Cosa non si fa per amore

di Kairyporter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'invito ***
Capitolo 2: *** La festa ***
Capitolo 3: *** Priorità ***
Capitolo 4: *** Doccia Fredda ***
Capitolo 5: *** Cremisi ***



Capitolo 1
*** L'invito ***


Seduta alla scrivania, cercava di completare la fila chilometrica di scartoffie, inutilmente. La testa le doleva, gli occhi le bruciavano. Era seduta li dalla mattina e aveva completato solo due fascicoli. Sperava nell’arrivo di un nuovo caso. Almeno aveva la scusa di lasciare il “lavoro d’ufficio” per qualcosa di più eccitante. Anche se, probabilmente, la pila di documenti non poteva far altro che aumentare. Si massaggiò le tempie ed emise un lungo sospiro. Aveva ancora gli occhi fissi sul fascicolo quando sentì dei passi familiari.
Eccolo, puntuale come sempre!
“Buongiorno Agente Keen” Entrò con la solita grazia e posò il cappello sullo scaffale dell’entrata. Si guardò intorno, intrecciando le mani sul cappotto “Hai mai pensato di abbellire quest’ufficio? Dei fiori, un quadro, delle foto… Insomma passi qui la maggior parte del tempo, un tocco di colore non guasterebbe” Inclinò la testa di lato e rivolse alla ragazza un dolce sorriso
“Hai qualcosa per me?” Tagliò corto Liz continuando a smistare fascicoli
“Potrei essere passato per un semplice saluto, o per una cena. Da quanto tempo non mangi in maniera decente,?” Si sedette alla scrivania di Ressler, non distogliendo mai lo sguardo dal volto di Liz
“Sto bene così…” Rispose incrociando il suo sguardo “…grazie” sorrise in maniera ironica
“Non capisco questo tuo atteggiamento nei miei confronti, Lizzie.” Scosse la testa e incrociò le gambe per stare più comodo. “Non hai accettato l’appartamento per …beneficenza, diciamo così… ma che scusa hai per una cena? Voglio solo assicurarmi che tu sia in forze per la cattura del prossimo nome”
Liz sospirò sonoramente guardando Reddington negli occhi. Prima che potesse rispondere Aram si affacciò dalla porta
“Agente Keen! Ho qualcosa per lei” Il tono di voce era entusiasta e aveva in mano una busta bianca. Aveva gli occhi bassi e non si rese conto della presenza di Red finché non arrivò alla scrivania.
“Oh sig. Reddington… Ehm buongiorno, non sapevo fosse qui…”
Reddington gli rivolse un sorriso con un lieve accenno del capo
“Ho interrotto qualcosa?”
“No tranquillo Aram, stava solo… disturbando” rivolse un sorriso al collega distogliendo lo sguardo da Red. “Cos’è?”
“E’ l’invito alla festa di stasera. Il signor Connolly ha invitato tutti per festeggiare la promozione. Ci sarà tutta l’FBI, anche noi… E’ un modo per ringraziarlo per ciò che ha fatto con l’accusa d’omicidio e per quello che fa per tenere segreta la task force” Gli occhi di Aram andavano da Liz, che leggeva l’invito, a Reddington che aveva un’espressione incuriosita e un sorriso ironico. “E’ una festa elegante… Abiti formali… Insomma, gran classe” sorrise
“Grazie Aram. Direi…” Disse rivolta verso Red “Che questa non è una scusa. E’ un impegno ufficiale” gli rivolse un largo sorriso mentre sventolava la busta “Quindi se hai da darmi un nome…” 
“Sai Lizzie, non puoi dicerto andare ad una festa elegante con degli abiti semplici. Avranno sicuramente preso l’odore di quell’orrendo posto in cui vivi. E’ una festa importante… Conosco un sarto meraviglioso sulla…”
“No”
“Oh andiamo! Ti confezionerebbe un abito perfetto mettendo in risalto i tuoi occhi”
“Non posso permettermi un vestito sartoriale Red.”                                                                                                             
“Non hai accettato l’appartamento… Né la cena, Almeno accetta un abito”
“No”
Fissò Liz per qualche minuto, sostenendo il suo sguardo. Nessuno dei due voleva cedere. Fece una risata ironica, poggiò le mani sulla scrivania e si alzò
“Goditi la serata Agente Keen.” prese il cappello “Sono sicuro che sarai splendida” le rivolse un dolce sorriso. “Ciao Aram” e uscì dall’ufficio
Liz si rilassò appoggiandosi allo schienale. Gli aveva tenuto testa e stranamente lui non insistette tanto per programmare un’altra cena. Da quando gli aveva salvato la vita all’asta dei King, Red cercava in tutti i modi di sdebitarsi. E lei non voleva di certo questo. Aveva più volte cercato di allontanarsi da lui, ma qualcosa di lui, del loro rapporto o della loro connessione, l’aveva attirata come in una ragnatela. Avrebbe dovuto odiarlo, avrebbe dovuto tracciare una certa distanza tra loro. Ma era impossibile. Non sapeva bene cosa provava per quell’uomo. Ci teneva a lui. L’aveva detto apertamente.  Ma non riusciva a gestirlo. Reddington era un mistero. Sapeva chiaramente che voleva solo il fulcrum da lei, ma una minuscola parte del suo cuore continuava a ripeterle che c’era qualcosa di più sotto. Se avesse davvero voluto solo il fulcrum avrebbe già trovato il modo per prenderlo. Lei aveva tante domande e Reddington tutte le risposte che, in maniera criptica ed enigmatica, le avrebbe dato, forse.
Scosse la testa cercando di non pensarci. Avrebbe avuto un lungo pomeriggio. Doveva finire quei rapporti entro le sei del pomeriggio e Doveva trovare un abito da sera. Subito.
 
 
Ok! Bene, direi che questo mio primo tentativo non sia andato tanto male xD anche se rileggendo la storia credo di aver fatto un Reddington troppo simile a Tony Stark xD bè dai, almeno ci ho porvato. E’ una storia a capitoli che cercherò di aggiornare spesso. Di solito non scrivo mai storie lunghe perché non riesco mai a trovare una fine, ma questa volta credo che sia quella buona. Avevo questa storia in mente da settimane e stranamente ha anche un finale (il che mi meraviglia xD ) Detto questo ditemi che cosa ne pensate
Volevo ringraziare
Ilaria8, è merito suo se questa storia è iniziata.
Baci baci

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Capitolo 2
*** La festa ***


La ricerca era stata vana. Aveva passato mezzo pomeriggio nei centri commerciali ma quello che trovava era dozzinale. Di certo niente di adatto per una cena ufficiale. Alla fine riuscì a trovare solo un paio di scarpe che avrebbe abbinato all’abito rosso che usò per la missione sotto copertura all’ambasciata. Fu la prima volta che ballò con Reddington. L’aveva lasciato senza fiato. Il suo wow valeva più di mille complimenti e, lui era stupendo in smoking.
Parcheggiò la macchina sotto il suo appartamento. Avrebbe preso un taxi per andare alla festa. Inserì il codice nella porta ed entrò. Buttò distrattamente la borsa sul letto, la busta con le scarpe vicino al comò e iniziò a spogliarsi per entrare nella doccia quando vide una grande scatola con sopra un biglietto.
Ne avrai bisogno. Divertiti
Red
Alzò gli occhi al cielo e si sedette sul letto. Quell’uomo era incredibilmente testardo. Aprì la scatola, sollevò i lembi di tessuto che vi erano a protezione e rimase senza fiato.  Era un abito di raso, blu scuro, con un corpetto a pieghe. Il seno e la vita erano fasciati con una fila di sottili strass che facevano sembrare l’abito trapuntato di stelle. Posò l’abito con cura sul letto, osservandolo meravigliata.
Gli occhi di Liz brillavano, non aveva mai visto niente di più bello.  
 
La grande scalinata, ornata di teli di seta e fiori, conduceva direttamente alla sala. Liz si guardava intorno meravigliata e anche un po’ a disagio. Ovunque posasse lo sguardo c’erano uomini eleganti che si stringevano la mano accompagnati d’altrettante donne incipriate. Lo sguardo correva di tavolo in tavolo alla ricerca di un viso familiare. 
“Liz?” Una voce familiare la fece voltare
“Ressler!” Era felice di vedere un volto amico. Donald aveva un elegante completo nero e la guardava meravigliato
“Wow Keen! Sei meravigliosa!”
“Grazie” Considerava Donald un buon amico. Insieme ne avevano passate tante. Le offrì il braccio e insieme scesero il resto della scalinata.
“Liz! Ressler! Siamo qui” La voce di Aram echeggiò nella sala. Agitava la mano nella loro direzione per farsi notare. A fianco a lui c’era Samar in un elegante vestito rosso aderente. Cooper e sua moglie erano seduti allo stesso tavolo. Quando tutti presero posto Thomas Connolly andò sul palco.
“In primo luogo vorrei ringraziarvi tutti per essere qui. Aspettavo questo momento da tanto e sono felice che i miei più cari amici siano presenti oggi. Dai miei colleghi d’ufficio, all’FBI. Vorrei ringraziarvi uno ad uno, ma ci vorrebbe troppo tempo e so quanto siete affamati” Strappò una risata al pubblico “So che i discorsi sono lunghi, ma cercherò di essere più breve possibile. Se sono qui oggi è anche merito vostro e, prometto, che mi prenderò cura di ognuno di voi perché è questo che fanno gli amici, si aiutano nel momento del bisogno” Il suo sguardo correva sui vari tavoli “E ora, credo sia meglio iniziare il banchetto!”
Un grande applauso si alzò.
La serata passò tranquilla tra risate e piatti. Era bello poter stare tranquilli e parlare con quelli che ormai erano diventati i suoi amici. Non aveva nessuno se non loro, e Reddington ovviamente. Ma con lui doveva sempre stare attenta, sempre a cercare quella linea sottile tra la verità e la bugia. Doveva soppesare tutte le parole soprattutto quando raccontava le sue storie. I pesci, il tango milonga, il benefattore. Non capiva mai se stesse parlando del loro rapporto o se semplicemente si divertiva a far diventare matte le persone. Quella sera non c’era niente di criptico, solo una formale e divertente cena. Anche se erano lì per dovere. Probabilmente avrebbero tutti scelto una serata al cinese o una pizza in ufficio, per conoscersi meglio, che una cena in pompa magna. Aram era quello che parlava di più. Aveva praticamente raccontato tutta la sua vita in meno di un’ora.
La musica suonava dolcemente e le varie coppie si alzarono per aprire le danze. Aram fu il primo ad alzarsi e chiedere un ballo all’agente Navabi. Subito dopo gli seguirono Cooper e consorte, lasciando soli al tavolo Ressler e Liz.
“Vuoi ballare?”
“Preferirei di no, ho la pessima abitudine di condurre” prese un sorso di vino “ma credo che quella ragazza al tavolo di fronte ti abbia puntato. E’ tutta la serata che ti mangia con gli occhi” sorrise colpevole osservando Donald di sottecchi. “Io andrei a chiederle un ballo”
Lo sguardo di Ressler oscillava tra la ragazza e Liz. “Augurami buona fortuna Keen” Disse alzandosi e sistemandosi la giacca
“Buona fortuna” rispose alzando il calice del vino per poi posarlo sul tavolo e osservare il collega che si avvicinava alla ragazza.
“Ed ecco il membro più prezioso dell’FBI!” La voce di Connelly la fece sussultare. Si materializzò al suo fianco prendendo quello, che fino a qualche secondo fa, era il posto di Ressler.
“Buonasera signore, bel discorso”
“Oh grazie, non ho mai amato i discorsi lunghi, la soglia d’attenzione del pubblico è molto bassa. Preferisco essere chiaro e conciso.” Si sistemò meglio sulla sedia posizionando i gomiti sul tavolo e osservando le coppie danzanti. “Allora, come sta il suo informatore? Ha qualcosa di nuovo?”
“Ci darà il prossimo obbiettivo presto, sapeva della serata e non voleva rovinarla”
“Si, immagino. E’ strano che quell’uomo sappia sempre tutto, non trova?” Lo sguardo di Connolly era fisso su Liz “Non so se ha delle spie o dei… super poteri” fece una risata ironica che la fece rabbrividire “come si dice: in amore e in guerra tutto è lecito. Giusto Liz? E’ così che la chiamano gli amici immagino”
Liz si sentiva a disagio in quella situazione, ma si limitò a sorridere ed annuire
“Mi consideri suo amico…”
La mano di Connolly si alzò lentamente per andarsi a posizionare sull’avambraccio di Liz. Il suo sorriso aveva un’inclinazione macabra. Un agente in divisa si avvicinò al procuratore generale che retrasse immediatamente la mano, per sussurrargli all’orecchio.
“Buona continuazione Liz” si alzò e seguì l’uomo verso una delle stanze nascoste dalle tende.
Connolly non gli piaceva. Ma era amico di Cooper, se lui si fidava... Nonostante questo non riusciva a capire come, una persona come Harold Cooper potesse frequentare un individuo così avido e ambiguo come quell’uomo. I suoi discorsi facevano benissimo intendere che aveva secondi fini, non solo con gli “amici”. Voleva qualcosa da lei. O presumibilmente voleva qualcosa da Reddington visto quante volte aveva sottolineato il fatto che lei fosse preziosa alla squadra per questa … connessione.
La serata svolse al termine e finalmente gli agenti potettero tornare a casa. La serata era stata piacevole e nel ritorno al motel, in taxi, Liz poté finalmente togliersi le scarpe, quando il telefono squillò. Sul display comparve la familiare scritta Nick Pizza
“Keen”
“Passato una bella serata?” la voce di Red suonava rilassata
“Piacevole.” Rimasero pochi secondi in silenzio. Poteva sentire il suo respiro attraverso il telefono. Per un momento immaginò di averlo affianco. 
 “Grazie, il vestito è… bellissimo”
“Sono felice che ti sia piaciuto” dal tono si capiva benissimo che stava sorridendo “Era una serata importante, non potevo farti andare con un vestito qualsiasi Lizzie”
“Avrei ripiegato sull’abito rosso, quello della serata all’ambasciata…”
“Ah Lizzie!” una calda risata si espanse dal telefono
“Mi hai chiamato per il nostro prossimo obbiettivo o solo per crogiolarti del fatto che abbia accettato il tuo dono?”
“Lizzie per una volta, non pensare al lavoro” la rimproverò con voce bassa e suadente “Volevo assicurarmi che la serata fosse andata bene e, inoltre non avevo dubbi sul fatto che l’avresti indossato. L’ho scelto basandomi sui tuoi gusti…”
“Ottima scelta”
“Potrai ringraziarmi domattina, passerò dall’ufficio postale. Prendo un caffè nero se vuoi saperlo. Buonanotte Lizzie”
“Buonanotte Red”
Solo dopo aver chiuso la chiamata si rese conto che aveva sorriso per tutto il tempo. Quell’uomo aveva uno strano effetto su di lei. Avevano una certa chimica, inutile negarlo. Se ne erano accorti tutti a lavoro. E forse, anche lei iniziava a rendersene conto.
 
 
 
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Scusate il ritardo! L’avevo pronta già da un po’ ma tra le vacanze di pasqua e il pc che mi ha momentaneamente lasciato, ho avuto un po’ di problemi nell’aggiornare. Sorry! Fatemi sapere tutto ciò che pensate ;)
Baci baci

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Capitolo 3
*** Priorità ***


Erano le tre di notte quando tornò a casa. Aveva i piedi a pezzi. L’unica cosa che voleva era mettersi a letto e dormire almeno 12 ore.
Salì faticosamente le scale che conducevano all’appartamento, prese la chiave magnetica aprì la porta. Ebbe solo il tempo di entrare che qualcuno le arrivò alle spalle serrandole la bocca. Cercò di urlare e scalciare ma il suo corpo non rispondeva più ai suoi comandi. Lentamente le forze l’abbandonarono e tutto intorno divenne buio.
 
Red era comodamente seduto su una poltrona a sorseggiare un costoso whisky godendo del calore del fuoco, immerso nei suoi pensieri. La immaginava alla festa, con i suoi colleghi, a sorseggiare vino e regalare a tutti quel suo bellissimo sorriso. Aveva resistito all’impulso di farsi trovare davanti al motel, per vederla, anche solo per un istante. Era certo che sarebbe stata splendida. Lei era sempre bellissima. Ma ci volle tutto il suo autocontrollo, nonché l’aiuto di Dembe, per non presentarsi alla festa. Per poter essere, ancora una volta, il suo cavaliere e poter danzare come quella volta, lasciando che quel sorriso cancellasse tutti i pensieri che l’opprimevano. Bevve un altro sorso di whisky e si grattò distrattamente la testa.
Il telefono, poggiato sul tavolino, lo invitava. Lo prese, compose il numero, che ormai conosceva a memoria, e fissava lo schermo senza mai avere il coraggio di alzare la cornetta. Le aveva parlato non meno di 10 minuti fa, ma voleva continuare a sentirla. Le 3:05. Posò il telefono sul tavolo e finì il drink in un solo sorso. Sarebbe andato da lei l’indomani per il prossimo obbiettivo. Spense il fuoco e andò nella camera da letto.
 
Segreteria telefonica. Strano, a quest’ora ha sempre il telefono acceso. Erano ormai vicino all’ufficio postale, non sapeva perché l’avesse chiamata. Un gesto istintivo, naturale. Il fatto che non rispose lo mise in agitazione. Di solito non rispondeva perché era arrabbiata con lui, il che accadeva spesso, ma l’altra sera avevano avuto una piacevole conversazione, era felice, non arrabbiata. Allora perché non alzava quella maledetta cornetta? Scese dalla macchina, cappello in testa, dritto verso l’ascensore.
L’ufficio postale era sempre affollato. Agenti pieni di fogli che correvano da una parte all’altra cercando di risolvere casi il più in fretta possibile. Dopo tutto quel tempo la scena non era cambiata. Aram al computer con Samar, Ressler nel suo ufficio. Mancava solo l’agente Keen.
“Ciao Aram” si avvicinò sorridendo, la testa leggermente inclinata
“Signor Reddington… Salve… se cerca l’agente Keen non è ancora arrivata”
“Vorrà dire che aspetterò nel suo ufficio” Guardò l’orologio. 9:10. E’ in ritardo…Non è mai in ritardo… Si diresse verso l’ufficio. Ressler era seduto alla sua scrivania che trascriveva rapporti sul pc.
“Donald!” Poggiò una mano sulla sua spalla facendolo sussultare “Allora com’è andata la festa?” si avvicinò alla scrivania e prese posto sulla sedia di Liz, togliendosi il cappello e poggiandolo sul tavolo.
Ressler non tolse gli occhi dai suoi rapporti continuando a trascriverli.
“Bene”
“Ah le feste aziendali. L’ultima volta che sono stato ad una festa simile è stato nell’87, per l’inaugurazione i una nuova portaerei. Fu un disastro! Sembrava di stare allo zoo. Gente ubriaca che andava in giro come scimmie urlatrici in una gabbia. Colpa dell’open bar a mio parere. Mai offrire dell’alcool gratis a dei marines, va sempre a finire male…” fece una bassa risata e scosse la testa “Bei tempi”
“Reddington, sto cercando di lavorare. E poi tu non parli solo con Keen?” Alzò gli occhi dai fogli per fissare l’orologio al muro. “Che a proposito è in ritardo…” ritornò a fissare i documenti
“Donald! Hai passato 5 anni a cercarmi, pensavo che ti avrebbe fatto piacere una chiacchierata tra cacciatore e preda…”
“Non credevo mi considerassi un cacciatore…” Aggiunse meravigliato alzando le sopracciglia.
Red emise una bassa risata e scosse la testa “la tua intelligenza mi stupisce sempre…”
Donald emise un suono seccato prendendo il telefono dalla tasta della giacca
“Chiamo Liz, così puoi scocciare qualcun altro. Sono convinto che si sbrigherà se sai che sei qui”
Reddington nell’attesa iniziò a girare sulla sedia, le labbra arricciate e gli occhi che scorrevano registrando i dettagli dell’ufficio. Continuava a essere dell’idea che la stanza avesse bisogno di un tocco personale. Dopo alcuni minuti di silenzio fissò di nuovo l’agente che aveva ancora il telefono attaccato all’orecchio.
“Non risponde?”
“No. Ma il telefono squilla. Provo tra 10 minuti.”
“Magari ha lasciato il telefono in borsa” L’agente Navabi si affacciò sulla porta. “Quando torni a casa dopo una festa l’ultima cosa che pensi è prendere il telefono.” Guardava Reddington sorridente “a proposito, bello il vestito di Liz. Versace?”
“Armani”
Lo sguardo di Donald rimbalzava da Samar all’espressione compiaciuta di Red.
“Le hai comprato un vestito?”
“Don, l’agente Keen è troppo presa dal lavoro per andare in giro in cerca di un abito da sera adeguato. Le ho solo fatto risparmiare del tempo prezioso.” Annuì energicamente, la testa inclinata
Ressler fissò Red per un lungo momento, cercando di capire se stesse scherzando o se lo stesse semplicemente prendendo in giro.
Notando l’espressione perplessa dell’agente, continuò. “La prossima volta che dovrai andare ad una festa prenderò un abito anche per te... Personalmente ti vedrei più con un completo che con uno smoking, ma i gusti sono gusti…”
Prima che potesse rispondere il telefono di Ressler squillò.
“E’ Liz.” Prese il telefono e impostò il vivavoce. “Ehi Keen, stavamo iniziando a preoccuparci, Reddington è già qui per il prossimo nome”
Dall’altra parte del telefono si sentiva solo leggero rumore metallico.
“Keen? Ci sei?”
Liz al momento non può rispondere” Una voce maschile risuonò dall’altro capo della cornetta.
 
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Le cose inizieranno a farsi interessanti (spero). Ho cercato di riprodurre quelle ridicole storielle che racconta Red in ogni puntata (che personalmente adoro). Quando riuscirò a scrivere una storia “alla Reddington” allora sarò consapevole del fatto che la mia sanità mentale sia stata del tutto compromessa xD stare 2 settimane senza Red nuoce gravemente alla mia salute xD ma almeno avrò il tempo di scrivere la storia senza essere influenzata dalle puntate (ogni volta che guardo un nuovo episodio cambio la storia >_< che stress!) Commentate e fatemi sapere che ne pensate.
Baci Baci

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Capitolo 4
*** Doccia Fredda ***


C’era un forte odore stagnante, ovunque si trovasse. Muffa, umido e ruggine. Quando aprì gli occhi la stanza era nella penombra. Si portò la mano alla testa e un suono metallico accompagnò quel gesto. Attorno al polso c’era una lunga catena arrugginita, fissata al muro, dietro di lei. Il polso le doleva, come tutto il resto del corpo. Strattonò il braccio per capire se poteva liberarsi da quella morsa. La presa sul polso era salda.  Impossibili da sfilare
“Orribile, non è vero?” Un uomo era appoggiato al muro, dalla parte opposta della stanza. Il volto e parte del busto erano nell’ombra, il resto illuminati da una fioca luce, ma riconobbe subito la sua voce. Tom.
“Ora puoi immaginare cosa mi hai fatto passare su quella barca per quattro mesi, tesoro.”
Strizzò gli occhi cercando di mettere a fuoco il più possibile.
“Bè” Cercò di farsi coraggio “io ti tenevo chiuso lì per un motivo. La tua scusa qual è?”
“Tranquilla Liz, non voglio farti del male”
 “Davvero?” disse con una risata ironica “La situazione mi fa pensare il contrario” disse muovendo i polsi per far tintinnare la catena “Se non vuoi farmi del male, perché sono qui?”
“Reddington ha fatto saltare la mia copertura, lo sai? Ho dovuto rimediare al casino che hanno fatto lui e il boyscout. Sono dovuto scappare, volevano uccidermi. I tedeschi, il maggiore, tutti quelli per cui lavoravo! Poi ho trovato un... come posso dire” si allontanò lentamente dal muro. Mentre avanzava Liz studiò attentamente il suo viso. Era diverso dall’uomo che aveva sposato. Aveva i capelli rasati, il viso scarno, lo sguardo da psicopatico e si intravedevano dei segni scuri sul collo. Non riusciva a capire se erano lividi o tatuaggi. “…Un nuovo ingaggio”
“E il tuo nuovo ingaggio vuole che mi tieni segregata in una specie di…” si guardò intorno. C’erano scatoloni ammassati negli angoli, degli scaffali in metallo, ormai arrugginiti, da un lato della stanza. Vicino al posto in cui prima era appoggiato Tom c’erano delle scale. “Cantina… per cosa, esattamente?”
“Riconciliazione” le sue labbra si inclinarono in un sorriso
“Riconciliazione?” Aggrottò la fronte
Il suo telefono squillò improvvisamente. Era poggiato su uno degli scaffali. Tom si avvicinò “Nick’s Pizza? Perché la pizzeria ti sta chiamando?” Girò la testa verso Liz.  Aveva l’espressione corrugata, incuriosita.
Dio ti ringrazio!  Tempismo perfetto.
Alzò le spalle “Non lo so. Forse ho dimenticato di dare la mancia al ragazzo delle consegne”
Tom fissò lo schermo del telefono, che continuava a squillare. Emise una bassa risata “Non ci credo! E’ così che lo hai nominato? In modo che nessuno potesse sapere?”
“Non capisco di cosa stai parlando”
“Oh, andiamo Liz, mi credi davvero così stupido? Reddington. Sappiamo entrambi che è lui. Nick’s Pizza? Sul serio? Potevi scrivere sociopatico bugiardo
“Quel nome è già occupato…” sorrise beffarda
Il telefono smise di squillare e Liz emise un sospiro. Conoscendo Red avrebbe chiamato più volte. Era abbastanza prevedibile quando cercava di contattarla.
Tom armeggiò con il suo telefono e lo posò nuovamente.
“Non sono io il bugiardo della situazione”
“Mi hai mentito per tutto il tempo. La mia vita, la nostra vita, era una farsa. Come la chiami se non colossale bugia?!”
“Reddington è un bugiardo, Liz” Si avvicinò a lei, sedendosi sulle ginocchia per avere un contatto visivo.
“Bè, non quanto te. Da quando lo conosco ha fatto di tutto, ha ucciso, rapito, ma non mi ha mai mentito.”
“Ti fidi di lui? Sei così ceca da non vedere?”
“Vedere cosa?”
“Non sono stato assunto da Berlino… Ma da Reddigton”
Fu come se un’improvvisa ondata di gelo fosse scesa su di lei. Non riusciva a capire se Tom le stesse mentendo o se stesse dicendo la verità. Red non le aveva mai mentito, ma più di una volta aveva omesso importanti informazioni. A suo dire per proteggerla.  E ora il suo ex-sociopatico bugiardo patologico- marito le diceva questo?
“No… non è vero” Scosse la testa. Non poteva crederci. No, lui non l’avrebbe mai tradita
“Reddington mi ha assunto, prima di Berlino. Dovevo tenerti d’occhio, come un amico. Poi ho avuto un’offerta migliore. Avevo capito che eri innamorata di me, così ho sfruttato la cosa. Ho lasciato Reddington per Berlino. Voleva che entrassi più a fondo nella tua vita, voleva Reddington. Sapevo che prima o poi si sarebbe fatto vivo, e così è stato. Dopo quei quattro mesi sulla barca e la promessa che lo avrei portato da Berlino, Reddigton mi ha dato i passaporti per andarmene. L’unica condizione era che non dovevo mai più vederti. Così ho fatto, fino a quando lui non è venuto da me, per l’accusa d’omicidio. Non potevo lasciarti in quella situazione. Non me lo sarei mai perdonato. Per questo sono tornato. Per salvarti.” La guardava negli occhi, voleva che lei credesse a ogni parola, che ascoltasse attentamente tutta la storia.  “Ma poi ho capito, quando ti ho visto in quell’aula, che ti avevo persa, che non eri più…mia. L’ho letto nei tuoi occhi. Nei tuoi gesti.  Dovevo andarmene, era troppo pericoloso rimanere con tanta gente che mi voleva morto. Fino a quando non sono stato reclutato di nuovo. E …” Si grattò la testa, ridendo “non puoi neanche immaginare la sorpresa! Era un lavoro semplice, dovevo solo prenderti e portarti qui, senza toccarti. In cambio sarei scomparso per sempre da tutti i radar. Era un’occasione da non perdere e … l’ho colta” Quando finì aveva un grosso sorriso sulle labbra. Si sentiva un bravo soldato per aver fatto ciò che doveva.
Liz era pietrificata. Troppe notizie nel giro di così poco tempo non fecero che aumentare il suo dolore alla testa. Continuava a guardarlo incapace di muoversi. L’unica cosa che poteva pensare era che Reddington, l’uomo di cui si fidava, a cui teneva, l’aveva tradita. Le lacrime di rabbia iniziarono a salire e inumidirle gli occhi. Avrebbe voluto che tutto finisse. Avrebbe voluto sbattergli in faccia il fulcrum per farlo andare via. Avrebbe dovuto darglielo tempo fa, si sarebbe risparmiata quel dolore.
Una serie di rumori provenienti dal piano superiore la destarono dai suoi pensieri. Tom si alzò, la pistola stretta in mano. Si mosse lentamente verso le scale, l’arma tesa, iniziò ad avanzare verso la porta. Anche Liz si alzò lentamente appoggiandosi al muro. La droga era ancora in circolo e il suo equilibrio era precario.
Non appena la porta di aprì, cercò di captare più voci e suoni possibili. Cercava un suono familiare. Qualcosa a cui aggrapparsi. Nonostante tutto ciò che gli aveva rivelato Tom, voleva sentire solo la sua voce, bassa, roca, profonda. Smettila! Stupida idiota! Non ora. Non potrebbe comunque, come potrebbe sapere dove sei?  Scosse la testa e chiuse gli occhi concentrandosi. La porta si spalancò e Tom ritornò giù trionfante, insieme ad altri uomini.
“Come dicevo Liz, il mio ingaggio è qualcuno che non puoi neanche immaginare!” Si spostò di lato per far passare un uomo, in un completo, sulla quarantina. Aveva i capelli neri pettinati all’indietro, la schiena dritta gli dava un’aria nobile e fiera. Avanzò lentamente verso Liz, squadrandola da cima a fondo. Aveva grandi occhi verde chiaro e un enorme sorriso che non addolcì i lineamenti del volto duro. Mentre avanzava il telefono di Liz cominciò a vibrare.  
“Jonas” L’uomo dagli occhi verdi aveva un forte accento britannico. “Rispondi per favore, e di loro, chiunque essi siano, che Miss Keen non può rispondere al momento” Continuava a tenere gli occhi fissi su di lei. In particolare fissava la sua cicatrice sul polso.
La guardia annuì prendendo il telefono, Liz fissò l’uomo cercando di captare la voce dall’altra parte.
“Liz al momento non può rispondere”
“Miss” l’uomo con il completo attirò la sua attenzione, fece lieve inchino “Mi scuso per come è stata trattata, ma era di vitale importanza che lei non scappasse. Vede, sono stato personalmente incaricato di portarla da suo padre”
 
 
 
 
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Scusate il ritardo! Non uccidetemi vi prego! Ho passato tanto tempo a cercare di rivedere, aggiustare, restaurare la storia e le settimane di pausa non mi hanno agevolato come pensavo xD al contrario mi hanno fatto uscire di testa con spoiler e teorie assurde xD In compenso ho fatto un capitolo piuttosto lungo per farmi perdonare! Fatemi sapere che ne pensate! Critiche costruttive le accetto sempre!
Baci baci!

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Capitolo 5
*** Cremisi ***


Nonostante la chiamata fosse stata breve, Aram era riuscito a rintracciare il luogo in cui si trovava l’agente Keen. Il telefono di Liz si era agganciato ad una cellula nei pressi della periferia di DC. Un misto di case, isolate e fatiscenti in uno dei quartieri più malfamati. Quei quartieri, così tanto abituati alla violenza, che non badavano a quanti colpi venivano sparati o se una ragazza veniva trascinata con forza in una bettola.

Mentre Dembe correva a tutta velocità, zigzagando nel traffico, Red rifletteva sulla breve chiamata. Metteva in rassegna tutti i toni di voci possibili per ottenere un riscontro. Non c’era nessun accento particolare. Quindi l’uomo al telefono doveva essere americano. Il suono metallico. Ecco quello era un problema. Poteva significare molte cose ma nonostante le possibilità lui non faceva altro che immaginare Lizzie, la sua Lizzie, in catene, in un luogo buio. La mente gli giocava brutti scherzi e non riusciva a pensare con lucidità. Tutto ciò che vedeva erano immagini del corpo senza vita di Liz. E lui non avrebbe potuto fare nulla.

Chiuse gli occhi massaggiandoli con le dita. Doveva rilassarsi e riflettere. Non perdeva mai la concentrazione e farlo ora significava mettere in serio pericolo la vita della donna che amava.

Donald era dietro di loro, le sirene spiegate, pronti per un salvataggio. Si fermarono nel luogo indicato. Era una villetta gialla, con un giardino arido e un cancelletto arrugginito. I vetri delle finestre erano rotte o sbarrate con assi provvisori. Tutta la facciata era ricoperta di graffiti e disegni. La porta d’ingresso aveva il legno scorticato e il grande rosone, al centro della porta, era ormai privo di vetro. Scesero di corsa dalla macchina. Con la pistola in pugno, lui e
Dembe avanzarono verso la porta principale.
Non c’erano guardie o macchine in vista.
Fece un leggero movimento con il capo e Dembe si avvicinò alla porta
“E’ aperta” la porta si aprì cigolante
Brutto segno. Chiuse gli occhi per cercare di scacciare quei brutti pensieri, inspirò profondamente e fece un cenno a Dembe, che entrò nella villa.

La casa regnava nel più totale silenzio. Ragnatele, buchi e un intenso odore di muffa. Sulla sinistra c’erano delle vecchie scale ricoperte con moquette ammuffita. Il legno scricchiolava ad ogni passo.
“Io controllo sopra” La voce di Ressler era più che un sussurro
Red e Dembe avanzarono lentamente, controllando attentamente ogni angolo e dettaglio. Pronti a captare ogni suono. Avrebbe voluto chiamarla, urlare il suo nome nella speranza che lei avesse risposto che stava bene. Ma la paura lo bloccava. Era un codardo quando si trattava di Elizabeth.  Controllarono rapidamente le stanze senza trovare niente se non mobili rotti e insetti.

Odiava il pensiero che lei fosse stata qui. In mezzo a questo marciume. Improvvisamente si ricordò della barca. L’unica persona al mondo che avrebbe potuto farle una cosa del genere era Tom. Avrebbe dovuto sparagli invece che lasciarlo libero. Non ha portato altro che guai.
Non c’era traccia di lei. Le stanze erano vuote e i mobili che erano presenti erano a pezzi, non c’erano segni evidenti di lotta. Chiunque l’avesse portata lì non aveva lasciato tracce. Si diressero verso la cucina, in attesa che Donald portasse notizie dal piano superiore.
Reddington si avvicinò ad una delle finestre rotte che davano sul cortile interno. C’erano delle giostrine per bambini, un altalena arrugginita che dondolava mossa dal vento. Il cielo plumbeo non migliorava la visione di quella scena inquietante.
“Raymond!”  Dembe attirò la sua attenzione, aveva la pisola puntata su una parte di parete nel soggiorno. Era ricoperta di carta da parati ingiallita e strappata in diversi punti.
Red si avvicinò al suo amico che continuava a tenere la pistola tesa. Con un movimento dell’arma indicò la parte inferiore della parete. C’era un piccolo spazio. Reddington si avvicinò sfiorando la carta da parati, e busso. Il suono era vuoto
 “E’ una porta?” La voce di Ressler arrivò alle loro spalle
Reddington gli lanciò un occhiata di sottecchi. In un’occasione diversa, probabilmente, si sarebbe complimentato con Ressler per la sua arguzia. Ma in quel momento la sua mente era del tutto vuota. Impugnò più saldamente la pistola mentre Dembe apriva la porta nascosta.
Riusciva a vedere solo i primi gradini di una scala in cemento.
Respirò profondamente e iniziò a scendere. C’erano degli odori pungenti che non riuscì a riconoscere. La visuale era bloccata da degli scaffali. Dembe tirò la cordicella della lampadina, appesa a metà scalinata.
Appena la luce invase la stanza Red riconobbe uno degli odori. Sangue. Tutta la stanza era ricoperta di sangue. Gli schizzi ricoprivano la parete difronte le scale e dei segni di trascinamento segnavano l’intera stanza
Seguirono con gli occhi la striscia di sangue fino a trovarne la fonte. Vicino ad una delle pareti c’era una sagoma, appoggiata al muro, coperta da un lenzuolo bianco.
Ressler avanzò lentamente verso la figura, seduta sul cemento.  Avvicinò piano la mano all’estremità del lenzuolo. Prima di tirarlo guardò Reddington in attesa. Aveva gli occhi fissi sulla figura bianca senza osservarla realmente. La mascella serrata e un leggero tic sotto l’occhio. Si scambiarono uno sguardo intenso, pieno di pensieri nascosti e dubbi. Fece un leggero cenno con il capo.
Donald serrò la preso sul lenzuolo, chiuse gli occhi e tirò. Non si rese conto che stavano trattenendo il fiato fino a quando non sentì loro tirare un sospiro di sollievo.
Tom era legato a delle catene, gli occhi vitrei e un foro in testa. Sospirando Ressler si avvicinò a Reddington che continuava a fissare l’uomo, con la fronte corrugata.
“Qualche idea?”
“Ci sono poche cose che mi sorprendono Donald, avevo pensato ad ogni possibile situazione… Ma questa” disse indicando con la mano l’intera figura dell’uomo “…questa proprio non me l’aspettavo” scuoteva la testa inclinandola leggermente di lato. Continuava a squadrare Tom, riorganizzando le idee. “Chiama Aram, magari può dirci se il telefono dell’agente Keen si è agganciato a qualche altra cellula.”
Ressler annuì prendendo il telefono “Non credo che possa aiutarci” Prese da uno degli scaffali il telefono di Liz e lo mostrò ai due uomini.
Reddington fissava il telefono, la testa inclinata. Red era concentrato, Ressler avrebbe potuto facilmente vedere gli ingranaggi che giravano nella sua testa. Come destato dai suoi pensieri, Red iniziò ad annuire “Sembrava troppo semplice.”
Le cose si stavano complicando. Se Tom Keen era stato ucciso allora c’era qualcosa di più grande in ballo. Aveva conosciuto Tom, sapeva come agiva, lo aveva assunto. Era meticoloso e prudente.
 Si avvicinò al cadavere, cercando qualche indizio, uno qualsiasi, per capire quale nemico avessero di fronte. Mentre frugava tra le tasche Dembe gli toccò la spalla.
“Sicuramente sta bene. L’agente Keen è intelligente, troverà il modo per farsi trovare.”
Sapeva cosa stava provando in quel momento, e gli era grato per essergli sempre vicino. Dembe si chinò al suo fianco, per aiutarlo a cercare.
“Credo di aver trovato qualcosa” In una delle tasche, appallottolato, c’era un foglio di carta.
Red lo aprì attentamente facendo attenzione a non strapparlo.
“Cos’è?” Ressler si avvicinò loro cercando di vedere meglio l’oggetto che Reddington aveva. “Un foglio bianco?”
“Dimmi la verità Donald, l’FBI ti paga per dire ovvietà tutto il giorno?” Rigirava il pezzo di carta tra le mani, lisciandolo e guardandolo attentamente per poi avvicinarlo alla luce della lampadina. “Ah, ecco! Molto spesso devi guardare più attentamente piuttosto che fermarti alla prima occhiata. Questo foglio nasconde più di quanto credi.”
Prendendo una matita, posta nella tasca del panciotto, iniziò a colorare la pagina.
Dal foglio iniziarono a venire fuori delle scritte.
521 WDCS
“Che diavolo significa?”
“Tom Keen aveva l’abitudine di… Portare delle tracce, mettiamola così… in modo che solo i suoi uomini potessero identificare o decodificare determinati messaggi.”
“Quindi si sentiva minacciato?”
“Non credo, penso che fosse più un abitudine. Ma questo ci aiuterà a capire dove si trova l’agente Keen”
Reddington continuava a fissare i numeri scritti sul foglio. Cercava di riflettere sul loro significato ma, ogni volta che cercava di concentrarsi, le immagini di Lizzie lo distraevano. Emise un profondo sospiro e si grattò distrattamente la testa. “Credo di conoscere qualcuno abbastanza intelligente da poterlo decifrare.”
“Aram non conosce la criptografia”
“Haskell”
“Haskell? Il poliglotta?”
“Vedi Donald, sei un agente discreto, se ti applichi! Potresti anche raggiungere la sufficienza se ti impegnassi un po’ di più.” Gli rivolse un grande sorriso mentre consegnava il foglio a Dembe. “Troviamo Haskell e troveremo l’agente Keen”


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 Sapendo che stanotte andrà in onda il finale di stagione di Blacklist (non sono preparata psicologicamente per questo)  ho pensato che pubblicarla adesso avrebbe fatto bene (relativamente) ad anime in pena come la mia xD avevo pronto uil capitolo da un po’, esattamente come gli altri xD ma tra una cosa e l’altra mi sono completamente scordata di aggiornare. Mea culpa, Fatemi sapere cosa ne pensate.
Detto questo buona visione per l’ultima puntata *dontfuckingcry* e ci si legge in giro :) Baci baci

PS: come ho detto in precedenza questa è una FF Lizzington, quindi nella mia mente (malata e perversa) c’è una probabile storia d’amore tra Lizzie e Red che spero ,con tutto il cuore, che arrivi presto. 

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