Consumati dal tempo.

di LoryLex
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo; capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7; ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8; ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9; ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10; ***



Capitolo 1
*** Prologo; capitolo 1 ***


                                     
                      

                                                  Consumati Dal Tempo.



Prologo;

Dopo decenni di abbandono, erano cominciati i lavori di ristrutturazione della casa. Nelle stanze, ormai vuote da tempo, restava solo qualche mobile mezzo marcito. Il vecchio tetto di legno era malandato e aveva bisogno di essere riparato. Dalla soffitta gli operai portavano giù casse di stracci ammuffiti, scatole piene di carte, vecchi paralumi e mucchi di tende di velluto. Il tutto veniva accatastato nello spazioso ingresso; la maggior parte delle cose sarebbe stata buttata via.
Un perito ispezionava il ciarpame, nella speranza di trovare qualche oggetto di valore. Un dipinto a olio, magari. O un prezioso abito da sera, risparmiato dalla muffa e dalle tarme, un vaso, una collezione di gioielli... Ma non trovò niente di niente. Perfino le carte erano prive di qualsiasi interesse: fatture ingiallite dal tempo che fornivano un resoconto dettagliato di ogni sterlina, scellino e centesimo spesi per gli approvvigionamenti della casa.
Il perito aprì una cassa di legno. Pullulava di ragni e mandò uno sbuffo pungente di polvere. L'uomo tirò fuori i resti rosicchiati di alcuni abitini da bambino, trasformati in un nido di topi. -Niente- disse. -Robaccia-. Poi, frugando con più attenzione, trovò qualcosa. -Un momento... -aggiunse tossendo per la polvere.
-E questo cos'è?
Sollevò un libro dalla copertina di pelle rossa sbiadita e gli angoli consumati. Un grosso pezzo di spago strettamente annodato avvolgeva il volume come un pacco.
Il perito estrasse un coltellino dalla tasca e tagliò lo spago. Aprì il libro e ne sfogliò le pagine, avvicinandoselo al naso. Lesse qualche riga, prima di richiuderlo di colpo.
-E' un romanzo di fantasmi- concluse. -Di poco valore, ma forse potrebbe interessarti. Il nome dell'autore è scritto sul frontespizio. Tieni, dacci un'occhiata.
E mi consegnò il libro.



                                                                     Christal Uzumaki
                                                                     Hokage's House
                                                                                           1890

Capitolo 1;

Una donna sotto il ghiaccio. Un fantasma. Christal poteva vedere i fantasmi, le scie delle persone morte. I morti andavano in un altro mondo, in Cielo forse, o nel Walhalla per i Vichinghi. A volte però si lasciavano dietro una traccia, come un pezzeto di stoffa strappato da un vestito, o qualche capello impigliato ad un chiodo. Anche i fantasmi erano tracce, solo che erano immateriali e rimanevano "intrappolati" nei luoghi in cui alle persone era accaduto qualcosa di importante. Forse, riflettè Christal, non era necessario essere morti per lasciarsi dietro un fantasma. Magari lei ne aveva uno.
Una donna sotto il ghiaccio. Il lago era una pozza scura all'ombra degli alberi in fondo al prato. Mancava poco all'alba e il cielo si stava rischiarando verso est, dissolvendo la brina sui prati.
Christal era stanca.
Era una ragazza esile, dall'espressione imbronciata e impenetrabile, forse a causa delle lunghe ore passate a rimuginare. I capelli neri e folti le ricadevano sul mantello scuro. Aveva attraversato il prato e si sentiva le gambe irrigidite e pesanti, la testa dolorante. La notte era trascorsa, e quindi anche la sua giornata: la famiglia Uzumaki si alzava sempre dopo il tramonto e andava a dormire prima dell'alba.
Christal era seduta sulla fredda riva del lago e saggiava il ghiaccio con la punta dello stivaletto. Era duro.
Fu a quel punto che vide il fatasma della donna, a faccia in su sotto il ghiaccio opaco: la scia di capelli chiari e lo sbuffo bianco slavato dal vestito.
Fluttuava sott'acqua.
Passando sotto i piedi di Christal, spalancò gli occhi. La superficie opalina del ghiaccio velava i suoi lineamenti.
Christal rimase senza fiato, anche se non era certo la prima volta che vedeva un fantasma. Ma gli altri le erano ormai talmente familiari che non ci faceva più caso, quasi fossero vecchi quadri appesi al muro. Questo no, però.
La ragazzina non era realmente spaventata: quell'apparizione era stata più che altro uno shock. Come un tuffo nell'acqua gelida o una scivolata improvvisa.
Sentì un formicolio risalirle lungo la schiena; si rialzò e si allontanò dal laghetto, senza però riuscire a staccare gli occhi dal fantasma. I capelli della donna ondeggiavano mollemente. Apriva e chiudeva la bocca. Forse stava cercando di dire qualcosa. Christal non indugiò oltre. Raccolse la sua ampia gonna e riattraversò di corsa il prato, fermandosi soltanto davanti alla porta di casa.
Hokage's house, così si chiamava.
Si ergeva sopra un fossato di cinta, circondata da un muro che separava il giardino della casa dai campi tutt'intorno; da quella posizione l'edificio dominava il parco, i pascoli e , più oltre, un lago che brillava sotto la luna.
Christal salì di corsa la rampa di scale che portava al giardino, varcò il passaggio che si apriva nell'alto muro di cinta e spinse la porta della cucina, dove trovò Chiyo china ad attizzare il fuoco.
Sentendo sbattere la porta, la donna si voltò. -Christal!- esclamò in tono di rimprovero. -Possibile che tu debba sempre fare tutto questo baccano?
Chiyo era una donna minuta, con un abito nero attillato e i capelli bianchi raccolti in una crocchia, le rughe visibili che le solcavano il viso. Vedendo l'aria sconvolta e trafelata della ragazza, la sua espressione passò dal biasimo all'apprensione.
-Christal,- la chiamò di nuovo, con voce più dolce -che cos'è successo? Siediti vicino al fuoco, stai tremando!
Chiyo la accompagnò alla piccola sedia di legno accanto al camino, le slacciò gli stivaletti e le strofinò i piedi tra le mani per scaldarli.
Christal riprese fiato e cercò di parlare, ma aveva le labbra e la lingua paralizzate dal gelo.
La donna scaldò del latte, poi lo versò in una tazza con un pò di cannella e glielo diede da bere.
Pian piano Christal si riprese. Sentiva le mani pulsare e formicolare mentre il sangue riprendeva a circolare.
-Allora, che cos'è successo?- chiese ancora Chiyo, continuando a sfregarle pazientemente la pianta dei piccoli piedi.
-Ne ho visto un altro- riuscì finalmente a dire la ragazza. -Un fantasma. Nel laghetto ghiacciato in fondo al prato.
Chiyo si drizzò in piedi. -Perchè l'hai fatto? Perchè sei andata al lago?
Fino ad allora le giornate all'Hokage's House erano sempre state eterne e immutabili. Per questo la donna era così sconvolta: niente di nuovo o di strano sarebbe mai dovuto accadere.
Ma Chiyo conosceva i poteri di Christal e le credeva. All'inizio, quando la ragazza aveva rivelato agli altri di vedere i fantasmi, tutti avevano pensato che si trattasse di uno scherzo della sua immaginazione. Ma gli amici invisibili di Christal non erano scomparsi e, tra l'altro, simili poteri non erano insoliti nella sua famiglia. Suo padre Naruto le aveva raccontato, molto tempo prima, che anche la sua prozia materna vedeva i fantasmi.
Alla fine gli altri ci fecero l'abitudine: ogni giorno Christal vedeva il fantasma di un gatto fulvo che saltava in cima alla credenza della cucina, prima di acciambellarsi e mettersi a dormire. Qualche volta, invece, vedeva un uomo in abiti da giardiniere cogliere le mele nel frutteto.
Chiyo, governante e balia dell'Hokage's House, non amava parlare di questi fenomeni. Storse le labbra e scosse la testa.
-Ti sei spaventata?- chiese alla ragazza.
-Non proprio. E' stato come... se qualcuno mi avesse infilato un pesce gelato sotto il vestito, giù per la schiena. O come uno starnuto improvviso. Insomma, un brivido che ti scuote dalla testa ai piedi!
-Mmm- borbottò la donna. -Tanto per cominciare, non avresti dovuto uscire a quest'ora. E poi tu non vai mai al lago! A che cosa stavi pensando? Non hai la forza per arrivare così lontano... Perchè non sei rimasta in giardino? Forse la tua immaginazione ti ha giocato solo un brutto scherzo.
Christal si accigliò. Era assolutamente sicura di quello che aveva visto. Ma che cosa l'aveva spinta fin là? Dopotutto, era da un pezzo che non si avventurava oltre il giardino. Quanto tempo era passato dall'ultima volta? Mesi, forse. Difficile dirlo. Tutti i giorni si assomigliavano, all'Hokage's House. Sveglia dopo il tramonto, in una perenne notte invernale. Prima colazione con sua sorella Caroline, poi la lezione con l'istitutrice. Dopo pranzo le due ragazze davano una mano a rigovernare la cucina, poi Christal usciva a fare quattro passi in giardino. Quella passeggiata sotto le stelle, tra i cespugli di rose scheletrici, era un momento di pura gioia per lei.
Quel giorno, però, era successo qualcosa di straordinario. Aveva fatto strani sogni e, svegliandosi, aveva trovato un fiore di bucaneve sul cuscino, i petali bianchi e freschi a pochi centimetri dal suo viso.
Da dove era sbucato? Non cresceva nessun fiore nel giardino dell'Hokage's House. La terra era gelida e dura come il ferro...
Christal aveva preso il fiore piena di meraviglia e ne aveva sfiorato i candidi petali con le dita. Quel bucaneve era un mistero. E per Christal la sua vista era stata un vero e proprio colpo al cuore.
Non ne aveva parlato con nessuno, ma aveva pensato a quel fiore per tutta la sua lunghissima e tenebrosa giornata, interrogandosi sulla sua provenienza. Era forse stata Caroline a lasciarlo sul suo cuscino mentre lei dormiva, così, per farle una sorpresa? Oppure era stata Chiyo, o magari suo padre?
Aveva deciso di attendere che il responsabile si facesse avanti.
Poi, durante la sua solita passeggiata in giardino, si era ricordata che un tempo crescevano dei bucaneve in riva al laghetto, al di là del prato. Perciò aveva cambiato direzione, modificando le solite abitudini.
Christal non ricordava esattamente quando era stata l'ultima volta che aveva visto il lago. Era accaduto moltissimo tempo prima, durante una primavera che non era mai più tornata, quando sull'acqua di un bel verde smeraldo galleggiavano le ninfee. Quel fiore l'aveva fatta ritornare con la mente ai mesi di gennaio di un passato lontano, quando il laghetto era circondato da una distesa di bucaneve che annunciavano con largo anticipo l'arrivo della primavera. Forse i fiori avevano ricominciato a sbocciare?
Non ne aveva trovato nessuno, ma pensieri sparsi le vorticavano in testa, come in un sogno.
Christal si lisciò i capelli. Le formicavano i piedi.
Chiyo la stava fissando. -Vai a letto, adesso- disse. -Hai l'aria stanca.


Nella stanza di Christal il fuoco scoppiettava dentro la piccola stufa di ferro decorata di maioliche bianche e blu.
Chiyo aiutò la ragazza a svestirsi, appese ad una gruccia il suo abito di seta ormai stinto, le strinse i laccetti della camicia da notte e le spazzolò i lunghi capelli corvini.
Christal si infilò sotto le coperte. -Chiyo, da quanto tempo abitiamo qui?- chiese.
-E chi se lo ricorda!-. La governante tirò le tende impolverate e ripiegò lo scialle di Christal.
-Più o meno?
-Ci siamo trasferiti qui dal Giappone- rispose Chiyo. -Da Konoha.
-Questo lo so. Ma quando è stato?
-Tanto tempo fa, non ricordo di preciso-. La donna aggrottò la fronte. -Tanto tempo fa- ripetè. -Adesso dormi.
Christal rimase sveglia ancora per un pò ad ascoltare il cuore batterle contro le costole. Stiracchiò braccia e gambe. Il fantasma della donna e la nuvola bianca del suo vestito continuavano a tornarle in mente.
Da quanto durava l'inverno? Non aveva pensato di chiederlo a Chiyo. Le lunghe notti invernali si stendevano dietro di lei in una specie di sogno a occhi aperti. E lei le aveva attraversate come una sonnambula. Eppure quella notte qualcosa l'aveva spinta ad avvicinarsi al lago. Lo schema delle sue giornate era cambiato.


Christal si svegliò verso sera e scostò le tende. La luna sembrava un piattino d'argento sospeso sopra gli alberi.
Si sfilò la camicia da notte. Era molto magra, con le braccia che sembravano bacchette d'avorio. I capelli di un nero intenso le arrivavano fino alla vita, coprendola come un mantello.
Infilò la sottoveste, il corsetto e, sopra, il suo solito abito rosa. La morbida seta si raggrinzì, come petali di rosa appassiti.
Caroline era seduta al tavolo del salottino dove facevano colazione e giocherellava con un portauovo d'argento innerito. Intinse un pezzo di pane del tuorlo e diede un morso. Poi appoggiò il pane vicino al piatto.
-Tutto lì quello che mangi?- commentò Christal, sedendosi all'altro lato del tavolo.
La maggior parte della casa era stata abbandonata alla polvere e ai topi, ma in quella stanza crepitava un bel fuoco di ciocchi di cedro.
Caroline scrollò le spalle. -Beh, tu non hai ancora mangiato niente- disse.
Era avvolta in un'ampia vestaglia di seta, con le maniche arrotolate. Portava i capelli all'altezza delle spalle, che le ricadevano in una cascata di boccoli color del grano e del miele. Il suo visino, però, era smunto e tirato e gli occhioni azzurri sembravano troppo grandi.
-Sta succedendo qualcosa- aggiunse Caroline appoggiandosi allo schienale.
-Che cosa?
-Non lo so esattamente. Qualcosa che riguarda te e il fantasma di una ragazza in un laghetto. Poco prima di colazione ho sentito Chiyo parlarne a papà e Tsunade. Hanno detto che stava succedendo qualcosa.
-Caroline, non può succedere niente! Che cosa vuoi che stia succedendo?
Tsunade, la loro istitutrice, era molto severa e Christal non voleva in alcun modo incorrere in una ramanzina. E poi c'era suo padre, che lei non vedeva da molto tempo. Stava quasi sempre rinchiuso nel suo studio, una figura lontana, sfumata...
-Papà sembrava preoccupato- continuò Caroline. -Si può sapere che cos'hai fatto?
-Non lo so- rispose sua sorella. -Che cos'hanno detto esattamente?
Qual era la ragione di tutto quel turbamento? In fondo in casa erano abituati al fatto che lei vedesse i fantasmi. Era la donna del lago il motivo di tanta agitazione? Christal ne fu subito certa e la cosa la preoccupò.
Caroline, che non perdeva mai occasione di origliare, alzò le sopracciglia e fece un sorriso furbetto. Stava per aprire bocca, ma in quel momento entrò Chiyo reggendo su un vassoio un servizio da tè decorato di rose azzurre e un piattino con due fette di pane tostato.
La governante salutò Christal e versò una tazza di tè al gelsomino a ciascuna delle due ragazze. Poi si voltò per attizzare il fuoco.
-Aspetta e vedrai- disse Caroline in un bisbiglio, guardando la sorella. -E' tutta colpa tua.
Christal finse indifferenza, prese una fetta di pane tostato e lo addentò. Perchè Caroline voleva farle credere di sapere sempre tutto?


Più tardi le ragazze si spostarono in biblioteca con i loro libri, in attesa di iniziare la lezione con Tsunade. In quella stanza non c'erano camini e faceva molto freddo. Christal andava avanti e indietro in preda all'ansia, temendo una sgridata dall'istitutrice. La porta si aprì.
-Papà!-. Christal gli corse incontro.
Naruto era apparso sulla soglia. Non lo vedevano da così tanto tempo!
Caroline alzò lo sguardo e rivolse al padre un sorriso trionfale.
-Buongiorno, ragazze- disse lui in tono esitante. -Spero stiate bene.
Aveva un'aria sciupata. La sua camicia bianca era sudicia, la cravatta sbiadita e sulla giacca c'erano chiazze scure che sembravano ditate. I capelli biondi gli ricadevano sulla fronte in ciocche unte e spettinate. Gli occhi che un tempo erano di un azzurro intenso e accesso adesso erano opachi e spenti.
L'uomo si sedette e fissò le figlie come se fossero delle estranee, sforzandosi di ricordarsi i loro nomi.
-Christal. Caroline- disse infine.
In quel momento Tsunade entrò nella stanza e si mise al suo fianco. Era una donna strana, ma abbastanza bella. I capelli erano raccolti in due codini bassi, di un biondo chiaro e fasciavano il suo viso e i suoi occhi castani sempre severi. Era molto più giovane di Chiyo.
In attesa della ramanzina, Christal tenne lo sguardo fisso sulle punte aguzze degli stivaletti dell'istitutrice.
-Saluta Tsunade, Christal- disse suo padre.
-Buongiorno- obbedì lei con voce acuta.
-Buongiorno, Tsunade- salutò amabilmente Caroline. Poi chinò la testa da un lato e sorrise.
Christal era sulle spine. Moriva dalla voglia di parlare a suo padre ma si sentiva a disagio, specialmente per la presenza di Tsunade. Eppure avrebbe desiderato chiedergli dov'era stato e che cosa aveva fatto tutto quel tempo. E perchè era venuto a trovarle proprio adesso.
L'uomo si schiarì la gola. -Christal, Caroline,- disse -c'è qualcosa che mi preoccupa. Ho paura che su questa casa stia per abbattersi qualche sconvolgimento. E questo potrebbe rappresentare un problema per noi.
-Che tipo di sconvolgimento, papà?- chiese Caroline.
-Uno sconvolgimento- ripetè l'uomo in un sussurro, senza specificare altro. -Voglio che facciate attenzione. Dovrete stare in guardia.
-In guardia verso che cosa?- domandò Christal.
-Verso tutto ciò che potrà sembrare... strano. Verso gli imprevisti.
Christal aggrottò la fronte e ripensò al fiore di bucaneve sul suo cuscino. Probabilmente quello era uno degli imprevisti a cui si riferiva suo padre. Ma che pericolo poteva rappresentare?
L'istitutrice e le due ragazze attesero che Naruto parlasse di nuovo, ma l'uomo si limitò a torrise e ad affondare le mani in tasca, in procinto di andaresene.
-Ricordatevi quello che vi ho detto- concluse poi. -Se notate qualcosa di strano, venite subito a dirmelo.
-Dove ti troviamo?- domandò Crhistal.
Naruto si accigliò. -Oh, qui e là... - borbottò, facendo un gesto vago con la mano. -In giro per casa-. E scomparve.
Le ragazze e l'istitutrice rimasero in silenzio per alcuni secondi.
Christal era sconcertata dalle parole del padre.
-Bene- disse infine Tsunade. -Fa piuttosto freddo qui dentro oggi. Che ne dite di andare a fare lezione in un posto più caldo?
-Il salottino!- cinguettò Caroline. -O la cucina!
-Il salottino andrà benissimo- decise la donna. -Credo sia meglio lasciare la cucina a Chiyo. Caroline, ti dispiace farci strada?
Studiarono le coniugazione dei verbi latini, poi passarono agli esercizi di matematica. Più tardi pranzarono; una volta tanto, Caroline mangiò con appetito, mentre Christal rimuginava sulle parole di suo padre, sul bucaneve e sul fantasma nel laghetto. Desiderava con tutto il cuore che la sua esistenza riprendesse un corso normale, com'era sempre stato prima di quell'intrusione.
Subito dopo pranzo, Christal uscì per la solita passeggiata davanti al fuoco insieme a sua sorella. Dopo aver cenato, salì in camera sua, tirò le tende e chiuse la porta.
Si raggomitolò nel letto con il suo libro preferito, "La figlia del mago". Sul frontespizio, il suo nome era stampato sotto quello di sua madre, Hinata Hyuga Uzumaki. Hyuga era il cognome da nubile.
Suo padre le aveva spiegato che a lei e a Caroline avevano dato dei nomi inglesi per non farle sentire a disagio in Inghilterra.
Su una pagina dal bordo d'oro era raffigurata la figlia del mago, che si affacciava da un alto balcone su un paesaggio innevato. Christal contemplò l'immagine, accarezzandola con le dita. Il passato era così lontano. L'inverno aveva continuato ad avanzare inesorabile. Le settimane erano volate, una uguale all'altra.
Ma adesso tutto stava cambiando. La passegiata, il fantasma, suo padre.
Poco prima dell'alba Chiyo venne ad aiutarla a prepararsi per la notte. Christal si addormentò come un sasso, finchè Chiyo non tornò per svegliarla.



Angolo Autrice;
Allora miei cari, come vi sembra questo progetto? xD
Spero così tanto che vi piaccia!
Comunque come avete potuto vedere la storia è incentrata nel 1980 e in Inghilterra.

Ci sono tanti misteri da svelare e si parte proprio dal prologo! E' un intreccio di colpi di scena e di "indagini" che poi verranno a galla grazie alla piccola Christal, aiutata ovviamente da sua sorella Caroline.
Dal prossimo capitolo in poi comincerò a scrivere alcune note su questo spazio autrice, per schiarirvi un po' le idee se c'è qualcosa che non riuscite a capire.
Aggiornerò ogni tre giorni...già, sono matta come un cavallo xD chi aggiorna dopo tre giorni? Costantemente poi? Amatemi u.u
Per qualsiasi dubbio potete farmelo sapere attraverso le recensioni che spero lascerete, dato che ci tengo davvero tanto.
E, come ho detto nell'introduzione, questa storia nasce dal racconto del mio libro preferito, bellissimo e intrigante.
Spero di avervi incuriositi abbastanza e perora non posso fare altro che salutarvi con affetto e andare a scrivere il secondo capitolo xD

Arigato ^.^

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


                                         Consumati Dal Tempo.


Capitolo 2;

-Christal, tesoro, alzati- disse Chiyo. -Su, Tsunade vuole cominciare presto oggi...
Christal sporse le gambe fuori dal letto e si scostò una ciocca di capelli dalla fronte. Aveva la testa ancora piena dei suoi sogni luminosi.
Si vestì, scese a fare colazione e poi portò la sua tazza in cucina, dove Chiyo stava preparando il pane.
Christal si guardò attorno e notò fasci d'erba secchi che pendevano dalle travi. Dietro la vetrinetta della credenza faceva bella mostra di sè un un servizio di piatti che ormai non veniva più usato. Quell'ambiente familiare le sembrò stranamente insolito, ora che lo osservava più attentamente. Quando mai si era fermata a guardare veramente le cose?
Tsunade venne immediatamente a prendere le due ragazze.
Caroline recitò la sua solita parte di alluna diligente. Durante la lezione di latino l'istitutrice non perdono a Christal neanche un errore, obbligandola a ripetere le declinazioni fino alla nausea.
Più tardi, quando Christal stava per uscire per la consueta passeggiata, la donna decise che l'avrebbero accompagnata anche lei e Caroline.
-Voglio andare da sola! Ho sempre fatto così- protestò Christal. -Non potete venire con me.
-Non devi più essere lasciata sola- ribattè Tsunade in tono fermo. -Questi sono gli ordini di tuo padre. Ha detto che devo accompagnarti.
Christal aveva il cuore gonfio. Non c'era piacere più grande per lei della sua passeggiata all'aria fresca, al chiarore della luna. Tsunade avrebbe rovinato l'incantesimo.
Fuori soffiava un vento freddo, perciò si imbaccuccarono in pesanti cappotti, cappelli, sciarpe e guanti di lana.
-Coraggio!- esclamò Tsunade, uscendo dalla cucina per inoltrarsi nella notte.
I raggi di luna facevano brillare l'erba ghiacciata, riflettendosi sui loro volti. Si gelava, e Caroline strinse con forza la mano della sorella.
Attraversarono il roseto e risalirono il prato. Tsunade le condusse verso una chiesetta in cima al pendio, poco prima del bosco.
Christal si era dimenticata della sua esistenza. La cappella di famiglia. Era un luogo così calmo...
Ogni tanto qualche animaletto smuoveva il sottobosco ghiacciato, disturbato dai passi delle tre paia di stivaletti.
-Bene, ragazze- disse Tsunade. -D'ora in poi dopo la lezione andremo sempre a fare una passeggiata tutte insieme. Fa troppo freddo per disegnare ma vi invito ad osservare bene la chiesa, in modo che una volta rientrate a casa potrete farne uno schizzo. Scegliete pure lo scorcio che preferite.
Caroline si diresse di corsa verso il lato sud, per studiare gli arbusti di tasso e le torrette. Christal, che odiava il disegno, seguì la sorella a malincuore.
In quel momento, da una nicchia nel muro della cappella, un barbagianni si levò in volo come un fatasma. L'uccello bianco attraversò silenziosamente il cielo notturno, alzandosi sopra gli alberi.
Christal ne seguì il volo attraverso le ombre, oltre la chiesa, dove la vegetazione si faceva più fitta, alta e scura.
Lo sguardo della ragazza fu attirato da una luminescenza dietro la finestra del lato est: il bagliore di una candela accendeva i vetri rosso e blu scuro.
C'era qualcuno all'interno della chiesa.
Christal si diresse verso il porticato. Tsunade e Caroline, nascoste dai tassi, non potevano vederla. Si fermò un attimo, poi allungò una mano verso la porta massiccia.
Quella si aprì senza il minimo rumore ma, quando Christal la lasciò andare, il clavistello di metallo sbattè fragorosamente contro il legno. Le ci vollero alcuni secondi perchè i suoi occhi si abituassero all'oscurità. Fece qualche passo lungo la navata centrale, poi si fermò, la mano appoggiata sul sedile di una panca.
Una candela ardeva sotto la finestra della parete est. Un piccolo cerchio di luce gialla tremolava sui muri e Macy vide la testa china di un uomo seduto all'estremità di una panca.
Non sapendo che cosa fare, rimase semplicemente a guardare, in attesa. La fiamma della candela vacillava mossa dalla corrente d'aria.
Poi l'uomo si voltò.
-Christal... -disse.
Aveva un lato della faccia in ombra, perciò la ragazza non riusciva a distinguerne bene i lineamenti. La voce era quella di un giovane.
-Christal- ripetè l'uomo.
Lei avanzò lentamente.
-Ti aspettavo- disse ancora il giovane. Il volto era pallido, delle ciocche di capelli corvini gli ricadevano sul volto. Era strano, di una bellezza che ricordava quella di un principe nei libri di favole.
-Sei... - balbettò Christal. -Sei forse... ?
-Un fantasma? No.
-E allora chi sei?-. Le tremava la voce. Aveva dimenticato come ci si rivolgeva agli sconosciuti.
-Hai visto la donna sotto il ghiaccio, vero?
-Come lo sai?
Entrambi avevano fatto una domanda ed entrambi attendevano una risposta.
-Chi sei?- ripetè Christal.
Il giovane abbassò lo sguardo e sorrise. Si scostò una ciocca di capelli dalla fronte. -Sasuke- rispose.
-Sei... uno della famiglia?- chiese Christal.
-Vengo anch'io dal Giappone- disse lui. -Sono un Uchiha. Adesso tocca a te rispondere alla mia domanda. Credo che tu abbia visto la donna nel lago ghiacciato. Un fantasma.
-Si, l'ho vista- rispose Christal. -Se sei un Uchiha, perchè non vivi nella nostra casa?
Si ricordava che gli Uchiha e gli Uzumaki, da sempre grandissimi amici, avevano vissuto nella stessa dimora, ma poi, i ricordi si erano fatti sempre più sfocati, dimenticandosi di loro.
-Ti ho lasciato un messaggio, Christal. Hai trovato il bucaneve sul cuscino? Sono stato io a mandarti da lei. E' tempo, ormai.
-Sei stato tu? Sei entrato nella mia camera?-. Il cuore della ragazza prese a battere all'impazzata. -Tempo per che cosa?-. Si ricordò improvvisamente dell'avvertimento di suo padre e cominciò ad avere paura.
-Sono venuto per te- disse l'uomo. -Per aiutarti.
-Aiutarmi? A fare cosa? Dove hai trovato quel fiore? Qui non crescono più i bucaneve-. Christal aveva alzaro la voce. Non reggeva più la tensione. Sasuke si portò un dito alle labbra. -Tsunade ci sentirà- bisbigliò. -Non abbiamo molto tempo.
-Tu sai chi era il fantasma di quella donna?
L'uomo rispose con un'altra domanda: -Tu sai che cos'è successo a tua madre, Christal?
-E' morta- rispose lei. -Quando ero piccola-. Ma appena ebbe rponunciato quella frase si fermò a riflettere. Strano... Non si ricordava del funerale della madre e, adesso che ci pensava, non sapeva nemmeno dove fosse la sua tomba. Di certo doveva trovarsi lì, nella cappella di famiglia... Si sforzò di ricordare e un dolore a lungo ignorato le si riaccese nel petto.
-Se vuoi puoi ritrovarla, Christal- disse dolcemente Sasuke.
-Come?- domandò la ragazza. -Dov'è?
Furono disturbati da un rumore di passi sotto il porticato. La porta si socchiuse.
-Stai attenta- sussurrò Sasuke. -Hai capito? Non fidarti di quello che ti dicono tuo padre e Tsunade. Non credergli!- la avvertì prima di svanire nell'obra in fondo alla chiesa.
-Christal?-. Tsunade era appena apparsa sulla soglia. -C'è qualcuno?
-Sono io- rispose la ragazza. -Ho visto la candela accesa, ma non c'è nessuno.
Christal era troppo distante dall'istitutrice per scorgere la sua espressione, ma il tono di voce della donna era brusco, quasi spaventato: -Vieni- disse. -Torniamo a casa. Spero che tu ti sia guardata intorno a sufficienza per il tuo disegno-. Perlustrò la chiesa con occhi di falco un'ultima volta prima di richiudere la porta alle loro spalle.
Ritornarono a casa a passo spedito, tanto che le due sorelle dovettero quasi correre per non rimanere indietro.

Nel salottino Caroline cominciò a tracciare uno schizzo della chiesa con gli alberi di tasso; nonostante fosse più piccola, era molto più brava della sorella a disegnare.
Christal si sforzò di raffigurare il barbagianni, ma i suoi pensieri erano altrove. Chi era Sasuke? Perchè la voleva aiutare? Perchè non doveva fidarsi di suo padre? Quell'uomo la sconcertava. Oltretutto non le piaceva l'idea che si fosse intrufolato furtivamente nella sua stanza mentre lei stava dormendo.
La sua apparizione nella chiesa l'aveva sorpresa, eppure non poteva fare a meno di trovare in lui qualcosa di familiare. Sapeva tutto di lei, anche come trovarla. Si erano forse incontrati, tanto tempo prima, quando lei era piccola?
Più tardi l'istitutrice congedò le ragazze e si ritirò nella sua stanza. Le due sorelle si sedettero accanto al fuoco, stremate dalle lezioni e dalla camminata.
Christal non vedeva l'ora di confidarsi con qualcuno. -Caroline,- sussurrò -ho qualcosa da dirti... un segreto.
-Un segreto?-. Gli occhi della ragazzina si illuminarono. -Di cosa si tratta?
Christal si mordicchiò il labbro. Forse non era saggio racontare alla sorellina quello che era successo.
Caroline era la cocca di Tsunade ed era molto impulsiva. E se avesse raccontato tutto all'istitutrice?
Ma quello era un segreto troppo grande per tenerselo tutto per sè.
-Ho visto qualcuno... nella chiesa- disse tutto d'un fiato. -Un uomo.
-Un altro fantasma?
-No, non un fantasma. Aveva un'aria familiare... più ci penso e più mi sembra di averlo già visto. Ha detto di chiamarsi Sasuke. E che voleva aiutarci.
Caroline aggrottò la frone. -Aiutarci a fare cosa? E dov'è andato dopo? E poi è impossibile, Christal, noi non vediamo mai nessuno qui!
-E' svanito, così come è apparso.
Caroline sbuffò. -Ha tutta l'aria di essere un altro dei tuoi fantasmi. Tu sei l'unica che l'ha visto. Come fai a essere sicura che non sia uno spettro?
-Me l'ha detto lui. E comunque... non sembrava un fantasma, credimi! E poi c'era una candela accesa. L'ha vista anche Tsunade. E, altra cosa strana... Sasuke sapeva della donna sotto il lago ghiacciato. Ha detto di essere stato lui a mandarmi lì.
Caroline non fece commenti. Si tolse le scarpe, allungò i piedi e li agitò davanti al fuoco.
-In questi giorni stanno accadendo delle cose strane, non ti sembra, Christal?- disse dopo un po'. -Prima papà che viene a trovarci, e adesso quest'uomo. Che cosa sta succedendo?
-Non mi piace... -commentò Christal. -Non mi piace per niente. Io voglio che tutto continui come prima.
Caroline scrollò le spalle. -Mi è venuta una gran fame!-. Si alzò e uscì dalla stanza a passo di danza.
Christal però non riusciva a rilassarsi. I suoi pensieri erano aggrovigliati: quello che era successo non aveva alcun senso. E poi perchè aveva tralasciato di riferire a Caroline quello che Sasuke le aveva detto a proposito della loro madre?


Angolo autrice:
Ciao di nuovo a tutti!
Su questo capitolo non ho niente da dire, apparte che è un capitolo transitorio -diciamo- e che compare Sasuke!
Comunque il mistero si fa sempre più aggrovigliato: cosa è successo alla mamma delle due ragazze? Che ruolo ha Sasuke in tutto ciò? E suo padre?
Se volete delle risposte, seguite questa storia e mi raccomando di recensire per esprimere i vostri pareri, così da farli sapere anche alla sottoscritta xD
Un bacio a tutti, ci vediamo tra tre giorni -potrei anche anticipare l'aggiornamento u.u- ^.^
P.S questo capitolo è un po' cortino, ma aspettatevi il peggio xD Spero di non aver fatto errori <3



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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


~   Consumati Dal Tempo

 

Capitolo 3;
Christal stava dormendo quando la raggiunse una risata dal corridoio, proprio fuori dalla sua stanza.
Sulle prime non riuscì a distinguere se si trattasse di un sogno o della realtà. Poi riemerse da un sonno profondo, aprì gli occhi e respirò in fretta. La stanza era immersa nell'oscurità, ma la risata era reale. La udì un'altra volta. Era quella di una ragazzina, vitale e gioiosa.
Christal aveva sentito spesso quel suono in passato. Faceva parte delle sue mattine e le era così familiare che ormai non ci faceva quasi più caso, come i quadri davanti ai quali passava senza neanche badare a che cosa rappresentassero. La risata apparteneva al fantasma di una ragazzina che correva avanti e indietro nel tratto di corridoio davanti alla sua camera.
Ormai completamente sveglia, Christal si stiracchiò. Era come se in quel tempo immutabile molti dettagli della sua vita fossero scomparsi dalla sua coscienza, soltanto adesso stava cominciando a notare le cose.
Il fiore di bucaneve stava appassendo in una tazza piena d'acqua nascosta in un angolo della stanza.
Scese dal letto, aprì cautamente la porta e sbirciò fuori. Eccolo lì, il piccolo fantasma. La ragazzina doveva avere una decina d'anni e indossava un bellissimo abito ornato di perle. Forse stava partecipando ad un matrimonio o a qualche altra festa.
Christal le sorrise, pur sapendo che il fantasma non poteva vederla. A quanto pareva, stava giocando con qualcuno che agli occhi della ragazza era invisibile. Fece un saltello e ridacchiò, prima di coprirsi gli occhi con le mani e cominciare a contare: giocava a nascondino.
Christal si accorse che la ragazzina aveva scostato le dita per sbirciare, poi si tolse le mani dagli occhi e strisciò i piedi per terra, guardando a destra e a sinistra, indecisa da che parte cominciare. Infine trotterellò via, inghiottita dall'oscurità.
Christal aveva assistito a quella scena un'infinità di volte: la ragazzina stava ripetendo esattamente le stesse mosse e gli stessi suoni di sempre, ma stavolta la corvina la seguì lungo il corridoio. Il fantasma si voltò a sbirciare da sopra la spalla, in cerca di qualcuno, accellerò di scatto, poi riprese di nuovo a camminare. Accennò qualche saltello. Forse si stava divertendo a giocare a rimpiattino con un'amichetta.
Christal affrettò il passo per starle dietro. Il corridoio era largo e costeggiava il corpo centrale della casa; sul lato sinistro si aprivano delle finestre che inquadravano il cielo stellato. Christal non andava spesso in quell'ala della casa, che era quasi completamente chiusa, abbandonata alla polvere e ai ragni.
Il fantasma scomparve per un attimo, attraversato da un raggio di luna, la ragazza lo rivide un po' più in là, oltre la fila di finestre, e continuò a seguirlo.
La ragazzina si fermò davanti ad un arazzo appeso sulla parete di destra e guardò oltre Christal, che l'aveva raggiunta e che adesso si trovava al suo fianco. Era molto graziosa, con la pelle diafana e delicate ciglia dorate. Sembrò esitare davanti all'arazzo, poi si voltò di scatto, alzò una mano... e sparì.
Christal rabbrividì investita da un'improvvisa corrente gelida. L'arazzo era completamente impolverato e ricoperto da spesse ragnatele. Rappresentava un cervo e un unicorno ritti sulle zampe posteriori, ai lati di uno stemma azzurro e oro. La ragazza allungò una mano con circospezione per togliere un po' di polvere.
-Christal? Christal?
Il suono improvviso di quella voce la fece trasalire; ritrasse immediatamente la mano.
-Sei in ritardo per la colazione e Caroline ha già cominciato la lezione!-. Tsunade incedeva lungo il corridoio e si fermò accanto alla ragazza. -Che cosa stavi facendo qui?- chiese aggrottando la fronte, insospettita.
Christal deglutì nervosamente. -Niente- mormorò. -Stavo solo... -. Non sapeva che cosa dire.
Tsunade diede un'occhiata all'arazzo, poi tornò a posare lo sguardo sulla ragazza.
-Stavi cercando qualcosa?- domandò.
Christal scosse la testa. -Mi dispiace di aver fatto tardi- si scusò. -Vado subito a vestirmi-. E tornò alla svelta in camera sua senza aggiungere altro.
Mentre si infilava il vestito, riflettè intensamente sugli avvenimenti del giorno prima e su quello che le aveva detto Sasuke. Ritrovare sua madre... ma com'era possibile se sua madre era morta? Finì di abbottonarsi e drizzò le spalle. Quando aveva smesso di pensare a lei? Quando aveva smesso di sentire la sua mancanza?
Si sforzò di ricordare che cos'era successo, ma perfino il volto di sua madre si era ormai perso nei meandri bui della sua memoria. Sentì una fitta di dolore al petto. Chiuse le mani a pugno e si premette le unghie nei palmi. La figlia del mago era sul pavimento accanto al letto, con il suo nome stampato sul frontespizio. Se non fosse stato per quel libro, perfino il nome di sua mamma sarebbe svanito in un passato nebuloso?
D'impulso strappò una pagina del suo diario e scarabocchiò un messaggio per Sasuke, magari avrebbe potuto lasciarglielo nella chiesetta. Tsunade la chiamò di nuovo e Christal si affrettò a raggiungere il salottino per la lezione.


Caroline aveva un'aria compiaciuta ed era già al lavoro quando Christal arrivò, in ritardo e in preda a una certa agitazione. La ragazza si sedette e aprì immediatamente i libri.
-Tsunade ha detto di parafrasare la poesia a pagina centotrè- spiegò Caroline. -Io ho già finito la prima strofa. Ti conviene sbrigarti se non vuoi restare indietro.
L'istitutrice fece brevemente capolino per controllare che le ragazze si stessero dando da fare e scomparve subito dopo.
-E' andata da papà- riferì Caroline.
-Come lo sai?
-Passano un sacco di tempo insieme a confabulare- spiegò la ragazzina con aria furba.
-E tu come lo sai?- ripetè Christal a voce più alta, a volte sua sorella riusciva ad esasperarla.
-L'ho seguita- disse la bionda. -Ieri, dopo la lezione. Avevo fame, così sono andata in cucina e ho visto Tsunade affrettarsi verso lo studio di papà.
-Immagino che andasse a riferirgli dei nostri progressi nelle varie materie- commentò la corvina, cercando di non tradire alcuna curiosità.
-Si è trattenuta  con lui molto a lungo- continuò Caroline. -Era quasi ora di andare a letto quando è uscita dallo studio.
-E tu sei rimasta ad aspettare per tutto quel tempo?
-No-. Caroline scosse la testa. -Ho lasciato aperta la porta della mia camera e l'ho sentita passare. Così sono uscita in corridoio e le ho chiesto se mi leggeva una storia, perchè non riuscivo a dormire.
Christal sgranò gli occhi. -E lei che cosa ha risposto?
-Beh, sembrava piuttosto agitata. Mi ha sorriso, ma ha detto che ero troppo grande per le favole della buonanotte. Tu non credi... -domandò Caroline in tono malizioso -che si stia innamorando di papà?
Christal avvertì una stretta alla gola. Solo l'idea la faceva star male. -Una storia d'amore?- disse in un sussurro. -Tra papà e Tsunade?-. Poi a voce più alta: -Ma no, certo che no, sciocca! Come ti viene in mente una cosa simile? E' la cosa più ridicola che abbia mai sentito. Come puoi immaginare anche solo per un istante che nostro padre possa innamorarsi di quella donna antipatica?
Le ultime parole le rimasero strozzate in gola, perchè la donna in questione entrò nella stanza.
Christal si sentì avvampare.
Tsunade le scrutò entrambe. -Come procede il lavoro?- chiese, chinandosi sui quaderni delle ragazze. -Christal, non hai ancora cominciato!
La ragazza fissò il foglio bianco davanti a sè. -Mi dispiace... -mormorò, e si concentrò sulla poesia. Ma una miriade di pensieri le ribolliva in testa. Per fortuna la poesia era abbastanza comprensibile e riuscì a finire la parafrasi prima di sua sorella.
Dopo pranzo uscirono tutte e tre a fare una passeggiata fino al lago. L'acqua era scura e immobile. La riva era disseminata di fitti giunchi scuri e ricoperta da una crosta di ghiaccio. Le anatre schiamazzavano in lontananza.
L'istitutrice era taciturna, ma Caroline continuava a chiaccherare spensieratamente.
-Non è bellissimo?- esclamò. -Sono sicura che da qualche parte ci sono anche un tempio antico e una rimessa per le barche. E' passato un sacco di tempo dall'ultima volta che siamo venute da queste parti ma... mi sembra di ricordare che in estate facevamo delle gite in barca-. La ragazzina si allontanò, piroettando sull'erba ghiacciata.
Christal la seguiva trascinando i piedi a una decina di passi di distanza, lanciando occhiate torve alla schiena dritta di Tsunade. Era strano sentire Caroline rievocare il passato. Improvvisamente i ricordi stavano riaffiorando in entrambe le sorelle. Per troppo tempo i loro pensieri si erano piegati a una routine sempre identica, concentrandosi sempre sulle stesse cose, finchè le loro menti si erano richiuse su se stesse. La comparsa di Sasuke aveva cambiato tutto, facendo uscire la loro esistenza dai soliti binari.
In lontananza, sulla superficie dell'acqua rischiarata dalla luna, un fantasma che Christal vedeva tutti i giorni salutò da una barchetta a remi, due, tre volte. La ragazza avrebbe voluto tornare nella cappella.
Sperava di incontrare di nuovo Sasuke per chiedergli spiegazioni. Decise che gli avrebbe comunque lasciato un messaggio in qualche luogo appartato, lontano dallo sguardo indiscreto dell'istitutrice. Se non ricordava male, la rimessa per le barche doveva trovarsi poco distante, oltre un boschetto di ippocastani.
Mentre Caroline chiaccherava con Tsunade, Christal si allontanò per conto suo. Il boschetto cresceva su una collinetta artificiale, al di là della quale la ragazzina scorse la rimessa per le barche appollaiata sull'acqua, sorretta da palafitte. La costruzione aveva bisogno di una bella mano di pittura. I pali erano anneriti e corrosi, qui e là le assi erano deformate e marce. Christal salì la rampa di scale e provò a spingere la porta ad arco: era chiusa a chiave.
La ragazza sospirò e si voltò per tornare indietro, sfilandosi il biglietto di tasca; lo aveva piegato a metà e sopra aveva scritto il nome di Sasuke. Era sciocco lasciarlo lì... Ma Tsunade aveva già dei sospetti e tornare in chiesa sarebbe stato imprudente, e comunque, se Sasuke la stava tenendo d'occhio lo avrebbe sicuramente trovato...
-Christal! Dove sei?-. Sua sorella la stava chiamando.
Svelta, Christal fece scivolare il biglietto sotto la porta della rimessa, lasciando che sporgesse di poco, poi raggiunse di corsa il boschetto di ippocastani, dove trovò sua sorella ad aspettarla.
-Dov'è Tsunade?- chiese.
-E' tornata indietro a cercarti. Dov'eri sparita?
-Da nessuna parte-. Christal scrollò le spalle. -Stavo solo ammirando il lago.
-Andiamo- la sollecitò Caroline. -Dobbiamo raggiungerla prima che si arrabbi.
Cominciarono a correre verso casa, ma Caroline si stancò subito e dovettero rallentare il passo.
-Tsunade ha detto che stasera ceneremo tutti insieme, papà compreso- riferì la sorella.
-In cucina?
-No, sciocca, in sala da pranzo.
-La sala da pranzo... -sussurrò Christal, rievocando immagini di piatti di porcellana e di candelabri fitti di candele. -Come mai?
-Forse papà vuole cenare con lei- mormorò Caroline, facendole l'occhiolino.
-Ma perchè questa novità? Credevo che volesse evitare qualsiasi cambiamento!
-Tsunade ha detto che papà vuole tenerci d'occhio per cercare di capire che cosa sta succedendo. Forse vuole solo parlarci. A noi e a Tsunade, come una vera famiglia!- esclamò la ragazzina, ridacchiando.
Christal si mordicchiò l'interno della guancia. Perchè sua sorella non riusciva a stare seria, invece di continuare a scherzare sulla presunta storia d'amore tra Tsunade e il loro papà? Non era preoccupata anche lei dello "sconvolgimento" di cui aveva parlato?
Tsunade e Chiyo erano entrambe originarie del Giappone, portavano il nome Uzumaki e in un certo senso facevano parte della famiglia. Chiyo provava un sincero affetto per lei e per Caroline, ma era pur sempre tenuta ad obbedire agli ordini di Naruto, così come Tsunade.
Christal pensò che forse era giunto il momento di cancellare una volta per tutte dalla testa di sua sorella l'idea balzana di una storia d'amore tra Naruto e la loro istitutrice e di coinvolgerla nella ricerca riguardo alla loro mamma. Era un rischio, dato il carattere impulsivo di Caroline, ma aveva bisogno di condividere con qualcuno i pensieri che l'assillavano.
Fece un respiro profondo. -E la mamma?- disse. Le sue parole rimasero sospese in aria.
-La mamma?- ripetè Caroline. -Cosa vuoi dire?
-Sai dov'è?
-E' morta. Quando eravamo piccole. Perchè?
-E allora dov'è la sua tomba? Ti ricordi di un funerale, tu? Immagino che ci abbiano portato al funerale di nostra madre, anche se eravamo piccole. E poi di cosa è morta? Non certo di vecchiaia...
Caroline aggrottò la fronte, pensierosa. -Non me lo ricordo.
Christal continuò, imperterrita: -Sasuke mi ha detto che avrei potuto ritrovarla.
-Sasuke? Il fantasma della chiesa?
-Ti ho detto che non è un fantasma!
Le due sorelle camminavano fianco a fianco.
-Ti ricordi il suo viso?- chiese Christal con foga.
Caroline scosse la testa. -No- disse. -Tutto quello che ricordo è una sensazione. Niente di più.
-Nemmeno io me lo ricordo. Non ti sembra strano?
La ragazzina non rispose.
Continuarono a camminare in silenzio, Caroline si mise a fissare il terreno, chiudendosi in se stessa. Quando poi parlò di nuovo, le tremava la voce: -Perchè mi hai fatto ripensare alla mamma?- sbottò. -Non pensavo a lei da così tanto tempo che non ricordavo nemmeno quanto mi è mancata-. Con gli occhi bassi, scosse la testa. -Non mi ricordo niente di lei. Non è giusto, ti sembra? E' nostra madre. Perchè non parliamo mai di lei?
-E se non fosse morta?- insistette Christal.
-Dobbiamo scoprirlo- decise Caroline. -Abbiamo il diritto di saperlo. Stasera, a cena, lo chiederò a papà. Non potrà tirarsi indietro. Voglio sapere la verità.
Prima che Christal potesse dire una sola parola, Caroline scappò via di corsa. Christal le urlò qualcosa, ma lei la ingnorò.
Una volta a casa, Caroline si chiuse nella sua stanza e quando sua sorella la implorò di aprire la porta non rispose.
Rassegnata, Christal si sedette sul suo letto. Era preoccupata: che cosa avrebbe detto Caroline? Che stupida che era stata a coinvolgerla! Si mise a giocherellare con una ciocca di capelli corvini, in preda all'agitazione.
Quello che più temeva era la risposta di suo padre.

 

Angolo autrice:
Salve cari lettori, ecco a voi l'aggiornamento che ho tardato xD
Gomen!!!
In questo capitolo Christal decide di lasciare un messaggio a Sasuke, e ha riferito tutto quello che pensava su sua madre alla sorella minore. Come reagirà suo padre alla domanda di Caroline? E Sasuke troverà mai il biglietto o qualcun'altro lo troverà prima di lui? Inoltre, cosa nasconde l'arazzo dove era sparita la bambina fantasma? Chi è costei? E infine, dov'è quella povera anima di Hinata xD?
Spero di avervi incuriositi a leggerla ancora :) ci tengo davvero molto!
Conto su una qualche recensione, anche critiche se volete xD ho bisogno di sapere un vostro parere :P
Certo che Caroline è proprio impulsiva e anche molto, molto, ma davvero molto, furba, per questo più avanti la amerete xD Inoltre è convinta che ci sia una relazione tra Tsunade e Naruto, che diavolo le passa per quella testa bionda?
Aggiornerò presto, promesso, intanto godetevi il capitolo, il mistero si infittisce!
Un bacio a tutti quelli che seguono la mia storia e che l'hanno messa tra le preferite, un abbraccio a tutti quelli che leggono in silenzio, spero su un vostro commento comunque eh ^.^
Alla prossima <3

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Consumati Dal Tempo
 
 
Capitolo 4;

Quella sera cenarono tardi. Tsunade andò a chiamare Christal. Chiyo aveva ricevuto disposizioni di farle indossare un abito elegante e di raccoglierle i capelli.
Caroline non si staccava un attimo dall'istitutrice, evitando di incrociare lo sguardo della sorella. Era pallidissima e aveva gli occhi rossi, come se avesse pianto.
Chiyo aveva apparecchiato per quattro a un'estremità del lungo tavolo della sala da pranzo.
Naruto le stava aspettando, con indosso una lunga giacca, meno rovinata ma molto più polverosa di quella che indossava di solito. Si era pettinato i capelli biondissimi e le mani, che sbucavano dai logori polsini della camicia di seta, erano affusolate e curate. Dei gemelli, forse di rubino, luccicavano alla luce delle candele.
-Sedetevi, sedetevi- disse. A Christal sembrò nervoso e a disagio.
Mangiarono della carne con contorno di patate; l'atmosfera era ovattata.
Tsunade chiaccherò con Naruto della vita in Italia. Poi Caroline introdusse l'argomento delle lezioni. Christal rimase in silenzio, piluccando il cibo e rimuginando. All'improvviso quella situazione le sembrò completamente sbagliata. Era stato facile trascorrere i giorni in uno stato di semicoscienza, senza tutti quegli strani pensieri che le frullavano in testa. Adesso, troppe erano le domande che premevano per avere una risposta. Si sentiva indolenzita, come se antichi dolori si fossero risvegliati nelle sue ossa; aveva una gran voglia di alzarsi in piedi e mettersi ad urlare. Invece, fece un respiro profondo e posò la forchetta sul piatto.
Come dessert Chiyo servì un budino al cioccolato accompagnato da una profumata crema alle mandorle, ma Christal non riuscì a mandarne giù nemmeno un cucchiaio.
-Papà,- disse Caroline, guardandolo negli occhi -c'è qualcosa che vorrei chiederti.
Christal si irrigidì, preparandosi al peggio. Era tutta la sera che aspettava quel momento, ma Naruto era del tutto impreparato alla domanda che seguì.
-Che cosa è successo alla mamma?
Tsunade ebbe un improvviso attacco di tosse.
-Me la ricordo appena- continuò Caroline. -Ho sempre creduto che fosse morta, ma Christal dice di non ricordarsi del suo funerale, La mamma è morta, vero?
Christal fissò suo padre. Le guance gli si stavano tingendo di uno strano colorito giallastro e le sue nocche diventarono bianche mentre stringeva il bicchiere.
L'istitutrice tossì di nuovo.
Christal tenne lo sguardo fisso sulla mano del padre: stringeva il bicchiere talmente forte che avrebbe potuto romperlo da un momento all'altro.
-Caroline,- disse poi Tsunade -non devi fare simili domande a tuo padre. Non vedi come lo hai turbato? Parlerò io con te più tardi.
Naruto si alzò in piedi di scatto. -Vi ringrazio della compagnia- mormorò alle figlie. -Era molto tempo che non stavamo insieme. Presto lo faremo ancora. Ora però devo andare...
Uscì dalla stanza a passi rigidi, urtando un tavolino come se non vedesse dove stava andando. Quando la porta si fu richiusa dietro di lui, Caroline cominciò a canticchiare a bocca chiusa.
-Caroline!- la riprese l'istitutrice.
-Gli ho solo fatto una domanda- replicò Caroline guardandola attraverso le lunghe ciglia. -Era la mia mamma! Credo di avere il diritto di sapere che cosa le è successo! Me lo volete dire o no?
L'istitutrice si fermò un attimo a pensare.
-Tua madre è morta- disse alla fine. -Alcuni anni fa.
-Ma come è morta? E perchè non c'è stato un funerale?
-E' morta mentre era in viaggio all'estero, in Giappone. Si è ammalata ed è stata seppellita laggiù. Ecco perchè non siete andate al suo funerale. Voi eravate qui, in questa casa. Capisco che la vostra vita non sia stata facile.
Christal alzò la testa. Dal tono della sua voce, sentiva che Tsunade stava mentendo. Si ricordò dell'ammonimento di Sasuke a non crederle e le sembrò di aver trovato una conferma alle sue parole. Sua madre non era morta in Giappone, di questo ne era certa.
-Sapete se c'è un ritratto della mamma?- chiese in tono pacato.
-Mi sembra che ce ne fosse qualcuno- rispose Tsunade. -Ma vostro padre fu talmente addolorato della sua morte che diede l'ordine di togliere tutti i suoi ritratti e di chiudere gran parte della villa. Questa casa era piena di cose che gli ricordavano la moglie...
-Quanto tempo fa è morta la mamma? E quanti anni aveva?-. Christal parlava lentamente. Lei doveva avere dodici anni, ma non si ricordava del suo compleanno più di quanto si ricordasse del funerale di sua madre.
-Alcuni anni fa, te l'ho già detto- tagliò corto Tsunade. -Non mi ricordo esattamente quando. Ma adesso basta. Per stasera, niente più domande! Ora vi ritirerete nel salottino a ricamare fino all'ora di andare a letto.
 
 
Seduta accanto al fuoco, Christal ricamò i petali di un fiore bianco alla luce di una candela. Quel lavoro minuzzioso le tenne occupata la mente. Caroline, dall'altro lato del caminetto, con i piedi appoggiati su uno sgabello, fissava le fiamme, sospirando di tanto in tanto. Tsunade, in mezzo a loro due, aveva ceduto alle richieste della più piccola e le stava leggendo una fiaba su una principessa trasformata in oca che aveva perso la sua ombra.
Quando la donna ebbe finito di leggere, Christal augurò la buonanotte e salì in camera sua.
Prima di svestirsi, ritornò sui suoi passi fino all'arazzo con il cervo e l'unicorno. C'era qualcosa di strano in quell'arazzo, ma la ragazzina non riusciva a capire di cosa si trattasse. Lo scostò dalla parete e trovò soltanto un groviglio di ragnatele.
Ritornò in camera, confusa e scoraggiata, e si sedette alla scrivania per affidare alle pagine del suo diario il rancore che provava nei confronti di Tsunade, i suoi dubbi su sua madre e l'incertezza sulla sua età esatta. Poi nascose il diario sotto un'asse del pavimento, quando finalmente si vestì, il cielo cominciava a schiarirsi verso est.
pensò. Tirò le tende e si infilò sotto le coperte.
 
All'improvviso si udì un grido.
Christal si svegliò di soprassalto.
Balzò fuori dal letto e corse alla porta. Chi era stato? Quella voce le era così familiare... Non Caroline, no. Qualcun altro...
Uscì in corridoio e vide il fantasma della ragazzina. Aveva smesso di giocare a nascondino. Adesso era spaventata e fissava qualcosa, completamente immobile.
Christal la raggiunse di corsa.
-Che cosa c'è?- le chiese. Benchè il fantasma non potesse vederla, sembrò guardare Christal dritto negli occhi.
Strillò di nuovo, poi fece dietrofront e corse via, a piccoli passi affrettati, i capelli al vento.
Christal la rincorse. Il fantasma seguì il solito percorso fino all'arazzo... dopodichè si dileguò attraverso la parete.
Christal era proprio dietro di lei, intenzionata a seguirla... Allungò una mano dietro l'unicorno e sentì uno spazio vuoto. C'era un passaggio, ed era aperto. Senza pensarci due volte, approfittò dell'occasione e passò dall'altra parte.
Per alcuni, lunghi attimi non riuscì a vedere nulla. Era stata inghiottita dall'oscurità.
Sentì un freddo intenso, le mancava il terreno sotto i piedi.
Poi la luce la investì, frastornandola.
Christal indietreggiò, urtando gli scaffali di una libreria. Ci mise un po' ad abituarsi al fulgore del giorno, a quel tepore. Si schermò gli occhi con le mani, poi sbirciò attraverso le fessure tra le dita, come aveva fatto la ragazzina mentre giocava a nascondino.
I colori sgargianti la colpirono con violenza. Si trovava in biblioteca, tra mappe e trattati di geografia.
Abbassò le mani e si guardò le dita. La luce faceva risaltare la sua carnagione bianca, la traccia sottile delle vene. Il sole picchiava con la forza di un martello.
Christal non riusciva a guardare direttamente fuori dalla finestra, così avanzò rasente sulle pareti fino alla porta.
Da lì la biblioteca le apparve diversa: il dorso dei libri era lucido e nuovo, il parquet era lustro. Alcuni volumi erano aperti su un tavolo, insieme a lettere e carte di vario genere. Aveva l'aria di essere un luogo frequentato abitualmente.
Christal non si aspettava niente del genere. Si era immaginata un passaggio segreto che portasse al nascondiglio del compagno di giochi della ragazzina fantasma. O magari un luogo in cui si era nascosta la ragazzina quando era fuggita spaventata.
Aprì la porta della biblioteca e risalì il corridoio, lungo il quale si allinevano i ritratti dei suoi antenati, alterati dalla luce. Uno specchio le restituì il riflesso di un volto pallido incorniciato da una massa di capelli neri e scarmigliati.
Raggiunse il salottino dell'Hokage's House, immerso nella luce del giorno. Quando scorse qualcuno uscire dalla porta, si tirò in disparte.
Una donna alta e slanciata, con indosso un abito di seta lilla le passò accanto. I suoi capelli erano del colore della pece, lunghi e lucenti.
Christal si schiacciò in un angolo, ma la donna non sembrò accorgersi di lei e la superò lasciandosi dietro una scia di profumo.
La sua fraganza di fiori e vaniglia fece riafforiare antichi ricordi dimenticati.
Christal rimase immobile contro la parete del corridoio, con il cuore che le batteza all'impazzata.
Aspirò profondamente le ultime tracce di quel profumo.
Era lei?
Quella donna era sua madre, Hinata, la donna che secondo Tsunade era morta? E se era sua madre, perchè non riusciva a ricordarsela? Perchè non ne aveva la certezza?
La donna scomparve alla sua vista. Christal si fece forza e la seguì su per una scala che portava al piano superiore, in una camera da letto.
La donna sembrava trapassarla con lo sguardo e si muoveva con la disinvoltura di chi crede di essere solo. Nella stanza la luce non era così intensa per via delle tende di mussolina parzialmente tirate alla finestra. Il letto matrimoniale era ricavato da un legno scuro e massiccio, con la tastiera decorata di ghirlande di ghiande e foglie di quercia intagliate.
La donna si sedette al mobile da toeletta, ingombro di vasetti di vetro, spazzole e graziose scatolette, e frugò nei cassetti, dove erano stipate dozzine di lettere.
Ritrovato un po' di coraggio, Christal si fece avanti, fermandosi accanto a lei.
La donna continuò a rovistare tra i fogli, senza riuscire a trovare ciò che stava cercando.
La ragazza si chinò verso di lei, osservando i dettagli del suo vestito, la catenina d'argento che aveva al collo. Non poteva essere che Hinata. Una cosa la colpì piu di tutte: i suoi occhi, perlacei e puri, assomigliavano così tanto ai suoi, istintivamente si portò una mano poco sotto l'occhio destro, sfiorandolo.
Christal moriva dalla voglia di parlarle, di sentire la sua voce... La donna però si alzò in piedi con un sospiro e uscì a grandi passi dalla stanza, diretta verso le scale.
La ragazza fece per seguirla, ma all'improvviso ebbe l'impressione che il corridoio continuasse all'infinito per poi perdersi nel nulla.
Ritornò nel salottino, dove c'erano due ragazzine sedute al tavolo, e scivolò furtivamente all'interno della stanza. Il rumore della porta che si apriva fece alzare la testa alla ragazza con i capelli scuri.
Erano intente a leggere, chiaccherando e sorseggiando il thè in tazze decorate con un motivo a rose azzurre. Sul tavolo c'erano dei libri aperti. Il focolare, rallegrato da una composizione di pigne e fiori secchi, era spento, eppure l'aria era tiepida e fragante. Dalla finestra spalancata entrava una brezza carica del profumo di erba e foglie fresche, di fiori e di rose.
Estate. Un'estate lontana e perduta nel tempo.
Il sole, però, continuava a bruciare. Christal si allontanò dalla finestra e andò a sedersi su una piccola sedia da bambini in un angolo della stanza. Nella saletta dove faceva colazione Caroline ce n'era una uguale, anche se più vecchia.
Quando Christal si mosse, la ragazza con i capelli scuri alzò di nuovo gli occhi dal libro, come se avesse notato un'ombra. -Hai freddo?- chiese all'altra.
-No, per niente. Anzi, a dire la verità fa caldo qui dentro- rispose la ragazza dai capelli chiari, allargandosi il colletto del vestito.
-Ho sentito una corrente fredda- continuò la corvina. E rabbrividì come per dare conferma alle sue parole.
Christal rimase a osservarle, affascinata. Quelle due ragazzine erano lei e sua sorella Caroline all'età, rispettivamente, di dieci e otto anni! Con la differenza che quelle Christal e Caroline avevano un bel colorito roseo e che le braccia di Caroline erano piene e grassottelle.
Le due sorelle continuarono a ridere e scherzare.
Avvertendo un'improvvisa fitta di dolore, Christal si rese conto di non ricordare l'ultima volta che aveva riso. Invidiava quelle ragazzine, così noncuranti della tiepida, deliziosa carezza del sole che accendeva di riflessi dorati i capelli della piccola Caroline e ne risaltava gli occhi azzurri come il mare, mentre faceva sembrare due perle quelli della piccola Christal.
Perchè erano state private di tutto ciò? Una volta, tanto tempo prima, Christal aveva vissuto così, nella luce dorata e carezzevole del sole.
Le ragazze tornarono ai loro studi; la piccola Christal lesse a voce alta una poesia che aveva composto lei stessa su una ninfa che viveva in un fiume. Caroline rise, poi lesse a sua volta la sua composizione, su un vestito magico che trasportava chi lo indossava ad un ballo incantato, costringendolo a danzare per cent'anni.
-E'molto bella- riconobbe la piccola Christal. -Bella e triste. Mi immagino quella povera fanciulla che ritorna a casa, con le scarpette consunte e il vestito a brandelli e scopre che tutti quelli che conosceva sono morti e sepolti.
-Fai un disegno...- disse la piccola Caroline, abbassando gli occhi per il complimento. -Per favore, fai un disegno per me.
 
Dopo un po' cominciarono a rimettere in ordine.
Christal avvertì un leggero stordimento. Le ombre cominciarono ad allungarsi sulle pareti e le due ragazze scomparvero insieme alle loro tazze.
Christal lasciò il salottino e raggiunse la sua stanza in versione estiva. Non c'era nessuno. Ispezionò rapidamente gli oggetti sul mobile da toeletta: spazzola, bottiglietta di profumo, il vassoio con il sapone e l'asciugamano. La brocca e la bacinella poggiate a terra erano le stesse che usava adesso.
-Christal!- chiamò una voce lontana. -Dove sei?
Era Tsunade, che sicuramente doveva rimproverarle qualcosa. Il tono fastidioso della sua voce non era cambiato. Ma Christal cominciò a preoccuparsi. Forse Tsunade la stava cercando anche nell'altra realtà dell'Hokage's House. Come avrebbe fatto a tornare indietro?
Corse in biblioteca, dove trovò suo padre immerso nella lettura, seduto a un tavolo. Sembrava molto più giovane, aveva la pelle liscia e neanche un accenno di occhiaie sotto quelle iridi che ora sembravano più azzurre del cielo.
La ragazza si diresse verso di lui con una certa esitazione, temendo di essere vista.
Ma Naruto era completamente assorbito dal libro e non si accorse della sua presenza.
Christal lo osservò attentamente: sembrava un altro uomo, con mani forti e ben curate.
Oltre a quello che stava leggendo, aveva un altro libro accanto a sè, un volumetto rilegato in fine pelle rossa con i caratteri sulla copertina stampati in oro. Christal lesse il titolo: Hokage's House.
Lo raccolse con mani tremanti, senza che suo padre si accorgesse di niente. Lo aprì alla prima pagina e vide il disegno in bianco e nero di una casa immersa in un paesaggio innevato, con alcune finestre illuminate e un uomo a cavallo che si allontavana al galoppo.
Il nome dell'autore, scritto sul frontespizio, era Naruto Uzumaki. La data di pubblicazione: 1790.
Suo padre aveva scritto un libro sulla loro casa!
Quel libro le fece uno strano effetto. Come lei, non apparteneva a quel luogo assolato dal passato. Lo sentì vibrare leggermente tra le mani, carico di energia. Sfogliò rapidamente le pagine in preda a una specie di furore. Le parole le scorrevano sotto gli occhi come un nastro di segni indistinti. Riconobbe la scrittura di suo padre, ma non riuscì a comprendere il significato della storia. Una pagina in particolare attirò la sua attenzione. Ne fissò la figura: il ritratto abbozzato di un giovane uomo.
Malgrado i lineamenti stilizzati, non c'era alcun dubbio: era lui, Sasuke! Così aveva detto la verità.
Chissà, forse Christal lo aveva conosciuto, in un tempo lontano...
Diede un'altra occhiata alla figura. Poteva prendere il libro con sè? Si avvicinò agli scaffali dov'erano riposte le carte geografiche, con il libro rosso stretto al petto. Si, era entrata da lì. Ma adesso come avrebbe fatto a tornare indietro?
Si concentrò con tutta se stessa sforzandosi di tornare dall'altra parte. All'improvviso, si sentì trascinare verso l'alto, lungo un corridoio buio. Una specie di pozzo magico. Saliva e saliva, sempre più in alto, i capeli che fluttuavano al vento.
Atterrò con un tonfo sordo e aprì gli occhi con circospezione.
Era seduta sul pavimento del corridoio, accanto all'arazzo, completamente immersa nel buio. Aveva ancora le braccia strette al petto, ma il libro non c'era più.
Un po' più in là vide Tsunade, fuori dalla porta della sua stanza.
L'istitutrice si avvicinò a grandi passi. -Che cosa ci facevi lì?- chiese. -Dormivi per terra?
-Non lo so... -mormorò la ragazza rimettendosi in piedi a fatica. Era in uno stato confusionale, nella sua mente si sovrapponevano immagini del presente e del passato.
Tsunade posò una mano gelida sulla fronte di Christal e arricciò le labbra.
-Mi pare che tu abbia qualche linea di febbre- disse infine. -Per oggi sei esonerata dalla lezione. Torna a letto. Dirò a Chiyo di portarti la colazione in camera.
-Sto bene- protestò Christal. -Non mi sento per niente malata!-. Non voleva starsene rinchiusa nella sua stanza. Doveva parlare con Caroline.
Ma Tsunade non volle sentire ragioni: la scortò in camera e le proibì di alzarsi dal letto.
Dopo che l'istitutrice ebbe lasciato la stanza, Christal cercò di fare ordine nei suoi pensieri.
Sempre più domande le affollavano la mente. La scoperta della realtà parallela rappresentava un raggio di luce nella buia prigione dei suoi giorni.
Quanto tempo era passato? In che anno si trovava adesso? E poi era sicura di aver visto Hinata?
Christal, nell'inverno perenne di quella casa, desiderò ardentemente rivedere sua madre.
E poi c'era quel libro, Hokage's House. Christal percepiva tutta la sua importanza e la sua forza. Che cosa significava? E perchè conteneva un ritratto di Sasuke? Quando lo avrebbe incontrato di nuovo?
 
 
Angolo Autrice:


Salve a tutti ragazzuoli e ragazzuole! Mi scuso enormemente per l'enorme ritardo ma non avete idea di quello che mi è successo in questo mese -oltre al fatto che non avevo più internet sul computer- e quindi spero che con questo capitolo io sistemi un pò le cose xD In questo capitolo succede un cosa molto importante: Christal visita finalmente il mondo parallelo (se così si può chiamare xD) ed è molto, molto importante!
Non ho molto tempo a mia disposizione e mi spiace non dedicarvi altre parole, ma sono proprio di fretta e per l'amor di pubblicare l'ho fatto adesso xD Spero siate in molti a recensire, perchè in questo periodo, sinceramente, i vostri commenti -e perchè no- anche le critiche, mi servirebbero molto per la mia povera autostima xD Ringrazio tutti quelli che hanno recensito fino adesso, tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite, ricordate e seguite e tutti quelli che leggono in silenzio - anche se non mi dispiacerebbe che si facessero sentire ;) -.
Detto ciò vi saluto e prometto solenemmente che i capitoli arriveranno prestissimo u.u
Un bacio grande a tutti <3

Lorylex ^.^

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


                                          Consumati Dal Tempo
 
Capitolo 5;
La ragazzina sgattaiolò in corridoio, superando, senza farsi vedere, la porta del salottino.
Dall'interno sentì provenire la voce squillante di Caroline che leggeva una lirica in latino. Ogni tanto la voce più profonda di Tsunade la interrompeva.
Christal era nervosa. Non era affatto malata ed era evidente che l'istitutrice stava facendo di tutto per impedirle di parlare con sua sorella. Non era stato facile disobbedirle, ma doveva assolutamente ritrovare Sasuke. Si affrettò lungo il corridoio, scese le scale in punta di piedi ed entrò con molta cautela in cucina.
Il camino era accesso. Di Chiyo non c'era traccia: forse era andata a prendere dell'altro carbone. Il fantasma del gatto fulvo sonnecchiava in cima alla dispensa. l'impasto del pane riposava su un tavolo, ricoperto da un sottile strato di farina.
Christal controllò di nuovo di avere via libera prima di attraversare di corsa il pavimento di pietra e uscire nel giardino buio.
L'aria fredda la inghiottì, togliendole il fiato. Un velo di ghiaccio ricopriva l'erba e gli alberi spogli erano avvolti in una guaina di gelo.
Christal si raccolse la lunga gonna, gettò un'ultima occhiata alla finestra della cucina illuminata dal bagliore delle candele e si diresse di corsa verso il lago.
Quando si fermò sulla riva era senza fiato. In superficie l'acqua era completamente ghiacciata, come se una specie di coperchio bianco e argenteo coprisse il lago. In lontananza le sagome scure delle anatre si muovevano goffamente. La luna spuntò sopra agli alberi.
Christal si schermò gli occhi con una mano per scrutare la riva in cerca di una qualche presenza. Il fantasma nella barca a remi salutò a più riprese.
La ragazza lo ignorò e si diresse verso la rimessa. Il biglietto che aveva lasciato era scomparso.
Spinse la porta, che questa volta si socchiuse con un cigolio.
-Ehi!- disse piano. -Sasuke, sei qui?
Nessuno rispose. Christal si fece coraggio ed entrò.
-Sasuke?- chiamò di nuovo.
La rimessa era deserta. Qualcuno doveva essere passato a prendere la lettera e poi se n'era andato senza chiudere la porta a chiave. Ma chi?
Christal aveva l'impressione che alleggiasse ancora una sorta di tepore nell'aria, come se fino a pochi minuti prima ci fosse stata una presenza.
Poi la porta si richiuse di colpo e per poco Christal non ruzzolò a terra.
-Ssssh!-. Sasuke aveva un dito appoggiato sulle labbra. -Volevo parlare con te, ti ho seguita fin qui- sussurrò.
-Hai trovato il mio messaggio?- gli domandò Christal.
-Quale messaggio?
-Ti ho lasciato un biglietto sotto la porta...
-No- rispose l'uomo. -Se non c'è più, deve averlo preso qualcun'altro.
-Ma allora come facevi a sapere che ti aspettavo qui?
-Come ti ho detto, ti ho seguita quando sei uscita di casa. Stavo aspettando il momento buono per venire a parlarti-. Sasuke si sedette su una panca addossata al muro. -Avvicinati- disse battendo con la mano sulla panca accanto a sè. -Presto verranno a cercarti. Non abbiamo molto tempo.
Christal si sedette con circospezione.
-Chi sei?- chiese. -Ho visto un tuo ritratto in un libro che si chiamava Hokage's House, come la nostra casa.
Sasuke sembrò esitare un attimo. -Appartengo anch'io alla storia della casa.
-Quindi sei un fantasma?
-No, non sono un fantasma. Sono vivo quanto te- dichiarò stringendole una mano. La sua era molto più calda di quella di Christal. -Sentito?- aggiunse.
Christal ritrasse la mano. -Allora come fai a sapere chi sono? E come fai a sapere degli altri fantasmi?
-Perchè anche tu fai parte della storia della casa- disse. -Una volta eravamo amici.
Christal scosse la testa. -Potrebbe anche essere vero- mormorò. -Ma non me lo ricordo.
-Voglio liberarti, Christal!- continuò Sasuke. -Tuo padre, d'accordo con la servitù, vuole mantenerti nelle tenebre-. I suoi occhi brillarono nell'oscurità del capanno. Di nuovo, un lato del suo viso era in ombra e l'altro illuminato dalla luce pallida della luna.
-Quali tenebre?
-Sono venuto apposta per te. Ti ho portato un bucaneve, un messaggio per condurti al lago- disse Sasuke. -Ora vedrai di nuovo quel fantasma... E' ora che ti svegli dal tuo torpore. Metti insieme i pezzi del puzzle, Christal, e scopri la verità su tua madre!
-N-non capisco- balbettò la ragazza.
-Ci rivedremo presto- concluse Sasuke gettando intorno un'occhiata inquieta e sbirciando fuori dalla porta. -Non posso trattenermi a lungo. Parla con quel fantasma. Sono stato io a mandarti da lei. Ti aiuterà.
Detto questo, lasciò la rimessa.
Christal balzò in piedi ma, quando raggiunse la soglia, Sasuke era sparito.
Non aveva la minima idea di quanto tempo le fosse rimasto. Tsunade sarebbe sicuramente venuta a controllare come stava durante la pausa tra una lezione e l'altra. Anzi, probabilmente aveva già scoperto che era uscita di nascosto... Ma lei doveva assolutamente rivedere il fantasma nel lago. Se si sbrigava, ci avrebbe messo una ventina di minuti a raggiungere il punto dove l'aveva visto la prima volta.
Si incamminò a grandi passi, con la mente in subbuglio. Non sapeva se fidarsi di Sasuke.
Una volta arrivata in cima alla collina, Christal attraversò in fretta il bosco di ippocastani per raggiungere il pendio opposto, che si espandeva verso il lago. Era sudata e accaldata. Si tolse il cappello, sciogliendo le ciocche arruffate nell'aria fredda.
Il laghetto, una chiazza scura nell'erba, era una pozza profonda dove si raccoglieva l'acqua che defluiva dai campi. Christal ricordava vagamente che in primavera era pieno di fiori e gallinelle d'acqua nere come il carbone. Quanto tempo era passato dall'ultima primavera?
Si allentò la sciarpa intorno al collo e si sedette in riva al laghetto, sulle fredde radici di un biancospino, chiedendosi se il fantasma sarebbe ricomparso. La prima volta lo aveva visto scivolare sotto il ghiaccio poco prima delle luci del mattino. Ma mancavano ancora diverse ore all'alba.
Rimase in attesa, calcandosi di nuovo il cappello in testa e pestando i piedi con impazienza sulla riva. Si immaginò il trambusto che doveva essersi scatenato a casa, con Chiyo e Tsunade che la cercavano dappertutto.
-Avanti... - disse sottovoce. -Fatti vedere!
La luna era ormai alta in cielo. In lontananza si udì il verso di una volpe provenire da una folta siepe di arbusti. Christal si avvicinò allo specchio d'acqua e saggiò la lastra di ghiaccio con la punta del piede. La superficie era piena di bolle, con qualche venatura d'alga. Non sarebbe stato facile vedere attraverso. Si inginocchiò a grattare il ghiaccio con la mano protetta dal guanto.
La faccia apparve di colpo.
Fu una visione talmente improvvisa e ravvicinata che Christal sobbalzò.
Il volto pallido era a pochi centimetri dal suo. La ragazza trasse un respiro profondo, e poi un altro, cercando di farsi coraggio prima di incrociare di nuovo quello sguardo vacuo. Poi si chinò in avanti, allungandosi sulla pancia oltre il bordo del laghetto.
Il fantasma era ancora lì. Era una donna giovane e bellissima, i capelli color verde bottiglia che fluttuavano sott'acqua. Le sue labbra erano esangui e continuava ad aprire e chiudere la bocca come se parlasse.
Christal però non riusciva a sentire cosa diceva.
-Mi ha mandato Sasuke!- esclamò. -Sostiene che tu devi riferirmi qualcosa. Che devi darmi una spiegazione...
Il fantasma mosse di nuovo la bocca, ma le sue parole restarono imprigionate sott'acqua.
-Non riesco a sentirti!- si lamentò Christal colpendo il ghiaccio con il pugno. -E non so se avrò un'altra occasione.
La donna sembrò rattristarsi. Gli occhi vacui rifletterono qualcosa, un lampo azzurro, un barlume di vita. Poi scivolò via. Il suo vestito si gonfiò in una nuvola bianca e cominciò ad andare alla deriva, in balia alla corrente.
-Non andartene!- gridò Christal. -Aspetta! Devi aiutarmi!
Ma il fantasma non le prestò ascolto. Lo strascico bianco del vestito si dileguò e tutto tornò immobile.
La delusione di Christal fu enorme. Si rimise in piedi, svuotata di ogni emozione. Anche le sue energie sembravano di colpo esaurite: cominciò a sentire freddo alle dita, e l'aspettava ancora una lunga camminata verso casa.
<> pensò. <>
Ma era una vana speranza.
Ad un trattò notò un bagliore sulla riva ghiacciata del laghetto. Spinta dalla curiosità, si avvicinò a guardare attraverso la lastra di ghiaccio. Si tolse i guanti e ripulì la superficie con le dita, sforzandosi di vedere attraverso. Da sotto il ghiaccio proveniva un'intensa luce argentea.
Christal tentò di rompere la lastra pestando con i piedi, ma era dura e spessa. Riprovò con più forza, battendo con il tacco. Il ghiaccio si spaccò con un suono secco, simile ad uno sparo.
La corvina continuò a battere, fino a rompere completamente la crosta che ricopriva la sponda. L'acqua gelida le penetrò nello stivaletto di pelle. Immerse una mano nell'acqua, graffiandosi le dita con le schegge di ghiaccio. Il fondo limaccioso si sollevò, intorbidando l'acqua.
Ad un tratto sentì qualcosa. Tre chiavi arrugginite attaccate ad un anello.
Le ripescò dall'acqua, raggiante. Ce n'era una più grande delle altre.
Christal sorrise. -Grazie- disse a voce alta, rivolta alla donna del lago. -Grazie mille!
Ripose le chiavi in una tasca del cappotto. Avrebbe passato dei guai, ma ne era valsa la pena.
***
Christal trovò Tsunade ad aspettarla, livida di rabbia. L'istitutrice le rivolse a mala pena la parola e, facendo strada con una candela in mano, la scortò dall'altra parte della casa, lontano dalla cucina e dagli ambienti familiari dove le sorelle trascorrevano le giornate. Si inoltrarono lungo corridoi polverosi di cui Christal aveva addirittura scordato l'esistenza e attraversarono stanze che una volta, tanto tempo prima, forse aveva usato abitualmente. I quadri di paesaggi e ritratti appesi alle pareti suonavano vagamente familiari...
Christal era in ansia, ma lo sconforto che l'aveva assalita al lago si era dissipato. Quelle chiavi rappresentavano una speranza a cui aggrapparsi.
Tsunade aprì una porta ricavata nel pannello che rivestiva una parete ed entrò in un salotto, al centro del quale pendeva un lampadario pieno di ragnatele.
Christal si ritrasse, fissando il debole luccichio delle gocce di vetro alla luce della candela.
-Avanti- la esortò l'istitutrice, tirando una tenda e aprendo un'altra porta.
Christal alzò gli occhi, mentre un ricordo affiorò di colpo. Si rammentava vagamente di quel posto...
Dove portava? Un'immagine le balenò alla mente: un soffitto di vetro, un groviglio di foglie verde smeraldo. Si... la grande serra, orgoglio e gioia di suo padre!
-Christal!- la chiamò Tsunade in tono duro.
La ragazza si affrettò a raggiungere l'istitutrice, che stava tenendo sollevata la tenda per permetterle di passare. Dopodichè, Tsunade la abbandonò.
Davanti agli occhi di Christal si stagliò la grande serra. La luna illuminava  l'ambiente come una torcia, con una luce molto intensa. Il pavimento a scacchi bianchi e neri correva lungo il lato sud della casa. I pannelli di vetro erano sostenuti da un'intelaiatura di legno bianco, ed erano sporchi di lichene, muffa e guano.
Una volta lì c'era una giungla di felci tropicali.
Piante rampicanti e arbusti provenienti dalle foreste pluviali crescevano rigogliosi, sbocciando in fiori dai petali sottili come seta, nel tepore della serra riscaldata. Ora invece non si coglieva il minimo segno di vita.
Christal scese lentamente i tre scalini, scostando i rami secchi e scuri che penzolavano dall'alto. Senza piante, lo spazio sembrava molto più grande. Qui e là, sul pavimento, giaceva ancora qualche mucchietto di foglie mummificate. Vasi giganti contenevano masse di terriccio secco e farinoso.
Un altro ricordo sbiadito le affiorò alla mente... una volta lì non c'erano miriadi di farfalle? Farfalle gigantesche e colibrì non più lunghi del suo mignolo.
Naruto era seduto a un tavolo di ferro battuto che appariva assurdamente fuori posto in mezzo a quelle rovine. Sembrava debole, come un vecchio.
Mentre sua figlia si avvicinava, alzò il viso. -Christal,- disse con dolcezza -siediti.
La ragazza si accomodò accanto a lui.
-Sono venuto qui la notte scorsa- cominciò a dire suo padre. -Tutti quegli anni spesi a occuparmi delle piante... e adesso sono tutte morte. Un tempo crescevano pesche e albicocche. Erano così dolci!
Tacque per alcuni secondi, lo sguardo perso in lontananza. Poi sospirò.
-Non ho appetito ultimamente- aggiunse. -E anche tu sei molto magra.
Christal non sapeva cosa rispondere. Suo padre si era tenuto a distanza per tanto di quel tempo che ormai per lei non era che un'ombra indistinta che si muoveva sullo sfondo delle sue monotone giornate.
Naruto tacque di nuovo. Aveva perso l'abitudine di parlare.
Christal attese.
Mille domande le si affollavano nella mente, ma non osava farne nemmeno una per paura che suo padre si chiudesse in un silenzio definitivo. Del resto, sapeva che non approvava la sua curiosità. Anzi, la riteneva una seccatura.
In un moto di rabbia, la ragazza si voltò dall'altra parte a fissare le rovine della vasca ornamentale. Un tempo pesci giganti dai preziosi riflessi di rubino, ambra e argento nuotavano in piccoli cerchi sotto le grandi foglie di ninfee. Adesso la vasca era ridotta a una conca vuota, chiazzata di fango e di alghe.
-Christal,- continuò suo padre a malincuore -Tsunade è molto arrabbiata con te.
<> pensò la ragazza. <<Tu sei arrabbiato con me. Tsunade si limita a seguire i tuoi ordini>>.
A Christal dispiacque che Naruto riversasse sull'istitutrice i suoi sentimenti, come se non lo riguardassero direttamente. Ma non voleva farlo arrabbiare. Aveva un aspetto così fragile che temeva che la minima emozione potesse farlo crollare.
-Lo so- disse quindi. -Sono uscita disobbedendo ai suoi ordini. Ma non ero malata! Volevo solo prendere una boccata d'aria per... schiarirmi le idee.
Naruto la guardò dritto in faccia. I suoi occhi erano di un azzurro intenso.
-Non voglio sentire scuse, Christal- disse in tono serio. -Ti ho affidato alle cure di Tsunade e tu devi obbedirle nel modo più assoluto. Non mi sarei mai aspettato da te un simile comportamento.
-Ma, papà... ho così tante domande...
-Christal!- la interruppe Naruto. -Non voglio sentire una parola di più. Qualcosa sta cambiando, ma noi dobbiamo opporci, per la nostra salvezza. Un'influenza maligna si è messa all'opera in questa casa per causare scompiglio, ma stai certa che io mi opporrò con tutte le mie forze. Ho la massima fiducia in Tsunade e mi aspetto che tu la tratti con il rispetto che merita.
-Perchè abbiamo bisogno di difenderci?- insistette Christal. -Papà, io non voglio ferire in alcun modo i tuoi sentimenti ma... perchè non mi parli della mamma? So così poco di lei! Non ricordo nemmeno più che viso avesse. Non c'è un suo ritratto da qualche parte?
Naruto osservò il dorso delle sue mani. Il colore dei suoi occhi sembrò incupirsi e Christal capì di aver posto fine a quel raro momento di intimità.
Infatti Naruto si richiuse in se stesso. -Ho fatto togliere tutti i suoi ritratti- mormorò. -Non ne sopporto la vista, Christal. Adesso vai. Raggiungi tua sorella per la cena.
La ragazza si alzò lentamente.
-Christal?- la chiamò suo padre mentre stava per allontanarsi. -Mi fa piacere sapere che non sei malata, nonostante tutto.
<> pensò rassegnata.
La ragazza tornò nel salottino, dove Tsunade la stava aspettando seduta ad un tavolo, alla luce della candela.
-Mi dispiace- si scusò Christal.
Tsunade si alzò in piedi e tirò su con il naso.
***
Dopo cena, una volta rimasta sola con sua sorella nel salottino, Christal riferì a Caroline la sua conversazione con Naruto.
Cosa avrebbero fatto d'ora in poi lei e Caroline?
 

 
Angolo psicopatico dell'autrice:
Salve a tutti carissimi lettori ed eccovi servito e appena sfornato il quinto capitolo!! Yeayyyyyh!!
Avete visto come si comporta Naruto? Ma diamine! Che cacchiarola è successo alla povera Hinata?!
E come reagirà Caroline alle notizie che le riferirà la sorella? Come si muoveranno per scoprire il caso? Inoltre, Christal crederà a Sasuke o a Naruto? E le chiavi? xD (uccidetemi e linciatemi pure).
Vi sto facendo odiare la povera Tsunade eh? ahahaha xD
Purtroppo ogni personaggio deve avere per forza questi caratteri che sono importantissimi per la storia. Anche se Naruto non è stato sempre così eh, nel tempo pass.....vi sto spoilerando!! O.o
Ok, basta. Se volete che i capitoli li faccia più lunghi basta chiedere, che vi accontento ^.^
Adesso però devo proprio salutarvi, mi fanno male le dita di quanto ho scritto e la schiena, povera moi!
Un bacio caloroso a tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha recensito gli scorsi capitoli. Grazie anche ai lettori silenziosi :*
Aspetto un vostro commentino eh!
Alla prossima gente! <3

                                                     

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


              Consumati dal Tempo


Capitolo 6;


-Quanti anni hai, Caroline?
La ragazzina socchiuse gli occhi e rispose, con voce esitante: -Undici, credo.
-Ma non ne hai la certezza. Non ti sembra un po’ strano?
-Non lo so- mormorò Caroline. –Non ci avevo mai pensato fino a questo momento.
-Non ti sei mai chiesta perché ci è vietato vedere la luce del sole?
-No.
-Ma una volta lo facevamo, ne sono sicura!- continuò Christal. –Me lo ricordo. O per lo meno, mi sembra di ricordare…
La ragazza sentiva che il passato si stava lentamente risvegliando, emergendo da qualche angolo remoto della sua mente. Come un libro abbandonato aperto su uno scaffale, le pagine della sua memoria si aprivano a caso, portando alla luce frammenti di una storia dimenticata.
Caroline tirò fuori alcuni libri. –Dobbiamo scrivere un tema sull’invasione danese del Wessex nel nono secolo- annunciò. –Tsunade ci ha lasciato dei libri da leggere sull’argomento.
-Che noia… - commentò Christal con uno sbadiglio. All’improvviso la si sentì spossata. Come poteva concentrarsi sugli antichi danesi in quel momento?
-E’ meno noioso di quel che credi- ribattè Caroline. –Sai, io ho già cominciato la ricerca mentre tu eri da papà a farti rimproverare. Noi qui siamo nel vecchio regno di re Alfred, che viveva in un palazzo sui terreni acquitrinosi delle pianure del Somerset-. Sollevò il suo taccuino per mostrare alla sorella quanto aveva scritto in quel momento. Poi si fece molto seria. –Dove sei stata prima?
-Sono andata al lago- rispose Christal.
-Perché sei scappata? 
-Non sono scappata. Volevo solo prendere una boccata d’aria per schiarirmi le idee.
-Tsunade è convinta che tu stia tramando qualcosa. Lei e Chiyo sono andate da papà mentre io in teoria sarei dovuta rimanere qui a studiare. Invece le ho seguite e ho ascoltato di nascosto la loro conversazione. Non sei l’unica a interessarti di misteri.
-Che cosa si sono detti?
-Prima raccontami cosa ti è successo, poi ti dirò quello che ho sentito.
-Ho visto Sasuke- confessò Christal. –Nella rimessa per le barche. Ma non devi dirlo a nessuno! Sostiene che vuole aiutarci, ma che loro cercheranno di impedirglielo. Adesso sentiamo, che cosa ha detto Tsunade?
-Lei crede che tu sia vittima di un’influenza malefica- rivelò Caroline. –Ha detto proprio così: malefica. Insomma, qualcosa di cattivo. E secondo me si riferiva a Sasuke, non credi?
-E papà? Che cosa le ha risposto?- la incalzò Christal.
-Beh, loro pensano che sia questa influenza la causa dei cambiamenti che stanno avvenendo nella casa. Non so in che modo, però. Ci stiamo svegliando, questo è quello che ha detto papà. Ha fatto riferimento alle nostre domande riguardo alla mamma e al passato. E’ preoccupato che ci venga fatto del male. E adesso dimmi il resto!- disse Caroline guardando negli occhi sua sorella. –Perché Tsunade ti ha ordinato di rimanere nella tua stanza?
Christal stava per rispondere, quando sentì dei passi nel corridoio. –Dopo- bisbigliò. –Ti aspetto in camera.

****

Più tardi, quando gli altri credevano che le due sorelle fossero occupate a leggere e a prepararsi per andare a dormire, fu Christal a raggiungere Caroline nella sua stanza.
Le mostrò le chiavi che teneva nascoste in tasca.
-Delle chiavi- osservò la ragazza. –E che cosa aprono?
-Credo che siano quelle della stanza da letto della mamma.
Caroline si fece molto seria in volto. Distolse lo sguardo da sua sorella e fissò il muro per alcuni secondi. Poi chiese: -Dove le hai trovate?
Christal si sedette sul letto della sorella e le raccontò brevemente del passaggio che conduceva nel passato, della calda luce del sole e della donna dagli occhi perlacei.
Caroline era diventata molto pallida. –Posso andarci anch’io?- domandò. –Voglio vederla.
-Non lo so- disse Christal. –Non credo di aver capito molto bene come funziona quella porta.
-Voglio provare lo stesso. Fammi vedere dov’è- insistette Caroline.
Le due sorelle risalirono di corsa il corridoio fino all’arazzo, poi Caroline cominciò a picchiare e spingere contro i pannelli di legno della parete. Ma non si aprì nessuna porta.
La ragazzina si sentì salire le lacrime agli occhi. Scosse la testa e strinse i pugni. –Dobbiamo scoprire chi è il fantasma nel lago!- esclamò.
Christal guardò le chiavi che teneva in mano: le aveva pulite con uno straccio e aveva cercato di graffiare via le incrostazioni con le unghie, ma erano ancora picchiettate di ruggine. Chissà quanto tempo erano rimaste immerse nel fango in fondo al laghetto… - Magari Sasuke me lo dirà- mormorò avviandosi verso le scale.
-Sai dove si trova la stanza della mamma?- chiese Caroline.
-Cercherò di scoprirlo. Nell’altro posto tutto è leggermente diverso, per via della luce. Comunque mi sembra che si trovi nell’ala sud, al secondo piano.
Le ragazze non avevano portato nessuna candela con sé, ma entrambe erano abituate al vedere al buio senza difficoltà. Christal fece strada, sforzandosi di ricordare il tragitto che aveva fatto seguendo la donna con l’abito di seta lillà. Chiuse gli occhi e scoprì che riusciva ugualmente a vedere, come se la casa fosse un labirinto impresso nella sua mente.
-Per di qui- disse.
La ringhiera era liscia e fredda al tatto. Caroline si affrettò dietro la sorella. Le scale approdavano a un ampio pianerottolo, con un’alta finestra da cui si vedevano la serra, il giardino con i suoi leoni di pietra e, al di là, i prati.
-Fa freddo quassù- mormorò Caroline.
Christal chiuse di nuovo gli occhi, sforzando la mente per ritrovare la strada che conduceva alla camera da letto della madre. -Da questa parte.
Le due ragazze proseguirono lungo il corridoio, mentre la casa scricchiolava tutt'intorno.
-Credo che qualcuno ci stia seguendo- bisbigliò Caroline tirando Christal per il gomito.
-Io non sento nessuno-. In quel momento avvertì un pizzicorino al naso. Forse era il profumo della mamma? -Lo senti anche tu?- chiese alla sorellina. -Senti anche tu questo profumo?
-Quale profumo? Io non sento proprio niente, a parte la polvere di questi vecchi tappeti-. Caroline si stava guardando alle spalle.
-Eccola- disse Christal.
La porta era chiusa. Tirò fuori la chiave più grande. La serratura era dura e sulle prime oppose una certa resistenza. Poi, con uno stridore prolungato, il meccanismo scattò.
La porta si aprì e le due ragazze furono investite da una folata d'aria fredda. Le tende sbiadite si sollevarono davanti alla finestra.
Entrarono nella stanza. Qualcosa si mosse sul soffitto... una sagoma scura.
Christal ebbe un tuffo al cuore.
-E' solo edera- disse poi. -La finestra è aperta e l'edera ha infestato interamente il soffitto.
Caroline rimase attaccata alla sorella. Foglie morte erano disseminate sul pavimento e sul letto; le lenzuola erano ridotte a brandelli. -E' questa la sua stanza?
-Credo di si.
-Non c'è nessun ritratto.
-No. Ma abbiamo queste-. Christal le mostrò le chiavi più piccole. Si avvicinò al mobile da toeletta e si sedette sul piccolo sgabello che gli stava davanti. I vasetti erano pieni di foglie. Uno specchio a tre ante rifletteva il suo viso al buio. Immaginò sua madre seduta lì, mentre si spazzolava i capelli o si allacciava una collana.
Lei e Caroline erano mai venute a giocare in quella stanza? Si era mai arrampicata  sul letto per buttare la faccia al collo di sua madre? Christal si sforzò di ricordare, ma invano.
Caroline cominciò a vagare lentamente per la stanza, sfiorando gli oggetti con le dita. Un vaso accanto alla finestra, le tende sfilacciate. Un vassoio tutto impolverato e delle perle che si erano sfilate da una collana.
Christal aprì il cassetto con la chiave.
-Caroline... - chiamò piano. -Guarda!-. Il cassetto era zeppo di lettere e carte. -Dammi il tuo scialle.
La ragazza lo aprì. Christal ci depositò sopra un pacco di lettere e legò insieme gli angoli.
Caroline guardò fuori dalla finestra, nella notte buia. -Sei proprio sicura che questa sia la stanza della mamma?- domandò trasognata. -E' qui che dormiva?-. Si buttò sul letto, sopra il tappeto di foglie, e si raggomitolò.
-Dobbiamo andare- la incalzò Christal. -La troveremo, ne sono sicura. Anch'io voglio rivederla. Non credo che sia morta. Penso che ci stiano mentendo, Caroline.
Tornarono indietro di corsa, senza fermarsi finchè furono nella stanza di Christal.
La ragazza nascose le lettere nel nascondiglio sotto al suo letto.
-Qualcuno ci ha seguito- le disse Caroline. -Ho sentito dei passi.
Christal annuì. -Lo so, li ho sentiti anch'io.

*****

Prima di richiudere la porta della sua camera Christal sbirciò nel corridoio. La luce giallastra dell'aurora invernale si stava già levando dietro agli alberi. Christal tirò le tende e accese una candela per leggere le lettere. Fino a quel momento non si era mai interrogata sul perchè andassero a dormire all'alba, limitandosi ad accettare il fatto. Ma forse potevano opporsi... Cosa sarebbe successo se lei e sua sorella fossero rimaste alzate fin dopo l'alba? Se si fossero ribellate a quella sorta di incantesimo che gravava sulla casa, costringendole a obbedire a uno schema ripetitivo che le privava della luce del sole...
-Caroline, credi che potremmo farcela a stare sveglie? Non manca molto allo spuntare del giorno, no? Che ne dici di provare?- suggerì.
Caroline stava già sbadigliando. Guardò sua sorella. -Beh, possiamo provarci- disse, dubbiosa. -Anche se sono già stanca...
Era seduta sul letto della sorella e stava rovesciando le lettere che aveva raccolto nello scialle.
Le due ragazze le scorsero avidamente una dopo l'altra.
-Sono scritte in inglese- commentò Christal.
-Questa è in giapponese- sbuffò Caroline, avvicinando il foglio al viso per cercare di leggere i caratteri sbiaditi. -Ma è troppo difficile per me.
-La scrittura è molto strana- osservò Christal prendendo un'altra lettera. La carta era morbida come stoffa, di un colore brunito e con gli angoli consumati. -Guarda!- disse alla sorella.
Nel mucchio di lettere c'era un fascio separato: una dozzina di buste legate assieme con un nastro impolverato di raso rosa.
-Sono lettere d'amore- ridacchiò Caroline con una smorfia. -Di chi saranno?
Christal sciolse il fiocco e tirò fuori la prima. -E' difficile decifrare la scrittura... -. Strizzò gli occhi, sforzandosi di dare un significato a quella successione di trattini e svolazzi. Poi abbassò il foglio e ripose la candela sul comodino.
-Che cosa c'è scritto?- le chiese Caroline.
Christal cominciò a parlare lentamente. -Da quel che ho capito, sono indirizzate ad Hinata da parte di Naruto. Sono lettere che nostro padre ha scritto a nostra madre. La data è 1689.
Le due sorelle si guardarono negli occhi per un attimo, mentre i pensieri galoppavano.
-In che anno siamo adesso?
-Non lo so. Ma ho come l'impressione che il 1689 fosse un sacco di tempo fa.
-Forse questi Naruto e Hinata non sono i nostri genitori, ma dei loro antenati con gli stessi nomi- ipotizzò Caroline, aggrappandosi a quella speranza.
-Forse.
Ordinarono le buste in tre mucchi distinti: il fascio di lettere d'amore, quelle in inglese e quelle in giapponese.
A una prima occhiata, le lettere in inglese sembravano spedire in Inghilterra, a Hinata e Naruto, dai parenti del Giappone. La maggior parte risaliva agli anni successivi al 1780. Curiosamente, pensò Christal, le lettere in giapponese erano più o meno dello stesso periodo. Erano indirizzate ad Hinata anche quelle, ma la ragazza non riconobbe il nome del mittente.
Quando alzò lo sguardo, vide che Caroline si era addormentata, la testa sprofondata sul cuscino. Lei stessa dovette farsi forza per non chiudere gli occhi.
Scosse sua sorella. -Devi cercare di resistere- le disse. -Provaci. Non addormentarti, ti prego!
Caroline però si rigirò e allontanò la mano di Christal. -Non posso- borbottò. -Non ce la faccio proprio...
Poi, reprimendo un grosso sbadiglio, si alzò a fatica e si diresse barcollando in camera sua.
Lottando contro la stanchezza, Christal ripose il mucchio di lettere nel nascondiglio sotto il suo letto. Poi si sedette alla scrivania, decisa a rimanere sveglia.
Ma fu inutile.




Angolo Autrice:
Ma salve mie cari!
Innanzitutto mi scuso per l'abnorme ritardo, ma dovete credermi quando vi dico che ho fatto una faticaccia bestiale per scrivere questo capitolo e farvi contenti, data la mia quantità industriale di problemi.
Ma comunque, sono qui, no? E' questo quello che conta <3
Ritornando al capitolo, avete visto le nostre due piccole detective all'opera? xD E questo episodio non è altro che solo la punta dell'iceberg!! Capitolo cortino, lo so, ma il prossimo sarà veramente lungo, giuro u.u
Ovviamente spero che qualcuno si faccia sentire, vorrei tanto sapere cosa ne pensate, mi farebbe piacere, davvero; se qualcuno non  l'avesse capito in queste cose ho problemi di autostima xD penso sempre che quello che scrivo sia un obbrobrio, per questo ho bisogno di continui pareri, anche negativi certo, che mi aiuterebbero a migliorare comunque :)
Vi faccio una piccola domandina!
Secondo voi cosa è successo ad Hinata? E perchè, sempre secondo il vostro parere, le ragazze non riescono a stare sveglie il giorno? Insomma che cos'ha questa benedetta casa? xD
Dai che non sono difficili, mi accontento anche se sparate cose del tipo: "Secondo me Hinata è stata rapita dagli alieni" xD!
Comunque bando alle ciance, il capitolo sette arriverà presto, anche perchè ho già cominciato a scriverlo u.u
Per il resto, beh, spero che la storia vi incuriosisca sempre di più e che continuiate a seguirmi, per intanto, ringrazio coloro che hanno avuto la pazienza di recensire gli scorsi capitoli, coloro che l'hanno messa tra le preferite/seguite/ricordate e coloro che seguono in silenzio, davvero:
ARIGATO GOZAIMASHITA <3 <3

Un bacione grande grande,

Lorylex*°*°*°*°


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Capitolo 7
*** Capitolo 7; ***


Consumati dal Tempo

 

 
Capitolo 7;
 
Chiyo la svegliò, nell'oscurità crudele della "mattina" di Hokage's House.
Tirò le tende e la luce della luna illuminò la figura di Christal, la testa sulla scrivania, vestita di tutto punto.
La donna appoggiò sul comodino un vassoio con una tazza di tè e qualche biscotto.
-Come mai non hai dormito nel tuo letto?- domandò scrutando Christal. -Tsunade vi sta facendo lavorare duramente. Tu e Caroline siete troppo deboli per reggere un simile ritmo.
-Sono stanca- convenne Christal. Si alzò dalla scrivania e si lasciò cadere sul letto, i lunghi capelli neri sciolti sulle spalle sembravano una pozza scura ad incorniciarla. Poi prese un biscotto e cominciò a sbocconcellarlo distrattamente, con lo sguardo fisso fuori dalla finestra.
-Chiyo,- chiese con indifferenza –perché non vediamo mai la luce del sole? Perche’ non riesco a stare sveglia? Tu ci riesci?
La governante fece un respiro profondo. –Perche’ è così che viviamo.
-Ma perché? Sono sicura che una volta era diverso! Almeno, così mi sembra di ricordare. In che anno siamo?
-Quante domande- sbuffò Chiyo. -Che importanza ha? Ogni giorno deve essere uguale all'altro.
-Ma perché non posso svegliarmi di giorno?- insistette Christal.
-Questo devi chiederlo a tuo padre- tagliò corto Chiyo. Si sistemò i capelli bianchi e sospirò. Poi riprese il vassoio e andò nell'altra stanza a svegliare Caroline.
Christal finì in fretta il suo biscotto e balzò giù dal letto per dare un'altra occhiata alle lettere. Non se la sentì di leggere quella d'amore, così si raggomitolò di nuovo sotto le coperte e si concentrò su quelle in Giapponese.
Erano difficili da tradurre rispetto ai testi elementari a cui era abituata. A poco a poco, però, riuscì a comprenderne il significato.
 
... Naturalmente la famiglia comprende le vostre difficoltà nel gestire questa faccenda. Non si può permettere a Sasuke di comportarsi secondo i suoi capricci... Viviamo in un'epoca più razionale, ma il pericolo è sempre in agguato. Non possiamo abbassare la guardia...
 
Non riuscì a decifrare la frase successiva. Riguardava la famiglia Uzumaki e qualcosa concernente la storia e la discrezione.
La lettera si concludeva con saluti e baci alla famiglia, comprese lei e Caroline. Il mittente era un certo Fugaku Uchiha. Christal immaginò che si trattasse di un amico di famiglia che all’epoca viveva in Giappone, inoltre aveva lo stesso cognome di Sasuke, perciò magari erano parenti con quest’ultimo . La lettera era datata agosto 1789.
Christal avvertì un improvviso brivido di freddo. In che anno erano adesso?
La lettera seguente era stata scritta due mesi più tardi. Il mittente sembrava arrabbiato. Qualunque fosse il problema, evidentemente non era stato risolto come aveva sperato. Esortava infatti a prendere provvedimenti in un tono che non ammetteva repliche: Sasuke doveva essere spedito a Edo* il prima possibile. A più riprese si parlava di una donna, senza però che il suo nome fosse mai menzionato.
Christal passò velocemente alla terza lettera. La storia continuava, ma il tono era cambiato. Il mittente non era più arrabbiato e il testo riguardava un piano d’azione. L’uomo proponeva di venire di persona in Inghilterra per scovare Sasuke e parlare con lui. Evidentemente, quella donna rappresentava una minaccia maggiore di quanto avesse supposto.
E stavolta la nominò: Sakura.
Nel leggere quel nome, Christal sentì un formicolio alle dita. All’improvviso fu cosciente del solletico dei capelli sulla faccia, del peso delle coperte sul suo corpo, del silenzio che avvolgeva la stanza.
Sakura.
Non si ricordava di nessuna Sakura. Ma allora perché quel nome le faceva quello strano effetto?
Sfogliò avanti e indietro le pagine della sua memoria, senza riuscire a trovare quella giusta.
Sakura. E qualcun altro.
Dopo aver bussato frettolosamente alla porta, Tsunade fece irruzione nella stanza. Christal ficcò le lettere sotto il cuscino.
-Su, Christal, è ora di vestirsi. Sbrigati!- disse l’istitutrice. –Che cosa stai facendo?
-Stavo… stavo scrivendo nel mio diario. Vi chiedo scusa-. Sgusciò fuori dal letto tirando su le coperte, nella speranza che la donna non venisse a ficcare il naso.
Tsunade si avvicinò, limitandosi però a lanciare un’occhiata sommaria.
 
 
Durante la colazione Caroline fu piuttosto allegra e continuò a chiacchierare con Chiyo. Mangiò il suo uovo alla coque e il pane tostato, servito su un piatto di porcellana bianco e azzurro, al tavolo della cucina. L’ambiente era gradevolmente tiepido e, per un breve istante, Christal fu quasi portata a credere che ogni cosa fosse come doveva essere.
Tsunade era di nuovo impegnata con Naruto e alle ragazze fu concessa una pausa dallo studio. Chiyo, senza dubbio per ordine di Naruto, non lasciò alle due sorelle la minima occasione di origliare la conversazione tra il padre e l’istitutrice. Prima le coinvolse nella preparazione dell’impasto del pane e poi le mandò a prendere una boccata d’aria fresca, con la ferma raccomandazione di non allontanarsi dal giardino.
Una volta fuori, Christal riferì a Caroline il contenuto delle lettere che aveva letto.
-Quindi Sasuke ha fatto qualcosa di brutto- concluse Caroline. –Non capisco che cosa possa significare. E chi è questa Sakura?
-Non so proprio che cosa pensare di Sasuke- disse Christal. –Quelle lettere mi hanno confuso le idee.
Ma non ebbero molto tempo di parlare. Pochi minuti dopo, l’istitutrice uscì precipitosamente di casa alla loro ricerca. In cucina, Chiyo era intenta a riordinare le stoviglie, con un’espressione stizzita in volto. Christal ne dedusse che doveva avere avuto una discussione con Tsunade a proposito della vigilanza nei loro confronti e che evidentemente Chiyo non avrebbe dovuto permettere che uscissero da sole.
Sulle prime Tsunade non parlò, limitandosi a fissare Christal con un’espressione adirata. La ragazza non riusciva a sostenere il suo sguardo.
-Christal, sei proprio una ragazzaccia- disse Tsunade. –Non so più cosa fare con te. Devi andare in biblioteca a parlare con tuo padre. E’ una questione molto seria. Caroline rimarrà qui con Chiyo.
Christal si avviò in biblioteca.
Avevano scoperto il furto delle lettere? Il colloquio con suo padre la terrorizzava. Ma perché se la prendeva solo con lei, quando anche Caroline era stata sua complice?
Il tragitto era breve, ma la ragazza se la prese comoda. Non se la sentiva proprio di affrontare suo padre. Una volta davanti alla porta, con il cuore in gola, fece un respiro profondo e bussò.
-Avanti-. La voce le giunse attutita.
Christal aprì la porta ed entrò. Il fuoco scoppiettava nel caminetto. Il bagliore delle fiamme guizzava sul dorso dei libri sugli scaffali, per lo più volumi di botanica, la passione di suo padre. Christal lo ricordava chino su disegni di fiori e trattati che descrivevano diffusamente le piante esotiche scoperte nel Nuovo Mondo.
L’orologio tintinnò sulla mensola del camino, battendo il quarto d’ora. Naruto era in piedi, di spalle, in fondo alla stanza, vicino allo scaffale attraverso il quale Christal era sbucata nell’altra Hokage’s House.
-Papà,- mormorò la ragazza –Tsunade mi ha detto che volevi vedermi.
Naruto si voltò e attraversò la stanza per venirle incontro. Christal si aspettava di essere rimproverata, ma suo padre allungò una mano e le batté sulla spalla.
-Ehi, si direbbe che tu abbia appena visto un fantasma- disse sorridendo. –Ma è naturale, dato che tu i fantasmi li vedi davvero!
Nell’altra mano Naruto teneva un fagottino di pelle. Christal cercò di rilassarsi.
Suo padre sollevò il sacchetto, allargò il fermaglio all’estremità e ne rovesciò il contenuto sul tavolo. Christal osservò con orrore le lettere di Hinata riversarsi sul ripiano di panno verde. Rimase a bocca aperta. L’ultima lettera, in cima al mucchio, era diversa dalle altre. La carta era nuova e immacolata e la scrittura era la sua. Era la lettera che aveva lasciato alla rimessa per Sasuke.
Christal boccheggiò senza parole. Naruto scostò una sedia dal tavolo e le fece segno di sedersi.
-Sei arrabbiato con me?- chiese la ragazza con un filo di voce.
Naruto si sedette accanto alla figlia e posò i palmi della mani sul ripiano della scrivania.
-No- rispose. –Ma devi dirmi tutto quello che sai. Siamo in grande pericolo. Tutta la famiglia o è. La situazione mi è sfuggita di mano. Tsunade e Chiyo sono state molto attente, ma Sasuke è più astuto di quanto credessi.
-Sasuke?- si lasciò sfuggire Christal. Poi aggiunse: -Ci hai seguite, la notte scorsa? E’ così che hai scoperto che avevamo preso le lettere?
-E’ stata Tsunade a seguirvi. Le avevo chiesto di tenervi d’occhio. E lei ha obbedito fedelmente agli ordini. E adesso dimmi tutto quello che sai su Sasuke.
Christal si mordicchiò il labbro. –Ha detto che avremmo potuto riconquistare la libertà. Che avrei potuto rivedere il sole- confessò. Si sentì sopraffare dall’emozione e gli occhi le si riempirono di lacrime.
Suo padre la guardò e sospirò. Allungò una mano e le sfiorò una guancia. L’affetto che tradiva quel gesto fu talmente inatteso e tenero che Christal scoppiò a piangere.
-Non saremo mai liberi da noi stessi- disse con dolcezza. –So quanto è duro, ma…
-Che cosa significa, papà? Chi siamo? Chi è Sasuke? Perché siamo svegli solo di notte?-. Le lacrime si riversarono a fiotti, facendo trasparire tutta l’ansia e la confusione che la pressavano da tempo. Christal affondò il viso tra le braccia appoggiate sul tavolo e cominciò a singhiozzare.
Naruto si chinò verso di lei per accarezzarle i capelli. –Su, -disse –non piangere, Christal. Tutto tornerà come prima. Penserò io a proteggervi-. Tirò fuori un fazzoletto dalla tasca.
Christal alzò la testa e suo padre le asciugò amorevolmente gli occhi.
La ragazza sentì gonfiarsi il cuore e fu tentata di buttarsi al suo collo.
Chissà se l’aveva mai presa in braccio da piccola? Avevano mai giocato insieme? Suo padre le appariva un uomo buono e severo nello stesso tempo. E distrutto. Un uomo a pezzi.
In uno slancio di sincerità Christal gli raccontò di aver incontrato Sasuke prima in chiesa e poi nella rimessa per le barche. Gli riferì tutto quello che lui le aveva detto sul fantasma del lago e di come aveva trovato le chiavi della stanza di sua madre.
-Ovviamente tu hai letto le lettere- disse Naruto.
-Soltanto alcune.
-E che cosa hai dedotto da quello che hai letto?
-Che è successo qualcosa… qualcosa che ha a che fare con Sasuke e che per questo adesso siamo rinchiusi in questa casa.
-Hai indovinato- mormorò Naruto. –La casa è stata chiusa per proteggere la nostra famiglia. Sasuke vuole abbattere le nostre difese, ma non credere che abbia a cuore il tuo bene, Christal. Vuole solo scappare per distruggerci tutti. Ci ritiene responsabili della sua condizione e cerca di vendicarsi, anche se è lui ad averci costretto a questa situazione. E’ tutta colpa sua se sei condannata a vivere sempre rinchiusa in questa casa.
-Perché ci nascondiamo? Dov’è mia madre?- domandò Christal. –Siamo vittime di un incantesimo?
Suo padre si limitò a liquidarle le domande con un gesto della mano.
-Noi siamo diversi dalle altre persone- dichiarò. –Non ti dirò di più, Christal. E’ meglio per te non sapere troppo. Questo è tutto quello che posso rivelarti. Ti prego, fidati di me. E adesso torna da Tsunade e chiedile scusa. Non parlare con Sasuke e non cercare di metterti in contatto con lui. Se si fa vivo di nuovo, vieni ad avvertirmi. Devo trovare il modo di bloccargli ogni accesso prima si spinga troppo in là. Soltanto allora la pace sarà ripristinata.
Christal aprì la bocca per porgli altre domande, ma suo padre la invitò a tacere con un altro gesto della mano.
La ragazzina si alzò e lasciò la stanza, stropicciando tra le dita il fazzoletto di Naruto. Non sapeva che pensare. Quel colloquio l’aveva lasciata insoddisfatta. Lei voleva… che cosa? Voleva conoscere la verità su sua madre. Ripensò con nostalgia alla casa inondata di luce. Desiderava tornarci ancora?
 
 
Più tardi cenarono con Naruto al lume di candela. Poi Tsunade lesse alle due sorelle una storia fino all’alba, senza concedere loro alcuna opportunità di parlarsi. Quando fu l’ora di andare a dormire, spedì ciascuna nelle proprie stanze. Christal e Caroline obbedirono, troppo stanche per protestare.
Christal si coricò, infilando il fazzoletto di Naruto sotto al cuscino. Dopo le inquietudini degli ultimi giorni, provò un senso di sollievo. Almeno adesso poteva contare sul fatto che suo padre si sarebbe preso cura di lei. Forse, se faceva come lui le aveva detto, i cambiamenti sarebbero cessati e il dolore dei ricordi sarebbe svanito.
 
 
Dopo il tramonto la ragazzina fantasma che giocava a nascondino lanciò un urlo.
Christal si svegliò in un bagno di sudore. Stava sognando la donna nel lago. Nel sogno, pieno di colori vivaci ravvivati dalla luce del sole, Christal attraversava il prato di corsa con un bastone in mano e lo abbatteva con forza sulla superficie ghiacciata del lago, facendo volare grosse schegge e frammenti di ghiaccio. Ma riusciva soltanto a scalfire quello strato spesso e duro con il ferro.
La ragazzina gridò di nuovo. Christal balzò fuori dal letto e corse in corridoio. Era un’occasione per infilarsi di nuovo attraverso la porta e tornare dall’altra parte…
No,no! Doveva ignorare la ragazzina, tornarsene a letto. La voce di suo padre le riecheggiava in testa. Le sue parole di conforto…
Il fantasma si diresse verso l’arazzo, verso il passaggio che conduceva alla luce del sole e a un’esistenza in cui lei e sua sorella erano felici.
Christal fece qualche passo avanti, poi si fermò di nuovo. Era combattuta tra le alternative: la luce o il buio, il caldo o il freddo, ma anche tranquilla familiarità o un doloroso cambiamento.
Naruto era stato comprensivo e Christal non voleva addolorarlo di nuovo. Sicuramente suo padre sapeva meglio di lei come stavano le cose.  Ma allora perché l’altro posto continuava ad attrarla così? Era affascinata dalla luce e da quella donna, sua madre.
Se fosse andata a farle un’ultima visita, suo padre forse non sarebbe venuto a saperlo… La tentazione era forte.
Combattuta tra senso di colpa e ribellione, alla fine Christal decise di seguire il fantasma.
Chiuse gli occhi, infilò una mano dietro l’arazzo e fece un passo avanti. Stavolta sapeva quello che l’aspettava, ma il salto nel vuoto fu comunque spaventoso.
Cosa avrebbe visto Christal stavolta nell’altra dimensione? Avrebbe rivisto sua madre? E suo padre? Lo avrebbe scoperto?

 
 
 
Angolo Autrice:
Salve a tutti miei ragazzuoli. Scusate il mio madornale ritardo, ma con la scuola, gli impegni e le altre cavolate varie non sono riuscita a pubblicare… davvero, gomen.
Spero che questo capitolo vi piaccia, così come spero che non ci siano errori, perché io odio fare errori, ma purtroppo capita a tutti, quindi se ne vedete qualcuno segnalatemelo perfavore ^^
Mi raccomando lasciate un commento, anche piccolo se volete, perché dopotutto, l’angolo recensioni non è messo lì a caso xD
In questo capitolo vediamo la nostra Christal combattuta tra il senso di colpa e la ribellione, le parole di suo padre le ronzano in testa come zanzare fastidiose, ma non può fare a meno di pensare che potrebbe deluderlo, e lei questo non lo vuole dato che lui è stato molto comprensivo e in qualche modo l’ha fatta sfogare. Ma sarà tutto qui? Come abbiamo visto Christal finisce per seguire il fantasma, ma perché ovviamente la voglia di vedere sua madre è più forte di quella di poter deludere suo padre, e quindi, cosa succederà adesso? Mi raccomando seguitemi e sostenetemi, spero che almeno un po’ di curiosità ve la metta in testa xD
Alla prossima cari ragazzi, un bacione grosso grosso <3

-Lorylex*

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Capitolo 8
*** Capitolo 8; ***


Consumati dal Tempo
 
 
 
Capitolo 8;
 
 
Quando atterrò, si premette le mani sugli occhi per proteggersi dalla luce accecante. Avvertiva il calore il sole sul dorso delle mani e sulla fronte. Sbirciando tra le dita, vide il libro rosso di Naruto sul pavimento. Si chinò a raccoglierlo e lo aprì per guardare il frontespizio, la figura della casa e dell’uomo a cavallo. Il libro cominciò a vibrarle tra le dita, carico di una forza sovrannaturale. Christal sapeva che non poteva portarlo con sé , così lo lasciò in biblioteca e si affrettò a risalire il corridoio. Mentre passava davanti alla porta del salottino, ne uscì Hinata, come l’altra volta, con la sua capigliatura corvina lucente e la scia di profumo.
Nel vederla, Christal sentì una stretta al cuore. Era arrivata nello stesso  momento della volta precedente ? Questo significava che sua madre sarebbe andata nella sua stanza  frugare di nuovo nel cassetto?
Le due ragazze stavano bevendo il tè nel salottino, in tazze di porcellana bianca e azzurra.
-Hai freddo?- chiese la piccola Christal a sua sorella.
-No, per niente. Anzi, a dire la verità fa caldo qui dentro-.
Christal lasciò le due sorelle al loro tè e si aggirò per la casa. Il pavimento di legno era tirato a lucido. I tappeti erano nuovi e dai colori vividi. Superò una domestica intenta a spolverare una statua di bronzo su un piedistallo. I vasi traboccavano di fiori freschi che riempivano l’aria calda con la loro fragranza. Christal respirò quell’atmosfera carica del profumo della cera, dei fiori e del tepore estivo.
Poi la scena cambiò all’improvviso.
Stava calando la sera, la luce si fece più diffusa. La porta dell’ingresso era spalancata sui gradini. Christal fece qualche passo esitante e si ritrovò fuori, in giardino.
Il cielo al tramonto era tinto di rosso e d’oro. Uno spettacolo incantevole.
La ragazza ammirò la scena schermandosi gli occhi con una mano.
Poi seguì il suono di alcune voci che provenivano dal frutteto. L’erba era alta e morbida. Sugli alberi maturavano piccole mele, pere e prugne. La ragazza oltrepassò gli alberi da frutto e le serre, dove centinaia di farfalle svolazzavano dietro i vetri, diretta verso il roseto.
Qui, una dozzina di bambini stava giocando sul prato e, sotto un tendone, c’era un tavolo apparecchiato.
Stuoli di rondini si lanciavano dal tetto della casa, volando rasente al suolo per poi risalire. I loro garriti fecero vibrare le corde della memoria di Christal, restituendole una sensazione collegata all’estate, al tramonto, al tepore dell’aria, all’odore di erba e fiori. Quell’emozione si tramutò presto in una fitta dolorosa, proprio sotto le costole.
Una ragazzina le corse incontro. Doveva avere nove o dieci anni e indossava un vestito azzurro lungo fino ai piedi. Oltrepassò Christal, si girò a urlare qualcosa agli altri e riprese la sua corsa. Altre due ragazze la seguirono. Nessuna di loro sembrò accorgersi della presenza di Christal, schiacciata contro al muro.
La ragazza si avvicinò al gruppo di ragazzi che giocavano sull’erba.
Cinque ragazzine vestite di bianco, come fiori di melo, erano sedute su un plaid rosso all’ombra dei cespugli di rose. Hinata sedeva su una sedia sotto il tendone bianco. Ora indossava un vestito di velluto verde e aveva i capelli raccolti in una crocchia dietro la nuca.
Il tavolo, imbandito di leccornie, era una festa per gli occhi e la gola. Su un vassoio d’argento c’erano dei canditi a forma di fiori rosa, azzurri e bianchi, appoggiati su una croccante formella di zucchero. Castelli di pan di Spagna, pasticcini a forma di pesce, corone di meringhe tempestate di confetti che rifulgevano come gemme.
Christal fissò lo sguardo su Hinata. Era quasi certa che quella donna dai capelli corvini fosse sua madre, eppure… non provava alcun sentimento nei suoi confronti.
Se la vista del tramonto aveva fatto riaffiorare in lei un groviglio di emozioni, la vista di quella donna non le aveva suscitato niente di più che una semplice curiosità. Eppure non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, annotando ogni singolo dettaglio: la forma del viso armoniosa, il disegno della bocca sottile, i riflessi violacei dei suoi capelli, le perle che le ornavano i lobi e che si sposavano perfettamente con i suoi occhi dalla forma un po’ allungata.  Fece qualche altro passo in avanti per sentire di nuovo il suo profumo.
-Christal- chiamò Hinata in tono forte e chiaro. –Christal, avvicinati.
Per un attimo la ragazza rimase paralizzata dal terrore, finché non si rese conto che Hinata non si stava rivolgendo a lei. Infatti una ragazzina seduta sul plaid si voltò e disse: -Che cosa c’è, mamma?-
Hinata diede dei colpetti sulla sedia accanto alla sua. –Vieni qui a parlare un po’ con me- disse.
La piccola Christal sospirò. Abbandonò la sua compagna di chiacchiere e raggiunse obbedientemente la madre. La sua amichetta rimase a guardarla. Una cascata di boccoli color pesca le incorniciava il viso.
Christal la riconobbe subito. Era la bambina che giocava a nascondino nel corridoio fuori dalla sua stanza. Si coprì la bocca con una mano per soffocare un’esclamazione di stupore.
La piccola Christal, che dimostrava una decina d’anni, andò a sedersi sulla sedia accanto a quella di sua madre e si mise a sgambettare. Prese una rosa di marzapane dal vassoio e se la ficcò in bocca.
-Siediti per bene- la riprese Hinata. –Sei una signorina ormai-. Il tono della voce era fermo, ma lei sorrideva. –Ti stai divertendo? Sei contenta della tua festa di compleanno?- chiese.
La piccola Christal annuì. –Molto-.
-Torna a giocare con i tuoi amichetti, allora-.
La ragazzina si alzò, gettò le braccia al collo di sua madre e le diede un bacio sulla guancia. Poi tornò di corsa dalla bambina coi capelli color pesca.
Christal andò a sedersi sull’erba, incuriosita dal crocchio di ragazzini.
Le tre piccole avventuriere erano tornate dalla loro perlustrazione intorno alla casa e si erano lasciate cadere sull’erba, stremate. In tutto erano undici, tre ragazzi e otto ragazze.
Sbirciò con la coda dell’occhio la piccola Caroline in fondo al gruppo, intenta a intrecciare una ghirlanda di margherita. La vide litigare con una compagna, strappare la ghirlanda e mettere il broncio.
Una volta che i ragazzi ebbero finito di mangiare, si alzarono, scavalcarono lo steccato e corsero verso il lago. Christal ascoltò la conversazione tra la Christal più giovane e la sua amichetta dai capelli color pesca.
-Andiamo anche noi a fare una passeggiata?- chiese la piccola Christal. –Così ti faccio vedere il tempio. Magari troviamo qualcuno che ci fa fare un giro in barca sul lago- aggiunse balzando in piedi.
-Mamma,- chiese- possiamo seguire i ragazzi? Aoi vuole fare un giro in barca. Chiedi a qualcuno della servitù di accompagnarci?-
Aoi. Aoi. Si, ora ricordava! Era la sua migliore amica.
Christal fissò la cosiddetta ragazza che aveva due occhi del color del mare alle prime luci dell’alba. Come aveva potuto dimenticarsi di lei? Tante erano le regioni del suo cuore alle quali le era stato precluso l’accesso! Non c’era da meravigliarsi se soffriva sempre il freddo. Ma adesso si ricordava.
Christal percepì con una fitta dolorosa l’abisso del tempo perduto che le divideva. Hinata si alzò in piedi rassettandosi la gonna.
-Andiamo- disse. –Bambine, siete pronte?-. Fece un cenno con la testa a un servitore con la parrucca bianca vicino al baldacchino, che le seguì lungo il vialetto fino al cancello del giardino. Le ragazze non sarebbero state in grado di scavalcare lo steccato per l’impaccio delle pesanti gonne.
Un gregge di pecore stava brucando nel campo che declinava verso il lago. Si allontanò saltellando quando il gruppetto si avvicinò.
Christal si domandò dove fossero gli altri adulti.
Probabilmente in casa, mentre Hinata si era assunta l’incarico di badare alle più piccole. La ragazza fu tentata di tornare di corsa dentro, per vedere chi erano gli altri ospiti. Ma non voleva perdersi nemmeno un minuto della bellezza di quella luce crepuscolare.
Il servitore portò Aoi e Christal nella rimessa per le barche, perfettamente integra e dipinta di fresco. Anche la casa e i campi avevano quell’aria fresca e immacolata delle cose recenti. Naturalmente era stata la famiglia Uzumaki a commissionare la costruzione della casa, e la sistemazione del giardino e del podere. Da quanto tempo vivevano lì, all’epoca?
Le ragazze scesero i gradini di legno della rimessa e salirono sulla barchetta. Anche Christal salì cautamente a bordo e si sedette in un posticino a prua. Il servitore si sistemo sulla panca e impugnò i remi.
-Chi è salito sull’altra barca?- domandò la piccola Christal.
-I ragazzi- rispose Aoi. –Non li senti?-
Mentre la loro imbarcazione usciva lentamente dalla rimessa, all’imbrunire, Christal vide tre ragazzi su un’altra bacchetta che armeggiavano invano con i remi.
-No,- disse la piccola Uzumaki – intendevo l’altra barca. La più carina, quella con il baldacchino. Deve averla presa qualcun altro.-
La superficie del lago era piatta come una tavola e di un blu scurissimo, con screziature di cobalto e solchi dorati dove l’acqua rifletteva gli ultimi sprazzi di luce sulle nuvole.
-Non fare tardi- urlò Hinata dalla riva. –Tra poco farà buio-.
-Portaci all’isola- ordinò la piccola Christal al servitore. –Aoi vuole vedere il tempio-.
L’uomo girò la barca con manovre esperte. La forma del lago faceva pensare all’impronta del piede di un gigante. L’isolotto si ergeva al centro ed era perfettamente visibile dalla casa. Da lontano, la rovina artificiale del tempio che sorgeva sulla sua sommità aveva un aspetto maestoso e imponente, mentre da vicino, si ricordò Christal, era meno impressionante.
Ci vollero pochi minuti per raggiungere l’isola.
Il servitore accostò sottovento al piccolo molo, dove era già ormeggiata la terza barca, un po’ più grande.
Le due amiche scesero a terra e Christal si affrettò dietro di loro. Aveva la sensazione di sapere chi era stato a portare lì la terza barca…
Aoi e la piccola Christal camminavano una di fiano all’altra, ridendo e avvicinando tra loro le teste per confidarsi segreti.
L’isolotto, come la piccola cascata e la grotta, era stato creato artificialmente per ospitare la rovina del tempietto e qualche alberello. Via via che si avvicinavano al tempio, le due ragazzine cominciarono a parlare sottovoce, coprendosi la bocca con la mano e camminando in punta di piedi. A conferma dei suoi sospetti, Christal sentì una voce maschile provenire dall’interno del tempio.
Le due amiche risalirono il pendio dietro il tempio e si sdraiarono a pancia in giù a spiare dall’alto.
Christal le imitò.
-E’ tua sorella- sussurrò la piccola Christal, spalla a spalla con Aoi.
Tra le colonne di marmo scanalate e le pietre crollate, sotto il tetto abbastanza ampio da fornire un riparo sufficiente ai visitatori, si stava svolgendo una scena romantica.
Tra plaid, cuscini e un cestino da picnic, c’era Sasuke reclinato su un fianco, con la testa di una giovane donna appoggiata sulla spalla. Nessuno dei due parlava, ma Sasuke accarezzava la mano della ragazza. Poi evidentemente dovette accorgersi della presenza delle due ragazzine, perché si guardò intorno.
-Ci hanno mandato delle spie- disse. –Non siamo soli, Sakura.
La donna rise e si tirò su a sedere, rassettandosi il vestito.
-Venite qui, Christal e Aoi- disse Sasuke a voce alta. –E’ inutile che vi nascondiate. Abbiamo visto la barca avvicinarsi. E poi vi si sente bisbigliare!- aggiunse in tono scanzonato.
Si alzò in piedi. –Devo venire a prendervi?- domandò. –Non mi costringete a cercarvi. Avanti! Se venite fuori, forse vi faccio assaggiare questa deliziosa torta alle prugne altrimenti… me la mangio tutta io!- consapevole, come la ragazza ancora seduta, che lui odiava i dolci.
Le due ragazzine si scambiarono un’occhiata d’intesa, si rimisero in piedi e scesero di corsa la china dietro il tempio.
Chistal le seguì lentamente. Temendo di farsi vedere da Sasuke, si mantenne all’esterno del tempio, con il muro a farle da schermo. Da quella posizione osservò Sakura come meglio potè. Aveva la pelle chiara e i capelli dello stesso color pesca di Aoi, solo un po’ più tendenti al rosato e lisci. Gli occhi erano di un verde smeraldo limpido e splendente. Aveva una figura snella e slanciata e mani eleganti e affusolate… Era lei il fantasma del lago! Era tutto chiaro adesso!
Christal strinse forte le mani a pugno e guardò di nuovo Sakura, rivedendola sotto la coltre di ghiaccio che copriva come un velo i suoi capelli ormai verdastri.
La scena era piena di allegria. Sakura tagliò il dolce canzonando amabilmente la sua sorellina, che si era seduta su un gradino di marmo accanto a Sasuke.
-Come sta la festeggiata?- chiese. –Ti è piaciuta la tua festa di compleanno?
-Si, grazie- rispose la piccola Christal, stringendosi al braccio di Sasuke.
-E tu, Aoi, hai mangiato una fetta di torta?
La ragazzina annuì. –Più di una- disse.
-Bene, bene- rise Sasuke. –Che giornata magnifica, vero? Ah, ho un regalo per te, Christal! Guarda nel cestino.
Lei sollevò un tovagliolo e tirò fuori un astuccio rivestito di velluto rosso con le cuciture d’oro.
-Aprilo- la incitò Aoi.
Sasuke le fece un cenno di incoraggiamento con la testa.
Lentamente, la piccola Christal sollevò il coperchio. L’astuccio conteneva due orecchini di perle, a forma di goccia, su una montatura oro.
-Ti piacciono?- chiese affabilmente Sakura.
La sua sorellina era rimasta senza parole. Guardò Sasuke e schiuse le labbra.
-Un paio di orecchini!- esclamò Aoi. –Sono bellissimi. E le perle sono vere. Sei davvero fortunata. Posso provarli?
La piccola Christal scosse la testa, richiuse l’astuccio e lo strinse forte nel pugno.
-Si sta facendo buio- disse Sakura. –E’ meglio rientrare adesso-. E cominciò a riporre i piatti nel cestino e a piegare i plaid.
-Torna tu con le ragazze- disse Sasuke- Io rimango qui per conto mio ancora un po’. Mi piace il buio.
Sakura sembrò dispiaciuta. –Ma io voglio restare con te…
-Ti prego- disse Sasuke. –Non mi tratterrò a lungo. Ho una lanterna in barca.
Sakura esitò un attimo, poi cedette.
Sasuke portò il cestino sulla barca, dove il servitore era rimasto pazientemente ad aspettarle. Sakura, Aoi e la piccola Christal salirono a bordo e la barca si scostò dall’isola. Mentre si allontanavano, tutte e tre salutarono Sasuke con la mano.
 
Sasuke aspettò che la barca fosse a metà strada prima di risalire al tempio.
Si sedette in cima ai cinque gradini. E Christal si sedette accanto a lui.
Gli ultimi riflessi colorati erano scomparsi dalla superficie scura del lago. Di fronte a loro, Hokage’s House si stagliava in cima alla collina. In lontananza, sulla spiaggia in riva al lago, i ragazzi stavano rientrando in casa dietro Hinata. Oltre l’isola, il bosco intorno al lago era immerso nell’oscurità. Tra gli alberi lontani, il canto triste e stridulo dei pettirossi era cessato e si udivano solo le lunghe note malinconiche di un usignolo che avrebbe continuato a cantare per il resto della notte.
-Questo è stato il giorno più meraviglioso della mia vita- dichiarò Sasuke. –Niente di quello che è successo prima o dopo potrà mai eguagliare la perfezione di questa giornata-. Si voltò verso Christal. –Il mio cuore traboccava di gioia- aggiunse.
 
-In quel momento mi sentivo completamente felice. Volevo che quel giorno durasse per sempre. E infatti così è stato.
 
 
 
Angolo Autrice maledettamente in ritardo:
 
Salve (?)…. Okay, okay! Scusate! Sono in un madornale ritardo stratosferico e non so come scusarmi perché le solite scuse che riguardano i problemi al computer, i problemi scolastici e i problemi familiari poi stancano e ne avete tutte le ragioni di questo benedetto mondo crudele!
Mi farò perdonare u.u spero con questo capitolo (?) che mi ha fatto penare un po’, devo ammetterlo. All’improvviso avevo perso l’ispirazione e ho tipo passato un mese intero a leggere storie su efp per farmi ritornare idee. E adesso eccomi qui, fresca come una rosa appena sbocciata! U_U
Spero vivamente che il capitolo sia di vostro gradimento e spero che me lo facciate sapere con una piccolissima recensione ^^
Ringrazio tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate, chiunque la legge in silenzio e quelle buone anime che spendono il loro prezioso tempo per recensirla! Davvero, siete l’unica cosa che mi fa andare avanti <3
Questo capitolo parla principalmente di un ricordo di Christal, il suo compleanno, ed è chiaramente un capitoletto di transizione, perché dovete prepararvi al peggio u.u Mwahahaha!
Non ho più tempo per scrivere e mi rammarica lasciarvi così, ma non vi faccio promesse sul quando tornerò con un nuovo capitolo perché mi sono rassegnata al fatto che sono una frana a mantenerle xD
Però state sicuri che questa storia la finisco *mano sul cuore* dovesse cascare un meteorite in questo preciso momento! *furtivamente controlla fuori dalla finestra se non ci sono corpi celesti sospetti in cielo*
Quindi adesso vi saluto con un calorosissimo abbraccio e aspetto i vostri commenti! Anche le critiche sono ben accette ;)
 
Un bacio eeeeeeeeenorme! <3
 

 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9; ***


CONSUMATI  DAL  TEMPO
 
 
Capitolo  9;
 
Intenta a fissare la superficie del lago, Christal rimase in silenzio per qualche istante, poi si rivolse a Sasuke: -Che hanno è?
-Bella domanda- rispose lui. –Intendi ora, o l’epoca da cui provieni tu?
-Tutt’e due.
-Questa è l’estate del 1789. E sai benissimo che giorno è, naturalmente- disse Sasuke.
-E’ il giorno del mio compleanno-. Christal aggrottò la fronte, sforzandosi di ricordare. –Il primo giugno… E adesso dimmi qual è l’anno dell’altro posto, quello da cui provengo.
Sasuke la guardò. –E’ il 1890- disse. –E’ passato oltre un secolo.
Christal affondò le unghie nel palmo delle mani. Non gli credeva.
Ripensò alla data delle lettere, che risaliva a molti anni prima.
-Com’è possibile?- domandò. –Questo significa che io avrei più di cent’anni, e anche tu! E’ assurdo!
Sasuke sospirò. –Naruto non ti ha mai raccontato niente della vostra famiglia- commentò.
-La nostra famiglia?- ripeté Christal. –Che cosa c’è da sapere?
-Gli Uzumaki non sono come gli altri, così come gli Uchiha- continuò Sasuke.  –Noi viviamo per centinaia di anni, Christal. Da quel che mi risulta, viviamo per sempre. Diventiamo adulti, ma non invecchiamo mai. Naturalmente, se ci capita un incidente, se ci uccidono o se ci buttano giù dalla cima di un campanile possiamo morire. Altrimenti… non moriamo per cause naturali. La morte non è contemplata nel nostro orizzonte.
Christal era frastornata.
-Ma Naruto sembra più vecchio adesso!- obiettò. –E come mai, se sono passati cento anni, io sono ancora una ragazzina? Quello che dici non ha senso!
-Da adulti l’aspetto esteriore riflette l’atteggiamento del nostro cuore- spiegò Sasuke. –Tuo padre è invecchiato perché ha perso il gusto della vita. Se il suo atteggiamento verso la vita cambiasse, allora anche il suo aspetto ringiovanirebbe. Le afflizioni ci fanno invecchiare, la felicità ci restituisce la giovinezza. Quanto a te, Christal… tu non sei cresciuta perché, come stai incominciando a capire da sola, Naruto vi tiene rinchiuse in una sacca di tempo che continua a ripetersi all’infinito-. Sasuke smise di parlare per scrutare Christal. –Hai un’aria stanca e sciupata- disse. –L’inverno non giova alla tua salute.
-Come mai tu puoi vedermi e gli altri no?
-Gli altri sono il passato e tu non fai parte del loro tempo, tu appartieni ad un altro capitolo della storia.
-E tu?
-Io sono fuggito. Ormai non faccio più parte del dramma.
-Perché? Papà dice che vuoi distruggere la nostra casa.
Sasuke tacque alcuni secondi. –Raccontami di come si svolgevano le tue giornate, Christal. Prima che ti imbattessi nel fantasma del lago e tutto cominciasse a sfasarsi.
-Mi sveglio di notte- cominciò Chistal. –Fa freddo. E’ inverno. Tutti i giorni faccio una passeggiata nel giardino, Tsunade ci fa lezione e Chiyo prepara da mangiare in cucina. Poi io e Caroline ci spostiamo nel salottino e Tsunade ci legge delle storie.
-Sai da quanto tempo dura la vostra notte?
-Da cento anni, a sentire te- rispose Christal.
-Siete state segregate. Non ricordate che età avete, né da quanto tempo vivete in quella casa. Siete state bandite dalla luce del sole, dalla vita stessa. Vi limitate a esistere. Non avete nessuna percezione del passato, né aspettative per il futuro. Io voglio restituirvi tutto questo, Christal! Ti sembra un progetto di distruzione?
-Ma perché papà mi mentirebbe?- domandò la ragazza. –Lui non desidera forse il nostro bene?
-Tuo padre è spaventato. Non ha più il coraggio di vivere.
Christal sospirò. Era un sollievo aver trovato delle risposte alle sue domande. Finalmente la sua sete di sapere era stata appagata, anche se le risposte provenivano da Sasuke, che suo padre considerava un nemico. Forse lo aveva tradito ascoltando la sua versione dei fatti, ma che altro poteva fare se suo padre si rifiutava di dirle la verità?
Aggrottò la fronte. –Sei stato tu,- mormorò –siete stati tu e Sakura la causa di tutto questo… Non è così?
-Si- ammise Sasuke, in tono pacato. –Questa situazione è una conseguenza della reazione dei tuoi genitori al mio matrimonio con Sakura.
-Dov’è Hinata adesso, nel mio tempo?
-Se vuoi puoi ritrovarla.
-E’… ancora viva?-. Quella speranza le accelerò per un attimo il battito del cuore.
Sasuke scrollò la testa.
Che razza di risposta era? Era un si o un no?
-Perché non parli chiaro?- esclamò Christal con rabbia. –Dov’è mia madre?
-Dovrai prima cercarla- disse Sasuke. –E, prima ancora, dovrai trovare la chiave che apre la gabbia del tempo in cui sei rinchiusa. Bisogna avere il coraggio di accettare il passare del tempo, altrimenti è come essere già morti.
Christal respirò il profumo di caprifoglio e di rose.
-Come hai fatto a fuggire per venirmi a cercare?- chiese. –E perché soltanto adesso?
-Il mio matrimonio è finito in tragedia- rispose Sasuke. –Mi ci è voluto tutto questo tempo per rassegnarmi ad accettare gli eventi del passato.
Christal ripensò al fantasma nel lago ghiacciato e al viso di Sakura sott’acqua.
-Com’è successo?- domandò.-Perché Sakura è morta?
Ma Sasuke continuò come se non avesse sentito la domanda: -Per molti anni ho vissuto gli eventi del passato, finché i sentimenti non si sono affievoliti fino a svanire del tutto. Ho lasciato che Naruto mi rinchiudesse, ma adesso rivoglio la mia libertà.
-E vuoi che ti aiuti?- esclamò Christal. –Perché dovrei? Mio padre non mi vuole dire che cosa è successo e tu non mi racconti la storia per intero.
-Se mi aiuti, tu ritroverai tua madre e Hokage’s House tornerà quella di una volta- disse Sasuke. –Non è quello che vuoi?
Cgristal strinse forte i pugni. –Che cosa devo fare?
-L’incantesimo di Naruto consiste in una storia- spiegò Sasuke. –E ciascuno di noi è intrappolato in capitoli diversi.
-Una storia…- ripeté la ragazza. Le tornò in mente il libro rosso in biblioteca, con il nome di suo padre sul frontespizio. Quando lo aveva preso in mano, aveva avuto l’impressione di sentirlo vibrare.
-Naruto possiede doti eccezionali- aggiunse a voce bassa il corvino.
-Doti eccezionali…- ripeté di nuovo Christal con stupore.
-Intendi dire poteri sovrannaturali? Il potere di far piombare nell’oscurità Hokage’s House… E’ questo che mi stai dicendo? E perché lo avrebbe fatto?
-All’inizio del 1790 Hokage’s House è stata teatro di una tale tragedia che Naruto ha deciso di ricorrere ai suoi poteri per proteggere la sua famiglia… tutti noi.
-E ha scritto il libro- lo interruppe Christal. –Hokage’s House. Ecco come ha fatto.
Sasuke annuì. –Ha scomposto il passato in tante parti e ha racchiuso ciascuna di esse in un luogo separato, in modo da preservarla. Poi ha adagiato un velo sopra la casa, perché risultasse invisibile agli occhi dei passanti, proprio come gli altri non possono vedere te. Si tratta di una prodigiosa invenzione, che va al di là di ogni possibile immaginazione: esteriormente la casa c’è, ma agli occhi del mondo passa inosservata. All’interno, ciascuno di noi viene racchiuso in un giorno diverso. Cinque in tutto.
Christal si abbracciò le gambe. Era una verità troppo assurda da apprendere tutta in una volta.
-Vuoi spezzare questo incantesimo, Christal?- le chiese Sasuke con dolcezza.
La ragazza annuì.
-Immagina che ciascuno dei cinque giorni sia racchiuso in una sfera e che le sfere siano inserite una dentro l’altra. Visitali tutti, Christal- disse. –E ricorda ogni particolare. Devi riscrivere la storia da capo e mettere insieme le varie tessere del puzzle. Solo allora saremo liberi.
Infilò una mano all’interno del cappotto e tirò fuori un foglio di carta ripiegato e un libro, rilegato in pelle rossa. Aprì il foglio.

Gennaio 1790: Hinata;
Dicembre 1789: Un matrimonio;
Ottobre 1789: Una consegna per Sasuke;
Giugno 1789: Il compleanno di Christal:
Il presente.

-Guarda- disse. –Ecco uno schema di come questi giorni sono contenuti uno dentro l’altro.
Christal prese il foglio e lo fissò.
-Esistono vari passaggi da un giorno all’altro- spiegò ancora Sasuke. –Li ho scoperti uno per uno. Ho usato quello dietro l’arazzo per venire in camera tua e prendere il fiore di bucaneve che ti ho lasciato sul cuscino. Ma non mi è facile muovermi da uno spazio all’altro. Naruto mi ha intrappolato e devo usare tutta la mia forza per riuscire a spostarmi. Per te è più semplice.
-Perché dovrebbe essere più facile per me? E perché devo essere io a scrivere la storia? Non puoi farlo tu?- chiese Christal.
Sasuke sorrise. –Semplicemente perché tu sei più forte di me- disse. –Hai ereditato i poteri di tuo padre, Christal. Ecco perché dovrai essere tu a riscrivere il libro. Tu puoi vedere i fantasmi e credo che tu possa essere in grado di usare le parole per rimodellare la realtà. E puoi usare i passaggi. Una volta che hai scoperto dove sono, ti è sufficiente un semplice sforzo di volontà e lo stato d’animo giusto. L’hai già fatto due volte, senza nemmeno accorgertene, e penso che tu lo possa fare ancora.
A quel punto le porse il libro rosso. Il titolo Hokage’s House era stampato in rilievo sulla copertina.
-Questo è per te- disse.
Christal lo afferrò. Era identico a quello che aveva suo padre nella biblioteca, soltanto che questo aveva le pagine bianche.
-E’ uguale al libro di mio padre- commentò.
-Ma questo è tuo- spiegò Sasuke. –Scrivi la tua storia. Spezza la gabbia.
-Dove sono i passaggi?- domandò Christal.
-In biblioteca cerca il volume La geografia esatta dell’arcipelago Lermantas. Infilata sotto la copertina, troverai la mappa con la posizione della porta che conduce al capitolo successivo. Dovrai agire in fretta, perché ogni volta che tornerai indietro nel tuo tempo, tuo padre cercherà di fermarti. Hai capito?-. Le strinse forte il braccio magro.
-Si- disse Christal liberandosi da quella morsa. –Si-.
Sasuke fece una smorfia inquietante e scomparve.
Era la fine del capitolo. Il lago, il tempio, la casa sulla collina si ripiegarono su se stessi e svanirono di colpo.
La ragazza si ritrovò in uno spazio bianco e un attimo dopo fu sbalzata nel corridoio fuori dalla sua stanza, nella sua casa gelida e buia.
Il freddo le sembrò più intollerabile del solito e il buio ancora più pesto.
Per fortuna, aveva ancora con sé il libro rosso e il foglio con lo schema dei cinque giorni.
 
 
Quando entrò in camera sua, chiuse a chiave la porta e nascose il libro e lo schema sotto la solita asse di legno. Poi si mise a letto, esausta. Il fuoco scoppiettava nel camino. Si sentiva le braccia e le gambe pesanti, ma fece fatica ad addormentarsi. Troppi pensieri le frullavano in testa. Abbracciò con lo sguardo la stanza che un tempo le appariva familiare e adesso le appariva diversa. Per la prima volta notò la polvere e le ragnatele nere che pendevano dal soffitto. Ovviamente non era la stanza ad essere cambiata, ma il suo modo di guardarla.
 
 
Christal fu svegliata da Chiyo che bussava alla porta. Si alzò ad aprirle e prese il vassoio con il tè e i biscotti. Quando scostò le tende, la luna era alta nel cielo e ricurva come una scimitarra. Il fiore di bucaneve era sparito.
Christal si tolse la camicia da notte. Spiegò la sottogonna e il vestito rosa e lo indossò. Non si era mai accorta prima di quanto fosse sbiadito e macchiato.
Il tessuto era consunto e rappezzato. L’orlo della gonna, che sfiorava il pavimento, era sudicio e liso.
Christal abbracciò nuovamente la stanza con lo sguardo. Contro la parete di fronte c’era un armadio e sulla destra un mobile da toeletta con uno specchio ad ante. Tutte le sere, dopo essersi svegliata, Christal si sedeva davanti allo specchio per spazzolarsi. Adesso, però, notò uno strato di polvere sulla superficie dello specchio e sui vari oggetti sparsi sul ripiano, tranne che sulla spazzola. I flaconcini rosa, il vaso di cristallo, lo specchietto con il dorso d’argento lavorato, la boccetta di profumo, tutto quanto era ricoperto da un sottile velo di polvere.
Christal prese un astuccio di velluto rosso sbiadito con le cuciture d’oro. Quando lo aprì, le cerniere di spezzarono. All’interno, adagiati su un cuscinetto di velluto, c’erano due orecchini di perle. Raccolse gli orecchini e se li infilò. Poi guardò la sua immagine riflessa sulla superficie opaca. Sasuke aveva ragione. Aveva un’aria stanca e sciupata.
La ragazza allungò la mano e con un dito tracciò il suo nome sullo specchio impolverato. Christal Uzumaki. E l’anno, 1890. Un ragno risalì velocemente lungo un sottilissimo filo, verso la ragnatela testa tra lo specchio e il ripiano del tavolino.
La ragazza si chinò a cercare il suo volto riflesso e tentò di immaginare che aspetto avrebbe avuto se il suo vestito non fosse stato vecchio e sudicio. Come sarebbe apparsa alle persone del mondo esterno se avessero potuto vederla? Si sentì fragile e stanca, come un filo ormai consunto e prossimo a spezzarsi.
Rimise accuratamente al loro posto l’astuccio rosso e la spazzola. Poi si diresse verso l’armadio, girò la chiave nella toppa e aprì le ante. All’interno era appesa una sfilza di abiti rossi, azzurri e dorati, alcuni preziosamente ricamati e adorni di pietre preziose. Ma il tempo aveva lasciato il segno. E quando Christal tirò fuori il primo, una manica si staccò. Le terme avevano sfilacciato la seta. Con un sospiro, la ragazza lo rimise apposto, insieme agli altri.
-Non è giusto- disse tra sé. –Non può andare avanti così-. Richiuse l’armadio con dita tremanti. Non poteva lasciare che tutto questo continuasse. Un sentimento di ribellione le divampò in petto, in un moto di rabbia troppo a lungo trattenuta.
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10; ***


Consumati dal Tempo
 
 
 
Capitolo 10;
 
Caroline, seduta nel vecchio salottino, giocherellava con un portauovo d’argento ossidato. Christal si sedette all’altro capo del tavolo.
Il salottino si era conservato meglio della sua camera. Era soltanto un po’ impolverato e in disordine. I mobili erano usurati dal tempo, ma nel complesso la stanza dava l’impressione di essere vissuta.
Un bel fuoco ardeva nel camino.
-Tutto lì quello che mangi?- chiese Christal.
Caroline scrollò le spalle. –Beh, tu non hai mangiato ancora niente- disse. Il suo abito era tutto macchiato, rappezzato e sdrucito come il suo.
-E’ buffo come si finisca per scambiarsi sempre le stesse battute, non trovi?- osservò la corvina.
-Già- rispose Caroline. –Eppure sembra che qualcosa stia cambiando. Non pare anche a te che i giorni non siano più tutti uguali?
Sua sorella si sporse in avanti e bisbigliò: -Ci sono tornata di nuovo… in quel posto nel passato. Adesso so che cosa fare. So chi è il fantasma nel lago.
-Chi è?
-Sakura- rivelò Christal in un sussurro. –La moglie di Sasuke. E il fantasma della ragazzina in corridoio è sua sorella Aoi, la mia migliore amica.
Christal non ebbe il tempo di aggiungere altro, perché Chiyo entrò nella stanza reggendo il vassoio con il pane tostato e le tazze di porcellana bianche decorata di rose azzurre.
Tsunade le raggiunse subito dopo la colazione, senza lasciare loro il tempo di parlare. Cominciarono subito la lezione di latino ma, del tutto inaspettatamente, comparve Naruto che propose a Christal di accompagnarlo a fare una passeggiata.
La ragazza arrossì. E la stessa Tsunade sembrò turbata.
Chiyo andò a prendere il cappotto e il cappello di Christal. Naruto aveva un aspetto diverso dal solito. Si era lavato e cambiato d’abito. In preda ad un profondo senso di colpa, la ragazza cercò di valutare lo stato d’animo del padre. Soltanto il giorno prima lui le aveva teso una mano e lei, in cambio, lo aveva tradito.
Naruto sembrava più stanco che arrabbiato.
Mentre attraversavano il prato, le fece notare lo scintillio dell’erba ghiacciata e la bellezza di Venere che risplendeva in cielo.
Quando Christal vide che si stavano dirigendo verso il lago, rallentò il passo, nel timore di quello che avrebbero potuto vedere, ma Naruto le fece cenno di proseguire.
Il lago era una distesa bianca e gelata.
Padre e figlia si fermarono a guardarlo. Naruto aveva un’aria assorta e Christal sentiva freddo. Strofinò le mani una contro l’altra. L’aria frizzante le pizzicava le guance.
-Lo hai visto di nuovo- disse infine Naruto. –Disobbedendo ai miei ordini.
-Chi? Non ho visto nessuno- ribatté prontamente sua figlia.
-Christal, non mentire a tuo padre.
La ragazza non sapeva cosa dire. Non sapeva di chi fidarsi, né cosa credere. Voleva bene a suo padre, ma ripensò al profumo di caprifoglio e di rose, all’aria estiva e alle rondini. Rivide la sua stanza impolverata e gli abiti lasciati a marcire. Se Sasuke diceva la verità, era suo padre il responsabile di quella situazione.
-Non credo ad una parola di quello che dice Sasuke- affermò. –Le sue sono tutte assurdità.
Non era un granché come bugiarda, aveva le guance in fiamme.
-Christal,- continuò suo padre –sei stata nell’altro posto.
-Non è vero!
-Christal!-. Adesso era arrabbiato. –Cosa devo fare con te? Rinchiuderti? Dovrò farlo, se mi costringi!
Christal si morse il labbro.
-Te l’ha detto, vero? Del velo di oscurità sopra Hokage’s House e della nostra lunga esistenza?
La ragazza annuì.
-Possibile che tu non capisca?- continuò Naruto. –Non ci sei ancora arrivata? Ongi volta che tu ti muovi da un posto all’altro, le cose cominciano a sgretolarsi. All’inizio in maniera impercettibile, per poi peggiorare sempre più rapidamente, finché tutto sarà distrutto. Così funziona il mio incantesimo, Christal. L’ho realizzato grazie ai miei poteri e al mio ingegno. E ogni volta che tu attraversi le barriere da un luogo all’altro, metti in moto un processo di distruzione. Lo sento nelle ossa. Sasuke ha già causato un bel danno con le sue continue intromissioni e peregrinazioni. E adesso ti ci metti anche tu… Di questo passo l’intera casa finirà per crollare, rendendoci di nuovo visibili agli altri e vulnerabili. Io voglio proteggerti, Christal, ma tu sembri determinata ad aiutare Sasuke e a distruggerci tutti quanti!
La ragazza si sentì venire le lacrime agli occhi, ma si sforzò di ricacciarle indietro, tenendo lo sguardo fisso a terra.
-Non lo sapevo- mormorò. Ma in realtà aveva intuito qualcosa. Il tempo stava intaccando Hokage’s House. Tutti i piccoli cambiamenti, la polvere, le ragnatele e lo stato di disfacimento generale della casa non erano altro che il risultato di cent’anni di abbandono. Ora l’incantesimo cominciava a dissolversi, Christal poteva vedere per la prima volta come stavano le cose veramente. Il velo che aveva davanti agli occhi era finalmente caduto. Che cosa stava accadendo agli altri giorni indicati da Sasuke? Si sgretolavano anche quelli sempre più a ogni sua incursione?
-Sasuke ha detto che io ho ereditato i tuoi poteri- aggiunse con un filo di voce. –E’ vero?
-Credo di si, Christal, visto che hai il potere di vedere anche fuori dal tuo tempo- rispose suo padre in tono pacato. –E i fantasmi che vedi sono echi degli anni passati. Tu puoi vedere attraverso le barriere dei giorni.
-Voglio scoprire che cos’è successo alla mamma. Voglio trovarla. E non ho intenzione di rimanere rinchiusa qui dentro per sempre!- esclamò. –Voglio vedere l’estate e la luce del sole. Chi può nuocerci adesso, dopo cento anni? Qualsiasi cosa sia successa, le persone del mondo esterno avranno dimenticato tutto! Perché non vuoi dirmi chi siamo?
-Non è solo dagli eventi passati che dobbiamo proteggerci- disse suo padre. –Ci nascondiamo perché siamo diversi. Pensavo che avremmo potuto condurre un’esistenza normale, ma mi sbagliavo. Viviamo troppo a lungo, e questo cambia tutto. La nostra differenza è causa di disgrazie. Perciò, per il bene degli altri, dobbiamo vivere segregati. Proprio perché siamo diversi.
Poi Naruto voltò le spalle al lago e padre e figlia si incamminarono verso casa, costeggiando la gigantesca siepe che cingeva il prato. Scuro in volto, l’uomo colpiva le foglie secche e i ramoscelli scheletrici con il suo bastone nero. Christal gli camminava di fianco in silenzio, non osando fargli altre domande, sforzandosi di soffocare il senso di ingiustizia che la opprimeva. Una volta che ebbero raggiunto la porta di casa, suo padre le rivolse di nuovo la parole :-Non andare- disse. –Pensa a tua sorella. Non vuoi proteggerla?
Christal annuì. Era troppo turbata per parlare, così precedette suo padre ed entrò in cucina, dove Chiyo stava preparando il pane. Naruto si inoltrò nell’oscurità della casa, lasciando Christal in preda alla confusione più totale. Come aveva potuto insinuarle il dubbio di aver messo in pericolo sua sorella? Certo, lui era suo padre e Christal gli voleva bene, ma era irritata e rattristata dal suo atteggiamento. Si abbracciò stretta, come se così facendo potesse tenere insieme il mondo, e fissò, senza vederlo, il muro della cucina.
Chiyo le mise davanti una tazza di cioccolata.
-Grazie- disse meccanicamente la ragazza.
-Che begli orecchini!- esclamò la donna. –Non te li avevo mai visti addosso prima d’ora.
-Credo che andrò in camera mia- rispose bruscamente Christal, prendendo la tazza. –Sono stanca.
Chiuse a chiave la porta della sua stanza e tirò fuori il libro rosso dal nascondiglio. Si sedette alla scrivania e, aprendo i cassetti, scoprì un mucchietto di vecchie lettere e di taccuini, ricoperti di muffa e ormai quasi completamente illeggibili. Estrasse il suo diario, a cui aveva affidato le sue storie e le sue poesie. Era stato un piacevole passatempo ma adesso, rileggendo quei testi, le sembrò che non avessero alcun senso. Così lo rimise al suo posto.
Recuperò la penna, la intinse nell’inchiostro, fece un respiro profondo e aprì il libro rosso. Sulla prima pagina scrisse:
Christal Uzumaki
Hokage’s House
E aggiunse l’anno: !890.
Poi passò alla pagina successiva e scrisse il numero del capitolo. Quello non sarebbe un altro diario, ma un romanzo. Sasuke le aveva detto di scrivere la sua versione di Hokage’s House, il che significava riscrivere quella storia durata cent’anni e tutto ciò che era successo nella vecchia casa. Stavolta però, ci sarebbe stato il lieto fine.
Da dove cominciare? Christal non ebbe alcun dubbio e scrisse: Una donna sotto il ghiaccio.
Poi si fermò e guardò fuori dalla finestra. Era sicura di sapere quello che stava facendo? Poteva fidarsi di Sasuke? A dire il vero, non si fidava di lui. Ma su una cosa quell’uomo aveva sicuramente ragione: lei e Caroline erano sepolte vive e quell’esistenza infinita senza la speranza del più piccolo cambiamento era intollerabile. Naruto aveva costretto l’intera famiglia a vivere per sempre in una lunga notte piena di polvere, freddo e gelo. E non era forse un atto di estrema crudeltà quello?
Christal mordicchiò l’estremità della penna. Per essere completo, il libro aveva bisogno di illustrazioni. Avrebbe dovuto coinvolgere Caroline, se voleva che il suo incantesimo funzionasse. Doveva trovare il modo di convincerla a disegnare per lei.
La candela diffondeva una pozza di luce gialla sulla scrivania, sulle sue mani, sulla sua faccia. Aveva solo un’ora a disposizione. Riprese a scrivere.
Un fantasma. Christal poteva vedere i fantasmi…
 
 
Dopo pranzo Tsunade portò le due sorelle a fare una passeggiata. Si diressero verso il lago e camminarono lungo la riva. Christal era immersa nei suoi pensieri, concentrata sul seguito del suo libro. Perfino Caroline era insolitamente tranquilla. L’oscurità era opprimente. Il freddo insopportabile. Il luccichio del lago ghiacciato al chiaro di luna aveva perso il suo fascino.
Al rientro, Tsunade andò a parlare con Naruto.
Chiyo attizzò il fuoco nel camino e si mise a preparare delle torte di marmellata. Era particolarmente briosa e cercava di rallegrare le ragazze con le sue chiacchiere.
Christal si domandò quanti anni potesse avere. Anche lei era una loro parente, come anche Tsunade. Se Sasuke aveva ragione, anche lei poteva vivere per centinaia di anni. Christal sapeva però che non poteva chiederle aiuto: per quanto la governante le volesse molto bene, era assolutamente devota a Naruto e avrebbe obbedito ciecamente ai suoi ordini. Evidentemente, al contrario di Christal, Chiyo e Tsunade nutrivano una profonda fiducia nel loro padrone.
Christal tornò nella sua stanza ma, nel chiudere la porta, si accorse che mancava la chiave. La sua scrivania era tutta sottosopra, ma per fortuna il libro rosso era al sicuro nel nascondiglio sotto il letto.
Christal era infuriata, non sorpresa. Presubilmente, Tsunade o suo padre erano venuti a fregare nella sua stanza.
La ragazza tirò le tende e guardò fuori, verso i campi oltre il giardino. Per un attimo sentì venire meno la forza  e la determinazione ad andare avanti.
Scrutando nell’oscurità, si sentì sopraffatta da un senso di sconforto. Non sapeva che cosa fare. I problemi da affrontare le sembrarono terribilmente complessi e difficili da superare. Una parte di lei voleva raggomitolarsi sotto le coperte e rimettersi a dormire, ritornare alle infinite ripetizioni del sogno, perduto, di quell’unico, interminabile, giorno. Ma era troppo tardi, ormai aveva spezzato l’incantesimo e, come la principessa nella favola della Bella addormentata nel bosco, si era finalmente svegliata. Sasuke aveva abbattuto la barriera di rovi e l’aveva raggiunta nella torre.
Premette il viso contro il vetro freddo della finestra. Non aveva altra scelta che andare avanti. Doveva continuare a scrivere il libro, e Caroline, che aveva una mano più abile della sua, avrebbe fatto i disegni.
Christal chiuse la porta e la bloccò con il tappeto, per impedire l’ingresso ai ficcanaso. Estrasse il libro rosso dal suo nascondiglio e lo aprì alla pagina che aveva appena cominciato. Era difficile riprendere a scrivere. Mordicchiò l’estremità della penna, pensando a tutto quello che ancora le restava da scoprire per poter finire il libro. Per ricostruire l’intera storia avrebbe dovuto fare un altro viaggio nel passato, ancora più lungo dei precedenti. Intinse il pennino nell’inchiostro e cominciò a scrivere della festa di compleanno in una giornata estiva e dell’incontro con Sasuke e Sakura sull’isola. La scrittura catturò tutta la sua attenzione, assorbendola completamente.
Ad un tratto la porta si spalancò di colpo, sollevando il tappeto. Prima che Christal avesse il tempo di reagire, si sentì afferrare alla base del collo. Una stretta forte e decisa la immobilizzava come in una morsa.
-Che cosa stai facendo?- sibilò Tsunade.
La ragazza sentì l’alito dell’istitutrice all’altezza della guancia, un curioso misto di stantio e menta piperita.
-Non è stato abbastanza chiaro tuo padre, piccola disobbediente? Quando imparerai a rigare dritto? Hai proprio intenzione di condurci tutti alla rovina, eh?
L’istitutrice era livida di rabbia e il suo viso era contratto in una smorfia. Digrignando i denti, costrinse Christal a mettersi in piedi e la trascinò fuori dalla stanza, lungo il corridoio.
La ragazza strillò e si dimenò, cercando di opporre resistenza. –Caroline! Aiuto! Caroline! Lasciatemi andare!
Scalciò più che poteva, sollevando nuvole di polvere. Tsunade adesso la teneva stretta per i polsi; malgrado la sua figura esile, aveva una forza irresistibile.
-Caroline!- chiamò ancora Christal. –Papà! Basta! Lasciami andare!-. Mentre urlava, credette di sentire una porta aprirsi alle sue spalle. Si sforzò di guardarsi intorno, ma nessuno venne ad aiutarla.
Tsunade, insensibile alle sue suppliche, la trascinò su per un’altra rampa di scale, poi attraverso una porta nella parete rivestita di pannelli, per proseguire infine lungo una stretta scalinata che conduceva in soffitta. Dopodiché la gettò in una stanzetta buia e sbatté la porta.
Christal sentì una chiave girare nella toppa e lo sferragliare di due chiavistelli, uno in alto e uno in basso. Il rumore dei passi di Tsunade si affievolì man mano che scendeva lentamente giù per la scaletta.
Christal si sedette sul pavimento di legno grezzo per alcuni minuti, a riprendere fiato. Si asciugò le lacrime passandosi una manica sugli occhi. Era sconvolta. Come poteva esserle accaduta una cosa simile? Era prigioniera! Si torse le mani, mentre calde lacrime continuavano a rigarle il viso. E adesso cosa sarebbe successo?
I minuti passarono. La corvina si aspettava di veder spuntare Tsunade o suo padre da un momento all’altro. Si rifiutava di credere che l’avrebbero lasciata rinchiusa a lungo, anche se suo padre l’aveva avvertita e lei gli aveva disobbedito.
Ma il tempo passava senza che nessuno si facesse vivo. Christal tenne gli occhi fissi sulla porta, in attesa di essere liberata.
Esasperata, balzò in piedi e prese a tempestare la porta di pugni.
-Aiuto!- gridò. –Fatemi uscire!
Il frastuono riecheggiò in tutta la casa, ma nessuno venne a liberarla.
In preda all’indignazione, strattonò violentemente la maniglia e sferrò un paio di calci alla porta. I colpi sordi dei suoi stivali contro il legno massiccio servirono a ben poco.
Poi la rabbia sfumò, sostituita da un crescente senso di impotenza. Christal  si lasciò cadere in ginocchio e nascose il volto tra le mani.
Era passata forse un’ora, difficile dirlo con precisione, e nessuno era venuto in suo soccorso. Christal si mise a sedere e si guardò attentamente intorno.
Una volta quello doveva essere stato l’alloggio della servitù. Due lettini, occupati da un mucchio di scatoloni, erano allineati lungo la parete. La stanzetta era completamente priva di luce, fatta eccezione per due anguste finestrelle che lasciavano filtrare un riverbero di chiaro di luna.
L’ambiente era stipato di cassette di legno ammassate alla rinfusa. Probabilmente, dopo la partenza della servitù, era stato trasformato in uno sgabuzzino.
Christal si alzò in piedi e cercò invano di aprire la porta.
Le finestre erano piccole e chiuse da due sbarre di metallo: impossibile pensare di usarle come via di fuga. E poi, in ogni caso, erano troppo alte. Inoltre la porta era sprangata con due chiavistelli. Una prigione perfetta.
Tolse gli scatoloni da uno dei letti e si accoccolò sul pagliericcio duro. Faceva molto freddo. Dalle finestre entravano spifferi gelidi e si sentivano i topi raspare il pavimento.
La ragazza mise le mani dentro alle maniche per cercare di scardarsele un po’. Che cosa ne avrebbe fatto Tsunade del libro rosso? Probabilmente lo avrebbe portato direttamente  a Naruto e lui lo avrebbe gettato nel fuoco, togliendole l’unica possibilità di fuggire da quella lunga notte invernale. E lei sarebbe rimasta intrappolata per sempre in quel posto, senza poter vedere la luce del sole e il passare delle stagioni.
Ricominciò a piangere, a piccoli singhiozzi, le lacrime salate che le rigavano le guance. Voleva stare al caldo. Voleva che sua madre la stringesse tra le braccia e la riempisse di baci. Ripensò al picnic sull’erba e alla piccola Christal che correva incontro a sua madre per farsi coccolare. Richiamò alla mente il profumo del caprifoglio e il canto dell’usignolo.
Lentamente si abbandonò alla dolcezza di quelle immagini e scivolò in un sogno gelido, rannicchiata sullo scomodo lettuccio.




Angolo Lory:

Ciao a tutti miei cari, ecco a voi il capitolo 10!!
Purtroppo non ho molto tempo e quindi non posso scrivere chissà che cosa in questo angolo autrice, per cui spero soltanto che il capitolo vi sia piaciuto, inoltre l'undicesimo è già sotto le mie mani ^^
Un bacio enorme a tutti voi e un grazie infinito a quelli che continuano a seguirmi <3
Alla prossima!!!

 

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