un voto alla mia vita

di Rystie_00
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una svolta alla quotidianità ***
Capitolo 2: *** Derek ***
Capitolo 3: *** Il terribile mare della depressione ***
Capitolo 4: *** Imparare a conoscersi ***
Capitolo 5: *** Non siamo mai ciò che crediamo di essere ***
Capitolo 6: *** Paura ***
Capitolo 7: *** Mani ***
Capitolo 8: *** Fotografie ***
Capitolo 9: *** La mia felicità è importante ***
Capitolo 10: *** Desiderio ***
Capitolo 11: *** Padri invadenti ***
Capitolo 12: *** Quanto manca ancora, prima di vederti? ***
Capitolo 13: *** Diamante e Speranza ***
Capitolo 14: *** Compleanno ***
Capitolo 15: *** Regalo, lacrime e baci ***
Capitolo 16: *** Presentazioni ***
Capitolo 17: *** Storie ***
Capitolo 18: *** Conferme ***
Capitolo 19: *** Automobili e fratelli ***
Capitolo 20: *** Arcobaleno ***
Capitolo 21: *** Robin ***
Capitolo 22: *** Robin ***
Capitolo 23: *** Mai ***
Capitolo 24: *** Forza contro Debolezza ***
Capitolo 25: *** Fantasmi alla ricerca di amore ***
Capitolo 26: *** Basta ***
Capitolo 27: *** Tre parole ***
Capitolo 28: *** Sono qui ***
Capitolo 29: *** Ricordati... era uno zero che ci ha fatto incontrare ***
Capitolo 30: *** Foglie in autunno ***
Capitolo 31: *** Uscire allo scoperto ***
Capitolo 32: *** Fine ed inizio ***



Capitolo 1
*** Una svolta alla quotidianità ***


UN VOTO ALLA MIA VITA

 

UNA SVOLTA ALLA QUOTIDIANITÀ

 

Se dovessi dare un voto alla mia vita, sarebbe un cinque.

Mia madre, mio padre, i miei due fratelli e "BloodSword". Un cinque. Un misero cinque.

Non ho un punto per degli amici, non ho un punto per una persona da amare, non ho un punto per me stesso.

L'unica cosa che adoro veramente è il mio gioco virtuale preferito. "BloodSword" è un videogame riguardante tematiche di guerra e strategia. Crei il tuo soldato e combatti per salvare la tua patria. In pratica fingi di essere ciò che non sei.

Oltre a giocare, ovviamente, puoi parlare con altri nerd o videochattare con loro. Io avrò visto in faccia i miei avversari sì o no una dozzina di volte.

Gli altri guerrieri che parlano con me mi giudicano un abile nemico e sono fiero di questo...

«Jack svegliati! È ora di andare a scuola, fratellino»

Mio fratello Matt è l'individuo più detestabile di tutto il cosmo. Alto, i capelli castani ricci, gli occhi grigi come i miei, fisico da fotomodello, amato da tutte le ragazze della scuola, giocatore nella squadra di rugby, ottimo studente e circondato da gente solare di tutti i tipi. Come se non bastasse, ha un gemello. Mark. Sono di un anno più grandi di me.

La cosa peggiore non è questa. La cosa peggiore è che sono esattamente uguali. Sia in aspetto che in carattere.

«Ora mi alzo. Aspettatemi di sotto » mormoro, iniziando a stiracchiarmi.

Metto i piedi a terra e incomincio a vestirmi con gli indumenti che avevo preparato la sera prima.

Scendo in sala da pranzo. Sono già tutti in tavola.

«Buongiorno» dice mia madre.

«Ciao»

Siedo al mio solito posto e mangio la solita colazione con la solita famiglia di sempre.

Mia madre e mio padre, Melanie e Carl Malgod, sono entrambi avvocati e, con il loro lavoro, guadagnano bene. A loro piace viziarci infatti.

«Jack, la vuoi sentire una battuta?» dice Mark.

«No, risparmiatela. Fai un favore a tutti» ribatto secco.

«Jack! Non rispondere in modo scortese!» mi rimprovera mamma.

Giro gli occhi al cielo e mi alzo per prendere la cartella e uscire di casa. Una nuova lunga e noiossissma giornata scolastica da affrontare.

Non ho amici, come ho detto prima. Nessuno con cui parlare. Ogni tanto si avvicinano Matt e Mark per sapere come sto. Rispondo sempre "Sto bene".

Le prime ore passano in fretta. Come al solito i miei coetanei mi evitano e passo l'intervallo da solo. Nelle ore successive mi concentro sul test di matematica. Abbiamo inziato da poco e almeno il primo compito deve andare bene. Sono sicuro delle risposte che ho saputo dare e me ne torno a casa  soddisfatto.

Dopo essermi chiuso la porta alle spalle saluto mia madre e butto distrattamente lo zaino sul pavimento. Poi sprofondo nel divano del salotto e accendo la televisione per sentire le notizie di cronaca della mia bellissima città: New York.

I miei fratelli tornano dopo di me, come al solito sono rimasti a parlare con i loro compagni di studio.

Arrivano e salutono la mamma con un bacio.

«Cosa ha preparato la nostra madre preferita per soddisfare la fame dei suoi poveri figlioletti?» domandano in coro.

Una cosa è certa... sanno come farmi irritare. Non sempre però lo fanno apposta.

«Carne. E ora venite tutti a tavola!»

Il pasto procede come sempre. Il loro allegro chiaccherare e io che rimango ad ascoltare in silenzio. La verità è che non mi intaressa parlare: preferisco ascoltare.

«Jack com'è andata a scuola?» chiede Matt.

«La solita routine... stai attento alla lezione, studia, impara, pausa e di nuovo studia e impara»

«Hai trovato qualche nuovo amico?»

«No, mamma. Non ho amici»

I loro occhi si guardano a vicenda, come a sostenersi. O a ricercare negli altri le parole giuste da dire.

Mi dispiace deluderli ogni volta, ma non posso farci niente.

Perdonatemi per questo.

«Vado di sopra a svolgere i miei obblighi da studente diligente» cerco di scherzare per spezzare quel lungo silenzio.

Mi richiudo in camera e piango un po'. Senza fare rumore. Come ogni giorno.

Apro i libri di scuola e mi esercito con la grammatica e alcune equazioni.

Dopo l'ora dei compiti mi rifugio nel mio mondo virtuale e sorrido un po'.

Scelgo dei guerrieri con cui allearmi e iniziamo a combattere. Siamo in cinque: Seth92, ClikUp32, XanaROCK, GeorgeStark65 e RobJ05, io.

Tutto procede nel meglio e riusciamo appunto a vincere gli invasori nemici. Tutto funzionava come giusto. Tutto andava bene.

Poi arriva un messaggio da un utente che non ho mai fronteggiato: DerekStand21.

 

DerekStand21: Robin! Sono io, Derek. Mi manchi un botto, amico. Ma cos'è sto gioco di merda? Perché mi hai fatto iscrivere a sto sito? Sai che non mi piacciono i giochi virtuali. Ma lasciamo perdere, tanto è inutile discutere con te. Come stai? Come va l'università? Qui ogni giorno è una nuova sfida. Allora... che mi racconti?

 

Non conosco nessun Derek. Deduco che ha sbagliato di digitare il nome account, scambiandomi per un'altra persona. Tuttavia, mi ha dato fastidio il fatto che ha giudicato orribile il videogame che amo.

 

RobJ05: Per prima cosa questo gioco non è una merda, come hai detto tu. È veramente intelligente e, se ti impegni, il tuo livello intellettivo si alza del 10%.

Seconda cosa: non sono Robin, mi dispiace.

E comunque BloodSword NON È UN GIOCO DI MERDA!

 

Aspetto che visualizzi il mio messaggio, poi continua a scrivermi.

 

DerekStand21: Se tu non sei Robin allora io sono Cenerentola. Non fare il coglione! È così che saluti il tuo migliore amico dopo settimane che non ci sentiamo?

Per puntualizzare: ho espresso la mia opinione su questo gioco ed è negativa... scusa se non sono come te, idiota.

RobJ05: Ti ho detto che non sono Robin! E che carino che sei a non farti sentire per settimane dal tuo migliore amico. Se fossi in lui, mi sarei già dimenticato di te.

BloodSword non è una merda.

Coglione e idiota sarai tu.

DerekStand21: Senti... mi dispiace. Sei arrabbiato? Ti chiedo scusa, ma sai ti ho detto per telefono che non ci saremmo potuti sentire per due o tre settimane. Non dovresti essere arrabbiato. Piuttosto contento che sono ancora vivo e vegeto!

RobJ05: Per l'ennesima volta... io non sono Robin!

DerekStand21: Dimostralo.

RobJ05: Come???

DerekStand21: Videochat... se non sei Robin, allora non ti farai problemi. Ho già la camera accesa...

RobJ05: Chi mi dice che non sei un maniaco che mi vuole uccidere?

DerekStand21: Fidati... io non uccido per gioco...

RobJ05: Ti ricordo che sei registrato in un sito di guerra

DerekStand21: Anche tu

RobJ05: Ma non sono io che ho iniziato la conversazione

DerekStand21: Ti ho detto che non ti voglio uccidere!

RobJ05: Ahahah... smettila di importunarmi e torna ad uccidere altri avversari... io non ti interesso

DerekStand21: Robin smettila... non è più divertente. Lo sai che non mi piace quando la gente parla così di queste cose

RobJ05: Ma io non sono Robin!

DerekStand21: ...

RobJ05: Mi hai stufato

 

Accendo la telecamera.

Note dell'autore: Buonasera popolo di EFP! Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento... Vorrei sapere se a voi lettori vi ha incuriosito e se vale la pena andare avanti. In questo ultimo periodo mi sono impegnata molto per scrivere ogni giorno e spero di continuare con questa determinazione. Recensiteee... fatemi sapere se vi è piaciuta o se devo migliorarmi in qualcosa. Bye :)

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Capitolo 2
*** Derek ***


DEREK
 
Sulla schermata appare il volto di DerekStand21.
Siamo entrambi sorpresi.
È un bel ragazzo. Più grande di me. I capelli castani rasati quasi del tutto, gli occhi sembrano color nocciola, i lineamenti scolpiti, le spalle ampie e il corpo forte, o almeno appare così a me.
Indossa una divisa. Una divisa militare. Fa parte dell'esercito...
"Fidati... io non uccido per gioco..."
All'istante mi autodefinisco un idiota.
Cerco di iniziare il discorso dicendo che mi dispiace, ma anche lui parla e ci fermiamo entrambi...
- Scusami, comincia tu... -  fa lui.
Deglutisco. Ha una bella voce. Profonda.
Mi schiarisco la gola: - Mi dispiace per prima... Scusa. -
Lui sorride, abbassa per un momento lo sguardo e si morde il labbro: - Almeno ora sai che sono un militare. -
- E tu sai che non sono Robin. -
- Già. -
Rimaniamo per pochi secondi in un silenzio imbarazzante, senza toglierci gli occhi di dosso.
Poi lui si passa una mano dietro il collo.
- Sei ancora minorenne? -
- Sì, ho diciassette anni. -    
- Io ne ho ventuno. -
- Ah... -
Pausa.
- Hai intenzione di chiudere questa conversazione o... - lascio in sospeso la frase, piegando la testa di lato.
- No – risponde - tu? -
- No. -
Pausa.
Ci continuiamo a scrutare a vicenda. Il suo viso è troppo dolce per essere quello di un soldato. Perché si è arruolato?
- Perché ti sei arruolato? -
Scrolla le spalle: - Pensavo che aiutare il mio Paese fosse il miglior lavoro del mondo. -
- Ti sbagliavi? -
- No, ma non posso riuscirci io. Sono imbattibile, ma non è questo che stavo cercando veramente. Io non appartengo più a questo posto. L'ho capito troppo tardi. -
- Perché ti confidi con me? In fondo sono uno sconosciuto. -
- Non so perché io stia parlando con te o perché stia rispondendo alle tue domande. -
Pausa.
Che cosa sto facendo, esattamente?
Il suo viso è carico di stanchezza. È stufo.
Da quando riesco a riconoscere certe emozioni da una sola espressione?
- Come farai a trovare Robin? -
- Lo chiamerò sul cellulare. -
- Capisco. -
- Cosa ci trovi di affascinante in questo gioco? - E suona più come un "che gusto ci trovi ad ammazzare persone virtualmente, se non sai cosa si prova davvero ad uccidere un uomo?"
- Non lo so. -
Ed è vero. Per cosa gioco io? Per vedere i miei nemici morire? Per combattere con una squadra? Per salvare le persone a me care? Per soddisfare me stesso? Per puro divertimento?
Non lo so. Non lo so. Non lo so.
Si è tutto azzerato. Una frase e le tue certezze diventano cenere. E i dubbi si trasformano in carbone in attesa di bruciare.
- Okay – annuisce poco convinto - forse è meglio se ti dimentichi di me e ci salutiamo ora. – sussurra.
- Ma io non voglio. -  mormoro a mia volta.
So che tutto ciò che mi esce dalla bocca è pura follia. Ma è la verità. Buffo, no?
Lui respira profondamente. Intreccia le mani a pungo e appoggia i gomiti sulle ginocchia.
- Neanche io. Quindi che si fa? -
- Ci si vede domani. - propongo.
- Ci si vede domani. -
Nessuno dei due è intenzionato a spegnere la telecamera e terminare la videoconversazione.
Alla fine, sono io a farlo.
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: Eccomi qui con il secondo capitolo. Non credo ci sia molto da dire. Se però avete bisogno di chiarimenti chiedete pure!
Vorrei specificare che i due personaggi non sono ancora stati descritti caratterialmente, ma vi assicuro che nel prossimo capitolo ci sarà un approfondimento su Jack. Conoscerete meglio il suo stato d’animo e spero iniziate ad apprezzarlo.
Attendo vostre recensioni!
Al prossimo capitolo 

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Capitolo 3
*** Il terribile mare della depressione ***


IL TERRIBILE MARE DELLA DEPRESSIONE
 
Il giorno dopo la mia conversazione con DerekStand21, mi rendo conto di non avergli chiesto come si chiama.
Tecnicamente anche lui non me l'ha domandato, ma mi sento comunque un po' in colpa.
La sera prima sono andato a dormire con una strana sensazione. Come se stessi per affogare in un vortice di felicità che non riusciva a tirarmi giù.
Non so niente di quell'uomo. Non so niente di quel militare.
Non vedo l'ora di parlare di nuovo con lui.
Tuttavia, non sarò io a scrivergli. Non posso sapere se in questo preciso istante stia dormendo o combattendo con un fucile in mano.
Il solo pensiero mi fa gelare il sangue. Mi costringo a non pensarci e continuo a seguire la lezione di economia.
Ogni tanto qualcuno della mia classe si gira per lanciarmi un'occhiata. Non riesco a decifrare i loro volti. Perché io non sono come gli altri?
Abbasso la testa e ritorno a scrivere gli appunti sul quaderno. "Ignorali. Ignorali tutti".
Mi viene da urlare. Stringo con forza la penna con cui scrivo finché le mie mani non diventano scivolose. Come sempre basta un attimo per farmi affogare nel mare della depressione. Aiutatemi a respirare sott'acqua, per favore. Ci si confonde facilmente in questo oceano: i suoni scompaiono, non sai se è buio quello intorno a te o se hai già toccato il suolo, pensi poi di vedere il cielo, ma è mare.
E hai freddo.
E se hai freddo significa che hai paura.
Non fa una piega. Il punto è che io non so di cosa ho paura.
La penna mi scivola dalla mano. Le nocche bianche e il palmo rosso. Trink, trink. La penna è sul pavimento.
Ne prendo un'altra dall'astuccio e ricomincio a scrivere.
L'ora passa e arriva il pranzo.
Come al solito mi siedo al mio tavolo. E sottolineo mio perché dove ci sono io, non c'è nessuno. Mangio in silenzio guardando il piatto. Il fatto è che non mi interessa. Cosa mi dovrebbe importare di persone che non rivedrò mai più dopo il diploma?
- Ehi -
Sospiro.
Matt e Mark.
- Ciao - borbotto.
- Tutto bene? -
- Sì, sto bene – mento. Non li ho nemmeno guardati in faccia.
- Ti va di venire al nostro tavolo? -
- No -
Si irrigidiscono. Sono preoccupati per me, lo so. Mi spiace essere così deludente.
- O-okay... se cambi idea ti aspettiamo – mormora Mark, probabilmente passandosi una mano fra i capelli ricci.
- Come sempre – rispondo il più acidamente possibile.
Se ne vanno con i loro amici del tavolo più popolare, ed è come se non fossi più un peso.
Sorrido con disprezzo. Voglio andarmene da tutta questa merda. Trascinatemi via.
La campanella suona e mi alzo di scatto per andare alla prossima lezione.
Entro in classe sbattendo la porta e prendo posto al mio banco.
Ancora due ore. Due ore, Jack, e puoi tornare a casa.
 
- Jack? Bentornato, tesoro. Come è andata la giornata? -
- Mamma, per ora voglio solo andare in camera mia ad urlare, ma dato che potrei farti preoccupare, piangerò soltanto cossiché non te ne accorgerai e potrai tranquillamente continuare le tue faccende -
Detto ciò, salgo le scale per andare nella mia stanza. Mi chiudo dentro e cerco di tranquillizzarmi. Mi dispiace, mamma.
Non esce nemmeno una lacrima. Perfetto.
- Maledizione – sputo a denti stretti.
La mia attenzione si focalizza sullo schermo del computer sulla scrivania, sotto la finestra.
L'immagine di DerekStand21 mi si para davanti. I  muscoli si rilassano e, a passi lenti, mi avvicino alla postazione.
Accendo l'apparecchio ed entro nel mondo virtuale di BloodSword.
Guardo se ci sono messaggi.
Sì, uno.
 
DerekStand21 ha mandato un messaggio.
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: Ecco a voi il terzo capitolo! Come avevo detto in precedenza, questo capitolo mi serviva per approfondire il carattere di Jack, quindi non offendetevi se è così corto. Devo dire che sono abbastanza soddisfatta.
Non c’è molto altro da chiarire se non che Jack, come avete potuto leggere, si sente molto inadeguato ed escluso L.
Ringrazio immensamente tutti coloro che hanno recensito, letto e aggiunto tra le seguite la storia.
In particolare: shakesperarejnlove, tomatochan, nettie, dracofonte, silvia_candidacandida, Toki_Doki e FRAMAR.
Ringrazio anche quelli che stanno leggendo la storia in silenzio aspetto una vostra recensione.
E con questo direi che è tutto. Per qualsiasi cosa chiedete pure!
Al prossimo capitolo!
Rystie_00

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Capitolo 4
*** Imparare a conoscersi ***



IMPARARE A CONOSCERSI
 
- Ciao. - dico.
- Ciao. - risponde DerekStand21. Dal giorno precedente non sembra essere cambiato. Sembra quasi sereno.
- Passata una buona giornata? - chiedo.
- Più o meno. -
Scelgo di non approfondire.
I suoi occhi color nocciola mi scrutano.  - Perché sei triste? -
Deglutisco. - Come fai a sapere il mio umore? -
- Non lo so, lo vedo -
“Non lo so, lo vedo”: questo è lui.
- Mmh... -
Mi infilo le cuffie nelle orecchie per tenere la conversazione privata.
- Come ti chiami? - sorride.
- Mi chiamo Jack. Tu? -
- Derek, è un piacere conoscerti. Possiamo parlare un po'? -
Parlare? Con te sì.
- Certo. -
- Chiedimi qualsiasi cosa. -
- No, non sono pratico. Inizia tu. -
- Di dove sei? Io del New Jersey. -
Lui chiede e risponde anche per sé. Ti prego, fa che questo possa essere per me un amico. Ti scongiuro.
- Brooklyn. -
- Di che colore hai gli occhi? Non riesco a capire se sono azzurri come il cielo o... -
- No, sono grigi come le nuvole. -
- Io sono un soldato in carica da due anni. Ho iniziato presto. Mi piacciono le torte. -
- C-cosa? -
- Sono un soldato in carica da due anni e mi piacciono le torte. -
La verità? Scoppio a ridere.
- A te non piacciono le torte? - chiede con un sopracciglio alzato.
Mi ricompongo e rispondo: - Perché mi dovresti informare sui tuoi gusti in fatto di dolci? Mi piace la torta al cioccolato. -
- Non lo so. Tu ieri mi hai detto che ti piace BloodSword e io oggi ti dico che mi piacciono le torte. Dovresti assaggiare quella che prepara mia madre. -  sorride anche lui.
Uno strano batter d'ali nella pancia.
- Hai trovato Robin alla fine? - chiedo, cercando di ignorare il mio stomaco.
- Sì. Il suo account è RobJ005. Uno zero in più rispetto a te. Una semplice scelta del destino. -
- Che intendi dire? Che è uno scherzo del fato? -
- Sì, non so come altro spiegarlo. Ci ho riflettuto, ed è improbabile per uno come me, un militare, di essermi lasciato sfuggire un piccolo errore. Uno zero in meno che mi ha fatto incontrare te. -  spiega, alzandosi le maniche della divisa.
- Capisco... - sussurro affascinato dalla sua teoria. Derek è più interessante di quello che pensavo.
- Domanda ciò che vuoi, Jack. - mi sprona lui.
Non so che dire, così domando la prima cosa che mi viene in mente: - Hai famiglia? Che so... una moglie o dei figli... -
- No, non ho dei figli. E non avrò mai una moglie dal momento che sono omosessuale. – dichiara tranquillamente.
Mi permetto di strabuzzare gli occhi per un secondo.
- C-che diretto... Non temi il giudizio altrui...-  mormoro, abbassando lo sguardo dal suo.
- Non voglio avere a che fare con persone che non possano accettarmi per come sono. Che siano amici, conoscenti o parenti. - espone serio.
- Per me non è un problema. – dico subito.
- E tu? Hai una ragazza? -
- No. Non ho nemmeno amici. -
-  Oh... proprio nessuno? - chiede, massaggiandosi i capelli cortissimi.
- No, ma è una scelta mia. Non voglio approcciarmi, per questo sono solo. Ho però la mia famiglia. Una madre e un padre e due gemelli più grandi di me. Una vera tortura. -
- Io sono figlio unico, ma mi sarebbe piaciuto avere una sorella. -
C'è, per la prima volta da quando abbiamo iniziato a parlare, un breve silenzio.
- Ma ora puoi dire che ti sbagliavi. -  riprende lui.
Alzo le spalle: - Su cosa? -
- Ora hai un amico. -
Trattengo il fiato.
- Ci conosciamo appena… -
- Ma a me piace parlare con te. -  obbietta.
- Non credo di essere una persona, come dire... interessante. Insomma, perché? -
Lui sospira: - perché no? -
- Il fatto che tu vuoi diventare mio amico implica che io mi debba affezionare. E non posso affezionarmi. -
- Perché? -
- Perché, come ho già detto, non sono quel genere di individuo che ama approcciarsi con gli altri. -
- Ma, prima o poi, sarai costretto a farlo. Con il lavoro, per esempio, come farai? -
- Io... non lo so, ma non voglio rimanerne deluso. -
- Non ti deluderò. Ti propongo un patto: io ho bisogno di passare questi ultimi sette mesi di servizio, prima di ritornare finalmente in patria, il più velocemente possibile; tu hai bisogno di qualcuno che ti ascolti. Sette mesi e prometto che non ti deluderò e tu non deluderai me. -
Ma si ci può fidare così?
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: Siamo al quarto capitolo, gente! Grazie per tutte le persone che recensiscono, ho visto con piacere che ci sono stati commenti da nuove persone :D
Se vi interessa seguirmi anche su Tumbrl mi rendereste moooolto felice! Chiedete in un messaggio privato ;).
Per tornare al testo: cosa risponderà Jack? Si potrà fidare?
Spero di essere riuscita a descrivere, anche se indirettamente, il carattere di Derek.
Ancora grazie a tutti! Compresi quelli che leggono in silenzio vorrei sapere se la storia vi piace.
So che la lunghezza dei capitoli non è troppo lunga, ma spero di riuscire ad approfondire in futuro.
Al prossimo capitolo :D!
Rystie_00
 

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Capitolo 5
*** Non siamo mai ciò che crediamo di essere ***


NON SIAMO MAI CIÒ CHE CREDIAMO DI ESSERE
 
 
- Accetto.-
Il giorno di riflessione che mi ha lasciato è stato pieno di pensieri. Fidarmi o no? Scegliere una nuova strada o camminare in silenzio da solo?
Ho scelto di continuare il mio percorso... ma con lui.
La webcam non ha una definizione perfetta, ma il suo sorriso risplende comunque.
- Sul serio? Jack, grazie. Sono contentissimo. -
Mi scappa un sorriso.
Lo so, Derek. Lo vedo.
-  Cosa vuoi fare?  – dice.
Alzo le spalle: - Non sono bravo a parlare, ti ho detto ieri. -
- Oh, sì, perdonami. È che sono così felice. -
Felice ed euforico, oserei dire.
Mi appoggio alla sedia della mia scrivania.
- Jack, dove sei? Intorno a te è quasi tutto buio. -
Mi alzo e vado ad accendere la luce della mia stanza. Per qualche secondo vengo abbagliato, ma mi abituo subito.
- Qui è sera. Avevo la luce spenta perché mi piace stare al buio. -  spiego. Approfitto per stiracchiarmi dal momento che sono in piedi.
Derek si avvicina al monitor e guarda con curiosità.
- E così è questa la tua dimora. Il tuo rifugio. -
- Perché fai quella faccia quando dici "rifugio". -
Riprendo posto alla scrivania.
- Quale faccia? -
- Spalanchi gli occhi e tendi le labbra. -
- Per non avere una vita socialmente attiva, sei bravo a leggere le persone. -
Arrossisco leggermente.
- Essere una persona chiusa non significa non vedere gli altri. -
Mi guarda. Io guardo lui. Lui vede me. Io vedo lui.
- La vita nell’esercito. Ti va di raccontarmi qualcosa? – chiedo, per smorzare quel silenzio pieno di parole negli occhi ci ciascuno.
Non risponde.
- Perché mi guardi come se fossi non so che strana cosa? -
Ride a fior di labbra: - Io penso che hai un’immensità di cose da dire, ma non riesco a capire perché non le offri agli altri. -
- Non ho niente da offrire. Io non sono quel genere di persona. Quella che vorrebbe affrontare la vita in compagnia. -
- Non siamo mai ciò che crediamo di essere, Jack. Siamo quello in cui speriamo. Perché più speriamo di essere quel qualcosa, più ci impegniamo a esserlo. Forse inconsciamente, ma è così.* -
Non dico niente.
- Jack, la cena è in tavola! Scendi a mangiare! - urla mio padre, dal piano inferiore.
- D-devo andare… - abbasso lo sguardo.
- Jack, rifletti su ciò che ti ho detto. Domani non credo di riuscire a parlare: abbiamo dei doveri qui! - annuncia.
- Okay -,  mormoro,  - resta vivo. -
Spengo la webcam.
 
- Secondo voi, sono una persona che vuole essere ascoltata? -
Mio fratello Matt si strozza con il boccone appena mangiato.
Osservo i miei genitori che raddrizzano la schiena e sorridono nervosi.
Alla fine è mia madre a rispondere: - Certo, tesoro, io penso che dovresti parlare con qualcuno ogni tanto. Come ti è venuta questa domanda? -
Arriccio il naso: - Niente. -
- Ed eccolo che si richiude di nuovo in sé stesso. Non puoi fare sempre così, fratellino. -
- Chiudi la bocca, Matt! - lo rimprovera Mark.
- Jack, sei un ragazzo intelligente e sveglio, io e tua madre ci domandiamo spesso perché non vuoi interagire con i tuoi coetanei. -
Sbuffo. – Non ho chiesto questo. -
- Jack… noi pensiamo che… -
- Vado di sopra. Buonanotte. - interrompo mia madre.
 
Mi distendo sul letto e mi copro gli occhi con un braccio.
Devo rispondermi da solo.
Ho veramente bisogno di qualcuno con cui confidarmi? Derek si è offerto volontario, ma cambierà qualcosa grazie a lui?
Riuscirà ad accettare tutti gli spettri che ho nell’anima? Sarò capace di lasciarmi andare?
Posso solo sperare che la risposta arrivi nel corso delle nostre videochat.
Mi alzo dal letto e mi cambio per la notte.
Prima di addormentarmi prendo le cuffiette e il cellulare.
Cosa mi attenderà fra due giorni?
Lascio scorrere i miei dubbi sulle note dei Queen.
 
 
 
 
 
 
* Frase bellissima nata dalle labbra della mia fantastica insegnante di canto.
 
 
 
 
 
N.d.A.: Buonasera! Cosa ne pensate? La storia vi sta coinvolgendo? Fatemelo sapere nelle vostre recensioni.
Se volete seguire il mio blog, cercate crystalicerain.
Sulla ask box potete chiedermi di scrivere qualche storia con vostri personaggi o indicazioni :D.
Sto cercando di farmi pubblicità, sì *suda*, lo so. Eheheheheh.
Comunque sia, ci vediamo il prossimo capitolo!
Grazie a tutte quelle anime sante che hanno recensito. I vostri commenti mi scaldano il cuore.
Rystie_00

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Capitolo 6
*** Paura ***


PAURA
 
 
Il pomeriggio del giorno seguente, esco di casa per fare la spesa.
- Aspetta, Jack! Vengo con te! -
Mi volto e vedo un sorridente Mark venire verso me. Il vento fa muovere i suoi riccioli scuri, che gli ricadono sugli occhi.
- Non hai nient’altro da fare? – domando seccato.
Mi circonda le spalle con un braccio: - Volevo trascorrere un po’ di tempo con il mio fratellino preferito…-
 Alzo gli occhi e riprendo a camminare. L’aria fredda mi costringe a infilare le mani in tasca. Con lo sguardo basso avanzo senza fermarmi o girarmi per vedere cosa succede intorno a me.
Fianco a fianco, arriviamo al supermercato.
Va tutto bene.
Mark, ad un certo punto, mi sfila davanti sopra il carrello. Ride e apre le braccia: - Divertiti ogni tanto! -
Mi volto dall’altra parte.
Non so come ci si diverte.
 
Al ritorno Mark non ha ancora parlato.
Ovviamente mi vuole dire qualcosa.
Che cosa sta aspettando?
Siamo già vicino a casa.
- Jack…-
Grazie.
- Di cosa volevi parlarmi? -
Si morde un labbro. Poi si ferma in mezzo al marciapiede. I suoi occhi grigi mi guardano con infinita tristezza.
- Cosa ti è successo? -
Alzo le spalle.
- Qualcuno ti ha fatto del male? – chiede.
Sì: me stesso.
Non glielo dico.
- Dì qualcosa…-
- Non ho niente da dire. – mi passo una mano fra i capelli.
- Siamo tutti preoccupati a casa! Non hai idea di quanto mamma e papà sono angosciati. Pensano di non averti dato tutto il loro affetto. Hanno paura di averti deluso! – ha iniziato ad alzare la voce.
Ha paura. Ha paura di cosa mi sta capitando. Ha paura di non riuscire a guarirmi.
Anche io ho paura di me.
- Non sono loro, o voi. Sono io che non vado bene. -
- Per cosa? -
Non lo so. Non c’è ancora niente in questa vita per cui non potrei andare bene. Nel senso che non ho niente per cui andare male.
Lo guardo ancora negli occhi. Scuoto la testa leggermente.
Mi infilo gli auricolari nelle orecchie.
- Continui a scappare. Jack, non…-
Qualsiasi cosa stesse per dire, è già partita la musica.
Scusami, Mark.
 
Arrivato a casa, poso la spesa sul tavolo in cucina. Salgo le scale che portano al piano superiore, dove c’è la mia camera.
Una volta disteso sul letto, mi chiedo perché sono così sbagliato.
Perché non fai vedere il tuo dolore, Jack?
Mi domando.
Perché anche se lo mostrassi, nessuno potrebbe fare niente.
Mi trema il labbro e perciò lo mordo.
Scoppio in lacrime silenziosamente.
 
Il mio sonno è privo di sogni.
 
 
 
Note dell’autrice: Buonasera. Questo capitolo è veramente corto, ma volevo dirvi alcune cose. In questo capitolo, volevo chiarire la posizione di Mark all’interno della storia. Il fratello, come avete potuto capire, è terribilmente preoccupato per Jack. Gli vuole un sacco di bene e soffre vedendolo così triste e solo. Volevo che questo fosse chiaro.
Grazie, come sempre, a tutti coloro che hanno letto, recensito e apprezzato la storia.
Un abbraccio.
Rystie_00

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Capitolo 7
*** Mani ***


MANI
 
 
- Quindi sei allergico alle noccioline e ai gatti? – chiede per l’ennesima volta.
- Sì. – giro gli occhi disperato e alzo le braccia.
- Allora dirò a mia madre di non mettere le noccioline nella torta che ti farà. A proposito, fra quanto è il tuo compleanno? Il mio è il 4 luglio. -
Sorrido: - L’indipendenza americana…Il mio è il 12 novembre. -
Nei giorni precedenti ha saputo molto di me. E io di lui.
So che ama la fotografia e in camera sua ha appese tutte le foto che ha scattato; so che i suoi genitori sono una scrittrice e un impiegato di banca; so che non sopporta i film horror; so che adora i bambini e gli animali, i modellini d’auto e la pesca.
-  Siamo a settembre, mancano solo due mesi ai tuoi diciotto anni! – esclama sorridente.
- Lo so… - sbuffo.
- Raggiungi la maggiore età: dovresti essere felice! – si mette le mani sulla testa e chiude gli occhi. Rimango a fissarlo. Le sue larghe spalle, sotto la divisa, sembrano rilassate e mi ritrovo a domandarmi come può rimanere tranquillo nella sua situazione.
Rischia la vita.
Deglutisco.
- Derek…-
Alza lo sguardo e i nostri occhi si incrociano, sfocati attraverso i pixel.
- Dimmi. -
- Come fai a non avere paura? Sei in continuo rischio di morte… come fai? -
Piega la testa di lato e sorride dolcemente: - Ogni tanto la paura assale anche me, sai… per i miei genitori, Robin e adesso anche te. Non voglio diventare un’assenza nelle vostre vite. -
Abbasso lo sguardo.
Mi considera importante.
- Jack… se sei preoccupato o in ansia, devi parlarne.  Ti ricordi cosa ti ho detto tre giorni fa? - 
- Non nascondere i tuoi sentimenti, qualunque essi siano. – spiego.
- Quando? – chiede lui.
- Mai… -
- Quindi se… -
Non riesce a finire la frase perché una voce, proveniente dalla sua parte, lo richiama: - Ehi Der, ti chiamano per una ispezione, tre giorni. Fra venti minuti parti, insieme alla squadra C. -
Resto in silenzio.
- Arrivo subito. – risponde.
Distolgo lo sguardo.
- Jack… -
Mi giro verso lo schermo.
La sua espressione tesa. I suoi occhi che mi guardano in modo intenso.
- Jack, ascoltami. Devi andare dai miei genitori. -
- C-Cosa? – balbetto.
- Di solito gli aggiorno spesso riguardo le mie condizioni, ma non ho tempo. Ti scrivo l’indirizzo per messaggio.-
- Derek, io non… -
- Jack, devo andare. – si è già alzato.
Mi ritrovo a pensare che i miei giorni saranno vuoti senza lui. Credo si veda la mia angoscia.
Si ferma infatti, e dice: - Tranquillo, torno. -
Non andare, vorrei pregarlo.
Poi appoggia la mano sullo schermo.
Rimango a fissarla e, timidamente, alzo anche la mia e la posiziono sopra la sua.
- Ciao, Jack. Resisti. -
- Anche tu. -
Le nostre mani rimango incollate.
Poi lo schermo diventa nero.
 
Il giorno seguente esco con la scusa di andare a fare delle fotocopie per un progetto scolastico e ritirare dei libri nella biblioteca.
Vado in stazione per prendere i biglietti per il New Jersey. Uso dei soldi che ho risparmiato con le varie paghette.
Salito sul treno, so che mi aspetterà mezz’ora di tragitto.
Mi infilo gli auricolari alle orecchie e appoggio la testa contro il finestrino.
Realizzo che sto davvero andando a conoscere i genitori del mio amico.
Amico?
Spalanco gli occhi.
È solo un amico, Jack? 
 
 
 
 
N.d.A.: non c’è molto da dire, quindi vi lascio alle vostre riflessioni.
AVVISO: forse non aggiornerò dopodomani. Gli impegni scolastici sono duri da gestire perfino in quarta ginnasio X(.
Un abbraccione grande grande.
Rystie_00

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Capitolo 8
*** Fotografie ***


FOTOGRAFIE
 
 
Mi ritrovo davanti ad una casetta davvero carina.
Un vialetto in pietra porta all’entrata, sotto un porticato con colonne bianche. Le pareti sono color neve e così anche le tende che si intravedono attraverso le finestre.
Il tetto grigio contrasta bene con i fiori rossi nelle aiuole che circondano la casa.
C’è una macchina blu parcheggiata, prova che sono a casa.
Stringendo la stoffa dei polsi della giacca, mi avvio verso la porta rossa. Mi mordo forte il labbro.
Il pensiero di dover parlare con delle persone mi terrorizza.
Arrivo con i piedi su un tappetino marroncino.
Il campanello con la targhetta in oro dice “Famiglia Standford”.
Timidamente, premo il pulsante.
Dopo pochi secondi, viene ad aprirmi una donna. È altissima e magrissima. I capelli marroni con una frangetta sulla fronte. Gli occhi sono quelli di Derek. Mi sale un groppo al cuore.
Le labbra sottili sono pitturate dal rossetto rosso e indossa, sopra un vestito, un grembiule da cucina.
Il suo sorriso mi tranquillizza: - Ti sei perso? – chiede dolcemente con voce materna.
- No, signora. Mi chiamo Jack e sono un amico di suo figlio. – dico.
Il suo sorriso sembra vacillare appena. – Entra pure. –
Apre la porta, invitandomi nel grazioso ingresso.
Un tavolino con dei fiori rossi sulla destra, le pareti verde pallido e numerosi dipinti appesi ad esse.
- Bella casa. -
Un uomo sulla cinquantina fa il suo ingresso da un’altra stanza. Molto probabilmente è appena tornato dal lavoro, perché porta un completo elegante, inclusa una cravatta.
- Bernard, lui è un amico di Derek. Credo sia qui per una visita. – spiega la donna.
- Sì – mi intrometto io – l’altro giorno ho parlato con Derek, e non ha avuto il tempo di avvisarvi che sarà in ispezione per alcuni giorni. Voleva che vi avvisasse. -
Sorridono.
- Grazie. – dice il padre di Derek.
Annuisco.
- Vuoi fermarti per un the? Te lo preparo volentieri. – mi propone lei. E io non posso dire di no a quegli occhi tanto simili a quelli del mio amico.
 
Dopo aver raccontato ai suoi genitori come io e Derek ci siamo conosciuti, Catherin, la madre di Derek, mi ha permesso di vedere la stanza del figlio.
Sulla soglia, ero ancora insicuro se entrare o meno, ma alla fine apro la porta.
Appena dentro, la moltitudine di colori mi acceca.
Nella camera, infatti, sono presenti numerose lampade di colori differenti.
I mobili sono tutti in legno e così anche la testiera del letto. Le lenzuola sono ordinate, come se lui si fosse alzato la stessa mattina e avesse rifatto il letto.
La luce del pomeriggio, proveniente dall’ampia finestra sulla mia destra, illumina tutta la stanza, creando scherzi di luce con i vetri colorati delle lampade.
Regna l’ordine. Avrei scommesso che Derek fosse una persona ordinata.
Mi avvicino al letto e mi siedo. Accarezzo il cuscino e immergo la testa fra la stoffa.
So tutto di lui. L’unica cosa che mi manca è il suo odore.
Odiavo la cannella.
Ora non posso farne a meno.
Solo dopo aver alzato lo sguardo, vedo che la parete di fronte alla finestra è completamente tappezzata di fotografie.
Mi metto in piedi all’istante e osservo il muro.
La maggior parte sono in bianco e nero o seppia.
Derek che sorride. Derek che, attraverso quella foto in mezzo alle altre, sorride, guardandomi.
Derek che corre.
Derek che pesca insieme al padre.
Derek con quella che immagino essere sua nonna.
Derek da bambino.
Derek con un ragazzo. Ci sono numerose foto con quel giovane. Molto probabilmente è Robin.
Sfioro con le dita tutte le immagini. Ritorno su quella in cui sorride.
- Diamine, non posso lasciarti qui. – mormoro pianissimo.
La stacco e me la metto in tasca.
 
- Vuoi fermarti per cena, caro? – domanda Catherin.
- Grazie per l’invito, ma mi ritrovo costretto a rifiutare: mia madre mi ha raccomandato di tronare a casa per cena. –.
I genitori di Derek sono le persone più gentili che abbia mai conosciuto. Dopo la mia famiglia, si intende.
- Vi ringrazio per l’ospitalità. –, mi sforzo di sorridere, - Se non vi dispiace, forse passerò a trovarvi, ogni tanto. -
- E noi ti accoglieremo a braccia aperte. – assicura Bernard.
 
La giornata è stata lunga e sorprendentemente piacevole. La più bella dell’anno, oserei affermare.
Ma il primo posto è stato quando un certo militare è entrato a far parte della mia vita.
 
 
 
Note dell’autrice: Buonasera, lettori! Devo dire che questo capitolo è stato veramente piacevole da scrivere. Sì, i genitori di Derek sono adorabili e sicuramente li incontreremo ancora.
Domani, come avevo già avvisato, non credo riuscirò ad aggiornare.
Spero nel dopodomani J.
Come sempre, ringrazio tutti quanti! Mi state dando molto in questo brutto periodo che sto attraversando.
Una abbraccio.
Rystie_00 

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Capitolo 9
*** La mia felicità è importante ***


 
LA MIA FELICITÀ È IMPORTANTE  
 
La domenica mattina, mi sveglio con una fame incredibile. Mi infilo una maglietta nera sopra i boxer, e scendo in cucina per fare la colazione. L’orologio segna le dieci.
Prendo posto alla mia sedia.
Matt e Mark non sono in casa, dal momento che non si sentono rumori sospetti, e mia madre deve essere uscita per fare la spesa.
- Buongiorno, Jack. -
- Ciao, papà. -
Inizio a mangiare una mela e mio padre si siede davanti a me.
Alzo distrattamente lo sguardo, ma lo riabbasso subito, troppo stanco per sostenerlo.
- Dormito bene? -
Lui e i suoi inutili tentativi di dialogare…
- Sì, grazie. -
- Ti va se oggi andiamo da qualche parte? Io e te. Giornata padre e figlio. Che te ne pare?-
Inghiotto un pezzo di mela.
- Se insisti. –
Lo sento sbuffare e immagino stia scuotendo la testa.
- Jack, non devi fare un favore a me. Pensavo potesse farti piacere passare una giornata con il tuo vecchio, ma a quanto pare non è così. –
- N-Non è questo… -
- Se non vuoi non fa niente. –
Poso il torsolo sul tavolo e mi pulisco le mani: - Dove vuoi andare? -
I suoi occhi scuri si illuminano e un sorriso timido gli spunta sulle labbra.
- Andiamo a vedere degli allenamenti di Basket. –
- Cosa? Di chi? – esclamo.
- Degli Redravens. –
Sorrido: - Okay, andiamo! –
 
Il rumore delle scarpe da ginnastica sul pavimento lucido della palestra. I movimenti velocissimi dei giocatori. Il rimbalzare della palla. L’odore di sudore nell’aria.
- Ti piace, Jack? –
Sì, caspita, sì.
- Sono felice che mi hai portato qui. -
- Anche io. -
Sorrido.
Non è male come me lo ero immaginato.
 
- Era da tanto che volevo portati in questo ristorante. -
- I ravioli che ho preso io sono buonissimi. – dico, riempiendomi la bocca con un boccone.
Il ristorantino è confortevole e preparano piatti deliziosi.
- Se vuoi, un giorno, veniamo con tutta la famiglia. – propone e io annuisco.
- Mi piacerebbe assaggiare le altre pietanze che cucinano qui. –
Bevo un sorso della mia acqua.
- Jack, va meglio in questo ultimo periodo? Ti vedo più rilassato. -
Spalanco gli occhi. Non pensavo di aver esternato il mio stato attuale. Forse solo mio padre lo ha notato.
- Tu credi? – domando, e abbasso lo sguardo sui miei ravioli.
Si pulisce la bocca con una salvietta. – C’è qualcosa di diverso in questi giorni… hai trovato qualche amico? -
Arrossisco fino alla punta delle orecchie: - N-no… - balbetto.
I suoi occhi si illuminano e sorride malizioso: - Allora si tratta di qualcosa di speciale… una bella donzella? Chi è? -
- Papà… non è come pensi. -
Ride: - Stai negando! Allora è veramente importante. Sei innamorato, ci scommetto. -
Alzo lo sguardo e il suo viso sorridente mi travolge.
Papà, come reagiresti se te lo dicessi?
- Ipotizzando che lo sia… cosa mi diresti? -
- Se non ti senti a tuo agio a parlare con i tuoi fratelli allora puoi rivolgerti a me. Raccontami tutto… -
- Papà… -
Non ti voglio deludere.
- Jack… sono tuo padre, puoi parlare con me. Non dirò niente a nessuno. – scherza.
Ti prego.
- Com’è fatta? È bella? Sappi che se non mi parli allora ti tormenterò come non mai! - 
Arrossisco e mi ritrovo costretto a girare la testa.
Non avrei mai pensato di affrontare un argomento del genere.
Non posso più tornare indietro.
- Ha gli occhi color nocciola e i capelli castani chiari. -
Non voglio andare avanti.
- Continua. -
Chiudo gli occhi.
- È molto altruista e pensa sempre al bene della sua famiglia. Ama le fotografie e la pesca, ci andava con suo padre. – spiego.
- Promettente, figliolo. Te la sei scelta giusta. State insieme? -
Spalanco gli occhi: - COSA? No, non stiamo insieme… -
- Jack, lasciamelo dire… credo che tu sia veramente invaghito di costei. –, ridacchia, - Come si chiama? -
No.
- N-non sono sicuro di volertelo dire. -
Incrocio e braccia sul tavolo e sprofondo la testa tra esse.
- Jack… non è altro che un nome. Non ne farò una ragione di stato se è una figlia di qualche mio collega… -
 
La voce di Derek: -Ti ricordi cosa ti ho detto tre giorni fa? - 
- Non nascondere i tuoi sentimenti, qualunque essi siano. – spiego.
- Quando? – chiede lui.
- Mai… -
 
- D-Derek. – mormoro.
- Jack, non puoi parlare così piano. Non ho sentito. -
Stringo i pugni.
Ora o mai più.
Alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi, colmi di curiosità.
- Si chiama Derek. -
Il suo sorriso si spegne.
La lama di un coltello sembra squarciarmi il petto.
- Derek… - ripete lui, metabolizzando la cosa.
Deglutisco.
I suoi occhi ricadono sul suo piatto, ormai vuoto.
Scuoto la testa e faccio per alzarmi, ma lui mi blocca per il polso: - Siediti. -
Mi siedo.
- Derek è un nome maschile, giusto? –
Se è una domanda, non rispondo.
- È per questo? È per questo che sei così chiuso? -
- N-no. Questa cosa è nuova anche per me. – confesso.
Mi fissa negli occhi.
Aspetto, e aspetto.
Posa una mano sul mio braccio.
- Non me lo aspettavo. -
Neanche io, papà.
- Ma a me importa della tua felicità, e se questo Derek ti fa stare bene, allora vedi di tenertelo stretto. -
Mi porto una mano alla bocca e una lacrima calda mi percorre la guancia sinistra. Chiudo gli occhi e riprendo il respiro, accorgendomi che lo avevo trattenuto troppo a lungo.
Ancoro i gomiti sul piano del tavolo e mi stringo i capelli con le mani.
- Papà… -
Alzo gli occhi e incontro il suo sorriso.
- Non pensare mai, MAI che la tua famiglia non ti sia vicina. -
- Grazie. -
Mi stupisco di me stesso.
Mi sto veramente aprendo. È grazie a lui.
Tossisce, imbarazzato: - Come vi siete conosciuti? – domanda.
Trovo la forza di ridere.
La sua espressione è totalmente rapita dalla mia felicità.
- È una lunga storia. -
Inizio a raccontargli tutto.
Non gli permetto di interrompermi.
Parlo. Parlo come mai avrei immaginato.
Altre gocce mi segnano le guance, mentre finisco la storia.
Nel suo sguardo scorrono una moltitudine di emozioni, come in una pellicola di un film.
- Se è arruolato, quanti anni ha? – domanda.
- Ventuno. -
- Quattro anni di differenza… - sussurra fra sé e sé.
Infine, mi inquadra il viso e dichiara: - Sembra un bravo ragazzo. Un solo passo falso e se la dovrà vedere con me. -
La mia risata cristallina risuona in tutto il locale.
Se Derek la sentisse…
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE: Buonasera!!!
Come promesso, eccomi con l’aggiornamento! Dalla mia assenza, ho deciso di donarvi un capitolo più lungo :D. Ve lo meritate.
Sappiate che non avevo idee fino a un’ora fa, quindi direi che sono soddisfatta.
Aspetto vostri commenti e mi scuso in anticipo se non rispondo a tutte le vostre recensioni. Sappiate però che le leggo tutte.
Se avessi i vostri indirizzi, girei volentieri l’Italia per abbracciarvi tutti quanti.
Rystie_00

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Capitolo 10
*** Desiderio ***


 
DESIDERIO
 
Sento il cellulare squillare nella mia tasca.
Mio padre continua a guidare. Penso sia mia madre che vuole sapere verso che ora del pomeriggio abbiamo intenzione di tornare.
Un sorriso a trentadue denti mi si stampa in viso quando vedo che è Derek.
Ci siamo scambiati i numeri di cellulare alcuni giorni prima.
Mi porto il telefono all’orecchio: - Dimmi che sei tutto intero. -
- Sono tutto intero. -
La sua voce.
- Eccetto per qualche graffio sulle braccia, e una caviglia storta, e delle schegge un po’ dappertutto. -
- Ferite gravi? – chiedo.
- No, piccoletto, non sono in pericolo di vita. -
- Come mi hai chiamato, scusa? – esclamo, ridendo.
- Sei di ottimo umore, piccoletto. -
- Smettila. – rispondo.
- È lui? – chiede pianissimo mio padre.
Mi volto verso di lui e arrossisco, annuendo.
- Possiamo videochattare? Ho bisogno di vedere il tuo bel faccino… -
Tossisco.
- Momentaneamente sono fuori casa. Ti chiamo appena arrivo. Hai ore libere? -
- Sono appena tornato da una missione! Ti aspetto, piccoletto. -
Divento rosso come un peperone. – O-okay. -
- A dopo! -
- Derek? – lo chiamo, prima che possa chiudere la chiamata.
- Sì? -
- Le tue foto sono molto belle. – sorrido, sentendolo trattenere il fiato.
- Le hai viste? -
- Ora che mi ci hai fatto pensare, te ne ho rubata una. -
- Abbiamo molto di cui parlare. -
- Aspettami, sarò a casa tra poco. -
- Ti aspetto. –
La chiamata termina.
 
Una volta varcata la soglia di casa, mi fiondo su per le scale, in camera mia. Non mi tolgo nemmeno le scarpe o la felpa. Accendo il computer.
Le mani tremano leggermente.
Sto sorridendo.
Quale effetto mi sta facendo Derek?
Qualsiasi sia, mi fa sentire bene. Al giusto posto.
 
- DEREK! -
- Pronunci il mio nome come se stessi finalmente iniziando a respirare di nuovo. -
È così.
Mi maledico mentalmente per averlo pensato, ma per non averlo detto subito.
- È così. -
I suoi occhi mi sono mancati.
Così come tutto il resto.
- Sei andato dai miei genitori? -
- Sì, ho fatto una visita. Sono gentilissimi e ho passato un bel pomeriggio con loro. -
- Sono molto contento. Mi hai anche detto che hai visto i miei scatti. Ti piacciono? -
- Sei bravissimo. Una volta finito il servizio, vorrei che diventassi un fotografo. -
Le sue labbra si tendono in uno di quei sorrisi che ti fanno vibrare l’anima.
- Terrò conto della tua idea. -
La mia risposta è nei nostri sguardi.
Tu tornerai. E sarai il desiderio che ti ho chiesto.
- Jack, ti sto aiutando? -
- Stai facendo molto di più, Derek. -
Mi fai sentire amato.
Ma questo no. Non glielo dico.
- Vorrei vederti. – dichiaro invece.
Abbassa lo sguardo e si morde un labbro: - Anche io, credimi. Ma non penso sia possibile. Non per ora, Jack. -
Annuisco.
- Cosa faresti se fossi alla tua porta? -
- Credo che urlerei per la felicità e ti abbraccerei. – le parole mi escono dalle labbra senza timore o imbarazzo.
- E io ti stringerei a me, sappilo. -
Può, una persona, sentire la mancanza di qualcuno che non ha mai incontrato?
Si può essere salvati da chi meno te lo aspettavi?
La risposta è un “sì”.
Decisamente sì.
 
 
 
— DEREK
 
Salvare la vita di quel ragazzino, è una di quelle imprese che non posso permettermi di perdere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note Dell’Autrice: Ehila bella gente! Ho ricevuto molti commenti positivi per il precedente capitolo e sono veramente felice!
Vi dico subito che domani, forse, scriverò il capitolo da parte di Derek, così da conoscerlo meglio come in tanti mi avete richiesto.
Passate una buona serata!

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Capitolo 11
*** Padri invadenti ***


PADRI INVADENTI
 
 
--- DEREK ---
 
Osservo gli scarponi che ho usato per l’ispezione.
Sporchi e segnati, ma indistruttibili.
È dura qui. Terribilmente.
Mi distendo sul materasso, le mani dietro la testa.
Jack.
Dio, quel ragazzino.
I suoi capelli. Quante volte ho immaginato di infilarci le mani e scompigliarglieli?
Ma non posso oltrepassare lo schermo. Ed è orribile.
Voglio tenerlo stretto a me, parlargli all’orecchio, accarezzare la sua schiena, assaggiare le sue labbra…
È mio. È solo mio.
 
Il suo bel viso appare sul computer.
- Ciao, piccoletto. -
Fa una smorfia adorabile.
- Non chiamarmi così. Non sono un bambino. -
- Sì che lo sei. -
- Non è vero! – ribatte.
Rido.
- Come stai? Qualche novità? – domando.
- No. – risponde subito.
Okay: nasconde qualcosa.
- N-non c’è nien… -
La porta della sua camera si apre.
- Jack, vieni a… -
Mi irrigidisco e strabuzzo gli occhi.
Un uomo alto.
È lontano, ma riesco a vedere chiaramente i suoi capelli scuri.
È suo padre.
Merda.
Jack è voltato, quindi non vedo la sua espressione.
Poi, sorprendentemente, l’uomo sorride ed entra, chiudendosi la porta alle spalle.
- Jack, tra un po’ vieni a preparare la tavola. -
- S-sì. -
Rimango in silenzio, spostando gli occhi da Jack a suo padre.
- Ciao, Derek. Sono il padre di Jack, puoi chiamarmi Carl. – sorride.
Trattengo il fiato.
Glielo ha detto.
Gli ha parlato di me.
- Il piacere è tutto mio. -
- Mio figlio parla molto di te. -
- PAPÀ! – urla Jack.
- Scusa. – dice, poi apre la porta e fa per andarsene, ma all’ultimo secondo aggiunge: - Ha una tua fotografia sul comodino! -
- PAPÀ! -
Sento la sua risata finché la porta non si richiude.
Scoppio anch’io e Jack incrocia le braccia.
È così carino imbronciato.
- Sei molto dolce, Jack. – gli rivelo.
- Smettila! -
- Mai, piccoletto… -
 
 
 
 
 
NDA: Non c’è molto da dire. Spero di avervi fatto un’idea sul personaggio di Derek.
Un abbraccio.
Rystie_00

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Capitolo 12
*** Quanto manca ancora, prima di vederti? ***


QUANTO MANCA ANCORA, PRIMA DI VEDERTI?
 
- Amore? Mi si è bruciata la cena. Esco a prendere delle pizze. Tu e Jack preparate la tavola intanto. Siamo solo in tre: Matt e Mark sono fuori. – sento mia madre chiudere la porta.
Mi precipito in salotto, dove c’è mio padre: - COSA DIAVOLO TI È VENUTO IN MENTE? -
Mi guarda, divertito. Si siede sul divano, accavallando le gambe e prendendo un giornale con aria disinvolta: - Non è male. -
Arrossisco, ma cerco di ignorarlo: - Non è questo il punto. Se inizia a sospettare qualcosa… -
- Ti ho aiutato a fare un passo avanti, figliolo. –
- AARGGGGGGG – sbuffo e, stringendo i pugni e sbattendo i piedi, torno in camera mia.
 
Seduto sul letto, prendo in mano la fotografia di Derek.
Il suo volto sorridente sembra ricordare giorni felici, nonostante non gli abbia vissuti.
Accarezzo i contorni del suo volto e mi ritrovo a sorridere.
Vorrei averti qui.
Sospiro e mi esce una lacrima.
Se sia di tristezza o felicità, non lo so.
Mi distendo sul letto.
La sua foto sulla mia fronte.
Gli occhi chiusi.
- Quanto manca ancora, prima di vederti? -
 
La mattina seguente, dopo il solito risveglio di Matt, passo una giornata scolastica non male.
Penso di avere emanare un’aurea di calma e rilassatezza che fa tranquillizzare tutti.
Torno a casa con un sorriso sulle labbra.
 
E così passano i giorni; e dopo i giorni, settimane; e dopo settimane, un mese e mezzo.
Non sono mai stato così bene in tutta la mia vita.
Derek, ultimamente, ha molti turni, e quindi non possiamo videochattare spesso. Ma il suo messaggio di buongiorno non manca mai.
A volte penso a noi come una coppia.
Mano per mano. A baciarci. A sussurrarci parole dolci.
Ma so che mi manca ancora qualcosa.
È più alto di me? Vorrebbe provare a stare con un ragazzo più giovane? Ha mai preso in considerazione questa possibilità?
Spero di saperlo presto.
 
 
 
NDA: Lo so, e chiedo scusa. Sono arrivata a fine giornata che non avevo idee. Oggi è stato un giorno terribile! Domani ho una verifica di greco (l’ultima del mio primo anno di superiori :D), venerdì ho una verifica di scienze e interrogazione di storia S(.
Scusate ancora. Consideratelo un capitolo di passaggio.
Un abbraccio.
Rystie_00. 

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Capitolo 13
*** Diamante e Speranza ***


DIAMANTE E SPERANZA
 
---DEREK---
 
 
Apro gli occhi e vengo accecato dalla luce dell’alba.
Controllo l’ora e mi rendo conto che ho ancora un po’ di tempo prima di svegliarmi.
Penso a Jack.
È così forte quel ragazzo, ma al contempo fragile.
Come un diamante.
E come un diamante, è anche prezioso.
Doveva solo essere scoperto.
Era solamente coperto da della roccia, in attesa di uscire e risplendere.
La cosa che ancora mi fa sentire importante, è che sono stato io a trovarlo.
 
- Pensavo a te, stamattina. -
Sembra essere arrossito e mi trattengo da allungare un braccio e cercare di sfiorargli il volto.
Mi mordo un labbro.
- P-perché? – domanda, grattandosi nervosamente i capelli scuri.
- Perché mi piace pensarti. Sei interessante. – ammetto.
- Capisco. -
Un silenzio.
- Te lo ricordi? – chiedo, - Ti ricordi quando, per sbaglio, ti ho inviato quel messaggio? –
Àncora i suoi occhi nei miei, e mi fa cenno di continuare.
- Guarda dove siamo arrivati ora. È passato un sacco di tempo: siamo già a fine ottobre. E tu, - lo indico con un dito per sottolineare la cosa, - tu hai fatto dei cambiamenti incredibili. Sono orgoglioso di te. Molto. -
I suoi occhi si illuminano e cerca di respingere un sorriso appena accennato.
- Grazie. Mi stai aiutando molto di più di quanto immagini. Spero, un giorno, di ricambiare il favore. – dice.
Ha perfino la voce ferma. È più sicuro.
Diavolo se si sta dando da fare.
Bellissimo.
- Lo farai. Ci sarà quel giorno, te lo prometto. -
- Io, a volte, muoio dalla voglia di incontrarti. –
Abbassa lo sguardo quando pronuncia queste parole.
- Anche io. Spero accada presto. -
- Lo spero anch’io. -
Sorrido.
 
Tutta questa voglia di averlo, di proteggerlo, di aiutarlo, da dove viene?
Che mi stia innamorando sul serio?
 
Sperare. Sperare. Sperare.
Questa parola mi rimbomba in testa.
Perché spero?
Non voglio più sperare.
Voglio che diventi realtà.
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE: Eccomi qui! Sappiate che oggi è stata una splendida giornata, quindi ero più libera mentalmente e rilassata.
Che ne dite?
Vi piace?
Dai dai che il momento che tutti attendete è quasi arrivato…
Un grande bacio.
Grazie per tutte le splendide recensioni, voi persone stupende.
Rystie_00

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Capitolo 14
*** Compleanno ***


Ehila gente! Oggi le note le scrivo qui in alto. Sappiate che questo capitolo è importante.
Cosa vorreste che succedesse?
Leggete e scoprite, ma ditemi se era quello che vi aspettavate.
Sono molto soddisfatta di ciò che ho scritto.
Un abbraccione a tutti quanti, nessuno escluso!!
Buona lettura.
Vostra, Rystie_00
 
COMPLEANNO
 
Il sette novembre, Derek decide che devo passare un meraviglioso compleanno.
Come posso, se non ho nessuno a parte lui?
- Farai esattamente ciò che ti dirò. Non importa se siamo lontani. Voglio che ti diverti. -
- Contento tu… - alzo gli occhi e mi butto sullo schienale della sedia della mia scrivania.
- Molto. -
Testardo com’è, non lo si può odiare.
 
- CHI È IL MIO FRATELLINO MAGGIORENNE? – urla Mark, spalancando la porta della mia camera.
È il 12 novembre.
Apro gli occhi e mormoro: - Fratello, sono le nove di domenica mattina... -
- Hai raggiunto la maggiore età, Jack! Dovresti saltare di gioia! -
In tutta risposta, gli tiro addosso un cuscino.
- Scendi per la colazione. Ti aspettiamo. –
Ridacchia e si chiude la porta alle spalle.
Sorrido.
 
- BUON COMPLEANNO, JACK! -
Un coretto a dir poco imbarazzante.
- G-grazie. – balbetto.
- Ti ho preparato la tua torta preferita! Andiamo tutti a mangiare. – dice mia mamma, baciandomi la fronte.
Ci sediamo tutti a tavola e iniziamo la sostanziosa colazione.
- Qualche novità? – chiede Matt.
- No. – rispondo.
Mio padre tossisce, se lo ha fatto apposta, gli altri non lo hanno capito.
Continuiamo a parlare tranquillamente.
Finita la colazione, mi chiudo in camera.
Il telefono squilla.
Derek.
Accetto la chiamata, ma non dico niente.
- Buon compleanno, piccoletto. – mi augura lui.
- Non sono più così piccolo da oggi, ti ricordo. -
- Ho un’intera giornata libera. – annuncia, - Sono riusciti a concedermi un po’ di tregua. Anche se al telefono, ho intenzione di darti il miglior compleanno di sempre. -
- Non spenderai troppi soldi, stando al cellulare tutto il giorno? -
- È vero, ma ne vale la pena. -
Sospiro e mi mordo un labbro.
- Questo giorno sarà pieno di favori. E, per cominciare, dovrai andare a casa mia, entrare nella mia stanza, prendere la mia macchina fotografica nel cassetto della mia scrivania, e chiamarmi. -
- Ma… -
- A dopo! -
La chiamata termina.
Cosa ha in mente?
 
- Buongiorno, Catherine. -
- Jack, caro! È un piacere vederti: entra pure. -
La madre di Derek indossa un vestito leggero color lillà.
Una volta nell’atrio, dico: - Oggi è il mio compleanno, e Derek mi ha detto che devo esaudire una serie di richieste per passare al meglio questo giorno. -
Lei sorride intenerita: - Cosa ti serve a casa nostra? -
Collaborativa. Adoro questa donna.
- La sua macchina fotografica. -
Il suo sorriso si spegne di colpo, e si copre la bocca con una mano.
Spalanco gli occhi, allarmato.
Infine sussurra: - N-non l’ha mai prestata a nessuno. Era terribilmente geloso della sua macchina… -
- Quindi… -
- Quindi significa che sei importante. Corri a prenderla! -
Sorrido e vado a passo veloce in camera sua.
Apro il cassetto della sua scrivania.
Trovata.
Controllo che sia carica e la infilo nello zaino che mi sono portato dietro.
Torno di sotto.
 
- Prima tappa conclusa. – annuncio.
- Bene, Jack. Ora vai nel primo posto che ti capita in mente. Poi chiamami. –
 
Il parco in cui andavo a giocare da bambino, è ancora pieno di vita.
Piccoli bimbi che corrono e gridano.
Prendo il cellulare.
Risponde al primo squillo.
- Dove sei? – chiede soltanto.
- Ad un parco giochi. -
- Fammi un favore. -
- Sì… -
- Scatta una foto. Fai così per altri cinque luoghi a cui sei particolarmente affezionato. Quando hai finito, chiamami. -
Prendo la macchina senza perdere tempo.
Quanto è assurda questa situazione?
 
Il parco.
La scuola elementare.
Quel vicolo cieco in cui, una volta, ho urlato perché non riuscivo più a sopportare la rabbia.
L’obelisco: perché lo adoro.
Il negozio di fiori all’angolo della strada.
Ho fatto molti scatti.
- Derek: ho finito. – gli riferisco.
- Sono molto curioso di vedere le fotografie, anche se non ho la più pallida idea di quando accadrà: spero presto. Qui abbiamo avuto dei problemi con la rete. Proprio oggi, ti rendi conto? -
- Risolverete? – domando.
Non voglio perdere la connessione con lui. Assolutamente no.
- Abbiamo già dei tecnici a lavoro. Ma non parliamo di questo. – dice, - Hai presente la panoramica che c’è vicino casa mia? Quella che dà sul mare. -
- Sì, ho presente. -
- Vai lì. Ti concedo venti minuti. Poi sarò io a chiamarti. Se non lo faccio, contattami tu. -
- Okay. -
 
Il sole è alto, ma non troppo caldo.
La brezza del mare mi solletica il viso. Inspiro l’aria profondamente, godendomi quel sapore salino.
Il cellulare che ho in tasca, inizia a vibrare.
Sorrido, rispondendo.
- Sono arrivato. -
- Sì? Bene: fammi un favore. -
- Sì… -
- Scatta una foto. Ma non chiudere la chiamata. Non so se la rete reggerà ancora per molto. -
- Okay. -
Mi sfilo lo zaino dalle spalle e lo poso a terra.
Immortalo il paesaggio in alcune fotografie e ripongo la macchina dentro lo zaino.
- Jack… hai finito? – mi domanda.
- Sì. -
- Okay. Fammi un altro favore. -
- Dimmi. -
La linea cade.
O meglio, così pare a me.
Osservo incredulo lo schermo.
Chiamata terminata.
No. No. No. No.
Non ora, ti prego.
E poi rabbrividisco.
Rabbrividisco quando, alle mie spalle, una voce non troppo lontana dice: - Voltati. -
 

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Capitolo 15
*** Regalo, lacrime e baci ***


REGALO, LACRIME E BACI
 
 
Mi cade il telefono di mano. Atterra fortunatamente sullo zaino.
Mi porto le mani sul viso, coprendo gli occhi e voltandomi. Lentamente.
Un centimetro alla volta. La testa bassa.
È qui.
Con questo pensiero, scoppio a piangere.
Alzo lo sguardo.
Tiene le mani in tasca e sorride.
Sorride come per dire “Ehilà, Jack? Guarda che ho combinato?”.
Non indossa l’uniforme, bensì una camicia a quadri azzurri e dei semplici jeans.
Mi tremano le mani, ormai bagnate dalle lacrime.
Lo guardo, nonostante la mia vista sia un po’ sfocata.
È più alto e muscoloso di quello che mi immaginavo.
- Vieni qui? –  chiede.
Cammino con le gambe tremanti e le farfalle nello stomaco.
Anche lui si avvicina. Spalanca le braccia e mi accoglie in un abbraccio protettivo.
Mi tiene stretto a sé e singhiozzo sul suo petto.
- Tremi come una foglia, piccoletto. –
Le sue parole soffiate al mio orecchio.
Mi aggrappo al suo collo, quasi cercando di fondermi con lui.
- Sei il più bel regalo di compleanno della mia vita. -
È tutto ciò che dico, prima di alzare lo sguardo e fissare i suoi occhi.
Con la luce del sole, sembrano perfino verdi.
Le sue mani si spostano dalla mia schiena al mio volto. Mi asciuga le lacrime.
Il mio labbro inferiore trema.
Ha anche lui gli occhi lucidi. Le guance rosse.
- Jack, sono contento che… -
Non termina mai la frase.
Senza pensare, le mie labbra si posano sulle sue in un bacio casto, ma intenso.
Mi separo da lui, rimanendo con la fronte attaccata alla sua.
Non oso aprire gli occhi.
Infine, sussurra: - Se la metti così… -
La sua bocca si impossessa della mia.
Stringo con le mani i suoi capelli, mentre le nostre lingue danzanti mescolano i nostri sapori.
Sento le sue mani scendere fino alle mie cosce. Non sento più il pavimento sotto di me.
Circondo le gambe alla sua vita.
Dopo minuti che sembrano ore, ci dividiamo per riprendere fiato.
- Sei bellissimo. – dice.
- È merito tuo. – rispondo.
Sorridiamo e mi posa altri baci affettuosi sulle guance.
- Starò qui quattro giorni. -
- E sappi che starò con te tutto il tempo che me lo permetterai. –
Uniamo per l’ennesima volta le nostre labbra.
Sono felice.
 
Scendiamo in spiaggia.
La sabbia che viene mossa dal vento. Il mare che rinfresca l’ambiente.
Derek che mi tiene fra le sue gambe, entrami seduti. La mia schiena contro il suo petto, la sua testa sull’incavo del mio collo, le sue braccia intorno alla mia vita.
Ogni tanto, mi dona dei baci leggeri sulla tempia.
Guardiamo le fotografie che ho scattato.
- Sono belle. – dice, - quasi quanto te. -
- Smettila… - dico, imbarazzato. - Derek, tu sei molto più bravo. Ho visto le tue foto. QUELLE sono veramente meravigliose.-
- Lo so… Ma ora ho un nuovo soggetto. Passerei  ore a fotografarti.  -
- Io? – chiedo incredulo.
- Certo. -
Gli tiro una gomitata sulle costole.
Ridacchia.
- Chissà se soffri il solletico… -
Sposta le mani ai lati della mia pancia.
- Derek, se ti azzard… -
Inizio ad urlare e ridere. Mi dimeno e cerco di liberarmi dalla sua stretta, ma è molto forte.
- S-Smettila! -
- Solo se mi dai un bacio… -
- OKAY, MA ORA FINISCILA! –
Riprendo fiato.
Gli afferro il volto fra le mani e unisco le nostre labbra.
 
 
 
 
Note Dell’Autrice: Sì, lo so… ma io amo il Fluff. Lunga vita al Fluff!!!
Mentre scrivevo, stavo tipo ridendo e i miei genitori mi hanno guardata male, eheheheheheh…
Volevo scusarmi se non sono riuscita a rispondere alle recensioni del capitolo scorso. Sappiate che però le ho lette tutte J.
Quindi vi ringrazio ora.
Un abbraccio.
A domani.
Ps: I due piccioncini ne combineranno di belle in questi pochi giorni, quindi preparatevi!
Rystie_00. 

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Capitolo 16
*** Presentazioni ***


PRESENTAZIONI
 
 
 
Quando io e Derek ci siamo presentati davanti la porta dei suoi genitori, Catherine è letteralmente impazzita. Ha iniziato ad urlare e piangere, abbracciando il figlio.
È stato uno dei momenti più commuoventi della mia vita.
Dovetti addirittura trattenere le lacrime.
Dopo la sorpresa e la gioia iniziale, i signori Standford, ci hanno accolto per un the.
Chiacchieriamo vivacemente, anche se sono ancora un po’ timido.
Il cellulare mi suona e leggo sul display il nome di mio padre. Ha visto anche Derek e mi guarda, annuendo.
- Mamma, papà, scusateci un attimo. –
Ci alziamo ed usciamo di casa, nel vialetto che conduce alla loro abitazione.
Rispondo.
- DOVE SEI? NON TI VEDIAMO DA STAMATTINA! NON HAI IDEA DI QUANTO SIAMO TUTTI PREOC… -
- C’è Derek. -
Si zittisce subito.
Sorrido: - Derek e qui. Mi ha fatto una sorpresa. -
La mano di Derek si unisce alla mia libera.
- Sul serio? Jack, non puoi immaginare quanto io sia felice per te. -
- Papà… - inizio. Io e Derek avevamo deciso: - Vuole conoscerti. -
C’è un silenzio di pochi secondi.
- Dove ci incontriamo? -
Guardo Derek con gli occhi che mi brillano.
Capisce all’istante che mio padre ha accettato.
La sua bocca si tende in un sorriso a trentadue denti.
- Al Jimmy’s. Ci vediamo lì fra venti minuti. -
- Perfetto. -
Detto ciò, la chiamata termina.
Rimango a fissare il pavimento grigio.
Quanto sono fortunato ad avere un padre così.
Immagino a come sarebbe stato se non mi avrebbe accettato.
Magari mi avrebbe cacciato di casa, o ignorato a vita.
- Derek chiama Jack! Ci sei? -  
Il richiamo di Derek mi risveglia da quei pensieri.
Ancora non posso credere che sia davvero qui.
- Scusami. Ero perso nei miei pensieri. -
- Come al solito. Andiamo? -
Annuisco.
 
Derek parcheggia la sua enorme auto militare nel primo posto abbastanza spazioso che trova libero.
È talmente grande, che per salirci è servito l’aiuto di Derek.
Spegne il motore e scende.
Sto ancora armeggiando con la cintura quando si apre la portiera.
- Ci penso io. – dice Derek.
Una volta slacciata, mi appoggio alle sue spalle e lui mi tiene i fianchi per scendere.
- Non smetterò mai di ripetere che la tua auto è enorme. – dico, torturandomi la manica della felpa.
Alza le spalle.
- Sei nervoso? -
- Assolutamente no. – mento.
Intreccia le mie dita alle sue, in una stretta sicura.
Sorrido, teso.
 
Entriamo nel bar, dove vedo mio padre già seduto ad un tavolo.
Si alza in piedi, sorridendo raggiante.
- È  lui. – sussurro a Derek.
Ci avviciniamo, finché non siamo proprio davanti a lui.
Derek tende la mano: - È un piacere conoscerla di persona, signori Malgod. – dice.
- Il piacere è tutto mio. Ma per carità, dammi del tu. -
Ci sediamo al tavolo. Arriva un cameriere e prende le ordinazioni.
-  Jack mi ha già raccontato tutta la storia. Come vi siete conosciuti e come avete iniziato a parlare… ma c’è qualche altra novità? -
Tipico di mio padre: partire in quarta.
Mi irrigidisco e tiro un calcio a Derek da sotto il tavolo, per dirgli “Non ancora”.
- Jack oggi ha fatto molte fotografie… - e inizia a raccontare della giornata.
Se non ci fosse stato lui, non saprei cosa avrei potuto dire.
Sospiro, sollevato.
  - Cosa avete intenzione di fare dopo? Andate fuori a cena? – chiede mio padre, sorseggiando il suo capo chiaro.
Guardo Derek ed è incredibile come, in un solo sguardo, riusciamo ad intenderci.
- S-Sì… ho bisogno di una copertura. Non voglio ancora dire niente a mamma né tantomeno a Matt e Mark. – spiego.
- Mark è particolarmente preoccupato per te. Ti vuole molto bene. Dovresti dirglielo. -
Abbasso lo sguardo sul tavolo e faccio una smorfia.
- Non oggi. -
- Ma promettimi che… -
- Non voglio. O, perlomeno, non in questo periodo. -
Derek, con mia grande sorpresa, non si intromette. Pensavo avesse qualcosa da dire a riguardo.
Mio padre annuisce.
 
Alla fine, mio padre ci accompagna alla macchina.
- Allora, passate una buona serata. – dice, poi si rivolge a Derek: - Sono felice di averti conosciuto. Prenditi cura di mio figlio. -
- Papà… - che razza di discorsi sta facendo?
- Hai la mia parola. -
 
Il ristorante in cui ha prenotato Derek è veramente bello. Mi ha detto che ci andava ogni tanto con i suoi genitori, e che preparavano del pesce buonissimo.
Ordinai la cena sotto i suoi consigli, e non me ne pento.
È tutto succulento e cucinato alla perfezione.
Ogni tanto posa una mano sulla mia, e ne accarezza il dorso.
Non dico niente.
Va bene così.
 
Dopo aver mangiato, ci sediamo su una panchina di un parco a baciarci.
I nostri cuori all’unisono. Le nostre bocche danzanti. Le mani una sul volto dell’altro.
Mi accarezza uno zigomo con il pollice.
Sono baci lenti e pieni di sentimento.
Vorrei dirgli che, molto probabilmente, sono innamorato perso di lui.
Ma non sono il genere di persona che dice queste cose ad alta voce.
È un momento.
Un momento che separa le mie labbra dalle sue e soffia su esse: - Rimani con me stanotte. -  
 
 
 
 
 
 
NOTE dell’autrice: Ciao! Prima di tutto, devo giustificare la mia assenza di ieri. Ma il fato ha voluto che ieri sera mia sorella dovesse usare il computer per l’università quindi…..
Ma ecco a voi un capitolo lungo… così potete perdonarmi.
Cosa risponderà Jack? Le cose stanno correndo troppo? Oppure accetterà?
Provate ad indovinare…
Un abbraccio
Rystie_00

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Capitolo 17
*** Storie ***


STORIE
 
 
Inizialmente non dico niente.
Poi, quando mi rendo conto di cosa mi ha appena proposto, trattengo il fiato e spalanco gli occhi.
Mi allontano leggermente dal suo viso.
Derek, vedendo la mia reazione, apre la bocca per dire qualcosa: - J-Jack, io non… cosa hai capito… non alludevo a quello. -
Ma resto a fissarlo e non pronuncio parola.
Rimani con me stanotte.
Queste quattro parole si imprimono nella mia mente.
Rimani.
Con.
Me.
Stanotte.
Stare con lui, significherà dormire nello stesso letto. Insieme. E questo, quasi sicuramente, implicherà il sesso.
Arrossisco all’instante.
- T-Tu vuoi che… io e te… -
Le sue mani mi stringono di più la schiena.
- … Dormiamo insieme -
Affondo la testa nell’incavo del suo collo e mi lascio cullare dalle sue braccia forti.
Un sorriso mi spunta sulle labbra.
 
 
Papà, non torno questa notte.
No, non rimarrò incinto.
Ciao.
 
Inviato il messaggio, stringo la mano di Derek mentre camminiamo verso l’albergo in cui abbiamo deciso di andare.
Certo, potevamo andare a casa di Derek, ma non mi sarei sentito a mio agio. Lui lo ha capito senza che glielo dicessi.
L’altra alternativa era la sua macchina.
 
Io lo sapevo che stvate insiem.
Nel caso, usate le protezioni.
Notte.
Ps: qui c penso io.
 
Nascondo il cellulare in tasca, prima che Derek si possa accorgere della risposta sgrammaticata del mio padre imbarazzante.
 
Una volta saliti in stanza, io e Derek facciamo la doccia a turno.
Finito di lavarmi, mi siedo sul letto e sprofondo da quanto è morbido.
Mi passo una mano fra i capelli e poi sugli occhi.
Non avendo vestiti, rimango con la maglietta che avevo.
Mi infilo sotto le coperte, prima che Derek esca dal bagno.
L’idea che l’altra metà del letto sarà occupata dal corpo del mio…  Ragazzo?
Devo chiederglielo.
Mi mordo un labbro, nervoso.
Dopo minuti che sembrano ore, Derek arriva finalmente in camera.
Lui, a differenza mia, indossa solo i pantaloni.
Il suo corpo.
Gli addominali scolpiti e le spalle larghe, come se potessero racchiudere tutti.
Sorride e, mentre si avvicina, osservo l’armonia dei suoi movimenti.
È bellissimo.
Posso dire che, tre mesi prima, non avrei mai immaginato di poter pensare una cosa del genere così facilmente.
Si distende sul letto, alle mie spalle.
Deglutisco e mi volto.
Non muove un dito.
Allora io, insicuro, faccio scorrere la mia mano sul suo torace.
Incontro linee bianche sottili. Sono moltissime. Troppe.
- Cicatrici di guerra. – mormora, spostando la mano sulla mia guancia.
- Sono tante. – sussurro.
Chiude gli occhi e posa un bacio sulla mia fronte.
- Conosco la storia di ciascuna di esse. – soffia, fra i miei capelli. Mi stringe a sé.
Ancoro i miei occhi nei suoi.
- Raccontamele. –
 
Da bambino non mi leggevano le favole.
Lui lo ha fatto.
 
 
 
Note dell’autrice: Buonasera! Scusate se ieri non sono riuscita ad aggiornare…
Spero di non aver deluso nessuno con questo capitolo.
Non potevo farglielo fare. Insomma, si conoscono sì, ma non puoi andare a letto con una persona che hai visto da poche ore… o così la penso io. Una dormita è meglio…
 
Grazie per tutte le recensioni che mi scrivete!
A proposito, l’ultima volta ho fatto numerosi errori di grammatica volevo uccidermi,  ma la mia beta (?) aveva la febbre e non è riuscita a correre in soccorso.
Non voglio fare pubblicità Vi suggerisco di leggere le sue storie! Si chiama Alex18! ;)
Ora mi faccio pubblicità da sola Se volete, mi farebbe piacere che visitasse il mio Tumbrl :D
Il mio nome è crystalicerain.
Troverete cazzate e cose varie, ma sto ancora disperatamente cercando di sviluppare il mio blog!
 
BEEEENNEEEE non mi resta altro che augurarvi una buona serata!
Un abbraccio a tutti!
Rystie_00

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Capitolo 18
*** Conferme ***


CONFERMA
 
 
Clic. Clic.
Mi sveglio con questo strano rumore.
Clic.
Tasto con la mano l’altra metà del letto.
Non c’è nessuno.
- Buongiorno. – dice Derek.
Non apro gli occhi, ma capisco che si trova da qualche parte alla mia sinistra.
Mi stiracchio e affondo la testa nel cuscino.
Clic.
- Cos’è questo rumore? –
- La mia macchina fotografica. –
Apro gli occhi.
Derek è in ginocchio con la macchina in posizione. Non gli vedo la faccia, ma sembra essere molto concentrato.
- CHE FAI? –
Clic.
- Niente di male. -
Mi metto di scatto a sedere: - Mi stai scattando delle foto! -
Lui posa a terra la macchina e sorride.
I suoi occhi sembrano verdi, oggi.
- È che sei bellissimo. -
Arrossisco, ma cerco di mantenere un aspetto irritato.
Si avvicina al letto e mi dona un lungo bacio sulle labbra.
Non penso che il mio sapore sia il migliore la mattina, ma lui non sembra curarsene.
Mi passa una mano sulla guancia e ci guardiamo negli occhi. I nostri nasi si sfiorano.
- Cosa vuoi fare oggi? – domanda.
- N-Non saprei… -
- Allora propongo di fare colazione, intanto. -
Annuisco.
Prima di alzarsi, mi bacia sulla punta del naso.
 
- Conosco un posto dove preparano dei dolci fantastici, se non preferisci il salato.-
- Va bene. –
 
  Il bar offre una moltitudine di pietanze dall’aspetto invitante.
Ordiniamo e ci sediamo ad un tavolino rotondo.
Il locale è molto colorato e moderno. Le pareti hanno tutte una tinta differente, il bancone è in legno chiaro, numerose finestre lo illuminano con la luce del sole e non vi è un angolo privo di un vaso di fiori.
- Carino qui… - constato.
- Ci venivo da ragazzino con i miei amici. – spiega, - A volte saltavamo il pranzo e mangiavamo solo dolcetti… I nostri genitori non lo sapevano. – ride.
Mi passo una mano su un braccio.
- Derek, c’era una cosa che volevo chiederti… -
Appoggia i gomiti sul tavolo e mi incita a continuare.
- Io e te… cosa… cosa siamo esattamente? -
Un sorriso gli anima le labbra: - Tu cosa vuoi che sia? -
- Derek, per quanto io stia cercando di aprirmi ed esprimermi, non sono ancora sicuro di riuscire a rispondere a certe domande. -
- Hai ragione. – abbassa lo sguardo, fissando il tavolo. – A me piace sperare che tu voglia impegnarti in una relazione seria. Mi piacerebbe vivere questa esperienza. Sento che sei la persona giusta. -
Non dico niente, ma non posso ignorare i brividi di felicità che mi percorrono il corpo in quel momento.
- Forse sarà complicato, non lo nego, ma ne vale la pena. Di questo ne sono certo. – continua.
- Non ti annoierei? Se un giorno ricadessi nelle mie paranoie o… - mi blocco, perché una cameriera ci porta la colazione. Lancia un’occhiata sospetta a Derek, ma lui sta guardando me.
- Se dovesse accadere… - dice – Ti salverei ancora. Tutte le volte che cadrai, se succederà. -
Trattengo il fiato.
- Devi sapere che a me non importano quei quattro anni di differenza. Non posso non prenderli in considerazione, ma non sono un peso. Non è un problema per me.
 Sai ciò in cui credo di più in questo momento? -
Non attende una risposta.
- Credo che, quando tornerò definitivamente a casa, tu sarai lì ad aspettarmi. Credo che un giorno potremo vivere i nostri momenti insieme con più calma. Credo che averti ogni giorno accanto significhi imparare ad amarti sempre di più. Io credo che per noi ci sia un futuro. – dichiara, senza fermarsi. – Vorrei solo una conferma. -
Che non attende ad arrivare: - Sì, mi piace crederlo. –
- Se lo rendessimo realtà? -
- Accetto. -
 
 
 
N.D.A.:  Buonasera! MI SCUSO INFINITAMENTE PER I DUE GIORNI DI ATTESA. Volevo avvisarvi che credo che, d’ora in poi, aggiornerò un giorno sì e uno no.
Non ho risposto alle ultime recensioni, ma le ho viste e mi sono davvero commossa.
Ho notato che in molti mi avete chiesto delle cicatrici. Mi avete detto che desiderate conoscere i segreti di guerra del nostro Derek. Beh, l’ho fatto apposta. Verranno spiegati in un altro contesto…
GRAZIE a tutti coloro che recensiscono la storia e che mi incoraggiano ogni giorno.
Grazie, grazie, grazie anche a quelli che leggono soltanto e che apprezzano in silenzio.
Siete fantastici!
Al prossimo capitolo!!
Rystie_00

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Capitolo 19
*** Automobili e fratelli ***



--- Jack ---

Il giorno successivo devo andare a scuola.
Dopo aver passato il resto della giornata con Derek, sono tornato a casa. 
Mio padre ha detto alla famiglia che, il giorno prima,  la nonna aveva bisogno di aiuto per alcune faccende, così, dal momento che abita lontano, ha riferito che sarei rimasto a dormire da lei.
Derek ha promesso di venirmi a prendere dopo scuola. Intimorito dal fatto che i miei fratelli potessero vederci, gli ho detto di aspettarmi un po' distante.
Esco di casa in compagnia di Matt e Mark. Sulla via per la scuola, i miei fratelli inizano ad esaltarsi per una macchina.
Appena poso lo sguardo sull'auto in questione, mi trattengo dal scoppiare dal ridere.
- Wow! Ragazzi, guardate che roba! Con questa puoi fare il giro del mondo! - esclama Matt.
Derek, che è appoggiato al veicolo, sorride a braccia conserte. 
- Sì, posso confermarlo. -
- Amico, è una bomba! - dice Mark.
- Grazie. - 
I tre continuano a parlare allegramente. Resto a guardarli. Se Derek riesce a farsi adorare da quei due cretini, lo sposo.
- E a te piace? -
Tengono tutti lo sguardo su di me. 
Stringo gli occhi, fissando Derek.
- Non me ne intendo di macchine, ma non è male. - rispondo, senza distogliere lo sguardo.
Occhi grigi e nocciola. Una silenziosa sifida.
- Matt, Mark: si è fatto tardi. Meglio arrivare puntuali a lezione. - aggiungo.
Loro sembrano risvegliarsi da un sogno. 
- Accidenti. - mormora Matt.
- Noi dobbiamo andare, ma è stato un piacere. - dice Mark.
- Anche per me! - saluta Derek.
I miei fratelli riprendono a camminare, discutendo ancora con energia di quanto fosse fantastica la macchina.
Apporfitto per voltarmi verso Derek che mi fa l'occhiolino.
Imito in labbiale un "Sei un idiota", sorridendo e scuotendo il capo.
Alza le spalle e mi manda un bacio.

Non lo avevo visto.
Non avevo visto Mark voltare distrattamente la testa proprio in quel momento.



--- Derek ---
Alla fine dell'orario delle lezioni, aspetto Jack dove mi aveva chiesto.
Quando arriva, lo stringo fra le braccia. 
Si irrigidisce per una frazione di secondo, ma poi risponde debolmente all'abbraccio.
- Come stai? -
- Bene. -
- Usciamo a pranzo? -
- Credo che Mark ci abbia visto. -
- C-Cosa? -
Sgrano gli occhi, appoggiando le mani sulla sua vita.
Le mie mani sulla sua vita.
Rabbrividisco al pensiero.
Non posso distrarmi.
- Ne sei sicuro? Ti ha detto qualcosa? -
Jack abbassa lo sguardo.
- Non mi ha detto nulla, ma mi pare di averlo visto girarsi. -
- Forse è stata solo una tua impressione. - 
Lui annuisce, nervoso.
- Mia madre non c'è a pranzo, possiamo mangiare fuori. -
- Certo! -
- Bene, andiamo. -
Fa per riprendere a camminare, ma lo blocco per il polso.
Si volta verso di me e lo bacio.
- Non dimenticarti di queste cose. - soffio sulle sue labbra.
Arrossisce leggermente.



--- Jack ---
La sera stessa, mentre finisco di studiare, bussano alla porta della mia stanza.
- Avanti. - dico distrattamente.
La porta si apre e si chiude, alle mie spalle.
- Ti ho portato i vestiti stirati. Li appoggio sul letto. -
Mi irrigidisco. 
Mark.
- Grazie. - benedico il fatto che non può vedermi in viso.
- Fra un po' la cena è pronta. Quando hai finito, scendi. -
- Okay. -
Lo sento girarsi e incamminarsi verso la porta, ma sento che si blocca allo stipite e mi chiama: - Jack? -
Di rifesso, mi giro verso di lui: - Sì? -
Mi esamina con gli occhi. Sembra cercare un segreto negli angoli più nascosti della mia anima.
Nuvole e nuvole.
- Ti fidi di me? -
- Dipende. - rispondo, sarcastico.
Lui però sembra prenderlo sul serio.
- Mi vuoi bene, fratellino? -
Deglutisco.
- Sì, ma forse, tu me ne vuoi di più. -



Note Dell'Autrice: Ehilaaaaaaaaa!!! Come state?
Ecco qui il capitolo, come promesso. Mi avevate chiesto una parte di Derek, so che è corta, ma avevo già scritto dal punto di vista di Jack, quindi l'ho cambiata. SOLO PER VOI BEI BISCOTTNI!
Era da tanto che volevo chiedervelo, quindi colgo l'occasione. Cosa ne pensate di Mark?
Rispondetemi, così mi faccio un'idea :D.
Quanto mi piace 'sta faccina :D.
Benneeeeeeee...
Fatemi sapere.
Ciaoooo!!!
Ps: ogni giorno non riesco ancora a credere che questa storia stia piacendo così tanto! :D
Un abbraccione
Rystie

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Capitolo 20
*** Arcobaleno ***


ARCOBALENO
 
--- Derek ---
 
Jack e io, seduti su una comoda panchina di un parco, stiamo discutendo sulle parole di Mark.
Penso che Jack dovrebbe iniziare a confidarsi con il fratello. Da quello che mi ha raccontato, Mark è il tipico fratello maggiore che si preoccupa per lo stato del minore.
Gli vuole molto bene, abbondantemente, ma si sa che, se riguarda Jack, il bene non è mai troppo. Questo deve ancora capirlo però.
- Secondo me, dovresti parlargli. -
Lui mi guarda, sconcertato: - No. Non voglio. -
Gli circondo le spalle con un braccio. Lui non si scompone, perciò poso la fronte sulla sua tempia.
- Perché? -
- Mi inizierebbe a far domande e non saprei cosa rispondere. Poi, potrebbe arrabbiarsi. Chi mi dice che non sia omofobo? E quando inizierà ad urlarmi contro, mio padre sarà costretto ad intervenire e, facendo così, lo saprebbero tutti. -
Tendo le labbra e inspiro profondamente.
Pensa troppo.
- E se non fosse così? –
Per la prima volta, Jack alza la voce: - Derek, non voglio! Non voglio confidarmi con Mark. Non sono ancora pronto. So che mi vuoi aiutare ad aprirmi e fidarmi di più della gente, ma ho i miei tempi! Comprendilo. -
Non volevo costringerlo, ma mi serviva una motivazione da parte sua.
Annuisco.
- Okay. Va bene, Jack. Con calma. – sussurro, - Vieni qui ora. –
Si sposta per avvicinarsi di più a me. Appoggia la testa sulla mia spalla e gli passo un braccio intorno alla vita.
Gli lascio un bacio fra i capelli arruffati.
I miei polmoni assaporano il suo dolce odore di lavanda.
Sì, profuma di lavanda.
- Jack, posso baciarti? -
Lui alza di scatto la testa e mi guarda, rosso in volto, ma annuisce impercettibilmente.
Allungo una mano su una sua guancia e mi sporgo verso di lui.
Le nostre labbra si incontrano.
I nostri baci sono lunghi e pieni di sentimento. È una cosa che ho capito in fretta.
- A che ora partirai dopodomani? – chiede improvvisamente.
- Verso l’ora di pranzo. -
Annuisce a abbassa lo sguardo.
- Credo che mi mancherai, ma lo sai già questo. – mormora.
Gli prendo il mento con le dita, sollevandolo.
Ci fissiamo negli occhi.
Non diciamo niente, ma passano i minuti.
Darei l’anima per restare a fissarlo per tutto il giorno, tutti i giorni.
Le sue iridi grigie mi ricordano il cielo. Ma non le nuvole, come mi disse in una delle nostre prime chiacchierate.
Il cielo di quei giorni in cui splende il sole e piove.
Quando nasce un arcobaleno. E, come un arcobaleno, Jack è così bello.
Ha bisogno della pioggia per risplendere.
Senza la pioggia non sarebbe ciò che è ora.
  

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Capitolo 21
*** Robin ***


 
ROBIN
Parte I
 
--- Derek ---
 
La mattina del mio terzo giorno a casa, decido che dovrei fare una sorpresa a Robin.
Mi sono concentrato talmente tanto su Jack, da dimenticare il mio migliore amico.
Che egoista. Non posso negare che mi sento molto in colpa. Come posso aver fatto una cosa del genere?  
Ho però un’idea. Non ho mai fatto una cosa simile prima d’ora. Credo che sarà divertente.
 
Frequentare l’Università, è sempre stato un mio desiderio. Sogno che ho dovuto reprimere per arruolarmi.
Spero di riuscire a seguire dei corsi, dopo aver concluso il mio periodo di servizio.
  Quando entro nel grande edificio, chiedo immediatamente del rettore. Mi consigliano di aspettare il cambio di fine corso davanti all’aula di meccanica razionale d’ingegneria.
So che non dovrò aspettare molto, infatti, dopo dieci minuti, la porta si spalanca e iniziano ad uscire gli alunni.
Alcuni non sembrano fare caso a me, altri mi guardano un secondo per poi distogliere lo sguardo.
Quando tutti sono usciti, entro nell’aula, che è enorme. L’ambiente è illuminato da luci verdastre che si riflettono sul pavimento azzurrognolo. I banchi sono disposti a scala, proprio come me li ero immaginati. Ci sono due lavagne: una interattiva e una tipica nera. Vi sono scritte delle formule con il gesso, su quest’, su quest’ultima.
Alla scrivania, trovo il signor Mellark.
Mi avvicino.
È un uomo sulla cinquantina, calvo, ma con una folta barba bianca. Dei piccoli occhi marroni si nascondono dietro un paio di occhiali blu elettrico.
Indossa una camicia e dei pantaloni eleganti.
Lo vedo intento a sistemare dei fogli nella sua valigetta.
- Buongiorno, lei è il professor Mellark, giusto? – domando.
I suoi occhi mi squadrano dalla testa ai piedi.
Sono alto e massiccio e non penso di dare l’impressione di un ragazzo Universitario.
 - Sì, sono io. -
Annuisco. – Mi chiamo Derek Standford. Non studio qui, sono arruolato all’esercito. Ma ho qui un amico. – spiego.  – Volevo fargli una sorpresa, ma non so dove trovarlo. Può darmi una mano? -
Il suo volto si illumina in un sorriso a trentadue denti. Sembra addirittura commosso.
- Certamente, mi segua. –
 
 
- Mi scusi per l’interruzione, professor Malin, volevo sapere se è presente il signor Jensis? – sento chiedere il rettore Mellark.
Rimango fuori dalla porta, ma sento una voce lieve, che riconosco subito essere quella del mio amico, dire: - Sì, sono presente. -
- Magnifico, la prego di uscire un attimo. – il tono di voce del professore, non ammette repliche.
Indietreggia e mi sorride. Sento i passi di Robin ed esce, chiudendosi la porta alle spalle.
Ed eccolo qui. Robin Jensis.
Un ragazzo poco più alto di Jack. Capelli rossicci e occhi azzurri. Uno strato di lentiggini che gli ricopre buona parte delle guance e il naso a patata.
Mi sono mancate le sue lentiggini.
Lo sento trattenere il fiato.
Le sue iridi chiare mi fissano, sorprese.
Non posso fare a meno di sorridere.
Scuote la testa, abbassandola.
Una sua mano raggiunge le sue labbra.
È sempre stato un ragazzo sensibile, dietro le sue cretinate e i suoi scherzi malefici del liceo.
- Sei un bastardo. – sussurra soltanto.
Rido.
Si avvicina e, finalmente, ci abbracciamo dopo tanto tempo.
- Mi sei mancato, amico. – dice.
- Anche tu, Robin. -
A questo punto, interviene il signor Mellark: - Vi lascio soli. -
- Grazie ancora. –
Si allontana, camminando per i corridoi dell’Università.
- Derek… -
- Bella sorpresa, vero? –
Annuisce.
- Non so ancora cosa dire, cioè sei piombato qui all’improvviso e… e… -
Mi è mancato anche il suo modo di gesticolare ad ogni frase.
- Allora parlerò io. Ho un sacco di cose da raccontarti. –
 
 
 
 
Note dell’autrice: Ehilaa!! Oggi ho avuto una grande ispirazione e mi sono detta che dovevo scrivere di Robin. Io adoro quel ragazzo. Lo posso adorare perché so che ruolo assumerà più avanti.
Per la seconda parte dovrete aspettare sabato sera! :D
Spero di non essere fuori a divertirmi. *Si rintana in un angolo a piangere perché ovviamente non uscirà con nessuno*.
Benneeeeeeeeeee!
Come al solito vi sono grata per tutte le recensioni e le cose belle che mi dite, comprese le piccole critichette ahahah.
Buona serata!
Rystie_00

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Capitolo 22
*** Robin ***


ROBIN
Parte II
 
 
--- Jack ---
Finita la giornata scolastica, sono impaziente di vedere Derek e stare con lui.
Mi dirigo perciò verso la solita via in cui ci incontriamo. Appena svolto l’angolo, incontro i suoi occhi. Finalmente.
Solo dopo, mi accorgo che non è solo.
C’è un ragazzo vicino a lui. I capelli color carota sono la prima cosa che mi colpiscono. Poi gli occhi, di un azzurro limpido, e le lentiggini sparse per tutto il viso. Non è alto come Derek, ma capisco che hanno la stessa età.
Derek mi viene incontro e mi stringe tra le sue braccia.
- Ciao, Jack. -
- Ciao. –
Con un gesto della mano invita l’altro ragazzo ad avvicinarsi.
- Jack, lui è Robin. -
Robin. Il suo migliore amico. Ora lo riconosco. Avevo visto alcune sue fotografie  nella stanza di Derek.
Mi porge la mano, sorridente, e gliela stringo.
- Allora sei tu quello che ha fatto perdere la testa al mio amico. – Sono le prime parole che gli escono dalla bocca.
Arrossisco e balbetto qualcosa.
- Non fa altro che parlare di te. Non l’ho mai visto così… è molto innamorato. – dice, lanciandogli un’occhiata maliziosa.
- Smettila, Robin. -
Ridacchia.
Non posso fare a meno di sorridere.
- Jack, ti va se andiamo tutti e tre a pranzo insieme? – chiede Derek.
- Uh… okay. -
- Jack, non preoccuparti: sarà divertente! Ti racconterò tutte le cose imbarazzanti che il tuo ragazzo ha fatto nella sua vita. -  rassicura Robin, strizzandomi l’occhio.
- Robin… - si lamenta Derek, alzando gli occhi nocciola al cielo.
 
- Quella volta che ti sei nascosto nell’armadio! Avevamo dieci anni, se non ricordo male… -
Seduti al tavolo di un locale economico ma carino, ho scoperto che Robin è uno dalla parlantina facile. Dici una qualsiasi stupidaggine e lui inizia a parlarne.
Mi piace. Forse è perché io non sono tipo da grandi discorsi.
Tuttavia è un ragazzo simpatico. Penso che mi troverò bene con lui.
- In ogni caso, - riprende, - io lo stavo cercando. Alla fine non l’ho più trovato e ho iniziato a chiamarlo, finché non ho sentito dei battiti strani e ho capito che era rimasto chiuso nell’armadio del salotto! -
Rido.
- Robin, perché devi raccontare queste cose? – piagnucola Derek.
- Stai zitto! Sono divertenti. – ribatto. Mi guarda e io faccio una smorfia.
Sospira. – Se voi due diventate complici, sono finito! -
- Pensa al lato positivo! – esclama Robin.
- Quale lato positivo? -
Alza le spalle in un gesto teatrale: - Trovatene uno! –
Scoppio in una risata fragorosa.
Derek si volta verso di me e mi guarda ridere.
Sembra ipnotizzato.
Come se, dalla mia risata, si procurasse ossigeno.
- Jack, stai attento! Sta per dire qualcosa di romantico… - bisbiglia Robin ad alta voce per farsi sentire.
Derek lo fulmina con un’occhiataccia.
- Robin, attento! Sta per rifilarti un calcio sotto il tavolo! – lo ammonisco.
E va così avanti. Ridendo e scherzando.
Penso sia uno dei momenti più rilassanti della mia vita.
Ho imparato cosa significa avere un amico.
“Grazie”, penso.
Non so se sto parlando con Derek, Robin o me stesso.
Perché che lo voglia o no, anche io sto cambiando.
 
 
 
NOTE DELLA PESSIMA AUTRICE: scusatemi.
Per favore perdonatemi! Sono rimasta senza internet a casa e non sapevo come fare. Stamattina ho scoperto che funzionava e allora ho aggiornato subito.
Mi dispiace! Se avete pensato che avrei abbandonato la storia, toglietevi dalla mente questa idea.
Comunque sia, sul serio, sono desolata.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ho cambiato il punto di vista questa volta! Dovevate pur conoscere l’impressione di Jack.
Robin è una carotinaaaa…
Ci saranno altri capitoli con lui. Scopriremo un po’ il suo passato e qualcosa di oscuro.
L’autrice non sa cosa sta dicendo.
Okay… credo sia tutto…
Un abbraccioooo!
Rystie_00

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Capitolo 23
*** Mai ***


MAI
 
 
Quando la sveglia suona, vorrei non dover trascorrere questa giornata.
È il suo ultimo giorno.
Derek dovrà partire stasera. Ritornerà al suo lavoro. Lontano, terribilmente lontano.
Non voglio separarmi da lui. Diamine, no.
Solo sapere che è dall’altra parte del mondo, a combattere e rischiare la vita probabilmente, mi terrorizza.
Ma è una cosa che presto finirà. Andrà tutto bene. Deve andare bene. Mancano ancora dei mesi.
Parleremo. Voglio sapere ogni cosa d’ora in poi. Condivideremo tutto.
Questo è il massimo che posso fare.
  Come al solito, Matt spalanca la porta e fa la sua entrata, facendomi lasciare in sospeso i miei pensieri.
- Sveglia, sveglia! – urla.
- Vattene. – ribatto il più acidamente possibile.
- Buongiorno anche a te! La colazione è pronta. -
Aspetto che esca e se ne vada e mi preparo.
Cerco di non tormentarmi la mente per i pensieri che sembrano voler artigliarmi e trascinarmi con loro nella voragine della disperazione.
 
- Oggi vi ho preparato i Pancakes! Non siete felici? – chiede allegra la mamma.
- Certo! – rispondono in coro Mark e Matt. Insopportabili!
- Jack, anche a te piacciono, vero? -
- Sì. – rispondo, conciso e con scarso entusiasmo.
La gioia che ha dipinta in viso si spegne in un attimo e cade il silenzio. – Non ne hai voglia? – domanda.
- No. Cioè, sì ne ho voglia. E solo che oggi non sarà una bella giornata. – gli avviso.
Lei sbuffa. – Come sempre, d'altronde. -
La guardo negli occhi.
- Vaffanculo. –
Mi alzo e sbatto la sedia contro il tavolo. Cade a terra, ma non me ne curo.
Giro i tacchi e prendo il cellulare.
- JACK, COME TI PERMETTI? E DOVE PENSI DI ANDARE? – sbraita lei.
- Esco. Non vado a scuola. -
- Cosa credi di fare? – si intromette Mark. – Torna qui. Non essere stupido. -
- Sarò nelle mani dell’esercito Americano! Non mi accadrà nulla. – urla a mia volta.
Era per papà. Lui è l’unico che può capirmi.
Esco sbattendo la porta di casa.
Compongo il numero di Derek.
- Jack, buongiorno. -
- Dove sei? – dico. La voce è strozzata e carica di rabbia.
- È successo qualcosa? – risponde con una nota di preoccupazione.
- Solo… stiamo insieme. Tutto il giorno. Non voglio perdermi niente. -
- Ti raggiungo subito. Dove ci troviamo? -
- Passami a prendermi dove ci incontriamo dopo scuola. Poi vedremo. Mi basta stare con te. –
 
Lo vedo parcheggiare la macchina e scendere subito.
Gli vado incontro e mi stringo al suo petto, affondando la testa nel suo collo. Le sue braccia mi avvolgono e una mano si posa sulla mia nuca.
Mi mordo il labbro.
Sento il suo fiato tra i miei capelli: - Ehi… che succede? –
Un bacio tra le mie ciocche nere.
- Ho litigato con mia madre… e ora anche gli altri potrebbero essere arrabbiati con me. E non voglio che te ne vada… Non voglio rimanere solo. -
- Guardami. -
- Baciami. -
La sua bocca incontra la mia in un bacio che sembra voler contenere l’amore di tutta la Terra.
Mi sollevo sulle punte lui mi stringe per la vita.
- Non dovrai mai essere solo. – sussurra sulle mie labbra. – Mai. -
 
 
 
Note: Oggi avevo bisogno di tristezza. Credo di essere riuscita a scrivere meglio del solito. Non so…
Vi avviso: massimo uno o due capitoli e il nostro Derek dovrà partire.
Piango.
Spero vi sia piaciuto.
Un grande abbraccio. Mi sostenete come mai mi sarei immaginata e ve ne sono molto grata.
Grazie per tutto.
Rystie_00
 

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Capitolo 24
*** Forza contro Debolezza ***


FORZA CONTRO DEBOLEZZA
 
 
Il cellulare suona nella mia tasca.
- Sarà la tua famiglia… dovresti rispondere. -
- Non voglio. – replico, ancora incollato al suo petto.
Sento una sua mano raggiungere la tasta dei miei pantaloni ed estrarne il telefono. Lo lascio fare. L’importante è che non mi molli dalla sua stretta.
- Carl? Sono Derek. – dice. - Sì, è qui con me. –
Una pausa. Mio padre sta parlando.
- Resteremo insieme tutto il giorno. Riparto questa sera. Non si preoccupi: ci penso io a lui. –
Nonostante glielo abbiamo detto, Derek continua ad usare il “voi”.
- Tuo padre era tranquillo. Ha detto che si fida, e che ti aspetterà alzato. – spiega, - Credo voglia parlarti. – aggiunge poi.
Annuisco. So che mi farà una ramanzina.
- Andiamo? –
Derek acconsente.
 
Mano nella mano, osserviamo il meraviglioso paesaggio che si estende dalla panoramica. Proprio dove, quattro giorni prima, Derek mi ha fatto la sorpresa di compleanno più bella di sempre.
Si sposta e mi stringe da dietro. Posa un dolce bacio sulla mia tempia. Posso giurare che tiene gli occhi chiusi.
- Vorrei rimanere così per sempre. – mormora.
Ci vogliono secondi, ma poi rispondo: - Anche io. Lo so che non sono bravo a parole, ma se non fossi così, potrei raccontarti tutto quello che mi passa per la testa. -
Mi giro, per guardarlo in faccia.
“Ti amo.” è la prima cosa che penso.
Sorride.
Allungo una mano per accarezzargli una guancia.
- Sarai così lontano… - sussurro.
Chiude gli occhi per pochi secondi: - Pensa che quando avrò finito il servizio, tornerò a casa. Da te. Potremo vivere come una coppia felice. Forse inizierò a frequentare l’Università. Ci sono ancora molte cose da decidere, ma una è certa: noi due staremo insieme. -
Le mie labbra si tendono in un sorriso.
- In ogni caso ti aspetterò. – lo assicuro.
- Dovrai farlo perché sei il mio ragazzo. – inizia a farmi il solletico.
- E avevi dubbi? – dico tra una risata e l’altra.
Si ferma e i nostri occhi si incontrano. Sembrano ogni volta richiamarsi. Cercarsi sempre, come per confermarsi che ci siamo. Che solo noi possiamo guardarci in quel modo. Nel modo in cui vedi i tuoi sogni più improbabili realizzarsi.
Ci baciamo.
Labbra contro labbra. Forza contro debolezza. Fuoco contro ghiaccio. Sole contro Luna.
“Non andartene”.
Ma è troppo egoista da dire ad alta voce.
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
Ehila! Buonasera! MMM su questo capitolo non credo ci sia molto da dire. Spero vi sia piaciuto. Vi prometto che il prossimo, essendo importante, sarà più lungo e dettagliato.
Un grande abbraccio! Grazie a tutti coloro che seguono e recensiscono la storia! :D
 

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Capitolo 25
*** Fantasmi alla ricerca di amore ***


FANTASMI ALLA RICERCA DI AMORE
 
 
 
Sono le cinque e mezzo del pomeriggio e Derek deve partire alle otto.
Due ore e mezza. Non è ancora finita.”, mi ripeto costantemente.
Attraverso il finestrino dell’enorme auto di Derek, vedo la città scorrere via. Ogni grattacielo si trasforma in vapore intenso. I passanti in ombre nere. Le auto in punti di luce, le une più veloci, le altre più lente. Un quadro da innumerevoli sfumature.
Ad un certo punto, i colori si fermano, facendomi tornare alla statica realtà.
Il parcheggio è isolato, se non per poche macchine più distanti.
Derek si slaccia la cintura.
- Vado a prendere una cosa. Resta qui. Torno subito. – mi stampa un bacio in fronte e, senza darmi il permesso di obbiettare, scende dirigendosi verso l’unico negozietto del posto. Lo vedo sparire dietro la porta di entrata.
Due ore e mezza. Non è ancora finita.”
Chiudo gli occhi, sospirando.
Se solo ora sento un vuoto, non voglio affrontare i prossimi mesi. Farà male. Terribilmente male. Dovrei rischiare così? Ovviamente sì.
Senza che me ne accorga lui torna con una busta in mano. Si siede e sorride, guardandomi.
Allungo il collo per vedere che cosa sta tenendo. Mi porge la busta.
Le nostre dita si sfiorano e sento in suo calore percorrermi la pelle.
Con cautela e curiosità, estraggo una serie di foto.
Sono bellissime. Scattate alla perfezione. L’angolazione precisissima della luce è qualcosa che le rende ancora più meravigliose di quel che sono già.
Ma la cosa che mi fa perdere letteralmente il fiato, è che il soggetto sono io.
Io tra lenzuola candide. Io con i capelli davanti agli occhi. Io con un braccio disteso e uno piegato. Poi c’è ne una con Derek che mi posa un bacio sulla spalla mentre dormo.
- Ti ho fatto degli scatti quella mattina. Sono questi. – dice - quando torno li appenderemo nella mia stanza, ti va? Ma per ora voglio che li tenga tu. –
Rimango a bocca aperta. Strigo i pungi e mi mordo con forza il labbro inferiore.
- Come… Perché tu, la persona più stupenda sulla faccia dell’intero pianeta… - mi riesco a trattenere dal piangere, - Io… non è possibile che mi meriti tutto questo. Tu… - ma non riesco a terminare la frase.
Le sue mani si poggiano sulle mie guance, tirandomi verso di lui. Il bacio che segue lo conduce Derek.
Rassicurazione. È questo quello che mi dona.
- Jack… hai sofferto fin troppo. Smettila di sminuirti in questo modo. Tu sei la persona per cui ho deciso di mettere da parte il mio bene, per occuparmi di te. -
- E ne vale la pena? -
- Ne vale la pena. -
Unisco di nuovo le nostre labbra.
Passano attimi, secondi o forse minuti. Sempre più passionali e romantici. L’atmosfera cambia quando lo tiro per il colletto della camicia verso di me. Quando lui si lascia trasportare e sento una sua mano scendere sulla mia vita, e poi poco più in basso.
Con un rapido gesto, tolgo la cintura che mi impedisce di muovermi.
La mia gamba destra sbatte sulla portiera e mi allontano un po’ da Derek.
- Stiamo scomodi così… -
Il suo viso arrossato, gli occhi lucidi e le labbra gonfie mi fanno perdere la testa.
- Oh… sì hai ragione. Mmm, forse… -
Con una mano, afferra una rotella di lato al sedile su cui sono seduto. Lo schienale inizia a scendere finché non si trova totalmente orizzontale.
- Ecco. Dovreb… - lo interrompo, baciandolo. Stringo il suo collo e mi distendo, trascinandolo sopra di me.
Non so come fare. Ma per tutto c’è una prima volta.
Le mie mani si spostano sulle sue clavicole e slaccio il primo bottone della sua camicia. Sento le sue gambe fra le mie. Assaporo il suo odore alla cannella.
- Jack. – sussurra fra un bacio e l’altro.
Pronuncia il mio nome come se fossero le lettere più importanti al mondo.
Ed è la cosa più bella che abbia mai sentito.
 
Non abbiamo fatto altro che baciarci.
E non abbiamo fatto nulla che comprenda i vestiti a terra. Non potevamo farlo. Non in macchina. Non poco  prima che lui partisse.
Siamo invece rimasti un’ora e mezza a coccolarci e raccontarci amore senza bisogno di parole.
Ed ora, sulla strada che conduce all’aeroporto, non parliamo.
Una sua mano si posa sulla mia gamba.
Mi volto e mi sorride.
Rassicurazione.
 
La folla di persone è talmente tanta, che afferro la sua mano per non perdermi. La tengo forte. È quasi ora.
Dio, non voglio.”
Deve passare al controllo bagagli e poi al metaldetector, quindi io non posso continuare.
- Jack. -
Non sarà più qui con me. Per giorni, settimane, mesi interi.
Una lacrima scende e mi percorre una guancia, per poi infrangersi a terra.
Immediatamente mi stringe fra le sue braccia.
Mi solleva e sono costretto ad aggrapparmi al suo collo mentre continuo a piangere.
- Non andare… - singhiozzo al suo orecchio. Egoista. Ma non posso più. – Resta qui con me, ti prego. -
Affondo il volto sulla sua spalla e gli bagno la camicia.
Ma Derek lo sapeva. Derek era preparato ad una simile richiesta. Perché Derek è sempre pronto per le cose più terribili.
- Non posso… -
Stringo gli occhi.
- Non è vero. È una bugia. Tu puoi… -
- No, Jack. Non posso. -
- Per me… -
Mi appoggia sul pavimento. Asciuga le mie lacrime con dei baci.
E poi parla.
- Quando ho sbagliato di mandare il messaggio, non avevo la più pallida idea di incontrarti. Tu. La creatura più complicata dell’Universo. Ovviamente le cose complicate sono quelle che vanno comprese, non lasciate perdere. Sei l’uomo più incasinato che potesse capitarmi. Con tutta la tua solitudine, i tuoi timori, la tua straordinaria forza con cui hai sempre affrontato le cose e gli spettri che pensavi di avere in te. Jack, io te lo giuro: non sono altro che fantasmi alla ricerca di amore e amicizia. Tu sei tutto questo. Pregi per cui ti stimo e difetti che ho imparato a chiamare “amore”. -
- Derek… -
- Ti amo. -
Mi fiondo sulla sua bocca. Le mie labbra fra le sue. Le lacrime respinte a fatica.
- Dillo ancora ti prego. – lo scongiuro.
- Ti amo, Jack. -
- Ti amo anch’io… - piango.
E continuiamo a scambiarci baci come se volessimo catturare l’anima dell’altro.
- È straziante sapere che sarai dall’altra parte del mondo. – dico - e ora, che sei ancora con me, non riesco a convincerti a rimanere qui. Una parte di me sta urlando “non posso lasciarlo andare”. Tu la senti. Lo so che la senti, e la trasformerai in un misero eco lontano. Ma è giusto così. – mi asciugo un’ultima lacrima.
Mi tiene fra le sue braccia. Il suo cuore sul mio orecchio. Le sue labbra fra i miei capelli.
Rimaniamo così per minuti interi.
Non riesco. Non ce la faccio a non piangere.
Il mio corpo trema dagli spasmi.
- Ehi… Ehi. – la sua voce si incrina. Alzo lo sguardo e gli vedo scorrere una goccia lungo la guancia destra. Non si scompone, ma gli trema il labbro.
- Tornerò, te lo prometto. Poi avremo tutto il tempo che vuoi avermi al tuo fianco. -
“Baciami, diamine, baciami.”
Non riesco a separarmi dalla sua bocca. Dal suo profumo. Dalle sue braccia.
Un annuncio riguardo gli orari di decollo.
- Devo andare. – sussurra.
- Ti amo, Derek. -
- Anch’ io. Anch’io, Jack. –
Un ultimo bacio di arrivederci.
Una carezza sulla guancia.
Le sue labbra sulla mia fronte.
Lui che si volta e cammina. Guarda avanti. Io guardo lui.
È andato.
 
 
 
 
Note dell’autrice: Ehila! Lo so, anche per me è stato devastante scrivere una cosa del genere, ma era fondamentale. Il capitolo è lungo! Gente, applauditemi muahahah… okay basta. Lo so che forse siete traumatizzati e il resto.
Purtroppo questo sarà solo una delle parti “dolorose” che seguiranno. Perché sì, ce ne saranno di peggiori. Molto peggiori.
Beh… nient’altro! Fatemi sapere!
Un abbraccione a tutti quanti.
Rystie_00

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Capitolo 26
*** Basta ***


BASTA
 
 
Quando alle nove meno e un quarto torno a casa, vedo le luci accese dalle finestre. Forse stanno cenando. Non mi interessa. Sono troppo distrutto per affrontarli.
Ho gli occhi gonfi di lacrime, la testa piena del suo odore, le labbra ancora sul suo ricordo.
Tremo. Riesco a malapena ad infilare la chiave nella serratura.
Spingo la porta, ma rimango fermo finché non si apre del tutto.
Non sento niente. Non ascolto nessuno. È tutto un ronzio ovattato.
I miei che si alzano di scatto; la voce della mamma; gli sguardi dei miei fratelli.
Non sento niente.
Basta.
Non voglio ascoltarvi.
Mi dirigo a passi lenti ma decisi verso le scale che conducono alla mia camera.
Una solida stretta mi afferra il polso.
Mi volto appena per capire che è Matt.
Strattono un po’ il braccio, ma non mi molla. Così mi volto e gli tiro uno schiaffo violento in faccia.
Il silenzio ritorna e riesco ad allontanarmi, salendo gli scalini.
Entro nella mia camera e mi appoggio alla porta, coprendomi la bocca con una mano.
Esplodo di nuovo in un pianto di dolore e perdita.
Cerco di trattenere i singhiozzi, ma anche questi escono. Non riesco a resistere.
La porta si apre, spingendo la mia schiena in avanti.
La richiudo, questa volta a chiave, urlando: -  NO! ANDATEVENE! LASCIATEMI DA SOLO! BASTA, SMETTETELA! -
- Jack, apri questa porta. Cosa è successo? -
- VATTENE VIA, PAPÀ! SMETTETELA DI PREOCCUPARVI PER ME. -
- Apri. -
- Non lo farò. -
- Aspetterò qui, allora. -
- E io non aprirò. -
 Non lo sento andarsene.
Mi distendo sul letto senza nemmeno togliermi le scarpe. Affondo le testa nel mio morbino cuscino che ora sembra cemento a confronto con il petto di Derek.
Reprimo le urla nella stoffa e chiudo forte gli occhi, come per non far scendere altre lacrime. Passano minuti e so che mio padre non si è ancora allontanato. Sento poi altri passi più leggeri.
- Cosa è successo? – chiede mia madre. Dalla sua voce incrinata capisco che è anche lei sull’orlo del precipizio. Forse dall’altra parte però.
- Non ne sono certo. -
- Carl… perché è così? Cosa hanno fatto di male a nostro figlio? Forse siamo noi ad aver sbagliato. -
- Non credo, tesoro. Per favore ora andiamo a riposarci. –
Se ne vanno finalmente.
 
Mi arriva un messaggio.
Prendo velocissimo il cellulare.
Non è lui.
È mio padre:
Stasera calmati, parliamo domattina solo io e te. Non voglio repliche.
 
La mattina non c’è più Matt a fare da sveglia.
Come apro la porta, invece, trovo mio padre.
Mi guarda con aria severa e io abbasso gli occhi, aprendogli la porta per farlo entrare.
Si siede sulla sedia alla scrivania mentre io prendo posto sul mio letto.
Unisce la mani a pugno, facendole sbattere.
- Bene, Jack. Dimmi cosa è successo. -
Abbasso la testa. La mandibola tesa.
- Derek è partito. -
- Questo lo avevo intuito, c’è qualcos’altro? -
Alzo lo sguardo e ringhio a denti stretti: - Qualcos’altro? Non credo che ci sia cosa peggiore di questa. Quattro mesi. Sai cosa significa vedere per quattro mesi attraverso un misero schermo la persona che… - mi blocco.
Le sue sopracciglia si sollevano, creandogli delle rughe non troppo marchiate sulla fronte: - … Che ami? -
Deglutisco.
- Anche lui è innamorato di me. Me lo ha detto all’aeroporto, nonostante ci siamo messi insieme dal primo giorno. –confesso, sentendo le guance imporporarsi.
C’è un breve silenzio.
- Non lo so cosa si prova. Ma non puoi comportarti in questo modo. -
- Papà sono stanco. Sono stanco di essere sempre io il problema. Per una volta, mi sono lasciato andare. -
- Questo non giustifica lo schiaffo che hai tirato a Matt. Dovresti andare a scusarti. -
- Dovrei. -
- Preparati e scendi. Andrai a scuola con i tuoi fratelli. – Dice freddo, con un tono che non ammette obbiezioni, poi esce dalla stanza.
 
 
Note Dell’Autrice: Buon salve gente! Come state? È finalmente finita scuolaaa (per me ieri)! Mmm.. dopo l’ultima ora, io e i miei amici siamo andati al mare, ed è stato ... carino… non pensavo di divertirmi tanto. Sì, non so perché vi sto raccontando delle mie giornate strane.
Questo non so se considerarlo o meno un capitolo di passaggio.. Buh, chissà. Jack continuerà  ad esprimere i propri sentimenti o ritornerà a chiudersi e ad isolarsi?
Grazie per tutte le vostre recensioni e i meravigliosi complimenti che mi dedicate!
A proposito, prima che mi dimentichi… stavo cercando qualche bella canzone e mi sono imbattuta in Ed Sheeran. Personalmente non avevo ascoltato molte sue canzoni, ma ne ho trovata una che sta benissimo con questa storia :3 Si chiama Photograph. Se sapete l’inglese non serve che cerchiate il testo tradotto. Se non sapete bene l’inglese ehm guardatevi la traduzione se c’è in rete. Non so se esiste, non ho controllato…
Un grande abbraccio e… al prossimo capitolo!
Rystie_00

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Capitolo 27
*** Tre parole ***


TRE PAROLE
 
 
Io e i miei fratelli non ci consideriamo, nonostante stiamo camminando insieme. Ma so che non spetta a loro prendere parola.
Mark sposta continuamente lo sguardo da me e Matt.
Sospiro.
- Mi dispiace per ieri. Ho perso il controllo. Non volevo farlo veramente. Scusa. -
- Perché diamine ti comporti così? – mi interrompe Matt. – Cosa cazzo ti è successo? Sei sempre il solito. Non vuoi farti degli amici, non ti interessi mai una ragazza, non vuoi divertirti nemmeno con noi. Fai sempre il depresso e poi ti lamenti come una bambina. Devi cercare di cambiare. Non hai idea di quanto ci fai preoccupare. Prima o poi anche mamma e papà non sopporteranno più i tuoi problemi. Lo dico per il tuo bene. -
Rimango in silenzio. Se solo ci fosse Derek.
Stringo i denti.
- Non so cosa dirti, Matt. – rispondo solamente.
- Perché non sai mai cosa dire. Se tu affrontassi le persone, ci riusciresti meglio. -
- Se affrontassi le persone non mi sopportereste più. -
- Almeno impareresti qualcosa. -
Non voglio continuare. Accelero il passo e me li lascio alle spalle. Forse Mark mi richiama, ma ovviamente non gli presto ascolto.
Prendo il cellulare e compongo il numero.
Due squilli.
- Pronto? -
- Ciao, Robin. Sono Jack. -
- Ehilà. Che piacere sentirti! -
- Mi chiedevo… se andassimo a fare un… ehm, giro? -
- Certo! Ti passo a prendere fuori scuola. A dopo, carota! – riattacca.
Rimango un attimo a fissare lo schermo e poi mi decido a tentare. Seleziono la chiamata per Derek e attendo.
Ci mette un po’ per rispondere.
- Ehi, tesoro. -
- Mi manchi. Sarà tutto un casino senza di te. Non so come fare. Ieri ho tirato uno schiaffo a Matt. Io… non so cosa mi sia preso. – confesso tutto d’un fiato.
- Alle tue ore sei del pomeriggio, ci vediamo su skype. Parliamo lì. Te lo giuro. -
- Ma da te che ore saranno? -
- Le due di notte. Ma non è un problema. Tu vali molto di più rispetto a delle ore di sonno. Tranquillo, Jack. -
- Okay. Se sei stanco, non ti devi preoccupare. Troveremo un altro giorno. -
- Non sarò mai abbastanza stanco se si tratta di te. -
Sorrido.
- Ti amo. – dice.
- Ti amo anch’io. –
 
- E così, hai preso una C in economia…  -
- Possiamo non parlare di voti? –
L’auto di Robin, al contrario di quella di Derek, è molto più piccola. Intuisco che avrà percorso molti chilometri per via del suo aspetto non troppo nuovo.
- Da quanto tempo hai questa macchina? – domando.
Lui continua a fissare la strada, ma sorride, rispondendo: - Era di mio padre a dir la verità. –
- Immaginavo. -
- Allora, futuro signor Standford… dove andiamo? – chiede con quell’aria da birbante.
Sbuffo sonoramente, imbarazzato.
- Da qualsiasi parte. Basta che mi fai trascorrere questi mesi il più veloce possibile. -
- Agli ordini! –
 
- Ehi, amore! So che stai passando molti pomeriggi insieme a Robin. È di piacevole compagnia, vero? -
- Sì… ma sono passate solo tre settimane. Manca ancora tanto. -
Derek sembra diverso. Forse è perché i suoi capelli sono cresciuti. Forse sono solo io che, piano piano, mi sto dimenticando di come è realmente.
Sono terrorizzato.
- Poi avremo tutta la vita, Jack. -
Annuisco: - Sì, hai ragione. Solo che vorrei che mi tenessi di nuovo fra le tue braccia. A volte è difficile. -
I suoi occhi si chiudono per un secondo.
- A casa come sta andando? – chiede.
Scuoto la testa. – Molto male. Matt non mi rivolge più la parola. Mark non sa come comportarsi. Mia madre è sempre nervosa e papà cerca di starmi dietro, ma so che è complicato per lui. -
- Le cose si risolveranno. Te lo prometto. Quando sarò con te, tutto si aggiusterà. -
Appoggia una mano sul suo schermo.
È diventato un rito a cui non riusciamo rinunciare.
I nostri palmi si sovrappongono. Ma io sento solo la superficie fredda del computer.
- Ricordati che ti amo. -
- Non riuscirei a dormire, se non lo sapessi. – ribatto.
 
Con Robin il tempo sembra passare più velocemente. I giorni trascorrono, così come trascorrono altre settimane e passano due mesi. Due mesi ed eravamo a metà del ponte traballante appeso sopra il burrone. Ma può capitare che alcune assi cedano.
Derek camminava con me. Io lo vedevo.
Questo fino a quel giorno.
 
Io e papà, da soli in casa, prepariamo il pranzo. Mia madre è fuori con le colleghe di lavoro e i gemelli ormai non fanno altro che cercare di stare lontano da me il più possibile.
La stessa sera avrei finalmente sentito Derek. È dovuto stare via cinque giorni. Ha detto che non avrebbe ritardato a chiamarmi una volta avuta la possibilità.
Sto tagliando delle verdure quando suonano alla porta.
- Jack, per favore, vai tu. – dice mio padre, intento a cercare piatti e bicchieri.
Appoggio il coltello sul tavolo e mi asciugo le mani.
Vado ad aprire e mi trovo davanti un ragazzo.
Sto per sorridergli, ma poi vedo il suo stato.
Profonde occhiaie solcano la parte inferiore dei suoi occhi azzurri. Ha lo sguardo perso. La bocca leggermente socchiusa e i capelli rossi sembrano più spenti.
- Robin? Ehi, amico, tutto bene? – chiedo, mettendo una mano sulla sua spalla.
Le sue iridi chiare incontrano le mie, e sento come se stessi per affogare. Perché contengono tanta sofferenza?
- Cosa è successo? Stai bene? -
- Jack… -
Lo tiro per un polso: - Vieni, entra pure. Vuoi rimanere a pranz… -
- Jack. -
Mio padre si volta per guardare il nuovo arrivato e si avvicina subito quando vede Robin così strano. Non si sono mai incontrati, ma non credo sia il momento giusto per le presentazioni.
- Non hai per niente una bella cera. -
- Jack, perché non ti siedi? -
Corrugo la fronte. – Cosa stai dicendo, Robin? -
Un lungo silenzio. Una lacrima gli scende per la guancia sinistra. Non capisco. Attendo in silenzio, con il fiato sospeso.
 
Dalla sua bocca escono tre parole. Tre parole che sono capaci di uccidermi.
- Gli hanno sparato. -
 
 
 
 
Note Dell’autrice:
Perdonatemi.
Rystie_00

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Capitolo 28
*** Sono qui ***


SONO QUI
 
 
 
“Non è vero.” È la prima cosa che penso. “Non può essere vero.”
Ma lui scoppia a piangere. E mi sento come se mi avesse investito un treno.
Respiro a fatica.
No. No, ti prego no.
Mi porto una mano alla bocca e indietreggio. Sarei caduto se non ci fosse stato mio padre a sorreggermi.
Urlo.
Non riesco a respirare da quante lacrime mi scendono dagli occhi.
Mio padre mi tiene a sé e grido sul suo petto, aggrappandomi alla sua maglia.
- Ragazzo, ne sei sicuro? – la sua voce è instabile, soffocata dai miei urli.
- Non so niente… gli hanno sparato all’addome e ora… - un respiro difficile – Ora dovrebbero averlo trasferito in qualche ospedale, dopo il soccorso degli altri militari. -
- Quindi è vivo? -
- Credo sia in coma. Non ho ancora risposte dai suoi genitori. -
La gola mi brucia e la testa gira come una giostra. Troppo dolore.
- Devo vederlo. Devo… - la mia voce si spegne perché non riesco a parlare.
Vedo Robin che scuote la testa: - Non so dove sia. Non credo nemmeno che ci lasceranno stare con lui. -
- Chiamerò i suoi genitori. Non mi importa se è a settemila kilometri da qui: io devo vederlo. –
Robin abbassa la testa.
Alla fine annuisce e mi guarda con gli occhi ancora lucidi. “Qualsiasi cosa deciderai, ci sarò anch’io” dicono.
 
Derek è rimasto in coma per due settimane e un giorno e, solo dopo che i dottori hanno dato il loro consenso, lo hanno trasferito nella sua città natale sette giorni più tardi.
E oggi siamo qui. In attesa di vederlo.
Io e Robin, seduti su delle scomode sedie nella sala d’attesa dell’ospedale, rimaniamo in silenzio. Lui continua però ad agitarsi, muovendo le gambe e torturandosi le mani. Io sono immobile come una statua, gli occhi persi nelle piastrelle azzurrine del pavimento. L’odore tipico di medicinali mi solletica il naso.
Ad un certo punto, Robin si prende la testa fra le mani e sussurra: - È peggio del cancro. -
Alzo lentamente lo sguardo sul suo viso.
Anche lui ora ha gli occhi che fissano il vuoto. – Ho avuto il cancro, sai. Ma ho vinto io. -
Deglutisco, ma non so se la notizia mi sorprende più di tanto. Tuttavia chiedo: - Terminale? -
Lui scuote la testa. – No, ma con le tante operazioni che ho dovuto subire, rischiavo di lasciarmi andare. Stavo male e lui mi è sempre stato accanto dicendomi che ce l’avrei fatta, che ero forte. –
Chiude gli occhi. – E ora che è lui quello in pericolo, io sono impotente. -
- Sei qui. -
- Ma non lo sa. -
- Non credo lo vorrebbe sapere. Non penso che si voglia far vedere in questo stato. –
Non dice più niente.
Così ritorniamo nel nostro silenzio immenso.
 
- Potete entrare. Uno alla volta. - Dice una dottoressa, dopo due ore di straziante attesa.
- Vai prima tu. – dico a Robin. Lui sembra voler replicare, ma alla fine entra nella stanza.
Passano esattamente sette minuti e trentasei secondi.
La porta si apre ed esce. – Ti sta aspettando. – dice solamente.
Quando entro, la stanza è poco illuminata e vi è solo un letto affiancato a dei macchinari strani sulla mia sinistra.
E lui è lì. Disteso e sotto a delle sottili lenzuola. I nostri occhi si incontrano, ma le nostre bocche non pronunciano alcuna parola.
Mi avvicino piano. Sfioro il materasso con la punta delle dita, finché non incontro la sua mano fredda. Un brivido mi attraversa la spina dorsale.
Risalgo con le dita fino al suo volto. Gli accarezzo delicatamente gli zigomi, chinandomi su di lui. Derek continua a guardarmi con i suoi occhi marroni.
Un’unica lacrima mi scorre su una guancia, ma la ignoro.
Avvicino il mio viso al suo e unisco le nostre labbra. È un contatto veloce, ma ne seguono altri tutti uguali. Trascorrono minuti, prima che lui parli.
- Jack… -
- Non dire niente. -
- Ho pensato a te. -
- Derek… -
- Ti ho pensato in questi giorni. E mi sono promesso di farcela. Non ti posso lasciare solo. Non riuscirei mai ad abbandonarti. -
Le sue labbra sono secche. La sua pelle ha bisogno di calore.-
- Ti amo, Derek. – mormoro. – E nemmeno io potrei mai lasciarti andare. Mai. Sono qui. -

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Capitolo 29
*** Ricordati... era uno zero che ci ha fatto incontrare ***


RICORDATI… ERA UNO ZERO CHE CI HA FATTO INCONTRARE
 
 
 
È rimasto a riposo per circa un mese. Il proiettile gli ha sfiorato la colonna vertebrale. Derek ha rischiato di restare su una sedia a rotelle.
È un miracolo. Derek.
Il mio miracolo.
E io gli sono stato accanto per pomeriggi interi. Giorni passati a tenerci le mani e a sostenerci a vicenda.
Si è ripreso velocemente, grazie al cielo.
Ma c’è anche una brutta notizia: Derek dovrà recuperare il mese che ha perso.
Mi è crollato il mondo addosso quando me lo ha detto.
Subito dopo, però, mi ha assicurato che non starà sul campo di battaglia. I suoi superiori hanno deciso di tenerlo alla base e occuparlo nell’organizzare le squadre di sorveglianza e quelle da mandare in missione. O cose così.
Non per questo, l’angoscia che accompagna i battiti del mio cuore è meno forte.
 
Quando riparte, mi si stringe lo stomaco ancora di più, ma non piango. Devo dimostrargli che anche io sono forte. Che anche io posso combattere la distanza e il tempo. Che posso farcela.
Perché lui lo sa che ce la farò. Lui crede in me.
 
Dopo altri due mesi di videochat e chiamate giornaliere, penso che forse, forse, le cose si stanno aggiustando. Derek sembra sempre più sicuro di sé e infonde questa sensazione anche a me.
Ma con la mia famiglia, non ci sono progressi. Io e mia madre non parliamo quasi più. Non perché ci odiamo, ma perché lei ha tentato tutto quello che le era possibile per farmi sentire meglio, senza successo. “Mamma, non è di te che ho bisogno” vorrei dirle “a me serve il mio ragazzo.”
La situazione tra me e Matt, invece, è sempre più tesa. Litighiamo spesso e quasi sempre si mette in mezzo anche Mark.
E infine, non posso pretendere da mio padre di aiutarmi sempre. Non posso più coinvolgerlo nei miei problemi.
 
Durante il pomeriggio, telefono a Derek, ma non risponde.
Attendo la sera e provo a richiamarlo.
- Amore. Scusami per prima, ma non potevo proprio rispondere. Stai bene? -
- Sì. Tu? Tutto apposto? –
- Come al solito. Mi manchi. -
Arrossisco a quelle parole. - Anche tu. – rispondo.
- Stai arrossendo. -
Rido.
- E ora mi dirai che sto ridendo, Derek? Mi conosci troppo bene! -
- Lo so. E sei l’unico a cui faccio battere forte il cuore ogni volta che sorrido. -
- Ma smettila! Come sono finito con te? Sei un’idiota. -
- Uno zero, Jack! Uno zero. -
Sorrido.
Ride anche lui e dice di amarmi.
- Anche io ti amo. – rispondo. Sempre. Sempre così siamo. Diretti e sinceri.
C’è una pausa che dura per alcuni secondi privi di imbarazzo.
Ma sono io a riprendere il discorso: - Sei tutto per me. Mi hai salvato dal nulla che ero diventato. Ti amo per avermi sopportato e aver continuato a insistere e a convincermi di farmi aiutare. Se non lo avessi fatto, non so che fine avrei fatto. Ti ringrazio per questo. Ti amo. -
- Per me, è stato un onore salvarti la vita. – risponde. So che sta sorridendo.
- Ti amo. -
- Ti amo. – dice anche lui.
- Ti amo. -
Ridacchia. – Ti amo. - 
Mi distendo sul letto con un braccio sotto la testa.
- Ti amo. – replico di nuovo.
Andiamo avanti per un altro po’.
- Ti a… -
La porta della mia stanza si spalanca e sobbalzo, scattando a sedere.
- Con chi diavolo stai parlando? -
 
 
 
Note dell’autrice: Ehila gente!! Come state? Spero che questo capitolo vi abbia fatto tirare un sospiro di sollievo riguardo alla situazione di Derek… ma anche uno di sorpresa… rabbrividiteee. Chi avrà sentito Jack? Ma l’importante è… QUANTO ha sentito.
Con questo punto di domanda, vi lascio.
Vorrei anche comunicarvi che, con mio grande dispiacere, la storia sta per concludersi. Oh, no, no… mancano ancora dei capitoli, tre sicuramente. Forse quattro.
Grazie ancora per le magnifiche recensioni che mi lasciate. Vi adoroooo!! Ciauuu
Rystie_00

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Capitolo 30
*** Foglie in autunno ***


FOGLIE IN AUTUNNO
 
 
Mark e Matt mi guardano sconcertati.
Non riesco a rispondere. Sono totalmente paralizzato.
Chiudo la chiamata e tengo stretto il cellulare in mano.
- CON CHI CAZZO STAVI PARLANDO? – urla Matt.
La mia bocca rimane aperta, ma non esce alcun suono.
E poi Mark si butta sul mio letto, tentando di togliermi dalle mani il telefono. Lo spingo bruscamente via, con una mano sulla sua testa per allontanarlo.
- Smettila, Mark! BASTA! – scongiuro.
Riesco a levarmelo di dosso e lui ritorna composto. Stringo il cellulare al petto e mi alzo anche io.
- Cosa avete sentito? – ringhio a denti stretti.
- Abbastanza per capire che stai dicendo fesserie. – risponde Matt.
Perdo il lume della ragione: - Che ne sapete voi? Voi, che chissà quante ragazze a caso vi siete sbattuti. Voi che nemmeno conoscete il significato di “amore”! -
- Perché, tu si? – chiede Mark, stranamente pacato.
Spalanco gli occhi.
Posso io conoscere una tale emozione?
- Sì, sì diamine, sì. -
- Siediti, Jack. Tu non sai quel che dici. – dice Matt, accennando al letto.
- Sei tu quello che non sa di cosa sta parlando. Voi… non potete nemmeno immaginare. -
- Cosa? Siamo tutti troppo giovani per amare nel vero senso della parola. È una ragazza. Se ti sei innamorato, sappi che passerà. Passerà così in fretta che nemmeno te ne accorgi. -
Serro i pugni. – Non… non ti azzardare a dire mai più una cosa del genere. -
Tenendo stretto il cellulare, esco dandogli una spallata.
- Continui a scappare, Jack. Che fine farai? – mi urla dietro.
Mi volto verso di loro. – Sì, è vero. – dico, poi sorrido - Ma non saprete niente se non mi rincorrete. -
Vado via.
 
- Robin, Jack, che ne dite di organizzare una grande grigliata per quando ritornerà Derek? -
- Credo sia un’ottima idea, Catherine. – dice Robin, mettendo in bocca una cioccolatino che gli è stato offerto.
È stata una sua idea andare a trovare i genitori di Derek. Ci hanno accolto a braccia aperte.
Bernard mi lancia occhiate significative, così come sua moglie.
All’ennesima, alzo le mani in segna di resa.
- E va bene, cosa volete chiedermi? – domando, sorridendo appena.
Catherine ride e la sua voce cristallina risuona per le pareti della cucina.
- Puoi confermarci la nostra ipotesi riguardo una possibile relazione con nostro figlio? – chiede lei.
Arrossisco fino alla punta delle orecchie. – Come mai lo sospettate? Non credo sia così evidente. -
- Ogni volta che Derek ci telefona non fa altro che parlare di te per tutto il tempo. - Interviene Bernard.
Lancio un’occhiata a Robin  che mi guarda a sua volta.
- Non fissarmi in quel modo, siete voi che vi siete innamorati… -
E ridiamo tutti insieme.
Questo giorno ha preso una svolta felice.
 
Prima di andare, mi avvicino a Catherine, indaffarata nel ripulire la credenza.
- Catherine, posso chiederti una cosa? – dico, timidamente.
Lei si volta e mi sorride. Il suo profumo di fiori mi invade.
- Certo, tesoro. -
Prendo posto su una sedia.
- Tu, come hai preso il fatto che Derek… insomma… che Derek è… -
- Omosessuale? – suggerisce lei.
Mi torturo le dita della mano sinistra. – Sì. -
Sorride dolcemente e si siede di fronte a me. Mi accarezza una guancia in modo materno. – Hai paura di come reagirà tua mamma, non è vero? -
Abbasso lo sguardo.
- Tua madre ti vuole bene, ne sono certa. L’importane per una mamma, è che il suo bambino sia felice. E so che lei capirà, se tu sei felice con Derek. -
 
Passa il tempo.
I giorni volano via come foglie in autunno, che si posano sul terreno e vengono calpestate e spezzate. Così fragili e insignificanti.
- Mancano nove giorni, Derek! Nove giorni, ci credi? – il cellulare mi trema fra le mani.
Lo sento ridacchiare.
- Non vedo l’ora. -
Sorrido, mordendomi una guancia. – Anch’io. -
 
 
 
NOTE IMPORTANTI DELL’AUTRICE:
Eccomi qui!! Volevo fare un grande annuncio!! Dal momento che, da domenica  sarò via per circa una settimana, non so quando potrò aggiornare. Allour. Se riesco, il prossimo capitolo lo pubblicherò domani sera che sarebbe già oggi, ma lasciamo stare. E, per il gran finale, dovrete aspettare venerdì prossimo. Se invece riesco ad organizzarmi e pubblicare in qualche biblioteca mentre sono in vacanza, allora ci sentiremo regolarmente! Bene!! Rimaniamo che domani dovrei aggiornare. Nel caso non lo facessi, vi autorizzo a farmi del male xD.
Ciauu splendide personcine!
Rystie_00

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Capitolo 31
*** Uscire allo scoperto ***


USCIRE ALLO SCOPERTO
 
 
Manca una sola settimana all’arrivo di Derek.
Una misera e al contempo esasperante settimana.
Forse sono più allegro e spensierato, e, se lo do a vedere, i miei fratelli scambiano questo mio comportamento per sfacciataggine nei loro confronti.
Io e la mia famiglia siamo andati a trovare la nonna a pranzo. È stata una giornata piacevole, nonostante pensassi a tutt’altro.
Ascolto della buona musica e osservo il cielo poco nuvoloso al di fuori del finestrino dell’auto di famiglia. Nessuno parla. Papà guida con un’espressione serena e anche la mamma sembra tranquilla. Mark seduto alla mia sinistra e Matt alla sua sinistra, guarda dritto davanti a sé. La nostra casa ormai è vicina, quindi decido di chiudere gli occhi e lasciarmi trasportare dalle note rassicuranti della canzone che ascolto. Sento la macchina fermarsi, ma io sono solito aspettare la fine del brano prima di scendere.
Stranamente, però, capisco che nessuno sia intenzionato a smontare dall’auto, così apro gli occhi per vedere che succede e blocco scontento la musica.
Vedo mio padre che si è voltato verso di me e sorride.
Mark e Matt che puntano gli occhi ora su di me ora su di lui. E infine mamma che allunga il collo curiosa e sussurra: - Magari si è perso. -
Non capisco che succede, finché non seguo lo sguardo di mia madre.
Urlo.
Tutti si voltano verso di me, tranne mio papà, che ride.
Apro la portiera con foga, ma, come mi alzo, vengo bruscamente rigettato sul sedile. Dall’euforia non mi sono slegato la cintura.
- Conosci quel tipo? – chiedono in coro i gemelli.
Rido istericamente e rispondo: - Sì, cazzo, sì! -
Riesco a liberarmi da quell’aggeggio infernale e spalanco la portiera, rischiando di inciampare, una volta uscito.
Urlo ancora mentre corro verso di lui e gli salto letteralmente addosso. Ridiamo, ma lui riesce a tenermi saldo a sé, e io cingo le gambe intorno alla sua vita.
Ci abbracciamo e io scoppio in lacrime. Lacrime di gioia ed emozione.
- Avevi detto che mancava una settimana! – riesco a dire, sempre urlando.
Lui ride. – Ho mentito. Sorpresa! -
Non mi posa a terra e rimaniamo così per altri secondi, durante i quali io rido e piango e grido ancora.
- Be’, Jack, potrai dire che ora abbiamo il “per sempre”, più una settimana. -
Gli prendo il viso fra le mani e lo bacio.
Sorride sotto le mie labbra e anche a me viene da farlo.
Ci baciamo per un po’, riscoprendoci l’un l’altro e ridendo felici.
- Ti amo. – sussurro.
- Anche io, Jack. -
Uniamo per l’ennesima volta le nostre bocche e blocchiamo il tempo. Siamo solo noi due al centro del mondo.  
Quando mi riappoggia a terra, mi rendo conto che indossa ancora l’uniforme militare e, nel vialetto della mia casa, è posteggiata la sua enorme auto.
Le sue braccia forti non mi lasciano e rimaniamo attaccati.
- Credo che dobbiamo delle spiegazioni alla tua famiglia. – dice, asciugandomi con i pollici le lacrime.
Annuisco, e non oso immaginare le espressioni di mia madre e dei miei fratelli.
Ci fissiamo per ancora qualche secondo negli occhi, e poi ci separiamo lentamente. Respiro profondamente e mi volto verso la mia macchina.
Non riesco a decifrare il volto di mia madre, anche se sembra essere presa alla sprovvista.
Mark mi guarda sorpreso, mentre Matt sembra… schifato.
Deglutisco.
- Derek! Che piacere vederti, figliolo! – esclama mio padre, avvicinandosi e poggiando le mani sulle sue spalle.
- Il piacere è tutto mio, Carl. – risponde lui con un sorriso.
- Sono felice di vederti bene. Ho sentito dell’incidente, ma sono contento che sei riuscito a superare tutto. – dice, e sembra un genitore orgoglioso.
- Grazie. – risponde Derek soltanto.
Il sorriso di mio padre vacilla di poco.
- Perché non andiamo dentro casa? Potrete spiegare la vostra situazione anche agli altri. – propone.
Annuiamo.
 
 
 
Note dell’autrice: Okay, le cose sono andate diverse dal previsto. Dovevo infatti inserire la discussione con la famiglia di Jack in questo capitolo, ma, dal momento che devo ancora preparare le valigie, ho cambiato i miei programmi.
MA, eheheh c’è sempre un ma, vi prometto che l’ultimo capitolo sarà luuuuungggoooooo!! Yeeee!
Detto ciò, ci sentiamo venerdì per il gran finale oddio sto per commuovermi .
Passate una buona settimana e… recensite in tanti!!!
Bacioniiiiii
Rystie_00

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Capitolo 32
*** Fine ed inizio ***


FINE ED INIZIO
 
È incredibile come Derek riesca a discutere così tranquillamente. Le sue parole sono semplici, ma sembrano fare effetto a tutta la mia famiglia.
Sto al suo fianco per tutto il tempo, appoggiati al bancone dei fornelli della cucina. Lascio che sia lui a parlare, anche se cerco di intervenire ogni tanto. Per il resto, mi limito ad osservare le reazioni di tutti.
Seduta al tavolo, mia madre ascolta in silenzio, i suoi occhi si posano ora su Derek ora su me. Sembra calma. Credo il merito sia della voce di Derek.
- E così abbiamo deciso di continuare a sentirci. Inizialmente, erano videochat, poi ci siamo scambiati i numeri di telefono e Jack è andato persino a conoscere i miei genitori. Le nostre vite, sebbene diverse fra loro, erano al contempo molto simili. Avevamo entrambi bisogno di qualcuno con cui condividere le nostre emozioni. Certamente, Jack ne aveva più necessità di me, perciò ho messo lui al primo posto. -
Dall'altro lato della cucina, Matt incrocia le braccia, guardando il pavimento con astio. Mark sposta gli occhi su di lui per un momento, poi torna a concentrarsi su di me.
- Siamo andati avanti per alcuni mesi, fino al mio compleanno. - dico, e un sorriso mi spunta sulle labbra – Quando mi ha fatto una sorpresa e me lo sono ritrovato alle spalle. Non ci credevo. È stata una delle emozioni più forti che abbia mai provato. - ammetto.
Derek mi circonda le spalle con un braccio. Mi volto e incontro il suo sguardo sereno.
- Da quel giorno, abbiamo passato tutti i pomeriggi insieme. E, be', ci siamo innamorati. Sono dovuto ripartire quattro giorni dopo. Mi mancavano ancora altrettanti mesi di servizio. - spiega, serio.
Appoggio il capo alla sua spalla.
- Andava tutto per il meglio. Parlavamo ogni giorno, eccetto quando non poteva chiamarmi per via dei suoi turni fuori dalla base. Mancavano due mesi soltanto. Ma dopo... - chiudo gli occhi e non concludo la frase.
Mi stringe di più a sé.
- Ma dopo mi hanno sparato. -
Sento mia madre trattenere il fiato.
- Ho rischiato di rimanere in sedia a rotelle, il proiettile ha sfiorato la colonna vertebrale, ma sono riusciti a curarmi. Jack mi è stato vicino per tutto il tempo. Gli sono grato per il suo sostegno. -
Mi guarda, sorridendo.
- Infine, ha speso il resto dei mesi di lavoro restando alla base a dirigere le squadre in partenza. Ora è qui. -
Cala il silenzio.
Se possibile, mi avvicino ancora di più a lui. Mio padre ci guarda e annuisce in segno di incoraggiamento.
È mia madre a squarciare questo pesante velo.
- Derek, quanti anni hai? -
- Quasi ventidue, signora. - Mormora.
Lei annuisce. - Credo che siate ormai abbastanza grandi per prendervi le vostre responsabilità. Forse, Jack, avresti dovuto dircelo, ma capisco che per te era una situazione difficile da spiegare, e sono contenta di averla affrontata con entrambe le parti interessate. Sono felice di vederti in pace, Jack. Sono felice. - Conclude con un sorriso.  
Riprendo fiato,  e le sorrido anch'io.
- Era con lui, quindi, che stavi parlando al telefono quel giorno? -  Chiede Mark, parlando per la prima volta.
- Sì. -
Lui ride. - Okay. -
Non so se vorrei sentire il parere di Matt, ma Derek mi solleva dal problema, ponendo una questione. - I miei genitori organizzeranno una cena di bentornato, siete tutti invitati, se volete. -
- È una splendida idea. - Constata mio padre.
- Non credo di voler partecipare. -
Ci voltiamo tutti verso Matt. Si avvicina pericolosamente a me e Derek.
- Avresti dovuto dirlo prima. Avresti potuto risparmiarci il disagio. Per me, ti sei comportato da egoista, facendo preoccupare tutta la famiglia. Potresti anche andartene. Mi toglieresti un peso dal cuore. Mamma, non so ancora come tu riesca ad accettare la cosa e, papà, mi hai profondamente deluso. -
- Matt... - Cerco di dire, ma mi interrompe.
- Ma poi non potevi certo intrattenere una relazione con una ragazza, no, tu dovevi metterti insieme ad un altro uomo. Che schifo. Ci hai fatto dannare perché sei solamente troppo confuso per capire che stai facendo una cazzata. Tu non sai niente di cosa significhi stare con qualcuno. Sei solo un asociale che non merita affetto da nessuno, dopo ciò che è successo. Mi fai vomitare. -
Mi si ferma il cuore. Non sento più il sangue scorrere per le mie vene. Come può aver detto delle cose del genere? Non posso crederci. Non riesco a proferir alcun suono.
Ferito.
Disastrosamente ferito.
- Ma sta' zitto. -  Sbotta Mark.
- Sta' zitto? STA' ZITTO? Sei impazzito per caso? Anche il tuo cervello è andato. Ti sei reso conto di quanto sia disgustosa la cosa? Come se adesso avessimo una sorella, invece che un fratello. -
- Matt! Adesso basta! - Urla mio padre.
- Quante volte gli hai chiesto come stava? - si intromette Derek. Mi volto verso di lui.
Matt lo fulmina con un'occhiataccia: - Troppe. E mai, mai una volta che si fosse sforzato di non dire una cosa simile a "male", o altre cavolate. -
- Quante volte gli hai chiesto "perché"? -
Per un momento, mio fratello sembra essere preso alla sprovvista.
- Non ti azzardare a dirmi cose che non hanno a che fare con l'argomento. -
- A me sembra che centrino eccome. - ribatte.
- Tu non decidi cosa devo o non devo dire e fare a mio fratello. -
Matt alza veloce il braccio e cala la sua mano unita su di me.
Chiudo gli occhi, attendendo quello schiaffo che mi spezzerà definitivamente il cuore. Ma non arriva mai.
Sento un lamento da parte di Matt e, aprendo gli occhi, vedo Derek che gli ha bloccato il braccio dietro alla schiena, schiacciandolo contro il muro.
- Non osare torcergli un solo capello. Perché giuro, giuro che se gli fai del male, te la dovrai vedere con me. -
Derek lo lascia andare e mio fratello corre al piano superiore senza aggiungere altro. Si sente solo il suono della sua porta sbattere fortemente.
- Mi dispiace. – riesco solo a dire. – Non volevo recare un tale disastro. Mi dispiace. – Mi porto le mani sulla faccia e incomincio a singhiozzare.
Mi fai vomitare. Queste dolorose parole che ronzano nella mia testa.
Come se avessimo una sorella, invece che un fratello.
Sento le braccia di Derek avvolgermi immediatamente e mi abbandono al suo abbraccio senza troppi complimenti.
- Jack. –
Riconosco la voce di Mark.
Mi volto appena, scacciando le lacrime.
- Non credere ad una parola che ha detto. Solo Dio sa cosa avete passato per arrivare fin qui, quindi non lasciarti schiacciare da tuo fratello. – dice. – E ora, per favore, vieni qui. – Allarga la braccia.
Sono sorpreso. Guardo Derek, che sorride e mi sprona ad avvicinarmi a Mark. Deglutisco e vado verso di lui.
Mark mi tiene stretto a sé e io non so che fare. Rimango rigido come un tronco di legno, finché non ricambio goffamente l’abbraccio.
- Ci parlo io con lui. Non preoccuparti. – mi fa un occhiolino e un cenno a Derek, poi si dilegua al piano di sopra.
 
Dopo circa un’ora Mark e Matt tornano di sotto.
- Non voglio sentire niente da voi due. – inizia subito quest’ultimo, alzando le braccia. – Va bene, mi sono comportato da stronzo, e mi scuso. Siete liberi di gestirvi le vostre vite come vi pare. – il suo tono non è quello di una persona dispiaciuta, ma apprezzo comunque.
- Grazie. – dice Derek per entrambi.
Mark dà una gomitata al fratello.
- Se ci tieni alla mia presenza, Jack, sono disposto a venire questa sera. -
Annuisco: - Sì. Sì, mi piacerebbe. -
 
- Dove le hai conservate? – chiede Derek. È così strano vederlo nella mia stanza. Solo alcuni giorni prima, era oltre lo schermo del computer.
Sorrido, aprendo il cassetto della scrivania e porgendogli le fotografie che ho conservato con gelosia.
- Voglio appenderle nella tua stanza, questa sera. – annuncio serio.
Lui si avvicina e mi accarezza uno zigomo.
Unisco le nostre labbra e mi lascio trasportare da quel dolce bacio.
- Sai, non riesco ancora a metabolizzare il fatto che sono realmente qui. Che ho finito i mesi di servizio. Che sono libero. Che sono con la persona che amo. -
Lo abbraccio più forte.
- Nemmeno io. Sembra troppo bello per essere vero. Eppure non è un sogno. - 
Passa le dita sulle mia guance: - No, non lo è. –
 
La sera partiamo tutti diretti alla casa degli Standford. Io nella macchina di Derek, gli altri nell’auto della famiglia.
Derek tiene una mano poggiata delicatamente sulla mia gamba sinistra. Io tengo le mie dita sulle sue.
Ogni tanto si volta per sorridermi.
- Indossi ancora l’uniforme. – Gli faccio notare.
- Mi cambierò a casa. -
- Okay. –
Allungo il volto per stampargli un bacio sulla guancia.
- Jack, non distrarmi, sto guidando. – mi ammonisce.
Rido.
Ed è quel tipo di risata che fa girare Derek e vedere l’intero universo.
 
Come parcheggiamo, Derek scende veloce mentre io sono ancora impegnato a slacciarmi la cintura.
La mia portiera si apre proprio quando riesco a liberarmi. Derek mi tende le braccia per aiutarmi a scendere da quella macchina così grande.
Un urlo di gioia attira la nostra attenzione e vediamo la madre di Derek avvicinarsi. Lui le corre incontro e la solleva con i piedi da terra, facendola girare.
- Mamma… -
- Il mio bambino. Oh, tesoro, sei qui finalmente. -
- Sì. – sorride lui, mentre lei gli bacia la fronte.
- Derek! -
- Papà! – si abbracciano anche loro. Fingo di non vedere Catherine asciugarsi una lacrima.
Poi si accorge di me e riprende quel sorriso così dolce.
- Jack, tesoro, come stai? – chiede, avvicinandosi e mettendomi le mani sulle spalle.
- Bene, bene grazie. -
Il suo sguardo si sposta alle mie spalle. – Oh, Jack… hai portato anche la tua famiglia. Che gioia! – detto ciò, si precipita a conoscere e ad abbracciare tutti i miei parenti.
Mio padre sembra entusiasta nel conoscerla.
Sento un braccio circondarmi la vita.
- A occhio, direi che quei due diventeranno grandi amici. – sussurra Derek al mio orecchio. 
 
Che poi Robin non poteva semplicemente venire alla grigliata, salutando tutti con gran calma e tranquillità. No… No, lui doveva fare il suo ingresso trionfale in bicicletta, rigando, non si sa come, la macchina di Derek e buttandoglisi addosso, e facendogli entrambi cadere a terra.
Credo di non aver mai riso così tanto in tutta la mia vita.
- Ma che cazzo fai, idiota? -
- Scusami, ma sei andato prima a salutare il tuo fidanzatino che il tuo fantastico migliore amico? -
- Con il mio fidanzatino, non ci ho passato l’intera infanzia, caro. -
Robin ride. – Mi sei mancato, Derek. -
- Anche tu, stupido. -
 
- E così, questi sono i tuoi fratelli. – dice Robin, rivolgendo lo sguardo ai due gemelli. Siamo rimasti noi ragazzi, i nostri genitori stanno vivacemente dialogando e sono contento che vadano tutti d’accordo.
Robin tende la mano a Matt, che la stringe senza troppo entusiasmo.
Poi tocca al turno di Mark, che la afferra con più contentezza.
A Robin gli si illuminano gli occhi.
- E voi, creatura celestiale, che subito mi avete stregato il cuore, come vi chiamate? -
Lo guardo sconcertato.
Derek alza gli occhi al cielo e sbuffa. – Robin, smettila di fare l’idiota. -
Ridacchio.
Mark, dopo un attimo di sgomento, sorride malizioso e risponde: - Sono Mark, e lei mi pare un gran gentiluomo. -
- Se questi due si coalizzano, siamo tutti fregati. – mormoro a Derek.
Matt mi sente e riesco a strappargli un sorriso.
Forse le cose si risolveranno…
 
La serata passa. Passa straordinariamente allegra e felice. Ridono e scherzano tutti.
Il cibo è ottimo.
Robin e Mark si lanciano occhiate perverse solo per farmi arrossire e poi si battono il cinque.
Derek è al mio fianco.
Matt parla poco, ma ad un certo punto trova con Bernard, il padre di Derek, un argomento su cui discutere.
I giorni seguenti stiamo sempre insieme, io e lui.
Sono felice e mi rendo conto che, ora, non avrebbe senso dare un voto alla mia vita.
Perché non posso dare un voto a qualcosa di bello.
È bello e basta.
 
- Qui direi che va bene! – esclamo, posizionando una fotografia sulla parete in mezzo a tante altre.
Mi giro verso Derek e noto che tiene in mano lo scatto di me addormentato e lui che mi dona un bacio sulla spalla.
- Questa, però, - dice – la tengo sul comodino, così da vederla sempre. -
- Credo sia perfetto. – annuisco.
Mi cinge i fianchi da dietro e rimaniamo per alcuni minuti a contemplare la parete delle foto.
Ad un certo punto, guardo in direzione del letto. Siamo soli in casa. E se…
Derek ha un sussulto. Mi volto e vedo le sue guance imporporarsi.
- Perché stai arrossendo? -
- Non lo so. -
Un sorriso mi nasce a fior di labbra.
Gli accarezzo il petto con un dito. – E se noi… -
- Jack… -
- Per un certo verso siamo avvantaggiati: ti ho già visto a petto nudo, conosco le tue cicatrici. – dico.
- Ma non conosci quella. -
Trattengo il fiato e gli prendo il viso fra le mani.
- Vorrei vederla. -
- Sei sicuro? – punta i suoi occhi dai riflessi verdi nei miei.
Annuisco.
Fa un passo all’indietro e si sfila la maglietta, scoprendo il suo torace muscoloso.
Sfioro con le dita le varie linee bianche solcate sulla sua pelle. Le storie.
Proprio sotto il collo, vi è il ricordo di una lama di coltello, in Iraq.
Sul braccio destro, un taglio di una caduta brusca, in un campo disperso.
All’altezza delle costole, lo scontro in Afghanistan.
E poi i numerosi segni dovuti ai lunghi e faticosi allenamenti.
Infine, circa al centro del suo petto, c’è il segno del proiettile. Bianco come gli altri, ma si capisce che è più recente.
Lo sfioro con le labbra, chiudendo gli occhi. Una mano di Derek si posa sulla mia nuca. Alzo lo sguardo e vengo coinvolto in un lungo languido bacio. Mi avvicino a lui il più possibile, facendo aderire i nostri corpi.
Sento una sua risata crescergli fra le nostre labbra.
- Cosa c’è? – gli domando.
- Niente, sono solamente molto felice. -
Gli prendo il volto fra le mani e ci baciamo con trasporto.  Dopo poco, lo sento insistere per sfilarmi la maglia. Rimaniamo entrambi a torso nudo. Le sue grandi mani mi tengono per la schiena e io passo le braccia intorno al suo collo.  
- Ti amo. – sussurra, mordendomi il labbro inferiore.
- Anche io. –
Ci spostiamo e finiamo distesi sul suo letto, in un incrocio confuso di corpi accaldati.
Lascia una scia di baci sul mio collo e sulle clavicole.
Una mia gamba scivola tra le sue e sorrido spontaneamente.
- Amami. – mormoro.
È solo l’inizio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
Okay. È ufficialmente finita.
Prima cosa: scusate per il ritardo, ma questo capitolo è stato un parto.
I ringraziamenti li faccio subito, allora, innanzitutto un enorme GRAZIE  alla mia beta, Alex18 (leggete le sue storie che sono bellissime… susu) che ha sopportato le mie crisi e che mi ha corretto i capitoli con gioia ahahahah seee . Ti voglio bene, scoiattolo.
Un grande abbraccio anche a dracofonte, che sclera male ad ogni capitolo hihihihihi <3
E ora, tutti i recensori (siete persone stupende): FRAMAR, Toki_Doki, Amelia_, maddagianni113, Dinda91, TamaraStoll, Letsneko_chan, R i n g m a s t e r, Kira Nikolaevic, Arj90, dracofonte,  calock_morgenloki, nettie, pinksky, Aire, Rosso_Pendragon, little_astrid, Lauthien Falassion, gina1, onlymyecho, marika_3, tomatochan, silvia_candidacandida,  Alex18, cabesa, aamortentia. Spero ci siate tutti, ragazzi.
Bene…
Ora… spero che la mia fanfiction vi sia piaciuta, e che anche il finale sia stato di vostro gradimento.
Io sono qui, che sto ancora metabolizzando il fatto che Robin e Mark si sono sposati che è tutto finito e che è stato così soddisfacente vedere che la storia sia piaciuta tanto.
Per il momento, non ho intenzione di scrivere nella sezione di storie originali, ma, appena avrò una nuova idea in mente, potrei ritornare…
Nel frattempo, ho già alcune trame, che devo sviluppare, relative ad alcuni fandom, quali PJO, Free!! e Haikyuu.
Ovviamente avevo un’altra caterva di robe da dire, ma non ho niente in testa.
MMM…. Se volete seguitemi pure su Tumbrl, sono crystalicerain.
Non so perché, ma non voglio lasciarvi così…
È stata un’avventura bellissima e sono grata a tutti quanti.
Beh, spero che questa storia vi rimanga sempre nel cuore e… e… niente.
Vado.
Grazie ancora di tutto.
Un grande abbraccio.
Rystie_00

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