No Control

di Meraki
(/viewuser.php?uid=276173)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** IV. ***
Capitolo 5: *** V. ***
Capitolo 6: *** VI. ***
Capitolo 7: *** VII. ***
Capitolo 8: *** VIII. ***
Capitolo 9: *** IX. ***
Capitolo 10: *** X. ***
Capitolo 11: *** XI. ***



Capitolo 1
*** I. ***


Il sole stava pigramente tramontando dietro gli alti alberi che circondavano il campo di atletica e irradiava di una calda luce rossastra la pista da corsa, tramutandola in una distesa di lava infuocata. 
O almeno, Thomas la percepiva così. 
Ormai era quasi al suo ventesimo giro di campo e, neanche a dirlo, la stanchezza iniziava a farsi sentire dopo un pomeriggio intero passato ad allenarsi assieme al Club di atletica. I suoi compagni erano già andati via da un pezzo, ma lui era rimasto per esercitarsi ancora un po': dopotutto era l'ultimo arrivato e sentiva il bisogno di mettersi in pari con gli altri.
"Ancora 5 giri Thomas," pensò cercando di farsi forza, allungando il passo per lo sprint finale. Ad un certo punto però, una morsa di dolore gli trafisse la gamba, facendolo arrancare ed inciampare sui suoi stessi piedi: il ragazzo fece un volo di mezzo metro e ruzzolò faccia a terra, sfregando la guancia sul terriccio da corsa. 
"THOMAS!"
Ebbe giusto il tempo di sentire un voce urlare il suo nome, prima che tutto intorno a lui si facesse buio.


Qualche settimana prima...

"Ragazzi, vi presento il vostro nuovo compagno di classe: Thomas Edison."
Thomas era un ragazzo come tanti altri: fisco nella norma, capelli e occhi scuri, alto il giusto. Sarebbe potuto passare inosservato tra mille, ma qualcosa nel suo modo di fare lasciava intendere che lui non era affatto uno dei tanti.
Newt alzò svogliatamente gli occhi dagli appunti che aveva sul banco e rimase ad osservarlo, soffermandosi sul suo viso. Percepì da subito un moto di simpatia verso il nuovo ragazzo che non riuscì a spiegarsi, né allora né in seguito. 
Thomas rimase in silenzio per qualche secondo, indeciso sul da farsi. Avrebbe dovuto presentarsi? Forse i suoi nuovi compagni si aspettavano che raccontasse qualcosa di sé? Passò velocemente in rassegna ai loro visi: tutti lo stavano squadrando da capo a piedi.
"Ehm..." si schiarì la voce, poi iniziò a parlare incerto, "piacere di conoscervi. Mi chiamo Thomas, mi sono appena trasferito in città con i miei genitori e..."
"Via, via... per ora basta così. Potrai fare conoscenza con i tuoi compagni durante il tempo libero," lo interruppe il professore, facendoli segno di prendere posto, "non abbiamo tutta la mattina e la chimica non può aspettare! Ora prendi posto, in modo che tu e i tuoi compagni possiate aprire il libro a pagina 294."
Thomas cercò con lo sguardo un posto libero e notò che un ragazzo dai tratti asiatici gli faceva segno di sedersi accanto a lui.
"Piacere di conoscerti, Thomas," lo salutò in un sussurro, quando lui ebbe preso posto, "io mi chiamo Minho...e quello alla tua sinistra è Newt."
Il ragazzo si voltò a guardare l'altro suo vicino di banco: era un tipo alto e snello, dai capelli biondicci. I suoi penetranti occhi scuri erano fissi su di lui e gli stava rivolgendo un sorrisetto ironico. Thomas sostenne per un po' il suo sguardo, cercando di decifrare che tipo di persona fosse, poi decise di ricambiare il suo sorriso.
"Ciao, piacere di conoscerti... Conoscervi," si corresse, tornando a guardare Minho.
"Voi tre laggiù, silenzio! Thomas, non costringermi a metterti in punizione il primo giorno!"

La prima settimana di scuola passò lentamente.
Dopo i primi giorni, la curiosità verso Thomas da parte dei nuovi compagni di scuola andò affievolendosi. Anche Minho e Newt, che erano stati così gentili da farlo sedere tra di loro, sembravano freddi e disinteressati a fare nuove amicizie. Minho era il capitano del Club di atletica e passava tutto il suo tempo libero al campo d'allenamento: sembrava non facesse altro. Newt, invece, faceva parte del Club di artigianato ed era impegnato in un progetto che lo costringeva a passare in laboratorio persino le pause pranzo. A parte loro due, con cui Thomas aveva avuto occasione di scambiare a malapena qualche battuta durante le lezioni ("Minho, puoi prestarmi il temperino?" "Certo, tieni"), gli altri suoi compagni di classe sembravano già aver formato diversi gruppetti e nessuno aveva voglia di includerlo. 
Così, Venerdì pomeriggio, Thomas si ritrovò seduto al tavolo della mensa tutto solo. Stava finendo il suo piatto di spaghetti sfogliando svogliatamente un libro di letteratura, quando una voce attirò la sua attenzione: "Ciao, è libero questo posto?".
Una ragazza dai lunghi capelli corvini e la pelle candida come la neve lo stava fissando titubante con due grandi occhi color zaffiro.
"Oh, certo... prego," rispose, spostando lo zaino dalla sedia accanto alla sua, "io sono Thomas."
"Grazie Thomas. A quest'ora la mensa è sempre piena zeppa," la ragazza prese posto accando a lui, sistemando il vassoio con il cibo "io mi chiamo Teresa, piacere di conoscerti. Sei nuovo? Non ti avevo mai visto prima."
"Sì, sono...beh, ho iniziato lunedì. Mi sono trasferito qui con la mia famiglia."
"Anche io sono nuova... relativamente. Abito qui da poco più di sei mesi. Ma, come puoi notare, nonostante sia qui da più tempo di te, sono nella tua stessa situazione: non ho nessuno con cui condividere la pausa pranzo. Evidentemente le persone socievoli scarseggiano da queste parti," rise, "però è bello avere qualcuno con cui parlare, ogni tanto."
Thomas la trovava già simpatica. 
La pausa pranzo passò in modo piacevole, Teresa spiegò lui varie cose della scuola, lo informò sugli ultimi pettegolezzi e lo mise in guardia sul brutto caratteraccio del prof di chimica.
"Con lui non si scherza. Mai."
Rise, muovendo la forchetta a mezz'aria, "Signor Edison, la chimica è una cosa seria!" lo imitò con voce seccata.
"La prenderò in parola, Signor White," rise anche lui, stando al gioco.
"Ehi voi due," un ragazzo seduto dietro di loro alto e muscoloso, dalla carnagione scura, li interruppe con un'espressione accigliata, "se dovete imitare i prof, assicuratevi almeno che loro non siano nei paraggi," li ammonì, accennando poi al prof in questione, seduto dalla parte opposta della mensa.
"Altrimenti poi chi lo sente quello. Non sapete quante volte viene a lamentarsi con noi membri del Consiglio di Istituto" borbottò afferrando il proprio vassoio vuoto e alzandosi. 
"Certo Alby, faremo più attenzione," si scusò Teresa, versandosi un po' d'acqua, "devi ammettere però che il signor White fa di tutto per farsi prendere di mira".
Alby non rispose e si limitò ad accennare un sorriso sbilenco, prima di andarsene.
"Chi era quello?" domandò Thomas, seguendolo con lo sguardo.
"Ah! Alby, un ragazzo dell'ultimo anno, presidente del Consiglio d'Istituto... Un pezzo grosso insomma," rispose lei, "Allora, Tom, credo dovremo sbrigarci, la pausa pranzo è già finita da dieci minuti."
"...Cosa?!"

Thomas era contendo di aver finalmente trovato un'amica ma... ora era dannatamente in ritardo per la lezione pomeridiana. Come se non bastasse, si trattava di educazione fisica e la palestra si trovava dall'altra parte della scuola. Si mise lo zaino a tracolla e si catapultò fuori dall'edificio in cui si trovava in fretta e furia. Correva così forte attraverso il campus che non si accorse nemmeno di essere sfrecciato di fianco a Minho. L'asiatico era in compagnia di Newt e di alcuni altri compagni e si fermò di punto in bianco ad osservare il nuovo arrivato sfrecciare via.
"Ma quello non è Thomas?"
"Thomas? Sì è lui! Ma quanto corre?"
"Ora cade... cade! Scommetto che inciampa!"
"Ehi non dire cattiverie," Newt lo ammonì "però... certo che corre maledettamente veloce. Ehi Minho... Minho, credo potrebbe essere persino più veloce di te."
"Non dire scemenze! E' un pivello..." ringhiò questi in direzione del biondino, senza però staccare gli occhi da Thomas.
Thomas aveva corso così tanto per arrivare in tempo che una volta raggiunta la porta con su scritto "spogliatoio", la paura di poter vomitare i propri polmoni da un momento all'altro lo terrorizzò. Dopo aver ripreso fiato si infilò dentro e, con sua sorpresa, capì di essere arrivato per primo.
"Stiamo scherzando!" sbuffò prima di accasciarsi su una panchina: tutta quella fatica per niente. Tirò fuori l'orario delle lezioni dallo zaino e apprese, con una fitta di dolore, che aveva sbagliato a leggerlo: le lezioni del pomeriggio iniziavano alle 15 e non alle 14:30. In un moto di rabbia appallottolò il foglio e lo rificcò dentro la borsa. Poi, con calma, si alzò e si avvicinò ad uno degli armadietti.
"Ehi sbruffoncello, giornata storta?"
Sobbalzò. Non aveva notato un ragazzo appoggiato al muro poco più in la. Aveva un'espressione quanto mai ironica, con entrambe le sopracciglia alzate e lo fissava apertamente. "Devi essere nuovo, non ti ho mai visto prima. Io sono Gally, sono della sezione E. Il venerdì dividiamo la palestra per l'ora di educazione fisica."
"Thomas" si presentò con voce roca, sfilandosi la maglia e gettandola alla rinfusa dentro l'armadietto.
"Sei bello secco, eh! Di sicuro non sei il tipo da sport" lo schernì quello, mentre si piegava per allacciarsi le scarpe.
Thomas lo fulminò con lo sguardo. Solitamente non amava lasciarsi andare ai pregiudizi, ma quel tipo non gli piaceva per niente. Aveva un'aria viscida e di sicuro non faceva niente per risultare simpatico. Avrebbe voluto rispondergli per le rime ma proprio in quel momento la porta dello spogliatoio si aprì e Newt comparve sulla soglia assieme ad un gruppetto di altri ragazzi. Il suo sguardo passò da Gally a Thomas in meno di mezzo secondo e Thomas rimase stupito nel constatare che il suo compagno di banco non lo stava guardando in faccia. Anzi, per dirla tutta, lo stava guardando da ogni parte tranne che in faccia. I suoi occhi indugiarono prima sui suoi bicipiti e poi sul suo petto, sulla sua pancia. Il ragazzo poteva quasi percepire la pressione dello sguardo su di sé; la tensione tra i due era diventata talmente palese che nessuno fiatò per qualche secondo, finché Minho non interruppe il silenzio con una risata "Newt, vacci piano con il pivello qui! Non vorrei dovermi ritrovare ad assistere ad oscenità a cui non sono preparato!".
Newt arrossì imbarazzato e si affrettò ad infilare la testa in uno degli armadietti aperti bofonchiando: "non dire scemenze! Non ho niente a che fare con quel pivello".
Thomas, che era rimasto fino ad allora in silenzio, si accorse di avere a sua volta il viso in fiamme "Smettetela di chiamarmi in quel modo!".
"Dai, pive... siamo tra amici no? Si scherza"
"Pivello. Ti si addice!" prorruppe Gally, passandogli accanto con un sorrisetto, prima di sparire dentro la palestra.
Thomas lo seguì con lo sguardo, irritato.
"Vedo che hai conosciuto Gally... Beh, cerca di stargli alla larga," gli suggerì Minho, aprendo l'armadietto accanto al suo, "non è un tipo raccomandabile. Quando non lo abbiamo ammesso al Club di atletica è mezzo impazzito e mi ha quasi preso a pugni," rise amaramente, passandosi una mano tra i capelli corvini, "a proposito! Ti ho visto correre prima! Vai fortissimo e noi stiamo cercando nuovi pive come te per il club... Perché non vieni a fare una prova lunedì?" propose, squadrandolo.
"Certo, non correrai mai veloce come il sottoscritto ma sembra che tu abbia una predisposizione naturale a giudicare dal tuo fisico... Sono sicuro che anche Newt l'ha notato."
Newt lo fulminò con lo sguardo sentendosi punto sul vivo e sbattè l'armadietto con veemenza "risparmia il fiato per il gioco a squadre Minho... O dirò a Gally di prenderti a pugni sul serio questa volta."
Thomas ricambiò il sorriso che Newt gli stava rivolgendo, poi finalmente entrarono tutti in palestra.

"Va bene, la lezione è finita. L'ultima mezz'ora di lezione la passeremo all'aperto: le signorine potranno giocare a pallavolo se lo desiderano, i maschietti invece faranno una partita di lacrosse. Dividetevi in due squadre a seconda della sezione e prendete le protezioni e le racchette dal capanno degli attrezzi," annunciò l'insegnante dopo aver usato un fischietto per richiamare l'attenzione degli alunni.
Newt si passò una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore "Minho, ti conosco da 2 anni e ancora non capisco come facciano i tuoi capelli a rimanere sempre perfetti".
"E' un segreto di noi asiatici, amico" si vantò quello, passandosi una mano tra i capelli per mettersi in mostra.
Thomas rise, "penso che neanche un parrucchino rimarrebbe così in piega dopo un'ora di educazione fisica."
"Voi due siete solo invidiosi!"
I tre uscirono assieme chiaccherando e raggiunsero uno dei campi adibiti per fare sport, poi indossarono le protezioni e afferrarono una mazza. Thomas aveva giocato poche volte a lacrosse, per questo fu messo in difesa assieme a Newt, mentre Minho si posizionò in attacco. Davanti a lui troneggiava Gally, che si dava arie da campione mondiale di lacrosse mentre si sistemava il casco di protezione.
Minho si voltò verso Thomas con un ghigno e poi, a voce alta per farsi udire in modo chiaro e forte, disse: "Allora Thomas, ti aspettiamo Lunedì al campo per la tua prima volta nel Club di atletica!"
Thomas lo guardò confuso, poi si sentì stringere la spalla da Newt, che gli indicò Gally con un cenno: sotto il casco, la sua espressione sconcertata era perfettamente visibile.
"Lo sta provocando... Gally non reagisce per niente bene quando si sente preso in giro. Punta sul fatto che perda le staffe e non riesca a concentrarsi sulla partita," spiegò Newt brevemente, sospirando pesantemente, "Minho farebbe qualsiasi cosa pur di vincere. In questo sono molto simili: nessuno dei due sa perdere."
Thomas gemette. Essere preso in antipatia da qualcuno non gli sembrava il modo migliore per affrontare la prima settimana di scuola. Soprattutto se quel qualcuno aveva un'espressione da psicopatico dipinta in volto... come Gally in quel momento.
Poi, quest'ultimo e Minho si chinarono per aprire finalmente la partita di lacrosse.
Thomas li vide scambiarsi ancora qualche parola che non afferrò prima che il fischio dell'insegnante proclamasse l'inizio della partita. 
Il possesso palla fu conquistato da Gally che iniziò ad arrancare verso la porta avversaria con passo sicuro. Thomas strinse la mazza tra le mani deglutendo sonoramente, preoccupato dal fatto che Gally sembrava puntare più lui che la rete.
"Thomas svegliati!" urlò uno dei suoi compagni per spronarlo.
Il ragazzo allora scattò verso Gally per cercare di rubargli la palla ma questi, invece di lasciarsi intimidire, gli andò addosso a peso morto, dandogli una spallata che qualcuno avrebbe definito "spezza-ossa". Poi, scagliò la palla dentro la porta senza difficoltà.
La squadra avversaria esultò mentre Thomas era ancora a terra e si massaggiava la spalla con una mano, dolorante.
"Come dicevo prima, non sei adatto per lo sport... Pivello," sibilò Gally passandogli accanto, per poi sputare a terra e tornare nella propria metà campo.
"Tommy, tutto bene?" Newt si chinò su di lui, lanciando un'occhiataccia all'avversario.
Thomas alzò la testa per osservarlo. Il biondo si era tolto il casco e lo guardava preoccupato.
"Tommy?" domandò, sorridendo.
"Ah... Mi è venuto naturale. Se ti da fastidio posso..."
"Tommy va benissimo!" esclamò alzandosi in piedi e spolverandosi i pantaloni.
"Sicuramente meglio di pivello," pensò amaramente.
Newt si infilò di nuovo il casco e Thomas percepì che l'amico si sentiva in imbarazzo.
"Tranquillo, sto bene... Ora pensiamo a fargli il culo," Thomas sorrise e si rimise in posizione, alzando la mazza a livello della testa. Newt in tutta risposta si mise a ridere e fece cenno a Minho, che li guardava preoccupati.
"Riprendiamo!"
Per tutta la partita Gally non diede un attimo di tregua a Thomas. Era sempre su di lui, cercava in tutti i modi di metterlo in difficoltà e di fargli male. Se l'intento di Minho era quello di distrarlo, il suo piano non aveva funzionato minimamente: anzi, ora sembrava che Gally ce l'avesse a morte con il nuovo arrivato.
Quando mancavano ormai solo cinque minuti alla fine della partita, Thomas si ritrovò solo tra Gally e la porta: un confronto diretto era inevitabile.
Inspirò profondamente e partì all'attacco: solitamente non era un tipo violento ma iniziava a provare per Gally un odio così irragionevolmente malsano che desiderava fargli più male possibile.
Proprio quando stavano per confrontarsi, Gally si chinò e cerco di andare in scivolata sulla gamba di Thomas: ormai era evidente che il suo intento fosse quello di ferirlo. Probabilmente non pensava più da tempo a vincere o meno la partita.
Thomas se ne accorse e con un balzo scavalcò Gally, che scivolò rovinosamente a terra, perdendo la pallina nella foga. Il ragazzo non si lasciò sfuggire l'opportunità: raccolse la pallina con la mazza e con una corsa recuperò terreno sul campo fino ad arrivare alla porta avversaria, dove riuscì a segnare l'ultimo punto che decretò la vincita per la propria squadra.
"Bravo novellino! La partita è finita!" decretò l'insegnante con un fischio, facendo segno di sgombrare il campo.
"Grande Thomas! Sei stato grande!" si congratulò Minho dandogli una pacca sulla spalla, "hai fatto la pelle a Gally!"
"TU!"
Gally era in piedi poco lontano da loro, il casco stretto in mano: tremava di rabbia ed era tutto rosso in viso.
"Brutto piccolo cazzone! Chi ti credi di essere!" urlò, attirando l'attenzione di tutti i presenti su di sé. Poi, tutto si svolse in un attimo: Gally alzò il braccio e scagliò il proprio casco contro Thomas con tutta la forza che aveva in corpo, mirando alla sua testa. Lui non ebbe neanche il tempo di capire cosa stava succedendo quando Newt gli si parò davanti di punto in bianco, beccandosi in faccia il casco al posto suo, prima di cadere rovinosamente addosso a Thomas.
"Newt!" esclamò aiutandolo a reggersi in piedi. Aveva un labbro spaccato e un rivolo di sangue fece capolino dalla sua bocca.
"Gally sei impazzito?! Che cazzo fai?" Minho era fuori di sé, sembrava in procinto di saltare addosso a Gally per prenderlo a pugni.
Ma Thomas lo anticipò.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II. ***


"Ritrovarsi con metà faccia tumefatta la prima settimana di scuola... niente male"
Thomas si voltò e vide Newt appoggiato al portone d'ingresso.
Lo stava aspettando?
"Si beh... Per prendere a pugni uno come Gally, ne è valsa la pena" bofonchiò, alzando le spalle.
"Anche io ho le mie cicatrici di cui andare fiero!" Newt sorrise, indicandosi il labbro rotto, "il preside che vi ha detto?"
"Ci ha messo in punizione, niente di che. Fortunatamente due punizioni separate... quel tipo non lo sopporto"
"Sì, credo che la cosa sia reciproca," lo punzecchiò il biondo, incamminandosi con l'amico fuori dalla scuola.
"Newt io... ti ringrazio. Ti sei messo in mezzo per difendere un pive come me e..."
"...E tu hai mandato tutto all'aria facendo comunque a botte con Gally," concluse l'altro accennando una risata.
Thomas provò un moto di rimorso e si morse il labbro: "hai ragione, ma quando ti ha ferito non ci ho più visto."
I due camminarono per un po' in silenzio l'uno di fianco all'altro: Thomas lanciò un paio di occhiate in direzione di Newt e notò che aveva un sorrisetto stampato in faccia.
"Non farti illusioni Tommy, mi è venuto istintivo proteggerti..." spiegò, guardando ovunque tranne che in direzione di Thomas, visibilmente a disagio per la frase appena pronunciata, "dopotutto siamo amici, no?" aggiunse, sospirando leggermente.
Thomas si lasciò andare in un sorriso sincero, "certo... amici."
All'improvviso si ricordò di come Newt lo aveva guardato nello spogliatoio, quel pomeriggio, e la parola "amico" gli sembrò totalmente fuori luogo. Avrebbe dovuto chiarire subito le cose con Newt? Chiedergli se lui era...?
No. 
Non erano abbastanza in confidenza per domande del genere.
E poi avrebbe comunque potuto essere suo amico.
"Anche se un amico non dovrebbe guardarmi in quel modo," pensò arrossendo.
"Tutto ok, Tommy? Sembri accaldato," sentenziò Newt, osservandolo preoccupato, "stai male?"
Thomas lo guardò agitato, "datti una calmata!" si disse, affannato.

Dopo cena, Thomas salì in camera sua e si mise al pc.
Non aveva ancora avuto molto tempo per stare online e, con sua sorpresa, Newt, Minho e altri suoi compagni di classe lo avevano aggiunto alla friendlist di faccialibro.
Indugiò sul nome di Newt per qualche minuto, ripensando agli avvenimenti della giornata, poi cliccò sul suo profilo e iniziò a sbirciare le sue foto. A quanto pareva era un tipo abbastanza tranquillo: gli piaceva lavorare il legno, svolgere lavoretti manuali e aveva una cerchia limitata di amici stretti: visi e nomi che spesso facevano capolino accanto a lui.
Thomas non aveva mai legato molto con nessuno in particolare ma quel ragazzo e Minho gli piacevano davvero. Poi, mentre scorreva gli album, gli capitò sotto gli occhi una foto che lo turbò: Newt era abbracciato ad un ragazzo che Thomas riconobbe come Alby, il presidente del consiglio studentesco. Era un abbraccio tanto intimo che non faticò a realizzare che i due erano più che semplici amici: come a confermare la sua teoria, andando avanti nell'album comparve una foto di loro due che si baciavano.
A Thomas si congelò il sangue nelle vene. 
Quindi era vero?
Newt era gay.
Lo era?
Sospirò e rimase a fissare il monitor per un po', i pixel che bruciavano sotto il suo sguardo. Poi di punto in bianco abbassò lo schermo del portatile.
In ogni caso, non erano affari suoi. Erano amici da poco ed era normale che Newt non si fosse presentato il primo giorno dicendo "Ehi ciao sono Newt e sono gay!".
O magari era tutto uno scherzo e non era neanche lontanamente gay.
"Sì certo, come no" borbottò scettico tra se e sé.
E se anche fosse stato gay? A lui cosa cambiava?
Non era mai stato una persona omofobica ed avere un amico gay non sarebbe stato certo un problema. Qualcosa però lo aveva turbato profondamente... il problema era che non riusciva a capire cosa.
Thomas non aveva mai avuto una ragazza perché non si era mai sentito attratto da nessuna.
O da nessuno, gli suggerì una vocina nella sua testa. Tommy si affrettò a zittirla sventolando una mano in aria, come per scacciare quella stupidaggine.

"Ehi, pivello"
"Pivello?"
"...Thomas?"
Il pivello si voltò di scatto, ritrovandosi faccia a faccia con Minho.
"Finché continuerai a chiamarmi pivello non ti rivolgerò più la parola. Grazie a te adesso tutta la scuola mi chiama con quel soprannome orrendo," Thomas fece scocchiare la lingua, offeso.
"Ma dai, te la prendi per così poco? Per-ma-lo-so," scandì l'asiatico, passandogli un braccio attorno alle spalle.
"Piuttosto, Venerdì non hai avuto tempo di darmi una risposta... Verrai al club di atletica oggi? Ho già detto a tutti che saresti venuto, quindi non puoi tirarti indietro...neanche con la brutta faccia tumefatta che ti ritrovi!" aggiunse, vedendo che Thomas cercava di aprir bocca per accaparrare scuse.
"Verrò" promise sbuffando, "quanto meno sarà un modo come un altro per infastidire Gally," sentenziò, ridacchiando.
"Già... Comunque cerca di lasciarlo perdere quello. Te l'ho già detto, non è un tipo con cui si ragiona."
"Ho notato..."
"Ragazzi!"
Newt comparve accanto a Minho come un fulmine a ciel sereno. Nonostante la ferita al labbro non si fosse ancora rimarginata del tutto, appariva raggiante e non faceva niente per nasconderlo, regalando ai suoi amici un sorriso a trentadue denti.
"Ehi Newt, come mai così felice di Lunedì mattina?" domandò scettico Minho guardandolo di sbieco, "il weekend è stato particolarmente appagante?" aggiunse poi con un sorriso malizioso, indicando con un cenno un punto poco lontano da loro.
Thomas seguì lo sguardo di Minho e arrossì istintivamente: stava indicando un gruppo di ragazzi poco lontano, tra cui svettava l figura massiccia di Alby.
Newt sbuffò, "non so di cosa tu stia parlando," borbottò in maniera concitata, prima di cambiare completamente discorso, visibilmente in imbarazzo.

Dopo le lezioni, Newt decise di accompagnare Minho e Thomas al Club di Atletica e di fermarsi ad assistere all'allenamento. Doveva finire di assemblare una piccolo scrigno in legno per un progetto del suo club, quindi prese posto sulle scalinate e iniziò ad avvitare alcune viti distrattamente, lanciando di tanto in tanto delle occhiate in direzione degli amici.
Minho presentò Thomas agli altri membri: la maggior parte di loro erano alti e slanciati e osservavano il nuovo arrivato con curiosità. Alcuni non ascoltarono nulla del discorso di Minho, troppo occupati ad osservare le cheerleaders che si allenavano dall'altra parte del campo.
"Ragazzi, che cavolo però... Preferite cercare di sbirciare le mutandine delle cheerleaders piuttosto che passare a raggi x questo bel fustacchione?!" li riprese ironicamente Minho, indicando Thomas.
"Non abbiamo mica bisogno di impegnarci... Quelle tipe sono sempre col culo all'aria!" rispose con un ghigno uno dei ragazzi.
Anche Thomas le aveva notate: stavano provando un balletto sventolando quegli stupidi pon-pon rosa. Con sua grande sorpresa, tra di loro scorse Teresa. Non avevano più avuto modo di parlare da quando si erano conosciuti a mensa il Venerdì precedente ma non si aspettava di vederla tra quelle ragazze. Le sue gambe bianche come il latte contrastavano con la maggior parte delle altre e Thomas rimase imbambolato a fissarla per qualche secondo.
"Ehi Thomas, non sbavare troppo o allagherai il campo," lo prese in giro Minho tirandogli un pugno sulla spalla, "basta così, ora tutti al lavoro! Come riscaldamento faremo 5 giri di campo, poi ci dedicheremo al salto in alto e alla corsa..."

Il pomeriggio passò in modo piacevole. Nonostante Thomas fosse fuori allenamento, riuscì a tenere i ritmi dei propri compagni e a fine giornata era già parte integrante del team. Quando il sole stava ormai per tramontare, la squadra lasciò il campo per dirigersi verso gli spogliatoi. Newt scese dalle gradinate e raggiunse Thomas, dandogli una pacca sulla spalla, "come primo giorno direi che sei andato alla grande!" 
Thomas non potè far altro che ricambiare il suo sorriso, "spero di non averti fatto annoiare troppo" aggiunse.
"Per niente... Anzi, sei stato un piacere per gli occhi," rispose Newt, cogliendolo di sorpresa.
Thomas deglutì e si accorse di avere la gola secca, quindi se la schiarì, a disagio.
"Tom!" 
Teresa gli stava correndo incontro, con la gonna che svolazzava al vento e lasciava ben poco all'immaginazione. Tutto d'un tratto Thomas si sentì osservato: alcuni dei suoi compagni di squadra si erano voltati per rimanere a guardare la scena, incuriositi da quella ragazza.
"Ehi, non sapevo fossi nel club di atletica! Anche io sono entrata da poco nelle cheerleaders!?" annunciò lei, con un sorriso.
"Ma che... che hai fatto al viso?" aggiunse sgranando gli occhi, visibilmente preoccupata. Allungò una mano per sfiorargli la guancia e Thomas percepì il suo tocco caldo sugli zigomi.
"Diciamo che ho avuto un colpo di fulmine con un ragazzo della sezione E... Un colpo di fulmine al contrario," spiegò lui brevemente, ridacchiando sommessamente.
"Cavolo, sembra che un fulmine ti abbia colpito in faccia... e non in senso metaforico!" esclamò lei, ridendo a sua volta.
Un colpo di tosse riportò l'attenzione di Thomas nuovamente su Newt: il biondo lo guardava con le sopracciglie alzate e un gran punto interrogativo stampato in fronte.
"Ah sì, Teresa lui è Newt, un mio compagno di classe... Newt, lei è Teresa," li presentò Thomas, indicandoli alternamente.
"Allora qualche amico ce l'hai," prorruppe lei, stringendo la mano a Newt, "piacere di conoscerti Newt."
"Piacere mio," rispose secco lui, che sembrava tutto tranne che contento di conoscerla.
Il suo stato d'animo era così palese che sia Thomas che Teresa ammutolirono e non trovarono un modo carino per continuare la conversazione.
"Thomas sbrigati! Chi arriva per ultimo finisce per fare sempre la doccia fredda!" lo avvisò Minho da dentro lo spogliatoio. 
Thomas ringraziò il suo angelo custode per avergli dato l'opportunità di allontanarsi da quell'insolito trio che si era venuto a creare.
"Allora io vado..." azzardò, mentre si incamminava verso le docce.
"Io vado a casa," Newt si sistemò lo zaino a tracolla sulle spalle e, senza guardare nessuno, si voltò, "a domani."
"A domani."
Thomas rimase un po' sconcertato dal comportamento dell'amico, diventato ad un tratto freddo e distaccato. Era la prima volta che lo vedeva comportarsi in quel modo e non sapeva proprio cosa pensare. Quindi lo seguì con lo sguardo per qualche minuto, distrattamente.
Teresa guardò con aria interrogativa l'amico, poi fece spallucce e tornò dalle sue compagne di squadra.

Quella sera, Thomas era steso sul letto a rimurginare sugli avvenimenti della giornata. Era felice di essere riuscito ad integrarsi da subito nel club di atletica, ma il comportamento di Newt lo aveva turbato. 
Poi si ritrovò a pensare a Teresa. 
Sentiva con lei un'affinità particolare ed era sicuro sarebbero diventati ottimi amici, come già sentiva lo fossero Newt e Minho.
Ad un tratto il suo smartphone vibrò, interrompendo il filo dei suoi pensieri.
Era un messaggio di Newt.
"Tommy, è tutto ok?"
Rimase ad osservare lo schermo con aria accigliata, poi digitò brevemente una risposta.
"A parte l'occhio nero che mi ritrovo (più in generale, a parte la mia faccia da schiaffi) è tutto ok. Tu stai bene?"
Dopo poco arrivò un altro sms:
"Tutto ok. Scusami per prima, non devo aver fatto una gran buona impressione alla tua nuova amica. Prometto di comportarmi meglio con lei, in futuro. Ps. La tua faccia non ha niente che non va. E' carina."
Thomas spalancò gli occhi, incredulo. Con suo immenso stupore, il cuore aveva cominciato a battergli così forte che aveva paura gli stesse per schizzare fuori dalla gola.
La tua faccia non ha niente che non va. E' carina.
Cosa significava quella frase? Era un complimento? Un apprezzamento? Una provocazione? Un...cosa?! Ma, cosa più importante... cosa avrebbe dovuto rispondere lui ad un commento del genere?
Si passò una mano tra i capelli, in agitazione. Decise di non rispondergli niente per il momento e lasciò il cellulare sul comodino, per poi andare in bagno a farsi una doccia calda (quel pomeriggio non era riuscito a farsene una decente negli spogliatoi, siccome tutti quanti si erano coalizzati contro di lui arrotolando asciugamani bagnati e tirandoglieli addosso per scherzo).
Quando ritornò in camera, con i capelli ancora bagnati e un asciugamano attorno alla vita, notò che il led dello smartphone lampeggiava.
Era un altro messaggio di Newt.
"Avrei dovuto tenermi quel "PS" per me, vero?"
Thomas deglutì e con mani tremanti digitò: "No, non avresti dovuto. Buonanotte..." e premette invio.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III. ***


La sveglia suonò puntuale alle 7:00.
Thomas allungò una mano e la spense svogliatamente, sospirando pesantemente. Aveva dormito malissimo, svegliandosi di soprassalto ad ogni minimo rumore. E tutto perché aveva deciso di atteggiarsi scrivendo quell'ultimo SMS provocatorio.
Che diavolo mi è saltato in testa,” pensò, stropicciandosi gli occhi, “ora penserà che mi piace ricevere complimenti di quel genere.
Ma, effettivamente, era la verità.
Il fatto che Newt si sentisse in qualche modo attratto da lui non lo metteva a disagio, anzi gli faceva piacere... ed era una cosa a cui si ritrovava a pensare spesso negli ultimi giorni.
Si costrinse ad alzarsi dal letto e a prepararsi per la scuola.
Quando scese di sotto, rimase sorpreso di ritrovarsi Minho seduto al tavolo della cucina, che si guardava intorno con gli occhi sbarrati.
“Cavolo amico, hai una casa grandiosa... Ma i tuoi che lavoro fanno?” esclamò incredulo.
“Minho, che ci fai qui?” domandò Thomas, osservandolo stranito. Si avvicinò al piano cottura e prese un coltello per imburrare un paio di toast.
“Siccome abitiamo relativamente vicini, ho pensato di darti un passaggio. Tranquillo, non sono entrato sfondando qualche finestra... Mi ha fatto entrare tua madre che, a proposito, mi ha detto di dirti che stava andando a lavoro.”
“Ah, sì certo. Comunque i miei sono dottori,” spiegò l'altro, addentando distrattamente il toast, “sono praticamente sempre in giro per lavoro, per questo ci siamo trasferiti qui... Per la verità è già la terza volta che cambio città.”
“Beh, questa volta vedi di mettere radici qui definitivamente: la squadra di atletica ha bisogno di te!” lo prese in giro l'amico, alzandosi e sistemandosi la giacca, “sarà meglio andare, o faremo tardi... I miei non sono ricchi sfondati e io non posso permettermi una ferrari!” scherzò, precedendo Thomas.
La jeep di Minho era particolarmente “vissuta”: ovunque si potevano notare graffi ed ammaccature e la vernice in alcuni punti era saltata.
“Era di mio fratello: non sarà un granché ma almeno l'ho avuta gratis” si giustificò lui, mentre prendevano posto.
“Ehi, almeno tu una macchina ce l'hai... Io non ho neanche la patente per ora.”
Minho sorrise e mise in moto la jeep, iniziando ad avviarla lungo la strada che portava alla scuola.
“Allora, ieri ti ho visto parlare con una tipetta niente male... Sei qui da meno di due settimane e hai già trovato un amico superlativo e una fidanzata supercarina?”
Thomas si lasciò andare ad una risata, arrossendo appena, “ma che dici, ho parlato mezza volta in tutto con Teresa...Sul fatto dell'amico superlativo, non posso che darti ragione!”
Minho si sistemò meglio sul sedile, inspirando per gonfiare orgogliosamente il petto.
Thomas aveva ormai capito che il suo nuovo amico era particolarmente egocentrico e qualsiasi commento positivo non faceva che alimentare il suo mostruoso ego.
“Sì, beh, comunque devi ammettere che è carina. Mentre ti allenavi non faceva altro che fissarti... Tra i suoi sguardi e quelli di Newt devi esserti sentito parecchio osservato.”
Thomas a questo punto arrossì sinceramente, voltando la testa verso il finestrino per cercare di non darlo a vedere.
“Che c'entra Newt, adesso?” borbottò a bassa voce.
“Oh, quindi è così? Ti preoccupano più i suoi sguardi che quelli di una morettina tutta curve?”
Minho lo stava prendendo in giro e la cosa non gli piaceva per niente.
“Non dire scemenze. Sono sicuro che hai visto male... ti sarai sbagliato,” butto lì, sulla difensiva, incrociando le braccia davanti al petto.
“Va bene che a volte faccio un po' il buffone, ma non sono cieco...” controbatté Minho, guardando lo specchietto retrovisore per parcheggiare davanti ai cancelli dell'istituto.
“Conosco Newt da più tempo di te, so perfettamente cosa pensa quando guarda qualcuno in un certo modo... E fidati: ieri ti guardava esattamente in quel modo,” disse allusivo, mentre spegneva il motore.
“Secondo me hai preso un abbaglio. Forse il sole ti ha cotto il cervello.”
Risero entrambi, poi Minho si fece stranamente serio: “Pive, Newt è un bravo ragazzo, ma è un po'... sai.”
“...Cosa dovrei sapere?” Thomas aggrottò le sopracciglia, confuso.
“Diciamo solo che ieri, con un campo pieno di cheerleaders coi culi all'aria a disposizione, non è riuscito a toglierti gli occhi di dosso nemmeno un secondo.”
Il viso di Thomas si infuocò nel giro di mezzo secondo e, purtroppo, questa volta non poté far nulla per nasconderlo.
“A me questa cosa non crea problemi, insomma,” l'asiatico si schiarì la voce, per la prima volta a disagio, “il fatto che a lui non piaccia mangiare i tuberi... se capisci cosa intendo. E' un mio caro amico e lo accetto così com'è.”
A questo punto Thomas non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, pregando che Minho non si accorgesse di quanto si sentiva in imbarazzo in quel momento.
“Mangiare i tuberi...?! Seriamente non hai trovato un paragone più carino?”
La portiera di Minho si spalancò improvvisamente e i due ragazzi in macchina sobbalzarono quando si ritrovarono di fronte proprio il protagonista dei loro discorsi.
“Che avete da ridere voi due?” proruppe Newt, guardandoli curioso, “sembrate due che stanno tramando qualcosa.”
“Nient'affatto, Newtino. Io e Thomas facevamo discorsi da uomini vissuti sui tuberi.”
Newt a quel punto li fissò sempre più confuso, mentre gli altri due si lasciavano andare a una risata convulsa, mentre scendevano dalla jeep.
“Invece di fare gli scemi datevi una mossa, o faremo tardi a lezione,” li ammonì.
Thomas poteva percepire chiaramente che Newt si sentiva infastidito per essere stato escluso dal discorso. Nonostante la sera prima avessero entrambi fatto un po' gli spavaldi tramite SMS, ora che si vedevano di persona sembrava quasi che non fosse successo nulla.
“Come sta la tua faccia, Tommy?”
Quasi nulla.
Newt gli rivolse uno sguardo di sottecchi, abbozzando un sorriso che a Thomas parve particolarmente malizioso, tanto da farlo arrossire nuovamente.
“Alla grande... ma immagino che tu lo sapessi già.”
Se Newt voleva provocarlo allora lui non si sarebbe tirato indietro.
Dopotutto, gli stava solo rendendo pan per focaccia.
“Sì, me n'ero accorto...” scandì il biondo, lanciandogli un'occhiata di sfuggita.
“Ehi voi due, smettetela di punzecchiarvi. Vi ricordo che ci sono anche io: fare il terzo incomodo non mi è mai andato a genio,” sbuffò Minho, passando un braccio attorno alle spalle di Newt e l'altro attorno a Thomas.
“Minho smettila di fare il buffone,” lo riprese Newt sorridendo, “noi non...”
“Newt, dovrei parlarti.”
Il gruppetto si voltò verso la voce: accanto a loro stava camminando Alby, i muscoli tesi sotto la maglietta a maniche corte, la faccia contratta in direzione di Newt. Il suo sguardo, però, era fisso su Thomas.
“Alby! Ehm, ok ma tra poco inizieranno le lezioni...” rispose indicando l'ingresso della scuola a mo di scusa.
“E' una cosa importante. Dai, seguimi.”
“E va bene, se proprio non puoi aspettare... Ragazzi, ci vediamo dopo” mugugnò Newt, allontanandosi da loro e seguendo il ragazzo di colore.
“Brutta storia...” borbottò Minho, e Thomas si girò a guardarlo aggrottando la fronte, confuso.

Newt entrò di corsa in aula quando la lezione era già iniziata da circa dieci minuti. Sembrava particolarmente accaldato e non appena prese posto, si arrotolò le maniche della camicia in modo sbrigativo fino quasi alle spalle.
Thomas lo osservò cercando di non farsi notare. Non aveva mai dato peso all'apparenza fisica e non si era mai soffermato particolarmente ad osservare il corpo di Newt, ma ora che lo guardava meglio stava notando piccoli particolari che gli erano sfuggiti: il ragazzo aveva un fisico asciutto e slanciato, ma allo stesso tempo le braccia erano muscolose al punto giusto e ben proporzionate; la pelle chiara metteva in risalto i suoi occhi scuri e i capelli biondicci sembravano quanto di più soffice esistesse al mondo.
Lo stava fissando così insistentemente che non si accorse subito del fatto che Newt contraccambiava lo sguardo. Il suo modo di guardarlo però era diverso: non si limitava ad osservarlo innocentemente, sembrava anzi che stesse ammiccando nella sua direzione, con un sorriso sbilenco stampato in faccia.
Thomas abbassò di colpo gli occhi sui suoi appunti, fingendosi tutto ad un tratto interessatissimo alla lezione.
Probabilmente chiunque, se lo avesse guardato in quel momento, avrebbe potuto capire che era dannatamente eccitato.

Per tutta la mattina, Thomas non riuscì a concentrarsi sulle lezioni. I prof davano aria alla bocca ma lui non afferrava neanche una parola di quello che dicevano. Così, dopo aver seminato Minho e le sue domande cariche di preoccupazione, decise di saltare l'ultima ora e di andarsi a rintanare in infermeria, convinto che tutta quell'agitazione non poteva essere solo causata dal suo compagno di banco.
La stanza, adibita come una stanza ospedaliera in miniatura, a quanto sembrava completamente deserta: persino del supervisore non c'era traccia.
Il ragazzo quindi prese posto in uno dei letti e tirò attorno di sé la tenda che fungeva da separè.
Finalmente un po' di tranquillità” pensò sdraiandosi.
Ma che diavolo gli era preso?
Non si era mai preoccupato della sua sessualità e ora, di punto in bianco, Newt – e il suo corpo, facevano capolino nella sua mente circa duecento volte al minuto.
Sospirò pesantemente e si portò le mani al petto, inspirando profondamente.
Doveva darsi una calmata.
Oltretutto non sapeva nemmeno se Newt era seriamente interessato a lui.
Nonostante tutte le parole di Minho e l'sms della sera precedente, Thomas aveva capito che tra il biondo e Alby c'era qualcosa e non avrebbe voluto farsi illusioni per niente. Quella mattina, quando Alby lo aveva preso in disparte, di cosa avevano parlato? Newt era arrivato a lezione in ritardo e sembrava aver appena corso una maratona...
Mentre rimuginava su queste cose senza riuscire a venirne a capo, la porta dell'infermiera si aprì di scatto e un'ombra comparve sulla soglia. Nonostante il separé non gli permettesse di vedere nitidamente la figura, Thomas riuscì a distinguere Newt.
“Tommy?” domandò con voce roca, richiudendosi la porta alle spalle, “tutto bene? Minho mi ha detto che eri qui...”
Thomas si alzò a sedere di scatto e spostò la tenda, per guardarlo meglio, “sì, mi gira solo un po' la testa ma sto bene.”
Bugia. Volevo prendere un po' le distanze da te e da quello che inizi a rappresentare per me,” pensò colpevolmente.
“Sicuro?” il biondo si avvicinò e prese posto accanto a lui, sedendosi sul letto.
“E' da sta mattina che ti comporti in modo strano... Beh, da ieri sera, veramente.”
Lo stava facendo di nuovo!
Veramente, non sono io quello che provoca,” controbatté, incrociando le braccia come un bambino che fa i capricci.
“Provocare è nella mia natura... Sinceramente non pensavo fosse anche nella tua, quando ti ho scritto quel messaggio.”
Gli sorrise malizioso, appoggiandogli una mano sul ginocchio, con Thomas che lo osservava sotto pressione.
“Diciamo che mi è venuto naturale...” si giustificò deglutendo, sempre senza perdere di vista la mano di Newt, che però sembrava rimanere immobile.
“Anche questa mattina ti è venuto naturale mangiarmi con gli occhi?” lo punzecchiò, ridacchiando sommessamente.
In un moto di imbarazzo, Thomas si sottrasse al tocco di Newt e si girò a pancia in giu, dandogli le spalle, “Non so di cosa tu stia parlando. Se non ti dispiace, ora vorrei riposare.”
“Come vuoi Tommy,” gli concesse lui, alzandosi, “beh, ci vediamo allora...”
Quando Newt uscì, Thomas si lasciò finalmente scappare un sospiro di sollievo e si accorse di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo.
Tra poco si sarebbe alzato e sarebbe tornato semplicemente a casa, cercando di dimenticare l'accaduto.
Ma aveva come l'impressione che non si sarebbe dimenticato facilmente dell'erezione che aveva cercato di nascondere a Newt sdraiandosi a pancia in giù.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** IV. ***


Thomas non riusciva a darsi pace.
Dopo quella strana mattina (che ovviamente non sarebbe mai riuscito a dimenticare), era tornato a casa prima della fine delle lezioni e si era messo a pc a cercare su google cose tipo “come capire se sono gay” oppure “mi sento attratto da un ragazzo”.
Poco dopo si accorse di comportarsi da sciocco e chiuse con rabbia il monitor del portatile, per poi buttarsi sul letto. Era stata tutta colpa di Minho: ora che lui gli aveva confermato che Newt era attratto dai ragazzi (e, a quanto pareva, da Thomas in particolare) non riusciva a darsi pace. Gli piaceva fare il cretino con lui e... beh, gli piaceva Newt.
“Mi piace Newt” ammise a voce alta, con un sorriso.
Era la prima volta che lo ammettava e un senso di pace interiore lo investì interamente. Sì, era attratto da un ragazzo. Desiderava chiudergli quella bocca maliziosa con un bacio, fermargli i polsi con le mani e poi...
Si lasciò sfuggire un gemito di piacere.
No, controllati Thomas.”
Sospirò pesantemente e allungò distrattamente la mano per leggere l'sms che gli era appena arrivato.
Si sentì un po' deluso quando scoprì che era da parte di Minho.
“Brò, come ti senti? Newt ti ha messo k.o con così poco? Lol”
Una vampata di imbarazzo lo investì in pieno. Com'era possibile che Minho sapesse sempre cosa gli passava per la testa? Quel “Brò” a inizio frase lo fece sorridere.
“Questa storia ti diverte da morire, vero? Comunque mi sento meglio... BRO'.”
Ridacchiò e andò a cambiarsi, indossando una tuta da ginnastica.
“Preferisci che io continui a chiamarti Pivello? Brò mi sembra molto più adatto ora che siamo diventati intimi... Beh, non sarò mai intimo ai livelli di Newt, ma posso ritenermi più che soddisfatto così :P ps. Da morire è un eufemismo”
Thomas si lasciò sfuggire una risatina e un commento poco carino nei confronti dell'amico, poi afferrò le chiavi di casa e la sua sacca da ginnastica, prima di uscire di casa.
“Non preoccuparti, non sono così intimo con Newt come credi tu... Per ora sei ancora il numero uno per me. Siccome mi sento meglio, ci vediamo al campo tra mezz'ora per gli allenamenti. Ps. Brò.”
“Ps. Piantala o ti apro in due. Anzi, dirò a Newt di farlo ...lol.”
Thomas borbottò e poi si avviò nuovamente verso la scuola.

Proprio mentre stava per raggiungere lo spogliatoio, si sentì strattonare e si ritrovò faccia a faccia con Alby.
“Ehi, Thomas, giusto?” chiese a denti stretti.
Fin dalla prima volta che lo aveva visto, Alby gli aveva provocato una sorta di sensazione sgradevole che Thomas non riusciva a spiegarsi. Non aveva niente contro di lui, non sentiva di certo lo stesso tipo di avversione che aveva provato verso Gally. Ma qualcosa in lui lo metteva a disagio.
Probabilmente il fatto che fosse alto almeno dieci centimetri in più di lui e due volte più muscoloso non aiutava.
“Ehm, sì, sono io... Alby, giusto?” sussurrò, guardandosi attorno.
Forse era venuto a sapere di lui e Newt e ora era li per prenderlo a pugni?
“Ma venuto a sapere cosa? Tra me e Newt non è successo niente...” pensò, cercando di farsi forza.
“Sì, piacere di conoscerti. Avrei una cosa da chiederti. Ho sentito che ti sei appena trasferito... sei in classe con Newt, giusto?”
Thomas deglutì, “Sì, esatto... siamo vicini di banco,” specificò, sperando che la conversazione divergesse lontano dal suo amico.
“Infatti è stato Newt a parlarmi di te.”
Newt gli ha parlato...di me?
Alby sollevò una sopracciglia e lo guardò dritto negli occhi, “guarda che non voglio fare a botte,” specificò, cercando di mettere a proprio agio Thomas.
“Siccome sono il Presidente del Consiglio, volevo consegnarti il programma degli incontri e delle feste che si tengono nell'istituto. E' importante che i novellini come te si integrino al meglio all'interno dell'istituto... Anche se, a quanto pare, tu ti sei già fatto parecchie amicizie,” sorrise e accennò al suo occhio, ancora leggermente gonfio, “mi hanno detto che hai avuto uno scontro ravvicinato con un certo Gally lo scorso Venerdì. Cerca di comportarti meglio... o la prossima volta potrei seriamente venire a parlarti per fare a botte,” scherzò, ridendo sommessamente.
“Farò del mio meglio... non vorrei mai rischiare di finire sotto i pugni di uno come te.”
Thomas sorrise, accennando ai muscoli del ragazzo di colore.
“Già... Spera di non doverti mai ritrovare mai in una situazione del genere,” tutto d'un tratto il tono di Alby si fece burbero e minaccioso.
“A proposito: stai alla larga da Newt.”
Thomas sgranò gli occhi e rimase a guardarlo confuso, mentre quello gli rivolgeva un ghigno. Poi, così com'era arrivato, si allontanò diretto chissà dove.

“Thomas, mi stai ascoltando?”
“Scusa mamma, dicevi?”
Era passata un'altra settimana da quel giorno al campo d'allenamento. Thomas cercava in tutti i modi di tenersi a distanza da Newt, anche se Minho faceva tutto il possibile per lasciarli da soli con delle stupide scuse. Newt, dal canto suo, non aveva più fatto nessun tipo di allusione e anche quando gli scriveva degli sms era solo per domandargli cose che riguardavano la scuola. Thomas si era sentito un po' preso in giro e, dopo che Alby lo aveva minacciato, aveva pensato che l'eventualità di venir preso a botte non era una bella aspettativa, quindi si era dato una calmata e cercava di distrarsi dal biondo in tutti i modi.
“Come sta andando la scuola? Ti trovi bene?”
Era raro che i suoi genitori fossero entrambi presenti all'ora di cena, quindi sua madre ne stava approfittando facendogli mille domande.
“Sì mamma... Beh, hai conosciuto Minho. Siamo diventati ottimi amici. E' lui che mi ha fatto entrare nel club di atletica.”
“Sembra un ragazzo fantastico... e molto carino.”
“Non sei un po' grandicella per prenderti una cotta per un ragazzino?” la prese in giro il padre di Thomas, sorridendo.
“Non dire sciocchezze. Un uomo a cui badare basta e avanza!” lo rimbeccò lei, alzandosi per sparecchiare.
Thomas si mise a ridere, ma quando il padre gli chiese: “Allora, ti sei già fatto la ragazza?” per poco rischiò di strozzarsi con una fetta di torta alla crema.
“Accidenti! Non pensavo di rischiare di uccidere qualcuno con una domanda tanto sciocca!” rise, mentre gli allungava un bicchiere d'acqua.
“N-nessuna ragazza, papà.”
O ragazzo,” pensò amaramente.
“Ora se non vi dispiace salgo in camera mia, prima di dovermi sorbire altre domande imbarazzanti!”

Pivello
Thomas era così stanco di sentirsi chiamare in quel modo che lanciò un'occhiata omicida a Gally e poi lo ignorò completamente, passando oltre.
“Ehi pivello, parlo con te!”
“Lo so benissimo... e io ti sto ignorando, non vedi?” sibilò acido.
Gally gli corse dietro, per tenere il passo con lui.
“Ignorami quanto ti pare... Ma io non sono riuscito a fare altrettanto con le voci che circolano su di te.”
Thomas finalmente si fermò e lo squadrò, cercando di capire dove voleva andare a parare. Come sempre la sua faccia gli risultava la cosa più sgradevole mai vista. Il fatto che fosse mattina presto e che avesse un'alitosi pazzesca probabilmente non era d'aiuto.
“Che cacchio stai farfugliando. Se hai qualcosa da dirmi sbrigati, non ho tempo da perdere. Le lezioni stanno per iniziare.”
Frocio.”
Scandì, gonfiando il petto orgogliosamente, come se avesse appena detto la cosa più intelligente del mondo.
Thomas rimase a guardarlo spalancando gli occhi, allibito.
“Come hai detto?”
“Vedi, i segreti non hanno vita lunga in questa scuola... Frocio.”
“Io non sono...”
“Sei un pivello finocchio. E ora tutti lo sanno.”
Thomas si guardò attorno, come se tutto ad un tratto si sentisse osservato. Ovviamente nessuno faceva caso a lui, ma Gally era così convinto di aver colpito nel segno che scoppiò a ridere.
“Come sei ingenuo. Ma dimmi, piuttosto... I tuoi amici ne sono al corrente?”
Thomas tornò a guardarlo in cagnesco e sostenne il suo sguardo per diverso tempo.
“Non sono affari tuoi,” sussurrò aspramente, prima di dargli una spallata per oltrepassarlo.
Non si voltò a guardarlo ma poté giurare di percepirlo ghignare mentre lo osservava andare via.

Thomas aprì la porta della classe ed entrò con il cuore a mille.
Era una sua impressione o tutti i suoi compagni si erano girati a guardarlo?
Smettila di farti paranoie. Probabilmente Gally ha solo tirato ad indovinare e ti sta prendendo in giro,” pensò cercando di farsi forza.
Prese posto tra Minho e Newt con un'espressione indecifrabile e iniziò a tirare fuori dallo zaino i libri per la lezione di storia.
“Buongiorno sunshine, ora non saluti neanche più?” domandò Minho punzecchiandogli un braccio con la punta della matita.
“Scusatemi... Oggi la prima persona a rivolgermi la parola è stata Gally... Credo sia una buona giustificazione.”
“Ottima, direi!” Minho sospirò, stiracchiandosi sulla sedia.
Thomas alzò lo sguardo e notò che alcune compagne lo stavano osservando parlando concitate a bassa voce.
“Che avete voi da spettegolare? Se avete qualcosa da dire vi ascolto,” borbottò, con i nervi a fior di pelle.
Le ragazze si scambiarono degli sguardi colpevoli e poi abbassarono lo sguardo sul proprio banco.
“Tommy, che hai?” sussurrò Newt, avvicinando la testa alla sua.
“Niente. Gally.” rispose seccatamente, sbuffando.
Newt fece spallucce e tirò fuori il cellulare per controllare la notifica che gli era appena arrivata su faccialibro. Poi, dopo un momento di smarrimento, rivolse a Thomas un'occhiata spaventata.
“C-cosa c'è?” domandò quello, guardandolo scettico.
“Thomas...?” anche Minho, alla sua destra, lo stava guardando con un'espressione indefinita che lo turbò.
“Che diavolo?”
Alzando lo sguardo, si ritrovò a doversi difendere dagli sguardi increduli di tutti i suoi compagni di classe. Ventuno alunni stringevano in mano il loro smartphone e lo osservavano curiosi, come se si aspettassero che Thomas dovesse fare qualcosa di stupido da un momento all'altro.
“Che c'è? Che vi prende?” mormorò a disagio, cercando di sostenere i loro sguardi.
“Thomas, mi è appena arrivato questo messaggio su facebook...” sussurrò Minho, mostrandogli il display del suo cellulare.
Il destinatario era un certo “Mister x”, probabilmente un profilo falso, siccome non aveva nemmeno una foto profilo.
Il messaggio diceva:
“Thomas Edison è gay. Maschietti, stringete le vostre chiappe quando gli passate vicino. X”

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** V. ***


Thomas scattò in piedi così improvvisamente che la sedia si ribaltò, poi schizzò fuori dall'aula come un fulmine, lasciando i suoi compagni di stucco.
Stava mentalmente passando in rassegna ogni santo che conosceva per imprecare contro Gally.
Era stato sicuramente lui a scrivere quel messaggio e, oh, non poteva averlo fatto sul serio.
Era così furibondo che gli prudevano le mani: questa volta lo avrebbe preso a pugni con tutta la forza che aveva in corpo e non si sarebbe trattenuto per nulla al mondo.
“Tommy!”
“E' stato Gally!” urlò Thomas in mezzo al corridoio deserto, “quello stronzo psicopatico ce l'ha con me e ora ha trovato un modo per vendicarsi!”
“Tommy, fermati! Non sai se è stato lui e poi... Non puoi picchiarlo, questa volta rischi di essere sospeso!” cercò di dissuaderlo il biondo, raggiungendolo e afferrandolo per un braccio.
“Lasciami!” Thomas gli rivolse un'occhiata furente e con uno strattone divincolò il braccio dalla sua stretta, poi ringhiò: “E' tutta colpa tua! Se non fosse stato per te io...” si bloccò a metà frase, senza però distogliere lo sguardo dall'amico, che ora lo osservava confuso.
“Thomas non so di cosa tu...”
“Non fare il finto tonto adesso!” sbottò Thomas, per poi allontanarsi senza degnarlo più di uno sguardo.
Scese di corsa le scale ed entrò nella sezione E, la sezione di Gally.
Il ragazzo era lì: seduto sul suo banco, con le gambe a penzoloni, stava osservando lo schermo del cellulare ridacchiando ma, quando si accorse di Thomas, il suo sorriso si spense e impallidì visibilmente.
“Ehi, Thomas, ti giuro che non sono stato io...” arrancò, scattando in piedi e indietreggiando verso la cattedra.
“Ah no? Lo vedremo.” Thomas avanzò verso di lui, i pugni tesi e il viso contratto.
“Amico, parliamone, non avrei mai...”
“Non voglio parlare!”
In un attimo Thomas era su di lui: lo spinse a terra, mentre alcune ragazze scappavano fuori terrorizzate. La lezione non era ancora iniziata, quindi nessun prof avrebbe potuto dividerli.
“Sei un maledetto...”
“TOM.”
Teresa era in piedi, appoggiata alla porta. Stava ansimando: dopo aver letto il messaggio si era precipitata a cercarlo e ora lo stava guardando sconvolta.
“Non lo fare... Non ne vale la pena,” sussurrò, avvicinandosi.
Thomas rimase immobile, il braccio sinistro teso in alto, pronto a colpire.
Tutti i compagni di Gally lo guardavano terrorizzati, senza sapere come comportarsi.
“Ma lui è...”
“So che cos'è... Ma non dargli questa soddisfazione. Ti metterai solo nei guai,” lo interruppe lei, afferrandolo per un braccio.
“Vieni via, andiamo...”
Thomas si lasciò trascinare fuori: la rabbia stava lentamente scemando e Gally, steso a terra con quell'espressione terrorizzata, non gli era mai parso tanto patetico.

“Dovresti ringraziarmi sai? Ti ho evitato una bella strigliata dal preside!”
I due erano usciti dalla scuola e si erano appartati dietro al capanno degli attrezzi per non farsi vedere. Thomas sapeva bene che la lezione era ormai iniziata da una decina di minuti ma non gli interessava. Era così agitato che se la sarebbe potuta prendere persino con Minho in quel momento, se avesse provato a tirargli su il morale con una delle sue stupide battutine.
“Dai calmati... Tieni,” Teresa tirò fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca e gliene offrì una, “una sigaretta non credo comprometterà i tuoi polmoni da atleta... ”
Thomas cedette e si infilò la sigaretta tra le labbra per poi accenderla.
Si appoggiò al capanno, espirando il fumo ad occhi chiusi, senza dire una parola.
“Quando ho ricevuto il messaggio ho pensato che avresti potuto fare qualche sciocchezza... a quanto pare inizio a conoscerti abbastanza bene,” sorrise, rigirandosi il proprio mozzicone tra le dita.
“Si beh, chi non se la sarebbe presa al mio posto? Voglio dire... Ora probabilmente sarò preso di mira da metà scuola. Già immagino i commenti e le occhiatine che mi rivolgeranno gli altri,” sospirò, passandosi una mano sugli occhi.
“Arrabbiandoti in quel modo hai solo peggiorato le cose,” lo bacchettò lei, “se avessi fatto finta di nulla e l'avessi presa sul ridere, tutti avrebbero pensato ad uno scherzo e si sarebbero dimenticati dell'accaduto in due minuti.”
Quella frase colpì Thomas come un pugno nello stomaco.
Ora, a mente lucida, sapeva che quello che diceva Teresa era la soluzione più ovvia. In quel momento però, un po' perché era stato preso dall'ansia, un po' perché lui stesso non era ancora sicuro di essere gay, non si era fermato a riflettere.
“Non ci avevo pensato,” sospirò affranto, guardandosi i piedi.
“Sei un tipo che agisce seguendo l'istinto, questo lo avevo capito già da un po'” controbatté lei, divertita.
Thomas si prese la testa tra le mani: “e ora? Che dovrei fare?”
“Niente!” esclamò semplicemente Teresa, alzando le spalle.
Thomas la guardò incredulo “Come sarebbe a dire niente? Ora tutti mi credono...gay.”
“Lo sei?”
Thomas la guardò dritto negli occhi questa volta, il cuore che iniziava a martellargli nel petto. Non lo aveva mai ammesso di fronte a nessuno e... Beh, comunque ancora non ne era sicuro.
“Non lo so,” ammise, scuotendo la testa.
Teresa si avvicinò a lui e gli prese una mano tra le sue: “Ora non stare a scervellarti troppo su queste cose. Gli altri possono pensare cosa vogliono di te, non hai bisogno di persone negative nella tua vita. Hai un sacco di buoni amici e se qualcuno non ti accetta per quello che sei... Beh, non è un tuo amico.”
Thomas si sentì infinitamente rincuorato da quelle parole. Nonostante tutto avrebbe sempre avuto vicino persone che lo supportavano, come lei e Minho ad esempio, e questo pensiero bastò per calmarlo.
“Ok...” sussurrò, abbozzando un sorriso.
“Bravo, così mi piaci!” e, detto ciò, si avvicinò per schioccargli un bacio sulla guancia, prendendolo alla sprovvista.
“Che fai...?!” borbottò imbarazzato, scostandosi da lei.
“Era un bacio di incoraggiamento... Non farti illusioni!” spiegò lei, facendogli la linguaccia. Poi lo prese per un braccio e i due tornarono dentro l'edificio.

Thomas aspettò la fine dell'ora di storia per rientrare in classe. Grazie a Teresa, si sentiva più sicuro di sé e cercò di non fare caso agli sguardi indagatori dei suoi compagni. Per fortuna, almeno, nessuno osava avvicinarsi per chiedergli spiegazioni.
Prese nuovamente posto tra Minho e Newt, che lo guardavano preoccupati.
“Dove sei stato?”
“Come ti senti?”
“Gally? E' stato lui? Se lo prendo lo ammazzo!”
“Tommy?”
“Sto bene!” sbottò lui, sistemandosi sulla sedia, poi in tono più pacato aggiunse: “ragazzi, sto bene, non preoccupatevi. Sono andato da Gally ma... Beh, ho cambiato idea. Non vale la pena mettersi nei guai per un moccioso come quello.”
I due amici lo guardarono, sorpresi.
“Meglio così amico. Quello è fuori di testa! Avrà lavorato su questo scherzo delle settimane. E' così babbeo che probabilmente ci ha messo giorni per capire come aprire un account di faccialibro fasullo,” cercò di consolarlo Minho, sorridendogli.
Thomas rise, “forse hai ragione.”
Newt, d'altra parte, lo osservava sospettoso.
Thomas non era stato particolarmente gentile nei suoi confronti quella mattina, quindi durante la lezione decise di provare a scusarsi passandogli un bigliettino accartocciato.
Newt lo aprì e lesse: “Mi perdoni?”.
Scarabocchiò qualcosa con la sua calligrafia minuta e ordinata e rimandò al mittente il foglietto.
Devo parlarti. Vediamoci dagli spogliatoi dopo i tuoi allenamenti.

“Va bene ragazzi, per oggi basta così. Ora andate a farvi una doccia, puzzate come un branco di facoceri in calore!” urlò Minho, agitando le braccia in direzione degli spogliatoi.
Tutti risero ma Thomas si accorse che un paio di ragazzi gli stavano lanciando delle occhiatacce preoccupate.
La mattinata non era passata in modo particolarmente piacevole: le parole di incoraggiamento di Teresa erano a poco a poco sbiadite dalla sua mente per lasciare spazio alle cattiverie bisbigliate e sussurrate nei corridoi dagli altri studenti. A fine giornata si sentiva esausto e la colpa non era solo del duro allenamento a cui Minho li aveva sottoposti. Ora l'unica cosa a cui agognava era una doccia bollente e una bella dormita.
Si diresse verso gli spogliatoi assieme agli altri ma, quando raggiunse la porta d'ingresso, uno dei ragazzi più grandi gli si parò davanti.
“Ehi pivello... Perché non ti fai ancora qualche giro di campo? Credo sia meglio evitare di portare scompiglio nelle docce... Sai, qualcuno potrebbe fare scivolare del sapone per sbaglio e sarebbe meglio che tu non fossi nei paraggi se quest'eventualità si presentasse.”
Thomas lo guardò in cagnesco, sostenendo il suo sguardo ostinatamente.
“Che succede qui?” chiese Minho, facendo capolino da dentro.
“Niente,” rispose secco Thomas, entrando e afferrando la sua sacca con foga, “evidentemente non sono più il benvenuto qui. Ci vediamo domani, Minho.”
Minho non ebbe neanche la possibilità di chiedergli ulteriori spiegazioni: Thomas era già corso via.

Mentre si allontanava, incrociò Newt, che si stava dirigendo proprio in direzione del campo.
“Tommy, stavo venendo a cercarti...” annunciò cambiando direzione, iniziando a camminargli a fianco, “si può sapere dove stai andando? Hai ancora addosso la tuta... E sei tutto sudaticcio.” constatò, guardandolo dall'alto in basso.
“Sai, non è stata una giornata particolarmente felice per me. Puoi ben immaginare il perché...” borbottò, sempre continuando a camminare.
“Dovrei parlarti, possiamo fermarci un attimo?” chiese l'amico in tono piagnucoloso, cercando di mantenere il suo passo.
“Casa mia non è distante da qui... Possiamo andare li a parlare. Non vorrei che qualcuno ci vedesse assieme e... Beh, sai...” spiegò concisamente, iniziando ad imbarazzarsi.
Forse invitarlo da lui non era stata la mossa più intelligente dell'universo, ma ormai era fatta. Avrebbe preferito mille volte affrontarlo in un ambiente lontano da occhi indiscreti, piuttosto che nel perimetro della scuola.
“E' stata una giornata pesante, non vorrei che si diffondessero ulteriori pettegolezzi su di me... e te.”
“Va bene... Ti seguo.”
Thomas era troppo preso a cercare di non guardarlo in viso per accorgersi che Newt era teso come una corda di violino.

“Permesso...”
“Entra pure, in casa non c'è nessuno.”
Altro piccolo dettaglio che non aveva minimamente considerato.
Alzò lo sguardo e incontrò quello di Newt, che si affrettò a distoglierlo, visibilmente in imbarazzo.
“Vuoi qualcosa da bere?” chiese Thomas, schiarendosi la gola per cercare di darsi un contegno.
“Magari un po' d'acqua non sarebbe male.”
I due si trasferirono in cucina, dove Thomas prese due bicchieri e li riempì fino all'orlo di acqua frizzante.
Tra i due scese un silenzio così imbarazzante che Thomas non riuscì nemmeno ad alzare lo sguardo mentre deglutiva l'acqua.
“Di cosa volevi parlarmi?” domandò, imponendosi di darsi una calmata.
Erano a casa sua.
I genitori di Thomas non sarebbero rientrati prima di un paio d'ore.
Ma non per questo doveva succedere qualcosa.
...Giusto?
Thomas si accorse con stupore di non essere mai rimasto da solo con Newt, al di fuori dell'ambiente scolastico.
“Io... credo di averti messo a disagio in più di un'occasione. Insomma, quello che sto cercando di dirti è che mi dispiace. Non avrei dovuto provocarti,” ammise Newt con un filo di voce.
Si schiarì la gola e riprese, gesticolando per dare forza al suo discorso: “Non mi comporto mai così. Mai. Ci tengo a sottolinearlo... E lo puoi constatare tu stesso, io e Minho siamo ottimi amici ma non ho mai fatto allusioni nei suoi confronti.”
Thomas lo osservava incredulo: era la prima volta che vedeva Newt seriamente a disagio.
Si era appoggiato al piano cottura della cucina e dondolava leggermente le spalle, umettandosi le labbra di tanto in tanto, cercando le parole adatte per continuare il discorso.
“Mi dispiace di averti messo a disagio. Ormai anche tu avrai capito che io non sono...” si fermò, trattenendo il fiato per alcuni secondi, poi riprese: “Insomma, non sono particolarmente etero, ecco.”
Thomas si lasciò sfuggire un risolino e Newt lo imitò.
“Scemo... Quello che sto voglio dire è che da oggi in poi cercherò di starti più vicino... come tuo amico.”
Thomas lo guardò sorpreso: “amico?” ripetè, confuso, “pensavo fossimo già amici.”
Con sua immensa sorpresa, Newt iniziò ad arrossire e distolse lo sguardo.
Silenzio.
“Non da parte mia, Tommy” ammise poi, mordendosi il labbro per trattenere un sorriso.
Thomas si ritrovò ad arrossire a sua volta: “cosa stai cercando di dirmi?” domandò, il cuore in gola.
Newt sospirò sommessamente, poi si avvicinò a Thomas, premette una mano sulla sua nuca per attirarlo a sé e lo baciò.
La reazione del ragazzo fu così repentina e imprevedibile che Thomas non realizzò cosa stesse succedendo fintanto che l'amico non si allontanò dal suo viso.
Era stato un bacio casto, Newt aveva semplicemente adagiato le labbra sulle sue, non era avvenuto nient'altro.
Ma Thomas si sentiva come paralizzato: non era il suo primo bacio, aveva già avuto certe esperienze con delle ragazze, ma non aveva mai provato una sensazione del genere prima di allora.
Si passò due dita sulle labbra e alzò lo sguardo su di Newt, incredulo.
“Amici?” domandò Newt che, nonostante fosse visibilmente agitato, cercava in tutti i modi di schermare le sue emozioni.
“Amici...” ripeté imbambolato Thomas, il petto che si muoveva su e giù animosamente.
Senza aggiungere altro, Newt afferrò lo zaino che aveva lasciato all'ingresso e uscì da casa Edison, lasciando Thomas a combattere contro la confusione che si era venuta a creare nella sua testa.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** VI. ***


Com'era ovvio, quella notte Thomas non riuscì a chiudere occhio.
Il giorno dopo per fortuna era Sabato, quindi aveva ancora due lunghissimi giorni a disposizione per rimuginare sulla storia del bacio.
Già, il bacio...
Verso l'alba, scivolò in un sonno leggero, fatto di compagni di classe belli come il sole e uomini incappucciati che si facevano chiamare “Mister X”.
Di punto in bianco afferrò il cellulare che stava vibrando ormai da qualche secondo.
“Pronto?” grugnì con la voce impastata di chi si è appena svegliato.
“Brò, che fine avevi fatto? Ti ho scritto su faccialibro ieri sera! Mi sono fatto raccontare tutto da quel pivello di Ben ieri... sai, quello che faceva lo spaccone atteggiandosi da re delle docce. Mi dispiace per quello che ti ha detto, ma l'ho strigliato per bene... Beh, ho strigliato un po' tutti, però direi che ora hanno imparato la lezione. Mai mettersi contro un amico del capitano! Ehi, ora non farti illusioni, non ci sarò sempre per pararti il culetto! ...Thomas? Thomas, ma mi stai ascoltando?!”
Thomas lanciò un'occhiata sbilenca alla sveglia, segnava le 9:15: si domandò come facesse Minho ad essere così su di giri anche la mattina presto.
“Minho, ti ringrazio, ma per il sottoscritto il mondo è un luogo buio e ostile alle nove di mattina,” borbottò, stropicciandosi gli occhi.
“Come sei scontroso! Che ne dici di passare da me oggi pomeriggio? Ci facciamo una partita ai videogiochi... Ti sculaccio per bene a qualche picchiaduro!”
Thomas non poté far a meno di ridere: “e va bene... Ma vieni tu da me, ho casa libera oggi. I miei sono a qualche stupido convegno sulla chirurgia estetica questo weekend.”
“Quindi hai casa libera per due giorni e non dici niente al tuo bestfriend? Vergogna!” lo sentì ridere dall'altra parte del telefono.

Il campanello suonò alle 16 in punto e Thomas andò ad aprire alla porta.
“Cia-...oh.”
Minho era sulla soglia con una scatola piena di videogiochi in mano e dietro di lui, Newt si guardava attorno scocciato.
“Ho invitato anche Newt, spero non ti dispiaccia. Quando lo sono andato a prendere ha fatto un po' di storie, chissà perché!” esclamò con un'espressione scettica l'asiatico, scrollando le spalle.
“Già, chissà perché...” ripeté Thomas ironicamente, facendo loro segno di accomodarsi.

Per fortuna, il pomeriggio passò piacevolmente: Thomas e Newt non ebbero occasioni di trovarsi da soli e quindi, di conseguenza, si guardarono bene dal menzionare quello che era avvenuto tra loro il pomeriggio prima.
“Minho, a chi è che volevi fare il culo? Sei una sega ai videogiochi.” lo prese in giro Thomas, ridendo dopo averlo sconfitto per la terza volta consecutiva a Tekken.
“E il bello è che questi sono i videogiochi che ha portato lui...” fece notare Newt, indicando la custodia del disco.
“Oh basta! Voi due siete insopportabili!” borbottò Minho alzandosi dal divano, “me ne vado in bagno e, quando torno, sarà meglio che mi lasciate vincere almeno una partita!” esclamò contrariato, allontanandosi.
Newt e Thomas lo seguirono con lo sguardo, ridacchiando.
“Credi che se la sia presa sul serio?” domandò Thomas, mettendo in pausa il gioco.
“Probabile. Sono sicuro che ora si accorgerà di essersi comportato come un bambino e tornerà con la coda tra le gambe” rispose il biondo, sorridendo.
Poi, entrambi realizzarono di trovarsi da soli, e la tensione tra di loro in un attimo salì alle stelle.
Amici un corno, non riusciamo nemmeno a rimanere da soli due minuti senza sentirci in imbarazzo!” pensò contrariato il moro.
Newt si sistemò meglio sul divano e Thomas lo imitò, iniziando a sentirsi a disagio. Odiava quella parte di lui così timorosa che prendeva il sopravvento nei momenti meno opportuni. Solitamente non era un tipo che si faceva troppi problemi a parlare liberamente ma con Newt era diverso. Sentiva di potersi fidare ciecamente con lui, ma non riusciva ancora ad aprirsi del tutto.
“Newt?”
“Sì?”
Si girarono a guardarsi e Thomas fu sorpreso di sentirsi incredibilmente attratto da lui.
Ormai non era più questione di essere o meno gay.
Desiderava Newt con ogni fibra del suo corpo e quella sensazione non aveva fatto altro che diventare sempre più forte in lui, finché il giorno prima era esplosa come una bomba, innescata da quel semplice bacio.
Così, animato da una forza interiore che non credeva di possedere, Thomas si protese sul divano e afferrò le spalle di Newt per tenerlo fermo, mentre si avvicinava per baciarlo appassionatamente: le sue labbra si dischiusero e nel giro di un secondo sentì la lingua di Newt farsi spazio attraverso la sua bocca. Quel bacio non aveva nulla a che fare con quello del giorno precedente: era prepotente, voglioso, sentito.
I due si staccarono solo dopo svariati secondi e rimasero a guardarsi negli occhi, entrambi col fiato corto, ansanti.
“Non voglio esserti solo amico,” annunciò Thomas spavaldamente. Stava cercando in tutti i modi di darsi un contegno, per non lasciarsi sopraffare ancora una volta dall'imbarazzo.
Questa volta fu Newt ad arrossire: aprì bocca per controbattere ma, proprio in quel momento, si sentì l'acqua dello sciacquone e Minho aprì la porta del bagno.
“Allora, Thomas sei pronto per la rivincita?” esclamò squillante, mentre tornava in salotto: si stupì di trovare i due ragazzi seduti in modo rigidamente composto ai due estremi del divano.
“Quando vuoi...” mugugnò Thomas con voce roca.
“Ah si, eh? Voi due non mi convincete...” borbottò Minho, riprendendo il suo posto sul divano, “mi allontano dieci minuti e quando torno avete due delle facce più colpevoli che io abbia mai visto.”
Silenzio.
“Ho capito: avete manomesso il videogioco! Ecco perché perdo sempre... Maledetti!”

Il resto della giornata passò tranquillamente: ora che Thomas aveva finalmente trovato il coraggio per comunicare a Newt quello che provava era come se si fosse tolto un macigno dallo stomaco e si sentiva decisamente più leggero. Newt, dal canto suo, riprese a lanciargli quelle occhiatine maliziose di cui Thomas aveva tanto sentito la mancanza.
“Sarà meglio tornare a casa, inizia a farsi buio e ho promesso a mia sorella di accompagnarla al cinema questa sera,” esordì Newt, alzandosi dal divano.
“Ah, peccato... Proprio ora che avevamo trovato un gioco dove riuscivo a battervi ad ogni turno!” esclamò Minho, infilandosi la giacca.
“Si, fantastico, infatti mi stavo annoiando a morte. La prossima volta i giochi li scelgo io,” ribatté Thomas lasciandosi scappare uno sbadiglio.
“Pensa, io mi stavo divertendo da matti invece!” Minho rise e raccattò da terra tutti i suoi videogiochi, poi Thomas li accompagnò alla porta.
Adesso che aveva fatto chiarezza circa i suoi sentimenti, avrebbe voluto saltare addosso a Newt e strappargli i vestiti a morsi: ovviamente non sarebbe mai riuscito a compiere un gesto così audace di punto in bianco …ma gli piaceva pensarlo.
“Allora a Lunedì, brò. Fai il bravo... E cerca di non punzecchiare Mister x. Altrimenti sarò costretto a rintracciarlo e dargli una bella sculacciata.”
Quel commento riportò alla realtà Thomas, che fece schioccare la lingua con una faccia disgustata “Gally... è peggio della feccia.”
“Chissà poi perché ce l'ha tanto con te... Insomma, ok, tu sei nella squadra di atletica e lui no, ma non capisco perché ti odi fino a questo punto.”
“Non lo so e non mi interessa. Spero si sia dato una calmata...”
“Speriamo. Comunque ci si vede in giro. Ciao brò.”
Thomas tenne loro aperta la porta mentre uscivano sulla veranda.
“Ciao ragazzi...”
L'ultimo sguardo lo riservò a Newt, che ricambiò con un sorriso sincero.
Ci sentiamo, Tommy

Messaggio ricevuto da: Newt
Alle ore: 20.17
Testo: “Hai presente quello che ti ho detto ieri pomeriggio? Cancellalo.
Neanche io voglio esserti solo amico, Tommy.”

Thomas rimase tutta la sera a gongolare davanti alla tv.
Stava guardando distrattamente un film mentre messaggiava con Newt.
Non stavano parlando di niente in particolare, ma Thomas non si sentiva così felice da tanto, troppo tempo.
Gli raccontò della sua infanzia, dei vari trasferimenti in giro per il paese; Newt fece lo stesso e, così, Thomas scoprì che si era trasferito in America dall'Inghilterra a 12 anni.
“Beh, di sicuro il tuo accento inglese non passa inosservato.”
“Beh, di sicuro fa parte del mio repertorio di seduzione. Non sai quanti ci provano con me solo perché sono inglese, ahah.”
Questo ultimo sms turbò Thomas, che si prese un po' di tempo prima di digitare una risposta:
“Quanti?”
Attese pazientemente il responso, cercando di concentrarsi sul film.
Era un thriller abbastanza intricato ed era impossibile seguirne la trama guardandolo svogliatamente come stava facendo lui. Sbuffò e ci rinunciò, sbloccando la tastiera per leggere il nuovo sms.
“Tanti...”
Ovviamente, Thomas non si aspettava di essere il primo. Sapeva che Newt era un tipo attraente: aveva dei bei lineamenti e un bel corpo, per non parlare del suo carattere sincero e genuino. Di punto in bianco, una sensazione pungente di gelosia lo trafisse. Non era nemmeno sicuro di avere effettivamente un qualche tipo di relazione sentimentale con lui (dopotutto, due baci potevano anche non significare niente), ma Thomas non poteva fare a meno di sentirsi male al pensiero di Newt in compagnia di un altro ragazzo.
Poi, all'improvviso, il ricordo di Alby e Newt che si baciavano lo investì come una secchiata di acqua gelata e il discorso che gli aveva fatto Alby gli tornò in mente tutto d'un tratto:
«Stai alla larga da Newt.»
Questa volta, ci mise più tempo per rispondere al biondino:
“Ho avuto occasione di fare la conoscenza di Alby. Sembri stargli molto a cuore...”
Aspettò pazientemente una risposta, che non tardò ad arrivare.
“Non sapevo conoscessi Alby. Comunque tra noi due non c'è nulla. Ci sono uscito insieme per un periodo qualche mese fa, prima di rendermi conto che non faceva proprio per me. E' una lunga storia. Ma... Non sarai per caso geloso, Tommy?”
Thomas sorrise, stranamente sollevato.
“Non montarti la testa, belloccio. Ero solo curioso.”
Forse Alby non aveva ancora del tutto dimenticato Newt, visto come lo aveva minacciato apertamente. Thomas non fremeva all'idea di mettersi contro di lui ma, ora che lui e Newt si erano aperti l'uno all'altro, si sentiva decisamente più sicuro di sé.
“E tu? Quanti altri ragazzi hai avuto?”
Thomas rimase a fissare lo schermo, indeciso sul da farsi. Non voleva mentire a Newt ma aveva paura di spaventarlo dall'alto della sua inesperienza. Non poteva scrivergli qualcosa del tipo: “beh sai, non sapevo di essere attratto dai ragazzi finché non ho conosciuto te! Sei il primo tipo a cui farei cose talmente spinte da vergognarmi di pronunciarle ad alta voce!”
Quindi optò per dirgli la verità... omettendo ovviamente la parte riguardante le sue fantasie erotiche.
“Sei il primo” digitò semplicemente, il cuore che iniziava a battere più velocemente: inviò.
Dopo pochi secondi, si meravigliò di vedere che il suo telefono squillava.
“Newt?”
“E' vero? Sono il primo?” domandò la voce dall'altro capo del cellulare.
“Sì...” ammise Thomas, passandosi una mano tra i capelli, “cioè sono uscito con qualche ragazza in passato, niente di serio. Ma... mai un ragazzo.” deglutì, aspettando la reazione dell'amico.
“Cacchio Tommy! Vorresti dirmi che sono riuscito a farti approdare sull'altra sponda?”
Thomas scoppiò in una risata nervosa, guardando distrattamente una scena di sesso che stava passando in tv.
Per un attimo immaginò se stesso e Newt al posto degli attori e i suoi pantaloni diventarono tutto ad un tratto decisamente troppo stretti.
“Sì, è colpa tua, Newt. Ora dovrai rimediare in qualche modo...” sussurrò, malizioso.
“Ti stai prendendo un po' troppe confidenze, carino. Da quando hai iniziato a provocarmi così apertamente? Oggi, mentre eravamo con Minho, non facevi altro che guardarmi...”
“Scherzi? Eri tu che non riuscivi a togliermi gli occhi da dosso!” borbottò Thomas, facendo la parte dell'offeso.
“Allora direi che la cosa era reciproca...” Thomas lo sentì sospirare e poteva quasi immaginare la sua espressione in quel momento, “ieri, quando mi hai detto di volermi essere solo amico... stavo impazzendo,” ammise.
“Io? Guarda che sei stato tu a chiedermi di rimanere amici!” rispose Thomas, incredulo.
“La mia era più una domanda che un'affermazione! Tu mi piaci ma non volevo allontanarti o metterti a disagio continuando a provarci con te. Ho pensato... sì, insomma, ho pensato che tu stessi al gioco solo per farmi piacere. Fino a oggi facevo fatica ad inquadrarti e quando ti ho visto con quella ragazza, Teresa...”
Thomas arrossì, sollevato di non trovarsi faccia a faccia con Newt.
«Mi piaci», lo aveva detto in un modo così naturale che quasi stentava a crederci.
“Teresa?” lo interruppe Thomas, dandosi una manata sulla fronte, “non c'è assolutamente niente tra noi due, è solo un'amica,” si giustificò, sospirando profondamente, “ti assicuro, non ho mai finto con te... Solo che, prova a metterti nei miei panni, le tue attenzioni mi hanno confuso,” ammise, grattandosi la testa.
Newt si lasciò scappare un risolino: “Ti hanno così confuso che ti sei riscoperto gay e oggi mi sei saltato addosso!” lo punzecchiò.
“Come al solito, ti stai prendendo il merito di cose assurde!” borbottò Thomas.
“Figurati! Senti, ora devo riattaccare. Sto per entrare al cinema con mia sorella. Ci sentiamo, Tommy.”
“Va bene, fai il bravo Newt...”
“Lo sai, non credo di esserne capace” rispose ironico, prima di chiudere la chiamata.

Thomas si svegliò di soprassalto a causa di un brutto incubo e, siccome non riusciva a riprendere sonno, decise di andare a correre un po'. Grazie agli allenamenti di Minho, la sua resistenza fisica stava migliorando giorno dopo giorno, ma ogni tanto sentiva il desiderio di concedersi una corsetta liberatoria al parco. Così si infilò una tuta ed un paio di scarpe da ginnastica e uscì portando con sé solo le chiavi di casa e l'ipod.
Era una domenica uggiosa e al parco non c'era anima viva. Thomas, abituato al via vai della grande metropoli dove aveva vissuto in precedenza, si meravigliò di quanto era rilassante godersi un po' di solitudine, di tanto in tanto.
Iniziò a camminare a passo spedito per fare un po' di riscaldamento, poi infilò le cuffiette e accese l'ipod, pronto a partire.
Stava correndo ormai da una ventina di minuti quando sentì una mano appoggiarsi sulla sua spalla. Istintivamente si voltò di scatto, spaventato, levandosi una cuffietta.
“Ehi, pivello.”
Gally era dietro di lui, la fronte aggrottata madida di sudore, un'espressione indecifrabile sul volto: proprio l'unica persona che Thomas avrebbe volentieri fatto a meno di incontrare.
Tra l'altro, a giudicare dal suo abbigliamento e dal fiato corto, anche lui si trovava al parco per lo stesso motivo di Thomas.
“Gally,” lo salutò con un cenno, sperando di chiudere lì quel discorso mai iniziato, riprendendo a correre senza voltarsi.
“Ehi, Thomas aspetta!”
Purtroppo l'altro sembrava avere tutta l'intenzione di continuare ad importunarlo.
“Che vuoi? Non ho proprio voglia di venire preso in giro anche oggi,” sibilò Thomas a denti stretti.
“Senti, so che io e te siamo partiti con il piede sbagliato e mi dispiace di averti preso in giro l'altro giorno ma... Ti assicuro che quel messaggio non l'ho scritto io,” riferì Gally, sostenendo altezzosamente il suo sguardo, “non sono così stupido da rischiare di beccarmi una denuncia ...o peggio. Tra l'altro se avessimo fatto di nuovo a botte probabilmente avrebbero sospeso entrambi e, credimi, rovinarmi la reputazione a scuola è l'ultima cosa che voglio.”
Thomas era incredulo: era un goffo tentativo di scusarsi, quello?
“Gally, non prendermi per il culo. Arrivo a scuola e tu mi accogli dandomi del finocchio e, poco dopo, mezza scuola riceve un messaggio con scritte quelle cose su di me! Secondo te sono io quello stupido, vero?” sbottò, iniziando a scaldarsi.
“Senti se non vuoi credermi fai come ti pare! Io ho solo sentito quella voce da una ragazza della mia classe, non so chi l'abbia messa in giro. Per quanto riguarda quel messaggio... faresti bene a guardarti le spalle perché di sicuro c'è qualcun altro che non ti vede di buon occhio, oltre al sottoscritto.”
Come a voler rafforzare quell'opinione Gally sputò a terra con espressione disgustata.
“Fidati, se ci avessi pensato prima... beh, avrei fatto la stessa cosa, probabilmente” aggiunse, sogghignando “ma purtroppo qualcun altro ha avuto questa fantastica idea e non vedo perché ora io dovrei prendermene il merito.”
Detto ciò superò Thomas con uno scatto e corse via, senza più degnarlo di uno sguardo.



Note dell'autrice (neanche fosse JKRowling in persona):

Amo scrivere i dialoghi di Minho (probabilmente perché rispecchia il mio lato demente).
Seriamente: è il mio personaggio preferito in questa fanfiction.
LO SO, E' UNA FANFICTION NEWTMAS E DOVREI AMARE SOLO LORO DUE MA COSA POSSO FARCI.
...
(Sì, le note dell'autrice sono finite così.
No, non sono capace di fare discorsi seri e sensati.
Pace&pbene bròs!)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** VII. ***


Thomas rientrò a casa poco dopo quello strano incontro al parco, agitato e confuso.
Non capiva fino a che punto potesse fidarsi delle parole di Gally ma qualcosa gli diceva che, almeno in quell'occasione, il ragazzo era stato sincero.
Ma se Mister X non era lui, allora chi...?
A Thomas non venne in mente nessuno che poteva avercela con lui.
Sbuffò sonoramente e andò in bagno a farsi una doccia calda, poi tornò in camera e controllò le notifiche sul suo cellulare.
C'era una chiamata persa di sua mamma e un messaggio di Newt.

Messaggio ricevuto da: Newt
Alle ore: 9:57
Testo: “Tommy, che ne dici di vederci oggi pomeriggio? E con “vederci” intendo tu ed io da soli, senza Minho.”

Thomas si accorse di star trattenendo il fiato. Cercò di rilassarsi, sospirò e digitò frettolosamente: “Ok, se vieni da me possiamo guardare un film...”, poi si fermò con il pollice alzato, indeciso o meno se continuare a scrivere. Alla fine aggiunse:i miei non ci sono.” e premette su invio, pentendosi di quello che aveva fatto dopo due nanosecondi.
Ora penserà che lo sto provocando...di nuovo!
Non è forse così?, domandò una vocina nella sua testa.

Messaggio ricevuto da: Newt
Alle ore: 10:43
Testo: “A volte penso che tu sia seriamente così ingenuo da non renderti conto di quello che dici. Sai come finisce ogni volta che due persone si danno appuntamento per “guardare un film”, vero? Certo che lo sai. Non sei così ingenuo come vuoi farmi credere, giusto?”

Messaggio ricevuto da: Newt
Alle ore: 10:44
Testo: “ps. L'idea del film a casa tua mi sembra fantastica, visto e considerando l'ultima parte del tuo messaggio. Sarò li intorno alle 16:30 :P”

Lo sapevo, avrei dovuto tenere la bocca chiusa!” pensò amaramente, ma non poté far altro che trovare divertente l'intera situazione. Iniziava a sbilanciarsi parecchio dando tutti quegli spunti di riflessione a Newt: prima il bacio, ora questi scambi di battutine a doppio senso. Nonostante si sentisse attratto da Newt, la sua immaginazione non aveva ancora esplorato la remota possibilità che prima o poi loro due sarebbero finiti a letto insieme. Primo, perché non voleva farsi troppe illusioni; secondo, perché non aveva idea di come funzionasse il sesso tra due ragazzi ...o meglio, sapeva come funzionava in teoria, ma non in pratica. Aveva visto tonnellate di materiale pornografico in giro per la rete (non era un patito del genere ma ogni tanto si concedeva queste debolezze), ma mai un porno gay. Forse era arrivata l'ora di documentarsi... Così si sedette al pc.

L'orologio sopra la tv segnava le 16:25 quando Newt suonò a casa Edison.
“Ciao Tommy, ho saccheggiato la scorta d'alcool di mio padre prima di venire... Spero ti piaccia la birra” lo salutò con un sorriso a trentadue denti, sventolandogli davanti una cassa di birre.
“Fantastico!” esclamò Thomas, spostandosi per lasciarlo entrare, “ma quattro birre a testa non saranno un po' troppe?” domandò titubante, dando uno sguardo veloce alla cassa.
Newt si limitò a ridacchiare, accomodandosi dentro.
“Allora, hai già scelto un film?” domandò curioso, sedendosi sul divano e guardandosi attorno.
“Beh, ho pensato che potremo vedere qualche stupidaggine tipo il nuovo film di American Pie...” propose Thomas, rimanendo in piedi accanto al divano.
“Va bene...” concordò Newt, indicando il posto vuoto accanto a sé, “che fai, non ti siedi? Non ti mangio mica...” rise.
“Sì certo. Scusa...” mugugnò quello: afferrò il telecomando e andò a sistemarsi di fianco all'amico, facendo ben attenzione a non sfiorarlo neanche per sbaglio.
Newt sospirò: si chinò, aprì una lattina di birra e la passò a Thomas, poi ne prese una anche per sé. Ne bevvero entrambi un sorso, mentre sulla tv iniziavano a scorrere le prime scene del film. Il biondo si sistemò meglio, mettendosi comodo: appoggiò la schiena nell'angolo del divano e allungò le gambe su quelle di Thomas, poi rimase a guardarlo sorridendo.
Thomas ricambiò il suo sguardo, rigirandosi la lattina di birra tra le mani, teso, senza sapere cosa dire.
Ieri, quando avevano parlato al telefono, si era sentito così sciolto e rilassato! Ora sembrava caduto in una specie di rigor mortis perpetuo. Forse, il fatto che Newt fosse un ragazzo, lo bloccava più di quanto avesse creduto.
“Stai bene Tommy?” domandò Newt preoccupato, rimettendosi a sedere composto per avvicinarsi a lui.
“Sì, scusa io non-...”
“Smettila di scusarti,” lo interruppe Newt, il viso così vicino al suo che i loro nasi potevano quasi sfiorarsi.
Si guardarono negli occhi poi, lentamente, gli occhi di Newt caddero sulle labbra di Thomas.
Era così sexy.
Il modo in cui lo stava osservando lo aiutò a rilassarsi: a quanto pare non era il solo a desiderare così ardentemente un contatto fisico.
Thomas allungò le mani per cingergli il bacino e annullare la distanza che li separava: si lasciarono andare a una serie di baci intensi e intimi, finché Newt non si scostò per riprendere fiato: “Wow...” ansimò.
“Ehi, pivello... respira,” gli sussurrò Thomas, schernendolo con un ghigno.
“Tommy, non dire mai più cose del genere... o non riuscirò a rispondere delle mie azioni,” rispose Newt con un sorriso malizioso. Probabilmente quella frase gli aveva infuso un coraggio particolare poiché riprese a baciare Thomas con una foga maggiore, osando persino infilargli una mano sotto la maglietta per accarezzargli la schiena.
Thomas rabbrividì a quel contatto e qualcosa nei suoi pantaloni gli fece intendere che stava iniziando ad eccitarsi.
“Ti va di...?” sussurrò Newt indicando la sua maglietta, senza interrompere il contatto visivo che si era venuto a creare.
Thomas pregò che Newt non si fosse accorto della sua erezione e, senza pensarci due volte, si tolse la maglietta, rimanendo a petto nudo.
Lo stavano per fare?
“Thomas...” sussurrò al suo orecchio, prima di mordicchiargli il lobo, “se non sei pronto possiamo aspettare, non c'è fretta...”
Il suo cuore batteva all'impazzata: per un attimo se lo immaginò come un esserino antropomorfo che gli usciva dal petto e scappava urlando terrorizzato.
Cosa mi hai fatto?” sibilò Thomas, così piano che iniziò a dubitare di averlo detto seriamente ad alta voce.
Newt rise e gli passò le mani sul petto, riprendendo a baciarlo, scendendo poi lentamente sul collo, sulle scapole... sul petto.
Thomas si ritrovò a gemere, gli occhi socchiusi, le mani che accarezzavano le braccia di Newt. Era così preso che non riusciva a concentrarsi su niente: la sua mente era completamente vuota. Ormai non sentiva neanche gli attori del film recitare quelle stupide battute da quattro soldi. Il suo mondo iniziava e finiva con i baci di Newt, che era prontamente passato a mordicchiargli le spalle, per poi iniziare a succhiargli un lembo di pelle accanto al collo.
Era la sensazione più bella del mondo e Thomas avrebbe voluto far durare quel momento in eterno.
“Ah...” ansimò, mordendosi il labbro per cercare di trattenere il piacere che stava provando.
“Sei così...così...” sospirò Newt, accarezzando ogni centimetro della sua pelle nuda.
Ma Thomas non seppe mai “cos'era”.
Tutto ad un tratto si bloccò come se fosse rimasto paralizzato.
Aveva sentito un rumore.
Rimase a guardare Newt che ricambiò il suo sguardo terrorizzato quando realizzò di cosa si trattasse.
Qualcuno aveva parcheggiato una macchina sul vialetto sterrato di casa Edison e si stava pericolosamente avvicinando alla porta d'ingresso.
“Cazzo!” esclamò Thomas, chinandosi per raccogliere la propria maglietta mentre Newt schizzava dalla parte opposta del divano e alzava il volume della tv con mani tremanti.
“Le birre!” esclamò poi in preda al panico, prima di afferrare la cassa d'alcool e spostarla a lato del divano, in modo che non fosse visibile dall'ingresso.
Thomas aveva appena fatto in tempo ad infilarsi l'indumento quando la porta di casa si spalancò e sulla soglia comparvero i suoi genitori.

“Siamo a casa!” annunciò con voce squillante sua mamma, trascinando dentro un trolley da viaggio, “ah, vedo che sei in compagnia!”
Thomas aveva il cuore in gola: per fortuna i suoi non sapevano che era gay (o bisex, o qualsiasi altra cosa fosse)... Quindi sperava avrebbero evitato domande imbarazzanti.
“Salve signori Edison,” li salutò Newt scostandosi i capelli dal viso accaldato, mentre i suoi genitori entravano in salotto e lo osservavano curiosi.
“Lui è Newt, un mio compagno di classe...” lo presentò Thomas, cercando di mantenere la calma. Non aveva nessun motivo di essere agitato... o in imbarazzo. I suoi non potevano minimamente immaginare di averli interrotti mentre “ci davano dentro” (e, per qualche strano motivo, sentì rimbombare nella sua mente la voce di Minho che ripeteva “ci stavate dando dentro!” ridendo).
“Ah Newt, certo... Thomas ci ha parlato di te. Sei il capitano del club di atletica, vero?” domandò il signor Edison, sfilandosi il soprabito.
Erano entrambi vestiti in maniera sobria ed elegante: probabilmente dopo il convegno avevano fatto direttamente ritorno a casa e per quel motivo erano rientrati prima del previsto.
“No papà, quello è Minho,” lo corresse il figlio.
“Ah giusto, il ragazzo asiatico...C'è anche lui?” domandò guardandosi in giro, come se si aspettasse di vederlo sbucare fuori da qualche angolo remoto del salotto da un momento all'altro.
“No, oggi siamo solo noi due...” rispose prontamente Newt, con un sorriso.
“Bene, siccome si è fatta ora di cena perché non ti unisci a noi, Newt? Potremo ordinare un paio di pizze,” propose la signora Edison, entusiasta.
“Non vorrei disturbare,” iniziò lui, lanciando un'occhiata supplicante a Thomas.
Si sentiva a disagio?
“Mamma, credo che Newt debba tornare a casa...” spiegò, alzandosi dal divano.
“Sì, mi dispiace, sarà per la prossima volta... Ma grazie comunque per l'invito.”
“Figurati caro, gli amici di Thomas sono sempre i benvenuti a casa nostra.”
Thomas non poté far altro che sorridere abbassando lo sguardo, imbarazzato.
“Noi andiamo a preparare la tavola allora... Ciao Newt, a presto!”
E così dicendo i suoi genitori si dileguarono in cucina.
“C'è mancato poco, eh...” ridacchiò Newt, afferrando la sua giacca dall'appendiabiti.
“Se non li avessimo sentiti arrivare... Non voglio neanche immaginarmelo,” sussurrò Thomas, scuotendo la testa come per scacciare quel pensiero.
“Ancora meglio: immagina se non fossero arrivati affatto,” sussurrò maliziosamente, avvicinandosi a lui per dargli un bacio sulla guancia.
Thomas arrossì e si guardò attorno preoccupato.
“Tranquillo, non rischierei mai di metterti nei casini... Fidati, ti parlo per esperienza personale,” borbottò e, senza dare ulteriori spiegazioni, si fece strada verso la porta d'ingresso.
“Ci vediamo domani a scuola, allora?”
“Certo...A domani!” lo salutò il biondo, scendendo gli scalini della veranda; poi, mentre Thomas stava per chiudersi la porta alle spalle, Newt si girò e disse divertito: “Ah, Tommy! Ci pensi tu a spiegare di noi due a Minho, vero?”, per poi voltarsi e correre via come se avesse appena detto la cosa più divertente del mondo.
Thomas impallidì.

“Thomas! Scendi? Minho è venuto a prenderti!”
Il ragazzo si trovava ancora in bagno quando sentì sua mamma urlare dal piano di sotto.
“Ehm... sali, Minho! Devo ancora preparare lo zaino!” gridò di rimando, tornando in fretta in camera: quella mattina aveva spento la sveglia per sbaglio e ora era decisamente in ritardo.
“Buongiorno... anche oggi il mondo è un posto tetro e orripilante?” domandò divertito l'asiatico, buttandosi a sedere sulla sedia della scrivania mentre si guardava in giro interessato.
“Accidenti... Ho dimenticato di stampare la ricerca di biologia!” sospirò esasperato Thomas ignorando l'amico, mentre frugava distrattamente nella cassettiera in cerca di una camicia pulita. Ne scelse una a quadri e se la abbottonò in fretta e furia: “Ti dispiace farlo per me? E' nella cartella documenti.”
Minho annuì e tirò su lo schermo del portatile, per poi rimanere a fissarlo sbigottito.
“Thomas...?”
“Che? Dovrebbe chiamarsi “ricercabio” o qualcosa del genere,” borbottò Thomas, mentre recuperava alcuni volumi dalla libreria e li schiaffava dentro allo zaino alla rinfusa.
“Sì... No, cioè, avresti potuto avvisarmi prima riguardo a questa roba. Non che io sia un tipo schizzinoso ma, sai, ho altri gusti! Insomma, avrei preferito non vedere scene del genere alle 7:30 di mattina.”
Thomas alzò la testa e lo guardò confuso, “ma di che diavolo stai parlando?”
Minho si limitò quindi a girare il portatile verso di lui: sullo schermo era aperto un sito decisamente poco decoroso e un video messo in pausa mostrava due uomini in atteggiamenti a dir poco osceni.
La faccia di Thomas prese una tonalità colore rosso acceso mentre si catapultava sul pc e chiudeva la finestra internet, “io non- non so davvero cosa...” balbettò.
Il giorno prima doveva aver messo in standby il portatile quand'era arrivato Newt dimenticandosi di spegnerlo.
Minho scoppiò a ridere: “Rilassati amico, lo sai che non giudico! Dico solo che fare certe cose rende ciechi, lo sai vero?!”
“Quali cose? Ma di che parli?” domandò Thomas con voce stranamente acuta, “Non dire scemenze, stavo solo...”, si bloccò a metà frase, prima di allontanarsi e mettersi a frugare nei cassetti in cerca di un paio di calzini, “...insomma, stampa quella ricerca e andiamo o faremo tardi sul serio!” concluse, senza più riuscire a guardarlo in faccia.
“Signor sì signore!”

Il tragitto in jeep non fu particolarmente entusiasmante: Thomas non riusciva a comportarsi naturalmente dopo quello che era successo ma Minho, per fortuna, sembrava non farci caso e continuava a parlare a vanvera di scemenze.
Una volta scesi entrambi dalla vettura, Thomas notò con sollievo che nessuno degli studenti faceva troppo caso a lui: probabilmente, le voci che giravano sulla sua omosessualità non risultavano più così interessanti.
“Tom! Buongiorno!”
Teresa comparve accanto a lui e, senza mostrare il minimo imbarazzo, lo prese a braccetto: “Come stai? E' un po' che non ci vediamo! Non ti sono mancata?”
Minho, accanto a Thomas, se la stava ridendo apertamente: “Oh, io non mi farei troppe illusioni! Credo che Thomas abbia avuto parecchio a cui pensare questo weekend”
Thomas arrossì impercettibilmente:“non dire scemenze Minho” controbatté.
Quello strano trio si diresse così lungo i corridoi della scuola fino ad arrivare agli armadietti di metallo che scorrevano lungo la parete: Thomas scorse Newt appoggiato al suo, in compagnia di Alby e un altro ragazzo che non conosceva. Quando il biondino lo intravide, gli sorrise apertamente, facendo un cenno di saluto verso lui. Il suo sguardo si spostò poi su Teresa, ancora avvinghiata a Thomas... e ogni traccia del suo sorriso scomparve.
“Perché ho come l'impressione che Newt ce l'abbia con me?” domandò lei, voltandosi dubbiosa verso l'amico.
“Ehm... Sarà sicuramente una tua impressione,” rispose lui, divincolandosi gentilmente dalla sua stretta.
Minho, che era rimasto stranamente in silenzio per un po', continuava a spostare lo sguardo da Thomas a Newt e ancora da Newt a Thomas.
Alla fine, come se fosse stato colto da un'illuminazione divina, spalancò gli occhi e indicò Thomas “Oh mio Dio. E' successo qualcosa tra voi due, vero?!” esclamò, allibito lui stesso dalla sua intuizione.

Merda...

.
.
.
.
.
Note dell'autrice (x2)
Come già accennato a qualcuna nelle recensioni, domani parto e starò via circa una settimana, quindi non avrò proprio tempo materiale di aggiornare la fanfiction con regolarità come ho fatto fin'ora. Tutto questo per dirvi: "non temete, non mi sono scordata di efp!", lol.
Dopotutto Minho ha ancora tante cose MEGADIVERTENTI da dirvi e... AH NO.
Sto scrivendo una Newtmas, giusto.
Scherzo, insomma, avete visto i Newtmas in questo capitolo o no?! HANNO INIZIATO A DARCI DENTRO DIBBRUTTO.
Per questo ho pensato di alzare il raiting da "giallo" ad "arancione"... Non vorrei che qualcuno rimanesse scandalizzato ora o in futuro (KEKEKE).
Arrivati a questo punto come si comporterà il nostro eroe Minho? Darà la sua benedizione alla coppia o li odierà per averlo rilegato nel ruolo del terzo incomodo?! O, ANCORA MEGLIO, SE SI RIVELASSE ESSERE LUI MISTER X?! ZAZAZAN!
Passo e chiudo,
Pace&pene brò!
M, x.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** VIII. ***


 “Oh mio Dio. E' successo qualcosa tra voi due, vero?!”
Teresa e Minho lo fissavano allibiti.
Thomas deglutì varie volte, cercando di trovare le parole giuste.
“Forse...” sussurrò cautamente distogliendo lo sguardo dai due, facendo finta di frugare dentro il suo armadietto.
“O mio dio... VOI DUE AVETE-”
“Minho! Abbassa la voce!” lo ammonì Teresa prima che Thomas potesse controbattere alcunché.
“Che c'è? Sono stato indelicato nei tuoi confronti? Ho rovinato il tuo bel sogno d'amore rosa e fiori con Thomasuccio?” la prese in giro l'asiatico, imitando la voce della ragazza.
Teresa lo fulminò con lo sguardo e, senza aggiungere altro, girò i tacchi e se ne andò, palesemente punta sul vivo.
“Ho esagerato, vero?” borbottò a disagio Minho, sistemandosi lo zaino sulla spalla, “a volte manco di tatto in maniera mostruosa.”
“A volte...” commentò ironicamente Thomas richiudendo il proprio armadietto, “Ci vediamo in classe,” lo salutò, prima di correre dietro a Teresa.

“Teresa, aspetta...”
“Lasciami in pace Tom. Sono sicura che Minho ha bisogno di te in questo momento: senza qualcuno che rida alle sue battute il suo gigantesco ego potrebbe sgonfiarsi!” sibilò acida, senza smettere di camminare lungo in corridoio, finché i due non raggiunsero nuovamente l'ingresso ed uscirono nel cortile interno della scuola, ormai praticamente deserto.
“Non prendertela, non voleva ferirti...” cercò di convincerla il ragazzo, afferrandola per un braccio per cercare di trattenerla.
A quel punto, Teresa si voltò verso di lui e Thomas non poté fare a meno di notare che i suoi occhi erano lucidi.
“Allora, quello che ha detto Minho è vero? Tra te e Newt è successo qualcosa?”

Thomas la osservò stupito: non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere.
Che Minho, per una volta, avesse centrato in pieno il problema?
A Teresa piaceva Thomas?
“Non è come sembra...” cercò di giustificarsi Thomas.
Non voleva ferirla ma, allo stesso tempo, non voleva neanche mentirle.
Sospirò rassegnato, poi confessò: “sì, è successo qualcosa. Mi dispiace...”, aggiunse imbarazzato, come se si sentisse in qualche modo colpevole.
Teresa abbassò lo sguardo sulle sue scarpe e si passò una mano sugli occhi, per cercare di ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di rigarle il viso da un momento all'altro.
“Perché ti scusi? Sono io la scema... Avrei dovuto dirti fin da subito che mi piaci,” sussurrò, lasciando Thomas senza parole.
“Non l'avevi capito, vero? Mi sei piaciuto dalla prima volta che ci siamo visti a mensa ma... Beh, avevo paura di star correndo troppo. Quando è uscita fuori la storia di Mister X e ti ho portato dietro al capanno degli attrezzi stavo per dirtelo ma poi... Non lo so, non ci sono riuscita. Avevo paura non fosse il momento giusto,” spiegò la ragazza tutto d'un fiato.
Thomas la ascoltò in silenzio, poi allungò una mano per sfiorarle un braccio gentilmente, “mi dispiace, non immaginavo pensassi a me in quel modo.”
“L'ho notato. A quanto pare ho perso la mia occasione e Newt ne ha approfittato,” borbottò lei, riavviandosi i capelli. Dopo essersi sfogata sembrava aver riacquistato la calma.
“Non so cosa dire,” aggiunse Thomas, evitando di guardarla in viso, “però... Possiamo rimanere amici. Voglio dire, lo so: sembra una cosa patetica da dire, ma... mi piace esserti amico.”
Teresa lo osservò per parecchi secondi con un espressione vuota, senza aprir bocca.
Thomas iniziò a temere che potesse scoppiare a piangere da un momento all'altro e la cosa lo turbò.
Poi, con uno scatto repentino, lei lo afferrò per la giacca per attirarlo a sé e scoccargli un bacio sulle labbra.
Il ragazzo rimase di stucco ma, non appena capì cosa stava succedendo, la respinse prendendola per le spalle ed allontanandola da sé.
“Sei impazzita?!” esclamò guardandosi attorno rosso in viso.
Per fortuna in cortile c'erano solo un paio di ragazzini che non facevano caso a loro.
“Così siamo pari,” sbuffò lei e, senza aggiungere altro, corse via trascinandosi appresso la borsa a tracolla.

Thomas cercò di eliminare l'immagine delle labbra di Teresa dalla sua testa e si diresse di corsa in classe, dove Minho e Newt lo guardarono entrare con un espressione curiosa dipinta sui loro visi.
“Amico, hai fatto appena in tempo: la campanella è appena suonata.”
“Lo so, lo so... Avevo delle cose da sistemare,” spiegò sbrigativo prendendo posto tra i due, cercando di ignorare le occhiatacce che Newt gli stava riservando.
Siccome non provava niente per Teresa e quello era stato un episodio isolato e involontario (almeno, da parte sua era così), decise che per il momento non ne avrebbe parlato con il biondino.
“Comunque voi due non pensate di esservela cavata tanto facilmente... Dopo la lezione dovete raccontarmi tutto!” asserì con un sorriso soddisfatto Minho, incrociando le braccia davanti al petto. Poi, come se si fosse accorto di cosa aveva appena detto, li fissò sconcertato: “beh, magari non proprio tutto. Non credo di essere pronto... non ancora.”
Thomas rise, felice di avere una scusa per allentare la tensione che sentiva risalirgli le viscere.

I tre si ritrovarono ben presto seduti ad uno dei tavoli della mensa, i vassoi abbandonati davanti a loro.
“Quindi state insieme?” chiese Minho di punto in bianco, cogliendo entrambi gli amici di sorpresa.
Thomas si voltò a guardare Newt, che contraccambiò lo sguardo con espressione accigliata.
“Beh... Non ne abbiamo ancora parlato,” concluse il biondo avventandosi sul suo tortino di patate per cercare di far morire quella conversazione sul nascere.
Quindi secondo Newt noi due non stiamo assieme? Ok, dopotutto è tipo 3 giorni che abbiamo chiarito tutto il casino che si era creato ma...” pensò Thomas ferito, giocherellando tristemente con le sue carote.
“Come al solito il mio tatto da elefante in una cristalleria ha rovinato tutto, eh?” Minho sospirò pesantemente, grattandosi la testa, con un'espressione seriamente dispiaciuta in volto.
Thomas si sentì sfiorare il braccio ed alzò lo sguardo: Newt aveva appoggiato la mano sul suo polso e lo guardava con un accenno di sorriso stampato in faccia, “Tommy, tu che ne pensi?” domandò, semplicemente.
“Che ne penso... di cosa?” domandò deglutendo.
“Vuoi... maledizione queste cose così formali mi mettono in imbarazzo,” borbottò il ragazzo, stropicciandosi distrattamente gli occhi.
Thomas arrossì e, senza neanche pensarci, rispose prontamente: “Sì, cioè... certo che voglio.”
“Bene allora...” sospirò Newt, girandosi verso l'asiatico con un sorriso, “Sì, io e Tommy stiamo assieme,” concluse, pizzicando il cibo con la forchetta per farne un boccone.
Minho li guardò entrambi, poi si lasciò andare ad una risata isterica: “Buono a sapersi. Sarò rilegato a terzo incomodo a vita! Che allegria!”
Tutti e tre risero di gusto; Newt allungò una mano sotto il tavolo per andare a stringere quella del suo ragazzo, facendolo arrossire di piacere.
Thomas avrebbe voluto saltare sulla sedia e urlare la notizia all'intera scuola.

Quel pomeriggio non erano previsti allenamenti per il club di atletica ma Thomas si dovette comunque trattenere a scuola: avrebbe dovuto scontare la punizione per aver picchiato Gally aiutando il custode della scuola a ripulire il giardino. Al ragazzo non pesava particolarmente svolgere lavori manuali, così fu più che sollevato di potersela cavare con così poco. Inoltre, siccome non c'era nessuno a controllarlo, Newt si era trattenuto con lui e lo stava aiutando ad innaffiare le aiuole.
“Non c'è bisogno che ti sporchi anche tu...” assicurò Thomas, sistemando della terra smossa.
“Non preoccuparti Tommy. Se ti do una mano finisci prima e possiamo tornare a casa assieme,” rispose Newt con un sorriso, innaffiando con la pompa delle primule.
Così i due passarono un paio d'ore a darsi da fare: sistemarono i fiori, rimpiazzarono le piante secche e spazzarono l'ingresso della scuola. Quando ormai il sole stava tramontando, finalmente Thomas venne congedato dal custode e i ragazzi poterono far ritorno a casa.

“Mi piace parlare con te,” esclamò Newt ridacchiando, “nonostante fosse una punizione direi che ti è andata piuttosto bene, no?”
“Merito tuo...” rispose in un sussurro Thomas, sfiorando la sua mano con l'indice.
Avrebbe tanto voluto baciarlo ma ancora non si sentiva completamente a suo agio a lasciarsi andare a gesti affettuosi in pubblico.
Nonostante ciò, quando Newt allungò la mano per stringere la sua, non oppose resistenza e si sentì invadere il cuore di un sentimento caldo e leggero.
“La tua famiglia sa che tu sei...?” domandò di punto in bianco Thomas, curioso. Non voleva metterlo a disagio con domande del genere, era semplicemente curioso. Al contrario suo, Newt sembrava essere molto sicuro riguardo le sue preferenze sessuali; nonostante tutto, se non lo avesse ammesso lui per primo, Thomas non avrebbe mai pensato che potesse essere gay.
Il biondo sospirò e si prese qualche secondo prima di rispondere con un flebile: “Sì... Diciamo di sì,” poi, accorgendosi dell'espressione preoccupata di Thomas, si affrettò ad aggiungere: “oh, non è così terribile. Voglio dire, i miei l'hanno presa piuttosto bene... Il problema è che non sono stato io a dirglielo.”
“In che senso?”
“E' un storia un po' lunga... Hai presente Alby, no? Suo fratello maggiore ci ha beccati mentre ci baciavamo ad una festa. E' stato tremendo...” sospirò chiudendo gli occhi, come se cercasse di afferrare ricordi nascosti in qualche antro della sua mente, “Suo fratello mi ha tirato un pugno e, ti assicuro, non è stato per niente piacevole. Poi Alby si è messo in mezzo e... Come puoi immaginare è successo un casino. I genitori di Alby sono mezzi impazziti quando l'hanno saputo e mi hanno chiamato a casa per insultarmi... Ovviamente ha risposto al telefono mia mamma e, beh, alla fine le ho dovuto raccontare tutto.”
Thomas strinse di più la mano attorno alla sua, per cercare di confortarlo. Quindi era per quello che si erano lasciati?
“Da lì in poi Alby non è stato più lo stesso. Quando siamo tornati a scuola non mi rivolgeva neanche la parola, anzi, ha iniziato ad evitarmi in ogni modo e ha avuto anche diverse ragazze... Sì, Tommy, ragazze: credo che la sua famiglia gli abbia fatto una lavata di cervello pazzesca. Da un lato mi dispiacque vederlo soffrire in quel modo ma capii che non avrei potuto farci nulla.”
“Che situazione di merda...” borbottò l'altro, passandosi una mano sul viso.
“Già... Probabilmente ora farà il finto etero per il resto della sua vita solo per compiacere i suoi,” sussurrò Newt con lo sguardo perso nel vuoto.
Era la prima volta che vedeva Newt con un'espressione così sconsolata in volto.
“Quindi... i tuoi sono tranquilli su questa storia?” domandò Thomas, cercando di sviare il discorso.
“Sì... ovviamente all'inizio hanno fatto un po' fatica a metabolizzare il tutto ma penso nutrissero qualche sospetto già da un paio d'anni,” finalmente, Newt si lasciò andare ad una risata, “voglio dire, nella mia camera ci sono solo foto di boyband e robe del genere... Neanche un mezzo calendario raffigurante ragazze in bikini.”
“Mmh, ma neanche io ho poster di quel genere...” bofonchiò Thomas pensieroso.
“Allora anche i tuoi probabilmente avranno iniziato a farsi qualche domanda,” lo prese in giro Newt.

Dopo poco i due arrivarono davanti a casa Edison: la villetta sembrava deserta; la macchina dei suoi genitori non era parcheggiata nel vialetto e le luci spente segnalavano che dentro non c'era anima viva.
“Ti va di...?” domandò Thomas, facendo cenno alla porta d'ingresso.
“Vuoi riprendere il discorso di ieri?” domandò Newt ridacchiando.
“Mi piaceva il discorso di ieri...” lo punzecchiò Thomas infilando le chiavi nella serratura.
I due così entrarono in casa e, non appena la porta si chiuse, Newt si avvicinò al moro e lo spinse contro al muro per baciarlo con foga, passandogli le mani attorno al collo.
“Newt piano...” lo richiamò in un sospiro Thomas, ad occhi chiusi.
“Sssh!” lo zittì l'altro, alzandogli la maglietta per accarezzargli la schiena.
“Pensavo solo... Forse potremo salire in camera mia,” sussurrò mordendosi il labbro.
Newt a quel punto si fermò per guardarlo dritto negli occhi, con espressione seria “Sicuro...?”
Thomas annuì vigorosamente, poi lo prese per mano e i due salirono al piano di sopra.
Dopo aver acceso la luce, Newt si guardò attorno curioso.
La camera da letto, dipinta di un azzurro tenue, era abbastanza spaziosa: un letto singolo era posizionato sotto un'ampia finestra che faceva filtrare le pallide luci della sera, mentre dalla parte opposta vi era piccola libreria ed un'ampia scrivania di legno ove era appoggiato il portatile di Thomas ed alcuni libri.
Il padrone di casa si sedette cautamente sul letto, come se si fosse appena accomodato su dei bicchieri di cristallo. Rimase poi in silenzio, senza distogliere lo sguardo da Newt neanche per un secondo.
Il ragazzo si avvicinò a lui e allungò una mano per accarezzargli i capelli castani, lasciandosi andare ad un sorriso. Poi, lentamente, lo spinse all'indietro sul materasso, inginocchiandosi sopra di lui, riprendendo a baciarlo.

Thomas rimase a fissare il soffitto della sua camera a lungo, quella sera.
Si sentiva felice e al contempo estremamente agitato.
Nonostante i due non fossero andati fino in fondo, ma si fossero fermati dopo qualche preliminare, tutta la giornata per Thomas era stata tremendamente appagante. Non aveva mai provato sensazioni simili con nessuna ragazza prima di allora e, adesso, capiva il perché. Piano piano iniziava ad ammettere a sé stesso quello che aveva scoperto solo da poco, da quando aveva iniziato a sentirsi attratto da Newt: era gay.
I due erano rimasti accoccolati sul letto per parecchio tempo a parlare sottovoce e farsi le coccole: Newt si era girato verso di lui, aveva appoggiato la fronte contro la sua ed erano rimasti così, a perdersi semplicemente l'uno negli occhi dell'altro.
“Mi piaci,” aveva sussurrato Newt.
“Anche tu mi piaci... Davvero tanto,” aveva ammesso Thomas per la prima volta a voce alta, mentre gli accarezzava dolcemente un braccio.

Thomas chiuse gli occhi e assaporò il ricordo di quei momenti passandosi la lingua sulle labbra.
Newt era andato via poco prima che rientrassero i suoi genitori ma aveva promesso di scrivergli non appena rientrato a casa.
Come se avesse percepito quel pensiero, il cellulare di Thomas vibrò.

Da: Newt
Ore: 21:02
Testo: Sono a casa ...:(


Thomas rise e si affrettò a rispondere: “Non ti sei ancora stufato di me? Siamo stati appiccicati tutto il giorno!

Da: Newt
Ore: 21:04
Testo: Non potrei mai stufarmi di te... Anzi, credo di essere insaziabile :P
Domani credo racconterò a Minho per filo e per segno dove sono state le tue labbra oggi pomeriggio... Giusto per testare la sua resistenza psicologica, lol. Buonanotte Tommy <3







.
.
.
.
NDMeraki: Non so se sia consentito o meno allegare immagini all'interno della fanfiction (una volta era permesso ma... non mi va di indagare oltre al momento -pessima giornata, lol) quindi vi lascio il link qui di una cosina piccina picciò che ho fatto: linkIMG
EHEHEH. A presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** IX. ***


Erano ormai passati un paio di giorni da quando Newt era stato a casa Edison. Le cose tra di loro non potevano andare meglio e Thomas si sentiva al settimo cielo ora che si erano messi insieme ufficialmente.
Nonostante entrambi parlassero tranquillamente del loro rapporto con Minho (che a volte scappava imbarazzato dopo aver sentito cose di cui avrebbe preferito rimanere all'oscuro), quand'erano in pubblico non si lasciavano andare ad effusioni: Thomas aveva capito che non tutti i suoi compagni di scuola avrebbero visto di buon occhio il loro rapporto quindi i due avevano preferito mantenere segreta la loro relazione, per il momento.
Teresa non si era più fatta viva dopo quel giorno in cortile e Thomas aveva deciso di concederle un po' di tempo per “smaltire” l'intera faccenda, prima di tornare a cercare la sua compagnia.
Inoltre si sentiva tremendamente infastidito quando pensava al bacio che lei gli aveva scoccato a tradimento: non aveva ancora avuto il coraggio di parlarne a Newt...
Fantastico, stiamo assieme da neanche una settimana e già devo nascondergli qualcosa...” pensò amaramente, richiudendo la porta di casa dietro di sé.
Era una giornata particolarmente fredda: il cielo era carico di nuvoloni grigiastri che minacciavano di lasciarsi andare ad un violento temporale da un momento all'altro. Quel giorno Minho non sarebbe passato a prenderlo: gli aveva scritto un sms poco prima dicendo di non sentirsi bene e che, quindi, sarebbe rimasto a casa.
Mentre Thomas pregava non iniziasse a piovere durante il tragitto fino a scuola, la sua attenzione fu catturata da una figura che lo aspettava sul marciapiede davanti casa: era Newt, che lo guardava sorridendo compiaciuto.
“Buongiorno Tommy! Siccome Minho mi ha scritto di essere malato ho pensato di venire a prenderti,” lo salutò con un cenno, avvicinandosi a lui per poi sfiorargli un fianco dolcemente.
“Cavolo, ma tu abiti dall'altra parte della città, chissà a che ora sei dovuto partire per venire fin qui...” borbottò Thomas arrossendo di piacere.
“Non preoccuparti, infondo casa tua non è lontano dalla scuola... Se ti da fastidio posso sempre fare la strada da solo e possiamo vederci in classe,” dichiarò, arricciando il naso.
“NO! Insomma, mi ha fatto piacere...” si affrettò a rispondere Thomas, avvicinandosi a lui per posare innocentemente le labbra sulla sua guancia.
Newt rise, poi lo prese per una manica e lo trascinò via.

La prima lezione della giornata era storia contemporanea e... Thomas si stava annoiando a morte. Stava giocherellando con la matita quando si sentì pizzicare il gomito.
“Ahi...” sussurrò voltandosi verso Newt, per poi accorgersi che questi lo guardava con un'espressione che non aveva mai visto prima: le labbra sottili erano così contratte che avevano assunto una tonalità perlacea e ogni muscolo del suo viso sembrava irrigidito, mentre le gote erano stranamente imporporate.
“Che c'è? Che succede?” domandò Thomas sconcertato, appoggiandogli una mano sulla spalla e sporgendosi per cercare di capire cosa stringeva tra le mani.
Newt lo facilitò, alzando la mano destra sul banco per mostrare lui il display dello smartphone: sopra c'era una foto che fece impallidire Thomas.
Lui e Teresa che si baciavano.
Com'era facile intuire, la foto faceva parte di un messaggio inviato da faccialibro e il mittente era il misterioso Mister x.
“Newt...” incominciò Thomas, guardando alternamente lui e il cellulare, “Ti posso spiegare tutto,” sussurrò pregando che il biondo gli desse modo di spiegarsi.
Ma, come aveva previsto, Newt era di tutt'altro avviso: in un moto di rabbia afferrò il proprio zaino buttandoci dentro a casaccio tutto quello che aveva sul banco.
“Mi avevi detto che era solo un'amica,” sibilò a denti serrati, “e io come uno scemo mi sono fidato!”
“Non è come sembra, è stata lei che...”
“Sì, certo,” borbottò ironico Newt roteando gli occhi prima di alzarsi ed uscire dall'aula senza aggiungere altro.
“Signor Newton, dove sta andando? La lezione non è finita!” esclamò la professoressa agitando invano il gessetto verso la porta.
Thomas sbuffò e si alzò a sua volta: “Mi dispiace professoressa, non si sente bene... Lo accompagno in infermeria,” spiegò frettolosamente e, senza attendere una risposta, lo seguì nel corridoio.

“Newt... Newt fermati! Se mi lasciassi almeno il tempo di spiegarti...”
“Spiegarmi cosa? Non sono un genio ma certe cose le capisco anche io,” rispose Newt senza girarsi.
In un attimo, Thomas gli fu accanto e lo prese per le spalle per cercare di fermarlo.
“E' vero, l'altro giorno Teresa mi ha baciato ma... Ti giuro che io non volevo! E non ho ricambiato!” lo supplicò il moro con una smorfia, guardandolo dritto negli occhi.
“Ah sì? E lei ti avrebbe accidentalmente infilato la lingua in bocca? Devi aver fatto una resistenza tremenda!” disse ironico il biondo, scrollando le spalle.
“Se è vero che non hai ricambiato il bacio... Perché non me l'hai detto prima?”
“Proprio per questo motivo! Perché io non provo niente per lei... A me interessi solo tu.” ammise Thomas mordendosi un labbro.
“Non lo so Tommy... E' da poco che hai scoperto che ti piacciono anche i ragazzi. Magari hai preso solo un abbaglio con me, che dici? Come faccio a fidarmi di quello che mi stai dicendo? Non lo so, non ci capisco più niente. Devo schiarirmi le idee... Ciao.” lo salutò freddamente, prima di fare dietro front e correre fuori dalla scuola.

Thomas seguì il resto delle lezioni svogliatamente; lo sguardo assente fisso sulla lavagna, la mente vuota.
Perché quel Mister x ce l'aveva tanto con lui?
E, soprattutto, chi diavolo gli aveva scattato quella foto?

Questi pensieri lo tormentavano e non riusciva a darsi pace.
Al termine delle lezioni, si ritrovò a far la fila per prendere il pranzo tutto solo e si accorse che, nonostante si fosse trasferito da più di un mese, non aveva fatto amicizia con nessuno a parte Minho e Newt.
Prese di malavoglia un piatto di spaghetti e si sedette ad un tavolo vuoto, iniziando a mangiare in silenzio.
“Ehi?”
Quando si voltò in direzione della voce, si meravigliò di ritrovarsi faccia a faccia con Teresa, in piedi accanto a lui con il suo vassoio stretto tra le mani.
“Ciao Tom... Posso sedermi?” domandò guardandosi in giro imbarazzata, “il tuo è l'unico tavolo libero,” aggiunse a mo di scusa, come se volesse far intendere che non aveva altra scelta.
“Certo, accomodati...” rispose Thomas agitando la forchetta in aria e tornando a guardare i propri spaghetti con sguardo assente.
“E' successo qualcosa? Hai una faccia...” la ragazza sembrava essere sinceramente preoccupata, così Thomas decise di raccontarle per filo e per segno cos'era successo quella mattina.
Quando ebbe finito, Teresa si coprì la bocca con una mano e rimase a guardarlo sconcertata.
“Una foto mia e tua mentre...? Ma chi diavolo può averla scattata? In cortile non c'era praticamente nessuno e comunque io non mi sono accorta di niente...”
Nonostante quella storia fosse in gran parte anche colpa di Teresa, la ragazza sembrava così sinceramente dispiaciuta dell'accaduto che Thomas non riuscì a prendersela con lei.
“Non lo so...” borbottò l'amico facendo spallucce, “Ma chiunque sia stato deve odiarmi a morte. Vorrei davvero capire perché...”
“Mi dispiace Tom, vorrei poter fare qualcosa per te ma credo che se tentassi di parlare a Newt peggiorerei solo il problema. Dopotutto sembra non voler sentire ragioni...”
“Non so proprio come comportarmi!” esclamò il ragazzo prendendosi la testa tra le mani: “Proprio ora che stava andando tutto bene tra di noi.”
Teresa abbassò lo sguardo sul suo piatto e giocherellò per un po' con il cibo, come se d'un tratto si fosse estraniata in un mondo tutto suo.
“Mi dispiace, forse non dovrei parlarti di queste cose. Non volevo essere indelicato.” si scusò lui, osservandola attentamente.
“Non preoccuparti, mi fa piacere che ti confidi con me... Significa che mi reputi importante, in un modo o nell'altro, giusto?”
Thomas annuì e lei sorrise felice, poi si chinò a frugare nello zaino per tirarne fuori un volantino rosa tutto stropicciato: “Forse eri troppo impegnato a pensare a Newt in questi giorni da accorgerti che la prossima settimana è Halloween. La capitana delle cheerleaders darà una festa a casa sua, magari potresti venire a fare un giro... Ci sarà un sacco di gente, sono sicura che ti farebbe bene uscire un po' e farti qualche altro amico. Ovviamente puoi portare anche Minho se promette di non mettermi di nuovo in imbarazzo!”
Thomas rise, poi lesse di sfuggita il volantino: “Certo, perché no? Posso chiedere anche a Newt? Cioè... sempre che nel frattempo riesca a perdonarmi,” chiese, facendosi di nuovo scuro in volto.
“Ma certo,” rispose Teresa alzandosi e sollevando il proprio vassoio: “ora devo andare, a presto!”
Thomas avrebbe potuto giurare che fosse rimasta particolarmente seccata da quella sua ultima domanda.

Quella sera, Thomas si era rintanato in camera sua subito dopo cena. Anche con la porta chiusa, poteva sentire chiaramente sua mamma lavare i piatti e la cronaca televisiva della partita di rugby che stava seguendo il padre.
Rimase steso sul letto a luce spenta per un po', cercando di raccogliere i pensieri.
Aveva provato a chiamare Newt un paio di volte e a lasciargli qualche messaggio ma non aveva ricevuto alcuna risposta. Aveva però avuto modo di parlare con Minho e spiegare lui l'accaduto. L'asiatico era a letto con l'influenza e gli aveva scritto qualche messaggio carico di errori ortografici (stava così male da non riuscire a scrivere come una persona normale?!) per cercare di confrontarlo.
Quando Newt si chiude a riccio non c'è niente che tu possa fare per farlo aprire,” gli aveva scritto, aggiungendo poi: “lascialo sbollire per un po', sono sicuro che tra qualche giorno tornerete a fare i piccio-piccioni-piccioncini.
Thomas però si sentiva fremere dall'impazienza: come avrebbe potuto aspettare qualche giorno? Voleva vederlo, voleva farsi perdonare e fare pace.
Lo schermo del suo computer si illuminò e un suono segnalò una nuova notifica da faccialibro.
Thomas si alzò riluttante, per poi prendere posto sulla sedia della scrivania con un sospiro.
Minho gli aveva appena scritto in bacheca: “BRUH!”.
Ridacchiando, Thomas spostò il mouse per rispondere: “BRUH...TTO!
D'un tratto, si aprì un piccolo pop-up in basso a destra: un nuovo messaggio.
Come se fosse caduto in trance, il ragazzo rimase a fissare lo schermo per diversi minuti senza muovere un muscolo.
Il testo riportava: “Non preoccuparti, Tommy, a quanto pare non sei il solo ad avere segreti, x.
Con dita tremanti, Thomas si costrinse ad ingrandire la foto allegata: Newt era seduto sugli scalini del portico di quella che aveva tutta l'aria di essere casa sua e, accanto a lui, c'era Alby. Il ragazzo di colore stava sussurrando qualcosa all'orecchio del biondo, che sorrideva divertito. Non si stavano baciando ma i loro corpi erano così vicini da sfiorarsi e l'atmosfera in generale sembrava davvero troppo intima per far intendere che si trattasse solo di un incontro amichevole. Come a peggiorare ulteriormente le cose, la foto era scattata di sera e... cosa diavolo ci faceva Alby a casa di Newt?!

La mattina dopo Thomas si avviò per raggiungere la scuola completamente solo: non si aspettava di vedere nuovamente Newt davanti a casa sua e, comunque, la cosa non gli avrebbe fatto granché piacere in quel preciso momento.
Dopo aver visto la foto non aveva chiesto spiegazioni né aveva più scritto alcun messaggio al biondo (che, per inciso, non aveva risposto a nessuno dei precedenti).
Se avesse potuto, Thomas avrebbe volentieri fatto a meno di andare a scuola: si era sentito ferito e non aveva alcuna voglia di affrontare la questione. L'unica cosa che agognava era starsene sdraiato sotto le coperte a frignare come un pivello.
“Ciao Tom!” lo salutò Teresa che, evidentemente, lo stava aspettando accanto ai cancelli dell'edificio.
“Ciao...” mugugnò lui schiarendosi la voce: “come stai?”
“Non c'è male. Oggi abbiamo un compito in classe di geografia ma per fortuna mi sento abbastanza preparata. Tu, piuttosto? Hai una faccia! Sei stato appena investito da un autobus?”
A Thomas iniziava seriamente a mancare la compagnia di Minho: nonostante fosse un pagliaccio, era sempre pronto ad ascoltarlo e a dispensare consigli utili... più o meno.
In quel momento però non c'era e lui aveva disperatamente bisogno di parlare di quella faccenda con qualcuno, prima che la sua testa esplodesse. Così decise di raccontare gli sviluppi della storia a Teresa.
“Quando ho visto la foto ci sono rimasto malissimo,” sussurrò affranto, “ho anche provato a rispondere al messaggio di quel tizio ma, ovviamente, non mi ha più scritto nulla.”
“Che cretino!” esclamò vigorosamente Teresa, arrossendo leggermente, “ma chi si crede di essere? Al primo malinteso scappa a farsi consolare dal suo ex? Mi dispiace Tom, ma non si è comportato affatto bene. Voglio dire, prima di tutto non ha voluto ascoltare le tue ragioni e secondo sembra non si sia fatto poi molti scrupoli a lasciarti perdere di punto in bianco!”
Thomas abbassò la testa, lasciandosi prendere dallo sconforto: “forse hai ragione... Non valgo niente per lui.”
Teresa annuì decisa ma, quando si accorse di aver ferito l'amico, la sua espressione si addolcì.
“Tom, non volevo essere così schietta, perdonami... Infondo potrei anche sbagliarmi riguardo questa storia.”
“Sì, potresti... O forse no,”
Nonostante la ragazza avesse avuto poco tatto nel fare quelle affermazioni, esse si stavano insinuando in Thomas come delle viscide sanguisughe. Le poteva quasi immaginare appiccicate al suo cervello, intente a succhiargli via ogni pensiero positivo riguardo l'intera faccenda.
Proprio in quel momento Newt passò accanto a loro e, senza degnarli di uno sguardo, li superò con ampie falcate, per poi sparire all'interno dell'atrio.
“Che tipo...” borbottò Teresa.
Dopo un primo momento di smarrimento, Thomas salutò Teresa e si affrettò a raggiungere la sua aula.
“Buongiorno.” salutò seccato il suo vicino di banco, prendendo posto.
“Buongiorno.”
Quelle furono le uniche parole che i due si scambiarono durante tutta la mattinata.

Newt era così freddo che Thomas stentava a credere che quello che aveva seduto accanto fosse realmente lui. Per tutta la lezione non gli rivolse neanche una mezza occhiata e, arrivata l'ora di pranzo, si alzò e se ne andò ancora prima che Thomas avesse il tempo di chiudere il libro.
“Newt,” lo richiamò, seguendolo fuori dall'aula.
Il corridoio iniziava a ghermirsi di alunni che disordinatamente si dirigevano alla mensa scolastica.
“Tommy, non mi va proprio di parlarti ora,” sospirò infastidito Newt, grattandosi la testa.
“Neanche a me va molto, veramente. Volevo solo dirti che sinceramente, mi aspettavo da te un comportamento più rispettoso... Soprattutto dopo la sfuriata che mi hai fatto ieri.”
“Ma di che diavolo stai parlando? Sei stato tu a baciare Teresa!” controbatté l'altro, allargando le braccia esasperato.
“Io non ho baciato Teresa,” scandì Thomas, digrignando i denti, “e non mi riferivo a quello.”
“E allora a cosa?”
“Non ci arrivi proprio? A quanto pare quello con la coscienza sporca tra noi due non sono io...” rispose rabbiosamente prima di allontanarsi, lasciando Newt disorientato e confuso.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** X. ***


Nonostante Minho avesse ricevuto diversi sms sia da Thomas che da Newt durante la sua assenza, quando il lunedì fece rientro a scuola capì subito che la situazione era ben più grave di quello che i due davano a vedere. Seppure Thomas fosse seduto tra lui e Newt, quest'ultimo non lo degnava di uno sguardo e, anzi, aveva iniziato a rivolgersi a Minho come se l'altro ragazzo non esistesse neanche.
“E' strano vederti ammalato. Insomma, ti conosco ormai da tipo quanto? Tre anni? E credo di non averti mai visto assentarti da scuola per più di due giorno di seguito.”
“Che ci vuoi fare, la mia resistenza fisica è leggendaria! Purtroppo questa volta ha toppato alla grande...” rispose Minho, incrociando le braccia davanti al petto per poi fare un cenno in direzione di Thomas, “in ogni caso immagino che la compagnia non ti sia mancata.”
Newt lanciò un'occhiata a Thomas, il quale faceva finta di ripassare gli appunti con il naso incollato ad un libro di testo.
“Mmmh,” mugugnò contrariato prima di voltarsi e iniziare a scarabocchiare sul suo quaderno.
Solo a quel punto Thomas osò alzare lo sguardo per fulminare Minho, che per tutta risposta scrollò le spalle in modo colpevole.

 

“Amico, la situazione mi sembra tragica!”
L'orario della pausa pranzo si era fatto largo lentamente verso di loro durante quella mattina surreale e uggiosa. Newt si era andato a rintanare nel laboratorio di falegnameria con una scusa e ora gli altri due ragazzi si stavano svogliatamente trascinando verso la mensa.
“Io ho provato a parlare con lui, dico davvero! Ci ho provato! Poi ho visto quella foto di lui ed Alby e... non ci ho più visto. Da una parte vorrei provare a chiarire ma dall'altra mi sento... preso in giro,” ammise Thomas con lo sguardo puntato sul pavimento.
“In amore l'orgoglio non serve a niente, lo sai?” puntualizzò Minho, passandosi una mano sulle labbra, “Probabilmente dovrei fare questo discorso anche a Newt...” aggiunse parlando tra sé e sé, come se si stesse facendo un appunto mentale.
“Lo so ma lui non mi da retta: se provo ad avvicinarlo scappa via con qualche scusa idiota! Inizio a pensare di non valere nulla per lui,” borbottò sconsolato.
“Secondo me dovete solo vedervi a quattrocchi e chiarire. Ho come l'impressione che sia tutto solo un grande malinteso...”

“L'unica cosa che so è che ogni volta che chiudo gli occhi vedo lui e Alby seduti su quella veranda,” ammise stropicciandosi le palpebre.
Minho si limitò a scuotere la testa e a dargli una pacca sulle spalle.
“Hai ancora visto Teresa?” domandò di punto in bianco.
“Sì, ma... Lo sai, non c'è niente tra noi due.”
“Io lo so, ma Newt no. Dovresti cercare di girarle alla larga per un po'... Almeno finché non chiarirai con quello scemo,” sospirò pesantemente, poi aggiunse: “e comunque non mi è mai piaciuta quella.”
“Perché?” domandò sbigottito Thomas, voltandosi verso l'amico.
“Brò, a scuola hai una media mostruosa però sembra che il tuo cervello non riesca a ragionare su questioni del genere... Forse sei troppo buono per pensare male di qualcuno?” si lasciò scappare una risata mentre afferrava uno dei vassoi e si avvicinava al bancone dov'era esposto il cibo.
“Cosa intendi dire?” Thomas lo guardò confuso.
“Insomma, quando quel cavolo di Mister X ha fatto la sua comparsa... chi è stata la prima a correre da te per venirti a consolare? Non ti sembra strano che, proprio mentre le cose tra te e Newt vanno alla grande, Teresa ti bacia e CASUALMENTE una vostra foto finisce su faccialibro?” spiegò Minho, guardandolo scettico.
“Secondo te... Teresa potrebbe essere Mister x? Sinceramente anche a me è balenata quest'idea in testa ma... Come avrebbe potuto scattare la foto del bacio se mi stava baciando?! Non ha senso!” esclamò confuso, grattandosi la testa con una mano.
Minho alzò le spalle come per dire “non lo so”, poi afferrò della carne ai ferri e seguì Thomas ad uno dei tavoli della mensa.
“Una cosa è certa: fossi in te, io non mi fiderei troppo di quella tizia,” aggiunse.
“Ciao ragazzi!”
Entrambi sussultarono e si girarono verso la voce squillante dietro di loro: quando si dice “parli del diavolo”.
Teresa era in piedi accanto al tavolo e li guardava sorridendo curiosa, “come mai così seri?”
“Ehm niente,” si affrettò a rispondere Thomas, “a proposito Minho, mi sono dimenticato di dirti che siamo invitati alla festa di Halloween delle cheerleaders.”
Minho lo guardò incredulo, con la bocca semi aperta e gli occhi spalancati, “come hai detto?!”
“Sì... E' stata Teresa ad invitarci,” la indicò e lei annuì, come a dare un'ulteriore conferma.
“Thomas stai scherzando? E' la festa più grande della scuola! Insomma, ci saranno milioni di ragazze pronte a...” poi si fermò a metà frase per lanciare un'occhiata a Teresa, che lo osservava curiosa.
“...Non importa. Comunque, grazie Teresa, io e Thomas verremo più che volentieri,” concluse con un tono estremamente gentile, regalandole un sorriso.
“Perfetto, ci conto. Ci vediamo allora!” e detto ciò sparì nel corridoio.
“Mister x o no, ora sarò eternamente riconoscente a quella tizia. Circolano certe voci su quella festa che farebbero impallidire persino i tizi di Project x, hai presente? No? Ma dove vivi? Comunque, dicono che sia una festa piena di alcool e tizie che girano mezze nude disposte a fare...”
Thomas a quel punto lo zittì punzecchiandolo con una forchetta, “ho afferrato il concetto.”
“Ecco, quindi dobbiamo assolutamente andarci! Newt c'è stato anche l'anno scorso con Alby e...” si bloccò a metà frase per poi voltarsi verso l'amico: “Beh insomma, dobbiamo andarci.
Thomas rise e finse di star gustando un pezzo di tortino di verdura per non dover più continuare quel discorso.

 

Per distrarsi dal pensiero di Newt, quella settimana Thomas si dedicò anima e corpo agli allenamenti di atletica. La settimana precedente l'assenza di Minho si era fatta sentire e l'intera squadra aveva decisamente battuto la fiacca. L'asiatico sembrò accorgersene e sottopose i ragazzi ad un allenamento ancora più duro del solito. Quando rientrava a casa la sera, Thomas si sentiva tutte le gambe indolenzite e piene di lividi ma poteva dire di aver raggiunto il suo scopo: era così stanco che si addormentava sempre dopo cena e quindi non aveva tempo per rimuginare su nient'altro.
Lui e Newt non ebbero più molte occasioni di parlare poiché il biondino sembrava seriamente occupato con un progetto di falegnameria e Thomas si era ripromesso di non saltare nemmeno uno degli allenamenti del club.

In un lampo giunse Venerdì e il weekend fu alle porte.
Il sole stava pigramente tramontando dietro gli alti alberi che circondavano il campo di atletica e irradiava di una calda luce rossastra la pista da corsa, tramutandola in una distesa di lava infuocata.
O almeno, Thomas la percepiva così.
Ormai era quasi al suo ventesimo giro di campo e, neanche a dirlo, la stanchezza iniziava a farsi sentire dopo un pomeriggio intero passato ad allenarsi assieme al Club di atletica. I suoi compagni erano già andati via da un pezzo, ma lui era rimasto per esercitarsi ancora un po': dopotutto era l'ultimo arrivato e sentiva il bisogno di mettersi in pari con gli altri.
"Ancora 5 giri Thomas," pensò cercando di farsi forza, allungando il passo per lo sprint finale. Ad un certo punto però, una morsa di dolore gli trafisse la gamba, facendolo arrancare ed inciampare sui suoi stessi piedi: il ragazzo fece un volo di mezzo metro e ruzzolò faccia a terra, sfregando la guancia sul terriccio da corsa.
"THOMAS!"
Ebbe giusto il tempo di sentire un voce urlare il suo nome, prima che tutto intorno a lui si facesse buio.

 

Riprese conoscenza poco a poco: poteva sentire il terriccio del campo sotto il suo peso, il viso bruciare dal dolore, il sapore del sangue in bocca. L'ultima cosa che percepì prima di riaprire completamente gli occhi furono un paio di mani che lo tenevano per le spalle.
“Tommy?”
Newt era chino sopra di lui e lo guardava preoccupato, il viso più pallido del solito.
“Sto bene...” sussurrò Thomas socchiudendo nuovamente gli occhi. Si sentiva ancora stranamente debole e la luce del tramonto gli dava particolarmente fastidio.
“Sei caduto come una pera,” lo prese in giro Newt, lasciandosi andare ad una mezza risata, “e poi stavi li immobile! Mi hai fatto prendere un infarto!” lo riprese, iniziando a frugare nello zaino per prendere un fazzoletto e poi premerglielo sul viso: “hai preso una bella botta. Forse dovresti passare in infermeria prima di tornare a casa,” consigliò.
Thomas percepì di essere ferito alla guancia e di star perdendo sangue, così appoggiò istintivamente una mano su quella di Newt che sorreggeva il fazzoletto.
I due rimasero in silenzio per un po': Thomas continuava a tenere gli occhi semichiusi e respirava profondamente mentre il gli occhi del biondino erano fissi sul suo viso.
“Ce la fai ad alzarti?” domandò poi gentilmente, offrendogli una mano.
Thomas la afferrò ed entrambi si issarono in piedi.
“Grazie Newt,” riprese fiato, come se dire quelle semplici parole gli fosse costate uno sforzo tremendo.
“Non dirlo neanche,” rispose l'amico, appoggiandogli una mano sulla spalla.
“Ma che ci fai qui a quest'ora?” domandò Thomas, guardandosi attorno.
“Io... Ho appena finito quel progetto di falegnameria e stavo tornando a casa,” borbottò per tutta risposta risposta il biondo, distogliendo lo sguardo.
Thomas sorrise al pensiero che i cancelli della scuola si trovassero esattamente dalla parte opposta rispetto al campo di atletica.
Era venuto a cercarmi?” si domandò.
“Newt, dobbiamo parlare...”
Newt sospirò pesantemente, spostando il peso del corpo da un piede all'altro.
“Lo so... Ho cercato di evitare questo discorso con tutto me stesso ma continuo a pensarci: evidentemente non riesco proprio a lasciarti perdere.”
Thomas arrossì e lo guardò confuso.
Ma è scemo? Mi evita per quasi due settimane e poi se ne esce così?
“Prima che tu dica qualsiasi altra cosa...” Thomas infilò una mano in tasca ed estrasse il cellulare, per poi voltarlo in direzione di Newt, “devi spiegarmi questa foto.”
Il biondino osservò lo schermo dello smartphone con espressione accigliata “ma tu come hai...? Ma chi ha...?” domandò incredulo, poi scosse la testa e sospirò.
“Alby è venuto da me l'altra settimana per scusarsi con me e i miei genitori di come si era comportato in passato e... Beh, di come si è comportata la sua famiglia. Devo ammettere che l'intera storia mi è sembrata un po' strana, insomma, ormai sono passati già un paio di mesi da quando ci siamo lasciati.”
Thomas abbassò lo sguardo e si ricacciò il telefono in tasca bruscamente, “quindi questa foto è di quella sera? Newt, a me sembra che tra te e Alby ci sia ancora qualcosa o almeno, da parte sua sicuramente è così e... Per te?” chiese, tornando a guardarlo negli occhi in attesa di una risposta.
Per Thomas, Newt era l'unico. Da quando lo aveva conosciuto non aveva occhi che per lui e lo desiderava in ogni momento, voleva stargli vicino ogni secondo della sua giornata. Ovviamente sperava che per lui fosse lo stesso ma, se così non era, preferiva decisamente saperlo e mettersi il cuore in pace una volta per tutte.
Newt sospirò e si avvicinò a lui per poi fargli scorrere un dito lungo l'avambraccio: “Non provo più niente per lui, te lo assicuro. Io... sono innamorato di te.”
Entrambi arrossirono fino alla punta dei capelli e rimasero a guardarsi per parecchio tempo senza dire nulla.
Thomas sentiva il sudore imperlargli la fronte e non avrebbe saputo dire se fosse perché aveva appena finito di correre o perché era estremamente emozionato per quella frase.
Ad un tratto, si rese conto che forse Newt si aspettava una risposta.
Oh no, ora si aspetterà che io risponda qualcosa tipo “anche io”?!” ma, proprio mentre si domandava ciò, il momento passò e Newt si avvicinò a lui per sfiorargli le labbra con un bacio, che Thomas approfondì entusiasta: se anche qualcuno li avesse visti non gli sarebbe potuto importare di meno, in quel preciso momento si sentiva al settimo cielo.
“Ora possiamo fare pace?”
“Sì...” sussurrò Thomas con voce roca, per poi avvolgerlo in un abbraccio entusiasta, “Mi sei mancato.”
“Anche tu, Tommy...” sussurrò Newt, chiudendo gli occhi per godersi il momento.

Newt si era proposto di accompagnarlo a casa e così, dopo averlo aspettato mentre si faceva una doccia veloce negli spogliatoi, i due si avviarono lungo la strada parlando del più e del meno, felici di aver finalmente risolto l'intera faccenda.
Quando erano ormai quasi arrivati, il cellulare di Thomas squillò, segno che era appena arrivato un sms.

Da: Mamma
Ore: 18:57
Testo: Dei colleghi ci hanno invitato a casa loro per cena, ti ho lasciato i soldi per una pizza sul tavolo. Non aspettarci sveglio, xxx


“Ah, è mia mamma... Dice che non ci sono per cena,” annunciò Thomas stropicciandosi un occhio. La guancia gli faceva ancora male ma per fortuna era solo un graffio superficiale e aveva smesso di sanguinare.
“Potrei...Potrei tenerti compagnia, se ti va” propose Newt e, Thomas notò sorpreso, la sua voce stava tremando.
Si scambiarono uno sguardo carico di tensione, poi Thomas annuì cautamente: “mi farebbe piacere”.

 

Thomas era steso sul suo letto, le braccia di Newt che lo circondavano in un caldo abbraccio, le gambe intrecciate alle sue.
Aveva la mente completamente sgombra da qualsiasi pensiero. Fino a poco tempo fa non avrebbe mai e poi mai potuto lontanamente immaginare che la sua prima volta sarebbe stata con un ragazzo. E invece eccolo li, il corpo nudo e appiccicaticcio accoccolato contro quello bianco latte di Newt.
“Tutto ok, Tommy?” domandò Newt rompendo il silenzio che si era creato.
Thomas annuì senza aggiungere altro. Si sentiva stranamente leggero e... felice. Molto felice. Quella situazione si era sviluppata così velocemente e improvvisamente che Thomas riusciva a realizzare cos'era successo soltanto ora.
Una volta entrati in casa avevano ordinato la pizza e, mentre mangiavano davanti alla tv, Newt lo aveva provocato (come al solito). Poi, Thomas, preso da uno slancio di audacia improvviso, lo aveva preso per mano e portato in camera da letto.
Si prese la testa tra le mani, imbarazzandosi ripensando a come aveva reagito d'impulso chiedendo a Newt di spingersi oltre i preliminari.
“Che succede? Hai male?” domandò Newt preoccupato, issandosi su un gomito per osservarlo. Nonostante ci fosse poca luce nella stanza, Thomas poteva vedere perfettamente il suo viso e le linee del suo corpo illuminate dalla luna: nudo com'era sembrava ancora più bello.
Scosse la testa e si avvicinò per baciarlo.
“Credi... Credi che sarebbe stato meglio aspettare ancora un po' prima di farlo?” domandò di punto in bianco, cogliendolo di sorpresa.
“Non lo so... Tu di solito quanto aspetti prima di...?” domandò Thomas arrossendo impercettibilmente.
Newt rimase a guardarlo per un po' prima di distogliere lo sguardo, “Tommy, era la prima volta anche per me...” ammise, tornando a sdraiarsi per nascondere il suo imbarazzo.
“Dici davvero?” Thomas si mise a ridacchiare e poi si spostò sopra il biondino per baciarlo dolcemente, “non so se stiamo correndo o meno ma... Non mi pentirò mai di quello che abbiamo fatto sta sera,” ammise, passandogli una mano tra i capelli.
Newt sorrise per poi sfiorargli la guancia con le dita, “neanche io, Tommy.”

Thomas avrebbe voluto che quel momento non finisse mai ma si stava facendo tardi e non voleva rischiare che i suoi genitori li beccassero a letto assieme. Quindi, si costrinse ad alzarsi ed entrambi si rivestirono con calma.
“Sarà meglio che mi avvii,” annunciò Newt mentre i due scendevano al piano di sotto. Il biondo recuperò il suo zaino e si avvicinò per dare un ultimo bacio a Thomas, “sono felice che le cose tra noi due si siano sistemate e... Mi dispiace per come mi sono comportato.”
Thomas sorrise e aprì la porta di casa per lasciarlo passare, “ci siamo comportati entrambi come due scemi ma ora è tutto risolto... Vero?” domandò.
Newt annuì, “Minho mi ha detto che Teresa vi ha invitati alla festa delle cheerleaders domani sera...” e, mentre pronunciava il nome della ragazza, Thomas poté giurare di vedere i suoi occhi infiammarsi, “io sono stato invitato da Alby” ammise alla fine.
Thomas inspirò profondamente, “cosa vuoi fare?”
“Minho era così entusiasta... Non possiamo dargli buca. Quindi propongo di andare con lui e... Beh, anche se ci hanno invitato non è detto che dobbiamo passare la serata insieme a loro!” borbottò contrariato, incrociando le braccia.
Thomas sorrise, “va bene, facciamo così allora... Sarà divertente vederti ubriaco.”
L'altro ragazzo si mise a ridere, “dici così perché non mi hai mai visto perdere il controllo! Ci vediamo domani allora... Buonanotte Tommy.”
Si scambiarono un'ultima occhiata carica di aspettative, poi Thomas lo guardò incamminarsi lungo il vialetto e sparire all'orizzonte.






.
.
.
Note dell'autrice (daje)
Volevo semplicemente spendere due minuti per ringraziare tutti voi che mi seguite e avete la bontà di recensire ;_;
Sono davvero felice che la fanfiction vi piaccia!
Probabilmente il prossimo capitolo sarà anche l'ultimo ma giuro che vorrei non doverla concludere mai... mi sono troppo affezionata ai personaggi *piange*
Per la cronaca, non mi sono ancora addentrata nell'universo delle fanfiction Newtmas come "lettrice" ma non appena concluderò la mia fanfiction conto di farlo!
Quindi, se siete autrici/autori e avete scritto qualche Newtmas, sentitevi liberi di linkarmi la storia tramite mp e io la leggerò piùùùùù che volentieri! <3
Vi affetto tutti <3
M., x

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** XI. ***


“Ciao, entra!”
Thomas fece spazio a Minho per permettergli di entrare e poi fece segno di seguirlo su per le scale.
“Sei pronto?” domandò l'asiatico impaziente, mentre i due entravano in camera del ragazzo.
Solo allora Thomas osservò per bene l'amico: indossava una maglietta grigia con il simbolo di Batman e un mantello nero gli scendeva fino alle gambe; in mano stringeva una maschera con cui stava giocherellando distrattamente. Per il resto, non aveva niente di particolare: probabilmente non voleva rendersi troppo ridicolo indossando pettorali finti o pantaloni attillati.
“Quasi... Insomma devo solo mettermi il costume,” borbottò Thomas iniziando a frugare nel proprio armadio, “ma sei proprio sicuro che sia una festa in maschera?”
“Ma certo amico! Altrimenti che festa di Halloween sarebbe? Newt mi ha detto che anche l'anno scorso erano tutti vestiti... o svestiti, nel caso delle ragazze,” ridacchiò compiaciuto, lasciandosi cadere a peso morto sul letto.
Thomas scrollò le spalle e non poté fare a meno di pensare che Minho si trovasse proprio dove lui e Newt avevano fatto l'amore il giorno prima.
Il pensiero lo fece arrossire e si lasciò sfuggire un sorriso: se Minho lo avesse saputo probabilmente sarebbe corso via schifato.
“Che hai da ridere?”

“Niente, niente... Aiutami a tirare su la zip,” disse lui, dopo essersi infilato il costume: una tuta intera completamente nera con davanti disegnato uno scheletro bianco.
Minho si alzò a sedere e lo osservò alzando un sopracciglio: “lo sai che se qualcuno ci vedesse in questo momento penserebbe estremamente male, vero?”
Per tutta risposta, Thomas afferrò un cuscino e glielo lanciò in faccia.

 

Era già sera inoltrata e l'aria si era fatta decisamente fresca ma, per fortuna, il cielo sembrava sereno e a conferma di ciò erano visibili parecchie stelle.
I due amici salirono sulla jeep diretti a casa di Newt: siccome il biondino abitava in periferia e non circolavano molti mezzi pubblici a quell'ora, Minho si era offerto di dargli un passaggio. Nonostante Thomas avesse già intravisto la veranda di Newt sulla foto di Mister x, non era mai stato a casa sua prima di allora. L'edificio si sviluppava su un unico piano e non era particolarmente amplio ma trasmetteva una sensazione di calore. Le luci erano accese in quella che, presumibilmente, era la cucina e un giardino curato e rigoglioso circondava l'abitazione.
“Perché non vai a chiamarlo? Io intanto faccio manovra,” propose Minho con un sorriso malizioso, “se hai abbastanza fortuna, questa sera potresti conoscere i tuoi futuri cognati!” esclamò poi, dando una pacca sulla spalla a Thomas.
“Quanto sei scemo!” borbottò questi, lasciandosi poi andare ad una risata prima di scendere dalla vettura.
Proprio mentre si accingeva a suonare il campanello, la porta si aprì all'improvviso e sull'uscio comparve una ragazzina di circa tredici anni, pallida, con lunghi capelli color miele, che lo fissava sospettosa.
“Dov'è Minho?” domandò seccata, mentre lo squadrava da capo a piedi.
“Ehm... E' in macchina,” rispose Thomas preso alla sprovvista.
La ragazzina a quel punto allungò la testa per vedere oltre di lui e il suo viso si illuminò: la sua espressione si addolcì e un sorriso a trentadue denti gli si dipinse in volto.
“Tommy!”
Newt era comparso dietro di lei come un fantasma.
I capelli biondi spettinati gli ricadevano sulla fronte in un modo che Thomas trovò molto sensuale e indossava una maglietta leggermente strappata sopra ad un paio di normalissimi jeans. La cosa che lo caratterizzava era il trucco: la sua pelle era di una tonalità più chiara del solito per fare risaltare al meglio il contrasto con gli occhi truccati di nero; inoltre, aveva utilizzato del sangue finto per simulare una ferita alla fronte dovuta ad un colpo di pistola.
“Wow, sei fantastico!” esclamò Thomas di getto, dimenticandosi per un attimo della ragazzina.
Newt sorrise: “Vedo che hai conosciuto mia sorella Jane... Ha una cotta mostruosa per Minho da un paio di anni ormai, quindi non farci troppo caso.”
Jane a quel punto arrossì di getto e tirò uno schiaffo sul braccio del fratello, “smettila di dire scemenze!” sbuffò arrabbiata.
Thomas rise, “sono sicuro che Minho, tonto com'è, non se n'è ancora accorto... Dico bene?”
Jane scosse la testa in segno di diniego, poi tornò ad osservarlo come se si fosse accorta solo in quel momento della sua presenza, “e tu chi saresti?”
“Thomas, sono un amico di Newt...” si presentò lui con un sorriso, porgendole la mano.
Jane rimase a fissarlo per un paio di secondi in silenzio poi, senza ricambiare la stretta di mano, si voltò per rivolgersi al fratello.
“Perché io sono l'unica a cui non piovono ragazzi carini dal cielo?!” sbottò prima di girare i tacchi e sparire dentro casa.
I due ragazzi la osservarono andare via, poi Newt sorrise compiaciuto “mia sorella è acida come un limone ma non è per niente tonta,” commentò, chiudendo la porta di casa.

 

Il viaggio in jeep fu entusiasmante quanto breve: Minho aveva alzato il volume della musica e tirato fuori da sotto i sedili una bottiglia di vodka.
“Questa la offre la casa!” esclamò lanciandola a Newt, seduto sul sedile posteriore, “prendete e bevetene tutti! Io sono già scemo di mio, senza contare che devo guidare, quindi vedrò di astenermi per questa sera!”
Newt rise mentre svitava il tappo e prendeva un lungo sorso dalla bottiglia: “Sei proprio una mammina premurosa!”
La casa della capitana delle cheerleaders era così grande e illuminata per l'occasione che non avrebbero potuto sbagliare indirizzo neanche volendo.
Parcheggiarono la vettura poco distante e poi si avviarono con passo sicuro lungo il vialetto: Minho camminava davanti agli altri due con il petto gonfio, dandosi delle arie nemmeno fosse Batman in persona.
Newt allungò una mano per sfiorare il braccio di Thomas in un gesto intimo e il ragazzo contraccambiò con un sorriso entusiasta.
Era la prima volta che partecipava ad una festa del genere ed era felice di poterlo fare assieme al suo ragazzo e al suo migliore amico... Non si sentiva così felice da molto tempo e le sue aspettative per quella serata erano altissime.
La casa, un imponente edificio a due piani, era particolarmente rumorosa: sul prato c'erano varie persone mascherate intente a ridere e chiacchierare con in mano i tipici bicchieri di carta rossi da party. Accanto all'uscio, Gally li osservava avvicinarsi a lui con sguardo accigliato: “E voi che ci fate qui?” borbottò contrariato quando i ragazzi si avvicinarono.
“Siamo stati invitati, mi pare ovvio!” rispose Minho, dandogli una pacca sulle spalle, “ti prego Gallyno, almeno per questa sera cerca di non dare spettacolo...” sussurrò avvicinandosi al suo orecchio.
Gally scrollò le spalle e si limitò a bere un sorso dal suo bicchiere: “Siete voi quelli che fanno sempre parlare di sé...” biascicò contrariato, lanciando un'occhiata di intesa a Thomas.
“Come ti pare!” sbottò esasperato questi, trascinando poi all'interno i suoi amici.
La musica era talmente alta da risultare quasi insopportabile: nel salotto un dj stava mettendo qualche brano alla console e Thomas si sentì quasi soffocare dal fiume di gente che li trascinava involontariamente qua e là. I tre riuscirono a ricavarsi un piccolo spazio per respirare andando in cucina, dove alcuni ragazzi avevano ingaggiato una gara di beer-pong sul tavolo da pranzo.
“Questa festa è assurda!” sentenziò Minho incredulo per poi fissare invidioso i ragazzi che stavano giocando.
“Minho, la cosa assurda è che tu non possa bere...” urlò Newt, cercando di sovrastare la musica incessante.
“Devo guidare, non posso!” ripeté ancora una volta l'asiatico, passandosi una mano tra i capelli.
“Senti, la festa non è lontano da casa mia. Potremo andare a dormire da me e domani mattina potresti tornare a prendere la macchina... Che ne dici?”
Minho guardò il biondino come se gli avesse appena rivelato il segreto dell'Universo, “dici sul serio?” domandò eccitato.
Newt annuì con un sorriso e Thomas si lasciò andare ad una risata.
Era tipico di Minho: piuttosto di lasciare gli amici nei guai, avrebbe fatto qualsiasi cosa... Persino rischiare di non divertirsi ad una festa del genere.
“Newt, ti voglio bene, lo sai vero?!” si avvicinò e abbracciò di slancio l'amico, poi guardò Thomas e aggiunse: “Ehi, niente di personale... Non voglio rubartelo!”
“Tranquillo, hai il permesso di abbracciarlo... Ma solo abbracciarlo!” mise in chiaro Thomas, ironicamente.
Minho però non lo stava più ascoltando: la sua attenzione era stata completamente catturata da una ragazza di colore che aveva preso parte al gioco del Beer Pong. Aveva dei folti capelli ricci che gli ricadevano sulle spalle, un naso fine e regolare e una bocca carnosa... Persino Thomas si ritrovò ad ammettere che era parecchio carina.
“Ragazzi, mi dispiace abbandonarvi ma il testosterone chiama! EHI TU, RAGAZZINA! TI SFIDO!” urlò l'asiatico indicandola, prima di avvicinarsi a lei.
Newt rise e prese Thomas per mano, facendola dondolare dolcemente tra la sua, “perché anche io e te non troviamo qualcosa di divertente da fare?” domandò mentre un sorrisetto malizioso gli si dipingeva in volto.
“Certo... Ti va di bere qualcosa?”
I due si avvicinarono al bancone con gli alcolici e si riempirono i bicchieri con quello che aveva l'impressione di essere un intruglio magico. Thomas lo annusò e percepì un odore nauseabondo e pungente.
“Ma che diavolo...?”
“Secondo me hanno mischiato ogni genere di alcolico presente in commercio...” constatò Newt, prima di tapparsi il naso e provarne un sorso: “mmh, nonostante l'odore non è malaccio” asserì, per poi prendere un altro sorso.
Dopo essersi scolati un paio di bicchieri, i ragazzi si fecero largo fino a raggiungere il giardino interno dell'abitazione e Thomas rimase sbalordito dello spettacolo che gli si presentò davanti: una piscina enorme era posizionata nel bel mezzo del prato e varie persone stavano nuotando al suo interno; alcune avevano ancora addosso i vestiti fradici, altre erano in biancheria intima e... alcune ragazze erano in topless.
“Minho si mangerà i gomiti quando scoprirà di aver perso metà serata dentro casa a giocare a beer-pong!” esclamò Thomas ridacchiando.
Sentiva il viso in fiamme e il mondo attorno a lui ruotare vorticosamente, segno che l'alcol iniziava ad entrargli in circolo.
Stava proprio pensando di buttare in acqua Newt quando la sua attenzione venne catturata da una ragazza seduta scompostamente a bordo piscina: Teresa indossava un paio di shorts e un semplice reggiseno in tinta unita mentre lasciava penzolare a mollo le gambe e sembrava davvero troppo ubriaca per reggersi in piedi. Stava parlando con un ragazzo più grande che Thomas non aveva mai visto; il tipo in questione la guardava con aria a dir poco schifata, una smorfia di disagio dipinta in volto. La stava aiutando a sorreggersi mentre la ragazza era china in avanti e stava piangendo a dirotto.
“Ma che diavolo...?” bofonchiò Newt, che aveva seguito lo sguardo di Thomas e ora guardava Teresa allibito.
“Vieni, dai, andiamo a vedere se ha bisogno di aiuto...” aggiunse, prendendo a braccetto il moro per trascinarlo dalla ragazza.
Nonostante Newt avesse sempre provato astio nei confronti di Teresa, Thomas sentiva che ora il biondino aveva completa fiducia in lui e nei suoi sentimenti; forse, proprio spinto da questo, aveva lasciato da parte la gelosia, per una volta.
“Teresa...?” domandò Thomas, quando i due furono abbastanza vicini a lei per farsi udire, “stai bene?”
La ragazza si voltò verso la voce con movimenti lenti e scoordinati, per poi osservarli con uno sguardo estremamente vago. Il viso, rigato dalle lacrime, era contratto in una smorfia infastidita.
“Non ti senti bene?” Thomas iniziava seriamente a preoccuparsi: si chinò su di lei e le poggiò una mano sulla spalla per cercare di confortarla constatando che l'amica aveva decisamente esagerato con l'alcol.
“TU!” ululò la ragazza, arrancando per cercare di issarsi in piedi, mentre indicava con un dito Newt, “è tutta colpa tua!”
Thomas la guardò sbigottito, girandosi poi in direzione di Newt, che contraccambiò il suo sguardo alzando le spalle come per dire “non so di cosa stia parlando!”
“Se tu non ti fossi messo in mezzo, se tu...! Hai rovinato tutto, tutto!” sibilò, la voce rotta dai singhiozzi, per poi perdere l'equilibrio e ruzzolare a terra.
“Teresa!” esclamarono in coro i ragazzi, aiutandola a rialzarsi.
“Vieni, aiutami a portarla in un posto meno affollato...” bofonchiò Newt facendosi passare un bracci o della ragazza attorno alle spalle per poi trascinarla via.
La condussero sotto il gazebo del giardino, una piccola costruzione di legno circondata dall'edera posizionata in un posto più appartato del giardino, ed intimarono ad una coppietta che stava pomiciando sulla panchina di fargli spazio, per poi farla stendere.
“Mi dispiace...Mi dispiace...” cantilenava ad occhi chiusi.
“Ma che diavolo stai farfugliando? Sei ubriaca persa!” la ammonì Thomas, mentre Newt si sfilava la felpa che aveva addosso per coprirla (commentando: “Ci saranno dieci gradi e questa è mezza nuda...”).
“Tom, ti giuro io non volevo ferirti ma... Era l'unico modo!” piagnucolò, stringendo la sua piccola mano pallida attorno al braccio del ragazzo.
“Si può sapere di che parli?” domandò esasperato.
“E' stato Alby a convincermi, Tom... Alby è Mister X”

 

Newt e Thomas si scambiarono un'occhiata sconcertata mentre sui tre calò finalmente il silenzio. L'unico rumore ancora ben udibile era la musica proveniente dal salotto della casa, che non accennava a diminuire nonostante la notte fosse già calata da un pezzo.
“Alby?” domandò Newt incredulo, appoggiandosi allo steccato del gazebo.
“Sì... Alby non ha mai rinunciato a te, Newt. Non so cosa sia successo tra voi due ma lui ti ama ancora e quando hai iniziato a fare gli occhi dolci a Tom lui ha creato Mister X per cercare di allontanarvi. Poi... casualmente ha scoperto che a me piaceva Tom e mi ha chiesto di aiutarlo. All'inizio ho rifiutato, io... Lo so, ho fatto una cosa terribile!” biascicò asciugandosi le lacrime con la manica della felpa di Newt, “ma quando Tom mi ha rifiutata, Alby è venuto a cercarmi dicendo di averci scattato una foto mentre lo baciavo e così... Ho deciso di aiutarlo. Sono stata io a scattare la foto ad Alby e Newt, quella sera” ammise in un sussurro, per poi chiudersi nel silenzio, il suo esile corpo scosso da tremendi sensi di colpa.
“Basta così.”
Una voce in penombra si levò forte e chiara, costringendo tutti a voltarsi nella sua direzione: Alby era in piedi poco distante dal gazebo, ogni singolo centimetro della sua figura teso e contratto.
“Alby! E' vero quello che dice questa tizia?” sbottò Newt scattando verso di lui, i pugni tesi, “Cosa caspio ti è saltato in mente, si può sapere?” aggiunse sbraitando, ormai senza riuscire a controllarsi.
Thomas non lo aveva mai visto così furente.
“Sì, è vero... Sono stato io” controbatté Alby, senza muovere un muscolo per fermare Newt che avanzava verso di lui con un braccio teso in aria. Il pugno lo colpì dritto in faccia e lo fece barcollare paurosamente: nonostante Newt sembrasse gracile confronto ad Alby, in quel momento Thomas sentì che avrebbe potuto benissimo massacrarlo senza ritegno.
“Come hai potuto?!” esclamò adirato, le narici dilatate e gli occhi che mandavano scintille, “ti sei comportato da vigliacco!”
“Vigliacco io?!” biascicò Alby di rimando massaggiandosi il viso dolorante, “io ero innamorato di te, Newt! Capito? E tu al primo ostacolo mi hai lasciato solo a vedermela con la mia famiglia! Ma che razza di persona sei?!” sbraitò e, prima che Thomas riuscisse a fare qualcosa, sferrò a sua volta un pugno al biondino.
Newt non incassò altrettanto bene il colpo e finì con le gambe all'aria con un tonfo sordo.
“Basta! Smettetela!” urlò Teresa in preda al panico, con la voce rotta per l'agitazione.
Ma nessuno la ascoltava: Thomas scattò in avanti e caricò Alby con tutta la forza di cui era capace, così che entrambi ruzzolarono sul prato.
A quel punto, diversi invitati alla festa si erano accorti che qualcosa non andava e avevano iniziato ad osservare la scena interessati, scatenando cori e grida di incitamento (“Botte! Botte! Botte!”), formando un semicerchio compatto di sguardi curiosi.
“Pivello, stanne fuori se non vuoi farti male seriamente!” lo minacciò Alby, prima di avventarsi di nuovo su di lui.
Thomas non aveva mai fatto a botte prima ma un misto di alcol e adrenalina gli donarono tutta la grinta di cui aveva bisogno.
La colluttazione durò diversi minuti, con sangue e sputi che volavano da tutte le parti: Newt cercò di intervenire ma i due sembravano troppo presi dalla lotta per accorgersi di lui.
Poi, finalmente, i due si rialzarono e rimasero a guardarsi in cagnesco, con il fiato corto.
“Hai sbagliato a metterti contro di me...” ansimò Alby, con un occhio già visibilmente gonfio.
“Hai oltrepassato ogni limite,” controbatté Thomas con la bocca impastata e un labbro spaccato.
“BASTA COSI'!”
Gally si era messo tra di loro con le braccia allargate per cercare di tenerli lontani e passava lo sguardo da uno all'altro cautamente.
“Avete davvero esagerato... C'è da aspettarsi comportamenti del genere da un pivello come Thomas ma non dal Caposcuola...” disse, facendo un segno in direzione di Alby.
Il ragazzo sospirò pesantemente e sputò a terra prima di spolverarsi i vestiti e ricomporsi.
La folla di ragazzi che poco prima li incitava si era già dispersa, ritornando alla festa.
Così com'era arrivata, la rabbia di Thomas si stava placando, lasciando spazio solo ad un dolore lancinante lungo ogni centimetro del suo corpo: Alby di sicuro non si era risparmiato.
“Tommy, stai bene?” domandò Newt quando riuscì finalmente ad avvicinarsi a lui.
“Alby... Ti sei comportato da coglione e, sinceramente... Se anche avessi avuto l'opportunità di continuare a stare con te, sono felice di non averla colta,” specificò poi, guardando il suo ex con un'espressione disgustata, “forse hai ragione a dire che mi sono arreso troppo presto con te ma è stato meglio così a quanto pare: non meriti neanche la mia amicizia, ormai. Io... Davvero, non ti riconosco più. Sei cambiato in modo così profondo che... Non ti riconosco più,” ripeté amaramente, scuotendo la testa rassegnato.
“Adesso basta con queste cazzate...” sussurrò il ragazzo di colore, per poi passare accanto ai due, “Ne ho le palle piene di questa storia. Ho chiuso!” proferì, prima di allontanarsi.
Newt passò un braccio attorno alla vita di Thomas per cercare di dargli un po' di conforto, facendolo appoggiare a sé per sostenerlo.
“Non so che diavolo stia succedendo qui ma... Ogni volta che sei nei paraggi, pivello, qualcuno finisce per farsi male,” esclamò Gally, incrociando le braccia davanti al petto, “vedete di darvi una regolata... tutti e due!” aggiunse squadrando la coppietta, prima di rientrare in casa.
Gally non era mai stato particolarmente simpatico a Thomas ma... Forse, dopotutto, lo aveva giudicato male; probabilmente lo aveva frainteso fin dall'inizio.
Di sicuro, si era comportato meglio di Alby...
“Tommy, mi dispiace... A quanto pare tutta la storia di Mister X è nata per colpa mia,” Newt lo guardava sconsolato, un'espressione estremamente triste dipinta in volto.
“Non hai niente di cui scusarti... Tu non c'entri nulla,” assicurò Thomas passandosi un dito sul labbro spaccato: sanguinava ma, a parte il gonfiore, non sembrava niente di grave.
“Tom...” durante la colluttazione, i due si erano quasi dimenticati di Teresa, che ora li guardava con sguardo vacuo e decisamente colpevole.
“Mi dispiace, io...”
“Teresa, io mi fidavo di te... Pensavo fossi mia amica e invece... Mi hai tradito,” sussurrò Thomas incredulo, scuotendo la testa.
“Tom, mi dispiace,” ripeté ancora la mora, avvicinandosi ai due, “ti amo e... Volevo solo avere le tue attenzioni tutte per me. Spero che un giorno riuscirai a perdonarmi... Ho combinato proprio un casino...”
“Sì, un bel casino...” ripeté Thomas, appoggiandosi a Newt, senza degnare più di uno sguardo la ragazza.
“Andiamo via, ti prego...”

 

Thomas era steso sul letto accanto a Newt e, nonostante fosse ormai notte fonda, non riusciva a prendere sonno. Quella sera erano successe davvero troppe cose e la sua mente faticava a trovare la pace necessaria per permettergli di addormentarsi.
Dopo la rissa, lui e Newt erano andati a cercare Minho e gli avevano raccontato in breve l'accaduto: lui si era appartato in compagnia della ragazza conosciuta al tavolo del beerpong ma, una volta visto in che condizioni era Thomas, aveva deciso di fare ritorno a casa con loro (non prima che la ragazza in questione gli avesse lasciato il proprio numero).
I tre erano barcollati lungo un paio di vie fino a casa di Newt, per poi raggiungere a passo felpato la la sua camera e chiudersi dentro a chiave.
Newt aveva tirato fuori un sacco a pelo per Minho mentre lui e l'altro ragazzo si erano sistemati sul suo letto singolo. Thomas era così stanto che non aveva nemmeno fatto caso all'arredamento della camera, nonostante fosse la prima volta che vi ci mettesse piede.
“Tommy?”
Quel sussurro lo fece sorridere.
“Newt...”
“Ti fa male?” domandò Newt con tono preoccupato, sfiorandogli una guancia.
“Abbastanza... Non oso immaginare domani mattina,” bofonchiò Thomas accoccolandosi contro di lui.
“Mi dispiace per come è andata... Non mi aspettavo che Alby fosse una persona del genere.”
“Potrei dire la stessa cosa per Teresa...”
Silenzio.
“Almeno è tutto risolto e possiamo stare tranquilli... Ora siamo solo noi due,” aggiunse Thomas, passando le braccia attorno al collo del biondino per attirarlo a sé e baciarlo dolcemente.
“Spero tanto che ora non impazzisca anche Minho e inizi a diventare geloso di uno di noi due...” borbottò ironicamente Newt, passando una mano tra i capelli del suo ragazzo.
“A quel punto, lo farò tornare in sé assestandogli un bel pugno... Ormai sono diventato un esperto.”
Entrambi si lasciarono andare ad una risatina liberatoria, prima di scambiarsi un'altra serie di baci lenti e profondi.
“Newt...”
“Sì?”
“Anche io sono innamorato di te...” sussurrò Thomas arrossendo anche se, nell'oscurità più totale, Newt non avrebbe mai potuto accorgersene.
“Ce ne hai messo di tempo a rispondermi,” lo punzecchiò Newt, attirandolo a sé per baciarlo nuovamente.
Thomas sorrise: “Sono un po' lento per queste cose...”
“L'avevo notato...”
“Ehi voi due... La smettete di tubare? Vi ricordo che c'è anche un'altra persona in questa camera... E, per quanto io vi voglia bene, non mi va a genio l'idea di sentire smancerie uscire dalle vostre boccacce...”
Minho non fece in tempo a finire la frase che, per tutta risposta, un cuscino gli era già volato in faccia.

 

La mattina dopo, Minho fu il primo a svegliarsi. Nonostante avesse bevuto diversi bicchieri, non accusava praticamente nessun sintomo del “dopo sbronza”: sentiva solo un leggero malditesta e una vaga sensazione di nausea, ma riusciva a camminare normalmente e si sentiva perfettamente in grado di guidare. Lanciò un'occhiata a Thomas che dormiva avvinghiato a Newt e, dopo aver constatato che entrambi sembravano entrati in coma e che non accennavano a svegliarsi, decise di andare a recuperare la jeep che aveva abbandonato alla festa per poi far ritorno a casa. Era sicuro che, alla fine, a Thomas avrebbe fatto piacere trascorrere un po' di tempo solo assieme a Newt.

 

“Buongiorno...”

Quando Thomas aprì gli occhi, Newt era steso di fianco a lui a torso nudo: la sua pelle bianca sembrava risplendere al sole mattutino e il ragazzo lo guardava con un sorriso estremamente dolce stampato in viso.
“Buongiorno...” sussurrò stropicciandosi gli occhi per tentare di svegliarsi del tutto, “come ti senti?” domandò osservando preoccupato un livido nero che andava via via definendosi sullo zigomo del compagno.

“Beh, diciamo che sono sicuramente messo meglio di te...” rispose quello, allungando una mano per sfiorargli le labbra: a quel contatto, un dolore repentino si impossessò di Thomas, facendolo scattare all'indietro sul cuscino.
“Accidenti, sono conciato così male?” domandò sconvolto, cercando di cogliere una qualche emozione dallo sguardo di Newt.
“Sei bellissimo anche così,” ammise lui, avvicinando il viso al suo per baciarlo dolcemente.
“E così, il problema Mister X sembra essersi risolto...”
“Sì, finalmente...”
I due si guardarono, poi, dopo essersi scambiati un altro dolce bacio, Newt strinse il ragazzo a sé, facendo combaciare ogni centimetro del suo corpo contro il suo.
“Tommy, so di non essere perfetto e che per colpa mia hai passato un sacco di casini ma... Grazie per essere rimasto,” sussurrò flebilmente il biondino e, anche se non riusciva a vederlo bene in faccia, Thomas capì che era arrossito.
“Io... All'inizio non ero sicuro di niente e ho fatto fatica a capire i miei sentimenti ma ora so cosa voglio. Io voglio te, Newt...” rispose cercando in tutti i modi di non farsi sopraffare dall'imbarazzo, stringendo la stretta attorno alle sue spalle.
“Ti amo, Tommy...”
“Ti amo anche io, Newt.”

 

 

 

 

 

 

 

.
.
.
.
Meraki:
E' finiiitaaa!
Non avevo praticamente mai concluso una long fic (ehm- sono pigra, piiigra!) e devo ammettere che questo capitolo è stato un parto. Sono felicissima che questa storia sia piaciuta e vorrei sinceramente ringraziare personalmente ogni singola personcina dolcina che ha dedicato 5 minuti del proprio tempo a leggerla e commentarla ;_; Grazie a tutti, davvero! <3
Ho intenzione di scrivere ancora una miriade di fanfiction Newtmas (anche se, probabilmente, mi orienterò sulle one-shot prossimamente) e spero che continuerete a seguirmi leggendo anche quelle <3
Grazie a tutti, davvero!
M., x

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3054065