Novelle per un anno

di Midnight Writer
(/viewuser.php?uid=608154)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Let her go ***
Capitolo 2: *** Diverso ***
Capitolo 3: *** Le quattro emozioni fondamentali ***
Capitolo 4: *** Lacrime ***
Capitolo 5: *** Oceano ***
Capitolo 6: *** What I Believe ***
Capitolo 7: *** Un prigioniero libero oramai, dal giorno in cui mi innamorai ***
Capitolo 8: *** Sangue ***
Capitolo 9: *** What I've Done ***
Capitolo 10: *** When Life No Longer Exists ***
Capitolo 11: *** 運命の赤い糸 ***
Capitolo 12: *** You remind me of a time when I felt alive ***
Capitolo 13: *** 23:34 ***



Capitolo 1
*** Let her go ***


Note dell'autrice
Bene, se state leggendo queste parole significa che avete deciso di percorrere questo lungo viaggio insieme a me. Grazie davvero. 
Se permettete vorrei spiegarvi un po' come troverò il prompt di ogni singolo capitolo, che poi ne costituirà il titolo. La risposta è molto semplice: in maniera puramente casuale. Ogni giorno avrò un prompt costituito da qualcosa di diverso, una parola, una frase sentita durante la giornata... Insomma, qualcosa davvero a caso e soprattutto giornaliera che mi ha dato ispirazione. Detto questo vi lascio alle specifiche di questo primo capitolo, grazie ancora per aver deciso di leggere.
 
~~~~~
 
Personaggi: Levi 
Pairing: LevixPetra
Genere: Romantico e Angst 
Contesto: Generale, ma principalmente incentrato sull'episodio 21
Come hai trovato il prompt? Ho cliccato su ‘riproduzione casuale’ nella libreria musicale del mio telefono e ho usato il titolo della prima canzone che ha riprodotto
 
~~~~~~
 
 
Let her go
 
Lui era sempre stato solo, anzi, in realtà non era mai stato solo, in quanto aveva sempre avuto qualcuno accanto, ma si era sempre sentito solo.
Aveva sempre covato dietro quegli apparentemente freddi occhi di un grigio temporalesco un triste e persistente sentimento di solitudine; con gli anni, poi, era diventato più bravo a nasconderlo. La sua vita era stata un susseguirsi di giorni vuoti passati a sentirsi solo. Tutto ciò finché non aveva conosciuto leiLei, con i suoi capelli di una meravigliosa sfumatura di castano rossastro, lei, con quei meravigliosi occhi color nocciola che infondevano dolcezza. Lei, quella creatura meravigliosa. Era sempre accanto a lui, gli portava il tè ogni giorno, ed era l'unica a comprendere che anche il soldato più forte dell'umanità aveva delle emozioni. E soprattutto era l'unica che era riuscita a fargli comprendere, giorno dopo giorno, il vero significato di quella parola che qualcuno usava con tanta leggerezza, e qualcun altro pronunciava con parsimonia, tenendosela stretta, quasi la potesse sciupare pronunciandola: l'amore, o quantomeno, qualcosa ad esso molto vicina. Avrebbe voluto passare tutta la vita con lei, in un mondo di pace, in un mondo dove si può davvero vivere, e non sopravvivere come invece lui aveva fatto per tutti gli anni ormai trascorsi. E invece adesso la guardava dal ramo di quel maledetto albero. Priva di vita, ormai abbandonata al rigoroso gelo della morte. 
E ancora, tempo dopo, continuava a pensare a come avesse fatto a decidere di continuare a persistere in quella folle e continua lotta per la sopravvivenza, anche se senza colei che era stata il suo principale sostegno. Ormai di lei gli restava soltanto un pezzo di stoffa preso dalla sua divisa: le sue ali della libertà, che sperava ardentemente le fossero servite per volare in un posto migliore. Ormai di lei gli restava solo la speranza che, ovunque fosse, lo stesse aspettando. 
Ora più nessuno gli portava il tè la mattina
Ora più nessuno gli scaldava quel cuore ormai così gelido con un caldo sorriso
Ora più nessuno lo guardava come lo guardava lei
Ora più nessuno leggeva nei suoi occhi come faceva lei
Ora lei non c'era più 
E Levi sapeva, sapeva benissimo cosa avrebbe dovuto fare, ma sapeva anche che non era facile. Sapeva tante cose, lui.
Sapeva che la amava
Sapeva che ormai era troppo tardi per dirglielo
Sapeva tutto
Ma non sapeva niente
Sapeva che, prima o poi, avrebbe dovuto
Lasciarla andare.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Diverso ***


 
Note dell'autrice
Ehilà, salve! Come va la vita? A me tutto bene, tranne per il fatto che ho avuto compito di latino oggi è giovedì avrò compito di greco... CLASSICO DIMMERDA. 
Piuttosto, il modo in cui ho trovato il prompt è una storia lunga, quindi lo scrivo qui così potete anche saltarlo e fottervene altamente XD
Oggi rileggevo il bigliettino che mi era rimasto da un'attività che avevamo fatto tempo fa nell'ora di religione. Quest'attività consisteva nel bendare qualcuno, attaccargli un biglietto sulla schiena, e far scrivere a chi dei compagni volesse qualcosa per descrivere il soggetto bendato. Ora, io teoricamente non dovrei sapere chi ha scritto cosa, ma c'è un ragazzo (ragazzo che, per inciso, non ho ancora capito se mi piace o mi sta irrimediabilmente sul cazzo, ma okay) di cui conosco la grafia e la riconoscerei tra mille. Questo qui ha scritto l'aggettivo che tra tutti mi ha più colpito, quindi l'ho fatto al maschile e l'ho usato come titolo. 
Enjoy! 
 
~~~~~~~
 
Personaggi: Armin 
Pairing: Nessuno
Genere: Introspettivo
Contesto: Generale
Come hai trovato il prompt? Scritto sopra :3
 
~~~~~~~~
 
Diverso
 
Stupido
Incapace
Miscredente
Inutile
Eretico
Così continuavano a chiamarlo. Perché poi? Perché lui amava apprendere cose nuove, piuttosto che vivere accettando passivamente le cose così per come sono; perché lui preferiva la diplomazia ad una rissa; perché lui voleva vedere il mondo in cui viveva, invece di accontentarsi dell'essere per sempre oppresso da quelle pesanti mura. Va bene così, si ripeteva, non sei tu quello sbagliato, sono loro.
E ci provava, ci provava davvero a convincersene. Si riproponeva ogni giorno di affrontare tutte quelle parole che gli scaricavano addosso. Si riproponeva ogni giorno di non farsi ferire da esse, ma erano così taglienti, così taglienti che ogni volta ne usciva mutilato. 
Non era una lotta contro gli altri, era una lotta contro se stesso. 
Una lotta per evitare di farsi bagnare il viso da lacrime calde ogni giorno.
Una lotta per evitare di aver sempre bisogno di Eren e Mikasa pronti a proteggerlo.
Una lotta per essere forte come loro.
E lui lottava, eccome se lottava, ma alla fine si ritrovava sempre sconfitto.
A volte smetteva persino di lottare, e quelli erano i momenti peggiori. In quei momenti infatti cominciava a comprendere di non essere affatto il più debole, e poi si chiedeva perché. 
Perché continuavano a denigrarlo?
Perché non riuscivano a capire che lui non era migliore né peggiore di loro?
Perché era così lontano dalla loro comprensione?
Lui non era inferiore
E nemmeno superiore
Era semplicemente diverso.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Le quattro emozioni fondamentali ***


Note dell'autrice
Ebbene sì, oggi sono leggermente un po' in ritardo con l'orario, ma sono dovuta andare a ripassare greco a fanculandia (giovedì ho compito, HELP! ç.ç), poi sono andata all'incontro con il mio psichiatra alias mio zio (vado dallo psichiatra, sì, ma non sono pazza né complessata (?), ho avuto ben altro genere di problemi.) e poi, tornata a casa, ho dovuto finire di studiare storia (ma tanto non mi ricorderò niente lo stesso XD) quindi boh, ringrazio in primo luogo il mio sole d'America <3, e naturalmente ringrazio anche chiunque decida di perdere anche solo un attimo per dirmi cosa pensa della storia, e ovviamente anche tutti coloro che mi seguono anche senza che io lo sappia. Grazie sempre e vi voglio tanto bene. 
Adesso vi lascio al capitolo :3
 
~~~~~~~~
 
Personaggi:  Jean 
Pairing:  JeanxMarco
Genere: Triste, malinconico e forse anche un po' angst
Contesto: Generale
Come hai trovato il prompt? Oggi mio zio mi ha parlato di questo argomento, e mi è venuta l'ispirazione.
 
~~~~~~~~~
 
Le quattro emozioni fondamentali
 
 
Avevano spiegato una cosa a Jean, o meglio, deduceva che gliela avessero spiegata, ma in realtà la sapeva da tempo immemore e non sapeva nemmeno chi o quando glielo avesse detto. Non ci credeva nemmeno tanto, ma dovette ricredersi completamente dopo quel giorno. 
Cosa gli avevano spiegato? 
Gli avevano spiegato che gli umani provano quattro emozioni fondamentali:
Gioia
Come quando lui e il suo Marco erano sopravvissuti insieme
Come per ogni cosa che lui e Marco avevano fatto insieme
Come per la prima volta che lui e Marco si erano detti 'ti amo', davanti all'alba di quella mattina così bella, che col senno di poi sarebbe stata comunque destinata ad essere ricordata come tragica.
Era indescrivibile ciò che aveva provato quando finalmente si era tolto quel peso dal cuore, e ancor di più quando aveva scoperto che anche Marco portava il suo stesso peso. 
Non vi sono parole inventate dall'uomo capaci di descrivere la felicità che aveva provato quanto, tra un bacio e l'altro, quella stessa mattina, si promisero che sarebbero sopravvissuti ancora, insieme. 
Paura
Come ogni volta che si ritrovava in quell'inferno, schiacciato dalla consapevolezza che molte persone che avevano passato tanto tempo con lui non sarebbe mai tornate a casa per riabbracciare i loro genitori, 
Dalla consapevolezza che tutti quelli erano solo ragazzi,
Dalla consapevolezza che lui sarebbe potuto essere il prossimo.
Rabbia
Come quando aveva trovato il suo amore privo di vita, incapace di scaldargli ancora una volta il cuore con quel suo sorriso da bambino; e soprattutto come quando aveva realizzato che, mentre Marco moriva, lui non era lì. Jean non c'era. 
Non c'era per far compagnia a Marco nell'ultimo viaggio. 
Non c'era per dirgli che lo amava per l'ultima volta.
Non c'era per andarsene con lui, e stare per sempre in un posto migliore, insieme.
Tristezza
Come quando aveva capito di non sapere nemmeno più quali fossero le ossa del suo meraviglioso e lentigginoso Marco. 
Ora di lui non restava più nulla.
Jean non aveva niente a cui aggrapparsi, se non i ricordi. I ricordi però, per quanto lui avesse potuto provare a tenerli in vita per sempre, prima o poi sarebbero svaniti.
Marco non c'era più, e prima o poi lui se ne sarebbe dimenticato. 
Si sarebbe dimenticato del suo sorriso, dei suoi modi gentili, di quanto l'amava a di quanto Marco amava lui. 
Avrebbe dimenticato la persona che aveva amato di più al mondo, e, per quanto ci provasse, non riusciva ad accettarlo.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Lacrime ***


Note dell'autrice
Buonsalve gente! Scusate veramente se ieri non ho pubblicato, ma non mi sentivo affatto bene e non avevo né voglia né tempo di scrivere. Sorry. 
Comunque, non dilungo e passo subito ai ringraziamenti. Come di consueto ringrazio il mio Sole d'America perché le voglio un mondo di bene e mi sostiene sempre. Poi ringrazio anche tutti i miei recensori, e scusate davvero se non vi rispondo, vi abbraccerei uno per uno (altro che MP), ma non ho mai tempo. E naturalmente ringrazio anche tutti coloro che leggono in silenzio e in segreto. Vi voglio un mondo di bene, grazie. 
 
~~~~~~~~~~~
 
Personaggi: Levi
Pairing: Nessuno
Genere: Angst
Contesto: Seconda OAV di ACWNR, se non l'avete vista vi conviene saltarla
Come hai trovato il prompt? Oggi non mi sentivo bene perché ero in ansia per il compito di greco e ho pianto. Quindi ecco il prompt su un piatto d'argento 
 
~~~~~~~~~~~~
 
Lacrime
 
Pioveva a dirotto là dove si trovavano. Pareva quasi che il cielo volesse piangere la perdita di tanti uomini valorosi. Aveva già previsto che sarebbero tornati vivi solo in pochi, ma di certo non si aspettava che si sarebbe trovato ad unirsi al cielo nella sua incurabile tristezza. 
Andò a cercare Farlan ed Isabel, aspettando e sperando di essere accolto con aria stizzita e insieme soddisfatta 
“Visto fratellone? Te l'avevo detto che dovevi avere fiducia!” 
Queste erano le parole che voleva sentir pronunciare dalla squillante voce della sua compagna di avventure dai capelli rossi.
Invece trovò di lei solo la testa, separata dal corpo che ormai, esanime, era finito chissà dove, è distorta in un'espressione di puro terrore. 
Cercò di aggrapparsi alla folle e disperata speranza di ritrovare almeno Farlan, ma l'appiglio gli mancò quando, poco lontano, vide il corpo dilaniato del ragazzo. 
La prima cosa che lo invase fu un'incredibile scarica di rabbia. 
Poi però la persistente e ipnotica e triste canzone del rimpianto gli attanagliò il cuore, privandolo repentinamente e completamente delle sue forze. 
Si ritrovò quasi inconsapevolmente a partecipare al compianto del cielo plumbeo. 
Ne fu parecchio sorpreso: in quel momento, per la prima e ultima volta nella sua vita, dai suoi occhi sgorgavano piccoli rigagnoli di acqua calda e salata. Non voleva né poteva accettarlo, ma sapeva benissimo di cosa si trattava. 
Lacrime.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Oceano ***


Note dell'autrice
Regazzi (?) 
Scusate se non mi dilungo, ma stasera sto morendo di anZia, quindi mi limito a ringraziarvi come sempre di cuore. Godetevi questa roba qui. 
 
~~~~~~~~~~~~~~
 
Personaggi:  Armin
Pairing:  Nessuno
Genere: Angst e Introspettivo
Contesto: Generale
Come hai trovato il prompt? Oggi mi sono trovata a prendere il traghetto due volte, ed era inevitabile non guardare giù.
 
~~~~~~~~~~~~~~~
 
Oceano 
 
Se l'era sempre chiesto. Come fosse l'oceano, intendo. 
Era il suo punto fisso, il suo obbiettivo, la sua motivazione, sin da bambino. 
Non che non fosse abituato a vedere l'acqua, sia chiaro: a Shiganshina c'era una rete fluviale, ma proprio non riusciva ad immaginarsi una distesa sconfinata di acqua scura e profonda, per di più salata. 
E poi che sapore aveva l'acqua salata?
Ma soprattutto, come aveva fatto a vivere in un mondo così vasto senza conoscere nulla oltre a quelle altissime mura?
Come facevano tutti ad essere così tranquilli e accondiscendenti al convivere con la consapevolezza di non conoscere il pianeta che li ospitava sin dalla loro nascita e fino alla loro morte e dopo, e dopo ancora? 
Come potevano essere tutti così stupidi? 
O magari era lui quello stupido? 
Lui era quello che si perdeva ad immaginare l'oceano,
Lui era quello che si perdeva in mille sogni, e se ne tormentava. 
Prima però di capire che se non si sogna non si vive,
Prima di capire che è normale avere un sogno
Prima di capire che tutti avevano un sogno più o meno palese
E quello era il suo:
L'oceano.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** What I Believe ***


(Death) Note dell'autrice  ^^
BELLA A TUTTI RAGAZZI E BENVENUTI A-
Okay, no. 
Scusate se in questi giorni non ho pubblicato, ma sono stata impegnata fino al collo e poi, diciamocelo, non mi sentivo granché in forma, quindi scrivere mi sembrava impossibile, sarebbero venute fuori robe indecenti. 
Oggi invece sono felice perché ho preso 8 nel compito di latino **
IO E CICERONE BEST(ia) FRIENDS PROPRIO! 
Ma comunque dei miei fatti personali non fotte niente a nessuno, quiiiindi...
Vi lascio alla mia robaccia ^^
P.s. Mi sono ispirata solo al titolo della canzone, non al testo.
 
~~~~~~~~~~~~~~~~~
 
Personaggi:  Eren
Pairing:  Nessuno
Genere: Introspettivo
Contesto: Generale, come sempre
Come hai trovato il prompt? Canzone random, dei miei amori Skillet 
 
~~~~~~~~~~~~~~~~~~
 
What I Believe 
 
Chi lo avrebbe mai detto, che mantenere un ideale fosse così difficile. Certo, si era figurato gran parte delle torture che si sarebbe trovato, più o meno direttamente, ad affrontare, ma non aveva compreso a pieno quanto sarebbero state dolorose. 
Non era un ideale così strano, il suo: desiderava soltanto libertà. 
O meglio, necessitava di credere in qualcosa. Necessitava di avere un motivo per cui lottare. 
E quando finalmente lo aveva trovato, si riscopriva sopraffatto dalle conseguenze dello stesso. Eppure lui sapeva che senza tutto quel dolore la sua vita sarebbe stata perfettamente vuota. Sapeva che se non avesse provato tutto quel dolore non sarebbe mai stato in grado di comprendere finalmente cosa significhi davvero la felicità. 
E forse, forse quel suo disperato aggrapparsi ad un ideale era segno di forza, 
O forse di debolezza. 
Ma la cosa certa è che, ogni qual volta si trovasse sopraffatto dalle conseguenze delle sue scelte, c'era una sola cosa che lo rendeva capace di affrontarle, un solo pensiero più forte è radicato del dolore che lo chi acciaia continuamente. E se lo ripeteva, fino a farne la sua dottrina di vita, come se potesse servire per renderlo immune al dolore, come se servisse a rafforzare le sue idee, e assieme alle sue idee a rafforzare lui. È proprio quella frase che gli dava la forza di combattere contro la vita:
“Questo è ciò in cui io credo.”

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Un prigioniero libero oramai, dal giorno in cui mi innamorai ***


(Death) Note dell'autrice
Ehilà gentagliah! <3 
Come va la vita? A me tutto bene, oggi ho fatto una giornata barbecue a casa mia con tutti i miei compagni di classe, ed è stata una giornata bellissima (anche se la carne è toccato a me cucinarla e servirla e adesso mi sento affumicata XD) 
Inoltre, anche se già mi piacevano, dei miei compagni oggi mi hanno fatto letteralmente fissare con Il Volo
(Immaginate tre ragazze e un ragazzo che si atteggiano a Gianluca, Piero e Ignazio... Vabbè) quindi è tipo da una giornata che ascolto le stesse canzoni. Yeeee! 
A proposito. Un biscotto virtuale a chi coglie le citazioni della canzone all'interno del testo.m
Baci <3
~~~~~~~~~~~
Personaggi:  Armin
Pairing: ArminxAlice (il mio OC)
Genere: Romantico, Introspettivo
Contesto:  La mia long “amor vincit omnia... Si spera!”
Come hai trovato il prompt?  Ve l'ho già scritto che oggi sono in fissa con Il Volo, quindi il mio prompt di oggi è un verso di una loro canzone, più precisamente un verso di Splendida
~~~~~~~~~~~~
“Un prigioniero libero oramai, dal giorno in cui mi innamorai” 
 
Armin si sera sempre sentito prigioniero delle sue debolezze, si era sempre sentito prigioniero di se stesso, senza però capirne il motivo, o magari semplicemente come smettersi di sentirsi in gabbia. Tutto ciò gli pareva una cosa estremamente difficile, e lo era, almeno fino a quando non arrivò lei. Un uragano di tristezza radicata. Radicata perché le avevano strappato via dalla vita tutto ciò che poteva renderla felice. 
Non si conoscevano ancora da molto quando si accorse di provare un forte desiderio di far ritornare in quella ragazza così particolare che era Alice Sweets, almeno un po' di felicità. Non capiva tuttavia l'entità di quel desiderio, tanto era accecato dall'impellenza dello stesso. Non si rese conto, o forse non volle rendersi subito conto, di essersi innamorato. Ci volle un po' prima di fargli comprendere quanto avrebbe voluto vedere ogni giorno quella ragazza sorridere, magari per merito suo. Si fermò progressivamente a studiarla sempre di più: era così splendida, così incredibile... Non si capacitava di come fosse possibile che un essere così travagliato potesse anche essere così perfetto nelle sue imperfezioni. La guardava e notava man mano ogni singola cicatrice che le martoriava ogni giorno l'animo, e pian piano si innamorava di ognuna di esse. 
Si accorse pian piano che, quando finalmente ammise a se stesso che si era innamorato di quella ragazza, e che lei era il centro di ogni suo pensiero, quella sensazione di prigionia che lo caratterizzava ormai da sempre, pareva sparire in un vago ricordo. 
Era come se fosse finalmente evaso dalla prigione di se stesso: era un prigioniero libero oramai.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Sangue ***


Note dell'autrice
Ebbene sì, sono ancora viva! E ho anche cambiato nickname perché questo è più figo ú.ú
Che dire? Posso dirmi estremamente felice perché ho preso 8 in scienze e 6.5 in greco, i miei mi compreranno un nuovo kimono e mancano “solo” 22 giorni per l'etnacomics... Cioè, meraviglia *^*
Vabbè, passiamo alle cose importanti. Ringrazio come sempre Fely, anche se mi mette anZia (LO STO SCRIVENDO IL CAPITOLO XI. OKAY? OKAY <3). E ringrazio tantissimo anche Alyfa_21 perché ha avuto la pazienza di recensire tutte le flash, e le sue recensioni mi hanno veramente scaldato il cuore; e scusami tanto se non ti ho risposto, ma il tempo libero è un qualcosa di ignoto per me. 
Detto questo, vi lascio alla flash. Spero che vi piaccia <3
Cioè, a me non piace affatto, ma okay XD
 
~~~~~~~~~~~~~~~~~~
 
Personaggi:  Levi
Pairing: Nessuno
Genere: Introspettivo
Contesto: Generale
Come hai trovato il prompt? Okay, ora vi sembrerò psicopatica, ma il realtà stavo semplicemente pensando a questa parola, molto random...
Possibile piccolo spoiler per chi non ha già letto il capitolo 69
 
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
 
Sangue
 
Quella disgustosa e appiccicosa sostanza color cremisi ormai era diventata una costante nella vita del Capitano Levi Ackermann. Si  da quando suo zio Kenny lo aveva preso in custodia dopo la morte di sua madre, gli era stata impartita la dura e ingiusta legge della violenza e la sua povera e fragile mente di bambino era stata assoggettata dalla tremenda visione, fino a diventarne pressoché assuefatta. Non si ricordava nemmeno la prima volta che aveva tagliato la gola a qualcuno, e a volte si trovava a chiedersi quanti fossero gli innocenti il cui sangue impregnava la sua anima sin negli anfratti più nascosti, poi smetteva di chiederselo, rendendosi conto che quegli innocenti che lui aveva ucciso erano troppi da contare. E poi pensava anche a tutti quegli innocenti caduti sotto le possenti e crudeli fauci dei Titani, senza che lui potesse salvarli da quel destino atroce. Si trovava spesso sporco del sangue dei suoi compagni, e non ci voleva un grande genio per comprendere che ciò provasse che questi ultimi fossero ormai morti. La possibilità di morire, tuttavia, provava che un tempo erano stati vivi; il loro sangue provava che anche loro avevano vissuto, che anche loro avevano avuto la forza di attraversare quella folle lotta, ma che ad un certo punto non hanno più resistito e si sono abbandonati all'oscuro oblio della morte.
Osservando i loro stemmi insanguinati si rendeva conto che tutti viviamo sotto l'imperioso comando dell'eterna regina di ogni esistenza; una regina prepotente e capricciosa che ci ordina di nascere quando più le aggrada, e di morire quando non siamo più divertenti come giocattoli nelle sue onnipotenti mani, che si diverte a scrivere le nostre storie secondo il suo folle gusto, così da potersi divertire e a guardarci annaspare nell'ossessivo eterno tentativo di spezzare quelle crudeli catene che ci legano indissolubilmente a Lei, e che vede un riso amaro dipingersi sul suo viso ogni volta che vede le sue creature fallire, perché nonostante la sua maniacale follia e perenne bisogno di nuovi giocattoli per soddisfare la sua divina libido, anche Lei ha un fondo di bontà e di comprensione verso le sue umane creature, tanto da riuscire a carpire l'estremo bisogno di queste di ricordare tutti quelli che ormai sono reputati non più utili al suo eterno gioco, ed è proprio per questo che ci ha donato un mezzo per testimoniare la nostra umanità: 
Il sangue. 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** What I've Done ***


Note dell'autrice
Allora
Io questa non volevo pubblicarla per due motivi:
1) perché secondo me è brutta
2) PERCHÉ È TROPPO TRISTE
Però alla fine ho deciso di pubblicarla comunque... Unitevi a me nella depressione estrema.
 
~~~~~~~~~~~~~~~~
 
Personaggi:  Levi
Pairing: LevixPetra
GenereAngst
ContestoGenerale
Come hai trovato il prompt? Diciamo che in questi giorni mi sono un po' fissata con questa canzone, quindi...
 
~~~~~~~~~~~~~~~~
 
What I've Done 
 
Non era la prima volta che andava a trovarla. Aveva infatti anche perso il conto di quante volte si era inginocchiato davanti a quella lastra liscia e triste, che falliva clamorosamente nel tentare di mantenere vivo il ricordo di quel suo sorriso così dolce, capace ogni volta di sciogliere persino il ghiaccio dei suoi occhi. Non riusciva a credere come dell'unica donna che avesse mai amato fosse rimasta solo una misera pietra nera con delle lettere di bronzo. 
“L'unica cosa che ci è concessa è credere che non rimpiangeremo la scelta fatta.” 
Ne era così convinto mentre lo diceva, eppure adesso gli appariva un consiglio così difficile da seguire, perché nonostante le mille bugie che diceva a sé stesso per giustificare la morte di Petra, in realtà era solo questione di tempo perché venissero tutte brutalmente invalidate dalla verità. E la verità è che aveva l'anima macchiata del sangue della sua amata, e non poteva evitare di farsi cullare dalle feroci mani del rimpianto. Ogni gesto che faceva conteneva una forte incertezza, in così poco tempo radicata nelle più remote e dimenticate parti della sua anima. Le sue mani, le guardava e le vedeva sempre insanguinate. Aveva già ucciso in passato, tanti cuori avevano cessato di battere per causa sua, ma per la prima volta si abbandonava al rancore per la dipartita di qualcuno. Si era sempre perdonato di aver ucciso. Ma per lei no. 
Non se lo sarebbe mai perdonato.
Questo era ciò che pensava, e di cui era fermamente convinto. Dovette tuttavia dissuadersene quando, per un suo misero errore, la vita lo stava abbandonando. 
Con quelle poche forze che gli restavano si guardava intorno. Era attorniato dal color cremisi del suo stesso sangue, e tutti si stavano adoperando per salvarlo, con gli occhi offuscati dalle lacrime e la consapevolezza che non avrebbero più potuto far nulla. 
Il dolore lo attanagliava su ogni millimetro del corpo, ma ormai non gli importava più, perché finalmente aveva capito. Aveva capito che aveva donato la sua vita per una causa più nobile di quanto lui fosse mai stato. Aveva capito, per sorprendendosi di arrivare a tali conclusioni, quanto i suoi compagni lo avevano voluto bene, e quanto avrebbero pianto la sua morte. Aveva capito che sarebbe rimasto nella memoria di tutti, per sempre. 
“Grazie.” 
Fu l'ultima cosa che riuscì a dire a coloro che si stavano così adoperando per continuare ad averlo tra loro, poi chiuse gli occhi. Finalmente aveva perdonato tutti, e soprattutto se stesso. 
Adesso si trovava in un luogo, che in realtà nemmeno credeva fosse un luogo fisico, caratterizzato da una luce perenne e una pace estrema. Vide davanti a lui un angelo dai capelli e gli occhi color miele; la riconobbe subito e capì che non era un angelo qualunque: lei era il suo angelo, la sua Petra. La guardò. Stava sorridendo, eppure dai suoi occhi scendevano lacrime copiose
“Sei arrivato troppo presto.” 
Gli disse. 
E così anche il soldato più forte dell'Umanità se ne andò, con il sorriso sulle labbra e, per la prima volta nella sua intera vita, la pace nel cuore. 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** When Life No Longer Exists ***


Note dell'autrice
NELLA MIA MENTE ERA PIÙ BELLO QUESTO SCHIFO, PERDONATEMI. 
Mi scoccio a scrivere delle note decenti
Peace&Love <3
 
~~~~~~~~~~~~~~~~~
 
Personaggi:  Jean 
Pairing:  Qualche piccolo accenno di JeanxMarco
GenereAngst
ContestoGenerale
Come hai trovato il prompt? Ho in poche parole obbligato un mio amico a trovarmi un prompt, e lui mi ha detto il titolo di questo videogame
 
~~~~~~~~~~~~~~~~~
 
When life no longer exists
 
Tempo fa Armin gli aveva detto che se avesse conosciuto già i suoi ultimi istanti non sarebbe stato in grado di combattere. All'inizio non ci aveva creduto, ma adesso che si trovava a viverli, quegli ultimi istanti, doveva ammettere che aveva davvero fottutamente ragione. 
“Che vita inutile e banale che è stata la mia.” 
Si era detto la prima volta che si era trovato brutalmente gettato a tu per tu con Loro. Il ricordo quelle parola non lo aveva mai abbandonato, perché pronunciarle lo aveva colpito come un pugno in pieno viso. 
Adesso che era davvero lì, immobile in una pozza del suo stesso sangue, doveva assolutamente ricredersi su quella frase. Non aveva vissuto invano:
Aveva aiutato l'Umanità nella sua guerra, della quale purtroppo non avrebbe mai visto la fine
Aveva salvato tante vite
Aveva riso
Aveva pianto
Si era arrabbiato
Aveva odiato
Aveva amato.
Al suono di quella parola, pronunciata con tanta dolce fermezza nella sua mente ormai offuscata, gli sovvenne il pensiero del suo Marco, e del loro amore nato sotto una nera stella di morte. 
Forse, una volta morto, avrebbe potuto rincontrarlo? In realtà non ci sperava più di tanto. Gli avevano insegnato che esistevano l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso; tuttavia con il passare del tempo aveva avuto modo di capire che non esisteva altro Inferno fuorché il mondo ove le nostre vite si svolgono, quindi non aveva motivo di credere che esistessero altri mondi ultraterreni. 
Il dolore gli lacerava ininterrottamente le carni, quindi tentava tanto disperatamente quanto senza risultati, a distrarsi. Cominciò così a mettere in dubbio ogni dogma al quale si era sempre aggrappato per non sprofondare nell'infinito abisso dell'incertezza. Un pensiero però prevaleva su tutti gli altri.
Un pensiero accompagnò il suo ultimo respiro. 
Chissà com'è 
Quando non c'è più la vita.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 運命の赤い糸 ***


(Death) Note dell'Autrice
Ehilà! Sì, sorprendentemente sono ancora viva... Non vi libererete di me così facilmente uwu
Vabbè, non è che abbia molto da scrivere, quindi vi lascio direttamente a questa robaccia, enjoy!
P.s. Il titolo si legge "Unmei no akai ito" (letteralmente “filo rosso del destino")
 
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
 
Personaggi:  Levi (Come si fa a non riprendere la mia pausa con il mio amore? <3)
Pairing:  Levi x Petra (AMMETTETELO, VI MANCAVANO LE MIE RIVETRA AMMAZZAFEELS)
GenereAngst
ContestoUna mia personale rivisitazione della leggenda del filo rosso del destino (trovate qualche informazione qui: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Filo_rosso_del_destino )
Come hai trovato il prompt? Ho letto di questa leggenda e BOOM! mi sono venuti in mente i miei bimbi <3
 
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
 
運命の赤い糸
 
Ogni essere umano nasce con una piccola peculiarità uguale in ognuno, eppure così diversa da persona a persona: un piccolo filo rosso evanescente legato al mignolo della mano sinistra. È ben visibile per un paio di centimetri, poi sembra dissolversi, per poi tornare rosso è visibile al dito della propria anima gemella. 
Anche lui naturalmente ne aveva uno, purtroppo però aveva sempre creduto che si trattasse di un errore. Dopotutto lui, Levi Ackerman, non poteva avere un'anima gemella: nessuno lo aveva mai amato e nessuno lo avrebbe fatto mai. La sua vita era sempre stata un susseguirsi di azioni ripetitive e noiose, e si aspettava che sarebbe stato così fino al momento in cui il suo cuore avrebbe cessato si battere e la sua miserabile vita sarebbe finalmente giunta al termine. Non aveva infatti mai provato a seguirlo, quel filo, poiché naturalmente pensava che non ci fosse nessuno dall'altra parte, pronto a guardarlo con occhi diversi, occhi che non aveva mai visto, e a provare per lui un sentimento che egli stesso non conosceva e non credeva esistere. Un giorno però incontrò lei. Petra Ral fu la ragione che gli fece credere, o meglio sperare, che all'altro capo del suo filo rosso si trovasse davvero qualcuno. Ogni tanto osservava il suo mignolo, e poi quello di lei, tentando invano di comprendere se i due fossero in qualche modo collegati. Per la prima volta negli occhi grigio tempesta del soldato più forte dell'umanità si poteva scorgere qualcos'altro oltre all'astio verso qualsiasi cosa gli si lavasse davanti, e quel qualcosa che assomigliava tanto alla speranza, quanto alla dolcezza è quasi all'amore, si poteva scorgere soltanto quando posava lo sguardo su quella ragazza dai vivi, dolci e gioiosi occhi colori miele. Non riuscì mai a fare una mossa seria o a intavolare una vera e propria discussione con quella ragazza, si limitava soltanto a guardare e a sperare che qualcosa succedesse. 
Quel giorno però, non appena vide quegli occhi di cui tanto aveva ammirato la gioia e la vitalità per la prima volta spenti dal soave canto della morte, vide il suo filo rosso tutt'a un tratto diventare sempre più tangibile, fino a sembrare quasi un normale filo di stoffa. Lo guardò attentamente cercando di scorgerne l'altro capo. Fece appena in tempo a vedere che il suo filo rosso portava a quella ragazza di cui si era inaspettatamente innamorato, che improvvisamente questo si spezzò . 
Gli parve quasi che il suo cuore, sulla cui esistenza aveva avuto seri dubbi per tutta la sua vita, si fosse spezzato insieme a quel filo sottile, e alla vita della sua amata. Ormai più nulla gli rimaneva di lei se non i ricordi di quei momenti sporadici in cui riusciva a guardarla di sottecchi senza farsi notare, o a scambiare qualche fugace parola, cercando sempre di mantenere quel suo tono freddo e distaccato, e quel filo rosso  che, se se ne guardava la fine, si poteva notare che era stata tagliata moto grezzamente, come se fosse stato spezzato con forza con le mani; proprio come la vita della sua Petra. 
Alla fine però non aveva poi tutti i torti, Levi: l'altro capo del suo filo rosso prima o poi sarebbe rimasto vuoto. Per sempre.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** You remind me of a time when I felt alive ***


Note dell'Autrice. 
Okay, perdonatemi, vi ho brutalmente abbandonato. Non ho avuto completamente ispirazione se non per spezzoni di pensieri buttati giù con carta e penna o una tastiera. Roba sdolcinata mostly 
(Colpa del mio piccolo Kaneki/Ryuji/tanti altri personaggi, o come preferisco chiamarlo io, il mio amore u.u <3)
Anyway, vi lascio a questa roba vero very disgusting.
Lasciatemi una recensione se vi va ^-^

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~ 
Personaggi:  Jean
Pairing: JeanxMarco
Genere: Angst
Contesto: Generale
Come hai trovato il prompt? È un verso di una canzone. “Dead Inside” degli Skillet per la precisione
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

You remind me of a time when I felt alive

“Non so nemmeno più quali siano le tue ossa.”

Aveva ormai perso il conto di tutte le volte che si era inginocchiato davanti a quella specie di tomba malmessa che si era egli stesso curato di creare, sempre se un pezzo di legno piantato nel terreno e con incisi il suo nome e la sua data di morte si potesse chiamare tomba, anche perché in realtà sotto quel pezzo di legno non c'era nulla: il corpo ormai senza vita di Marco era stato bruciato insieme a tanti altri cadaveri senza gloria e, a volte, persino senza nome. 

Ormai Jean si sentiva vuoto, come se una parte di lui fosse bruciata insieme al corpo di Marco in quel falò. Quel ragazzo lentigginoso era sempre stato capace di tirar fuori il meglio persino da lui. 

Vedere quel pezzo di legno gli ricordava Marco, e Marco gli ricordava meravigliosi spezzoni di quell'era che in quel momento gli pareva così spensierata. Era così bello sentisi vivi, sapere che qualcuno sarebbe stato lì ad aspettarlo. 
Era così bello che a qualcuno importasse di lui.
Era così bello avere qualcuno che capisse che dietro il suo comportamento sfacciato e arrogante si nascondeva un'insicurezza che gli riusciva così bene di nascondere. 
Esatto, era. 
E mai più lo sarebbe stato, si disse Jean voltandosi mentre le sue lacrime scorrevano incontrollabili nel suo volto silenzioso. 
“Ti amo, Marco.”

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 23:34 ***


Note di quella brutta persona detta autrice che pubblica o tremila cose al secondo o nulla per mesi:
Sì, sono di nuovo io. Beh, non ho davvero granché da raccontarvi, se non che in questo momento sono davvero, ma davvero felice, e credo che questa felicità si rifletta su questa schifezzuola che vi apprestate a leggere...
NON È ANGST, È UN TRAGUARDO!

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

Personaggi: Levi (e quando mai)
Pairing: LevixPetra
Genere: Romantico (ODDIO NON MI SEMBRA VERO, NON È NEMMENO UN PIZZICO ANGST)
Contesto: Poco prima del capitolo 30
Come hai trovato il prompt? Eh no, non ve lo dico. Lui lo sa.

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

23:34

Sentì bussare, sollevò lo sguardo dalle scartoffie che aveva davanti, pronunciando un secco e atono
“Avanti.” 
Non appena la porta si aprì il suo sguardo di ghiaccio incontrò quello di lei, che aveva il medesimo colore e la medesima dolcezza del miele. Sarebbe rimasto per ore perso in quello sguardo così caldo e accogliente, ma subito dopo un'altra cosa catturò la sua attenzione: le sue labbra rosee, distese in un sorriso sincero e un po' imbarazzato. Mentre guardava le labbra della ragazza si rendeva sempre più conto di come nel suo cuore ormai ci fosse posto solo per lei; solo per il suo sorriso così caldo, per i suoi occhi così vivi e per la sua voce dolce e melliflua. 
Avrebbe voluto farle sue quelle labbra, le desiderava tremendamente.
“Capitano, le ho portato il caffè.” Disse allora la fanciulla. Lui non rispose, come al solito. Guardò il suo orologio: le 23:34. Chiamò.
“Petra.” 
“Mi dica, capitano.” 
Ancora una volta lui non rispose, ma posò le sue labbra su quelle della ragazza, stringendola a sé con un possesso velato di dolcezza del quale si scoprì per la prima volta capace. 
“Ti amo.” Dissero insieme, poi guardarono l'orologio: le 23:35.
Possono succedere davvero tante cose in un minuto. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3098066