Renaissance

di The Dreamer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Entre Ciel et Terre ***
Capitolo 2: *** 2- Qui suis-je? ***
Capitolo 3: *** 3- Adieu ***
Capitolo 4: *** 4- Départ ***



Capitolo 1
*** 1- Entre Ciel et Terre ***


Bene, oggi sono armata di buona volontà, quindi tanto vale fare il più possibile :D ! Fino a poco fa non me n'ero accorta, ma la pagina di questa fic appariva vuota... ringrazio gli utenti che me l'hanno segnalato, altrimenti non l'avrei mai visto XD Allora ripartiamo dal principio! Questa fic è stata scritta alcuni anni fa a 4 mani con la mia kohai Hikuraveku :) E sarebbe pure ora che la pubblicassimo tutta, visto che l'unico posto in cui era completa era il magnifico LEIF di Iroy, passato a miglior vita ç___ç (il sito, eh, mica Denis!!Non confondiamo!!!). Altrimenti potete trovarla sul forum L'Alchimia delle Parole (lascerò il link sulla mia pagina)
Quindi eccovela, piena di polvere e vecchiotta, ma sempre uguale a se stessa XD!
Lascio anche i commenti delle autrici...a quell'epoca recenti!


Renaissance




Konnichi-wa a tutti !!!
Eccoci di nuovo qui, per una nuova fic ! Il titolo è francese (e non inglese, come potrebbe apparire a prima vista…=.=; ), l’abbiamo scelto per indicare una rinascita, una seconda opportunità offerta dal destino, e le autrici siamo Hikuraveku and me, alias The Dreamer. Ci siamo suddivise i capitoli, riunendoli in un secondo momento, e speriamo che la lettura ne risulti scorrevole ^.^ !! Il primo capitolo è from me, mentre il secondo scaturisce dalla penna di Hikuraveku
Bonne lecture e... please, un commentino fa sempre piacere ^^ !!!
[Novembre 2004, The Dre@mer e Hikuraveku]


1. Entre Ciel et Terre

Il cielo era terso e blu. Alcune colombe bianche tagliavano quell’immensità, volando. Volando...
Come le mancava quella sensazione di ebbrezza e meraviglia che si provava in volo...Da quando era stata celebrata la cerimonia d’investitura, il suo nuovo ruolo di Imperatrice monopolizzava le sue giornate. Sophia sospirò. Si era concessa un attimo di pausa, sollevando gli occhi dalle numerose carte sul tavolo, e in quel momento erano passati gli uccelli di pace davanti alla grande finestra di fronte alla quale lei sedeva lavorando. Era bastato quell’attimo per farle tornare in mente la Sylvana, gli anni trascorsi a bordo della misteriosa nave, l’equipaggio...e lui.

Le pupille verdi luccicarono, ma nessuna lacrima solcò il viso triste.

Erano passati già diversi mesi da quell’incubo, aveva versato tutte le lacrime che aveva in corpo, straziata dal dolore delle realtà. Ormai non c’erano più lacrime da versare, il dolore sordo che attanagliava il cuore dell’Imperatrice era troppo intenso per il pianto. Per mesi era andata avanti, giorno dopo giorno, senza pensare ad un futuro in cui non credeva più. E se ora era ancora in vita, lo doveva unicamente a Vincent che l’aveva fermata in extremis. Lei, proprio lei che adorava la vita, a cui attribuiva il più alto grado d’ importanza, proprio lei aveva tentato il suicidio. Accecata dal dolore di aver ucciso la persona amata, di avergli tolto quel dono così prezioso, aver messo fine ai suoi giorni con le proprie mani, dopo aver scritto un testamento in cui lasciava il potere nelle mani di Vincent, era andata in cima alla torre che sovrastava la città, intenzionata a lanciarsi nel vuoto che intercorreva tra quell’alta postazione e i lontani giardini fioriti sottostanti. Nessuno l’aveva vista uscire dal palazzo, nel cuore della notte. Nessuno l’aveva vista salire la scalinata per giungere in vetta. Eppure,nel momento in cui si stagliava diritta nel buio, illuminata dai raggi lunari, in procinto di fare quel fatidico passo nel nulla, due forti braccia l’avevano intrappolata in un abbraccio intenso e disperato. Vince. E qualcosa si era rotto in lei, quando l’aveva sentito mormorare, stringendola : “Se muori, muoio anch’io. Non mi butterò mai in un precipizio, né mi punterò una pistola alla tempia, ma se tu muori, il mio cuore muore con te...”

No, non voleva uccidere anche lui. Il muro d’indifferenza con cui aveva circondato il proprio cuore per non soffrire si era rotto, sgretolato di fronte a quelle parole. Vince l’aveva presa in braccio, per riportarla nelle sue stanze, e mentre lei singhiozzava disperata sulla sua spalla, l’aveva supplicata incessantemente di non tentare mai più quel gesto autodistruttivo. Da allora, Sophia aveva deciso, se non proprio di vivere, almeno di andare avanti. E lui aveva raddoppiato le attenzioni e le premure nei suoi confronti, rimanendo costantemente al suo fianco. Lei si era buttata anima e corpo nei suoi compiti, primo fra tutti creare una pace stabile e duratura per quel regno provato dalla guerra contro la Gilda. E aveva cercato di non pensare al dolore onnipresente che provava pensando al recente passato, in particolare alla Sylvana.
Dopo la morte del capitano, l’equipaggio le aveva chiesto di succedergli. Ma lei non poteva. Pur sapendo che tutti i componenti della nave riponevano fiducia e vita nelle sue mani, non poteva. Pur sapendo che alla morte del comandante, il suo diretto subordinato ne prende il posto. Aveva rifiutato adducendo i suoi compiti di sovrana, ma quello non era il motivo che la spingeva a fuggire dalla Sylvana. La verità era che non poteva rimanere a bordo senza pensare a lui e all’orrore di cui si era macchiata le mani. Una volta conclusi gli scontri, aveva nominato Vincent comandante di quella magnifica nave che le era così cara, e aveva tagliato ogni contatto con i suoi membri, compresi Claus, Tatiana, Lavie, Winna, e la piccola Alvis, che nei suoi sentimenti per Claus le ricordava tanto una se stessa ormai scomparsa. Qualsiasi seppur minimo collegamento con la Sylvana era uscito dalla sua vita, almeno apparentemente. Vincent sapeva che quell’argomento era tabù, e aveva proposto che fosse creata una nuova carica per lo svolgimento del controllo aereo, fino ad allora compito dell’Imperatore. Sophia aveva approvato l’idea, e la nomina sarebbe stata fatta la seguente settimana, assieme all’incarico di nuovo comando della Urbanus, dato che quella nave imperiale era rimasta senza comando.

Chi poteva occupare il posto lasciato vacante da Vince? La Urbanus gli apparteneva così come la Sylvana era pienamente appartenuta ad Alex...
Certo dall’Accademia si diplomavano giovani pieni di talento e molti vice comandanti aspiravano a completare la loro carriera col grado supremo, ma Alex Rowe e Vincent Arthai erano punte di cristallo nel cielo, i migliori nel loro mestiere. No, erano stati. Vincent a capo della Sylvana non raggiungeva quell’intesa particolare e unica che solo Alex aveva con l’equipaggio, e lui ormai...

Sophia si alzò, abbandonando le carte che ricoprivano la sua scrivania. Era inutile lavorare rimuginando sul passato, tanto valeva fare una pausa.
Una passeggiata nei giardini imperiali.

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Capitolo 2
*** 2- Qui suis-je? ***


Renaissance


Coucou !! Rieccoci qui per il 2° capitolo di Renaissance, questa volta scritto da Hikuraveku !!
Prima di lasciarvi alla lettura, un grazie immenso a tutti coloro che ci hanno sostenute ed hanno commentato il 1° capitolo !!! See you next time ^o^ !





2. Qui suis-je ?


Sfocata. Sfocata ma non abbastanza per non riconoscerla. Non sapeva chi fosse, ma era bella, gentile, dolce. Un viso meraviglioso, luminoso, ma un’espressione leggermente malinconica. C’era un’ombra che velava quel volto, che oscurava quel sorriso, un’ombra che non vedeva e che forse era solo un ricordo. Un barlume di oscurità nella luce fatta persona. Perché? Che avesse fatto qualcosa per farla soffrire? Lei doveva aver preso parte alla sua vita, ad un passato che era...accidenti! Perché non ricordava? Era importante, sapeva che lo era, lei era vitale ma ormai era come perduta per sempre nei profondi meandri della sua mente assieme a quei ricordi, a quella vita. Eppure quella figura...morbidi capelli castani che profumavano di fiori, occhi verdi e brillanti, quell’immagine instancabilmente lottava per sconfiggere l’oblio. Con forza e vigore, con tenacia...era lei : più forte di quanto lui potesse sperare di essere. Era lei che combatteva per lui più di quanto facesse egli stesso. Ma perché? Perché tanto accanimento? Perché tanto impegno? Sentì il cuore caldo, come confortato da quel dolce tepore, profumo soave, un caro ricordo perduto.
-Signore! Signore, stai male?- .

Quel signore aveva una faccia strana.
Un’espressione stanca, trasognata, tuttavia inespressiva. Aveva occhi profondi, ma di una profondità vuota, quasi come fosse un automa senz’anima. Era stano. Capelli corvini abbastanza lunghi da sfiorare le spalle. Il fisico era snello ed atletico. Era seduto a terra, appoggiato ad un muro, parete sottilissima dell’edificio dietro di lui, in un viottolo tanto stretto da non permettergli di allungare le lunghe gambe slanciate. Lunghe ciglia velavano gli occhi, scuri probabilmente, ma non poteva esserne certa perché erano socchiusi. Sembrava che fosse soprappensiero. Eppure non pareva che fosse troppo più grande di lei, sedici anni compiuti. A quell’età si è adulti abbastanza, specialmente se poi si vive in un quartiere povero e misero come il suo. Lei era adulta ormai, ma allora perché non aveva nulla di così inesorabilmente serio su cui poter riflettere con quell’aria misteriosa?
-Stai male signore?- domandò quasi d’impulso Lily, osservandolo, scrutandolo attentamente, molto da vicino.
Il giovane sembrò destarsi da un sogno. Alzò lo sguardo in direzione della voce. Una voce squillante un po’ tremula, forse per l’emozione. La sentì deglutire pesantemente. Era una bambina. Aveva lunghi capelli castani, che le ricadevano in riccioli sulle spalle. Alcune ciocche le coprivano il viso, aveva occhi piccoli ma vivaci e scuri, inconfondibili. Il fisico snello e la statura alta.
-No- fu la risposta sommessa. Il giovane riabbassò lo sguardo e Lily si voltò, remissiva, per andarsene. Era davvero curiosa di sapere cosa ci fosse di così doloroso nel cuore di quel ragazzo misterioso. Sospirò ed iniziò ad incamminarsi.
-Aspetta- mormorò il giovane, alzando la mano verso di lei.
-Sì ! Dimmi !- esclamò lei rivoltandosi ed inginocchiandosi al suo fianco
-Chi sono io ? -.

Il signor Cladius era un uomo umile. Lavorava da tempo come giardiniere presso la villa del marchese di Ganymede ,ma il suo ruolo in quella casata non era di semplice servo, bensì di fidato amico e consigliere. Il marchese di Ganymede infatti, non  aveva nel cuore le restrizioni sociali che gli erano permesse dall’appartenenza al suo alto rango. Ogni uomo è degno di rispetto in quanto tale e non si faceva abbindolare  da melensi discorsi di sangue o ricchezze. Era un uomo a modo, gentile e generoso, ed amava instaurare rapporti di profonda e sincera amicizia con tutti coloro che, per una ragione o per un’altra, frequentavano la sua dimora.
Il signore Cladius era una di queste persone. Adorava fiori e piante di ogni genere e conosceva qualche rudimento di botanica. Gli piaceva moltissimo curare l’aspetto e la salute del verde dell’ampia dimora in cui prestava servizio ed era un uomo molto severo con se stesso. Da quel che ricordava il marchese di Ganymede
non aveva mai visto i suoi immensi giardini curati meglio,di così bell’aspetto e così ricolmi di fiori variopinti. - E’ un vero spettacolo, amico mio!-esclamava osservando con entusiasmo la grande distesa verde dietro la villa.

-Padre!Padre!- Lily strillava con quanto fiato aveva in corpo, correndo il più veloce possibile. Il signor  Cladius si voltò fulmineamente, mentre la figlia si fermava ansimante di fronte a lui.
-Cosa c’è Lily ? Che è successo?- domandò in tono concitato con evidente preoccupazione. La giovane alzò gli occhi verso di lui. Aveva un aspetto molto trafelato e stanco, probabilmente perché aveva corso molto a lungo. Continuava a respirare affannosamente, incapace di proferire parola e ciò non faceva altro che gettare il padre in un abisso di profonda preoccupazione. Non capiva per quale motivo fosse così allarmata e non sapeva come fare per accelerare, in qualche modo, i tempi e sapere prima cosa fosse accaduto.
-Padre...padre...quell’uomo, non so, sta male ! Padre venite presto!- esclamò finalmente la piccola Lily facendo ampi gesti e afferrando l’uomo per gli abiti nel tentativo di trascinarlo con sé.
-Calmati Lily, spiegati ! Chi è quell’uomo ? E dov’è ora?- .
-Non so chi sia. Vi prego padre ! Facciamo presto, per favore ! Dobbiamo aiutarlo !- .
Il signor Cladius rimase perplesso per un attimo, poi decise di seguire la figlia, che parve decisamente sollevata dal riprendere la corsa, nonostante, in verità, non avesse più fiato nei polmoni.
La strada sembrava essere interminabile e serpeggiava tortuosa attraverso le numerose case del paese. I due percorsero tutto il vialetto della villa del marchese e si introdussero nel villaggio, correndo veloci sotto il caldo soffocante del sole che era l’indiscusso protagonista del cielo di Anatoray.
Cladius inseguiva la figlia. Non sembrava affatto che fosse stanca, reduce da un’altra corsa asfissiante come quella. Muoveva le gambe con  un’eleganza  che l’aveva sempre caratterizzata,almeno agli occhi del padre. La grazia dei movimenti così come la dolcezza dei lineamenti e del volto e la freschezza e l’ingenuità del carattere li aveva ripresi dalla madre, ed ora,anche se lei non c’era più, lui poteva vederla ancora vivere e sorridere negli occhi di Lily.
Impiegarono poco più di quindici minuti per raggiungere il luogo ove la ragazza aveva incontrato Alex. Era seduto nella stessa posizione di prima, ma leggermente riverso su un fianco, privo di sensi. Nonostante ciò un’aura nobile sembrava volteggiargli attorno e gli conferiva dignità di riverenza ed eleganza.
Cladius si arrestò improvvisamente.
-Padre ! E’ svenuto poco fa, non so cos’abbia, era strano ! Padre cosa possiamo fare?- .
Il silenzio regnò incontrastato per qualche istante, poi, d’improvviso, l’uomo si chinò sul giovane privo di conoscenza, se lo caricò sulle spalle e si rialzò ritto :-Lo porteremo dal marchese. Lui saprà cosa fare !- disse iniziando a camminare.-Corri Lily, precedimi ! Dì al marchese che c’è un uomo che ha bisogno di cure, lui farà preparare ogni cosa per il mio arrivo- .
Lily corse in fretta, lasciando il padre da solo, indietro con il suo passo lento. Aveva un aspetto fiero nonostante il fardello che portava sulle spalle. Era dritto, sembrava non fare alcuna fatica, ma la falsità di questa apparenza era dimostrata dal suo camminare lento, pesante, sfinente quasi.

-Aiuto ! Aiuto !- Lily gridava con tutto il fiato che le rimaneva in gola, una volta rientrata nella proprietà del marchese. Dovette raggiungere l’imponente portone d’ingresso prima che qualcuno accogliesse la sua richiesta di soccorso. A rispondere fu Lucilla, una delle cameriere principali della dimora Ganymede, nonché capocuoca e amica intima del signor Cladius.
-Lily !- chiamò ad alta voce la donna, per richiamare l’attenzione della ragazza che, nel frattempo, si era allontanata dal portone in legno intarsiato.
-Oh ! Lucilla, la prego mi aiuti !- esclamò Lily raggiungendola. La donna la fece entrare in casa e la invitò a sedersi nel piccolo salotto degli arazzi, una stanza accogliente dall’aspetto caldo e rilassante. Si fece raccontare tutto con calma e alla fine, con una prontezza ed una velocità difficilmente attribuibili ad una donna corpulenta quanto lei, saltellò di qua e di là per la casa e si preparò ad accogliere il nuovo ospite. In pochi minuti tutto fu pronto, il marchese era stato avvisato ed il dottore mandato a chiamare.
Il signor Cladius giunse poco dopo accompagnato da uno degli inservienti mandati a cercarlo. Deposero il giovane svenuto su un letto nella stanza degli ospiti al secondo piano, preparata appositamente e lo lasciarono solo con il dottore.
-Speriamo che non sia grave ! E’ un così bel ragazzo !- mormorò in tono preoccupato Lucilla, chiudendo la porta dietro di sé.
Ci fu un istante di silenzio. Silenzio intenso e profondo, imperturbabile e maestoso. Tutti tacevano, quasi ci volesse troppo coraggio per interrompere la strana solennità del momento, quando improvvisamente si udirono dei passi lungo il corridoio. Era un rumore squillante, veloce ma regolare, composto, quasi studiato nei suoi intervalli. Il marchese di Ganymede si accostò alla comitiva dinnanzi alla porta. Era un uomo alto sui cinquant’anni ma dall’aspetto altero e giovanile allo stesso tempo. L’espressione del suo volto era contraddistinta da un misto di giovialità e severità, ma ora prevaleva la prima, per un largo sorriso composto che increspava le sue labbra. Aveva capelli corti sul castano chiaro, decisamente troppo corti per capire se fossero ricci o lisci, disciplinati o ribelli. Occhi profondi, molto scuri, quasi neri ma scintillanti e vivi. Si fermò davanti a Lucilla, Cladius e la piccola Lily. I tre si inchinarono rispettosamente ed il marchese, a sua volta, fece un leggero inchino in segno di saluto.
-Allora ? Cosa è successo di così urgente?- domandò in tono cortese.
-Ehm...! Abbiamo trovato un giovane per strada. Aveva bisogno di aiuto e ho pensato che potevamo portarlo qua ! Spero di non aver fatto male- intervenne il signor Cladius facendo un passo avanti.
“Ci mancherebbe altro. Sapete che la mia casa è sempre aperta per voi e per tutti. Avete chiamato il medico?”
-Certamente ! Ho provveduto personalmente non appena ho saputo ! Lily affermava che non ricorda la sua identità, allora ho pensato...- disse Lucilla
-Ottimo ! Ottimo davvero ! E’ là dentro, vero?- rispose nuovamente il marchese e, alla risposta affermativa, si accinse ad entrare nella stanza, salutando i tre educatamente.

Era disteso sul letto al centro della stanza. Persino nel sonno la sua espressione rimaneva contorta, seria, di un’inespressività combattuta e malinconica. Era come se i suoi muscoli facciali fossero incapaci di rilassarsi, come se non vi fosse riposo in quel sonno, come se la morte, alla quale sembrava essere sfuggito, ora lo inseguisse disperatamente, gli fosse alle costole stridendo ed affogando essa stessa in quelle grida che agitavano quegli attimi di incoscienza. Gli pareva impossibile che potesse esistere un uomo del genere...eppure...eppure era lì, davanti ai suoi occhi, visione straziante di un dolore troppo grande per rimanere tutto lì, chiuso in quel corpo. Se un uomo del genere esisteva non poteva essere altri che lui : il misterioso comandante della Sylvana che uccide tutti, il comandante Alex Rowe. Il marchese si avvicinò al letto, nei suoi occhi si rispecchiava quel volto, in quegli occhi enigmatici, e poi una domanda, solo una, semplici parole che bramavano di uscire, come in un sibilo, silenziose e urlate nell’aria perché lui, prima uomo, poi marchese, lui comprendeva solo ora quale fosse la sua impotenza nei confronti di chi stava ancora combattendo la sua battaglia.
Il marchese di Ganymede si sedette sulla sedia di legno di mogano accanto al letto. Lo fissò per qualche istante, ma in fondo cedere a quelle parole non avrebbe fatto altro che liberarlo da un peso, anche se dopo, avrebbe dovuto anche arrendersi alla consapevolezza del suo essere niente per riuscire a fare qualcosa.
-Alex Rowe...per cosa combatti ? Per vivere o per morire?- .






Piccola nota aggiuntiva, 03.01.2005, da The Dreamer
Chiedo scusa a tutti i lettori, da parte mia e di Hikuraveku, ma la pubblicazione del 3° capitolo necessita un poco di tempo, poiché la mia kohai ci sta ancora lavorando su...appena sarà pronto lo invieremo al sito! E non preoccupatevi : ho già scritto molti dei successivi capitoli, e attualmente la storia ne conta una decina... quindi avrete da leggere! ^.^-
Un besos a tutti, e see you as soon as possible!!




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Capitolo 3
*** 3- Adieu ***


Renaissance




[continuo ad allegare i commenti presenti sul sito di Iroy, il nostro amato e scomparso LEIF]

Gioia e gaudio, eccoci di ritorno !!! Be’, forse voi lettori non siete così contenti…ma noi sì !! ^o^
Questo è il terzo capitolo, frutto della mente di Hikuraveku, la mia adorata kohai !!! E presto anche il 4°, sempre di mano sua!! Chiediamo scusa per l’eternità trascorsa tra l’ultimo aggiornamento e questo, confidando nella speranza che i successivi vadano a buon porto e che non ci abbiate abbandonate nel frattempo ç.ç !! Thanks a tutti e see you soon!





3. Adieu


Il 10 Marzo era una splendida giornata. Il sole splendeva alto nel cielo terso di un blu intenso, la sua luce vivacizzava in un modo incredibile i colori dei fiori del giardino della villa Di Ganymede.
Una missiva era appena giunta dal palazzo imperiale. Dopo la fine della guerra contro la Gilda la rete di vanship era diventata molto più fitta ed efficiente. Il marchese di Ganymede stava leggendo nel salone rosso, seduto su una poltrona di velluto carminio accanto al camino. Un invito. Si era assentato per molto tempo dalla sua casa e, nonostante ciò, non era mai andato nella città imperiale, sebbene avesse ricevuto più volte richiami dal precedente imperatore, essendo egli molto importante nella società di Anatore. Ed eccolo qui, il primo invito da parte di un nuovo governante. Recava una firma semplice ma elegante, a tratti essenziale, priva di inutili fronzoli, il che delineava una strana ed inusuale fretta nell’apporre il proprio nome : Sophia Forrester.
Il marchese Di Ganymede scorse le poche righe con disattenzione, quasi con una certa noia. La costituzione di una nuova carica. Non aveva intenzione di rientrare nel sistema, ora voleva dedicarsi solo e soltanto alle persone comuni che incontrava per strada e che, con un timido sorriso, lo salutavano educatamente. Si tolse gli occhiali intarsiati d’oro, pose la lettera sul grembo e vi mise le lenti sopra. Sospirò chiudendo gli occhi, avrebbe negato la sua presenza come d’altronde faceva ormai da molto tempo, anche se dentro di sé sentiva una piccola curiosità accenderlo. Conosceva la nuova imperatrice soltanto di vista, ma aveva sentito molte voci in proposito. Voci sull’accademia, voci sull’imbarco sulla Sylvana, voci sul suo oneroso titolo nonostante la sua giovane età. Gli sarebbe piaciuto conoscere la figlia dell’imperatore, ma l’idea di tornare tra quelle fila di signorotti non lo allettava moltissimo.
D’improvviso udì dei passi che lo distolsero dai suoi pensieri. Erano passi lenti, gravi, che si avvicinavano. Si fermarono nel quadro della porta. Il marchese voltò la sguardo. Alex. Indossava uno dei suoi abiti scuri di quando aveva ancora trent’anni, chissà perché erano detti bei tempi quelli. I capelli pettinati sembravano più lunghi e descrivevano larghe onde sfumate di grigio che riluceva alla luce del sole che filtrava dalle finestre. Gli occhi severi, aveva uno sguardo duro, non inespressivo, ma duro e soffusamente irato. Di un’ira silenziosa, tacita, che di tanto in tanto faceva scintillare quelle pupille ombrose, scure e sfumate di nero intenso verso l’interno.
-Ben svegliato!- mormorò il marchese salutandolo con un gesto del capo
-Buongiorno.- rispose il giovane con parole mute.
-Cosa è accaduto ? La mia cameriera vi ha forse  usato qualche scortesia?-domandò in tono ironico il marchese invitandolo a sedersi sulla poltrona di fronte a lui.
-Mi hanno detto che potevo trovarvi qui.- mormorò Alex accomodandosi e accavallando le gambe. Abbassò gli occhi, poi li rialzò fissandoli penetranti in quelli di Ganymede :
-Immagino di dover ringraziare voi se ora sono qui.-
-A vostro piacimento. Io personalmente ringrazierei Cladius, Lily, Lucilla ed il mio dottore. Non sembrate un uomo che ama parlare. Non sprecate ringraziamenti per me che ho solo messo a disposizione la mia umile dimora. Piuttosto, come vi sentite stamani ? Ricordate qualcosa in merito a quanto vi è successo ? -
-No.-
-Niente ?-
-Niente.-
-Ma ne siete sicuro ? Eppure il dottore mi aveva detto che bene o male la situazione sarebbe cambiata a breve ! Siete assolutamente certo di non ricordare nulla ? Anche qualcosa della vostra vita passata, qualsiasi cosa!-
-Qualsiasi cosa.......quell’immagine, quell’immagine è scomparsa ormai da parecchi giorni.-
-Immagine ? Di cosa state parlando ? Ricordate qualcosa dunque ?!-
-Io...non so- mormorò Alex portandosi le mani alla testa. Il marchese pensò che avesse mal di testa, probabilmente per lo sforzo mnemonico, ne era stato avvertito dal medico. Attese finché il giovane non soggiunse :- Era una donna dai lunghi capelli color della sabbia bagnata, gli occhi verdi e profondi, e poi...e poi quell’ombra sul viso. Sorrideva, sì sorrideva, ma c’era come un’ombra che oscurava quel sorriso.- Mentre parlava il giovane aveva gli occhi chiusi, come se in quel momento stesso riuscisse a vedere quel volto misterioso. Un lieve, sussurrato sorriso gli increspò le labbra per un ’istante, poi tornò alla solita inespressività.
-Dite che apparteneva alla vostra vita passata?-
-Non saprei ma...forse...no ! Lei era importante. Sicuramente era molto importante !- mormorò con un crescendo e poi un decrescendo di tono. La sentiva così importante. Possibile che insieme alla sua memoria avesse perso anche lei ?
-Avete detto color della sabbia bagnata, giusto?- domandò con voce ferma il marchese rivalutando quel noioso invito che ora acquistava un aspetto molto più allettante.
-Sì.- fu la risposta
-Bene ! Ho idea che io e voi faremo un viaggio tra qualche giorno ! Sempre se non vi disturba, chiaramente !- esclamò Di Ganymede offrendogli un calice di vino rubino.
-Un viaggio...per dove ? Che interesse avete nel portare anche me ?-
-Oh suvvia ! Che problema avete ? Quello che vi propongo non è un viaggio qualsiasi : andremo nella città imperiale, mi è appena giunto un invito per quel luogo firmato direttamente dall’Imperatrice !-
-E io cosa ho a che fare con tutto ciò ?-
-L’Imperatrice, amico mio, ha dei meravigliosi capelli castano chiaro, sapete, a pensaci bene ricordano proprio una distesa di sabbia bagnata. E poi, se volete recuperare i vostri ricordi dovrete viaggiare molto; io vi offro soltanto un luogo da cui poter cominciare.-
Ci fu un istante di silenzio. Non era un silenzio opprimente, ma leggero, rarefatto, uno di quei silenzi di cui ci si accorge solo dopo averne rotto le trame con una sottile lama di suono. Alex sospirò, si alzò in piedi e pose il bicchiere sopra al camino ; poi si volse verso l’uomo davanti a lui, ancora un sospiro come un’ultima catena che lo ancorava al passato, parlò :
-Vedete, io vi sono veramente grato per quello che avete fatto per me, ma non ho intenzione di seguirvi fino alla città imperiale. Vorrei togliere il disturbo quanto prima, oggi stesso forse. Non credo che il mio passato sia così importante, continuerò per la mia strada, se poi il destino vorrà restituirmi quanto mi ha sottratto, sarò lieto di riceverlo. Grazie infinite.- fece un leggero inchino e poi si incamminò verso la stessa porta da cui era entrato. Una sola porta, eppure due. Che bizzarri sconvolgimenti si hanno a causa di semplici particolari. La stessa porta che lo aveva portato da lui ora si accingeva a sottrarlo al suo sguardo.
-Aspettate !- esclamò il marchese alzandosi di scatto e, quando vide il giovane rivolgersi nuovamente a lui, aggiunse :
-Perché ?-.
Alex si voltò nuovamente verso la porta, poi, quando l’ebbe raggiunta, tornò a guardare il marchese. Quegli occhi così profondi sembravano contenere il nero oblio della sua mente. Come poteva una tale inespressività essere tanto eloquente ? Un calmo e lieve sospirò increspò appena le sue labbra :
-Può darsi che io abbia già vissuto la mia felicità, e non me ne tocchi altra.-
Tutto fu avvolto nel silenzio ed il marchese si ritrovò solo in quel salotto. Ancora una volte si era trovato dinnanzi quella battaglia. Sapeva bene che non gli apparteneva, ma si accorgeva che ne veniva comunque coinvolto e stravolto, tanto da illudersi ogni volta di poter fare qualcosa, invece...
Ricadde sulla poltrona a peso morto, con gli occhi chiusi. Sapeva che non poteva fare sua quella battaglia però non poteva rinunciare almeno al tentativo. Lui voleva soltanto provare ad aiutarlo, non poteva rinunciarvi per quanto difficile potesse rivelarsi.

Alex camminava con tranquillità e disinvoltura lungo il corridoio. Salì le scale e raggiunse la sua camera al piano di sopra. Non aveva mai avuto l’occasione, fino a quel momento, di osservarla con attenzione. Colori caldi pastello ricoprivano le pareti, il legno del mobilio le conferiva un aspetto accogliente con un tocco di nobiltà a causa delle intarsiature raffinate che andavano sviluppandosi sui lati del comodino e dell’armadio.
Alex si sdraiò sul letto.  Fissava il soffitto di un bianco puro e spento. Era finita. Ormai era tutto finito e lui era riuscito a lasciar andare quei ricordi. Non avrebbe più rivisto quell’immagine, non gli si sarebbe più stretto il cuore al pensiero di non ricordare chi fosse e di saperla lontana, e non avrebbe mai più sofferto tentando di capire il perché di quell’ombra sul suo viso. Era tutto finito, ma ora...ora si sentiva stanco e vuoto. Un uomo senza ricordi, lui, privo di ricordi poteva definirsi davvero felice ? Sospirò a quei pensieri : non era mai stato superficiale, almeno aveva l’impressione di non essere mai riuscito ad esserlo, ed era ancor più per questo motivo che gli risultava difficile accettare quell’ombra. Se la ragione di essa fosse stato lui stesso, come credeva, non poteva permettersi di tornare a quel passato. Non poteva tornare ad oscurare ancora un sorriso che probabilmente ora risplendeva limpido e spensierato, non se lo sarebbe mai perdonato. Ed era proprio per questo motivo che aveva dovuto lasciare andare quei ricordi. D’altronde cosa se ne sarebbe mai fatto ? Ora doveva vivere solo soltanto per il suo futuro ed il prossimo sorriso lo avrebbe conservato, custodito e protetto per sempre.
Alex chiuse gli occhi : lei non c’era. Si sentì davvero spossato nonostante non avesse fatto nulla di così impegnativo, era come se si fosse liberato di un terribile fardello, ma ora il non averlo si rivelava ancora più opprimente del possederlo ed esserne gravato. Si assopì. Solo qualche lieve e melodioso cinguettio interrompeva l’atmosfera di silenzio che cullava il suo respiro, un respiro regolare, calmo, silenzioso che celava un animo turbato, ma d’altronde lo sapeva bene : non poteva esistere Alex senza qualcosa in lui che fosse turbamento ed in inquietudine costanti. Il lottare giorno per giorno faceva parte di lui, era intrinseco, quasi come una battaglia abitudinaria a cui, ormai, si fa meno attenzione, ma che c’è e prepotentemente vorrebbe emergere sul viso, un’espressione, anche solo un attimo, un’espressione contorta per la sconfitta e lei avrebbe vinto, sarebbe uscita ed avrebbe vinto.
Ora, dopo aver perso tutto, questa lotta era l’unica cosa che gli era rimasta. Una battaglia che non l’aveva mai abbandonato, come un secondo cuore che palpitava irregolare e gli ricordava quel desiderio che da molto sentiva agitarsi dentro di lui, ma che cercava in tutti i modi di far tacere. Per lei, per quel sorriso come luce intensa a rischiarare il cuore di colui che è cieco, lui non l’avrebbe cercata, né rivista mai più.

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Capitolo 4
*** 4- Départ ***


Renaissance

 

 

 NdDre@mer: buon 2010 a tutti :D !! Continuo ad editare lasciando note e commenti, anche se datati.

Come promesso, eccovi subito subito il 4° capitolo, opera di Hikuraveku !! Bonne lecture, et écrivez-nous !

 

 

 

4. Départ

 

Lily stava salendo le scale per accedere al secondo piano con lentezza, quasi timore. Continuava a ripensare alle parole del marchese di Ganymede. Non riusciva a comprendere il motivo di quelle parole, ma ora sapeva di doverle riferire al giovane sconosciuto senza nome e senza identità, almeno per ora. Quell’uomo aveva incominciato a metterle un po’ di soggezione. Tutti lo trattavano con profondo rispetto, non le sembrava più quel giovane che le era parso al primo incontro. Era come cresciuto, cambiato ed indubbiamente maturato e lei non riusciva più a guardarlo negli occhi con la stessa disinvoltura. Le poche volte che si era trovato ad incrociarlo per il corridoio dell’ampia casa, lo aveva sempre salutato con sussurri balbettati e spesso, al vederselo davanti, le tremavano le gambe. Ora, dover andare da lui, ed il dovergli parlare e fare un discorso articolato e piuttosto lungo le creava un po’ di problemi, ma non poteva cedere alle astute provocazioni del marchese.

“Ti starai mica innamorando del nostro ospite, Lily ?”

Quelle parole le risuonavano ancora in testa e la facevano arrossire vistosamente.

“Figuriamoci !”esclamò giungendo di fronte alla porta della camera degli ospiti occupata da Alex.

Deglutì, fece due giri su se stessa, poi si decise e bussò.

Si udirono dei passi dopo poco, la porta si aprì e lei vide un paio di stivali nel quadro che gli erano venuti incontro.

-B...buongiorno signore. Senta...il marchese la vorrebbe giù nel salotto degli arazzi, dice che le deve parlare e che non si tratta di niente di cui avete già discusso, insomma io non lo so di cosa avete già parlato però l’ ha detto il marchese e lui lo sa questo no ? Comunque le chiede se gentilmente può scendere di sotto, lui l’aspetterà...gentilmente...ehm...la ringrazio tanto per l’attenzione, buona giornata !- Lily corse via e scese le scale scomparendo.

Era stato simile al rumore di un treno: veloce a sbuffi incerti e fischi assordanti a volte incomprensibili. Come poteva una ragazza avere tanto fiato in gola ? Fu la prima domanda che Alex si pose vedendola andar via.

Si decise a scendere solo quindici minuti più tardi. Trovò il marchese seduto su una poltrona molto simile a quella del loro precedente incontro. Leggeva un libro con le lenti  posate sul naso, al suo fianco, su un tavolino c’era un vassoio con due tazze ed una caraffa di the ed uno strano oggetto ricoperto da un velo scuro, troppo fitto per poterci vedere attraverso.

-Mi cercavate ?- domandò fermandosi appena all’ingresso del salotto.

Il marchese di Ganymede si voltò di scatto : non si era accorto della sua presenza. Il volto, sorpreso nel vederlo, si schiarì improvvisamente :

-Ah, siete voi ?! Mi avete spaventato sapete, con la vostra imprevedibilità !-esclamò in tono colloquiale, alzandosi ed invitandolo a sedersi sulla poltrona dinnanzi alla sua, poi si sedette di nuovo e lo guardò dritto negli occhi.

-Avevate bisogno di qualcosa da me ?- chiese Alex schivo, ma senza rifuggire il suo sguardo.

-Si e no ! Diciamo che avevo bisogno della vostra attenzione !- mormorò di Ganimede sorridendo :

-Vedete, stamani mi sono recato dal mio barbiere di fiducia. Un grand’uomo, sebbene non in senso fisico- aggiunse ridacchiando.

-Dunque ?-.

-Cosa ne direste di andare a farvi tagliare un po’ quei capelli ? Con un taglio più curato avreste tutto un altro aspetto e poi non impiegherà che pochi minuti, senza contare che il barbiere ha un desiderio impellente di conoscervi.-

-Gli avete parlato di me ?-.

-Certamente, mi pare ovvio con un uomo di una tale curiosità ed insistenza ! Non ho saputo dirgli di no...spero non vi spiaccia !-.

-Affatto.-.

-Allora andrete ?- domandò il marchese in tono speranzoso.

-Forse.-.

-Vi ho preso appuntamento questo pomeriggio alle 16h-.

-Andrò.- mormorò Alex sospirando e alzandosi dalla poltrona per uscire dalla stanza.

Tutto piombò nel silenzio per alcuni secondi. Il marchese continuava a chiedersi per quale motivo finiva sempre per doverlo fermare,perché non riusciva mai a dirgli tutto in una volta:“Aspettate!-esclamò guardandolo già un passo fuori dalla stanza:-Che uomo sfuggente che siete,sembra quasi che abbiate piacere della mia compagnia.”concluse con un sorriso impacciato.

“Assolutamente no. Non interpretate qualcosa che non ne ha bisogno.”mormorò Alex tornando indietro. La sua statura era leggermente più alta di quella di di  Ganimede,tuttavia sembrava sovrastarlo ampiamente nonostante il nobile e fiero portamento del marchese.

“Non voglio trattenervi,volevo solo darvi questo.”disse quest’ultimo indicando l’oggetto ricoperto dal velo.

“Di che si tratta?”

“Apritelo,avanti!”lo esortò l’uomo con sguardo eccitato.

Alex prese il velo tra le dita,era leggero e molto sottile,lo alzò con delicatezza scoprendo una gabbia per uccelli,placcata in oro. Dentro vi era un volatile singolare,dal piumaggio chiaro,ma variopinto. Alcuni colori sembravano sbiaditi,proprio come quell’immagine, altri quasi bianchi fino a sfociare in candide piume lunghe,pettinate ordinatamente sul petto. Il becco era grigio e leggermente ripiegato all’ingiù e gli occhi erano vispi,tondi ed intelligenti.

“L’uccello della memoria!- esordì il marchese dopo averlo osservato per qualche istante,muto con gli occhi fissi sul volatile:- Ogni volta che avrete anche solo un barlume sul vostro passato ditelo ad alta voce,l’uccello della memoria ricorderà per voi!”aggiunse in tono soddisfatto e benevolo,guardandolo negli occhi. Alex lo fissò,per     un’ istante il suo sguardo divenne incredulo,poi si rivolse nuovamente verso l’uccello. Ecco il motivo per il quale gli sembrava di vedere se stesso in quel piumaggio. Quell’amnesia non poteva definirsi così buia,più che altro somigliava ad un foglio bianco,candido come quelle piume,cancellato dagli eventi,forse anche dalla sua volontà.

“Vi ringrazio.”mormorò poco convinto

“Guardate che funziona,ve lo posso assicurare!Dato che avete deciso di andarvene e di non permettermi di aiutarvi in futuro,questo potrà esservi utile. Tenetelo sempre con voi,mi raccomando.”

“Lo terrò. Questo pomeriggio andrò anche dal barbiere come mi avete consigliato,poi me ne andrò. Perdonate il disturbo che vi darò in queste ore che rimangono. Arrivederci...forse in un’altra occasione.”concluse infine Alex,prendendo tra le dita della mano della mano destra la gabbietta leggera e scomparendo dietro la porta. I suoi passi si fecero sempre più lontani fino a che il loro suono non si zittì del tutto. Probabilmente ora era nella sua camera.

“Lo spero. Lo spero proprio amico mio.”

 

                                                                                                              Pomeriggio 4:00 pm

“Signor ospite! Signor ospite aspettate!”Lucilla guidava correndo goffamente dietro di Alex. L’uomo si bloccò di colpo e si voltò verso di lei. La donna lo raggiunse trafelata dalla corsa. Erano vicini al cancello che avrebbe messo fine alla proprietà del marchese di ganimede.

“Perdonate signor ospite,posso parlarvi un attimo?”

Alex le fece cenno di poter iniziare a parlare e lei prese le fila del suo discorso:”Ecco,per noi è stato un immenso piacere poterla avere qui con noi. Vi ringraziamo infinitamente per l’onore che ci avete dato...ho saputo che non ritornerete più in questa casa,non è vero?”

“Sì. Partirò subito dopo l’appuntamento. Vi ringrazio dell’ospitalità.”

“Figuratevi,fa sempre  molto piacere poter essere d’aiuto a qualcuno,soprattutto ad un uomo distinto quanto voi.”esclamò Lucilla con un leggero sorriso imbarazzato.

 

Alex camminava tranquillamente per le stradine del paese. Non c’era nessuno in giro,lui sembrava essere l’unico essere animato in tutto il circondario,ma una tale desolazione era troppo timida per poter essere notata dalla sua mente. La mente di Alex era terribilmente affollata di pensieri contrastanti,rumorosi,alcuni persino insopportabili,mentre altri,più tranquilli,galleggiavano in quel mare in tempesta come piccoli velieri,oasi di pace in qualche modo. Tra questi ultimi vi era l’inaspettato saluto di Lucilla. Non credeva,Alex,di aver lasciato una tale impronta in quella casa,in quelle persone e,seppure gli paresse strano,sentiva una certa malinconia nel dover lasciare coloro che lo avevano aiutato con tanta premura. Tuttavia ora non poteva più tornare sui suoi passi. Il motivo per cui aveva operato quella scelta era importante e  per nulla al mondo avrebbe ceduto alla rinuncia.

Seguì le indicazioni dategli da marchese e raggiunse lo studio del barbiere. Si trattava di una piccola stanzetta visibile dall’esterno  tramite le due vetrate che davano sull’interno del locale. Per quanto ci avesse pensato non era riuscito ad immaginare il fantomatico artigiano dei capelli,per cui,alle quattro e qualche minuto del pomeriggio,si presentò all’appuntamento senza preconcetti alcuni.

Era un uomo basso e tarchiato. Dei piccoli ciuffi spumosi di capelli bianchi sulle orecchie e l’intera testa pelata. Portava un cappellino bianco che si riaggiustava ogni cinque minuti rimirandosi allo specchio,quel grande specchio da barbiere di cui era provvista la sua bottega. Sorrideva. Un sorriso sdentato ma simpatico e accoglieva il giovane Alex con frettolosi movimenti concitati delle braccia.

“Prego! Prego!” diceva intonando una nenia e saltellando sul posto.

Alex avanzò lentamente osservandolo. Dalla sua espressione non traspariva alcunché:era lievemente altezzosa,me dentro non sapeva cosa pensare.

“Si sieda messere! Prego,si sieda!”disse il barbiere specchiandosi ancora una volta con fare narcisista. Alex sedette sul sedile,la sua immagine veniva ora riflessa dallo specchio in primo piano. Era un’immagine nuova. Non era abituato a quel riflesso in quel contesto. Lui,con quell’aspetto severo,probabilmente il suo passato era stato molto solitario. Certo non era un tipo estroverso,uno che provava piacere nel colloquiare felicemente e nello scherzare con gli amici. Amici...non ne sentiva il bisogno. Stava bene da solo,solo con se stesso,con quell’immagine intransigente e muta. Gli parve di vedere qualcosa nello specchio. Una figura nobile,composta,lunghi capelli castani,chiari e luminosi. Era di spalle. Le mani dietro la schiena con le dita intrecciate tra loro. Portava una divisa. Alex si sporse verso lo specchio. Lei si voltò con un sorriso e lui si volse dalla parte opposta allo specchio per poterne vedere le fattezze reali. Ma davanti a lui,l’enorme volto del barbiere,guance rosse e labbra sporgenti,gli sorrideva.

“Mmmm!!!Qua ci sarà un pochino di lavoro da fare!Ma non si preoccupi...sono un maestro io,sa?”esclamò ad alta voce,spingendolo indietro affinché si appoggiasse allo schienale. Si pentì quasi subito del gesto. A volte si lasciava andare un po’ troppo con i suoi clienti. Era affettuoso di natura,ma molti lo definivano invadente,così spesso si ritrovava a dilungarsi in molte scuse con clienti di ogni genere. Ma questa volta aveva persino timore nel domandare perdono. Quell’uomo aveva un’espressione così indomabile,rigida,spaventosa.

“S...s...scusi...signore!”balbettò inchinandosi profondamente e si accinse a sforbiciare con aria solenne. Alex non disse una parola. Era rimasto in silenzio,pensieroso. Quella donna. Sempre troppo lontana,troppo veloce,troppo sfocata per capire chi fosse. Era da almeno una settimana che non la vedeva. Per tutto il tempo in cui era stato a casa del marchese per farsi curare. Gli sembrava un’eternità,eppure erano solo sette giorni. Diversamente dalle altre volte,ora aveva sentito un sussulto al cuore ed ora gli batteva forte. Ascoltava quel ritmo insostenibile,era come se il petto non riuscisse a contenerlo. Aveva davvero creduto di poterla vedere al di fuori dello specchio,dalla sua mente,di poterne almeno carpire l’identità,ma non ci era riuscito. Ora sentiva un vuoto in fondo al cuore che non sapeva come esprimere,come colmare. Doveva cercarla,trovarla a tutti i costi.

Il barbiere sforbiciava con passione,cercando di trattenersi in alcuni punti per evitare di irritarlo in qualche modo con qualche indelicatezza. Esili ciocche di capelli lasciavano obbedienti la testa del giovane,recise con la forbice. Erano capelli scuri,leggermente ondulati ma vistosamente indomabili.

Dai capelli si possono capire molte cose di un uomo. Era per questo che il barbiere aveva deciso di darsi alla parruccheria,per seguire questa massima che ricordava sempre sulle labbra del padre,anche lui barbiere. Tuttavia quella era davvero la prima volta che si trovava davanti a dei capelli cosi “eloquenti”. Ribelli e corvini,leggermente sfumati di grigio spento,poco curati ma nonostante ciò, tutt’altro che deboli e trascurati.

“Un uomo solitario”pensò tra sé e sé,mentre tagliava con cura,definendo una forma leggermente dall’aspetto militare,sobria e semplice. Un uomo che non ama curare i propri capelli non deve portare tagli complicati o bisognosi di attenzioni. Non ne sarebbe stato soddisfatto e lui,dacché aveva iniziato il mestiere,non aveva mai lasciato che un cliente avesse qualcosa da ridire sul suo lavoro.

“Et voilà monsieur!!!”esclamò a opera completata,visibilmente contento del suo operato.

Alex si alzò dalla sedia:“Grazie.”mormorò in tono spento ed uscì dalla bottega. Il barbiere rimase perplesso:non aveva percepito insoddisfazione in quell’uomo,non era per questo che era così privo di entusiasmo. Era qualcos’altro,come se non ci fosse nulla che riuscisse ad attrarlo,a destarlo da quel torpore morto,ma prima,prima almeno per un attimo,aveva visto i suoi occhi scintillare. Qualcosa lo aveva attirato,preso completamente e quella bronzea maschera inespressiva si era incrinata.

“Và, ragazzo và! Un giorno anche tu troverai quel tesoro che può renderti felice!”mormorò fissando l’ingresso della bottega in tono speranzoso.

Alex sentiva ancora il cuore palpitare violentemente. Per quale motivo era tornata così improvvisa ad imperversare nella sua vita? E’ come mai in quella forma così diversa,e in quello specchio? Lui l’aveva lasciata andare. Liberata per sempre dalle catene della sua mente e di quel morboso desiderio di rivederla,ma allora perché lei stessa era tornata? Alex continuò a camminare velocemente per la strada,sentì il bisogno di fermarsi:aveva il fiatone. Da quel che sentiva lui non si era mai lasciato turbare da nessuno,era una cosa che gli riusciva naturale l’autocontrollo,ma ora c’era qualcosa di diverso. Poi,d’un tratto,come un fulmine,arrivò per lui la risposta al suo dilemma. Era immobile,in un viottolo periferico e deserto,si appoggiò al muro dietro di lui per sentirne le medesime fattezze della volta precedente. La parete sottile e liscia era infatti la stessa che l’aveva visto parlare con Lily la prima volta,si trovava nello stesso identico posto. Si lasciò cadere a terra,facendo strisciare la schiena lungo il muro e quando toccò il pavimento,quell’unico pensiero aveva sovrastato tutti gli altri. La sua calma interiore lo stupiva,lui era abituato alle tempeste,ma ora c’erano solo quelle semplici parole che impegnavano la sua attenzione. Si portò le dita della mano destra alle labbra,quelle stesse labbra che sicuramente in passato non erano riuscite a dare voce a quell’identico pensiero, quelle labbra che le avevano detto addio in virtù del suo sorriso e quelle stesse labbra che ora erano pietrificate,ancora una volta mute di fronte a quelle parole. Quell’immagine,quella donna era importante,ma non era solo questo. Questo non avrebbe potuto spiegare tutto il resto,non avrebbe spiegato il vuoto opprimente che lo aveva tormentato dopo che l’aveva lasciata libera di andare e certo non spiegava quel tuffo al cuore che l’aveva colpito al solo rivederla così vicina dal barbiere e quel battito accelerato che tutt’ora sentiva riempirgli il petto. Lui l’amava. Era questo il motivo,era questa la naturale spiegazione di tutto ed era questa la causa di quella strana gelosia che ora sentiva attraversarlo al solo pensiero che fosse qualcun altro l’uomo capace di rischiararlo.

Lui l’amava e questo voleva dire che lei era la sua vita,il suo unico scopo in questo mondo e per questo non poteva abbandonarla,non poteva lasciarla andare perché così facendo avrebbe detto addio alla sua stessa vita e al suo stesso cuore.

Si rimise in piedi:“Anatore.”sussurrò velocemente con voce quasi impercettibile e corse di nuovo alla vita di Ganimede.

Il marchese si stava preparando per far visita alla nuova imperatrice. Non si sarebbe interessato alla nuova carica che stava per costituirsi,ma comunque gli sembrava un’ottima occasione per fare la conoscenza della coraggiosa fanciulla che ora ricopriva la carica più alta nella società di Anatore. Certo non poteva neppure nascondersi quella speranza che ancora nutriva in fondo al cuore di poter essere accompagnato dal suo ex-ospite,ma ormai non poteva più concedere alle operazioni di convincimento che lo avevano tenuto occupato in quella settimana.

“No Cladius,grazie!Quello non lo porto:sarà un’assenza breve,tornerò presto non mi occorrono tante cose!-esclamò di Ganimede quando vide il suo giardiniere caricare un grosso baule sulla carrozza. Tuttavia continuava a vederlo immobile con quella grande cassa tra le mani,che fissava un punto imprecisato davanti a lui:-Cladius!?!”lo chiamò ad alta voce,ma,non ricevendo alcuna risposta incominciò ad incamminarsi verso l’uomo. Quale sorpresa,poi,nel notare che di fronte a Cladius vi era proprio il tanto sospirato Alex.

“Voi...”esclamò sorpreso

“Siete in partenza,dunque?”disse Alex in tono calmo,guardandolo negli occhi con uno sguardo stranamente sereno.

“S...Sì,certo! Mi reco nella città imperiale...”

“Verrò con voi.”

“Come? Prego? Volete ripetere?”

“Verrò con voi, se questo non vi crea problemi.”

“Oh!-il marchese era davvero incredulo,non avrebbe mai pensato di poter finalmente udire quelle parole:-Come mai questa decisione?”

“Se voglio recuperare i miei ricordi dovrò viaggiare molto,e da qualche parte bisognerà pure incominciare,non ricordate?”mormorò Alex concludendo così la conversazione.

 

 

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