The First Hunger Games

di Teen Idle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Mietitura ***
Capitolo 3: *** Mietitura parte 2 ***
Capitolo 4: *** Capitol City ***
Capitolo 5: *** Addestramento ***
Capitolo 6: *** Waiting for... ***
Capitolo 7: *** Parole astratte ***
Capitolo 8: *** Today is the day ***
Capitolo 9: *** Innocence is forever lost ***
Capitolo 10: *** Sussurri ***
Capitolo 11: *** Grida nel buio ***
Capitolo 12: *** Il lato oscuro ***
Capitolo 13: *** Traditore ***
Capitolo 14: *** Troppo Tardi ***
Capitolo 15: *** Smeraldi ***
Capitolo 16: *** The end ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La presidentessa Cora stava nel suo studio privato. In silenzio. Non una parola, un suono, oltre alle sue dita che tamburellavano sulla scrivania. Tic tac, tic tac. Spari. Sembravano degli spari nel silenzio.
Morte. 
 
L’unica parola che associava a quel momento di solitudine. Il rumore dei suoi cannoni che sparavano per i tributi. Un sorriso sadico comparve sul volto di Cora. Il silenzio fu spezzato dalla sua risata, un ghigno malefico, privo di felicità. 
Sorrise mentre annunciava in diretta mondiale la prima edizione degli Hunger Games.
Sapeva benissimo di avere gli occhi di tutta Panem puntati addosso, ognuno con aspettative diverse.
Tutti avrebbero guardato gli Hunger Games, era un programma obbligatorio. E ogni telespettatore sapeva esattamente il perché. I 13 Distretti si erano ribellati a Capitol City; non erano stati perdonati. E Cora, per eliminare ogni dubbio, aveva creato gli Hunger Games; così nessuno si sarebbe ribellato al suo potere.


Note Autrice
Allora, belli. So che il prologo è cortissimo, ma il forte (spero) arriva dopo.
Tre cose importanti:
1) non tengo conto dell'età e dei legami di parentela dei vari personaggi. (Alcuni cognomi li ho inventati)
2) un solo vincitore. Niente robe sdolcinate con due vincitori
3) se ci saranno abbastanza recensioni potrete decidere il vincitore o la vincitrice e 4 morti al bagno di sangue
Ps: per chi non sa cosa siano gli Hunger Games, chieda pure.
 

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Capitolo 2
*** Mietitura ***


ATTENZIONE.
Prima di tutto, vorrei dire che non ci sarà un protagonista ad esempio Katniss in questi giochi. Penso che la storia avrà parecchi capitoli. Infatti la mietitura sarà divisa in due parti. Userò diversi punti di vista per capitolo.
Buona lettura, spero vi piaccia.

 
CAPITOLO UNO.
MIETITURA.
DISTRETTI DA 1 A 6
 

Distretto 1
Una stramba figura  commentò sbrigativamente il video sui Giorni Bui. Come tutti, fremeva d'eccitazione.
«Io lo trovo fantastico» confessò. «...è così pieno di pathos!»
Nessuno, palesemente, la stava ascoltando. Si ricompose. «Be', credo sia giunto il momento di scoprire chi saranno i due fortunati giovani che rappresenteranno il Distretto 1» Si diresse verso la piccola urna delle ragazze, piena di bigliettini bianchi. Ne prese uno con delicatezza. Lo aprì. 
«Regina Mills!»
Una ragazza di diciotto anni con i capelli neri acconciati in un modo impeccabile salì con determinazione sul palco. Non se l’aspettava, nessuno se lo aspettava. Si passó le mani sull'elaborato vestito rosso. Non li avrebbe delusi. 
«Meraviglioso! Estatico! E ora… il giovane fortunato!»
La capitolina aspettó un secondo prima di leggere
«Il tributo maschile del Distretto1 è…  Daniel Vaur !» un ragazzo di diciasette anni si avvicinò al palco lentamente. Non era per nulla felice, eppure sfoggiava un sorrisetto ironico. Guardò la folla che sorrideva e applaudiva, molto probabilmente quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto il suo distretto, ma l' umile stalliere di Regina avrebbe provato a vincere.

Distretto 2
«Come sempre, prima le signore!» annunciò la capitolina, prima di pescare un foglietto. «Aurora Colfer!» chiamò.
Subito una mano svettó verso l'alto.
«Sembra proprio che abbiamo una volontaria! Vieni pure, tesoro». Dalla fila delle diciasettenni si levò una ragazzina alta e muscolosa. Aveva un viso piccolo, incorniciato da lunghi e lisci capelli neri. 
«Come ti chiami?» domandò la capitolina, porgendole il microfono.
«Fa Mulan» rispose quest’ultima, e il suo tono di voce tradiva tutta la sua determinazione.
«Bene! Dopo la coraggiosa uscita di questa giovane, direi di procedere con l’estrazione del tributo maschio». L’accompagnatrice andò ad estrarre il nome del maschio, quasi cadendo a causa dei vertiginosi tacchi che indossava. «Filippo Voyin!» chiamò.
Un ragazzo si fece avanti dalla fila dei quindicenni. Era molto alto e ben piazzato. Salì sul palco velocemente, i suoi occhi dicevano una sola cosa: gli altri tributi non sarebbero tornati a casa facilmente.

Distretto 3
«Scopriamo subito chi sarà il nostro tributo femmina!» trillò la giovane accompagnatrice, stringendo tra le mani un foglietto di carta, pescato poco prima dall’ampolla posta alla destra del palco. Era piegato in due, così la donna dovette aprirlo – e lo fece con una lentezza esasperante.
«Emma Swan!» esclamò tutta gioiosa, levando il capo e osservando con un sorriso a trentadue denti le ragazzine. 
Nel frattempo, dalla fila delle sedicenni uscì una ragaza, dai lunghi e ondulati capelli biondi. Era alta e abbastanza in forma, tanto che la capitolina pensò subito che quella ragazza avrebbe portato gloria al distretto.
«E ora, il tributo maschio!» annunciò, sempre sorridendo «Neal Cassidy» Neal camminava a testa alta, senza degnare di uno sguardo i suoi compagni. Non sorrideva nemmeno, era impossibile decifrare la sua espressione, sembrava che avesse represso ogni emozione. Avrebbe voluto parlare, urlare a quella donna che si opponeva a essere mandato in un’arena giusto per il divertimento di un paio di tizi strani. Se avesse aperto la bocca i pacificatori gli avrebbero aperto la testa. Doveva accettarlo, e magari vincere.

Distretto 4
Ariel Blusea si teneva stretta al suo coprispalle viola, mentre i suoi boccoli rossi erano mossi dal forte vento. 
«Ariel Blusea» si udì da una cassa che lei aveva affianco.
Quel nome le attraversò lo stomaco come fosse una lancia. Aveva solo dodici anni, quando una perfetta sconosciuta decise la sua morte.
La ragazza non si girò, ma guardò la folla sull’enorme schermo affianco al podio.
«E adesso i ragazzi…» disse la donna,  «Killian Jones»
Liam, il fratello, lo guardò e fece un finto sorriso come per dire va e vinci, ma entrambi sapevano, che lì dentro non c’erano speranze per nessuno. Sapeva che avrebbe perso sicuramente il suo fratellino, nonostante fosse molto abile in fare quasi tutto.
Molte ragazze del Distretto si misero a piangere. Lui era molto popolare a scuola e dalle sue parti.
Killian si passò la mano tra i capelli, come faceva sempre quando era nervoso.

Distretto 5
Zelena scrutava nervosa la folla attorno a sé. Aveva sedici anni, "a sedici anni la gente non muore"continuava a pensare. Le sembrava così ingiusto essere lì, in quella piazza, lei che si era sempre comportata bene. Era una ragazzina abbastanza alta, il cui volto molto grazioso era incorniciato da lunghi capelli ondulati di color rosso. 
«Zelena West!» la ragazza si staccò con una calma quasi innaturale dalla sua fila, cercando di sistemarsi i capelli. I suoi occhi blu non lasciavano trapelare nulla, la capitolina rimase sbalordita dalla noncuranza con cui si avvicinò al palco, quasi non volesse dare la soddisfazione a qualcuno di vederla triste.
«Fantastico!» trillò l'accompagnatrice «Passiamo al tributo maschio» annunciò, dirigendosi di gran lena verso l’ampolla contenente i nomi dei maschi. «Walsh Oz»
Il ragazzo che uscì dalla fila dei diciassettenni appariva quasi rilassato. Salì le scale lentamente, fissando con insistenza Zelena e l'accompagnatrice. Si sarebbe divertito, e forse avrebbe addirittura vinto. E nessuno lo avrebbe fermato.

Distretto 6
Durante le Mietiture, il tempo si oscurava sempre. Sembrava quasi che una nuvola di tristezza calasse sul Distretto 6, oscurando non solo la luce del sole, ma anche gli animi delle persone che assistevano all’annuale estrazione dei tributi. «Il tributo femmina del Distretto 6 è…» fece una pausa, alzando lo sguardo per osservare tutti gli adolescenti stipati sotto il palco, «… Wendy Darling», 
Da una delle file delle tredicenni si staccò una ragazzina, che camminava con passo insicuro. Indossava un vestitino molto grazioso. Una cascata di boccoli biondi le scendeva fino a poco dopo le spalle, incorniciando un viso dai tratti graziosi.
Aveva un sorriso stampato in volto, ma comunque tutti sapevano che non era felice della mietitura. Il rossetto non poteva nascondere la sua infelicità.
«Il tributo maschio del Distretto 6 è Peter Pan» un ragazzo con un sorrido beffardo stampato in volto, salì sul palco. Era vestito con abiti di fattura scadente, non che uno degli innumerevoli ragazzini dell'orfanatrofio avesse vestiti decenti. Guardò quasi disgustato la capitolina. Non sembrava per nulla spaventato, era seccato. Cosa ancora più sorprendente quel ragazzo che mostrava meno dei suoi quindici anni era sicuro di vincere.

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Capitolo 3
*** Mietitura parte 2 ***


Distretto 7
L'accompagnatrice del distretto sette stava canticchiando l'inno di Panem mentre estrasse il nome della povera ragazza che sarebbe finita negli Hunger Games.
«Marian Wooden!» una ragazza di quattordici anni si avviò verso il palco. Aveva un vestito color panna e un lungo mantello viola per proteggersi dal freddo. Era così piccola e minuta, che sembrava essere sempre sul punto di essere spazzata via dal vento. Gli occhi neri pieni di terrore cercavano disperatamente un volontario che non arrivò mai. La  ragazza piangeva già quando salì sul palco, non aveva speranze, e abbracciando con lo sguardo le foreste del suo distretto accettò la sua morte.
«E adesso i ragazzi!» esclamò la capitolina sorridendo «Robin Hood!»
Il ragazzo di quindici anni sospirò e salì sul podio. Si sistemò i capelli color castano chiaro e si sforzó di sorridere al pubblico, mentre Marian piangeva disperata.
Tutti lo conoscevano, quel ragazzo era un ladro; forse per questo quasi tutti nel suo distretto furono felici nel sentire il suo nome.

DISTRETTO 8.
«Belle French» esclamò il giovane uomo vestito di rosa pallido.
La ragazza salì sul podio e l’uomo l’abbracciò, come se un suo abbraccio potesse servire di qualcosa se non per la scenata. Era una bella ragazza di quindici anni con un paio di occhioni blu dolcissimi. Quel giorno indossava un abito azzurro pallido, che la faceva sembrare una bambolina indifesa. Belle non voleva uccidere, e su quel palco decise che non avrebbe ucciso nessuno. Una lacrima solitaria le rigò una guancia. 
«I ragazzi adesso» la folla trattenne il respiro. «Tremotino Gold!»
Tra i ragazzi si aprì un piccolo corridoio, e un ragazzo di diciasette anni con un completo nero impeccabile salì sul palco zoppicando.
Aveva dei folti capelli color castano che gli cadevano sugli enormi occhi castani. Tremotino sapeva di avere poche possibilità, ma avrebbe lottato coi denti; strinse con foga il bastone cercando di nascondere tutte le sue emozioni.

DISTRETTO 9.
Anastasia Redheart  sembrava una fata il giorno della sua mietitura.
Quando si presentò alla Mietitura aveva paura come tutti, e quando udì il suo nome stava per svenire. Non aveva scampo. Doveva andare lì e provare a sopravvivere.
Mentre camminava il vento le appiccicava la camicia bianca e la gonna rossa addosso, e le spostava i capelli biondi all’indietro.
Non voleva morire a quattordici anni.
«Will Scarlet».
Il ragazzo ci mise un bel po’ a realizzare che era proprio lui. Gli occhi neri fissavano il microfono, ma non guardava niente in particolare. Non pensava neanche; cioè, ci provava, ma non ci riusciva: era sotto shock. Un suo compagno gli diede una gomitata sul braccio e gli intimò che era proprio lui, svegliandolo dal suo sogno vuoto.
Preferiva sprofondare nel più scuro degli abissi che partecipare a quei giochi. Ma dovevano farsi valere e cercare di vincere per non morire.

DISTRETTO 10.
Anna Frost fu chiamata il giorno dopo il suo dodicesimo compleanno. Sua sorella Elsa le diede un bacio sulla guancia. Per un folle istante Anna pensò che Elsa si sarebbe offerta volontaria, non ci fu nessun volontario.
Petto in fuori, pancia in dentro, ripeté a sé stessa. Doveva fare una buona impressione. Avrebbe voluto sorridere, ma non era l’occasione giusta e sarebbe stato comunque un sorriso tirato. Si sistemò le trecce che le incorniciavano il viso.
La capitolina preferì non notare la giovane età del ragazza  e le fece i complimenti per gli occhi.
Hans Stainer era un ragazzo strano. Aveva sedici anni, occhi freddi come il ghiaccio, anzi lui era freddo come il ghiaccio. Gli Hunger Games erano il tipo di gioco adatto ad Hans, e la maggior parte degli abitanti del distretto dieci era già convinta su chi sarebbe stato il vincitore dei primi Hunger Games.

DISTRETTO 11.
Ursula Darksea era una corazza di marmo.
Il marmo lo guardi da lontano e ti sembra una mollica di pane, vorresti mangiarla e sentire il suo sapore semplice ma particolare, ma appena lo tocchi è freddo e duro come il ghiaccio.
Chiamarono il suo nome. 
Si disse che avrebbe vinto, nonostante avesse solo quattordici anni.
Certo, tutti dicono che vinceranno.
E poi Sidney Glass, detto il “genio”. Diciotto anni. Occhi neri come la pece.
Camicia pulitissima, capelli tagliati al millimetro.
Va bene, bisognava apparire belli per la mietitura ma insomma, lui era estremamente curato.
Raggiunse la compagna facendo tutto –per quanto si possa dire tutto – in modo perfettamente calcolato. Ogni passo al posto giusto, guardando le persone giuste.

DISTRETTO 12.
Mary, detta Biancaneve, sembrava una bambola di porcellana. La pelle era candita, perfetta. Le labbra tinte di rosso fingevano un sorriso, mentre gli occhi azzurri erano lucidi e pieni di odio verso Cora, se fosse sopravvissuta l'avrebbe uccisa con le sue mani. Una ragazza di diciasette anni non dovrebbe andare a morire in una stupida Arena.
E poi c’era David Charming. Aveva una certa somiglianza con Mary, nonostante lui non avesse tutto quell’odio dentro.
Il suo motto era “ora o mai più”: vinci o muori.
Se voleva tornare a casa doveva vincere.
Già, peccato che tutti tranne uno moriranno.
 

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Capitolo 4
*** Capitol City ***


Ariel
Il treno procedeva verso la capitale senza che nessuno lo azionasse. Quella sera stessa sarebbero stati lì. Non avevano un mentore. Perciò, fu l'accompagnatrice ad istruirli su quanto riguardava l'audience, gli sponsor e le varie fasi prima dell'arena. Poi venne il momento di guardare il riepilogo delle mietiture.
Il tributo più spaventoso era di certo il ragazza del 2, sembrava che fosse nata per combattere. Ariel decise subito che l'avrebbe evitata come la peste.
Distretto 4… si vide salire sul palco, e pensò che lei non doveva aver colpito nessuno; ma meglio: più probabilità di essere ignorata.
Nessun tributo, a parte la ragazza del due, la colpì particolarmente. Anche se la ragazza del distretto uno era inquietante, sembrava disposta a tutto pur di vincere. 
Il riepilogo terminò. 
Nessuno disse niente; Killian era troppo arrabbiato, l'accompagnatrice era troppo emozionata e Ariel, Ariel aveva paura.
La ragazzina notò due bottiglie di rum vuote vicino a Killian
«Killian… non credo che dovresti…bere» disse Ariel, nel modo più delicato possibile
Il ragazzo la squadrò con aria scettica, per poi scoppiare a ridere
«Ne vuoi un goccio?»

***

Lo staff di preparatori era decisamente irritante; non faceva che starnazzare in continuazione di cose, quale più quale meno, molto stupide. E perché si ostinavano a chiamarlo “cucciolottina”, “pesciolina”  mentre le  allungavano le ciglia, le tagliavano le unghie e le mettevano creme sui capelli? Quando finirono con lei, ne fu solo felice.
Dolorante, infastidita e triste, coperta solo da un asciugamano rosa confetto, venne portata al cospetto della sua stilista.
«Ma che stellina!» strillò la stilista; aveva i capelli blu e la pelle bianca. 
«Io sono Turchina!» si presentò 
«Io sono Ariel Blusea» le rispose con una vocetta flebile
«Ma certo! Tutti gli abitanti di Capitol City conoscono a memoria i nomi e i cognomi di ogni singolo tributo!»
«Mh» commentò Ariel. 
Turchina tirò fuori da dietro la schiena una gruccia a cui era appeso un abito. Distretto 4, pesca. Il costume era di tutte le varietà di blu, disposte in diagonale lungo la stoffa, ed era percorso da numerose squame sulla parte finale dell'abito che la facevano sembrare una sirena.
«Vedi, la Prima Stratega ha chiesto espressamente che alla parata ogni tributo appaia come il più forte dei guerrieri. Vuole il meglio per la sua Prima Edizione dei Giochi!» gongolò Turchina.
«Non mi sembra un costume particolarmente bellico...» fece notare Ariel.
«Non senza questo!» esclamò la stilista con voce acuta. Prese  un tridente – peraltro vero– appoggiato alla parete e lo infilò nelle mani della giovane ragazza.
La condussero sul carro del suo Distretto. L'abito di Killian era tale e quale al suo. L'arena era relativamente lontana, ma la guerra cominciava lì. Sponsor, pubblico, addestramento... non avrebbero potuto sopravvivere senza.
Di lì a poco, i primi Hunger Games sarebbero cominciati.

Mary
Mary squadrò il suo abito: era una tuta semi trasparente color nero ricoperta da una spessa patina nera, sulla sua testa, un casco arancione le scompigliava i capelli. Era ridicola. Altri tributi erano molto più dignitosi.
Regina Mills aveva un abito semi trasparente ricoperto di diamanti e ogni tipo di pietra preziosa; anche se c'entravano poco con il Distretto 6, i costumi da drago di Wendy e Peter non potevano passare inosservati: le gigantesche ali blu sembravano muoversi in autonomia; i tributi del 2 erano incredibili, in intimo e ricoperti di una sostanza che assomigliava ad oro colato.
C'erano poi quelli che, come lei e il suo compagno, risultavano patetici: i ragazzi dell'11 coperti da qualche frutto qua e là, o quelli del 7 ricoperti di foglioline e con una finta pianta carnivora in testa.
A Mary non importava nulla di moda, ma se voleva vincere doveva avere sponsor; e apparire in quel modo davanti a tutta Panem non era un buon modo.
Il carro del Distretto 1 uscì all'aria fresca e serale di Capitol City. Le urla di giubilo non tardarono ad arrivare.
«Non saranno così contenti di noi» ridacchiò David in piedi vicino a lei sul carro. 
Distretto 3...4...5... i cavalli cominciarono a muoversi, e i pomposi finimenti di cristallo tintinnarono. Il carro del Distretto 11 si mostrò alla folla; toccava a loro.
La musica si fece più intensa. 
I coloratissimi abitanti della capitale urlavano in loro direzione mentre passavano per le vie, beandosi della vicinanza con dei tributi.  L'inno cessò. Il vento scompigliava i capelli neri di Mary, ma la ragazza riusciva comunque a vedere bene l'inquietante figura di Cora.
«Buonasera, tributi»scandì la donna. «Vi porgo il mio saluto, e al contempo i saluti di tutti gli abitanti della città. Benvenuti a Capitol City» ghignò. La folla esultò.
«Felici Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!»
La ragazza avrebbe giurato che la presidentessa non stesse augurando buona fortuna proprio a nessuno.

***

Il suo abito era troppo scomodo, la tuta iniziava a darle un prurito fastidioso, i tacchi erano troppo alti, e il trucco iniziava a darle fastidio.
Vennero introdotti nella suite al dodicesimo piano. Dopo la sbrigativa cena, Mary andò subito a dormire. Aveva paura di morire, e quel pensiero la teneva sveglia.
Si sorprese a pensare che non avrebbe più rivisto i suoi amici, come un fatto certo. Che non avrebbe mai più corso nelle foreste, che non avrebbe mai più usato l'arco....
Con un gesto rabbioso, si tolse le coperte di dosso. Doveva tornare a casa semplicemente per non morire in un'arena, punto e basta.
Doveva cercare di vivere per sé stessa.
Si rinfrescò il volto con dell’acqua gelida.
Distrattamente, notò che le gocce d'acqua sulle sue guance sembravano lacrime.
O forse lo erano.

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Capitolo 5
*** Addestramento ***


Emma
L’accompagnatrice spinse il pulsante “0” dell’ascensore. Primo giorno d’addestramento. 
Guardando i tributi in quella sala fu pervasa da una forte paura, paura per sé stessa. 
L’istruttrice principale, Crudelia, sbuffò.
«I tributi dell’1  e la ragazza del due sono in ritardo.»
«Nessuno è in ritardo» rispose secca Mulan.
Regina entrò nella stanza in quel momento, in faccia un’espressione infuriata, molto probabilmente arrivare tardi la infastidiva.
Crudelia squadrò per bene ogni tributo poi cominciò  ad elencare le varie postazioni, e consigliò loro di non concentrarsi solo su alcuni stand. 
Emma si impegnò per non farsi notare. Voleva che tutti la considerassero come una preda facile e che non la prendessero di mira. Non le fu difficile. Continuò ad esercitarsi con veleni, corde e nodi fino all’ora di pranzo.
Frattanto, osservava i tributi.  Ariel cercava di usare una rete da gladiatore, ma caracollava e cadeva di continuo; Mulan si dimostrava letale in una sessione di combattimento corpo a corpo; Tremotino meditava in silenzio in un angolo della palestra; Mary si esercitava con l'arco ed era fin troppo brava.
La campanella del pranzo suonò. La ragazza entrò nella sala da pranzo; notò che i ragazzi del distretto uno e del distretto due e il ragazzo del quattro si erano uniti, così come i tributi dell'8; fu in quel momento che capì che nell'arena sarebbe stata sola.
E se voleva vincere quei Giochi, doveva sfoderare le unghie. Partire dal rifiuto delle armi non l'avrebbe aiutata.
Per questo subito dopo pranzo si fiondó sulle armi, si esercitò con la spada fino ad avere i calli sulle mani, si esercitò fino a riuscire ad essere considerata abbastanza temibile.


Peter
Le poche attenzioni che l'accompagnatrice dava ai tributi erano solo per Wendy. Wendy sapeva cosa dire all'intervista, come comportarsi, come avere sponsor. La povera Wendy che per qualche oscuro motivo l'accompagnatrice adorava e voleva assolutamente vedere viva.
Lui era solo Peter Pan, che non sapeva piacere alla gente e che non sapeva relazionarsi con gli altri tributi.
Era nervoso, era arrabbiato. Arrabbiato con Cora, arrabbiato chi l'aveva estratto, e arrabbiato con quei cervelli malati che avevano creato gli Hunger Games.
«Comunque il primo giorno di addestramento è andato bene, grazie per avermelo chiesto» sputò fuori.
L'accompagnatrice alzò lo sguardo su di lui, quasi sorpresa «La tua compagna di Distretto è ancora scioccata. Non vedi che ferita che si è fatta?» disse finendo di tamponare il minuscolo taglio che la ragazzina aveva sulla fronte. Peter perse le staffe, voleva proteggere una che si era ferita durante l'allenamento.
«Oh, poverina!» gridò alzandosi di scatto. «Allora hai ragione, aiutiamo una persona che non ha possibilità, che morirà se non il primo il secondo giorno, perché poverina, diamine, è scioccata e ferita!»
«Io non ti permetto...» cominciò l'accompagnatrice.
«A ME NON FREGA NIENTE!» ruggì Peter «Potrei morire, e posso permettermi di dire la verità! »
Girò sui tacchi ed entrò in camera sua sbattendo la porta.. Odio, odio, odio, odio, odio. Ne era invaso. Doveva rompere qualcosa, doveva sfogarsi. Gridò a denti stretti nel cuscino per un'ora intera.
***
Qualcuno bussò alla sua porta. Il ragazzo guardò l'orologio. Dannazione, erano le due di notte.
«Sì?» biascicò malcontento.
La porta si aprì. Era Wendy Darling.
«Io devo chiederti scusa.»
Peter inarcò un sopracciglio. 
«Ma Wendy, stai tranquilla!» enfatizzò lui. «Alla fine trionfa sempre il bene!»
«Non sto scherzando. Voglio solo che tu non te la prenda troppo con me. Lo so che hai paura.»
«Io non ho paura!» sibilò Peter.
Le chiuse la porta in faccia tornando a dormire.


Zelena
Si svegliò di prima mattina, già di malumore. Una vera rottura, l'addestramento. Anche in quel secondo giorno, l'orgoglio di Zelena sarebbe stato scalfito dalla dimostrazione che non sapeva fare tutto. Quando le porte dell'ascensore si aprirono e lei si ritrovò nella palestra, non ne fu troppo contenta.
Zelena West si piazzò in fondo alla coda di persone presente alla postazione di lancio dei coltelli. In quel momento la ragazza dell'1,Regina Mills, stava provando, e si dimostrava molto brava. Aspettò pazientemente il suo turno, poi prese il manico del coltello e prese la mira.
Uno, due, tre, quattro colpi sbagliati. Non andava bene. Tirando il quinto coltello, immaginò che il bersaglio fosse un tributo.
Doveva. Fare. Centro.
La punta della freccia si piantò a pochi centimetri dal cerchiolino rosso che indicava la massima precisione. Così con i successivi cinque tiri. Certo, se la stava cavando bene, ma sarebbe riuscita a prendere dei coltelli alla Cornucopia? Lasciò perdere quella postazione.
Si cimentò nell'accensione di fuochi, nel montaggio di tende e nell'arrampicata, ma non sapeva come orientarsi. 
Guardando gli altri tributi, si accorse che ben pochi di loro la interessavano, e ancor di meno erano quelli che la spaventavano.
Nessuno le sembrava il tributo giusto per allearsi. Era meglio così perché, se voleva tornare a casa, sarebbero dovuti morire tutti.
Dal primo all'ultimo. E lei non si sarebbe fatta problemi ad ucciderli tutti.

L'addestramento era finito; i tre giorni che i ventiquattro tributi avevano a disposizione erano ormai terminati
«Daniel Vaur. Distretto 1.»
Le Sessioni Private erano ufficialmente iniziate.

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Capitolo 6
*** Waiting for... ***


Killian
Quindici minuti erano stupidi. Erano decisamente troppi, visto e considerato che più della metà dei tributi non avrebbe saputo cosa fare. Killian Jones, pieno di un fascino che sapeva di possedere, si passò una mano tra i capelli neri. Pensò a quanto fossero patetiche le descrizioni dei capelli neri che usavano le ragazze per descrivere i suoi capelli: capelli corvini, capelli bluastri, capelli color buio. No; se i capelli erano neri, lo erano.
Pensò alle due dodicenni che avrebbero gareggiato quell'anno, loro erano un buon esempio delll'inutilità dei quindici minuti. Cosa mai avrebbero fatto in quindici minuti? Oh, certo, tutti gi avrebbero detto che ognuno può avere talenti nascosti. E lui avrebbe riso loro in faccia. Perché i talenti nascosti non esistevano. L'uomo era troppo orgoglioso di se stesso per nascondere un talento.
I minuti passarono veloci
«Killian Jones. Distretto 4»
Era ora.
Non guardò gli Strateghi. Si diresse in fretta verso ciò che gli serviva, e non si perse in riflessioni. Sollevò i pesi. Abbatté un manichino nel corpo a corpo e usò la spada.
Era semplicemente lui, ovvero nessuno. Non aveva niente da dire, niente a cui pensare. Fece quello che doveva fare. Non ci fu niente di speciale nella sua sessione privata.
Era cupo. Un aggettivo che gli calzava bene, che gli stava perfettamente addosso. Non voleva e non poteva essere di più.
“Quindi, cari, piccoli, disperati tributi, cominciate a tremare. Perché nell'arena, troverete solo una persona consapevole di chi è di cosa può fare. Quella persona, compagni di sventura, sono io.”
«Grazie, signor  Jones» gli disse la Prima Stratega, Malefica, con tono irrisorio. «Può andare»
“Rida pure, signorina” pensò Killian . “Ci divertiremo immensamente, nell'arena.”

Belle
Belle French guardò con una sorta di pietà la ragazza del sei alzarsi. Quindici minuti non erano pochi, e passarono con lentezza. Pensò a quanto avrebbe dovuto aspettare per poi prendere un voto tra l'altro scarso.
Mancava poco. Solamente quarantacinque minuti e anche lei sarebbe dovuta entrare. Sarebbe stato conveniente prendere un voto mediocre; alto abbastanza da aggiudicarsi degli sponsor, basso abbastanza da non essere considerata una minaccia. Non sapeva nemmeno cosa fare, l'accompagnatrice le aveva detto di tirare fuori il suo lato più ingegnoso, ma lei non aveva un lato ingegnoso. Aveva letto molti libri, certamente, ma non poteva elencarli a memoria. Doveva inventarsi qualcosa. L'attesa di Belle passò così, pensando a cosa fare. Poi decise di rompere il silenzio
«Tremotino... Ti volevo solamente ringraziare per avermi ospitata a casa tua durante i Giorni Bui. Volevo dirtelo prima che fosse...prima che fosse troppo tardi»
Tremotino le sorrise, si ricordava bene come era stato bello vivere con Belle. Erano felici, bastava solo quello, e forse persino innamorati.
«Tremotino Gold. Distretto 8»
Tremotino prima di entrare guardò la ragazza dritto negli occhi
«Grazie a te» le disse prima di entrare.
Il tempo passò lentamente, poi la chiamarono.
Belle entrò nella palestra; era stata riorganizzata, e ora tutto ciò che avrebbe potuto servirle era lì, davanti a lei. Lanciò uno sguardo agli Strateghi. Alcuni cominciavano ad attingere alle pietanze, ma nel complesso erano abbastanza attenti. A parte un vecchio signore ed i suoi due amici che erano già sbronzo. Belle sapeva perfettamente che doveva attirare la loro attenzione.
Si diresse verso la postazione delle corde. Riuscì a creare delle trappole perfette ed impiccò un manichino.
Poi riuscì a dipingersi la mano, facendola sembrare il tronco di un albero.
Tempo scaduto. pi
Belle se ne andò sorridendo, convinta di aver fatto un buon lavoro. E forse avrebbe avrebbe attirato abbastanza sponsor per riuscire a vincere

Anna
Anna Frost. Piccola. Invisibile. Avrebbe voluto esserlo. Ma, essendo una pedina della partita più terrificante mai esistita, non lo era. Non voleva che la sua stilista continuasse a riempirgli la faccia di crema anti lentiggini, non voleva che l'accompagnatrice la tempestasse di domande, e non voleva, oh, quanto non voleva che Hans rispondesse nei minimi dettagli alle domande. 
«Su, su!» gridò l'accompagnatrice dal soggiorno. «Ci sono i voti!»
Si radunarono tutti in soggiorno. La voce dell'intervistatrice degli Hunger Games nonché figlia della prima stratega, Lily, stava già spiegando come si erano svolti i tre giorni d'addestramento. Di lì a poco, i ventiquattro tributi avrebbero saputo come erano stati valutati. Un numero da uno a dodici. In ballo, la salvezza data da uno sponsor.
Visto che oltre ai tributi l'intera Panem fremeva, Lily non perse tempo; davanti al suo sorriso plastico apparve la foto di Daniel Vaur, e in sovrimpressione il numero dieci
«Dal Distretto 1, Regina Mills, con un punteggio di nove!»
Anna ebbe paura. Quei numeri significavano alte probabilità di morte. I voti furono tutti alti, ed Anna era certa che le sue probabilità di morte erano già al 100%
«Dal Distretto 5, Walsh Oz, con un punteggio di sei!»
Come?! Ma non era possibile! Anna aveva controllato quel ragazzo e le era sembrato che non fosse in grado di fare nulla
Il quattro di Wendy fu una vaga consolazione, ma il suo compagno di Distretto se ne uscì con un impensabile sette. La ragazza del 7 prese un quattro, mentre il suo compagno prese un otto. Il ragazzo dell'8 prese un sette, mentre la ragazza prese un sei. Entrambi i tributi del 9 presero un cinque. Era il turno del suo distretto
«Dal Distretto 10, Hans Stainer , con un punteggio di sette!»
L'accompagnatrice applaudì deliziata.
«Anna Frost, dal distretto 10, con un punteggio di quattro»
Nessuno commentò, l'accompagnatrice la strinse in un abbraccio stritolante. Anna sentì le lacrime che le bruciavano gli occhi, smise di seguire la trasmissione.
Stettero zitti fino alla fine delle mietiture. Dopo un po', prese la  parola l'accompagnatrice.
«Su, ora a letto. Da domani bisogna lavorare per le interviste.»

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Capitolo 7
*** Parole astratte ***


«Cominciamo!» esclamò Lily, sin troppo pimpante «dal distretto 1... la conoscete?!».
Il pubblico esplose in un applauso esagerato, condito di urletti di acclamazione ed apprezzamento. Lily rise amabilmente.
«Proprio lei!» continuò, ammiccando «la bellissima, talentuosa ed affascinante Regina Mills!».
Regina stupenda nel suo abito blu, entrò in scena sorridendo al pubblico, come una vera diva.
«Prima di cominciare, permettimi di farti i complimenti per il  tuo voto, uno splendido nove!» fece, ammirata. 
«Molte grazie, Lily» rispose«sono felice che agli strateghi sia piaciuto ciò che ho mostrato»
«Vuoi darci qualche indizio per permetterci di scoprire quali sono i tuoi talenti?» domandò Lily, con voce suadente e confidenziale.
«Preferisco che sia una sorpresa» rispose Regina, con aria complice «ti piacciono le sorprese?».
Lily lanciò un'occhiata d'intesa al pubblico, che ridacchiò di gusto.
«Adoro le sorprese, e scommetto che adorerò ogni singolo momento in cui sarai sullo schermo» fece, con un sorriso malandrino sulla bocca terribilmente rossa.
«Passiamo ad altro... cosa ne pensi dei tributi?»
Regina ghignò «Beh, sono alcuni sono forti e molto abili... ma c'è solo un vincitore. E sarò io» rivolse un sorriso al pubblico che applaudì ancora, e Regina tornò al suo posto.
 

Daniel era stato immobile come una statua fino a quel momento, con le mani nascoste negli eleganti pantaloni scuri e sbuffando sonoramente ogni volta che la sua accompagnatrice lo fermava per aggiustargli il colletto della camicia, la cravatta o la giacca.
«Sempre dal distretto 1, un ragazzo che non ha bisogno di presentazioni!».
Il pubblicò esultò, cominciando a gridare il suo nome come un branco di pappagalli impazziti.
«Esatto, gente! ...Daniel Vaur!».
Il ragazzo avanzò fino a raggiungere Lily e sedersi di peso sulla poltrona di seta rossa dello studio. 
«Bene, bene, Daniel!» lo salutò «Sarai un osso duro, nell'arena, ne sono certa... ma dicci, c'è qualcosa che ti spaventa o sei invincibile come appari?».
Daniel rise sommessamente.
«Nessuno è invincibile, Lily» rispose, enigmatico ma ancora sorridente, ed il pubblico iniziò a sussurrare qualcosa, allegro ed incuriosito.
«Sono certa che te la caverai egregiamente, nell'arena, Daniel» disse «sei un ragazzo molto in gamba».
La tromba acustica suonò, Lily e il pubblico lo salutarono animatamente, e Daniel s'inchinò elegantemente per poi scivolare fino alla sua postazione.


«E adesso, signore e signori, dal distretto 2...» uno strategico attimo di suspance «...Fa Mulan!».
Uno scroscio incontenibile di applausi accompagnò l'ingresso dell'altissima ragazza asiatica, avvolta in un delizioso e semplice kimono rosso scuro.
«È un piacere averti su questo palco, Mulan» 
«È un piacere anche  per me, Lily» rispose la ragazza, secca.
«Posso complimentarmi con te per il favoloso 11 che hai ottenuto con gli strateghi?» riprese delicatamente Lily «sono rimasto molto colpita, sai?».
«Grazie. Undici è un bel risultato».
«Parlando d'altro» riprese Lily, sorridendo amichevolmente «Ti sei offerta volontaria... eri sicura di vincere? ».
Mulan fece cenno di no col capo.
«Ma come? Non ci credo!».
«La  ragazza che è stata estratta è una persona a cui tengo molto e non volevo vederla... morta»
«Capisco, Mulan, capisco!» le disse Lily «non mi resta che augurarti buona fortuna per l'arena di domani, sono certa che la tua sarà una gara entusiasmate».


Filippo si sedette di fronte a Lily con poca grazia, incrociando le braccia e mordendosi impercetibilmente l'interno della guancia sinistra.
«Hai ottenuto un 9 anche tu, alle sessioni private» osservò, con ammirazione «ti faccio i miei complimenti».
«Grazie» rispose il ragazzo «mi aspettavo di più».
I capitolini in studio ridacchiarono, come se Filippo avesse appena fatto la battuta del secolo.
«Beh, un 9 non è da tutti, mio caro ragazzo» insistette Lily «io non prenderei neanche un due!».
Il pubblicò ravvivò la sua risatina divertita, mentre il ragazzo rimaneva impassibile e visibilmente scocciato.
«Hai qualcuno che ti aspetta al tuo distretto? E non dire bugie!»
«Sì, si chiama Aurora». 
Il pubblico si lasciò sfuggire un sospiro sdolcinato.
«Ed è carina?» chiese Lily
«Beh, sì, molto» borbottò, lanciando una rapida occhiata alla telecamera.
«C'è qualcosa che vorresti dirle, adesso?» continuò Lily 
«Che la amo e che tornerò» disse.
Il suo turno terminò con il suono dell'allarme ed un applauso condito da sospiri commossi.
«Possa la buona sorte essere sempre a tuo favore, Filippo» commentò Lily, salutandolo. Ed eccola, la famosa frase porta-sfiga. 


«E adesso, dal distretto 3... sapete di chi parlo, no? Ovvio che sì!» esordì ancora Lily, preparandosi ad annunciare il prossimo tributo «è bella, è forte... a voi, mio pubblico, Emma Swan».
La giovane dai capelli dorati sorrise a tutti e fece un rapido cenno di saluto, per poi accomodarsi di fronte a Lily ed intrecciare le dita sul grembo.
«Che piacere, Emma, sei incantevole!» fece la donna, sorridendo.
«Grazie mille, Lily, trovo che anche tu sia in ottima forma» rispose la ragazza, in un sorriso delicato.
I capitolini ridacchiarono.  E Lily sorrise in modo amabile ad Emma
«Mi hanno detto che con gli strateghi hai ottenuto un bel 7, che te ne pare?» domandò. 
Emma si strinse nelle spalle.
«Di certo non è un voto alto come ci si aspetterebbe da un futuro vincitore, ma è un ottimo inizio, non credi?».
«Oh, sì, lo è. Lo è!» rispose, mentre il pubblico si lasciava trasportare da un applauso di ammirazione.
«Sai Emma, scommetto che andrà tutto bene… non credete anche voi, signori?».
Lily si rivolse al suo pubblico, con un grosso sorriso stampato sul viso. I capitolini esultarono, battendo la mani, ed Emma cominciò a pensare che li avrebbe strozzati tutti ben volentieri.


«Sempre dal distretto 3, il giovane Neal Cassidy...! Un applauso, gente, un applauso!».
A passo rigido e corrucciato, il ragazzo raggiunse il presentatore.
«Ciao, Neal!» lo salutò Lily, tranquillamente «come stai?».
«Oh, beh... sono stato meglio, grazie, ma anche peggio», rispose.
«Allora, Neal, ti piace Capitol City?» domandò, in un sorriso.
Neal rabbrividì. "Voglio andarmene, adesso", pensò.
«È una città ricca... di sorprese, ecco», rise, annuendo, ed il pubblico seguì il suo esempio.
«Sì, sì, è un luogo sorprendente!» continuò Lily «e poi ci sono tanti gadget tecnologici, hai visto? So che tu adori questo genere di cose».
«Sì, tutto questo mi ha lasciato senza parole» rispose «tipo la televisione... avete delle televisioni fantastiche... e poi le docce e...».
Avrebbe continuato ad elencare tutti gli oggetti in cui si era imbattuto per tutti e tre i minuti a sua disposizione, se solo Lily non lo avesse interrotto con una risata delle sue. Accidenti a quella sua tendenza a straparlare in pubblico.
«Sai cos'ha stupito me, invece?», chiese la donna, in un sorriso gentile «il tuo 6 con gli strateghi. ».
«Già, sì... è stata una piacevole sorpresa, questa» commentò.
Il suono acustico lo fece sobbalzare, e Lily rise ancora «Ti auguro buona fortuna, Neal!».


Ariel Blusea giunse sul palco tremando, Lily le prese la mano e la condusse a sedersi.
La ragazzina si sedette sulla poltroncina e si sistemò le pieghe dell'abito color ametista che indossava, 
«Oh, Ariel!», prese a dire Lily, con una nota di dolcezza nella voce «sei sempre assolutamente perfetta, sai?».
«Grazie, Lily» commentò la ragazza, abbozzando un sorriso «anche tu».
«Ho sentito dire che ti piace nuotare, eh?» fece Lily, sporgendosi verso di lei «che te ne pare della piscina?».
Il viso di Ariel s'illuminò al suono della parola "nuotare".
La sua unica valvola di sfogo era stato il nuoto - nel quale avrebbe potuto battere gli stessi delfini.
Era una passione incondizionata, alla quale teneva come a poche altre cose al mondo.
«Oh, è stupenda» rispose «non nego che mi piacerebbe venire a vivere qui a Capitol City e diventare una nuotatrice professionista, una volta tornata dall'arena».
«Ah! Sentito, gente?!» esclamò Lily, allegra «non vedo l'ora di vederti nuotare!».
«Sono certa che mi vedrai nuotare», rispose lei.
«Anche io!» commentò Lily, sorridendo. 
Eppure Lily sapeva benissimo che con quel quattro quella piccola ragazzina non avrebbe mai vinto.


«Dal distretto 4, signore e signori... il giovane, bellissimo Killian Jones!».
Si era insinuato sul pubblico lanciando baci e salutando come una rock star ad un concerto.
I capitolini gridavano il suo nome, si sporgevano per vederlo meglio e si sbracciavano per farsi notare.
Si sedette di fronte a Lily, con le gambe aperte e le mani sulle ginocchia.
«Ciao, Lily!», la salutò «come te la passi?».
La ragazza si finse offesa, ed il pubblico scoppiò a ridere.
«Ehi!» rispose, ridendo «sono io quella che fa le domande, qui!».
Killian rise
«Allora falle..» il pubblico scoppió a ridere
«Bene, Killian, ci vuoi parlare del tuo splendido 8?»
«Beh, Lily... ne sono pienamente soddisfatto, ma in fondo me lo aspettavo.. credo che non avrò problemi a vincere» il pubblico era già in estasi. Lily gli rivolse un sorriso ammiccante «Quanta decisione, immagino che un ragazzo come te sia pieno di ammiratrici...»
Killian la fermò ridendo «Direi fin troppe, ma come si sa il calore non guasta mai» 
Il resto dell'intervista trascorse tra una battuta e l'altra.


«E ora, dal distretto 5 la stupenda Zelena West!» il pubblico iniziò ad applaudire, emozionato all'idea di conoscere un nuovo tributo.
Zelena si accomodò sulla poltroncina sorridendo al pubblico. 
«Buonasera, Zelena. Sei assolutamente meravigliosa! Uno schianto come sempre...  e poi questo colore ti sta benissimo!» il pubblicò applaudí concorde.
«Sei molto gentile» rispose lisciandosi le pieghe del vestito color smeraldo. Poi si rivolse al pubblico «E voi siete fantastici» un applauso più grande. Zelena rise, stava entrando nelle grazie dei capitolini.
«Allora, Zelena, cosa ci vuoi dire sul tuo 7?»
«Avrei potuto fare di più, ma lascio il meglio per l'arena» Zelena sorrise al pubblico, mentre Lily ridacchiava
«Ma come Zelena! Sembri una ragazza così fragile...» Questa volta fu la giovane ragazza a ridere
«Pura apparenza, Lily… io sono perfida» il pubblico si sporse in avanti pronunciando un "oooh" pieno di ammirazione «E la perfidia vince sempre»
I capitolini esplosero in applausi, gridolini di gioia e tutti acclamavano il suo nome.


Walsh Oz odiò Zelena, era proprio necessaria quella frase ad effetto? 
«Allora, Walsh, ho sentito che sei un mago,  è vero?», aveva domandato «Mi mostreresti qualche trucchetto?».
Il pubblico era come impazzito.
Il ragazzo, pensava velocemente a cosa fare, imbarazzato ed in perfetto silenzio, con Lily che lo osservava da dietro al microfono.
«Allora?», domandò ancora. 
Sembrava davvero curiosa, cosa mise Walsh piuttosto a disagio.
Lui non era un vero mago, era solo un impostore
«Non... ho in mente nessun trucco», rispose lui. Il pubblico si innervosí
«Ma nell'Arena ve li mostrerò tutti!» promise. Lily gli fece l' occhiolino
«Ne sono certa, e poi a tutti piace la magia» rispose Lily con gentilezza «In ogni caso, alle sessioni hai preso un 6 », riprese Lily, con più serietà «Hai fatto qualche magia?»
Walsh sorrise, ricordando il modo in cui aveva infilzato i manichini con la lancia.
«Mi sono impegnato...», commentò. 
Il suono della tromba acustica segnò la fine della sua intervista


«Ed ecco a voi la dolce Wendy, dal distretto 6!».
I capitolini applaudirono ancora una volta. Wendy era la piccola beniamina dei capitolini, per qualche motivo misterioso.
«Ciao, Wendy!», sorrise Lily, una volta che la ragazzina si fu seduta «come pensi che saranno, questi Hunger Games?».
Wendy abbassò lo sguardo sulle sue mani, che giocherellavano nervosamente con la cintura argentata dell'abito.
«Avvincenti», rispose seguendo il copione che l'accompagnatrice le aveva dato «m'impegnerò al massimo per uscirne viva».
«Oh, sì, sono certa che avrai un grande successo» le rispose Lily sorridendole.
Wendy provò a sorridere, ma il risultato fu solo una piccola smorfia.
«Quel vestito ti sta molto bene, non credi?», continuò.
Wendy accennò un sorriso intimidito, muovendosi a disagio sulla poltroncina.
«Sì», rispose, tutt'altro che convinta «non è malaccio».
«C'è qualcuno che vorresti salutare?» le chiese Lily
A quel punto Wendy pianse, seguendo ancora il copione «Vorrei abbracciare i miei fratelli e… ringraziarli per tutto… vi voglio bene. Vorrei abbracciarvi ancora una volta»
Il pubblico si sciolse come un cioccolatino, e Lily abbracciò Wendy. 


Peter Pan maledisse l'accompagnatrice per non avergli dato nemmeno un consiglio, mentre saliva sul palco.
Indossava un completo color muschio troppo elegante per un  ragazzo destinato a morire
«Allora, Peter, come ti senti?», gli domandò Lily, in un sorriso allegro.
«Oh, benissimo», rispose.
Lily rise ancora
«Allora Peter, come pensi che sarà l'Arena?» Peter la guardò, inarcando un sopracciglio. Che razza di domanda era?!
«Se devo essere sincero… grande e pericolosa...» rispose
Lily gli rivolse un sorriso tenero, ridendo di gusto «Beh Peter il tuo sette mi dice che te la caverai benissimo»
Peter rise, poi si rivolse al pubblico «Domani, signori miei si scriverà la storia! Secondo voi sarò ricordato come un vincitore?»
Il pubblico impazzì, Lily ridacchiava.
«Insomma Peter, mi togli tutto il divertimento… a quanto pare ci sono persone già convinte della tua vittoria…» 
L'unica cosa che aveva capito era che ai capitolini piacevano le frasi ad effetto. E ne doveva trovare una, subito.
«Questo è perché Peter Pan non fallisce mai» 
Il pubblico applaudí, molti addirittura urlavano il suo nome. Il ragazzo ghignò, soddisfatto.


Marian Wooden cercò di mostrarsi più serena possibile. Cosa che non le fu affatto semplice, con tutti quegli occhi puntati su di lei e Lily che le porgeva una domanda dopo l'altra.
La ragazza dagli occhi neri non prestò molta attenzione a nessuna delle domande della conduttrice. 
Si sentiva scombussolata, come se avesse un treno messo di traverso alla bocca dello stomaco. 
Una sensazione tutt'altro che piacevole, soprattutto per un tributo che avrebbe dovuto fare una bella figura di fronte agli sponsor. E lei aveva davvero bisogno di fare una bella figura, dopo il malevolo 4 ottenuto alle sessioni private. Gli sponsor non avrebbero mai aiutato una come lei, ne era certa.
Non se potevano sponsorizzare qualcuno come Regina o come Mulan. 
«Dunque, mi hanno detto che ti piace conoscere posti nuovi», disse «Capitol City è stata all'altezza delle tue aspettative?».
All'altezza delle sue aspettative? No, Capitol City era andata ben oltre. E non nel senso buono.
«È un luogo particolare», rispose, per non dire "è un luogo orribile" non c'erano foreste, non c'era natura; era tutto troppo artificiale «avete degli strani modi di vestirvi e di pettinarvi, qui».
Lily ed il pubblico in studio ridacchiarono animatamente.
«Sentito, gente?» rise Lily «siamo un po' strani»


«Dal distretto 7, giovane, impulsivo e tremendamente affascinante: ecco a voi Robin Hood!».
Il giovane dagli occhi verdi si sedette di fronte a Lily con una strana espressione dipinta sul viso.
«Ciao, Robin!», lo salutò Lily in un sorriso, mentre i capitolini continuavano ad applaudire.
«Ciao», rispose il ragazzo, sollevando gli angoli della bocca in  un sorriso.
«Allora, Robin», riprese  «siamo rimasti tutti piacevolmente sconvolti dal tuo 8 ottenuto nelle sessioni private».
Robin incrociò le braccia e sorrise scaltramente.
«Vuoi dirci come hai fatto? Cos'hai mostrato agli strateghi?».
Robin scosse la testa
«D'accordo, ragazzo! Ti piacciono i misteri, eh?!».
«Sì, già», disse «"mistero" dovrebbe essere il mio secondo nome».
Il pubblico rise ancora, e Lily sogghignò.
«Ah, sei un tipetto davvero interessante!» disse, battendo le mani «farai una gara eccezionale!».
«Lo spero» rispose brevemente. 


Belle non seppe mai come arrivò da Lily senza ammazzarsi.
I tacchi che il suo stilista le aveva fatto indossare erano troppo, davvero troppo alti per lei. E poi l'abito dorato aveva un corpetto veramente molto molto stretto
In ogni caso, si lasciò cadere sulla poltroncina e rivolse un timido sorriso a Lily, che le rispose con uno più raggiante.
«Che bello vederti, Belle!», la salutò « Mi hanno detto che ti piace leggere… che te ne pare della biblioteca?».
«È stupenda, ci sono più libri di quanti ne riuscirei a leggere in tutta la mia vita… e poi ci sono tutti i miei romanzi preferiti,è stupenda» rispose Belle estasiata
«Oh, sì», rispose Lily «ma non quanto te!» Belle arrossí.
«L'oro è proprio il tuo colore!» il pubblico applaudí, pienamente concorde.
«Hai ottenuto un 6 nelle sessioni private», le ricordò«devi essere stata molto brava».
Belle le sorrise, sistemandosi i capelli «Sei molto gentile. Spero che sia sufficiente per tornare a casa.» 
Lily le strinse la mano e poi le disse con tutta la dolcezza di cui era capace  «Belle, ti auguro tutta la fortuna possibile, sai pure io adoro leggere, sarei onorata all'idea di parlare con te di letteratura» 


Tremotino salì sul palco con tutta l'eleganza che aveva. E ne aveva molta.
Il ragazzo non sorrideva, aveva stampato in faccia uno sguardo neutrale.
«Allora, Tremotino» esordì Lily, scandendo bene il nome «cominciamo dalla tua prova con gli strateghi. D'accordo?».
Tremotino annuì
«Un 7 per un ragazzo zoppo è più unico che raro», si complimentò  «avrai lasciato gli strateghi con gli occhi fuori dalle orbite!».
«Grazie, Lily», disse «penso che ne vedremo delle belle».
Lily rise, ed il pubblico con lei.
«Oh!» fece poi «ne sono certa!».
Tremotino non ne dubitava.
Sarebbero stati degli Hunger Games tremendi.
Strinse con forza il bastone, e per un attimo il suo sguardo indugiò su Belle. Ovviamente Lily se ne accorse.
«Tremotino, c'è qualcuno per cui vorresti vincere?» Eccola, la solita schifosa domanda. Il tributo fece una smorfia
«Vorrei vincere per me. Io non ho nessuno a casa…» alcune donne presenti nello studio si portarono la mano al cuore, rammaricate.
«Tremotino, mi aspetto molte sorprese da te» disse Lily
«Spero vivamente di non deluderti» rispose. Oh li avrebbe sorpresi, si sarebbero certamente ricordati di lui.


«Dal distretto 9», fece Lily, inarcando un sopracciglio «ecco a voi la favolosa Anastasia!».
Anastasia entrò, con l'abito rosso che le ondeggiava sulle gambe magre e pallidissime.
«Ciao Anastasia», la salutò «Sei incantevole»
Anastasia sorrise con aria di superiorità al pubblico, poi accavallando le gambe si  rivolse a Lily «Lo so, il mio stilista ha fatto un lavoro fantastico» il pubblico rise, applaudendo. 
Lily le prese la mano «Allora, Ana, mi hanno rivelato un piccolo segreto su di te… mangi tonnellate di arrosto!» Ana diventò rossa come un peperone. Proprio a lei doveva capitare, si era impegnata per risultare perfetta  e le facevano quella domanda. La bionda deciderò uccidere Lily.
«Le tue fonti sono errate» rispose con un sorrisetto. «È Will quello che adora l'arrosto» il pubblico rise. Ana tirò un sospiro di sollievo si era salvata con classe
Lily la guardò a metà tra il divertito e lo scettico
«Passiamo ad argomenti più seri, ti va?» la ragazza annuì «Pensi di vincere? Per adesso sei stata sorprendente  !» Anastasia sorrise al pubblico
«Ti sorprenderò pure nell'Arena, vedrai»
Il pubblico applaudí estasiato, coprendo il suono della tromba acustica


Will avrebbe preferito buttarsi dal nono piano del Centro di Addestramento piuttosto che rispondere alle domande di Lily di fronte a tutti quei "mostri".
Ma lanciarsi di sotto era reso impossibile da un campo di forza.
Così si era ritrovato lì, sul quel palco, spaventato e piuttosto intimidito.
Lily cercò sin da subito di metterlo a suo agio, con sorrisi e domande leggere.
Il ragazzo prese una boccata d'aria, cercando un po' di fiducia.
«Hai promesso a qualcuno il tuo ritorno?» gli chiese delicatamente
Will prese una boccata d'aria, non doveva apparire debole. Non voleva piangere davanti ad Anastasia, ai suoi amici.... davanti a tutti
«Solo  a me stesso» rispose, cercando di sembrare sicuro «e ovviamente ai miei amici»
«Sì, capisco», disse Lily «sono certa che manterrai la parola».
Will fece cenno di "sì", tutt'altro che tranquillo.
«Come pensi che sarà la giornata di domani?», domandò  la donna.
La schiena del tributo venne percorsa da un brivido.
«Non lo so» rispose «spero solo che non faccia troppo freddo. Io odio il freddo». 
Il resto dell'intervista continuò tra domande gentili e monosillabi.


«Ciao, Anna», lo salutò la conduttrice «come ti senti?».
Anna si soffermò ad osservare il grande pubblico in sala, perdendo la sua già vaga concezione del tempo e del suono.
Alla terza volta che Lily ripeteva il suo nome, si voltò finalmente verso di lei.
«Siamo nervosette, vedo!», ridacchiò la presentatrice «ma non ti do torto».
Anna la guardò ancora per qualche istante in silenzio, pensando a quanto fossero strani tutti quegli ometti in studio.
«Sei una delle più giovani in gara, Anna» affermò Lily, prendendo il microfono con entrambe le mani «hai paura?».
«Un po'...» rispose la ragazzina, abbassando lo sguardo «come tutti, immagino... anche se non lo ammettono...».
«Sì, capisco» commentò Lily, ed anche il pubblico approvò con dei veloci cenni del capo «è normalissimo, Anna, non preoccuparti».
Anna non ascoltò il resto dell'intervista, troppo occupata nel suo tentativo di non piangere.
La sirena suonò, ed Anna notò che Lily aveva sorvolato sul 4 preso nella sua sessione privata con gli strateghi 


«Ed ecco a voi Hans Stainer!» gridò Lily, mentre il ragazzo dai ricci capelli rossicci si apprestava a presentarsi sul palco «lo conoscete, vero?!».
Il pubblico esplose in grida di gioia.
Hans si accomodò di fronte al presentatore con una buffa espressione dipita sul viso.
«Salve, Lily!», salutò, prima che la ragazza potesse dire qualunque cosa.
«Ciao, Hans!», rispose Lily «pronto per l'arena?».
«Sì» disse, più convincente che potè. «Uscirò da quell'arena vivo, ad ogni costo».
«Sei determinato!», rise Lily«tu mi piaci!».
Lily sorrise da dietro al microfono e si sedette più comodamente.
«Allora, anche tu hai ottenuto un 7: molto bene, davvero molto!».
Hans lasciò che le sue labbra si piegassero in un sorrisetto.
«Sì, grazie, Lily», disse «è andata piuttosto bene».
Lily batté le mani in un applauso, ed il pubblico seguì il suo esempio.
Hans squadrò i capitolini dall'alto del palco.
Davvero aveva bisogno della sponsorizzazione di quegli scherzi della natura per sopravvivere?


Ursula era tutt'altro che contenta di trovarsi su quel palco, con quelle persone che la fissavano e con una tipa vestita di viola che le faceva domande.
«Allora, Ursula! Un 6, brava!», gli disse.
Ursula la ignorò bellamente, lasciandosi cadere contro lo schienale della poltroncina.
«Avanti, Ursula», riprese «non tenerci sulle spine: raccontaci qualcosa di te».
«Adoro il vostro cibo» rispose alquanto seccata.
«Nel tuo distretto... per chi vuoi vincere, Ursula?».
«Sono scappata da casa mia, quindi sono sola» il pubblico sobbalzo. Ursula li guardò scioccata, erano veramente così scemi da cascarci?
«Oh...», commentò Lily «mi dispiace».
« cose che capitano», disse «me ne sono fatta una ragione
Avrebbe preferito starsene in silenzio per tutti e tre i minuti a sua dispozione per l'intervista.
Però era anche vero che aveva bisogno di un aiuto esterno per uscire intero dall'arena.
Non sarebbe stata un'impresa facile con gli sponsor dalla sua parte, figuriamoci se fosse stato da sola.
«Spero che avrai la vita che meriti, fuori dall'arena, Ursula. E ovviamente che ci delizierai al tuo ritorno cantando».
Ursula pensò che scherzasse. 
Come poteva Lily dire di essere dalla parte di ogni singolo tributo? Il vincitore era solo uno e gli altri morivano.
C'era qualcosa che non andava, nelle menti perverse dei capitolini.


«Ed ecco a voi.... Sidney Glass!» il pubblico applaudì pacatamente «accomodati, caro.» Sidney aveva già individuato le persone più facoltose del pubblico alle quali sorrise, salendo sul palco fece un cenno di saluto alle telecamere
«Allora Sidney sei impeccabile come sempre!» Lily rise col pubblico, mentre Sidney le rivolse un  sorriso cordiale
«Sono molto attento ad ogni minimo particolare» eccome se lo era, aveva calcolato le probabilità che ogni singolo tributo aveva di vincere, inoltre aveva creato una dozzina di piani. Si era già buttato nei giochi e ne era già uscito vincitore.
Lily sorrise, ridacchiando «La gente inizia a chiedersi se tu sia un robot o no, sai?» il pubblico rise con lei, applaudendo, Sidney si unì alla risata
«Molto. Probabilmente. Ha. Ragione» disse il ragazzo imitando un robot. Il pubblico scoppiò a ridere insieme a Lily.
«Passiamo ad un argomento più serio.... il tuo sei. Che te ne pare?» chiese Lily guardandolo negli occhi
«È un voto, è solo un numero, non credo mi rappresenti. Posso fare molto di più» il pubblico applaudí, estasiato.
Per il resto dell'intervista rispose a monosillabi, rispondendo in quel modo, secondo lui, gli sponsor avrebbero notato la sua sicurezza.


«E adesso, dal distretto 12... Mary Margaret Blanchard, la nostra ultima - ma non meno importante - signorina!», esclamò Lily, indicando un lato del palco
Mary comparve alla destra del palco e si avvicinò velocemente a Lily.
«Benvenuta, Mary», la salutò.
Mary accennò un sorrisino, sedendosi.
«Allora, Mary, ormai l'ho chiesto a tutti: l'arena ti spaventa?», domandò Lily.
Mary si aggrappò ai manici della poltrona e si mosse a disagio.
«No», rispose, per poi continuare «mi terrorizza, a dire la verità».
Lily e il pubblico risero, e Mary avvertì la necessità di sprofondare nella poltrona.
"Sii gentile", le aveva detto l'accompagnatrice "mostrati buona e simpatica. Capitol City ti adorerà".
E Mary ci stava provando, davvero, ma scherzare di fronte a quell'ammasso di gentaglia le risultava praticamente impossibile.
Dubitava di detestare qualcun altro con altrettanta forza.
«Bene, Mary», fece Lily, in un sorriso accogliente «senti la mancanza della tua vecchia vita?».
«Molto» rispose «spero che riuscirò a tornare».
Certo che le mancava la sua vecchia vita, che domande.
Le mancavano tutti i suoi affetti, i suoi amici... 


«Possiamo dire che siamo quasi giunti alla fine! Colui con cui parleremo... è determinato e, nonostante a volte ci abbia mostrato un carattere un po' peperino, noi lo amiamo, tutti quanti. Signore e signori, penso che voi abbiate capito di chi stia parlando... dal distretto 12, David Charming!»
«Caro! Lasciami dire che sei incantevole, stasera!» si complimentò
«Pure tu sei meravigliosa» le rispose sorridendole. Lily arrossí
 «Ah, signore e signori! Che persona galante! Sono sicura che ci rivelerà delle fantastiche sorprese! E voi?» il pubblico applaudì ridendo
«Parliamo del tuo sette, cosa hai da dichiarare, al riguardo? Come sei riuscito ad ottenerlo?»La donna lo fissava, curioso. Non sopportava i suoi occhi su di lui, pronti a scavare alla ricerca di ogni segreto nascosto, di qualunque scoop che lo avrebbe potuto confermare. Pronto ad aggredire per il suo conto, senza considerare gli altri. 
«Be', Lily... a dire la verità, nulla di che. Mi sono solo impegnato. Ho dato il meglio di me, e sono contento che gli Strateghi lo abbiano riconosciuto.» Sfoderò i suoi denti candidi, un altro lato della sua perfezione fisica. 
«Così si fa! Certo, con questi standard piuttosto alti, nell'arena dovremo aspettarci scintille da parte tua. Puoi anticiparci...» si avvicinò, come se dovesse rivelargli un segreto o raccogliere una confidenza intima.«...cosa farai?»
«Vi offrirò un magnifico spettacolo»

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Capitolo 8
*** Today is the day ***


Quindici secondi di totale oscurità.
Poi, un innaturale biancore investì gli occhi dei ventiquattro ragazzi, abbagliandoli e stordendoli.
Molti si portarono le dita al volto e si stropicciarono le palpebre, altri si limitarono a sbattere le ciglia più volte e ad assottigliare lo sguardo, infastiditi.
«Signore e signori», esordì la voce bassa e suadente di una donna «i primi Hunger Games sono ufficialmente aperti!».
Un pensiero unico attraversò le menti scombussolate e terrorizzate dei tributi.
"Non ancora".

60...59...58... 57... 56...
Il conto alla rovescia era ormai già iniziato quando i ragazzi riuscirono ad identificare l'arena.
O così si fa per dire.
55... 54... 53... 52... 51...
Si trovavano nel bel mezzo di quella che pareva essere una gigantesca lastra di cemento, solo che era di un colore rosso sangue.
I ragazzi arricciarono il naso, guardandosi intorno in cerca della migliore via di fuga.
50... 47... 46... 45... 44...
Lontane circa trecento metri da loro, ad ogni lato della Cornucopia, erano state piazzate un paio di pareti dorate che si allungavano verso l'alto. 
Tra le due pareti vi era uno spazio vuoto, come a simboleggiare una porta.
Avrebbero dovuto correre parecchio e molto in fretta per raggiungerle.
43... 42... 41... 40... 39...
Un'ansia tremenda gravava sugli animi dei tributi, insieme alla sicurezza che gli strateghi si fossero davvero sbizzarriti per la creazione di quell'arena.
38... 37... 36... 35... 34...
Quel luogo non somigliava a niente che avessero mai visto in vita loro.
I tributi aggrottarono la fronte, senza riuscire a capire di che razza d'arena si trattasse, mentre l'ansia cresceva ad ogni secondo.
Non aveva senso.
33... 32... 31.. 30... 29...
Era tutto così insolito, così strano... 
Persino l'aria che li circondava era strana.
Era come se i tributi si trovassero avvolti da un'immensa nube rossa.
28... 27... 26... 25... 24...
Il cielo artificiale era di un rosso vivo, che spaventó i tributi.
23... 22... 21... 20... 19...
Regnava un silenzio innaturale, interrotto solo dal ticchettio del tabellone rosso e oro che scandiva il passare del tempo.
18... 17... 16... 15... 14...
I ventiquattro tributi erano disposti in un perfetto semicerchio, al centro del quale si trovava la Cornucopia.
Quell'anno, l'enorme corno dell'abbondanza era stato ricavato da un intreccio perfetto di rubini e diamanti, e strabordava di oggetti che sarebbero sicuramente stati utili ai ragazzi.
Ragazzi che, in quel momento, erano immobili come statue di sale, ognuno in piedi sulla propria piattaforma di metallo, con i muscoli tesi allo spasmo.
13... 12... 11... 10... 9...
Non sapevano su che cosa concentrarsi.
I loro sguardi guizzavano dalle porte dorate alla Cornucopia, a scatti nervosi e preoccupati.
La paura, l'eccitazione e l'adrenalina erano palpabili.
8... 7... 6... 5... 4...
Che cosa fare al via? 
Lanciarsi verso quelle strane pareti e sperare che non nascondessero qualche pericolo o fiondarsi verso la Cornucopia e pregare di non  essere uccisi?
3... 2... 1...
Il forte "gong" risuonò prepotentemente nell'arena, e i ragazzi schizzarono immediatamente giù dalle piattaforme, col cuore che martellava loro nel petto più velocemente di quanto un essere umano avrebbe dovuto sopportare.

La prima a toccare terra fu Mulan, la ragazza del distretto 2.
Corse con tutta la velocità che possedeva verso la Cornucopia, superando le provviste sparse a terra e gli altri tributi come se neanche esistessero. Raggiunse il corno in un attimo, col fiato grosso e la gola che bruciava per la corsa. 
Dovette aggrapparsi alle pareti di rubini per riuscire a fermarsi senza cadere. Entrò nella Cornucopia con un balzo, mentre una vena gli pulsava su una tempia tanto forte che avrebbe potuto scoppiare da un momento all'altro e lei non se ne sarebbe neanche resa conto.
La ragazza si muoveva a scatti, nervosa, ma non spaventata.
Inconsciamente, si accorse che, nella Cornucopia, l'aria era meno densa e di un colore quasi normale.
"Cerca un'arma", s'impose immediatamente "qualcosa con cui difenderti".
Si guardò intorno, ma il corno era popolato solo da tanti sacchi chiusi e oggetti privi di qualunque utilità.
Un elegantissimo "merda" le scivolò fuori dalle labbra nello stesso istante in cui intuì che ciò che stava cercando era stato nascosto accuratamente.
Proprio mentre si apprestava a tirare fuori una spada da un  sacco, un rumore alle sue spalle la fece scattare sull'attenti.
Il ragazzo del distretto 3, Neal, le pareva che si chiamasse... oppure Bae? Non ricordava.
Stava di fatto che quello stupido si era intrufolato all'interno della Cornucopia.
Mulan si morse l'interno della guancia, fingendo di non averlo visto, e continuò a trafficare con la sua nuova spada.
Il ragazzetto scivolò piano fino alla parete sinistra, ben intenzionato a non farsi notare dalla ragazza del 2.
Mulan stralunò gli occhi e si morse ancora più a fondo l'interno della guancia.
Uccidere non era esattamente al primo posto nella sua lista dei desideri per il futuro, ed era quello il motivo principale per il quale si era infilata nella Cornucopia. Aveva sperato che nessuno fosse così stupido da entrare nella sua nuova tana, ma, ovviamente, niente andava mai come lei sperava.
Se tutto fosse andato bene, Neal - o Bae - sarebbe riuscito a trovare qualcosa di utile prima che lei fosse costretta a voltarsi, ad accorgersi ufficialmente di lui e quindi ad ucciderlo.
«Mulan! Dietro di te!».
Regina. Maledetta.

 
Zelena in quel momento, si era sentita come catapultata in un mondo a parte. Con l'adrenalina che le scorreva nelle vene, immersa in quella nube rossa, la ragazza aveva corso a perdifiato fino a raggiungere uno dei grossi sacchi che si trovavano di fronte alla Cornucopia.
Aveva spinto nella corsa con tutte le sue forze, e adesso sentiva i piedi scottare all'interno degli scarponi.
La ragazza si lasciò cadere sulle ginocchia ed iniziò a slegare il laccio che teneva chiuso il sacco più vicino. 
La ragazza si muoveva velocemente, con movimenti meccanici e tutt'altro che fluidi, con il respiro affannato.
C'era una tale confusione, intorno a lei... sarebbe bastata una piccola distrazione perché qualcuno le piantasse un coltello nel cranio.
Zelena stava per aprire uno degli astucci contenenti i suoi coltelli, quando un corpo più pesante del suo le venne addosso e la inchiodò a terra, separandola dall'astuccio.
Il ragazzo del 10 non era armato, ed aveva gli occhi quasi fuori dalle orbite mentre si guardava intorno con fare attento, individuando le posizioni di tutti gli altri ragazzi.
Il suo ginocchio era piantato rudemente nello stomaco della ragazza, togliendole il fiato.
I muscoli cominciarono a tremarle spasmodicamente, e Zelena strinse gli occhi, tentando di fermare il tremore e trattenere quelle stupide lacrime che minacciavano di scivolarle dagli occhi.
Riusciva quasi a sentire il peso della morte che incombeva su di lei, e la sua mente era caotica almeno quanto ciò che le accadeva intorno.
Non riusciva a pensare a niente, oltre al fatto che stava per morire.
Le sfuggì una risatina isterica. 


Filippo era arrabbiato.
Davvero, davvero, davvero molto arrabbiato.
Il fatto che le armi fossero state chiuse dentro a dei sacchi non gli era andato molto a genio, per nulla.
La  prima stratega doveva essere pazza, per pensare ad  una simile idea.
Aveva bisogno di una lancia, ovviamente la lancia c'era, ma era sommersa da una moltitudine di robe inutili. 
Il tributo afferrò l'arma con un certo risentimento e squadrò la punta bronzea ed affilata, mortalmente affilata.
Uccidere doveva essere il suo scopo. Nessun altro.
Uccidere i tributi che non avevano ancora raggiunto le porte. 
Aveva l'impressione che, una volta che gli avversari avrebbero raggiunto quelle porte sarebbe stato molto più difficile trovarli.
E poi la vide...
Correva, la ragazzina dai capelli rossi del distretto 4. Ma non ancora per molto.


Ariel non riusciva neanche più a sentirlo, il battere del suo cuore. 
Pulsava tanto velocemente che i battiti sembravano essersi accavallati l'uno sull'altro, e nella mente della ragazzina non c'era spazio per nient'altro se non per la paura di essere uccisa.
Si voltò indietro, ansimando, ma continuando a correre.
Correva più velocemente che poteva, diretta alla porta che si affacciava sull'est della Cornucopia, ma era ancora troppo lontana.
Accelerò, ignorando i lamenti dei tendini e il bruciore alla gola che si facevano sempre più intensi e fastidiosi.
Poi, un improvviso e acuto dolore al polpaccio la colse di sorpresa, troppo forte perché potesse continuare a correre.
La ragazzina cadde in avanti, gridando di dolore.
Atterrò sul cemento con un lamento soffocato.
Le lacrime le velavano gli occhi, così spesse e pesanti che le lance conficcate nella sua gamba sembravano tre, invece che una.
Cercò il coraggio di strapparsi l'arma dalla carne, ma non ci riuscì. 
Faceva troppo male, e le mani tremavano troppo perché potesse farcela.
Strinse i denti e le labbra, corrugando la fronte per il dolore. 
Vide il ragazzo del 2 che le andava incontro; cercò di strisciare via da quella posizione tutt'altro che comoda, ma Filippo la sovrastò in un attimo. 
Le sfuggì un secondo gemito.
«Ti prego...», sussurrò, senza fiato.
Non c'era un'espressione particolare dipinta sul viso del ragazzo del distretto 2. Come se non ci fosssero sentimenti in lui, né buoni né cattivi.
Filippo estrasse la lancia dalla gamba di Ariel, e la ragazzina gridò di nuovo, mentre una lacrima solitaria le rigava la pelle pallida del viso.
«Ti prego», ripeté «ti prego...».
Il ragazzo del 2 non l'ascoltò. 
Ariel lo vide alzare nuovamente la lancia e puntargliela contro, ed ingoiò l'ennesima supplica.
La punta della lancia le squarciò il petto in un'esplosione di dolore crescente, senza pietà., e la ragazzina avvertì in bocca l'inconfondibile sapore metallico del sangue.
Ariel sentì il suo corpo ricadere inerme sul cemento, gli occhi verdi rivolti verso il cielo.
Lo sapeva, Ariel, che sarebbe andata a finire in questo modo. Il 4 preso nella sua sessione privata con gli strateghi, d'altronde, ne era stata la premonizione.


Anastasia prese un grosso respiro, mentre si lanciava a tutta velocità incontro alle porte ad est della Cornucopia, le più vicine a lei.
Avrebbe preferito non andarsene a mani vuote, ma la rabbia dipinta sui volti di alcuni tributi l'aveva convinta a non avvicinarsi troppo, e si era dovuta accontentare di una piccola molla e di una cordicella, raccolte proprio sotto i suoi piedi, appena balzata giù dalla piattaforma.
Non stava più pensando a niente, in quel momento, se non al fatto che doveva assolutamente uscire viva da quel posto.
L'idea di morire e di abbandonare la sua famiglia le opprimeva il petto persino più del fiatone.
Avrebbe vinto ad ogni costo.
Sì, anche al costo di uccidere.
Non poteva morire. Non poteva.
No.
Sentiva il cuore batterle rumorosamente in gola, soffocando il chiasso e le grida disperate che gli giungevano solo ovattate.
Per fortuna, perché se le avesse colte a pieno, probabilmente si sarebbe spaventata a tal punto da non riuscire più a muoversi, e la sua determinazione avrebbe rischiato di venire meno.
Non essere del tutto coscienti di ciò che accadeva non era completamente un male, in fondo.


Appena il "gong" aveva risuonato per l'arena, Robin aveva cominciato a cercare un'arma per  uccidere tutti.
Falli fuori. Falli fuori. Falli fuori.
Era come se non riuscisse a pensare ad altro, come se la sua mente fosse perennemente settata in modalità "uccidi".
Non voleva che i capitolini lo guardassero con ammirazione.
Lui voleva che lo temessero, che avessero paura di lui. 
Prima che il ragazzo dai capelli castani esplodesse come una bomba ad orologeria mal programmata,  riuscì ad impossessarsi di un arco
Lanciò un'occhiata alla sua destra, dove il tributo maschile del distretto 4 aveva appena tirato fuori da un  sacco un enorme tridente.
Sorrise malignamente.
Che si trattasse di una donna o meno, non gli importava.
Si drizzò in piedi, attento che la ragazza del 2 fosse ancora voltata dalla parte opposta, e corse incontro alla ragazza del 12 .


Mary borbottò qualcosa d'insensato riguardo alla stupidità degli strateghi, poi il suono di alcuni passi pesanti e piuttosto arrabbiati le giunsero alle orecchie.
La ragazza del distretto 12 si voltò con un rapido scatto, riuscendo a deviare la traiettoria di una freccia in volo.
Indignata, cercò con lo sguardo chi avesse tentato un tale affronto, ed individuò il ragazzo del distretto 7, intento a riafferrare la lancia.
«Che idiota!», esclamò la ragazza dai capelli neri, scuotendo il capo e preparandosi a fuggire.
I due si fissarono per un tempo indeterminato.
«Posso schiacciarti come un moscerino», le fece notare Robin, piantando gli occhi verdi e luminosi in quelli di azzurri di lei.
Espirò profondamente, e, proprio in quell'istante, Robin attaccò. 
Mary si scansò rapidamente, ma la punta dell'arma la ferì comunque al braccio destro. Un dolore bruciante esplose proprio in quel punto, e la ragazza digrignò i denti, come un animale in gabbia.
Robin inarcò eloquentemente un sopracciglio e ripartì alla carica.
Il ragazzo le afferrò le ginocchia e le fece perdere l'equilibrio. 
Cadde a terra, e le lacrime le corsero agli occhi, insieme alla consapevolezza che per lei non c'era più scampo.
«Fine dei giochi, dolcezza», le sibilò all'orecchio il ragazzo del 7, visibilmente compiaciuto.
E quella fu l'ultima cosa che sentì.


Walsh aveva pensato che chinarsi a raccogliere qualcosa per un misero istante non avrebbe comportato la sua morte, e adesso si sentiva una stupido.
Sentiva il dolore dietro alla coscia vivo ed acuto come non mai. E vide davanti a sé quella stupida pagnotta che aveva cercato di afferare,  che stupido.
Maledí la ragazza del distretto 1 per averlo accoltellato, e non averlo ucciso. Sarebbe stato meglio morire che sopportare quel dolore,  e tutto il dolore che gli avrebbero inflitto gli altri tributi
Il dolore e il senso di vergogna erano insopportabili.
Almeno li percepiva... e questo significava che morto non era ancora.
Le lacrime lottavano per uscire dai suoi occhi e inondare il suo viso pallido, solo il fatto di sapere di essere osservato da tutta Panem gli impediva di implorare pietà.
Quando vide il ragazzo del quattro cercò di scappare, o di attirare l'attenzione di Zelena, convinto che lo avrebbe salvato.
«Shh, shh», gli aveva  Killian, estraendogli il coltello dai muscoli «Andrà tutto bene».
Sorrideva Killian mentre gli prometteva la salvezza, ma era stata una bugia.
Killian rise «Sorridi, mago, un bel sorriso per il pubblico» disse afferando il volto del ragazzino e puntandolo verso una telecamera
Walsh non fece nemmeno in tempo a formulare un pensiero rivolto alla sua famiglia, che un coltello gli perforò il cuore.


Anna correva un po' alla cieca, mentre Wendy, vicino a lei, la spingeva e la incitava a correre il più velocemente possibile.
«Dai, dai» continuava a sussurrare Wendy « più veloce, Anna» 
S'impose di andare più veloce, di correre al massimo delle sue possibilità. E così fece.
Se voleva rivedere la sua famiglia... beh, non farsi uccidere  il primo giorno era il minimo che potesse fare. 
Era così immersa nei suoi pensieri, mentre fuggiva diretto chissà dove, che quasi non si accorse della freccia acuminata che le sfiorò la spalla, non ferendola solo per miracolo. Anna si chiese cosa stesse pensando Elsa in quel momento e si promise che l'avrebbe resa fiera di lei.
Ripensò a ciò che le aveva fatto giurare "non offrirti al mio posto, io senza di te morirei subito, tu continueresti a vivere" una lacrima le rigó il volto, mentre pensava a sua sorella.
Doveva assolutamente vincere per lei.


A Peter sarebbe piaciuto avvicinarsi alla Cornucopia ed afferrare qualcosa al volo - anche qualcosa di piccolo come quel pezzo di nylon adagiato proprio di fronte a lui - ma quando, prima del "via", il ragazzo del 2 gli aveva rivolto quell'occhiataccia omicida, aveva subito desistito.
Il viso sconvolto dall'eccitazione di Regina Mills era stato solo un incentivo.
Sapeva che l'avrebbero fatto fuori senza pensarci un attimo. 
Si era preparato allo scatto, senza riuscire davvero a pensare a qualcosa di sensato.
E poi il "gong" gli aveva risuonato nelle orecchie, con la stessa violenza di un fulmine che colpisce il terreno.
E con la stessa velocità di quel fulmine, Peter era schizzato giù dalla sua piattaforma ed aveva preso a correre nella direzione opposta a quella presa da tutti gli altri.
"La porta sud", così aveva già ribattezzato la sua meta, era la più piccola, ma anche la più invitante, per lui.
Appena sarebbe riuscita a raggiungerla, forse, avrebbe avuto un po' di tempo per calmarsi.
D'altronde, la maggior parte i tributi che aveva visto correre via avevano puntato a est o a ovest, le porte più vicine.
Peter si guardò alle spalle un'ultima volta, con le labbra socchiuse in cerca di più ossigeno ed i piedi che pulsavano all'interno delle scarpe, in tempo per vedere la ragazza del 12  che veniva atterrata dal maschio del 7.
Entrò nella porta. Vide alberi splendenti, simili a palme, con tronchi cristallini e palme dai tratti di smeraldo, dallo stesso colore dell'erba l'erba, innaturale, che gli pizzicava le gambe. Una luccicante foresta tropicale, preziosa e, probabilmente, assassina. 


La ragazza del due impiegò esattamente un decimo di secondo per voltarsi verso Neal con la spada in pugno e a piantare gli occhi nei suoi.
Neal soffocò un gemito e sentì il colorito scivolargli via di dosso. Improvvisamente, comprese il significato di "sentirsi gelare il sangue nelle vene".
Era stato un idiota. Solo adesso se ne rendeva conto. 
Neal portò le mani in avanti in segno di resa, e Mulan mosse un passo verso di lui.
«Senti, possiamo parlarne..», provò il ragazzo, accennando un sorrisetto.
«Che stai facendo?!», sbottò Robin, lanciando un'altra delle sue frecce «fallo fuori, è tuo!».
Mulan brontolò qualcosa che Neal non afferrò, per poi lanciarsi verso di lui rapido come un lampo.
Neal avvertì le dita calde di Mulan stringerglisi rigidamente intorno al collo e sbatterlo contro le pareti della Cornucopia.
Se  stava tentando di tenerlo fermo, ci stava riuscendo. Se voleva strangolarlo, per niente.
"Ecco", pensò Neal, quando la presa della ragazza divenne più ferrea "è la fine".
Rimasero a fissarsi per diversi istanti, finché Filippo non strepitò.
«Mulan! Vieni a darci una mano! Sbrigati, prima che scappino tutti!».
Le iridi terribilmente nere di Mulan parvero incendiarsi di rabbia e tornarono a piantarsi in quelle castano e terrorizzate di Neal.
Stava guardando negli occhi il suo assassino.
Neal ebbe appena il tempo di formulare un ultimo saluto mentale rivolto alla sua famiglia, prima che il rumore del suo osso del collo che si spezzava gli riempisse il cervello.
Non aveva fatto neanche troppo male, in fondo.
Le scuse della ragazza del 2 furono l'ultima cosa che sentì, poi,  immagini e suoni vennero inghiottiti da un'abbagliante luce bianca.


Belle si sentiva sul punto di esplodere.
Da quanto tempo non correva così? Da quanto non aveva tanto paura?
Non riusciva a ricordarlo. Non riusciva neanche a pensarci.
L'unico pensiero fisso che le rimbalzava nella mente era legato alla fuga.
Scappa. Scappa. Scappa.
Vedeva le porte  di fronte a lei, ma sembravano così lontane... .
Una freccia argentea le sibilò a pochi millimetri dall'orecchio sinistro, facendole balzare il cuore in gola.
Aumentò ancora la velocità del passo, scoprendo che sì, poteva andare ancora più in fretta. 
Incredibile.
Aveva letto su svariati libri ciò che la paura faceva fare alla gente, ma provarlo su sé stessa era tutt'altro.
I lunghi capelli castani le ballavano fastidiosamente davanti al viso, ma non tentò neanche di spostarli.
Si voltò invece indietro, Tremotino era riuscito a rimediare un coltello e correva dietro di lei.
Il ragazzo la spinse oltre la  porta, salvandola da una freccia e cadendo sopra di lei. 
Una coppia su cui nessuno avrebbe mai scommesso, un topo di biblioteca e uno zoppo.
Ma lui l'aveva comunque seguita, guardandosi intorno con fare guardingo, e parandole le spalle come meglio poteva.
Lei gliene era grata, infinitamente. Belle gli strinse la mano, potevano farcela. Aumentò ulteriormente il passo. Finché non fu sicura di essere in salvo.
Rose, erano circondati da candide rose. 


Wendy non aveva mai corso tanto in vita sua, e, soprattutto, non si era mai trovata nella situazione di dover schivare armi che volavano sopra la sua testa e che tentavano di ucciderla.
Quel pensiero venne interrotto da un improvviso grido di Anna, troppo lontano da lei.
Wendy si voltò, terrorizzata, e vide il ragazzo del distretto 1 atterarla.
Il tempo di un grido e si ritrovò a terra, schiacciata dal peso del suo assassino.
Cercò di scalciare, di disarcionarlo e di graffiarlo, senza successo.
Gli morse addirittura la mano,invano.
Non le restò altra scelta che piangere.
«Ciao», sorrise Daniel, con falsa gentilezza «che buffa arena, non trovi?».
Un singhiozzo le sfuggì dalle labbra, e il ragazzo sembrò esitare.
Daniel scosse la testa ed alzò il pugnale dietro la testa, pronto a piantarlo nel petto della ragazzina.
Wendy smise di lottare e strizzò gli occhi. 
Era finita, ormai.
Pensò ai suoi fratelli, nel distretto... cosa avrebbe fatto, da soli? Sperò che non facessero pazzie.
E fu l'ultimo pensiero che le fu concesso, poi la lama del pugnale la trafisse e tutto si fece buio.


Hans non riusciva ancora a credere a che cosa avesse appena fatto: atterrare Zelena.
Quando si era lanciato verso la Cornucopia, non aveva pensato a nient'altro se non ad uccidere.
Guardò la sua vittima tentare di divincolarsi sotto il suo peso, e sorrise. Ora si sarebbe divertito.
La ragazza del distretto 5 aveva gli occhi stretti in due fessure. 
Non lo stava supplicando di lasciarla andare, non strepitava e non chiedeva aiuto a nessuno dei suoi alleati, che, comunque, li stavano bellamente ignorando.
Hans si guardò febbrilmente intorno, in cerca di qualcosa con cui uccidere la ragazza, quando gli occhi della giovane si sgranarono. La ragazza emise un verso strozzato, poco più di un sospiro, ma bastò perché Hans si voltasse, in preda al panico.
Il tributo del 10 continuò a tenere Zelena ben piantata al suolo, mentre Regina gli puntavava contro  un coltello.
Si alzò faticosamente da terra, solamente quando Regina gli tirò il pugnale dritto nell'occhio sinistro.
Anche Zelena scattò nuovamente in piedi, correndo a recuperare i coltelli che aveva lasciato cadere.
Hans si allontanò, le mani alzate in segno di resa.
Un improvviso dolore lancinante gli esplose al centro della schiena.
Le labbra gli si aprirono in un grido, che però non gli uscì, soffocato da un fiotto di sangue.
Vide la figura del ragazza dell'1 sorridere e stringere la mano a Zelena. La testa gli girava, ogni battito del cuore era come una pugnalata al petto.
Il ragazzo si sentì cadere in avanti, avvertì l'impatto col suolo. 
L'immagine del suo distretto gli apparve improvvisamente nella mente, come in un film al rallentatore.
E poi tutto volò via, portandosi dietro l'anima di  Hans.


Emma  non aveva la minima idea di dove stesse andando o di che cosa dovesse fare.
Sapeva solamente che era riuscita ad accaparrarsi ben tre zaini, prima che la ragazza dell'1 le tirasse un coltello, la mancasse di brutto e la convincesse a darsi alla fuga. 
Doveva raggiungere una di quelle porte, sapeva anche questo, e si stava proprio dirigendo verso quella più a nord. 
In quel caos, Emma era stata ben più spaventata di quanto aveva sperato. 
Così spaventata che le vene le pulsavano indecentemente sul capo, quasi come se volessero saltare via.
Aveva visto Neal morire, il suo migliore amico aveva voglia di piangere.
Un colpo secco al suo zaino centrale la fece voltare di scatto indietro.
Uno dei coltelli lanciato dalla ragazza del distretto 1 era rimasto conficcato nella stoffa.
Ottimo.
Ringraziò quella ragazza con un piccolo sorriso. 
Adesso anche lei era armata, e questo non poteva essere che un bene.
Raggiunse la porta nord dell'arena scivolando. 
Non si era aspettata quel brusco cambio di terreno. 
Adesso c'era erba soffice sotto i suoi piedi, e attorno a lei girasoli di tutte le dimensioni.


Regina era in fermento, come se le avessero iniettato nelle vene una tripla dose di adrenalina.
Si muoveva intorno alla Cornucopia con fare allegro e sprezzante, scoccando  un coltello dopo l'altro e tenendo d'occhio sia i suoi nemici che i suoi alleati.
C'era una gran confusione intorno a lei, ma questo non le impediva di rimanere ben concentrata su ciò che faceva.
Regina non aveva paura di morire, anzi, la morte le piaceva. Soprattutto quando era lei a causarla.
Eppure si sentiva una fallita.
Il bagno di sangue era concluso, i tributi si erano dispersi. E lei non ne aveva fatto fuori neanche mezzo.


Marian si nascose dietro la grande porta che aveva finalmente raggiunto, riprendendo fiato.
I suoni le giungevano ovattati e confusi, la testa le doleva terribilmente e le gambe le tremavano dallo spavento.
Aveva corso fino a lì con tutta la velocità che le sue gambe avevano potuto sopportare, ma non prima di essersi accaparrata uno degli zainetti sparsi a terra.  
In un sospiro tremante e più profondo degli altri, Marian aprì gli occhi.
La nebbia rossa era andata assottigliandosi, e così aveva visto Regina, ma troppo tardi.
Sentì il coltello che si piantava nella gola, un esplosione di sangue in bocca, dolore e poi il vuoto.


Quella sera, i sopravvissuti alzarono il viso al cielo, scrutando i visi dei caduti.
Il primo volto che apparve era quello del ragazzo del 3.
Seguì la ragazza del 4, il ragazzo del 5, la ragazza del 6, quella del 7, il ragazzo del 10 e la ragazza del 12.

Sidney ben nascosto osservava i ragazzi accampati alla Cornucopia, in attesa del momento perfetto per insinuarsi tra loro.

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Capitolo 9
*** Innocence is forever lost ***


Ursula
I giochi era iniziati, così. Uno solo sarebbe sopravvissuto, e quell'uno sarebbe potuto tranquillamente non essere lei. Una risatina isterica sopraggiungeva sempre, a quel pensiero. 
Per vivere doveva uccidere. O nascondersi dagli altri tributi. O entrambe le cose.
Ursula stava camminando su un campo di rose quando vide la ragazza dai capelli rossi del distretto dieci. Stava dormendo.
Si avvicinò piano, senza pensare a nulla di particolare. Aveva solo un pensiero fisso, da quando il gong aveva suonato: rimanere in vita
La stupì il suo vuoto celebrale nel riflettere su quale fossero i suoi obiettivi. Voleva veramente ucciderla? 
Non voleva esagerare nella crudeltà, procurandole una soffocante e lunga morte, perciò tentò subito un colpo che sarebbe potuto essere mortale. Il sasso affondò nel cranio della ragazzina, la quale represse un piccolo verso di sofferenza. Era sveglia, una parte di Ursula sperò che Anna soffrisse poco. Gli occhi azzurri della ragazzina erano puntati nei suoi, Ursula vedeva le lacrime che rigavano il volto di Anna. Ormai aveva iniziato l'opera, e doveva finirla. Un'altro colpo, e poi altri cinque e finalmente il suono del cannone. Allora, l'aveva uccisa. O era quasi morta. Si portò la mano alla bocca, travolta da questa riflessione. Oddio. Lei era viva. 
Il letto di rose dove il cadavere di Anna era disteso era quasi una condoglianza, un funerale mancato. Un contrasto, la crudeltà con la delicatezza apparente di quei fiori. Eppure, in loro possedevano qualcosa di profumato ed inquietante, forse anche loro sanguinavano, in qualche modo. Come, sanguinavano? Era il sangue dei tributi. E non li piangeva, crescevano grazie a loro.


 Will
«Non riesco a capirlo. È secca, come se non ci fosse mai stato nulla» osservò la sua alleata, Anastasia, chinata sulla conca che un tempo conteneva un lago, dissipato chissà dove. Quando si erano addormentati la sera prima, c'era un lago pieno di acqua limpida e dolce, circondato da tenera erba argentea. Era stato un piacere per loro due, assetati dal lungo camminare, e dalle corse del bagno di sangue; ma ora era scappato. E tutto ciò che prima era innocuo era diventato letale.
«Gli Strateghi l'hanno prosciugato. Evidentemente temevano che saremmo stati qui troppo tempo e hanno deciso di togliere il lago» rispose il ragazzo.
«Sì, ma perché? Siamo al secondo giorno, i più forti sono tutti vivi, c'è ancora tanto spettacolo da prendere da altri luoghi! Perché ripiegare su di noi?» spiegò lei, sommessamente ma con una voce carica di rabbia. Rabbia condivisa anche da Will. Avevano sottratto loro qualcosa di vitale, un'importanza ancora non manifestatasi, ma che sarebbe emersa presto. Avevano riempito una borraccia trafugata al bagno di sangue, ma era misera per due persone; sarebbe bastata appena una giornata. E quel posto era afoso; probabilmente volutamente afoso. Era particolare, come luogo: asfaltato, con ciuffi argentei di metallo fin troppo affilato, e linee bianche urticanti (le ustioni di Will ne erano una prova) , che talvolta salivano e si ricongiungevano in un albero grigio e si trasformavano nei suoi taglienti fiori velenosi. Rimaneva solamente quella conca grigiastra, pietrosa, e terribilmente secca e vuota.
«Non lo so, Ana. Vogliono che ci spostiamo. Vogliono vederci combattere»
«Va bene. Vediamo chi è più duro» concluse lei, annuendo con fare irritato. 
Consumarono una misera striscetta di carne essiccata per colazione, trovata in uno dei due zaini afferrati. Il loro bottino complessivo comprendeva anche un coltello e una falce scelta da Will. In uno zaino era contenuto anche un sacco a pelo, non abbastanza largo per entrambi. 
Iniziarono a marciare, smisero solo quando il terreno sotto ai loro piedi diventò più umido, conducendoli dove segretamente speravano.
«Acqua!» esclamò sorpresa Ana, mentre Will annuiva. Ora, il suo cuore si stava risollevando. Sentiva la speranza germogliare nel suo cuore, fino a quando non vide Ana vomitare sangue

Daniel
Un morto. Il giovane ragazzo si chiese chi fosse. Non si trovava per nulla a suo agio in mezzo a quella gente. Aveva perso una ragazza che pensava di conoscere da una vita, sostituita da una stupida Regina omicida. La ragazza del due era la ragazza più inquietante che Daniel avesse mai visto, Filippo sembrava uno psicopatico in libertà, Killian era semplicemente irritante, e Robin era odioso. L'unica persona che gli stava simpatica era Zelena, quella ragazza sembrava capirlo a prima vista.
Daniel Vaur odiava Robin Hood, era troppo arrogante. Chi credeva di essere quel boscaiolo con arco e frecce per portargli via Regina? 
Daniel era terribilmente arrabbiato, mentre sistema armi e provviste nello zaino
«Andremo alla porta Sud. Staremo lì finché un tributo perirà a causa nostra o ciò che troveremo lì cercherà di ucciderci. Tutto chiaro?» disse Mulan con fare autoritario, mentre si fissava lo zaino in spalla. Senza aspettare una risposta si incamminò. Appena entrarono, trovarono subito un tributo, come se li stesse aspettando
«Allora, distretto sei, come vuoi morire?» esordì Regina, pronta a lanciare il coltello.
Peter si sedette sul ramo dell'albero, dove si trovava
«Per adesso vorrei vivere» rispose con ironia.
«Risposta sbagliata» commentò Robin, lanciando una freccia. Con grande sorpresa di tutti, il ragazzino la bloccò al volo. 
Il ragazzino bloccò le altre due frecce che Robin gli tirò. Una terza si conficcò nel legno e, ovviamente, Peter la prese
«Beh, Hood, che ne dici di lanciarmi l'arco?» Zelena gli lanciò un coltello, che il tributo schivò per un pelo.
«Uno di noi deve arrampicarsi e farlo scendere» decise Daniel, ottenendo il consenso di tutti. Daniel sorrise, tutti i tributi più forti erano pesanti, e molto probabilmente sarebbero caduti, morendo. Filippo si offrì volontario. Mentre si arrampicava sul albero, Daniel stava in silenzio al contrario degli altri. Non trovava giusto incitare la morte di un ragazzino. Forse la cosa che lo faceva sentire peggio era lo stemma del distretto sei stampato sulla tuta, lo stesso stemma della ragazzina che aveva ucciso.
«Uccidilo!» era un grido continuo, dal suo canto Peter canticchiava tenendo in mano una pietra. Il cielo era quasi scuro, e mancavano pochi minuti prima dell'inno di Panem. 
«Come va, distretto due?» chiese Peter lanciando la pietra  contro Filippo, colpendolo sul cranio. Il ragazzo perse l'equilibrio crollando a terra.
Boom.
Quando la vita lasciò il corpo del tributo, il ragazzo era sdraiato per terra in una posizione innaturale, con gli occhi rivolti al cielo. I suoi alleati arrabbiati e sconvolti, restarono immobilizzati di fronte a tale morte. Filippo era uno dei ragazzi più potenti, ed era stato ucciso dallo scricciolo del sei. Daniel rivolse un minuscolo cenno di ringraziamento al tributo del sei.
Quella notte nel cielo comparvero i volti di Filippo Voyin e di Anna Frost.


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Capitolo 10
*** Sussurri ***


Emma
Camminava con aria spaesata in quella giungla di girasoli calpestando un sentiero dorato, le braccia strette in vita per evitare i crampi della fame, ma non era quello il problema più grande del momento, un problema che se non fosse stato risolto nel giro di qualche ora l’avrebbe condannata a morte.
“Acqua…” pensò la bionda, ma ormai anche riflettere era diventato uno sforzo enorme, voleva solo riposarsi per qualche oretta, non aveva dormito, non aveva fatto nulla di utile nelle precedenti ventiquattro ore.
Pensava ancora al corpo di Neal, con la testa girata. E gli occhi così terribilmente vuoti che la fissavano. Era colpa sua, lo aveva abbandonato. E ora il suo migliore amico era morto.
Uno scintillio nel cielo la  distrasse dai suoi pensieri, vide un paracadute argentato volteggiare nell’aria, per poi depositarsi proprio davanti a lei, attaccato ad esso c’era un piccolo cestino, il quale stupì non poco Emma. “Ho davvero degli sponsor? Sul serio?” riflettè allibita per poi aprire l’oggetto con curiosità, al suo interno trovò una borraccia d’acqua fresca di dimensioni notevoli. 
Svuotò la bottiglia e iniziò a bere con calma, in quel momento nella sua testa le riecheggiavano le parole di sua madre, che le raccomandavano di bere sempre con calma e a piccoli sorsi.
Dopo essersi dissetata chiuse la bottiglietta con cura e l’agganciò ai passanti della sua cintura, assicurandola per bene, evitando così una caduta in caso di una fuga precipitosa. Sistemato il problema della sete la ragazza controllò il contenuto del cestino e per poco il suo cuore non si fermò. Erano lucide. Nuove di zecca, con una linea sottile, raffinata. Due perfette spade, pronte per essere usate, pronte per uccidere qualcuno. Le sfiorò con i polpastrelli, delicatamente, come se temesse di farsi male al tatto. Sorrise. Forse ce la poteva davvero fare. Ora era in forze, era armata e decisa a sopravvivere.
Guardando bene le armi Emma poté notare la differenza con quelle del centro di addestramento. Quelle erano tozze, di buona qualità certo, ma queste erano più leggere, più affilate e probabilmente più precise. Era di minor grandezza rispetto alle altre, quindi più facili da maneggiare.
Alzò lo sguardo, in direzione di una telecamera e sorrise.
Ora un altro sentimento invadeva il suo cuore e il suo cervello… Ora era arrabbiata, furente perché con quelle armi avrebbe potuto salvare Neal. Strinse l'impugnatura con furore, lo avrebbe vendicato.

Sidney
Sidney Glass sapeva tutto di tutti.
E aveva intenzione di usare quel sapere per vincere i giochi. Era tutto programmato, sarebbe andato tutto secondo i piani. 
Per prima cosa avrebbe eliminato Anastasia e Will, impadronendosi di ciò che avevano, e conquistando la fiducia di Regina.
Poi avrebbe fatto scontrare i tributi forti degli altri distretti coi suoi futuri alleati.
E come ultima mossa avrebbe distrutto Tremotino, infine sarebbe scomparso.
E sarebbe stato acclamato come vincintore.
Nulla poteva andare storto.
«Buongiorno» disse, avviandosi verso Regina ed i suoi alleati. I tributi si preparono ad attaccare, Sidney  le mani in segno di resa «So molte cose che vi porteranno lontano. So dove si trovano i tributi più facili da uccidere e, al contrario di Pan, non sono impertinenti» tutti abbassarono le armi, interessati. Regina gli sorrise
«Sidney, benvenuto nel gruppo»
Sidney le strinse la mano rivolgendo un sorriso alla telecamera. Persino nell'Arena calcolava tutto alla perfezione. Sidney si scoprì compiaciuto nello scoprire le reazioni dei suoi nuovi alleati: Daniel era indifferente, Mulan lo guardava con astio, mentre Killian lo guardava incuriosito. Tutto andava secondo i piani. Entrò con sicurezza dentro la cornucopia e prese un pugnale che trovò appeso ad una parete.
«I tributi del 9 saranno le nostre prede. La ragazza è morente, e il ragazzo l'ha abbandonata per salvarsi la pelle, ma è debole. Se li attacchiamo non lo faremo in massa, non sarebbe apprezzabile per i capitolini. Con me verranno Regina, Killian e Robin. Dobbiamo andare oltre la porta Ovest.» Regina annuì, poi si avviò verso la porta ovest. Killian la bloccò. Sidney era a dir poco estasiato, aveva preso il potere in un tempo record
«Undici, come facciamo a sapere che non è una trappola?» Sidney gli sorrise «Siete in troppi non potrei mai farvi un agguato» rispose, come se fosse la cosa più ovvia al mondo.

Anastasia
Dentro la caverna c'era solamente buio e silenzio. Ana non si era mai rimproverata di aver provato paura, ma questo accorgimento fece pensare se stessa più umana. Uscì a guardare il cielo. Senza un motivo
Forse quella distesa blu l'affascinava incoscientemente, aveva un bisogno interno e magnetico di osservarla. Niente glielo garantiva, ma lo credeva. Necessitava di credere in qualcosa di totalmente irragionevole, come per giustificare il suo futuro gesto.
Si sentiva come su un burrone, spinta dal vento: che in quell'attimo, era particolarmente malvagio.
Will le si avvicinò «Dobbiamo andare»
La ragazza annuì velocemente. Fecero per camminare, ma un gelido sussurro dietro di loro li catturò:«Andare, dove?»
Ana si aggrappò disperatamente a Will.
Un altro soffio di vento. Questa volta, totalmente destabilizzante. Perché in quel posto erano solamente lei, Will il quale sicuramente non aveva pronunciato quelle parole e... i tributi più potenti di quella edizione.
Non si voltò. Non tentò neanche. Ana aveva tentato di non dimostrare il suo improvviso timore, ma forse era talmente irrigidita da far sospettare all'amico di tremare. Internamente. Non era stato una raffica di vento, ma un terremoto.
«Da qualche parte. Senza di te» rispose, con la voce lievemente insicura, Will. Ana credeva, o meglio, era sicura, che stesse guardando negli occhi il nemico. Come fai? si domandò. La morte era vicina, se lo sentiva.
Quando Regina e Killian risero fragorosamente alla replica dell'altro, Ana si sentì svenire. Aveva perso troppo sangue, non aveva mangiato e la poca acqua che aveva bevuto la avvicinava di un passo alla morte.
«Dove pensi di andare, seriamente, Scarlet? E Poi con lei? Ammettilo che per te non è importante, se no l'avresti salvata»  Fu a quel punto in cui la forza di Ana fu più provata: quando Regina la attraversò con un'occhiata meschina, fortificata dal suo sorriso beffardo. E si avvicinò a lei.«Conta così tanto che non ne ricordo neanche il nome... come si chiamava? Alice? Ana? Anna?»
La sua testa fu violentemente riscattata quando, nella morsa di quelle possenti dita, Ana fu obbligata a fissare gli occhi di Robin, improvvisamente volti alla voglia di uccidere.
E le doleva. Aveva sempre temuto quella presa, ma testarla sulla sua mandibola fu asfissiante. E Will non reagiva. Il dolore fermò anche le lacrime.
«Allora, Scarlet? Si chiamava Anastasia, giusto? Vedi che non conta nulla neanche per te? non sarebbe meglio farla finita, no?» domandò Robin, urlando, chiedendo forse al mondo e non solo a lei. Sfogandosi.
Erano circondati. Un secondo dopo Will era a terra, e sopra di lui Killian si divertiva a pugnalarlo, incessante nella sua tortura. Robin scoccò una freccia che la colpì alla spalla destra.
«Saluta il tuo Will, avanti» disse ghignando Regina.
Ultime. Ana pensò questo aggettivo, non appena si rese conto di essere sdraiata, colpita prima allo stomaco e poi al volto. A pancia all'ingiù. Si sentiva come un fantoccio accasciato sul pavimento.
Sentì un cannone sparare, ma non le importava. Voleva solo che quel dolore finisse. O respirando, o morendo.
L'ultimo suono che sentì fu quello del cannone che decretava la sua morte.

Quella notte nel cielo brillarono i volti di Anastasia Redheart e Will Scarlet

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Capitolo 11
*** Grida nel buio ***


Tremotino
Era il quarto giorno che trascorreva nell'arena, e le cose andavano bene. Troppo bene, per i suoi gusti. Belle, invece era entusiasta, ripeteva sempre "siamo proprio fortunati". Tremotino invidiava il suo ottimismo, ma nell'Arena bisogna essere realisti.
«Dobbiamo spostarci, Tremotino. Non ci sono più radici qui.» una nota di preoccupazione nella voce. Il ragazzo finí di impegnare la lama del pugnale con il succo di un frutto velenoso trovato lì vicino. Cambiare posizione non lo alletteva, avrebbero potuto incontrare altri tributi, ma se non si spostavano sarebbero morti. Alla fine si alzò in piedi e con Belle si avviò verso una nuova indefinita meta, che Belle non raggiunse. A metà strada trovarono Sidney, Killian e Zelena. Tremotino capì subito che avevano sbagliato a spostarsi, e ora dovevano lottare. Zelena li notò subito, nonostante il tentativo di nascondersi
«Beccati!» una risata fredda «ma ci serve solo la ragazza» Tremotino si protese davanti a Belle, facendole da scudo
«Non l'avrete mai» il tono di voce che utilizzò sorprese tutti per un istante, ma poi partirono all'attacco. Sidney si avventò su Tremotino, lo zoppo fu più lesto e furbo. Una coltellata in mezzo alla pancia, e il tributo del distretto undici fu costretto a dire addio a tutto. Il freddo bacio di una lama avvelenata lo portò via. Tremotino prese il machete del cadavere, senza che nessuno se ne accorgesse.
La morte del freddo genio calcolatore fu come la sua vita, considerata da pochi. Non fu una morte eroica o atroce, fu una morte adatta ad una persona viscida come lui.
 Killian e Zelena non smisero di lottare. Killian gli affondò la spada nella gamba malata, poi lo spinse a terra e continuò a torturargli la gamba, solamente le urla strazianti di Belle lo bloccarono. Quelle urla gli furono care, con le ultime forze Tremotino gli tagliò la mano destra, per poi accasciarsi sulle candide rose macchiate di sangue. L'ultima cosa che vide fu Belle che veniva trascinata via, in lacrime. Poi svenne.

David
Quarto giorno d'arena, caldo soffocante, paura immensa. David avrebbe solo voluto essere nel 12, a casa sua. Non pretendeva cibo, acqua o armi. Voleva solo un libro e un mondo dove gli Hunger Games fossero solo un brutto spettacolo televisivo.
E invece era il partecipante di un reality show in cui ventiquattro ragazzi venivano chiusi in un'arena e lì restavano finché uno di loro non diventava il vincitore. Ma gli altri non tornavano a casa un po' delusi. Gli altri, tutti gli altri morivano.
La paura lo stordiva, lo rendeva nevrotico e lo faceva impazzire. Ogni rumore poteva celare qualcosa... qualcosa di... 
Il canto di un uccellino. Un ramoscello spezzato. Un colpo di cannone. Un urlo, un pianto, un alito di vento. Qualunque cosa lo metteva all'erta. Chissà se ora era in diretta. Chissà se tutti stavano guardando il suo terrore. Si guardò attorno, e vide solo altre stradine e altri alberi taglienti e altra morte.
Poi, quando si voltò verso destra, vide qualcuno. Il suo cuore ebbe uno spasmo, gli fece male. Era un ragazzo, ma non lo seppe riconoscere. 
Avrebbe potuto ucciderlo. David avrebbe potuto morire di lì a pochi secondi. Cominciò a tremare. Quando il ragazzo parlò, la sua voce era troppo forte e troppo adulta.
«Buongiorno» disse.
David cominciò a sudare. Goccioline liquide gli scendevano giù per il collo.
«Tu sei Robin, vero? Robin Wood... Hood?»
L'altro non rispose. Si limitò ad avanzare verso David; in mano stringeva un martello. Il ragazzo del 12 cadde a terra. Non respirava. Sarebbe morto. Lo capiva, lo vedeva, chiaro come il sole.
«Sia... siamo sulla stessa barca...» lo implorò. Il tributo del 7 si fermò a meno di un passo da lui; lo guardò negli occhi. «Ti prego» sussurrò David.
Per un attimo credette che il ragazzo l'avrebbe risparmiato.
Poi il martello si abbatté sul suo polso. David Charming gridò con tutto il fiato che aveva in corpo. Un altro colpo, più leggero, lo colpì in fronte stordendolo.
Il ragazzo del 7 si abbatté con l'arma sulle sue ginocchia, sulle sue caviglie, su ogni singolo dito. Perché era così crudele? Perché non lo uccideva e basta?
Il pazzo ripose il martello. Il dolore gli incendiava le braccia, le gambe, le mani, i piedi, il petto.
«Uccidimi. Falla finita subito... io... sto... morendo... non hai bisogno di torturarmi.»
Ma Robin Hood – ora ricordò come si chiamava – non gli diede ascolto. Affondò un coltello nella pancia di David, e lacerò la membrana dello stomaco. Mentre la lama fuoriusciva, le viscere di David fecero buffamente capolino sporcando la giacca leggera da arena. E David, intanto, urlava di dolore.
E strillava.
E mentre quel mostruoso ragazzo proseguiva con le sue torture, David urlava e urlava e urlava e urlava.
Non ebbe più voce.
Non urlò più


Quella notte in cielo i tributi rimanenti videró per l'ultima volta i volti di Sidney Glass e David Charming

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Capitolo 12
*** Il lato oscuro ***


Belle
Era stata rapita per un motivo a lei ignoto, le era stato proibito di piangere e Tremotino era scivolato via; la situazione era sicuramente degenerata. L'unico briciolo di speranza era quella fiala di cianuro.
«Otto, cosa hai lì?» il fare brusco di Mulan la spaventò. La sua paura fece ridere di gusto tutti i presenti, tranne lei
«È mia. Una boccetta» rispose secca «di veleno» concluse con uno sguardo truce e una nota di minaccia nella voce. Disse la verità sperando di spaventarli, in parte ci riuscì.
«Sidney diceva che lei era brava in ste cose» boffonchió Robin «quindi usiamola» accolse l'approvazione di tutti.
Zelena la liberò dai nodi che aveva ai piedi, imbronciata
«E chi ci assicura che non ci ucciderà tutti?» domandò Killian, cercando di non far trapelare il dolore.
«Io» rispose Mulan «lei verrà con me. Piazzeremo il veleno come trappola» Mulan, un colosso autoritario. Eppure la piccola ragazza del distretto otto sapeva che dietro la corazza di quel colosso c'era qualcosa di più. 
Belle le fu grata, l'aveva salvata. Mulan sapeva che Belle era utile per loro, aveva nozioni tecniche di fondamentale importanza, non l'avrebbero uccisa. La speranza dentro la ragazza del distretto otto crebbe. Belle sorrise alla ragazza del due, poi guardò il tributo del quattro e gli rise in faccia.
«Il grande Killian Jones, ucciso da una spada avvelenata... che brutta cosa, eh?» Regina represse una risata sotto i baffi, mentre Robin rideva di gusto.
«Modera i toni, otto, non siamo tuoi amici» rispose Daniel, glaciale. L'atmosfera si raggeló di colpo.
«Siamo alleati» rispose Mulan, ringhiando.
Belle non aveva mai vissuto una situazione così imbarazzante, molto probabilmente perché essendo amica di Tremotino aveva firmato la sua condanna all'esclusione dalla vita sociale; ma non le importava. Le mancava Tremotino, le mancava da morire. Belle si avviò verso la porta est con Mulan e tra le rose depose la sua arma. Alla cornucopia Daniel le avrebbe aspettate. Belle pensò di aver veramente qualche probabilità di vincere, magari avrebbe coronato il suo sogno e avrebbe scritto il miglior romanzo di sempre.

Emma
La bionda aveva invertito la sua meta, ora ambiva a raggiungere la tana dell'assina di Neal. Lo avrebbe vendicato. Quando raggiunse la Cornucopia era calata del tutto la notte, fortunatamente solo un tributo era sveglio. Emma cercò di attaccarlo, invano. Daniel fu molto più agile di lei e la bloccò, non era una presa letale, serviva solo per bloccarla.
«Ascoltami bene, distretto 3. Io ti lascio passare, e tu li ucciderai ma non ucciderai me. Tutto chiaro?» la ragazza lo fissò sbalordita, poi annuí. Notò con la coda dell'occhio che il ragazzo si era allontanato alla velocità della luce. Rivolse il suo sguardo ai tributi dormienti, con suo enorme disappunto la ragazza del due non si trovava. Avrebbe ucciso gli altri, decise. Emma era nervosa, troppo nervosa, e sapeva perfettamente che le telecamere erano puntate su di lei. Il suo occhio fu catturato dal ragazzo del quattro, morente. Un fendente alla gola, ecco come morì Killian Jones, il suo sangue colpì in parte Emma, macchiandone la chiara carnagione, come per imprimerle un marchio: assassina. ASSASSINA, sentiva quella parola vorticarle in testa.
Emma non ci fece caso, avrebbe pensato in seguito ai sensi di colpa. Si avventò sul tributo del sette, con lui fu più cruenta. Smise di pugnalarlo solo quando sentì due colpi di cannone. Quei colpi le costarono tanto, troppo.
Regina le fu addosso in un secondo. Mentre Zelena raccoglieva una spada, Emma cercò di disarcionare la ragazza del distretto uno, invano. Solo in quel momento, Emma capì la sua stupidità, pensava di potercela fare, era stata troppo sicura di sé.
«Tienila ferma» ordinò Zelena, impugnando la spada.
«Ma Zelena, ci può essere utile…» la rossa non la ascoltò, con un colpo secco decapitò Emma Swan. Gli occhi della bionda parevano fissarle, pieni di odio e paura. Regina, in un atto di pietà le abbassò le palpebre sugli occhi. 

Ursula
Di lì a poco sarebbe suonato l'inno di Panem e nel cielo sarebbe apparso il sigillo della Nazione con altri tre visi di morti.
Ursula vagava ancora tra le rose alla ricerca accanita di cibo. Si era salvata dal bagno di sangue, ma il prezzo era stato un'assenza di provviste.
Voleva solo un pezzo di carne, di formaggio, di pane, un brodo, dei fagioli... ma nessuno aveva scommesso su di lei, e non aveva sponsor. Un senso di depressione la attanagliò mentre lo stomaco gorgogliava. Anche nell'11 aveva patito la fame, ma negli ultimi giorni il suo organismo si era abituato ai pasti della capitale.
Quell'arena le faceva dannatamente paura.
Si sedette in mezzo alle rose, affranta. Aveva così fame, aveva così paura... 
E poi, quasi per magia, arrivò la salvezza. Notò una fialetta color argento, la prese. Chi poteva essere tanto folle da sponsorizzarla? Breve il contenuto della fialetta in un sorso. 
Fu un grosso errore.
Subito si accorse che qualcosa non andava. La bevanda sapeva di mandorle e... la distruggeva. Vomitò di colpo sull'erba accanto a lei, mentre l'acido le corrodeva i denti, la lingua, l'esofago.
Vide sbucare da dietro l'albero la stessa ragazza che dormiva alla Cornucopia; non si chiese da quale Distretto provenisse. Non seppe perché l'aveva fatto. 
Era così ingiusto...
La vista le si annebbiò mentre il cianuro la distruggeva almeno in parte.
Il colpo di cannone sparò per Ursula e, pochi minuti dopo, i tributi avrebbero visto i volti di Emma Swan, Killian Jones, Robin Hood e Ursula Darksea

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Capitolo 13
*** Traditore ***


Peter
Il ragazzo del sei era riuscito a rimanere negli ultimi sette, con grande sorpresa da parte di tutti. Magari sarebbe veramente tornato a casa. Peter pensò, con enorme tristezza, che lui non aveva una casa. L'orfanotrofio in cui viveva era tutto fuorché una casa. Sapeva che i suoi amici che lo stavano guardando dalla piazza del distretto, tifando per lui. Lo aspettavano, aspettavano che quel piccolo ragazzo carismatico tornasse da loro per combinare altre marachelle. Peter si immaginò la reazione del suo migliore amico se mai fosse morto, un senso di tristezza lo invase...
Il ragazzo scacciò questi pensieri dalla testa, non doveva permettersi debolezze. Scese all'albero, non appena sentì dei passi strascicati.
«Salute, Tremotino» disse, Tremotino gli rispose con un grugnito che equivaleva a "lasciami stare". Peter non demorse, doveva assolutamente trovare un alleato. «Un paio di giorni fa ho visto i bestioni supremi con Belle…» bingo. I bestioni supremi, li aveva chiamati così i più forti.
«Belle?! Portami da lei» Peter annuì ed iniziò ad incamminarsi verso la Cornucopia, le cose stavano andando secondo i piani. Si era alleato con Zelena, che era stata chiara, lui le avrebbe dato Tremotino e lei gli avrebbe dato un'arma. Peter correva con leggerezza, mentre Tremotino gli arrancava dietro. Si fermarono vicino ad un albero
«Li ucciderò tutti, e quando tutto questo sarà finito io e Belle torneremo insieme. Lo giuro» disse Tremotino, guardando il cielo che aveva lo stesso colore degli occhi di Belle. Tremotino si applicò una miracolosa pomata (un generoso dono degli sponsor) sulla gamba. Peter gli diede una pacca affettuosa sulla schiena, e in quel momento di distrazione gli rubò uno dei due pugnali.
«Sono sicuro che ti vendicherai, amico mio» 
Quando Tremotino ebbe ripreso fiato, continuarono a camminare. Quando raggiunsero la Cornucopia era quasi sera.


Regina
Il piano di Zelena era semplice e chiaro, ma la spaventava a morte. Dovevano punire un traditore, scoperto da Belle. Il problema era che il traditore era Daniel, e il ragazzo si fidava solo di Regina. Era da quasi tre ore che la ragazza lo cercava, invano. E poi finalmente lo trovò, anche se in cuor suo sperava che fosse scappato via
«Daniel! Ti cerco da tutto il giorno! Gli sponsor ci hanno inviato dello stufato, il tuo preferito! Dai, vieni.»
C’era speranza nello sguardo di Daniel. Quella speranza spezzò il cuore di Regina. Quando arrivarono, il sole stava tingendo tutto di rosso. Daniel strinse la mano di Regina, aumentando i suoi sensi di colpa. Ma la ragazza doveva essere forte, se voleva vivere.
Gli altri tributi dell'alleanza erano radunati in cerchio, ed è proprio li che Regina lo condusse
TRADITORE. Un urlo che era anche una condanna.      
Daniel cercò di andare via, scappare da quel cerchio e dimenticare, ma Mulan lo bloccò
«Per l'alleanza!».
Zelena affondò la lama nella carne del ragazzo fino all’elsa, quando l'estrasse una risata gelida uscì dalle sue labbra. Da quel momento cominciò una lunga processione di lame silenziose che gli lacerarono il corpo, Daniel cercava lo sguardo di ogni suo assassino che si celeva dietro alla frase “per l'alleanza” ma ad ogni pugnalata la vita lo abbandonava. Pure Belle, la dolce ragazza del distretto otto lo pugnaló. Regina fu l'ultima. Lo guardò con occhi pieni di lacrime, poi lo pugnalò dritto al cuore. Gli sussurrò una parola d'addio, prima di togliergli il pugnale dalla carne "Addio, amico mio". Poi col cuore gonfio di tristezza si allontanò dalle sue ex-alleate. 
Ora erano tutti contro tutti.
Quella sera nel cielo brilló solamente il volto di Daniel Vaur, il traditore del distretto uno.

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Capitolo 14
*** Troppo Tardi ***


Zelena
Restavano pochi tributi in vita. Ed erano tutti collegati, bastava uccidere il tributo giusto e la vittoria sarebbe stata sua. Sapeva esattamente cosa fare.
La sua strategia era semplice: eliminare Tremotino ed aspettare la grande strage. Sapeva esattamente come uccidere il ragazzo del distretto otto.
«Belle, mia cara... potresti uscire dalla cornucopia?» il tono della rossa era pieno di dolcezza «vorrei dirti... addio.»
Belle uscì dalla cornucopia sorridente. Zelena trovò divertente la speranza di Belle, sarebbe stato stupendo frantumarle tutti i sogni.
La rossa aveva un freddo sorriso sulle labbra, quando le spaccò il ginocchio col machete. Guardò Belle con un misto di tenerezza e crudeltà, le faceva leggermente pena quella piccola ragazza che cercava di non piangere.
Iniziarono i pugni. Risuonavano sul corpo di Belle, pienamente, di una crudeltà assoluta, contrastanti agli acuti e deboli lamenti provenienti dalla vittima. Zelena vedeva il sangue di Belle ovunque, sentiva la propria atrocità nelle grida della sua vittima e nei tonfi, ogni tanto accompagnati da qualche scricchiolio. Quando ipotizzò che fossero ossa, Zelena sorrise ancora di più. Si stava divertendo da morire.
Morire.... che brutta parola. Lei non sarebbe morta, non in quell'arena.
Sentì qualcosa colpirla al cranio. Non ebbe il tempo di scoprire cosa fosse.
Odio, ecco cosa sentiva. Le sembrò così ingiusto morire, aveva quasi vinto. Pensava che sarebbe stata importante, di essere speciale... le face male scoprire di non essere speciale, più male della ferita che l'aveva uccisa. Ma ormai era troppo tardi, lei era solamente una ragazza che voleva troppo ed era morta.

Tremotino
Si caricò. Raccolse tutta la sua furia, tutte le sue condanne, fu pronto con pochi determinanti respiri. E poi, si scagliò in direzione di Zelena, piantandole sulla testa la lama del suo pugnale con un grido di rivalsa. Non ci furono gridi di protesta, addii al mondo, ma solo un colpo di cannone; lei cadde subito, arrendendosi alla potenza della vendetta.  Ora Zelena era solo sangue, sparso ovunque, schizzato fino alla foglie degli alberi così da grondare, a fertilizzare il terreno, a segnalare la sua lama, a macchiargli i vestiti.  Qualche pezzo di cervello s'intravedeva, condannato sul terreno. Una cupa soddisfazione si avventò in lui.
Ma ormai era troppo tardi. Belle, la sua Belle era in punto di morte. Sentiva le lacrime scorrere lungo le guance, ma non gli importava. Non importava più nulla. Era come se il tempo si fosse fermato, come se fosse tutto sparito. Restavano solo loro due, Belle e Tremotino.
«Belle…resta, per favore» la teneva stretta mentre la pregava di non morire. «Non lasciarmi da solo.»
Belle, si era aggrappata disperatamente a Tremotino «Ma io voglio andare…» 
Tremotino le accarezzò una guancia «pensa a tutto quello che eravamo, che saremo potuti essere… per favore, non morire. Noi eravamo felici al castello, ci…» il ragazzo non riuscì ad aggiungere quel verbo.
Belle lo guardò, piangendo «Addio, Tremotino....»
Tremotino trattennè il fiato. E si chiese se fosse il caso di parlare per primo. Se avrebbe dovuto spiegare ciò che ha passato negli anni con lei. Se fosse giusto dire ciò non ha mai osato dire. 
Belle gli diede un lieve bacio sulla guancia destra «Questa è la nostra storia, ed è così che finisce» 
Tremotino  rimase accanto a lei per i secondi o le ore che trascorsero. E come se fosse la sua ultima fatica per la quale aveva accumulato tutte le energie possibili, Belle sentenziò, con voce spezzata e quasi incomprensibile:«Tremotino, io...»
«Tu? Tu cosa? Belle?»Tremotino si aspettava un "ti amo" con tutte le forze.
«Io…ti ringrazio» Tremotino le accarezzò i capelli, lasciandoci dentro le sue lacrime.
Belle chiuse gli occhi.
Tremotino si bloccò, si sgretolò. Sentì tutti i suoi sogni infrangersi.
«Belle! Belle»
Forse avrebbe potuto funzionare… forse se lui fosse stato meno codardo…
«Resta con me… ti prego…»
Ma ormai è troppo tardi. Perché Belle ha chiuso gli occhi, e non li ha più riaperti.
«Io ti amo, Belle»
Il cannone sparò.

Mulan
Il pomeriggio volgeva verso la sera. Mulan si trovava nella zona nord, inviolata da nessun tipo di condanna esterna. 
Era particolare, come scenografia, ma non utile alla sopravvivenza. Era una sottospecie di distesa oro, un sentiero con un colore più intenso che accompagnava ogni passo con le sue sfumature brillanti. In alcune parti, dal pavimento sorgeva un pilastro di un arancione accecante che, ogni tanto, senza preavviso emetteva faville scintillanti, quasi ustionanti per la vista. Un altro pericolo erano i girasoli, al minimo tocco ustiovano tutta la pelle.
Rimanevano in quattro, doveva uccidere. Trovò il ragazzo del sei, quasi per caso. Era nascosto dentro un cespuglio dorato. Mulan afferrò il ragazzo per la camicia, lo tirò indietro e con una forza incredibile lo sbatté a terra, lo rigirò come se fosse stato un palloncino. Il ragazzo lottava, ed era anche parecchio forte. Le ferí l'occhio sinistro, accecandola. Ma Mulan non se ne curò, le restava sempre l'occhio destro. Ed iniziò a colpirlo. Un pugno, ed uscì un urlo. Due pugni, e un rigagnolo rosso iniziò a strisciare sul viso pallido e sudato del ragazzo, il quale gridava in modo scalmanato, con una paura estrema. Mulan sentiva le lacrime pizzicarle l'occhio sano, doveva essere forte. Doveva eliminare tutte le emozioni.
Osservava il sangue spargersi per il suo corpo, sporcarle le mani, macchiandola sempre di più di quel crimine osceno. Osservava il volto assumere un colore violaceo, tumefatto, mentre il volto si contraeva in smorfie doloranti e le grida si facevano più acute. Ad un punto, Mulan non evitò di tirare un pugno in bocca alla vittima, urtando qualche dente che si fracassò sonoramente ed ottenendo un fiotto in uscita dalla sua bocca. La bocca del ragazzo era distrutta: pareva una morchia di schegge e polpa devastata. Peter le sputó il suo sangue in faccia, e cercò di disarcionarla.
«Stupido ragazzino arrogante» Mulan parlò con la sua voce profonda. Artigliò la faccia di Peter. Le dita di Mulan gli scavarono le cavità orbitali, riducendo entrambi gli occhi verdissimi in poltiglia. Mulan dovette lottare con sé stessa, per fare ciò che stava per fare. Per Filippo, si ripeteva, lo vendicherò. Guardò quel macigno dorato vicino a loro, lo prese.
«Sai cosa farò ora? Ti sfonderò il cranio» Tirò indietro l'immane sasso dorato. Il sangue fresco parve quasi fumare nell'aria fresca.
«Esattamente così»
Si udì un suono atroce e poi lo sparo di un cannone.
Mulan aprì gli occhi solamente quando il cannone ebbe sparato, e fu sicura di essersi allontanata dal corpo del ragazzo. Sperò che gli sponsor avessero apprezzato, così fu: le inviarono una spada nuova.

Il ragazzo del sei quando morì stava pensando al suo migliore amico, si immaginava tutto quello che avrebbero potuto fare. Avrebbe voluto ringraziarlo, prima di morire. Ma ormai è troppo tardi. Peter Pan non può più ringraziare il suo unico vero amico, perché è morto ed il cannone ha già suonato.

Regina Mills, Mulan Fa e Tremotino Gold furono i primi finalisti dei primi Hunger Games.

 

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Capitolo 15
*** Smeraldi ***


​Regina
Regina realizzò con rabbia di essersi persa. Si trovava nella foresta di smeraldi dopo la porta Sud, di questo era certa. Si arrampicó su un albero per avere una visuale migliore: verde, verde, verde ovunque. Gli strateghi le avevano giocato un brutto tiro. Regina voleva piangere e tornare a casa, si sedette su un ramo e pianse sulla corteccia di quella palma.
«Complimenti, tributi. Siete i finalisti della prima edizione degli Hunger Games. È Ruby Lucas che vi parla, per darvi una piacevole sorpresa.»
Il cielo ricominciò a tuonare:«Ognuno di voi ha un disperato bisogno di un oggetto. Noi sappiamo cosa sia, e sappiamo anche come lo potete trovare. Recatevi al festino organizzato alla Cornucopia questo pomeriggio, dove troverete tutto il necessario. Siete tutti cortesemente invitati. A questo pomeriggio, tributi.»
Cibo, le avrebbero sicuramente inviato cibo e forse un'armatura.
Una parte di lei non voleva andare alla Cornucopia. Sapeva che la capitale si stava predisponendo per attuare la sua esecuzione, ed offrirgli quella soddisfazione non aveva scelte.
Passarono minuti, ore, il tempo sembrava essersi fermato. 
Aveva già finito le scorte di cibo, le restavano solamente due bottiglie d'acqua. Ma una persona non vive solo d'acqua, realizzò con amarezza Regina. Era furiosa, in preda all'ira, sferrò un pugno al tronco dell'albero.
Fu un grosso errore.
La sua mano venne letteralmente risucchiata all'albero, quando ritrasse il braccio vide con orrore ciò che restava della sua mano. Non poteva più nemmeno essere chiamata "mano" sembrava che quello che un tempo era stata la sua mano fosse un pezzo di albero.
Regina urlò. Urlò, invocando l'aiuto di qualcuno. Non arrivò nessuno aiuto.
Scese dall'albero, allontanandosi e cercando di raggiungere la Cornucopia in fretta. Non ci arrivò mai, inciampò in una stupida radice.  
Alzò gli occhi e trovò un'altra figura sconvolta: Tremotino
Lo zoppo la guardò per dei lunghi istanti. Poi, con una calma innaturale, le staccò i rami che aveva al posto delle dita. Regina urlò di dolore, per tutta risposta Tremotino la pregò di stare zitta. La ragazza sentiva le lacrime che le rigavano le guance, sarebbe morta. Pianse, perché aveva perso. Pianse, perché non era stata abbastanza.
Poi Tremotino con quei ramoscelli  accese un piccolo fuoco, che si curò di alimentare.
Il ragazzo scomparve nel vuoto, Regina cercò di alzarsi. Invano. Le sue gambe da albero la tenevano ancorata al suolo. E il fuoco si avvicinava verso di lei. Cercò disperatamente Tremotino con lo sguardo, poteva ancora ucciderlo. Sentiva le sue gambe fondersi piano piano con la terra.
Improvvisamente, qualcosa si scagliò contro di lei dall'alto, dolorosamente, una fitta improvvisa. Portò la sua mano al cranio, sentendo del sangue. Era stato talmente forte?
Però, era ancora viva, era ancora capace di sconfiggere quell'altro. Non sospettò chi fosse il colpevole, l'unico in grado di arrampicarsi e colpire dall'alto con quella precisione era morto, aveva visto quel volto nel cielo e i fantasmi non esistevano. E qualcuno bussò sulla sua testa una seconda volta, in modo più forte. Ed un'altra ancora. Solo al terzo colpo comprese l'arma del delitto: pigne fatte di duro smeraldo tagliente. Pigne cresciute sugli alberi, forse pronte a suicidarsi impattando con il terreno tutte in quel momento per ordine degli strateghi, o forse...
Tremotino. Fu tentata di ridere, quando si accorse della stupidaggine della sua cecità, come spesso le accadeva. Com'era semplice! Tremotino si era arrampicato sugli alberi e da lì la stava condannando. Maledì gli sponsor dello zoppo per avergli dato un modo per essere più agile, aveva sentito parlare di microchip che curavano gli zoppi... Quei suoi pensieri erano di una nebbiosa vacuità, come se lentamente la stessero abbandonando, come il sangue che le solcava il collo. Tutto sembrava non avere più senso. Si meravigliava del fuoco, cercando di non bruciarsi, ma aveva smesso di lottare.
Era terrificante. Non aveva una sosta, e si era trasformata in una ripetizione, in una sottospecie di morte. Voleva urlare che bastava così, che quasi era già morta, senza essere consapevole di dire una bugia o meno. 
Sangue. Alla fine lo sentiva dappertutto, sulle mani, sulla nuca, sul collo, sugli occhi. 
Realizzò che ormai era diventata un albero fatto di smeraldi, che ironia. A casa sua era piena di pietre preziose, tranne gli smeraldi ed ora era fatta quasi interamente di smeraldi. Rise, una risata isterica. Era un albero vivente che sanguinava, che morte priva di eroismo. Avrebbe voluto piangere, piangere per la sua stupida morte; ma non poteva, l'orgoglio era più forte.
E la sua visuale era sempre più nera. Alla fine, il fuoco fu un punto, e dopo un ricordo. Poi, non sentì più nulla. Strinse una pigna fatta interamente di smeraldi, mentre il fuoco la divorava.
Così il corpo di Regina sparì, un corpo di smeraldi bruciati nelle fiamme.
Bang.
E ne rimasero solo due. Il cielo mostrò il viso di Regina Mills, poi quel bel volto scomparve per sempre

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Capitolo 16
*** The end ***


Mulan
Quello sarebbe stato l'ultimo giorno, nel bene o nel male. Quella mattina il suo risveglio era stato ornato da un sorriso inaspettato sul suo volto, determinato dalla consapevolezza di aver raggiunto il fatidico giorno.
Aveva mangiato, bevuto, effettuato le normali azioni che contrassegnavano ogni mattina, ma capitanate dall'idea della vittoria. Era stranamente sicura di sé e del suo avversario; ovvero, della debolezza del suo avversario. Non aveva concorrenti, in pratica. L'arena era sua.
 L'intera Capitol City era radunata attorno a qualunque elemento trasmettesse i loro conflitti, trepidando per quel pomeriggio. Anche lei, dopotutto, palpitava per lo stesso evento. Ma il sangue circolava in una vena di pura malvagità.
Il pomeriggio calò, assieme al sole. Le sue armi erano affilate, come la sua mente; il suo sangue non sarebbe sfuggito a quella occasione.
Mulan si mise l'armatura che aveva preso al festino, la chiuse con cura. Si sentiva una divinità, non era più umana. La timida ragazza che non voleva uccidere era morta, non sarebbe mai più tornata. Ora aveva solo un occhio, ma non si sarebbe fermata. Ammirò quasi incantata il suo corpo fatto di metallo, era una dea. Mulan era la dea della morte, nessuna pietà, solo distruzione. Strinse il letale guanto di velluto rosso, ne aveva sentito parlare: toglieva i cuori. 
Guardò le telecamere, poi, gettò l'elmo per terra. Non aveva bisogno di un elmo. Contro Tremotino avrebbe vinto pure ad occhi chiusi. 
«Alla Cornucopia!» urlò, rivolta al pubblico ed a Tremotino.  
Tremotino
Il ragazzo del distretto otto contro ogni previsione era vivo. Pure lui stesso era sorpreso. Aveva paura, paura di morire, paura di deludere tutti, aveva semplicemente paura. Sapeva che doveva lottare, sarebbe stato uno scontro epico: l'astuzia contro la forza. Nei libri l'eroe subisce delle perdite prima della sua più totale vittoria, pensò il ragazzo. Ma tu, da lettore, sai che, nonostante tutte le perdite e sconfitte, alla fine tutto andrà bene, perché in effetti è l'eroe e quindi vincerà. Nei libri però non c'è scritto che prezzo bisogna pagare per esserlo, non descrivono quanto faccia male le perdite. 
Il prezzo era stato pesante, Belle. 
Forse il suo stilista Gaston aveva ragione, pensò il ragazzo, non sono fatto per questi giochi. "Uccidere una persona è orrendo, ti porta via una parte di te che nessuno potrà mai restituirti. È come se l'elemento che ci distinguesse dagli animali venisse estirpato, lasciandoci come bestie selvagge." Tremotino si ricordò delle parole di Belle, ma lui aveva già ucciso.
Il ragazzo si accarezzò il microchip impiantato nella gamba malata, ora agile come tutti gli altri. Si mise il guanto ferrato che avevano dato a Regina. Aveva già sentito parlare di quei guanti: erano in grado di strappare cuori umani. 
Un brivido di terrore lo invase. Strinse l'elsa del suo pugnale, prese dei respiri profondi.
Degli strambi uccelli iniziarono a parlare, ripetevano la stessa cosa. Con la voce di Mulan. "Alla Cornucopia" continuavano a ripeterlo. Sembrava una condanna. Tremotino raccolse le sue cose e si incamminò. Giunse in una caverna. No, non sarebbe morto, decise. Voleva vivere ancora un giorno, così si appisolò. 

Cora
La donna strinse il corpetto color crema, con rabbia. Aveva organizzato dei giochi stupendi e stava andando tutto bene, ma quello stupido ragazzino aveva rovinato tutto. Tremotino aveva deciso che non voleva scontrarsi e si era appisolato. Ovviamente gli ascolti erano diminuiti, di conseguenza Cora era imbestialita, avrebbe ucciso Tremotino. Si diresse dagli strateghi
«Datemi la console per gestire gli ibridi. Darò quel brio che serve» gli strateghi la guardarono spaventati. «allora devo usare le manieri forti» con una lieve sfumatura di rabbia nella voce e noncuranza gettò la propria mano nel petto dello stratega. Guardò soddisfatta il cuore che stringeva, poi strinse sempre più forte. Lo stratega cadde al suolo, morto e Cora si pulì i guanti di velluto rosso. Prese la console e dopo aver saluto il capo Stratega si diresse in piazza. Una folla di capitolini annoiati la accolse. Subito la sua assistente Ruby, nonché nipote della capo stratega la affiancò. Dopo aver calmato la folla, Ruby accese lo schermo gigante della piazza principale. 
Cora si sedette sulla sua poltrona riservata, si lisciò la gonna e sfiorò la preziosa console. Tutti la stavano guardando. Creò in silenzio gli ibridi, mentre in televisione si alternavano un Tremotino dormiente e una Mulan alquanto scocciata che si esercitava con l'ascia. La presidentessa sentì la mano di Ruby sul braccio che guardava terrorizzata gli ibridi
«Ne è sicura?» Cora aumentò la dose di veleno sorridendo malignamente. Sullo schermo Mulan lanciò l'ascia con una tale potenza da farla piantare nei rubini della Cornucopia, i Capitolini risero entusiasti. 
«Attenzione, amici miei» disse la presidentessa attirando l'attenzione di tutti «ora inizia il divertimento»

Tremotino
Quando il ragazzo si svegliò, sentì una presenza accanto a sé. Quel profumo.... era di Belle. Ma la ragazza era morta. Eppure era lì. Perfettamente pettinata e col suo solito profumo di mughetto e pergama, era lì e gli sorrideva. Indossava un abito blu, come i suoi occhi. Era Belle, ma era diversa. Tremotino lo capì dal sorriso, troppo tirato troppo falso. Prese lo zaino e scappò, ma la voce di quella cosa lo raggiunse «Codardo!» lo ripeteva in continuazione, con voce tagliente «Perché non sei alla Cornucopia? Codardo» il ragazzo cercò di correre più veloce, ma lei era lì. Correva al suo fianco. Il ragazzo si accorse con orrore che con lei c'erano tutti i tributi che aveva ucciso e ripetevano la medesima cosa: "codardo"
Cercò di correre più veloce, invano. Il ragazzo del quattro lo atterrò, mentre gli altri tributi lo accerchiavano. L'unico pensiero che la sua mente riusciva a formulare era: stomorendo.stomorendo. 
Sentiva le risate dei capitolini, si immaginava già le loro conversazioni. No, non li avrebbe soddisfatti. Estrasse il pugnale dalla giacca e uccise i tributi in una danza di sangue. Tranne Belle, non poteva ucciderla. Tremotino non poteva uccidere il suo passato. Già riusciva a sentire le capitoline più sentimentali struggersi, corse più veloce. Belle era lì, avrebbe voluto che fosse così a casa. Avrebbe voluto stare insieme e correre, ma lei era morta e lui era quasi morto. Il veleno lo stava lentamente corrodendo, sentiva tutto quanto intorpidirsi. Persino i suoi sentimenti scambiano piano piano.
Sto diventando un ibrido, un veloce pensiero che lo spaventò terribilmente. Corse più veloce, con Belle alle calcagna. Continuava a sentire quella voce deriderlo, forse aveva ragione. Doveva arrendersi. Sentì un fischio acuto e quando si voltò l'ultimo ibrido rimasto era trafitto da una lancia. E Belle morì una seconda volta, sotto i suoi occhi.
«Buongiorno, signor Gold» lo salutò ironicamente Mulan
«Perché mi hai salvato?» Tremotino strinse il pugnale, non si fidava di quella ragazza.
«Non poteva finire così, non trovi?» il ragazzo si ritrovò contro la parete, coi rubini che gli tagliavano la carne
« Non c'è gusto se vinco abbandonandoti ad un ibrido. Non trovi?»

Mulan 
Fu la guerriera del due la prima ad attaccare, correndo, raccogliendo di nuovo tutta la freddezza necessaria per potersi macchiare di un crimine. Ma l'altro la schivò, portandola a fendere il nulla. Si voltò una seconda volta, ritrovando il ragazzo nella postazione originaria di lei. Gli lasciò il potere di attaccare, raccogliendo qualche colpevole coraggio, e corse verso di lei. L'accolse con un pugno nello stomaco, che lo fece tentennare verso il terreno. Con un calcio lo fece cadere.
Il ragazzo del distretto otto era leggero come una marionetta. Il ché rendeva noioso ucciderlo. La ragazza sentì un pugno sulla mascella, una marionetta aggressiva. Con rabbia ricambiò il pugno, con più violenza. Tremotino si spostò e cercò di accoltellarla. 
«Non vincerai, otto» l'ascia sembrò muoversi al rallentatore prima di mozzare parte dell'orecchio del ragazzo. In meno di un secondo Mulan sfoderò la sua spada. Non provava paura, non sentiva rabbia, riusciva solamente a sentire adrenalina. "Mulan non sarebbe morta, avrebbe vinto"un pensiero comune a tutti. La ragazza rimaneva comunque attenta, studiava il ragazzo del otto. E nella loro danza di spade pioveva sangue, il sangue di entrambi di quel cremisi che li spaventava e caricava allo stesso tempo.
La ragazza del distretto due aveva sempre odiato ballare. Odiava il ballo, il suo corpo era troppo pesante e lento e le ferite si moltiplicarono. Con un fendente tagliò un orecchio al ragazzo, godendo di tutto quel rosso che la inondava. Vide la mano ferrata di Tremotino troppo tardi. Il pugno ferrato la colpì sul volto, devastandolo. L'avrebbero guarita, quando avrebbe vinto. La danza che era andata avanti per tanto tempo era giunta al termine.
Ora era il momento decisivo. Se ne accorse pure Tremotino.
La ragazza si rifiutava di morire le mancava qualcosa.Qualcosa mancava. Qualcosa per consolidare quell'esperienza, qualcosa da sostituire nella sua mente (al pensiero della morte), qualcosa per rendere quella giornata amara con un sorriso. Avrebbe sorriso solo davanti alla vittoria.
Ma avrebbe vinto? Non sapeva. Non sapeva, semplicemente. C'era solo da continuare, per sapere.
Avrebbe voluto piangere. Ne sentiva il bisogno, ma sarebbe stata l'estrema perdita di tempo. Doveva cominciare.
Mulan si lanciò all'attacco con la mano guantata in avanti, mentre Tremotino caricava col pugnale.
Chiusero entrambi gli occhi.
Uno, due, tre

Una figura fra le due cadde, mentre l'altra serrava gli occhi, attendendo la morte o la vita.

Un colpo di cannone scoppiò. Ancora non comprendeva. Ancora non valeva la pena di consolidare la conoscenza della terra con lo sguardo. E si sentì capace di aprire gli occhi solo quando una voce quasi ultraterrena annunciò:«Signore e signori, vi presento Fa Mulan, la vincitrice della prima edizione degli Hunger Games.» 

 

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