I can't

di anhotpenguin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Era tutto così strano, perché ogni volta che lo vedevo, anche da centinaia di metri di distanza, il cuore mi iniziava a battere. Sempre quell'ansia ormai mia amica.
Ogni volta provavo a nascondermi, e lui provava ad avvicinarsi. Così vicini ma così lontani, in quel piccolo autobus che ci accompagnava alla scuola, dove iniziò tutto. E dove probabilmente sarebbe finito, quel tutto.
Così introverso, ma così estroverso.
Così strano, ma così normale.
Così diverso, ma così uguale.
Eppure non lo conoscevo.
Nonostante tutto, lo sentivo.
Mi avrebbe stravolto.

N/A:

Nuova storia! Spero che vi piacerà! Potete trovarla anche su Wattpad, dove pubblico in prevalenza, sul mio account "anhotpenguin" dove sono presenti anche le mie altre due storie :)
Buona lettura xx

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Il nostro tempo "assieme" era formato da fugaci occhiatine, che duravano pochi secondi. A me non bastavano, ma non potevo farci nulla.
O meglio, si; potevo fare qualcosa. Quel qualcosa era troppo per me, per il mio carattere strano. Timida ed estroversa, calma e scatenata. Di certo non si trattava di pigrizia; ne ero sicura.
Quel giorno, ad interrompere il nostro piccolo contatto visivo, fu Joseph.
"Scrivigli" pronunciò a bassa voce.
"E tu smettila" usai la stessa tonalità di voce.
"Quando ti deciderai?"
"Non posso prevedere le mie azioni, Jò."
"Stai deviando la mia domanda. Rispondi, secca e precisa" disse.
"Non lo so..."
"Questa non è una risposta secca e precisa" mi ammonì "Se non vai tu, un giorno di questi andrò io da lui, e gli racconterò tutto."
"Me l'hai detto anche due mesi fa" notai con tranquillità.
"Non potete continuare così." Alzò le mani al cielo, e sbuffò rumorosamente.
"Così come?" Chiesi osservando ancora il ragazzo, che era poggiato al finestrino dell'autobus con le cuffiette nelle orecchie.
"Così." Puntò il dito verso di lui. Io, del mio canto, continuai a guardarlo, non tenendo conto delle parole del mio amico. Quando si voltò -per degli istanti che sembrarono ore- verso la nostra direzione, schiaffeggiai la mano di Joseph che, di rimando, mi guardò torvo.
"Non indicare, te l'ho detto un migliaio di volte."
"Si, certo. Ora però dovremmo scendere. Quindi smetti di fissarlo e scendi." Prese la mia mano e mi trascinò verso le porte del piccolo autobus, che stavano per aprirsi.
Anche dopo esser scesi, e aver toccato il suolo asfaltato, continuavo a guardarlo, a sua insaputa. Quel ragazzo mi attirava in una maniera assurda, tanto che spesso mi domandavo "Cos'ha quel ragazzo di così speciale?" e io mi rispondevo "Non lo so.". Era la pura e semplice verità; non lo sapevo.
Forse per la sua semplicità: aveva dei semplici capelli ricci, che portava lunghi fino all'inizio delle spalle. I lineamenti affusolati, gli occhi di un verde smeraldo così prezioso, le labbra rosee e sottili, ed infine il naso un po' sporgente. Mi colpiva particolarmente -assieme alle guance- d'inverno, perché prendeva un colorito più roseo che lo faceva sembrare adorabile. Il corpo era più che bello, secondo i miei gusti. Era alto e magro, e quando indossava le maglie bianche mostrava dei muscoli ben definiti. Sembrava così uguale agli altri, ma allo stesso tempo non lo era. Può darsi che mi sbagliavo, in fondo non lo conoscevo nemmeno.
Ogni volta che lo vedevo, mi agitavo. Era un'attrazione diversa. Di solito, quando mi invaghivo di qualche ragazzo, non ero così agitata; lui invece mi faceva un effetto strano. Come immaginare una normale calamita attirarne un'altra, ma in modo diverso.
Il tragitto verso casa, dopo l'autobus, era abbastanza silenzioso. Io e Joseph parlavamo molto, ma in quei momenti non avevamo molto da dirci.
Continuai a colpire i sassolini mentre camminavo e, all'improvviso, mi trovai a terra con la leggerezza di un gigante che salta. Risi mentalmente. Molto spesso facevo questo genere di similitudini. Alle mie spalle sentì una risatina uscire dalle labbra del mio amico, al che mi girai, alquanto infastidita.
"Invece di ridere potresti aiutarmi." Allungai la mano in segno di aiuto.
"Scusa ma..." alzò lo sguardo verso il cielo provando a non ridere "Ci sarà mai una volta in cui sarai più attenta?" Scoppiò a ridere di nuovo, aiutandomi contemporaneamente ad alzarmi.
"Non credo, dovresti saperlo ormai" dissi accennando in sorriso.
"Senti, Emily mi ha invitato alla sua festa. Potresti venire anche tu..."
"Ci penserò e ti farò sapere. Oggi le invierò un messaggio."
"
Va bene. Allora ci sentiamo dopo. Ciao Beth" mi baciò le guance e, dopo aver ricambiato, entrambi continuammo a camminare, ognuno verso la propria strada.
________
"Mamma, no! Non ancora!"
"Elizabeth!" Urlò con prepotenza. Litigavamo pochissime volte ma, quando lo facevamo, era per sciocchezze.
Quale sciocchezza poteva, quest'oggi, mettersi tra noi? Una cena. Una semplice cena. Una semplice cena tra amici. Amici di mia madre.
Li odiavo: credevano di essere le persone migliori al mondo solo perché avevano un'agenzia di viaggi, famosissima nella nostra città. La loro figlia, Allison, era la tipica ragazzina snob; snob e perfetta. Mia madre pensava che fosse una buona compagnia e che sarebbe stato più educativo passare del tempo insieme a lei. Non pensavo la stessa cosa ma ormai avevo imparato ad annuire e a fare ogni cosa mi dicesse; o quasi.
Mia madre mi aveva insegnato molte cose. Cose positive da fare e cose negative da non fare. Quindi non ero la solita ragazzina che, come nei film o nelle storie, correva sulle scale e, dopo essere entrata nella propria stanza, sbatteva la porta. La mia vita era tutto, tranne che una storia. Ne ero felice. Nelle storie è tutto così perfetto, tutto così scontato. C'era sempre la cattiva, la brava ragazza, il principe e l'amica. Preferivo scoprire le cose man mano che il tempo passava, anche se a volte volevo sapere il mio futuro. Forse era meglio così.
"Si, okay, va bene."
"Elizabeth, devi passare più tempo con lei che con quelle papere. Non avranno mai un futuro se pensano solo alle cavolate. Tu, invece, hai davanti il mondo. Usalo, sfruttalo e fai di tutto per andare avanti e raggiungere tutti i tuoi obbiettivi."
"Perché finiamo sempre per parlare del futuro?" Chiesi annoiata, senza darlo a vedere.
"Perché ci tengo, e voglio che quel gran cervello lo usi al meglio. Puoi fare tutto, ma solo se ti impegni" disse sorridendo, per poi spostare una ciocca di capelli dal mio viso "Me lo dai un bacio?" Chiese poi mostrando la guancia. Annuii arricciando le labbra e stampandole un piccolo bacio sulla guancia.
"Vado a studiare" dissi, con un sorriso sulle labbra, e salii le scale due a due.
________
"Ne sono consapevole Jò"
"Sono stanco di dirtelo. Hai chiesto ad Emily?"
"Hum... Credo di averlo dimenticato."
"Idiota!" Urlò attraverso il cellulare.
"Calmati, non è nemmeno stasera. A proposito, quand'è?" Chiesi alzando gli occhi al cielo, nonostante sapessi che non poteva vedermi.
"Stasera."
Dopo un minuto di silenzio, l'unica cosa che riuscii a dire fu un "Ah" a malapena pronunciato: "Perché non me l'hai detto prima?" Chiesi in uno sbuffo.
"Pensavo di avertelo detto..." lasciò la frase in sospeso, ma aveva qualcos'altro da dire, così gli diedi qualche secondo di tempo per parlare. Infine sospirò e chiuse la chiamata.
Conoscendolo, sapevo fosse una specie di "Ora chiedi ad Emily e preparati".
Velocemente digitai le parole, sbagliandone alcune. Ero così impacciata quando ero di fretta che ormai non ci facevo più caso; e nemmeno i miei amici davano peso agli errori. Sapevano che era solo per colpa della mia grande distrazione. Ero una tipa molto distratta. Era una specie di problema: dimenticavo facilmente dove poggiavo le mie cose proprio perché esse non avevano un posto fisso. Ma non solo con gli oggetti, un po' con tutto.
Da: Emily 7:21 p.m
Ovvio che si. Ti ho anche inviato una e-mail, ma forse non ti è arrivata haha. Alle 8:00 a casa mia ;)
Non aprivo la mia posta da un po'. Avrei dovuto invece farlo più spesso.
Non risposi, pensai solo a cosa indossare e a come dovermi preparare. Dopo cinque minuti di pensieri, presi un largo e lungo maglione ed un paio di calze nere. Amavo vestirmi di scuro, e con uno stile bizzarro.
Volevo distinguermi un po' dalla massa; preferivo essere diversa, o almeno speravo di esserlo.
Il maglione grigio arrivava circa a metà coscia, e non perché indossavo vestiti over size, ma perché rubavo dall'armadio di mio fratello qualche suo maglioncino. Lui era più grande di me di due anni: doveva compierne diciannove a giugno, ed io ne avrei compiuti diciassette a novembre. Mancavano ancora molti mesi; eravamo solo alla fine di febbraio. La mia infatuazione segreta era, invece, un anno più grande di me e questo mi piaceva.
Indossai gli abiti scelti e le scarpe, truccai leggermente il mio viso e mi abbandonai sul letto guardando il soffitto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


"É stata più che bella, davvero!" Esclamai felice, battendo le mani.
"Devo ammettere che ci siamo divertiti più delle altre volte..." disse Joseph pensieroso.
"A cosa stai pensando?" Chiesi.
"Beh, siamo alla fine di marzo, e stavo pensando alla "Notte in bianco"... Ma non preoccuparti, nulla di che" disse con un sorriso.
"Aspetta aspetta, cos'è questa... Hum, notte qualcosa?"
"Se invece di guardare Harry fossi stata più attenta all'assemblea d'istituto, adesso sapresti che dovremmo recuperare le ore perse a causa dell'incendio con la notte in bianco." Sospirò.
"Ah, bene. Cos'è?"
"In poche parole rimarremo l'intera giornata a scuola per due o tre giorni."
Oh.
"Oddio." Premetti la mia mano sulla fronte. "Parliamo d'altro" dissi mentre continuavo a camminare per il giardino.
Intervallo.
Quando suonava la campanella dell'intervallo non esitavo ad uscire dalla classe; volevo cambiare aria e girovagare per la scuola. E anche spiare Harry mentre giocava a calcio con i suoi amici.
"Ad esempio?"
"Hai presente quando hai quel mal di pancia forte? Quello che segna l'arrivo di un qualcosa di brutto? È come se la mia pancia mi stesse avvertendo." Abbassai lo sguardo sentendomi stupida.
"No, non ce l'ho presente." Rise rumorosamente. "Oh, ecco cosa dovevo dirti questa mattina, sull'autobus!" Sussultai quando strillò.
"Cosa?"
"Hai perso la scommessa e..."
"Oddio, zitto." Tappai la bocca al mio amico vedendo il riccio in lontananza con una sua amica e un suo amico accanto. Istintivamente mi coprì il viso con i capelli lunghi. Avvampai quando senti le mani di Joseph sui miei fianchi, stringendoli. Mi irrigidì improvvisamente quando vidi lo sguardo accigliato e confuso di Harry rivolto verso di noi. Ci sfiorammo. Sentì una vibrazione percorrere il mio corpo. Mi accorsi solo in quel momento che stessi trattenendo tutta l'aria in corpo; la espulsi con un rumoroso sospiro. Mi voltai e ritrovai il suo sguardo fermo sulla mano di Joseph.
"Hum, sembra geloso."
"Cazzo. Cazzo." Mi coprì il viso con entrambe le mani. "Mi ha guardata. Ci ha guardati. Potevi evitare quello!" Arrossii allontanandolo da me.
"Dai, almeno sappiamo che è geloso."
"Oh, ti prego, taci." Chiusi gli occhi.
"Comunque," riprese il filo del discorso in fretta "ieri ho pomiciato con quella ragazza e subito dopo le ho detto di essere gay, quindi hai perso la scommessa."
"Hum, com'era la ragazza?" Provai a evitare la sua affermazione.
"Aveva un culo fottutamente sodo, davvero. Ma non è questo l'importante. Mi hai detto esattamente queste parole: "Se baci quella ragazza e le dici subito dopo di essere gay scriverò ad Harry, altrimenti dovrai camminare un'intera giornata con i pantaloni a pois per la scuola". Ho vinto."
"Ero brilla, non sapevo cosa stessi dicendo e inoltre non credevo che lo avresti fatto davvero!" Ammisi.
"Scrivigli ora, così quando tornerà a casa leggerà il messaggio e poi..." Lasciò intendere.
"Dio, mi vergogno. E se non rispondesse? E se no-"
"Scrivigli. Ora." Ordinò duramente.
"Non so se ce la-"
"Se non gli scrivi andrò da lui e gli dirò tutto. Gli parlerò anche del tuo sogno..." Sorrise maliziosamente. A primo impatto non capii di cosa stesse parlando.
"Quale sogno?" Chiesi confusa.
"Non fare l'ingenua. Quello dove scopate aggressivamente sulla poltrona di cas-"
"Oddio, no! Non ricordarmelo!" Esclamai ridacchiando per l'imbarazzo. Ebbene sì, avevo sognato di condividere un momento così intimo con lui. E non era la prima volta: lo sognavo spesso, ultimamente.
"Dai, fallo."
"Okay..." Sospirai esasperata. Presi il cellulare dalla mia tasca posteriore ed entrai nella chat di Facebook. Aveva accettato la mia richiesta di amicizia già da un bel po'.
"Secondo te è meglio scrivere "Hey", "Ehi" o direttamente "Ciao"?" Chiesi nervosa. Stanco, afferrò il telefono dalle mie mani e scrisse un veloce "Hey:)" prima di premere il dito sul cellulare ed inviare il messaggio.
"Oh mio Dio. Oh mio Dio" ripetei più volte.
"Oh Gesù, calmati." Rise.
"Oh mio... Oddio e se mi ignora?" Urlai freneticamente. Imitai per filo e per segno l'emoji di WhatsApp, quella stile "Urlo di Monch".
"Tranquillizzati. Ti risponderà." Mi accarezzò la schiena e tornammo in classe sentendo la campanella suonare nuovamente.
________
Guardai ancora e ancora la nostra chat vuota, con solo il mio messaggio. Era online, ma non aveva ancora visualizzato. Così mi preoccupai di meno ripetendo continuamente a me stessa "Non preoccuparti Elizabeth, ancora non ha visto il messaggio". Poggiai la mia testa sul morbido cuscino ed incrociai le braccia al petto, aspettando. Dopo qualche secondo chiusi gli occhi e vidi il nero totale, come normale che sia. Poi pensai improvvisamente al sogno di me e lui così vicini, e provai ad immaginarlo ancora, con più particolari. Provai ad immaginare ogni singolo movimento, ogni singola parola, ogni singolo suono che usciva dalle nostre labbra. Provai ad immaginare come sarebbe stato averlo in quel momento accanto a me, magari mentre passava le grandi mani sulla mia coscia, facendola salire lentamente di qualche millimetro. Arrossii visibilmente e riaprii gli occhi, vergognandomi segretamente di aver creato certe immagini nella mia testa. Toccai la mia coscia, immaginando che la mia mano fosse diventata improvvisamente la sua, e la accarezzai lentamente. Sospirai premendo le dita contro le mie tempie.
Poi sentii.
Sentii vibrare il cellulare, sentii il suono di una notifica in arrivo. Sbloccai immediatamente il telefono e mi si bloccò il respiro quando vidi il numero 1 sul cerchietto della sua chat. Il mio respiro accelerò, il cuore batteva velocemente. Sospirando rumorosamente chiusi gli occhi e cliccai sulla chat, aspettando impazientemente che si aprisse.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


"Hey:)"
In quel momento pensai solo a cosa potessi scrivergli: non volevo rendermi banale o patetica, ma nemmeno presuntuosa; quindi decisi di scegliere la strada più semplice e banale, ma che non gli avrebbe dato una brutta idea su di me. Volevo che pensasse che fossi una ragazza abbastanza semplice e diversa dalle altre; ma questo pensiero era quasi diventato un complesso che oramai pensavo ogni qualvolta conoscessi una persona. Mi preoccupavo molto sulla mia immagine interiore, volevo essere simpatica a tutti e non dare una cattiva idea su di me alle persone che non mi conoscevano. Ma non lo pretendevo: se qualcuno mi riteneva una persona antipatica non potevo cambiare per quel qualcuno; io ero semplicemente me stessa.
Dopo migliaia di tentativi, scrissi un semplice "Come va?:)". Appena inviai il messaggio mi rimproverai mentalmente per avergli scritto una cosa così stupida. Ma, in fondo, cosa potevo fare? Non lo conoscevo, lo vedevo ogni giorno e non gli avevo mai rivolto la parola, a parte quella volta in cui mi chiese quale professore avessi alla quarta ora. Notai, con piacere, che visualizzò velocemente il messaggio, il che significava che avesse la mia chat aperta aspettando anche lui una risposta.
"Tutto bene, a te?:)"
"Tutto bene:)"
Non sapevo cos'altro scrivergli... Un "Che fai di bello?" era banale, ma meglio di nulla. Prima che iniziassi a scrivere arrivò un altro messaggio.
"Ti vedo ogni giorno a scuola e sull'autobus... Sei del 3° anno, giusto?:)"
Mi affrettai a scrivere un "Si, tu del 4° se non sbaglio..."
"Si;)"
Cosa potevo scrivere, ancora? Volevo solo continuare la conversazione e finirla il più tardi possibile.
"Che fai di bello?;)" Continuai ad utilizzare la tattica banale cercando di non rendermi ridicola, anche se una parte della mia testa pensò che lo fossi solo per avergli chiesto cosa stesse facendo in quel momento.
"Ti sto scrivendo:)"
“Stupida Elizabeth” mi dissi a bassa voce battendo il palmo della mia mano sulla fronte.
"Hahaha, beh anche io..." scrissi.
"Mmh, quello che ti sta sempre accanto è il tuo fidanzato?"
"Oh, no no. È solo il mio migliore amico..."
"Ah okay, ho visto come ti stringeva a sé oggi, nel giardino:)"
“Oh mio Dio, l'ha notato!” Esclamai a me stessa.
Mi sentivo strana a parlare da sola, ma ne sentivo il bisogno, dovevo esternare le mie attuali emozioni. Per un momento pensai che quella faccina accanto a quel messaggio fosse un po' inquietante; come quelle volte in cui, per non mostrare quanto si è infastiditi attraverso delle chat, si usano semplicemente i due punti e la parentesi tonda, creando un'emoji all'apparenza felice e tranquilla che in realtà nasconde tristezza o irritazione.
Scartai quel pensiero con delusione e mi affrettai a scrivere: "È il mio migliore amico, non sono fidanzata...".
Poi decisi di provare.
"Tu? Hai una relazione? Vedo che hai molte ragazze intorno, ma una di loro è quasi sempre accanto a te... Sembrate molto uniti:)"
"In questo momento non credo di voler avere una relazione" Mi accigliai leggendo la risposta ma arrivò, pochi secondi dopo, un altro messaggio. "A meno che non trovi qualcuno che mi interessi davvero:)" Questa risposta bastò a cancellare il cipiglio dal mio viso, sostituendolo con un leggero sorriso.
"Sono d'accordo con te:)"
“Marie!” Sentii la voce di mia madre rimbombare fino alla mia camera, e mi infastidii quel nome.
Elizabeth Marie Gomez.
Quasi ottocentesco ed odiavo quando le persone mi chiamavano con il mio secondo nome.
“Dimmi mamma!” Urlai a mia volta controllando contemporaneamente l'orario. Erano le 11:00 della sera e non ero affatto stanca.
“Domani verranno due miei cari amici a cena...” Sentii i suoi passi vicini alla mia camera, fin quando vidi la sua gracile figura affiancata da quella grande di mio fratello. “Abitano qui ma sono spesso fuori città per lavoro. Inoltre verrà anche il figlio e se non sbaglio ha quasi la tua età, forse più grande, non ricordo adesso. Non prendere impegni” disse sorridendo. Ricambiai il sorriso prima di controllare la nostra chat: era arrivato un altro messaggio e lo lessi velocemente.
"Sei la prima ragazza (più piccola di me, intendo) che mi ha scritto senza fare la lecca culo... Mi fa piacere haha"
"Ti arrivano spesso messaggi da ragazze più piccole?:)" Mentre scrivo sento il materasso sotto di me piegarsi, e la mano di mio fratello circondarmi la vita spingendomi indietro e facendomi sdraiare sul letto.
“Con chi parli, sorellina?”
“Mmh, nessuno che possa interessati, fratellino” dissi senza esitare allontanando il cellulare dalla sua area visiva. Sfortunatamente me lo rubò da mano e lesse la conversazione.
“Di solito non è il ragazzo a scrivere alla ragazza?” Chiese divertito.
“Ho solo perso una scommessa con Joseph” risposi ridendo, riacquistando il potere sul mio cellulare.
"Si, ma sono un po' fastidiose"
"Spero di non esserlo anche io:)"
"Non lo sei;)"
“Gli interessi” disse sorridendo, ma feci finta di non aver capito rivolgendogli uno sguardo confuso.
“Cosa?”
“Non so, sembra interessato. Continuate a scrivervi, se ti interessa.”
“Oh, non mi interessa...” sussurrai arrossendo e abbassando lo sguardo.
“Secondo te sono un coglione?” Scoppiò a ridere trascinando anche me in una risata imbarazzata. “Ora vado in camera a guardare un film con Maddy.”
“Oh, è qui?” Chiesi incuriosita. Madison era la sua fidanzata e molto spesso, quando restava a dormire a casa nostra, si udivano rumori fastidiosi dalla sua camera. Non gli ho mai chiesto cosa facevano perché in realtà lo sapevo benissimo. Lui annuì alzandosi dal letto e baciandomi la fronte.
“Salutamela quando vai in camera” dissi prima di tornare a guardare lo schermo.
"Ne sono felice;)"
"A che ora vai a dormire, di solito?"
"Beh, verso mezzanotte ma certe volte anche più tardi... Sono una ragazza notturna haha"
"Anche io, solo che adesso sono stanco a causa degli allenamenti haha"
"Fai nuoto, vero?:)"
"Si;)"
"Mmh, beh allora ti lascio riposare... Notte:)"
"Ci sentiamo, notte:)"
Ci sentiamo. Questo significava che volesse continuare a parlare con me, o forse l'aveva scritto solo perché voleva rendersi più carino.
Felice della nostra conversazione, e anche del mio coraggio, posai il cellulare sul comodino e raccolsi i capelli in una crocchia disordinata prima di spogliarmi e indossare solo una maglia che usavo come pigiama. A causa del caldo a volte dormivo senza vestiti, ma non spesso. Delle volte mio fratello entrava in camera mia mentre dormivo senza bussare, solo per prendere i vestiti che dimenticavo di restituirgli. Era un'abitudine orribile e fastidiosa, e di certo non volevo che trovasse sua sorella coperta solo dagli slip sul letto beatamente addormentata.
Struccai il viso poco truccato e lo massaggiai con le mani unte di una crema idratante. Presi dalla libreria il mio diario e una penna, mi sedetti sul letto ed incominciai a scrivere. Scrivevo su un diario non perché non sapevo con chi parlare e confidarmi, anzi, la mia famiglia e Joseph erano le persone con cui mi confidavo principalmente, ma perché mi piaceva il fatto di poter scrivere tutto quello che succedeva ed i miei sentimenti per poi conservarli in un diario. E magari un giorno avrei potuto rileggerli e ridere o riflettere sul mio vecchio modo di pensare. Era una bella idea, a parer mio.
Dopo aver trascritto tutto quello che sentivo di dover scrivere, infilai il diario nello zaino assieme alla penna e mi sdraiai nel letto accendendo la TV e attivando il timer. Abbassai il volume e chiusi gli occhi. Il mal di pancia di quella mattina aveva sbagliato: non era accaduto nulla di brutto, almeno per ora. I miei pensieri erano accompagnati dal basso volume della musica, e fu questo a farmi cadere in un pesante sonno.
La mattina seguente mi svegliai meravigliosamente bene. Sbadigliando mi diressi velocemente nel bagno dove, dopo aver fatto una velocissima doccia, mi vestii e mi truccai sentendo la voce di mio fratello pregarmi di velocizzare le mie azioni. Scesi in cucina a fare colazione e ritornai nel bagno a lavarmi i denti. Prima di uscire dalla porta di casa, trovai mia madre leggere una rivista sulla poltrona, poi quando mi vide mi diede il buongiorno e mi augurò una buona giornata. Urlai un saluto rivolto anche a Madison e Andrew prima di chiudere la porta dietro di me e incamminarmi verso la fermata dell'autobus dove trovai Joseph con un paio di cuffie nelle orecchie a giocherellare con il cellulare e calciare il suo zaino a terra. Velocemente, con lo zaino ancora sulle spalle, mi aggrappai alle sue provocando un suo urlo di spavento e lo sguardo delle persone su di noi.
“Merda, Beth, mi hai fatto perdere dieci anni di vita” disse ridacchiando. Io lo baciai sulla guancia prima di continuare a sorridere e guardare la strada aspettando impazientemente l'autobus.
“Sei sorridente stamattina, eh? Ti ha risposto?”
“Sì!” Risposi con un sorriso ancora più grande.
“Com'è andata?” Mi circondò le spalle con le braccia, avvolgendomi da dietro in un caldo abbraccio.
“Molto bene. Ti farò leggere la conversazione più tardi.”
Tra le chiacchiere vidi l'autobus in lontananza. Quando arrivò Joseph mi sussurrò un "Eccolo" prima di entrare e sedersi in un posto a due. Appoggiai lo zaino a terra sedendomi al suo fianco e cercai la testa riccioluta di Harry tra le persone. Poi lo vidi appoggiato al vetro con le solite cuffie e il solito telefono. Alzò lo sguardo verso la mia direzione e sorrise prima di tornare a concentrarsi sul cellulare. Arrossii visibilmente analizzando la scena: avevo appena ottenuto un sorriso da Harry.
Sembrava andare tutto bene, ma non era ancora iniziata la giornata, e il solito piccolo dolore si fece spazio nella mia pancia, avvertendomi di nuovo di qualcosa che sarebbe successo.
Ma pensai: "Il buon giorno si vede dal mattino... Cosa potrà andare storto?"

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Le ore prima dell'intervallo passarono così in fretta che nemmeno ci feci caso. Il professore di matematica mi interrogò e presi un bel voto che mi fece sorridere fino alla fine della lezione.
Poi suonò la campanella.
Una massa di gente uscì dalle proprie classi dirigendosi chi al campetto, chi in giardino, chi semplicemente nell'atrio. Io parlai per qualche minuto con Rose, una mia amica stretta dalle medie che mi disse che, se avesse preso dei bei voti, i genitori l'avrebbero mandata in vacanza con me ed alcuni nostri amici. Ma eravamo agli inizi di aprile, e mancava ancora del tempo per le vacanze. Uscimmo dall'aula chiacchierando tranquillamente, e ci incamminammo verso il campetto, senza Joseph: non sapevamo dove fosse finito perché al suono della campana corse via senza darci spiegazioni. Il giardino era stracolmo di ragazzi e il campetto non era da meno, così ci fu abbastanza difficile anche solo provare ad individuare il corpo magro di Joseph. Improvvisamente sentii le spalle strette e i miei piedi che svolazzavano; una giravolta e tornai a toccare terra. Mi girai trovando il sorriso luminoso di Alex ad accogliermi. Amico fiducioso e tranquillo; si era trasferito in questa scuola l'anno precedente, e subito facemmo amicizia.
"Hey!" Mi salutò. Ricambiai con un cenno della mano e lo abbracciai odorando il suo profumo di vaniglia. Mi cinse le spalle con un braccio e camminammo verso il centro del campetto assieme a Rose, che continuava a parlare delle sue preoccupazioni. Voltai lo sguardo verso un gruppetto di ragazzi e intravidi tra di essi i capelli ricci di Harry. Stava baciando una ragazza ridendo con al seguito gli amici. La scena non mi divertì nemmeno un po', ed istintivamente abbracciai più forte il ragazzo quando il riccio posò poco dopo lo sguardo su di me. Continuai a guardare dritto ignorando ciò che vidi; poi Rose scosse la mia spalla.
"Beth, quello è uno stronzo, si vede dai suoi comportamenti" disse. Intanto Alex ci salutò andando da un gruppetto di amici.
"Sì, suppongo di sì. Ma mi piace, e questo non posso cambiarlo." Sbuffai.
"Hai sbagliato a scrivergli. È l'uomo che cerca la donna, non il contrario."
"Hai completamente ragione" ammisi. Sentii la tasca posteriore vibrare e afferrai in fretta il cellulare per azzerare il volume.
Un messaggio da Harry Styles sulla chat di Facebook.
"Non ti considera nessuno, è inutile che ci guardi"
Alzai lo sguardo verso Rose mostrandole il cellulare, e guardai confusa il gruppetto che scoppiò improvvisamente a ridere.
Mi crollò il mondo addosso: mi aveva appena deriso di fronte ai suoi amici.
Il mal di pancia aveva un senso, la mia mente era così confusa. Per quale strano motivo mi avevano scritto quelle cose? In fondo non avevo dato un'ombra di fastidio. Istintivamente alzai il dito medio verso di loro e risi, trascinando anche Rose in una risata derisoria. Ci guardarono senza dire nulla; forse non si aspettavano esattamente quella reazione. Iniziai a domandarmi cosa avessi di sbagliato, cosa avessi sbagliato; tutto fu improvviso. Poi mi risposi mentalmente: tutto. Un'azione così banale, così stupida che mi aveva colpita. Non tanto per l'azione in sé, ma per il motivo ignoto del messaggio; ci rimasi male perché mi sentii presa per i fondelli, e questo mi rattristì. Quando mi voltai nuovamente verso il gruppo, li vidi ridere e parlare: era divertente? Non per me. Avevano avuto la sfacciataggine di deridermi in un modo così infantile e stupido, non riuscii a non pensarci continuamente. Era successo tutto velocemente: le azioni si compirono in maniera affrettata e senza una logica e un "lavoro" dietro, che quasi sembrarono far parte di un film girato male.
Ma la cosa che più mi fece innervosire fu il fatto che io, in un certo senso, ci rimasi male. Non potevo essere triste per qualcosa compiuto da un gruppo di persone a me sconosciuto e inutile. Non potevo star male per la mia cotta che ormai sembrava non volermi più passare.
"Hanno sbagliato persona, Rose" dissi accigliata.
"Ti ho detto poco fa di lasciarlo stare: se è davvero interessato ti cercherà. È solo un bambino."
"Sei solo uno stronzo" sussurrai anche se sapevo perfettamente che lui non potesse sentirmi. Ma avevo bisogno di dirlo, dovevo.
La campanella suonò nuovamente e i ragazzi sbuffarono prima di incamminarsi ognuno verso le proprie classi. Quando entrai trovai Joseph concentrato sui libri e decisi di fargli leggere il messaggio. Posizionai, senza dire nulla, il cellulare di fronte a lui aspettando impazientemente una risposta. Si girò verso di me e mi guardò, esaminando i miei occhi; mi capì e mi abbracciò. Gli avrei pian piano raccontato tutto all'uscita, in quel momento cercai solo di concentrarmi e seguire la lezione, senza farmi distrarre dai miei pensieri tristi e infuriati, che tormentarono la mia mente.
________
Passarono due settimane e non cambiò nulla, o quasi. Non gli scrissi più, e nemmeno lui lo fece; ma in fondo non avevo intenzione di farlo per poi essere presa ancora come barzelletta dai suoi amici infantili. Gli stessi fastidiosi sguardi nell'autobus e a scuola. Ormai non riuscii a non pensare che quelle occhiatine divennero insopportabili: mi chiedevo "Perché mi guarda ancora, se si diverte così tanto a deridermi?". La domanda era sempre la stessa, e la fu anche quando raccontai tutto a mia madre, sfogandomi e cercando consigli. Mi disse esattamente queste parole: "È lui che deve cercare te, non il contrario. Hai sbagliato a scrivergli, ma puoi riparare tutto: devi essere indifferente, devi farlo diventare pazzo. Quando ti si avvicina vai via, allontanati da lui. Agli uomini piacciono le cose impossibili; devi diventare impossibile ma possibile da conquistare. Fidati che se farai tutto in questo modo, i ragazzi ti staranno dietro come degli schiavi.". Le perle di saggezza di mia madre. Captai per bene le sue parole, quel giorno, cercando di memorizzarle al meglio per poi metterle in atto. Aumentò la mia fiducia verso di lei, che continuava a consigliarmi la strada migliore da prendere, senza cambiare la mia personalità.
Da quel giorno cercai di diventare quell'impossibile che mia madre intendeva. Joseph ammirò il mio comportamento maturo, ne fu molto felice. Al contrario, Harry fu infastidito da ciò. Provò qualche volta a sedersi accanto a me nell'autobus, ma ogni volta mi spostai immediatamente porgendo il posto a qualche anziana signora. Continuavo a ripetermi, nonostante ciò, di non fissarmi troppo con questa situazione: era solo una cotta che prima o poi sarebbe passata, e la parte egoista del mio me interno sperò in un "meglio poi che prima". Ogni qualvolta mi mettevo a pensare semplicemente a tutto ciò che riguardasse Harry, mi accorgevo sempre più quanto davvero mi prese quel ragazzo.
Non credevo di star ottenendo veri e propri risultati solo fino a due lunedì dopo.
Era appena finita la ricreazione e avevo educazione fisica. Non ero molto brava in queste cose, ma mi impegnavo mirando sempre in alto. La professoressa attirò la mia attenzione e mi fece segno con un dito di avvicinarmi. Senza esitare camminai fino alla sua direzione.
"Elizabeth ti chiedo solo un favore: potresti andare nello stanzino a prendere i tappetini, una palla e le corde? Grazie mille" disse porgendomi le chiavi. Le sorrisi annuendo e uscendo dal padiglione cercando lo stanzino. Diedi uno sguardo alle altre classi in allenamento e notai che in quel momento la classe di Harry stava condividendo il campetto con quella di Alex. I nostri sguardi si incrociarono, ma questa volta non riuscii a distogliere lo sguardo dai suoi occhi verdi, che mi inseguirono fin quando non mi fermai davanti alla porta chiusa a chiave: questo era un piccolissimo stanzino dietro il padiglione di educazione fisica che i professori usavano come stanzino per gli attrezzi. Infilai la chiave e dopo averla girata due volte verso destra, aprii la porta ed entrai. Cercai i tappetini introvabili mormorando a bassa voce piccoli insulti verso i professori che creavano un tale disordine. Poi sentii la porta dietro di me chiudersi lentamente e mi voltai di scatto spaventata. Mi sentii male quando vidi il ragazzo riccio di fronte a me.
"Cazzo, sei così complicata..." sussurrò avvicinandosi.
"Credo che tu debba lasciare la porta aperta" dissi cercando di non guardarlo e provando a superarlo, cosa che mi fu impossibile quando mi si piazzò davanti. E fu in quel momento che vidi per la prima volta i suoi occhi da così vicino. Erano più che belli, un pozzo senza fine. Le labbra erano sottili, i ricci cadevano lungo il viso sudato. Potei per la prima volta vedere il suo volto senza nascondermi con il timore di essere scoperta.
"Io credo che sia meglio-" provai a parlare ma mi interruppe.
"Credi troppo" disse prendendo i miei polsi e portandoli dietro la mia schiena. Mi dimenai provando a liberare i miei polsi dalla sua presa, ma mi fu difficile.
"Lasciami stare o urlo" lo avvertii fermando i miei movimenti. Lui mi lasciò libera ma non mi permise comunque di uscire. La situazione era così irreale: la sua confidenza verso la mia persona mi divertii, perché in fondo io non conoscevo lui e lui non conosceva me, ed io non avrei mai parlato o interagito in quel modo con una persona qualsiasi.
"Tu ora rimarrai qui fin quando te lo dirò io" annunciò minaccioso.
"Scusa?!" Urlai. Mi guardò irritato, senza un motivo valido: l'unica irritata ero e dovevo essere io.
"Senti, lo so che stai male per quel messaggio, ed io in un certo senso mi sento in colpa. Anzi no," si contraddisse "non proprio. Mi stavo solo divertendo, in qualche modo, e tu sei troppo innocente e suscettibile. Non so perché adesso sono qui a parlare ad una ragazza che nemmeno conosco, ma sentivo di doverlo fare." Rimasi immobile ad ascoltarlo mentre si "scusava". Avrei voluto prenderlo a schiaffi, ma il mio cervello ragionò e metabolizzò tutto con calma. Poi decisi, dopo un lungo sospiro, di prendere la parola e dire tutto ciò che in quei giorni mi aveva tormentata: "Tu mi hai derisa di fronte ai tuoi amici, mi hai resa ridicola con i tuoi stupidi messaggini interessanti, tra l'altro preciso che ti ho scritto solo perché avevo perso una dannatissima scommessa. Ora vieni qui, mi segui fino ad un maledetto stanzino, chiudi la porta e mi racconti delle cazzate che tutti saprebbero dire; fai il finto dispiaciuto pensando che le tue parole valgano qualcosa per me. Ma no, hai sbagliato persona, mio caro. Era il tuo obbiettivo? Volevi prendermi in giro fin dall'inizio? Innocente e suscettibile, certo, vaffanculo!" Dissi con tutta l'aria che avevo in corpo. E in quel momento non mi importò il fatto che lui fosse il ragazzo che mi piaceva, che non lo conoscevo, ma volevo solo liberare le parole che da tanto desideravo dirgli. Mi guardò impassibile, con le braccia incrociate al petto. Passò un minuto prima che lui facesse anche solo un sospiro.
"Sei seria?"
"Certo che sono seria. Ora, se me lo permetterai, devo uscire per portare il materiale alla prof." Mi guardò ancora prima di spostarsi e concedermi un po' di spazio per passare. Alzai lo sguardo verso i suoi occhi e sorrisi ironicamente. "Grazie" pronunciai sarcastica prima di uscire dallo stanzino e lasciarmi il ragazzo riccioluto dietro le spalle. Riuscii a scorgere alcuni sguardi curiosi dei suoi compagni di classe, e poi vidi il volto familiare di Alex e lo salutai con una accenno della testa. Continuai a camminare con indifferenza verso la mia classe, e appena entrai nel padiglione, portai il materiale necessario alla professoressa prima di avvicinarmi a Rose e Joseph e accennargli qualcosa dell'accaduto.
Mi guardarono perplessi ma contenti della mia reazione per poi annuire e prendere la palla, iniziando a fare qualche passaggio.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


“Su ragazzi, e hop! Hop! Altri dieci saltelli, e se anche uno di voi si fermerà, ricomicerete tutto da capo!” La professoressa di educazione fisica urlò a tutti noi ragazzi battendo le mani a tempo. 
Un battito, un saltello.
E mentre gli altri si sforzavano, io rallentai di poco continuando a saltellare e a muovere i polsi. Non ero male in educazione fisica, ero semplicemente una ragazza non allenata alla perfezione, anche se i pomeriggi ricavavo sempre una mezz'ora per fare degli esercizi guardando dei video sportivi in TV. Volevo iniziare a fare attività sportiva, di nuovo: dopo la danza -che avevo odiato completamente- e il tennis, volevo iscrivermi ad una scuola di nuoto. Ci avevo pensato più volte, anche perché amavo l'acqua, ma non presi mai l'idea in considerazione. E questo collegò ancora la mia mente a quel ragazzo.
Mentre saltellavo pensavo solo a lui; iniziai a farmi dei complessi inutili, o forse no. Ero fatta così, dopo aver compiuto un'azione pensavo sempre a come l'avessi messa in atto e a cos'altro avrei potuto fare o dire.
Forse sono stata un po' troppo dura?, pensai, avrei dovuto perdonarloNonoForse ho fatto bene a dirgli tutto in faccia.
Intanto le mie gambe tremarono leggermente, e lo sguardo acido della prof. balzò sul mio corpo lento. Alzai lo sguardo affannata verso l'orologio appeso al muro accelerando le mie azioni, e notai felicemente che l'ora stava per finire. Sentii anche i passi di alcuni ragazzi di quarto, e sperando che dietro di me non ci fosse lui a guardarmi, chiusi gli occhi pensando alla corda, ai movimenti che le mie mani dovevano fare. Improvvisamente il mio piede destro toccò la corda bianca, ed inciampai toccando il pavimento. Delle risatine uscirono dalle bocche dei ragazzi della mia classe e dell'altra, e rialzandomi guardai Joseph socchiudendo gli occhi quando guardò dietro le mie spalle. Mi voltai, e trovai i suoi occhi divertiti fissarmi; il mio cuore cominciò a battere più velocemente.
“Ragazzi, ringraziate Marie-” La campanella interruppe l'insegnante che sbuffò rumorosamente e borbottò qualcosa che a causa delle voci degli alunni non si sentì “Alla prossima lezione!”
I miei compagni di classe camminarono verso gli zaini, ed uscirono lentamente dal padiglione. In quel momento eravamo solo io e lui; e la prof.
I miei occhi non si mossero di un millimetro dai suoi, verdi e profondi. Come potevano dei diamanti simili osservare proprio i miei occhi? I miei semplici occhi marroni, non azzurri, né verdi. Il nostro contatto visivo sembrò durare un'eternità, neanche un sospiro uscì dalle nostre labbra; capii che con quegli sguardi stavamo comunicando, stavamo collegando l'uno all'altra. La professoressa interruppe questo legame tossendo, e girammo contemporaneamente lo sguardo verso di essa con un cipiglio confuso. Lei indicò con un dito l'uscita, ed io non volendo prolungare il nostro discorso silenzioso camminai verso lo zaino e me lo misi in spalla, sciolsi i capelli dalla coda stretta in cui erano legati ed uscii. Riuscii a scorgere la figura alta di Harry tramite le nostre ombre sul terreno, e mi fermai improvvisamente facendolo sbattere contro la mia schiena. Mi girai verso il suo viso intenzionata a sgridarlo, a urlargli ancora una volta tutto quello che pensavo, a dirgli quanto mi desse fastidio ma nello stesso tempo mi facesse piacere il suo sguardo su di me, e soprattutto a dirgli quanto fossi confusa. Ma quando vidi il suo viso distante dal mio, ma che a me sembrò così vicino, le parole mi rimasero in bocca, il suo sguardo mi pietrificò. Altri pochi secondi, prima che lui abbassasse lo sguardo e mi sorpassasse, sfiorando la mia spalla nuda. Rimasi immobile, e cacciai con un enorme sbuffo tutta l'aria che involontariamente avevo trattenuto. Mi appoggiai al muro del padiglione C, strofinai le tempie con forza fino a far diventare bianchi i miei polpastrelli e sospirai ancora.
“Ti odio” sussurrai al ragazzo ormai sparito “davvero tanto.”
Presi il cellulare dalla tasca anteriore e guardai l'orario: 13:14.
Spalancai gli occhi e corsi verso il padiglione A, cercando l'aula in cui si trovava la mia classe. Aprii la porta ansimando e guardai la professoressa dicendo: “Scusi prof. Mi sono fatta male e ho dovuto curare la ferita...” Inventai velocemente una scusa plausibile prima di sedermi accanto a Joseph che mi guardò impassibile. Appena mi seddetti, mi prese la mano e sussurrò: “Smettila di stargli dietro, cazzo.” E lo guardai torva, non poteva capire quanto avrei voluto guardare ancora così intensamente il suo viso, ogni suo particolare. Scossi la testa prendendo il libro e una matita, seguendo la spiegazione ed ignorando il mio amico per tutta la lezione.

La campanella trillò finalmente, causando un gran baccano nella classe; tutti contenti di tornare a casa. Uscii con Rose al mio fianco e Joseph dietro di noi. Ci accompagnò fino alla fermata dell'autobus, ci salutò e anche lei andò via lasciandoci soli. Ci guardammo per qualche istante, con le facce serie di chi è davvero arrabbiato, poi abbassammo lo sguardo contemporaneamente e scoppiammo a ridere. Senza che ce ne accorgessimo, l'autobus era già arrivato, e prendemmo posto con dei sorrisi sinceri sul viso.
“Tanto lo sai che non riusciremo mai a litigare del tutto” disse il mio migliore amico circondandomi le spalle. Io annuii e poggiai la testa sulla sua spalla, cercando con lo sguardo il riccio, senza darlo a vedere. Entrò poco dopo sedendosi accanto ad un suo amico e iniziarono a chiacchierare ridendo. Lo guardai per tutto il tragitto, mi lanciò qualche occhiatina distratta nel momento in cui abbassavo lo sguardo. Prenotammo la fermata e quando il mezzo si fermò, io e Joseph scendemmo camminando silenziosamente. L'unico rumore nel nostro piccolo silenzio era il cinguettare degli uccelli e la parlantina di quelle poche persone che uscivano a passeggiare. A metà strada salutai Joseph con un bacio sulla guancia.
“Ci vediamo domani, ti scrivo io su Whatsapp, okay?” Io annuii.
“Stasera vengono degli amici di mia madre a casa, quindi dovrò fare gli esercizi prima”,dissi sbuffando. Lui rise e si incamminò verso la strada di casa, e lo stesso feci io.
Arrivai cinque minuti dopo, come ogni giorno, a casa e appena entrata appoggiai lo zaino sul divano. Sentii la voce acuta di mia madre provenire dalla sua stanza, e pensai che stesse parlando al telefono, così non la disturbai e andai a sedermi al mio solito posto in cucina per mangiare il piatto di carne e insalata che mia madre mi preparò quel giorno. Presi il cellulare dalla tasca e lo sbloccai scrivendo a Joseph un semplice "Puzzi:)".
Finii velocemente di mangiare per poi posare i piatti nel lavandino ed andare in salone. Accesi la televisione e inserii il CD, stoppai il video andando nella mia camera a cambiare i vestiti e le scarpe, poi tornai subito in salotto e alzai il volume. La ragazza del video iniziò a saltellare sul posto per riscaldare i muscoli; seguii i movimenti ormai familiari con gli occhi chiusi.
“Uhm, hey!” Una voce maschile mi fece girare di scatto ed ansimante spalancai gli occhi.
“Hey?” 
Oddio chi è questo essere perfetto?, pensai. Un giovane ragazzo moro mi squadrò sorridente e disse: “Sono David, il figlio dell'amica di tua madre... Tu devi essere Mar-”
“Elizabeth, odio quel nome.” Ridacchiai sistemando i capelli in disordine “Scusa se mi hai trovato in questo stato, vado subito a cambiarmi!” Corsi verso le scale e all'ultimo scalino inciampai. Ancora. 
La risata cristallina di David echeggiò nel salotto ed arrivò alle mie orecchie con debolezza.
“Dovresti allacciare meglio le scarpe quando corri” disse venendo verso la mia direzione, e si fermò di fronte a me porgendomi la sua mano. La presi e lui mi alzò con forza facendo sbattere i nostri petti.
“Scusa” dicemmo contemporaneamente, poi risi insieme a lui. Lo guardai per pochi secondi, poi mi allontanai ed entrai nella mia camera.
“Ucciderò mia madre” sussurrai a me stessa. Mi cambiai velocemente ed indossai una semplice t-shirt colorata con dei leggings neri. Sistemai i capelli in una treccia poggiata sulla spalla ed uscii di nuovo, portando il telefono con me. Trovai mia madre e la sua amica sedute sul divano a chiacchierare animatamente ed il figlio accanto a loro con gli occhi puntati sul cellulare. Decisi di fargli compagnia e di fare amicizia.
“Ciao!” Esclamai attirando la loro attenzione. 
“Elizabeth, lei è la mia amica Katherine e lui è suo figlio David.” Io mi avvicinai arrossendo e strinsi la mano di Katherine.
“Fate amicizia, noi andiamo in cucina” disse mia madre.
Calò il silenzio tra di noi, non sapevo cosa dire. Ruppe il ghiaccio picchiettando il cuscino al suo fianco, facendomi segno di avvicinarmi. Lo feci ed arrossii sorridendogli.
“Premetto che sono abbastanza imbarazzato, ma se anche tu lo sei come non credo che riusciremo a conoscerci.”
“Hai ragione,” dissi ridendo “inizio io con le presentazioni. Sono Elizabeth Marie ed odio il mio secondo nome; amo la musica e il disegno e... Non so cosa dire.”
“Allora comincio io: sono David Styles, adoro il calcio e la PlayStation e-”
“Cosa?” Spalancai gli occhi “Ripeti quello che hai detto!”
“Adoro il calcio e la PlayStation...”
“No no, prima.” Portai le mani sul viso.
“Sono David Styles...” ripeté confuso.
“Questa è una maledetta persecuzione!” Esclamai al ragazzo che, non capendo, alzò le sopracciglia.
“Hai qualcosa contro il mio nome?”
“Oh, è il tuo cognome quello che mi perseguita!” Piagnucolai ridacchiando e lui mi chiese: “Hey! Che cos'hai contro il mio cognome?”
“Oh, non capiresti...” dissi abbassando il tono della voce sbuffando.
“Racconta, in qualche modo dovremo pur conoscerci.”
“E va bene! In poche parole sono infatuata di uno stupido, idiota, che si chiama Harry Styles. Ho perso una scommessa e gli ho scritto ma non è andata a finire molto bene” dissi tutto d'un fiato.
“Oh, Harry! È mio cugino!” Spalancai gli occhi ancor di più alle sue parole: com'era possibile che ogni qualvolta io parlassi facessi un'enorme figuraccia?
“Oddio, scusa!” Mi avvicinai prendendogli la mano e scuotendola. Lui rise e scosse la testa: “Tranquilla. Se vuoi posso aiutarti in qualche modo... Potrei fartelo conoscere?” Sembrò più una domanda che un'affermazione. Il respiro mi restò in gola, non riuscii a parlare, così continuò dicendo: “Se mi dai il tuo cellulare con la vostra chat aperta potrei fare qualcosa.”
“Ho paura di fare una figuraccia, e di non interessargli per niente.”
“Lui è un tipo un po' strano e misterioso, quasi un play boy, ma è un ragazzo serio. Poi non credo che possa resistere ad una bella ragazza come te...”
“Grazie...” dissi accettando il complimento e arrossii “Non scrivere nulla di compromettente” lo avvisai porgendogli lentamente il cellulare. Quando lo prese ed iniziò a digitare sulla tastiera, le mie mani iniziarono a tremare di poco e il cuore velocizzò il suo battito.
Era pazzesco l'effetto che il solo pensiero del ragazzo mi faceva.

"Hey Haz, sono David! Sono a casa di Elizabeth perché mia madre conosce la sua. Come stai?" scrisse.

Trascinò le dita sullo schermo e lesse l'intera conversazione, poi mi guardò.
“Ah, allora sei tu quell'Elizabeth di cui mi ha parlato la settimana scorsa!”
“Ti ha parlato di me?” Domandai incredula, e intanto diedi un'occhiata veloce alla chat: aveva visualizzato.
“Sì! Ci sentiamo spesso, siamo molto legati e ci confidiamo spesso l'uno con l'altro. Mi ha detto che sei una bella ragazza e che vorrebbe conoscerti.”
“Sul serio?!” Urlai felicemente.
“Sì!” Urlò a sua volta.
Il suono di un nuovo messaggio interruppe la nostra risata.

"Hey Dav! Tutto bene, tu come stai? Poi devo parlarti."
"Tutto bene, ci stiamo divertendo a prenderti per culo!"

“No! Cosa hai scritto! Digli subito che non è vero!” Dissi schiaffeggiandogli la spalla.
“David! Dobbiamo andare, saluta Marisabel ed Elizabeth!” Sbuffammo rumorosamente per poi alzarci entrambi divertiti dalla nostra affrettata confidenza.
“Ti invierò la richiesta su Facebook così potremo parlare lì” disse, poi avanzò verso mia madre e le baciò la guancia.
“Ciao!” Li salutammo accompagnandoli fino alla porta d'ingresso, la chiusi e tornai di sopra.
Mi sdraiai sul letto con il cellulare tra le mani e scrissi velocemente un messaggio ad Harry.

"David se n'è andato." Visualizzò in fretta.
"Okay."
"Okay."

“Perché sei così? Ti odio.” Alzai gli occhi al cielo e posai il cellulare sul comodino. Presi un libro dalla libreria e continuai a leggere da dove avevo lasciato un segno nero con la penna. Passarono circa due ore, adoravo leggere sul mio letto comodo e passare delle ore così, era rilassante. Quando mia madre mi chiamò per cenare chiusi il libro e scesi subito le scale, accorgendomi di essere affamata quando la mia pancia brontolò di fronte al piatto pieno. Chiacchierammo molto, su Katherine e David, sull'assenza di Andrew soprattutto. Andò a casa di Maddy a dormire, e questo fu argomento di discussione per più di dieci minuti: mia madre acconsentiva quando mio fratello le chiedeva di dormire a casa della sua fidanzata, e negava la mia identica richiesta quando una mia amica mi chiedeva di dormire a casa sua. Questo perché "ero ancora piccola per andare a casa degli altri anche a dormire". Non riuscii mai a capire cosa realmente intendesse, ma anche questa volta lasciai perdere tornando nella mia camera da letto e trascorrendo del tempo a disegnare ed ascoltare la musica.

Guardai l'orario, erano già le 23:47. Fin da piccola, amavo esprimere alle 00:00 un desiderio. Lo facevo anche quando due numeri dell'ora coincidevano ma credevo che la mezzanotte fosse speciale.
Mi affrettai a cambiarmi, a struccare il mio viso e a prendere il mio diario. Lo aprii ed iniziai a scrivere tutto quello che successe durante il giorno.
23:59
"...adesso esprimerò il mio desiderio notturno, a domani diario." andai a capo e tra due parentesi scrissi "(ti odio)".
00:00
Chiusi gli occhi, incrociai le dita e dissi a bassa voce: “Vorrei conoscere Harry, o qualunque cosa positiva riguardante lui.”
Mi affrettai a trascriverlo sull'ultima riga della pagina, poi chiusi il diario.
00:01.
Mi arrivò un messaggio nel preciso momento in cui sbloccai il telefono: Harry.
Aprii velocemente la sua chat e lessi incredula ciò che mi aveva scritto.
"Scusa."
Rilessi il messaggio altre due volte, poi riaprii con fretta il diario e sfogliai le pagine fino ad arrivare ad una bianca.
Scrissi: "00:01 Harry: Scusa."
Aprii il cassetto mettendo all'interno il diario con la penna e mi sdraiai attivando il timer del televisore.
Guardai il soffitto, chiusi gli occhi e sussurrai con un sorriso accennato: “Forse ti odio un po' di meno.”

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Il giorno seguente mi svegliai felice, ma ansiosa.
Cosa avrebbe fatto? Sarebbe venuto da me a chiedermi scusa di persona? Oppure mi stava ancora prendendo in giro?
Cercai, per qualche motivo strano, di rendere il mio viso un po' più carino con quel poco trucco che usavo, e pettinai più volte i capelli. Dopo la colazione uscii di casa e mi avviai verso la fermata. 
Joseph non si presentò a causa di un forte mal di pancia. 
Quando il mezzo si fermò di fronte a me, salii e cercai con lo sguardo un posto libero; fortunatamente proprio nel momento in cui io salii sull'autobus un'anziana signora scese lentamente, cedendomi il posto. Mi sedetti e appoggiai ai miei piedi lo zaino, notandone uno nero affianco al mio. Alzai lo sguardo verso il ragazzo seduto davanti a me, e rimasi paralizzata quando scoprii che fosse Harry. Spalancai gli occhi ed arrossi violentemente, cercando di non fare nessuna mossa sbagliata. Il cuore iniziò a martellare contro la gabbia toracica quando i nostri occhi si incontrarono per alcuni secondi, poi non riuscendo a mantenere la mia posizione, abbassai il viso e mi sistemai più comodamente sul sedile. Giocherellai con il cellulare, ma infine decisi di non usarlo notando che le mie mani stessero tremando leggermente.
Pensai di essere una stupida esagerata, ero agitata solo perché mi ero seduta di fronte a lui.
Eravamo quasi arrivati davanti alla scuola, per mia enorme gioia; odiavo il fatto che mi facesse sentire così fragile con la sua presenza. L'autobus si fermò improvvisamente e l'autista suonò ripetutamente il clacson con nervosismo. Contemporaneamente mi alzai per raccogliere l'elastico che mi scivolò dalle mani poco prima, e quando l'autista frenò, caddi su Harry, sorprendendolo. Toccai involontariamente il suo petto e guardò le mie mani, subito dopo alzò lo sguardo verso il mio.
"Oh mio Dio, scusami tanto" dissi con imbarazzo togliendo immediatamente le mani dal suo corpo. Lui scosse la testa accennando un sorrisino sghembo e tornò a osservare il suo cellulare. Presi lo zaino e me lo misi in spalla piuttosto imbarazzata, e aspettai che le porte dell'autobus si aprissero per camminare a passo veloce verso i miei amici. Tutto d'un tratto mi fermai, bloccata dalla presa del ragazzo sul mio polso. Guardai in direzione di Rose, ancora lontana da me, e speravo che girasse la testa verso di noi. Presi coraggio e mi voltai a guardarlo, ma i suoi occhi erano così agili nel farmi perdere il controllo. Le persone ci sorpassarono mentre noi rimanemmo fermi accanto al mezzo.
"Mi hai perdonato?" Proferì parola arrossendo, ma con un tono sicuro.
"Mi stai parlando come se ci conoscessimo" dissi scuotendo leggermente la testa, con un sorriso ironico sul viso.
"Anche tu."
"Cosa vuoi?" Chiesi seccamente, alzando gli occhi al cielo; non mi sarei fatta addolcire da due occhi verde smeraldo, delle fossette fantastiche su un viso perfetto, ed il ragazzo del quale ero infatuata.
"Un'uscita" sbottò riflettendo subito dopo su quello che aveva detto, ma non sembrò intento a correggersi.
"Cosa?" Scoppiai a ridere rumorosamente "Non ti conosco nemmeno!" Esclamai ovvia, guardando il mio polso ancora stretto dalla sua mano calda; se ne accorse e mi lasciò andare.
"Fottuto David..." sussurrò tra sé e poi aggiunse: "Senti, David mi ha in pratica costretto ad uscire con te. Quindi vorrei che accettassi, anche se non ci rivolgeremo nemmeno una parola, ma solo per far felice mio cugino."
"E perché dovrei aiutarti a far felice tuo cugino?" Chiesi incrociando le braccia al petto, aspettando una risposta che arrivò come un fulmine, e che mi ricordò qualcosa di familiare.
"Una scommessa." Mi guardò, consapevole del fatto che mi sentivo tremendamente imbarazzata, anche se non lo davo a vedere "Una sola sera, okay?"
"Mmh," Esitai, riflettendo sulle conseguenze di quella presunta uscita. Anche io avevo scommesso con Joseph, non c'era nulla di male, o così credevo "va bene." Mi allontanai immediatamente dalla sua figura, poi mi girai per pochi secondi per vedere la sua reazione. Il riccio stava camminando verso un gruppetto di amici con un sorriso sulle labbra, e mi voltai facendo lo stesso. Mi avvicinai a Rose e le raccontai i fatti in poche parole, pregandola però di non farne parola con il mio migliore amico. Annui animatamente e sorpassammo i cancelli quando sentimmo il suono della campanella oltre le mura della scuola.

________

La giornata iniziò bene e finì altrettanto bene, soprattutto perché mancò per due ore di seguito un professore. Beh, forse non era l'unica cosa positiva che accadde a scuola: Alex mi chiese di uscire, ed io accettai anche se un po' tibutante; non volevo illuderlo, era un bel ragazzo sì, ma quando parlavo con lui non provavo nessun forte sentimento, e tra l'altro mi piaceva qualcun altro. La presi comunque come una possibilità per provare a togliermi dalla testa Harry.
Era solo una cotta, pensavo, ma la mia parte ragionevole sapeva già che se fossi uscita con lui e lo avessi iniziato a conoscere, si sarebbe pian piano trasformato in qualcos'altro.
O forse lo era già?
Ero a casa, mi arrivò un messaggio mentre stavo leggendo un libro. Non fui sorpresa quando vidi chi fosse il mittente.
"Quando sei libera?"
"Fai tutto tu."
"Stasera?"
"Già?!" scrissi spalancando gli occhi.
"Così mi tolgo di mezzo questa scommessa, e stop."
"Ora?"
"Va bene alle 8?"
"Okay." Visualizzò, poi si disconnesse.
Avrei dovuto vederlo fra poche ore, ed ero turbata; forse l'ansia, forse il fatto che mi obbligavo ad odiarlo sapendo perfettamente che l'odio era l'ultima cosa che provavo quando lo vedevo. Andai in salotto, trovando mio fratello e mia madre che chiacchieravano.
"Mamma, stasera posso uscire?" Chiesi con voce piccola.
Si girarono entrambi, poi lei mi rispose: "Certo tesoro, con chi esci?"
"Uhm, con un amico..." Con un amico che non conosco per niente, le avrei voluto rispondere. 
"Oh, un amico?"
"Sì, il cugino di David... Viene a scuola insieme a me" specificai; non sarei mai riuscita ad essere una bugiarda con mia madre, mi conosceva meglio di quanto lei conoscesse sé stessa.
"É solo un amico?" Chiese sorridendo. Cercai di guardare altrove, e decisi che quell'altrove sarebbe stato mio fratello Andrew.
Ma non mi fu molto d'aiuto, perché incontrai il suo sguardo malizioso consumarmi completamente.
Arrossii prima di rispondere: "Sì, ovvio. Volevamo solo uscire." 
"Come si chiama?"
Oh nol'interrogatorio.
"Harry Styles..." Sentii le guance bruciare quando nominai il suo nome con esitazione.
"Quanti anni ha?"
"Diciassette."
"Divertitevi" rispose tornando a parlare con un gran sorriso sul viso. Mio fratello se la rideva sotto i baffi, lanciandomi delle occhiatine omicide.
Sono le cinquee tra meno di quattro ore lo vedrò... Per una vera uscita, pensai.
Quando salii in camera, non mi preoccupati dei vestiti, come mio solito, ma bensì del mio comportamento.
"E se per lui è solo una scommessa? Sto riempiendo il mio cervello di complessi per... Oh, basta!" Mugugnai a bassa voce, camminando avanti ed indietro per la camera. "Un'uscita che ti ricorderà quanto lo odi, e che ti aiuterà a dimenticarlo. Okay?"

________

Indossai velocemente una gonna bordeaux e abbinai ad essa un top nero con le bretelle sottili; indossai un paio di scarpe nere e pettinai i capelli velocemente. Scesi in salotto, presi la borsa ed il cellulare e corsi verso la porta d'ingresso, che in quel momento era la mia porta d'uscita.
"Ciao mam-"
"Non viene lui a prenderti?" Chiese curiosa spostando i capelli disordinatamente poggiati sulla fronte.
"Uhm... Non ha la patente, ovviamente, e abbiamo deciso di incontrarci nelle vicinanze." 
Cosa avrei potuto dirle? Che non avevo la più pallida idea di dove andare? E che in realtà non sapevo cosa avremmo fatto?
Con il telefono tra le mani, e le mie gambe che camminavano roboticamente, scrissi un messaggio veloce al ragazzo.
"Dove devo andare?"
Rispose in fretta: "Davanti la scuola va bene oppure è troppo lontano?" 
Sbuffai. Di certo non avrei aspettato l'autobus alla fermata per poi restare lì dentro seduta un'ora; decisi di andargli in contro, pur non sapendo dove abitasse.
"Un posto a metà strada?"
"Non so dove abiti, quindi non so neanche quale potrebbe essere il 'posto a metà strada'."
Quanto ti odiopensai roteando gli occhi.
Intanto le mie gambe mi portarono fino al parco del mio quartiere. Di sera era sempre molto tranquillo, non c'era un'anima viva,oltre a quei ragazzi e quelle ragazze che dopo una sbronza forte decidevano di passare la loro notte bollente tra gli alberi. Era enorme, c'era un'ampia area verde, il prato fiorito, gli alberi invecchiati, i tronchi incisi. Mi domandai per quale motivo le coppiette felici incidevano le loro iniziali sui tronchi; in fin dei conti prima o poi sarebbe finita la loro storia, e quando sarebbe arrivata l'ora della fine, ogni qualvolta sarebbero passati di fronte a quell'albero -che un tempo avrebbero definito il "loro albero"- avrebbero rimpianto le loro infantili azioni. Questo solo perché durante il loro breve periodo di amore volevano lasciare un segno ovunque essi andassero.
In contemporanea mi chiesi se quello che pensavo lo pensavo solo perché in quel momento mi sentivo lasciata in disparte, non desiderata, non amata. Forse avrei anche io amato qualcuno tanto da incidere i tronchi o macchiare le pareti, ma poi ci ripensai; non lo avrei fatto, per il semplice motivo che volevo qualcosa di più dei soliti cliché. Qualcosa di nuovo, che avrei ricordato per sempre.
Pensando, non mi accorsi che il cellulare vibrò più volte, e lessi i messaggi in arrivo.
"Odio il visualizzato, quindi rispondi. Grazie."
"Sai qual è la mia fermata dell'autobus. Quella è la zona in cui vivo. Hai le idee più chiare, adesso?:)"
"Non abitiamo distanti... Dove andiamo?"
"Questo dovrei chiederlo io a te, dato che sei TU che mi hai invitata. E aggiungo: sono fuori casa, di sera, con la luce fioca dei lampioni che mi illumina, e potrebbe arrivare qualche estraneo da un momento all'altro. Potresti far girare le rotelle del tuo cervello un po' più velocemente?" Rilessi il messaggio che inviai in quel preciso istante e ridacchiai. Sembravamo degli amici in fase di litigio, ma la realtà era che io non sapevo nulla su di lui; e lui non sapeva nulla su di me.
Perché David e Harry avrebbero dovuto fare una scommessa in cui io ero coinvolta? Tra l'altro avrebbe potuto dire al cugino una bugia, ma non lo fece. Cercai con lo sguardo una panchina su cui sedermi, e appena la trovai sorpassai il cancelletto verde raggiungendola. L'illuminazione scarsa mi trasmetteva tranquillità, assieme al silenzio.
Il mio era davvero un quartiere morto.
"Ti raggiungo io. Dove sei?"
"Hai presente il bar Candy? Di fronte c'è un parco, un enorme parco. È impossibile non vederlo."
"Non ce l'ho presente."
"Oddio. Allora cerca su Google Maps. Clicca il mio messaggio e vedrai che comparirà il nome del parco e l'indirizzo."
"Non ho mai usato Google Maps per raggiungere una ragazza. Mi sento altamente ridicolo. Aspettami che arrivo."
Risi tra me e me e appoggiai la schiena allo schienale freddo della panchina. Passarono lentamente i minuti e la mia ansia crebbe di più. Iniziai ad avere un po' paura, era sera e quegli alberi coperti dal buio mi inquietavano non poco. Sentii delle voci e girai di scatto la testa nella loro direzione: una coppia camminava lentamente calpestando l'erba verde, si sedettero su una panchina come la mia e cominciarono a parlare. Chiusi gli occhi aspettando, e involontariamente mi addormentai.

Sentii qualcosa sulla mia spalla e aprii gli occhi sbadigliando. Mi aspettavo di trovare una chioma riccia davanti ai miei occhi, ma al contrario non c'era nessuno. Era solo il vento, che stava solleticando la mia pelle. Guardai alla mia destra, la coppietta era ancora lì a scambiarsi la saliva. Sembrava un sonno durato molte ore, invece erano passati solo pochi minuti.
Mi alzai impaziente e uscii dal parco, con l'intenzione di tornare a casa, ma una voce lontana chiamò il mio nome e mi girai.
Harry era affannato, i ricci gli cadevano sulla fronte un po' umidi.
"Elizabeth aspetta" disse ansimando. Poggiò le mani sulle ginocchia respirando profondamente.
Deve aver corso molto.
Quando lo vidi incominciò a battermi il cuore ancora più velocemente, il mio corpo rimase immobile, i miei occhi squadrarono con adorazione nascosta il suo corpo.
"Sono qui."
"Ho corso con il cellulare tra le mani sperando che le indicazioni di Google fossero giuste ma-"
"Non importa." Provai ad accennare un sorriso.
"Dove andiamo?" Chiedemmo contemporaneamente, poi arrossii abbassando lo sguardo.
"Ti va di andare in un pub qui vicino? Ceniamo e poi-"
"Okay, l'importante è che mangiamo qualcosa..."
Annuì e incominciò a camminare verso la direzione opposta dalla quale lui proveniva: "Seguimi, mi ci ha portato un mio amico."
Calò il silenzio, si sentivano solo i nostri passi e qualche voce. Arrivammo ad una fermata dell'autobus, non la mia.
"Prenderemo l'autobus?"
"Sì, per comodità. Sono due fermate da questa." Poi indicò un punto con il dito, ed arrivò il mio mezzo preferito. Salimmo, le due fermate passarono veloci e scendemmo. Mi guardai attorno, non conoscevo quel posto. Forse perché mi limitavo ad uscire nei dintorni della mia casa e nella aree più "popolate". Poi pensai: Non esco spesso, sarà anche per questo?
Un rumore assordante colpì le mie orecchie, la musica usciva dalle porte dei locali ogni volta che una persona entrava.
Deve essere uno di quei quartieri stracolmo di pub e discoteche.
"Dove siamo?" Domandai quando lui prese il mio polso trascinandomi per la strada. C'erano molte persone al contrario del parco, e i ragazzi ci guardavano curiosamente. Cosa avevano da guardare?
Ci allontanammo di poco dal gran fracasso, e mi dimenai cercando di liberare il mio polso dalla sua presa; poi lo sorpassai tranquillamente incrociando le braccia al petto, ma poggiando le mani sulle mie spalle mi fece girare, e ci ritrovammo di nuovo faccia a faccia.
I suoi occhi e i miei.
"Ti prego di rivolgermi almeno la parola e di fare meno la stronza. Almeno per stasera, fai finta che io sia un tuo amico e parlami. Prendila come un'occasione per conoscerci."
"E chi ti ha detto che io voglia conoscerti?" Aspettai una risposta con gli occhi ancora nei suoi, fin quando fu lui stesso ad interrompere il nostro contatto visivo.
"Dai su Elizabeth, non fare la preziosa." Scoppiò a ridere. "Sappiamo entrambi qual è la verità."
"Quella che prima era una verità può non esserlo ora..." Restammo fermi sul marciapiede, con gli occhi di pochi passanti che ci osservavano, poi si allontanò e disse: "Allora se è così," Sospirò prima di continuare "farò diventare questa tua presunta bugia una verità, di nuovo." Continuò a camminare fermandosi poi di fronte ad un locale con la scritta "M&K" a neon sul tetto, aspettando che entrassi io per prima. Diedi un ultimo sguardo all'insegna prima di avvicinarmi; la porta era già aperta.
Lo beccai mentre stava osservando i miei movimenti lenti e come mio solito arrossii, ma non mi feci prendere dall'imbarazzo perché prima di entrare nel pub mi voltai con un sorriso sarcastico e dissi: "Provaci."

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


“Questo posto è molto affollato” commentai spingendo il mio corpo tra le persone che ostruivano il passaggio. Harry era dietro di me, mi seguiva silenziosamente senza dire nemmeno una parola; questo mi mise a disagio per qualche minuto, soprattutto quando trovammo un tavolo libero per due persone. Ci sedemmo, io sospirai sollevata e appoggiai la borsa sulla superficie lignea. Arrivò in fretta una cameriera, e mi sembrò abbastanza confidenziale nei confronti del ragazzo davanti a me.
Sarà perché è un cliente fidato?, pensai dubbiosamente.
“Harry! È da un po' che non ti vedo, fa sempre piacere rivedere facce conosciute.” Sorrise amichevolmente voltando poi il viso nella mia direzione, accorgendosi finalmente della mia presenza. “Avete già scelto cosa ordinare?” Cacciò dal taschino della camicia un taccuino abbastanza rovinato e una penna, pronta a scrivere le ordinazioni. Io scossi la testa e le sorrisi timidamente.
“Ancora no, possiamo avere qualche minuto per decidere?”
“Certamente! Passerò dopo.” Si girò e camminò verso gli altri tavoli.
“Cosa mi consiglieresti?” Domandai indifferentemente, guardando l'orario sul cellulare.
“Mmh, penso che dovresti prendere un semplice panino. Sono ottimi, soprattutto quelli pieni di salse.” Gli occhi gli si illuminarono, dire che fosse affamato era forse poco. “E da bere, beh, scegli tu.” Alzò la mano facendo cenno alla ragazza di avvicinarsi, lei corse subito verso la nostra direzione.
“Ragazzi, avete già scelto?” Annuimmo contemporaneamente, poi fu Harry a ordinare per entrambi.
“Due panini, quelli che mangio di solito. Da bere una birra e...” Mi guardò curiosamente, aspettando una risposta.
“Una Coca Cola...” Abbassai lo sguardo imbarazzata prima di aggiungere velocemente: “Anche una porzione di patatine con salsa mista.”
“Okay ragazzi, arriveranno in un batter d'occhio!”
Quando la cameriera andò via, Harry scoppiò a ridere rumorosamente, al che mi voltai e lo guardai male.
“Cosa?” Mi dondolai sulla sedia a disagio.
“Una Coca Cola e delle patatine con salsa mista!”
“Cosa c'è di male in questo?” Chiesi freddamente, lanciandogli un'occhiatina nervosa.
“Sembri una piccola bambina indifesa, Elizabeth.”
“Uhm, cercherò di prenderlo come un complimento.”
“Allora? Cosa mi racconti?”
Sul serio?
“Oh mio Dio, sei serio?”
“Sì?”
“Perché fingi di volermi conoscere?”
“Io non sto fingendo.”
“Lo ripeterò per la centesima volta: non capisco per quale motivo tu ti rivolga a me come un amico di anni e anni.”
“Prendila come una scusa per iniziare a conoscerti.” Tirò i ricci indietro con la mano. “E non parlarmi di banalità, signorina "Ciao che cosa fai?", okay?”
“Punto uno, era "Hey" e non "Ciao"; punto due, non ho mai parlato di banalità; punto tre, vorrei evitare di parlare di cose passate...” Mi toccai le guance, scoprendo che fossero più calde di quanto pensassi. Che fosse quello un posto caldo?
“E perché?” Si spinse in avanti incrociando le dita sul tavolo. Il sorrisino divertito ancora presente sul volto mi mise in una strana ansia.
“Perché sì. Gli errori si commettono sempre nella vita.” Lo copiai, ritrovandomi poco distante dal suo viso.
“Se non mi avessi scritto non avresti mai avuto la possibilità di ritrovarti in un pub con il ragazzo che ti piace... Non dovresti definirlo errore.”
“Ancora meglio” risposi “Non mi avresti mai contattata se non l'avessi fatto io?” Le parole mi uscirono fluidamente dalle labbra, e mi pentii subito di averle pronunciate; nonostante questo cercai di mantenere l'imbarazzante contatto visivo che si creò tra di noi.
“Non credo.”
Oh...
“Okay... Posso assentarmi un secondo per prendere aria?” Mi tirai indietro con la sedia spingendomi con l'aiuto della mia mano, poggiata sul tavolo. Improvvisamente percepii la presenza di qualcos'altro su di essa.
“No, resta qui.” Osservammo entrambi le nostre mani, e fortunatamente lui spostò con fretta la sua, tirandola verso di sé. Decisi di rimanere per il semplice motivo che se fossi uscita, quando sarei tornata sarebbe stato più imbarazzante di quanto la situazione già lo fosse.
“Allora...” esitò nel parlare “Cosa mi racconti di te?”
“Cosa dovrei raccontarti di me?”
“Voglio sapere qualcosa su di te. Qualunque cosa.”
“Ti annoierei.”
“Non lo penso affatto.”
“Non saprei da dove iniziare. Fammi qualche domanda.”
“Sai cucinare? Questa è una domanda fondamentale.”
“Sì, abbastanza. Qualche volta aiuto mia madre.” Ridacchiai.
“Hobby?”
“Amo leggere, disegnare e scrivere qualcosina.”
“Sport?”
“Uhm, fino ad ora faccio semplicemente degli esercizi a casa ma mi sono iscritta ad una scuola di nuoto. Un po' tardi per iniziare, ma alla fine non è mai davvero troppo tardi.”
“Davvero? Potrebbe essere la stessa scuola in cui vado io...” Un ghigno gli si creò sul viso.
“Spero tanto di no.”
“Come sei? Nel senso, prova a descriverti in breve.” Ricominciò con le domande.
“Mmh, penso di avere un carattere "così cosi", un po' di merda e certe volte no. Per il resto sono testarda, un pochino permalosa -ma non molto- estroversa e penso anche simpatica. Sono sincera, odio le bugie ma mi è capitato di essere stata costretta a dirne alcune. Mi irrita la falsità, mi innervosisco quando non mi riesce una cosa e forse sono anche un po' frettolosa in questo senso... Spero che tutto vada subito per il meglio. Arrossisco facilmente, ma non sono proprio il tipo di ragazza timida; dipende dalle circostanze. Sono un po' indecisa, solo su alcune cose; poco temeraria, iperattiva e... Basta? Non sono molto brava a descrivermi, credo di non aver nemmeno detto tutto di me.”
“Sei interessante.”
“Cosa?” Strabuzzai gli occhi guardandolo stupita.
“Hai dimenticato di dire che sei interessante, Elizabeth.” Adoravo il modo in cui pronunciava il mio nome, il modo in cui lo inseriva nella frase, il modo in cui parlava con me e come fosse confidenziale, nonostante ammettessi di odiarlo.
“Beh, ti ringra-”
“Vita sentimentale?” Improvvisamente mi fece questa domanda, più che inaspettata.
“Harry, penso che questa sia la mia domanda più odiata.”
“Perché?” Alzò le sopracciglia avvicinando nuovamente il busto al tavolo.
“Voglio dire, guardami” dissi indicandomi con le dita. “Puoi capire da centinaia di chilometri come sono conciata in questo genere di cose.” Imitai una specie di risata nasale, aspettando la sua risposta.
“Sarò un po' coglione, ma non riesco a capirlo. Preferisco basarmi su qualcosa di vero che basarmi su un mio pensiero, che può essere magari sbagliato.” Intanto le persone nel locale aumentarono, l'aria divenne più calda e insopportabile ma era comunque un posto accogliente. Mi guardai attorno, provando a cercare un distrazione che sfortunatamente non trovai. Dovetti rispondergli.
“In parole povere, non sono una ragazza facile e non ho esperienza. Beh, comunque penso che debba anche tu parlarmi di-”
“Sei vergine, Elizabeth?” Alzai lo sguardo verso il suo, sorpresa dalla domanda; sgranai gli occhi stupita e riabbassai la testa puntando i miei occhi sulle mie gambe. Non pensavo di essere arrossita solo fino a quel momento; ne ero sicura. Mi spostai continuamente un ciuffo di capelli ribelle dietro all'orecchio pensando a qualcosa di sensato che avrei potuto dire. Ma cosa? Nell'indecisione balbettai; mi diedi mentalmente della stupida.
“Hai dimenticato di specificare che sei un po' ansiosa!” Scoppiò a ridere, rompendo il ghiaccio e cercando di non rendere la situazione più tesa di quanto già lo fosse. Ma fortunatamente arrivarono i panini, la porzione di patatine e le bibite.
“Ecco a voi, buon appetito!”
Chiusi gli occhi godendomi quel buon profumo che emanava il panino e lo presi tra le mani addentandolo. Cercai di lasciare in sospeso quella domanda e mi concentrai sul cibo, accorgendomi solo in quel momento di essere davvero affamata.
“Mmh, buono!” Gemetti osservando il riccio di fronte a me. Risi quando, mentre mangiava il panino, si sporcò la punta del naso; gli porsi un fazzoletto ridacchiando.
“Hai visto?” Domandò con la bocca piena; era davvero tenero, ma scacciai quei pensieri carini dalla mente.
“Cosa?”
“Stiamo parlando... Pensavo che sarebbe stata una serata molto noiosa e silenziosa.”
“Già, ma tu non mi hai parlato di te.”
“Non saprei cosa dirti.” Prese un sorso di birra dal bicchiere e rise quando io feci lo stesso con la mia Coca Cola. “Sono estroverso, simpatico e testardo. A volte sono un po' stronzo, lo ammetto-”
“Concordo pienamente” lo interruppi sbuffando, e lui alzò gli occhi al cielo prima di continuare.
“Non sono affatto pigro, mi piacciono le attività sportive soprattutto, ma odio stare sempre in casa... Penso che se fossi un nerd fanatico sarei in un manicomio in questo momento. Se dovessi parlare della mia vita sentimentale, non direi molto: le ragazze con cui sono stato non sono molte. Però non mi sono mai trovato male con loro perché quando mi interesso ad una ragazza è perché lei mi attira, non solo esteticamente ma soprattutto caratterialmente; non è per niente semplice trovare una ragazza che ti faccia venire la voglia di continuare a conoscerla. E adoro le sfide, le ragazze facili sono troppo facili e le sceglierei solo per una botta e via.”
“Beh, almeno non sei superficiale... O almeno spero che tu non lo sia.”
“Non penso.”
“Quindi è anche probabile che tu possa esserlo.”
“Ma non credo minimamente che sia così.” Restammo per qualche minuto in silenzio, continuando a mangiare il panino. O almeno io continuai a mangiarlo, perché lui fu molto più veloce di me. Rubò qualche patatina dal mio piatto sorridendomi e poi guardò la gente che riempiva il pub: perlopiù ragazzi di giovane età, come noi, ridevano e chiacchieravano a voce alta.
“Ho finito,” dissi pulendo la bocca con un fazzoletto “restiamo qui o andiamo da qualche altra parte?”
“Vorrei andare da qualche altra parte, ma non saprei dove. Intanto vado a pagare, Aspettami fuori se vuoi.” Io annuii mentre lui si alzò dalla sedia e camminò verso il bancone, mettendosi in fila e aspettando il suo turno. Lo imitai allontanandomi verso l'uscita, aprii la porta ed un venticello fresco mi colpì; notai quanto grande fosse la differenza di temperatura tra l'interno e l'esterno del locale. Mi strinsi nelle spalle, passando le mani su e giù sulle braccia, provando a riscaldarle anche di poco. Circa cinque minuti dopo Harry uscì dal pub, e sospirai sollevata.
“Dove andremo?”
“Uhm, non ne ho idea. Magari potremmo andare al laghetto che c'è qui vicino...”
“Oh, sì! Ci sono andata un paio di volte e di sera immagino che sia ancora più bello.” Iniziammo a muoverci, pian piano il rumore piacevole ma anche assordante della musica si fece più sottile. Harry mi osservò per qualche secondo per poi togliersi la camicia aperta che indossava sopra la T-shirt e darmela. Lo guardai perplessa, e prima che potessi ringraziarlo o almeno chiedergli il motivo della sua azione, mi precedette.
“Può sembrare uno di quei cliché dei film romantici, ma stai quasi tremando e l'unica cosa che posso offrirti è la mia camicia. Meglio di nulla, quindi dovrai accontentarti.” Mentre parlava non mi guardava, osservava la strada indifferentemente. Alzai gli occhi al cielo per il modo in cui si espresse, poi aggiunse: “Odio i cliché, sono sempre così...”
“Ovvi.” Continuai la frase attirando i suoi occhi sul mio viso. Arrossii leggermente tornando a guardare i miei piedi. Sentii lo stesso il suo sguardo bruciare sul mio corpo, mi sentii tremendamente in imbarazzo.
“Ferma, siamo arrivati.” Mi richiamò ridacchiando. Sussultai e rallentai il passo, camminando verso l'erba verde che venne poi sostituita dal terriccio quasi sabbioso. L'acqua era luminosa, la luna splendeva nel cielo blu e si rifletteva sul lago. Era proprio una bella vista, la adoravo così tanto e non potevo smettere di guardare la luna piena bianca come il latte.
“È fantastico” sussurrai sedendomi a terra, e presto il ragazzo fece lo stesso.
“Ti stupisci per così poco, Elizabeth?” Chiese in tono derisorio e divertito.
“No, tu non capisci...” Strappai un fiorellino dall'erba e lo rigirai tra le mie dita continuando ad osservare il paesaggio notturno. “Io amo vedere queste cose... Adoro ogni tipo di paesaggio perché ognuno nasconde qualcosa, e adoro altrettanto disegnarli. È un qualcosa di magnifico. Potrà sembrare una cosa stupida ma non importa.”
“Non lo è, anzi.” Strappò anche lui un fiore dal prato e lentamente, senza che me ne accorgessi, me lo infilò tra i capelli, sopra l'orecchio. Mi irriggidii improvvisamente, la schiena dritta e i muscoli tesi; gli occhi spalancati e il respiro pesante. Harry se ne accorse e scoppiò a ridere.
“Hey, rilassati, non ti sto baciando!”
Vorrei tanto che lo facessi, pensai inconsciamente tra me e me. 
E come se mi avesse letto nel pensiero, aggiunse: “Alla prima uscita non è corretto.” Avvicinò le labbra al mio orecchio e sentii direttamente il suo alito colpire la mia pelle. Poteva sembrare un'azione banale a vista d'occhio, ma immediatamente il mio corpo reagì riscaldandosi tutto di un colpo. Mi allontanai timidamente e guardai l'orario sul telefono. Era quasi mezzanotte.
“Mmh, Harry penso che si stia facendo tardi e devo assolutamente tornare a casa.” Mi alzai stirando la gonna con la mano e pulendomi il fondoschiena. Presi la borsa che avevo appoggiato sull'erba e me la misi su una spalla.
“Ti accompagno.”
“Uhm, okay...”

Tornammo sui nostri passi, prendemmo l'autobus e lui mi accompagnò fino alla porta di casa nonostante avessi insistito per il contrario.
“Eccoci arrivati” mormorai dondolandomi sul posto. Lo guardai alzando la testa a causa della sua altezza ed aspettai che dicesse qualcosa.
“Non so cosa dire...” Ridacchiò arricciando il naso e delle adorabili fossette comparsero sulle sue guance. Mi trattenni dall'avvicinare le mie mani al suo viso e toccargliele.
“Da domani torneremo due totali sconosciuti con l'unica differenza che noi siamo usciti insieme, vero?” Domandai esitante.
“Penso di sì...” Aggrottò le sopracciglia, quasi in disapprovazione e fece un minuscolo passo indietro.
“Quindi... Buonanotte” dissi con voce piccola. Notai come la sua mano destra si mosse verso la mia, la sfiorò ma poi la ritirò velocemente indietro e disse: “Buonanotte Elizabeth”.
Si allontanò, io rimasi ferma di fronte alla porta sperando che si girasse. La sua figura alta si allontanava pian piano da casa mia.
“Girati, girati ti prego...” mormorai a me stessa incrociando le dita dietro la schiena. Dopo pochi secondi si girò ed io bussai velocemente fingendo di non aver visto nulla.
Aprì la porta mio fratello, abbastanza assonnato, e mi sorrise ma non mi domandò nulla; forse era troppo stanco ed ero sicura che il giorno successivo l'avrebbe fatto. Mia madre mi avrebbe invece sgridata per non averla avvisata del mio arrivo così in ritardo, ma volevo solo entrare nella mia camera e svestirmi e struccarmi, accendere la televisione e scrivere sul mio diario tutto quello che quella sera mi rese felice. Perché pur volendolo negare, mi sentii davvero bene.
E non ci riuscii; quella sera non riuscii ad odiarlo.

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