Gegen Jedes Gesetz di Heilig__ (/viewuser.php?uid=165002)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One ***
Capitolo 2: *** Two ***
Capitolo 3: *** Three ***
Capitolo 4: *** Four ***
Capitolo 1 *** One ***
I
Tokio Hotel non mi
appartengono.
Tutto
ciò che è scritto qui è frutto della
mia fantasia e ogni
riferimento a fatti o persone reali è puramente
casuale.
Ah, e ovviamente non
scrivo a scopo di lucro, ergo non ci guadagno nemmeno un soldo
bucato.
Peace xx
One
Los
Angeles, 7 pm
Con
fare esasperato,
Brooklyn lasciò cadere la penna sulla bozza che stava
correggendo,
mettendosi poi le mani tra i capelli. Sbuffò, dando poi
un'occhiata
al suo orologio da polso: era ferma sullo stesso punto da un'ora
ormai ed iniziava a sentire i suoi neuroni fondersi.
Si
massaggiò
lentamente le tempie, nel tentativo di rilassarsi qualche minuto
prima di riprendere a correggere quel lunghissimo articolo che il
signor Wright le aveva rifilato quella mattina, chiedendole di darvi
un'occhiata veloce prima che venisse pubblicato.
E
lei, anziché
svolgere subito il suo incarico, aveva preferito dedicarsi ad altro
lavoro lasciato in sospeso ormai da diversi giorni, ripromettendosi
di leggere la bozza prima di lasciare la redazione, convinta che non
ci avrebbe impiegato più di una decina di minuti.
Ma
ora, seduta alla
sua scrivania, il foglio - il primo di tre - pieno di correzioni
ancora davanti a sé, doveva decisamente ricredersi.
Con
una smorfia
riprese in mano la penna, rileggendo per l'ennesima volta quella
frase che, per quanto sintatticamente corretta, non le piaceva
affatto. La lesse una volta, e poi un'altra, e poi un'altra ancora.
Era sul punto di lasciar definitivamente perdere, quando lo squillo
del suo cellulare la distrasse.
Recuperò
il
telefonino dalla tasca della giacca e ne osservò il display,
sul
quale troneggiava a caratteri cubitali il nome di Sienna, la sua
amica e coinquilina.
-
Pronto?- rispose,
portandosi il cellulare all'orecchio.
- Ehi,
Holmes!-
la salutò Sienna, con la sua voce allegra e squillante.
-
Sienna, ti ho
ripetuto decine di volte di non chiamarmi per cognome- fece Brooklyn,
con una smorfia.
- Certo,
certo...- fece Sienna, liquidando subito il discorso - Allora,
a che punto sei con le tue scartoffie?
-
Me ne manca solo
una- rispose Brooklyn - Peccato che sia quella che mi sta dando
più
problemi- sospirò.
- E'
un problema
rimandare a domani?- domandò Sienna.
-
Certo che lo è!-
esclamò Brooklyn, quasi incredula - “Signorina
Holmes, voglio
questa bozza corretta sulla mia scrivania entro domani”-
disse
poi, imitando il signor Wright quando le aveva lasciato tra le mani
l'articolo.
- Beh,
mi
dispiace Brooke, ma dovrai trovare una soluzione perché non
puoi
passare la serata in ufficio. Non stasera.
-
Perché, che
succede stasera?-
Brooklyn
sentì
l'amica lanciare un mezzo gridolino, quasi squittendo, evidentemente
in preda all'emozione.
-
Sienna...?- fece,
perplessa - Tutto ok?
- Non
potrebbe
andare meglio di così, Brooke- rispose la giovane
- Indovina
chi andrà alla presentazione della collezione
primavera-estate di
Shay Todd?
-
Mh, fammici
pensare... tu?- scherzò Brooklyn.
- No,
carissima
Brooke. Noi-
Brooklyn
rimase
interdetta per quale istante, cercando di assimilare le parole appena
pronunciate dall'amica: Shay Todd era una delle stilisti emergenti
più in voga della città ed andare alla
presentazione della sua
collezione significava entrare in contatto con molta, moltissima
gente famosa. Ed era esattamente ciò che le serviva per la
sua
carriera di giornalista.
Peccato
che non
potesse andarci.
-
Sienna, io vorrei
davvero venire con te, ma questo lavoro dev'essere finito entro
stasera o Wright è capace di licenziarmi.
- Oh,
avanti
Brooke, è solo una bozza! Puoi sempre correggerla domani
mattina
prima di entrare in ufficio. A colazione, magari!
-
Sienna, non è
così semplice come sembra- replicò Brooklyn - Ho
bisogno di
concentrazione e tempo, e credimi domani mattina non avrò
nessuno
dei due.
- Beh,prova
a
vederla in questo modo...- iniziò a dire Sienna,
con tono da
cospiratrice - Se vieni, potresti ritrovarti tra le mani un
bel
gossip da pubblicare in prima pagina domani stesso. Hai idea di
quante celebrità ci saranno?
-
Lo so benissimo-
sbuffò Brooklyn, giocherellando con i suoi lunghi capelli
biondi -
E'... è difficile, Sienna.
- Non
è affatto
difficile- ribatté Sienna - Devi solo
mettere da parte la tua
indole da brava bambina ed iniziare a darti da fare, o finirai per
rimanere una correttrice di bozze per sempre-
Brooklyn
rimase in
silenzio, e Sienna capì di aver colto nel segno: sapeva
quanto la
sua amica tenesse a coronare il suo sogno di essere una famosa
giornalista, perciò spesso e volentieri utilizzava quella
scusa per
convincerla ad accettare le sue richieste. E sapeva per certo che
anche quella volta Brooklyn non avrebbe resistito.
-
Beh,- iniziò a
dire quest'ultima - in effetti, potrei farcela domani mattina.
- Ne
sono sicura-
disse Sienna.
Brooke
sospirò, con
aria sconfitta: detestava lasciarsi sempre abbindolare dalle parole
di Sienna.
-
Inizia a
prepararti, sarò lì tra una mezzoretta.
*
*
Intanto
-
Oh, avanti, Hagen-
Georg
alzò di poco la testa, quel tanto che bastava per scorgere
il viso
di Bill, che, seduto accanto a lui sul divano, lo guardava con
espressione apprensiva.
-
Sono certo che vi chiarirete- aggiunse il biondo, con un lieve
sorriso.
Il
bassista si sforzò di sorridere a sua volta, tornando poi ad
osservare con fare ansioso il display del suo telefonino, nella vana
speranza che s'illuminasse, mentre la sua mente ripercorreva gli
ultimi momenti passati in casa sua, a Magdeburgo, prima di partire.
Ricordava
che era una giornata piovosa, e il cielo plumbeo veniva ripetutamente
squarciato dai lampi, seguiti poi da rombi di tuoni, talmente
fragorosi da far tremare i vetri delle finestre.
Fragorosi,
proprio come il colpo secco della porta d'ingresso che si era
spalancata, facendo sobbalzare Georg, intento a preparare i bagagli
nella sua stanza prima della sua partenza insieme a Gustav per Los
Angeles.
Perplesso,
era uscito dalla camera, e si era affacciato al corrimano delle scale
che portavano al piano inferiore.
-
Gustav?- aveva detto, con una punta di timore nella
voce –
Gus, sei tu?-
-
No, sono io- aveva risposto una voce femminile a lui
familiare.
-
Oh, sei tu Alexa- aveva sospirato il ragazzo, quasi
con
sollievo – Sali pure-
Il
bassista aveva sentito alcuni passi leggeri percorrere le scale, e
poco dopo la sua ragazza l'aveva raggiunto al piano superiore.
-
Sei fradicia- aveva osservato lui, squadrandola da
capo a
piedi, mentre lei gli si avvicinava – L'ombrello?-
aveva poi
chiesto, inarcando un sopracciglio.
-
Non pioveva quando sono uscita- aveva spiegato la
giovane, con
un alzata di spalle, scostando poi una ciocca dei lunghi capelli
ramati dal viso.
-
Capisco- aveva quindi detto Georg, annuendo
lievemente –
Forza, vieni, ti do un asciugamano- le aveva
proposto poi,
facendole segno di seguirlo nella sua stanza.
I
due erano entrati nella camera, un ampio spazio dai muri dipinti con
un azzurro tenue, reso luminoso dalla grande finestra che dava sul
giardino.
Sul
grande e spazioso letto vi era una valigia scura, semivuota, ed
accanto ad essa alcune paia di jeans e qualche maglietta
accuratamente piegata.
-
Ecco, tieni- aveva detto Georg con un sorriso,
porgendo alla
ragazza un asciugamano recuperato dall'armadio posto vicino alla
finestra. Alexa l'aveva afferrato per poi passarselo sulla testa,
cercando di asciugare come meglio poteva i capelli.
Georg
intanto aveva ripreso a mettere i suoi vestiti in valigia, fermandosi
di tanto in tanto per controllare di non aver dimenticato nulla.
-
Parti?-
aveva chiesto Alexa,
con tono di stizza, dopo qualche minuto di silenzio.
-
Mh-mh- aveva
semplicemente mugugnato Georg, intento a sistemare la sua amata
t-shirt dei Red Hot Chili Peppers, regalo della madre per il suo
compleanno - Io e Gustav andiamo dai gemelli-
aveva poi aggiunto, con fare distratto.
-
E quanto hai intenzione di stare via?-
aveva domandato Alexa con una smorfia.
-
Non più di un paio di settimane-
aveva risposto Georg, senza però distogliere lo sguardo dal
suo
bagaglio, quasi con disinteresse, come se mancare al fianco della sua
ragazza fosse ormai una norma, un' abitudine.
E
- come si era reso
conto Georg solo più tardi - quel suo totale disinteresse,
tendente
forse all'apatia, era stato il culmine, la goccia che aveva fatto
traboccare il vaso.
O
meglio, Alexa.
La
ragazza si era
avvicinata a grandi falcate al letto, chiudendo con un colpo brusco
la valigia di Georg, che solo grazie alla sua prontezza di riflessi
aveva evitato che le sue mani si chiudessero nel bagaglio.
-
Ehi!-
aveva esclamato
incredulo, guardando Alexa con occhi sgranati - Cosa
ho
fatto?
- Quando
avevi
intenzione di dirmi che saresti partito?- aveva replicato con
rabbia Alexa - Domani? Dopodomani? Qualche minuto prima del
check-in? O magari una volta atterrato a Los Angeles?
- Alexa...-
aveva tentato invano di dire il bassista, avvicinandosi.
- No,
niente
“Alexa”, Georg!- aveva ribattuto la
giovane, spingendolo con
forza - Per quanto tu possa essere pieno di impegni, dovresti
tenere a mente che esisto anche io.
- Pensavo
sapessi
che la mia vita non era affatto semplice. Quando ti ho chiesto di
stare insieme a me, ti ho espressamente detto che non sarebbe stato
facile perché ci saremmo visti raramente a causa del mio
lavoro-
aveva replicato Georg, irritato.
-
Georg, il problema non è il tuo lavoro!-
aveva esclamato Alexa, alzando la voce - Il
problema sei
solo tu- aveva
poi sussurrato,
mentre una prima lacrima solcava il suo viso eburneo.
Georg
ricordava che
erano state proprio quelle lacrime a colpirlo, più che le
parole
pronunciate da Alexa.
Aveva
provato a dire
qualcosa a sua discolpa, giurando che le cose sarebbero cambiate, ma
conosceva la sua ragazze: per lei, dopo tre anni di compleanni e
anniversari mancati, di appuntamenti interrotti a causa di qualche
telefonata di lavoro improvvisa, di messaggi e mail che si facevano
sempre più rari, quelle promesse sarebbero state solo parole
al
vento.
-
Non è facile, Alexa-
aveva semplicemente detto, con aria afflitta.
-
A chi lo dici- aveva
commentato con fare sprezzante la ragazza, per poi prendere la sua
borsa, facendo per uscire dalla stanza - Ah,
dimenticavo-
aveva però detto, fermandosi di colpo sulla soglia e
voltandosi quel
poco che bastava per scorgere il volto sconvolto del bassista - Buon
viaggio, Georg-
aveva aggiunto, con un amaro sorriso.
Il
giovane era
restato a guardarla in silenzio mentre usciva dalla camera, senza
sapere cosa dire.
Era
rimasto ad
ascoltare i suoi passi mentre scendeva le scale e quando Alexa aveva
chiuso la porta d'ingresso con un colpo secco, aveva tirato un
sospiro, sedendosi poi sul bordo del letto, pensando al da farsi.
“Sto
per perderla”,
aveva pensato,
mettendosi la testa fra le mani.
E
quella stessa
frase occupava i suoi pensieri in quel momento, mentre, con lo
sguardo fisso sullo schermo del suo telefonino, rifletteva su come si
sarebbe potuto comportare in determinate situazioni con Alexa per
evitare che tutto ciò accadesse.
-
Hagen...- fece
Bill, sospirando rumorosamente - smettila di pensarci.
-
E come faccio?-
chiese retorico Georg, scrollando le spalle.
-
Oh, è semplice-
fece Bill, sorridendo diabolico, per poi strappare con
agilità
felina il cellulare dalle mani dell'amico.
-
Bill! Cosa
accidenti stai facendo?- esclamò Georg, cercando di
riprenderselo -
Ridammi il mio telefono!
-
Non ci penso
proprio- rispose serafico Bill, infilandosi il telefono in tasca -
Quando saremo alla presentazione della collezione di Shay Todd, non
voglio che la gente ti scambi per uno zombie. Ergo, il tuo cellulare
rimarrà con me per oggi.
-
Non fare l'idiota-
ribatté Georg, tentando invano di rubare il cellulare dalle
mani del
cantante.
-
Ehi, ehi, bambini-
fece all'improvviso Madison comparendo nel salotto dove i due
sedevano - Quel divano è nuovo, vedete di non romperlo.
-
Di' a Bill di
ridarmi il mio cellulare!- esclamò Georg, alterato.
-
Bill, da' a Georg
il suo cellulare- sospirò Madison, come una madre che tenta
di
rimettere pace tra i due figli.
-
Puoi scordatelo.
Questo aggeggio lo deprime. Lo faccio per il suo bene.
-
Sentito Georg? Lo
fa per il tuo bene- disse allora giovane.
-
Non m'importa,
voglio il mio telefono. Alexa potrebbe chiamare da un momento
all'altro.
Madison
si voltò
verso Gustav, comodamente seduto su una delle due poltrone del
salotto, intento a leggere una rivista.
-
Gustav, come fai a
rimanere imperterrito?- chiese, incrociando le braccia al petto.
-
Anni e anni di
addestramento, cara Madison- rispose il batterista, facendole un
veloce occhiolino, per poi ritornare alla sua lettura.
Madison
sbuffò,
rivolgendosi poi a Bill e Georg.
-
Dove sono Tom e
Vera? Sarebbe dovuti essere qui tempo fa.
-
Hai ragione- fece
Bill - La presentazione comincerà tra poco. Di questo passo
finiremo
per perderci l'inizio.
-
Probabilmente
staranno bisticciando- aggiunse Georg, scuotendo la testa.
Madison
fece per
rispondere, quando il trillo del campanello la interruppe.
-
Spero siano loro-
disse, dirigendosi verso la porta d'ingresso, per poi aprirla,
trovandosi di fronte a Tom e Vera.
-
Alla buon'ora!-
scherzò Madison, scostandosi per fare entrare i due giovani.
-
E' colpa sua!- dissero
all'unisono questi ultimi, lanciandosi poi un'occhiata di fuoco.
-
Vuoi dire che è
colpa mia se hai aspettato l'ultimo momento per decidere cosa
indossare?- fece Tom, con una smorfia.
-
Oh, certo che no. Io
dico che è colpa tua l'esserti dimenticato di fare benzina.
-
Sarebbe bastata se
tu non mi avessi costretto a premere l'acceleratore come un ossesso!
-
Sì, come no-
ribatté Vera, chiudendo la discussione per poi dirigersi
verso il
salotto, seguita da Tom.
-
Ehi, ehi! Ferma,
ho ancora due paroline da dirti!- diceva lui.
Madison
alzò gli
occhi al cielo, con aria sconsolata.
-
Cosa ho fatto di
male?
* *
Più
tardi
Dopo
aver - più o meno -
risolto tutti i litigi, i ragazzi erano finalmente partiti e,
fortunatamente, erano arrivati in netto anticipo rispetto all'inizio
dell'evento, organizzato in un'ampia sala ricevimenti che lo stilista
aveva affittato e decorato per l'occasione.
Al
loro arrivo erano
stati caldamente accolti dal compagno di Shay, Shiro, amico dei
gemelli.
-
Ehi, ragazzi!-
aveva esclamato, abbracciandoli - Grazie per essere venuti, mi fa
molto piacere vedervi- aggiunse - Tom, è lei Vera?- fece
poi,
lanciando poi un'occhiata alla giovane, che sorrise, imbarazzata.
-
Piacere di
conoscerti, Shiro- disse poi, allungando la mano, che l'uomo strinse
con vigore.
-
Il piacere è
tutto mio, cara- rispose - Tom mi ha parlato molto di te- aggiunse.
-
Ah, davvero?- fece
divertita Vera, mentre Tom si sentiva sempre più in
imbarazzo - E
cos'ha detto?
-
Di solito sono soltanto una lunghissima sfilza di complimenti che
inizia con il solito “Shiro, dovesti
vederla: è
bellissima”-
rispose Shiro,
beccandosi però una dolorosa gomitata nelle costole da Tom,
che
intervenne subito prima che l'amico potesse aggiungere altro.
-
Ragazzi, non
volete togliere del tempo a Shiro, vero?- disse, sorridendo -
Avrà
sicuramente del lavoro da sbrigare prima che inizi la sfilata, quindi
sarà meglio che andiamo a prendere posto-
Shiro
guardò
perplesso il giovane, per poi lanciare un'occhiata confusa a Bill,
che scosse la testa alzando poi gli occhi al cielo, chiedendosi
quando suo fratello avrebbe imparato ad esternare i propri sentimenti
di fronte a Vera.
-
Forza, andiamo-
disse, cingendo le spalle di Madison con un braccio e facendo un
cenno agli altri di seguirlo - A dopo, Shiro. In bocca al lupo.
-
Crepi- rispose con
un sorriso l'uomo.
Il
piccolo gruppo si
allontanò, facendosi spazio tra la gente che affollava la
sala:
celebrità e stilisti conversavano amabilmente, tra le mani
un
bicchiere di champagne che veniva puntualmente riempito da alcuni
camerieri carichi di vassoi con salatini e bottiglie di vino.
Vera
si guardò
attorno, senza riuscire a trattenersi dallo storcere il naso con
disapprovazione: per quanto Shay fosse una brava stilista, chiunque
avesse decorato quella sala non aveva il minimo senso del gusto.
-
Tutto ok?- le
sussurrò in un orecchio Tom cingendole la vita e
avvicinandola a sé.
-
Sì- rispose
annuendo Vera - Mi chiedevo soltanto quale mente abbia elaborato
questo obbrobrio di decorazione- aggiunse con una lieve smorfia.
Tom
ridacchiò
divertito:
-
Perché non provi
ad uscire dalla tua mentalità di wedding planner una volta
tanto?-
chiese.
-
Perché è così che mi hai conosciuto,
ricordi?- rispose Vera - Come
una spocchiosa wedding planner.
Tom
le stampò un
lieve bacio sulla tempia, per poi sorriderle. I due rimasero in
silenzio per qualche istante, seguendo i loro amici che, come la
maggior parte degli altri invitati, si dirigevano verso i posti a
sedere da dove avrebbero seguito la sfilata.
I
sei si sedettero
in prima fila, uno di fianco all'altro.
-
I privilegi di
essere amico della stilista- si vantò Bill, sedendosi
accanto a
Madison, che roteò gli occhi, divertita, rivolgendosi poi a
Georg.
-
Come stai?- gli
chiese a bassa voce, guardandolo negli occhi, come a cercare di
capire se il ragazzo stesse per mentirle.
Lui
non rispose,
limitandosi a scrollare le spalle con un sospiro.
-
Vedrai che andrà
tutto bene- le sussurrò la mora, stringendogli lievemente la
spalla.
Georg
le sorrise con
gratitudine: Bill era fortunato ad avere una persona come lei al suo
fianco, lo aveva sempre pensato. Era quasi invidioso di quello
stupendo rapporto tra i due e fino a poco tempo prima era certo che
sarebbe riuscito a costruirne uno simile con Alexa.
Peccato
che gli
avvenimenti di un paio di giorni prima non promettevano nulla di
buono.
Tra
loro non era
finita, no. Ma Georg sapeva di essere ad un passo dal rimanere solo.
* *
Nel
frattempo
-
Posso sapere come
hai fatto a farci entrare?-
Brooklyn
si rivolse
con aria curiosa all'amica che, elegantemente seduta a gambe
incrociate, giocherellava con un dei suoi ricci neri. Un semplice
vestito color crema fasciava il suo corpo longilineo, facendo
risaltare la sua pelle scura.
-
Uno dei buttafuori
è amico del fratello di Jason- spiegò - Sarebbero
dovuti venirci
loro, ma non hanno potuto.
-
Non hanno potuto?-
ripeté perplessa Brooklyn.
-
Beh, in realtà ho
convinto Jason a cederci i loro posti- ammise Sienna, con una
scrollata di spalle.
-
Sienna!- esclamò
indignata Brooklyn - Non avresti dovuto farlo!
-
E perdermi così un'occasione che non si ripeterà
mai? Non
esiste-
Brooklyn
sospirò:
la sua amica non sarebbe mai cambiata e Jason, il suo ragazzo, doveva
essere fatto santo al più presto.
La
bionda scosse la testa, per poi guardarsi in giro: come aveva
immaginato, la sala era gremita di stars e dei più svariati
stilisti, senza contare poi molti dei più grandi giornalisti
di moda
della città. Si sentiva quasi intimorita, lei, semplice
correttrice
di bozza nella redazione di una rivista scandalistica, di fronte a
così tante celebrità.
Nel
frattempo, quasi
tutti gli invitati avevano preso posto, preparandosi all'inizio della
presentazione.
All'improvviso
però, Brooklyn fu colpita da un forte stimolo.
-
Sienna- disse a
denti stretti - Sienna, ascoltami- ripeté, strattonando con
delicatezza il braccio dell'amica e ottenendo così la sua
attenzione.
-
Che c'è?- rispose
l'amica - Brooke, tutto bene?- chiese poi, notando l'aria sofferente.
-
Credo di dover andare in bagno- replicò Brooklyn - E'
urgente,
urgentissimo.
-
Cosa? Ora?
Ma Brooke, la
sfilata inizierà a momenti! Non puoi resistere?
-
Farò in fretta-
disse Brooklyn, alzandosi - Arriverò prima che la sfilata
cominci,
promesso!- aggiunse, prima di farsi spazio tra le persone
già
sedute, cercando di raggiungere il corridoio.
-
Scusate...
permesso...- diceva, guadagnandosi gli sguardi indispettiti dei
presenti.
Fantastico,
pensò.
Una volta lasciata la sala
dove si sarebbe tenuta a breve la sfilata, Brooklyn iniziò a
percorrere a passo veloce il corridoio, cercando il bagno delle
signore.
Fortunatamente qualcuno
aveva avuto la grandiosa idea di affiggere alcuni foglio recanti le
indicazioni per arrivarci ed in pochi minuti Brooklyn lo raggiunse,
ma si trovò di fronte ad un enorme gruppo di giovani in fila
per
entrare.
Sospirò, afflitta: cosa
avrebbe dovuto fare? Aspettare il suo turno o tornare a sedersi?
Lo stimolo si faceva
intanto sempre più forte, costringendo la giovane quasi a
piegarsi
su stessa.
La ragazza si guardò in
giro, in preda al panico e all'improvviso notò una seconda
porta,
accanto a quella del bagno delle signore, con un cartello azzurro su
cui era stato scritto a caratteri cubitali “Uomini”.
No, Brooke, non farlo,
si disse, scuotendo la testa, quasi a disapprovare l'idea che aveva
appena avuto. Avrebbe aspettato il suo turno, come tutte.
Quella porta però
sembrava quasi chiamarla. Niente fila, nessun uomo all'orizzonte, e
le donne di fronte a lei sembravano troppo occupate per badare.
Sarebbe potuta sgusciare all'interno senza che nessuno la vedesse.
Senza
quasi
accorgersene, aveva fatto qualche passo verso la porta ed allungato
una mano verso la maniglia. Si guardò intorno ed una volta
essersi
assicurata di non essere guardata, aprì la porta, aguzzando
poi le
orecchie.
-
Non c'è nessuno-
si disse, entrando velocemente per poi chiudersi la porta alle spalle
e precipitarsi nel primo gabinetto che trovò.
Dopo
un paio di
minuti tirò un sospiro di sollievo, felice di non aver perso
nemmeno
un minuto della sfilata.
Nel
frattempo non
aveva sentito nessuno entrare, e quindi aprì la porta in
tutta
tranquillità. Nel momento in cui uscì,
però, la porta del bagno si
aprì.
Si
immobilizzò e
sentì il sangue nelle sue vene gelarsi, terrorizzata.
Sulla
soglia stava
un giovane dall'aria spaesata che la osservava da capo a piedi.
Aveva
dei capelli
corti e pettinati su un lato, il fisico massiccio e muscoloso,
addominali scolpiti appena visibili sotto la maglietta nera a scollo
a V che portava sopra un paio di semplici jeans.
-
Ahm, credo aver
sbagliato, scusami- disse il ragazzo con un sorriso imbarazzato, per
poi chiudere la porta.
Brooklyn
non si
mosse di un millimetro, aspettando che il giovane capisse di non
essere stato lui a confondersi, ma di essere lei la persona che si
trovava nel luogo decisamente più sbagliato sulla faccia
della
Terra.
-
Ehi!- fece infatti
il ragazzo, riaprendo la porta ed entrando nel bagno -
Perché sei
nel bagno degli uomini?- chiese, incredulo.
-
Ehm... io... io
non...- balbettò Brooklyn, incapace di formulare una frase
intellegibile - C'era la fila- spiegò, abbassando lo
sguardo,
vergognandosi come una ladra.
Il
giovane rimase ad osservarla con aria perplessa per qualche istante,
per poi scoppiare in una gran risata. Una risata cristallina,
sincera, spontanea.
-
Beh, non ti si può
biasimare. Ho visto una fila lunghissima qui fuori- fece con aria
divertita - Bisogna però dire che non ho mai visto una
ragazza
andare nel bagno degli uomini per colpa della fila. Sei davvero
strana- commentò, sorridendo.
Brooklyn
non capì
se quello del giovane fosse un complimento o meno, ma sorrise
comunque. Fece per chiedere al giovane di non dire a nessuno di quel
singolare incontro, quando la voce dell'altoparlante la interruppe:
Signori
e signore, benvenute alla presentazione della collezione
primavera-estate di Shay Todd!
-
Sienna mi
ucciderà!- esclamò Brooklyn, mettendosi le mani
tra i capelli -
Devo andare!- fece poi, precipitandosi fuori dal bagno e lasciando
perplesso il ragazzo che rimase ad osservarla fino a quando non
sparì
dalla sua vista.
Che
tipo, pensò
per poi scuotere la
testa, sorridendo divertito.
Spazio
autrice:
Chi
non muore si rivede, eh? Salve a tutte, carissime Aliens!
Ebbene
sì, a distanza di due mesi Heilig è tornata, e
per di più con la
storia che vi aveva promesso.
Sono
piuttosto nervosa, a dire la verità. Non è la
prima volta che
scrivo e pubblico, ma questo è il mio primo sequel e,
credetemi, è
molto più difficile che iniziare una fanfic da zero.
Non
starò qui ad annoiarvi con tutti i problemi che mi assillano
in
quanto scrittrice - posso definirmi così? LOL -, ma passiamo
piuttosto alla storia in sé.
Innanzitutto
mi scuso del ritardo nel postare questo primo capitolo: so di aver
detto ad alcune di voi che l'avrei pubblicato entro metà
maggio o
giù di lì, ma tra scuola e altri problemi, non
sono riuscita
nemmeno a scrivere - oh cristo, non ho ancora iniziato e già
sono in
ritardo.
Ora
invece parliamo dei nostri amati personaggi e nella vicenda in cui li
ho inseriti stavolta: come avrete ben capito dal banner, stavolta il
nostro meraviglioso Georg ricoprirà un ruolo piuttosto
importante
nella fanfic. Purtroppo la storia non si apre bene per lui, ma
l'incontro con la nostra biondina tutto pepe Brooklyn gli ha di certo
strappato un sorriso. Non perdeteli di vista ;)
E
poi, beh... come potevano mancare Vera e Tom in uno dei loro
battibecchi?
A
voi non sono mancati? A me sì, e tanto :')
Poi
certo, Bill, Gustav e nei prossimi capitoli anche Madison, Lawrence e
molti altri personaggi “affolleranno” questa storia.
Per
ora vi lascio, aspettando con ansia e - molto - nervosismo i vostri
commenti.
Argh,
spero davvero vi piaccia.
Per
ora è tutto ragazze!
Mi
auguro siate pronte ad un nuovo “percorso” insieme!
Un
grandissimo bacio a tutte voi e grazie di tutto,
Heilig
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Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Two ***
NB:
Nello scorso
capitolo ho
presentato Shay Todd come un uomo, quando in realtà
è una -bella-
donna. Sappiate che ho corretto. Chiedo scusa a tutte.
Buona
lettura,
Heilig
Two
Quando
Brooklyn ritornò a sedersi accanto a Sienna, sulla
passerella
avevano già iniziato a sfilare le prime modelle che,
camminando con
passo deciso su scarpe dai tacchi vertiginosi, sfoggiavano con
eleganza gli abiti ideati da Shay Todd.
-
Holmes! Perché accidenti ci hai messo così
tanto?- esclamò Sienna
appena la vide, con aria furibonda.
-
Scusa, Sienna- disse Brooklyn - E' che... c'era fila- si
giustificò,
omettendo il fatto che i suoi bisogni fisiologici l'avevano costretta
ad andare nel bagno dell'uomini e il bizzarro incontro con quel
ragazzo. Rischiava soltanto che l'amica, ossessionata dal bonton,
avesse un infarto.
“Nel
bagno degli uomini?!”
avrebbe
gridato, con aria scandalizzata “Vuoi
scherzare?”.
Brooklyn
credeva che la fissazione di Sienna con le buone maniere fosse dovuta
alla sua educazione avvenuta in una scuola privata di Parigi, dove
aveva vissuto con i suoi prima di trasferirsi negli States da sola.
Decise,
infine, di non dirle nulla a proposito dell'accaduto, chiudendo
così
la conversazione, per poi concentrarsi sulla sfilata.
Gli
abiti presentati non erano esattamente nel suo stile - troppo
vistosi. Doveva però ammettere che Shay aveva
creatività da
vendere.
Dal
canto suo, Sienna sembrava adorare ogni capo d'abbigliamento
presentato: ogni volta che una modella percorreva la passerella, lei
applaudiva con veemenza, con gli occhi che brillavano ed un enorme
sorriso sul volto.
-
Brooke, non trovi che quest'abito sia bellissimo?- sussurrava ogni
tanto all'orecchio della bionda, puntando il vestito in questione -
Pagherei oro per averlo- aggiungeva con aria sognante.
Brooklyn
si limitava a sorriderle ed annuire, mentre nella sua mente
continuava a fare capolino l'immagine del giovane che aveva
incontrato poco prima. Non seppe spiegarsi il perché, eppure
qualcosa di lui l'aveva colpita. Forse il suo fascino disarmante,
forse il suo accento chiaramente non americano, o forse ancora la sua
risata.
Oh,
avanti, smettila Brooke,
si
disse scuotendo il capo con forza, come a cacciare quei pensieri
dalla testa.
-
Tutto okay, Holmes?- fece Sienna, con espressione perplessa.
Brooklyn
annuì, sorridendo e l'amica scrollò le spalle,
ritornando a
preoccuparsi della sfilata. La bionda fece lo stesso, ma quasi subito
si distrasse, iniziando a guardarsi in giro. Notò il volto
familiare
di qualche star lì presente e pregò che qualcuna
di loro fosse
pronta a servirle un bello scoop su un piatto d'argento, oppure
rinunciare alla correzione di quella bozza sarebbe stato
completamente inutile oltre che dannoso.
Un
ventre troppo gonfio, un'occhiata, un tatuaggio, un abito...
qualsiasi cosa avrebbe potuto salvarla dall'impiccio in cui si era
cacciata.
Già
vedeva il volto paonazzo del signor Wright mentre le rinfacciava il
lavoro non svolto.
Sospirò
e continuò ad osservare il pubblico, cercando di non farsi
notare -
sarebbe stato piuttosto imbarazzante farsi scoprire nel bel mezzo di
una caccia al pettegolezzo.
D'un
tratto però, i suoi occhi si posarono su un volto a lei
noto. Rimase
ad osservarlo per qualche secondo, quelli necessari a capire che si
trattava dello stesso ragazzo incontrato poco prima nel bagno, e
impiegò qualche altro istante per capire che lui stava
guardando
nella sua direzione, con un'espressione a metà tra il
perplesso e il
divertito.
Brooklyn
sgranò gli occhi, accorgendosi solo in quel momento
dell'enorme
figuraccia che aveva fatto. Il giovane fece un cenno con il capo
verso di lei, in segno di saluto, e lei si voltò subito
verso la
passerella, arrossendo vistosamente, cercando di far finta di nulla.
Complimenti
Brooke! Due figuracce in un colpo solo!,
si disse, con una smorfia, augurandosi che la sfilata finisse il
prima possibile: non avrebbe retto ad un'altra gaffe.
*
*
-
Ehi Hagen, che fai? Ridi da solo?-
Georg
distolse lo sguardo da quella strana ragazza, posandolo su Gustav,
che lo osservava confuso.
-
Cosa...? Ah, no, mi sono ricordato di una vecchia battuta-
mentì.
-
Una battuta? Quale?- chiese il batterista.
-
Ehm, te la racconto più tardi- fece il moro, liquidandolo.
Gustav
fece spallucce e ritornò ad osservare la sfilata, mentre
Georg
lanciò di nuovo un'occhiata alla giovane, seduta qualche
fila
indietro rispetto alla sua, nella parte sinistra della sala.
Nonostante
le luci basse, il bassista poté vedere che era arrossita, e
ciò lo
fece sorridere: essere colta in flagrante mentre lo guardava doveva
essere stato imbarazzante.
Osservandola
meglio, il giovane ammise che era piuttosto carina: bionda, occhi
azzurri, una spruzzata di lentiggini sulle guance e sul naso. Se non
l'avesse sentita parlare con un tipico accento americano, avrebbe
giurato che fosse dell'Europa del Nord.
-
Chi stai guardando?- chiese ancora Gustav, interrompendo il flusso
dei suoi pensieri.
-
Nessuno- rispose repentinamente Georg, distogliendo lo sguardo.
-
Guardavi quella ragazza?- insistette il batterista, indicando la
giovane.
Georg
sbuffò: aveva dimenticato quanto il suo amico potesse essere
ficcanaso. E dire che tutti lo descrivevano come il più
discreto
della band.
-
E' carina- disse Gustav - La conosci?
-
N-no- balbettò Georg, imbarazzato - Ora, per favore,
ritorniamo alla
sfilata.
-
Perché non ci scambi due chiacchiere più tardi?
-
Gustav!- esclamò
Georg, forse a voce un po' troppo alta, beccandosi una gomitata nelle
costole da Madison e un'occhiataccia di Bill - Smettila- aggiunse
sussurrando, rivolto all'amico.
-
Era solo un consiglio- si giustificò il biondo, scrollando
le
spalle.
Georg
sospirò pesantemente, cercando di concentrarsi sulla
presentazione.
In
fondo è per questo che sono qui,
pensò, osservando una delle ultime modelle che sfilavano
aggraziate
lungo la passerella.
Pochi
minuti dopo però si ritrovò a voltarsi verso la
ragazza che tanto
l'aveva colpito: non seppe dire se fosse stato il suo essere
piuttosto carina oppure l'episodio assolutamente esilarante di cui
era stata protagonista, ma in ogni caso, quella giovane non l'aveva
di certo lasciato indifferente.
*
*
Più
tardi
La
sfilata finì una mezzoretta più tardi, tra i
calorosi applausi dei
presenti e gli inchini di una soddisfatta e sorridente Shay Todd che,
dopo aver percorso la passerella in compagnia di due delle modelle,
salutava e ringraziava il pubblico, invitandoli poi a prendere parte
al rinfresco organizzato dagli addetti al catering.
-
Rinfresco?!- esclamò Sienna, incredula -
Holmes, dobbiamo
assolutamente rimanere, lo sai questo?-
Brooke
scosse la testa con disapprovazione:
-
No, Sienna, siamo già rimaste abbastanza. Devo assolutamente
terminare quella correzione!
-
Come puoi anche solo pensare di lasciarti sfuggire un'occasione del
genere?- la rimproverò l'amica - Noi andremo a quel
rinfresco
Brooklyn Holmes, che tu lo voglia o no- concluse,
sottolineando le ultime parole. Si alzò in piedi, afferrando
poi il
polso della bionda e costringendola a fare lo stesso, trascinandola
poi verso la sala adibita al buffet, dove tutti gli invitati si
stavano dirigendo.
-
Sienna, non stringere, mi fai male!- si lamentò Brooklyn,
con una
smorfia di dolore sul viso.
L'amica
però sembrò non sentirla e continuò
imperterrita a camminare, fino
a raggiungere il tavolo del rinfresco, meravigliosamente imbandito.
-
Eccoci- annunciò raggiante Sienna, mollando di colpo la
presa sul
braccio di Brooklyn - Ora non ci resta altro che comportarci con
assoluta naturalezza- aggiunse, riempendo due bicchieri con dello
champagne, per poi porgerne uno all'amica.
-
Sienna, qui l'unica su di giri sei tu- obbiettò Brooklyn -
Non
rimarremo più di una ventina di minuti, sia chiaro- aggiunse
poi.
La
mora fece un gesto di noncuranza con la mano, iniziando a sorseggiare
il suo champagne.
-
Andiamo a sederci?- propose poi.
Brooklyn
acconsentì, annuendo, per poi seguire l'amica verso i
divanetti di
pelle bianchi situati in fondo alla sala.
Poco
dopo però, Sienna fu letteralmente inghiottita dalla folla
che si
faceva via via sempre più numerosa, sparendo dalla vista di
Brooklyn.
-
Sienna!- esclamò la bionda, cercando di farsi spazio tra la
gente
che gremiva la sala - Sienna!- disse ancora, questa volta a voce un
po' più alta, e beccandosi così diverse
occhiatacce dai presenti.
Sbuffò,
maledicendosi per aver perso di vista l'amica, guardandosi poi
intorno, nel tentativo di ritrovarla in mezzo a tutta quella
confusione.
Non
mi sembrava ci fosse così tanta gente alla presentazione,
si disse, guardando prima alla sua destra e poi a sinistra.
Nel
cercare Sienna, la giovane si beccò diverse gomitate e
spintoni che
la facevano irrimediabilmente andare a sbattere contro gli altri
invitati, rendendo sempre peggiore la sua ormai gigantesca
figuraccia.
-
Appena trovo Sienna, ce ne andiamo- borbottò, dopo aver
fatto un
cenno col capo in segno di scusa alla signora che aveva appena
spintonato.
Per
quanto quella potesse esserle sembrata un'ottima occasione, la serata
non stava prendendo esattamente la piega che aveva creduto,
perciò
preferiva tornare a casa immediatamente.
Finalmente
riuscì a districarsi dal groviglio di persone ed a
raggiungere i
divanetti, dove sperava che Sienna avesse già preso posto.
Le sue
speranze però, vennero infrante quasi subito.
Dove
diavolo è?,
si chiese,
sgranando gli occhi.
Passò
in rassegna tutti i divanetti, ma dell'amica nemmeno l'ombra.
Subito
prese il suo telefonino dalla tasca dei jeans e compose in fretta il
numero di Sienna.
Chissà
dove si è cacciata, pensò,
portandosi il telefono all'orecchio. Suonò una, due, tre,
quattro
volte, ma nessuno rispose.
La
giovane chiuse la chiamata, domandandosi come Sienna potesse essere
sparita da un momento all'altro. Pensò poi che l'amica, non
vedendola più, fosse tornata sui suoi passi, ritornando al
tavolo
del rinfresco, e decise quindi di fare lo stesso.
Si
voltò di scatto, ma nel farlo urtò un cameriere
che portava tra le
mani un vassoio di bicchieri abilmente messi un sull'altro, a mo' di
piramide. Bicchieri che rischiarono di cadere rovinosamente a terra,
così come i due ragazzi.
-
Ehi, attenta!- esclamò una voce maschile alle spalle di
Brooklyn,
prima che due mani la afferrarono saldamente per la vita, impedendole
di finire con il viso sul pavimento.
La
bionda si girò per sapere chi era il suo salvatore,
trovandosi così
faccia a faccia con il giovane che aveva incontrato in bagno prima
della sfilata.
-
Stai bene?- le chiese il ragazzo, con aria apprensiva.
Brooklyn
si limitò ad annuire, con espressione alquanto imbarazzata:
com'era
possibile che quella sera, ovunque andasse, incontrava quel ragazzo?
-
Dovresti guardare dove vai- borbottava intanto il cameriere, dopo
aver ripreso l'equilibrio, per poi allontanarsi.
-
Non ha tutti i torti- scherzò il giovane, mentre il colorito
di
Brooklyn si stava pericolosamente avvicinando ad un rosso piuttosto
accesso - Stavate per fare un bel capitombolo- aggiunse poi.
-
Già...- disse Brooke, allontanandosi dalla presa del ragazzo
-
Grazie- aggiunse poi, portandosi un ciuffo di capelli dietro
all'orecchio.
-
Di nulla...?- rispose il ragazzo, lasciando in sospeso la frase, con
aria interrogativa.
-
Brooklyn!- esclamò repentinamente la bionda - Brooklyn
Holmes-
aggiunse, porgendo la mano al giovane.
-
Brooklyn- ripeté lui, stringendola - Hai
un bel nome- disse,
sorridendo - Io sono...- fece poi, ma subito venne interrotto da una
voce squillante alle sue spalle.
-
Georg! Muoviti!-
Il
giovane alzò gli occhi al cielo e si voltò nella
direzione da cui
proveniva la voce.
-
Arrivo, Bill!- esclamò, per poi voltarsi di nuovo verso la
bionda -
Ehm, io devo andare. Mi ha fatto piacere conoscerti- disse,
sorridendole di nuovo - A presto- la salutò poi, per poi
dileguarsi.
Brooklyn
mormorò un flebile ciao, seguendo poi
con lo sguardo il
ragazzo mentre si allontanava da lei, raggiungendo poi l'amico che
poco prima l'aveva chiamato.
Essendo
lontani, Brooke dovette aguzzare la vista per vederlo meglio, ma
subito quel volto gli ricordò qualcuno. Era sicura di averlo
già
visto, ma non seppe dire chi fosse.
-
Holmes!- esclamò poi una voce all'improvviso, accompagnata
da un
energica pacca sulla spalla.
Brooklyn
si voltò di scatto, trovandosi di fronte a Sienna, che la
osservava
con aria d'apprensione.
-
Dove sei stata? Ti ho cercata dappertutto!- disse la mora,
arricciando le labbra in una smorfia.
-
Io... io...- iniziò a dire Brooke, voltandosi poi di nuovo
verso i
due ragazzi, che in quel momento si stavano allontanando dalla loro
postazione.
-
Ehi? Brooke? Chi stai guardando?
-
Uhm... nessuno, nessuno. Non preoccuparti- rispose la bionda -
Pensavo di aver visto qualcuno che conosco,- aggiunse, distogliendo
lo sguardo e rivolgendo all'amica un lieve sorriso - ma evidentemente
mi sbagliavo-
Sienna
lanciò un'occhiata poco convinta a Brooklyn, inarcando un
sopracciglio, come spesso faceva quand'era dubbiosa, ma decise di non
fare domande.
-
Beh, hai scoperto qualcosa d'interessante?- chiese invece, cambiando
argomento.
-
No, nulla- rispose Brooke, scrollando le spalle - Credi che possiamo
andare a casa ora?- sbuffò poi.
Sienna
sbuffò a sua volta, incrociando le braccia.
-
Ma Brooke!- protestò, imbronciata -
Questa...
-
Potrebbe essere l'occasione della mia vita. Lo so,
Sienna, lo
so- la interruppe Brooke - Ma credo che per stavolta
rinvierò ad un
altro momento l'occasione della mia vita- aggiunse,
facendo le
virgolette con le dita mentre pronunciava le ultime parole.
Sienna
sbuffò una seconda volta, con aria sconfitta.
-
Non capisco come tu possa lasciarti sfuggire
quest'opportunità -
borbottò, mentre Brooklyn la prendeva sottobraccio.
Brooke
si limitò a sorridere, avviandosi insieme all'amica verso
l'uscita,
mentre nella sua testa pianificava già di fare qualche
ricerca su
Georg - così l'aveva sentito essere chiamato - e sul suo
amico
biondo.
Con
un po' di fortuna avrebbe trovato qualche informazione su di loro.
*
*
-
Non pensavo ti saresti risollevato così in fretta-
commentò con
nonchalance Bill, mentre lui e Georg si dirigevano verso i loro
amici.
-
Cosa...?- rispose il castano, senza comprendere a fondo le parole
dell'amico.
-
Quella ragazza è piuttosto carina- aggiunse il cantante,
riferendosi
alla giovane bionda con cui Georg stava parlando prima che lui gli
dicessi di muoversi - Dove l'hai conosciuta?
-
In bagno- rispose Georg, e allo sguardo scandalizzato dell'amico si
affrettò ad aggiungere - No! Non è come pensi!
Noi non... no-
Bill
annuì con poca convinzione, con sguardo accigliato.
-
Sai, non c'è nulla da nascondere. Non ti giudico mica.
-
Bill.
-
Era solo per chiarire- fece il biondo, alzando le mani.
Georg
emise un grugnito, troncando la conversazione, e poco dopo i due
raggiunsero il gruppo che si era accomodato su un lungo divano bianco
di forma semicircolare, sistemato in un angolo appartato della sala,
che Shay aveva preparato apposta per loro.
-
Ehi, finalmente!- esclamò Tom vedendoli arrivare.
-
Scusateci, ma Georg era in dolce compagnia- rispose
Bill,
sedendosi accanto a Madison.
Tutti
gli occhi dei presenti si posarono sul diretto interessato che si
passò una mano in viso, visibilmente imbarazzato.
-
E' solo una ragazza che ho conosciuto prima della sfilata-
spiegò,
sedendosi alla destra di Vera - Stava per cadere e le ho dato una
mano. Tutto qui- aggiunse - Sapete che amo Alexa- chiarì
infine.
-
Certo, certo- disse Gustav con un sorrisetto, sorseggiando il suo
champagne.
Avrebbe
voluto menzionare il fatto che nonostante “amasse
Alexa”,
Georg aveva fissato quella biondina per quasi tutta la durata della
sfilata, ma decise di tenere quella riflessione per sé:
d'altronde
non poteva biasimare Georg, in quanto quella ragazza era piuttosto
carina.
Il
castano, dal canto suo, sospirò e distolse lo sguardo,
notando dopo
qualche istante una figura a lui familiare: si trattava di quella
ragazza, di quella Brooklyn.
Era
a braccetto con un'altra giovane, che l'aveva probabilmente
accompagnata alla sfilata.
Le
due si stavano dirigendo verso l'uscita, ma poco prima di svoltare
l'angolo, Brooklyn aveva voltato lo sguardo proprio nella sua
direzione, sorprendendolo ad osservarla.
Il
giovane cercò di mascherare il suo imbarazzo con un cenno
del capo
accompagnato un timido sorriso, che la bionda ricambiò,
facendo poi
un lieve movimento con la mano, in segno di saluto, per poi voltarsi
e seguire l'amica fuori dal salone.
Georg
sospirò e subito sentì un commento di Tom.
-
Oh, Hagen. Siamo già ai sospiri? Non ti sembra presto?-
Il
bassista roteò gli occhi, rivolgendosi a Vera.
-
Come fai a sopportarlo?
-
Spero in una santificazione- risposa la ragazza, scuotendo la testa -
Santa Vera! Non suona benissimo?- rise poi,
contagiando tutti,
tranne Tom, che, a braccia conserte, lanciava occhiate di fuoco agli
amici.
-
Stronzi- borbottava, versando dello champagne nel suo bicchiere- Non
siete per niente simpatici.
*
*
Il
giorno dopo
-
Credimi Lawrence, Shay è molto brava, ma è stata
una normalissima
sfilata. Niente di che-
Lawrence
sbuffò per l'ennesima volta, pestando un piede sul
pavimento, con
fare infantile.
-
Dico solo che avresti potuto procurare un posto anche al tuo migliore
amico- protestò, sottolineando le ultime due
parole.
Da
ormai diverso tempo il giovane stava rinfacciando all'amica di essere
stata alla sfilata di Shay Todd senza però lasciare che lui
venisse.
-
Insomma,- diceva - hai la vaga idea di quante celebrità
erano lì
ieri?-
Vera
alzò gli occhi al cielo, bevendo poi un sorso del suo
cappuccino,
finendo però per scottarsi.
-
Ahi!- gridò, portandosi una mano alla bocca - Lawrence,
questo
cappuccino è bollente!
-
Ben ti sta- sibilò il biondo.
-
Ti stai comportando come un bambino- fece Vera, scuotendo il capo,
per poi tornare ad occuparsi del suo pc-
-
Lo faresti anche tu se io andassi ad una mostra di Andy Warhol senza
di te!-
Vera
si voltò verso l'amico, sgranando gli occhi, con aria
sbalordita.
-
Non oseresti!
-
Tu dici?- la sfidò il biondo.
I
due rimasero ad occhieggiarsi per qualche istante, fino a quando Vera
non distolse lo sguardo, tornando ad osservare lo schermo del suo
computer.
-
Ok, ok, ti chiedo scusa- disse, prima di iniziare a scrivere - La
prossima volta farò in modo che anche tu sia dei nostri,
contento?-
Lawrence
annuì con aria di superiorità, per poi cambiare
discorso.
-
Tom si è comportato bene?- chiese, con aria divertita, per
poi bere
un sorso del suo caffè.
-
Sì, non posso lamentarmi- rispose Vera con un lieve sorriso
-
Piuttosto, tu e Christopher avete fatto i bravi?-
A
quelle parole, Lawrence rischiò di strozzarsi con il
caffè,
iniziando a tossire convulsamente.
-
Punto primo, non sono assolutamente affari tuoi!- rispose, una volta
essersi ripreso.
-
E punto secondo?- fece Vera, reprimendo una risata.
-
Punto secondo...- iniziò a dire Lawrence, realizzando
però di non
aver altro da aggiungere - beh, non sono assolutamente affari tuoi!-
ripeté, scandendo le parole - Ora torna al lavoro e smettila
di
prendermi in giro!- esclamò, mentre Vera scoppiava in una
gran
risata.
-
Certo, signor Williams- disse, scuotendo il capo -
Comunque,
per la cronaca, Shay confeziona abiti da donna-
aggiunse,
mentre il biondo si dirigeva verso la porta.
-
Lo so anche meglio di te- replicò quest'ultimo - Beh, invece
tu
sappi che, per la cronaca, starei alla perfezione
anche in
abiti femminili- aggiunse con un sorriso, uscendo poi teatralmente
dall'ufficio, accompagnato dalle risate di Vera, divertita dalla poca
modestia dell'amico.
*
*
Intanto
-
Signor Wright!-
Con
uno scatto felino, Brooklyn riuscì a raggiungere il
redattore,
diretto nel suo ufficio.
-
Sì?- fece l'uomo, voltandosi - Oh, signorina Holmes,
è lei-
aggiunse, lanciando alla giovane un'occhiata al limite del disprezzo.
-
Buongiorno, signore- lo salutò cordialmente la giovane,
senza essere
però ricambiata - Ecco la bozza che mi ha dato ieri da
correggere-
disse, consegnando a Wright l'articolo corretto.
Una
volta tornata a casa, la sera prima, si era subito messa all'opera,
sforzandosi di finire il lavoro in tempo per quella mattina. Aveva
terminato piuttosto tardi, ma ne era valsa la pena.
Almeno
così pensava.
-
Oh, già, la bozza...- diceva intanto il redattore,
sfogliando le tre
pagine - Ha fatto un buon lavoro- aggiunse, leggendo qualche frase
qua e là - Ma la sua correzione non serve più, mi
spiace- concluse,
provocando un'espressione di incredulità sul volto di
Brooklyn.
-
Non serve più?- ripeté.
-
Abbiamo deciso di scartare l'articolo dalla prossima edizione. Troppo
noioso- spiegò il direttore, porgendo i fogli alla bionda.
-
Ma...- tentò di protestare lei.
-
Qualcosa in contrario?- la interruppe Wright, inarcando un
sopracciglio.
Brooke
si morse il labbro inferiore, impedendosi di insultare per bene il
suo capo, e si sforzò di sorridere.
-
No, nulla in contrario, direttore.
-
Bene, allora vada da Cathy: ho lasciato lì del lavoro per
lei- le
ordinò, per poi voltarsi e e dirigersi verso il suo ufficio.
-
Auguro anche a lei una meravigliosa giornata, direttore-
disse
Brooklyn, ironica, ruotando gli occhi, ed avviandosi verso la
scrivania di Cathy, una giovane sui ventisette anni, dai corti e
ricci capelli ramati che circondavano il viso paffuto, che lavorava
come segretaria della redazione.
-
Ehi, B- salutò cordialmente, utilizzando quel soprannome che
aveva
affibbiato a Brooke fin da quando era arrivata in redazione.
-
Ciao Cathy- disse quest'ultima, sorridendole - Wright ha detto di
averti lasciato del lavoro per me.
-
Sì, ed è anche un bel po'- rispose la ragazza,.
Porse
a Brooklyn un malloppo di bozze da correggere, che, ad occhio e
croce, avrebbero costretto la giovane a rimanere in ufficio
più del
dovuto. Di nuovo.
-
Non ti scoraggiare. Praticamente tutti siamo passati da qui- le disse
Cathy, cercando di incoraggiarla.
-
Sì, lo so- rispose Brooke - Solo che a volte è
così frustrante
essere l'ultima ruota del carro.
-
Puoi sempre tornare da dove sei venuta, piccola Brooklyn- le rispose
una voce familiare alle sue spalle.
La
bionda alzò gli occhi al cielo, chiaramente irritata.
-
Amber- disse, voltandosi - Quale pessimo
vento. Ti è
passato il raffreddore?
-
Già, ed ora sono più in forma che mai- le rispose
con aria di
superbia una - a suo dire - tra le più odiose tra le
giornaliste
all'interno di quella redazione: Amber Smith.
Non
passava giorno in cui Brooke non desiderasse tirare i capelli biondi
- visibilmente tinti - di quella ragazza fino a farla cadere dai
tacchi vertiginosi che era solita portare, spesso abbinati ad una
minigonna o ad un paio di skinny jeans fin troppo stretti.
Amber
fece saettare i suoi occhi scuri sull'abbigliamento di Brooklyn,
facendo poi una smorfia.
-
Brooklyn, tesoro- le disse, con espressione
disgustata - Quel
colore andava di moda anni fa- concluse, indicando
la
camicetta azzurra che la giovane portava.
-
Almeno io sono bionda naturale- sibilò a denti stretti
Brooke,
provocando una risatina in Cathy.
-
Come scusa?- fece Amber con aria minacciosa.
-
No, nulla- disse Brooklyn - La prossima volta ci farò
più caso-
aggiunse, con un sorriso falso stampato sul volto - Buona giornata-
salutò infine, per poi avviarsi verso il suo ufficio.
Uno
dei privilegi di essere una semplice correttrice di bozze era l'avere
un ufficio tutto per sé, lontano dalle caotiche scrivanie
degli
altri giornalisti. Era piccolo, ma era silenzioso ed adatto a
lavorare in santa pace.
Una
volta essersi chiusa la porta alle spalle, Brooklyn tirò un
profondo
sospiro, lasciando giacca e borsa sull'appendiabiti.
Dieci
minuti ed ho già incontrato due delle persone che odio di
più al
mondo, si
disse, mentre posava
gli articoli da correggere sulla sua scrivania.
La
giornata non sarebbe potuta iniziare peggio, senza dubbio.
Prima
di darsi da fare con le bozze, Brooke decise di dare un'occhiata alle
sue mail.
Accese
il computer ed aspettò che si caricasse, mentre la sua mente
vagava
tra i ricordi della sera prima.
Si
chiese se avrebbe dovuto buttare giù una sorta di recensione
sulla
sfilata, ma subito si rese conto che Wright non l'avrebbe mai nemmeno
letta.
I
suoi pensieri si indirizzarono allora sul curioso incontro avvenuto
in bagno con quel Georg.
Brooke
provò a pronunciare quel nome, ma le risultava abbastanza
difficile.
Dev'essere
tedesco, si
disse, mentre
controllava la casella di posta elettronica.
La
sensazione di aver già visto sia lui sia il suo amico - Bill,
come l'aveva chiamato lui prima di andarsene- non era ancora passata.
Dopo
aver letto le mail, Brooke fece per spegnere il pc e dedicarsi al
lavoro che l'aspettava, ma la curiosità di scoprire chi
fossero quei
due prese il sopravvento.
Subito
aprì il motore di ricerca, ma poi si ritrovò a
chiedersi cosa
avrebbe dovuto scrivere.
Provò
dapprima con Bill, poi con Georg, ed infine, non avendo ottenuto
alcun risultato soddisfacente, scrisse “bill e georg”.
Davanti
a lei apparvero foto e video di una famosa band tedesca, i Tokio
Hotel, e si chiese cosa avessero a che fare quei due ragazzi con
loro.
Lì
in America non avevano avuto tanto successo come in Europa, ma non si
erano comunque astenuti dal far parlare di sé, specialmente
i due
gemelli, che si erano trasferiti a L.A. negli ultimi anni.
Brooke
lo sapeva bene, poiché più di una rivista
riportava regolarmente le
foto dei due fratelli, spesso in compagnia delle loro fidanzate, ed
anche lo Snoop, il giornale per cui lavorava lei,
aveva
dedicato loro diversi articoli.
La
bionda si ricordò di averne corretto uno riguardante il
matrimonio
di uno dei due gemelli.
Si
sforzò di ricordare il nome del giovane ed anche le foto che
erano
allegate all'articolo.
Quando
tutto tornò alla sua mente, sgranò gli occhi,
incredula: quei due
ragazzi che aveva visto alla sfilata la sera prima erano proprio due
dei quattro membri dei Tokio Hotel.
Aveva
avuto due celebrità sotto al suo naso per tutto quel tempo
senza
nemmeno accorgersene.
Appena
lo dirò a Sienna - pensò,
mentre faceva altre ricerche sui due e sulla band - avrà
un infarto, ne sono certa!
Spazio
autrice
Buon
pomeriggio Aliens!
Mh,
direi che non cominciamo bene lol più di un mese dall'ultimo
'postaggio' ed era solo il primo capitolo AIUTO
Chiedo
immensamente scusa a tutte voi, dalla prima all'ultima, e non
starò
nemmeno qui a giustificarmi, dato che dopo un mese e mezzo non
c'è
scusa che tenga.
Prometto
che sarò più puntuale la prossima volta, e spero
che voi possiate
perdonarmi.
In
ogni caso, spero anche abbiate apprezzato questo secondo capitolo!
Prima
di lasciarvi, vorrei solo dirvi di dare un'occhiata al trailer di
questa storia (link sotto), creato dalla meravigliosa e bravissima
caraseyebrows - se siete fan degli One Direction, vi
consiglio
di fare un salto sulla sua pagina autore!
Ne
approfitto poi per ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo e
chi ha già inserito Gegen Jedes Gesetz tra le fanfic
preferite/seguite/ricordate!
Aspetto
le vostre recensioni!
Un
bacio a tutte e al prossimo capitolo,
Heilig
Trailer
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Capitolo 3 *** Three ***
Three
“Non hai
idea di ciò che ho
scoperto. Te lo racconto a pranzo. Preparati. Brooke x”
Brooklyn
scrisse in fretta un sms a
Sienna, posando poi il telefono sulla scrivania, accanto al
portapenne blu a righe bianche e rosse, regalatole da Cathy dopo un
viaggio in Inghilterra.
La
bionda ritornò a guardare lo
schermo del suo computer, chiedendosi come avesse fatto a non
collegare il volto del giovane incontrato la sera prima con quello
del bassista dei Tokio Hotel: il forte accento tedesco, i lineamenti
non certo tipicamente americani, e poi quel suo amico, Bill, anche
lui membro della band. Avrebbe dovuto capirlo subito.
Non
che pensasse di essersi persa
chissà quale scoop, ma chissà... magari avrebbe
scoperto qualcosa
di interessante.
Cosa
gli piace, se pratica sport, il
suo cibo preferito...
I
suoi pensieri vennero interrotti
all'improvviso da alcuni colpi secchi alla porta. La giovane si
precipitò a chiudere le pagine internet su cui stava
lavorando.
-
Avanti!- disse poi, afferrando al
volo una delle tante scartoffie datele da Cathy poco prima.
La
porta si aprì, mostrando il volto
sorridente di un giovane sui 25 anni, dai lunghi capelli castani
legati disordinatamente con un elastico e gli occhi scuri, con in
mano due bicchieri di cartone colmi di caffè fumante: si
trattava di
Seth.
-
Ehi, Brooke- salutò cordiale,
entrando nel piccolo ufficio della giovane.
-
Oh, Seth, sei tu- disse Brooklyn con
un sorriso, rilassandosi sulla sedia - Come stai?
-
Non c'è male- rispose il ragazzo,
chiudendo la porta con un colpo del piede - E tu?- chiese poi,
avvicinandosi alla scrivania.
-
Bene, per ora-
fece Brooke, indicando con un cenno del capo la montagna di
scartoffie.
-
Oh, ti capisco: Wright ha riempito di
lavoro anche a me. - sbuffò il giovane - Credo si sia
svegliato con
la luna storta.
-
Seth, quell'uomo ci è nato con la
luna storta- lo corresse Brooke.
Il
ragazzo scoppiò in una grassa
risata alla battuta della bionda.
-
Carina questa- commentò - Comunque,
ho pensato di portarti un po' di carburante- disse poi, porgendo uno
dei due bicchieri di caffè a Brooklyn.
-
Oh, grazie Seth- ringraziò la
giovane - Ti sei ricordato di n...
-
Di non mettere lo zucchero? Certo,
Brooke. Ormai ti conosco- la interruppe il moro, facendole
l'occhiolino.
Brooke
gli sorrise, riconoscente, per
poi iniziare a sorseggiare il suo caffè.
Seth
aprì bocca per aggiungere
qualcos'altro, ma fu interrotto dalla voce squillante del signor
Wright, che rimbombò nell'intero edificio.
-
Sullivan! Nel mio ufficio!- tuonò,
telegrafico.
Il
ragazzo alzò gli occhi al cielo,
mentre Brooklyn fece una smorfia.
-
Chissà cosa vuole ora...- mugugnò a denti stretti
Seth - Beh,
Brooke, come vedi sono desiderato-
disse, allargando le braccia.
-
Oh, non ti preoccupare.
Chiacchiereremo un'altra volta- gli rispose Brooke, sorridendo - Ora
vai, Wright non è un tipo paziente.
-
Lo so, lo so- borbottò Seth - Forse
dovrei mettergli una pillola di Valium nel caffè-
rifletté a voce
alta, osservando il suo bicchiere.
Brooklyn
lo osservò, divertita,
reprimendo una risatina.
-
Sullivan!-
La
voce del direttore sembrò scuotere
le finestre, e i due ragazzi sobbalzarono dallo spavento.
-
Ok,
forse due
pillole-
fece Seth - Beh, sarà meglio che vada prima che i vetri si
frantumino- aggiunse, scrollando le spalle - A più tardi,
Brooke.
-
A dopo-
Seth
le rivolse un'ultima occhiata
amichevole ed un sorriso, per poi uscire dalla stanza, lasciandola
sola.
La
giovane finì di bere il suo caffè,
per poi poggiare il bicchiere vuoto sulla scrivania, sospirando
soddisfatta. Seth aveva avuto un'ottima idea: quel caffè era
decisamente ciò di cui aveva bisogno per affrontare la
giornata che
le si prospettava.
E
mentre iniziava a leggere la prima
delle molte bozze da correggere, qualcosa le diceva che quello non
era che il primo di una lunga serie.
* *
Intanto
-
Accidenti, sono in ritardo-
Dopo
aver indossato una canottiera nera
piuttosto frettolosamente, Georg si sedette sul bordo del suo letto
ed infilò un paio di scarpe da ginnastica bianche.
Stava
allacciando la scarpa destra,
quando sentì lo strombazzare di un clacson proprio sotto la
sua
finestra, seguito da un'esclamazione piuttosto colorita.
-
Hagen, alza il culo e muoviti,
maledizione!-
Georg
alzò gli occhi al cielo e
sbuffò, mentre finiva di allacciarsi le scarpe, pensando a
quanto
Tom potesse essere impaziente di prima mattina.
Si
alzò e prese il borsone rosso che
stava ai piedi del letto, caricandoselo in spalla.
Diede
un'ultima occhiata alla stanza
per assicurarsi di non aver dimenticato nulla, quando un altro colpo
di clacson lo indusse a precipitarsi fuori dalla camera.
Scese
i gradini della rampa di scale
che portavano al piano inferiore a due a due, inciampando
però
sull'ultimo, e rischiando così di piombare addosso ad un
Gustav
piuttosto perplesso che si accingeva a salire le scale.
-
Oh, scusa Gus, ti sei fatto male?-
disse Georg, senza prendere fiato tra una parola e l'altra.
Gustav
aprì la bocca per rispondere,
ma l'amico non gliene diede il tempo dato stava già uscendo
dall'appartamento che condividevano durante i loro soggiorni a Los
Angeles.
-
Ci vediamo dopo!- diceva, mentre si
chiudeva il pesante portone di legno alle spalle.
Sul
volto di Gustav comparve
un'espressione confusa, sostituita subito da una di rassegnazione.
Cos'ho
fatto di male?,
si chiese mentre riprendeva a salire i gradini.
Nel
frattempo, Georg aveva raggiunto
l'auto di Tom, parcheggiata non molto lontano.
-
Alla buon'ora- ringhiò il
chitarrista, appena l'amico chiuse la portiera.
-
Scusa Tom- fece Georg, cercando di
riprendere fiato - La sveglia non ha suonato- si giustificò,
mentre
Tom metteva in moto la vettura.
La
sera precedente, prima di tornare a
casa dopo la sfilata di Shay, i due ragazzi avevano deciso di
incontrarsi quella mattina per andare insieme in palestra.
-
Vedrai come sono diventato bravo-
gongolò soddisfatto Tom, gonfiando il petto.
-
Tom, dici così ogni volta. Non sei
stanco di umiliarti da solo?- lo schernì Georg.
Tom
borbottò qualcosa sotto voce,
facendo scoppiare a ridere il bassista.
-
Smettila di prendermi in giro!-
esclamò irritato Tom.
-
Scusa- disse Georg, cercando di
soffocare le sue risate - Mi chiedo solo come tu faccia a convivere
giorno e notte con il tuo enorme ego.
-
E' un tipo simpatico- rispose Tom,
con aria sincera, facendo spallucce.
L'amico
lo guardò stranito,
chiedendosi se fosse una battuta, ma l'aria incredibilmente seria e
convinta di Tom gli fece capire il contrario.
-
Tu sei strano, amico...- sussurrò,
scuotendo la testa.
-
Che hai detto?- fece Tom, mentre si
fermava ad un semaforo.
-
Niente, niente- si affrettò a dire
Georg.
Nella
vettura calò il silenzio,
interrotto solo dai rumori provenienti dalla strada trafficata.
Scattò
il verde, e Tom ripartì
velocemente, alla volta della palestra.
-
Alexa ti ha chiamato?- domandò d'un
tratto, a bruciapelo.
Georg
si limitò ad abbassare gli
occhi, scuotendo il cupo.
-
No- rispose.
-
Non ancora- lo corresse Tom, con un
sorriso d'incoraggiamento.
-
Non credo lo farà- disse Georg,
voltandosi verso il finestrino - Non questa volta- aggiunse con voce
sommessa, sospirando.
Tom
gli lanciò un'occhiata
preoccupata, ritornando poi ad osservare la strada.
Tra
i due scese di nuovo il silenzio
che continuò fino al loro arrivo di fronte alla palestra.
Tom
spense il motore e Georg slacciò
la cintura di sicurezza, facendo per scendere, ma l'amico lo
richiamò.
-
Georg, ascolta- disse, tirando poi un
profondo respiro, come se fosse in cerca di qualcosa da dire.
Il
giovane si voltò e lo guardò con
aria perplessa: Tom non lo chiamava mai Georg. Di solito usava
nomignoli poco carini come Hobbit oppure si
divertiva lo
chiamava Hagen, ridendo quando lui andava su tutte le furie.
-
Sì, Tom?- disse quindi, con
espressione interrogativa.
-
Senti, io... io non sono bravo in
queste cose- balbettò imbarazzato, grattandosi la nuca -
Però vedo
come stai male per Alexa e... insomma... Siamo amici, no? Se vuoi
parlarne, io... Ma solo se vuoi, ovviamente. Giuro che non ti
prenderò in giro- continuò, gesticolando
Georg
non riuscì a trattenere un
sorriso, intenerito dal comportamento dell'amico.
-
Grazie, Tom. È molto gentile da
parte tua-
Tom
si limitò a sorridergli con aria
imbarazzata: no, quel genere di discorsi non erano certo il suo
forte. Era Bill quello sentimentale.
-
Sarà meglio andare ora- propose
Georg, vedendo l'amico in evidente difficoltà.
Quest'ultimo
annuì e i due scesero
dall'auto. Dopo aver preso i rispettivi borsoni, si diressero a passo
spedito verso la palestra. Giunti di fronte la porta a vetri, Georg
fece per aprirla, ma Tom lo bloccò, posando una mano sulla
sua.
-
Che c'è?- gli chiese, confuso.
-
Se solo provi a dire a qualcuno che
sono stato tenero con te, ti strangolo Hagen- disse il moro, con
sguardo minaccioso, per poi scansare l'amico con una leggera spallata
ed entrare - E preparati ad essere sconfitto!- aggiunse, prima di
dirigersi verso gli spogliatoi.
Georg
rimase ad osservarlo per qualche
istante, scuotendo poi la testa, con aria divertita: Tom non si
smentiva mai.
* *
Più
tardi
- Vuoi
scherzare,
Brooklyn?! Nel bagno degli uomini?!-
L'urlo
acuto di Sienna rischiò di far
saltare i timpani della povera Brooke.
La
bionda sgranò gli occhi,
guardandosi in giro con aria colpevole: come aveva immaginato, la
voce dell'amica era arrivata alle orecchie di tutti clienti del
locale, che si erano voltati a guardarla, con aria perplessa.
La
giovane sorrise lievemente, mentre
arrossiva per l'imbarazzo, rivolgendosi poi alla mora.
-
Sienna, maledizione- imprecò a denti
stretti - Non c'è assolutamente bisogno di urlare-
Le
due ragazze si erano ritrovate, come
ogni giorno, per pranzare insieme in un fast food a metà
strada tra
i luoghi di lavoro delle due amiche.
Brooklyn
aveva appena raccontato a
Sienna del suo strano incontro avvenuto la sera prima alla sfilata e
della ricerca che aveva fatto sul giovane e sul suo amico, che
l'aveva portata a scoprire la vera identità dei due.
Ma
a Sienna tutto questo sembrava non
importare.
-
Dio mio, Holmes- disse - Come ti è
potuto anche solo venire in mente di entrare lì dentro? Ad
un evento
simile, poi!- continuò, con un'espressione a metà
tra lo schifato e
l'arrabbiato.
-
Sienna,- sospirò Brooke - ti ho
appena detto di aver incontrato due dei quattro membri di una delle
band più famose degli ultimi anni e tu pensi ai gabinetti?-
fece,
con una smorfia.
-
Mi chiedo solo come tu abbia
potuto...- cercò di replicare Sienna, ma Brooklyn la
zittì con un
gesto della mano, e lei sbuffò, infastidita.
Pochi
istanti dopo comparve un
cameriere dal sorriso smagliante, con in mano un taccuino ed una
penna.
-
Volete ordinare?- chiese.
Le
due giovani fecero le proprie
ordinazioni e il ragazzo si dileguò in fretta, lasciandole
di nuovo
sole.
-
Comunque, mi sembra che questo George
ti abbia colpito molto...- disse Sienna, inarcando un sopracciglio.
- Georg-
la corresse Brooke - E comunque, cosa vuoi dire?-
Le
labbra di Sienna si piegarono in un sorriso e Brooke capì al
volo
ciò che passava per la testa dell'amica.
-
Sienna, no. Assolutamente
no.
-
Perché no?- chiese Sienna, imbronciata - Insomma,
è carino, famoso
e anche gentile.
-
Tu
corri troppo con la fantasia- replicò Brooklyn, scuotendo la
testa.
-
E tu
non corri abbastanza- ribatté la mora.
-
Sienna, sii ragionevole. L'ho visto una volta soltanto-
sospirò
l'altra.
-
E
cosa t'impedisce di credere che non potrebbe riaccadere?
-
Il
mio buonsenso- affermò convinta Brooke - E ora, ti prego,
cambiamo argomento-
Sienna
rimase sulle posizioni per qualche istante, per poi cedere, scuotendo
il capo: Brooklyn era una testarda.
-
Parliamo ad esempio del signor Howard- disse quest'ultima.
-
Oh,
per
favore!
Quel
vecchio scorbutico- sbuffò Sienna - Signorine,
l'affitto-
aggiunse poi, imitando la voce roca dell'anziano signor Howard,
proprietario del piccolo appartamento che le due avevano preso in
affitto un paio d'anni prima.
-
Me
l'ha detto anche stamattina- sospirò affranta Brooklyn.
-
Anche a me, prima che andassi al lavoro- disse Sienna - Holmes,
dobbiamo fare qualcosa- aggiunse poi, giocherellando con una ciocca
di capelli.
-
Lo so, Sienna- rispose Brooke,
torturandosi le mani - Ma cosa?-
La
domanda rimase in sospeso, perché
il cameriere di poco prima era tornato al tavolo con le ordinazioni
delle due ragazze.
-
Ecco a voi- disse, prima di
andarsene.
Le
due iniziarono a mangiare in
silenzio, con aria turbata.
-
Potremmo trovarci un altro lavoro-
propose d'un tratto Sienna, infilandosi poi in bocca una patatina.
-
E dove lo troviamo il tempo?- rispose
Brooklyn - Entrambe lavoriamo fino a sera-
Sienna
si limitò ad annuire, tornando
a mangiare.
-
Ehi- disse d'un tratto Brooke,
notando la sua espressione afflitta - Non ti preoccupare- aggiunse,
posando una mano su quella dell'amica - Troveremo un modo per dare a
Howard i suoi soldi- disse infine, sorridendo.
Sienna
sorrise a sua volta, annuendo
con veemenza e sembrò rilassarsi.
-
Piuttosto- fece Brooke, cambiando di
nuovo argomento - Com'è andata stamattina?
-
Oh, oggi Meredith ha fatto provare
alle bambine il tutù per il saggio ed erano tutte
bellissime!-
esclamò Sienna, con gli occhi che le brillavano.
La
giovane lavorava ormai da diversi
mesi in una scuola di danza come assistente di una delle insegnanti,
Meredith, una donna di mezza età, dai lunghi capelli castani
costantemente legati in uno chignon, il fisico invidiabile e il viso
delicato, come quello di una bambola di porcellana.
Meredith
gestiva un corso per bambine
dai quattro ai sei anni, e Sienna si occupava di sorvegliare le
piccole, di procurare tutto il necessario o di suonare il piano
quando le era richiesto.
La
mora si lanciò in una spiegazione
dettagliata dei vari modelli di tutù, delle coreografie e
della
musica, ma Brooke era distratta: pensava ancora ai loro problemi
economici.
Aveva
detto a Sienna che avrebbero
trovato una soluzione, ma lei stessa ne dubitava: come avrebbero
fatto?
* *
Nel
frattempo
-
Avanti Tom, non fare quella faccia-
Tom
si limitò a grugnire, aggrottando
le sopracciglia e stringendo la presa attorno al suo borsone, mentre
Georg tentava a fatica di trattenere un sorrisino divertito.
-
Non c'è nulla di male in fondo-
disse, mordendosi poi il labbro nel tentativo di non scoppiare a
ridere. Tom grugnì di nuovo, senza rispondere, accelerando
il passo.
-
Insomma, tutti noi abbiamo dei
limiti- disse ancora Georg, correndogli dietro - Il tuo evidentemente
sta nell'utilizzo del tapis roulant- affermò, scoppiando
infine in
una grassa risata, mentre ripensava alla caduta di Tom sull'arnese
infernale,
come l'aveva definito
il chitarrista stesso che, preso dalla foga, aveva aumentato il passo
fino a non riuscire più a stare dietro all'attrezzo, finendo
per
scivolare e cadere, suscitando risate in tutti i presenti.
-
Non è affatto
divertente,
Hagen- sibilò Tom, con aria minacciosa, voltandosi di
scatto- Vuoi
smetterla?!- sbraitò.
Georg
sembrava però non sentirlo, in
preda com'era dal ridere: era piegato in due e si teneva la pancia
con entrambe le mani, mentre la gente che passava di lì
lanciava
loro occhiate perplesse.
-
Hai finito?- fece Tom, irritato,
picchiettando un piede sull'asfalto, mentre le risate di Georg
sciamavano in una risatina di scherno
-
E' stata la scena più esilarante che
io abbia mai visto in tutta la mia vita- disse il giovane,
asciugandosi gli occhi.
Tom
borbottò qualcosa
d'incomprensibile e si voltò, dirigendosi a passo spedito
verso la
sua auto, seguito dall'amico.
-
Dovrei lasciarti qui- ringhiò a
denti stretti, mentre apriva il baule perché entrambi
potessero
mettervici le rispettive borse.
-
Non lo faresti mai- replicò Georg
con convinzione.
- Non
sfidarmi-
ribatté Tom,
chiudendo il baule.
I
due entrarono in auto e il
chitarrista mise in moto, diretto verso la casa di Georg.
-
Ti fa ancora male?- chiese
quest'ultimo all'amico dopo diversi minuti di silenzio.
-
Non molto- rispose Tom, scrollando le
spalle.
Il
bassista spostò lo sguardo sulla
fronte dell'amico su cui vi erano due piccoli cerotti colorati sui
quali troneggiava il volto di Topolino.
- Ho solo
questi-
aveva detto Paul, il personal trainer di Tom, porgendogli la scatola,
mentre il giovane si tamponava la piccola ferita sulla fronte con un
fazzoletto.
Georg
ripensò
all'intero episodio e sul suo volto apparve di nuovo un sorriso.
-
Non ti azzardare
a ridere, Hagen- disse Tom - Non provarci nemmeno o giuro che...-
Il
giovane però fu
bruscamente interrotto dall'ennesima risata dell'amico, più
forte di
tutte le altre.
-
Non so cosa mi
trattenga dall'aprire la portiera e buttarti giù dall'auto
in corsa,
davvero- mormorò il chitarrista, trovandosi poi a riflettere
su
quanti anni di galera avrebbe dovuto scontare se avesse
effettivamente attuato il piano.
Si
stava dicendo
che forse non sarebbero stati così tanti, quando Georg smise
finalmente di ridere.
-
Non dimenticherò
mai questa storia- disse, divertito.
Tom
si limitò a
maledirlo a bassa voce mentre il bassista continuava a parlare.
-
La racconterò ai
miei figli, e ai figli dei miei figli e ai figli dei figli dei miei
figli e...
-
Sì, ho
afferrato. Ora smettila- lo
interruppe Tom.
I
due rimasero in silenzio fino al loro
arrivo davanti all'abitazione del bassista.
-
Eccoci arrivati- annunciò Tom - Ora
fuori dalla mia auto, Hobbit-
Georg
gli fece verso, scendendo poi dall'auto e andando a recuperare il suo
borsone.
-
E'
stato bello, Kaulitz- disse poi, avvicinandosi al finestrino del
chitarrista.
-
Sappi che il tuo è stato solo un colpo di fortuna-
replicò pronto
Tom.
-
Certo, certo...- fece Georg, alzando gli occhi al cielo - Beh, ci
vediamo. Salutami Vera!- disse quindi, agitando la mano in segno di
saluto, per poi voltarsi.
-
Hagen-
lo fermò però
Tom.
Il
bassista si girò, con sguardo furbo e subito interruppe
l'amico che
si apprestava a dire qualcosa.
-
Non
ti preoccupare, Tom. Non lo saprà nessuno-
Tom
sembrò rilassarsi e gli sorrise, per poi salutare e
ripartire in
tutta fretta
Nessuno
tranne Gustav,
pensava intanto Georg, ridacchiando tra sé e sé.
* *
Più
tardi
Sienna
era
ritornata alla scuola di danza quasi un'ora prima, mentre Brooke
aveva ancora un po' di tempo prima di dover ritornare in redazione, e
ne aveva approfittato per fare un giro, perdendo però la
cognizione
del tempo.
Oh,
maledizione,
pensò mentre correva: se Wright avesse notato il suo
ritardo,
sarebbe stato capace di licenziarla.
In
pochi minuti arrivò alla redazione e si precipitò
subito agli
ascensori. Fortunatamente, ne vide uno ancora aperto e vi
s'infilò.
Una volta chiuse le porte, premette i tasti con foga, pregando di non
incontrare Wright nel viaggio dal piano terra al quarto piano.
D'un
tratto però, l'ascensore si fermò e le porte si
aprirono. Brooklyn
sgranò gli occhi e trattenne il fiato.
Mi
licenzierà, mi licenzierà.
-
Ehi,
B. Che hai?-
Il
volto sorridente di Cathy le sembrò quasi una visione.
-
Oh,
Cathy- disse, poggiandosi una mano sul petto, cercando di calmare il
suo cuore che aveva preso a battere all'impazzata - Pensavo fossi
Wright- mormorò, sollevata.
Cathy
la osservò, stranita, scuotendo poi la testa.
-
Non
ti preoccupare, Wright non si vede mai in giro a quest'ora- disse,
mentre premeva i tasti e le porte si chiudevano - E poi, gli somiglio
davvero?- rise, divertita.
In
poco tempo le due arrivarono al quarto piano e, una volta fuori
dall'ascensore, Brooklyn si guardò intorno con aria
circospetta.
-
Brooklyn, vuoi calmarti?- sospirò Cathy.
-
Che
succede?-
Le
due
giovani si voltarono, trovandosi di fronte ad un sorridente Seth.
-
Crede che Wright possa vederla e notare che è in ritardo-
spiegò
Cathy.
-
Ma
Wright non si vede mai in giro a quest'ora!- rise il ragazzo.
-
Sì,
ma...- cercò di contestare Brooke, ma la sua attenzione fu
catturata
da un dettaglio insolito.
-
B?-
fece Cathy, agitando una mano davanti agli occhi della bionda - Tutto
ok?
-
La
porta- si limitò a dire Brooklyn - La mia porta era chiusa
quando
sono andata via- mormorò, mentre in lei cresceva una paura
sempre
più grande.
Che
Wright la aspettasse lì?
Cathy
e Seth si guardarono, confusi, mentre Brooke si avvicinò al
suo
ufficio con passo felpato: la porta era socchiusa e la giovane era
certa che all'interno avrebbe trovato Wright spaparanzato sulla sua
poltrona con le gambe sulla scrivania ed un sorrisetto sghembo in
viso, pronto a licenziarla.
Prese
un respiro profondo, cercando di farsi coraggio e spalancò
la porta
con un gesto deciso.
-
Ehi,
ma che fai?-
Brooke
sgranò gli occhi, incredula: nel suo ufficio, in piedi
accanto alla
stampante non c'era Wright, ma Amber.
-
Amber!-
esclamò -
Cosa... cosa ci fai qui?
-
Dovevo stampare un articolo- spiegò la ragazza con un'alzata
di
spalle.
-
Nel
mio
ufficio?
-
La
mia non funziona- rispose Amber, mostrando alcuni fogli stampati a
metà.
-
C'è
una stampante nell'atrio- osservò Brooke, incrociando le
braccia -
Perché non hai usato quella?
-
Il
tuo ufficio è qui vicino- sbuffò Amber - Ora
posso finire il mio
lavoro?-
Brooke
si trattenne dal cantargliene quattro e sospirò,
avvicinandosi alla
sua scrivania.
-
Ah,
Brooklyn- disse all'improvviso Amber - Non sapevo fossi fan dei Tokio
Hotel-
Brooklyn
si voltò di scatto, mentre le sue guance s'imporporavano.
-
Hai
guardato il mio computer?!-
Amber
rise, irritando la bionda.
-
Chi
ti ha detto di farti gli affari miei?- fece Brooke.
-
Oh,
avanti. Non è nulla d'imbarazzante- replicò
Amber, con un sorriso
di scherno sulle labbra - Solo non pensavo che ti piacessero
così
tanto da cercare loro notizie anche sul luogo di lavoro.
-
E tu
cosa ne sai?- gridò Brooke, rossa in volto - Magari stavo
cercando
informazioni per un articolo!-
Amber
scoppiò a ridere.
-
Tu?
Un articolo? Ma tu sei solo una correttrice di bozze!- sputò
velenosa.
Brooke
accusò il colpo e rimase in silenzio. Il suo orgoglio,
però, la
spinse a replicare.
-
Ciò
non significa che io non sia capace di scrivere-
Amber
la guardò, accigliata, per poi avvicinarsi a lei con aria
minacciosa.
-
Brooklyn, sono certa che tu non sapresti scrivere un articolo su
questo gruppetto nemmeno con un mese di tempo- disse indicando con un
dito il computer di Brooke, riferendosi ai Tokio Hotel.
-
Questo lo pensi tu- affermò Brooke a denti stretti.
Amber
si avvicinò ulteriormente, fino ad arrivare ad un soffio dal
volto
di Brooke.
Le
due
si occhieggiarono con aria truce e Brooke dovette fare appello a
tutto il suo autocontrollo per non tirarle un pugno.
Amber
sorrise ancora. Un sorriso carico di cattiveria e di scherno. Un
sorriso che Brooklyn aveva imparato ad odiare sin dal primo momento.
-
Oh-oh,
la piccola
Brooklyn sembra molto sicura di sé- disse - Scommettiamo?-
aggiunse
poi, assottigliando gli occhi e riducendoli a due fessure.
No,
Brooke,
non farlo,
si disse la giovane.
Scommettere
con Amber significava vendere la propria anima al diavolo e perdere
avrebbe potuto portare a conseguenze terribili.
Lo
sapeva. Ne era pienamente cosciente.
Ma
il
suo orgoglio sembrava coprire la voce della sua coscienza.
E
così, prima ancora che se ne accorgesse, aveva pronunciato
la
fatidica parola:
-
Scommettiamo.
Spazio
autrice
Salve
Aliens! Guardate un po' chi è tornata su EFP!
No,
non mi sono trasferita in Alaska negli ultimi cinque (già,
cinque,
ugh) mesi. Sarò sincera: alla mancanza di tempo e fantasia,
si è
aggiunta anche la poca voglia. Mi sono sentita come svuotata di tutta
la voglia di scrivere che avevo, ed ho pensato più volte di
cancellare la storia, prima per un vero e proprio “blocco
dello
scrittore” poi perché in me aveva preso
sopravvento una sorta di
imbarazzo misto a rassegnazione. “Che scrivo a
fare?” mi sono
detta “Tanto ormai nessuno la segue più
probabilmente”.
Poi
però mi sono ripresa, la voglia e l'ispirazione sono tornate
e
finalmente ho trovato un momento solo per questo capitolo.
Le
scuse mi sembrano più che d'obbligo: chiedo venia per questo
enorme
ritardo e spero che abbiate avuto la pazienza di aspettare.
I
prossimi capitoli verranno pubblicati a una/due settimana/e di
distanza -scuola/kick boxing/scuola guida permettendo-, e sappiate
che la trama è stata definita, quindi non ci saranno altri
blocchi
HAHA
Grazie
mille a chi ha aspettato questo tanto sudato terzo capitolo, dove le
cose hanno iniziato a smuoversi e la storia a delinearsi. Il
carattere impulsivo ed orgoglioso di Brooke inizia a dare i suoi
frutti. Cosa accadrà? Lo saprete nel prossimo capitolo!
Grazie
a chi segue ancora questa fanfic e a chi recensirà!
Ne
approfitto per augurare buone feste a voi e ai vostri cari.
Un
bacione e a presto,
Heilig
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Capitolo 4 *** Four ***
Four
Il
ghigno che comparve sul volto di Amber fece quasi rabbrividire
Brooklyn.
La
ragazza fece un passo indietro e porse a Brooke la mano dalle lunghe
unghie laccate di rosso rubino.
Brooklyn
la osservò, esitante, ed Amber ridacchiò.
-
Lo sapevo- commentò, scuotendo la testa. Fece per abbassare
la mano,
quando Brooke, presa da un moto di orgoglio, la prese e la strinse
con vigore, guardando Amber con aria di sfida.
Sul
volto di quest'ultima apparve un'espressione quasi sorpresa, subito
sostituita da uno sguardo di pura cattiveria.
-
Bene, affare fatto, allora- disse la giovane - Un mese, Brooklyn, non
un giorno in più, non uno di meno. In un mese dovrai
scrivere un
articolo sensazionale di
6000 battute su questo gruppetto per ragazzine e consegnarmelo-
affermò, continuando a sorridere con malignità -
Certo, sempre che
tu non abbia paura di perdere- aggiunse, inarcando un sopracciglio -
Possiamo sempre fare finta che nulla sia successo- continuò.
Brooke
ridusse gli occhi a due fessure.
-
Scordatelo- sibilò - Un mese è anche troppo-
disse poi, senza
riflettere.
-
Non riesco a decidere se tu sia coraggiosa o soltanto stupida-
commentò acida Amber - Beh, l'hai voluto tu.
-
Cosa succede se vinco?- chiese Brooklyn a bruciapelo. Amber sorrise,
sadica.
-
Non vincerai- disse - Ma se perdi...-
Stava
finendo di parlare, quando Seth si affacciò sulla porta
dell'ufficio
rimasta aperta, interrompendola.
-
E' permesso?- chiese cordialmente, battendo un paio di colpi sul
legno - Amber, Wright ti cerca- disse poi, rivolgendosi verso la
bionda.
-
Grazie- rispose la ragazza, atona - Ci si vede, Brooklyn. E ricordati
della scadenza- ghignò, per poi voltarsi e dirigersi verso
la porta.
Seth
si scansò leggermente verso destra, lasciandola passare, per
poi
rivolgere a Brooke uno sguardo a metà tra il perplesso e il
preoccupato.
-
Scadenza?- disse,
avvicinandosi alla giovane - Di cosa stava parlando?
-
Nulla di importante, Seth- rispose Brooke, con un gesto di falsa
noncuranza della mano.
Seth
aggrottò la fronte, dubbioso.
-
Brooke, Amber non è il genere di persona con cui scherzare-
disse.
-
E io non sono il genere di persona che scherza con Amber- rispose la
giovane.
-
Brooklyn, sono serio- replicò Seth - Non so cosa stia
succedendo, ma
stai alla larga da quella ragazza. Potresti finire per giocarti il
tuo posto qui.
-
So badare a me stessa- ribatté Brooke, stizzita, sentendosi
punta
nel vivo - Conosco Amber, so di cosa è capace.
-
No, non lo sai- disse il ragazzo, scuotendo la testa, sconsolato.
-
Non sono una bambina!- affermò la bionda, visibilmente
irritata,
battendo una mano sulla scrivania.
-
Ehi, ehi, non volevo farti arrabbiare- si scusò subito Seth,
alzando
le mani.
-
Scusa- sospirò Brooke - Scusa, non avrei dovuto reagire
così.
-
Lo dico solo per il tuo bene- rispose Seth.
-
Lo so...- disse la giovane - Ma io so cosa devo fare e a chi devo
stare attenta- sbuffò a braccia conserte.
Seth
sospirò, rassegnato e tra i due calò il silenzio.
-
Beh...- iniziò a dire Seth, grattandosi la nuca con fare
imbarazzato
- sarà meglio che io vada.
-
Sì, forse è meglio- si limitò a dire
Brooke, abbassando lo
sguardo.
-
A dopo- salutò il giovane, per poi dileguarsi in fretta
dall'ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.
-
Sì, certo...- borbottò Brooklyn.
Ascoltò
Seth allontanarsi dal suo ufficio frettolosamente, fino a che il
rumore dei suoi passi non si confuso con il brusio che aleggiava
nella redazione.
Sbuffò,
passandosi le mani tra i capelli biondi. Nonostante tutto, sapeva che
Seth aveva ragione: Amber non era di certo la persona con cui
giocare. Eppure lei, Brooke, sembrava essere proprio il suo nuovo
giocattolo, la sua marionetta, il suo nuovo pupazzetto da torturare.
E
lei ci era cascata.
Dove
diavolo mi sono andata a cacciare?
*
*
Intanto
-
Georg?-
Il
giovane, seduto sul suo letto, alzò gli occhi dal basso che
stava
accordando, incontrando lo sguardo severo di Gustav, in piedi sulla
soglia della sua stanza, con una piccola piantina in un vaso di
terracotta tra le mani.
-
Sì, Gus?- rispose.
-
Prima di iniziare a strimpellare, fammi il favore di svuotare quella
bomba atomica di puzza e sudore e buttare tutto in lavatrice o le mie
piante moriranno- disse il biondo con aria schifata, indicando con un
cenno del capo il borsone di Georg, che il ragazzo aveva gettato in
un angolo della stanza appena tornato a casa.
Georg
ridacchiò, divertito.
-
Oh, avanti. Non puzza così tanto- commentò.
-
Fa' ciò che ti ho detto- s'impuntò Gustav.
Georg
alzò gli occhi al cielo, sospirando.
-
Agli ordini, padrone- sbuffò, poggiando
il basso sul
materasso, per poi alzarsi.
-
Vedo che hai capito- disse compiaciuto l'amico, per poi andarsene
fischiettando.
Georg
sbuffò una seconda volta, andando poi a prendere il borsone
incriminato.
Gustav
dovrebbe smetterla di dare ordini,
pensò, mentre lo apriva.
È
stato Bill a dargli questa brutta abitudine, ne sono certo,
si disse poi, annuendo con convinzione, iniziando a tirare fuori i
vestiti che aveva usato in palestra e che, dopo aver fatto una doccia
veloce, aveva appallottolato e gettato nel borsone senza curarsene.
Prese
in mano un paio di boxer e fece per buttarli a terra insieme agli
altri indumenti, quando un dettaglio attirò la sua
attenzione.
Aggrottò la fronte, notando che sull'elastico dei boxer vi
erano
ricamate due lettere in rosa: TK. Accanto
ad esse vi era un piccolo cuoricino.
Georg
impiegò qualche secondo a capire e, quando lo fece, per poco
non
gridò, visibilmente disgustato, lasciando subito la presa
sulle
mutande che teneva in mano.
Oddio.
Si
chinò subito sui vestiti a terra e controllò,
sperando di essersi
sbagliato. Tra gli indumenti, però, nessuno sembrava
appartenergli:
aveva preso il borsone di Tom anziché il suo.
Si
schiaffò una mano in fronte, maledicendosi per la sua
sbadataggine.
Decise quindi di chiamare subito l'amico, ma appena si alzò,
quasi
come se i due si fossero letti nel pensiero, il suo telefono
squillò.
Georg
si allungò sul materasso, afferrando il cellulare per poi
portarselo
all'orecchio.
-
Tom!- esclamò.
-
Hobbit- sibilò Tom -
Cosa diavolo hai combinato?
-
Scusa, Tom- disse Georg, mortificato - E' che i borsoni sono simili e
nella fretta non ci ho fatto caso- si giustificò.
Sentì
Tom sospirare pesantemente, evidentemente alterato.
-
Non ti preoccupare- si affrettò ad aggiungere Georg - Dammi
il tempo
di sistemarmi e passo da te.
-
Sarà meglio- sbuffò
il chitarrista - A dopo, allora-
-
A dopo- salutò l'amico - Ah, Tom- disse poi, prima di
chiudere la
chiamata - Carine le lettere ricamate. E' un regalo di tua madre?-
chiese, scoppiando in una fragorosa risata.
-
Vai al diavolo!- lo
maledì Tom, interrompendo bruscamente la telefonata.
Georg
infilò il telefono in tasca, ancora ridacchiando, per poi
riprendere, con la dovuta cautela, i vestiti di Tom dal pavimento,
rimettendoli uno ad uno nel borsone.
-
Che cosa stai facendo?- tuonò all'improvviso una voce alle
sue
spalle.
Il
ragazzo si voltò quel che bastava per scorgere un Gustav
piuttosto
irritato a braccia conserte, che lo squadrava dalla testa ai piedi.
-
Ho sbagliato borsa- si limitò a spiegare Georg, mentre
chiudeva la
zip - Ora riporto questa a Tom e mi riprendo la mia- aggiunse,
voltandosi completamente verso l'amico.
-
Mh...- mugugnò quest'ultimo - Beh, ora capisco
perché il borsone
non puzzava come le altre volte!- esclamò, prima di
dileguarsi con
straordinaria agilità, evitando la ciabatta che Georg gli
aveva
lanciato.
-
Non sei affatto simpatico!- urlò il bassista, mentre l'amico
si
allontanava, ridendo di gusto.
**
Nel
frattempo
Brooke
si ritrovò a sbagliare per l'ennesima volta la stessa frase.
Sbuffò,
spazientita, tirando una riga con fare arrabbiato, scarabocchiando
poi la correzione in alto a destra.
Dopo
la discussione con Amber e le parole di Seth non era più
riuscita a
concentrarsi, ritrovandosi sempre a pensare alla situazione in cui
era andata a finire.
Oh,
forza Holmes. Penserai alla scommessa più tardi, ora lavora,
si disse. Prese un profondo respiro, e riprese a leggere da dove si
era interrotta, ma dopo pochi minuti si distrasse di nuovo.
Si
mise le mani tra i capelli, sconsolata: di quel passo non avrebbe mai
finito.
Stava
pensando a cos'avrebbe dovuto fare, quando qualcuno bussò, e
senza
aspettare nemmeno che dicesse avanti,
la porta si aprì.
-
Signorina Holmes, la stavo cercando-
Brooklyn
trattenne il fiato, osservando il direttore Wright che si chiudeva la
porta alle spalle, avvicinandosi alla sua scrivania.
-
Signor Wright- disse la bionda, scattando in piedi appena riprese le
normali funzioni cognitive - Ha bisogno?- chiese, titubante, con gli
occhi bassi.
Era
innegabile: Wright la metteva in soggezione. E l'aveva sempre fatto,
fin dal primo momento in cui aveva messo piede nella redazione per
presentare il suo curriculum.
Quell'uomo
alto, robusto, dai capelli scuri e gli occhi di ghiaccio, quello
sguardo duro e tagliente, quella voce profonda e quasi minacciosa,
l'avevano sempre intimorita.
-
In effetti sì- rispose l'uomo - Ha finito con il lavoro che
le ho
lasciato?- domandò.
-
A d-dire il vero, io...- balbettò imbarazzata Brooke: come
dirgli
che non sarebbe riuscita a finire di correggere tutte quelle bozze
entro la fine della giornata?
-
Non importa- la interruppe subito Wright - Ha un'altra faccenda da
sbrigare ora.
-
Signore?- fece Brooklyn, senza capire.
-
Oggi arriveranno delle celebrità molto importanti-
spiegò l'uomo -
Le intervisterò io personalmente nel mio ufficio-
continuò - Ho
pensato che sarebbe stato carino offrire loro da bere e da mangiare,
in modo che si sentano a proprio agio, e per questo ho fatto
preparare qualche dolce per l'occasione-
La
bionda corrugò la fronte: dove voleva arrivare?
-
La pasticceria non è molto lontana da qui, ma la mia
assistente non
può occuparsene ora, quindi ci andrà lei-
Oh.
-
Ma, signor Wright! Le bozze...- protestò Brooke.
-
Potrà continuare una volta tornata. I miei ospiti sono molto
più
importanti di qualsiasi bozza lei debba correggere- replicò
secco
l'uomo.
Brooklyn
volle ribattere, ma subito ammutolì di fronte allo sguardo
dell'uomo.
-
Va bene- disse con un fil di voce.
Come
se il mio consenso fosse necessario.
-
Perfetto- disse Wright, con un sorriso simile ad una brutta smorfia -
Ecco a lei- aggiunse poi, porgendo a Brooklyn uno scontrino - Quando
arriva deve mostrare questo e dire che la mando io, il direttore
dello Snoop- concluse,
gonfiando il petto e marcando le ultime parole con aria orgogliosa.
Brooke
si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo, temendo un licenziamento
seduta stante, ed annuì, prendendo lo scontrino che Wright
le
porgeva.
-
Faccia in fretta. Dovrà essere qui tra un'ora esatta- si
raccomandò
quest'ultimo - A dopo- salutò, per poi voltarsi ed
allontanarsi,
uscendo poi dall'ufficio e lasciando sola Brooklyn.
La
bionda sbuffò, iniziando a sistemare alla meglio le
scartoffie sulla
sua scrivania.
Ci
mancava solo questa,
si disse,
irritata, mentre riponeva una matita nel portapenne. Si mise in tasca
lo scontrino e il cellulare, per poi prendere la giacca e la borsa
dall'appendiabiti. Si voltò un'ultima volta, controllando di
non
aver perso nulla ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
-
Ehi, B- la chiamò Cathy, osservandola allontanarsi dal
proprio
ufficio - Dove vai? Non ti senti bene?
-
No, sto bene- rispose la giovane, appoggiando la borsa sul banco
della segretaria per potersi mettere la giacca - Devo fare una
commissione per Wright- spiegò, sistemandosi il colletto.
-
Una commissione?-
ripeté perplessa Cathy - E da quando fai commissioni per lui?
-
Da oggi, a quanto pare- sospirò Brooke - Sarà
meglio che vada. A
più tardi-
Cathy
annuì ed agitò la mano in segno di saluto, per
poi tornare al suo
lavoro.
Brooke
andò a prendere l'ascensore e scese al piano terra, per poi
uscire
in fretta dalla redazione.
La
porta a vetri si chiuse silenziosamente e la giovane si
allontanò a
passo svelto dall'edificio.
Mentre
camminava, recuperò lo scontrino dalla tasca dei jeans e
osservò il
nome della pasticceria: The Cake Bake.
Fortunatamente il luogo distava solo una ventina di minuti dalla
redazione, e Brooke conosceva la strada: d'altronde si trattava di
una delle più famose pasticcerie della città - ed
anche una delle
più care. La giovane si ritrovò a domandarsi
quanti soldi
guadagnasse Wright per potersi permettere tutti quei dolci a quella
cifra spropositata, riportata sullo scontrino. Scosse la testa,
distogliendo la mente da quei pensieri e lanciò un'occhiata
al suo
orologio da polso: Wright le aveva dato un'ora, ma se avesse fatto in
fretta, sarebbe tornata anche prima dell'orario stabilito.
Affrettò
quindi il passo e in un quarto d'ora raggiunse la meta. Una volta
arrivata, però, si ritrovò a sgranare gli occhi
di fronte alla coda
che dalla cassa all'interno del negozio continuava fino a qualche
metro oltre l'ingresso.
Mi
sembrava strano che fosse tutto così facile,
pensò Brooke, mentre si metteva svogliatamente in fila
dietro ad una
signora di mezz'età che teneva per mano il figlio, pregando
che il
suo turno arrivasse presto.
Maledetto
Wright.
*
*
Più
tardi
-
Buon pomeriggio signorina, in cosa posso esserle utile?-
Finalmente,
dopo quasi venti minuti, la fila davanti a Brooklyn era scomparsa, e
la bionda era giunta al bancone, dietro al quale vi era un uomo sulla
cinquantina, alto e robusto, dal viso rotondo e gli occhi ridenti,
che l'aveva accolta con un sorriso.
-
Buon pomeriggio- salutò la giovane - Mi manda il signor
Wright, il
direttore dello Snoop- spiegò - Aveva
ordinato questi dolci-
aggiunse, porgendo all'uomo lo scontrino che Wright le aveva dato.
-
Oh, devi essere la nuova assistente di Joseph!- esclamò il
pasticcere, chiamando per nome il redattore - Cos'è successo
all'altra?- continuò.
Non
sono qui per fare conversazione, accidenti!
-
Elizabeth aveva da fare- disse Brooke, con un sorriso tirato.
Ed
io anche!
-
Capisco...- fece l'uomo - Beh, la sua ordinazione arriva subito,
signorina-
Brooke
tirò un sospiro di sollievo, lanciando poi un'occhiata
all'orologio
a forma di cupcake appeso sul muro di fronte a lei: aveva meno di
mezzora per tornare alla redazione con i dolci.
Meno
di mezzora per evitare di essere sbattuta fuori dalla redazione,
pensò mentre il negoziante andava e veniva dalla cucina,
portando
con sé delle scatole piene di pasticcini ed impilandole una
sopra
all'altra sul bancone.
-
Ecco qui, signorina- disse infine, con aria soddisfatta.
Brooke
osservò quasi spaventata la pila di scatole che le si
presentava
davanti.
-
Ehm, grazie- disse, esitante.
Come
diavolo farò?,
si chiese.
Allungò
le braccia ed afferrò l'ultima scatola, sollevando l'intera
pila.
-
A-arrivederci- salutò, cercando di tenere in equilibrio il
tutto
come meglio poteva.
Uscì
barcollante dal negozio, ringraziando con il cenno del capo un
giovane che le aveva tenuto la porta aperta, e si diresse verso la
redazione, sperando di arrivare in tempo, oltre che sana
e
salva.
*
*
Possibile
che mamma mi tenga sempre così tanto al telefono?,
si chiese Georg, mentre camminava a passo svelto per le vie di Los
Angeles.
Proprio
un istante prima di uscire, sua madre aveva pensato bene di
telefonargli, lanciandosi poi in un ferreo terzo grado - “ Stai
mangiando tesoro?”,
“Quando
torni?”,
“Non è
che stai bevendo troppo insieme a Gustav e gli altri?”
- costringendolo a rassegnarsi e rimandare il suo proposito di
restituire a Tom il borsone.
Una
volta essersi liberato dall'interrogatorio della donna - sbattendole
praticamente il telefono in faccia - Georg era quindi uscito e si era
diretto a piedi verso dell'amico. Pochi minuti dopo essersi
incamminato, sentì il suo telefono vibrare. Prese il
cellulare dalla
tasca ed osservò il display: era un messaggio di Gustav che
gli
chiedeva di comprare qualche birra prima di tornare a casa.
Speriamo
che mamma non lo venga a sapere,
pensò, sorridendo lievemente, mentre digitava la risposta.
-
Attenzione, attenzione!-
Una
voce gli fece distogliere lo sguardo dallo schermo del telefonino.
Ma
cosa...?
Prima
che potesse rendersene conto, un mucchio di scatole piombò
su di
lui, seguito da una figura femminile non ben definita dalla lunga
chioma bionda.
I
due caddero a terra con un tonfo sordo, uno sopra l'altra, mentre le
scatole atterravano sparpagliate qua e là sul marciapiede,
attirando
l'attenzione di qualche passante che lanciava ai due occhiate
incuriosite o addirittura perplesse.
-
Oddio, oddio, oddio- iniziò a dire la ragazza - Sono
mortificata-
mormorò poi-
Quando
incontrò lo sguardo di Georg, trattenne il fiato, incredulo:
lui?
Ancora?
Anche
Georg rimase piuttosto sorpreso: era di nuovo la ragazza della
sfilata.
Quest'ultima
ammutolì ed arrossì tutto d'un colpo, per poi
affrettarsi ad
alzarsi.
-
L'equilibrio non è decisamente il tuo forte, vedo-
commentò
sarcastico Georg, alzandosi a sua volta - Brooklyn, giusto?-
La
giovane annuì, torturandosi le mani con fare nervoso. Prese
poi a
guardarsi intorno e il suo volto, da rosso porpora, divenne bianco.
-
Oh, maledizione. Che disastro- disse, inginocchiandosi ed iniziando a
raccogliere le scatole cadute a terra.
-
Ti do una mano- si offrì Georg, seguendola a ruota. Prese
una delle
confezioni e la aprì.
-
Mh...- fece, osservandone il contenuto - Beh, magari sono ancora
commestibili- disse, rivolgendosi a Brooklyn e mostrandole i cupcake
ormai impresentabili.
La
giovane si lasciò sfuggire un lamento: Wright l'avrebbe
uccisa.
-
Questa proprio non ci voleva, accidenti- borbottò a denti
stretti,
mentre recuperava le ultime scatole rimaste.
-
Era una consegna importante?- chiese Georg.
-
Decisamente- rispose Brooke con un sospiro - Era di un'importanza
vitale, direi-
aggiunse, con una smorfia.
-
Possiamo sempre ricomprare tutto- propose il giovane, sorridendole -
Il tuo capo non si accorgerà di nulla e i clienti avranno i
loro
dolci.
-
Come, scusa?- domandò Brooklyn, senza capire le parole di
Georg.
-
Sì, insomma... E' questo il tuo lavoro, no? Fare consegne,
dico-
spiegò il ragazzo, con ingenuità.
Brooke
deglutì, incerta. In
realtà sono una giornalista e sto
lavorando ad un articolo su te e la tua band.
Questa
era la verità.
Ma
in fondo una piccola bugia non ha mai fatto male a nessuno,
cercò di convincersi Brooklyn, mentre annuiva con veemenza.
-
Sì- disse - Sì, esatto-
-
Bene- rispose Georg - Allora andiamo- fece poi, alzandosi e prendendo
con sé le scatole che aveva raccolto.
-
Andiamo dove?- chiese Brooke, facendo lo stesso
-
Conosco un posto che vende pasticcini a buon mercato. Non sono
artigianali, ma nessuno si accorgerà della differenza- disse
il
giovane - Ci sono stato qualche volta, non è lontano da qui-
aggiunse, cercando di essere convincente.
Brooke
non rispose, dubbiosa: cosa fare? Seguire Georg ed arrivare in
ritardo alla redazione o presentarsi da Wright puntuale ma senza i
dolci? L'avrebbe licenziata in ogni caso.
La
bionda sospirò, arrendendosi: probabilmente non sarebbe mai
arrivata
in orario anche se avesse corso da lì alla redazione.
-
Va bene- acconsentì, sorridendo lievemente - Andiamo-
*
*
Proprio
come Georg aveva detto, il negozio non distava molto da dove i due si
erano incontrati - o meglio, scontrati.
Brooklyn
scelse i cupcake da acquistare piuttosto frettolosamente, pregando
che Wright non si accorgesse del disastro che aveva combinato.
Georg
la osservava, appoggiato al bancone, tra le mani le confezioni semi
distrutte e ai suoi piedi il borsone di Tom.
Quando
Brooklyn si avvicinò per pagare, il cassiere mise il tutto
in un
sacchetto, rifiutando poi gentilmente i soldi che la bionda le
porgeva.
-
Ha già pagato lui- spiegò poi con un sorriso,
indicando Georg.
-
In fondo è anche colpa mia- disse semplicemente
quest'ultimo, con
un'alzata di spalle.
-
No, questo non posso accettarlo- brontolò Brooklyn, stizzita
-
Avanti, prenda questi e dia a lui i suoi soldi- disse poi, rivolta al
negoziante, che guardò Georg, perplesso.
-
Non fare storie- fece il giovane, chinandosi per prendere la borsa a
terra. Brooklyn rimase sulle sue posizioni per un po', ma
finì per
rassegnarsi, sbuffando, e rimise i soldi in tasca.
-
Beh, allora andiamo- disse infine - Grazie e arrivederci- aggiunse,
rivolgendosi al cassiere, che salutò cordialmente i due
giovani.
-
Arrivederci- salutò a sua volta Georg, seguendo Brooke fuori
dal
negozio.
-
Non avresti dovuto pagare- gli disse quest'ultima una volta usciti -
Ora sono in debito con te.
-
Non insistere- replicò Georg - Mi ha fatto piacere aiutarti.
Almeno
ora hai i tuoi cupcake-
Brooklyn
fece una smorfia, ma subito s'illuminò. Sotto lo sguardo
confuso di
Georg, aprì la borsa, tirando poi fuori una penna ed il suo
inseparabile taccuino. Cercando di rimanere in equilibrio,
scarabocchiò qualcosa su un foglio che poi porse al giovane.
-
Ti devo un favore- gli disse - Se hai bisogno, non esitare a
contattarmi-
Georg
osservò il numero, per poi sorriderle.
-
Lo farò, grazie-
I
due giovani rimasero a guardarsi in silenzio per qualche istante, e
Brooke sembrò dimenticarsi dei suoi problemi: Amber, la
scommessa,
Wright...
Wright.
Oddio.
Quell'uomo
l'avrebbe davvero
uccisa.
-
Oddio, sono in ritardo!- esclamò, agitandosi - Ti ringrazio
infinitamente per il tuo aiuto- aggiunse, rivolta a Georg.
-
Ma... io...- cercò di dire il ragazzo.
-
Ci vediamo!- lo interruppe bruscamente Brooklyn, per poi voltarsi e
iniziare a correre a perdifiato.
Georg
rimase ad osservarla, fino a che la sua figura non scomparì
completamente tra la folla.
Sospirò,
incerto sul da farsi, e guardò le scatole che teneva ancora
in mano.
E
ora cosa me ne faccio di queste?
*
*
Più
tardi
La
prossima volta prendo l'auto, si
ripromise Georg, arrancando a fatica fino al cancello della casa di
Tom. La strada dal negozio fino a lì era piuttosto lunga e
il carico
che si portava appresso non l'aveva di certo aiutato.
Superò
l'inferriata e si avviò per il viale. Giunto a
metà strada, delle
urla indistinte, unite al tonfo di oggetti che cadevano sul
pavimento, lo fecero fermare. Il giovane aggrottò la fronte,
confuso, e si diresse verso la porta d'ingresso. Una volta arrivato,
le voci si fecero più chiare.
-
Sei un idiota!- gridò una voce femminile, a lui piuttosto
familiare.
-
E tu una bambina!- rispose la voce di Tom.
-
Agh, vai al diavolo Kaulitz!-
Georg
fece per bussare, quando la porta si spalancò, rischiando di
rompergli il naso.
Fece
un passo indietro, spaventato, e quasi cadde a terra.
-
Ehi! Che modi!- si lamentò. Guardò poi con
più attenzione e
riconobbe subito la giovane sulla soglia della porta.
-
Vera?!-
esclamò - Ma
cosa diavolo sta succedendo?
Spazio
autrice
Ma
salve a tutti, amici di EFP! Riecco a voi Heilig.
Quanto
tempo è passato? 3 mesi? 4?
E
dire che ero convinta che avrei postato una volta ogni settimana, o
massimo ogni due!
Aaaargh,
sono in super ritardo. Spero non me ne vogliate, ma davvero, questi
sono stati dei mesi piuttosto incasinati. Tra scuola, sport e patente
il tempo per scrivere era davvero poco e non volevo
certo
propinarvi una schifezza scritta in due minuti. Non se ne
parla
proprio.
Spero
possiate perdonare questi miei continui ritardi che, purtroppo,
continueranno ad esserci, almeno fino a quando non passerò
la
maturità. Sappiate però che non ho intenzione di
far passare mesi e
mesi per il prossimo capitolo anche perché la storia si sta
facendo
più interessante (?). Non sono così crudele da
lasciarvi con il
fiato sospeso per così tanto :D
Volevo
inoltre ringraziare tutti coloro che non hanno smesso di aspettare
questo capitolo ed ora stanno leggendo queste mie parole. Siete
persone meravigliose.
Beh,
che dire? Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Come
sempre in basso troverete i miei contatti facebook
e twitter,
insieme ai link del trailer e del gruppo facebook
“Writers&Readers - Le Aliens Di EFP”
Alla
prossima, mie care Aliens.
Un
bacio enorme,
Heilig
(che adesso non scomparirà più)
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