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di Vause
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una condanna, due prigionieri ***
Capitolo 2: *** Continuo solo a sperare ***
Capitolo 3: *** E' tutta colpa mia ***



Capitolo 1
*** Una condanna, due prigionieri ***


Orange is the new black fanfiction

Che cosa faresti se, a sedici anni, in un normalissimo giorno di scuola, vedessi degli agenti della polizia di New York entrare in classe e prelevarti come se fossi una terrorista che minaccia di uccidere il presidente degli Stati Uniti?

Che cosa faresti se, a sedici anni, fossi arrestata per dei reati commessi per amore e fossi costretta a stare ore ed ore a cercare di convincere i poliziotti delle tue buone intenzioni?

Che cosa faresti se, a sedici anni, fossi mandata nel penitenziario femminile di Lichfield a scontare la tua pena e a contare i giorni che ti separano dalla libertà?

Che cosa faresti se, a sedici anni, in prigione rincontrassi tua madre che non vedi da mesi, e scoprissi che entrambe siete lì per colpa sua?

Che cosa faresti se, a sedici anni, scoprissi che tua madre è una lesbica pragmatica manipolatrice ex corriere della droga?

Che cosa faresti se, a sedici anni, ti chiamassi April Vause?

Capitolo 1

Una condanna, due prigionieri

Boo russa in modo orribile, April non ha idea di come farà a condividere il cubicolo con quella donna. Si gira e si rigira in continuazione sullo scomodo materasso, in cerca di una posizione che possa considerarsi comoda, ma ci rinuncia. Ora è a pancia in su, guarda il soffitto buio del penitenziario di Lichfield e ascolta la gara del miglior russare della settimana: Boo è chiaramente in testa, seguita a pari passo da Taystee.

April vorrebbe soltanto riuscire a chiarire i mille dubbi che ha in mente, ma ha paura. In prigione hanno tutte paura, ma nessuno lo ammette.

A volte cerca d'immaginarsi altrove per non dover pensare di essere dietro le sbarre con centinaia di altre detenute tormentate dalle pulsioni sessuali. Spesso desidera di essere nel suo bar preferito, all'incrocio con la settima Avenue, a Manhattan, a suonare la chitarra con i suoi amici e a non dover pensare di sopravvivere dentro una prigione femminile del Nord America.

“Mamma perché mi hai fatto questo?”. Ormai April è ossessionata; sa di aver commesso dei reati gravi aiutando sua madre a non essere scovata dai federali per via della droga, sa di aver violato centinaia di codici e file di sicurezza per salvare Alex Vause, ma non aveva idea di quanto le sue azioni potessero essersi ritratte contro di lei. Contro di loro.

“Siamo una squadra tesoro!” le ripeteva sempre Alex, ma ora che entrambe erano finite in prigione che cos'erano? Erano ancora una squadra? Erano ancora complici? Erano ancora una famiglia?

Ormai April ha perso qualsiasi speranza di dormire, si alza dal letto, con il sottofondo del tremendo russare di Boo, si assicura che la guardia O'Neill dorma profondamente sulla sedia accanto al suo cubicolo e scivola nel buio pesto della prigione, lasciando che le gambe la conducano verso i bagni del braccio E.

A quanto pare la classifica dovrebbe essere revisionata, chi l'avrebbe mai detto che Red russa cinque volte più del normale di Boo?!

Ora sono questi i pensieri che tengono la mente di April Vause occupata, dove non ci sono chitarre da suonare, amici con cui scherzare, persone d'amare... Dove non c'è la libertà che ogni adolescente di sedici anni dovrebbe avere.

Arriva fino al bagno sentendosi un ninja, quando sente dei rumori che l'avvertono di non essere l'unica a non riuscire a dormire.

Si sporge dalla parete per vedere di chi si tratta: alta, robusta, mora, tatuata, superfiga. Non le serve altro, la rabbia inizia a salire lungo le gambe, le mani iniziano a tremare per l'effetto che quella donna ha su di lei, un tornado di emozioni le tormenta lo stomaco.

-Notte buia, niente stelle!- la voce di Alex Vause è inconfondibile. Per un attimo April torna bambina, a quando guardava i cartoni animati insieme a Piper Chapman, ignorando sua madre che le ricordava di lavarsi i denti prima di andare a letto.

-Immagino tu l'abbia letto!- per quanto possa essere arrabbiata con lei, April non può resistere ad un dibattito sui libri di Stephen King.

-Certo! Ne ho una copia nel mio cubicolo! Se ti va di leggerlo te lo presto!-

-L'ho già letto sette volte, e poi sei mia madre, ciò che è tuo è mio, quindi non mi devi prestare niente.-

-Ciò che è tuo è mio, ciò che è mio è mio. E' questa la tua filosofia di vita?- le chiede Alex con aria divertita.

-Più o meno.-

-Come mai non sei a letto?- la sua voce possente e profondamente sensuale mette April in difficoltà, nonostante si tratti della donna che, a diciotto anni, l'ha messa al mondo.

-T'importa?- le risponde in tono indifferente, senza far trapassare il minimo segno d'irritazione.

Alex alza lo sguardo dallo specchio per fissarla negli occhi, in quegli occhi così simili ai suoi, che sembrano sussurrarle quanto odio nutrano per lei.

-Mi stai prendendo in giro?- esclama la donna con il suo solito tono humour che, tuttavia non provoca nessuna reazione in April.

-Ascolta, lo so che sei arrabbiata, che mi odi, che magari vorresti uccidermi...-

-Oh, sì che mi piacerebbe ucciderti!- commenta la ragazza con fare sarcastico a cui Alex non da' molto peso.

-...io voglio solo parlarti tesoro!- il tono di Alex ora è indecifrabile.

Per via della piega che la conversazione sta prendendo, April inizia ad innervosirsi: è appoggiata contro la parete laterale del bagno e fissa insistentemente il pavimento scrostato.

Alex coglie l'opportunità per avvicinarsi a lei e sfiorarle il braccio, ma April con uno strattone violento l'allontana, prima d'iniziare a urlare.

-Ora vuoi parlarmi? Ora? A cosa pensavi prima che finissimo qui? Eh? Quando ti chiamavo al telefono e tu riattaccavi! Quando vivevo la mia vita e tu non c'eri! Non potevi parlarmi allora? Mi sembra troppo facile presentarsi qui adesso e pretendere che io ti parli no? E non chiamarmi “tesoro”-

L'esplosione di April sembra aver colpito Alex in pieno volto, la sua espressione è ferita, April se ne rende conto, ma non gliene importa; in fondo quando era toccato a lei di star male, sua madre se n'era fregata no?

-Sapevi quanto fosse pericolosa la mia vita, non avevo intenzione di trascinarti nella merda con me. Poi tu hai iniziato ad aiutarmi a far girare meglio gli affari... Era già troppo tardi per dirti basta!-

Queste parole sembrano riportare April alla realtà: in fondo se l'era cercata la punizione, inutile starsi a lamentare adesso.

-Io non l'ho fatto per te... Io l'ho fatto per me. Perché volevo stare con te, e volevo che tu mi permettessi di rimanere. E sai? Se ci ripenso ora mi sento una stupida, perché sono finita in carcere per una persona egoista. Mi hai solo rovinato la vita!-

Alex Vause rimane impassibile, sembra che le parole di April nemmeno l'abbiano sfiorata. La sua espressione però vale più di mille parole, vorrebbe piangere ma le hanno insegnato che non si fa', e lei l'ha insegnato a sua figlia, April questo lo sa bene. Sa quanto sua madre dia importanza al nascondere le emozioni agli altri.

-Tu sei tutto quello che mi rimane.- ammette Alex lentamente, quasi più a sé stessa che alla ragazza.

Un sorriso spunta sulle labbra di April che, si avvicina a lei abbastanza da rendersi conto che il suo profumo è lo stesso di sempre, intenso, buono, uno di quegli odori che staresti ore ad annusare.

-Sai? Sono stanca di essere l'ultima spiaggia per tutti!- si ritrae per fissarla bene, aspettando che due grosse lacrime le sgorghino dagli occhi per poi rigarle le guance, ma niente. La prigione non prosciuga solo le emozioni, a volte anche le lacrime vengono a mancare.

Ma non mancano mai per April purtroppo. Sente già che non chiuderà occhio quando tornerà nel suo letto, e sente già che non sarà solo a causa di Boo e del suo “sonno pesante”; sente già che piangerà lacrime amare per non aver permesso a sua madre di starle vicino; sente già la sua mancanza.

I sensi di colpa la invadono mentre guarda quegli occhi bellissimi che, fortunatamente, ha ereditato anche lei. April la conosce, sa che tra di loro le parole sono solo delle variabili di relativa importanza, sa che Alex la sta leggendo dentro, come fa sempre, come fa con chiunque.

-Mi dispiace amore!- dice infine la donna, distogliendo lo sguardo da quello di sua figlia e fissando a terra.

“In fondo siamo sulla stessa barca, è inutile continuare a prendersela con gli altri, se sono qui è per colpa mia, per colpa delle mie scelte sbagliate, ed è ora che inizi a prendermi le mie responsabilità e ad affrontare la vita di petto.” pensa April, completamente spiazzata dalla reazione di Alex.

Istintivamente, come se non possa fare altrimenti, appoggia la testa contro il petto di sua madre, il contatto è l'unica forma d'ambizione in prigione, a parte l'evasione.

-Dispiace anche a me mamma.-

Alex sorride e anche April.

-E' meglio se torni a dormire! Domani sarà una giornataccia.- le consiglia Alex abbracciandola forte a sé.

-Non sarà molto diversa da oggi o da ieri.- commenta April divertita.

-Beh, almeno ci sei tu a farmi compagnia.-

-C'è anche Piper, la compagnia non ti manca!-

-April, lascia perdere! Andiamo a letto!-


 


 

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Capitolo 2
*** Continuo solo a sperare ***


E' cosa ormai nota a tutti: la vita di un sedicenne non è mai semplice come gli adulti danno per scontato che sia.

Solo perchè si hanno diverse priorità, non significa che gli adolescenti non abbiano i loro problemi e i loro pensieri con cui fare i conti ogni giorno.

La tua vita è già incasinata così com'è, ma come affronteresti i tuoi problemi se fosti dietro le sbarre di una prigione?

Riusciresti a dormire sonni tranquilli sapendo di aver lasciato la tua bella vita da qualche parte là fuori, per patire le pene dell'inferno in un penitenziario degli Stati Uniti?

Avresti mai immaginato che, per colpa dei tuoi sentimenti, ti saresti ritrovata a scontare una pena ingiusta in un posto in cui drogate, innocenti e assassine si confondono tra loro?

Capitolo 2

Continuo solo a sperare

-Che cosa ne pensate voi degli abiti da sposa colorati? Dai siate realistiche: sono orribili. Insomma... se dici "matrimonio" pensi al bianco no? E poi Christopher la pensa allo stesso modo sui vestiti con le spalline: fuori moda. Assolutamente. Vi giuro che al mio matrimonio le spalline saranno proibite...- stava cantilenando Morello con il suo monologo almeno da venti minuti.

-Dio ti prego! Se esisti davvero colpiscila con un fulmine!- esclama April rivolgendosi teatralmente al soffitto.

-Dici bene piccoletta!- commenta Miss Rosa dall'altra estremità del tavolo.

La colazione era sempre una condanna per April, costretta a starsene lì seduta al tavolo ad ascoltare le caratteristiche dei confetti di quella squilibrata di Morello.

Considerando le facce delle altre, non era l'unica a desiderare di tirarle un pugno in faccia per farla stare zitta, ma non l'avrebbe fatto. Non perchè non ne fosse capace, ma se da un lato i discorsi sconnessi di Morello la infastidivano, dall'altro l'aiutavano a non pensare ai suoi complessi esistenziali.

Morello sembra abbastanza offesa, ma almeno sta zitta, il che è un sollievo per tutte.

Come al solito Nichols, seduta accanto ad April, è ancora mezza addormentata e sembra essere connessa su un altro pianeta, Boo sta cercando d'insegnare al cane ad attaccare le detenute più antipatiche, tipo Pennsatucky o la sua amichetta di cui April non ricorda mai il nome... Linda? O Leah? Forse Leanne. Beh, in fondo non le interessa.

Piper guarda tutte con aria apatica, come se fosse lì solo fisicamente. Alex invece... dov'è Alex? April si guarda intorno in cerca di sua madre, senza trovarla.

-Ehi, che fine ha fatto Vause senior?- chiede la ragazza tentando d'assumere un tono indifferente.

Sembra che le altre detenute non abbiano fatto caso alla sua assenza.

-Starà in lavanderia.- risponde Boo accarezzando le orecchie di Piccola Boo.

-O sulla lavastoviglie a sorseggiare un bicchiere d'acqua.- commenta Piper sarcastica, ignorando gli sguardi interrogativi delle altre.

-Chapman e le sue stranezze lesbioniche!- scherza Black Cindy avvicinandosi al tavolo con Poussey e Taystee, stile gangsters.

-Come butta Vause! Hai finito di studiare quella roba sull'inquinamento globale?- le chiede Jefferson dandole una pacca sulla schiena talmente forte da mandarla a sbattere contro l'estremità del tavolo.

-Ehm... sì Taystee! Grazie per l'interessamento. Ho anche consegnato la relazione al mio supervisore! Sai... ora che non posso più andare a scuola studio per corrispondenza. Healy è il mio tramite con il "mondo dell'istruzione" o come diavolo lo chiama lui.- spiega velocemente April sperando che si cambi argomento il prima possibile: non le va a genio che le altre sappiano che intende ancora finire il liceo.

E' obbiettivamente insensato voler prendere il diploma se sei già segnata a vita dalla galera.

"Un pezzo di carta non cambierà l'etichetta che la società mi appiccicherà addosso appena uscirò di qui!" aveva detto April nell'ufficio di Sam Healy qualche settimana prima, in occasione del discorso "sull'importanza di una buona istruzione nel ventunesimo secolo" tirato in ballo da Healy stesso.

-Deve essere figo tenersi impegnati così durante la pena. I giorni passano più veloci no?- domanda Poussey interessata, ma prima che April possa rispondere, Black Cindy ha già la battuta pronta per scatenare l'ilarità generale.

-Casomai più lenti. Immagina che palle dover passare le giornate tra la "dura vita di una detenuta modello" e lo studio di queste cagate qui come la problematica del buco dell'ozono. Fidati Vause, c'è solo un buco che merita tutto questo rispetto, e non è quello dell'ozono!-

Le nere sono le più divertenti lì dentro per April, hanno il senso dell'umorismo e riescono sempre a vedere un bagliore di speranza, anche nelle giornate grigie che prevedono pioggia, oltre i cancelli di Lichfield.

L'ottimismo è fondamentale se vuoi sopravvivere in prigione, questo April lo sa bene, ma non riesce a vedere niente di positivo in quel posto, per lei è soltanto una prigione, una prigione che la sta cambiando radicalmente.

Sente che, più i giorni le scorrono davanti agli occhi, più s'allontana l'April Vause della bella vita newyorkese, abituata alle ore piccole, alle serate passate con gli amici, alle grida della zia stanca di farle da balia, all'assenza di sua madre e all'inesistenza di suo padre.

"Non ne posso più del tuo atteggiamento ragazzina!" le urlava sempre contro Crystal, la sua prozia, la sorella di sua nonna, un'infelice, precisa e paranoica donna (fisionomicamente simile a tutte le Vause che April abbia mai conosciuto) sulla cinquantina con un caratteraccio accostabile solo a quello della zia di Harry Potter.

Mentre le viene in mente la sua amata zia, April, seduta al tavolo della mensa del penitenziario di Lichfield, non può trattenere un sorriso al pensiero di zia Crystal e dei suoi bigodini color porpora, mentre prepara la colazione alle sette e un quarto del mattino, sbraitando a denti stretti per via del figlioletto della vicina di casa che, probabilmente, con il suo pianto notturno non l'avrà fatta dormire nemmeno questa notte.

April, quando viveva con lei, sapeva che zia Crystal avrebbe avuto da lamentarsi con qualcuno persino se fosse vissuta nel deserto: la verità è che sentiva che la sua vita era fallita. April lo sa perchè molto tempo prima, in una cartella del laptop, aveva trovato delle memorie scritte dalla zia, in cui sfogava le sue frustrazioni.

Non aveva intenzione di ficcare il naso, ma la tentazione di saperne di più su zia Crystal era talmente forte da lasciar perdere ogni riguardo.

April aveva letto e supposto che a zia Crystal non era servito essere la figlia perfetta dei suoi genitori, non le era servito laurearsi alla Columbia con il massimo dei voti e non le era servito diventare uno degli avvocati più richiesti dalla procura dello Stato di New York, perchè sua sorella, pur non avendo avuto tutto questo, aveva avuto una vita molto più felice della sua. Diane non era la figlia perfetta che era lei, non si era laureata perchè probabilmente non aveva nemmeno idea di cosa fosse la Columbia; eppure aveva avuto dalla vita, molto più di quanto meritasse: una famiglia.

Zia Crystal aveva iniziato a rendersi conto dell'invidia nei confronti di Diane poco dopo la nascita della figlia di Alex. Sua sorella era talmente pazza di gioia da ignorare la giovane età della figlia e persino il piccolo dettaglio riguardo il padre della bambina: inesistente.

Crystal non riusciva a capacitarsi che Alex non volesse parlare del padre di April, e non poteva credere che Diane accettasse tutto questo.

Anche se ormai era morta da anni, April la ricorda ancora chiaramente, e ricorda ancora meglio com'era brava a cucinare la pizza surgelata, ma sua nonna l'aveva amata da sempre, il che può giustificare anche la pizza.

Le urla di Mendez la riportano alla realtà, al tavolo con le altre detenute che parlano di sesso e cose simili.

-Pornobaffo ha l'aria malaticcia ultimamente, vero?- chiede Nichols con la solita aria priva d'interesse indicando Mendez.

-E' viscido come al solito!- ribatte secca Piper senza alzare lo sguardo dalla sua colazione.

-Puzza... Mi tengo lontana dai guai solo per non morire asfissiata!- commenta April con una smorfia, cercando di non dare a vedere i suoi pensieri su zia Crystal, mentre si riavvia impaziente i capelli scuri con la mano, il suo gesto abituale.

-Si chiama Essenza di Lichfield... sai è una nuova flagranza firmata Coco Chanel!- scherza Black Cindy come chi la sa lunga.

-Te la faccio sentire io l'essenza...- ribatte ironicamente Poussey.

-Ti dico che esiste davvero, tu non lo sai perchè non ti tieni al passo con il mondo Pussy!-

-Quante volte devo dirtelo che non si pronuncia Pussy ma Poussey! E' francese cazzo! E poi sono in prigione... E' già un miracolo se mi ricordo che mese è!- esclama Poussey con una nota amara.

Nessuna ribatte.

-Sapete... ho la sensazione che una volta uscita da qui non avrò più il mio posto nel mondo...- dice Nichols piano, con aria assente.

-Io invece continuo solo a sperare... Non vedo l'ora di uscire di qui e fare i conti con le mie speranze!- commenta secca Miss Rosa.


 


 

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Capitolo 3
*** E' tutta colpa mia ***


Capita spesso di essere incompresi, ed è normale, ci si aspetta di avere una persona dalla propria parte con cui piangere, contro cui sfogarsi, o con cui lamentarsi, a volte si rimane lì ad aspettare che questo qualcuno arrivi a darvi un bacio sulla fronte, e invece si resta delusi, perché? Perché semplicemente ci si aspettava troppo, perché gli altri sono così concentrati sulle loro vite da non far caso ai bisogni altrui.

E se fossimo un po' meno egoisti? Che cosa accadrebbe? Se per un secondo lasciassimo da parte i nostri problemi e ci concentrassimo un po' sugli altri, saremmo capaci di renderci conto che siamo arrivati ad un punto in cui l'altruismo è inteso come una sorta di rifiuto gastrointestinale?

E se poi capitassi in prigione, e scoprissi che, l'unico modo per andare avanti, è accettare la commiserazione di chi è persino peggiore di te, in quanto essere umano in una società di cannibali?

Riusciresti a non pensare solo a te stessa?

Riusciresti a sprecare qualche parola di conforto per una sconosciuta in crisi di pianto in un bagno senza porte?

Riusciresti a far spazio nella tua vita a sentimenti che non ti appartengono?

Riusciresti a capire finalmente chi sei?

Capitolo 3

E' tutta colpa mia

-Allora? Come ci sei finita qui Vause?- chiede Boo nel cubicolo mentre cerca di preparare qualcosa che sembra una tisana, ma che puzza talmente tanto da sembrare tutt'altro..

April sospira forte prima di rispondere.

-E' stata tutta colpa della droga... Solo che io non mi facevo, e non la spacciavo nemmeno... E' un po' complicato... Poi vedi? Ormai il mondo si affida totalmente a quel ben di Dio chiamato "tecnologia". Certo: è la salvezza dell'umanità, ma se non fosse esistita, questa cazzo di tecnologia, di sicuro non sarei qui a parlartene con così poco rimorso.-

-La droga mi fa schifo, sia se la spacci che se te la fai! Ma di computer non ne capisco un granchè, e intendiamoci Vause, bisogna conoscere bene qualcosa per arrivare a disprezzarla.-

-Già... Io invece di computer ne capisco, anche troppo.-

-Fammi capire: sei una specie di Hacker? E' così che si chiamano? Sei una di quelli che scrivono ad occhi chiusi su quella tastiera cazzuta, o che in due secondi invadono i sistemi operativi della CIA?-

April scoppia a ridere, per essere una che non ne capisce niente di computer, Big Boo è abbastanza acculturata.

-Niente di tutto questo Big "Butch"! Non sono una smorfiosa e lo sai... ma beh devo ammetterlo. Sono un' Hacker che ha cercato di salvare il culo di un'importatrice internazionale di droga, nonchè sua madre, ma che è stata scoperta dai federali e che ora è costretta a passare il resto della sua adolescenza in un penitenziario federale femminile del Connecticut di nome Litchfield.-

Boo la guarda con aria stupefatta.

-Porca miseria! Una piccoletta come te che fa un reato simile! Ti giuro che se non fossi così vecchia da sembrare tua nonna, mi ti farei! Sei sicura di essere etero? Insomma ci sono tante lesbiche che scoprono la loro vera natura in età adulta e...-

-No Boo! E anche se mi piacesse la... passera non saresti mai il mio tipo!-

-Beh, almeno riflettici!-

April sospira, parlare con Boo è un vero divertimento, anche se spesso si arriva all'esagerazione, ma d'altronde in prigione è così.

-Abbiamo parlato di me! Ora parlami di te "bel maschione"! Non credo che tua madre ti abbia chiamata Big Boo all'anagrafe!-

D'un tratto l'espressione di Boo si fa tesa.

-Mi chiamo Carrie Black, ma non parliamo di mia madre Vause!- risponde con un tono cupo che decisamente non le appartiene.

April rimane piuttosto meravigliata dalla reazione della sua compagnia di cella.

-Oh, scusa... il tipico rapporto difficile tra madre e figlia... ne so qualcosa.-

-Diciamo che non è mai stato un vero e proprio rapporto, lei non ha mai accettato che io volessi essere quella che sono. Sai: non fa per me, nascondermi dietro la solita maschera di ragazza per bene, di buona famiglia, che va in Chiesa tutte le domeniche alle 11:00. Io sono nata così, amo il fatto che sia nata così, perchè ho in mente in pieno il concetto di libertà; non è soltanto una parola buttata sbadatamente tra una frase e l'altra, per me essere libera è stata la salvezza...Ma basta piangersi addosso!-

-Impossibile non piangersi addosso con quello schifo che stai preparando Boo!- commenta ironicamente April indicando il pentolino della tisana.

-Non offendere il mio tè giamaicano!-

-Allo spaccio si vende il tè giamaicano!?- esclama April a bocca aperta.

-Ehm, non proprio... credo che le bustine siano andate a male, per questo l'ho chiamato giamaicano... non ti piace?- le chiede con aria perplessa, come se fosse impossibile non amare quell'intruglio.

Prima che April possa rispondere, una voce da dietro interrompe la conversazione sul tè.

-Che è questa puzza?- domanda Alex Vause a nessuno in particolar modo. April si volta e, come al solito rimane affascinata da sua madre, con il tatuaggio sul braccio destro che si scorge timidamente sotto la maglia beije, i capelli scuri tenuti in ordine dagli occhiali, un libro con il titolo strano tra le mani e la tipica espressione di chi della vita ha visto ben più che solo soldi ed eroina.

-Non offendere il mio tè giamaicano mammina!- risponde Boo leggermente offesa ma facendole l'occhiolino in modo trasgressivo.

-Stai davvero leggendo il Corano!?- le chiede April indicando il libro che Alex stringeva tra le mani.

-Bisogna acculturarsi su tutti i fronti tesoro mio.- risponde sorridendole.

-Potrei vomitare.- commenta Boo.

-Mamma puoi evitare di chiamarmi così davanti alle mie amiche?-

-Boo non è un po' troppo grande per essere tua amica?Tesoro.-

-Almeno non puoi di certo chiamare "immatura" la mia compagna di cella, come hai fatto con Paige, la mia amica delle medie.-

-Quella lì era un vero pericolo per te, fumava e beveva a soli 11 anni!-

-Sapevi che non sarei stata una puritana per sempre.-

-Non si tratta di droga Ap! I puritani sono le persone che non si sono mai fatte.-

-Tipo tu?- le chiede con rabbia.

-Piantala!-

April s'imbroncia come una bambina di sei anni, incrociando le braccia e chinando il viso, era la tipica posizione "sono arrabbiata e non sono più tua amica".

-Lo sai che odio quando fai così? Comunque cercavo Chapman... l'avete vista?-

-Starà insieme a quella che assomiglia a Justin Bieber, versione australiana.- risponde April con una smorfia: odia terribilmente Justin Bieber. E anche quella Stella Carlin.

April sa quanto sua madre ci stia male per questa storia, per cui alza lo sguardo, i suoi occhi sono indecifrabili, da quando è tornata a Litchfield è tutto indecifrabile.

-Ok, me torno al mio cubicolo allora.- saluta Boo con un cenno e se ne va ignorando completamente sua figlia.

-Certo che è davvero bella eh!- osserva Boo.

-La vuoi smettere Boo?-

-Stavo solo...-

-Ci vediamo dopo!- la saluta alzandosi dal letto e lasciando il cubicolo a passi svelti.

-Ehi, Vause stavo solo pensando ad alta voce... torna qui, è anche pronto il tè giamaicano!-

April continua a camminare per il corridoio incrociando le altre detenute.

-Cia' Soso!-

-Ciao April, volevo appunto parlarti di quella storia degli agenti chimici.-

-Non ora Brook!-

-Va bene...-

April continua a camminare velocemente, inciampando su Watson mentre faceva gli addominali.

-Guarda dove metti i piedi Vause! Bianche...- le urla la donna da dietro.

-E tu non metterti in mezzo al corridoio!- risponde.

-Detenuta non si corre!- la rimprovera uno dei nuovi secondini di cui ignora ancora il nome.

-Non stavo correndo guardia, stavo camminando.-

-Ma in modo veloce, ed è vietato, o almeno credo sia così... Aspetta che cerco di ricordare...-

-Guardia... Signor Secondino mentre lei cerca di ricordare posso andare in bagno?-

-Sì vai... vai... ma lentamente...- le concede la guardia deficiente con a mente concentrata su quell opuscolo riguardo il regolamento disciplinare di Litchfield, buttato nella spazzatura due giorni prima.

April se ne frega altamente del regolamento disciplinare e della guardia, continua a camminare evitando di fermarsi a parlare con chiunque le passi accanto, tipo Suzanne Warren, Tasha Jefferson, Gloria Mendoza, Gonzales, il "club delle svitate" capitanato dalla muta Norma. Finalmente arriva al bagno del braccio E, semideserto se solo non fosse stato per il pianto di una detenuta, chiusa nel terzo bagno.

Mentre la donna piange ininterrottamente, April appoggia le mani sulla porta, senza il coraggio di aprire bocca. Sa che dietro quella porta, in lacrime, c'è sua madre. Non la sente piangere dal giorno in cui sua nonna Diane è morta, ed è successo tanti anni fa'.

-E' inutile che fai finta di non esserci...- dice Alex tra i singhiozzi, aprendo la porta.

-Oh, sei tu...- sospira la donna sollevandosi appena.

-Si può sapere che hai? Se è per via di Kubra puoi anche smetterla, non ti farà niente, guarda caso sei qui! Sei già stata punita abbastanza!-

-Non è per Kubra! E' tutto un casino... Ho perso l'occasione di rifarmi una vita dopo essere uscita da questo posto di merda! Ho perso mia madre! Ho perso Piper! Ho perso te! E ora sono qui! Mia madre non c'è più! Sto perdendo di nuovo Piper! E sono terrorizzata di perdere anche te... di nuovo! Perchè prendo sempre delle decisioni di merda? Perchè ho mandato la mia vita a puttane?- Alex scoppia di nuovo in un pianto isterico, e April non può fare altro che abbracciarla, per istinto.

-Mi dispiace tanto amore mio! Scusa per tutto questo! Sei qui per colpa mia, è tutta colpa mia.-

 


Chiedo scusa a chiunque segua questa storia, chiedo scusa per aver ritardato così tanto, ma gli impegni scolastici hanno consumato gran parte del mio tempo, per cui non ho avuto modo di continuare a scrivere. Vi invito a commentare questa fanfiction, così che possiate anche darmi dei consigli per andare avanti con i capitoli. Un bacio a tutti voi.

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