Gegen Jedes Gesetz

di Heilig__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One ***
Capitolo 2: *** Two ***
Capitolo 3: *** Three ***
Capitolo 4: *** Four ***



Capitolo 1
*** One ***


I Tokio Hotel non mi appartengono.
Tutto ciò che è scritto qui è frutto della mia fantasia e ogni riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale.
Ah, e ovviamente non scrivo a scopo di lucro, ergo non ci guadagno nemmeno un soldo bucato.
Peace xx




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One            
Los Angeles, 7 pm

Con fare esasperato, Brooklyn lasciò cadere la penna sulla bozza che stava correggendo, mettendosi poi le mani tra i capelli. Sbuffò, dando poi un'occhiata al suo orologio da polso: era ferma sullo stesso punto da un'ora ormai ed iniziava a sentire i suoi neuroni fondersi.
Si massaggiò lentamente le tempie, nel tentativo di rilassarsi qualche minuto prima di riprendere a correggere quel lunghissimo articolo che il signor Wright le aveva rifilato quella mattina, chiedendole di darvi un'occhiata veloce prima che venisse pubblicato.
E lei, anziché svolgere subito il suo incarico, aveva preferito dedicarsi ad altro lavoro lasciato in sospeso ormai da diversi giorni, ripromettendosi di leggere la bozza prima di lasciare la redazione, convinta che non ci avrebbe impiegato più di una decina di minuti.
Ma ora, seduta alla sua scrivania, il foglio - il primo di tre - pieno di correzioni ancora davanti a sé, doveva decisamente ricredersi.
Con una smorfia riprese in mano la penna, rileggendo per l'ennesima volta quella frase che, per quanto sintatticamente corretta, non le piaceva affatto. La lesse una volta, e poi un'altra, e poi un'altra ancora. Era sul punto di lasciar definitivamente perdere, quando lo squillo del suo cellulare la distrasse.
Recuperò il telefonino dalla tasca della giacca e ne osservò il display, sul quale troneggiava a caratteri cubitali il nome di Sienna, la sua amica e coinquilina.
- Pronto?- rispose, portandosi il cellulare all'orecchio.
- Ehi, Holmes!- la salutò Sienna, con la sua voce allegra e squillante.
- Sienna, ti ho ripetuto decine di volte di non chiamarmi per cognome- fece Brooklyn, con una smorfia.
- Certo, certo...- fece Sienna, liquidando subito il discorso - Allora, a che punto sei con le tue scartoffie?
- Me ne manca solo una- rispose Brooklyn - Peccato che sia quella che mi sta dando più problemi- sospirò.
- E' un problema rimandare a domani?- domandò Sienna.
- Certo che lo è!- esclamò Brooklyn, quasi incredula - “Signorina Holmes, voglio questa bozza corretta sulla mia scrivania entro domani”- disse poi, imitando il signor Wright quando le aveva lasciato tra le mani l'articolo.
- Beh, mi dispiace Brooke, ma dovrai trovare una soluzione perché non puoi passare la serata in ufficio. Non stasera.
- Perché, che succede stasera?-
Brooklyn sentì l'amica lanciare un mezzo gridolino, quasi squittendo, evidentemente in preda all'emozione.
- Sienna...?- fece, perplessa - Tutto ok?
- Non potrebbe andare meglio di così, Brooke- rispose la giovane - Indovina chi andrà alla presentazione della collezione primavera-estate di Shay Todd?
- Mh, fammici pensare... tu?- scherzò Brooklyn.
- No, carissima Brooke. Noi-
Brooklyn rimase interdetta per quale istante, cercando di assimilare le parole appena pronunciate dall'amica: Shay Todd era una delle stilisti emergenti più in voga della città ed andare alla presentazione della sua collezione significava entrare in contatto con molta, moltissima gente famosa. Ed era esattamente ciò che le serviva per la sua carriera di giornalista.
Peccato che non potesse andarci.
- Sienna, io vorrei davvero venire con te, ma questo lavoro dev'essere finito entro stasera o Wright è capace di licenziarmi.
- Oh, avanti Brooke, è solo una bozza! Puoi sempre correggerla domani mattina prima di entrare in ufficio. A colazione, magari!
- Sienna, non è così semplice come sembra- replicò Brooklyn - Ho bisogno di concentrazione e tempo, e credimi domani mattina non avrò nessuno dei due.
- Beh,prova a vederla in questo modo...- iniziò a dire Sienna, con tono da cospiratrice - Se vieni, potresti ritrovarti tra le mani un bel gossip da pubblicare in prima pagina domani stesso. Hai idea di quante celebrità ci saranno?
- Lo so benissimo- sbuffò Brooklyn, giocherellando con i suoi lunghi capelli biondi - E'... è difficile, Sienna.
- Non è affatto difficile- ribatté Sienna - Devi solo mettere da parte la tua indole da brava bambina ed iniziare a darti da fare, o finirai per rimanere una correttrice di bozze per sempre-
Brooklyn rimase in silenzio, e Sienna capì di aver colto nel segno: sapeva quanto la sua amica tenesse a coronare il suo sogno di essere una famosa giornalista, perciò spesso e volentieri utilizzava quella scusa per convincerla ad accettare le sue richieste. E sapeva per certo che anche quella volta Brooklyn non avrebbe resistito.
- Beh,- iniziò a dire quest'ultima - in effetti, potrei farcela domani mattina.
- Ne sono sicura- disse Sienna.
Brooke sospirò, con aria sconfitta: detestava lasciarsi sempre abbindolare dalle parole di Sienna.
- Inizia a prepararti, sarò lì tra una mezzoretta.






* *


Intanto


- Oh, avanti, Hagen-
Georg alzò di poco la testa, quel tanto che bastava per scorgere il viso di Bill, che, seduto accanto a lui sul divano, lo guardava con espressione apprensiva.
- Sono certo che vi chiarirete- aggiunse il biondo, con un lieve sorriso.
Il bassista si sforzò di sorridere a sua volta, tornando poi ad osservare con fare ansioso il display del suo telefonino, nella vana speranza che s'illuminasse, mentre la sua mente ripercorreva gli ultimi momenti passati in casa sua, a Magdeburgo, prima di partire.
Ricordava che era una giornata piovosa, e il cielo plumbeo veniva ripetutamente squarciato dai lampi, seguiti poi da rombi di tuoni, talmente fragorosi da far tremare i vetri delle finestre.
Fragorosi, proprio come il colpo secco della porta d'ingresso che si era spalancata, facendo sobbalzare Georg, intento a preparare i bagagli nella sua stanza prima della sua partenza insieme a Gustav per Los Angeles.
Perplesso, era uscito dalla camera, e si era affacciato al corrimano delle scale che portavano al piano inferiore.
- Gustav?- aveva detto, con una punta di timore nella voce – Gus, sei tu?-
- No, sono io- aveva risposto una voce femminile a lui familiare.
- Oh, sei tu Alexa- aveva sospirato il ragazzo, quasi con sollievo – Sali pure-
Il bassista aveva sentito alcuni passi leggeri percorrere le scale, e poco dopo la sua ragazza l'aveva raggiunto al piano superiore.
- Sei fradicia- aveva osservato lui, squadrandola da capo a piedi, mentre lei gli si avvicinava – L'ombrello?- aveva poi chiesto, inarcando un sopracciglio.
- Non pioveva quando sono uscita- aveva spiegato la giovane, con un alzata di spalle, scostando poi una ciocca dei lunghi capelli ramati dal viso.
- Capisco- aveva quindi detto Georg, annuendo lievemente – Forza, vieni, ti do un asciugamano- le aveva proposto poi, facendole segno di seguirlo nella sua stanza.
I due erano entrati nella camera, un ampio spazio dai muri dipinti con un azzurro tenue, reso luminoso dalla grande finestra che dava sul giardino.
Sul grande e spazioso letto vi era una valigia scura, semivuota, ed accanto ad essa alcune paia di jeans e qualche maglietta accuratamente piegata.
- Ecco, tieni- aveva detto Georg con un sorriso, porgendo alla ragazza un asciugamano recuperato dall'armadio posto vicino alla finestra. Alexa l'aveva afferrato per poi passarselo sulla testa, cercando di asciugare come meglio poteva i capelli.
Georg intanto aveva ripreso a mettere i suoi vestiti in valigia, fermandosi di tanto in tanto per controllare di non aver dimenticato nulla.
- Parti?- aveva chiesto Alexa, con tono di stizza, dopo qualche minuto di silenzio.
- Mh-mh- aveva semplicemente mugugnato Georg, intento a sistemare la sua amata t-shirt dei Red Hot Chili Peppers, regalo della madre per il suo compleanno - Io e Gustav andiamo dai gemelli- aveva poi aggiunto, con fare distratto.
- E quanto hai intenzione di stare via?- aveva domandato Alexa con una smorfia.
- Non più di un paio di settimane- aveva risposto Georg, senza però distogliere lo sguardo dal suo bagaglio, quasi con disinteresse, come se mancare al fianco della sua ragazza fosse ormai una norma, un' abitudine.
E - come si era reso conto Georg solo più tardi - quel suo totale disinteresse, tendente forse all'apatia, era stato il culmine, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
O meglio, Alexa.
La ragazza si era avvicinata a grandi falcate al letto, chiudendo con un colpo brusco la valigia di Georg, che solo grazie alla sua prontezza di riflessi aveva evitato che le sue mani si chiudessero nel bagaglio.
- Ehi!- aveva esclamato incredulo, guardando Alexa con occhi sgranati - Cosa ho fatto?
- Quando avevi intenzione di dirmi che saresti partito?- aveva replicato con rabbia Alexa - Domani? Dopodomani? Qualche minuto prima del check-in? O magari una volta atterrato a Los Angeles?
- Alexa...- aveva tentato invano di dire il bassista, avvicinandosi.
- No, niente “Alexa”, Georg!- aveva ribattuto la giovane, spingendolo con forza - Per quanto tu possa essere pieno di impegni, dovresti tenere a mente che esisto anche io.
- Pensavo sapessi che la mia vita non era affatto semplice. Quando ti ho chiesto di stare insieme a me, ti ho espressamente detto che non sarebbe stato facile perché ci saremmo visti raramente a causa del mio lavoro- aveva replicato Georg, irritato.
- Georg, il problema non è il tuo lavoro!- aveva esclamato Alexa, alzando la voce - Il problema sei solo tu- aveva poi sussurrato, mentre una prima lacrima solcava il suo viso eburneo.
Georg ricordava che erano state proprio quelle lacrime a colpirlo, più che le parole pronunciate da Alexa.
Aveva provato a dire qualcosa a sua discolpa, giurando che le cose sarebbero cambiate, ma conosceva la sua ragazze: per lei, dopo tre anni di compleanni e anniversari mancati, di appuntamenti interrotti a causa di qualche telefonata di lavoro improvvisa, di messaggi e mail che si facevano sempre più rari, quelle promesse sarebbero state solo parole al vento.
- Non è facile, Alexa- aveva semplicemente detto, con aria afflitta.
- A chi lo dici- aveva commentato con fare sprezzante la ragazza, per poi prendere la sua borsa, facendo per uscire dalla stanza - Ah, dimenticavo- aveva però detto, fermandosi di colpo sulla soglia e voltandosi quel poco che bastava per scorgere il volto sconvolto del bassista - Buon viaggio, Georg- aveva aggiunto, con un amaro sorriso.
Il giovane era restato a guardarla in silenzio mentre usciva dalla camera, senza sapere cosa dire.
Era rimasto ad ascoltare i suoi passi mentre scendeva le scale e quando Alexa aveva chiuso la porta d'ingresso con un colpo secco, aveva tirato un sospiro, sedendosi poi sul bordo del letto, pensando al da farsi.
Sto per perderla”, aveva pensato, mettendosi la testa fra le mani.
E quella stessa frase occupava i suoi pensieri in quel momento, mentre, con lo sguardo fisso sullo schermo del suo telefonino, rifletteva su come si sarebbe potuto comportare in determinate situazioni con Alexa per evitare che tutto ciò accadesse.
- Hagen...- fece Bill, sospirando rumorosamente - smettila di pensarci.
- E come faccio?- chiese retorico Georg, scrollando le spalle.
- Oh, è semplice- fece Bill, sorridendo diabolico, per poi strappare con agilità felina il cellulare dalle mani dell'amico.
- Bill! Cosa accidenti stai facendo?- esclamò Georg, cercando di riprenderselo - Ridammi il mio telefono!
- Non ci penso proprio- rispose serafico Bill, infilandosi il telefono in tasca - Quando saremo alla presentazione della collezione di Shay Todd, non voglio che la gente ti scambi per uno zombie. Ergo, il tuo cellulare rimarrà con me per oggi.
- Non fare l'idiota- ribatté Georg, tentando invano di rubare il cellulare dalle mani del cantante.
- Ehi, ehi, bambini- fece all'improvviso Madison comparendo nel salotto dove i due sedevano - Quel divano è nuovo, vedete di non romperlo.
- Di' a Bill di ridarmi il mio cellulare!- esclamò Georg, alterato.
- Bill, da' a Georg il suo cellulare- sospirò Madison, come una madre che tenta di rimettere pace tra i due figli.
- Puoi scordatelo. Questo aggeggio lo deprime. Lo faccio per il suo bene.
- Sentito Georg? Lo fa per il tuo bene- disse allora giovane.
- Non m'importa, voglio il mio telefono. Alexa potrebbe chiamare da un momento all'altro.
Madison si voltò verso Gustav, comodamente seduto su una delle due poltrone del salotto, intento a leggere una rivista.
- Gustav, come fai a rimanere imperterrito?- chiese, incrociando le braccia al petto.
- Anni e anni di addestramento, cara Madison- rispose il batterista, facendole un veloce occhiolino, per poi ritornare alla sua lettura.
Madison sbuffò, rivolgendosi poi a Bill e Georg.
- Dove sono Tom e Vera? Sarebbe dovuti essere qui tempo fa.
- Hai ragione- fece Bill - La presentazione comincerà tra poco. Di questo passo finiremo per perderci l'inizio.
- Probabilmente staranno bisticciando- aggiunse Georg, scuotendo la testa.
Madison fece per rispondere, quando il trillo del campanello la interruppe.
- Spero siano loro- disse, dirigendosi verso la porta d'ingresso, per poi aprirla, trovandosi di fronte a Tom e Vera.
- Alla buon'ora!- scherzò Madison, scostandosi per fare entrare i due giovani.
- E' colpa sua!- dissero all'unisono questi ultimi, lanciandosi poi un'occhiata di fuoco.
- Vuoi dire che è colpa mia se hai aspettato l'ultimo momento per decidere cosa indossare?- fece Tom, con una smorfia.
- Oh, certo che no. Io dico che è colpa tua l'esserti dimenticato di fare benzina.
- Sarebbe bastata se tu non mi avessi costretto a premere l'acceleratore come un ossesso!
- Sì, come no- ribatté Vera, chiudendo la discussione per poi dirigersi verso il salotto, seguita da Tom.
- Ehi, ehi! Ferma, ho ancora due paroline da dirti!- diceva lui.
Madison alzò gli occhi al cielo, con aria sconsolata.
- Cosa ho fatto di male?



* *



Più tardi


Dopo aver - più o meno - risolto tutti i litigi, i ragazzi erano finalmente partiti e, fortunatamente, erano arrivati in netto anticipo rispetto all'inizio dell'evento, organizzato in un'ampia sala ricevimenti che lo stilista aveva affittato e decorato per l'occasione.
Al loro arrivo erano stati caldamente accolti dal compagno di Shay, Shiro, amico dei gemelli.
- Ehi, ragazzi!- aveva esclamato, abbracciandoli - Grazie per essere venuti, mi fa molto piacere vedervi- aggiunse - Tom, è lei Vera?- fece poi, lanciando poi un'occhiata alla giovane, che sorrise, imbarazzata.
- Piacere di conoscerti, Shiro- disse poi, allungando la mano, che l'uomo strinse con vigore.
- Il piacere è tutto mio, cara- rispose - Tom mi ha parlato molto di te- aggiunse.
- Ah, davvero?- fece divertita Vera, mentre Tom si sentiva sempre più in imbarazzo - E cos'ha detto?
- Di solito sono soltanto una lunghissima sfilza di complimenti che inizia con il solito “Shiro, dovesti vederla: è bellissima”- rispose Shiro, beccandosi però una dolorosa gomitata nelle costole da Tom, che intervenne subito prima che l'amico potesse aggiungere altro.
- Ragazzi, non volete togliere del tempo a Shiro, vero?- disse, sorridendo - Avrà sicuramente del lavoro da sbrigare prima che inizi la sfilata, quindi sarà meglio che andiamo a prendere posto-
Shiro guardò perplesso il giovane, per poi lanciare un'occhiata confusa a Bill, che scosse la testa alzando poi gli occhi al cielo, chiedendosi quando suo fratello avrebbe imparato ad esternare i propri sentimenti di fronte a Vera.
- Forza, andiamo- disse, cingendo le spalle di Madison con un braccio e facendo un cenno agli altri di seguirlo - A dopo, Shiro. In bocca al lupo.
- Crepi- rispose con un sorriso l'uomo.
Il piccolo gruppo si allontanò, facendosi spazio tra la gente che affollava la sala: celebrità e stilisti conversavano amabilmente, tra le mani un bicchiere di champagne che veniva puntualmente riempito da alcuni camerieri carichi di vassoi con salatini e bottiglie di vino.
Vera si guardò attorno, senza riuscire a trattenersi dallo storcere il naso con disapprovazione: per quanto Shay fosse una brava stilista, chiunque avesse decorato quella sala non aveva il minimo senso del gusto.
- Tutto ok?- le sussurrò in un orecchio Tom cingendole la vita e avvicinandola a sé.
- Sì- rispose annuendo Vera - Mi chiedevo soltanto quale mente abbia elaborato questo obbrobrio di decorazione- aggiunse con una lieve smorfia.
Tom ridacchiò divertito:
- Perché non provi ad uscire dalla tua mentalità di wedding planner una volta tanto?- chiese.
- Perché è così che mi hai conosciuto, ricordi?- rispose Vera - Come una spocchiosa wedding planner.
Tom le stampò un lieve bacio sulla tempia, per poi sorriderle. I due rimasero in silenzio per qualche istante, seguendo i loro amici che, come la maggior parte degli altri invitati, si dirigevano verso i posti a sedere da dove avrebbero seguito la sfilata.
I sei si sedettero in prima fila, uno di fianco all'altro.
- I privilegi di essere amico della stilista- si vantò Bill, sedendosi accanto a Madison, che roteò gli occhi, divertita, rivolgendosi poi a Georg.
- Come stai?- gli chiese a bassa voce, guardandolo negli occhi, come a cercare di capire se il ragazzo stesse per mentirle.
Lui non rispose, limitandosi a scrollare le spalle con un sospiro.
- Vedrai che andrà tutto bene- le sussurrò la mora, stringendogli lievemente la spalla.
Georg le sorrise con gratitudine: Bill era fortunato ad avere una persona come lei al suo fianco, lo aveva sempre pensato. Era quasi invidioso di quello stupendo rapporto tra i due e fino a poco tempo prima era certo che sarebbe riuscito a costruirne uno simile con Alexa.
Peccato che gli avvenimenti di un paio di giorni prima non promettevano nulla di buono.
Tra loro non era finita, no. Ma Georg sapeva di essere ad un passo dal rimanere solo.


* *

Nel frattempo


- Posso sapere come hai fatto a farci entrare?-
Brooklyn si rivolse con aria curiosa all'amica che, elegantemente seduta a gambe incrociate, giocherellava con un dei suoi ricci neri. Un semplice vestito color crema fasciava il suo corpo longilineo, facendo risaltare la sua pelle scura.
- Uno dei buttafuori è amico del fratello di Jason- spiegò - Sarebbero dovuti venirci loro, ma non hanno potuto.
- Non hanno potuto?- ripeté perplessa Brooklyn.
- Beh, in realtà ho convinto Jason a cederci i loro posti- ammise Sienna, con una scrollata di spalle.
- Sienna!- esclamò indignata Brooklyn - Non avresti dovuto farlo!
- E perdermi così un'occasione che non si ripeterà mai? Non esiste-
Brooklyn sospirò: la sua amica non sarebbe mai cambiata e Jason, il suo ragazzo, doveva essere fatto santo al più presto.
La bionda scosse la testa, per poi guardarsi in giro: come aveva immaginato, la sala era gremita di stars e dei più svariati stilisti, senza contare poi molti dei più grandi giornalisti di moda della città. Si sentiva quasi intimorita, lei, semplice correttrice di bozza nella redazione di una rivista scandalistica, di fronte a così tante celebrità.
Nel frattempo, quasi tutti gli invitati avevano preso posto, preparandosi all'inizio della presentazione.
All'improvviso però, Brooklyn fu colpita da un forte stimolo.
- Sienna- disse a denti stretti - Sienna, ascoltami- ripeté, strattonando con delicatezza il braccio dell'amica e ottenendo così la sua attenzione.
- Che c'è?- rispose l'amica - Brooke, tutto bene?- chiese poi, notando l'aria sofferente.
- Credo di dover andare in bagno- replicò Brooklyn - E' urgente, urgentissimo.
- Cosa? Ora? Ma Brooke, la sfilata inizierà a momenti! Non puoi resistere?
- Farò in fretta- disse Brooklyn, alzandosi - Arriverò prima che la sfilata cominci, promesso!- aggiunse, prima di farsi spazio tra le persone già sedute, cercando di raggiungere il corridoio.
- Scusate... permesso...- diceva, guadagnandosi gli sguardi indispettiti dei presenti.
Fantastico, pensò.
Una volta lasciata la sala dove si sarebbe tenuta a breve la sfilata, Brooklyn iniziò a percorrere a passo veloce il corridoio, cercando il bagno delle signore.
Fortunatamente qualcuno aveva avuto la grandiosa idea di affiggere alcuni foglio recanti le indicazioni per arrivarci ed in pochi minuti Brooklyn lo raggiunse, ma si trovò di fronte ad un enorme gruppo di giovani in fila per entrare.
Sospirò, afflitta: cosa avrebbe dovuto fare? Aspettare il suo turno o tornare a sedersi?
Lo stimolo si faceva intanto sempre più forte, costringendo la giovane quasi a piegarsi su stessa.
La ragazza si guardò in giro, in preda al panico e all'improvviso notò una seconda porta, accanto a quella del bagno delle signore, con un cartello azzurro su cui era stato scritto a caratteri cubitali “Uomini”.
No, Brooke, non farlo, si disse, scuotendo la testa, quasi a disapprovare l'idea che aveva appena avuto. Avrebbe aspettato il suo turno, come tutte.
Quella porta però sembrava quasi chiamarla. Niente fila, nessun uomo all'orizzonte, e le donne di fronte a lei sembravano troppo occupate per badare. Sarebbe potuta sgusciare all'interno senza che nessuno la vedesse.
Senza quasi accorgersene, aveva fatto qualche passo verso la porta ed allungato una mano verso la maniglia. Si guardò intorno ed una volta essersi assicurata di non essere guardata, aprì la porta, aguzzando poi le orecchie.
- Non c'è nessuno- si disse, entrando velocemente per poi chiudersi la porta alle spalle e precipitarsi nel primo gabinetto che trovò.
Dopo un paio di minuti tirò un sospiro di sollievo, felice di non aver perso nemmeno un minuto della sfilata.
Nel frattempo non aveva sentito nessuno entrare, e quindi aprì la porta in tutta tranquillità. Nel momento in cui uscì, però, la porta del bagno si aprì.
Si immobilizzò e sentì il sangue nelle sue vene gelarsi, terrorizzata.
Sulla soglia stava un giovane dall'aria spaesata che la osservava da capo a piedi.
Aveva dei capelli corti e pettinati su un lato, il fisico massiccio e muscoloso, addominali scolpiti appena visibili sotto la maglietta nera a scollo a V che portava sopra un paio di semplici jeans.
- Ahm, credo aver sbagliato, scusami- disse il ragazzo con un sorriso imbarazzato, per poi chiudere la porta.
Brooklyn non si mosse di un millimetro, aspettando che il giovane capisse di non essere stato lui a confondersi, ma di essere lei la persona che si trovava nel luogo decisamente più sbagliato sulla faccia della Terra.
- Ehi!- fece infatti il ragazzo, riaprendo la porta ed entrando nel bagno - Perché sei nel bagno degli uomini?- chiese, incredulo.
- Ehm... io... io non...- balbettò Brooklyn, incapace di formulare una frase intellegibile - C'era la fila- spiegò, abbassando lo sguardo, vergognandosi come una ladra.
Il giovane rimase ad osservarla con aria perplessa per qualche istante, per poi scoppiare in una gran risata. Una risata cristallina, sincera, spontanea.
- Beh, non ti si può biasimare. Ho visto una fila lunghissima qui fuori- fece con aria divertita - Bisogna però dire che non ho mai visto una ragazza andare nel bagno degli uomini per colpa della fila. Sei davvero strana- commentò, sorridendo.
Brooklyn non capì se quello del giovane fosse un complimento o meno, ma sorrise comunque. Fece per chiedere al giovane di non dire a nessuno di quel singolare incontro, quando la voce dell'altoparlante la interruppe:
Signori e signore, benvenute alla presentazione della collezione primavera-estate di Shay Todd!
- Sienna mi ucciderà!- esclamò Brooklyn, mettendosi le mani tra i capelli - Devo andare!- fece poi, precipitandosi fuori dal bagno e lasciando perplesso il ragazzo che rimase ad osservarla fino a quando non sparì dalla sua vista.
Che tipo, pensò per poi scuotere la testa, sorridendo divertito.













Spazio autrice:

Chi non muore si rivede, eh? Salve a tutte, carissime Aliens!

Ebbene sì, a distanza di due mesi Heilig è tornata, e per di più con la storia che vi aveva promesso.
Sono piuttosto nervosa, a dire la verità. Non è la prima volta che scrivo e pubblico, ma questo è il mio primo sequel e, credetemi, è molto più difficile che iniziare una fanfic da zero.
Non starò qui ad annoiarvi con tutti i problemi che mi assillano in quanto scrittrice - posso definirmi così? LOL -, ma passiamo piuttosto alla storia in sé.
Innanzitutto mi scuso del ritardo nel postare questo primo capitolo: so di aver detto ad alcune di voi che l'avrei pubblicato entro metà maggio o giù di lì, ma tra scuola e altri problemi, non sono riuscita nemmeno a scrivere - oh cristo, non ho ancora iniziato e già sono in ritardo.

Ora invece parliamo dei nostri amati personaggi e nella vicenda in cui li ho inseriti stavolta: come avrete ben capito dal banner, stavolta il nostro meraviglioso Georg ricoprirà un ruolo piuttosto importante nella fanfic. Purtroppo la storia non si apre bene per lui, ma l'incontro con la nostra biondina tutto pepe Brooklyn gli ha di certo strappato un sorriso. Non perdeteli di vista ;)

E poi, beh... come potevano mancare Vera e Tom in uno dei loro battibecchi?
A voi non sono mancati? A me sì, e tanto :')
Poi certo, Bill, Gustav e nei prossimi capitoli anche Madison, Lawrence e molti altri personaggi “affolleranno” questa storia.
Per ora vi lascio, aspettando con ansia e - molto - nervosismo i vostri commenti.
Argh, spero davvero vi piaccia.


Per ora è tutto ragazze!
Mi auguro siate pronte ad un nuovo “percorso” insieme!

Un grandissimo bacio a tutte voi e grazie di tutto,
Heilig

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Capitolo 2
*** Two ***


NB: Nello scorso capitolo ho presentato Shay Todd come un uomo, quando in realtà è una -bella- donna. Sappiate che ho corretto. Chiedo scusa a tutte.
Buona lettura,
Heilig



Two 






Quando Brooklyn ritornò a sedersi accanto a Sienna, sulla passerella avevano già iniziato a sfilare le prime modelle che, camminando con passo deciso su scarpe dai tacchi vertiginosi, sfoggiavano con eleganza gli abiti ideati da Shay Todd.
- Holmes! Perché accidenti ci hai messo così tanto?- esclamò Sienna appena la vide, con aria furibonda.
- Scusa, Sienna- disse Brooklyn - E' che... c'era fila- si giustificò, omettendo il fatto che i suoi bisogni fisiologici l'avevano costretta ad andare nel bagno dell'uomini e il bizzarro incontro con quel ragazzo. Rischiava soltanto che l'amica, ossessionata dal bonton, avesse un infarto.
Nel bagno degli uomini?!” avrebbe gridato, con aria scandalizzata “Vuoi scherzare?”.
Brooklyn credeva che la fissazione di Sienna con le buone maniere fosse dovuta alla sua educazione avvenuta in una scuola privata di Parigi, dove aveva vissuto con i suoi prima di trasferirsi negli States da sola.
Decise, infine, di non dirle nulla a proposito dell'accaduto, chiudendo così la conversazione, per poi concentrarsi sulla sfilata.
Gli abiti presentati non erano esattamente nel suo stile - troppo vistosi. Doveva però ammettere che Shay aveva creatività da vendere.
Dal canto suo, Sienna sembrava adorare ogni capo d'abbigliamento presentato: ogni volta che una modella percorreva la passerella, lei applaudiva con veemenza, con gli occhi che brillavano ed un enorme sorriso sul volto.
- Brooke, non trovi che quest'abito sia bellissimo?- sussurrava ogni tanto all'orecchio della bionda, puntando il vestito in questione - Pagherei oro per averlo- aggiungeva con aria sognante.
Brooklyn si limitava a sorriderle ed annuire, mentre nella sua mente continuava a fare capolino l'immagine del giovane che aveva incontrato poco prima. Non seppe spiegarsi il perché, eppure qualcosa di lui l'aveva colpita. Forse il suo fascino disarmante, forse il suo accento chiaramente non americano, o forse ancora la sua risata.
Oh, avanti, smettila Brooke, si disse scuotendo il capo con forza, come a cacciare quei pensieri dalla testa.
- Tutto okay, Holmes?- fece Sienna, con espressione perplessa.
Brooklyn annuì, sorridendo e l'amica scrollò le spalle, ritornando a preoccuparsi della sfilata. La bionda fece lo stesso, ma quasi subito si distrasse, iniziando a guardarsi in giro. Notò il volto familiare di qualche star lì presente e pregò che qualcuna di loro fosse pronta a servirle un bello scoop su un piatto d'argento, oppure rinunciare alla correzione di quella bozza sarebbe stato completamente inutile oltre che dannoso.
Un ventre troppo gonfio, un'occhiata, un tatuaggio, un abito... qualsiasi cosa avrebbe potuto salvarla dall'impiccio in cui si era cacciata.
Già vedeva il volto paonazzo del signor Wright mentre le rinfacciava il lavoro non svolto.
Sospirò e continuò ad osservare il pubblico, cercando di non farsi notare - sarebbe stato piuttosto imbarazzante farsi scoprire nel bel mezzo di una caccia al pettegolezzo.
D'un tratto però, i suoi occhi si posarono su un volto a lei noto. Rimase ad osservarlo per qualche secondo, quelli necessari a capire che si trattava dello stesso ragazzo incontrato poco prima nel bagno, e impiegò qualche altro istante per capire che lui stava guardando nella sua direzione, con un'espressione a metà tra il perplesso e il divertito.
Brooklyn sgranò gli occhi, accorgendosi solo in quel momento dell'enorme figuraccia che aveva fatto. Il giovane fece un cenno con il capo verso di lei, in segno di saluto, e lei si voltò subito verso la passerella, arrossendo vistosamente, cercando di far finta di nulla.
Complimenti Brooke! Due figuracce in un colpo solo!, si disse, con una smorfia, augurandosi che la sfilata finisse il prima possibile: non avrebbe retto ad un'altra gaffe.


* *



- Ehi Hagen, che fai? Ridi da solo?-
Georg distolse lo sguardo da quella strana ragazza, posandolo su Gustav, che lo osservava confuso.
- Cosa...? Ah, no, mi sono ricordato di una vecchia battuta- mentì.
- Una battuta? Quale?- chiese il batterista.
- Ehm, te la racconto più tardi- fece il moro, liquidandolo.
Gustav fece spallucce e ritornò ad osservare la sfilata, mentre Georg lanciò di nuovo un'occhiata alla giovane, seduta qualche fila indietro rispetto alla sua, nella parte sinistra della sala.
Nonostante le luci basse, il bassista poté vedere che era arrossita, e ciò lo fece sorridere: essere colta in flagrante mentre lo guardava doveva essere stato imbarazzante.
Osservandola meglio, il giovane ammise che era piuttosto carina: bionda, occhi azzurri, una spruzzata di lentiggini sulle guance e sul naso. Se non l'avesse sentita parlare con un tipico accento americano, avrebbe giurato che fosse dell'Europa del Nord.
- Chi stai guardando?- chiese ancora Gustav, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
- Nessuno- rispose repentinamente Georg, distogliendo lo sguardo.
- Guardavi quella ragazza?- insistette il batterista, indicando la giovane.
Georg sbuffò: aveva dimenticato quanto il suo amico potesse essere ficcanaso. E dire che tutti lo descrivevano come il più discreto della band.
- E' carina- disse Gustav - La conosci?
- N-no- balbettò Georg, imbarazzato - Ora, per favore, ritorniamo alla sfilata.
- Perché non ci scambi due chiacchiere più tardi?
- Gustav!- esclamò Georg, forse a voce un po' troppo alta, beccandosi una gomitata nelle costole da Madison e un'occhiataccia di Bill - Smettila- aggiunse sussurrando, rivolto all'amico.
- Era solo un consiglio- si giustificò il biondo, scrollando le spalle.
Georg sospirò pesantemente, cercando di concentrarsi sulla presentazione.
In fondo è per questo che sono qui, pensò, osservando una delle ultime modelle che sfilavano aggraziate lungo la passerella.
Pochi minuti dopo però si ritrovò a voltarsi verso la ragazza che tanto l'aveva colpito: non seppe dire se fosse stato il suo essere piuttosto carina oppure l'episodio assolutamente esilarante di cui era stata protagonista, ma in ogni caso, quella giovane non l'aveva di certo lasciato indifferente.




* *


Più tardi

La sfilata finì una mezzoretta più tardi, tra i calorosi applausi dei presenti e gli inchini di una soddisfatta e sorridente Shay Todd che, dopo aver percorso la passerella in compagnia di due delle modelle, salutava e ringraziava il pubblico, invitandoli poi a prendere parte al rinfresco organizzato dagli addetti al catering.
- Rinfresco?!- esclamò Sienna, incredula - Holmes, dobbiamo assolutamente rimanere, lo sai questo?-
Brooke scosse la testa con disapprovazione:
- No, Sienna, siamo già rimaste abbastanza. Devo assolutamente terminare quella correzione!
- Come puoi anche solo pensare di lasciarti sfuggire un'occasione del genere?- la rimproverò l'amica - Noi andremo a quel rinfresco Brooklyn Holmes, che tu lo voglia o no- concluse, sottolineando le ultime parole. Si alzò in piedi, afferrando poi il polso della bionda e costringendola a fare lo stesso, trascinandola poi verso la sala adibita al buffet, dove tutti gli invitati si stavano dirigendo.
- Sienna, non stringere, mi fai male!- si lamentò Brooklyn, con una smorfia di dolore sul viso.
L'amica però sembrò non sentirla e continuò imperterrita a camminare, fino a raggiungere il tavolo del rinfresco, meravigliosamente imbandito.
- Eccoci- annunciò raggiante Sienna, mollando di colpo la presa sul braccio di Brooklyn - Ora non ci resta altro che comportarci con assoluta naturalezza- aggiunse, riempendo due bicchieri con dello champagne, per poi porgerne uno all'amica.
- Sienna, qui l'unica su di giri sei tu- obbiettò Brooklyn - Non rimarremo più di una ventina di minuti, sia chiaro- aggiunse poi.
La mora fece un gesto di noncuranza con la mano, iniziando a sorseggiare il suo champagne.
- Andiamo a sederci?- propose poi.
Brooklyn acconsentì, annuendo, per poi seguire l'amica verso i divanetti di pelle bianchi situati in fondo alla sala.
Poco dopo però, Sienna fu letteralmente inghiottita dalla folla che si faceva via via sempre più numerosa, sparendo dalla vista di Brooklyn.
- Sienna!- esclamò la bionda, cercando di farsi spazio tra la gente che gremiva la sala - Sienna!- disse ancora, questa volta a voce un po' più alta, e beccandosi così diverse occhiatacce dai presenti.
Sbuffò, maledicendosi per aver perso di vista l'amica, guardandosi poi intorno, nel tentativo di ritrovarla in mezzo a tutta quella confusione.
Non mi sembrava ci fosse così tanta gente alla presentazione, si disse, guardando prima alla sua destra e poi a sinistra.
Nel cercare Sienna, la giovane si beccò diverse gomitate e spintoni che la facevano irrimediabilmente andare a sbattere contro gli altri invitati, rendendo sempre peggiore la sua ormai gigantesca figuraccia.
- Appena trovo Sienna, ce ne andiamo- borbottò, dopo aver fatto un cenno col capo in segno di scusa alla signora che aveva appena spintonato.
Per quanto quella potesse esserle sembrata un'ottima occasione, la serata non stava prendendo esattamente la piega che aveva creduto, perciò preferiva tornare a casa immediatamente.
Finalmente riuscì a districarsi dal groviglio di persone ed a raggiungere i divanetti, dove sperava che Sienna avesse già preso posto. Le sue speranze però, vennero infrante quasi subito.
Dove diavolo è?, si chiese, sgranando gli occhi.
Passò in rassegna tutti i divanetti, ma dell'amica nemmeno l'ombra.
Subito prese il suo telefonino dalla tasca dei jeans e compose in fretta il numero di Sienna.
Chissà dove si è cacciata, pensò, portandosi il telefono all'orecchio. Suonò una, due, tre, quattro volte, ma nessuno rispose.
La giovane chiuse la chiamata, domandandosi come Sienna potesse essere sparita da un momento all'altro. Pensò poi che l'amica, non vedendola più, fosse tornata sui suoi passi, ritornando al tavolo del rinfresco, e decise quindi di fare lo stesso.
Si voltò di scatto, ma nel farlo urtò un cameriere che portava tra le mani un vassoio di bicchieri abilmente messi un sull'altro, a mo' di piramide. Bicchieri che rischiarono di cadere rovinosamente a terra, così come i due ragazzi.
- Ehi, attenta!- esclamò una voce maschile alle spalle di Brooklyn, prima che due mani la afferrarono saldamente per la vita, impedendole di finire con il viso sul pavimento.
La bionda si girò per sapere chi era il suo salvatore, trovandosi così faccia a faccia con il giovane che aveva incontrato in bagno prima della sfilata.
- Stai bene?- le chiese il ragazzo, con aria apprensiva.
Brooklyn si limitò ad annuire, con espressione alquanto imbarazzata: com'era possibile che quella sera, ovunque andasse, incontrava quel ragazzo?
- Dovresti guardare dove vai- borbottava intanto il cameriere, dopo aver ripreso l'equilibrio, per poi allontanarsi.
- Non ha tutti i torti- scherzò il giovane, mentre il colorito di Brooklyn si stava pericolosamente avvicinando ad un rosso piuttosto accesso - Stavate per fare un bel capitombolo- aggiunse poi.
- Già...- disse Brooke, allontanandosi dalla presa del ragazzo - Grazie- aggiunse poi, portandosi un ciuffo di capelli dietro all'orecchio.
- Di nulla...?- rispose il ragazzo, lasciando in sospeso la frase, con aria interrogativa.
- Brooklyn!- esclamò repentinamente la bionda - Brooklyn Holmes- aggiunse, porgendo la mano al giovane.
- Brooklyn- ripeté lui, stringendola - Hai un bel nome- disse, sorridendo - Io sono...- fece poi, ma subito venne interrotto da una voce squillante alle sue spalle.
- Georg! Muoviti!-
Il giovane alzò gli occhi al cielo e si voltò nella direzione da cui proveniva la voce.
- Arrivo, Bill!- esclamò, per poi voltarsi di nuovo verso la bionda - Ehm, io devo andare. Mi ha fatto piacere conoscerti- disse, sorridendole di nuovo - A presto- la salutò poi, per poi dileguarsi.
Brooklyn mormorò un flebile ciao, seguendo poi con lo sguardo il ragazzo mentre si allontanava da lei, raggiungendo poi l'amico che poco prima l'aveva chiamato.
Essendo lontani, Brooke dovette aguzzare la vista per vederlo meglio, ma subito quel volto gli ricordò qualcuno. Era sicura di averlo già visto, ma non seppe dire chi fosse.
- Holmes!- esclamò poi una voce all'improvviso, accompagnata da un energica pacca sulla spalla.
Brooklyn si voltò di scatto, trovandosi di fronte a Sienna, che la osservava con aria d'apprensione.
- Dove sei stata? Ti ho cercata dappertutto!- disse la mora, arricciando le labbra in una smorfia.
- Io... io...- iniziò a dire Brooke, voltandosi poi di nuovo verso i due ragazzi, che in quel momento si stavano allontanando dalla loro postazione.
- Ehi? Brooke? Chi stai guardando?
- Uhm... nessuno, nessuno. Non preoccuparti- rispose la bionda - Pensavo di aver visto qualcuno che conosco,- aggiunse, distogliendo lo sguardo e rivolgendo all'amica un lieve sorriso - ma evidentemente mi sbagliavo-
Sienna lanciò un'occhiata poco convinta a Brooklyn, inarcando un sopracciglio, come spesso faceva quand'era dubbiosa, ma decise di non fare domande.
- Beh, hai scoperto qualcosa d'interessante?- chiese invece, cambiando argomento.
- No, nulla- rispose Brooke, scrollando le spalle - Credi che possiamo andare a casa ora?- sbuffò poi.
Sienna sbuffò a sua volta, incrociando le braccia.
- Ma Brooke!- protestò, imbronciata - Questa...
- Potrebbe essere l'occasione della mia vita. Lo so, Sienna, lo so- la interruppe Brooke - Ma credo che per stavolta rinvierò ad un altro momento l'occasione della mia vita- aggiunse, facendo le virgolette con le dita mentre pronunciava le ultime parole.
Sienna sbuffò una seconda volta, con aria sconfitta.
- Non capisco come tu possa lasciarti sfuggire quest'opportunità - borbottò, mentre Brooklyn la prendeva sottobraccio.
Brooke si limitò a sorridere, avviandosi insieme all'amica verso l'uscita, mentre nella sua testa pianificava già di fare qualche ricerca su Georg - così l'aveva sentito essere chiamato - e sul suo amico biondo.
Con un po' di fortuna avrebbe trovato qualche informazione su di loro.





* *


- Non pensavo ti saresti risollevato così in fretta- commentò con nonchalance Bill, mentre lui e Georg si dirigevano verso i loro amici.
- Cosa...?- rispose il castano, senza comprendere a fondo le parole dell'amico.
- Quella ragazza è piuttosto carina- aggiunse il cantante, riferendosi alla giovane bionda con cui Georg stava parlando prima che lui gli dicessi di muoversi - Dove l'hai conosciuta?
- In bagno- rispose Georg, e allo sguardo scandalizzato dell'amico si affrettò ad aggiungere - No! Non è come pensi! Noi non... no-
Bill annuì con poca convinzione, con sguardo accigliato.
- Sai, non c'è nulla da nascondere. Non ti giudico mica.
- Bill.
- Era solo per chiarire- fece il biondo, alzando le mani.
Georg emise un grugnito, troncando la conversazione, e poco dopo i due raggiunsero il gruppo che si era accomodato su un lungo divano bianco di forma semicircolare, sistemato in un angolo appartato della sala, che Shay aveva preparato apposta per loro.
- Ehi, finalmente!- esclamò Tom vedendoli arrivare.
- Scusateci, ma Georg era in dolce compagnia- rispose Bill, sedendosi accanto a Madison.
Tutti gli occhi dei presenti si posarono sul diretto interessato che si passò una mano in viso, visibilmente imbarazzato.
- E' solo una ragazza che ho conosciuto prima della sfilata- spiegò, sedendosi alla destra di Vera - Stava per cadere e le ho dato una mano. Tutto qui- aggiunse - Sapete che amo Alexa- chiarì infine.
- Certo, certo- disse Gustav con un sorrisetto, sorseggiando il suo champagne.
Avrebbe voluto menzionare il fatto che nonostante “amasse Alexa”, Georg aveva fissato quella biondina per quasi tutta la durata della sfilata, ma decise di tenere quella riflessione per sé: d'altronde non poteva biasimare Georg, in quanto quella ragazza era piuttosto carina.
Il castano, dal canto suo, sospirò e distolse lo sguardo, notando dopo qualche istante una figura a lui familiare: si trattava di quella ragazza, di quella Brooklyn.
Era a braccetto con un'altra giovane, che l'aveva probabilmente accompagnata alla sfilata.
Le due si stavano dirigendo verso l'uscita, ma poco prima di svoltare l'angolo, Brooklyn aveva voltato lo sguardo proprio nella sua direzione, sorprendendolo ad osservarla.
Il giovane cercò di mascherare il suo imbarazzo con un cenno del capo accompagnato un timido sorriso, che la bionda ricambiò, facendo poi un lieve movimento con la mano, in segno di saluto, per poi voltarsi e seguire l'amica fuori dal salone.
Georg sospirò e subito sentì un commento di Tom.
- Oh, Hagen. Siamo già ai sospiri? Non ti sembra presto?-
Il bassista roteò gli occhi, rivolgendosi a Vera.
- Come fai a sopportarlo?
- Spero in una santificazione- risposa la ragazza, scuotendo la testa - Santa Vera! Non suona benissimo?- rise poi, contagiando tutti, tranne Tom, che, a braccia conserte, lanciava occhiate di fuoco agli amici.
- Stronzi- borbottava, versando dello champagne nel suo bicchiere- Non siete per niente simpatici.


* *






Il giorno dopo

- Credimi Lawrence, Shay è molto brava, ma è stata una normalissima sfilata. Niente di che-
Lawrence sbuffò per l'ennesima volta, pestando un piede sul pavimento, con fare infantile.
- Dico solo che avresti potuto procurare un posto anche al tuo migliore amico- protestò, sottolineando le ultime due parole.
Da ormai diverso tempo il giovane stava rinfacciando all'amica di essere stata alla sfilata di Shay Todd senza però lasciare che lui venisse.
- Insomma,- diceva - hai la vaga idea di quante celebrità erano lì ieri?-
Vera alzò gli occhi al cielo, bevendo poi un sorso del suo cappuccino, finendo però per scottarsi.
- Ahi!- gridò, portandosi una mano alla bocca - Lawrence, questo cappuccino è bollente!
- Ben ti sta- sibilò il biondo.
- Ti stai comportando come un bambino- fece Vera, scuotendo il capo, per poi tornare ad occuparsi del suo pc-
- Lo faresti anche tu se io andassi ad una mostra di Andy Warhol senza di te!-
Vera si voltò verso l'amico, sgranando gli occhi, con aria sbalordita.
- Non oseresti!
- Tu dici?- la sfidò il biondo.
I due rimasero ad occhieggiarsi per qualche istante, fino a quando Vera non distolse lo sguardo, tornando ad osservare lo schermo del suo computer.
- Ok, ok, ti chiedo scusa- disse, prima di iniziare a scrivere - La prossima volta farò in modo che anche tu sia dei nostri, contento?-
Lawrence annuì con aria di superiorità, per poi cambiare discorso.
- Tom si è comportato bene?- chiese, con aria divertita, per poi bere un sorso del suo caffè.
- Sì, non posso lamentarmi- rispose Vera con un lieve sorriso - Piuttosto, tu e Christopher avete fatto i bravi?-
A quelle parole, Lawrence rischiò di strozzarsi con il caffè, iniziando a tossire convulsamente.
- Punto primo, non sono assolutamente affari tuoi!- rispose, una volta essersi ripreso.
- E punto secondo?- fece Vera, reprimendo una risata.
- Punto secondo...- iniziò a dire Lawrence, realizzando però di non aver altro da aggiungere - beh, non sono assolutamente affari tuoi!- ripeté, scandendo le parole - Ora torna al lavoro e smettila di prendermi in giro!- esclamò, mentre Vera scoppiava in una gran risata.
- Certo, signor Williams- disse, scuotendo il capo - Comunque, per la cronaca, Shay confeziona abiti da donna- aggiunse, mentre il biondo si dirigeva verso la porta.
- Lo so anche meglio di te- replicò quest'ultimo - Beh, invece tu sappi che, per la cronaca, starei alla perfezione anche in abiti femminili- aggiunse con un sorriso, uscendo poi teatralmente dall'ufficio, accompagnato dalle risate di Vera, divertita dalla poca modestia dell'amico.


* *

Intanto

- Signor Wright!-
Con uno scatto felino, Brooklyn riuscì a raggiungere il redattore, diretto nel suo ufficio.
- Sì?- fece l'uomo, voltandosi - Oh, signorina Holmes, è lei- aggiunse, lanciando alla giovane un'occhiata al limite del disprezzo.
- Buongiorno, signore- lo salutò cordialmente la giovane, senza essere però ricambiata - Ecco la bozza che mi ha dato ieri da correggere- disse, consegnando a Wright l'articolo corretto.
Una volta tornata a casa, la sera prima, si era subito messa all'opera, sforzandosi di finire il lavoro in tempo per quella mattina. Aveva terminato piuttosto tardi, ma ne era valsa la pena.
Almeno così pensava.
- Oh, già, la bozza...- diceva intanto il redattore, sfogliando le tre pagine - Ha fatto un buon lavoro- aggiunse, leggendo qualche frase qua e là - Ma la sua correzione non serve più, mi spiace- concluse, provocando un'espressione di incredulità sul volto di Brooklyn.
- Non serve più?- ripeté.
- Abbiamo deciso di scartare l'articolo dalla prossima edizione. Troppo noioso- spiegò il direttore, porgendo i fogli alla bionda.
- Ma...- tentò di protestare lei.
- Qualcosa in contrario?- la interruppe Wright, inarcando un sopracciglio.
Brooke si morse il labbro inferiore, impedendosi di insultare per bene il suo capo, e si sforzò di sorridere.
- No, nulla in contrario, direttore.
- Bene, allora vada da Cathy: ho lasciato lì del lavoro per lei- le ordinò, per poi voltarsi e e dirigersi verso il suo ufficio.
- Auguro anche a lei una meravigliosa giornata, direttore- disse Brooklyn, ironica, ruotando gli occhi, ed avviandosi verso la scrivania di Cathy, una giovane sui ventisette anni, dai corti e ricci capelli ramati che circondavano il viso paffuto, che lavorava come segretaria della redazione.
- Ehi, B- salutò cordialmente, utilizzando quel soprannome che aveva affibbiato a Brooke fin da quando era arrivata in redazione.
- Ciao Cathy- disse quest'ultima, sorridendole - Wright ha detto di averti lasciato del lavoro per me.
- Sì, ed è anche un bel po'- rispose la ragazza,.
Porse a Brooklyn un malloppo di bozze da correggere, che, ad occhio e croce, avrebbero costretto la giovane a rimanere in ufficio più del dovuto. Di nuovo.
- Non ti scoraggiare. Praticamente tutti siamo passati da qui- le disse Cathy, cercando di incoraggiarla.
- Sì, lo so- rispose Brooke - Solo che a volte è così frustrante essere l'ultima ruota del carro.
- Puoi sempre tornare da dove sei venuta, piccola Brooklyn- le rispose una voce familiare alle sue spalle.
La bionda alzò gli occhi al cielo, chiaramente irritata.
- Amber- disse, voltandosi - Quale pessimo vento. Ti è passato il raffreddore?
- Già, ed ora sono più in forma che mai- le rispose con aria di superbia una - a suo dire - tra le più odiose tra le giornaliste all'interno di quella redazione: Amber Smith.
Non passava giorno in cui Brooke non desiderasse tirare i capelli biondi - visibilmente tinti - di quella ragazza fino a farla cadere dai tacchi vertiginosi che era solita portare, spesso abbinati ad una minigonna o ad un paio di skinny jeans fin troppo stretti.
Amber fece saettare i suoi occhi scuri sull'abbigliamento di Brooklyn, facendo poi una smorfia.
- Brooklyn, tesoro- le disse, con espressione disgustata - Quel colore andava di moda anni fa- concluse, indicando la camicetta azzurra che la giovane portava.
- Almeno io sono bionda naturale- sibilò a denti stretti Brooke, provocando una risatina in Cathy.
- Come scusa?- fece Amber con aria minacciosa.
- No, nulla- disse Brooklyn - La prossima volta ci farò più caso- aggiunse, con un sorriso falso stampato sul volto - Buona giornata- salutò infine, per poi avviarsi verso il suo ufficio.
Uno dei privilegi di essere una semplice correttrice di bozze era l'avere un ufficio tutto per sé, lontano dalle caotiche scrivanie degli altri giornalisti. Era piccolo, ma era silenzioso ed adatto a lavorare in santa pace.
Una volta essersi chiusa la porta alle spalle, Brooklyn tirò un profondo sospiro, lasciando giacca e borsa sull'appendiabiti.
Dieci minuti ed ho già incontrato due delle persone che odio di più al mondo, si disse, mentre posava gli articoli da correggere sulla sua scrivania.
La giornata non sarebbe potuta iniziare peggio, senza dubbio.
Prima di darsi da fare con le bozze, Brooke decise di dare un'occhiata alle sue mail.
Accese il computer ed aspettò che si caricasse, mentre la sua mente vagava tra i ricordi della sera prima.
Si chiese se avrebbe dovuto buttare giù una sorta di recensione sulla sfilata, ma subito si rese conto che Wright non l'avrebbe mai nemmeno letta.
I suoi pensieri si indirizzarono allora sul curioso incontro avvenuto in bagno con quel Georg.
Brooke provò a pronunciare quel nome, ma le risultava abbastanza difficile.
Dev'essere tedesco, si disse, mentre controllava la casella di posta elettronica.
La sensazione di aver già visto sia lui sia il suo amico - Bill, come l'aveva chiamato lui prima di andarsene- non era ancora passata.
Dopo aver letto le mail, Brooke fece per spegnere il pc e dedicarsi al lavoro che l'aspettava, ma la curiosità di scoprire chi fossero quei due prese il sopravvento.
Subito aprì il motore di ricerca, ma poi si ritrovò a chiedersi cosa avrebbe dovuto scrivere.
Provò dapprima con Bill, poi con Georg, ed infine, non avendo ottenuto alcun risultato soddisfacente, scrisse “bill e georg”.
Davanti a lei apparvero foto e video di una famosa band tedesca, i Tokio Hotel, e si chiese cosa avessero a che fare quei due ragazzi con loro.
Lì in America non avevano avuto tanto successo come in Europa, ma non si erano comunque astenuti dal far parlare di sé, specialmente i due gemelli, che si erano trasferiti a L.A. negli ultimi anni.
Brooke lo sapeva bene, poiché più di una rivista riportava regolarmente le foto dei due fratelli, spesso in compagnia delle loro fidanzate, ed anche lo Snoop, il giornale per cui lavorava lei, aveva dedicato loro diversi articoli.
La bionda si ricordò di averne corretto uno riguardante il matrimonio di uno dei due gemelli.
Si sforzò di ricordare il nome del giovane ed anche le foto che erano allegate all'articolo.
Quando tutto tornò alla sua mente, sgranò gli occhi, incredula: quei due ragazzi che aveva visto alla sfilata la sera prima erano proprio due dei quattro membri dei Tokio Hotel.
Aveva avuto due celebrità sotto al suo naso per tutto quel tempo senza nemmeno accorgersene.
Appena lo dirò a Sienna - pensò, mentre faceva altre ricerche sui due e sulla band - avrà un infarto, ne sono certa!














Spazio autrice
Buon pomeriggio Aliens!
Mh, direi che non cominciamo bene lol più di un mese dall'ultimo 'postaggio' ed era solo il primo capitolo AIUTO
Chiedo immensamente scusa a tutte voi, dalla prima all'ultima, e non starò nemmeno qui a giustificarmi, dato che dopo un mese e mezzo non c'è scusa che tenga.
Prometto che sarò più puntuale la prossima volta, e spero che voi possiate perdonarmi.
In ogni caso, spero anche abbiate apprezzato questo secondo capitolo!
Prima di lasciarvi, vorrei solo dirvi di dare un'occhiata al trailer di questa storia (link sotto), creato dalla meravigliosa e bravissima caraseyebrows - se siete fan degli One Direction, vi consiglio di fare un salto sulla sua pagina autore!
Ne approfitto poi per ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo e chi ha già inserito Gegen Jedes Gesetz tra le fanfic preferite/seguite/ricordate!
Aspetto le vostre recensioni!
Un bacio a tutte e al prossimo capitolo,
Heilig


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Capitolo 3
*** Three ***


Three  







Non hai idea di ciò che ho scoperto. Te lo racconto a pranzo. Preparati. Brooke x
Brooklyn scrisse in fretta un sms a Sienna, posando poi il telefono sulla scrivania, accanto al portapenne blu a righe bianche e rosse, regalatole da Cathy dopo un viaggio in Inghilterra.
La bionda ritornò a guardare lo schermo del suo computer, chiedendosi come avesse fatto a non collegare il volto del giovane incontrato la sera prima con quello del bassista dei Tokio Hotel: il forte accento tedesco, i lineamenti non certo tipicamente americani, e poi quel suo amico, Bill, anche lui membro della band. Avrebbe dovuto capirlo subito.
Non che pensasse di essersi persa chissà quale scoop, ma chissà... magari avrebbe scoperto qualcosa di interessante.
Cosa gli piace, se pratica sport, il suo cibo preferito...
I suoi pensieri vennero interrotti all'improvviso da alcuni colpi secchi alla porta. La giovane si precipitò a chiudere le pagine internet su cui stava lavorando.
- Avanti!- disse poi, afferrando al volo una delle tante scartoffie datele da Cathy poco prima.
La porta si aprì, mostrando il volto sorridente di un giovane sui 25 anni, dai lunghi capelli castani legati disordinatamente con un elastico e gli occhi scuri, con in mano due bicchieri di cartone colmi di caffè fumante: si trattava di Seth.
- Ehi, Brooke- salutò cordiale, entrando nel piccolo ufficio della giovane.
- Oh, Seth, sei tu- disse Brooklyn con un sorriso, rilassandosi sulla sedia - Come stai?
- Non c'è male- rispose il ragazzo, chiudendo la porta con un colpo del piede - E tu?- chiese poi, avvicinandosi alla scrivania.
- Bene, per ora- fece Brooke, indicando con un cenno del capo la montagna di scartoffie.
- Oh, ti capisco: Wright ha riempito di lavoro anche a me. - sbuffò il giovane - Credo si sia svegliato con la luna storta.
- Seth, quell'uomo ci è nato con la luna storta- lo corresse Brooke.
Il ragazzo scoppiò in una grassa risata alla battuta della bionda.
- Carina questa- commentò - Comunque, ho pensato di portarti un po' di carburante- disse poi, porgendo uno dei due bicchieri di caffè a Brooklyn.
- Oh, grazie Seth- ringraziò la giovane - Ti sei ricordato di n...
- Di non mettere lo zucchero? Certo, Brooke. Ormai ti conosco- la interruppe il moro, facendole l'occhiolino.
Brooke gli sorrise, riconoscente, per poi iniziare a sorseggiare il suo caffè.
Seth aprì bocca per aggiungere qualcos'altro, ma fu interrotto dalla voce squillante del signor Wright, che rimbombò nell'intero edificio.
- Sullivan! Nel mio ufficio!- tuonò, telegrafico.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, mentre Brooklyn fece una smorfia.
- Chissà cosa vuole ora...- mugugnò a denti stretti Seth - Beh, Brooke, come vedi sono desiderato- disse, allargando le braccia.
- Oh, non ti preoccupare. Chiacchiereremo un'altra volta- gli rispose Brooke, sorridendo - Ora vai, Wright non è un tipo paziente.
- Lo so, lo so- borbottò Seth - Forse dovrei mettergli una pillola di Valium nel caffè- rifletté a voce alta, osservando il suo bicchiere.
Brooklyn lo osservò, divertita, reprimendo una risatina.
- Sullivan!-
La voce del direttore sembrò scuotere le finestre, e i due ragazzi sobbalzarono dallo spavento.
- Ok, forse due pillole- fece Seth - Beh, sarà meglio che vada prima che i vetri si frantumino- aggiunse, scrollando le spalle - A più tardi, Brooke.
- A dopo-
Seth le rivolse un'ultima occhiata amichevole ed un sorriso, per poi uscire dalla stanza, lasciandola sola.
La giovane finì di bere il suo caffè, per poi poggiare il bicchiere vuoto sulla scrivania, sospirando soddisfatta. Seth aveva avuto un'ottima idea: quel caffè era decisamente ciò di cui aveva bisogno per affrontare la giornata che le si prospettava.
E mentre iniziava a leggere la prima delle molte bozze da correggere, qualcosa le diceva che quello non era che il primo di una lunga serie.



* *

Intanto


- Accidenti, sono in ritardo-
Dopo aver indossato una canottiera nera piuttosto frettolosamente, Georg si sedette sul bordo del suo letto ed infilò un paio di scarpe da ginnastica bianche.
Stava allacciando la scarpa destra, quando sentì lo strombazzare di un clacson proprio sotto la sua finestra, seguito da un'esclamazione piuttosto colorita.
- Hagen, alza il culo e muoviti, maledizione!-
Georg alzò gli occhi al cielo e sbuffò, mentre finiva di allacciarsi le scarpe, pensando a quanto Tom potesse essere impaziente di prima mattina.
Si alzò e prese il borsone rosso che stava ai piedi del letto, caricandoselo in spalla.
Diede un'ultima occhiata alla stanza per assicurarsi di non aver dimenticato nulla, quando un altro colpo di clacson lo indusse a precipitarsi fuori dalla camera.
Scese i gradini della rampa di scale che portavano al piano inferiore a due a due, inciampando però sull'ultimo, e rischiando così di piombare addosso ad un Gustav piuttosto perplesso che si accingeva a salire le scale.
- Oh, scusa Gus, ti sei fatto male?- disse Georg, senza prendere fiato tra una parola e l'altra.
Gustav aprì la bocca per rispondere, ma l'amico non gliene diede il tempo dato stava già uscendo dall'appartamento che condividevano durante i loro soggiorni a Los Angeles.
- Ci vediamo dopo!- diceva, mentre si chiudeva il pesante portone di legno alle spalle.
Sul volto di Gustav comparve un'espressione confusa, sostituita subito da una di rassegnazione.
Cos'ho fatto di male?, si chiese mentre riprendeva a salire i gradini.
Nel frattempo, Georg aveva raggiunto l'auto di Tom, parcheggiata non molto lontano.
- Alla buon'ora- ringhiò il chitarrista, appena l'amico chiuse la portiera.
- Scusa Tom- fece Georg, cercando di riprendere fiato - La sveglia non ha suonato- si giustificò, mentre Tom metteva in moto la vettura.
La sera precedente, prima di tornare a casa dopo la sfilata di Shay, i due ragazzi avevano deciso di incontrarsi quella mattina per andare insieme in palestra.
- Vedrai come sono diventato bravo- gongolò soddisfatto Tom, gonfiando il petto.
- Tom, dici così ogni volta. Non sei stanco di umiliarti da solo?- lo schernì Georg.
Tom borbottò qualcosa sotto voce, facendo scoppiare a ridere il bassista.
- Smettila di prendermi in giro!- esclamò irritato Tom.
- Scusa- disse Georg, cercando di soffocare le sue risate - Mi chiedo solo come tu faccia a convivere giorno e notte con il tuo enorme ego.
- E' un tipo simpatico- rispose Tom, con aria sincera, facendo spallucce.
L'amico lo guardò stranito, chiedendosi se fosse una battuta, ma l'aria incredibilmente seria e convinta di Tom gli fece capire il contrario.
- Tu sei strano, amico...- sussurrò, scuotendo la testa.
- Che hai detto?- fece Tom, mentre si fermava ad un semaforo.
- Niente, niente- si affrettò a dire Georg.
Nella vettura calò il silenzio, interrotto solo dai rumori provenienti dalla strada trafficata.
Scattò il verde, e Tom ripartì velocemente, alla volta della palestra.
- Alexa ti ha chiamato?- domandò d'un tratto, a bruciapelo.
Georg si limitò ad abbassare gli occhi, scuotendo il cupo.
- No- rispose.
- Non ancora- lo corresse Tom, con un sorriso d'incoraggiamento.
- Non credo lo farà- disse Georg, voltandosi verso il finestrino - Non questa volta- aggiunse con voce sommessa, sospirando.
Tom gli lanciò un'occhiata preoccupata, ritornando poi ad osservare la strada.
Tra i due scese di nuovo il silenzio che continuò fino al loro arrivo di fronte alla palestra.
Tom spense il motore e Georg slacciò la cintura di sicurezza, facendo per scendere, ma l'amico lo richiamò.
- Georg, ascolta- disse, tirando poi un profondo respiro, come se fosse in cerca di qualcosa da dire.
Il giovane si voltò e lo guardò con aria perplessa: Tom non lo chiamava mai Georg. Di solito usava nomignoli poco carini come Hobbit oppure si divertiva lo chiamava Hagen, ridendo quando lui andava su tutte le furie.
- Sì, Tom?- disse quindi, con espressione interrogativa.
- Senti, io... io non sono bravo in queste cose- balbettò imbarazzato, grattandosi la nuca - Però vedo come stai male per Alexa e... insomma... Siamo amici, no? Se vuoi parlarne, io... Ma solo se vuoi, ovviamente. Giuro che non ti prenderò in giro- continuò, gesticolando
Georg non riuscì a trattenere un sorriso, intenerito dal comportamento dell'amico.
- Grazie, Tom. È molto gentile da parte tua-
Tom si limitò a sorridergli con aria imbarazzata: no, quel genere di discorsi non erano certo il suo forte. Era Bill quello sentimentale.
- Sarà meglio andare ora- propose Georg, vedendo l'amico in evidente difficoltà.
Quest'ultimo annuì e i due scesero dall'auto. Dopo aver preso i rispettivi borsoni, si diressero a passo spedito verso la palestra. Giunti di fronte la porta a vetri, Georg fece per aprirla, ma Tom lo bloccò, posando una mano sulla sua.
- Che c'è?- gli chiese, confuso.
- Se solo provi a dire a qualcuno che sono stato tenero con te, ti strangolo Hagen- disse il moro, con sguardo minaccioso, per poi scansare l'amico con una leggera spallata ed entrare - E preparati ad essere sconfitto!- aggiunse, prima di dirigersi verso gli spogliatoi.
Georg rimase ad osservarlo per qualche istante, scuotendo poi la testa, con aria divertita: Tom non si smentiva mai.

* *
Più tardi

- Vuoi scherzare, Brooklyn?! Nel bagno degli uomini?!-
L'urlo acuto di Sienna rischiò di far saltare i timpani della povera Brooke.
La bionda sgranò gli occhi, guardandosi in giro con aria colpevole: come aveva immaginato, la voce dell'amica era arrivata alle orecchie di tutti clienti del locale, che si erano voltati a guardarla, con aria perplessa.
La giovane sorrise lievemente, mentre arrossiva per l'imbarazzo, rivolgendosi poi alla mora.
- Sienna, maledizione- imprecò a denti stretti - Non c'è assolutamente bisogno di urlare-
Le due ragazze si erano ritrovate, come ogni giorno, per pranzare insieme in un fast food a metà strada tra i luoghi di lavoro delle due amiche.
Brooklyn aveva appena raccontato a Sienna del suo strano incontro avvenuto la sera prima alla sfilata e della ricerca che aveva fatto sul giovane e sul suo amico, che l'aveva portata a scoprire la vera identità dei due.
Ma a Sienna tutto questo sembrava non importare.
- Dio mio, Holmes- disse - Come ti è potuto anche solo venire in mente di entrare lì dentro? Ad un evento simile, poi!- continuò, con un'espressione a metà tra lo schifato e l'arrabbiato.
- Sienna,- sospirò Brooke - ti ho appena detto di aver incontrato due dei quattro membri di una delle band più famose degli ultimi anni e tu pensi ai gabinetti?- fece, con una smorfia.
- Mi chiedo solo come tu abbia potuto...- cercò di replicare Sienna, ma Brooklyn la zittì con un gesto della mano, e lei sbuffò, infastidita.
Pochi istanti dopo comparve un cameriere dal sorriso smagliante, con in mano un taccuino ed una penna.
- Volete ordinare?- chiese.
Le due giovani fecero le proprie ordinazioni e il ragazzo si dileguò in fretta, lasciandole di nuovo sole.
- Comunque, mi sembra che questo George ti abbia colpito molto...- disse Sienna, inarcando un sopracciglio.
- Georg- la corresse Brooke - E comunque, cosa vuoi dire?-
Le labbra di Sienna si piegarono in un sorriso e Brooke capì al volo ciò che passava per la testa dell'amica.
- Sienna, no. Assolutamente no.
- Perché no?- chiese Sienna, imbronciata - Insomma, è carino, famoso e anche gentile.
- Tu corri troppo con la fantasia- replicò Brooklyn, scuotendo la testa.
- E tu non corri abbastanza- ribatté la mora.
- Sienna, sii ragionevole. L'ho visto una volta soltanto- sospirò l'altra.
- E cosa t'impedisce di credere che non potrebbe riaccadere?
- Il mio buonsenso- affermò convinta Brooke - E ora, ti prego, cambiamo argomento-
Sienna rimase sulle posizioni per qualche istante, per poi cedere, scuotendo il capo: Brooklyn era una testarda.
- Parliamo ad esempio del signor Howard- disse quest'ultima.
- Oh, per favore! Quel vecchio scorbutico- sbuffò Sienna - Signorine, l'affitto- aggiunse poi, imitando la voce roca dell'anziano signor Howard, proprietario del piccolo appartamento che le due avevano preso in affitto un paio d'anni prima.
- Me l'ha detto anche stamattina- sospirò affranta Brooklyn.
- Anche a me, prima che andassi al lavoro- disse Sienna - Holmes, dobbiamo fare qualcosa- aggiunse poi, giocherellando con una ciocca di capelli.
- Lo so, Sienna- rispose Brooke, torturandosi le mani - Ma cosa?-
La domanda rimase in sospeso, perché il cameriere di poco prima era tornato al tavolo con le ordinazioni delle due ragazze.
- Ecco a voi- disse, prima di andarsene.
Le due iniziarono a mangiare in silenzio, con aria turbata.
- Potremmo trovarci un altro lavoro- propose d'un tratto Sienna, infilandosi poi in bocca una patatina.
- E dove lo troviamo il tempo?- rispose Brooklyn - Entrambe lavoriamo fino a sera-
Sienna si limitò ad annuire, tornando a mangiare.
- Ehi- disse d'un tratto Brooke, notando la sua espressione afflitta - Non ti preoccupare- aggiunse, posando una mano su quella dell'amica - Troveremo un modo per dare a Howard i suoi soldi- disse infine, sorridendo.
Sienna sorrise a sua volta, annuendo con veemenza e sembrò rilassarsi.
- Piuttosto- fece Brooke, cambiando di nuovo argomento - Com'è andata stamattina?
- Oh, oggi Meredith ha fatto provare alle bambine il tutù per il saggio ed erano tutte bellissime!- esclamò Sienna, con gli occhi che le brillavano.
La giovane lavorava ormai da diversi mesi in una scuola di danza come assistente di una delle insegnanti, Meredith, una donna di mezza età, dai lunghi capelli castani costantemente legati in uno chignon, il fisico invidiabile e il viso delicato, come quello di una bambola di porcellana.
Meredith gestiva un corso per bambine dai quattro ai sei anni, e Sienna si occupava di sorvegliare le piccole, di procurare tutto il necessario o di suonare il piano quando le era richiesto.
La mora si lanciò in una spiegazione dettagliata dei vari modelli di tutù, delle coreografie e della musica, ma Brooke era distratta: pensava ancora ai loro problemi economici.
Aveva detto a Sienna che avrebbero trovato una soluzione, ma lei stessa ne dubitava: come avrebbero fatto?



* *


Nel frattempo

- Avanti Tom, non fare quella faccia-
Tom si limitò a grugnire, aggrottando le sopracciglia e stringendo la presa attorno al suo borsone, mentre Georg tentava a fatica di trattenere un sorrisino divertito.
- Non c'è nulla di male in fondo- disse, mordendosi poi il labbro nel tentativo di non scoppiare a ridere. Tom grugnì di nuovo, senza rispondere, accelerando il passo.
- Insomma, tutti noi abbiamo dei limiti- disse ancora Georg, correndogli dietro - Il tuo evidentemente sta nell'utilizzo del tapis roulant- affermò, scoppiando infine in una grassa risata, mentre ripensava alla caduta di Tom sull'arnese infernale, come l'aveva definito il chitarrista stesso che, preso dalla foga, aveva aumentato il passo fino a non riuscire più a stare dietro all'attrezzo, finendo per scivolare e cadere, suscitando risate in tutti i presenti.
- Non è affatto divertente, Hagen- sibilò Tom, con aria minacciosa, voltandosi di scatto- Vuoi smetterla?!- sbraitò.
Georg sembrava però non sentirlo, in preda com'era dal ridere: era piegato in due e si teneva la pancia con entrambe le mani, mentre la gente che passava di lì lanciava loro occhiate perplesse.
- Hai finito?- fece Tom, irritato, picchiettando un piede sull'asfalto, mentre le risate di Georg sciamavano in una risatina di scherno
- E' stata la scena più esilarante che io abbia mai visto in tutta la mia vita- disse il giovane, asciugandosi gli occhi.
Tom borbottò qualcosa d'incomprensibile e si voltò, dirigendosi a passo spedito verso la sua auto, seguito dall'amico.
- Dovrei lasciarti qui- ringhiò a denti stretti, mentre apriva il baule perché entrambi potessero mettervici le rispettive borse.
- Non lo faresti mai- replicò Georg con convinzione.
- Non sfidarmi- ribatté Tom, chiudendo il baule.
I due entrarono in auto e il chitarrista mise in moto, diretto verso la casa di Georg.
- Ti fa ancora male?- chiese quest'ultimo all'amico dopo diversi minuti di silenzio.
- Non molto- rispose Tom, scrollando le spalle.
Il bassista spostò lo sguardo sulla fronte dell'amico su cui vi erano due piccoli cerotti colorati sui quali troneggiava il volto di Topolino.
- Ho solo questi- aveva detto Paul, il personal trainer di Tom, porgendogli la scatola, mentre il giovane si tamponava la piccola ferita sulla fronte con un fazzoletto.
Georg ripensò all'intero episodio e sul suo volto apparve di nuovo un sorriso.
- Non ti azzardare a ridere, Hagen- disse Tom - Non provarci nemmeno o giuro che...-
Il giovane però fu bruscamente interrotto dall'ennesima risata dell'amico, più forte di tutte le altre.
- Non so cosa mi trattenga dall'aprire la portiera e buttarti giù dall'auto in corsa, davvero- mormorò il chitarrista, trovandosi poi a riflettere su quanti anni di galera avrebbe dovuto scontare se avesse effettivamente attuato il piano.
Si stava dicendo che forse non sarebbero stati così tanti, quando Georg smise finalmente di ridere.
- Non dimenticherò mai questa storia- disse, divertito.
Tom si limitò a maledirlo a bassa voce mentre il bassista continuava a parlare.
- La racconterò ai miei figli, e ai figli dei miei figli e ai figli dei figli dei miei figli e...
- Sì, ho afferrato. Ora smettila- lo interruppe Tom.
I due rimasero in silenzio fino al loro arrivo davanti all'abitazione del bassista.
- Eccoci arrivati- annunciò Tom - Ora fuori dalla mia auto, Hobbit-
Georg gli fece verso, scendendo poi dall'auto e andando a recuperare il suo borsone.
- E' stato bello, Kaulitz- disse poi, avvicinandosi al finestrino del chitarrista.
- Sappi che il tuo è stato solo un colpo di fortuna- replicò pronto Tom.
- Certo, certo...- fece Georg, alzando gli occhi al cielo - Beh, ci vediamo. Salutami Vera!- disse quindi, agitando la mano in segno di saluto, per poi voltarsi.
- Hagen- lo fermò però Tom.
Il bassista si girò, con sguardo furbo e subito interruppe l'amico che si apprestava a dire qualcosa.
- Non ti preoccupare, Tom. Non lo saprà nessuno-
Tom sembrò rilassarsi e gli sorrise, per poi salutare e ripartire in tutta fretta
Nessuno tranne Gustav, pensava intanto Georg, ridacchiando tra sé e sé.



* *

Più tardi


Sienna era ritornata alla scuola di danza quasi un'ora prima, mentre Brooke aveva ancora un po' di tempo prima di dover ritornare in redazione, e ne aveva approfittato per fare un giro, perdendo però la cognizione del tempo.
Oh, maledizione, pensò mentre correva: se Wright avesse notato il suo ritardo, sarebbe stato capace di licenziarla.
In pochi minuti arrivò alla redazione e si precipitò subito agli ascensori. Fortunatamente, ne vide uno ancora aperto e vi s'infilò. Una volta chiuse le porte, premette i tasti con foga, pregando di non incontrare Wright nel viaggio dal piano terra al quarto piano.
D'un tratto però, l'ascensore si fermò e le porte si aprirono. Brooklyn sgranò gli occhi e trattenne il fiato.
Mi licenzierà, mi licenzierà.
- Ehi, B. Che hai?-
Il volto sorridente di Cathy le sembrò quasi una visione.
- Oh, Cathy- disse, poggiandosi una mano sul petto, cercando di calmare il suo cuore che aveva preso a battere all'impazzata - Pensavo fossi Wright- mormorò, sollevata.
Cathy la osservò, stranita, scuotendo poi la testa.
- Non ti preoccupare, Wright non si vede mai in giro a quest'ora- disse, mentre premeva i tasti e le porte si chiudevano - E poi, gli somiglio davvero?- rise, divertita.
In poco tempo le due arrivarono al quarto piano e, una volta fuori dall'ascensore, Brooklyn si guardò intorno con aria circospetta.
- Brooklyn, vuoi calmarti?- sospirò Cathy.
- Che succede?-
Le due giovani si voltarono, trovandosi di fronte ad un sorridente Seth.
- Crede che Wright possa vederla e notare che è in ritardo- spiegò Cathy.
- Ma Wright non si vede mai in giro a quest'ora!- rise il ragazzo.
- Sì, ma...- cercò di contestare Brooke, ma la sua attenzione fu catturata da un dettaglio insolito.
- B?- fece Cathy, agitando una mano davanti agli occhi della bionda - Tutto ok?
- La porta- si limitò a dire Brooklyn - La mia porta era chiusa quando sono andata via- mormorò, mentre in lei cresceva una paura sempre più grande.
Che Wright la aspettasse lì?
Cathy e Seth si guardarono, confusi, mentre Brooke si avvicinò al suo ufficio con passo felpato: la porta era socchiusa e la giovane era certa che all'interno avrebbe trovato Wright spaparanzato sulla sua poltrona con le gambe sulla scrivania ed un sorrisetto sghembo in viso, pronto a licenziarla.
Prese un respiro profondo, cercando di farsi coraggio e spalancò la porta con un gesto deciso.
- Ehi, ma che fai?-
Brooke sgranò gli occhi, incredula: nel suo ufficio, in piedi accanto alla stampante non c'era Wright, ma Amber.
- Amber!- esclamò - Cosa... cosa ci fai qui?
- Dovevo stampare un articolo- spiegò la ragazza con un'alzata di spalle.
- Nel mio ufficio?
- La mia non funziona- rispose Amber, mostrando alcuni fogli stampati a metà.
- C'è una stampante nell'atrio- osservò Brooke, incrociando le braccia - Perché non hai usato quella?
- Il tuo ufficio è qui vicino- sbuffò Amber - Ora posso finire il mio lavoro?-
Brooke si trattenne dal cantargliene quattro e sospirò, avvicinandosi alla sua scrivania.
- Ah, Brooklyn- disse all'improvviso Amber - Non sapevo fossi fan dei Tokio Hotel-
Brooklyn si voltò di scatto, mentre le sue guance s'imporporavano.
- Hai guardato il mio computer?!-
Amber rise, irritando la bionda.
- Chi ti ha detto di farti gli affari miei?- fece Brooke.
- Oh, avanti. Non è nulla d'imbarazzante- replicò Amber, con un sorriso di scherno sulle labbra - Solo non pensavo che ti piacessero così tanto da cercare loro notizie anche sul luogo di lavoro.
- E tu cosa ne sai?- gridò Brooke, rossa in volto - Magari stavo cercando informazioni per un articolo!-
Amber scoppiò a ridere.
- Tu? Un articolo? Ma tu sei solo una correttrice di bozze!- sputò velenosa.
Brooke accusò il colpo e rimase in silenzio. Il suo orgoglio, però, la spinse a replicare.
- Ciò non significa che io non sia capace di scrivere-
Amber la guardò, accigliata, per poi avvicinarsi a lei con aria minacciosa.
- Brooklyn, sono certa che tu non sapresti scrivere un articolo su questo gruppetto nemmeno con un mese di tempo- disse indicando con un dito il computer di Brooke, riferendosi ai Tokio Hotel.
- Questo lo pensi tu- affermò Brooke a denti stretti.
Amber si avvicinò ulteriormente, fino ad arrivare ad un soffio dal volto di Brooke.
Le due si occhieggiarono con aria truce e Brooke dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non tirarle un pugno.
Amber sorrise ancora. Un sorriso carico di cattiveria e di scherno. Un sorriso che Brooklyn aveva imparato ad odiare sin dal primo momento.
- Oh-oh, la piccola Brooklyn sembra molto sicura di sé- disse - Scommettiamo?- aggiunse poi, assottigliando gli occhi e riducendoli a due fessure.
No, Brooke, non farlo, si disse la giovane.
Scommettere con Amber significava vendere la propria anima al diavolo e perdere avrebbe potuto portare a conseguenze terribili.
Lo sapeva. Ne era pienamente cosciente.
Ma il suo orgoglio sembrava coprire la voce della sua coscienza.
E così, prima ancora che se ne accorgesse, aveva pronunciato la fatidica parola:
- Scommettiamo.










Spazio autrice

Salve Aliens! Guardate un po' chi è tornata su EFP!
No, non mi sono trasferita in Alaska negli ultimi cinque (già, cinque, ugh) mesi. Sarò sincera: alla mancanza di tempo e fantasia, si è aggiunta anche la poca voglia. Mi sono sentita come svuotata di tutta la voglia di scrivere che avevo, ed ho pensato più volte di cancellare la storia, prima per un vero e proprio “blocco dello scrittore” poi perché in me aveva preso sopravvento una sorta di imbarazzo misto a rassegnazione. “Che scrivo a fare?” mi sono detta “Tanto ormai nessuno la segue più probabilmente”.
Poi però mi sono ripresa, la voglia e l'ispirazione sono tornate e finalmente ho trovato un momento solo per questo capitolo.
Le scuse mi sembrano più che d'obbligo: chiedo venia per questo enorme ritardo e spero che abbiate avuto la pazienza di aspettare.
I prossimi capitoli verranno pubblicati a una/due settimana/e di distanza -scuola/kick boxing/scuola guida permettendo-, e sappiate che la trama è stata definita, quindi non ci saranno altri blocchi HAHA
Grazie mille a chi ha aspettato questo tanto sudato terzo capitolo, dove le cose hanno iniziato a smuoversi e la storia a delinearsi. Il carattere impulsivo ed orgoglioso di Brooke inizia a dare i suoi frutti. Cosa accadrà? Lo saprete nel prossimo capitolo!
Grazie a chi segue ancora questa fanfic e a chi recensirà!
Ne approfitto per augurare buone feste a voi e ai vostri cari.
Un bacione e a presto,
Heilig


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Capitolo 4
*** Four ***


Four 

Il ghigno che comparve sul volto di Amber fece quasi rabbrividire Brooklyn.
La ragazza fece un passo indietro e porse a Brooke la mano dalle lunghe unghie laccate di rosso rubino.
Brooklyn la osservò, esitante, ed Amber ridacchiò.
- Lo sapevo- commentò, scuotendo la testa. Fece per abbassare la mano, quando Brooke, presa da un moto di orgoglio, la prese e la strinse con vigore, guardando Amber con aria di sfida.
Sul volto di quest'ultima apparve un'espressione quasi sorpresa, subito sostituita da uno sguardo di pura cattiveria.
- Bene, affare fatto, allora- disse la giovane - Un mese, Brooklyn, non un giorno in più, non uno di meno. In un mese dovrai scrivere un articolo sensazionale di 6000 battute su questo gruppetto per ragazzine e consegnarmelo- affermò, continuando a sorridere con malignità - Certo, sempre che tu non abbia paura di perdere- aggiunse, inarcando un sopracciglio - Possiamo sempre fare finta che nulla sia successo- continuò.
Brooke ridusse gli occhi a due fessure.
- Scordatelo- sibilò - Un mese è anche troppo- disse poi, senza riflettere.
- Non riesco a decidere se tu sia coraggiosa o soltanto stupida- commentò acida Amber - Beh, l'hai voluto tu.
- Cosa succede se vinco?- chiese Brooklyn a bruciapelo. Amber sorrise, sadica.
- Non vincerai- disse - Ma se perdi...-
Stava finendo di parlare, quando Seth si affacciò sulla porta dell'ufficio rimasta aperta, interrompendola.
- E' permesso?- chiese cordialmente, battendo un paio di colpi sul legno - Amber, Wright ti cerca- disse poi, rivolgendosi verso la bionda.
- Grazie- rispose la ragazza, atona - Ci si vede, Brooklyn. E ricordati della scadenza- ghignò, per poi voltarsi e dirigersi verso la porta.
Seth si scansò leggermente verso destra, lasciandola passare, per poi rivolgere a Brooke uno sguardo a metà tra il perplesso e il preoccupato.
- Scadenza?- disse, avvicinandosi alla giovane - Di cosa stava parlando?
- Nulla di importante, Seth- rispose Brooke, con un gesto di falsa noncuranza della mano.
Seth aggrottò la fronte, dubbioso.
- Brooke, Amber non è il genere di persona con cui scherzare- disse.
- E io non sono il genere di persona che scherza con Amber- rispose la giovane.
- Brooklyn, sono serio- replicò Seth - Non so cosa stia succedendo, ma stai alla larga da quella ragazza. Potresti finire per giocarti il tuo posto qui.
- So badare a me stessa- ribatté Brooke, stizzita, sentendosi punta nel vivo - Conosco Amber, so di cosa è capace.
- No, non lo sai- disse il ragazzo, scuotendo la testa, sconsolato.
- Non sono una bambina!- affermò la bionda, visibilmente irritata, battendo una mano sulla scrivania.
- Ehi, ehi, non volevo farti arrabbiare- si scusò subito Seth, alzando le mani.
- Scusa- sospirò Brooke - Scusa, non avrei dovuto reagire così.
- Lo dico solo per il tuo bene- rispose Seth.
- Lo so...- disse la giovane - Ma io so cosa devo fare e a chi devo stare attenta- sbuffò a braccia conserte.
Seth sospirò, rassegnato e tra i due calò il silenzio.
- Beh...- iniziò a dire Seth, grattandosi la nuca con fare imbarazzato - sarà meglio che io vada.
- Sì, forse è meglio- si limitò a dire Brooke, abbassando lo sguardo.
- A dopo- salutò il giovane, per poi dileguarsi in fretta dall'ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.
- Sì, certo...- borbottò Brooklyn.
Ascoltò Seth allontanarsi dal suo ufficio frettolosamente, fino a che il rumore dei suoi passi non si confuso con il brusio che aleggiava nella redazione.
Sbuffò, passandosi le mani tra i capelli biondi. Nonostante tutto, sapeva che Seth aveva ragione: Amber non era di certo la persona con cui giocare. Eppure lei, Brooke, sembrava essere proprio il suo nuovo giocattolo, la sua marionetta, il suo nuovo pupazzetto da torturare.
E lei ci era cascata.
Dove diavolo mi sono andata a cacciare?



* *


Intanto

- Georg?-
Il giovane, seduto sul suo letto, alzò gli occhi dal basso che stava accordando, incontrando lo sguardo severo di Gustav, in piedi sulla soglia della sua stanza, con una piccola piantina in un vaso di terracotta tra le mani.
- Sì, Gus?- rispose.
- Prima di iniziare a strimpellare, fammi il favore di svuotare quella bomba atomica di puzza e sudore e buttare tutto in lavatrice o le mie piante moriranno- disse il biondo con aria schifata, indicando con un cenno del capo il borsone di Georg, che il ragazzo aveva gettato in un angolo della stanza appena tornato a casa.
Georg ridacchiò, divertito.
- Oh, avanti. Non puzza così tanto- commentò.
- Fa' ciò che ti ho detto- s'impuntò Gustav.
Georg alzò gli occhi al cielo, sospirando.
- Agli ordini, padrone- sbuffò, poggiando il basso sul materasso, per poi alzarsi.
- Vedo che hai capito- disse compiaciuto l'amico, per poi andarsene fischiettando.
Georg sbuffò una seconda volta, andando poi a prendere il borsone incriminato.
Gustav dovrebbe smetterla di dare ordini, pensò, mentre lo apriva.
È stato Bill a dargli questa brutta abitudine, ne sono certo, si disse poi, annuendo con convinzione, iniziando a tirare fuori i vestiti che aveva usato in palestra e che, dopo aver fatto una doccia veloce, aveva appallottolato e gettato nel borsone senza curarsene.
Prese in mano un paio di boxer e fece per buttarli a terra insieme agli altri indumenti, quando un dettaglio attirò la sua attenzione. Aggrottò la fronte, notando che sull'elastico dei boxer vi erano ricamate due lettere in rosa: TK. Accanto ad esse vi era un piccolo cuoricino.
Georg impiegò qualche secondo a capire e, quando lo fece, per poco non gridò, visibilmente disgustato, lasciando subito la presa sulle mutande che teneva in mano.
Oddio.
Si chinò subito sui vestiti a terra e controllò, sperando di essersi sbagliato. Tra gli indumenti, però, nessuno sembrava appartenergli: aveva preso il borsone di Tom anziché il suo.
Si schiaffò una mano in fronte, maledicendosi per la sua sbadataggine. Decise quindi di chiamare subito l'amico, ma appena si alzò, quasi come se i due si fossero letti nel pensiero, il suo telefono squillò.
Georg si allungò sul materasso, afferrando il cellulare per poi portarselo all'orecchio.
- Tom!- esclamò.
- Hobbit- sibilò Tom - Cosa diavolo hai combinato?
- Scusa, Tom- disse Georg, mortificato - E' che i borsoni sono simili e nella fretta non ci ho fatto caso- si giustificò.
Sentì Tom sospirare pesantemente, evidentemente alterato.
- Non ti preoccupare- si affrettò ad aggiungere Georg - Dammi il tempo di sistemarmi e passo da te.
- Sarà meglio- sbuffò il chitarrista - A dopo, allora-
- A dopo- salutò l'amico - Ah, Tom- disse poi, prima di chiudere la chiamata - Carine le lettere ricamate. E' un regalo di tua madre?- chiese, scoppiando in una fragorosa risata.
- Vai al diavolo!- lo maledì Tom, interrompendo bruscamente la telefonata.
Georg infilò il telefono in tasca, ancora ridacchiando, per poi riprendere, con la dovuta cautela, i vestiti di Tom dal pavimento, rimettendoli uno ad uno nel borsone.
- Che cosa stai facendo?- tuonò all'improvviso una voce alle sue spalle.
Il ragazzo si voltò quel che bastava per scorgere un Gustav piuttosto irritato a braccia conserte, che lo squadrava dalla testa ai piedi.
- Ho sbagliato borsa- si limitò a spiegare Georg, mentre chiudeva la zip - Ora riporto questa a Tom e mi riprendo la mia- aggiunse, voltandosi completamente verso l'amico.
- Mh...- mugugnò quest'ultimo - Beh, ora capisco perché il borsone non puzzava come le altre volte!- esclamò, prima di dileguarsi con straordinaria agilità, evitando la ciabatta che Georg gli aveva lanciato.
- Non sei affatto simpatico!- urlò il bassista, mentre l'amico si allontanava, ridendo di gusto.



**


Nel frattempo

Brooke si ritrovò a sbagliare per l'ennesima volta la stessa frase. Sbuffò, spazientita, tirando una riga con fare arrabbiato, scarabocchiando poi la correzione in alto a destra.
Dopo la discussione con Amber e le parole di Seth non era più riuscita a concentrarsi, ritrovandosi sempre a pensare alla situazione in cui era andata a finire.
Oh, forza Holmes. Penserai alla scommessa più tardi, ora lavora, si disse. Prese un profondo respiro, e riprese a leggere da dove si era interrotta, ma dopo pochi minuti si distrasse di nuovo.
Si mise le mani tra i capelli, sconsolata: di quel passo non avrebbe mai finito.
Stava pensando a cos'avrebbe dovuto fare, quando qualcuno bussò, e senza aspettare nemmeno che dicesse avanti, la porta si aprì.
- Signorina Holmes, la stavo cercando-
Brooklyn trattenne il fiato, osservando il direttore Wright che si chiudeva la porta alle spalle, avvicinandosi alla sua scrivania.
- Signor Wright- disse la bionda, scattando in piedi appena riprese le normali funzioni cognitive - Ha bisogno?- chiese, titubante, con gli occhi bassi.
Era innegabile: Wright la metteva in soggezione. E l'aveva sempre fatto, fin dal primo momento in cui aveva messo piede nella redazione per presentare il suo curriculum.
Quell'uomo alto, robusto, dai capelli scuri e gli occhi di ghiaccio, quello sguardo duro e tagliente, quella voce profonda e quasi minacciosa, l'avevano sempre intimorita.
- In effetti sì- rispose l'uomo - Ha finito con il lavoro che le ho lasciato?- domandò.
- A d-dire il vero, io...- balbettò imbarazzata Brooke: come dirgli che non sarebbe riuscita a finire di correggere tutte quelle bozze entro la fine della giornata?
- Non importa- la interruppe subito Wright - Ha un'altra faccenda da sbrigare ora.
- Signore?- fece Brooklyn, senza capire.
- Oggi arriveranno delle celebrità molto importanti- spiegò l'uomo - Le intervisterò io personalmente nel mio ufficio- continuò - Ho pensato che sarebbe stato carino offrire loro da bere e da mangiare, in modo che si sentano a proprio agio, e per questo ho fatto preparare qualche dolce per l'occasione-
La bionda corrugò la fronte: dove voleva arrivare?
- La pasticceria non è molto lontana da qui, ma la mia assistente non può occuparsene ora, quindi ci andrà lei-
Oh.
- Ma, signor Wright! Le bozze...- protestò Brooke.
- Potrà continuare una volta tornata. I miei ospiti sono molto più importanti di qualsiasi bozza lei debba correggere- replicò secco l'uomo.
Brooklyn volle ribattere, ma subito ammutolì di fronte allo sguardo dell'uomo.
- Va bene- disse con un fil di voce.
Come se il mio consenso fosse necessario.
- Perfetto- disse Wright, con un sorriso simile ad una brutta smorfia - Ecco a lei- aggiunse poi, porgendo a Brooklyn uno scontrino - Quando arriva deve mostrare questo e dire che la mando io, il direttore dello Snoop- concluse, gonfiando il petto e marcando le ultime parole con aria orgogliosa.
Brooke si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo, temendo un licenziamento seduta stante, ed annuì, prendendo lo scontrino che Wright le porgeva.
- Faccia in fretta. Dovrà essere qui tra un'ora esatta- si raccomandò quest'ultimo - A dopo- salutò, per poi voltarsi ed allontanarsi, uscendo poi dall'ufficio e lasciando sola Brooklyn.
La bionda sbuffò, iniziando a sistemare alla meglio le scartoffie sulla sua scrivania.
Ci mancava solo questa, si disse, irritata, mentre riponeva una matita nel portapenne. Si mise in tasca lo scontrino e il cellulare, per poi prendere la giacca e la borsa dall'appendiabiti. Si voltò un'ultima volta, controllando di non aver perso nulla ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
- Ehi, B- la chiamò Cathy, osservandola allontanarsi dal proprio ufficio - Dove vai? Non ti senti bene?
- No, sto bene- rispose la giovane, appoggiando la borsa sul banco della segretaria per potersi mettere la giacca - Devo fare una commissione per Wright- spiegò, sistemandosi il colletto.
- Una commissione?- ripeté perplessa Cathy - E da quando fai commissioni per lui?
- Da oggi, a quanto pare- sospirò Brooke - Sarà meglio che vada. A più tardi-
Cathy annuì ed agitò la mano in segno di saluto, per poi tornare al suo lavoro.
Brooke andò a prendere l'ascensore e scese al piano terra, per poi uscire in fretta dalla redazione.
La porta a vetri si chiuse silenziosamente e la giovane si allontanò a passo svelto dall'edificio.
Mentre camminava, recuperò lo scontrino dalla tasca dei jeans e osservò il nome della pasticceria: The Cake Bake. Fortunatamente il luogo distava solo una ventina di minuti dalla redazione, e Brooke conosceva la strada: d'altronde si trattava di una delle più famose pasticcerie della città - ed anche una delle più care. La giovane si ritrovò a domandarsi quanti soldi guadagnasse Wright per potersi permettere tutti quei dolci a quella cifra spropositata, riportata sullo scontrino. Scosse la testa, distogliendo la mente da quei pensieri e lanciò un'occhiata al suo orologio da polso: Wright le aveva dato un'ora, ma se avesse fatto in fretta, sarebbe tornata anche prima dell'orario stabilito.
Affrettò quindi il passo e in un quarto d'ora raggiunse la meta. Una volta arrivata, però, si ritrovò a sgranare gli occhi di fronte alla coda che dalla cassa all'interno del negozio continuava fino a qualche metro oltre l'ingresso.
Mi sembrava strano che fosse tutto così facile, pensò Brooke, mentre si metteva svogliatamente in fila dietro ad una signora di mezz'età che teneva per mano il figlio, pregando che il suo turno arrivasse presto.
Maledetto Wright.



* *


Più tardi

- Buon pomeriggio signorina, in cosa posso esserle utile?-
Finalmente, dopo quasi venti minuti, la fila davanti a Brooklyn era scomparsa, e la bionda era giunta al bancone, dietro al quale vi era un uomo sulla cinquantina, alto e robusto, dal viso rotondo e gli occhi ridenti, che l'aveva accolta con un sorriso.
- Buon pomeriggio- salutò la giovane - Mi manda il signor Wright, il direttore dello Snoop- spiegò - Aveva ordinato questi dolci- aggiunse, porgendo all'uomo lo scontrino che Wright le aveva dato.
- Oh, devi essere la nuova assistente di Joseph!- esclamò il pasticcere, chiamando per nome il redattore - Cos'è successo all'altra?- continuò.
Non sono qui per fare conversazione, accidenti!
- Elizabeth aveva da fare- disse Brooke, con un sorriso tirato.
Ed io anche!
- Capisco...- fece l'uomo - Beh, la sua ordinazione arriva subito, signorina-
Brooke tirò un sospiro di sollievo, lanciando poi un'occhiata all'orologio a forma di cupcake appeso sul muro di fronte a lei: aveva meno di mezzora per tornare alla redazione con i dolci.
Meno di mezzora per evitare di essere sbattuta fuori dalla redazione, pensò mentre il negoziante andava e veniva dalla cucina, portando con sé delle scatole piene di pasticcini ed impilandole una sopra all'altra sul bancone.
- Ecco qui, signorina- disse infine, con aria soddisfatta.
Brooke osservò quasi spaventata la pila di scatole che le si presentava davanti.
- Ehm, grazie- disse, esitante.
Come diavolo farò?, si chiese.
Allungò le braccia ed afferrò l'ultima scatola, sollevando l'intera pila.
- A-arrivederci- salutò, cercando di tenere in equilibrio il tutto come meglio poteva.
Uscì barcollante dal negozio, ringraziando con il cenno del capo un giovane che le aveva tenuto la porta aperta, e si diresse verso la redazione, sperando di arrivare in tempo, oltre che sana e salva.


* *


Possibile che mamma mi tenga sempre così tanto al telefono?, si chiese Georg, mentre camminava a passo svelto per le vie di Los Angeles.
Proprio un istante prima di uscire, sua madre aveva pensato bene di telefonargli, lanciandosi poi in un ferreo terzo grado - “ Stai mangiando tesoro?”, “Quando torni?”, “Non è che stai bevendo troppo insieme a Gustav e gli altri?” - costringendolo a rassegnarsi e rimandare il suo proposito di restituire a Tom il borsone.
Una volta essersi liberato dall'interrogatorio della donna - sbattendole praticamente il telefono in faccia - Georg era quindi uscito e si era diretto a piedi verso dell'amico. Pochi minuti dopo essersi incamminato, sentì il suo telefono vibrare. Prese il cellulare dalla tasca ed osservò il display: era un messaggio di Gustav che gli chiedeva di comprare qualche birra prima di tornare a casa.
Speriamo che mamma non lo venga a sapere, pensò, sorridendo lievemente, mentre digitava la risposta.
- Attenzione, attenzione!-
Una voce gli fece distogliere lo sguardo dallo schermo del telefonino.
Ma cosa...?
Prima che potesse rendersene conto, un mucchio di scatole piombò su di lui, seguito da una figura femminile non ben definita dalla lunga chioma bionda.
I due caddero a terra con un tonfo sordo, uno sopra l'altra, mentre le scatole atterravano sparpagliate qua e là sul marciapiede, attirando l'attenzione di qualche passante che lanciava ai due occhiate incuriosite o addirittura perplesse.
- Oddio, oddio, oddio- iniziò a dire la ragazza - Sono mortificata- mormorò poi-
Quando incontrò lo sguardo di Georg, trattenne il fiato, incredulo: lui? Ancora?
Anche Georg rimase piuttosto sorpreso: era di nuovo la ragazza della sfilata.
Quest'ultima ammutolì ed arrossì tutto d'un colpo, per poi affrettarsi ad alzarsi.
- L'equilibrio non è decisamente il tuo forte, vedo- commentò sarcastico Georg, alzandosi a sua volta - Brooklyn, giusto?-
La giovane annuì, torturandosi le mani con fare nervoso. Prese poi a guardarsi intorno e il suo volto, da rosso porpora, divenne bianco.
- Oh, maledizione. Che disastro- disse, inginocchiandosi ed iniziando a raccogliere le scatole cadute a terra.
- Ti do una mano- si offrì Georg, seguendola a ruota. Prese una delle confezioni e la aprì.
- Mh...- fece, osservandone il contenuto - Beh, magari sono ancora commestibili- disse, rivolgendosi a Brooklyn e mostrandole i cupcake ormai impresentabili.
La giovane si lasciò sfuggire un lamento: Wright l'avrebbe uccisa.
- Questa proprio non ci voleva, accidenti- borbottò a denti stretti, mentre recuperava le ultime scatole rimaste.
- Era una consegna importante?- chiese Georg.
- Decisamente- rispose Brooke con un sospiro - Era di un'importanza vitale, direi- aggiunse, con una smorfia.
- Possiamo sempre ricomprare tutto- propose il giovane, sorridendole - Il tuo capo non si accorgerà di nulla e i clienti avranno i loro dolci.
- Come, scusa?- domandò Brooklyn, senza capire le parole di Georg.
- Sì, insomma... E' questo il tuo lavoro, no? Fare consegne, dico- spiegò il ragazzo, con ingenuità.
Brooke deglutì, incerta. In realtà sono una giornalista e sto lavorando ad un articolo su te e la tua band.
Questa era la verità.
Ma in fondo una piccola bugia non ha mai fatto male a nessuno, cercò di convincersi Brooklyn, mentre annuiva con veemenza.
- Sì- disse - Sì, esatto-
- Bene- rispose Georg - Allora andiamo- fece poi, alzandosi e prendendo con sé le scatole che aveva raccolto.
- Andiamo dove?- chiese Brooke, facendo lo stesso
- Conosco un posto che vende pasticcini a buon mercato. Non sono artigianali, ma nessuno si accorgerà della differenza- disse il giovane - Ci sono stato qualche volta, non è lontano da qui- aggiunse, cercando di essere convincente.
Brooke non rispose, dubbiosa: cosa fare? Seguire Georg ed arrivare in ritardo alla redazione o presentarsi da Wright puntuale ma senza i dolci? L'avrebbe licenziata in ogni caso.
La bionda sospirò, arrendendosi: probabilmente non sarebbe mai arrivata in orario anche se avesse corso da lì alla redazione.
- Va bene- acconsentì, sorridendo lievemente - Andiamo-


* *


Proprio come Georg aveva detto, il negozio non distava molto da dove i due si erano incontrati - o meglio, scontrati.
Brooklyn scelse i cupcake da acquistare piuttosto frettolosamente, pregando che Wright non si accorgesse del disastro che aveva combinato.
Georg la osservava, appoggiato al bancone, tra le mani le confezioni semi distrutte e ai suoi piedi il borsone di Tom.
Quando Brooklyn si avvicinò per pagare, il cassiere mise il tutto in un sacchetto, rifiutando poi gentilmente i soldi che la bionda le porgeva.
- Ha già pagato lui- spiegò poi con un sorriso, indicando Georg.
- In fondo è anche colpa mia- disse semplicemente quest'ultimo, con un'alzata di spalle.
- No, questo non posso accettarlo- brontolò Brooklyn, stizzita - Avanti, prenda questi e dia a lui i suoi soldi- disse poi, rivolta al negoziante, che guardò Georg, perplesso.
- Non fare storie- fece il giovane, chinandosi per prendere la borsa a terra. Brooklyn rimase sulle sue posizioni per un po', ma finì per rassegnarsi, sbuffando, e rimise i soldi in tasca.
- Beh, allora andiamo- disse infine - Grazie e arrivederci- aggiunse, rivolgendosi al cassiere, che salutò cordialmente i due giovani.
- Arrivederci- salutò a sua volta Georg, seguendo Brooke fuori dal negozio.
- Non avresti dovuto pagare- gli disse quest'ultima una volta usciti - Ora sono in debito con te.
- Non insistere- replicò Georg - Mi ha fatto piacere aiutarti. Almeno ora hai i tuoi cupcake-
Brooklyn fece una smorfia, ma subito s'illuminò. Sotto lo sguardo confuso di Georg, aprì la borsa, tirando poi fuori una penna ed il suo inseparabile taccuino. Cercando di rimanere in equilibrio, scarabocchiò qualcosa su un foglio che poi porse al giovane.
- Ti devo un favore- gli disse - Se hai bisogno, non esitare a contattarmi-
Georg osservò il numero, per poi sorriderle.
- Lo farò, grazie-
I due giovani rimasero a guardarsi in silenzio per qualche istante, e Brooke sembrò dimenticarsi dei suoi problemi: Amber, la scommessa, Wright...
Wright. Oddio.
Quell'uomo l'avrebbe davvero uccisa.
- Oddio, sono in ritardo!- esclamò, agitandosi - Ti ringrazio infinitamente per il tuo aiuto- aggiunse, rivolta a Georg.
- Ma... io...- cercò di dire il ragazzo.
- Ci vediamo!- lo interruppe bruscamente Brooklyn, per poi voltarsi e iniziare a correre a perdifiato.
Georg rimase ad osservarla, fino a che la sua figura non scomparì completamente tra la folla.
Sospirò, incerto sul da farsi, e guardò le scatole che teneva ancora in mano.
E ora cosa me ne faccio di queste?


* *

Più tardi

La prossima volta prendo l'auto, si ripromise Georg, arrancando a fatica fino al cancello della casa di Tom. La strada dal negozio fino a lì era piuttosto lunga e il carico che si portava appresso non l'aveva di certo aiutato.
Superò l'inferriata e si avviò per il viale. Giunto a metà strada, delle urla indistinte, unite al tonfo di oggetti che cadevano sul pavimento, lo fecero fermare. Il giovane aggrottò la fronte, confuso, e si diresse verso la porta d'ingresso. Una volta arrivato, le voci si fecero più chiare.
- Sei un idiota!- gridò una voce femminile, a lui piuttosto familiare.
- E tu una bambina!- rispose la voce di Tom.
- Agh, vai al diavolo Kaulitz!-
Georg fece per bussare, quando la porta si spalancò, rischiando di rompergli il naso.
Fece un passo indietro, spaventato, e quasi cadde a terra.
- Ehi! Che modi!- si lamentò. Guardò poi con più attenzione e riconobbe subito la giovane sulla soglia della porta.
- Vera?!- esclamò - Ma cosa diavolo sta succedendo?










Spazio autrice
Ma salve a tutti, amici di EFP! Riecco a voi Heilig.
Quanto tempo è passato? 3 mesi? 4?
E dire che ero convinta che avrei postato una volta ogni settimana, o massimo ogni due!
Aaaargh, sono in super ritardo. Spero non me ne vogliate, ma davvero, questi sono stati dei mesi piuttosto incasinati. Tra scuola, sport e patente il tempo per scrivere era davvero poco e non volevo certo propinarvi una schifezza scritta in due minuti. Non se ne parla proprio.
Spero possiate perdonare questi miei continui ritardi che, purtroppo, continueranno ad esserci, almeno fino a quando non passerò la maturità. Sappiate però che non ho intenzione di far passare mesi e mesi per il prossimo capitolo anche perché la storia si sta facendo più interessante (?). Non sono così crudele da lasciarvi con il fiato sospeso per così tanto :D
Volevo inoltre ringraziare tutti coloro che non hanno smesso di aspettare questo capitolo ed ora stanno leggendo queste mie parole. Siete persone meravigliose.
Beh, che dire? Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Come sempre in basso troverete i miei contatti facebook e twitter, insieme ai link del trailer e del gruppo facebook “Writers&Readers - Le Aliens Di EFP
Alla prossima, mie care Aliens.
Un bacio enorme,
Heilig (che adesso non scomparirà più)


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