Somebody loves you

di Always221B
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vuoto ***
Capitolo 2: *** La caccia ***
Capitolo 3: *** Le stelle ***
Capitolo 4: *** La donna ***
Capitolo 5: *** Scienza della deduzione ***
Capitolo 6: *** Miracolo ***



Capitolo 1
*** Vuoto ***


Ciaaaoo neeerd, (sì lo siete se siete arrivati fin qui) vi presento il primo capitolo della mia seconda fanfiction, spero che vi piaccia datemi un paio di giorni e vi aggiornerò.
Vi chiedete di che Ship si tratti? Pff, ovviamente la JOHNLOCK.
Questi personaggi non mi appartengono (gli attori neppure per mia sfortuna :B) ma sono frutto del brillante di Sir Arthur Conan Doyle, della mente geniale di Mark Gatiss e dal diabolicamente meraviglioso Steven Moffat.

Lasciatemi un commento per favore, accetto ogni tipo di criticaaa ho bisogno di migliorare tecnica e stile, se avete consigli vi prego di lasciarli :D
Buona lettura:3


Primo capitolo: VUOTO.


Alla fine dei conti mi sarebbe davvero piaciuto restare tra le tue braccia per sempre, come se questo abbraccio eterno potesse essere la soluzione ad ogni mio problema.
Come se fossi tu la soluzione.
Mi batte il cuore così forte e così velocemente che sembra voglia lacerarmi la carne solo per scappare via.
In quale universo ci si può voler mai perdere se non nell’abisso gelido dei tuoi occhi?
Fa male pensare che sarò dipendente da te per chissà quanto altro tempo.
Un burattino di cera che si scioglie di fronte al sole.
Tira i fili, burattinaio, ti seguirei anche se tu fossi dall’altra parte del mondo.
Tira i fili, mi avrai sempre al tuo fianco, diligente come la tua ombra, silenzioso come il mio grido.
Vorrei essere colpito con un pugno allo stomaco, magari smetterei di sentirlo vibrare e contorcersi, come se avessi la nausea di fronte alla bellezza della luna immobile.
Non ha senso quello che provo, e ormai è palese che ne sei tu la causa.
Non ti dimenticherò, lo sai tu, lo so io, e lo sanno tutti gli altri.
E non posso neppure farci niente, nessuno può, ovviamente, nessuno tranne te.
Mi sarebbe davvero piaciuto soffocare nel tuo odore, restare appiccicato al tuo collo finché la morte non mi avesse portato via.
Ho le labbra secche, la voce che lotta e soffoca in un silenzio profondo quanto il vuoto.
Sto morendo asfissiato dalle sensazioni e dai pensieri.
Ti sei mai guardato dentro?
Puoi provare a vedere con i miei occhi?
Sei perfetto, cazzo.
Dio Santo, non so nemmeno quante altre ore sprecherò a pensarti, quante altre a sognarti.
Non so quando smetterò di amarti.
Mi sento a pezzi, ogni centimetro di me chiede pietà.
Dio ti prego, aiutami.
Non voglio continuare a stare così.
Non riesco a vivere con me stesso.
Hai mai pensato a quanto qualcuno possa tenere a te?
Dio, mi sento ridicolo.
Forse lo sono, sicuramente lo sono.
Sto gelando, abbracciato dai sospiri di un vento di ghiaccio.
Sono vetro, e sono in  frantumi.
Sono come un’onda che si infrange nelle rocce, spezzata a metà.
Mi chiedo se tra una persona ed un’altra ci siano dei collegamenti.
Perché ho dovuto incontrarti?
Perché ho dovuto innamorarmi?
Alla fine  la cosa più fastidiosa, è che tu ritorni come se niente fosse.
Mi chiami e ti aspetti che io debba essere per forza al tuo fianco, anche se mi hai accoltellato l’anima per anni.
Ti aspetti che io sia lì, accanto a te, dopo che mi hai fatto sentire uno straccio.
Come se io potessi sopportare il dolore di averti perso ancora prima che tu potessi essere mio.
Eppure sai che ci sarò, perché ci sono sempre.
Non mi perdonerò mai questo mio modo di fare, o meglio di non fare.
Ti amo e non riesco a dirtelo, e tu che sembri sapere sempre tutto non riesci a dedurlo.
Non sei la soluzione al mio problema, tu sei il mio problema.
Tu.
Con i tuoi modi di fare, la tua spietata e tagliente indifferenza.
Che male posso averti mai fatto?
Mi sento come se fossi fatto di vetro, sfiorami e mi frantumerò.
Devo lottare con me stesso giorno dopo giorno per convincermi che tu non sei nient’altro che quello che dovresti essere.
Un amico.
Eppure quando arrivi qualcosa di me cambia.
Non riesco a smettere di guardarti.
Ho paura di vederti andare via, dissolverti nell’aria, come fumo.
Non riesco neppure a respirare.
Mi manca il respiro quando mi guardi.
Lo stomaco si contrae, sembra di essere presi a pugni.
So che non riesco a farmi passare la voglia di metterti le mani addosso, mi manca respirarti.
Le nostre labbra che quasi si sfiorano, centimetri per me invalicabili.
Passi d’uomo che diventano di gigante.
Perché non rispondi alla mia richiesta di aiuto?
Sono naufragato nel tuo universo, se annego è solo a causa tua.
Vieni a prendermi, ti prego portami via.
Vieni a guardare con me questo cielo senza stelle, e a respirare quest’aria che brucia quando sa di te.
Vieni a prendermi, portami con te.
Vieni e fatti vedere, sei lo spettacolo più bello che io abbia mai visto, sei un miracolo di Dio.




****Note****
Spero che il primo breve capitolo vi sia piaciuto, alla prossima e viva la Johnlock *^*

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Capitolo 2
*** La caccia ***


Ciaoo fangirl e fanboy,ecco il secondo capitolo *^*
Ahahahah, spero di coinvolgervi :3
Se vi va e avete tempo lasciatemi un commento, spero di migliorarmi.. Accetto le critiche!
Buona lettura:3
Ciaaaop




Secondo Capitolo:  La caccia

Se l'amore esistesse avrebbe la tua consistenza, il tuo aspetto.
Avrebbe le iridi dal colore indefinito, macchiate dalla pioggia pesante.
Se l'amore esistesse non saprebbe di essere quel che è.
Se lo venisse a scoprire lo nasconderebbe con un'elegante maschera di cera, con un perlato velo di indifferenza.
Sei ritornato a casa e mi siedi di fronte, io non riesco neppure a seguire il tuo enfatico ragionamento, ricco di complicati ed affascinanti intrecci.
Sono perso nei tuoi occhi, belli come un capolavoro di Kandinsky, luce e contorni che si perdono in quell'universo di colori che sono le tue iridi.
-Jawn?
Amo come pronunci il mio nome, con il timbro basso ma stranamente dolce.
Una voce profonda e calda che stona meravigliosamente con il tuo aspetto gelido e l'incarnato di neve.
-Sì?
Non so come ancora la lingua esegua i comandi del mio cervello.
Pensavo si fosse arreso e avesse sollevato una bandiera bianca.
Un piccolo trionfo al mio cuore stanco.
-Mi stai ascoltando?
-Ovvio.
-Quindi?
Ti aspetti una risposta, come se riuscissi a formulare un'intera frase di senso compiuto.
Se non dovessi rispondere capiresti che qualcosa non quadra e inizieresti ad analizzarmi fino ad arrivare alla conclusione che sto impazzendo.
-Va bene, Sherlock.
-Andiamo.
Sorridi, e sembra che il paradiso possa essere geloso di  tanta bellezza contenuta in due stupefacenti labbra a cuore.
Ti sollevi con l'eleganza impressa nel corpo, senza bisogno dei completi firmati.
Snello e alto, abbracciato dal tuo solito cappotto nero che lasci costantemente sbottonato.
Metti la sciarpa blu notte, un gesto così quotidiano fatto con la stessa semplicità di quando giocherelli con ognuna delle due zollette di zucchero prima di lasciarle scivolare nel tuo caffè nero.
Sono ancora seduto, per questo mi stai guardando con aria interrogativa?
-Sono io l'assassino del tuo sorriso?
-Come?
Ho pensato ad alta voce e ora sento l'imbarazzo colorarmi le gote.
-Niente.
-Già.
Ti sei rassegnato in fretta, piuttosto cavalleresco da parte tua.
Piuttosto insolito.
-Andiamo allora?- chiedo, alzandomi dalla poltrona e sistemando la mia giacca in pelle.
Senza dire una parola passi davanti a me, sollevi il bavero ed apri la porta di casa.
Ognuno dei diciassette gradini scricchiola sotto il nostro peso.
E' come un lamento incessante che mi intasa la testa.
Siamo fuori, il gelo di Londra scava la carne raggiungendo e graffiando le ossa, ma  non sembra infastidirti.
Non so se congelo più per il freddo del mattino o per la tua frustrante e insormontabile vicinanza.
Mi stai fissando.
-Sei strano, Jawn. Non riesco a capire che cos'hai e non hai idea di quanto questo sia fastidioso per me.
-Ho solo freddo.
-Mmh.- sembri stizzito dalla mia risposta, offeso quasi.
Ma sto davvero gelando, la solitudine è freddo.
-Di qua.- dici, tirandomi per il polso e facendomi entrare in un vicolo.
Pelle contro pelle, ne vorrei di più.
Ma basta quel contatto a farmi percorrere dai brividi.
-Ma dove diamine stiamo andando? -dico, sbattendomi contro dei panni stesi.
-Stiamo pedinando "la donna", ricordi?
-Oh, giusto.- mento, non ti avevo ascoltato.- Non ho visto dov’è andata.
-John.
Hai cambiato il modo in cui pronunci il mio nome.
E' come una pugnalata, troppo freddo, distante.
-John, quante volte devo dirlo? Usa tutti i sensi, e se vuoi usare solo quello della vista per lo meno fallo bene.
-Io guardo ma non osservo, gius...?
Sollevi l'angolo destro della bocca, un accenno di sorriso così raro che mi spezza la frase.
-Giusto?-mi sforzo a continuare.
Il sorriso sul tuo volto si fa più ampio, come se mi stessi prendendo in giro.
-Esatto, Jawn. - grazie a Dio, è come un sollievo. -Comunque il suo profumo è nell'aria, guarda l'asciugamano contro il quale ti sei sbattuto.
Rossetto rosso sul bordo. - Potrebbe essere stato chiunque.
-L'altezza John, coincide con la sua, le labbra di Irene si trovano esattamente a quell'altezza.
E quel rossetto appartiene alla collezione invernale di "Yves Saint Laurent", la preferita di Irene, poco prima che mi drogasse ho notato l'intera collezione.
-Incredibile.
-Inoltre ha un sapore inconfondibile. - dici, passando un dito sul trucco morbido e portandolo alla bocca. –Come ulteriore conferma mi ha appena mandato un messaggio.
Trovo incredibilmente eccitante il tuo sguardo innocente.
Credo di non resistere ancora per molto vicino a te.
Mi stai analizzando, hai un sorriso inusuale dipinto sul volto, così strano che sembra non appartenerti.
Inizio a pesare le tue parole.
“Ha un sapore inconfondibile.”
-Riconosci il rossetto della Adler assaggiandolo?
-Io e Irene abbiamo avuto modo di testare quanto fosse resistente quella marca di rossetto.
Il tuo cellulare continua a vibrare.
Un lampo malizioso negli occhi.
Vorrei sparire, sono sicuro di essere rosso in viso ma non sono certo se sia per imbarazzo o per gelosia
-Ok. E' il tredicesimo messaggio che ti manda, sarebbe il caso di risponderle.
-Li conti?
La pupilla ti divora le iridi di ghiaccio.
Siamo così vicini che sento la strada asfaltata frantumarsi sotto i nostri piedi.
La distanza è annullata, non hai ancora lasciato la presa sul mio polso.
I miei occhi ti supplicano di non farlo.
-Non vedo l'ora del lieto annuncio, sarò invitato al matrimonio?- una voce inconfondibile ci sorprende.
Lasci il mio polso, ti allontani.
-Sempre che l'abito da cerimonia ti entri. Come va con la dieta, fratellino?
Mycroft Holmes fa roteare il suo fidato ombrello nero quanto il completo nel quale è stretto.
-Piuttosto bene. - risponde, nascondendo con un sorriso il fastidio.
-A me sembri ingrassato.
Continui ad infastidirlo, e credo di non poter più trattenere la risata.
Ecco, appunto.
Il maggiore degli Holmes si volta verso di me. - Allora ti sei deciso a dare l'addio alla tua eterosessualità?- mi chiede, prendendosi gioco di me.
-Non siamo una coppia. -rispondo, tu mi stai guardando.
-Ottima risposta dottor Watson.- annuncia, come per prendermi in giro.
-Non sono gay.
-Certo, neanche io.
-Mi hai seguito? È per questo che sei qui? –chiedi a tuo fratello.
-Uhm.. ho un impegno.
-Dov’è la tua scorta? – continui.
-Dietro l’angolo, non voglio che mi seguano anche dentro il ristorante. – dice, indicando oltre le nostre spalle.
Lo stai analizzando, stai capendo ciò che Holmes ha da fare.
-Un impegno, eh? –una voce dietro di noi mi fa spaventare.
-Gregory. – saluta Mycroft, facendo appena oscillare l’ombrello nero.
Pronuncia il nome con una dolcezza tale che non riesco a nascondere un sorriso.
-Oh. – la tua voce è quasi un sussurro impercettibile.
Mycroft e Greg spariscono dentro il locale, sfiorando  appena l’uno la mano dell’altro.
-Abbiamo perso Irene.- dico, tentando di spezzare un imbarazzante silenzio.
Stai continuando a fissare la porta del lussuoso ristorante dentro il quale Mycroft e Lestrade sono entrati.
Sembri perso.
-Va tutto bene?- ti chiedo, ma tu non sembri sentirmi.
Il silenzio è innaturale, è un boato.
-John!- gridi all’improvviso, spaventandomi.
 Ti metti a correre, come se fossi impazzito all’improvviso, le tue gambe divorano Londra, e io provo a seguirti mentre la gola brucia e la milza è colpita da fitte pesanti.
-Sherlock, rallenta!
-La perdiamo, è in quel taxi.
Ci provo a stare al tuo passo ma le tue gambe sono così lunghe che tu non corri ma banchetti con la città.
Finalmente siamo l’uno accanto all’altro, io ti guardo e te ne accorgi.
Mi sembra di vederti sorridere.
Corriamo ancora, finché l’autovettura non scompare. 

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Capitolo 3
*** Le stelle ***


Ciaao, sono ancora io che tento di farvi esplodere i feels (ebbene sì, ho bisogno di aiuto).
Non so come sto riuscendo ma sto aggiornando praticamente ogni giorno, sono piuttosto ispirata, sarà perché ho riniziato per la ventesima volta Sherlock (già, non esagero, ho detto addio alla mia già praticamente inesistente vita sociale). :3
Spero che siate ancora desiderosi di seguirmi e di leggere il continuo!
Lasciatemi una recensione anche piccola piccola per dirmi che cosa ne pensate, non esitate a farmi delle critiche costruttive.
Grazie del vostro tempo:3
Buona lettura fangirl e fanboy :3


Terzo capitolo: Le Stelle.

Sei illuminato dalla luce lunare, come un sassolino perlato.
Il cielo è così bello stanotte.
Non riesco a smettere di guardare le stelle.
-È una notte bellissima. –dici, ancora con il respiro affannato per la lunga corsa.
Mi sorprendi, pensavo l’avresti trovato noioso.
Tento di riprendere fiato.  –Dici sul serio?
-Non  credi?
-Semplicemente non pensavo ti interessasse.
-Solo perché ignoro l’astronomia non significa che non apprezzi la bellezza.
Mi pare più che ovvio, così come la tua espressione che non nasconde la tua curiosità.
Hai un aspetto così dolce, i tuoi occhi grandi fissi sul cielo scuro come i tuoi capelli.
La tua attenzione è su un puntino luminoso, sembra quasi riflettersi nei tuoi occhi vetrati.
-Quello è Venere. –dico, rompendo il silenzio.
-È la stella più luminosa, stanotte.
-È un pianeta. È un po’ come il gemello della Terra, per età, dimensione e composizione.
-Oh. Non so come tu faccia a ricordare queste cose.
Sei davvero interessato, il che mi stranisce.
Ma non riesco a smettere di sorridere.
-Mi piace l’astronomia.
-John?
Perché hai quel tono serio?
Appari quasi triste.
-Possiamo sederci? – continui, indicando un alto gradino.
Non c’è nessuno per la strada, mi sento stranamente a disagio, soprattutto nel vederti con quell’espressione indefinibile, eppure la tua maschera di cera non sembra aver colpa di questa tua aria enigmatica.
Non rispondo, ma ci sediamo.
Il muretto è gelido, non tocco in terra, le mie gambe nuotano nel vuoto.
I raggi di luce lunare continuano ad accarezzarti i capelli ricci e morbidi.
Sembri fatto di fine porcellana, ho paura che un soffio di vento possa mandarti in frantumi.
Siedi con un’eleganza innata, il tuo portamento è delicato, tuttavia l’incurvatura delle tue spalle mi fa capire che sei teso.
-Dimmi.
Spalanchi gli occhi, come se fossi  stupito dalle mie parole.
-Non ho il controllo di me stesso.
-Che intendi dire?
Ti mordi la lingua, il tuo labbro inferiore accoglie due goccioline di sangue.
So che non sei bravo a dire ciò che pensi.
-Prova a farmi capire.- continuo.
Prendi il mio polso e mi tiri verso di te.
I nostri nasi si sfiorano, ti guardo le labbra.
Non capisco se ti stai avvicinando a me o se ti stai spostando.
Ho paura.
Il tuo cellulare ancora vibra.
-Dovresti rispondere.- dico.
Il mio labbro superiore sfiora il tuo.
Mi manca il terreno sotto i piedi.
Ho i brividi.
Tento di spostarmi, tu continui a stringermi il polso.
-Sì, dovrei. –rispondi.
Questa volta sono le tue labbra a sfiorare le mie.
Mi allontano, molli la presa.
Dalla giacca togli il telefono, leggi i messaggi.
-Irene? – chiedo, tentando di riprendere aria.
-Sì.
Sei gelido, tombale.
-Da Angelo?-chiedo.
-Certo.



                                                             ****
Spero di riuscire ad aggiornare domani, farò l'impossibile! 
Grazie dell'attenzione :D
        

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Capitolo 4
*** La donna ***


Ciaaoo gente, ecco il quarto capitolo della fanfiction, sto pensando che possa essere il penultimo.. 
Magari se trovo ispirazione posso anche allungare!
Spero di non deludervi con questo nuovo capitolo!
Se vi va lasciate una recensione, come al solito ho bisogno dei vostri consigli, sono più che utili.
Grazie della lettura e dei precedenti commenti, vorrei ringraziare anche chi segue me e/o le mie storie!
Buona lettura neerd, ci si vede al prossimo capitolo! :3






Capitolo quarto: La donna 

Sei incantato, come se fossi il bambino più felice del mondo.
Babbo Natale è arrivato in anticipo e ti ha portato dei bei cadaveri su cui constatare la durata dei lividi.
Muovi le mani velocemente, percorrendo il corpo gelido del defunto.
-Wow, sembri contento della sua morte. –dice Molly, entrando nell’obitorio con la cartella clinica dell’uomo senza vita.
Sbuffi.
-Mi passi il frustino? È al piano di sopra. Devo ripetere l’esperimento sugli ematomi.
-Certo, posso fare altro? – risponde.
-No, sbrigati. Grazie.
Fai un sorriso angelico che nasconde uno sguardo un po’ perfido.
Sei gentile, se ti serve qualcosa.
-Jaawn, mi puoi passare il cellulare? – mi chiedi, continuando ad analizzare il corpo, senza prestarmi in realtà la minima attenzione.
Hai una bellezza spietata, quasi assassina.
-Dov’è? – chiedo.
-Nella tasca interna della giacca.
Ispiro.
La stai indossando.
-Non puoi prenderlo da solo?
-Ho le mani occupate. – mi fai notare, mostrandomi un bisturi.
Mi avvicino, apri le braccia meccanicamente, aspettando che le mie mani catturino l’oggetto.
Faccio per aprire di più la giacca. Posso farcela, anche se le mie mani tremano al pensiero della distanza annullata, palpitano alla prospettiva di sfiorarti.
Noti il tremore e mi afferri la mano.
Ho i tuoi occhi color cielo fissi su di me.
L’iride è diventato il cibo della tua pupilla, che si dilata con la rapidità dell’olio.
Mi stringi il polso.
Amo questo tocco.
Constati il mio battito accelerato.
-Posso farlo da solo, Jawn.- scandisci il mio nome, poi sorridi.
So benissimo che controllavi il mio battito cardiaco, ti conosco.
Ma non capisco che intenzioni hai.
Nessuno di noi apre bocca, parliamo di sguardi.
La tua mano ancora che stringe il mio polso.
Un rumore di tacchi, che attraversano il corridoio del S.Bart’s che porta all’obitorio, spezza il silenzio.
-Oh, il mio verginello preferito. Mi cercavi? – la donna si avvicina.
Molli la presa.
-Irene. – la stai chiamando.
Adler indossa un cappotto rosso, lungo fino al ginocchio, in tinta con i tacchi e il rossetto.
Elegante, una pantera che non vede l’ora di assaggiare la sua preda.
Ha in mano un frustino nero. Il tuo.
Se ti tocca non credo di poter controllare il mio corpo.
Sono rigido, militaresco. 
Distogli l’attenzione dal tuo frustino, mi guardi con il tuo fare indagatore.
-Riposo soldato. –mi dice la donna, stretta in un cappotto i cui bottoni ricordano il tuo.
Angolo sinistro della bocca incurvato, stai sorridendo debolmente ma sembra che tu non voglia farlo notare.
-La dottoressa Hooper sta facendo un bel sonnellino. – continua, sbottonando lentamente il soprabito.
Lascia scivolare a terra il cappotto, è completamente nuda.
-Perfetto. –rispondi, spostando la mano per afferrare il tuo frustino. 
La guardi in viso, come se il suo corpo non ti interessasse.
-Oh caro, no. –dice, passando la parte a spatola della verga sotto il tuo mento. 
No, no, no.
Non deve osare.
Non deve azzardarsi.
-Mi appartiene. – rispondi.
-E tu appartieni a me.  Niente è appagante come sentirti supplicare. Oh dottore, avrebbe dovuto  sentire com’è Sherlock Holmes quando chiede pietà. Lo ha fatto per ben due volte.
-Elettrizzante. – Ironizzi.
Si avvicina a te, con le pupille dilatate e il frustino che ti accarezza il petto da sopra la camicia.
Non riesco a sopportarvi.
Non voglio.
Pensi che sia facile per me?
Mi schiarisco la voce. – Hamish e John, se vi servissero dei nomi per i vostri futuri figli.
Sto pensando ad alta voce, attiro la tua attenzione. –Buona idea.
Riesci a prenderle la verga dalle mani.
Presti più attenzione al frustino che a me, in questo esatto momento.
-Oh, ora sei tu a voler condurre i giochi? – ti chiede.
-Intrigante.
-Dottor Watson, ci vuole lasciare da soli?
Ti guardo, come per farmi suggerire da te la risposta a quella domanda.
Fai cenno di sì con il capo.
-Certo. –dico, con incertezza.
Ma non riesco ad andarmene.
Non voglio.
Il mio corpo si è arreso, ricordi? Il mio cervello non lo comanda più.
-Non  gli farò troppo male. – mi dice.
Invece vorrei fartene io.
Il militare sta per prendere il sopravvento, e io ho paura di non riuscire a controllarlo.
Irene è bellissima, con il suo corpo perfetto come un cerchio,  è nuda di fronte a me e io penso solo a quanto sia eccitante vederti con quel frustino tra le mani, continuo a chiedermi se la tua pelle è liscia e morbida come sembra, continuo ad ammirarti con quella camicia viola che hai addosso, semicoperta dalla giacca scura.
-Jawn? – sembri sorprendentemente sollevato  dal fatto che non sono andato via.
Ancora quel modo di chiamarmi che mi riempie di una dolcezza  tale da farmi a brandelli il cuore.
-Resti qui?- continui.
I miei piedi sono incollati al pavimento, non andrò da nessuna parte.
Ancora quel sorriso che mi sta lacerando dentro, la voglia di stringerti a me sta diventando insopportabile.
-Bene,  possiamo fare anche con te. È proprio un peccato che tu non l’abbia sentito supplicare.
Irene mi provoca, ho i pugni stretti, le labbra rigide e serrate.
Devo controllare il soldato.
L’aria è carica del mio nervosismo, è tangibile, palpabile.
Mi stai guardando con aria interrogativa, sei quasi perplesso.
La maschera di indifferenza si sta di nuovo impadronendo del tuo volto.
-Ebbene mrs. Adler,  qual è il caso?- chiedi, distogliendo l’attenzione da me.
Abbottona il cappotto e ondeggia per la stanza, sempre perfetta nel suo tacco dodici. –Sono in pericolo. Moriarty mi ha ritrovata, mi avevi promesso protezione.
-Lo sei sempre. – rispondo meccanicamente, in modo freddo, tagliente, con una voce che non mi appartiene.
Lei mi ignora.  – Ho bisogno di te, Sherlock.
 -Potresti aspettare che supplichi. Per due volte.- parlo a sproposito, senza pensare, mi rivolgo a te senza volerlo fare davvero.
-John, basta. – Mi stai rimproverando.
Non capisci che non riesco a fermarmi?
–Mycroft si occuperà di te, un'auto nera ti aspetta. – dici, mostrando il cellulare, hai mandato un messaggio a tuo fratello per lei.
Ma che bello. La famiglia si riunisce per fare un contentino a quella.
Sto mordendo la lingua da ore mentre tento di star zitto e non farmi prendere dal panico, o dalla gelosia.
-Non vorrei  far ingelosire il tuo nuovo ragazzo. – commenta Irene, dirigendosi verso la porta.
-Non siamo una coppia. – ancora il solito meccanicismo carico di amarezza.
-Sì, lo siete. – dice, uscendo.



                                            ***
Se vi va lasciate un commento! A domani :3

 

 

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Capitolo 5
*** Scienza della deduzione ***


Ciao ragazze e ragazzi, scusate il ritardo ma è successo un casino con il mio stupido computer, mi ha cancellato tutto il quinto e il sesto capitolo (E AVEVO SALVATO .-.) e quindi ho dovuto riniziare da capo, e a dir la verità non mi sento così tanto soddisfatta, spero però che a voi piaccia.
Leggete e recensite, ho assoluuuuuto bisogno di un aiuto ahahah!
Appena finirò  il sesto lo posterò,il mio meraviglioso pc ha eliminato anche quello quindi è da rifare completamente..
Ci sentiamo tra un paio di giorni !
Buona lettura Sherlockians :3




Capitolo Quinto: Scienza della deduzione.

Sono le sette e mezza, tra due ore inizia il mio turno in ambulatorio.
Mi lavo i denti.
Osservo la mia immagine riflessa nello specchio.
Ho avuto una settimana di “riposo” e non ho ancora fatto la barba.
È ispida, ma stranamente mi è sembrato che ti piacesse, e io, da vero idiota, non sono riuscito a tagliarla.
Scendo e vado in salotto, sei sdraiato sul divano.
-Annoiato?-chiedo.
-Ho risolto il caso della collana rubata, banale. Mi è bastato vedere una foto del gioiello. È chiaramente stata la figlia adolescente a rubare la collana di perle, l’ha rivenduta per ripicca.
-Che stai facendo?- chiedo, avvicinandomi.
Hai tre cerotti alla nicotina sul braccio.
-Non guardarmi così, mi servono per pensare.- dici, notando la mia aria contrariata.
-A cosa stai pensando?
-Ad un fatto ovvio.
-Allora che ci pensi a fare?
-Lascia perdere. Non hai preparato l’Earl Grey?- mi chiedi, tentando di cambiare discorso.
-Non ancora.
-Ma mica si prepara da solo, sbrigati.
Non so ancora come io riesca a mantenere questa calma.
Preparo il thè, lo verso nelle tazze.
-Oggi ho un doppio turno in ambulatorio, finisco verso le sette e poi vado da Sarah.
-Ceniamo da Angelo più tardi?-mi chiedi, ignorando la mia frase precedente.
-Sherlock…
-Sì?
-Ceno da Sarah.
-È banale per te, ottusa. Non capisco perché sprechi il tuo tempo con lei.
Mi viene da ridere, da quando hai tutta questa considerazione per me?
Da sempre, sono un idiota.
-Sei geloso, Sherlock?
Tu e le tua solita paura dell’abbandono.
-Non sono io ad aver fatto una scenata di fronte ad Irene. –sembri offeso, sistemi la vestaglia blu ed esci elegantemente dalla stanza con la tua tazza fumante tra le mani, con in viso un’espressione indifferente.
-Sherlock?- ti seguo, lasciando il mio thè a gelare sul tavolo.
Sorseggi dalla tazza, bianca tanto quanto la tua pelle.
-Sono annoiato. – dici, cercando la mia pistola.
La trovi e la osservi. Carichi.
-Mettila giù. Subito. –ho il tono autoritario del maggiore Sholto.
-Sono annoiato.
-Ora. – ti sto dando un ordine.
-No.
Mi avvicino, ti tiro per la vestaglia, involontariamente ti scopro il petto che è nudo e candido.
Ti sto fissando come uno stupido, le mie mani sudano e tremano.
Ti strattono, quasi ti faccio male, pur sapendo che sei così fragile.
Sto gridando qualcosa di incomprensibile.
Non riesco a disarmarti.
Sono un ex soldato britannico, per l’amor del cielo!
Ti sto tirando verso di me, hai le pupille dilatate.
Ti sbatto contro una parete, con la prestanza fisica riesco a rendere trascurabile la differenza di altezza.
Sei spaventato?
Un accenno di sorriso.
Assolutamente no, non hai paura.
Stai respirando il mio odore, lo vedo, lo sento.
Ho paura di non riuscire a controllarmi.
Prendo le tue mani sottili, le stringo, tenendole con la mia destra.
Le sollevo verso l’alto, imprigionandoti tra me e il muro.
Sento il calore impadronirsi di me, sto perdendo il senno.
-Sherlock?
Non rispondi, stai quasi trattenendo il fiato, stringi ancora l’arma tra le mani.
Il tuo collo è così niveo che non riesco a trattenermi dall’impulso di lasciarci una scia di baci.
Ti stai trattenendo, o ti sto spaventando?
Sto violando la tua fottuta perfezione, la tua bellezza lunare.
Allontano le mie labbra dal tuo collo, sono così vicine alle tue che mi pare di vederti arrossire.
La tua maschera di ghiaccio si sta sciogliendo.
Prendo un respiro.
Sono calmo.
Ce la faccio, lo giuro.
Mi guardi le labbra.
Molli la presa, la pistola sta per cadere a terra, ma la prendo io.
Saresti sbiancato, se esistesse una carnagione più chiara.
Devo andare via.
I tuoi occhi di vetro si infrangono.
Sembri così piccolo.
Siedi sul pavimento, aggiungi un altro cerotto alla nicotina.
Devo scappare da questa follia.
-Devo andare. – dico, per poi uscire dal 221B di Baker Street.
Farti del male non era nel mio intento.
Sto impazzendo.
Spero che mi perdonerai, ma ho il folle terrore che non succederà.
Per andare a lavoro corro contro il  vento che mi congela il viso.
-Eccoti John, -Sarah mi saluta. –Cos’è quella cosa? –chiede, additando la mia faccia.
-Il mio volto. –rispondo, stupito.
-La barba. –risponde lei, tentando di non ridere.
-Ah, mi piace.
-Ok.
Entro nel mio ambulatorio, le ore passano lentamente.
Un messaggio.
--10.45 : Passami la penna. SH
--10.45 : Sai che non sono in casa.

Sembra quasi che tu abbia dimenticato ciò che è successo poche ore fa.
Io e te contro una parete, la tua vestaglia che lasciava scoperte le spalle.
Le mie labbra sul tuo collo, il tuo respiro pesante.
Sembra che tu abbia rimosso l’accaduto.
Non c’era spazio per una cosa del genere nel tuo Mind Palace?
--10.48 : Ah. E come faccio a scrivere? SH
--10.49 : Alzandoti e andando a prendere la penna.
--10:49 : Noioso. SH

Bussano alla porta, Sarah entra. –John, il signor Alan Pains è arrivato.
Sbuffo, appoggio il cellulare. –Prego, fallo entrare. – mi sforzo ad utilizzare il tono più gentile che riesco a produrre.
Il vecchietto entra nell’ambulatorio, si accomoda di fronte a me dopo avermi salutato.
-Buongiorno signor Pains, come si sente? –chiedo, fingendomi interessato.
-Oh no, non ho perso un dente. – pessimi problemi di udito –ma ho un dolore acuto all’anca. Sono caduto pochi giorni fa.
Il cellulare vibra, due volte.
Controllo il paziente. –Occorrono dei punti, come mai non è venuto prima? – quasi grido per farmi sentire.
Il cellulare vibra ancora, una, due, tre volte.
Per fortuna l’uomo è mezzo sordo.
-Pensavo che un cerotto potesse bastare! Ai miei tempi si faceva così.
-Certo, certo. – dico, alzando gli occhi al cielo.
Cucio la ferita e gli do delle bende. – Ecco a lei, e faccia attenzione.
Lo congedo.
Un’altra paziente, un’adolescente ossigenata con problemi di acne e mestruazioni, neanche fossi un ginecologo, prescrizione della pillola.
Il cellulare continua a vibrare.
Va via anche lei.
Leggo i messaggi, sei palesemente il mittente di tutti.
--11.03 : John, non ignorarmi. SH
--11.07 : Non costringermi a vendicarmi. SH

Ridacchio.
--11.13 : Ho deciso che chiamerò Angelo e prenoterò un posto per domani sera, il luogo più riparato, ci faccio portare le candele. SH
Sai benissimo quanto la cosa mi metta in imbarazzo.
--11.20 : Alle 21:15, va bene? SH
--11.35 : Ho trovato le sigarette, dentro la bocca di Billy, non è molto cortese. SH
--11.40 : [file allegato]. SH

Apro il documento.
--11.41 : Sul serio ti sei fatto una foto mentre fumi?
--11.42 : Pensavo fossi morto. Sarebbe stata l’unica buona ragione per non rispondermi. SH
--11.43 : Lavoravo. Spegni la sigaretta.
--11.43 : Sono annoiato. SH
--11:46 : Accetta il caso che ti ha offerto Mycroft.
--11:48 :  Noioso. SH
--11.50 :  La prospettiva di parlare con te è più interessante. SH
--11.51 : Ti serve qualcosa?
--11.52 : Il latte. SH
--11.53 : Ecco perché mi trovi interessante.
--11.53 : John Watson, tu lo sei sempre per me. SH

Rileggo il messaggio almeno dieci volte.
Ho il battito cardiaco accelerato.
Sto sorridendo come un idiota.
Rileggo ancora questo messaggio che mi fa venire la pelle d’oca.
Il cuore fa male, sembra che voglia scappare, rifugiarsi in qualcuno che lo saprà accontentare.
Sento il cellulare vibrare ma non riesco a muovermi, mi sento come se fossi ricoperto di cemento.
Sarah entra in ambulatorio, senza neppure bussare.
-Vorrei farti sorridere io in quel modo. – dice.
Non le rispondo.
Il telefono vibra.
-Con chi parli? –chiede. –Devo essere gelosa? È una nuova spasimante? –scherza?
-È solo Sherlock. – rispondo, tutto d’un fiato.
-Appunto.
-Eh?
In realtà ho capito benissimo.
-Uno spasimante.
-Smettila Sarah, - mi innervosisce anche solo pensare quanto lo vorrei. –è solo Sherlock.
-Va bene John.
Vibra ancora.
-Ok.
Esce.
--11.58 : Scusami, John . SH
--12.03 : Ti prego. SH
--12.07 : Scherzavo. SH

Forse è davvero così, non ci sarebbe altra spiegazione.
--12.10 : Scusa, parlavo con Sarah.
--12.17 : Capisco. SH
--12.17 : Faceva dei pessimi commenti sulla mia barba. Ahahah
J
--12.20 : A me piacciono i dottori ben rasati. SH

Potrebbe venirmi un infarto solo a casa delle tue parole.
Ho passato spesso delle notti in ambulatorio, specie quando tu…. Quando  eri via.
Entro nel bagno, dovrei aver messo qui da qualche parte una lametta.
Stupida minuscola stanza, più è piccolo il luogo più è facile perdere qualcosa.
Eccola, accanto alla schiuma da barba, ovvio John.
Mi insapono il viso, lentamente inizio a radermi.
-John? –una voce mi chiama.
Stupido vizio di non bussare.
Esco dal bagno –Dimmi Sarah.
-Uhm, sul serio?- chiede.
-Cosa?
Ha il mio cellulare in mano.
-Ore 12.20 “A me piacciono i dottori ben rasati”, Sherlock. – tenta di imitare la tua voce, come se fosse umanamente possibile copiare un suono profondo come un pozzo senza fondo.
-E allora? – chiedo, tentando di rimanere impassibile.
Ho imparato dal migliore.
-Ti sei rasato per il tuo “consulente investigativo”, Jawn?-continua a provare ad imitare la tua voce fiabesca da drago incantato.
-Non chiamarmi così.
Lei non è te, non può fare come te, ce l’ho stampato in faccia a caratteri cubitali.
-Oh certo, solo lui può. –è felice di questa situazione di merda.
-E soprattutto, non mi rado per Sherlock Holmes.
-Oh, sì. Ti credo. Se tu non fossi innamorato mi dispiacerebbe dirti che la cena di stasera deve saltare. Ho dimenticato di avere un impegno con la signora Hudson.
Mi sento sollevato, questa farsa è durata fin troppo.
-Ok. – dico, le prendo il mio telefono da mano.
-Ti lascio con il tuo nuovo ragazzo, oh siete così carini. Due fidanzatini perfetti.
-Sarah.
-Va bene così John, non voglio dividervi e, soprattutto, non voglio competere con lui.
Sembra sincera.
-È una storia che ti sei inventata.
-Ma davvero? Ti sei mai visto quando c’è lui? Hai un sorriso che fa paura. Hai visto come lo guardi? John, tu sei di Sherlock e non ho intenzione di mettermi in mezzo.
Sbuffo. –È un mio amico.
-Dannazione John. Lo negherai ancora per molto?
-Posso continuare a lavorare?-chiedo, con l’intenzione di farla tacere.
Lei sembra capire che ho bisogno di stare da solo. –Certo. Comunque volevo solo dirti che ho trovato qualcuno che può fare il secondo turno, puoi uscire alle tre.
-Ok, grazie. A più tardi.
Nessun cliente per ore, e troppo tempo per pensare.
A te, ovviamente.
Mi domando se la gente, quando ti guarda, pensa quello che penso io.
--12.48 : Da quando ti piacciono i dottori?
Sto davvero provando a flirtare con lui?
Mi chiedo se gli altri supplichino Dio per potersi perdere in quei tuoi occhi color cielo ogni secondo di ogni giorno.
Mi domando se essere innamorati significhi voler vivere di qualcuno, voler avere il suo odore impresso nella pelle.
--12.51 : Non vuoi sapere la risposta. SH
--12.51 : Sì invece.
--12.51 : No, non vuoi. SH
--12.52 : Lo voglio.

Voglio te più che altro.
Mi chiedo se essere innamorati voglia dire non esitare a rischiare la vita per qualcuno e morire mille volte dentro per non poter esprimere ciò che si prova.
Mi chiedo se l’amore sia un bambino capriccioso, che ingenuamente incarica un cupido ubriaco di scagliare frecce a destra e a manca.
--12.57 : John, sono l’unico consulente investigativo al mondo, so che non vuoi. SH
--12.58: Perché non dovrei?

Il cuore mi batte forte.
--12.59 : Perché hai paura della risposta. Anche se non devi. SH
Se non devo allora perché sono terrorizzato?
Sento mille coltelli conficcati nello stomaco, affilati sulla carne.
E ho la nausea, mi sta soffocando.
Non posso essere salvato.
Le parole che ho sempre voluto dire sono rimaste sospese a mezz’aria e bruciano.
--13.10 : Sono libero stasera. Cinese?
--13.11 : Non potevi scegliere di meglio.  SH

Un altro mittente:
--13:16 : John nn sn entrata x nn disturbare ancora. Puoi andare via anche ora. Non c’è nessuno. S
--13.16 : Ok, perfetto
.
Sarah è preoccupata per me, ma non ho mica bisogno di una balia.
Né di un’infermiera.
Mi tratta come se avessi bisogno di qualcosa o qualcuno che non sia tu.
Vado via dall’ambulatorio.
Viaggio in taxi, quattro chiacchiere scambiate con un tassista troppo ottuso.
-221B di Baker Street. –ordino.
Diciassette gradini.
--13.45 : Sherlock?
--13.50 : Sì? SH
--13.51 : È da mezz’ora che suono.
--13.51 : Ti ho chiesto di andare ad aprire. SH
--13.52 : Ma sono io ad aver suonato!

Mi viene da ridere.
--14:00 : Sherlock!
--14.01 : Non puoi usare le chiavi? SH
--14.01 : Le ho lasciate sul tavolo!

Sto gelando, dannazione.
--14.01 : Sei noioso. SH
--14.02 : Aprimi, subito.
--14.02 : Autoritario. SH

Ricordo l’inconveniente di stamattina.
Mi rendo conto di stare sorridendo.
--14.03 : Sherlock!
--14.05 : Sto sbuffando. SH
--14.06 : ORA!

Non sento nessun passo.
Giurerei che per venire ad aprire potresti aver volato.
-Mi hai lasciato fuori per ore! –mi lamento, ma tu sembri ignorarmi.
Ti chiamo, due volte.
Sei vestito come se fossi appena rientrato, togli la sciarpa e la posi sul divano.
Levi il soprabito, restando in camicia e giacca nere.
-Avevi freddo?-mi chiedi, è una cosa assurda. –Vero? –continui.
Annuisco, sedendomi.
Mi lanci il tuo cappotto nero. –Scaldati.
Non capisco. Dovrebbe essere qualcosa di gentile?
Balbetto un confuso grazie, e lo indosso, abbracciato dal tuo profumo.
Abbozzi un sorriso dolce, mi viene voglia di baciarti.
Mordo le labbra, tentando di uccidere il desiderio.
-Non credi che dovremmo parlare? – chiedo, ripensando al bellissimo inconveniente di stamattina.
-Ho ordinato cibo cinese. –dici, come se la tua risposta c’entrasse qualcosa con la domanda.
-Oh bene. –rispondo, non interessato.
-Non volevi parlarmi di questo, vero? –chiedi, con sguardo indagatore.
-Beh…volevo scusarmi.
-Per questo? –chiedi.
Sollevi la manica destra.
Un livido scuro come la notte viola la tua pelle lunare.
-Sono stato io? –sto balbettando, impietrito.
-Esatto. – ti avvicini e mi vuoi far alzare in piedi, lo capisco da come mi tiri per il tuo stesso cappotto, senza chiederti se lo stai rovinando.
Mi sollevo.
Non so come le gambe continuino a sostenermi.
Ho il tuo cappotto che arriva alle caviglie, troppo lungo, lo sto quasi schiacciando.
-Scusami Sherl… -mi zittisci, posi un dito sottile e pallido sulle mie labbra.
Mi gira la testa.
-John, se c’è una cosa che adoro fare è vendicarmi. –dici, un sorriso stranamente malizioso si impadronisce del tuo viso.
-Ah sì? – ti chiedo, con voce spezzata.
Sento la gola bruciare.
-Ti sei rasato? –stai ridendo.
-L’hai davvero notato solo ora?
-No. Ma volevo che fossi tu a dirmi perché.
-Non piaceva a nessuno.
Ridi.
Non escono più parole dalle nostre labbra, ma le nostre mani ancora si cercano.
Quel contato polso-polso che mi toglie il fiato e mi fa venire la pelle d’oca.
Mi basta essere sfiorato da te, senza nemmeno un vero e proprio tocco, per rabbrividire.
La tua vicinanza mi fa sentire strano, mi fa paura.
Sei così vicino che sento i polmoni andare in fiamme.
-Ti mette a disagio avermi così vicino? –chiedi, sistemandoti la giacca nera.
-Mi stai davvero facendo questa domanda?
Sembri non capire. –Sì, Jawn.
La mia voce trema, le mie mani la imitano.
Mi stai analizzando, avrai notato ogni dettaglio.
Sudorazione, respiro.
-E di grazia, posso sapere perché? – spezzi il corso dei mie pensieri.
Ti avvicini ancora, come se fosse umanamente possibile.
-Ti metto a disagio?- continui, arricciando il naso per il forte odore del mio dopobarba.
Una scelta pessima.
Resto ancora in silenzio, come se avessi le labbra cucite.
-O forse, hai paura di qualcosa? –chiedi, togliendoti la giacca.
-Non… non sono mica in pericolo. –rispondo, terminando la saliva.
-No? – le tue labbra  sfiorano la mia fronte.
Socchiudo gli occhi per un istante.
Devo trovare la calma, la tranquilli..
Stai sbottonando la camicia.
-Sherlock. – la mia voce suona come una supplica.
-Devo smettere?
Non riesco a credere a quello che ho appena fatto.
Ti ho spostato le mani, bruscamente, e le mie hanno preso a torturarti i bottoni del tuo indumento.
Non la smetti di sorridere.
Non vedi che sto impazzendo?
Manipolatore, bastardo.
Ti sbatto contro il muro.
-Amo quando fai il soldatino. – la sua voce è come una carezza sulla pelle.
Vorrei picchiarti, ma inizio a baciarti.
Le nostre labbra che si uniscono come se non stessero aspettando altro da secoli.
Ti svincoli dalla mia presa.
Mi levo il cappotto.
La camicia aperta è così scura da mettere in risalto il colore diafano della tua pelle.
Sono contro il muro, la differenza di altezza mi incatena in una prigione che profuma di te.
-Questo è veramente orribile, detestabile.- dici, trattenendo una risata.
Indichi il mio maglione natalizio, con due renne giganti cucite sopra.
-Così brutto che a parere mio occorre… -spezzo in due la tua frase, tirandoti per il colletto della camicia e rubandoti un bacio caldo, lungo. Umido.
-Toglierlo. –continui, sorridendo.
Mi sfilo il maglione, lo prendi dalle mie mani e lo lanci da qualche parte.
Le tue mani sono calde, dannatamente calde.  Come non lo sono mai state prima di ora.
Mi spingi verso il divano.
Ho paura di toccarti, sei come neve, e ho paura che ti possa sciogliere.
-Jawn. –mi chiami.
Dannazione. Amo, amo, amo il modo in cui pronunci il mio nome.
Levo del tutto la tua camicia, i tuoi pantaloni, ogni ostacolo ruvido che impedisce alle nostre pelli di sfiorarsi e alle mie mani di toccarti.
Stai dicendo qualcosa, ma sinceramente non ho idea di cosa.
Gioco con l’elastico dei tuo boxer, le tue iridi sono state divorate dalle tue pupille.
Sei bello come Venere, come la Luna.
-Come facevi a sapere quello che provo per te?- chiedo.
-Non lo sapevo, l’ho dedotto.
-Come?
-Jawn dai. –fingi di protestare, per farmi credere che vorresti solo coccole.
Io sono come sei.
-Ti prego, dimmelo.
Un sorriso si accende sul tuo viso.
-E’ stata una delle mie migliori deduzioni. –i tuoi occhi brillano.
-Corretta, ovviamente. –dico.
-Devi aiutarmi a dimostrarlo. –sorridi.
-Più di così, sul serio?
Sfiori la mia mano, sento il terreno mancarmi sotto i piedi, s’infrange la crosta terrestre e tutta Londra sprofonda verso il centro della Terra.
Tremo.
Passo la lingua sulle labbra.
-Spiegami.  
-Pupille dilatate, battito del cuore accelerato.
Ti ho sfiorato la mano e hai  iniziato a sudare. Ovviamente la dopamina, la noradrenalina e la serotonina agiscono sulle tue ghiandole sudoripare.
La tua voce è più profonda con me che con chiunque altro.
Crei una melodia dolce, come se accarezzassi le corde del mio violino.
Inconsciamente tendi ad imitare alcuni miei gesti e modi di fare.
Inizi a comprendere la logica che si nasconde dietro le mie deduzioni , anche solo guardandomi.
-Quando l’hai capito? –mi viene istintivamente da chiederti.
-Questa mattina ho capito che provavi anche tu qualcosa per me.
-Non mi hai mai espresso i tuoi sentimenti.
Sei Sherlock Holmes, è più unico che raro che tu lo faccia.
-Non volevo che tu mi rifiutassi. –sei risoluto.
-Come se fosse possibile. –dico, stupito.
-E allora perché,  dannato John Watson, mi respingevi? –una nota amara colora la tua voce.
Sorrido. –Puoi perdonarmi?
-Devi esserne all’altezza.
Le mie labbra percorrono ogni centimetro del tuo corpo, come se non potessi far altro che vivere del tuo sapore, consapevole di non poter vivere senza il tuo profumo.
Continui a farfugliare qualcosa, ma io riesco solo a sorridere ammirando l’eccentrica profondità dei tuoi occhi.
Non credo a quello che sto facendo, al modo in cui ti accarezzo.
Perdo l’ultimo briciolo di sanità mentale dentro di te, fissando quegli occhi annacquati dal piacere, dall’amore.
-Ti amo. – è questo che dici, lo sento ora.
E non solo a parole.




                                                                                               ***
Scusate ancora il ritardo...spero che vi sia piaciuta, lasciate commenti  e/o critiche! 
Al prossimo capitolo :3

 

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Capitolo 6
*** Miracolo ***


Ciaaao neeerd :3
Ecco qui l'ultimo capitolo di "Somebody loves you", la conclusione di questa Johnlock!
Spero di avervi dato abbastanza feeeeeeels perché i miei si sono suicidati dal S. Bart's  per questa OTP.
Buona lettura anche di questo :3
Recensite per favore, ho bisogno di sapere che ne pensate di questo finale :3
Critiche o commenti positivi, io vi aspetto :3
PS: ringrazio mia sorella che mi ha supportata e ha shippato con me :3

Buona lettura fangirl :3




Capitolo sesto: Miracolo



Sto perdendo la sanità mentale.
Sì, dev'essere così per forza.
Non esiste un'altra spiegazione.
Oh Gesù.
-Sherlock. - ti chiamo.
Continui a fare quelche stavi facendo fino ad un secondo fa, qualcosa di indecente.
-Ti prego.
Sento le tue labbra salire verso il mio petto, poi verso il mio collo, lasciando una scia umida di baci senza decoro.
Il tuo viso compare da sotto il lenzuolo come una visione celestiale.
Un angelo apparso all'improvviso.
Un miracolo.
-Dimmi.- la tua voce è un sussurro profondo, un buco scavato nel terreno dal quale fuoriesce petrolio.
Non rispondo.
Affondo una mano nei tuoi capelli, respirando il profumo che si disperde nell'aria mentre sposto ogni ricciolo a mio piacimento.
Appoggi il viso contro il mio petto, godendoti queste carezze indefinite alle quali non sei abituato.
Vorrei che questo momento non finisse mai, voglio che resti congelato in modo che il tempo stesso smetta di scorrere.
Sei in silenzio.
Per la prima volta in tutti questi anni mi sembri rilassato, tranquillo quasi.
Hai gli occhi di un bambino, pieni di ingenuità e curiosità.
Continuo ad accarezzarti i capelli.
Sento che mi baci il fianco, con una mano percorri il mio costato; è rigida e precisa, come se stessi pizzicando dolcemente le corde del tuo violino.
Hai il tocco così leggero che mi sorprende ogni volta, è come un respiro caldo sulla pelle che mi scalda la carne, le ossa, l'anima.
-Mmh. -sembri soddisfatto.
Un gattino nero dagli occhi freddi e profondi che fa le fusa.
Sei mio, ma il mio stomaco non smette di contorcersi quando ti guardo.
Sei mio, ma mai mi abituerò alla tua bellezza.
In te vedo il ghiaccio che si scioglie e crea acqua, generando la vita.
Sei un fiume, una tempesta.
Dio Santo, non voglio muovermi da questo posto.
Non voglio più che il mio letto sia gelido e sconosciuto.
Per la prima volta ho dormito senza incubi, nemmeno uno per tutta la notte.
Non hanno fatto che  tormentarmi fino ad oggi.
I mostri si nascondevano sotto il mio letto, qualunque e dovunque esso fosse, poi si sono infilati nella mia testa.
Volevano che diventassi come loro.
Ora sono andati via. 
I demoni sono scomparsi.
E non torneranno mai più, vero?
Promettimelo. 
Se dovessero tornare giurami che ci sarai, che non mi lascerai solo con loro.
Promettimi che mi salverai, come fai sempre.
-Non so cosa dicono le persone in situazioni come queste. - inizi a parlare ponendo una diga contenitiva al corso dei miei pensieri.
-Non c'è bisogno di dire niente. Va bene così. E' tutto perfetto. 
Sorridi.
Sei più bello dell'intero sistema solare.
-Le persone dicono 'ti amo', non è vero? - continui, sollevandoti sui gomiti.
Non rispondo. 
Non ci riesco.
Ma resto ad ascoltare le tue parole accarezzate da una voce calda e profonda, quella di un drago custode del paradiso.
Dio, sento il cuore scoppiare di colori.
-Io.. - balbetti, la cosa mi sorprende. -non sono quel genere di persona. Mi dispiace.
Certo, so che non sei il tipo che esterna i suoi sentimenti.
Non te ne ho mai fatto una colpa.
Ho capito che cosa provi.
-Ma ti dico una cosa. 
Mi metto a sedere.
Ho bisogno di sentire ogni minimo particolare.
Sei serio, gli occhi di cielo posati su di me, le mani immacolate che stringono le mie. -Sherlock è un nome da femmina.
Scoppio a ridere. -Ancora?
-E' il mio modo per dirlo. - ridi anche tu ora.
I ricordi di Mary affollano la mia testa.
Mentì, ma non le faccio una colpa di questo, io finsi di amarla.
Finse di essere incinta, mi illuse, e ingannò perfino te.
Era una stupida spia di Moriarty.
Mi hai salvato anche da lei.
Era tutta una recita, come l'amore che fingevamo di provare l'uno per l'altra, ingannandoci a vicenda.
-John Hamish Watson, se ti servisse un nome per un bambino.
Sorridi.
Mi tiri a te.
Il cuore mi batte così forte che credo possa trapassare la carne.
Il bacio più bello che io abbia mai ricevuto in tutta la vita.
E' stato breve, ma così spontaneo che ho tremato.
Ho tremato insieme al pavimento, alla città, al pianeta.
Ho tremato insieme a te.



                                        ***
Lasciatemi un commentino per farmi capire che cosa ne pensate in modo che possa migliorarmi in qualche modo!
RINGRAZIO TUTTI QUELLI CHE HANNO SEGUITO ME E LE MIE STORIE, CHE LE HANNO RECENSITE E CHE MI HANNO FATTA SENTIRE CAPACE DI FARE QUALCOSA CHE AMO FARE.
Alla prossima FF :3

 

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