Le follie del Dolce Amoris

di Greeilinn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alexy e Rosalya - prima parte ***
Capitolo 2: *** Dake e Aghata ***
Capitolo 3: *** Boris e la direttrice ***
Capitolo 4: *** Leigh e Ambra ***
Capitolo 5: *** Kentin e Ambra ***
Capitolo 6: *** Castiel e Iris ***
Capitolo 7: *** Dajan e Laeti ***
Capitolo 8: *** Alexy e Rosalya - seconda parte ***
Capitolo 9: *** Castiel e Aishilinn ***
Capitolo 10: *** Lysandre e Kim ***
Capitolo 11: *** Faraize e Violette ***
Capitolo 12: *** Boris e Greeicyel ***



Capitolo 1
*** Alexy e Rosalya - prima parte ***





LE FOLLIE DEL DOLCE AMORIS







PRESENTAZIONE


Chiunque si addentri in questa raccolta ha il sacrosanto diritto di essere informato su ciò che si appresta a leggere.
   Anzitutto, facciamo una doverosa presentazione di noi autrici. Sì, siamo in due e condividiamo questo account comune; in realtà, sotto al nick di Greeilinn si nascondono due utenti di Dolce Flirt: Greeicyel e Aishilinn.
   In cosa consiste questa raccolta? In una serie di flashfic e one shot in cui prendiamo in esame due personaggi per volta, in un luogo ben preciso e intenti ad un’azione specifica. Tutto ciò è un esperimento. No, non è vero, è solo il frutto di un pomeriggio di totale cazzeggio fra noi due, durante il quale Greeicyel ha avuto la geniale idea di proporre ad Aishilinn un giochino delle medie (credo) e lei, mente eccelsa, ha subito accettato. Il giochino prevedeva di sorteggiare (tramite un procedimento diverso dai classici bigliettini) personaggi maschili, personaggi femminili (tra i quali troverete le nostre Dolcette), luoghi e azioni a casaccio, e di assemblarli insieme. Alcuni risultati sono stati spassosi da morire, altri simpatici, altri ancora ci hanno spezzato il cuore (capirete in seguito il perché).
   Finito il gioco, benché Aishilinn si fosse inizialmente proposta di disegnare a mo’ di vignette le scene più divertenti, alla fine si è rimangiata la parola e ha voluto scriverci su. Manco a dirlo, l’impavida Greeicyel l’ha seguita a ruota, sfidando la sorte e la difficoltà di alcune situazioni assai improbabili e/o ridicole.
   Aggiungiamo a tutto questo che, per coerenza e per rendere il tutto più divertente, ci siamo poste come obiettivo quello di mantenere ugualmente IC i personaggi, cercando di rendere il più realistiche possibili le frasi che abbiamo sorteggiato (e che troverete in calce ad ogni storia). Starà a voi lettori, se vi va, dirci se siamo riuscite nell’impresa.
   Da parte nostra, vi auguriamo buona lettura e, speriamo, buon divertimento!

Greeicyel e Shainareth Aishilinn












ALEXY E ROSALYA – prima parte




«Entra, entra!» iniziò Alexy in tono allegro, quando varcò la soglia di casa con Rosalya. Avevano passato il pomeriggio insieme al centro commerciale, e poiché non si erano accorti dello scorrere del tempo, Alexy aveva deciso di invitare l’amica da lui, così che potessero cenare insieme prima di riaccompagnarla a casa.
   «Con permesso, allora.» Rosalya entrò e subito si guardò attorno con occhi curiosi. «Ma che bella casa!» L’altro le sorrise con gratitudine. «I tuoi?»
   «Stasera dovevano uscire con degli amici, mentre Armin aveva non so che tipo di impegno», spiegò, guidandola all’interno dell’appartamento.
   «Un appuntamento?» chiese la ragazza in tono curioso e pettegolo.
   Alexy scosse le spalle. «Non ne ho idea, non me l’ha voluto dire.»
   Notando il suo cipiglio scontento, Rosalya gli diede il gomito. «Quindi saremo da soli?»
   «Così pare», rispose lui, inarcando un sopracciglio.
   La sua amica assottigliò gli occhi in due fessure, sfarfallando le lunghe ciglia scure. «Sai che vuol dire, questo?»
   Sul volto di Alexy si dipinse un sorriso assai malizioso. «Certo che lo so…»
   Si presero per mano, si scambiarono un ultimo sguardo complice e, ridendo come bambini, si fiondarono in camera di Armin per mettergli a soqquadro l’armadio e riorganizzargli l’intero guardaroba.

Alexy porta a cena Rosalya a casa di lui.






Shot scritta da Shainareth/Aishilinn.





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Capitolo 2
*** Dake e Aghata ***





DAKE E AGHATA




Nonostante l’ennesimo due di picche ricevuto da quella ragazzina che proprio non voleva saperne di lui, si era convinto di aver fatto bene a seguire suo zio in quella gita che il Dolce Amoris aveva organizzato a Parigi. Per lo meno, aveva avuto la fortuna di incontrare una simile bellezza. Un po’ eccentrica, forse, con quell’abbigliamento sui generis, ma di sicuro sarebbe stato soddisfacente riuscire a combinarci qualcosa insieme.
   «Questa rosa, confronto a te, è un insulto alla bellezza.» Dake non era mai stato bravo con le frasi romantiche, tuttavia sperava che il suo sguardo da predatore e il suo sorriso da seduttore potessero fare il suo gioco, lasciando intuire a quella splendida pupa dove volesse andare a parare.
   Lei inarcò entrambe le sopracciglia, fissandolo con curiosità. Bene, pensò il giovane con soddisfazione, la vedo interessata. Le porse la rosa che aveva comprato da un fioraio non distante dal punto di ritrovo in cui tutti gli studenti si erano radunati per consumare il pranzo a sacco, e lei esitò.
   «Non dovresti aver paura», la rassicurò lui con voce suadente, «non mordo mica.» Almeno per ora, se la rise sotto ai baffi, squadrando con sfacciataggine il generoso decolleté della sua nuova preda. Non aveva niente a che vedere con quello acerbo delle ragazzine che suo zio si era portato appresso. Inoltre, chissà quanto doveva essere esperta, lei!
   «Me la regali?» si sentì domandare.
   Ormai sicuro di averla irretita col proprio fascino, Dake sfoderò il migliore dei suoi sorrisi. «Ma certamente, mia fata.»
   «Beh, grazie!» Aghata afferrò la rosa e, divincolandosi dal braccio che lui nel frattempo le aveva messo attorno alle spalle, piroettò con eleganza in direzione degli studenti, lasciando il povero ragazzo con un palmo di naso. «Amore della zia, guarda cosa ti regalo oggi!»

Dake, in gita scolastica, regala dei fiori alla zia fata.







Shot scritta da Shainareth/Aishilinn.





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Capitolo 3
*** Boris e la direttrice ***





BORIS E LA DIRETTRICE




Ho sempre amato le altezze. Non a caso faccio il professore di educazione fisica al liceo Dolce Amoris. Faccio sgobbare i miei allievi come muli. La mia disciplina preferita è sicuramente il salto in alto. Avete indovinato, io sono Boris. Non sto simpatico a tutti, ma pazienza. Spesso vengo giudicato un pervertito per colpa delle marachelle che combina mio nipote Dake. Ma bando alle ciance.
   «Signorina Shermansky, ha visto quanto è alto quel grattacielo?»
   «Oh sì, ma più lo guardo e più penso che se mi trovassi lì sopra, morirei di paura!»
   «E invece seconde me sarebbe bellissimo!»
   I suoi occhi trasmettevano un certo disaccordo.
   «Ma sì! Pensi, potrebbe ammirare tutto il panorama da quell’altezza lì!»
   «Sarà... ma non ci tengo proprio!»
   A quel punto, mi sorse spontaneo porle una domanda. «Mi dica, ha paura delle altezze?»
   «Ebbene sì.»
   «Ma bisogna superare le proprie paure! Lo dico sempre ai miei alunni.»
   Non ricevetti risposta.
   «Venga con me!» Presi la direttrice per un braccio e, ignorando le sue opposizioni, la portai nell’ascensore che conduceva in cima al grattacielo.
   «Boris, ma come si è permesso?!» Era davvero arrabbiata.
   «Si fidi di me, signorina Shermansky.»
   Una volta giunti a destinazione, la presi in braccio e, tenendola tra le mie possenti braccia, cercai di farle ammirare il panorama. Invano, poiché mi gridava contro.
   «Boris, si consideri licenziato!»

Boris prende in braccio la direttrice in cima a un grattacielo.






Shot scritta da Greeicyel.











Ci siamo rese conto che nella presentazione alla raccolta non abbiamo precisato due cose. La prima è che le storie saranno ben ventotto; la seconda è che ogni personaggio, ogni azione ed ogni luogo sarà ripetuto per due volte, ma con combinazioni differenti. Questo perché il gioco è stato fatto da entrambe le autrici e perciò abbiamo ottenuto quattordici frasi ciascuna.
Detto ciò, precisiamo anche che dal prossimo aggiornamento, avendoci preso gusto, le storie si faranno un po' più lunghe, divenendo delle vere e proprie one shot.
Che altro? Boh, solo questo. Anzi no.
Ringraziamo tutti i lettori e tutti i recensori, ai quali risponderemo al più presto!
Buona serata!
Greeicyel e Shainareth Aishilinn





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Capitolo 4
*** Leigh e Ambra ***





LEIGH E AMBRA




Era successo di nuovo, dannazione. Rosalya avrebbe potuto essere più comprensiva, anziché mettere il muso per niente. Dopotutto, cosa le aveva fatto? Si era soltanto dimenticato che quella era la mattina del loro mesiversario. Poteva anche capitare, ogni tanto, che qualcosa gli sfuggisse di mente…
   Sospirando, Leigh si sentì uno sciocco una volta di più. Soprattutto perché aveva dovuto ingegnarsi per rincorrere Rosalya fin dentro il liceo, dove gli sarebbe stato impossibile entrare; ma non voleva incomodare di nuovo quella povera ragazza a fargli da cupido per la seconda volta. Così, aspettando la pausa pranzo e cercando di non farsi notare, nonostante il suo pittoresco stile di abbigliamento, se l’era filata lungo i corridoi e su per le scale nella speranza che nessuno dei professori, o peggio ancora la preside, potessero vederlo.
   Il vero problema, però, era che non sapeva dove cercare Rosalya. Forse avrebbe potuto chiedere a Lysandre, se solo lo avesse incontrato da qualche parte. Gli sovvenne che, magari, avrebbe potuto contattarlo con il cellulare, per chiedergli di lei. Leigh stava già per mettere mano al telefonino quando, sospirando, accantonò l’idea: suo fratello dimenticava spesso il proprio a casa. Tutto sommato, però, poteva anche essersi ricordato di portarselo appresso, quel giorno… Che gli costava provare a mandargli un messaggio?
   La porta dell’aula si aprì di scatto e il giovane sobbalzò, dandosi dell’idiota per non essersi curato di trovare un nascondiglio in quello che, con tutti quei banconi da lavoro, lavandini, provette e becco Bunsen, pareva essere un vero e proprio laboratorio di chimica.
   «E tu chi sei?» esordì la ragazza ferma sulla soglia, che lo fissava con occhi smarriti. Leigh esitò: che scusa avrebbe dovuto inventarsi? Lei lo squadrò dalla testa ai piedi con aria critica. «Come diavolo ti sei vestito?» gli domandò, più con curiosità che con reale disgusto. Poteva capirla, dopotutto non erano in molti ad amare quel genere di abbigliamento…
   Lo sguardo della ragazza tornò a piantarglisi dritto negli occhi con impazienza. «Insomma, si può sapere chi sei?» Leigh provò ad aprire la bocca per replicare, ma si rese conto di non sapere cosa accidenti dire. La vide scuotere i lunghi capelli biondi con fare spazientito. «Se non parli, giuro che vado dritta da mio fratello a denunciare la tua presenza qui!» lo avvertì con voce minacciosa. «È il delegato degli studenti, sai?»
   In realtà non è che gliene potesse importare granché, di chi fosse suo fratello, ma Leigh si rendeva conto che la faccenda poteva diventare fastidiosa. «Aspetta», le disse con calma, sperando che la ragazza potesse in qualche modo essergli d’aiuto. Ma non ricordava che fosse un’amica di Rosalya, quindi forse neanche la conosceva. Avrebbe dovuto arrendersi a spiegarle la situazione? Diamine, che seccatura non essere un bravo oratore…
   Sospirando, il giovane provò a fare del suo meglio. «Vedi, sono qui per una ragazza.» La bionda inarcò le sopracciglia e l’espressione del suo viso si fece meno dura. «Io… sono perdutamente innamorato di lei.» Lo aveva davvero detto ad alta voce? Leigh, si passò una mano sul viso con fare imbarazzato, domandandosi perché mai non riuscisse ad essere così diretto anche con Rosalya. «Mi sono introdotto nel liceo con la speranza di poterla incontrare», riprese dopo qualche attimo, facendosi coraggio e tornando a guardare la sua interlocutrice. «Credevo di non riuscirci, ma poi sei arrivata tu e… hai riacceso le mie speranze», terminò, non facendo minimamente caso all’equivoco che avrebbero potuto causare quelle parole.
   Difatti, Ambra strabuzzò gli occhi. Era una dichiarazione d’amore, quella? Da parte di un così bel ragazzo, oltretutto? Certo, lei era innamorata di Castiel da una vita, ma… Cielo, com’era stato dolce, questo sconosciuto a farle quella sorpresa! Inoltre, non c’era pericolo che si trattasse di un brutto tiro come quello che le aveva giocato quel dannato ex-occhialuto, perché era strasicura di non aver mai visto quel giovanotto prima di quel momento.
   Ridendo scioccamente, si afferrò una grossa ciocca di riccioli biondi fra le mani. «Oh, beh…» cominciò, cercando di contenere l’imbarazzo. Prese un grosso respiro e lasciò stare i capelli, ributtandoli dietro le spalle diritte ed impettendosi per mettere in mostra tutto ciò che madre natura le aveva generosamente donato. «Sei stato davvero, davvero carino a venire fin qui…» proseguì poi con voce suadente, iniziando ad ancheggiare verso lo sconosciuto.
   Quest’ultimo, solitamente impassibile a molto di quello che gli capitava, anche e soprattutto perché abituato ad avere a che fare con un terremoto di fidanzata come Rosalya, si permise questa volta di aggrottare lievemente la fronte. «Quindi… mi aiuterai?»
   Ambra tornò a ridacchiare, questa volta con fare spavaldo. «Ma certamente!» gli garantì, avvicinandosi a lui più di quanto avrebbe dovuto. Si fermò a pochi passi e, sfarfallando le lunghe ciglia, domandò: «Dove vuoi che ci vediamo, al termine delle lezioni?»
   Leigh si chiese perché mai avrebbero dovuto incontrarsi dopo la scuola, ma non obiettò: forse, si disse, quella ragazza non poteva fare nulla al momento, mentre una volta conclusasi la giornata di studio, le sarebbe stato più facile aiutarlo a trovare Rosalya. «Non lo so, dove preferisci», rispose allora, pronto a tutto per l’amore della sua vita.
   «Magari potresti aspettarmi all’uscita della scuola», iniziò Ambra, allungando le dita di entrambe le mani per iniziare a giocherellare con l’eccentrica cravatta lilla che gli ricadeva a balze sul petto. Il giovane si sentì vagamente a disagio. «E poi potremmo andare al cinema…» continuò lei, lasciandolo di sasso.
   Che significava, tutto ciò? Come avrebbe potuto aiutarlo, dentro a un cinema?!
   «Un momento…» prese a balbettare, a quel punto, afferrando gentilmente la ragazza per i polsi. «Credo ci sia stato un malinteso…» Ambra lo scrutò con aria confusa. «Sto cercando Rosalya.»
   Fu come una stilettata in pieno petto. Possibile che tutti i tipi interessanti finissero per preferire le altre a lei?!
   Le sue mani si serrarono con forza attorno alla cravatta ed i suoi occhi si assottigliarono in due fessure feroci. «Tu…» ringhiò a pochi centimetri dal suo mento, data la statura non indifferente di quel dannato idiota. «Arrangiati!» gli urlò infine, strattonandolo via e fuggendo a passo di carica verso l’uscita dell’aula. Gliel’avrebbe fatta pagare… Oooh, se gliel’avrebbe fatta pagare!
   Leigh la seguì indolentemente con lo sguardo fino a che quella matta non fu sparita oltre l’uscio. Dopo di che si concesse uno sbuffo e si rassettò con cura la cravatta. Avrebbe fatto meglio ad andarsene da lì, prima che a quella tipa fosse venuto davvero in mente di allertare il suo fantomatico fratello delegato.

Leigh fa una dichiarazione d’amore ad Ambra nel laboratorio di chimica.





Shot scritta da Shainareth/Aishilinn.





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Capitolo 5
*** Kentin e Ambra ***





KENTIN E AMBRA




Che seccatura…
   Finalmente era riuscito ad invitarla al mare con lui ed ecco che invece quegli impiccioni dei gemelli avevano deciso di intromettersi e di organizzare una gita in spiaggia tutti insieme, portandosi appresso tutta la classe. Ma si poteva essere più sfortunati di così?!
   Kentin si ributtò all’indietro, sulla sabbia che, baciata dalla luce del sole al tramonto, ormai non scottava più come prima. Anzi, dava una sensazione rilassante e piacevole sulla pelle. Socchiuse le palpebre e si schermò la vista con una mano per ripararla dal riverbero dei raggi morenti. Tutto sommato, dovette ammettere, non era stata una grande idea quella di invitare Aishilinn al mare; tra sabbia e salsedine, gli occhi iniziavano a bruciargli anche senza le sue amate lenti a contatto. In più, senza occhiali, non se l’era sentita di seguire i suoi amici per una passeggiata sul bagnasciuga.
   Dannazione, pensò serrando i pugni e premendoli contro le orbite. Aveva desiderato così tanto poter passare del tempo da solo con lei, magari proprio in quell’istante, al tramonto, su quella bella spiaggia quasi vuota. E invece eccolo lì, da solo, a maledirsi per l’ennesima sfortuna che gli era capitata. La sua unica consolazione era il pensiero che, quando Rosalya l’aveva trascinata via insieme alle altre ragazze, Aishilinn aveva esitato, lanciandogli uno sguardo che gli aveva lasciato credere che avrebbe invece preferito rimanere lì con lui. Ma poteva davvero illudersi al riguardo? Soprattutto considerato il fatto che, a conti fatti, miope com’era, magari aveva male interpretato lo sguardo di lei?
   Sarebbe un sogno, sospirò, lasciando ricadere le braccia ai lati del corpo. Tenendo gli occhi chiusi affinché non gli bruciassero ancora, cercò di regolare il respiro e di placare il nervosismo. Conosceva un unico modo per farlo e solitamente funzionava a meraviglia: la sua mente vagò, come spesso accadeva, e si concentrò su di lei. Fantasticò su quanto sarebbe stato bello se fosse tornata da lui, scegliendo magari di stendersi e di rilassarsi al suo fianco, di godersi gli ultimi, tiepidi raggi di sole con il rumore della risacca sui frangiflutti che giungeva da lontano a solleticare il loro udito.
   Era rilassante… Il pensiero di lei, dei suoi occhi, del suo sorriso…
   Nel dormiveglia in cui si trovava, gli parve di avvertire un fruscio non distante. Probabile che lo avesse solo immaginato, perciò la sua coscienza tornò ad abbandonarsi fiduciosa al dolce oblio.
   Quel rumore ovattato, però, era reale. Lo aveva prodotto Ambra che, tornando al punto in cui tutti loro avevano lasciato le proprie cose, si apprestava a giocare l’ennesimo brutto tiro a quell’idiota di Aishilinn. Ghignandosela per la fortuna che le stava concedendo il vantaggio di non dover perdere tempo a distrarre quell’altro stupido di Kentin, che si era appisolato accanto agli zaini anziché fare da guardia, si inginocchiò davanti alla borsa di quell’intrigante che, da quando si era trasferita nel loro liceo, non aveva fatto altro che farle collezionare pessime figure. Una volta, a causa sua, era stata persino sospesa! Senza contare che, per via del suo brutto vizio di ficcare il naso nelle faccende degli altri, adesso anche la sua famiglia era andata distrutta.
   Il rumore di una zip che veniva aperta indusse Kentin ad aggrottare lievemente la fronte. Ambra strinse le labbra, temendo di averlo svegliato, e invece lui rimase fermo dov’era. La ragazza restò immobile, attenta a non fare altri passi falsi, e aspettò qualche istante per la paura di scorgere una nuova reazione sul suo volto. Un volto molto bello, dovette riconoscere suo malgrado: per quanto fosse da sempre innamorata di Castiel, non poteva negare a se stessa che anche Kentin l’attraeva. Ci aveva già provato due volte, con lui, e quel cretino aveva preferito respingerla anziché approfittare della fortuna che gli era capitata. Chissà, si chiese, come sarebbe andata, se Kentin avesse accettato di stare con lei… Sarebbe durata? Oppure sarebbero finiti comunque ai ferri corti?
   Ma che razza di pensieri mi vengono in mente?! Sentendo il sangue affluire violentemente al volto, Ambra distolse lo sguardo dal viso del giovane e tornò a concentrarsi sulla borsa di Aishilinn. Che cavolo ci troverà, questo sciocco, in una perdente del genere?!, non poté comunque fare a meno di domandarsi, prendendo a frugare con gesti stizziti fra la roba di quell’insignificante ragazzina. Come poteva preferirla a lei, che era molto più bella e formosa?! Più ci pensava, meno Ambra riusciva a capacitarsene.
   Tutti quegli interrogativi, purtroppo, le fecero abbassare la soglia della prudenza, tanto che non si accorse che Kentin era tornato a corrucciare la fronte, sentendosi disturbato dai rumori da lei prodotti a causa della distrazione. La mente del ragazzo, però, era ancora talmente attaccata al pensiero di Aishilinn, che lui collegò automaticamente quel movimento poco distante all’immagine di lei: dopotutto, quei rumori non provenivano proprio dal punto in cui era rimasta la sua borsa?
   Nell’incoscienza del dormiveglia, e guidato unicamente dall’istinto, Kentin mosse un braccio in quella direzione e afferrò Ambra per un polso. Presa di sorpresa, lei soffocò un’esclamazione e si voltò bruscamente verso il giovane, che però continuava a tenere gli occhi chiusi, benché adesso il suo viso fosse girato di lato. L’aveva vista? L’avrebbe aggredita come ogni volta che faceva qualcosa contro Aishilinn?
   Non fece quasi in tempo a domandarselo che il suo compagno di classe la strattonò verso di sé, facendole perdere l’equilibrio e finire carponi, con le ginocchia sulla sabbia e il braccio libero contro il suo petto nudo. Avvampando, Ambra cercò di divincolarsi, ma Kentin la paralizzò con un semplice, innocente gesto: una carezza sullo zigomo.
   Si sentì sciogliere, la poveretta, tanto che non riuscì più a fare alcunché: nessuno le aveva mai dedicato una coccola tanto affettuosa. Quel disgraziato la stava di nuovo prendendo in giro? Oppure, finalmente, aveva deciso di mettere da parte l’orgoglio, come avrebbe fatto volentieri anche lei, pur di ricominciare da zero, ricostruendo il loro rapporto su basi molto diverse dal passato?
   La mano di Kentin scivolò quasi inanimata fino a che non le sfiorò i capelli, che subito lui si lasciò passare fra le dita. Erano lunghi e morbidi proprio come li ricordava, e anche se gli occhi gli bruciavano al punto da non riuscire proprio a tenerli aperti, non poté fare a meno di sorridere davanti alla consapevolezza che Aishilinn era tornata lì da lui. Avrebbe voluto parlarle, dirle quanto gli sarebbe piaciuto poterla stringere a sé in quel momento, ma la mente e il corpo, ancora in parte addormentati, sembravano volerglielo impedire. Riusciva però a sentire quei bei capelli setosi fra le dita e… Un momento. Le prime sinapsi cominciarono a funzionare a dovere e lui aggrottò le sopracciglia: Aishilinn aveva sì i capelli lunghi, ma di certo non li aveva mossi. La mano gli si paralizzò a mezz’aria.
   Un dubbio atroce lo colse e, facendo violenza su se stesso, si costrinse a spalancare gli occhi per cercare di capire cosa diamine stesse accadendo. Infine, la vide. Ambra. A pochi centimetri dal suo volto, che lo fissava con sguardo languido e le labbra socchiuse, quasi fosse intenzionata a baciarlo.
   Orrore e raccapriccio.
   Con un urlo strozzato, Kentin balzò a sedere così di scatto che le diede una sonora zuccata sotto al mento, mandandola a gambe all’aria. «Cha cavolo stai facendo?!» le gridò contro, alzandosi in piedi e arrancando all’indietro per porsi a distanza di sicurezza.
   «Mi hai fatto male, idiota!» strepitò invece Ambra, riuscendo a mettersi seduta con fare goffo, le lacrime agli occhi per la botta presa e una mano sotto la mandibola che le doleva da morire.
   Lui neanche l’ascoltò, strizzando gli occhi miopi e guardandosi freneticamente attorno nel disperato tentativo di capire se qualcuno potesse averli visti. Pareva di no, ma ciò non cancellava l’orripilante ricordo di aver riservato a quell’oca quelle effusioni che invece, nella beatitudine dell’incoscienza, aveva creduto di regalare alla ragazza di cui era innamorato.
   In lontananza, alcune voci iniziarono a giungere fino a loro e Kentin s’irrigidì riconoscendo, fra le altre, proprio quella di Aishilinn. «Non azzardarti mai più a venirmi vicino!» ringhiò ad Ambra, fissandola in cagnesco e sperando di chiudere in fretta la questione.
   «Cosa?!» esclamò lei, incredula. «Guarda che hai fatto tutto tu!»
   «Stavo dormendo!»
   «Non significa niente!»
   «Falla finita o ti do un’altra craniata!»
   Risentita, umiliata e offesa nel profondo, Ambra afferrò un pugno di sabbia e gliela lanciò contro con forza, facendogliela finire in bocca e negli occhi. «Sei un imbecille!» urlò, balzando in piedi e dandosela a gambe prima che gli altri loro compagni potessero raggiungerli.

In spiaggia al tramonto, Kentin scambia effusioni con Ambra.






Shot scritta da Shainareth/Aishilinn.











Ovviamente la sfiga ci vede benissimo, ecco perché proprio io (Shainareth/Aishilinn) mi sono ritrovata a sorteggiare questa coppia in questo contesto romantico. :'D
Va beh, amen. Ho risolto, in qualche vago modo. Spero solo sia convincente. XD
Oggi risponderemo a tutte le recensioni che ci avete lasciato, grazie infinite! :3





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Capitolo 6
*** Castiel e Iris ***





CASTIEL E IRIS




«E questo che diavolo è?!»
   Il tono aspro usato da Castiel fece sobbalzare Iris che, intenta a frugare fra i propri CD musicali, si volse nella sua direzione. Gli vide fra le mani uno dei tanti album che avevano sparpagliato sul pavimento alla ricerca di qualcosa che potesse aiutare l’amico a fargli venire l’ispirazione per qualche nuovo brano musicale da proporre poi a Lysandre. Dall’angolazione in cui si trovava, tuttavia, non le riuscì di capire di cosa si trattava.
   Castiel le facilitò la cosa, sbattendole quasi il CD sul naso. «Come ci è finita, questa roba, qui?!»
   Ancora incapace di capire a cosa lui si stesse riferendo, Iris cercò anzitutto di allontanare gentilmente la sua mano. «Ehi, calma…» balbettò, confusa. Quando però lesse il nome degli Stars from Nightmare sulla copertina dell’album, comprese e si morse il labbro con aria imbarazzata. «Ah…»
   «Ah un corno!» sbottò l’altro, sventolandole ancora il CD davanti al volto, il cipiglio seriamente corrucciato. «Dopo tutto quello che è successo, hai il coraggio di tenere una roba del genere?!»
   In tutta onestà, Iris non poteva dargli torto: Debrah aveva deluso tutti loro, dal primo all’ultimo, e Castiel era stato quello che ne aveva sofferto di più. Lei stessa ci era rimasta molto, molto male per quel voltafaccia.
   «Buttalo via», le ordinò l’amico con fare perentorio.
   «Che?» stentò a crederci Iris, strabuzzando gli occhi. «Veramente non è mio…»
   «Non mi interessa, questa immondizia deve sparire dalla mia vista.»
   «D’accordo, stasera lo riascolterò e domani lo restituirò a Melody», fu l’accomodante concessione che gli fece.
   Castiel serrò le mascelle e strinse la presa attorno alla custodia di plastica, che produsse un sinistro e preoccupante crack. «Lo riascolterai?» domandò in un ringhio, scrutando la ragazza attraverso le palpebre socchiuse. «Quindi ti piace davvero questa robaccia?!»
   Ora stava esagerando, pensò Iris, cercando di portare pazienza. Che Debrah fosse una persona discutibile era ormai certo; ma era brava, dannatamente brava, e lui lo sapeva meglio di chiunque altro. «Castiel, non puoi pretendere di negare…»
   «Non pretendo di negare!» la interruppe bruscamente il giovane, sempre più nervoso. «Pretendo che butti via questa schifezza! Ora!»
   «Ma il CD non è mio!» provò a farlo ragionare ancora una volta lei, senza tuttavia ottenere alcun risultato, giacché Castiel si alzò in piedi e, col CD ancora in mano, si mosse verso la finestra della camera dell’amica. «Ehi!» esclamò quest’ultima, allarmata, mentre l’altro apriva i vetri con un unico gesto deciso.
   Iris balzò in piedi prima che quel matto compisse un torto non tanto a lei, quanto alla povera Melody che nella discussione non c’entrava nulla, e subito fece per avvicinarsi e bloccargli il braccio. La suola della sua scarpa, tuttavia, calpestò senza accorgersene una delle altre custodie sparpagliate in terra e, scivolandovi sopra, Iris cadde maldestramente in avanti, finendo con lo spingere Castiel che per poco non si sporse troppo dalla finestra. Nella concitazione del momento, con il delicato suono di una colorita imprecazione per sottofondo, il ragazzo si lasciò scappare di mano il CD, che finì oltre il davanzale.
   «Volevi ammazzarmi?!» esplose Castiel non appena ritrovò l’equilibrio. Si voltò verso l’amica, che però adesso era sdraiata sul pavimento per colpa della caduta, e parve darsi una calmata. Solo in quel momento si rese conto di non avere più l’album fra le dita e, di nuovo, inveì.
   Iris si rialzò sulle ginocchia e quando capì cos’era accaduto si portò entrambe le mani davanti alla bocca: come avrebbe fatto a spiegare a Melody che, con tutta probabilità, il suo CD degli Stars from Nightmare era ormai distrutto?
   «Forse s’è rotta solo la custodia», tentò di consolarla Castiel, già pentito della sfuriata. Inoltre, nelle sue intenzioni voleva soltanto spaventare Iris, non gettarle via l’album per davvero.
   «Corro a vedere!» stabilì allora lei, muovendosi velocemente verso la porta con la speranza che fosse ancora recuperabile.
   Rimasto solo in camera della ragazza, il giovane mise mano al pacchetto di sigarette che aveva nel taschino interno del giubbino di pelle e ne mise una fra le labbra, infastidito con il mondo intero: se quel dannato CD si era rotto sul serio, avrebbe persino dovuto abbassarsi a comprarne uno nuovo per Melody.
   Dannato orgoglio…

Castiel litiga di brutto con Iris a casa di lei.






Shot scritta da Shainareth/Aishilinn.





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Capitolo 7
*** Dajan e Laeti ***





DAJAN E LAETI




«Allora, me lo dici come ti chiami?»
   Una cosa era certa: quella ragazza era una piattola. Fu di questo che si convinse Dajan quando, dopo essere stato quasi pedinato per strada da una tizia che aveva incrociato al bar in cui si era fermato un attimo per comprare una bottiglietta d’acqua, se l’era ritrovata fra i piedi anche lì, al campetto da basket di strada in cui aveva deciso di fermarsi per fare due tiri a canestro.
   «Io sono Laeti», insistette lei, gironzolandogli attorno mentre il giovane si apprestava a saltare per recuperare un rimbalzo.
   Atterrando nuovamente sulle gambe, per poco non le finì addosso e, timoroso di averle fatto male benché probabilmente se lo meritasse, Dajan le scoccò un’occhiataccia – l’ennesima. «Ma vuoi toglierti di torno?!»
   «Me lo dài il tuo numero?» fu ciò che rispose quella, continuando a sorridere come se non si fosse spaventata di poter finire a terra sotto al peso di lui. O forse ci sperava?
   A quel punto Dajan si fermò e si mise il pallone da basket sotto al braccio, fissandola dall’alto con sguardo corrucciato. «Che problemi hai, al cervello?» s’interessò di sapere.
   Laeti ridacchiò. «Siamo nervosetti?» ebbe il coraggio di chiedergli. «Se vuoi posso farti rilassare con un bel massaggio.»
   Ah, quindi era quel tipo di ragazza? Proprio il genere che lui non sopportava. Non che non lo avesse già capito da un po’, ma quella fu per Dajan un’ulteriore conferma. Si domandò se una così lo avrebbe mollato, prima o poi, perché dal modo in cui continuava a mangiarselo con gli occhi non pareva intenzionata ad allentare la morsa.
   «Senti, se proprio vuoi, aspettami sotto quegli alberi», le disse a quel punto, cercando un modo come un altro per togliersela di torno. «Con questo caldo fuori stagione rischi di prenderti un’insolazione.»
   Gli occhi azzurri di Laeti sembrarono brillare per l’entusiasmo. «Oh, quanto sei carino!» cinguettò, giungendo le mani al petto formoso. «Ti preoccupi per me?»
   «No, è che se tu svenissi in mezzo al campo, finirei per calpestarti e potrei farmi male», fu la fin troppo schietta risposta di Dajan.
   Lei, tuttavia, interpretò quell’osservazione come uno scherzo e rise. «D’accordo, allora mi metterò lì, buona buona, a guardarti e a fare il tifo per te.»
   Di che tifo parlasse, dal momento che giocava da solo, il giovane non si curò di chiederlo. Gli bastava soltanto che quell’oca si allontanasse il più possibile. Poi, con un po’ di fortuna, una volta finiti i suoi allenamenti in solitario, si sarebbe cimentato in uno scatto da centometrista e avrebbe fatto di tutto per seminarla una buona volta.
   Laeti mantenne la parola e si avviò con passo quasi saltellato verso uno degli esili alberi di ciliegio in fiore che si trovavano poco distanti da lì. Suo malgrado, Dajan dovette riconoscere con se stesso che, per lo meno, quella ragazza era davvero graziosa e, con quello sfondo di petali rosa, sembrava quasi una farfalla.
   Probabilmente ha anche il cervello delle stesse dimensioni di quello di un lepidottero, fu ciò che si disse un attimo dopo, riprendendo a palleggiare con un certo sollievo.
   Di tutt’altro tipo erano invece i pensieri di Laeti, i cui occhi seguivano ogni movimento del giovane che aveva avuto la fortuna di incontrare quel pomeriggio. Si domandò come si chiamasse e quanti anni avesse, ma anche quale scuola frequentasse, dove abitasse, se avesse una ragazza, quanto fosse alto, quanto misurasse il suo piede, quanto misurasse altro.
   Quest’ultima curiosità la indusse a concentrarsi maggiormente sulla figura alta e slanciata di quello che ormai, mentalmente, aveva soprannominato fra sé stallone. Sì, insomma, quale altra sorpresa avrebbe potuto riservarle, un tipo come lui?
   Magari riuscirò a scoprirlo prima di stasera, si augurò Laeti, che ormai era già tutta un fremito.
   «Attenta!»
   La voce di Stallone la distolse bruscamente dalle sue maliziose fantasticherie e lei fece appena in tempo a scansarsi prima che la palla da basket, forse per colpa di un rimbalzo dispettoso, sfrecciasse nella sua direzione, andando a colpire la chioma dell’albero sotto il quale lei si era fermata.
   Quando Dajan la raggiunse, preoccupato forse più per la palla che per la ragazza, quest’ultima alzò su di lui uno sguardo dapprima smarrito poi più lucido e divertito. «Sei davvero un tesoro!» esclamò, lasciandolo fortemente interdetto. Stava per staccarle la testa dal collo con una pallonata e, anziché abbaiargli contro, gli si rivolgeva in quel modo?!
   Il mistero fu spiegato quando Laeti gli mostrò un rametto fiorito che le era finito fra i capelli. «Scommetto che l’hai fatto apposta per regalarmi questa meraviglia», gli disse, visibilmente in brodo di giuggiole. «Lasciami dire che nessuno, prima d’ora, aveva fatto qualcosa di tanto romantico per me!»
   Se Dajan fosse stato meno spiazzato da quella follia, probabilmente le avrebbe risposto acidamente, facendole presente che, visto il modo in cui si proponeva ai ragazzi, era logico che nessuno di loro si prendesse il disturbo di trattarla in modo dolce, preferendo piuttosto arrivare subito al dunque.
   «Sento già che mi sto innamorando!»
   La palla gli cadde di mano e, senza aspettare un secondo di più, Dajan scappò più veloce di un fulmine, preoccupandosi solo di mettere il maggior numero di metri fra lui e quella pazza.

Dajan regala dei fiori a Laeti sotto a un albero di ciliegio.






Shot scritta da Shainareth/Aishilinn.





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Capitolo 8
*** Alexy e Rosalya - seconda parte ***





ALEXY E ROSALYA - seconda parte




Indaffarati com’erano nel mettere sottosopra l’armadio di suo fratello, Alexy si era a malapena accorto dell’ora di cena e lui e Rosalya avevano finito col mangiare qualcosa di precotto, portando con sé i piatti per consumare il pasto direttamente in camera, sopra una delle amate consolle del povero Armin.
   Probabilmente quando tornerà a casa diventerà una furia, rifletté Alexy, per nulla preoccupato per la faccenda. Così la prossima volta impara ad uscire senza dirmi dove e con chi, stabilì poi, più divertito che seccato.
   «Questo è a dir poco osceno.» La voce di Rosalya lo riportò con i piedi per terra e quando lui tornò a prestarle attenzione, la trovò arrampicata su uno sgabello, intenta a rimirare un maglione color cachi quasi nuovo.
   Alexy fece una smorfia. «Lo so, infatti quello glielo hanno regalato», spiegò all’amica.
   Lei si volse nella sua direzione con sguardo stupito. «Chi è l’idiota che ha voluto regalare un maglione ad Armin, ben sapendo che avrebbe apprezzato molto di più un videogioco o un fumetto?»
   «Una nostra vecchia parente alla lontana», rispose l’altro stringendosi nelle spalle. «Così mio fratello è costretto ad indossare quell’orrore tutte le volte che ci si vede per le grandi occasioni.»
   «Povero, non lo invidio per niente…» commentò Rosalya, sinceramente dispiaciuta per Armin. Dunque, non era possibile buttare via quel maglione che pareva uscito da un negozio di antiquariato.
   Sospirando, si rassegnò a ripiegarlo e a rimetterlo dove lo aveva trovato, cioè sull’ultimo scaffale in alto dell’armadio. Si alzò sulla punta dei piedi, ma nel modo in cui si sbilanciò in avanti, lo sgabello scivolò e lei perse l’equilibrio. Lanciò un urlo strozzato e Alexy accorse subito in suo aiuto, attutendone la caduta.
   Quando Rosalya riaprì gli occhi, si ritrovò stesa su di lui, che la teneva stretta quasi come un amante, le gambe intrecciate alle sue. I due si scambiarono uno lungo, silenzioso sguardo. Poi, Alexy mormorò con fare serio: «Rosa… perdonami, ma il mio cuore è già impegnato.»
   Scoppiando a ridere, lei poggiò il capo contro la sua spalla e batté un leggero pugno sul suo torace. «Che umiliazione!» esclamò poi, sentendolo sghignazzare allegramente sotto di sé. «È la prima volta che vengo respinta da un uomo!»
   «C’è sempre una prima volta per tutto», ragionò Alexy in tono vivace, prima di schioccare le dita, come se fosse stato colto da un lampo di genio. «Ecco! Sarà questo che dirò a Kentin, quando tornerà a giurarmi che non uscirà mai con me!»
   Rosalya si sollevò sulle braccia e lo alleviò del proprio peso, lasciandolo finalmente libero di puntellarsi sui gomiti. «Che bugiardo, che sei…» lo rimbrottò con tenerezza, ben sapendo che Alexy sarebbe stato ben disposto a rinunciare al ragazzo che gli piaceva pur di saperlo felice con la persona amata. Dopotutto, era anche per la sua grande generosità che lei gli voleva bene.
   «Forza», sospirò poi, lanciando uno sguardo sconsolato alla montagna di roba che avevano ancora da sistemare. «Finiamo di rimettere in ordine, prima che tuo fratello torni e faccia una sfuriata…»

Alexy friendzona Rosalya a casa di lui.






Shot scritta da Shainareth/Aishilinn.





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Capitolo 9
*** Castiel e Aishilinn ***





CASTIEL E AISHILINN




Quello non era affatto un bel periodo per la povera Aishilinn. Kentin, che era da poco tornato dalla scuola militare, si era montato un po’ troppo la testa, e trattava tutti, o almeno quelli che in precedenza lo avevano snobbato o preso in giro, con insolenza. Ma cosa aveva a che vedere Aishilinn, la ragazza che lo aveva trattato bene anche quando lui era Ken ed era gracile e bruttino, con i suoi nuovi modi di fare a dir poco irritanti? Cosa aveva fatto lei per assistere ai pavoneggiamenti di Ambra nei confronti di lui, purtroppo, talvolta assecondati? In realtà, Kentin non voleva assolutamente ferire Aishilinn, le era davvero riconoscente per essere stata l’unica ad essersi sempre comportata bene con lui e per averlo sempre considerato. Ma gli atteggiamenti del ragazzo con Ambra potevano essere fraintesi, ed infatti così era. Kentin voleva solo prendersi la sua meritata rivincita e fare, così, un dispetto ad Ambra per fargliela pagare. Per fare questo, però, era necessario assecondarla.
   Il comportamento di Kentin scocciava non poco Castiel. Il "nuovo" ragazzo tornato dalla scuola militare, agli occhi del rosso, sembrava volesse atteggiarsi come il nostromo di una nave per farsi rispettare e per far sì che le ragazze cadessero ai suoi piedi; ma era evidente che su quest’ultimo punto si sbagliava, in quanto Castiel non poteva sapere le vere intenzioni di Kentin. Secondo il rosso, orgoglioso fino allo stremo, al ragazzo, per quanto si sforzasse, non riusciva di imitare qualcuno che non era.
   Che senso ha provare ad essere chi non sei e imitare i comportamenti di una persona di cui in realtà hai paura?, pensava fra sé con irritazione. Ed era per questo motivo che Kentin iniziò a diventargli abbastanza antipatico, oltre al fatto che Castiel si sentiva il re per queste cose.
   Così, un giorno che Aishilinn ebbe dovuto incassare l’ennesima delusione da parte di Kentin, non conoscendo neanche lei il suo "piano diabolico" a sfavore di Ambra, preferì starsene un po’ da sola con i suoi pensieri nel cortile del liceo, evidentemente a chiedersi se ci fosse qualcosa che non andasse in lei o se avesse sbagliato qualcosa. Castiel la vide e, accorgendosi che era parecchio abbattuta, le si avvicinò mostrando il suo interesse per lei. Difficile da credere, ma anche il rosso aveva un cuore. Aishilinn decise di sfogarsi con il ragazzo, seppure non avesse tutto questo rapporto con lui, e Castiel le propose una specie di patto. Il rosso voleva in qualche modo farla pagare a Kentin per avergli "rubato" il ruolo di playboy della scuola, e consigliò alla ragazza di far ingelosire il suo amato e di farsi, così, desiderare. Aishilinn era titubante, non si fidava poi tanto di Castiel, e decise così di rifiutare la sua "proposta indecente". Forse avrebbe funzionato, ma era più forte di lei.
   Il caso volle che, mentre i due ragazzi ne stavano parlando, Kentin si trovasse a passare dal cortile, e così Castiel, senza pensarci due volte, prese Aishilinn tra le sue braccia proprio davanti agli occhi del ragazzo, sperando di averlo per lo meno infastidito.

Castiel abbraccia Aishilinn nel cortile della scuola.






Shot scritta da Greeicyel.





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Capitolo 10
*** Lysandre e Kim ***





LYSANDRE E KIM




Quel posto gli piaceva molto. Lysandre non ricordava quale dei suoi compagni avesse avuto l’idea di organizzare un pranzo di classe lì, in quel ristorante con vista sul mare, ma adesso gliene era davvero grato. Con lo sguardo perso fra le placide onde che si scorgevano poco distante dal terrazzino su cui era uscito a prendere una boccata d’aria, il ragazzo si lasciò accarezzare dalla brezza che gli scivolava fra i capelli chiari, l’odore della salsedine nelle narici. Era così rilassante, starsene lì, che subito Lysandre ne avvertì tutti i benefici, sentendo l’animo acquietarsi sempre più.
   Un unico pensiero, al momento, lo turbava: Se mi fossi ricordato di portare con me il quaderno, avrei potuto appuntarvi su tutti i pensieri che mi stanno frullando ora per la testa… O magari riuscirei persino a comporre alcuni versi.
   Un rumore lo distrasse da quelle riflessioni e volgendo lo sguardo di lato, vide Kim fare il suo ingresso sul terrazzino proprio in quel momento. Si fermò davanti alla balaustra di legno e sollevò le braccia verso l’alto, stiracchiandosi come un gatto pigro. Fu presto raggiunta anche da Violette ed Iris e tutte e tre iniziarono a chiacchierare fra loro e a ridacchiare per chissà cosa.
   Lysandre sorrise: le ragazze erano davvero graziose, soprattutto quando sorridevano. I loro occhi sembravano illuminarsi e i loro visi risplendevano d’allegria, sembravano la personificazione della spensieratezza.
   Quando si accorsero di lui, Iris gli rivolse una parola gentile, invitandolo ad unirsi alla loro conversazione e ad esprimere il proprio parere riguardo a quel posto incantevole. Benché fosse tentato di rimanersene da solo con i propri pensieri, alla fine il giovane accettò di buon grado. Si mosse per raggiungerle con il suo solito incedere lento ed elegante, ma proprio quando fu a pochi passi da loro, dall’interno del locale giunsero delle grida e, un attimo dopo, qualcosa volò sul terrazzino, finendo fra i piedi di Lysandre. Ormai incapace di evitarlo, lui vi mise la suola dello stivale sopra e vi scivolò, sbilanciandosi pericolosamente in avanti. Perse l’equilibrio e cadde addosso alla povera Kim, che si ritrovò catapultata in terra, sotto al suo peso; peggio ancora, con la bocca premuta contro la sua.
   Mortificato fino all’inverosimile, nonostante quel contatto fosse durato solo pochi attimi, Lysandre si scostò subito da lei, chiedendole scusa ed informandosi se le avesse fatto del male. La ragazza si sollevò a sedere con espressione seccata. «No, no, sto bene, tranquillo…» borbottò con vago imbarazzo, dandogli una pacca sul braccio per fargli capire che non se l’era affatto presa per quello che era appena capitato. Tanto più che, a giudicare dalla preoccupazione con cui Violette si era apprestata a soccorrerla e dalla curiosità con cui Iris si era affacciata di nuovo nel locale, probabilmente nessuna delle due si era accorta di quel bacio accidentale.
   Dalla sala, comunque, continuavano a provenire delle esclamazioni poco salottiere. «Ma che cavolo hanno da urlare tanto?» volle sapere Kim, infastidita da tutto quel baccano.
   Lysandre spostò lo sguardo su ciò che aveva calpestato e si rese conto che si trattava di una lattina di cola, schiacciata sui lati. Ma come ci era finita, lì?
   «Oh, cavolo…» sospirò Iris, osservando i suoi compagni di classe ancora all’interno del locale. «Castiel e Nathaniel si sono di nuovo messi a litigare…»
   «Al solito, insomma», commentò pigramente Kim, recuperando la lattina che di sicuro uno dei due aveva lanciato contro l’altro, ribalzando e finendo fin lì dove ora si trovavano loro quattro. La strinse nel pugno, schiacciandola ulteriormente e, inalberando un’espressione agguerrita, annunciò: «In ogni caso, ora questa gliela faccio ingoiare.»

Lysandre bacia Kim al ristorante sul mare.












Ohi, ohi! Rinfresco la memoria a chi si è distratto e non ha capito che siamo in due a scrivere questa raccolta! :3
La presente è stata scritta da me, Shainareth (o Aishilinn), mentre la precedente è opera della mia socia, Greeicyel. D'ora in poi, per evitare fraintendimenti, firmeremo le shot. Vado quindi a firmare quelle già postate, così che possiate capire subito chi ha scritto cosa.
Alla prossima e grazie infinite per tutte le vostre recensioni! ♥
Shainareth





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Capitolo 11
*** Faraize e Violette ***





FARAIZE E VIOLETTE




«Pro… Professore…» pigolò Violette, quando, uscendo dallo spogliatoio della piscina comunale, se lo ritrovò davanti.
   Era andata lì senza reale convinzione, trascinata da sua cugina che voleva assolutamente provare l’esperienza di una nuotata in pieno inverno. L’aveva assecondata solo per farla contenta, e ora che si trovava in costume davanti al suo professore di storia, anche lui in deshabillé, si sentì morire per la vergogna. Si coprì con l’asciugamani, benché l’uomo, senza l’ausilio delle lenti da vista, fosse costretto a strizzare gli occhi per guardarla.
   «Oh, Violette, sei tu?» balbettò con aria altrettanto imbarazzata. Il nuoto gli piaceva molto, lo rilassava dopo una stressante giornata lavorativa, ma ogni volta che metteva piede lì in piscina aveva sempre paura di imbattersi in qualcuno dei suoi allievi, proprio come stava capitando in quel momento. Si consolò al pensiero che, per lo meno, si trattasse della piccola, timida Violette, talmente dolce e riservata da non destare in lui preoccupazioni di alcun genere riguardo a pettegolezzi fuori luogo che avrebbero potuto spargersi fra le aule del liceo.
   Impacciati, si scambiarono pochi, vaghi convenevoli e, augurandosi a vicenda buon divertimento, ognuno s’affrettò a riprendere la propria strada. Ciò nonostante, essendo entrambi tipi ansiosi e insicuri, non poterono far altro che pensare e ripensare a quell’incontro insolito e, soprattutto nel caso di Violette che ci vedeva bene, occhieggiarsi l’un l’altra.
   «Vuoi smetterla di startene con la testa fra le nuvole?»
   Violette si voltò in direzione di sua cugina e arrossì. «Non ho la testa fra le nuvole…»
   Lei le sorrise, indulgente, e allungò le braccia nella sua direzione. «Ora molla quella scaletta e dammi le mani.» Violette esitò. «Oh, andiamo! Anche se sai mantenerti a malapena a galla, non affogherai certo in una piscina… Dài, ti guiderò io!»
   Non del tutto certa che fosse sicuro, la ragazza si immerse del tutto e afferrò la mano della cugina prima di lasciar andare le barre d’acciaio della scaletta a bordo vasca. La temperatura dell’acqua era perfetta e lei avvertì immediatamente i muscoli del corpo iniziare a sciogliersi, facendola rilassare all’istante. Non era poi così male, in effetti.
   Abbozzando un sorriso, Violette si sentì incoraggiata a seguire sua cugina verso il centro della vasca, ma non appena le piante dei suoi piedi iniziarono a trovare sempre più a fatica il fondo, non poté fare a meno di irrigidirsi e questo la portò a perdere confidenza con l’acqua. L’altra se ne accorse e cercò di spronarla a tranquillizzarsi, senza però riuscire nell’intento.
   Ad agitare ulteriormente la povera Violette, ci pensarono dei ragazzini che, più esperti di lei, si rincorrevano a suon di bracciate non distanti da loro e, tra uno scherzo ed uno schizzo, finirono col passare fra le due. Le dita di Violette scivolarono via dalla presa di sua cugina, che lanciò un’esclamazione allarmata, mentre lei, ormai presa dal panico, andò giù come un sasso. La ragazza rimasta a galla provò a riacciuffarla, ma i bambini, non essendosi accorti del problema, l’ostacolarono senza volerlo.
   Qualcuno accorse in suo aiuto e Violette, che non era riuscita a mantenere il sangue freddo e a trattenere il fiato mentre andava giù, bevendo tanta, troppa acqua, ebbe a malapena la lucidità di avvertire una presa attorno ad un braccio e poi attorno ai fianchi. Infine, perse i sensi.
   Li riprese solo quando si sentì scuotere da un eccesso di tosse che l’aiutò a sputare l’acqua dai polmoni. Udì sua cugina gridare il suo nome e avvertì due mani forti che l’aiutavano a girarsi su un fianco per facilitarle la fuoriuscita di liquidi dalle cavità respiratorie. Quando finalmente fu in grado di riempire le narici d’aria senza più troppa difficoltà, alzò gli occhi appannati dalle lacrime e si accorse di essere circondata da parecchia gente. Troppa, per i suoi gusti.
   «Meno male che stai bene!» Sua cugina le gettò le braccia al collo, stringendola forte a sé e tremando per lo spavento che si era presa a causa di quanto accaduto. Già, ma esattamente cosa era accaduto?
   «Ti senti bene, Violette?»
   La sua attenzione fu catturata dalla figura del professor Faraize che, accanto a loro, sembrava preoccupato quasi quanto sua cugina. «S-Sì», annaspò la ragazza, cercando di fare mente locale.
   «Oh, signore, lei è un eroe!» affermò l’altra, lasciandola andare e afferrando invece la mano dell’uomo con forza e riconoscenza.
   Lui arrossì e si massaggiò la nuca con le dita libere. «Ma no… Non ho fatto niente…»
   «Scherza?! Le ha salvato la vita!» Violette strabuzzò gli occhi: cos’aveva appena detto, sua cugina?! La vide rivolgerle di nuovo la propria attenzione. «Quest’uomo è corso subito in tuo aiuto, sai?» le raccontò con entusiasmo. «Ti ha persino fatto la respirazione artificiale per farti tornare a respirare!»
   Violette si portò entrambe le mani al volto, sconvolta per l’aver scoperto di essere stata ad un passo dall’affogare. Cercò con lo sguardo il suo professore, che però sembrava ben lungi dal sentirsi l’eroe che descriveva l’altra ragazza. «È stata una sciocchezza…» balbettò con voce flebile.
   «Io…» prese a mormorare la sua alunna, prendendo finalmente coscienza di avere un debito incolmabile nei suoi confronti. «Non so davvero come ringraziarla…»
   «Ma no…»
   La modestia delle proteste del professor Faraize fu interrotta dall’arrivo del primo intervento, chiamato purtroppo in ritardo dal personale della piscina. Ma, mentre Violette veniva presa quasi di peso dalle braccia esperte dell’infermiere preposto a quel genere di mansioni, i suoi occhi tornarono a cercare quelli dell’uomo e lei gli sorrise con riconoscenza.
   Chi l’ha detto che un eroe è alto, forte e muscoloso? Sciocchezze, sono solo sciocchezze…

Faraize bacia Violette in piscina.






Shot scritta da Shainareth/Aishilinn.











E rieccoci qui! Perdonate il ritardo, soprattutto quello con cui rispondiamo alle recensioni, ma purtroppo la quotidianità ci ruba parecchio tempo. Cercheremo di recuperare il prima possibile, in modo da ringraziarvi tutti a dovere!
Grazie per l'interesse che continuate a provare per questa raccolta, alla prossima!





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Capitolo 12
*** Boris e Greeicyel ***





BORIS E GREEICYEL




Era fiera di se stessa. Greeicyel era riuscita ad ottenere un incontro con Nathaniel, finalmente, per di più nel luogo e nel momento più romantico che la sua fantasia adolescenziale potesse suggerirle: in spiaggia, al tramonto. Non era meraviglioso? Certo che lo era. E lei si sarebbe impegnata con tutta se stessa affinché quell’avvenimento rimanesse impresso a fuoco nella memoria di entrambi. In che modo, in realtà, la ragazza non lo sapeva ancora: dopotutto, timida com’era, sarebbe mai riuscita a dichiarargli il proprio amore o a prendere un’iniziativa come quella di baciarlo?
   Al solo pensarci, il viso le andò in fiamme e lei se lo coprì con entrambe le mani, accucciandosi sui talloni come una bambina. Solo dopo qualche attimo si ricordò che, in quel modo, le si sarebbe sporcato il vestito con la sabbia bagnata e subito si rimise ritta sulle gambe, spolverandosi l’orlo della gonna. Di solito non era avvezza ad indossare abiti del genere, ma se voleva attirare l’attenzione del ragazzo che le piaceva, quello era il primo passo – almeno stando ai suggerimenti di Rosalya, alla quale si era comunque ben guardata di dire alcunché riguardo a quello che, ai suoi occhi, sarebbe senza dubbio parso come un appuntamento.
   Forse, però, potrebbe sembrarlo davvero, si disse Greeicyel, ragionando fra sé e assecondando i battiti del suo cuore innamorato. Sarebbe stato davvero un sogno, nonostante fosse perfettamente consapevole di aver usato una scusa piuttosto banale per attirare Nathaniel fin lì a quell’ora.
   «Mi passeresti gli appunti di scienze, per favore?» gli aveva chiesto quella mattina, a scuola, ben conscia del fatto che quel giorno non avrebbero avuto quella materia.
   «Volentieri», le aveva risposto lui, disponibile come sempre nell’aiutarla. «Solo che non li ho con me, li ho lasciati a casa.»
   Tutto era andato secondo i suoi machiavellici piani e, col cuore in gola per l’audacia di quella proposta, pur temendo che lui le dicesse di no, Greeicyel gli aveva domandato: «Potremmo vederci dopo la scuola?»
   Manco a dirlo, non solo Nathaniel le aveva detto di sì, ma per di più, nonostante la lieve perplessità che la ragazza gli aveva letto nello sguardo, l’aveva assecondata anche riguardo al luogo dell’incontro.
   E adesso lei era lì, vergognosamente in anticipo perché troppo ansiosa per rimanere ancora a casa, che attendeva con entusiasmo l’arrivo del suo grande amore.
   Qualcuno arrivò davvero e la chiamò. Greeicyel si voltò nella direzione da cui aveva udito provenire la voce, un sorriso enorme stampato in volto che però le si congelò sulle labbra un attimo dopo quando, con sommo orrore, vide avanzare nella sua direzione la figura possente di un omone. Biondo e prestante, sì, ma di certo non era il suo Nathaniel.
   «Che ci fai qui a quest’ora?» le domandò l’uomo, quando fu a pochi passi da lei. Paralizzata com’era dalla sorpresa, Greeicyel non fiatò. Boris, perché di lui si trattava, la guardò negli occhi con fare severo. «Tra poco sarà buio, dovresti tornare immediatamente a casa.»
   Scuotendosi appena dal torpore cerebrale che l’aveva colta, la ragazza tartagliò: «Professore, veramente…»
   «Niente storie!» la interruppe lui, facendo svettare l’indice della mano destra a mezz’aria. «Ero venuto qui per fare un po’ di jogging sulla spiaggia, ma penso proprio che il mio esercizio fisico possa aspettare.» Greeicyel aggrottò un sopracciglio, cercando di seguire il suo ragionamento. «Forza, vieni. Ti riaccompagno a casa.»
   «Eh?» balbettò, intontita da quelle parole.
   «Non sta bene che una signorina della tua età stia ancora in giro a quest’ora», affermò lui, deciso a compiere il proprio dovere di educatore anche al di fuori delle mura scolastiche.
   «Sì, però…» tentò di spiegargli la ragazza, presa alla sprovvista.
   «Se non mi seguirai con le buone», riprese Boris, imperterrito, «allora lo farai con le cattive», stabilì per tutti e due. E prima ancora che lei potesse fare o dire qualcosa, l’arpionò con le grosse mani e la issò fra le braccia, iniziando ad avanzare verso l’uscita della spiaggia.
   Spaventata da quel movimento improvviso, Greeicyel lanciò un gridolino impacciato e, per puro istinto, si aggrappò goffamente al collo dell’uomo. «Professore!» annaspò, sentendosi imbarazzata da morire. «Mi metta giù, la prego!»
   «Col rischio che tu possa dartela a gambe?» ribatté lui, inflessibile. «Ho avuto fin troppe volte a che fare con i colpi di testa di mio nipote per cascare nei trucchetti di voi adolescenti!»
   La povera Greeicyel vide in un attimo andare in frantumi ogni sua fantasia romantica. «Ma… Ma…» Non riuscì a dire altro, perché proprio in quel momento scorse da lontano la sagoma di Nathaniel che, accorgendosi di loro, arrestò il passo e li fissò con tanto d’occhi. Guaendo per la disperazione, la ragazza si acquattò contro il petto dell’insegnante, piangendo e sperando con tutta se stessa che, per chissà quale grazia ricevuta, Nathaniel non l’avesse riconosciuta.

Boris prende in braccio Greeicyel in spiaggia al tramonto.






Shot scritta da Shainareth/Aishilinn.











Dopo Aishilinn fra le braccia di Castiel (non che personalmente mi faccia schifo, ma non scorre buon sangue fra loro), ecco che anche la povera Greeicyel s'è trovata fra le braccia dell'uomo sbagliato. Sarenno ben sfigate, le nostre Dolcette? :'D
Buona serata a tutti e grazie a chiunque legga le nostre sciocchezze!





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