The Selkie wife (traduzione di beate)

di Lissa Bryan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43 - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/1/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  1

 

Inghilterra, 1553

Molti pensavano che Edward, Conte di Cullen, fosse diventato matto dopo la morte di sua moglie. Di certo il suo comportamento aveva dato il via a una marea di pettegolezzi. Aveva congedato la maggior parte dei suoi domestici e chiuso le sue porte ai visitatori. Il suo maniero era rimasto praticamente vuoto. La grande sala che risuonava un tempo di risate e della musica dei menestrelli durante le feste notturne, echeggiava adesso solo dei suoi passi solitari.

Particolarmente strana era la sua abitudine di camminare. I suoi affittuari dicevano di vederlo per le sue terre, solo, a piedi. Che un membro della nobiltà andasse in giro senza attendenti  era già bizzarro, ma a piedi? Non andava a caccia. Non controllava le sue terre. Vagava semplicemente senza meta, gli occhi a terra, perso in qualunque pensiero lo tormentasse.

Edward non era matto, ma era costretto. Quando i ricordi piombavano su di lui come uccelli rabbiosi che proteggevano il loro nido, tutto quello che poteva fare era camminare.

Aveva perso sua moglie due anni prima, di parto. Erano stati sposati da poco dopo il suo quindicesimo compleanno, un raro matrimonio d’amore. Aveva saputo fin da giovanissimo di essere fidanzato con Mary e la prima volta che l’aveva vista, al suo matrimonio, aveva saputo che avrebbe amato quella donna fino al giorno della propria morte. Nei dieci anni felici che avevano passato insieme, l’unica macchia era stata l’incapacità di Mary di dargli un erede. Si era rassegnato a non avere figli, e al fatto che Emmett e i figli che avrebbe avuto avrebbero ereditato il titolo. Mary aveva sofferto un aborto spontaneo dopo l’altro. Vedendo come questi la indebolissero, aveva provato a stare lontano dal suo letto, ma Mary era una donna affettuosa e molto … persuasiva a questo riguardo. E miracolo dei miracoli, la sua ultima gravidanza aveva tenuto. Stavano per essere benedetti, finalmente, da un erede. La sua gioia adesso era una memoria amara. Non avrebbe mai dovuto toccarla.

Due giorni dopo la nascita di sua figlia, Mary era morta di febbre, e così il suo cuore.

Il neonato era femmina. Edward fu destinatario di tanta pietà. Che sua moglie fosse morta era triste, ma era peggio  ancora che fosse morta per dare alla luce una femmina. Una femmina non era niente altro che un salasso in una famiglia, che doveva vestirla secondo il suo rango e provvedere a una dote per farla sposare. L’unico modo in cui una femmina poteva beneficiare la propria famiglia, era portando delle relazioni utili col matrimonio.

Edward aveva tenuto in braccio sua figlia per la prima volta dopo il funerale e fu tentato di odiarla, di incolparla della morte di sua madre, ma semplicemente non poteva. Elizabeth era così bella e dolce. Somigliava a Mary, ma invece dei suoi capelli biondi o di quelli ramati di Edward, aveva capelli ricci e scuri, probabilmente ereditati da sua nonna, come Emmett. Era stata fasciata stretta, gli arti stretti in quelle strisce bianche per assicurarsi che crescesse con gambe e braccia dritti, e tutto quello che poteva vedere era la sua faccetta, una copia di quella di sua madre. Come poteva non amarla?

Il maggiordomo di Edward, James, aveva già assunto una balia per la bambina. Anche se fosse vissuta, Mary non avrebbe allattato la bambina. Spesso i bambini venivano mandati a vivere con la balia finché non erano abbastanza grandi da essere svezzati, ma Edward si rifiutò di farlo.

Rosalie veniva da una buona famiglia, figlia minore di un signorotto che aveva perso al gioco tutte le sue ricchezze, lasciando la sua famiglia in povertà. Il marito e il bambino di Rosalie erano morti in un incendio, lasciandola senza casa e indigente, ed era profondamente grata per il suo lavoro di cura di Elizabeth. Edward aveva pensato che fosse una scelta eccellente, soprattutto perché aveva avuto un maschio. Il latte di donne che avevano partorito dei maschi si diceva che fosse più forte.

Ma qualcosa mancava. La povera piccola Elizabeth si aggrappava a suo padre quando lui andava a farle visita nella nursery. Rosalie non era un tipo materno ed Elizabeth era affamata di affetto.

Avrebbe dovuto risposarsi. Il suo giovane cugino, il re, aveva provato a combinargli un matrimonio fino al giorno in cui era morto, un mese prima. Edward era ricco, vicino al trono per linea di sangue, e non aveva un erede maschio, una situazione che non poteva durare. Ma Elizabeth aveva bisogno di una madre, e lui non voleva procurargliene una tramite un freddo e calcolato accoppiamento dinastico.

Aveva sentito ieri che la giovane sorella del re, Maria, aveva deposto Jane Grey. Era quello che Edward si aspettava che avvenisse. Jane era sconosciuta al popolo e aveva poco sostegno. La maggior parte delle persone  vedeva Maria come l’erede legittima, e il giovane re non avrebbe dovuto provare a togliere i diritti ereditari alle sorelle e lasciare il trono a sua cugina. Il giovane re morente era preoccupato che Maria avrebbe disfatto tutte le sue riforme protestanti, e aveva ragione. Ma non aveva diritti legali per nominare Jane come sua erede, dato che suo padre Enrico VIII aveva stabilito la successione attraverso un Atto del Parlamento che non poteva essere ribaltato con la semplice volontà. Nonostante il fatto che il popolo fosse diffidente nei confronti del fervente Cattolicesimo di Maria, sentiva che aveva il diritto morale al trono ed era insorto alla sua chiamata quando lei aveva marciato su Londra, un esercito di contadini armati di falci e forconi.

Edward sospirò. Gli piaceva Jane. Gli era stata proposta come moglie, ma la madre di Jane aveva ambizioni più alte di un duca. Jane era quieta e studiosa, con profonde convinzioni protestanti, che era il motivo per cui il giovane re aveva provato a lasciare a lei il trono invece che a sua sorella. Non aveva molto senso dell’umorismo, ma la vita le aveva dato molto poco di cui ridere. I suoi genitori, sua madre specialmente, erano crudeli, ed Edward era piuttosto sicuro che lo fosse anche il nuovo marito di Jane. Avevano costretto la ragazza ad accettare la corona, ma non si aspettavano che Jane, una volta che l’aveva presa, avrebbe asserito la propria indipendenza rifiutandosi di incoronare  re suo marito.

Ora era nella Torre, prigioniera di Maria. Maria aveva scritto a Edward che non aveva intenzione di giustiziare Jane, perché capiva che il tradimento della ragazza era stato involontario. L’avrebbe tenuta imprigionata nella Torre finché le cose si fossero sistemate e poi silenziosamente l’avrebbe liberata perché tornasse alla sua vita in campagna, con i suoi adorati libri.

Edward scendeva con attenzione il ripido sentiero che conduceva alla spiaggia, uno dei posti che preferiva della tenuta. C’era qualcosa  nella costante, ingovernabile natura del mare che acquietava la sua anima. Gli uomini si affannavano, preoccupati dei loro piccoli guai, e al mare non importava nulla. Era stato lì per migliaia di anni prima di adesso e sarebbe stato lì migliaia di anni in futuro, e le sue onde avrebbero ancora colpito la spiaggia.

Si immobilizzò quando sentì qualcosa. Inclinò la testa. , eccolo di nuovo. Il suono di una risata. Pirati? Si chiese. Pirati e contrabbandieri erano sempre stati un problema da questa parte della costa. Edward mise la mano sulla cintura e afferrò l’impugnatura ingioiellata del suo coltello.

Seguì quel debole suono. C’era una piccola penisola che aggettava sull’acqua, con alte rocce al centro. Edward scivolò sull’estremità e si guardò intorno. Lo shock gli fece cadere la mascella, gelandolo al suo posto.

Due donne nude stavano prendendo il sole sulle rocce, la loro pelle cremosa che brillava alla luce calda del sole. Edward non riusciva a staccare lo sguardo da quella vista ipnotizzante. Non aveva mai visto neanche sua moglie completamente svestita. La più piccola delle due aveva lunghi capelli bruni che l’altra  stava pettinando.

Mentre guardava, una foca grigia spuntò dall’acqua, il suo corpo impacciato cadde pesantemente vicino alle due donne. Con suo grande stupore, la foca sembrò aprire un’invisibile cucitura e un’altra donna nuda apparve.

Selkie! Edward aveva sentito le storie, naturalmente, ma non avrebbe mai immaginato di vederne una. Se fosse nato qualche centinaio di anni dopo, Edward avrebbe questionato sulla propria salute mentale per quello che stava vedendo, ma lui viveva in un tempo in cui l’esistenza di streghe, demoni, mostri marini, fantasmi e popolazioni magiche era largamente accettata.

Il regno delle selkie doveva essere più a nord di lì,  nei mari freddi a largo delle coste dell’Irlanda e della Danimarca. Le selkie erano muta-forma, qualcuno diceva fate del mare, altri dicevano fossero le anime degli annegati. Erano immortali e non invecchiavano una volta raggiunta la maturità. La loro pelliccia era quella che permetteva la trasformazione. Se la loro pelliccia si perdeva o andava distrutta, la selkie sarebbe rimasta intrappolata nella forma umana, e se veniva rubata, lei sarebbe appartenuta  al rapitore finché questi non gliela avesse ridata volontariamente. Bellissime in forma umana, si diceva che avessero un grandissimo potere di seduzione sui mortali. Gli uomini si diceva che fossero amanti incredibili, la risposta alle preghiere di tante mogli insoddisfatte e zitelle solitarie, e venivano chiamati versando sette lacrime nel mare. Le donne si diceva fossero eccellenti mogli e madri, per via della loro natura gentile, ma sia per i maschi che per le femmine, il primo amore sarebbe sempre stato il mare e potevano languire a morte se restavano intrappolati sulla terra per troppo tempo.

Strano, pensò, che esseri che possono vivere per sempre, possano morire di dolore. Il tempo e la malattia non potevano abbatterli, ma le loro emozioni sì.

La nuova arrivata aveva capelli grigi screziati di nero, come la pelle che aveva come foca. Teneva quella pelle in una mano mentre con l’altra salutava  le altre donne. La guardò mentre la piegava con attenzione e la infilava in una fessura tra le rocce.

Le donne si abbracciarono e chiacchierarono eccitate.  Quella con i capelli bruni riappoggiò  indietro la testa, un’espressione sognante sul viso. Edward era catturato dalla sua bellezza, dalla sua forma rotonda e rigogliosa e quei capelli scuri che fluttuavano sulla roccia sotto di lei. Una delle donne indicò la spiaggia e fece un gesto alle altre, che saltarono in piedi e corsero con lei a giocare sulla battigia, così innocenti e spensierate nella loro nudità come dovevano essere stati Adamo ed Eva prima della Caduta.

Un pensiero riecheggiò nella mente di Edward. Eccellenti mogli e madri. Gli si fermò il respiro. Questa poteva essere la soluzione. Poteva catturare una sposa selkie per curare Elizabeth e non avrebbe più dovuto pensare a come rifiutare educatamente le offerte di matrimonio. Quando Elizabeth fosse stata grande abbastanza, avrebbe liberato la donna selkie dichiarando che era morta, lasciandolo di nuovo vedovo disponibile. Il cuore gli martellò di eccitazione.

Strisciò più vicino a dove aveva visto la donna con i capelli grigi nascondere la sua pelliccia, tenendo d’occhio le donne saltellanti sulla spiaggia per paura che lo prendessero con le mani nel sacco. Trovò la fessura e tirò fuori la pelliccia grigia. Una piccola parte di sé sperava di trovare quella  che apparteneva alla donna con i capelli bruni e in fondo al mucchio, ne vide una che si accoppiava con i suoi capelli. Era sorprendentemente leggera e piccola, e calda come una cosa vivente. Non resistette alla tentazione di accarezzare con le dita quel pelo di seta. Che cosa piccola, non più grande di un tovagliolo. Come ci entrava dentro? Magia, immaginò, la magia del popolo delle fate.

Rimise a posto le altre, e mise la pelliccia scura nel suo farsetto. Strisciò giù dalle rocce con attenzione e si mise seduto sulla sabbia a guardarle giocare. Le invidiava. Avevano l’innocenza spensierata dei bambini giocando al sole del pomeriggio. Quando era stata l’ultima volta che si era goduto veramente qualcosa? Non ricordava di aver mai giocato come loro,  e anche da bambino aveva sentito il peso delle sue responsabilità.

Le donne si rincorsero e si schizzarono tra loro, ridendo, tuffandosi e rotolando nelle onde grigie, lampi di pelle come crema nell’acqua grigia. I gabbiani giravano in cerchio e gridavano sulle loro teste, scendendo in picchiata per unirsi ai loro giochi. La donna dai capelli scuri saltò e ne prese uno, rilasciandolo con una risata quando ciondolò tra le sue braccia. L’uccello risalì librandosi in aria per poi voltarsi e tuffarsi di nuovo verso di lei. Lei scomparve sotto le onde e poi balzò verso di lui in un esplosione d’acqua. Lui virò all’ultimo secondo e lei ricadde nell’acqua ridendo. Che bellissimo suono.

Il sole cominciava ad abbassarsi in cielo quando stanche, alla fine, ritornarono alle rocce per prendere le loro pellicce. Una delle donne lo vide e boccheggiò, indicandolo. In un lampo, le pellicce furono riprese dal nascondiglio e infilate. Due foche scivolarono in acqua, ma la donna dai capelli scuri rimase indietro. Cercava freneticamente la sua pelliccia, cercando con la mano nella fessura e nelle rocce sottostanti, i suoi enormi occhi scuri che lo guardavano circospetti mentre si avvicinava. La testa di una foca spuntò dall’acqua poco lontano e lanciò un grido che spezzava il cuore, vedendo la sua amica ancora sulle rocce, uno sguardo di panico che contorceva i suoi tratti.

Edward si avvicinò lentamente, le mani lungo i fianchi. «Non aver paura, Selkie. Non ti farò del male.»

Lei emise un piagnucolio e raddoppiò gli sforzi per trovare la sua pelliccia, le mani che grattavano le rocce, come potessero aprirsi per darle la salvezza.

«Ho io la tua pelliccia», annunciò lui.

Lei si sedette, come se le avessero ceduto le ginocchia. «Ti prego», sussurrò. «Ti prego, ridammela.» I suoi enormi occhi scuri lo imploravano.

«No, non credo.» Lui la studiò per un momento.

«Farò qualunque cosa mi chiederai. Ti prego, però, ridammela.»

Lui scosse la testa e gli occhi di lei si riempirono di lacrime. «Ho bisogno di te», disse lui.

Lei guardò il suo farsetto come se potesse vedere la pelliccia nascosta sotto, ma anche lui sapeva che non avrebbe potuto riprendersela. Una volta rubata da un mortale, la pelliccia doveva essere ridata volontariamente da colui che l’aveva presa.

«Qual è il tuo nome?» chiese lui.

Lei sembrò confusa per un momento. «Io non ho una parola-nome.»

Come potevano comunicare senza avere dei nomi, si chiese lui. «Ti chiamerò Bella», dichiarò lui, perché lei era bellissima, come il mare indomabile da cui veniva. Isabella era stato il nome della madre della regina Caterina, ricordò. Avrebbe detto semplicemente che era italiana o spagnola.

«Seguimi», ordinò. La condusse alla base della scogliera sotto la sua casa e si tolse il farsetto, rivelando la larga camicia bianca che indossava sotto. Lei emise un piccolo grido quando vide la sua pelliccia, ma lui se la tenne stretta. Lui le passò il farsetto. «Metti questo, Bella.» Non poteva portare una donna nuda in casa. Lei lo guardò confusa, così lui lo riprese e glielo mise sulle spalle, facendo passare le braccia nelle maniche e allacciando gli alamari dorati sul davanti. Il farsetto le arrivava solo alle cosce, e in qualche modo sembrava perfino più nuda indossando quello piuttosto che solo la propria pelle. Le sue braccia erano ingoiate dalle maniche e il colletto alto le arrivava sopra il mento. Sembrava una bambina spaventata e lui sentì una strana stilettata di senso di colpa, che allontanò in fretta.

Fece il viaggio di ritorno verso casa a tappe, nascondendo la sua nuova sposa selkie dietro gli alberi, dietro un cancello, un carro fermo, cercando di evitare di essere visto dalla casa. Aprì la porta laterale della servitù e la spinse dentro dopo aver controllato che la strada fosse libera. La fece salire per gli stretti scalini, tirandola per la mano ogni volta che rallentava per osservare oggetti a lei non familiari. Non era mai stata in una casa prima? Si chiese Edward.

La portò nelle stanze della signora, le camere che aveva occupato sua moglie. Scure, polverose, in disuso, le stanze avevano un’aria sinistra e trascurata. Andò alla cassapanca nell’angolo e usò la chiave alla sua cintura per aprirla. Dovette prendere un profondo respiro e chiudere gli occhi per un momento quando vide uno degli abiti di Mary, il suo preferito, piegato sopra tutti gli altri. Era di velluto verde muschio, il corpetto dal taglio più basso di come andava di moda adesso, ma doveva andare finché non avesse potuto vestire Bella in modo appropriato. Ripiegò le maniche separate e le rimise nel baule. Non aveva una donna che potesse cucirle adesso e non gli passò neanche per la testa di farlo lui stesso.

«Metti questo», ordinò spingendo il vestito nelle sue mani. Aprì la seconda cassapanca che conteneva delle camicie da donna, corsetti e calze, con le spalle a Bella per concederle il suo pudore. Sarebbe stata impropriamente nuda sotto il vestito, ma non la voleva subissare, né giocare a fare la domestica assistendola.

Si voltò dopo qualche minuto e vide che aveva messo il vestito alla rovescia e stava tirando con una smorfia la stoffa che le tirava sul petto. Lui sospirò. «Tira dentro le braccia», disse, e fece girare il vestito intorno al suo corpo finché fu messo alla giusta maniera. Mary era un po’ più grande di Bella ed il vestito pendeva floscio, ammucchiandosi ai suoi piedi.

«Stai qui», ordinò. «Non toccare niente.»

Lei annuì, e le lacrime riapparvero in quegli occhi scuri e limpidi. Sentì salire di nuovo un irrazionale senso di colpa che gli fece sbattere la porta dietro di sé quando uscì. Andò in cerca del suo fratello più giovane, Emmett, sperando, ma non aspettandosi, di trovarlo a casa. Normalmente Emmett era fuori a bere e a cercare puttane a quest’ora del giorno. Edward sospirò. Era qualcosa di cui doveva veramente occuparsi, ma semplicemente non ne aveva l’energia. Emmett aveva sempre avuto una vena selvaggia, ma da quando era morta Mary, e di conseguenza era stato trascurato da suo fratello, il comportamento di Emmett era molto peggiorato.

Fu compiaciuto quando Emmett aprì la sua camera da letto dopo che aveva bussato, ma non altrettanto compiaciuto di trovare Emmett barcollante in una nuvola di vapori alcolici. «Ho qualcosa da farti vedere», disse Edward.

«Sì?» replicò Emmett, senza molto interesse. Chiuse la porta dietro di lui mentre scendeva nel salone.

«Ho trovato qualcos… qualcuno», disse Edward correggendosi a metà frase. «Una ragazza.»

Ora, Emmett era interessato. «Felice di vederti tornare al tuo vecchio te stesso», commentò. «Ero preoccupato per te.»

«Non si tratta di quello», disse Edward con impazienza. «Ho intenzione di farne la mia nuova moglie.»

Emmett sbatté gli occhi. «Congratulazioni. Chi è? La figlia del Conte di Hale? So che insisteva perché tu accettassi.»

«No, lei è …» Edward esitò. «Lei è una fanciulla selkie.»

Emmett scoppiò a ridere. «Per un attimo ci avevo creduto. È bello sentirti di nuovo scherzare. Cominciavo a pensare che avessi seppellito il tuo senso dell’umorismo insieme a tua moglie.»

«Dico sul serio.»

Emmett sbatté gli occhi. «Forse dovresti cominciare dall’inizio.»

Edward gli disse delle donne nude sulla spiaggia. «Non mi meraviglia che ti piaccia passeggiare là», disse Emmett, con l’aria di uno che ha risolto un fastidioso mistero.

«Era la prima volta che le vedevo», replicò Edward. Tirò fuori la pelliccia dal suo farsetto e la diede a suo fratello. Emmett la accarezzò, girandola e rigirandola tra le mani e Edward sentì una bizzarra fitta di gelosia che scacciò rudemente. «Sembra una pelliccia normale», disse Emmett.

«Già, e anche molto piccola», concordò Edward. «Eppure l’ho visto con i miei occhi. Le altre donne hanno messo la loro pelliccia e si sono trasformate in foche proprio di fronte a me. Quella che ho preso appartiene a Bella.»

«Bella?»

«È così che l’ho chiamata. Non ha un altro nome, o comunque lei dice così.»

Emmett considerò. «Ho sentito che alla gente magica non piace dire agli altri il loro nome, perché dicono che gli dà un grande potere su di loro.»

Questo aveva più senso che non averne uno. La povera ragazza era già in suo potere, forse temeva di dargli ancora più controllo su di lei. «Cosa sai sulle selkie?» chiese a suo fratello. Si stavano dirigendo verso le camere delle signore, Emmett che ondeggiava ancora un po’ per la sua eccessiva compiacenza verso la birra.

«Dicono che siano di buon cuore e delle mogli eccellenti», recitò Emmett. «Ed hanno grandi poteri per tentare la carne di un uomo.»

Edward considerò. Di certo si era sentito attratto da lei da prima che lei sapesse che la stava guardando. Se avesse concentrato quel potere intenzionalmente su di lui … trovò che non si opponeva esattamente all’idea e questo lo sorprese leggermente. Non aveva più avuto gli appetiti di un uomo da quando Mary era morta.

Aprì la porta della camera delle signore e trovò Bella esattamente dove l’aveva lasciata, le mani strette alle braccia. Stava rabbrividendo, anche se nella stanza non era affatto freddo. Guardò lui e poi Emmett e i suoi occhi si sgranarono quando vide suo fratello. Edward sapeva che la vista di Emmett poteva essere a volte sconcertante. La sua stazza da sola bastava a intimidire, anche senza la cicatrice che gli attraversava la guancia. Emmett guardò attentamente altrove. Aveva imparato a non osservare la reazione iniziale delle persone alla sua apparizione.

«Bella, questo è Emmett, mio fratello», le disse Edward. «Se non ci sono io, devi obbedire a lui come obbediresti a me.»

«Non puoi lasciarla qui», disse Emmett, gli occhi che vagavano sulla lugubre stanza. «Devi pulire e arieggiare questa stanza.»

Edward si sentì irritato. Questo significava che sarebbe dovuta stare nella sua stanza, perché nessuna delle altre era pronta per ricevere ospiti. La cosa si stava rivelando già più problematica di quanto si aspettasse. «Vieni», disse a Bella e si diresse verso la sua camera. Lei gelò sulla porta, gli occhi spalancati. «Vieni», comandò facendole il gesto di entrare.

Lei scosse la testa, una mano alla gola.

«Ha paura», disse Emmett.

«Non ti farò del male.» Edward le prese il braccio (la sua pelle era così morbida!) e provò a tirarla all’interno. Bella si afferrò con le mani alla cornice della porta rifiutando di muoversi, e i suoi occhi avevano lo stesso sguardo del cervo che aveva abbattuto nella sua ultima caccia. «Che c’è che non va?» chiese.

Lei fissava il camino. Provò a vedere cosa l’allarmasse tanto, ma nulla gli sembrava fuori dall’ordinario.

«Il fuoco!» disse Emmett battendo le mani quando gli venne in mente la risposta. «Le selkie hanno paura del fuoco. L’avevo dimenticato.»

«È contenuto», disse Edward con impazienza. «Non ti farà male.» Le mise attorno le braccia e la trascinò dentro. Il corpo morbido e caldo di Bella si dimenò contro il suo, svegliando una fame che non aveva sentito per anni, quindi la liberò prima possibile. Lei si precipitò verso la porta. «Per i denti di Dio!» brontolò Edward. Cosa doveva fare adesso? Legarla al letto? Questa era una possibilità interessante che non aveva mai considerato prima.

«Non ti agitare, piccola selkie», disse Emmett allegramente, e afferrò la brocca dell’acqua tirando il contenuto sulle fiamme. La stanza divenne scura e Bella si rilassò visibilmente.

«Dovrai abituarti ad avere a che fare col fuoco», la avvertì Edward. «Queste vecchie pietre sono fredde la notte, e io non voglio vivere al buio solo per assecondarti.»

«Potrebbe essere necessario», disse Emmett abbassando la voce perché solo Edward potesse sentire. «Più stress sente nella sua nuova vita, più è probabile che languisca per il mare. Potrebbe morire.»

«Vostra Grazia?» Rosalie, la balia di Elizabeth, bussò alla porta. «La cena è …» si interruppe vedendo la nuova arrivata.

«Questa è Lady Cullen», disse Edward. «La mia nuova moglie.»

Rose sbatté gli occhi.

«Sì, ci siamo sposati all’improvviso», farfugliò Edward, provando ad inventarsi una bugia al volo. «Ho aspettato che arrivasse dalla sua madre patria per annunciare il nostro matrimonio.»

«Vostra Grazia», disse Rosalie facendo un inchino.

Bella la guardava.

«Lei … ah, lei ha costumi diversi dai nostri», spiegò Edward.

Rosalie non disse niente.

«Lei è, um, è del Nuovo Mondo», disse Edward, mentre un’idea si formava rapidamente nella sua testa, «riportata qui da una delle navi spagnole. Nella sua terra, è una principessa.» Quest’ultima fu un’ispirazione fulminea. Non voleva che la sua nuova moglie fosse oggetto di derisione e se il popolo avesse capito che il suo rango era abbastanza alto, almeno in parte ne sarebbe stata risparmiata. In un tempo in cui una lettera poteva impiegare mesi per arrivare alla sua destinazione, sarebbe stato difficile, se non impossibile, poter verificare la sua storia. C’erano stati casi in cui persone avevano finto per anni di essere dei reali prima di essere smascherati, e Edward intendeva tenere la sua moglie selkie nascosta agli occhi del pubblico il più possibile.

«Andiamo a cena, volete?» disse Edward porgendo il braccio a Bella. Lei lo prese, guardando timidamente Rosalie da sotto le ciglia. Stranamente, Rosalie sembrava spaventarla più di Emmett.

«Vostra Grazia?»

Edward guardò Rosalie che guardava con intenzione le braccia nude di Bella.

«Oh! Certo, forse dovrebbe assistere Sua Grazia.»

Rosalie non ne fu felice, ma prese le maniche quando Edward le tirò fuori di nuovo e velocemente le attaccò, borbottando per tutto il tempo sulla scandalosa assenza di biancheria di Bella. Era al di sotto della dignità di un duca tener conto dei borbottii di un servitore e Rosalie di frequente usava questo metodo per esprimere le sue opinioni. Bella era immobile come una statua. Edward pensò che non respirasse nemmeno. Non appena Rosalie ebbe finito, si lanciò verso Edward, come se questo le desse una sorta di sicurezza.

Il tavolo della sala grande era stato apparecchiato come ogni sera, ospiti o no, con l’argenteria più fine di Edward. A fianco del piatto stava la coppa d’oro che era stato regalo di matrimonio di suo zio, Enrico VIII. Il posto alla sua sinistra era preparato con la coppa preferita di Emmett, che Edward scambiò in fretta con una alla sua destra, il posto che Emmett avrebbe occupato ora che Edward aveva una nuova moglie cui spettava quella posizione d’onore.

Tirò indietro la sedia per Bella e le fece cenno di sedere. Lei obbedì, ma sembrava molto a disagio, come se non fosse abituata ad usare quegli strani utensili. Guardò a bocca aperta il centrotavola, una montagna di fiori in cima alla quale era appoggiata una gabbietta dorata con dentro due uccelli vivi. Bella sembrò simpatizzare con la loro difficile situazione.

I servitori portarono il primo piatto, un coscio di vitello che era stato marinato tutta la notte in sale e spezie. Era ricoperto da una salsa zuccherina di melegrane con prugne succose. Uno dei piatti preferiti di Edward. Ad accompagnarlo c’era un focaccia di anguilla, pavone arrosto, tutto dorato, con le sue piume artisticamente riposizionate, e un pollo arrosto che era stato farcito con un piccione, che a sua volta era stato farcito con un’allodola. Edward era un tagliatore di talento, che riusciva a fare una fetta che conteneva carne di tutti e tre gli uccelli.

«Mmm, stufato!» disse Emmett mentre veniva presentato un piatto di carne tagliata a fette sottili caramellata con la cannella. «È meglio che tu ti serva subito», Edward avvisò Bella. «Emmett è famoso per mangiarsi tutto il piatto da solo.»

In mezzo alle tre portate principali, furono serviti oltre venti piatti. I nobili avrebbero preso un pezzettino dei propri preferiti; alcuni piatti rimanevano intatti. Dopo che la famiglia aveva finito di mangiare, i servitori di rango più alto avrebbero cenato con quelli, poi gli avanzi venivano via via passati finché tutta la casa aveva mangiato, e i rimasugli venivano dati ai poveri che facevano la fila fuori della cucina nella speranza di un pasto.

Un grosso pesce venne portato a tavola, posto artisticamente in un aspic blu, le squame dorate e la bocca farcita di fichi. Il servitore lo mise sul tavolo di fronte a Bella, sul cui viso si faceva strada lentamente l’orrore. Lanciò un grido soffocato, premendosi le mani sulla bocca. Le si riempirono gli occhi di lacrime. Balzò in piedi, afferrò il pesce dal piatto e corse verso la porta. I servitori la guardarono allontanarsi, poi chinarono le teste a sussurrare. Edward strinse i denti. Questo era il motivo per cui aveva ridotto il numero dei domestici.

Emmett scoppiò a ridere. «Forse era un suo amico», boccheggiò tra le risate.

«Non è divertente, Emmett», disse Edward, alzandosi per raggiungere la sua strana piccola sposa. Il senso di colpa ritornò, e con esso un altrettanto strano desiderio di proteggere quella povera creatura dall’angoscia. Le aveva fatto già abbastanza male, rubandola alla sua vita, alla sua famiglia. Un pensiero terribile lo colpì: e se avesse avuto un marito selkie? Dei figli? Non glielo aveva chiesto.

Ma perché preoccuparsi? Non era una persona. Probabilmente non aveva neanche un’anima. Di certo non era cristiana, perché nessuna donna cristiana giocherebbe nuda sulla spiaggia. Questo era qualcosa che doveva correggere, e in fretta. La regina Maria avrebbe riportato l’Inghilterra alla chiesa cattolica, ed era impaziente di soffocare ogni eresia.

Seguì Bella giù per il ripido sentiero che portava alla spiaggia. La trovò in ginocchio, singhiozzante, che seppelliva il pesce arrosto nella sabbia. Lui si accucciò accanto a lei mentre lei compattava il mucchietto di sabbia sopra la piccola tomba. «Bella, puoi spiegarmi perché sei così sconvolta?»

«Tutte cose morte», sussurrò. «Cose morte ovunque. Decorate. E voi le avreste mangiate.»

«Tu non mangi carne?»

Lei scosse la testa.

«Di sicuro nel mare vedi creature che ne mangiano altre.»

Lei guardò la vastità del mare con il desiderio negli occhi. «Sì, quello è il ciclo della vita, ma loro non … vestono e mandano in parata quelle povere cose.»

Lui vedeva che si sforzava di trovare le parole giuste per esprimere ciò che la turbava. Era la macabra, festosa presentazione dei piatti, gli uccelli riadornati con le loro piume, la frutta infilata nelle loro bocche.

«Devo dire al mio cuoco di preparare più piatti di verdure per te», disse Edward. «Mi dispiace che questo ti disturbi, ma è qualcosa a cui dovrai semplicemente abituarti. Io sono un duca. Capisci cosa significa?»

«Un poco.»

«Be’, questo comporta una quantità di sfarzo, anche quando mangio solo con la mia famiglia. E inoltre, essere un nobile significa che molta gente guarda ogni mossa che fai. Non puoi fare di nuovo una cosa del genere, Bella. Il popolo perdonerà un po’ di eccentricità perché crederà che tu venga da terre lontane con costumi diversi, ma tu devi provare ad adattarti alla vita di qui.»

«Tu non mi lascerai andare», disse con voce piccola, gli occhi ancora fissi sul mare.

«No. Ho bisogno di te. Ho una figlia, Elizabeth, che ha tanto bisogno di una madre. È per questo che ti ho preso per moglie.» Il senso di colpa era tornato e lo rendeva impacciato. «Io … io proverò ad essere un buon marito per te, proverò a farti felice. Io non farò … cioè, non ti costringerò … ah ….  a subire le mie attenzioni.»

«Ma mi lascerai andare?» insisté lei.

«Quando Elizabeth sarà abbastanza grande da non aver più bisogno di una madre», concordò lui.

«Lo giuri?» chiese lei. I suoi occhi si spostarono dal mare a quelli di lui e lui ebbe l’impressione che quella non fosse una promessa come tutte le altre. Lo stava legando con un voto. La sua spina dorsale formicolò, in allarme. Una promessa fatta al popolo magico non va presa alla leggera.

«Lo giuro», disse, e sentì una raffica di vento arruffargli i capelli.

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/2/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  2

 

Edward riportò Bella in casa. Tornare su per il sentiero fu complicato per Bella, per via della gonna troppo lunga in cui inciampava di frequente, così Edward la tenne per il braccio per evitare che cadesse. Toccare il suo braccio bastava a risvegliare di nuovo i suoi sensi, ricordandogli quanto fosse soffice la sua pelle come l’aveva sentita quando aveva tentato di farla entrare in camera, e si chiese se non stesse operando la sua magia selkie su di lui.

«Hai fame?» chiese lui mentre entravano in casa attraverso la stessa porta che avevano usato la prima volta che l’aveva portata lì. Il tavolo era ormai stato sparecchiato, ma di certo avrebbe potuto ordinare qualcosa dalla cucina.

«No», disse lei. Lei lasciò cadere la gonna. L’orlo era bagnato e incrostato di sabbia, probabilmente rovinato. Sentì un attimo di dispiacere per il vestito, perché aveva amato vederlo indosso a sua moglie.

«Bella, quando parli con me in pubblico, devi rivolgerti a me in modo appropriato.»

Lei guardò intorno la sala vuota, come a cercare il pubblico che lui aveva menzionato. «I servitori hanno orecchie ovunque», spiegò lui. «Ogni volta che siamo fuori delle nostre camere, o in mezzo a delle persone, tu devi rivolgerti a me  secondo il mio rango. Se non lo fai, la gente penserà che sei scortese e irrispettosa.»

«Cosa devo dire?» chiese lei. Il suo tono era rassegnato, ma lui era compiaciuto della sua volontà di obbedire.

«Devi chiamarmi ‘Vostra Grazia’, o ‘mio signor marito’,» disse lui. E incredibilmente si trovò ad aggiungere, «Ma quando siamo nelle nostre stanze da soli, puoi chiamarmi Edward.» Perché le aveva offerto questo? E perché all’improvviso voleva sentire il suono del suo nome dalle sue labbra?

«Sì, mio signor marito», ripeté lei, provando la frase.

Lui le sorrise. «Molto bene, mia signora moglie. Andiamo a fare visita a mia figlia.» La condusse giù nell’atrio dove si trovava la stanza di Elizabeth. Quando erano quasi alla porta, sentirono Rosalie gridare, «Tu, piccolo diavolo ostinato!» accompagnato dal suono di uno schiaffo. Lui spinse la porta e trovò Rosalie in piedi davanti a Elizabeth, la mano alzata per dare un altro colpo.

La sua timida, piccola moglie selkie si trasformò in un leone.

Con un ringhio oltraggiato, Bella caricò in avanti, sbattendo Rosalie contro il muro di pietra, l’avambraccio premuto sulla sua gola. Era molto più piccola di Rosalie, ma la sua aggressività compensava più che bene la differenza di taglia. I suoi occhi mandavano scintille di rabbia e Edward era estasiato dalla sua feroce bellezza. In quel momento, nel suo fuoco, Bella era magnifica.

«Tu osi picchiare la figlia del mio signor marito?» ruggì Bella.

Rosalie boccheggiò e gorgogliò, cercando senza riuscirci di spingere via quel braccio che le stava togliendo l’ossigeno. Lanciò uno sguardo implorante a Edward, che era ancora gelato dalla sorpresa.

«Se colpirai quella bambina di nuovo», sibilò Bella, «ti picchierò finché di te non resterà che una poltiglia!»

Rosalie era diventata porpora. Bella tirò via il braccio e la donna cadde sulle ginocchia annaspando per respirare. Elizabeth, che aveva guardato l’incidente con occhi sgranati e affascinati, corse verso la sua nuova sostenitrice con le braccia alzate.

Il cuore di Edward si lacerò a quella vista. Elizabeth indossava una copia piccola di uno dei vestiti di sua madre, di velluto marrone, ricamato con fili intrecciati d’oro, con delle perle sparse. Sotto quello, indossava lo stesso tipo di corsetto di una donna e la sua testa era coperta da un copricapo di lino bianco detto biggin.

Bella le sorrise con gentilezza e la prese in braccio. Mostrando un pugno a Rosalie, uscì dalla stanza. Edward la seguì, frastornato. Bella si diresse alla sua camera da letto ma si bloccò sulla porta quando vide che il fuoco era stato riacceso.

«Deve esserci un fuoco», disse Edward. «Non vuoi che la bambina prenda freddo, no?»

Bella rabbrividì ma entrò nella stanza. Rimase nel punto più lontano dal fuoco, sedendosi sul letto di Edward. Questo era uno dei mobili più opulenti della casa, col suo spesso materasso di piume e le sue cortine di velluto rosso, che pendevano da aste fissate sul soffitto. Lo schienale dietro il letto era riccamente ricamato col suo stemma di famiglia. Non c’erano cuscini: quelli erano normalmente usati per i malati e gli infermi. Edward si aspettava che Bella restasse impressionata da quella grandeur, ma la sua attenzione era tutta concentrata su Elizabeth. Si sedette sul bordo del letto e la prese in braccio.

Elizabeth stava balbettando alla sua nuova amica e Bella sembrava ascoltare con evidente interesse, sebbene Edward non riuscisse a seguire quello che stava dicendo. Mentre Bella era occupata, lui si alzò e andò al suo armadio, tirando fuori la chiave dal suo farsetto. Lo aprì e sistemò la pelliccia di Bella all’interno, richiudendo gli sportelli. Diede agli sportelli uno strattone per assicurarsi che fossero ben chiusi. Sapeva che Bella non avrebbe potuto riprendersi la pelliccia, anche se l’avesse semplicemente appoggiata su un tavolo in bella vista. Doveva essere restituita volontariamente. Ma sentiva il bisogno di metterla al sicuro … tanto per.

A Bella sembrava piacere davvero parlare con sua figlia. Nonostante il suo amore per lei, Edward passava poco tempo con Elizabeth, come molti genitori della sua classe sociale. Si era fatto un punto d’onore di andare a farle visita almeno una volta al giorno, di norma la sera dopo cena. Lei gli faceva un inchino e poi gli recitava la lezione che aveva imparato quel giorno. A dispetto delle raccomandazioni di Rosalie e dei suoi amici, non poteva fare a meno di darle affetto, anche se l’avevano avvertito che l’avrebbe viziata.

I bambini nel suo mondo venivano trattati come piccoli adulti e disciplinati duramente, nel timore che peccassero o venissero rovinati da troppa indulgenza. Edward vedeva i suoi stessi genitori solo una volta o due alla settimana, quando erano nella magione, che non era spesso, dato che seguivano la Corte di palazzo in palazzo. Veniva vestito come si deve e portato da loro per recitare le sue lezioni e ricevere la loro benedizione. Ricordava ancora la paura che sentiva ogni volta ad essere inchiodato sotto lo sguardo freddo di suo padre, paura che lo faceva inciampare nelle parole e balbettare, come non gli capitava mai altrimenti.

Per debole e permissivo che potesse sembrare, Edward non voleva che Elizabeth avesse paura di lui. Lei aveva una natura dolce e obbediente, e lui sapeva che non c’era bisogno di aggiungere il timore per mantenerla in riga. Rosalie era quella che imponeva severamente la disciplina, nella sua vita. Il che lo portava al problema corrente: cosa fare con l’interferenza della sua piccola moglie selkie? Era rimasto troppo stordito al momento per il brusco cambio di comportamento per dire qualcosa, ma doveva provare a spiegarle che questo era il modo in cui venivano disciplinati i bambini nel suo mondo. Dovevano essere tenuti rigorosamente in riga. Bella probabilmente non avrebbe capito. I bambini selkie non avevano lo stesso livello di responsabilità dei bambini umani. Loro non dovevano essere preparati ad amministrare un patrimonio una volta raggiunta la maturità. Non avevano bisogno di imparare il latino o l’italiano per seguire le conversazioni a Corte. Non dovevano saper suonare uno strumento, o danzare in modo appropriato o le altre centinaia di cose che si dovevano sapere crescendo come persone di sangue nobile.

Ma questo era il motivo per cui aveva preso Bella, per avere una madre che amasse e si prendesse cura della sua bambina. Criticare adesso i suoi metodi poteva fare più male che bene. Decise di aspettare un poco, per vedere come Bella maneggiava i suoi doveri materni prima di tirare fuori il discorso della disciplina. Per quello che ne sapeva, anche le selkie potevano avere i loro metodi, ugualmente efficaci. E una immagine gli balenò in mente, di Bella che colpiva Elizabeth sul dorso delle mani con un pesce. Scoppiò a ridere rumorosamente.

Elizabeth si bloccò a metà parola, voltando gli occhi verso quel suono. Aveva sentito raramente ridere suo padre, e aveva sobbalzato. Anche Bella si bloccò, ma per un’altra ragione. Aveva tolto il copricapo a Elizabeth e le stava pettinando i capelli con le mani. «Pidocchi!» gridò inorridita, come se avesse trovato un buco nella testa di Elizabeth.

«Di nuovo?» sospirò Edward. «Farò portare da Rosalie l’olio alla lavanda e il pettine.» Pidocchi e pulci e altri parassiti erano aspetti inevitabili della vita. Molte persone portavano un pezzetto di pelliccia accanto alla pelle perché gli animaletti ne fossero attratti e potessero essere eliminati.

«No! Fa male!» squittì Elizabeth, alzando le mani per proteggersi la testa.

«Ti prometto di no», disse Bella, abbassandole le braccia con gentilezza. «E se starai seduta tranquilla ti racconterò una storia.»

Edward tornò dopo un attimo con la bottiglia di olio alla lavanda e il pettine a denti fitti. Come poi saltò fuori, questo era stato il motivo del contendere per cui Rosalie aveva schiaffeggiato Elizabeth. Ma si accomodò di fronte a Bella di buon grado mentre lei cominciava a passarle l’olio sui ricci scuri. Edward si mise seduto vicino al fuoco, appoggiando i piedi sulla grata.

«C’era una volta una bellissima principessa di nome Mary», cominciò Bella.

Elizabeth batté le mani. «È il nome di mia madre!»

«Giusto. Tua madre potrebbe essere stata chiamata così per via della principessa. Bene, il fratello della principessa vedeva che sua sorella era molto bella e ben educata. Danzava come una foglia nel vento, e quando cantava, era come sentire il canto degli uccelli nelle mattine di primavera. Cominciò a cercare un marito per la principessa Mary, e sapeva che poteva trovare un buon partito per lei. Ma la principessa aveva già dato il suo cuore a uno degli uomini della corte del fratello.»

I piedi di Edward caddero dalla grata e si raddrizzò sulla sedia quando si rese conto che Bella stava raccontando a Elizabeth la storia della propria madre. Dove aveva sentito questa storia? si chiese. Forse le selkie raccontavano cose di questa terra, come qui si raccontavano le storie del popolo magico?

«Suo fratello non aveva mai preso in considerazione questo matrimonio, perché era avido», continuò Bella. Passò il pettine tra i capelli di Elizabeth sciogliendo i nodi con gentilezza. Elizabeth non sembrava neanche notare quello che stava facendo, tutta presa dalla storia. «Lui sapeva che poteva ottenere per sua sorella più di quello che l’uomo che lei amava potesse dargli. Il marito che scelse per lei era un uomo vecchio e malato, il re di una terra lontana. La principessa Mary pianse quando lo venne a sapere, ma disse al fratello che avrebbe obbedito al suo volere se lui le avesse fatto una promessa: una volta morto il vecchio re, lei avrebbe potuto scegliersi un marito. Suo fratello accettò e Mary salpò su una nave verso una terra lontana, non sapendo quando sarebbe ritornata.»

«Questa è triste», si lamentò Elizabeth.

«Migliorerà», promise Bella. «Il vecchio re non visse a lungo, dopo il matrimonio. Mary si ritirò in un convento mentre aspettava che suo fratello la mandasse a prendere.»

In realtà, era stata mandata in convento per i tradizionali 40 giorni che servivano ad assicurarsi che non fosse incinta di un erede al trono e per isolarla da qualunque uomo potesse frettolosamente creare falsi ricorsi.

«Cos’è un convento?» chiese Elizabeth.

«È una casa dove vivono le suore», disse Bella, e Edward si stupì di nuovo di quanto sapesse della vita sulla terra. «All’insaputa della principessa,  suo fratello stava già progettando di farla sposare con un altro re. Non aveva mai avuto intenzione di mantenere la sua promessa. Mandò un uomo della sua corte a riprendere sua sorella, e sai chi era?»

«Chi?» chiese Elizabeth impaziente.

«Era l’uomo di cui si era innamorata la principessa! Il figlio del vecchio re scoprì l’amore di Mary per quest’uomo e la aiutò ad incontrarlo in segreto. Lei chiese all’uomo di sposarla, e lui lo fece!»

Edward aveva ancora una copia della lettera che suo padre, Charles Brandon, aveva inviato a Enrico VIII, sperando nel perdono del re. Charles sapeva che Enrico sarebbe stato furioso perdendo sua sorella come pedina nel mercato dei matrimoni reali, ma lui non aveva potuto resisterle. “Piangeva”, scrisse Charles. “Non ho mai visto una donna piangere così.” Prima che si rendesse conto di ciò che stava accadendo, Mary l’aveva messo davanti a un prete e aveva recitato i voti. Confessava nella sua lettera, “Lo dico con chiarezza, l’ho sposata e mi sono accostato a lei con vigore, tanto che temo possa aspettare un figlio”, provando così ad assicurarsi che Enrico non avrebbe tentato di far annullare il matrimonio.

Per provare ad ammorbidire la rabbia del fratello, la principessa Mary si era tenuta una fetta considerevole dei gioielli della Corona francese, che si supponeva dovesse restituire perché non erano una sua proprietà personale. Invece li diede a suo fratello come regalo di consolazione. Una delle gemme era un diamante così grosso che aveva un suo proprio nome: lo Specchio di Napoli (the Mirror of Naples). Il nuovo re francese era piuttosto irritato per questo, e probabilmente si sentiva anche tradito, dato che aveva aiutato la principessa Mary e Charles ad incontrarsi. Scrisse a re Enrico, ordinandogli di ridarglieli. In risposta, re Enrico gli mandò alcuni piccoli pezzi di scarso valore, un gesto carico di un insulto implicito, come dire che i gioielli della Corona francesi erano composti di chincaglieria, e poi fece dipingere il suo ritratto indossando lo Specchio di Napoli in bella vista sul suo farsetto.

Enrico non aveva mai perdonato del tutto sua sorella né suo marito. Impose loro un’ammenda di mille sterline all’anno per ventiquattro anni, una somma enorme, e quando la principessa Mary morì, Charles si trovò costretto a sposare un’altra donna subito dopo per la sua dote, per poter continuare a pagarla. Aveva sposato la ragazza con cui era fidanzato Emmett, una baronessa quattordicenne, e Edward si era trovato con una matrigna della sua stessa età.

«Sai chi era quella principessa?» chiese Bella ad Elizabeth. «Era tua nonna!»

Come sapeva queste cose? si chiese di nuovo Edward.

Elizabeth sospirò. «Il nonno e la nonna sono in paradiso», disse solennemente.

«Sì, e sono sicura che sono felici, di nuovo insieme.»

Edward pensò di correggerla, perché secondo gli insegnamenti della Chiesa, non c’era matrimonio in paradiso, ma decise di lasciar perdere. Lascia che la bambina creda alle storie felici, finché può.

Dopo aver pulito i capelli di Elizabeth dalle lendini, Bella glieli lavò con dell’acqua profumata. Elizabeth si era lamentata, perché odiava lavarsi i capelli, ma Bella insisté con gentilezza, ed Elizabeth scoprì, con grande sorpresa, che era una cosa piacevole. Bella non le mandò il sapone negli occhi, e non le tirò i capelli. Bella aveva fatto stendere la bambina sul tavolo e aveva messo la bacinella sotto la sua testa su una sedia, usando una coppa per passare l’acqua sui capelli di Elizabeth, il che, pensò Edward, era molto intelligente, da parte sua.

«Devi metterti davanti al fuoco finché non ti asciughi», disse Edward ad Elizabeth. I capelli bagnati erano pericolosi. Potevano portare ogni tipo di umori nocivi e malattie. Per questa ragione la persone in quei tempi non facevano spesso il bagno. Secondo il dottor Andrew Boorde, con cui Edward corrispondeva di frequente in materia di salute, il bagno “permetteva alle arie velenose di entrare e distruggere gli spiriti vivi dell’uomo e indebolire il corpo.” Ogni giorno Edward veniva lavato dai servitori, usando una bacinella di acqua odorosa e sapone profumato di Marsiglia fatto con l’olio d’oliva invece che con il grasso animale. Il sacerdote di famiglia, Padre Jacob, lo aveva castigato per questo, dicendo che denotava una peccaminosa vanità del corpo, ma Edward era sensibile agli odori. Faceva anche un bagno in una vasca una volta al mese, di meno in inverno.

Elizabeth saltò giù dal tavolo e trottò obbediente verso il padre, sedendosi sul camino ai suoi piedi. Bella scosse la testa, quei grandi, limpidi occhi di selkie che lo imploravano di non costringerla ad avvicinarsi a quella cosa che temeva così tanto. Edward sospirò, andò alla sua cassapanca per prendere un pettine normale e si sedette su uno sgabello a pettinare i capelli di sua figlia finché si asciugarono. Continuava ad avere in mente le parole di Emmett sul fatto di evitare angosce a Bella. L’aveva costretta a stare in una stanza col fuoco. Poteva bastare per un giorno.

Mentre lui la pettinava, Elizabeth chiacchierava della sua giornata. Adesso le avevano insegnato le lettere; l’educazione cominciava molto presto, nella sua classe sociale (la Regina Maria aveva imparato a suonare la spinetta prima dei quattro anni). Presto avrebbe dovuto ingaggiare un tutore per lei. Aveva deciso di scrivere a Roger Ascham per un suggerimento. Lui era stato tutore della principessa Elisabetta, la cugina di Edward, che era rinomata come una delle donne meglio educate in Inghilterra.

Rosalie bussò alla porta della camera. «Vostra Grazia? È ora di andare a letto per lady Elizabeth.» Tenne la testa bassa per evitare lo sguardo gelido di Bella.

Edward parlò con sua figlia. «Corri, tesoro. Ci vediamo domani.»

«Mi porterai la mia nuova mamma?» chiese Elizabeth impaziente. Rosalie doveva averle spiegato la posizione di Bella.

«Sì, lo farò», disse dandole un colpetto sulla testa. «Ti benedico, amore, e dormi bene.»

Quando se ne fu andata, Bella chiese piano, «Possiamo spegnere il fuoco, adesso?»

«Non ti farà del male», disse Edward. «È contenuto dal camino.»

«Dormiresti a tuo agio se sapessi che c’è un serpente ‘contenuto’ qui vicino?»

Concesse il punto. Prese la bacinella che era stata usata per lavare i capelli di Elizabeth e gettò l’acqua sulle fiamme. Forse si sarebbe abituata a questo, col tempo. In un modo o nell’altro, doveva imparare ad accettarlo prima dell’inverno, o sarebbero gelati.

La stanza era molto più buia, adesso, con solo poche candele ad illuminarla. Le spense una ad una e lei si rilassò visibilmente. «Come sapevi la storia di mia madre?» chiese Edward.

«Le selkie amano quella storia», replicò Bella. «La raccontiamo ai nostri bambini.»

Lui esalò un respiro. «Bella, tu hai dei figli?»

«Non miei», disse lei.

Lui continuò, a denti stretti. «Hai un marito?»

Lei scosse la testa.

«Un amante?»

«Oh sì, di quelli un sacco», annuì lei entusiasta.

Edward non capì bene i sentimenti che gli provocò quella risposta. Rabbia, gelosia, e abbastanza stranamente, si sentì ferito. Si pizzicò la radice del naso. Sapeva che lei non aveva avuto la sua stessa educazione morale, ma non era disposto a farsi cornificare da lei. «Ascoltami molto attentamente, Bella. Tu non potrai avere nessun altro amante mentre sei con me. Hai capito?»

Lei annuì di nuovo. «Questo lo so. Gli umani sono gelosi. Non devi preoccuparti. Non posso andare a trovare nessuno di loro, comunque, perché tu hai la mia pelliccia.»

«Potresti incontrare qualcun altro, qualcuno qui.» Era stranamente difficile tirare fuori quelle parole. Doveva fare una riflessione profonda per provare a capire quelle emozioni.

Gli occhi di lei si ammorbidirono. «No, Edward, non succederà. Tu mi hai preso come tua moglie e io sarò leale nei tuoi confronti.» Sembrava comportarsi come se si fosse trovata in un matrimonio combinato, qualcosa che non aveva cercato, ma che doveva accettare. Fu sorpreso per la totale mancanza di risentimento.

«Bene, bene», mormorò. «È tardi, dobbiamo andare a letto.»

Lei tirò giù le coperte e fece per salire sul letto. «No!» disse lui, più bruscamente di quanto intendesse.

Lei si bloccò e lo guardò, sbattendo i grandi occhi scuri, confusa.

«Non puoi dormire qui», disse lui. «I domestici ti prepareranno il letto nella camera delle signore.»

«Devo dormire sola?» chiese lei con voce scioccata.

Lui si schiarì la gola. «Io … Bella, er … non intendo giacere con te.»

Lei sembrò delusa. «Come potremo avere dei bambini, allora?»

Lui scosse la testa. «Io non voglio altri bambini, adesso. Elizabeth è abbastanza per me.» Gli venne in mente una domanda. «I nostri bambini sarebbero selkie?»

«No, solo due selkie possono avere un bambino selkie. I nostri bambini sarebbero umani.» Sembrava rammaricata.

Lui imprecò dentro di sé, perché se avesse chiamato i domestici a prepararle il letto, tutti avrebbero saputo che non dormiva con la sua nuova moglie. Il pettegolezzo si sarebbe sparso dai domestici alle tenute confinanti e presto tutto il Paese ne avrebbe parlato.

«Puoi dormire qui», disse. «Solo dormire, sia chiaro.»

Tirò due volte il cordone per chiamare il domestico addetto al suo corpo e quando questi entrò, senza parlare Edward alzò le braccia per farsi spogliare. L’uomo lo guardò stranamente quando Edward gli disse di lasciare la sua biancheria di lino, perché Edward di solito dormiva nudo. Guardò Bella, che sedeva sul letto, e lo guardava mentre si spogliava. Sentì la sua faccia arrossarsi. Questo era un problema. Non aveva domestiche da signore per spogliarla e Edward non si sarebbe certo offerto volontario per quel compito. Aspettò che il domestico se ne andasse prima di dirle, «Dormi come sei.»

Lei sembrava perplessa. «Vestita?»

«Sì, vestita.»

Lei salì sul letto e si stese rigidamente. Edward fece lo stesso dall’altra parte. Il letto del duca era enorme e si poteva comodamente dormire in sei su quel materasso di piume, ma stanotte sembrava scomodamente stretto. La vicinanza di Bella lo scherniva. La sua mente servizievole gli forniva immagini di quello che poteva fare, e il tutto era peggiorato dal sospetto che lei non avrebbe rifiutato i suoi approcci.

Sospirò. Le selkie erano strane creature.

Lei si agitò e si girò, strattonando il corpetto come se la soffocasse, e provò a scalciare la gonna per liberare le gambe aggrovigliate col vestito. Sospirò. Si contorse ancora un po’. Si tirò ancora il corpetto. Si dimenò. Gemette silenziosamente sapendo che non sarebbe mai riuscita a dormire così. «Bella, puoi toglierti il vestito», disse lui.

Lei si mise seduta e se lo tolse dalla testa, maniche cucite e tutto.

Lui provò a non guardare. Provò veramente a non guardare.

Guardò.

Il suo seno era pieno e rigoglioso, con capezzoli rosa come boccioli. Il corpo di lui, praticamente morto negli ultimi due anni, si risvegliò completamente e si mise sull’attenti.

Lei sospirò felice e si rimise giù, stendendosi sullo stomaco, il lenzuolo alla vita. Appoggiò la testa sulle mani a mo’ di cuscino.

Provò a non guardare. Provò davvero a non guardare.

Guardò.

La sua schiena era come una pozza di crema, liscia e immacolata. Il lenzuolo scivolò così in basso che poteva vedere la curva superiore del suo rigoglioso fondoschiena e un accenno della fessura in mezzo. La lussuria lo colpì, calore, bisogno, fame.

Non era un peccato concupire la propria moglie, ma Edward si sentiva colpevole. Mi dispiace, Mary, pensò. Non era mai stato con nessun altra che sua moglie, perché l’aveva amata dal momento in cui l’aveva vista e nessuna le si poteva paragonare. I loro rapporti d’amore erano stati impacciati all’inizio, ma poi avevano imparato l’uno il corpo dell’altro, negli anni, e come darsi piacere.

La sua piccola moglie selkie dormiva pacifica, inconsapevole dello sguardo bollente dell’uomo al suo fianco, inconsapevole di quanto lui la volesse.

Staccò gli occhi da lei, ma ogni volta che li chiudeva, la sua immagine sembrava inscritta all’interno delle sue palpebre. Provò a pensare alle Sacre Scritture per scacciarla via ma la sua mente si riempiva del Cantico dei Cantici. Imprecò silenziosamente e si alzò per ritirarsi nell’intimità del suo guardaroba, ma quando tornò, il corpo che pensava di aver peccaminosamente saziato, ritornò al suo agonizzante stato di eccitazione.

Sospirò e si stese. Sarebbe stata una lunga notte.

 

 

Si svegliò con le braccia piene di una calda, nuda selkie. Lui gemette e lei si svegliò, sbattendo verso di lui i grandi occhi assonnati. Gli sorrise e si accoccolò di più contro il suo petto. Emise un lamento di protesta quando lui scivolò via.

Lui si alzò, assicurandosi che la sua camicia lo coprisse. «Ti manderò una delle domestiche delle camere come cameriera finché non troveremo qualcuna più adatta», disse, e corse a tirare il cordone del campanello. «Rimetti su il vestito finché il domestico non avrà finito di vestirmi.»

Prese il suo pugnale incastonato di pietre preziose da sopra il comodino, si punse il dito e fece cadere qualche goccia di sangue sulle lenzuola bianche. Bella aggrottò la fronte confusa. «Cosa stai facendo?»

«Hai passato la notte nella mia camera come mia moglie», disse lui. «Se non ci fosse sangue sulle lenzuola ci sarebbero dei pettegolezzi.»

La sua confusione non era diminuita. «Perché dovrebbe esserci sangue?»

Edward arrossì. Posò il pugnale e si leccò il dito. «Er … perché … Tu non hai sanguinato la prima volta che sei stata con un uomo?»

Lei scosse la testa. «No.»

Lui sospirò. Davvero non voleva spiegarle la verginità. «Le donne umane sì», disse brusco e si voltò mentre il suo domestico entrava nella stanza.

Edward saltò le abluzione mattutine perché era molto consapevole che la sua nuova sposa era dall’altra parte delle cortine del letto. Non voleva che sbirciasse.

Non appena vestito scappò via, dando ordine che qualcuno fosse inviato a aiutare Bella. C’era una colazione con pane, formaggio e birra che lo attendeva nella stanza appena fuori la sua camera da letto. Edward tracannò la birra, e all’improvviso, essere tutto il giorno ubriaco come Emmett, non gli sembrò così male, dopotutto.

«Fratello, devo parlarti», disse Emmett dalla porta. Edward gli fece cenno di entrare e si sedettero entrambi al piccolo tavolo. Emmett occhieggiò il boccale della birra e Edward silenziosamente glielo passò. Emmett prese una coppa e se la riempì. «Penso che dovresti sposarla», disse lui. «In chiesa, pubblicamente.»

«L’ho chiamata moglie davanti a testimoni», disse Edward. «È abbastanza per essere legalmente sposati.» Dopo tutto, era quello che aveva dato modo a re Enrico VIII di annullare il matrimonio con la sua quinta moglie, Kathryn Howard, prima che fosse giustiziata per adulterio. Kathryn aveva un amante che aveva chiamato “marito” di fronte ad alcuni amici. Questo era sufficiente a fare di lei, legalmente, la moglie di Francis Dereham, e a invalidare il suo matrimonio con il re. Nessuno, evidentemente, era stato abbastanza coraggioso da puntualizzare che se lei non era mai stata legalmente sposata con il re, non poteva essere accusata di adulterio. Usare la logica con re Enrico, un uomo che poteva dire ‘Dio e la mia coscienza sono in accordo perfetto’ e mantenere la faccia seria, era quantomeno un proposito rischioso.

Emmett annuì. «È vero, ma hai pensato a quello che dirà la regina Maria?»

Edward emise un lamento. Non ci aveva pensato, in effetti. Per la prima volta nella sua vita, il protocollo reale non aveva guidato le sue azioni. Il suo sangue reale rendeva il suo matrimonio un affare di stato. Maria avrebbe dovuto essere interpellata prima di ogni piano matrimoniale. Poteva insistere per annullarlo a meno che lui non fosse stato formalmente sposato ai suoi occhi, e questo significava un matrimonio cattolico.

«Adesso non posso farlo in ogni caso», disse lui abbassando la voce, nel caso qualche domestico stesse origliando. «Bella non è una cristiana. Nessun prete ci sposerebbe.»

«Sarà meglio che tu faccia qualcosa in proposito», disse Emmett, « e in fretta. La regina Maria è intenzionata a riportare l’Inghilterra alla religione cattolica, e nonostante proclami che non costringerà nessuno a tornare alla Chiesa, penso che il papa la spingerà a purgare l’eresia dalle sue terre.»

«Bella non è un’eretica», disse Edward. «Non è mai stata cristiana, quindi non può commettere oltraggio contro la fede.»

«Devi istruirla», replicò. «Deve almeno imparare a fingere, o ci metterà tutti in pericolo.»

Edward sospirò e bevve un'altra coppa di birra.

«E già che siamo in argomento, sarà meglio restaurare la cappella», disse Emmett.

Quando era sul trono, il giovane re aveva promosso molte riforme protestanti nella Chiesa inglese, ed Edward si era conformato volontariamente, dato che aveva lui stesso un orientamento protestante. Il cappellano della tenuta, Padre Jacob, era cugino della moglie di Edward, che era l’unico motivo per cui Edward non l’aveva cacciato via. Non gli era mai piaciuto Jacob e sentiva che quel prete era un po’ folle. Mary, comunque, aveva insistito per offrirgli un posto nella loro casa, e Edward aveva sopportato per tanti anni le sue lunghe invettive alla messa della domenica.

Una volta passate le riforme (apparentemente aggiornate ogni anno con nuovi cambiamenti) Edward aveva approntato una cappella protestante con un secondo cappellano, mantenendo quella cattolica per Jacob. Edward aveva sempre pensato che un giorno le rumorose intemerate di Jacob contro l’emergente fede protestante l’avrebbero messo nei guai, ma adesso che la regina Maria era sul trono, le vedute fuoco e fiamme di Jacob nei confronti dei protestanti potevano di nuovo tornare a suo vantaggio.

Edward si passò la mano tra i capelli. Aveva una tenuta da amministrare, una regina da placare e una moglie selkie da trasformare in una cristiana gentildonna inglese.

E immaginava che l’ultima sarebbe stata la cosa più difficile da fare.

 

 

 

 

 

Note dell’autrice-

Mi sono presa alcune libertà storiche in questo racconto. Gli appassionati dei Tudor noteranno che Edward dovrebbe essere il Duca di Suffolk, e che Frances Grey dovrebbe essere sua sorella. Però, io non sopportavo che quell’orrida donna fosse la sorella di Edward in questa storia, così ho fatto in modo che Frances risultasse figlia di un altro fratello o sorella innominati di Enrico VIII. C’è anche un certo dibattito sul fatto se il matrimonio con Kathryn Howard fu veramente annullato, o se semplicemente lei fu privata dei suoi titoli. Fu condannata per tradimento per la legge che re Enrico approvò frettolosamente, che rendeva illegale per una donna che il re voleva sposare, di nascondergli la sua storia sessuale, oppure “istigare” un uomo a commettere adulterio con la regina.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/3/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo    3

 

Rimase seduta sul bordo del letto di Edward e aspettò. Edward aveva detto che avrebbe mandato qualcuno a vestirla, cosa di cui, suppose, avrebbe dovuto essere grata, dato che quei vestiti erano così complicati. L’ultima volta che aveva passato del tempo sulla terraferma i vestiti erano molto più semplici.

Bella. Doveva cominciare a pensare a se stessa come Bella. Le erano stati dati molti nomi-parola da quelli che l’avevano incontrata sulla terraferma, ma questo doveva ricordarselo. Sembrava che sarebbe rimasta qui a lungo. Per fortuna il suo nuovo marito sembrava gentile. Sapeva di selkie che erano state catturate da uomini che gridavano e le picchiavano. La sua figlioletta era adorabile e Bella sperava di poter passare più tempo con lei. Doveva concentrarsi sulle cose positive della sua situazione.

Ogni cosa qui era dura e tagliente e asciutta, l’aria piena di odori strani. Il letto su cui era seduta odorava di uccelli morti. Si alzò e andò alla finestra. Lastre di vetro disegnate a diamante la coprivano, perciò non poteva avere neanche un po’ d’aria fresca. Riusciva a intravedere il mare dietro gli alberi. Premette la punta delle dita sul vetro, desiderando danzare tra le onde.

Due giovani donne entrarono, le braccia piene di panni. Altri vestiti della moglie di Edward. Non era inusuale per una nuova moglie ereditare le vesti della prima moglie, specialmente se erano indumenti di valore, fatti con stoffe sontuose come queste.

Un’altra donna seguiva con una bacinella di acqua fumante. Tutte si inchinarono a Bella e lei annuì, come l’aveva istruita Edward. Le tolsero il vestito verde, staccando le maniche. La donna che aveva portato la bacinella si mise il vestito sul braccio e lo portò via.

Una delle donne bagnò un panno nell’acqua e cominciò a strofinare la nuova duchessa come fosse un tavolo. Bella sopportò in silenzio, ma non capiva perché dovesse strusciare così forte. Aveva un po’ di sale sulla pelle per aver giocato con le sue amiche nell’oceano, ma non era sporca.

Bella sospirò dentro di sé. Gli umani erano strane creature, specialmente il suo nuovo marito. Lui la voleva. Se ne era accorta. Quando si era svegliato con lei tra le braccia, la mattina, era eccitato, ma non l’aveva toccata. Non riusciva proprio a capire. E poi le aveva detto che non voleva bambini! Ogni selkie che conosceva che era stata presa come moglie sulla terraferma aveva bambini col suo nuovo marito. Lei aveva visto questo come una consolazione per la sua cattività.

Una volta lucidata con una salvietta e dichiarata pulita, le donne le calarono dalla testa una veste bianca di lino. Le maniche erano gonfie, fermate ai polsi con un risvolto.

« Come si chiama questo?» chiese lei.

Le cameriere si guardarono l’un l’altra, e quella sulla sinistra le rispose. «È la camicia, vostra grazia.»

«Grazie. Come ti chiami?»

Doveva aver fatto un errore a chiedere, perché le donne si scambiarono un altro sguardo, sorprese. «Joan, se vi piace, vostra grazia.» Chinò la testa.

«E tu?»

«Anne, vostra grazia.»

Poi tornarono ai loro compiti. Alzarono le sue gambe una alla volta e ci tirarono sopra dei tubi di stoffa. «Calze, vostra grazia», disse Joan quando lei chiese. Furono legate al ginocchio con dei nastri.

Dopo quello, Joan nominò ogni indumento che le mettevano. Quello dopo era chiamato «un paio di corpi» ed era un indumento senza maniche con delle stecche di osso cucite all’interno di decine di piccoli canali. Davanti si allungava in un punto fino a raggiungere quasi l’osso pubico di Bella. Anne tirò i cordoncini finché non fu così stretto che Bella riusciva a malapena a respirare. Il suo petto era completamente appiattito come andava di moda e le sue spalle erano costrette all’indietro. Joan fece scivolare un pezzetto di legno triangolare, chiamato busk, dentro una tasca di fronte.

Fecero poi passare una gonna bianca adornata di pizzo dalla sua testa e la chiusero da dietro. Bella guardò giù e pensò che era davvero un bel vestito, anche se un po’ scomodo. Ma non avevano finito.

Bella quasi si mise a ridere all’indumento successivo che le misero addosso. Era la prima volta che vedeva un guardinfante, una sottoveste con cerchi di salice cuciti dentro. Bella pensò che sembrava una gabbia per uccelli. Sopra quella andarono altre due sottovesti.

Bella cominciava a stancarsi, incredula di fronte a tutti gli strati di vestiti che si supponeva dovesse indossare. Le donne della terraferma facevano questo ogni giorno?

Le misero il corpetto del vestito. Era senza maniche e con davanti un taglio basso fuori moda , la scollatura sottolineata da grosse perle, senza il colletto rialzato che era in voga. (A Bella piacevano le perle. Lei e le sue amiche le raccoglievano e le usavano per giocare.) Era di velluto rosso, un colore e una stoffa che potevano essere indossati solo da quelli sopra il rango di barone, ricamato fittamente con fili d’argento. Si apriva di fronte e un pannello di tessuto che si accoppiava col resto del vestito, chiamato pettorina, fu fissato sopra con spilli d’oro.

L’indumento successivo fu la tunica argentata, su cui andava la sopragonna di velluto rosso, aperta nel mezzo a rivelare la parte anteriore della tunica sotto, e infine furono cucite le maniche. Queste erano a due strati, velluto rosso sopra e delle enormi sottomaniche d’argento con degli spacchi nella parte inferiore. Joan usò un piccolo gancio per tirare a sbuffo la camicia di Bella  attraverso di essi.

Bella barcollava sotto il peso di tutti quei vestiti. Non riusciva ad alzare le braccia più in alto delle sue costole e non poteva piegarsi alla vita, né prendere un respiro profondo. Il vestito stesso era troppo largo e troppo lungo, quindi le donne si affrettarono a tirare su l’orlo, ma tutto il resto era schiacciato e costretto. Perché,  oh, ma perché non era stata catturata da un povero contadino?

Anne spazzolò i lunghi capelli di Bella e poi li fermò in un crocchia dietro la sua testa. Un fine copricapo di lino vi fu messo sopra e poi un cappello che sembrava fosse stato schiacciato, piatto sopra e sporgente agli angoli superiori. Un velo sottile e scuro pendeva dalla sommità, scendendo sulle spalle di Bella.

Le scarpe, almeno, erano comode, fatte di morbido cuoio nero e basse. Bella, naturalmente, preferiva stare a piedi nudi, ma queste non le dispiacevano, così morbide e flessibili.

«Volete la colazione, vostra grazia?»

Bella scosse la testa. Non aveva fame. Sapeva che avrebbe dovuto averla, dato che non mangiava dalla mattina precedente, quando aveva mangiato un po’ di alghe prima di andare alla spiaggia ad incontrare le sue amiche.

«Dobbiamo riaccendere il fuoco, vostra grazia?»

«No!» disse Bella in fretta. Troppo in fretta, a giudicare dalle loro espressioni.

Le due cameriere rifecero il letto, e si scambiarono occhiate significative quando videro le macchie di sangue che Edward aveva creato tagliandosi il dito. Lei si chiese cosa intendesse quando le aveva detto che le donne umane sanguinavano la prima volta che giacevano con un uomo.

Quando le cameriere se ne furono andate, Bella tornò alla finestra a guardare il mare. Si chiese come la sua famiglia avesse preso la notizia che lei era adesso una moglie sulla terraferma. Sarebbero tornati al Mare Freddo entro pochi giorni. La sua famiglia se ne sarebbe andata senza di lei o sarebbe rimasta per starle vicino? Poteva essere che stessero già adesso alla spiaggia, ad aspettarla, sperando che lei potesse far loro visita. Le si riempirono gli occhi di lacrime e appoggiò la fronte sul vetro freddo.

«Bella.» Udì il suo nuovo nome e si voltò, vedendo Edward che entrava. Lui si immobilizzò quando la vide, vestita come una donna della terraferma, e la fissò, la bocca leggermente aperta.

«Mio signor marito», disse lei facendogli un inchino. Quando si rialzò, calpestò l’orlo del vestito e perse l’equilibrio. Edward attraversò di corsa la stanza e le mise le mani sulle spalle per stabilizzarla.

«Tu sembri … sembri … molto avvenente, Bella.» I suoi zigomi si arrossarono lievemente.

«Grazie, Edward», replicò lei. «Anche tu sei molto avvenente.» E lui divenne ancora più rosso al suo complimento.

«Bella, devo parlarti. Siedi, per favore.» Fece un gesto verso la grande sedia di legno intagliato davanti al camino spento.

Lei ondeggiò e barcollò verso la sedia e si mise seduta. La parte anteriore del suo guardinfante si alzò e la colpì al mento. Non le fece male, ma rimase sorpresa. Edward scoppiò a ridere e anche lei rise un po’.

«Devi alzare il dietro del tuo vestito quando siedi.» Le mostrò come e Bella ridacchiò alla buffa posizione di lui. Lei lottò per alzarsi dalla sedia, ma rigida e appesantita, non riusciva a mettersi in piedi. Lui prese una delle sue mani allungate e la aiutò. Lei afferrò la gonna sui fianchi come lui le aveva fatto vedere e provò di nuovo, questa volta con successo. Il fatto era che il suo corsetto le premeva sull’osso pubico e la rigidità non le permetteva di appoggiarsi dietro. Era praticamente puntellata come una tavola contro un muro.

«Alle signore non è permesso toccare lo schienale della sedia con le spalle», disse Edward. Lei si protese, sedendosi dritta, impossibilitata a piegarsi.

Lui le sorrise. «Perfetto. Bella, che cosa sai della Cristianità?»

«Sono battezzata», offrì lei. Uno dei suoi amanti, un prete irlandese, aveva insistito tanto su questo. Lei non aveva idea del perché essere inzuppata nella sua acqua avrebbe portato via i peccati più che nuotare nel mare, ma lui sembrava dare molta importanza a quella cerimonia.

La sua risposta sembrò compiacere grandemente Edward. «Conosci il nostro catechismo?» chiese.

Lei scosse la testa. Neanche la parola le era familiare.

Lui sospirò. « Voi … voi selkie avete una religione?»

«Sì, ce l’abbiamo, ma diversa dalla vostra.»

«Come lo sai?»

«Facevo visita a un prete. Mi ha parlato un sacco del vostro Gesù.»

Lui si accigliò. «Visita?»

«Era il mio amante», chiarì Bella. Perché sembrava così sconvolto da questo? «Ma era più di cento anni fa,» aggiunse lei. «È morto da tanto tempo, ormai.»

Edward sembrò leggermente sollevato. «Bella, tu non devi mai parlare di lui con gli altri. O di nessuno dei tuoi altri amanti. O del fatto di vivere più a lungo della durata di una vita umana. Capisci?»

«Farò come chiedi», disse piano Bella.

Lui sembrava frustrato. «Provvederò a un sacerdote che ti dia un’istruzione religiosa. Mia cugina, la regina Maria, è molto … fervente nella sua fede. È importante che tu non la offenda o appaia eretica.»

«Imparerò», promise lei.

«C’è qualche possibilità che tu ti converta?» Sembrava triste, mentre lo diceva, e lei si chiese se, come il suo prete, non credesse  che sarebbe andata all’inferno non essendo una cristiana.

Lei scosse la testa. «Mi piace di più la mia religione.» Nella sua fede, l’inferno era riservato a quelli che erano crudeli con gli altri e non c’erano regole infinite e confuse a governare il loro comportamento. Il Dio di Bella voleva che le sue creature fossero felici, e Lui sorrideva vedendole giocare. Da quello che sapeva degli umani, loro non giocavano molto e il loro Dio sembrava essere arrabbiato con loro.

Sospirò. Adesso sembrava che avrebbe dovuto imparare anche tutte quelle regole, insieme alle buone maniere e ai costumi del popolo di Edward. Non sarebbe stato un compito facile. Un mare di tristezza la riempì mentre paragonava questo alla sua vita semplice come selkie, l’inseguimento degli amici nelle foreste di alghe, la sua pelliccia l’unica cosa da indossare e l’unica regola da ricordare, essere gentili con gli altri. Le lacrime le pizzicarono gli occhi.

«Ti prego, non piangere», disse lui piano. «Io ti aiuterò, Bella. So che ti sto chiedendo molto, ma ti prometto che proverò a farti felice mentre sei qui.»

Lei sperava che fosse possibile.

 

 

«Non mangia», disse Emmett.

«Hmm?» Edward stava ascoltando il suo musico strimpellare la lira e cantare una lamentosa canzone d’amore.

«Ho detto, non mangia», ripeté Emmett. Inclinò la testa in direzione di Bella.

Lei sedeva quieta, le mani in grembo, gli occhi fissi sul piatto davanti a lei. Una cameriera inginocchiata di fianco a lei, teneva un tovagliolo e una vaschetta piena, e il suo compito era tenere il panno di fronte a Bella se avesse avuto bisogno di sputare un nocciolo o un osso.

«Non ha mangiato tutto il giorno, e non ha mangiato neanche ieri.» Emmett ondeggiava sulla sua sedia, già ubriaco a mezzogiorno e probabilmente destinato a restarci. Comunque sembrava che il suo spirito di osservazione  non fosse diminuito dalla sua quasi costante intossicazione.

Edward si chinò e parlò con Bella, che sobbalzò al suono della sua voce. «Il cibo non è di tuo gradimento, mia signora moglie?»

«Chiedo perdono, mio signor marito», replicò Bella, e lui sentì una fitta di orgoglio al suo garbo. «Non ho fame.»

«Mia signora, tu devi mangiare», disse lui. «Ti ammalerai, se non lo fai.» Lui si guardò attorno e adocchiò un piatto di fichi zuccherati. Fece un gesto e il domestico glieli portò immediatamente. «Prova questi. Sono sicuro che ti piaceranno.»

Bella, obbediente, prese un fico, lo tagliò col coltello e se lo mise in bocca. Masticò e ingoiò, la faccia impassibile. «Molto buono, mio signore.»

«Prendine un altro», la blandì.

«Perdonami, ma non posso», disse lei piano.

Lui sospirò e si appoggiò allo schienale della sua sedia. Avrebbe dovuto parlare col suo dispensiere per assicurarsi che le fossero presentati più piatti a base di verdure. Magari avrebbero trovato qualcosa che avrebbe tentato il suo appetito.

«Posso essere scusata, mio signore?» chiese lei.

Lui annuì e lei corse via, i cerchi che ondeggiavano in modo allarmante intorno alle sue gambe. Non aveva ancora imparato l’andatura appropriata di piccoli passi, ad evitare di dondolare come una campana. Un’altra delle migliaia di cose che doveva ancora insegnarle.

Era così bella quella mattina che il cuore gli aveva fatto male alla sua vista, eppure una piccola parte di lui pensava che lei apparisse ancora più bella quando era selvaggia, non ingabbiata nell’abbigliamento di una duchessa. Avrebbe desiderato  poterle permettere di indossare qualcosa di semplice e comodo, ma questo sfidava l’ordine sociale. Alcuni l’avrebbero considerato assolutamente peccaminoso, poiché questo ordine sociale era stato decretato da Dio, e ognuno doveva vivere secondo la propria posizione nella vita.

«Si sta struggendo», l’avvertì Emmett.

Lui aveva paura di questo, ma non sapeva cosa fare per impedirlo, come farla felice nella sua nuova vita. Un pensiero gli attraversò il cervello e si illuminò. Sì, questo è quello che avrebbe fatto.

Finita la cena, salì di sopra e trovò Rosalie appollaiata su una sedia vicino alla finestra nel corridoio. «Qualche novità?» chiese lui tagliente. Dov’era sua figlia?

«Sua grazia mi ha congedato», disse Rosalie cupa. «Sta giocando con la bambina.»

Edward aprì la porta della nursery e trovò Bella seduta al piccolo tavolo con Elizabeth, a giocare a Filetto. Stava ridendo mentre Elizabeth formava una fila di tre pedine e ne prendeva una di Bella. Elizabeth ridacchiò e batté le mani, ma le rioffrì indietro la pedina, misericordiosa nella sua vittoria. Edward entrò e sentì una fitta di dispiacere quando la risata di Bella si spense alla sua vista.

«Prego, continuate», disse lui e si mise seduto vicino a loro a guardare. Dopo poco tornarono alle loro risatine. Mentre giocavano, Elizabeth chiacchierava senza sosta, parlando a Bella dei suoi progressi con le lettere, del  maestro di musica che l’aveva lodata per una canzoncina che aveva imparato a suonare alla spinetta e della rana che aveva trovato in giardino durante la sua passeggiata mattutina, che Rosalie non aveva lasciato che tenesse. Seppe più di sua figlia mentre le guardava giocare di quanto non avesse imparato negli ultimi sei mesi messi insieme.

«Rosalie ha fatto bene a non farti tenere la rana. Lei è selvatica e le cose selvatiche devono essere libere, per essere felici.»

Edward trasalì, e fu felice che Bella non stesse guardando nella sua direzione.

Elizabeth si stava divertendo tanto che non le importava neanche di aver vinto. Cominciò a raccogliere le pedine con le mani paffute. «Ancora!» disse.

«Non posso», disse Bella a malincuore. «Il tuo signor padre desidera la mia compagnia.» Lui le offrì la mano per aiutarla ad alzarsi. Elizabeth mise un po’ di broncio, ma si alzò e si inchinò educatamente, guadagnandosi un colpetto in testa da suo padre. Mentre uscivano passarono vicino a Rosalie, e la donna ancora non incrociava lo sguardo di Bella. Corse nella nursery e chiuse la porta.

Edward condusse Bella nella sua camera da letto, al tavolo su cui era la scatola che aveva preso dalla sua camera di sicurezza. «Questi sono per te», disse, aspettandosi la sua delizia.

Bella aprì e guardò dentro, a  collane, spille, braccialetti, tutto brillante e scintillante.

«Queste sono le gemme della duchessa», disse lui. Lei non sembrava capire. «Sono tue, adesso.»

Lui prese su una collana di rubini e la drappeggiò intorno al suo collo. Ogni gemma rosso sangue era grande come un uovo di quaglia, circondato di diamanti. Lui andò al suo armadio e lo aprì, prendendo il suo prezioso specchio di vetro. Lo tenne su per lei e allora lei boccheggiò, allungando la mano per toccare la superficie dello specchio e poi il  proprio viso. Allungò il collo e lo guardò dietro, coperto da una cornice di legno dorato e poi di nuovo al riflesso.

«Volevo che guardassi la collana», disse lui in tono ironico. Gli specchi erano rari e costosi, ma la collana era un vero tesoro, e lei l’aveva a malapena guardata.

Lei abbassò gli occhi dal riflesso alle gemme e annuì. «Grazie per le pietre lucenti.»

Voleva alzare le mani sconfitto, ma gli veniva anche da ridere.

«Posso tornare a giocare con Elizabeth adesso?» chiese lei.

Lui annuì e lei corse via.

Era Elizabeth la chiave? Bella sembrava più felice quando stava in compagnia di Elizabeth, e la bambina evidentemente la adorava. Forse avrebbe dovuto incoraggiarla a passare del tempo con sua figlia, e se si fosse trovata nella nursery al momento dei pasti, forse poteva convincerla a mangiare. Con questo pensiero in testa, se ne andò a rispondere alla sua corrispondenza fino all’ora di cena.

 

 

«Non mi piace», si lamentò Elizabeth quando Bella provò a farle mangiare il purè di porri.

«Ma la tua nuova mamma lo mangia. Vedi?» disse Edward.

Bella, servizievole, mangiò una cucchiaiata di porri.

Lui era cautamente ottimista. In questo modo era riuscito a mettere un po’ di cibo nello stomaco a Bella. Non aveva ancora mangiato abbastanza, ma era un miglioramento.

Elizabeth fece il broncio ma infilò i porri in bocca. Era appena stata svezzata; i bambini Tudor venivano a volte allattati fino all’età di cinque anni, ma Edward pensava che la bambina doveva cominciare a introdurre cibo solido. Rosalie aveva protestato all’idea, ma aveva l’impressione che fosse più paura di perdere il suo lavoro che vera preoccupazione per Elizabeth.

Erano seduti intorno al piccolo tavolo della nursery. Questa era la prima volta nella vita adulta di Edward che cenava senza tutte le cerimonie di dodici domestici che preparano, servono, tagliano e presentano piatti. Due domestici erano alla porta, uno con una brocca di vino. Edward scoprì che gli piaceva quella semplicità. Non poteva mangiare qui ogni sera, ovviamente, ma poteva essere un cambiamento piacevole, una volta ogni tanto.

Dopo cena, Bella ed Elizabeth giocarono ancora mentre Edward guardava. Non poteva spiegare perché trovava così affascinante guardare Bella, ma non riusciva a staccare gli occhi da lei. Ogni volta che lei rideva, il suo cuore accelerava e restava col desiderio di sentirlo di nuovo.

Giocarono su una tavola forata un gioco che si chiamava Volpe e Oca, finché Rosalie non entrò nella stanza e annunciò che era l’ora di dormire per Lady Elizabeth. Il broncio di Elizabeth rischiava di diventare un capriccio vero e proprio, ma Bella, con calma ma fermamente, insisté che doveva obbedire. Baciò la bambina, che corse verso Edward, guardandolo con occhi imploranti che chiedevano di salvarla dall’andare a dormire. «Ti benedico, tesoro», disse baciandola sulla testa. «Ora vai.»

Elizabeth sospirò drammaticamente ma andò.

«Mia signora, posso accompagnarti alle tue stanze?» chiese Edward offrendole il braccio dopo averla aiutata ad alzarsi dalla sedia.

«Le mie stanze?» ripeté lei con voce debole.

«Sì, ho fatto pulire e arieggiare le tue stanze dalle cameriere, oggi.»

Bella lo guardò con quegli occhi scuri e limpidi che gli facevano sciogliere qualcosa dentro ogni volta che li vedeva. «Devo dormire da sola adesso?»

«Sì», disse lui fermo.

Il labbro inferiore di lei cominciò a tremare.

«Per l’amor di Dio!» mormorò Edward. Si sta struggendo, aveva detto Emmett. Si fermò alla propria stanza invece che andare oltre verso quella di lei. Il suo domestico era già sistemato a dormire accanto alla porta, ma si affrettò a inchinarsi. Edward la condusse nella sua camera e notò che non sembrava più che stesse per piangere.

«Chiamerò le tue cameriere», disse lui. «Tieni addosso la camicia.»

«Edward?» Lei si torceva nervosamente le mani.

«Sì, Bella?»

«Perché non vuoi giacere con me?»

Lui spostò lo sguardo. «Non posso.»

Lei sembrò colpita. «Non funziona?»

Lui fece una gran risata. «No, funziona benissimo. Io – io sono ancora in lutto per mia moglie, Bella.»

«La amavi.» Era un’affermazione, non una domanda.

«Sì.» Si mise seduto su una sedia, passando la mano tra i capelli.

«E lei ti amava?»

«Sì.»

«Non pensi che vorrebbe che tu fossi felice? Io vorrei che l’uomo che ho amato ballasse e cantasse e avesse un sacco di bambini.»

«Mi sembra di esserle infedele», confessò Edward.

Bella lo guardò pensierosa per un momento e poi si avvicinò. Più vicina. Si mise tra le sue ginocchia. Più vicina. Finché lui sentì il calore che irradiava dal suo corpo. Gli si fermò il respiro in gola. Quegli occhi scuri lo catturavano. Lei avvolse le braccia gentilmente intorno al suo collo, la punta delle dita che accarezzava i suoi capelli. Il cuore gli martellava.

Lentamente, così lentamente, lei abbassò il viso verso quello di lui, finché furono solo a pochi centimetri. Doveva essere la magia selkie, perché lui era gelato sul posto mentre le labbra di lei si abbassavano sulle sue.

Morbide … Dio, com’erano morbide. Lui gemette piano e se la portò in grembo e la baciò nel modo che aveva desiderato dalla prima volta che l’aveva vista sulla spiaggia. Staccò le labbra. «Bella, non posso.»

«Puoi», disse lei. Si tolse il copricapo e lo appoggiò sul bracciolo della sedia, gli girò un poco le spalle e allungò la mano per tirare i lacci. La bocca di lui divenne secca. Lussuria. Non era un peccato, ricordò a se stesso, non verso la propria moglie, ma oh Dio, bruciava dentro di lui con una improvvisa e terribile intensità. Doveva averla.

Lei non poteva svestirsi, ma che fosse dannato se avrebbe chiamato adesso una domestica. Le tirò via la pettorina facendo volare le spille, le strappò i lacci, e le dita impacciate dalla fretta li intrigarono e annodarono. Edward ringhiò per l’impazienza, prese il suo pugnale dalla cintura e li tranciò di netto, lasciandoli cadere a caso sul pavimento. Tunica, sottoveste e guardinfante subirono lo stesso trattamento. E poi lei fu di fronte a lui, gloriosa nella sua nudità. Lui gemette, strattonandosi il farsetto, strappando i bottoni. Se lo tolse e lo buttò sul pavimento, seguito subito dalla camicia di lino.

Si tirò via le calze e si tolse la conchiglia che gli copriva l’inguine, nudo adesso come lei. Bella non era timida. Lei esaminò il suo corpo, gli occhi brillanti e accesi di desiderio come dovevano essere i suoi. La prese su e la portò sul suo letto, mettendo da parte il copriletto con una mano e poggiandola sulle lenzuola bianche. Lei aprì le braccia per lui e lui vi si lanciò impaziente, baciandola profondamente.

Sua moglie era sempre stata una partner timida a letto, gentile e schiva. Bella era impaziente e andava incontro all’aggressività di lui con la propria, portandolo a una frenesia ancora maggiore. Baciò, leccò e succhiò ogni parte del suo corpo scendendo. Quando raggiunse il suo obiettivo, alzò lo sguardo su di lei per il suo permesso. Non aveva mai fatto questo, prima, ma Emmett era stato molto esplicito nelle descrizioni delle sue conquiste. Aveva detto che rendeva le donne pazze di desiderio, ed era così che voleva Bella. Lei lo guardò semplicemente come a chiedere che cosa stesse aspettando.

Emmett aveva ragione, pensò, stordito. Ascoltò con attenzione i suoi gemiti per essere guidato verso quello che le dava maggior piacere. Le sue cosce si serrarono contro la sua testa così forte che lui pensò che avrebbe potuto spaccargliela come una noce. Lei lo tirò verso di sé finché lui cedette e scivolò di nuovo sopra il suo corpo. «Tocca a te», disse lei, gli occhi scuri peccaminosi.

Era un’altra cosa che Emmett gli aveva descritto, ma in questo caso, aveva pensato che Emmett esagerasse. I suoi occhi rotearono all’indietro per il piacere quasi d’agonia della sua bocca calda su di lui. Doveva fermarla. Era troppo. Non sarebbe mai durato. La girò sulla schiena e si mise tra le sue gambe. Fece scivolare giù una mano per assicurarsi che fosse pronta e gemette quando scoprì quanto era pronta. Cominciò con attenzione a scivolare dentro di lei, spinto dai suoi ansiti contro l’orecchio. Lentamente, lentamente, con attenzione

Bella imprecò e lo spinse, sbattendolo sulla schiena. Prima che sapesse cosa stava accadendo, lei era sopra e spingeva su di lui, avviluppandolo fino in fondo nel suo calore. I capelli di lei si erano liberati delle forcine e le scendevano sui fianchi, una cortina scura che li avvolse entrambi quando lei si chinò a baciarlo. Lei cominciò a muoversi e lui perse completamente la presa tenue che aveva ancora sul suo controllo, spingendo contro di lei selvaggiamente. La sentì gridare e le sue contrazioni di piacere lo spinsero verso il suo.

Lei crollò sul suo petto boccheggiando, la pelle ricoperta di sudore, come quella di lui.

«Ti ho fatto male?» chiese lui quando riacquistò la capacità di parlare.

«Per niente», le assicurò, accoccolandosi contro di lui con un sospiro soddisfatto.

Era riuscito a resistere alla sua sposa selkie un’unica notte. Mary sarebbe stata delusa da lui, o aveva ragione Bella dicendo che lei avrebbe voluto che trovasse di nuovo la gioia nella vita? Stava ancora ponderando questo punto quando si addormentò, con Bella tra le braccia.

 

 

 

 

 

Note storiche dell’autrice

Il Catechismo della Chiesa Cattolica non fu stabilito fino al Concilio di Trento nel 1566, e non era in origine destinato ai laici, ma piuttosto al clero come una specie di manuale di istruzioni. Il Catechismo della Chiesa Anglicana fu scritto nel 1537, e sembra che sia stato pesantemente influenzato da quello che Lutero scrisse nel 1529.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

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Capitolo  4

 

Edward si svegliò, così come la mattina precedente, con le braccia piene di una selkie calda, morbida e nuda. La sua schiena era contro il suo petto, il suo capo appoggiato sul suo braccio e l’altro braccio di lui era intorno alla sua vita. Incapace di resistere, accarezzò la sua pelle di seta.

«Mmm», lei si girò tra le sue braccia per guardarlo, un sorriso dolce e assonnato sul viso.

«Sembra che la tua magia selkie funzioni anche quando dormi», disse Edward con un sorriso.

Lei rise. «Quale magia?»

Lui fece una pausa. «Intendi che … tu non … non hai il potere di far sì che gli umani ti desiderino?»

Lei gli si accoccolò contro. «Se ce l’avessi, sarei stata qui molto prima.»

Edward si stese all’indietro scioccato, fissando il soffitto pannellato con le travi a vista. Se non era stato il suo incantesimo, quell’ondata di lussuria che l’aveva trascinato, veniva da dentro. Scoprire un aspetto sconosciuto della propria personalità alla venerabile età di ventisette anni era più che un po’ inquietante.

Sentiva che avrebbe dovuto pentirsi di quello che aveva fatto, che doveva sentirsi colpevole per la ferocia che aveva avuto, o per aver giaciuto con una donna che non era Mary, ma non sentiva niente di tutto questo. Si sentiva … felice. Era così strano che non riuscisse a identificare questa sensazione, prima.

«Ci sarà un bambino?» le chiese.

Lei scosse la testa. «Devo volerlo, perché succeda, e tu hai detto che non volevi altri figli oltre Elizabeth.»

Rimase stranamente deluso, e non capiva perché. Forse avrebbe dovuto darle un figlio. Dopo tutto quello che lei gli aveva dato e i cambiamenti drastici che lui le aveva chiesto, di certo le doveva qualcosa, ma si sarebbe messo nella situazione in cui si trovava con Elizabeth: un figlio senza una madre.

Lei si stirò lussuriosamente e lui approfittò dell’opportunità per guardare il suo corpo. Lei sue lunghe braccia bianche erano alzate sopra la sua testa, alzando il suo seno già alto e sodo. I ciuffetti di peluria sotto le ascelle erano dello stesso colore della peluria delle sue (Edward non poteva neanche pensare la parola che usava Emmett) parti femminili. Bella notò il suo sguardo e piegò il dito verso di lui, gli occhi socchiusi dal desiderio.

Qualcuno si schiarì la gola fuori dalle cortine del letto. «Vostra grazia?»

«Più tardi», disse Edward.

«Ma, vostra grazia …»

Lui passò le mani sul corpo di seta di sua moglie, esplorando le parti che per lui avevano un fascino particolare. «Ho detto più tardi!» scattò Edward. Le labbra di Bella trovarono un suo punto sensibile e lui boccheggiò. Lascia che la servitù aspetti. Lascia che tutto il mondo aspetti.

Le vite dei nobili lasciavano davvero poco spazio alla privacy. I domestici di norma dormivano nella stessa stanza del signore o della signora; l’unica privacy che avevano marito e moglie, era quella cui provvedevano le cortine del letto. Perciò, Edward non era turbato sapendo che i domestici erano a poca distanza da lui mentre faceva l’amore con sua moglie, né Bella, che aveva vissuto la maggior parte della sua vita all’aperto, era imbarazzata da qualcosa che era, per lei, naturale come respirare.

Riemersero quasi un’ora dopo, ancora arrossati e un po’ sudati per lo sforzo. Tutti e due furono lavati dai domestici, e Bella dovette sopportare il lungo e sgradevole processo della vestizione. Invidiava Edward, che finiva nella metà del tempo e vestiva panni molto più confortevoli. Le baciò la mano, e lei fu stupita dal calore nei suoi occhi.

Il suo maggiordomo parlò. «Chiedo perdono, vostra grazia, ma i richiedenti sono arrivati.»

Edward sospirò.

«Cosa significa, mio signor marito?» chiese Bella.

«Oggi è il mio giorno di tribunale, quando ascolto casi e petizioni della mia gente», spiegò Edward. Era un sistema gerarchico e strettamente controllato di governare. I proprietari terrieri locali si appellavano ai baroni, i barono ai conti, i conti ai duchi. E ognuno di loro aveva il proprio tribunale, popolato da quelli sotto il proprio patrocinio. In apparenza, tutti quelli che erano sulle terre di Edward potevano rivolgersi direttamente a lui per la riparazione dei torti subiti, ma in realtà, che un caso fosse sentito o no dipendeva da quanto la persona in questione era disposta  a corrompere con una bustarella il maggiordomo di Edward, così come la determinazione ad essere ascoltato.

«Vuoi fare colazione con me, mia signora moglie?» chiese Edward quando fu finalmente completo il processo di vestizione di Bella. La colazione era il pasto più informale della giornata, che poteva fare da solo nella propria camera. Sul tavolo c’era una brocca di birra con un cestino di pane bianco e una selezione di formaggi e carni fredde. Queste ultime Bella non le avrebbe toccate, lo sapeva, quindi le offrì i formaggi e il pane con una coppa di birra.

Lei mordicchiò il pane.

«Bella, ti prego, mangia», disse lui piano.

«Ci provo», disse lei. «Ma non ho appetito.»

Lui sospirò. «C’è qualcosa che ti attira?»

«Alghe fresche», disse lei prontamente. «Un po’ di alghe fresche e succose.» Si leccò le labbra, e lui si sentì attraversare da un fulmine di lussuria, anche se stava considerando il problema che lei gli stava presentando. Forse poteva mandare fuori Emmett con una piccola barca … Sospirò di nuovo. Non poteva farlo. Quello pazzo ubriaco sarebbe probabilmente affogato.

Bella era meravigliosamente abbigliata in un abito di seta blu, con diamanti ricamati in forma di costellazioni. Aveva lanciato una moda alla corte di Edward quando sua moglie l’aveva indossato, le contesse e le baronesse presenti che danzavano, sperando in una posizione come dame di compagnia per le loro figlie o forse in un posto per i loro figli nella magione di Edward, si affrettarono a ordinare vestiti con un disegno simile, con la stoffa e le pietre che potevano permettersi.

I nobili erano le celebrità di quei tempi, e tutto quello che facevano era guardato con avidità e oggetto di pettegolezzi. I vestiti e le pettinature diventavano di moda, e il popolo le copiava come poteva, al meglio delle proprie possibilità finanziarie. Anche come pronunciavano le parole, diventava una moda. Oggi, la sala era affollata di persone che volevano vedere la nuova duchessa, che si diceva fosse una donna selvaggia del Nuovo Mondo.

Nella grande sala, Bella si mise seduta, sulla piattaforma vicino ad Edward, su una seggiola leggermente più piccola. La stanza era piena di gente, le voci arrivavano al soffitto. Alcuni erano ben vestiti, di sangue nobile, altri erano della piccola nobiltà locale e proprietari terrieri, e c’erano anche una manciata di contadini che sembravano appena arrivati dai campi. Alcuni venivano a guardare, alcuni a tentare una petizione, altri erano venuti per vedere ed essere visti. Il profumo dei ricchi competeva col fetore dei corpi non lavati, con l’odore del fumo di legna e delle candele che si scioglievano. C’erano saluti di vecchie conoscenze e chiassose discussioni sui casi che dovevano essere presentati a Edward. Quando Edward aveva l’abitudine di fare cene di gala, quelli cui non era garantito sedere a tavola, venivano a guardare nella galleria del pubblico lungo i lati della stanza.

Il maggiordomo richiamò all’ordine la sala, e cadde un rispettoso silenzio. Si misero in ordine istintivamente, secondo il rango, i più poveri verso il fondo della sala dove dovevano piegare il collo e alzarsi sulla punta dei piedi per vedere. I richiedenti aspettarono e sperarono che il maggiordomo chiamasse i loro nomi, così che potessero avvicinarsi e presentare il loro caso.

Le petizioni non erano particolarmente interessanti per Bella, avevano a che fare più che altro con l’amministrazione delle proprietà. Lasciò la mente vagare durante le discussioni sui metodi di lavorazione della lana e se si doveva o no espandere l’impresa di allevamento di cavalli di Edward.

Per essere un duca, Edward era straordinariamente democratico. Aveva ordinato al suo maggiordomo di permettere ad alcuni casi di contadini di comparire davanti a lui.

Il caso riguardava un uomo che aveva affittato il suo toro da monta a un altro abitante del villaggio. Mentre era in possesso dell’affidatario, il toro si era ammalato ed era morto. Il proprietario insisteva che l’affidatario non si era preso cura a dovere del toro, e questo aveva portato al suo decesso, e quindi doveva essere responsabile della sua sostituzione.

Edward non era d’accordo, e disse che gli animali si ammalavano naturalmente per ragioni note solo a Dio, e che l’affittuario non poteva essere considerato responsabile.

«Ma, mio signore, io dipendevo dai profitti di quel toro per far passare l’inverno alla mia famiglia, finché non ci sarà di nuovo lavoro nei campi», protestò disperatamente il proprietario.

Bella mise una mano sul braccio di suo marito. «Chiedo venia, mio signor marito», sussurrò. «Ma posso parlare?»

Edward fu stupito dalla sua interruzione, ma sapendo che Bella non era usa a questo tipo di procedimenti, decise di permetterle di parlare.

«Vostra grazia, non posso fare a meno di sentire pena per quest’uomo», disse piano. «Il suo sostentamento è scomparso senza colpa da parte sua, e la sua famiglia dipenderà dalla carità di vostra grazia per sopravvivere all’inverno. Non potremmo sostituire il suo toro? Il costo non è alto per noi, ma per quest’uomo, la sua perdita significa l’indigenza. Sicuramente il costo del mantenimento della sua famiglia attraverso le elemosine per tutto l’inverno sarebbe simile se non più grande.»

Edward fissò sua moglie. Aveva ragione, naturalmente. Il costo della sostituzione del toro sarebbe stato inferiore che se si fosse comprato un nuovo paio di stivali da cavallo, e avrebbe evitato che l’uomo diventasse un salasso per le risorse di carità. Lui semplicemente non aveva pensato a che grande peso avesse nella vita del contadino la morte del toro, dato che per lui, un toro o due era irrilevante. La sua mente correva. Dal punto di vista pratico, la benevolenza derivante dalla sostituzione del toro sarebbe valsa probabilmente tre volte il suo prezzo, e dal punto di vista umanitario, sarebbe stata una gentilezza che avrebbe evitato a una famiglia di soffrire la fame per una stagione.

Bella si dimenò a disagio sulla sua seggiola, sotto lo sguardo di Edward, perché era preoccupata di aver oltrepassato i suoi limiti, ma lui all’improvviso sorrise e le diede un colpetto sulla mano. «Sei saggia e di buon cuore, mia signora moglie», disse lui. Alzò la voce in modo da essere sentito in tutta la sala. «Non c’è colpa nella morte del toro, ma non voglio che tu debba soffrire per questo, buon uomo. Farò in modo che ti venga dato un altro toro dei miei allevamenti.»

L’uomo rimase a bocca aperta all’inaspettato premio. Cadde in ginocchio guardando avanti e indietro dal duca a Bella e poi scoppiò in rumorose lacrime di gratitudine. «Grazie, vostra grazia!»

Edward era deliziato da questa reazione. Il racconto della sua generosità si sarebbe diffuso per le sue terre, facendo crescere considerevolmente la sua popolarità. Immaginava che avrebbe dovuto rimpiazzare un bel po’ di galline e maiali, dato che la domanda si sarebbe accresciuta una volta che altri avrebbero saputo, ma sapeva che la loro gratitudine avrebbe dato come risultato una maggiore resa nel lavoro e una maggiore onestà. Perché non ci aveva mai pensato prima? Silenziosamente ringraziò Dio per la sua nuova moglie, che gli aveva aperto gli occhi a un mondo di possibilità. Lui poteva essere la fredda e calcolata ragione per i suoi possedimenti, e lei il suo cuore.

Sorrise a Bella e un altro strato del ghiaccio intorno al suo cuore cominciò a sciogliersi.

 

 

Quando arrivarono all’ora di pranzo, Edward stava morendo di fame ed era impaziente con la cerimonia con cui veniva presentato il cibo. Bella col cucchiaio spostava la sua verdura nel piatto e Edward sospirò. Fece un gesto al domestico che era addetto alla brocca del vino. «Fai venire qui il cuoco.»

«Il cuoco, vostra grazia?» Anche se il duca poteva mandare istruzioni o richieste al cuoco tramite gli altri servitori, era una rarità che un domestico della cucina potesse veramente posare gli occhi su sua grazia.

«Sì, il cuoco», ripeté Edward. Buttò il suo cucchiaio nel piatto con un acciottolio.

Poco dopo, il cuoco fu portato lì davanti, sudato per l’ansia. Aveva un grembiule pulito, indossato in fretta e furia per l’incontro con un personaggio di grado così elevato. Si mise in ginocchio accanto alla tavola e attese di essere interpellato.

«Avete delle alghe nelle cucine?» chiese il duca.

«V-vostra grazia?» balbettò lui. «Alghe?»

«Sì, alghe. Erbe di mare.»

Il cuoco pensò per un momento poi si illuminò. «Le abbiamo, vostra grazia. Si usano nei barili in cui si tiene il pesce.»

Edward scosse la testa. «No, io intendo alghe fresche. Non è in qualcuno dei nostri piatti?»

«I poveri le usano per fare la lattuga di mare, vostra grazia. Viene seccata e poi tagliata a pezzetti, e ne viene fatta una pasta che può essere mangiata cruda o fritta.»

Edward sospirò. «È tutto.» Fece un gesto con la mano per congedarlo. Il cuoco si alzò in piedi e uscì all’indietro dalla stanza, inchinandosi per tutto il tempo.

Lui si voltò verso Bella. «Unisciti a me per una passeggiata, stasera, mia signora moglie.» Forse potevano trovarne un po’ sulla spiaggia che lei poteva mangiare.

I domestici si scambiarono delle occhiate. Pensavano che il duca avesse rinunciato alla sua bizzarra abitudine di camminare da solo, ma adesso sembrava voler coinvolgere la duchessa nella sua piccola follia.

Più tardi, quel pomeriggio, andò nelle stanze di Elizabeth, dove sapeva che avrebbe trovato Bella, e trovò la bambina che stava per fare il sonnellino. Bella le stava raccontando una storia, il suo premio per indurre Elizabeth a stare quieta senza fare capricci.

«C’era una volta un uomo di nome Noè», cominciò Bella, rimboccando le coperte fino al mento di Elizabeth. «Lui era un amico di tutti gli animali della foresta. Faceva lunghe passeggiate nel bosco per incontrarli, parlare e giocare con loro. Un giorno, mentre era in visita dal suo amico orso, Noè disse che un tempo aveva navigato sul mare, dove l’orso non era mai stato. L’orso era molto curioso, così Noè decise di costruire una barca, così da poter portare il suo amico sulle onde. L’orso disse che gli sarebbe piaciuto molto andare, ma voleva portare sua moglie con sé. Così Noè costruì una barca più grande, perché potesse starci anche la moglie dell’orso. Mentre la stava costruendo, il suo amico lupo venne a vedere cosa stava facendo. Neanche il lupo non aveva mai visto le Acque Infinite, così Noè lo invitò ad andare con loro. Ma il lupo disse che non poteva andare senza la sua compagna, così Noè dovette allargare ancora la barca perché anche loro ci entrassero. Mentre lavorava, arrivarono molti altri suoi amici animali e chiesero di potersi unire al viaggio, e così Noè dovette fare una barca abbastanza grande per farci entrare una coppia di tutti gli animali della foresta. Tutti gli amici animali di Noè fecero quello che potevano per aiutarlo. I lupi portarono il legno dalla foresta. I picchi fecero i buchi per i suoi chiodi. I castori masticarono i tronchi fino a farne delle tavole e gli orsi portarono i carichi più pesanti. Perfino le api aiutarono, facendo della cera da mettere nelle fessure tra le tavole. E quando Noè finì di costruire la sua barca gigante, tutti insieme la portarono sulla spiaggia e veleggiarono via nel vento e nelle onde.»

Quindi, questo è il modo in cui le selkie interpretano la storia dell’Arca di Noè, pensò Edward. La loro era una storia più gentile, di amicizia e cooperazione, invece della storia biblica di Dio che affoga tutti i peccatori.

Bella baciò la fronte di Elizabeth e si alzò. Era già mezza addormentata e si avviava verso sogni felici di animali che aiutavano Noè a costruire la sua barca.

Bella seguì Edward uscendo dalla nursery, ignorando Rosalie, che aveva ritrovato il coraggio e scoccò alla duchessa impicciona uno sguardo di gelo. Edward offrì il braccio a Bella e lei lo prese.

«Vorrei domandarti una cosa, Edward», disse Bella mentre uscivano dal portone. «Ti sei impegnato a aumentare la produzione di lana?»

«È l’impresa più profittevole,» replicò lui. Aveva intenzione di ordinare di chiudere i campi la prossima primavera.

Bella sospirò. «Ho visto quello che è successo quando un altro proprietario terriero vicino al mare l’ha fatto. I contadini non potevano più far crescere i raccolti sulle terre, e questo significò che il cibo diventò più costoso e i contadini persero il loro lavoro come coltivatori. Non potevano più pagare gli affitti, e dovettero lasciare le loro case. Divennero dei poveri mendicanti. I conventi e i monasteri che si prendevano cura dei poveri, li nutrivano, li vestivano e li curavano quando si ammalavano, non ci sono più adesso. Dove andranno?»

Come sempre, fu sorpreso dalla sua conoscenza della vita sulla terraferma.

C’era stato il Poor Act, passato l’anno scorso, che cercava di fare un censimento degli impoveriti per scoprire la portata del problema, e autorizzava i mendicanti a chiedere “con gentilezza” la carità ad ogni uomo o donna che passavano per le porte della chiesa ogni domenica. Edward impiegava il suo stesso elemosiniere per distribuire ogni anno ai poveri una certa somma di denaro. Edward non aveva idea di cosa ne facesse; lasciava questo tipo di controllo al suo maggiordomo, ma forse avrebbe dovuto dare un’occhiata a come veniva distribuita la sua carità.

«Non sei abbastanza ricco, Edward?»

Edward fu preso alla sprovvista dalla domanda. Immaginava di sì, ma gli era stato insegnato fin dalla sua gioventù che il suo dovere era ottenere il maggior profitto possibile dalle sue proprietà. Il destino dei contadini delle sue terre non gli era mai passato per la testa.

Dalla nascita, a Edward era stato insegnato che Dio aveva stabilito l’ordine sociale del loro mondo. Lui era stato scelto per essere duca, così come i contadini erano stati scelti per essere poveri, probabilmente per qualche colpa morale o carenza di facoltà. Lui elargiva la sua carità, come ci si aspettava che facesse, ma se un contadino moriva di fame o veniva colpito da malattie, la sua società diceva che probabilmente  era stato punito da Dio.

In anni recenti, delle idee pericolose, come l’uguaglianza di tutti gli uomini, cominciavano a circolare assieme a nuove sette religiose. Enrico VIII aveva posto una Bibbia Inglese nelle chiese, incatenata al pulpito, dove il testo poteva essere letto da tutti gli uomini, ma inorridì quando sentì che le persone discutevano e dibattevano ciò che avevano letto ed arrivavano a proprie conclusioni invece che accettare l’interpretazione approvata dalla Chiesa.

Edward scosse la testa. A volte sembrava che tutto il mondo si fosse capovolto dai tempi dei suoi padri. Ed ora, eccolo lì, a considerare affari meno lucrosi per evitare l’impoverimento dei contadini. Suo padre si sarebbero messo a ridere.

Presero il sentiero in discesa verso la spiaggia e Bella si precipitò, tenendo alzata la pesante gonna. Si fermò vicino all’acqua, gli occhi che guardavano famelici le onde.  «Possono nuotare, mio signore?»

Lui scosse la testa. «Bella, le signore nobili non nuotano. Ti ho portato qui nella speranza che tu potessi trovare per te un po’ di alghe.» Non sopportava di guardarla, di vedere la delusione nei suoi occhi.

Lui si sedette su un tronco e la guardò vagare su e giù per la spiaggia, guardando l’acqua come un mendicante alla vetrina di un panettiere. Non toccò i mucchietti di alghe disseminati qua e là. «Quelli non sono di tuo gusto?»

Lei arricciò il naso. «Sono morte e limacciose.»

«Bella, non posso fare molto di più.»

«Se mi lasciassi nuotare, potrei raccoglierle da sola,» disse lei.

«Non annegheresti in forma umana?»

Lei scosse la testa. «Non posso annegare. Posso respirare l’acqua, così come l’aria.»

«Bella, le signore non nuotano. Mi dispiace, ma non puoi. Se qualcuno ti vedesse …» Non finì la frase. «Vieni. È tardi e dobbiamo andare a casa.»

Lei lo seguì obbediente, ma aveva la testa bassa per la tristezza.

 

 

Edward incontrò il suo elemosiniere dopo cena. Avrebbe preferito che l’avesse fatto Emmett, ma Emmett era di nuovo fuori, probabilmente svenuto nel letto di qualche puttana di taverna. «Vorrei vedere i verbali di come vengono distribuite le mie elemosine», disse lui.

L’uomo impallidì, il che subito insospettì Edward. «Mio signore, non tengo verbali scritti degli esborsi.»

«Allora sei negligente nei tuoi doveri», sbottò Edward. «Dimmi, quindi, se non puoi mostrarmi nulla.»

L’uomo dondolò sulle ginocchia. «Vostra grazia, io, uh … ne ho data la maggior parte  all’ospizio parrocchiale.»

«Chi è il titolare, là?»

«Peter of Lansby, mio signore.»

Edward cercò nella sua mente, attraverso le complicate genealogie su cui si basava molta della società Tudor. «Non è tuo cugino?»

«Sì, vostra grazia.»

Edward fece un gesto con la mano. «Sei congedato.» Avrebbe dovuto controllare questa situazione. C’era qualcosa che non andava. Si chiese se padre Jacob ne sapesse qualcosa in più, ma decise di non convocarlo. Non era dell’umore di sentire una lezione sulle sue scarsa presenza alla cappella.

Voleva vedere Bella. Questo era quello che voleva. A cena non c’era. Il maggiordomo aveva detto che stava facendo cena nelle sue stanze. Edward era stato tentato di mandare qualcuno ad ordinarle di scendere per unirsi a lui, ma poi aveva deciso di non farlo.

Ma c’era ancora un altro messaggero che lo attendeva. Accettò la lettera e la aprì, riconoscendo subito la calligrafia. Era di padre Jasper. Scriveva ad Edward per fargli sapere che era tornato in Inghilterra.

Jasper era il terzo figlio del Conte di Hale. Come in molte famiglie, il primo figlio era l’erede. La “riserva” aveva abbracciato la carriera militare e il terzo si era dedicato alla chiesa fin da giovane. Fortunatamente, era una vocazione che si adattava alla natura di Jasper, e lui era molto felice nel sacerdozio. Lui e Edward erano stati amici fin dall’infanzia, e Edward era molto compiaciuto che fosse tornato dall’esilio dopo tutti quegli anni. Jasper era stato saldo nella sua fede e aveva fatto un sermone sui sacramenti (la chiesa cattolica ne riconosceva sette, quella anglicana solo due) che aveva fatto infuriare il re, quando lo aveva saputo. Jasper aveva trovato necessario lasciare l’Inghilterra se voleva che la sua testa rimanesse attaccata al suo corpo.

Edward decise che Jasper sarebbe stato perfetto per insegnare a Bella la fede cattolica. A dispetto della fermezza della sua fede, Jasper aveva un cuore gentile e non si sarebbe offeso di tutte le domande di Bella. Scrisse una rapida nota chiedendo a Jasper di venire a Cullen Hall il prima possibile e lo riconsegnò al messaggero.

Finito finalmente con il lavoro, o almeno arrivato a un buon punto per fermarsi, Edward salì e andò a cercare la persona che voleva vedere di più. Trovò Bella nella sua camera da letto (che era diventata anche quella di lei), seduta su una delle seggiole vicino al camino spento e vuoto, tutta occupata a cucire.

«Cosa stai facendo?» chiese Edward. Qualunque cosa fosse, aveva una forma umana.

«Una bambola per Elizabeth», rispose Bella. «Non ne ha una.»

Sua figlia non aveva una bambola? Ci pensò su e si rese conto che non ricordava di averle mai comprato nessun giocattolo. Certo, aveva davvero poco tempo durante la giornata per giocare, ma avrebbe dovuto avere qualcosa. Benedì Bella silenziosamente per aver corretto la sua disattenzione.

«Dove hai imparato a cucire?» le chiese.

«Un tempo facevo visita a un convento. Avevano un orfanotrofio là, e a me piaceva giocare con i bambini. Le suore mi insegnarono a cucire e a ricamare.»

«Parli di loro al passato. Perché hai smesso di far loro visita?»

«Tuo zio, re Enrico, confiscò il convento e le sue terre preziose durante la Dissoluzione, e lo diede a un suo cortigiano per comprarne la lealtà. Il nuovo proprietario sfrattò le monache e gli orfani. Le suore provarono a prendersi cura dei bambini, ma senza una casa …» sospirò. «Non c’era nessun posto in cui potessero andare, e la parrocchia locale non volle dar loro il permesso di elemosinare.» Scosse la testa. «Non cosa sia stato di loro. Non sono sicura di volerlo sapere.»

Era una storia che si era ripetuta per tutta l’Inghilterra. Oltre ottocento case monastiche erano state chiuse, le terre vendute, le costruzioni stesse erano state demolite per ricavarne materiale. Ad abati e badesse che avevano capitolato e avevano riconosciuto re Enrico come capo della chiesa invece del papa, furono dati pensioni o permessi per continuare come prima. Quelli che si opposero, si ritrovarono per strada e qualche volta giustiziati come traditori, se avevano grande influenza.

«Non ho intenzione di fare modifiche per l’allevamento delle pecore», annunciò lui. Gli uscì dalla bocca ancora prima di essersi reso conto di aver preso la decisione. Ma era la cosa giusta da fare. Bella gli stava insegnando la compassione. Aveva pensato di cambiarla, quando l’aveva catturata. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato lui a cambiare.

Bella gli fece un gran sorriso. «Tu sei un uomo buono.»

Era sorpreso. Era buono? Di certo voleva esserlo, ma le sue emozioni erano state sotto chiave per così tanto tempo … Si sentiva come un uomo che si sta lentamente svegliando da un sonno profondo. Ed era tutto a causa di Bella.

 

 

 

 

 

Note storiche

-         I castori si estinsero in Inghilterra circa 500 anni fa, tuttavia è possibile che piccole popolazioni siano sopravvissute fino al 18° secolo in alcune parti del nord.

-         Anche se le donne di alcune antiche culture, come i Romani o gli Egiziani, si rasavano i peli del corpo, questa pratica non divenne comune nelle nazioni dell’Occidente fino, circa, al 1915, quando una azienda di rasoi non cercò di incrementare le vendite di lame. Se ne uscirono con l’idea di dire alle donne che i loro peli delle ascelle e delle gambe erano antigienici e sgradevoli, e un’intera industria era nata.

-         La pronuncia come moda: Georgiana, Duchessa di Devonshire, cominciò la tendenza a pronunciare le parole al modo antico, come “gould” per “gold”, e “ cowcumber” per “cucumber”, e “ whop” per “hope”, cosa che venne largamente ripresa dalle classi più alte.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/5/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  5

 

«Devi batterla per questo, Edward», disse Emmett. «Non hai scelta.»

Erano sulla collina dietro la casa e guardavano giù, le due figure sulla spiaggia.

Emmett era arrivato incespicando nell’ufficio di Edward quella mattina, già ubriaco prima che quasi tutti facessero ancora colazione, o ancora intossicato della notte prima. Aveva alzato gli occhi offuscati e aveva detto una sola parola. «Guaio.» Aveva spiegato quale fosse il problema mentre Edward lo seguiva fuori e Edward era esploso in tutta la sua furia. «Le avevo specificamente proibito di farlo!»

«Questo non è qualcosa che puoi far passare con una ramanzina severa», dichiarò Emmett. «Lei ti ha deliberatamente disobbedito e ha messo in pericolo Elizabeth.»

Edward diede un’occhiata intorno e vide che la metà della servitù era sulla cima della collina, a guardare a bocca aperta lo spettacolo in basso. «Tornate al lavoro!» gridò Edward, e loro corsero via. Si passò una mano sulla faccia. Questa era brutta. Questa era molto brutta.

Lui e Emmett scesero giù per il sentiero. Emmett perse l’equilibrio e Edward evitò per poco di essere travolto mettendosi di lato mentre Emmett cadeva. Era seduto in fondo al sentiero, quando Edward gli passò vicino, e cercava di rimettersi in piedi con una parvenza di dignità. Edward gli scoccò uno sguardo disgustato ed Emmett ebbe grazia sufficiente a sembrare imbarazzato di se stesso.

Elizabeth e Bella avevano indosso solo la sottoveste, e si schizzavano e si rincorrevano sulla battigia. I capelli bagnati di Bella pendevano come corde sulla sua schiena e sulla testa portava quella che sembrava una corona di alghe, intrecciata come una corona di margherite da piccole mani impacciate. Stava ridendo e i suoi occhi brillavano come Edward non aveva più visto dal giorno in cui lei e le sue amiche selkie avevano folleggiato sulla spiaggia. Si accorse del suo marito rabbioso e la sua faccia cadde. Elizabeth andò a sbattere nelle sue gambe e alzò lo sguardo confusa su di lei e poi verso suo padre, che marciava verso di loro, la faccia contorta dalla rabbia. Si nascose dietro le gambe di Bella, sbirciandolo con grandi occhi spaventati.

«Bella!» gridò Edward. «Cosa pensi di fare, in nome di Dio?»

«Stiamo giocando», disse Bella con voce piccola.

«Dove sono i tuoi vestiti?»

Bella sbatté gli occhi confusa, guardando giù la sottoveste che pendeva dal suo corpo, così rivelatrice che avrebbe benissimo potuto essere nuda.

«I tuoi vestiti di sopra», disse Edward.

«Siamo uscite prima che le cameriere ci vestissero. Noi …»

Edward le afferrò rudemente il braccio e la trascinò verso il sentiero. «Elizabeth, vieni!» abbaiò Edward.

Elizabeth corse da suo zio Emmett, che era sempre stato giovale e gentile, con lei. Emmett le prese la mano. «Un po’ inzaccherata, eh, tesoro?» Le sorrise e lei immediatamente si sentì al sicuro.

«Edward!» gridò Bella, inciampando, cadendo, solo per essere ruvidamente rimessa in piedi. «Che c’è che non va?»

Lui non rispose. Arrivarono in cima al sentiero e Edward le portò all’entrata posteriore. Rosalie era lì, in attesa, con un’espressione di compiaciuta rettitudine in faccia. Era lei che aveva trovato Emmett e gli aveva detto quello che aveva fatto Bella, portando la bambina a giocare sulla spiaggia all’alba. «Prendi la bambina e falle un bagno, poi mettila a letto con un mattone caldo», ordinò Edward. Elizabeth fece per protestare per il bagno e per dover tornare a letto quando si era appena alzata, ma uno sguardo alla faccia di suo padre bastò a farla tacere. Rosalie ghignò a Bella alle spalle di Edward e si diresse alle scale, la mano di Elizabeth crudelmente stritolata nella sua.

«Non credere che abbia dimenticato la tua parte in tutto questo», disse Edward a Rosalie da sopra la spalla.

«Ma, vostra grazia …»

«Tu non hai provato a fermarla, vero?»

Rosalie assunse un’aria innocente e compassata. «Non è compito mio dire a sua grazie ciò che può fare e ciò che non può fare.»

«Invece che venire direttamente da me, hai allertato mio fratello dopo aver informato la metà della servitù così che potessero andare là e guardarla.» Gli occhi verdi di Edward balenarono. «E discuteremo di questo dopo che avrò parlato con mia moglie.»

Con questo, Edward si voltò e trascinò Bella su per le scale fino alla loro camera. Le cameriere stavano rifacendo il letto e alzarono lo sguardo allarmate. «Fuori!» scattò Edward. Scapparono via, lasciando le lenzuola dov’erano.

«Edward, che c’è che non va?» chiese di nuovo Bella. Si fece piccola arretrando per la paura mentre lui si avvicinava, e una parte di Edward odiava che avesse paura di lui.

«Tu mi hai disobbedito deliberatamente», sbottò. «E hai anche messo in pericolo mia figlia, facendo questo.»

«Ma io non ho disobbedito! Non stavamo nuotando!» protestò Bella. «Stavamo solo sulla battigia, a schizzarci.»

«Tu hai messo in pericolo Elizabeth.»

«No! Non c’era pericolo. Dei e pesci, Edward, pensi che io lascerei che qualcosa le facesse del male, in mare?»

«È bagnata», sibilò Edward. «Potrebbe ammalarsi per questa follia. Lei non è una bambina selkie, Bella. Lei è umana e gli umani si ammalano quando si bagnano. E a parte il pericolo, io ti ho detto che le nostre donne non nuotano.» Lui alzò una mano a fermare le sue proteste prima ancora che cominciassero. «Né giocano tra le onde.» Si passò la mano tra i capelli. Bella fissava il pavimento, l’acqua gocciolava dall’orlo della sua camicia.

«Vai e inginocchiati vicino al letto», ordinò Edward. Aspettò che avesse obbedito e andò al suo baule a prendere una cintura per la spada. Ne scelse una di cuoio piatto bulinato, senza gemme o borchie.

Ritornò , in piedi dietro di lei, spostandole i capelli dalle spalle. Strappò la sua camicia sulla schiena, e lei gridò di paura, nascondendo la faccia tra le braccia contro il lato del letto.

Lui guardò quella schiena di crema, la cintura stretta nella mano. Doveva farlo, disse a se stesso. Doveva farlo per il suo bene e per quello di Elizabeth, anche. Era il suo dovere di marito e capo della famiglia.

Tutto quello che gli avevano insegnato, tutto nella sua cultura, gli diceva che doveva batterla. Il suo dovere come marito e padre era preservare sua moglie e sua figlia dall’errore, correggerle quando uscivano dal sentiero della rettitudine. Si riassumeva nella frase comune “Chi risparmia il bastone, odia suo figlio”. Lo stesso si applicava alle mogli, che erano viste come semplici e infantili. Se un marito non correggeva il comportamento di sua moglie, questa poteva facilmente scivolare nella disapprovazione sociale o perfino rischiare la sua anima immortale.

Padre Jacob consigliava caldamente di picchiare le mogli, che ce ne fosse motivo o no, per mantenerle in un’ appropriata disposizione d’animo sottomessa, ma Edward non aveva mai picchiato la sua prima moglie. Non ne aveva mai avuto bisogno, perché Mary era molto obbediente e sottomessa di natura. Neanche suo padre aveva mai picchiato sua madre, perché era una principessa di sangue reale; aveva invece picchiato la sua cameriera preferita. Edward non aveva nessuna esperienza di questo, ed era nervoso. E se l’avesse battuta troppo forte e l’avesse ferita?

Bella tremava, le lacrime le rigavano il viso. Lui arretrò per darle il primo colpo e gelò. Non poteva farlo. Semplicemente non poteva farlo. Rimproverò se stesso per essere debole, per non adempiere ai propri doveri, ma non poteva costringere se stesso ad abbassare quella cintura sulla sua schiena, sfigurare quella distesa di morbida pelle di crema, sentirla gridare di dolore. Con un mugolio di frustrazione, buttò la cintura in un angolo. Si inginocchiò di fianco a Bella e le prese le mani tra le sue.

«Ascoltami», disse, e attese che i suoi enormi occhi oscuri, umidi di lacrime, incontrassero i suoi. «Bella, tu devi obbedire a quello che ti dico. Non puoi fare cose del genere. La gente perdonerà piccoli errori, perché crede che tu sia di una terra lontana, ma quello che hai fatto oggi sarà visto come scellerato e non cristiano. Ho provato a spiegarti quanto sia importante che tu ti conformi alla nostra religione, ma tu non sembri capire quanto questo sia serio e grave. Se penseranno che sei un’eretica, ti bruceranno, Bella. Lo capisci? Ti metteranno nel fuoco e ti bruceranno finché sarai morta.»

Bella sembrò inorridita, gli occhi enormi di terrore. «Ma … ma tu sei il duca …»

«Io posso proteggerti fino a un certo punto», disse Edward, «ma non se la Regina ordina che tu venga arrestata per eresia. Se ti esamineranno, e con questo intendo che ti faranno molte domande, sapranno che non sei cristiana.»

«Sono battezzata», protestò Bella.

«Questo in realtà peggiora le cose», disse Edward. «Se tu fossi semplicemente ignara della fede, saresti perdonata. Ma tu hai accettato il battesimo, e questo fa di te una cristiana agli occhi della Chiesa. Se non hai un atteggiamento appropriato, allora sei un’eretica e gli eretici sono bruciati vivi in queste terre.»

Bella boccheggiò, un suono tremante e irregolare. Odiava spaventarla così tanto, ma doveva sapere cosa rischiava. Lei si mise le mani sulle braccia e singhiozzò, e lui si sentì come se l’avesse picchiata, dopotutto. Incapace di sopportare il suo pianto, si alzò e uscì dalla stanza, dirigendosi nel suo ufficio, dove trovò Emmett che lo attendeva.

«L’hai fatto?» chiese Emmett.

«No.»

Emmett rimase quieto per un momento. «Vuoi che lo faccia io per te?»

«No.» Edward si sedette alla sua scrivania pesantemente e appoggiò la fronte sulle mani. «No, è mia moglie, e io la disciplinerò come credo giusto.»

«Credo che tu stia commettendo un errore. Il tuo cuore tenero …»

Edward lo interruppe rabbioso. «Non c’è birra da bere o una puttana da scopare da qualche parte?»

Emmett strinse la mascella e lasciò la stanza, sbattendo la porta dietro di sé. Edward sospirò. Si pentì delle sue dure parole non appena dette. Emmett stava solo provando ad aiutarlo, e aveva ragione a dire che Edward era trattenuto dal suo cuore tenero. Sperava solo che non fosse Bella a soffrire per questo.

 

 

Bella non scese per pranzo e per cena e Edward fu troppo occupato con gli affari della proprietà per andare da lei a controllare. Aveva dato a Rosalie una lavata di capo tale da lasciarla in lacrime e le aveva detto che al prossimo incidente simile sarebbe stata licenziata.

Poi fece per andare a vedere di Bella, quando arrivò un messaggero. E poi un altro. Poi il capo delle scuderie dovette parlare con lui di una nuova cavalla arrivata dal continente che si era ammalata.

Edward fermò una delle cameriere che passavano dalla sua porta aperta e chiese dove fosse sua moglie. «A letto, vostra grazia. Forse non si sente bene per via del suo bagno in mare.»

Non apparve per la cena, e neanche Emmett. Dopo lui salì di sopra e la trovò stesa nel letto, lo sguardo distante. «Bella?»

Lei non disse nulla, ma spostò gli occhi verso di lui.

«La tua cameriera dice che di nuovo non hai mangiato.» Edward appoggiò la coppa che aveva in mano sul comodino vicino al letto. «Voglio che tu beva questo.» Era una zuppa che aveva ordinato dalle cucine, un brodo vegetale. Lei obbediente si mise seduta e ingoiò tutto il contenuto della coppa prima di stendersi di nuovo. Lui si sentì un po’ meglio, sapendo che si era nutrita un po’. Avrebbe preferito darle un robusto brodo di manzo, ma sapeva che non l’avrebbe accettato.

«Bella, ti prego, non essere triste», la implorò. Diede un’occhiata ai domestici in piedi vicino alla parete e abbassò la voce. «Mi dispiace di essere stato così freddo con te, questo pomeriggio, ma ero … arrabbiato, ma era dovuto alla preoccupazione per te e per la mia bambina.»

Lei non disse niente.

«Sembra che Elizabeth stia bene», disse lui. «Mi sono fermato da lei prima di venire qui. Vuole che tu le racconti un’altra storia.»

Bella scosse la testa.

Edward sospirò e si alzò. «Svestitemi», ordinò. E i domestici si avvicinarono per togliergli i vestiti. Strisciò nel letto con Bella, chiudendo le cortine dietro di sé. Lei non fece resistenza quando la tirò contro il suo corpo. «Bella, ci ho pensato», disse. «Forse dovremmo avere un figlio.»

Aveva preso la decisione quel pomeriggio. Era una cosa che sapeva che lei voleva, e forse avere un figlio insieme l’avrebbe legata a lui in qualche modo. In tutte le vecchie storie, le mogli selkie abbandonavano la loro famiglia sulla terraferma una volta riavuta la loro pelliccia, ma non poteva immaginare Bella fare una cosa del genere. Di certo, lei sarebbe voluta restare. Se se ne andava dopo aver riavuto la sua pelliccia, avvertivano le storie, non sarebbe potuta tornare per sette anni. Come madre, non poteva lasciare suo figlio così a lungo, decise lui, non importa quanto desiderio avesse del mare.

Lei non aveva risposto nulla alla sua offerta. «Ti piacerebbe un bambino?» la blandì lui. «Potremmo cominciare stanotte, se vuoi.»

Lei rimase in silenzio. Frustrato, lui si chinò e la baciò, mettendole con gentilezza il palmo sul seno e accarezzandole il capezzolo come sapeva che a lei piaceva. Ci volle un po’ prima che cominciasse a scaldarsi alla passione di lui. Cominciò ad emettere quei morbidi, ansimanti gemiti dopo che lui era scivolato giù sul suo corpo a leccare e succhiare le sue pieghe. Lui scivolò di nuovo su e lentamente, con gentilezza, entrò nel suo morbido e umido calore.

«Un bambino, Bella», sussurrò. «Un bambino tutto nostro.» Le sue gambe si intrecciarono con quelle di lui e si mossero insieme, ma lui vedeva ancora la distanza nei suoi occhi. Gli ci volle qualche sforzo per portarla al climax, ma sapeva che era necessario perché potesse rilasciare il suo seme femminile per incontrare il suo.

«È successo?» chiese subito dopo, mentre steso vicino a lei cercava di riprendere fiato.

Lei scosse la testa.

«Perché no?»

«Non c’è vita nel tuo seme.»

Edward era sbalordito. «Cosa?»

Lei lo guardò intimorita e lui si sforzò di calmarsi. «Cosa intendi, Bella?»

«Lo sento. Ho aperto me stessa al concepimento, ma non è possibile. Il tuo seme non può formare un bambino.»

Lui scosse lentamente la testa. «Ma, Bella, io ho Elizabeth. Mia moglie è stata incinta molte volte.»

Lei lo guardò pensierosa. «Ti sei ferito o ammalato da quando lei è nata?»

«No, mai.»

Lei scosse la testa. «Allora non so spiegarlo. So solo che adesso non c’è vita nel tuo seme. Non ci sarà nessun bambino.» Rotolò dal suo lato e fissò le cortine del letto con quella orribile distanza nei suoi occhi ancora una volta.

Edward fissava il soffitto, la sua mente un ingorgo di pensieri. Come poteva essere? Bella si sbagliava? Non aveva mai sentito che un uomo potesse essere infertile. Solo le donne erano sterili. Poteva essere colpa sua che Mary avesse avuto tanti problemi a concepire? E tutti i bambini che aveva perso? Era stato perché c’era qualche tipo di debolezza o squilibrio nei suoi umori? Voleva consultare un dottore, ma cosa poteva dire? «La mia moglie selkie vede che non c’è vita nel mio seme. Si può rigenerare?»

Se lei aveva ragione e non c’era riparo, Emmett sarebbe stato il suo unico erede, il che significava che doveva trovargli una moglie, e in fretta.

La mattina successiva mandò a chiamare Emmett. Ci volle un po’ prima che arrivasse, puzzando di profumo stantio e alcool forte. Rimase in piedi di fronte alla scrivania di Edward, invece che buttarsi distrattamente su una sedia come faceva di solito, e non incontrò lo sguardo di Edward.

«Emmett, siedi, per favore», disse Edward. Si alzò e andò di fronte alla scrivania, appoggiandosi sul bordo. Emmett fece quello che gli era stato detto, ma continuava a non guardare Edward.

«Per prima cosa voglio chiedere scusa», disse Edward. «Ho sbagliato a dirti quello che ho detto, e me ne dispiace.»

Emmett annuì, lo sguardo fisso al pavimento.

Edward andò alla porta e la chiuse prima di sedersi vicino a Emmett. «C’è un’altra cosa che voglio discutere con te», disse. «Bella mi ha detto … lei ha detto che il mio …» Edward combatteva per trovare le parole. «Non posso avere figli», disse alla fine.

Emmett impallidì. I suoi occhi incontrarono quelli di Edward, sgranati, qualcosa di vicino al panico nelle loro profondità.

«Vedo che sei consapevole delle implicazioni. Tu sarai il mio erede, a quanto pare. So che hai detto che non desideri sposarti, ma se Bella ha ragione, è ora imperativo che tu lo faccia.»

L’espressione di Emmett era strana. C’era un accenno di … sollievo?

«Dobbiamo cominciare i negoziati il prima possibile», continuò Edward. «Hai delle preferenze? Io avevo pensato a una delle figlie del conte di Hale …»

Emmett abbaiò una risata senza allegria. «No, non ho preferenze. L’unica donna che avrei desiderato sposare è morta.»

Edward lo fissò. «Emmett, io non ho mai saputo …» All’improvviso vide il bere e l’andare a puttane di Emmett sotto un’altra luce, come le azioni di un uomo che prova a perdersi nell’oblio, l’autodistruttività di un cuore spezzato.

«Emmett, perché non me lo hai detto?» lo rimproverò con gentilezza. «Io so cosa significa perdere l’unica che ami.»

«Non volevo che lo sapessi», disse Emmett.

Edward annuì. «Pax, fratello. Rispetterò la tua privacy e non ti farò più domande in proposito. Ma questo non cambia la nostra situazione. Se io non posso avere un erede, devi farlo tu.»

Emmett si alzò. «Redigi il contratto di fidanzamento col conte. Prenderò la più grande, Kathryn. È avvenente e di temperamento tranquillo. Ha una giovane cugina, Alice, che può servire come dama di compagnia per Bella.»

Edward annuì. «Così sia. Fratello, io …»

«Ti prego, non esprimermi simpatia», disse Emmett. «Non posso sopportarlo.» E con questo, Emmett lasciò la stanza, chiudendo la porta dietro di sé con un soffice clic.

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Bella stava morendo.

Edward era seduto al suo fianco. Lei era stesa nel letto, pallida e consumata, e si agitava e mormorava come se avesse le allucinazioni o fosse in un sogno febbrile. Erano passati tre giorni da quando era riuscita a bere un po’ di brodo e oltre una settimana da quando si era alzata l’ultima volta. Si stava dissolvendo di fronte ai suoi occhi e nessun potere terreno poteva impedirlo. Il dottore le aveva fatto un salasso la mattina, ma sembrava che non ne avesse tratto alcun giovamento. Se possibile, era ancora più debole.

Era tardi, e tutti i domestici erano a letto. Lui non dormiva da due giorni, temendo di svegliarsi trovandola morta, scivolata via mentre lui era incosciente.

«Ti prego, Bella», sussurrò. «Ti prego … non lasciarmi.»

Si vergognava di essere dovuto arrivare quasi al punto di perderla per capire quanto era arrivata a significare per lui. Non riusciva più a immaginare un futuro senza di lei. Non poteva mettere il suo corpo nella tomba fredda dove giacevano la sua prima moglie e i suoi antenati. Non poteva farlo e tornare alla sua vita.

«Ho bisogno di te», le disse. «Non me ne ero reso conto. Non avevo visto quanto fosse vuota la mia vita prima che arrivassi tu. Bella, so che ti ho presa in moglie contro la tua volontà, ma so che possiamo essere felici, insieme. Penso che potrai amarmi, col tempo. Forse mi ami già, un pochino. I miei sentimenti per te …» Fece una pausa, cercando le parole. «Il mio cuore fa così male all’idea di perderti che so che dev’essere amore. Altrimenti, perderti non mi sembrerebbe come avere una ferita aperta nel petto.»

Si alzò in piedi e la sollevò dal letto, allarmato di come fosse leggera e inconsistente tra le sue braccia. Aveva intenzione di tentare l’unica cosa che pensava avrebbe potuto salvarla.

La portò fuori della camera da letto e giù per le scale. Uno dei valletti russava sulla sua branda vicino alla porta. Edward lo scavalcò e aprì la porta, uscendo nella notte illuminata dalla luna. Con cautela, scese per il sentiero che portava alla spiaggia. Procedette faticosamente tra le onde finché l’acqua gli arrivò ai fianchi e poi abbassò Bella nell’acqua. Lei boccheggiò e dell’acqua di mare le entrò nella bocca. I suoi occhi si aprirono. «E-Edward?»

«Sì, amore.» Fece scivolare via le sue braccia da sotto di lei e lasciò che galleggiasse. Lei si guardò intorno confusa.

«Nuota», disse lui. «Nuota, Bella.» Lui tornò piano alla spiaggia e si mise seduto sulla sabbia a guardare.

Lei lo fece, lentamente, all’inizio, debole per la malattia e la fame, e poi con più vigore, come se il tocco delle acque, da solo, la stesse risanando, come lui aveva sperato. Guardò la testa scura fare su e giù tra le onde, osservando con ansia lampi della sua pelle pallida tra le onde scure. Lei si tuffò sotto e lui trattenne il fiato quando non riemerse per un po’, pur sapendo che per lei era impossibile annegare. Riemerse con una pianta tra le mani, che divorò, prima di rituffarsi a prenderne ancora.

Aveva dovuto rischiare. Era una scelta tra affrontare delle possibili accuse o perderla di morte certa per il languore. Non poteva vederla morire davanti ai suoi occhi. Non quando poteva fare qualcosa. Imprecò contro se stesso per la sua testardaggine, per averla fatta arrivare a questo punto. Avrebbe dovuto immaginare un modo per darle quello di cui aveva bisogno invece che provare a costringerla ad essere ciò che non era. Era come se avesse legato un falco a un posatoio e si fosse rifiutato di fargli usare le ali, negando la sua natura. Era forse strano che non potesse vivere così?

Aveva sbagliato con lei. Speravo solo che potesse perdonarlo.

Quando il cielo fu accarezzato dalle dita pallide dell’aurora, lei riemerse dalle onde, la camicia incollata alla carne. Camminò verso di lui e si inginocchiò nella sabbia al suo fianco. Era ancora pallida e tesa, ma aveva un aspetto molto migliore, come se la sua forza vitale fosse stata ringiovanita dalla sua nuotata. «Grazie», sussurrò lei.

«Non ringraziarmi, Bella», disse. «Non lo merito.»

«Vieni», disse lei tendendogli la mano. «Torniamo a casa prima che ci vedano.»

Casa. L’aveva chiamata casa. Il suo cuore pesante si alleggerì un poco.

Camminarono con le mani unite verso la casa. Scavalcarono il valletto che ancora russava, e Edward pensò ironicamente che era una buona cosa avere una protezione così diligente nella sua casa.

Salirono nella loro camera da letto e Bella si tolse la sottoveste fradicia, drappeggiandola sulla spalliera di una sedia ad asciugare, e Edward si strappò via i suoi vestiti, incurante di rovinare il fine tessuto. L’unica cosa di cui gli importava in questo momento era la donna che gli aveva messo le braccia al collo. «Mi dispiace tanto, Bella», disse. «Ti prego, perdonami.»

«Sì», disse lei. «Semplicemente non avevi capito.»

Lo baciò e lo portò sul letto, tirando le cortine intorno a loro, creando così il loro piccolo mondo privato. Lei si accoccolò contro di lui e sbadigliò, i capelli umidi sciolti e fluenti sul materasso di piume.

«Bella?»

«Hmm?»

«Pensi … pensi che potrai mai … amarmi?»

«Solo se tu potrai aprirmi il tuo cuore in cambio», replicò lei.

Lui capì. E seppe che il suo cuore si stava aprendo. I cardini erano arrugginiti e scricchiolavano per protesta, e la porta era pesante, ma era riuscito ad aprirla un po’. E in qualche modo, Bella era riuscita ad infilarsi dentro.

 

 

 

 

 

Note storiche

-          Prevalentemente, a quei tempi, era accettata dal punto di vista medico, la teoria di Galeno secondo cui il “seme” femminile era necessario al concepimento. Da una comune guida medica del periodo: “I semi sono mantenuti e chiusi nel ventre, ma il seme dell’uomo dispone e prepara il seme della donna a ricevere la forma, perfezione o anima …” E si credeva che il sangue mestruale della donna fosse il ‘materiale’ del corpo del bambino. L’inconveniente di questa credenza era che una donna che restava incinta per uno stupro doveva aver avuto un orgasmo, e quindi aver partecipato con la sua volontà. L’idea di Aristotele che gli uomini fossero gli unici coinvolti nel concepimento era così diffusa a quei tempi da essere inclusa anche nel ‘Sogno di una notte di mezza estate’ di Shakespeare.

-          La parola ‘fuck’ (scopare) veniva usata da molto prima dei tempi di questa storia. Probabilmente è una variante della parola tedesca ‘ficken’ o della parola olandese ‘fokken’. Il primo uso registrato nel senso moderno data 1535. “Bischops … may fuck thair fill and be vnmaryit(“I Vescovi … possono scopare a sazietà ed essere non sposati”) da “A Satire of Three Estates” di Sir David Lindesay. Appare anche in un dizionario Italiano-Inglese del 1598. “Fottere: to jape, to sard, to fucke, to swive, to occupy.”

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/6/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  6

 

Bella emerse dall’acqua, con solo la luce della luna sulla pelle. Edward pensò alle antiche leggende della nascita di Venere, nata dalla spuma del mare, e pensò che di sicuro quella leggenda doveva essere nata da un momento come questo. Con i capelli liberi sulle braccia e alla vita, l’acqua che correva sulla sua carne morbida, d’argento nel bagliore freddo della luna, Bella era una dea.

Era la terza volta che la accompagnava alla spiaggia per una delle sue nuotate di mezzanotte. Non ne aveva bisogno spesso, gli aveva detto. Aveva solo bisogno di riconnettersi con il suo elemento una volta ogni tanto per essere felice e in salute. E lo era. La sua vitalità era tornata, ed aveva riguadagnato il peso che aveva perso quando si struggeva. Mangiava con lui all’ora dei pasti, adesso, solo vegetali, naturalmente. Lui aveva spiegato questo allo staff affermando che Bella si asteneva dal mangiare carne non solo di venerdì, ma ogni giorno della settimana, e la voce della sua devozione si era diffusa.

Bella mise le mani sulle spalle di Edward e si inginocchiò, mettendosi a cavalcioni sui suoi fianchi. «Edward, se ti dicessi che potrebbe esserci un modo per noi per avere un bambino, tu vorresti provare?»

«Cosa intendi?» chiese lui. «Una sorta di stregoneria?»

Lei ridacchiò. «No, niente del genere, ma quelli che non la conoscono potrebbero chiamarla così.»

«Cosa dovrei fare?»

«Tu hai chiesto al tuo dio di guarirti, e lui ha detto di no. Ora potremmo, forse, chiedere al mio dio.» Lei si alzò e lo tirò in piedi. «Togliti i vestiti e vieni con me in acqua.»

«Non so nuotare», disse Edward.

Lei rise, un suono morbido e melodioso. «Non hai bisogno di saper nuotare. E quello che devi fare già lo sai.»

Lei lo aiutò a togliersi i vestiti, che lui buttò distrattamente sulla sabbia. Non era mai stato nudo all’aperto e la sensazione della brezza sulla pelle nuda era stranamente, maliziosamente elettrizzante. Bella lo condusse nell’acqua, finché fu immerso fino alla vita.

«Tutta la vita viene dall’acqua, crediamo noi selkie», disse Bella. Tracciò un disegno sul petto di Edward. «Tanto tanto tempo fa, Dio creò l’acqua, ma gli sembrò vuota senza nulla dentro. Così creò l’alga, ma questa crebbe e crebbe fino a riempire tutta l’acqua. Allora Dio creò le creature che avrebbero mangiato l’alga e l’avrebbero tenuta sotto controllo.»

Le mani di Bella si mossero più in basso, sull’addome di Edward, dove continuava a disegnare tra le goccioline d’acqua. «Ma il mondo sembrava così piatto, a Dio, con niente altro che acqua, così creò il suo opposto, la terraferma. E su di essa, pose piante come quelle che crescevano nel mare. Un giorno, uno dei pesci diventò curioso e volle vedere come fossero queste piante, così strisciò sulla spiaggia. Ben presto, altre creature del mare cominciarono a fare lo stesso, anche se dovevano trattenere il respiro e non potevano andare lontano, perché non potevano respirare l’aria asciutta.»

Le mani di Bella accarezzarono i fianchi di Edward e lui soffocò un gemito. «Dio vide che ad alcune creature piaceva la terra, così diede loro i polmoni. Le selkie non riuscivano a decidersi, così diede loro entrambi i mondi in cui poter giocare. E negli anni, quelle creature cambiarono, crebbero loro le gambe al posto delle deboli pinne per andare in giro. Le selkie cominciarono ad avere bambini che non avevano la pelliccia, che dovevano vivere sulla terraferma. Ed è così che noi diciamo che è nata la tua razza.»

Gli si avvicinò, la pelle a un capello dalla sua. Lui aspirò una boccata di aria, l’eccitazione che lo bruciava. Boccheggiò mentre la mano di lei lo accarezzava. Aveva avuto qualcosa in mente, sulla punta della lingua, ma se n’era andata in quell’urgenza improvvisa. Lui la sollevò, così che le sue labbra fossero allo stesso livello delle proprie e lei gli avvolse le gambe intorno ai fianchi.

Dimenticò tutto nel modo in cui aveva dimenticato quello che voleva dire. Dimenticò tutto tranne la bramosia di unirsi alla sua carne, l’impazienza di toccare e di essere toccato, di baciare ed essere baciato. La natura selvaggia e la forza di Bella facevano il paio con le sue e Edward non avrebbe mai immaginato che fosse così entusiasmante una partnership di eguali, avere una donna che non doveva preoccuparsi di poter spaventare o ferire con l’intensità della sua passione, che anzi restituiva con uguale fuoco.

Quando si unì a lei, sentì un fremito profondo dentro di sé, che non veniva dalla sua lussuria o dall’acqua che lo circondava, una sensazione che si diffuse dentro di lui finché tutto il suo corpo ne fu soffuso. Lei si muoveva con lui, appoggiandosi sulle sue spalle ed entrambi gettarono indietro la testa, gridando alla luna quando raggiunsero il loro culmine.

Dopo, lei lo aiutò a rivestirsi, ridacchiando un po’ alla conchiglia di lui, mentre si infilava lei stessa la camicia. «Mi dispiace», disse lei. «Ma è proprio ridicola.»

«Sono molto utili», disse Edward. «Emmett tiene nella sua la borsa dei soldi.»

«No!»

«Sì.» Poi si mise anche lui a ridere, perché la risata di lei era contagiosa.

«O-ora ogni v-volta che l-lo vedrò, me lo im-immaginerò che ci fruga dentro alla ricerca di un quarto di penny!» boccheggiò Bella, e tutti e due risero così forte a quell’immagine che dovettero sedersi sulla sabbia.

«È successo?» chiese Edward dopo che si furono calmati.

Bella lo baciò, accoccolandosi sul suo petto. «Sì. Sarai padre, Edward.»

Sentì la gioia attraversarlo. La strinse forte. «C’è … c’è qualcosa di cui hai bisogno?»

Lei scosse la testa. «Solo il tuo amore», disse.

«Ce l’hai», disse lui piano, e sapeva che era vero. Non sapeva bene quando fosse successo. Aveva scoperto durante la sua malattia che lui semplicemente non poteva sopportare di perderla, ma nell’ultimo mese tutto questo era diventato ancora più potente.

«E il mio è tuo», sussurrò lei.

«Bella, le selkie non … tu non puoi morire di questo, vero?» Le mise una mano sull’addome, desiderando poter sentire la piccola vita dentro di lei come poteva lei.

Scosse la testa. «Non siamo fragili come le donne mortali.»

«Oh, sia resa grazia a Dio», disse lui ferventemente. «Il mio Dio e il tuo dio, chiunque debba prendersi la lode.»

«Penso che forse sono lo stesso.»

«Piccola eretica», disse lui con leggerezza. «Devo parlare col tuo istitutore.» Jasper era arrivato due giorni prima e aveva passato un po’ di tempo con Bella, semplicemente conversando con lei in quel suo modo calmo e gentile, che insegnava anche quando la persona non si rendeva conto che dopo di quanto lui o lei avevano imparato.

Era stato difficile parlare a Jasper del segreto di Bella, ma Edward sapeva che doveva farlo, così che Jasper potesse capire e perdonare tutto quello che Bella avrebbe potuto dire.

«Una fanciulla selkie», aveva detto Jasper meravigliato quando capì che Edward non stava scherzando. «C’è così tanto che posso imparare da lei!»

«Tu dovresti insegnarle la nostra fede, non studiare la sua», aveva replicato Edward. «Deve imparare i nostri modi più velocemente possibile. Col fervore della nuova Regina, temo un ritorno alle persecuzioni.»

«Le persecuzioni non sono mai finite», replicò Jasper con leggerezza. «Si erano semplicemente trasformate in persecuzioni verso quelli che erano rimasti nella vecchia fede, come il povero Thomas.»

Edward abbassò lo sguardo. Jasper aveva ragione, naturalmente. Re Enrico aveva fatto passare una legge che rendeva illegale ‘deprivare’ il re di uno dei suoi titoli, e c’erano stati molti giustiziati per il ‘tradimento’ di rifiutare di riconoscere il Re come Capo Supremo della Chiesa d’Inghilterra al posto del Papa. Uno di loro era stato un caro amico di Jasper, Sir Thomas More. Era stato una delle menti più brillanti della sua epoca e aveva scritto un libro sulla società perfetta intitolato Utopia, che sarebbe stato letto per centinaia di anni in futuro.

Era così che un uomo poteva essere considerato leale semplicemente restando in silenzio su certe questioni (concetto conosciuto come ‘silenzio assenso’), ma Enrico aveva sentito che c’erano stati dei sermoni contro il suo potere di garantire a se stesso l’annullamento in quanto Capo Supremo, e aveva sentito anche di voci di insulti sussurrati contro la nuova Regina Anna. La ex-regina e sua figlia che lui aveva dichiarato bastarda, avevano ancora molto sostegno tra il popolo. Re Enrico si rodeva che potessero non accettare come suoi eredi i figli che avrebbe avuto con Anna.

Come risultato, decise di costringere chiunque in Inghilterra a prestare il giuramento che il suo matrimonio con Anna era legale e che solo i figli nati da questa unione erano legittimi, e che lui era il Capo Supremo della Chiesa d’Inghilterra. Thomas era un uomo profondamente religioso che si rifiutò di rinnegare quella che vedeva come l’autorità divina del Papa, e così finì sul patibolo, una perdita terribile per il mondo. Jasper era uno di quelli che avevano parlato e aveva abbandonato il Paese piuttosto che prestare un giuramento contro la sua coscienza.

Re Enrico aveva sempre visto se stesso come un cattolico, a parte delle questioni ‘minori’, e si allarmò quando le sue azioni diedero origine al Protestantesimo in Inghilterra. Sia i Protestanti che i cattolici della vecchia scuola che si rifiutavano di rinnegare il papa, finirono sul patibolo o al rogo sotto il regno di re Enrico. Dopo la sua morte, il giovane re fu disciplinato da un consiglio fortemente protestante, che intensificò le persecuzioni nei confronti dei cattolici. Il giovane re minacciò perfino la sua stessa sorella, Maria, provando a costringerla a conformarsi alle nuove leggi religiose.

Ora che la Regina Maria era sul trono, i Cattolici come Jasper erano tornati in favore e i Protestanti erano quelli che affrontavano le persecuzioni. Jasper, uno dei ‘martiri’ che erano rimasti fermi nella propria fede, probabilmente sarebbe stato ricompensato nel nuovo regime. Edward, che aveva un orientamento protestante, sperava tanto che la Regina Maria non scoprisse mai che si era ‘conformato’ durante il regno di suo fratello e aveva silenziosamente riportato la cappella alla sua cattolica opulenza, e ora Padre Jacob vi offriva messa tre volte al giorno.

Padre Jacob disprezzava Jasper, che vedeva troppo debole riguardo all’eresia e al peccato, ed era profondamente offeso che fosse stato scelto Jasper come confessore personale di Bella invece che lui stesso.

Bella e Jasper avevano passato gli ultimi due giorni nella camera da letto di lei e di Edward, in profonde discussioni sulla fede cattolica. Edward non aveva dubbi che Bella sarebbe uscita da questo ben preparata almeno a far finta in maniera convincente di essere una cattolica, se non veramente convertita.

Si voltò verso Bella e le prese la mano per aiutarla lungo il ripido sentiero. Poi ci ripensò e la prese in braccio, per paura che potesse inciampare e cadere. Bella rise gentilmente alla sua preoccupazione ma lo lasciò fare, mettendogli le braccia al collo e avvicinandosi per un bacio.

«Puoi capire se il bambino è un maschio?» le chiese.

Bella scosse la testa. «Tutto quello che posso sentire è la vita che cresce dentro di me. Tu non sarai … deluso se sarà un femmina, vero?»

Lui fece un gran sorriso. «Sarò felice comunque, ma penso che sia un maschio.»

Bella sorrise e lo baciò.

Nessuno dei due notò il viso alla finestra.

 

 

Edward annunciò che sua moglie aspettava un erede la sera seguente a cena. Con sua sorpresa, vide che Emmett non sembrava così contento della notizia. Era pallido e aveva l’aria malaticcia, non aveva quasi toccato cibo, nonostante ci fossero i suoi piatti preferiti. Tirò giù la sua birra e ne chiese un’altra, fissando il tavolo.

«Puoi rimandare il tuo matrimonio, ora, se lo desideri», gli disse Edward, sperando che questo lo rallegrasse un poco.

Emmett fece spallucce. Alzò un dito per tenere la birra e vuotò il boccale, allungandolo poi perché glielo riempissero. «Non me ne importa molto, comunque.» Le sue parole erano così impastate che Edward le capiva a malapena. Aveva spesso visto Emmett ubriaco negli ultimi anni, ma questo era eccessivo anche per lui. Quando si alzò per lasciare la tavola, cadde a terra e non sembrò importargliene. Non fece delle scuse né si lamentò scherzosamente che il pavimento fosse irregolare. Semplicemente si alzò, scacciando le mani di quelli che volevano assisterlo e uscì barcollando dalla stanza.

«L’ho visto raramente così», disse Edward a Bella, che stava finendo un robusto pasto a base di pastinaca e cavolo.

«Ha male al cuore», disse Bella. «Ho pietà di lui per il suo dolore.»

Jasper, in fondo alla tavola, posò il suo cucchiaio e guardò pensieroso Emmett che se andava. «Vostra grazia, posso?» Fece un gesto verso la porta da cui era uscito Emmett.

«Sì, prego, assistilo in qualunque modo tu possa.»

Quella sera, mentre lo svestivano per la notte, Bella entrò nella loro camera, pallida e scossa.

«Che novità?» chiese Edward allarmato. «È il bambino?» Ci era passato così tante volte con sua moglie, Mary, vedendola felice alla notizia della sua gravidanza solo per vederla poi andare in pezzi quando perdeva il bambino.

«No, il nostro bambino sta bene.» Bella guardò attorno ai domestici. «Andatevene, tutti quanti.»

I domestici obbedienti si ritirarono, uscendo dalla porta dopo essersi inchinati al duca e alla duchessa. Sarebbero rimasti appena fuori della porta, in attesa che fosse loro permesso rientrare.

Edward aveva indosso solo la sua camicia, che gli arrivava alle cosce. Bella lo invitò a sedersi sul letto accanto a lei e mise una coperta sulle sue gambe nude, per paura che prendesse un raffreddore. «Edward, ho sentito per caso qualcosa che non avrei dovuto.»

«Cosa intendi?»

Lei prese un respiro profondo. «Venivo dalla camera di Elizabeth dopo averla messa a letto e ho sentito delle voci provenire dalle camere della signora. Sapevo che nessuno avrebbe dovuto essere lì, quindi sono andata e ho sbirciato dalla porta. Era Emmett che parlava con Jasper.»

«Si stava confessando?» chiese Edward. «Se è così, devi rimanere in silenzio su qualunque cosa tu abbia sentito.»

Bella scosse la testa. «Non so se si stava confessando o no. Sembrava una conversazione ordinaria, non come quella che mi ha mostrato ieri Jasper. Non ho sentito niente in lastino.»

«Latino», la corresse Edward. «Bella, cosa hai sentito? Perché sembri così turbata?»

«Jasper gli ha detto che non poteva cercare assoluzione fino a quando non avesse confessato a te quello che aveva fatto, e Emmett ha detto che non avrebbe mai potuto dirtelo, quindi il peccato sarebbe rimasto sempre con lui, una macchia sulla sua anima.»

«Cosa non poteva dirmi?»

Bella prese tra le sue le mani di Edward. «Era Mary. La donna che lui amava era tua moglie.»

Edward si sentì come se l’avessero preso a pugni. La stanza girava intorno a lui, ed era grato di essere seduto. «B-Bella, sei sicura? Ne sei certa?»

Le lacrime riempirono gli occhi di Bella, e annuì. Edward si alzò, appoggiandosi alla spalliera del letto. «Ne sei certa?» chiese di nuovo. «Sei sicura che è quello che hai sentito?»

Bella annuì e le scesero le lacrime. «Mi dispiace, Edward, so come vi sentite voi umani a condividere.»

«Condividere?» ripeté lui.

«Condividere i vostri corpi», chiarì Bella. «Noi selkie amiamo i nostri bambini, non ha importanza chi sia il corpo-padre, ma so …»

Edward si sedette di nuovo e Bella si interruppe, qualunque cosa stesse per dire. Lo guardò ansiosa, masticandosi il labbro.

Lui si passò la mano tra i capelli. «Bella, stai molto attenta ad essere chiara con me. Stai dicendo che Eli…» dovette fermarsi e prendere un profondo respiro. «Mi stai dicendo che Elizabeth è figlia di Emmett?»

Bella annuì. «Ti avevo detto che non c’era vita nel tuo seme, non fino all’altra notte quando …»

«Ne sei certa?» ripeté di nuovo, incapace di accettare quello che stava sentendo. Doveva esserci un errore. Bella doveva aver capito male.

«Emmett ha detto che Mary non è mai rimasta incinta finché loro non hanno cominciato …» arrossì. «Be’, ha usato una di quelle parole che mi hai detto che non devo dire, ma intendeva finché non hanno cominciato a fare sesso insieme.»

«Scopare?» chiese Edward. «Ha detto che scopava Mary?»

Bella annuì, mordendosi il labbro così forte che apparvero delle goccioline di sangue.

Edward crollò, prendendosi la testa tra le mani. Tutto sembrava distante e vuoto, come se stesse facendo un brutto sogno, ma era reale, e aveva terribilmente senso. Si rialzò in piedi.

«Dove vai?» chiese Bella.

«Devo parlare con lui», disse Edward. «Devo parlare con Emmett.»

Gli occhi scuri ed espressivi di Bella erano preoccupati. «Edward, forse dovresti aspettare domattina.»

Lui scosse la testa. «Devo sentirlo da lui.»

Bella lo aiutò a vestirsi, le mani rapide e ormai pratiche. Edward camminò come un vecchio fino alla camera di Emmett. La porta era dischiusa e lui entrò silenziosamente. Emmett era stravaccato su una seggiola di fronte al fuoco, un boccale di birra appoggiato sullo stomaco.

Edward si sedette dalla parte opposta e prese la brocca di birra sul pavimento accanto a Emmett, prendendone un gran sorso. Era la prima volta nella sua vita che beveva da un contenitore che non fosse una coppa d’oro o d’argento. Immaginò che ci fosse una prima volta per tutto, incluso scoprire che tua moglie e tuo fratello ti hanno tradito.

«Finalmente l’hai capito, vero?», disse Emmett, la voce sorda.

«Bella ha sentito per caso la tua conversazione con Jasper.»

Emmett non disse nulla. Continuò a bere.

«Come hai potuto?» chiese Edward. «Il mio stesso fratello …»

«La amavo, e lei amava me», disse Emmett.

Un dolore acuto attraversò Edward, come se il suo cuore fosse stato tagliato con un rasoio. «Pensavo che amasse me.»

«Ti amava. Ma amava anche me. Era difficile per entrambi, sapendo che ti tradivamo, sapendo quanto ne avresti sofferto se l’avessi scoperto.»

«Ma non abbastanza da fermarvi.»

«No, non fino a quel punto.»

Edward chiuse gli occhi. «Per quanto tempo?»

«Cinque anni, più o meno. Io l’ho amata dal giorno che l’hai portata qui, ma mi sono trattenuto per quanto ho potuto. Ricordi quando andasti a corte l’ultima volta?»

Edward ricordava. Era la tarda estate del 1548. Gli era stato chiesto di andare e sostenere il giovane re perché il consiglio era in subbuglio. Thomas Seymour, zio del giovane re, aveva sposato l’ultima delle mogli di re Enrico, Katherine Parr. Tutti i figli di re Enrico l’avevano amata e la Principessa Elisabetta viveva con lei dopo la morte di suo padre. Katherine era in avanzato stato di gravidanza quando scoprì che Thomas tentava di sedurre la principessa quattordicenne, e poco dopo era morta di parto, qualcuno diceva di crepacuore. Thomas aveva poi tentato di farsi sposare da Elisabetta, ma lei saggiamente aveva detto che doveva avere il permesso del consiglio. Il consiglio, allarmato, aveva allora cominciato a frugare tra gli affari di Thomas e lo accusò, benché con scarse prove, di appropriazione indebita dal patrimonio.

Thomas, realizzando che era in un mare di guai, aveva fatto irruzione nell’appartamento del giovane re con un’arma, con l’idea di far ascoltare al re la sua versione dei fatti. Sparò a uno dei cani di Edward che aveva provato a morderlo per difendere il suo padrone dall’intruso. Il rumore allertò le guardie che lo arrestarono e lo mandarono nella Torre. Fu giustiziato poco dopo.

La bambina che la regina Katherine era morta per dare alla luce, avrebbe dovuto essere ben provvista, ma il testamento di Katherine aveva lasciato tutto al marito traviato. Quando era stato accusato di tradimento, la sua fortuna era stata confiscata dalla Corona. La povera bambina fu lasciata in povertà e affidata ai parenti, che erano risentiti per l’enorme spesa che comportava prendersene cura adeguatamente. Come figlia di una regina, la bambina doveva essere vestita in modo appropriato e avere una casa con i propri servitori. Edward non fu sorpreso quando sentì che la bambina era morta all’improvviso.

«È stato allora che è cominciata», gli disse Emmett. «Venne da me nel cuore della notte.»

«Le sue domestiche dovevano saperlo», disse Edward, la voce così bassa che poteva benissimo star parlando con se stesso.

«Credevano che fosse il motivo per cui le hai allontanate dal servizio dopo che era morta Mary.»

Edward scosse la testa lentamente. Bevve ancora dalla brocca.

«Perse il bambino», continuò Emmett. «Eravamo tutti e due addolorati da questo, ma pensavamo che fosse la punizione di Dio per i nostri peccati. Ma io non riuscivo a fermarmi, e Mary voleva così tanto un bambino. Provai a resisterle, Edward. Ti giuro che ci provai.»

«Ci provai anch’io», disse Edward. «Vedevo come la rendevano debole gli aborti.»

«Io l’ho uccisa», disse Emmett. «L’ho uccisa con la mia lussuria e la mia debolezza.»

Edward, che aveva pensato lo stesso di se stesso, lo capiva.

«Provai ad uccidermi, dopo, sai», disse Emmett con nonchalance. «Volevo andare all’inferno, come mi meritavo. Andai nella stalla e saltai dal fienile con una corda stretta al collo. La corda si ruppe. Non ebbi il coraggio di riprovare.»

Edward ricordava che Emmett aveva avuto mal di gola ed era rimasto a letto per una settimana dopo il funerale di Mary. Lui era troppo depresso per prestargli molta attenzione, al tempo.

«Non ti chiederò di perdonarmi.» Emmett vuotò il suo bicchiere, prese la brocca dalle mani molli di Edward e se ne versò ancora. «Cristiano come sei, ti sentiresti obbligato a farlo, ma questo ti mangerebbe dentro come l’oceano erode la pietra. Me ne vado, vado nelle mie proprietà.» Emmett, come secondo figlio, aveva ereditato il titolo secondario del loro padre, Visconte Lisle, e le proprietà corrispondenti.

Edward annuì. «Sarebbe la cosa migliore.» Si alzò in piedi su gambe tremanti e andò alla porta. «Elizabeth è mia figlia», disse, gli occhi che brillavano pericolosamente, come se stesse sfidando Emmett a sostenere il contrario.

«Sì, lo è», replicò Emmett, fissando il fuoco mentre beveva dal suo bicchiere. «Congratulazioni per il bambino in arrivo. Sapevo che la magia selkie di Bella ti avrebbe guarito.»

«Dannazione a te», disse Edward. «Dannazione a te. Sappilo: io non ho un fratello.»

Emmett annuì. «Addio, Edward. Che Dio sia con te.»

Edward sbatté la porta dietro di sé. Bella era nel corridoio e Edward era così accecato dalla rabbia che gli andò addosso prima di vederla. Guardò nei suoi occhi dolci e compassionevoli e la sua rabbia svanì. «Perdonami, Bella. Non ti avevo visto.»

«Vieni a letto», lo implorò lei.

Lui scosse la testa. «Non riuscirei a dormire. Voglio camminare.»

«Allora camminerò al tuo fianco», disse lei. «Dove è il mio posto.»

«Grazie», disse Edward, e le prese il braccio.

Tante cose avevano senso, adesso. Non era strano che Mary fosse così desiderosa di confessarsi prima di morire. Lui aveva odiato dover stare lontano da lei anche per poco mentre lei scivolava via sempre più, ma aveva ceduto alla sua richiesta. Erano stati solo pochi minuti dopodiché gli era stato concesso di rientrare in camera, prima che morisse e lui era arrabbiato di aver perso quei pochi, preziosi momenti con lei, ma questo le aveva permesso di morire in pace.

Ed Emmett, era rimasto nel corridoio fuori della stanza di lei mentre Mary esalava l’ultimo respiro. All’epoca, Edward era stato toccato dalla veglia di suo fratello, pensando che fosse per suo conto e in suo nome. Ora sapeva che le cose stavano diversamente. Era lo stesso posto che avrebbe occupato lui, se le loro posizioni fossero state scambiate. Edward sentì un piccolo piacere meschino sapendo che tormento doveva essere stato per Emmett vedersi negare il posto al suo fianco in favore dell’uomo che lei aveva sposato. La piccola voce dentro di lui che sempre lo spingeva verso il bene protestò, ma lui la mise a tacere con cattiveria.

Se l’avesse saputo allora, avrebbe odiato Elizabeth come era stato così tentato di fare? Non l’avrebbe tenuta e non avrebbe sentito tutto l’amore che era fiorito nel suo cuore quando aveva guardato per la prima volta quella che pensava fosse sua figlia? E allora avrebbe perso tutta la gioia che aveva portato nella sua vita. Aveva tratto conforto da lei, anche se non era mai stato capace di essere così affettuoso come sarebbe stato necessario per lei. Ora, guardandola, avrebbe visto i tratti di Emmett sul suo viso? No, decise. Non sarebbe andata così. Non avrebbe permesso alle rivelazioni di Emmett di guastare il rapporto con sua figlia. Non la amava di meno; sarebbe stata sua per rivendicazione, se non per sangue.

Lo sguardo preoccupato di Emmett quando Edward aveva scoperto di non poter avere figli … Emmett non era preoccupato di dover essere l’erede di Edward con tutto quello che ne conseguiva. Era preoccupato che Edward immaginasse di essere sempre stato infertile.

«Edward?» Era Jasper che scendeva nell’atrio verso di lui. Edward sospirò. «Jasper, ti prego, non sono dell’umore di sopportare una lezione sulla famiglia e il perdono.»

«Bene, perché io non sono dell’umore di dartene una», replicò Jasper. «Volevo solo controllare che fossi … be’, ero preoccupato che potessi ammazzarlo, francamente.»

Edward scosse la testa. «Si sta ammazzando da solo piuttosto bene, a forza di bere. Avevo idea di lasciarlo fare a modo suo.»

«Si sente orribile», disse Jasper, cominciando a camminare al loro fianco.

«Deve», disse Edward bruscamente.

«Edward, ascoltami», disse Jasper. «Temo che ci sia una tempesta in arrivo. Io non so cosa sarà, ma ho paura che saranno tempi bui. Tu hai bisogno di tutti gli alleati possibili. Non mandare via Emmett, per il bene della tua famiglia, se non per il tuo.»

Edward emise un lamento. «Jasper, non credo di avere lo stomaco di guardarlo ogni giorno al tavolo da pranzo.»

«Allora digli di consumare i pasti nella sua stanza.»

«Jasper …»

«Edward, se hai mai ascoltato qualcosa che ho detto, fai attenzione a quello che ti dico adesso. Verranno giorni in cui avrai bisogno di lui al tuo fianco.»

«Tu come lo sai?» chiese Edward sospettoso.

Jasper scosse la testa. «Non lo so. So solo che lo sento nelle mie ossa.»

«Va bene, lo concedo», disse Edward. «Parla con lui. Digli di stare lontano da me.»

Jasper sembrò sollevato. Annuì e si spostò di lato, lasciando Bella e Edward andare avanti da soli. Edward continuò a vagare attraversando il cortile della magione verso i campi. Teneva Bella per mano. Aveva sempre tratto della consolazione dalle sue passeggiate, ma ora non avrebbe mai più dovuto camminare da solo.

 

 

 

 

 

Note storiche

-          Un codpiece (tradotto conchiglia) era qualcosa di simile alle moderne “coppe” usate dagli atleti, indossato sopra la calzamaglia. All’inizio servivano solo a coprire i genitali, ma durante il regno di Enrico VIII divennero enormi e falliche, sporgendo in fuori e sopra. Quella sull’armatura di Enrico era decisamente allarmante.

-          Un confessore era il sacerdote personale di un nobile, a cui poteva confessare in privato i suoi peccati e chiedere consigli in materia di religione.

-          Sir Thomas More è uno dei miei personaggi preferiti nella storia dei Tudor. Era un uomo veramente brillante, figlio di un avvocato e molto ben educato per i tempi. In un periodo in cui l’educazione femminile era qualcosa di vincolato ai nobili, lui si assicurò che le sue figlie fossero altamente  educate. La sua Utopia è uno stupefacente slancio di immaginazione e creatività, contenente concetti avanti di centinaia di anni il suo tempo. E’ un racconto in cui il popolo vive in una nazione di proprietà comuni, uguale educazione per i due sessi, una meritocrazia che sceglie i governanti basandosi sui risultati scolastici, cure mediche gratis e tolleranza religiosa (anche se non per gli atei). Inventò un alfabeto, una poesia, un nuovo codice penale e una cultura. Thomas More servì come cancelliere di Enrico VIII, che lo rispettò e lo amò, anche se questo non bastò a salvarlo quando si rifiutò di giurare sull’Atto di Supremazia, negando l’autorità del Papa. Il re fu comunque abbastanza misericordioso da commutare la condanna ad essere squartato nella semplice decapitazione. Le ultime parole di More furono che lui moriva come servitore leale del re, ma Dio veniva prima.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/7/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  7

 

Padre Jacob si mise seduto all’improvviso sul letto boccheggiando e guardò velocemente la stanza intorno a lui per assicurarsi di essere solo. Un sogno. Solo un sogno.

Era aggrovigliato nelle lenzuola appiccicose e si buttò di nuovo giù con un gemito. Maledetta quella strega! Qualunque incantesimo avesse scagliato su di lui, era potente. Era dalla sua gioventù che non era così afflitto da sogni carnali.

Aveva pregato. Aveva digiunato. Aveva indossato un cilicio sulle ferite causate dalla sua autoflagellazione, ma per qualche ragione, Dio permetteva che l’incantesimo della strega gli rimanesse addosso. Il suo compito adesso era determinare perché, quale lezione Dio volesse impartirgli o quale azioni voleva che intraprendesse.

Abbastanza ironicamente, era cominciata con una preghiera. Jacob era andato nella stanza della torre nord, quella che si affacciava sul mare. Probabilmente era l’unica persona che era stata lì da decenni, il che la rendeva perfetta per le sue devozioni private. La maggior parte della notte era rimasto steso sulla fredda pietra, le braccia aperte, mentre pregava. Dio una volta gli aveva mandato una visione e adesso si sforzava di averne un’altra. L’anima immortale del duca era in pericolo e Jacob non sapeva come raggiungerla.

Aveva visto Edward scivolare sempre più profondamente nell’eresia protestante. Ben presto sarebbe stato troppo tardi per raggiungerlo. Sarebbe stato perduto. Non si presentava neanche più a quelle abominevoli funzioni protestanti, più Padre Jacob lo implorava di intendere ragioni, più il duca si allontanava.

Jacob sapeva che doveva la sua posizione qui a sua cugina, Mary. Lei aveva insistito perché Edward lo nominasse cappellano, e già allora, aveva capito che Edward sarebbe stato una sfida. Mostrava poco interesse nelle materie spirituali. E guarda che risultati aveva portato la sua tiepida fede! Mary, a confessare i suoi detestabili peccati sul letto di morte e Edward ora sposato a una strega pagana. Invece di nominare qualcuno, come lui, che avrebbe potuto trasformarla in una donna cristiana timorata di Dio, Edward aveva nominato quello stolto, Padre Jasper, come suo confessore.

Quando Padre Jacob si era rialzato dal pavimento di pietra, l’aveva visto attraverso la finestra aperta: una visione di Eva, ma non l’Eva innocente del giardino. Era Eva dopo la Caduta, la sua nudità intesa a suscitare la lussuria in chiunque la vedesse. La nuova duchessa era nuda sulla spiaggia, sfacciata, spudorata. All’inizio, Padre Jacob aveva pensato che i suoi occhi lo ingannassero, ma era vero. Aveva dato loro un’occhiata migliore quando erano tornati in casa. Nella distanza, non era riuscito a vedere tutti i dettagli delle sue forme, ma abbastanza da rendere i suoi sogni dolorosamente realistici. E con suo stupore, il duca l’aveva incontrata nell’acqua e i loro corpi si erano uniti nella danza sensuale, antica come l’umanità stessa.

C’era qualcosa di innaturale in quella donna, ma Padre Jacob non sapeva cosa fosse. Aveva avuto raramente la possibilità di interagire con lei e studiarla. Lei sembrava temerlo come uno assediato dai demoni dovrebbe temere un uomo di tale pura fede. Come aveva convinto Edward a partecipare a quel rito pagano cui aveva assistito? Sebbene Edward avesse deviato dalla retta via, avrebbe dovuto riconoscere la stregoneria quando la vedeva, e sapere che nessun cristiano decente si impegnerebbe in relazioni carnali all’aperto sotto la luna.

Ma lì stava il problema. Se avesse denunciato lei per eresia, anche il duca sarebbe stato preso, a dispetto delle mancanze di Edward, Padre Jacob pensava che fosse ancora redimibile, se solo gli avessero mostrato i suoi errori atroci. Ma non la donna. Più a lungo durava l’incantesimo, più Padre Jacob si convinceva che non fosse semplicemente una pagana eretica: lei era il male.

Finché non fosse riuscito a distruggere quel male, doveva combatterlo da solo. Doveva restare puro e santo, rafforzando il suo spirito digiunando e mortificando la sua carne disobbediente. Forse avrebbe dovuto intraprendere un pellegrinaggio. Il suo cuore si alleggerì all’idea. Sarebbe ritornato più forte, pronto a dare battaglia per le anime di tutti quelli che dimoravano in questa proprietà.

Dio lo aveva preservato dalle persecuzioni durante il regno del giovane re, nonostante avesse parlato spavaldamente contro le riforme. Padre Jacob non biasimava il povero giovane re, perché i suoi malvagi consiglieri avevano governato per mezzo di lui, e il ragazzino era semplicemente troppo giovane per capire, non essendogli mai stata svelata la Vera Fede. L’anno scorso, lo scellerato Arcivescovo Cramner aveva riscritto il Libro delle Preghiere Comuni (Book of the Common Prayer) che aveva corrotto la messa e l’aveva resa irriconoscibile, negando la presenza letterale del sangue e del corpo di Cristo nella Comunione. Era certo che la regina Maria, una donna buona e santa, avrebbe fatto bruciare quel Cramner per le sue azioni malvagie, e la Vera Fede sarebbe stata restaurata in Inghilterra.

Avrebbe aspettato il suo tempo. La mano di Dio era all’opera e presto il suo sentiero sarebbe stato sgombro.

 

 

Edward fissò la lettera che teneva in mano e la lesse per la terza volta, finché le sue mani tremarono così forte che le parole si sfocarono sulla pagina di fronte a lui.

Cugino, mi meraviglia molto la notizia che mi è giunta del tuo matrimonio, poiché ti ho sempre pensato come un temperamento non dedito a simili azioni spavalde e sconsiderate.

Di lì in avanti, non andava meglio. Maria lo rimproverava per essersi approfittato della ‘confusione’ per la morte del giovane re e del regno di breve durata di Jane Grey e gli ricordava che la sua prossimità al trono rendeva il suo matrimonio un affare di stato. Gli ordinava di presentarsi, lui e la sua nuova moglie, a Westminster Palace, in modo da poter esaminare la situazione più accuratamente. Edward lasciò cadere la lettera che fluttuò sul pavimento, arrotolandosi lungo le sue pieghe, lasciando solo la firma «Marye the Quene» visibile. Si sedette pesantemente sulla sua seggiola, la faccia tra le mani. Cosa doveva fare?

Il messaggero reale aspettava fuori per una risposta. Edward avrebbe dovuto dare l’unica possibile risposta all’invito della regina. Doveva portare Bella a corte. Poteva guadagnare un po’ di tempo, forse una settimana, poi sarebbero dovuti partire per raggiungere Londra in tempo per l’incoronazione della regina. Lei voleva incontrare Bella, la supposta principessa del Nuovo Mondo. Cosa doveva fare? Bella sarebbe deperita, a corte. Era una vita in cui lui era nato, e lo stesso la trovava soffocante.

Bella entrò nel suo ufficio dopo aver bussato. «Mio signor marito? Desideravi vedermi?»

«Chiudi la porta, Bella», le disse piano. Lei lo fece, uno sguardo confuso sul viso. Lui si alzò, attraversò la stanza e la prese tra le braccia. Il corpo di lei era duro e rigido, per via di tutti gli strati che indossava e il suo copricapo gli impediva di nascondere il viso nei suoi capelli come avrebbe voluto, ma la tenne stretta, fremendo.

«Edward, che c’è? Cosa c’è che non va?»

Lui la guardò in viso, in quei suoi grandi occhi morbidi. Era stata così brava. Aveva l’aspetto sano e vibrante che aveva quando lui l’aveva catturata, e la gravidanza sembrava accordarsi così bene con lei. Non aveva nessuno dei malanni che avevano afflitto sua moglie ad ogni … Scacciò il pensiero dalla sua mente. Si rifiutava di pensare ancora alla sua prima moglie.

Aveva pianto il suo matrimonio durante quella passeggiata con Bella dopo il confronto con Emmett. Aveva pianto la morte di un’illusione, il matrimonio felice che credeva di essere stato così fortunato di avere, non era che una menzogna. E tra le braccia di Bella, seduto su un tronco caduto, aveva pianto le sue ultime, amare lacrime.

Un altro colpo alla porta, ed entrò Emmett. Edward si irrigidì. Emmett era stato una presenza invisibile in casa, nelle ultime settimane, evitando Edward come richiesto. Nella sua mano Edward vide una lettera che portava la stessa calligrafia di quella che aveva appena ricevuto e lui alzò lo sguardo su Emmett con timore.

«Si è rivolta a me come Visconte di Lisle e chiede perché non l’ho informata del tuo matrimonio», disse Emmett. «Penso che sia perfino più arrabbiata con me che con te.»

«Chi?» chiese Bella, gli occhi che guizzavano avanti e indietro tra i due, mentre cercava di capire quale fosse il problema.

«La Regina ci ordina di presentarci a corte, Bella. Tutti e tre.»

«Oh.» Bella si sedette su una delle seggiole, gli occhi sgranati.

Anche Emmett si mise seduto con un sospiro. «Vuole sapere perché non ho menzionato il tuo matrimonio nella lettera che le ho scritto chiedendole il permesso per il matrimonio con Lady Kathryn, la figlia dei Conti di Hale. Io non mi ricordo neanche di averle scritto una lettera.»

«Forse la tua memoria funzionerebbe meglio se non bevessi fino a svenire ogni giorno», disse Edward brusco. Si passò la mano tra i capelli, spettinandoli più del solito. «Sapevo che prima o poi l’avrebbe scoperto. Non ha la rete di spie della Principessa Elisabetta, ma questo tipo di notizie viaggia in fretta. Mio Dio, ho il terrore di andare a corte e affrontarla.»

«Scrivile e dille che tua moglie è gravida e non può viaggiare», suggerì Emmett.

«Sua madre combatté la guerra contro la Scozia mentre era incinta. Dubito che lo accetterebbe, e diventerà solo più rabbiosa se pensa che cerco di evitare la sua convocazione.»

«Allora andremo», disse Bella.

«Bella, tu non sei mai stata a corte, quindi non capisci cosa ti stai impegnando a fare. È affollata, sporca, rumorosa e il mare è miglia e miglia lontano. Non voglio che tu languisca di nuovo.»

«Non succederà.» I suoi occhi andarono a Emmett. «Ne discuteremo più tardi, marito, ma ti assicuro che starò bene.»

«Non so quando ci lascerà ripartire», la avvertì Edward. Non disse a Bella che c’era la possibilità che li buttasse nella Torre come traditori. Non pensava che la Regina Maria avrebbe dato quell’ordine per via di quel lato morbido e sentimentale che aveva riguardo la famiglia, ma non poteva garantire niente. Le sue regole non erano ancora stabilite.

Bella annuì. «Capisco.»

Lui sospirò. «No, non credo che tu capisca, ma capirai.»

 

 

La casa fu messa sottosopra per i preparativi del viaggio. I vestiti di corte che erano appartenuti alla prima moglie di Edward dovettero essere modificati per le forme più piccole di Bella e per essere più alla moda. Fu impiegato un esercito di sarte e Bella passò ore infinite a misurare.

Quello che preoccupava di più Bella sul fatto di andare a corte, era che Elizabeth non sarebbe andata con loro. Edward provò a spiegare che tutti sapevano che la corte era malsana per i bambini, ma senza risultato. Bella aveva pianto, poi era scappata via, e poi aveva pianto ancora, ma Edward rimase fermo nel suo rifiuto. La corte non era posto per una bambina, e comunque, Bella avrebbe avuto ben poco tempo da passare con lei.

I contratti per il matrimonio di Emmett erano ancora in corso di negoziazione, ma la cugina della sua promessa era già arrivata per essere dama di compagnia di Bella, appena in tempo per il viaggio a corte. Lady Mary Alice Brandon era una lontana cugina di Edward (quasi tutti i nobili in Inghilterra erano imparentati in un modo o nell’altro) e aveva servito come dama di corte la regina di Francia, Caterina de’ Medici. Dato che aveva la madre e un’altra sorella di nome Mary, le avevano dato un secondo nome, Alice.

Era diversa da suo cugino, Jasper, quanto è possibile esserlo. Dove lui era alto, biondo e di temperamento calmo, Alice era piccola, scura ed eccitabile, una creatura simile a un folletto, i capelli tagliati corti per via di una febbre che aveva sofferto mentre era in Francia. Quella malattia era ciò che aveva consigliato a suo padre di richiamarla a casa. Il tempo a servizio della regina francese aveva dato ad Alice uno smalto continentale. Era aggraziata e alla moda come una francese e in grado di insegnare a Bella le danze in voga al momento, così come di consigliarla sui vestiti e le pettinature. Aveva una piacevole, entusiastica disposizione, e a Bella piacque immediatamente.

Gli appartamenti a corte non erano ammobiliati, quindi la casa del Duca fu imballata, tutto, dai tappeti all’argenteria. Il grande letto del duca fu smontato e imballato su uno degli innumerevoli carri necessari a portare le tonnellate di equipaggiamento necessari all’appartamento di un duca. Così come nella sua casa, tutto nei suoi appartamenti doveva mostrare la ricchezza e la grandeur degli occupanti ed essere acconcia ad un uomo di sangue reale. I carri carichi erano troppo pesanti per essere trascinati dai cavalli, quindi vi vennero aggiogate coppie di buoi, che faticavano quando i carri, spesso, affondavano nelle strade fangose.

Le strade inglesi erano notoriamente pessime. Teoricamente, dovevano essere mantenute in buono stato dal proprietario delle terre che attraversavano, ma pochi lo facevano veramente. In genere, l’unico momento in cui questo veniva fatto, era quando si annunciava che un convoglio reale sarebbe passato per quella strada. Chiunque viaggiasse, si aspettava ritardi per i carri che affondavano nel fango e assi che si rompevano per le buche.

Edward e Bella viaggiavano in una lettiga, un mezzo a forma di scatola ornata che aveva sotto dei pali, sostenuta da cavalli davanti e dietro. Un servitore camminava di fianco e portava le briglie di ogni cavallo. Dentro, l’alloggiamento era foderato con cuscini di velluto e le cortine laterali potevano essere tirate se gli occupanti desideravano guardare fuori o essere visti dai contadini che lasciavano il loro lavoro e correvano ad allinearsi lungo la strada per guardare la splendida parata di passaggio. Emmett cavalcava vicino a loro su uno dei suoi cavalli preferiti, ondeggiando un po’ sulla sella mentre beveva da una fiaschetta di brandy.

Alice viaggiava su un carro insieme agli altri domestici di alto rango. Bella era preoccupata per lei, perché i servitori erano profondamente invidiosi di ogni promozione o favoritismo, e se uno dello stesso rango avesse pensato di dover ottenere la ambita posizione di dama di compagnia, Alice poteva essere soggetta ad ostilità e vere e proprie cattiverie. Ma se Alice aveva avuto problemi, non ne parlò con Bella quando si fermarono per la notte.

Un esercito di guardie armate cavalcava di fianco al convoglio. I banditi erano sempre una minaccia e i carri del Duca contenevano abbastanza ricchezza da finanziare un piccolo stato. In realtà, al momento, era più ricco della Corona. Enrico VIII era giunto sul trono come uno dei monarchi più ricchi d’Europa, grazie alle attente politiche fiscali di suo padre. Ma Enrico aveva dilapidato la ricchezza nella costruzione di palazzi, in rovinose guerre di vanità e in una corte opulenta. Quando aveva chiuso i monasteri e confiscato ricchezze e decime, aveva disperatamente bisogno di denaro. Ma anche quell’impressionante afflusso di ricchezza non fu sufficiente. Quando morì, l’Inghilterra era in bancarotta, e adesso la regina Maria doveva affrontare dei seri problemi di bilancio. Era un altro motivo per cui Edward temeva la sua ira verso il suo matrimonio. Avrebbe potuto essere tentata di dichiararlo un traditore e confiscare le sue proprietà per rendere la nazione fiscalmente solvente, almeno per un po’.

Durante il viaggio, si fermavano in locande lungo la via. Ogni sera, parte degli averi di Edward veniva disimballato e usato per rendere le stanze della locanda accettabili per gli occupanti. Chiunque avesse affittato quelle stanze veniva cacciato frettolosamente quando arrivava il Duca. Maiali e bestiame che era stato ingrassato per l’inverno veniva macellato per nutrire il largo seguito di domestici. Polli e oche venivano sequestrate ai vicini, pagate a prezzi bassi dal dispensiere di Edward, il che faceva brontolare i residenti dietro le porte chiuse. Quando la carovana si muoveva, la zona veniva lasciata priva di cibo, anche se alla gente veniva dato un po’ di denaro per rimpiazzare quello che era stato consumato. Edward, naturalmente, non aveva idea di quanto pagasse il suo dispensiere.

Fu un viaggio lungo e lento e quando raggiunsero Londra, Bella era decisamente stufa. Edward la osservava con ansia, ma lei gli assicurò che non sarebbe languita di nuovo. Una magia potente proteggeva le selkie quando aspettavano un bambino e gli effetti duravano almeno per un anno mentre allattavano il figlio. Questa cosa, in se stessa, era una zona di controversia tra loro. Le signore del rango di Bella non allattavano i propri figli, ma Bella si rifiutava di prendere in considerazione l’idea di una balia. Edward aveva lasciato cadere l’argomento, sperando che dopo l’arrivo del bambino, Bella sarebbe stata più bendisposta.

Arrivarono alla Torre, dove Maria teneva corte fino a dopo l’incoronazione, intorno all’ora di cena. La servitù arrivò a scaricare i carri del Duca e a sistemare le sue stanze, mentre i domestici che avevano viaggiato si allontanarono per trovarsi un pasto. Il maggiordomo della Regina li incontrò mentre entravano, dichiarando semplicemente che Sua Maestà desiderava vederli immediatamente. Edward provò ad obiettare, osservando che lui e sua moglie erano impolverati per il viaggio e non appropriatamente vestiti per incontrare la Regina, ma il maggiordomo insisté. Emmett smontò da cavallo, ma il maggiordomo lo bloccò. «Con voi parlerà più tardi»

Emmett deglutì.

Edward e Bella furono condotti alla stanza che veniva usata come camera privata della Regina. La Torre serviva sia da prigione che da palazzo. Lady Jane Grey e suo marito erano ancora alloggiati là dentro, e Jane poteva vedere chi andava e veniva dalla corte dalla sua finestra. Era consuetudine che il nuovo monarca passasse almeno una notte prima dell’incoronazione nei lussuosi appartamenti reali della Torre, ma Maria aveva deciso di farne la base operativa fino all’incoronazione. Sottaciuto era il fatto che la Torre era la più sicura e difendibile delle residenze reali.

Trovarono la Regina Maria sotto un baldacchino che cenava da sola. I servitori erano in piedi dietro la sua seggiola, se la Regina avesse avuto bisogno di qualcosa mentre mangiava. Uno di loro teneva una brocca di vino per riempire di nuovo la coppa ad ogni sorso e un altro era inginocchiato al suo fianco con un tovagliolo e una ciotola. Erano così onnipresenti, i domestici, che i nobili parlavano apertamente di fronte a loro, perfino di questioni segrete. Si dimenticavano semplicemente che fossero là, come se fossero parte del mobilio. Se uno voleva sapere i segreti di un nobile, corrompere uno dei suoi domestici funzionava quasi sempre.

Edward e Bella si inginocchiarono di fronte alla Regina, le teste chinate. Edward aspettò, ma la Regina non li invitò ad alzarsi. Continuò a mangiare, trafiggendo col coltello la carne nel suo piatto. Dopo ancora qualche boccone preso con rapidi movimenti, lei sbottò. «Cosa dici, cugino?»

«Dico prima di tutto che il mio cuore è rallegrato di vederti di nuovo, e di trovarti in buona salute», disse Edward. Non vedeva la Regina Maria da qualche anno, e vide che quegli anni non erano stati particolarmente gentili con lei. Aveva trentasette anni, adesso, e si vedeva. Sulla faccia portava le ombre della sua vita dura, la pelle giallastra con rughe attorno alla bocca tesa. I suoi capelli, un tempo dello stesso biondo rossiccio della Principessa Elisabetta, si erano scuriti negli anni fino a una sfumatura simile al bruno ruggine di Edward, e avevano ormai delle strie di grigio.

La Regina Maria era cresciuta in quello che lei ricordava come il regno delle fate. Nei suoi anni giovanili, i suoi genitori avevano avuto un matrimonio affettuoso, con suo padre che occasionalmente sorprendeva sua madre con grandi, romantici gesti. Era giocoso con lei, vestendosi come un contadino per “assaltare” la camera della regina, ordinandole di danzare con l’affascinante straniero, e la Regina Katherine fingeva sempre di non riconoscerlo finché non si toglieva la maschera.

Ma quando arrivò ai sedici anni, tutto cambiò. Suo padre era scontento per la mancanza di un erede maschio, poi Anna Bolena era arrivata e l’aveva stregato. Decise all’improvviso che il suo lungo e relativamente felice matrimonio era stato maledetto da Dio perché aveva sposato la vedova di suo fratello. Mandò la Regina Katherine in un ammuffito, umido e semidimenticato castello, lontano da sua figlia. Non si sarebbero mai più riviste. La madre della Principessa Maria morì prima che lei potesse convincere suo padre a farle incontrare la madre un’ultima volta.

Maria reagì alla tensione ammalandosi e per quasi tutto il resto della sua vita sarebbe rimasta malaticcia, combattendo emicranie, intensi crampi mestruali e periodi irregolari, disturbi di stomaco, palpitazioni cardiache e attacchi di panico.

Il Papa rifiutò di concedere a suo padre l’annullamento che voleva, il che poteva avere a che fare col fatto che Roma era stata appena invasa e conquistata dal nipote della Regina Katherine, l’Imperatore Carlo V. Per sette anni Enrico lottò con le autorità religiose per ottenere l’annullamento che voleva e quando alla fine il Papa si rifiutò definitivamente di concederglielo, suo padre decise che lui era capo della chiesa d’Inghilterra, non il Papa, e il servizievole Arcivescovo Cramner dichiarò non valido il suo ventennale matrimonio. Re Enrico dichiarò bastarda sua figlia, rendendola un’intoccabile nel mercato dei matrimoni reali.

Per molto tempo, la Principessa aveva resistito, rifiutandosi di ammettere che il matrimonio dei genitori non fosse valido. Per tre anni, lei e suo padre non si parlarono. Lui in precedenza l’aveva amata e coccolata, ma adesso rispondeva trattandola in modo sempre più crudele, provando a costringerla a piegarsi ed ammettere che lei era il frutto illegittimo di un’unione non valida. I parenti cattolici del continente della Principessa Maria la esortavano a rimanere salda nel suo rifiuto ed escogitarono anche qualche piano senza successo per ‘salvarla’ e portarla all’estero. Ma Maria dovette cedere, alla fine, firmando un documento in cui ammetteva di essere una bastarda e negava l’autorità del Papa sulla Chiesa d’Inghilterra. Dopo quello, il padre la riaccettò, ma i loro rapporti non furono mai più affettuosi come un tempo.

Quando Anna Bolena ebbe una figlia, la Principessa Elisabetta, Maria fu mandata da lei come dama di compagnia,  una deliberata e crudele umiliazione per la un tempo orgogliosa Principessa Maria. Nonostante tutto, Maria amava la bambina che l’aveva soppiantata nel cuore di suo padre. La loro relazione fu sempre politicamente aspra, spesso a causa delle trame di altri, ma Maria amava ancora la ragazzina dai capelli rossi, così come amava suo fratello, il Principe Edoardo, quando nacque dalla sostituta di Anna Bolena. Il Principe Edoardo ricambiava il sentimento, avendole scritto una volta che la amava più di tutti i suoi parenti.

Ma Enrico VIII era morto prima che il Principe Edoardo fosse completamente cresciuto, quindi fu affiancato da un consiglio di reggenza che era fortemente protestante, che sostanzialmente bandì il cattolicesimo con una serie di nuove riforme religiose. La relazione del giovane re con la sorella era diventata difficile, perché la Principessa Maria si rifiutava di abiurare la sua fede cattolica. Fece arrestare alcuni dei suoi servitori, ma non la Principessa stessa, per aver presenziato alle messe nella cappella privata di lei, e una volta la ridusse alle lacrime di fronte all’intera corte con un tagliente rimprovero per il suo mancato rispetto della legge.

La Principessa Maria si era riferita a se stessa come ‘la lady più infelice della cristianità’ e quella tristezza aveva lasciato in lei il suo marchio. Ciò che desiderava di più era far ritornare l’Inghilterra ciò che era durante la sua magica infanzia, una nazione felice e prospera, non il paese indigente e a pezzi che aveva ereditato.

Si rivolse poi a Bella. «Cosa dici tu?»

«Nulla se non saluti e congratulazioni per Vostra Maestà,» disse Bella, gli occhi incollati al suolo.

La Regina Maria si voltò di nuovo verso Edward. «Ho sentito molte strane cose su di lei, che è una principessa del Nuovo Mondo. È la verità?»

Edward esitò. Diffondere voci tra il popolo era una cosa, mentire in faccia alla Regina era tutt’altro.

«Parla inglese così bene», disse seccamente Maria. «La mia benedetta madre, la Regina, è vissuta in Inghilterra per trenta anni e non ha mai perso il suo accento spagnolo.» Sospirò e buttò da parte cucchiaio e coltello. «Se si tratta di un matrimonio d’amore, Edward, dillo e basta.»

«È così», confessò Edward. «E ora la mia amata moglie aspetta un figlio.»

Gli occhi della Regina Maria si addolcirono. Aveva una vena romantica. Ma il suo tono rimase fermo. «Potrei buttarvi in prigione tutti e due.»

«Sì, madame», replicò Edward. «Ma io invoco misericordia.»

Lei sospirò. «Vieni qui, Bella.»

Bella fu stupita che la Regina avesse usato il suo nome, ma si alzò in piedi e andò obbediente vicino al tavolo, inchinandosi quando lo raggiunse. La Regina Maria ci vedeva poco e strizzò gli occhi verso Bella, picchiettando col dito sul mento. Alla fine si voltò verso Edward. «È bella. Ha del sangue nobile?»

«No, vostra maestà.»

«Peccato», disse la Regina Maria. «Qual è la sua famiglia?»

Edward si era preparato una bugia per questa possibile linea di interrogatorio e aveva spiegato a Bella cosa doveva dire se le veniva chiesto qualcosa in proposito. «È una lontana parente dei Pole.» La Regina Maria aveva amato lady Margaret Pole, Contessa di Salisbury, che era stata una delle sue istitutrici da bambina. Era stata allontanata dal servizio della Principessa Maria dopo che la principessa era stata dichiarata illegittima e la sua casa disgregata.

Margaret Pole aveva un figlio di nome Reginald che era stato dedicato alla Chiesa in giovane età. Era diventato un teologo ben conosciuto e Re Enrico gli aveva offerto la posizione di Arcivescovo di York se avesse sostenuto il processo di annullamento. Reginald aveva rifiutato e aveva scritto un trattato teologico denunciando la posizione del re. Dato che Reginald era all’estero, in un esilio auto imposto, al sicuro dall’ira di Enrico, il re fece arrestare sua madre, Margaret Pole, con un’accusa inventata di tradimento. Portata al patibolo, la fragile, attempata Margaret si rifiutò di poggiare la testa sul ceppo, poiché affermò che era solo per i traditori, e lei non lo era. Il carnefice ed i suoi assistenti dovettero rincorrerla per tutto il patibolo per provare a costringerla sul ceppo. Il boia si agitò per questa inaspettata svolta negli eventi, di norma i nobili facevano un piccolo discorso e chiedevano ai testimoni di pregare per loro. Non Margaret. Quando alla fine gli assistenti la forzarono sul ceppo, lui fece oscillare la sua ascia sul collo di Margaret e lo mancò, tranciandole una spalla. Gli ci vollero in aggiunta dieci colpi prima che riuscisse a decapitarla.

«E la tua famiglia?» chiese a Bella la regina Maria.

Bella scosse la testa. «Io sono tutto ciò che ne rimane.»

La Regina Maria sospirò. «Hai una famiglia, adesso, mia cara. Ma io non posso permettere che tu rimanga impunito per questo, Edward. Mille sterline.»

Edward si sentì svenire per il sollievo. «Te li farò mandare immediatamente.»

La regina Maria fece un gesto con la mano verso di loro. «Andate, adesso, e fatemi mangiare in pace. Edward … sono felice che tu sia qui per la mia incoronazione.»

Edward le sorrise. «Così io.»

«Spero di vedervi a messa stasera», disse la Regina Maria, il tono pungente.

«Ci saremo», promise Edward. Maria sentiva messa cinque volte al giorno e si aspettava che tutti nella sua casa facessero lo stesso. Edward sperava che una volta al giorno bastasse a soddisfarla.

Maria sorrise, un po’ malinconicamente. «Vorrei avere di nuovo con me la mia famiglia. Una famiglia affettuosa.»

 

 

 

 

 

Note storiche

-          La flagellazione era la pratica di frustarsi la schiena come forma di penitenza o di devozione (riproducendo le ferite di Gesù Cristo). Esisteva un movimento di culto all’interno della Chiesa, nel 14° secolo, per cui migliaia di persone andavano per le strade, frustandosi mentre camminavano (i Flagellanti). Il cilicio era un indumento corto e senza maniche, generalmente fatto di pelo di capra o crini di cavallo, atto ad essere pruriginoso o pungente contro la pelle.

-          “I marvel much” (mi meraviglia molto) era un’espressione che tutti i Tudor sembrano aver preso dalla nonna di Re Enrico, Margaret Beaufort, che la usava di frequente nelle sue lettere. Aveva solo dodici anni quando fu data in moglie a Edmund Tudor, ed ebbe il suo primo e unico figlio, Henry Tudor ( Enrico VII) a tredici anni. Fu una brillante erudita che fondò due Cambridge college. Si sposò altre due volte, ma con l’ultimo marito fece voto di castità e si ritirò in convento. Servì come reggente quando suo figlio morì prima che Enrico VIII fosse abbastanza grande da governare da solo, una testimonianza del rispetto che i nobili d’Inghilterra avevano per lei.

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/8/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  8

 

Bella e Edward andarono nelle loro stanze non appena congedati dalla Regina Maria, Edward si sentiva come un uomo che ha avuto la grazia sul patibolo, all’ultimo minuto. La Regina Maria non era contenta di lui, ma non avrebbe incamerato le sue proprietà, né avrebbe imprigionato lui o Bella. Intendeva ringraziare Dio dal profondo del cuore, questa sera a messa.

Bella andò da Alice. «Ho bisogno di qualcosa di appropriato per la messa con la Regina», le disse. Alice e una aiutante tolsero a Bella tutti gli strati del suo vestito, lasciandola in sottoveste. Altre cameriere portarono via gli indumenti. Molti dei vestiti a quel tempo non potevano essere lavati. Le macchie venivano strofinate con la crusca e poi l’indumento veniva cosparso di polvere profumata prima di venire riposto.

Una delle cameriere le portò una bacinella di acqua profumata, così che Bella potesse lavarsi via la polvere e il sudore del viaggio. Bella sospirò di gratitudine. Sembrava che gli umani non si lavassero molto, ma per fortuna, Edward era insolitamente esigente e si lavava almeno una volta, a volte due, al giorno.

Prima che Bella fosse rivestita, andò rapidamente nel bagno della camera, indossando solo la sottoveste. Era una stanza piccola e stretta con una finestra a feritoia per l’aerazione, costruita in modo da sporgere di lato all’edificio, come un annesso attaccato al muro. C’era un sedile piatto con un buco rotondo. Di fianco c’era un cestino con dentro pezzi di carta, come vecchie lettere, che venivano usati per pulirsi. I rifiuti cadevano attraverso il buco sul terreno sottostante, anche se, in alcune case, scivolavano semplicemente lungo il muro, lasciando una brutta macchia.

Con la gravidanza, Bella doveva alleggerire la vescica più spesso, il che richiedeva l’assistenza di una domestica che tenesse l’ingombrante gonna, quando era completamente abbigliata. Andò da sola e chiuse la porta dietro di sé. La puzza di quel posto le faceva sempre arricciare il naso, ma l’odore era il motivo per cui i vestiti venivano spesso riposti lì. Si credeva che l’odore avrebbe evitato che tarme e altri insetti nocivi infestassero i vestiti. Prima di essere indossato, il vestito veniva tenuto nel fumo d’incenso o spruzzato di profumo per nascondere la puzza.

Una volta tornata, Alice le portò un vestito di velluto rosso con una sottogonna dorata, pesantemente ricamato e tempestato di perle. Mentre Alice le stringeva attorno un nuovo corsetto, Bella si chiese ad alta voce per quanto tempo ancora avrebbe potuto indossarlo prima che il suo bambino protestasse per essere schiacciato così.

«Di quanto tempo sei?» chiese Alice. Bella le aveva chiesto di lasciar perdere il fastidioso “vostra grazia” che infarciva la maggior parte delle conversazioni. Alice aveva un calore amichevole che Bella non aveva ancora incontrato in altre donne e questo rendeva un piacere parlare con lei. In principio Alice aveva provato a reprimerlo, temendo che Bella la giudicasse troppo familiare, ma a Bella mancava il cameratismo disinvolto cui era abituata con le sue amiche selkie, e quindi l’aveva incoraggiato con entusiasmo. Alice faceva pensare a Bella a un uccellino allegro, sempre a chiacchierare, svolazzante da un posto all’altro, sempre gioioso. Era una pettegola entusiasta (ma solo novità piacevoli e positive) e Bella aveva saputo di più sui membri della corte in pochi minuti con lei che se fosse stata ore nella camera privata della Regina.

«Solo poche settimane», disse Bella. «C’è tempo ancora.» Le gravidanze selkie normalmente tendevano a durare un po’ di più, a volte anche due settimane oltre i nove mesi.

«Come fai a sapere che sei incinta?» chiese Alice. Non c’erano test di gravidanza a quei tempi. La gravidanza veniva diagnosticata da una combinazione di sintomi, e di norma ci volevano diversi mesi per avere un certo grado di certezza.

«Lo sento», disse Bella con semplicità. Alice non conosceva il suo segreto, ma dato che avevano già annunciato che Bella aspettava un bambino, doveva darle qualche spiegazione.

«Sei fortunata», sospirò Alice. «Avevo una zia grassa che non si è accorta di aspettare un bambino fino a quando non sono cominciate le doglie. Ma per rispondere alla tua domanda, le signore portano il corsetto fino al loro confinamento, circa un mese prima del parto.»

Alice mise al collo di Bella una pesante croce ingioiellata. Aveva al centro una piccola bolla di vetro che s’intendeva contenesse un frammento della Vera Croce. Reliquie come queste erano state soppresse durante l’ultima parte del regno di Re Enrico e durante quello di suo figlio. Edward l’aveva nascosta sotto una pietra allentata del camino piuttosto che rischiare che gli venisse confiscata. Era appartenuta a sua madre e poteva aver fatto parte dei gioielli della Corona di Francia che lei aveva portato clandestinamente in Inghilterra. Alice insisteva che, adesso che era a corte, doveva indossare più gioielli. Aprì la cassetta e tirò fuori anelli, un paio di braccialetti e una cintura ingioiellata.

«Dovremmo bucare le tue orecchie,» disse Alice a Bella. «Hai dei pezzi molto belli che potrebbero essere usati come orecchini, se ci mettiamo dei ganci.»

Bella scosse la testa. L’idea di fare buchi nel corpo per indossare ancora più gioielli era bizzarra.

Come se tutte quelle pietre brillanti sulla sua persona non fossero abbastanza, Alice fece portare da uno dei bauli un libro di preghiere pre-riforma. La copertina era tempestata di gemme, e l’interno era meravigliosamente decorato. Era più un accessorio che un libro.

Alice acconciò con attenzione i capelli di Bella, anche se sarebbero stati nascosti sotto uno di quei ridicoli copricapo che erano di moda. Bella pensava che sembravano tutti essere stati calpestati prima di essere indossati. Erano piatti in cima e gonfi ai lati della testa, allargandosi attorno alle orecchie, il che era dovuto al fatto che erano tornati di moda gli orecchini, dopo decenni che le orecchie femminili venivano coperte dalla cosiddetta cuffia alla Tudor.

Bella e Edward incontrarono la Regina sulla porta della cappella. St.Peter ad Vincula era stata costruita per il padre di Maria intorno al 1520 e due delle sue regine decapitate erano seppellite sotto il pavimento. Edward si chiese mentre entravano, se Maria traesse qualche sorta di piacere dal celebrare messa come Regina sulle ossa di Anna Bolena.

La messa della sera era una delle più lunghe della giornata, dato che durava oltre un’ora. Edward era compiaciuto di vedere che la tutela di Jasper sembrava aver pagato, dato che Bella si comportava in modo impeccabile, ripetendo le frasi col resto dei fedeli e inginocchiandosi nei momenti appropriati. Guardò il suo libro di preghiere per la maggior parte del servizio, ammirandone le decorazioni, ma la Regina prese come un gesto di devozione il fatto che studiasse così intenta e ne fu compiaciuta.

Furono posizionati di fianco alla Regina, un grande onore che procurò loro occhiate di invidia. La cappella non aveva banchi e sedute; i fedeli stavano in piedi per tutto il servizio, quando non erano inginocchiati. In fondo alla fila c’era un altro dei cugini della Regina Maria, Edward Courtenay, Conte di Devon. Era stato imprigionato nella Torre per quindici anni prima che Maria lo liberasse dopo la sua ascesa, il suo unico crimine, quello di avere sangue troppo vicino al trono. Egli era erede dei pretendenti di York e molti credevano che fosse quello che Maria aveva scelto come marito. Di certo si comportava come se già fosse re. Edward aveva sempre disprezzato segretamente Courtenay, di cui pensava che fosse arrogante e pomposo. Courtenay era irritato di essere stato spinto indietro dall’arrivo di Edward e Bella, e scoccò a Edward molte occhiate aggressive mentre la Regina non vedeva.

Quando il servizio finì, la Regina si alzò in piedi dopo aver finito le sue preghiere. Si voltò e baciò la fronte di Bella. «Credo che mi piacerebbe averti come dama di corte», annunciò.

Bella sgranò gli occhi. «Vostra Maestà, voi mi onorate, ma temo di non essere adatta. Non vorrei portare vergogna alla vostra corte per la mia mancanza di modi appropriati.»

«I tuoi modi sono leggiadri», disse Maria, facendo un gesto con la mano, come a scacciare le paure di Bella.

«Vostra Maestà, non pensavamo di fermarci a lungo a corte», disse Edward alla Regina, il tono morbido e leggermente esitante.

La mascella della Regina Maria si strinse. «Te l’ho detto, desidero che la mia famiglia sia di nuovo con me. Ora, sono sicura che sarai stanco dei tuoi viaggi. Vai, ritirati. Mi aspetto di vederti a messa all’alba.»

Edward e Bella non poterono fare altro che inchinarsi mentre la Regina si allontanava lungo la navata, una mandria di leccapiedi ansiosi dietro di lei.

Edward e Bella non dissero niente finché non furono nella loro camera da letto, dopo essere stati spogliati dai domestici, molti dei quali dormivano in brande di fortuna ai lati delle pareti. Il domestico di Edward aveva il posto d’onore, dormendo sul pavimento ai piedi del letto. Edward tirò le cortine del letto e si sdraiò di fianco a sua moglie. «Non so cosa fare, Bella», confessò. «Se proviamo a declinare la tua nomina alla sua corte ci resterà molto male, e Maria diventa rabbiosa quando si feriscono i suoi sentimenti.»

«Io non voglio stare qui. Voglio tornare a casa da Elizabeth.»

«Lo so. Forse potremo farle visita tra qualche mese …»

«Visita! Io dovrei essere sua madre.»

«La nostra classe spesso manda i figli nelle loro stesse case e li visita forse una volta o due all’anno», disse Edward.

Bella sentì le lacrime che le pizzicavano gli occhi. «Non posso sopportare di vederla così di rado.»

«Maria ha il cuore molto tenero, quando si tratta di famiglia», le assicurò Edward. «Lei ricorda come è stata dura quando l’hanno separata da sua madre. Di sicuro ci darà il permesso di andare a farle visita più spesso. E, se ti fa piacere, potremmo trasferire Elizabeth un po’ più vicino, magari a distanza di cavallo dalla città.»

«Trasferirsi non sarà un problema per lei?»

Edward fece spallucce. «Ci è abituata. Normalmente ogni pochi mesi ci trasferiamo, così che la casa possa essere pulita e arieggiata. Adesso dormi, Bella. Hai bisogno di riposo.»

«Ho più bisogno di te», sussurrò lei, passando una mano sul suo petto nudo.

«Non possiamo!» sbottò.

«Che vuol dire, non possiamo

«Tu aspetti un bambino. È pericoloso, ed è un peccato.» Involontariamente, la mente di Edward andò al peccato che aveva commesso con la sua prima moglie, un peccato che non aveva ancora mai confessato. Aveva giaciuto con sua moglie quando aspettava un bambino, e lei lo aveva perso due giorni dopo.

Bella sorrise. «Non è pericoloso. Non per la mia specie, comunque. Perché dovrebbe essere un peccato? Padre Jasper mi ha detto che Dio ci ha dato il piacere del talamo nuziale per promuovere l’armonia tra l’uomo e la sua sposa.»

Jasper aveva sempre una strana filosofia. «Mi hanno sempre insegnato che fornicare con la moglie è una cosa che si fa solo per fare bambini, quindi indulgere quando lei non può concepire è un peccato.»

«Puoi confessarti domani a messa», disse Bella, e la sua testa scomparve sotto le coperte. Non ci volle molto per convincerlo.

 

 

L’incoronazione fu fissata una settimana dopo che Edward e Bella erano arrivati a corte, per il primo di ottobre. Tutta la città era occupata nei preparativi e non c’era più una sola stanza disponibile nelle locande, per qualsiasi cifra. I fuochi delle cucine della residenza reale ruggivano giorno e notte mentre i cuochi preparavano i settemila centoventidue piatti che sarebbero stati serviti al banchetto seguente e il consigliere della città ammassava barili di vino e birra che avrebbero dovuto scorrere dalle fontane cittadine. Tutto intorno alla città, il popolo faceva le prove per la parata storica che si sarebbe tenuta mentre la processione della Regina avrebbe serpeggiato verso l’Abbazia di Westminster.

Il giorno dell’incoronazione della Regina Maria albeggiò bello e luminoso, un giorno perfetto che molti presero come presagio che il regno della Regina sarebbe stato felice. Di sicuro Dio le stava sorridendo. Mentre cominciava la processione, tutte le campane della città suonarono e i cannoni spararono dalla cima della Torre.

La nuova Regina viaggiava su una lettiga aperta, tirata da sei cavalli bianchi, i suoi capelli rosso scuro sciolti sulle spalle. Sopra vi indossava un velo dorato e una corona tempestata di gemme così pesante che le affaticava il collo e i muscoli delle spalle. Dietro di lei cavalcavano vari nobili di alto rango che portavano lo scettro, il globo e la spada cerimoniale di Maria.

Bella e Edward erano seduti nella carrozza dietro la Regina, e nella carrozza dietro la loro, c’era Anna di Cleves. Era l’ultima moglie superstite di Enrico VIII. Era stato sposato con lei solo per pochi mesi prima di chiedere l’annullamento, il che probabilmente aveva a che fare col fatto che al tempo concupiva già Kathryn Howard. Anna era stata sveglia. Lei era d’accordo, ma finse educatamente di avere il cuore spezzato a perderlo come marito. Per la sua collaborazione, Re Enrico la ricompensò riccamente, garantendole proprietà e una rendita sontuosa. Fu l’unica delle regine di Enrico a vivere una vita lunga e felice.

Dietro di loro c’erano file infinite di nobili vestiti di gran gala. Le strade erano fiancheggiate da borghesi festanti, venuti a vedere lo spettacolo, bere vino e festeggiare l’inizio di un nuovo regno. Era la stessa cosa ad ogni incoronazione; il popolo si aspettava sempre che il nuovo monarca gli rendesse la vita migliore.

Le vie erano così affollate che la processione aveva problemi ad attraversare la folla. Bella non aveva mai visto tanta gente tutta assieme. Era attonita davanti allo spettacolo di migliaia di facce festanti, persone che gettavano fiori sul percorso della processione, le case da cui pendevano striscioni e bandiere. Il popolo festeggiava anche alla vista dei loro nobili preferiti, e Bella stessa ricevette grida e benedizioni. Lei salutò e sorrise timidamente.

La processione si fermò lungo la strada per guardare la parata storica. Il Lord Sindaco di Londra fece dono a Maria delle chiavi della città. Vi furono un paio di scene fortemente allegoriche in cui si paragonava Maria a Deborah, il giudice donna descritto nella Bibbia e a Giuditta, la ‘salvatrice’ degli Israeliti. Alcuni mercanti della città avevano eretto un arco e un giovane ragazzo vestito come una regina veniva portato sul trono da ‘giganti’, e ci fu un altro spettacolo memorabile di un angelo vestito in verde Tudor sospeso su un’alta arcata che suonava una tromba. Alcuni le offrivano doni, come una borsa piena di monete e un cuore d’oro con inscritte le parole ‘Il Cuore del Popolo’, o una pergamena ornamentale che lodava le sue virtù. Durante tutti i discorsi, le canzoni e le manifestazioni, Maria rimase benevola e gentile, lodando gli sforzi del popolo. Bella quasi si appisolò dalla noia, a dispetto del rumore, e Edward dovette scuoterla col gomito per farla stare sveglia.

A Temple Bar si incontrarono con la Principessa Elisabetta, a cavallo di fronte a un esercito di mille seguaci, tutti vestiti con i colori Tudor, bianco e verde. Maria sgranò gli occhi quando vide il loro numero e rimase senza parole per un momento. Elisabetta smontò dal suo cavallo, si inchinò profondamente e fece un piccolo discorso sulla sua gioia all’ascesa della sorella, facendo voto di essere una servitrice leale della Regina Maria. Maria lasciò che restasse inginocchiata un po’ più a lungo di quanto strettamente necessario, poi le concesse di alzarsi e la baciò. Il popolo ruggì la sua approvazione a questa manifestazione di affetto familiare. Non potevano vedere come si era tesa la bocca della Regina Maria, né come i suoi occhi fossero diventati freddi.

Elisabetta rimontò a cavallo e lo spronò con i tacchi, svoltando per cavalcare di fianco alla carrozza di Edward e Bella.

«Saluti, cugino!» disse lei. «A te e alla tua nuova bella moglie.»

«Oh, Bess, Bess, perché l’hai fatto?» mormorò Edward, gli occhi ancora sulla truppa che si era unita alla processione come guardia d’onore.

«Per far vedere che potevo», disse Elisabetta semplicemente.

Edward non era mai stato astuto politicamente, ma perfino lui aveva capito cosa significasse. Apparentemente, era un bel gesto, un residuo dei giorni del feudalesimo, quando offrire al monarca un esercito ben equipaggiato era considerato un grande dono. Ma Elisabetta voleva anche provare a sua sorella la Regina che anche lei aveva i propri sostenitori. Lei era al momento l’erede al trono, sempre una posizione pericolosa da sostenere, e voleva che Maria sapesse che avrebbe potuto chiamare le sue truppe per difendersi, se necessario.

Raggiunsero l’Abbazia e Maria fece con attenzione il suo percorso fino al palco che era stato eretto così che il popolo potesse vedere la cerimonia d’incoronazione. Il suo abbigliamento da incoronazione era talmente pesante che non poteva camminare senza essere assistita. La Duchessa di Norfolk, un’altra devota cattolica che era stata appena liberata dalla prigione, e Bella, portavano il suo strascico.

Elisabetta, dietro di loro, portava una delle corone che Maria avrebbe indossato durante la cerimonia. Borbottò al Duca di Noallis quanto fosse pesante. «Immagino che ti sembrerà più leggera quando sarà sopra la tua testa,» replicò lui. Elisabetta tenne gli occhi puntati di fronte a sé, facendo finta di non aver sentito il commento, ma un sorrisetto le piegò le labbra. Era tradimento immaginare la morte di un monarca, che era l’unico modo in cui lei avrebbe mai potuto indossare quella corona.

Quando raggiunsero il fronte dell’Abbazia, Maria si adagiò sui cuscini di velluto di fronte all’altare. Bella e la Duchessa di Norfolk abbassarono lo strascico del vestito e si misero di lato, la loro parte finita, per il momento. L’Arcivescovo pregò su Maria e poi le chiese se aveva intenzione di sostenere  le leggi d’Inghilterra. Maria era preoccupata che la formulazione la costringesse ad obbedire alla Riforma protestante, quindi l’aveva cambiata, giurando di sostenere le leggi “ giuste e lecite” della nazione.

Il coro cantò un inno latino di lode e Maria si alzò in piedi, assistita da Bella e dall’altra Duchessa, e tutti andarono nel retro della chiesa, dove era stato eretto uno schermo. Là, cambiarono Maria mettendole le vesti dell’unzione, un semplice vestito di velluto porpora con una scollatura bassa. Il porpora era il colore preferito di Maria, e lo indossava di frequente (come monarca, era l’unica che aveva diritto di indossarlo), ma nessuno aveva il coraggio di dirle che strideva orribilmente con la sua carnagione giallastra.

Quattro Cavalieri della Giarrettiera si fecero avanti e portarono un panno sopra di lei e l’Arcivescovo Gardiner (lui stesso rilasciato recentemente di prigione per ordine della Regina Maria) la unse con l’olio santo sulla fronte, alle tempie, sul seno e sulle spalle. Maria non aveva voluto usare l’olio delle chiese inglesi, che lei sentiva come contaminato dall’eresia protestante, e l’aveva mandato a prendere in un paese solidamente cattolico. Ritornò allo schermo e Bella e la sua attempata ma prode collega, la rivestirono con le vesti di gala. Maria si mise poi in piedi di fronte al trono, dove la spada cerimoniale le venne legata alla vita e un mantello rosso bordato d’ermellino le fu poggiato sulle spalle. Le fu dato lo scettro e il globo imperiale e poi sedette sul trono di legno intagliato di Sant’Edoardo. Fu incoronata prima con l’antica corona portata da sant’Edoardo il Confessore, poi con la corona Imperiale (poiché governava più di una nazione) e poi con la più piccola, più leggera corona che era stata fatta appositamente per lei.

Maria passò di nuovo il globo all’Arcivescovo e prese nella mano lo scettro della Regina, più piccolo di quello del re, con una colomba d’oro in cima. Era la prima monarca femmina d’Inghilterra, a meno che non si contasse il breve e disastroso regno di Matilda (e quasi nessuno lo faceva), così ebbe le insegne regali del re e della regina.

Bella era stanca della cerimonia, e questa andava avanti ancora e ancora. Il coro cantava, i chierici predicavano e pregavano. Il pubblico, quando richiesto, gridava sì, avrebbe avuto Maria come propria Regina. Fu recitata un’intera messa cattolica e Bella provò con tutte le forze a non agitarsi. Contava le ore passate dal movimento dei raggi del sole sul pavimento della chiesa. Provò a farci un piccolo gioco: il sole avrebbe raggiunto la dama vestita di blu prima che l’Arcivescovo finisse di parlare?

Uno alla volta, i nobili si fecero avanti a garantire la propria lealtà. Elisabetta, come erede, fu la prima, seguita da Edward e Bella. Mentre si inginocchiava, all’improvviso Edward si rese conto di essere terzo in linea di successione per il trono, un pensiero che lo sconcertava grandemente. Era qualcosa che probabilmente avrebbe dovuto realizzare ben prima, ma lui non aveva ambizioni per il trono, quindi non era una cosa cui pensava molto. Non era strano che le sue stanze avessero avuto tanti visitatori la settimana prima. E le signore erano state così gentili e amichevoli con Bella, ammirando la sua devozione nell’astenersi dalla carne tutta la settimana. Qualcuna l’aveva addirittura copiata.

Non lasciarono l’Abbazia per il banchetto fin dopo le cinque del pomeriggio. A Bella facevano male i piedi ed era affamata, ma temeva che il banchetto non avesse tanti piatti di verdura da offrirle. Erano seduti alla tavola alta con la Regina. L’Arcivescovo Gardiner sedeva nel posto d’onore alla sua destra e la Principessa Elisabetta era alla sua sinistra, ma un po’ più lontano lungo il tavolo. Edward e Bella sedevano con Elisabetta, cosa che a Bella piaceva perché Elisabetta era un conversatrice arguta e poteva essere molto affascinante. Lei evidentemente credeva che avere Edward dalla propria parte fosse un bene, e così era cordiale e amichevole con lui, e molto gentile con Bella, che sedeva silenziosamente, ascoltando suo marito e la cugina che chiacchieravano. Elisabetta si tolse un anello dal dito e lo passò a Bella, come ‘ricordo’ dell’occasione. Edward ebbe tempo di pensare Oh, ti prego, fa’ che non ringrazi Elisabetta per la ‘pietra lucente’ prima di sentire Bella ringraziare educatamente e timidamente, esprimendo la propria gratitudine. Fece scivolare l’anello nel dito sorridendo e poi allungò il braccio per ammirarlo.

Durante la seconda portata, un cavaliere entrò a cavallo nell’atrio e lanciò il suo guanto di sfida, chiedendo se c’era qualcuno che contestava il diritto di Maria al trono. Nessuno parlò. Come era consuetudine, Maria gli mandò il suo calice prezioso pieno di vino. Era, secondo Bella, la cosa più interessante successa da ore. Oh, quando sarebbe finita?

Il banchetto andò avanti nella serata, portata dopo portata. Bella, lo stomaco pieno di porri e pastinaca, cominciò ad appisolarsi. Edward si chinò verso la Regina. «Vostra Maestà, posso per favore essere scusato? Le condizioni di mia moglie la affaticano.» Maria sorrise teneramente a Bella, che si era afflosciata su un fianco come un fiore appassito. «Sei un buon marito, cugino», disse lei. «Sì, porta a letto la povera bambina.»

Non appena si mise in piedi, facendo alzare una Bella assonnata al suo fianco, Courtenay scivolò intorno al tavolo verso Elisabetta e cominciò sottilmente a flirtare con lei, attento a non essere evidente e offendere Maria. Se non poteva sposare la Regina, avrebbe provato con l’erede della Regina. Edward alzò gli occhi al cielo. Elisabetta flirtava di rimando, ma Edward sapeva che disprezzava Courtenay. Ma Elisabetta aveva già imparato che poteva guadagnarsi dei preziosi alleati temporanei, facendo finta di essere interessata al matrimonio con lui. La politica, come sempre.

Quando raggiunsero l’atrio, Edward prese in braccio Bella, attento al guardinfante, e portando per il resto della strada la moglie assonnata. «Allora, mia piccola selkie», disse lui piano. «Come ti è sembrata l’incoronazione?»

«Lunga», disse Bella.

Edward rise. «Era qualcosa da vedere, però, no? È una storia che un giorno potrai raccontare a nostro figlio, che hai visto una Regina unta e incoronata.»

Bella sbadigliò. «Immagino che tu abbia ragione. È qualcosa che sarà ricordato per centinaia di anni in futuro. Maria sarà una buona Regina, Edward?»

«Io di certo spero di sì», disse Edward. «Penso che lei intenda esserlo. Mi ha detto ieri che non ha intenzione di costringere nessuno a tornare alla fede cattolica. Ha detto che il suo prossimo passo sarà cercare un marito.»

Un domestico era alla porta della camera, e la aprì quando li vide arrivare. Un altro aspettava dentro con una candela accesa. Anche a un’ora così tarda, nessuno poteva farsi trovare dal Duca a dormire. Svestirono in fretta Edward e Bella e poi furono congedati.

Si accoccolarono vicini nel letto. Bella appoggiò la testa sulla spalla di Edward. «Perché Maria vuole sposarsi alla sua età?» chiese Bella.

«Vuole avere un erede oltre Elisabetta», disse Edward brusco. «Un erede cattolico.» Baciò la fronte di Bella. «Dormi adesso, amore. Dobbiamo alzarci per la messa all’alba.» Poi ridacchiò, perché Bella si era già addormentata.

 

 

 

 

 

Note storiche

-          Il “girdle” (tradotto cintura ingioiellata) era una cintura che scendeva lenta sulla vita e aveva una lunga falda che pendeva davanti alla gonna. Se cercate su Google il “Ritratto della giovane Elisabetta I” troverete un’immagine della Principessa Elisabetta adolescente con una gonna rossa, in mano un libro, che indossa un “girdle” con le perle.

-          Ho alterato un po’ la linea temporale riguardo all’incoronazione. L’incontro con Elisabetta avvenne in realtà quando Maria entrò a Londra, ma il suo significato fu lo stesso. A Maria fu anche dato il cuore d’oro quando entrò per la prima volta a Londra. Rimase a St.James Palace per la maggior parte del tempo prima dell’incoronazione, trasferendosi nella Torre la notte prima, come era tradizione per i monarchi la notte prima della loro incoronazione.

-          Il commento del Duca di Noallis è apocrifo.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/9/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  9

 

Ci fu una grande quantità di mugugni quando la Regina Maria designò Edward nel suo consiglio. Molti sentivano che le loro famiglie avrebbero dovuto avere l’onore, dato che la duchessa di Cullen era stata designata dama di corte, e gli altri consiglieri temevano di essere rimpiazzati da altri di sua scelta, invece che accettare il consiglio così com’era, ereditato dal regno del fratello. Più precisamente, molti di loro avevano firmato i documenti che proclamavano regina Jane Grey.

Ma Maria era determinata a cominciare il suo regno con una nota di riconciliazione. Dichiarò un’amnistia generale per quelli che avevano sostenuto Jane Grey, a maggior sollievo dei suoi consiglieri, specialmente quelli protestanti che si aspettavano un’accusa di tradimento bella e buona.

Nei giorni successivi, Edward e gli altri consiglieri furono occupati ad impostare il nuovo governo, designando i funzionari preferiti di Maria ai vari uffici e impieghi. Bella passò la maggior parte del tempo con la Regina, e a Edward mancava moltissimo. Si era abituato in fretta ad averla al suo fianco e si ritrovava, un paio di volte al giorno, a voltarsi per commentare qualcosa, rendendosi conto che lei non era con lui. Si vedevano soltanto ai pasti e quando andavano a letto, ed erano spesso troppo stanchi per fare altro che accoccolarsi l’uno vicino all’altra e addormentarsi esausti.

Quattro giorni dopo l’incoronazione, Maria convocò il suo primo Parlamento. Uno dei suoi primi atti fu dichiarare valido il matrimonio dei propri genitori e se stessa legittima. Era un argomento delicato con molte implicazioni, la più importante delle quali era che se Maria era legittima, non lo era la Principessa Elisabetta. Edward immaginò che Elisabetta sarebbe stata piuttosto sconvolta quando l’avesse saputo, ma del resto, probabilmente già sapeva che Maria stava progettando questo. Elisabetta pensava come un maestro di scacchi, sempre quattro mosse avanti ai suoi avversari, con piani di emergenza per ogni mossa che avrebbero potuto fare.

Rimase invece scioccato e sconvolto dalla parte seguente della legislazione: eliminare tutte le riforme protestanti di suo fratello e riportare la Chiesa Inglese a ciò che era stata sotto suo padre. Edward si sentì tradito; Maria gli aveva detto che aveva intenzione di lasciare la Chiesa così come l’aveva trovata. Si alzò e uscì prima ancora che il dibattito cominciasse. Lei avrebbe vinto, naturalmente. Era raro che un monarca fosse contestato.

Andò a trovare Bella, che stava rapidamente diventando il suo rifugio da tutte le tempeste della vita. La trovò fuori dalle camere del Parlamento, aspettando con le altre signore di scortare di nuovo la Regina nelle sue stanze. Si fermò e la guardò per un momento, l’orgoglio che gli riempiva il petto. Era bellissima, perfettamente abbigliata come una nobildonna inglese, mentre condivideva il telaio da ricamo con Susan Clarencieux, un’altra delle dame di corte preferite di Maria. Non c’erano difetti nei suoi modi o nella sua condotta, e finora la corte aveva accettato le sue piccole ‘eccentricità’. Questa splendida donna era sua, e per qualche miracolo, lo amava come lui amava lei. Era un uomo fortunato, pensò.

«Bella», chiamò. Lei alzò gli occhi e lo vide, un sorriso le illuminò il volto. Si alzò, andò verso di lui e gli diede un bacio leggero sulla bocca, il modo inglese di salutare gli amici, il coniuge e i pari.

«Che c’è che non va?» disse lei piano.

«Non qui», le rispose. «Andiamo a passeggiare nei giardini. La regina resterà in Parlamento ancora per un po’. Uno dei paggi ci avvertirà quando avrà di nuovo bisogno di te.»

Bella gli parlò della sua giornata mentre camminavano per i lunghi corridoi di Westminster Palace verso l’uscita. Era stata a messa tre volte con la Regina e poi Susan aveva letto da Lo Specchio dell’Anima Peccatrice, un poema in prosa della regina Margherita di Navarra. Era un cupo, triste sfogo di auto umiliazione di una donna che vedeva se stessa come una sciagurata peccatrice. Bella era stata contenta quando erano passati alla musica, ascoltando Thomas Thallis, uno dei musicisti della Cappella Reale, suonare e cantare la sua nuova composizione Puer Natus Est, un pezzo che non era ancora completo, ma che stava scrivendo in onore della Regina Maria.

Raggiunsero i giardini e una relativa privacy, anche se alcuni domestici li seguivano a rispettosa distanza. Finché tenevano le voci basse, non potevano sentirli. Edward, con la voce che tremava di rabbia, parlò a Bella della legislazione proposta dalla Regina.

Bella non sembrò sorpresa. «Edward, dovevi aspettartelo.»

Lui scosse la testa. «Mi ha mentito. Non più di quattro giorni fa mi ha detto che non avrebbe costretto nessuno ad andare a messa, ed eccola che sta tentando di restaurare la vecchia chiesa.»

«E a proposito della supremazia papale?» chiese Bella.

Edward era impressionato. O Jasper o i pettegolezzi di corte avevano reso Bella ben informata sui problemi religiosi. «Non toccheranno quell’argomento. I lord sono molto preoccupati. Se Maria ci riporta all’autorità del Papa, dovranno restituire tutte le ricchezze e le terre che sono state confiscate quando i monasteri sono stati soppressi.»

Bella rise piano. «Questa non è religione, questo è denaro.»

«Questo, e il fatto che noi inglesi abbiamo un’avversione innata verso il dominio straniero. Una buona parte dei cattolici in questa nazione non ha problemi col fatto che il monarca sia il capo della chiesa. Ritornare a come erano le cose sotto suo padre è un compromesso.»

Bella rimase in silenzio per un po’. «Mi dispiace che tu sia ferito, Edward.»

«Semplicemente non capisco perché non mi abbia detto la verità.»

Bella prese il labbro tra i denti. «Forse lei intende solo ripristinare i servizi religiosi alla maniera cattolica, ma non costringerà nessuno ad andarci, se non vuole.»

Edward si fermò e prese la mano di Bella tra le sue. «Questo è uno dei motivi per cui ti amo tanto. Tu provi sempre a pensare il meglio delle persone.»

«Non sono abituata alle bugie e ai bugiardi», confessò Bella. «Noi selkie non possiamo mentire. Immagino sia facile mentire con le labbra, ma come si può mentire con la mente?»

«Voi potete vedere l’una nella mente dell’altra?»

Bella annuì. «È così che comunichiamo. Quando ci tocchiamo, la nostra mente si apre all’altro. È per questo che non abbiamo bisogno di parole-nome; possiamo vedere le immagini.» Disegnò un piccolo cuore all’interno del polso di lui con la punta delle dita. «Vorrei poter vedere nella tua mente, ma tu mi blocchi.»

«Sono solo io, o è così con tutti gli umani?»

Lei sorrise tristemente. «Posso vedere nella mente di tua figlia, e che mente interessante è. Sembra che io possa leggere i bambini, ma quando diventano adulti … Penso che forse si blocchi quando la gente comincia ad accumulare segreti. Costruisce muri dentro cui tenerli, muri dietro cui si nasconde.»

«Mi dispiace,» disse lui, perché era tutto quello che gli veniva in mente di dire. Lui aveva segreti e muri e aveva cominciato ad acquisirli a un’età terribilmente giovane. Non ricordava come era stato essere spensierato e innocente, se mai lo era stato.

Avevano raggiunto la riva del fiume. Bella guardò l’acqua e i suoi occhi si intristirono.

«Non è come il mare, vero?» commentò lui.

Lei scosse la testa. «È così sporco

Nel Tamigi defluivano i canali di scolo, dove la gente svuotava i vasi da notte e anche il Fleet River, che vi si gettava all’altezza del Ponte dei Frati Neri. Il Fleet era adesso impraticabile per le imbarcazioni per via delle montagne di immondizia che vi venivano scaricate dalle case, dalle concerie e delle macellerie lungo la banchina, e la sua puzza sopraffaceva l’odore di incenso delle chiese vicine. Animali morti e perfino cadaveri finivano nelle sue torbide profondità.

«Quando avevi detto che c’era un fiume vicino al palazzo, avevo pensato di nuotare», disse Bella. «Ora capisco perché mi hai detto che non avrei voluto. Perché le persone fanno questo all’acqua?»

«Porta via i rifiuti per loro», spiegò Edward. «Immagino che ogni uomo pensi che un vaso da notte non corrompa molto in una simile massa di acqua, ma quando molti uomini pensano la stessa cosa …»

«Se fossi la Regina, voterei una legge che non permetta di sporcare il fiume», disse Bella.

Edward si lanciò in avanti prendendola per le spalle. Si guardò attorno per assicurarsi che nessuno l’avesse sentita. «Bella, non devi mai dire questo.»

«Perché?»

«Perché è tradimento immaginare la morte della Regina, e tu potresti avere il trono solo se morissero sia la Regina Maria che la Principessa Elisabetta.»

Comprensione e qualcosa vicino all’orrore si allargarono negli occhi di Bella. «Tu sei terzo? Veramente? Siamo così vicini?»

La voce di Edward era sinistra. «Io sono il figlio della sorella maggiore di Enrico VIII. La successione va da Maria a Elisabetta, poi io e mia figlia, e poi le sorelle Grey, Jane Grey, Catherine Grey e Mary Grey. Dopo, immagino Courtenay.» Rabbrividì. «Ma penso che preferirei vedere l’Inghilterra rasa al suolo e la terra cosparsa di sale piuttosto che vedere quel bellimbusto arrogante da qualche parte vicino al trono.»

«Alcuni dicono che Maria lo prenderà per marito.»

Edward scosse la testa. «Non sposerà un inglese. Mostrare un simile favore a un’unica famiglia sopra le altre causerebbe una ribellione, e Maria non disonorerà il suo sangue sposando qualcuno al di sotto di lei. Sposerà un re, senza dubbio.»

«Ma anche questo causerà un conflitto,» disse Bella. «Hai appena detto che gli inglesi non sopportano il dominio straniero.»

Edward annuì. «Ci sono già molti mugugni. Ma il consiglio sente che deve sposarsi. L’idea di una donna che governa da sola è assurda.»

Bella inclinò la testa. «Perché?»

«Perché … perché sì», farfugliò Edward. «Una donna ha bisogno della guida di un marito. E inoltre non va bene per la salute di una donna restare nubile. È per questo, dicono, che Maria ha tante emicranie e problemi femminili.»

Bella rise piano. «Voi della terra ferma avete un sacco di idee strane.»

«Vostre Grazie?» Un giovane paggio si avvicinò e si inginocchiò. «Sua Maestà ha lasciato la camera del Parlamento e ha chiamato le sue dame.»

«Di nuovo al lavoro», disse Edward, facendo a Bella un debole sorriso. Prese di nuovo la mano di lei e le disegnò un cuore sul dorso, come lei aveva fatto prima sul suo polso. Questo la fece sorridere mentre tutti e due tornavano ai loro doveri.

 

 

Courtenay era considerato da molti, in privato, il più grosso imbecille d’Inghilterra. Si pavoneggiava, si vantava, si atteggiava, ma più problematica di tutto era la vena vendicativa dentro di lui. Cercava la rivalsa per ogni affronto mai fatto a lui o alla sua famiglia, e aveva una folla crescente di scagnozzi che lo trattavano come se avesse già il globo e lo scettro. E il matrimonio sembrò ancora più probabile quando Maria premiò i suoi anni di leale servizio (qualcuno diceva semplicemente il suo leale cattolicesimo) con il titolo di Conte di Devonshire e gli diede un enorme diamante dalla collezione di gioielli di suo padre.

Bella aveva paura di lui. Una volta l’aveva stretta all’angolo nella galleria e le aveva detto cose che lei non aveva capito del tutto, ma dalla sua espressione sapeva che erano delle oscenità. Non l’aveva toccata, ma Bella si sentiva sporca solo per aver avuto i suoi occhi su di sé. C’era qualcosa di profondamente sbagliato in quel giovane e se Maria non avesse messo in chiaro che non l’avrebbe sposato, lei avrebbe dovuto parlarne. Non disse nulla a Edward dell’incidente perché sapeva che l’avrebbe solo reso rabbioso, senza poter fare niente senza attirare la collera dei nobili e probabilmente di Maria stessa.

Alcuni scusavano il comportamento di Courtenay. Dopotutto, era stato in prigione dall’età di dodici anni e a dispetto dei suoi molti difetti caratteriali, c’erano molti nel consiglio che spingevano Maria a prenderlo come marito. Lui era l’ultimo dei Plantageneti, “l’ultimo ramoscello della rosa bianca”. Maria aveva già scritto a suo cugino, l’Imperatore Carlo V, chiedendo consiglio su chi avrebbe dovuto sposare, poiché era sempre stata incline ai parenti di sua madre per i consigli. Ma doveva affrontare la pressione sia da parte dei membri del consiglio sia da parte della madre di Courtenay, una delle sue dame di corte, che dormiva nel letto con lei. Non solo questo, ma anche il suo amato e altamente considerato Cancelliere Gardiner la spingeva a sposare Courtenay perché non sopportava l’idea che sposasse uno straniero.

Si vociferava che Elisabetta stesse complottando con Courtenay, informazione che era stata riportata con entusiasmo a Maria dalle sue dame, a molte delle quali non piaceva Elisabetta in via generale, dato che la vedevano come una pericolosa rivale per il trono di Maria. Maria non era incline a crederlo. Voleva amare la sua sorella più giovane, anche se a volte Elisabetta lo rendeva difficoltoso.

Elisabetta aveva ‘declinato’ di presenziare a messa con la Regina Maria, nonostante i numerosi ‘inviti’ della Regina. Si presentava a corte vestita nel sobrio bianco e nero delle pie fanciulle protestanti, un libro di preghiere sempre tra le mani. Le concessioni al suo status erano nella ricchezza delle stoffe del vestito e il fatto che lasciasse i capelli sciolti, fluenti sulle spalle, fino ai fianchi, un fiume di lava rosso-oro, una pettinatura associata alla gioventù, alla verginità e … alle regine. Elisabetta era sempre conscia altamente dell’immagine che proiettava.

Per come la vedeva Maria, l’unità familiare non si poteva raggiungere se Elisabetta presentava se stessa come una specie di icona protestante, un’alternativa alla Regina Cattolica. Maria cominciava ad essere frustrata, i sentimenti feriti, e come sempre, i sentimenti feriti la portavano alla rabbia. Bella provò a intervenire più gentilmente possibile, ma Maria rimase ferma: Elisabetta doveva presentarsi a messa o affrontare la sua furia.

Elisabetta ebbe sentore di questo, volò nella camera privata di Maria e si buttò a terra davanti alla Regina, singhiozzando di cuore, i suoi capelli rosso-oro come una cortina intorno a lei. La rabbia di Maria evaporò mentre faceva alzare la sorellina e la prendeva tra le braccia. «Elisabetta, cosa ti tormenta così?»

«Sei arrabbiata con me», pianse Elisabetta.

«Sto provando ad essere paziente, Elisabetta, ma io voglio la mia famiglia alla messa.»

Il labbro inferiore di Elisabetta tremò. «I-io … io non so cosa fare!»

«Cosa intendi?»

«Io non so cosa fare a messa.» Altre lacrime rigarono le guance di Elisabetta. «Io non sono stata cresciuta nella vecchia religione, sorella. Non ne so nulla.»

«Oh, Elisabetta …» disse piano Maria. Asciugò le lacrime dalle guance di Elisabetta con un fazzoletto che teneva nella manica. «Oh, povera cara …»

«So che mi vuoi con te, ma come posso andare al servizio religioso di una religione di cui non so nulla? Tormenterebbe la mia coscienza, fingere.»

«Capisco», disse Maria sorridendole e riavviando i capelli dorati dalla fronte della sorella.

«Potresti … forse … darmi dei libri da leggere?» chiese Elisabetta timidamente. «Per vedere se la mia coscienza mi permetterà di convincermi?»

«Certo, mia cara! E farò in modo che tu riceva anche un’istruzione in merito. Forse Padre Jasper. Bella parla così bene di lui e di quanto le abbia insegnato sulla fede.»

«Grazie, sorella», si entusiasmò Elisabetta. Saltò in piedi e praticamente balzò via dalla stanza. Vide Bella vicino alla porta e le strizzò l’occhio.

Bella scosse la testa. Che razza di commedia. Quando raccontò la storia a Edward quella sera, lui rise di cuore. «Bess è una fanciulla scaltra», disse. «Ma Bella, ti prego, non metterti tra di loro. Lascia che Elisabetta combatta le sue battaglie. Non vuoi che Maria pensi che stai prendendo le parti di Elisabetta contro di lei.»

Bella sospirò. «Non posso farne a meno, Edward. Non voglio vedere Maria soffrire, e Elisabetta mi piace. Penso che a volte faccia arrabbiare Maria per piccole cose che potrebbero essere spiegate se solo parlassero faccia a faccia, invece che parlare tramite altri.»

«Credimi, Elisabetta sa esattamente cosa sta facendo. Lei non si mette neanche le calze la mattina senza pensare a tre modi di girarlo a suo vantaggio politicamente. Di certo non invidio il compito di Jasper di provare a convertirla alla vecchia fede. Scommetto uno scellino che alla fine sarà lei a convertire lui.»

 

 

Pochi giorni dopo, Edward ebbe il permesso dalla Regina di visitare Jane Grey nella Torre. Da quello che aveva sentito, la povera ragazza aveva pochi visitatori. Perfino sua madre, occupata a ingraziarsi la Regina, aveva sostanzialmente buttato la figlia ai lupi per salvarsi la pelle, ed era stata proprio lei in primo luogo a costringere la figlia ad accettare la corona. Edward odiava Frances Grey, che era il tipo di persona che ti faceva chiedere perché Dio permettesse che certa gente avesse dei figli.

Presero una chiatta sul fiume fino alla chiusa della Torre e passarono sotto l’inferriata. Bella rabbrividì quando la vide, perché le sembravano i denti irregolari di qualche mostro primordiale, pronto a divorare chi entrava passando sotto. Immaginò che fosse vero. Erano pochi quelli che entravano volontariamente nel suo stomaco, e pochi quelli che ne uscivano vivi.

Bella si era preparata a trovare Jane in un’umida cella di prigione, ma la stanza in cui stava la regina-dei-nove-giorni era in realtà piuttosto bella. Aveva una grande finestra che lasciava entrare una gran quantità di luce naturale, mobilio che si conveniva al suo rango e una pila di libri. In realtà Jane era piuttosto soddisfatta.

«Dovrei, forse, ringraziare la Cugina Maria», disse Jane a Edward, il tono ironico. «Non ho mai avuto tanto tempo per leggere.»

Edward guardò attorno la piccola stanza e notò orologi su quasi ogni superficie. Jane li collezionava, anche se Edward si era sempre chiesto dove avesse trovato i soldi per acquistare degli articoli così incredibilmente costosi. Ne indossava perfino uno, una piccola tavoletta piatta tempestata di pietre preziose, a forma di libro, che aveva un piccolo orologio all’interno.”

«Stai bene, Jane?» chiese Edward. «C’è qualcosa che posso farti avere?»

«No, ho tutto quello che mi serve. Molto più di quanto meriti. Master Partridge è gentile con me, e ho qui con me anche la mia governante Ellen.» Fece un gesto verso la donna anziana che ricamava silenziosamente in un angolo. «Mi hanno perfino dato due domestiche, la signora Tilney e la signora Jacob, e sono entrambe molto buone con me.»

Guardò Bella curiosa. «Questa è la tua nuova moglie, Edward? Ho sentito che ti sei risposato.»

«Questa è Bella, Jane, mia moglie.»

Jane sorrise, e questo illuminò il suo piccolo viso ordinario. «La ami!» esclamò. «Lo vedo.»

«Sì, è così,» replicò Edward, prendendo la mano di Bella nella sua mentre le faceva un piccolo sorriso.

Jane sospirò. «Vi invidio tutti e due.» Suo marito, Guildford, era un petulante marmocchio viziato, il tipo di persona che rimane un bambino fino a quando l’età gli imbianca i capelli. Quando Jane si era rifiutata di incoronare re suo marito, la madre di lui, furiosa, aveva ordinato a Guildford di smettere di visitare il letto di Jane, anche se come tutti e due avessero pensato che questa fosse una punizione, era un mistero.

«Sei devota alla vera fede?» chiese Jane a Bella.

«Um … quale delle due?» rispose Bella.

Edward sospirò. Risposta sbagliata. Jane si lanciò in una lezione sugli errori della Chiesa Cattolica e provò a fare accettare a Bella un libro sulla religione protestante, che Bella, per fortuna, rifiutò. «Posso leggere, ma non molto bene», confessò Bella. «Temo che mi ci vorrebbe fino al Giorno del Giudizio per finire di leggere un libro così grosso.»

«Edward può leggerlo per te», insisté Jane.

«La vita di corte ci tiene troppo impegnati per poter leggere, Jane», disse Edward. «Magari un’altra volta.»

Jane sembrò delusa ma ringraziò Bella e Edward per la loro visita. «Prega, Bella», disse Jane. «Dio ti mostrerà la vera strada verso la sua grazia.»

«Quella povera bambina», disse Bella dopo che avevano raggiunto il Green fuori. Guardò da sopra la spalla e vide Jane alla finestra, le fece un cenno con la mano e ne ricevette uno di rimando. «La sua fede è l’unica passione che ha nella vita.»

«E l’unica che probabilmente avrà mai, se rimane sposata con quello sfacciato.» Edward fece un cenno col capo verso la torre Beauchamp, dove era tenuto Guildford.

«Possiamo mandarle dei libri?» chiese Bella. «Penso che è la cosa più gentile che possiamo fare per lei.»

Edward considerò. «Dobbiamo prima mostrare la selezione a Maria», disse.

Salirono sulla chiatta per il viaggio di ritorno al palazzo. «Abbiamo il resto della giornata libero», le ricordò Edward. «Cosa ti piacerebbe fare?»

«La vorrei passare tra le tue braccia, se posso fare a modo mio», disse piano Bella.

«Ci si può organizzare», sorrise Edward.

 

 

 

 

 

Note storiche

-          La legittimità di Maria (o mancanza della stessa). Quando Enrico VIII accettò il fatto che non avrebbe avuto altri figli, ristabilì Maria e Elisabetta nella linea di successione, ma non ripristinò mai la loro legittimità. Erano entrambe, tecnicamente, bastarde. Enrico aveva annullato il suo primo matrimonio con la madre di Maria, Caterina d’Aragona, e poi aveva annullato il suo matrimonio con la sua sostituta, Anna Bolena, prima di farla decapitare (il che fa emergere lo stesso punto interessante già visto con Kathryn Howard: se le donne non erano mai state legalmente moglie del re, come potevano essere giustiziate per adulterio?). Alcuni studiosi ritengono che la “cortesia” di Enrico di far venire uno spadaccino dalla Francia per decapitare Anna invece di usare l’ascia del boia della Torre fosse dovuta al fatto che lei aveva acconsentito all’annullamento.

-          La povera Mary ( o Marie) Grey era considerata la donna più brutta a corte. Era molto piccola e con la schiena storta. Sia lei che la sorella Catherine fecero infuriare la Regina Elisabetta sposandosi con uomini al di sotto del loro rango senza permesso. Mary fu messa agli arresti domiciliari con suo marito fino alla morte di lui, cinque anni dopo. Il marito di Catherine fu mandato fuori del paese per un affare non correlato e lei non confessò il matrimonio finché non fu incinta di otto mesi. Sfortunatamente, l’unico testimone del suo matrimonio era morto e lei aveva “perduto” tutta la documentazione che provava che fosse legalmente sposata.(Ci si domanda se fosse stata rubata da qualcuno che voleva eliminarla come potenziale erede al trono). Elisabetta imprigionò Catherine e suo marito nella Torre, ma i carcerieri presero in simpatia la coppia e lasciavano che si incontrassero privatamente. Elisabetta fu regalmente incazzata quando Catherine rimase incinta di nuovo. Separò la coppia, portò via il nuovo bambino e fece annullare il matrimonio di Catherine contro la sua volontà, rendendo i figli illegittimi e quindi inammissibili alla successione (ironico venendo da una donna che sedeva sul trono dopo essere stata resa bastarda dal suo stesso padre). Catherine morì cinque anni dopo, senza aver mai più rivisto suo marito. Questa storia dolorosa illustra quanto la Regina Maria fosse stata gentile e generosa quando scoprì che Edward aveva sposato Bella.

-          La parola “megrim” veniva usata sia per descrivere un’emicrania che un attacco di depressione, entrambe cose di cui soffrì Maria per tutta la vita.

-          Lady Jane Grey aveva veramente una collezione di orologi nei suoi alloggi alla Torre: cinque orologi da tavolo, compreso un “alarum” clock (una sveglia con suoneria) e quattro orologi da tasca che le erano stati dati “per mandato”.

 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/10/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  10

 

«Ho una sorpresa per te», sussurrò Edward all’orecchio di Bella.

Era scivolato nella camera privata della Regina quasi inosservato, si era insinuato dietro sua moglie e si era chinato su di lei per sussurrare. Bella sobbalzò con un grido soffocato. «Oh! Edward!» Si voltò e gli sorrise, felice come sempre di vederlo, ma a lui mancava la vivacità nei suoi occhi.

Le ultime due settimane erano state via via più difficili per Bella. Le mancava l’oceano, anche solo afferrare il suo odore nell’aria o vedere le sue onde grigie e increspate dalla finestra. Le mancava il richiamo degli uccelli marini. Le mancava Elizabeth, ed era preoccupata che fosse rimasta affidata alle cure insensibili di Rosalie. E le mancava Edward, perché sembrava che gli unici momenti in cui lo vedeva era quando passavano per i corridoi o tardi la notte, quando finalmente veniva a letto, troppo stanco per fare altro che darle un bacio veloce prima di cadere in un sonno profondo e senza sogni, solo per ripetere il ciclo il giorno successivo.

Bella, in qualità di dama di corte della Regina, era sempre a disposizione per le esigenze di sua maestà. Andava nelle stanze della Regina prima dell’alba per aiutarla a vestirsi, un processo assurdamente lungo che coinvolgeva numerose persone che erano impegnate a passare ogni singolo indumento a quelli che avevano poi l’onore di sistemarlo sul corpo della Regina. Perfino le più intime funzioni corporee erano compiute con un pubblico e con l’assistenza dei domestici.

Poi la messa. Poi nella camera privata della Regina dove lei attendeva agli affari del regno, le dame a suonare piacevole musica di sottofondo o a leggere o a ricamare silenziosamente quando aveva un incontro con questo o con quel funzionario. Poi di nuovo la messa. Se non fosse stato per lo stress, Bella poteva essere morta di noia.

La tensione stava crescendo a corte. La Regina Maria credeva che la verità del Cattolicesimo fosse così ovvia che chiunque vi fosse introdotto si sarebbe prontamente convertito, e così la sua rabbia cresceva, mentre la Principessa Elisabetta continuava ad essere assente alla messa, settimane dopo che le erano stati dati i libri e le lezioni private con Padre Jasper, che, come previsto da Edward, si erano trasformate in dibattiti bonari su punti della teologia così esoterici che Edward non riusciva neanche a seguirne le descrizioni di Jasper. Jasper, avendo quasi istantaneamente rinunciato alla speranza di farne una convertita, si divertiva immensamente durante le sue ore con Elisabetta, ma doveva riferire a Maria che nessun progresso era stato fatto, cosa che di sicuro non lo divertiva.

Edward era stanco e irritabile per via del carico dei suoi impegni al consiglio. Maria stava imponendo nuovi dazi commerciali per provare a migliorare l’economia inglese, ma i nobili che possedevano i monopoli di quelle importazioni, resistevano, e continuavano a tentare di far abbassare i dazi su altre merci. Si sentiva come Sisifo, ammise con Bella, a spingere eternamente un masso su per la collina solo per vederlo rotolare giù ogni volta quando era vicino all’obiettivo.

«Una sorpresa?» ripeté lei. «Che tipo di sorpresa?»

Lui le fece un sorriso e si chinò a sussurrarle nell’orecchio. «Dovrai solo seguirmi e scoprirlo, no?»

Bella si alzò in piedi e mise da parte il telaio da ricamo. Non le era sfuggito il sorriso cospiratore passato tra la Regina e Edward e fu contenta che i due sembrassero tornati in termini amichevoli. La Regina Maria aveva notato la freddezza di Edward verso di lei e il suo esagerato formalismo che indicava la sua distanza emotiva da lei dopo l’introduzione della sua legislazione religiosa e alla fine l’aveva preso da parte.

«Perché sei adirato con me?» chiese lei, e la mascella di Edward era caduta dallo stupore, perché pensava che fingesse ignoranza, che era qualcosa che non credeva avrebbe mai fatto Maria.

«Tu mi hai mentito», rispose lui. «Mi hai detto che intendevi lasciare la religione così com’era e non avresti forzato nessuno contro la propria coscienza.»

Maria si torceva le mani. «Questo era prima che sapessi a che punto fossero arrivate le cose, Edward. Tu non capisci. È terribile. C’è una tale confusione. I preti di una chiesa possono dire una cosa e quelli della parrocchia vicina possono dirne un’altra. Il popolo non sa cosa credere. Tutti si stanno facendo idee proprie, anche se non sono eruditi come i nostri padri della chiesa. Che razza di Regina sarei se lasciassi il mio popolo perduto e in pericolo di perdere la sua anima immortale? Io non ti ho mentito, Edward, te lo giuro. Semplicemente non ero completamente informata della situazione.»

«Ed Elisabetta?» chiese cupo Edward. «Tu hai detto che non avresti forzato nessuno contro la propria coscienza, eppure trascini Elisabetta dal suo letto di ammalata per attendere messa nella tua cappella.»

Pochi giorni prima, la corte era stata deliziata dallo spettacolo di Elisabetta che arrancava andando a messa, lamentandosi rumorosamente per tutto il tragitto, dicendo che stava male e chiedendo a una delle sue dame di massaggiarle lo stomaco. Si era acquietata durante la funzione, ma aveva mantenuto un’espressione da martire dolente per tutto il tempo. La storia diffusa dai suoi partigiani protestanti fu che Elisabetta alla fine era stata costretta ad andare a messa come ordinato dalla sorella, ma l’aveva trovata così disgustosa che era stata male di stomaco.

«Non era malata», arguì Maria. «Ho mandato i miei stessi medici a vederla, e non hanno trovato niente che non andasse in lei!»

«E i medici sono sempre capaci di diagnosticare un malessere, Vostra Maestà?» Inarcò un sopracciglio, perché Maria aveva sofferto lei stessa molti malanni che erano stati ascritti semplicemente all’isteria dai suoi perplessi dottori.

Maria assottigliò gli occhi. «Tu non sei uno stupido, Edward. Tu sai che non vuole convertirsi.»

«Già, lo so. Ma credo anche che lo stress del tuo malcontento può causare i suoi problemi di stomaco. Io le darei il beneficio del dubbio, come te un tempo.»

Maria indietreggiò. Lei era stata influenzata dai partigiani cattolici che sussurravano continuamente dicerie nel suo orecchio, e lo sapeva.

Adesso, sorrideva gentilmente a Edward e alla sua sposa, gli occhi un po’ nostalgici mentre guardava l’evidente legame d’affetto tra i due. Ci era voluta un’ora di discussione, ma alla fine lei e Edward avevano raggiunto un accordo, e la ‘sorpresa’ di Bella era parte di quell’accordo.

«Dove stiamo andando?» chiese Bella, mentre lui la portava lungo i corridoi del palazzo. Si incontrarono con Alice, che aspettava sulla porta, la faccia tirata in un sorriso malizioso. Alice conosceva il segreto, ma non parlava. «Traditrice», le disse Bella e Alice ridacchiò.

«Vedrai», era tutto quello che diceva in risposta alle sue domande.

C’erano tre cavalli sellati, fuori, le briglie di ognuno tenute da uno stalliere in livrea, e altri stallieri erano di fianco in attesa di scortarli. Due di loro assisterono Bella e Alice per montare in sella. Bella era ancora nervosa vicino ai cavalli, ma alcune cavalcate pomeridiane con Edward nelle ultime settimane le avevano insegnato come stare in sella all’amazzone su quella placida giumenta marrone. Edward spinse i talloni nella sua più vivace cavalcatura, che teneva sotto controllo quando avrebbe voluto rompere in un allegro galoppo, e partirono, chiacchierando socievolmente mentre cavalcavano. Edward includeva Alice nella conversazione e sembrava che gli piacesse come piaceva a Bella. Bella continuava a cercare indizi sulla loro destinazione, ma Edward continuava a darle solo quel piccolo, misterioso sorriso.

La città si diradava, gli edifici sempre più rari e distanti e si mescolava ormai con la campagna. «Dove siamo adesso?» chiese Bella.

«Hampstead Heath», rispose Edward. «Vieni qui vicino un momento.» Tirò fuori un pezzo di stoffa dalla manica e lo legò sugli occhi a Bella. «Ho preso io le tue briglie», disse. «Devi solo tenerti.»

Bella si aggrappò al pomo della sella. Il movimento del cavallo sembrava peggiore senza poter vedere, ma vi si afferrò come una lappola. Pochi minuti dopo, Edward fece fermare i cavalli e le sue mani le rimossero con gentilezza la benda. «Guarda», disse piano. Seguì la direzione del suo sguardo e vide una casa di fronte a loro alla fine di un viale. Una bella casa padronale di pietra grigia, non grande come quella al mare, ma lo stesso massiccia e imponente, con un grande e ondulato prato verde. Edward fece scendere Bella di sella. «È nostra, amore. Maria ha dato il suo permesso. Vivremo qui invece che al palazzo, e andremo in città ogni mattina.»

Bella era completamente senza parole. Guardò intorno la campagna incontaminata e inalò un profondo respiro di aria fresca che profumava di erba.

Le si riempirono gli occhi di lacrime e sperò che Edward potesse vedere sul suo viso quanto l’aveva fatta felice, perché le parole semplicemente non le venivano.

«E poi c’è la parte migliore», disse Edward.

La porta si aprì e una figuretta corse fuori, strillando do gioia. «Padre! Bella! Padre!»

«Elizabeth!» gridò Bella. Andò di corsa verso la bambina e la prese tra le braccia, facendola girare finché non le vennero le vertigini e caddero a terra ridendo. Edward si unì a loro, sedendosi sull’erba accanto alla sua sposa che rideva e piangeva e a sua figlia che chiacchierava. Elizabeth gli strisciò in grembo e lui le prese il viso con la mano, guardandola negli occhi dolci e ardenti. La sua cuffia si era messa di traverso e le pendeva su un orecchio, e i suoi ricci ribelli ne uscivano. Somigliava così tanto a sua moglie che il cuore gli fece male per un momento, ma rifiutò di accogliere i pensieri che aleggiavano ai bordi della sua mente.

I domestici erano riuniti a rispettosa distanza, guardando lo spettacolo bizzarro di un Duca seduto sull’erba con la sua Duchessa e sua figlia.

«Va’ a mostrarle il resto», gli disse Alice. «Io porterò dentro Elizabeth e vi aspetterò.»

Edward aiutò Bella ad alzarsi (con quel vestito ingombrante non c’era modo che potesse alzarsi da sola). Lui le prese la mano e lei avrebbe potuto saltare di gioia. «Edward, questo è … non ho parole. Sono così felice. È bellissimo qui fuori.»

«Guarda.» Edward indicò in una direzione e Bella poté vedere la guglia della Old St.Paul’s.

«Siamo così vicini alla città, eppure sembra di essere nel cuore della campagna», disse Bella piano.

Camminarono verso il retro della casa e Bella boccheggiò. Di fronte a lei c’era un’aiola ornamentale con un intricato disegno, ma quello che attirò i suoi occhi fu il fiume che la costeggiava, l’acqua limpida e scintillante. Non era molto profondo, né largo, ma era comunque un fiume. Bella emise un singulto tremante e premette le dita sulla bocca. «Ed io posso …?» cominciò, la voce tesa per le lacrime.

«Sì, Bella, puoi nuotare qui, se ti piace.» Esitò per un momento. «Io non so se devi nuotare nell’acqua salata per essere felice, e so che le alghe non crescono nel fiume, ma …»

Bella lo interruppe con un bacio appassionato, avvolgendogli le braccia al collo così strette che quasi lo strangolò. Stava proprio piangendo, adesso, le lacrime le rigavano la faccia e il corpo era scosso dai singhiozzi. «Se ne avessi mai dubitato, questo mi mostra quanto mi ami», disse alla fine.

«Avevo paura per te», confessò lui. «So che hai detto che la tua gravidanza ti protegge con una magia potente, e che non puoi languire, ma avresti potuto essere triste. Io voglio che tu sia felice, Bella.»

«Io sono felice», disse lei. Anche se il fiume non era così grande come avrebbe voluto, il fatto che lui si curasse così tanto di quello che lei desiderava e di quello di cui aveva bisogno, le riscaldava il cuore. Non avrebbe potuto chiedere un marito migliore. Perfino gli uomini selkie non erano normalmente così premurosi, perché tendevano a essere egocentrici e si distraevano facilmente. «Grazie, Edward. Non potrò mai ringraziarti abbastanza.»

«Ringrazia anche la Regina», disse Edward. «Le ho detto che tu anelavi la campagna e questa è stata la sua soluzione. Questa casa è un suo dono.»

«Oh, Edward», sospirò Bella. «Ti vuole veramente bene, anche se non sempre te lo dimostra.»

Lui sorrise. «Vuole bene anche a te, Bella. Ha detto che hai un cuore gentile.»

«Anche lei ce l’ha. E tutte le dame la amano.»

Molto più tardi, Edward avrebbe riflettuto su quelle parole e ponderato la contraddizione di una donna molto amata da chi le stava attorno che era capace di causare tanto dolore e distruzione. Ma al momento, lui e Bella potevano essere felici, sicuri dell’affetto della Regina e con la loro amata famiglia attorno a loro, come la Regina voleva che fosse la sua.

Tornarono in casa insieme, mano nella mano. Alice aspettava nell’ingresso, seduta su una panca, Elizabeth appollaiata sul suo ginocchio. Elizabeth strillò di nuovo quando vide Bella e corse verso di lei, saltellando, le braccia aperte, chiedendo nel linguaggio universale dei bambini di essere presa in braccio. «Questa è la nostra nuova casa!» disse a Bella. «E tu puoi vivere qui con me! Alice ha detto così.»

«Be’, se lo dice Alice dev’essere vero», replicò Bella, e baciò la guancia morbida di Elizabeth. Elizabeth ridacchiò e nascose la faccia nel collo di Bella. Indossava un vestitino di broccato blu, le maniche ricoperte di rosette che avevano al centro uno zaffiro. Sul corpetto rigido, aveva appuntata una spilla, una spilla che portava un ritratto in miniatura di sua madre, e la perla fissata sulla sua cuffia era simile a quelle cucite sulla sua gonna.

«Penso che tu sia cresciuta almeno trenta centimetri da quando ti ho visto l’ultima volta, e il tuo peso è aumentato almeno di cinque chili», dichiarò Bella.

Elizabeth ridacchiò di nuovo e poi batté le mani. «Andiamo a vedere la mia stanza!»

«Tuo padre vuole mostrarci tutta la casa», disse Bella. «Poi ti prometto che andremo nella tua stanza.»

Al piano terra, il pavimento era di pietra liscia e piastrelle colorate con delle stuoie di giunco e perfino alcuni preziosi tappeti sparpagliati qua e là, invece dei giunchi sciolti che venivano ancora usati in alcune case. La prima stanza in cui entrarono era la sala, dove erano sistemati lunghi tavoli con delle panche per i pasti. L’alto tavolo era posto su una pedana e aveva spazio per venti commensali, ed era coperto per tutta la lunghezza da un tappeto tessuto con dei motivi a foglia di vite. Le seggiole di Bella e Edward erano poste sotto un piccolo baldacchino quadrato ricamato con lo stemma dei Cullen. Oltre la sala c’erano le cucine, la dispensa, la cantina e tutte le altre aree dove i domestici lavoravano per rendere confortevole la vita dei loro padroni. Edward non si offrì di mostrarle a Bella, ma lei era curiosa e si fece la nota mentale di portare Alice ad esplorare, più tardi.

A sinistra c’era la sala di ricevimento con un grande camino e delle credenze dove i piatti d’oro e l’argenteria del Duca erano in mostra quando non erano in uso. Gli ospiti si incontravano e si mescolavano in questa stanza dopo la cena. Una grande seggiola per Edward e una più piccola per Bella erano in cima a pochi gradini, sotto un baldacchino che faceva il paio con quello della sala. Una piccola area schermata alla loro sinistra era dove suonavano i musicisti, e c’era spazio per danzare, se il duca l’avesse desiderato.

Dietro questa stanza ce n’era una più piccola cui ci si riferiva come salotto d’inverno. Più facile da scaldare, le pareti pannellate ricoperte di arazzi, questa stanza era per il relax familiare, o per i pasti in privato quando l’avessero preferito. Le finestre disegnate a diamante guardavano verso il fiume.

In fondo c’era una piccola cappella di pietra che conteneva le tombe della famiglia che aveva vissuto qui prima di loro. Il suo splendore cattolico era stato già ripristinato usando una parte dell’arredamento della cappella di Edward a casa. Questo portò alla mente una domanda e gli occhi di Bella guizzarono verso Edward, ma la domanda ebbe immediatamente una risposta quando entrò una figura con una tunica nera. Padre Jacob.

Lui la spaventava. Bella poteva anche non riuscire a leggere le menti degli adulti, ma non servivano sensi speciali per avvertire la malignità che emanava da lui. «Vostre Grazie», disse lui, gli occhi che perforavano Bella. Voleva abbassarsi dietro Edward e nascondersi, ma si mantenne ferma, pur tenendo il viso voltato dall’altra parte.

«Padre Jacob, confido di trovarvi bene», disse Edward educatamente.

«Sto bene, vostra grazia. Spero di vedervi di più in questa nuova cappella di quanto non vi vedessi nella vecchia. Ora che la Vera Fede è stata restaurata, possiamo celebrare apertamente. Stavo giusto dicendo l’altro giorno al Vescovo Gardiner che viviamo davvero tempi benedetti.»

Edward capì immediatamente dove voleva arrivare Padre Jacob. Conosceva Gardiner e avrebbe riferito la sua mancanza di partecipazione, e Gardiner avrebbe a sua volta riferito alla Regina. «Sì, benedetti», ripeté Edward e prese Bella per il braccio. «Siamo stanchi del viaggio e ci uniremo a voi per la messa del mattino.»

«Speravo nel piacere della vostra compagnia per la cena, nelle mie stanze», disse Padre Jacob. Non guardò Bella per includerla nell’invito.

«Ahimè, siamo così esausti che faremo cena nelle nostre stanze e ci ritireremo presto, ma forse un’altra volta.»

«E’ strano, no, come un viaggio così breve possa essere tanto stancante?» disse Padre Jacob, il tono beffardo.

«Mm. Specialmente quando uno è oberato dagli affari del consiglio», rispose Edward, un’eco tagliente sotto la superficie delle parole.

Padre Jacob riconosceva il ghiaccio sottile quando lo vedeva. «Sì, certamente. Vi lascerò al vostro riposo. Vostra grazia.» Si inchinò e arretrò per la stanza, ma prima di chiudere la porta dietro di sé, i suoi occhi pugnalarono di nuovo Bella e lei sentì alzarsi i peli del collo.

Edward scosse la testa come a togliersi di dosso dei brividi anche lui. «Vecchio corvo ciarlatano», borbottò. «Se non fosse per quella promessa che ho fatto a Mary …»

Bella gli mise una mano sul braccio. «Non lasciare che ti infastidisca. Ti prego, torniamo ad esplorare la nostra nuova casa. Non voglio ombre che oscurino questo giorno felice.»

Edward le sorrise. «Seguimi, amore.»

Al piano di sopra c’erano le stanze da letto, la grande camera del Duca alla fine del corridoio con l’enorme letto già sistemato all’interno. Bella boccheggiò deliziata a vederlo già lì, con tutto il mobilio già sistemato, inclusa la cassapanca chiusa di Edward dove stava la sua pelliccia. Doveva aver traslocato tutto in fretta questa mattina, in segreto, dopo che lei era andata per i suoi doveri di corte.

La stanza era anche più confortevole di quella della magione al mare. I muri erano pannellati, il che aiutava a tenere la camera calda d’inverno, e aveva un paio di finestre che, aperte, creavano uno scontro d’aria d’estate. I camini erano spenti, anche se a corte si stava abituando a dei piccoli fuochi. Semplicemente non poteva evitarlo in un ambiente così gravido di pettegolezzi. Le «eccentricità» di Bella non avevano bisogno di essere messe ancora più in risalto come sembrare un’anima peccatrice impaurita dal fuoco.

Invece del bagno, la stanza aveva un piccolo ripostiglio in cui era una specie di seggiolino. Era una specie di seggiola ornata con un buco nella seduta appollaiata su un grande vaso da notte. La seduta era imbottita di velluto rosso con artigli dorati ai bordi della tappezzeria. Bella era ansiosa di usarla, solo per la sensazione di lusso che le avrebbe dato l’esperienza.

A Emmett era stata data una stanza al piano di sotto, anche se non era ancora arrivato. Bella sorrise con gentilezza a Edward quando glielo fece notare, orgogliosa che accettasse suo fratello nella sua casa, anche se non era ancora pronto a riaccettarlo nel suo cuore.

La camera di Elizabeth era dall’altra parte del corridoio rispetto alla loro, cosa che Bella apprezzava, non avendo mai compreso l’abitudine di mettere i membri della famiglia in ali diverse della casa. Bella si bloccò quando vide Rosalie inginocchiata davanti al baule di Elizabeth, che tirava fuori delle camicie fresche di bucato. Rosalie incontrò i suoi occhi con uno sguardo cupo e vuoto e le fece un inchino poco entusiasta. Bella rispose con uno sguardo storto e si fece anche un’altra nota mentale di parlare con Edward sul fatto di trovare una governante appropriata per Elizabeth una volta che fosse completamente svezzata. I bambini Tudor erano allattati fino a cinque anni, ma a Elizabeth sembrava piacere il cibo solido e non vedeva motivo di ritardare ancora lo svezzamento completo.

La bambola che Bella aveva fatto per Elizabeth aveva il posto d’onore sul suo letto. Vide qualche altro giocattolo sparpagliato per la stanza e sorrise a Edward, che doveva averlo ordinato quando si era reso conto che sua figlia non aveva giocattoli. Bella sapeva che i bambini nobili non avevano la stessa infanzia spensierata che avevano i bambini selkie, ma voleva che Elizabeth avesse almeno un po’ di tempo per giocare. Non sopportava il pensiero che Elizabeth crescesse come la povera, mesta Jane Grey.

Elizabeth mostrò loro tutto della sua nuova stanza, compreso il nuovo seggiolino dietro un paravento nell’angolo. Ci si mise sopra per mostrare il suo uso, tamburellando i piedi sul davanti squadrato.

«Cosa pensi, Padre?» chiese saltando giù dalla seduta e correndo verso Edward.

«Penso che se ti piace la casa potremmo restare qui per un po’», disse Edward solenne.

Elizabeth considerò un momento e poi il suo viso fiorì in un sorriso. «Mi piace!»

«E’ deciso, allora. Adesso, amore, credo che tu debba andare a nanna.»

Elizabeth si lamentò un po’, ma Edward rimase fermo, con gentilezza. Bella la svestì della camicia e la mise nel grande letto, la bambola stretta al braccio.

«C’era una volta un topo che voleva andare sulla luna», disse Bella, e Elizabeth si accoccolò per sentire la storia a occhi spalancati, che pian piano diventavano sempre più pesanti, nonostante i suoi sforzi per restare sveglia fino alla fine. Si addormentò poco dopo che il topo aveva raccolto i semi per pagare il passerotto che l’avrebbe portato lassù.

Bella si alzò con attenzione dal letto, le rimboccò le coperte al mento e chiuse le cortine del letto.

«Sei così brava con lei,» si meravigliò Edward. «Rosalie non riesce mai a metterla a dormire senza una piccola tempesta.»

Rosalie non disse nulla, gli occhi pungenti puntati al pavimento. Edward prese il braccio di Bella. «Vieni, mia signora moglie. C’è un’altra cosa che voglio mostrarti.»

«Sì? Dov’è?» Bella lo seguì nel corridoio.

Edward si voltò e camminò all’indietro, attirandola nella porta di fronte a quella di Elizabeth. «È la nostra camera», disse lui.

«Sono ansiosa di vederla», disse Bella, gli occhi che brillavano d’amore per quest’uomo, un amore così grande che le sembrava le stirasse il cuore di due taglie. Traboccava, riscaldando tutto il suo essere.

Lui si appoggiò contro la porta, guardandola con gli occhi socchiusi. «Devo chiamare Alice perché mi spogli?» chiese Bella, tirando lentamente, maliziosamente i suoi lacci.

«No», disse lui, tirandola contro di sé. «Ho ancora il mio coltello, se ce ne fosse bisogno.» Poi le prese la bocca con una fame a stento trattenuta. Bella gemette, intrecciando le dita nei suoi capelli selvaggi, premendo più che poteva il corpo contro quello di lui. Lui abbassò il braccio e tirò su la sua gonna, la mano che scavava sotto i pesanti strati di stoffa fino ad arrivare alla sua carne soffice. Lei boccheggiò contro le sue labbra, i fianchi che si muovevano involontariamente per seguire le carezze delle sue dita.

«Non posso aspettare», mugolò. La voltò, tirandole la gonna alla vita mentre la sollevava. Bella gli avvolse le gambe ai fianchi, ansimando per l’eccitazione. Le loro bocche si incontrarono selvaggiamente in una tempesta di labbra e lingue e denti che mordevano. Lui allungò una mano tra i loro corpi e si tirò via calzamaglia e conchiglia, piantandosi dentro di lei con una spinta dura e improvvisa che li fece gridare entrambi.

«Oh, Cristo, ti ho fatto male?» boccheggiò lui.

«No, di più», ringhiò lei. «Di più.»

Edward decise subito che qualunque cosa volesse la sua piccola moglie selkie, l’avrebbe accontentata.

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

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Capitolo  11

 

La luce della luna luccicava sull’acqua come un letto di diamanti. La testa scura di Bella ruppe la superficie e Edward rilasciò il respiro che stava trattenendo, che uscì come una nebbia nell’aria fredda. Sapeva che non poteva annegare, ma ogni volta che si tuffava lui aspettava con ansia che riapparisse. Era tardo ottobre e c’era brina sull’erba. Edward era meravigliato della tolleranza di Bella per l’acqua fredda, eppure lei non sembrava mai notare il freddo. Durante l’estate, poco dopo l’acquisto della casa, qualche volta lui era andato in acqua con lei, e Bella gli aveva insegnato a nuotare, ma era stato costretto a smettere un mese prima, incapace di sopportare il freddo. Ora restava seduto sulla riva e la aspettava, come sempre, con dei vestiti asciutti e una coperta, che era più per il suo conforto che per quello di lei.

Lei emerse dall’acqua, masticando delle radici di giunco di palude, che lei affermava le piacessero quasi come le alghe. Edward le portò una camicia asciutta che lei infilò dalla testa e poi le avvolse la coperta attorno alle spalle. Silenziosamente, tornarono in punta di piedi verso casa, passando dalla scalata posteriore verso la sicurezza della loro camera senza essere visti.

Edward rabbrividì un po’ mentre si spogliava della sua camicia e andò a scaldarsi davanti al fuoco, tenuto basso per evitare di disturbare Bella che ancora preferiva restare dalla parte opposta della stanza. Si sedette sul letto e cominciò a pettinarsi i lunghi capelli scuri. Edward lasciò il camino, non più così interessato a riscaldarsi, e si mise seduto di fianco a lei. Prese il pettine e continuò lui. Se qualcuno gli avesse detto un anno fa che avrebbe tratto così tanto piacere a pettinare i capelli di una donna, gli avrebbe detto che era matto.

Fece scivolare una mano davanti al corpo di lei, appoggiandola sull’addome leggermente dilatato. «Spero che non farai venire un raffreddore al bambino.»

Lei voltò la testa e gli sorrise. «Non temere, lui è al sicuro e al caldo.»

«Lui?»

Lei fece spallucce. «O lei.»

«Oh», disse dopo un momento. «Pensavo che magari l’avevi scoperto.»

Lei scosse la testa. «Da questo punto di vista siamo uguali alle donne umane. Lo sappiamo quando nasce il bambino.» Mise una mano su quella di lui. «So che se si vuole un maschio, la donna dovrebbe stare lontana dai cibi freschi e umidi come la frutta e la verdura.»

Edward ridacchiò. «Penso che siamo destinati ad avere una figlia, allora.»

«Ti disturberebbe?»

Quello che lo disturbava era il pensiero che lei potesse non restare con lui per sempre, ma almeno avrebbe avuto questa parte di lei, un figlio loro da amare. «Non se somiglia a te», disse lui con leggerezza.

«Penso che mi piacerebbe se nostro figlio ereditasse i tuoi capelli rossi Tudor.»

«Purché abbia i tuoi occhi», rispose lui. «Bella, c’è qualche possibilità che nostro figlio sia selkie?»

Lei scosse la testa. «Solo due selkie possono avere un bambino selkie, Edward.»

«Ricordo che me lo hai detto, ma noi siamo stati nell’acqua …»

«Questo non cambia ciò che sei, così come stare sulla terraferma non cambia ciò che sono io.»

Non sapeva se era sollevato o deluso. Quando lei aveva descritto l’infanzia selkie, sembrava così idilliaca, giocare tra le onde, spensierati e innocenti, assecondati e amati da ogni adulto, non come la sua educazione rigida e fredda, la maggior parte della quale trascorsa seduto a una scrivania a imparare lingue di paesi in cui non sarebbe mai stato, sapendo che sarebbe stato battuto se avesse avuto un rendimento scarso. Tracciò un cuore sulla pancia di lei. Bella aveva cambiato così tanto la sua prospettiva. Lui aveva desiderato una relazione più calda con sua figlia, ma non aveva saputo come fare finché lei non glielo aveva mostrato, finché lei non aveva sciolto il ghiaccio intorno al suo cuore.

Adesso incoraggiava sua figlia, ma non esigeva. Lasciava che giocasse e trovava che questo migliorava i suoi risultati scolastici. E la guida amorevole di Bella rendeva Elizabeth più obbediente rispetto alla paura delle punizioni fisiche. Adesso voleva compiacere suo padre perché lo amava, non perché lo temeva.

Bella aveva aperto tutto un mondo nuovo davanti a lui, un mondo che era sempre stato lì, ma che lui era troppo cieco per vedere.

 

 

La sera dopo, Bella non era tornata per l’ora in cui Edward aveva lasciato la sessione del consiglio in cui si era dibattuto all’infinito la questione del matrimonio della Regina con minimi progressi. Ognuno difendeva i propri candidati e la discussione andava avanti a vuoto finché a Edward venne voglia di sguainare la spada.

Edward era deluso, avendo aspettato con ansia di passare la sera con Bella. Pensava che fosse a casa, dato che a corte gli era stato detto che la Regina era malata e non riceveva visite, quel giorno. In realtà non era falso, la Regina si era preoccupata per problemi di stomaco e palpitazioni.

Una nota gli arrivò con un messaggero poco dopo che era entrato nell’ingresso, mentre passava i suoi guanti da cavallo a un domestico che li portò via per pulirli e passarvi della polvere. Aprì il foglio piegato e sigillato con la cera, trovando la scrittura a malapena leggibile di Bella sul foglio. Scriveva foneticamente, come molti di quei tempi, ma questo combinato con la sua scrittura maldestra rendeva il tutto molto difficile da leggere.

«Edward , duck di Calen

Mio siniore marito, io resto con sua Majesta la Regina, ke prega nela sua capela e desia ke nessuna di noi deva partire fino che a finito. Non più te al momento, mio amato, perke manca tempo, ma vorrei me nelle bracia del mio amore. Scrito in kuesto mercoledì in San Giacomo ale oto. Tua finke dura la mia vita, Bela Calen

Lui sospirò e posò la lettera. Maria stava pregando per la proposta che le era giunta da suo cugino (a cui lei stessa era stata un tempo fidanzata), l’Imperatore Carlo V, di sposare suo figlio, Filippo di Spagna. Per quanto affermasse pudicamente che poteva felicemente vivere vergine la sua vita, dedicata al suo popolo, Maria aveva sempre desiderato un marito e dei figli. Dal punto di vista personale, il problema che presentava questa accoppiata particolare, era che il marito suggerito era di undici anni più giovane della Regina e si diceva che fosse sessualmente promiscuo, avendo generato una scia di figli bastardi. Maria era preoccupata della sua lussuria, anche se cercava di articolare tutto questo con delicatezza. Le discussioni sui ‘doveri coniugali’ di sua madre si erano sempre espresse in termini di sopportazione delle attenzioni di un marito per il bene della nazione, e sebbene sua madre le avesse insegnato che bisognava chiudere gli occhi e ignorare , Maria non voleva un marito che avesse amanti e sue rivali nella sua stessa corte.

Le sue lavandaie divennero ricche, essendo pagate e corrotte da tutti, dai valletti agli ambasciatori, per rivelare se la Regina fosse ancora mestruata e quindi idonea al matrimonio. Perfino Edward e Bella erano stati avvicinati, ma Bella era indifferente alle ‘pietre lucenti’ che le venivano offerte per avere notizie e Edward era indignato che gli fosse richiesto di spiare. Tutti, dalle lavandaie alle domestiche che cambiavano le sue lenzuola ai medici che la avevano in cura, giuravano che avesse ancora i suoi corsi, anche se un po’ irregolari. Anche se questo poteva spiegarsi col fatto che non fosse sposata a un’età così avanzata. Il suo delicato sistema semplicemente non si rassegnava a una vita di castità.

Più Maria pensava al matrimonio, più sembrava piacerle l’idea. Bella osservava sorpresa come diventasse pian piano meno la zitella regale e più una svolazzante e ridacchiante ragazza. Un ritratto di Filippo, del rinomato artista Tiziano, le era stato inviato e lei passava le giornate a gingillarsi e sospirare su di esso. Era mezza innamorata di lui senza mai averlo neanche visto.

In cuor suo, Bella pensava che il principe non fosse così bello come diceva Maria. Stava in piedi davanti a un tavolo coperto di rosso, vestito per metà della sua armatura. La sua carnagione era pallida e aveva una barbetta rada lungo la mandibola, e labbra piene sotto baffi sottili. La sua conchiglia era fallica, sporgeva in alto da sotto il pettorale dell’armatura. Solo su una cosa Bella era d’accordo con Maria: l’uomo aveva delle gambe molto belle sotto la liscia calzamaglia color crema.

Prima di entrare nella cappella, quella sera, Maria aveva chiamato da parte Bella, cacciando tutte le altre dame, anche se tutte si sarebbero di sicuro sforzate di ascoltare. Una volta Bella aveva aperto una porta e una montagna di dame le era caduta addosso, perché erano tutte appoggiate contro la porta con l’orecchio premuto sul legno.

«Bella, posso farti alcune … alcune domande di … be’ … natura personale?» La faccia giallastra della Regina era chiazzata di rosso in modo allarmante. «Tu sei la mia parente femmina più prossima, dopo tutto, a parte Jane Grey, e ovviamente non posso andare a parlare con lei di questo.» Maria torceva il fazzoletto tra le mani.

Bella aspettò.

«È solo che … io … mia madre non ha discusso molto … certi aspetti del matrimonio con me.» La voce di Maria divenne un sussurro.

Bella non riusciva proprio a capire perché gli umani trovassero il sesso un argomento tanto imbarazzante. «Potete contare sulla mia discrezione», le assicurò Bella.

«Non è questo, è solo che … Bella, io sono vecchia. Sono una vecchia zitella prosciugata e lui è un giovane uomo nel fiore degli anni. E se io … gli ripugnassi?»

«Maria, il vostro corpo è ancora quello di una donna giovane», disse Bella con onestà. «Non c’è nulla in esso che potrebbe generare repulsione in un uomo.» Maria era un po’ sottile, in un periodo in cui le donne in carne erano lo stile favorito di bellezza, ma era ancora soda e giovanile quando molte donne della sua età avevano partorito molti figli e le loro figure mostravano il logoramento.

«Lui ha esperienza», sussurrò Maria, come se fosse una tragedia. «È stato già sposato e ci sono anche delle storie che mi sono state riferite.»

«Da quelli che vogliono che sposiate Courtenay?» disse Bella secca. «Sono certa che hanno fatto in modo che ogni brandello di pettegolezzo giungesse alle vostre orecchie, che fosse vero o no.»

La voce di Maria divenne così bassa che Bella doveva sforzarsi per sentirla. «Com’è?» La sua faccia aveva superato lo stadio del rosso ed era adesso porpora quasi quanto la sua veste.

«Con un uomo gentile è una gioia», rispose Bella. «Ma, vostra maestà, non dovete essere timida con lui. Dovete dirgli cosa vi piace, e fare uno sforzo per compiacere anche lui. Se mostrate entusiasmo e propensione a compiacere, è più che probabile che lui vi offrirà lo stesso e troverete una grande delizia nel letto coniugale.»

Maria annuì pensierosa. «L’ambasciatore spagnolo dice che ha una natura buona e gentile.»

Bella pensò che l’ambasciatore spagnolo avrebbe detto a Maria che era centauro se avesse pensato che quello fosse ciò che si voleva sentir dire. Nessun uomo poteva mai essere all’altezza del modello di virtù che lei si era costruita nella sua mente.

«Devo pregare», disse Maria, torcendo di nuovo il suo fazzoletto. Si avviarono verso le porte della cappella, che due valletti aprirono per loro, inchinandosi al passaggio della Regina. Lei si inginocchiò su un cuscino di fronte all’altare e chinò la testa sulle mani giunte. Anche Bella si sistemò su un cuscino, preparandosi mentalmente a una lunga attesa. La preghiera era un’altra cosa che non capiva. Nella religione selkie, il dio del mondo udiva ogni pensiero, e loro non avevano bisogno di fermarsi o assumere posizioni particolari perché lui ascoltasse. Lo veneravano giocando sotto il sole e tra le onde, danzando e facendo l’amore, perché la loro gioia rendeva felice il loro dio. Le funzioni sulla terra le sembravano molto severe al confronto.

Alla fine la Regina sollevò la testa e disse a uno dei domestici di convocare l’ambasciatore spagnolo. Un mormorio attraversò quelli che stavano guardando, che si chiedevano cosa avesse deciso la Regina. Quando questi arrivò, Maria si alzò in piedi e mise una mano sull’altare, davanti al tabernacolo che conteneva le ostie e giurò solennemente che avrebbe sposato Filippo di Spagna.

 

 

A casa, Edward stava preparandosi a mettere a letto sua figlia, avendo deciso che non dovesse aspettare oltre per Bella. Non chiamò Rosalie. Invece fece cenno alla cameriera di mettere a posto i giocattoli e i libri di Elizabeth. Cominciò a svestire la bambina. Elizabeth stava pazientemente con le braccia alzate.

Mentre la spogliava, chiacchierarono della giornata. Elizabeth aveva imparato un’altra canzoncina alla spinetta e Edward le sorrise, orgoglioso che imparasse così in fretta. «Sei una brava bambina.»

«Non sono una brava bambina», disse triste Elizabeth. «Faccio piangere mia madre in cielo.»

Edward era basito. Ma come diamine era venuta fuori con un’idea del genere? «Cosa intendi, Elizabeth?»

«Perché amo la mia nuova mamma Bella. Questo intristisce la mia vera mamma perché io dovrei amare solo lei.» Elizabeth prese il piccolo ritratto in miniatura appuntato sul suo corpetto e lo inclinò così da poter guardare il volto di sua madre. «Mi dispiace, Madre. Non essere triste.»

«Chi ti ha detto questo, amore?»

«Me l’ha detto la balia», disse Elizabeth. «E lei ha detto …» Elizabeth si mise una mano sulla bocca, come se si fosse all’improvviso ricordata che non avrebbe dovuto parlare di questo.

«Cosa?» chiese Edward, mantenendo la voce più gentile possibile, anche se dentro era furioso con Rosalie per quello che aveva fatto. «Puoi dirmi tutto. Lo sai, vero? Non mi arrabbierò con te.»

Queste ultime parole furono come togliere il tappo da un barile. Le parole di Elizabeth vennero fuori così in fretta che inciampavano l’una nell’altra. «Ha detto che anche tu la stai rendendo triste. Perché ami Bella, non ami mia madre e Bella è cattiva per essersi fatta amare al posto suo.»

A Edward era sempre stato detto che gli adulti devono fare un fronte unito con i bambini, senza mai contraddirsi per non indebolire l’autorità l’uno dell’altro, ma riusciva a malapena a contenere la sua furia. «La balia si sbaglia, amore. Tua madre non è triste perché ami la tua nuova madre. Lei vuole che tu sia felice e vuole che Bella si prenda buona cura di te, come farebbe lei se fosse qui.»

Elizabeth lo guardò scettica, ma era stata cresciuta bene e non avrebbe mai messo in discussione le affermazioni di suo padre.

«Io sono stato sposato con tua madre e la conoscevo meglio di chiunque. Rosalie non l’ha mai neanche incontrata

Questo stupì Elizabeth. «La balia non ha mai incontrato mia madre?» ripeté, la confusione in lotta con la speranza. Voleva così tanto credere che le sue emozioni fossero accettabili.

«Elizabeth, ti giuro che tua madre è felice che tu abbia un’altra madre da amare. La balia si sbaglia», disse Edward fermamente e il visetto di Elizabeth si aprì a un enorme sorriso. Buttò le braccia al collo di suo padre.

«Dormi bene, piccola», disse baciandole la guancia paffuta. Alzò le coperte perché Elizabeth si infilasse sotto.

«Verrà B … la madre a raccontarmi una storia?»

«Non stasera. È ancora nella cappella con la Regina, ma sono sicuro che te ne racconterà una domani prima del tuo sonnellino.»

Questo sembrò soddisfare la bambina che si accoccolò sotto le coperte stringendo la sua bambola. Edward la baciò e lasciò la stanza. Il suo corpo tremava per lo sforzo di trattenere la rabbia. Chiuse piano la porta della camera di sua figlia e si diresse verso Rosalie che sedeva nel corridoio, ricamando alla luce di una candela. «Sei congedata dai servizi per mia figlia», disse secco. «Ti voglio fuori entro domattina.»

Lei non alzò neanche lo sguardo. «Non posso andarmene, vostra grazia.» Un piccolo ghigno apparve sulle sue labbra e lui combatté l’urgenza di strapparglielo dalla faccia.

«Ti darò il tuo stipendi per tutto l’anno», ribatté Edward. «Ne avrai abbastanza per prenderti un carro che ti porti a casa dei tuoi.»

«No, vostra grazia. Io porto l’erede di vostro fratello. Intendiamo sposarci appena otterrà il permesso della Regina.»

 

 

Edward trovò Emmett nel salone, seduto davanti al camino con i piedi appoggiati sulla grata. Edward fece un gesto verso una delle savonarole lungo il muro e un domestico corse a sistemarne una vicino a suo fratello. Edward si sedette pesantemente mentre il domestico di ritirava accanto al muro. «Ho appena parlato con Rosalie», disse.

«Te l’ha detto, allora?» Emmett prese un sorso dalla bottiglia di brandy francese che aveva in mano.

«In nome di Dio, Emmett. Rosalie

Emmett fece spallucce. «Ero ubriaco e lei era disposta. È venuta nella mia camera poco dopo che ci siamo trasferiti in questa casa.»

«Chi va a letto ubriaco non può generare che una femmina » recitò Edward. «Perché mai al mondo vorresti sposarla?»

«Sto cercando di fare ciò che è giusto, come tu mi hai sempre detto di fare. Ho deflorato una vergine di buona famiglia e l’ho messa incinta. È solo giusto che la prenda per moglie.»

Edward si strofinò la faccia. «Hai parlato con la Regina?»

Emmett trasalì. «Ieri. Non era proprio compiaciuta.»

«Immagino di no. Ha dato il suo permesso?»

«Sì. Ci sposeremo la prossima settimana. Rosalie non ci è molto inferiore. Suo nonno era un conte, e sua madre era una dama di corte di Jane Seymour.»

Edward sospirò. «E quando pensavi di dirmelo?»

«A cose fatte.»

«E il Conte di Hale?»

«Gli ho scritto di chiudere con le negoziazioni. Non dovrebbe avere problemi a trovare un altro marito per sua figlia.»

«Se porterà via Alice da Bella, le spezzerà il cuore», disse Edward.

«Questo doveva succedere presto comunque.» Emmett posò la bottiglia vuota sul pavimento vicino alla seggiola. «Ho sentito che hanno trovato un marito per lei, il Barone Tyler.»

Edward rabbrividì. «Povera ragazza.» Il Barone Tyler aveva già avuto tre mogli, tutte morte entro un anno dal matrimonio, la prima di parto, la seconda si febbre e la terza in uno strano incidente a cavallo. E si diceva che tutte e tre fossero state felici di morire per sfuggirgli, perché era un uomo rozzo e malvagio, che picchiava i domestici, i cani e i cavalli quasi di frequente quanto picchiava le sue mogli.

«Sei certo che questo è quello che vuoi?» chiese Edward.

«No», rispose Emmett. «Ma è quello che devo fare.»

«Allora ti auguro il meglio, fratello,» disse Edward. «Ma non voglio che si prenda più cura di Elizabeth. Ha riempito la testa della bambina di stupidaggini su …» si interruppe, incapace di dire il nome di sua moglie in presenza di suo fratello. «Le ha detto che sua madre piangeva in cielo perché Elizabeth ama Bella.»

«Quando sarà mia moglie, farò in modo che tenga la lingua sotto controllo, te lo assicuro», promise Emmett.

Sentì un rumore e si voltò, vedendo che i domestici aprivano la porta a Bella. Lei scese nella sala togliendosi i guanti mentre una cameriera le toglieva il mantello. Alice la seguì dentro e prese il mantello, portandolo in camera di Bella per sistemarlo. «Mi dispiace di essere arrivata così tardi», disse Bella a Edward mentre lui si avvicinava per un bacio.

Il domestico che aveva preso la sedia per Edward ne prese un’altra per Bella, che sorrise e annuì in ringraziamento. Vide i tizzoni ardenti nel camino e tirò un po’ più indietro la sua seggiola. «La Regina è finalmente arrivata a una decisione», disse Bella a Edward. «Ha giurato di fronte all’ostia che sposerà Filippo di Spagna.»

«Ci sarà un altro matrimonio», disse Edward. «Emmett e Rosalie si sposeranno la prossima settimana.»

«Oh.» Bella sbatté gli occhi. «Congratulazioni?» A giudicare dalla smorfia sulla faccia dei due uomini non era sicura che fosse la cosa giusta da dire.

Emmett annuì. «Grazie.»

Edward decise di non dire a Bella del barone Tyler, non finché non l’avesse saputo Alice stessa. Lascia che le due si godano il tempo che è rimasto loro da passare insieme senza nuvole all’orizzonte. D’altra parte la negoziazione del contratto poteva anche naufragare, specialmente se il Barone Tyler si fosse imbattuto nella prospettiva di una dote maggiore.

«Rosalie è stata congedata dal nostro servizio», disse Edward a sua moglie. «Ha detto a Elizabeth che amare te faceva piangere sua madre in cielo.»

Bella boccheggiò. «Quella povera bambina. Mi chiedevo perché mi chiamasse per nome invece che ‘madre’.»

«La Regina si è offerta di prenderla come dama di compagnia», disse Emmett. «E a me ha dato un incarico nel Consiglio di Greencloth, anche se credo che sia più per tenerci sott’occhio che per onorarci.»

«Non posso immaginare perché», disse Edward secco. «Comunque sia, desidero la tua felicità, Emmett.» Si alzò e tese la mano a Bella per farla alzare.

Emmett abbaiò una risata senza allegria. «Felicità», disse scuotendo la testa. «Non la merito né me la aspetto.»

 

 

 

 

 

Note storiche

-          Bulrushes (giunco di palude) è quello che gli americani chiamano cattails (tifa). Le loro radici e la parte bassa dello stelo sono commestibili, e anche piuttosto buone, mi hanno detto.

-          L’ortografia della lettera di Bella viene direttamente dalle lettere trascritte di Elisabetta I, Anna Bolena, Kathryn Howard, Enrico VIII e Maria I. Le lettere “i” e “j” erano intercambiabili. Tradotto in ortografia moderna, la lettera di Bella dice, “ Mio signor marito, rimango con sua maestà la Regina che sta pregando nella sua cappella. Non sono con voi, al momento, mio amato, per mancanza di tempo, ma io desidero me stessa nelle braccia del mio tesoro. Scritto in St.James alle 8.” E sì, “duck” (anatra) era l’ortografia usata per “duke” (duca), che ci crediate o no. Guardate il ritratto di Henry FitzRoy, il figlio illegittimo di Enrico VIII. Dipinte sullo sfondo ci sono le parole “ The Duck off (sic) Richemod (sic)”. I Tudor non incontrarono mai una parola che non potevano pronunciare in modo strano. Ma un aspetto interessante di questo è che ci dà delle preziose informazioni su come venivano pronunciate le parole ( ad esempio “am” faceva evidentemente rima con “tame”) e come erano posti gli accenti in quel tempo. Come ha detto uno studioso dei Tudor, probabilmente sarebbero suonati parecchio come un gruppo di burini che provavano a fingere un accento inglese.

-          Il Consiglio di Greencloth era sostanzialmente l’ufficio finanziario della Regina e prendeva il nome dal drappo verde che tradizionalmente ricopriva il tavolo su cui lavoravano. Esiste ancora oggi come parte della casa reale e si incontrano ancora a un tavolo coperto di verde.

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/12/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  12

 

Una tempesta si preparava. Bella lo sentiva nelle ossa.

Non appena la notizia della scelta del marito di Maria si diffuse, lei perse molta della benevolenza che aveva ottenuto alla sua ascesa. Il popolo odiava l’idea di uno Spagnolo che governasse, una delle poche cose su cui concordavano cattolici e protestanti. Gli inglesi erano piuttosto xenofobi e erano in molti ad incoraggiare quel sentimento. Ogni pochi anni scoppiava una rivolta anti-stranieri, a Londra, perché i ‘forestieri’ venivano accusati di qualunque cosa, dalla mancanza di lavoro alla diffusione della peste.

Gli inglesi potevano tollerare che un re sposasse una principessa straniera per la ricchezza e gli alleati che avrebbe portato alla loro terra, ma il marito di Maria non sarebbe stato un semplice consorte. Per la legge inglese, un marito prendeva possesso di tutte le proprietà di sua moglie. L’Inghilterra stessa sarebbe stata la dote di Maria.

La nonna di Maria, Isabella di Castiglia, aveva governato autonomamente a fianco di suo marito, Ferdinando II d’Aragona, ma questo era stato dimenticato dal popolo, che credeva sarebbe stato Filippo a governare. Avrebbe addirittura potuto scegliere di esercitare la sua ‘tirannia maritale’ e trascinare Maria in Spagna, a governare da là, e l’Inghilterra non sarebbe più stata altro che una provincia della Spagna. Maria, alla sua età avanzata, sarebbe potuta morire di parto, lasciando che il regno fosse governato da Filippo in nome di suo figlio.

Forse se Filippo fosse stato conosciuto come un più nobile carattere, il matrimonio poteva essere tollerabile per gli inglesi, ma quello che avevano sentito di Filippo non era promettente. Si diceva che fosse pomposo e cafone, e gli inglesi erano convinti che con i suoi modi lascivi avrebbe offeso e maltrattato la loro Regina ostentando le sue amanti di fronte a lei. Un pamphlet con un titolo piuttosto pesante cominciò a circolare: “Un Avvertimento per il Continente d’Inghilterra delle orribili pratiche del re di Spagna nel regno di Napoli e le miserie che quel nobile Reame ne ha tratto. Perché tutti gli uomini inglesi possano comprendere il flagello che scenderà su di loro se il Re di Spagna ottiene il Dominio in Inghilterra.”

Il Parlamento stava ancora lavorando sulle proposte legislative di Maria, e la volta successiva che si presentò di fronte a loro, la implorarono di riconsiderare. Lei doveva sposarsi, naturalmente, perché una donna non poteva sostenere da sola il peso degli obblighi di una monarchia, ma certamente Courtenay, un inglese e l’ultimo dei Plantageneti, sarebbe stata una scelta migliore.

Maria era oltraggiata. Il Parlamento non aveva mai provato ad interferire nella scelta del coniuge di suo padre, replicò lei, e anche la donna più umile del regno poteva scegliere chi sposare.

A questo, tutte le donne nella galleria si scambiarono degli sguardi. La maggior parte di loro era stata sposata a uomini scelti dal loro padre, e non avevano avuto altra scelta che obbedire. La povera Jane Grey era stata picchiata quando aveva provato a rifiutarsi di sposare Guildford Dudley, un evento non raro quando le donne provavano a esercitare la ‘scelta’ che Maria pensava che avessero.

La Regina divenne un po’ melodrammatica via via che parlava, affermando che se fosse stata costretta a sposare un uomo che non aveva scelto sarebbe morta nel giro di tre mesi, lasciando la nazione in condizioni peggiori di quelle attuali, senza un erede (a parte Elisabetta, che lei non menzionò). Se ne andò con alterigia dalla Camera, Bella e le altre dame al seguito. Il Vescovo Gardiner, cancelliere di Maria, arrivò nelle sue stanze poco dopo di lei e la implorò di riconsiderare l’idea di sposare Courtenay.

Maria era esasperata. «Perché siete così tanto suo partigiano?»

«Siamo stati imprigionati nella Torre insieme», disse Gardiner. «Abbiamo passato molto tempo insieme e lo conosco molto bene. È un ottimo giovane e sarebbe un marito eccellente per voi.»

Maria alzò le mani. «Volete che sposi un uomo solo perché in prigione vi siete affezionato a lui?»

«Conosco la sua natura, e sarebbe un buon re. Lui è …»

Maria lo interruppe. «È al di sotto di me. Non sposerò un uomo al di sotto del mio rango.» La voce di Maria era ferma, risoluta e Gardiner piegò la testa sconfitto.

«Come desiderate, vostra maestà», disse piano e se ne andò, un’espressione pensierosa in faccia.

«Sarebbe un terribile re», sbottò Bella. Istantaneamente si pentì della sua uscita. Courtenay avrebbe saputo cosa aveva detto e avrebbe voluto vendicarsi. Non era uno da lasciar passare un affronto, vero o immaginato, senza intervenire.

Maria ridacchiò. «Tendo ad essere d’accordo. E comunque, il mio cuore è per Filippo.»

Non parlava solo la sua determinazione, pensò Bella. La sua espressione sognante era quella di una donna alle prese col suo primo amore. Bella pregò silenziosamente che le sue speranze non finissero con un mal di cuore. La Regina aveva così bisogno di qualcuno da amare che la amasse di rimando.

Maria aveva sperato di trovare questo in Elisabetta, ma le cose andavano male tra loro. Elisabetta pensava prima di tutto alla politica, non alle emozioni, e Maria era il suo opposto. Invece che passare il tempo nelle stanze di sua sorella, Elisabetta era sempre in giro per la corte, a coltivare amicizie, fare alleanze e a costruirsi un sostegno tra i lord protestanti. E nonostante i bei vestiti e il rosario prezioso che Maria le aveva inviato, Elisabetta vestiva sempre nel sobrio bianco e nero delle fanciulle protestanti, i suoi capelli lucenti l’unica macchia di colore.

Dalla finestra, Bella intravide la Principessa Elisabetta che passeggiava nel giardino, come soleva fare. Bella si precipitò verso la Regina. «Vostra Maestà, posso essere scusata per un attimo?»

Maria fece un cenno di assenso con la mano e Bella corse verso la porta. Un valletto le diede il suo mantello e Bella se lo buttò sulle spalle. Alice corse dietro di lei. «Non fate tardi per la messa, vostra grazia!» le disse dietro la Regina.

«No, vostra maestà!» rispose Bella. Trottò per i corridoi del Palazzo velocemente quanto glielo permettevano i suoi corsetti, e uscì nel giardino. La Principessa Elisabetta passeggiava su uno dei viali di ghiaia, leggendo un libro mentre camminava. Le sue dame la seguivano, chiacchierando e spettegolando piano. Bella accelerò sul sentiero finché fu di fianco a Elisabetta e si piegò in un inchino. «Vostra Altezza.»

Elisabetta sorrise e chinò la testa in risposta. «Vostra grazia.» Sbrigate le cortesie, Elisabetta abbassò la voce. «Voglio parlarti. Perché non ci sediamo un momento?»

Condusse Bella a una panca sotto un piccolo albero e fece un gesto con la mano alle dame, indicando loro di allontanarsi un po’, dando l’illusione di un po’ di privacy. Bella guardò Alice e alzò una mano. Le dame di Elisabetta esaminarono criticamente Alice, chiedendosi se valeva la pena farsela amica, considerata la relazione di lady Cullen con la Regina. La sua stella stava sorgendo o tramontando? Sembrava che alla Principessa Elisabetta piacesse Lady Cullen, ma con Elisabetta non si poteva mai sapere. Era amichevole perfino con quelli che disprezzava perché non si poteva mai sapere quando una relazione avrebbe potuto fare comodo.

«Non ho avuto la possibilità di farti visita da un po’», disse Bella. «Vieni raramente nelle stanze di Maria.»

«Come preferisce la Regina, immagino.» Elisabetta posò il libro sulla panca vicino a sé.

«Mi manchi.»

Elisabetta sorrise alla piccola Duchessa, per la sincerità che brillava in quei suoi enormi occhi scuri. «Anche tu mi sei mancata, ma ho sentito che era meglio … assentarmi per un poco.»

Si avvicinò un po’ di più a Bella. Quando parlò, la sua voce era così bassa che Bella la sentiva a malapena. «Bella, ti dirò una cosa e tu non devi farmi domande. Capisci?»

Bella annuì.

«Penso che dovresti andartene per un periodo. Spingi tuo marito a portare via te e la tua figlioletta da Londra. Torna a Cullen Hall o in un’altra delle sue proprietà. Più lontano è, meglio è. Di’ alla regina che ci sono problemi nelle sue proprietà che richiedono la vostra presenza. Dille quello che vuoi. Ma prendi la tua famiglia e vattene.» Elisabetta si alzò in piedi e le fece un gran sorriso. «È ora di andare a messa, vostra grazia.»

Bella si alzò e la seguì dal giardino di nuovo nel palazzo. Aveva lo stomaco annodato. Cosa sapeva Elisabetta? Perché dovevano lasciare Londra? La Regina era in pericolo? Bella si morse le labbra per non sbottare con tutte le domande che le frullavano in testa.

Mentre camminavano verso la cappella, Elisabetta conversava piacevolmente di banalità. Bella immaginò che fosse interessante, perché Elisabetta era sempre una conversatrice brillante, ma non riusciva a seguirla, data la turbolenza che aveva in mente al momento.

Il vestibolo fuori della cappella era affollato e i domestici di Elisabetta, che si erano riuniti a loro al suo ingresso a palazzo, dovevano gridare per liberare la strada e usare il personale d’ufficio per spingere di lato quelli che si affollavano troppo vicino alla Principessa.

«Tradimento!» gridò qualcuno.

Elisabetta gelò. Il colore scomparve dal suo viso. Ondeggiò come un albero al vento e le sue dame immediatamente la circondarono per afferrarla se fosse svenuta.

«Chi l’ha detto?» chiese il cameriere di Elisabetta nel silenzio che era caduto come una lama. Passò un lungo momento prima che uno dei cortigiani si facesse avanti. Aveva l’aria imbarazzata. «Mi dispiace, vostra altezza. Era solo uno scherzo diretto al mio cameriere per la sua smemoratezza.»

Elisabetta boccheggiò, tremando violentemente.

«Portatela nelle sue stanze», ordinò Bella alle sue dame. «Ha bisogno di stendersi.»

Guardò mentre le dame della Principessa Elisabetta la portavano quasi di peso per il corridoio.

Quella notte, parlò con Edward dell’avvertimento di Elisabetta. La sua faccia si incupì. «Manderò te e mia figlia a Cullen Hall, se lo desideri, ma io non posso andarmene. Ho delle responsabilità qui e non posso abbandonarle, e neanche la Regina, se avesse bisogno di me.»

«E il mio posto è al tuo fianco.»

Edward rimase in silenzio per un lungo momento. «Almeno siamo stati avvertiti.»

«Ma avvertiti di cosa

Edward sospirò. «Vorrei saperlo. Ma temo che lo scopriremo abbastanza presto.»

 

 

Il matrimonio di Emmett era previsto per metà mattina, e lui era già ubriaco quando Edward e Bella andarono a trovarlo dopo aver fatto colazione nella loro stanza con un pasto leggero di pane, formaggio e birra.

«Emmett, bevi così presto la mattina?» lo rimproverò Bella.

«Veramente non ho mai smesso da stanotte», replicò Emmett. Si alzò e allargò le braccia, barcollando un po’, e i domestici cominciarono a vestirlo con gli ornamenti da sposo sulla camicia e la calzamaglia che già indossava.

«Sembra che tu vada a un’esecuzione piuttosto che a un matrimonio,» commentò Edward. «Andiamo, non sarà così male. Non siete la prima coppia che dovrà imparare come andare d’accordo. Molti matrimoni felici cominciano così.»

«Non ho scelta,» disse Emmett, come a ricordarlo a se stesso. «Ho preso la sua innocenza e le ho messo dentro un bambino.»

Bella lo fissava. «Cosa? Emmett, Rosalie non era una vergine», disse Bella. «Non so da dove ti venga questa idea, ma lei era una balia. È stata sposata e ha avuto un bambino. Non te lo ricordi?» Sapeva che gli uomini tendevano ad evitare i discorsi sulle funzioni corporee delle donne, ed evitavano completamente tutto quanto riguardava il parto come ‘faccende di donne’, ma di sicuro sapeva cosa faceva produrre latte a una donna.

Emmett si passò la mano sui capelli, un gesto così simile a quello di suo fratello che a Bella fece male un po’ il cuore. «Io non … immagino che non stessi pensando. Lei ha detto …»

«Cosa ha detto?»

«Ha detto che faceva male», disse Emmett brusco, le guance arrossate dalla colpa.

Bella considerò. «Se non era stata con un uomo per anni, può essere stato un po’ disagevole per lei.»

Edward scosse la testa. Aveva lasciato passare senza pensarci il commento di Emmett sulla deflorazione di una vergine, e adesso si sentiva lui stesso confuso. Se la prese con il fatto che aveva troppe cose in testa.  «Alla fine, non ha importanza. Lei è di buona famiglia, e se Emmett ha concepito un figlio con lei è giusto che la sposi.»

Seguirono un Emmett dall’aria infelice per il corridoio verso la cappella. Bella non poteva fare a meno di farsi delle domande su quanto aveva detto. Rosalie intendeva approfittarsi del suo stato di ubriachezza per costringerlo, col senso di colpa, a un impegno che avrebbe dovuto onorare anche quando la sua mente si fosse schiarita abbastanza da pensarci? Dire che intendevi sposare qualcuno davanti a testimoni costituiva fidanzamento giuridicamente vincolante, che era vincolante quasi come il matrimonio stesso. Un fidanzamento precedente che non fosse stato discusso dalla chiesa costituiva motivo di nullità. Era la scusa che Enrico VIII aveva usato per sbarazzarsi di molte delle sua mogli.

Rosalie aspettava nella cappella con Padre Jacob, le teste chinate vicine in conversazione. Lei indossava il suo vestito migliore, una veste di lana color ruggine con una scollatura quadrata che era stata modificata con l’inserimento di tessuto che formava un alto collare come era di moda. Emmett non la guardò, ma la sua espressione, mentre guardava Padre Jacob era di evidente disgusto.

Padre Jacob lesse i voti dal Libro delle Preghiere Comuni. «Vuoi tu avere questa donna come tua sposa, per vivere insieme come Dio ordina nel santo stato del matrimonio? La amerai, la conforterai, la onorerai in salute e in malattia? E abbandonando tutto il resto, le sarai fedele finché morte non vi separi?»

Ci fu una lunga pausa prima che Emmett dicesse, «Sì.»

«Vuoi tu avere quest’uomo come tuo sposo, per vivere insieme come Dio ordina nel santo stato del matrimonio? Gli obbedirai e lo servirai e sarai con lui in salute e in malattia? E abbandonando tutto il resto, gli sarai fedele finché morte non vi separi?»

Rosalie non esitò. «Sì.»

«Chi dà questa donna a quest’uomo?»

«Io», rispose Edward, che era stato incastrato in questa funzione semplicemente perché non c’era nessun altro a farlo. Edward prese la mano di Rosalie nella propria e la offrì a Padre Jacob, che la prese dalla mano di Edward e la mise nella mano di Emmett. Emmett si voltò verso la sua sposa e recitò, in tono morto e monotono, «Io prendo te, Rosalie, come mia sposa, per tenerti e proteggerti da questo giorno in poi, nel bene e nel male, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, per amarti e onorarti finché morte non ci separi, secondo il santo ordine di Dio, e prometto di esserti fedele.»

Lei ripeté i voti, sorridendo mentre lo faceva.

Non c’era stato tempo di comprare a Rosalie una fede, ma ne occorreva una per il rito. Riluttante, Edward aveva aperto la sua cassetta dei gioielli che erano stati della sua prima moglie e scelse un anello semplice, piccolo, con un rubino nel centro. A Bella non importava se lui dava via alcune delle pietre lucenti, ma lui era seccato.

Ora, Emmett stava mettendo l’anello di Mary al dito di Rosalie e recitava, «Con questo anello io ti sposo; con il mio corpo ti venero, e con tutti i miei beni ti doto. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo. Amen.»

Sentire «Amen» normalmente significava che la funzione era finita. Bella si rianimò mentre Padre Jacob li dichiarava marito e moglie, ma lui, poi, andò avanti a recitare due salmi, e poi fece un sermone sugli scopi e i simbolismi del matrimonio. Bella mosse i piedi indolenziti  nascosti sotto la gonna. Non sarebbe mai finita?

Emmett e Rosalie presero la comunione e poi, finalmente, fu finita. Emmett mollò la mano di sua moglie come se fosse un sasso rovente e lasciò la cappella, probabilmente cercando un po’ di solitudine e una bottiglia. Rosalie guardò Bella, il mento alzato e un sorriso compiaciuto di trionfo sulle labbra. Bella avrebbe voluto ringhiarle contro, ma Rosalie era parte della famiglia, adesso, e andava trattata come tale.

Bella strinse i denti ma mise in mostra un bel sorriso. Sembrava che la vita sulla terraferma presentasse continuamente nuove sfide.

 

 

Il Natale a Palazzo quell’anno fu sottotono, ma a casa del Duca di Cullen, tutto era brillante e festoso. Era il primo Natale di Bella e Edward voleva che fosse un periodo magico per lei. L’intera casa era decorata con rami di pino e i cuochi avevano superato se stessi con vassoi e vassoi di leccornie festive. Per la gente dell’era Tudor, le festività cominciavano la vigilia di Natale e continuavano fino alla Dodicesima Notte. Anche se alcune tradizioni come il ‘Vescovo Ragazzo’ o il ‘Lord del Malgoverno’ erano cadute in disuso, si mantenevano alcune usanze, come le ciotole di vino speziato e il ceppo di Natale.

Bella e Edward andarono nella foresta vicino alla loro casa per cercarne uno. Doveva essere un ceppo abbastanza grande da bruciare per tutta la lunghezza delle festività, da Natale alla Dodicesima Notte, ed era tradizione che tutti gli abitanti della casa cercassero nel bosco fino a trovare il tronco perfetto. Bella però aveva insistito che era troppo freddo perché Elizabeth uscisse e Emmett e Rosalie non avevano lasciato le loro stanze dal giorno del matrimonio. Elizabeth aveva pianto delusa, ma la promessa di Alice di adornarlo poi con fiocchi colorati una volta portato dentro, un poco la calmò. Bella le aveva lasciate sedute sul pavimento della sua camera, a modellare nastri di seta in decorazioni festive.

Bella aspettò che Edward le desse le spalle, raccolse una palla di neve e la tirò alla sua testa ignara. Lui si voltò guardandola per un attimo completamente scioccato, uno sguardo che lentamente si trasformò in un sorriso quando non poté più resistere alla malizia sulla faccia di lei. I domestici che li seguivano portando le torce, rimasero a bocca aperta di fronte all’audacia di lei.

«Ti insegno io ad aggredire tuo marito!» ringhiò lui e prese anche lui una palla di neve.

«Mi arrendo, mi arrendo!» strillò Bella.

«Non basta. Devi essere punita per la tua insolenza!» Le sorrise con intenzione, aggiungendo altra neve alla palla che stava facendo.

Bella si voltò e scappò alla velocità che le permettevano gonne e corpetti. Aveva indossato il vestito più semplice che aveva per la camminata nella foresta, ma lo stesso non era adatto per correre attraverso un bosco innevato.

Edward le corse dietro, gridando che quando l’avrebbe presa le avrebbe fatto il solletico fino a farla strillare. I domestici si agitarono e si guardarono l’un l’altro, perché non sapevano se avrebbero dovuto seguirli o no. Il Duca e sua moglie indulgevano in strani comportamenti, ormai da mesi. Almeno una volta al mese ai domestici veniva ordinato di allontanarsi dalla camera del Duca e veniva loro detto di portare i loro giacigli nella camera di sua figlia. Tutti loro si chiedevano cosa lui e sua moglie non volessero far sapere ai domestici e le speculazioni a volte erano sfrenate.

Bella inciampò in una radice nascosta sotto la neve e cadde a faccia avanti su un mucchio di neve. Edward fu al suo fianco in un istante, sollevandola con attenzione. «Bella! Per il respiro di Dio, stai bene?»

«Perfettamente», gli assicurò, e lo spinse sulla schiena, sedendosi su di lui con un sorriso malizioso sulla faccia. «Ora ti ho dove ti voglio», fece le fusa lei. «Ora che ti ho catturato, umano, devi pagare un pegno per essere liberato.»

«Gioielli?» offrì lui.

Lei scosse la testa.

«Terre?»

Lei scosse la testa di nuovo.

Lui sospirò. «Non mi rimane che la mia umile persona.»

«Questo basta», sussurrò Bella e si chinò per baciarlo.

«Vostra grazia?»

Le loro teste ruotarono e trovarono il loro maggiordomo a pochi passi, le mani strette nervosamente.

Bella si alzò, togliendosi la neve dalla gonna. «Io … er … sono caduta», borbottò Bella. «Sua grazia stava controllando che non avessi ferite.»

«Lode a Dio che non ne abbia trovata nessuna», disse Edward, piamente.

«Ed… Mio signor marito, guarda!» disse Bella indicando.

Un enorme ceppo era a poca distanza, appena dietro a dove erano rotolati sulla neve.

«Perfetto!» dichiarò Edward. «Torniamo a casa, mia signora moglie, prima che ti prenda un raffreddore.» I domestici corsero a prendere il ceppo scelto da Bella, e il maggiordomo li ricondusse a casa, facendo brillare d’oro la neve con la torcia.

Non appena tornati a casa, Bella chiamò Alice perché la aiutasse a cambiare il vestito, ma non si vedeva da nessuna parte. Perplessa, Bella l’andò a cercare e la trovò nella sala grande, seduta con Jasper di fronte al camino. Erano così presi dalla loro conversazione che non notarono Bella che si avvicinava. «Buonasera», disse lei.

«Buonasera, vostra grazia», replicò sereno Jasper, ma Alice sobbalzò e aveva un’aria colpevole.

«Alice, mi serve aiuto con questo vestito bagnato», disse Bella. Poteva anche chiamare un’altra cameriera per farsi assistere, ma era estremamente curiosa di sapere perché Alice avesse reagito come se fosse stata pescata a fare qualcosa di sbagliato. Stava parlando con Jasper, dopotutto. Alice era cresciuta protestante (così come Bella, avevano detto alla Regina), e Jasper la istruiva sulla religione cattolica.

La faccia di Alice rimase rossa per tutto il tragitto fino alla camera di Edward. Cominciò a slegare i lacci di Bella senza una parola.

«Alice, che c’è?» dovette chiedere Bella.

«N-niente», balbettò Alice.

Bella aspettò.

«Oh, va bene, te lo dirò, ma devi promettermi di non dirlo a nessuno.»

«Lo giuro.»

«Io ho una certa … passione per Padre Jasper.»

«Ma lui è …»

«Sì, lo so», disse Alice.

La religione protestante sotto il giovane re aveva permesso ai preti di sposarsi, ma Maria aveva re-istituito il celibato per il clero e ridotto allo stato laico tutti i preti che si erano rifiutati di rinunciare alla loro moglie e ai loro figli. Vedere degli ex preti senzatetto chiedere l’elemosina per il pane per i loro figli era una cosa che spezzava il cuore e era diventato anche troppo comune.

«È un uomo così gentile, Bella,» disse piano Alice. «Non credevo che un uomo potesse essere così gentile. E che mente brillante! Aspetto con ansia le nostre lezioni perché non mi stanco mai di parlare con lui. Vorrei solo …» Le sue parole si spensero perché non aveva senso desiderare cose che non potevano cambiare.

Bella sospirò. «Vorrei avere una soluzione da offrirti.»

La porta si aprì ed entrarono diverse cameriere, aspettando di prendere l’abito bagnato di Bella. Alice finì silenziosamente di slacciarlo e poi lo fece passare sopra la sua testa. Probabilmente era rovinato. La stoffa non avrebbe dovuto bagnarsi. Si chiese se avrebbe potuto avere dei ‘vestiti da gioco’, vestiti che poteva mettersi da sola e che non richiedessero corpetti. Da questo punto di vista, le donne contadine erano fortunate.

La cena quella sera fu un’occasione festosa. Bella era grata a Maria che aveva lasciato che restasse a casa, a Elizabeth fu permesso di cenare in sala, quella sera, sedeva in braccio a Bella battendo le mani deliziata dallo spettacolo. Strillò davanti a una torta che era stata fatta a forma di Gesù bambino nella mangiatoia, e trovò la testa di cinghiale arrostita molto divertente.

Edward aveva ingaggiato un buffone che danzava, faceva giochi e scherzi, e un menestrello che intonava carole natalizie. Bella non conosceva le parole, così lei e Elizabeth guardavano soltanto, apprezzando in silenzio. Venne fuori che suo marito aveva una bella voce da baritono che fece venire i brividi a Bella e si ripromise di farlo cantare ancora per lei, in privato.

Alla fine del pasto, tutti gli abitanti della casa mangiarono pezzi da una grande torta che aveva un singolo fagiolo all’interno, cucinato assieme. Chiunque trovasse il fagiolo nella propria fetta di torta avrebbe avuto un anno fortunato, e lo trovò Edward, quasi spaccandosi un dente quando lo morse. Tutti applaudirono quando lo mise in alto, dopo averlo estratto dietro un tovagliolo che gli aveva passato un domestico inginocchiato.

Quella notte, dopo essersi svestiti e aver tirato le cortine del letto, Edward mise la mano sotto il cuscino e la tirò fuori nascondendo qualcosa. «È tradizione dare dei regali a Capodanno», disse lui. «Ma io ti do il mio regalo stanotte perché non posso più aspettare.»

Fece cadere l’oggetto sulla mano di Bella. Era un ovale d’oro con un grande diamante al centro, attaccata a un perno simile a un cappio, ricoperto di rubini. Edward vide che lei non capiva cosa fosse, così allungò la mano e lo aprì per lei.

All’interno c’erano le miniature di due ritratti dipinti su uno sfondo di un blu brillante. Il ritratto di Edward era a destra e quello di sua figlia a sinistra. Elizabeth teneva la bambola che Bella aveva fatto per lei.

«Li ha dipinti Hans Holbein», disse Edward. «Era l’artista di corte che ha dipinto i ritratti di Re Enrico e delle sue mogli.»

«Era?»

Edward annuì. «È morto di peste il mese scorso. Queste probabilmente sono le ultime cose che ha dipinto.»

«La peste!» Bella era allarmata. «Pensavo si diffondesse solo nei mesi d’estate.»

«D’estate è più comune, ma può succedere in ogni momento.»

Bella rabbrividì, pensando quanto fosse fortunata che Edward e Elizabeth non fossero stati infettati. Queste miniature avrebbero potuto essere il loro ultimo ricordo.

«Grazie», disse lei piano. «Sono bellissimi e li terrò sempre come un tesoro.»

«Vuoi posare per un ritratto per me?» chiese Edward.

Bella sbatté gli occhi. «Io?»

Lui ridacchiò. «Sì, tu, ragazza zuccona.»

«Se vuoi», acconsentì lei.

«Preferisco avere la cosa reale, ma un ritratto sarebbe …» Edward si interruppe. Non voleva dire ad alta voce il motivo per cui voleva quel ritratto. Non voleva neanche pensarci, ma qualche istinto profondo gli diceva che il loro tempo insieme poteva essere breve.

 

 

Emmett si presentò con Rosalie alla messa di Natale e Bella notò che la Regina dava loro delle occhiate penetranti e sospettose. Bella chinò il capo e si chiese cosa poteva essere. Sembrava che fosse circondata da mille piccoli misteri come questo ogni giorno e non si poteva mai sapere quando una piccola incongruità potesse trasformarsi in un problema maggiore più avanti.

Rosalie si inchinò profondamente e fece alla Regina un sorriso dolce che la Regina non ricambiò. Maria si dilungò il minimo indispensabile in convenevoli e poi si allontanò, le labbra strette. Bella si chiese perché Maria avesse dato a Rosalie il posto di dama di corte se non le piaceva affatto, ma immaginò che seguisse la stessa linea di pensieri che aveva seguito lei dopo il matrimonio: Rosalie adesso era membro della famiglia della Regina Maria, ed essi erano pochi e preziosi.

Quando raggiunsero le stanze della Regina, Bella notò qualcosa sul pavimento, un foglio di carta che era stato ripiegato fino a farne un quadratino. Lei lo spiegò e boccheggiò.

«Cos’è, lady Cullen?» chiese Maria.

Bella strinse il pezzo di carta nel pugno. «Nulla, Vostra Maestà.»

«Fammi vedere.» Maria tese la mano.

«Vi prego, vostra maestà», implorò Bella. «Non guardatelo. È … orribile.»

Maria schioccò le dita, la mano ancora tesa. Bella riluttante le diede il foglietto. Maria lo distese e anche lei boccheggiò. Era un crudo (nel vero senso della parola) disegno con delle parole minacciose, e affermava che gli inglesi non avrebbero tollerato un re spagnolo e che ci sarebbe stata una rivolta, se necessaria a fermare tutto questo. Dovette essere doloroso vedere se stessa ritratta come una vecchia strega scheletrica che Filippo avrebbe scopato solo se prima si fosse messa sul corpo una mappa dell’Inghilterra. Bella vide le lacrime agli angoli degli occhi di Maria, ma lei era la Regina, e si mise addosso, con qualche sforzo, il suo mantello di dignità.

«Dove è stato trovato, lady Cullen?»

«Era sul pavimento, vostra maestà.»

«A chi appartiene?» chiese Maria, ma naturalmente nessuno rispose. Maria marciò verso il camino e vi buttò dentro il foglio. Le fiamme riverberavano nelle sue lacrime.

 

 

 

 

Note storiche

-          Durante il regno di Elisabetta vi furono rivolte anti-stranieri nel 1563, 1571, 1576, 1584, 1586, 1592 e 1595.Quella del1517 fu scatenata da un predicatore nei cui sermoni si dichiarava che Dio aveva stabilito i confini di tutte le nazioni e che gli artigiani stranieri rubavano il lavoro agli artigiani inglesi.

-           Alcuni di voi possono aver notato che chiamo Elisabetta Tudor “Principessa” durante la storia, anche se il suo titolo, a quel tempo, era semplicemente “Lady Elizabeth”, ed era così da quando suo padre l’aveva dichiarata bastarda. La ripristinò nella successione quando si rese conto che non avrebbe avuto altri figli, ma non le restituì mai la sua legittimità né il titolo. Ho pensato che sarebbe stato più facile distinguere le due Elisabette di questa storia chiamandola “Principessa”, dato che anche la figlia di Edward è “Lady Elizabeth”.

-          “Il vescovo ragazzo” e “Il lord del Malgoverno” erano due soggetti di basso rango scelti rispettivamente per fare il vescovo e il re. Il vescovo dirigeva le cerimonie in chiesa ( Enrico VIII mise fuorilegge questa pratica, ma alcune chiese l’hanno mantenuta fino ai giorni nostri) e il Lord del Malgoverno diventava capo della casa per tutto il giorno, durante il quale faceva scherzi, faceva richieste stravaganti alla sua “corte” e in generale indulgeva in uno spensierato casino. La Regina Maria non lo permetteva nella sua corte.

-           Hans Holbein morì nel 1543, ma io ho esteso la sua vita di 10 anni per questa storia perché era un meraviglioso artista di ritratti e mi piace immaginare come sarebbe stato un ritratto di Holbein del Duca di Cullen e sua figlia. Holbein probabilmente non morì di peste; fu probabilmente qualche tipo di infezione che lo uccise.

-           I voti del matrimonio sono dal Book of the Common Prayer del 1559

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/13/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  13

 

La Regina quella sera stava facendo un bagno prima delle baldorie della Dodicesima Notte. Le cameriere avevano portato una vasca rotonda di legno e l’avevano piazzata davanti al camino. La vasca era stata foderata di teli e riempita di acqua calda profumata portata dalle cucine. Maria si era avvicinata alla vasca indossando la camicia, che avrebbe tenuto anche nell’acqua, a ragione della sua modestia. Fu solo dopo che Maria era entrata in acqua che Susan Clarencieux si rese conto che nessuno aveva portato i teli per far asciugare la Regina quando avesse finito. Bella andò nel corridoio per chiamare una delle domestiche quando vide i teli poggiati su una seggiola. Andò a prenderli e si voltò per tornare nelle stanze della Regina quando andò a sbattere contro Courtenay. Bella boccheggiò leggermente e indietreggiò di un passo. «Chiedo perdono, mio lord. Non vi avevo visto.»

Lui rimase in silenzio, gli occhi che brillavano di malignità.

«Vi prego scusatemi», sussurrò Bella e provò a girargli attorno per correre verso la porta. Lui fece subito un passo di lato bloccandogli il passaggio.

Bella gelò, tremante. «Fatemi passare, Lord Devon.»

«Non credo», biascicò lui. «Vi siete fatta un nemico potente, vostra grazia.»

Lei alzò il mento. «Ma mi sono fatta amici ancora più potenti.»

Lui assottigliò gli occhi. «Quanto pensate che durerebbe nel consiglio quel vostro marito, se io parlo contro di lui?»

Osava minacciare il suo Edward? Le selkie erano creature di natura gentile e tendevano ad essere timide, ma minacciate un bambino o una persona amata in loro presenza e loro si trasformeranno da agnelli in leoni. «Più a lungo di quanto durereste voi se io vi pestassi come vi meritate», sibilò Bella.

Courtenay era scioccato. Si aspettava di ridurre la Duchessa tremante e in lacrime. L’ultima volta che l’aveva messa all’angolo era arrossita e si era ritratta, e questo gli aveva fatto pensare che fosse un bersaglio facile per le intimidazioni. Aveva pensato di poterla spaventare abbastanza da farsi aiutare da lei nei suoi nuovi piani, ma lei stava di fronte di lui, gli occhi fiammeggianti, a minacciarlo come avrebbe fatto un uomo. Non poteva stupirsi di più se le fosse cresciuta un’altra testa.

«O vi togliete dal mio cammino o vi sposterò io, e non vi prometto che lo farò in modo gentile.» La voce di Bella era bassa e minacciosa e Courtenay sentì una fitta di paura. Si spostò di lato, la mascella pendente da qualche parte vicino al petto.

La guardò passargli accanto ed entrare nelle stanze della Regina, chiudendogli la porta in faccia. Lui rimase lì per un momento, sconvolto, chiedendosi se questo era davvero accaduto. Davvero una donna aveva avuto la meglio su di lui, Edward Courtenay, Conte di Devon? La rabbia gli bruciò le budella. Lei avrebbe rimpianto questo giorno, giurò.

Bella lasciò cadere l’involto di teli tra le braccia di Susan Clarencieux e si ritirò verso la finestra, a guardare fuori il cielo aranciato della sera, prendendo profondi respiri per calmarsi. Doveva parlarne a Edward, e sperava che non si sarebbe arrabbiato per il modo in cui aveva parlato a suo cugino. Sapeva che a Edward non era mai piaciuto Courtenay, ma lei di certo non aveva migliorato la situazione perdendo le staffe. Se fosse stata calma e avesse chiesto scusa avrebbe potuto ammorbidirlo. Invece adesso aveva un nemico dichiarato. La stella di Courtenay poteva essere in declino, dato che Maria aveva scelto di sposare Filippo, ma aveva ancora molti alleati.

I divertimenti, quella sera, cominciarono con una masque. Queste erano piccole opere teatrali organizzate dai membri della corte, con costumi elaborati e scenografie, con trame leggere e pesanti allegorie. La masque di quell’anno, scritta e diretta dal Maestro delle Feste, George Ferrers, era Abbondanza, Generosità e Liberalità che vincevano su Carestia, Bisogno e Miseria. Bella, come dama di Maria di più alto rango, dopo la Principessa Elisabetta, che non partecipava, recitava l’ambito ruolo di Abbondanza. Aveva un costume ricamato con le braccia della regina sul corpetto e una cornucopia che traboccava, sulla gonna, con i frutti della terra. Ci sarebbe stata una finta battaglia tra le forze della povertà e le forze della ricchezza che naturalmente sarebbe finita con il pesante simbolismo del regno di Maria trionfante sulle avversità, che avrebbe riportato un periodo di grandi raccolti e gioia in tutta la nazione.

Bella non invidiava il povero George Ferrers. Era un affabile gentiluomo, uno scrittore la cui creatività era sprecata in questi piccoli spettacoli, incaricato dell’esasperante lavoro di fare da pastore alle ridacchianti dame di corte, più interessate al gossip che non alla regia dei loro ruoli. Ogni prova era sembrata più caotica della precedente, ma quando si arrivò alla recita, tutto andò liscio, e la scena finì con Bella che veniva incoronata con una ghirlanda di spighe di grano, con piccole cibarie di cera sparpagliate sulla sua circonferenza e portata via su una lettiga dalle dame che cantavano.

La corte applaudì educatamente mentre gli attori uscivano dalla sala, solo per ritornare, poco dopo, ancora in costume, a godersi il banchetto. Master Ferrers aveva ingaggiato un acrobata che danzava su un filo tirato tra le travi del soffitto e fece dei trucchi comici che fecero ridere la Regina fino a stringersi le mani sui fianchi.

Tra un boccone di cavolo e uno di spinaci, Bella si chinò verso Edward e gli raccontò del confronto avuto con Courtenay. Lui mantenne l’espressione attentamente impassibile, perché erano osservati, ma Bella vedeva gli zigomi arrossarsi per la rabbia.

«Non sei arrabbiato con me, vero?» chiese Bella.

«No, Bella, non sono arrabbiato con te, anche se, come hai notato tu stessa, questo non migliora la situazione.» Sospirò. «Immagino che fosse inevitabile. Courtenay voleva che sostenessi la sua richiesta alla regina e io mi sono rifiutato. Nella sua testa, se non sei suo partigiano, sei suo nemico. Dovremo semplicemente stare in guardia e attenti a ogni sua macchinazione. Fortunatamente per noi, la sottigliezza non è mai stata il suo forte.»

Dopo la fine della cena, la corte fu radunata fuori, verso una tenda eretta sul campo del tennis, riscaldata da bracieri sparpagliati qua e là. Diverse piccole piattaforme, con seggiole dorate ricoperte di fine velluto otto baldacchini, erano state sistemate per i nobili di più alto rango. Edward condusse Bella a uno che aveva il loro stemma. I loro domestici, inclusa una Alice piuttosto eccitata, erano seduti su sedie alla base della piattaforma.

«Che cos’è il tormento dell’orso?» chiese Bella a Edward. Alice le aveva detto cosa stavano per vedere ma non aveva potuto chiederle di cosa si trattasse prima di mettersi seduti.

«Aspetta e vedrai», disse Edward scherzosamente.

Mentre parlava, fu portato un orso sul campo e Bella strillò. Sperava che dopo l’evento avrebbe potuto andare ad accarezzarlo; le piacevano gli orsi. Purtroppo non ce n’erano rimasti molti nella foreste d’Inghilterra. La maggior parte erano in cattività, adesso, ma Bella ricordava un tempo in cui spesso li incontrava mentre giocava nella foresta.

Il muso dell’orso era coperto da una museruola di metallo, fermata dietro la sua testa, e le sue enormi zampe erano state coperte da guanti imbottiti. Il conduttore aveva attaccato una pesante catena al suo spesso collare di ferro e l’aveva fissata a un grosso palo di legno nel mezzo dello spiazzo, prima di rimuovere i suoi guanti e la sua museruola. Il conduttore si allontanò e l’orso si mosse intorno oziosamente, esplorando fin dove gli consentiva la catena.

Bella sentì l’abbaiare dei cani sempre più forte e osservò mentre un paio di servitori in livrea entravano nella tenda, trascinati dai cani che tiravano i loro guinzagli. Eressero una barriera e tolsero i guinzagli, e i cani eccitati vi si ammucchiarono contro, incespicando e tendendosi verso l’orso confuso.

Vi fu uno squillo di tromba e la barriere fu lasciata cadere. I cani caricarono verso l’orso, balzando in avanti, ringhiando, mordendo. Attaccato su tutti i lati, l’orso girava in circolo, colpendo i cani con gli artigli, ruggendo.

Bella emise un piccolo grido di orrore e si premette una mano sulla bocca. Alice rise e batté le mani. Uno dei cani volò via e il pubblico diede un «ooh!» collettivo.

«Bella?» Gli occhi di Edward erano preoccupati. Lei spostò lo sguardo sulla Regina, che chiaramente trovava divertenti gli sforzi del povero orso di non essere fatto a pezzi.

«Non posso …» provò Bella, e poi balzò in piedi. Fuggì, scappando via dalla tenda veloce quanto glielo permetteva il suo vestito pesante e il corpetto stretto.

«Bella!» la seguì Edward. «Stai male? È il bambino?»

Alice era dietro di lui, la preoccupazione che combatteva con la delusione sul suo viso. Le dispiaceva perdere lo spettacolo.

«Non posso guardarlo», sussurrò Bella. «Quel povero orso! E i poveri cani, anche!»

Edward sbatté gli occhi, scuotendo la testa confuso. «Non capisco.»

Come poteva farglielo capire? Era cresciuto in un mondo dove non si considerava il dolore di un animale più di quanto si considerassero i sentimenti di una pietra su cui si metteva il piede. Uno dei cani guaì forte e Bella trasalì mettendo le mani sulle orecchie.

«Non posso», disse con voce strozzata.

Una domestica con la livrea della Regina emerse dalla tenda e si inchinò profondamente. «Vostra grazia, la Regina desidera sapere se la Duchessa sta male.»

«Sì», disse Edward. «Non sta bene. Chiedo umilmente scusa a sua maestà, ma devo portarla a casa.» Attento al guardinfante di Bella, la prese in braccio e si avviò verso le porte del palazzo, dove di solito erano i suoi mezzi di trasporto. «Chiama una portantina», disse Alice, che adesso sembrava allarmata dal pallore di Bella. Si precipitò a cercare un lacchè.

La portantina della Regina stessa fu portata davanti a loro, portata da dodici lacchè, tre per ogni lato. «La Regina ha mandato la sua lettiga», disse loro il lacchè mentre si inchinava, il tono abbastanza impressionato da informarli, se non se ne fossero resi conto, che questo era un grande onore.

«Date a sua maestà i miei rispetti per la sua benevolenza», disse Edward, depositando Bella sui cuscini di velluto. Lui e Alice salirono dietro di lei. Bella lottò contro un attacco di vertigini mentre la lettiga veniva sollevata.

«Mi dispiace», disse piano Bella, conscia delle dodici paia di orecchie intorno a loro. «Non potevo guardare. Era troppo orribile.» Vedeva che Alice e Edward non capivano, ma Edward voleva assecondarla. Le donne gravide  avevano delle fisime, dopotutto, e i mariti sapevano che dovevano evitare che le loro mogli fossero turbate, perché non ne risentisse il bambino che portavano.

Ma lei non riusciva a smettere di pensare a quei poveri animali. Le lacrime rigavano lentamente il suo volto.

«Ti prego, non piangere, Bella», disse Edward. Le prese il viso tra le mani, asciugandole le lacrime con i pollici. «Ti prego … mi spezza il cuore vederlo.»

Lei cercava di ingoiare le lacrime, sbattendo gli occhi.

«Pensa questo: passeremo la serata con Elizabeth. Giocheremo a Filetto. Ti piacerebbe?»

Bella sorrise. Poteva anche non capire perché fosse turbata, ma le stava offrendo quello che sapeva che la divertiva di più, passare tempo con sua figlia, la loro figlia, per cercare di farla sentire meglio. Come poteva non sorridere?

 

 

La mattina successiva, stavano facendo colazione nella loro stanza quando un domestico annunciò che la Principessa Elisabetta era venuta in visita. Bella ingollò il resto della sua birra e stava ancora masticando una crosta di pane mentre scendevano le scale. L’appetito di Bella era notevolmente aumentato con la gravidanza.

La Principessa Elisabetta era nella sala grande, vicino al camino, quando entrarono. Indossava un severo abito da cavallo nero, i capelli legati sotto una piccola cuffia sbarazzina. «Buon giorno, vostre grazie», disse loro mentre si inchinavano.

«Buon giorno, vostra altezza», dissero Bella e Edward simultaneamente.

Elisabetta ridacchiò. «Ah! Il matrimonio! Condividete tutto, incluse le parole.» Si mise seduta su una delle seggiole e Bella fu costretta a sedersi più vicina al fuoco di quanto avrebbe voluto, ma Edward ebbe abbastanza considerazione da porsi tra lei e le fiamme. Edward fece cenno ai domestici di allontanarsi e loro si misero tutti dall’altra parte della stanza.

Le formalità furono abbandonate non appena non ci furono più orecchie indiscrete.

«Sono uscita a cavallo stamani e ho pensato di fermarmi per vedere come stavi, Bella.» Elisabetta faceva girare oziosamente il suo frustino tra le sue lunghe dita bianche. Elisabetta era molto vanitosa delle sue belle mani e spesso le metteva in mostra in questo modo.

«Sto molto meglio, grazie.»

«La Regina ha offerto di mandarti il suo medico personale a visitarti», disse Elisabetta.

«Non è necessario», replicò Bella in fretta. «Solo qualche problema di stomaco, comune tra le donne che aspettano un bambino, mi è stato detto.»

Elisabetta annuì. «Glielo dirò al mio ritorno.» Fece una pausa. «Penso che dovresti restare a casa e non andare a corte, oggi, tanto per essere certi che non capiti di nuovo.»

Edward si chinò in avanti, perché sapeva che il suggerimento non era dovuto alla salute di Bella. «Che novità?»

«La Regina pubblicherà il contenuto del contratto di matrimonio, oggi», disse Elisabetta. «Spera che rendendo pubblici i termini del contratto il popolo sarà meno … preoccupato. Gira voce che Filippo sia già in cammino con un esercito di diecimila spagnoli, con altri ottomila tedeschi al seguito.»

Edward non aveva fatto parte della speciale squadra di ambasciatori che avevano negoziato il trattato, ma sapeva che Elisabetta aveva spie ovunque e probabilmente aveva conosciuto i termini dell’accordo prima della Regina stessa. «Qual era l’accordo?»

«Filippo sarà designato Re e firmerà la legislazione e i proclami unitamente alla Regina, ma non ha poteri sull’esercito d’Inghilterra o sul nostro tesoro, quindi non potrà trascinarci nella sua rovinosa guerra contro la Francia. Se la Regina muore senza figli, il potere sovrano di Filippo finisce. Se c’è un figlio, gli è fatto divieto di portare via dalla nazione il bambino o Maria senza l’espresso consenso del Parlamento, e tu sai quali siano le probabilità per questo

«Ma il figlio potrebbe ereditare il trono di Spagna», disse Edward.

«Dovrebbe governare da qui, almeno fino alla sua maggiore età», disse Elisabetta. «L’Imperatore Carlo V ha mandato a Maria un bellissimo diamante come regalo di fidanzamento, come avrebbe dovuto fare Filippo, ma ho sentito che ha messo il broncio per i termini del contratto.»

Rimase in silenzio mentre un domestico si avvicinava per portare dei bicchieri di birra. Il calice più bello di Edward, d’oro tempestato di gemme, quello che aveva ricevuto come dono di nozze dal padre di Elisabetta, fu offerto alla Principessa, essendo il più bello destinato alla persona di rango più alto. «È molto bello», commentò lei.

«Grazie.» Edward prese dei più umili calici d’argento per sé e per Bella.

Non appena furono di nuovo soli, Elisabetta rivolse la sua attenzione a Bella. «Quali sono i tuoi progetti per la giornata?»

«Andrò alla Torre per portare dei libri a Jane Grey, e poi andrò a palazzo. Perché me lo chiedi?»

«Ho parlato con la Regina stamani, e le ho fatto una richiesta che mi ha accordato.» Elisabetta prese un sorso della sua birra e voltò lo sguardo verso Edward. «Cugino Edward, adesso ti sto chiedendo di fidarti di me.»

Edward annuì.

«Io mi ritirerò ad Hatfield House e porterò Bella e la piccola Elizabeth con me.»

Bella prese un respiro improvviso e si voltò verso Edward con la protesta che stava per uscire dalle sue labbra.

«Bess …» disse lui, prendendo la mano di Bella tra le sue.

«È per il meglio.» Elisabetta lo guardò dritto negli occhi. Un lungo sguardo passò tra loro prima che Edward sospirasse e annuisse.

Si voltò verso Bella. «Vai con Bess, Bella. Prendi Alice e nostra figlia.»

«Cosa? Io non capisco. Perché?»

«Ricordi quello che ti ho detto in giardino riguardo al fare domande?» disse piano Elisabetta. «Io non voglio mentirti, Bella, ma se insisti a fare domande, dovrò farlo. Capisci?»

«Io non voglio andare. Senza offesa, Elisabetta.»

«Nessuna offesa», disse Elisabetta seccamente. «Non sarà per molto, Bella, te lo prometto.» Si alzò. «Partiremo in mattinata. Fai la tua visita a Jane, ma dopo vieni subito a casa. Aspettami per domani verso le dieci.» Diede a Edward e Bella un bacio leggero sulle labbra e se ne andò, chiamando il suo lacchè mentre usciva dal portone.

Bella si voltò verso Edward, gli occhi pieni di lacrime. «Non voglio andare», ripeté.

«Bess non ti avrebbe chiesto di andare se non fosse importante, Bella. Devi. Ti prego.»

«Tu sarai in pericolo?» chiese lei.

Edward la prese tra le braccia. «Non preoccuparti per me. Sono al sicuro come può esserlo ogni uomo di questi tempi.»

Ma questa non era una gran sicurezza.

 

 

Bella aveva cambiato idea a proposito della visita a Jane, ma Edward aveva insistito che andasse e aveva aggiunto un po’ di senso di colpa per assicurarsi che lo facesse. «Quella povera ragazza probabilmente non ha avuto nessuno a farle visita nel periodo di Natale», disse.

Bella impacchettò i libri che aveva acquistato per Jane. Li aveva già mostrati alla Regina Maria, che aveva dato la sua approvazione. Erano alcuni testi scientifici e di matematica, ed uno che era sicura sarebbe piaciuto a Jane, sui meccanismi interni degli orologi.

Dato che Edward non voleva più che Bella cavalcasse per via della sua gravidanza, Bella dovette prendere una portantina fino al fiume e poi una chiatta fino alla Torre, un viaggio lungo in modo irritante, quando lei aveva già voglia di tornarsene a casa. La guardia della Torre, Master Partridge, dovette esaminare i libri prima che Bella li portasse a Jane, e questo voleva dire che doveva sfogliare ogni pagina per assicurarsi che non ci fosse inserita una lettera o non ci fosse un messaggio scarabocchiato ai margini. Bella sbatteva il piede mentre aspettava. Quando le fu finalmente permesso di entrare nella stanza di Jane, la ragazza sembrò deliziata di vederla.

«Come state, vostra grazia?»

«Cugina è l’unico titolo che voglio che tu usi», le disse Bella, dando a Jane l’abituale bacio sulle labbra e abbracciando il suo corpo piccolo. Anche Bella era piccola, come umana, ma Jane aveva decisamente la taglia di una bambina.

«Cugina Bella sia, allora», concordò Jane. «Non vuoi sederti?»

Bella si accomodò su una seggiola e appoggiò il pacco di fronte a Jane. «Buon Natale, anche se un po’ in ritardo.»

«Il tempo vuol dire poco qui dentro», disse Jane. Aprì il pacco e lanciò uno strilletto di gioia da ragazzina. Oh, Bella! Grazie!» Prese il libro sugli orologi e sospirò di piacere. «Sei davvero molto premurosa. Dimmi, come stanno Edward e Elizabeth?»

Questo ricordò a Bella il viaggio che avrebbe dovuto fare l’indomani e la sua faccia crollò.

«Che c’è che non va?» chiese Jane allarmata. «Sono malati?»

«No, niente del genere», disse Bella. «È solo che sto per trasferirmi in campagna per un po’.»

«Finché sarà nato il bambino», annuì Jane. «Non devi essere triste, Bella. È molto più salubre la campagna. Lo sanno tutti. Una volta finito il tuo confinamento potrai tornare a casa.»

Non corresse Jane riguardo ai motivi. «È solo che mi mancherà tanto Edward.»

Jane sorrise, gli occhi dolci e sognanti. «Questo te lo invidio davvero, Bella. Tu hai qualcosa che è molto raro e molto prezioso. Dio deve di certo favorirti.»

«Forse quando Guildford sarà più vecchio …» La voce di Bella si spense perché non le sembrava giusto offrirle false speranze. Da quello che aveva sentito di Guildford, semplicemente non era una persona gradevole, e probabilmente non lo sarebbe mai stato.

Jane diede un colpetto sulla mano a Bella. «Sei gentile a provarci», disse, «ma io non credo di poter sperare nella felicità su questa terra. La mia ricompensa sarà in cielo.»

Nessuna ragazza di sedici anni dovrebbe guardare alla morte. «Il bello della vita è che cambia sempre», disse Bella.

«Questo è vero. Ho sentito che la Regina Maria intende mandare presto anche me in campagna.» Le labbra di Jane si storsero in un sorriso obliquo. «Però il mio signor marito sarà alloggiato separatamente.»

«Probabilmente desidera impedirti di fare altri pretendenti al trono.»

«Un sentimento con cui concordo di vero cuore», disse Jane. «Non porterei mai un altro figlio in questa famiglia.»

«Mi dispiace, Jane», disse Bella. Come molte selkie, credeva che la maternità fosse una gioia e si rammaricava del fatto che Jane non ne avrebbe mai fatto esperienza.

«A me no.» Jane fece un gesto verso gli scaffali di libri, verso i suoi orologi che ticchettavano nel silenzio, contrassegnando i quieti momenti della sua vita. Bella guardò dalla finestra il dolce sole invernale filtrare attraverso gli alberi scheletrici. I corvi, abitanti tradizionali della Torre, beccavano l’erba in basso. Come doveva essere per Jane, che non poteva correre fuori e giocare sotto gli alberi se gliene veniva voglia? Il suo mondo era ristretto a queste stanze, e lei diceva di essere contenta, ma non c’era una parte di lei che voleva essere una normale ragazzina, e ballare, ridere, flirtare? ‘Contenta’ era ciò a cui ti conformavi se non potevi avere gioia?

Quando uscì, non andò direttamente a casa come l’aveva istruita Elisabetta. Invece andò a Palazzo e trovò la Regina che scriveva lettere nel suo ufficio. «Lady Cullen», disse con un sorriso. «Sono felice di vederti in salute.»

«Grazie, vostra maestà.»

«Come è andata la tua visita con Jane?»

«Piuttosto bene, vostra maestà. Sta bene e a suo agio con i suoi libri, e aspetta con gioia una quieta vita in campagna.»

«Anche tu te ne stai andando in campagna», commentò la Regina. «Mia sorella sta lasciando la corte e ha chiesto che tu, specificamente, vada con lei ad Hatfield.»

Bella sospirò. «Così mi hanno detto.»

La Regina infilò la penna nel calamaio. «Vieni qui, Bella», disse piano. Le indicò uno sgabello vicino alla sua seggiola e Bella si appoggiò dopo aver sistemato con attenzione le sue gonne. Come Duchessa, le veniva offerta di solito una seggiola, quindi non era tanto pratica a sistemarsi il guardinfante per accomodarsi su una seduta così bassa. «Devo chiederti qualcosa, qualcosa che sono sicura non vorresti fare, ma è necessario.» Sospirò e si strofinò gli occhi come se le facessero male, e miope com’era, forse era così. Elisabetta è … Elisabetta è l’obiettivo dei cospiratori.»

«Non è in pericolo, vero?» chiese Bella allarmata.

«Non più di chiunque altro abbia sangue reale. I cospiratori mirano ad innalzarla, non a farle del male.»

«Oh», disse Bella. «Oh! Intendete …»

«Sì, vogliono vederla al mio posto. Quello che ho bisogno che tu faccia, Bella, è controllarla per me. Dimmi chi le fa visita, chi le scrive. Tutto quello che sembra sospetto. Hai capito?»

Il cuore di Bella affondò. «Sì, vostra maestà.»

«Grazie, Bella.» Maria sorrise e le baciò la fronte. «Puoi andare. Sono certa che avrai molte cose da preparare.»

Alice era agitata quando Bella tornò a casa. Stava spiegando ai domestici quali vestiti, quali gioielli e quali cappelli imballare sia per la Duchessa che per sua figlia. Ed era molto infelice. Jasper non le avrebbe accompagnate a Hatfield. Alice lo chiamava “andare a seppellirsi in campagna”, ed era depressa di dover perdere sia il luccichio della corte che la profonda ‘amicizia’ col confessore di Bella. Bella provò ad essere cordiale, ma voleva semplicemente tutti fuori dalla sua camera, così da poter passare un po’ di tempo con Edward, pochi, preziosi ultimi momenti prima di essere separata da lui per una quantità indeterminata di tempo.

Non dormì quella notte, e non pensava che avesse dormito neanche lui. Si tennero stretti nel buio, entrambi desiderando parole che confortassero l’altro, parole che non vennero.

Provò a non piangere quando arrivò la portantina di Elisabetta davanti alla lunga serie di bagagli e mobili. Provò a non aggrapparsi a lui quando le diede un ultimo abbraccio.

«Ci vedremo presto, Bella», disse con le lacrime che gli brillavano negli occhi. «Te lo prometto.»

Lei lo baciò. «Ti amo.»

«E io amo te. Stai al sicuro.» La aiutò a salire sulla portantina e le loro mani si strinsero un ultimo momento prima che la portantina fosse portata via.

La piccola Elizabeth giocava con la sua bambola, imperturbata dal fatto di trasferirsi in un’altra casa, qualcosa che aveva fatto già tante volte nella sua breve vita. Alice, di fianco a lei, era lugubre come uno che porta un feretro. Solo la Principessa Elisabetta, rilassata vicino a Bella, aveva un’aria tutta allegra.

«Per i denti di Dio, se separarsi è così deprimente, sono contenta di non essermi mai innamorata», disse lei.

«Probabilmente non ti succederà», disse Alice laconica. «Sei troppo egoista.»

Elisabetta rimase a bocca aperta per un attimo e poi scoppiò a ridere. «Penso che potrei tenerti con me», disse lei. «Tu sei come lo schiavo che Cesare teneva dietro di sé sul cocchio durante la parata del trionfo, che gli sussurrava continuamente all’orecchio ‘Ricordati che sei mortale’.» Ridacchiò tra sé per un momento prima di guardare Bella. «Come è andata la tua visita dalla Regina?»

«Come sai queste cose?» chiese Bella leggermente irritata.

«Ho i miei metodi», replicò Elisabetta con disinvoltura. «Quindi ti sono stati assegnati doveri di spionaggio, vero? Ti avevo detto di non andare. Non avrebbe potuto chiedertelo se fossi andata dritta a casa come ti avevo detto di fare.»

Bella sbatté gli occhi basita. «Non c’era nessuno vicino a noi che poteva sentire quello che mi ha detto. Come fai a saperlo?»

Elisabetta fece spallucce. «Perché è quello che avrei fatto io.»

 

 

 

 

 

Note storiche

-          La masque recitata per il primo Natale del regno di Maria non è ben descritta nei documenti esistenti. L’ho ricostruita col poco che si sa usando il plot di masque simili.

-          Il tormento dell’orso fu in realtà tenuto a Hatfield per il divertimento di Elisabetta

-          Il contratto di matrimonio fu in realtà reso pubblico il 14 di gennaio.

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/14/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  14

 

Bella avanzò furtiva come un ladro nella casa buia, trasalendo ogni volta che scricchiolava una tavola. Dalla finestra vedeva il primo tocco dell’alba. I domestici si sarebbero svegliati presto e doveva sbrigarsi a rientrare nella sua camera prima che qualcuno la vedesse. Fece ancora una smorfia mentre un’altra asse

strideva. Non era stata a Hatfield abbastanza a lungo da imparare quali erano le assi che scricchiolavano, così da poterle evitare. Salì lentamente le scale, tenendosi più possibile vicino al muro, mordendosi il labbro. C’era quasi …

La scorsa settimana aveva esplorato le terre di Hatsfield e aveva scoperto un laghetto non lontano dalla casa. Non era molto grande, né profondo, ma aveva soddisfatto il suo desiderio di nuotare una volta spezzata lo strato di ghiaccio che lo ricopriva.

Entrò nella sua stanza e sospirò di sollievo. Alice era ancora profondamente addormentata sul suo giaciglio (la ragazza dormiva come se fosse morta) e la piccola Elizabeth era acciambellata nel letto, il pollice in bocca. Bella oltrepassò Alice in punta di piedi e andò verso il suo armadio per prendere una camicia asciutta.

«Dove sei stata?»

Bella sobbalzò e per poco non gridò. «Oh, Santi, Bess!» sibilò, la voce bassa per non svegliare Alice e la piccola Elizabeth. «Mi hai spaventato a morte.»

Elisabetta inarcò un sopracciglio. I suoi occhi passarono sui capelli gocciolanti e sulla camicia che era quasi trasparente per le chiazze bagnate. «Cosa sei stata a fare, Bella?»

Bella strascicò un po’ i piedi. «Ti ricordi quando mi hai detto di non farti domande perché non volevi mentirmi?»

Elisabetta sospirò. «Dimmi questo: mio cugino sa di cosa si tratta?»

Bella annuì, sollevata. «Se gli dici quello che hai visto stanotte, ti dirà che sa cosa stavo facendo e che approva. Perché sei qui, comunque?»

«È venuto un messaggero», disse Elisabetta. «C’è una sollevazione in Kent.»

«Una sollevazione? Intendi una ribellione?» Bella sgranò gli occhi e dovette sedersi sul letto perché le sue ginocchia sembravano aver perso tutta la loro forza.

«Thomas Wyatt ha raccolto un esercito di oltre quattromila uomini», disse Elisabetta cupa. «Il Duca di Norfolk è stato mandato con un contingente di truppe di Maria per fermarli, ma Norfolk ha dovuto ritirarsi di nuovo nella capitale quando la maggior parte dei suoi soldati ha disertato per unirsi a Wyatt.»

Bella piagnucolò e il terrore trasformò il suo viso in una maschera bianca. Lei era stata in Scozia durante il cosiddetto ‘Brutale Corteggiamento’ (Rough Wooing), quando Enrico VIII aveva cercato di costringere la Scozia a consegnare la Regina di Scozia bambina perché fosse cresciuta in Inghilterra e poi sposata al figlio di Enrico. Non avrebbe mai dimenticato la puzza dei villaggi bruciati, le urla delle donne stuprate, i pianti patetici dei bambini trapassati da lame senza pietà. Guardò la bambina che dormiva e a cui pensava come sua figlia, e provò disperatamente a pensare dove poteva portarla per tenerla al sicuro.

«Bella, basta», disse Elisabetta tagliente. «Hatfield è sicura.»

Era per questo che Elisabetta l’aveva portata qui? Sapeva cosa stava per accadere?

Elisabetta alzò una mano. «Non chiedere. Sappi solo che tu sei al sicuro e che Edward è al sicuro.»

«Chi è Thomas Wyatt, e perché sta facendo questo?»

«È il figlio di un uomo che scriveva poesie d’amore a mia madre», disse piano Elisabetta. «Ha passato del tempo in Spagna, e ha visto cos’è l’Inquisizione. Ha paura che Filippo la porti nei nostri lidi.»

Bella aveva evitato la Spagna da quando la nonna della Regina Maria, Isabella di Castiglia, aveva espulso tutti gli ebrei dalla nazione, vietando loro di prendere con sé denaro o proprietà di valore andandosene. A quelli che volontariamente si convertirono al cattolicesimo fu consentito di restare, ma i conversos divennero gli obiettivi favoriti dell’Inquisizione. Le selkie si riferivano alla Spagna come ‘La terra che brucia’ e ne stavano alla larga. Poteva capire perché Wyatt temesse che le stesse cose potessero succedere in Inghilterra, ma di sicuro Maria non avrebbe permesso una cosa simile. Di sicuro …

«Dovevano esserci delle sollevazioni contemporanee in altre zone, ma quelle sono fallite. Courtenay è stato arrestato.»

Bella boccheggiò. «Davvero?» Questa era la notizia migliore che Bella avesse sentito da mesi.

«Si stava incontrando con alcuni capi ribelli. Gardiner ha saputo del complotto, ha chiesto a Courtenay e lui ha confessato tutto. Il suo piano era detronizzare mia sorella in mio favore e poi costringermi a sposarlo.»

Bella rabbrividì. «Dio non voglia. Oh, Bess, cosa facciamo?»

«Aspettiamo», rispose Elisabetta. «È la cosa che so fare meglio.»

 

 

Edward seguì la Regina dalla Sala delle Corporazioni, dove aveva appena fatto un travolgente discorso, implorando il suo popolo di difendere il suo governo. Aveva detto che si stava sposando non certo per la lascivia del corpo, ma per lasciare un erede che governasse quando lei non ci sarebbe stata più. Se avesse pensato per un solo momento che il suo matrimonio sarebbe stato un male per il suo popolo, aveva giurato, sarebbe morta vergine. Giurò che non sarebbe fuggita da Londra, ma che avrebbe versato il proprio sangue in difesa del popolo che amava teneramente come una madre ama i suoi figli.

Fu magnifico. Edward vide in lei la spina dorsale d’acciaio che aveva ereditato da sua madre e da generazioni di regine prima di lei. Non si sarebbe piegata. Non si sarebbe arresa. Non aveva paura perché sapeva di essere la sovrana scelta da Dio, quella destinata a riportare l’Inghilterra tra le braccia della Chiesa e niente su questa terra poteva fermarla.

Il popolo nella Sala gridò «Dio salvi la Regina Maria

Adesso tornavano a Westminster, Edward aveva implorato Maria di andare alla Torre, ma lei aveva fede nei suoi soldati. Maria voleva che il popolo la vedesse, che vedesse che non aveva paura e che era certa della sua lealtà. Edward non era altrettanto sicuro. Aveva raddoppiato le sue guardie del corpo, pagando di tasca sua quando il resto del consiglio era troppo indaffarato per destinare i fondi, perché erano tutti occupati a battibeccare su di chi fosse la colpa dei disordini: Gardiner per le nuove politiche religiose, o i consiglieri per aver sostenuto la scelta di Maria di sposare Filippo.

Teneva la mano sulla spada mentre camminava. La gente era allineata lungo le strade per festeggiare e lanciare benedizioni alla Regina, ma Edward vide molte facce cupe e rabbiose tra la folla. Questa rivolta, la prima volta che un esercito si avvicinava alle porte di Londra dai tempi del Medioevo, era segno di una corrente sotterranea profonda di  malcontento, qualcosa che Edward pensava che la Regina dovesse ascoltare, ma lei andava dritta per la sua strada senza tentennamenti.

Aveva emanato un proclama secondo cui sarebbe stata usata clemenza ai ribelli purché deponessero le armi e ritornassero alle loro case entro ventiquattro ore. Edward non poté fare a meno di ricordare un proclama simile emanato da suo padre, che poi uccise i ribelli che gli si erano arresi. Se lo sarebbero ricordato anche i ribelli, e avrebbero pensato che la loro unica speranza di sopravvivenza  sarebbe stata rovesciare la Regina?

I cannoni della Torre erano puntati verso l’area della città dove i ribelli erano entrati, ma Maria si rifiutava di farli sparare, per paura di uccidere cittadini innocenti. Intorno alla città, i ponti levatoi erano alzati, i cancelli sbarrati e le barricate costruite. La popolazione terrorizzata si era chiusa in casa e un silenzio inquietante era sceso su Londra, come se fosse congelata nel freddo di febbraio.

Edward era profondamente grato che Bess avesse portato Bella a Hatfield. Altrimenti adesso sarebbe stata nel gruppo delle terrorizzate dame della Regina, che tremavano e piangevano e pregavano per la salvezza. Edward non sapeva ancora quanto sarebbe diventata forte questa ribellione. Se Wyatt fosse riuscito a convincere il popolo della città a sollevarsi contro Maria, Edward avrebbe avuto il dovere di proteggerla con la sua vita.

I ribelli si avvicinavano ad ogni ora e Westminster era dritta sulla loro strada. Quando una freccia colpì uno dei difensori alla periferia delle loro linee, uno dei capitani di Maria non aspettò altre vittime prima di caricare verso le stanze della Regina. Edward lo seguì, perché c’era sempre la possibilità che ci fossero traditori anche nei loro ranghi.

Fece irruzione nelle stanze della Regina gridando che erano sotto attacco. «Alla chiatta! Dobbiamo portare via la Regina Maria!»

Maria non batté ciglio, nonostante le sue dame urlassero di paura e si aggrappassero l’una all’altra con braccia tremanti. «In preghiera!» ordinò la Regina. «Tutte voi! Pregate e avremo presto notizie migliori.»

Le dame singhiozzanti caddero in ginocchio, giungendo le mani. «Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te …»

Il Signore era con la Maria che faceva pregare le sue dame? Anche Edward si fece il segno della croce e si chinò su un ginocchio, tenendo l’altro alzato nel caso dovesse all’improvviso saltare in piedi per proteggere la Regina. Ma la sua preghiera era per Bella. «Fa’ che sia al sicuro, ti prego Signore, fa’ che sia al sicuro

«Wyatt è preso!”» urlò qualcuno. «È finita! Wyatt è stato catturato!»

Edward si alzò in piedi. «Che notizie?» chiese.

Wyatt era riuscito ad arrivare fino a Ludgate, ma non era riuscito a oltrepassare i difensori. I suoi soldati avevano disertato, lasciando Wyatt sconsolato seduto di fronte a una locanda, con solo una manciata di soldati leali con lui. Si era arreso quando si erano avvicinati gli uomini della Regina. La ribellione era finita prima di cominciare, con davvero poco spargimento di sangue. Wyatt era stato arrestato e condotto alla Torre. Con lui c’era Henry Grey, padre di Jane Grey, che aveva nutrito la speranza di rimettere Jane sul trono dopo la deposizione di Maria, ma avrebbe accettato Elisabetta se i suoi compagni di cospirazione non si fossero rivelati trattabili. Era a casa sua che si erano incontrati per la prima volta i capi ribelli. Quando si era saputo che Wyatt aveva dato il via alla sollevazione, lui era partito in fretta e furia per le sue tenute in campagna, e quando le indagini avevano puntato verso di lui, aveva indotto il guardiano del parco a nasconderlo. Passò due giorni in un albero cavo prima che il guardiano del parco lo consegnasse per una ricompensa maggiore.

Questo è il problema di fare affidamento sui ribelli, pensò Edward. Non hanno nessuna lealtà.

Andò nelle sue stanze, le stanze che lui e Bella dividevano quando erano troppo stanchi per andare a casa. Si stese sul letto, completamente vestito, e appoggiò la testa dal lato di lei. Immaginava di poter ancora sentire vagamente il suo odore, l’odore fresco e pulito dell’oceano che sembrava aderire alla sua pelle di seta. Presto, promise a se stesso, e cadde in un sonno profondo, sognando Bella tra le sue braccia.

 

 

«Courtenay è implicato con una delle vostre dame, maestà», disse il Cancelliere Gardiner alla Regina la sera successiva. «Lady Cullen.» Fece ricadere la testa come se la notizia lo turbasse, ma non era così. Non gli era mai piaciuta Lady Cullen ed era preoccupato della sua crescente influenza sulla Regina.

«Lady Cullen?» ripeté la Regina, gli occhi sgranati per lo shock. «Questo non è possibile, mio lord. Quella ragazza non ha un briciolo di malizia.»

«Sua cognata, Rosalie, Viscontessa Lisle, conferma che Lady Cullen si è incontrata con lui due volte in luoghi appartati.»

«Non ci credo», disse Maria piatta. «E non mi fido di Lady Rosalie. Ho sentito molto su di lei, e non a suo credito.»

«Vostra maestà, voi sapete quanto  Lady Cullen sia vicina alla Principessa Elisabetta …» la voce di Gardiner si spense, come se questo pezzetto di informazione fosse sufficiente ad implicarla.

«E cosa mi dite di Elisabetta?» chiese la Regina. «Sono state trovate delle prove?»

«Courtenay non la coinvolge, ma voi sapete che è innamorato di lei, quindi naturalmente proverebbe a proteggerla.» Gardiner stava provando ostinatamente a minimizzare il coinvolgimento di Courtenay, come se avesse offerto spontaneamente delle preziose informazioni. Voleva che questa fosse dipinta come una sollevazione protestante per mettere Elisabetta sul trono. «Abbiamo intercettato una lettera di Wyatt alla Principessa in cui delineava i suoi piani.»

«Wyatt ammette che lei ha partecipato?» chiese insistente la Regina.

«Lo farà», promise cupo Gardiner.

Ma non lo fece. Gardiner usò le torture più crudeli che avevano, ma Wyatt continuò a rifiutarsi di implicare la Principessa nel complotto. Gardiner era frustrato per questo, ma insisteva con Maria che la lettera da sola era sufficiente a provare che Elisabetta sapesse del complotto.

Maria sospirò. «Le chiederò di tornare a Londra.»

«Se non lo fa, saprete che lei è la causa di tutti questi guai», disse Gardiner.

 

 

Bella ed Elisabetta erano nella camera da letto e ricamavano la copertina di un libro per Maria. Elisabetta aveva talento con l’ago e spesso faceva dei regali ai suoi amici e alla sua famiglia. Chiacchieravano mentre lavoravano e la piccola Elizabeth giocava con alcuni giocattoli della Principessa che erano stati presi in soffitta.

«Cos’è?» chiese Elisabetta. «L’hai sentito?»

Bella piegò la testa. «No, non … Aspetta! Sì, lo sento.» Sbatté gli occhi verso Elisabetta. «Soldati?»

Perché sembravano proprio quello, decine di stivali che marciavano in formazione.

«Cazzo», disse Elisabetta. Saltò in piedi e cominciò a strapparsi il vestito di dosso. «Aiutami, Bella!»

Bella la aiutò, anche se non aveva idea del perché Elisabetta si stesse spogliando. Buttò il vestito e il guardinfante nell’armadio e chiuse la porta.

«Kat!» tuonò Elisabetta. Kat Ashley era stata la governante della principessa fin da quando lei era bambina, e adesso era la sua più leale domestica e amica. Kat era una donna paffuta e amichevole, fieramente protettiva con ‘la sua bambina’ e una volta appurato che Bella era una vera amica di Elisabetta, aveva preso anche lei sotto la sua ala.

Kat era senza fiato per la corsa quando irruppe nella camera. «Bess, ci sono …»

«Lo so. Porta una bacinella d’acqua e un panno, svelta. Sono terribilmente malata.» Elisabetta infilò le braccia in una veste da camera e saltò nel letto, tirandosi le coperte fino al mento.

Kat fece una cosa stranissima. Mise le mani nella cenere del camino e passò con attenzione il grigio sulla pelle di Elisabetta. Quando ebbe finito, Elisabetta sembrava pallida e tirata, e se Bella non avesse saputo come stavano le cose, avrebbe pensato che Elisabetta fosse a un passo dalla morte.

«Siedi, Bella!» sibilò Elisabetta e Bella si rimise in fretta sulla seggiola, riprendendo in mano la copertina a cui stava lavorando. Provò a fare qualche punto, ma le mani le tremavano troppo.

Quei passi pesanti entrarono in casa e Bella inspirò all’improvviso. Kat ritornò di corsa nella stanza con l’acqua e il panno, mettendo il panno umido sulla fronte di Elisabetta e collocando il suo ampio didietro su una sedia vicino al letto di Elisabetta.

Tre uomini entrarono nella stanza di Elisabetta senza bussare o annunciarsi. «Principessa, io sono Sir Aro.» Era alto e ossuto e sembrava decisamente poco amichevole mentre chinava brevemente la testa.

«Sir Riley,» disse il secondo uomo. Era giovane, con capelli bruni morbidi e un esile tentativo di baffi ricopriva il suo labbro superiore. Si chinò educatamente, e con una certa grazia.

Il terzo si chinò leggermente e disse, «Sir Laurent.» E a Bella sembrò il più spaventoso di tutti, perché i suoi occhi erano freddi come il Mare del Nord, spietati e crudeli.

«Siamo qui per scortarvi indietro dalla Regina, di gran carriera», dichiarò Aro.

«Saluti, miei lord», gracchiò la Principessa. Sembrava lottare per tirare fuori le parole. Si leccò le labbra e Kat le toccò gentilmente col panno umido. «Vorrei tanto rivedere la mia amata sorella, ma sono troppo malata per viaggiare.»

«Oh, la mia povera bambina», gemette Kat. Si tirò il grembiule sulla faccia e cominciò a singhiozzare.

«Chiamate un dottore», ordinò Aro a Riley. «Chiamatene due

Si mise seduto sulla seggiola che Elisabetta aveva occupato fino a qualche minuto prima. Diede un’occhiata al lavoro di ricamo in mano a Bella con un piccolo ghigno, e poi guardò la bambina che giocava tranquilla, senza preoccuparsi dell’agitazione degli adulti intorno a lei. Bella era scioccata dal suo comportamento irrispettoso, sedersi in presenza di una Principessa senza esserne invitato, l’inchino appena accennato, il basso rango delle persone mandate a prendere la Principessa.

La piccola Elizabeth gli offrì un giocattolo, che lui non prese. La fissava, ma la piccola Elizabeth non era intimidita. «La Principessa è molto malata», disse lei.

«Lo vedo», disse Aro, un accenno di sarcasmo nella voce.

La stanza divenne silenziosa. Kat bagnava la fronte della Principessa e le sussurrava parole rilassanti. Ogni tanto, la Principessa si muoveva  irrequieta sotto le coperte e dava un gemito di fastidio. Kat provava a calmarla, a tenerla ferma.

Sir Riley rientrò, seguito da due uomini con le borse. Tutti e due andarono dritti dalla ragazza nel letto e si chinarono. «Vostra altezza? Possiamo visitarvi?»

Elisabetta si leccò le labbra e aveva la voce rauca e spezzata quando rispose. «Sì.»

In pochi istanti, uno dei due si pronunciò, affermando che i suoi umori erano squilibrati e aveva bisogno di un salasso. L’altro decretò che erano necessari una purga e un vescicante per attirare fuori i veleni dannosi che aveva assorbito. Tutti e due, comunque, giudicarono che fosse in grado di viaggiare. Elisabetta li squadrò e rifiutò il vescicante e la purga, ma permise a uno di loro di farle un piccolo taglio nell’avambraccio e drenare una coppa di sangue in una ciotola d’argento.

Kat protestò che avrebbero dovuto imballare e impacchettare tutto. Non potevano riportare Elisabetta al palazzo senza vestiti e senza mobili. Sir Aro esalò un sospiro irritato ma accondiscese.

Kat si muoveva lenta come una lumaca, quando voleva, e aveva una scusa molto convincente per ogni ritardo. Ma la sera successiva, tutto il processo di preparazione alla partenza non era ancora finito. Sir Aro perse la pazienza e ordinò a Sir Laurent di portare la Principessa floscia alla portantina che aspettava fuori; i domestici potevano finire di imballare e poi seguirli.

Elisabetta era pallida in modo allarmante quando Sir Laurent la pose sulla portantina. Bella salì al suo fianco e le prese la mano. «Sembra che tu stia veramente male», le disse.

«È così», disse Elisabetta. «Non mi aspetto che questo viaggio finisca in modo piacevole.»

«Perché? Non hai fatto niente di male. Ho fatto quello che mi ha chiesto la Regina e ti ho guardato, e non ho niente da riferire. Sei stata a messa nella tua cappella almeno una volta al giorno. Hai giocato con la piccola Elizabeth e hai spettegolato con Alice. È tutto quello che hai fatto.»

Elisabetta ridacchiò. «Mi fai sembrare molto noiosa.»

«Noiosa va bene», disse Bella. «Noiosa è sicuro

Alice salì sulla portantina con loro, tenendo la piccola Elizabeth su un braccio e la scatola dei gioielli della Principessa nell’altro. C’era sempre una piccola sensazione di vertigine quando i lacchè alzavano i pali e cominciavano ad avanzare, i loro piedi che colpivano ritmicamente il suolo gelato. Le dame tennero le cortine tirate e avevano una grossa coperta a coprirle, ma stavano tutte rabbrividendo.

Bella non riusciva a fare a meno di sentirsi un po’ contenta per il viaggio. Avrebbe rivisto Edward presto. Ma quella felicità la faceva sentire un po’ sleale. Elisabetta era spaventata. Bella pensava che probabilmente stava male davvero con tutta la paura e la preoccupazione.

«Maria ti ama,» le offrì.

«Ama di più la sua corona e la sua chiesa», replicò Elisabetta. «Non esiterà se penserà che io minacci l’una o l’altra.»

La distanza era di sole diciotto miglia, ma il viaggio durò sei giorni. Elisabetta continuava a far fermare la portantina per correre di lato alla strada e vomitare. Quando diventò troppo debole per correre, Bella la aiutò ad arrancare. Aveva un aspetto orribile. La sua pelle era cerea e i suoi occhi opachi e apatici.

«Bess, non possiamo andare avanti così», le disse Bella quando Elisabetta ordinò di fermarsi per la giornata, a metà mattina, a una locanda lungo la strada, perché l’ondeggiare della portantina le dava troppa nausea per continuare. Bella era esasperata, anche se cercava in tutti i modi di essere paziente. Aro sembrava sforzarsi di non picchiare Elisabetta e anche l’educato Sir Riley cominciava ad essere teso per i continui ritardi.

«Bella, se la tua vita sarà mai in pericolo, allora capirai», le disse Elisabetta. «Farai di tutto per avere un altro giorno … un’altra ora … e anche solo un altro minuto.»

Elisabetta pensava che avessero delle prove della sua partecipazione alla ribellione? Bella avrebbe tanto voluto chiedere, ma non lo fece. Voleva essere onesta quando avrebbe detto che non aveva visto o sentito niente di sospetto, niente che avrebbe potuto implicare Elisabetta.

«Gardiner mi disprezza», disse Elisabetta. «Sai che mi ha seguita nelle mie stanze dopo che avevo chiesto alla Regina il permesso di andarmene? Mi ha dato una lezione molto severa sulle mie carenze morali, e ha detto che sapeva che la mia conversione era insincera.»

«Non credo ci sia nulla che tu possa fare per convincerlo.»

Elisabetta si sedette sul letto. Era la stanza migliore che la locanda aveva da offrire, ma era molto semplice. Uno stretto letto al centro, il materasso di crine. Elisabetta aveva ordinato ai domestici (che li avevano facilmente raggiunti con i carri pieni degli averi di Elisabetta) di non montare il suo letto in questa stanza, perché aveva paura che si infestasse di pulci. Lei e Bella avrebbero dormito sul materasso bitorzoluto con la piccola Elizabeth tra loro, e Alice e Kat su un pagliericcio sul pavimento al loro fianco.

«Ho detto loro che stavo considerando di emanare una dichiarazione pubblica che la mia conversione e la mia presenza alla messa erano libere da coercizione e completamente volontarie.»

«Lo farai?»

Elisabetta sbuffò. «No.» Diede uno schiaffo a una pulce che era atterrata sul suo braccio. «Anche Renard mi odia.»

L’ambasciatore spagnolo. Maria prendeva i suoi consigli molto seriamente, vedendolo come un tramite con i suoi parenti spagnoli, ed ora col suo promesso.

«Be’, io non ti odio e Edward non ti odia. La Regina tiene in considerazione anche le nostre opinioni.»

«Probabilmente perché siete le uniche persone che conosce che non vogliono nulla da lei. Né terre, né titoli, né nomine politiche …»

«Tu cosa vuoi?» chiese Bella, sedendosi accanto a lei e grattandosi un morso di pulce sul dorso della mano.

«Io voglio vivere tranquillamente in campagna», disse Elisabetta.

«Senza intrighi?» rise Bella. «Appassiresti e ti porterebbe via il vento.»

Elisabetta si girò un anello nel dito. «A volte mi chiedo com’è per le donne contadine. La loro preoccupazione è portare abbastanza cibo a casa per le loro famiglie. Semplice e diretto. La mia è tenere la testa attaccata al collo, mentre cerco di blandire i miei partigiani ma senza offendere quelli che hanno potere di vita e di morte su di me. Ricordi quell’acrobata da Maria, la Dodicesima Notte, quello che danzava sul filo? Io mi sento così. Non è che mi piaccia, Bella. È quello che devo fare per sopravvivere. E ogni tanto, sogno una vita in cui la mia sopravvivenza dipenda semplicemente dall’avere un po’ di pane.»

 

 

Raggiunsero il palazzo la sera tardi. Alice prese in braccio la piccola Elizabeth addormentata e disse che l’avrebbe portata negli appartamenti di Edward e Bella finché fossero stati pronti per andare a casa.

Con sorpresa di Bella, Elisabetta non fu portata alle sue ricche stanze. Invece le fu mostrata una piccola, angusta stanza con uno stretto letto e un tavolo con una sedia di legno, e le fu detto di aspettare “il piacere di sua maestà.” Elisabetta barcollò a quelle parole e Bella la aiutò a sedersi. Sentì la porta chiudersi, ma non il rumore della serratura.

«Bella, vai», disse Elisabetta quando ebbe recuperato la capacità di parola. «So che vuoi vedere Edward.»

«Non ti lascio così!» protestò Bella.

«Kat starà con me.» Elisabetta fece un gesto di congedo con la mano. «Vai. Parla con Edward e parla con la Regina. Dille quello che hai visto a Hatfield.»

«Odio tutto questo, Bess», disse Bella. «Odio stare in mezzo a voi due. Voglio bene a entrambe.»

«Anch’io ti voglio bene. Ora vai da tuo marito.»

Bella aprì la porta. C’erano due guardie, una per lato, ma lei le guardò a malapena mentre passava. Si chiese se le sarebbe stato permesso di tornare e sperò di sì.

Andò direttamente nelle stanze della Regina e trovò Maria seduta al suo grande tavolo che firmava documenti. «Lady Cullen!» esclamò. Bella fece un profondo inchino e Maria la fece alzare col tradizionale bacio sulla fronte. «Come sei stata, mia cara? La campagna sembra farti bene.» Guardò la pancia leggermente arrotondata di Bella e un po’ di nostalgia balenò nei suoi tratti. «Prego, siediti.» Le indicò una seggiola a fianco del suo tavolo e Bella si sedette. “ Devi essere esausta del viaggio. Hai già visto Edward?”

«No, vostra maestà. Speravo che poteste dirmi dove trovarlo.»

«Temo che sia a una sessione del consiglio, ma sono sicura che verrà da me non appena finito.» Giunse le mani e guardò Bella attentamente. «Ti è piaciuto il soggiorno con mia sorella?»

«Sì, molto, ma gli appartamenti dov’è alloggiata adesso …»

Maria alzò una mano. «Ti prego, dimmi cosa hai visto a Hatfield.»

«Non ho visto nulla», disse Bella, provando a trattenere la foga della sua voce. «Abbiamo giocato a carte. Abbiamo ricamato. Abbiamo giocato con mia figlia. Siamo andate a messa. Abbiamo spettegolato su delle banalità. In questo periodo, ha ricevuto due lettere, una da Padre Jasper, per vedere se aveva progredito negli studi religiosi, e l’altra da voi.»

«Lei sapeva che la stavi osservando», disse Maria.

«Certo che lo sapeva, ma non c’era niente da nascondere. Sono stata in sua compagnia dall’alba al tramonto e non ho visto nulla che potesse offendervi o causarvi dei danni.»

Maria si strofinò gli occhi. «Ha ricevuto una lettera dai cospiratori, Bella.»

«Lei ha scritto a loro?» chiese Bella.

Maria scosse la testa. «Non che noi si sappia, ma le lettere potrebbero essere state distrutte.»

La porta della camera della Regina si aprì all’improvviso e Edward marciò dentro, gli occhi che balenavano di rabbia. Vide Bella e si addolcì un po’. La prese tra le braccia e poi si rivolse alla Regina. «Tu non andrai davvero fino in fondo, vero?»

La Regina sembrò sapere esattamente di cosa stava parlando. «Renard dice che Filippo non verrà nel mio regno fin quando ci sarà pericolo dagli altri aspiranti al trono.»

Edward lasciò Bella e cadde in ginocchio. «Vostra maestà, io vi imploro di non farlo. Punite quelli che hanno provato a metterla sul trono. Mandatela in esilio. Ma vi prego, non giustiziate Jane.»

Bella boccheggiò. «No!»

Gli occhi della Regina Maria si riempirono di lacrime. «Se ci fosse un altro modo di eliminarla come minaccia, non lo farei.»

Edward pensò in fretta. «Se si convertisse, se non fosse più un simbolo della regola protestante, ti fermeresti?»

Maria pensò per un momento poi annuì. «Sì, sì lo farei. Se puoi farlo, Edward, salva la vita e l’anima della bambina.»

Edward sospirò e si alzò in piedi. Abbracciò Bella e nascose il viso nel suo collo. Un brivido lo attraversò.

«Andiamo a casa», disse Bella. «Andiamo a casa.»

 

 

 

 

 

Note storiche

-          La storia registra due differenti versioni del discorso di Maria nella Sala delle Corporazioni. Una registrata da John Proctor, che ne fu testimone e scrisse un libro sulla ribellione più avanti quell’anno, e una registrata da John Foxe. Gli storici tendono a favorire il primo.

-          Elisabetta in quel periodo era in realtà a Ashridge, ma mi piaceva di più Hatfield. Rivendico la licenza artistica.

-          Salassi, purghe e vescicanti furono usati fino all’inizio del XX secolo. Si credeva che gli umani avessero quattro umori, sostanze prodotte dagli organi del corpo: bile nera, bile gialla, flègma e sangue. Se uno di questi veniva prodotto troppo o troppo poco, il paziente si ammalava. Il medico doveva scoprire di quale di questi umori si trattava e prescrivere una “cura” che avrebbe riportato il corpo in equilibrio. Il vescicante era un impasto denso con all’interno un irritante che causava vesciche sulla pelle, e si credeva che questo portasse all’esterno le sostanze cattive. La purga era un preparato che causava vomito o diarrea, con lo steso obiettivo del vescicante: liberarsi di qualunque cosa avesse sbilanciato gli umori.

-          La storia per cui Maria sarebbe stata d’accordo a non giustiziare Jane se si fosse convertita, probabilmente è apocrifa. Sappiamo che mandò un confessore (in questa storia, Padre Jasper) per provare a convertire Jane, ma probabilmente era solo il tentativo di Maria di salvare Jane dalle fiamme dell’inferno, che credeva fosse il destino di qualunque non-cattolico. Anche se Jane si fosse convertita, il suo destino sarebbe stato probabilmente lo stesso.

 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/15/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  15

 

Alice e la piccola Elizabeth si addormentarono sulla strada di casa ma Bella e Edward non avevano sonno affatto. Bella si sentiva come se avesse masticato una noce di Betel, anche se Edward non avrebbe saputo cosa fosse, nemmeno se avesse provato a descriverla.

«Perché?» chiese Bella. «Io non capisco. Maria aveva detto di recente che avrebbe mandato Jane in campagna.»

Edward si pizzicò la radice del naso, un’abitudine di quando era stressato. «Gardiner vuole che la ribellione appaia come una sollevazione protestante contro la regola cattolica, una ribellione con l’obiettivo di rimettere Jane sul trono. Ora che Maria ha pubblicamente annunciato il suo matrimonio, il consiglio e Gardiner l’hanno sostenuta, quindi non vogliono ammettere che il popolo, sia cattolico che protestante, si sia ribellato per fermarla.»

«Ma perché Jane dev’essere giustiziata?» Bella abbassò la voce, sempre consapevole dei domestici che portavano la lettiga.

«Perché è un simbolo», disse Edward, e la sua voce era stanca e sorda. «Lei rappresenta la regola protestante, ma ancora più importante, ha pochi sostenitori. È un capro espiatorio, Bella. La più innocente di tutti noi, eppure deve morire per ciò che suo padre e altri hanno fatto.»

«Filippo ha veramente detto che non verrà in Inghilterra a meno che Maria non faccia giustiziare Jane?»

Edward alzò le mani in aria. «Renard sa che Maria vuole Filippo, così la manipola. Quell’uomo è un fanatico e pensa che Maria sia stata fin troppo clemente. Se il regno diventasse veramente instabile, no, non verrebbe, ma il paese non è instabile, almeno, in nessun modo che la morte di Jane possa sistemare.»

«Edward, cosa faremo? Jane è fanatica quanto Maria quando si tratta di fede. Non si convertirà solo per salvarsi la vita.»

«Ha sedici anni», disse Edward. «Non vuole morire.»

«Non ne sono sicura», replicò Bella. «L’ultima volta che l’ho vista, mi ha detto di come non avrebbe trovato la felicità su questa terra, ma solo in cielo.»

«Possiamo guadagnare un po’ di tempo, comunque.” Edward si passò le mani tra i capelli. “ Magari Maria cambierà idea.»

Bella sospirò. «Edward, ti risulta che Maria abbia mai cambiato idea su qualcosa?»

«No», ammise Edward. «Ma c’è una prima volta per tutto. Ora, dimmi cosa è successo con Elisabetta.»

Bella gli raccontò, cominciando la storia con la richiesta di Maria di spiare Elisabetta. Non ricordava se glielo avesse detto o no prima di partire, ma a giudicare dalla sua espressione, era più un ‘no’.

«Non avrebbe dovuto chiederti una cosa del genere», disse Edward, il tono indignato.

Gli disse del loro viaggio, e lui rimase stupito quanto lei del basso rango dei cortigiani mandati a prendere Elisabetta, così come del modo rude in cui era stata trattata. Quando lei gli disse degli appartamenti che gli erano stati dati a palazzo, lui per poco non fermò la portantina ordinando ai portatori di tornare indietro.

«Edward, no», lo fermò Bella con gentilezza. «Non c’è niente che puoi fare stanotte. Probabilmente la Regina è già a letto e si arrabbierebbe se la svegliassi per questo.»

«Bella, è sbagliato», protestò lui. «È una principessa di sangue reale. Perfino i prigionieri nella Torre vengono trattati meglio.»

«Qualche settimana fa ho sentito Maria dire a Jane Dormer che Elisabetta somiglia a suo padre, Mark Smeaton.»

Edward roteò gli occhi. «Lo fa ogni volta che è irritata con Elisabetta. Chiunque abbia gli occhi vede che è figlia di Enrico VIII. Bess gli somiglia più di Maria.»

«Domani penseremo a questi problemi», disse Bella. «Ma per stanotte, voglio mio marito tutto per me.»

Edward non fece discussioni.

 

 

Ma al mattino, Maria si rifiutò di parlare di sua sorella. Edward provò due volte a tirare fuori l’argomento e fu respinto entrambe le volte, quando la Regina disse che non desiderava discuterne e diede a Edward uno sguardo freddo e arrogante. Gardiner, quella serpe, si chinò e sussurrò all’orecchio della Regina, senza mai staccare gli occhi da Edward e lo sguardo della Regina divenne ancora più freddo. Dopo ciò, Edward aveva lasciato la stanza, irritato, deluso e disgustato.

Incontrò Bella fuori dalle loro stanze. La baciò e si guardò attorno. «Dov’è Padre Jasper?» Sarebbe dovuto andare con loro a fare visita a Jane Grey, dopo aver fatto un così buon lavoro a convertire Elisabetta, pensò Edward acidamente, ma non si vedeva da nessuna parte. Vide il loro codazzo di domestici, una donna che portava una pila di libri per Jane, un altro che portava una pesante pelliccia per coprire la Duchessa se avesse avuto freddo sulla portantina o sulla chiatta, e un altro con un cesto di prelibatezze per la Duchessa se le fosse venuta fame durante il viaggio (l’appetito di Bella cresceva a vista d’occhio con l’avanzare della gravidanza).

Bella arrossì e balbettò.

«Bella?»

«Lui è … um … è con Alice.»

Edward si accigliò confuso. «Deve confessarsi?»

«No, non credo», replicò Bella, le parole lente e esitanti.

«Bella, che c’è?» Edward cominciava ad essere impaziente. C’erano troppi segreti nella sua vita e non voleva che ce ne fossero anche tra lui e sua moglie.

Bella abbassò la voce per evitare di essere sentita dai domestici che li guardavano con avido interesse. «Loro … Edward, non hanno fatto niente di male. È importante che tu capisca questo. Ma c’è un … affetto tra loro.»

«È un prete!» Edward era scioccato.

«È un uomo, prima», disse lei con gentilezza.

Edward scosse la testa. «Bella, tu non capisci. Se la Regina ne avesse sentore …»

«Non hanno fatto nulla di male!» insisté Bella testarda. «Si incontrano. Parlano. Tutto qui.»

«Quanto spesso?»

«Quasi ogni giorno», ammise Bella. «Veniva spesso in visita ad Hatfield.»

Mentre Edward non poteva vedere sua moglie, Jasper era libero come un uccello di andare a Hatfield e corteggiare una delle dame di Bella. Sentì una fitta di risentimento che cercò di scacciare. Ognuno ha il proprio posto nella vita, ricordò a se stesso. «Dove sono?»

«Nella nostra camera privata.»

Lui emise un lamento, spingendosi i palmi sugli occhi. Anche lui aveva un segreto, e Bella poteva ascoltarlo insieme ad Alice e Padre Jacob.

Bella seguì Edward dentro, torcendosi le mani, un’abitudine nervosa che aveva preso dalla Regina. Trovarono Alice e Padre Jasper seduti davanti al camino, le ginocchia che quasi si toccavano, con le teste chinate vicine in conversazione. Alice saltò in piedi quando li vide avvicinarsi e fece un profondo inchino. «Vostre grazie», squittì.

Jasper si alzò e si inchinò, la sua aura di calma imperturbata. «Che piacere vederti di nuovo. Edward, vero?» Inclinò la testa di lato e strinse gli occhi, come se non riuscisse a ricordare. «Ah, sì, ora ricordo. Ero il confessore di un giovane uomo che ti somigliava un po’. È da parecchio che non lo vedo, in quel senso, però.»

«È solo che non ho abbastanza peccati da molestarti confessandoli», disse Edward con un sorriso.

«Allora non stai vivendo appieno la vita», replicò Jasper. Si voltò verso Bella e si chinò sulla sua mano. «Vostra grazia, leggiadra come sempre.»

«Grazie, Padre Jasper», replicò Bella.

«Ho delle notizie che riguardano tutti voi», disse Edward, e tutti gelarono e trattennero il fiato. Annunci come questo raramente erano buone notizie. Aspettarono, guardandolo interrogativi.

«Ho sentito che tuo padre sta negoziando un matrimonio per te, Alice.»

La faccia di Alice divenne bianca, come le nocche che stringevano la spalliera della seggiola. Jasper, da parte sua, apparentemente non reagì. «Con chi?» chiese lui.

«Il Barone Tyler.»

Alice sedette, o, più accuratamente, cadde sulla sedia. Un respiro tremante fu l’unico suono che emise. Bella si accucciò al suo fianco, prendendole la mano. «Non ne sapevi niente?»

Le labbra di Alice erano di un terribile colore blu-grigio. «Mio padre non mi ha scritto di questo, no.» Bella capì quello che Alice non aveva aggiunto: suo padre non le aveva mai scritto per tutto il periodo in cui era stata al servizio di Bella, anche se Alice aveva rispettosamente scritto a lui ogni settimana.

«Chi è il Barone Tyler?» chiese Bella. «Non credo di averlo incontrato.»

«No, non lo hai incontrato», disse Edward.

«E di questo devi essere grata, Bella», disse Jasper. «Santi, preferirei vederla promessa al Diavolo stesso.»

Edward e Alice boccheggiarono a questa blasfemia, ma Bella lo guardò con comprensione. «Edward, tu sei il Duca. Trovale un partito più adatto, in fretta, prima che suo padre la dia a questa deplorevole … creatura.»

«Farò quello che posso», disse Edward, «ma non posso promettere che lui sarà d’accordo.»

La porta si aprì e Emmett entrò. Edward alzò un sopracciglio perché non si era annunciato, ma annuì in segno di saluto. Lui e Emmett non erano tornati alla relazione calorosa e stretta che avevano prima che Edward scoprisse il tradimento di lui, e forse non vi sarebbero mai tornati, ma almeno riuscivano a comunicare senza rancore da parte di Edward.

«Fratello, hai un momento?» chiese Emmett.

Edward sospirò. «Altre cattive notizie?»

Emmett considerò. «Non ne sono sicuro.»

Edward alzò impaziente una mano in aria. «Avanti, tira fuori.»

«Gardiner ha parlato con Padre Jacob. Non so bene perché, ma di certo non a nostro beneficio.»

Edward gemette. «Quand’è l’ultima volta che sei stato a messa, Emmett?»

Emmett ci pensò. «Non me lo ricordo. Il mio matrimonio conta?»

Edward gemette di nuovo. «Emmett, per il bene di tutti noi, devi farlo.»

«Io non sono un Papista», disse Emmett strusciando i piedi. «Non riesco a fingere bene come te, Edward. Uhh, chiedo scusa, Padre Jasper.»

Jasper ridacchiò. «Nessuna offesa, figliolo.»

«Rosalie va a messa in continuazione», offrì Emmett. «Questo conta?»

Edward chiuse gli occhi. Indicò prima Padre Jasper e poi Emmett. «Tu, vieni con me. Tu, vai a messa.» Si avviò alla porta a passo di marcia.

«Adesso?»

Edward girò sui tacchi.

«Ci penso io!» cinguettò Bella. Saltò sulla sedia vuota, colpì Emmett dietro la testa e poi scese.

«Ow!» si lamentò Emmett.

Bella prese a braccetto Edward e andarono verso le porte del palazzo. Dovevano sbrigarsi, o avrebbero perso l’onda di marea sul Tamigi e avrebbero dovuto prendere una portantina, molto più lenta, per andare alla Torre

«Hai pensato a cosa le dirai?» chiese Bella a Edward mentre salivano sulla chiatta.

«Ho intenzione di dirle la verità», disse Edward. «Deve sapere quanto è pericolosa la sua situazione. Le daremo un giorno o due per pensarci e scommetto che al nostro ritorno sarà più disponibile alla conversione.»

Trovarono Jane seduta a un tavolo, gli ingranaggi interni di uno dei suoi orologi sparsi davanti a lei, il libro sugli orologi al suo fianco. Brillò quando vide Edward e Bella. «Cugini!» disse. «Che piacevole sorpresa.» Ignorò completamente Padre Jasper, che si mise seduto su uno sgabello vicino al camino ed osservò.

«Non così piacevole come pensi, Jane», replicò Edward, dandole un bacio leggero sulle labbra prima che lo facesse anche Bella. «La questione è grave, veramente.»

Jane sbuffò. Poi ridacchiò. Poi scoppiò in una risata travolgente e quasi cadde dalla sedia, lacrime di ilarità che le rigavano le guance mentre Bella e Edward la guardavano basiti.

«Scu-scusate», boccheggiò lei. «Solo che … l’esecuzione, una questione grave!» (la parola “grave” significa anche tomba-ndt) E scoppiò di nuovo a ridere.

«Te l’hanno detto, allora?» chiese Edward quietamente. Scansò una pila di carte e si mise seduto su una sedia con i braccioli, lo fece senza pensare, cercando automaticamente la seggiola che spettava al suo rango, come era stato programmato fin dalla sua infanzia. Bella sedette vicino a lui su una seggiola più bassa. Cercò di mettersi il più possibile comoda. Sedersi, con la sua pancia sempre più grande e il corpetto era una tortura.

«Sì, me l’hanno detto», disse Jane. Non sembrava turbata dalla notizia.

«Tu non devi morire, Jane.» Edward si chinò in avanti e appoggiò le braccia sulle ginocchia. «Parlerò con la Regina di lasciare la corte. Potrai venire vivere con Bella e me, e goderti i tuoi libri. Cullen Hall ha una grande biblioteca e possono mandarmi dei libri …»

«Grazie, cugino. Sembra bello. Ma io non posso negare la mia fede per allungare di qualche anno la mia vita.»

«Qualche anno! Jane, tu non hai che sedici anni! Potresti vivere per tre volte questo numero prima di mettere il primo capello grigio.»

«Esageri un po’, immagino.»

Edward sospirò. «Sento i miei primi capelli grigi arrivare adesso, infatti. Parlerai almeno con Padre Jasper?»

Jane sorrise. «Se questo ti fa felice, cugino, farò quello che chiedi. Ma comprendi bene che non ho scelto la mia fede per ignoranza della sua controparte.»

«Voglio salvarti, Jane, non lo capisci? Hai vissuto a malapena e già butti via la tua vita.»

Jane si alzò e gli mise una mano sulla spalla. «Non lo faccio alla leggera, cugino. Capisco ciò che non avrò. Ogni volta che guardo te e tua moglie, so quello che non avrò.»

Edward trasalì. Anche se la Regina si fosse convinta a risparmiare la vita di Jane, le sue possibilità di avere un matrimonio felice e amorevole erano quasi nulle. La Regina non avrebbe mai più permesso a Jane di sposarsi dopo aver giustiziato Guildford. Non avrebbe mai rischiato la nascita di un bambino che sarebbe stato un altro pretendente al suo trono.

Fu abbastanza per mandare fuori strada Edward per un momento. Per cosa stava salvando Jane? Una vita agli arresti domiciliari con solo i suoi libri per compagnia mentre ascoltava i suoi orologi ticchettare ogni arido secondo? Poteva attirare Jane perché il suo tempo quieto a leggere era l’unico tipo di felicità che avesse mai conosciuto, ma a Edward faceva male il cuore pensando a quanto fosse vuoto.

Disperato, Edward disse, «Jane, perfino la Regina Maria ha abiurato quando la sua vita era in gioco.»

Jane inclinò la testa. «Dovrei rispettare questo, Edward?»

Non aveva risposte per questo.

Jasper parlò nel silenzio. «Lady Jane, le nostre fedi non sono così differenti. Entrambi preghiamo lo stesso Gesù, da cui scaturisce la nostra salvezza. Tutto il resto sono inezie.»

Jane scosse la testa. «Quelle inezie sono peccaminosa idolatria.»

Edward all’improvviso ridacchiò. «Ricordi quell’estate a Newhall, Jane? Stavi camminando lungo il corridoio dietro Lady Wharton e le chiedesti perché si inchinava quando passava davanti alla porta della cappella.»

Gli occhi di Jane brillarono. «Sì, me lo ricordo. Le chiesi se la Principessa Maria fosse là dentro, e lei mi disse, ‘No, io mi inchino a colui che mi ha fatto’.»

«Intendeva l’Ostia», spiegò Jasper quando Bella apparve confusa.

«I Papisti credono che Dio sia fisicamente presente in quel pane», disse Jane sprezzante. «Io le chiesi come poteva il pane essere Colui che ci ha fatto, se era stato fatto dal fornaio.»

Edward non poté fare a meno di ridere a quel ricordo. «Oh, come si offese Maria quando lo seppe!»

«Mi aveva regalato una collana di granato il Natale precedente. Il Natale dopo ebbi un paio di guanti.» Jane soffocò una risata.

Edward prese tra le sue la mano di Jane. «Ti prego, Jane. Prendi in considerazione ciò che ha da dirti Padre Jasper. Promettimelo.»

Jane annuì. «Prometto che lo prenderò in considerazione.» Ma Edward vedeva la negazione nei suoi occhi, sospirò e scoccò un’occhiata a Bella. «Resterete per cena?»

«Ne saremmo felici», rispose Edward.

Il pasto fu servito nella piccola stanza adiacente. Il tavolo era coperto con un lussuoso tappeto turco. E Jane aveva tre domestici che si prendevano cura di lei, come se fosse ancora la Regina. Il suo servitore personale si incaricò di servire e tagliare la carne. I cibi era probabilmente più semplici di quelli cui era abituata Jane,  ma erano ben conditi e deliziosi. Bella mangiò delle belle porzioni di porri e pastinaca, al momento i suoi preferiti.

«Ma tu non hai preso carne,» protestò Jane quando vide il contenuto del piatto di Bella. «Hai bisogno di carne per il bambino. Vuoi avere un maschietto in salute, no?»

Edward fece spallucce. «Lei desidera le verdure», disse. «Ed è pericoloso non accontentare le voglie di una donna gravida.»

Jane rise piano. «Tu probabilmente sei abbastanza vecchio da ricordare la storia della terza moglie di Re Enrico, Jane, che voleva quaglie grasse quando era gravida del Principe.»

Edward annuì. «Dovette mandare a cercarle per tutta la Francia e la Regina Jane continuava a lamentarsi che non erano abbastanza grasse. Devo ringraziare Dio che tutto quello che vuole la mia Bella siano verdure.»

«Finché non diventerà difficile trovarle, col freddo», lo avvertì Jane.

Edward a questo non aveva pensato. C’erano ancora delle verdure conservate dalla raccolta, ma andando avanti l’inverno, sarebbe stato più difficile averle. Avrebbe dovuto mandare a cercarle sul Continente, pensò. Gli venne un’idea: avrebbe fatto cercare dei portingales (arance dolci importate da Ceylon dai mercanti portoghesi, da cui il nome-ndt). Per quel che ne sapeva, Bella non li aveva mai mangiati, e sembravano una cosa che potesse piacerle.

«Quando nascerà il bambino?» chiese Jane.

«Ho concepito in settembre, quindi conta tre mesi indietro, e direi intorno a giugno o i primi di luglio, credo», rispose Bella.

«Spero di vederlo», disse piano Jane.

«Lo vedrai», dichiarò Edward, la voce ferma e risoluta.

Ellen, la balia di Jane, scoppiò in lacrime e corse via dalla stanza, la faccia nascosta nel grembiule.

«Sperava di essere la balia dei miei figli», disse Jane, a nessuno in particolare. «Edward, ti assicurerai che ci si prenda cura di lei, se …»

Jane non finì la frase, non ce n’era bisogno.

«Lo farò», disse Edward fermo. «Sia la mia piccola Elizabeth che il nostro nuovo bambino avranno bisogno di una persona amorevole che si prenda cura di loro.»

«Grazie», sussurrò Jane. Cercò di scacciare le lacrime e subito tornò a una calma compostezza. Non avrebbe pianto per il suo destino, ma per quello della sua amata balia doveva lottare contro le lacrime.

Edward perse l’appetito. Guardava giù il suo piatto finché Bella gli prese la mano. Speranza, gli sillabò.

 

 

Maria diede loro solo una settimana, e poi dichiarò la situazione senza speranza. Jane non si sarebbe convertita e sia Renard che Gardiner insistevano perché si procedesse con la sentenza.

Edward implorò. In ginocchio, implorò, ma Maria non vacillò. Jane si frapponeva tra Maria e quel matrimonio che lei voleva così disperatamente, e probabilmente aveva convinto se stessa che la ribellione era stata unicamente opera dei protestanti che si raccoglievano intorno a Jane.

«Deve essere fatto», disse a Edward, anche se le lacrime le brillavano negli occhi. «Non ho scelta. Potresti non neutralizzare la sua minaccia, anche convertendola. Jane ha firmato questa condanna a morte prima che i documenti arrivassero nelle mie mani.» Maria prese la sua penna e scrisse Marye, the Quene, e le spalle si Edward si abbassarono. Era finita. Non c’era altro che potesse fare.

Andò a casa quella sera, sconfitto, già in lutto per la giovane cugina. Bella lo strinse senza parlare nel loro letto. Nessuno dei due dormì quella notte.

Uscirono di casa prima dell’alba, entrambi vestiti di scuro, come si conveniva all’evento che andavano a presenziare. Padre Jasper li aspettava fuori vicino alla portantina. Anche gli uccelli erano silenziosi, quella mattina, notò Bella, una mattina gelata in un silenzio profondo e inquietante mentre salivano sulla portantina. Mattoni caldi avvolti nella flanella erano posti dentro per il loro comfort e Edward armeggiò con il mantello che copriva Bella per paura che prendesse freddo. Bella, che poteva rompere lo strato di ghiaccio di un lago per nuotarci dentro, lo lasciò fare. Era qualcosa a cui lui poteva rimediare, e pensava che in questo momento ne avesse bisogno.

Arrivarono alla Torre all’alba e non appena attraversarono il cancello, si trovarono immediatamente di fronte la vista dei carpentieri che martellavano indaffarati preparando il patibolo. Una balla di fieno era lì vicino. Le tavole del patibolo ne sarebbero state ricoperte per assorbire il sangue, ma quelle stesse tavole erano già macchiate da tutte le vite che vi erano state perse sopra. Su quelle stesse tavole erano morte Anna Bolena e Kathryn Howard. Bella rabbrividì passando lì vicino e alzò gli occhi verso la finestra di Jane, e la vide lì, che guardava la costruzione. Sorrise e fece un gesto di saluto con la mano quando vide Bella.

Jane era vestita con un semplice vestito nero, la schiva fanciulla protestante fino alla fine. Baciò Bella e Edward e poi si sedette di nuovo al tavolo per finire le dediche che stava scrivendo sul suo libro di preghiere. «Bella, questo lo darò a te … fuori. Ti chiedo di fare in modo che venga dato a mio padre.»

«Lo farò», promise Bella.

«Hanno riportato qui il corpo di Guildford», disse Jane, mentre la sua penna grattava alacremente. «È stato giustiziato all’alba sulla collina di Tyburn. Ieri sera aveva chiesto di vedermi un’ultima volta, e glielo avevano permesso, ma ho pensato che fosse meglio rifiutare. Era molto emotivo, secondo quello che ho sentito.»

Jane finì di scrivere e rimise la penna nel calamaio. Usò un po’ di sabbia per asciugare l’inchiostro e poi lo soffiò via con gentilezza dalle pagine. Chiuse il libro e ne accarezzò la copertina. Alzò lo sguardo su Edward e Bella, gli occhi pieni di compassione. «Non siate tristi, cugini, vi prego. Un momento di dolore e sarò felice per sempre. Ci riuniremo in cielo, lo so. Dio ti perdonerà per esserti conformato, Edward. Il tuo cuore è fedele al nostro credo.»

«Jane, c’è ancora tempo», disse Jasper. «Puoi ancora salvarti. Una nota alla Regina …»

Lei gli sorrise con gentilezza. «Grazie, Jasper. Tu sei stato così gentile con me, in questa settimana, e la mia fede è stata rafforzata da te. Ma non vedi che io sto per essere salvata? Sto per essere salvata dai miei giorni disgraziati e mandata verso le ricompense del paradiso. La mia casa in cielo sarà una magione con molte stanze, perché la mia fede non ha mai vacillato.»

«Ti prego, permetti a me e a Bella di costruire un annesso contro i suoi muri, quando arriveremo», scherzò Edward, anche se la sua voce era instabile e i suoi occhi brillavano di lacrime trattenute.

Jane ridacchiò e gli prese le mani. «Vi amo entrambi per ciò che avete tentato di fare per me. Bella, voglio che tu abbia i miei orologi, e Edward, ti prego, aggiungi i miei libri alla tua biblioteca. Mi piace l’idea che vostro figlio un giorno li scopra sugli scaffali.»

Edward accettò, anche se sapeva che la maggior parte di essi sarebbe stata bruciata dopo la sua morte, quelli che contenevano idee ‘eretiche’, La Bibbia Inglese di Jane, Il suo Libro delle Ore, stampato prima che Maria mandasse indietro gli orologi e ordinasse che tornasse in uso quello dei tempi di suo padre. Edward non era neanche sicuro che Bella avrebbe potuto mantenere la sua promessa di dare al padre di lei il libro che portava Jane.

Jane guardò oltre loro, dalla finestra. Una folla si era assiepata intorno al patibolo terminato e il carnefice era intento a cospargere di paglia le assi. Del velluto nero era stato attaccato ai bordi, una cortesia per il rango di Jane, anche se la sua famiglia era stata spogliata dei titoli nobiliari. Per legge, avrebbe dovuto essere giustiziata sulla collina di Tyburn, come Guildford, ma Maria le aveva garantito la misericordia minima di un’esecuzione privata nella Torre. Edward pensava che fosse più per contenere eventuali discorsi protestanti, che Jane avrebbe potuto fare, verso un pubblico più piccolo, ma Edward sapeva che le sue parole si sarebbero comunque diffuse ovunque.

«C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, e il giorno della nostra morte è migliore del giorno della nostra nascita.» Jane alzò il libro delle preghiere e guardò il Conestabile della Torre, Sir John Bridges, che attraversava il Green verso gli alloggi. «Voi due siete stati dei veri amici, per me, e prego che Dio invii la sua benedizione su di voi.»

Bridges entrò, e la sua faccia diceva che Jane si era fatta molti amici tra i custodi della Torre. «Siete pronta, mia lady?» chiese con voce gentile.

«Sono pronta», disse Jane con un sorriso. «Vi ringrazio per le tante gentilezze che avete avuto nei miei confronti, sir John.»

Edward prese il braccio di Jane e Bella camminò vicina dall’altro lato. La signora Ellen e le altre governanti che avevano servito Jane, li seguirono soffocando il loro pianto nei fazzoletti.

Jane leggeva dal suo libro delle preghiere mentre camminava, ma non girò mai la pagina e Edward pensò che i suoi occhi erano semplicemente fissi sulle parole, così da non dover guardare il patibolo più del necessario. Il carnefice era al centro del patibolo vicino al ceppo. Indossava pantaloni e un giustacuore di cuoio, sopra una camicia nera. Un cappuccio nero copriva il suo volto, con due buchi tagliati sugli occhi.  L’ascia che avrebbe usato era ai suoi piedi. Allungò una mano quando Jane si avvicinò al bordo del patibolo per aiutarla a salire. Edward sollevò Bella e poi salì dietro di lei, dando poi una mano a Padre Jasper che era impacciato dalle sue vesti. Poi rimase ad assistere la balia Ellen e le altre domestiche che avevano servito Jane nella Torre. Il pubblico apprezzò la vista del Duca di Cullen, il nobile di più alto rango del paese, che assisteva domestiche di bassi natali, ma le donne stesse erano inconsapevoli dell’onore. Tutte loro singhiozzavano forte nell’aria fredda e silenziosa.

Edward condusse Bella sul retro del patibolo insieme agli altri. Jane era in piedi da sola davanti al ceppo. Tremava, forse per il freddo, forse un po’ per la paura, ma il suo contegno era calmo e sereno, come se fosse in chiesa. Il boia si inginocchiò davanti a lei. «Mi perdonate?» chiese.

«Sì, sir, vi perdono molto volentieri», disse Jane. «Vi prego, uccidetemi in fretta.» Fece un gesto verso Ellen, che si avvicinò per dargli un sacchetto di monete, il tradizionale obolo che veniva dato per assicurarsi una morte rapida.

Si voltò verso il pubblico e la sua voce piccola e dolce risuonò in quell’immobilità. «Buona gente, io sono venuta qui a morire e secondo la legge sono stata giustamente condannata. Gli atti di tradimento verso Sua Altezza la Regina sono contro la legge, ed io ho acconsentito ad accettare il trono. Ma io non l’ho mai chiesto o desiderato, e di questo ho le mani pulite. Di fronte a Dio e di fronte a voi, buona gente cristiana, prego che tutti voi siate testimoni che muoio come una vera donna cristiana, e spero di essere salvata per mezzo di niente altro che la pietà di Dio, nel merito del suo unico figlio Gesù Cristo. E confesso, quando ho conosciuto la parola di Dio, l’ho trascurata lo stesso, amando me stessa e il mondo, e per questo merito questa punizione per miei peccati. E ancora, rendo grazie a Dio per avermi dato il tempo di pentirmi. E ora, buona gente, mentre sono viva, vi prego di assistermi con le vostre preghiere.»

L’ultima frase sottolineava la fede protestante di Jane, che rifiutava la nozione del Purgatorio e le preghiere per i morti. Si voltò verso Sir Bridge e chiese, «Posso recitare un Salmo?»

Lui annuì, e Edward notò che aveva gli occhi umidi.

Jane aprì il libro, ma non aveva bisogno di leggere mentre recitava il Salmo cinquantuno in inglese. « Abbi pietà di me, o Signore, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il mio peccato …»

La sua voce morì dopo le ultime parole, e per un lungo momento, sembrò la ragazzina spaventata, perduta e senza speranza che era. Jasper si avvicinò e ripeté il Salmo in latino, e questo, in qualche modo, sembrò dare a Jane la forza di cui aveva bisogno. «Grazie, Padre Jasper», mormorò. «Spero che ci incontreremo ancora in cielo.»

Si voltò e diede le poche cose che aveva in mano ai suoi amici sul patibolo. Premette il libro tra le mani di Bella e sussurrò, «Fino a quando ci rincontreremo», prima di spostarsi verso Ellen, la balia che era stata con lei tutta la vita e che adesso l’avrebbe vista morire. Diede in mano a Ellen un fazzoletto, di cui Ellen aveva dolorosamente bisogno in quel momento, e diede i guanti che portava alla signora Jacob, una delle donne che si erano prese cura di lei.

Tornò al centro del patibolo e cominciò a togliersi il vestito, perché i vestiti del condannato erano un altro tradizionale pagamento per il boia. Il vestito era stato allacciato lento dietro, per poter essere rimosso con facilità, ma le mani tremanti di Jane non riuscivano ad aprirlo. Il boia si avvicinò per assisterla, e Jane lo allontanò. Un debole, distante sorriso le affiorò sulle labbra, come se sentisse di spogliarsi del mondo insieme con il vestito. L’ultima cosa che si tolse fu il copricapo di velluto nero, coperto di perline nere lucide. Sotto, i suoi capelli erano stati acconciati in alto sulla testa, per lasciare scoperto il collo sottile. Rimase in piedi a rabbrividire con la camicia e la sottoveste, il biancore niveo in sorprendente contrasto con la desolata, grigia mattina.

Bella si avvicinò con la benda che le era stato dato da Sir John quando l’attenzione di Jane era altrove. Avrebbe dovuto essere Ellen a fare questo, ma Ellen non era in condizioni di fare altro che piangere. Bella sorrise a Jane, e Jane chiuse gli occhi prima che Bella le mettesse con gentilezza la benda e gliela legasse dietro la testa. Bella era in qualche modo confortata, sapendo che l’ultima cosa vista da Jane sarebbe stato il sorriso amorevole di uno dei suoi amici. Arretrò fino al suo posto a fianco a Edward e lui le mise un braccio alla vita.

Jane sentì lo scricchiolio del cuoio mentre il boia prendeva posto e gelò. «Me la … toglierete prima che io mi stenda?» chiese con voce tremante.

«No, mia lady», promise il boia.

Il loro scambio aveva fatto dimenticare a Jane in che punto fosse sul patibolo. Si inginocchiò lì dov’era, invece di andare avanti e inginocchiarsi di fronte al ceppo. Allungò le mani alla cieca, cercandolo. «Dov’è? Cosa devo fare? Dov’è?» La sua voce, che era stata ferma e forte fino a quel punto, si spezzò e tremò.

Edward si lanciò in avanti. «Ti aiuto, Jane», sussurrò. Lei emise un respiro violento che suonò come un singhiozzo. «Muoviti in avanti, verso di me», le indicò Edward, e Jane obbediente andò avanti sulle ginocchia, facendo scricchiolare la paglia, finché Edward poté mettere le sue mani sul ceppo. Lei rilasciò un altro violento respiro quando lo toccò, metà singhiozzo, metà sollievo, forse perfino in parte una risata. Edward arretrò e prese la mano di Bella, stringendola più forte di quanto intendesse, ma Bella non fece un fiato.

Le piccole mani bianche di Jane si mossero sulla forma del ceppo, poi vi si chinò sopra, appoggiando il mento nella depressione. «Signore, alle tue mani affido il mio spirito. Signore, alle tue mani affido il mio spirito …» Tolse le mani, con un po’ di sforzo e allargò le braccia in fuori, il segnale per il boia che era pronta. Le parole divennero più rapide. «Signore, alle tue mani affido il mio spirito. Signore, alle tue mani-»

L’ascia cadde. Le braccia di Jane ricaddero flosce sul patibolo.

Bella si voltò, nascondendo il volto nel petto di Edward. Lui la tenne, disegnando cerchi sulla sua schiena per calmarla, i suoi stessi occhi pietrificati dal piccolo corpo di sua cugina. Il torso scivolò di lato, pompando sangue sulla paglia e gocciolò tra le tavole per finire, come una macabra pioggia, sulla pietra sottostante.

Il boia sollevò la testa di Jane per i capelli. «Così periscono tutti i nemici della Regina. Guardate la testa di un traditore.» Recitò le frasi convenzionali, ma nelle sue parole mancava la convinzione.

«Dio salvi la Regina Maria», disse sir Bridges, ma la folla rimase silenziosa. «Dio salvi la Regina Maria», ripeté più forte, e la folla mormorò in risposta.

«Per favore, possiamo andare via?» chiese Bella. «Per favore?»

«Sì, possiamo andare», disse Edward. Scese dal patibolo, evitando la pozza di sangue che si allargava. La folla si aprì per loro. Trovarono Alice all’imbarcadero che li aspettava vicino alla chiatta, gli occhi fissi sul fiume. Non era stata capace di guardare. Non conosceva molto bene Jane, ma il suo cuore tenero non sopportava di essere testimone della sua morte.

«Ricorda quello che hai visto qui, oggi», disse Edward a Bella. «Ricordatelo bene. Un giorno Maria ti chiederà di questo, e voglio che tu le racconti ogni singolo momento. Voglio che tu glielo descriva così bene che le bruci nella memoria. E spero che lo porterà con sé per il resto della sua vita.»

 

 

 

 

Note storiche

-          Mark Smeaton era uno degli uomini accusati di adulterio con la madre di Elisabetta, Anna Bolena. Essendo l’unico borghese tra i supposti amanti di Anna, Mark fu probabilmente torturato. Fu anche l’unico che confessò, ma la sua confessione poteva facilmente essere smontata se qualcuno fosse stato veramente interessato alla verità in proposito. Lui “ammise” di essere stato a letto con la Regina in determinati luoghi e date in cui lei poteva provare di essere altrove, e una delle date era subito dopo che Anna aveva partorito. Probabilmente a causa della sua “cooperazione” nel confessare, Mark fu decapitato, invece che essere squartato, che era la morte tradizionale data ai traditori.

-          Il commento di Jasper sulle “inezie” si basa su qualcosa che Elisabetta disse dopo essere salita al trono: “ C’è un unico Cristo, Gesù, un’unica fede. Tutto il resto è una disputa sulle inezie.”

-          “Portingales” erano arance dolci. Le arance amare, importate da Siviglia, venivano comunemente candite. I portingales venivano importati da Ceylon dai mercanti portoghesi, da cui il nome.

-          Quando Jane non riuscì a trovare il ceppo, i suoi domestici e i suoi amici gelarono, insicuri su cosa fare. La storia registra che un membro del pubblico che assisteva saltò sul patibolo e la aiutò. Si legò da sola la benda, perché i suoi domestici non erano in condizioni di assisterla. Deve esserci voluta una gran dose di coraggio a restare così composta di fronte al crollo emotivo dei propri amici. In questa storia, ho dato a Jane Bella e Edward ad assisterla, il tipo di amici che avrei voluto avesse la povera ragazza.

 

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/16/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  16

 

Bella era quieta e riflessiva quando lei e Alice uscirono per andare a corte, la mattina successiva. Edward si era rifiutato recisamente di andare e aveva detto a Bella di scusarlo perché stava male, se le avessero chiesto della sua assenza. Non era una bugia. Stava male nel cuore, male nel profondo della sua anima per quello che era successo alla sua povera, piccola cugina nel nome dell’opportunità politica.

Bella non andò nelle stanze della Regina quando entrò nel palazzo, ma decise di andare a vedere la Principessa Elisabetta, che continuava ad essere prigioniera nella sua stanzetta, una cella, a voler essere precisi,  da quando era stata riportata a palazzo. Nel periodo che avevano passato a tentare di salvare Jane, Bella non aveva avuto il tempo di fare visita ad Elisabetta e si sentiva piuttosto in colpa per questo.

Lei ed Alice girarono l’angolo e boccheggiarono contemporaneamente. Elisabetta era portata per il corridoio da un grosso gruppo di guardie della Torre in livrea. Teneva la testa alta, ma la sua faccia era bianca come latte e i suoi occhi guardavano in distanza, oltrepassando Bella senza il minimo accenno di riconoscimento.

Kat Ashley seguiva il gruppo, con le lacrime che le rigavano il viso incontrollate. «Kat!» gridò Bella afferrandole il braccio.

Kat sbatté gli occhi e sembrò notare Bella per la prima volta. «Vostra grazia», disse inchinandosi.

«Kat, in nome del cielo, cosa sta succedendo? Dove stanno portando Elisabetta?»

«Alla Torre, mia lady», rispose Kat.

Bella si sentì come se le avessero dato un pugno. «No», disse con voce piccola.

«Volevano portarla ieri, ma Bess ha citato una legge per cui tutti i soggetti nobili accusati di tradimento hanno il diritto a una petizione al sovrano. La Regina ha rifiutato di vederla, come aveva rifiutato di vederla ogni volta che glielo ha chiesto questa settimana. Allora le hanno lasciato scrivere una lettera alla Regina, ma le ci è voluto così tanto che quando aveva finita, l’onda di marea era passata e non hanno potuto portarla alla Torre. Dicono che la Regina fosse rabbiosa per il ritardo.»

Proprio da Elisabetta, pensò Bella, e ricordò quanto le aveva detto la Principessa, sull’estorcere un giorno in più, un’ora in più …

«Perché non portarla via terra allora, se erano così ansiosi?» chiese Bella.

«Temono che la folla la veda  passare per la strada sulla via della Torre, e possa esserci un’altra sollevazione.» La voce di Kat era bassa e cupa. Vide le guardie ed Elisabetta diretti verso le porte del palazzo.  «Mia lady, devo andare.»

«Vengo con te», disse Bella.

«No!» gridò Alice. «No, Bella, non farlo!»

«Vai a casa», la istruì Bella. «Più veloce che puoi, e di’ tutto a Edward», disse Bella in fretta.

«No, Bella!» Alice provò ad afferrare Bella, ma lei gentilmente allontanò le sue mani.

«No, vai da Edward!»

Bella e Kat si precipitarono per il corridoio dietro le guardie e fuori dal portone in tempo per vedere Elisabetta sollevata da una delle guardie e caricata sulla chiatta, quando si rifiutò di camminare.

«Mettete giù le mani dalla persona della Principessa Elisabetta!» urlò Kat, scioccata e furiosa che un borghese avesse osato toccare una Principessa di sangue reale. Marciò verso la guardia in questione e lo colpì sulla testa col ventaglio. Lui sembrò stupito, ma provò a rispondere. «Signora Ashley …»

«Non osare rispondermi, John Knollys!» gridò Kat. «Conosco tua madre. E sta’ sicuro che saprà del tuo comportamento oltraggioso, oh sì, che lo saprà!»

Elisabetta ghignò e Knollys abbassò la testa con aria mortificata.

«Sali», ordinò Kat a Bella, e Bella obbedì, riconoscendo la Voce dell’Autorità quando la sentiva. Salì sulla chiatta solo per essere bloccata da Knollys. «Ho istruzioni di portare solo la Principessa Elisabetta e le sue dame.» Bella si erse in tutta la sua altezza e lo guardò gelida in faccia. «Io sono la Duchessa di Cullen. Come osi presumere di potermi dire dove posso andare?»

E con sua grande sorpresa, funzionò. Lui fu immediatamente contrito. Si abbassò su un ginocchio chinando la testa. «Le mie scuse, vostra grazia. Non vi avevo riconosciuto. Vi prego, perdonatemi, vostra grazia.»

Bella sorrise con dolcezza. «Ma certo che vi perdono.» E lui arrossì come uno scolaretto sorpreso a guardare una ragazza carina.

Lei andò a sedersi a fianco di Elisabetta, ma Elisabetta le diede di gomito e sussurrò, «Mettiti dietro, Bella. Voglio che la gente possa vedermi da tutti i lati.» E così Bella si ritrasse sotto il baldacchino a fianco di Kat, che spiegò una pesante pelliccia su Bella, rimboccandola alle spalle.

«Non devi prendere freddo», mormorò Kat.

Bella accettò queste cure per conto terzi. Se Kat non poteva prendersi cura di Elisabetta, si attaccava all’obiettivo adatto più vicino.

Un uomo sul retro della chiatta cominciò a battere su un tamburo, il suono appositamente attutito per evitare di attirare troppo l’attenzione. I rematori allineati  ai lati cominciarono a vogare a ritmo con esso. Le insegne reali erano dipinte sui lati della chiatta, quindi non c’era da sbagliarsi sulla figura che sedeva al centro, la schiena dritta come una tavola e il mento alzato, i luminosi capelli rosso oro che brillavano  alla luce del sole che cercava di insinuarsi tra le nuvole che si stavano raccogliendo. La gente indicava e correva sulle rive del fiume a guardar passare la chiatta.

«Forse, mia lady, sarebbe meglio se vi spostaste sotto il baldacchino?» implorò Knollys. Erano state date loro istruzioni specifiche di essere il più discreti possibile, ed Elisabetta era vistosa quanto si può esserlo, i suoi capelli brillanti come una fiamma che attirava l’attenzione di chiunque passasse.

«Sto bene qui», disse Elisabetta nel suo tono più altezzoso e lui si ritirò sconfitto.

«Gardiner l’ha interrogata», mormorò Kat, tenendo bassa la voce così che le guardie non potessero sentire. «E’ stato da lei notte e giorno per provare a farle ammettere di essere parte della ribellione. Ha torturato Wyatt finché quell’uomo era quasi morto ma non è riuscito a fargli dire  che Elisabetta aveva avuto a che fare con la sollevazione.»

«Non posso credere che si sia arrivati a questo», disse piano Bella.

«Io sì», replicò Kat. «Maria ha sempre creduto il peggio di Bess.»

Bella scosse la testa. «Le vuole bene.»

«Come voleva bene alla piccola Jane?»

Bella spostò lo sguardo. Vide persone sulle banchine che salutavano la chiatta e delle deboli grida di benedizione per la Principessa.

«Quello, là fuori, è quello che la condanna e la salva allo stesso tempo», disse Kat, facendo un gesto verso la folla che gesticolava.

Si avvicinavano alla Torre, la sua cupa massa grigia si stagliava sopra la linea dell’acqua. Nuvole scure di tempesta rotolavano in cielo e la pioggia cominciò a battere sul ponte della chiatta.

«Aspettate!» gridò Elisabetta. «Mi state portando al Cancello dei Traditori!» Il suo atteggiamento calmo e regale iniziò a incrinarsi e cominciò a tremare.

«È solo il cancello sull’acqua», cercò di calmarla Bella. «Edward ed io l’abbiamo usato ieri quando siamo sbarcati.»

«Io non sono una traditrice!» gridò Elisabetta. «Non entrerò lì! Non ci entrerò!»

Il vogatore non prestò attenzione, dirigendo la chiatta sotto  l’arcata. La pioggia cadeva più forte, adesso, ed Elisabetta era fradicia fino alle ossa, rabbrividiva per il freddo e la paura. I capelli erano appiccicati alla sua testa e l’acqua le gocciolava dalla faccia. Se c’erano lacrime, erano celate.

«Sua madre è morta tra queste mura», disse piano Kat. «Ha avuto l’incubo di essere trascinata in questo posto come prigioniera fin da quando era bambina.»

Urtarono contro l’imbarcadero e altre guardie si materializzarono per aiutare a far attraccare la chiatta. Un uomo vestito di velluto nero venne verso di loro. «Vostra altezza.»

«Sir John!» esclamò Bella.

Bridges sbatté gli occhi e sorrise leggermente a Bella. «Non avrei mai pensato di rivedervi così presto, vostra grazia.» Si inchinò profondamente alla Principessa, che era gelata sulla sua seggiola in mezzo alla chiatta, e poi a Bella.

«Su, vieni Bess», disse Kat, e il suo tono brusco da ‘niente stupidaggini’ fece alzare in piedi Elisabetta. Sir John le prese la mano e praticamente la trascinò giù dalla chiatta sul camminamento lastricato. Le ginocchia di Elisabetta cedettero e si sedette pesantemente sui gradini che portavano su fino al livello del suolo.

«Ecco il suddito più leale che sia mai stato su questi scalini. Lo dico di fronte a Dio.»  La pioggia diluviava su di lei, e Bella pensò che mai aveva visto una cosa così dolorosa,  una Principessa d’Inghilterra seduta fuori nella pioggia come un cucciolo abbandonato.

Bridges si accovacciò davanti a lei. «È meglio se venite dentro, vostra altezza. Vi ammalerete se rimarrete seduta qui fuori.»

«Meglio qui fuori che dentro, perché Dio sa dove andrò, una volta entrata.»

Bella trasalì, perché sapeva che Elisabetta si riferiva alle camere di tortura negli oscuri recessi sotto la Torre, le celle umide dai muri viscidi e i topi …

Bridges alzò lo sguardo. «Lady Cullen, mi considerate un uomo onesto?»

«Sì», disse Bella. «Siete stato buono con la povera Jane.»

Bridges tese una mano a Elisabetta. Gli occhi di lei guizzarono verso Bella, e Bella annuì. Elisabetta prese la sua mano e gli permise di trarla in piedi. Lui si tolse il proprio mantello e glielo mise intorno alle spalle. Elisabetta gli fece un piccolo sorriso di ringraziamento e lui la condusse verso i suoi appartamenti. Elisabetta si immobilizzò quando vide che il patibolo su cui era morta la povera Jane era ancora lì, lo stesso patibolo dove sua madre aveva perso la vita. Elisabetta sbiancò e vacillò ma Kat le afferrò il braccio prima che potesse svenire. «Abbi forza, Bess», le sussurrò. «Ci sono persone che ti guardano.»

Con uno sforzo, Elisabetta ingoiò il suo terrore.

Le guardie della Torre erano allineate lungo il percorso, non per via degli ordini, ma perché volevano vedere la Principessa. Erano fermi nella pioggia a dare il loro tributo con la loro presenza e il cuore di Bella si scaldò alla loro gentilezza.

«Dio salvi vostra altezza!» Una volta data la voce da un’anima coraggiosa, la cantilena fu ripresa dall’intera  fila. Elisabetta entrò nella Torre Campanaria sotto una pioggia di benedizioni  forte come la pioggia che cadeva dal cielo.

 

 

Elisabetta non avrebbe dovuto preoccuparsi. Il suo alloggio era piccolo ma confortevole, caldo e asciutto, con un grande camino e tre finestre. Occupava il primo piano della Torre Campanaria, quindi la forma della stanza era rotonda. Il fuoco crepitava nel focolare e Bella soffocò il bisogno di scappare via. I mobili e gli altri averi di Elisabetta che non gli era stato permesso di portare nella sua cella al palazzo, erano stati sistemati qui, così Elisabetta poteva avere almeno il conforto delle sue cose intorno a sé. Il suo grande, morbido letto era lì, dalla parte opposta del camino, e gli scaffali erano pieni dei suoi libri.

Elisabetta era quasi blu e batteva i denti. Kat andò immediatamente nel guardaroba a prendere dei vestiti asciutti e le altre due domestiche cominciarono a spogliare Elisabetta dei panni fradici.

«Anche tu, Bella», ordinò Kat e una delle cameriere lasciò Elisabetta e cominciò a spogliare la Duchessa.

«Non ho delle cose asciutte con me», protestò lei.

«Puoi metterti qualcosa di mio», offrì Elisabetta.

Bella rise. «Sei almeno quindici centimetri più alta di me», disse.

«Allora sarai un nano ben vestito», disse Elisabetta e Bella tirò un sospiro di sollievo che Elisabetta si fosse calmata abbastanza da scherzare.

Bella le sorrise in risposta e permise  alle cameriere di toglierle i vestiti e rivestirla con le cose di Elisabetta. Kat aveva conservato alcuni vestiti di Elisabetta di quando era più giovane,  e trovarono che calzava perfettamente il vestito che Elisabetta aveva indossato per il ritratto che aveva fatto per suo fratello, anche se la gonna era comunque troppo lunga per le gambe più corte di Bella.

Bella sentì del trambusto fuori e guardò dal piccolo oblò della porta. «È Edward»,  sospirò di sollievo.

Bella aprì la porta e parlò con le guardie che gli sbarravano il passo. «Lasciatelo entrare.»

Le guardie si inchinarono verso di lei, ma non spostarono le  picche incrociate. «Mi dispiace, vostra grazia, ma i nostri ordini sono che la Principessa non può ricevere visitatori.»

«Io non sono un visitatore. Sono qui per conto della Regina», disse Edward. I suoi uomini si fecero avanti, le mani alle spade che portavano ai fianchi.

«Fate largo al messaggero della Regina», disse Edward.

Tra la minaccia degli uomini di Edward, il suo rango, e il suo sguardo imperioso, le povere guardie erano sopraffatte. Scostarono le picche e Bella si lanciò tra le braccia di suo marito.

«Sono venuto appena ho saputo.» La abbracciò stretta. «Perché sei venuta qui, Bella, perché? Per l’amor di Dio …»

Bella lo tirò dentro dalla pioggia e poi si abbracciarono di nuovo. «Voglio picchiarti e voglio  baciarti», disse nei suoi capelli, che erano slegati e le scendevano sulle spalle perché potessero asciugarsi.

«Non puoi fare tutte e due le cose allo stesso tempo», disse Bella. «Ti consiglio di sceglierne una.»

Scelse il bacio.

«Salute, messaggero della Regina», disse Elisabetta mentre il bacio andava avanti, il tono ironico. «Mi sbagliavo nella mia assunzione che ci fosse una sorta di … be’ … messaggio per me?»

Edward si staccò da Bella con qualche sforzo. «Non sono buone notizie, Bess. Ti terrà qui, indefinitamente. Voleva mandarti in una casa in campagna controllata da un cortigiano leale, ma nessuno si è presentato volontario per l’incarico, tranne me, e non ha voluto darmi una motivazione per il rifiuto della mia offerta.»

«Parla di questo con Filippo», disse Elisabetta.

«Filippo? Il Filippo di Maria?» ripeté Edward.

«Sì, il Principe di Spagna. Parla di questo, prima che puoi.» Elisabetta si sedette su uno sgabello vicino al fuoco e Kat cominciò a spazzolarle i capelli.

«Gardiner sta spingendo in consiglio per un disegno di legge per diseredarti.»

«Puoi bloccarlo?»

«Non per molto. Renard dice che ha le prove che intendevi fortificare Donnington e che hai nascosto lì le armi per aiutare la ribellione.»

«Donnington?» ripeté Elisabetta. «Dove?»

«È una delle tue proprietà, minore, una che tu dubito abbia mai visto.»

Elisabetta scosse la testa. «Non ricordavo neanche di possedere quella casa.»

«Be’, è tua, e Renard dice che avevi intenzione di trasferirti lì da Hatfield.»

Elisabetta alzò in aria le mani. «Anche se fosse, e allora? Non sono libera di muovermi nelle mie case come voglio? Maria non ha ristabilito la legge che dichiara che il tradimento deriva da azioni fatte,  non pensieri o parole? Quali azioni possono provare che io ho fatto?»

«Nessuna, finora», disse Edward.

«Edward! Lo dici come se pensassi che  troveranno qualcosa.»

«La definizione di ‘prova’ dipende dalle opinioni e i desideri di quelli che cercano.» Si guardò attorno nella stanza. «Mi dispiace di lasciarti in queste difficili condizioni, Bess, ma intendo portare mia moglie a casa con me.»

«Immaginavo», concordò Elisabetta. «Vieni a trovarmi appena puoi.»

«Farò quello che hai chiesto, e tutto quello che è in mio potere per tirarti fuori di qui il prima possibile», promise Edward.

Elisabetta le sorrise malinconica. «Lo so, ma Edward, non rischiare la tua vita per la mia.»

«Lei non ti giustizierà», disse Edward. «So che non lo farà.»

Bella desiderò poterci credere.

 

 

La loro portantina attendeva fuori del cancello principale e vi salirono sopra rabbrividendo nel freddo della sera. Bella dovette tirare le gonne più su del solito perché erano troppo lunghe. Una volta dentro, Edward tirò le cortine e prese sua moglie tra le braccia con fiera passione.  Baciò  Bella finché lei non fu stordita e senza fiato.

«Sciocca, sciocca ragazza», disse riempendole il viso di baci. «Sono così arrabbiato con te.» Bacio. Bacio.

«MI dispiace, Edward, ma non potevo lasciarla andare da sola. Era così spaventata.»

Bacio.

«Ti prego, perdonami.»

Bacio.

«Ti perdono.» Bacio. «Non puoi farne a meno.» Bacio. «Sei una creatura dal cuore leale.» Bacio. «Ma devi pensare al nostro bambino, Bella.» Bacio. «Cosa ne sarebbe stato di lui se non avessero permesso che lasciassi la Torre?» Bacio.

Le sue mani scivolarono sulle caviglie di lei e cominciò a salire tirando su la sua gonna. Bella si morse il labbro per evitare di mugolare. Gli occhi di lui erano caldi, socchiusi, di un verde brillante, e guardarli inviò un fulmine attraverso di lei, fino al punto in cui la sua mano era appena arrivata.

«Edward», disse Bella.

«Shh», disse lui. Le coprì la bocca con la sua. «Ho bisogno di te, adesso, Bella.» Spostò il corpo su quello di lei, armeggiando tra loro per aprirsi i vestiti. Nel processo, la sua mano strusciò sulle parti sensibili di lei e poi cominciò ad accarezzarla in lenti cerchi mentre entrava dentro di lei, e lei si inarcò, la bocca aperta in un grido che non osò liberare.

«Shh», sussurrò di nuovo. «Dobbiamo essere molto silenziosi e  quasi immobili. Non fare un suono o smetto.»

La mente stordita di Bella aveva ancora abbastanza cognizione da meravigliarsi di come il suo Edward rispettoso e compassato si fosse trasformato, dalla cautela esageratamente delicata a fare l’amore in una portantina in movimento. Era una prima, per lei, e non aveva dubbi che fosse una prima anche per lui. Il respiro di lei si impennò e lui fece una pausa. «Questo era un suono», sussurrò con le labbra all’orecchio di lei. «Ti darò un avvertimento, ma la prossima volta mi fermo.»

Si muoveva lentamente, profondamente, mantenendo quel ritmo regolare con la sua mano. Bella morse la spalla del suo farsetto mentre un orgasmo, profondo e lento come le sue spinte, pulsò attraverso di lei. Lui boccheggiò, incapace di durare oltre sentendo il corpo di lei che gli si stringeva attorno, e si afflosciò appoggiandosi su di lei per un momento. Si tirò indietro per guardarla negli occhi. «Ti amo, Bella.»

«E io amo te», disse Bella. «Con tutto il mio cuore, ti amo.»

«Non lasciarmi», sussurrò lui. «Ti prego, Bella. Promettimelo.»

Lei esitò. Non era il tipo di promessa che si poteva fare.

«Lascia perdere», disse lui, abbassando le palpebre per nascondere il dolore, e rotolò sulla schiena. Si sistemò gli abiti e tirò giù le gonne di Bella.

«Edward …»

«Ti prego», disse lui. «Non discutiamone. Non posso sopportarlo, in questo momento.»

Lei rimase in silenzio, ma rotolò in modo da appoggiare la testa sul suo petto. Ascoltò il battito regolare del suo cuore mentre lui le accarezzava i capelli.

 

 

Thomas Wyatt fu giustiziato al mattino. Bella e Edward non presenziarono. Nel suo discorso dal patibolo, giurò davanti a Dio che la Principessa Elisabetta non aveva nulla a che fare con la ribellione. Le voci dicevano che la notte precedente alla sua esecuzione sua moglie fosse stata mandata ad implorarlo di implicare Elisabetta in cambio di una pensione per lei e i suoi dieci figli. Wyatt rifiutò, così come si era rifiutato quando era stato torturato.

Dopo la sua morte, il suo corpo fu squartato e i pezzi furono inchiodati in giro per la città come avvertimento per gli altri. Il suo cadavere fu accompagnato da quelli degli ufficiali che avevano disertato quando erano stati mandati contro le forze di Wyatt. Furono trascinati via dalle loro case e furono impiccati su forche improvvisate a fianco delle porte delle loro case. Si disse che quella primavera, tutta Londra puzzava di carne marcia.

Con un’ampia maggioranza, il consiglio decise che non potevano liberarsi di Elisabetta senza un processo, e semplicemente non c’erano abbastanza prove, anche per gli standard lassi di quel tempo, per condannarla. Soprattutto per il ripristino di Maria della legge sul tradimento che prevedeva azioni  manifeste. E così. Elisabetta avrebbe aspettato in un limbo finché non avessero trovato abbastanza prove (sia Renard che Gardiner affermavano che ce n’erano già più che abbastanza) o un leale cortigiano che l’avesse tenuta volontariamente come ‘ospite’ nella sua casa.

Maria era eccitata come una ragazzina. Filippo sarebbe arrivato presto, e dopo tutto questo tempo, le aveva finalmente mandato una lettera e un dono di fidanzamento, una grossa perla a forma di lacrima che pendeva da un fermaglio gioiello. Nel frattempo, lui aveva scritto al consiglio (firmandosi arrogantemente Philippus Rex, come se fosse già il re), ma non si era mai preoccupato di scrivere alla sua promessa, che lui continuava a chiamare sua ‘Zia’ quando scriveva a suo padre. Maria aveva ripetutamente tormentato Renard perché gli mandasse un messaggio in cui gli diceva che lei avrebbe gradito una lettera, dato che non le sembrava appropriato scriverle per prima.

Ogni mattina, sospirava sopra il suo ritratto. Bella, guardando tutto questo, era di volta in volta imbarazzata per la Regina e arrabbiata. Mentre lei si gingillava sul ritratto del suo futuro marito, sua sorella languiva nella Torre preoccupata per la sua stessa vita.

Nelle prime settimane, Maria negò a Bella il permesso di visitare Elisabetta, e sembrava offesa e risentita che Bella semplicemente glielo chiedesse. Bella si rifiutò di fare giochi con lei. Maria avrebbe dovuto conoscerla abbastanza, ormai. Il fatto che adesso Elisabetta fosse in disgrazia con la Regina, non era, secondo l’opinione di Bella, un motivo per abbandonarla al suo destino solitario. Non sarebbe stata come uno di quegli untuosi leccapiedi che cambiavano la propria lealtà a seconda degli umori della Regina.

Alla fine, Maria glielo concesse. «Va bene, vai», sbottò. «Ma riportami tutto quello che dice.»

Bella era scioccata, ma non si mise a discutere.

Trovò Elisabetta relativamente di buon umore. Bridge era gentile con lei e le dava, all’interno della Torre, tutta la libertà che poteva. Le era permesso passeggiare fuori, intorno al perimetro delle mura. Ogni giorno, un ragazzino si presentava al cancello per portarle dei fiori, e aveva fatto amicizia con Robert Dudley, il fratello di Guildford. Lui aveva tutto il fascino e la grazia che a Guildford mancava, e dal modo in cui ne parlava la Principessa, Bella sospettò che Elisabetta si fosse presa una cotta per lui.

Bella aveva pensato che Maria sarebbe stata compiaciuta di sapere che Elisabetta stava bene, e fu solo dopo aver riportato tutto alla Regina che scoprì quanto Maria potesse essere meschina. Le passeggiate quotidiane di Elisabetta furono abolite e il ragazzino che le portava fiori fu arrestato e interrogato su quali fossero i suoi motivi e gli fu chiesto se avesse mai usato i fiori per far avere messaggi alla Principessa.

Bella rimase costernata quando seppe tutto questo (le fu negato di nuovo il permesso di visitare Elisabetta, quindi le notizie la raggiungevano solo come voci di corridoio).

«Vostra Maestà, perché?» chiese a Maria un pomeriggio che era riuscita a farla parlare di questo. Nell’ultima settimana, lei aveva rabbiosamente cambiato discorso ogni volta che usciva il nome di Elisabetta, ma oggi, Bella l’aveva sentita aggiungere, riluttante, il nome di sua sorella nelle preghiere alla cappella.

«Lei mi ha tradito», disse Maria. «Io volevo amarla come una sorella, ma lei mi ha tradito. Tutti mi avevano detto di non fidarmi. È troppo simile a sua madre, dicevano tutti, un’intrigante, una bugiarda, un Giuda. Ma io non ci credevo. Bene, ho imparato la mia lezione! Quella ragazza non è altro che una serpe nell’erba, in attesa di colpire.»

«Oh, vostra maestà, no …» provò a protestare Bella.

Gli occhi di Maria si assottigliarono. «Mi sono state dette alcune cose … preoccupanti anche su di voi, vostra grazia.»

Bella dentro diventò di ghiaccio. Provò a parlare ma non uscì parola.

Furono interrotte da un messaggero alla porta. «Vostra maestà, una lettera per voi.»

Gli occhi di Maria si illuminarono. «Dal Principe Filippo?»

«Sì, vostra maestà.»

La Regina strillò come una ragazzina e ricompensò il messaggero generosamente. Ruppe ansiosamente il sigillo e scansionò le parole della lettera. Bella vide la sua delizia svanire, rimpiazzata dallo smarrimento e poi dalla rabbia. Alla fine lasciò cadere la lettera in grembo.

«Maestà, che c’è che non va?»

«È riuscita in qualche modo a prendere Filippo nella sua dannata rete», disse Maria. La sua voce si spezzò e gli occhi le si riempirono di lacrime. «MI ha scritto per dirmi che devo rilasciarla subito. È l’unica lettera che mi ha mandato in due mesi. Non mi scrive, e quando lo fa, è per parlarmi di Elisabetta.» Sputò l’ultima parola e poi accartocciò la lettera nel pugno.

«Vostra maestà, mi dispiace …»

«Lasciami», disse Maria piano.

«Vostra maes…»

«Ho detto lasciami!» scattò Maria. Fissava il ritratto di Filippo come se avesse qualche risposta. Bella si alzò e si inchinò alla schiena di Maria e lentamente andò verso le stanze che erano riservate a corte per lei e Edward.

Edward arrivò poco dopo che Bella era entrata nella loro camera da letto e si stese sul letto completamente vestito. Lei le aveva mandato un messaggio dicendogli di venire appena possibile perché era veramente persa e non sapeva cosa avrebbe dovuto fare. Quando arrivò, si stese vicino a lei e lei gli disse quello che era appena successo nelle stanze della Regina.

«È gelosa», disse Edward. «La sua popolarità sta crollando, mentre quella di Elisabetta cresce ogni giorno. Vuole così tanto essere amata, Bella, e pensa che Elisabetta le stia rubando qualcosa, le stia rubando l’affetto del suo popolo, il tuo. E adesso, Filippo ordina di liberare Elisabetta.»

«Perché l’ha fatto? È per questo che Elisabetta ti aveva detto di contattarlo?»

Edward annuì. «Lui sa che è improbabile che Maria abbia un erede, e anche se l’avesse, potrebbe morire di parto. Elisabetta rimane l’erede al trono, e lui vede l’opportunità di coltivare una relazione con lei. Renard dovrebbe digrignare i denti.»

«Lei si sta comportando come un bambino viziato», disse Bella.

Edward sospirò. «È alle prese col primo amore e non pensa con chiarezza in questo momento. Niente sta andando come lei aveva sperato. Filippo non gioca al fidanzato innamorato, il popolo brontola sulle sue riforme religiose ed è ostile al suo matrimonio. Crede che sua sorella l’abbia tradita, eppure per qualche ragione, tutti la amano. Maria non lo capisce.»

«Odio tutto questo», disse Bella. Rotolò di lato e appoggiò la testa sul petto di Edward. «Odio stare qui. Non capisco questi giochi che dovrei giocare. Non potremmo andare a casa? A casa a Cullen Hall?»

«Ci proverò, Bella, ma non credo che ci lascerà andare.» Le mise attorno un braccio e Bella si rese conto che era l’unico posto in cui si sentiva ancora al sicuro.

 

 

 

 

 

Note storiche

-          Amanti dei Tudor, perdonatemi gli spintoni che ho dovuto dare al calendario. Jane fu giustiziata i primi di febbraio e Elisabetta non fu portata alla Torre fino a marzo.

-          La lettera scritta da Elisabetta a Maria è conosciuta dagli storici come “La Lettere della Marea”. Sul retro, sotto il messaggio a sua sorella, Elisabetta segnò delle righe sulla carta, così che nessuno potesse falsificare una confessione sopra la sua firma.

-          I soldati in realtà gridarono “Dio salvi vostra grazia”. “ Vostra grazia” era il titolo usato per i reali, incluso il monarca. Re Enrico VIII fu il primo ad usare “sua maestà”.

-          Sir John Bridges era il Luogotenente della Torre, non il Conestabile, ma io ho combinato varie figure in un unico personaggio.

-          Elisabetta viene descritta come “alta”, ma i vestiti che ci sono arrivati suggeriscono che fosse più o meno 1,63.

-          Il ritratto cui mi riferisco è di Elisabetta adolescente, con una gonna rossa e forse la famosa collana “B” di sua madre.

-          La perla che Filippo diede a Maria è conosciuta come “La Peregrina” e appartenne per ultima all’attrice Elizabeth Taylor, regalatale da suo marito Richard Burton, che la comprò per lei a un prezzo intorno ai trentasettemila dollari. Il 15 dicembre 2011 è stata venduta a un compratore sconosciuto per oltre undici milioni di dollari. Il ricavato è andato a una associazione contro l’’AIDS, come da lei stabilito.

-          Alla famiglia di Wyatt fu data una buona pensione quando Elisabetta salì al trono, e diede indietro a sua moglie anche alcune delle sue proprietà.

 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/17/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  17

 

Bella andò alla Torre pochi giorni dopo, avendo ottenuto da Maria un permesso a denti stretti. La sua rabbia verso Elisabetta si era un po’ raffreddata, e a Bella piaceva pensare che fosse un poco a causa sua e di Edward. Bella e Edward avevano avuto qualche cena privata con la Regina (‘privata’ era un termine relativo, dato che c’erano almeno venti domestici nella sala), in cui avevano blandito Maria e l’avevano indotta al ‘perdono’ verso la sorella, dato che lei era assolutamente convinta della colpevolezza di Elisabetta. Edward ricordò a Maria i pochi anni di Elisabetta. Era una ragazza di solo vent’anni, che aveva avuto per tutta la vita solo consiglieri protestanti. Non aveva avuto il beneficio di essere allevata come Maria.

Uno dei più grandi difetti di Maria era che non riusciva a vedere le cose dalla prospettiva degli altri. Per lei, la verità era così ovvia che chiunque non fosse d’accordo con la sua opinione sulle cose, doveva farlo per ostinazione, o in alcuni casi, per malvagità. Erano state emesse le nuove monete che Maria aveva fatto disegnare. Portavano il motto latino che Maria aveva scelto per sé: Veritas, Temporis Filia, “ Verità, Figlia del Tempo”. Era un incapsulamento perfetto di ciò che credeva, che le verità del cattolicesimo, la saggezza del suo matrimonio, tutto ciò in cui credeva, si sarebbe rivelato come verità nel tempo.

Bella ebbe il permesso di andare e venire come voleva nella Torre. Sorrideva e salutava sempre Bridges, quando lo vedeva. Sapeva che stava facendo tutto quello che era in suo potere per rendere confortevole la cattività di Elisabetta.

Quel pomeriggio, andò prima nella cappella di St.Peter ad Vincula, dove era stata seppellita Jane. Edward era stato riluttante a darle tutti i dettagli della sepoltura di Jane, e una volta che li aveva sentiti, aveva capito perché. Non c’era stato nessun funerale, le aveva detto lui alla fine. Il corpo della povera Jane era rimasto dove era caduto sul patibolo, solo con la camicia e la sottoveste, per quattro ore, mentre tutti cercavano di scoprire cosa avrebbero dovuto farne dei suoi resti. Non era stata data nessuna istruzione. Forse sua madre, l’unico membro della sua famiglia ancora in libertà, voleva prendere Jane per seppellirla nella sua casa d’infanzia a Bradgate? Forse Maria voleva che fosse seppellita secondo il suo rango? Se doveva essere seppellita nella cappella con le altre anime sfortunate che erano perite qui, bisognava ottenere un permesso speciale da Maria, che era ancora Capo della Chiesa, anche se lei disprezzava il titolo. Inoltre la cappella era cattolica e Jane era una protestante che non poteva essere seppellita in terra consacrata. Alla fine, nessuno aveva reclamato i suoi resti. Alle sue dame, infine, fu dato il permesso di prendersi cura del suo corpo, fu infilata in una cassa di legno e seppellita nella cappella vicino all’altare.

Bella aveva portato un fiore per ognuna delle persone che riposavano sotto il pavimento con Jane: Anna Bolena, Kathryn Howard, Thomas More, Margaret Pole … Lasciò un fiore per ognuno, in una fila ordinata. Bella pensava che Jane fosse in buona compagnia con Thomas More, e le piaceva immaginarseli, seduti, nell’aldilà, a discutere di teologia, come Jane aveva fatto con Jasper.

Aveva portato con sé un sacchetto di sabbia da spargere sulle loro tombe, una tradizione selkie. Doveva aiutare i morti a connettersi con il mare, l’origine di tutta la vita. Dato che nessuno aveva onorato Jane con preghiere o letture mentre veniva interrata, Bella ne disse una delle sue. Sperava che Jane capisse la sincerità del suo intento, anche se non era diretta al Dio in cui lei credeva in maniera tanto fervente, ma le selkie credevano che la morte liberasse l’anima dalle sua catene terrene, le nozioni preconcette, i pregiudizi e le idee sbagliate. Jane avrebbe potuto vedere cosa c’era nel suo cuore.

Bella versò la sabbia dal sacchetto nella sua mano e soffiò piano, mandando i granelli sulle pietre del pavimento tutto intorno all’altare. Sorrise e si voltò per andarsene, e vide Sir Bridges sul portone che la guardava in modo strano. Gelò per un attimo. L’aveva vista spargere la sabbia? Bella non sapeva bene come avrebbe potuto spiegarlo, forse come un rituale delle sue terre lontane del Nuovo Mondo, ma se lui l’avesse vista come una cosa anticristiana?

Finì che non disse nulla, semplicemente piegando il capo educatamente quando gli passò vicino. Lui rispose con un profondo inchino e fu tutto. Bella rilasciò un respiro tremante e andò dritta verso la Torre Campanaria dove era alloggiata Elisabetta. Era così intenta nella sua missione che andò a sbattere dritta contro l’uomo che stava attraversando il prato.

«Oh, chiedo scusa», boccheggiò Bella. «Non vi avevo visto, mio lord.»

Era giovane e bello, con occhi scuri e capelli ricci. Lui le fece un sorriso disinvolto. «No, l’unica cosa che stavate guardando era la punta delle vostre scarpe. Robert Dudley, al vostro servizio, Madame.» Si tolse il cappello e fece un inchino aggraziato, quasi come se stesse per mettersi a danzare.

«Oh. Il fratello di Guildford», disse lei, e immediatamente avrebbe voluto ritirare le parole. Bella, non imparerai mai a controllare la tua lingua?

Lui sorrise. «Lo sono, ma non usatelo contro di me. E voi sareste?»

«Oh! Io sono Bella. La Duchessa di Cullen.»

Lui sgranò gli occhi. «Ohhh, la principessa indiana che ha sposato il cugino Edward.»

Bella arrossì.

Il sorriso malizioso di lui si addolcì quando vide che lei era davvero agitata. «Chiedo perdono, piccola Duchessa. Sono abituato ad allenarmi con Bess e non ho pensato a rinfoderare gli artigli.»

«Bess?» chiese, il tono un po’ incredulo. «Voi avete familiarità?»

Lui rise. «Mio padre dice che la mia impertinenza mi costerà la testa un giorno di questi. Se capita, spero che sia per essere sfacciato con una bella ragazza.»

«I-io devo andare,» disse Bella e fece per oltrepassarlo.

Lui girò sulla strada di lei, come se stesse danzando. «Aspettate solo un momento, vi prego, piccola Duchessa. Vorrei che portaste un messaggio alla Principessa per me.»

Bella esitò. Maria voleva Elisabetta guardata a vista per evitare che ricevesse messaggi. Aveva fiducia che Bella si attenesse alle regole, che era il motivo per cui le aveva dato un così ampio permesso (Maria pensava anche che Bella avesse una buona influenza su Elisabetta).

«Solo il verso di una poesia», disse lui facendo spallucce disinvolto.

«Oh, va bene.» Che male poteva esserci in questo?

«Ditele,  I am but a deer, stalked in your wood/ Early summer pomegranates, I’d taste if I could. (Non sono che un cervo inseguito nella tua foresta/ le melegrane della prima estate, le assaggerei se potessi)

Bella ripeté le parole nella sua testa. «Va bene. Buona giornata a voi, mio lord.» Stavolta, quando gli passò accanto, lui si voltò semplicemente a guardarla andar via, un piccolo sorriso in faccia.

Chinò la testa con un sorriso alle guardie alla porta e loro aprirono per lei. Entrò, sbattendo gli occhi per aggiustarli nella fioca luce all’interno.

«Bella!» La Principessa Elisabetta era acciambellata su una seggiola e leggeva un libro, i piedi tirati su di fianco. Si alzò quando Bella entrò nella stanza e la baciò leggermente sulle labbra. «Come stai? Mio Dio, sei più grassa ogni volta che ti vedo.»

Bella rise. «Con quella tua lingua d’argento andrai lontano, Elisabetta.»

«Siedi, siedi», offrì Elisabetta. Tornò alla sua seggiola, infilando un dito tra le pagine del libro per tenere il segno. «Come sta mia sorella?»

«Languisce su Filippo, ancora. E la gente sta diventando inquieta, per questo, così lei è diventata molto suscettibile nel percepire gli insulti. Ho sentito ieri che un gruppo di bambini giocava a “La Regina contro Wyatt”, e c’era uno dei ragazzi che faceva il Principe Filippo, che alla fine della scena veniva catturato e impiccato.»

«Tutto per scherzo, naturalmente.»

«Sì, certo, ma il povero ragazzo è rimasto quasi strangolato perché il suo cappio finto non era finto abbastanza. Ma non è questo il punto della storia. Maria ha sentito questa storia e ha fatto arrestare il povero ragazzo e i suoi genitori, e il ragazzo è stato frustato.» E con ‘frustato’ Bella non intendeva che il ragazzo era stato preso a sculacciate. Una lunga frusta intrecciata e annodata alle estremità era stata usata sul ragazzo. Avrebbe portato le cicatrici per il resto dei suoi giorni, sempre che non fosse morto prima per le infezioni nella sua cella.

«Non è possibile che l’abbia fatto!» disse Elisabetta indignata.

Bella annuì.

Bess si strofinò la fronte. «Ho provato a parlargliene. Non capisce che un monarca deve corteggiare l’amore del popolo. Non puoi pretenderlo come se ti fosse dovuto o punire in questo modo lo spregio.»

«Ci sono un sacco di cose che ho provato a spiegarle», confessò Bella. «Ma lei è in uno stato d’animo più indulgente, adesso. Forse se tu …»

«Non farò una falsa confessione per lei, Bella», disse Bess tagliente. «Non ho fatto nulla di sbagliato e non chiederò il suo perdono per colpe che non ho. Dio sa se ne ho già abbastanza di vere. Lei va dichiarando che se io confesso mi abbraccerà di nuovo come una sorella, ma Bella, sta mentendo. Io non so se sta mentendo solo a me o anche a se stessa, ma se io confessassi lei ci si avventerebbe subito sopra e penserebbe Vedi, ho sempre avuto ragione su di lei. Non mi perdonerebbe. Me lo farebbe pendere sulla testa per il resto dei miei giorni e lo userebbe come scusa per fare in modo che io non veda più la luce del giorno. Lo renderebbe pubblico in tutte le corti straniere, probabilmente lo pubblicherebbe in forma di pamphlet in modo che tutta l’Inghilterra lo legga, e lei potrebbe dire a se stessa che lo fa solo perché il popolo veda quanto è misericordiosa verso qualcuno che ha confessato atti di tradimento, ma in realtà sarebbe perché lei ha un desiderio segreto, profondo dentro di sé, di vedermi sottomettermi a lei, come lei un tempo si è sottomessa a nostro padre, negando l’autorità del Papa per sfuggire agli arresti domiciliari e tornare nelle buone grazie del monarca. E lo farebbe per provare a sgretolare la mia popolarità. Ma questo le si ritorcerebbe contro, e lei finirebbe più smarrita e arrabbiata di prima.»

Bella scosse la testa. «Non finirà mai di stupirmi come tu possa vedere così tante sfumature di intrigo in una volta sola.»

«Tutti abbiamo i nostri talenti», disse Bess con un sorriso. «Io posso anche tradurre la poesia greca.»

«Oh, ora che ci penso. Mi ero quasi dimenticata», disse Bella schioccando le dita. «Ho un messaggio per te da Robert Dudley.»

Il sorriso di Elisabetta si gelò. «Davvero?»

«Oh, solo il verso di una poesia», disse Bella. «Sai come diventano sciocchi i giovani uomini con le belle ragazze.»

Bess inclinò la testa. «Sì, sì certo. Di che si tratta?»

Bella ripeté il verso che le era stato detto. «Non ho riconosciuto la poesia», disse lei.

Elisabetta guardò il fuoco pensosa. «Nemmeno io. Comunque, come sta tuo mari…» Si immobilizzò, gli occhi sgranati mentre un suono terribile raggiungeva le sue orecchie: il calpestio ritmico di stivali. Il tintinnare delle spade e il rumore metallico delle armature, più forte a ogni secondo.

Elisabetta si alzò, la faccia completamente bianca, gli occhi scuri enormi nella faccia ossuta. Bella pensò che non era mai stata tanto simile a sua madre, Anna Bolena, come in quel momento. I suoi occhi si appuntarono su Bella. «Prega per me», disse. «Perché penso che stanotte morirò.»

Kat Ashley lasciò cadere il suo telaio da ricamo. Emise un gemito e si torse le mani, e Alice sembrava volesse strisciare sotto il tavolo.

«No!» Bella afferrò Elisabetta in un abbraccio, come se potesse proteggerla con il suo piccolo corpo.

La porta si aprì, i cardini scricchiolarono. «Principessa Elisabetta, prego, venite con me.»

Elisabetta sibilò nell’orecchio di Bella, «Chiama Edward!» e la spinse via. Drizzò le spalle magre e uscì dalla porta, la testa alta, regale come tutte le regine che avevano calcato quella via.

Ma non stavano portando Elisabetta al patibolo. La stavano portando fuori dalla Torre. Fuori dai cancelli, fu presentata a Sir Henry Bedingfield, che era stato intendente per la madre di Maria, Caterina d’Aragona, e quindi aveva impeccabili credenziali di lealtà. Aveva fatto venire una portantina per la comodità di Elisabetta. Quando Kat fece per salire dietro alla sua signora, fu fermata. Le sue stanze erano state perquisite ed erano stati trovati dei pamphlet anti-cattolici. Con ciò, era congedata dal servizio della Principessa.

Bella non aveva mai visto Elisabetta piangere, ma mentre Kat veniva portata via, la donna che l’aveva cresciuta come una figlia ed era stata al suo fianco attraverso tutte le tribolazioni, lei pianse. Pianse come se il cuore le si stesse spezzando, ma fu forte abbastanza da frenarsi dopo qualche momento.

«Vai con Bella», istruì Kat, sorridendole attraverso le lacrime. «Lei ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lei. È perfino abbastanza sciocca da andare alla Torre a visitare chi è accusato di tradimento.»

Bella pensò ironicamente che casa sua stava diventando un rifugio per domestici ribelli. Ellen, la balia di Jane, si era trasferita da loro e si era assunta la cura della piccola Elizabeth, e la bambina la amava già. E per Ellen, insegnare a una bambina allegra e felice (come Jane avrebbe dovuto essere) la aiutava a superare il lutto.

Maria aveva dato istruzioni che la Principessa Elisabetta fosse guardata a vista, ma trattata come l’Altezza Reale che era. E così Elisabetta partì per il suo viaggio a Woodstock, un casino di caccia reale, con tutta la pomposità di un trasloco reale. Bella la guardò andare con un sospiro e poi si voltò verso Kat. «Andiamo a casa.»

Alice e Kat si guardarono l’un l’altra, dubbiose. «Non hai intenzione di andare a corte, oggi?» chiese Alice.

Bella scosse la testa. «Voglio solo andare a casa.»

I nobili non facevano mai i loro pacchi. Semplicemente lasciavano una casa e arrivavano in un’altra per trovare tutte le loro cose già sistemate all’interno. Le centinaia di domestici che venivano impiegati facevano in modo che questa magia accadesse dietro la scena. Kat, anche se non era una nobile, avrebbe avuto ben presto tutte le sue cose impacchettate e trasportate  nella casa del Duca e della Duchessa di Cullen.

«A cosa stavi pensando con quei pamphlet, Kat?»

A Kat vennero un po’ le lacrime agli occhi. «Non erano anti-cattolici. Erano solo dei trattatelli protestanti.»

«Tutto quello che non è cattolico, è anti-cattolico, di questi tempi», disse Alice.

«La mia povera bambina, là fuori tutta sola …» sussurrò Kat. «Volevo solo un po’ di conforto dalla mia fede. Li avrei bruciati, una volta finito di leggerli.»

«Sei fortunata a non ritrovarti con un’accusa di eresia», le disse Alice. «Quando arriverà Filippo, le cose peggioreranno per i protestanti. Almeno, questo è quello che dice Padre Jasper.»

Bella era curiosa. «Ti ha detto perché?»

Alice scosse la testa. «Deve essere stato uno dei suoi …» si interruppe e guardò Kat.

«Puoi anche dirlo. Kat è una statua di pietra, quando si tratta di tenere un segreto.»

«Lui ha questi … presentimenti», disse Alice a Kat. «E ha quasi sempre ragione.»

Kat non sembrava minimamente turbata all’idea di un prete che poteva prevedere il futuro. «Conoscevo un uomo così quando ero piccola», commentò Kat. «Mi disse che la mia bambina sarebbe stata la Regina d’Inghilterra. Io risi, naturalmente, ma … forse lui non intendeva una bambina della mia carne, ma la bambina del mio cuore.»

I portatori fermarono la portantina proprio di fronte alla casa, ma le donne dovettero comunque correre sotto la pioggia per entrare. Si preannunciava una primavera molto umida. Bella sperava che smettesse di piovere presto così che gli agricoltori potessero seminare i loro campi. Entrò in casa e chiese alla giovane cameriera di toglierle il mantello  e preparare una stanza per Kat.

«Bess starà bene», le disse Bella e le diede un bacio sulla guancia. «L’hai cresciuta bene. È forte ed astuta. Scommetto che metterà Bedingfield a testa in giù legato mani e piedi prima che lui se ne renda conto.»

Kat le fece un piccolo sorriso e disse con sincerità, «Grazie, vostra grazia.»

«Riposati», ordinò Bella. «Ne avrai bisogno se hai intenzione di rincorrere la giovane omonima della tua signora.»

Quando entrò nella camera da letto, trovò Ellen e la piccola Elizabeth che giocavano con i suoi gioielli. Ellen stava abilmente insegnando a Elizabeth della matematica semplice chiedendole quante collane stesse indossando. «E se io ne tolgo una, quante saranno?»

«Cinque!» esclamò la piccola Elizabeth.

Bella rimase gelata per un momento. Non le importava che giocassero con i gioielli. Quello che la preoccupava era che la scatola dei gioielli era nell’armadietto di Edward, quello che teneva chiuso. Quello che conteneva la sua pelliccia.

Andò velocemente all’armadietto e lo aprì. Emise un piagnucolio soffocato quando non la vide. «Signora Ellen!» chiamò. Provò a mantenere la voce calma e regolare. «C’era un pezzo di pelliccia, qui. L’avete presa voi?»

Ellen pensò per un momento. «Oh, sì, Elizabeth voleva usarla per fare un mantello per la sua bambola.»

«Non l’avete tagliata, vero?» sussurrò Bella sbiancando. La sua pelliccia non aveva protezioni soprannaturali. Quando non era in mano sua, era semplicemente un ordinario pezzo di pelliccia, vulnerabile ai danni come qualunque altro.

Ellen si rese conto alla fine che Bella era preoccupata a morte. «Oh, no, vostra grazia. Nessun danno. La vado subito a prendere.»

Bella si sedette sullo sgabello lasciato vuoto da Ellen. Sentiva le ginocchia molli. Elizabeth lasciò i gioielli per il suo nuovo passatempo preferito, accarezzare il ventre rotondo di Bella. La sua gravidanza era andata abbastanza avanti da potersene andare in giro con vestiti allacciati molto lenti, il che era molto più confortevole.

«Buonasera, bambino!» disse Elizabeth alla pancia di Bella. Aspettò, e dopo un momento fu ricompensata da un colpetto contro le sue mani. Strillò deliziata.

«Quanto manca prima che possa vedere il bambino?» chiese a Bella, come faceva quasi ogni giorno. Elizabeth era ancora un po’ confusa sul concetto del tempo.

«Ancora un po’», disse Bella.

Elizabeth considerò. «Domani?»

Bella scosse la testa. «Di più.»

Ellen ritornò con la pelliccia di Bella in mano. «Mi dispiace che vi siate preoccupata, vostra grazia», disse. «Non sapevo che fosse qualcosa di importante.»

«Per favore, rimettetela nell’armadietto», disse Bella. Lei non poteva toccarla finché non le fosse stata restituita volontariamente. Se avesse provato, le sua mani l’avrebbero attraversata come se la pelliccia fosse stata di fumo. Ellen la ripose nell’armadietto.

«È una bellissima pelliccia, vostra grazia», disse Ellen. «Avete intenzione di farne qualcosa? Un cappello, forse?»

Bella fece un sorriso tirato. «Forse.»

«Dove sono le mie due ragazze preferite?» chiamò Edward dalla porta. Elizabeth strillò e corse da suo padre con le braccia tese. Lui la prese su e la baciò con una risata. Bella si sollevò dallo sgabello e camminò verso Edward (forse dondolò è più accurato). Lui la baciò. «Ho una sorpresa per te», disse. «Ho parlato con la Re…» si interruppe quando notò lo sportello dell’armadietto aperto e gli strati di collane su sua figlia.

Guardò Bella con una strana espressione in faccia. «Hai aperto l’armadietto?»

«No, mio signor marito. Quando sono venuta a casa era già aperto e la piccola Elizabeth stava giocando con le pie… con i gioielli.»

Ellen era inorridita. Si inchinò profondamente. «Chiedo perdono, vostra grazia. Non sapevo che alla bambina non fosse permesso giocare con le gemme.»

«Non sono arrabbiato», le assicurò Edward. «Voglio solo sapere come è successo. Era aperto quando siete entrata?»

«L’armadietto era socchiuso, mio lord. Elizabeth ha tirato fuori la scatola e ha cominciato a giocare con le gemme, così ho pensato che le fosse permesso, o non sarebbe stata così audace.»

Edward sorrise a sua figlia. «Ti piace giocare con i gioielli di tua madre?»

«Sì!» rispose Elizabeth con enfasi. Prese una delle collane e la alzò perché prendesse la luce. «È bella!»

«Sì, molto bella. Chi ha giocato con te con le gemme l’ultima volta?»

Elizabeth si mise in bocca una perla pendente e la rosicchiò un momento prima di rispondere. «La balia», disse alla fine. «Io e la balia abbiamo giocato.»

«Ah», disse Edward come se questo desse risposta a un grande e lieto mistero. «Sei una brava bambina, amore. Ma adesso è meglio che metti via queste cose prima che qualcuno ti scambi per la Regina e ti porti a Whitehall!»

Elizabeth ridacchiò ma permise a Ellen di portare via tutta la massa dei gioielli e di portarla in camera sua.

«Rosalie ha la chiave del mio armadietto», disse Edward. «Probabilmente l’ha rubata ad Emmett.»

«Perché dovrebbe usarla per far giocare Elizabeth con i gioielli?»

«Probabilmente per tenerla occupata mentre lei cercava qualcos’altro. Cosa stesse cercando, questo non lo so.»

«Pamphlet, come quelli che hanno trovato nella stanza di Kat?»

Dovevano averne già parlato in consiglio, perché sapeva a cosa si riferisse. «Forse. Il primo passo sarà chiedere a mio fratello quando ha smarrito le sue chiavi.»

«Ellen ha visto la mia pelliccia. Elizabeth ci ha giocato.»

Edward era inorridito. «Non è rovinata, vero?»

Il cuore di Bella si sciolse. L’Edward che aveva incontrato il primo giorno della sua prigionia sarebbe stato preoccupato che sua figlia si fosse contaminata con qualche magia pagana o qualcosa di questo genere. Ma adesso la sua preoccupazione era per l’integrità della pelliccia e, per estensione, per la sicurezza di lei. Doveva pensare di ridargliela, prima o poi, o non sarebbe stato così preoccupato che fosse rimasta intatta. Se Bella non l’avesse già amato, quella sua preoccupazione l’avrebbe spinta ad amarlo perdutamente.

Una delle amiche selkie di Bella, anni prima, era stata catturata da un uomo che aveva bruciato la sua pelliccia. Rimase intrappolata nella vita sulla terraferma, vita che fu misericordiosamente breve. Aveva languito fino alla morte nel giro di pochi mesi.

«È a posto», lo rassicurò lei. «Ti amo, Edward.»

Lui le fece un sorriso dolce. «Ti amo anch’io, Bella, e ti amerò sempre.» Le sorrise e poi sbatté gli occhi. «Per i denti di Dio, mi stavo dimenticando della sorpresa per te.»

«Cos’è?»

Lui si chinò finché il suo naso toccò quello di lei. «Ce ne andiamo a casa.»

Bella boccheggiò. «Cosa intendi …» cominciò.

«Intendo che lasciamo la corte e torniamo a Cullen Hall. La Regina ci ha dato il permesso di andarcene fino al suo matrimonio. Probabilmente potrai partorire a casa e …»

Bella strillò eccitata come una ragazzina buttandogli le braccia al collo. «Andiamo a casa! Andiamo a casa!»

Lui rise e la prese su finché il viso di lei fu all’altezza del suo. «Sì, amore mio. Andiamo a casa.»

 

 

 

 

Note storiche

-          La storia che Jane Grey sia stata lasciata sul patibolo per quattro ore ci arriva dai rapporti dell’ambasciatore francese. Potrebbe non essere vero (io spero che non sia vero). Inoltre, non si sa con sicurezza, in realtà, dove sia stata seppellita Jane Grey. La cappella della Torre sembra probabile, ma, come ho sottolineato anche nella storia, quella era una cappella cattolica, al tempo, e non ci sono registrazioni che una richiesta di dispensa perché Jane vi fosse seppellita sia stata presentata o esaudita. Non ci sono rapporti contemporanei sulla sua sepoltura. C’è una relazione contemporanea di qualcuno che dichiarava di aver visto i corpi di Jane e Guildford caricati su un carro e portati via dalla Torre, forse alla chiesa dove fu sepolto il padre di lei, vicino Tower Hill (la chiesa fu distrutta durante la Battaglia d’Inghilterra). Quando furono eseguiti degli scavi nel pavimento di St.Peter ad Vincula, nel 1870, furono trovate delle ossa che furono attribuite ad Anna Bolena, a suo fratello e a sua cognata (la spregevole Lady Rochford), ma nessun resto che fosse attribuibile a Jane Grey. In aggiunta alle difficoltà di identificazione in un periodo di poche o nulle competenze forensi, c’era il fatto che la cappella era stata usata come chiesa parrocchiale e un sacco di gente vi era stata sepolta dentro. Presumibilmente, molti resti erano stati tolti perché il terreno potesse ospitare nuovi occupanti. Il rapporto degli scavi è chiamato Notifica delle Persone Storiche Seppellite nella Cappella di St.Peter ad Vincula nella Torre di Londra, ed è disponibile nella sua interezza in Google Books. È una lettura interessante, in senso macabro.

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/10/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  18

 

Bella era arrabbiata con Edward, e lui non sapeva come rimediare alla situazione.

Il tempo che avevano passato insieme nell’ultimo mese e mezzo, da quando erano tornati dalla corte, era stato il più felice del loro matrimonio. Edward non aveva ricominciato con il giro giornaliero delle sua proprietà, lasciando tutto nelle mani del suo intendente. Aveva ricordato a se stesso che doveva vedere cosa era stato scoperto a proposito dell’elemosiniere, e poi l’aveva prontamente dimenticato, di nuovo.

Suo padre ne sarebbe stato oltraggiato, ma a Edward non importava. Passava le giornate con sua moglie e sua figlia, scatenandosi e giocando chiassosamente come non aveva mai fatto prima, neanche quando era bambino. Non aveva mai conosciuto una vita spensierata. Bella le stava mostrando com’era, e lui aveva scoperto che gli piaceva davvero molto.

Bella gli insegnò come divertirsi, vedere ogni oggetto come un potenziale giocattolo. Una coperta poteva diventare un castello se la drappeggiavi tra due seggiole. Bella sarebbe stata la Principessa, con una mescola come scettro e una corona di carta sulla testa, e Edward sarebbe stato il drago ruggente, combattuto con successo da Elizabeth in veste di cavaliere coraggioso, che portava una scopa come lancia.

Pensava con malinconia che i domestici dovevano pensare che fosse diventato matto, ma ogni volta che sentiva Elizabeth ridere e vedeva brillare gli occhi di Bella, sapeva che ne valeva la pena. E anche se non voleva ammetterlo neanche con se stesso, stava archiviando memorie. Bella gli aveva giurato che il parto non era pericoloso per le selkie come per le donne umane, ma non poteva dominare la profonda paura nel suo cuore, la paura di perderla come aveva perso la sua prima moglie. Aveva l’incubo di partecipare al funerale di Bella, di vederla in un letto scossa dalla febbre, sapendo che non c’era nulla che potesse fare per salvarla. Lei aveva il sonno leggero e lo svegliava quando cominciava ad agitarsi e gemere, ma dopo, tutto quello che lui poteva fare era aggrapparsi a lei e nascondere il viso nei suoi capelli. Parlarne a voce alta gli avrebbe attribuito una terribile realtà che lui non poteva sopportare.

Passavano la maggior parte del tempo nelle loro stanze, perché la pioggia cadeva costantemente, quasi ogni giorno. Era la primavera più umida a memoria d’uomo e ci si avvicinava all’estate senza che ci fosse una pausa nel maltempo che permettesse agli agricoltori di seminare. La paura dei contadini cresceva ogni giorno, gonfiandosi come il diluvio che si spargeva per le terre. Sapevano che un raccolto povero avrebbe significato la fame, per loro.

Bella convinse Edward a comprare un grosso deposito di grano, che fu stoccato nei granai, così che non ci fosse fame nelle sue terre. Ridacchiò quando pensò a come avrebbe reagito a questo suo padre. Se non fosse già stato nella tomba, probabilmente ci sarebbe rimasto stecchito per un colpo apoplettico all’idea che Edward spendesse soldi per sfamare contadini inutili. Avrebbe approvato l’acquisto del grano, ma solo per tenerlo in modo da poter estorcere prezzi enormemente gonfiati quando la gente avrebbe visto i propri figli piangere per la fame. Questo era un altro cambiamento che Bella aveva portato in lui: vedere il denaro come un modo per migliorare la vita di tutti nelle sue terre, piuttosto che un mezzo per glorificare ulteriormente il nome di famiglia con esibizioni di ricchezza.

La notte precedente, erano sgattaiolati sulla spiaggia col favore del buio così che Bella potesse nuotare in mare, la prima volta da quando erano arrivati a casa. Per quanto fossero felici insieme, Edward sapeva che lei agognava ancora quello che chiamava le Acque Infinite. A volte la trovava alla finestra, a fissare le onde grigie, gli occhi tristi e distanti.

Edward la aspettò sulla spiaggia, infelice nella pioggia costante che inzuppava il mantello fradicio che indossava sopra la testa, ma sorrideva ogni volta che vedeva come era felice Bella a giocare tra le onde. La sua gravidanza l’aveva resa lenta e impacciata sulla terra, ma nell’acqua era aggraziata e veloce. Guardava, sforzando gli occhi nel buio e il vento gli portò due suoni: l’abbaiare di una foca e il grido deliziato di Bella. Edward si alzò e si asciugò la pioggia dagli occhi. Una testa uscì sulla superficie dell’acqua vicino a quella di lei, il piccolo, lucido profilo di una foca. Bella le mise le mani in testa e chiuse gli occhi. Edward sentì un irrazionale scatto di gelosia. Voleva correre in acqua e portarla via, correre a casa con lei tra le braccia e urlare a tutti quelli che incontrava che lei era sua e nessuno poteva portargliela via.

Ci fu un lungo momento tra le due. Bella aprì gli occhi e accarezzò la testa lucida. La foca appoggiò il corpo contro quello di lei, un gesto che perfino Edward poteva giudicare come di affetto, e poi scomparve sotto le onde.

Bella guardò per un momento e poi si voltò verso la spiaggia, verso la sua nuova casa sulla terraferma. Emerse dall’acqua, il suo corpo d’alabastro che brillava alla luce della luna, il ventre rotondo e maturo.

«Hai visto?» chiese, gli enormi occhi scuri che luccicavano. Il suo sorriso brillava e lui si sentì piccolo e meschino per essersi risentito alla sua gioia.

«Ho visto. Un tuo amico?» Edward forzò fuori le parole. Sarebbe stato felice per lei, decise, anche se questo lo uccideva.

«Mia sorella», disse Bella. «Erano tutti preoccupati per me. Continuavano a ritornare a questa spiaggia sperando di vedermi, di sapere come stavo.»

«Cosa le hai detto?» chiese Edward.

Bella sorrise e gli accarezzò la guancia. «Che sono felice. Che ho un marito che è gentile e amorevole.»

«Ero geloso», ammise lui. «Avevo paura che in qualche modo ti portasse via da me.»

Lei sorrise dolce. «Io non posso andarmene», gli ricordò.

Lui spostò lo sguardo. Non voleva sentirsi come se la stesse tenendo qui per forza. Voleva fingere che lei stesse qui con lui per sua volontà. Ma quella era la verità, no? Non le avrebbe ridato la sua pelliccia perché aveva paura che lei avrebbe scelto di andarsene, per tornare dal suo primo amore, il mare.

Lei sobbalzò e inspirò all’improvviso. Prese la mano di lui e se la mise sul ventre nudo. «Senti. Il bambino sta scalciando.»

«Devi essere vicina al tuo tempo», disse lui. Era la prima settimana di giugno, ora, e una donna umana sarebbe stata in procinto di partorire.

Lei scosse la testa. «Altre tre settimane, ancora.»

Lui era stupito. «Lo sai con precisione?»

Lei sorrise. «Certo, è naturale.»

Lui scosse la testa. «Le donne umane non lo sanno.»

«Davvero? Perché non prestano attenzione a quello che dice loro il corpo.»

Lui sospirò. «Non si può più evitare. Devi andare al tuo confinamento.»

«Confinamento? Cosa intendi?» chiese.

Lui sospirò. Non le sarebbe piaciuto. «Andiamo nella nostra stanza e te lo spiegherò.»

Una volta che furono asciutti e sdraiati nel loro letto, lui provò a darle la notizia più gentilmente possibile. Circa un mese prima del parto, si supponeva che una lady ‘prendesse la sua camera’, dove lei e le sue cameriere sarebbero vissute in isolamento fin dopo il parto e dopo la benedizione di lei.

Le donne si attenevano più fedelmente alle regole codificate da Margaret Beaufort, la bis-bisnonna di Edward, a seconda di quanto permettevano le circostanze economiche. I ricchi seguivano le istruzioni alla lettera con zelo superstizioso, fino alla taglia, al numero e all’imbottitura dei cuscini sul letto. Lui aveva già ordinato che fosse preparata la stanza e se Bella aveva notato il viavai dalla stanza che non veniva usata, non aveva detto niente.

I muri e perfino il soffitto erano coperti con ricchi arazzi, quelli con scene romantiche e felici, perché le donne incinte non dovevano avere sotto gli occhi figure brutte e tetre. Perfino il buco della chiave era coperto, per chiudere fuori il mondo. Solo l’arazzo alla finestra rimaneva sganciato, così che le donne potessero spostarlo quando volevano avere luce. Il pavimento era coperto da spessi tappeti e il materasso re-imbottito con lana fine, con un altro materasso più sottile appoggiato sopra. Al letto venivano aggiunti quattro cuscini, due lunghi e due quadrati. Veniva sistemato un altare per le preghiere, e un fonte battesimale, nel caso il bambino stesse per morire e avesse bisogno di un battesimo immediato. A nessun uomo era permesso di entrare nella stanza una volta che la donna era stata chiusa dentro.

«Devo stare lì per un mese e tu non puoi neanche farmi visita?»

«Posso mandarti dei messaggi,» offrì lui.

«Non lo farò!» scattò Bella.

«Bella, avrai Alice e Kat a farti compagnia, libri e musica. Dovrebbe essere un periodo piacevole e riposante per prepararti al parto.»

«Non lo farò!» ripeté lei.

«Bella, tu devi.»

«No!» Venne fuori come un guaito, e Bella si coprì la faccia e cominciò a singhiozzare.

Questa volta, non poteva lasciare che le sue lacrime lo facessero vacillare. Ci fu prima una piccola cerimonia fuori della porta della stanza. Padre Jacob disse messa e poi a Bella fu data una coppa di vino speziato. Fece una smorfia al sapore e alzò lo sguardo per vedere Rosalie che la guardava intenta mentre lei finiva tutto il contenuto della coppa. Poi Padre Jacob recitò una preghiera perché Dio mandasse a Bella ‘la buona ora’ e poi le donne vennero mandate dentro, per non essere più viste fino alla nascita del bambino. Bella strinse la mano di Edward finché fu possibile. Lui disegnò un cuore nel palmo di lei e vi chiuse sopra le dita. Alice la tirò dentro la stanza e chiuse la porta.

«Come ti senti, Bella?» chiese Rosalie.

«Bene, grazie», rispose Bella, la voce un po’ instabile. «E tu come te la passi?» Le chiacchiere tra i domestici, le aveva detto Alice, erano che Emmett avesse picchiato Rosalie quando aveva scoperto che aveva rubato le sue chiavi, ma era stato attento a non ferirla per non fare del male al bambino che portava. Rosalie non si era vista per giorni, dopo, e quando era riemersa, era dolcemente educata con Bella. Non sapeva quale minaccia o allettamento avesse usato Emmett, ma era un sollievo non avere più gli occhi di Rosalie che la pugnalavano con odio ogni volta che guardava in direzione della donna.

Bella era gentile di natura e non portava rancore a Rosalie. Sperava che potessero almeno andare d’accordo. Aveva già abbastanza nemici tra i membri della corte. Non gliene serviva un altro in casa. Provava ad essere amichevole quando era possibile, ma finora Rosalie aveva freddamente respinto i suoi sforzi.

«Sto bene», rispose Rosalie. «Vogliamo giocare a Noddy? Lady Alice, volete favorirci suonando il liuto, così che possiamo avere musica mentre giochiamo?»

A Bella non piacevano i giochi di carte ma accettò perché era la prima volta che Rosalie la invitava a un’interazione con lei. Rosalie evidentemente pensava che Bella fosse sofferente o che stesse per partorire da un momento all’altro, perché continuava a chiederle come si sentisse e l’espressione nei suoi occhi faceva pensare a Bella che stesse aspettando qualcosa. Quando si ritirarono, quella sera, Rosalie sembrava delusa.

La mattina successiva, Edward mandò una nota con la colazione. In fondo, aveva disegnato un cuore. Bella scoppiò in lacrime. Si rifiutò di mangiare e durante il giorno ebbe continui attacchi di pianto da cui nulla sembrava distrarla. Pianse così forte e così a lungo che le donne cominciarono ad allarmarsi. Avrebbe fatto male al bambino se non si fosse calmata.

«Chiama Edward», ordinò Kat.

«Ma non può venire qui!» protestò Alice.

«Piangerà fino ad ammalarsi se non lo faremo. Lo porteremo nella stanza privata, non in quella da letto.»

«Se succede qualcosa al bambino sarà sulla tua testa», la avvertì Rosalie.

Kat odiava Rosalie. Bella non le aveva chiesto nulla in proposito, ma dal primo momento che si erano incontrate era scaturita tra loro l’ostilità. «Così sia», le rispose secca Kat. «Vai a chiamare il marito di sua grazia.»

Rosalie arruffò le penne. «Manda una delle cameriere.»

Kat la fissò. «Sto mandando te. Vai adesso o desidererai averlo fatto.»

Rosalie abbassò gli occhi e si alzò in piedi. Uscì dalla stanza senza un’altra parola e Bella guardò Kat con malcelata ammirazione.

Dopo pochi minuti, sentì la voce di Edward nell’altra stanza e corse da lui, le lacrime che le rigavano il viso. «Non posso farlo, Edward», pianse. «Mi dispiace ma io non posso stare tre settimane senza vederti, sapendo che sei nella stessa casa, chiusa in quella stanza lontana da te.»

«Mi dispiace, Bella», disse lui. «A volte ti chiedo troppo. Devo prestare più attenzione alle tue parole.» Bella gli strisciò in braccio e appoggiò la testa sul suo petto. Inalò profondamente, assaporando quell’odore che era unicamente di Edward e quelle braccia che le davano quel conforto che solo lui poteva offrire.

 

 

Quella sera, lui e Bella si separarono più facilmente, perché lui le promise che sarebbe tornato il mattino dopo. Le aveva portato qualcosa da mangiare per cena, ma la sua Bella non poteva essere ordinaria.

«Voglio del porridge», aveva dichiarato. «Una grande, fumante scodella di porridge.»

La domestica a cui Edward aveva dato l’ordine lo guardò come se le avesse chiesto una scodella piena di fango. «Porridge, vostra grazia?»

«Sì, porridge», ripeté lui. «Questo è quello che desidera, e deve averlo.»

Il cuoco stesso chiese di vedere Edward, e lo incontrò nel corridoio mentre chiudeva la camera di Bella dietro di sé. «Ci sono problemi?»

«Io … io volevo solo una conferma … di … ciò che mi è stato detto …»

«Lei vuole il porridge», disse Edward. «Tu sai come si fa, no?»

«Ma, vostra grazie, è un cibo da contadini

«Non mi importa un accidenti. Lei lo vuole. Preparalo per lei o trovati un’altra casa in cui servire.»

Poteva riderci sopra, adesso, ma era stato molto frustrante, al momento.

Era nella sua camera da letto e i domestici lo stavano spogliando quando Emmett entrò, la fronte aggrottata per la preoccupazione. «Fratello, devo parlarti. Da solo.»

Edward fece uscire i domestici e si mise seduto sul bordo del letto. Non vedeva mai Emmett, tranne quando era nei guai, una situazione che Edward stesso aveva concepito, ma era stanco di associare suo fratello con i problemi. «Che c’è?»

«Dopo che mi hai detto che Rosalie aveva rubato le mie chiavi, ho deciso di cercare nelle nostre stanze mentre lei è confinata con Bella, per vedere se aveva preso qualcos’altro. Ho trovato questo.»

Gli mostrò un involto di carta marrone. Edward lo esaminò. Sembrava il tipo di confezione che usavano gli speziali. Edward comprava a volte della polvere per il mal di testa dallo speziale che serviva il palazzo, e di norma venivano dispensati in involti di carta come questo, arrotolati alle estremità per evitare che ne uscisse il contenuto. Nelle pieghe di questo c’erano tracce di piante verdi.

«Guarda di lato, la scritta,» disse Emmett.

Edward non aveva notato la scritta, per come era sgualcita la carta. Quando la vide, rimase gelato dallo shock. Menta pulegio. Era un’erba largamente conosciuta che provocava aborti. «Stava provando a liberarsi del bambino?» chiese a Emmett.

«Non lo so», disse Emmett cupo. «Ma stai sicuro che quando lascerà la camera di Bella lo scoprirò.»

 

 

Bella aveva ragione sulla data del parto. Ogni giorno Edward andava a farle visita e di solito finiva per restare tutto il giorno. Questo causò un piccolo scandalo e le voci si diffusero velocemente in tutto il sud dell’Inghilterra. Ricevette molte lettere da nobili che lo rimproveravano per aver rotto la tradizione e anche una severa lezione da Padre Jacob, ma lui semplicemente non poteva stare lontano. Usava la scusa che Bella era affranta ed era più salutare per il bambino se lui la accontentava, ma in realtà, accontentava se stesso.

Che faceva tutto il giorno prima di avere Bella? si chiedeva. Aveva con riluttanza ripreso le redini della proprietà, ma non c’era molto che richiedesse la sua attenzione. I campi erano allagati, quindi non c’erano colture da seminare. La maggior parte della popolazione se ne stava in casa come lui e si chiedeva i motivi di quel tempo orribile. Qualcuno diceva che era il dispiacere di Dio per l’imminente matrimonio della Regina Maria.

Il ventiduesimo giorno che passava nella sua camera, Bella alzò gli occhi dal gioco di backgammon che stava giocando e dichiarò che il bambino stava arrivando. Dopo questo, tutti i demoni dell’inferno non avrebbero potuto trascinarlo via dal suo fianco, anche se le donne erano scioccate di avere un uomo nella stanza da parto. Era la prima volta che tutte loro sentivano di una cosa simile.

Bella fu spogliata e lasciata in camicia, poi posta sulla seggiola da parto. Era stata intelligentemente disegnata per essere ripiegata diventando piatta, così da poter essere trasportata facilmente, e aveva un buco nella seduta. Bella si sedette e si mise a suo agio. La levatrice si versò dell’olio sulle dita e le infilò nel buco sotto la sedia. Bella trasalì al suo tocco e Edward le strinse la mano per confortarla.

«Quasi pronta, vostra grazia», disse la levatrice. «Sembra che sarà un parto veloce.»

Bella ripiegò le mani sulla pancia e aspettò. Tutti la fissavano, sembrando sempre più sbalorditi man mano che il tempo passava. Bella si chiese cosa stesse facendo di tanto incredibile. Avrebbe voluto un libro da leggere.

«Non è cristiano», sibilò Rosalie. «Il dolore del parto è la punizione per il peccato di Eva. Che stregoneria è questa?»

«Avete … avete dei dolori, vostra grazia?» si avventurò la levatrice.

Bella considerò. Sentiva le contrazioni che la attraversavano, ma non poteva dire che fossero dolorose.

Edward, col pretesto di aggiustarle la seggiola, le sussurrò all’orecchio. «, dille di . Le donne umane hanno parti molto dolorosi. Bella, devi gridare e lamentarti.»

«Oh, sì, dolori orribili», disse Bella.

«Non ho mai visto partorire con una tale forza d’animo», si meravigliò la levatrice. Mise di nuovo le mani sotto la sedia. «Adesso! Spingete, vostra grazia. Spingete!»

Bella ci diede un po’ dentro. Quando cominciò a spingere, gemette e gridò, e dovette essere convincente perché perfino Edward sembrò cominciare a preoccuparsi.

«Vedo la testa! Solo un altro po’, vostra grazia!»

Una pesante ondata la attraversò e sentì qualcosa che scivolava via dal suo corpo. Gridò per la sorpresa e riecheggiò il vagito del suo bambino. La levatrice alzò il bambino tra le sue braccia e controllò velocemente il corpicino. «È un maschio!» annunciò. Si voltò verso Edward raggiante. «Avete un figlio, vostra grazia. Un figlioletto bello, sano e forte.»

Bella rise anche se aveva gli occhi pieni di lacrime. La levatrice lavò il bambino in una bacinella di vino rosso caldo mentre Alice e Kat si occupavano di Bella. Fu lavata e cambiata con una camicia pulita, e aiutata a rimettersi a letto. Edward si era steso al suo fianco, gli occhi pieni di lacrime di gioia. «Grazie, amore mio. Dal profondo del mio essere e dalle vette della mia anima, grazie.» La baciò con gentilezza, le sue labbra una carezza delicata come ali di un angelo.

La porta sbatté e Bella sobbalzò. Rosalie era uscita senza una parola. Bella sperava che stesse solo correndo a dare la notizia a Emmett, ma temeva che Rosalie fosse arrabbiata. Quel bambino significava che lei non sarebbe mai stata la Duchessa.

Edward le prese il viso tra le mani. «Lascia perdere», le disse. «Questo è un giorno di gioia.»

La levatrice aveva finalmente finito e il bambino fu messo tra le braccia di Bella. Aveva ereditato i capelli di suo padre, rosso Tudor e indomabili, e aveva gli enormi occhi scuri di Bella. lei pensò che non aveva mai visto niente di più bello. Un’ondata di amore feroce la attraversò, potente come la marea dell’oceano. Alzò lo sguardo su Edward e seppe che sentiva la stessa cosa. Le loro mani si incontrarono e si strinsero sulla piccola creatura che giaceva tra le braccia di sua madre, un voto silenzioso, una dichiarazione senza parole.

 

 

 

Note storiche

-          “Noddy” è uno dei giochi di carte più antichi di cui si ha notizia, e ce ne sono infinite varianti. Essenzialmente, il giocatore aveva tre carte per ogni mano e doveva combinarle in sequenza per segnare punti. Il vincitore era il giocatore che raggiungeva il punteggio di 31.

-          L’dea che il bambino potesse essere danneggiato nel ventre da immagini disturbanti viste dalla madre rimase fino all’epoca vittoriana. Le deformità di Joseph Merrick, “The Elephant Man” furono attribuite al fatto che sua madre era stata spaventata da un elefante al circo mentre era incinta di lui.

-          Il fonte battesimale era una triste necessità: circa un quarto di tutti i bambini moriva subito dopo la nascita e un altro quarto non superava l’infanzia.

-          Abortire usando erbe come la menta pulegio o la ruta era legale fino al “risveglio”, cioè la prima volta che si sentiva il bambino muoversi. Prima del “risveglio” era largamente considerata una semplice purga del ventre per “provocare i termini” ( mestruazioni).

 

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


 

“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

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Capitolo  19

 

Edward e Bella caddero in un sonno leggero, il bambino nel letto in mezzo a loro. Tutti e due si svegliarono quando cominciò a fare dei vagiti leggeri. Bella lo prese su e aprì l’allacciatura della sua camicia. Mise il capezzolo nella bocca del bambino e lui si attaccò avidamente. Edward non poté fare altro che guardare con meraviglia quel bellissimo spettacolo, un momento intimo e primitivo, che non aveva parole per descrivere. Non poteva neanche cominciare a esprimere i sentimenti che crescevano dentro di lui. Voleva piangere e ridere e baciare Bella ma anche cadere ai suoi piedi in adorazione. Aveva così torto quando aveva insistito per una balia, così torto a tentare di privarla di un legame così dolce.

Bella alzò gli occhi su di lui e sorrise con tenerezza. Gli fece cenno di avvicinarsi così lui si mise seduto e le fece scivolare un braccio dietro le spalle. Allungò la mano per toccare il bambino e poi la guardò rapidamente, forse per un permesso, forse per un incoraggiamento, non lo sapeva. Quando lei annuì, passò incerto un dito sulla guancia di suo figlio, meravigliandosi alla morbidezza della sua pelle.

Il bambino agitò le braccine paffute e questo gli ricordò che andava fasciato prima possibile perché i suoi arti crescessero diritti. E poi c’erano gli annunci da inviare e il battesimo da organizzare … tante cose. Ma adesso, voleva godersi questo momento con sua moglie e suo figlio.

Prese un braccio tra le mani ed esaminò la piccola mano del bambino, meravigliandosi delle piccole dita. Quando toccò il palmo del bambino, la sua mano di chiuse intorno al suo dito in una presa sorprendentemente energica.

Bella lo passò all’altro seno. Si attaccò, ma beveva più lentamente, sbattendo lentamente gli occhi, assonnato.

«Ne ha preso abbastanza?» si preoccupò Edward. «Mi è stato detto che il bambino non dovrebbe bere il latte sottile, che non nutre in modo appropriato.»

Bella rise piano. «Il tuo popolo ha delle strane idee.» Strofinò il naso sulla testa lanuginosa del bambino e lo baciò. L’amore nei suoi occhi era potente.

«Bella, è meglio che tu non ti attacchi troppo», disse Edward con riluttanza. «Potrebbe non …» Fece una pausa, non volendo neanche dare voce alle sue paure.

«Non è malato né debole», replicò Bella. «È un buon bambino.»

«Sì, ma molti bambini non …» Quasi la metà dei bambini Tudor era morto prima dell’età adulta.

Bella scosse la testa. «Noi selkie abbiamo bambini sani e forti, protetti dalla magia della nostra razza. Ma non mi fido ad affidarlo alle cure di nessun altro.»

«Bella …»

«È mio», disse con fierezza. «Kat e Alice possono assistermi, ma non lo manderò lontano come fanno tanti del tuo popolo. Dove va lui vado io.»

Edward si arrese. Poteva solo sperare che la Regina capisse, ma anche se non fosse stato così, nessun potere terreno avrebbe potuto strappare quel bambino dalle braccia di Bella.

Il bambino finì di mangiare e Bella se lo mise sulla spalla. Le diede dei colpetti gentili sulla schiena finché lui fece un rutto sorprendentemente rumoroso.

«Ben fatto, figliolo!» disse lui divertito. «Tuo zio, il Re Enrico, ne sarebbe rimasto impressionato.»

«Vuoi tenerlo?» chiese Bella.

Edward sentì un po’ di panico all’idea. Aveva tenuto Elizabeth qualche volta quando era bambina, ma era fasciata e accuratamente avvolta nelle coperte. Suo figlio indossava solo un pannolino e sembrava molto fragile e vulnerabile.

Bella si mise seduta e con attenzione mise il bambino tra le braccia di Edward. Lui guardò giù a quel visetto e a quei grandi occhi scuri che lo esaminavano solennemente e fu sopraffatto dalla meraviglia che lui e Bella potessero aver creato questo stupefacente piccolo essere.

Decisero di chiamarlo Edward, ma il suo battesimo fu l’unico momento in cui quel nome venne mai usato. Sua sorella, la piccola Elizabeth, gli fornì il nome che avrebbe usato per tutta la sua vita, anche dopo che fu dimenticato da dove venisse. Elizabeth, per qualche ragione, aveva problemi a pronunciare il suo nome, e lo chiamava «Eh’ward», lasciando cadere alla fine la prima sillaba per chiamarlo “Ward”. Ben presto, tutta la famiglia cominciò a chiamarlo così e lui divenne “Ward”.

Oltre duecento persone parteciparono al battesimo, che si tenne nella Sala Grande. Bella non c’era; non era stata ‘benedetta’ ancora, una cerimonia che segnava il rientro di una donna in società, la sua purificazione dal parto. Lei era delusa. Le donne contadine venivano benedette non appena stavano abbastanza bene da alzarsi, ma Padre Jacob l’aveva castigata per la sua “fretta indecorosa” e aveva insistito che aspettasse le due settimane tradizionali.

Prima del battesimo, Bella ebbe la sua ‘seduta’. Fu vestita con un abito di velluto rosso, bordato di zibellino e fatta sedere appoggiata a un mucchio di cuscini, i capelli scuri sciolti sulle spalle. Ward era stato posto in una culla foderata di cuscini di velluto, sotto una copertina di seta bordata di una stoffa intessuta d’oro (questo era stato occasione di una piccola discussione perché Bella pensava che la stoffa d’oro fosse troppo ruvida per stare vicino alla pelle del bambino, ma su certe cose Edward era irremovibile; il bambino era nipote di un re). Così schierati, le porte della camera furono aperte per ricevere il flusso di visitatori e doni che arrivavano per rimarcare a gioiosa occasione. Ogni nobile del ducato di Edward venne a offrire il proprio tributo e a fare la cerimoniale promessa di lealtà al nuovo erede.

La Principessa Elisabetta aveva mandato la sua veste di battesimo perché il piccolo la indossasse, e Edward e Bella pensarono che fosse un gesto molto toccante, anche se la regina Maria mise un po’ di broncio perché non avevano chiesto di usare la sua. Il regalo di battesimo di Maria fu un grande gesto. Diede a Ward la Contea di Portland, che era rimasta vacante dopo che il vecchio conte era morto senza un erede, titolo e terre tornati alla corona. La nota che mandò con la lettera accennava in modo palese al fatto che avrebbe voluto che lei e Filippo fossero nominati padrini, e così fu fatto. I loro rappresentanti fecero le loro veci alla cerimonia di battesimo.

La lettera di Maria conteneva anche la notizia che il suo matrimonio si sarebbe tenuto alla fine di luglio e si aspettava che Bella e Edward tornassero a corte prima di allora. Il tono era molto più felice rispetto a quello della lettera che Elisabetta aveva mandato insieme alla veste di battesimo, la prima lettera che le era stato permesso di scrivere ai suoi cugini da quando era stata rilasciata dalla Torre.

Era stata portata a Woodstock, un casino di caccia reale che era stato praticamente dimenticato dai tempi di Enrico VIII. Era così in rovina che Elisabetta non poteva neanche occupare la casa padronale. Doveva vivere nella casa del custode, il che, diceva, le faceva ricordare i suoi alloggi alla Torre con rimpianto. Scriveva con umorismo e leggerezza, ma Edward leggeva tra le righe che era infelice. Chiudeva la lettera con il verso di una poesia a proposito della costanza di fronte alle avversità, al che Bella scosse la testa. «Lei e Robert, sempre a citare oscure poesie.»

Edward, che stava soffiando pernacchie sulla pancia di suo figlio facendolo sgambettare e tubare, alzò lo sguardo e la guardò con curiosità. «Cosa intendi?»

«Quando l’ho visto alla Torre mi ha chiesto di riferire il verso di una poesia a Elisabetta, ma era troppo oscuro perfino per lei.»

«Te lo ricordi?»

Bella pensò per un lungo momento. » I am but a deer, stalked in your wood/ Early summer pomegranates, I’d taste if I could(Non sono che un cervo cacciato nella tua foresta/ le melegrane della prima estate, le assaggerei se potessi)

Edward rise. «Non è una poesia, Bella. È un codice. ‘Stalked in your wood’ … Woodstock. Deve avere origliato dove sarebbe stata trasferita. Stava cercando di rassicurarla che non le sarebbe stato fatto del male. Guarda però, io non me lo sarei immaginato se non sapessi già dove l’hanno portata.»

«E le melegrane?»

«Le melegrane sono il simbolo della Spagna. Le sta dicendo che Filippo arriverà all’inizio dell’estate. Come potesse sapere questo nella Torre non riesco proprio a capirlo, perché noi lo aspettavamo in maggio e abbiamo saputo del ritardo solo più tardi.»

«E assaggiarle?»

Edward sorrise. «Forse le sta dicendo che lui vorrebbe essere fuori per il matrimonio, o forse sta semplicemente flirtando, o potrebbe riferirsi a Persefone intrappolata negli inferi per aver mangiato i semi della melagrana. Non lo so.»

Lei scosse la testa. «Scommetto che Elisabetta ha capito almeno venti sfumature diverse di significato. Robert è stato scaltro, inducendomi a portare il messaggio in quel modo. Sono felice di non averne mai parlato di fronte alla Regina. A quest’ora avrebbe la mia testa in un secchio.»

«La Regina è troppo eccitata per l’arrivo di Filippo per preoccuparsi di sua sorella», disse Edward.

Bella sospirò. «Vorrei che non dovessimo tornare là. Siamo stati così felici, qui. Non possiamo neanche tornare alla nostra casa di Hampstead Heath.»

La Regina era stata convinta dai suoi ministri che sarebbe stato saggio celebrare il matrimonio fuori Londra. Questo era così malvisto dal popolo che perfino chi sembrava dall’aspetto avere origini spagnole veniva aggredito per strada. Quindi, la Regina si sarebbe sposata nella Cattedrale di Winchester e la corte avrebbe preso residenza nel palazzo di Wolvesey.

«Sto facendo cercare una casa adatta da affittare per noi», offrì lui.

Lei lo baciò sulla guancia. «Sei dolce. Ma non staremo là tanto a lungo.»

«Se dobbiamo portare nostro figlio con noi, dobbiamo alloggiare fuori dalla corte. Potrebbe ammalarsi con i miasmi che ristagnano nelle stanze.» Bella vedeva che Edward si avviava a diventare un genitore iperprotettivo e le sue preoccupazioni gli avrebbero fatto venire i capelli grigi, se non stava attento, ma lui era sceso a un compromesso, permettendole di portare il figlio con loro, quindi anche lei doveva essere flessibile e lasciare che prendesse tutte le precauzioni che riteneva necessarie.

«Volevo chiederti una cosa», disse lui. «Non so come ti sentiresti in proposito.»

«Di che si tratta?»

«So che sei preoccupata per il fidanzamento di Alice con il Barone Tyler. Stavo considerando di chiedere alla Regina il permesso di prometterla a Ward.»

«Alice e Ward? Ma ha quasi vent’anni più di lui!»

«Non dovremo arrivare davvero al matrimonio», disse Edward. «Sarebbe semplicemente per darle la nostra protezione. Ward potrà chiedere un annullamento quando avrà l’età. Questo significherebbe che probabilmente Alice non si sposerà mai, perché sarebbe vecchia come è adesso la Regina all’annullamento del fidanzamento, a meno, naturalmente, che non trovi un partito adatto nel frattempo e voglia essere liberata. Volevo chiedere la tua opinione prima di interpellare la Regina.»

«Oh, Edward, penso che sia un’idea meravigliosa!»

«Discutine con Alice e vedi cosa ne pensa. Io lo chiederò alla Regina dopo il matrimonio, quando sarà di buon umore.»

«Spero che sia buono», disse Bella. «Ho paura di quello che succederà quando arriverà Filippo. Come reagirà a una sposa abbastanza vecchia da essere sua madre, a cui ha sempre pensato come una zia?»

«Vorrà compiacere suo padre, quindi la tratterà con decenza, ne sono sicuro.»

«Maria vuole che la ami come lei già ama lui.»

La faccia di Edward divenne cupa. «Temo per l’Inghilterra, se resterà delusa.»

 

 

Quella sera Edward si sedette a cena di umore più allegro rispetto a prima. Questa era l’ultima sera in cui avrebbe dovuto cenare senza Bella al suo fianco. Sarebbe stata benedetta la mattina dopo, appena prima di partire per Winchester. Il suo intendente aveva trovato loro una casa adatta, anche se costava una fortuna. Tutta la città di Winchester era gremita, straripante di nobili, gente che voleva vedere la piccola parata fino alla cattedrale, mercanti che avevano portato le loro merci da vendere alla folla. Delle tende erano state erette fuori della città, ma Edward si era rifiutato anche di prenderle in considerazione, non importava quanto fossero lussuose alcune di quelle tende. Suo figlio doveva stare al sicuro dietro dei muri, lontano dai pericolosi vapori dell’aria notturna.

Emmett venne a tavola e si sedette, facendo un gesto per avere del vino prima ancora di sedersi. Alzò un dito per dire al cameriere che teneva la brocca di aspettare, ingoiò il primo bicchiere e se lo fece versare di nuovo. Edward fece una smorfia dentro di sé. Quindi questa era una di quelle notti.

«Rosalie ha chiesto se può usare le camere della signora per la sua ‘seduta’», disse Emmett.

Edward fece spallucce. «Non vedo perché no. A Bella non dispiace, ne sono sicuro. Non usa mai quelle stanze. Quindi tu e Rosalie resterete qui finché non partorirà?»

«Già», disse Emmett. «È già dispiaciuta che il suo confinamento le farà perdere il matrimonio della Regina.»

«Le hai chiesto di … quella cosa che hai trovato?» chiese Edward, consapevole delle orecchie dei domestici.

«L’ho fatto», rispose Emmett, e schioccò le dita per avere ancora da bere. «Lei afferma che era qualcosa che aveva pensato di prendere prima … be’, prima che io raddrizzassi la situazione. Dice che ha buttato le erbe nel fuoco.»

«Tu le credi?»

«Io non credo a nulla di ciò che dice quella donna», disse Emmett piatto. «Ma non posso provare che le cose stiano diversamente. Lei è ancora gravida.»

«Sei certo di questo?»

Emmett annuì. «La vedo nuda quasi ogni sera.» E poi, quasi a se stesso, disse, «Da quel punto di vista, almeno, andiamo d’accordo.»

Edward aveva ancora abbastanza dei suoi vecchi modi compassati e rispettabili da arrossire un po’ a questa affermazione. Gli venne in mente una cosa. «Potrebbe essere che intendesse usarle su qualcun'altra?»

Emmett fece spallucce. «Una delle cameriere, forse? Non ho sentito pettegolezzi sulla gravidanza di qualcuna di loro, ma immagino che sia possibile.» Dopo tutto, le domestiche facevano di tutto per tenere queste notizie lontane dalle orecchie dei loro datori di lavoro. Una domestica ‘immorale’ con la pancia che cresceva poteva trovarsi in mezzo a una strada.

Dopo cena, Edward aiutò Emmett a tornare nelle sue stanze, perché non stava in piedi. «Questo deve finire, fratello», gli disse Edward.

Emmett incespicò fino al suo armadietto per prendere un’altra bottiglia e si lasciò cadere sulla seggiola di fronte al fuoco. «Non ho nient’altro», replicò. «Tu … tu hai Bella, una brava donna che ti ama. Io non ho nessuno, niente che mi faccia andare avanti e niente da aspettarmi dal futuro.» Sorrise leggermente. «Vai avanti. Non preoccuparti per me. Non lo merito né lo voglio.»

«Voglio che tu sappia una cosa, Emmett. Io ti perdono.»

La bottiglia cadde dalle mani di Emmett e si infranse sul camino, ma lui non si mosse. Fissava Edward, gelato.

«Ti perdono perché capisco adesso cosa deve essere stato per te», disse Edward. «Se Bella fosse stata la moglie di mio fratello … non so se avrei avuto la forza di resisterle.» Si voltò, lasciò la stanza e richiuse piano la porta dietro di sé.

Sarebbe salito a vedere se Elizabeth era ancora sveglia, decise. Era rimasto a cena fino a più tardi del solito e si era intrattenuto con un menestrello piuttosto che tornare al suo letto vuoto e freddo. Immaginò che fosse un piccolo assaggio di quello che sentiva Emmett, e forse questo era ciò che gli aveva dato la spinta finale di cui aveva bisogno per perdonare suo fratello.

«Mio Lord, possiamo fare una parola?» Padre Jacob uscì dall’ombra e a Edward venne quasi un infarto. La sua faccia bianca sembrava galleggiare nell’oscurità dove le sue vesti nere si mescolavano con le ombre.

«Chiedo perdono», mormorò. «Non intendevo spaventarvi.»

«Va bene», disse Edward, provando a calmare le palpitazioni del suo cuore. «Che c’è, Padre?»

«Devo parlare con voi riguardo a Lady Cullen. Potremmo andare nella cappella dove possiamo avere un po’ di privacy?» Fece un cenno da sopra la spalla verso i domestici che seguivano Edward a discreta distanza. Edward avrebbe preferito farsi togliere un dente, ma sapeva che aveva evitato Padre Jacob più a lungo che poteva. Se era ancora in corrispondenza con Gardiner, le sue scarse presenze alla messa e la sua mancanza di interesse nelle materie spirituali potevano arrivare alle orecchie della Regina. Si sforzò di sorridere e seguì il prete.

L’ostia era conservata sull’altare e quindi questo era illuminato dalle candele. Il prete giovane della cappella era inginocchiato sul pavimento di pietra di fronte all’altare, facendo la veglia. Si alzò in piedi, si fece il segno della croce e lasciò la cappella non appena vide entrare Padre Jacob con Edward. C’era una panca in una nicchia vicino alla tomba dei genitori di Edward e Padre Jacob gli fece cenno di sedersi. Edward osservò le immagini scolpite di sua madre e suo padre, statue di marmo, distese sul sarcofago, entrambi con le mani giunte in preghiera. Pensò che l’immagine di suo padre somigliava davvero poco all’uomo, mentre invece lo scultore aveva fatto un meraviglioso lavoro con la somiglianza di sua madre, almeno per quanto Edward riuscisse a ricordare. Stava diventando sempre di più un’ombra nella sua mente, mentre passavano gli anni. Non l’aveva conosciuta bene quando era in vita e adesso non c’erano ricordi felici che potesse riportare alla mente, solo gli incontri serali in cui veniva convocato di fronte a loro per recitare le sue lezioni, i palmi umidi di sudore ansioso.

«Era da un po’ che volevo parlare con voi», disse Padre Jacob. «Ora che è coinvolto anche un influenzabile bambino, è necessario che io vi dica quello che penso in proposito. Io non credo che Lady Cullen sia una madre adatta per vostro figlio.»

«Cosa?» sbottò Edward. «Questo è ridicolo. Perché mai dite una cosa simile?»

«È una donna di misera condotta morale, mio lord, per quanto mi addolori dirlo.»

«Questo è falso», scattò Edward. «Bella è una persona dal cuore gentile, amorevole e intelligente, esattamente le qualità che desidero abbia mio figlio.»

«La prima qualità che dovreste desiderare in un figlio è che sia un buon cristiano», ribatté il prete. «E tutta la gentilezza del mondo non salverà un’anima pagana il Giorno del Giudizio. Il vostro primo dovere, come padre, è badare all’istruzione morale di vostro figlio. La gentilezza lo trasformerà in una creatura pigra e intemperante, preoccupata solo del piacere della carne. Il vostro stesso padre …»

«Non è come io voglio essere», disse Edward. «L’influenza di Bella mi ha reso un cristiano migliore di quanto fossi prima. Migliore con quelli che mi circondano, migliore con le persone che dipendono da me, più caritatevole …»

Padre Jacob scosse la testa. «Siete diventato confuso. Per esempio, il grano che avete acquistato …»

«Un’idea di Bella», asserì Edward.

«Non ne dubito», disse Padre Jacob sprezzante. «Lei vi induce ad ignorare l’ordine sociale stabilito da Dio. Se un contadino è affamato, questa è la volontà di Dio, che lo istruisce attraverso la sofferenza. Comprare cibo per loro gli permetterà di evitare il loro giusto castigo e li incoraggerà a diventare pigri. Perché lavorare se possono essere nutriti senza farlo? Li porterete alla rovina spirituale. Il denaro che avete sprecato in quel grano poteva essere usato dalla Chiesa in maniera migliore.»

«Oh, certo, un altro candelabro d’oro per l’altare di certo servirà ad alleviare le sofferenze dei poveri», sputò Edward e poi sentì lo stomaco gelarsi. Non doveva dire una cosa del genere. Dio Santo, non avrebbe dovuto dirlo. Si insultò in mille modi per aver perso la pazienza.

Ma Padre Jacob non gli rispose furiosamente. La sua espressione si ingentilì e la sua voce divenne dolce e suadente. «Non lo vedete? Questa è la confusione che ha portato dentro di voi. Le nostre chiese sono la casa di Dio e devono essere degne di Lui. La bellezza all’interno può indurre un peccatore ad entrare e sentire il messaggio, e anche se quel candelabro d’oro non riempirà la pancia di un povero, potrebbe finire per salvare la sua anima. Salvare le anime è molto più importante che alleviare le sofferenze transitorie. I dannati soffriranno dolori assai peggiori nel mondo che verrà, ve lo assicuro.»

«È tutto?» chiese Edward.

«No, ma dovrebbe essere già abbastanza per voi per sapere che dovreste mandare vostro figlio lontano dalla sua influenza. So anche di certe sue … impudicizie. Di cui so che voi siete a conoscenza.»

Sapeva delle nuotate notturne di Bella. Era l’unica cosa possibile a cui poteva alludere. «Non so cosa intendete.»

«Mio lord, io ho visto …»

«Se voi vedete delle cose, Padre Jacob, forse voi stesso avete bisogno di una purificazione spirituale.» Edward si alzò. «Non parleremo più di questo.»

«Ma, vostra gr…»

«Non parleremo più di questo», ringhiò Edward.

Padre Jacob gli afferrò il braccio, e la sua disperazione era evidente, per osare mettere le mani sulla persona di Edward. «Mio lord, ci sono accuse di certe … azioni innaturali. Non ha sentito dolore nel parto. Solo una strega …»

«Come osate?» disse Edward, la voce tonante e gelida. «Dimenticate con chi state parlando? Se pronuncerete ancora quella parola riferita a mia moglie, rimpiangerete la vostra calunnia. Ero con mia moglie quando ha partorito. Ha sofferto come ogni donna comune, ma ha una tolleranza maggiore rispetto a molte altre.»

«Il fatto che voi foste lì parla della sua innaturale influenza su di voi. A causa di lei voi vi comportate in modo bizzarro, mio lord. Sono restio a provocare la vostra rabbia, ma qualcuno deve dirvi queste cose, qualcuno deve mostrarvi cosa vi sta accadendo, prima che sia troppo tardi.»

«Considerate il vostro dovere in proposito completamente compiuto», disse Edward freddamente. «Voi resterete qui quando la mia famiglia ritornerà a Londra. Non vi manderò via per la promessa che ho fatto alla mia prima moglie, ma non tentatemi di nuovo con la mia ira, Padre Jacob, perché in futuro non sarò così generoso.»

Quando il Duca se ne fu andato, Padre Jacob cadde in ginocchio di fronte all’altare. «Dove ho sbagliato?» si lamentava. «Cosa devo fare ora?»

Non ci volle molto prima che gli arrivasse la risposta.

 

 

La Regina abbracciò e baciò Bella quando la vide. «Mi sei mancata tanto! Come sta il tuo bambino?»

«Vivo e vegeto, vostra maestà», disse Bella.

«Sia lode a Dio.»

«Certo, e possa mandare a voi la stessa cosa», replicò Bella. Era quello che Maria voleva di più al mondo, non solo per mantenere un cattolico sul trono, ma per avere una famiglia. Un marito affettuoso, un figlio affettuoso, proprio come lei ricordava la sua infanzia prima che quella ‘strega’ di Anna Bolena distruggesse tutto.

Filippo sarebbe arrivato la sera successiva, e Maria aveva cambiato idea già tre volte su cosa indossare. Tutte le sue scelte erano del suo colore preferito, porpora, anche se Bella aveva provato con gentilezza a indurla verso un rosso o un rosa, più lusinghieri con la sua carnagione. Bella era in piedi al suo fianco sulla piattaforma che era stata costruita fuori di palazzo Wolvesey. Teneva la mano della Regina, ed era gelata, tremante nella sua. «Prendete dei respiri profondi, vostra maestà», sussurrò Bella. L’ultima cosa di cui avevano bisogno era che la Regina svenisse.

Sentirono i cavalli prima di vederli. La maggio parte del seguito di Filippo stava arrivando separatamente. Era stato avvertito da suo padre di tenere un basso profilo per quanto possibile, così stava portando solo novemila nobili, domestici e soldati con lui, e mille cavalli, e centoventicinque navi. Non era strano che gli inglesi si sentissero invasi, anche se i soldati, come da accordo di matrimonio, non potevano sbarcare.

C’erano già stati alcuni conflitti. Gli spagnoli potevano essere arroganti e xenofobi quanto gli inglesi, e molti di loro erano risentiti per il loro ‘esilio’ in questa piccola e fredda isola che loro vedevano come lo stagno del mondo. Lo scontro di culture era inevitabile. Il Conte di Derby per poco non causò un incidente internazionale quando tentò di baciare la Duchessa d’Alba per salutarla.

Maria emise un pigolio. «Oh, Bella, lui è qui! È qui!»

Filippo cavalcava davanti alla lunga parata, appollaiato su un cavallo bianco, come un principe delle favole. (Il cavallo era placido, perché lui cavalcava male, e l’armatura era ornamentale, perché non era bravo neanche nella giostra). Gli occhi di Maria brillavano e tremava da capo a piedi. Questo era l’inizio della sua favola, ne era convinta. Avrebbe avuto una famiglia affettuosa e l’Inghilterra sarebbe tornata alla Vera Fede e il regno sarebbe stato felice e prospero come nelle memorie dorate della sua infanzia.

Filippo smontò e camminò verso la Regina. Era pallido, biondo e aveva una testa sproporzionatamente grossa rispetto alla corporatura piuttosto piccola. La mascella Asburgo protrudeva più di quanto indicasse il suo ritratto, ma a giudicare dallo sguardo di lei, era l’uomo più bello che Maria avesse mai visto.

Si inchinò impacciato, ma Maria era affascinata. Se lui era rimasto in qualche modo deluso dall’aspetto di lei, ebbe abbastanza grazia da nasconderlo. Le parlò in spagnolo e lei rispose in un misto di latino e francese. Lei aveva imparato lo spagnolo da piccola da sua madre, ma non lo parlava da così tanti anni che le mancava la sicurezza per provare. Bella parlava molte lingue umane e lo capiva perfettamente, ma non si offrì di tradurre. Edward le aveva detto che non avrebbe potuto spiegare come lo conosceva.

Filippo e Maria entrarono all’interno e si sedettero sotto il baldacchino, chiacchierando piuttosto amabilmente. I nobili si tenevano indietro per dare loro l’illusione della privacy, e Bella vagava tra di loro, alla ricerca di Edward. Lui non era stato con i consiglieri che avevano incontrato Filippo sull’Isola di Wight poco dopo che era sbarcato, prima che partisse per incontrare la sua sposa a Winchester. Maria aveva voluto che suo cugino restasse con lei. Aveva molte domande sul matrimonio e su ciò che un uomo vuole dalla sua sposa e Edward aveva risposto alle sue domande il più onestamente possibile. Parlò invece con Bella riguardo a quello che chiamava “il lato fisico del matrimonio”, qualcosa che la rendeva ancora parecchio nervosa.

Individuò una testa di capelli rosso-bruni nell’angolo della stanza e sospirò contenta. Edward. Lui si voltò leggermente e si appoggiò contro un pilastro di pietra, e per un momento, lei rimase dov’era, semplicemente godendosi la vista. Non era l’unica donna della sala ad aver notato quanto fosse bello. Lei sorrise quando una donna gli si avvicinò e provò a flirtare solo per essere seccamente respinta. Suo. Solo suo, così come lei era solo sua. Attraversò la folla verso di lui e quando lui la vide la sua faccia fu riscaldata da un sorriso che diventava sempre più grande mentre lei si avvicinava. Si baciarono, con dolcezza, attardandosi un po’ più a lungo di un normale bacio di saluto. «Come se la stanno cavando?» le chiese lui, facendo un gesto con la testa verso Maria e Filippo. Sapeva che l’udito di Bella era più acuto di quello di un umano, e probabilmente aveva udito l’intera conversazione tra il Principe e Maria.

«Bene come si ci poteva aspettare, suppongo», disse Bella. «Stava provando a insegnargli come dire ‘Buonanotte a tutti i miei lord’ in inglese quando sono andata via.»

Come a un segnale, Filippo si alzò e disse, «God ni hit»

Furono le uniche parole inglesi che avrebbe mai pronunciato.

 

 

 

 

 

Note storiche

-          Il colostro, o “latte sottile” è il latte che viene prodotto per primo dalla madre, ed è pieno di anticorpi che costruiscono il sistema immunitario del bambino. La saggezza popolare del tempo diceva che andava scartato finché alla donna non fosse montato il “vero latte”.

-          Il punto di vista ufficiale della Chiesa cattolica è sempre stato che il “churching” (tradotto benedizione) fosse solo una cerimonia per rendere grazie, ma era convinzione comune al tempo che il parto fosse in qualche modo “sporco” e che dopo una donna dovesse essere ritualmente purificata.

 

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/20/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  20

 

In un mondo perfetto, la mattina del matrimonio della Regina avrebbe dovuto sorgere luminosa e soleggiata per riflettere l’eccitamento e la gioia, ma così com’era ormai da mesi, la pioggia diluviava costantemente. Maria era imperterrita e un baldacchino di tela fu sistemato in fretta. I suoi gentiluomini lo avrebbero portato  per ripararla mentre lei camminava per il breve percorso che l’avrebbe portata alla cattedrale. Anche il popolo che era venuto a guardare lo spettacolo non sembrava spaventato dalla pioggia. Erano già tutti allineati lungo la strada, fradici fino alle ossa, aspettando di intravedere la Regina. I venditori circolavano tra la folla, vendendo castagne arrosto, souvenir e cianfrusaglie.

Erano le sette del mattino e Maria era già vestita con l’abito bianco e porpora che avrebbe indossato per il matrimonio. La sera prima aveva mandato a Filippo un vestito da sposo di velluto bianco ricamato in oro, e adesso si era ricordata di non aver mandato neanche un gioiello da portare insieme. Diede a Bella una scatola di legno intagliata contenente una spilla con un enorme rubino e dei diamanti e le disse di portarla al principe.

Bella percorse i corridoi, Alice al seguito, diretta all’entrata del palazzo. Il principe era stato alloggiato nella casa del decano, poche porte più giù della casa che avevano affittato Edward e Bella. Mentre camminava, la sua mente andò a Ward, pensando a come poteva svignarsela per qualche minuto per tornare alla loro casa in affitto per allattarlo. Il seno le faceva già male, che secondo lei, era il modo della natura di farle sapere che il bambino era affamato. Decise che avrebbe consegnato la spilla e poi sarebbe andata un po’ dal suo bambino. Probabilmente la Regina non si sarebbe neanche accorta che era stata via più del necessario.

Forzare la portantina in mezzo alla folla era come nuotare controcorrente. Bella era dispiaciuta per i poveri portatori che dovevano urlare e spintonare. Le grida di “Fate largo alla Duchessa” non si sentivano in mezzo al chiacchiericcio eccitato della folla. Alice aveva paura dentro la portantina; una folla così la spaventava. Alla fine riuscirono ad arrivare alla casa del decano e Bella aspettò finché il ciambellano aprì la porta prima di precipitarsi dentro con Alice.

Di sopra, trovò che la porta di Filippo era socchiusa. Sbirciò dentro e vide che Filippo era stato quasi completamente vestito dai suoi gentiluomini.

«Sembra più vecchia di come mi avevano detto», disse lui. «E anche più flaccida di quanto mi aspettassi. Non è grassa, ma la sua carne è floscia. Avete notato che non ha sopracciglia?»

«Sopportate, vostra maestà», disse uno dei gentiluomini. «Non è così male come avrebbe potuto essere.»

Filippo guardò giù al suo abito da sposo con disgusto. «Spero che questi siano gli ultimi vestiti che mi manda. La donna ha un gusto orribile. Nessuna regina dovrebbe essere vestita così male, anche se è inglese.»

I gentiluomini ridacchiarono alla sua battuta. Quelli del Continente amavano prendersi gioco della moda inglese.

Bella bussò alla porta. Uno dei gentiluomini aprì. Bella si inchinò e spiegò in inglese che aveva un dono per il Principe dalla sua sposa. Il Principe le lanciò un’occhiata. «È quella piccola creatura che teneva la mano della Regina ieri quando sono arrivato. Chi è, comunque?»

«Duchessa di Cullen, vostra maestà. Credo che il suo nome cristiano sia Isabella, come la vostra santa nonna .»

«Che dici Reynard? Dovrei provarci con lei? Avrò bisogno di un’amante o due per tirare avanti fino a quando tornerò al mondo civilizzato.»

Bella tenne gli occhi fissi sulla porta e lottò contro il rossore rabbioso che minacciava di invaderle le guance. Era contenta che Alice non capisse lo spagnolo.

L’ambasciatore spagnolo la studiò criticamente e poi si voltò di nuovo verso il Principe. «Non questa. Suo marito è di rango troppo alto. Vostro padre vi ha raccomandato discrezione, vostra maestà.»

«Peccato», commentò il Principe. «Ha proprio quello sguardo che dice che dovrebbe essere selvaggia sotto le coperte. Comunque, aprite la scatola. Vediamo cosa mi ha mandato la mia leggiadra sposa.»

Uno dei gentiluomini sollevò il coperchio e mostrò l’enorme rubino, circondato di diamanti, su un letto di velluto bianco. Bella pensò che sembrava una macchia di sangue fresco e rabbrividì.

Filippo gli diede un’occhiata. «Dovrei indossarlo, dici? Pensavo di mettere quel set di diamanti che avevo comprato prima di partire.»

«Credo che sarebbe prudente», lo avvertì Reynard.

«Va bene», disse Filippo con riluttanza, senza dissimulare. «Mandate pure via la piccola Duchessa con qualche messaggio su quanto sono grato e simili. Reyes ti ha detto cosa vuole la Regina come anello di matrimonio? Una semplice fascetta d’oro. Ha detto che vuole che il suo anello sia come quello delle “fanciulle di un tempo” o qualche scemenza del genere.»

I gentiluomini risero.

Reynard si rivolse a Bella in inglese. «Sua altezza desidera esprimere la sua gratitudine per il bellissimo gioiello, che indosserà vicino al suo cuore per l’amore che porta alla Regina.»

Bella s’inchinò. «Lo dirò a sua maestà. Grazie, mio lord.» Uscì dalla stanza arretrando, perché Filippo si aspettava già di essere trattato come un re, e si ritirò nel corridoio. Le faceva male il cuore per la povera Maria, che qui non avrebbe trovato quell’unione d’amore che aveva sognato.

Invece di risalire sulla portantina per la piccola distanza fino alla casa che avevano in affitto lei e Edward, Bella e Alice camminarono, un’impresa più ardua di quanto si potrebbe immaginare. Dovevano tenere sollevate le gonne pesanti per evitare che si infangassero e saltavano di pietra in pietra per cercare di tenere pulite le loro pantofole. Bella si rimproverò per essersi dimenticata di portare un paio di soprascarpe. Sembrò una vera e propria vittoria quando alla fine arrivarono alla casa.

Edward era ancora a casa e lo trovò nella loro camera da letto con il bambino. Era steso di fianco con Ward appoggiato su un cuscino vicino a lui, tutti presi a giocare a nascondino (bau settete). Kat insisteva che quando Ward sorrideva era solo una smorfia per via dei gas. Diceva che i bambini erano ciechi fino a che non avevano qualche mese, una teoria che Bella non riusciva a capire, dato che chiunque avesse guardato con un po’ di attenzione, avrebbe visto che gli occhi del bambino lo seguivano.

Sorrise quando vide Bella sulla porta. «Credo che Ward abbia già capito questo gioco. È molto intelligente, nostro figlio.»

Bella si sedette sul letto, tolse le spille dalla pettorina e si aprì il corpetto. Edward alzò il bambino e glielo mise con gentilezza tra le braccia quando lei ebbe aperto il vestito. Lei sospirò di sollievo quando il bambino cominciò a bere.

«Vorrei avere un quadro di voi ritratti proprio così,» disse Edward. «Una madonna col bambino. C’è una bellezza e una serenità in questo che è quasi santa.»

Bella passò il bambino all’altro seno e Edward mise un dito sulla mano del bambino. La presa stretta di Ward lo rassicurava sempre che era forte e in salute. Adesso aveva così tanto da perdere, e il pensiero lo spaventava.

«Dov’è la piccola Elizabeth?» chiese Bella. «Speravo di vederla prima di tornare al palazzo.»

«Sta facendo un sonnellino», disse Edward dispiaciuto. «Possiamo svegliarla.»

«No, lasciala dormire.»

Edward le diede una lunga occhiata indagatrice. «Sembri rattristata da qualcosa.»

«Ho sentito per caso il Principe parlare con i suoi gentiluomini stamattina. Ha detto delle cose poco gentili sulla Regina.»

«Dagli tempo, Bella. È possibile che nasca un affetto tra loro.»

«Lo spero», disse Bella. «Maria ne ha bisogno. Tanto.»

Lasciarono Ward alle cure di Kat. Nonostante tentasse di tenere il suo comportamento brusco da ‘niente scemenze’, si sciolse quando le misero il bambino in braccio. Tubava con lui e lo solleticava sotto il mento per vedere quella ‘smorfia da gas’. Bella e Edward si scambiarono un sorriso segreto alle sue spalle.

Tornarono insieme al palazzo. La Regina si stava agghindando con la frenesia dell’ultimo minuto, il viso colorito e gli occhi brillanti di eccitazione. Come Bella si aspettava, non aveva notato quanto ci avesse messo Bella a tornare dalla sua commissione. Bella le riportò le graziose parole di ringraziamento per il suo dono e la Regina arrossì di piacere. «Lui è tutto quello che ho sempre sperato», si entusiasmò Maria. Maria, che una volta aveva chiamato se stessa “la donna più infelice della Cristianità” stava finalmente per avere quel suo principe delle favole che aveva tanto desiderato. Per lei, ogni pezzo stava andando al suo posto.

Si dice che ogni sposa sia bella il giorno del suo matrimonio, e Maria non fece eccezione. Il rosa delle sue guance e lo scintillio dei suoi occhi la facevano sembrare almeno dieci anni più giovane, in quel momento. Bella portò il suo strascico mentre entravano nella cattedrale e il Conte di Derby camminava davanti a lei portando la spada del monarca. Dall’altro lato si incontrarono con Filippo. Uno dei nobili spagnoli stava davanti a lui con una grossa pergamena che portava il sigillo dell’Imperatore. Il contenuto della pergamena fu letto ad alta voce all’assemblea: l’Imperatore dava a suo figlio i regni di Napoli e Gerusalemme, così che Maria sposasse un suo pari, un re nel suo pieno diritto.

Il Vescovo Gardiner, cancelliere di Maria, celebrò la cerimonia. Essendo morto il padre di lei, Edward fu uno del trio di nobili che dava la sposa, in nome di tutta l’Inghilterra. Maria venne meno alle condizioni concordate dal contratto di matrimonio e fece voto di essere «compiacente e obbediente» a Filippo anima e corpo e gli conferì tutti i suoi beni terreni. Molti si sarebbero chiesti più tardi se fosse stato un errore di traduzione, ma Filippo fece voto di conferirle semplicemente i suoi beni mobili. E così era fatta. Filippo diventava re d’Inghilterra e Maria diventava Regina di Napoli e Gerusalemme, regni che non avrebbe mai visto.

Bella e Edward scivolarono via dal banchetto di matrimonio appena fu decentemente possibile. Non erano interessati ad assistere alla cerimonia del letto, che sapevano sarebbe stata imbarazzante e disagevole per la povera Regina. Meno testimoni c’erano, meglio era, secondo Edward.

Fecero i loro saluti e Maria baciò la fronte di Bella quando questa si alzò dal suo inchino. Bella sorrise in risposta. La Regina sembrava felice, una cosa che Bella non aveva mai visto. Sperava solo che durasse.

 

 

Edward dichiarò che la mattina successiva sarebbe stata dedicata alla sua famiglia. La Regina non teneva corte, avrebbe passato i prossimi giorni in isolamento. C’era stato un piccolo incidente quella mattina quando un contingente di nobili spagnoli si era presentato alla porta della camera della Regina. Le dame erano scioccate e avevano detto che non era decente visitare una donna la mattina dopo la sua notte di nozze. I nobili provarono a spiegare che era tradizione in Spagna salutare il monarca e la consorte nel loro letto la mattina dopo il matrimonio, ma non parlavano inglese e le dame non riuscirono a capire i loro accenti pesanti quando provarono con altre lingue.

Filippo si era alzato presto, secondo le voci di corridoio, aveva detto Alice. Si era alzato alle sette e aveva lavorato alla sua scrivania fino all’ora della messa (cui aveva assistito due volte quel giorno) e adesso stava visitando i luoghi storici intorno a Winchester, inclusa una visita per vedere la tavola rotonda di Re Artù. Edward probabilmente sarebbe dovuto andare con lui, ma lui era molto più interessato a passare del tempo con la sua famiglia che ad accattivarsi il favore del nuovo marito di Maria.

Ward era steso su una coperta sul pavimento in mezzo a loro, indossando solo un pannolino. Elizabeth stava giocando con lui a un gioco che avevano inventato. Lei teneva tese le mani e aspettava che lui le calciasse, facendo uno strillo deliziato ogni volta che lui faceva contatto. Edward era steso appoggiato a dei cuscini, le mani allacciate alla vita di Bella, che stava contro di lui.

«Penso ancora che dovremmo fasciarlo», disse lui. «Altrimenti i suoi arti non cresceranno dritti.»

«Stupidaggini», disse Bella. «È perfetto così com’è. Se fosse fasciato non potrebbe muoversi come sta facendo ora.»

Questo era vero. I bambini fasciati avevano gli arti avvolti saldamente ed erano confinati da una stretta coperta che li avvolgeva. Perfino le loro teste erano fissate con delle fasce di lino.

Edward scosse la testa. Bella come genitore aveva idee molto strane, come permettere al bambino di stare steso su una coperta nudo tranne che per un pannolino lento, che lei diceva avrebbe prevenuto quegli sfoghi cutanei che piagavano tanti bambini e a volte causavano infezioni fatali. Doveva ammettere che finora, Ward sembrava molto più felice e in salute di quanto fosse Elizabeth alla sua età.

Le voci sul loro strano comportamento avevano cominciato a circolare e qualche volta a Edward era stato chiesto dai suoi pari di queste «pratiche pagane». Chiaramente l’opinione generale era che Bella stesse rischiando la vita di suo figlio lavandolo ogni giorno, lasciando la sua pelle nuda all’aria e lasciando che i suoi arti crescessero a caso. Kat li difendeva strenuamente, anche se in privato si chiedeva se fosse saggio quello che Bella stava facendo. Kat insisteva che gli arti di Ward erano così perfetti che non aveva bisogno dell’assistenza delle fasce come i bambini di altri, chiaramente inferiori.

La scandalosa insistenza di Bella ad allattare il bambino da sola si trovò una sorprendente partigiana: la Regina stessa. Questo richiamava la sua parte sentimentale. Dichiarò che le “mogli di un tempo” allattavano i loro bambini e che Bella andava lodata per come si dedicava al suo bambino. Del resto, tutti sapevano che i vizi e i difetti caratteriali di una balia potevano essere trasferiti con il latte, così come era possibile trasferire delle malattie.

La corte ritornò a Londra una settimana dopo il matrimonio. Gli ultimi giorni furono pieni di feste, masque, giostre e danze, a cui Bella e Edward non parteciparono molto. La distratta Regina era così appassionatamente innamorata del suo nuovo marito che probabilmente non avrebbe notato se l’intera corte fosse svanita nel nulla.

Sfortunatamente, la casa di Hampstead Heath era troppo lontana perché Bella potesse tornare per allattare Ward, e quindi il bambino doveva essere portato al palazzo durante il giorno. Kat controllò che i domestici pulissero e preparassero la stanza per lui. I muri, i pavimenti e perfino il soffitto furono strofinati con l’aceto, la stanza fu sottoposta a fumigazioni e fittamente coperta di arazzi per tenere fuori i sudici miasmi della corte. Edward fece perfino venire Padre Jasper a benedirla («Non si sa mai» disse lui imbarazzato). A nessuno, tranne Kat e Alice, era permesso entrare in quella stanza.

Bella amava quella stanza. Ben presto divenne il suo quieto ritiro in cui poteva scappare dal rumore e dai drammi meschini della corte e accoccolarsi con il suo bambino. Appena Edward poteva scappare dai suoi doveri, la raggiungeva e si stendevano insieme con il loro bambino in quel bozzolo quieto e sicuro dove niente era importante tranne la loro famiglia.

Poche settimane dopo il matrimonio, Bella tornava dall’aver allattato Ward  e trovò la Regina nella sua stanza che piangeva di fronte all’altare. «Vostra maestà! Che c’è che non va?»

«Non c’è niente che non va», sussurrò Maria. Si voltò verso Bella e le prese la mano. «Voglio che tu sia la prima a sapere. Credo di essere gravida.»

Bella boccheggiò. Le lavandaie corrotte avevano informato tutta la corte che la Regina non mestruava, ma lei era sempre stata irregolare nei suoi corsi. La mattina precedente si era svegliata con un po’ di nausea, ma era qualcosa da aspettarsi dopo i sontuosi banchetti di ogni sera. Le chiacchiere circolavano, ma Bella aveva imparato a non crederci molto.

«Oggi mi sono consultata con i miei medici», confessò Maria. «Anche loro credono che sia così. Oh, Bella, io …» Maria scoppiò in lacrime e Bella si comportò come un’amica, non una suddita. Prese la Regina tra le braccia e la tenne stretta mentre singhiozzava di gioia.

 

 

Quella sera Maria decise di avere una cena privata con la sua famiglia nei suoi appartamenti. Filippo declinò di unirsi a loro perché aveva un incontro con i suoi consiglieri, o almeno così aveva detto. Edward prese l’occasione per affrontare l’argomento delle prospettive di matrimonio di Ward. «Avrei scelto una moglie per lui, col permesso di vostra maestà, naturalmente», disse lui.

Maria finì di masticare e la sua domestica le asciugò le labbra. Alzò la sua coppa di vino. «Ah sì? A chi avresti pensato?»

«Alice Brandon. È la figlia della sorellastra del Conte di Hale.»

«La dama di compagnia di Bella?» La Regina riabbassò il bicchiere senza bere. «Perché?»

«È di una buona famiglia», replicò Edward. «Suo padre ha delle terre vicino alle mie al nord. Vorrei unire le nostre due famiglie.»

«Perché non una delle figlie del Conte? Sua moglie ne ha appena partorita un’altra.»

«Sono affezionato ad Alice e penso che sarebbe una buona moglie per lui.»

«Ma è di quasi venti anni più vecchia di lui!» disse la Regina, undici anni più vecchia di suo marito, con disapprovazione.

Edward non poteva dirle che il fidanzamento era solo una finta per proteggere Alice dal barone Tyler. Per Maria il matrimonio era un impegno sacro e si sarebbe gravemente offesa all’idea che qualcuno lo usasse in modo così insensibile. «Sua madre ha partorito un figlio sano a quarantadue anni,» disse Edward. Omise di dire che era morta nel processo. «Se sposiamo Ward a lei a quindici anni, lei ne avrebbe solo trentacinque.»

«No, Edward, questo è assurdo. Se vuoi riunire le tue proprietà con quelle del Conte, scegli una delle sue figlie più giovani, non una cugina che passerà la gioventù aspettando che lui cresca.»

«Cugina …»

«No.» La sua voce era ferma. Edward si allungò sulla sedia, sconfitto.

Alice aspettava con Ward in braccio quando lasciarono le stanze della Regina quella sera. «Glielo hai detto?» chiese Edward a Bella a voce bassa, per non essere sentito.

Bella scosse la testa. «Con tutto quello che è successo me ne sono dimenticata.»

«Bene», disse Edward. «Ne sarebbe solo delusa ora. Per il respiro di Dio, Bella, non so cosa fare adesso. Ci ho pensato all’infinito e non riesco a trovare un altro accoppiamento adatto per lei.»

Alice li incontrò in mezzo alla stanza e trasferì con attenzione Ward tra le braccia di Bella. Tutti e due gli baciarono la testina lanuginosa.

«Bella.» La Regina chiamò dalla porta. «Portamelo qui, per favore. Non ho ancora incontrato il membro più giovane della mia famiglia.»

Bella portò Ward alla regina che allungò le braccia per prenderlo. Bella era leggermente allarmata, perché non aveva mai visto Maria tenere un bambino, specie non fasciato, ma Maria lo prese tra le braccia e gli tenne la testa come un’esperta. «Non essere così angosciata», disse Maria a Bella. «Io mi sono presa cura della mia sorellina, Elisabetta, ricordi?»

Ward afferrò La Peregrina, la perla che Filippo aveva dato a Maria come dono di fidanzamento, e se la infilò in bocca. Maria rise piano. I suoi occhi erano umidi di nostalgia. «Oh, quanto vorrei che tu fossi mio, bel bambino», disse lei.

«Ne avrai uno tuo a tempo debito», le disse Edward.

Maria tolse la perla dalla bocca del bambino. «Sì», disse lei. «Dio mi ricompenserà per aver fatto la sua volontà, riportando questo regno a ciò che deve essere, e l’Inghilterra di nuovo alla Vera Fede. Sono davvero benedetta.» Baciò il bambino sulla testa e lo ridiede alla madre.

Le lacrime brillavano nei suoi occhi. «Non ci aspettano che tempi felici, e ringrazio Dio di questo.»

 

 

Quell’umida primavera divenne all’improvviso un’estate calda e secca. Quel poco che era stato piantato nei campi appassì sotto il sole spietato. La raccolta di quell’autunno fu la peggiore a memoria d’uomo. L’angoscia afferrò il popolo d’Inghilterra e i prezzi del cibo aumentarono vertiginosamente in anticipo sulla carestia che sarebbe arrivata.

In novembre, Maria restituì ufficialmente l’Inghilterra all’ordine cattolico, e per ottenere questa riunificazione, i funzionari ecclesiastici concordarono che fosse permesso ai nobili tenersi le terre e le proprietà che erano un tempo appartenute alla chiesa prima che Enrico VIII sciogliesse i monasteri. Il Cardinale Reginald Pole, figlio dell’amata amica di Maria, Margaret, ritornò in Inghilterra dopo che il Parlamento ebbe annullato la sua condanna e la perdita dei diritti civili, e servì come legato papale, ricevendo la sottomissione dell’Inghilterra e assolvendo il Paese dai suoi peccati.

Incontrò Maria e Filippo sui gradini del palazzo di Whiteall e salutò la Regina con le parole, «Ave, piena di grazia, il Signore è con te: tu sei benedetta fra le donne.»

«Quello è stato il momento in cui l’ho sentito la prima volta», ripeteva sempre Maria quando raccontava agli altri questa storia. «Ho sentito muoversi il bambino nel mio ventre.» Il simbolismo biblico non passava inosservato, neanche negli ascoltatori.

«Spero ardentemente che non chiami il bambino Gesù», disse Edward quella sera, mentre erano nel loro letto.

«Edward!» boccheggiò Bella, quasi ridendo mentre gli metteva una mano sulla bocca. Perfino lei la riconosceva come un’eresia. «Shh! I domestici possono sentire.»

«Sono sicuro di non essere l’unico a cui è venuto in mente», disse Edward, e poi girò Bella sulla schiena con un sorriso. «Tu sei una donna cattiva e disobbediente perché hai provato a far tacere tuo marito. Dovrò punirti.»

«Prego», boccheggiò Bella mentre le mani di lui scorrevano sul suo corpo.

«Ecco una brava ragazza», fece le fusa lui. «Accetta il tuo castigo, potresti trarne profitto.» Le prese le mani e gliele mise sopra la testa. «Non puoi muoverti. Non un movimento, capito?»

Lei sbatté gli occhi. Doveva resistere all’urgenza di annuire.

«Oh, tu sei una brava ragazza», disse approvando. «Credo che ti meriti una ricompensa per questo.» La sua testa sparì sotto le coperte e Bella si morse il labbro. Non riusciva a vedere la differenza tra castigo e ricompensa; erano entrambi un piacere delizioso.

 

 

 

Note storiche

-          I titoli per esteso di Maria e Filippo erano: “ Filippo e Maria, per grazia di Dio, Re e Regina d’Inghilterra, Francia, Napoli, Gerusalemme e Irlanda, Difensori della fede, Principi di Spagna e Sicilia, Arciduchi d’Austria, Duchi di Milano, Borgogna e Brabante, Conti di Asburgo, Fiandre e Tirolo.” Anche se il padre di lei aveva rotto con la chiesa cattolica, manteneva ancora il titolo di Difensore della Fede, datogli dal Papa quando scrisse un trattatello teologico che argomentava contro le posizioni di Martin Lutero, e conteneva anche un’appassionata difesa dell’autorità papale. Enrico non aveva scoperto che il Papa non doveva avere autorità sul suo regno, finché non gli disse di “no” su qualcosa che voleva. La pretesa sulla Francia era ancestrale, datando indietro fino ai tempi di Giovanna d’Arco; Calais era l’unico pezzetto di Inghilterra rimasto sul suolo francese.

-          La cerimonia del letto implicava di spogliare la coppia fino a lasciarli in camicia (nel caso di Maria e Filippo, indossavano anche una gran quantità di gioielli) e aiutarli ad andare a letto. Si chiamava un prete per benedire il letto e aspergerlo con l’acqua santa e chiedere a Dio che il matrimonio fosse fruttuoso. Poi gli sposi venivano lasciati soli a consumare il matrimonio (o soli come potevano essere i nobili, comunque). A seconda delle persone coinvolte, la cerimonia del letto implicava anche un sacco di scherzi, vino e lazzi osceni, ma quella di Maria deve essere stata un occasione più solenne e rispettosa. E ugualmente, come pensava Edward, deve essere stata molto imbarazzante per la natura pudica di Maria.

 

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/21/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  21

 

Emmett arrivò a casa a Hampstead Heath a metà novembre. Con lui c’era la sua bambina appena nata, chiamata Margaret come la madre di Rosalie, ma Rosalie non c’era.

«Ha avuto un parto difficile», disse Emmett dopo che si erano scambiati i saluti e si erano sistemati nella stanza privata di Edward e Bella. I due bambini erano stati messi nella grande culla di Ward vicino al camino, tutti e due addormentati. Emmett aveva messo l’involto fasciato che era la sua bambina a fianco di Ward e Ward aveva toccato curioso le coperte che coprivano tutto tranne la faccia di lei prima di addormentarsi al suo fianco.

«È quasi morta», continuò Emmett. «Ci sono voluti due mesi prima che riuscisse ad alzarsi dal letto, e dopo, qualcosa era cambiato. Era … melanconica, suppongo. Non so come altro descriverlo. Quando le ho detto che sarei tornato a corte, ha detto che voleva restare a Cullen Hall. La Regina ha dato il permesso, e ho pensato che nessuno di voi due avrebbe obiettato al fatto di non averla qui.» Emmett si chinò dalla sedia e guardò nella culla per controllare la sua bambina per la decima volta.

«La prima volta che ho visto Margaret, ho finalmente capito», disse Emmett piano. «Avevano pensato che sarei stato dispiaciuto perché era una femmina. Avevano quasi paura di dirmelo, ma poi la levatrice me l’ha portata e …» Emmett si bloccò, chiaramente non trovando le parole.

«Hai un bell’aspetto, Fratello», disse Edward. «Sembri … felice.»

«Sono felice», replicò Emmett. «E sto bene. Non ho bevuto un goccio da quando ho tenuto in braccio mia figlia per la prima volta.»

A Edward cadde la mascella. «Davvero?»

«Davvero. Ero malato … malato a morte, pensavo. Padre Jacob mi aveva dato l’estrema unzione.»

«Perché non mi hai cercato?» chiese Edward.

Emmett scosse la testa. «Non volevo che mi vedessi in quel modo, che vedessi come mi avevano portato in basso i miei peccati. Ma Dio è stato misericordioso, e adesso ho la mia Maggie.»

«È bellissima», la lodò Edward.

«È il mio miracolo», disse Emmett. «Non posso spiegarlo. Ho guardato il suo visetto la prima volta che l’ho tenuta in braccio e mi sono vergognato per ciò che ero diventato. Volevo essere degno di lei, essere il padre che merita. So che non mi crederai, e ti capisco, perché non ci crederei neanch’io, ma per me è cambiato tutto, Edward.»

Edward rimase in silenzio per un lungo momento. L’uomo che sedeva dinanzi a lui era un uomo che non vedeva più da quasi tre anni. Gli occhi di Emmett erano brillanti e svegli, non cisposi e annebbiati. Le sue mani non tremavano più e non aveva più addosso odore di alcool stantio. Sembrava … sveglio per la prima volta in anni. «Ti credo, fratello, e sono felice di riaverti.»

«E Rosalie?» chiese Bella.

«Non lo so.» Emmett si passò la mano tra i capelli, che erano lunghi come Bella non li aveva mai visti, una zazzera scura di ricci. «Qualcosa è cambiato anche per lei, il giorno che è nata Maggie. Tutti gli indovini che aveva ingaggiato giuravano che avrebbe avuto un maschio. Dopo il suo lungo e terribile travaglio, ha partorito una bambina e questo sembra averla spezzata come non avevano fatto i dolori e il travaglio. Non l’ha tenuta in braccio, non ha neanche voluto guardarla. Io ho provato. Ho pensato che se avesse visto come era bella e perfetta Maggie, avrebbe cambiato idea, ma lei si e è voltata dall’altra parte. Voleva che mandassi Maggie lontano a vivere con una balia, ma io mi sono rifiutato, e lei mi ha detto di tenere semplicemente Maggie lontano da lei. Ha perfino bruciato tutti i bei vestiti che aveva ricamato per il bambino, perché ha detto che erano per nostro figlio. È come se pensasse che Maggie le abbia portato via quel figlio.»

«Alcune donne hanno una tristezza dell’anima, dopo che è nato il bambino», disse Bella. «Forse Rosalie è una di loro. Ma migliorerà. Conosco delle erbe che potrebbero …»

«Lei è ammalata nell’anima, ma non è colpa della bambina», disse Emmett piatto. «Gliel’ho detto prima di andare via: avrà il mio anello e il mio nome, ma io non voglio avere niente a che fare con lei. Non sono crudele e non la metterò da parte, ma non sarò più un marito per lei.»

«È cambiata dopo che l’hai picchiata?» chiese Bella.

«Picchiata? Non l’ho mai picchiata», disse Emmett stupito. «Ti ha detto che l’ho picchiata?»

«Ho sentito delle voci dai domestici …»

Lui scosse la testa. «Ho minacciato di tagliarle i fondi e toglierle i gioielli e lei ha pianto per giorni, ma ti giuro che non ho mai alzato una mano su di lei. Minacciare di portarle via il denaro era già una punizione sufficiente. Penso che avrebbe preferito essere picchiata che minacciata di perdere la sua indennità.» Emmett sembrava disgustato dall’avidità di Rosalie. «Mi dispiace di averla portata nella nostra famiglia, Bella.»

«Sono sicura che debba esserci un motivo se lei …»

Edward rise piano. Prese sua moglie dalla seggiola, se la mise in grembo e l’abbracciò forte. «Questa è la mia Bella, sempre a provare a pensare il meglio delle persone.»

«Penso che sia triste e spaventata», disse Bella. «Questo porta le persone a fare cose che normalmente non farebbero.»

«Come quello che la Regina ha fatto alla Principessa Elisabetta?» chiese Edward cupo. Non aveva mai completamente perdonato Maria per aver mandato Elisabetta a Woodstock. Si rifiutava di leggere le lettere di Elisabetta o di ascoltare le sue lamentele sulle sue condizioni di vita, e si rifiutava di discutere la situazione con Edward. Erano a un punto morto: Maria aveva detto che non avrebbe riaccettato Elisabetta a corte a meno che non ammettesse la sua colpa e implorasse il suo perdono, ed Elisabetta non aveva nessuna intenzione di confessare qualcosa che dichiarava di non aver fatto.

«Bess tornerà a corte presto», disse Bella. «Avevo intenzione di dirtelo prima, ma me lo sono dimenticato con tutta l’eccitazione per l’arrivo di Emmett. Filippo ha detto a Maria di far ritornare a corte Bess, così che sia presente alla nascita del bambino.»

Emmett e Edward si scambiarono uno sguardo. «Cosa ha detto Maria?»

«Non era molto contenta, ma obbedirà ai desideri di suo marito.» Questo era un modo leggero di metterla. Dopo che Filippo aveva lasciato la stanza, Maria era scoppiata in lacrime e Bella e Susan Clarencieux avevano fatto il possibile per calmarla, per paura che facesse male al bambino. Filippo veniva raramente nelle stanze della Regina, e una volta che veniva, era per ordinarle di riportare Elisabetta a corte, proprio come quella lettera che aveva a lungo desiderato e che alla fine riguardava Elisabetta. Bella e Susan avevano detto a Maria che era naturale per un marito cercare di ricucire gli strappi nella famiglia di sua moglie, ma Maria non accettava queste banalità lenitive.

«Lui pensa che sia saggio avere l’erede al trono a portata di mano in caso Maria muoia di parto», disse Edward. E Bella temeva che questa fosse la conclusione cui era arrivata anche la Regina.

Si sentì un gemito dalla culla, e le orecchie di madre di Bella capirono subito che non si trattava di Ward. Si avvicinò alla culla mentre Emmett sollevava Margaret e la cullava gentilmente tra le braccia parlandole piano, ma Margaret piangeva sempre più forte.

«Ha fame», gli disse Bella. Non conosceva la voce di Margaret bene come quella di suo figlio. Riusciva a capire dal pianto di suo figlio quando aveva fame, o era bagnato, o voleva solo essere preso in braccio. Il pianto di Margaret le sembrava proprio il pianto ‘dammi da mangiare’.

«Alice, chiama la balia», comandò Emmett. Alice, che sedeva in fondo alla stanza, parlando piano con Padre Jasper, si alzò e si inchinò, anche se aveva un’espressione un po’ seccata per essere stata distolta dal suo prezioso tempo con Jasper.

«No, Alice, non ti preoccupare», disse Bella. «Posso allattare io Margaret.»

Tutti sembrarono sconvolti all’idea.

Bella rise. «Perché no? Ne ho tanto.»

«Sei una duchessa, non una balia», disse Edward.

Bella cercò di evitare di alzare gli occhi al cielo. Le donne selkie spesso lasciavano i loro bambini alla cura di un’altra madre mentre erano fuori a nuotare, e se il bambino aveva fame, quelle donne lo nutrivano, così come avrebbero fatto per il proprio figlio, e se una madre selkie si perdeva, un’altra avrebbe preso suo figlio per nutrirlo e crescerlo che se fosse il proprio. Questa gente aveva costumi così strani quando si trattava di allattamento. Avrebbero assunto un’estranea per dare latte ai loro bambini, ma una parente che si offriva di farlo urtava la loro sensibilità.

«Mi conosci meglio di quanto tu conosca la balia», disse Bella ad Emmett. «Sai che sono sana e che non ho vizi che posso passare alla tua bambina.»

Edward sorrise e le sussurrò all’orecchio, «Magari uno o due …»

Lei ridacchiò e gli baciò la guancia.

Tra le braccia di Emmett, Margaret continuava a lamentarsi. Ward piagnucolò e si preparò a cominciare un pianto di simpatia. Bella prese Margaret dalle braccia di Emmett e si ritirò in un angolo quieto e in ombra. Per prima cosa tolse alla bambina tutti gli strati di coperte e se ne mise una sulla spalla per pudore mentre si apriva la pettorina. Margaret si attaccò con entusiasmo. Emmett stava ancora vicino alla culla e sembrava ansioso. «So che Bella può fare meglio della balia, ma mi sembra …»

«Lo so», disse Edward. «Ma se lei vuole farlo, non vedo che male ci sia.»

Prima di ridare Margaret a suo padre, Bella controllò il pannolino e vide che aveva un orribile sfogo. «Oh, poverina.» Andò alla sua cesta e prese una crema che aveva fatto per Ward, nel caso avesse avuto un’eruzione cutanea, fatta con consolida e camomilla e la applicò sulla pelle arrossata e irregolare della bambina.

«Non può indossare questi», disse Bella, tirando le fasce che avvolgevano gli arti della bambina.

«Meglio non discutere di questo con lei», avvertì Edward quando Emmett aprì bocca.

«Ma verrà storta!» protestò Emmett. Margaret tubò e mosse le sue gambette e le braccia libere all’aria.

«Ward non è stato fasciato e sta crescendo dritto.»

«Tu non vuoi che soffra per queste infiammazioni, vero?» disse Bella. «La povera piccola soffoca sotto tutti questi strati!»

Emmett si arrese, proprio come aveva fatto Edward, in parte perché era incantato dalla gioia di Margaret a quella libertà, e in parte perché conosceva il cuore di Bella e sapeva senza dubbio che non avrebbe fatto nulla che avrebbe potuto danneggiare un bambino. Lei incontrò gli occhi di Emmett e sorrise con gentilezza e poi guardò giù i bambini, e Emmett seppe che Margaret aveva appena guadagnato un’altra madre.

 

 

«Vostra grazia?»

Bella aveva appena lasciato la cerimonia di ringraziamento a St.Paul, per il ‘risveglio’ della Regina, e stava andando verso la sua portantina con l’idea di tornare ai suoi appartamenti per nutrire i bambini quando la voce la bloccò. Non riconobbe l’uomo che si era inginocchiato di fronte a lei. Il vento soffiava le foglie secche sul selciato intorno a lui, che tremava leggermente, ma Bella non pensava fosse per il freddo.

«Sì», disse semplicemente.

«Vostra grazia, sono Edward Askew. Il marito di mia sorella, Thomas Kyme, è l’elemosiniere del vostro signor marito.»

Bella riconobbe vagamente il nome, ma non aveva mai incontrato l’elemosiniere di suo marito, che viveva nel villaggio vicino a Cullen Hall. «Capisco. Cosa volete da me?»

«Mia sorella, Anne, è stata cacciata di casa da suo marito. Non aveva un posto dove andare, così è venuta da me, ma io vivo in una delle locande vicino alla corte e il mio padrone di casa non mi permette di tenere una donna nelle mie stanze, anche se è mia sorella. Speravo che poteste prenderla al vostro servizio, mia lady. È una donna onesta e lavoratrice che vi servirà bene e con lealtà.»

«Perché suo marito l’ha cacciata?»

Askew esitò. «Loro … loro differiscono nella fede, vostra grazia. Anne è … della chiesa riformata. Vi prego, vostra grazia. Non usate la sua fede contro di lei. Padre Jacob mi ha suggerito di parlare con voi. Dice che siete una donna dal cuore gentile e che le vostre porte sono aperte a coloro che hanno bisogno.»

Bella era stupita, perché non aveva mai sentito Padre Jacob dire qualcosa di buono di lei ed era sorpresa che avesse suggerito un’assistenza a un protestante. «Questi sono tempi pericolosi per chi non si conforma», disse piano Bella.

«Vi prego, vostra grazia», implorò lui. «Ha perso la sua casa e i suoi figli.»

Il cuore di Bella faceva male. Una donna non aveva diritti sui suoi figli. Se Kyme voleva, poteva vietare a Anne di rivedere i suoi figli per sempre. Bella provò a immaginare il dolore che avrebbe sentito se Edward le avesse portato via Ward e le si riempirono gli occhi di lacrime. «La aiuterò», disse. «Portala a casa nostra domani e parla con Kat Ashley per un posto per lei. E io farò in modo che il mio signor marito parli con Kyme.»

«Grazie, vostra grazia», disse Askew. Una lacrima gli scivolò sulla guancia. «Non potete capire quanto io vi sia grato.»

Bella gli sorrise e continuò per la sua strada verso le sue stanze. Intendeva dare al suo bambino un bacio extra e anche ad Edward. Ogni giorno, qualcosa le faceva capire come lui fosse straordinariamente buono con lei. Lei e Alice camminarono in silenzio, entrambe perse nei propri pensieri, e questo probabilmente fu il motivo per cui Filippo e i suoi gentiluomini non le notarono.

«Almeno vi siete risparmiato di condividere il letto con il vecchio cane, adesso», disse uno di loro e Filippo rise.

«Te lo dico io, ci vuole la forza di Dio per bere da quella coppa», disse Filippo esagerando un brivido.

Le lacrime bruciarono negli occhi di Bella. Quando era in presenza di Maria, Filippo era sempre molto educato. Si lanciava anche in qualche frase romantica, di tanto in tanto. Maria pensava che l’amasse, e pensava che fosse felice del matrimonio. Bella sperava che Maria non scoprisse mai come Filippo la schernisse alle spalle.

Alice vide dall’espressione di Bella che il re doveva aver detto qualcosa di orribile, ma ebbe abbastanza tatto da non chiedere. Aprì la porta della camera di Bella e Bella corse dentro, il caldo, sicuro piccolo mondo che condivideva col suo bambino. Trovò Kat seduta sul letto con Ward e Margaret, che faceva dondolare su di loro una collana di pietre preziose perché la toccassero con le loro manine. Ward sembrava divertirsi veramente a questo gioco perché squittiva deliziato, e Margaret sembrava contenta di guardare, attratta dal brillio delle gemme.

«Tutto bene?» chiese Kat a Bella.

Bella prese su Ward e lo baciò sulle guance paffute. «Meglio, adesso», disse. Si slacciò la pettorina ed aprì il corsetto con un sospiro di sollievo. Il seno le aveva fatto male tutto il giorno per quanto era stretto nella stoffa rigida. Mise Ward nell’incavo del braccio e lui cominciò a bere avidamente. Era un po’ difficile prendere Margaret con l’altro braccio, ma ci riuscì, e Margaret non ebbe bisogno di aiuto per attaccarsi.

Kat girava lì intorno controllando se sui mobili ci fossero tracce di polvere. Stava prendendo molto sul serio la sua posizione di governante e le povere ragazze erano terrorizzate di lasciare della polvere da qualche parte.

«Avrai una nuova cameriera in casa», disse Bella. «Si chiama Anne ed è la moglie di Kyme.»

«Ho sentito di lei», disse Kat e Bella ne fu sorpresa.

«Davvero?»

«Già, una delle cameriere della cucina è sua cugina o qualcosa del genere. Qualche giorno fa parlava con le altre ragazze della povera Anne. Sua sorella era la fidanzata di lui e quando è morta Anne è stata costretta a sposarlo al posto di sua sorella. Diceva che Kyme è così fanatico che al confronto Maria sembra un’apostata. Quando Anne si è rifiutata di partecipare ai suoi incontri sulla Bibbia, lui l’ha buttata fuori di casa, aspettandosi che tornasse sui propri passi. Invece lei è venuta a Londra. Le ragazze della cucina dicevano che stava cercando di divorziare.»

«Un divorzio?» Bella era atterrita. «Askew non ha detto niente del genere!»

«Probabilmente pensava che non ne sarebbe uscito nulla. È improbabile che gli ecclesiastici lo concedano. Non ha motivi.»

Bella si sentì a disagio. «Forse non avrei dovuto darle un posto qui in casa. Pensi che Edward sarà arrabbiato con me?»

Kat scosse la testa. «La casa è il territorio della moglie. Voi assumete chi volete. Non vi preoccupate. Starà nel sottoscala. Se non volete, non la vedrete mai.»

Era tardi quella sera quando Edward ritornò dai lavori del consiglio. Bella scese le scale per salutarlo e i domestici portarono il piatto che Bella aveva fatto tenere in caldo in cucina. Si sedette al tavolo e mangiò come se non avesse visto cibo tutto il giorno. Alla fine si appoggiò allo schienale, soddisfatto. «Grazie, Bella. Come stanno i bambini?»

«Elizabeth era un po’ agitata stasera. Voleva aspettarti, ma l’ho fatta andare a letto alla solita ora.»

«E i piccoli?»

Bella sorrise, toccata. «Tutti e due bene. Margaret è nella sua culla nella stanza di Emmett e Ward sta dormendo nel nostro letto, al momento. Era così adorabile accoccolato sul tuo cuscino che non l’ho spostato.»

«Sei sicura che allattare tutti e due i bambini non ti affatichi troppo?» chiese lui ansioso.

«Ne sono sicura. Sto molto bene.»

Se la mise in grembo. «Mi preoccupo per te.»

«Lo so. Ma Edward, te lo giuro, sto bene. Te lo direi se così non fosse.»

Lui le strofinò il naso sul collo. «Sei stata a nuotare di recente? Vuoi andare stanotte?»

Glielo disse con gentilezza, ma gli occhi di lui erano stanchi. «Forse domani», disse.

«Come è stata la cerimonia di ringraziamento?» chiese lui.

«Lunga», replicò Bella e lui rise.

«Nessuno dei vestiti della Regina le si chiudeva sulla pancia, quindi è andata in chiesa con i lacci lenti. È stato un piccolo scandalo, ma io penso che alla Regina piaccia mostrare la sua bella pancia.»

«Sembra stare meglio di quanto l’abbia mai vista», commentò Edward. «La rotondità le dona e ha un bel colorito.

«È felice», disse Bella. «Questo rende ogni donna più bella. Vorrei solo …»

«Cosa?»

«Filippo non è il Principe perfetto che crede lei.»

«Come se non lo sapessi», disse Edward cupo. «Questo è il motivo per cui ho fatto così tardi stasera. Il Parlamento ha confermato la riunificazione con Roma. Il Papa è di nuovo Capo della Chiesa d’Inghilterra, ma i nobili sono stati attenti ad includere una clausola che assicuri che nessuno di loro debba restituire le terre e le proprietà che avevano incamerato quando Re Enrico ha distrutto i monasteri. La Corona restituirà la porzione che ancora controlla, che è una perdita di entrate che possiamo a malapena permetterci. Tutto fatto ordinatamente e rapidamente, ma Gardiner voleva fosse inserita una clausola nell’atto che creasse Filippo reggente in caso Maria morisse di parto. Il consiglio e il Parlamento alla fine hanno assentito, ma Filippo doveva andare a infilare la sua scucchia Asburgo in materia, e ha chiesto un’incoronazione.»

«Vuole essere incoronato? Ma io credevo che il contratto di matrimonio …»

«Appunto.»

Bella emise un lamento. «Maria non ha detto nulla di questo. Lui la deve star assillando in proposito.»

«Quando? Va a farle visita a malapena, o almeno così si dice a corte.»

«È molto occupato», disse Bella automaticamente. Ed era vero. Filippo si comportava come co-governante di Maria. Firmavano insieme le leggi e Filippo la aiutava con le faccende amministrative, anche se Maria era quella che alla fine prendeva le decisioni. Maria aveva perfino emesso nuove monete che portavano entrambi i loro profili e non solo quello di lei.

«Il consiglio è fuori controllo», disse Edward piatto. «Le fazioni si spintonano per il potere, lottano costantemente e si pugnalano alle spalle. Mi meraviglio che si riesca a fare del lavoro. E ritornando all’autorità del Papa, non è stata una mossa popolare. L’Imperatore sta spingendo Filippo a prendere il controllo, assicurandosi che Maria sembri quella con tutto il potere. E Pole insiste che adesso che è stata restaurata la chiesa, dobbiamo reinserire le leggi sull’eresia.»

Bella impallidì. «Ha il supporto necessario?»

«Potrebbe averlo», ammise Edward.

«Parlerò con Maria», disse Bella. «So che non vorrà fare del male al popolo. Di sicuro non lascerà che avvenga.»

«Prego che tu abbia ragione», replicò Bella. «Con tutto il cuore e l’anima, prego che tu abbia ragione.»

 

 

 

 

Note storiche

-          Gli appassionati dei Tudor noteranno che il periodo di Anne Askew è precedente a quello di questa storia, ma era un personaggio affascinante e i problemi che affrontò erano ancora attuali durante il regno di Maria. Reclamo la licenza artistica.

-          E’ riportato che i cortigiani di Filippo chiamassero veramente Maria “old bitch” ( vecchia cagna), ma non nell’accezione che ha oggi di donna sgradevole. Intendevano proprio la femmina del cane.

 

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/22/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  22

 

Ora si canta, ora è primavera, le preoccupazioni esiliate

La nostra virtuosa Regina è vivificata da un bambino

Ora l’Inghilterra è felice, felice davvero,

che Dio nella sua bontà fa prosperare il suo seme,

perciò preghiamo, non ce n’è mai stato più bisogno

Dio fa prosperare Sua Altezza, Dio le mandi il suo buon favore.

Quanta buona gente è stata a lungo disperata,

che la sua piccola Inghilterra mancava del giusto erede,

ma ora la piccola calendula è fiorita,

l’Inghilterra trionfa senza più cure.

I nostri dubbi dissolti, le nostre fantasie accontentate,

il matrimonio è gioioso, da molti lamentato:

e tanta è l’invidia, come stolti si pentono

di errori e terrori che hanno inventato.

Dio faccia prosperare Sua Altezza in ogni cosa,

il Suo nobile sposo, nostro re fortunato:

e quel nobile fiore piantato scaturisca,

Amen, dolce Gesù, cantiamo col cuore.

Bella applaudì col resto del pubblico quando la ballata finì. La Regina Maria, seduta sul trono accanto a Filippo, arrossì e chinò la testa, orgogliosa e intimidita da quel tributo musicale. La ballata cominciava a diventare popolare tra la gente, o almeno così avevano detto a Bella, e  lo stampatore aveva fatto una bella somma vendendone le copie.

Maria era seduta sul trono a destra, situazione che aveva provocato un’accalorata discussione tra i servitori di Maria e quelli di Filippo. Lui era il Re, sostenevano i partigiani di Filippo, e doveva sedere nel posto tradizionale del re. Maria era la Regina per suo diritto, replicavano i sostenitori di lei, e Filippo era il consorte. Il problema fu risolto quando Maria entrò nella sala delle udienze e si lasciò cadere sul trono a destra senza altre discussioni.

Ora si era alzata in piedi, il ventre gonfio che rendeva impacciata la sua piccola figura. «Buona notte, miei lord e mie lady.» Inclinò la testa e tutta la sala si chinò all’unisono. Bella la seguì dalla sala attraverso le stanze private fino alla camera da letto. Non appena ebbero un po’ di privacy (quanta poteva averne la Regina), Maria sospirò pesantemente. «Sono stanca e desidero ritirarmi», disse. Alzò le braccia per farsi spogliare.

«Vostra maestà, avete di nuovo indossato quei tacchi», la rimproverò Bella. «Le vostre povere caviglie devono fare molto male.»

Maria ridacchiò un po’, come faceva sempre quando Bella la rimproverava in questo modo. Maria non aveva avuto nessuno che si preoccupasse del suo benessere personale per tanto tempo. Ogni volta che aveva una governante o una dama di compagnia affettuose, suo padre trovava un modo per mandarla via, o perfino, nel caso della Contessa Pole, di giustiziarla. Maria adesso aveva di nuovo intorno i suoi amici, ma la maggior parte erano in soggezione del suo status di regina per rimproverarla come faceva Bella.

«Ti giuro che non lo farò più», disse Maria con enfasi e alzò i piedi uno alla volta per farsi togliere le scarpe. «Credo di aver finalmente imparato la mia lezione.»

Maria aveva una passione per la moda e i bei vestiti, ma non molto buon gusto. Sembrava credere che più fosse vistosa e ingioiellata meglio fosse. I tagli e i colori dei vestiti erano spesso più adatti a donne più giovani e tutti quei gran gioielli facevano venire in mente a Bella la piccola Elizabeth che giocava con la scatola dei suoi gioielli. Bella aveva rinunciato a provare a spingerla verso un vestiario più adatto e sottotono. Se Maria avesse saputo come Filippo e il resto del seguito spagnolo deridevano il suo guardaroba, ne sarebbe stata schiacciata.

Il contratto di matrimonio aveva proibito a Filippo di designare alcun domestico spagnolo nella sua casa. Tutti gli impieghi erano stati dati a inglesi cattolici, ma Filippo aveva portato lo stesso un’intera squadra di domestici spagnoli e ora aveva problemi a pagare due seguiti interi così massivi. Aveva cominciato ad accennare a Maria che avrebbe gradito avere doni in denaro invece dei vestiti che gli mandava. Quella sera Maria gli aveva mandato un farsetto ingioiellato che lui aveva ‘dimenticato’ di indossare. Se Maria era rimasta delusa quando l’aveva visto arrivare vestito diversamente, non ne aveva dato segno.

Questo era essere una regina, pensava Bella. Sorridere con grazia anche quando sei addolorata. Maria aveva imparato bene la lezione da sua madre, Caterina d’Aragona, che era stata garbata con Anna Bolena, la donna per cui suo marito voleva divorziare dopo venti anni di matrimonio. Aveva trattato Anna come trattava tutte le altre dame, anche se il suo cuore sembrava spezzarsi.

«Vostra maestà, il re è qui», annunciò uno dei domestici.

«Oh!» Maria si sistemò i capelli e si guardò, inorridita di essere solo in camicia e sottoveste. «Prego, ditegli di aspettare un momento» disse alle sue dame. «La mia vestaglia, presto.»

La veste di seta fu presa dal suo guardaroba e portata a Maria in tutta fretta. Per una Regina, era un indumento semplice, una seta gialla ricamata di fiori in fili d’argento. Mentre Maria veniva vestita, Bella prese una spazzola e gliela passò veloce tra i capelli, ammirandoli nel frattempo. Maria aveva ancora dei bellissimi capelli, un color castagna scuro con riflessi rossi, senza fili d’argento a rovinarne la bellezza. Le arrivavano oltre i fianchi in morbide onde. Non appena il vestito fu abbottonato, disse con calma, «Potete farlo entrare», ma era colorita ed eccitata.

Filippo si chinò e Maria fece lo stesso. «Mio lord», disse lei. «È bello che siate venuto a farmi visita.»

«Vengo con notizie di mio padre», disse Filippo. «La guerra con la Francia si sta intensificando con rapidità.» Le diede una lettera e lei la lesse.

«Capisco», fu tutto quello che disse.

«Ho ordinato che una nave dalla Spagna sia messa a mio disposizione. Intendo andarmene in primavera, non appena il tempo mi permetterà di navigare. Guiderò le truppe di mio padre in battaglia.»

Maria sbiancò. «Dovete andare?» sussurrò. «Non sarete qui per la nascita del nostro erede.»

«Devo a mio padre il mio dovere di figlio», disse Filippo. «Vi confesso che per anni ho desiderato condurre una campagna militare. Sarà la mia prima opportunità di acquistare o perdere prestigio. Gli occhi di tutti saranno puntati su di me.»

«Capisco», ripeté Maria.

«È tutto», disse Filippo. Fece un breve inchino e se ne andò.

Maria si sedette pesantemente su una seggiola. Aveva gli occhi vitrei per lo shock e tremava violentemente. «Lasciatemi», ordinò.

«Vostra maestà», provò Bella con voce gentile e suadente.

«Ho detto lasciatemi», ripeté Maria con una voce che non lasciava spazio a discussioni. Bella e le altre dame si inchinarono e si diressero verso la camera privata. Bella si voltò a guardare la Regina, che all’improvviso sembrava di dieci anni più vecchia, curva, con le braccia strette attorno a sé. Emise un lamento flebile di dolore e Bella chiuse piano la porta. Maria aveva bisogno della sua privacy, perché in questo momento era una donna affranta, non una Regina.

 

 

L’inverno di quell’anno fu durissimo e il freddo e la carestia presero il tributo dal popolo. Nessuno contava più quanti morivano di fame, quanti bambini morivano perché le loro madri affamate non avevano latte, quanti, indeboliti, soccombevano alle malattie. Le preghiere salivano a Dio: perché venivano puniti? Quale peccato aveva fatto l’Inghilterra per scontentare Dio? Perché la loro nazione era maledetta?

Era così freddo che il fiume dietro la casa di Hampsted Heath gelò. Sembrava che Edward si preoccupasse che Bella non potesse nuotare più di quanto se ne preoccupasse lei stessa. Bella sentiva quasi di non averne bisogno, per come era felice con Edward e i bambini. Emmett, adesso che era sobrio, era allegro e giocoso. Riusciva ad alleggerire l’umore in ogni stanza. Sua figlia sembrava aver guarito le ferite del suo cuore. Ed era così bravo con i bambini che riusciva a dare a Bella e Edward un sacco di tempo per stare soli nella loro camera.

Un pomeriggio, Bella si svegliò da un sonnellino e trovò una strana ragazza nella sua stanza, che spolverava l’armadietto nell’angolo dove era la pelliccia di Bella. Si allarmava sempre quando qualcuno si avvicinava là, e doveva aver fatto qualche rumore perché la ragazza sobbalzò e si voltò.

«Oh, mi dispiace di avervi svegliata, vostra grazia.» Sprofondò in un inchino e sbirciò rapidamente il volto di Bella con un espressione piena di ansia.

«Non ti agitare», disse Bella. Si mise seduta e si stirò. «Probabilmente era comunque ora che mi alzassi. Che ora è?»

La ragazza controllò l’orologio sulla cappa del camino, che un tempo era appartenuto a Jane Grey. «Appena passate le quattro, vostra grazia.»

«Le quattro? Oh, maledizione!» Bella saltò giù dal letto. «Volevo dormire solo per un momento. Come ti chiami?»

«Anne, vostra grazia. Anne Askew.»

«Oh!» Bella la studiò curiosa. Così questa era la giovane donna che era stata buttata fuori di casa per via della sua fede. Bella l’aveva citata a Edward e gli aveva chiesto di parlare con suo marito, Kyme, per vedere se si poteva fare qualcosa. Edward si era dato un colpo sulla fronte quando lei l’aveva menzionato perché si era dimenticato di parlare lui stesso con Kyme a proposito delle sue elemosine e di come venivano distribuite. Aveva scritto una lettera e l’aveva spedita il giorno prima. Avrebbero saputo qualcosa nel giro di una settimana, sempre che il messaggero non fosse sviato lungo la strada.

Anne torceva lo straccio tra le mani. Lo sguardo curioso di Bella la innervosiva. «Vorrei ringraziare vostra grazia per la gentilezza di avermi dato un posto nella vostra casa», disse Anne.

«Mi sono molto dispiaciuta quando ho sentito che tuo marito non ti lascia vedere i tuoi figli», disse piano Bella. «Non posso immaginare il dolore che proverei se fossi nella tua stessa situazione.»

Anne drizzò le spalle alzò il mento. «Sto soffrendo per la mia dedizione a Gesù», disse lei. «E lui mi ricompenserà in cielo.»

Bella abbassò la voce, memore che i muri avevano orecchie nelle case dei nobili. «Non hai paura? È illegale adesso attendere a qualunque servizio religioso che non sia la messa.»

Gli occhi di Anne brillarono. «Oh, vostra grazia, se dobbiamo soffrire per la nostra fede, così sia. Il nostro destino è nelle mani di Dio.»

«Anne, devo avvisarti, le cose andranno peggio», disse Bella.

Ieri era nella camera di Maria quando il cardinale Pole e il vescovo Gardiner erano venuti per una visita. Qualcuno li aveva convocati, pensando che potessero rianimare gli spiriti della Regina, risollevarla dalla depressione in cui era caduta dopo l’annuncio di Filippo. Adesso era anche preoccupata per l’imminente nascita del bambino. C’era una possibilità molto reale che morisse nel processo. Disse che si chiedeva che sorta di regno avrebbe lasciato a suo figlio.

Invece di creare pacifico ordine e uniformità nella fede, come aveva inteso Maria, il ritorno dell’Inghilterra all’ovile papale sembrava aver rafforzato la fede protestante. Le funzioni protestanti si tenevano nelle soffitte e nei sotterranei. Gruppi di studio sulla Bibbia, come quello a cui apparteneva Anne, erano ovunque.

Ai tempi di Enrico VIII, il re aveva pensato che sarebbe stata una buona idea pubblicare la Bibbia in inglese così che fosse disponibile per tutto il popolo, non solo per quelli abbastanza acculturati da conoscere il latino. Con suo orrore, la gente aveva cominciato ad avere delle opinioni su quale dovesse essere l’interpretazione della Bibbia e così aveva abrogato la legge e l’aveva sostituita con un’altra che diceva che nessuno al di sotto del rango di gentiluomo poteva leggere la Bibbia, e mai le donne, di alcun rango. Ma la nuova legge di Enrico fu inutile, come soffiare su una candela dopo che è cominciato un incendio. La Bibbia Inglese fu copiata, stampata in segreto e fatta entrare clandestinamente da paesi stranieri, sempre di più di anno in anno, a dispetto dei tentativi di fermarla.

Il vescovo Gardiner squadrò Bella e si voltò dal suo inchino. Bella non sapeva cosa avesse fatto per offendere Gardiner, ma lui sembrava detestarla e aveva sdegnato tutti i suoi tentativi di apertura amichevole. Edward le aveva detto che il vescovo trattava lui alla stessa maniera negli incontri del consiglio. Nel caso di Edward, pensava che fosse perché aveva discusso contro il ripristino delle leggi sull’eresia, e Edward suggerì che forse gli era sgradita Bella per associazione.

Il cardinale Pole allungò la mano verso Maria e lei gli baciò l’anello. Fece il segno della croce su di lei benedicendola prima che si rialzasse in piedi. «Vostra maestà, mi rattrista vedervi in questo stato», disse scuotendo la testa.

«Sta andando tutto in pezzi», disse Maria. «Io non capisco. Solo ieri ho sentito di un’aggressione a un prete da un gruppo di dissidenti. Gli hanno tagliato il naso, Padre. Hanno alzato le mani su un uomo di Dio e gli hanno fatto violenza.»

«Voi avete permesso alle erbacce di soffocare ciò che avevate piantato nel vostro giardino», disse Pole. «Quando l’Inghilterra si è riunita alla Chiesa, ho gettato i suoi peccati nel Mare della Dimenticanza. Ognuno aveva la possibilità di ricominciare nuovamente. Invece questi … dissidenti sono tornati al loro peccato come un cane al suo vomito.»

Maria arretrò mentalmente alla metafora biblica. Le veniva facilmente la nausea in quei giorni.

«Dio vi ha dato la Corona per un motivo, vostra maestà. La vostra vita è stata risparmiata per riportare l’Inghilterra tra le braccia della Chiesa, di nuovo nella luce della Vera Fede. Non può esserci opera più iniqua contro la nazione di quella che alberga in tali persone, e nessun tipo di tradimento può essere paragonato al loro: minando le vere fondamenta di questa nazione, aprono una porta a ogni tipo di vizio e malvagità.»

«Avete visto cosa è accaduto quando i Protestanti si sono ribellati con Wyatt», aggiunse Gardiner. «Hanno impiccato trecento preti!»

Anche Bella aveva sentito quella storia, ma nessuno sapeva il nome di questi preti che si supponeva fossero stati impiccati.

«Dio non permetterà a questa nazione di prosperare fino a quando non avrete sradicato questo male», disse Pole. «Solo per questa ragione Dio vi ha salvato da giorni pericolosi. Vostra nonna, Isabella, vide il pericolo di questi atteggiamenti eretici. E attraverso i suoi sforzi, la Spagna è diventata una nazione possente, benedetta da Dio, prospera e sicura.»

Maria guardò avanti e indietro tra i due uomini. Bella una volta aveva sentito Pole descrivere Maria come una donna dalla debole volontà, come tutte le donne, e qui, di fronte a entrambi, Gardiner e Pole, sembrava vacillare. «Devo pregare per questo», disse lei.

«Vostra sorella è ancora una minaccia», la avvertì Gardiner. «I Protestanti potrebbero insorgere a suo favore se continueranno a rafforzarsi.» Era una minaccia attuale: si aspettava che Elisabetta arrivasse  al palazzo da un momento all’altro.

«Pregherò per questo», ripeté Maria. Dalla fermezza del suo tono, i due capirono che la loro udienza era finita. Dopo che se ne furono andati, Bella vide negli occhi di Maria la più spaventosa delle cose: speranza.

Adesso, lei cercava di avvertire la ragazza che era stata buttata fuori di casa per il suo dissenso religioso. «Hanno intenzione di ripristinare le leggi sull’eresia», disse ad Anne. «Gardiner guiderà una speciale commissione per trovare e incriminare eretici.»

«Non ho paura», disse Anne. «Oh, se solo potessi farvi capire, vostra grazia. Quelli che vivono con Gesù nei loro cuori non hanno paura. Chiedete al fratello del vostro signor marito. Lui ve lo dirà.»

«Emmett?» sbottò Bella. «Emmett è un protestante?»

«Sì, vostra grazia. Ha ospitato degli studi biblici a Cullen Hall. Non vedete in lui un uomo cambiato da quello che conoscevate un tempo?»

«Sì, ma io pensavo … sua figlia …»

Anne annuì. «È così che è cominciato, vostra grazia. Il Signore opera per vie misteriose, e in questo caso, ha operato attraverso una bambina per risvegliare un uomo che stava annegando nel vizio e nel peccato.»

Bella si mise seduta sul letto, stordita. Doveva parlare con lui, pensò. Doveva avvertire Emmett di quello che stava arrivando.

«Se volete partecipare, vostra grazia, c’è un incon …»

«Stop!» gridò Bella. «Non dirmi di più. Anne, io sono una delle dame di compagnia della Regina. Se mi fa delle domande, non posso mentire.»

«E io non ve lo chiederei», disse Anne con gentilezza. «Il Signore si prenderà cura di noi, vostra grazia.»

In Anne, Bella vedeva una donna fervente nella sua fede come Maria lo era nella sua. Quando un ferro ne avesse incontrato un altro, altrettanto forte, cosa sarebbe successo? Uno dei due si sarebbe spezzato.

 

 

Edward non sapeva se era stato coraggio o stupidità, ma quando Edmund Plowden si alzò e chiese, «Chi è con me?» Edward si era ritrovato in piedi e le sue labbra formarono la parola, «Io», prima che la sua mente avesse il tempo di elaborare.

Sentì l’improvviso inspirare di centinaia di persone. Il Duca di Cullen si era messo con Plowden? Il cugino della Regina stessa, che le era vicino come un fratello? Esplosero dei sussurrii frenetici. Edward li ignorò. Il suo cuore martellava così forte che poteva sentirli a malapena.

Plowden gli fece un sorriso di gratitudine. Aveva rischiato il collo, oggi, e tutti e due potevano ancora essere mandati al patibolo, ma entrambi pensavano che stare in piedi per ciò che credevano fosse giusto.

La legislazione sull’eresia di Maria era arrivata in Parlamento e Plowden si era alzato di fronte a loro e con voce chiara e forte si era rifiutato di votare. Plowden era un fervente cattolico, ma pensava che le leggi sull’eresia fossero sbagliate, sia legalmente che eticamente. Prima di diventare membro del Parlamento, Plowden era stato un avvocato, e Edward pensò che doveva essere stato anche maledettamente bravo, a giudicare dal discorso appassionato che tenne. Alla fine, fece l’unica cosa che poteva fare per fermare il processo, almeno temporaneamente: si rifiutò di votare. Edward aveva ammirato sia il suo coraggio che la sua convinzione. Quell’uomo si stava gettando sulla spada, forse anche letteralmente. E poi, quando aveva chiesto chi fosse con lui, Edward si era alzato. Lui non era membro del Parlamento, ma poteva dargli almeno un sostegno simbolico.

Ci fu un lungo silenzio dopo che Edward si era alzato, e lui pensò per un momento che solo lui e Plowden si sarebbero opposti alla volontà della Regina. E poi si udì un’altra voce, «Io!». Dopo questa, anche altre voci si unirono una dopo l’altra, degli uomini erano in piedi per tutta la sala. Alla fine, si alzarono in trentotto. Il Procuratore Generale urlò che li avrebbe accusati tutti di oltraggio, ma loro rimasero in piedi, silenziosi, con coraggio.

La convocazione della Regina arrivò prima di quanto Edward si aspettasse. Era appena entrato al palazzo che un messaggero gli si inginocchiò davanti. Lui si voltò verso il suo servitore e gli disse, «Se non dovessi tornare, dite a mia moglie che la amo.»

Si tolse il Collare di Esse, la spessa catena d’argento con anelli a forma di esse che denotava il suo ufficio. Era appartenuto a suo padre, ricordò, ricompensa per i suoi servigi al re, molto tempo prima che fuggisse con la sorella del re. Edward l’aveva ereditata, ma non l’aveva mai indossata fino a quando non si era unito al consiglio di Maria. Quando entrò nella camera della Regina, la posò sulla scrivania.

«Mi dimetto», disse.

Gli occhi di Maria si riempirono di lacrime. «Oh no, Edward, ti prego! Non devi farlo. Sono arrabbiata per quello che è successo oggi alla sessione del Parlamento, ma non così arrabbiata. Capisco perché l’hai fatto. Sia tu che Bella siete persone dal cuore tenero.»

«Non posso farlo», le disse Edward. «Non lo farò. Tu ricordi Thomas More, Maria?»

«Certo che sì», disse Maria. «Era il Cancelliere di mio padre.»

«Cosa gli disse quando si tolse il suo collare?»

Le lacrime rigarono le guance di Maria. «Disse, ‘Sono un servitore leale del re, ma Dio viene prima’

«Cugina … Maria … non posso porre il mio sigillo su qualcosa che ritengo sbagliato.»

Maria prese in mano la catena. «Capisco. Capisco meglio di chiunque. Possiamo non essere d’accordo, Cugino, ma rispetto che tu faccia quello in cui credi.» Strinse la catena nella mano. «Tieni questa, ti prego. Per tuo figlio. Appartiene a suo nonno, e deve averla.» Cercò di frenare le lacrime e gli fece un sorriso debole. «Permetterai a Bella di servirmi?»

«Almeno finché arriverà il bambino», promise Edward. «Poi torneremo a casa per un po’, con la licenza di vostra maestà.»

Lei annuì. Edward le diede un rapido bacio sulla guancia e poi si inchinò profondamente.

Tornò a casa. Andò dalla sola persona che voleva vedere, alle braccia che desiderava lo stringessero. Prese il cavallo dalle stalle del palazzo e lo spinse al trotto. Una volta lasciate le strade di città, spronò il cavallo al galoppo. Le finestre si aprivano e la gente sbirciava per vedere chi martellava la strada come se avesse i cani dell’inferno alle calcagna. Rallentò un po’ mentre si avvicinava a casa, per lasciar raffreddare il cavallo e per evitare di allarmare Bella.

Si stava preparando ad andare a letto, pensò. Sarebbe stata in vestaglia e avrebbe prima messo a letto Elizabeth con una delle sue storie selkie (non sembravano finire mai) poi sarebbe andata nella stanza di Emmett a controllare Maggie, che era una bambina così buona, dormiva già tutta la notte, e poi si sarebbe messa a letto col piccolo Ward tra le braccia, e lì avrebbe aspettato Edward, a volte addormentandosi prima che lui arrivasse, ma sempre salutandolo con quel sorriso dolce che amava tanto.

La trovò, come si aspettava, nel loro letto, ma non stava tenendo il bambino e non era in vestaglia. Era gloriosamente, deliziosamente nuda, i capelli l’unica cosa a coprirla. Lui le mise una ciocca dietro l’orecchio e le baciò il collo, mordicchiando piano la sua pelle dolce.

«Edward», sospirò lei. Gli sorrise e rotolò. Gli aprì le braccia, e fu un invito a cui non poté resistere. Di solito ci volevano più o meno quindici minuti ai domestici per svestire Edward. Con l’aiuto del coltello, era nudo in meno di un minuto.

La sensazione della sua pelle calda e morbida contro la sua … niente era paragonabile a questo, e guardando nei suoi enormi occhi scuri, sentiva che poteva vedere tutte le vie alla profondità della sua anima, che erano uguali a quelle di lui. Il suo bacio era sfumato di disperazione, ma lei sembrava capire. Fu veloce e fu selvaggio, primario. Quando la sentì pulsare intorno a sé, questo lo mandò oltre il limite, in quella pura beatitudine che solo lei poteva dargli.

Rotolò sulla schiena così che lei fu sopra di lui. Stavano ancora entrambi cercando di riprendere fiato quando lui disse, «Mi sono dimesso dal consiglio.» Le raccontò di essersi alzato con Plowden e il misto di euforia e terrore che lo aveva attraversato, sapendo che stava dichiarando molto di più che la sua disapprovazione verso le leggi sull’eresia.

«Sono orgogliosa di te», disse lei semplicemente. «Cosa succederà a questi trentotto uomini?»

«Il Procuratore Generale ha fatto una gran cagnara sul fatto di accusarli di oltraggio, ma dubito che lo farà veramente. Anche Plowden si è dimesso; non so se qualcun altro lo seguirà a questo riguardo.»

«Ti sei battuto per ciò che è giusto,» disse Bella. Si voltò in modo da poterlo guardare, guardarlo profondamente negli occhi come lui aveva guardato prima in quelli di lei. «Qualunque cosa accada, possiamo entrambi essere orgogliosi di questo.»

 

 

 

 

 

Note storiche

-          La ballata all’inizio della storia, intitolata La Ballata della Gioia, fu scritta da William Ryddaell tra il novembre del 1554 e l’agosto del 1555.

-          L’indumento che Filippo “dimenticò” di indossare: questo in realtà avvenne al banchetto di nozze di Maria, quando lei mandò a Filippo una sopravveste fatta in stile francese, in panno d’oro (sottili fili d’oro intrecciati ai fili della stoffa e tessuti insieme in teli), con disegnati il simbolo della Spagna, le melegrane e il simbolo dell’Inghilterra, la rosa, fatti con perle coltivate e perle d’oro. Aveva per bottoni diciotto giganteschi diamanti. Il principe non l’indossò, lasciandolo nella sua camera. Anni dopo, questo fu incluso in un inventario delle vesti del Principe. Lui aveva scritto una nota a margine al suo fianco: “ Questo mi è stato dato dalla regina perché lo indossassi nel pomeriggio del nostro giorno di nozze, ma io ho pensato di non indossarlo perché mi sembrava troppo ornato.”

-          Edmund Plowden si alzò davvero insieme ad altri trentotto membri del Parlamento contro le leggi sull’eresia e si dimise per protesta quando le leggi furono approvate. Era non solo un brillante avvocato, ma aveva fatto anche la scuola medica (come era allora) ed era qualificato sia come medico che come chirurgo. Quando Elisabetta divenne Regina, lo voleva come Lord Cancelliere, ma lui declinò perché avrebbe dovuto convertirsi alla fede Anglicana e si rifiutava di essere parte di un’amministrazione che perseguitava membri della sua stessa religione. Elisabetta lo rispettò.

 

 

 

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Capitolo 23
*** capitolo 23 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/23/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  23

 

La primavera arrivò lentamente quell’anno, come se l’inverno fosse riluttante a lasciare la sua presa di ghiaccio sulla terra. Bella sentì il suo spirito innalzarsi quando vide i primi fiori comparire sull’erba tenera. Le era sembrato che l’inverno non dovesse mai finire, che tutto il mondo sarebbe rimasto bloccato nel gelo.

Bella era deliziata quando la Principessa Elisabetta tornò al palazzo e venne a visitare lei e Edward nelle loro stanze a corte, la mattina dopo il suo arrivo. Era pallida in modo allarmante, non solo il pallore di chi ha passato mesi al chiuso, ma un pallore malato.

«Bess, è bello vederti di nuovo», disse Edward. Lei si alzò con un sorriso e allargò le braccia. Edward la strinse in un abbraccio e posò un bacio leggero sulle sue labbra.

Bella fece lo stesso, studiandola criticamente. «Non hai un bell’aspetto.»

«Vedo che è una buona cosa che io sia tornata», disse Elisabetta. «Hai passato troppo tempo con quella sfacciata della piccola Brandon.»

«Stai bene, Bess?»

«Meglio di prima», replicò Elisabetta. «La casa era fredda, umida, piena di correnti d’aria. Non c’era una finestra che si chiudesse a dovere e penso che ogni porta fosse stata messa su con in mente il massimo passaggio d’aria. Anche il camino non tirava, così il fuoco era poco e fumoso. Ugh. Non era adatta né agli uomini né alle bestie.»

«Sei stata trattata bene?» chiese Edward. Il suo tono aveva una nota dura che a Elisabetta non sfuggì. Il tono di lei era accuratamente leggero quando replicò.

«Sir Henry Bedingfield è un eccellente carceriere. Se avessi io dei prigionieri li manderei da lui per farli rigare dritto, te l’assicuro. Seguiva le sue istruzioni alla lettera ma con me è stato buono per quanto gli era permesso. Ha provato a far fare delle riparazioni ai suoi domestici e, oh, che spettacolo è stato! Penso che la maggior parte di loro non sapesse da quale parte usare il martello.» Sorrise. «Ora, dov’è quel vostro bambino?»

Bella la portò alla loro camera da letto dov’erano Ward e Margaret per il loro sonnellino di metà mattina. Elisabetta inclinò la testa. «Non so se ne sei al corrente, ma qui ce ne sono due.»

Bella rise. «Quella a destra è mia nipote, Margaret.»

«Oh, giusto. La moglie di Emmett era gravida. Avrei dovuto scrivergli per fargli le mie congratulazioni.»

«Puoi farlo di persona», disse Edward. «Ha detto che sarebbe venuto a corte stamani per vederti.»

Elisabetta inarcò un sopracciglio. «Sul serio?»

«Sì, sul serio. Ha messo da parte la bottiglia. È un uomo nuovo, Bess. Non ci crederai quando lo vedrai.»

Elisabetta si mise seduta sul letto e guardò i bambini.

«Puoi prenderlo in braccio, se vuoi», le offrì Bella.

«Oh no, non ce n’è bisogno», disse in fretta Elisabetta.

«A Bess non piacciono i bambini», disse Edward.

«Non è che non mi piacciano», disse lei. «È solo che … non sono brava con loro.»

L’omonima di Elisabetta fu portata nella stanza da Kat. Gli occhi di Elisabetta si riempirono di lacrime quando vide Kat, e si alzò in piedi. Rimase lì per un momento, in silenzio, e poi si lanciò tra le sue braccia. Singhiozzò come una bambina mentre Kat le strofinava piano la schiena per calmarla.

La piccola Elizabeth guardava questo dramma un po’ allarmata, chiedendosi chiaramente se ci fosse qualcosa per cui anche lei dovesse piangere. Le tremò il labbro. Bella andò da lei e le prese la mano. «Ti ricordi tua cugina, Elisabetta?» chiese lei. «È una Principessa! Lo sapevi?»

«Una vera principessa?» ripeté Elizabeth, guardando la donna piangente un po’ dubbiosa.

«Una vera principessa», confermò Bella. Elisabetta si era ritratta da Kat e si stava asciugando la faccia col fazzoletto che le aveva passato Kat. Diede a Elizabeth un piccolo sorriso lacrimoso. La piccola Elizabeth, che era stata addestrata all’etichetta sia da Kat che da Ellen, si inchinò.

Bess prese i lati della sua gonna e fece un piccolo inchino. «Saluti a voi, Lady Elizabeth», disse.

«Abbiamo lo stesso nome», annunciò Elizabeth con gravità.

«È così», disse Bess.

«Quello è mio fratello», disse Elizabeth indicando Ward. «Sarà duca, un giorno.»

«Be’, speriamo che quel giorno venga il più tardi possibile», disse Bess. «Posso riavere indietro Kat al mio servizio?»

La piccola Elizabeth si accigliò. «Lei ti appartiene?»

Bess nascose un sorriso. «Sì, ce l’avevo prima io. Ce l’ho da quando avevo la tua età. Ma io sono andata via e ho dovuto lasciarla, e mi manca moltissimo.»

«Va bene, allora», disse la piccola Elizabeth. Si voltò verso Kat. «Tu vai con la principessa, adesso.»

«Sì, mia lady», replicò Kat chinando la testa.

«Io posso tenere Ellen, vero? E Alice?» Elizabeth guardò suo padre per una conferma.

«Sì, puoi tenere Ellen e Alice.»

Bess, Bella e Edward tornarono nella stanza privata, così che Elizabeth potesse fare il suo sonnellino. Alla piccola Elizabeth non piaceva l’idea di essere lasciata con i bambini mentre le persone interessanti lasciavano la stanza, ma fu addolcita dalla promessa di Bella di raccontarle la storia di come era nato l’inverno (Persefone e i semi delle melegrane) e così si decise ad andare a letto.

«Le notizie erano scarse», confessò Bess dopo che si erano messi seduti (se Bess si chiese perché non c’era fuoco nel camino, non ne diede segno). «Perfino la mia biancheria veniva controllata alla ricerca di biglietti che potevano essermi mandati clandestinamente.»

«Ma sono sicuro che li ricevevi in un altro modo», disse Edward.

Bess strinse le labbra con sussiego. «Se anche fosse, non ti dirò mai come.»

Edward rise. «Quanto mi sei mancata, Bess. Sei una boccata d’aria fresca.»

«Ho sentito che c’è qualcun altro che desidera un po’ d’aria fresca», replicò Bess.

«Già, Filippo vuole andarsene in primavera», disse Bella. «Per combattere la guerra di suo padre contro la Francia.»

«È un ragazzino che vuole giocare alla guerra», lo schernì Bess. «Suo padre non è stupido. Probabilmente la cosa più vicina a comandare un esercito che farà mai, sarà addestrare soldati nel cortile del palazzo.»

«Addestrare* soldati, hai detto?» disse Kat.

Elisabetta arrossì e si coprì la bocca con la mano. «Kat! Eleva un poco la mente dalle fogne, donna!»

Bella guardò Edward perplessa, il che fece ridere tutti ancora di più. «Te la spiego dopo», le promise lui.

«Mia sorella deve avere il cuore spezzato», commentò Bess.

«È così», confermò Bella, la voce triste. Più di tutto, avrebbe voluto che il marito di Maria fosse in grado di ricambiare l’amore di lei. Anni dopo, si trovò a chiedersi se le cose sarebbero state diverse per l’Inghilterra, se lui l’avesse fatto.

«La gravidanza va bene?»

«Bene come ci si potrebbe aspettare», disse Bella. «Si stanca facilmente e ha spesso le nausee. Questo è stato un inverno difficile per lei. Lei è … melanconica.»

«Non lo siamo tutti?» ribatté Bess. «Le nuove leggi sull’eresia hanno reso molte persone melanconiche. Emmett deve guardare bene i suoi passi. Sta attirando l’attenzione delle persone sbagliate.»

Edward trasalì. «Cosa?» Bella gli aveva detto quello che Anne Askew le aveva rivelato sui gruppi di studi biblici di Emmett ma Edward non l’aveva presa molto sul serio. Suo fratello aveva avuto interessi di breve durata in passato e aveva pensato che gli studi biblici fossero un’altra delle sue fantasie passeggere.

«So che Gardiner lo sta tenendo d’occhio», continuò Bess. «Non credo che abbia detto niente alla Regina, ma sarà meglio che tu dica ad Emmett che c’è un Giuda nel loro gruppo. Lui è un Pari, e la sua copia della bibbia è in latino, quindi non ha ancora violato la legge, ma è meglio che controlli la lingua.»

La porta si aprì e Emmett entrò. Indossava una sopravveste di pelliccia di coniglio. Le gocce d’acqua che erano sopra brillavano come diamanti. «Dov’è la mia Bessie?» muggì.

Elisabetta ridacchiò come una ragazzina e gli corse incontro. Lui la strinse tra le braccia e la fece volare in cerchio, le sue gonne e i suoi capelli rosso-oro che svolazzavano. Elisabetta rise e lo baciò. «Oh, Emmett, mi sembra un secolo!»

«Lo è», confermò Emmett. «Bess, te lo giuro, diventi più bella ogni volta che ti vedo. Vuoi sposarmi?»

«Sei già sposato», le ricordò lei.

«Oh, dannazione», fece schioccare le dita Emmett. «Posso prenotarti nel caso mia moglie mi lasci, come mi merito ampiamente?»

«I nostri figli distruggerebbero il mondo», ridacchiò Bess.

«Probabile», concordò Emmett. «Lo prendo come un sì.»

«Se non finirai sul rogo prima», disse Edward. «Emmett, ti rendi conto che Bess ha sentito delle tue attività mentre se ne stava imprigionata a Woodstock?»

Emmett sbatté gli occhi. «Ah, io … uh …»

«Cugino, tu devi essere più circospetto», gli disse Bess. «Il mio affetto per te mi spinge a dirti che saresti molto più al sicuro se ti conformassi.»

Emmett scosse la testa. «Non posso. Non posso negare …»

«Stop», ordinò Edward. «Non dirci nient’altro, niente che ci possa essere chiesto più avanti. Mi ucciderebbe dover testimoniare contro il mio stesso fratello.»

Emmett annuì. Edward sperò solo che il messaggio fosse stato ricevuto e che Emmett lo prendesse seriamente come meritava. Con le dimissioni di Edward dal consiglio, aveva di fatto rimosso ogni motivazione perché Gardiner gettasse discredito su di lui, ma Emmett doveva guardare i suoi passi e non attirare l’attenzione del Vescovo.

«Fino ad ora, Maria è stata saggia a imprigionare solo quelli che parlavano più forte», disse Bess «ma temo che non si fermerà qui, specialmente perché il ‘problema’ sta crescendo.» Bess scosse la testa. «Mia sorella dice che lei morirebbe volentieri per la sua fede e prega i santi martiri, ma non capisce che gli altri possono avere la loro fede rafforzata per lo stesso motivo.»

 

 

La messa di Pasqua nella cattedrale di St.Paul aveva la vecchia tradizione di lasciare l’ostia, nella sua pisside, nel sepolcro il Venerdì Santo e tirarla fuori la mattina di Pasqua, accompagnata dalle grida «Lui è Risorto! Non è qui!» Ma quando il prete aprì la pisside per rivelare l’ostia all’interno, quel grido divenne scandalosamente vero: qualcuno aveva rubato l’ostia. Il prete fissava la pisside vuota, interdetto. Qualcuno nel pubblico ridacchiò. Un’altra voce si aggiunse a quella e poi i muri echeggiarono delle risate di tutta la congregazione.

Maria era oltraggiata quando sentì questa notizia e Gardiner non cercò certo di calmarla. «Avete visto le atrocità che state permettendo che crescano nel vostro regno?»

Maria si morse il labbro. «Riguardo agli eretici, voglio che a tutti sia data l’opportunità di pentirsi e riconciliarsi con la Vera Chiesa, ma se si ostinano, la loro punizione deve giungere con rapidità, ma senza crudeltà, e con imparzialità. Il popolo deve vedere che non sono condannati senza una giusta causa. Ho deciso che un membro del consiglio dovrà essere presente ad ogni esecuzione e voglio che tutto sia accompagnato da una buona predica.»

«Come desidera vostra maestà», disse Gardiner con un sorriso. Si inchinò e si voltò per andarsene. Bella, che era appena entrata nella stanza portando Ward tra le braccia, arretrò di fronte all’odio bruciante che vide nello sguardo che le diede.

«Ecco il mio nipotino!» disse Maria. Aveva deciso di chiamarlo così per mancanza di un termine migliore per descrivere il figlio del cugino. «Grazie per avermelo portato, Bella. E lo porti da sola?»

Bella sorrise. «Trovo che stia meglio tra le mie braccia che in quelle di una cameriera.»

Maria le sorrise di rimando. Trovava toccante la devozione di Bella a sua figlio. Le ricordava la sua stessa madre che, anche se non aveva mai portato in braccio o allattato un bambino da sola, era molto affettuosa con Maria.

«Sta diventando così grande!» esclamò Maria. Bella lo mise sul letto e Maria si mise seduta vicino a lui e ridacchiò quando Ward si mise prontamente in bocca un piedino, mordicchiandosi le dita calzate.

«Facciamogli un ritratto in questa posa», suggerì Maria. «Quando sarà il momento del matrimonio, potremo mostrarlo alla sua potenziale sposa.»

«Lo attaccheremo nella sala grande», disse Bella con un gran sorriso.

Tutte e due risero e Ward si unì a loro gorgogliando. Era un bambino paffuto e felice e la Regina era chiaramente molto presa da lui. «Somiglia tanto a suo padre quando era bambino», disse Maria. «Sua madre, mia zia, lo portava a Ludlow a farmi visita, qualche volta. Oh, Bella, non vedo l’ora di avere il mio.»

«L’estate arriverà presto, vostra maestà», disse Bella.

Maria si accarezzò la pancia, qualcosa che faceva inconsciamente durante il giorno. «Vorrei che Filippo fosse qui quando arriverà il bambino. Sopporterei molto meglio i dolori del parto se sapessi che lui è sotto lo stesso tetto, e che se … succedesse qualcosa … lui sarebbe qui a proteggere mio figlio.»

«Maestà, voi sapete che Edward proteggerebbe vostro figlio con la sua stessa vita se fosse necessario. Non sarà mai senza protezione, anche se Filippo non sarà presente.»

«Devo solo provare più duramente», mormorò. «Provare più duramente a compiacere Dio e mio marito.»

 

 

Quando Maria convocò Edward pochi giorni dopo, lui sapeva che non poteva essere niente di buono. L’umore del regno era cupo, anche se la dolce bellezza della primavera fioriva tutto attorno. La malattia del Sudore** stava imperversando e il popolino, indebolito dalla carestia, stava morendo in massa.

Fu portato nella sua stanza privata, dove lei stava scrivendo seduta alla sua scrivania. Le dame erano sparpagliate per la stanza. Una suonava il liuto mentre Susan Clarencieux leggeva ad alta voce Lo Specchio di un Anima Peccatrice.

«Signore, lasciateci», disse Maria. Tutte si alzarono immediatamente e si inchinarono, dirigendosi nella stanza di ricevimento, in attesa di essere richiamate.

«John Hooper rifiuta di abiurare», disse Maria mentre infilava la penna nell’inchiostro.

«Hooper … non è il Vescovo di Gloucester?»

«Durante il regno di mio fratello», replicò Maria. «È stato spogliato del vescovato dopo che io ho ripristinato i diritti della chiesa. Ha rifiutato di allontanare sua moglie e si rifiuta di riconoscere l’ostia come vero corpo di Cristo.»

Questo già bastava a mandarlo al rogo come eretico. Edward si mise seduto dove lei indicava e si strofinò quel punto teso tra le sue sopracciglia. «Pensavo che l’avessi fatto arrestare per appropriazione indebita di fondi», disse Edward. Quello che Edward aveva sentito era che Hooper si era rifiutato di pagare le decime al Papa, e aveva invece speso i soldi per i poveri del suo distretto.

Hooper era stato un vescovo popolare che aveva preso molto sul serio i suoi doveri. Con sua grande sorpresa, aveva scoperto un disturbante livello di ignoranza tra i preti della parrocchia: meno della metà di loro conosceva tutti e dieci i Comandamenti o sapeva recitare il Padre Nostro in inglese, una situazione che lui aveva deciso di rettificare, ma si era guadagnato molto risentimento da parte di quelli che dovevano soddisfare i suoi duri, esigenti standard educativi. Inoltre, a maggior scandalo di ognuno, aveva preso sul serio i voti di povertà e usava l’opulento palazzo vescovile come qualcosa di simile a un ristorante per i poveri, servendo pasti in vari turni finché ogni persona affamata che si presentava alla sua porta era stata sfamata, e la povertà a Gloucester era tale che la fila dei bisognosi era continua.

«Abbiamo assistito ai suoi sermoni in cui negava la dottrina della chiesa», continuò Maria. «Il suo processo è stato … controverso.» Le parole di Maria erano un eufemismo. Le sue repliche alle domande che gli venivano poste erano state una difesa eloquente della fede protestante ed era diventato un dibattito dottrinale, piuttosto che un vero processo. Divenne così accalorato che gli altri membri del clero nella sala urlarono per soffocare le sue risposte eretiche. Dopo essere stato dichiarato colpevole (un risultato del processo mai messo in dubbio) era stato condannato a tornare a Gloucester per essere bruciato di fronte al popolo che aveva un tempo amministrato come vescovo.

«Ho dato ordine che un membro del consiglio sia sempre presente alle esecuzioni», disse Maria. «Vorrei che tu andassi e mi facessi rapporto. Puoi portare Bella con te, se vuoi. Potrebbe essere un bene per voi allontanarvi un po’ dalla corte.»

«Io mi sono dimesso dal consiglio», le ricordò Edward. «E tu ricordi perché mi sono dimesso.»

«Edward, ti prego, questo è importante», lo implorò Maria. «Questo è il primo. Voglio qualcuno di cui mi fido che mi riporti le cose come stanno veramente. Guarda la folla, studia il loro comportamento per vedere se tutto questo fa la giusta impressione.»

Edward si inginocchiò, chinando la testa. «Cugina, io ti supplico di non farlo. Ti costerà l’amore del tuo popolo.»

«Io servo l’Inghilterra, ma servo Dio prima», disse parafrasando le parole di Thomas More. «Che profitto trarrebbe il paese se per avere l’amore del mio popolo gli permettessi di cadere nell’errore e nell’eresia? Un padre non può rifiutarsi di castigare suo figlio per paura di perdere il suo amore. Se lo farà, suo figlio cadrà in dolorosi peccati. La sua anima sarà perduta per la codardia di suo padre.»

«Ci sono altri modi …»

«No.» Maria scosse la testa. «Gli è stata data ogni opportunità di ritrattare. Voglio che porti questo con te.» Prese la pergamena che aveva appena firmato e gliela mise in mano. «Questo è il mio perdono reale. Daglielo quando raggiungerà il rogo. Forse prenderà quest’ultima opportunità di salvare la sua anima. Edward, ma non lo vedi? Cosa sono pochi momenti di dolore terreno in confronto all’eternità del fuoco dell’inferno? Lui non ha messo in pericolo solo la sua anima, ma anche quella del popolo semplice che ascoltava i suoi sermoni quando vestiva i panni di vescovo!»

Edward si alzò. «Posso dirtelo adesso quale sarà la reazione, Cugina.»

«Vai e guarda», disse Maria. «Ti prego, Edward. Fallo per me. Non te lo chiederò di nuovo.»

Doveva crederle quando lei non aveva mantenuto tante promesse in passato? Voleva ricordarle che aveva cominciato a governare con la promessa di non costringere nessuno a partecipare alla messa. Edward si chinò e lasciò la stanza. Trovò sua moglie nelle loro stanze che allattava il bambino. Lei vide l’espressione della sua faccia e si allarmò. «Edward! Che c’è?»

«Dobbiamo andare a veder bruciare il primo eretico», disse lui.

Bella posò il bambino sul letto e si alzò. Lo strinse tra le braccia ed esalò un respiro tremante.

Gloucester era oltre cento miglia da Londra. Bella e Edward non viaggiarono con tutto il seguito; solo Alice, padre Jasper e uno dei servitori di Edward, che funse anche da conduttore, vennero con loro. Avevano dovuto portare anche i bambini, a maggior ansia di Edward. Trovare una balia in così poco tempo era molto difficile e bella era preoccupata che il latte le andasse via se non avesse allattato per tanto tempo. Edward si strappò quasi i capelli per lo stress, preoccupato che gli scossoni del loro veicolo sulle strade tortuose potessero in qualche modo fare male ai bambini, o che potessero essere esposti al Sudore che imperversava per tutto il paese. Comunque i bambini, uno appoggiato in grembo a Bella e l’altro ad Alice, sembravano godersi il viaggio. Bella giocò con Ward a nascondino, un gioco che sembrava non stancarlo mai.

Per tutta la strada, Alice chiacchierò con Padre Jasper e lui la ascoltava con rapita attenzione. La prima notte, quando presero la stanza a una locanda sul cammino, Bella disse a Edward, «Ora so perché dice che è un grande conversatore! Non fa altro che ascoltarla blaterare.»

«Dice di più quando pensa che nessuno lo ascolti», disse Edward.

Bella inclinò la testa. «Oh?»

«Sì, proprio ‘Oh’», disse Edward. «È preso di lei. Lo conosco da tutta la vita e questa è la prima volta che lo vedo avvicinarsi così tanto a qualcuno. Per lui sarà terribilmente difficile quando lei se ne andrà.»

«Suo padre sta continuando a negoziare?»

Edward annuì. «Mi dispiace, Bella. Ci sto ancora provando, ma non riesco a trovare un accoppiamento che suo padre possa accettare. Deve essere dello stesso rango del Barone Tyler, o di più, e deve essere disposto ad accettare la sua piccola dote. Se lei fosse di rango più alto, potrei fare qualcosa. Per i denti di Dio, ho anche pensato di corrompere qualcuno, ma non riesco a trovare nessuno che sia adatto.»

Bella sospirò. «Capisco. Quando pensi che sarà?»

«Entro il prossimo anno, probabilmente.»

Bella rabbrividì. «Continua a provare», lo implorò. «Anche uno dei nobili spagnoli della corte di Filippo sarebbe meglio.»

«Ci proverò,» promise Edward.

 

 

La mattina che arrivarono a Gloucester era freddo e ventoso. Era la mattina dell’esecuzione e loro avevano a malapena fatto in tempo, perché una delle ruote della loro carrozza si era spezzata. Edward aveva intenzione di prendere una stanza e lasciare lì Bella mentre presenziava da solo all’esecuzione. Non poteva chiedere a Bella di guardare la sua più grande paura.

Ma la folla si era già assiepata attorno al rogo e lo sceriffo locale, Lord Chandois, stava leggendo ad alta voce al popolo le accuse. Più tardi fu stimato che c’erano presenti settemila persone, ma di sicuro è un’esagerazione. Comunque, era stato fatto in un giorno di mercato, il che aumentava il pubblico, e la gente viaggiava sempre per miglia pur di assistere a un’esecuzione.

L’enorme folla assiepata intorno al rogo era un gruppo allegro. C’era un’atmosfera da carnevale, perché le esecuzioni erano sempre piacevoli, considerate un divertimento per tutta la famiglia. Dei bambini piccoli sfrecciavano tra le gambe degli adulti, come conigli nel bosco, ridendo e strillando. I venditori passeggiavano tra la folla mostrando la merce: castagne arrostite, pasticcio di carne, birra (versata in una coppa comune e bevuta sul posto) e programmi stampati contenenti le accuse e la confessione dell’accusato.

Si pensava che le pubbliche esecuzioni fossero un deterrente per attività criminali simili, ma non sembrava mai funzionare a quel modo. Un criminale con una vena di coraggio poteva diventare un eroe popolare, specialmente i criminali “romantici” come i pirati e i banditi. Delle ballate venivano spesso composte in loro onore, a maggior rammarico delle autorità. E ogni anno, il numero degli stessi crimini saliva costantemente.

Il conduttore urlò e il popolo fece largo per il Duca e la Duchessa di Cullen, inchinandosi mentre la carrozza passava di fronte alla folla. Il conduttore si fermò di fianco all’impalcatura, dove gli occupanti potevano vedere una vista completa di ciò che sarebbe accaduto.

Edward si voltò verso sua moglie e disse in fretta, «Vai alla locanda. Resta lì finché non torno.»

Bella scosse la testa. «Il mio posto è al tuo fianco.»

«Bella, tu non dovresti guardare questo. È … orribile.» Ricordava ancora il primo rogo che avesse mai visto, di una donna accusata di aver ucciso il proprio marito con il veleno. Aveva sentito le sue grida nei suoi incubi per anni. Aveva fatto una profonda impressione su di lui, e lui non aveva l’intensa paura del fuoco che aveva lei.

«Il mio posto è con te», disse lei con fermezza. Guardò gli occhi lucenti di lei e la amò ancora di più (se era possibile) per il suo coraggio e la sua lealtà. Sapeva che lo angosciava partecipare a tutto questo, mettere silenziosamente il sigillo di approvazione del Duca di Cullen su questo atto, e non voleva lasciarlo a soffrire da solo.

Edward lasciò la carrozza e salì sull’impalcatura. Chinò la testa davanti a Lord Chandois. «Mio lord, il perdono della regina, se ritratterà.» Aveva messo la pergamena in una lunga scatola di legno rettangolare per paura che si spiegazzasse o fosse danneggiata nel viaggio. Lord Chandois mise la scatola sullo sgabello che stava ai piedi del rogo.

Il Vescovo fu portato sul palco. Non gli era permesso fare un discorso pubblico per paura che usasse l’ultima possibilità per diffondere ancora di più la sua eresia. Gli era permesso pregare e inginocchiarsi sul palco con le mani giunte. Lo sceriffo vide un uomo nel pubblico che trascriveva le sue parole per i posteri, e una delle guardie lo portò via dopo aver sequestrato le sue carte.

Un uomo uscì dalla folla e Bella riconobbe Sir Bridges, della Torre. Si avvicinò al palco e si inginocchiò sul bordo. «Vi ricordate di me?» chiese al Vescovo. E con grande sorpresa, Bella vide che aveva il volto rigato di lacrime.

Il Vescovo sorrise. «Sì, mi ricordo. Fosti portato di fronte a me, anni fa, con l’accusa di adulterio.»

«Già», disse Bridges, e la sua voce si spezzò. «Mi rimproveraste aspramente, vostra eccellenza. E avete fatto di me un uomo diverso da quel giorno in poi. Volevo dirvi questo.»

«Grazie», disse il Vescovo con gentilezza.

Fu spogliato del farsetto e della calzamaglia. Rimase in piedi, di fronte alla folla, quest’uomo che un tempo aveva vestito i panni di un vescovo, con la sola camicia, cercando di non rabbrividire al vento freddo, temendo che questo fosse scambiato per paura. Lo portarono al rogo. La scatola di legno che conteneva il perdono della Regina era appoggiato là. Lord Chandois aprì la scatola per mostrargli la pergamena all’interno. «Dovete dire solo poche parole», disse lui non senza gentilezza.

«Se avete pietà della mia anima, andatevene con questa», disse lui voltando la testa, come se quella vista potesse essere troppo allettante. Alzò lo sguardo su Edward e vide l’espressione sul viso del Duca. Lui annuì e poi fece a Edward un sorriso gentile. Edward prese la scatole e la gettò sul retro del carro, incurante di dove finisse. Risalì all’interno della carrozza e mise un braccio alla vita di Bella. Bella mise la mano sopra quella di lui.

 L’uomo addetto alla torcia si inginocchiò di fronte a lui e chiese il suo perdono.

«Per cosa?» chiese il Vescovo.

«Io sono quello designato ad accendere il fuoco, vostra eccellenza», gracchiò lui.

«Non fai nulla che mi offenda», rispose il Vescovo. «Dio perdoni i tuoi peccati. Fai quel che devi, e ti prego di uccidermi in fretta.»

Il Vescovo prese alcuni legnetti e li baciò prima di rimetterli alla base della pira. Prese su due piccoli fasci di legnetti e se li mise sotto le braccia e poi salì sulla pila di legna accatastata intorno a lui e mise le spalle al palo. Una banda di ferro gli fu stretta sul petto. Mentre i carnefici gliela stringevano, dava istruzioni a quelli che mettevano i legnetti per l’accensione, indicando punti che erano stati tralasciati. Tre piccole sacche di polvere da sparo furono messe sul suo corpo, una in mezzo alle gambe, e le altre due sui fascetti che aveva sotto le braccia. L’intento era pietoso, erano posti lì per esplodere una volta raggiunti dal fuoco e porre fine così alle sofferenze della persona bruciata.

Da dietro, Bella sentiva Alice respirare rumorosamente e il gentile mormorio di Jasper. Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi.

Il Vescovo pregava ad alta voce, le mani unite al mento. Bella vide un lieve tremito in quelle mani, ma la voce era ferma. Le torce vennero abbassate sulla legna. Il fumo salì, troppo fumo. La legna era umida e il vento allontanava il fuoco dal Vescovo. Un’altra folata di vento e le piccole, misere fiamme si spensero. Altra legna piccola fu aggiunta, ma non bastava. Quando l’accesero nuovamente, il Vescovo cominciò di nuovo a pregare.

Le fiamme crebbero, facendosi strada verso di lui. Lui cominciò a ripetere in continuazione la stessa frase, «Signore Gesù abbi pietà di me! Signore ricevi il mio spirito!» più forte e più veloce mentre le fiamme crescevano intorno alle sue gambe. Il vento di nuovo le allontanò da lui e la sua voce divenne rauca di agonia mentre le sue gambe venivano arrostite dal fuoco che aveva cominciato ad affievolirsi di nuovo invece che crescere. La puzza ripugnante di carne bruciata cominciò a riempire l’aria. Alice emise un piccolo lamento, subito interrotto dalla sua mano sulla bocca. Bella si sentiva così male, così fiacca, così completamente annichilita dall’orrore che non riusciva a fare altro che aggrapparsi ad Edward come se terra si fosse aperta sotto di lei e lui fosse il suo unico supporto.

Ci fu un sibilo mentre la sacca con la polvere da sparo tra le gambe del Vescovo si accendeva, ma bruciò senza esplodere mentre il vento allontanava le fiamme dal suo corpo. «Per l’amor di Dio, buona gente, datemi più fuoco!» gridava. «Oh Signore Gesù abbi pietà di me …»

Altra legna fu gettata sul fuoco, raccolta in fretta dalle case vicine, rami caduti, tutto quello che poteva bruciare. Un contadino lì accanto cominciò a prendere bracciate di paglia dal suo carro e a buttarle sul fuoco. La gente accorreva per aiutarlo. Furono di nuovo abbassate le torce e le fiamme si alzarono. Lui continuava a ripetere la sua preghiera, sempre più forte fino a gridare, fino a urlare, fino a che la sua voce fu zittita da una gola bruciata e una lingua gonfia, ma ancora formava le parole, anche se la sua faccia si anneriva e le sue labbra si erano ritratte sulle gengive, lasciando al loro posto un orrendo ghigno. Il suo braccio si alzò e si colpì al petto, come a provare a costringere il suo cuore testardo a smettere di battere. Colpì il pugno contro il petto finché il braccio si staccò, e poi alzò l’altro, ma quando si colpì contro il petto, il braccio si bloccò sulla banda di metallo che stringeva al palo il suo corpo. Crollò in avanti, il suo tormento finalmente giunto al termine.

Edward guardò la folla. Molti piangevano apertamente. Al rogo dell’avvelenatrice, la gente aveva applaudito e aveva schernito le grida di lei, ma non vedeva nessuna giovialità adesso. La folla era così silenziosa che si potevano sentire i crepitii e i sibili del fuoco. I bambini erano attaccati alle gambe delle madri. Il venditore di programmi ricordo buttò il resto della sua merce tra le fiamme.

Il prete che era stato ingaggiato per parlare all’evento si alzò e cominciò un sermone sull’eresia del Vescovo, i suoi gravi errori dottrinali, e la folla cominciò a disperdersi. Visto che stava perdendo il suo pubblico, il prete alzò la voce e divenne più animato, le sue parole divennero più allarmistiche, ma uno alla volta, tutti voltarono le spalle e semplicemente si allontanarono.

Sul retro della carrozza, Alice singhiozzava. Bella sbirciò dietro e la vide tra le braccia di Jasper. La teneva e la cullava, gli occhi chiusi. Mentre Bella guardava, lui si chinò e le premette le labbra tra i capelli, sull’orlo della sua cuffia.

«Vai,» disse Edward al suo conduttore. «Vai … e basta.»

 

 

 

 

* Il verbo to drill significa ‘addestrare, fare le esercitazioni’ ma anche ‘trapanare, perforare’. Da cui la “metafora” non tanto sottile

** Il cosiddetto “Sudore Inglese”, o malattia del sudore, era un misterioso morbo altamente contagioso che colpì l’Inghilterra prima e poi l’Europa con una serie di epidemie per poi scomparire misteriosamente. La causa rimane sconosciuta

 

 

Note storiche

-          L’uomo che parlò con il Vescovo delle sue accuse di adulterio fu in realtà Sir Anthony Kingston, che era Conestabile della Torre, ma io ho combinato il suo personaggio con quello di Bridges, in questa storia.

-          Il Vescovo Hooper fu bruciato in febbraio, non in primavera come in questa storia. Sfortunatamente, gli orrendi dettagli della sua esecuzione sono accurati, presi dal rapporto trascritto da un testimone oculare.

-          L’ultima grande epidemia del Sudore fu quella del 1551 (il regno di Maria vide molte altre, diverse febbri epidemiche) ma io l’ho usato in questa storia perché è un argomento molto interessante. Gli storici moderni e gli scienziati non sanno ancora di cosa si trattasse. Sono state indicate molte malattie diverse, ma nessuna sembra adattarsi esattamente ai sintomi. Bizzarramente, sembrava che colpisse solo gli inglesi, almeno per le prime cinque o sei epidemie. Durante l’epidemia del 1528, questa si diffuse nel Continente, uccidendo migliaia di persone. Quell’anno, Anna Bolena si ammalò e quasi ne morì. Immaginate come sarebbe stata diversa la storia se fosse successo.

 

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/24/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  24

 

Bella si svegliò urlando da un incubo, quella notte. Edward si mise seduto e la prese tra le braccia, dove lei singhiozzò spaventata e inorridita. Lui sapeva che probabilmente sarebbe successo, per questo aveva messo tutti e due i bambini a dormire nella stanza di Alice, ma il rumore aveva svegliato il locandiere e sua moglie, che adesso stavano bussando alla porta.

«Vostra grazia! Vostra grazia!»

Edward si liberò con gentilezza dall’abbraccio di Bella e  gridò che sarebbe arrivato in un momento. Si infilò la vestaglia mentre andava ad aprire. A giudicare dalla preoccupazione nelle loro voci, i locandieri non se ne sarebbero andati finché non avessero visto Bella con i loro occhi e non si fossero assicurati che stava bene. La moglie del locandiere  portava una candela, con la mano a coppa intorno alla fiamma mentre camminava. La appoggiò sul tavolo vicino al letto. «State bene, vostra grazia?» chiese.

Bella stava ancora piangendo ma annuì. «Non era che un incubo, signora. Chiedo perdono per aver disturbato il vostro riposo.»

«Vi affliggono spesso, vostra grazia? Volete che vi porti una pozione per dormire?»

Bella si asciugò le lacrime. «No … I-Io ho visto il Vescovo Hooper bruciare, oggi.»

Il locandiere e la moglie si scambiarono uno sguardo. «È stata una cosa terribile,» mormorò il locandiere. Decise che aveva già detto troppo e chiamò con un cenno sua moglie. «Lasciamo che le loro grazie tornino a letto.»

«Dite una preghiera», disse la moglie a Bella. «È la cosa migliore per tener lontano i brutti sogni.»

«Farò così, grazie», rispose Bella.

Chiusero la porta dietro di loro e la stanza fu di nuovo nell’oscurità, tranne la luce argentata della luna che filtrava dalla piccola finestra. Edward si tolse la vestaglia e la lasciò cadere a terra. Scivolò nel letto e strinse Bella al petto, non solo per confortare lei, ma anche se stesso, sentendo il bisogno della pelle calda di lei contro la sua. Lei si accoccolò contro di lui, le lacrime che ancora rotolavano sulle sue guance, brillando nella luce fioca e tirò su piano col naso.

«Ho sognato che eri tu», disse lei. Edward le baciò la fronte. Era così da Bella temere di perdere quelli che amava più di quanto temesse per se stessa. Ogni lacrima che scendeva era come un ago nel cuore di lui.

«Mi dispiace che tu abbia dovuto vedere tutto questo, oggi», disse Edward.

«Mi dispiace che anche tu abbia dovuto vederlo», replicò lei. «Nessuno dovrebbe vedere una cosa simile, perché una cosa simile non dovrebbe mai succedere. Maria avrebbe dovuto vederla. Se l’avesse vista, non firmerebbe mai più una condanna a morte per un eretico.»

Lui sospirò. «Probabilmente direbbe che Dio ha prolungato le sue sofferenze come avvertimento per tutti quelli che la pensavano come lui.»

«Io non capisco perché», protestò Bella. «Che le loro anime siano ricompensate o punite. Perché è così importante per lei?»

«Tu mi hai detto quello che hai sentito che le dicevano Gardiner e Pole. L’eresia è un crimine contro l’ordine sociale che è stato decretato da Dio. È un crimine contro lo stato così come contro l’anima.»

«Ho così paura, Edward.» Bella tremava così forte che il letto cigolava. Lui cercò di calmarla come poteva, ma che poteva dirle? Non poteva dirle che era al sicuro, che la sua famiglia era al sicuro. Gardiner li odiava. Era in qualche modo fiducioso che l’affetto della Regina verso Bella l’avrebbe protetta a meno che le accuse contro di lei non fossero estreme, e Bella avrebbe ‘abiurato’ subito, che era quello che la Regina affermava di volere. Ma non poteva mentirle, neanche per calmare le sue paure, e dirle che l’ombra del rogo non sarebbe mai calata su di loro.

Pensava alla sua pelliccia, chiusa al sicuro nel suo armadietto della casa di Hampstead Heath (per sicurezza, lui aveva aggiunto all’interno un’altra scatola più piccola, di cui lui solo aveva la chiave). Se lo spettro del rogo fosse apparso all’orizzonte, le avrebbe ridato la pelliccia, decise. Meglio perderla in mare per sette anni che perderla per sempre. E alla sua moglie tremante che lentamente scivolava di nuovo nel sonno, lui fece una promessa silenziosa: non sarebbe mai bruciata. Anche se avesse dovuto toglierle la vita lui stesso, non l’avrebbe mai fatta soffrire così. Era un pensiero ripugnante, un pensiero che mandava immagini orribili nella sua mente che facevano venir voglia anche a lui di piangere, ma non poteva permettere che un destino simile si abbattesse sulla sua dolce moglie selkie.

Quando salirono sulla carrozza la mattina dopo, trovarono Alice e Jasper seduti uno da una parte uno dall’altra. Alice guardava fuori del finestrino come se trovasse le galline che beccavano nel cortile uno spettacolo affascinante, e l’espressione di Jasper era di preoccupazione e leggera perplessità. Il piccolo viso di lei era bianco come una perla e i suoi occhi erano rossi come se li avesse strofinati con la sabbia, ma la sua mascella era stretta, come se avesse raggiunto un qualche tipo di decisione e fosse determinata ad agire di conseguenza.

Il viaggio fu silenzioso, ognuno preso nei propri pensieri. Bella e Edward parlarono un po’, intrattennero un poco i bambini meglio che poterono ,ma l’atmosfera nella carrozza era di silenzioso dolore. Qualcosa era andato perduto, in questo viaggio, e nessuno di loro sapeva bene cosa fosse, né come potesse essere recuperato.

Bella e Edward erano formali e dignitosi, quando tornarono a corte, e andarono insieme ad affrontare la Regina, avendo bisogno l’uno della forza dell’altro. Trovarono Maria che giocava a carte con le sue dame, mucchietti di monete e carte che riportavano note di credito per grosse somme al centro della tavola. Maria amava giocare, ed era pessima a farlo. Nei giorni in cui era una principessa che viveva con l’avaro appannaggio che le passava il suo padre arrabbiato, aveva perso più di un terzo del suo patrimonio al gioco. Adesso stava ridendo mentre aspettava la mano che avrebbe svelato il vincitore. Per fortuna, Maria perdeva con grazia. Ridacchiò mentre Frances Grey si prendeva tutte le sue vincite.

Edward odiava poche persone; non era nella sua natura portare rancore e aveva una disposizione gentile, ma odiava sinceramente Frances Grey. Lei era la madre di Jane, no, la donna che aveva partorito Jane. Non c’era nessun istinto materno o emozione in Frances. Sia suo marito che sua figlia erano stati giustiziati dopo la Ribellione di Wyatt, e Frances aveva passato il tempo a salvarsi la pelle. Aveva allegramente gettato sua figlia ai lupi, la figlia che aveva malmenato e costretto con le minacce ad accettare prima di sposare Guildford e poi la corona, e adesso era annoverata tra i leccapiedi di Maria. Edward non la guardò neanche e si inchinò alla Regina.

«Vostra maestà, la mia signora moglie ed io siamo tornati per fare rapporto.»

«Stasera, più tardi, forse», disse Maria distratta dalla mano successiva. «Bella, vuoi fermarti a giocare?»

«No, vostra maestà», replicò Bella. «Temo di essere davvero scarsa nei giochi di carte.»

«Questo farebbe di te una eccellente aggiunta al nostro tavolo!» ridacchiò Frances.

«Se sua maestà non ha bisogno di me, io non indugerei», disse Bella.

«Vai pure», disse Maria con un sorriso. «Sono sicura che sarai stanca del viaggio. Ci vediamo domani mattina alla messa.»

Bella e Edward si inchinarono e arretrarono dalla stanza. La faccia di Edward era dura e la sua pelle arrossata in modo allarmante. Si passò una mano tra i capelli e Bella vide che tremava. Quando lui la abbassò, lei gliela prese e la strinse.

«Non era preoccupata delle impressioni della folla», disse Edward con amarezza. «Voleva solo che andassi così che la mia presenza dicesse alla folla che il Duca di Cullen appoggiava tutto questo.»

«Tu lo avevi sospettato», gli ricordò Bella. Lui ne aveva parlato durante il viaggio e aveva considerato di partecipare in maniera anonima, vestito con un abbigliamento semplice, come un gentiluomo di campagna, ma il ritardo dovuto alla ruota spezzata aveva eliminato questa opzione. La carrozza con il suo stemma dipinto di lato si era fermato proprio di fianco al palco. Il cugino della Regina, il rappresentante della Regina.

Edward guardò gli enormi occhi scuri di sua moglie e la sua rabbia svanì. «Andiamo a casa», disse lui. A casa, dove potevano fingere per un po’ che il resto del mondo non esistesse. L’avrebbe portata a nuotare, stanotte, decise lui, e poi l’avrebbe riportata in camera dove avrebbe baciato via l’acqua dalla sua pelle e lasciato fuori tutto tranne loro due.

«A casa», fu d’accordo Bella.

Lasciarono il palazzo da una delle uscite laterali, quella che portava al giardino di aiuole. Bella vide la Principessa Elisabetta camminare con le sue dame, leggendo un libro. Mentre guardava, un gruppo di uomini la raggiunse, spagnoli, a giudicare dai vestiti. Quello che era in testa arrivò spavaldamente a grandi passi all’altezza di Elisabetta. Chinò la testa scura verso di lei e Bella boccheggiò quando vide chi era: Filippo.

Sia lei che Edward guardarono. Elisabetta inclinò la testa civettuola e sorrise a qualunque cosa stesse dicendo Filippo, e poi chinò la testa, arrossendo dolcemente e sbattendo le ciglia sugli occhi, i begli occhi bruni di Anna Bolena.

«Andiamo a casa», ripeté Bella voltando le spalle a quella vista. «A casa.»

 

 

La mattina Alice stava vestendo Bella quando sentirono bussare alla porta della camera. Anche se era un’ora prima dell’alba, Bella sperò che fosse Ellen con la piccola Elizabeth. Non era riuscita a vederla la sera prima perché la bambina era già addormentata quando erano arrivati a casa. Invece, era Anne Askew. «Vostra grazia, posso parlarvi?»

«Vieni», disse Bella. Alice, che stava cucendo le maniche di Bella, si interruppe e le diede uno strano sguardo che lei non seppe interpretare.

Anne si inchinò profondamente. «Vostra grazia, desideravo chiedervi, dato che voi siete stata testimone … Il vescovo Hooper ha abiurato?»

Bella scosse la testa. «No, non l’ha mai fatto.»

Anne sembrò sollevata. «Pensavo che non fosse nulla, ma si erano diffuse delle storie per screditarlo. Dicevano che avesse abiurato la notte precedente per paura delle fiamme ma che poi era ritornato a …» diede un’occhiata a Alice e rettificò le parole che stava per dire. «… era ritornato alla sua eresia la mattina successiva.»

«Non posso parlare per le sue azioni della notte precedente, ma non c’è stata nessuna abiura mentre io ero presente», disse Bella.

«Ha sofferto così tanto», rifletté Anne, e i suoi occhi brillavano come se il Vescovo Hooper fosse diventato all’improvviso uno dei suoi eroi.

«Sì, ha sofferto», disse Bella bruscamente. Rinunciò a ogni finzione. «Non ho le parole per descriverlo. Ti prego, non fare nulla che possa portarti in simili circostanze.»

Anne sospirò. «Vostra grazia … Bella, voi non capite. Dio lo ha premiato con la corona del martirio. La ricompensa per i suoi pochi minuti di sofferenza su questa terra è oltre la nostra immaginazione. In questo momento, lui è alla destra di Gesù, e gli sono state dette le parole che ogni cristiano dovrebbe desiderare di sentire: Ben fatto, mio fedele buon servitore. ( Matteo 25:21 La parabola dei talenti ndt) Quante anime saranno salvate dalle fiamme eterne dell’inferno a causa delle sue sofferenze terrene?»

A Bella si riempirono gli occhi di lacrime. «Se l’avessi visto, non percorreresti un cammino che possa portarti a questo.»

Anne sorrise con gentilezza e diede a Bella un fazzoletto. «Allora forse è meglio non farlo.»

Dopo che se ne fu andata, Alice andò alla cassetta dei gioielli di Bella per scegliere i pezzi per la giornata. Ci passò le mani in mezzo svogliatamente, il che disse a Bella più di tutto il resto che qualcosa non andava. Normalmente Alice era deliziata di scegliere i gioielli per Bella. Prese su una spilla, apparentemente a caso. Aveva il viso pallido e stanco e le sue dita armeggiarono per appuntarla al centro del corpetto di Bella.

«Stai bene, Alice?» chiese Bella.

Alice le fece un sorriso senza significato, più una smorfia, che un sorriso. «Sto bene, Bella.»

«Hai parlato poco durante il viaggio di ritorno», la pungolò Bella. «E non hai neanche rivolto la parola a Padre Jasper.»

La replica di Alice fu così bassa che Bella quasi non la sentì, nonostante il suo udito selkie. «Cosa?»

«Ho detto che non posso metterlo in pericolo», ripeté Alice. «Bella, io so che quello che stiamo facendo è sbagliato. Noi non parliamo per il mio benessere spirituale. Noi parliamo l’uno con l’altro, passiamo del tempo insieme, perché ci sono … dei sentimenti tra noi. Lui non ne ha mai parlato, ma io so che lui si sente verso di me come io mi sento verso di lui, e non è una cosa che un prete dovrebbe sentire. Io lo sto tentando. Lo sto tentando verso il peccato, il che può concludersi con lui legato al rogo con una banda di ferro sul petto. Io l’ho visto, Bella. Quando il Vescovo stava bruciando, ho visto Padre Jasper al suo posto.»

«Alice», disse Bella. La prese tra le braccia. Non poteva dire ad Alice che si sbagliava.

Alice appoggiò la testa contro la spalla di Bella. «Lo amo troppo per metterlo in pericolo.»

Bella non disse nulla. Strinse Alice più forte.

«Mio padre mi ha scritto», disse Alice, la voce sorda. «Mi sposerò in autunno.»

Bella chiuse gli occhi. Cercò qualcosa di positivo da dire, qualcosa che facesse sentire meglio Alice, ma non c’era niente. Non c’era proprio niente.

Dopo la messa nella cappella della Regina, Edward e Bella si incontrarono con lei nelle sue stanze private.

«Hai un aspetto migliore, stamattina,» disse lei. «Ieri la stanchezza del tuo viaggio mi aveva fatto preoccupare per te.»

«Non era il viaggio, vostra maestà», disse Edward.

La penna di Maria si bloccò sui documenti che stava firmando. «No?»

«È stata una cosa terribile, vostra maestà, e non sono sicuro che la folla abbia ricevuto il messaggio che intendevate inviarle.»

Adesso era preoccupata. «Cosa è successo?»

Edward descrisse l’esecuzione dall’inizio alla fine, con voce calma e distaccata. Aveva scelto le parole che avrebbe detto la notte precedente, lavorandoci nella sua mente finché era stato soddisfatto e sicuro che avrebbe capito tutta la crudeltà e l’orrore. «È stato tra le fiamme per tre quarti d’ora, prima di morire», disse Edward. «La folla piangeva per lui, vostra maestà.»

Maria tamburellò le dita sulla scrivania. «Forse è stato un errore farlo ritornare a Gloucester dove era stato così popolare», rifletté lei.

«Vostra maestà, le sue sofferenze avrebbero fatto piangere una statua di pietra», sottolineò Edward. «Non sarebbe cambiato nulla se fosse successo qui a Londra.»

«E il sermone?» chiese lei.

«Non so», disse Edward. «La folla si è dispersa che era a malapena cominciato.»

Maria prese una nota su un foglio pulito di pergamena. Edward era frustrato. Bella cercò di assisterlo. «È stato orribile, la cosa più orrenda che abbia mai visto.»

«Oh, Bella», disse la Regina. «Non puoi lasciare che la tua mente sia governata dal tuo cuore tenero. Vorrei che nessuno dovesse soffrire così, ma mi forzano la mano. Se solo abiurassero e rifiutassero la loro eresia! Potremmo tutti gioire come fratelli e sorelle in Cristo.» Guardò l’orologio sulla sua scrivania. «C’è poco tempo. Ho un incontro con mia sorella tra pochi minuti.»

Bella si sentì frustrata che la conversazione finisse prima che riuscissero a far capire  Maria, ma era contenta che Maria avesse accettato di rivedere Elisabetta dopo tanto tempo. «Sono lieta che le abbiate dato un’udienza. So che le siete mancata molto, vostra maestà.»

La Regina strinse le labbra ma non disse niente. Bella la aiutò ad alzarsi e lei e Edward la seguirono nella sala delle udienze, dove lei si mise seduta sul trono. C’era una tenda vicino alla pedana del trono che nascondeva una porta che conduceva all’atrio fuori della camera privata della Regina. Bella la vide ondeggiare e notò un paio di scarpe che sbucavano da sotto, e si irrigidì allarmata. Era un assassino? Una spia? Si insinuò di lato e mosse la tenda per dare un’occhiata. Scioccata, vide che era Filippo, ma lui non la notò. Sembrava ascoltare con attenzione il mormorio della folla di cortigiani che si era riunita, ognuno sperando di avere un’udienza con la Regina. Bella sgattaiolò giù per riunirsi a Edward di fronte al pubblico.

«Filippo è nascosto là dietro», gli sussurrò.

«Cosa?» rise Edward e scosse la testa.

Una voce chiamò forte, «La Principessa Elisabetta!»

La stanza si fece silenziosa e tutti si inchinarono mentre passava Elisabetta. Era vestita con semplicità, come sempre, nel suo sobrio abbigliamento da ragazza protestante, i capelli luminosi sciolti sulle spalle. Si fermò a rispettosa distanza dal trono e si inginocchiò. Maria non la invitò ad alzarsi.

«Dio protegga vostra maestà», disse Elisabetta.

Maria assottigliò gli occhi. Era terribilmente miope e questo rendeva il suo sguardo penetrante, il che, involontariamente, intimidiva le persone. «Vorrei poter credere che tu lo intenda veramente.»

«È così,» protestò Elisabetta. «Sono una sincera e leale suddita di vostra maestà, qualunque cosa altri possano dire.»

«Non hai voluto confessare la tua colpa, ma la verità verrà fuori», la avvertì Maria.

«E quando non emergerà nulla, lo stesso non vi chiederò nulla, né perdono né favori.» Elisabetta incontrò gli occhi di sua sorella e chinò di nuovo il capo quando non vi trovò altro che ostilità. «Desidero solo riavere un posto nel vostro cuore come sorella amorevole.»

«Ti stai lamentando di essere stata punita ingiustamente.»

«No, vostra maestà, non lo direi mai a voi, né ad altri. Ho portato il fardello della vostra rabbia e della vostra sfiducia, e continuerò a portarlo se non riuscirò a convincervi di essere una vostra sincera e leale suddita, e che lo sarò fino alla morte.» Le lacrime brillarono negli occhi di Elisabetta e le rigarono il volto. «E che sono la vostra amorevole sorella, anche se voi non mi credete.»

Maria chiuse gli occhi. Bella vide la sua gola che si muoveva, come se avesse un groppo che cercava di deglutire. Si alzò, dondolando sui piedi, e se ne andò senza un’altra parola. Dopo che la porta fu chiusa dietro di lei, Elisabetta si rialzò, un’espressione pensierosa sul viso.

Bella sapeva che avrebbe dovuto seguire la Regina come le altre dame, ma rimase indietro. Filippo aprì la porta dietro la tenda, a giudicare da come questa si gonfiò, e fece il giro fino ad arrivare all’entrata  principale della sala delle udienze, come se fosse appena arrivato. Andò dritto verso Elisabetta, che era adesso circondata da una manciata di cortigiani. Molte persone copiavano ciò che faceva il monarca: chiunque fosse in disgrazia veniva ostracizzato, ma si era diffusa la chiacchiera che Filippo stesse provando a far accettare da Maria di nuovo Elisabetta a corte e alcune anime coraggiose che credevano che il re potesse influenzare la Regina a questo fine, stavano di nuovo cercando, provvisoriamente, l’amicizia della Principessa. Elisabetta non si lasciava imbrogliare dalle lusinghe o dall’interesse improvviso, ma era abbastanza astuta da usarli a suo favore.

Fece a Filippo un sorriso dolce e timido, il cuore di Bella affondò di fronte all’interesse evidente nell’espressione di lui. Era solo politica, corteggiare la principessa che avrebbe avuto il trono se Maria e il suo erede fossero morti nel parto? O era genuinamente attratto da Elisabetta? Bella non lo sapeva, e immaginò che non avesse importanza. Aveva fiducia che Elisabetta non sarebbe andata oltre; Elisabetta era troppo intelligente per rischiare qualunque cosa che aumentasse la rabbia di sua sorella nei suoi confronti, ma senza dubbio avrebbe usato a suo vantaggio l’interesse di lui.

Quell’interesse non passò inosservato neanche agli altri cortigiani. Bella vide mani che si alzavano a nascondere i sussurri e occhi taglienti seguire ogni mossa della Principessa. Altre chiacchiere sarebbero fiorite da questo incontro, Bella lo sapeva. Filippo si stava guadagnando la fama di sciupafemmine, ma se era vero, era abbastanza sveglio da tenere le sue attività lontane dalle dame della corte. Gli inglesi disprezzavano questo evidente interesse per le donne comuni e alcuni pensavano che fosse il suo modo subdolo di vendicarsi di Maria per avergli rifiutato la sua sospirata incoronazione.

Circolava una piccola filastrocca in rima: «The baker’s daughter in her gown / is better than Queen Mary without the crown». (La figlia del fornaio in camicia da notte è meglio della Regina Maria senza la corona.)

Bella pensava che Maria non sapesse di questi pettegolezzi, ma non poteva esserne certa. Susan Clarencieux probabilmente avrebbe sentito come un suo dovere informare la Regina, credendo che una moglie abbia il diritto di sapere delle attività del proprio marito. Bella poteva solo sperare che la cosa non si diffondesse così tanto e che una volta che la voce del flirtare di Elisabetta con suo marito avesse raggiunto le sue orecchie, Maria si fidasse abbastanza di Filippo da respingerla. Altrimenti, Elisabetta sarebbe finita in un posto che le avrebbe fatto pensare a Woodstock come un bel ricordo.

 

 

Bella e Edward avevano avuto la piccola speranza che la storia della morte orribile del Vescovo Hooper avrebbe fermato i roghi, ma la lezione che ne ricavò Maria fu che il sermone andava fatto prima del rogo, così da assicurarsi che la folla lo avrebbe ascoltato, e che bisognava portare più legna sul posto. Gli eretici pentiti furono usati per portare la legna per quelli che non l’avevano fatto, e a volte la famiglia stessa dell’eretico era obbligata ad aiutare a portare legna per bruciare la persona che amavano.

Pamphlet sediziosi circolavano, onorando il coraggioso martirio dei giustiziati e condannando la Regina. Questo rese solo Maria più determinata a estinguere l’eresia che infettava la sua terra allo stesso modo dell’epidemia del Sudore.

Quando tornarono dalla messa, pochi giorni dopo l’incontro di Maria con Elisabetta, Maria trovò uno di quei pamphlet sulla porta della sua camera da letto, piazzato in modo così preciso che era ovvio che era stato messo lì per essere trovato. Maria lo lesse e poi silenziosamente lo passò a Bella. Riportava la descrizione del rogo, a Guernsey, di una madre e delle sue due figlie adulte. Una delle figlie aveva denunciato per furto una donna del posto e per rappresaglia, la ladra l’aveva accusata di eresia. Le autorità locali avevano esaminato non solo l’accusata, ma anche sua madre e sua sorella, ed erano tutte e tre state trovate colpevoli di eresia. Erano state bruciate insieme. Una delle figlie era incinta e mentre bruciava, aveva partorito. Uno dei presenti era corso avanti e aveva salvato il bambino dalle fiamme prima che riportasse delle lesioni, ma lo sceriffo aveva strappato il bambino dalle braccia dello spettatore e lo aveva ributtato tra le fiamme. Il testo si concludeva con una preghiera perché la Regina Maria aprisse gli occhi, o che Dio finisse i suoi giorni.

Bella lasciò cadere il pamphlet e si coprì la faccia con le mani. Pensò al piccolo Ward … No! Forzò la sua mente lontano da tutto questo.

«Lo so», disse Maria, dolendosi con una Bella inorridita. «Osano immaginare la morte della Regina, pregare per questo!»

«Quel povero bambino», sussurrò Bella.

Maria spostò il pamphlet con il piede. «Non devono biasimare me per questo.»

«Di certo lui non era un eretico!» pianse Bella.

«Non sarebbe stata bruciata se avesse confessato la sua gravidanza», disse Maria. «Avrebbero aspettato fino a dopo la nascita del bambino, per quanto illegittimo. La sua morte è colpa di sua madre.»

«Ma lo sceriffo …»

«Era la volontà di Dio che bruciasse con sua madre, o sarebbe nato prima che sua madre fosse giustiziata.»

Bella si sentì mancare il fiato, come se le avessero dato un pugno. Ondeggiò sui piedi e per un attimo il mondo si fece grigio.

«Prendetela!» gridò Maria e le sue dame corsero ad assistere Bella. «Stendetela. Mettetela sul mio letto. Qualcuno chiami un medico.»

Qualcuno le aprì il corpetto e allentò i lacci del corsetto.

«Dov’è mia moglie?» Bella sentì la voce di Edward e si sentì sollevata.

«È svenuta, vostra grazia», gli disse Susan Clarencieux.

Poi sentì la voce di Maria. «Edward, è possibile che aspetti un bambino? Questo spiegherebbe perché si è comportata tanto stranamente in quest’ultima settimana.»

Edward non rispose. Raggiunse Bella e si mise seduto sul letto vicino a lei. Le prese la mano. «Bella, amore.»

«Edward, sei venuto … sto bene. Spero che non ti abbiano allarmato.»

«Non è per questo che sono venuto», disse Edward. «Bella … si tratta di Ward.»

«Cosa? Cosa c’è?» boccheggiò Bella.

Il viso di Edward era cupo, venato dal dolore che sapeva stava arrivando. «Bella … ha il Sudore.»

 

 

 

 

Note Storiche

-          L’incontro tra Maria ed Elisabetta fu alle dieci di sera, non nel primo pomeriggio come qui raccontato. Elisabetta era spaventata dalla improvvisa convocazione e implorò le sue dame di pregare per lei prima di andare dalla Regina, una visita da cui temeva di non ritornare. Incontrò Maria nella sua camera da letto, e, sì, Filippo era nascosto dietro la tenda (“un panno” come registrano le cronache storiche)

-          La storia del rogo di Guernsey sfortunatamente è vera. Durante il regno di Elisabetta, lo sceriffo fu portato di fronte a lei dopo essere stato dichiarato colpevole di omicidio per aver ributtato il bambino tra le fiamme. Disse che il bambino condivideva l’eresia della madre mentre era dentro il suo corpo. Elisabetta lo graziò.

 

 

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Capitolo 25
*** capitolo 25 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

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Capitolo  25

 

«Non può essere malato!» protestava Bella mentre correvano a casa. «Dovrebbe essere protetto dalla mia magia!»

Gli stallieri delle scuderie del palazzo avevano dato a Edward un cavallo diverso da quello con cui era arrivato. Quel cavallo era coperto di sudore  e ansimava per lo sfinimento. Questo era fresco e ansioso di correre. Edward spinse gli speroni, sempre più forte per farlo andare più veloce. Pregava che nessuno gli si parasse davanti perché non avrebbe mai potuto sterzare in tempo.

Qualcosa di caldo colpì la sua mano. Le lacrime di Bella. Ma non c’era tempo per confortarla, impegnato come era a ottenere la massima velocità dalla sua cavalcatura. Imboccò il viale della loro casa e scese buttando le briglie allo stalliere. Fece scendere Bella dalla sella e diede al cavallo una pacca di ringraziamento prima di prendere la mano di Bella e trascinarla in casa. Le gambe più corte di lei non erano abbastanza veloci, così lui la prese tra le braccia e fece le scale tre alla volta. Spalancò la porta e depositò Bella sul pavimento, a fianco del loro bambino che giaceva nel letto.

Bella si sedette accanto a lui, mettendogli una mano sulla fronte. Il povero bambino era inzuppato di sudore, pallido e si agitava debolmente nel delirio. Bella tolse le coperte in cui era avvolto e premette l’orecchio sul suo petto. Il cuore batteva rapido, troppo rapido, frullando come le ali di un uccello in trappola.

«Il medico dovrebbe arrivare presto», disse Ellen. «Avvolgetelo di nuovo, mia lady. Non fategli prendere freddo.»

«Portatemi una tinozza di acqua fredda», ordinò Bella, ignorando il suo consiglio.

Ellen guardò il Duca per avere una conferma. «Qualunque cosa chieda», le disse Edward. «Fallo. In fretta.»

«Annacqua  un po’ di vino», disse Bella a Edward. «Finché sarà appena rosa. E mi servirà un panno pulito.»

Lui andò alla brocca del vino e fece come lei chiedeva, portando un calice pieno e il panno richiesto, uno dei suoi fazzoletti fresco di bucato. Bella ne intinse l’angolo nel vino annacquato e lo mise in bocca al bambino. Non appena quell’umidità toccò le sue labbra, il bambino cominciò a succhiare impaziente la stoffa bagnata. Bella glielo tolse, lo intinse di nuovo e lo portò ancora alla sua bocca. «Il povero bambino è così assetato,» mormorò Bella.

Ellen ritornò insieme a una cameriera che portava la richiesta tinozza di acqua fredda. Bella tolse a Ward tutti i vestiti e lo immerse lentamente nell’acqua. Ellen boccheggiò per l’orrore.

«Dobbiamo abbassare la sua temperatura,» spiegò Bella. «Sta bruciando di febbre.»

«Ma lo shock …» protestò Ellen. «Non può essere sano fare un bagno quando si è così malati!»

Bella scosse la testa. «È la cosa migliore, per lui. Vai, Ellen, vai da Elizabeth.»

«Ma …»

«Vai», ordinò Edward. Venne fuori più rude di quanto intendesse ed Ellen sgranò gli occhi. Fece un inchino frettoloso che lui non vide e corse alla porta.

«Io non capisco», disse Bella, prendendo l’acqua nella mano a coppa e versandola sulla testa di Ward. Il suo inquieto agitarsi era cessato, ora che era nell’acqua fredda, ma si lamentava piano, un suono che pugnalava il cuore di Edward. «Dovrebbe essere protetto. Questo non doveva succedere. Perfino Margaret dovrebbe …» La sua voce si spense e altre lacrime le rigarono le guance.

«Sei stata così infelice in questi ultimi giorni», disse Edward. «Vicina ad ammalarti tu stessa per l’ansia e la paura.» Prese un altro dei suoi fazzoletti e lo passò a Bella. lei gli lanciò uno sguardo di ringraziamento, lo mise nell’acqua e poi sulla testa di Ward. «Forse la tua magia è più debole quando sei così angosciata, così  lontana dal mare …»

Lei scosse la testa perplessa. «Non ho mai sentito una cosa simile.» Prese il fazzoletto caldo dalla testa di Ward e lo intinse di nuovo nell’acqua fredda.

«Hai mai sentito di una selkie a corte? Una selkie che vede un uomo bruciare?»

«No», ammise lei. «Non l’ho mai sentito.» Sapeva quanto il dolore e la paura potessero essere pericolosi per la sua razza. L’orrore di quella situazione poteva aver fatto vacillare la sua magia? Era colpa sua?

Si sentì rumore di zoccoli sulla ghiaia. Edward guardò fuori della finestra. «Deve essere il medico.»

«I vostri medici possono fare qualcosa per questa malattia?»

Edward scosse la testa. Il dolore adombrava il suo viso. Questo era il motivo per cui si era ripromesso mille volte di non attaccarsi troppo a suo figlio, ma il cuore non aveva ascoltato la testa.

«Conosci una donna esperta di erbe?» chiese Bella.

«Posso trovarla. Di certo ce n’è una al villaggio.»

«Dille che ho bisogno di corteccia di salice bianco.»

«Per cosa?» Edward sembrava perplesso.

«Abbassa la febbre», replicò Bella. «Ti prego, Edward. Fai in fretta.»

Edward baciò lei e poi il bambino e corse via nel corridoio. Piombò addosso a una delle cameriere. «Chiedo perdono, vostra grazia», boccheggiò la ragazza, anche se la colpa era stata di lui.

«Ragazza, corri al villaggio e prendi della corteccia di salice bianco dalla donna delle erbe», ordinò. «Vai subito, più veloce che puoi.» Prese delle monete dalla borsa che portava sotto il farsetto e gliele mise in mano, senza curarsi del valore.

«Sì, vostra grazia», replicò lei e fece un inchino veloce prima di affrettarsi alla sua commissione.

Lui tornò da Bella e dal bambino, che era dove voleva stare. «Ho mandato una cameriera»,  disse lui quando lei gli diede un’occhiata interrogativa.

«Bella, morirà?» chiese Edward, la voce bassa e rauca per il dolore.

«Se riesco a tenere bassa la febbre, può ancora farcela,» disse Bella.

«Cosa posso fare?» chiese Edward. L’impotenza che sentiva si aggiungeva alla sua angoscia.

«Stai qui per me», replicò Bella. Aveva le lacrime agli occhi. «Ho bisogno della tua forza.»

Non sapeva quanto fosse forte. Voleva scoppiare a piangere, buttarsi sul pavimento e implorare Dio di non prendersi suo figlio, voleva gridare e strapparsi i capelli, anticipando il suo dolore. Ma se Bella aveva bisogno che lui fosse forte, lo sarebbe stato. Avrebbe fatto qualunque cosa per superare con lei questa crisi.

La cameriera tornò più in fretta di quanto si aspettassero, portando una coppa tra le mani. «Vostra grazia, mi sono portata avanti e ho fatto il tè secondo le istruzioni della donna sapiente», disse lei.

«Grazie, Anne», disse Bella con gratitudine. Provò la temperatura e trovò che era abbastanza tiepido perché il bambino potesse berlo.

«Ho aggiunto miele per coprire il sapore», continuò la ragazza.

«Anne?» chiese lui. «Ti chiami Anne?»

«Sì, vostra grazia, Anne Askew.»

Ah, ora ricordava: il suo elemosiniere, la moglie di Kyme, la donna che era stata cacciata via per il suo credo protestante. Vagamente, ricordò che non aveva avuto ancora una risposta alla sua lettera. «Grazie, signora Askew», disse lui. Intinse il panno nel tè rosso e lo diede al bambino. Il piccolo Ward fece una smorfia, ma era abbastanza assetato da accettarlo.

Il medico arrivò subito dopo e rimase inorridito trovando il paziente seduto in una tinozza di acqua. «Per tutti i santi, donna, lo ucciderai!» sbottò prima di recuperare il senso dell’appropriatezza. «Vostra grazia», disse. «Non va bene inzupparlo in questo modo. I suoi pori si apriranno ad ogni sorta di umori cattivi. Deve essere messo a letto e va fatto un salasso. E non dovreste dargli niente da bere! Cos’è questo?» Prese in mano la coppa prima che Bella potesse fermarlo e annusò il contenuto. Fece una smorfia e arretrò.

«Tè di corteccia di salice», disse Anne Askew. «Abbassa la febbre.»

«Ridicolo!» biascicò il medico. «Probabilmente state avvelenando il bambino con qualche sudicia mistura da streghe!»

Bella non lo degnò di uno sguardo. «Lasciate pure andare il medico. Le sue arti non possono fare alcun bene, qui.»

«Lo ucciderete», la avvertì il medico. «Segnate le mie parole, vostra grazia. Se continuate così, sarà morto all’imbrunire. Erbe e bagni invece che giusti medicamenti!» Scosse la testa incredulo. Si voltò verso Edward per avere man forte. «Vostra grazia, so che la Duchessa è nuova alla civilizzazione, ma non potete rischiare la vita di vostro figlio con queste pratiche pagane!»

«Vattene!» scattò Bella. «O chiamerò un domestico che ti butti fuori.»

Il dottore la guardò gelido, gravemente insultato da un tale trattamento irrispettoso. Se ne andò con passo pesante dalla stanza e Anne Askew chiuse la porta dietro di lui.

«Vostra grazia», disse a Bella. «Dovreste aggiungere del vino anche all’acqua del bagno. La renderà più rinfrescante per lui.»

«Un suggerimento eccellente», disse Bella. Edward prese la brocca e versò il vino nella tinozza. «Questo è il bagno più costoso che farai mai, figliolo», disse affettuosamente al bambino. «Lavato nel vino francese  più pregiato che si possa ottenere!»

Bella premette le labbra sulla fronte di Ward. «È più fresco.»

«Dio sia lodato», sussurrò Edward. Aveva paura di sperare. Per tutta la strada fino alla corte, aveva provato a prepararsi al peggio. Il Sudore non solo era mortale, ma quando lo prendevano i bambini le speranze erano ancora più esigue.

La testa di Ward si inclinò, come se dormicchiasse.

«Non lasciarlo dormire!» esclamò Edward, dando dei colpetti sul viso del bambino per tenerlo sveglio. «Se quelli che hanno il Sudore si addormentano, non si svegliano più.»

«Edward, gli farà bene», disse piano Bella. «La febbre si è abbassata e ha bisogno di riposo per guarire.» Lo tirò su dalla tinozza e lo avvolse in un lenzuolo per asciugarlo. Si mise su una seggiola e tenne il bambino tra le braccia, canticchiando piano per lui. Quando si risvegliò, provò a fargli prendere un po’ di latte, ma sembrava che fosse troppo stanco e debole per prenderne molto.

Per tutta la notte, Bella e Edward rimasero col bambino, raffreddandolo nel bagno di acqua e vino quando la temperatura si alzava di nuovo e somministrandogli altro tè. Le candele si consumarono e furono sostituite da Anne, che rimase al loro fianco per tutta quella infinita, orribile notte. Fece ciò che era necessario e passò il resto del tempo in preghiera.

All’alba, la febbre sparì e Edward cadde in ginocchio in una preghiera di gratitudine, singhiozzando di sollievo. Sarebbe vissuto. Suo figlio sarebbe vissuto. Se lo ripeteva nella mente come una gioiosa litania.

Bella allattò Ward, poi si stesero nel loro letto con il bambino in mezzo a loro. Edward non riusciva a trattenere le lacrime. «Pensavo che l’avremmo perso,» confessò.

«Forse la mia magia lo protegge ancora, in una certa misura», disse Bella, dimenticando che Anne era ancora nella stanza. Edward guardò la donna, ma lei sembrava non aver sentito. Stava mettendo a posto tutte le cose che erano state usate durante la notte. Vuotò la tinozza fuori della finestra e la portò via mettendoci dentro i panni e le coppe.

«Grazie, Anne», disse Edward. «Grazie per la tua assistenza e per le tue preghiere.»

«Sono stata felice di aiutare, vostra grazia. Voi e vostra moglie mi avete dato una casa quando nessun altro voleva aiutarmi.» Sorrise e fece un inchino. «So che non siete della mia fede, ma voi siete un vero cristiano, vostra grazia.»

«Grazie», disse lui di nuovo. «Vai e riposati un po’, Anne.»

Quando la porta fu chiusa dietro di lei, Edward si distese e baciò sua moglie. La baciò con amore, e con gratitudine e con gioia. Le accarezzò il viso col dorso delle dita. «Dobbiamo andare via», disse lui. «Dobbiamo andare a casa. Devo riportare te e Ward a Cullen Hall, dove potrete essere tutti e due in salute e felici.»

«Presto», promise lei. «La Regina va al confinamento la prossima settimana, e dopo che il principe o la principessa sarà nato, potremo andare via.»

«Non vedo l’ora», disse lui.

 

 

La corte si spostò nel palazzo di Hampton Court, dove la Regina aveva deciso di avere il suo confinamento. Avrebbe voluto andare a Windsor, ma si era ritenuto che fosse troppo lontano da Londra, anche se le vere ragioni erano rimaste inespresse. Se Maria moriva, Re Filippo voleva avere il controllo della capitale, e il pericolo di disordini nel paese stava crescendo. All’ultimo rogo, la folla aveva gridato contro i magistrati e c’era stata un’agitazione tale che essi avevano temuto per la propria vita. I soldati si erano sollevati e armati e Maria aveva convocato dei cortigiani leali perché portassero i loro eserciti privati, come sua sorella Elisabetta aveva fatto una volta alla sua incoronazione.

Filippo stava tentando di prendere le distanze dai roghi il più possibile, preoccupato che se gli spagnoli ne fossero stati incolpati, si potesse innescare un’altra ribellione a tutti gli effetti. Aveva fatto fare un sermone al suo cappellano che denunciava i roghi, e non era l’unico a cercare di scaricare le colpe. Gardiner aveva scritto un giorno che non erano opera sua e che era stato castigato per essere troppo indulgente, e il Vescovo Bonner,  che si era guadagnato il soprannome  di “Bonner il Sanguinario” perché presiedeva a Londra, dove si tenevano la maggioranza dei processi, continuava a dichiarare di eseguire gli ordini.

Hampton Court non era solo uno dei palazzi più belli della Corona, era anche uno dei più moderni. Era stato costruito dal cardinale Wolsey durante il regno del padre di Maria, ma quando Re Enrico venne a visitarlo, fu così apertamente invidioso del suo splendore che il Cardinale ritenne prudente offrirglielo in tutta fretta come “dono”.

La cerimonia consueta venne tenuta fuori delle stanze della Regina, e lei bevve la coppa di vino speziato prima di entrare con le sue dame, inclusa Bella, a cominciare l’attesa dell’arrivo del bambino. Alle dame erano state date istruzioni rigide, dal medico della Regina, di non menzionare cose spiacevoli e turbare la Regina. Mentre guardava fuori dall’unica finestra scoperta della camera, Bella si chiese se Maria avesse notato la colonna di fumo che si innalzava in città dai roghi che erano ormai quasi quotidiani.

I giorni passavano con agonizzante lentezza. A Bella fu permesso tornare a casa la sera, dato che aveva un bambino ancora convalescente dal Sudore (poteva aver drammatizzato appena un po’ il suo recupero, perché adesso Ward stava perfettamente, ed era tornato ad essere il bambino sano e felice che era prima di ammalarsi). E benché lei non lo sapesse, anche Filippo si sentiva come lei: ogni giorno sembravano mille anni. Era impaziente di andarsene, ma suo padre gli aveva imposto di aspettare fino alla nascita dell’erede. Se fosse stato all’estero quando Maria avesse partorito e lei fosse morta durante il parto, non sarebbe stato in grado di mantenere il suo dominio.

I medici avevano previsto che la Regina avrebbe partorito l’ultima settimana di aprile, ma la settimana designata arrivò e passò senza che Maria avesse le doglie. I medici annunciarono che la Regina, donna “spirituale”, doveva aver fatto un errore sul tempo del concepimento. Il bambino sarebbe arrivato verso la fine di maggio o i primi di giugno. Messe quotidiane furono celebrate perché il parto fosse sicuro e processioni di cittadini in preghiera marciavano intorno al palazzo. Maria le guardava passare dalla finestra, ma invece di essere felice per queste toccanti dimostrazioni di affetto e lealtà, Maria era melanconica. Nessuno l’avrebbe ammesso con lei, ma Maria aveva la profonda e inquietante sensazione che qualcosa fosse sbagliato. In privato, confessò a Bella che non sentiva muovere il bambino da settimane. Bella era impallidita a questa notizia, e non aveva potuto  mentire a Maria e offrirle banalità lenitive come facevano le altre dame. Aveva semplicemente stretto la Regina mentre piangeva e le aveva promesso di pregare per lei.

Maria passava la maggior parte del giorno seduta su un cuscino sul pavimento, le ginocchia tirate sul petto. Non voleva sentire la musica, aveva detto. Non voleva che leggessero per lei e non voleva sentire i pettegolezzi, non voleva neanche pregare al suo altare. Frances Grey non riusciva nemmeno a farla giocare a carte. Bella sedeva a fianco della Regina sul pavimento e le offriva il conforto più semplice. Le teneva la mano. E aspettavano.

Il 30 di aprile si diffuse la voce che la Regina aveva partorito un principe sano e tutta Londra si scatenò, aprendo le botti di vino che erano state messe da parte a questo scopo e facendo grandi falò. A dispetto della recente impopolarità di Maria, tutta l’Inghilterra si rallegrò per la nascita del principe. Come Elisabetta aveva una volta detto a Bella, il popolo venerava un sole nascente, non un sole al tramonto. Ogni nuovo erede veniva pensato come un nuovo inizio, una nuova partenza, un’altra possibilità per l’Inghilterra di tornare ai giorni di gloria e prosperità. Ma poi, il palazzo corresse la notizia. La regina non aveva ancora partorito. Il popolo, privato del divertimento e della speranza, ritornò in casa borbottando.

Fuori, le piogge erano ricominciate, come l’estate precedente, e il tempo era singolarmente freddo. I contadini piangevano guardando i loro campi fangosi restare a maggese per un’altra stagione di semina.

Dentro il palazzo, i cortigiani aspettavano. Molte volte, Maria disse che sentiva dei dolori e i medici e le levatrici venivano convocati in tutta fretta solo per andarsene poche ore dopo quando i dolori svanivano  senza nessun travaglio. Filippo inviò richieste in tutta Europa per assicurarsi prestiti per finanziare i propri piani militari contro la Francia, ma trovò ben pochi disposti a prestare denaro, e quelli che trovò pretendevano un interesse del venticinque per cento o più. Maria passava ore alla sua scrivania scrivendo lettere che annunciavano la nascita di suo figlio, lasciando la data e il sesso del bambino in bianco, per riempirlo più avanti. Ne scrisse una al Cardinale Pole in cui diceva che Dio aveva aggiunto la nascita di un principe a tutti i doni che le aveva concesso. Giaceva sulla sua scrivania, in attesa di essere inviata una volta che il miracolo fosse finalmente avvenuto.

E i roghi continuavano. A Londra si diffuse la voce che la Regina Maria aveva dichiarato che suo figlio non sarebbe nato finché non avesse bruciato fino all’ultimo eretico. C’erano piani per una sollevazione, ma il re e il consiglio mandarono in tutta fretta le truppe a sciogliere qualsiasi  assembramento nelle strade.

Maggio passò. Il ventre turgido di Maria cominciò a sgonfiarsi, e le levatrici le dissero che era un segno sicuro che stava per partorire. In un raro pomeriggio di sole, Maria guardò fuori della finestra e vide Filippo passeggiare con la Principessa Elisabetta in giardino. Le loro teste erano inclinate l’una verso l’altra. Formavano una splendida coppia, entrambi giovani, vibranti, sani. Maria lasciò ricadere l’arazzo e si stese sul suo letto, ordinando che le cortine fossero chiuse intorno a lei. Bella lo fece per lei. Mise con gentilezza una mano sul braccio della Regina e Maria si voltò a guardarla con lo strazio evidente negli occhi.

I medici dissero che alla fine di giugno la Regina avrebbe partorito. Lo spirito di Maria affondava sempre più in basso. Passava ore a piangere sul suo libro di preghiere mentre il suo addome si appiattiva e il suo seno smetteva di produrre latte. La sua gravidanza appassiva, così come appassivano le poche colture nei campi d’Inghilterra.

Poi dissero alla fine di luglio.

Le voci abbondavano e Edward ne parlava a Bella quando veniva a casa la sera. Si diceva che Maria avesse dato alla luce un grumo inanimato di carne, o che il bambino era morto e stavano cercando un rimpiazzo da far passare come erede. Bella la mattina piangeva perché doveva tornare in quella stanza triste, con la sua culla vuota, e la sconsolata Regina che cominciava a rendersi conto che c’era qualcosa di terribilmente, terribilmente sbagliato.

Ad agosto, Hampton Court puzzava  di immondizia e di rifiuti umani accumulati. La corte doveva spostarsi ogni pochi mesi per l’accumulo di sporcizia e rifiuti di così tante persone, specialmente d’estate, così che il palazzo potesse essere “addolcito” tra un uso e l’altro. Un pomeriggio, Gardiner e Pole si presentarono nelle stanze private della Regina e Maria si incontrò con loro dopo aver detto a tutte le dame di lasciarli. Che degli uomini fossero ammessi nelle stanze di confinamento, ancorché preti, era scioccante. Stava succedendo qualcosa. Le dame sussurravano tra loro, cercando di capire cosa mai poteva essere. Molte si avvicinarono a Bella, la confidente della Regina, ma lei non aveva nulla da offrire loro.

Quando se ne andarono, le dame tornarono lentamente nella stanza privata, preoccupate di quello che avrebbero potuto trovare. Maria aveva gli occhi rossi, ma disse solo che dovevano fare i bagagli, perché stavano partendo, sarebbero andati a Oatlands. Gran parte della corte non avrebbe potuto seguirla perché quella era una residenza molto piccola, un modo comodo di sbarazzarsi di tutti i tirapiedi che erano venuti a corte ad aspettare la nascita. Bella prese l’occasione per chiedere di poter tornare a casa, a Cullen Hall.

«Potresti … potresti portare Ward a trovarmi prima di andare via, per favore?» chiese Maria, e la voce le si spezzò.

Singhiozzò mentre lo teneva in braccio, ridendo tra le lacrime alla sua massa di  indisciplinati capelli rosso-bruni (così simili a quelli di suo padre) e poi lo mise nella culla che era stata costruita per il principe d’Inghilterra. Una placca d’argento sulla copertura portava una poesia:

The child which thou to Mary, O Lord of might

hast send

To England’s joy, in health preserve-keep and

defend!

( Il bambino che a Maria , o Signore potente, hai mandato per la gioia dell’Inghilterra, difendi e mantieni in salute)

Maria lo cullò, canticchiando piano una ninna nanna spagnola che doveva aver imparato da sua madre. Ward tubò per lei, agitando le braccia paffute. Avrebbe avuto un anno il mese successivo. Tre giorni prima aveva fatto i suoi primi passi a casa con Edward e Alice presenti, e Bella si era risentita con Maria per averla tenuta lì, facendole mancare una cosa così importante. Ma adesso, quel risentimento era svanito. Guardava una donna dal cuore spezzato baciare il suo bambino e sollevarlo dalla culla. Lo tenne ancora un momento prima di ridarlo a Bella, le lacrime che le rigavano il viso inosservate. Maria aveva pianto un oceano di lacrime negli ultimi mesi. Bella era sorpresa che ne avesse ancora.

«Mi sta lasciando, Bella», disse Maria. «Filippo se ne andrà alla fine del mese e non riesco a farmi dire quando tornerà. Resterai con me, ti prego, finché non se ne sarà andato? Potrò sopportarlo meglio se avrò con me la mia famiglia.» Si premé una mano sul ventre piatto. «Susan Clarencieux e una delle levatrici mi hanno detto che dovrei essere solo di sei mesi, adesso, e il bambino nascerà a novembre.»

«Vostra maestà, non c’è nessun bambino», disse Bella con tristezza.

«Sono solo un mucchio di leccapiedi. Adesso vedo che tu sei l’unica che è sincera con me, Bella.» La Regina si alzò e baciò Bella sulla fronte. «Resta con me solo per un altro po’, e poi potrai andartene a casa a Cullen Hall.»

A dispetto di tutto, Bella non poté negarsi. Abbracciò Maria e tornò a casa nella residenza di Hampstead Heath  per dirlo a Edward. Lui era frustrato per il ritardo,  naturalmente, ma cosa poteva fare? Insistere adesso avrebbe ferito i sentimenti di Maria e questo lo avrebbe resa rabbiosa, perché questo era il modo in cui reagiva sempre  al dolore emotivo.

La Principessa Elisabetta venne a trovare Bella il giorno prima che tutti partissero. «Vado a casa, a Hatfield», disse lei. «La Regina mi ha finalmente dato il permesso.»  Senza nascite imminenti e nessun pericolo per la Regina, era prudente permettere a Elisabetta di partire.

«È per il meglio», disse Bella. Vide Filippo, in piedi dietro una delle finestre, che guardava giù ad Elisabetta.

Elisabetta fece guizzare gli occhi in direzione di lui. «Sì, hai ragione,» disse. Abbracciò Bella. «Mi mancherai. Perché tu e Edward non venite da me a Hatfield questa estate?»

«No, Bess, vogliamo andare a casa», replicò Bella.

Elisabetta annuì. «Va bene, lo capisco. Scrivimi, promesso?»

«Promesso», le disse Bella, e con un ultimo abbraccio, Elisabetta se ne andò.

L’ultima settimana di agosto, seguirono la Regina di nuovo a Londra, dove intendeva prendere una chiatta che la portasse lungo il fiume fino a Greenwich. Da lì, Filippo avrebbe preso la sua nave. Il popolo si affollò per sbirciare nella portantina di Maria mentre veniva portata per le strade, perché era girata la voce che in realtà fosse morta e Filippo lo stesse nascondendo finché non si fosse assicurato che il suo dominio in Inghilterra  fosse consolidato. Maria sorrise a quelli che la applaudivano e la benedivano, perché a dispetto di tutto, lei era ancora la loro regina.

Gardiner ottenne una risposta diversa. La folla rimase in silenzio mentre lui passava, né molti si inchinarono alla croce che portava di fronte a sé, e questo lo fece infuriare. Bella lo sentì dare ordini ai suoi servitori.               «Segna quella casa! Quell’uomo, va portato davanti agli ispettori. Non ho mai visto tanti eretici! Non un inchino davanti alla croce o un grido di “Dio salvi il re e la Regina”. Bene, insegnerò loro a fare tutte e due le cose, lo giuro sulla mia vita!»

Bella chiuse gli occhi. Non aveva abbastanza eretici da bruciare, senza raccogliere persone a caso dalle strade?

Filippo convinse Maria che non avrebbe dovuto prendere la chiatta per Greenwich con lui, poiché vedeva che stava già lottando per mantenere la propria compostezza di fronte al popolo. Lui le baciò la mano e salì sulla chiatta, e Maria avrebbe potuto protestare , ma aveva la gola troppo chiusa dalle lacrime trattenute.

«Vostra maestà, andiamo dentro, lontano da occhi indiscreti», la pregò Bella.

Maria fece un suono soffice e inarticolato di dolore e si fece guidare come una bambina nel palazzo fino alle sue stanze. Corse alla finestra per un’ultima occhiata, e forse Filippo la vide, perché si tolse il cappello e salutò nella sua direzione. Ora che se ne stava andando, poteva anche essere galante, pensò acidamente Bella. Non aveva passato un solo momento in privato con Maria da quando lei era andata nella sua stanza in  aprile. Non aveva parlato della improvvisa scomparsa della sua gravidanza con lei; sembrava voler fingere che nulla era successo. E una Maria disorientata aveva preso spunto da lui.

«Mi ha salutato!» gridò gioiosa.

«Sì’, vostra maestà, vi ha salutato», disse Bella, e il cuore le faceva male che un tale piccolo gesto da suo marito rendesse felice la Regina. Ma poi la chiatta scomparve alla vista e Maria cadde sulla sua seggiola come una marionetta con i fili tagliati. Lacrime silenziose le rigavano il viso.

Abbracciò Maria e fu vaga sul suo ritorno a corte, ma Maria era così assorbita dal suo dolore che Bella non pensò che l’avesse notato. Diede a Maria un bacio sulla guancia e uscì dal palazzo verso la portantina in attesa. Non appena uscì dall’edificio, si sentì più leggera, come se una cappa pesante e scura di paura e dolore fosse scivolata via dalle sue spalle. Avrebbe potuto cantare, saltare, ballare per la strada. Sarebbero andati a casa! Di nuovo al mare, dove avrebbe potuto essere vicina al suo elemento, lontano dalla corte soffocante, con le sue gelosie, le sue pugnalate alla schiena e le sue mille regole sconcertanti.

I carri stavano per essere caricati quando arrivò a Hampstead Heath. Edward era fuori. Alice era vicina a lui, con Ward in braccio. Il suo matrimonio sarebbe stato tra due settimane, e Alice aveva perso peso nell’ultimo mese, peso che a malapena poteva permettersi di perdere. Sembrava che un colpo di vento avrebbe potuto portarla via. Forse, quando sarebbero stati a Cullen Hall, Bella avrebbe potuto aiutarla … in qualche modo.

Edward sorrise a Bella e la prese tra le braccia. Di fronte a tutti i domestici, la baciò profondamente e Bella ridacchiò. «Andiamo  a casa!» disse lui, e furono le parole più dolci che Bella avesse sentito da mesi.

 

 

 

Note storiche

-          La corteccia di salice contiene acido salicilico,  componente dell’aspirina. È usata a tutt’oggi dagli entusiasti dei rimedi naturali. Non dovrebbe ovviamente essere data a nessuno sotto i due anni di età, ma nella situazione di Bella, non c’erano altri farmaci conosciuti che riducessero la febbre. Il vino nell’acqua era il solo modo per purificarla. L’igiene era sconosciuta e i pozzi erano a volte contaminati dalla vicinanza  di immondizie e  scarichi fognari (e in alcuni casi, cimiteri!). L’alcool uccideva almeno alcuni batteri e rendeva l’acqua più sana da bere. L’esistenza dei germi era ancora sconosciuta, ma dare ai bambini del vino annacquato era una pratica comune al tempo, sapendo che era più sicura dell’acqua semplice, anche se non sapevano perché.

-          Il libro di preghiere di Maria esiste ancora. Quando il libro viene aperto, si apre alla pagina che riporta la preghiera per il parto sicuro di una donna incinta, che è pesantemente chiazzata e macchiata di lacrime.

-          Maria potrebbe aver sofferto o di un cancro alle ovaie o di una gravidanza isterica (pseudogravidanza). Le donne che soffrono di questo hanno ogni apparenza della gravidanza. Il livello dei loro ormoni può essere così elevato da ingannare un test di gravidanza. Il loro addome si gonfia come se aspettassero davvero un bambino, il loro seno può produrre latte e tre quarti delle donne che soffrono di questo dichiara di aver sentito il bambino muoversi dentro di sé.

 

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/26/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  26

 

Rosalie Cullen, Viscontessa Lisle, era stesa sul suo letto e ascoltava cadere la pioggia. Non lasciava il suo letto da … erano giorni o settimane, ormai? Non ne era più sicura. Passava ogni giorno come aveva passato il precedente: ascoltava la pioggia e giocava svogliatamente con i gioielli sparpagliati  vicino a lei sulle lenzuola. Una volta li aveva bramati, aveva agognato e ambito la loro tangibile ricchezza, ma adesso erano la sua punizione, il suo marchio di Caino. Era per queste cose che aveva venduto la sua anima.

Durante il parto, aveva pensato che sarebbe morta, e adesso desiderava che fosse stato così. Sembrava preferibile morire, non assolta, e andare all’inferno come meritava piuttosto che vivere ogni lungo giorno del resto della sua vita con questa colpa che le mangiava l’anima. Quando aveva guardato il viso di sua figlia, un’ondata di gelido orrore l’aveva travolta e l’enormità di ciò che aveva fatto l’aveva indotta a ordinare di portare via la bambina. Non poteva guardare in quegli occhi innocenti e non poteva toccare qualcosa di così puro con le sue mani sudice. Era meglio che Emmett prendesse la bambina e se ne andasse. Nulla di buono poteva venirle da una madre come lei, questo era sicuro.

Anelava a un’assoluzione, ma non poteva confessarsi. I suoi peccati non erano qualcosa che le avrebbe procurato qualche preghiera in più e una notte di digiuno. Se avesse detto a Padre Jacob cosa aveva fatto,  l’avrebbe consegnata al tribunale ecclesiastico e sarebbe bruciata, e per quanto orrendo fosse vivere col pensiero di essere destinata alle fiamme dell’inferno,  non aveva desiderio di replicarlo qui sulla terra.

Prese una collana di diamanti e la lasciò pendere dalla sua mano. Prendeva la luce, quella poca che entrava dalle finestre con quel cielo nuvoloso, luccicando come fuoco e ghiaccio. Per questo, hai dannato te stessa, pensò.

Era tutto quello che pensava di volere quando era una ragazzina con un vestito cencioso, troppo piccolo per le sue forme che crescevano. Suo padre, che stava senza dubbio arrostendo anche lui nelle fiamme dell’inferno, aveva perso al gioco ogni penny della sua rendita e quando ebbe finito quelli, aveva svenduto tutti i beni della dote di sua madre, e quando ebbe finito quelli, aveva svenduto tutte le terre senza vincoli ereditari, e quando ebbe finito quelle, cominciò a prendere prestiti su quello che era rimasto.

La loro povertà era aumentata ogni anno. Tutti i loro servitori, tranne la balia di sua madre che era rimasta per affetto, se ne erano andati perché non pagati. Il castello divenne sempre più sporco e andò in malora per mancanza di manutenzione finché alla fine solo il primo piano era rimasto abitabile. La madre di Rosalie era stata dama di compagnia della sorella di Re Enrico, prima del matrimonio. Il padre di Rosalie aveva preso il gioielli e le perle dei vestiti di corte di sua madre  uno ad uno, e poi aveva venduto anche la stoffa. Uno di questi, sua madre lo aveva tagliato per fare un vestito a Rosalie, i cui vestiti erano stati allargati quanto possibile per stare sul suo  corpo che cresceva, ma adesso le cuciture sembravano scoppiare. Suo padre aveva battuto sua madre per quello “spreco”, così tanto che  lei era morta dopo aver prolungato i suoi dolori per due settimane e poi lui, lui stesso, era morto per una caduta dalle scale da ubriaco in un bordello, poche settimane dopo, lasciando sua figlia in miseria.

Uno degli uomini a cui suo padre doveva dei soldi si offrì di condonare il debito se lei l’avesse sposato. Rosalie aveva scritto una serie di lettere sempre più disperate alla famiglia di sua madre,  parenti che non aveva mai incontrato, implorando per pietà di poter vivere in una delle loro case, ma non ottenne mai risposta. Accettò la proposta di lui. Era questo o la povertà. Non ci volle molto perché desiderasse di aver scelto la povertà.

Suo marito era un uomo brutale, avaro come suo padre, e le dava a malincuore ogni penny per riempirsi la pancia, denaro che avrebbe piuttosto speso in vino, puttane e giochi di carte. Pensò che sarebbe diventata più preziosa e produttiva ai suoi occhi restando incinta, e che lui l’avrebbe trattata un po’ meglio, per il bene del bambino, ma non fu così.

Il bambino ( il cui nome Rosalie non riusciva a fare neanche nella sua testa) era stato l’unico brandello di felicità del suo matrimonio. Rosalie l’aveva amato fieramente dal primo momento in cui l’aveva guardato. Suo marito non voleva pagare una balia, ovviamente, così Rosalie l’aveva allattato, una cosa che avevano imparato assieme, così come aveva dovuto imparare  ogni aspetto della cura di un bambino per prove ed errori, dato che non le era permesso avere amiche  che potessero consigliarla. Nonostante le sue cure impacciate, il bambino cresceva bene e  pensò che finalmente Dio avesse avuto pietà di lei e le avesse dato un po’ di luce  nella desolata oscurità della sua vita.

Non intendeva appiccare il fuoco. Si era svegliata nella notte dopo aver sentito uno strano rumore e aveva acceso la candela per scoprire che lo zoticone ubriaco era rotolato sopra il bambino nel sonno. Suo figlio era morto. Le sue mani si erano allentate per lo shock e l’orrore e la candela era caduta sul pavimento. Quando la candela colpì i vimini, secchi e pieni di rifiuti, dato che lui si era rifiutato di spendere dei soldi per prenderne di nuovi, il fuoco si diffuse così in fretta che lei ebbe a malapena il tempo di precipitarsi fuori della porta, figurarsi provare a svegliare l’uomo incosciente che probabilmente l’avrebbe picchiata per essere stata così sventata con la candela.

La moglie del prete locale ( si era ancora ai giorni del giovane re protestante) l’aveva presa con sé, la povera vedova senza figli che non aveva nulla tranne la sua cenciosa sottoveste addosso. Fu tramite i suoi sforzi che Rosalie ebbe la possibilità di vendere l’unica cosa che le era rimasta: il suo latte. All’inizio allattò i bambini del villaggio per pochi pence e, oh, come odiava quei bambini, risentita per le loro guance paffute e in salute, e per il modo in cui le loro madri potevano comandare Rosalie e darsi delle arie per come lei era caduta in basso. Fu quel risentimento che  fece cominciare Rosalie a usare altre parti del suo corpo con i mariti delle donne, e guadagnava più con quello che ad allattare i loro marmocchi.

Qualcuno la denunciò allo sceriffo. Il suo sangue nobile le permise di non essere arrestata per prostituzione, ma dovette dirlo al prete, che la rimproverò e la costrinse a confessare il suo comportamento “osceno e indecente” alla sua congregazione e a fare atto di penitenza. A Rosalie non dispiaceva più di tanto,  sbattere tutto in faccia alle mogli con la scusa di cercare il perdono, e ne aveva tratto un’immensa soddisfazione.

Il prete pensò che sarebbe stato meglio mandarla fuori dalla comunità prima che un contingente di mogli rabbiose la impiccasse. Aveva spinto sua moglie ad usare le sue conoscenze per trovare a Rosalie un lavoro in una casa nobile, più lontano era, meglio era. Sua moglie era imparentata  alla lontana con il maggiordomo del Duca di Cullen, e sapeva che lui stava cercando una balia che provenisse da un buon ambiente. Rosalie non sapeva quanto fosse “buona” la sua famiglia, ma la sua linea di sangue era accettabile, almeno.

La moglie del prete l’aveva abbracciata mentre si preparava a partire e le aveva detto che questo era l’inizio di una nuova vita. Rosalie aveva deciso che sì, lo era, e non sarebbe mai più stata povera, qualunque cosa avesse dovuto fare. Qualunque cosa. Originariamente, la sua idea era stata di diventare l’amante del Duca, ma lui era così intorpidito dal dolore della morte di sua moglie che non l’avrebbe notata neanche se fosse stata nuda nel suo letto. Aveva cominciato ad odiare il nome santificato di quella moglie perché quella donna aveva avuto tutto quello che Rosalie non poteva sognare di avere: la sicurezza finanziaria, un titolo, vestiti e gioielli da regina. Sperava che in un anno o due si sarebbe liberato dal dolore, ma prima che le sembrasse avesse recuperato abbastanza da fare una mossa verso di lui, una nuova duchessa era apparsa dal nulla, e in occasione del loro primo incontro, quando Rosalie era così arrabbiata per l’arrivo della nuova Duchessa che se la stava prendendo con la bambina, aveva capito che quella piccola donna con gli enormi occhi scuri non era una con cui scherzare.

Così aveva abbassato le sue mire sul fratello ubriacone del Duca. Aveva paura di lui, anche se sembrava che il bere non lo incattivisse. Aveva sentito un paio di cameriere ridacchiare tra loro mentre discutevano delle sue qualità maschili. A quanto pareva, era un amante generoso. A Rosalie non importava del piacere della carne, ma le importava della manciata di monete che si diceva desse alle donne che lo compiacevano.

La prima volta che avevano giaciuto insieme, il visconte era stato rude quasi come quello zoticone ubriaco di suo marito, e Rosalie era rimasta terrorizzata. Dopo, lui era contrito, e quando qualche settimana dopo si rese conto di essere gravida, sperò che lui le desse del denaro per sbarazzarsi del bambino. Invece, l’aveva sorpresa offrendosi di sposarla. Rosalie aveva pensato che la vita non avrebbe più potuta stupirla, ma evidentemente non era così. Gli aveva detto che avrebbe dovuto assicurarsi il consenso della Regina prima di considerare una cosa simile. Non voleva finire di nuovo in miseria con un marito nella Torre.

E poi, Rosalie ebbe tutto ciò che voleva. Forse, Dio ascoltava veramente le preghiere delle donne, dopo tutto. Emmett era ricco, titolato e disposto a darle tutto quello che voleva. Perfino l’aspetto dei “doveri coniugali” era migliorato e Rosalie non si sarebbe di certo mai aspettata di godersi quello. Comprò dei gioielli, che le sembravano l’investimento migliore. Ricchezza mobile, facile da nascondere, se necessario. Se fosse stata attenta poteva vivere dei ricavati della vendita anche solo di qualcuno di quei pezzi, per tutto il resto della vita, ma non le sembrava mai abbastanza. Non importava quante monete nascondesse  sotto le tavole del pavimento, non importava quanti gioielli avesse nella sua cassetta, la fredda memoria di una pancia vuota e di stanze non riscaldate la perseguitava e doveva avere di più, di più, come una barriera tra lei e la povertà.

Rosalie odiava la nuova Duchessa di Edward, la odiava con la stessa intensità con cui aveva odiato suo padre e suo marito. Anche se sapeva, da qualche parte dentro la sua testa, che quel sentimento era illogico, sentiva che Bella la stava deliberatamente allontanando da quella sicurezza di cui aveva disperatamente bisogno.

Provò a procurarle più guai possibile, compreso spettegolare col prete sulle strane abitudini della Duchessa. Pensava che la donna fosse segretamente una protestante, basandosi su alcune domande che aveva origliato mentre faceva a Padre Jasper, ma non era riuscita a trovare nessun libro condannabile quando aveva cercato nella camera da letto del Duca.

Come Emmett l’avesse scoperto, non lo sapeva, ma era livido per questo e sapeva come instillare il terrore nel suo cuore: la minacciò di tagliarle la rendita e vendere i gioielli. Rosalie aveva pianto per giorni, con la paura di finire come era finita sua madre.

Non riusciva a smettere di pensare che sarebbe stata più al sicuro se Emmett fosse stato il Duca. Non lo sarebbe mai diventato se la piccola strana moglie di Edward avesse partorito il bambino. Si travestì quindi  meglio che poteva e andò al villaggio a comprare ciò di cui aveva bisogno. Aveva dato alla Duchessa molto più di quello che le aveva detto fosse necessario la donne delle erbe (nutriva la speranza che la duchessa morisse insieme al bambino) ma nulla era accaduto e, naturalmente, il bambino era un maschio. Alcune donne, come la madre di Rosalie, provavano per anni e avevano molte gravidanze prima di riuscire finalmente a fare un figlio e questa donna ce l’aveva fatta al primo tentativo.

Nel breve periodo tra il parto di Bella e il suo, aveva tramato e complottato, ma non appena arrivò la sua bambina, tutto questo era svanito e la vergogna ne aveva preso il posto. Incombeva su di lei come una cappa di piombo, un male da cui non riusciva a guarire. Avrebbe volentieri dato indietro i gioielli, la sua scorta di denaro, ogni cucitura dei suoi indumenti e sarebbe tornata alla sua vita di povertà e fame se questo avesse portato via l’agonia della colpa. Ma non c’era perdono per lei. Non per la sua razza.

 

 

Il viaggio di ritorno di Bella e Edward a Cullen Hall fu lungo e disagevole. Le strade erano quasi impercorribili. Ogni giorno, il carro affondava fino alle assi nel fango e l’intero convoglio doveva fermarsi ad aspettare che fossero attaccati altri buoi per liberarlo.

La pioggia continuava a cadere sulla terra già fradicia ed era inusualmente freddo. Sarebbe stato conosciuto come “l’anno senza estate” nei decenni a venire. Edward e Bella erano rannicchiati insieme dentro la portantina. Le cortine erano state rimpiazzate da tela cerata ma ugualmente raffiche di vento arrivavano all’interno. Il maggiordomo di Edward aveva suggerito di trovare una locanda lungo la strada e fermarsi fino a che il tempo non fosse migliorato, ma Edward aveva replicato che se avessero fatto così, probabilmente avrebbero aspettato per sempre.

«Già, Dio ha inviato una maledizione sull’Inghilterra,» disse il maggiordomo,  e poi i suoi occhi si sgranarono per la paura di aver detto troppo.

Ma il maggiordomo non era l’unico a pensarla così. Per tutto il paese, la gente discuteva e dibatteva su quale messaggio stesse inviando loro. La Regina lo prese come il messaggio che non aveva fatto abbastanza per soffocare l’eresia. I  protestanti dicevano che quel tempo era la prova che Dio disapprovava il regno di Maria.

Bella non era una che vedeva messaggi mistici negli eventi naturali. La sua preoccupazione era per la gente della proprietà Cullen. Avevano comprato più grano durante la primavera, ma sarebbe bastato per evitare che la sua gente morisse di fame? Anche i capi di bestiame e le pecore stavano diminuendo, dato che gli animali affamati non avevano prodotto piccoli durante la primavera.

Ed era preoccupata per Alice, che sembrava stare sempre più male a ogni miglio che si avvicinavano a Cullen Hall e al suo destino come sposa del Barone Tyler. Il matrimonio si sarebbe tenuto là e il Barone aveva fatto capire a Edward che sarebbe stato disponibile  a lasciare sua moglie al servizio di Bella, se a lui, a lui stesso, fosse stato dato un incarico abbastanza alto nella casa di Edward. Edward rabbrividì al solo pensiero, ma si sarebbe messo d’accordo con l’uomo se Bella fosse stata felice di tenere Alice con sé.

Le due donne si accostarono ai preparativi per il matrimonio di Alice come se fosse un funerale e questo gettò una cappa sul loro ritorno a casa. Il cuore di Edward si librò quando vide la casa vicino al mare. Non si era reso conto di quanto amasse quel posto finché non era stato costretto a lasciarlo per la corte. La prima notte dopo il loro ritorno, Bella andò a nuotare nelle sue amate Acque Infinite. Costrinse Edward a restare in casa dove era caldo e asciutto e tornò splendente di salute e felicità, una felicità che durò fino al mattino successivo, quando vide il volto pallido di Alice. Due giorni dopo, Alice era troppo malata per lasciare il letto e Edward scrisse al Conte di Hale che il matrimonio doveva essere rimandato. Il Conte gli rispose, con un post scriptum in fondo dello stesso Barone Tyler, che diceva che il matrimonio si sarebbe celebrato come previsto, anche se il prete fosse dovuto stare al capezzale della sua sposa per ascoltare i voti.

Il mattino del matrimonio di Alice era freddo e triste, con una pioggia che il vento faceva martellare contro le finestre. In uno scambio di ruoli, Bella aiutò Alice a vestirsi con uno dei suoi vestiti, che era stato risistemato per le forme più piccole di Alice, il vestito con le costellazioni che aveva dato il via a quella moda quando era stato indossato dalla prima moglie di Edward. Alice non avrebbe mai potuto permettersi niente di così grandioso, e tutti avrebbero visto che Alice era stata onorata dalla Duchessa, che le aveva dato una veste così ricca del suo stesso guardaroba.

Alice pianse continuamente da quando si alzò. Bella tenne in alto il prezioso specchio di Edward così che Alice potesse vedersi e lei toccò scioccata la sua faccia pallida e tesa. Non si era resa conto di quanto il suo malessere avesse influenzato i suoi tratti fino a quel momento. «Sembro un fantasma,» disse.

«Stupidaggini,» disse Bella con fermezza. «Sei bellissima, Alice.»

Alice provò a sorridere, e invece scoppiò in singhiozzi. La sera prima era andata nelle stanze di suo padre             (era venuto a stare a Cullen Hall la notte prima del matrimonio) per implorarlo di riconsiderare, ma il suo maggiordomo aveva aperto la porta e l’aveva informata freddamente che suo padre non riceveva ospiti.

Scesero nella cappella insieme, e Bella ricordò dolorosamente la sua camminata con Jane Grey verso il patibolo. Alice aveva drizzato le piccole spalle come aveva fatto Jane e camminava con la stessa quieta dignità. Aveva trattenuto le lacrime. Adesso era il momento di fare il suo dovere.

Tutta la piccola nobiltà locale e i nobili erano venuti a vedere il matrimonio. Vestiti al loro meglio, erano tutti in fila secondo il rango. Bella si guardò intorno ma non vide Rosalie. Nessuno l’aveva vista da quando erano tornati. Non aveva mai lasciato la sua stanza e Emmett era già andato là a farle visita. Bella aveva bussato alla sua porta la sera prima e aveva detto alla cameriera che aveva risposto che Rosalie era la benvenuta la mattina dopo alla funzione, ma la cameriera aveva scosso la testa, anche se aveva detto che l’avrebbe comunicato a Rosalie.

Bella sapeva che non le sarebbe piaciuto il Barone Tyler, ma anche se non avesse mai sentito della sua brutale crudeltà, probabilmente l’avrebbe odiato per lo sguardo che diede alla sua sposa, come se si assicurasse che fosse quella giusta, prima di voltarsi sprezzante. Alice camminò con compostezza, ma la sua faccia era bianca come un lenzuolo. Teneva gli occhi su Padre Jasper, come se lui fosse l’unica cosa che la mantenesse in piedi. E forse era così.

Lui cominciò la funzione, la faccia calma e impassibile, anche se i suoi occhi brillavano stranamente. Parlò degli scopi e del simbolismo del matrimonio, la voce calma e sicura, ma poi avvenne qualcosa di strano.

«Pertanto, se c’è qualcuno  che può mostrare …» Padre Jasper si bloccò, come se la voce gli si fosse strozzata in gola. Portò il pugno alle labbra e si schiarì la gola.

«Pertanto se c’è qualcuno che può mostrare una giusta causa …» La sua voce si spense e chiuse gli occhi. Le parole successive vennero fuori come se gli fossero strappate con la forza: «… per cui non possono legalmente essere uniti …»

Nella cappella tutti guardavano. Qualcuno sussurrava.

Padre Jasper barcollò per un momento e Edward si precipitò per prenderlo se fosse caduto, ma Padre Jasper all’improvviso riprese la sua compostezza. La sua faccia cambiò come se un sole fosse sorto dentro di lui. Andò all’altare e si tolse la stola. La baciò e l’appoggiò con gentilezza. Poi alzò il braccio e si tolse il collare. Lo tenne stretto nella mano per un momento prima di posare anche quello.

Ora tutti stavano sussurrando. Che stava succedendo?

«Padre Jasper?» chiese Edward.

«Solo ’Jasper’, adesso.» E con questo,  Jasper si lanciò in avanti. Afferrò la sposa, se la mise in spalla e corse via come il diavolo.

Gli occupanti della cappella si guardarono stupidamente l’un l’altro per un momento. Poi il Barone Tyler emise un barrito e corse dietro Jasper e Alice. Bella uscì come per correre anche lei dietro a loro e il Barone Tyler inciampò sul suo piede, finendo scompostamente a terra con un grugnito. «Oh, chiedo perdono, mio lord!» boccheggiò Bella, mettendosi una mano sulla bocca come inorridita, in realtà per nascondere il suo sorriso.

Il padre di Alice urlò il suo nome e partì anche lui. Saltò sul Barone prono a terra e corse attraverso la casa. Tutti gli ospiti del matrimonio corsero dietro di lui, seguendo lo spettacolo con avido interesse.

C’era un cavallo fuori, di fronte alla casa, tenuto da uno stalliere. Jasper saltò in sella e si mise Alice in grembo. Prese le redini in una mano e avvolse l’altra intorno ad Alice, tenendola fermamente contro di sé. E poi si chinò e la baciò prima di piantare i talloni nei fianchi del cavallo. Il focoso cavallo ruppe subito al galoppo.

Bella e Edward si bloccarono davanti alla casa proprio mentre Jasper e Alice raggiungevano il viale. Il padre di Alice rimase lì in piedi, boccheggiando come un pesce fuori dall’acqua.

«Fermateli!» ruggì il Barone Tyler.

«Come?» chiese con leggerezza Edward.

«Prendete un altro cavallo!» urlò il Barone Tyler allo stalliere. «Di chi era quel cavallo?»

«Mio», disse Edward. «E ahimè, era il più veloce dei miei.»

Il Barone Tyler lo guardò a bocca aperta. «Cosa faceva, qui sotto la pioggia?»

«Intendevo fare una cavalcata dopo il matrimonio», disse Edward.

«Con questa pioggia

Edward fece spallucce. «Non mi dà fastidio.»

«Era Volvo?» chiese Emmett. Nella mano teneva un pezzo della torta nuziale e masticava mentre guardava.

«Già», disse Edward.

Emmett scosse la testa. «Allora non lo prenderete mai. Che peccato.» Diede una pacca sulla spalla al Barone. «Meglio che cerchi un’altra moglie.» E con questo, caracollò di nuovo in casa.

«Dov’è il mio cavallo?» urlò il Barone. «Dov’è il mio cavallo

Bella lottava per non ridere, ma i suoi occhi brillavano allegri. «Sapevi che sarebbe successo?» chiese a Edward in un sussurro.

Lui ridacchiò. «No, ma ci speravo. E potrei anche aver lasciato un cavallo qui fuori, in attesa, giusto in caso che, e le borse della sella potrebbero anche contenere del denaro e una lettera di raccomandazione del Duca di Cullen.»

«Dove andranno?» chiese Bella.

«Dovranno lasciare il paese», disse Edward, e la sua voce era tinta di un po’ di tristezza. «Forse in Germania o in un altro paese protestante.»

«Mi mancherà», disse Bella. «Ma sono felice per lei.»

Edward baciò sua moglie e lei sussurrò, «Grazie.»

Mentre ritornavano in casa, Bella alzò lo sguardo e vide Rosalie alla finestra. Non appena vide che Bella guardava nella sua direzione, si ritirò.

 

 

Note storiche

-          Quello che è accaduto al bambino di Rosalie in questa storia, era purtroppo una cosa abbastanza comune ai tempi. Le famiglie povere spesso dormivano in un unico letto, per tenersi al caldo, più che altro. I fuochi venivano normalmente coperti  la notte, per paura che qualche scintilla potesse appiccare il fuoco e anche per risparmiare. D’inverno doveva essere molto freddo nelle loro case. Inoltre,  una culla con relative copertine e materassi era qualcosa che solo le famiglie più ricche potevano permettersi. Ancora nel 1894, 1000 neonati all’anno morivano a Londra, soffocati da un adulto che era loro rotolato sopra. Ricerche più attuali ritengono che alcune di queste morti fossero attribuibili alla ‘sindrome della morte in culla’, ma sui numeri c’è ancora dibattito.

 

 

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


 

“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/27/The-Selkie-Wife

 

 

 

Come promesso, vi comunico che ho iniziato a pubblicare una nuova storia, sempre sul fandom di Twilight. Si chiama “Contractually Bound”, credo che vi piacerà. Buona lettura.

 

 

Capitolo  27

 

Quella desolata estate continuò, fredda e umida, ma per gli occupanti di Cullen Hall fu l’estate più felice di cui avessero memoria. Bella e Edward passavano i giorni insieme,  con i loro bambini, e migliorando le condizioni delle loro proprietà.

Una delle prime cose che fece Edward al suo ritorno, fu convocare Kyme, il suo elemosiniere. L’espressione di Kyme era colpevole e ostile fin dall’inizio. «Non la riprenderò indietro,» sbottò non appena si mise seduto sulla seggiola che Edward gli aveva offerto.

Edward inarcò un sopracciglio. «Prego?»

«Perdono, vostra grazia», borbottò. «Non intendevo essere irrispettoso.»

Edward non aveva inteso la mancanza del suo titolo onorifico. «Stai parlando di tua moglie Anne?»

«Già, Anne Askew, come si fa chiamare lei. Quella donna caparbia si è rifiutata di prendere il mio nome di famiglia, quando ci siamo sposati.» Era ovviamente un punto dolente per lui. «Vi avverto, vostra grazia, il suo carattere non avrà una buona influenza sulla Duchessa.»

«Sembra una donna onesta, timorata di Dio», disse Edward.

Kyme scosse la testa. «È un’eretica, vostra grazia, e una donna testarda e disobbediente. Temevo la sua influenza sui miei figli.»

Edward capì cosa intendesse dire Kyme. Una moglie disobbediente, un’eretica, era una violazione dell’ordine sociale, una donna che rifiutava il vero fondamento della vita cristiana. «È una cosa molto crudele tenere una madre lontana dai suoi figli.»

Kyme si accigliò. «È quello che merita per il suo spregio.»

Edward sospettava che Kyme tenesse i figli lontani dalla madre come punizione, non perché temesse la sua influenza su di loro, e le parole di Kyme gli avevano semplicemente confermato tutto questo. «Forse una visita in tua presenza», provò.

«No!» scattò Kyme. «Li vedrà solo se si sottomette a me e si pente della sua malvagità.»

Edward sospirò dentro di sé. Non c’era altro che potesse fare. Kyme aveva ogni diritto di fare con i propri figli quello che voleva, e Edward non poteva interferire. A casa sua, un uomo era re, e le sue regole avevano l’ultima parola. «Ora, gli affari per cui ti ho convocato. Hai ricevuto la mia lettera?»

«Non avete avuto la mia risposta?» chiese Kyme, e Edward vide che stava mentendo. Non poteva dire cos’era, forse  un cambiamento sottile nel suo comportamento, ma vedeva che Kyme era stato disonesto ed era spaventato per questo.

«No, non l’ho ricevuta.»

«Le mie scuse, vostra grazia. Forse il messaggero …» La voce di Kyme si spense.

«Non importa. Forse è meglio se ne parliamo di persona.»

Kyme contorse il bordo del suo farsetto. «Volentieri, vostra grazia.» Anche questa era una bugia, notò Edward con un po’ di divertimento.

«Avete i documenti che vi ho chiesto?»

Kyme si era attaccato alla storia che aveva dato gran parte delle elemosine di Edward all’ospizio  della parrocchia, condotto da suo cugino, Peter di Lansby. Edward gli aveva chiesto conto di come erano  spesi i fondi e i due uomini sembravano molto riluttanti e nervosi in proposito.

«È una domanda semplice», disse Edward con leggerezza.

«Non avete mai chiesto niente di simile, vostra grazia.» Se Kyme non avesse smesso di stropicciare il farsetto lo avrebbe rovinato.

«Be’, va bene, lo sto chiedendo adesso. È semplice. Come sono state spese le mie elemosine?»

«Er … um … in vari modi, vostra grazia. Spese e simili.»

«Quali spese?» insisté Edward.

«Non lo so!» esplose Kyme. «Sono sicuro che mio cugino abbia usato bene i fondi.»

«Ho mandato mio fratello a visitare l’ospizio. Ha detto che era un disastro.» Emmett era rimasto costernato, in effetti. Non c’erano abbastanza letti e neanche abbastanza spazio in terra per dei giacigli, e molti dei residenti dormivano seduti appoggiati alle panche. Era sporco, e Emmett aveva detto che la puzza si sentiva dall’altra parte del villaggio. Le finestre incrostate di sporcizia avevano vetri rotti riempiti di stracci e il tetto perdeva sulle teste dei poveri occupanti.

Kyme adesso si era specializzato a torcere le nappe dei passanti sopra i bottoni, chiamati “alamari”, sul davanti del suo farsetto. «I poveri, vostra grazia, sono sporchi nelle loro abitudini. Distruggono tutto. Rubano. Non hanno nessuna cura e …»

«Dovrebbero esserci fondi in abbondanza per sostituire e riparare tutto ciò che va perso o si rompe», disse Edward con leggerezza.

Kyme arrossì, per la rabbia o l’imbarazzo. Edward non sapeva decidersi. Forse tutt’e due. «È una casa di poveri, vostra grazia. Non un palazzo.»

«Cosa pagano i fondi se nessuno fa le riparazioni?»

Kyme biascicò qualcosa e Edward si alzò in piedi. Era stanco di questa farsa. «Ho l’impressione di sapere esattamente dove finiscono i fondi. Indossi un farsetto davvero pregiato, e ho il sospetto che se andrò a fargli visita, scoprirò che tuo cugino ne indossa uno ancora più fine. Cerca lavoro in un’altra casa, Kyme. Non ho bisogno di un elemosiniere che distribuisce le mie elemosine non più lontano delle sue tasche.»

Kyme si chinò rigidamente, gli occhi pieni di odio. Lasciò la stanza e Edward sospirò. Si sedette sulla sua seggiola e si strofinò le tempie doloranti. Aveva bisogno di Bella. Aveva bisogno della sua dolcezza gentile, della sua calma.

Guardò il mucchio di carte sulla sua scrivania. Tutte dovevano essere lette e firmate, e andavano prese delle decisioni. Domani, decise. Tutto poteva  aspettare fino a domani. Sapeva che se suo padre lo avesse visto dal cielo, si sarebbe tirato i capelli oltraggiato dalla negligenza di suo figlio. E a Edward non importava.

Trovò sua moglie nella stanza della piccola Elizabeth. Stava insegnando ai bambini le lettere, anche se il suo metodo era inusuale. Raccontava loro una storia e ogni volta che i bambini riconoscevano correttamente una parola che cominciava con quella lettera, dava loro un pezzo di marzapane, il dolce preferito di Elizabeth. Piccoli come erano, Ward e Margaret non erano così bravi ancora a quel gioco, così Elizabeth suggeriva loro le risposte, cosa che Bella faceva finta di non notare, e poi strillavano e balbettavano, battendo le manine paffute quando Bella infilava loro un pezzetto di marzapane in bocca.

Sorrise quando vide Edward e gli fece cenno di unirsi a loro. Lui fece qualche scandaloso tentativo di indovinare per far ridere sua figlia, e lei ebbe pietà  e condivise con lui il pezzetto di marzapane che si era guadagnata.

Bella mise a dormire i bambini per il loro sonnellino e andò con Edward nella loro stanza. «Sembri preoccupato,» commentò lei.

«Ho incontrato Kyme», disse. «L’ho licenziato.»

Bella annuì. «Non abbiamo bisogno di qualcuno che distribuisca le nostre elemosine per noi. Possiamo farlo da soli.»

«Tutti hanno un elemosiniere», disse lui. «Eliminerei un incarico che è esistito nella casa del Duca di Cullen per trecento anni.»

Lei scosse la testa. «Non capirò mai voi umani e la vostra fissazione per le tradizioni. Solo perché una certa cosa è stata fatta in un certo modo per generazioni, non significa che dovrà essere fatta per sempre in quel modo.»

Edward cercò di trovare le parole per spiegarsi, la grande catena di ranghi e funzioni che formavano la loro società. «La nostra casa dovrebbe essere più grande, impiegare centinaia di persone, invece che la decina o poco più che abbiamo. Tu dovresti avere almeno cinque o sei dame di compagnia: contesse, baronesse, marchese, dame che a loro volta avrebbero le loro dame, mogli di cavalieri e della piccola nobiltà, e queste stesse dame  avrebbero a loro volta dei servitori. Giù fino alle cameriere del retrocucina e i ragazzi dello spiedo in cucina.»

Bella trasalì. «Non ho mai pensato che la nostra mancanza di grandeur e cerimonie fosse qualcosa che danneggiava la nostra gente. Dovremmo …»

Edward scosse la testa. «No, Bella. Ho scoperto che preferisco la vita più semplice, ma questo risveglierà qualche risentimento.»

«C’è un modo in cui possiamo cambiare …»

«Bella, dobbiamo stare attenti a non attirare attenzione», la avvertì Edward. Lei trasalì e lui desiderò non aver detto nulla. Lei aveva ancora gli incubi sui roghi. «Stiamo già facendo dei cambiamenti che causeranno  una quantità di chiacchiere.»

La gente già discuteva dell’acquisto di grano di Edward per il secondo anno di seguito, e del fatto che avesse sospeso gli affitti ai suoi contadini fino a quando fossero in grado di seminare e raccogliere come sempre (Edward disse ironicamente a Bella che la sua gente sarebbe stata meglio se fosse andato avanti e avesse chiuso i campi e allevato pecore, dopotutto. Col tempo freddo, probabilmente avrebbero avuto un raccolto di lana eccezionale). Teneva i contadini inattivi e i lavoratori occupati con le riparazioni agli edifici nelle sue terre, inclusi i casolari dei paesani.

«Scendo al villaggio, oggi», disse Bella. Si mise seduta sul bordo del letto.

«Cosa devi sistemare?» disse scuotendo la testa con un sorriso storto.

«Sapevi che il mulino è rotto da tre anni? Gli abitanti del villaggio devono portare il loro grano per sette miglia, fino al villaggio vicino, per farlo macinare.»

«Hai parlato con John Miller?»

«L’ho fatto. Ha detto qualcosa  a proposito di qualcosa di rotto o roba così.»

«Ottima informazione, mia cara. Bene,  dovremo farlo riparare.»

Lei gli sorrise e quel sorriso da solo valeva il costo della riparazione del mulino. Bella si interessava sinceramente  della gente delle sue terre e probabilmente era la prima Duchessa di Cullen  nella storia della famiglia a conoscere gli abitanti del villaggio per nome e ad informarsi sulle loro famiglie, la loro alimentazione, i piccoli drammi della loro vita. L’inconveniente era che le dame della loro classe sociale cominciavano a ritrarsi, come se l’associazione di Bella con gli abitanti del villaggio la contaminasse in modo indelebile. Bella non aveva neanche notato la loro assenza, ma Edward sì, ed era preoccupato, anche se non abbastanza da limitare le attività di lei.

«Ho visto Padre Jacob», disse lei. «Era là a dare l’estrema unzione alla vecchia vedova Lettie.»

Lui provò a ricordare chi fosse e non ci riuscì. «Mi dispiace di sapere che sta morendo», disse lui.

«Ma no. Almeno una volta al mese si mette in testa che sta morendo di qualunque starnuto o dolore che ha, ma è dura come il cuoio. Ho il dubbio che sopravvivrà a tutti noi.»

«Ha parlato con te?»

Lei scosse la testa. «Si comporta stranamente, negli ultimi tempi.»

Edward pensava la stessa cosa. Erano stati a messa tre volte la settimana, da quando erano tornati, sedendo nello stanzino di famiglia, una piccola stanza nel retro della cappella. Gli occupanti erano nascosti da uno schermo di legno intagliato e Edward, come suo zio Re Enrico, usava quel tempo per recuperare tempo con i suoi documenti. Teneva un orecchio al sermone e cercava di non far frusciare troppo le sue carte.

Dalla restaurazione della Chiesa, i sermoni di Padre Jacob si erano lentamente trasformati in istrioniche invettive contro i peccatori che vedeva tutto intorno a sé. Non faceva nomi – non osava tanto – ma mentre sbraitava di puttane e donne che si accompagnavano col diavolo, aveva sempre gli occhi fissi sullo stanzino ducale dove sedeva Bella. E dopo la funzione, Padre Jacob salutava calorosamente Edward, ma si comportava come se Bella non esistesse.

Per la sua vita, Edward non riusciva a capire come Bella avesse offeso Padre Jacob. Quale peccato pensava che avesse commesso? Bella era modesta, aveva il cuore gentile (non lo aveva detto lo stesso Padre Jacob quando aveva mandato da lei Anne Askew?) e si comportava in modo perfettamente appropriato in pubblico. Se non avesse detestato tanto parlare con quel prete, Edward ne avrebbe discusso con lui, ma aveva deciso che, alla fine, non aveva importanza che Padre Jacob odiasse Bella o no.

Bussarono alla porta e Edward disse di entrare. Una delle cameriere entrò timidamente, con gli occhi fissi al pavimento. Edward la intimidiva un po’. «Vostragrazia», sbottò, dicendolo come se fosse un’unica parola.           «È venuto un messaggero con una lettera». La teneva nella mano che tremava leggermente.

Bella la prese con un sorriso. «Grazie, Janet», le disse. Prese una moneta da un cassetto e la diede alla cameriera. «Per favore, da’ questa al messaggero. Puoi andare.»

La ragazza fece un inchino e si precipitò fuori della stanza. Bella diede la lettera a Edward poco interessata, ma rimase a bocca aperta per la delizia quando lui la aprì ed esclamò, «Per i denti di Dio, è di Jasper!»

«Cosa dice? Cosa dice?» gridò Bella, saltellando per la curiosità.

«Dice che hanno attraversato Calais e intendono dirigersi a Ginevra dove c’è una comunità di protestanti inglesi in esilio.» Edward fece una pausa e continuò,  una smorfia leggera che gli tirava le labbra.

«Cosa?» chiese Bella.

«Jasper è sempre Jasper», disse Edward scuotendo la testa. «È turbato per aver tradito il suo voto a Dio.»

«Ma Anne mi ha detto che il celibato dei preti non è ordinato nella Bibbia.»

Edward impallidì. «Bella! Stai imparando la fede protestante?»

Bella sembrò imbarazzata, anche se ovviamente non capiva perché. «Le ho solo fatto qualche domanda, Edward. Non lezioni, come quelle che mi dava Padre Jasper.»

Edward si sforzò di mantenere calma la voce. «Bella, domande come quelle sono pericolose di questi tempi.»

«Mi dispiace», disse con la faccia cinerea. «Ero solo curiosa.»

«Capisco. Ma, ti prego Bella, non discutere di queste cose con nessuno a parte me. Neanche con Emmett, capito? Io amo mio fratello, ma temo per il sentiero che sta percorrendo.»

Lei annuì. «Come vuoi tu.» La paura del rogo le avrebbe fatto dire di sì a qualunque cosa, e il cuore di lui ne fu addolorato. Una creatura come Bella non avrebbe mai dovuto vivere nella paura.

«Ma per rispondere alla tua domanda, non è importante che il celibato clericale sia ordinato da Dio o no. Jasper ha fatto quel voto e , per lui, è sacro.»

«E lo ha infranto per Alice», disse lei piano. «Spero che non si risenta mai con lei per questo.»

Lui scosse la testa. «Alice non gli ha fatto fare nulla. Ha preso da solo quella decisione; dice molto chiaramente che si prende la piena responsabilità per questo. Ma lo tormenta ancora. Secondo la sua fede, non potrà essere perdonato finché non rifiuterà il suo peccato e tornerà al gregge.»

«Pensi che potrebbe diventare protestante? Alice lo era fino a che la Regina Maria non ha restaurato la Chiesa. Lei può insegnargli tutto in proposito.»

«No, non credo. Non cambierebbe la sua fede solo perché l’altra gli permette di fare ciò che vuole. Non è protestante nel cuore, piuttosto  un cattolico errante, e si sente colpevole ad accettare l’ospitalità della comunità protestante.»

«Potremmo andare a far loro visita?»

Edward esitò. «Non so, Bella. Forse un giorno, ma sai che la regina non apprezzerebbe che noi viaggiassimo per fare visita a un prete scomunicato. E Alice, una donna scandalosa a tutti gli effetti. Il suo fidanzamento doveva essere annullato prima che il suo matrimonio con chiunque possa essere riconosciuto. Per quanto riguarda la Chiesa, lei è un’adultera.»

«Mi manca», confessò Bella. «Anne è amichevole, ma non è … be’, non è Alice, immagino.»

Edward non disse nulla. Prese Bella tra le braccia e la strinse, l’unico conforto che poteva offrirle.

 

 

«Vostra grazia.»

Bella udì una voce che non sentiva da più di un anno, da quando Ward era nato. «Rosalie?»

Bella era in soffitta, a cercare tra i bauli di abiti che erano stati immagazzinati lì dalla famiglia di Edward. Troppo vecchi per essere rielaborati in nuovi indumenti, ma troppo buoni per essere buttati via, quei vestiti erano semplicemente stati messi via. Bella li stava smistando per vedere se qualcosa poteva essere usato per rivestire i poveri del villaggio, ma molti di quelli erano fatti di stoffe che violavano le leggi suntuarie.*

Si spolverò  le mani e si alzò, voltandosi verso la cognata. Rosalie le fece un profondo inchino. Bella la fece alzare e le disse, «Non devi essere formale con me, Rosalie. Chiamami Bella, o sorella, se la cosa ti garba.»

«Di questo non sarò mai degna», disse Rosalie. «Bella, io devo dirti … io … ti ho offeso.» La voce era bassa, e guardava ferma il pavimento mentre parlava.

«È tutto dimenticato,» disse Bella. «Dispiace anche a me. Ho perso le staffe il giorno in cui ci siamo incontrate, e l’ho sempre rimpianto.»

Rosalie scosse il capo e fece un gesto sprezzante con la mano. Bella sentì un suono strozzato e le spalle di Rosalie cominciarono a tremare. Bella la prese tra le braccia e Rosalie scoppiò in singhiozzi. Strofinava la schiena a Rosalie mormorando parole che la calmassero.

Rosalie si liberò dal suo abbraccio e corse via dalla soffitta, le sue scarpe che battevano pesantemente giù per le scale.

Bella la guardò andare via e si chiese se avrebbe dovuto seguirla. Sospirò. Gli umani erano così strani, con le loro esplosioni emotive. Bella pensò che probabilmente tutto questo era dovuto alla repressione. Non era salutare.

Anne tornò nella soffitta con una grossa cesta vuota. «Era la Viscontessa quella che per poco non mi butta giù dalle scale?»

«Già», sospirò Bella.

Anne considerò un attimo poi fece spallucce. Prese su il mucchio di indumenti che Bella aveva messo da parte.

Bella si chiese se Rosalie avesse già parlato con Emmett, o se era andata nella nursery a vedere sua figlia. Ellen probabilmente la stava svegliando dal suo sonnellino proprio adesso. Ieri Margaret aveva chiamato Bella “mamma”,  come Ward, e a Bella aveva fatto male il cuore a doverla correggere.

Qualunque fosse il fardello nel cuore di Rosalie, Bella sperava che se ne liberasse. Le vite umane erano così brevi, troppo brevi per passarle nel dolore e nel rimpianto.

Anne canticchiava un inno mentre scuoteva e piegava i panni.

«Anne?»

«Mmh?»

«Emmett … Emmett è ancora un membro della vostra congregazione?»

Anne sorrise. «Lo sapresti se partecipassi anche tu.»

Bella le diede uno sguardo di rimprovero. «Lo sai che non è possibile.»

«Immagino di no, col vostro stesso cappellano a capo del Tribunale ecclesiastico locale.»

Bella la guardò a bocca aperta. «Cosa?»

«Non lo sapevi? È stato incaricato da Gardiner in persona.»

Bella scosse la testa. Un tribunale ecclesiastico qui? La nausea le salì in gola e il cuore le martellò nelle orecchie.

«Anne, puoi finire tu, qui, per favore?» chiese accennando al baule aperto.

«Certo, Bella. Stai male?»

«È solo che …» Bella barcollò e dovette sedersi in fretta su una vecchia seggiola di legno. Sentiva un tintinnio sordo nelle orecchie. Prese dei respiri profondi quanto le permetteva il suo corpetto.

Anne  le passò sul viso un panno umido. Bella non si era neanche resa conto che fosse uscita per andare a prenderlo.

«Tu hai tanta paura», le disse piano Anne. «Bella, se solo tu avessi fiducia in Dio …»

Bella si passò il panno umido sulla fronte sudata.

«Non capisci, Bella? Loro possono causare il dolore del corpo, ma non possono conquistare la tua anima. Non possono toglierti la cosa più importante.»

«L’unica cosa importante per me è la mia famiglia», disse Bella. «E possono togliermela con solo poche parole.»

«Ti riunirai a loro in Paradiso», replicò Anne. «Dove non ci saranno lacrime …»

Bella mise una mano sulla spalla di Anne. «Io voglio stare con loro qui. Voglio vedere i miei figli crescere.»

Alla menzione dei figli, Anne trasalì e le lacrime tremarono tra le sue ciglia. «Io so che li vedrò di nuovo. Lo so.»

E silenziosamente  si strinsero l’un l’altra nell’oscurità polverosa.

 

 

Bella era nella nursery a giocare con i bambini quando arrivò Edward, il pomeriggio successivo. Bella guardò la sua faccia e disse ai bambini con tono falsamente allegro di continuare a giocare con Ellen mentre lei parlava col loro padre.

Chiuse la porta della camera da letto dietro di sé e vi si appoggiò sopra. Dentro si sentiva gelare. «Si tratta di Alice e Jasper?» chiese, e si stupì di come la sua voce suonasse calma e sicura.

«No, Bella, non Alice e Jasper», disse Edward. Le prese la mano tra le sue. «È Anne, Bella. È stata arrestata per eresia.»

 

 

 

 

 

 

Note storiche

-          Lo “spit boy” ( il ragazzo dello spiedo) era il ragazzo che stava vicino al fuoco e girava la manovella dello spiedo perché si cuocesse omogeneamente. Era uno degli incarichi più bassi in una casa nobile, ma c’era sempre la possibilità di una promozione quando il ragazzo cresceva. Alcune case avevano degli  spit-dogs ( cani dello spiedo), piccoli cani che correvano su una pedana mobile per girare lo spiedo, e il lavoro del ragazzo era assicurarsi che i cani continuassero a correre.

 

 

 

*Le leggi suntuarie erano leggi che  regolavano il modo di vestirsi e obbligavano determinati gruppi sociali a indossare segni distintivi. Per cui un povero non poteva indossare certe stoffe o colori che erano propri della nobiltà  (ndt).

 

 

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


 

 

“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/28/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  28

 

«Arrestata?» ripeté Bella. Camminò incerta fino al letto e si mise seduta. Sembrava che l’aria nella stanza fosse stata risucchiata e Bella faticava a prendere respiro.

«A quanto pare, se lo aspettava», disse Edward, e la sua voce sembrò a Bella triste e raggelante come la pietra di una cripta. «Ha lasciato una nota per te. Uno dei domestici l’ha trovata nella sua stanza dopo che l’avevano presa.» Lui gliela porse me lei non fece il gesto di prenderla. Guardava con gli occhi vuoti il foglio piegato.

Edward si sedette vicino a lei e la aprì. La lesse ad alta voce. «Vostra grazia, la vostra gentilezza e cura per me non potrò mai ripagarla. Anche se non siete della mia fede, so che sarete benedetta e ricompensata da Dio per le vostre molte virtù. Siate forte nel Signore, mia carissima amica, e sebbene mi rattristi separarmi da voi, so che ci incontreremo di nuovo in un posto migliore. Sapevo bene che questo giorno sarebbe venuto. Ho più nemici che capelli in testa, ma, con l’aiuto di Dio, non mi vinceranno mai. La vostra amica, in questa vita e nella prossima, Anne Askew.»

«È datata la settimana scorsa», disse Edward.

«Cosa ha fatto?» gridò Bella. Non riusciva ancora a capirlo, per quante volte Edward glielo avesse spiegato. Era incomprensibile per lei che una persona come Anne Askew fosse così pericolosa da dover morire per proteggere il regno.

«La stessa cosa che la sciocca e confusa ragazza ha sempre fatto, Bella. Guida gruppi di studio sulla Bibbia e incontri di preghiera nel villaggio. Prego solo Dio che non sia coinvolto anche Emmett.»

Bella sbatté gli occhi e due grosse lacrime le scivolarono sulle guance. «C’è niente che possiamo fare?»

Edward le mise un braccio attorno alle spalle tremanti e se la tirò al fianco. «Padre Jacob intende interrogarla nella cappella tra una settimana. È stata portata a casa dello Sceriffo Swan, quindi per ora starà bene; Swan e sua moglie sono persone gentili. Io sarò presente all’interrogatorio.»

«E io posso…»

Lui scosse la testa. «Meglio che tu ne stia fuori, Bella. Non so per quale motivo, ma non piaci a Padre Jacob e la tua presenza non aiuterebbe Anne.»

Bella rilasciò un sospiro tremante. «Non possiamo permettere che le faccia del male.»

«Non può», le assicurò Edward. «Se Padre Jacob la trova colpevole di eresia, dovrà deferirla a un tribunale superiore per il processo. Non preoccuparti per ora, Bella. Anne è sveglia quasi come Bess. Può cavarsela.»

Bella appoggiò la testa sulla spalla di Edward. «Non sopporto tutto questo», disse.

Edward sentì una fitta di paura come uno stiletto gelido allo stomaco. La magia selkie di Bella, che l’aveva protetta durante la gravidanza, cominciava a svanire. Un po’ ne era rimasta mentre allattava Ward, ma poteva cadere nel languore se fosse stata troppo stressata. Edward non sapeva come fermare tutto questo.

A cena, quella sera, Emmett era triste e silenzioso. Spostava il cibo nel piatto ma ne mangiava poco, come Bella. I domestici sapevano che Bella rifiutava il cibo quando era infelice o stressata, ma Emmett era famoso per il suo prodigioso appetito che rimaneva costante anche nei momenti peggiori della sua vita, quindi vederlo mettere da parte il cibo invece che mangiarlo e chiederne ancora, era davvero una cosa notevole. Quelli che guardavano si chiedevano se avessero dovuto chiamare i loro amici per essere testimoni del fatto, perché di certo non ci avrebbero creduto quando glielo avessero detto.

Bella cedette alle preghiere di Edward e mangiò della pastinaca al burro, ma sembrava non essere così sicura che sarebbe rimasta giù. Quando la cena finalmente finì, Edward si rivolse a suo fratello. «Emmett? In camera mia, per favore.»

Emmett annuì, e a giudicare dalla sua espressione, si aspettava questa convocazione.

Si sedettero vicino al camino vuoto. Edward fece uscire i domestici dalla stanza e tenne la voce bassa, perché sapeva che tutti avevano l’orecchio premuto sulla porta. L’arresto della dama di compagnia di Bella era un buon materiale di pettegolezzo.

«Emmett, immagino che tu abbia sentito cosa è successo a Anne.»

«Già.» Tutto l’essere di Emmett sembrava afflosciato dal dolore. «È la notizia sulla bocca di tutti.»

«Rispondi a questo, fratello, e non te lo chiederò più: quanto sei coinvolto in questa situazione?»

«Abbastanza da bruciare al suo fianco, se dovesse succedere», disse Emmett.

Bella lanciò un piccolo grido di orrore e si portò una mano alla bocca. Edward la prese dalla sua seggiola e se la mise in grembo, avvolgendole le braccia attorno come se con questo potesse proteggerla dalla sua paura.

«Io ti ho avvertito, Bess ti ha avvertito», disse Edward, la voce che tremava. «Per tutti i santi, Emmett! Perché corteggi il pericolo? Pericolo non solo per te, ma anche per la nostra famiglia.»

«Tutto quello che posso dirti, fratello, è che ne avevo bisogno.» Emmett si passò una mano sulla faccia. «Non devi preoccuparti. Non tradirò te o Bella. Te lo giuro.»

Edward sospirò. «Che stupido. Nessuno può giurare che resisterà alla tortura.»

«Io sono un nobile», argomentò Emmett. «Per legge, non possono torturarmi.»

Edward scosse la testa. «Sei davvero uno stupido. Possono fare quello che vogliono. Ricordi Lady Rochford?»

Emmett sbatté gli occhi. «Jane Parker, la cognata di Anna Bolena?»

«Già, proprio lei. Quando fu accusata di aver aiutato la Regina Kathryn Howard ad incontrare segretamente il suo amante, finse di essere pazza perché la legge diceva che i pazzi non potevano essere giustiziati. Così il Re fece passare una nuova legge che permetteva di giustiziare i pazzi e la fece decapitare.»

Emmett trasalì. «Sì, ora ricordo.»

I tre rimasero seduti in silenzio, ognuno sentendosi impotente e terrorizzato per coloro che amava, ognuno desiderando di soffrire lui stesso pur di risparmiare gli altri. Ognuno sapendo che non c’era nulla da fare se non aspettare… sperare… pregare.

 

 

Bella sedeva vicino alla finestra e guardava fuori le rabbiose onde grigie che si schiantavano contro le rocce sotto la casa. La pioggia colpiva i vetri e i tuoni rombavano in distanza. Le selkie amavano le burrasche. Quando le onde salivano in alto, loro le cavalcavano come piccole barche, buttate verso il cielo per poi ricadere nel mare in tempesta. Ricordò che una volta si era imbattuta in un naufragio, il vascello di legno trascinato troppo vicino alla spiaggia dove si era fracassato sulle rocce. Lei e sua sorella avevano portato i marinai dal mare alla spiaggia, uno ad uno (Bella rimase sbalordita nell’apprendere che la maggior parte dei marinai non sapeva nuotare). E dopo, si erano tuffate verso il fondale marino a giocare con tutte le cose che erano uscite dalla nave spezzata. Era molto giovane, a quei tempi, e aveva un’esperienza limitata con il mondo umano e i tesori la affascinavano. Non sapeva, allora, che gli umani uccidevano per il metallo lucente e le pietre brillanti che loro gettavano senza cura, né sapeva che le persone morivano perché possedevano dei libri che diventavano eretici in base all’opinione del monarca.

Non riusciva a smettere di pensare a Anne. L’interrogatorio ci sarebbe stato l’indomani e Edward aveva promesso di fare tutto quello che poteva. Ma al ritorno, le avrebbe detto che avrebbero messo Anne al rogo? Era un destino che non avrebbe augurato alla peggiore persona al mondo, neanche all’uomo che aveva distrutto la pelliccia della sua amica per non farla scappare, figuriamoci ad Anne.

Appoggiò la testa al vetro e desiderò poter pregare come facevano gli umani. Loro credevano che il loro dio fosse coinvolto in ogni aspetto della vita umana e che potesse essere influenzato a cambiare il corso degli eventi dalle preghiere. Il suo dio era come un sorvegliante della natura. Guardava le sue creature ma non interveniva a controllare le loro azioni.

Desiderava che Padre Jacob avesse una sua moglie selkie. Aveva bisogno d’amore più di qualunque persona avesse incontrato Bella, inclusa la Regina Maria. Diversamente da Maria, aveva permesso alla sua inedia emotiva di trasformarlo in una persona miserabile. Forse era ormai andato troppo avanti e avrebbe rifiutato l’amore anche se gli fosse stato dato. Ricordava a Bella un lupo in cui si era imbattuta in un bosco la cui zampa era stata presa in una trappola. Bella aveva tentato di liberarlo, ma ogni volta che si avvicinava quello provava a morderla. Alla fine il lupo era svenuto per la perdita di sangue e Bella lo aveva liberato e si era presa cura della povera zampa maciullata. Quando si era svegliato, l’aveva leccata con riconoscenza, gli occhi imbarazzati che sembravano chiedere scusa.

Se Padre Jacob fosse stato liberato da qualunque trappola lo stesse facendo soffrire, avrebbe smesso di scatenarsi con tutti quelli che gli stavano intorno? Bella non lo sapeva. Non capiva veramente il male; per lei, era follia causata dalle situazioni.

Su questa linea di pensieri, le venne in mente un’altra creatura ferita. Si alzò e andò verso le stanze di Rosalie, stanze che legittimamente appartenevano alla Duchessa, aveva detto Emmett, come se lei dovesse essere offesa dall’occupazione di Rosalie. Bussò alla porta ma non attese risposta. Entrò e trovò Rosalie stesa sul letto, circondata dai gioielli, con indosso una sottoveste macchiata. Rosalie sbatté gli occhi, come se fosse insicura che fosse realmente Bella o solo un’apparizione con la sua faccia.

Bella si fece posto buttando da parte i gioielli e si sedette sul letto. «Qualunque cosa ti preoccupi, Rosalie, è qualcosa a cui possiamo porre rimedio.»

Rosalie scosse la testa. «Questo è qualcosa a cui non si può rimediare.» La sua voce era bassa e roca per il poco uso, e i suoi capelli biondi erano annodati e arruffati. Sembrava più un cane randagio che una Viscontessa.

«Be’, allora hai del lavoro da fare», disse Bella.

Rosalie si accigliò confusa. «Cosa?»

«Se non puoi essere perdonata, devi passare la vita a fare ammenda. Andiamo.» Bella si alzò. «Su.»

«Cosa?»

«Su. Alzati da quel letto. Hai del lavoro da fare.»

Bella si alzò dal letto e si rivolse a una delle cameriere di Rosalie che se ne stava silenziosa nell’angolo. «Portate un bagno caldo per la Viscontessa.»

La cameriera rimase a bocca aperta e guardò Rosalie. «Non guardare lei», disse Bella. «Io sono la Duchessa. Fa’ quello che ti dico.»

La cameriera si inchinò profondamente e corse alla porta. Bella prese una spazzola dal tavolo di Rosalie. La usò per indicare una seggiola. «Siedi.»

Rosalie sedette. Avevo lo sguardo di uno che si è appena svegliato da un sogno folle e non è ancora convinto di essere tornato alla realtà.

Bella affastellò tutti i capelli di Rosalie in una mano e cominciò a spazzolarli dal fondo.

«Non faresti questo se sapessi quanto ti ho fatto torto», disse Rosalie, la voce sorda e piatta come una pianura spazzata dal vento.

«Bene, allora dovrai essere molto occupata», disse Bella seccamente. «Se hai fatto dei terribili torti, allora devi al mondo una gran quantità di bene per rimediare.»

Due cameriere entrarono portando una grande vasca ovale di rame. Coprirono il pavimento con una spesso telo bianco e ci misero sopra la vasca. Rivestirono la vasca con un lenzuolo mentre altre due cameriere entravano con dei secchi di acqua fumante che buttarono nella vasca. «Portate una brocca di aceto caldo per i suoi capelli,» disse loro Bella.

Dopo che la vasca fu riempita da una serie di cameriere, Bella afferrò il bordo della sottoveste di Rosalie per togliergliela dalla testa. Rosalie vi si aggrappò. «Non posso fare il bagno nuda!»

«Oh, non essere sciocca», replicò Bella. «Quando è bagnata, questa è così trasparente che è come non indossare nulla. Salta dentro, prima che si raffreddi.»

Rosalie si arrese e Bella le tolse la camicia. Si sedette obbediente nella vasca e due cameriere cominciarono a strofinarla. Bella lavò lei stessa i capelli di Rosalie, cosa che sbalordì le cameriere. Le passò l’aceto caldo tra i capelli mentre li risciacquava. «Questo li renderà lucidi e morbidi», disse a Rosalie.

Quando la Viscontessa riemerse, l’acqua era sudicia e la sua pelle di nuovo di un salutare rosa. L’avvolsero in un lenzuolo per asciugarla e la fecero sedere davanti al fuoco, cosa che Bella sopportò per il bene di Rosalie. Le avevano detto tante di quelle volte che gli umani si ammalavano se restavano bagnati, che aveva cominciato a crederci. Spazzolava i capelli di Rosalie canticchiando una canzone d’amore selkie. Le cameriere versarono l’acqua negli stessi secchi in cui l’avevano portata e quando la vasca fu abbastanza leggera da essere trasportata, la portarono fuori della stanza, insieme alle lenzuola e ai teli.

Bella continuava a spazzolare i capelli di Rosalie, fermandosi di tanto in tanto per sciogliere un nodo. Ci volle un po’ prima che si rendesse conto che Rosalie stava piangendo silenziosamente. Bella si morse il labbro, chiedendosi quello che doveva fare e alla fine decise di continuare semplicemente a spazzolare.

«Mia madre mi spazzolava i capelli così», disse Rosalie. «Diceva che i miei capelli erano i più belli che avesse mai visto.» La sua voce tremava e si spezzava per l’emozione.

«Amavi molto tua madre», commentò Bella.

«Sì, l’amavo molto. Tua madre è ancora viva, Bella?»

«Sì.» Bella pensò a sua madre, ora probabilmente in qualche caldo posto tropicale, a russare su qualche roccia assolata, e sorrise a quell’immagine mentale.

«Credevo che perdere mia madre fosse la cosa peggiore che mi fosse mai capitata», disse Rosalie. «Finché non ho visto me stessa per quello che ero veramente. Quello è stato il momento peggiore della mia vita.»

«Puoi cambiare», disse Bella. «Se non ti è piaciuto quello che hai visto, sii qualcun altro, cammina su un sentiero diverso.»

«Come?» Rosalie fece una risata priva di allegria.

«Te lo farò vedere», disse Bella.

Rimasero in silenzio per un lungo momento. Bella continuò a spazzolarle i capelli. Una volta asciutti, divennero onde di morbido oro scintillante. La madre di Rosalie aveva ragione sulla loro bellezza. Che peccato che le donne umane dovessero  legarli e nasconderli, una volta sposate!

«I capelli di mia madre erano un po’ più scuri», rifletté Rosalie. «E aveva dei riccioli che le ho sempre invidiato.»

«Le sel… Il mio popolo dice che Dio era a corto di materiale quando ha fatto i capelli biondi. Aveva usato la terra per fare capelli come i miei, il fuoco per i capelli rossi come quelli di Edward, e quando arrivò al tuo colore, allungò un braccio, prese qualche pezzetto di sole e lo filò come seta.»

Rosalie sorrise lievemente. «Non mi stupisce che Elizabeth ti pregasse per farsi dire le tue storie prima di andare a letto.»

«Anche a Margaret piacciono», disse Bella con gentilezza. «Sono sicura che amerebbe che tu le raccontassi delle storie.»

Rosalie scosse la testa. «Sii tu sua madre. Io non posso. Merita di meglio che me.»

Bella non insisté. Rosalie non era ancora pronta, ma se il piano di Bella avesse funzionato, lo sarebbe stata presto. Intrecciò i capelli di Rosalie e fece un passo indietro. «Ecco. Tutto fatto.» Fece un cenno alle cameriere. «Vestitela. Qualcosa di semplice, mi raccomando.»

Rosalie fu infilata e cucita dentro un vestito di velluto rosa. «Molto bene.» Bella alzò lo specchio di Edward. Rosalie si toccò le guance come se non avesse visto il suo riflesso per lungo tempo. E sembrava diversa, più magra, gli occhi vuoti per la disperazione.

Bella la spinse fuori dalla porta e per le scale. Aveva chiamato la portantina che era fuori ad aspettarla, i portatori che stavano pazientemente in attesa nella pioggia scrosciante. Bella e Rosalie infilarono un paio di zeppe sulle loro pantofole e con attenzione uscirono fuori, protette dalla pioggia con un piccolo baldacchino, tenuto dai portatori, come una piccola volta con un’asta ad ogni angolo. Bella sorrise a tutti loro e salì, e Rosalie scivolò dietro di lei. Fu alzata, e la portantina cominciò il suo gentile, familiare ondeggiamento. Bella si contorse sui cuscini finché si trovò a proprio agio.

«Dove andiamo?» chiese Rosalie.

«Al villaggio», rispose Bella. «Ho un compito per te.»

«Bella, io non voglio…»

«Non ha importanza quello che vuoi», la interruppe Bella. «Hai detto che hai fatto degli errori. Bene, ora devi rimediare.»

Rosalie si morse il labbro e annuì, gli occhi bassi.

La portantina si fermò di fronte all’ospizio dei poveri. I portatori ripresero il baldacchino per loro e arrancarono dentro sotto la sua protezione. Bella odiava le zeppe, aveva sempre paura di cadere e rompersi l’osso del collo. Rosalie barcollava accanto a lei, quindi forse aveva lo stesso problema. Bella si afferrò alla sua spalla per bilanciarsi e Rosalie ridacchiò, la prima risata genuina che avesse sentito da lei in… quanto tempo? Forse mai.

Dentro l’edificio era tutto un fervere di attività. Emmett era al centro della stanza, un fascio di carta nella mano, stava dirigendo i riparatori mentre lavoravano. Edward gli aveva dato il compito di riparare l’ospizio e lui l’aveva preso in modo entusiastico. L’edificio era stato ristrutturato e, se la pioggia fosse mai cessata, intendevano espanderlo e costruire un dormitorio su due piani.

Tutti gelarono quando la Duchessa e la Viscontessa entrarono nella stanza. Tutti si abbassarono in inchini e riverenze. Bella fece cenno di alzarsi, ma i suoi occhi erano su Emmett e Rosalie.

Emmett sembrava non respirare da quando sua moglie era entrata. Poi si inchinò e Rosalie fece lo stesso. «Cosa fai qui?» le chiese lui. La sua voce era calma e piatta e priva, con sollievo di Bella, di ostilità.

«Non ne sono sicura», disse Rosalie con un sorriso timido.

«È la nostra nuova insegnante», disse Bella.

Bella era rimasta costernata che i bambini piccoli lavorassero come adulti, all’ospizio. Secondo le regole dovevano, e di certo erano abituati, a lavorare insieme ai loro genitori quando c’era del lavoro. Turni di dodici ore non erano inusuali. E così Bella aveva decretato che il lavoro dei bambini sarebbe stato lavoro di scuola. A quanto pareva, una volta imparate le lettere avrebbero potuto essere impiegati come copisti, ma Bella non si aspettava che questo fosse un obiettivo realistico. Ma bambini che imparavano a leggere e fare dei semplici conti, avrebbero avuto prospettive maggiori di impiego in futuro. Alcune delle signore del villaggio avevano tenuto le prime lezioni, ma adesso i bambini avrebbero avuto un’insegnante tutta per loro.

Rosalie sembrava sgomenta.

«Tu eri la governante della piccola Elizabeth e le insegnavi le lettere. Puoi fare la stessa cosa con più bambini.»

«Ma loro sono…» la voce di Rosalie si smorzò.

«Popolani? Sì, lo sono. Tu hai detto che il tuo peccato è grande, quindi anche il tuo compito sarà grande. Non ha forse detto il tuo Gesù ‘Qualunque cosa farete all’ultimo tra voi, lo farete a me’?» Bella non era sicura di aver citato correttamente, ma questa era la sostanza.

«Il mio Gesù?» disse Rosalie inarcando un sopracciglio.

«Il Gesù di tutti», disse Bella, allargando le mani esasperata. Andò nella stanzetta laterale che fungeva da aula per i bambini e la donna del villaggio che era tenuta ad insegnare quel giorno, alzò lo sguardo grata. Era a malapena istruita lei stessa, e stava annaspando in quel compito.

I bambini videro la Duchessa e si affrettarono a inchinarsi. Molti di loro non avevano mai visto un nobile, neanche da lontano, e quindi guardavano apertamente meravigliati. Bella fece loro un piccolo inchino di rimando. «Bambini, questa è la Viscontessa Lisle. Vi insegnerà lei, ora. Potete chiamarla ‘Lady Lisle’.»

Si voltò e diede a Rosalie un bacetto sulla guancia, dicendole significativamente, «Al lavoro.»

Rosalie annuì. Andò a una seggiola vicino a un piccolo tavolo. Prese la lavagnetta. Bella sorrise e chiuse la porta.

 

 

Il pomeriggio successivo, Bella si costrinse a tenersi occupata. Era preoccupata da morire per Anne e per quello che stava avvenendo all’interrogatorio, ma provava a pensare ad altro ogni volta che la mente le andava lì, ma era come cacciare le mosche ad un picnic.

La sera prima, Edward l’aveva portata a nuotare, insistendo quando lei aveva esitato, come se pensasse che era una medicina che l’avrebbe rafforzata per la prova a venire. Si assicurò anche che trovasse delle alghe fresche e succose. Quando era tornata sulla spiaggia, vide che aveva disegnato un grande cuore sulla sabbia, e quel dolce, piccolo gesto fu per lei più importante che la nuotata stessa.

Bella passò la giornata esplorando i più profondi recessi della soffitta, cercando roba che potesse essere riusata per gli abitanti del villaggio. Lavorò duro, trascinando fuori casse e ceste dove la luce era migliore. Ignorò le allarmate proteste delle cameriere che volevano che chiamasse un domestico per spostare qualunque cosa la Duchessa volesse spostare. Bella pensò che doveva sembrare strano a gente abituata ai nobili che non si riempivano neanche il loro stesso bicchiere.

Tolse un lenzuolo e fece un piccolo grido quando trovò lì un uomo in piedi. Rise piano quando si rese conto che era solo una vecchia armatura.

«Di mio nonno», disse Edward dietro di lei. «Re Enrico VII. Potrebbe essere stata di suo padre prima di lui. Mio nonno era un tirchio.»

Bella gli mise le braccia al collo. «Edward, sono così contenta di vederti.»

Lui sorrise. «Anche le cameriere. Avevano paura che fossi impazzita a trascinare in giro tutte queste casse.»

C’era una vecchia panca sotto la finestra e Edward vi portò Bella. Lei si guardò intorno e non vide nessuna delle cameriere. Edward doveva averle mandate via. «Che è successo?»

«Padre Jacob ha rilasciato Anne, ma le ha ordinato di tornare da suo marito», disse Edward. «Come sospettavo, è stata troppo intelligente per dargli risposte dirette che avrebbe potuto usare per condannarla.»

Bella sospirò sollevata. «È finita?»

«Temo di no, Bella. Lei non vorrà tornare da Kyme e lui non la riprenderà indietro se lei non abiura la sua fede. Sarà richiamata per essersi rifiutata di obbedire agli ordini della Chiesa. E Dio la aiuti se stavolta non riuscirà a superare in astuzia il suo esaminatore.»

 

 

 

Note storiche

-          I marinai spesso non sapevano nuotare, come nota Bella. Si pensava che se la loro nave affondava, era meglio affogare rapidamente che prolungare l’agonia e morire per l’esposizione o la disidratazione nel mezzo dell’oceano.

-          Le “chopines” (tradotto zeppe) erano delle scarpe molto elevate a spessore unico.

 

 

 

 

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/29/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  29

 

Anne ritornò a Cullen Hall, e anche la sua faccia era serena come sempre, i suoi occhi erano cerchiati dalla stanchezza. Bella scese le scale e diede a Anne un abbraccio feroce.

«Mi hai spaventato a morte!» la rimproverò Bella.

«Le mie scuse, vostra grazia,» disse Anne ironica. «Proverò a non farmi arrestare di nuovo.»

Bella la abbracciò di nuovo e non disse niente. Secondo Edward, un altro arresto era inevitabile, a meno che non riuscisse a convincere Kyme a riprenderla indietro. Era là che era andato oggi Edward. Kyme era con suo cugino,  Peter di Lansby, e Edward aveva detto a Bella, prima di partire, che avrebbe offerto di nuovo a Kyme il suo incarico di elemosiniere se avesse riaccettato Anne.

«Ma lei non vuole tornare da lui!» protestò Bella.

«Deve,» disse Edward con una smorfia. «E’ l’unico modo di salvarla. Gliene parleremo sottolineando il fatto che riavrà indietro i suoi bambini. Kyme può trasferirsi qui, a Cullen Hall. Non devono condividere le stesse stanze, purché stiano sotto lo stesso tetto.»

Ma Kyme fu inflessibile. Avrebbe riaccettato Anne solo se si fosse sottomessa a lui e avesse abiurato la sua eresia. Edward tornò a casa deluso e frustrato. Neanche l’accenno sottile a una bustarella aveva reso Kyme più malleabile.

«Non so cosa fare,» disse Edward a Bella, più tardi quella sera, quando erano a letto. «Anne non ritratterà per salvarsi la vita. Non lo farà neanche per i suoi figli.»

Bella non capiva. Lei avrebbe giurato qualunque cosa gli avessero chiesto per riunirsi alla sua famiglia. Erano solo parole. Che importanza potevano avere?

Si sentì bussare alla porta della camera da letto e una delle cameriere si precipitò dal suo giaciglio per rispondere. Bella sentì i gemiti non appena  la porta fu aperta e si infilò la sua camicia che era rimasta in fondo al letto. Uscì da dietro le cortine. Una Ellen sconcertata stava tenendo la mano della piccola Elizabeth mentre la ragazzina singhiozzava istericamente, la faccia rossa per lo sforzo.

«O santi! Che succede, piccola?» chiese Bella accucciandosi di fronte alla piccola Elizabeth, che immediatamente le buttò le braccia al collo e singhiozzò contro i suoi capelli.

«Un brutto sogno, vostra grazia,» disse Ellen. «Non avrebbe smesso di piangere se non vi avesse visto. Vi prego, perdonate per aver disturbato il vostro riposo.»

«Fuoco,» singhiozzò Elizabeth. «T-tu eri n-nel fuoco, madre.»

«Non importa,» Bella rassicurò quieta Ellen e le fece cenno di andare. Ritornò a letto, dove Edward aveva rimesso in fretta la sua camicia, e si sedette sul bordo con la piccola che piangeva. La cullò tra le braccia e canticchiò per lei finché Elizabeth si calmò. Bella fece stendere Elizabeth a fianco di suo padre e  strisciò carponi sul letto. I domestici erano tornati a dormire. Il loro respiro e il battito leggero della pioggia sulla finestra erano gli unici suoni nella stanza immobile.

«Cosa hai sognato che ti ha tanto turbato?» chiese Edward a Elizabeth. Lei aveva il pollice in bocca e aveva gli occhi enormi nella piccola, pallida faccia mentre li guardava con solennità.

«Fuoco,» disse Elizabeth. Tirò fuori il pollice dalla bocca ma lo lasciò lì vicino, aspettando di rimetterlo in bocca. «Fuoco ovunque. La madre era nel fuoco.»

Bella rabbrividì e se la mise più vicino. Un sogno così avrebbe fatto piangere anche lei, probabilmente.

«Chi ti ha parlato del fuoco?» chiese Edward. Gli occhi di Elizabeth si sgranarono e si rimise in bocca il pollice.

«Chi è stato?» chiese lui con insistenza. Elizabeth piagnucolò e nascose il volto contro il petto di Bella.

«Edward,» disse piano Bella.

«Voglio sapere chi le ha riempito la testa di storie sui roghi,» disse Edward. I suoi zigomi erano arrossati per la rabbia e i suoi occhi brillavano come gemme, freddi e duri.

«Edward, basta,» disse Bella. I suoi grandi occhi scuri lo pregavano silenziosamente.

Edward si arrese. L’avrebbe scoperto più tardi, quando la bambina non fosse stata così sconvolta. E chiunque l’avesse sconvolta così l’avrebbe pagata cara.

Bella accarezzò i riccioli scuri di Elizabeth. «Sei pronta a tornare nel tuo letto?»

«No!» gridò Elizabeth e si aggrappò a Bella come se sentisse che la stavano gettando nella terra dei brutti sogni.

«Va bene, amore,» disse Edward, sforzandosi di rendere la sua voce calma e rilassante. «Puoi restare qui.» Tirò le coperte fino al mento di Elizabeth. Lei sbadigliò e rimise in bocca il pollice, addormentandosi nel momento in cui chiuse gli occhi.

«Povera bambina,» mormorò Bella.

«Compiangi quello che le ha riempito la testa con queste cose, quando lo troverò,» disse Edward cupo.

«Edward, può averle sentite ovunque. I roghi sono sulla bocca di tutti.» Adesso ne bruciavano anche tre o quattro insieme e i tribunali ecclesiastici comminavano condanne ogni giorno.

Edward sembrava contrariato, ma disse. «Immagino di sì. Ma mi fa male al cuore vederla così sconvolta per cose che non può capire.»

«Non posso capirle neanch’io.» Bella guardò giù alla piccola che dormiva e la commiserò per dover crescere in un mondo così incerto.

«Voglio proteggerla da tutto questo,» rifletté Edward. «Ma non so come fare.»

«Lo so,» disse Bella. «Sei un buon padre, Edward.»

Edward accarezzò i riccioli di sua figlia. «Solo da quando tu sei arrivata.»

Pochi giorni dopo, Bella tornò con la portantina all’ospizio. Edward aveva una domanda  per Emmett riguardo alla gestione della proprietà. Aveva detto a Bella ciò che voleva sapere, ma era così complicata – qualcosa che aveva a che fare con contratti d’affitto e tasse – che lei aveva rinunciato alla speranza di memorizzarla, e aveva detto che avrebbe solo detto a Emmett di incontrarsi con Edward nel suo ufficio. Voleva vedere come andava la ristrutturazione, comunque. Era passata una settimana da quando era stata lì l’ultima volta.

Ieri era stato giorno di udienze per Edward e Bella. Erano diventate molto più vaste da quando il Duca e la Duchessa avevano cominciato a interessarsi maggiormente alle loro proprietà e adesso le persone si sentivano più sicure ad avvicinarli con i loro problemi. Sembrava che più facessero, più ci fosse da fare. Venivano così tante persone che la Duchessa adesso teneva la sua corte in una stanza quasi in disuso cui tutti si riferivano come la galleria dei ritratti, perché dipinti degli antenati di Edward ricoprivano le pareti, tutti austeri e rigidi nei loro abiti tempestati di gemme. Un ritratto dello zio di Edward, Re Enrico VIII, aveva il posto d’onore sul muro dietro una piccola pedana dove era posta la seggiola simile a un trono di Bella, e sopra la sua testa c’era un piccolo baldacchino di velluto rosso, ricamato con lo stemma di Edward. Bella avrebbe preferito condurre la cosa in modo più semplice, ma i domestici temevano per la sua dignità. Quando andava al villaggio, normalmente prendeva un tavolo al pub e mangiava pane e la giustamente famosa zuppa di porri della moglie dell’oste mentre le donne la avvicinavano informalmente per parlare dei loro bisogni. La meraviglia di vedere la Duchessa tenere sulle ginocchia il bambino di un contadino e lasciarlo masticare i suoi gioielli era svanita e i domestici insistevano con Bella che doveva ricordare loro il suo rango e l’omaggio che le era dovuto, altrimenti non l’avrebbero rispettata come avrebbero dovuto.

Dall’altra parte della portantina, Anne sedeva con una cesta di piccole scarpe. Guardando tra i conti della casa, Bella aveva scoperto che Cullen Hall aveva un suo calzolaio. In qualche modo, era stato dimenticato; Edward disse che non riusciva a ricordare di aver mai ordinato o riparato da lui un paio di scarpe, ma suggerì che forse qualcun altro in casa poteva aver usato i suoi servizi. Bella trovò il calzolaio in un polveroso negozietto vicino alle stalle, dove faceva briglie e selle per cavalli, in mancanza di altro da fare. Bella lo aveva messo a fare scarpe per bambini, perché ne aveva visti tanti scalzi al villaggio, ed era contenta del risultato. L’uomo aveva talento, e aveva cucito estrosi disegni sulle scarpe che di sicuro sarebbero piaciuti ai bambini.

I portatori lasciarono la portantina davanti all’ospizio dei poveri ed eressero il baldacchino per la pioggia. Anne aiutò Bella a mettersi le zeppe e la aiutò mentre scendeva dalla portantina e saliva le scale. Notò che fuori l’edificio aveva bisogno di essere ridipinto, ma non era possibile farlo finché non fosse cessata la pioggia.

Dentro trovò Emmett che vagava tra i tavoli controllando i residenti che lavoravano. Facevano canestri, sceglievano stoppa, ricamavano fazzoletti, piccoli oggetti che potevano essere venduti per sostenere i costi di manutenzione dell’ospizio. Il calzolaio aveva offerto di insegnare il suo lavoro agli uomini (doveva ricordare di dirlo a Emmett) e quando avesse smesso di piovere e avessero costruito l’altra ala, potevano imparare la carpenteria.

Lei le diede il messaggio poi andò all’aula e sbirciò dentro. Trovò Rosalie seduta sul pavimento, circondata dai bambini e con un bambino in grembo che leggeva loro una storia dalla Bibbia. I bambini erano silenziosi e rapiti.

«Una cosa sorprendente da vedere, eh?» disse piano Emmett. Era salito dietro di lei e stava guardando dalla fessura della porta la moglie tutta presa, l’espressione pensierosa.

«Sì, davvero,» replicò Bella.

«Qualunque cosa tu le abbia detto, Bella, non posso che meravigliarmi dei risultati. Non insegna soltanto. Sta facendo molto per il villaggio, usando i suoi stessi fondi.» Nella voce di Emmett c’era un accenno di orgoglio. «All’inizio avevano paura ad avvicinarla, perché ricordavano la sua lingua tagliente, ma è cambiata, Bella. Non ci avrei creduto se non l’avessi vista.»

«Anche tu sei cambiato,» disse Bella. «Forse dovreste vedere se le persone che siete adesso possono andare d’accordo.»

«L’ho trattata male,» disse Emmett, e scosse la testa. «Ero uno stupido ubriacone, che la ignorava di giorno e la usava come una puttana di notte.»

«Sì, e lei era egoista e crudele. Avete molto da rimediare, l’uno con l’altro.» Bella fece una pausa e poi prese la mano di lui nella sua. «Emmett, tua figlia ha bisogno della sua famiglia. Devi a Margaret almeno un tentativo.»

Una campana suonò nella stanza principale. «Ora di cena,» disse Emmett, ma non si mosse né distolse gli occhi da Rosalie. Dietro di loro, i lavoratori pulivano i tavoli così da poterli usare per il pasto.

Rosalie chiuse il libro e disse ai bambini che avrebbero continuato dopo cena. Diede il bambino a una delle ragazzine e i bambini scapparono via dalla porta sparpagliandosi per cercare i propri genitori. Rosalie vide Emmett e Bella e fece un inchino. Emmett si inchinò a lei. «Mia lady, mi chiedevo se volessi unirti a me per la cena alla taverna.»

Rosalie arrossì ma annuì. Lui le offrì il braccio che lei prese timorosamente. Guardò Bella che spalancò gli occhi per lei e le fece cenno di andare.

«Puoi usare le mie zeppe,» offrì Bella.

«Non ce n’è bisogno,» disse Emmett, e prese Rosalie in braccio come se pesasse non più di un bambino. Rosalie strillò e gli mise le braccia al collo.

I residenti guardavano, la cena momentaneamente dimenticata. Tutti sapevano che il Visconte e la Viscontessa erano sposati, naturalmente, ma li avevano visti raramente parlare l’uno con l’altra. Le mascelle caddero mentre tutti guardavano Emmett che la portava fuori del portone. Poi qualcuno fischiò e Emmett si fermò per fare un gran sorriso da sopra la spalla. Rosalie arrossì e tutta la stanza esplose in risate bonarie e applausi e qualche battuta salace fu lanciata, per buona misura.

Non ritornarono dopo cena, così Bella prese in carico la classe fino alla fine dell’orario di lavoro, qualche ora dopo. Aiutò a trovare le giuste scarpe per quelli che non ne avevano e mise le altre in serbo in un armadio per distribuirle poi nel villaggio. Ricordò una cosa che voleva controllare: come tenevano le nuove fodere per i letti. Le aveva fatte fare con una pesante stoffa di canapa e voleva vedere se erano resistenti come sperava. Nessuno doveva più dormire sul pavimento nudo, ma mentre si diffondeva la voce di quali fossero le condizioni qui, ogni giorno arrivavano più persone. Presto avrebbe dovuto far fare più fodere, ma se non duravano, avrebbe dovuto scegliere un’altra stoffa. Durante il giorno, i materassi venivano impilati in una stanzetta.

Mentre si avvicinava, sentì una voce femminile. Era stata così impegnata a pensare a Rosalie e Emmett che non si era accorta che Anne non era più con lei. La voce veniva da una delle stanzette, la porta parzialmente chiusa. Bella sbirciò all’interno.

Anne stava parlando a un piccolo gruppo di donne che sedevano sui materassi in semicerchio intorno a lei. «E’ giusto che nelle nostre preghiere chiediamo a Dio di iscrivere sulle nostre fronti il vero significato della Comunione. Perché San Paolo dice,  La lettera uccide; lo Spirito dà la vita. Notate bene il sesto capitolo di Giovanni, dove tutto si applica alla fede: notate anche il quarto capitolo della Seconda Epistola di San Paolo ai Corinzi, e alla fine troverete che le cose che possiamo vedere con i nostri occhi sono temporali, ma quelle che sono invisibili sono eterne. Io trovo nelle Scritture che Cristo prese il pane e lo diede ai suoi discepoli dicendo, Prendete, mangiate, questo è il mio corpo che sarà spezzato per voi; intendendo che il suo stesso corpo sarà spezzato e il pane era solo un simbolo o sacramento. Usò lo stesso tipo di parabola quando disse che avrebbe distrutto il Tempio e in tre giorni l’avrebbe ricostruito, intendendo il suo stesso corpo come tempio, come scrive San Giovanni, e non il tempio di pietra. Quindi il pane non è che una rimembranza della sua morte, o un sacramento di ringraziamento, dove noi ci uniamo a lui in una comunione di amore cristiano. Sfortunatamente, ci sono molti che non percepiscono il vero significato di tutto questo.»

Anne sorrise al suo pubblico, ma il cuore di Bella martellava così forte che temeva sarebbe scoppiato. Negare che la comunione era letteralmente il corpo e il sangue di Cristo era sufficiente ad accusare una persona di eresia. Se una di queste donne l’avesse denunciata … Doveva fermare tutto questo. Bella spinse la porta. Le donne boccheggiarono quando videro Bella e si misero in piedi, il senso di colpa scritto in faccia, mentre si chinavano in profonde riverenze.

«Anne, dobbiamo andare,» disse Bella. Avrebbe fatto finta di non aver sentito niente e sperò che quelle donne facessero altrettanto.

Andarono alla porta e Bella alzò un piede dopo l’altro così che Anne potesse infilarle le zeppe e poi sostenne Bella per aiutarla a scendere le scale fino alla portantina.

Quando furono dentro al sicuro con le cortine tirate, Bella le disse, «Anne, tu stai corteggiando la morte con le tue parole.» La paura era ancora dentro di lei, facendole annodare lo stomaco e battere il cuore.

«Il mio tempo potrebbe essere breve,» disse Anne. «Devo raggiungere più anime possibile nel tempo che mi rimane.»

«O santi, Anne, solo leggere la Bibbia a loro-»

«Io non l’ho letta,» la interruppe Anne, con un sorrisino. «L’ho memorizzata. E’ contro la legge leggerla, ma non recitarla.»

Bella la fissò. «Tu hai memorizzato la Bibbia?»

«Solo il Nuovo Testamento,» disse Anne, come se questo sminuisse quell’adempimento. «Sapevo , quando Maria è salita al trono, che ci sarebbe stato impedito di leggere le Scritture, così mi sono adoperata per questo, e con l’aiuto di Dio, ho ricordato le parole.»

Bella era impressionata, ma doveva tornare all’argomento pertinente. «Anne, io non voglio perderti. Quello che hai detto là- se Padre Jacob lo viene a sapere, ti trascinerà di nuovo di fronte al Tribunale.»

«Il mio destino è nelle mani di Dio,» disse Anne. «Lui ha comandato ai suoi discepoli di andare per il mondo e diffondere il vangelo, e questo è ciò che devo fare.»

«Io devo dire a Edward quello che è successo, e lui si arrabbierà che tu usi l’ospizio come la tua chiesa,» la avvertì Bella.

Anne annuì. «Certo che devi dirglielo. Sei sua moglie, dopotutto, e non devono esserci segreti tra voi. Oh, Bella, avrei voluto che Dio avesse ritenuto opportuno darmi un marito come il tuo. Ma forse se l’avesse fatto, io sarei rimasta in casa come una moglie contenta invece che diffondere la sua parola.»

«Ho visto molti matrimoni cominciati in circostanze infelici che si sono poi trasformati in unioni d’amore,» disse Bella.

«Tu volevi sposare Edward?» chiese Anne inclinando la testa curiosa.

«No,» ammise Bella. «All’inizio no. Non volevo una vita così,» disse indicando il vestito ingioiellato.

Anne sorrise. «Ma sembra che tu abbia trasformato la tua vita da Duchessa in quello che desideravi.»

«In un certo senso,» Bella stuzzicò le perle sulle sue maniche. «A me piacerebbe vivere in una casetta vicino al mare, solo Edward e i nostri figli, senza domestici e senza nessuno che osservi tutto quello che facciamo.»

Anne rise con leggerezza. «Questa è una vita che non esiste per nessuno. Siamo tutti parte della catena della società, ordinata da Dio.»

Bella non disse nulla. Una delle perle era allentata, pensò, e la tolse. Se la rotolò tra le dita con aria assente.

«Ho visto arrivare il messaggero reale, stamani,» disse Anne.

«Già. Portava una lettera della Regina,» rispose Bella. «Le sue lettere sono dure da leggere. E’ la più infelice delle donne.» Le lettere erano sempre chiazzate di lacrime. Maria era sola, e accennava ampiamente al fatto che avrebbe desiderato che Bella e Edward tornassero a corte, ma non l’aveva ancora ordinato. Si aspettavano che succedesse da un momento all’altro.

La lettera conteneva anche la “triste notizia” che il loro cugino Courtenay era morto, anche se, quando aveva letto quella parte della lettera, Edward aveva detto che Maria e la madre di lui  erano probabilmente le uniche persone che avrebbero versato una lacrima per la sua dipartita. Maria, che ancora si rifiutava di riconciliarsi con sua sorella a meno che lei non “confessasse”, sentiva che la sua famiglia si rimpiccioliva e Edward disse che probabilmente era più costernata per questo di quanto non piangesse veramente quel pomposo cretino.

Dopo il suo coinvolgimento nella ribellione di Wyatt, Maria era stata costretta a punire Courtenay, e aveva scelto di “esiliarlo” sul Continente, che in realtà si rivelò per lui essere un lungo viaggio di piacere. Non aveva confiscato le sue proprietà né il suo titolo, e quindi lui poteva godersi l’ospitalità dei nobili europei, che lo ospitavano per paura di offendere sua cugina, la regina d’Inghilterra.

Maria aveva ricevuto un rapporto dall’ambasciatore inglese a Venezia che dichiarava che Courtenay aveva contratto una febbre per aver preso la pioggia mentre era fuori a caccia col suo falco e non aver tolto subito i suoi vestiti bagnati. E come per ogni morte di un uomo giovane, apparentemente sano, c’era il sospetto dell’avvelenamento, ma nulla poteva essere provato. Bella privatamente pensò che era più probabile che fosse morto di malfrancese,  che si diceva avesse contratto.

«Il Re tornerà presto?»

Bella scosse la testa. «Lei gli scrive quasi ogni giorno, implorandolo di tornare, ma lui continua a rimandare con delle scuse.» Da una lettera della Principessa Elisabetta,  avevano sentito che Maria era sconvolta per le voci delle sue infedeltà e aveva ordinato che il ritratto su cui aveva tanto sospirato prima del matrimonio fosse staccato, incapace di sopportare di guardare la sua immagine  mentre il suo cuore era a pezzi.

«Spero che se ne resti in Spagna, al posto suo!» sputò Anne. «E’ stato lui che ha portato questa turpe Inquisizione ai nostri lidi.»

Bella scosse la testa. «La colpa non è solo sua,» disse Bella. «Maria pensa che i cattivi raccolti siano segno del dispiacere di Dio che lei non abbia ancora ripulito il paese dall’eresia. E più va avanti, più ferma diventa la sua convinzione.»

«Un giorno tutto questo sarà riparato,» promise Anne. «E allora saranno i papisti a finire sul rogo.»

«Io vorrei che nessuno affrontasse quel destino,» disse Bella brusca. «La coscienza di un uomo dovrebbe essere tra lui e Dio.»

Anne sbatté gli occhi. «Tu non credi nell’eresia?»

«Io non credo che sia mio compito decidere cosa costituisca eresia.»

«Bella, c’è un modo giusto e un modo sbagliato,» arguì Anne. «L’eresia si diffonde se non è tenuta sotto controllo. Le menti ingenue-»

«Devono essere giudicate da Dio e da Dio soltanto,» disse Bella definitivamente. Anne aprì la bocca per dire qualcos’altro e poi lasciò perdere. Bella immaginò che quello che aveva detto probabilmente era eretico in sé e per sé e sperò che i portatori non avessero sentito, ma poi stancamente lasciò andare quel pensiero. Era stanca di tutto questo, stanca di guardarsi continuamente le spalle, di ricordare che c’erano domestici in ogni stanza, con l’orecchio pronto a raccogliere materiale per pettegolezzi.

Arrivarono a casa e vi fu di nuovo la routine delle zeppe. Odiava quelle cose, ma sapeva per esperienza che le gonne diventavano fastidiosamente pesanti se si inzuppavano d’acqua agli orli. Una volta dentro, Bella scalciò via le zeppe e si avviò alle scale. Voleva vedere i bambini. Voleva vedere i loro innocenti privi di intrighi e pregiudizi. Voleva giocare un po’, fingere di non avere pensieri, ma quello che vide quando aprì la nursery la fece bloccare.

Emmett e Rosalie erano seduti fianco a fianco sul letto nobiliare di Ward (come figlio di un Duca, Ward aveva un enorme letto con un copriletto intessuto d’oro e cortine di velluto rosso ricamate con lo stemma di famiglia. Si usava di rado; Ward normalmente dormiva in un piccolo giaciglio, a meno che Bella non volesse fare un sonnellino con lui). Margaret era in braccio a Rosalie.

Le lacrime rigavano le guance di Rosalie. Emmett allungò la mano e con gentilezza le asciugò e poi attirò il viso di Rosalie verso il suo per un bacio così tenero e dolce che anche a Bella venne voglia di piangere. Si ritirò, inosservata dalla coppia e dalla bambina, che masticava allegramente uno degli alamari della sopravveste di suo padre.

Fu con un saltello e un sorriso in faccia che Bella chiuse la porta e si avviò alla stanza della piccola Elizabeth.

 

 

 

Note storiche

-          “Ticks” ( le “fodere”) erano una specie di materassi, sostanzialmente delle fodere riempite di fieno o ( per i ricchi) di piume.

-          Le parole di Anne sono prese da due lettere che lei scrisse, leggermente modificate per una questione di leggibilità.

-          “Malfrancese” era come veniva chiamata al tempo la sifilide. Il “trattamento” era a base di mercurio, sia ingerito che applicato esternamente.

 

 

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

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Capitolo  30

 

Bella dormiva profondamente al suo fianco, ma Edward era completamente sveglio. L’ansia gli annodava le budella e la sua mente era un  turbinio vertiginoso di pensieri. In situazioni come questa, di solito lui camminava, ma la pioggia frustava contro le finestre e rendeva questa opzione decisamente spiacevole. Poi, come un raggio di luce che irrompe tra le nuvole, si rese conto di dove doveva andare e cosa doveva fare.

Scivolò fuori dal letto. Bella borbottò qualcosa e la sua mano corse al materasso alla ricerca di lui. Edward fece un mucchio delle coperte approssimativamente della sua taglia e lo spinse verso di lei. Lei si accoccolò contenta contro il mucchio. Edward ridacchiò piano e si infilò la camicia e poi la vestaglia.

Il fuoco si era trasformato in carboni aranciati. Non lasciava mai che i domestici facessero un gran fuoco, perché, anche dopo tutto quel tempo, Bella si sentiva a disagio col fuoco nella stanza. Prese un ramoscello dal cesto sotto il camino e lo appoggiò sui carboni finché si accese. Con quello accese con attenzione una candela e poi lo buttò nel camino. Lentamente, con attenzione, superò i domestici che dormivano e scivolò via dalla stanza, la mano a coppa sulla fiamma della candela per proteggerla dagli spifferi.

Fece un giro nella stanza dei bambini per controllarli e trovò che dormivano sodo tutti quanti. Guardò la piccola Elizabeth, i riccioli scuri sul cuscino, il pollice in bocca e si rese conto che era tempo di cominciare a cercare un marito per lei. Il suo matrimonio era stato deciso più o meno alla sua età. A volte ci voleva un po’ per trovare un accoppiamento adatto, soprattutto perché il numero dei nobili di lignaggio abbastanza alto era deplorevolmente piccolo. Se solo la Regina Maria avesse avuto un figlio… Sospirò. Maria avrebbe avuto quarant’anni il prossimo anno e un principe era improbabile, specialmente con Filippo che continuava a rimandare il suo ritorno in Inghilterra. Odiava l’idea di far sposare Elizabeth con un forestiero, ma sembrava che non avesse scelta.

Sua nipote Margaret dormiva sul giaciglio vicino a lei. Elizabeth era molto attaccata a Margaret e spesso la si trovava che la portava in giro come una bambola vivente. Aveva insistito che Margaret si spostasse nella sua stanza e aiutava Ellen a prendersi cura di lei. Tollerava Ellen, ma non Rosalie. Era molto gelosa delle nuove attenzioni di Rosalie verso Margaret e faceva il broncio ogni volta che Rosalie giocava con la “sua” bambina.

Probabilmente doveva parlare con Emmett perché cominciasse ad arrangiare un matrimonio anche per Margaret. Ma Emmett era occupato in questi giorni, stava corteggiando Rosalie. Ne parlava tutto il sud dell’Inghilterra, perché chi aveva mai sentito di una cosa tanto assurda come corteggiare la propria moglie? Il Visconte aveva dichiarato che lui e la Viscontessa si erano sposati prima di conoscersi in modo appropriato, quindi adesso la corteggiava come una fanciulla di cui si fosse invaghito, con l’intento dichiarato di farla innamorare di lui. Edward scosse la testa e ridacchiò. Emmett a volte aveva delle strane idee, ma non c’era dubbio che Rosalie fosse compiaciuta dal corteggiamento di Emmett. Arrossiva come una ragazzina ogni volta che lui entrava nella stanza.

Edward entrò nella stanza di Ward, scavalcando la guardia addormentata nel corridoio (e facendosi la nota mentale di rimproverarlo per la sua mancanza di diligenza). Ward non dormiva spesso lì. Bella di solito preferiva avere il bambino nella loro camera. Era steso sul suo piccolo giaciglio a fianco dell’enorme letto nobiliare. Ellen aveva detto a Edward che il “grande letto” spaventava Ward per qualche ragione, e non ci dormiva mai volentieri, a meno che sua madre non dormisse insieme a lui. Ellen non capiva, ma Edward sì. Ricordava come il suo stesso letto gli sembrasse massiccio e terribile, come una caverna o le fauci di qualche bestia che aspettava di divorarlo. Non era riuscito a dormire con le cortine chiuse fino a dieci anni.

Si accucciò a fianco del bambino e posò in terra il candeliere. Rimboccò le coperte che Ward aveva scalciato via e gli allisciò i capelli morbidi. Quella piccola testa avrebbe portato un giorno la corona ducale, e sulle sue spalle avrebbe pesato il fardello di condurre le proprietà. Sperava solo di trovare a Ward una moglie solidale e disponibile come Bella, ma sapeva che questo era improbabile. Bella era speciale, non solo perché era una selkie, ma per via del suo cuore caldo ed espansivo che tentava sempre di fare felici quelli che le stavano intorno.

Tornò nel corridoio e scese le scale. C’era un unico domestico sveglio nell’atrio che si alzò in tutta fretta quando vide il Duca che si avvicinava. «V-vostra grazia,» balbettò, e si inchinò. Essendo assegnato alla guardia notturna, non aveva mai incontrato il Duca e nessuno della sua famiglia, e non si aspettava che questo succedesse.

«Puoi tornare al tuo posto,» gli disse Edward con un gesto della mano. «Non mi occorre assistenza.» Si lasciò dietro il giovane uomo che lo guardava sbalordito. Un giorno avrebbe detto ai suoi nipoti che il Duca di Cullen aveva parlato con lui.

Edward andò alla galleria dei ritratti dove Bella teneva corte e si fermò davanti al dipinto di suo zio, il re. Enrico era in piedi, nella sua posa caratteristica con i piedi piantati larghi, i pugni sui fianchi, gli strati di velluto e pelliccia del suo farsetto e della sopravveste che facevano sembrare le sue spalle larghe un metro. Sulla destra, suo figlio, il giovane Re Edoardo, provava a mimare la stessa posa nel suo ritratto, e c’era qualcosa di terribilmente triste nel vedere quel magro, fragile ragazzino che provava a portare le enormi scarpe di suo padre.

«È andato tutto in pezzi, zio Hal,» disse lui. «L’Inghilterra sta annegando nel pantano che tu hai creato…» Se Enrico non avesse ridotto in miseria il paese costruendo palazzo dopo palazzo… Se Enrico non avesse spezzato il cuore e lo spirito di sua figlia…

Protese la candela e illuminò il ritratto doppio di suo padre e sua madre. Tutti e due erano vestiti di velluto nero coperto da migliaia di perle. Sua madre teneva un piccolo globo nella mano, simbolo del breve periodo come Regina di Francia. Lui ridacchiò. Non permetteva che mai nessuno lo dimenticasse. A corte, era sempre stata conosciuta come “la Regina Francese”, ben dopo essere stata dimenticata dai francesi stessi. Non c’era un ritratto della moglie successiva di suo padre, Catherine Willoughby, e si chiese se non fosse infastidita dal fatto di non essere stata immortalata in questo modo come parte della famiglia. Come il giovane re, aveva anche lei faticato per provare a portare delle scarpe troppo grandi per lei? Aveva solo quattordici anni quando aveva sposato suo padre, ma aveva provato ad essere una buona Duchessa, e si era interessata attivamente dei suoi nuovi “figli” e della loro educazione.

Nella luce fioca della sua tremolante candela, vedeva più antenati della parte di suo padre, estendersi via via fino al suo bis-bisnonno, John Brandon. Dalla parte di sua madre, c’erano ritratti dei Beaufort, dei Woodvilles e alcuni dei Tudor, ma i Tudor erano una famiglia gallese di parvenu, senza illustri antenati abbastanza notevoli o ricchi da essere immortalati in ritratti. Un giorno, pensò, anche il suo ritratto e quello si Bella sarebbero stati appesi lì, per meravigliare i loro discendenti, come lui guardava adesso i suoi avi, da lungo tempo morti, ma non dimenticati.

Bella gli aveva detto un paio di volte che il suo sogno per loro e i loro figli, era vivere in una piccola casa in riva al mare, senza nessuno che li osservasse, responsabili solo di se stessi. Ma questa galleria dimostrava perché questo non sarebbe stato mai possibile. Aveva dei doveri verso la sua linea di sangue, sia per i suoi antenati che per i suoi discendenti. Aveva la responsabilità del titolo e delle proprietà che andavano con quello, e quella di passarle a suo figlio in condizioni migliori di come le aveva ricevute. Era questo il dovere che gli era stato inculcato dalla nascita.

Continuò, facendosi strada per la casa buia finché raggiunse la sua destinazione: la cappella. Fu sorpreso di trovarla vuota: l’ostia, esposta nel suo ostensorio d’oro e di vetro, non avrebbe mai dovuto essere lasciata da sola. Immerse le dita nell’acqua santa e si segnò. Andò per la navata fino all’inginocchiatoio davanti all’altare. Guardò l’Eucarestia e pensò a quanti erano morti per come chiamare quel pezzetto di pane, e tutte e due le parti di questa disputa, sentivano che il sangue versato nel suo nome, compiaceva Dio. Forse era stato influenzato dalle opinioni di Bella, ma pensava che Dio sarebbe stato più compiaciuto dal suo popolo che viveva delle buone vite, piuttosto che vederlo morire per la dottrina.

Chinò la testa e cercò una preghiera appropriata, ma le parole non venivano. Provò con un Ave Maria ma si bloccò all’improvviso quando un’altra preoccupazione attraversò il suo sentiero mentale. Ricordò quello che Padre Jasper, no, solo Jasper, adesso, aveva detto una volta della preghiera. «La vera preghiera non è una recitazione formale,» aveva detto. «Quando apri il tuo cuore a Dio e parli con lui come stai parlando con me, allora è quando sentirai la sua voce nel tuo cuore.»

E così fece Edward. Aprì la sua mente e riversò le sue paure, le sue ansie e le sue preoccupazioni. Sperava che l’Onnipotente trovasse un senso nei suoi pensieri ingarbugliati, ma soprattutto, ripeteva in continuazione «Ti prego, non portarmi via Bella.» Sentiva che poteva resistere a tutto tranne che a questo.

Sentì un suono leggero dietro di sé e si voltò. Padre Jacob era lì, la faccia di un rosso bruciante e la colpa scritta in faccia. Qualunque cosa stesse facendo, invece che stare con l’ostia, ne era imbarazzato. Edward fece finta di non notarlo. Fece il segno della croce e si alzò. «Buona sera, Padre Jacob.»

«Buona sera, vostra grazia,» disse Padre Jacob. «Mi dispiace di aver disturbato la vostra preghiera.»

«Avevo finito,» disse Edward.

«Vi prego, restate un momento e parlate con me,» disse Padre Jacob.

Per una volta, a Edward non dispiacque. Aveva delle domande per il prete. Padre Jacob camminò con Edward fino alla panca di marmo tra le due tombe dei genitori di Edward e entrambi si misero seduti. Padre Jacob aprì la bocca per parlare ma Edward lo bloccò. «Ditemi, perché avete mandato Anne Askew nella nostra casa quando Kyme l’ha buttata fuori?»

«Pensavo che sarebbe stata disobbediente e distruttiva per la vostra casa e che vi avrebbe insegnato la lezione sui pericoli del dare rifugio a simili persone,» disse Padre Jacob. «Prima Ellen, la balia di Lady Jane, a cui avete addirittura affidato la cura dei vostri figli! Poi quella odiosa Kat Ashley, tutte e due segretamente protestanti, ne sono sicuro! Al tempo, non sapevo quanto fosse profonda l’eresia della signora Askew. Sia io che Kyme pensavamo che fosse solo insolente, che è stato il motivo principale per cui gli ho consigliato di cacciarla di casa.»

Edward lo guardava. «La Chiesa, tramite voi, gli ha detto di cacciarla fuori e adesso minaccia di punirla se non ritorna?»

«Credevamo che lo shock di essere fuori casa sarebbe stato sufficiente a farla scendere a più miti consigli,» spiegò Padre Jacob. «Ma è una donna ostinata e testarda. Speravo che quando aveste notato i suoi difetti, avreste visto anche i vizi nella vostra stessa moglie.»

«Non ho mai capito perché voi odiate Bella così,» disse Edward. «Dov’è il vizio in lei? Si comporta come dovrebbe una donna cristiana. E’ modesta, obbediente e cattolica nella fede.»

Padre Jacob scosse mestamente la testa. «Voi non lo vedete. Non c’è nessuno più cieco di chi si rifiuta di vedere. La situazione con Kyme è un ottimo esempio. Voi l’avete congedato perché non vi piaceva come distribuiva le elemosine, e adesso date in mano i fondi, che dovrebbero andare alla chiesa, a vostra moglie. Nella sua vanità e arroganza, pensa di sapere come va speso il denaro meglio di uomini sapienti.»

«Se non vi basta la decima che passo alla chiesa non avete che da dirlo e l’aumenterò.»

«Non è questo il problema,» insisté Padre Jacob. «Lei pensa di essere in grado di giudicare chi merita assistenza.»

«E’ caritatevole con tutte le persone per amore di Cristo.»

«Molti mi diranno in quel giorno, “Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato nel tuo nome, e nel tuo nome scacciato demoni e fatto nel tuo nome molti miracoli?” E allora dichiarerò loro, “Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi tutti, operatori di iniquità”. Non tutti i buoni lavori sono per la gloria di Dio, e non tutti quelli che operano così sono veri cristiani. E adesso ha trascinato in questo anche la Viscontessa, entrambe a correre per il villaggio, sfregiando la dignità dei loro titoli accompagnandosi a plebei, dando sostegno a peccatori e blasfemi.»

Edward alzò le mani. «Non c’è nulla che possa dire per convincervi, non è vero?»

«No,» disse Padre Jacob. «Non quando ho esperienza personale della sua depravazione.»

Edward era sbalordito. «Cosa intendete?»

Padre Jacob tossì e borbottò qualcosa nel pugno. Edward colse la parola “stregoneria” e il suo cuore perse un colpo. «Padre, vi giuro sulla mia anima immortale che Bella non è una strega. E se non la smettete con questa persecuzione senza fondamento, vi farò sostituire come cappellano.»

Padre Jacob mise una mano su quella di lui. «Figliolo, ascoltatemi, vi prego. È solo per l’amore che ho per voi che dico queste parole. Io temo per la vostra anima. Quella donna vi ha sprofondato così tanto nella depravazione che non riuscite più a vedere la luce.»

Edward si alzò. «Vi ho detto…»

«Vi ho visto in mare con lei,» disse Padre Jacob.

Edward si risedette pesantemente sulla panca, come se le sue ginocchia avessero perso la forza. Padre Jacob sorrise, perché adesso aveva tutta l’attenzione del Duca. «Non so come vi abbia indotto a fare una cosa così scellerata e pagana, ma l’ho visto con i miei stessi occhi.»

Edward riusciva solo a guardare nel vuoto mentre la sua mente correva. Sentiva ancora la voce di Padre Jacob ronzare alla periferia della sua mente, ma non ci badò. Provò a costringersi a calmarsi. Doveva pensare con chiarezza. Doveva decidere-

Si alzò di nuovo. «Voi non avete visto niente.»

Padre Jacob rimase a bocca aperta. «Vostra grazia, io so cosa ho v…»

Gli occhi di Edward brillavano di una cattiveria letale. «Voi. Non. Avete. Visto. Niente. Vi siete sbagliato. Non parlerete mai più di questo. Avete capito? Odierei dovermi lamentare con mia cugina, la Regina, dei vostri modi licenziosi.»

Si era inventato l’ultima parte, ma Padre Jacob era impallidito e si era piegato leggermente, come se avesse ricevuto un pugno nello stomaco. «C-come f-fate…»

Edward fece un gesto con la mano e provò a fingere di essersi aspettato quella reazione. «Non importa. Quello che importa è che nessuno crederebbe alle parole di un prete che ha infranto i propri voti.»

Si voltò e lasciò la cappella, il cuore un po’ alleggerito dal fardello della paura. La mattina successiva, avrebbe dato a Emmett l’incarico di trovare le prove della cattiva condotta di Padre Jacob. Edward immaginò che dovesse avere un affaire con una donna del villaggio, e se era così, Emmett sarebbe riuscito a scovare il segreto. Ringraziò Dio mentre tornava nella sua stanza, Dio che gli aveva mandato una notte insonne e Dio che gli aveva fatto venire l’idea di andare alla cappella, così che potesse scoprire quella piccola informazione che poteva essere la salvezza di tutti loro.

L’autunno arrivò e nessuno se ne accorse, perché il tempo era lo stesso, freddo, tetro e umido. L’unico cambiamento era nel calendario. I contadini raccolsero quel poco che era stato seminato, quello che non era marcito nella terra, e valeva a malapena lo sforzo. L’Inghilterra ebbe un brivido collettivo e si preparò per un altro inverno di carestia e malattie.

Anche se non potevano saperlo, i raccolti miseri erano responsabili di molte delle malattie infettive che li affliggevano. Non c’era cibo per i parassiti nella campagna, così si ammassavano nelle città per mangiare gli scarti e rifiuti umani che riempivano le strade. Erano state le pulci che avevano diffuso la peste. E le persone indebolite dalla fame, stipate nelle affollate abitazioni dei poveri, cadevano come mosche.

Quei fortunati che vivevano nelle terre del Duca di Cullen inviarono una preghiera di ringraziamento, perché non avrebbero visto i loro figli morire di fame, quell’inverno. Edward aveva di nuovo importato bastimenti di grano e i granai erano pieni. Il loro fu uno dei pochi villaggi che fece quell’anno una festa della raccolta, e furono mandate più preghiere, di tutto cuore, per il benessere del Duca e della Duchessa che della Regina stessa.

La prima settimana di ottobre, Edward ricevette una lettera mentre lui e Bella facevano colazione nella loro camera. Lei stava dando a Ward un po’ del suo porridge. Al bambino piaceva veramente, e Edward l’aveva presa in giro, dicendo che doveva aver ereditato quel gusto da sua madre, perché di certo a nessuno del suo sangue nobile era mai piaciuto qualcosa di così plebeo.

«È dalla moglie di mio padre,» disse sorpreso dopo aver esaminato lo stemma impresso nella ceralacca. Non si era riferito mai a Catherine Willoughby come “madre”. Bella capiva perché: sarebbe stato difficile usare quel termine con una ragazza della tua età, una ragazza che ti aspettavi avesse sposato tuo fratello. Catherine si era risposata, l’ultima volta che Edward aveva sentito, ed era stata anche una cosa piuttosto scandalosa, perché aveva sposato uno dei suoi domestici. Aveva cercato di ottenere un titolo per lui dalla Regina Maria, ma questa aveva rifiutato.

Ward voltò la testa e giocosamente rifiutò il boccone successivo, così Bella gli fece il solletico finché aprì la bocca per ridere e lei gli in filò dentro il cucchiaio. «Come mai ti scrive?» chiese Bella. Che lei sapesse, non aveva mai ricevuto prima una lettera da lei.

Edward lesse silenziosamente per un momento e poi disse a Bella, «Il suo cappellano, Hugh Latimer, è stato arrestato l’anno scorso e sarà giustiziato questo mese. Lei sta fuggendo sul continente. Probabilmente teme che possa ritrattare all’ultimo momento e fare i nomi di quelli che la pensano come lui.»

Un altro rogo. Bella aveva perso l’appetito.

«Povero Latimer! Non riusciva a piacere a nessuno,» disse Edward buttando la lettera sul tavolo. «Si era rifiutato di accettare alcune delle leggi religiose di Re Enrico, così era stato imprigionato, poi è stato liberato da suo figlio quando il Re è morto, e poi ributtato in prigione dalla Regina Maria.»

Fu Bess che fornì i dettagli nella sua lettera successiva, fatta passare clandestinamente in una piccola cesta di mele. Bess mandava delle lettere amichevoli e casuali usando un messaggero, ma sapeva che ogni lettera inviata per vie normali veniva intercettata e copiata per la Regina, e così quelle lettere erano sempre pie, piacevoli e insignificanti. Edward raramente si preoccupava di leggerle. Erano le lettere che Bess inviava clandestinamente che contenevano le informazioni importanti. Venivano fatte uscire da Hatfield attraverso la sua rete di spie e consegnate al Duca in cestini o barili, o piegate nella cesta della biancheria, in una memorabile occasione, una lettera era stata infilata nella bocca di un pesce. Dopo averle lette, Edward le bruciava immediatamente. Anche se non contenevano niente che potesse essere considerato tradimento (Bess non era abbastanza stupida da mettere per iscritto qualcosa di pericoloso), il solo fatto che lui ricevesse delle missive segrete dalla Principessa era abbastanza per provocare la rabbia della Regina.

Bess scrisse che Latimer era stato bruciato insieme a un altro Vescovo protestante, Nicolas Ridley. Erano stati incatenati al palo, schiena contro schiena. «State di buon animo, Master Ridley,» sembra che avesse detto Latimer. «Comportatevi da uomo. Per grazia di Dio oggi accenderemo una candela in Inghilterra, così luminosa che confido non si estinguerà mai.» Latimer era morto rapidamente, per via della borsa di polvere da sparo che aveva legata al collo, ma il povero Ridley aveva sofferto orribilmente. Il suo ben intenzionato cognato, aveva impilato dei fasci per accendere tutto intorno a lui, ma questo tolse ossigeno al fuoco e si trasformò in un lento arrostire. Aveva gridato e si era agitato mentre le sue gambe venivano consumate dal fuoco, ma il suo torso (e la sacca di polvere da sparo intorno al suo collo) restava intatto. «Non brucio! Signore abbi pietà di me, lascia che arrivi il fuoco. Non brucio!» Alla fine, una delle guardie spinse con la picca nel mucchio di frasche e rimestò, e finalmente le fiamme presero vigore, alte e violente. Ridley con avidità spinse il suo torace nella vampa e le sue sofferenze furono terminate dalla polvere da sparo.

Edward non raccontò questo a Bella, che aveva già troppi incubi riguardo ai roghi. Ma le ultime due righe della lettera gli gelarono il sangue. Bella, che poteva leggerlo meglio di chiunque, gridò, «Che c’è Edward? Dimmelo!»

«Gardiner è malato,» disse lui. «Sta morendo, secondo Bess.»

Bella si mise una mano davanti alla bocca e i suoi occhi incontrarono quelli di lui in un orrore senza parole. Ward sbatté il cucchiaio sul tavolo, perché voleva ancora porridge, ma i suoi genitori non lo notarono. Maria avrebbe preso molto male la morte di Gardiner. Avrebbe voluto la sua famiglia con sé nel momento del dolore. Il loro tempo a Cullen Hall stava per finire.

Edward buttò la lettera di Bess nel fuoco e tutti e due la guardarono piegarsi e annerirsi nelle fiamme.

 

 

 

Note storiche

-          La citazione di Matteo 7:22 recitata da Padre Jacob viene dalla versione della Bibbia Douay-Rheims, una Bibbia Cattolica in inglese pubblicata nel 1582

-          Ridley passò i suoi ultimi minuti a scrivere una lettera alla Regina. Quando era stato Vescovo di Londra, aveva disposto dei contratti di locazione sulle sue terre, che erano state ora confiscate. Implorava che ai locatari fosse permesso di restare o che fosse loro rifuso il denaro degli affitti, tramite i beni confiscati di Ridley. Maria ignorò la sua preghiera. Ma Elisabetta la ricordò, e corresse quell’ingiustizia durante il suo primo Parlamento.

-          Catherine Willoughby, la matrigna di Edward in questa storia, era una fervente protestante. Era estremamente colta e molto ricca di suo. Sostenne editori di letteratura protestante e fu amica intima dell’ultima moglie di Enrico VIII, Katherine Parr. Fu lei che prese con sé la bambina della Regina dopo che Katherine morì; esiste una lettera in cui lei chiede dei fondi al consiglio del re, per aiutarla a sostenere i costi della bambina, che in quanto figlia della Regina, andava cresciuta in uno sfarzo enormemente dispendioso. Perfino la ricchezza di Catherine non era sufficiente. E’ l’ultima traccia storica della vita della bambina, che si presume che sia morta intorno ai due anni.

-          “Non c’è nessuno più cieco…” Questo detto è attribuito a John Heywood nel suo Dialogue of Proverbs, 1546. Fu lui che inventò molti dei nostri proverbi, come “Roma non fu costruita in un giorno” e “A caval donato non si guarda in bocca.”

 

 

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/31/The-Selkie-Wife

 

 

So che da tempo non rispondo ai vostri commenti. Sappiate che, comunque li leggo sempre e mi fanno immensamente piacere. Purtroppo non ho molto tempo e preferisco usarlo per le traduzioni, spero mi scuserete. Grazie a tutti.

beate

 

 

Capitolo  31

 

Gardiner morì verso la metà di novembre e i messaggeri della Regina arrivarono subito dopo. La Regina, in termini non dubbi, “chiedeva” loro di tornare a corte, in una lettera tutta chiazzata di lacrime. Maria voleva la sua famiglia con sé per Natale, ma prometteva di essere una ben triste vacanza. Bella pianse quando Edward glielo disse.

Insieme, camminarono verso la spiaggia e si sedettero sulle rocce, vicino al posto in cui Edward aveva visto per la prima volta Bella, nuda sotto il sole, con altre due fanciulle selkie. Rimasero in silenzio a lungo. Bella appoggiò la testa sul petto di Edward, ascoltando allo stesso tempo i due suoni che amava di più: il ribollire delle onde e il battito vigoroso del cuore di lui.

«Mi sento come se non dovessi mai più vedere le Acque Infinite», disse lei meditabonda. «Questo sembra un addio.»

«Le rivedrai. Te lo giuro.» Una brezza leggera si levò e gli arruffò i capelli e sentì dei brividi sul collo. Ricordò che non si facevano promesse alla leggera al popolo magico. E ricordò anche un’altra promessa che le aveva fatto due anni prima (era davvero passato tanto tempo?), una promessa che lo faceva disperare quando ci pensava.

«Che succede se ci rifiutiamo di andare?» chiese lei.

«Chiedi a Bess», disse lui con una breve risata. «Mi sembra che tu fossi lì quando ha mandato delle guardie armate a ‘scortare’ la Principessa al palazzo. E poi…  Lei ne sarebbe ferita, e quando Maria è ferita, diventa rabbiosa. Non sarebbe un bene per noi cadere in disgrazia.»

«È arrabbiata con Filippo, pensi?»

«Forse, ma non c’è nulla che possa fare. Così, piange e prega. È sola e sente di non avere alleati. Bess mi dice che il consiglio e il Parlamento sono in tumulto e Maria non riesce a controllarli. Ha presentato delle leggi per la perdita dei diritti civili dei protestanti che sono fuggiti sul Continente, ordinando il loro ritorno o la confisca dei loro beni, e nessuna è riuscita a passare. Ci sono dei battibecchi tali alle camere che Sir Bridges - te lo ricordi dalla Torre? - li ha chiusi a chiave dentro e si è rifiutato di lasciarli uscire finché non avessero votato.»

«Maria deve essersi arrabbiata.»

«Infatti. Ha chiuso Sir Bridges per una settimana nella sua stessa Torre, ma non ha potuto fare nulla per le proposte di legge.»

«Io amavo Maria», disse piano Bella. «È una donna che ha così tanto bisogno d’amore… Anne l’altra settimana mi ha detto una storia della Bibbia, sul Faraone e Mosè. Dio indurì il cuore del Faraone, ha detto Anne, così che non permettesse agli Ebrei di lasciare l’Egitto. Non riuscivo a non pensare a Maria. Perché il suo cuore è diventato così duro? Non pensavo fosse capace di tutto questo, Edward.»

«Non lo so», confessò Edward. «Non l’avrei creduto neanch’io.»

Emmett e Rosalie viaggiavano con loro. Emmett voleva restare perché non aveva ancora trovato l’amante di Padre Jacob o prove della sua licenziosità che aveva quasi ammesso con Edward. Ma la lettera della Regina li aveva menzionati specificamente, quindi non c’era modo di evitarlo. Seguirono la portantina di Bella e Edward nella carrozza, che dava ai bambini un po’ di spazio per giocare e rendeva il viaggio meno difficoltoso per loro.

I carri furono riempiti con i beni della loro casa e la carovana si mise in viaggio per Londra, triste come la processione di un funerale. Bella giaceva nella portantina contro il petto di Edward e piangeva silenziosamente, il suo spirito che affondava sempre più ad ogni miglio. Vedeva che lui si preoccupava per lei, ma non riusciva a nascondere i suoi sentimenti. Sembrava disonesto.

Anne viaggiava sul carro insieme alle altre domestiche e predicò felice per tutta la strada fino a Londra. Bella era sicura che avesse convertito qualcuno, a giudicare dalle facce frastornate ma eccitate di alcuni di loro, ma i domestici sapevano essere discreti. Purché si fossero formalmente conformati, il Duca e la Duchessa non avevano mai fatto domande sulla loro fede personale.

Arrivarono e trovarono il palazzo in subbuglio. Chissà perché, le loro stanze erano state assegnate a un membro della famiglia Howard, il figliastro del Duca di Norfolk, che era oltraggiato ad essere messo fuori dal Duca e dalla Duchessa di Cullen. Due delle regine di Enrico VIII erano state Howard (anche se tutte e due decapitate) e quindi sentivano che la loro famiglia (e quindi loro) dovesse avere la precedenza. La materia fu aspramente dibattuta dai domestici che erano arrivati per sistemare le stanze del Duca e della Duchessa prima del loro arrivo, e arrivarono quasi alle mani prima che il maggiordomo di palazzo sistemasse la faccenda assegnando al Duca e alla Duchessa un appartamento che era stato riservato per il seguito di Filippo (dato che non si attendeva il ritorno del re prima che la corte si spostasse in un altro palazzo). Quegli appartamenti erano considerati più prestigiosi perché erano più vicini a quelli della Regina. Gli Howard erano furiosi; se si fossero spostati quando glielo avevano chiesto, sarebbero stati loro ad essere promossi agli appartamenti più vicini alla Regina. E con ciò, Bella e Edward acquisirono nuovi nemici senza neanche sapere quello che era successo.

Non solo questo, ma una nuova cospirazione era venuta alla luce. Henry Dudley, il fratello di Robert Dudley (quello che aveva dato a Bella la “poesia” da portare a Bess) era fuggito dall’Inghilterra e viveva ora in Francia, dove stava raccogliendo denaro per equipaggiare un esercito per l’invasione dell’Inghilterra, con l’intento dichiarato di fare alla Regina Maria quello che lei aveva fatto alla Regina Jane. I francesi, che si aspettavano che la Regina entrasse in guerra con loro, assieme a suo marito, da un momento all’altro, lo sostenevano apertamente. E, come era venuto fuori, la cospirazione era ben conosciuta da molti membri del consiglio, alcuni dei quali avevano dato la loro tacita approvazione e anche finanziamenti. Ogni traditore che veniva scoperto portava ad altri cinque e ce n’erano così tanti che non potevano punirli tutti; non ci sarebbe rimasto governo.

Dato che i loro appartamenti non erano ancora pronti al palazzo, Bella e Edward mandarono Rosalie e Emmett con i bambini alla casa di Hampstead Heath e andarono dritti nelle stanze della Regina, dove stava tenendo corte nella camera privata. Il primo sguardo di Bella alla Regina la fece boccheggiare, e fu felice di poter nascondere la sua faccia in un profondo inchino. Maria sembrava invecchiata di dieci anni dall’ultima volta che l’aveva vista. Maria fece alzare Bella con un bacio sulla fronte. «Cugini, mi rallegra tanto vedervi», disse.

«Rallegra anche noi vedere voi, vostra maestà», replicò Edward chinandosi di nuovo.

«Venite», disse loro Maria, e li portò nella sua camera da letto. Le sue dame seguirono. Bella sorrise e salutò con la mano Susan Clarencieux e Jane Dormer. Susan rispose al saluto, ma Jane Dormer la guardò con aperta ostilità. Il cuore di Bella affondò. Che c’era adesso? Provò a cercare tra i suoi ricordi se poteva aver in qualche modo offeso Jane o qualcuno dei suoi amici e non trovò nulla. Decise di andare per le spicce e chiedere direttamente a Jane quale fosse il problema, non appena ne avesse avuto la possibilità. Non aveva intenzione si stare a questo gioco.

Bella li invitò a sedersi vicino al fuoco. Edward, sempre premuroso, prese la seggiola più vicina al fuoco e allontanò leggermente quella di Bella col pretesto di porgerla a lei.

«Sembrate felici», disse Maria malinconicamente.

«Lo siamo», replicò Edward. Prese tra le sue la mano di Bella. «Dio mi ha benedetto con una moglie degna e due figli in salute.»

«Degna davvero.» Maria guardò Bella di traverso. Anche la sua vista sembrava essere peggiorata. «Ho sentito delle tue opere di carità.»

Edward si irrigidì, pronto a difenderla, ma Maria sembrava genuinamente interessata. Bella chiacchierò per un po’ di quello che avevano fatto lei e Rosalie, la ristrutturazione dell’ospizio e l’impiego dei poveri per il lavoro nelle proprietà.

«Tu vai in mezzo a loro?» chiese Maria. «Tu stessa

«Certamente.»

Maria sbatté gli occhi e si allungò sulla spalliera. «E tu, Edward. I bastimenti di grano che hai acquistato non erano per il tuo profitto.»

«No», ammise Edward. «Ma quando sarà il momento della semina, la prossima primavera, i contadini e i braccianti saranno vivi e vegeti e pronti al lavoro.»

La Regina ridacchiò. «Vuoi che sembri che tu l’abbia fatto per praticità, Edward, ma io so che l’hai fatto perché hai il cuore tenero.» Gli agitò davanti il dito. «Ti conosco troppo bene perché tu possa imbrogliarmi.»

«Non ci proverei mai», disse Edward con sincerità.

La Regina capì. Sbatté rapidamente gli occhi scacciando le lacrime. «Voi due siete stati i miei amici più leali», disse lei, il tono basso e rauco. «Non mi curo di quello che dicono di voi…»

«Chi ha parlato a nostro discredito?» chiese Edward.

Maria fece un gesto con la mano. «Non ha importanza, cugino. Non do nessun credito. Hai sentito dell’ultimo complotto contro di me?»

Edward non si permise di esitare. «Qualcosa, cugina, ma io non presto molta attenzione ai borbottii circa i disordini.»

«È Elisabetta», disse Maria. Le lacrime le rigarono le guance. «Lo so.»

Bella si chinò verso di lei. «Vostra maestà…»

«Non difenderla!» gridò Maria rabbiosa, e Bella arretrò. Maria ammorbidì un po’ il tono quando si accorse dell’effetto. «Non ti agitare, Bella. Io non ti biasimo. Tu sei fiduciosa e lei è molto carina*. Lei è sempre al centro di tutto, e tesse la sua tela come un ragno. Vuole strappare la corona dalla mia testa tagliata. Oh, sì, è intelligente, e copre bene le sue tracce, ma la verità viene sempre fuori, alla fine.»

«Spero che sia così», disse piano Bella.

Il Natale a corte fu una faccenda priva di gioia, quell’anno. Anche la masque fu solenne. Le decorazioni di pino, di agrifoglio e di vischio sembravano flosce e pallide e perfino il ceppo sembrava bruciare cupamente. A Hampstead Heath Bella e Edward si assicurarono che il Natale fosse allegro per i bambini, con giochi e musica (Rosalie era molto dotata con la spinetta) e dolci. Bella aspettava con impazienza Capodanno perché aveva un regalo per Edward ed era impaziente di svelarlo.

Quel mattino svegliò presto Edward e lo trascinò per le mani nella loro camera privata. Lui inciampò, assonnato, sbadigliò e si lamentò bonariamente per quanto fosse presto. «Guarda», disse lei, e indicò sopra il camino.

Solo per l’espressione sulla sua faccia ne sarebbe valsa la pena. Guardò il regalo, poi di nuovo lei, e poi ancora al suo regalo e la sua faccia si aprì in un gran sorriso.

Era un ritratto di Bella con i due bambini. Bella era seduta su una seggiola, con un vestito di velluto rosso ricoperto di un ricamo in tessuto d’oro. Intorno al collo aveva un filo di perle con un grosso pendente d’oro a forma di C al centro. Elizabeth era in piedi al suo fianco, con indosso un abito identico, gli occhi grandi e solenni, rigida nei suoi ornamenti. Nella mano di Elizabeth c’era una rosa Tudor. Ward era seduto in grembo a Bella, e al centro del suo vestito di velluto rosso scuro aveva appuntata una spilla con lo stemma dei Cullen sovrastato dalla corona ducale, un’invenzione dell’artista per mostrare il rango delle persone ritratte.

Era un bellissimo dipinto, fatto nello stile di Hans Holbein da John Bettes il Vecchio. Aveva catturato la cremosa, quasi luminescente qualità della pelle di Bella con un dolce accenno di rossore sui suoi zigomi. Si vedeva a colpo d’occhio che Ward era suo figlio, perché condividevano gli stessi occhi scuri ed espressivi. Bella aveva una mano avvolta intorno a lui, un gesto che sembrava di cura e protezione, mentre l’altra mano era sulla spalla di Elizabeth, come ad avvicinarla per un abbraccio.

«Ti piace?» chiese piano Bella. «Non ero tanto sicura su come avesse ritratto Elizabeth. Credo che abbia provato a farla somigliare a me.»

Edward non riusciva quasi a parlare. «È… è bellissimo», disse. «Esattamente quello che volevo.» Questa era la sua memoria su tela, ma gli faceva anche male guardarla, perché sapeva che un giorno l’avrebbe guardato con nostalgia e avrebbe ricordato la sensazione di quella pelle, il tocco di quelle labbra come petali rosa. Sarebbe stato tutto quello che avrebbe avuto.

 

 

«Vostra maestà, una lettera dal re!» Jane Dormer introdusse il messaggero, che si inchinò  e porse la lettera sigillata.

Bella odiava sentire quelle parole, perché già prevedeva la stessa serie di eventi: Maria avrebbe preso la lettera con mani tremanti, gli occhi brillanti di eccitazione. Sarebbe stata quella in cui annunciava il suo ritorno in Inghilterra? Sarebbe stata quella in cui aveva scritto le parole amorevoli che lei voleva leggere?

I suoi occhi l’avrebbero scandagliata ansiosamente e poi la sua faccia sarebbe crollata. Nello spazio di qualche minuto, sarebbe invecchiata di dieci anni. Avrebbe allargato le mani e la lettera sarebbe caduta al suolo come una foglia morta. Poi la Regina avrebbe nascosto la faccia nelle mani e avrebbe chiesto alle sue dame di andarsene. Questo era l’indizio per Bella per alzarsi e andare al suo fianco. Appena chiusa la porta, appena da sola e al sicuro, Maria sarebbe scoppiata in lacrime. Bella l’avrebbe stretta e cullata come si fa con i bambini quando hanno gli incubi, o quando si sbucciano un ginocchio cadendo in giardino. Avrebbe tanto voluto che fosse qualcosa di così semplice, con la Regina, ma non c’era nulla che lei potesse fare per migliorare le cose.

Lei gli scriveva ogni notte. Bella la vedeva alla sua scrivania con la sua veste da notte, riversare il suo cuore in quelle lettere implorandolo di ritornare da lei. Ultimamente, con tutti quei disordini, le parole avevano preso una sfumatura disperata.

Le infrequenti risposte di Filippo erano fredde, professionali e brevi. Suo padre aveva abdicato a causa della salute malferma e aveva dato a Filippo il regno dei Paesi Bassi. Una volta nelle Fiandre, scrisse a Maria che non poteva andarsene di lì perché doveva aspettare la sua investitura formale della corona. Poi doveva viaggiare per il paese per instaurare la sua autorità con il popolo. E poi doveva aspettare suo padre, che gli stava dando la successione del regno di Spagna, ma al momento le sue mani erano troppo rovinate dalla gotta per poter firmare. E poi doveva aspettare una visita di stato dal re e dalla regina di Boemia.

E così andava. Accennava con forza che sarebbe tornato non appena avesse avuto la data della sua cerimonia d’incoronazione, per essere incoronato Re d’Inghilterra con tutta l’autorità e i titoli che derivavano da questo. Se anche lei avesse voluto, anche solo per riaverlo, il Parlamento non avrebbe considerato di votare per darle il denaro per una tale stravaganza, per un re che era decisamente impopolare. Solo per ottenere un piccolo aumento delle tasse per coprire delle spese di base della corona, aveva dovuto promettere che non avrebbe dato quei soldi a Filippo e tutti si erano infuriati quando Maria aveva prontamente destinato una decima di un sesto della rendita annuale del governo a Roma. Chiedere un aumento delle tasse e poi dare via decine di migliaia di sterline sembrava oltraggioso a molti dei membri del Parlamento, e quasi la metà di loro aveva votato contro. Molti di quelli che avevano manifestato apertamente il loro scontento furono buttati nella Torre.

Mentre Bella teneva la mano a Maria che piangeva, diede un’occhiata alla lettera sul pavimento. Una singola pagina, a faccia in su. Filippo chiedeva che gli mandasse il resto del suo seguito spagnolo e tutto il mobilio dei suoi appartamenti nei Paesi Bassi. C’erano voci che Filippo stesse lavorando duramente per imparare la lingua dei Paesi Bassi; durante i suoi anni in Inghilterra non si era preoccupato di imparare una sola parola di inglese. Né era indicata una breve visita, concludeva rapidamente.

E, secondo le voci, stava vivendo una vita allegra nei Paesi Bassi. Dava feste a tutte le ore della notte, bevendo, giocando e gozzovigliando. Poteva lasciare una festa alle prime ore del mattino e presentarsi non annunciato in casa di nobili, svegliare i residenti e ordinare di essere intrattenuto da loro. Non sorprendeva che la sua popolarità nei Paesi Bassi non fosse molto più alta che in Inghilterra.

L’inviato che Maria gli aveva mandato in dicembre non le aveva detto del palese interesse di Filippo verso una dama della sua corte, madame Denali. Lui non si preoccupava di nasconderlo, ma l’inviato ebbe pietà di Maria e non ne parlò quando tornò in Inghilterra, ma, naturalmente, le voci erano state più veloci di lui. Una diceria può fare due volte il giro del mondo prima che la verità si sia infilata le scarpe.

Maria rifiutò di crederci, così come si rifiutava di credere a tutte le altre chiacchiere. Alzava il suo mento regale e faceva finta di essere cieca e sorda, come deve una sposa reale. Si muoveva per la corte con serena compostezza. Ma da sola nella sua camera, con Bella, piangeva con tutto il suo cuore spezzato.

«Devo provare più duramente. Devo provare più duramente a compiacere Dio e mio marito.»

Perché queste parole mandavano un brivido gelido alla schiena di Bella?

 

 

L’Arcivescovo Cramner era l’uomo che Maria incolpava di aver distrutto l’Inghilterra, di aver distrutto quella perfetta età d’oro in cui i suoi genitori erano felicemente sposati e lei era la loro amata principessa. L’Arcivescovo aveva sostituito il cardinale Woolsey, che non era riuscito, dopo sette lunghi anni, ad ottenere per il re l’annullamento dalla madre di Maria, Caterina d’Aragona. Con Cramner (e un piccolo aiuto da Anna Bolena, che fece passare alcuni pezzi di letteratura riformista) il re decise che doveva essere lui a capo della chiesa inglese, non il Papa. Cramner aveva garantito al re l’annullamento che agognava e aveva firmato la dottrina della nuova Chiesa d’Inghilterra. Aveva incoronato regina Anna Bolena, battezzato sua figlia Elisabetta, ed era stato uno dei padrini della Principessa. Quattro anni dopo, aveva raccolto l’ultima confessione di Anna Bolena prima dell’esecuzione, e proclamato il suo matrimonio col Re nullo e non valido, rendendo automaticamente la sua figlioccia, la Principessa Elisabetta, una bastarda.

Era alla sua mano che Enrico VIII si era aggrappato mentre stava morendo ed era stato lui a celebrare il rito funebre per il figlio di Enrico, Re Edoardo VI, dopo i pochi anni del suo regno. Quando Maria era salita al trono, lui ammonì gli altri riformatori di lasciare l’Inghilterra finché erano in tempo, ma lui rimase. Non ci volle molto perché Maria lo spedisse nella Torre con l’accusa di tradimento.

Cramner aveva già avuto un processo, ma al tempo Maria non aveva ancora restaurato formalmente la religione cattolica in Inghilterra, e lui era un cardinale, dopotutto, messo in quella posizione dal Papa stesso. Per soddisfare la legalità, si fece un altro processo a Roma, usando le trascrizioni del primo processo. Fu dichiarato colpevole e spogliato della carica arcivescovile prima di essere consegnato alle autorità secolari perché fosse eseguita la sentenza. Guardò Latimer e Ridley bruciare dalla balconata della sua prigione.

Pole gli offrì clemenza se avesse ritrattato. Inviò a Cramner una lunga e prolissa lettera illustrando i suoi reati: «Voi avete corrotto le Scritture, avete spezzato la comunione dei santi, ed ora io vi dico cosa dovete fare. Questo è quello che Cristo e la chiesa vi dicono, tramite me (se seguissi la mia inclinazione e parlassi in mio nome, direi qualcosa di completamente differente. Con voi non parlerei affatto)… Voi vi appellerete alle Scritture per rispondermi. Siete così vano, allora, così stolto da credere che fosse compito vostro scoprire il significato di quelle Scritture che sono state nelle mani dei padri della Chiesa per tanti secoli?

Voi avete diviso il re dalla moglie con cui viveva da venti anni; l’avete diviso dalla chiesa, la madre comune dei fedeli; e da quel giorno, per tutto il regno, la legge è stata calpestata, le persone sono state punite con la tirannia, le chiese depredate, i nobili uccisi uno dall’altro… per il vostro profitto avete negato la presenza del vostro Signore e vi siete ribellato contro il suo servo, il papa. Possiate voi vedere i vostri crimini. Possiate voi sentire l’enormità del vostro bisogno di misericordia. Ora, perfino ora, attraverso la mia bocca, Cristo vi offre quella misericordia; ed è con la speranza appassionata che sono vincolato a sentire per la vostra salvezza, che aspetto la vostra risposta alla chiamata del vostro Padrone.»

Cramner accettò quella misericordia. Abiurò. Sei documenti gli misero davanti, sei documenti firmò. Confessò che aveva peccato contro Re Enrico e la sua legittima moglie, Caterina d’Aragona. Lui aveva causato l’annullamento, da cui peccato, eresia e crimine contro Dio erano spuntati nella forma della nuova Chiesa Inglese. Ammise di essere un blasfemo, un persecutore dei giusti e che aveva aperto il vaso di Pandora delle false dottrine che erano dilagate per tutto il paese, alcune delle quali lui, in persona, aveva diffuso, insegnato, predicato e scritto. Aveva peccato contro i vivi con false dottrine, e aveva peccato contro i morti virtuosi ponendo fine alle messe che venivano dette un tempo per le loro anime.

Lui si sottomise e ritrattò, ma non venne nessun perdono. Un mese passò senza una parola, giorno dopo giorno si trascinava senza l’arrivo di un messaggero, e poi fu l’alba del giorno della sua esecuzione, freddo e piovoso. Cramner fu portato fuori di fronte all’enorme pubblico che si era assiepato. Lui era in piedi, rabbrividendo nella sola camicia, a gambe nude su una piccola impalcatura davanti a loro. la folla non sapeva cosa aspettarsi. Molti pensavano che Cramner avrebbe confermato la sua abiura di fronte a loro e avrebbe accettato il perdono della Regina (alcuni si chiedevano dove fosse la cassetta contenente la pergamena del perdono. C’era sempre una cassetta appoggiata da qualche parte, in bella vista perché l’accusato e il pubblico potessero vederla, ma non si vedeva nulla). Il palo era stato eretto e le fascine vi erano impilate attorno (forse solo per un effetto drammatico, dicevano alcuni, sentendosi un po’ più a disagio).

Il prevosto di Eton, Master Cole, era stato scelto per fare il sermone. «Amici miei, sono venuto davanti a voi, oggi, prima per spiegare perché quest’uomo, l’ex- arcivescovo Cramner, verrà giustiziato…»

Un fruscio di disapprovazione e confusione attraversò la folla. Non era giusto, sussurrava qualcuno. Ha ritrattato! Ha ritrattato! Per la legge della Chiesa, quelli che ritrattavano venivano risparmiati! Anche quelli tra loro che odiavano Cramner per aver distrutto monasteri e reliquie erano sorpresi e turbati.

Cole era un oratore eccellente. Il pubblico rimase appeso a ogni sua parola. La prima ragione per cui Cramner non era stato risparmiato, spiegò, era l’enormità del suo crimine. Tutti i tumulti degli ultimi venti anni erano colpa sua. Aveva ingannato il re mettendo da parte la sua legittima moglie (non fu colpa del re, si affrettò ad aggiungere Cole, poiché era stato traviato da uomini malvagi). Da solo, quest’uomo aveva alterato la faccia della Chiesa d’Inghilterra. Era lui che aveva creato le dottrine blasfeme, ed era rimasto ostinatamente nella sua eresia: difendendola, scrivendone, predicandola, fino a quell’ultima ora in cui aveva ritrattato.

C’erano anche altre ragioni, disse Cole, ragioni private, che il pubblico non conosceva e non aveva bisogno di conoscere, ma il nome di Caterina d’Aragona fu accennato, e fu ovvio che quelle ragioni private avevano molto a che fare con l’amara rabbia di lunga data di Maria per l’allontanamento di sua madre e l’umiliazione subita da Maria stessa per mano di suo padre.

Da ultimo, notò Cole, tanti cattolici di valore erano stati giustiziati: Thomas More, il Vescovo Fisher e tanti altri… la morte di Cramner avrebbe riequilibrato la bilancia.

Poi Cole scivolò nel tradizionale sermone da patibolo e ammonì il pubblico a fare attenzione  al suo esempio, un uomo un tempo potente trascinato nella polvere dalla negazione della Vera Fede. La folla mormorò, sussurrò, teste si voltarono, inquieti spostamenti di piedi. Cole sapeva che li stava perdendo e temette per la sua carriera se avesse permesso alla folla di diventare teppa. Si voltò verso Cramner, allora, e indirizzò a lui la parte successiva, dicendo che Cramner doveva rallegrarsi, perché Dio lo aveva ricondotto a casa, e di prendere conforto dalle Scritture, dal ladro a fianco di Gesù sulla croce, a cui Lui disse Oggi tu sarai con me in Paradiso.

A Cramner avevano detto che avrebbe avuto l’«opportunità» di fare la sua ritrattazione di fronte a un pubblico a una funzione religiosa, e lui aveva già scritto un discorso e lo aveva sottoposto ad approvazione. Adesso gli era stato dato il pulpito e una copia del discorso da leggere al pubblico. Cominciò a leggere il testo come era stato preparato. Con una preghiera per la salute e la fertilità della Regina e del Re, con l’esortazione alla folla ad evitare il peccato e ad amarsi l’un l’altro come fratelli e sorelle, ma poi deviò dalla strada e disse che il peccato che lo turbava di più era la ritrattazione che aveva firmato.

Un mormorio attraversò la folla.

Annunciò che i libri che aveva scritto, gli scritti che adesso avrebbe dovuto condannare, contenevano le sue vere opinioni sui Sacramenti. Alzò la mano e disse che siccome era la parte con cui aveva peccato, sarebbe bruciata per prima. Poi accusò il Papa di essere l’anti-Cristo e fu tirato via dal pulpito prima che potesse continuare.

E così fu bruciato, e mantenne la parola di spingere la mano nel fuoco prima che tutto il resto di lui fosse arso.

Maria prese la notizia della sua ritrattazione della ritrattazione dell’ultimo minuto, come la prova che bruciarlo fosse la cosa giusta da fare. Dopotutto, l’uomo aveva provato di essere un eretico e che non aveva veramente abiurato. Ma per Bella, questo spezzò l’ultimo frammento di affetto che aveva per la Regina. Guardò Maria con orrore e dovette lottare per non vomitare.

Quella notte pianse tra le braccia di Edward. Erano intrappolati qui con un mostro, un’ipocrita che cambiava la legge come le garbava, e nessuno era al sicuro.

Nessuno.

 

 

 

Note storiche

-          In realtà fu Sir Anthony Kingston a costringere il Parlamento al voto, ma io ho unito lui a Sir Bridges in questa storia, per evitare confusioni.

-          * “cute” ( carino) in origine significava arguto, sveglio. Probabilmente  è una contrazione di “acute”.

-          Bonner pubblicò la confessione scritta di Cramner, insieme alle altre ritrattazioni, come se fossero il vero resoconto di quello che Cramner disse alla sua esecuzione.

-          “Madame Denali”…  il nome della donna era in realtà “Madame d’Aler”. Non ho resistito.

 

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/32/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  32

 

«Come sto?» Maria Tudor, Regina d’Inghilterra, girò su se stessa per mostrare il suo semplice abito di lana color ruggine. L’orlo della gonna salì e l’illusione di una plebea fu rovinata dal pizzo e i ricami della sottogonna e dalle scarpe fini e delicate che indossava.

Bella le sorrise. «Molto carina», ed era vero. La semplicità e il colore del vestito donavano alla carnagione e alla corporatura di Maria. Sembrava quasi bella senza colori vistosi e i quintali di gioielli che indossava di solito.

Jane Dormer guardò storto Bella. Non era affatto contenta dei progetti di Maria per la giornata, e non si preoccupava di nasconderlo. Anche lei vestiva semplicemente, indossando un normale abito blu, i suoi riccioli incontrollabili stretti sotto un copricapo.

Dal loro ritorno a corte, Bella e Rosalie avevano preso sotto la loro ala il villaggio di Hampstead Heath. Non era parte del ducato di Edward e quella non era la loro gente, ma Rosalie era diventata dipendente dalle piccole gioie che otteneva aiutando gli altri e ben presto Bella si era unita a lei nelle sue incursioni nella piccola città.

La voce era arrivata alla Regina, ovviamente, e Maria aveva convocato Bella e Rosalie quel pomeriggio. Si erano guardate con terrore silenzioso quando il messaggero era arrivato; nessuna delle due si aspettava di dover andare a corte quel giorno per attendere alla Regina, e questa richiesta di presenza da parte sua non era di buon auspicio. Bella aveva baciato i bambini (Edward era fuori quel giorno, a comprare un nuovo cavallo) e aveva drizzato la schiena. Pensò a Bess e al coraggio che aveva mostrato di fronte alla Regina e provò ad imitarla, al meno al di fuori. Dentro di sé tremava, era sgomenta e avrebbe voluto nascondersi. Non era tagliata per gli intrighi e la politica.

Ma quello che Maria voleva era andare al villaggio con loro. Bella pensò che Rosalie sarebbe svenuta per il sollievo quando la Regina spiegò loro perché le aveva mandate a chiamare. Maria si era fatta prestare un vestito da una delle cameriere e aveva tirato su i capelli sotto un semplice copricapo. Guardò Bella e Rosalie criticamente. «È così che andate là?»

Bella indossava un vestito di velluto nero ricamato con delle perle. Era un abbigliamento “semplice” per lei. Lei e Rosalie non avevano mai tentato di camuffarsi come stava ora facendo la Regina.

«Ah, cosa mi tocca fare», sospirò. «Andiamo, allora.»

La portantina si fermò alla casa di Edward e Bella. La Regina insisté per andare a piedi da lì, cosa che stupì Bella. Non aveva mai visto la Regina camminare se non dalle sue stanze alla cappella. Ma a Maria sembrava piacere. Si fermò perfino a cogliere qualche fiore di campo. Dietro di loro caracollava un manipolo di robuste guardie con la livrea da palazzo, che cercavano di sembrare poco appariscenti, fallendo miseramente.

Nella piazza del villaggio, alcuni ragazzi stavano giocando, tirandosi una palla fatta di scarti di pelle. Atterrò nella polvere vicino ai piedi di Maria e uno dei ragazzi corse a prenderla. Si bloccò di fronte a lei. «Scusi, signora.»

Maria alzò la gonna di qualche centimetro e calciò la palla. Ridacchiò mentre lo faceva. Il ragazzo le fece un gran sorriso e corse dietro alla palla.

Continuarono per la loro strada e Maria si fermò al pozzo del villaggio dove una donna si affannava per mettere il secchio sul giogo che aveva sulle spalle. «Lascia che ti aiuti,» disse Maria. «Bontà divina, è pesante!»

«Grazie tante, signora», le disse la donna.

«Rosalie, prendi l’altro secchio», ordinò la Regina. «Bella, porta la sua cesta. Buona donna, come pensavi di poter portare tutto questo a casa con te?»

«Pensavo di tornare a prendere il resto, ma vi ringrazio di avermi risparmiato il lavoro.»

Seguirono la donna fino ai margini del villaggio, a una piccola casetta. Bella sentì Rosalie prendere un respiro improvviso, ma quando si voltò con aria interrogativa, lei allontanò lo sguardo. Sembrava in preda a qualche malessere, la faccia pallida e le mani tremanti mentre stringeva la cesta.

Un gruppetto di bambini lavorava intorno alla casa. La donna aveva delle aiole di erbe per tutta la proprietà, fino alla casa, e un orto dall’altra parte. Tre dei bambini toglievano le erbacce e schiacciavano insetti tra le dita. Un altro bambino, un maschio, stava usando un grosso mortaio e schiacciava grano o noci. Seguirono la donna in casa e trovarono due ragazze che lavoravano, una mescolava un tegame sul fuoco, l’altra schiacciava piante in un piccolo mortaio di legno.

La casetta era piacevole. I mazzi di erbe ad essiccare sulle travi addolcivano l’aria. Era una casa piccola, senza finestre e buia, ma ben tenuta. Un bambino dormiva su una tavola appesa al muro.

«Sono tutti tuoi?» chiese Maria, guardando i bambini.

«Sì, signora. Sei sono vivi, due li ho seppelliti.»

«Dov’è tuo marito?»

«Andato, purtroppo. È morto di apoplessia un giorno nei campi, non molto dopo che era nato questo», fece un cenno verso il bambino che dormiva. Bella avrebbe voluto prendere il bambino e liberargli le gambe e le braccia dalle fasce.

«Quanti anni hai?» chiese Maria. Si mise seduta vicino al tavolo, dalla parte opposta alle ragazze col mortaio. Rosalie e Bella sedevano sul grande letto contro la parete opposta. Bella sperava sinceramente che non ci fossero pulci.

La donna considerò. «Quaranta, più o meno, dovrei fare i conti. Forse di più, ma non ne sono sicura.»

«E hai appena avuto un bambino…» disse piano Maria. Il desiderio era evidente nella sua voce.

«Sì, l’ho chiamata Maria , per via della Regina, la povera ragazza.»

Gli occhi di Maria si affilarono. «La Regina, dici? Perché la chiami ‘povera ragazza’

La donna schioccò la lingua. «Avesse voluto Dio che avesse sposato un inglese, che l’avrebbe trattata bene. Ma lei aveva nel cuore lo spagnolo, la famiglia di sua madre, e guarda cosa è successo.»

«Frena la lingua», disse Jane. «Non dovresti parlare con questa familiarità della Regina.»

«Immagino di no, ma tutti noi piangiamo per la Regina. Si era detto da prima che si sposassero che lui non l’avrebbe rispettata. E adesso si dice che lui abbia pubblicamente una puttana, una certa Madame Denali, adultera due volte, quella maledetta, perché ha tradito anche suo marito, con il Re.»

«Non si può dar credito alle chiacchiere», disse Maria con fermezza.

«Sì, ma nessuno può dire che avere gli spagnoli da noi sia stato a nostro beneficio. Non hanno causato altro che discordia.»

Jane Dormer fece un piccolo suono di protesta. Lei era innamorata di un duca spagnolo e voleva sposarlo, ma la Regina non glielo aveva permesso. Aveva detto che nessun uomo era abbastanza per Jane.

«Non è il sangue spagnolo che la Regina dovrebbe tener caro, ma quello inglese. La nostra Bess è puramente inglese, grazie a Dio.»

La faccia di Maria si tese, ma non rimproverò la donna come Bella temeva. Cambiò argomento. «Come te la cavi senza un marito?»

«I semplici* che vendo ci procurano il pane», rispose la donna. «Dio provvede.» Guardò per un lungo momento Rosalie, che teneva il viso voltato ed era rimasta in silenzio per tutta la visita. «Voi mi sembrate familiare, signora», disse la donna. «Ci siamo già incontrate?»

«Non credo proprio», disse Rosalie, e la sua voce era più profonda del solito.

«Mmm. Giurerei…»

Maria si alzò e così fecero le sue dame. Guardò i vestiti rattoppati delle ragazze e i loro piedi nudi, prese la borsa dalla tasca e ne trasse alcune monete. «Questo ti aiuterà per un po’. Se vorrai mandare i ragazzi a scuola, pagherò per loro, e se preferirai mandarli per un apprendistato, ti aiuterò.»

La donna era sbalordita. «Signora, non so come ringraziarvi.»

Maria sorrise. «Lo sguardo sulla tua faccia mi basta. Jane, scrivi i loro nomi per me.» Si avviò verso la porta.

«Signora, per favore, vorreste dirmi il vostro nome, così che possa pregare per voi?»

La Regina si fermò un attimo sulla porta. «Mi chiamo Maria», disse, e uscì.

Bella e Rosalie seguirono semplicemente Maria mentre andava di casa in casa, parlando con quelli che incontrava. Verso i confini del villaggio, incontrarono un minatore che portava un sacco di carbone sulle spalle.

«Un carico pesante», notò Maria. «Dovreste avere un carro per questo lavoro.»

«Una volta l’avevo», replicò il minatore. «Mi è stato portato via da alcuni uomini della Regina quando spostavano la corte. Mi hanno detto che mi avrebbero pagato, ma non l’hanno fatto»

Maria gli diede uno dei suoi sguardi in tralice. «È vero quello che stai dicendo?»

«Sì, giuro che è vero.»

Maria sbatté gli occhi rapidamente. «Sai di altri che sono stati trattati male dalla corte della Regina?»

«Quasi tutti i contadini», rispose il minatore. «Loro maledicono i funzionari di corte alla taverna, quando bevono. Già, quelli arrivano come locuste, arraffando polli e grano e bestiame, e quello che pagano non è mai sufficiente a rimpiazzare quello che portano via. Alcuni di loro nascondono le loro cose quando vedono arrivare gli uomini della corte.»

«Jane, stai scrivendo?» chiese Maria.

Jane tirò fuori i fogli dal piccolo scrittoio portatile e cominciò a scrivere le lamentele del minatore. Maria gli chiese i nomi, e alcuni il minatore li ricordava, ma le disse di andare alla taverna e ne avrebbe sentiti molti di più. Maria gli diede una manciata di monete, e poi andò alla taverna, le guardie silenziose alla porta.

La Regina d’Inghilterra entrò nella taverna e si guardò attorno incuriosita. Non era mai stata in un posto del genere. Il soffitto era basso e non c’erano finestre che facessero entrare la luce. L’unica illuminazione veniva dalle candele accese sui tavoli occupati. La stanza puzzava di fumo di legna, birra acida e corpi non lavati. La Regina andò dritta nel gruppo più nutrito di uomini e si mise seduta per parlare con loro. Jane Dormer era in piedi al suo fianco, lo scrittoio aperto sul tavolo, prendeva nota mentre Maria dettava. Gli uomini si guardarono l’un l’altro, ma diedero voce alle loro lamentele. Il nome che usciva più di frequente era quello di Lord Rochester come ‘capo dei ladri’. Era il sovrintendente della sua Casa, incaricato di assicurarsi gli approvvigionamenti necessari alla corte.

Bella e Rosalie stavano dall’altra parte della stanza mentre Maria parlava con gli uomini. Bella accettò un boccale di birra, ma in tutto il cibo c’era della carne, tranne il pane e burro che lei e Rosalie si stavano dividendo. Rosalie aveva preso un pasticcio di manzo che diceva fosse delizioso.

«Penso sia la prima volta che parla con la sua gente», disse piano Bella. Guardava mentre l’ostessa portava a Maria un boccale di birra che Maria buttò giù allegramente. «Penso che probabilmente è anche la prima volta che beve da un boccale di legno.»

«Molte prime», disse Rosalie. «Oh, Bella, spero che lo faccia più spesso. Pensa a tutto il bene che potrebbe derivarne.»

«Aspetta la prima volta che qualcuno denigrerà la Chiesa a una sua udienza», rispose cupa Bella. Non vedeva più Maria nella stessa luce. Prima, Maria era una donna ferita, disperatamente in cerca d’amore, forse fuorviata, ma ben intenzionata. Quello che vedeva ora era un mostro col volto di una donna, una creatura senza onore né lealtà. I roghi di Guernsey avrebbero dovuto dirglielo, pensò Bella. Avrebbe dovuto capire con chi aveva a che fare. Se avesse avuto la sua pelliccia sarebbe andata a cercare una Strega del Mare che lanciasse un incantesimo vincolante sulla Regina.

Era quasi buio quando la Regina fu finalmente pronta per tornare a casa. La portantina reale fu portata al villaggio perché erano tutti troppo stanchi per tornare a piedi, e fu allora che la maggior parte delle persone si rese conto di chi fosse la visitatrice.

La portantina si fermò a casa di Edward e Bella per lasciare Rosalie e Bella. Mentre scendevano, Bella vide Edward sulla porta che le guardava. Aveva la faccia bianca ed era aggrappato alla porta come se avesse bisogno di sostegno. Si inchinò educatamente alla Regina, ma mantenne la presa.

Non appena entrarono a casa, Edward afferrò Bella in un abbraccio feroce. Le baciò tutto il viso mentre parlava, scandendo ogni parola. «Oh, Bella, grazie a Dio», sussurrò. «Grazie a Dio. Pensavo avessero preso anche te… grazie a Dio sei salva.»

«Che è successo?» gridò Bella.

«Anne è stata arrestata di nuovo», disse Edward. «L’hanno presa a un incontro di studi biblici. Ed Emmett…»

La voce di Rosalie era piccola. «Emmett?»

Edward chiuse gli occhi. «Anche Emmett è stato preso.»

Rosalie barcollò. «No.»

«Mi dispiace, mi dispiace veramente.» Edward soffocò un’imprecazione. «Glielo avevo detto. Quel dannato stupido.»

Rosalie barcollò verso le scale, una mano davanti a lei come se fosse cieca. Trovò il caposcala e lo usò per appoggiarsi prima di crollare sulle scale. «Non può essere. Non può.»

«Dove li hanno portati?» chiese Bella.

«Sono entrambi di sangue aristocratico. Li hanno portati alla Torre.»

«Dobbiamo andare a Londra», disse Bella. «Possiamo affittare qualcosa lì vicino. Avrà bisogno del nostro aiuto, Edward. E anche Anne.»

La voce di Edward era gentile, ma ferma. «Bella, devi accettarlo. Non c’è speranza per Anne. Forse riusciremo a tirare Emmett fuori di lì, ma lei non cederà. Lo sai che non lo farà.»

Bella arretrò mentalmente. «Ma la bru…» non riusciva neanche a dire la parola.

Lui le baciò la fronte e appoggiò la guancia sulla testa di lei. La tenne stretta, come se sentisse che avrebbero potuto strappargliela dalle braccia in ogni momento. «È così, Bella. Che Dio l’aiuti, penso sia quello che vuole.»

 

 

Era il cuore della notte, ma la casa di Hampstead Heath era illuminata e ronzava di attività frenetiche. I domestici impacchettavano per il Duca e la Duchessa, lo stretto necessario, li aveva istruiti il Duca. Misero sotto chiave le cose di valore che non portavano via e coprirono con drappi tutti i mobili rimasti.

Bella prese Ward e lo avvolse in una coperta. L’aria della notte era piena di miasmi pericolosi, le avevano detto, pericolosi per i fragili umani come suo figlio. Lo portò alla portantina. Edward seguiva con la piccola Elizabeth su un braccio e Margaret nell’altro. La piccola Elizabeth si strofinava gli occhi e si lamentava per essere stata svegliata, ma suo padre non rispose. Rosalie si trascinava dietro, pallida come un fantasma.

Salirono sulla portantina e Edward bussò sul soffitto per far sapere ai portatori che erano pronti ad andare. Bella era tra le braccia di Edward e si aggrappava ai suoi figli. Stavano andando verso l’ignoto, forse rischiando la loro stessa vita, e il futuro dei loro figli se fossero stati loro stessi accusati e privati dei diritti.

La piccola Elizabeth si era accoccolata con Margaret. Qualunque fosse il loro futuro, Bella sperava che sarebbero rimasti assieme. Ebbe l’orribile visione dei suoi figli sparpagliati tra lontani parenti, che li avrebbero sentiti come fardelli per il costo che avrebbe richiesto mantenerli come richiedeva il loro rango.

Dovevano davvero farlo? Dovevano rischiare tutto per Emmett? Sapeva che Emmett avrebbe ordinato loro di salvarsi e lasciarlo al suo destino, ma come potevano fare una cosa simile? Il male si era presentato alla loro porta e aveva strappato via uno di loro. Potevano rannicchiarsi per la paura e lasciare che il male facesse il suo corso, che portasse via uno della loro famiglia senza combattere?

Inclinò la testa per guardare Edward e lui si chinò per baciarla. Aveva così paura. Era così orribilmente spaventata. E non c’era nessuno che potesse aiutarli. Nessuna arma sicura contro questo male.

Uno degli amici di Edward aveva una casa libera vicino a Tower Hill e Edward gli aveva spedito una nota, avanti al loro convoglio, per chiedere se poteva affittarla per un periodo indefinito di tempo. L’assenso arrivò nel momento stesso in cui loro arrivavano alla casa, e il messaggero recava la chiave.

Bella scelse una piccola stanza al piano di sopra per i bambini e i domestici tirarono fuori i giacigli per loro. Diede ad ognuno un bacio e rimboccò loro le coperte. «Torno presto,» disse lei.

«Madre, cose c’è che non va?» chiese la piccola Elizabeth.

Non voleva che i bambini sapessero. Non voleva causare ancora altri incubi, o far sapere ai bambini che il loro mondo non era così sicuro come loro immaginavano. «Io e tuo padre andiamo a fare visita a un amico» disse lei. «Dormi, adesso, amore.» Elizabeth sbadigliò e strinse Margaret al petto. Bella uscì dalla stanza, fermandosi a dare loro un’ultima occhiata prima di chiudere la porta.

Di sotto, i domestici lavoravano alacremente sistemando i mobili e cercando di rendere la casa familiare. Bella sorrise loro, toccata dai loro sforzi. Doveva dire a Edward di dar loro un bonus.

Edward aspettava nell’ingresso quando scese le scale. Le prese la mano e gliela baciò. «Mia amata sposa», disse piano. «Devo provare a dirti più spesso quello che significhi per me. Tu sei il mio mondo, Bella. Tu sei il mio tutto. E io ti amo più di quanto pensavo fosse possibile.»

Lei gli mise le braccia al collo. «Questo non è un addio», gli disse lei.

«Lo so, ma nel caso…»

Uscì con lui verso la portantina in attesa. Rosalie era già dentro. Non era neanche scesa per entrare in casa. Era troppo impaziente di andare da Emmett. Non parlò per l’intero viaggio, anche se a volte, i suoi occhi erano chiusi e le sue labbra si muovevano, come se pregasse.

La portantina attraversò le strade mentre il sole sorgeva all’orizzonte. Londra si stava svegliando. I vasi da notte venivano svuotati dalle finestre, e quelli educati urlavano «Gardyloo!»** prima di svuotare il contenuto. Lavoratori e apprendisti si affrettavano per le strade verso le loro botteghe, banchi e venditori cominciavano a tirare fuori le loro merci e le prostitute tornavano a casa, finito l’orario di lavoro. Mentre si avvicinavano alla Torre, Bella vide persone sulla riva del fiume, che frugavano nel fango alla ricerca di qualcosa di valore.

Quasi arrivati al cancello della Torre, Bella vide emergere una figura familiare. «Sir Bridges!» gridò.

«Bella?» Sir Bridges era così sorpreso che tutti i pensieri di titoli e inchini erano momentaneamente dimenticati. «Da dove venite?»

«Siamo qui per visitare mio fratello», disse Edward.

Sir Bridges scosse la testa. «Non siete stati a palazzo stasera?»

«No.»

«Potete portarmi a vedere la Regina?»

«Immagino di sì», disse Bella. «Ma perché?»

«Devo vedere la Regina», insisté Sir Bridges. «Vi prego, vi porterò a vedere il Visconte appena torniamo, ma io devo vedere la Regina.»

Bella fece un gesto verso la portantina. «Venite.»

Salì, e Edward ordinò ai portatori di andare al palazzo il più velocemente possibile. «Ora», disse lui con quella che Bella pensava come la sua ‘Voce da Duca’, una voce autorevole, a cui si doveva obbedire. «Ditemi di cosa si tratta.»

«Vostra grazia, io so a malapena cosa dire. Io…»

«Cominciate dall’inizio», ordinò Edward.

Bridges chiuse gli occhi. «Hanno portato dentro la signora Askew con vostro fratello, ma mentre lui è staro mandato a un confortevole alloggio, Anne è stata portata nei…» Si fermò e si strofinò le tempie. «Sono venuti il Vescovo Bonner e il Cardinale Pole. Mi hanno ordinato di metterla sulla ruota, vostra grazia.»

Bella ricordava con nauseante chiarezza quando Edward aveva detto a Emmett che avrebbero cambiato la legge perché fosse loro permesso di torturare quelli di sangue nobile. Per quello che ne sapeva, la legge non era cambiata, ma Anne la stavano comunque torturando.

«L’ho messa sulla ruota una volta, ma quando è svenuta mi sono fermato. Non potevo torturare una donna, e di sangue aristocratico, per di più. Gli ho detto che era sbagliato e che non l’avrei più fatto, così Bonner ha buttato via la tonaca e l’ha fatto lui stesso. Devo andare dalla Regina. Lei li fermerà. So che lo farà.»

«Perché?» gemette Bella. «Perché le stanno facendo del male?»

Bridges incontrò i suoi occhi. «Vogliono che faccia il nome dei compagni di fede, vostra grazia. Nobili compagni di fede. Hanno provato a farle ammettere che voi eravate una delle sue seguaci.»

«Io?» disse debolmente Bella.

«Sì, Bonner e Pole sono convinti che voi siate segretamente un’eretica.»

Belle emise un debole suono, quasi un guaito e nascose il volto nel collo di Edward.

«Non hanno in mano abbastanza da accusarvi», continuò Bridges. «Per questo speravano che lei vi accusasse. Gardiner ha provato a costruire un caso contro di voi fin da quando siete diventata dama di compagnia della Regina. Uno dei preti della vostra parrocchia era un suo amico e aveva fatto delle… accuse.»

«Padre Jacob», disse Edward. Si sentiva nauseato, nauseato fin dentro l’anima. Sapeva che a Padre Jacob non era mai piaciuta, ma non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato al punto di volerla uccidere.

«Sir Bridges, perché non mi avete detto prima tutto questo?» chiese Bella.

«Perché non sapevo se eravate colpevole», disse lui. «Potevate essere un’eretica. Ma li ho visti là dentro, provare a costringere la signora Askew a dire il vostro nome, che fosse vero o no, e mi sono reso conto che non stavano cercando di liberare la nostra terra dall’eresia. Stavano cercando di eliminare un nemico.»

«Lei cederà», disse Edward con voce sorda.

Bridge scosse la testa. «Non ne sono sicuro.»

La portantina si fermò alle porte del palazzo e Bridges saltò giù. Bella e Edward scesero più lentamente. Bella non voleva vedere la Regina. Non voleva parlare con lei. Voleva correre a casa con Edward e nascondersi a Cullen Hall. Maria sapeva delle sue accuse? A questo si riferiva quando aveva detto che non si curava di chi parlava male di lei?

Bella prese un profondo respiro e drizzò le spalle. Doveva solo sperare che l’affetto che Maria aveva per lei fosse sufficiente a salvarla. Lei e Edward entrarono insieme nel palazzo, la mano nella mano.

 

 

 

Note storiche

-          Maria andava veramente in mezzo alla gente come descritto, Jane Dormer al suo fianco a prendere nota dei bisogni delle persone che incontravano. Raramente veniva riconosciuta. Pagò la scuola a bambini poveri e predispose per apprendistati. Strapazzò a dovere anche Rochester quando scoprì che non pagava appropriatamente per le vettovaglie e gli disse che doveva pagare tutto il dovuto entro la mattina successiva.

-          * “Semplici” era il nome con cui venivano chiamate le erbe officinali. Erano viste con sospetto  e disprezzate dalla comunità medica. Le sole erbe, o quasi, che medici e chirurghi usavano, erano i “vescicanti”, pozioni che provocavano vesciche sulla pelle che “portavano fuori” gli umori cattivi.

-          ** “Gardyloo” probabilmente viene dalla frase francese  “Garde l’eau”, ovvero “Attenti all’acqua!”

-          Anne Askew fu torturata perché Gardiner (sì, lui) voleva che facesse i nomi della Regina Katherine Parr e di Catherine Willoughby (la matrigna di Edward in questa storia). Anche con Enrico ormai morente, si continuava a intrigare e complottare per deporre la sua sesta Regina.

 

 

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/33/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  33

 

Bella e Edward si affrettarono lungo i sinuosi corridoi del palazzo,  Sir Bridges dietro di loro. Rosalie era rimasta nella portantina. Non aveva dato loro nessuna spiegazione, ma Bella sapeva perché. Non aveva pazienza per questa deviazione.

Raggiunsero gli appartamenti della Regina e furono annunciati. «Voi chi siete?» chiese il maggiordomo a Sir Bridges, ritenendolo, per i suoi vestiti rustici, una persona di basso ceto.

«Sir Bridges,  luogotenente della Torre», disse Bella gelando il maggiordomo con lo sguardo.

«Sir…» cominciò lui, ma Bella lo interruppe.

«Dov’è la Regina?» chiese. Maria non era sul suo trono, anche se quelli che ciondolavano nella sala erano ancora chinati verso quello, quando passarono, un segno dell’autorità reale  di per sé.

«È a messa, vostra grazia.»

«Maledizione,» borbottò Bella. «Venite, Sir Bridges. Da questa parte.»

La Regina stava uscendo dalla cappella mentre Bella, Edward e Sir Bridges si avvicinavano. Sir Bridges si buttò in ginocchio mentre Bella e Edward si inchinarono.

Maria sbatté gli occhi e li guardò di traverso, con quello sguardo penetrante che sgomentava chiunque non la conoscesse. «Sir Luogotenente?» chiese. Bella era impressionata che se lo ricordasse.

«Sì, vostra maestà», disse lui.

La Regina guardò Bella e Edward confusa. «Cosa vi porta da me?»

«Mi trovo nella necessità di essere perdonato da voi, vostra maestà», disse Sir Bridges. «Ho rifiutato di adempiere ai miei doveri.»

«In che modo?»

«Il Vescovo Bonner e il Cardinale Pole mi hanno ordinato di mettere alla ruota un prigioniero, ma io non posso più farlo», continuò Sir Bridges. «Non posso torturare una donna, e per di più di sangue gentile. Dato che io mi ero rifiutato, il Vescovo Bonner ha mandato lui stesso la ruota.»

«Una donna?» Guardò Bella, come alla ricerca di una conferma.

«Sì, vostra maestà», continuò Bridges. «Una certa signora Anne Askew.»

«Bella, è la tua cameriera!» esclamò Maria.

Bella annuì. Non si fidava della sua voce, a parlare.

«Maestà, voi dovete impedire tutto questo,» disse Edward. «Il popolo penserà male se una donna viene…»

«Non presumere di potermi dire ciò che devo fare, cugino», disse Maria tagliente.

Edward si chinò. Bella vedeva la vena pulsare  di lato alla sua gola. «Le mie scuse, vostra maestà.»

Maria sembrava offesa. «Ritornate ai vostri doveri, Sir Bridges», disse lei. «Avete il mio perdono per il vostro rifiuto.»

Sir Bridges lanciò un’occhiata al viso di lei e le sue spalle si afflosciarono. Si inchinò e arretrò per il corridoio, lasciando Edward e Bella da soli con la Regina e Jane Dormer.

Jane ghignò a Bella. «Ho sentito di quella donna», disse. «La chiamano la Fiera Evangelista.»

«Te ti chiamano  ‘il ghiro’», disse Bella. «Anche questo nomignolo è azzeccato?»

La faccia di Jane si imporporò e i suoi occhi lanciavano coltelli a Bella. O non sapeva che le cameriere la chiamassero così alle spalle o era furiosa che Bella lo avesse menzionato. Bella non lo sapeva, e al momento non poteva importarle di meno.

«Il cardinale deve avere delle buone ragioni per fare ciò che sta facendo,» rifletté Maria.

Edward prese un profondo respiro. «Vostra maestà, possiamo parlare in privato?»

Maria fece un gesto verso il corridoio vuoto. «Siamo soli, Edward. E puoi dire tutto di fronte a Jane.»

Edward non aveva tutta la fiducia in Jane che sembrava avere la Regina, ma non aveva molta scelta. Doveva fermare tutto questo, in un modo o in un altro. «Ha preso di mira la mia famiglia, vostra grazia.»

Maria sbatté gli occhi rapidamente. «Cosa?»

«Emmett era con lei quando è stata presa. Anche lui è stato arrestato, e langue nella Torre mentre parliamo. Bonner ha interrogato Anne a proposito della fede di Bella.»

«Bella?» Maria scosse la testa. «No, questo è ridicolo. Deve essere stato ingannato da voci di persone oziose e confuse. Niente paura, cugino. Vedrò io.»

Bella rilasciò il respiro che inconsciamente aveva trattenuto. «Vostra maestà, posso essere esentata dal vostro servizio per oggi?»

Maria fece un gesto con la mano. «Andate. Ma stai attento con tuo fratello, cugino. Temo possa essere stato ingannato dall’eresia, e se questo è vero, non puoi fidarti di lui. E quella sua moglie…» Maria arricciò il naso. «Sapevo che c’era qualcosa che non andava in lei!»

Bella scosse la testa confusa. «Cosa ha fatto la Viscontessa?» Ieri Maria era stata gentile con Rosalie quando erano andate al villaggio. Cosa era cambiato?

Maria si guardò attorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno ad ascoltare. «Avevo sentito delle voci, naturalmente. È per questo che l’ho designata come una delle mie dame, così da poterla tenere sott’occhio. Non avrei lasciato mettere le corna da becco alla carne della mia carne. Ma ora lo so per certo. Mi hanno dato il rapporto stamani. Il prete della sua parrocchia è stato bruciato come eretico, e gli sono state fatte delle domande su di lei prima dell’esecuzione. Ha testimoniato che era stata svergognata come puttana di fronte all’intera congregazione. Era lo scandalo del villaggio, e così la moglie del prete la mandò via.»

«Una puttana?» chiese Edward. «Intendete che lei…»

«Vendeva il suo corpo!» sibilò Maria.

Povera Rosalie! Pensò Bella. Cosa l’aveva portata a una tale disperazione?

«Emmett vorrà scacciarla, naturalmente», disse Maria. «Ho già parlato col cardinale. Ci aiuterà a velocizzare l’annullamento.»

«Parlerò con lui», disse Edward. Sembrava frastornato.

Bella si inchinò profondamente. Maria le prese la braccia e la fece rialzare con un bacio sulla fronte. «Dio sia con te», disse, e sorrise affettuosamente a Bella. Bella le rese il sorriso, ma non il sentimento. Finora, la Regina credeva alla sua ortodossia, ma per quanto tempo se Banner e Pole avessero lavorato a persuaderla del contrario? Maria si fidava di Pole in tutto e per tutto.

Presero una chiatta sul fiume dal palazzo verso la Torre. Bella ricordava quel lungo e doloroso viaggio con Bess, con i suoi luminosi capelli Tudor che fluttuavano, come una bandiera per il popolo perché sapesse quanto le stava accadendo.

Passarono sotto il Ponte di Londra, sempre un’impresa rischiosa quando la marea rifluiva. Si creavano delle rapide attorno ai pilastri del ponte e era necessaria una certa abilità per guidare la chiatta attorno a queste. A volte una chiatta veniva presa dalle rapide e si schiantava contro il ponte, andando in pezzi e  scagliando gli sfortunati occupanti nel fiume.

«Emmett!» gridò Rosalie.

Bella aveva paura di guardare, spaventata di seguire la direzione del dito di Rosalie fino alla testa mozzata di Emmett su una picca, lungo il ponte insieme alle altre, come ammonimento ai traditori. Ma Rosalie indicava la strada che fiancheggiava il fiume. Bella vide una testa di ricci scuri che svettava di quasi un piede sul resto della folla, e gridò, «Ferma! Fermate la barca!»

Il vogatore la guardò come se fosse diventata matta. «Emmett!» gridò Rosalie mettendo le mani a coppa intorno alla bocca. Il capo-voga, che batteva sul tamburo per dare il ritmo ai rematori, la aiutò picchiando sul tamburo in modo da attirare la sua attenzione. «È là! È fuori! Accosta la barca!» gridava Bella.

«Vostra grazia, non c’è approdo…»

«Non mi importa! Portaci a riva!»

«Fa’ quello che dice», confermò il Duca.

La grossa chiatta era difficile da manovrare. Dopo qualche minuto , i vogatori a remare impacciati e il timoniere a lavorare  col suo palo, riuscirono a dirigere la chiatta verso l’argine. Rosalie saltò nella distesa di fango sulla riva del fiume. Perse una delle sue scarpe, risucchiata dalla melma, ma continuò a correre a riva gridando il nome di Emmett. Gli uomini sulla chiatta la guardavano a bocca aperta, e un giorno avrebbero detto ai loro bambini che avevano visto una Viscontessa correre scalza nel fango sull’argine del Tamigi.

Edward mise un braccio alla vita di Bella e saltò con lei, spingendo sul bordo della chiatta con le sue gambe potenti, muscolose per gli anni a cavalcare e giostrare. Cercò di evitare  più fango possibile e fece in modo di tenere entrambe le scarpe. Posò Bella sulla solida terra e corsero da Rosalie sullo spazio erboso tra l’argine e la strada.

Emmett li aveva visti e si stava dirigendo verso di loro. Si incontrarono sull’erba e si abbracciarono tutti e quattro.

«Emmett, idiota, grazie a Dio sei libero», disse Edward. Diede un pugno a Emmett sulla spalla mentre allo stesso tempo lo abbracciava. «Tu incosciente, avventato testa vuota!»

«Ti hanno fatto del male?» pianse Rosalie. Gli passò le mani sulle braccia come ad assicurarsi che fosse tutto intero. «Emmett, Emmett, oh Dio, ti amo.»

L’espressione scioccata di Emmett si trasformò in gioia. «Davvero? Oh, Rosie, davvero?»

«Davvero, davvero», singhiozzò lei. «Ti amo così tanto.»

Emmett la sollevò da terra finché i loro visi furono allo stesso livello, e poi la baciò, la baciò con una passione selvaggia che fece boccheggiare i curiosi che si erano assiepati.

La rimise giù e le asciugò le lacrime dalle guance col polsino del suo farsetto di velluto. I suoi occhi brillavano. «Ti amo, Rosalie, Viscontessa Lisle. Ti amo con tutto il mio cuore e la mia anima, fino all’ultimo respiro del mio corpo.» La baciò di nuovo al suono degli applausi e gli evviva dei rematori e della folla. Rosalie si rese conto alla fine che avevano un pubblico e arrossì, chinando la testa. Emmett la prese tra le braccia e fece un cenno verso la strada. «Andiamo in quella taverna laggiù, così potremo sederci e parlare.»

Dentro, Emmett ordinò una birra leggera e una ciotola di spezzatino, il suo appetito robusto anche nella peggiore delle crisi. Bella e Edward ordinarono birra dal servile proprietario, che avrebbe cambiato il nome della taverna in «Le braccia del Duca» appena dopo la loro visita, per ostentare il fatto che la sua osteria aveva ospitato la nobiltà.

«Come mai sei libero?» chiese Edward, dopo aver indotto con gentilezza il proprietario a lasciarli in pace con le loro birre e con il pasto di Emmett. Lui e sua moglie sarebbero rimasti in piedi al tavolo a riempire i boccali ad ogni sorso se non avessero insistito, il più gentilmente possibile, che non avevano nessuna necessità di quel servizio. Bella diede alla moglie dell’oste alcune monete e le chiese di andare a comprare delle scarpe per Rosalie.

Emmett posò il suo boccale. Arrossì leggermente e inchiodò lo sguardo al tavolo. «Ho giurato che ero un buon cattolico che riconosce ognuno dei sacramenti. Mi hanno interrogato, ma io ho insistito che concordavo in tutto e per tutto con la chiesa. La mia Bibbia è in latino, quindi non ho infranto alcuna legge. Tutto quello che hanno contro di me è che ero presente all’incontro. E nessuno poteva testimoniare che avessi detto qualcosa di eretico.»

«Hai fatto bene», disse Edward.

«Troveranno qualcuno», disse Emmett, disegnando col dito in un po’ di birra che era caduta sul tavolo. «Se dovranno cercare sul serio, troveranno qualcuno. E allora dovrò ammettere tutto o dargli del bugiardo. Ho già giurato il falso, il che già mi mette a disagio con la mia coscienza, ma giurare che un altro uomo sta dicendo il falso…» Emmett scosse la testa. «Io sono un codardo, e probabilmente sarò dannato per aver negato il mio Signore, ma non condannerò un altro per aver detto la verità.»

«Tu non hai negato il tuo Signore.» Bella mise la mano sulla sua. «Come dice Bess, c’è un unico Gesù, il resto sono dispute sulle inezie.»

Edward abbassò la voce. «Tu pensi che Bess sia contenta di andare a messa? Ovviamente no. Ma restare vivi è più importante.» Abbassò la voce ancora di più, finché fu solo un sussurro che faticavano a sentire. «Il vento può cambiare.» Era tradimento immaginare la morte del monarca, e anche se Maria aveva riportato la definizione di tradimento a ciò che era prima che suo padre cadesse sotto l’incantesimo di Anna Bolena, avrebbe comunque potuto essere decapitato se qualcuno avesse origliato quelle parole.

«Se avessi più coraggio…» rifletté Emmett.

«Allora che faresti? Moriresti per come chiamare un pezzo di pane? Lasceresti una vedova e una figlia senza padre? Ti faresti confiscare titolo e terre e le lasceresti senza un penny?»

Emmett gli scoccò uno sguardo tagliente. «Tu non le abbandoneresti.»

Edward sospirò. «Certo che no. Ma le prospettive di matrimonio di tua figlia sarebbero molto peggiori senza la sua dote. E Rosalie …»

Rosalie sussurrò, «Tu non puoi lasciarmi, Emmett. Non puoi

Edward all’improvviso ricordò l’ultima parte della conversazione con la Regina. «Ho delle cattive notizie che dovrei condividere con voi.»

Tutti e due lo guardarono con occhi imploranti. Non sapeva se speravano che ne parlasse più tardi o se speravano che dicesse loro che, di qualunque cosa si trattasse, lui l’avrebbe sistemata per loro. Lui si passò la mano tra i capelli, incerto su come dirlo. «Rosalie, certe… spiacevoli…» La sua voce si spense mentre guardava Bella alla ricerca di aiuto.

«Rosalie, la Regina sa della tua vita al tuo villaggio natale,» disse Bella. «Si aspetta che Emmett chieda l’annullamento e sta provando a facilitarlo.»

Rosalie fissò Bella per un momento e poi i suoi occhi rotearono all’indietro. Svenne, e avrebbe sbattuto la faccia sul tavolo se Emmett non l’avesse presa in tempo. Le diede dei colpetti sulle guance ceree. «Per la croce, Bella! Cosa ci può essere di così orribile?»

La moglie dell’oste era appena tornata con le scarpe per la Viscontessa. La vide afflosciarsi e strillò allarmata. Prese un panno che aveva bagnato nell’acqua e una fiala di aceto da dietro il banco. Bella accettò il primo ma declinò la seconda, sapendo che era meglio che Rosalie si svegliasse naturalmente piuttosto che traumatizzarla con la puzza di aceto nelle narici.

Accettato il panno umido e allontanata la moglie dell’oste, passò con gentilezza il tessuto fresco sul viso di Rosalie. «Ha avuto tempi difficili, Emmett», disse piano Bella. Emmett la guardava senza espressione e poi lentamente capì quello che Bella gli stava dicendo. Guardò la moglie esanime prima con shock, poi con orrore, poi con pietà. Bella era contenta che Rosalie fosse svenuta, perché avrebbe potuto fraintendere quella reazione.

«Non mi meraviglia che fosse così avida», disse Emmett, come se i pezzi del mosaico fossero andati tutti al loro posto. Diede di nuovo un colpetto alla sua guancia e Rosalie cominciò ad aprire gli occhi. Gemette piano. Sembrò confusa per un attimo e poi gelò, la faccia bianca di terrore.

«Emmett? Oh, Dio, Emmett… avrei dovuto dirtelo, ma non potevo. Io…»

«Shh», disse lui. «Rosalie, non mi importa. Be’, voglio dire, mi importa,  perché mi dispiace che tu abbia dovuto passare tutto questo, ma questo non cambia quello che sento per te. Sei mia moglie e mia moglie resterai.»

Rosalie si aggrappò a lui. «Non mi odi?»

«No.» Le fece un piccolo sorriso. «Preferirei che non lo facessi di nuovo, ma non intendo accusarti per quello che hai fatto prima che fossimo insieme. Anch’io non sono stato un campione di castità.»

«Voglio cambiare», sussurrò Rosalie. «Non voglio essere la persona che ero prima che nascesse Margaret.»

«C’è sempre perdono per coloro che lo chiedono, Rose. E la persona che sei adesso? Sono orgoglioso di avere una donna così gentile e generosa come mia Viscontessa.»

«Tu non sai tutto!» pianse lei. Guardò Bella e Edward per includere anche loro. «Nessuno di voi lo sa! Non potrò mai rimediare a questo! Mai!»

«Allora continua a lavorarci», disse Emmett. «Ancora meglio, ci lavoreremo insieme.»

 

 

Era quasi mezzanotte, una notte di novilunio, buia e silenziosa. Londra dormiva tranquillamente. L’unico suono era l’acqua che lambiva le scale di pietra mentre una donna con un mantello e incappucciata si avvicinava al cancello della Torre, la faccia nascosta dall’ombra. Aveva due  bambini per mano. Sir Bridges aprì il cancello e senza parlare la fece entrare. Passarono sul Green come fantasmi, i passi silenziosi sull’erba.

Sir Bridges aprì una semplice porta di legno e la donna scivolò dentro. Scesero i gradini di pietra illuminati dalle torce e andarono lungo l’umido corridoio a volta fino a fermarsi di fronte a un’altra porta. Questa aveva una piccola fessura al centro e una piccola finestra con le sbarre in cima. Lui la aprì ed entrarono.

Anne Askew giaceva su un mucchio di paglia nell’angolo, con indosso solo la sottoveste. L’avevano spogliata prima di metterla sulla ruota e non le avevano mai ridato i vestiti. Trasalì alla luce e voltò il viso verso il pavimento. Non poteva neanche alzare il braccio per schermarsi gli occhi, ma le avevano comunque incatenato la caviglia al muro, come se potesse scappare.

Bella tirò indietro il cappuccio e spinse avanti i bambini. «Anne,» disse. «Anne, guarda.»

Anne guardò. Sbatté gli occhi. Sbatté gli occhi di nuovo. E poi un morbido grido angosciato le uscì dalla gola.

I due bambini fecero per correre dalla loro madre, ma Bella li trattenne. «Ascoltatemi» disse. «Vostra madre è ferita. Dovete stare molto attenti con lei.»

Tutti e due i bambini annuirono. Si avvicinarono e si inginocchiarono. «William», sussurrò Anne. «Martha. Venire tutti e due,  datemi un bacio.»

I bambini obbedienti baciarono la loro madre sulla guancia. Anne sorrise tra le lacrime. «Pensavo che non vi avrei mai più rivisti, in questo mondo. Oh, Martha, sei così bella. E tu, William, bontà divina, sei proprio un bellissimo gentiluomo.»

I bambini si sedettero sul pavimento a fianco alla loro madre e la aiutarono a recuperare tutto ciò che le era mancato da quando era stata buttata fuori di casa. Kyme, c’era da dire a suo credito, non aveva evidentemente tentato di avvelenare le menti dei figli a proposito della loro madre. Aveva detto loro che la madre era in visita da amici. Si erano lamentati della sua assenza, ma per il resto sembravano in salute e ben curati. Bella cercò di restare il più possibile discreta durante la piccola riunione familiare.

Dopo il processo di Anne, Bella aveva mandato due dei domestici di Edward a prendere i figli di Anne. Lei era la Duchessa e aveva il diritto di convocare chiunque alla sua presenza, dalle sue terre. Così aveva mandato un ordine scritto perché William e Matha Kyme si presentassero nella sua casa di Londra. Kyme non poteva rifiutarsi di mandarli. Venne anche lui con loro, e anche se Bella era sicura che sapesse cosa aveva intenzione di fare, non fece obiezioni. Erano arrivati in serata, poco prima… appena in tempo.

«Bella», disse Sir Bridges dalla porta. L’aveva avvertita che sarebbe stata una cosa breve.

«Mi dispiace, bambini, ma dobbiamo andare adesso. Baciate vostra madre e salutatela.»

«Vi amo tutti e due», sussurrò Anne mentre uno alla volta la abbracciavano piano. «Vi amo tanto. Non permettete a nessuno di dirvi il contrario.»

«Ci manchi, madre», disse Martha. «Torna a casa presto, ti prego.»

Tutto quello che fece Anne fu un vago sorriso, mentre le lacrime le rigavano il volto e li baciava entrambi un’ultima volta. Sir Bridges li portò nel corridoio.

«Grazie, Bella. Dal più profondo del mio cuore, ti ringrazio», disse Anne. Aveva il petto pesante e tremava per lo sforzo di non singhiozzare.

Bella si sedette a terra vicino a lei e tirò fuori il cesto che portava in un braccio. Conteneva una coperta e un cuscino. Stese la coperta sul corpo spezzato di Anne e le infilò il cuscino sotto la testa, più gentilmente possibile.

«È quasi finita», disse Anne. Sarebbe stata bruciata la mattina .

«Sì», disse Bella con la gola stretta. «Quasi finita.»

«Ti prego, non piangere per me, Bella.» Anne si voltò per guardare Bella negli occhi.

«Mentre venivo qui, ho pensato alla notte che sei stata in piedi con me e Edward, quando Ward aveva il Sudore. Non so se ti ho mai ringraziato per quello che hai fatto per noi quella notte.»

«Mi avete ripagato molte volte di più, Bella, e soprattutto il regalo straordinario che mi hai appena fatto, portandomi i miei figli, perché li potessi vedere un’ultima volta. Dio ti benedica per questo. Tu non sai…» la voce di Anne si spezzò. «Tu mi hai dato una casa e mi hai permesso di seguire la mia coscienza. Il tempo con te è stato il più felice che abbia mai avuto. Io non so cosa sei, ma sei una delle creature più prodigiose di Dio.

Bella sussultò. Anne sapeva. In qualche modo lo sapeva. «Sono una selkie», confessò.

«Ah», disse Anne con una piccola risata. «Sapevo che eri troppo buona per essere umana.»

Bella tirò fuori una bottiglietta. «Voglio che tu beva questo», disse. «Quando vorrai tu. Basta solo mezz’ora, senza dolore.»

La mano di Anne si avvolse intorno alla bottiglietta. La nascose sotto la paglia. «Per favore, non venire,» le disse.

«I-io non voglio che tu ti senta sola.»

«Bella, io non sono mai sola.» Anne le sorrise, attraverso le lacrime che le brillavano negli occhi. «Spero di vederti in cielo, un giorno.»

«Ci vedremo ancora», promise Bella. Si chinò e baciò la guancia ad Anne. «Addio.»

«Addio.»

Bella si alzò e si rimise il cappuccio sulla testa, il suo viso scomparve nell’ombra. Si fermò sulla porta per un ultimo sguardo e poi salì lentamente le scale per riunirsi a Sir Bridges e ai bambini.

Edward la aspettava nella casa in affitto. Mancava qualche ora all’alba, ormai. Andò dritta tra le sue braccia ed emise un singhiozzo tremante. La tenne stretta nella sua afflizione, sostenendola quando le sue ginocchia cedettero per la forza dei suoi singhiozzi e le diede l’unico conforto che poteva: il suo amore.

«Voglio andare a casa», disse lei mentre salivano verso la loro camera.

«Non possiamo», disse lui, e lei sentiva quanto lo addolorasse doverglielo negare.

«Odio tutto questo!» gridò Bella. «Odio tutto questo e odio lei

Ci voleva un sacco perché una selkie odiasse qualcuno, perché la loro natura era gentile e tentavano sempre di trovare il buono negli altri, di capire quando il dolore o la paura rendevano crudeli le persone, cercavano di far guarire, di aiutare, di dare e di amare. Odiava quella sensazione. Era come avere un sassolino bollente dentro il cuore, un nucleo bruciante di odio, e sapeva che se non fosse riuscita a toglierlo di lì,  si sarebbe fatto strada fin dentro la sua anima.

Rimasero a letto fino a tardi, il mattino dopo, fino a dopo che Anne fu portata al rogo su una sedia e incatenata sul posto perché il suo corpo spezzato non poteva stare in piedi, fino a dopo che il fumo fu scomparso dal cielo chiaro di primavera.

 

 

 

Note storiche

-          Sir Anthony Kingston (Bridges in questa storia) corse da Enrico VIII per dirgli della tortura di Anne. Enrico graziosamente perdonò  Kingston per aver rifiutato l’ordine del suo cancelliere (Wriothesley) di mettere Anne alla ruota, ma non diede ordine di fermare la tortura. Wriothesley, Bonner e Gardiner si fermarono solo dopo aver storpiato Anne. Bonner provò a giocare al poliziotto buono/poliziotto cattivo, parlando con gentilezza ad Anne dopo che era stata scaricata sul pavimento (dove rimase, perché i suoi arti erano stati strappati dalle articolazioni e non poteva quindi stare in piedi) cercando di convincerla ad abiurare. Quasi ci riuscì. Verbalmente, Anne concordò su una dichiarazione accuratamente vaga che Bonner pensava potesse essere accettabile, ma quando gliela portò da firmare, lei prese la penna e scrisse in fondo che lei credeva alla dottrina cattolica solo fintanto che concordava con la Bibbia. Bonner furioso se ne andò sbattendo la porta.

-          L’aceto portato dalla moglie dell’oste veniva usato come i sali per far riprendere dagli svenimenti.

-          I nomi dei figli di Anne Askew sembrano persi nella storia. Alcuni libri, scritti secoli dopo la sua morte, affermano che avesse un figlio di nome William, che ho scelto di usare in questa storia, ma il sesso o il nome del secondo figlio è sconosciuto. Ho scelto che il secondo figlio fosse una femmina, di nome Martha, come la sorella di Anne, che era quella che avrebbe dovuto sposare Kyme, ma morì prima del matrimonio. Anne aveva un’altra sorella, Jane, che era grande amica di Charles Brandon e Catherine Willoughby (il padre di Edward e la sua matrigna in questa storia). Si dice che Isaac Newton discendesse dalla sua famiglia.

 

 

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

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Capitolo  34

 

Edward si svegliò, boccheggiando, il petto madido di sudore. Guardò il letto dalla parte di Bella e la vide che dormiva, coperta solo dai lunghi capelli. Con gentilezza le scostò le ciocche dal viso e gliele mise dietro le orecchie. Doveva guardarla per qualche attimo.

Fece dei profondi respiri, cercando di calmare il cuore che gli martellava nel petto. Solo un sogno. Solo la sua mente che giocava con le sue più grandi paure mentre dormiva. Scivolò fuori dal letto e si mise la vestaglia, poi andò silenziosamente alla finestra. La aprì, rischiando i miasmi della notte, ma aveva bisogno di un po’ d’aria fresca. Si sentiva soffocare.

La notte scorsa era stato il rogo.  Aveva svegliato mezza casa con le sue urla e poi l’aveva stretta così forte tra le braccia che lei aveva piagnucolato a disagio. Stanotte, l’aveva vista languire a morte, ma stavolta, portarla nell’acqua del mare non era servito a rianimarla, e lui aveva guardato i suoi occhi vuoti e morti e sapeva che l’aveva uccisa lui, come se l’avesse fatto con un coltello.

La situazione che si trovava a fronteggiare era intollerabile. Non sapeva cosa fare, tranne pregare, e lo faceva un sacco in quei giorni. Perfino Maria aveva notato la sua nuova devozione, perché era facile trovarlo nella sua cappella nei giorni in cui Bella serviva a corte.

Per fortuna, c’era una luce all’orizzonte. Tramite Bess, aveva trovato e ingaggiato due investigatori. Lei aveva giurato che se c’era anche un granello di polvere su Padre Jacob, loro l’avrebbero trovato. Il prete andava zittito, e a meno che Edward non volesse ucciderlo (qualcosa che in realtà aveva considerato, ma non poteva scrollarsi di dosso l’idea che mettere la mano su un uomo di chiesa, anche se vile come Padre Jacob, fosse un peccato mortale), l’unico sistema era screditarlo prima che potesse rivelare quello che aveva visto. Per fortuna finora, l’amore che Padre Jacob dichiarava di avere per lui, lo aveva tenuto quieto. Ma per quanto?

Maria non avrebbe permesso loro di lasciare la corte. Era terribilmente sola e spaventata anche dalla propria ombra, convinta che traditori e assassini fossero in agguato ad ogni angolo. Aveva anche dichiarato che uno dei suoi cappellani aveva tentato di ucciderla, ma nessuno di loro era stato arrestato o interrogato in proposito, così Edward si chiedeva quanto fosse vero e quanto fosse l’immaginazione di una donna angosciata e addolorata.

In quei giorni Maria lasciava raramente le proprie stanze, e aveva ridotto il numero delle dame cui era permesso stare con lei. Erano rimaste solo Bella, Jane Dormer e Susan Clarencieux, le sue dame più fidate. Alle cameriere era permesso entrare a pulire solo quando Maria era nella cappella, il che accadeva almeno cinque volte al giorno.

Solo a Edward e a un altro gentiluomo era concesso entrare nei suoi domini privati. Maria aveva accennato a nominarlo per qualche posizione, ma lui le aveva detto che non aveva bisogno di essere un funzionario della sua corte per passare del tempo con sua cugina. In realtà, voleva stare con sua moglie, che non aveva scelta in proposito. Maria era rimasta molto toccata dalla sue parole e si era messa a piangere dopo averlo fieramente abbracciato.

Maria era tutta presa dal proprio dolore, ma era ancora abbastanza percettiva da notare che qualcosa era cambiato tra lei e Bella, che era cresciuta una distanza tra loro a cui Maria non sapeva come mettere riparo. Bella si scusava dicendo che non stava molto bene, il che era la verità, se si considerava quanto  costasse quell’odio al suo spirito. Nel mondo di Maria, l’affetto e la lealtà era qualcosa che si comprava, e così riempiva Bella di regali: gioielli, vestiti del suo stesso guardaroba, libri di preghiere, perfino un appezzamento di terra che era stato confiscato al Barone Tyler per tasse non pagate (senza la dote di Alice, il Barone era in difficoltà finanziarie). Bella doveva accettarli, e indossarli, anche (tutti e due ricordavano come si fosse arrabbiata Maria quando Bess non aveva indossato i suoi doni) e Maria era smisuratamente contenta di vedere Bella nei suoi vestiti, quasi come una madre che veste la figlia col proprio abito da sposa. Almeno, rifletteva Edward, Bella poteva indossare quei colori vivaci e fare una bella figura.

Dire che Bella era infelice era un eufemismo. Lottava contro il peso di quel piccolo, bruciante nucleo di odio che aveva preso posto nel suo cuore e pensava che avrebbe quasi preferito languire che sentirsi così. Almeno, nel languore, il suo cuore e il suo spirito sarebbero rimasti intatti. Si sentiva inquinata da quell’emozione aliena e desiderava liberarsene in qualche modo, ma sembrava che diventasse ogni giorno più forte, a dispetto dei suoi sforzi per capire, per perdonare.

Non molto tempo prima, Bella aveva pensato che sarebbe andata da una strega del mare per un incantesimo vincolante, se avesse avuto la sua pelliccia. Ora pensava che era stato un desiderio di male. Molte streghe del mare non consideravano di lanciare un tale incantesimo a causa dell’oscurità che evocava. Era una cosa pericolosa, un desiderio di male. Se applicato a una persona col cuore puro, il desiderio di male si ripercuoteva per tre volte su chi lo aveva inviato. Bella non temeva che questo avvenisse, ma sapeva che solo l’intento era sufficiente a spingerla verso una pericolosa oscurità.

Si era svegliata, adesso, mentre la brezza che proveniva dalla finestra aperta gonfiava le cortine del letto e le solleticava la pelle. Trovò il letto vuoto al suo fianco. Povero Edward! Era raro per lui passare una notte di sonno tranquillo, in questi ultimi tempi. Il suo spirito era trascinato in basso dalla paura e dalla disperazione. La addolorava vederlo così. Aveva avuto un così breve periodo di felicità dopo essersi liberato dallo schiacciante dolore della morte della sua prima moglie. Ed ora, aveva un fardello più pesante di prima.

Si alzò. «Edward?» disse piano.

«Sono qui, amore», replicò lui. «Vieni a vedere la luna con me. È bellissima, stanotte.»

Bella trovò la sua vestaglia tra le lenzuola spiegazzate e la infilò, allacciando gli alamari mentre scivolava via dal letto. Edward le mise un braccio sulle spalle quando si avvicinò e entrambi si voltarono verso la bianca sfera che brillava nel cielo. Argento e ombra tingevano il fiume e gli alberi allineati sull’argine.

«La mia balia una volta mi disse che era fatta di formaggio fresco», disse Edward.

Bella rise piano. «Noi selkie diciamo che è ricoperta di neve, un mondo freddo dove dimorano le anime di coloro che non possono rinascere.»

«Rinascere?»

Lei pensò al modo migliore di spiegarlo. «Noi non crediamo che le anime vadano in posti come il paradiso o l’inferno dove restano per sempre. Noi torniamo in un altro corpo e viviamo un’altra vita, ma quelli che sono gravati dal male  restano nelle Terre del Ghiaccio fino a quando capiscono in cosa mancano. La tua gente crede che morire sia meglio che la vita, ma il nostro dio vuole che i suoi figli vivano e amino in questo mondo che lui ha creato per noi.»

«Mi piace,» disse Edward. Pensò alla sua povera piccola cugina, Jane Grey, e sperò che fosse rinata in una famiglia di genitori amorevoli, piccola nobiltà, magari, dove potesse essere educata di nuovo, ma le fosse permesso avere un matrimonio d’amore, piuttosto che un espediente politico. Probabilmente i suoi pensieri erano peccaminosi, ma non gliene importava.

«Noi troviamo di nuovo quelli che abbiamo amato,» disse piano Bella, gli occhi fissi ancora sulla fredda luminescenza della luna. «Rinasciamo sempre vicino a loro. Questa è una delle grazie di Dio per i suoi figli. E le nostre anime le riconoscono istantaneamente, anche se non ci rendiamo conto perché ci sentiamo così attratti o attaccati a quella persona.»

«Potremmo essere stati insieme prima, noi?» chiese Edward. Ricordò come i suoi occhi si fossero fissati su di lei il giorno che la vide per la prima volta, e come avesse cercato la pelliccia della donna dai capelli di zibellino che aveva catturato la sua attenzione, tra le tre selkie che giocavano sulla spiaggia.

«No, io credo che il nostro sia un nuovo amore, una nuova connessione», disse Bella. «Ho conosciuto altre selkie che cercavano la loro anima-cuore perduta. Sentono sempre che manca qualcosa e non riposano finché non la trovano.» Si voltò verso di lui e gli mise le braccia al collo. «Io non sapevo che mi mancasse qualcosa finché non ti ho trovato. Adesso so che il mio cuore non sarà mai più completo se tu non sarai al mio fianco.»

Lui la baciò, perché le parole non erano abbastanza.

 

 

Era la settimana santa di Pasqua e Maria adempì a tutte le antiche cerimonie che non si erano più viste dai tempi di suo padre. Il giovedì santo lavò i piedi a quarantuno povere donne, una per ogni anno della sua vita (quei piedi erano già stati lavati, strofinati e profumati tre volte da altri, prima che la Regina si avvicinasse). Bella e Jane Dormer la assisterono. Bella teneva la bacinella d’argento e Jane Dormer portava la brocca di acqua profumata. Avevano entrambe degli asciugamani di lino sulla spalla, per rimpiazzare ognuno di quelli che Maria usava per asciugare i piedi  quando aveva finito.

Diede a ognuna delle povere donne una borsa contenente quarantuno penny, insieme a dei doni e nuove vesti e scarpe. La donna più vecchia e più povera ricevette la ricca veste porpora che Maria indossava durante il lavacro. Le sue mani nodose accarezzarono il velluto con espressione di meraviglia, come se fosse la cosa più morbida che avesse mai toccato.

Il venerdì santo, strisciò in ginocchio fino alla croce per baciarne la base, come i monarchi d’Inghilterra avevano fatto per mille anni, finché l’età e la malattia di suo padre non avevano interrotto la tradizione, e suo fratello si era rifiutato di riesumare la pratica “papista” nel suo regno. Dopo Maria distribuì  gli anelli da spasmo, anelli d’oro e d’argento benedetti dalla Regina (erano  resi ancora più potenti dal fatto che Maria era un monarca consacrato con l’unzione di suo diritto) e poi si incontrò con i sofferenti di scrofola o, come era conosciuta, “il male dei re”. Si credeva che il semplice tocco di un monarca unto potesse  curare la malattia, e Maria aveva assunto questo ruolo, premendo le mani spavaldamente sulle piaghe e pregandovi sopra. Dopo, toccava le piaghe con quattro monete d’oro, bucate per essere indossate in una collana come talismano. Maria era considerata particolarmente santa, e così i suoi anelli e le sue benedizioni erano assai ambiti.

Con la primavera, il mare era di nuovo sicuro per navigare, ma lo stesso il re non ritornava. Scrisse che il suo  indovino gli aveva rivelato che sarebbe stato in grande pericolo se si fosse trovato in Inghilterra durante il 1556, e finché non fossero stati trovati i traditori della Cospirazione di Dudley, non si sentiva al sicuro a tornare.

«Un altro regalo», disse Edward mentre entrava in camera da letto pochi giorni dopo la Pasqua.

Erano delle pezze di stoffa, di lana fine, tinte di un blu profondo. Nella sua mente, Bella le destinò immediatamente ai poveri del villaggio. «Chi è questa ‘Lady Tyler’ e perché continua a mandarmi della roba?» Ieri era stata una cesta di dolci, il giorno prima ancora era stato un libro di preghiere magnificamente decorato, con un’iscrizione a mano sulla copertina che lodava le virtù di Bella.

«È la moglie del barone Tyler», disse Edward.

«Quell’uomo terribile che avrebbe dovuto sposare Alice?» chiese Bella. «Ha trovato un rimpiazzo, eh?»

«Già. Gli ci è voluto un po’ per far annullare il suo fidanzamento con Alice, ma alla fine ha preso moglie. È in difficoltà finanziarie, però. Lei non aveva una dote grande come quella di Alice, e ha dovuto fare delle robuste ‘donazioni’ alla chiesa per accelerare il processo per liberarsi così da potersi sposare.»

«Ma perché Lady Tyler manderebbe delle cose a me?»

Edward cercò nella cesta di stoffe e trovò una lettera. «Ah… Vediamo. Scrive che tu sei conosciuta come una delle dame più gentili di Maria… la tua bontà è conosciuta in lungo e in largo… la tua bellezza esteriore si abbina solo alla bellezza della tua anima… Tralasciamo questa parte, che dici? A meno che tu non ti stia godendo i complimenti.»

«Vai pure», disse Bella ironicamente. «La sta prendendo un po’ larga, no?»

Lui guardò la lettera per un momento. «Ti prega di ottenere per lei un’udienza con la Regina. Il Barone Tyler è stato arrestato. Era stato accusato di aver preso parte alla Cospirazione di Dudley, ma è stato rilasciato subito perché non c’erano prove a suo carico. Sfortunatamente, è lo stupido che ha detto, in presenza di orecchie poco amichevoli, che quando ‘la sua vicina di Hatfield’ fosse salita al trono, le avrebbe restituito le terre che aveva perduto e gli avrebbe dato abbastanza soldi da pagare i suoi debiti.»

Bella trasalì. «Ha immaginato la morte della Regina.»

«Esattamente. Il babbeo.» Edward buttò la lettera sulla cesta. «Che dici, moglie? Lady Tyler pensa che può convincere la Regina a rilasciarlo se ottiene un’udienza con lei.»

«Mi sorprende che lo voglia libero», disse Bella. Sospirò e strofinò un pezzo di lana tra le dita. Ce n’era abbastanza per fare vestiti nuovi per tutti i bambini dell’ospizio di qui. «Immagino che non ci sia niente di male a parlare con Maria per lei.»

Quel pomeriggio, mentre tornavano dalla cappella della Regina,  Bella tirò fuori la difficile situazione di Lady Tyler con Maria. Gli occhi della Regina si ammorbidirono di compassione quando Bella spiegò che Lady Tyler chiedeva un’udienza solo per impetrare il caso di suo marito.

Non aveva ancora finito quando arrivò un messaggero. Si inginocchiò di fronte alla Regina e le porse la lettera sigillata. «Dal re, vostra maestà.»

Bella soffocò un sospiro. Il ciclo ricominciava. Gli occhi di Maria si illuminarono e lasciò cadere una manciata di monete sul palmo del messaggero. Tolse ansiosamente il sigillo e la sua faccia lentamente crollò. Bella non aveva bisogno di leggerla per sapere cosa conteneva. Un’altra scusa di Filippo.

«Dio a volte manda cattivi mariti a buone donne», disse piano Maria, e Bella seppe che non parlava solo di Lady Tyler. Seguì Maria nella camera da letto e aiutò silenziosamente la Regina a svestirsi. Maria  si metteva sempre a letto dopo quelle missive, e oggi non faceva eccezione.

Per un’altra settimana Lady Tyler continuò a mandare regali e lettere lusinghiere e speranzose, ma la Regina era sigillata nelle sue stanze, non in condizioni di avere udienze con nessuno, e Lady Tyler alla fine dovette tornare a casa, delusa.

Mentre era nel suo isolamento, la Regina continuava a fare il suo lavoro, per quanto poteva tra gli attacchi di depressione che la tenevano a letto per giorni. Bella era sempre più impaziente con la situazione e provò ad assisterla come poteva, sistemando i documenti sulla sua scrivania in mucchietti in modo che il poco tempo che Maria passava alla scrivania, fosse più produttivo possibile: il mucchietto al centro era la routine, cose che avevano semplicemente bisogno della firma della Regina, quello sulla destra erano le cose urgenti che necessitavano dell’attenzione della Regina (e l’opinione di Bella su quello che andava incluso in quel mucchio era a volte diversa da quella del consiglio), il mucchietto sopra ancora erano petizioni e richieste del popolo, la pila alla sinistra era corrispondenza estera dagli altri monarchi, rapporti degli ambasciatori e simili.

Fu durante questa sistemazione che arrivò il messaggio del consiglio che informava la Regina che alcuni domestici della Principessa Elisabetta erano stati arrestati. Bella considerò per un attimo di gettare il messaggio nel fuoco, ma con riluttanza lo consegnò alla Regina quando emerse dal letto il pomeriggio successivo.

«Lo sapevo!» sibilò Maria. «Non c’è un intrigo in cui quella ragazza non sia coinvolta!»

«Maestà, non c’è nessuna prova del coinvolgimento della Principessa», le disse Edward.

«Certo che no», disse Maria tirando su col naso. «È troppo sveglia per mettere qualcosa per iscritto.»

A Bella venne un’idea e il suo cuore cominciò a martellare selvaggiamente. «Avete bisogno di qualcuno che la controlli, qualcuno di cui possiate fidarvi.»

Maria annuì. «Ma chi? Chi potrei mandare, da poter essere sicura che sia onesto con me?»

Bella prese tra le sue la mano della Regina. «Io potrei andare, se lo desiderate. Credo di essere l’unica tra i vostri servitori  a piacerle e di cui si fidi.»

«Oh, ma Bella, mi mancheresti tanto…»

«Lo so», disse Bella con dolcezza. «Ma Hatfield non è così lontano. Potrei venire in visita ogni volta che lo desiderate.»

La Regina sospirò. «Di certo vorresti portare Edward con te.»

Bella annuì. «Vostra maestà sa com’è dura essere separati dal proprio sposo.»

Maria trasalì, ma concordò. Il cuore di Bella galoppava nel petto. La speranza a volte può essere una cosa terribile. «Ci penserò», disse lei.

Poco meno di una settimana dopo, Maria ricevette una lettera da Filippo. Stavolta la sua reazione furono lacrime tempestose di rabbia, piuttosto che di dolore. Bella la lesse dopo che la Regina l’aveva gettata a terra e si era diretta a passo di marcia nella sua stanza da letto. Freddo e professionale, come se scrivesse a uno del consiglio invece che a sua moglie, Filippo ordinava a Maria di cessare ogni investigazione  sulla Principessa. Andava lasciata in pace.

Maria avrebbe obbedito, come una moglie devota, ma questo le faceva bollire il sangue. Bella pensò che forse poteva alla fine deviare  la rabbia verso  suo marito, il che sarebbe stato un sollievo dopo tutte quelle lacrime e quella depressione. Almeno, quando era arrabbiata, Maria era energica.

Filippo le aveva detto che non poteva toccare la Principessa Elisabetta, ma poteva punire i suoi domestici. Erano stati mandati alla Torre insieme agli altri traditori. L’astrologo di Elisabetta, John Dee, era sfuggito a malapena da un’accusa di stregoneria quando un uomo lo accusò di lanciare incantesimi maligni su Maria, e in seguito i figli dell’accusatore furono colpiti da una malattia che li rese ciechi.

Maria posò il rapporto su Dee e si voltò verso Bella. «Vai», disse. «Hai ragione. Mi serve qualcuno fidato che guardi mia sorella.» Sputò l’ultima parola come se fosse un’imprecazione.

Gli occhi di Bella si riempirono di lacrime, lacrime di speranza e sollievo e gioia, ma Maria le prese come un segno che Bella avrebbe sofferto il fatto di allontanarsi da lei. Maria la baciò e sorrise. «Attenzione alle tue stesse parole, Bella. Puoi tornare ogni volta che vuoi.»

Edward abbracciò Maria e le promise di scriverle ogni giorno, riportando le attività di Elisabetta. Fu difficile restare per tutto il resto della giornata con la Regina quando  sarebbero voluti correre a casa e ordinare di caricare subito i carri. Quella sera, quando furono finalmente liberi di andare a casa, Edward e Bella si inchinarono e arretrarono dalla stanza educatamente e poi cominciarono a correre come pazzi non appena la porta fu chiusa. Nella loro stanze, fecero una pausa per un bacio appassionato e gioioso prima che Edward ordinasse ai domestici di impacchettare tutto.

Non aspettarono i carri con le loro cose, e neanche la portantina con Rosalie e Emmett con i bambini e Ellen. Presero i cavalli più veloci dalle scuderie di Edward e partirono la mattina successiva per Hatfield. Corsero per campi e boschi, ignorando le strade quando una via più diretta li avrebbe guidati più velocemente, facendo tutte le venti miglia in un unico giorno. Mentre si avvicinavano alla casa, videro una figura seduta sotto un enorme quercia, che leggeva. Al rumore degli zoccoli che si avvicinava rapidamente, si alzò, e Bella vide i capelli rosso oro sciolti sulle spalle. Bess!

Bess era lì, gli occhi scuri e sgranati per la paura, finché i cavalieri furono abbastanza vicini da essere riconosciuti. «Bella! Edward! Per la sottana di Dio, mi avete spaventato quasi a morte!»

Bella saltò giù dal suo cavallo esausto e afferrò Bess in un fiero abbraccio. Bess rise e le diede un bacio schioccante sulle labbra. «Cosa vi porta qui, cugini?»

Edward baciò Elisabetta e abbracciò insieme sua cugina e sua moglie. «L’estate scorsa ci avevi invitati a stare qui. Spero che l’invito sia ancora valido.»

«Siete più che benvenuti!» dichiarò Bess. «Ma come siete riusciti ad andarvene dalla corte?»

«Siamo venuti a spiarti!» disse Bella allegramente. «Quindi assicurati di fare qualcosa di sospetto di tanto in tanto per giustificare la nostra presenza continua qui.»

«Io faccio sempre qualcosa di sospetto», disse Bess ironicamente. «Ma tutti questi arresti recenti hanno davvero dato una stretta alla mia rete di spie.»

«Mi chiedo perché non hai scritto», le disse Edward. «Ho cercato invano in ogni pesce che arrivava nella nostra cucina.»

Bess rise. «Dovrò scrivere più spesso. L’immagine di te che cerchi nella gola di ogni pesce è troppo divertente.»

Quando i bambini arrivarono, la sera seguente, con Emmett e Rosalie, festeggiarono con un banchetto nella sala da pranzo privata di Bess. Bess passò anche un po’ di tempo con i bambini. In risposta al sopracciglio inarcato di Edward, Bess spiegò, «Adesso parlano e camminano. Molto più interessanti di prima.»

Quella notte, dopo che tutti furono andati a letto, Edward si unì a Bella per una nuotata nel lago di Hatfield. E proprio come la notte che era stato concepito Ward, unirono i loro corpi sotto la luce argentea della luna, una celebrazione primaria della vita e della speranza.

Per il resto delle loro vite, Bella e Edward avrebbero pensato a Hatfield come un luogo felice dove i loro cuori e le loro anime stanche potevano andare per ristorarsi. Mentre i giorni e le settimane passavano, Bella era di nuovo felice, e quel nucleo bruciante di odio nel suo cuore cominciò a raffreddarsi. Anche se non scomparve, era almeno sopportabile, adesso, e non sentiva più l’oscurità aggrapparsi alla sua anima.

I giorni ben presto diventarono una routine. La mattina  Edward aiutava Bess nell’amministrazione delle sue proprietà mentre stavano nella loro stanzetta per la messa del mattino. Poi, lui e Bess uscivano per una cavalcata selvaggia attraverso le terre di lei, mandando i cavalli a rotta di collo, saltando staccionate e tronchi caduti, attraversando boschi e campi. Bella non li accompagnava perché la velocità la spaventava un poco. Li mandava a divertirsi e restava con i bambini. Di solito Elisabetta attendeva ai suoi studi di lingue dopo cena, corrispondendo in diverse lingue con studiosi di tutta Europa; ma adesso si era impegnata nell’educazione della piccola Elizabeth, che sembrava essere presa di lei riguardo all’acutezza mentale. La piccola Elizabeth era quasi spaventosamente intelligente e Edward disse una notte, mentre erano a letto, che era una vergogna che la piccola Elizabeth non potesse ereditare il suo titolo. Sarebbe stata una straordinaria Duchessa di Cullen.

Nel tardo pomeriggio, facevano quello che gli andava. Elisabetta di norma passava il tempo leggendo e si poteva vedere spesso seduta su una coperta sotto la sua quercia preferita con un libro in mano. Ward amava sgattaiolare vicino e avventarsi su di lei. Bess scoppiava a ridere e si rotolava nell’erba con lui, un’altra schermaglia nella loro infinita Guerra del Solletico.

Bella e Edward spesso passeggiavano insieme, mano nella mano, per le stradine polverose o lungo i campi. Edward era preoccupato per i raccolti. Era dall’inizio della primavera che non pioveva e il caldo cominciava ad essere opprimente.  Le nuove piante languivano sotto il sole cocente.

«È come se Dio avesse ascoltato le nostre preghiere di fermare la pioggia la scorsa estate e avesse accontentato la nostra richiesta», sospirò Edward. «Adesso dobbiamo pregarlo di farla ritornare ma ricordandosi di chiedere di farlo con moderazione.»

«Penso che dovremo comprare altro grano», disse Bella.

Lui le sorrise. «Questo tuo hobby di sfamare i poveri sta diventando costoso, mia signora moglie.»

Bella gli mise le braccia al collo. «Ti ripagherò.»

«Mmm. Cosa offri?»

«Gioielli? Qualche vestito del guardaroba della Regina?»

«Non basta.»

Lei fece finte di sospirare. «Allora non mi resta che la mia umile persona.»

«D’accordo», disse lui, e la baciò.

Il rumore di qualcuno che si schiariva la gola li interruppe. Bess era seduta sul bordo superiore della recinzione dietro di loro. «Voi due non potreste almeno aspettare di essere fuori vista dalla casa prima di cominciare?» disse lei.

«Ah, Bess, capirai quando ti sposerai», rispose Edward. «Almeno, lo spero.»

Bess fece spallucce. «Io non mi sposerò mai, quindi devi spiegarmelo. Usa parole semplici.»

«Oh, Bess, tu devi sposarti!» protestò Bella. «Vuoi un erede, no?»

Quelle parole erano ai margini di un territorio pericoloso. Bess  guardò intorno alberi e campi, come alla ricerca di orecchie che avrebbero potuto carpire le loro parole.

«Bella, non posso», disse Bess. «Non farò l’errore di Maria, portando un re straniero a comandare gli inglesi. È una cosa che loro odiano in via generale. Perfino se Filippo fosse stato un gran re, avrebbero comunque detestato il suo sangue straniero. E io non voglio rischiare di perdere l’amore del mio popolo. È il più grande patrimonio che può avere un governante. E non posso sposare un inglese. Se mostrassi un favore a una famiglia nobile rispetto alle altre, scoppierebbe una guerra civile.»

«Dicono che Lord Robert Dudley stia cercando di ottenere l’annullamento con sua moglie Amy, per poterti sposare», disse Bella.

Bess rise. «Non potrei mai sposare Robert», disse lei. «Siamo troppo simili. E per quanto lo ami, devo ammettere che sarebbe un terribile re.»

«Tu lo ami, Bess?» chiese Bella.

«Tanto quanto possa amare qualcuno», disse Bess vivacemente. Saltò giù dalla recinzione. «Ora, quello che vi ero venuta a dire. Ho appena ricevuto una lettera da… un amico. Non crederete a quello che ha fatto l’Arcivescovo Pole.»

Il giorno dopo il rogo di Cramner,  Pole era diventato Arcivescovo di Canterbury. Lei aveva bisogno di un alleato in quella importante posizione, ma la conseguenza fu che lui dovette abbandonare la corte per assumere le sue funzioni. E lo fece con zelo, prima mandando dei commissari ai college di Oxford per requisire e bruciare tutti i testi eretici e le Bibbie, e in uno dei più bizzarri  atti del regno di Maria, mise alcune chiese sotto editto perché avevano all’interno sepolti degli eretici, in terreno consacrato.

«Ha riesumato il corpo della moglie di Peter Martyr e l’ha messo sotto processo», disse Bess, metà divertita metà inorridita. «Sfortunatamente per loro, non sono riusciti a trovare testimoni che l’avessero udita dire qualcosa di eretico, dato che lei non parlava inglese. Ma l’hanno dichiarata eretica  in base al fatto che   era stata una monaca prima di convertirsi alla fede protestante ed era morta scomunicata dalla chiesa. Il suo corpo è stato buttato su un mucchio di letame.»

Edward rabbrividì. Come cristiano, credeva nella resurrezione della carne dei credenti quando Gesù fosse ritornato e aveva pietà della povera Catherine Martyr, che sarebbe tornata alla vita su un mucchio di merda.

«Diventa ancora più ridicolo, se puoi crederci,» disse Bess. «Le chiese di St. Mary e St. Michael sono state messe sotto editto, perché vi erano sepolti due riformatori. Ha convocato i morti ad apparire di fronte al tribunale, e quando loro testardamente sono rimasti nelle loro tombe, li ha dichiarati eretici ostinati e ha bruciato pubblicamente i loro corpi.»

Bella era a bocca aperta. Bess gliela chiuse con la punta delle dita sul mento. «Ingoierai una mosca», la avvertì.

«Ma è matto?» chiese Edward.

«Spesso penso che tutto il mondo sia diventato matto», replicò Bess. Si chinò per raccogliere alcuni fiori di campo e cominciò ad intrecciare i loro steli.

«Bess, quando sarai regina…»

«Bella, attenta a quello che dici», disse Bess tagliente.

Bella prese un profondo respiro. «Tu devi fermare tutto questo», disse. «Persecuzione genera persecuzione. Quando tu… devi fermarlo. Ci saranno quelli che vorranno vendetta, ma tu devi mettere fine al ciclo, Bess. O non finirà mai.»

«Farò quello che posso, ma non finirà finché i cuori delle persone non vorranno che finisca.»

Questo era quello che temeva Bella.

 

 

 

 

 

Note storiche

-          Maria aveva quarant’anni, al tempo, ma per il modo in cui i Tudor calcolavano l’età, era entrata nel suo quarantunesimo anno.

-          La storia di Lady Tyler è in realtà quella di Anne Talbot, Lady Bray. Apparve a corte, come racconta questa storia, facendo doni e tentando disperatamente di ottenere un’udienza con la Regina. Maria sentì della sua situazione critica e disse quella frase a proposito dei “cattivi mariti”, ma sembrò  dimenticare tutto di Lady Bray quando ricevette una lettera da Filippo che metteva un’altra scusa per il suo mancato ritorno.  Si chiuse nelle sue stanze ad affliggersi. Lady Bray tornò a casa delusa. Suo marito rimase in prigione fino ad aprile dell’anno successivo. Dopo essere stato rilasciato, andò volontario con i soldati che Filippo richiamò per la guerra contro la Francia. Morì per le ferite riportate nella Battaglia di Saint Quentin quel novembre.

-          Gli studi di lingue in cui Elisabetta si cimentava erano unicamente per il suo diletto, anche se, naturalmente, avevano in aggiunta il beneficio di non aver mai bisogno di un traduttore, che avrebbe potuto non trasmettere a dovere le sfumature di una dichiarazione. Una delle sue attività preferite era la “doppia traduzione”. Traduceva un documento in un’altra lingua e poi lo metteva da parte per un po’, poi lo traduceva in una seconda lingua e alla fine di nuovo in inglese, per confrontarlo con l’originale e vedere  quanto corrispondesse. Già, Bess era una nerd.

-          Edward non avrebbe potuto lasciare il titolo a sua figlia perché il suo patrimonio era inalienabile. Ciò significa che era legalmente obbligato a lasciare il titolo al figlio maggiore. Tutto quello che era sua proprietà personale (al contrario dei beni del ducato, come per esempio i gioielli della duchessa) poteva lasciarlo a chiunque volesse.

 

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

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Capitolo  35

 

Primavera 1557

Bella e Bess stavano danzando quando arrivò il messaggero della Regina. Bess era una ballerina atletica, che saltava e girava come una selkie nel mare. Bella era la partner di ballo che Bess  preferiva, perché era infaticabile e forte abbastanza da sollevarla in gagliarde e lavolte (danze rinascimentali) senza fine.

«Non è giusto che io debba sempre fare l’uomo,» brontolò Bella. «Tu sei più alta. Potresti fare tu l’uomo, tanto per cambiare.»

«Io sono la Principessa», la schernì Bess. «E quindi scelgo», disse mostrando la lingua a Bella.

«Allora ti pesterò i piedi,» la avvertì Bella.

Ballavano nella sala grande, l’unica stanza abbastanza grande da dare spazio per i salti e i giri della danza. Le loro scarpette di pelle sussurravano sul pavimento di piastrelle bianche e nere, mentre i muri pannellati di quercia e il soffitto a volta facevano risuonare meravigliosamente la musica suonata dalla piccola orchestra di Bess.

Edward leggeva. Non gli interessava molto la danza, con grande disappunto di Bess. La piccola Elizabeth sedeva con Margaret e Ward su una coperta stesa sul pavimento vicino a dove il padre leggeva su una seggiola vicino alla finestra. Avrebbero dovuto essere a lezione, ma il loro nuovo precettore, un uomo gentile e attempato raccomandato loro da Robert Ascham, aveva un terribile mal di denti. Bella si chiedeva quanto dovesse peggiorare ancora prima che l’uomo trovasse il coraggio di toglierlo e farla finita.

Le finestre erano aperte e la brezza profumata di fiori aveva la dolcezza fresca dell’inizio della primavera. Erano da Bess da quasi un anno, ormai, e Bella si era innamorata di Hatfield. La pensava come casa sua, ed era qui, in questa bella campagna con le persone che amava, che il suo cuore era guarito. Il veleno dell’odio era scomparso.

I raccolti dello scorso autunno erano stati magri, ma dopo un inverno mite, l’Inghilterra pregava che Dio avesse misericordia, e che quest’anno  fosse la fine della carestia. E finora, il tempo era stato buono. La primavera è sempre un tempo di speranza e rinnovamento e il mondo si risveglia dal suo freddo sonno invernale e tutto ricomincia di nuovo.

«Bess», disse tagliente Kat Ashley. Bess le roteò vicino, riconoscendo il tono e seguì il cenno di Kat verso la finestra. Un singolo cavaliere, con la livrea della Regina, stava trottando lungo il viale.

«Oh, merda», disse Bess. Si voltò verso i musicisti e fecce un cenno con la mano. Questi si fermarono a mezza nota e cominciarono a mettere a posto gli strumenti.

Una delle dame passò a Bess un calice di vino e lei lo buttò giù assetata. Bella andò a sedersi con suo marito alla finestra,  lui le mise un braccio alla vita e se la mise in braccio per una coccola e un bacio.

Sapeva che stava cercando di distrarla per non farla preoccupare. Dal giorno in cui erano arrivati, Bella si aspettava che Maria mandasse un messaggero con una lettera, pregandoli (o ordinando loro) di ritornare. Il pretesto di spiare Bess era pian piano svanito. Adesso erano ufficialmente membri della casa di Elisabetta, Edward come intendente e Bella come dama di compagnia, anche se il suo incarico nella casa di Maria era ancora tecnicamente valido e aveva perfino ricevuto da Maria il suo stipendio per quell’anno. Bella avrebbe voluto restituirlo, ma Edward le aveva detto che probabilmente era meglio non portare la questione all’attenzione della Regina.

Bess si comportava bene, o almeno faceva finta. Non faceva o diceva mai niente in loro presenza che potesse provocare un conflitto nella loro lealtà, cosa che Edward apprezzava profondamente. Sapeva, naturalmente, che Bess aveva connessioni ed era informata, e che ne sapeva probabilmente più della Regina e del consiglio di quello che stava succedendo in Inghilterra.

«Madre, posso portare Maggie e Ward in giardino?» chiese la piccola Elizabeth.

«Puoi, ma non tardare. La cena è tra meno di un’ora.» Bella la baciò sulla guancia e la mandò fuori proprio mentre il messaggero entrava.

Si inginocchiò di fronte alla Principessa finché non gli fu detto di alzarsi. «Vostra altezza, sono stato inviato ad informarvi che sua maestà verrà per una visita alla fine della prossima settimana.»

Elisabetta sbatté gli occhi, ma non perse un colpo. «Dite a sua maestà che sono umilmente grata che voglia visitare la mia casa e che aspetto con impazienza il suo arrivo.» Gli diede una moneta e lo mandò nelle cucine a ristorarsi prima del viaggio di ritorno.

Si lasciò cadere su una seggiola e piegò le mani in grembo. «Tu che dici, Kat?»

Kat stava già facendo una lista. «Banchetto, naturalmente. Metteremo su gli arazzi di Antiochia nella sala…»

«Ugh, odio quella roba orrenda», brontolò Bess, «ma va pure avanti.»

«Niente masque», disse Kat. «Non le piacciono più le frivolezze di quel genere.» Picchiettò con la penna il labbro inferiore. «Un tormento dell’orso forse. E… perché non vedi se puoi avere i bambini del coro di St.Paul a cantare per lei?»

«Idea eccellente.» Bess sosteneva finanziariamente il coro dei bambini ed era spesso invitata a sentirli cantare, e li aveva avuti una o due volte ad Hatfield ad esibirsi. I bambini la adoravano, anche se Bess era ancora impacciata con i bambini, a parte quelli della famiglia.

Guardò Bella per avere un’idea e la sua espressione fu sufficiente per farle capire cosa stava pensando. «Tu non devi per forza andare al tormento dell’orso», disse alzando gli occhi al cielo.

Bess non riusciva a capire la sensibilità di Bella verso gli animali. Bess amava cacciare e Edward spesso la accompagnava, tutti e due cavalcando a rotta di collo nel bosco, seguendo il latrato dei cani che avrebbero spinto la preda nella loro direzione. Bella di solito si nascondeva in casa, perché se li vedeva arrivare con un cervo morto scoppiava a piangere e Bess se ne andava alzando le mani in aria con un sospiro esasperato.

«Perché viene qui?» chiese Edward.

«Probabilmente per dirmi di persona che Filippo sta tornando», disse Bess.

«Il re?» chiese Bella stupidamente.

Bess inarcò un sopracciglio. «Conosci un altro Filippo?»

«Pensavo che non sarebbe mai ritornato», ammise Bella. «È passato più di un anno e mezzo.»

«Ha bisogno di soldi», disse Bess senza mezzi termini. «E spera di convincere la Regina e il consiglio a dichiarare guerra alla Francia.»

«Ma Maria gli ha mandato dei soldi pochi mesi fa,» protestò  Bella. Maria aveva costretto i nobili, incluso Edward,  a farle un prestito per un totale di centocinquantamila ducati, che aveva mandato a Filippo insieme a  un pugno di soldati che era riuscita a ingaggiare.

«Ora che il Papa si è schierato con i francesi, andrà tutto peggio», predisse Bess.

Il papa che aveva riaccolto l’Inghilterra  nella chiesa era morto e il nuovo papa odiava Filippo, poiché aveva sostenuto un diverso candidato per il papato e aveva lottato per lui senza successo, corrompendo e mercanteggiando con i cardinali votanti. Il papa che avevano eletto, Paolo IV,  era lunatico e si teneva i rancori come i mendicanti si tengono i penny. Il papa sosteneva la Francia nella guerra, e in un gesto di pura malignità verso la moglie del suo nemico, aveva ordinato al cardinale Pole di andare a Roma. Pole era il legato papale, un incarico che era sempre stato dell’Arcivescovo di Canterbury, e il papa aveva il potere di richiamare il proprio legato in ogni momento, ma non era mai successo prima. Maria era devastata. La sua lettera a Bella era così chiazzata di lacrime da essere quasi illeggibile. Stava ancora inviando suppliche al papa per provare a fargli cambiare idea, e anche il suo ambasciatore a Roma lo stava implorando.

«Si è semplicemente resa conto che le difese del nostro paese sono deplorevolmente deboli. Se io fossi…» Bess si interruppe e prese un profondo respiro. «Il confine tra Inghilterra e Scozia è virtualmente indifeso.»

La giovane Maria Stuarda, regina di Scozia, era fidanzata al giovane principe di Francia, ed era sfuggita al “rude corteggiamento” di Enrico VIII per vivere con lui. I francesi avevano un fedele alleato nella Scozia e se avessero deciso di invaderla da lì, l’Inghilterra sarebbe stata devastata.

Maria aveva dichiarato che ogni inglese con un reddito superiore alle mille sterline all’anno doveva fornire sedici cavalli, con armatura da battaglia sia per il cavallo che per il cavaliere, insieme a trenta archi lunghi e faretre di frecce. Il resto del popolo si sarebbe armato come poteva, con verghe, spade e bastoni.

«Vorrà festeggiare il suo arrivo e immagino che ci chiederà di tornare tutti a corte.»

Bella si sentì come se lo stomaco le cadesse alle ginocchia. «Oh no…» sussurrò.

Edward l’abbracciò e le diede un bacio sulla tempia. «Sapevamo che saremmo dovuti tornare prima o poi», le ricordò. «Siamo stati qui più a lungo di quanto mi aspettassi, a dire la verità. Se non fosse stata così occupata con le rivolte e a raccogliere denaro, sono sicuro che ci avrebbe già richiamati.»

Bella poggiò la testa contro il petto di Edward. Non voleva che il loro idillio finisse. Non voleva tornare a quel nido di vipere della corte.

«Ringrazio Dio per il tempo che abbiamo avuto», le disse Edward. «Il periodo più felice della mia vita.»

Lei gli sorrise. «Lo dici ogni volta che ce ne andiamo dalla corte.»

«Ogni volta è meglio», replicò lui.

 

 

Hatfield fu messo sottosopra per l’arrivo della Regina. Fu costruita una piccola corte per il tormento dell’orso, con della sabbia, alti muri e un palo al centro. Bella non poteva neanche guardarlo senza pensare  ai pali dei roghi che aveva visto.

Nella sala grande furono sistemate file e file di tavoli, con il “tavolo di testa”, dove si sarebbero sedute la Regina e Bess, al capo della stanza dove era stata eretta in fretta una piccola pedana. I piatti più fini vennero tirati fuori dai magazzini e posti sulle credenze per essere ammirati  dai commensali.

Tutta la casa fu pulita da cima a fondo e decorata con arazzi e dipinti. Bess si spostò dalla camera da letto migliore a una più piccola, dove il suo mobilio era  così stipato che si passava a malapena per la stanza.

Bella sentiva già l’ansia salire. La notte prima dell’arrivo della Regina, non riuscì a dormire. Edward russava piano al suo fianco e lei scivolò dal letto più silenziosamente possibile per non svegliarlo. Non funzionò. Lui le prese il polso e i suoi occhi si aprirono. Le sorrise, e questo le fece martellare il cuore nel petto, quel sorriso dolce mentre sbatteva lentamente gli occhi, assonnato.

«Vai da qualche parte?» le chiese.

«A nuotare», disse Bella. Gli tolse i capelli dalla fronte. «Torna a dormire, tesoro.»

Lui sbadigliò. «No, vengo con te.»

Lei non fece discussioni. Lo voleva con sé. Si chiese se poteva indurlo ad andare in acqua con lei. Forse era troppo freddo per lui? A volte era difficile per lei capirlo, dato che non sentiva le cose come gli umani.

Ebbe la sua risposta quando lui lasciò cadere la sua veste da notte ed entrò in acqua al suo fianco.

Era così bello, così naturale, essere fuori sotto le stelle, ascoltando i grilli e le rane, l’acqua fredda tra i capelli mentre si tuffava verso il fondo. Nuotò per un po’ con alcuni  pesci, poi si rese conto che aveva lasciato Edward tutto solo lassù. Nuotò verso di lui,  fece scivolare le mani sui suoi piedi, dietro i polpacci, poi sulle sue cosce. Seguì con le labbra le mani sulle sue cosce e poi verso qualcosa di molto più interessante. Sentiva i suoi gemiti anche sott’acqua. Lui intrecciò le mani nei suoi capelli fluttuanti e la invitò a prenderlo più profondamente. I suoi movimenti divennero involontari e fu allora che la riportò in superficie per un bacio selvaggio di passione,  di amore, di adorazione.

Questa era una cosa delle loro vite che non sarebbe mai cambiata, rifletté Bella mentre lui la portava sulla riva e la faceva stendere sulla sua veste da notte. La loro passione era una costante, e anche dopo quasi quattro anni, ancora non era mai abbastanza. Una volta che lui aveva superato l’idea che potesse spaventarla o farle male con la sua intensità, aveva scatenato il crudo, primordiale amante dentro di lui, una natura selvaggia che faceva il paio con quella di lei.

Dopo, rimasero distesi quieti uno nelle braccia dell’altro, guardando il cielo notturno.

«Bella?»

«Mm?» Alzò la testa dal suo petto per guardarlo negli occhi. «Che ne diresti di avere un altro bambino?»

Lei considerò. «Vorrei avere altri bambini, ma non se devo stare a corte. Non voglio respirare quell’aria avvelenata mentre porto il mio bambino.»

Sapeva che non stava parlando dei miasmi, ma del veleno degli intrighi, del tradimento e della cattiveria.

«Capisco», disse, ma non nascose la sua delusione.

«Vieni», disse lei. Si alzò e si mise la veste da camera. «Dobbiamo tornare dentro. I domestici della Regina arriveranno tra poco a preparare per la visita.»

Lui annuì, si mise seduto e si infilò anche lui la sua veste. Bella si inginocchiò vicino a lui. «Non ho detto no», disse. «Solo non adesso.»

Lui la baciò. «Lo so, amore. È solo che sento che la vita di corte mi sta privando di molte cose che vorrei, e non posso fare nulla.»

 

 

Tutta la casa fu svegliata presto dai tonfi, i colpi e lo sferragliare  dei carri che venivano scaricati. Non c’erano abbastanza stanze per tutta la corte, perciò molti si erano spostati verso il villaggio ad affittare alloggi o avevano piantato tende intorno ai prati di Hatfield.

Bella e Edward fecero colazione presto e poi andarono a messa con Bess, che sembrava anche lei mezza addormentata. Almeno il cappellano di Bess era un tipo gradevole, che capì il suo pubblico assonnato e fece una funzione molto veloce.

Bella non aveva incontrato il nuovo cappellano di Cullen Hall, nominato dopo la disgrazia di Padre Jacob. Non conosceva tutti i dettagli, ma si trattava di una donna del villaggio che giurava che lei e Padre Jacob fossero sposati, e doveva aver qualcosa che dimostrava le sue parole, perché Padre Jacob era stato spretato. Ma ogni volta che veniva fuori l’argomento, Edward sembrava molto a disagio e non sembrava voler incontrare i suoi occhi. Bella sapeva che Edward non avrebbe mai  approvato qualcosa di falso, ma sembrava sospettare che gli investigatori che aveva ingaggiato fossero stati piuttosto… zelanti nei loro sforzi.

Videro la portantina della Regina da una finestra mentre lasciavano la cappella. «Eccola,» disse Bess con voce piatta. Si fermò per un attimo e chiuse gli occhi. Le sue labbra si mossero in una preghiera silenziosa. Baciò il suo libro delle preghiere e il suo rosario e li diede a una delle dame, e poi fece un gran sorriso. Se Bella non l’avesse conosciuta così bene, avrebbe pensato che Bess fosse deliziata dall’arrivo della sorella.

In novembre, Bess aveva fatto una visita di una settimana alla sorella  a Somerset Palace. L’invito era stato esteso  su spinta di Filippo, che aveva più o meno ordinato a Maria di riconciliarsi con Bess o almeno fare in modo che così sembrasse all’esterno. La popolarità della Principessa Elisabetta stava crescendo, non solo in Inghilterra, ma anche tra i monarchi d’Europa, che la vedevano, de facto, come l’erede della corona inglese e tendevano incerti rametti di ulivo e offerte di amicizia.

Avevano detto a Bella che Maria aveva un brutto aspetto, ma Bella non era preparata per la vecchia, fragile donna che scese dalla portantina. Se non si fossero tutti profusi in inchini e riverenze,  non avrebbe saputo chi era quella donna. Fu felice che il suo inchino le nascondesse il viso, perché era certa che lo shock fosse visibile.

Maria aveva borse gonfie e scure sotto gli occhi e il suo viso aveva nuove rughe, profonde linee d’espressione e solchi sulla fronte. Era bianca e magra, quasi emaciata. Si era ingobbita. La sua pelle sembrava allentata e perfino i lobi delle sue orecchie cedevano sotto il peso dei suoi orecchini ingioiellati.

Bella non lo sapeva, ma la depressione della Regina era “trattata” dai suoi dottori mediante salassi quotidiani dal braccio o dal piede, nel tentativo di drenare qualunque umore cattivo stesse causando la melanconia della Regina. Come risultato, era debole e pallida, e il vestito color porpora brillante la faceva apparire itterica.

«Bella!» gridò Maria, e oltrepassò sua sorella per salutare prima la Duchessa di Cullen. Fu un affronto che fece stringere la mascella a Bess.

«Vostra maestà», rispose Bella, e Maria la fece alzare con un bacio alla fronte. «Oh, mia cara, stai così bene!» disse Maria. «La vita di campagna  ti si confà.»

«È così, vostra maestà.»

«Elisabetta.» Maria si voltò a guardare sua sorella, ancora chinata nella sua riverenza. Se Elisabetta non avesse fatto tanto esercizio danzando, i muscoli delle su gambe le avrebbero fatto male e avrebbero tremato, a tenere la posizione così a lungo. Maria la lasciò così ancora un momento e poi la fece alzare, anche lei con un bacio. «Come stai, sorella?» chiese.

«Molto bene, vostra maestà», rispose lei.

«Bene, andiamo dentro. Mi sto disseccando.»

«Ho appena ricevuto un eccellente vino del Reno, se vostra maestà vuole assaggiarlo.»

«Suona bene.»

Il dialogo tra le due sorelle fu molto educato. E rimase in quel modo. Nessun calore tra loro, ma quello probabilmente non sarebbe mai tornato. Bella vide Maria dare un’occhiata alla collana che indossava Bess: la famosa collana di perle di sua madre con il pendente a forma di B. Bella si chiese se era stata una cosa intenzionale e poi dovette nascondere un sorriso. Ma certo che era intenzionale. Tutto quello che faceva Bess aveva una quantità di motivazioni e sfumature. Si chiedeva solo perché Bess avesse voluto ricordare  Anna Bolena a Maria proprio quel giorno. Sembrava una provocazione, ma Bess probabilmente avrebbe potuto spiegarle almeno dieci modi in cui ne avrebbe beneficiato.

Al banchetto, Maria mandò  a Bess dei bocconcini scelti dal suo stesso piatto, un segno di grande favore, dopo lei ed Elisabetta tornarono dal tormento dell’orso con le risate negli occhi. Ascoltarono il coro dei bambini e a Maria si riempirono gli occhi di lacrime alla bellezza della voce di uno dei bambini, che cantò da solo accompagnato da Bess alla spinetta. Chiunque non le conoscesse bene come Bella avrebbe detto che le sorelle si erano riconciliate ed erano di nuovo una famiglia affiatata. Ma Bella vedeva la rigidità nelle loro posture, le vere espressioni dietro la maschera.

Bess, Edward e Bella furono invitati nelle stanze della Regina per discutere “cose private” e Bess lanciò uno sguardo a Bella come dire, «Visto? Te l’avevo detto.» La seguirono su per le scale, anche se Maria dovette fare una pausa per riprendere fiato e appoggiarsi contro la ringhiera. Fu brusca e irritata quando le chiesero se stava bene o aveva bisogno di qualcosa. Scacciò via le loro mani preoccupate e marciò per gli scalini rimanenti, anche se diventava più pallida a ogni passo. Bella sapeva che era perché non voleva apparire debole di fronte a Bess.

Maria aveva un fuoco ruggente in camera da letto. Aveva freddo? L’aria della sera mordeva un po’, ma quello era un fuoco per una gelida notte d’inverno. Edward si sedette sulla seggiola più vicina alla fiamma e Bella gli scoccò uno sguardo grato, incantata come sempre dalla sua considerazione.

Maria non perse tempo con il suo annuncio. «Il mio signor marito tornerà alla fine del mese. Desidero che siate tutti a corte quando arriverà.»

Bess chinò la testa. «Come comandate.»

Gli occhi di Maria lampeggiarono di rabbia. Si voltò da sua sorella e si rivolse a Bella. «Mi siete mancata, Lady Cullen.»

Bella sorrise. «Sarete deliziata che il re sia di ritorno.» Non poteva ricambiare il sentimento perché odiava mentire, così  scelse la distrazione, e funzionò a meraviglia.

«Gli ho detto che doveva venire via e basta, perché ci sarebbe sempre stata un’altra crisi che richiedeva la sua immediata attenzione. Questo è il prezzo di essere un governante. Non finisce mai.» Maria sembrava compiaciuta del suo ritorno, ma non era quell’emozione selvaggia che avrebbe avuto un anno fa.

Bella annuì. Bess aveva le copie di tutte le lettere di Maria al re. Come e perché, Bella non lo sapeva, ma nel tempo il tono era diventato sempre meno emotivo e più disperato sugli aspetti pratici. Lei aveva bisogno dell’ aiuto di lui.

L’ultima che Bella aveva visto, giaceva una mattina sulla scrivania di Bess. Non era da lei lasciare la corrispondenza in giro dove ognuno poteva leggerla, e così Bella la prese in mano con l’intenzione di nasconderla dentro la scrivania, ma le parole avevano catturato la sua attenzione.

Era indirizzata all’Imperatore, e la nota a margine diceva che non l’aveva mai ricevuta perché Maria gliela aveva spedita a Bruxelles, e lui era già ripartito per la Spagna quando era arrivata. L’Imperatore Carlo V era sicuro che il suo tempo stesse per finire e voleva morire nella sua terra natale, ma voleva anche assicurarsi che il dominio di suo figlio fosse garantito.

«Desidero chiedere perdono a vostra maestà per l’audacia di scrivere a voi in questo momento, e umilmente vi imploro, dato che vi  siete sempre compiaciuto di agire come un vero padre per me e per il mio regno, di considerare la difficile situazione in cui questo paese è caduto … A meno che si giunga a qualche rimedio, non solo io, ma persone più sagge di me, temono il grande pericolo che ne deriverà.»

Piccole rivolte punteggiavano il paese. Più ne bruciava, più spavaldi sembravano diventare i protestanti. Bonner aveva di recente pubblicato la ritrattazione di Cramner (ma non la parte in cui la rigettava una volta saputo che sarebbe bruciato ugualmente).  I predicatori protestanti chiamavano arditamente bugiardi Maria e Bonner e copie del suo vero discorso sul patibolo vennero stampate e gli investigatori di Maria non riuscirono a determinare dove. Provò a far approvare una legge per cui ogni materiale stampato doveva essere prima approvato dalla Regina, ma questo non fermò la faccenda. Quando andava nella sua cappella, spesso trovava il corridoio disseminato di pamphlet. Ne aveva trovato uno con una caricatura di lei dipinta come una vecchia strega, che allattava un serpente con su scritto “Spagna” al seno rinsecchito. Aveva pianto per giorni.

Non riusciva a capire, aveva scritto a Bella. Stava andando tutto in pezzi. Il regno d’oro che aveva immaginato non si era mai materializzato. L’Inghilterra non era saltata gioiosamente di nuovo tra le braccia della chiesa. Peste e carestie dilagavano per le sue terre anno dopo anno. Suo marito non solo non l’amava, ma evitava del tutto la sua compagnia. Il suo consiglio era in tumulto e non aveva controllo sul Parlamento.

E la Principessa Elisabetta! La addolorava pensare che «la figlia illegittima di una criminale che era stata punita come pubblica puttana» fosse considerata l’erede al trono e fosse amata più di lei, la cui discendenza era giusta, legittima e regale.

Dove aveva sbagliato?  Come aveva scontentato Dio? Era forse perché l’eresia non solo era ancora in agguato nelle sue terre, ma sembrava crescere?

La cosa più triste, nell’opinione di Bella, era che Maria era seduta adesso di fronte a una giovane donna che avrebbe potuto rispondere a quasi tutte le sue domande, e avrebbe potuto darle ottimi consigli per riguadagnare il controllo, rimediando a un’economia selvaggiamente fluttuante e ristabilendo la pace. Ma Maria non l’avrebbe mai ascoltata, la figlia di una sgualdrina decapitata, probabilmente lei stessa segretamente un’eretica e quasi certamente una traditrice.

 

 

Maria non andò ad aspettare la nave di lui al molo, né l’aspettò fuori del palazzo come aveva fatto la prima volta che l’aveva incontrato, quel giorno in cui l’aveva visto su un cavallo bianco con un’armatura scintillante.

Stavolta, lo incontrò nel palazzo, nella sua sala delle udienze, seduta sul trono. Lui entrò e andò sulla pedana. Le prese la mano e chinandosi ne baciò il dorso. Maria tenne lo sguardo dritto davanti a sé mentre lo faceva.

Salì i pochi gradini e si sedette sul suo trono, e insieme ricevettero ospiti e ambasciatori. Non era una riunione romantica, neanche particolarmente amichevole, ma Maria era determinata a mantenersi regale e dignitosa. Farsi ridere dietro da tutta Europa era stato doloroso, ma almeno alla fine si era tolta i paraocchi.

I nobili di Spagna che erano ritornati con Filippo (neanche lontanamente vicini ai novemila nobili e domestici che lo avevano accompagnato la prima volta che era venuto in Inghilterra) furono presentati a sua maestà, inclusa una certa Madame Denali.

Maria gelò quando fu annunciato il suo nome. La donna si avvicinò e fece una riverenza al Re e alla Regina.

«Madame Denali?» ripeté lei. La donna lo prese come il segno che poteva rialzarsi e sorrise alla Regina. Era giovane. Era carina. E tutta Europa diceva che era l’amante del Re.

«Mia cugina, Duchessa di Lorena», mormorò Filippo, e il sorriso della donna si allargò un pochino. Bella era sicura che da un momento all’altro avrebbe fatto l’occhiolino al Re.

Maria aveva la faccia bianca come gesso e non guardò in direzione di Filippo. Sapeva che anche “la puttana” sarebbe arrivata, naturalmente. Il suo nome era apparso sulla lista dei cortigiani che sarebbero arrivati con il Re, e per cui sarebbe stato riservato un alloggio al palazzo. Maria non aveva idea di dove metterla. Aveva chiesto a Bella, ma lei non aveva più esperienza di lei in proposito. Se l’avesse messa nelle stanze vicino al Re, sarebbe sembrato che  avallasse la situazione. Se l’avesse messa nelle stanze dalla parte opposta del palazzo, il re avrebbe potuto arrabbiarsi che stesse provando a rendere difficoltose le visite alla sua amante. Alla fine si arrivò a un compromesso e le vennero date le stanze al  piano terra del palazzo, di fronte ai giardini, né vicino né lontano, e con un ingresso privato, così che Filippo potesse essere discreto quando andava a visitarla. Sperava che fosse discreto.

Le regine facevano finta di non vedere le amanti dei loro mariti. Maria aveva guardato sua madre per anni sopportare Anna Bolena come dama di compagnia, ben sapendo che Anna aveva intenzione di soppiantarla. Era rimasta sempre educata e dignitosa, pur desiderando schiaffeggiare la faccia ghignante di Anna.

E ora, il suo stesso marito le aveva presentato la sua amante, e si aspettava che la ricevesse, per garantire alla sua presenza una ratifica ufficiale perché potesse unirsi alla vita sociale del palazzo.

Maria sbatté rapidamente gli occhi. «Saluti, Madame Denali. Do il benvenuto alla cugina del re.»

«Grazie, vostra maestà», disse Madame Denali, ma si rivolgeva a Filippo quando parlava, gli occhi che promettevano cose maliziose e l’accenno di un sorriso sulle labbra. Arretrò, e Filippo guardò l’ondeggiare dei suoi fianchi.

Bella, più tardi, pensò a quello come al momento in cui il cuore della Regina si spezzò definitivamente. L’ultimo brandello di illusione morì, e con quello, la maggior parte delle sue speranze e dei suoi sogni. E a dispetto di tutto, non poté fare a meno di aver pietà di lei.

 

 

 

 

 

Note storiche

-          I bambini di St.Paul erano bambini presi dalle varie chiese per la loro abilità a cantare. Il vicario aveva il potere, sostanzialmente, di sequestrare i bambini  quando voleva. Venivano messi a vivere nella elemosineria, vicino alla chiesa, due per letto in un piccolo dormitorio.

-          Un ducato aveva il valore facciale di 44 sterline (2010 dollari). Aveva all’interno circa 3,5 grammi di oro, quindi valeva più di cento dollari solo come valore di metallo.

-          Filippo portò veramente  con sé una donna che si pensava fosse la sua amante, sua cugina, la duchessa di Lorena (in questa storia Madame Denali) al suo ritorno in Inghilterra. Maria ebbe problemi per dove sistemarla e come trattarla, ed è riportato che alla fine la cacciò via in un accesso di gelosia.

 

 

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/36/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  36

 

Bella sedeva al tavolo alto con Maria, dopo cena, e guardavano i ballerini. La regina stringeva la sua coppa così forte che le sue nocche erano bianche, e Bella era lieta che fosse d’oro e non una di quelle nuove coppe di vetro veneziano.

Filippo e Madame Denali erano circondati dagli altri ballerini, inclusi Bess e Edward (che Bess aveva più o meno trascinato sulla pista da ballo) ma gli occhi di Maria erano incollati a suo marito mentre roteava e sollevava sua cugina.

Tutta la corte era incantata da Madame Denali. Il re le mostrava apertamente il suo favore e così tutti i cortigiani si accalcavano intorno a lei. Il giorno dopo il suo arrivo, indossava un vestito con maniche che si fermavano al gomito, con una stoffa fine e trasparente che continuava fino al polso. Alla fine della settimana, la nuova “Manica alla Madame Denali” si vedeva per tutta la corte. Maria disse che era volgare e immodesta, così le sue dame rimasero con le piene, solide maniche di stile inglese.

Madame Denali era acculturata. Aveva viaggiato molto. Era intelligente, consigliera fidata di re e principi. Era giocosa e divertente. I suoi capelli erano di un soffice miele-castano e sebbene il suo naso fosse un tantino lungo e il mento ritratto, molti non lo notavano perché la loro attenzione era attirata dai suoi brillanti occhi bruni e dalle labbra inarcate, quasi sempre arricciate maliziosamente. Le sue guance rotonde avevano le fossette quando sorrideva, il che succedeva spesso.

La Regina la odiava.

Si era seduta alla destra di Maria durante il banchetto, il posto d’onore, normalmente riservato a Edward a meno che non ci fosse un nobile di più alto rango in visita alla corte. Maria riuscì a malapena ad essere cordiale con Madame Denali, ma la donna non sembrò notare alcuna ostilità e chiacchierò di ameni pettegolezzi sui reali che conosceva e sulle corti che aveva visitato. Disse che era molto grata per la graziosa ospitalità di sua maestà, perché aveva sempre desiderato visitare l’Inghilterra. Filippo le aveva promesso che l’indomani l’avrebbe portata a fare un giro per vedere i luoghi e aspettava con ansia la festa di caccia che Maria aveva organizzato per lei.

Maria mangiò molto poco e parlò ancora meno. Bella voleva chinarsi dietro Madame Denali e pregare Maria di mangiare ancora qualche boccone. I salassi continui ordinati dai suoi medici erano il motivo per cui era troppo debole per ballare. Aveva bisogno di rinforzarsi con cibo e riposo. Bella sapeva che non stava facendo né l’una né l’altra cosa.

I ballerini rotearono lontano dai loro partner. Filippo e Madame Denali si separarono, le braccia allungate, le mani che scivolavano sulle maniche l’uno dell’altra fino ad indugiare alla punta delle dita. Filippo si riaccostò e la sollevò mentre lei saltava. Lei scivolò lentamente lungo il corpo di lui. I loro sguardi erano allacciati.

Il vino sciabordò nella coppa di Maria.

C’era solo una piccola misericordia. Madame Denali non era diventata un membro permanente della corte, e Maria non avrebbe dovuto subire l’umiliazione di essere costretta ad accettarla come dama di compagnia, come sua madre aveva dovuto un tempo sopportare Bessie Blount, Maria Bolena, Madge Shelton e Anna Bolena, una parata di amanti sempre scelte dal re  tra le dame di sua moglie.

Madame Denali era qui perché Filippo voleva che Bess sposasse il Duca di Savoia. Dato che era l’unica erede  di sua moglie, sempre più evidentemente malata, Filippo voleva assicurarsi che l’Inghilterra restasse saldamente sotto il suo controllo nel caso Maria morisse. Aveva pensato che se c’era una persona in grado di convincere Bess al matrimonio, sarebbe stata Madame Denali.

Il Duca di Savoia era cugino di Filippo e governatore dei Paesi Bassi. Le sue terre erano state confiscate dai francesi e quindi aveva buoni motivi per sostenere Filippo nella sua guerra contro di loro. La promessa di restituirgliele da parte di Filippo, ne aveva fatto un suo fedele alleato, un marito perfetto per Bess, agli occhi di Filippo. Sperava di mandare Bess nei Paesi Bassi insieme a Madame Denali.

Bess, nel suo modo indiretto, aveva già declinato quell’accoppiamento e Maria aveva concordato di cuore, anche se era materia di speculazione se l’avesse fatto per proteggere sua sorella da un matrimonio che non voleva o semplicemente in spregio a Madame Denali.

Bella si chiese se Maria sapesse dei regali che Madame Denali aveva mandato a Bess e decise che no, probabilmente non lo sapeva. E probabilmente non sapeva neanche dei loro incontri segreti, anche se il soggetto del Duca di Savoia veniva accuratamente evitato, tecnicamente, se mai Maria avesse dovuto scoprirle.

«Mi piace Madame Denali», aveva confessato Bess con aria imbarazzata. Bess si sentiva come se dovesse odiarla per semplice lealtà di famiglia, ma Madame Denali l’aveva conquistata con il suo spirito e il suo fascino. Erano molto simili, pensò Bella, entrambe dotate di un’intelligenza affilata, politicamente astute, di buone letture, e condividevano un oltraggioso senso dell’umorismo.

I ballerini si allontanarono ancora dai loro partner. Filippo fece scivolare le dita all’interno del braccio di Madame Denali. Il suo indice accarezzò gentilmente la pelle del polso di lei e si infilò per un attimo sotto il polsino. Mentre si ritraevano, Madame Denali disse qualcosa e lui scoppiò a ridere. I ballerini sobbalzarono e si fermarono mentre tutti lo guardavano sbalorditi. Nessuno alla corte inglese l’aveva mai sentito ridere.

«Va avanti da quasi dieci anni», le aveva detto Bess. «Lui voleva sposarla, ma altri accoppiamenti erano politicamente più benefici. Dicono che fosse imbarazzante il modo in cui lui la seguiva di corte in corte, sempre portandole doni sontuosi.»

Come Maria era un tempo andata dietro al suo disinteressato marito, pensò Bella. Perché Filippo non aveva avuto compassione di Maria e non le aveva mostrato un po’ di gentilezza, dato che sapeva come ci si sentiva di fronte a un amore non corrisposto? E poi era veramente amore quello che sentiva lui? C’erano molte altre a cui dedicava la sua attenzione quando Madame Denali non era alla sua corte.

Filippo sollevò di nuovo Madame Denali e poi la riabbassò in quella scivolata lenta e sensuale, gli occhi eccitati e brillanti.

Maria sbatté la coppa sul tavolo. «Basta!»

I musicisti gelarono a metà nota e i ballerini si fermarono. Tutti fissavano la Regina.

«Sono stanca e desidero ritirarmi,» disse, la voce fredda come il vento artico.

Filippo sembrava voler protestare e arrossì di rabbia quando si rese conto che non poteva. Sua moglie aveva il potere, qui. Con la faccia tesa dalla rabbia, Filippo seguì Maria fuori dalla sala, con le loro dame e gentiluomini dietro di loro. Alcuni nobili spagnoli ridacchiarono.

Seguirono la Regina alla sua camera da letto e cominciò il complicato processo della svestizione di Maria e Filippo. Lei andò a letto con la sua sottoveste e lui con la sua camicia. Entrambi erano stesi rigidamente uno da una parte e uno dall’altra del letto quando le cortine furono tirate. Maria congedò tutti i domestici.

Bella andò a cercare Edward. Era ancora nella sala grande, su una seggiola vicino alla finestra e parlava con Bess, che era appoggiata casualmente contro la parete. «Eccoti», disse Bess. «Pensavo di venire da voi a Hampstead Heath, stasera. Edward e io volevamo giocare a scacchi. Giocherai col vincitore?»

Bella scosse la testa. Non era brava a scacchi, non come Bess, che aveva passato la vita a pensare  due tre mosse avanti.

Bess chiacchierò di cose senza importanza mentre andavano a casa sulla portantina, consapevoli delle orecchie che li circondavano, ma i suoi occhi dicevano che aveva qualcosa di importante da dire. Questo rese Bella molto tesa.

Quando entrarono in casa a Hampstead Heath, incontrarono Rosalie che stava scendendo le scale, la sua grossa pancia gravida che la precedeva. Scese lentamente verso di loro, tenendosi stretta al corrimano, dato che non poteva più vedersi i piedi.

«Per le ossa di Dio, Rosalie», disse Bess meravigliata. «Ogni volta che ti vedo sei il doppio. Sei sicura di non avere una portantina lì, invece che solo un bambino?»

«Mi sto prendendo tanti di quei calci al fegato da pensare che siano più che un paio di piedi», gemette Rosalie. Si mise la mano alla schiena e si stirò. Bess la abbracciò e diede una piccola pacca sulla sua pancia.

«Dov’è Emmett?» chiese Bella.

«Mi andava un po’ di pane col miele. È andato a prendermelo in cucina.» Emmett aveva preso molto seriamente l’avvertimento che a una donna incinta va dato ogni cibo che desidera, altrimenti rischiava il bambino che portava.

La stanza di Rosalie era stata preparata con attenzione per lei e sarebbe andata al confinamento molto presto. Bella aveva trovato degli arazzi con scene della storia d’amore preferita di Rosalie, quella di Eros e Psyche. Costavano una fortuna, ma Bella pensò che ne valeva la pena, se avessero fatto felice Rosalie durante il mese che avrebbe passato in quella stanza. Rosalie non li aveva ancora visti, e Bella era tutta eccitata per la sorpresa.

Lei e Rosalie avevano lavorato insieme per fare una veste da battesimo degna del nome dei Cullen, riccamente coperta di ricami e piccole perle di fiume. Erano rimaste sorprese quando nessuno era riuscito a trovare le vesti da battesimo di Edward o Emmett e nessuno sapeva se ci fosse una veste di famiglia che venisse tramandata di generazione in generazione. Così decisero di farne una, e il bambino di Rosalie sarebbe stato il primo a indossarla. Bella aveva ricamato lo stemma di famiglia sul retro della veste, così che tutti avrebbero saputo a chi apparteneva

Emmett arrivò dalla cucina portando il piatto con il pane e miele per Rosalie. Sembrava molto fiero di se stesso, come se avesse ucciso un drago andando in cucina con i suoi piedi a prendere qualcosa. Vide tutti nell’ingresso e aggrottò la fronte. «Riunione di famiglia?» chiese. «Guai in vista?»

«Ci sono sempre guai», sospirò Bess.

Andarono nel salotto d’inverno, un piccolo soggiorno sul retro della casa che era chiamato così perché era piccolo e pesantemente pannellato, così che la stanza era calda e accogliente d’inverno. Kat Ashley arrivò mentre si sedevano, portando delle coppe di vino. Bella si chiese quando Bess le avesse detto di portarle e poi scosse la testa. Kat semplicemente sembrava sapere di cosa aveva bisogno la sua signora in ogni momento, anche se non avevano parlato per tutto il giorno.

«Cos’è stavolta?» disse Emmett stancamente. «Non sono andato a nessun incontro di preghiera. Lo giuro.»

«Non si tratta di quello», replicò Bess. «Ho parlato con Madame Denali. Se ne va alla fine del mese.»

«Grazie a Dio», disse Edward di cuore. «Penso che andrò al manicomio se dovrò ancora vedere Maria digrignare i denti per tutto un altro ballo.»

«Questo era l’argomento iniziale della conversazione. Si è resa conto che sta creando un vero problema. Maria probabilmente non sarà così sensibile alle richieste di Filippo, se lei resta qui.»

«Ma forse questa è una buona cosa», disse Rosalie. «Noi non vogliamo che la Regina accetti di entrare in guerra con la Francia.»

«Sì, ma abbiamo bisogno anche che gli affari dell’Inghilterra vadano avanti», disse Bess. «Ricorda, gli atti del Parlamento devono essere approvati da tutti e due. C’è un arretrato di lavoro che Filippo deve sbrigare in questo viaggio, e non credo che gli andrà tanto di lavorare se sua moglie gli scocca sguardi di morte dall’altra parte della scrivania. La sua permanenza qui sarà breve.»

Nessuno fu sorpreso dall’ultima rivelazione. Un tempo, Maria aveva creduto che se ne sarebbe andato per poco tempo a sistemare i suoi affari nei Paesi Bassi e poi sarebbe tornato a vivere con lei in Inghilterra per il resto delle loro vite. Adesso, cominciava a capire che la casa di suo marito era oltremare e lui si sarebbe fermato solo per brevi visite, quando la sua agenda glielo permetteva.

Bella pensò all’imbarcazione che Maria aveva tenuto pronta per il momento in cui avesse saputo che Filippo era pronto per  tornare in Inghilterra. Era rimasta alle foci del Tamigi, in attesa che la Regina desse l’ordine di partire. Quando esauriva le scorte, il capitano risaliva il fiume fino ai docks. Questa procedura si era ripetuta molte più volte di quanto si aspettassero, e alla fine la nave era stata ancorata per riparazioni. Lo scafo stava marcendo ed era ricoperto di crostacei. Dopo questo, Maria non ordinò più che tornasse alla foce in attesa. Anche le sue speranze erano marcite.

«Quando se ne va?» chiese Bella.

«La prima settimana di giugno, più o meno,» disse Bess, e sorseggiò il suo vino.

«La Regina lo sa?»

«Ovviamente no. Filippo non vuole passare il suo tempo qui annegando in un diluvio di lacrime. Aspetterà fino all’ultimo momento per dirglielo.»

Sembrava così crudele … e pietoso allo stesso tempo.

«Non andare a dirglielo, Bella», l’avvertì Bess. «Non ti dirò le cose, se non posso fidarmi di te.»

«Non glielo dirò», disse Bella, e sollevò il mento. «Non ho mai tradito la tua fiducia.»

«E credo che non lo farai mai.» Bess alzò la sua coppa in un brindisi. Bella guardò oltre lei la finestra, da cui poteva vedere lo scintillio dell’acqua del piccolo fiume. Desiderava essere lì, adesso, in quel mondo freddo e silenzioso, libera dalle preoccupazioni, trasportata dalle correnti gentili. Qui era portata da correnti che non capiva, correnti che cambiavano direzione all’improvviso, che portavano le persone contro scogli che non vedevano nell’oscurità.

Prese la mano di Edward. Edward, il suo unico rifugio. Ma era fragile. Poteva essere tolto loro in ogni momento. L’unica cosa che potevano fare era tenersi stretti e pregare.

 

 

Meno di due settimane dopo, Bella era nella stanza da letto della Regina, e la aiutava a spogliarsi per la notte.

Erano state due settimane difficili per la Regina. Aveva guardato suo marito e la sua corte  danzare intorno a Madame Denali e Maria fluttuava ai margini della sua stessa corte. Bella capiva la ragione. Madame Denali aveva portato qualcosa che a corte non si vedeva da anni: divertimento. Le sue risate e la sua giocosità  mostravano,  come un doloroso contrasto, quanto triste e austera fosse diventata la corte di Maria.

Maria era come la corda di un arco troppo tirata. Ogni giorno la sua tensione cresceva di un grado e ne stava soffrendo anche la sua salute. Le sue emicranie erano ritornate e spesso doveva ritirarsi per rimanere stesa al buio nella sua camera, seguita e schernita dal rumore attutito di risate e musica che echeggiava per i corridoi.

Prima o poi si sarebbe spezzata, e Bella temeva quello che sarebbe potuto succedere.

Il messaggero che aveva mandato a cercare il re era tornato. Maria stava mettendo la veste da notte. «Allora? Dov’è?»

Il messaggero balbettava. «V-vostra maestà, i-il re è … um … il re non è p-pronto a ritirarsi, ancora.»

«Dov’è?» ripeté Maria. I suoi occhi si assottigliarono. Il messaggero cominciò a tremare.

«L-lui … um …»

«Dove. È.» La voce bassa e roca di Maria era un ringhio.

«È negli appartamenti di Madame Denali», disse il messaggero tutto d’un fiato.

Maria si voltò e uscì dalla stanza con passo pesante, lasciando il messaggero sbalordito dietro di lei. Le dame di Maria le andarono dietro, scioccate di vedere la Regina lasciare la propria stanza in vestaglia. La regina era sempre stata troppo modesta per farsi vedere in un abbigliamento così intimo dalla corte, anche se altri monarchi, incluso suo padre, ricevevano gli ospiti nelle loro vesti da notte. I suoi capelli  scendevano dal suo semplice copricapo di lino in una treccia un po’ inargentata sulle spalle, e sobbalzava alla forza del suo furioso passo di marcia.

Il rumore delle risate la salutò ancora prima che le porte della stanza fossero aperte. Filippo era al centro di un anello di cortigiani, una benda sugli occhi, le braccia tese in fuori. Madame Denali gelò quando vide Maria entrare, gli occhi sgranati nel vedere la faccia della Regina, chiazzata di rosso per la rabbia. Tutto intorno a loro i cortigiani si inchinarono profondamente, sperando che la rabbia della Regina non ricadesse sulle loro teste.

La mano di Filippo strusciò Madame Denali e lui esclamò, «Presa!» in spagnolo. Non sembrava aver notato che le risate si erano interrotte e passò la punta delle dita sul suo viso. «Chi può essere? Non sono sicuro…» Fece scivolare le mani a stringere i suoi seni. «Ah! Madame Denali! Riconoscerei ovunque queste paperelle!» Si tolse la benda e guardò sua cugina e poi ne seguì lo sguardo fino alla porta, dove stava sua moglie, tremante di furia.

La guardò impassibile e inarcò un sopracciglio. Maria indossò il mantello gelido della dignità reale, la spina dorsale d’acciaio che aveva ereditato da generazioni di regine della sua linea di sangue. «Desidero ritirarmi», disse. Le chiazze rosse avevano dato il via a un arrossamento generale che aveva portato la sua faccia a un’allarmante sfumatura scarlatta.

«Allora ritirati!» scattò Filippo.

Gli occhi di Maria divennero due fessure scintillanti. «Desidero ritirarmi», ripeté e tutti nella stanza sentirono un brivido gelido nel sangue a quella voce. Filippo non fece eccezione, ma si rifugiò nella rabbia. Buttò a terra la sua benda e uscì a passo di marcia dalla stanza.

Gli occhi di Maria lo seguirono finché non scomparve nel corridoio e poi si voltarono verso Madame Denali. Le sue labbra erano arricciate per il disgusto, ma Madame Denali non si lasciò intimidire. Alzò il mento e guardò la Regina diretta negli occhi. Anche il suo era sangue di re.

«Tu te ne andrai dalla mia corte», disse Maria.

Madame Denali annuì. «Partirò alla fine del mese.»

«Tu te ne andrai adesso», disse Maria. «Stanotte.»

Si sentirono dei respiri improvvisi. Madame Denali guardò Maria ancora qualche momento prima di replicare «Come desiderate.»

Maria non disse nient’altro. Si voltò e uscì dalla stanza. Bella e le altre dame la seguirono stordite. Maria le congedò sulla porta della sua camera da letto e Bella andò alla portantina per andare a casa. Per una volta, pensò,  sarebbe stata lei a dare a Bess una notizia, invece che il contrario.

 

 

Jacob, non più Padre Jacob, aveva trovato rifugio in un fienile bruciato. Parte del locale era ancora intatto e lui era riuscito ad arrampicarsi sul muro di pietre fatiscenti e si era rannicchiato lì, all’interno di tre muri e una parte di tetto. Aveva visto che il luogo era stato usato da altri vagabondi, ma adesso lo aveva dichiarato suo.

Come era arrivato a quel punto? La strega lo aveva distrutto, costringendolo al peccato e portandolo sempre più in basso. Tutto quello che aveva a questo mondo era una camicia di lana grezza e un paio di pantaloni da lavoro di canapa, gli indumenti che la chiesa gli aveva restituito quando l’aveva solennemente spogliato dei suoi paramenti liturgici.

Aveva trovato un sacco di tela e vi aveva messo le cose che aveva raccolto lungo la strada: un tappeto che una ragazza stava sbattendo su un filo, e quando lei era stata richiamata per un momento, lui lo aveva preso; un pasticcio di carne che si stava raffreddando su un davanzale; una piccola forma di formaggio che   aveva visto quando aveva preso il pasticcio.

Rese grazie a Dio per quelle cose che aveva messo sul suo cammino. Il tappeto lo avrebbe tenuto al caldo in quello squallido posto e Dio aveva provveduto al cibo. Non lo considerava rubare. La gente doveva sfamare i servi di Dio, ma lui era stato ingiustamente scacciato, e la gente non lo capiva.

L’incantesimo della strega non era mai svanito nonostante i digiuni, le autoflagellazioni, le notti insonni in preghiera. Aveva abusato del proprio corpo come un adolescente che avesse appena scoperto i piaceri della carne. Aveva addirittura abbandonato l’ostia di notte per quello (e il Duca lo aveva sorpreso a farlo!) Invece che mitigare la sua empia lussuria, questo lo aveva solo infiammata di più. Ma non poteva fermarsi. Ogni volta che chiudeva gli occhi la vedeva, la sua pelle pallida che luccicava alla luce della luna come una perla.

Considerò le Scritture: Se il tuo occhio destro ti offende, strappalo via. Non credeva che Gesù intendesse che i suoi servi dovessero accecarsi o tagliare le proprie membra. Doveva intendere che andava strappato via il peccato. E l’unico modo in cui poteva farlo era spegnendo il fuoco che la strega aveva acceso nei suoi lombi.

Andò dalla puttana del villaggio. Somigliava perfino un po’ alla strega. Vestito con quegli abiti da lavoro, non pensava che l’avrebbe riconosciuto. (Di certo non l’aveva mai vista nella cappella). La pagò per una notte e la ragazza si guadagnò ogni pence. Si era sentito un po’ colpevole, al tempo, per essere stato così rude, ma era solo una puttana e sicuramente abituata a un tale trattamento. L’unica richiesta strana che le aveva fatto, era stata di aprire le imposte della finestra così da poter vedere sulla sua pelle brillare alla  luce della luna. Ma quella donna non brillava, e questo, per qualche ragione, lo aveva reso più rabbioso e rude di quanto avrebbe dovuto.

La visitò altre due volte. Lo fece pagare di più, in quelle occasioni, perché, disse, dopo che lui aveva finito con lei, non era in condizioni di avere altri clienti per un paio di giorni. Lui sospettò che mentisse, forse provando a lusingarlo per le sue misure o il suo vigore, ma in realtà non gli importava. I soldi non erano un problema.

Dopo quella terza visita, pensò di aver finalmente esorcizzato  la maledizione della strega. Per qualche mese, riuscì a tornare alla sua vecchia routine senza distrazioni. E poi era divampato di nuovo, a oltranza. Ritornò dalla puttana altre tre volte nell’anno successivo. Sei volte in tutto, come aveva confessato agli esaminatori.

Ma loro gli avevano messo davanti un documento con la sua firma in cui la chiamava “moglie”. Sapeva che non gli avevano creduto quando aveva detto loro che non aveva mai visto prima  quel documento. Il documento, unito al fatto che aveva giaciuto con quella donna come un uomo fa con sua moglie, era sufficiente a renderli legalmente sposati.

I preti che rinunciavano alle proprie mogli e si pentivano, venivano ricondotti nella chiesa, ma per essere perdonato avrebbe dovuto convenire che lei fosse davvero sua moglie, e questo non l’avrebbe mai fatto. Lui proveniva da un’eccellente famiglia, che non avrebbe imbrattato concedendo il suo nome a una comune puttana, anche se solo per il breve periodo necessario a rinunciare a lei.

Così gli avevano strappato i suoi paramenti e l’avevano scacciato. Non avrebbe potuto essere reintegrato senza il permesso del papa, e il nuovo papa era così ostile agli inglesi e agli spagnoli che aveva ordinato a tutti loro di lasciare Roma. Non avrebbe guardato con benevolenza un prete inglese che si rifiutava di ammettere il proprio peccato.

Era difficile non provare risentimento. Vescovi e cardinali avevano apertamente delle amanti, e i loro figli (a cui ci si riferiva educatamente come “nipoti”) raggiungevano spesso alti uffici all’interno della chiesa stessa. Bastava vedere i Borgia, il padre un papa, suo figlio fatto vescovo a quindici anni, sua figlia sposata a lord e duchi per interesse politico. Il Vescovo di Winchester aveva perfino autorizzato un bordello nelle terre di palazzo, le cui occupanti erano chiamate “le oche di Winchester”.

Passò lunghe ore in preghiera, aumentando gradualmente il tempo  finché si trovò a pregare per tutto il tempo di veglia, seguendo il comandamento delle Scritture, “Prega incessantemente”. Capiva adesso perché Dio avesse permesso che fosse spogliato del suo ufficio. Questo lo aveva purificato spiritualmente. Non essere più focalizzato  sulla vita spirituale degli altri lo liberava verso una più profonda comunione con lo Spirito Santo. Parlava con Dio costantemente.

E a un certo punto, Dio cominciò a rispondergli.

Era stato quando era  malato, con la febbre alta, che l’aveva sentito per la prima volta. E forse Dio aveva avuto bisogno di colpirlo con la malattia per avere tutta la sua attenzione. Più tardi, si rese conto che era quasi morto di quella febbre, ma aveva alla fine purificato la sua mente al punto che poteva sentire La Voce. E La Voce gli aveva assicurato che sarebbe stato riaccolto nella chiesa, incaricato di un alto ufficio e stimato per la sua purezza spirituale.

E la strega sarebbe bruciata.

Oh, sì, sarebbe bruciata.

 

 

 

 

 

Note storiche

-          “Madame Denali” è Cristina di Danimarca, Duchessa di Lorena. Era cugina di primo grado di Filippo,  considerata   bella, erudita e colta. Servì come reggente di Lorena e fu consigliera di molti monarchi d’Europa. Quando era un’adolescente, Enrico VIII  prese in considerazione l’idea di sposarla dopo la morte della terza moglie  Jane Seymour. Si dice che Cristina abbia fatto una battuta  dicendo che  se avesse avuto due teste, una delle due l’avrebbe di certo messa a sua disposizione. L’affetto che Filippo le mostrava venne rimarcato da molti, al tempo. Le faceva doni esagerati e cercava di convincerla ad unirsi alla sua corte, oppure visitava quelle dove era lei appena possibile. Le attuali famiglie reali di Svezia, Danimarca e Norvegia discendono da lei.

-          Filippo era un tipo arcigno che non sembra avesse un gran senso dell’umorismo. Secondo le descrizioni del tempo: “Si è fatto un nome per l’arroganza”. L’ambasciatore veneziano scrive: “Il suo aspetto severo e scontroso lo ha reso sgradito agli italiani, odiato dai fiamminghi e detestato dai tedeschi.” Uno dei biografi di Cristina scrive: “Parla poco in pubblico e raramente sorride. Durante l’anno che passò a Bruxelles, si dice che nessuno l’abbia mai visto ridere, tranne in un’unica occasione, quando con tutta la corte guardò (uno spettacolo con) un orso che suonava un organo (…) e dei gatti sfortunati, legati per le code, riempivano l’aria di grida discordanti. Alla vista di queste immagini grottesche  (Filippo) rise fino alle lacrime.” In questa storia, Filippo ha riso un’altra volta, di fronte ai suoi gentiluomini, a spese di sua moglie, ma la corte non ne è stata testimone.

-          I bordelli erano tecnicamente illegali, a Londra, ma la legge raramente veniva fatta rispettare. Le “Oche di Winchester” vivevano in un pezzetto di terra conosciuto come “liberty”. Era esentata dalle leggi della città, sostanzialmente come un piccolo regno per suo conto.

 

 

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/37/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  37

 

Rosalie andò al suo confinamento una settimana dopo. Quando vide gli arazzi, pianse sulla spalla di Bella come se il cuore le si stesse spezzando, e disse che aveva avuto torto così tanto su di lei, che non era proprio la reazione che Bella sperava. La prese con gli umori lacrimevoli della gravidanza e si limitò a dei colpetti sulla spalla di Rosalie, dicendole che era perdonata.

«No», disse Rosalie con un sorriso lacrimoso. «Non potrò mai essere perdonata, ma come mi hai detto tu, passerò il resto della mia vita a cercare di rimediare.»

Bella non aveva idea di cosa avesse fatto Rosalie di così orribile. Senza dubbio era stata meschina quando Bella era arrivata, ma lei non le serbava rancore per questo.

Il confinamento di Rosalie significava che Bella era dispensata dalla corte per tutta la durata. Bella passò un bel po’ di quel tempo con Edward e con i bambini. Rosalie aveva deciso di imitare Bella, permettendo a Emmett di entrare nelle stanze attigue alla sua, cosa che aveva fatto scuotere la testa a tutti i domestici (e a Bess) e borbottare che non si sapeva dove stava andando il mondo.

Alla fine della prima settimana di giugno, Bess scese all’argine del fiume dove Edward e Bella erano stesi su una coperta, uno nelle braccia dell’altro,  riconoscendo delle forme nelle nuvole che guardavano in alto. Bess sedette vicino a loro e guardò su la nuvola che Bella aveva appena dichiarato somigliare a un orso.

«Sembra più un tasso, direi», disse Bess pensierosa. «Guarda che scucchia lunga.»

«Lunga quasi come la tua», la prese in giro Edward.

«Ho in mente di cambiare il tuo incarico da intendente a spazzacamino», lo minacciò Bess.

«Potrebbe piacermi», sussurrò Edward all’orecchio di Bella. «Sembra che abbia una certa affinità con spazi stretti e oscuri.»

Bella rise e gli diede uno schiaffo giocoso sulla spalla. Come  era diventato diverso Edward, dall’uomo strettamente controllato e distaccato che aveva rubato la sua pelliccia. Quell’uomo non si sarebbe mai steso sull’argine con lei e non avrebbe mai sprecato la giornata a guardare passare le nuvole. Quell’uomo non avrebbe mai fatto una battuta maliziosa e sorriso a sua moglie quando lei le avesse dato uno schiaffo per questo.

«Non voglio sapere niente», disse Bess. «Comunque, ero venuta qui con delle notizie.»

«Cos’è stavolta?» sospirò Edward. «Filippo ha trovato una sostituta di Madame Denali?»

Bella sbuffò. «Magari. Almeno mi lascerebbe in pace.»

 «Ti sta ancora assillando?»

«Mi ha chiesto di sposarlo.»

«Di nuovo?» chiese Edward. «Forse gli farebbe bene ricordare che ha già una moglie.»

«Non pensa che Maria vivrà ancora a lungo», disse Bess abbassando la voce. I loro domestici erano piuttosto lontani, seduti anch’essi su una coperta sul prato, ma quelle erano parole pericolose.

«Potrebbe avere ragione», disse Bella. «Non sta affatto bene.» Sembrava che ogni parte della Regina le desse guai, in quei giorni. La testa le faceva male, gli occhi le bruciavano, i denti si erano allentati e le dolevano, il suo respiro era affannoso, lo stomaco bilioso, e le sue giunture erano infiammate da quella stessa gotta che aveva afflitto sua madre. In risposta, i dottori aumentavano i salassi e le davano purghe per far uscire dal suo corpo gli umori cattivi. Le purghe la lasciavano ancora più debole e pallida, e questo faceva raddoppiare ancora i loro sforzi.

«Non sono venuta a discutere la salute della Regina,» disse Bess. «Sono venuta a dirvi che il consiglio ha ceduto e ha dichiarato guerra alla Francia. Hanno usato il pretesto che la Francia ha sostenuto la Cospirazione di Dudley.»

Edward emise un lamento. Era una notizia che si aspettava ma che temeva. Con Filippo al suo fianco, la Regina si sentiva più sicura. Quando il consiglio aveva rifiutato la sua richiesta,  aveva minacciato i consiglieri di sostituirli con altri che l’avrebbero accettata. Questo aveva fatto cambiare loro idea, in fretta.

«Filippo ha ordinato la vendita di terre e proprietà della Corona per raccogliere il denaro che gli serve», disse Bess, e a questo la sua voce era amara e risentita. Filippo non era l’unico a pensare che la Regina non sarebbe rimasta ancora a lungo in questo mondo, e Bess stava già pensando all’Inghilterra come sua. «Edward, vorrà che tu vada a comandare alcune delle loro forze.»

«Non lo farò», disse Edward. «Non sono un generale. Non so nulla di tattiche militari.»

«Neanche gli altri che lei sta nominando», disse Bess. «A questo punto, penso che prenderebbe chiunque abbia letto una biografia di Cesare.»

«No», disse Edward, la voce ferma. «Non lo farò. Non lascerò la mia famiglia per essere un leader incompetente per una causa in cui non credo.»

Bess annuì. «Ho le persone giuste per dirle che tu non saresti una buona scelta e che sei necessario qui.»

«Grazie», disse Edward.

Bess guardò verso il fiume, l’espressione meditabonda. «Me ne andrò per un po’. Anna di Cleves è malata e voglio essere con lei quando…» Bess si interruppe mentre la sua voce si spezzava.

Anna di Cleves era l’ultima moglie sopravvissuta di Enrico VIII, una principessa che aveva sposato per cementare l’alleanza con la Germania come cuscinetto contro la Spagna e la Francia, che avevano allora formato un’alleanza. Per il loro primo incontro, decise di farle lo scherzo che lo divertiva tanto con Caterina d’Aragona. Si vestì come un contadino e si precipitò nella sua camera. Caterina aveva sempre fatto finta di non riconoscerlo e aveva danzato con lo “straniero” o lo aveva privilegiato di un nastro del suo vestito. Anna veramente non lo riconobbe e fu decisamente allarmata da questo grasso, rozzo contadino che tentava di baciarla.

Enrico era uscito pesantemente dalla stanza e aveva rimesso le sue vesti regali. Anna fu profondamente imbarazzata e il re umiliato dallo sguardo di orrore e disgusto sul viso di lei quando aveva tentato di baciarla. Lui andò avanti ugualmente col matrimonio, ma dichiarò che era così brutta e il suo seno così cadente che non poteva consumare l’unione per la repulsione. Si affrettò ad aggiungere che non c’era niente che non andava nella sua virilità dato che aveva “sogni bagnati” ed era certo di poter adempiere con qualcun'altra. Volle un immediato annullamento. L’alleanza tra Francia e Spagna era sfumata e lei comunque non era più necessaria.

Anna non era una bellezza, ma non era neanche brutta. Divenne “brutta” solo quando Enrico disse che lo era. Non appena lo disse, tutti i cortigiani concordarono e lo consolarono come un pover’uomo imbrogliato che era stato indotto a un’unione non voluta con una megera ripugnante.

Quando Anna vide gli uomini del re arrivare per lei, svenne, certa che la stessero portando alla Torre per essere decapitata, ma in realtà essi portavano le carte per l’annullamento, che lei si affrettò a firmare, anche se, educatamente, esclamò che era addolorata di perdere un così buon marito. Data la sua cooperazione, Enrico la rese molto ricca e dichiarò che sarebbe stata conosciuta come la sua “amata sorella”.

Di tutte le mogli del Re, fu l’unica che visse una vita felice. Dopo che non era più sua moglie,  il Re scoprì che Anna gli piaceva parecchio. Anche tutti i suoi figli la amarono, specialmente Elisabetta. Anna era spiritosa e vivace e così esperta nella politica europea che una volta il re disse che avrebbe voluto poterla nominare sua consigliera. Non si risposò mai, né rivide mai la sua terra natale, ma la sua vita in Inghilterra fu confortevole e felice, ed ebbe molti amici.

«Spero che si riprenda», disse Edward, ma Bess sorrise tristemente.

«Non credo che sia possibile, a questo punto, cugino, ma io spero la stessa cosa. Per favore, dite a Rosalie che mi dispiace che non sarò qui per il suo momento felice.»

Bella era piuttosto sicura che Elisabetta avrebbe comunque trovato qualcosa  per evitare di essere presente al momento del parto. Lei annuì e si alzò per baciare leggermente Bess sulle labbra. «Glielo dirò. Torna a casa presto, Bess.»

La seguirono in casa invece di riprendere il loro posto sulla coperta. I bambini si sarebbero svegliati presto dal loro sonnellino, e Bella aveva promesso di giocare con loro nella sala grande  al loro risveglio. Edward si unì a loro e si ritrovò a fare la parte dell’orso affamato, rincorrendo i bambini a quattro zampe. Quando li acchiappava e li portava nella sua tana sotto il tavolo, la piccola Elizabeth, come un cavaliere coraggioso, doveva andare a salvarli.

Bella era senza fiato dalle risate quando la cameriera entrò nella stanza. La cameriera non era con loro da molto tempo,  e vedendo il Duca che ruggiva sotto il tavolo con le mani piegate ad artiglio, e la Duchessa su una sedia, imprigionata nella torre, in attesa che la piccola Elizabeth sconfiggesse l’orso e la salvasse, pensò che il Duca e la Duchessa fossero un tantino matti. Edward prese tra le braccia la piccola Elizabeth con un ringhio feroce e fece finta di morderle la spalla. La piccola Elizabeth strillò e ridacchiò.

La cameriera odiava doverli interrompere, ma era necessario. «Vostra grazia?» Fece un inchino. «Il tempo di Lady Lisle è arrivato.»

«Buon Dio!» esclamò Bella saltando giù dalla sedia. Baciò velocemente i bambini e il marito e corse su per le scale verso la camera di Rosalie.

La levatrice era già arrivata e aveva già preparato la sedia da parto. Incoraggiava Rosalie a camminare per la stanza, anche se doveva fermarsi ogni volta che arrivava il dolore. Aveva le braccia poggiate sulle spalle di due sue cameriere.

«Camminare», disse Kat scuotendo la testa. «Non ho mai sentito niente di simile! Dovrebbe restare distesa sul letto per risparmiare le forze.»

«Ignorala», l’avvertì la levatrice. «Ho fatto nascere più bambini di quanti possa contarne. Fidati. Renderà il parto più veloce.»

Rosalie non replicò. Era arrivata un’altra contrazione e stava trattenendo il respiro.

«No, devi respirare profondamente», le disse Bella. «Profondamente ma velocemente.» Le fece vedere come e Rosalie prese il ritmo con lei finché la contrazione passò.

«Vi prego, sedete sulla seggiola, mia lady, e permettetemi di vedere i vostri progressi.»

Bella le prese la mano e Rosalie gliela strinse trasalendo quando la levatrice le mise dentro le dita. «Manca poco,» disse allegramente la levatrice. «State andando proprio bene, mia lady.»

«G-grazie.» La sua fronte era madida di sudore e Bella bagnò un panno nell’acqua che era vicino alla levatrice. Bagnò con l’acqua fredda il viso di Rosalie. Il suo respiro usciva in piccoli singhiozzi spaventati e i suoi occhi erano dilatati dalla paura. Il suo ultimo parto era stato difficoltoso e temeva di dover di nuovo sperimentare qualcosa di simile.

«Non aver paura, Rosalie. Sta andando tutto come deve, e presto avrai il tuo bel bambino da amare.» Fece a Rosalie un occhiolino cospiratore e le disse  sussurrando ad alta voce, «Speriamo che il poveretto non somigli a Emmett.»

Rosalie rise,  una risata interrotta dalla contrazione successiva. Bella la incoraggiò a respirare rapidamente fino a che non fosse passata. «Vedi? Va tutto bene. Non ci vorrà molto. Respira con me e tieni la mia mano. Non ti lascio andare.»

«Vorrei poter sopportare come te», disse Rosalie. «Non si vedeva neanche che avevi i dolori, eri così serena fino a quando il travaglio non è diventato più difficile.»

 Bella aveva sempre odiato mentire, e non era neanche così brava. «Non volevo che Edward si preoccupasse.»

Rosalie strinse i denti quando arrivò un’altra ondata di dolori. Afferrò la mano di Bella e ansimò pesantemente.

Partorire era un duro lavoro per gli umani, rifletteva Bella mentre  le contrazioni diventavano più frequenti. Poi dissero a Rosalie di spingere. Lei si sforzò, la faccia rossa e sudata. Bella le bagnò ancora il viso e le parlò, mentre la levatrice la calmava con parole dolci di elogio. Un’ultima spinta e un gemito spezzato  di Rosalie, e il bambino scivolò tra le mani della levatrice.

Invece del vagito di un neonato, il silenzio riempì la stanza.

La faccetta del bambino era blu, il cordone legato stretto intorno al collo. La levatrice lo sciolse in tutta fretta, ma il neonato non si muoveva. Lo scosse piano poi gli dette una pacca sul sedere, ma non reagì.

«Cosa c’è che non va?» gridò Rosalie. «Il mio bambino! C’è qualcosa che non va con il mio bambino?»

«Mi dispiace, mia lady,» disse con semplicità la levatrice.

Rosalie diede un grido strozzato e cercò di alzarsi dalla seggiola. Le cameriere corsero a tenerla ferma. «No, mia lady, non potete muovervi, ancora!»

Bella prese il bambino dalle braccia della levatrice e premette l’orecchio sul suo petto. Poi fece una cosa stranissima: chiuse il naso del bambino, mise la bocca sulla sua e soffiò il respiro dentro di lui. Lo fece per tre volte, poi si sentì un tossicchiare del bambino che si trasformò in un vero e proprio vagito.

«Dio sia lodato», boccheggiò la levatrice sbalordita. Si fece il segno della croce e poi si strinse le mani alle guance, scioccata.

Rosalie singhiozzava, le braccia allungate. Bella avvolse il bambino furioso, la cui faccia stava tornando a un rosa salutare, in un panno di lino e lo diede a sua madre.

«Grazie, Bella,» sussurrò lei. «Oh, Dio … Grazie.» Baciò e ribaciò la testolina del bambino. «Grazie.»

«Cosa avete fatto?» chiese la levatrice impressionata.

«La mia casa è vicino al mare», spiegò Bella. «Ho visto degli annegati  ricevere in questo modo il respiro e sopravvivere, sempre che il cuore batta.»

La levatrice sbatté gli occhi e scosse la testa leggermente,  meravigliata. «È incredibile», disse. Poi si ricordò che aveva ancora del lavoro da fare e tornò da Rosalie, aiutandola ad espellere la placenta, poi tagliò il cordone. Rosalie fece per un attimo resistenza quando la levatrice le prese il bambino per lavarlo nel recipiente di vino rosso che era in caldo vicino al camino.

«Grazie, Bella», disse Rosalie con fervore. «Tu hai salvato il mio bambino dopo che io ho cercato di portarti via il tuo.»

Bella inclinò la testa confusa. «Cosa intendi?»

Ma Rosalie non rispose. Singhiozzava così forte che la seggiola sotto di lei vibrava. Bella le avvolse le braccia intorno e la tenne stretta mentre piangeva. Sperava che Rosalie non avesse di nuovo quella tristezza dell’anima che l’aveva afflitta dopo la nascita di Margaret.

Bella aiutò la levatrice a lavare Rosalie, a metterle una camicia pulita e a metterla a letto col suo bambino (aveva deciso di allattarlo, come aveva fatto Bella), prima di andare nella camera di Emmett. Lo trovò che faceva avanti e indietro, la faccia bianca e tesa. Non appena la vide, corse verso di lei e la prese per le spalle. «Rosie sta bene? Dimmelo!»

«Sta bene», lo rassicurò. «Hai un bellissimo maschietto.»

 «Un maschio?» ripeté. «Un figlio? Ho un figlio? Ho un figlio!» Si voltò verso Edward, la faccia aperta in un enorme sorriso. «Ho un figlio!»

«Sì, ho sentito», disse Edward, un sorriso divertito sulle labbra. «Congratulazioni, fratello.»

«Posso vederla?» chiese Emmett ansioso.

Bella pensò che fosse una buona idea, data la melanconia di Rosalie. «Vai. Sono sicura che ne sarà contenta.»

Edward stava osservando sua moglie con attenzione. Dopo che Emmett ebbe chiusa la porta dietro di sé, chiese a Bella piano, «Che c’è?»

Bella scosse la testa. «Qualcosa di strano che ha detto Rosalie, ma probabilmente era solo confusa per il parto.»

Lui annuì. «Le donne dicono strane cose in quel momento, o almeno così ho sentito.»

Sì, probabilmente era questo. Non sapeva cosa stava dicendo. Bella si accoccolò contro il petto di Edward.

«Ho dovuto costringerlo a non bere», disse Edward. Tolse a Bella il suo copricapo e le sciolse i capelli. Gli caddero sulle mani come una cascata scura, e lui accarezzò quelle ciocche lucenti. Sembrava che lo calmasse. «Era così spaventato. Aveva avuto un parto difficile, l’ultima volta ed era terrorizzato di poterla perdere. È una cosa orribile sentirsi così impotenti.»

Bella si accoccolò ancora più vicina. C’erano così tanti pericoli a questo mondo che non potevano essere combattuti: la politica, la malattia, il parto… Ognuna di queste cose poteva portarti via ciò che avevi di più prezioso. «E allora dobbiamo, ogni giorno, essere grati di ciò che abbiamo.»

«Io lo sono,» le disse Edward. «Ogni giorno, io ringrazio Dio di averti trovato su quella spiaggia. Non potrò mai lasciarti andare, Bella. Mi dispiace. So che te l’ho promesso…» Si interruppe e chiuse gli occhi. «Semplicemente non posso. Ho troppo bisogno di te.»

Lei stava per spiegargli il Vincolo che si creava facendo una promessa al popolo magico quando bussarono alla porta. Edward sospirò e mise in piedi Bella. «Avanti.»

«Una lettera per voi, vostra grazia», il messaggero si inginocchiò di fronte a Edward e gli diede la lettera. Bella andò alla scrivania e prese una moneta per l’uomo. Lo ringraziò e lo spedì alle cucine per un pasto prima del viaggio di ritorno.

«È di Jasper,» disse Edward. «Lui e Alice hanno una figlia e l’hanno chiamata come te.»

«Gentile da parte loro. Una bambina! Alice deve essere così felice. Jasper si è rappacificato col fatto di aver lasciato la chiesa?»

Edward lesse il resto del testo. «Non dice niente, ma non sembra tetro come l’ultima volta che ha scritto, quindi forse sta  venendo a patti con… senti un po’, ha già saputo dell’espulsione di Madame Denali dalla corte.»

Bella pensò che a un certo punto la doveva smettere di stupirsi della velocità a cui viaggiavano i pettegolezzi, eppure questo non smetteva mai di sbalordirla.

«Deridono Maria in tutta Europa», disse Edward. «Jasper dice che ha visto una vignetta di una  strega smunta che scaccia dal palazzo con la scopa una bellezza formosa.»

Lei sperò che Maria non la vedesse mai, ma sapeva che era inevitabile. Ben presto sarebbe stata costretta a confrontarsi con questo. Le persone le infilavano questi pamphlet dove non poteva evitare di vederli, nel suo libro delle preghiere,  sotto il cuscino, sulla seggiola, attaccati nella porta del suo guardaroba … Non poteva sfuggirli, così come non poteva sfuggire alla dura verità che aveva perduto l’amore del suo popolo, che più duramente provava a soffocare l’eresia, più questa prosperava, e che il suo amore per il suo marito infedele l’aveva resa lo zimbello d’Europa.

Maria era una regina, e nelle sue vene scorreva il sangue di generazioni di reali, un pedigree che risaliva indietro di secoli. Teneva il mento alto e le spalle dritte in pubblico, ma nella sua camera da letto buia e solitaria, piangeva come una bambina smarrita, mentre ogni sogno che aveva avuto si trasformava in cenere intorno a lei.

 

 

Rosalie venne benedetta due settimane dopo il parto. Chiamarono il bambino Charles, come il padre di Emmett e Edward. Quando Emmett seppe di come Bella avesse salvato il piccolo Charles, le chiese di essere sua madrina, e naturalmente, Edward accettò il ruolo di padrino.

«Vorrei avere un onore più grande da offrirti», le disse Emmett.

«Siate una famiglia felice, Emmett, e questo mi onorerà più di qualunque titolo», rispose Bella.

Emmett annuì. Lui e Rosalie stavano per tornare a Cullen Hall ora che il bambino era nato e Bess aveva detto che voleva tornare a Hatfield. Bella invidiava a tutti loro quella libertà, ma anche quella aveva un prezzo.

Maria era rimasta profondamente offesa, l’anno precedente, quando Emmett aveva rifiutato la sua offerta  di un annullamento rapido del suo matrimonio con  quella sua moglie malfamata, e aveva bandito Rosalie dalla corte. Aveva minacciato di annullare comunque il matrimonio e accusarlo di fornicazione, ma Emmett aveva coraggiosamente tenuto il punto. Amava Rosalie, aveva detto alla Regina, e le aveva mentito spavaldamente dicendo che l’aveva sposata sapendo del suo passato. Cristo aveva perdonato Maria Maddalena, le aveva ricordato, e Rosalie aveva già scontato la sua pena, quindi, perché non perdonare anche lei? Ma La Regina non era dell’umore di perdonare.

Che fosse il confinamento di Rosalie che glielo aveva ricordato, o che fosse motivata dal bisogno di soldi di suo marito, nessuno di loro lo sapeva, ma la settimana prima aveva privato Emmett del suo titolo e delle sue terre. Edward aveva in silenzio acquistato le proprietà per unirle alle sue, perché non voleva vedere le terre che erano state di loro proprietà per generazioni andare a qualcun altro. Qualunque fosse la ragione, Edward era disgustato dalla malignità di Maria.

Adesso loro erano semplicemente “Lord Emmett” e “Lady Brandon”, anche se la maggior parte delle persone li chiamavano ancora Lord e Lady Lisle. Emmett non si preoccupava di correggerli. Non gli importava molto di avere o meno un titolo, ma gli dispiaceva della perdita per il suo figlioletto, che sarebbe stato conosciuto solo come “Master Brandon”.

Dato che Edward non poteva restituire le terre a Emmett, gliele diede da  gestire, con un salario  identico al rendimento annuale delle terre stesse. Emmett aveva le lacrime agli occhi quando Edward glielo aveva detto, e si erano abbracciati, il passato ora perdonato, la  ferita tra loro completamente guarita. Jasper ne sarebbe stato felice, quando l’avesse saputo, pensò Edward.

Edward e Bella guardarono il convoglio di carri scomparire nella distanza e poi tornarono in casa tenendosi per mano. «Charles è un bambino bellissimo», disse Edward, e Bella sentì una punta di nostalgia nelle sue parole.

Gli mise le braccia al collo. «Se la Regina ci lascia andare dopo la partenza del Re, forse potremmo cominciare a pensare ad averne un altro anche noi.»

«Gliene parlerò», promise lui, e poi una luce maliziosa si accese nei suoi occhi. «Possiamo fare pratica, intanto?»

Bella fece finta di pensarci. «Non lo so. Sono abbastanza sicura di sapere come si fa.»

«Ma ci sono dei modi che non abbiamo ancora provato», protestò Edward. Passò le dita sulla sua gola, fino allo scollo a V del suo vestito.

«Oh, va bene», disse Bella con un sospiro drammatico. «Non vorrei aver dimenticato come si fa quando sarà il momento.»

Lui la prese sulle braccia, attento al suo guardinfante, e andò per il corridoio verso la loro stanza.

«Vostra grazia!» chiamò uno dei domestici.

«Non adesso», disse Edward. «A meno che qualcuno non sia sul letto di morte, può aspettare.»

Il domestico sorrise vedendo il Duca con la Duchessa tra le braccia. «Sì, può aspettare.»

Arrivato, gettò Bella, con attenzione, sul letto (voleva giocare a fare il rude, ma non riusciva ad essere veramente rude con lei, non era nella sua natura). I fianchi di lei erano sul bordo, con le gambe che penzolavano. Le tirò su la gonna e la accarezzò dietro le cosce nude. «C’è un difetto in questa posizione,» gli annunciò lui.

«Mm?»

«Non posso vederti il viso.» Andò al suo armadio e lo aprì con la chiave che aveva sempre intorno al collo              (non voleva più rischiare che chiunque potesse girare intorno alla pelliccia di Bella di nuovo). Prese il suo prezioso specchio e glielo passò. «Giralo verso di me. Ancora un po’. Così.» La sua voce si irruvidì quando vide il calore negli occhi socchiusi di lei. «Perfetto.»

La sua mano scoprì che lei era eccitata quanto lui, ma non bastava. La voleva selvaggia, voleva che urlasse, voleva che fosse frenetica come si sentiva lui.

Si fece strada appena dentro di lei, così lentamente che lei mugolò di frustrazione, così lentamente che lei provò a spingere i fianchi indietro, ma lui la prese e la tenne  con le mani, una a tenerla ferma e l’altra a scivolare davanti per accarezzarla in lenti circoli, accompagnamento dei suoi movimenti lenti dentro di lei.

«Oh, Dio, ti prego», implorò lei, e lui non sopportò di sentirla supplicare. Spinse forte dentro di lei e ottenne le grida che voleva, anche se dovette distogliere lo sguardo dallo specchio, per evitare di perdere il controllo troppo presto.

Dopo, lui si sentì deliziosamente prosciugato, come se avesse riversato tutto, il suo cuore e la sua anima, la sua mente e il suo corpo dentro di lei. Crollò sul letto boccheggiando alla ricerca del respiro. Bella si tolse ogni pezzo di vestito che riusciva a raggiungere e poi chiese assistenza a lui per il resto. Strisciò sul letto con lui, gloriosamente nuda,  avvolgendosi al corpo di lui ancora vestito.

Forse Maria sarebbe stata così occupata dalla guerra che non le sarebbe dispiaciuto se fossero andati via, pensò Edward. Questo era quello che voleva: caldi e pigri pomeriggi in cui sonnecchiare con la sua bella moglie selkie al suo fianco. Promise che sarebbe accaduto presto, a qualunque prezzo.

 

 

Le cronache cinesi l’avrebbero chiamata “Stella Scopa”. Gli inglesi la chiamarono presagio, un segno dello scontento di Dio, un avvertimento della peste imminente o perfino della fine del mondo. Bella fece spallucce e disse che era una stella cometa. Ne aveva viste tante.

Era la prima cometa che Edward vedeva e ne rimase meravigliato.

«Cosa pensi che sia?» Edward e Bella erano  sulla spiaggia dopo una nuotata notturna. La corte aveva seguito la regina e il re a Dover, dove lui si sarebbe imbarcato l’indomani per tornare nei Paesi Bassi. Bella aveva pianto di gioia quando aveva rivisto il mare per la prima volta dopo più di un anno. Le nuotate notturne nel fiume erano divertenti e rinfrescanti, ma nulla si poteva paragonare a giocare tra le onde e trovare alghe fresche e succose.

Erano stesi sulla schiena dopo che lei era tornata alla spiaggia, e guardavano il cielo notturno. Bella aveva appoggiato la testa sul cuore di Edward e il suo battito sembrava accordarsi con la cadenza del mare, una ninna nanna che la immergeva in bei sogni. Quando lei parlò, la sonnolenza era evidente nella sua voce. «Le selkie dicono che le stelle a volte si sentono sole o si innamorano di un’altra stella e così si spostano nel cielo per stare insieme.»

A Ginevra, un uomo di nome John Knox prese la cometa come segno del dispiacere di Dio e pubblicò un pamphlet dal titolo piuttosto ingombrante «Il primo squillo di tromba contro il mostruoso regime delle donne». Per il protestante Knox,  non solo Maria era un’eretica, ma permettere a una donna di governare era un insulto a Dio, una sovversione dell’ordine naturale per cui Dio aveva fatto le donne sottomesse agli uomini per via della loro intrinseca inferiorità in intelligenza e saggezza.

«Mi piace la sua metafora, qui», ridacchiò Bella quando lei e Edward ne lessero una copia che avevano trovato  nella cappella temporanea della Regina. «Mettere una corona sulla sua testa è indecoroso come mettere una sella su una mucca ribelle. Non vedo l’ora di farlo vedere a Bess. Probabilmente  marcerà dritta su Ginevra e andrà a torcergli il collo.»

«Non possiamo tenerlo», le disse Edward. «E in ogni caso, scommetto che Bess l’ha già letto.» Prese il pamphlet e lo buttò nel camino, assicurandosi che fosse completamente consumato prima di tornare a letto con Bella. Aveva il sospetto che la loro stanza fosse frugata, perché a volte trovava delle cose fuori posto, inspiegabilmente. Anche l’armadietto che conteneva la pelliccia di Bella era stato aperto, e lui sapeva per certo di averlo sempre chiuso a chiave.

Al mattino, l’intera corte andò ai dock per salutare il re mentre si imbarcava sulla sua nave. Stupì tutti quando fece la cosa più gentile che avesse mai fatto per la Regina da quando erano sposati: la baciò leggermente sulle labbra prima di voltarsi e salire sulla nave.

Maria premette la punta delle dita contro le labbra e le si riempirono gli occhi di lacrime. Un anno fa, due anni fa, la sua azione l’avrebbe mandata in una frenesia di gioia e speranza. Ora, sembrava solo renderla triste.

La nave alzò le vele e scivolò fuori del porto tra le grida festanti di quelli che erano sulla spiaggia. Per molti di loro era vero entusiasmo, e festeggiavano  vedendolo lasciare le spiagge dell’Inghilterra. Maria rimase sul dock, guardando silenziosamente finché la nave di suo marito scomparve all’orizzonte.

Non l’avrebbe rivisto mai più.

 

 

 

Note storiche

-          A proposito dei titoli: ‘Brandon’ è il nome di famiglia di Edward in questa storia. Suo padre era Charles Brandon, Duca di Cullen (nella realtà era Duca di Suffolk). Il secondo figlio di un duca poteva avere uno dei titoli secondari del duca, ma senza questi, sarebbe stato semplicemente “Lord Emmett”. Rosalie, d’altra parte, sarebbe stata “Rosalie, Lady Brandon”. Non avrebbe mai potuto  chiamarsi  “Lady Rosalie”, perché  non era nata con il titolo. Le figlie di un Barone , o più alto rango, avevano il titolo di cortesia di “Lady Nome di Battesimo”, ma quelle che diventavano lady in virtù di un matrimonio, erano chiamate “Lady Cognome”.

-          La cometa in realtà apparve ad ottobre. Io l’ho spostata all’estate.

-          John Knox pubblicò il suo pamphlet contro il “Mostruoso regime delle donne” nell’estate del 1558. La sua frase sulla “mucca ribelle” è stampata nell’appendice  dell’edizione del 1878, in una lettera alla regina Elisabetta, riferendosi a Maria di Guisa, che servì come reggente di sua figlia Maria, regina di Scozia.

 

 

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/38/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  38

 

Anna di Cleves morì poco meno di due settimane dopo la partenza del re. Bess era devastata. La lettera che mandò a Bella era chiazzata di lacrime quasi come quelle che riceveva da Maria.

Maria ordinò che fosse posta nell’Abbazia di Westminster, il corpo vicino all’altare maggiore. Né Maria né Elisabetta furono presenti, perché il protocollo reale lo proibiva, ma si assicurarono che avesse un funerale degno di una Regina d’Inghilterra. Anna fu portata nell’abbazia su un magnifico carro funebre coperto di stoffe fini, maglia d’oro e velluto, che fu fermato di fronte alla tomba non ancora finita, dopo che la bara dentro era stata sigillata. Delle enormi candele bruciavano giorno e notte e un effigie di cera, abbigliata con uno degli abiti di Anna, vi era stata posta sopra.

Quella notte, dei monaci si introdussero nell’abbazia e rubarono tutte le stoffe dal carro funebre e il vestito dall’effigie, che fu fatto a pezzi e sparpagliato a terra. Bess si infuriò quando lo seppe e chiese a Maria di fare qualcosa, e anche se Maria rispose che avrebbe investigato, non ne venne fuori nulla.

Bess sbraitò e si infuriò per questo quando tornò a casa ad Hampstead Heath. Bella pensava che l’inazione di Maria rendesse Bess più rabbiosa della stessa spoliazione del carro funebre. Così chiese, e ricevette, il permesso di lasciare la corte, non potendo sopportare di guardare Maria senza farsi bollire il sangue dalla rabbia.

Al mattino, Bella e Edward portarono i bambini a corte. Maria aveva detto che era tempo che le fossero formalmente presentati, un atto che li rendeva sostanzialmente parte della vita di corte, politicamente e socialmente rilevanti. Bella non voleva, ma non aveva scelta. Questo era la vita a corte: non avere scelta.

Oltrepassarono il gruppo di cortigiani che aspettavano il loro turno per essere presentati, perché il Duca e la Duchessa avevano la precedenza. Aspettarono sulla porta di essere chiamati e Bella tentò un’ultima volta di sistemare i capelli di Ward. Sbucavano fuori dal piccolo copricapo come se non avessero mai fatto conoscenza con un pettine.

Edward ridacchiò. «Stai combattendo una battaglia inutile, mia cara.»

Ward aveva tre anni, adesso, una miniatura di suo padre, con i suoi capelli rosso Tudor ingovernabili e la linea decisa della mascella, ma i suoi occhi erano quelli di Bella. Mentre entrava nella sala delle udienze, tenendo la mano della sorella più grande, quegli occhi erano enormi e solenni. Indossava un piccolo farsetto ingioiellato con una sopravveste rifilata in zibellino, calzamaglia e una piccola conchiglia ( su cui aveva dato piccoli pugni e aveva ridacchiato per tutto il tempo che erano stati sulla portantina) e una spada in miniatura gli pendeva di lato.

La piccola Elizabeth indossava una miniatura del vestito di Bella, seta bianca coperta di rosette di maglia d’oro, ognuna con una grossa perla al centro. La pesante sottoveste ricamata era coperta di motivi variegati con perle più piccole. I suoi riccioli scendevano liberi sulle sue spalle da sotto il copricapo.

«Il Duca e la Duchessa di Cullen, il Conte di Portland e Lady Elizabeth!» annunciò il banditore di Maria mentre entravano.

Ward saltellò un po’, ma camminò con fermezza fino al centro della sala dietro i suoi genitori. Bella si chiese cosa pensasse della foresta di cortigiani che erano allineati di lato, tutti a guardare, qualcuno a sussurrare, qualcuno guardando storto, alcuni incantati e sorridenti, ma tutti con gli occhi su di lui.

Bella e Edward fecero un profondo inchino di fronte alla Regina, e i bambini fecero lo stesso. La piccola Elizabeth aveva fatto pratica col suo inchino decine di volte e lo eseguì perfettamente. Ward si colpì allo stomaco con l’elsa della piccola spada e inciampò. Qualcuno ridacchiò tra il pubblico.

Lo sguardo di Maria era morbido e tenero. «Prego, portateli più vicini.»

Bella li spinse entrambi verso i gradini della pedana. Maria scivolò dal suo trono e si sedette in cima ai gradini, un’azione che provocò sussulti scioccati nella sala. La Regina semplicemente non faceva queste cose di fronte alla sua corte. Doveva favorire moltissimo i bambini, decisero i cortigiani, e qualcuno già pensava a doni o approcci che potessero far sentire i bambini obbligati verso di loro, una volta adulti, quando avessero preso posto alla corte.

«Ciao, Ward,» disse piano la Regina. «L’ultima volta che ti ho visto eri così piccolo.» Gli baciò la fronte. «Oh, quanto vorrei che tu fossi mio.» I suoi occhi brillarono di lacrime mentre si ritraeva.

«Non piangere, Regina,» disse Ward. Mise la mano in tasca e prese un pezzo di arancia candita ricoperto di garza, probabilmente sgraffignato dalla cena della sera prima, e glielo offrì. Maria lo prese con un sorriso e se lo mise in tasca. Si voltò verso la sorella di Ward.

«Lady Elizabeth … mio Dio, siete cresciuta. Siete bellissima.»

«Grazie, vostra maestà.» Elizabeth si inchinò di nuovo.

Maria la fece rialzare e la baciò sulla fronte come aveva fatto con Ward. «Come vanno le vostre lezioni, Lady Elizabeth?»

Elizabeth si lanciò in una spiegazione dei suoi studi, ma fu interrotta da suo fratello.

«Ho una spada,» disse Ward a Maria, indicandola. «Ma il padre l’ha legata così  che non possa tirarla fuori. Sono stato cattivo.»

Le labbra di Maria si contrassero. «Cosa hai fatto?»

«Non dovevo tagliare le cortine del letto,» disse Ward. «Così è legata fino a che non sarò responsabile.»

«Capisco. Tuo padre ha ragione, naturalmente.»

Bella vide le spalle della piccola Elizabeth abbassarsi per la delusione, perché la Regina sembrava più interessata a suo fratello. Era una lezione dolorosa che stava lentamente imparando: la gente preferiva i maschi alle femmine. Tutti tranne i suoi genitori sembravano pensare a una ragazza educata alla stregua di un cagnolino addestrato: divertente, ma alla fine senza nessun valore.

I cortigiani alla fine cominciarono a chiacchierare tra loro quando fu evidente  che Maria avrebbe continuato a parlare con i bambini. Non c’era niente di interessante in questo, nessun segreto da carpire, nessuna opzione diplomatica rivelata, nessuna informazione da poter usare come ricatto.

Fu solo quando la Regina disse alla piccola Elizabeth, «Sarai presto pronta per il matrimonio», che l’attenzione dei cortigiani fu di nuovo catturata. La figlia del Duca avrebbe avuto sicuramente un’enorme dote ed era quinta in linea di successione per il trono.

«Io non voglio sposarmi», dichiarò la piccola Elizabeth. «Voglio restare nubile come Zia Bess.»

Maria ridacchiò. «Cambierai idea, come ho fatto io, piccola. Il matrimonio è quello che Dio destina alle donne, a meno che non siano chiamate dalla chiesa.»

La piccola Elizabeth aprì bocca per replicare, ma l’attenzione della Regina era già tornata su suo fratello.

 

 

Quella sera, Bella spazzolava i capelli di Maria dopo che si era svestita per andare a letto. Anche Bella stava sbadigliando ed era pronta per tornare a casa tra le braccia di Edward. Lui e Maria avevano avuto una lunga conversazione quel pomeriggio e Bella era ansiosa di sapere cosa si erano detti. Finora Maria non le aveva detto niente.

«Bella?»

«Sì, vostra maestà?»

«Non ho i miei corsi da quando il re è partito.»

A Bella mancò il respiro. Maria si mise le mani sulla pancia, e Bella vide che era leggermente gonfia.

«Vostra maestà …»

«Credo di essere gravida», disse Maria, e c’era un bagliore testardo nei suoi occhi. «Solo un mese. Aspetterò ancora un po’, finché sentirò muoversi il bambino,  prima di dirlo a Filippo, ma volevo che tu sapessi.» Prese la spazzola dalle dita lasse di Bella e la strinse nella mano con fermezza.

«Voglio che tu legga questo.» Passò a Bella un foglio piegato.

«Ritenendo di essere gravida, in legittimo matrimonio con il mio amatissimo marito e Signore, sebbene in buona salute, ma conoscendo il grande pericolo decretato da Dio per ogni donna nel parto, ho pensato fosse  una  buona  cosa  per l’ordine all’interno  del mio regno, dichiarare le mie ultime volontà e testamento…»

Lasciava la corona a suo figlio, con Filippo come reggente fino al raggiungimento della maturità, ma non diceva nulla di cosa sarebbe successo se il bambino fosse morto con lei. Bella rilasciò il respiro che stava trattenendo.

Edward le aveva detto che la sua segreta paura era che Maria provasse a fare quello che aveva fatto suo fratello, che avrebbe lasciato la corona a Edward come erede cattolico. Edward non sapeva cosa avrebbe fatto Bess in questa situazione, e non voleva saperlo. Aveva scritto una rinuncia ai suoi diritti al trono, di cui lui e Bella portavano una copia ovunque andassero. Nel caso che.

Continuò a leggere. A parte i regolari lasciti ad amici e famiglia, e messe da celebrare per la sua anima, chiedeva che una tomba degna fosse eretta in sua memoria e che il corpo di sua madre, Caterina d’Aragona, fosse riesumato dalla sua umile tomba e riseppellito vicino a lei, in una tomba onorevole per suo conto.

A suo marito, lasciava il diamante che l’Imperatore le aveva mandato come dono di fidanzamento, e diceva, «Lascio a sua maestà l’amore dei miei sudditi, che è più prezioso di ogni gioiello o di ogni eredità.»

Lei chiuse gli occhi. Oh, Maria, tu non puoi lasciare in eredità ciò che non è tuo. Guardò il viso di Maria per provare a determinare se fosse una piccola stilettata per lui o uno scherzo, anche se includere uno dei due in un testamento era strano, ma il viso di Maria era solenne.

«Dovreste parlare con Edward di questo», le disse Bella.

«Io voglio parlare con te.»

Bella posò il foglio. «Cosa desiderate che vi dica, vostra maestà?»

Maria fece una risatina che sembrava quasi un singhiozzo. «Desidererei che qualcuno fosse onesto con me, per cambiare.»

«La gente ha paura di essere onesta con voi, maestà.»

Maria sbatté gli occhi. «Sono una simile tiranna?» chiese. «L’ho visto in mio padre. Era circondato da persone che gli davano ragione ogni volta che parlava. Sì, avrebbe dovuto lasciare quella che era sua moglie da vent’anni per una comune sgualdrina. Sì, doveva rompere con mille anni di tradizione cristiana e negare l’autorità del papa. Sì, doveva costringere ogni uomo in Inghilterra a giurare che la Grande Puttana era l’unica vera Regina e che lui era a capo della chiesa. Sì, doveva decapitare la donna per cui aveva messo da parte sua moglie. Sì, sempre sì.”

«Quelli che gli dicevano di no finivano come Thomas More», disse Bella. «Credeva che qualunque cosa volesse doveva essere la volontà di Dio che si manifestava tramite lui.»

Maria trasalì. Bella immaginò che chiunque voglia pensare che quello che vuole fare sia quello che vuole anche Dio, specialmente i monarchi.

Maria girò la semplice fascetta d’oro che aveva al dito. «Ero così felice. Ti ricordi, Bella? Il giorno del mio matrimonio. È stato il momento più felice della mia vita. Sembrava che Dio mi stesse sorridendo e che tutto sarebbe tornato come prima che quella strega facesse a pezzi il nostro paese. Ma adesso mi guardo intorno e le cose sembrano peggiori di prima che salissi al trono e non so perché…» la voce di Maria si spezzò e si passò le dita sotto gli occhi per asciugare le lacrime.

«È come se il suo fantasma mi perseguitasse, schernendomi, ancora al lavoro per distruggere tutto quello che tento di costruire. E so che se morirò di parto e il mio bambino non mi sopravvivrà, la figlia di Anna Bolena  disferà tutto quello che ho fatto per provare a mettere ordine in questo paese.»

«Se non altro, abbiate fiducia che la Principessa Elisabetta vuole il meglio per l’Inghilterra. Ama la sua terra e la sua gente e credo sinceramente che abbia buone intenzioni.»

«La sua intenzione è di portare il nostro popolo alla dannazione», sibilò Maria. «Se dovesse governare dopo di me, tu credi che continuerà il mio lavoro per ripristinare la chiesa? Seguirà le mie istruzioni per i lasciti testamentari ai monaci e alle monache? Pagherà le messe per la mia anima?»

«Mi piace credere che sarà così gentile da seguire i vostri desideri», disse Bella.

«Tu pensi sempre il meglio delle persone, Bella. Io ho imparato ad aspettarmi il peggio.» Maria allungò il braccio e prese la mano di Bella. La pelle di Maria era fredda e viscida, e lei tremava leggermente. «Te ne vai, vero?»

«Col permesso di vostra maestà.»

Maria le lasciò la mano e prese il nastro di uno dei suoi polsini. «Tu non sei fatta per la vita di corte. Ti vedo quando torni da casa tua, la tua pelle è di un rosa salutare e i tuoi occhi vivaci, ma più stai qui più appassisci, come un fiore privato del sole. Io sono egoista, Bella. Vorrei tenere le persone che amo al mio fianco, ma non posso più tenerti qui. Ti amo abbastanza da volerti felice, anche se significa lasciarti andare.»

Bella abbracciò la Regina e Maria chiuse gli occhi, come assaporando la sensazione delle braccia di un’altra persona che la stringevano. Bella pensò come fosse triste che Maria fosse stata così poco abbracciata nella vita.

«Anche Jane Dormer mi lascerà», disse piano Maria quando lei si ritrasse. «Le ho dato il permesso di sposare il Duca di Feria quando ritornerà la prossima volta col re.»

Bella sentì una pugnalata di pietà al fatto che Maria credesse che ci sarebbe stata una prossima volta.

Maria si accarezzò l’addome. «Ritornerai per il mio confinamento?» chiese.

Bella annuì. «Tornerò.»

Maria la guardò fermamente per qualche secondo. «Tu non credi che  ci sia un bambino, vero?»

«No, maestà, non ci credo.»

Una fiamma lampeggiò negli occhi di Maria, ma parlò con calma. «Allora ti sorprenderò.»

«Spero che lo facciate.» Abbracciò di nuovo Maria. «Spero che lo facciate.»

 

 

Il cuore di Bella cantava di gioia. Tornavano a casa! Finalmente a casa! Edward ordinò che la casa di Hampstead Heath venisse chiusa, perché non sarebbero tornati a corte per molto tempo, o forse mai.

La loro ponderosa carovana di carri e domestici e guardie a cavallo attraversò la campagna. La gente correva dai campi a salutare mentre passavano, perché il Duca e la Duchessa erano ben conosciuti e amati per il loro cuore caritatevole. Alcuni più coraggiosi correvano fino alla portantina, gridando le loro privazioni e Edward dava sempre delle monete ai portatori da dare loro.

La portantina arrivò davanti a Cullen Hall, dove Rosalie e Emmett stavano aspettando. Rosalie aveva il suo bambino, Charles, tra le braccia, e corse a baciare Bella non appena scese dalla portantina. «Oh, Bella, mi sei mancata tanto!»

«Mi si mancata anche tu, Rosalie. Oh mio Dio, Charles è cresciuto!»

«Sono sempre stata la miglior balia della parrocchia!» si vantò Rosalie mentre lo dava da tenere a Bella. Era paffuto e in salute, e non era fasciato. Aveva i capelli biondi di Rosalie, ma il viso era puro Emmett. Il suo sorriso sdentato le ricordò quello che aveva visto sulla faccia di Emmett mentre osservava orgoglioso suo figlio.

«È molto grasso», lo lodò Ellen, ed Emmett era raggiante al complimento. Si pensava che i bambini grassi fossero più resistenti e ben tenuti. Charles afferrò la collana d’oro e granato di Bella e se la infilò in bocca.

La piccola Elizabeth strillò di gioia quando vide Margaret. Aveva preso male la loro separazione, e la riunione fu gioiosa. La piccola Elizabeth sembrava vedere Margaret come la combinazione  di una figlia e di una sorellina.

Entrarono insieme in casa e Emmett li portò nel salotto d’inverno. Ellen portò di sopra nelle loro camere i bambini eccitati.

«È arrivata per voi una lettera di Bess», disse Emmett dopo che si furono seduti al tavolo rotondo. Non c’erano domestici nella stanza e così versò lui  due bicchieri di birra per Bella e Edward, e poi si versò per sé un po’ di birra leggera. Rosalie aveva una coppa di vino del Reno. In un piatto di fronte a loro c’era formaggio, pane e carne fredda e  Edward  lo assalì. Per Bella c’era una porzione di pastinaca al burro, tenuta in caldo sulla pietra. Il loro convoglio aveva dovuto fare una pausa inaspettata la sera prima, per riparare una ruota rotta e aveva dovuto passare la notte in una locanda molto misera che non aveva altro da servire se non arrosto unto di montone e pane stantio. Bella non aveva potuto mangiare, e Edward non aveva voluto.

«Cosa vuole?» chiese Edward con la bocca piena di pane. Presumeva, correttamente, che Emmett l’avesse letta.

«Voleva dirvi della vittoria a Saint Quentin. Da quello che dice, Maria è orgogliosa come se avesse condotto lei la battaglia. Vede questo come una rivendicazione, come la prova che portare in guerra l’Inghilterra sia stata una buona cosa. È felice perché è stata una vittoria rapida e decisiva, senza grande spargimento di sangue, ma alcune truppe del re hanno appiccato il fuoco alla città e l’hanno bruciata completamente. Con le persone ancora dentro.»

Bella chiuse gli occhi. Ancora fuoco legato al nome di Maria.

«Lei non sa di questa parte, secondo Bess», aggiunse Emmett. «Ma questa è la rivelazione davvero interessante: la Spagna e il papa sono in trattative di pace.»

«Bene, allora la guerra finirà prima di fare altri danni alla nostra terra», disse Bella.

Edward scosse la testa. «La Spagna e il papa possono comporre le loro controversie, ma noi abbiamo ancora una guerra dichiarata con la Francia.»

«Il re di Francia ha detto che sa che non è colpa di Maria», disse Emmett speranzoso. «Ha incolpato Filippo di averla tirata dentro.»

«Questo non significa che metterà da parte le armi», gli disse Edward. Si passò una mano tra i capelli e espresse una preghiera silenziosa, che ora che Filippo li aveva trascinati in questa guerra, non li lasciasse ad avere a che fare con la Francia da soli. «Temo che i guai non siano finiti.»

Emmett sbuffò. «Cominci a sembrarmi fatalista come il Predicatore Jacob.»

«Chi?»

«Il tuo vecchio cappellano. Lo chiamano Predicatore Jacob, adesso, da quando gli hanno tolto il sacerdozio. Gira per le campagne  ammonendo la gente che il ritorno di Cristo è imminente, come prova quella cosa luminosa nel cielo, e la terra deve essere purgata dal peccato prima che arrivi o pagheremo tutti per aver dato rifugio ai nemici di Dio. Si sta guadagnando un seguito rispettabile.»

Edward sentì un brivido gelato alla spina dorsale. Jacob era ancora pericoloso? Era una situazione che necessitava di attento esame.

Quell’autunno, il raccolto fu abbondante e il popolo d’Inghilterra gioì. Alla fine, sembrava, Dio mostrava un po’ di misericordia alla loro povera terra assediata. I contadini celebrarono con feste e falò. Il tempo della fame era finalmente  finito. Con grande sorpresa del popolo, Bella e Edward presenziarono alle loro feste e alle loro danze, e la Duchessa ballò davvero con alcuni degli agricoltori, dopo aver imparato i vivaci, semplici passi, così diversi dalle danze solenni della corte.

Edward la guardava volteggiare da ballerino a ballerino, e batteva le mani col resto del pubblico, tenendo il tempo con la musica. I  capelli di lei si erano liberati dalle forcine e scendevano dietro di lei come una cascata, la sua faccia era arrossata dalle risate. Vedeva il brillio dei suoi occhi anche dall’altra parte della stanza, e seppe che non sarebbero mai potuto tornare indietro. Non credeva, a questo punto, che Maria li avrebbe puniti se si fossero rifiutati, ma lui avrebbe resistito, se ce ne fosse stato bisogno. Perché era così, che Bella doveva essere, accesa di allegria, tra gente che la amava per l’anima gentile che era.

I festeggiamenti per la raccolta continuarono fino a Natale. I bambini erano adesso abbastanza grandi da uscire con Edward e Bella alla ricerca del ceppo di Natale, anche se Ward annaspava nella neve, finché suo padre lo prese in braccio e lo portò attraverso il bosco oscuro.

Edward aveva il vago ricordo di suo padre e sua madre che lo portavano qui, e quanto gli fosse sembrato magico, un bosco incantato illuminato dalle torce, le luci che si muovevano mentre tutti cercavano il ceppo perfetto. Voleva che i suoi bambini avessero ricordi come quello. Natale era ancora più bello se si dedicavano a farlo godere ai bambini.

Bella li introdusse allo “slittamento”, qualcosa che Edward non aveva mai fatto. Si era fatta costruire dal carpentiere una larga tavola con il bordo frontale rialzato, e con quella lei e i bambini scivolavano giù per la collina coperta di neve. Dopo averlo fatto la prima volta insieme a loro, i bambini lo fecero da soli senza paura, anche se Elizabeth  fu avvertita di stare attenta con Maggie e Ward. Lei scoccò loro uno sguardo indignato, come se fosse stata insultata dall’insinuazione che avrebbe mai permesso che il suo fratellino e “la sua bambina” potessero farsi male.

Mentre giocavano, Edward guardava come Elizabeth aiutava suo fratello quando ne aveva bisogno, e come lo rimproverava, anche, quando ce n’era bisogno. Lo confortava sapere che Elizabeth sarebbe stata sempre il prode difensore di suo fratello, ma non avrebbe esitato a dirgli quando sbagliava. La prossima generazione era sulla buona strada, e Edward era così orgoglioso di loro che si sentiva scoppiare.

Nel mondo di fuori, Il Nuovo Anno cominciò solennemente quando i francesi diedero un colpo devastante al morale degli inglesi. Presero la città di Calais, l’ultimo pezzo di territorio inglese in terra di Francia e sul continente, una città che gli inglesi avevano tenuto per quasi duecento anni. Come gran parte dell’Inghilterra, era poco difesa, anche se Maria aveva cominciato in fretta a fortificarla, appena dichiarata la guerra.   Troppo poco, troppo tardi.

Maria era umiliata. Come monarca, fu il momento peggiore del suo regno e la ferì  tanto quanto l’umiliazione che aveva sofferto come donna: la sua gravidanza isterica e le infedeltà di suo marito.

Ma lì, nelle terre Cullen, tutto andava bene, nel loro piccolo mondo, riparato dalle tempeste, un regno di amore e felicità.

Bella  aveva detto a Edward che aveva promesso di ritornare per il confinamento della Regina, ma da quello che Bess gli aveva scritto, sembrava che nessun preparativo fosse stato fatto. Questa volta, solo Maria credeva di avere un bambino nel ventre gonfio. Febbraio passò, e poi marzo, e si arrivò a giugno senza una parola da Maria, che era terribilmente addolorata, scriveva Bess, perché il papa, ancora maligno, aveva spogliato il Cardinale Pole del suo status come legato papale e gli aveva ordinato di andare a Roma ad affrontare le accuse di eresia. Ma Pole era troppo malato per viaggiare, e Maria era devastata dal fatto che stesse morendo, e poi era stata di nuovo spezzata dalla notizia che l’Imperatore era morto.

In luglio, Bella andò nello studio di Edward. Senza parlare, gli prese la mano e se la mise sulla pancia.

Lui lasciò cadere la penna e la guardò, con la bocca aperta, il cuore che martellava nel petto.

«Davvero?» chiese.

«Davvero», disse lei. «La Regina non mi chiederà di tornare per ora, e ho pensato che saresti stato contento se… » le parole si spensero, rese incerte dallo sguardo stupito sul viso di lui.

Lui si alzò barcollando dalla sua sedia, la abbracciò e la baciò come se il destino del mondo dipendesse da quello. Bella ansimava quando lui si ritrasse.

«Davvero?» chiese di nuovo, e stavolta vedeva lo scintillio di gioia nei suoi occhi.

«Davvero», rispose lei.

Lui nascose il viso nel collo di lei e pianse.

 

 

«Sento che dovrei stare con lei», disse Bella, la voce bassa così che solo Edward la potesse sentire.

Erano a letto e Edward le stava spazzolando i capelli dopo una delle loro nuotate notturne. Erano soli nella stanza, come sempre nelle notti in cui andavano alla spiaggia, ma quelle erano comunque parole pericolose.

Tutti sapevano che Maria stava morendo, ma nessuno ne parlava. Bess diceva che Maria era scarna e debole, solo pelle e ossa, e il suo addome si era di nuovo appiattito, come nella precedente “gravidanza”. Una febbre intermittente faceva arrossare la sua pelle, e aveva cominciato ad andare a letto sempre prima e ad alzarsi sempre più tardi, fino a restare sveglia solo poche ore al giorno.

In settembre, Madame Denali negoziò un armistizio tra Francia e Inghilterra, senza che la Regina lo sapesse. Filippo fu d’accordo a ritirare le forze inglesi dalla Francia, abbandonando il poco che avevano guadagnato, in cambio della restituzione del Ducato di Savoia. La guerra era finita, e l’Inghilterra era la  grande sconfitta.

In ottobre, Maria accettò alla fine il fatto che non c’era un bambino nella sua pancia, e aggiunse un codicillo alle sue volontà:  Giacché Dio non ha mandato frutto né eredi nel mio corpo, ho pensato bene, sentendomi al momento debole e malata nel corpo, che  il mio compito debba essere eseguito dai miei sudditi a correggere la mia volontà e testamento…

A questo punto, non riuscì a nominare la Principessa Elisabetta sua erede. Il massimo che riuscì a fare fu dire che il suo desiderio era che il trono fosse ereditato in accordo con le leggi della nazione. La figlia di Anna Bolena, La Grande Puttana, avrebbe avuto il trono d’Inghilterra.

Mandò Jane Dormer a Hatfield, a estorcere tre promesse alla Principessa Elisabetta: che avrebbe  difeso la fede cattolica, che si sarebbe presa cura dei domestici di Maria e che avrebbe pagato i suoi debiti. Elisabetta accettò. Mentì, così come Maria aveva mentito quando aveva detto che non avrebbe costretto nessuno ad andare a messa. Elisabetta poteva dire a se stessa che aveva mentito per blandire una donna morente, ma aveva mentito comunque.

 

 

Alla fine di ottobre, Bella stava preparando dei vestiti caldi da distribuire ai poveri quando uno dei domestici entrò nella stanza, tremante, gli occhi bassi al suolo.

«Che c’è?» gridò Bella, l’agitazione che le stringeva la gola. Si trattava di Edward? Oh, no, non Edward!

«Charles Swan è qui per vedervi, vostra grazia.»

«Chi?» chiese Bella, la fronte aggrottata per la confusione.

«Lo Sceriffo, Charles Swan, vostra grazia.»

Oh, sì, lui. Una volta aveva arrestato Anne Askew. «E cosa vuole mai?» Bella mise da parte la pila di indumenti e scese di sotto. Alla porta del grande  atrio, si fermò, non comprendendo quello che vedeva. Charles Swan aveva portato un contingente di guardie armate con sé, e marciavano verso di lei come un solo uomo.

«Bella, Duchessa di Cullen?» chiese Charles Swan. Era un uomo alto, bruno come uno spagnolo, con capelli neri come l’inchiostro. La faccia era impassibile mentre parlava.

«Sapete chi sono», disse Bella. «Ci siamo già incontrati.» Anche se brevemente, lui avrebbe dovuto ricordarsi di lei.

«Io vi arresto in nome della Regina con l’accusa di stregoneria e eresia.»

 

 

 

 

 

 

Note storiche

-          Le effigi erano statue delle persone morte, fatte in cera o legno, il più possibile somiglianti al deceduto. Quelle di cera erano spesso fatte con le maschere funebri della persona. (Dopo la morte,  cospargevano di stucco la faccia e ne facevano un calco). Le effigi della madre e del padre di Enrico VIII sono ancora nell’Abbazia di Westminster. Quella si sua madre, Elisabetta di York, è sorprendentemente realistica.

-          Anna di Cleves non fu l’unica regina di Enrico VIII ad avere problemi dopo il funerale. Il corpo di Caterina Parr fu sepolto nella cappella di Sudeley Castle, ma nei successivi duecento anni, la cappella andò in rovina. Verso la fine del 700, i proprietari, curiosando per le rovine, trovarono la bara di Caterina e la aprirono. Fu riportato che il suo corpo era in condizioni quasi perfette. I proprietari tagliarono alcune ciocche dei suoi capelli e richiusero la bara. Fu riaperta diverse volte nei decenni successivi da curiosi che volevano dare un’occhiata all’ultima moglie di Enrico. Nel 1790, degli ubriachi aprirono la bara e tirarono fuori il corpo di Caterina, danzarono con lei, ( e si dice che uno di loro la baciò sulle labbra!) e poi la seppellirono di nuovo a testa in giù. Quando la bara fu aperta di nuovo nel 1817, di Caterina era rimasto solo lo scheletro. La cappella fu ricostruita e a Caterina fu data una bella tomba in cui ancora adesso risposa.

-          Alcune fonti riportano che Maria fece riesumare e bruciare il corpo di suo padre. Enrico ebbe una grande e impressionante tomba disegnata per lui, usando parti della tomba del cardinale Wolsey, che era stata confiscata dopo la sua caduta, ma non fu mai terminata. Nelle sue ultime volontà, Maria ordinò che fosse costruita una tomba appropriata per lei e sua madre, ma non nominò suo padre, che secondo alcuni è prova che  veramente aveva distrutto il suo corpo. Comunque, i vittoriani amavano disseppellire le celebrità e dare un’occhiata nelle loro bare. Nel 1813, la cripta sotto il pavimento della cappella di St. George, dove erano seppelliti Enrico VIII e Jane Seymour, fu aperta. Scrissero di aver visto uno scheletro con la barba.

 

 

 

 

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/39/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  39

 

Bella sedeva su un mucchietto di paglia nei sotterranei del torrione della guarnigione. La stanza era piccola, vuota di tutto tranne quella spolverata sottile di paglia contro il muro. La puzza le aveva fatto venire i conati, quando l’avevano spinta dentro. Il prigioniero precedente aveva lasciato dei rifiuti nell’angolo; non c’era vaso da notte.

Le pietre del muro erano viscide di umidità e muffa. Erano coperte di date e nomi intagliati. Alcuni intagli erano piuttosto elaborati, includevano versi e bordi fioriti. Quella di fronte a lei non era stato finito, e Bella trovava preoccupante il modo improvviso in cui il verso si interrompeva, a metà parola. Provò davvero a non immaginare perché l’uomo non avesse finito la sua poesia, ma la sua mente continuava a tornarci sopra, qualunque cosa fosse accaduta, l’aveva preso di sorpresa.

L’unica luce veniva da una piccola fessura con le sbarre, in alto. Da quella, riusciva a vedere un pezzetto di cielo azzurro. Era aperta all’aria e d’inverno il vento freddo sarebbe sceso verso lo sfortunato prigioniero. Ma lei di certo non sarebbe stata qui, per l’inverno, vero?

Vero?

Portò le ginocchia al petto e le abbracciò. Rabbrividì, anche se non era freddo. Era paura. In tutta la sua lunga vita, non era mai stata spaventata come adesso.

«Edward,» sussurrò.

 

 

Edward non aveva mai sentito parole più orribili di queste: «Bella è stata arrestata.»

La sua più grande paura, parole che avevano caratterizzato i suoi incubi, parole che resero le sue ginocchia così deboli che cadde, lentamente, sulla ghiaia del sentiero. Invece che cercare di farlo rialzare, Emmett, che era quello che gli aveva detto quelle orrende parole quando Edward era tornato da un breve viaggio che aveva intrapreso per preparare una sorpresa per Bella, si inginocchiò vicino a lui.

Non può essere. Non può essere.

«Fratello.» Emmett mise il braccio intorno alle spalle di Edward. «Devi calmarti e pensare razionalmente, adesso.»

Aveva ragione. Edward spinse via con uno sforzo la nebbia del panico. Prese dei profondi respiri e poi disse, «Portami da lei.»

«Ho i cavalli pronti,» disse Emmett, e aiutò suo fratello a rimettersi in piedi. «Non so se ti permetteranno di vederla. La tengono nel torrione della guarnigione.»

Fece un gesto e gli stallieri portarono loro i cavalli. Edward salì in sella e spinse i talloni nei fianchi del cavallo. Il cavallo era della linea di sangue di Volvo, il più veloce delle sue scuderie, eppure gli sembrava che andasse a passo di lumaca. Edward lo spinse al massimo, volando per la stretta via a pieno galoppo. I contadini saltavano di lato mentre li oltrepassava. Alcuni si facevano il segno della croce e invocavano benedizioni; la notizia dell’arresto di Bella si era diffusa in fretta.

Edward bloccò il cavallo sudato di fronte al torrione e saltò giù. Caricò oltre le due guardie al portone senza neanche un’occhiata nella loro direzione. Il conestabile era seduto al suo tavolo, stava mangiando montone arrostito. Edward non si preoccupò neanche di lui, benché l’uomo saltasse su dalla sua sedia al passaggio del Duca.

«Vostra grazia!»

Edward infilò la piccola scala a chiocciola che scendeva e si ritrovò davanti a due guardie, spalla a spalla, che presidiavano la porta di legno che portava alle celle.

«Fatemi passare», comandò.

«Vostra grazia!» Il conestabile gli tenne dietro per le scale di corsa. Il passo dei pesanti stivali di Emmett si sentiva dietro di lui.

«Lo dirò solo un’altra volta», avvertì Edward. «Fatevi da parte o ve ne pentirete.»

Le due guardie si guardarono tra loro e poi guardarono il conestabile. Edward fece un verso disgustato e poi allungò il braccio per aprire il fermo della porta. Una delle guardie fece il gesto di fermarlo ma Edward lo inchiodò con uno sguardo gelido. «Oseresti allungare una mano sul Duca di Cullen? Il cugino favorito della Regina e della Principessa?»

L’uomo arretrò e Edward aprì la porta. Dentro era buio, umido e orribile. Non era posto per tenere neanche un cane, figuriamoci una Duchessa. Edward prese una torcia dal muro. Emmett gliela prese, perché le sue mani tremavano troppo. Camminarono insieme verso le celle. Una fila di porte erano allineate da entrambi i lati dello stretto corridoio.

«Bella?» chiamò.

«Edward?» Sentì il suono più bello del mondo: la voce di sua moglie e vide le sue dita bianche e magre aggrappate alle sbarre della finestrella della porta. Corse alla porta e fece per aprirla. Chiusa a chiave.

Si voltò verso il conestabile che era dietro di loro e si torceva le mani. «Apritela.»

«Vostra grazia, ho avuto istruzioni…»

«Apritela!» gridò Edward.

Il conestabile si affrettò ad obbedire. Prese l’anello di chiavi dalla cintura e aprì con mani tremanti. Edward lo spinse da parte nella fretta di aprire la porta. Bella gli buttò le braccia al collo e singhiozzò.

Edward la strinse così forte da fare male, ma lei rispose stringendolo altrettanto forte. «Oh, Dio, Edward, io non…»

«Shh.» Le baciò il viso, le baciò le guance, le labbra, la fronte, le palpebre umide. «Shh.»

«Lei non dovrebbe essere qui», scattò Emmett. «È una Duchessa. Come osate trattarla così?»

Il conestabile deglutì rumorosamente. «Mi è stato dato ordine…»

«Di rinchiuderla in una fogna?»

«Sì, mio lord. Il mandato di arresto diceva che doveva essere ‘tenuta a piacere del Vescovo’ e il Vescovo Bonner ha ordinato che fosse tenuta nella guarnigione.»

Bonner. La Regina stava morendo e Bonner vedeva questa come l’ultima opportunità di distruggere la donna che odiava. Presto la Principessa Elisabetta avrebbe preso il trono e i roghi sarebbero cessati, quindi doveva muoversi in fretta. Bonner, che era stato così vicino a Gardiner, che a sua volta era stato amico di Padre Jacob. Bonner, che aveva bruciato Anne e adesso voleva bruciare Bella. Edward chiuse gli occhi e la strinse mentre singhiozzava.

«Avete mezz’ora per trovarle un appartamento adatto di sopra», disse Emmett.

«Ma, mio lord, ci sono solo le mie stanze, di sopra!»

«Allora sarà meglio che vi troviate un altro posto in cui stare mentre lei è ‘tenuta a piacere del Vescovo’», disse Emmett, e la sua voce era così fredda e velata di minaccia che il conestabile corse di sopra ad eseguire gli ordini.

Edward portò Bella lentamente per le scale, e la fece sedere al tavolo del conestabile, dove era rimasto il pasto non finito. Edward, disgustato, spazzò via la ciotola dalla tavola, che si frantumò al suolo. Si mise seduto a fianco di sua moglie e le mise un braccio intorno alle spalle. Lei tremava ancora come un coniglio stretto all’angolo, la faccia bianca come cera.

«Chi ha osato lanciare un’accusa simile contro di lei?»

«Non lo so», disse Emmett mentre si sedeva dall’altra parte del tavolo. «Il mandato era firmato dal Vescovo Bonner. Dalle voci che ho raccolto, intende venire da Londra per sovrintendere lui stesso il processo in tribunale.»

«Possiamo corromperlo?» chiese Edward senza mezzi termini.

Emmett scosse la testa. «Penso di no. È un uomo zelante, non un avido.»

«Lo farò sapere alla Regina. Lei fermerà tutto questo. Vedrai. Lei ti vuole bene, Bella, e non lascerà che ti facciano del male. Te lo giuro. Te lo giuro

Un refolo di vento spazzò la stanza. Una promessa fatta al popolo magico, un vincolo che accettava volontariamente e consapevolmente. Lei appoggiò la testa sul suo petto e lui le tolse il copricapo per poterle accarezzare i capelli.

«Bella, che succede se infrangi una promessa fatta al popolo magico?»

«Muori», sussurrò lei.

Lui la baciò sulla testa. Se fosse stato costretto a infrangere questa promessa che le aveva fatto, non avrebbe comunque voluto continuare a vivere.

 

 

Bonner arrivò due giorni dopo, con tutta la pompa e lo splendore di un principe. Il suo seguito riempì il piccolo villaggio, requisendo case,  confiscando mucche e maiali e quasi tutti i polli del villaggio per alimentarsi.

Il Vescovo fu grandemente dispiaciuto di sapere che il Duca risiedeva con la Duchessa nel torrione della guarnigione, ma finora non era mai capitata la situazione in cui un coniuge restava volontariamente imprigionato con l’accusato, e quindi non c’erano regole che lo proibissero.

Bonner aveva sperato di trovare la Duchessa sporca e terrorizzata, facile da spezzare e costringere a una confessione. L’aveva accusata sia di stregoneria che di eresia dopo aver raccolto le sue prove, tanto per essere sicuro. Con l’eresia avrebbe potuto abiurare e non era sicuro che sarebbe riuscito a bruciare una Duchessa che avesse ritrattato, ma con la stregoneria non era così facile cavarsela.

Aveva progettato di interrogarla senza fretta il giorno dopo il suo arrivo, ma il Duca insisteva che voleva essere presente ad ogni interrogatorio, il che significava che non avrebbe potuto picchiarla o intimidirla. Il Duca aveva anche detto che aveva scritto alle sue cugine, sua maestà e la Principessa, quindi Bonner sapeva che doveva cominciare in fretta il processo.

Il tribunale era composta da tre preti della zona: i Padri Webber, Cope e Dwyer. Dwyer aveva rimpiazzato Padre Jacob dopo la sua caduta in disgrazia (Bonner in realtà non aveva creduto a Jacob quando questi aveva affermato di essere stato incriminato con false prove, ma aveva finto di assecondarlo) e Bonner non era sicuro della lealtà di Dwyer, al momento. Da quello che aveva sentito, era uno che aveva preso seriamente il suo voto di povertà, era cortese e amato dai suoi parrocchiani, e aveva un contegno assai gentile, tutti segni che Bonner non trovava incoraggianti. Il verdetto del collegio doveva essere unanime. Bonner non voleva davvero riportare la Duchessa a Londra per processarla di nuovo, se non avesse avuto qui il verdetto che voleva, ma avrebbe potuto non avere scelta.

Il Duca, aveva saputo la notte prima dell’inizio del processo, aveva ingaggiato sia un avvocato che un teologo. All’accusato non era permesso avere un proprio collegio di difesa, ma l’avvocato avrebbe potuto interrompere il procedimento se Bonner si fosse allontanato troppo dalla legge, e il teologo era il Vescovo di Carlisle, un uomo profondamente rispettato ed estremamente colto. Bonner digrignò i denti frustrato.

Il processo finì per tenersi all’aperto, nella piazza del villaggio. Talmente tanta gente voleva essere presente che nessuno degli edifici vicini avrebbe potuto contenerla (e Edward si rifiutò in via di principio di far mettere piede a Bonner a Cullen Hall). Bonner avrebbe preferito un procedimento più piccolo e riservato, ma i giudici gli rammentarono che lo scopo di questi interrogatori era quello di educare il popolo, che poteva esso stesso avere in sé delle eresie.

Il primo chiamato a testimoniare fu Sir Bridges, luogotenente della Torre. Era riluttante a testimoniare e le parole gli furono estratte a forza, ma alla fine ammise che aveva visto la Duchessa nella cappella della Torre mentre lasciava dei fiori sulla pietra, sembrava pregare e poi soffiava della polvere sul pavimento vicino all’altare maggiore.

«Era sabbia», disse. «Quando le donne pulirono, videro che era della comune sabbia.»

«Voi sapete che era ‘comune’?» chiese Bonner dalla sua seggiola al tavolo dei giudici. I giudici sospirarono internamente, perché Bonner aveva praticamente preso in consegna il procedimento e sembrava che la loro funzione fosse poco più che una formalità.

«Io non so nulla», ammise Bridges. «Ho solo visto che era sabbia.»

Solo uno dei giudici prendeva nota. Gli altri si guardavano attorno perplessi. Di certo era uno strano comportamento, ma non avevano mai sentito di stregonerie che implicassero spargere sabbia sul pavimento di una cappella.

Mentre se ne andava, Sir Bridges diede a Bella uno sguardo di scusa e le si inchinò profondamente. Lei gli fece un piccolo sorriso e un cenno con la testa. Non poteva biasimarlo; era ovvio che non voleva aggiungere la sua voce a quella degli accusatori.

Il successivo fu il dottore che era stato convocato quando Ward si era ammalato di Sudore. Testimoniò che la Duchessa aveva dato al bambino delle pozioni e gli aveva fatto dei bagni, quando invece il piccolo avrebbe avuto bisogno di salassi e di essere avvolto in coperte. Era stato un miracolo, dichiarò il dottore, che non l’avesse ucciso.

Il pubblicò sussurrò. Non credevano che una madre, specialmente una amorevole come Bella, avrebbe tentato di fare del male al proprio figlio, come sembravano implicare le parole del dottore. Ma questo era, una strega: una donna maligna dai desideri perversi che avrebbe trucidato il suo stesso figlio, al servizio del diavolo.

Una cameriera, che Kat Ashley aveva licenziato per aver rubato, testimoniò che il Duca e la Duchessa scacciavano tutti loro dalla camera da letto almeno una volta al mese. Nessuno sapeva cosa facessero in quei momenti, ma era una cosa così strana che tutti quelli che lavoravano per loro la rimarcavano.

Immediatamente dopo di lei, il Predicatore Jacob fu chiamato a testimoniare. Con la faccia contorta dall’odio, testimoniò che la Duchessa lo aveva stregato dopo che lui l’aveva colta a nuotare nel mare. Non menzionò la presenza di Edward.

«Nuotare?» ripeté Bonner. «Stava nuotando

«Sì, con nient’altro addosso che la sua pelle», dichiarò Jacob.

Ci furono trasalimenti e risolini tra il pubblico, alcuni dei quali deducevano che tipo di “maleficio” avesse lanciato la nudità di Bella sul prete. Jacob divenne rosso di furia e si guardò intorno con aria feroce.

«Quella donna è male», sputò. «L’ho saputo dal primo momento che ho posato lo sguardo su di lei. Ha trascinato il Duca nel suo bizzarro e empio comportamento, salvando i peccatori dalla loro giusta punizione. Le loro terre sono state le uniche a non essere assediate dalla peste e nessuno del loro popolo è morto per la carestia che Dio ha mandato. Questo è innaturale.»

Ci furono sibili dal pubblico, molti dei quali erano di persone che il Predicatore Jacob pensava dovessero essere morte. E chi aveva mai sentito di una strega che salva le persone?

«Hanno dato rifugio ai peccatori, come quella detestabile Anne Askew. Prima di essere bruciata per eresia, ha cercato di diffonderla qui, in questo villaggio. Alcuni di voi l’hanno sentita parlare. Oh, sì. Io conosco i nomi di molti che erano presenti ai suoi incontri.» Guardò intorno il pubblico, i suoi occhi che sceglievano persone che avevano ascoltato Anne predicare, che erano state presenti alle sessioni di studio della Bibbia e la paura pugnalò i cuori di molti, che temettero di essere i prossimi ad essere processati per eresia.

Emmett strinse forte la mano di Rosalie, ma il suo viso rimase impassibile anche mentre gli occhi del Predicatore Jacob si fissavano nei suoi. Rosalie rabbrividì, il respiro veloce.

«La Duchessa l’ha nominata sua dama e non provò a correggere il suo comportamento, anche quando ne fu pienamente consapevole. Lei volontariamente permise a una sua serva di diffondere discordia e nozioni eretiche.»

Ellen fu la successiva. Pianse per tutto il tempo in cui rimase al banco dei testimoni, e come Sir Bridges, fu difficile tirarle fuori le risposte. Ma testimoniò sulle inusuali e (per molti) non cristiane pratiche di allevamento dei bambini. Giocare con loro quando avrebbero dovuto dedicare quel tempo a insegnare pie lezioni, permettere loro di non essere fasciati e lasciarli svestiti. Viziarli con l’affetto, che come tutti sapevano, poteva portare un bambino sulla via della dannazione più di qualunque altra cosa. Stava rovinando quei bambini, dichiarò Bonner, mettendo le loro anime in pericolo mortale. Ellen ammise che non aveva mai visto la Duchessa picchiare uno dei bambini e questo provocò un sussulto generale nel pubblico. “Quelli che risparmiano la frusta”, citò Bonner, “odiano i propri figli”.

Poi Bonner chiamò Anne Riley. Lei non fu riluttante a condannare Bella. Era anzi impaziente di farlo. Qualche anno prima, disse, si era ammalata mentre era incinta. La Duchessa le aveva portato del cibo, e dopo che lo aveva mangiato, aveva partorito un bambino morto. Lacrime di rabbia le bruciavano negli occhi.

Bella ebbe pietà di lei, perché la donna aveva ovviamente bisogno di incolpare qualcuno per poter gestire il suo dolore. Anche a lei si riempirono gli occhi di lacrime, che ricacciò indietro, per paura che i giudici le prendessero come un segno di colpevolezza.

Per provare la testimonianza precedente, fu chiamata la donna delle erbe. Prima testimoniò che aveva dato della corteccia di salice a Anne Askew, la quale le disse che era per il Conte di Portland quando aveva avuto il Sudore. Cominciò a spiegare che riduceva la febbre, ma Bonner la interruppe e le chiese dell’altra pozione.

«Una donna venne da me», disse lei. «Era velata e ho solo intravisto il suo volto.»

«Cosa comprò?» chiese Bonner.

«Menta pulegio.»

Sussurri e piccole grida eruppero dal pubblico. Bonner sorrise trionfante.

«Ma non posso giurare che fosse la Duchessa», insisté la donna.

«È tutto.»

«Non l’ho vista veramente bene. Potrebbe…»

«È tutto», scattò Bonner. «Sei congedata.»

I mormorii nel pubblico divennero sempre più forti, anche dopo che uno dei giudici sbatté il suo martelletto chiedendo silenzio. Bonner sorrideva. Il tumulto era significativo.

Emmett avrebbe ricordato i momenti successivi per il resto della sua vita con orribile, cristallina chiarezza. Sua moglie si alzò e parlò ad alta voce, perché si sentisse sopra tutto il vociare.

«La Duchessa non comprò la menta pulegio», disse. «La comprai io.»

Cadde all’improvviso il silenzio, come se il rumore fosse stato tagliato da un’ascia. Rosalie tremava, ma aveva un sorriso sul viso, uno strano sorriso, come se si fosse liberata di un terribile fardello. «Io comprai l’erba per avvelenare la Duchessa e uccidere il suo bambino. Avrei dovuto sapere che Dio avrebbe protetto una donna così buona e virtuosa dalla mia malignità, perché l’erba non le nocque, e neanche al bambino nella sua pancia.»

Bonner la guardò a bocca aperta. «Tu ammetti la stregoneria?»

Rosalie annuì. «Sì. Sua grazie è completamente innocente di tutte le accuse. Sono io la responsabile di questi atti malvagi.»

«Rosie…» sussurrò Emmett. «No, Rosie, no…»

«Sono stata io.» Le lacrime brillarono negli occhi di Rosalie, ma quel sorriso, felice, sollevato, quasi eccitato, era ancora sul suo viso. «Sono responsabile di tutto.»

«Tu hai ucciso il bambino di Anne Riley?» Questo era Padre Webber, la cui penna gocciolava inosservata sul foglio.

Rosalie esitò per un momento, poi annuì. «Sì. Bella è innocente. Non posso farla pagare per i miei peccati.»

Bonner si voltò verso lo Sceriffo, la cui bocca era aperta in una perfetta “O” come quella della maggior parte di quelli che stavano guardando questa svolta negli eventi. «Arrestala», ordinò. «Portala alla guarnigione.»

«NO!» ruggì Emmett. Sfoderò la spada. «Ucciderò chiunque alzi una mano su di lei!»

Rosalie gli mise la mano sulla guancia e lo fece voltare verso di lei. «Emmett, rinfodera la tua spada.»

«Ma Rosie…»

«Mettila via», disse lei con fermezza. Gli accarezzò il viso. «Lascia che lo Sceriffo faccia il suo dovere. Ho meritato questa punizione e la accetto volentieri.»

«Mia lady?» Charles Swan si inchinò ad entrambi. «Mia lady, prego, venite con me.»

Rosalie accarezzò Emmett un’ultima volta e poi si voltò per seguire lo Sceriffo fuori dalla corte riunita. Emmett emise un singhiozzo guardandola andare via, come se fosse inchiodato dov’era.

«La corte è aggiornata. Ricominceremo domani.»

Bonner si voltò verso Padre Cope, che aveva fatto l’annuncio, come per obiettare, mentre tra il pubblico scoppiava il pandemonio.

 

 

Le guardie avevano rinunciato a provare a tenere la Duchessa nella sua “cella”. Il Duca aveva fatto delle tali minacce (e sembrava intenzionato a metterle in pratica) che le avevano dato la libertà di girare per la torre della guarnigione come preferiva, tranne il magazzino delle armi, che era tenuto chiuso, e in cui Bella non aveva nessun interesse ad entrare.

Rosalie era stata chiusa in una cella nei sotterranei. Quella notte, dopo che tutte le guardie se n’erano andate, tranne le due alla porta esterna, bella prese una cesta con dentro delle cose e si avviò alla scala a chiocciola di pietra.

La porta di Rosalie non era chiusa a chiave. Non ce n’era bisogno, dato che la sua caviglia era incatenata al muro. Sedeva su sottile strato di paglia, fresca, ma appoggiata sul vecchio, umido giaciglio arruffato dell’occupante precedente.

«Bella,» disse sorpresa.

«Alzati», le disse Bella. Stese uno spesso panno di tela sulla paglia, e poi sopra una coperta. Poi aggiunse un piccolo cuscino.

«Perché fai questo?» chiese piano Rosalie. «Ho tentato di uccidere Ward, Bella. Ho tentato di uccidere anche te.»

«Lo so.» Appoggiò la cesta vicino al nuovo letto di Rosalie. Conteneva una caraffa di birra e del cibo avvolto in tela cerata.

«Ringrazio Dio per il miracolo che ha fatto sì che non funzionasse», disse Rosalie. «Bella, mi dispiace tanto. Avevo troppa paura ad ammetterlo con te, prima, perché sapevo che il mio rimorso non significava nulla. Non ho rimediato a ciò che ho fatto. Niente poteva rimediare. Ma adesso posso. Hanno la loro strega. E quando vedranno che non sei eretica, ti lasceranno andare.»

«Rosalie, tu sai cosa ti faranno.»

Le lacrime brillarono negli occhi di Rosalie, ma sorrise. «Tu non capisci. Anch’io sono libera, adesso. Il mio cuore e la mia anima erano neri di peccato. Non avrei mai potuto essere veramente felice, sapendo quello che avevo fatto, e per cui non avrei mai potuto essere perdonata. Ma ora posso. Mi sento leggera, come se potessi volare in cielo come una piuma nella brezza.»

Prese la mano di Bella nella sua. «Ora devo chiederti un favore, anche se so che non merito che odio e disprezzo da te. Ti prego, ti scongiuro, prenditi cura di Emmett, Margaret e Charles. Tieni i miei figli come se fossero tuoi, e amali per me. Tu un tempo sei stata la madre di Margaret, quando io non potevo esserlo. Vorresti farlo di nuovo?»

«Lo farò.»

«Emmett.» La voce di Rosalie si spezzò.

«Questo sarà molto duro per lui.» Era un eufemismo. Emmett era devastato. Era così impazzito che Edward aveva ordinato di chiuderlo in una delle stanze degli ospiti, con un domestico presente continuamente, per paura che si facesse del male.

«Lo so.» Rosalie tracciò un nome intagliato, con la punte delle dita. «Questo è il mio più grande rimorso. Quasi desidero che non ci fossimo innamorati, per risparmiargli tutto questo. Ma per due anni, ho avuto l’amore. È più di quello che molte donne hanno in una vita intera.»

Bella si chinò e baciò Rosalie. «Voglio che tu sappia che ti perdono.»

Un singhiozzo tremante eruppe da Rosalie. Si premette la mano sulla bocca.

«Mi mancherai», disse Bella, e una lacrima le rigò la guancia. «Sei diventata come une sorella, per me, e ti voglio bene. Ti voglio bene e ti perdono.»

«Non me lo merito.»

«Ma io te lo offro lo stesso.» Bella frugò nella cesta e tirò fuori una bottiglietta.

«Cos’è?» chiese Rosalie. La prese in mano e la girò, guardando il contenuto lattescente che si muoveva nel vetro.

«È pietà. Tienila con te, sul tuo corpo. È veloce e indolore.»

«Grazie.» Baciò Bella e la abbracciò un’ultima volta. «Addio, Bella. Sorella mia. Amica mia.»

Il processo di Rosalie fu una pura formalità. Ammise tutto. Ammise di accompagnarsi col diavolo, di causare la morte di bambini e animali da fattoria, di rovinare i raccolti e di aver stregato la Duchessa inducendola a strane azioni. Forse aveva anche ammesso di aver causato anni di poveri raccolti e la carestia, Bella non lo sapeva. Rosalie sembrava aver deciso che se era destinata a bruciare, avrebbe provato a salvare più gente possibile, ammettendo un’ampia gamma di azioni che potevano essere attribuite ad altre “streghe”.

Tre giorni dopo, la portarono al rogo. Era floscia e immobile ancora prima che finissero di incatenarla al palo. Una bottiglietta cadde dalla sua mano, inosservata, in mezzo alle fiamme.

«Fiat justitia!» gridò Bonner mentre accendevano il fuoco. Sia fatta giustizia.

 

 

 

 

Note storiche

-          Il Vescovo di Carlisle è esistito veramente. Il suo nome era Owen Oglethorpe e fu nominato in quell’ufficio nel 1557. Quando Elisabetta divenne Regina, nessuno dei vescovi anziani volle officiare la sua incoronazione. Il Vescovo di Carlisle fu l’unico che accettò il compito, ma fece infuriare Elisabetta durante la funzione quando innalzò l’ostia (un gesto che i protestanti rifiutavano). Elisabetta uscì dalla stanza pestando i piedi.

 

 

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Capitolo 40
*** Capitolo 40 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/40/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  40

 

10 Novembre 1558

«Devi andare, Edward. Non hai scelta.»

Edward era nella stanza al piano nobile con l’avvocato che aveva ingaggiato per assistere Bella, Richard Edwardes. Entrambi avevano una coppa di birra, intatta sul tavolo di fronte a loro.

«Non posso lasciarla», replicò Edward. «È terrorizzata, e ho paura che… possa fare male al bambino.»

Edward non poteva spiegare quali fossero realmente le sue paure. Bella rischiava di perdere il loro bambino. La magia che proteggeva le selkie quando aspettavano un bambino era fiaccata dalla disperazione e la paura che peggiorava ogni giorno che il processo si trascinava. Era più che il semplice languore per il mare. Questo era terrore e dolore che colpiva la sua anima più profonda. Ieri lei aveva trovato del sangue, ed ora la preoccupazione per il bambino aveva aggiunto altra ansia. Non poteva immaginare cosa sarebbe successo se fosse rimasta sola.

Avevano provato ad “appellarsi alla gravidanza” per ritardare il processo. Sia per la chiesa che per la legge civile, una donna incinta non poteva essere giustiziata. Ma le levatrici mandate a esaminarla erano state ampiamente corrotte da Bonner, e avevano giurato che non era gravida.

«Perderai il bambino e anche lei, se non vai», disse senza mezzi termini Richard. «Prima o poi la imbroglieranno fino a farle confessare l’eresia. Lei non è una teologa. Non capisce neanche la metà delle cose che le chiedono.»

«La mia lettera…»

«La Regina non deve averla ricevuta, o a quest’ora avrebbe risposto. Edward, te lo dico di nuovo: non hai scelta. Io cercherò di tirarla per le lunghe quanto posso, per darti il tempo di andare e tornare, ma tu devi andare adesso, Edward. Devi.»

Edward annuì riluttante. Bevve il contenuto della sua coppa e salì la scala di pietra fino alla piccola camera da letto che consideravano loro. Aveva fatto portare il loro letto da Cullen Hall e qualche mobile e arazzo nella speranza che avere intorno delle cose familiari la confortasse un po’.

Bella era stesa sul letto, ma non dormiva. Lui pensava che non avesse più dormito da quando Rosalie era stata bruciata. Aveva gli occhi profondamente cerchiati e aveva il viso pallido e teso. Nella mano aveva il ritratto in miniatura di Ward e della piccola Elizabeth. Le mancavano terribilmente i bambini, ma aveva rifiutato l’offerta di Edward di portarli lì a farle visita. Non voleva che venissero in quel terribile posto, o sapessero quello che le stava succedendo.

Si inginocchiò di fianco a lei e le prese la mano. «Bella, io devo…» Le parole si spensero, nell’incertezza di come dirglielo.

«Lo so. Ho sentito.» Il suo udito selkie era molto più sensibile di quello umano.

«Dirò a Emmett di venire qui e stare con te», disse Edward.

Bella scosse la testa. «Lascialo stare. È troppo colpito per pensare a me.»

«Forse ne ha bisogno.» Un compito, qualcosa per allontanare la sua mente da Rosalie.

Dopo il rogo, Emmett era sceso sul luogo e aveva raccolto tutte le ceneri dentro una borsa. Normalmente questo non era permesso, per paura che fossero fatte reliquie di pezzi di ossa non bruciate e simili, ma Emmett aveva silenziosamente estratto la sua spada quando la prima guardia si era avvicinata e l’uomo si era ritratto in fretta quando aveva visto la luce negli occhi di Emmett.

Aveva messo la borsa in una pregiata bara di quercia, intarsiata di argento e avorio, l’aveva portata nella cripta sotto la cappella e aveva ordinato una elaborata tomba di marmo bianco con sopra una effigie di Rosalie, le mani unite in preghiera.

Alle persone giustiziate sul rogo non veniva data sepoltura; questo era uno degli scopi dei roghi, distruggere i resti mortali, distruggere ogni parte della persona in modo che non potesse essere onorata di una sepoltura cristiana. Questo non distolse Emmett dai suoi piani. I resti di Rosalie avrebbero riposato con i nobili antenati dei Cullen, onorata come ogni altro membro della famiglia, e Emmett avrebbe riposato vicino a lei quando il tempo fosse venuto.

Edward temeva che suo fratello sarebbe finito a giacere sotto quella effigie di marmo troppo presto. Il suo dolore era terribile da vedere. Era passata solo una settimana dalla morte di Rosalie e il dolore aveva già lasciato un marchio su di lui. Cercava di perseverare per il bene dei suoi figli, ma era chiaro che il suo cuore non c’era più. Edward era terrorizzato dalla consapevolezza che poteva vedere il fantasma del suo stesso futuro guardando suo fratello.

Edward si stese dietro Bella e si tirò contro la forma leggera di lei. Mise una mano sul loro bambino e nascose il viso tra i suoi capelli. «Non voglio andare», disse. «Ma Richard ha ragione. Devo. Non credo che Maria abbia avuto la mia lettera. Vorrei poter mandare Emmett, ma Maria potrebbe rifiutarsi di vederlo. Non gli ha mai perdonato di non aver messo da parte Rosalie. Io sono l’unico che può convincerla a intervenire.»

Si aspettava lacrime, e si era preparato a sentirla implorare di restare, ma lei guardò semplicemente il ritratto dei loro bambini.

La tirò gentilmente per una spalla fino a farla distendere sulla schiena di fianco a lui. Studiò il suo viso, come a memorizzarne la forma e i contorni e poi posò un bacio sulle sue labbra, gentile, amorevole e dolorosamente dolce.

Bussarono alla porta e lui si accigliò. Non aveva ancora mandato a chiamare Emmett, quindi chi poteva essere? Estrasse il pugnale dalla cintura e se lo portò alle spalle mentre apriva la porta.

«Kat Ashley!» esclamò sbalordito. «Cosa ci fai qui?»

«Anch’io sono felice di rivedervi, vostra grazia», disse Kat con un sorrisino. «Mi ha mandato Bess. Ha ricevuto la vostra lettera.»

«C’è qualcosa che può fare?»

Kat esitò. «Ci sta provando. Ma non ha il comando su nessuno, non ancora.»

Sapeva cosa intendeva Kat. Probabilmente stava chiedendo favori e facendo velate minacce su quello che sarebbe avvenuto una volta salita al trono, ma molti credevano ancora che Maria potesse recuperare. In molti pregavano per un miracolo che preservasse la vita della Regina e tenesse la bastarda eretica lontana dal trono.

«Comunque, ci sono io adesso», disse Kat. «E mi prenderò cura di voi, Bella. Ma guardatevi, stesa lì a dispiacervi per voi stessa. Su! Fuori da quel letto! Vestitevi e scendete di sotto. C’è una zuppa di verdure in caldo, e voi la mangerete.»

Edward baciò sua moglie un’ultima volta. «Ti amo, Bella. Ascolta Kat, per favore, e prenditi cura di te stessa mentre io non ci sono. Saranno solo pochi giorni.»

«Cercherà di uccidermi mentre tu non ci sei», disse Bella cupamente.

«Emmett ti proteggerà.»

«Con la mia vita, se è necessario», disse Emmett dalla porta. Allo sguardo sorpreso di Edward, aggiunse,                   «Richard mi ha detto che avevi bisogno di me e io sono arrivato subito. Vai, Edward. Vai dalla Regina. Finiamola con quest’incubo. Non sono riuscito a impedire che prendessero la mia Rosie, ma che io sia tre volte dannato se li lascerò prendere anche Bella.»

Edward lo abbracciò. «Ci sarà una resa dei conti», gli promise.

Emmett annuì. «Vai adesso. Il tuo cavallo aspetta qui fuori, e ti ho anche messo nella borsa della biancheria pulita.»

«Grazie.» Edward si voltò un’ultima volta a guardare Bella e poi chiuse la porta dietro di sé.

 

 

Bella si ritrovò infilata in un vestito e seduta al tavolo di sotto prima ancora di capire cosa stesse succedendo. Kat le piazzò di fronte una ciotola di zuppa di porri.

«Mangiate», ordinò, e mise un cucchiaio dentro la ciotola.

«Kat, non posso. Non ho fame.»

«Non vi ho chiesto se avete fame», disse Kat. «Vi ho detto di mangiare. Quel bambino ha bisogno di cibo, anche se pensate che a voi non serva. Quindi mangiate.» Kat si mise seduta dall’altra parte del tavolo, le braccia incrociate sul seno poderoso e aspettò.

Bella prese il cucchiaio e prese un sorso di zuppa, poi un altro, poi un altro, finché la ciotola fu mezza vuota. «Non posso più mangiare.»

«Credo che scoprirete che potete mangiarne ancora», disse Kat. «Se non mangiate tutto, vi farò una zuppa con la carne, domani.»

Bella rabbrividì e riprese il cucchiaio, determinata a finire il resto, anche se le faceva venire la nausea. Le starebbe proprio bene, a Kat, pensò petulante, se dovesse pulire dopo che sono stata male per aver mangiato troppo. Si chiese se Kat fosse così prepotente anche con Bess, e si rese conto che probabilmente era proprio così. E Bess era ben più testarda di Bella, quindi, quante possibilità aveva Bella di vincere con Kat?

Una volta che Bella ebbe mangiato, Kat mise mano alla vittima successiva. Trascinò al tavolo un Emmett mugugnante, letteralmente, con la mano che afferrava il davanti del suo farsetto. Lo spinse su una sedia come aveva fatto con Bella e gli mise davanti una ciotola. Lui e Bella si scambiarono uno sguardo dolente, ma come aveva fatto Bella, anche lui cedette e mangiò la sua zuppa.

«Tutti e due voi avete bambini», li rimproverò Kat. «Vi comportate da egoisti, lasciandovi andare come state facendo. Be’, non sotto i miei occhi. Voi due vi prenderete cura di voi stessi, e affronteremo questa crisi insieme. Capito?»

Bella e Emmett mormorarono il loro assenso. Kat non aveva dato loro nessuna scelta.

 

 

Edward cavalcò energicamente, spingendo il cavallo al massimo della velocità. Quando il povero animale fu completamente esausto, si fermò a una scuderia per sostituirlo con un altro; quest’ultimo era una vivace femmina araba. Aveva il cuore di un campione e quasi si uccise per andare alla velocità che lui desiderava. Quando si fermò di nuovo al cambio di cavalli, le diede una pacca di gratitudine e ordinò che fosse comprata dalla scuderia e mandata a Cullen Hall, dove sarebbe stata apprezzata e coccolata.

Il viaggio sembrava infinito. Non si fermò né per dormire né per mangiare. Mangiò quello che Emmett gli aveva messo nelle sacche della sella, del formaggio duro e del pane. Arrivò al palazzo tremando per lo sfinimento, ma andò dritto di corsa nelle stanze della Regina.

Mentre correva per i corridoi, notò che riecheggiava solo silenzio. Le bandiere innalzate sopra il palazzo indicavano che la Regina era nella residenza. Ma allora perché tutte le stanze erano vuote? Gli unici domestici che oltrepassò nei corridoi erano parte di quelli personali della casa di Maria. Dov’erano le centinaia di cortigiani che lottavano e bisticciavano ogni giorno solo per intravedere la Regina mentre passava? Dov’erano i domestici di alto rango che avevano corte a loro volta?

Raggiunse le stanze private e trovò Jane Dormer seduta sugli scalini della pedana del trono che parlava con uno spagnolo. Quando vide Edward saltò in piedi, la faccia rossa, vergognosa di aver trattato il trono in modo tanto irrispettoso.

«Dov’è la Regina?» chiese lui.

«Nel suo letto, dove è stata per tutta l’ultima settimana», disse Jane.

Edward si guardò intorno meravigliato. Non aveva mai visto quella sala vuota, prima. Anche nel cuore della notte, c’era sempre viavai di gente. Senza il colorito trambusto dei cortigiani, vedeva quanto fosse squallida e malandata. Gli angoli erano striati di piscio e il pavimento era incrostato di sporcizia. Gli arazzi erano sudici, come se tante mani li avessero usati come asciugamani.

«Dove sono tutti?» chiese.

«Hatfield», sputò Jane, come se la parola avesse un sapore cattivo nella sua bocca.

Edward scosse lentamente la testa. I cortigiani avevano abbandonato la Regina morente per la Principessa che l’avrebbe rimpiazzata, già manovrando per una posizione intorno al nuovo trono. Sperò che Maria non lo sapesse.

«Solo i veri amici sono qui, adesso», disse Jane.

«E questo è un vero amico?» chiese alzando il mento verso lo spagnolo.

«Questo è il Duca di Feria. Ci sposeremo presto.» Jane arrossì.

«Congratulazioni.»

«Io sono il rappresentante del Re in questo… difficile momento», spiegò Feria.

«Un vero peccato che il re non sia potuto venire a confortare la sua moglie morente», replicò Edward. Si voltò, congedando il Duca e facendo colorire anche lui. «Devo vedere immediatamente la Regina, Jane. È sveglia?»

«Sua maestà non può essere disturbata», disse Jane.

«Mi dispiace ma devo insistere. Le ho mandato una lettera riguardo una cosa ma non ho ricevuto risposta.»

Gli occhi di Jane brillarono di allegra malignità. «Ah sì? Avete mandato una lettera? Temo che sua maestà non l’abbia mai ricevuta. Ora, se volete tornare tra qualche giorno, forse si sentirà abbastanza bene da ricevere ospiti.»

«Come intendi provare a fermarmi?» chiese Edward educatamente.

Jane sembrò stupita, come se avesse pensato che la sua parola sarebbe stata sufficiente a negargli l’accesso. Stava ancora cercando una risposta quando lui si allontanò. Le guardie alla porta non gli diedero più che un’occhiata mentre entrava. Si fece la nota mentale di dar loro una mancia quando fosse uscito.

La stanza da letto di Maria era buia e silenziosa come una tomba. Tutte le finestre erano coperte e l’unica luce veniva da un’unica candela sul suo comodino. Illuminava la figura di Susan Clarencieux, seduta vicino al letto della Regina. Aveva un panno umido profumato con cui tamponava la fronte della Regina. Due preti stavano ai piedi del letto, borbottando preghiere.

La stanza era fumosa per l’incenso bruciato con l’intento di coprire l’odore di malattia, ma Edward lo stesso ebbe dei conati alla puzza sottostante di sudore di febbre stantio e vomito. Si avvicinò al letto dalla parte di Susan e guardò giù la pallida, esile forma della Regina. La Principessa Elisabetta non aveva esagerato nella sua lettera. Maria sembrava uno scheletro avvolto in una pelle sottile come un bisbiglio.

«Maria?» disse lui. Sedette sul letto e le prese la mano. «Maria, mi senti?»

«Filippo?» gemette lei.

«No, non sono Filippo, sono Edward.»

Maria sorrise, stirando le labbra secche e screpolate. «Edward… il mio fratellino.» Si assopì di nuovo, col sorriso ancora sulle labbra.

«È così da giorni», disse Susan. «Ha dei momenti di lucidità, ma sono sempre più rari e distanziati.»

«Oh, no.» Se Edward non fosse stato seduto, sarebbe caduto sulle ginocchia. «Maria! Maria!» le dava dei colpetti sulla mano. «Oh Dio, Maria, ti prego.»

«Questo non funziona. Dovete solo aspettare.»

Edward si mise le mani nei capelli. «Non posso aspettare.»

C’era compassione negli occhi di Susan. «Non avete scelta.»

 

 

Un altro giorno. Emmett si sedette lentamente e si strofinò gli occhi. Ogni mattina, la prima cosa che faceva era rotolare in cerca di Rosalie. E ogni mattina si rinnovava l’agonia di sapere che non era lì e non ci sarebbe stata mai più.

Dormiva su un giaciglio ai piedi del letto di Bella. Kat Ashley dormiva nel letto di fianco a lei. Lui si alzò e guardò Bella per un lungo momento. Voleva odiarla, perché era per salvare la vita di lei che Rosalie aveva rinunciato alla sua. Voleva odiare suo fratello perché aveva la felicità di svegliarsi ogni mattina vicino a sua moglie. Ma non poteva. Rosalie aveva creduto che Bella andasse salvata.

Gli era stato permesso di farle visita. Non sapeva quali corde Edward avesse tirato o quali minacce avesse fatto, perché normalmente a un prigioniero condannato non erano concesse visite; potevano solo scrivere delle lettere per dare l’addio alle persone che amavano.

Era sceso in quel sotterraneo che era un’umida fogna (non avevano permesso a Bella di condividere i suoi appartamenti con Rosalie, per quanto avesse implorato) e aveva visto un lato sconosciuto di sua moglie. Nonostante l’esecuzione incombente la mattina successiva, sembrava leggera e felice, libera di un fardello che lui non sapeva che avesse. Gli ricordò come doveva essere apparso lui agli altri dopo la sua conversione.

Aveva tenuto la sua mano e avevano pianto insieme, le loro lacrime che si mescolavano mentre si baciavano e si toccavano e parlavano piano, parole che non avrebbero avuto significato per nessun altro, ma evocavano ricordi condivisi.

Lui doveva aver detto qualcosa di amaro nei confronti di Bella, ma lei lo aveva fermato, e gli aveva detto che se non fosse stato per Bella, lei non sarebbe mai diventata la donna che lui aveva amato. Lei avrebbe nuotato ancora in un mare infinito di odio e amarezza, e lui avrebbe ancora cercato un’assoluzione nel fondo di una bottiglia.

Disse che era stato il suo peccato a portarla fin lì. Pagava con la sua vita per le vite che aveva provato a prendere. Era difficile pensare che la sua Rosie avesse fatto cose simili, ma era testimonianza di quanto fosse cambiata dalla persona che era. Ma non poteva fare a meno di chiedersi quanto questo fosse il suo peccato, il peccato di aver rubato la moglie di suo fratello. Era forse per giustizia che lui adesso stava perdendo la sua?

Rosie gli aveva detto che non doveva pensare questo, che doveva ringraziare Dio per i due anni di gioia che avevano avuto, ma Emmett non si sentiva tanto di ringraziare, in quel frangente.

Bella disse il nome di suo fratello nel sonno, girandosi. La sua sottoveste si tese sulla pancia e lui vide il piccolo rigonfiamento dove stava crescendo il suo nuovo nipote, un bambino che Bella poteva perdere per  la paura e lo stress emotivo che stava sopportando. Le selkie non erano toccate dal tempo o dalle malattie, ed erano protette da una magia potente, ma la disperazione, la paura e il dolore uccidevano la loro magia. Per quanto forti e senza età, potevano essere distrutte dal tallone d’Achille della loro fragilità emotiva.

Non sapeva proprio come avrebbe potuto aiutarla, così gravato com’era dalla sua stessa disperazione e del suo dolore, ma Edward gliela aveva affidata e lui avrebbe fatto qualunque cosa per tenerla al sicuro e in salute finché lui fosse tornato.

Mentre i giorni scivolavano via, il poco sonno che Bella riusciva ad avere, era piagato dagli incubi. Edward non ritornava. Nessuna parola da lui, nessuna lettera rassicurante per spiegare perché fosse ancora via. Maria aveva imprigionato anche lui? Si era ammalato, era rimasto ferito? La Principessa Elisabetta l’aveva catturato per paura che reclamasse il trono? C’erano centinaia di cose orrende che potevano essere accadute, e ogni volta che Bella chiudeva gli occhi, ne vedeva una.

Era diventata piagnucolosa come Maria, a dispetto degli sforzi di Kat di tenerla occupata e le spiegazioni rassicuranti suggerite da Emmett.

L’avvocato che suo fratello aveva ingaggiato, Richard Edwardes, aveva fatto in modo che il processo fosse ritardato ancora un giorno, e poi c’era stato il giorno del santo, una giornata di vacanza durante cui non si poteva tenere la corte. Poi, la mattina in cui la corte si era riunita per riprendere, il Vescovo di Carlisle se ne era uscito con una domanda a Bonner su un oscuro punto teologico che era venuto fuori durante il processo che richiese giorni di ricerche per una risposta.

Bonner digrignava i denti frustrato. Aveva provato a chiudere il caso già due volte, solo per sentirsi dire da quegli stolti dei giudici che non aveva provato nulla e che l’avrebbero dichiarata non colpevole se il processo fosse finito lì.

Se lui l’avesse trovata colpevole, poteva bruciarla anche se avesse abiurato. Era sicuro di poterlo fare. Charles Swan avrebbe eseguito i suoi ordini se lo avesse minacciato di accusare lui stesso di eresia.

Fino a luglio, Cramner era stato l’unico eretico ad essere bruciato dopo l’abiura. Ma verso la fine dell’estate, quella politica era stata cambiata senza preavviso. Un uomo, in Hampshire, aveva ritrattato quando era stato portato al rogo, e aveva firmato i documenti che gli offrivano mercé. Lo sceriffo, sir Richard Pexall, gli aveva concesso il perdono, ma poi era arrivata una lettera dal consiglio in cui si diceva che la Regina era arrabbiata perché aveva risparmiato un eretico condannato. Fu ordinato che l’esecuzione procedesse e lo sceriffo fu buttato in prigione, ma se il prigioniero persisteva nel suo rinnovato impegno verso la fede cattolica, gli veniva offerta la compagnia di un prete all’esecuzione.

Ma il popolo inglese cominciava a ribellarsi in modo allarmante ai roghi. Prima di lasciare Londra, Bonner ne aveva bruciati tredici tutti insieme, persone trovate a presenziare degli incontri di preghiera protestanti. Ce n’erano altri sei che dovevano morire l’indomani, ma le dimostrazioni del popolo furono così allarmanti che Bonner aspettò che fosse notte per bruciarli.

Aveva sperato di aver già bruciato Bella, a questo punto, ma i giudici erano testardi e ogni giorno li portava più vicini alla morte della Regina e all’incoronazione di Elisabetta. L’aria crepitava di tensione. Sembrava che tutta l’Inghilterra stesse trattenendo il respiro, come se aspettasse le parole: «La Regina è morta! Lunga vita alla Regina!».

Alla fine , il processo ricominciò. Bella era seduta di fronte al tavolo dei giudici. Bonner camminava avanti e indietro davanti a lei, un fascio di fogli in mano cui spesso faceva riferimento. Aveva evidentemente passato quel periodo di pausa a trovare domande cui era certo che Bella avrebbe risposto in modo non corretto. Chiese a Bella se era in stato di grazia, con un largo, trionfante sorriso in faccia. Emmett e Kat si scambiarono uno sguardo spaventato.

Si erano inventati un sistema per aiutare Bella nell’interrogatorio. Se la risposta alla domanda era “sì”, Kat avrebbe sternutito o tossito. Se era “no”, sarebbe stato Emmett a fare un verso. Ma questa era una domanda per cui entrambe le risposte sarebbero state sbagliate. Se Bella avesse risposto che sì, lo era, sarebbe stata blasfema, affermando di conoscere la mente di Dio. Se avesse risposto di no, avrebbe ammesso di essere una peccatrice non salvata.

«Padri, devo obiettare.» Il Vescovo Carlisle. «Nessun mortale può dare risposta a questa domanda.»

I giudici conferirono brevemente e poi Padre Cope emise la loro sentenza: non si poteva rispondere alla domanda, e quindi andava scartata. Bonner era furioso, gli zigomo rossi e gli occhi brucianti di odio mentre fronteggiava l’accusata.

Tornò all’argomento dell’ostia, chiedendole di nuovo se credeva che fosse letteralmente il corpo e il sangue di Cristo dopo la consacrazione, e con esattezza quando questa trasformazione miracolosa avvenisse. Bella rispose che credeva nella transustanziazione, ma non sapeva esattamente quando questo cambiamento avvenisse.

«Quando il prete la benedice, credo», disse lei. «Non lo so con sicurezza.»

«Voi non lo sapete», ripeté lui, voltandosi a guardare i giudici. «Una delle pietre angolari della nostra fede e voi non lo sapete

«Mio signor Vescovo, non sono che una semplice donna», disse Bella, supplicando che comprendessero. «Io credo agli insegnamenti della chiesa, ma non sono istruita come voi.»

«E cosa accade all’ostia se rimane intatta?» chiese lui. «Rimane il corpo di Cristo?»

«I-io penso di sì…»

«E che succede se un pezzo dovesse cadere a terra e fosse mangiato da un topo, sciocca donna?» scattò lui. «Cosa succederebbe al topo?»

«Non lo so. Cosa pensate che gli accadrebbe?»

«Io dico che il topo è dannato!» gridò lui.

«Oh, povero topo», sbottò Bella.

Il pubblico, che aveva seguito con sguardi increduli questo bizzarro scambio, scoppiò a ridere. Se qualcuno di loro aveva creduto che Bella fosse un’eretica, all’inizio del procedimento, il comportamento sempre più eccentrico del Vescovo e le domande a trabocchetto avevano messo a tacere questo sospetto. Bella non era un’eretica. Non era in disaccordo con nessuna delle posizioni teologiche della chiesa, anche se in alcuni casi era evidente che non le capisse.

«Ci aggiorniamo al pomeriggio», disse padre Dwyer, e i giudici si alzarono.

«Pensi di sfuggire alla giustizia», sibilò Bonner a Bella. lei si rannicchiò sulla sedia. «Ma non sarà così. Giuro che ti guarderò bruciare

«La tua malignità sarà purgata dalla terra», aggiunse il Predicatore Jacob. Era strisciato dietro di lei. Bella gridò e saltò in piedi arretrando dai due. Si guardò intorno alla ricerca di Emmett, di qualcuno che potesse proteggerla da quei due. Ma Padre Cope stava parlando con Emmett e Kat non si vedeva da nessuna parte. La malvagità emanava da loro in ondate calde.

«Tu hai provato a distruggermi», disse il Predicatore Jacob, «ma vedrai. Il male non trionfa mai sugli uomini di Dio.»

«Io non sono il male», implorò Bella. Lacrime calde le rigavano le guance. «Non lo sono! Non sono tua nemica!»

«Signor Vescovo!» chiamò Padre Dwyer. «Predicatore Jacob. Venite. C’è qualcosa che dobbiamo discutere.»

Bella gridò e si aggrappò al suo addome. Delle gocce di sangue picchiettarono la polvere ai suoi piedi.

Bonner sorrise. «Adesso sappiamo che non aspetta un bambino.»

 

 

17 Novembre all’alba

Con mano tremante e insicura, la Regina firmò la grazia che Edward le aveva portato. Marye the Quene. Fu l’ultima volta che scrisse quelle parole.

Avrebbe voluto correre via dalla stanza e saltare sul suo cavallo, ma non poteva lasciarla ora. Aveva passato sette giorni nella sua stanza, cercando di afferrare i pochi momenti di lucidità per dirle quello che Bonner stava facendo a Bella. La notte scorsa era riuscito finalmente a farsi capire e lei aveva accettato di firmare il perdono. Edward lo aveva scritto in fretta su un pezzo di pergamena che aveva trovato sulla sua scrivania e le aveva passato una penna già intinta nell’inchiostro.

La mano di Maria cadde di lato e la penna cadde al suo fianco sul letto. «Dille… dille che le voglio bene. Lei è la sorella che avrei voluto. E tu, cugino mio… avrei voluto che fossi mio fratello. Che gran re saresti stato!»

«Non voglio», disse lui con fermezza. Si guardò intorno per assicurarsi che tutti l’avessero sentito con chiarezza. Non voleva che si dicesse che con l’ultimo respiro Maria gli avesse offerto la corona.

Maria ridacchiò piano. «Quelli che vogliono normalmente non dovrebbero esserlo.»

«Padre Embry è pronto a cominciare, vostra maestà», disse Jane Dormer.

«Procedete», disse Maria. Furono le sue ultime parole.

La messa cominciò. I partecipanti erano tutti concentrati sul prete. Edward era l’unico che guardava la Regina, e vide il suo ultimo respiro lasciarla in un basso sospiro, proprio nel momento in cui il prete alzava l’ostia. Lui le prese la mano e la baciò, poi lasciò la stanza.

Corse per i corridoi verso le porte del palazzo, dove aspettava il suo cavallo. Aveva dato ordine che un cavallo fosse pronto per lui in ogni momento, così da poter partire non appena avesse avuto in mano la grazia. Alla sua corsa si unirono ben presto altri, anche loro a correre verso i loro cavalli. Uno di questi portava in mano l’anello nuziale di Maria, prova che la Regina era morta. Le loro strade si divisero davanti al portone del palazzo. Edward incitò il cavallo verso Cullen Hall e gli altri spronarono i cavalli verso Hatfield, ognuno sperando di essere il primo a dare la notizia alla Principessa Elisabetta.

Le campane della chiesa cominciarono a suonare a morto e i cannoni sulle mura della Torre spararono. La notizia si propagò come un incendio, e Edward dovette scartare tutti quelli che affluivano sulla strada al grido di «La Regina è morta!»

Mentre raggiungeva la periferia della città, il fumo stava già raggiungendo il cielo. Questa volta, non era fuoco acceso sotto i piedi degli eretici, ma falò accesi per i festeggiamenti.

La Regina è morta! Lunga vita alla Regina!

 

 

 

 

Note storiche

-          Secondo alcune voci, Richard Edwardes era un figlio illegittimo di Enrico VIII. C’è probabilmente un po’ di verità nell’affermazione che sua madre, Agnes Blewitt, fosse una delle amanti di Enrico. Al di là delle leggende familiari, non c’è prova che i due si siano mai incontrati. Richard aveva una laurea in legge presa a Oxford, ma non esercitò mai. Fu ministro durante il regno di Edoardo VI, dimissionato durante il regno di Maria e reintegrato durante il regno di Elisabetta. Fu nominato alla cappella reale per sovrintendere ai bambini cantori. Divenne poeta e drammaturgo di una certa fama. È piuttosto interessante che oggi i discendenti di Edwardes siano in causa perché reclamano una gran parte di Manhattan (incluso Wall Street, Broadway e la zona dove sorgeva il World Trade Center), che a loro dire, spettava loro come eredità.

-          Le domande di Bonner sono domande che furono fatte a Giovanna d’Arco e Anne Askew nei loro processi per eresia. La domanda sul topo, che possiamo dire che è una delle domande più stupide che siano mai state fatte a un processo per eresia, fu fatta dal podestà in uno degli interrogatori di Anne Askew. La sua risposta, “Ahimè, povero topo!” fece scoppiare a ridere tutto il pubblico in modo incontrollabile.

 

 

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Capitolo 41
*** Capitolo 41 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/41/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  41

 

«Portala dentro», disse Kat.

Emmett portò Bella dentro la porta. Bella stava piagnucolando per il dolore e la paura. La portò per la scala a chiocciola fino alla stanza da letto. Con gentilezza la appoggiò sul bordo del letto e le tolse la pettorina, facendo volare le spille in tutte le direzioni.

«Le mie scuse, sorellina», disse. Cominciò a slacciarle il vestito. «Ma non è il momento per il pudore.»

«Ci penso io», disse Kat. «Tu devi correre dalla donna delle erbe. Dille che ho bisogno di serpentina, foglie di lampone, corteccia di viburno… dille quello che sta succedendo a Lady Cullen e portami tutto quello che ha. In fretta.»

Uscì dalla porta e Kat cominciò a svestire Bella, slacciando il suo corpetto. Canticchiava piano mentre lo faceva, delle ninne nanne dolci che cantava alla Principessa Elisabetta quando era malata, da bambina.

«Kat?»

«Mmm?»

«Perderò il bambino?» Bella mise la mano protettivamente sulla pancia.

«No, se riuscirò a impedirlo», disse Kat brusca. «Ecco qua. Stenditi. Hai dei crampi?» Spogliò Bella e le mise una sottoveste pulita. Appallottolò l’altra velocemente, così che Bella non potesse vedere il sangue e allarmarsi.

«Un po’», disse Bella mordendosi il labbro.

«Quanto forti? Peggio dei tuoi corsi mensili?»

Bella non sapeva cosa rispondere. Le donne selkie non sanguinavano come le donne umane.

Kat vide la sua confusione e le diede un colpetto sul braccio. «Lascia stare. Stenditi qui e riposati un momento. Torno subito.»

Portò una pietra calda avvolta in un panno e la mise sullo stomaco di Bella, e mise un altro asciugamano sotto di lei. Gli occhi di Bella pizzicavano di lacrime trattenute all’implicazione di quel gesto.

«Ora non ti agitare», disse Kat. «È solo per vedere se continui a sanguinare. Devi calmarti, Bella. devi rilassarti. So quant’è difficile adesso, ma devi stare più calma possibile.»

Bella provò con forza a regolare il suo respiro in modo che fosse lento e profondo. Un tempo aveva conosciuto un monaco, in Catai, che le aveva insegnato la meditazione, e cercò di spingersi in quello spazio vuoto e sereno.

Non funzionò. Voleva Edward. Aveva bisogno di Edward. Aveva bisogno che la stringesse, aveva bisogno della forza delle sue braccia, della luce d’amore nei suoi occhi. Queste erano le uniche cose che potevano calmare la sua anima. Il suo compagno si era allontanato dal suo fianco, che era già di per sé una cosa assai stressante per una selkie. In aggiunta a tutte le altre angosce che stava sopportando, le faceva venire voglia di scappare e nascondersi.

Bonner la spaventava. Solo raramente nella sua vita aveva incontrato persone che erano puro male. Molti di quelli che facevano cose odiose erano, come il Predicatore Jacob, dei pazzi scatenati, oppure solo fuorviati, come Maria. Bonner era del raro tipo che godeva delle sofferenze degli altri. E voleva farle del male. L’aveva giurato.

Sentì il rumore della porta di Emmett che ritornava e Kat corse di sotto. Sentì uno scricchiolio di carta.

«Avrai subito le tue medicine, bimbo,» sussurrò Bella carezzandosi l’addome, come per coccolare il bambino all’interno. La pietra calda sembrava aver un poco mitigato i crampi.

Poco dopo, Kat le portò una coppa fumante. «Bevi questo adesso», disse Kat.

Bella prese la coppa con attenzione e bevve. Il sapore era orrendo, ma lo bevve in fretta quanto lo permetteva il calore. Mentre beveva, Kat si sedette al suo fianco e le tolse le mollette dai capelli. Glieli spazzolò mentre canticchiava piano. Le fece pensare a sua madre, che faceva la stessa cosa.

«Ho sonno», disse Bella.

«Lo so. Ti fa bene riposare, e le erbe ti aiuteranno. Stenditi, adesso.»

Bella le diede la coppa vuota e si sdraiò sul letto. Chiuse gli occhi. Edward. Dov’era? Il dolore nel suo cuore era peggiore dei crampi.

Fiocamente, come da una distanza, sentì Kat entrare e la sentì che sostituiva la pietra ormai fredda con una calda.

E poi… era un sogno? Sentì le braccia di Edward intorno a sé e la sua voce dolce nelle orecchie. Si accoccolò contro di lui e sospirò contenta. Anche se era un sogno, la rendeva felice.

Si svegliò e immediatamente le mani andarono alla sua pancia. Sentiva ancora quella fiammella di vita dentro di sé. Un singhiozzo di sollievo le uscì dalle labbra.

«Il sanguinamento si è fermato», disse Kat. Bella alzò lo sguardo e la vide seduta vicino al letto che ricamava.

«E ho altre buone notizie. Guardate dietro di voi.»

Bella si voltò e vide Edward al suo fianco, e lacrime di gioia le pizzicarono gli occhi. Allungò una mano ma Kat la fermò.

«Non lo svegliate», le disse. «Non dorme da giorni.»

«Pensavo fosse un sogno», sospirò Bella. «Non posso credere che sia veramente qui!»

«Già. Con il perdono della Regina in mano.»

«Ha scoperto perché la Regina non ha risposto alla sua lettera?»

«Non l’ha mai ricevuta. Bella… mi dispiace dovervelo dire, ma Maria è morta.»

Bella la guardò. Il dolore le strinse la gola e trasformò le sue lacrime in lacrime di cordoglio.

«So che l’avete amata.»

«Sì», disse Bella. «Ma quell’amore si era trasformato in odio quando ho visto quello che faceva, ma alla fine, era rimasta solo pietà. È stata davvero la donna più infelice della Cristianità, e questo le ha fatto fare cose orribili. Non posso fare a meno di chiedermi come sarebbe stata se solo avesse avuto quell’amore che voleva.»

«Bess ha detto la stessa cosa. Quando Bess era piccola, Maria è stata come una madre, per lei, gentile e amorevole. Questo mi impressionò, perché sembrava che Maria non incolpasse dei peccati di Anna Bolena sua figlia. Dopo l’esecuzione di Anna, il Re era molto avaro con l’appannaggio della casa di Bess, e alla povera bambina che cresceva sfuggivano in fretta i vestiti, e non aveva denaro per sostituirli. Maria cuciva dei vestitini per lei, ricamandoli con le sue stesse mani. Ma poi Bess crebbe. E divenne una minaccia per Maria, con la sua mera esistenza.»

«E tutti gli intrighi di Bess non hanno aiutato», disse Bella ironica.

«Mai fu detta parola più vera.» Kat mise da parte il suo ricamo e si alzò. «È l’ora della tua prossima dose. Come ti senti?»

«Meglio», rispose Bella e si accoccolò più vicina a suo marito.

Quando si svegliò di nuovo, era Edward seduto vicina a lei, con un foglio tra le mani.

«Edward!» gridò sedendosi.

«No, Bella, devi stare a letto per qualche giorno, ancora», le disse. «Stenditi. Devi riposare e riprendere forze.»

«E il processo?»

«L’ho fatto rimandare per la tua malattia.»

«Ti prego, vieni vicino a me», disse lei.

Lui posò il foglio e scivolò sul letto vicino a lei. Lei gli si accoccolò contro. «Puzzi di cavallo.»

Lui ridacchiò. «Meglio così che come puzzavo dopo essere stato per sette giorni seduto al capezzale di Maria. Avevo paura di lasciarla, paura che avesse uno dei suoi momenti di lucidità e io non avessi l’opportunità di parlare con lei. Il mio cavallo ha perso un ferro, così ho dovuto fermarmi in una locanda e aspettare che il maniscalco lo riferrasse. Nel frattempo mi sono dato una lavata veloce, altrimenti ti assicuro che non mi avresti fatto entrare nella stanza.»

«Ti farei entrare anche se puzzassi come una puzzola morta», disse lei. «Mi sei mancato tanto, e avevo paura che ti fosse successo qualcosa di brutto.»

«Devo dirti una cosa importante: ho spedito a Bess la rinuncia ai miei diritti al trono. Né io, né nessuno dei miei eredi potrà ereditare la corona.»

Lei annuì. «Sono contenta che hai mandato la rinuncia. Ora Bess potrà vederci come amici e famiglia, e non come rivali attorno a cui potrebbe formarsi una ribellione.»

«È per questo che l’ho fatto», disse lui. «Io non credo che Bess abbia avuto a che fare con la Rivolta di Wyatt o la Cospirazione di Dudley. Lei sapeva, di questo sono sicuro, non c’è un passero che colpisca una finestra in Inghilterra senza che Bess lo sappia. Ma non credo che abbia partecipato ad alcun complotto. Non aveva importanza. Lei era colpevole solo per essere un simbolo attorno a cui il popolo poteva raccogliersi.»

«Fermerà i roghi?» chiese Bella.

«Ci sta lavorando. È col consiglio giorno e notte. Ha ordinato a Bonner di tornare a Londra, ma lui temporeggia. Presenterò la grazia quando si riuniranno tra tre giorni. Questo dovrebbe mettere fine a questa farsa.»

Per la prima volta in due settimane, il cuore di Bella si alleggerì. La speranza fu come un raggio di sole che sbucava tra le nubi.

Bussarono alla porta e Kat entrò portando un vassoio con una ciotola di zuppa di verdure fumante. Bella aveva mangiato più zuppa nell’ultima settimana che in tutte le sue vite messe insieme, ma non poteva negare di sentirsi meglio. Kat aveva aggiunto alle zuppe delle erbe per rinforzare l’utero. Non rendevano sempre la zuppa più appetibile, ma l’avevano davvero rafforzata. Senza la prepotenza di Kat, probabilmente sarebbe scivolata nel pantano della disperazione cui né lei né il suo bambino sarebbero sopravvissuti.

Dopo aver messo il vassoio sulle ginocchia di Bella, quest’ultima la afferrò in un grande abbraccio. Kat rimase stupita, ma l’abbracciò di rimando. «Grazie, Kat. Grazie dal più profondo del mio cuore.»

Kat sembrava un po’ agitata. «Oh, non è niente.»

«Abbiamo un debito con te che non potremo mai ripagare», disse Edward.

«Siate solo buoni con la mia Bessie», replicò Kat. «Lei ha bisogno d’amore, proprio come Maria, solo che non lo mostra.»

 

 

Tre giorni dopo, la corte si riunì. Bella era seduta di fronte ai giudici.

«State bene, vostra grazia?» chiese Padre Webber.

«Abbastanza bene», replicò Bella. Si mise una mano sulla pancia arrotondata. Kat aveva insistito che non indossasse il corpetto per un po’, perché era convinta che costringesse il bambino, e quindi indossava un semplice vestito lento di velluto nero.

Bonner prese il fatto che non avesse abortito come un ulteriore prova della sua colpevolezza. «Tutti noi l’abbiamo vista che stava perdendo il bambino. Con pozioni e incantesimi ha mantenuto la sua empia progenie nel suo ventre quando stava per essere scacciata via dalle parole di santi uomini.»

«Un bambino che le vostre levatrici affermavano non ci fosse», notò Padre Cope.

Bonner arrossì e borbottò qualcosa a proposito di sciocche donne e come potessero essere facilmente ingannate.

«Certo, una bella borsa di monete può far perdere di vista i fatti», disse Edward. Si alzò dalla sua seggiola e Richard Edwardes si alzò con lui.

«Avete qualcosa di valido da aggiungere a questo procedimento, vostra grazia?» chiese Bonner con malizia.

«Sì, ce l’abbiamo. Bella è stata perdonata da sua maestà la Regina.» Edward si avvicinò a grandi passi ai giudici e aprì la grazia firmata da Maria sul tavolo di fronte a loro.

La faccia di Bonner divenne di un rosso allarmante. Mosse la bocca per un momento poi gli venne un’idea e un ghigno gli contorse le labbra. «La Regina Maria è morta,» disse. «Quel perdono non ha valore.»

I giudici si scambiarono degli sguardi, insicuri sugli aspetti legali della questione. Il cuore di Edward affondò. Tutto quello che aveva passato, la separazione da Bella nel momento peggiore della vita di lei, era stato tutto per niente? Richard Edwardes fece per argomentare, ma fu interrotto da Kat.

«Io ho il perdono della Regina Elisabetta!» disse ad alta voce. Si alzò e tirò fuori un foglio dal corpetto e lo sventolò verso il tavolo dei giudici. La larga firma di Elisabetta, «Elisabetta R» con i suoi ghirigori era visibile da dove sedeva Bella.

«È stata graziata da due Regine», disse Padre Cope. «Propongo di sospendere immediatamente il procedimento.»

«La Regina non è a capo della Chiesa!» protestò Bonner. «La Regina Maria ci ha riportato all’autorità del Papa. La Regina non ha il potere di sospendere un tribunale ecclesiastico!»

«Ma può sospendere gli aspetti civili», disse Charles Swan. Si alzò dalla panca e si avvicinò. «I tribunali ecclesiastici passano i condannati alle autorità civili per la pena. Con la grazia di due Regine, io non posso infliggere alcuna pena, anche se voi la condannaste.»

«Ben detto», disse Padre Cope. «Io non trovo eresia in questa donna, a dispetto di due settimane di interrogatori. Padre Dwyer?»

Dwyer annuì. «Concordo. Questa donna non è colpevole. Padre Webber?»

«Non colpevole.»

«Con ciò, la corte è aggiornata. Siete libera di andare, vostra grazia, con le scuse della corte.»

«Grazie», disse Bella. Era felice di essere seduta, perché le sue gambe avrebbero potuto cedere per il sollievo.

Edward prese le due grazie e se le mise nel farsetto, nel caso che, e sollevò sua moglie dalla sedia con un grido di gioia. Bella rise e lui si chinò per baciarla. Emmett gli diede una pacca sulle spalle e Kat corse ad abbracciarli entrambi.

Bonner era scarlatto per la rabbia. Si avvicinò con passo pesante al Predicatore Jacob, che era completamente accasciato, le spalle basse, sconfitto.

«Come sei riuscita ad avere la grazia così in fretta?» chiese Edward a Kat. Avevano cominciato ad avviarsi verso casa, senza preoccuparsi di aspettare un cavallo o una portantina. Bella gli sorrise, il primo vero sorriso dal giorno in cui la avevano arrestata.

«Io… l’ho portata con me quando sono venuta qui», ammise Kat, facendo lunghi passi come Edward. «Bess l’ha scritta prima che io partissi.»

«Prima di essere davvero Regina», notò Edward.

Kat arrossì un poco. «Be’… tecnicamente credo di sì.»

Edward scoppiò a ridere e lo spirito di Bella si innalzò a quel suono allegro. «Andiamo a casa», disse lei.

«Le parole più belle che abbia sentito in due settimane», disse lui, e la baciò di nuovo.

 

 

Quella notte, solo nel buio, illuminato da un’unica candela, il Predicatore Jacob si inginocchiò sul suo letto e pianse. Non capiva perché Dio avesse permesso che questo accadesse. Come poteva il male trionfare sui buoni uomini? Come avevano potuto i giudici non vedere il male che emanava a ondate da quella donna? Erano stati essi stessi stregati? Aveva sempre pensato che Padre Dwyer fosse un sant’uomo, ma doveva essersi sbagliato.

Oh, come protegge i suoi, il demonio, pensò Jacob.

Era ospite nella stanza di uno dei suoi seguaci. Lui non aveva una sua casa, proprio come Cristo e gli Apostoli. Lui vagava per le terre, diffondendo la parola e accettava sempre volentieri l’ospitalità di qualche suo seguace. Adesso aveva sempre un tetto sopra la testa e abbastanza da mangiare. Forse quel lusso lo aveva rammollito, allontanandolo dalla Voce.

Si tolse la veste nera (un altro dono di un seguace) e il cilicio che aveva sotto. Prese la frusta dal baule ai piedi del letto e si inginocchiò davanti alla croce sul muro. Prese rapidamente il ritmo familiare. Spalla sinistra, spalla destra, spalla sinistra, spalla destra. Ci volle un po’ per mondare il suo corpo dal lusso e le comodità, molto dopo che le gocce di sangue avevano cominciato a cadere al suolo.

Scivolò in quello stato quasi di trance in cui il dolore diventa distante, quasi periferico, come una mosca che ronza contro una finestra. Questo era il punto a cui era dovuto giungere, nel suo delirio febbrile, quando l’aveva sentita la prima volta, la Voce di Dio. E non avrebbe fallito a guidarlo, ora.

Voltati, gli disse la Voce.

Vide il disegno sul muro dietro di lui, formato dalle gocce di sangue che erano schizzate dalle corde della frusta. Sembravano quasi una croce… Era il segno di ciò che stava cercando?

Lasciò cadere la frusta e la risposta arrivò. Capì, con improvvisa, spettacolare chiarezza che la strega era stata preservata dalla mano della giustizia della Regina come dono per Jacob. Sarebbe stata la sua mano ad ucciderla.

Pianse di nuovo, ma di gioia, stavolta. Che onore gli aveva riservato Dio! La strega sarebbe bruciata, e sarebbe bruciata per mano sua.

Aspettò che Dio gli dicesse come farlo, e non rimase deluso.

 

 

All’alba, Edward si alzò dal letto e baciò Bella sulla guancia.

«Dove vai?» borbottò lei. «È presto…»

Lui ridacchiò mentre si metteva la camicia. «Sì, è presto, torna a dormire. Ho un piccolo progetto a cui sto lavorando. Sarò a casa per pranzo.»

«Sola?» disse lei, e lui vide come sgranava gli occhi.

«No, non sei sola. Emmett è qui con te.»

Questo sembrò tranquillizzarla. Bella si rotolò nel letto e si riaccoccolò tra le coperte.

Per Bella, era un giorno indaffarato. Aveva parecchie mansioni amministrative riguardanti la casa che si erano accumulate in sua assenza, conti da pagare, ordinazioni di forniture per la casa, liste di inventario da controllare e altri compiti noiosi che erano necessari per il buon andamento della casa. Si chiedeva come avessero fatto prima che ci fosse lei, perché sembrava che tutti dipendessero da lei per qualcosa.

Una volta sistemate queste cose (o quantomeno averle messe sotto controllo), lasciò la camera da letto diretta alla nursery per giocare con i bambini, come aveva promesso loro la sera prima. Le erano mancati terribilmente e voleva passare del tempo con loro dopo cena, ma aveva bisogno di passare anche del tempo con suo marito.

Non potevano fare l’amore, ma potevano baciarsi e toccarsi e venerarsi il corpo l’un l’altro. Era come se avesse sete della sensazione della carne di lui contro la sua, e anche solo le coccole, i baci, i tocchi leggeri appagavano quel bisogno, intrecciando nuovi fili nel suo logoro stato emotivo.

Si diresse al corridoio e i suoi sensi affilati colsero odore di fumo. Allarmata, corse per trovare la fonte e vide la parte posteriore del corridoio in fiamme. Un arazzo sulla parete si era incendiato e le fiamme lambivano impazienti il soffitto di legno al di sopra.

Il suo istinto di selkie prese il sopravvento sulla sua mente nel panico. Si voltò e corse, corse più veloce che poteva per il corridoio e poi giù per le scale fino all’atrio e fuori dal portone fin sul prato. Da fuori, vide che le fiamme avevano inghiottito tutta la parte posteriore della casa. Le assicelle di legno del tetto stavano bruciando.

Si voltò per guardare il gruppo di persone sul prato. I domestici stavano ancora cercando di tirare fuori le cose di valore, cercando di salvare il più possibile della ricchezza dei Cullen, ma a lei non importava delle cose. Le importava delle persone.

Vide con sollievo che Ward, Charles e la piccola Elizabeth erano seduti per terra ai bordi del gruppo, gli occhi sgranati e spaventati. Emmett attraversò il gruppo dirigendosi verso di lei. «Dov’è Maggie?» chiese, la faccia bianca dalla paura.

Gli occhi della piccola Elizabeth si riempirono di lacrime. «Non lo so. Non l’ho vista.»

«Dov’era quando l’hai vista l’ultima volta?» chiese Bella.

«Nella nursery.»

Bella prese un profondo respiro e si precipitò, prima di aver tempo di cambiare idea e prima che Emmett potesse fermarla. Corse di nuovo dentro la casa in fiamme, quando ogni suo istinto le diceva di fuggire di lì, il più lontano e il più velocemente possibile.

Il fumo riempiva l’ingresso e Bella corse su per le scale, già tossendo, dati i suoi sensibili polmoni da selkie. Staccò il velo da dietro il suo copricapo e se lo mise sul naso.

Corse per il corridoio e vide con orrore che i muri esterni della nursery erano già in fiamme. La sua mente le diceva di essere pratica: era improbabile che Margaret fosse ancora viva, là dentro, ma non aveva scelta. Doveva provare, anche se le possibilità erano esigue.

Caricò verso la porta della nursery in fiamme e calciò. Si aprì di schianto e lei si precipitò nella stanza. Fuoco. Niente altro che fuoco. La sua gonna si incendiò e lei la colpì in fretta con le mani. Agonia. Le sue gambe stavano bruciando. Se avesse pensato con più chiarezza, avrebbe potuto salvarsi da ulteriori danni, ma Bella era nel panico. Anche le sue maniche si incendiarono mentre colpiva la gonna e lei urlò mentre il fuoco avviluppava le sue braccia in un bagliore di rovente agonia. Un pensiero razionale le entrò alla fine nella mente e strappò i lacci della sua gonna e ne balzò fuori, poi strappò le maniche finché riuscì a sfilarsele dalle braccia. La sua sottoveste era bruciacchiata, ma non in fiamme. Il dolore le fece venire la nausea e barcollare. Bella sbatté forte gli occhi e provò a concentrarsi. Avanti.

Schivò pezzi di intonaco che cadevano e assi in fiamme. Vide il lettino di Margaret nell’angolo. Il fuoco non l’aveva ancora raggiunto. Si chinò ignorando l’agonia nelle sue gambe e vide Margaret che vi si nascondeva sotto. Tirò un sospiro di sollievo e la tirò fuori prendendola tra le braccia. Margaret gridò quando vide le ustioni di Bella. Bella aveva cercato con attenzione di ignorarle. Ma i bambini avevano ancora una mente aperta, che le selkie potevano leggere e Margaret stava proiettando immagini allarmanti di… Bella chiuse in fretta la connessione.

«Ti ho preso Maggie», disse lei. «Ora ce ne andiamo di qui.»

E poi il mondo divenne nero.

 

 

La sorpresa per Bella che Edward stava preparando quando era stata arrestata, stava venendo proprio bene. Solo più tardi gli venne in mente che entrambe le tragedie erano avvenute mentre lui stava lavorando a quello, e amaramente desiderò non averla mai lasciata, neanche per quelle poche ore.

Mentre cavalcava verso casa, vide qualcosa di strano nel cielo blu brillante del tardo autunno. Uno spesso pennacchio di fumo saliva in aria. Troppo grande per provenire da un falò. Sperò che non stesse bruciando qualcosa nel villaggio. Con un oscuro presentimento, spinse il cavallo più veloce. Più si avvicinava e più sembrava che fosse in direzione di Cullen Hall. Il suo stomaco si annodò per l’ansia e spronò il cavallo a un galoppo furioso. Troppo vicino a Cullen Hall. E poi, con un nauseante senso di orrore che non avrebbe mai dimenticato per tutta la vita, si rese conto che era Cullen Hall.

I suoi domestici facevano avanti e indietro sul prato. Stavano ancora correndo nella casa per tirarne fuori tutte le cose di valore che potevano salvare dal fuoco. Non c’erano assicurazioni di quei tempi. L’intera fortuna di un nobiluomo poteva essere stipata in casa, sotto forma di oro, gioielli, arazzi e abbigliamento, e poteva essere persa in un istante, lasciando in povertà un’intera famiglia.

Portò il cavallo dritto sul prato e la calca dei domestici gridò di sollievo nel vederlo. Balzò giù dal cavallo quando vide suo fratello e i bambini raggruppati, corse da loro e li abbracciò uno dopo l’altro. La piccola Elizabeth stava singhiozzando, aggrappata al fratello come a un’ancora di salvezza. «Dov’è Bella?» chiese Edward.

«È tornata dentro», disse Emmett. Aveva uno sguardo vuoto e stordito, completamente confuso dallo shock.

Era tornata dentro per cercare di salvare la sua pelliccia? Edward si guardò intorno in fretta e vide il suo armadietto vicino a dei bauli.

«Perché? Perché è tornata dentro?» chiese.

«Maggie è ancora là», disse la piccola Elizabeth, che singhiozzava così forte da riuscire a parlare a malapena.

«Dove?» Edward la afferrò per le spalle. «Le hai detto dove?»

La piccola Elizabeth annuì. «Stava dormendo nella nursery.»

La sua sposa selkie, così terrorizzata dal fuoco, era corsa dentro una casa in fiamme per salvare una bambina che non era neanche la sua. Lui le andò dietro, non poteva fare altro. Sentì delle grida dietro di sé, che lo avvertivano di non andare, che lo imploravano di non andare, ma lasciarla sola ad affrontare la sua più grande paura era impossibile.

Il fumo era così denso che la visibilità era ridotta a poco più di un metro. Edward si annodò il fazzoletto su bocca e naso e strisciò per l’atrio verso le scale. Grazie a Dio il fuoco era partito dal retro della casa.

Fece le scale e corse per il corridoio. Il fuoco si riversava su tutta la parte superiore del soffitto. Sarebbe stato bellissimo da vedere, se non fosse stato raccapricciante. Le pareti stavano bruciando emanando un calore intenso. Boccheggiò alla ricerca di aria che non c’era.

Girò verso la loro camera da letto invece di andare avanti verso la porta della nursery. Strisciò per la stanza, notando in una parte distante del suo cervello che i domestici avevano fatto davvero un buon lavoro a portar via le cose di valore.

Aprì la porta che comunicava con la nursery appena in tempo per vedere il Predicatore Jacob che colpiva alla testa Bella con un bastone. Cadde sul pavimento e Margaret ruzzolò via dalle sue braccia. Strisciò sotto il letto mettendosi il pollice in bocca.

Jacob si mise a danzare gioioso intorno al corpo prono di Bella, ridacchiando. «La strega brucerà! La strega brucerà!»

Edward si alzò in piedi e corse verso di lui, la furia che gli faceva vedere rosso.

Edward non aveva mai combattuto a mani nude. Come tutti i gentiluomini era stato addestrato a tirare di spada, ma niente che potesse aiutarlo in una situazione del genere. La sua mente era vuota di tutto tranne l’istinto primario di fare male a quell’uomo malvagio. Tirò un pugno verso la faccia di Jacob e fortunatamente gli prese il naso col dorso del pugno; se l’avesse preso direttamente, probabilmente si sarebbe rotto una mano.

Jacob barcollò ma recuperò in fretta. Anche lui tirò un pugno a Edward, ma questo balzò di lato prima che riuscisse a colpirlo. «Osi alzare la mano su un uomo di Dio?» gridò Jacob.

Edward si precipitò contro di lui e lo spinse contro il muro, il gomito contro la gola, come aveva visto fare a Bella contro Rosalie, tanti anni fa. «Tu non sei un uomo di Dio», sibilò. «Tu sei un tirapiedi di Satana.»

Jacob sembrò genuinamente ferito dal commento di Edward. Lottò per liberare il collo dal braccio di Edward. «Sei così accecato da quella donna demoniaca!»

Edward tirò un pugno nella pancia di Jacob. Sentiva come se l’istinto stesse guidando i suoi movimenti, adesso. Quando Jacob si piegò su se stesso, alzò il ginocchio e lo colpì in viso. Jacob cadde a terra, ma afferrò Edward alla vita e lo trascinò giù con sé. Si cimentarono per un lungo, silenzioso momento, lottando per il predominio. Jacob buttò Edward sulla schiena e gli avvolse la mano alla gola. Edward lottava, ma cominciava a vedere delle macchie scure.

Bella. Doveva salvarla. La vide stesa lì, così immobile, con indosso solo la sua camicia e la sua sottoveste, e la sua mente andò alla povera Jane Grey, vestita alla stessa maniera mentre era sul patibolo. Bella si era ustionata gravemente per prendere Margaret. Doveva salvarla.

Con uno sforzo possente, con l’ultima energia rimasta nel suo corpo a corto di ossigeno, Edward sbatté via Jacob da sopra di sé. La testa di Jacob colpì il baule ai piedi del letto, piegandosi bruscamente di lato. Si afflosciò, ma i suoi occhi erano ancora aperti. Pieni di panico. «Edward! Non posso muovermi!»

Edward si rimise in piedi barcollando, dolorante, con le vertigini. Guardò Jacob.

«Ti prego! Non posso muovermi!»

Dev’essersi spezzato la spina dorsale, pensò Edward. «Non senti nulla?» chiese Edward. Lo calciò con violenza nello stomaco. «Questo lo senti?»

Jacob emise un lamento acuto e la sua faccia si serrò in una smorfia. «Sì, oh Dio, ti prego! Aiutami!»

Edward andò verso il letto e tirò fuori Margaret dal suo nascondiglio. «Attaccati alla mia schiena,» disse provando a sembrare allegro e disinvolto. «Facciamo un giro a cavalluccio!» Margaret nascose la faccia nel suo collo e lo afferrò in una stretta strangolatrice. Strinse le gambe alla vita di lui e lo afferrò saldamente.

Edward sollevò Bella, cercando di non toccare le sue ustioni, per non provocarle altro dolore. Si avviò alla porta.

«Edward! Edward! Ti prego! Non lasciarmi qui!»

Edward si fermò e si voltò. Jacob fissava la porta che comunicava con la nursery. Era in fiamme adesso e le stuoie di giunco vicine cominciavano a fumare. Jacob giaceva lì, impotente, guardando il fuoco avvicinarsi, sempre più vicino, finché cominciò lentamente a consumarlo.

Edward non riusciva a pensare a una fine più adatta per lui.

Portò Bella e Margaret di sotto il più in fretta possibile, e poi fuori all’aria aperta. Margaret tossiva violentemente per il fumo. Emmett la prese e la strinse così forte che la bambina strillò.

«Grazie, fratello. Oh, Dio, grazie.»

Edward aprì il suo armadietto e tirò fuori la piccola scatola chiusa. La portò con sé mentre scendeva per il ripido sentiero che portava alla spiaggia, dove posò Bella sulla sabbia.

Lei aprì gli occhi, e lui trasalì al dolore che vi vide dentro. Le ustioni avrebbero richiesto lunghe e dolorose settimane per guarire, oppure lui poteva darle quello che le occorreva per guarire istantaneamente e liberarsi dal dolore.

“Avrei dovuto farlo prima”, disse a se stesso. “Ma ero troppo egoista per lasciarla libera.”

Aprì la piccola scatola e ne tirò fuori la sua pelliccia. Era calda nelle sue mani, come una cosa vivente. La premette nella mano di lei. «Te la restituisco», disse, in caso un annuncio simile fosse necessario.

Un refolo di vento solleticò i capelli dietro il collo. Aveva mantenuto la sua promessa.

Bella singhiozzò. «No…»

«Mettila, amore mio. Devi guarire. Non sopporto il tuo dolore.»

«Ma…»

«Lo so», disse lui. Si passò una mano sulla faccia e la trovò umida di lacrime. «Lo so. Ti amo troppo per vederti soffrire. Mettila, amore. Mettila e sii libera.»

Con un singhiozzo, lei la posò di lato, anche se desiderava disperatamente fuggire da quel dolore. Lui gliela rimise in mano. «Bella, ti imploro, ti prego.» Se avesse potuto prendere il suo dolore, l’avrebbe fatto volentieri, ma non poteva continuare a guardarla soffrire.

Lei ebbe un brivido improvviso e poi mise la pelliccia. In un batter d’occhio, una piccola foca scura era dentro i vestiti di Bella. Si contorse per provare ad uscirne. Edward la aiutò. Così aggraziate nell’acqua, ma impacciate sulla terra.

Lui la prese in braccio e la portò verso il mare, entrando in acqua fino a che gli arrivò ai fianchi. La abbassò con gentilezza nelle onde. I suoi enormi occhi scuri, gli occhi di Bella, anche in questa forma lo guardavano con dolore. «Vai», le disse. «Vai al mondo cui appartieni. Io ti amo, Bella. Ricordatelo, ti prego. Ricordati che il mio cuore ti appartiene. Lo stai portando via con te.»

Lei si tuffò sott’acqua e riemerse a poca distanza. Lanciò un terribile grido di angoscia.

«Ti amo. Va’. Sii felice.»

Guardò l’acqua dopo che la sua testa era scomparsa sott’acqua. Rimase lì finché le sue gambe divennero torpide per il freddo. Alla fine si voltò e si avviò verso casa, le rovine ancora fumanti di Cullen Hall.

 

 

 

 

 

Note storiche

-          “Catai” era come era chiamata al tempo la Cina, una terra misteriosa conosciuta solo attraverso gli scritti di Marco Polo. Molti storici moderni ritengono che Polo in realtà non visitò la Cina, ma abbia basato i suoi scritti su dicerie e leggende che aveva sentito da altri viaggiatori.

-          “Elizabeth R” era il modo in cui Elisabetta firmava ogni documento, dove R stava per Regina. Diversamente dal padre, dal fratello e dalla sorella, non permise mai al consiglio di fare un timbro in legno con la sua firma. Il timbro era una copia incisa della firma che veniva premuto sulla carta e poi tracciata con l’inchiostro  sull’impronta lasciata. Insisté per firmare personalmente tutto quanto, un modo per accertarsi che nulla uscisse col suo nome che lei non volesse. Alcuni studiosi ritengono che il testamento di Enrico VIII non sia stato firmato da lui personalmente, ma stampato e poi passata con l’inchiostro dopo la sua morte.

 

 

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Capitolo 42
*** Capitolo 42 ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/42/The-Selkie-Wife

 

 

 

 

Capitolo  42

 

Molti pensavano che Edward, Duca di Cullen, fosse diventato matto dopo la morte di sua moglie.

Il Duca aveva trasferito la sua famiglia nella Dower House. Cullen Hall era solo rovine; l’unica parte che era sopravvissuta era il salotto d’inverno e la cappella. Tutti si aspettavano che il Duca ripulisse il sito dai ruderi e cominciasse a ricostruire, ma i mesi passavano e l’unica cosa che faceva il Duca era camminare ogni giorno fino alla spiaggia. E lì rimaneva per ore, camminando lungo la battigia o sedendo sulle rocce fino al tramonto del sole.

Emmett stava un poco meglio, ma era andato a corte quando la Regina Elisabetta gli aveva scritto, richiedendo la sua presenza. Gli aveva restituito il titolo e inoltre aveva anche dato a suo figlio una baronia. Secondo le lettere che Kat e Bess gli scrivevano, Emmett stava lentamente uscendo dalla sua angoscia e tornando al mondo dei vivi. Se c’era qualcuno che poteva aiutarlo, queste erano Kat e Bess.

Il Duca si era rifiutato di parlare di ciò che era successo a Bella dopo che aveva portato via dalla casa il suo corpo terribilmente ustionato, perciò tutti avevano presunto che fosse morta per il fuoco, o poco dopo per le ustioni. Fu pianta molto. Il popolo avrebbe desiderato un funerale, così da poter porgere i propri rispetti. Alcuni portarono fiori sulle ceneri di Cullen Hall, e un gentiluomo della piccola nobiltà locale pagò silenziosamente perché fosse messa una placca di ottone in sua memoria sul muro dell’ospizio dei poveri.

Edward parlava al mare. Sapeva che Bella non era lì, ma non poteva farne a meno. Le mancava così tanto che si attaccava a qualunque connessione, non importa quanto esigua. Ogni giorno le parlava di quello che facevano i bambini, come andavano le opere pie che lei aveva fondato, gli ultimi pettegolezzi della corte… tutte cose che le avrebbe detto se fosse stata con lui, perfino qualche storiella che l’avrebbe fatta ridere e le avrebbe fatto brillare gli occhi.

La sorpresa che aveva preparato per Bella era il ritorno di Jasper e Alice. Desiderava che avesse visto la coppia insieme, perché sapeva che le avrebbe dato gioia vedere la sua amica così felice, e la loro bella bambina, chiamata come lei, in suo onore.

Jasper adesso era ministro della chiesa Anglicana e nuovo cappellano di Cullen Hall, e Alice era il nuovo bullo in famiglia, adesso che Kat era tornata dalla Regina Elisabetta. Era lei che costringeva Edward a mangiare, controllava le sue bevute e gli ordinava di andare a letto quando si faceva troppo tardi la sera.

Lui sapeva che stava bevendo troppo, e temeva di cadere in quella trappola come Emmett, ma era l’unico sistema per riuscire a dormire. Alice era decisamente paziente, e sedeva e ascoltava Edward straparlare su tutte le cose che erano successe a Bella da quando lei e Jasper erano fuggiti. Si svuotava di tutti i suoi ricordi e le sue angosce mentre svuotava i suoi bicchieri di birra.

Si rese conto una sera che stava parlando della pelliccia di Bella e gelò a metà parola, gli occhi sgranati.

«Non ti agitare», gli disse Alice mettendo una mano su quella di lui. «So cos’è Bella. Jasper me l’ha detto.»

«Te l’ha detto?»

«Non devono esserci segreti tra marito e moglie», replicò Bella.

Sveglia. Documenti. Mangiare. Scendere al mare e parlare con Bella. Mangiare. Bere. Dormire. Ripeti. Aveva sette anni di questo, da sopportare. Sette anni di vuota, miserabile esistenza.

E se non fosse tornata allo scadere dei sette anni? A dire la verità, sei anni, nove mesi e ventiquattro giorni, Edward teneva il conto. Singhiozzò di questa paura con Alice, una sera in cui era ubriaco, e lei disse che era certa che Bella sarebbe tornata. Lei amava Edward e Alice sapeva che sarebbe tornata non appena avesse potuto. Bella era sveglia, disse Alice. Di sicuro avrebbe trovato il modo di aggirare l’incantesimo che la teneva lontana da lui.

Edward scese alla spiaggia e andò a sedersi dove aveva visto per la prima volta Bella, gloriosamente nuda nel sole, i capelli scuri di zibellino fluenti sulla roccia sotto di lei. L’aveva catturato nel momento in cui l’aveva vista, pensò. Era Bella che aveva guardato, notando a malapena le altre due fanciulle selkie che giocavano con lei sulla battigia.

Era quello che sperava stesse facendo adesso, giocare al sole da qualche parte, ridente e spensierata. Forse in una di quelle calde terre esotiche che gli aveva descritto. Edward si strinse un po’ di più la sua sopravveste. Qualche fiocco di neve volteggiava nell’aria rigida e le pietre dove sedeva erano scivolose per il ghiaccio. Sapeva che Alice temeva che potesse scivolare e cadere, sbattere la testa, e svenire, annegando prima che qualcuno si rendesse conto di ciò che gli era successo. Le aveva promesso di stare attento, ma sapeva di essere troppo preso dai suoi ricordi per badare ai suoi passi. Era solo per misericordia di Dio che non si era ancora fatto male.

Si sistemò su una delle rocce preferite, quella che aggettava sul mare. Se guardava abbastanza a lungo nelle sue profondità, a volte immaginava di vedere il suo viso.

«Ciao, amore», disse. «Ward ha di nuovo chiesto di te, stamani. Alice ha cambiato discorso. Ho paura che cominceranno a pensare che ci sia qualche vergognoso segreto.»

Avevano detto ai bambini che Bella era “via”. Anche se il mondo di fuori credeva che Bella fosse morta,  non poteva sopportare di dire questo ai suoi figli. Margaret ricordava Bella che la portava via dal fuoco, ma nient’altro oltre questo. Forse il ricordo di ciò che aveva visto, Bella aggredita, la lotta tra lui e il Predicatore Jacob, era semplicemente troppo traumatizzante per lei da accettare. Lui non cercò di farla ricordare. Ci sono cose che è meglio dimenticare.

«Mi chiedo se hai sentito cosa è successo al Vescovo Bonner. Sembravi sapere così tante cose del mondo umano, la prima volta che sei venuta da me, quindi immagino che tu lo sappia. Ha rifiutato di riconoscere Bess come capo della chiesa, così il consiglio l’ha imprigionato. L’hanno trovato morto sul pavimento la mattina dopo. Gli si è rotto un vaso sanguigno in gola ed è si è soffocato nel suo stesso sangue. Una fine adatta per “Bonner il Sanguinario”, penso. Quello che mi chiedo è se questo ha qualcosa a che fare con la promessa che ti aveva fatto, la promessa di vederti bruciare, una promessa che non ha mantenuto. Ho sentito che non hanno potuto neanche fargli un servizio funebre perché temevano che il popolo lo disseppellisse e ne disonorasse il corpo. Lo hanno seppellito a mezzanotte e poi segretamente hanno spostato la tomba in un altro luogo.

La Regina Bess mi ha mandato un’altra lettera chiedendomi di andare a corte», continuò Edward, la voce bassa. «Pensa che mi aiuterà, come ha aiutato Emmett. La sua corte è un posto allegro, mi hanno detto, con musica, balli e feste. Dev’essere molto diverso da com’era con Maria. Ma non potrei sopportarlo.

Mi chiedo del nostro bambino, Bella. Lo terrai con te o me lo manderai? Nelle leggende, le spose selkie mandano le loro sorelle a portare i bambini umani ai loro padri. Non riesco a immaginare che tu faccia una cosa così, perché ami i tuoi figli, ma devo dirti che io spero che tu lo faccia. Avere qualche contatto con te, anche solo incontrando le tue sorelle, sarebbe…»

La sua voce si spezzò. «Per il respiro di Dio, Bella, mi manchi così tanto. È come se metà del mio cuore mi fosse stata strappato dal petto, lasciando una ferita aperta che non guarisce. Non posso vivere senza di te; mi limito ad esistere. Emmett è l’unico che capisce, perché anche il suo cuore non c’è più. Forse lui potrà riprendersi. Spero che ci riesca. Ma io, io so che non potrò mai guarire.

So che tu non potrai tornare da me per sette anni, ma se potessi anche solo vederti… anche da lontano. Io… Bella, io non credo che sopravvivrò a questo.»

Le lacrime gli scorrevano sulle guance e cadevano nell’acqua sottostante. Le sue spalle erano scosse dalla forza dei suoi singhiozzi.

La settima lacrima cadde nell’oceano diffondendo dei piccoli cerchi, poi una testa scura sbucò nel punto dove era caduta. Edward gelò per lo shock. Una testa di capelli scuri emerse e poi enormi occhi scuri, e poi Bella stava uscendo dal mare, la pelliccia nella mano. Il suo corpo risplendeva, intonso dalle cicatrici delle ustioni, la pancia leggermente rotonda.

«Bella?» sussurrò. «Sei davvero tu?» Era diventato matto sul serio, stavolta, immaginando di vedere ciò che desiderava vedere di più al mondo? Se era così, era una pazzia meravigliosa, e lui sperava che durasse.

«Sì, Edward, sono davvero io.» Bella allungò la mano e gli accarezzò la guancia.

«Come può essere?» chiese, afferrando le braccia di lei, come se temesse che questo miracolo finisse.

«Edward, come fa una fanciulla a chiamare un amante selkie?»

«Versa sette lacrime nel mare», disse lentamente, la voce morbida di meraviglia mentre comprendeva cosa lei intendesse.

«Hai spezzato l’incantesimo», disse, sorridendo tra le lacrime che le brillavano negli occhi.

«Perché non me l’hai detto?» chiese lui.

«Lo sapevi già. Se io ti avessi detto di farlo non avrebbe funzionato, perché le lacrime non sarebbero venute dal tuo cuore.»

Le mise la mano sulla pancia. «Il nostro bambino?»

«Forte e in salute», disse Bella. «Lui o lei nascerà alla fine di aprile.»

Lei prese la sua mano e vi mise la pelliccia. «Amore mio, sai cosa succede quando una selkie la sua pelliccia a qualcuno?»

«No.» Questa era una parte della leggenda che non gli avevano mai detto.

«Succede che lega il suo cuore e la sua anima a quella persona per l’eternità. Io sono tua, Edward. Per sempre.»

«Io non sono immortale come te. Invecchierò e morirò.»

«Io invecchierò come te», disse lei. «E quando tu lascerai questa vita, comincerai quella successiva. Le nostre anime si ritroveranno e saremo di nuovo insieme. Vita dopo vita, per sempre.»

Si tolse la sopravveste e la mise sulle spalle di lei. Insieme, attraversarono le rocce affilate fino alla spiaggia e poi su per il sentiero. Bella sospirò quando vide le macerie annerite della loro casa, ma poi gridò deliziata alla vista della Dower House. Non era ordinaria, perché nulla nella vita di un Duca può esserlo, ma era la cosa più vicina al sogno di lei che lui poteva offrirle.

La loro casetta vicino al mare.

 

 

 

 

 

Note storiche

-          Molte tenute avevano una Dower House, una residenza più piccola, ma sempre grande, pensata per le suocere. Per esempio, se Bella sopravvivesse a Edward, diventerebbe la Vedova Nobile e, nel momento in cui Ward si sposasse, verrebbe mandata a vivere in quella casa, così che la nuova Duchessa di Cullen possa subentrare a Cullen Hall.

-          Il Vescovo Bonner morì nel 1569. Il destino che io gli ho riservato, fu in realtà quello di un uomo di nome rev. Nicholas Noyes, uno dei carnefici nei Processi delle Streghe di Salem. Sarah Good gli disse appena prima di essere impiccata che lei non era una strega, e se l’avesse uccisa, Dio gli avrebbe dato sangue da bere. Morì circa venti anni dopo di un’emorragia alla gola che lo fece annegare nel suo stesso sangue.

Alla sua incoronazione, Bess rifiutò di permettere a Bonner di baciarle la mano. Come Enrico VIII, Bonner negò l’autorità papale, ma mantenne vedute cattoliche conservatrici, e così quando salì al trono un governante protestante, si rifiutò di prestare il Giuramento di Supremazia. Passò gli ultimi anni della sua vita dentro e fuori dalla prigione, accusato di celebrare ancora messa. La moderazione di Elisabetta è ben illustrata in questo caso. Se fosse stato un ministro protestante a celebrare spavaldamente funzioni durante il regno di Maria, sarebbe stato bruciato in quattro e quattr’otto. Bonner non capiva l’ostilità nei suoi confronti e una volta disse (presumibilmente con la faccia seria) “ Dicono di me che cerco il sangue, e mi chiamano ‘Bonner il Sanguinario’, mentre Dio mi è testimone, non ho mai ricercato il sangue di un uomo in tutta la mia vita…”

 

 

 

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Capitolo 43
*** Capitolo 43 - Epilogo ***


“THE SELKIE WIFE” è stato scritto da Lissa Bryan e tradotto in italiano da beate

A questo indirizzo potete trovare la versione originale

https://www.fanfiction.net/s/7598322/43/The-Selkie-Wife

 

 

«Vostra grazia?»

Edward alzò lo sguardo dai documenti sulla sua scrivania. «Mm?»

Una cameriera si inchinò. «La vostra signora moglie, vostra grazia. È arrivato il momento.»

Edward saltò in piedi così in fretta che fece cadere la sedia. Lasciò la scrivania e si precipitò alla porta. La cameriera si scansò dalla sua strada appena in tempo per non essere travolta. Guardò il Duca mentre faceva le scale tre alla volta nella sua impazienza. I suoi datori di lavoro erano strane persone, ma erano anche le più felici che conoscesse.

Edward corse nella loro camera. Bella era andata al confinamento solo pochi giorni prima, il massimo della concessione che avevano dato alla tradizione, e l’aveva fatto restando semplicemente nella loro camera, invece che crearsi una stanza solo per lei. La levatrice aveva schioccato la lingua di fronte a questo e guardava le pareti con intenzione, come se lo incolpasse della mancanza di arazzi. Lui avrebbe voluto dirle che non avrebbe badato a spese per la sua amata moglie, se lei glielo avesse permesso, ma questo era quello che aveva voluto Bella, e quello che lei voleva otteneva.

Il ritorno di Bella era stato salutato con gioia dalla famiglia e da tutta la comunità. Il rifiuto di Edward di discutere dell’argomento, aveva lasciato un’opportunità per il suo ritorno, anche se questo non era stato il suo specifico intento. La spiegazione che diede fu che Bella era stata mandata in un convento per essere assistita dalle monache finché fossero guarite le sue lesioni, che era una pratica piuttosto comune al tempo, e comprensibile. Naturalmente il Duca voleva aspettare per vedere se le sue ustioni sarebbero guarite bene e se avrebbe perso il bambino. Se fosse rimasta sfigurata o troppo menomata per averne un altro, sarebbe stata silenziosamente lasciata in convento, messa da parte per un’altra moglie.

Entrò in camera e trovò Bella al davanzale della finestra che annusava i fiori e rimase sulla porta a guardarla. Alice le incombeva ansiosamente vicino, per paura che fosse colpita da una contrazione e avesse bisogno del suo supporto, ma Bella svolazzava di fiore in fiore come un folletto dei boschi, apparentemente non influenzata dal fatto di essere in travaglio.

«Volete che faccia cosa, vostra grazia?»

«Voglio che trapianti i fiori in ciotole, così potremo portarli dentro.» Bella aveva sospirato delusa all’idea di chiudersi nella sua camera lontano dai fiori della dolce primavera. Così, Edward se n’era uscito con un’idea: se Bella non poteva uscire nella primavera, avrebbe portato dentro la primavera per lei.

Il giardiniere lo aveva guardato come se fosse diventato matto e Edward aveva ridacchiato. «Vivranno, così, no?»

«Oh, sì, vivranno, vostra grazia, ma… perché?» Sperò che il Duca non si arrabbiasse per la sua presunzione nel chiedere, ma lui non aveva mai sentito una cosa simile e non ne capiva il fine.

Edward gli aveva spiegato cosa voleva e guardando intorno alle decine di ciotole e vasi che ricoprivano ogni superficie piatta, traboccanti di fiori colorati che profumavano l’aria, pensò che ci era riuscito.

Bella gli fece un gran sorriso quando lo vide e corse da lui per un bacio, Alice sempre ansiosa al suo fianco.

«Oh, Edward, grazie!» disse Bella e gli buttò le braccia al collo. «Sono così belli! Non avrei mai pensato a portare in giardino dentro casa! Come sei ingegnoso!»

Lui era raggiante alle sue lodi. Dopo avergli dato un bacio sulla guancia, si voltò ad accarezzare i morbidi petali di seta di un giglio.

«Pensi di riuscire a farla sedere?» chiese Alice. Si torceva le mani per l’ansia.

«Quando sarà pronta», replicò Edward. «Fidati di lei, Alice.» Era tutto ciò che poteva dire con le orecchie della levatrice tese verso di loro.

«La levatrice dice che il secondo figlio è più facile, e più veloce. Ho paura che farà cadere il bambino direttamente sul pavimento.»

Edward rise. «Non aver paura, non succederà, te lo assicuro.»

«Camminare aiuta a far scendere il bambino», concordò la levatrice. «Non vi preoccupate, Lady Alice.»

Alice era troppo preoccupata per correggere il titolo. Edward la tirò da parte. «Non devi agitarti così. Bella conosce il proprio corpo…»

Fu interrotto quando Bella si immobilizzò e li guardò. Sul suo naso c’era un punto giallo di polline. «È il momento», annunciò.

Edward la aiutò a salire sulla sedia da parto e le sussurrò nell’orecchio, «Non dimenticarti di gridare.» Le lasciò la macchia gialla sul naso, perché era adorabile.

Bella gemette a ogni spinta e abbinò il suo respiro con quello di Alice. Alice le teneva la mano e le passava un panno umido sulla fronte. Le pulì la macchia di polline prima che Edward potesse obiettare. Lui teneva l’altra mano di Bella e sussurrava parole di lode e incoraggiamento. Non ci volle molto. Nel giro di mezz’ora, il bambino scivolò tra le mani della levatrice, urlando a un volume e con un vigore impressionanti.

La levatrice sospirò. «Una femmina, vostra grazia.» Il suo tono era dolente, perché di norma i padri delle femmine erano molto delusi, e non aggiungevano mai una mancia al normale compenso. Passò la bambina ad Alice, dopo aver annodato e tagliato il cordone, così che la potesse lavare nella bacinella di vino caldo.

La levatrice era rimasta stupita che la Duchessa avesse solo una cameriera. Normalmente, decine di donne affollavano la stanza del parto, alcune ingaggiate solo come “pettegole” per raccontare storie alla madre in attesa, per distrarla dai dolori del parto. Fu ancora più scioccata di vedere il Duca stesso nella camera, stupita che un uomo volesse vedere il parto di sua moglie, ma di certo non era così spavalda da dirgli che non poteva.

«Una femmina», ripeté Edward, e non poté trattenere l’enorme sorriso che gli apparve in faccia. «Abbiamo una figlia!» Avrebbe voluto prendere su Bella dalla seggiola e farla girare in un girotondo gioioso.

La levatrice sembrò capire il suo intento. «Non ancora, vostra grazia. Avrò finito con lei in un attimo.»

«Bella, è bellissima», annunciò Alice, alzando la voce per farsi sentire sopra gli strilli indignati della bambina. «Ha i tuoi occhi. E la tempra di suo padre, a quanto pare.»

«Ti prego sbrigati, voglio tenerla», pregò Bella.

La levatrice finì di fare ciò che doveva e fu deliziata quando il Duca la ricompensò con una borsa di monete d’oro. Per quanto fossero strane queste persone, non ne avrebbe parlato con nessuno. Guardò sgomenta mentre il Duca sollevava gentilmente la sua sposa dalla seggiola da parto e la portava nel letto. Lui salì di fianco a lei e Alice pose la bambina lavata e vestita in mezzo a loro. Tutti e due tubarono con la bambina e esaminarono le piccole dita delle mani e dei piedi deliziati. La levatrice poté solo scuotere la testa stupefatta. Nessuno ci avrebbe creduto, pensò, anche se avesse deciso di raccontare una simile storia.

Alice aiutò la levatrice a raccogliere le sue cose e poi la allontanò garbatamente dalla stanza, seguendola e chiudendo la porta dietro di sé.

«Non ho mai visto niente di simile», disse la levatrice meravigliata. «Una tale contentezza all’arrivo di una femmina!»

«Il Duca ama tutti i suoi figli», disse Alice, un po’ sulla difensiva.

La levatrice scosse la testa. «Non ho detto che è una cosa sbagliata. È solo una cosa che si vede raramente, tutto qui.»

Alice sorrise. «Loro sono speciali», concordò. Accompagnò la levatrice al portone e poi al suo cavallo. Jasper, che era appena ritornato dal suo giro quotidiano del villaggio, la aiutò con galanteria a salire in sella.

«Il bambino è arrivato, allora?» chiese mentre la levatrice se ne andava.

«Sì, una femmina», rispose Alice. «La bambina più bella che abbia mai visto.»

Jasper scosse la testa. «Non bella come nostra figlia, perché lei somiglia tutta a sua madre.» Prese Alice tra le braccia e le diede un bacio sotto l’orecchio, un punto che la faceva sempre rabbrividire. Lei lo guardò negli occhi quando lui si ritrasse. Lui la guardò di rimando con negli occhi null’altro che amore, senza quell’ombra di senso di colpa che lo aveva tormentato così a lungo. Quando erano tornati in Inghilterra, il padre di lei aveva fatto una petizione alla chiesa perché il suo matrimonio venisse annullato, ma una nota veloce da Edward alla Regina Elisabetta aveva risolto il problema. Ripudiati entrambi dalle rispettive famiglie, lei e Jasper non avrebbero mai avuto loro proprietà o un titolo da far ereditare ai loro figli, ma erano felici, qui a alla Dower House (all’insaputa di entrambi, Edward stava facendo costruire una casa per loro vicino alla chiesa del villaggio, dove Jasper teneva le funzioni quando non era alla cappella della famiglia Cullen).

«Ti ho mai detto grazie per avermi rapito?» chiese lei.

Lui ridacchiò. «No, non credo.»

Lei lo prese a braccetto. «Allora ritiriamoci nelle nostre stanze, dove potrò farlo come si deve.»

 

 

«Mi piacerebbe chiamarla Maria», disse Bella. Accarezzò la fine peluria rossa sulla testa di sua figlia. La bambina si era appisolata mentre prendeva il latte, e Bella la mise tra le braccia di suo padre, mentre lei chiudeva la scollatura della fine camicia che indossava.

«Perché?» Edward diede dei colpetti sulle spalle della figlia, finché fece un bel rutto, poi la rimise stesa tra le sue braccia.

«Per la Regina, che un tempo è stata mia amica», disse Bella. «Questa Maria sarà felice. Questa Maria avrà un padre che la ama e la coccola. Questa Maria avrà un marito che la adorerà e dei bambini da amare. Questa Maria realizzerà il suo potenziale e non dovremo mai chiederci come avrebbe potuto essere. E anche per tua moglie, perché tu l’hai amata profondamente, un tempo, e ci ha dato l’altra nostra bellissima, brillante ragazzina.»

«Dio solo sa da dove ha preso quell’intelligenza», disse Edward, la voce bassa e aspra. «Di certo non da suo padre.»

Edward raramente menzionava la vera discendenza di Elizabeth. Bella appoggiò la testa sulla sua spalla. «È un dono che ci è stato fatto. Non dobbiamo sprecarlo, o darlo a qualcuno che non sappia apprezzarlo.»

Edward non disse nulla per un momento. Era già da un po’ che aveva preso in considerazione la selezione di un marito per Elizabeth, ma aveva pensato con mentalità dinastica, pensando di trovarle un marito degno della sua linea di sangue. Quello che Bella stava proponendo, un matrimonio d’amore, era impensabile nel loro mondo. Non erano più pretendenti al trono, ma erano sempre i nobili di più alto rango della nazione. Di certo Bess non avrebbe mai permesso per Ward o Elizabeth un matrimonio al di sotto della loro posizione.

Provò a trovare un modo di dirlo a Bella con gentilezza, ma le parole non venivano. Lei non gli prestava attenzione, al momento, tutta presa dalla loro nuova bambina. Prese una delle piccole mani di Maria e se la stese sul palmo, meravigliandosi alla differenza di taglia. Il cuore di lui faceva male al pensiero che quella bambina innocente non avrebbe mai conosciuto l’amore che condividevano i suoi genitori perché lui era troppo legato alle convenzioni da permettere a sua figlia di seguire il suo cuore.

Allungò il braccio per toccare la piccola mano distesa sul palmo di sua moglie. «Lo prometto», disse. «Si sposeranno per amore, o non si sposeranno affatto. Io non combinerò le loro unioni.»

Bella gli sorrise e lui la baciò, con dolcezza e a lungo. Si accoccolarono vicini, la loro bella bambina tra di loro, felice, al sicuro e amata, come sarebbe stata per il resto delle loro vite insieme.

 

FINE

 

Anche questa storia si è conclusa. Ringrazio, anche a nome dell’autrice, tutti coloro che l’hanno seguita. Un grazie particolare a quelli che hanno commentato i capitoli: anche se non ho risposto, tutte le recensioni sono state lette e apprezzate.

Alla prossima

beate

 

 

 

 

 

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