchina si piegava e si contorceva in interessanti e scomode forme che, basandosi sui suoi studi di biologia del liceo, semplicemente non erano possibili senza rischiare deformità permanente, paralisi o morte. Tuttavia, lui aveva visto una delle forme in una foto di una scena del crimine durante un caso precedente nel quale la vittima era stata spinta a testa in giù per una marmorea rampa di scale ricurva e poi, per essere sicuri, era stata rosicchiata dal suo cucciolo di Doberman Pinscher per un’ora buona prima che il controllo animali riuscisse a frenare la belva.

Dire che Viola era una contorsionista era dir poco, pensò mentre la guardava. Lei non si contorceva (poiché la contorsione implicava dolore o sofferenza) – lei fluiva agevolmente da una forma all’altra, come lo spirito dell’acqua che interpretava nella messinscena, mentre era in equilibrio – di solito su una mano sola posizionata in cima alle staffe per verticalisti. Aveva, in effetti, visto donne che riuscivano a infilare la testa tra le ginocchia – ma mai da dietro. E non aveva mai incontrato di persona nessuna di queste donne. Sapeva dell’esistenza di almeno una di loro grazie a Nick.

Ebbene, non sarebbe stato Nick a incontrare Viola, pensò Greg con un pizzico di compiacimento. L’unica cosa che lo preoccupava un po’ era il fatto che lei indossava lo stesso trucco blu che aveva nella foto del dossier.

“Mi chiamo Greg Sanders,” disse all’addetto alla sicurezza dopo lo spettacolo, “Sono della scientifica di Las Vegas. Devo parlare con, uhm, Viola.” Mostrò il suo tesserino.

Il buttafuori – che sembrava grande abbastanza per buttare per davvero Greg sul marciapiedi se l’avesse voluto – guardò attentamente il tesserino di Greg. “Di che si tratta?”

“Devo solo farle alcune domande. Non ci vorrà molto.”

 “Molto bene – ma se sei solo un altro di quei pervertiti--”

“Non lo sono. Sono a posto.”

“—ti spezzerà il collo con le sue stesse mani. Credo sia una cintura nera o giù di lì.”

Greg si accigliò. “Karate? Judo, Jujitsu?”

“Già.”

Greg elaborò questa risposta. “Afferrato. Mani a posto. Assolutamente.

“Seguimi.”

Il buttafuori condusse Greg verso uno degli spogliatoi e bussò alla porta. “Viola?”

“Sì?” rispose una voce dall’interno.

“Un certo tizio è qui per vederti. Dice di essere della polizia.”

“No, sono un tecnico della sc—” protestò Greg.

“Vuole farti alcune domande.”

Ci fu una pausa all’interno. “È carino?”

Greg guardò storto la porta, poi di nuovo verso il buttafuori a cui era stato chiesto di giudicare la sua bellezza.

“Meh. Immagino di sì,” disse infine l’omone in modo evasivo, “Somiglia un po’ a Tony Hawk.” Greg sospirò.

“Fallo entrare,” disse Viola.

Il buttafuori aprì la porta. Greg si apprestò a entrare nello spogliatoio – dopo tutto, aveva la titubante benedizione dell’occupante – e si fermò dopo due passi appena.

Viola si stava pettinando i suoi lunghi capelli blu. Con il pettine rincalzato tra le dita dei piedi. Mentre si teneva in equilibrio sui braccioli della sedia davanti allo specchio e inarcava le lunghe gambe indietro, oltre la sua testa, come la coda di uno scorpione. Greg restò a bocca aperta, con la testa inclinata di sbieco per lo stupore.

“Salve!” disse allegramente l’acrobata, “Si accomodi pure.” Greg notò, in un oscuro angolo del suo altrimenti distratto cervello, che stava masticando energeticamente una gomma di colore rosa vivo, e che l’interno della sua bocca era anch’essa blu. Viola indicò con il piede libero una sedia vicino alla porta. “Si sieda.” Greg si mosse lentamente verso la sedia e, dopo averla mancata una prima volta, si sedette. Ci fu una pausa paziente. “Uhm… voleva farmi qualche domanda, vero?” Ripose il pettine sulla toletta, con le dita dei piedi prese un panno da una bacinella piena d’acqua (la schiena di Greg scricchiolò solo a guardarla) e iniziò a lavarsi il viso. Il colore blu non veniva via. Greg stava iniziando a sospettare che anche quei capelli blu non fossero una parrucca.

“Abagadaba?” fu la prima domanda di Greg.

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Capitolo 7
*** Roba che Scotta ***


 

Greg, difatti, non riacquisto la capacità di parlare fino a che Viola non finì la sua toeletta (che la lasciò dello stesso colore blu di quando aveva cominciato) e srotolò la spina dorsale, sistemandosi in una posizione seduta perfettamente normale presso la toletta, incrociando delicatamente un ginocchio sopra l’altro, e inclinando la testa verso di lui in una affascinante posizione d’ascolto. Poi inclinò la testa dall’altra parte, guardandolo con disapprovazione.

“Oh, per l’amor del cielo!” disse con una risata, “Si rilassi, su – non la morderò. Qualcuno potrebbe pensare che questa è la prima volta che si trova nella stessa stanza con una ragazza.” 

Greg aveva scoperto in passato che cercare di rilassarsi consapevolmente in determinate situazioni cariche di tensione tendeva piuttosto ad avere l’effetto contrario, quindi non fu niente affatto sorpreso che non funzionasse neanche stavolta.

“L-Lei—“ La sua voce si ruppe leggermente, quindi si schiarì la gola. Improvvisamente il suo battito cominciò a rimbombargli nelle orecchie, e si sentì di nuovo come negli anni della pubertà. “Conosce un certo Charlie Bucket?”

“Non lo sento da un po’,” rispose, “Dai tempi della Fabbrica di Cioccolato, almeno. Tuttavia ho sentito che si è sistemato bene, lavorando come apprendista di Wonka. Perché me lo chiede?”

“È morto.”

“Morto!” Gli occhi blu di Viola si spalancarono per lo shock, e si portò una mano alla bocca. “Come è successo?”

“Sospettiamo si tratti di un delitto.”

“Ma è assurdo – chi mai vorrebbe uccidere Charlie? Ho pensato fosse uno sfigato all’inizio del tour nella fabbrica, ma alla fine l’ho trovato piuttosto simpatico.” 

“Cosa le ha fatto cambiare idea?”

“Venni spremuta.”

Greg batté gli occhi. “Cosa… vuole dire con ‘spremuta’?”

“Voglio dire che venni spremuta come un limone da cui si vuole far uscire il succo.”

“Non… sono ancora sicuro di seguirla.” Greg adesso aveva nella sua testa un’immagine davvero bizzarra.

“Okay, per prima cosa, se qualcuno come Willy Wonka ti dice di non masticare una gomma sperimentale perché non è stata ancora completamente perfezionata, segui il suo suggerimento.”

“La gomma l’ha fatta diventare blu?”

“Mi ha fatto diventare un mirtillo,” rispose con noncuranza, come se fosse un effetto perfettamente normale per una gomma non collaudata, “Un mirtillo davvero grande. E credo che sia successo qualcosa quando mi hanno spremuta. Ha presente quella roba nei limoni che li rende aspri?”

Greg annuì, finalmente qualcosa che comprendeva. “Acido citrico.”

“Be’, credo che quando mi portarono allo spremitore, mi tirarono fuori anche quella roba aspra.”

“Oh. Be’, questo è… un bene?”

“E dopo quel fatto divenni flessibile come un elastico, quindi non fu una grave perdita. Ovviamente, sono ancora blu – ma l’ho fatto diventare un pregio.”

“E cosa mi dice degli altri bambini del tour? Si è tenuta in contatto con loro da allora?”

“Un po’. Ho saputo che Mike Teavee ha sviluppato una paura patologica per i televisori.”

“Come si fa ad avere paura dei televisori? Sono ovunque.”

“Be’, ha presente quella ragazza in The Ring la cui amica viene uccisa nella prima scena?”

“Sì?”

“E più tardi la vediamo nel reparto psichiatrico perché pensava che la TV l’avrebbe mangiata?”

“Ho capito. Scommetto che c’è una storia dietro la paura di Mike.”

“Niente che un paio di anni di terapia non potrebbero curare. Suo padre comprò azioni della Wonka poco dopo, quindi scommetto che la situazione si fece davvero interessante in casa Teavee.” Agitò una mano, sprezzante. “A mamma piaceva accompagnarsi alla Bella Gente. Ora che i Teavee sono divorziati e il signor Teavee è ricco da far schifo, lei pensa di avere un possibilità con lui. Fatti suoi.”

“Ha saputo qualcos’altro?” Greg amava ascoltare i pettegolezzi, ma non è grazie ai pettegolezzi che avrebbe risolto un caso di omicidio.

“So che la signora Gloop ha messo Augustus sotto un severo regime alimentare una volta tornati in Germania. L’ultimo aggiornamento che conosco è che Augustus era diventato il portavoce per l’Europa dei frullati dimagranti in polvere.”

“E Veruca Salt? La sente ancora?” Questa era la domanda a cui gli serviva di più una risposta.

Viola lo guardò. “Siamo rimaste in contatto – perché?”

Argh. Troppo diretto. Era davvero Grissom il re degli interrogatori discreti.

“L’abbiamo incontrata a Las Vegas,” spiegò, “A quanto pare è venuta per vedere la sua esibizione. Non la posso biasimare – lei è veramente fantastica.” Fece un ampio sorriso.

Gli sorrise, chiaramente lusingata dal complimento. Un punto per il topo da laboratorio.

“Già – le piace farsi vedere a un grande spettacolo come il Cirque – soprattutto se può dire che conosce personalmente uno degli artisti.”

“È venuta al Cirque tutta la settimana?”

“Be’, da quando ha ereditato l’azienda delle noccioline di suo padre è di certo abbastanza ricca da permetterselo. Il fatto è…” Cominciò la frase, poi si fermò.

“Il fatto è…?” proruppe Greg,

“Non importa. Probabilmente non è rilevante.”

“Se c’è una cosa che il mio capo mi dice sempre, è che nessun indizio non è importante.” Sperò di essere sembrato serio abbastanza da convincerla.

“Be’, la cosa strana è che non l’ho vista tra il pubblico il quattro di luglio.”

“Be’, una cosa del genere attira la folla, giusto? Soprattutto il Quattro di Luglio.”

“Non ho semplicemente sentito la sua mancanza,” replicò bruscamente Viola, “Non senti semplicemente la ‘mancanza’ di qualcuno che siede in prima fila. Specialmente se siede ogni sera nello stesso posto.”

“E se lo scopo di questa persona è quello di farsi vedere?”

“Esatto! Scommetto che ha a che fare con la borghesia tutti i giorni.”

Greg pensò a tutti i campioni di DNA esaminati nel corso degli anni rintanato nel suo laboratorio, molto lontano da quella che Viola chiamava la Bella Gente. “Sì, una specie.”

“Allora, se c’è qualcos’altro che vorrebbe sapere? Voglio aiutare in ogni modo possibile.”

Okay, Sanders, giocatela bene. Stai per chiederle il Suo Numero di Telefono. “Non ho altre domande per ora… c’è un numero a cui posso raggiungerla in caso saltasse fuori qualcosa?”

“Be’, potrei darle il cercapersone del mio manager…” Sorrise. “Oppure potrebbe lasciare un messaggio sul mio cellulare.”

Greg cercò di non sudare mentre rispondeva, “Il suo cellulare andrà bene.”

“Molto bene.” Viola trovò una penna, dopodiché diede uno sguardo attorno. “Ha qualcosa su cui possa scrivere?”

Greg si alzò, tastandosi le tasche in quello strano modo di chi ha malriposto le chiavi, ma non vi trovò il taccuino. Se c’era una cosa che doveva portare con sé…  

“Oh, per l’amor del cielo. Ecco.” Gli afferrò il polso e scrisse dieci cifre sul palmo della sua mano con una penna a gel rosa shocking. “Ecco fatto. Può riscriverlo su un supporto vero quando tornerà alla stazione di polizia, okay?”

Greg fissò il numero di telefono che ora gli decorava la mano con uno sguardo simile alla meraviglia. Riuscì eroicamente a non esclamare di gioia, sebbene nella sua testa si stesse esibendo nella danza della vittoria. “G… grazie,” balbettò, “Uhm. Buona serata, allora.”

Riuscì a entrare in macchina e chiudere la portiera prima di farsi uscire un urlo di trionfo. La Tahoe era ben insonorizzata, così che chiunque guardasse da fuori avrebbe visto unicamente una silenziosa pantomima di un uomo che festeggiava da solo sul sedile anteriore.

Ma i festeggiamenti durarono poco, poiché Greg sentì una profonda, vibrante onda d’urto colpire il pianale del veicolo. Quando si guardò intorno, intravide il caratteristico bagliore rosso di un incendio a una certa distanza lungo la Strip. Il colpo era stato un’esplosione!

“Merda,” borbottò sottovoce, mentre avviava il motore e si fiondava verso la scena. Guidando con una mano sola, digitò un numero di telefono con l’altra.

“Sono Greg Sanders della Scientifica!” urlò nel telefono, “Sono diretto verso il luogo di un’esplosione sulla Strip – devo parlare col capitano Brass immediatamente! Gesù--!” Sterzò improvvisamente per evitare una collisione con un Suv. Quando raggiunse il lato opposto, intravide la scena. “Merdamerdamerdaperfavoreno…”

Ma non c’erano dubbi sull’insegna bruciacchiata e leggermente inclinata davanti alle macerie in fiamme, con la sua allegra immagine del familiare direttore di circo vestito di viola che rappresentava Willy Wonka.

“Parla Brass,” Greg sentì lontanamente il burbero capitano attraverso il suo cellulare. Si sentiva male e non aveva molta voglia di rispondere.

“Capitano…” riuscì a bofonchiare, “Il negozio Wonka è saltato in aria. Sto andando sulla scena adesso. Mandate pompieri, ambulanze, paramedici e qualsiasi altra cosa. Probabilmente… ci sono dei feriti. C’era un gran numero di persone accampate fuori, nel parcheggio.” Finalmente giunse al parcheggio e deglutì pesantemente.

“Mando Nick e Sara a prendere il controllo della situazione, okay? Tu resta lì.”

“Sì, sarebbe… sarebbe grandioso.”

Chiuse il cellulare e lo lasciò cadere sul sedile, domandandosi, annebbiato dallo shock, chi mai potrebbe essere così contorto da far esplodere un negozio di dolciumi.  

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Capitolo 8
*** Nuovi Sviluppi ***


Grissom e Catherine arrivarono a Londra e scoprirono alcune cose in successione. Primo, era più tardi di quanto doveva essere. Il jet lag – non era una sorpresa, e non sarebbe stato per niente divertente. Dopo tutto, avevano appena attraversato sei fusi orari tra Las Vegas e Londra. Quel che disturbava Catherine, era che Grissom sembrava non aver risentito del jet lag – ma d'altronde era riuscito a dormire sull’aereo. La seconda, più piacevole, sorpresa fu trovare un manipolo di detective di Scotland Yard ad attenderli. Uno di loro, un bellissimo uomo bruno, reggeva un grande cartello con la scritta GRISSOM. Brass, a quanto pareva, era riuscito a dare disposizioni attraverso l’FBI per ottenere la collaborazione di Londra.

“Dottor Grissom? Signorina Willows?” domandò l’uomo che reggeva il cartello appena lo raggiunsero. La sua parlata mostrava una leggera inflessione irlandese.

“Detective Pierce,” rispose Grissom, allungando una mano verso quell’uomo, che gliela strinse. “È bello sapere che abbiamo l’aiuto della polizia locale per questa situazione.”

“Le informazioni che ho di questa storia sono solo di terza mano,” replicò Pierce, “ma sembra una faccenda piuttosto sporca. Possiamo parlarne meglio sulla strada verso Scotland Yard. I miei uomini vi porteranno i bagagli.”

“Vorrei parlare con Wonka,” disse Grissom, mentre lui e Catherine seguivano Pierce nell’atrio.

“In verità vorremmo la stessa cosa,” rispose Pierce, “Ma quell’uomo si è autorecluso neanche fosse Howard Hughes. Vive in quella grande fabbrica, sapete, e non esce mai. È un uomo difficile da agguantare.”

“Avete provato a chiamarlo?” domandò Catherine.

“Solo una selezione di numeri passano a un centralino della fattoria – nessuna linea diretta.”

“Bene, di certo deve avere una segretaria o una qualche sorta di assistente,” suggerì Grissom, “che si occupi delle telefonate, degli appuntamenti--”

“Si chiama Doris – donna affascinante, a giudicare dalla sua voce al telefono – ma lui non è mai disponibile. Nessun appuntamento, nessuna ispezione, nessuna visita, nessun tour--”  

“Eccetto quello di dieci anni fa.”

“Eccetto quello di dieci anni fa, sì.” Raggiunsero una lucente berlina nera e vi salirono a bordo. Pierce accese l’auto e uscì dal parcheggio.

“E dopo quel tour?” proruppe Catherine.

“Dopo quel tour Wonka potrebbe anche essere diventato un fantasma.”

Il cellulare di Grissom squillò. “Mi scusi un attimo, Detective.” Tirò fuori il telefono e rispose. “Parla Grissom… Ciao Nick, che succede?” Ascoltò per un momento la voce metallica attraverso il cellulare. “Sai, l’ultima volta che qualcuno mi ha detto che la situazione era un casino, ho trovato uno spettrometro di massa esploso in laboratorio e un gruppo di gnomi nelle sale degli interrogatori.” Due secondi dopo: “Che cosa? Qualcuno è ferito?”

“Cosa è successo?” chiese Catherine, subito allarmata.

Grissom coprì il microfono. “C’è stata un’esplosione al negozio Wonka:”

Merda,” sussurrò Pierce. “Quando?”

Ma Grissom non gli prestò attenzione. “Nick, grazie per avermelo detto. Assicurati di raccogliere quante più testimonianze possibili. E fa’ attenzione.” Stava per chiudere la telefonata, ma esitò. “Cos’è stato? Un coro? Cosa dicevano?” Ascoltò per un istante. “Bene. Fallo. Fammi sapere se scoprite qualcosa.” Chiuse la telefonata.

“Cosa succede?” domandò Pierce.

Grissom non rispose subito; Catherine riconobbe uno dei suoi stati meditativi e sapeva che era meglio non interromperlo. Dopo alcuni lunghi minuti, finalmente guardò verso Pierce.

“Mi piacerebbe parlare col signor Wonka il prima possibile,” disse pensieroso.

“Pierce lanciò all’americano uno sguardo leggermente esasperato. “Le ho detto, dottor Grissom, che nessuno di noi è riuscito a mettersi in contatto con lui. Il massimo che sono riuscito a ottenere è stato parlare con Doris.”

“Allora immagino che dovrò parlare con Doris,” rispose affabilmente Grissom.

Pierce guardò Catherine, che semplicemente alzò le spalle a indicare che conosceva i piani di Grissom tanto quanto Pierce.

 

 

L’alba stava sorgendo su Las Vegas quando la pace tornò a regnare sull’area del disastro che una volta era destinata a essere un negozio di dolciumi. Per qualche miracolo, delle circa cinquanta persone accampate entro il raggio dell’esplosione, solo tre erano rimaste uccise e una dozzina portate in ospedale. Brass aveva finalmente smesso di vessare gli agenti che erano stati messi a sistemare il perimetro di sicurezza, e Sara e Nick stavano finendo all’interno. Il nuovo perimetro era, ovviamente, molto più ampio, e si estendeva ai limiti del parcheggio.

Greg sedeva su un marciapiedi al limitare del parcheggio, ancora un po’ traumatizzato. Bisognava riconoscergli che aveva vomitato una volta sola ed era stato per via dell’odore di bruciato delle  ustioni di terzo grado, ma ancora non riusciva ad accettare il fatto che qualcuno avesse davvero fatto saltare un negozio di dolciumi. Non un  negozio qualsiasi, ma quello che sarebbe stato il primo Emporio Wonka fuori dall’Inghilterra dopo trent’anni. Diede una mano, naturalmente, lui e altri che si erano accampati – cercò i feriti, segni di vita, e così via, supportò coloro che potevano avere ossa rotte o lesioni alla spina dorsale, e riuscì ad aspettare fino all’arrivo dei paramedici che gentilmente lo scacciarono prima di barcollare nei cespugli a vomitare la cena. In sostanza avrebbe fatto schifo come personale d’emergenza, ma pensò che se la sarebbe cavata come paramedico.

“Ehi.”

Greg guardò in su verso Sara che gli stava offrendo una tazza di caffè. La prese e sorseggiò – non era bollente, ma a temperatura ambiente era meglio di niente. “Grazie,” sussurrò, mentre Sara si sedeva accanto a lui.

“I paramedici dicono che potresti aver salvato un paio di persone,” disse Sara sommessamente, “Forse hai anche impedito che alcune ferite peggiorassero.”

“Non doveva succedere,” rispose Greg, “Willy Wonka fabbrica dolci. Non farebbe mai del male a nessuno.”

“Però mi sembra che qualcuno voglia fare del male a lui,” osservò Sara.

“Qualcuno vuole distruggerlo,” la corresse Greg.

“Per quel che vale, sembra che il negozio fosse chiuso. L’ingresso principale era chiuso e sorvegliato, non è stato visto nessuno… sembra che la porta sul retro avesse ancora il chiavistello, quindi chiunque sia stato non poteva passare di lì.” Sbuffò Sara in modo acido. “A meno che non si siano infilati nella buca delle lettere.” Greg guardò improvvisamente verso di lei. “… Cosa?”

“Dillo di nuovo.”

“Ho detto che il negozio era chiuso.”

“Dopo di quello.”

“La porta sul retro aveva il chiavistello?”

“Dopo di quello.”

“Cosa? Non ti capisco – nessuno avrebbe potuto entrare.”

Ma Greg se n’era già andato, e correva verso il retro dell’edificio bruciato. Sara non ebbe altra scelta che seguirlo.

Prima che Sara lo raggiungesse, Greg era accovacciato presso la porta sul retro, che si era deformata sotto la forza dell’esplosione. Stava fissando molto attentamente lo sportellino d’acciaio che copriva la buca delle lettere.

“Qualcuno ha controllato qui?” domandò senza alzare lo sguardo.

“Perché?” chiese Sara, ora seriamente confusa dal comportamento di Greg.

“Dimmelo… e basta. Qualcuno ha controllato lo sportellino?”

“No… ma--”

“Hai il tuo kit?”

“Greg, cosa devo cercare?”

“Sara, ho bisogno che tu mi dia il beneficio del dubbio. Se non c’è niente, tornerò al quartier generale a riposare un po’, perché Dio solo sa se ne ho bisogno adesso. Ma per favore, Sara… ti prometto che poi ti spiegherò. Fidati di me.”

Sara guardò Greg a lungo. Con gli occhi cerchiati di scuro per il trauma e la carenza di sonno, sembrava un po’ sconvolto, e sapeva che non era in sé in quel momento, specialmente se stava dicendo quello che pensava stesse dicendo.

“Rispondi solo alla mia domanda,” disse Sara.

“Impronte,” disse.

Sara sapeva che non avrebbe dovuto, ma andò a prendere il suo kit, tirò fuori il pennello e il barattolo con la polvere, e la passò sullo sportellino della buca delle lettere con abili movimenti circolari. Strinse gli occhi a quello che si stava mostrando, e continuò l’operazione. Infine abbassò il pennello e si sedette sui suoi talloni.

“Mio Dio,” disse.

Non ci si poteva sbagliare. Perfettamente profilata dalla polvere, era apparsa un’impronta… ma non ne aveva mai vista una del genere, lunga cinque centimetri e larga mezzo centimetro.

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Capitolo 9
*** Scacchi con la Regina ***


“L’impronta deve essere stata deformata dall’esplosione,” considerò Sara, “Hai visto la porta.”

“Raccogli prove da molto più tempo di me, Sara,” rispose Greg, “Cosa ti dice l’istinto?” Le sue dita danzavano sulla tastiera di un computer del laboratorio mentre cercava nell’archivio dei giornali. “Fammi impostare la Macchina del Tempo al gennaio-febbraio del 1995… Mike Tevee… Cerca.” Cliccò sull’apposito pulsante dello schermo. Mentre il programma cercava, si voltò verso Sara. “Ebbene?”

Pensò all’impronta allungata che avevano trovato sullo sportellino della buca delle lettere. Era anatomicamente impossibile che un dito potesse essere così lungo, escludendo un episodio di Ripley o di X-Files. E inoltre, l’impronta non sembrava per niente distorta o sbafata…

Il computer emise un cinguettio. Sullo schermo c’erano una manciata di risultati.

Il primo diceva: RAGAZZO DI DETROIT TROVA IL QUARTO BIGLIETTO DORATO, e portava questo sottotitolo: “ ‘È stato un gioco da ragazzi,’ dice il giovane Mike Tevee.” 

Il secondo risultato proclamava così: LA FABBRICA DI CIOCCOLATO APRE LE SUE PORTE PER UN TOUR, “Offerta a cinque fortunati bambini la storica opportunità di visitare l’interno della leggendaria fabbrica.”

Il terzo risultato annunciava: CHARLIE BUCKET VINCE IL PRIMO PREMIO, “…ma cosa è successo agli altri bambini?” Questo articolo aveva un collegamento a un’immagine. Greg ci cliccò sopra e il computer mostrò loro obbediente una copia dell’immagine che aveva accompagnato l’articolo del London Times.

Sara guardò perplessa la foto. “Forse non hanno fatto bene la scansione,” disse, “Quei due ragazzini in fondo sono tutti scombinati, vedi?”

“Non credo che lo siano,” disse Greg con cautela.

“Be’, guarda – lei sembra tutta blu e lui è tutto allungato.”

“Ma guarda i loro genitori. Loro sono venuti bene.”

“Vuoi dire che non è un errore di scansione?”

“ ‘I testimoni sono rimasti perplessi riguardo le condizioni dei quattro bambini usciti dalla porta principale della leggendaria fabbrica di cioccolato di Willy Wonka nel primo pomeriggio del 2 febbraio,’ ” lesse Greg, “ ‘Specialmente riguardo le curiose condizioni in cui sono apparsi Violet Beauregard e Mike Tevee. La signorina Beauregard aveva un insolito colorito blu e Mike Tevee era alto più di tre metri essendo, a quanto pare, stato allungato come una caramella gommosa da un qualche apparecchio. I loro rispettivi genitori non hanno rilasciato alcun commento, e hanno rifiutato qualsiasi intervista.’ ”

Greg alzò lo sguardo verso Sara. “Ora mi credi?”

“Ma tutto questo è… impossibile!” protestò, “Non si può allungare un essere umano due volte la sua altezza naturale senza ucciderlo!”

“E non si può fare un lecca-lecca che dura per sempre,” rispose Greg, “E non esistono piccoli gnomi che gestiscono una fabbrica di cioccolato. E non è possibile che una caramella faccia impazzire lo spettrometro di massa a quel modo. E— ”

“Okay! Ho afferrato il concetto! Cosa vuoi che ti dica, Greg?”

“Dimmi solo che crederai nella magia finché riusciremo a rintracciare un uomo alto sei metri.”

Sara si strofinò gli occhi con i palmi delle mani, poi si passò le mani tra i capelli. “Lo sai, vero, che tutto questo ci si ritorcerà contro alla prossima ispezione?” disse.

“Non se portiamo delle foto che lo provino,” sghignazzò Greg.

“Ho ancora una perplessità,” disse Sara, “Un uomo alto sei metri non coincide con quello che abbiamo raccolto finora. I nostri testimoni non hanno visto nessuno che corrisponda a questa descrizione – e sembrano abbastanza affidabili da ricordarsi una cosa del genere.”

“Lo so,” disse in modo cupo, “E non mi immagino nessuno del genere indossare un cappotto di visone nel mese di luglio. Potrebbe essere entrato nella faccenda in seguito.”

“O l’impronta potrebbe essere una coincidenza.”

“Lo sapremo quando glielo chiederemo – e mi piacerebbe scoprire anche cosa stava facendo Veruca Salt la notte scorsa.”

 

 

“Salve, sono il dottor Grissom, della Scientifica di Las Vegas. Parlo con Doris?”

“Solo mezz’ora in attesa,” notò Pierce, “Deve essere di buon umore oggi.”

“No, non sono un dottore in medicina… Sono uno scienziato forense, se lo vuole sapere.”

“Che genere di informazioni avete su Charlie Bucket?” domandò Catherine.

“Bravo ragazzo, fondamentalmente,” disse Pierce, “Mai dato fastidio a nessuno. Povero in canna, però. Ma a dire di tutti era un angelo. Un buon cuore, cose di questo genere.”

“Aveva fratelli o sorelle?”

“Figlio unico. Cresciuto da sua madre e suo padre. Tutti e quattro i nonni vivevano con loro, stavano tutti in una casa dove non c’era spazio per muoversi. I nonni adesso sono morti, ma credo che i genitori siano ancora vivi.”

“Il signor Wonka è disponibile oggi?” domandò Grissom. Parlava da un telefono fisso invece che dal suo cellulare.

“Vorrei parlare con loro, per fargli sapere quello che è successo,” disse Catherine.

“Sarà un problema,” disse Pierce.

“Perché?”

“Per lo stesso motivo per cui è così terribilmente difficile parlare con Wonka. Vede, quando Charlie divenne il suo assistente, Wonka fece trasferire tutta la sua famiglia nella fabbrica – con la casa e tutto il resto. Voglio dire, escono di tanto in tanto, per fare la spesa però…”

“Niente chiacchiere con Wonka, niente chiacchiere coi Bucket.”

“Proprio così.”

“No, temo che tra sei anni dal prossimo martedì non vada bene per me,” rispose impassibile Grissom con falsa calma, “È una questione piuttosto importante, Doris. Sì, più importante dell’invenzione di un nuovo gusto di caramella che non esplode in bocca – ma di certo apprezzo i suoi sforzi al riguardo, e apprezzo il suo bisogno di solitudine mentre si spiana le rughe.”

Catherine scambiò uno sguardo con Pierce, che fece spallucce. “Dio solo sa cosa sta succedendo lì dentro in questi giorni,” disse.

“Be’, so quanto sia difficile fare progressi in progetti difficili,” disse Grissom a Doris, “Quindi se lei volesse solo riferirgli il messaggio di chiamarmi appena ha un momento libero?” Diede il numero di Scotland Yard, poi aggiunse, come se ci avesse pensato sopra, “E si assicuri di dirgli che il nuovo Emporio Wonka di Las Vegas è stato fatto esplodere la notte scorsa.” Allontanò il ricevitore dall’orecchio quando Doris urlò così forte che anche Catherine e Pierce la sentirono. Fu una breve esclamazione, probabilmente qualcosa tipo “COSA!”, poi Grissom riavvicinò il ricevitore all’orecchio. “Scusi, cosa? No. No. Ne sono sicuro. Sì, aspetto.”

Guardò Catherine e Pierce con le sopracciglia sollevate in uno sguardo di tranquilla soddisfazione, come un gatto che abbia appena bevuto un piattino di latte fresco.

“Quell’uomo potrebbe convincere una bomba a non esplodere,” osservò sommessamente Pierce.

“Non sempre,” ammise Catherine.

“Domani pomeriggio alle due?” Grissom guardò il suo orologio, che era del tipo che si regola automaticamente all’ora locale. “Dovrebbe andar bene. Grazie infinite per il suo aiuto, Doris. Il dipartimento di polizia di Las Vegas lo apprezza molto.” E riagganciò il telefono.

“Dottor Grissom, penso proprio di aver finalmente visto di tutto,” disse Pierce, “Ma come diavolo ha fatto a riuscire dove il mio intero dipartimento, cinque agenzie per i controlli delle fabbriche, 300 rappresentanti di vari gruppi religiosi e due gruppi scout hanno fallito?”

“Gioco a scacchi,” rispose Grissom, “E adesso, se non le dispiace, la signorina Willows e io abbiamo affrontato un lungo volo e vorremmo dormire un po’ prima di incontrare il signor Wonka domani.”

Pierce riuscì solo a scuotere la testa, sogghignando incredulo, mentre i due americani andavano via.

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Capitolo 10
*** Un Salt-o Alla Fabbrica ***


Chiedo scusa per il ritardo con cui è arrivato questo capitolo; tante cose da fare e poco tempo per farle! Approfitto per avvisarvi che i prossimi capitoli li pubblicherò a fine agosto, mi metto in ferie;) E adesso, buona lettura!

La Fabbrica di Cioccolato Wonka era stata un autentico monumento quando venne costruita oltre trent’anni prima, e anche se Londra da allora si era sviluppata attorno a essa come le ossequiose fan che ambivano alla fama di un’amata rock star, dominava ancora il paesaggio per cinque isolati in ogni direzione. Innumerevoli fumate punteggiavano il tetto, emanando pigramente fumo bianco nell’atmosfera, mentre gli edifici ammucchiati al di sotto promettevano quella sorta di capogiro che sarebbe derivato da un’eventuale ispezione degli enormi spazi della fabbrica. L’intera struttura era circondata da mura alte nove metri, la fortezza del Re del Cioccolato. Ora il vento era cambiato e Grissom, Catherine e Pierce furono dolcemente accarezzati dal dolce e penetrante odore che proveniva dalla preparazione del cioccolato. Catherine sospirò in un’estasi olfattiva, e Grissom la guardò con curiosità.

“Potrei stare qui per tutto il tempo in cui il vento spira in questa direzione,” confessò Catherine, con un pizzico di imbarazzo.

“Catherine,” disse Grissom con una leggera vena polemica, “È solo cioccolato. Cerca di restare obiettiva, per favore.”

“Scrooge,” borbottò Pierce, “Lasci che la signora si goda questo momento.”

“Semplicemente non capisco questa euforia,” spiegò Grissom, “È stato ben accertato che la sensazione di piacere proveniente dal cioccolato non è nient’altro che una reazione chimica che produce endorfine. Non c’è niente di… “magico” in questo. Wonka è un uomo, non un mago.” Detto questo si incamminò verso i cancelli e spinse il pulsante dell’interfono.

“Ha un appuntamento?” disse una voce femminile alcuni metri al di sopra della sua testa. Indietreggiò per guardare lo schermo che era appena apparso. Una telecamera di sorveglianza li guardò col suo occhio vitreo proprio da sopra il monitor. E inquadrata nel monitor c’era la monocroma immagine di un’altra Umpa-Lumpa, identica agli altri eccetto il fatto che lei indossava un completo e un filo di perle con orecchini abbinati. Grissom sollevò un sopracciglio e sorrise.

“Doris, suppongo?” la salutò, poi aprì il suo documento e lo mostrò alla telecamera. “Gil Grissom della Scientifica di Las Vegas – abbiamo parlato al telefono prima. Questa è la mia collega Catherine Willows e questo è il detective Pierce di Scotland Yard. Abbiamo un appuntamento per vedere il signor Wonka.”

Doris annuì lentamente, senza mai cambiare espressione. “Solo un istante, vi apro i cancelli. Il detective Pierce aspetterà fuori – il signor Wonka non ama molto i detective.” Il monitor si spense. Ci fu un sordo clank, seguito dal clukety-clunkety-clunkety degli ingranaggi che facevano un grande sforzo per aprire gli enormi cancelli. Catherine rivolse a Pierce uno sguardo di scusa, a cui lui rispose con una scrollata di spalle.

“Non sono mai riuscito a entrare prima d’ora, perché dovrebbe cambiare idea adesso? Aspetterò davanti alla porta principale. Mi aspetto un rapporto completo, però.”

Attraversarono i cancelli, che sembrava potessero chiudersi dietro di loro e intrappolarli lì per sempre, se Wonka l’avesse voluto…

“Si potrebbe pensare che tenga rinchiuso Godzilla qui dentro,” disse Catherine mentre si immettevano nel vasto cortile, dove su entrambi i lati erano allineati come sentinelle dei camion Wonka di colore rosso vibrante.

“No,” disse Pierce, “Solo i suoi sogni.”

Raggiunsero le porte d’acciaio che conducevano nella fabbrica, e Grissom stava giusto alzando la mano per bussare quando una di esse venne aperta bruscamente dall’interno da una delle più sconvolgenti apparizioni che nessuno dei due aveva mai visto prima, anche se a essere onesti la competizione per quella carica era feroce a Las Vegas, la “Città del Peccato”.

 

Nel frattempo…

“Aspetti – cosa?” domandò Warrick al telefono, “Quando?”

“Che succede?” chiese Sara.

Warrick coprì il microfono con la mano. “Veruca se l’è squagliata stamattina.”

“Merda.”

“Be’, ha detto dove andava?” domandò Warrick al portiere all’altro capo del telefono. Poi, rivolto a Sara: “Scopri dov’è casa sua.”

Sara sfogliò il blocco di Warrick, che includeva il biglietto da visita che Veruca gli aveva dato. Prese il biglietto e ci diede un’occhiata. “Secondo me è a New York.”

“Okay, grazie per l’aiuto.” Chiuse la comunicazione con l’hotel.

“Per fortuna è stata abbastanza disponibile da darci il suo numero di cellulare.” Passò il biglietto a Warrick, che immediatamente iniziò a digitare il numero. Andava avanti e indietro mentre il telefono squillava. Finalmente qualcuno rispose.

“Pronto?” disse una voce femminile.

“Pronto, parlo con Veruca Salt?”

“In persona, lei chi è?”

“Mi chiamo Warrick Brown, della Scientifica di Las Vegas. Vorremo farle qualche altra domanda riguardo Charlie Bucket.”

Veruca sospirò spazientita. “Ascolti, ho già parlato con voi.”

“Sì, a proposito… strano che non abbia menzionato che lo conosceva già – a meno che non abbia dimenticato la caccia al Biglietto Dorato.”

“Non sia sciocco,” sbottò Veruca, “È stato dieci anni fa. Sono andata ben oltre oramai.”

“Non cambia niente, ci piacerebbe farle qualche altra domanda al riguardo.”

“Be’, ho un’azienda da gestire a New York. Non ho tempo per rispondere a qualche altra domanda al riguardo, e di sicuro non farò ritorno a Las Vegas solo perché lo dice lei.”

Warrick fece una smorfia. “Sarebbe davvero molto più facile per tutti se lei collaborasse.”

“Non si azzardi a minacciarmi. Conosco bene le persone. Da quando ho ereditato  l’azienda di papà, cercano tutti di gettarmi fango addosso per screditare la mia famiglia. Ebbene, non avrò parte in questa farsa. Conosco i miei diritti. Qualsiasi domanda vogliate farmi, potete rivolgerla al mio avvocato.”   

Warrick scribacchiò il nome e il numero, e alla fine non era mai stato così sollevato di chiudere una telefonata con qualcuno in tutta la sua vita.

“Gesù,” disse, riassumendo la sua reazione viscerale per quell’intera conversazione con quell’unica parola.

“Non è andata bene?” domandò Sara.

“Mi potrebbe servire un crocifisso se riusciamo a farla tornare qui. Ha giocato la carta dell’avvocato così in fretta da farmi girare la testa.”

Sara ridacchiò. “Allora a Brass piacerà da morire estradarla di nuovo a Las Vegas.”

 

Guardare Willy Wonka era quasi come guardare una sorta di caramella con le gambe. Era alto e smilzo, reso ancora più alto dall’aggiunta di un cappello a cilindro nero che controbilanciava il suo completo bordeaux sul genere della moda Elegant Gothic. I suoi capelli marroni (color cioccolato, come non poté evitare di pensare Catherine) erano striati d’argento e gli incorniciavano il viso con un taglio a paggetto vagamente sconcertante. La porzione di viso visibile sotto gli occhiali scuri oversize era di un pallido impressionante – che Greg avrebbe definito come “tintarella da hacker”. A parte da quel particolare immobile, Wonka era completamente coperto, riparato dal mondo esterno con ogni mezzo possibile, compreso un paio di guanti viola scuro che, come Catherine notò con sorpresa, erano fatti di gomma o di lattice. Germofobia, probabilmente.

“Buongiorno!” disse allegramente agli investigatori con un inquietante largo sorriso, scoprendo quel genere di dentatura perfetta che Grissom aveva visto nella bocca del defunto Charlie Bucket. “Al telefono ha detto che sareste venuti e ora siete qui, anche se certamente vi ci è voluto un po’. È graziosa,” disse a Catherine, all’improvviso, ma poi continuò imperterrito, “Accomodatevi, prego, non ricevo visite molto spesso, ma questo è il motivo per cui di solito tengo i cancelli chiusi, per non fare entrare nessuno. Ah ah ah!” Si voltò di scatto e sparì all’interno, non lasciando a Grissom e Catherine altra scelta che seguirlo. Catherine rivolse a Grissom uno sguardo preoccupato, a cui lui rispose con una scrollata di spalle.

Si trovarono in un corridoio che sembrava tipico di un’industria, con porte funzionali allineate su entrambi i lati. Il pavimento era lucido come uno specchio, e i loro passi echeggiavano con un suono sordo.

“Gettate i cappotti dove volete, qualcuno li prenderà,” blaterò Wonka senza voltarsi.

“Non abbiamo nessun capotto,” protestò Catherine.

Il cioccolatiere si fermò di colpo e si girò a guardarli come se quella possibilità non gli fosse mai saltata in mente.

“Siamo nel bel mezzo di luglio, signor Wonka,” lo informò Grissom pazientemente.

“Oh! Be’, un’ottima spiegazione, non è vero?” Wonka sorrise, soddisfatto della risoluzione di quel mistero.

“Ha un ufficio dove possiamo parlare?”

“Be’, mi sembra che un posto valga l’altro per parlare, che è quello che stiamo facendo in questo momento – il che prova la mia costatazione,” rispose bruscamente Wonka.

“Capisco,” disse Grissom, concedendogli il punto, “Ma credo che vogliate parlare con noi in un qualche posto più… privato.”

Wonka piegò la testa da un lato quasi come un gattino curioso al tono serio di Grissom. Finalmente si tose gli occhiali da sole, rivelando degli occhi di un viola brillante che luccicavano come quelli di un bambino, anche se in base alle informazioni in loro possesso Wonka doveva avere almeno cinquant’anni.

“Signor Wonka,” disse infine Catherine, “Conosce Charlie Bucket?”

Wonka si illuminò. “Oh sì! Charlie è il mio assistente, tuttavia non potete parlare con lui in questo momento, poiché non è qui. No – non si trova neanche in Inghilterra. L’ho mandato a Las Vegas negli Stati Uniti a supervisionare l’apertura di un negozio di specialità, e aspetto il suo ritorno tra qualche giorno.” I suoi occhi guizzarono da un investigatore all’altro per un momento, e il suo sorriso si intaccò. “Ehm… perché?”

“Siamo del dipartimento di polizia di Las Vegas, lavoriamo con l’FBI,” spiegò Grissom, “Il signor Bucket è stato trovato alcuni giorni fa nel deserto del Nevada, alcune miglia fuori Las Vegas.” Prese la foto del corpo di Charlie dalla tasca e la passò a Wonka.

Il cioccolatiere si accigliò. “Non è venuto molto bene in questa foto – perché sembra m…” Si arrestò all’improvviso. Guardò verso Catherine, che nel profondo di quei suoi vibranti occhi viola vide il suo mondo crollare. Fu come vedere un edificio molto alto implodere, un’occorrenza abbastanza comune a Las Vegas. “Capisco,” disse a voce piuttosto bassa, “È… è molto triste… Io…” La sua voce si spezzò. Gli iniziò a tremare il labbro, e gli occhi gli si riempirono di lacrime, poi strariparono. Le sue ginocchia barcollarono, e i due agenti della Scientifica gli presero un braccio ciascuno e lo fecero sedere sul freddo linoleum, dove pianse come un bambino.

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Capitolo 11
*** In Fabbrica ***


L’inaspettata eccessiva reazione di Willy Wonka per la morte del suo apprendista colse per un momento alla sprovvista i due investigatori. Avevano assistito a una molteplicità di manifestazioni di dolore nei loro anni al dipartimento di polizia di Las Vegas, dall’intorpidimento da shock alla furiosa incredulità, e pochi casi in cui un capo veniva informato della perdita di un impiegato. Dire che le lacrime di Wonka traboccavano dai suoi occhi era un eufemismo.

Il suo pianto aveva qualcosa di indefinito che suscitò in Catherine un naturale istinto materno e, sebbene Wonka avesse almeno dieci anni in più rispetto a lei, gli si avvicinò per cingergli le spalle con un braccio per poterlo confortare. Si trovò improvvisamente bloccata da Doris, la valchiria di mezzo metro d’altezza che, percependo l’afflizione del suo capo, si era avvicinata per prevenire ulteriori sconvolgimenti mettendosi tra Wonka e Catherine, fissando quest’ultima con disapprovazione.

“Va tutto bene,” le disse Catherine, “sono una mamma e… in questo momento sembra che gliene serva una.”

Doris strinse gli occhi, sospettosa, e poi si arrischiò a guardare il suo capo, ancora inconsolabile. Lanciò un ulteriore sguardo d’avvertimento a Catherine – Vacci piano con lui, donna – e si fece da parte. Catherine gli offrì nuovamente quel gesto di conforto, abbracciando Willy Wonka e lasciando che piangesse sulle sue spalle finché il pianto si attenuò in singhiozzi e infine si spense – anche se Catherine notò che aveva mantenuto le braccia incrociate tra di loro come per proteggersi da lei.

“Cos’è questa storia che Charlie è morto?” disse Doris a Grissom con fare accusatorio, “Avete detto che non si trovava nell’esplosione!”

“Infatti è così,” rispose Grissom, che si sentiva un po’ nauseato da ciò che aveva suscitato la notizia, “È stato ucciso un paio di giorni prima. Mi dispiace molto per la sua perdita, Doris. E per la sua, signor Wonka.”   

Wonka si raddrizzò dalla macchia umida che aveva lasciato sulla spalla di Catherine. Nonostante i suoi occhi fossero molto arrossati, la sua voce non mostrò alcuna traccia delle emozioni manifestate poco prima. “Che seccatura,” disse improvvisamente mentre si toglieva velocemente i guanti di lattice gettandoseli dietro le spalle e indossandone un paio nuovo (di color verde mela), “Vi rendete conto che le mie caramelle avranno un sapore decisamente orrendo adesso. Spero ne siate soddisfatti.”

Grissom inarcò un sopracciglio a questo brusco cambio di atteggiamento.

Wonka si rimise in piedi col suo bastone vivacemente colorato, costringendo anche gli investigatori ad alzarsi.

“E Charlie mi stava aiutando con un nuovo tipo di caramella alla cannella che avrebbe fatto uscire dalla bocca dei bambini delle piccole palle di fuoco – non troppo grandi, tuttavia, non volevamo dar fuoco alle tende – di cui aveva letto nel libro di Harry Potter,” il pasticcere parlò senza sosta, come un camion senza freni.

“Signor Wonka,” disse Grissom.

“Charlie ha delle idee straordinarie per la creazione di nuove caramelle, sapete. Ha un talento per le caramelle, vedete. Lui ha quel che gli Umpa Lumpa chiamano un ‘cuore di cioccolato’, che ovviamente è il più grande complimento che potrebbero fare a qualcuno…”

“Signor Wonka?” ripeté Grissom pazientemente.

“Da quando ha cominciato a lavorare in fabbrica ha inventato 35 nuove varietà di caramelle gommose, lo sapete? Oh, posso dirvi che la Jelly Belly ha avuto da ridire al riguardo, ma non potevano farci niente, perché noi abbiamo inventato il gusto ‘toast imburrato’ prima che loro—”

“Signor Wonka!”

“Faccia silenzio!” replicò Wonka, tagliente come una lama, “Non vede che sto facendo un’aringa?” Calò uno strano silenzio, durante il quale Doris chiuse gli occhi e scosse la testa, dopodiché strattonò Wonka per i pantaloni. Egli si accucciò alla sua altezza e lei gli sussurrò qualcosa nell’orecchio. Saltò di nuovo in piedi come un pupazzo a molla. “Arringa. Sto arrancando. Colpa mia.”

“Le arringhe si fanno in tribunale,” disse Grissom con calma, “E in questo caso Catherine e io abbiamo solo bisogno di farle alcune domande che potrebbero aiutarci a scoprire chi ha ucciso Charlie.”

Wonka si zittì immediatamente, e sembrava stesse cercando di trovare il suo equilibrio. Assunse un atteggiamento di educata cortesia, e offrì ai due investigatori un sorriso riluttante, ma sembrava non avere più la forza di farlo risplendere come prima.

“Avrò anche bisogno di dirlo alla sua famiglia,” disse Catherine, “I Bucket vivono ancora nella fabbrica?”

“Vivono nella casetta sbilenca nella Stanza del Cioccolato,” la informò Wonka sommessamente, e l’assenza della vivacità mostrata in precedenza era quasi da spezzare il cuore, “Doris può mostrarvela, ma dovete promettere di non fare o pubblicare alcuna foto o descrizione di quel che vedrete lì.” 

“Devo scrivere un rapporto dell’indagine,” protestò Catherine.

“Allora si inventi qualcosa!” rispose lui, come se questa fosse una perfettamente ovvia e accettabile opzione e lei fosse una stupida per non averci pensato.

Catherine diede a Wonka uno sguardo esasperato che di solito riservava a bambini particolarmente testardi, ma seguì Doris giù per il corridoio.

“Le viene in mente nessuno che vorrebbe fare del male a Charlie?” domandò Grissom a Wonka, che si voltò all’improvviso verso di lui come se l’investigatore fosse appena spuntato dal soffitto.

“Oh, mi vengono in mente un sacco di persone,” disse distrattamente Wonka, ma non andò oltre.

 “Qualcuno in particolare?” suggerì Grissom.

“Be’, sono sicuro che un sacco di persone vogliano fare del male a lei ogni giorno.”

“Signor Wonka, lavoro nella polizia. Lei produce caramelle. C’è una bella differenza. Ora, se potessimo tornare alla mia domanda--”

“Be’, potrei fare un paio di nomi, ma sarebbe diffamazione senza prove a sostegno, che io non ho, quindi non lo farò.”

“A dire il vero, non è diffamazione a meno che lei non accusi direttamente qualcuno.”

“Cosa che non ho mai fatto anche se era ovvio quello che avevano fatto!”

“È per questo che ha chiuso la fabbrica tanti anni fa?” chiese Grissom, sollevando un sopracciglio.

Wonka lo guardò duramente, e Grissom poté vedere, oltre la patina di una petulanza quasi infantile, il primo segno di… qualcos’altro?

“La gente era gelosa del suo successo, e le rubava le idee?” lo incalzò, “Ma non ha accusato nessuno perché non aveva le prove. Sarebbe stato crudele e, nella peggiore delle ipotesi, illegale. Adesso, il nostro laboratorio ha delle prove che non riusciamo ancora a capire.”

“Be’, perché no?” domandò prontamente Wonka.

“È pervenuto alla mia attenzione che il nostro laboratorio è miseramente ignorante il suo mondo – qualunque esso sia. Naturalmente, nell’interesse di questa indagine, ho alcune domande da porle.”

“A dire il vero, a questo punto è probabile che voi abbiate più risposte di quante ne abbia io,” rispose Wonka.

“Perché dice così, signor Wonka?”

“Ho scoperto che le risposte sono inutili senza prima aver capito le domande a cui vanno rivolte. A meno che non si capisca la domanda, le risposte non avranno alcun senso.” Grissom alzò un sopracciglio, pensando che questa fosse la cosa più profonda o la più assurda che avesse sentito – e che avesse appena tenuto una profonda conversazione filosofica con uno schizofrenico sotto l’effetto dei farmaci. “A tale scopo,” proseguì Wonka, “forse potrebbe condividere qualcuna delle sue risposte con me?”

“Mi sembra giusto, suppongo,” concesse Grissom, “Cosa vorrebbe sapere?”

“Com’è m…?” Wonka indugiò leggermente sulla parola ‘morto’, ma Grissom afferrò il concetto.

“Crediamo che Charlie sia stato assalito all’interno dell’Emporio Wonka e poi annegato,” sintetizzò Grissom.

“Ma Las Vegas è nel bel mezzo del deserto – com’è potuto annegare?”

“Abbiamo trovato del cioccolato nei suoi polmoni. Ha spedito anche del cioccolato fuso da usare nell’emporio?”

“Be’, certo che sì. Non gli do cioccolato stantio da vendere ai bambini – i miei Umpa Lumpa lavoreranno solo con…” Si interruppe, poi guardò improvvisamente Grissom, come se si aspettasse che gli chiedesse qualcosa sugli Umpa Lumpa.

“Gli altri impiegati stanno bene,” lo rassicurò Grissom. “Nigel, Oliver, Maxine, Gertie, Betty, Nadine, Elmer, Michael, Alyssa, Andrew, Patrick, Matthew, Arthur, Donna, Samuel, Melissa, Judy, Gabriel, Nathen e Godfrey la salutano.” Notò che Wonka sembrava annotare mentalmente ogni nome mentre Grissom li pronunciava e, quando arrivò a Godfrey, il cioccolataio finalmente si rilassò. “E come ha spedito il cioccolato fuso?”

“È complicato,” Wonka eluse la domanda con un gesto della mano, “Lei ha un approccio troppo scientifico, quindi probabilmente non capirebbe. Ma è rimasto fuso e mescolato per tutto il tragitto. Mi ci è voluto un anno per capire come fare – è davvero molto difficile trasportare un’intera cascata del genere.”

“Una… cascata?” domandò Grissom con circospezione.

“Be’, ovviamente non ho trasportato la mia cascata – sarebbe sciocco. Ma ho creato una piccola cascata per Charlie perché la portasse con sé.”

“Ovviamente,” disse Grissom, avvertendo che alcune parti del suo cervello si spegnevano per auto difendersi.

 

“Oh mio Dio,” sospirò Catherine dopo che Doris aprì la porticina alla fine del corridoio spingendo l’intero muro, con la porta e il resto, rivelando la cosa più sorprendente che avesse mai visto in vita sua.

C’era un vasto giardino interno, come quelli raffigurati nei libri per bambini, con colori vivaci e forme stravaganti che nel complesso sembravano essere stati progettati da Lewis Carrol e Edward Gorey. Tanti Umpa Lumpa – centinaia, pensò Catherine – trottavano in quello scenario bizzarro, fermandosi di tanto in tanto per raccogliere qualcosa da questa o da quella pianta, raggruppandole in ceste e trasportandole via. L’intero luogo odorava di zucchero, nelle sue varie commutazioni, ma l’odore più travolgente era quello del cioccolato, con tanto di ruggente cascata.

Questa era l’unica fabbrica che conosceva che mescolava il cioccolato con una cascata… e probabilmente era l’unica al mondo.

Doris le strattonò i pantaloni. “Lasci che prima lo dica a loro,” disse, “Vorranno sapere.”

Catherine annuì, e Doris raggiunse un fiore rosso da cui tirò fuori un microfono. Iniziò a parlare nel microfono con una serie di schiocchi, guaiti e trilli che fecero pensare a Catherine che quella fosse una lingua appena echeggiò da una dozzina di fiori rosa a forma di campana.

La brulicante operosità rallentò fino a fermarsi all’annuncio di Doris, e non ci volle molto affinché duecento paia di occhi si focalizzassero su Catherine. Infine cadde un silenzio assoluto nella Stanza del Cioccolato, e Catherine realizzò che Doris aveva finito di parlare e ce le stava porgendo il microfono.

“Gli ho detto di Charlie,” disse Doris, “E che lei sta indagando. Glielo dica.”

Dopo un attimo di esitazione, Catherine prese il microfono che, guardandolo bene, sembrava fatto di liquirizia, ma era perfettamente funzionale. Picchiettò sul microfono, da cui ricevette un sonoro boom.

“Mi chiamo Catherine Willows,” disse, “Io e il mio partner stiamo facendo tutto il possibile per risolvere questo caso.” Rivolse lo sguardo ai visi pazienti degli Umpa Lumpa. “A questo punto, qualsiasi informazione avete che potrebbe essere rilevante sarà molto apprezzata. Nel frattempo, potreste indicarmi la casa dei Bucket?”

Duecento dita indicarono un unico punto di quel paesaggio surreale.

“Vi ringrazio. Lo apprezzo molto.” Restituì il microfono di liquirizia a Doris, e si incamminò lungo un sentiero fatto di mattoni di zucchero verso la direzione indicatale.

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Capitolo 12
*** Pacco Con Sorpresa ***


Registro della polizia:

14:18 Avviso a tutte le unità per Michael R. Teavee, cercasi per interrogatorio riguardo l’esplosione all’Emporio Wonka.

14:20 Il centralino del Dipartimento di polizia di Las Vegas viene inondato da richieste di ulteriori spiegazioni riguardo la descrizione del soggetto, nello specifico se corrisponde a verità il fatto che sia alto più di tre metri e pesi circa 36 chili. Descrizione confermata in tutti i casi.

15:15 Filiale di Las Vegas dell’UPS contatta il Dipartimento di polizia di Las Vegas riguardo un pacco sospetto. Pacco individuato come non pericoloso, ma i raggi x hanno rivelato qualcosa di molto strano…

“Greg, potresti venire un attimo con me?” domandò Nick, infilando la testa nel laboratorio. Era stranamente silenzioso lì dentro – a Greg non andava di accendere la musica da quando l’Emporio era saltato in aria. “A proposito, come procede il recupero dati?”

Greg alzò lo sguardo da alcuni documenti stampati. “Sara è riuscita a recuperare cinquanta e-mail salvate dall’hard disk di Charlie,” disse, “Dodici erano da parte di Wonka; la più vecchia sembra la prima e-mail scritta da Wonka in vita sua – è tutta in lettere maiuscole e sembra piuttosto infiammato da come scrive.”

“Puoi dirmi il resto per strada. Abbiamo un pacco dell’UPS da controllare.”

“Da quando siamo la squadra artificieri?” domandò Greg mentre seguiva Nick di nuovo in laboratorio, “E da quando… Oh Dio, qualcuno ha cercato di spedire un corpo, vero?”

“Diciamo solo che è il genere di cose che Grissom vorrebbe verificare – ma visto che non è qui…”

Greg avvertì un piccolo fremito all’idea di verificare una prova che Grissom avrebbe giudicato importante.

Il pacco che l’UPS aveva spedito era di dimensioni problematiche – lungo oltre un metro ma largo solo trenta centimetri e profondo circa venti. Era sigillato con nastro adesivo trasparente largo circa sette centimetri e sembrava non essere stato affatto manomesso. Nel complesso, era piuttosto ordinario, ed era indirizzato a…

“Signor e signora Teavee,” Greg lesse l’etichetta con l’indirizzo ad alta voce, “Qualche idea sul contenuto?”

“Ha fatto suonare il metal detector, così quelli dell’UPS l’hanno passato ai raggi x,” disse Nick, “Che altro hai trovato nell’hard disk, per curiosità? Dodici e-mail di Wonka e…?”

“Le altre 33 provenivano dall’indirizzo e-mail di Veruca Salt. A giudicare da quelle che ho letto, dovrebbe scrivere per la rivista Penthouse.”

“Addirittura?”

“Scriveva solo fantasie erotiche. Piuttosto disgustoso, a dire il vero.”

“Detto da uno che legge Penthouse?”

Greg arrossì lievemente. “Non durante il mio turno.”

“Leggi solo gli articoli, vero?” Nick fece un sorrisetto.

“Possiamo parlare d’altro? Cos’hanno mostrato i raggi x?”

Nick si avvicinò a un pannello luminoso con sopra posizionata una lastra ai raggi x e l’accese su entrambi i lati. Le luci illuminarono il bizzarro, e vagamente familiare, contorno di uno scheletro umano allungato in modo grottesco, ripiegato in posizione fetale. C’era una forma oblunga poco chiara vicino al cranio.

“Caspita. C’è una sola persona al mondo con quell’aspetto. Nessun movimento nella scatola da quando l’UPS l’ha portata?”

“Nessuno. Stavo per aprirla, ma volevo che fossi presente.”

Greg non capiva. “…perché?”

“Be’, a detta di tutti questo è il tuo campo.”

Greg sollevò le sopracciglia. Non l’aveva mai vista in quel modo.

“…e, con Grissom in Inghilterra,” continuò Nick, “presumo tu sia la persona più adatta per apprezzare una scoperta bizzarra come questa.”

Un rumore li fece girare entrambi verso la scatola, giusto in tempo per vederla nuovamente immobile. Si scambiarono uno sguardo, dopodiché la scatola si mosse di nuovo.

“Gesù,” sussurrò Greg, “è ancora vivo.” Indossò automaticamente un paio di guanti di lattice.

Nick gli passò un coltellino. “A te l’onore.”

Greg non vedeva l’ora, e iniziò a tagliare il nastro adesivo che teneva fermi i lembi della scatola.

 

La signora Bucket era una donna coi capelli grigi di un’età indefinita, tuttavia la sua recente perdita la faceva sembrare almeno una settantenne. Sedeva sul divano (piuttosto nuovo, notò Catherine, paragonato al resto della pittoresca casetta traballante) accanto a suo marito, dopo aver superato lo shock iniziale alla notizia della morte di Charlie, ma ancora comprensibilmente affranti.

“Mi dispiace molto per la vostra perdita,” Catherine fece le sue condoglianze, “A detta di tutti era un ragazzo molto dolce… ma col vostro permesso vorrei porgervi qualche domanda.”

La signora Bucket rivolse a Catherine un sorriso coraggioso e un lieve cenno d’assenso.

“Vi aiuteremo in qualunque modo possibile,” disse il signor Bucket, “Non riusciamo a credere che qualcuno possa essere così malvagio.”

“Conosco una persona che lo è senz’altro,” disse aspramente la signora Bucket.

“Cara, non è il momento di fare tali accuse. Non sai se lei farebbe una cosa del genere.”

“Di chi parlate?” domandò Catherine.

“Quella Salt,” disse la signora Bucket, “È una vera vipera.”   

“Può dirmi qualcosa di più specifico?”

“Due settimane prima che Charlie partisse per Las Vegas, lei è venuta alla fabbrica di cioccolato. Disse che voleva parlare con Willy – questioni d’affari. Doris non voleva proprio farla entrare, ma Charlie disse che Willy doveva abituarsi al mondo esterno e affrontare alcuni dei suoi demoni, così acconsentì a parlarle.”

“Di cosa hanno parlato?”

“Be’, non abbiamo ascoltato bene, ma verso la fine del discorso stavano litigando. A quanto pare lei voleva fondere la Fabbrica di Cioccolato con le Noccioline Salt – e Willy, dio lo benedica, non voleva saperne. Lui è un purista, sapete – uno degli ultimi uomini rimasti che facciano caramelle per il piacere di farle e non per seguire una moda. Immagino gli si sia spezzato il cuore quando gli avete detto di Charlie. Erano molto più che capo e impiegato, erano quasi come fratelli.

“Sì, l’ho notato. Grissom e io non ci aspettavamo una tale reazione.”

“Be’, si impara ad aspettarsi le cose più inaspettate da queste parti.”

“Veruca è diventata violenta con Willy o Charlie mentre era qui?” chiese Catherine.

“Non direi. Ci sono state per lo più urla e attacchi isterici per tutto il giardino – finché non si è avvicinata a Charlie, che stava controllando gli alberi di caramelle alla menta vicino al fiume di cioccolato.”

“Cosa ha fatto?”

“Be’, ha marciato verso di lui e lo ha spinto dritto nel fiume. Gli Umpa Lumpa l’hanno ripescato subito, naturalmente, ma comunque…”

“Ha detto perché l’aveva fatto?”

La signora Bucket fece uno sguardo. “Ha detto, ‘Stai sempre tra i piedi.’ L’ha urlato, a dire il vero. Forse l’ha fatto apposta, ma Nonno Joe diceva sempre che si comportava così anche durante il giro della fabbrica – come se fosse lei quella destinata al premio finale mentre gli altri stavano solo… tra i piedi.”

Catherine ci rifletté un po’ su. “Signora Bucket… quanto in là pensa si spingerebbe Veruca per togliersi qualcuno… dai piedi?”

La signora Bucket scrollò le spalle. “Le Noccioline Salt non sono diventate le migliori perché lei se ne stava nella vasca da bagno a mangiare bon bon. Dio solo sa che può permetterselo, tuttavia.”

“Grazie, signora Bucket. È stata davvero d’aiuto.”

“Quando possiamo disporre il trasferimento del suo corpo in Inghilterra?” domandò il signor Bucket, “So che avrebbe voluto essere sepolto qui.”

“Vedrò cosa posso fare,” lo rassicurò Catherine, e se ne andò.

Doris era ancora alla porta della Stanza del Cioccolato, e considerò fondamentale chiuderla alle spalle di Catherine quando lei ne uscì.

La lista di Grissom dei disturbi mentali che avrebbe attribuito a Willy Wonka era cominciata con Deficit dell’Attenzione ed era arrivata a Disturbo Maniaco Depressivo quando Catherine si riunì a loro. Fu grato della tregua, poiché il repertorio degli argomenti di discussione preferiti di Wonka girava attorno un unico soggetto. 

“Ora, molte persone considerano la Germania la patria del miglior cioccolato al mondo, ma quando mi recai lì a 19 anni lo trovai largamente sopravvalutato. Era cremoso, questo è certo, ed era dolce con giusto un pizzico di vivacità – ma io sapevo che potevo fare di meglio. Ora il cioccolato svizzero –”

“Signor Wonka?” Intervenne Catherine. Lo sguardo di sollievo sul viso di Grissom era evidente.

Wonka si interruppe immediatamente a metà frase e la guardò. “Come sta?” disse, in un tono di voce completamente diverso; quel cambiamento repentino era irritante.

“Starà bene, penso,” disse Catherine, “Vorrà controllare di persona come stanno i Bucket, più tardi – potrebbe fargli piacere un po’ di compagnia. Ho una domanda per lei, signor Wonka.”

“Willy, la prego. Solo gli ispettori sanitari, i funzionari del fisco, i Testimoni di Geova, i televenditori, le scout e gli psichiatri frustrati mi chiamano ‘signor Wonka’. Poi ci sono tutte quelle donne urlanti che mi scambiano per Johnny Depp, sebbene capisca come mai…”

“Willy, mi dica del suo incontro con Veruca Salt di un paio di settimane fa.”

“È stato rumoroso, verso la fine. Rumoroso e urlante.”

“Di che cosa avete parlato?”

“Cose.”

Catherine sbuffò. “Che genere di cose?”

“Cose d’affari. Voleva fondere la mia fabbrica con la sua e io le ho detto che lei e la sua fabbrica potevano andarsene al diavolo perché non ero interessato e lei ha detto che io ero solo un malato mentale col senso degli affari di un ditale e io ho detto che lei era un’orribile ragazzina con le maniere di un troglodita e poi tutto è degenerato in proposte di improbabili atti riproduttivi, che includevano una mia gravidanza e io non ho intenzione di diventare mamma alla mia età…” Si fermò per prendere fiato. “E a quel punto le ho chiesto di andarsene.”

Ci fu un lungo momento di silenzio confuso. Grissom rivolse a Catherine lo sguardo comprensivo di chi ci è già passato e rimpiange di non aver avvertito il compagno di quello che gli stava per accadere.

“Ha fatto delle minacce?” chiese infine Grissom una volta che il suo cervello aveva avuto l’opportunità di assorbire il riassunto.

“Oh, sì,” disse Wonka allegramente, “Un sacco di volte. Ma non è il tipo da fare cose del genere. Ha degli avvocati che fanno il lavoro sporco al posto suo.”

“Forse non questa volta…” disse Catherine pensierosa.

 

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Capitolo 13
*** Rimbalzo ***


Ci fu grande eccitazione in laboratorio dopo che Greg tagliò il nastro adesivo che chiudeva il pacco dell’UPS. Mike Teavee si srotolò fuori dalla scatola aperta come un pupazzo a molla misto a un ragno gambalunga, sollevandosi agilmente sulle sue gambe spaventosamente sottili e rotolando giù dal tavolo. Entrambi gli agenti capirono subito che il peso da adulto che avevano stimato per il ragazzo era decisamente troppo alto – aveva la corporatura di un cartone animato che era stato appena investito da un rullo compressore e dava da pensare che una lieve brezza l’avrebbe letteralmente fatto volare via. Non si mosse per il tempo necessario a fissare Nick e Greg – era talmente alto che doveva piegarsi sotto il basso soffitto – dopodiché si rannicchiò come un ragno e si lanciò verso la porta.

“Porca puttana,” esclamò Nick.

“Prendiamolo!” disse d’impulso Greg, e partì all’inseguimento. Nick si riprese dallo stupore e gli andò dietro, domandandosi cosa avrebbero pensato al turno di giorno se avessero visto la relazione sull’accaduto.

 

“Devo congratularmi con te,” disse Grissom a cena, tornati in hotel, “Di certo te la sei cavata bene col signor Wonka.”

Catherine si accigliò. “Cosa vuoi dire?”

“Il modo in cui hai gestito il suo crollo nervoso quando l’abbiamo informato della morte di Charlie, per dirne una.”

“Mi ha ricordato Lindsay, quando è morto il suo criceto. Ha tirato fuori la madre che è in me, non potevo sopportare di vederlo così senza fare nulla. Era come… un bambino di cinque anni grande e grosso. Hai parlato con lui più di me – che impressione ti ha fatto?”

Grissom sembrò improvvisamente stanco. “La lista dei possibili disturbi mentali che gli si potrebbero attribuire riempirebbero un libro sulla psicologia anormale.”

Catherine sorrise. “Mi dispiace.”

Grissom fece una smorfia. “Non è vero. Tuttavia ho notato qualcosa. Ogni tanto, ho visto in lui una sorta di scintilla.”

“Una scintilla? Di che cosa – pazzia?”

“Difficile a dirsi. Quell’uomo cambia umore e argomenti così in fretta che parlare con lui ti stordisce. Cos’hai scoperto parlando con i Bucket?”

“Un intero giardino fatto di dolciumi,” rispose con disinvoltura Catherine, e fu soddisfatta di vedere Grissom mandare di traverso un boccone di zuppa di pomodoro.

 

Mike si precipitò nel corridoio come una specie di strano supereroe, con i piedi nudi sulle pareti mentre sgattaiolava via, allungandosi come una caramella gommosa in barba allo scheletro che avevano visto ai raggi X. Piantò le sue mani oblunghe sul pavimento e scalciò in avanti per colpire due poliziotti che venivano dall’altra direzione per capire il motivo di quel trambusto. La forza cinetica dei calci spiaccicò i due agenti contro il muro, così Mike poté proseguire indisturbato.  

Svoltò un angolo e vide l’uscita, ma mentre ci correva incontro, una dozzina di Umpa Lumpa scattarono in avanti e si piazzarono davanti alla porta, formando una barriera umana. Mike sogghignò e si tuffò in una piccola fessura nella formazione, avvolgendosi di lungo su se stesso per entrarci. C’era quasi—

ma si sentì afferrare alle caviglie dall’altro lato della barriera. Guardò indietro e vide Greg, che aveva superato Nick, che si teneva accanitamente a lui, con le sneaker aggrappate allo stipite della porta. Mike allungò disperatamente le braccia, protendendosi verso le scrivanie, gli schedari, i lampadari, allungandosi ancora e ancora…

“Sei in modalità analogica oggi?” Greg punzecchiò Nick mentre quest’ultimo afferrava a sua volta una caviglia.

“Lasciami perdere, bello,” lo rimbeccò Nick, “Non mi aspettavo di rincorrere Plastic Man oggi.”

“Non lasciare la presa o volerà fuori dalla porta.”

“Cosa succede se lascia lui la presa per primo?”

Greg ci pensò, realizzando le implicazioni di questa ipotesi per la prima volta. Lui e Nick si scambiarono uno sguardo preoccupato.

Mike continuò ad allungarsi. Qualcosa doveva…

 

“Un fiume fatto di cioccolato?” Chiese incredulo Grissom.

Catherine annuì. “E una cascata. Sembra tutto venuto fuori dal sogno di un bambino. E prima che tu lo chieda, ho controllato la riva del fiume in cerca di segni dello scontro tra Bucket e Salt – ma è successo settimane fa, e l’erba a quanto pare è fatta di zucchero, perciò…”

“È tutto deperibile. Grandioso.”

“D’altro canto,  il personale di Wonka avrebbe sistemato in caso di danni.”

“Come puoi esserne sicura?”

Catherine scrollò le spalle. “Gli Umpa Lumpa vogliono bene a Wonka. Posso solo dire questo. La morte di Charlie è stata un colpo anche per loro. Non hanno detto niente, ma quando sono tornati a lavoro, erano… silenziosi. Più lenti.

“Il che ci riporta al perché qualcuno dovrebbe uccidere un uomo che tutti amano.”

Catherine sollevò le sopracciglia. “Non tutti, Gil.”

 

“Tieni duro, Nick!”

“Le sue caviglie sono scivolose!”

“Le sue caviglie sono lunghe mezzo metro! Credo tu possa trovare una parte che non è sudata!”

Il tiro alla fune aveva raggiunto un temporaneo punto di stallo. Teavee era riuscito ad allungarsi per tutta la lunghezza dell’ufficio della polizia, e si stava aggrappando tenacemente con le sue dita elastiche allo stipite della porta. Un paio di agenti avevano raggiunto Nick e Greg ai piedi del flessibile sospetto; gli altri stavano ancora cercando di digerire quello che vedevano.

Nick guardò gli Umpa Lumpa. “Ehi, ragazzi, pensate che se lo tiriamo tutti insieme, riusciamo a staccarlo dallo stipite?”

Gli Umpa Lumpa si scambiarono uno sguardo, quindi annuirono. Si divisero e si posizionarono lungo la parte bassa delle gambe di Teavee, e si aggrapparono a lui. L’ultimo fece un cenno a Nick.

“Okay, gente… al tre, tirate tutti più forte che potete. Ci siete? Uno… due… TRE!”

Quella formazione così composta tirò all’indietro. Si udì un tenue scatto dal lato opposto.

“Okay, credo che— ”

“PORCA PUTTANA STA TORNANDO INDIE—”

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Capitolo 14
*** Grande Motivazione ***


Mike Teavee non sarebbe stato ammanettato. Era tecnicamente possibile, certo, ma utile quanto ammanettare un polpo. Difatti, fu subito chiaro che le normali manette della polizia (perfino le più improvvisate) non sarebbero servite a evitare che Teavee scappasse se l’avesse voluto. Per fortuna era rimasto stordito dall’impatto del rimbalzo abbastanza a lungo da permettere a Nick di improvvisare una soluzione…

Brass entrò nella stanza degli interrogatori dove Teavee sedeva con aria imbronciata, la schiena piegata e le lunghe braccia nascoste sotto al tavolo. Il capo della polizia si arrestò in stato contemplativo e poi si sporse per sbirciare sotto al tavolo, al quale i polsi di Teavee erano stati legati con un perfetto nodo piano. Si raddrizzò, scuotendo la testa incredulo, e rivolse a Mike un sorriso paterno.

“Comodo?” domandò.

“Sono sicuro ci sia una legge contro questo da qualche parte” rispose acido Teavee. A quanto pare le sue corde vocali erano elastiche quanto il resto del suo corpo, e il timbro della sua voce era leggermente spasmodico.

“Ne dubito” rispose Brass. “Caffè?” Brass offrì a Teavve una delle due tazze che aveva con sé. Teavee gli lanciò un’occhiataccia. “La lascio qui, allora.” Mise la tazza di caffè davanti a Teavee. “Le dirò, ha combinato un bel casino di là, signor Teavee. Nessuno ha mai visto niente del genere. Io non ho mai visto niente del genere. Probabilmente è diventato il momento clou nella carriera di molti agenti di polizia.”

“Sono lieto di avervi divertito” brontolò Teavee.

“Sa cosa mi divertirebbe sul serio?” domandò Brass sedendosi di fronte all’uomo elastico. “Vede, abbiamo già delle prove piuttosto convincenti contro di lei per l’esplosione al negozio – non molte persone lasciano impronte come le tue, ragazzino. Quindi, può rendersi le cose facili se ci dice come e perché.”

Teavee non disse niente.

“Molto bene. È perfettamente nei suoi diritti non dire nulla. Sono sicuro che il suo complice nella stanza accanto è pronto a tradirla da un momento all’altro.”

Teavee rimase in silenzio, ma l’occhio attento di Brass colse i piccoli segni – il leggero irrigidirsi della schiena e delle spalle, la microscopica dilatazione degli occhi – che dimostravano che aveva colpito un nervo scoperto.

“Lei non lo farebbe” disse alla fine Teavee.

“Be’, questo lo vedremo, non è vero?” 

 

“Che cos’è?” sibilò Veruca vedendo la tazza di caffè offertale da Nick. Non era felice, per usare un eufemismo, di trovarsi lì, e non aveva remore a mostrarlo.

“Questo si chiama ‘caffè’,” spiegò Nick con estrema pazienza. “Gliel’ho offerto e lei l’ha accettato.” Le mise la tazza davanti, ma lei distorse la bocca in segno di disgusto. “Le chiedo umilmente scusa per la mancanza di una macchina del latte. Lo farò presente alla prossima riunione di bilancio. Fino ad allora, questo è tutto ciò che avrà.”

“Voglio che lei sappia che sporgerò un reclamo contro questo dipartimento non appena il mio avvocato mi raggiungerà.”

“Faccia come vuole. Sono sicuro che si assicurerà uno Starbucks in ogni distretto. Ma per il momento, abbiamo in ballo questioni ben più importanti del suo caffè.”

“Sa,” disse Veruca, “da quando ho ereditato l’impero delle noccioline di papino, hanno tutti voluto guadagnarsi una fetta della torta. I miei concorrenti non fanno altro che gettarmi fango addosso per cercare di sporcare la mia reputazione, i tabloid intervistano i miei vecchi fidanzati per i loro prossimi grandi scoop, e per lo più i media non mi lasciano in pace. Mi sto cominciando davvero a stancare di queste continue molestie. Tutto quello che voglio è tornare a New York a svolgere i miei affari, quindi spero che non mi faccia perdere troppo tempo, signor Stokes.”

Nick la guardò a lungo. “Andrò dritto al punto allora. Possiede un cappotto di visone bianco?”

“Ne ho cinque. Perché?”

“Di quelli veri?”

“Naturalmente. È uno di quegli attivisti che spruzza vernice spray sulle pellicce?”

“Ascolti bene, principessa, non mi interessa quanto sia ricca e di successo, o quante pellicce di visone bianco possiede. In ogni caso, tutte le pellicce che ha portato con sé a Las Vegas vengono in questo momento confiscate e analizzate nel nostro laboratorio. E scommetto che voglia sapere perché.”

“L’idea mi ha attraversato la mente.”

“Perché se c’è del cioccolato su una di esse, sarà arrestata e accusata di omicidio. Scommetto che i tabloid ci andranno a nozze, non crede?”

“Omicidio?” esclamò Veruca. “L’omicidio di chi?”

Nick prese la foto dell’obitorio e gliela mise davanti. “Charlie Bucket. La persona che si frapponeva tra lei e la fabbrica di cioccolato.”

Veruca guardò la foto e sussultò appena riconobbe il volto. Alzò lo sguardo su Nick, bianca in viso.

“Vede, quello che accade a Las Vegas non resta sempre a Las Vegas,” continuò Nick.

Veruca scoppiò in lacrime.

 

Mike, nel frattempo, si stava riprendendo da un incontrollabile attacco di riso.

“Pensate davvero che lavorerei con Veruca!” gli uscì alla fine. “Non mi siederei vicino a quella mocciosa viziata neanche su un bus, figuriamoci pianificare un’esplosione con lei. Mi ha dato ai nervi durante il giro della fabbrica. Fui contento di vederla assaltata dagli scoiattoli e gettata nello scivolo della spazzatura. Se lo meritava tutto. Non attraverserei neanche la strada per pisciare sulla sua limousine.”

“Dunque nega qualsiasi suo ruolo nell’esplosione?” domandò Brass.

Mike si fece beffe. “La sicurezza di quel posto era così carente che avrei potuto derubarlo bendato se avessi voluto.”

Brass si accigliò. “Okay, sono confuso. Ammette di aver piazzato la bomba ma nega di aver collaborato con la signorina Salt?”

“Raggiungiamo un accordo se parlo?”

“Solo se ci dice con chi ha collaborato.”

“Cosa le fa pensare che abbia collaborato con qualcuno? Non crede che possa averlo fatto da solo?”

“Be’, di sicuro non si confonde tra la folla. Non ci sono molte persone alte sei metri e fatte di gomma. E, a essere onesti, non credo che lei sia abbastanza furbo da pianificare una cosa del genere da solo.”

“Si fidi, costruire una bomba è facile,” rimbeccò Mike. “Ci sono istruzioni dappertutto su internet… tipo l’Anarchist’s Cookbook. Inoltre mi sono specializzato in chimica al college – quindi volendo potrei improvvisare. Ovviamente non ho potuto portare via niente perché non sarebbe passato dallo sportellino della posta…”

“Aspetti,” disse Brass, sollevando una mano, “prima di proseguire, questa sembra sempre più una confessione. Ha capito i suoi diritti quando le sono stati letti al suo risveglio?”

“Certo che li ho capiti. Li sento di continuo nei polizieschi. Ho il diritto di restare in silenzio, e ho diritto a un avvocato.”

“Vuole un avvocato? Si rende conto che l’incendio doloso è un reato?”

“Una volta che avrò intentato una causa contro questo distretto per atti di violenza, non potrete tenere le accuse in piedi. Conosco i miei diritti. Lanciare un uomo lungo una stanza e poi legarlo a un tavolo non può essere interpretato come ‘minima forza necessaria’ in nessun caso.”

“Io penso che una volta che il giudice avrà visto il nastro della sorveglianza dove si allunga per tre volte la sua altezza, potrebbe dissentire con lei.”

“Come le pare.”

Brass si accigliò. Bastardo impertinente.

 

Nick non sapeva se le lacrime di Veruca fossero vere o di coccodrillo. In ogni caso, non gli avrebbe portato a niente pensare a male, quindi provò un approccio diverso.

“Sa,” disse, “potrebbe farla sentire meglio liberarsi di questo peso. La confessione fa bene all’anima e a tutto il resto.”

Veruca si soffiò il naso, poi alzò lo sguardo su Nick con gli occhi arrossati. “Non avrei potuto uccidere Charlie,” disse. “Io lo amavo.”

“Cavolo…” Nick sollevò le mani. “Torniamo indietro. Ripeta?”

“Non credo che Wonka abbia capito che il suo apprendista stava crescendo,” disse. “Voglio dire, non ha mai lasciato la fabbrica. Ha mandato Charlie fuori per le sue commissioni così non doveva affrontare il mondo. Penso che sapesse che stava cambiando, e questo deve averlo spaventato.”

“Quindi, quando è cominciata?” Nick non poteva credere, dalle informazioni che aveva su Charlie e Veruca, che una tale relazione avesse la minima possibilità di nascere, ma più la faceva parlare più si sarebbe scavata la fossa da sola.

“Ci siamo incontrati l’anno scorso a un convegno sull’alimentazione, a Berlino. Papino era appena deceduto, quindi stava a me rappresentare le Noccioline Salt. Vidi Charlie lì, in un completo viola acceso con un frasario di tedesco in mano, che cercava di districarsi tra le più semplici interazioni sociali.. Ora, so bene di essere stata una terribile ragazzina dieci anni fa, ma è stato tanto tempo fa. Decisi di aiutarlo… e ci intendemmo perfettamente.”

“Scommetto che questo abbia fatto incazzare Wonka, il suo apprendista che esce con la figlia dell’uomo che aveva cercato di fargli causa.”

Veruca distolse lo sguardo in modo contegnoso. “Non l’ha mai saputo. Stavamo attenti a non incontrarci a Londra. Si trattava più di una relazione a distanza che di una vera relazione.”

“Quindi cosa ci guadagnava?” domandò Nick.

Gli rivolse uno sguardo tagliente. “Si comporta come uno che non abbia mai avuto una relazione proibita in vita sua. Era una questione di eccitazione, soprattutto, data dalla fuga dagli occhi indiscreti. Andare dove nessuno ci potesse trovare, un posto da condividere solo con un’altra persona…”

“Allora, mi dica cosa è successo il quattro luglio.”

“Non è successo niente.”

“Abbiamo dei testimoni che vi hanno visto litigare nel negozio di dolci.”

Lei si accigliò. “Ma chi… oh. Gli Umpa Lumpa erano lì. Non mi meraviglia che stesse cercando in tutti i modi di mandarmi via. E io che ho pensato che avesse trovato un’altra a Las Vegas.”

Nick sorrise. “Ma come, scegliere qualcuna diversa da lei, così dolce?”

Veruca lo guardò con cipiglio. “Dovrebbe parlare con la donna che ha incontrato dopo di me. Le dirà che quando me ne sono andata lui era ancora vivo.”

“Okay… sa dirmi chi era?”

Veruca arricciò il naso. “Certo che lo so… anche se è un’arricchita. Brenda Teavee.”

“Teavee? Come Mike Teavee?”

 

“Ti fidi di lei?” domandò Warrick a Sara. I due stavano guardando l’interrogatorio di Veruca dalla sala adiacente.

“Non mi fido molto,” rispose Sara, “ma se non seguiamo potenziali piste…”

“Ragionevole dubbio.” Warrick fece una smorfia. “Devo dirtelo, mi piace per questo.”

“Sai che ti dico? Vado a controllare se Greg ha trovato tracce di cioccolato sulla pelliccia della povera ragazzina ricca. Se è così, tutti i ragionevoli dubbi del mondo non terranno il suo culo viziato fuori dalla prigione.”

“Ben detto.”

Sara se ne andò. Warrick andò nella sala d’osservazione per non trascurare l’interrogatorio di Teavee e bussò sul falso specchio. Brass alzò lo sguardo, si scusò, e andò alla porta.

“Che succede?” domandò non appena si chiuse la porta tra lui e Teavee.

“Cosa ha da dire Mister Muscolo?”

“Sto imparando un sacco sugli esplosivi fai da te. Possiamo facilmente inchiodarlo per aver fatto esplodere la bomba. Ne sembra piuttosto fiero – ma non vuole ancora cedere sul suo complice.”

“Chiedigli di Brenda Teavee.”

“Chi è, sua madre?”

“Immagino di sì. La signorina Salt ha detto che la signora Teavee è entrata nel negozio di dolci quando lei è uscita.”

“Potrebbe essere interessante. Come procede con Greg e le pellicce?”

“Sara sta controllando adesso.”

“Bene. Tienimi aggiornato.” Brass tornò nella sala degli interrogatori.

“Ancora non crede che possa aver fatto tutto questo?” sbraitò Teavee. “Davvero, applicando poche nozioni di chimica, un ritardato avrebbe potuto far saltare quel posto in aria.”

“Oh, le credo,” disse Brass. “Mi chiedo dove sia sua madre in questo momento.”

“È in Indiana,” disse guardingo Teavee. “Dopo il divorzio è andata a vivere con nonna e nonno. Lasciatela in pace – non ha niente a che fare con questo.”

“Divorzio, eh?” Brass si accigliò pensieroso. Se la signora Teavee era in Indiana, allora non poteva avere niente a che vedere con questa faccenda. Probabilmente non sapeva neanche dell’Emporio. A meno che…

“Suo padre si è mai risposato?”

Teavee arricciò il naso. “Due mesi dopo. Non potevo crederci. Aveva sempre detto di amare la mamma, ma appena lei è uscita di scena, lui ha cominciato a frequentare quell’orribile Barbie ossigenata… e sapevo che lei voleva solo il denaro che mio padre aveva ottenuto con le azioni Wonka. La cosa mi ha sconvolto.”

“Davvero? Chi è questa Barbie, a proposito?”

“Brenda Lee Beauregard.” Teavee sembrò ricevere grande piacere dal non riconoscerle il suo nuovo nome da sposata.

“Beauregard? Qualche legame con…”

“Sì. La madre di Violet. È diventata una pazza completa anche lei, sempre a parlare di come Wonka aveva trasformato la sua amata figlia in un fenomeno da baraccone viola.”

“Ha idea di dove sia la sua matrigna in questo momento?”

Teavee sospirò per l’esasperazione alle manie collettive di tutti quelli più vecchi di lui. “L’ultima volta che l’ho sentita, diceva a papà di portarla in giro per l’Europa. Sono probabilmente in Scozia adesso. Perché?”

“Il dipartimento di polizia di Las Vegas apprezza la sua collaborazione, figliolo.”

“Non sono suo figlio,” ringhiò Teavee, ma Brass se ne era già andato.  

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Capitolo 15
*** Cerchio Completo ***


In una stanza d’albergo a Londra, suonarono due cellulari. Grissom rispose a uno, mentre Catherine rispose all’altro. Erano le nove del mattino, ora locale.

“Grissom.”

“Willows.”

“Avete un sospettato per l’esplosione? Bene! Sono lieto di sentirlo.”

“Il signor Wonka desidera un ulteriore colloquio? Quando?”

“Un sospettato per l’omicidio Bucket? Cos’ha a che fare con…”

“Adesso? Be’, ci impiegheremo un po’ ad arrivare…”

“Dalle nostre parti? Dobbiamo stare attenti a qualcuno?”

“Be’, sì, naturalmente saremo lì il prima… cosa?”

Ci fu una pausa, prima che entrambi gli agenti esordissero con la stessa frase:

“La madre di Violet Beauregard?

Si scambiarono uno sguardo.

“Brass, posso richiamarti dopo?”

“Doris, arriviamo subito.”

Due pollici schiacciarono su due pulsanti CHIUDI su due cellulari.

 

Era chiaro perfino a Doris che Brenda Teavee era stata trascinata tra calci e urla nella mezza età, insieme al suo arsenale di Botox, tintura per capelli (che assicurava la copertura dei capelli grigi), plastica al seno e peeling. Aveva un aspetto giovanile, questo era certo, ma biodegradabile quasi quanto una Barbie. Sapeva che al suo attuale marito non interessava molto – dopo lo shock del divorzio si era aggrappato a qualsiasi salvagente avesse trovato, e Brenda si assicurò di essere lei quel salvagente.

Era ferma vicino alla porta in trompe l’oeil in fondo all’atrio mentre Doris terminava la sua telefonata e si incamminava per il lungo passaggio verso la Stanza del Cioccolato. Di certo quello strambo di Wonka era sembrato piuttosto entusiasta nell’apprendere quali novità gli aveva rivelato sull’omicidio di Charlie – e lei sapeva esattamente chi era il colpevole. Resistette alla tentazione di controllare il contenuto della sua borsetta quando Doris la raggiunse e aprì la porta. La porta si spalancò e Doris la condusse nel giardino di zucchero.

Wonka era già lì, seduto su un gigante fungo rosa dondolando le gambe come un bambino impaziente.

“Salve!” squittì, saltando giù dal fungo.

“Sono felice che si ricordi di me,” disse Brenda dolcemente.

“A dire il vero, non mi ricordo,” rispose allegramente, con un gesto della mano, “ma Charlie diceva che ogni tanto dovevo ricevere qualcuno.”

“Oh, bene. Strano che abbia menzionato Charlie…”

“Oh, sì, era un così caro ragazzo, non è vero? Aveva il cioccolato nell’anima, dicevano sempre gli Umpa Lumpa, la persona più gentile che avrei mai pensato di incontrare…” Mentre parlava, saltellò lungo un sentiero di caramella che girava in circolo dietro Brenda. Lei si voltò per tenerlo d’occhio, sapendo fin troppo bene quanto poteva essere imprevedibile. “Il che, ovviamente, mi conduce alla grandegrandegrande domanda del giorno, quella di cui tutti vogliono sapere la risposta, ma soprattutto io, e io so che lei è l’unica persona al mondo che può darmi quella risposta, perché lei è l’unica a conoscerla.”

“E quale sarebbe la domanda, Willy Wonka?”

Si fermò all’improvviso mentre si prendeva gioco di lei e si girò, fissandola con uno sguardo di fuoco. Era uno sguardo tanto intenso quanto concentrato come se prima non lo fosse stato. “…perché?”

“Perché cosa?” gli domandò, sconcertata da quella domanda così approssimativa.

“Perché l’ha ucciso?”

 

Grissom e Catherine decisero di non aspettare il loro accompagnatore per andare da Wonka. Grissom si stava facendo strada nell’infido traffico londinese per raggiungere la fabbrica, il cui profilo sembrava sempre più vicino. Catherine non credeva che avrebbe potuto passare così in fretta da una guida sulla destra a una sulla sinistra – ma sembrava che Grissom ci riuscisse senza difficoltà. Catherine poteva solo sperare che sarebbero arrivati in tempo…

 

“…Cosa?” domandò incredula la signora Teavee.

“Ci pensi un attimo. Dare un colpo in testa al mio assistente non è molto discreto. E per quanto riguarda Veruca, lei sa bene come essere discreta. Lei, invece…” Wonka sorrise, “Lei è un’aspra caramella agli agrumi contro la sua toffee a banana.”

La signora Teavee si accigliò.

“E scommetto che ha tenuto l’arma del delitto, dico bene? Un piccolo trofeo, un piccolo senso di giustizia, una piccola agghiacciante idea di accoppare anche me?”

“Presumendo che quello che dice sia vero – e non sto dicendo che sia così…”

“Ancora,” disse Wonka.

“PER NIENTE,” lo corresse la signora Teavee. “Deve ancora provarlo. Veruca non è la sola ad avere stretti rapporti con i suoi avvocati… e lei lo odiava molto più di me.”

“Ma allora non era lui il problema, vero? No, non è mai e poi mai stato lui il problema, neanche un po’. Voglio dire, forse la faccenda di Las Vegas, ma come chiunque altro, lui era soltanto il mezzo per un fine. Uno strumento. Per rovinare me. Lei è ancora arrabbiata per… oh, com’è che si chiamava? Quella piccoletta…”

“Mia figlia, Violet!”

“Si chiama così? Non ricordo mai i nomi e le facce – ho sentito che se la sta cavando bene, comunque.”

“È un fenomeno da baraccone!”

“Un’acrobata, ho sentito dire. Molto popolare, molto talentuosa…”

“È BLU, brutto mostro zuccheroso!” La signora Teavee frugò nella sua borsa.

“Uh, solo un avvertimento, se posso… in questo momento lei è nel mio giardino di zucchero, circondata da un sacco di persone che mi vogliono bene. Si dà il caso, che amano me tanto quanto odiano lei. Quindi mi farebbe un ENORME piacere pensando attentamente alla sua prossima mossa. Non voglio che nessuno si faccia male, capisce.” Fece schioccare la lingua in segno di rimprovero.  

I cancelli erano aperti quando gli investigatori arrivarono, così, dopo una rapida occhiata in giro in cerca di un probabile pericolo imminente, si diressero subito alla porta principale. Grissom sollevò il pugno per bussare, ma prima di poter toccare la porta, questa si aprì dall’interno.

All’inizio sembrava che la porta si fosse semplicemente aperta da sola, finché gli agenti non sentirono qualcuno che si schiariva la gola appena all’altezza delle loro ginocchia. Guardarono in basso e videro Doris che gesticolava impaziente.

“Okay,” disse Grissom, “dove sono?”

Fece loro un ultimo cenno e si fiondò nel corridoio d’acciaio così velocemente che Catherine e Grissom facevano fatica a starle dietro. Catherine sapeva cosa stava per succedere, ma poté capire la confusione del suo partner quando raggiunsero la fine del corridoio e lui guardò giù verso la piccola  porta che Doris stava per aprire.

“Perché la porta è così…” cominciò, per essere subito bloccato da un riecheggiante scoppio.

“Uno sparo,” disse Catherine, sebbene le fosse saltato il cuore in gola. “Ma non dovrebbe riecheggiare così. Non ci sono stanze…”

“E l’eco non si sta smorzando,” convenne Grissom, quando un soddisfacente scatto indicò che la porta era stata aperta. La parete si spalancò nella stanza del cioccolato e gli investigatori si trovarono di fronte a una scena stupefacente.

La signora Teavee stringeva con entrambe le mani una piccola pistola, puntata su Wonka con una perfetta posizione di tiro. Wonka era in piedi ad alcuni metri di distanza, mezzo piegato pronto alla fuga, una mano tesa. Dalla mano tesa, piccole volute di quello che sembrava essere un fuoco purpureo fuoriuscì verso la signora Teavee, diffondendosi come un fungo nella collisione con un piccolo proiettile che puntava ancora in direzione del pasticciere.

“Oh mio Dio,” disse Catherine, avvertendo che la mente di Grissom stava cercando freneticamente di dare una spiegazione alla scena.

Un battito d’occhi dopo, Wonka si tuffò su un lato, e il proiettile ristabilì subito la sua normale traiettoria, andando a finire contro un albero che prontamente iniziò a perdere sciroppo rosa. In un attimo, sembrò come se il giardino stesse difendendo Wonka, e un ammasso di inquietanti rampicanti fuoriuscirono avvolgendo la signora Teavee per le caviglie, facendola rovinare per terra quando lei cercò di puntare di nuovo l’arma contro Wonka. Perse l’equilibrio e cadde a faccia in giù sul prato verde menta, lottando e contorcendosi mentre i rampicanti si avvolgevano rapidamente lungo le sue gambe e attorno al busto.

Wonka, nel frattempo, sedeva gongolando come un matto come se non avesse, letteralmente, appena schivato un proiettile, battendo le mani come un bambino avendo appena scongiurato il suo tentato omicidio

“Oh, che delizia,” squittì alzandosi. “Non avete idea di quanto ho dovuto cercare per trovarli – ma ne è valsa la pena, in ogni istante. Oh, lei starà bene non appena smetterà di contorcersi…” Guardò giù verso di lei.”…ma potrebbe volerci un bel po’… Doris! Hai portato degli ospiti! Bentornati!” Rivolse un ampio sorriso di porcellana ai due investigatori mentre si avvicinava per accoglierli, poi notò l’espressione di Grissom con leggera preoccupazione. “Mi dispiace, ma se deve fare una domanda deve alzare la mano e aspettare di essere interrogato.”

“Cos’è appena succ…” cominciò Catherine.

“NON HA ALZATO LA MANO!” l’interruppe Wonka, puntandole contro la testa del suo bastone da passeggio.

Poi la sua spalla esplose.

La potenza del colpo lo fece girare di 180 gradi, con un’espressione leggermente perplessa sul viso, finché non gli cedettero le caviglie, che gli si erano incrociate, e si piegò sul manto erboso. Dietro di lui, uno sciame di Umpa Lumpa uscì dal sottobosco e si gettò addosso alla signora Teavee, strappandole la pistola dalle dita.

Catherine si inginocchiò accanto al pasticciere ferito. La spalla gli sanguinava copiosamente, così vi fece pressione con le sue mani nude per cercare di rallentare il flusso.

“Non ho segnale qui dentro!” disse Grissom. “Doris, chiami un’ambulanza!” La minuscola receptionista esitò, chiaramente riluttante a far entrare degli estranei nella fattoria. “Hanno sparato al signor Wonka! Ha bisogno di un dottore, lo capisce?” Finalmente Doris annuì e gli fece cenno di seguirla. Le andò dietro mentre lei schizzava via.

“Non è colpa loro,” disse Wonka, con voce trasognante. “Non hanno mai capito veramente cosa siano le armi… e io non ho mai avuto il cuore di spiegarglielo. Le armi non rendono mai nessuno felice…”

“Cerchi di non parlare,” disse Catherine, mentre il suo sangue le ricopriva le mani. Guardò verso l’Umpa Lumpa più vicino a lei. “Non riesco a fermare l’emorragia. Mi serve una benda, qualcosa come l’ovatta, che possa mettere nella ferita – Dio, riuscite almeno a capirmi?”

L’Umpa Lumpa annuì e iniziò ad arrampicarsi su un albero. Poco dopo fischiò e lanciò giù un frutto rosa. Lei lo prese, perplessa. Un altro Umpa Lumpa le disse a gesti di batterlo contro il suolo. Lo fece, e il frutto si aprì rivelando una polpa gommosa. L’Umpa Lumpa annuì e le mimò il da farsi. Catherine spalmò la polpa gommosa nella ferita e fece pressione, sperando per il meglio.

“Ow. Sa, lo giuro, quella donna non ha idea di quanto costerà far riparare questo cappotto,” farfugliò Wonka nello stesso tono trasognato. “È vero velluto, sa. E il conto della lavanderia sarà assolutamente scandaloso…”

“Signor Wonka, le ha sparato,” disse Catherine, preoccupata dal fatto che lui non sembrava preoccupato.

“Oh, è stato questo? È comprensibile, immagino, considerando il suo stato mentale. Non che lo rifarei, naturalmente. Mi incolpa ancora per sua figlia. Non è stata colpa mia, lo dissi alla ragazzina di non masticare quella gomma.”

“Signor Wonka, la prego…”

“E Violet sembrò completamente felice quando se ne andò. Oh be’, le mamme delle celebrità…”

Catherine si accorse che accadeva qualcosa di strano sotto le sue mani. Le spostò un minimo, e vide che la gomma stava brillando. Strabuzzò gli occhi.  

“Continui a tenere premuto, Catherine,” disse Wonka, “sta facendo esattamente quello che dovrebbe fare.” Guardò verso di lei, e i sui occhi le sembrarono più coscienti di quanto si potesse aspettare, considerate le circostanze. Le prese le mani con il braccio sano e gliele rimise sulla ferita. “Ancora pochi secondi.”

 

“Proprio così, la Fabbrica di Cioccolato,” disse Grissom alla cornetta del telefono che Doris gli aveva offerto. “Polizia e paramedici. No, non penso che ci servano i vigili del fuoco. Ascolti – qualcuno ha sparato a Willy Wonka. No, non sto scherzando. Sì, sappiamo chi è stato. Lei è… sotto custodia. Sbrigatevi e basta. I cancelli dovrebbero essere aperti.” Riagganciò.

“Gil, penso che dovresti venire a vedere,” gli urlò Catherine dall’altra parte del corridoio. Quando ritornò alla Stanza del Cioccolato, vide Wonka seduto, dopodiché fece una smorfia e si strinse il petto sopra la clavicola.

“Signor Wonka, non si dovrebbe muovere. Un’ambulanza sta arrivando a occuparsi di…” Affievolì la voce quando Wonka abbassò la mano. I buchi nel suo vestito erano ancora lì, davanti e indietro, come il sangue raggrumato dove si trovava il foro d’uscita… ma dove c’erano le ferite – dove Grissom aveva visto passare il proiettile – vide solo scampoli di pelle rosa acceso, leggermente lucida ma comunque intatta.

“Sta arrivando un’ambulanza?” domandò allegramente Wonka. “Bene – penso che potrei avere una clavicola rotta. E la gomma probabilmente non reggerà per molto a lungo, ma va bene perché sta arrivando un’ambulanza, vero?”

“Gomma?” chiese Grissom confuso.

“Oh sì,” rispose Wonka mettendosi delicatamente in piedi. Dietro di lui, la signora Teavee era completamente mummificata nel misteriosamente aggressivo rampicante, il quale creò una forma stranamente affusolata come uno spinello di marijuana gigante, sebbene fosse uno del tipo che grugnisce e si muove furiosamente. “È un peccato che dovesse succedere tutto questo…” 

“Sapeva che stava per succedere?” chiese Catherine.

“Certo che sì. Non ci vogliono grandi capacità deduttive per vedere lo schema – prima il mio apprendista, poi il negozio e alla fine io. Ovviamente qualcuno voleva fare me a pezzi. Ed era chiaramente una faccenda personale – ecco perché sapevo che non si trattava di Veruca. Con tutti i suoi capricci e attacchi di  nervi, aveva imparato a tenere separati gli affari di lavoro da quelli personali. Ma la signora B… con lei, tutto era personale. Pensava di riuscire a ingraziarsi favori flirtando con me durante il tour – QUELLO mi inquietò un po’, ma non ci diedi peso. Poi, dopo che sua figlia ebbe il premio finale, avreste dovuto VEDERE lo sguardo che mi lanciò! Santo cielo, avreste pensato che avessi fatto qualcosa di orribile!”

“Quindi ha preso delle precauzioni per proteggersi?” chiese Grissom, riacquistando il suo equilibrio.

Wonka annuì, poi aggiunse tristemente: “È un tale peccato la storia di Charlie… stava andando così bene – pensavo davvero che avrebbe potuto ereditare la Fabbrica. Ma ora è morto e io sono troppo vecchio per organizzare un altro tour per trovare un nuovo erede. D’altro canto, i giovani d’oggi non apprezzano il valore di un dolciume ben fatto. Sono tutti videogiochi e cellulari e iPod… Non ci sono più magia e meraviglia.”  

Grissom ponderò queste parole, poi si aprì in un largo sorriso. “Signor Wonka… forse posso aiutarla.”

Catherine e Wonka lo guardarono incuriositi.

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Capitolo 16
*** Passaggio del Testimone ***


Eccoci arrivati al capitolo finale! Spero che questa bizzarra storia vi abbia divertito come ha divertito me. Buona lettura!

 

L’ultima volta che il Dipartimento di polizia di Las Vegas era stato chiamato a creare una zona neutrale tra un nuovo arrivo e la folla era coinvolta la Mafia, e nonostante l’individuo in questione fosse così lontano dallo strano cioccolatiere, la situazione rientrava comunque nella stessa casistica. D’altro canto, l’accoglienza progettata questa volta fu meno ostile, come Nick e Warrick videro nella loro più completa confusione mentre aspettavano il ritorno di due membri della squadra e l’arrivo di qualcuno che Grissom aveva solo descritto come un “ospite”.

“Willy, vuoi essere il mio zuccherino?” lesse Nick sul cartellone più vicino, scritto con pennarello viola su fondo rosa. 

“Qui c’è n’è una che vuole un figlio da lui,” rispose Warrick, “e qualcun’altra che pensa che stia arrivando Johnny Depp. A Sara verrebbe un colpo se così fosse.”

“Tutto questo per un tizio che non ha mai messo piede fuori dalla sua fabbrica per più di dieci anni e che produce dolciumi.” Nick scosse la testa divertito. “Forse dovrei imparare a fare la cioccolata.”

Warrick fece un’espressione disgustata. “Ho provato la tua cucina.”

“Hai assolutamente ragione. Non è facile creare il più strabiliante e gustoso cioccolato di tutto il mondo.”

Seguì un silenzio perplesso.

“… Cosa?” domandò Warrick, ma come si voltò per capire cosa stesse fumando Nick, notò l’uomo dietro di loro. Indossava un completo viola e un cappello a cilindro, e sembrava che la sua pelle non avesse visto la luce del sole molto spesso, nella migliore delle ipotesi. Sorrideva istericamente, nonostante avesse un braccio fasciato.

“È così eccitante!” cinguettò, smettendo di imitare la voce leggermente nasale di Nick e battendo le mani come un bambino. “Non ero mai stato a Las Vegas prima… Avevo sentito dire che era luminosa ma non pensavo sarebbe stata così… LUMINOSA! Wow!”

“Uhm… chi è lei?” azzardò infine Nick. “E come è entrato qui?”

Il sorridente uomo indietreggiò e porse a Nick una mano inguantata. “Sono Willy Wonka, produttore dei più favolosamente gustosi, deliziosi e fighi dolciumi che il mondo abbia mai visto!”

Nick strinse la mano a Wonka come se questi avesse potuto saltargli addosso e mordergli il naso. “Okay, questo risponde a una domanda…”

“E il dottor Grissom è stato così gentile da farmi entrare da un altro ingresso. Ha visto tutte quelle giovani donne lì fuori e si è preoccupato per la mia incolumità… anche se non capisco perché ha pensato che avrebbero potuto saltarmi addosso per cercare di strapparmi i vestiti di dosso. Non mi sembra che ci sia qualcosa di interessante sotto.”

“È un’immagine di cui non sentivo il bisogno…” disse Warrick, fregandosi il naso. “Ascolti, deve andare da qualche parte o…?”

“Oh sì! Grazie di avermelo ricordato!” Wonka cambiò argomento così in fretta che si poteva sentire il suo lavorio mentale rumoreggiare in segno di protesta. “Ho bisogno che mi mostriate il laboratorio. Dovrei incontrare qualcuno lì.”

“Okay, chi?”

“Non lo so ancora. Il dottor Grissom ha detto che l’avrei saputo appena lui mi avrebbe visto. Qualcuno di voi sa cosa significa?”

“No,” disse Nick, “ma faremo meglio ad allontanarla da questa porta prima che comincino a lanciarle biancheria intima.” Prese Wonka per il braccio e lo guidò fuori dall’atrio.

“Ma perché dovrebbero farlo? Sembrerei completamente sciocco con…”

“Glielo spiegherò quando sarà grande, amico.”

Il laboratorio, che per Greg era come una seconda casa, era stato completamente ripulito dai rottami e dai frammenti di quello che lui aveva deciso di definire “un aberrante incidente di laboratorio” nella relazione per la compagnia di assicurazione (aggiungendo una nota in cui specificava che difficilmente sarebbe accaduto di nuovo), ed era ora invaso dalle dolci melodie degli AC/DC. Dopo aver appreso che il colpevole sia dell’omicidio di Charlie Bucket che dell’esplosione dell’emporio era stato preso ed estradato negli Stati Uniti, pensò che questo fosse il momento migliore di festeggiare con un po’ di musica. Per questo motivo, non si accorse subito delle due persone che lo stavano osservando da dietro il Plexiglas.

“Di sicuro sembra un giovanotto allegro,” osservò Wonka, mentre Greg mimava un assolo di chitarra.

“Già,” rispose Nick, “è l’unico ad aver capito davvero la situazione.”

“Oh?” Wonka guardò Nick: “Pensavo foste tutti combattenti del crimine.”

“Sì, ma… lascerò che sia lui a spiegarlo.” Bussò sul Plexiglas.   

Greg saltò leggermente a quel rumore e si voltò per vedere chi fosse. Gli cadde la mascella e spalancò gli occhi alla vista di Wonka.

Nick e Wonka guardarono in silenzio quella scena per alcuni secondi.

“Perché sta correndo per tutto il laboratorio gridando ‘oh mio dio oh mio dio’?” chiese alla fine Wonka.

“Non ne ho idea,” disse stancamente Nick. “Si è comportato in modo strano durante tutto il caso.”

Wonka inclinò la testa. “Come si chiama?”

“Greg Sanders. È il nostro esperto di laboratorio.” Disse Nick. “Ha quasi fatto saltare in aria il laboratorio con alcune delle sue caramelle, ma non credo che saremmo andati molto lontano senza di lui.”

“L’uomo che esaspera i tecnici con le mie caramelle esplosive?”

“Cosa? Ascolti, tutto ciò che so è che è un suo fan. Al di là di questo…”

Wonka sorrise lentamente. “Potrei prenderlo in prestito per un’oretta?”

“Uhm, per fare cosa?”

“Voglio solo capire una cosa. Potrebbe andare a prendere i miei Umpa Lumpa? Oh sì, credo che al dottor Grissom interesserà assistere.”

“Assistere a cosa?”

“Be’, se vuole saperlo, immagino che dovrà venire anche lei, le dispiace? Ma prima di tutto, i miei Umpa Lumpa.” Sollecitò Nick con un gesto della mano, così che lui alla fine uscì, scuotendo la testa incredulo.

Wonka aprì la porta di vetro che introduceva al laboratorio, dove Greg stava ancora avendo un leggero attacco di isterismo quando si scontrò con il cioccolatiere, il quale gli era capitato tra i piedi. Greg fissò per un momento il sorridente Wonka.

“Oh mio dio… È  davvero lei!”

“Nooo, tu sei tu e io sono io. Vedi, non funziona altrimenti, perché se io fossi te probabilmente non avrei i capelli con le punte bionde.” Guardò in basso. “Belle scarpe, comunque. Il dottor Grissom dice che ti sei impegnato molto per scoprire cosa era successo a Charlie, e vorrei ringraziarti per questo – ma, prima, credo ci sia un po’ di lavoro da fare nel negozio di dolciumi prima della sua apertura.”

Lo sguardo di Greg si rabbuiò. “È stato distrutto. L’apertura dovrà aspettare un po’. Probabilmente fino al prossimo anno.”

“Oh, non puoi saperlo per certo. Credo possa aprire prima di domani mattina, a dire il vero. Ho solo bisogno di un piccolo aiuto per sistemarlo.”

“Io?”

“Be’, finora te la sei cavata bene. Non credo che sarà così difficile come potresti pensare. Ah!”

Quest’ultima era diretta verso la finestra d’osservazione, dove gli Umpa Lumpa erano ammassati tutti eccitati attorno agli stinchi di Nick. Wonka sorrise deliziato quando i suoi dipendenti gli si fiondarono incontro, e si accovacciò per riunirli in un abbraccio di gruppo, barcollando solo leggermente al loro assalto.

“Ah ah ah! Oh, fate piano, sono vecchio, sapete! È bello rivedervi!” Si alzò. “Grazie di esservi presi cura di loro. So che devono essere stati piuttosto spaventati.”

Nick si massaggiò la fronte al recente ricordo dell’attacco al negozio subito da lui e Warrick. “Già.”

“Ora le dispiacerebbe dire al dottor Grissom e alla signorina Willows di incontrarci all’Emporio non appena a Grissom sarà passato il suo mal di testa? Vorrei che entrambi assistessero, specialmente il signor ‘è solo cioccolato’ Grissom, okay?” Diede a Nick un buffetto in testa e sfrecciò via.

“Sono qui,” disse Greg nel momento in cui la considerazione dei danni da parte di Wonka sembrava stesse arrivando a una conclusione.

“Oh, benone. Speravo non ci avrebbero messo troppo.”

“Quindi c’è quasi tutto il Nevada, a giudicare dalla folla oltre il perimetro della polizia.”

Wonka si voltò, vide che sembrava essere proprio così, e sorrise a trentadue denti. “Che cosa adorabile. Ho un pubblico. Salve gente!” Salutò entusiasta la folla, ma saltò leggermente al boato d’approvazione che ricevette in risposta. Si avvicinò a Greg. “Fanno sempre così?”

“Questa è Las Vegas.”

“Oh. Giusto.” Si precipitò verso i SUV che trasportava Grissom e Catherine.

“Non sono sicuro di capire perché siamo qui,” disse Grissom. “Sappiamo già cosa è successo.”

“Be’, lei sai cosa è successo, ma sa cosa sta per succedere? È molto intelligente, ma non credo che possa saperlo. Venga. Anche lei, signorina Willows – voglio che abbiate un posto in prima fila.”

“Per cosa?” domandò Catherine.

“Lo vedrà, lo vedrà! Però sbrigatevi!” Wonka si precipitò nuovamente verso il distrutto Emporio e si appoggiò al suo bastone osservando la struttura con occhio critico. Greg lo raggiunse subito.

“Cosa pensa?” chiese a Wonka.

 “Penso che dobbiamo sistemare un po’ il negozio così che possa aprire i battenti.”

“Be’… sì. Ma come faremo? Ci vorranno mesi per sistemarlo…”

Wonka sorrise. “Devi solo crederci. Ora reggi questo.” Passò a Greg il suo bastone, poi intrecciò le sue lunghe dita e fece schioccare le nocche. “Ora, vediamo un po’…” Prolungò un dito quasi timidamente verso i rottami. Greg vide delle scintille viola sfiorare appena le macerie. Wonka fece un ampio sorriso. “Mi sembra che vogliano danzare.”

“Devo allontanarmi?” chiese Greg.

“Le cose potrebbero diventare un pochino elettrizzanti qui… ma è assolutamente sicuro. Non è mai morto nessuno per la mia magia. Ancora.” Fece un ampio gesto col suo braccio ferito lungo la facciata del negozio bruciato, e una lingua di fuoco viola si estese lungo le macerie. Detriti e travi di legno spezzate iniziarono a saltare nell’aria e a danzare. Dietro di loro, la folla esultò, e oltre il rumore, Greg sentì gli Umpa Lumpa iniziare a cantare. Si guardò intorno e vide che i piccoli aiutanti elfici avevano formato un cerchio attorno a lui e Wonka.

“Aggiusta, aggiusta, aggiusta…” faceva il canto.

“Ma che cavolo…?” domandò Catherine, guardando dispiegarsi quello spettacolo di luci.

“Lo stronzio e il cloruro rameico bruciano con un fuoco viola,” disse Grissom, senza troppa convinzione. “Si fa con i fuochi d’artificio.”

“Se ci fossero stati fuochi d’artificio lì dentro l’avremmo saputo già da tempo – ad esempio quando è stato fatto esplodere, tanto per cominciare.”

“È l’unica spiegazione possib–“

Si interruppe all’improvviso quando un potente WHOOSH esplose dalle macerie del negozio, e un’onda d’aria si riversò fuori dall’edificio. Mattoni rotti, detriti sparsi e sbarre spezzate si sollevarono a spirale dal sito.

Wonka rideva, sebbene il sudore gli imperlasse la pallida fronte.

“Cosa succede!” urlò Greg, indicando il mulinello.

“Magia!” rispose Wonka con frivolezza. “Basta crederci e puoi fare qualsiasi cosa!”

“Come riesce a fare tutto questo?”

“Non ne ho idea!”

La tempesta vorticosa di detriti rallentò, si fermò a mezz’aria e infine turbinò nuovamente verso il basso. Greg vide una vetrina lacera che si riassemblava da sola e danzava sul polveroso linoleum, per essere poi raggiunta dai suoi fratelli. Gli scaffali danzarono e turbinarono in un complesso e bizzarro balletto, e un macchinario che sembrava la parte superiore di un qualche stravagante robot camminò come un amputato che cammina su una mano attraverso uno spazio dove si stava materializzando una porta. I mezzi-mattoni trovarono le loro metà e cominciarono ad assemblarsi in muri alla velocità della luce. I cavi elettrici si congiunsero da soli e strisciarono al loro posto dietro il cartongesso.

“Griss! Cath! State VEDENDO?” urlò Greg, ma quando si voltò vide che la domanda era irrilevante, perché gli sguardi suoi loro volti gli dissero tutto. Avevano visto.

“Mi serve il suo aiuto, signor Sanders,” disse all’improvviso Wonka, e il fiato corto nella sua voce disse a Greg che stava per esaurire le forze. “Non sono più giovane come una volta, e ho bisogno del tuo aiuto per finire.”

“Cosa posso fare?”

“Passami il bastone, ma non lasciare la presa, qualsiasi cosa accada. E se nella tua vita non hai mai creduto in qualcosa di bizzarro, di imprevedibile, di non scientifico, credici adesso.”

Greg assorbì queste strane istruzioni, e infine annuì. Passò il bastone a Wonka, il quale lo afferrò. Greg sentì una scossa, come dopo aver toccato un cavo elettrico scoperto. Guardò la sua mano libera e vide scintille viola scaturire dalle sue dita.

“Presto!” lo rimbeccò Wonka.

Greg si sforzò di non pensarci troppo. Diresse la mano verso l’edificio quasi completo, e avvertì un’altra scossa, che questa volta proveniva da lui. Il movimento e la messa a posto dei mattoni accelerarono, e ben presto il sollevamento dei muri nascose gli scaffali danzanti. Il soffitto si ricompose come un puzzle e si distese al suo posto in cima all’edificio.

“Questo è… così… figo!” urlò Greg.

“Lo è, vero? Ora puoi mettere i ripiani… dovunque tu voglia… e non dimenticare la vetrina.”

Grissom guardò in basso, e vide un frammento di vetro sul pavimento davanti a lui. Per dimostrare qualcosa, ci mise un piede sopra. Altri frammenti e ciottoli di vetro provenienti dalla vetrina distrutta scivolarono e si affrettarono verso il negozio quasi ricostruito… e Grissom sentì qualcosa che strattonava sotto il suo piede, come se la scheggia che aveva intrappolato stesse cercando di raggiungere le sue compagne. Tenne premuto il piede più forte, cercando di non romperla, avvertendo che il frammento si dimenava e si dibatteva sotto la sua presa.

“Mio dio,” disse piano, “è proprio vero.”

Solo allora la scheggia volò via da sotto il suo piede con una tale forza che fece barcollare Grissom.

“Criss Angel, prendi e porta a casa,” osservò Catherine.

“Questa non è un’illusione, Catherine!” Grissom sembrava aver appena messo insieme le idee. “Sta succedendo davvero!”

“Lo so – e ti sta mandando fuori di testa, scommetto.”

La vetrina si ricompose in pochi secondi. Dopo pochi istanti, l’insegna si ricostruì, seguita dalla porta d’ingresso con il suo campanello di benvenuto. L’insegna emise un suono elettrico.

“Ci siamo quasi,” disse Greg, guardando il cartello dall’altro lato del parcheggio. Era ancora inclinato e barcollante dal giorno dell’esplosione. Lo immaginò di nuovo dritto, e con un cigolio si rimise in posizione e si accese. La folla esultò – e Greg, ancora frastornato dalla magia che stava usando – magia! Lui! – si voltò nuovamente verso Wonka.

Willy Wonka giaceva sul pavimento, troppo immobile, a parere di Greg.

“Oh mio dio – signor Wonka!” Greg si accovacciò accanto al pasticciere collassato e gli sentì il polso. Lo sentiva, debole e tenue. “Qualcuno chiami un’ambulanza!”

Wonka aprì gli occhi e guardò con occhi offuscati verso Greg. Sorrise. “È fatta?” gli domandò.

Greg annuì. “È tornato tutto come era prima. Anche meglio. È pronto per l’apertura. Sta bene?”

“Oh, io sto bene. Probabilmente non rifarò tutto questo presto, ma davvero, quali sono le probabilità che debba farlo? È stato per una buona causa, a ogni modo.”

“Non vale la sua morte.”

“Non ci sono abbastanza dolciumi a questo mondo, oggigiorno. Nessuno ha più senso pratico, sono in grado di tenersi in contatto con chiunque ma nessuno più entra in contatto davvero. Vorrei che si tornasse ai tempi in cui era tutto più semplice. Prenditi cura del negozio, vuoi? E degli Umpa Lumpa.”

“Greg annuì. “Me ne prenderò cura. Posso gestire il negozio quando non sono in laboratorio.”

“E ricorda: quando mi hai aiutato a riparare il mio negozio, ho passato la magia che mi restava a te. Usala saggiamente.”

“Magia? Possiedo la magia adesso?”

“Non molta… ma quanto basta. Con una piccola scintilla si può fare molto.”

La sirena dell’ambulanza cominciò ad avvicinarsi furtivamente alla conversazione.

“Non preoccuparti per me, Greg,” disse Wonka. “Starò bene prima che te ne accorga. Oh guarda – il signor Grissom gioca a fare Spiderman…”

Greg guardò, e vide che il suo supervisore faceva scorrere le mani sulla facciata del negozio appena riparata, in cerca di fratture e fessure che sapeva dovevano esserci.

“Non troverai niente, Griss,” gli disse Greg.

Grissom si voltò verso Greg. “L’ho visto accadere. Ho visto tutto ricomporsi sotto i miei occhi. È stato…”

Greg sorrise: “Magico?”

Grissom gli rivolse uno sguardo stanco. “Ti prego, non ricominciare.”

I paramedici fecero cenno a Greg di allontanarsi da Wonka.

“Fate piano – soffro il solletico!” li rimproverò Wonka mentre lo mettevano sulla barella.

Quando l’ambulanza se ne andò, Greg sondò l’Emporio recentemente ricostruito. Grissom lo guardò con curiosità.

“Be’,” disse Greg a nessuno in particolare, “mi vengono in mente secondi lavori peggiori…”

 

Fine.

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