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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First Seed ***
Capitolo 2: *** Second Seed ***
Capitolo 3: *** Third Seed ***
Capitolo 4: *** Fourth Seed ***
Capitolo 5: *** Fifh Seed ***
Capitolo 6: *** Sixth Seed ***
Capitolo 7: *** Seventh Seed ***
Capitolo 8: *** Eight seed ***
Capitolo 9: *** First sprout ***
Capitolo 10: *** Second Sprout ***
Capitolo 11: *** Third Sprout ***
Capitolo 12: *** A Frost ***
Capitolo 13: *** Fallow Land ***
Capitolo 14: *** Hanami ***
Capitolo 15: *** Unnecessary Bud ***
Capitolo 1 *** First Seed ***
AINE
La
prima cosa che vide appena sveglio furono i
grattacieli bagnati da una flebile pioggia mattutina.
Con una veloce torsione
del corpo si mise seduto a contemplare quel misterioso
spettacolo. Poi, si
ridistese su un
fianco coprendosi per metà col lenzuolo di seta bianco.
Dopo aver passato consecutivamente un paio di notti in studio, Jiyong
aveva finalmente guadagnato il diritto di ritornare a
casa
e, soprattutto, al suo amato letto.
In effetti, dopo aver acquistato casa, l'elemento che gli era parso
essenziale e che aveva sottoposto ad un attento e dettagliato processo
decisionale era stato il proprio giaciglio. Niente stravaganze, doveva
essere comodo, non troppo duro nè troppo morbido,
equilibrato. E
lo era comodo, ma ci aveva passato ben poco tempo per apprezzarne le
qualità.
Era
stanco e desideroso di avere più tempo per staccarsi dal
mondo, dalle notifiche che lampeggiavano senza sosta sullo schermo del
telefono e da sé. La pressione di essere G-Dragon, a quella
era
abituato, in fondo non era implosa così tanto
nell'ultimo periodo. Non aveva bisogno di scappare in Giappone, a
Parigi
o chissà dove:cinque minuti di silenzio nella sua testa gli
sarebbero bastati. Però, i pensieri martellavano: passare a
casa
di Dami, un dj-set in Busan, due servizi fotografici ed il
microcosmo di Tokyo.
Dunque, si disse che era sveglio e decise di alzarsi. Ad ogni modo,
Soo-Ha sarebbe passato a prenderlo per ritornare in studio.
Quando raggiunse la porta per andare in cucina, fu
colto di sorpresa da una melodia familiare
che filtrava attraverso le pareti.
Era una canzone dei 2PM, destino beffardo, ma non riuscì a
ricordarne il nome. Esitò ad aprire, scenari inquietanti
andavano e venivano come dei vividi flash attraverso il suo cervello
stordito. In altri tempi, avrebbe pensato subito alla sbadataggine di
Seungri o ad un altro dei ragazzi, ma non vivevano più
insieme
da un pezzo. Di sicuro, non potevano essere né manager
né
autista, a meno che qualcuno non si fosse introdotto a sua insaputa.
Dopo
un lungo respiro a pieni polmoni, Jiyong aprì la porta.
Quella musica veniva definitivamente dal salotto.
Prima di procedere oltre, prese telefono ed uno dei bastoni che aveva
usato per la convalescenza
dopo l'infortunio sul palco come arma Aveva sopra solo le
mutande e, realmente, incuteva meno paura di una
qualsiasi ajumma in periodo di svendite.
Si fermò al di fuori della stanza.Un brivido gli scosse le
ossa:
poteva essere anche una delle sesang appostate ai parcheggi della
YG come donnole intorno ad un pollaio. O il primo evento paranormale
dal momento in cui aveva traslocato.
Tentennò una manciata di secondi ed entrò.
Attraverso il
mezzo bagliore che la luce filtrata dalle tende offriva di buon
mattino, distinse una figura snella con due buste in mano.
La figura si fermò di scatto per l'introduzione improvvisa
di Jiyong e lo guardò con occhi esterrefatti.
Lui sospirò vedendo la giovane donna spaventata di fronte a
lui.
"Mi dispiace, non sapevo fosse tornato", disse lei tirandosi l'orlo
della camicia color pesca. Quel suono che lo aveva condotto
lì proveniva dal cellulare della ragazza e fu ovattato
subito
dal repentino silenzio tra
i due.
"No, ok. Tu devi essere....". Jiyong si rilassò per tentare
di
ricordare il suo nome.Gli era bastato vedere i bustoni pieni di cibo e
detersivi per capire che si trattava della ragazza che Soo-Ha aveva
caldamente consigliato per tenere in ordine la casa. Nonostante
ciò, i nervi rimasero leggermente rigidi fino alla punta
delle
dita e per stemperare la tensione si passò una
mano tra i
capelli.
"Waits, Aine
Waits". La ragazza continuò a scusarsi
profondamente, si piegò addirittura in due inchini da
novanta
gradi, si disse dispiaciuta di averlo svegliato, che la musica
l'aiutava a sbrigare tutte le faccende velocemente e che avrebbe fatto
attenzione a non ripetere l'errore. Lei aveva voglia di scappare o
nascondersi in un angolino della vergogna con molta
probabilità.
Pertanto, terminò quel garbuglio di frasi reverenziali con
un
Haeng-syo e l'accenno di una ritirata.
Lui
scoppiò in una risata cristallina, quasi con le lacrime agli
occhi per la paradossale ilarità della situazione. "Va tutto
bene" la rassicurò e, prendendo posto sul divano, si accorse
di avere
ogni zona del corpo scoperta fuorché le, bè, zone
delicate. Almeno quelle. Lasciandosi sfuggire un'imprecazione
assai colorita, si
alzò e si avvicinò alle tende verdi
tentando
di coprirsi alla meno peggio.
"Aine-sshi credo di dovermi scusare io stavolta".
"Preferisce una colazione tradizionale o...". La ragazza
abbassò
gli occhi e, voltandosi verso l'immenso tavolo in marmo della cucina ad
isola, cercò di stemperare l'assurdità di tutta
la scena.
"Una tazza di caffè e due toast andranno bene". Jiyong si
rigirò su se stesso e, più veloce di un bimbo che
corre a
chiamare il papà, ritornò in camera da letto.
~
Dunque un paio di note:
-Ah ah ah mi sono impelagata in una nuova long
(continua...)
-(è la continuazione di cui sopra) in un nuovo fandom con
ciò che, alla fine, è un pasticciaccio rom-com in
salsa
asiatica
-ogni valutazione è ben accetta
Un altro paio di note:
-semplificando, per Ajumma si intende una donna di mezza età
o
una zitellona, ecco. Non studio coreano quindi sono aperta a
considerazioni filologiche più precise e puntuali della mia
-i 2PM e i BigBang, solite leggende *metropolitane* di
rivalità dello showbiz
-Haeng-syo è una neoespressione che dobbiamo al protagonista
della storia. Sta per "Siate felici" se interpretato alla
lettera
o più semplicemente a chiusa di un discorso tipo "Ciao,
stammi
bene". Anche qui apertura a considerazioni filologiche più
preparate di me in coreano
I BigBang e, soprattutto, G-Dragon non hanno nulla a che vedere con i
fatti fittizi e di pura fantasia di questa storia. Non scrivo a scopo
di lucro, anche perché non ne ricaverei neanche un
nichelino. Al
massimo dei pomodori, quelli sì. Aine è
un'ennesima
bambolina di pura invenzione.
Nota delle note: grazie per essere giunti fin qui.
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Capitolo 2 *** Second Seed ***
aine2
Jiyong strisciò verso il piano di lavoro della cucina,
tranquillamente stavolta. Trovò Aine con una pila di vario
ciarpame, era suo tutto quel ciarpame, tra le braccia. Vedendola posare
quell'armamentario che l'avrebbe sicuramente seppellita da un momento
all'altro, tirò istintivamente un sospiro di sollievo. Il
parquet avrebbe subito un duro attacco, letale probabilmente,
e
sarebbe stato un peccato se fosse successo qualcosa di male a
colei che, pochi minuti prima, gli era
sembrata una creatura non terrena.
Aine gli sistemò davanti, sulla tovaglietta rossa
in lino,
ciò cha aveva chiesto e tentò di dileguarsi di
nuovo.
Jiyong le chiese di fermarsi un attimo. Gli pareva strano fare
colazione con una sconosciuta a tutti gli effetti che gironzolava
avanti e indietro e "ora sono completamente vestito".
Quest'ultima
voleva essere una rassicurazione.
Lei, allora, rimase dall'altro lato a cercare di rispondere senza
inciampare nelle parole. Aine intendeva mantenere un contatto visivo
quanto più a lungo possibile, ma, più si
sforzava, più le guance crescevano rosse e
diventava
dannatamente goffa. Stava iniziando piano piano a realizzare
ciò che era successo e, nonostante fin
dalla stipulazione del contratto si fosse
preparata a qualsiasi tipo di scenario, era sulla giusta via per
l'attacco di panico. Del resto, era solo, bè, umana e
vedere il proprio capo in mutande di buon mattino quando non ti
aspetti neanche la presenza di un moscerino è alquanto
ansiogeno.
"Uh-oh!Aine-sshi, posso chiamarti così, vero? E' tutto molto
buono e...grazie per l'ottimo lavoro. Ieri notte non avrei trovato la
dispensa così piena e ben fornita neanche a casa dai miei",
Jiyong posò la tazza del caffè e finì
di ingoiare
quel pezzo di toast che gli gonfiava metà zigomo.
"E' tutto merito di Soo-ha e delle indicazioni che mi ha fornito". Lei
con un movimento leggero gli fece cenno a chiedere se voleva dell'altro
caffè.
Jiyong annuì e, quasi divertito da quella precisione,
iniziò a sorridere da orecchio ad
orecchio. Aine, allora, frugò nel suo inseparabile zaino
azzurro
e tirò fuori un plico. "Ah, avevo pensato che, se mai ci
fosse
stata l'occasione di incontrarsi, avrebbe voluto vedere, non so, almeno
un foglio di referenze. Insomma, sì, a parte la fiducia in
Soo-oppa".
Lui si allungò verso di lei e, scorrendo quella sorta di
curriculum, si mise a leggere. Lei potè distogliere
finalmente
lo sguardo e dare, come d'abitudine, un silenzioso buongiorno a quella
vista di Seoul che era sua amica ormai da due mesi.
Era innaturalmente caldo per essere aprile e le giornate sembravano
fatte per abbandonare le giacche ed immergersi nella luce del
sole. E, proprio, i raggi solari permisero per un istante ad Aine di
scrutare Jiyong a fondo. Riuscì dunque a farsene
una propria prima vera impressione, scavando in quei particolari di cui
era sazio l'SNS. Intanto, gli occhi seri di lui sembravano perforare
quei centimetri di carta
stampata.
Era davvero bello, si fermò a pensare Aine tra un battito e
l'altro. Non seppe, però, decidersi se l'espressione
che gli solcava il viso era innocente o pericolosa. Quasi certamente,
entrambe al tempo stesso.
Jiyong alzò il capo, poi lo scosse un poco ed,
infine,
schioccò la bocca tirando un lungo respiro. "Ah", si
sfregò i capelli tra le mani,"Come si fa?". Le
pupille di
lei si fecero più grandi e curiose, in parte spaventate.
"Saresti più qualificata di Soo-ha nel fare l'assistente",
lui
gongolò sullo sgabello e la ragazza, stuzzicata, si
coprì
la bocca e rise.
"Jiyong-ah", udirono entrambi. Lui, l'oggetto di scherno di due secondi
prima, manager e braccio destro dell'uno, amico fraterno
dell'altra, aprì la porta dell'appartamento. "Jiyong, che
problema ha il tuo telefono? Perché non rispondi?", Soo-ha,
accigliato, chiese a raffica avvicinandosi loro.
"Avevo il silenzioso", lui rispose facendo il vago, "Lo so che
è
ora di muoversi". Jiyong indicò l'iPhone, il cardigan blu ed
il
cappello che aveva lasciato sul divano più in là.
Soo-ha
prese tutto e salutò Aine in fretta, rassicurandola con una
carezza al braccio destro. Erano in ritardo e
qualcuno avrebbe chiesto il conto.
"Aine-sshi, è stato un piacere. A presto".
Lei lo vide sparire dietro la colonna che separava il resto della casa
dal corridoio e l'ingresso. Sospirò e, stiracchiandosi in
alto,
mise nel lavelllo piatti e tazza. Non poteva perdere tempo neanche lei.
~
Ennesime note: grazie di aver letto il primo capitolo e, dato che siete
arrivate fin qui anche il secondo che è più che
altro un
piccolo aggiornamento di transizione. Dimenticavo, Anche Soo-ha
è un personaggio di totale fantasia.
Alla prossima, spero.
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Capitolo 3 *** Third Seed ***
aine3
Il palazzo dell'YG, una delle più vigorose centrali del
k-pop,
se non addirittura la fucina, vetro e cemento tendenti al cielo. Verso
lo stesso pezzo di cielo erano rivolti gli occhi di Aine da
almeno dieci minuti. L'edificio la intimoriva. Era la seconda
volta che si ritrovava lì e quell'innata sensazione
di
fastidio non era per niente passata. Trovava la costruzione
troppo massiccia ed innaturale, immersa nel nulla, lontana
dagli ideali di disegno proporzionato ed aggraziato che aveva studiato
per anni. Una buona parte la giocavano anche il parcheggio grigio pieno
di furgoni dai vetri scuri, molto da losco ritrovo di narcotrafficanti,
ed il gruppo onnipresente di fan accampati per cinque o sei
ore
con cervello e muscoli tipici di un falco a caccia. Era la seconda
volta che doveva superare il complesso sistema di sicurezza dell'YG. Ed
era essenzialmente sempre e solo colpa di Ye-rim, sua
dolcissima
coinquilina e fidanzata di Soo-ha.
D'altro canto, se non fosse stato per Rimri-unnie, la vita a Seoul per
lei sarebbe stata diversa, forse noiosa,
sicuramente difficile.
Così, armata di un pacco di orsetti gommosi acquistato al
family-mart lì di fronte, Aine si avventurò nei
corridoi
stretti e lunghi dell'YG alla ricerca di Soo-ha. Non ci mise molto a
trovarlo in verità. Era in uno degli studi di registrazione,
accasciato sul divano stretto tra il tipico abbiocco pomeridiano ed un
buco allo stomaco grande quanto una palla di cannone. Era pomeriggio
inoltrato e non c'era stata occasione di spostarsi da lì a
partire dalla mattina. Neanche per il pranzo. Per adempiere ai basilari
bisogni biologici, quello sì, almeno.
Nella stanza c'era anche Taeyang, stremato oltre che dall'appetito
anche dall'umidità che si era venuta a creare
perché il
condizionatore aveva smesso di funzionare.
"Oh, Aine", fece Soo-ha destandosi.
"Annyongaseyo", salutò lei con un piccolo
piegamento della
testa verso avanti e rifilandogli in fretta la cartellina che gli era
venuta a portare.
Youngbae la accolse con un sorriso pacato. "Annyongaseyo, Aine-sshi. E'
passato del tempo. Stavolta hai trovato la strada senza aiuto, uh?".
"Non tutti sono disponibili come Youngbae-sshi. Devo pur sopravvivere",
abbozzò lei sbattendo le palpebre da civettuola.
Taeyang assentì col capo, sorridendo di nuovo e spingendo
avanti
e indietro la sedia su cui era seduto. "Ma non vedo l'éclair
che
avevi promesso la scorsa volta".
Aine non fece in tempo a scusarsi del mancato saldo del proprio debito
che sentì un "Youngbae-ah!" alle spalle.
Era Jiyong che, non appena era entrato, si era buttato sull'amico a
peso morto, stringendolo forte. Fu solo dopo un ennesimo,
più
rumoroso, "Youngbae-ah! Youngbae-ah!" che lui si accorse della presenza
della ragazza. L'atmosfera rilassata precedente si tramutò
in un
decisissimo minuto di silenzio.
Lei, spostandosi più vicino alla porta, spezzò
l'imbarazzo di tutti i presenti con un "Annyongaseyo" accompagnato da
un
inchino maggiormente pronunciato. Erano passate due settimane dal loro
primo e ultimo incontro, lui aveva abbandonato per l'ennesima volta la
sua casa per un fan-meeting in Taiwan e, poi, di ritorno, le cose si
erano riassestate secondo la normale routine. E,
adesso,
Jiyong la ritrovava, ancora inaspettatamente, nel suo spazio
sicché mantenere una faccia quantomeno sorpresa dagli
avvenimenti era il minimo persino per lui.
Aine si affrettò a spiegare come Soo-ha avesse mandato un
messaggio a Ye-rim e Ye-rim l'avesse usata come corriere, ma
"assolutamente dopo aver terminato tutti i compiti della giornata".
Jiyong si pizzicò il naso, voltandosi prima verso Young-bae
e
poi verso il proprio, probabilmente sulla via di una nota di demerito,
manager. "Soo-ha", il tono di disapprovazione era ben giustificato dal
fatto che avevano deciso di adottare una politica "a telefoni spenti"
fin dalla mattina per potersi concentrare su quello che c'era da fare.
Taeyang cercò di rimediare con un "Yong-ah, ora Aine-sshi
penserà che non è la benvenuta e che è
stato tutto
un suo errore" e ci riuscì.
L'amico prese una poltrona, doveva essere la sua, e fece cenno alla
ragazza di sedersi. "Aine-sshi, stavo solo scherzando. Oggi sei ospite
dell'YG, prego".
Si presero, dunque, una pausa. Lei fu l'elemento da studiare
insieme alla sua conoscenza con SOL, la cui timidezza verso il sesso
opposto aveva fatto storia.
Nel frattempo, Aine intravide attraverso il pannello di vetro, prima
che potesse bussare, una bimba.
La bambina entrò trascinando timidamente i piedi con le
braccia
portate dietro la schiena. Taeyang le andò
incontro e,
abbassandosi, le chiese un bacio.
"Haru-ah". Jiyong le fece ciao con la mano destra sfoggiando
un sorriso più ampio possibile.
Entrambi furono ignorati. Haru non mosse gli occhi da Aine.
Al "Ciao principessa!" di lei, la bambina proruppe in un "Mulgogi!".
L'attenzione di tutti si spostò verso Aine che, portandosi
la
mano verso il viso, guardò il ciondolo a forma di carpa che
adornava la sua catenina d'argento. Youngbae e Soo-ha scoppiarono in
una fragorosa risata.
"Ah, ad Haru piacciono i pesci", Jiyong prese per mano quella piccola
bambolina dagli occhi grandi e la fece avvicinare a lei.
Aine si sfilò la collana e porse ad Haru il ciondolo
affinché lo potesse vedere meglio. La bimba
sorrise
dondolandosi in avanti e indietro. "Che bello. C'è una
stanza...a casa ho un sacco di...ho un delfino e tre sgombri. In-eo
gonju unnie, può venire a giocare".
A ridere stavolta fu Jiyong che accarezzò la guancia rosea
di
Haru. "Oh, gwi-yeo-weo! Haru-ah, lei non è una
sirenetta.
Si chiama Aine".
"Aine-unnie", ripetè attenta la bambina mentre il
suo samchon preferito riagganciava la collana intorno al collo
della proprietaria.
Per un attimo, il cuore della ragazza lottò contro le
costole
per uscire. Il movimento improvviso di Jiyong ed il suo
respiro
che le danzava dietro la nuca l'avevano colta impreparata. Aine
aprì la propria borsa. "Haru-ah, vuoi una caramella? Guarda
sono
tutte colorate e sono proprio buone, sai?".
Haru accettò l'offerta e la quasi metà
dei BigBang
rimase sconcertata da come lei fosse così a proprio agio con
Aine quando di solito, in mancanza dei genitori, si mostrava timida e
sull'allerta con qualsiasi estraneo.
Soo-ha si alzò per fare spazio sul sofà
alla
combriccola femminile. "Jiyong! Youngbae! Credo che nella scala
preferenze della piccola Lee stiate decisamente perdendo posizioni".
GD e Taeyang gli risposero prontamente con due leggeri pugni ben
assestati ai fianchi.
Per circa quaranta minuti lo studio di registrazione fu fatto di due
mondi. Da un lato Aine e la piccola Haru erano prese dalla loro
profonda conversazione sull'amore per l'oceano, i suoi abitanti e per
"Jiyong-oppa", dall'altro i tre uomini erano ritornati al loro lavoro
per definire ultimi dettagli.
Jiyong, però, non potè fare a meno di sbirciare
occasionalmente verso il divano. In parte, era geloso di
quanto
Haru si dimostrasse così aperta e felice con Aine e, di
contro,
era incuriosito dalla radiosità completamente nuova sul
volto
della propria impiegata.
"Assa!", esclamò Youngbae, "Ora caffetteria! Haru-ah, questo
samchon ti offrirà qualcosa di delizioso. Anche Aine
è
dei nostri ovviamente".
Aine, cercando nell'espressione di Soo-ha un indizio sulla risposta
giusta da dare, si limitò ad annuire giacché la
piccola
non accennava a voler lasciare la sua mano.
"Aine-sshi, oggi hai lavorato duro. Vedrai, la caffetteria dell'YG
è famosa. Ti consiglio di approfittare", Jiyong aggiunse
allungando le braccia verso l'alto nel tentativo di sgranchirsele.
~
Note, note, note:
-Mulgogi: pesce
-In-eo gonju: sirenetta
-Unnie: letteralmente sorella, è un appellativo di rispetto
verso donne più grandi, persino di un anno, tra donne.
-Samchon: zio
-Oppa: letteralmente fratello, è un appellativo di rispetto
verso uomini più grandi da parte di donne
-Gwiyeo-weo: carino
-Assa: espressione di soddisfazione, tipo "Oh, sì" o
"Awesome!".
Ovviamente ho tentato di semplificare tutta la questione filologica
quindi correggetemi se mi sono sbagliata. :)
Altre note:
-la caffetteria dell'YG è realmente famosa per la
qualità
del cibo. O, almeno, così dicono sicché
calciorotatemi
verso quelle lande e offritemi un buono-pasto per accedervi.
-non so se effettivamente ci sia un family-mart vicino l'YG ma se
esiste e vendono orsetti gommosi potrebbe entrare nella lista dei miei
posti preferiti in assoluto.I mean, YG-Seoul-caramelle è la
combinazione perfetta
-Haru è la bellissima figlia di Tablo degli Epik High e
dell'attrice Kang Hyejung. Vi consiglio di cercare i video di lei con i
membri dei BB perché è troppo carina *sounds
creepy*
-Ye-rim è pura fantasia
Ulteriori note:
Grazie per essere arrivate anche a fine terzo capitolo. Questa
settimana siamo stati invasi da mezzo mondo k-popparo(?), Siwon,
Changmin, CL(bellabellabella) e Tabi(chediaminecifaiaFirenze?), ora mi
aspetto il comeback più travagliato della storia (seh).
La storia procede lentamente ma prometto che al prossimo capitolo
qualcosa si inizierà a sbloccare. Sarebbe molto
più
allettante offrire biscotti, lo so.
A presto.
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Capitolo 4 *** Fourth Seed ***
aine4
Leader dei BigBang, compositore, icona di moda, baronetto
dell'YG, genio della musica. G-Dragon era tutte queste cose e un
milione in più, inarrivabili.
Innarivabile lui, al pari del puntale di un albero di Natale per un
bambino. Inarrivabile e folgorante in ogni declinazione. Aine
respirò dentro quanta più aria poteva,
frastornata dai
rumori della festa che continuava alle sue spalle. Folgorante come il
ritorno a Seoul un anno e mezzo prima. C'era un solo borsone
nel
bagagliaio del
taxi, le ossa e i muscoli di lei erano sfiancati dal jet-lag, la
mente costruiva
castelli e ponti. Gli occhi, però, complice la luce rossa
del
semaforo, erano rimasti fermi sull'immagine di lui proiettata sul
palazzo dell'YG. Oscura l'immagine, oscuro GD tanto alla sua
comprensione quanto al suo cuore.
Aine si fissò le mani, lo smalto verde petrolio che le
ricopriva il pollice sinistro si era già rovinato.
Un party esclusivo all'Octagon e un pass giallo oro per accedervi.
Soo-ha era stato più generoso del solito e lei e Ye-rin ne
avevano approfittato.
Le caviglie tremarono mentre i talloni pungevano
così che
lei si piegò sulle ginocchia a trovare un po' di sollievo.
Mai indossare tacchi la cui vita sociale non abbai superato
le
sei ore, prove passeggiando per casa comprese.
Il vento le pizzicò le guance, faceva fresco ed il cappotto
era
rimasto nel guardaroba del locale. Pessime scelte tutte infilate di
seguito che continuavano a minare l'equilibrio psico-fisico di Aine.
All'improvviso, lei si sentì accarezzare i capelli da
dietro. Si rialzò di scatto.
"Rimri!", lo vide.
Jiyong se ne stava di fronte a lei, sorpreso dalla sua irruenza, con la
fronte imperlata di sudore ed il torace che navigava in una T-shirt di
cotone bianco. Era uscito pure lui a respirare quiete, poi, da lontano,
l'aveva intravista. Lei nel vestito rosso, puntellato da fiorellini
blu,
stretto in vita, che scivolava dolcemente assecondando la brezza.
"Aine-sshi, tutto bene?".
"Sì. Sono soltanto scappata da Rimri".
"Rimri?".
"Yerin-ah".
"...".
"E dalla sua assurda logica per cui una donna entra sì sola
nell'Octagon ma non può che uscirne in compagnia".
"Bè, tecnicamente, qui ci sono io". Lui
sghignazzò
sommessamente, divertito dalla sua stessa battuta. I suoi occhi,
però, erano privi di umorismo, il modo in cui studiava il
viso
di Aine era quasi smarrito.
"Direi che non è male come soluzione, in una vita precedente
uno dei due deve aver salvato qualche nazione".
Entrambi scoppiarono a ridere. Probabilmente l'alcol ingerito aveva
aiutato a perdere quella costruita riverenzialità che aveva
accompagnato le quattro conversazioni in croce che avevano avuto in
precedenza. O la splendida luna che illuminava Seoul aveva un
effetto mistico.
In realtà, la luna era sempre la stessa con nulla di
particolare
da donare. D'altro canto, Jiyong era il tipo d'uomo che indossa il
cuore sugli avambracci e Aine aveva bisogno di qualcuno che non si
limitasse ad ascoltare le sue storie.
Sfrecciarono due volanti della polizia a sirene spiegate.
Però, il cuore di lui era occupato da un diverso paio
d'occhi e lei non necessitava di un nuovo racconto complicato.
Parlarono per un'ora indisturbati, spiegandosi a vicenda, meno nervosi
ad ogni battuta. Consumarono argomenti su argomenti, dal migliore
venditore di fiori a Seoul a due piccoli locali di jazz per intenditori.
Fu la maniera con cui lui mosse le labbra in una dolce smorfia a far
pensare Aine per un momento alla propria malinconia. Alla malinconia e
alle fiabe.
Jiyong fu preso alla sprovvista in un paio di occasioni dalle sue
risposte.
"Uhm, Soo-ha mi ha proposto il lavoro un po' per caso. Anzi, sono stata
io ad autopropormi una sera mentre mi sistemavo l'eye liner. Ed il
fatto di lavorare per qualcuno che arriva, attravero più
canali...attraverso la musica, ecco, dovunque ed in ogni momento mi
rende orgogliosa. Ecco, in questo senso si può dire che io
sia
una tua fan Jiyong-sshi".
"Oh". Il cuore di lui fece un tonfo simile a quello di un sasso in
acqua. Ebbe la tentazione di sciogliersi in un salto per quella strana
confessione. Ripensò un attimo alle ultime accuse dei
netizens e
osservò l'ombra di lei che si stagliava sul marciapiede.
Ebbe
l'impulso raro di raggiungere la mano di Aine e stringerla, ma non
volle spaventarla. Inoltre, aveva imparato fin troppo ad essere cauto e
a soppesare i propri istinti.
---
Torno con un miniaggiornamento e so di aver fatto la promessa che
questo capitolo sarebbe stato più consistente.
Ho mille cose in corso ed un viaggio da organizzare a breve
sicchè capitolo flash, ma ci tenevo a ritornare.
Grazie per continuare a seguire tutto ciò.
|
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Capitolo 5 *** Fifh Seed ***
aine 5
Era l'una del pomeriggio. Aine aprì gli occhi e vide Ye-rin
affianco a lei con uno di quei sorrisi pronti a strapparne altri mille.
-Ouch!-.
-Ai-chan, non ti muovere. Cosa c'è? Un po' d'acqua, del
succo,
ti aiuto ad andare in bagno, non so...Per fortuna hai dormito un
po'. Hai riposato bene?-.
Lei allungò il braccio verso l'amica per rassicurarla. Aveva
solo bisogno di ritornare padrona del proprio corpo e voleva smettere
di esserlo del tempo altrui. Rimri stava facendo i salti mortali per
starle vicino e così tutti gli altri amici, sin
dalle
prime ore in ospedale, sin dal momento dell'incidente.
Ah, già, l'incidente. E la promessa fatta a lui.
Aine afferrò, annoiata, una ciocca di capelli
mentre la gamba destra,
costretta nel gesso, le pizzicava da morire. Gli eventi si ripetevano
ormai nella sua mente più volte.
Quella sera all'Octagon, uno scherzo concretizzato in
un'offerta seria. Una passeggiata a Jamsil di buon
mattino, due domeniche a venire.
Un adesivo a forma di smile sulla data stabilita ed un piccolo buco
allo stomaco ogni volta che ci dava un'occhiata.
La promessa, d'altronde, era stata inavvertitamente la causa
dell'incidente.
Quattro giorni prima, Aine aveva raggiunto l'appartamento di
Jiyong. Era
già notte inoltrata, ma doveva riportare i capi appena presi
dalla tintoria.
La lavanderia Lee&Syon era stata sempre svizzera nelle sue
consegne. A posteriori, probabilmente, si sarebbe potuto dedurre che
quello era il primo segno di qualcosa da evitare.
Tutto il corpo di Aine era stanco,
ma la sua mente era impegnata
ad organizzare mentalmente le successive
sedici ore. Amava essere
occupata e controllare i dettagli.
Tirò fuori le
chiavi, giocherellandoci
per trovare
quella giusta.
Non appena sbloccò la porta, dalla tromba delle scale, proprio dietro di lei,
risuonarono grida acute
quella che sembrava essere una
fuga precipitosa.
"Oppa!
Saranghae!
Oppa!",
Aine era stata in grado di distinguere
quelle poche parole quanto
più la fonte si avvicinava. Il
suo cuore cominciò a battere
rapidamente nel petto,
temendo che tipo di
cosa barbarica
e pazza avesse potuto creare tali urla
terrificanti.
Rapidamente, aprì
la porta,
pronta a sfuggire ad incontri
spiacevoli.Però, non appena ebbe
guardato indietro vide una figura
familiarefarsi strada dritto verso di lei.
-Aspetta!-, Jiyong gridò,
allungando una mano verso Aine per
chiedere aiuto.
-Forza-, rispose lei tirandolo rapidamente dentro con sé.
Entrambi riuscirono a distinguere frasi come "Dov'è
finito?", "Non è sceso a questo piano", "Oppa!Jiyong
Oppa!"., "No, sicuro è qui.Naeyon aveva detto che
l'appartamento era il 17-B".
Aine si portò una mano
alla bocca, per tentare di attutire il proprio singhiozzo.
-Okay, puoi lasciar stare, non siamo mica in qualche film horror-,
Jiyong le sussurrò dandole una pacca sulla spalla.
-Oh, credo di essermi fatta un po' trasportare dalla situazione-. Lei
lo guardò chiedendosi cosa diamine ci facesse lì.
Cioè,era casa sua ma non doveva che essere di ritorno il
giorno dopo. Non era previsto neanche questa volta. -Hai fatto
quattordici rampe di scale tutte di filata?".
Lui si limitò ad annuire stendendo avanti ed insietro il
collo, a sinistra e a destra, come se ciò fosse parte della
sua quotidianità. -Mi preparo al trekking settimana
prossima, no?!-.
-Capisco-.
-Avresti del...-.
-Cibo? C'è una porzione di maccheroni e formaggio e del
kimbap in frigo-.
Jiyong la guardò sospettoso, incerto per la seconda volta se
lei non avesse qualche potere. Perlomeno, era inquietante ed
incredibile come avesse quel potere con lui.
-Ok, ora vado-.
-Ci sono le...-.
-.Le ho sentite andarsene-.
-Aine-sshi, puoi sentire così chiaramente? Anche attraverso
una porta blindata con tanto di password e doppia serratura?-.
Jiyong era ancora più sbalordito. In
più, non voleva rimanere da solo.Qualcuno per almeno dieci
minuti, almeno dieci. Aine poteva rimanere per almeno dieci minuti.
-Sì,
il mio udito è il
migliore tra tutte le
persone di mia conoscenza-.
Lei affermò con orgoglio,
quasi a dover essere ricompensata
per una tale
capacità. Invece,
ricevette una risata morbida prima di
un leggero spostamento d'aria.
-Sei strana-. Lui la
guardò dall'alto in basso, standole di fronte, con quel
sorriso accattivante capace di far arrossire persino le sottane pallide
della regina d'Inghilterra.
-E' meglio che vada-.
-Sì-.
Stettero impalati per qualche secondo davanti la porta, scrutandosi a
vicenda e segliendo su quale sarebbe stato il metodo consono
di salutarsi.
Fu la voce di Jiyong a rompere il momento. -Bene, buonanotte-.
-Buonanotte, Jiyong-sshi-.
Aine scosse la testa ritornando alla stanza di casa sua. L'immagine di
lui chiara si mischiò a quella delle due ragazze che, no,
non se ne erano andate.Le avevano chiesto di GD oppa, un
passo falso e giù dalle scale.
-Aine-chan!-.
-Mmm-.
-Mi ascolti?-.
-Ye-rin, sì, sarebbe impossibile non farlo-.
-Dovresti ritornare a studiare-.
-Non farmi da madre-.
-Almeno dovresti cambiare lavoro-.
-Non sono mica nell'esercito-.
-Ainechan, non ne vale la pena-.
-Cosa?-.
-Lui-.
-Chi?-.
-Voglio dire, Sooha gli vuole bene ma non si è neanche
preoccupato di mandare un messaggio-.
-Mi ha portato in ospedale. Non è tenuto a fare nulla
più di questo. Non sono mica alla fine dei miei gloriosi
giorni-.
Yerin la lasciò in silenzio, sapendo che non avrebbe avuto
senso continuare quel discorso. L'amica era la maestra delle strategie
di evitamento e fuga sicchè avrebbe solo peggiorato le cose.
Aine fissò il suo cellulare,poggiato sul comodino, attaccato
al filo dell'alimentatore. Non era il caso di pretendere nulla, non
c'era motivo di desiderare qualcosa da qualcuno così simile
a lei nel non avere una casa.
Solo, un bigliettino da leggere, una virgola in un messaggio l'avrebbe
distratta.
L'avrebbe potuto sentire vicino, amico, come quando le aveva fatto
quella promessa. Ad ogni modo, lei era abituata alle tempeste, ai
sassi, ai calli.
Era abituata ormai alla carne viva che rimane alla fine di ogni
fantasia.
^^^^
Hi there! *waves*
Ritornata con un microcapitolo, spero vi piaccia e che per Natale
(molto prima kkk) il Jiyong di questa storia mandi almeno un cesto di
frutta ad Aine, leggermente acciaccata.
Sono sempre benvenuti i commenti.
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Capitolo 6 *** Sixth Seed ***
aine 6
Jiyong staccò
per un istante dal lato destro la mascherina che
gli copriva metà volto. L'altra metà era nascosta
da un
cappello di lana nero.
Solo gli occhi, marroni e leggermente stanchi, erano sfuggiti a quel
bardamento. D'altronde, doveva pur vedere.
Sospirò.
Stava percorrendo l'ultimo corridoio prima di attraversare le porte
scorrevoli dell'uscita A.
Sospirò ancora, risistemando la mascherina.
Di lì a breve l'avrebbe investito un considerevole numero di
obiettivi fotografici. Persino nell'aeroporto di Incheon sarebbe stato
rincorso da un vociare confuso in cui spiccava il suo nome.
Desiderava unicamente gettarsi sul morbido sedile del furgone scuro che
lo attendeva fuori. Seungri e Youngbae l'avevano
già
anticipato di almeno un quarto d'ora.
Era esausto.
Guardò la faccina sorridente che aveva tatuata sulla mano.
Una nuova pausa, darsi spazio, darsi tempo. Rispettarla in tutto quello
che chiedeva.
Ed era finita, ancora, nel tragitto dall'albergo allo stadio per le
prove. Stavolta l'avevano scelto entrambi e quel "basta"
aveva il
sapore rammaricato del per sempre.
Jiyong gettò uno sguardo dietro. Soo-ha spingeva un piccolo
trolley azzurro e conversava con un tizio della security, doveva essere
esausto anche lui.
-Hyung-. Lo chiamò a sè, non aveva voglia di
essere il primo ad uscire.
-Jiyong-ah, è meglio uscire dalla B-.
Soo-ha tentava continuamente nuove tattiche, fallendo di continuo
miseramente. Alla fine, sarebbero stati circondati lo stesso. -Abbiamo
fretta?-.
-Sì-.
-Oh, hyung, te l'avevo detto di usare il bagno prima-. Jiyong
sghignazzò mentre gli occhi gli si fecero più
sottili
assecondando una leggera risata.
A sorpresa la tattica di Soo-ha funzionò. Riuscirono ad
evitare la folla e
Ji potè coronare il suo sogno crollando a peso morto dietro
mentre l'auto affrontava il traffico dall'aeroporto a Gangnam.
-Non hai bisogno di me, vero? Puoi ritornare da solo, no?-, gli chiese
Soo-ha ma Jiyong lo ascoltò distrattamente mentre
piegava
e e intrecciava due kleenex presi dal pacco appena di fronte a lui.
-Hyung?-.
-Alla fine della giornata sono le grida di Yerin che devo ascoltare
quindi non ti asseconderò-.
-Hyung!-, protestò apaticamente Jiyong portandosi la mano
sinistra alla fronte.
-Tu vuoi vedermi morto, non è così? Davvero, se
non
ritiro la torta che Yerin ha ordinato, se non gliela consegno
subito...bè, puoi iniziare a prepararti per la mia veglia
funebre-.
Il resto del tragitto lo trascorsero in silenzio. Lui era consapevole
di come Soo-ha non fosse il tipo da arrotondare per eccesso, spesa e
situazioni, e non voleva attirarsi le antipatie di Yerin-sshi
più del dovuto. Aveva già dato per almeno un anno
in
termini di karma e donne.
Arrivarono a uno dei negozi di Paris Baguette, quello con i muri verde
menta in Cheongdamdong, in mezz'ora.
-Mi raccomando, riposati eh-, gli fece Soo-ha aprendo lo sportello e
mettendo già un piede fuori.
-Hyung-, lo chiamò indietro Jiyong, -potresti dare questo a
Aine-sshi visto che ci sei?-.
Il manager si ritrovò in mano una piccola e graziosa rosa di
carta, molto simile a quei lavoretti che i bambini imparano nella
scuola dell'infanzia. Soo-ha ebbe la tentazione di chiedere
spiegazioni, pur sapendo che lui era fatto così. Non c'erano
significati particolari e reconditi nella maggior parte delle sue
azioni, specie con risicate ore di sonno pieno alle spalle.
Jiyong, comunque, non gliene diede il tempo. Dopo aver
affidato la missione al manager, quasi lo cacciò via dal
mezzo e
chiese all'autista di ripartire.
La destinazione finale fu casa di sua sorella. Una volta arrivato, dopo
essersi tolto le scarpe ed un ciao con abbraccio a Dami, Jiyong si
trascinò verso la stanza in fondo al corridoio, subito a
destra. La sua.
Lì, non fece in tempo a poggiarsi a pancia in giù
sul piumone bianco latte che si addormentò.
Si risvegliò solo alle cinque del mattino. Ancora intontito,
si recò in cucina per prendere un bicchiere d'acqua.
Aveva anche voglia di qualcosa di dolce. Sfortunatamente,
però, non riuscì a trovare niente.
Avrebbe dovuto comprare qualcosa da Paris Baguette pure lui.
Quel sentimento che porta a pensare "se avessi x, ora starei benissimo"
gli si infilò nella pelle, ma fu in grado di scacciarlo.
Al suo ritorno in camera. trovò Astrid spanciata sul letto.
La gatta dal pelo dorato di Dami se ne stava esattamente nel
mezzo muovendo, annoiata, la coda.
Lui, allora, le si mise accanto schioccando in aria le dita per cercare
di attirare la sua attenzione. Astrid prima lo guardò, poi,
si alzò e si raggomitolò un po' più in
là.
Jiyong sorrise. Era evidente che stava perdendo il suo famigerato
appeal.
Inoltre, pure il suo cellulare non mostrava segno di chiamate perse e
la casella di kakao era immacolata.
Non se ne dispiacque. Anzi, era sollevato.
Gli rimanevano un paio d'ore prima di un salto veloce al suo
appartamento e, successivamente, sala prove alla YG.
In generale, ritornare a casa propria non lo trovava
spiacevole ma avvertiva una crescente pressione al torace al pensiero
dell'assenza di entrambi.Sua e di Aine-sshi.
Improvvisamente, si scoprì intento a mandare un messaggio a
Soo-ha chiedendogli se aveva consegnato ciò che doveva a
lei. Si fermò, ritornando alla realtà.
Era passata da poco l'alba a Seoul.
Jiyong si sentì un po' scemo a non averle telefonato prima,
ad essersi informato di sfuggita solo all'inizio su come lei stesse.
Tuttavia, a sua discolpa, troppe cose avevano deciso di cozzare ed
esplodere nella sua vita nel medesimo momento.
Una volta che Soo-ha lo aveva rassicurato era stato come se quei
momenti non fossero mai accaduti. Aine-sshi stava bene e, magari,
l'avrebbe sorpresa che dal parco intorno casa si infilava nel
parcheggio con una busta della spesa due volte più grossa di
lei.
Aine-sshi stava bene e lui non aveva mai sentito le urla di quelle
ragazze che chiedevano aiuto, non l'aveva mai vista contorcersi per il
dolore, non si era fatto aiutare dalla security a trasportarla
alla sua Lamborghini.
Aine doveva stare bene, aveva pensato.
Jiyong scrollò le spalle, voleva che almeno lei non lo
biasimasse così tanto per come era fatto.
Astrid gli si sfregò ad un tratto contro la mano.
"Go-yan-gi!"
^^^
1.Goyangi: gatto.
2.Kakao è un servizio di messaggistica istantanea.
3.Astrid è un nome bellissimo per una gatta tho.
4.Paris Baguette e le sue *cosine* dolciose, antidieta ma portatrici di
tanta felicità.
5.Jiyong uomo dai mille talenti, è anche maestro di origami.
Almeno, qui si è spacciato per esserlo.
Ritorno prima del previsto a sorpresa, continuo a sussurrare "I am a
good boy" e spero di non tenere troppo sulle spine chi
deciderà di continuare a seguire Aine e Ji.
Baci.
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Capitolo 7 *** Seventh Seed ***
aine7
Guardò il display graffiato del suo cellulare. Era
illuminato.
Lo guardò titubante e incredula. Quel telefono era davvero
troppo scassato, l'avrebbe dovuto cambiare.
Continuò a guardare il display per altri tre minuti.
Aine era ritornata da una settimana ad essere autonoma, o almeno a non
essere accudita da Ye-rin per più di dodici ore al giorno
consecutive. E, proprio sfruttando l'assenza della sua
coinquilina il venerdì, causa cena romantica con Soo-oppa,
aveva
deciso di avventurarsi per il quartiere.
Erano le dieci e mezza, lei passeggiava in completa
solitudine da
Apgujeong a Cheongdam con una busta piena zeppa di snack.
Se c'era una cosa che adorava di Seoul, erano i convenience store.
Dovunque, ad ogni ora. Probabilmente se le fosse stato chiesto, ne
avrebbe scritto un pamphlet elogiativo al riguardo.
Il tutto sarebbe stato perfetto se avesse avuto come
sottofondo Let it go. Sì, Let it go era la colonna sonora
giusta per quel piccolo morso di riacquisita indipendenza.
Però, invece, era arrivato a tradimento, tra un
morso diverso, quello a dei cracker al mango, ed un sorso alla
strawberry coke, lui.
"Aine u ok?" e per poco la ragazza non lasciava l'anima di
fronte l'ex edificio della SM.
Dunque, l'unica risposta appropriata che le venne in mente fu "I'm ok
thanx".
Dall'altro lato, lui sorrise cospargendosi in faccia quel
solito sorriso da zigomo a zigomo che lo contraddistingueva.
Jiyong si trovava alla pensione dei genitori con un paio d'amici
già da mercoledì. Con una bottiglia di soju
all'attivo,
aveva deciso di fare ordine nella casella messaggi e si era accorto del
messaggio di Soo-ha, in cui il manager gli riportava
fedelmente i contatti di Aine.
Un messaggio di un giorno e mezzo prima. Se il tempismo è
tutto, certamente non era dalla loro parte.
"Are u really ok ok?".
"Yea yea".
Entrambi si sentirono imbarazzati da loro stessi. Alla fine, Aine
optò per un selfie con il mega incrocio di Dosan-daero e
Samseong-ro alle spalle per rassicurarlo.
Jiyong scoppiò in una risata, trovando adorabile
quel V sign sghembo. Trovò adorabile lei.
Allora, lui decise di contraccambiare
mandandole una foto con un pollice all'insù e
un "jalhaesseo".
Era quasi mezzanotte e lei si gettò sul letto. Forse aveva
esagerato ed ora il cuo corpo le stava ricordando quanto incauta fosse
stata. Aine accostò l'orecchio per la terza volta a quel
messaggio vocale per capire cosa avrebbe dovuto rispondergli.
Optò per una buona dose sincerità.
Il messaggio di lei arrivò ed il succo di mirtillo che
Jiyong stava bevendo gli si fermò in gola.
Lui si sentì orribile. Non era colpa specificatamente di
Aine
ma la situazione in generale l'aveva turbato. Non lo mostrava spesso ma
essere frainteso lo feriva più di quanto ci si potesse
immaginare. Infatti, se avesse dovuto stilare una lista del tipo
"Cinque cose che fanno piangere Kwon Ji Yong" ci sarebbe
stata
sicuramente la voce "non essere capito".
Tuttavia, comprese quanto ingiusta potesse sembrarle l'intera
situazione.
Lei dava un grosso peso alle parole e ai gesti.
Odiava i pensieri che rimanevano appesi, viveva di cose tangibili.
Perciò, ad un certo punto quello scambio di domande
e risposte le era sembrato infantile, un modo per nascondersi. E Aine
non voleva che lui si nascondesse nè nascondersi a lui
perché, in qualche modo, sentiva che ne valeva la
pena.
Ji percorse il corridoio che portava dal soggiorno
alla sua camera, chiuse la porta dietro di sè e la
chiamò.
Lei, che già aveva da cinque minuti le braccia incrociate e
tre
respiri irritati con se stessa, accostò l'orecchio.
Le scuse di entrambi si intersecarono nel medesimo istante in un
chiacchiericcio confuso. Lei si zittì, lui
continuò a
scusarsi.
-...è tutto ok. Solo, sembra più reale in questo
modo. E'
più diretto che chattare. E, dovrei essere io quella a
scusarsi.Sono stata un po' rude, credo-.
-No, va tutto bene. Aine-sshi stai bene sul serio?-.
-Sì-, lei guardò le foto che aveva sul
comodino. Guardò anche la rosa di carta appoggiata alla
cornice che conteneva quelle foto. -Posso iniziare
a riprendere a lavorare già dalla prossima settimana.Magari,
le
piccole commissioni e...-.
Jiyong la interruppe. -Prima dovresti darmi modo di fare ammenda-.
-Eh?-.
-Immediatamente-.
-...-.
-Programmare quell'appuntamento che...-.
-Fra tre giorni, alle due alla porta di Dongdaemun?-.
Lui fu spiazzato ma, mettendo a fuoco per sommi capi i propri impegni,
accettò. Terminata la telefonata, Jiyong annaspò.
Aine l'aveva messo in difficoltà, l'aveva forzato a rendere
reale una decisione presa tra un "Mi metto a scrivere un po'" e un "Ma
non sarebbe meglio giocare a biliardo?!".
Poggiando la testa sul cuscino e spostando l'altro un po'
più in là, smise di farsi domande. Diede uno
sguardo all'ultimo aggiornamento di Satsuki-noona su instagram. C'era anche colei il
cui anello lui portava ancora.
Jiyong si mise a dormire.
^^
1.jalhaesseo: ottimo lavoro nel senso aver fatto bene.
2.Let it go fa parte della colonna sonora di Frozen (essere colpiti in
ritardo dall'amore per Frozen:fatto)
Piccolo update prenatalizio. Come al solito, i commenti sono benvenuti
anche del tipo "Ma non era una commedia romantica? Quando si
baciano?".
xxx
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Capitolo 8 *** Eight seed ***
aine 8
Jiyong si fece timido, preso di sorpresa dalla sua confessione. Si
sentì lusingato e allo stesso tempo in colpa, sapendo che
non
poteva ricambiare i sentimenti di Aine. Poggiò una mano
sulla
testa di lei, per poi scompigliarle leggermente i capelli mentre le
rivolgeva un sorriso dispiaciuto.
La ringraziò di essere abbastanza coraggiosa da confessargli
i
propri sentimenti e le disse quanto era grato che lei provasse tutto
ciò per lui. Ad ogni modo, si schiarì la voce.
Fu diretto, non era lo stesso per lui e non lo sarebbe mai
potuto
essere. Terminò il tutto, cercando di non ferirla troppo,
con un
"Questo oppa non è poi un così buon partito, lo
sai?".
L'espressione di Aine, dapprima preoccupata, si fece più
distesa.
Scoppiò a ridere, rischiando di strozzarsi con la torta di
riso
che aveva in bocca. Aveva ottenuto una risposta seria, davvero
credibile, ad una battuta che aveva preso le sembianze di uno stupido
gioco.
-Così questo è ciò che si prova ad
essere scaricate da Jiyong-sshi, uh?-.
Lui annuì gonfiando le guance e guardando davanti a
sé. Aveva l'aria di chi voleva perdersi nell'orizzonte.
Erano quasi le tre del pomeriggio. Prima di addentrarsi
maggiormente nel parco Naksan, avevano deciso di riposarsi su
una
piattaforma in
legno. La vista era meravigliosa. Si riusciva anche a scorgere la
N Tower grazie alla limpidezza del cielo.
Poco più in là, un gruppo di anziani era intento
a
giocare a godori. Nessuno lo aveva ancora riconosciuto fortunatamente.
Solo, erano riusciti a sentire il bisbiglio delle due ajumma che
piazzavano la posta. "Che bel giovane", avevano detto prima di
ritornare alle carte.
-Aine-sshi, a questo punto possiamo abbandonare ogni
formalità non credi?-.
-Uhm, ok. Ehm. Kwon. Posso chiamarti così?-.
Lui sorrise. L'ultima volta che qualcuno lo aveva chiamato in quel modo
era stato alle lezioni di hip hop. Aveva avuto forse quattordici anni,
o
quindici. -Che ne dici
di Ai?-.
Lei scosse il capo. -Aine sarebbe perfetto-.
-Allora, Aine, potresti darmi la mano?-.
Titubante, lei allungò il braccio verso di lui. Jiyong le
alzò leggermente la manica della camicia e cinse il suo
polso
con un braccialetto.
-Mi dispiace per tutto quello che è successo-.
Si trattava di un doppio filo rosso con appeso un sole. Un sole le cui
pietre luccicavano a seconda della luce.
-Non posso accettarlo,
pagare le cure è stato più che
abbastanza. Cioè, si vede che non è uno di quei
cosi
carucci ma finti che vendono nei negozietti di Hongdae. Davvero non
posso-.
Jiyong si piegò in avanti, con una mano sulla fronte, per
poi
portarsi indietro coprendosi metà volto. Non avrebbe smesso
di
ridere, almeno non nell'immediato presente.
-Ti senti bene?-, domandò lei.
Lui annuì continuando in una risata che sembrava essere sul
punto di mescolarsi con delle lacrime.
-Kwon!Kwon!! Kwon!!!-. Aine,esasperata, gli infilò una torta
di riso tra le labbra.
Jiyong si zittì finalmente. Con ancora metà
boccone in bocca, si alzò controllando di non avere delle
briciole sui pantaloni. Lei fece lo stesso.
-Andiamo?-.
Aine annuì, guardandosi le ginocchia.
Fu un pomeriggio sereno, un piccolo universo parallelo e perfetto dove
entrambi passeggiavano fianco a fianco. Lui aveva scoperto
che i genitori di lei,un giapponese ed un'irlandese, si erano
conosciuti all'aeroporto di Incheon durante uno scalo che era durato
sei ore. Lei aveva annotato mentalmente quanto a lui non piacessero lo
yogurt e le noci.
Si lasciarono attraversare dalle parole, diventando felicemente un po'
più pesanti.
Ad un certo punto, furono presi d'assalto dalla corsa
di studenti delle medie che giocavano ad un due tre stella.
Jiyong l'afferrò per la vita.
In realtà, si afferrarono a vicenda, temendo uno scenario simile all'incidente. Per fortuna, scamparono illesi anche
all'orda di adolescenti in pausa dai propri doveri scolastici.
Ad ogni modo, lui era riuscito a sentire a sè i fianchi di
Aine. Erano più piccoli di quanto avesse potuto scorgere o
immaginare.
Scesero un numero infinito di scale,visitarono il museo dedicato alla
storia del parco. Aine fu colpita da quanto lui fosse curioso ed
entusiasta su qualsiasi cosa.
Mentre percorrevano la via che li portava dal quartiere dipinto di
Inwha fino all'ultima tappa di quel minitour, videro un'altra massa di
ragazzini e ragazzine correre per la strada.
Lei domandò una dolce bambina con le treccine lunghe fino al
petto perché si affannassero in quel modo e lei
"C'è Jun Ki di quel drama sulla SBS".
Aine e Ji si fissarono per un istante, chinandosi l'uno sull'altro
perché le risate erano troppo forti perché lo
stomaco le contenesse.
Lui la prese per mano. Fu un istante. La trascinò,
mettendosi a correre pure lui.
Si vollero bene per il tempo che le loro dita furono intrecciate. Le
mani scivolavono a causa del calore, tuttavia la presa rimase salda.
Si arrestarono.
-Ah, mi gira la testa, sento che vomiterò-. La fronte di lui
era imperlata di sudore e la T-shirt bianca un po'
più adesa al suo corpo.
-...-.
-Tranquilla, non su di te. Sei troppo bella in questo momento
perché possa rovinarti-. Jiyong le sorrise, sistemandole una
ciocca di capelli in disordine. Tenero, delicato.
Lei lo baciò assaggiando timidamente solo la superficie
delle sue labbra.
^^
Un po' di fluff ed un *piccolo* passo in avanti.
Buone feste da tutto lo staff di Bloom :)
Ogni commento è ben accetto.
xxx
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Capitolo 9 *** First sprout ***
aine 9
Ji, cielo, quel
grandissimo
sdolcinato nerd, aveva cercato di pretendere di non essere
affatto emozionato e si era limitato ad un grande sorriso.
Aveva
fatto quella tipica piccola tossetta nascondi-risata e
chinato
la testa, guardando in alto Aine attraverso le ciglia.
Le mani erano nervose e pizzicavano un po'. Le aveva infilate nelle
tasche strettissime dei jeans, rimettendole fuori e poi dentro una
quantità interminabile di volte.
La sua lingua era adesa ai denti nonostante cercasse
disperatamente di fermarsi dal gongolare come un idiota.
Aine era stata tutto il tempo di fronte a lui sicchè
entrambi
erano rimasti impalati in quel preciso quadrato di marciapiede.
Fissandosi, arrossendo e dondolandosi ora a destra ora a sinistra.
Allora, lui si era piegato su di lei a premere la bocca nel punto dove
le labbra di lei si incurvavano in un morbido angolo. Fu davvero dolce
e leggero, persistendo giusto il necessario perché potesse
significare di più di un semplice contatto.
Aveva afferrato, poi, la sua mano chiamando un taxi con un
sorriso ampio almeno un miglio e le guance screziate di rosso.
Il "Jiyong-ah! Abbiamo bisogno di te" di Moon Gee lo
richiamò alla realtà
contingente. Erano passati tre giorni, il lavoro l'aveva inghiottito
ancora una volta e, a parte briciole di parole su kakao, non l'aveva
più sentita.
Tutto sommato, però, era contento. Finalmente la conferenza
per
la presentazione del nuovo album e del tour era arrivata. Senso di
liberazione, gioia, amarezza e soddisfazione gli si attorcigliarono
intorno al cuore e allo stomaco. Sarebbe stato l'ultimo grande progetto
insieme prima di un lungo periodo o, probabilmente, per sempre.
Seunghyun-hyung aveva già posticipato di parecchio la data
di
arruolamento e quei due anni sarebbero toccati anche a lui
molto
presto. Jiyong aveva sentito e visto come potessero rovesciarsi
totalmente relazioni, contratti e mondi durante quella pausa. La
trovava una
cosa triste, una forzatura innaturale, ma non si sarebbe sottratto
anche se avesse
potuto. Nonostante fosse ormai di continuo con un piede fuori il
proprio Paese, era pur sempre coreano sino al marrone profondo delle
sue
pupille. E alla Corea doveva la sua fama come ai propri compagni.
Si alzò dal divano, dove aveva sonnecchiato per un quarto
d'ora, avviandosi verso la
porta perché Moon Gee gli fornisse il look adatto
all'evento.
Spesso nelle interviste gli era stato chiesto se, anche senza i
BigBang, lui avesse comunque potuto trovare la strada del successo.
Jiyong aveva sempre glissato con occhi sornioni ed una
battuta quasi adulatoria.
Non aveva alcun significato pensare a cose come quelle e, ora come ora,
non avrebbe potuto immaginare alcun passo percorso senza gli altri
quattro.
Prima che potesse uscire, si affacciò nella stanza Seungri.
-Jiyong-ah!-.
-Esci. Chi ti ha dato il permesso di chiamarmi così?-,
rispose lui, piantandogli una mano in faccia per zittirlo.
-Oh, oppa, che ti prende?-, Seungri gli fece il verso dandogli una
leggera gomitata,-Divertiamoci-.
Ji lo guardò. Era agitato anche lui. -Seungri-ah, andiamo-,
gli
mise il braccio intorno al collo ed andò verso il camerino
per
la prova abiti.
Lì, salutò Dae che era appena tornato dal
Giappone e
Seunghyun-hyung che già era davanti allo specchio per trucco
e
parrucco.
-Dov'è Youngbae?-, chiese a Moon Gee e a Soo-Ha.
Taeyang uscì dal guardaroba tirandosi la giacca verso il
basso
in modo da sistemarla perché sembrava tirare un po'
sulle spalle.
Lui si avvicinò a Youngbae aiutandolo. -Ecco fatto, sei a
posto-.
-Grazie Jiyongie-.
Daesung si mise in mezzo a loro. -Ah, Jiyong è sempre
proprio bravo in queste cose. Vero, hyung?-.
Seunghyun guardò gli altri quattro attraverso lo specchio
della toeletta annuendo.
Passarono un'altra mezz'ora a chiacchierare e a prepararsi. Seungri
sventolando il nuovo orologio che gli era stato regalato a Singapore
cercando approvazione, Seunghyun facendo avanti ed indietro
controllando che tutto fosse apposto, Dae e Youngbae parlando del nuovo
ristorante che un loro hyung aveva aperto e Jiyong rilassandosi sul
divano dopo essere stato rimesso a nuovo da Moon Gee
Durante la conferenza stampa filò tutto liscio. Anzi, i
ragazzi
scherzarono tra di loro più del solito donandosi
totalmente anche alle domande più scomode.
Il programma prevedeva di spostarsi al quartiere generale
dell'YG per un
consolidato brindisi ben augurante ed il conto alla rovescia per il
rilascio della prima traccia audio.
Il cellulare di Jiyong era già bombardato da messaggi di
auguri
e congratulazioni tanto che ad un certo punto fu costretto a cederlo a
Soo-Ha perché glieli leggesse nel tragitto in auto.
Il manager riportò fedelmente ogni parola, anche il
messaggio
della sua ex. Una smorfia malinconica si disegnò sul viso di
Ji.
Non voleva pensare a come risponderle, non nelle immediate
ventiquattro ore perlomeno.
-Hyung, che c'è?-.
Soo-ha si era fermato d'un tratto e, dopo un sospiro crucciato tirato
tutto fuori, lo
fissò attraverso lo specchietto dell'auto. -Probabilmente ci
sarà Aine ora dentro-.
-Hyung?-.
-Te lo avrei detto domani. O te ne saresti accorto da solo. Lei mi
aveva chiesto di terminare l'obbligo che
aveva con te e si è presentata l'occasione di
farla entrare
nell'entourage dei ragazzi...-.
Jiyong scosse la testa. Non capiva. Cioè, comprese di aver
fatto
un grosso errore a lasciare la sua rubrica al manager ma continuava a
non seguire il suo discorso. -Quali ragazzi?-.
-Bobby, Hanbin-ah e gli altri-.
-Lei ha già accettato?-.
-Sì-.
-Subito?-.
-Sì-.
-Nessun tentennamento?-.
-No-.
Ji scosse di nuovo il capo. -Ha avuto poco tempo fa un incidente per
colpa di...e tu la ributti in tutto questo?-.
Soo-Ha girò su se stesso, voltandosi verso di lui. Lo
guardò dritto
negli occhi, riporgendogli il telefono. -Lasciala perdere-.
Scesero simultaneamente e, abbandonando alle spalle le grida di fan
appostate come al solito di fronte al palazzo, entrarono dentro.
Per quella sera non ebbero più occasione di riprender quel
discorso. In realtà, il manager aveva terminato tutto
ciò
che c'era da dire riguardo i suoi dongsaeng ed il loro legame.
Ji,
d'altro canto, venne inghiottito dalla serie di impegni che
aveva
con gli altri compagni. Spese il tempo a twittare il countdown
personalmente a quanti lo
seguivano e a salutare chiunque lo fermasse. Tablo, Teddy e Dara tra i
più.
Poi, la intravide. Risaliva le scale con Bobby e Jinhwan, provenendo
sicuramente dal piano della
caffetteria.
Tentennò, ma, non trovandosi nessun ostacolo umano
davanti, decise di raggiungerla. Le si avvicinò riuscendo a
captare un "noona" pronunciato da Jiwon.
-Bobby, Jinhwan...ah, Aine-sshi-.
Un semplice "GD-sshi" accompagnato da un debole movimento della testa
fu quello che gli rispose lei.
I due ragazzi degli iKON li lasciarono a quel discorso fondato su
formalità e monosillabi abbastanza presto. D'altronde, c'era
un
fornito buffet ed avevano obblighi anche verso gli altri hyung.
Aine e Ji si ritrovarono faccia a faccia, impossibilitati
nell'affrontarsi senza quel pubblico chiacchiericcio e lo sviluppo di
probabili rumour.
Lui azzardò ugualmente, non prima di averle passato il
proprio bicchiere di champagne. -Aine-.
-Kwon-.
-Perché?-.
Lei si sorprese. Forse lui non aveva letto il suo messaggio. Forse era
stata
una stupida a non parlargli direttamente. Era lampante che non si era
comportata bene.
-Congratulazioni-, tirò fuori un sacchettino. Si trattava di
un regalo, o meglio, come disse lei, "un pensiero".
Ji non ebbe il tempo di replicare, di chiederle se si trattasse di "un
presente d'addio o che altro?", di farsi dare spiegazioni che,
sapeva bene, non avrebbero avuto ragion d'essere e che non gli erano
dovute.
Seungri si intromise, ammiccando nella direzione di lei e trascinando
Ji in studio. Fu così che Aine scomparve nuovamente alla sua
vista il tempo
d'un breve gesto di congedo.
Mentre Daesung e Youngbae parlavano attraverso i microfoni con un "Hey,
VIPs, we are BigBang!" e formule della stessa risma, Jiyong
scartò graziosamente il pacchettino, ancora
indeciso se
odiare a prescindere il contenuto o meno. Si trovò a
rimuginare
su quanto tempo avesse speso esattamente lei per comprarlo, se avesse
giusto preso la prima cosa che le era capitata per le mani o avesse
meditato attentamente su ciò che gli fosse potuto
interessare
effettivamente. Tuttavia, si limitò a sorridere, scusandosi
durante il broadcast tra l'altro.
Non la rivide più una volta terminato. Allora,
si recò al terrazzo del penultimo piano per fumare una
sigaretta. Il karma o l'istinto lo spinsero a tirare fuori l'iPhone e
non il pacchetto di Dunhill.
-Sono io-.
-Kwon-.
-Grazie-.
-Finito?-.
-Quindi, che tipo di cibo ti andrebbe adesso?-.
-Hm, tutto eccetto topokki. Ne ho mangiato una quantità
sovrumana ieri e non ne vorrò per un pezzo-.
-Perché ne hai mangiati così tanti?-.
-Ne avevo comprato una porzione per Yerin ma non era in casa-.
-E ora?-.
-Sono sola con il porcello-.
-Il porcello?-.
-Il cane di Yerin che le ha regalato Soo-oppa per l'anniversario. Voi
coreani siete strani.-.
Jiyong scoppiò a ridere. -Non ti piacciono i cani, eh?-.
-Non è questo il punto. Assomiglia davvero ad un maiale.E
mangia come un maiale pure-.
-Cosa vuoi che faccia?-, le chiese mentre la timidezza gli impastava la
voce. Era sempre stato fatto così, sfrontatezza e
timidezza arrotolate in un individuo solo. Lui attese. Non era da vero
gentleman lasciar decidere alla controparte, ma per una volta
voleva che fosse qualcun altro a fare chiarezza nel proprio animo. La
immaginò chiudere gli occhi per un attimo e, allo stesso
tempo, fissò il cielo coperto da nuvole grigie.
In effetti, Ji aveva immaginato bene. Dall'altro capo della
conversazione Aine abbassò le palpebre e si portò
una mano al petto, giocherellando con il primo bottone della polo che
indossava.
Era stata una domanda secca e fin troppo onesta. -Venire qui-,
azzardò lei.
Lui annaspò e fece per rientrare. -Sei sicura? Hai visto tu
stessa...-.
-Vieni qui, porta del gelato se puoi e sii mio amico-.
Jiyong riagganciò e, dopo essersi congedato
definitivamente ed aver recuperato una grossa felpa grigia ed un
cappellino da baseball scuro, si diresse verso il parcheggio principale.
^^
Capitolo arrivato prima del previsto, non so se sia un bene o un male.
In caso, se vi va, fatemelo sapere.
Per il prossimo credo ci vorrà un po' di tempo anche se
già a grandi linee c'è anche quello.
Anche se un po' presto, tantissimi auguri per l'inizio del nuovo anno.
Se siete il genere di persone che stila i buoni propositi, spero che
almeno i primi tre si realizzino. Diversamente, spero che vi capitino
buone cose o la giusta quantità che vi faccia guardare
indietro, a fine 2015, con un dolce sorriso sulle labbra.
Fighting!
:*
|
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Capitolo 10 *** Second Sprout ***
aine10
Aine alzò
piano piano le
palpebre. Si prese pochi minuti per lenire il trauma del risveglio.
Erano passate quattro settimane ed era la terza mattina
insieme.
Lei prima si sporse verso il comodino per appurare che ora fosse, poi
lo raggiunse, accarezzandogli col dito dove aveva quel "Forever Young"
tatuato sul corpo. Lo punzecchiò proprio lì dove
la "u"
si incurvava con gentilezza.
Jiyong si arrotolò nelle lenzuola bianche e morbide
abbracciandola ad occhi chiusi. La faccia di lei così si
trovò
perfettamente incastrata contro lo sterno di lui. Aine
inspirò
dolcemente, a fondo, sino a non distinguere più dove
terminava
il profumo di lampone del proprio shampoo e quello alla cannella e
vaniglia della pelle di lui.
-Kwon-, lo chiamò lei con la voce rotta dalla secchezza
della gola mattutina.
Lui scosse la testa, ancora confuso, e mosse le labbra in un
infantile broncio. Aine cercò di trattenersi, ma alla fine
non
potè fare a meno di ridere.
Ji le sorrise.
Allora, lei si alzò velocemente per andare in cucina. Lui la
seguì, dopo essersi infilato i boxer ed aver recuperato una
maglietta dal comodino.
-Ti cercano-. Jiyong sventolò il cellulare di Aine.
Lei lo sfilò dalla mano di lui lasciandogli il compito di
estrarre i toast dal tostapane, imburrarli e metterci sopra la
marmellata a scelta.
Ji decise di dare sfogo al suo estro creativo e, una volta finita la
chiamata, Aine si ritrovò impiattati faccine sorridenti,
cuori e
fiorellini.
-Kawaiii-ih!-, gli disse con tono mellifluo portando il suo braccio
intorno al collo per farsi abbracciare.
-Yerin-sshi?-.
-Uh, doveva prendermi un appuntamento nello studio dentistico dove
lavora-.
Lui la accarezzò sulla guancia. -Non stai bene?-.
Aine lo rassicurò inghiottendo metà toast in un
sol boccone.
-Bene-. Lui annuì, bevendo un sorso di succo di pomodoro.
-Ha detto qualcos'altro, Yerin-sshi?-.
-Nulla di particolare-.
-Bene-, fece di nuovo Jiyong sparecchiando per sé e per lei,
mettendo tutto nel lavello della cucina.
-Sa di noi se è questa la tua preoccupazione-.
-Ah, sì?-, lui simulò sorpresa,-e cosa ne pensa?-.
Lei fece per pensarci con l'aria di chi è sul
punto di
rivelare uno dei misteri dell'universo. -A volte sente di essere
dispiaciuta per me-.
Ji si rabbuiò, scuotendo la testa e rivolgendola altrove.
-Rimri-unnie è dispiaciuta per me, ma soprattutto
per te-,
lei aggiunse,- sostiene che un ragazzo carino dovrebbe avere anche un
sedere carino e che ragazzi carini senza un sedere, provvisti solo di
un'area simile ad un sedere, la fanno sentire triste-.
Lui sospirò.
Aine stava ancora prendendo le misure del loro rapporto e non voleva
spingersi troppo oltre, forse aveva esagerato. -Ma a me piace il tuo
sedere, davvero-, esclamò lei a voce alta, quasi fosse un
postulato assoluto, e dandogli una piccola pacca proprio sul punto
amaramente incriminato.
Jiyong non reagì subito, rimase girato e
mormorò:-Tu dici così solo adesso-.
-Sono sincera-, lei ammise poggiando la testa sulla sua schiena,-Kwon,
voltati-.
Lui la colse di sorpresa, con uno scatto la baciò
così
violentemente che stavano entrambi per perdere l'equilibrio e finire
per terra. Fortunatamente, lui la trattenne a sé per poi
finire
contro l'immensa vetrata da cui si poteva vedere il fiume Han e i
grattacieli che gli crescevano intorno.
Aine si sentì piacevolmente in trappola, non sicura su cosa
volesse Ji effettivamente.
-Voglio una lista-.
-Uh?-.
-Dal miglior equipaggiato al meno nei...-.
Lei scoppiò a ridere. Dio, a volte Jiyong era un
totale
nerd. -Dei BigBang? Seunghyun-sshi, Daesung-sshy e
Taeyang-sshi
pari merito, Seungri-sshi ed, infine, Jiyong-sshi-, gli rispose senza
alcun segno di esitazione.
-Ok, posso accettare di perdere contro Seunghyun-hyung.
Cioè, se
fossi una ragazza gli chiederei di uscire-, affermò
innocentemente lui, -Il resto non farlo sapere mai a Seungri-ah, uh?!-.
Un altro bacio, più lungo del primo, e Aine non
potè fare
a meno di gemere quando Ji si era messo a giocare con la sua lingua.
Lei ansimò a quel delizioso attrito.
Lui terminò guardandola:-Credo che questo sia sufficiente
per fare ammenda per qualsiasi classifica-.
-Non saprei-, lei ammiccò,-ma credo che basti per
ora-.
Nessuno dei due voleva che quel prolungato botta e risposta terminasse.
In fondo, era il loro modo di conoscersi ed avvicinarsi palmo dopo
palmo, rendendo preziosi i momenti in cui erano completamenti estranei
al mondo ed incuranti di ogni precauzione del caso. Tuttavia, si fece
strada in Aine l'urgenza di una doccia veloce, sciacquarsi i denti,
cambiarsi ed andare a lavoro. Ji, inoltre, aveva ancora mezza giornata
di relax prima di partire per il Giappone per una serie di
partecipazioni a show televisivi.
-Pensi che possa uscire dal parcheggio principale evitando di allungare
per la scala C, Kwon?-.
Lui fece cenno di sì, guardandola attentamente. Lei
che
combatteva per infilare un orecchino nel buco del lobo destro, che
decideva quanto rossetto fosse opportuno avere sulla bocca
e svuotava il contenuto della sua borsa sul
tavolino in
soggiorno per cercare la tessera della metro, senza il minimo sentore
che quel tavolino costasse quasi sedicimila dollari. Non si erano
scambiati nessuna promessa, un "Mi piaci" non era stato necessario. Dal
momento in cui lui le aveva portato il gelato azzeccando il suo gusto
preferito e lei si era scusata fino a quasi piangere
perché il cane di Yerin gli aveva rovinato il pantalone
sbavandoci sopra e mordicchiandone i lembi, avevano deciso di allearsi
e di imbarcarsi in quella relazione. Amanti, estranei con interessi
comuni, migliori amici: solo il tempo l'avrebbe rivelato.
-Resisterai senza di me?-. Jiyong le si avvicinò con
impudenza, sistemandole i capelli dietro le orecchie.
Lei fece spallucce. -Saprò tenermi impegnata-.
Lui le passò una mano sul viso, chiudendole gli occhi e
baciandola lì sopra. -Va a conquistare il mondo-.
Aine lo abbracciò, augurandogli un buon viaggio. Mise le
ciabattine a posto all'entrata e, dopo essersi infilata le scarpe, se
ne andò. Non incrociò nessuno fino a che non fu
lontana
almeno una cinquantina di metri dall'appartamento, era una mattina
fortunata. Lei alzò gli occhi ripensando a come si era morsa
la
lingua quando stava per rispondergli che le bastava avere
conquistato il suo di cuore. Cielo, Kwon Ji Yong la stava iniziando a
contagiare in quanto a smancerie. Forse, dopotutto, non era
un
male. Stava scoprendo un lato di sé differente e questo lo
trovava carino. Seduta nel vagone della metroplitana, Aine
guardò l'orologio. Aveva ancora un po' di tempo e decise di
fare
una piccola deviazione a Sinchon. Aveva intenzione di comprare un nuovo
album e nuovi pastelli, per quanto dozzinali, all'ArtBox
vicino
all'uscita due prima di recarsi al dormitorio di Apgujeong.
***
-Kwon Jiyong, ti conosco da ormai quattordici anni e non sono mai stato
così preoccupato per la tua sanità-.
-Bae?-.
Daesung, che sedeva sul sedile davanti, tese le orecchie mentre
Seunghyun fece per aggiustarsi gli occhiali da sole.
-Jiyong, sei innamorato?-, chiese apertamente Taeyang ripensando a come
l'amico fraterno e membro del gruppo non avesse smesso di ridere per
tutto il tempo durante la fila al gate.
-Quando mai questo hyung non è stato innamorato?-, si
intromise prontamente Seungri.
-Seungri-ah, tu hai proprio una gran voglia di morire vero?-, Ji chiese
ad alta voce facendo capire che non desiderava ulteriori domande al
momento da nessuno.
Al "Stai per caso mettendomi il muso, Jiyongie?" di Youngbae, lui
rispose di no e cercò di deviare il discorso sul ristorante
in
cui Dae aveva detto di voler mangiare non appena fossero atterrati.
-Parlando di cose serie, qualcuno può rispiegarmi cosa
prevede
lo show che abbiamo in programma oggi pomeriggio? Un altro
parco-divertimenti o una casa dell'orrore?-.
Tutti risero all'ingenua richiesta di Seunghyun venuta dal nulla e Ji
lo ringraziò mentalmente per aver deviato il discorso.
^^
*saluta e va a sotterrarsi per il troppo fluff*
xxx
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Capitolo 11 *** Third Sprout ***
aine 11
"Innamorati di qualcuno che ti voglia, che ti aspetti, che ti capisca
anche nelle piccole manie. Che ti aiuti, che ti guidi, che ti supporti.
Innamorati di qualcuno che ti parli dopo una lite, che senta la tua
mancanza. Non innamorarti di un corpo o di un volto, o della stessa
idea di essere innamorata." Aine continuava a ribadirselo da ormai sei
anni e se lo ripeté ancora più forte percorrendo
il lungo
corridoio color avorio che portava alla dressing
room dei ragazzi.
Gli iKON avrebbero aperto uno show per i BigBang e lei era stata
prescelta come balia delle nuove promesse dell'YG.
Aine smise di guardarsi intorno. Nel promemoria aveva aggiunto
un'ulteriore postilla "Non innamorarti dei musicisti e di chi profuma
di vento". Non vedeva Jiyong da una settimana e le era
mancato.
Stava comprando bibimbap ed assorbenti di scorta, erano in offerta
d'altronde, dal convenience store vicino
casa e, all'improvviso, aveva sentito il bisogno di "Kwon". Un bisogno
tanto impossibile quanto insopportabile di essere avvolta da lui.
-Noona-. Donghyuk e Bobby la investirono con uno dei cesti
di benvenuto che avevano trovato sui tavolini, affrettandosi ad
offrirle
le chips che vi erano contenute.
Lei cercò mille scuse portandosi fuori dal camerino. Kim
Jiwon
non si arrese e la seguì con un "Noona, noona, Ainoona!"
incastrato tra le fossette e gli occhi sornioni.
Incrociarono Soo-ha in una delle hall. -Cosa state
combinando?-,
chiese il manager. Bobby rispose prontamente con un "Sono l'incaricato
a proteggere Ainoona oggi" e l'abbracciò da dietro,
cingendole il collo.
Jiyong era in fondo. Lei lo vide, lui la vide. Fu uno di quei momenti
strani in cui entrambi furono in bilico sull'orlo di sentimenti giusti
e sbagliati. Aine ebbe l'impulso di corrergli incontro per sentire la
dolcezza della sua pelle sulla propria. Invece, si limitò a
staccarsi da Bobby, stringendo le spalle.
Lui le andò incontro, trascinando i passi e tirandosi in
giù il cappellino blu che aveva in testa.
Al "A Bobby sembrano piacere le donne mature" di Soo-ha, Jiwon si
limitò ad arrossire.
Ji annuì e prese tempo con un lieve colpo di tosse. -Non
essere
imbarazzato, Aine-sshi è veramente molto carina-,
irrigidì il mignolo della mano destra,
trattenendosi dal
portarla a sè e baciarla.
-Bobby deve essere onesto-, si intromise Daesung, venuto a chiamare il
suo hyung.
Al "Mi accontento di essere il figlioccio di Ainoona" la
ragazza si
chiese che diamine di situazione fosse quella e cercò di
mantenere la calma. Soo-ha e Jiyong scoppiarono a ridere.
-Comunque, per queste cose dovresti prendere come modello questo hyung
qui, lui è il maestro-, continuò Dae indicando Ji.
-Non lo sono. E...-. Lui non fece in tempo a terminare che Soo-ha
esclamò ad alta voce un "lui conosce la tecnica dei tre
minuti
per far innamorare una ragazza".
Ji scosse il capo e lei si trattenne dal protestare poiché,
più di tutti quanti i convenuti a quella conversazione,
sapeva
bene come lui potesse essere goffo ed impacciato alle volte.
-D'altro canto, Aine-sshi sembra una ragazza troppo furba per
cadervici, vero?-. Dae non aveva proprio intenzione di tacere quel
giorno, pensò Jiyong.
Aine colse l'occasione per esibirsi in un inchino a novanta gradi,
fatto come si deve, proprio come
lui le aveva insegnato, e ringraziò i presenti.
-Jiwon-ah, ora dobbiamo andare-, lo tirò per un
orecchio e
scappò via.
***
Il concerto era finito da un pezzo, sia lei che Jiyong erano
esausti ma lui aveva insistito perché andassero in un posto
insieme. Prendere un taxi era abbastanza rischioso così lui
la diresse e Aine guidò. Non finirono a Gangnam
come lei
pensava e, una volta parcheggiato, dovettero fare un po' di strada a
piedi.
-Di qui-, Ji prese le sue mani e la
portò in fondo alla strada, -Non ti preoccupare,
è una sorpresa-.
Aine fece una faccia scioccata quando constatò che l'ultima
fermata era un banchetto di street food.
-Ci vengo sin da quando ero alle prese con il training. Ancora prima
dei
BigBang. Avevi detto di volere delle patate dolci nel tuo ultimo
messaggio, no?-. Jiyong salutò il
proprietario dello
stand, un adorabile vecchietto. Prese in mano una patata dolce e,
chiudendo gli occhi, diede
un morso. Lei, ancora stupita, prese la sua porzione e
guardò in
basso, assaporando lentamente.
Lui sogghignò.
-Kwon, facciamo due passi?-. Una piccola sfumatura di rosso le
colorò il viso mentre la voce le si era fatta più
sottile.
Ji pagò quanto doveva e la tenne vicino a sè.
Mentre
passeggiavano, tra le caviglie doloranti e l'attesa ad un incrocio,
quel modo che lui aveva di camminarle fianco a fianco le
sembrò
avere il più profondo dei significati.
Ovviamente la magia si spezzò in un baleno quando Jiyong
portò il bicchiere che aveva nella mano sinistra vicino alla
bocca e rischiò di insozzarsi la maglietta.
-Aine, tutto questo ti diverte?-.
-Tanto-.
-Oggi avrei dovuto dire non solo che sei carina, ma che non ti si
può staccare gli occhi di dosso-.
Lei si zittì e lo abbracciò, petto contro
petto, cuori
diametralmente opposti, stesso ritmo.
Lui sospirò con la mano destra intenta a giocare con lembo
della camicetta di lei. -Mi sei mancata-.
Aine si strinse più forte a lui. -Andiamo?-.
Una volta a casa di Ji, lei dovette combattere non poco
perché
lui rinunciasse a prenderla in braccio e portarla così nella
propria stanza direttamente. Alla fine, vinse lui con non poca fatica.
Jiyong ignorò il suo dimenarsi e la posò con
delicatezza
vicino al letto con lo sguardo di chi non ha intenzione di aspettare
più. Aine si tolse le pantofole e si distese,
sentendo la testa affondare nei cuscini ed i capelli spargersi
tutt'intorno.
Lui le si mise accanto, steso su di un fianco, disegnando con dolci
carezze una lunga
linea che partiva dalla spalla fino alle punte delle dita.
-Kwon-, sussurrò Aine, prendendogli il viso tra le mani.
Allora, le labbra di lui furono subito sulle sue. Il calore del corpo
di Jiyong premette contro di lei che, infilando le mani sotto la sua
T-shirt, sentì tra le dita i muscoli tonici di lui.
Piccoli baci che sembravano galleggiare sulla pelle
finché lui non si staccò di colpo. Lei rimase
sola ed insoddisfatta per cinque minuti, sbuffò.
-Per te-.
Tra le mani Aine si ritrovò una spilla a forma di
quadrifoglio con in mezzo il logo Chanel. -Ma...-.
-Ne ho una anch'io-, Jiyong le mostrò una spilla identica
con un sorriso ampio ma nervoso.-Un couple-set-.
Con uno scatto veloce, lei gli si gettò contro e lui le
piantò un baciò sul collo. Mentre un'unica ombra,
ibrido di quella di entrambi si stagliava contro il muro, si vollero
davvero bene.
-...Ainoona-.
-...-.
-Dopotutto, mi piace-.
Aine lo tirò giù, rotolandosi sul comodo
materasso, e si ritrovò sopra di lui.
Finì con appoggiarsi sopra di lui, sussurrando qualcosa
proprio lì dove il cuore di Jiyong doveva
trovarsi. Lui, però, non capì cosa.
Fecero l'amore subito dopo fino a che non si ritrovarono di nuovo
stanchi. Lei si addormentò presto, con la testa
poggiata nell'incavo dell'ascella di lui e il braccio sinistro che lo
cingeva tutto.
Ji non si mosse. Gli piacque quella ritrovata scomodità.
Guardò il soffitto per un po' non pensando sul serio a nulla
finché il sonno non attirò anche lui.
***
Plot Twist. Jiyong
inghiottì quell'espressione straniera, ma questa gli rimase
frantumata in gola.
Plot Twist, ovvero un cambiamento repentino nel corso degli eventi,
inaspettato e meglio se ironico. Di ironico la sua situazione,
però, aveva davvero pochissimo.
Quante volte aveva desiderato anche solo sognarla sia quando erano
lontani che nei silenzi del loro rapporto. Persino quando sembrava
essere finita. Jiyong, però, aveva finito per
immaginare solo cose come armate di Pikachu e oggetti volanti.
Ora lei gli comunicava di essere a Seoul per quattro giorni e di
volergli parlare.
Gli parve profondamente ingiusto.
Alla fine, decise che non c'era nessun problema. Non c'era nulla di
male a cercare di rimanere amici, Jiyong aveva chiaro il limite.
^^
Veloce aggiornamento prima di una pausa (lunga?) e tanto tanto fluff.
Grazie a ladycarmen che continua ad essere particolarmente
buona e a chi continua a seguire Bloom.
LoveLove
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Capitolo 12 *** A Frost ***
aine 12
Jiyong uscì dal bagno con i capelli ancora umidi, indossando
solo un paio di pantaloni larghi. Braccia, torso e spalle li aveva
completamente esposti.
Arrivò in soggiorno, dove la vide. Aine non si era ancora
cambiata, aveva sopra quel maglioncino troppo lungo e largo e
quella gonna troppo corta con cui l'aveva vista andare e
venire
tutto il giorno.
Gli sembrò di rivivere il loro primo incontro.
Solo, il cuore gli batteva più felice e sereno.
Le si avvicinò ma lei si scostò di poco, mettendo
della
musica, per poi ritornare a lui e cingergli il collo. In un batter
d'occhio, si ritrovarono a volteggiare nel mezzo della stanza
assecondando la melodia.
Si trattava di una di quelle ballate che si ficcano accidentalmente in
qualche pezzo di te e se ne impossessano poco a poco.
Ji le mostrò un sorriso compiaciuto, alzando le
sopracciglia,
pronto a finire direttamente in camera da letto o sul divano.
Non le disse quanto fosse bella, buona o saggia. Si
limitò a poggiare il viso nell'incavo del suo collo e, come
poche altre volte gli era accaduto, a pregare perché quella
giornata non durasse tanto brevemente.
Era stato uno dei rari giorni in cui erano potuti rimanere insieme.
Avevano passato tutto il pomeriggio in uno studio. Aine aveva
accompagnato Hanbin e Hanbyul dentro e fuori la YG e, poi, era
ritornata da lui.
Forse, era tremendamente egoista a pensare che fosse una delle sue cose
preferite averla nella stessa stanza. Lei dedita ad osservarlo
dall'altro lato del
tavolo, mentre lui era alle prese con degli arrangiamenti. Eppure,
saperla lì quando lui, faccia coperta da un cappello,
giochicchiava con una matita cercando di risolvere qualche questione
gli era piaciuto davvero.
Con loro c'erano anche i due Seunghyun. Choi aveva finito per
rilassarsi sul divano in pelle. Mr. Lee, invece, si era seduto vicino
ad Aine, distraendola da lui.
-Ai-chan, ci facciamo una foto?-.
-Uh, ok-. Lei aveva acconsentito, avvicinandosi di più a
Seungri.
-Hyung, non ti preoccupare, non la carico su IG questa-.
Ormai
quasi tutti all'interno dell'agenzia sapevano della loro relazione, ma
ovvio che Ji non aveva confermato nulla. Specie, al di fuori.
-Oh, mi piace, Ri-. Aine guardò intensamente la foto.
Riri
sorrideva e lei, affianco, che abbozzava una timida V con l'indice ed
il medio.
-Yah, Aichan, sei davvero carina-. Persino, Top, che sembrava
essersi addormentato, annuì dando una rapida
sbirciata al
telefono del maknae. Seungri continuò: -Non
c'è da
stupirsi che abbia già un fansite-.
Jiyong finalmente si era voltato e con un "Seungri-ah, come fai a
sapere tutte queste cose?" gli si era avvicinato. In realtà,
era
stata tutta una scusa per vedere la foto.
-Non sei geloso, hyung?-.
-Per niente-, Ji si tolse il cappellino, sistemandosi i capelli,
e sedette vicino a Choi, -Dovresti pensare a lavorare ed
accrescere di più il tuo di fansite-.
Top scoppiò a ridere mentre Ri si limitò a
rispondere con
faccia offesa che "Non ricordi, hyung, che l'inverno scorso ho persino
trovato una fan in Italia eh?".
Seunghyun-hyung non riuscì a contenersi. -Sei sicuro di non
averla sognata?-.
-No, hyung. Aichan è stata in Italia, vero?-.
Ainecolse l'occasione per zittire i tre uomini e prese a raccontare di
ciò che aveva visto, sentito, vissuto. Dio, era
appena
diciannovenne, aveva visitato l'Europa da sola. Non si
soffermò, però, sulle ragioni che l'avevano
spinta a viverci poi per quattro anni.
Passarono altri quarantacinque minuti e tutti e quattro lasciarono la
stanza. Prima,Top e Seungri, lei e Jiyong dopo.
Lui si era alzato velocemente dal divano, raccogliendo le sue cose.
Disse che non avrebbe combinato niente per il resto della serata e
che l'avrebbe aspettata nel cortile posteriore. come al solito.
Aine aveva raccattato la propria borsa e, dopo aver aspettato che Ji
facesse il giro del blocco, era salita in macchina con lui.
-Kwon, stiamo andando a casa tua?-
-Vuoi che ti riaccompagni ?-.
-No, era solo per capire-.
Jiyong premette il piede sul freno. La luce del semaforo era diventata
rossa.
-Mi dai un bacio?-.
Lei non si fece impedire dalla cintura di sicurezza e
posò le labbra sulle sue. -Che fai?-.
-Voglio anche io una tua foto-, lui rimise a posto il suo
telefono, -Com'è che si chiama il tuo fansite, allora?-.
-Ti ci vuoi iscrivere?-. Aine guardò la fila di auto davanti
a loro.
-Perché no?-.
-AineLovers, suppongo-.
Jiyong afferrò il volante in maniera più salda,
scuotendo
leggermente la testa e muovendo la bocca nervosamente.
-Dovremo
stare più attenti-.
Aine sospirò, pensando a quanto lo fossero già
abbastanza. -Soo-oppa ha chiesto a Rimri-unnie di sposarlo-.
-Lo so-.
-E Rimri sta facendo impazzire anche me coi preparativi-.
-Sei triste?-
-Un po' ma so che hanno aspettato tanto questo momento. Sono stati
così buoni con me. Dunque, no, sono contenta-. Aine lo
guardò sorridendo.
Erano rimasti in silenzio per alcuni minuti finchè Jiyong,
prima di
parcheggiare l'auto, non le aveva preso la mano. -Non sono
più
così sicuro di potermi legare per "per sempre" ad un'altra
persona. Mi piace il modo in cui noi siamo oggi, il tipo di
libertà che esiste tra noi e tu mi hai garantito. Questo
tipo di
bene-.
Ji ritornò al presente. Non smise di guardarla. Non voleva
lasciarla andare ma Aine
aveva gli occhi stanchi. Era già l'una.
Lei, però, gli
sussurrò di voler continuare a ballare.
Di fatto, la danza finì presto. Sulle note di On
the
radio di Donna Summer, si ritrovarono fermi. Jiyong le cingeva la vita
mentre lei aveva poggiato il suo braccio sinistro sulla spalla di lui .
Quello destro, invece, ciondolava da solo.
-Kwon-.
-Uhm, cosa c'è?-.
-Ho un taxi che mi aspetta giù, devo andare-.
-Uh?-.
-Non sto scherzando-.
Lui la tenne stretta facendole il solletico.
-Davvero-. Aine lo spinse via con tutta la forza che aveva.
-Cos'è successo? Qualcuno si è sentito male? Tu
non stai bene?-. Jiyong le accarezzò il viso.
-Ci siamo fatti del bene a vicenda, ma è ora di finirla-.
L'espressione di lui si fece simile a quella di un bambino ferito e lei
per un istante si pentì di come stava gestendo la situazione.
-Sul serio, che ti prende?-. La voce di Jiyong si fece più
sottile. Non capiva cosa stesse succedendo e non capiva lei. Rimase in
silenzio, non sapendo se per lasciarle finire di spiegare o
perchè i suoi senitmenti erano vicini ad esplodere.
Aine chiuse gli occhi per un momento e, quando li riaprì,
gli
disse con determinazione che si era resa conto di non volere
più
quella loro relazione, che era stato delizioso stare con lui quei sei
mesi ma "Kwon tu sei rimasto confuso e io non sono certa di amarti".
Ji si fece più cupo, muovendo la testa come a scacciare le
emozioni che iniziavano a ribollirgli nei muscoli e nei nervi. Non era
capace di vedere da dove fosse potuto scaturire un tale risultato.
-Tu non vuoi me, Kwon-.
Al "Sei impazzita?", Aine si limitò a sorridergli.
-Probabilmente-.
La risposta di lei gli sembrò quasi uno schiaffo in faccia,
un
insulto per deriderlo. -Non uscire dalla porta principale,
però-.
Aine lo vide andare via nella sua camera prima che potesse aggiungere
qualcos'altro. Lei, allora, spense lo stereo e chiuse la
porta dell'appartamento di Ji dietro di sè.
^^
Dimenticatevi la parte rom-com perché da qui in poi
sarà angst. Ok, non sono una cima nelle previsioni. Tipo,
sono ritornata prima del previsto ma hey, è ritornato il mio
periodo insonnia con bicchierone di schweppes sicché
occhiaia da panda e grafomania.
Un bacio a ladycarmen...ora so chi sei *creepy style*
Spero che continuerete a leggere e vorrete bene ad Aine anche se ha
appena spezzato il kokoro di Jiyong.
LoveLove.
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Capitolo 13 *** Fallow Land ***
aine13
Prima di uscire dall'edificio, Aine guardò il bracciale che
lui
le aveva regalato. Esitò e ritornò indietro fino
agli
ascensori. Lo vide lì. Jiyong le corse incontro e lei gli si
strinse forte.
Però, non andò così. La
realtà , putroppo o
per fortuna, non è come è presentata nei
racconti. Non ha
nulla a che vedere con ciò che è presente nei
film, nè nelle
canzoni.
E gli esseri umani sono molto più complicati, tendono
davvero
poco a fare ciò che è giusto nel momento esatto
in cui
andrebbe fatto.
Pertanto, Aine attese che il taxi la riaccompagnasse a casa mentre
nella sua testa continuava a sentire il proprio "Non sono
sicura
di amarti" e a vedere lui ferito e solo. Ad un certo punto, lei fu sul
punto di fermare l'auto ed andare da Ji ma sarebbe
stato da
idioti fare marcia indietro sui propri passi.
Pagò il tassista e digitò il codice della propria
abitazione. Una volta chiuso quanto era accaduto fuori,
tremò e
si abbandonò a terra. Le ginocchia le erano diventate deboli.
Scoppiò a piangere, ma le lacrime si fermarono
presto sotto le
palpebre. Le spuntò, invece, in mezzo al petto, un dolore
antico,
ben conosciuto. Ritornava, dunque, a farle più male.
Aine si rialzò velocemente scappando verso il lavello della
cucina. Stette d'improvviso per soffocare, come se non avesse mai
imparato a respirare. Bevve avidamente e rimase in piedi con i gomiti
stanchi appoggiati al piano della cucina.
Era scappata, ancora una volta, e, no, non aveva dato nessuna
spiegazione.
Aveva abbandonato Kwon che, sì, lei amava.
Solo, Aine aveva il terrore di amare lui più di quanto amava
se stessa.
Jiyong, invece, era rimasto tutto il tempo immobile con entrambe le
mani appoggiate alla maniglia della porta. Anche quando l'aveva sentita
andarsene, non si era mosso.
Gli era sembrato irreale, un brutto scherzo rovesciato. Per la seconda
volta non si sentì capace di risolvere la situazione.
In verità, si rese conto di quanto poco conosceva lei.
Di
Aine sapeva dalla piccola cicatrice sulla mano destra,
ricordo
di un incontro poco fortunato con un pastore tedesco, all'abitudine di
abbracciare il cuscino quando si trattava di dormire da sola. Era
evidente che gli era sfuggito il resto. Non riuscì a
comprendere
cosa le era successo e, soprattutto, cosa stava succedendo a loro.
Il fatto era che quei mesi passati insieme erano stati totalmente
felici. Quel tipo di felicità per cui smetti di trovare una
spiegazione perché, diamine,sei semplicemente contento e
basta.
Ora, ciò sembrava costituire il delitto maggiore.
Si distese sul letto e gli parve strano non sentire la porzione di
materasso accanto a lui un po' più in giù a causa
del
peso di lei.
Separati dal fiume Han e da un ragguardevole numero di incomprensioni,
entrambi poggiarono la testa sul cuscino fissando un punto a
caso. Sperarono in questa maniera di poter svuotare il cervello e
l'animo.
***
Passò un giorno. Lei non l'aveva cercato, lui non l'aveva
cercata. Jiyong, invece, aveva contattato Yerin che, alla fine,aveva
ceduto.
Lui ascoltò i sommi capi e le intuizioni di Rimri-unnie
circa
l'universo in cui Aine aveva faticato a trovare equilibrio. Un universo
pieno
di dubbi e di un'umanità non completamente pura. La
fidanzata di
Soo-ha, bevendo l'ultimo sorso di espresso con panna che aveva ordinato
pcoo prima, gli aveva chiesto con naturale schiettezza "Allora, sei
serio con Ai?". Jiyong aveva portato la mano vicino al viso, quasi a
rifletterci, e poi le aveva risposto che ci stava pensando
appropriatamente.
Così, Yerin gli disse che avrebbe fatto in modo che Aine non
si
muovesse da casa e gli diede il codice di casa, sebbene ancora
titubante su cosa intendesse Ji per "appropriatamente".
Jiyong non aveva ben chiaro quale fosse il modo migliore di affrontare
la cosa. L'unica cosa evidente era quanto ne valesse la pena.
Parcheggiò non lontano da casa di Aine, entrando
dall'ingresso secondario del residence dove era ubicata, e premette,
tra
un battito e un respiro, la sequenza che Rimri gli aveva fornito.
Indugiò, togliendosi le sneaker, ed entrò
trovandola sul
divano mentre piegava dei panni.
Aine non si accorse subito di lui ma, quando lo fece, gli occhi furono
sul punto di bagnarsi di nuovo mentre la bocca si contorceva non
riuscendo a dare spazio ad un unico ed indispensabile "Grazie".
Tutto dentro di lei gli era riconoscente per essersi fatto
carico del rischio di essere lì.
Ji si tolse il cappello al fine di prendere tempo per capire se era ok andare da lei.
-Kwon-, si mise in piedi.
-Non fermarmi-. Lui la prese per le spalle e la cinse
premendo le labbra sulle sue, più soffici e calde
di quanto avesse mai avvertito prima.
-Kwon-.
-Non provare a decidere per me-.
-Kwon-.
-Non lasciarmi più solo-.
Mentre Aine stava per pronunciare per l'ennesima volta il suo nome,
Jiyong le tracciò lungo la schiena delicatamente un "Ti
amo". Di nuovo e di nuovo finchè non si
staccarono.
Lei si mise seduta. -Kwon, mi perdoni?-.
Lui le si mise accanto e,stendendosi, appoggiò la testa
sulle sue gambe.
-Ti amo-.
-Perdonata-.
Un altro pianto si affacciò negli occhi di Aine mentre
quelli di Ji non smettevano di fissarla
-Sono qui-.
-Lo so-.
-E voglio che te lo ricordi-, prese un fazzoletto e le
asciugò le guance,-e che tu sia qui-.
Aine annuì. -E io vorrei dirti tantissimo che...-.
-Shh-.
Lei obbedì, intuendo che lui aveva parlato con Rimri. Al
pensiero di quanto coraggio doveva aver avuto, lei
trovò lui splendido e se stessa più leggera.
Nulla era risolto, eppure tutto poteva essere riparato.
Quella sensazione di scomodità e di rammarico,come quando
inzuppi troppo il biscotto preferito nella tazza del latte e questo ti
cade dentro, era sparita.
^^
Aggiornamento lampo. La stesura di questo capitolo è stata
travagliata e,difatti,questo è solo un terzo dell'originale. Happy and sad times are ahead!
Grazie di esserci ancora anime silenziose.
Alla prossima.
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Capitolo 14 *** Hanami ***
aine14
Aine andava e veniva
attraverso i corridoi dell'albergo
silenziosamente. Ora accoglieva gli invitati, ora
parlava con lo
staff per sistemare meglio quel vaso di cristallo all'entrata della
sala. Il ticchettio delle sue scarpe con un tacco appena rialzato era
diventato un sinistro avvertimento per chiunque intorno a lei.
Era il giorno di Yerin e Sooha.
Rimri-unnie era bella, con le guance
colorate del giusto
tono di rosso, una perfetta sposina coreana.
Soo-ha era bello anche lui, sorrideva
sistemando nervosamente il fazzoletto nel taschino della giacca scura.
Di Kwon nessuna
traccia. Sarebbe arrivato a qualche altro membro della YG appena in
tempo
probabilmente.
***
Battè le mani insieme agli altri a fine cerimonia, in piedi,
in
mezzo a Seungri e Youngbae. Poi, la vide portarsi al centro
della
sala.
Aine aveva un microfono in mano e, gli parve, il
cuore nell'altra. "Congratulazioni", la voce di lei risuonò
un
po' bassa ma
salda. Si mosse verso gli sposi, abbracciando Yerin, e fece
un cenno all'orchestra.
Un brusio indistinto di attesa e stupore si diffuse dapperttutto.
Aine si mosse ancora e, con lei, in mezzo, si
portò Taehyun .
Dio, era bellissima con quei capelli sciolti che le scendevano morbidi
lungo il corpo. Probabilmente lui era il meno indicato per essere
obiettivo
o lei era sul serio una piccola ninfa.
Forse erano veritiere entrambe le cose.
Gli occhi di Jiyong si fissarono su di un unico punto. Le labbra di
Aine, che ai primi tre accordi s'erano messe a tremare per poi
continuare spedite, erano diventate il fulcro dell'attenzione di colui
su cui era puntato il massimo numero di sguardi.
Ad un tratto, però, tutti avevano iniziato ad
ammirare quell'esserino che lui sapeva essere sempre un
po' spaventato e bisognoso. Quell'esserino, di cui, alla fine, lui
aveva iniziato a sentire bisogno.
***
Passò il tempo delle foto e lui non si sarebbe potuto
trattenere
più a lungo. Un altro volo a portarlo via, ma al ritorno
sarebbero stati assieme finalmente.
Aine gli si avvicinò, sfiorandogli il palmo della mano
lì dove era stampato un ben augurante sorriso.
A sorridere fu anche lei che, assieme ad una piccola smorfia,
aggiunse un "Taehyun-ah è stato bravissimo, ma io davvero
non ho un futuro
in questo settore".
Quando le fu accanto, la guardò attentamente. Jiyong
restò immobile per tre lunghissimi secondi, tentando di
processare qualcosa da rispondere. La tirò a sè
baciandola sulla fronte.
- 당신은 나의 영원한 노래이야-.
L'imbarazzo di lei aumentò ancora di più. Se poco
prima
aveva avuto il coraggio di dedicare ai neoconiugi una canzone davanti
a tutti, ora le corde vocali le si erano sciolte in gola.
Che
cos’era quella? Una dichiarazione? Lo era.
Pur essendo l'ennesima confessione dei suoi sentimenti, la meraviglia
la colse ancora una volta.
Kwon era decisamente un romantico.
E un pazzo.
E la banalità gli era del tutto estranea.
-Ecco...fai buon viaggio eh!-, esclamò con tono allegro e
canzonatorio.
Jiyong esibì un sorriso forzato, ostentando
tranquillità.
Poi, si decise, nell'adorabile tepore del suo abbraccio, di
rivelarle che la prossima volta che si sarebbero visti ci
sarebbe
stata un'importante sorpresa.
Aine gli mise il broncio. Kwon sapeva benissimo quanto lei odiasse le
sorprese. O meglio, le piacevano ma odiava l'espressione che assumeva
quando alla fine scopriva di cosa si trattava.
Lui giocò con il suo naso. -Fai la brava-.
L'espressione di lui era terrificante, strana e bellissima. Le fece
desiderare ancora una volta di essere quella che aspetta.
-Io sarò
lì, ora vai-.
^^
Ritornata con un piccolo quadretto fluff. Congratulazioni agli sposi!
La frase in coreano è traducibile con "Tu sei la mia canzone
per sempre", è una citazione al contrario della canzone
Everyone di Yoon Book Hee.
Spero vi sia piaciuto questo aggiornamento.
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Capitolo 15 *** Unnecessary Bud ***
aine17
Una caldo pomeriggio. Jiyong aveva la testa poggiata sullo stomaco di
Aine, entrambi distesi sul letto. Perpendicolarmente
l'uno all'altro e nudi.
Nulla di cui sorprendersi dal momento che avevano passato
più
tempo senza che con i vestiti addosso da quando lui era ritornato.
Lei teneva un braccio sulla faccia e muoveva l'altro pigramente per
giocare con le sue ciocche. Ora
le aggrovigliava, ora le torceva, e di tanto in tanto, le tirava
delicatamente.
L'unico
vero rumore era quello dell'orologio che ticchettava via e che
contrastava con le loro figure quasi in letargo.
-La tua pancia sta brontolando-, le sussurrò Ji
parecchio divertito.
Aine in tutta risposta gli tirò la ciocca di capelli che si
ritrovava in quel momento tra le mani.
Tirò un po' più violentemente. Prevedendo la sua
reazione, poi, lasciò la presa e tracciò una
linea immaginaria con le
dita che andava dal naso alla bocca.
Ed è sulla bocca che si fermò, tracciando
più volte il contorno delle labbra.
Lei percepì il sorriso di lui e continuò
giù,
seguendo la mascella, per poi ritirarsi. Lui si mise a mugolare
frustrato per la perdita del suo tocco.
Ridacchiando, gli accarezzò il volto nell'istante esatto in
cui
sentì le mani di Kwon intorno alla vita mentre
nascondeva lì
la faccia. Aine, allora, gli massaggiò le tempie ottenendo
le
sue riconoscenti fusa.
Altri pochi minuti e il respiro di lui si uniformò a tal
punto che lei credette che si fosse addormentato.
Ricordandosi che nessuno dei due si era rivestito, Aine
allungò
la mano libera per afferrare qualsiasi indumento vicino per coprirlo.
-Quale pensi sia il significato della vita?-. La voce vellutata di
Jiyong risuonò per tutta la stanza.Non mosse gli occhi
neanche per un secondo finchè non le
ammiccò e le
si rotolò vicino, con le mani intorno ai fianchi
affichè
non potesse scappare.
Lei lo fissò in quelli occhi che sapevano di cioccolato
decidendo di concederlgi un piccolo bacio.
Aine sorrise maliziosamente, lui predisse i suoi movimenti
così che le loro labbra si incontrarono.
Bocche aperte che ripetevano una danza familiare, facendo a turno a
stuzzicare la lingua dell'altro con la propria.
Baci distratti in cui lui implicitamente le rimproverava di non
coccolarlo abbastanza. Il "Sei adorabile" di Ji fu interrotto dal suo
stesso incespicare dato che Aine si era messa a toccare il lobo del suo
orecchio.
"Solo ora?", gli chiese lei sfidandolo e continuando a
tracciare sulle labbra di lui linee senza senso.
Kwon aprì la bocca quasi per morderle il dito.
Aine
sentì la sua lingua prima che lui potesse rispondere con un
poco udibile "Sempre".
Nonostante le parole rassicuranti, gli mise il broncio cercando di
liberare il suo dito ma lui non lo permise. Alla fine, gli si distese
sopra completamente.
Petto contro petto, fronte contro fronte, naso contro naso.
-Ridammi il dito indietro, Kwon-.
In tutta risposta, lui strinse di più. Aine, allora, stette
sul
punto di protestare maggiormente quando sentì i suoi
polpastrelli farsi strada lungo la schiena. Un brivido
viaggiò dal dito della mano fino giù a quelle dei
piedi e
le scappò un dolce sospiro. Respirò dentro il
profumo di
lui sino a chiudere gli occhi, sino a sciogliersi nella sua figura.
Non appena lei nascose la faccia in mezzo alle sue clavicole, le
lasciò andare il dito. Dito che, automaticamente,
seguì
giù la variazione nella pelle di Kwon che Aine preferiva di
più. Si trattava del tatuaggio del compleanno con
l'otto
ripetuto per buon auspicio.
Erano troppo pigri per muoversi, si limitarono a ingarbugliarsi con i
prorpi corpi simili a fili di un gomitolo di lana.
Il corpo di lei in cerca dei tatuaggi di Jiyong, mentre
quello di lui alle prese con ogni curva insita nella ragazza.
Bisbigli di piacere mischiati nell'aria con occasionali risate che
turbinavano intorno.
Lui scattò alcune volte come Aine osava scendere con le
unghie lungo la sua schiena. Dal
nulla una melodia catturò l'attenzione di lei, a cui ci
vuole
qualche minuto per elaborare che quella era la voce di Ji.
Fremiti
e baci e poi piombarono di nuovo in un pacifico riposo.
Una leggera pressione sul naso
e si risvegliò alla faccia di lui che scrutava la propria.
-Creepy-, borbottò Aine con un sorriso, chiudendo ancora gli
occhi e facendo per accarezzare i propri capelli. Non aveva
bisogno di guardare per sapere l'espressione di gioa che ha Kwon sulla
faccia.
Lui si chinò a baciarle il naso e lei gli diede un bacio
morbido sulla spalla
come lui scese dal letto lasciandolo.
Lo vide praticamente
scivolare fuori per recuperare i vestiti.
Doveva essere in ritardo dal
momento che stava indossando una maglietta rossa a caso insieme ai suoi
jeans neri preferiti.
Ugualmente, Jiyong tirò fuori dalla cassettiera,
posandolo
sulla sedia, un outfit anche per lei.
"Indubbiamente costoso"
pensò lei mentre lui completava il tutto con dei gioielli
abbinati. Aine non gli aveva mai chiesto come mai avesse
così tanti abiti
da donna o accessori e lui non le aveva offerto ulteriori dettagli
quando ripetutamente li dava via a lei. "Il comò infinito
dell'abbigliamento femminile", pensò Ai.
-Torno stasera-, le disse.
***
Lei si mosse dal divano alla televisione a muro per spegnerla. Era
stato tutto un sogno. Meglio, un flashback che la sua mente le stava
rimandando in rewind da almeno quattro ore dopo aver appreso la notizia
e mentre aspettava che lui davvero ritornasse.
La pace della quotidianità che auspicava non sarebbe di
certo arrivata, ma avrebbe avuto le spiegazioni che desiderava.
Un nuovo scandalo lo aveva colpito, uno scandalo che rischiava di
macchiare persino il loro rapporto.
Parole come "stanza d'albergo", "traditore", "cosa ci si può
aspettare da un drogato?" le punzecchiavano il cervello fino a che non
spazzò via tutto sorseggiando un bicchiere di vino e finendo
l'ultimo fazzoletto rimasto.
^^^
I'm back!
Spero vi sia piaciuto.
Alla prossima.
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