Me and my story

di imissyourgingerhairs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1
 
 
 
 
Erano solo le 11:00 di mattina e già mi ero annoiata. Stavo stipata in quella classe claustrofobica da ormai tre ore, non ne potevo quasi più. Eravamo 24 alunni rinchiusi in una classe che ne poteva contenere la metà circa e i professori si lamentavano anche del fatto che facessimo baccano. Non ne potevo più. Sentii un leggero colpetto alla testa e mi girai verso la ragazza che mi stava seduta dietro e la guardai male.
<> disse la mia amica. Alzai gli occhi al cielo e le sorrisi <>. Lei mi sorrise e mi indicò la prof, sapevo ormai cosa volesse dire quel gesto, riunione straordinaria in bagno. Alzai la mano con fare annoiato interrompendo la lezione.
<> disse cordialmente la professoressa di letteratura. Sorrisi.
<>lasciai la frase in sospeso e la professoressa annuì. Ci alzammo e mi ritrovai la mia amica vicino. Federica è la mia unica amica lì dentro, è alta 1.80 cm, ha i capelli biondo cenere che tiene sempre lisci con una frangia spostata di lato, gli occhi contornati da una buona quantità di eyeliner. Mi sorrise e ci dirigemmo al bagno con un passo lento e annoiato. La scuola era una struttura che cadeva a pezzi, spesso qualche pezzo di intonaco cadeva addosso a qualche studente.
<> le dissi sbadigliando e appoggiandomi al muro vicino al termosifone, lei mi si mise davanti e mi fissò.
<> disse con tono alterato. Io la guardai e ricordai che eravamo a metà ottobre e a breve si sarebbe occupato a scuola, come ogni anno. Uscimmo dal bagno camminando lentamente e io iniziai a pensare a cosa avrei potuto fare durante il week-end. Stavo per parlare quando Federica mi prese per il braccio spostandomi, io la guardai e sentii uno spostamento d’aria e mi girai a guardare chi fosse passato.
<> urlo alla zazzera rossiccia che correva dalla parte opposta alla mia. Lo sentii ridere e sussurrai uno ‘’stronzo’’. Rientrammo in classe e cercammo di seguire la lezione, presi appunti tutto il tempo e a tutte le lezioni, sono come dire, la classica secchiona nerd. Uscimmo dalla scuola alle 14:10 e ci dirigemmo a prendere il treno come tutti i giorni scherzando e ridendo.
Appena arrivai a casa collassai sul letto e chiusi gli occhi addormentandomi.
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE
Le vostre opinioni. Baci 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
 
 
 
 
Sbuffai e presi il mio telefono vicino a me che vibrava ininterrottamente da 20 minuti. Lo sbloccai e vidi che Federica si stava divertendo a inviarmi messaggi incomprensibili. Decisi di chiamarla sapendo che non avrebbe mai smesso.
<> la sentii ridere e mi chiese informazioni sugli esercizi di matematica e passò così il pomeriggio. Quando scesi al piano di sotto trovai mia madre e mio padre a discutere, probabilmente su una cazzata qualsiasi. Cercai mia sorella ma non la trovai, così presi il giaccone appeso vicino alla scala e lo infilai, avvertii i miei che stavo uscendo e mi immisi nell’aria fredda del tardo pomeriggio.
Girai per una buona mezzora senza una meta, passai anche vicino al centro della piccola città e mi persi in una delle piccole vie ricche di negozi in cui non ero mai entrata. Avevo lo sguardo rivolto verso l’alto a guardare la luna e a perdermi nei miei pensieri senza un capo o una coda. Qualcuno mi urtò violentemente e persi il mio precario equilibrio finendo col sedere per terra. Lasciai uscire un’imprecazione e un gemito e guardai chi fosse stato la persona che mi aveva urtato. Mi ritrovai davanti una zazzera rossa e due occhi azzurri in cui mi persi. Scossi la testa tornando in me e aprii la bocca per dare lanciare una montagna di insulti. <>mi precedette parlando velocemente e con un accento che sembrava inglese. Aggrottai le sopracciglia e scossi il viso. <>. Mi porse una mano e la afferrai facendomi aiutare ad alzarmi.
Mi sistemai e mi massaggiai la base della schiena dolorante per la botta. <> Lo guardo e mi allontano. Scuoto la testa e sorrido. <>. Mi girai e mi rimisi in cammino verso casa.
Perché avevo rinunciato? Perché avevo sempre paura e rinuncio a tutto?
Continuai a camminare scuotendo la testa e sorridendo amaramente mantenendo lo sguardo basso. Mi sento afferrare il polso e mi giro a guardare chi mi avesse fermato. Mi ritrovo nuovamente davanti due pozzi azzurri, abbasso istintivamente lo sguardo.
<> dissi sorridendo tra me e me. Lo sentii ridere e mi sentii arrossire. <> Sorrisi e annuii.
<>mi lascio scappare una risata e sento che anche lui mi segue. Mi ritrovai a fissarlo intensamente e mi ritrovai a pensare a quanto fosse bello un ragazzo così e che il suo sorriso è uno dei più belli che io abbia mai visto. Scuoto la testa e mi sento arrossire. Lo sento smettere di ridere e accarezzarmi una guancia per poi posare un dito sul mio naso.
<> cerco di mettere su una specie di broncio ma mi è impossibile. Lo seguo fino a un bar dove mi dice di aspettarlo seduta ad un tavolo.
Ne approfitto per guardarmi intorno e noto che non è uno di quei classici bar affollati e pieni di persone. Individuo un paio di coppie che chiacchierano senza disturbare gli altri e anche un gruppo di amici. L’ambiente è accogliente, non è piccolo, al contrario è molto spazioso e arioso, le pareti sono in mattoni, i tavoli sembrano essere intagliati direttamente in tronchi di alberi che spuntano dal terreno, così come le sedie. Vedo un tavolo sotto una scala, ma sembra di più una grotta. Di fatti le pareti sembrano scavate in un muro. Alzo lo sguardo e vedo dei disegni di piccole fate, stelle e una luna. Individuo sagome fin troppo familiari che riconosco senza indugio: vi erano disegnate le ombre di Peter Pan, Wendy, Gianni e Michele. Sorrido guardando emozionata ancora il disegno. Ho sempre amato Peter Pan.
<> Abbasso lo sguardo e vedo il ragazzo dai capelli rossi sedersi davanti a me. Gli sorrido.
<> Gli porgo la mano, lui posa una tazza fumante davanti a me e mi stringe la mano. Sento come un brivido che parte dalla mano e va su verso la spalla.
<> Sorrise e io ricambiai. Presi tre o quattro bustine di zucchero e le versai nella tazza davanti a me, che poi mi accorsi era cioccolata calda. Girai la miscela zuccherata come piaceva a me e presi tra le mano la tazza. <> dissi così, senza un motivo preciso, ma sentivo il bisogno di parlargli ancora, di sentire la sua voce e di avere un modo mio di chiamarlo, perché ne ero quasi certa, quel ragazzo sarebbe diventato importante per me. Lo vidi sorridere e annuire. Non parlammo molto, ci guardammo soprattutto e bevemmo la cioccolata. Non era un silenzio forzato o che dà fastidio e mette in imbarazzo, era un silenzio pieno di parole. Quando finimmo di bere la cioccolata lo vidi alzarsi, lo seguii e lo vidi pagare ciò che avevamo appena preso e arrossii rendendomi conto che aveva pagato tutto lui. Stavamo uscendo dal locale, improvvisamente vidi l’asfalto avvicinarsi al mio viso, un senso di vertigini mi aveva attanagliato lo stomaco e istintivamente avevo steso le braccia davanti a me. Chiusi gli occhi, ma le mie mani al posto di incontrare l’asfalto duro si posarono su una stoffa calda, seguite dalla mia guancia. Non aprii subito gli occhi aspirando il profumo che mi invadeva le narici. Sentii due braccia che timidamente circondavano le mie spalle. Aprii gli occhi e mi ritrovai davanti il suo sguardo e mi stava sorridendo. Ricambiai istintivamente il sorriso e riposai timidamente la guancia sul suo petto. Non mi ero accorta che fosse così alto, e da vicino era ancora più bello. Arrossii e mi irrigidii accorgendomi che stavo così vicino ad un ragazzo appena conosciuto.
<>. Mi allontanai piano e gli sorrisi.
<>. Mentii. Nessuno si sarebbe mai preoccupato di me. Infilai le mani nelle tasche e abbassai lo sguardo.
<>lo guardai sbarrando gli occhi. Lo vidi irrigidirsi. <>lo vidi abbassare lo sguardo e la mano con cui mi porgeva il telefono. Rimasi ferma a guardarlo. Presi il telefono senza pensarci un secondo in più e scrissi il mio numero, mi feci un paio di squilli e memorizzai il suo numero sul mio telefono.
<>. Gli sorrisi sinceramente e lo vidi illuminarsi. Annuì vigorosamente e infilare l’aggeggio elettronico in tasca. <> Annuii e sperai dicesse davvero. Mi avvicinai e gli baciai la guancia per poi girarmi per tornare a casa.
Passai l’intero tragitto a pensare a quel curioso ragazzo che con un solo sguardo mi aveva praticamente reso felice dopo anni. Sorrisi al pensiero. Arrivai abbastanza velocemente a casa e, come immaginavo, nessuno si era accorto della mia assenza.
Cenai con il resto della famiglia e poi mi rinchiusi in camera prendendo il mio libro preferito: L’Ospite. Sentii vibrare il telefono e lo presi pensando che fosse Federica.
Da: Leto
Buonanotte tuffatrice olimpionica <3
Sorrisi leggendo il messaggio e ripensando alla mia figuraccia e sorridendo
A: Leto
Buonanotte anche a te Leto <3
Spensi il telefono e ritornai a leggere, ma chiusi il libro poiché pensavo solo a quel messaggio. Mi addormentai con il sorriso sulle labbra.
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti, la storia è appena iniziata ma già in questo capitolo è successo molto. Forse è troppo lungo il capitolo e sono successe troppe cose. Sarei davvero felice se mi lasciaste qualche commento o voti così da poter capire se la storia vi interessa o è meglio se mi do all’ippica.
Baci Erica :3 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 
 
Quella mattina mi svegliai come al solito incazzata con la sveglia che sembrava suonare sempre troppo presto rispetto all’orario in cui vorresti svegliarti.
Avevo passato un week-end all’insegna dell’ozio con le mie migliori amiche. Eravamo uscite un po’ giusto per mettere due passi e abbiamo scherzato come quando eravamo più piccole. Ho tre migliori amiche, ognuna ha un ruolo diverso nella mia vita e sono quasi certa che senza di loro non potrei mai fare tutto ciò che faccio ora. Mariangela è quella che conosco da quando ho 6 anni. Il primo giorno di scuola alle elementari per me fu un successo solo grazie a lei. Mi ero appena trasferita in quella che oggi è ancora casa mia e non avevo amici e non conoscevo nessuno. Appena entrai in classe lei fu l’unica che mi parlò e diventammo subito amiche. Scoprimmo anche di abitare a due vie di distanza e questo fu solo un aiuto per portarci ad essere ancora più inseparabili. Alle medie conobbi Matilda. Siamo molto simili e spesso capita che ci scontriamo ma non nego che la sua presenza mi rilassa. Ho sempre desiderato avere il suo carattere e devo ammettere che in parte ci sono riuscita. Lei e Mariangela non vanno molto d’accordo ma so che si vogliono bene nonostante tutte le arie discussioni. Poi c’è Federica. Fu la mia prima amica in quella scuola nuova. Avevo appena cambiato indirizzo scolastico e non mi aspettavo di fare amicizia invece subito diventammo amiche. Siamo noi tre e certo, i battibecchi ci sono e non lo nego, alle volte ci andiamo giù pesante ma alla fine torniamo tutte amiche.
Il mio week-end passò con loro. Tra risa e film, patatine e qualunque altra schifezza che ti rende grassa e felice.
Il lunedì è sempre la stessa storia. Svegliarsi con la voglia di andare a scuola pari a 0 e la voglia di prendere appunti in un ambiente freddo era ancora più bassa. Un pensiero però rischiarò il mio soggiorno in bagno mentre mi lavavo. Forse avrei avuto la fortuna di rivederlo. Arrossii per quel pensiero. Scossi la testa e cercai di eliminare quel pensiero.
Mi vestii e andai alla stazione a prendere il treno. Il tragitto lo passai con la musica alle orecchie. Ed riusciva a rilassarmi e a farmi nascere il sorriso sempre. Arrivò Federica ma ormai sapevamo che meno parole dicevamo meglio era.
Salire sul treno fu una vera impresa degna di un poema epico. Saliti mi sistemai le cuffie e feci partire ‘The A team’ di quel roscio che mi fa solo sorridere. Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare dalle note di quella che per me era una sinfonia. Il treno girò e io persi l’equilibrio cadendo di faccia sul petto della persona che avevo davanti. Mi ritrovai immobilizzata perché il genio dietro di me non si muoveva. Sospirai e cercai di togliere le cuffie. Aspirai il profumo della persona contro cui ero caduta e mi sembrò terribilmente familiare. Due mani mi abbassarono le cuffie e io alzai il viso incontrando ancora una volta quegli occhi azzurri che riconobbi. Sentii le ultime note della canzone svanire e la voce di Ed che diceva “angels to fly to fly, angels will die”. Bloccai subito la musica ma rimasi comunque abbastanza vicino al petto del ragazzo.
“Buongiorno” lo sentii dire a bassa voce. Lo guardai e mi lasciai andare ad un sorriso.
“Buongiorno. Penso di dover smettere di caderti addosso “dissi ridendo e vidi che anche lui rideva. Inaspettatamente sentii la sua mano scostarmi delle ciocche di capelli da davanti al viso. Arrossii e abbassai lo sguardo. Il treno frenò e la mia faccia incontrò di nuovo il suo petto. Arrossii e mi diedi della idiota. Feci per scostarmi ma una sua mano si posò sulla mia schiena e fece pressione, come se voleva che io rimanessi in quella posizione. Ubbidii e mi rilassai dopo un po’.
Mi accorsi di star giocando con la sua felpa quando le porte si aprirono e lo tirai. Lasciai subito il lembo di stoffa farfugliando uno scusa e scendendo velocemente. Una volta scesa mi sistemai e aspettai Anacleto e Federica. Scese prima la mia amica.
“Credo di aver ucciso una persona, mentre ho visto che tu hai fatto conquiste” mi disse sorridendo. Io arrossii e lei rise.
“Non dire cazzate, sai che ho un pessimo equilibrio” dissi, ma dovetti sembrare poco credibile perché lei rise e io sbuffai. “Okay, lo ammetto, mi è piaciuto stare poggiata su di lui”. Lei mi batte la mano sulla spalla.
“Allora affittami come poggia testa, sono anche abbastanza economico”. Mi irrigidii e mi voltai e lo vidi ridere e arrossire.
Era timido lo vedevo, ma cercava come me di esserlo meno di quello che si è.
“Non volevo dire quello…insomma…cioè…forse…oh al diavolo, andiamo”. Presi il mio zaino e presi a camminare davanti a quei due. Sentii Federica ridere e Anacleto anche. Poco dopo quest’ultimo mi si avvicino e si abbassò alla mia altezza avvicinando il viso al mio orecchio.
“Anche a me è piaciuto averti così vicino”. Mi immobilizzai e una vecchietta mi urtò. Il mio cuore aveva preso a battere forte. Lo guardai e lo vidi arrossire. Aprii la bocca come a voler dire qualcosa ma mi bloccai.
“Muoviti sennò facciamo tardi”. Scossi la testa e ripresi a camminare. Come era possibile che uno sconosciuto mi facesse quell’effetto? Non era un comportamento mio. Io ero una fredda che scansava tutti e non volevo essere capita. Alzai lo sguardo e vidi la mia amica ridere con lui. Non so perché ma mi venne voglia di sorridere e desiderai che quella scena divenisse la normalità. Scossi la testa. Non era un pensiero da me. Io sono la ragazza scostante e permalosa. Rimasi tutto il tragitto in dietro. Non so cosa mi era preso, sentivo qualcosa che non avevo mai sentito e non ero del tutto convinta che fosse tanto male.
“…principessa dei miei stivali è suonata la campanella”. Alzai lo sguardo e vidi quei due sorridermi. Mi soffermai su di lui e lo vidi arrossire, ma non abbassò mai lo sguardo.
Iniziai a muovermi verso la mia classe, facemmo tutto il percorso in silenzio dato che dovevamo salire tre piani a piedi. Arrivammo esausti e io e Federica ci dirigemmo alla nostra classe, ma vidi che anche Anacleto ci seguiva, lo guardai dubbiosa ma entrai comunque. Mi andai a sedere e iniziai a prendere le cose per la lezione di matematica.
“Ragazzi silenzio un secondo” il professore cercò di farci stare in silenzio, io mi massaggiai le tempie infastidita dal comportamento dei miei compagni. Sembro la classica secchiona, forse lo sono, ma io credo nello studio e nel bisogno di una cultura propria. Il professore ripeté la richiesta ma nessuno lo ascoltò. Sbatté il registro sulla cattedra e sulla classe scese il silenzio.
“Finalmente. Ragazzi, lui è un vostro nuovo compagno di classe…” scoppiai a tossire strozzandomi con la mia stessa saliva. Alzai lo sguardo e vidi il ragazzo con cui avevo fatto il tragitto arrossire e abbassare lo sguardo appena incontrò il mio.
“Siediti pure lì, vicino a Aibell. Spero non sia un problema per te”. Il prof mi sorrise e io non seppi dirgli di no. Adoravo letteralmente quel professore. Mi ricordava troppo un mio amico di infanzia con cui ancora oggi mi ci sento.
Sentii la sedia vicino a me raschiare il pavimento e mi girai guardandolo stralunata. Lui colse il mio sguardo e alzò le mani in segno di scuse. Sbuffai e alzai gli occhi al cielo e sentii le mie labbra piegarsi in un sorriso. Lo guardai con la coda dell’occhio e vidi che stava tutto rigido e che cercava di non guardarmi. Alzai lo sguardo al cielo e sorrisi seguendo la lezione e prendendo appunti. Qualche volta lo guardavo e lo vedevo ancora tutto rigido. Scossi la testa e sbuffai. Il professore stava blaterando di cose come la parabola incrocia una retta e io continuo a non capire come mi possa servire ciò nella vita ma scuoto la testa e sbuffo di nuovo.
Suona la campanella e mi giro verso il mio nuovo vicino di banco e lo guardo e lui arrossisce di botto.
“Scusa…so che puoi pensare che io mi sia fatto trasferire qui appositamente ma non è vero…credimi…” mi guarda cercando di farmi capire che era dispiaciuto. Io alla sua espressione triste mi sento in colpa. Ha pensato che io non lo voglio qui, quando in realtà ne sono felice, ma evidentemente ancora una volta la mia goffaggine nell’esprimere i miei sentimenti si è rivelata.
“No, no…hai capito male, io…io ne sono felice…cioè…sì…” arrossisco e abbasso lo sguardo e vedo le sue mani che si torturano. È incredibile come un secondo prima sia aperto e spigliato a parlare, senza vergogna, il secondo dopo invece è timido e arrossisce.
“Leto, Aibell voleva dire che è felice che sei qui e che è sorpresa, tutto qui” guardo Federica, meno male che alle volte parlava lei al posto mio. Guardo il ragazzo davanti a me che mi chiede con lo sguardo una risposta, una conferma. Io mi limito ad annuire e vedo un sorriso aprirsi sul suo viso e che mi contagia.
Apro la bocca per parlargli ma vengo interrotta. “Come hai detto di chiamarti?” a sentire quella voce mi irrigidisco. Cerco di reprimere un moto di odio verso la ragazza che possiede quel tono di voce viscido, civettuolo e di molti toni troppo alti a parer mio. Mi metto una ciocca dei miei corti capelli marroni dietro l’orecchio e chiudo gli occhi cercando di rilassarmi.
“Anacleto” lo sento rispondere. Apro gli occhi e li punto nei suoi quasi con prepotenza, ho paura ma cerco di nasconderla dietro l’indifferenza. Sono spaventata. Di cosa dovrei avere paura? Perché ho paura? Non ha senso. Lui questa volta non abbassa lo sguardo.
“Che nome strano, non ho mai sentito in giro nessuno che si chiami come te”. La sentii parlare di nuovo. Alzai lo sguardo verso di lei. So bene perché si comporta così. Sono in una scuola dove principalmente si iscrivono ragazze, in classe mia su 24 persone solo 2 erano ragazzi, quindi un ragazzo nuovo era una novità in classe e chiaramente lei doveva subito provarci.
“Asia, stavamo parlando”. La guardo male e cerco di farle capire che qui da solo fastidio. Anacleto mi guarda e mi fa un piccolo sorriso che io ricambio timidamente.
“Ah scusa, non sapevo che già ci stavi provando tu”. Sbarro gli occhi guardandola stupita. Guardo il ragazzo difronte a me e lo vedo arrossire.
“Io non ci sto provando, puoi fare quel che vuoi” mentre lo dicevo sapevo che non lo pensavo davvero “stavo solo dicendo che noi stavamo parlando e per buona educazione dovresti aspettare”. La guardo e sento lo sguardo di lui su di me.
Se fosse per me starei tutto il tempo abbracciata a lui. Arrossisco a questo mio pensiero e mi alzo. Esco dalla classe e scendo le scale andando al primo piano uscendo nel nostro cortile. Mi poso con la schiena contro il muro e sospiro chiudendo gli occhi. Rimango così ferma per qualche minuto. Mi estraneo.
“Perché sei scappata?” apro gli occhi scontrandomi ancora con quegli occhi azzurri, in cui vorrei perdermici.
“Io non sono scappata, me ne sono andata, volevo aggredire quella sotto specie di ragazza”. Dissi guardandolo. Ero incazzata. Perché pensa che me ne sia andata? Addirittura scappata? Scuoto la testa. “Perché le hai detto che può provarci tranquillamente con me?” mi sussurra avvicinandosi fino a starmi attaccato. Abbasso lo sguardo non reggendo il suo sguardo. Scuoto la testa e guardo da un’altra parte.
“Perché? Che avrei dovuto dire?” continuo a fissare un muretto, sembrandomi molto più interessante. Mi sento prendere il mento e i miei occhi inquadrano il suo viso senza soffermarmi su un punto fisso. Senza preavviso, come stava succedendo di continuo ultimamente, mi ritrovai con il viso premuto sul suo petto.
“Ho capito che i sentimenti per te non sono semplici da capire e neanche da esprimere, ma io so che quando sto vicino a te mi sento felice, mi piace la tua vicinanza e mi piace la tua compagnia anche se non sei una grande interlocutrice. Quindi ti prego, non trattarmi male o allontanarmi o non lo so, qualunque cosa fai di solito con gli altri”. Mi sussurra. Sento la sua voce attraverso la cassa toracica su cui il mio orecchio è posato.
So che ha ragione, ha già capito cosa voglio fare prima ancora di me. Quasi come se il mio corpo ne sentisse l’esigenza mi ritrovai a stringerlo e a chiudere gli occhi lasciandomi andare, rilassandomi.
“Non è tanto male infondo, vero?” lo sento parlare e sento la sua bocca lasciare un bacio sulla mia testa. In lontananza la campanella suona.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti, lo so che la storia ancora praticamente è agli inizi, ma scusate comunque per l’attesa di questo capitolo. Mi piacerebbe che voi esprimeste le vostre opinioni al riguardo, ne sarei felice, in modo che così io possa migliorare la storia o anche sapere se così va bene.
Grazie a tutti coloro che leggono.
Baci Erica
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
 
 
 
Faccio un lamento davvero poco femminile contro il petto del ragazzo che mi stringe contro il suono della campanella. Lo sento ridere e alzo lo sguardo beandomi di quella visione. Riposo la testa sul suo petto e rimango ferma. “Che dici? Andiamo in classe o rimaniamo qui così?” dice ridendo. Io rimango ferma e rafforzo la presa su di lui. Lui ridacchia e mi stringe.
Okay lo ammetto, forse inizio a provare qualcosa per lui, ma non lo ammetterò mai. Io non sono la tipa adatta per queste cose. Sono scostante, scontrosa, acida, noiosa, permalosa e chi più ne ha più ne metta. Questo mi accade in ogni relazione, sia di amicizia che a livello di coppia. Sarò io il problema, ne sono sicura. Sono la classica ragazza insicura che attraversa in modo negativo la sua adolescenza.
Lo sento muovere contro il mio petto e lo sento in seguito irrigidirsi. “Aibell…abbiamo un ritardo di 20 minuti…”. Mi irrigidisco anche io a quelle parole. Mi allontano, molto a malincuore, e lo prendo per mano iniziando a camminare velocemente per arrivare in classe. Tre piani a piedi. Chiaramente non potevo rendermi conto prima dell’orario. Sento la paura crescere nel mio petto. La paura di qualcosa di impreciso. Odio arrivare in ritardo. Odio correre. Odio queste sensazioni nuove. Odio stare così per i miei problemi.
Arriviamo al terzo piano in tempo record, ma forse è troppo per me. Sento che l’ossigeno non circola abbastanza, che l’aria che ispiro non è abbastanza per i miei polmoni. Vedo tutto offuscarsi e sento il bisogno di sedermi. Faccio qualche passo avanti e mi siedo per terra, con la schiena al muro. Libero la mente e cerco di regolarizzare il mio respiro. So bene cosa mi sta succedendo e so come controllare. Sento delle voci intorno, apro gli occhi ma vedo tutto sfuocato. Li richiudo e mi estraneo di nuovo.
Dopo quasi dieci minuti mi sento meglio. Mi alzo e mi gira un po’ la testa. Apro gli occhi e vedo un bicchiere davanti al mio viso. “Rimani seduta. La professoressa sa cosa sta succedendo e ha detto di rimanere fuori. Bevi, è solo acqua e zucchero, ti darà un po’ di energie”. La voce che mi parla sembra in ansia per qualcosa. Nel mio campo visivo vedo un viso. Strizzo gli occhi e vedo il viso di Federica delinearsi davanti al mio. Mi nasce un sorriso spontaneo e prendo il bicchiere sentendo di avere sete. Mi siedo e mi rilasso.
“Il pallido è quasi morto dalla paura quando ha visto che stavi male”. La guardo male. Non ho la forza di parlare e lei capisce che io non so chi sia il pallido. “Il tuo amico. Sembrava in ansia. Non penso di aver mai visto una persona tanto in ansia solo per un attacco”. La guardo male e alzo gli occhi al cielo.
“Forse sei tu che non hai empatia quindi non ti impressioni”. Dico a bassa voce. Lei mi sorride e mi fa l’occhiolino. I scuoto al testa e le faccio la linguaccia.
Mi riprendo poco prima della fine dell’ora. Mi alzo con l’aiuto di Federica e lentamente mi avvicino al bagno. Ho bisogno di rinfrescarmi il viso. Appena ho fatto mi dirigo verso la classe. Federica mi è affianco in modo che se perdo l’equilibrio lei mi prende. Entro in classe e la prof è ormai andata via. Appena entro il mio viso viene preso tra le mani di qualcosa e due occhi azzurri mi esaminano. Io aggrotto la fronte non capendo cosa stia facendo il ragazzo davanti a me. Mi abbraccia appena ha finito la revisione. Mi allontana poco dopo. Tutti questi scuotimenti mi hanno fatto girare la testa. Mi allontano traballando e mi siedo. Sento la sedia vicino a me spostarsi e so che lui si sta sedendo vicino a me.
“Fred, non scuotermi troppo, mi fai venire i giramenti di testa”. Dico posando la fronte contro il banco, lo guardo e vedo che mi fissa con sguardo interrogativo. “Ora per me sei Fred, Fred Weasley”. Gli dico sorridendo e chiudo gli occhi. Poi in gesti meccanici prendo le varie cose per prepararmi alla lezione di filosofia. Non sono ancora pronta ad affrontare una lezione di filosofia, ma non posso perdermela. Sospiro quando entra. Si siede e dieci minuti dopo mi ritrovo a scrivere freneticamente tutto quello che dice come se fosse oro colato. Vedo che il rosso vicino a me fa lo stesso. Prendere appunti mi distrae e non mi fa pensare. Le parole si susseguono sul mio quaderno, i concetti si rincorrono e si scontano contraddicendosi alle volte, ogni cosa che per uno è per un altro non è. Potrei ammattire dietro alle cose che dicono questi filosofi.
Suona la campanella e io mi sbrigo a mettere tutto nello zaino, mi giro e vedo che Federica mi fissa. Io alzo le spalle, lo so ormai che lei pretende che appena suona noi voliamo fuori dalla porta, ma io vado con calma. “Aibell, quanto ci metti?” sento Chiara, la vicina di banco di Federica, non che sua amica dalle medie rimproverarmi della mia lentezza. Io alzo gli occhi al cielo. “Ecco, ho fatto, se mi date due minuti non muore nessuno”. Mi metto lo zaino in spalla e mi giro verso il Weasley e gli faccio cenno con la testa di andare. Lui mi affianca e seguiamo le due ragazze che si precipitano fuori, dopo tanta attesa a causa mia.
“Aibell, vieni a sentire questa”. Mi urla Federica, io prendo per il polso il ragazzo vicino a me e mi avvicino sentendo una musica uscire dalle casse del suo telefono. “Ti prego dimmi che non è una delle tue solite cose”. La guardo e scoppiamo a ridere mentre il cantante parte a cantare. Ha una dote per trovare i nuovi “talenti” in fatto di musica. I peggiori li trova tutti lei. Mi giro e vedo che anche Anacleto ride. Poi la mia amica fa partire una canzone della Disney e tutto il percorso fino alla stazione lo facciamo cantando e stonando mentre il ragazzo vicino a noi ci guarda e ride quando io stono quando lo guardo. Mi piace il suo sorriso. Saliamo sul treno quasi correndo. Subito ci mettiamo in cerca di un posto. Purtroppo siamo quattro ma i posti sono tutti da tre. “Dai, sedetevi e io sto in piedi”. Dico indicando tre posti. Federica alza le spalle, seguita da Chiara che si siede, Anacleto mi guarda. “Dai siediti tu, io sto in piedi”. Io scuoto la testa e mi appoggio con le spalle alla porta del vagone. Lui si siede e mi tende un mano. Io lo guardo interrogativa.
“Siediti in braccio a me”. Dice sorridendo. Io sbarro gli occhi e arrossisco, guardo Federica e lei annuisce. Io lo guardo e vedo che mi incoraggia con la testa. “Ma peso…” dico cercando di farlo desistere dalla sua idea. Lui sbuffa e mi prende il polso tirandomi e io mi siedo titubante sulle sue ginocchia. Le sue braccia mi circondano fianchi incrociandosi sul mio stomaco e mi tirano indietro in modo che la mia schiena è posata sul suo petto. Arrossisco e mi guardo le mani che mi sto torturando. Lui allenta la presa e io rimango rigida.
Piano piano il mio imbarazzo passa e io riprendo a cantare e a scherzare mentre sento i brividi ogni volta che ride, perché mi stringe a se. Quando arriviamo devo ammettere che di mala voglia mi alzo e mi rimetto lo zaino in spalla. Scendiamo continuando a parlare di cose molto stupide. Le mie amiche vanno da una parte, Anacleto da un’altra ancora e io mi dirigo da sola a casa. Mi metto le cuffie nelle orecchie e faccio partire Marina. Amo la sua voce e mi carica. Ben preso inizio a ballare per strana e a canticchiare qualche nota. Non mi interessa di sembrare strana, ho bisogno di scaricare tutte le emozioni che ho provato. Entro in casa e non c’è nessuno. Attacco il mio Ipod alle mie casse e faccio partire la voce di Marina ancora più forte che con le mie cuffie. Mi metto a cucinare e canto. Mangio e lavo i piatti velocemente. Ho bisogno di non pensare. Mi serve qualcosa da fare per non pensare. Mi metto a fare i compiti.”. Io accetto ridendo. No
Due ore dopo sono sul divano con il pc e mi sto vedendo una serie tv. Rispondo ai messaggi che Federica mi scrive in ansia per i compiti. Io la assecondo ma lei mi scopre presto che ho già finito tutto.
Da Acida:
Ora mi spieghi come fai a finire così presto tutti i compiti. Hai qualche super potere?
 
Io guardo lo schermo del telefono e sorrido scuotendo la testa.
A Acida:
Semplicemente passo il week-end sui libri. Come tutti i giorni.
Invio il messaggio e mi rimetto a guardare la serie tv. Il telefono squilla e io lo afferro senza leggere il nome del mittente della chiamata e rispondo. “Stai zitta che i dalek hanno circondato il Dottore e io sto in ansia, insomma Tennant deve sopravvivere, sennò impazzisco. Voglio lui come Dottore, e Rose ancora non si è vista”. Dico con voce finta ansiosa e sento una risata che non è quella di Federica. Scosto il telefono dall’orecchio e leggo il nome di chi mi ha chiamato: Leto. Impallidisco. Penso che se avessi una pala mi scaverei una fossa e mi sarei sotterrata viva. “Hai ragione, Rose deve tornare, quindi il Dottore non può rigenerarsi”. Sorrido e blocco la puntata. “Come mai questa chiamata Fred?” dico ridendo. Lui ride.
“Niente, mi annoiavo e ho pensato di chiamarti, però credo di averti interrotta”. Lo sento ridere.
Dopo un’ora stavamo ancora al telefono e ridevamo. Da quella chiamata abbiamo scoperto di avere molte cose in comune, io sono una patita dei manga e anime, lui anche. Amo anche i video games ma non ho una console a cui giocare. “Questo week-end puoi venire da me, ti sfido a qualche gioco”. Io accetto ridendo ma non so se diceva davvero. Chiudo la telefonata prima che arrivano i miei, loro odiano vedermi al telefono.
Appena finisco la cena vado in camera e mi addormento appena mi metto a letto.
 
 
 
 
ANGOLO AUITRICE:
Ciao a tutti, ecco un nuovo capitolo. Mi pacerebbe sapere cosa ne pensate e avere le vostre opinioni. Mi scuso per eventuali errori ortografici. Commentate in tanti così so anche ciò che ne pensate, e votate se vi piace.
Baci Erica.
 
P.S. Aibell si legge Evil, per chiunque lo voglia sapere :3

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