Love is never wrong.

di Crystal Wright
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Back to the beginning. ***
Capitolo 2: *** From the armistice to my arms ***
Capitolo 3: *** I will always choose you, my love ***
Capitolo 4: *** Remember to love yourself ***
Capitolo 5: *** Together under the same roof ***
Capitolo 6: *** The great wizard against the little Kneazle ***
Capitolo 7: *** Could we ever become friends? ***
Capitolo 8: *** I can't love you ***
Capitolo 9: *** The day of the divorce ***
Capitolo 10: *** Can you love me back? ***
Capitolo 11: *** I'm alone. Please forgive me ***
Capitolo 12: *** What the hell do I have to do? ***
Capitolo 13: *** All you need is love. Love is all you need ***



Capitolo 1
*** Back to the beginning. ***


Love is never wrong.
Capitolo 1: back to the beginning.
 
Dopo la battaglia di Hogwarts, Draco Malfoy andò da Harry Potter e, con le lacrime agli occhi, disse: “Mi dispiace, voglio ricominciare tutto da capo. Io sono Draco, Draco Malfoy.” E gli porse la mano. Harry, sul punto di piangere, gliela strinse.
 
Era un giorno come tanti di una settimana come tante, tante quante erano trascorse dall’ultima volta che Draco aveva stretto la mano di Harry, sigillando con lui un’amicizia del tutto nuova. Entrambi erano rimasti a guardarsi con le lacrime agli occhi per diversi minuti, mentre intorno a loro il mondo rimaneva congelato. Quel giorno Draco aveva provato qualcosa di profondo per Harry, qualcosa che non aveva mai provato in tutta la sua vita, a cui però non era ancora riuscito a dare un nome.
 
Harry se ne stava scompostamente seduto sul divano a fissare il telefono che aveva nella mano destra. Ricordava come Draco gli fosse sembrato cambiato quel giorno, ma qualcosa dal fondo della sua coscienza gli diceva che sarebbe sempre rimasto lo spocchioso furetto platinato dei tempi di Hogwarts.
Harry pensò di stare diventando matto: spesso sognava di essere seduto a un tavolino in una piccola stanza buia e subire le liti tra il suo cuore e la sua testa. Il primo, vestito di rosso, giurava su una delle sue arterie che Draco era cambiato e desiderava ardentemente accettare la sua amicizia. La seconda, invece, svolazzando nel suo lungo abito nero, voleva letteralmente accettare (con un’accetta o un manganello) quel biondino e rispedirlo da dove era venuto.
Harry cercava di mettere ordine tra i suoi pensieri, mentre stringeva convulsamente il telefono tra le dita, tanto da lasciarsi i segni. Alzò per un attimo gli occhi al cielo, mentre si dava mentalmente del codardo.
“Hai sconfitto il Signore Oscuro.” Continuava a ripetersi. “Non fare il vigliacco e chiamalo.”
E così fece. Cercò nella rubrica Draco Malfoy e fece partire la chiamata.
Uno squillo… Harry pensò di riattaccare subito, ma si trattenne.
Due squilli… Magari aveva sbagliato numero.
Cinque squilli… O forse non voleva parlare con Harry.
Sette squilli… Allontanò la cornetta per chiudere la chiamata, quando sentì un “Pronto?” quasi urlato.
Harry riportò velocemente il telefono vicino all’orecchio.
-Sono Harry.- fu tutto quello che riuscì a dire. Era strano chiamarsi per nome con la persona che Harry aveva odiato maggiormente a Hogwarts.
Calò un minuto di silenzio, in cui la tensione sarebbe potuta essere tagliata con un coltello.
-Oh, Harry!- disse Draco, palesemente affaticato. –Sono Draco.-
-Uhm… lo so. Ti ho chiamato io.-
Ancora silenzio.
-Come stai?- chiese Harry, pregando Merlino di dargli la lucidità per continuare quella conversazione fin troppo monotona.
-Bene. Tu?-
-Bene.-
Per evitare un altro momento di silenzio, Harry spremette le meningi fino all’inverosimile, cercando qualcosa di sensato da dire. –Ti sento un po’… affaticato. Ho interrotto qualcosa?-
Sebbene le intenzioni di Harry fossero pure, Draco le interpretò in modo totalmente diverso. –Cosa? No! No… Sono appena uscito dalla doccia e… sono corso al telefono dal primo piano, quindi… No, non sono affaticato. Ho solo fatto una corsetta.-
-Okay.-
Questa volta Harry non trovò niente di intelligente da dire.
-Perché mi hai chiamato?- chiese Draco così velocemente che Harry dovette ripensare alla frase per capire le parole.
Harry si stupì della domanda e si sedette in modo composto sul divano. –Oh… Io… Credevo che… Insomma, credevo che tra noi fosse tutto a posto. Un paio di mesi fa abbiamo… abbiamo chiarito la situazione e…-
-Lo so.- disse Draco. Harry gli fu immensamente grato per aver interrotto quel flusso di pensieri che il giovane mago non era riuscito a trattenere. O a formulare come Merlino comanda. –Lo pensavo anche io, ma per due mesi e mezzo non mi hai mai chiamato, quindi ho pensato che non mi avessi perdonato.-
-No!- urlò Harry. Dall’altra parte del telefono il gatto di Draco fece un salto dal divano. –No.- ripeté Harry, questa volta più piano. –Lavoro tutto il giorno e quando torno a casa la maggior parte delle volte sono troppo stanco anche per mangiare, quindi…-
-Non era un’accusa.- cercò di giustificarsi Draco. Quando si accorse di ciò che aveva detto, si stupì delle sue stesse parole.
Anche Harry, dal canto suo, era rimasto a bocca aperta. Si affrettò a richiuderla. –Okay.-
Dopo l’ennesimo silenzio, Draco sbuffò spazientito. –Okay. Evidentemente sta a me saltare i convenevoli.-
Harry era sul punto di chiedere spiegazioni, ma Draco lo bloccò.
-Sei invitato a Malfoy Manor sabato sera per l’armistizio ufficiale tra Harry Potter e Draco Malfoy.-
Stavolta Harry impiegò un po’ più di tempo per richiudere la bocca. –Un… armistizio? Per la barba di Merlino, vuoi farmi firmare un foglio?!-
-No!- si affrettò a correggersi Draco. Non ricordava che Harry fosse così duro di comprendonio. –Era un modo di dire.-
-Cosa?-
-Cosa “Cosa?”?-
-Eh?-
-Potter, non ti seguo.-
-Hai parlato tu.-
-E necessito una risposta.-
-Per cosa?-
-L’armistizio.-
-Ah! L’armistizio!-
La scena poteva sembrare alquanto comica, se i diretti interessati non fossero due maghi che si odiavano a morte fin da giovani.
-Potter, ci sei ancora?-
-Sì.-
Draco sbuffò. Sarebbe stato più difficile del previsto. –Allora?-
-Allora cosa?... Ah! L’armistizio!-
Draco si passò una mano tra i capelli e lasciò che la rabbia sbollisse.
-Vengo.- concluse Harry.
Draco si alzò subito in piedi come una molla. Non si aspettava un rifiuto, questo era ovvio, ma neanche che Harry avrebbe accettato.
-Davvero?- chiese Draco. Questa volta fu lui che dovette richiudere la bocca.
-Davvero.-
-Allora… A sabato.-
Harry annuì, poi si ricordò che Draco non poteva vederlo, quindi rispose con un “Okay.” e richiuse la chiamata.
Nessuno dei due si rese conto di star sorridendo fino a che non tornarono entrambi a fare quello che stavano facendo: Draco si asciugò velocemente, maledicendo Potter per aver scelto un momento poco opportuno e per non aver compreso subito la questione. Harry, invece, tornò a sdraiarsi sul divano, cercando di capire per quale strano motivo aveva i crampi allo stomaco.
 
-CHE COSA?!- urlò Ginny per la per la quinta volta.
E Harry per la quinta volta le rispose. –Malfoy mi ha invitato a casa sua domani sera.-
-Vuole ucciderti? Vuole portare a termine la missione che il suo Signore non ha concluso?-
-No, Ginny cara.- cercò di rassicurarla Harry. –Malfoy è cambiato.-
Ginny incrociò le braccia e guardò in modo eloquente Harry. –Tu credi davvero che sia cambiato? Ha fatto entrare i Mangiamorte nel castello. Ha fatto distruggere Hogwarts, Harry! E tu lo difendi?-
-Non lo sto difendendo, Ginny.- disse Harry, passandosi stancamente una mano sulla faccia. Quella conversazione andava avanti da dieci minuti abbondanti. –Quello che voglio farti capire è che a tutti deve essere concessa una seconda possibilità. Anche a chi ci ha feriti. Anzi, soprattutto a loro.-
-Non potrei mai dargli un’altra possibilità.- rispose perentoria Ginny.
-E invece dovresti.- Harry le prese una mano tra le sue. –Io ho passato momenti molto brutti a causa sua, questo non lo nego. Ma quegli stessi momenti di terrore mi hanno temprato, mi hanno reso l’uomo che sono. Forse grazia a loro posso considerarmi in grado di mantenere la lucidità anche nei momenti peggiori.- Poi ripensò alla telefonata con Draco e scosse la testa. –Il punto è che Malfoy è cambiato e ne sono più che sicuro.-
-Il punto- rispose Ginny –è che il tuo lavoro ti sta dando alla testa. E ne sono più che sicura.-
Harry scosse la testa, questa volta con più vigore. Biascicò un “Buonanotte” tra i denti e andò in camera sua con passo sostenuto. Non riusciva a credere che Ginny non riuscisse a capire ciò che lui aveva compreso da quando si era trovato davanti Malfoy in lacrime: Draco era cambiato. E lui l’avrebbe dimostrato.

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Ciao a tutti! Sono Crystal :) 
Inizio con il dire che questa è la mia prima Drarry (ma non la mia prima fanfiction). Oggi, 17 maggio, è la giornata mondiale contro l'omofobia e ci tenevo a pubblicare qualcosa che fosse inerente al messaggio: ognuno di noi deve vivere la propria vita come desidera, nei limiti della legge, fregandosene altamente di ciò che può pensare la gente. All'inizio avevo pensato di pubblicare qualcosa di originale, completamente inventato da me, ma poi mi è apparsa in sogno - come per visione - questa Drarry e ho pensato: perché non scrivere di loro due?
Evito di dilungarmi troppo... Volevo solo dire che ci tengo particolarmente a questa tematica e che spero che vi divertiate a leggere la mia storia tanto quanto io mi sono divertita a scriverla.
A presto, Crystal :)

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Capitolo 2
*** From the armistice to my arms ***


Love is never wrong.
Capitolo 2: from the armistice to my arms.
 
-Il caffè, signor Malfoy.-
Draco prese la tazza di caffè bollente e se la portò alla bocca.
-Non crede che sta bevendo troppo caffè?- tentò la sua domestica.
Draco la incenerì con lo sguardo. Soppresse l’istinto naturale di cruciarla sul posto, ma poi ricordò la promessa che aveva fatto a Harry: sarebbe cambiato radicalmente.
Congedò velocemente la sua domestica, ricordando i bei tempi in cui al posto dei magonò aveva elfi domestici che non facevano domande, ma si limitavano a servire il padrone. Draco adorava la paura reverenziale che quegli esseri avevano nei suoi confronti. Ora, però, dopo la Guerra di Hogwarts, si era imposto di cambiare le sue abitudini. Non avrebbe rinunciato mai nella vita al suo maniero, ma avrebbe potuto chiudere un occhio, per esempio, sui mezzosangue. Del resto anche Harry era uno di loro.
Draco terminò la sua settima tazza di caffè della giornata. Aveva trascorso la mattina a Diagon Alley per comprare un bellissimo e pregiatissimo vestito da sera nero. Aveva anche ricomprato una camicia perfettamente bianca, sebbene il suo armadio trasbordasse di capi del genere.
Posò la tazza sul tavolino davanti ai suoi piedi e si incamminò verso il suo armadio-cabina. Era una stanza molto grande e Draco teneva lì tutti i suoi vestiti in perfetto ordine, divisi per capi di abbigliamento e per colori, dalla tonalità più scura a quella più chiara. Si avvicinò all’armadio delle cravatte e aprì le due ante. Studiò per diversi minuti i capi, poi ne prese due, indeciso su quale indossare.
Posò le due cravatte sul letto, vicino al suo abito nuovo. Le provò una alla volta per vedere quale di quelle stesse meglio con il nuovo capo.
La prima cravatta era bordeaux; l’aveva indossata per il processo contro sua padre. La scartò subito, ricordando il gelo che aveva sentito nelle vene nel vedere suo padre condannato a vita ad Azkaban e bollato per l’eternità come Mangiamorte.
La seconda aveva tutte le gradazioni del blu e del celeste e metteva in risalto i suoi occhi di ghiaccio. Era una cravatta stupenda, ma non voleva sembrare un uomo freddo agli occhi di Harry. Anzi, voleva fargli capire che era davvero cambiato.
Quando posò di nuovo la cravatta sul letto, si accorse che una piccola cravatta colorata era rimasta impigliata a quella blu. La prese delicatamente, con le mani che tremavano visibilmente. La poggiò sul letto e la osservò con gli occhi socchiusi: era la cravatta dei Serpeverde, che aveva indossato durante i sette anni a Hogwarts.
Draco si girò sui tacchi e poggiò le mani sul comò. Socchiuse gli occhi, ripensando a tutto ciò che quella cravatta e la sua casata avevano comportato in quegli anni. Quel piccolo pezzo di stoffa gli ricordava il suo passato. Tutto il male che aveva fatto, tutte le cattive azioni in cui era stato coinvolto o di cui era stato l’artefice… E se non fosse stato capace di cambiare? Che avesse perseverato nei suoi errori, rimanendo per sempre quel Mangiamorte che tanto aveva imparato a odiare?
Aprì di scatto gli occhi sentendo bussare alla porta.
-Signor Mlafoy- disse la domestica rimanendo fuori dalla stanza. –Il suo ospite è arrivato.-
Draco dovette sedersi sul letto per impedire alle gambe di cedere. Harry era davvero venuto! Si riscosse dai suoi pensieri quando la domestica lo chiamò con insistenza la seconda volta.
-Fallo accomodare.- diede ordini Draco, sentendosi la bocca asciutta. –Sarò giù tra poco.-
Draco sentì i passi veloci della domestica scendere le scale. Si avvicinò alla porta chiusa della sua camera per sentire la conversazione, ma non riuscì a captare altro che qualche leggero rumore. Tornò deluso a sedersi sul letto e si passò una mano tra i capelli, cercando di riportare il suo cuore a battere normalmente.
Niente sarebbe andato storto, si disse, mentre si vestiva e si pettinava ancora una volta i suoi perfetti capelli biondi.
 
Quando aveva bussato alla porta, Harry era stato accolto da una giovane donna. La cosa che aveva colpito maggiormente il mago non era stata la sua statura ridotta, ma la sua capigliatura: aveva in testa un cespuglio nero vaporoso quasi quanto il suo, con la piccola differenza che i capelli della donna erano raccolti in una lunga treccia da cui uscivano diverse ciocche.
La donna gli sorrise e Harry si presentò allungando una mano.
-Sono Harry Potter. Mi ha invitato…-
Non fece in tempo a terminare la frase che la donna iniziò a squittire, mente i suoi occhi si velavano di lacrime. –Lei è Harry Potter! È davvero Harry Potter!!-
Harry ostentò un sorriso forzato, mente faceva inconsciamente un passo indietro. Quella donna lo inquietava.
-Io…- riprese il mago. –Io sono Harry. Solo Harry.-
-Benvenuto, Solo Harry.- disse una voce bassa e sensuale. Harry spostò lo sguardo oltre la folta chioma della domestica e lo vide: scendeva le scale con fierezza, poggiando leggermente il palmo sul corrimano. Il suo passo era deciso e ponderato, ma solo Draco sapeva che tutta quella ostentata sicurezza era frutto solo del suo autocontrollo pressoché perfetto. Fosse stato per il suo istinto, si sarebbe ritrovato alla fine della scala in un paio di secondi.
Draco indossava un bellissimo abito da sera nero, da cui sporgeva una camicia bianca. Harry notò che non indossava nessuna cravatta, ma aveva comunque tutti i bottoni della camicia chiusi.
Harry sorrise al padrone di casa e Draco fu lì lì per mancare un gradino e finire la rampa di scale rotolando. Riuscì a mettere il piede sul gradino giusto e continuò a scendere le scale, ammirando l’uomo davanti a sé.
Anche Harry indossava una giacca nera con una camicia bianca, ma quest’ultima aveva i primi tre bottoni fuori dalle asole, che lasciavano scoperta una parte del pettorali scolpiti dell’uomo.
Draco si trattenne con tutte le forze dallo spalancare la bocca. L’uomo davanti a lui non era più il ragazzino tutto pelle e ossa che prendeva quotidianamente in giro a Hogwarts: era diventato un vero uomo, muscoloso dalla testa ai piedi; aveva ancora un cespuglio di rovi neri in testa, ma questi gli davano un aspetto sbarazzino e dannatamente sexy; aveva le mani infilate nei jeans e la testa leggermente piegata; a coronare il tutto c’era un bellissimo sorriso genuino sulle sue labbra.
Draco prese seriamente in considerazione l’idea di tornare in camera e rimanerci per tutta la serata, ma la accantonò. Deglutì, sebbene non avesse un goccio di saliva in bocca, e fece gli ultimi gradini che lo separavano da Harry. Staccò la mano dal corrimano e si fermò a un metro da Harry.
Harry allungò una mano e disse qualcosa, ma Draco non riuscì a comprendere cosa. Ora anche le sue orecchie si rifiutavano di collaborare.
Panico. Ecco cosa si poteva leggere nell’animo dell’ex Serpeverde. Fortuna per lui, nessuno era mai riuscito a capirlo pienamente.
Come in un film, Draco alzò lentamente il braccio, maledicendosi per il leggero tremolio che scosse la sua mano quando si strinse con quella di Harry. A quel tocco, entrambi rimasero di sasso, colpiti dal fatto che quella stretta fosse radicalmente diversa da qualsiasi contatto che i due avessero mai avuto.
Draco fu il primo a staccarsi. Salutò cordialmente il suo ospite e lo invitò a seguirlo nella sala da pranzo.
Aveva fatto apparecchiare il lungo tavolo d’ebano che era stato regalato ai suoi genitori il giorno delle nozze. Poteva ospitare venti persone e Draco aveva dato ordine di apparecchiare solo i due estremi del tavolo.
Draco si accomodò e fece cenno anche a Harry di fare altrettanto. Ma quest’ultimo, sotto gli occhi scandalizzati di Draco, prese piatto, bicchiere e posate e si andò a sedere vicino al padrone di casa. Quando si sedette, le loro ginocchia si sfiorarono.
Draco si ritrasse subito. –Che fai?- disse, alzando di mezzo tono la voce.
Harry sorrise e Draco sentì lo stomaco brontolare. –Da laggiù non ti sentivo parlare.- si giustificò lui.
Draco sbuffò, ma dentro di sé era contento. –Va bene, Potter. Puoi rimanere qui. Ma evita di mangiarmi in braccio.-
-Sei molto più simpatico di quanto ricordassi!- Harry rise di gusto e Draco abbassò il viso, rosso come un peperone.
Intanto alcuni camerieri portarono le prime portate. Draco aveva fatto preparare una cena con i fiocchi: gnocchi con i formaggi, selvaggina con ricchi contorni e dolci a non finire. Quando venne loro servito un ottimo gelato alla nocciola fatto in casa, Harry si mise le mani sulla pancia e scosse la testa ridendo. –Non ce la faccio più. Sono pieno come un uovo.-
Anche Draco era pieno, perciò rimandò indietro l’ultimo dolce.
-Mi dispiace.- si giustificò Harry.
Draco sbuffò. –Non sei cambiato affatto. Il gelato non andrà buttato. Non preoccuparti.-
Harry lo guardò intensamente. –Tu invece sei cambiato molto, Draco.-
Sentirsi chiamare per nome scosse Draco fino alle punte dei piedi. Un brivido gli attraversò tutta la spina dorsale e sentì di dover cambiare argomento in quello stesso istante.
-Andiamo nel salone.- propose Draco, alzandosi dalla tavola. Aveva bisogno di far affluire un po’ di sangue alle gambe.

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Ciao a tutti, maghetti! So che probabilmente non ve ne importerà molto, ma volevo raccontarvi un piccolo aneddoto che mi è successo oggi (ho bisogno di raccontarlo a qualcuno!): ho incontrato un fanboy su Facebook, abbiamo parlato, ho scoperto che ha letto tutte le saghe che adoro... e alla fine scopro che vive in un'altra città e ha almeno due anni in meno di me. Mannaggia alla Umbridge...
Comunque, tralasciando il mio piccolo sfogo da fangirl... spero che la storia vi stia piacendo! Ho cercato di non allungare troppo i tempi, quindi verranno circa una dozzina di capitoli. Ci tengo a precisare che ho scritto questa fanfiction per contruibuire a far capire al mondo che l'amore è amore e ognuno ha il diritto di vivere la propria vita come vuole.
E niente, oggi mi sento un po' bipolare :')
Mi piacerebbe molto che lasciaste un commento. A presto,
Crystal :)

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Capitolo 3
*** I will always choose you, my love ***


Love is never wrong.
Capitolo 3: I will always choose you, my love.
 
-Andiamo nel salone.- propose Draco subito dopo la cena, alzandosi dalla tavola. Aveva bisogno di far affluire un po’ di sangue alle gambe.
Harry accolse la proposta con un sorriso e seguì a ruota il padrone di casa, finché non attraversarono un enorme portone di legno intarsiato con stupendi arabeschi. Harry si fermò sulla soglia, come per non profanare quello spazio raffinato e magico, e studiò quella bellissima stanza.
Era un enorme salone, due terzi della Sala Grande di Hogwarts. Le due pareti adiacenti alla porta erano piene di libri perfettamente ordinati in ordine alfabetico e per genere letterario, mente sulla parete opposta c’era un enorme e bellissimo camino di marmo in cui scoppiettava un fuoco rassicurante. L’unica cosa che colpì quasi negativamente Harry era la totale assenza di foto o quadri alle pareti.
-Ti piace?- chiese mestamente Draco, guardandosi le scarpe. –Entra, forza.-
Harry entrò lentamente, contemplando i dettagli che non aveva ancora notato. -È una bellissima stanza.-
I loro occhi si incontrarono e si sorrisero. Ormai i pregiudizi che avevano entrambi erano scemati con il dolce tepore del caminetto scoppiettante. Draco fece cenno a Harry di seguirlo al centro della sala, dove c’erano diversi divani e poltrone all’apparenza molto comodi.
Draco si sedette delicatamente su una poltrona e accavallò le gambe con un gesto plateale. Harry, invece, si lasciò cadere scompostamente sul divano, strappando una risata sarcastica a Draco.
-La tua grazia è rimasta quella di un tempo.- lo schermì il biondo sorridendo.
Harry sorrise a sua volta, notando che quel commento non voleva essere un insulto, piuttosto una presa in giro tra amici.
Amici. Erano davvero diventati amici? Dopo tutto quello che li aveva divisi fin dal primo giorno a Hogwarts? Harry si promise che, prima o poi, avrebbe posto la stessa domanda anche a Draco.
Quest’ultimo, notando il cambiamento negli occhi di Harry, entrò nel panico. Non voleva assolutamente rovinare la serata. –Non volevo insultarti. Era solo…-
-Lo so, Draco.- rispose Harry, provocando una cascata di brividi freddi al biondo.
A Draco facevano male le guance per tutti i sorrisi che stava facendo al suo ospite, ma non poteva fare nulla per eliminare quello sguardo da pesce lesso che aveva fin da quando Harry aveva messo piede in casa sua. Ancora non riusciva a credere che Harry lo avesse perdonato. Anzi, non ci credeva affatto.
-Sei sicuro di non odiarmi più?- chiese tutto a un tratto Draco, evitando accuratamente lo sguardo di Harry.
Harry, dal canto suo, rimase basito. –Sono venuto fino a qui, ho cenato con te, ti sto parlando senza saltarti al collo… Mi sembra una prova della folle fiducia che ora ho riposto in te. Non trovi?-
Draco annuì. –Ti prometto che farò di tutto per mantenere viva questa fiducia.-
Finalmente Draco alzò gli occhi e si perse nel liquido color smeraldo degli occhi di Harry. Il moro, come suo solito, sorrideva. Draco rimase a contemplare quel sorriso per un po’ di tempo, poi anche lui accennò un timido sorriso. Harry, dal canto suo, smise di sorridere.
Draco entrò nel panico. –Vuoi qualcosa da bere?- chiese. Stava iniziando a convivere con la paura di poter perdere da un momento all’altro la sua amicizia che tanto aveva bramato fin dal primo giorno in cui si erano incontrati ad Hogwarts.
Dopo un attimo di silenzio, Harry annuì con vigore.
Il biondo si alzò e, con mano tremante, prese due bicchieri da una vetrina e una bottiglia con un liquido ambrato.
-È punch fatto in casa.- spiegò. –Lo bevo sempre quando ho mangiato troppo. È fantastico per la digestione.-
Ne versò un po’ in uno dei bicchieri, che poi passò a Harry. Lui lo prese e se lo portò alle labbra. Draco deglutì, seguendo con lo sguardo il pomo di Adamo del suo ospite. Allontanò in fretta lo sguardo quando vide Harry sorridere ancora. Non sarebbe riuscito a trattenersi ancora a lungo.
Si versò anche lui del punch.
-Hai ragione.- disse Harry a un certo punto. –Questo punch è davvero molto buono.-
Draco annuì soddisfatto.
Bevvero ancora un po’ e Harry riempì il suo bicchiere altre due volte.
-Noto con piacere che hai gradito.- disse alla fine Draco.
-Oh, sì che ho gradito.- rispose Harry.
Draco interpretò male quell’affermazione e dovette alzarsi velocemente e fare un giro per la camera per calmare i suoi bollenti spiriti. Non provava nulla del genere da un paio d’anni, ormai. Da quando aveva capito che la storia con Daphne non sarebbe durata a lungo.
Aveva cercato in tutti i modi di opprimere i suoi sentimenti, ma non c’era stato verso: ogni volta che si trovava a letto con Daphne cercava una scusa per andare a dormire presto. Finché lei non aveva capito ciò che Draco faticava ormai a nascondere: era attratto dai maschi.
Così un giorno Daphne lo aveva lasciato di punto in bianco e si era trasferita dalla sorella. Draco aveva impiegato mesi interi ad accettare la sua nuova natura e alla fine era riuscito a convincersi del fatto che sarebbe bastato accettare un “nuovo se stesso”.
Spesso rivedeva Daphne e chiedeva consigli sui ragazzi. Più tardi aveva avuto una relazione con Theo, un ex Serpeverde, ma era naufragata quando Theo lo aveva tradito con altri ex compagni di casata. Draco si era sentito deluso, arrabbiato come non mai, e aveva chiuso i ponti con tutti, perfino con Daphne.
Ma adesso si ritrovava a maledirsi mentalmente per aver invitato Harry: era dannatamente consapevole di provare qualcosa di profondo per lui, ma non avrebbe rovinato questa nuova amicizia per niente al mondo.
-Tutto bene?- chiese Harry, poggiando il suo bicchiere mezzo pieno sul tavolino.
Draco annuì, più per convincere se stesso che il suo ospite.
-Credo di aver bevuto abbastanza.- rivelò Harry con un sorriso, anche se le sue guance rosate dicevano più che abbastanza. –Torno a casa. Grazie dell’invito.-
Draco fece un cenno con il capo e lo accompagnò alla porta.
-Ti serve un passaggio?- chiese il biondo, pentendosi quasi subito della richiesta. L’unica cosa di cui aveva bisogno in quel momento era una bella doccia fredda.
-No, grazie.- rispose Harry. –Userò la smaterializzazione.-
Draco annuì e salutò Harry con un veloce “Arrivederci”. Harry sorrise raggiante e si voltò, giusto in tempo per non notare il viso di Draco colorarsi di un rosso scarlatto.
 
-Sei in ritardo.- sussurrò qualcuno appena Harry varcò la soglia del suo appartamento, di ritorno dalla cena con Draco.
L’uomo si passò una mano sul viso e si accomodò su una poltrona, troppo brillo per tenersi in piedi.
-Ti sei divertito?- chiese Ginny sarcastica.
Harry la fissò con insistenza. –Sì.-
Ginny sbiancò all’istante. –Harry, è un Mangiamorte. Non puoi aspettarti niente da lui.-
-Quante volte ancora te lo devo dire? È cambiato.-
Ginny rimase un attimo in silenzio. –Lo vedrai ancora?-
-Probabilmente.-
La donna girò su se stessa e si fiondò in camera da letto, sbattendo con forza la porta. Harry socchiuse gli occhi, preparandosi a una lunga nottata insonne sul divano scomodo del suo salotto.
 
La mattina seguente Harry si svegliò presto per andare al lavoro. Preparò la colazione a Ginny come tutte le mattine e colse una margherita dal giardino, posandola sul tavolo. Adorava le margherite: gli infondevano un senso di felicità e riposo che non riusciva a provare più dai tempi di Hogwarts.
Prese la sua valigetta e uscì di casa, chiudendo lentamente la porta. Si smaterializzò appena fuori la soglia del suo appartamento e sperò che Ginny lo perdonasse in fretta, mentre varcava l’entrata del Ministero della Magia.
Ginny era una donna forte e più di una volta aveva dimostrato di avere una forza d’animo e una tenacia superiore rispetto a chiunque altro, specialmente rispetto agli uomini. Ma era molto territoriale: una volta era anche arrivata alle mani con una segretaria di Harry, solo perché si era azzardata a presentarsi a casa per una cena di lavoro, che tra l’altro, aveva organizzato Harry stesso.
Il mago scosse la testa, cercando di concentrarsi solo sul suo lavoro: ora era un Auror di primo livello, una delle persone più stimate di tutto il Ministero non solo per il suo nome, ma anche per tutte le missioni che aveva portato a termine durante i suoi mandati.
Entrò nel suo ufficio, dove venne subito bombardato da notizie sui casi che stava seguendo o che avrebbe dovuto seguire a breve. Quel giorno Harry non  riusciva proprio a prestare attenzione alla sua segretaria, che elencava in modo monotono tutto ciò che Harry avrebbe dovuto fare quel giorno. Dovette ricominciare un paio di volte, dato che Harry aveva la testa da tutta altra parte, sebbene non sapesse di preciso dove.
Durante la pausa pranzo Harry sentì che la testa era sul punto di scoppiare: non sarebbe riuscito a portare a termine una nuova missione. Chiese dunque a Ron – suo migliore amico e Auror – di coprirlo per il turno del giorno. Lui annuì e Harry poté tornare a casa a godersi un po’ di pace. O almeno così sperava.

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Ciao a tutti, bei maghetti! Oggi mi sento particolarmente felice e fiera di aver concluso così questa bellissima giornata: in Irlanda, Paese conosciuto per essere radicalmente Cattolico, i matrimoni gay sono stati approvati dalla legge. E se un Paese come l'Irlanda l'ha fatto, cosa impedisce al nostro di fare altrettanto? Mi piace pensare che tutto questo sia un passo verso la direzione giusta, verso un futuro in cui tutti potranno essere chi sono. In questo clima di cambiamenti radicali pubblico il terzo capitolo della mia Drarry, sperando che vi piaccia.
PS: se lasciate un commento non mi offendo mica!
A presto, con affetto,
Crystal :)

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Capitolo 4
*** Remember to love yourself ***


Love is never wrong.
Capitolo 4: remember to love yourself.
 
Draco quella mattina si era alzato piuttosto tardi e dovette correre a fare una lunga doccia fredda. Aveva sognato Harry tutta la notte e non riusciva a togliersi dalla testa il suo sorriso genuino. Ogni volta che ripensava alla conversazione del giorno precedente iniziava a sorridere e le barriere da principe delle serpi svanivano in un istante.
Per questo trascorse l’intera giornata a complimentarsi con maggiordomi, cuochi e domestici per l’ottimo lavoro che avevano svolto da quando erano a Malfoy Manor. Li invitò addirittura a pranzare con lui.
Terminato il pranzo, mentre Draco andava in giro canticchiando tra sé, i domestici che erano rimasti nella sala da pranzo non muovevano un muscolo: se ne stavano impalati come stoccafissi a fissarsi tra loro, pregando Merlino che Draco non avesse battuto la testa da qualche parte.
Draco si sentiva leggero come non mai. Da quando suo padre era stato rinchiuso ad Azkaban e sua madre in un centro psichiatrico, era rimasto solo in quell’enorme maniero. Ormai era un uomo di ventotto anni e doveva badare agli affari di famiglia completamente da solo. Da quando Daphne lo aveva lasciato, Draco evitava qualsiasi contatto con l’esterno, eccetto per sporadiche visite a Diagon Alley.
Ora invece, da quando Harry lo aveva perdonato, si sentiva un uomo diverso, addirittura migliore. Passeggiò tra i suoi giardini canticchiando un motivetto orecchiabile, mentre maggiordomi, cuochi e domestici lo fissavano dalle finestre, covando la paura che Draco sarebbe potuto tornare a essere l’apatico padrone che li aveva comandati a bacchetta fino a quel giorno.
 
-Tesoro- disse Harry, posando le chiavi di casa nell’apposito contenitore vicino alla porta. –Sono a casa!-
Dalla cucina, come in un film horror, uscì Ginny, rossa in viso e con un coltello in una mano.
Harry fece inconsciamente un passo indietro. –Ginny cara, posa il coltello.-
Ginny lo fissò a lungo senza battere le ciglia e senza muoversi. Alla fine, dopo cinque minuti buoni durante i quali Harry temette seriamente di dover ricorrere alla magia, Ginny sembrò svegliarsi da un lungo sogno. Sbatté le palpebre un paio di volte e guardò Harry, questa volta sul serio.
-Harry- disse Ginny, sedendosi sul divano –Devo parlarti.-
Harry odiava i momenti in cui Ginny si sedeva sul divano e gli chiedeva di parlargli: l’ultima volta gli aveva rivelato di aver bruciato la cucina per provare una nuova succulenta ricetta, che alla fine era diventata spezzatino di cenere ricoperto di uno spesso strato di catrame con contorno di polvere.
Harry si sedette con calma, ponderando ogni minimo movimento. Quando si decise a incrociare lo sguardo di Ginny, notò che la donna aveva gli occhi lucidi.
-Tutto bene?- le chiese Harry dolcemente.
Ginny scosse lentamente la testa, ma prima che Harry si allarmasse, prese fiato e parlò.
-Noi due ci conosciamo da molto tempo e siamo sempre stati amici. A scuola ci difendevamo a vicenda quando qualche studente ci prendeva di mira. Con il passare del tempo la nostra amicizia è diventata più solida, fino a che non ci siamo messi insieme. Quel periodo per me è stato fondamentale e bellissimo: mi ha fatto capire che noi due siamo molto simili, forse fin troppo.- Ginny abbassò gli occhi a terra. –Sai, Harry, è da un po’ che mi chiedo se stare con te sia la cosa giusta.-
-Che cosa…?- la domanda gli morì in gola.
-Harry, da un paio di settimane mi vedo con… un altro uomo.-
Harry sentì la gola improvvisamente secca. –Chi è?- chiese con un filo di voce.
Ginny scosse la testa lentamente. –Non credo che sia una buona idea che…-
-No.- la bloccò Harry. –Devo saperlo.-
Ginny si studiò le mani e per qualche secondo la stanza fu avvolta dal silenzio e dalla tensione.
-Seamus.- disse alla fine la donna. –Seamus Finnigan.-
Harry sbiancò. –S… Seamus?! Quel Seamus?!-
Ginny annuì senza incrociare gli occhi furiosi del moro. Seamus era suo amico dai tempi di Hogwarts: durante la Grande Battaglia gli aveva salvato la vita proteggendolo da Voldemort e lui lo aveva ricompensato andando a letto con sua moglie. Come aveva potuto fargli una cosa del genere?
L’uomo si passò una mano tra i capelli folti, tirando diverse ciocche nere. Alla fine ruppe quell’imbarazzante silenzio che era caduto tra i due.
-Non posso credere che tu mi abbia fatto una cosa del genere.- disse Harry con un filo di voce.
Ginny respirò a fondo. –Mi dispiace, ma non provo più niente di profondo per te. Se non un’amicizia.-
Harry si morse le labbra, cercando di contrastare la bile che gli stava salendo in gola. Non poteva crederci.
-Harry- riprese Ginny guardandolo negli occhi. –Sei stato il migliore amico che abbia mai avuto. Finché siamo stati insieme era tutto perfetto, almeno per i primi tempi. Poi però mi sono accorta che per me sei un amico. Niente di più.-
-Niente di più.- ripeté Harry in modo secco. Incrociò gli occhi della donna, cercando di non piangere e mantenendo la voce più ferma possibile. –Non voglio più vederti.-
Ginny rimase sconcertata. –Cosa?-
-Vattene da questa casa. Stai con Seamus ora, no? Non c’è motivo per cui tu debba rimanere qui con me.-
La donna aspettò un istante, poi saltò letteralmente in piedi. Si fiondò in camera e gettò tutti i vestiti che aveva in una valigia su cui applicò un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile. Uscì di casa gridando un “Addio” e sbattendo con rabbia la porta.
Harry, ancora seduto sul divano, si coprì la faccia con le mani e iniziò a piangere in silenzio.
 
Il giorno seguente per Harry fu un incubo: dovette recuperare il lavoro arretrato del giorno precedente e seguire un nuovo caso piuttosto complicato. O almeno così lo aveva etichettato Ron prima di passarlo al suo amico. Anche se quel caso era in realtà molto semplice, Harry si scervellò per riuscire a risolverlo, finendo con il provocarsi un mal di testa allucinante.
Fu così che terminò quel giorno di lavoro: occhi rossi, mani tremanti, testa pulsante e, soprattutto, un vuoto incolmabile nel cuore.
Uscì verso le nove di sera dal Ministero della Magia senza salutare nessuno. Imboccò il primo camino libero e aspettò che questo lo scaraventasse a Diagon Alley. Fece un veloce giro tra i negozi per una mezz’oretta, poi prese una stradina molto stretta che sbucava su Nocturn Alley.
Harry era stato in quelle vie solo durante alcuni pedinamenti, ma sapeva che lì da qualche parte c’era la locanda del Cavallo Rampante, dove i proprietari servivano chiunque entrasse a qualunque ora del giorno e della notte senza fare domande. Ed era proprio quello che serviva a Harry Potter quella notte: anonimato.
Entrò lentamente, cercando di fare meno rumore possibile. Si guardò intorno, compiaciuto dal fatto che nessuno si era accorto di lui.
Si avvicinò al bancone, tenendosi però lontano da occhi indiscreti, e ordinò uno scotch. Il barista glielo servì e Harry lo bevve tutto d’un sorso, continuando a ordinarne uno dietro l’altro. Voleva annegare tutti i dispiaceri nell’alcol, o forse voleva annegare lui stesso.
 
Draco decise che quella sera sarebbe andato in giro per pub. Indossò quindi una camicia bianca senza cravatta, arrotolò le maniche fino ai gomiti e sbottonò i primi due bottoni. Quello era il suo segno di riconoscimento: niente cravatta significava niente formalità.
Girò per un po’ tra i pub a Diagon Alley, in cui incrociò un paio di compagni di casata ai tempi di Hogwarts. Poi decise di cambiare programma.
Era trascorso molto tempo dall’ultima volta che era entrato a Nocturn Alley, ma ne ricordava ogni cunicolo.
Si avviò verso la locanda del Cavallo Rampante e, quando aprì la porta, restò pietrificato sulla soglia.
La scena fece accapponare la pelle di Draco: Harry Potter era letteralmente sdraiato sul pavimento, gli occhi chiusi e le labbra violacee. Draco scattò e in un paio di secondi gli fu vicino. Sentì il battito cardiaco del polso: c’era, sebbene fosse molto debole.
Draco notò che era andato in apnea, quindi riprese a respirare.
Passò le braccia sotto le ascelle di Harry e lo tirò su con non poca fatica. La prima volta scivolò su uno scotch versato, finendo per sbattere dolorosamente un fianco contro una delle panche di ferro. Strinse i denti, masticando un’imprecazione contro gli avventori del locale che avrebbero dovuto negare l’ingresso a quello scellerato, o comunque l’avrebbero potuto aiutare a rialzarsi.
Quando, dopo sette tentativi, Draco riuscì a rimettersi in piedi con Harry, adagiò l’uomo svenuto su una panca lì vicino. Poi si avviò furibondo al bancone. Tutti i presenti conoscevano Draco Malfoy come un uomo molto ricco, molto cattivo e, soprattutto, molto vendicativo.
-Quanti gliene hai dati?- quasi urlò all’uomo al bancone, indicando Harry con un cenno della testa.
L’uomo mugugnò.
-Voglio sapere quanti gliene hai dati.- ora la voce di Draco era bassa e pacata. Tutti sapevano che quella era la calma prima della tempesta, pertanto si tennero a distanza di sicurezza.
L’uomo al bancone sbiancò. –D… Dodici.- disse balbettando.
-Dodici?!- urlò Draco, battendo le mani sul bancone così forte che i suoi palmi divennero completamente rossi. Fece addirittura cadere un bicchiere di vetro, che si infranse sotto le mani di Draco, tagliandole in più punti. Ma in quel momento a lui non importava nulla se non terminare al più presto quella conversazione e portare Harry in un posto più sicuro.
Notando lo sguardo furioso di Draco, l’uomo tentò di giustificarsi. –Qui non facciamo domande e lo sa anche lei. Quell’uomo mi ha chiesto alcuni scotch e io glieli ho dati. La nostra politica è… paga e ti sarà dato.-
Draco sfoggiò uno dei suoi migliori ghigni, che non usava da tempo. Fu come se il sangue fluisse più velocemente e l’adrenalina raggiungesse livelli spropositati.
Si sporse sul bancone, avvicinandosi a tal punto che solo l’uomo al bancone potesse sentirlo. –Sai chi sono e sai come mi comporto se i miei ordini vengono ignorati. Ma ti darò un avvertimento, perché mi sei simpatico: non dare mai più niente a quell’uomo. Intesi?-
Draco scandì quelle parole con tono così minaccioso che l’uomo annuì con vigore finché Malfoy non si allontanò dal bancone. Evitò di radere al suolo la locanda, visto che era una delle sue preferite. Con un incantesimo fece in modo che Harry pesasse molto di meno e, dopo avergli cinto le spalle con un braccio, lo portò fuori dal locale, dove si smaterializzò.

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Ciao a tutti, piccoli maghi e streghe! Spero non mi vogliate fustigare ora che ho scritto di un Harry decisamente ubriaco e poco sicuro di sè. Draco, d'altra parte, sta scoprendo un lato della sua stessa personalità che zia Jo ci aveva tenuto nascosto per sette lunghi libri. Spero che la storia vi stia piacendo. Recensite, se vi va! Mi fareste una potterhead felice. A presto,
Crystal :)

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Capitolo 5
*** Together under the same roof ***


Love is never wrong.
Capitolo 5: together under the same roof.
 
Harry si svegliò intorno a mezzogiorno con un mal di testa tale da non consentirgli di alzarsi. Tenne gli occhi chiusi mugolando e portandosi una mano alla testa. Era come se si trovasse nel bel mezzo di una partita di Quidditch e lui fosse un bolide.
Cercò di alzarsi lentamente a sedere, ma si sentiva talmente male che dovette tornare subito sdraiato. Sibilò tra i denti. Probabilmente qualcuno aveva passato la notte lanciandogli decine e decine di Cruciatus.
Dopo aver tentato di alzarsi per la tredicesima volta con il solo risultato di causarsi ancora più dolore alla testa, sbuffò contrariato.
-Sei proprio un Grifondoro.- disse una voce sprezzante alle sue spalle, anche se con una punta di divertimento.
Harry aprì di scatto gli occhi per prendere la bacchetta, ma fu percorso da un dolore atroce. Soffocò un urlo e dovette chiudere velocemente gli occhi a causa della luce presente nella stanza.
Cercò comunque la bacchetta, finendo a terra. Non riuscì a smorzare l’urlo rauco che gli uscì dalle labbra.
-Oh, hai ragione.- continuò quella voce.
Harry sentì qualcosa frusciare intorno a lui e, aprendo lentamente gli occhi, notò che ora tutte le tende erano chiuse e facevano passare poca luce, abbastanza da notare che Harry non si trovava a casa sua: era in un’enorme stanza rettangolare, con un bellissimo e morbidissimo letto a baldacchino; c’erano diversi mobili, un caminetto e due poltrone, una delle quali occupate da…
-Malfoy?- disse Harry, stupito dal fatto che riuscisse a parlare.
Draco annuì lentamente e incrociò le gambe con un gesto teatrale. –Che hai combinato ieri sera?-
Harry sbuffò. –Non sono in vena spiegazioni. Ho trascorso la notte fuori e non mi risulta che un uomo di ventotto anni non possa fare quello che vuole della sua vita.-
Draco incrociò le braccia, palesemente arrabbiato. –Puoi fare quello che ti pare, ma ti proibisco di andarti a sfondare in un posto che neanche conosci fino a rimanere incosciente sul pavimento lurido di un pub a Nocturn Alley.-
Harry cercò di alzarsi per protestare, ma non riuscì a muovere un muscolo. –Almeno puoi aiutarmi a tornare sul letto, così mi spieghi perché diavolo non mi hai lasciato lì.-
Draco si alzò tanto velocemente da far cappottare la poltrona. –Levicorpus!- urlò, puntando la bacchetta su Harry, che si ritrovò appeso al soffitto per una caviglia.
Harry stava per urlare tutto il suo disappunto, quando Draco urlò di nuovo, stavolta “Liberacorpus!”. Finì con il sedere sul letto.
-Che diavolo ti prende?- urlò Harry a sua volta, massaggiandosi il didietro. –Ora grazie a te ho un livido enorme e un mal di testa spropositato!-
Draco lo guardò gelido. –Il mal di testa te lo sei causato da solo. Per il livido, beh, è il minimo che ti possa fare, visto che per colpa tua ho anche io un livido enorme su un fianco.-
Harry perse colore. –Cosa?-
Draco si animò. –Se vuoi ammazzarti, la prossima volta trovati un posto appartato, okay? Stavo passando da quelle parti e ti ho visto a terra, esangue, con un battito cardiaco debolissimo e circondato da bicchierini di scotch. Ho cercato di aiutarti ad alzarti, ma sono scivolato sullo scotch che tu avevi lasciato, provocandomi un livido tremendo.-
Harry aprì la bocca per parlare, ma Draco lo bloccò. –Ti ho fatto alzare e sono andato a litigare con il barista. Quando sono tornato a casa non solo avevo il tuo peso da sorreggere, ma poi mi sono dovuto togliere tutte le schegge che mi erano finite nei palmi delle mani.-
Draco alzò le mani e Harry notò che erano completamente fasciate da bende bianche striate di rosso.
-Mi dispiace.- si scusò Harry.
-Ti dispiace?- ripeté Draco più infuriato che mai. –Ti dispiace? Questa sì che è buona. Allucinante, direi. Ti intrufoli nella zone più malfamata del Mondo Magico, entri in un pub i cui avventori sono potenziali assassini, ti sfondi lo stomaco con una dozzina di scotch, rimani a terra privo di senso e se non fosse stato per me ci saresti rimasto secco. E dici che ti dispiace? Credevo fossi un uomo, ormai.-
Draco riprese fiato, visto che aveva parlato senza fare neanche una pausa. La vena sul collo gli pulsava velocemente.
-Non volevo crearti problemi.- disse Harry a mezza voce, studiandosi le mani. –Volevo solo trovare un modo per non pensare più ai problemi. Tutto qui.-
-Che genere di problemi?- ora la voce di Draco era tornata a un tono normale.
Harry sentì di potersi confidare con Draco per qualche strana ragione che ancora non comprendeva. –Io e mia moglie abbiamo litigato. Mi ha confidato che ora sta con un altro uomo, che tra l’altro era un mio amico ai tempi di Hogwarts. È per questo che sono andato alla locanda, ieri notte: volevo dimenticare il suo tradimento. Le voglio bene e sapere che per lei non è più lo stesso mi ha fatto malissimo.-
Draco rialzò la poltrona e si sedette delicatamente.
-Ti capisco.- disse lui passandosi stancamente una mano tra i capelli. –Daphne ha fatto lo stesso con me.-
Harry alzò gli occhi su Draco. –Ti ha tradito?-
Draco arrossì. –Più o meno.-
Calò un silenzio in cui Harry sentì la testa pulsare fortissimo. Cercò di alzarsi sotto lo sguardo allarmato di Draco. –Grazie dell’ospitalità, ma devo tornare a casa ora. Devo recuperare il lavoro di oggi.-
Il biondo scosse la testa. –Non vai da nessuna parte conciato così.-
Harry fece per protestare, ma Draco lo bloccò con una mano. –Non so se te ne sei reso conto, ma non sei neanche in grado di alzarti dal letto.-
-Posso smaterializzarmi.-
-E lasciare un po’ di pezzi qui? No, grazie. Un tuo braccio non è un bel souvenir.-
-Non posso restare qui.-
-Perché?-
-Devo mettere a posto le cose con Ginny.-
Draco era sul punto di ribattere, quando squillò il telefono. Harry lo tirò fuori dalla tasca e rispose al settimo squillo.
-Pronto?- disse Harry.
-Sono Ginny.-
Calò il silenzio più totale.
-Sei ancora lì?- chiese Ginny.
Harry annuì, poi ricordò che la donna non l’avrebbe potuto vedere e disse “Sì” mestamente.
-Stamattina ho pensato alla nostra litigata.- iniziò Ginny. Harry sorrise, sapendo che di lì a poco sarebbero tornati insieme come tante alte volte. –Sai, Harry, sono arrivata alla conclusione che non possiamo continuare così.-
Prima che Harry potesse parlare, Ginny terminò. –Ho chiesto il divorzio.-
Harry perse il sorriso e il colore in pochi secondi.
-E mi tengo la casa.- concluse Ginny. –Ci vediamo tra una settimana dall’avvocato di famiglia.-
Ginny attaccò e Harry rimase con il telefono sull’orecchio finché Draco non glielo tolse.
-È finita.- disse Harry sottovoce, parlando da solo. –Ha chiesto il divorzio.-
Dopo un lunghissimo silenzio, Harry chiese gentilmente a Draco di lasciarlo solo e il biondo acconsentì, chiudendo la porta. Era andato a fare una passeggiata in giardino per lasciare Harry libero di sfogarsi, ma il moro non aveva versato neanche una lacrima. Era stufo di piangere per Ginny. Stufo delle sue litigate e dei suoi problemi. Si promise di cambiare vita di lì a poco. E lo avrebbe fatto a tutti i costi.
 
Harry scese per l’ora di cena, giusto il tempo di avvisare Draco che non sarebbe rimasto a mangiare. Si era fatto una doccia veloce ed era andato nella sala da pranzo, dove aveva trovato il padrone di casa a leggere il giornale.
Appena lo dive, Draco gli mostrò la prima pagina della Gazzetta del Profeta. –Elliott il Corto ha fatto la spia: ora tutto il Mondo Magico sa della scorsa notte.-
Harry era sul punto di chiedere spiegazioni, quando capì. –Fantastico. Ora tutti sanno quello che ho fatto.- disse sarcastico.
Il moro fece un respiro profondo e guardò Draco negli occhi, che intanto aveva alzato un sopracciglio. –Grazie per avermi aiutato e avermi accolto in casa tua. Ora però devo andare.-
Draco incrociò le braccia, palesemente divertito. –E dove credi di dormire stasera?-
-A casa mia.- rispose Harry, dandolo per scontato.
-Ah sì?- chiese Draco ghignando. –Sai che ora casa tua è proprietà del Ministero della Magia fino alla fine del processo, vero?-
Harry spalancò la bocca. –Non è possibile!-
-Lo diceva anche mio padre.- il tono di Draco era diventato basso e atono. –Quando ci hanno tolto la casa ci hanno mandato in un piccolo appartamento vicino a Hogsmade. È stato orribile, anche perché dividevo la camera con mio padre.-
Draco rabbrividì al solo pensiero: almeno due volte al giorno subiva le Cruciatus di suo padre che, arrabbiato per la prossima condanna, scaricava le sue frustrazioni sul figlio.
Harry sentì di aver toccato un tasto dolente. –Allora chiederò a Ron se può ospitarmi.-
-Pel di Carota?- Draco rise di gusto. –E dove credi che sia andata Pel di Carota-Femmina?-
Harry aprì la bocca per replicare, ma la richiuse subito, in quanto era a corto di parole.
Draco venne il suo soccorso. –Se vuoi puoi rimanere qui da me fino al giorno del processo. Poi potrai fare quello che vuoi. E se vorrai tornare nella topaia dove vivevi con tua moglie… a te la scelta.-
Il moro scosse la testa. –Ti ringrazio, ma non posso restare qui.-
-Perché?-
-Tu hai un lavoro. Io ho un lavoro. Ti sarei solo d’intralcio.-
-Sciocco Grifondoro! Abito in una villa a tre piani, con due giardini immensi e una piscina grande quanto un lago. Credi davvero che non troverò un posto appartato dove lavorare?-
Harry ci pensò un attimo. Poi parve illuminarsi. –E che ne pensi dei tuoi maggiordomi? Io non sono tipo da maggiordomi. Sono sicuro che in un paio di giorni farei danni allucinanti nel cercare di prepararmi qualcosa da solo.-
-No. Sei tu che sei allucinato. Merlino, aiutami tu! Se ti dico che non c’è problema… non c’è problema! E se farai qualche danno, beh… abbiamo una bacchetta magica, no?-
Harry annuì lentamente. Non era ancora totalmente convinto, ma non sapeva che altro fare. Fece un respiro profondo. –Okay, accetto.-
Draco stava gioendo dentro di sé, quando Harry parlò di nuovo. –Ma a una condizione.-
Il biondo inclinò la testa da un lato.
-Il tuo gattaccio spelacchiato deve stare lontano dalla mia camera.-
Draco scoppiò a ridere. Sebbene Harry avesse inteso quella risata come un segno di divertimento, il biondo sapeva che era un atto di isteria che non era riuscito a reprimere: aveva pensato per un momento che potesse chiedergli di stargli il più lontano possibile. Poi tornò alla conversazione dei giorni precedenti: avevano messo da parte l’odio. O no?
Draco guardò Harry, che necessitava una risposta.
-Va bene.- concesse il biondo alla fine. –Ma che ti ha fatto di tanto brutto?-
-Stamattina è salito sul mio letto e mi ha soffiato in un orecchio finché non mi sono alzato. Poi mi ha rubato i calzini e se li è portati in giro per tutto il primo piano.-
Draco rise immaginandosi la scena di Harry che, indossando solo un paio di pantaloni, correva dietro al gatto puntandolo con la bacchetta, accompagnato dal suo mal di testa che era peggiorato solo nella mattinata inoltrata. Poi dovette immaginare qualcosa di tetro e pauroso, perché stava velocemente perdendo il controllo.
-Povero…- lo schernì Draco. –Immagino quanto possa averti dato fastidio un gattino del genere.-
-Gattino? Quello non è un gattino; è un cucciolo di Occamy!-
-Non è un serpente.- rispose Draco perentorio. –E non è lungo quattro metri.-
-Però è territoriale.- ribatté Harry incrociando le braccia. –E cattivo. Molto cattivo.-
Draco scosse la testa, poi fisso la porta. –Barone Ares Casper Fayzal Gordon, vieni qui.- chiamò il biondo.
Harry fissò Draco come se fosse un Dissennatore.
Il biondo lo guardò a sua volta, accarezzando il manto del gatto. –Che c’è?-
-Stai scherzando, vero? Hai chiamato il tuo gatto Barone?-
- Barone Ares Casper Fayzal Gordon.- ripeté Draco, con una punta di orgoglio nella voce.
Harry alzò un sopracciglio. –Solo Silente aveva tutti quei nomi.-
Draco alzò le spalle. –Lui è un gatto speciale, quindi merita un nome speciale. Ma tu puoi chiamarlo Joy.-
-Joy?- testò Harry contraendo la bocca in una smorfia. –Mi sembra il nome perfetto per una Puffola Pigmea, non per un giovane Troll.-
-Non è un Troll.- puntualizzò Draco. –Barone è uno Kneazle.-
Il moro sbuffò e Draco fece salire il suo gatto sulla sedia accanto a lui e gli grattò le orecchie, mentre l’animale faceva le fusa. Harry, intanto, se ne stava in una angolo della sala da pranzo a fissare con astio il gatto in braccio al padrone.
-Geloso, Potter?- scherzò Draco.
-Ti piacerebbe.- rispose Harry, alzando gli occhi al cielo.
Per un attimo tornò quella tensione che aveva accomunato i due giovani maghi, ma scemò nell’istante in cui entrambi scoppiarono a ridere. Barone, infastidito da tutto quel rumore, scese immediatamente e uscì dalla stanza soffiando impettito.
-Quel gatto è un soggetto.- disse Harry.
-È uno Kneazle.- puntualizzò Draco.

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Ciao a tutti, potterhead! E bentornati a un nuovo ed entusiasmante capitolo di "Crystal si diverte a tirare la coda allo Kneazle di Draco"! Apparte gli scherzi, la scorsa notte ho sognato che quel gattaccio mi attaccava e ho seriamente paura che prima o poi potrei incontrare uno di loro che mi mangerà i calzini. Tornando alla modalità scrittrice-con-una-sanità-mentale-definita... Non so perché, ma scrivere di Draco e Harry mi sta piacendo davvero tanto. Penso di averci preso un po' troppo la mano - ho passato mezzo pomeriggio a rivedere uno dei prossimi capitoli. Spero comunque che la storia vi stia piacendo. Accetto suggerimenti di qualsiasi genere (vi prego di farmi presente se ci sono eventuali errori grammaticali: non posso vederli, è più forte di me) e mi farebbe davvero piacere se lasciaste qualche recensione.
A presto,
Crystal :)
 

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Capitolo 6
*** The great wizard against the little Kneazle ***


Love is never wrong.
Capitolo 6: the great wizard against the little kneazle.
 
Cenarono insieme nella sala da pranzo, parlando del più e del meno. Arrivati al dolce – una torta ai mirtilli – la conversazione si fece più seria.
-Hai intenzione di riprovarci con Pel di Carota-Femmina?- chiese Draco, buttando lì quella domanda, sebbene la risposta lo interessante moltissimo.
Harry ci pensò un momento, ponderando le parole. –Ora come ora… forse. Nel senso che le voglio un gran bene, ma so che lei non prova sentimenti d’amore per me, o almeno non più. Forse ormai sa tutto di me e non c’è più l’effetto sorpresa quando parliamo. È probabile che, dopo cinque anni di matrimonio con me, voglia esplorare qualcosa di nuovo. Magari anche uno come te. Senza offesa, ovvio.- puntualizzò Harry velocemente. Intendeva una persona completamente diversa da lei, così da tornare a vivere una vita piena di colpi di scena. Magari avrebbero litigato non appena si fossero trasferiti in una nuova casa insieme: nessuno sarebbe riuscito a mettere d’accordo un Grifondoro e un Serpeverde sui colori da usare per le stanze.
Draco scosse la testa, ignorando l’ultima parte del discorso. –Impossibile.-
-Perché?-
Draco si mosse a disagio sulla sedia. –Perché… è una Weasley. E non vorrei mai sfornare Pel di Carota-Junior.-
-Avevamo deciso di mettere da parte questi pregiudizi, ricordi?-
Il biondo alzò le spalle. –Le vecchie abitudini sono dure a morire.-
Dopo un attimo di silenzio, Harry parlò. –Che mi dici di te e la Greengrass?-
Draco venne colto impreparato. –Daphne? Oh… beh… Non c’è molto da dire… Non ha funzionato e… niente.-
Harry annuì, ma si vedeva che non era convinto completamente. Alla fine sospirò. –Bene. Io sono stanchissimo e la testa ancora mi fa abbastanza male. Vado a letto. Ci vediamo domani e… grazie ancora.-
Draco annuì annoiato.
Sulla soglia della porta Harry si fermò e, senza girarsi, disse: -Buonanotte, Draco.- e sparì oltre la stanza.
Draco rimase a bocca aperta a fissare la porta. La richiuse solo due minuti dopo, quando la sua domestica lo invitò gentilmente a lasciare la sala da pranzo.
Draco si alzò come un automa e altrettanto lentamente si diresse verso il suo ufficio, al secondo piano. Sapeva che non sarebbe riuscito a chiudere occhio quella notte. Ma solo Merlino sapeva il perché.
 
Il giorno seguente Draco si alzò dal letto con due occhiaie da fare paura anche a un Molliccio. Le nascose al meglio con delle creme per il viso e una buona dose di magia, ma si rese conto che la giornata non sarebbe stata una delle migliori. Aveva dormito solo un paio di ore, o meglio, sonnecchiato. Si svegliava ogni dieci minuti e impiegava molto tempo a riaddormentarsi.
Scese nella sala da pranzo strusciando i piedi e si sedette poco elegantemente sulla sedia più vicina. Iniziò a mescolare svogliatamente il suo caffè, quando sentì un urlo provenire dalla biblioteca, seguito da un miagolio fortissimo.
Draco si alzò velocemente, imprecando contro gatti magici, ladri e anche contro Merlino.
Si fiondò nella biblioteca e rimase congelato sulla porta a fissare la scena; nell’enorme biblioteca dei Malfoy regnava il caos più totale: due scaffali erano a terra e il loro contenuto era interamente rovesciato sul pavimento; due degli otto tavoli erano stati ribaltati; una sfera di cristallo era finita in mille pezzi.
Ma la scena che più sconvolse Draco era un’altra: Harry stava rincorrendo Barone con una mazza da Battitore firmata da Karl e Kevin Broadmoor – giocatori della squadra dei Falcons – un cimelio di famiglia. Quando finalmente Harry era riuscito a colpire Barone, dopo aver gettato all’aria mezza biblioteca, aveva urlato di gioia, mentre il gatto mugolava di dolore.
Così Barone, colpito sulla schiena ma soprattutto nel profondo della sua dignità, era saltato addosso al mago e gli si era attaccato alla massa informa di capelli neri, non riuscendosi più a staccare. Harry faceva volteggiare sopra la sua testa la mazza dei Broadmoor, mentre Barone cercava di districare gli artigli dal cespuglio di rovi neri.
In altre circostanze Draco sarebbe scoppiato a ridere, ma si accese di rabbia notando che quei due pazzi avevano quasi distrutto un posto per lui sacro.
-Smettetela immediatamente!- urlò Draco, rosso in viso. Aveva sguainato la bacchetta e ora la stava puntando sulla strana coppia. Barone con un miagolio più forte riuscì a staccarsi da Harry e cercò di scappare dalla biblioteca, ma Draco lesto chiuse la porta con un incantesimo e il gatto finì con il muso schiacciato su una delle due ante.
-Non andate da nessuna parte- ordinò Draco. –finché non mi dite cosa diavolo stavate facendo.-
 
La scena che si proponeva agli occhi di un osservatore esterno era alquanto insolita perfino per una famiglia di maghi: nella sala degli ospiti, seduti accanto a un tavolo basso di cristallo, c’erano Draco Malfoy – con uno sguardo raggelante -, Harry Potter – che preferiva studiarsi le mani piuttosto che incrociare lo sguardo del biondo – e Barone – uno Kneazle che aveva una paura folle del padrone quando si arrabbiava.
-Di chi è la colpa del caos che c’è in biblioteca?- chiese Draco con voce bassa. Brutto segno.
Harry indicò il gatto e Barone miagolò verso il mago. Draco scoccò un’occhiataccia a entrambi. Bruttissimo segno.
-Allora ditemi cosa è successo.- chiese alla fine il biondo. Più che una richiesta, però, era un ordine; quindi Harry si sbrigò a rispondere in modo più chiaro possibile.
-Stamattina mi sono svegliato e sono tornato a casa per prendere alcuni vestiti. Ho messo nella valigia tutto ciò che mi entrava, usando anche la magia, e sono tornato subito qui. Appena mi sono smaterializzato nella camera che mi hai dato, il tuo gattaccio spelacchiato mi è saltato al collo. Sono inciampato all’indietro e mi si è aperta la valigia. Così tutti i miei panni sono scivolati a terra. Quello tsunami peloso ha preso l’unica foto che mi ero portato dietro ed è corso via. L’ho inseguito per tutta casa e alla fine lui è entrato in biblioteca. Abbiamo fatto un po’ di danni, ma posso rimettere tutto a posto.-
Il racconto di Harry era pressoché veritiero, tranne per alcuni nomignoli affibbiati a Barone, che fece notare il suo disappunto miagolando.
Draco alzò un sopracciglio. –Quindi mi hai distrutto la biblioteca, hai giocato con la mia mazza firmata e hai picchiato il mio Kneazle solo per una foto?-
-Non è una foto qualunque.- si giustificò Harry. -È l’unica foto dei miei genitori che ho fin da quando ero piccolo. Non me ne separo mai e non avrei mai permesso a uno scaccia-topi di distruggerla.-
Draco mancò un respiro e si strozzò con la saliva, ma non lo diede a vedere più di tanto. –Tieni molto a quella foto, vero?-
Harry annuì convinto. –Più di ogni altra cosa.-
Draco annuì a sua volta e si alzò dalla sedia, seguito a ruota da Harry. Barone trotterellava tra i piedi del padrone, mantenendo però una certa distanza di sicurezza.
Il biondo andò nella biblioteca e raccolse da terra la foto dei genitori di Harry. La guardò per un istante e la restituì subito al mago. Quella foto aveva scatenato in lui sentimenti contrastanti che ancora provava nei confronti dei suoi genitori: rabbia, frustrazione, timore ma, soprattutto, amore.
Harry ringraziò e Draco, dopo un cenno veloce con la testa, tornò alla sua colazione, ancor meno desideroso di bere il suo caffè ormai freddo e men che meno di iniziare una nuova giornata di lavoro. Dopo la colazione si chiuse in ufficio e lavorò fino all’ora di pranzo. Sapeva che Harry sarebbe andato a lavorare tutti i giorni, quindi tanto valeva dedicarsi al suo lavoro con impegno e dedizione.
 
Verso mezzogiorno sentì bussare alla porta. Aggrottò le sopracciglia nel vedere l’ora. Probabilmente aveva qualche ospite inatteso per questioni di lavoro.
-È aperto.- disse ad alta voce, senza staccare gli occhi dai fogli di lavoro.
Bussarono di nuovo.
-Prego.- disse lui, spazientito.
Ma nessuno entrò. Anzi, bussarono ancora.
Draco si alzò, profondamente arrabbiato, e andò ad aprire la porta.
-Potevi anche…- urlò, ma quando vide la persona che aveva davanti chiuse subito la bocca. –Potter? Che ci fai qui? Non eri al lavoro?-
Harry scosse la testa, visibilmente contento. Draco temette che avesse combinato qualche altro danno e si inquietò.
-Mi hanno dato una settimana di vacanza per la questione del divorzio.- spiegò Harry.
Draco alzò un sopracciglio. –Di grazia, potrei sapere perché sprizzi gioia da tutti i pori?-
Harry prese Draco per una mano e si fiondò letteralmente giù per le scale. Tre volte Draco fu sul punto di cadere, ma Merlino lo aiutò. Poi Harry corse per i corridoi della villa continuando a trascinare Draco dietro di sé, che più di una volta fece appena in tempo a spostarsi per evitare di prendere una colonna, un gradino e un domestico allibito e spaventato.
Quando finalmente arrivarono davanti alla biblioteca, Harry si fermò e mostrò un sorriso sgargiante. –Ora fermati qui.-
Draco stava per inveire poco carinamente, quando Harry gli lasciò la mano e posò entrambi i palmi sugli occhi del biondo, che chiese rozzamente spiegazioni.
-Tranquillo!- disse Harry dopo un po’.
-No che non sto tranquillo! Mi stai portando a uccidermi? Potter, non lasciare strisce di sangue in giro!-
Harry scoppiò a ridere. –Zitto e cammina.-
Draco aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse poco dopo. “È una causa persa.” pensò, scuotendo la testa rassegnato.
Harry iniziò a camminare e così fece anche Draco. A un certo punto prese in pieno una libreria, facendola oscillare.
-Per Merlino!- urlò Harry. –Sta’ un po’ più attento!-
Draco masticò un insulto con i fiocchi.
Poi Harry finalmente si fermò. –Ci siamo.- disse eccitato.
Tolse finalmente le mani dalla faccia di Draco e il biondo evitò per un pelo un colpo al cuore.

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Ciao a tutti! Bene, questo capitolo è incentrato principalmente sul delicato rapporto Harry-Barone, dato che il loro "crescente" rapporto di simpatia potrebbe regalare qualche punto a Harry sull'amicizia con Draco. Non fraintendetemi: Barone mi sta molto simpatico, ma deve combinare qualche danno per far scattare la scintilla e il suo lavoro così accuratamente scaltro non si farà aspettare. Ora Harry ha distrutto l'amata biblioteca di Draco, ma troverà il modo per farsi perdonare. Intanto vi lascio questo capitolo e spero che la lettura sia di vostro gradimento.
Mi farebbe davvero piacere se lasciaste qualche commento: i suggerimenti su possibili modi per continuare la storia sono sempre bene accetti.
A presto,
Crystal :)

 

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Capitolo 7
*** Could we ever become friends? ***


Love is never wrong.
Capitolo 7: could we ever become friends?
 
Quando Harry tolse le mani dalla faccia di Draco, il biondo evitò per un pelo un colpo al cuore.
Draco si guardò intorno: le pareti della sua biblioteca non erano più bianche, ma erano ricoperte di mattoni grigi; le vetrine e le librerie rotte erano state riparate; c’erano nuovi tavoli e sedie d’ebano finemente intagliato con lo stemma della famiglia Malfoy; al posto della grande porta-finestra che prima riempiva un’intera parete, c’era ora un bellissimo camino di pietra e marmo, ai cui due lati c’erano due porta-finestre più piccole, ma ugualmente belle.
-Ma cosa…?- iniziò Draco, guardandosi spaesato intorno.
Il sorriso di Harry morì all’istante. –Non ti piace? Io credevo che ti sarebbe piaciuto di più… Mi sembrava più il tuo stile, questo… Volevo rimediare ai danni di stamattina e credevo che…-
-È bellissimo.- disse Draco a bassa voce. Non credeva che Harry fosse capace di costruire una stanza così bene. Era semplicemente perfetta.
Harry tornò a sorridere come suo solito. –Lo pensi davvero?-
Il biondo annuì e si andò a sedere su una delle comodissime poltrone davanti al camino. Si godette il caldo tepore del fuoco, finché non gli venne un dubbio esistenziale. –Come hai pagato tutto questo? E come hai fatto a fare i lavori in così poco tempo e in modo così silenzioso? -
-Ho pagato tutto con i miei soldi.- rispose Harry. –Volevo farti un pensiero per la tua gentilezza, ma a Diagon Alley non ho trovato nulla di bello. Così ho chiesto a un mio amico carpentiere di darmi una mano. Mi ha fatto un buon prezzo e poco fa mi ha fatto arrivare tramite smaterializzazione tutto ciò che mi serviva. Ho impiegato meno di un’ora a montare tutto, visto che ho avuto la fortuna di nascere con dei poteri magici.-
-Quanto hai pagato?-
-Non è un tuo problema.-
-Harry…-
-Non cominciare!- urlò il moro, ferito nell’orgoglio Grifondoro. –Mi fai stare qui per un’intera settimana e in mezza giornata sono riuscito a distruggerti una stanza. Il minimo che potessi fare è ripararla. E poi mi faceva piacere farti un bel regalo.-
Draco sorrise mestamente. –Non lo fare mai più.-
-Cosa?- chiese Harry con la smorfia più innocente del suo repertorio. –Distruggere casa o rinnovare una stanza?-
-Entrambe le cose.- rispose Draco. –Forza, vieniti a sedere anche tu. Non sai quanto sono comode queste poltrone.-
 
Pranzarono insieme e poi trascorsero il pomeriggio nella nuova biblioteca. Draco la adorava. Il biondo era seduto intorno a uno dei tavoli d’ebano, intento a leggere la Gazzetta del Profeta del giorno, mentre Harry se ne stava seduto su una poltrona accanto al fuoco a leggere “Il Quidditch attraverso i secoli”.
-Perché in questa villa non c’è neanche una foto?- chiese Harry tutto a un tratto.
Draco venne colto impreparato e posò il giornale, girandosi su un fianco per vedere Harry negli occhi.
-Non mi piacciono le fotografie.- spiegò il biondo. –Sono solo ricordi, molto spesso legati a qualcosa che si vuole dimenticare o che è troppo dolorosa da ricordare.-
Harry pensò alle parole di Draco. –Sul camino starebbe bene una foto della tua famiglia. Insomma… Tu, tua madre, tuo…-
-No.-
Il tono di quella negazione fu così intenso che Harry decise di far cadere il discorso. Evidentemente, dopo tutto questo tempo, Draco non aveva ancora perdonato la sua famiglia.
Harry si alzò e si andò a sedere davanti a Draco. Gli sfilò il giornale dalle mani e lo posò sul tavolo.
Draco era visibilmente infuriato, ma Harry smorzò sul nascere le sue polemiche. –Andiamo a fare una passeggiata a Diagon Alley.- propose il moro.
Draco scosse la testa. –Non ne ho voglia. E poi sono già le cinque…-
-Allora passeggiamo nel prato.-
-Harry…-
-No.- stavolta fu Draco a sentirsi dalla parte del torto. –Alza il sedere e andiamo a passeggiare. Non mi interessa del tuo lavoro, dell’ora o della tua voglia. Devi uscire, per Merlino! Non puoi startene segregato in casa tutto il giorno!-
Draco rimase colpito dalle parole del mago. Non per il loro significato, ma per la foga che aveva messo in quelle frasi così concise.
Si alzò sbuffando. –Come ti pare. Basta che smetti di girarmi attorno come un gatto.-
-Come uno Kneazle.- lo prese in giro Harry.
 
Stavano passeggiando nel giardino da un’oretta circa e Draco si sentiva insolitamente felice e leggero. Passeggiava tra piante che non sapeva neanche di avere, annusando qua e là fiori diversi dai colori più disparati.
-Devo dare un aumento al mio giardiniere.- disse a un certo punto Draco. –Non trovi?-
Si girò verso Harry per avere una risposta, ma trovò il moro seduto sul bordo della fontana a guardarsi le mani. Draco lo trovò bellissimo: era seduto sul margine del bordo, aveva la schiena leggermente in avanti, i gomiti poggiati sulle ginocchia e la testa abbassata.
Gli si avvicinò lentamente. –Tutto a posto?- chiese Draco a mezza voce.
Harry continuò a non guardarlo.
Draco allora gli si sedette accanto, facendo una smorfia quando toccò con il fianco il moro, proprio dove aveva il livido.
Solo allora Harry lo guardò. –Ti fa ancora male?-
Draco alzò le spalle. Harry allora tornò a guardare a terra, blaterando qualcosa tra i denti.
-Ehi.- disse Draco poggiando una mano sulla coscia di Harry, che lo guardò con occhi umidi. –Non devi sentirti in colpa. Sono cose che capitano.-
-Esatto!- rispose Harry con voce strozzata. –Dovrebbero capitare una volta ogni tanto. Io, invece, riesco puntualmente a fare del male alle persone che mi circondano o a combinare guai: tu, la tua biblioteca, mia moglie…-
-Non devi neanche pensare una cosa del genere.- lo interruppe il biondo con voce dolce. –Non è colpa tua. O almeno non sempre. Insomma… può capitare di sbagliare, soprattutto a degli emotivi coraggiosi come voi Grifondoro. Hai raso al suolo la mia biblioteca per salvare i tuoi genitori, anche se indirettamente, e poi me l’hai ricostruita venti volte più bella.-
Harry lo guardò colpito. –Lo pensi davvero?-
Draco annuì convinto. –Hai moltissime qualità, oltre a quella di attirare come una calamita tutti i guai di questo mondo.-
Il moro ridacchiò e il viso di Draco si imporporò: era riuscito a farlo sorridere.
Poi si alzò e si posizionò proprio davanti a Harry con sguardo divertito. –Ora tocca a me mostrarti qualcosa che ti piacerà sicuramente.-
-Evita di tirare fuori bestie aggressive ed enormi come il tuo gattaccio. O come serpenti di dimensioni spropositate.- Harry ebbe un brivido al ricordo del Basilisco che aveva incontrato durante il secondo anno a Hogwarts.
-Uhm…- Draco fece finta di pensarci, imponendo al suo cervello di non alludere a qualcosa di poco carino. –Vedrò che posso fare.-
Prese Harry per mano, cercando di non dare importanza al brivido che gli aveva percorso tutta la schiena. Lo condusse verso il suo “piccolo” museo privato, dove teneva la sua collezione di scope da Quidditch: erano di tutte le taglie e dimensioni, da una fedele riproduzione del primo prototipo di scopa da corsa, la Oakshaft 79, fino alla nuovissima Nimbus 2020 + 1. Sapeva che Harry ne sarebbe rimasto estasiato, quindi aprì lentamente la porta e si impresse a fuoco nella mente lo sguardo incantato di Harry: semplicemente favoloso.
 
-Sono bellissime!- urlò Harry, di colpo contentissimo. Entrò come un fulmine nel museo, poi si bloccò di colpo e si girò verso Draco, chiedendo con gli occhi il permesso di avvicinarsi a quelle meravigliose scope.
Draco sorrise e annuì. Il moro, contentissimo, si fiondò tra gli scaffali, fissando con occhi adoranti ogni scopa presente. Ogni volta che cambiava soggetto da ammirare, Harry si esibiva in un gridolino eccitato e metteva una mano sulla bocca per cercare di contenersi, spesso senza successo.
Quando poi notava alcune scope autografate, si girava verso Draco con sguardo adorante e gli chiedeva: -Davvero te l’hanno firmata loro?-
Draco annuiva sornione, non perché aveva almeno una cinquantina di manici firmati, ma perché era riuscito a fare colpo su Harry.
Dopo un paio d’ore e centinaia di squittii, Harry terminò il suo giro turistico e si avvicinò a Draco. Gli brillavano gli occhi per la felicità. –Questo museo privato è la cosa più bella che abbia mai visto. Come fai ad avere manici di scopa autografati da giocatori che hanno smesso di competere quando sei nato?!-
Draco sorrise mestamente. –Una parte di quelle scope erano di mio nonno. Anche lui, come me, durante la sua permanenza a Hogwarts trascorreva il tempo libero giocando a Quidditch. Dopo il diploma, per qualche anno è entrato a far parte della squadra di Ballycastle Bats. Era un ottimo cercatore e grazie a lui i Bats hanno vinto cinque Coppe di campionato di seguito.-
-Tuo nonno faceva parte dei Ballycastle Bats?!- chiese Harry profondamente stupito. I Bats erano una delle squadre di Quidditch più osannate dell’Irlanda del Nord, nonché una delle più forti al mondo, avendo vinto in totale ventisette Coppe di campionato.
Draco annuì mestamente e Harry non riuscì a sopprimere un enorme squittio di sorpresa e ammirazione.

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Ciao a tutti! Mi inginocchio sui carboni ardenti per non aver pubblicato questo capitolo lunedì, ma il mio Internet ha deciso di scioperare per diversi giorni e neanche la mia discutibile danza del Wi-Fi è riuscita a persuaderlo. Comunque... ora finalmente Internet funziona, grazie a Merlino, e per farmi perdonare pubblicherò due capitoli in contemporanea. La storia si sta evolvendo e ora siamo passati dal "distruggo tutto" al "guarda che manici di scopa!". Beh, non ho molto altro da dire. Buona lettura e a presto,
Crystal :)

 

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Capitolo 8
*** I can't love you ***


Love is never wrong.
Capitolo 8: I can’t love you.
 
-È fantastico!- urlò Harry, ammirando il museo privato di Draco. –Visto che tuo nonno era così famoso tra i Bats, perché non hai provato a entrare nella squadra anche tu?-
Draco guardò il pavimento e parlò con un filo di voce. –Nell’ultima finale di campionato che giocò, mio nonno fu sbalzato dalla scopa proprio mentre stava per prendere il boccino. È caduto da una quota di 150 metri a una velocità di cinquanta miglia orarie e si è schiantato sul terreno di gioco. Dopo la caduta è entrato in coma e… non si è più ripreso.- fece una piccola pausa.
-Quando avevo otto anni, mia nonna mi regalò la mia prima scopa da corsa. Era un manico appartenuto a mio nonno. I miei genitori non volevano che iniziassi a volare, ma mia nonna li ha spronati dicendo: “Cosa avrebbe fatto Cygnus al vostro posto? Non credete che sarebbe stato fiero di avere un nipote-campione?” I miei genitori considerarono l’idea e mi permisero di portare avanti la mia passione, ma ho dovuto promettere con un Voto Infrangibile che non sarei mai entrato a far parte di una squadra di Quidditch al di fuori di Hogwarts.-
Harry rimase una attimo in silenzio, studiandosi le mani. –Mi dispiace. Se lo avessi saputo, non ti avrei chiesto niente.-
Draco sorrise mestamente. –Non preoccuparti. Il Quidditch è comunque la mia passione. Nessuno potrà mai negarmi il permesso di svolazzare tra i Babbani e impaurirli a livelli spropositati.-
Harry soffocò un verso indignato. –Draco Lucius Malfoy!-
-Eccomi.- Draco ghignò.
Il moro aprì la bocca, poi la richiuse. –Credevo fossi cambiato.-
Draco alzò le spalle. –Infatti è così. Ho iniziato ad accettare i Mezzosangue, ma mi ci vorranno secoli per accettare anche i Babbani. Loro sono così… inutili.-
-Non sono inutili.-
-Invece sì.-
-No.- ribatté Harry con una punta d’orgoglio. –Mia madre era una Nata Babbana.-
Draco parve pensarci un attimo. –Una Nata Babbana, appunto; cioè una strega, non una Babbana.-
Harry scosse la testa e poi alzò gli occhi al cielo, lasciando cadere la conversazione. Entrambi sorrisero.
 
Trascorsero in compagnia due settimane stupende. Durante la prima settimana Harry cercava di fare del suo meglio per non creare problemi – non riuscì però a contenersi quando vide il gatto di Draco correre in giro per il secondo piano con una sua maglietta. Lo rincorse e alla fine gli tirò una ciocca di peli per punirlo. Il gatto aveva risposto mordendogli una mano indignato e Draco non aveva potuto fare altro che bendare la mano del suo ospite ripetendogli più volte di lasciare in pace il suo povero  animaletto.
La seconda settimana fu diversa: Harry aveva ripreso a lavorare e ne era davvero contento. Non che non apprezzasse la compagnia di Draco, ma sentiva che, in fondo, rimanere chiuso in casa non lo faceva stare meglio. Si gettò a capofitto nel lavoro, portando a termine missioni anche molto più impegnative del solito. Anche se non parlava più da molto tempo con Ginny, aveva trovato qualcun altro a cui esternare i propri pensieri: quando tornava a casa, trovava sempre Draco seduto compostamente in biblioteca, intento a leggere grossi tomi o la Gazzetta del Profeta. Appena lo sentiva rientrare, Draco gli faceva cenno di accomodarsi e trascorrevano la serata a parlare del più e del meno.
Un paio di giorni prima del fatidico giorno del divorzio, Harry, durante una delle sedute serali attorno al camino della libreria insieme a Draco, decise che era arrivato il momento di ringraziare il biondo per la sua gentile ospitalità.
- Draco, io, uhm… - Harry rimase improvvisamente a corto di parole. – Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per me in queste due settimane. –
Il biondo liquidò il discorso con una mano, ma Harry non cedette. – Sul serio, Draco, sei stato un ottimo amico. –
Draco lasciò il libro sul divano, guardando il moro con sguardo allibito. Anche lui aveva adorato la sua compagnia, ma ancora non riusciva a credere che Harry si fosse trovato così bene con lui. Ripensò alla giornata che aveva avuto: la notte aveva dormito malissimo e la mattina si era svegliato con la schiena dolorante; scendendo dal letto aveva involontariamente schiacciato la coda di Barone e, per evitare di calpestarlo ancora, era caduto a terra, sbattendo una gamba contro lo spigolo dell’armadio; aveva pranzato da solo – dato che Harry era al lavoro – e il cuoco aveva confuso il sale con lo zucchero, facendogli consumare il pasto più orribile che Draco ricordasse; quando poi Harry era tornato a casa, per fiondarsi in biblioteca, Draco aveva colpito un angolo di una libreria con il ginocchio e aveva imprecato a denti stretti contro tutti gli angoli della casa; ora stava leggendo un articolo sulla Gazzetta del Profeta che parlava di suo padre e di come avesse infangato il nome dei Malfoy.
Dopo una giornata del genere, Draco avrebbe voluto solo chiudersi in camera e rimanerci fino alla fine dei suoi giorni. Ma Harry lo riscosse dai suoi pensieri negativi. – Ehi, mi stai ascoltando? –
– Uhm? – Draco annuì in modo poco credibile.
Harry scosse la testa e si andò a sedere vicino al biondo. I loro corpi si sfiorarono e Draco dovette spostarsi un po’ di più contro il bracciolo del divano per non toccare il moro.
– Scusa. – tentò di giustificarsi Harry. – Non volevo infastidirti. –
Fece per alzarsi, ma Draco lo trattenne prendendogli una mano. – Tranquillo, è colpa mia. Ho passato una giornata davvero pessima e, in momenti come questi, non riesco a mantenere saldo il controllo. –
– Che vuol dire in momenti come questi? –
Draco fissò il moro per un attimo, poi lasciò vagare lo sguardo per la stanza. Si sentiva debole, ma non voleva dimostrarsi tale agli occhi di Harry. Le parole gli uscirono dalla bocca di getto, senza che lui potesse fare nulla per trattenerle. – Ti ho parlato di Daphne e del fatto che ci siamo lasciati perché lei mi aveva tradito. Beh, non è andata esattamente così: l’ho lasciata io dopo aver capito di non essere più attratto da lei. –
– Come me e Ginny. – Harry si mostrò comprensivo, ma Draco scosse la testa.
– È più complicato di così. –
– Cosa c’è di più complicato? – il moro alzò la braccia al cielo, gesto che fece infuriare Draco.
– Cosa c’è, chiedi? Beh, vediamo un po’… Una mattina mia moglie è tornata  a casa e mi ha beccato in bagno a fare cose che… uhm… erano un po’ compromettenti. Mi ha chiesto per quale motivo non gliene avessi parlato, ma io non riuscivo a seguire il suo discorso. Alla fine lei mi sbatté in faccia il motivo per cui la nostra relazione non stava funzionando: ero attratto dagli uomini. –
Draco non incrociò lo sguardo di Harry per paura di leggere ribrezzo nei suoi occhi. Chiuse gli occhi e scosse la testa, attendendo riluttante il momento in cui Harry si fosse alzato per sparire per sempre dalla sua vita.
 
La reazione di Harry alla dichiarazione di Draco fu però inaspettata: il moro gli si avvicinò ancora, tanto che Draco dovette guardarlo negli occhi.
– Perché non me l’hai mai detto? – gli chiese Harry.
Draco rise senza divertimento. – Potter, abbiamo iniziato a conoscerci solo da due settimane e francamente non penso che questa mia confessione avrebbe cambiato le cose. –
– Invece sì. – rispose Harry incrociando lo sguardo nel suo.
Draco si perse nei suoi occhi verdi e, senza volerlo, si ritrovò a sporgersi verso la sua bocca. In un momento le loro labbra si ritrovarono a sfiorarsi: Draco chiuse gli occhi, assaporando quell’istante come se fosse stato la cosa migliore di sempre, ma Harry si scostò quasi subito.
– Draco! – urlò, in preda a una crisi isterica. Il moro si alzò di scatto e rimase a guardare il biondo dall’alto. Draco, invece, tornato in sé, arrossì e sbiancò con una tale velocità che Harry pensò che gli sarebbe rimasta una parte della faccia colorata in un modo e l’altra nell’altro.
– Io non… –  cercò di giustificarsi Draco mentre saltava anche lui in piedi. Iniziò a girare in tondo nella biblioteca con le mani tra i capelli. – Scusami, non sono riuscito a fermarmi. Ho avuto una giornata davvero pessima e tu mi hai chiesto di parlarti di Daphne. Io non volevo, ma alla fine ho lasciato che il mio istinto prevalesse sulla ragione. Non avrei dovuto, lo so, ma… –
Draco si fermò giusto in tempo per non lasciare che dalla sua bocca uscissero sue piccole parole che lo avrebbero reso ancor più inquietantemente debole.
Harry lo fissò basito. – Forse hai bisogno di un po’ di tempo da solo. –
– Ti prego. – lo supplicò il biondo. – Non lasciarmi qui. Sono stato da solo molto tempo e ora te chi ho ritrovato non voglio perderti di nuovo. Non posso. –
Harry scosse la testa e uscì dalla stanza. Draco rimase a fissare il punto in cui Harry era rimasto fino a pochi istanti prima, chiudendo gli occhi per evitare di piangere. Restò fermo sulla soglia della porta, in attesa dell’inevitabile. Poco dopo, infatti, vide scendere dalle scale Harry in tutto il suo splendore, con i capelli arruffati e le guance rosate. Indossava una maglietta aderente che gli metteva in risalto i muscoli possenti e aveva in mano una valigia.
Quando il moro arrivò davanti alla porta d’ingresso, Draco trovò la forza per parlare. – Quindi te ne stai andando davvero. –
La sua non era una domanda, ma Harry annuì comunque.
– Allora lascia che ti spieghi, tanto non riuscirò a trovare il modo per farti restare. –
– Draco, no. Non posso rimanere qui. Sapevo che sarebbe stata una pessima idea rimanere come ospite a casa tua e dopo quello che è successo non penso di poter rimanere neanche se lo volessi. –
– E tu lo vuoi? –
– Sì. No. Non lo so. – Harry era palesemente confuso. – Queste due settimane sono state davvero… interessanti, ma non posso rimanere. –
– Non puoi o non vuoi? –
– C’è differenza? –
Draco si poggiò al muro per non cadere a terra. Harry lo vide in difficoltà, ma non riuscì a fare nulla per sostenerlo. Forse aveva paura di ciò che sarebbe potuto accadere se fosse rimasto ancora lì. – Addio, Draco. –
Se ne andò, lasciando il biondo in un angolo, bianco e immobile come una statua. Draco si rese conto dell’ovvia verità: aveva appena distrutto la sua nascente amicizia con Harry solo perché non era riuscito a contenere ciò che provava per lui, solo perché per una volta aveva preferito esternare i propri sentimenti anziché manifestarsi come il freddo calcolatore di sempre. E ora pagava le conseguenze per aver cercato di cambiare. Si lasciò scivolare contro il muro, lasciando che le lacrime gli scorressero sul volto, e abbandonò per un momento la sua maschera di fredda indifferenza.

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Vi prego, non odiatemi! Dovevo in qualche modo smuovere la situazione, no? Prometto che il prossimo capitolo, Internet permettendo, verrà pubblicato a tempo debito. Parlando di questo, invece... beh, decisamente le cose tra Harry e Draco si sono evolute, ma Harry è ancora convinto che tutto questo sia sbagliato. Riuscirà a fare ammenda? Riuscirà Draco a perdonare un gesto di rifiuto tanto plateale? Mi farebbe piacere sentire cosa ne pensate riguardo a questa coppia, arrivati a un punto tanto critico della storia. A presto e buona lettura,
Crystal :)

 

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Capitolo 9
*** The day of the divorce ***


Love is never wrong.
Capitolo 9: the day of the divorce.
 
Quella notte Harry dormì in un hotel. La camera d’albergo era fredda e buia e Harry non riuscì a chiudere occhio. Non riusciva a non pensare alle lenzuola di lino che Draco aveva così minuziosamente fatto sistemare nella sua camera da letto quando lo aveva invitato a rimanere a casa sua. Ma nel contempo non riusciva neanche a togliersi dalla testa ciò che il biondo gli aveva confessato: era davvero attratto dagli uomini? Se sì, provava qualcosa per lui? Harry si ritrovò inconsapevolmente a desiderare che Draco provasse qualcosa per lui, ma chiuse con forza gli occhi per allontanare il pensiero.
Lui amava sua moglie, no? No, non amava sua moglie, non più almeno. O forse non l’aveva mai amata: aveva considerato Ginny come la migliore amica che una persona potesse avere, una di quelle poche ragazze a cui poter raccontare ogni aspetto della propria vita, ricevendo in cambio solo consigli e complimenti. Forse la ragazza era talmente innamorata di lui da non rendersi conto che Harry, in realtà, non aveva mai provato amore nei suoi confronti, ma solo un’illimitata quantità di bene. Anche Harry prima di allora non aveva mai capito cosa stesse realmente succedendo: era servita l’intercessione di Seamus – a cui Harry continuava a voler staccare le gambe – per dimostrargli che la loro relazione era appesa a un filo di amicizia, non a un nastro d’amore.
Quando la sveglia suonò, Harry si accorse di non aver dormito neanche un minuto. Si lavò e si vestì senza pensarci, poi uscì e si materializzò al lavoro. Non parlò con nessuno e non fece entrare neanche la sua segretaria. Tutti in ufficio, compreso Ron, credevano che il suo atteggiamento scontroso derivasse dall’imminente divorzio, ma nessuno era a conoscenza di ciò che era accaduto con Draco, forse neanche lo stesso Harry.
Rimase tutto il giorno chiuso nel suo ufficio, portando a termine il lavoro arretrato e fiondandosi nei fogli come se potessero in qualche modo alleviare la morsa che sentiva al petto. Non pranzò, ma si mise al lavoro per studiare con attenzione il contratto di divorzio che il suo avvocato e quello di Ginny gli avevano spedito due giorni prima, ma che lui non aveva avuto la forza di leggere: Ginny aveva rivendicato per sé la casa, anche se era stata integralmente pagata da Harry; pretendeva anche una certa somma all’anno, abbastanza ragionevole per una moglie lasciata sulla soglia di casa.
Ogni volta che Harry prendeva in mano una matita per segnare punti salienti del contratto, riviveva qualche momento trascorso nella casa di Draco: il fatto che chiedesse soldi per gli alimenti lo fece pensare a quando Harry aveva insistito per pagare il cibo che consumava a casa di Draco, ma il biondo si era rifiutato categoricamente di accettare il suo denaro. Forse lo aveva fatto perché si era reso conto di essere attratto da lui, si ritrovò a pensare Harry.
Alla fine lasciò tutti i documenti sulla scrivania e si prese la testa tra le mani, serrando gli occhi per evitare che le conseguenze che stava affrontando non gli si riversassero addosso come una doccia fredda.
Si rese conto di essersi addormentato quando la sua segretaria bussò alla porta. Lui cercò di ricomporsi al meglio, poi la fece entrare, invitandola con voce rauca. Lei  si bloccò un attimo sulla soglia della porta, lo fisso per un po’ e alla fine lo informò – senza entrare nella stanza – che l’ufficio stava chiudendo.
Harry lanciò un’imprecazione a denti stretti quando notò che erano ormai le dieci di sera. Si scusò con la segretaria e uscì velocemente, lasciando tutti i fogli sulla scrivania.
Trascorse anche quella notte in bianco, tra le fredde lenzuola dell’hotel, stilando mentalmente una lista dei pro e dei contro che riuscì a trovare su due argomenti diversi: stare con Ginny o iniziare un’amicizia con Draco. Alla fine dei suoi pensieri, Harry si ritrovò con un mal di testa fortissimo e la voglia di cancellare tutto ciò che era successo negli ultimi dieci anni.
 
Il giorno seguente Harry incontrò di primo mattino il suo avvocato, il migliore che il Ministero era riuscito a trovarsi. In realtà Harry quella stessa mattina aveva pensato seriamente di non presentarsi davanti al giudice, così da non dover pensare a ciò che era successo nelle ultime tre settimane. Alla fine, però, l’avvocato insistette tanto che Harry si infilò la prima giacca spiegazzata che riuscì a trovare nella borsa e si diresse senza voglia verso il tribunale magico.
Quando entrò nel tribunale, tenne lo sguardo abbassato finché non raggiunse il posto a lui destinato. Sentiva su di sé il peso dello sguardo di Ginny, di Ron, dei genitori di sua moglie e dei fratelli. Anche Hermione era lì, ma lei e Harry non si parlavano più da quando il moro aveva cacciato di casa la sua migliore amica.
L’avvocato invitò Harry ad alzarsi quando entrò il giudice in aula. Dopodiché il mago lasciò fare al suo avvocato, rispondendo di tanto in tanto a qualche domanda che entrambe le parti gli rivolgevano.
Alla fine il giudice emise la sua sentenza: Ginny avrebbe tenuto la casa, ma Harry non sarebbe stato costretto a darle dei soldi ogni anno. Alla fine del processo Harry si ritrovò più vuoto che mai. Non salutò nessuno, ma si limitò a uscire dall’aula a testa bassa. Fino a quel momento, non aveva compreso a pieno cosa significasse il termine felicità: aveva perso i genitori da piccoli, aveva visto morire tanti amici ed era stato costretto a uccidere l’assassino dei suoi genitori. Aveva sposato una donna innamorata di lui, ma che in realtà Harry aveva sempre considerato un’amica fidata. Aveva perso i suoi migliori amici, che, da quando si erano sposati, non riuscivano mai a trovare un po’ di tempo per passare da lui. si rese conto di aver sperimentato una vita quasi normale solo nelle due settimane che aveva trascorso a casa di Draco.
Harry si fermò in mezzo alla strada nel ricordare come aveva maltrattato Draco quando se ne era andato di casa. Evitò per un pelo che una macchina lo investisse, mentre tornava indietro alla ricerca di un punto adatto alla smaterializzazione.
 
Harry si ritrovò davanti alla locanda del Cavallo Rampante e vi entrò senza riflettere. Quando gli avventori notarono il salvatore del mondo magico fare irruzione con la faccia più arrabbiata del mondo, si nascosero tutti – anche gli assassini più malfamati – dietro i loro boccali di burrobirra e rimasero così, incerti sul da farsi.
Harry si avvicinò al bancone e chiese uno scotch. Il proprietario, il patto stretto con Draco, scosse la testa con vigore. – Il signor Malfoy mi ha negato espressamente la libertà di acconsentire alle sue richieste. –
Harry si sporse con fare minaccioso, fissando i suoi occhi colmi di rabbia in quelli terrorizzati del proprietario. – Non ho intenzione di seguire le regole dettate da qualcun altro stasera. O mi dai uno scotch, o ti mostrerò come può essere potente un mago arrabbiato che in passato ha sconfitto Tu-Sai-Chi. –
Spaventato a morte dal tono minaccioso di Harry, l’uomo annuì più volte con vigore, poi, arrendendosi allo sguardo assassino del moro, passò al mago un bicchiere di liquido ambrato, che Harry bevve in un sorso. Mandò giù non solo lo scotch, ma anche le sue preoccupazioni più superficiali.
“Questo è per la fine del mio matrimonio”, sentenziò Harry bevendo un bicchiere. Ne chiese un altro e lo mandò giù pensando “E questo è per il casino che ho combinato da quando sono uscito dalla scuola.”.
I pensieri successivi furono più tristi: “Questo è per i miei genitori, per Sirius, per il professor Silente e il professor Piton, per tutti i compagni che ho perso in guerra.”. poi arrivò il turno di Draco. “Questo è per te, razza ariana di furetto platinato che mi stai complicando la vita senza neanche accorgertene.”.
Sbatté con forza l’ultimo bicchiere sul tavolo e, incurante degli sguardi dei passanti, ne chiese ancora. Si ritrovò ubriaco poco dopo, ma continuò comunque a bere. Alla fine gli si avvicinò un uomo imponente che gli si sedette accanto e iniziò a canzonarlo.
– E così tu saresti il grande Harry Potter. – lo prese in giro quello. –  Non riesco a spiegarmi per quale motivo tu sia riuscito a uccidere il Signore Oscuro. Potrei farti fuori in un secondo. –
A quelle parole Harry perse ogni barlume di coscienza che gli era rimasto: si fiondò sull’uomo e lo spinse a terra, tempestandolo di pugni in faccia. Lottarono avvinghiati per un po’, incuranti dei presenti che, con immensa fatica, cercavano di dividerli.
Alla fine qualcuno li pietrificò e riuscirono finalmente a staccarli. Harry aveva la mente annebbiata e non riusciva a distinguere niente e nessuno, ma fece appena in tempo a notare una figura mingherlina sulla soglia della porta che impugnava una bacchetta in una mano e teneva l’altra mano tra i capelli biondo platino.

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Ciao a tutti! Bene, sono tornata tra i comuni mortali, dopo aver imprecato contro il computer che non funzionava, averlo pregato di funzionare e aver ricominciato il giro da capo. Comunque... Ecco qui il nuovo - e mi sembra anche abbastanza atteso - capitolo: Draco e Harry stanno evolvendo in qualche modo ed entrambi hanno fatto una scelta difficile. Draco si è esposto, ma Harry non se l'è sentita di approfondire la questione, forse perché la situazione non è molto stabile. Questo capitolo è dedicato a un nuovo Harry, che ha perso le certezze date dal matrimonio e che continua a voler affogare i suoi dispiaceri nell'alcol. Probabilmente questa volta sarebbe riuscito a farsi davvero male, se solo non fosse spuntato dal nulla un mago biondo deicsamente arrabbiato. Vedremo come si evolverà la faccenda! A presto,
Crystal :)

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Capitolo 10
*** Can you love me back? ***


Love is never wrong.
Capitolo 10: can you love me back?
 
Harry si svegliò con un mal di testa tanto forte che credette che da un momento all’altro pezzi del suo cervello sarebbero volati dall’altro lato della stanza. Aprì gli occhi e sbatté le palpebre più di una volta per mettere a fuoco il luogo in cui si trovava: era la stanza in cui Draco lo aveva ospitato nelle due settimane precedenti.
Si alzò lentamente e si poggiò involontariamente sulla mano dolorante: vide che questa era avvolta in diversi strati di garza, come anche l’altra mano, da cui uscivano segni di pelle tumefatta.
Ruotò lo sguardo per la stanza e trattenne il respiro quando incrociò lo sguardo di Draco, poggiato con le braccia incrociate allo stipite della porta.
– Draco, io… –  iniziò a dire Harry, ma il gran mal di testa gli impedì di continuare a parlare.
Il biondo rimase ancora a fissarlo da lontano, poi si avvicinò lentamente, sedendosi sulla poltrona più vicina alla porta. Harry si alzò a sedere sul letto, poggiando la schiena sulla parete. Emise versi di dolore fino a che non riuscì a trovare una posizione sufficientemente comoda. Draco fu più volte sul punto di alzarsi per dare una mano al moro, ma non mosse un muscolo, anche se fremeva di poterlo aiutare per non vederlo più in quelle condizioni.
Harry tentò di nuovo di parlare. – Mi dispiace. Di nuovo, mi dispiace un sacco. Non riesco a farne una giusta. –
Draco si alzò, si diresse verso il comodino e preparò un infuso di erbe da far bere a Harry. Lui lo accettò senza fare domande. Dopo pochi secondi l’emicrania era quasi del tutto sparita. – Ti ringrazio, Draco. Sapevo che eri un eccellente pozionista, ma non pensavo che fossi così bravo. –
Draco si risedette sulla poltrona e Harry lo guardò con voce rotta. – Ti prego, dimmi qualcosa. Qualsiasi cosa. Dimmi che sono un cretino, che mi sono rovinato la vita con le mie stesse mani, che sono stato uno stupido a tornare nel pub e a fare a botte con quell’uomo… ti prego, parlami. Questo tuo silenzio è assordante. –
Draco si morse un labbro, poi si decise finalmente a parlare. – Non ho niente da dirti. –
Harry trattenne a stento un verso strozzato. – So di essermi comportato malissimo, ma ti prego, non lasciarmi qui come se fossi da solo. –
Draco non riuscì a trattenere la rabbia. Saltò in piedi e si avvicinò minacciosamente al letto. – Tu sei solo! Ricordi? È la stessa cosa che hai detto a me: mi hai lasciato sulla soglia della porta come se fossi l’essere più abietto di questo mondo, come se fossi un lebbroso. E ora vuoi che io ti tratti con più riguardo? Beh, sappi che ti ho tirato fuori da quel guaio solo perché mi facevi pena. Tutti nel mondo magico parlano del divorzio del grande Harry Potter con Ginny Weasley e lasciarti lì sarebbe stato come darti in pasto ai paparazzi. E, anche se ti sei comportato da emerito stronzo con me, dovevo dimostrare a me stesso di essere cambiato. Questo è l’unico motivo per cui non ti ho lasciato lì con quel tizio. –
Harry lasciò cadere lo sguardo sulle sue mani e le iniziò a torcere come se le volesse staccare. –  Ti ringrazio. –
Draco rimase fermo lì dov’era e Harry non si azzardò a guardarlo negli occhi. – Sono una causa persa, lo so. Ho fatto del male a tutte le persone a cui voglio bene, so anche questo. Ma quando sono entrato in quel pub ieri non volevo altro che cancellare il mio passato. Ero riuscito a togliermi tutto quanto dalla testa, ma avevo comunque un pensiero fisso: te. Il modo in cui mi sono comportato con te non ha scusanti e vorrei sotterrarmi pur di non rivivere più quei momenti. Durante il processo non pensavo ad altro che a te e sono andato in quel pub per trovare un modo per non essere più Harry Potter il salvatore del mondo magico, ma solo Harry. –
Il moro incrociò lo sguardo di Draco e notò che gli occhi del biondo erano cerchiati da grosse occhiaie violacee. Il viso sembrava ancor più bianco del solito. – Sei in queste condizioni per colpa mia? – Chiese Harry con un filo di voce.
Draco attese che la rabbia sbollisse prima di parlare. – Non sei sempre al centro del mondo, Potter. – In realtà Draco aveva trascorso gli ultimi giorni chiuso in biblioteca, a fissare il fuoco che scoppiettava nel camino. Non aveva dormito, non aveva lavorato, né era uscito di casa. Ma non voleva far sapere a Harry che era proprio per colpa sua se si era dimenticato di vivere da quando lo aveva abbandonato.
Harry utilizzò quasi involontariamente il suo potere di legilimens e Draco non fece in tempo a chiudere la mente. – Che stai facendo?! – urlò Draco terrorizzato su quanto il moro avesse avuto il tempo di leggere.
Harry lo guardò per un istante con sguardo colpevole. – Scusa, ma dovevo farlo. Mi dispiace, sono stato un cretino. Ma anche se non sembra… ci tengo alla tua amicizia. Tu mi hai portato a casa tua quando ero ubriaco e incosciente per ben due volte, mentre quelli che considero miei amici mi hanno semplicemente ignorato per tutto questo tempo. –
Draco scosse la testa. – Sei pessimo. –
– Lo so ed è proprio per questo che mi odio. Ma so anche che, senza il tuo aiuto, adesso mi troverei ancora in quel pub sudicio a rispondere a decine di domande poste da un gruppo di maghi impiccioni che hanno come scopo nella vita quello di rovinare l’esistenza degli altri. Perciò… grazie di cuore. –
– Ti ripeto che non l’ho fatto per te. –
– Ma io ti ringrazio ugualmente. –
Calò il silenzio e Harry si mise a giocare con un lembo del lenzuolo. Ripensava a ciò che era accaduto, al pensiero perforante e fisso che non lo aveva abbandonato da quando era entrato nell’aula del tribunale: Draco. Il biondo era stato sempre al suo fianco nelle due settimane precedenti e gli aveva mostrato il meglio di sé. Harry aveva chiesto a Draco di cambiare e lui lo aveva fatto, ma nel momento in cui gli aveva esternato i propri sentimenti, Harry si era chiuso a riccio e lo aveva abbandonato.
– Mi sento una schifezza. – decretò alla fine il moro.
– Ovvio. – rispose acido l’altro. – Ti sei scolato almeno una bottiglia intera di scotch. –
– Non per lo scotch. Ma per come ti ho trattato. – Harry guardò Draco fisso negli occhi. – Sono una frana e lo so. Mi sono rovinato la vita e ho probabilmente rovinato anche quella di Ginny. Ma non sono mai stato tanto felice di sbagliare: è grazie a tutto questo che adesso mi ritrovo a parlare con te dopo anni di odio. Mi hai dimostrato di essere cambiato, di essere diventato un uomo forte e deciso. Io, invece, ho dimostrato come sempre di avere più muscoli che cervello. –
Draco ghignò. – Sappi che potrò usare questa tua confessione a tuo svantaggio. –
– Oh, ma questa non era la mia confessione. – Harry cercò di mantenere una posizione eretta. – Questa è la mia confessione: Draco, sei stato la persona più presente per me da quando sono iniziati i miei guai. Mi hai ascoltato, mi hai accolto nella tua casa come se ti fidassi ciecamente di me, hai fatto ammenda per ciò che hai fatto nella tua vita e hai ricominciato da zero, anche se non avevi nessuno al tuo fianco. Mi hai sentire come se ci fosse un posto per me, come se potessi contare su un amico vero una volta ogni tanto. Quando mi hai ospitato a casa tua, mi hai trattato come un ospite straordinario: ti sei preso cura di me quando ero ubriaco e ti sei sorbito i miei monologhi mentre mi lamentavo della mia vita sentimentale. Ti sei mostrato molto più disponibile tu in due settimane che i miei amici in sette anni a Hogwarts. È per questo che non ti ringrazierò mai abbastanza: ho imparato che la vita, nei momenti più brutti, riserba sempre le scoperte migliori. Tu sei la mia scoperta migliore. Non so ancora cosa provo per te; per me è tutto nuovo. Ma so che ti sei dimostrato un amico eccezionale e che, se mai un giorno vorrai accettare le mie scuse, aspetterò con crescente felicità quel momento in cui potremo parlare come abbiamo fatto in queste due settimane. –
Draco scoppiò a ridere per arginare l’attacco di panico che lo stava investendo come un fiume in piena. Harry lo guardò esterrefatto e il biondo si affrettò a spiegare la sua reazione. – Non pensavo fossi capace di un simile monologo, Potter. –
Harry cercò di dissimulare la sua infelicità. – Ho imparato molto in questi giorni. Magari starti vicino mi ha reso una persona più… intelligente. –
Draco fissò un punto lontano pur di non guardare il moro negli occhi, ma lui fece di tutto per ristabilire il contatto visivo. – So di averti ferito e che non merito la tua amicizia, ma spero che prima o poi tu possa perdonarmi. –
Detto questo si alzò dal letto sotto lo sguardo allibito del biondo e si avviò verso l’uscita. Sulla soglia della porta, si girò per guardare in volto un’ultima volta quell’angelo biondo che lo aveva aiutato a superare quel periodo tanto buio. Gli sorrise mestamente e abbassò la testa, preparandosi a una vita di solitudine.

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Salve a tutti! Okay, forse non ho mantenuto la promessa di pubblicare i capitoli con coerenza, ma ho davvero avuto molte cose da fare. Comunque ora ho finalmente un po' di tempo da dedicarvi, quindi ecco qui un nuovo capitolo. Draco è "leggermente" arrabbiato con Harry per aver provato a rovinarsi la vita per due volte e averlo trattato come un lebbroso, mentre Harry ha messo da parte per un momento la sua indole orgogliosa per fare ammenda per ciò che ha fatto e cercare di ricominciare da zero. Ma Draco sembra piuttosto restio a concedergli una seconda possibilità.
Non aggiungo altro, solo... Buona lettura! 
A presto,
Crystal :)

 

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Capitolo 11
*** I'm alone. Please forgive me ***


Harry uscì da Malfoy Manor come un condannato che si dirige verso la ghigliottina. Sperava che un giorno Draco lo avrebbe perdonato e avrebbero finalmente potuto essere due amici che erano stati divisi fin dal primo giorno di scuola a Hogwarts.
– Harry, aspetta! – si sentì chiamare. Si girò di scatto e notò la domestica di Draco che faceva irruzione dalla porta principale. – So che è un brutto momento, ma… potresti farmi un autografo per i miei figli? Sai, loro ti stimano così tanto… –
Harry prese in mano la penna e il foglio e firmò senza neanche rendersene conto. Non sapeva bene cosa si fosse aspettato, ma di certo non gli sembrava il momento più adatto per firmare autografi. Comunque, data la sua indole Grifondoro, non negò alla donna ciò che voleva. Poi si girò e si smaterializzò nell’albergo dove aveva sostato la notte precedente. Riprese la stessa camera e gli venne restituita la borsa che aveva lasciato con tutti i suoi averi.
Tirò fuori la foto dei suoi genitori e la fissò per un po’, cercando di contrastare le lacrime che premevano per uscire. – Scusa mamma, scusa papà. Sono un pessimo figlio. –
 
Harry trascorse i giorni seguenti chiuso nella camera d’albergo. Il direttore era andato da lui un paio di volte per chiedergli se potesse aiutarlo in qualche modo, ma Harry aveva sempre declinato l’offerta. L’unica persona che avrebbe potuto aiutarlo era anche l’unica che non gli avrebbe mai più rivolto la parola.
Il Ministero continuava a mandargli gufi con messaggi preoccupati: alcuni si chiedevano se fosse caduto da una scopa e rimasto paralizzato, altri se i mandati di arresto per Mangiamorte ancora a piede libero avessero in qualche modo intaccato troppo violentemente la sua fragile psicologia, altri ancora se il divorzio con Ginny fosse stato troppo sconvolgente. Alla fine Harry rispose che si sarebbe preso qualche giorno di vacanza e diede la colpa del suo pessimo umore al divorzio, anche se era perfettamente conscio di essere ormai diventato apatico nei confronti di Ginny.
Ogni mattina mandava un messaggio a Draco dal suo cellulare, sottoforma di messaggio o chiamata vocale, in cui cercava di ridurre al minimo il ricordo di ciò che era accaduto: non voleva farlo sentire in colpa, anche perché la colpa era solamente di Harry, ma desiderava con tutto il cuore che Draco potesse perdonarlo. Gli parlava del più e del meno, non riuscendo però a trattenersi dal rievocare ricordi delle due settimane precedenti.
I messaggi che mandava avevano più o meno la stessa impronta. “Ciao, Draco, sono Harry. Questo è più o meno il settimo messaggio che ti mando oggi, ma volevo solo sapere se stavi bene. Mi sono comportato da stupido e ti chiedo scusa per questo. Non volevo farlo: ero spaventato. Mi manca trascorrere i pomeriggi insieme davanti al camino della tua biblioteca. Non lo dico per la biblioteca, ovvio! A me non piace neache leggere… È solo che… penso che mi manchi proprio tu. Non so cosa mi stia succedendo, ma vorrei poter contare sul tuo aiuto per capire qualcosa. Richiamami se vuoi, rispondi ai messaggi, mandami un gufo… come ti pare, ma per favore non ignorarmi.”
Quella mattina lasciò un nuovo messaggio nella segreteria telefonica di Draco e si andò a fare una doccia. Adorava la sensazione dell’acqua fredda che gli lavava via tutte le preoccupazioni. Poi, però, una volta uscito dal bagno, tutti i ricordi tornavano a galla e lui ne veniva sommerso.
Tornò in camera, legò un asciugamano alla vita e si asciugò i capelli, cercando di dar loro una forma, ma fallendo miseramente nella missione. Si guardò allo specchio per un momento, pigiando con il pollice la cicatrice che aveva sulla fronte. Quel piccolo fulmine non gli aveva dato problemi da quando il Signore Oscuro era morto, ma con il passare del tempo dovette ammettere che il mago più potente del mondo non era l’unico a potergli dare problemi. Anzi, aveva imparato a proprie spese che gli affari di cuori erano dolorosi tanto quanto una cruciatus.
Era ancora avvolto nell’asciugamano, quando sentì il telefono squillare.
Lo prese solo per attaccare la telefonata, dato che non aveva la benché minima intenzione di parlare con qualcuno in quel momento, ma il cuore gli mancò un battito quando notò il nome sullo schermo: Draco.
Rispose senza esitazione. – Pronto? –
Draco, dall’altro capo del telefono, imprecò contro la cameriera che adorava tanto Harry per aver composto il numero del ragazzo e averglielo passato contro la volontà di Draco.
– Pronto? – ripeté Harry, credendo che il ragazzo lo avesse involontariamente chiamato.
Alla fine, però, Draco si fece sentire. – Ciao. –
– Draco. – il moro sfoderò un enorme sorriso e cercò di mantenere le palpitazioni sotto controllo. – Come stai? –
– Bene. – mentì il biondo. Ripensava sempre a ciò che gli aveva detto il moro e più di una volta era stato sul punto di rispondere alle sue chiamate, ma alla fine si era convinto di averlo dimenticato. La sorte gli dimostrò l’esatto contrario e per questo Draco si ritrovò a inveire di nuovo, questa volta contro se stesso.
Harry fece finta di credere al tono volontariamente evasivo del biondo. – Mi hai chiamato. – constatò lui. – Quindi… mi hai perdonato? –
Draco scosse la testa. – In realtà non ti ho chiamato io. Cioè, una domestica schizzata ha composto il tuo numero e mi ha passo il telefono prima che potessi fare nulla. –
– Oh. – rispose semplicemente Harry, mentre qualcosa dentro di lui si frantumava in piccoli pezzi.
– Però avevo intenzione di chiamarti. – Draco si maledisse mentalmente per la sua incoerenza.
– Davvero? – il tono di Harry era speranzoso, ma la sua voce sembrava sul punto di rompersi.
– Sì. No. Non lo so. –  Draco si morse un labbro, ricordando la conversazione che aveva avuto con Harry prima che questo lo lasciasse sulla porta di casa. Anche Harry rievocò il momento.
– Mi dispiace così tanto per quello che ho fatto. – Ripeté Harry sottovoce.
Draco alzò gli occhi al cielo. – Me lo hai detto almeno una decina di volte nei messaggi che mi hai lasciato in segreteria. –
– Allora li hai sentiti. – Harry sembrava sollevato, ma Draco non volle dargli soddisfazione.
– No. –
– E come fai allora a conoscere il contenuto dei messaggi? –
Draco si morse un labbro. – Non è questo il punto. –
– E allora perché mi hai chiamato? –
– Non ti ho chiamato io, okay? – urlò Draco in preda a una crisi isterica. Barone, vicino a lui, soffiò e se ne andò dalla camera. Il biondo respirò a fondo un paio di volte e Harry attese pazientemente che lui gli riversasse tutta la rabbia addosso, come quando erano a Hogwarts e si prendevano a botte o a male parole ogni volte che litigavano. Quella volta, invece, non fu così: Harry sentì Draco singhiozzare e il biondo non fece in tempo ad allontanare il telefono dall’orecchio.
– Draco, stai… piangendo? –
Il biondo lo mandò mentalmente a quel paese, mentre riattaccava la telefonata con un gesto secco. Harry rimase sorpreso dall’accaduto ma non poté fare nulla, se non richiamarlo. Draco prese il telefono e lo gettò dall’altro lato della stanza, mandandolo in mille pezzi. Poi si cinge le ginocchia con le braccia e pianse silenziosamente, lasciando strisce di lacrime sulla sua camicia bianca preferita.
 
Qualche minuto dopo Draco sentì qualcuno bussare alla porta. La sua domestica entrò nella camera facendo il minimo rumore possibile e Draco la fulminò con lo sguardo: con gli occhi cerchiati di rosso a causa del pianto sembrava spiritato.
La domestica lo informò con il tono più accondiscende possibile che c’era un ospite al piano di sotto. Draco le ordinò di mandarlo via, chiunque fosse. Il biondo sentì delle flebili voci provenire dall’atrio e alla fine qualcuno aprì di nuovo la porta della sua stanza senza permesso.
– Ti avevo detto di non entrare! – urlò Draco alla domestica. Poi si bloccò di colpo vedendo che la persona davanti a lui aveva gli stessi capelli arruffati della domestica, ma gli occhi verdi che spuntavano sul viso scarlatto erano tutt’altro che i suoi.

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Ciao a tutti! Spero di essermi fatta odiare abbastanza per come sono andate le cose, ma ora, come potete leggere, la situazione sta cambiando, o perlomeno entrambi si sono resi conto che c'è qualcosa che non va. Personalmente adoro la cameriera: non so perché, ma mi ricorda molto il personaggio di Hermione (non ci avevo mai pensato prima effettivamente...). Comunque eccoci qua, sicuramente a un punto di svolta. La situazione si stabilizzerà o entrambi vivranno una vita solitaria e infelice? Buona lettura e a presto,
Crystal :)

 

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Capitolo 12
*** What the hell do I have to do? ***


Love is never wrong.
Capitolo 12: What the hell do I have to do?
 
Draco spalancò gli occhi nel vedere Harry fare irruzione nella sua camera con la faccia rossa e i capelli più spettinati del solito. Anche lui aveva gli occhi cerchiati di rosso e  nell’insieme sembrava ancor più disperato del biondo.
– Harry! – gridò lui, alzando la voce di mezzo tono. – Che diamine ci fai tu qui? –
Harry rimase sulla soglia della porta, consapevole del fatto che, se fosse entrato, Draco lo avrebbe vaporizzato con la magia. – So che sei furioso con me, ma prima mi hai attaccato il telefono in faccia e volevo assicurarmi che stessi bene. –
Draco si girò verso la finestra, dando le spalle al moro. – Sto benissimo. –
Harry, però, non si diede per vinto, ma si avvicinò al letto di Draco e si sedette sul bordo più lontano. Draco si girò di scatto, dimenticandosi di poter contare sull’aiuto della magia.
– Vattene! – urlò il biondo istericamente. – Non voglio vederti! –
– Va tutto bene, voglio solo aiutarti. – cercò di calmarlo Harry, ma il suo gesto ebbe il solo risultato di fare infuriare ancora di più il biondo, che gli si lanciò addosso tempestandolo di pugni. Finirono entrambi a terra. Harry era molto più forte di Draco (il biondo non aveva praticamente muscoli), ma lasciò che l’altro lo colpisse senza reagire, coprendosi solo la faccia con le braccia. Alla fine, quando Harry decise che Draco aveva scaricato abbastanza la sua rabbia, invertì le posizioni e schiacciò a terra il biondo, bloccandogli i polsi con le mani. Draco cercò di divincolarsi, ma senza successo: la presa di Harry era salda e non ammetteva obiezioni di alcun tipo.
– Lasciami andare! – urlò Draco cercando di liberarsi dalla stretta ferrea del moro. Si divincolò ancora per un po’, poi alla fine, stremato, perse la voglia di lottare. Harry lo lasciò andare lentamente e lo aiutò ad alzarsi. Draco strattonò via il braccio che il moro teneva e si girò dall’altra parte, dando la schiena al moro e lasciando che un’unica lacrima gli solcasse il viso.
– Guardami. – gli ordinò Harry. Draco rimase nella stesa posizione.
Guardami. – ripeté il moro con un tono più supplichevole. Draco si strinse le braccia al petto, ma non si mosse da lì. Allora Harry gli girò intorno e gli si piazzò davanti. Draco chiuse gli occhi per non vederlo, lasciando ancora una lacrima solcargli il viso.
– Ehi, guardami. – lo supplicò ancora Harry, prendendogli il mento tra due dita. – Mi fa male vederti in queste condizioni. –
Draco aprì gli occhi solo per inveire contro il moro e fargli presente che, se si trovava in quelle condizioni, era solo per colpa sua. Ma, appena lo guardò, notò che il moro era a pochi centimetri da lui e si stava avvicinando troppo. La mente gli ordinò di allontanarsi, ma le gambe rimasero incollate dov’erano, aspettando il momento in cui Harry poggiò delicatamente le labbra sulle sue.
Il bacio durò poco: appena Draco riuscì a riprendere il controllo del suo corpo, si staccò e si mostrò allibito.
– Che diavolo ti è preso?! –
Harry lo guardò come se fosse la prima volta. – Mi sono innamorato di te, Draco. –
Il biondo si avvicinò alla finestra e poggiò le mani sul davanzale, respirando a fondo per tornare alla realtà. “Non è reale”, continuava a ripetersi, mentre tutto intorno a lui perdeva consistenza.
Harry gli si avvicinò ancora, poggiandogli delicatamente le mani sui fianchi e facendogli pressione per farlo girare. Draco, però, rimase impassibile. Harry allora cambiò tattica e gli premette il bacino sulla schiena, avvicinandogli la bocca all’orecchio per sussurrargli qualcosa. – Penso che questa sia una prova abbastanza credibile. –
Draco sbarrò gli occhi nel sentire quanto l’altro lo desiderasse e appellò tutta la sua forza di volontà per non cadere nello stesso piacere. Ma Harry non si arrese e continuò a sussurrargli nell’orecchio con voce sensuale. – Prima di due settimane fa credevo che Ginny fosse il mio mondo. Ho capito invece che per lei non ho mai provato altro che profonda stima. Ho dovuto ribaltare tutte le mie convinzioni per rendermi conto che ciò che cercavo non era Ginny, ma eri tu. Tu che mi hai portato via da un pub schifoso e puzzolente per salvarmi, che ti sei fatto male pur di aiutarmi, che ti sei sorbito le mie inutili preoccupazioni, che sei stato vittima dei miei momenti di follia, ma che nonostante tutto ti sei rivelato l’unica persona di cui io mi possa veramente fidare. –
Harry lo spinse da un lato per farlo girare e deglutì quando riuscì finalmente a inchiodare i suoi occhi in quelli color del ghiaccio del biondo. – Pensavo di aver sperimentato tutto nella vita, ma mi sbagliavo. Ho capito che non avevo più punti saldi a cui aggrapparmi, che tutto quello che ho vissuto non mi è bastato. Evidentemente la mia vita mi riserba solo sofferenze, ma è nei momenti peggiori che ho conosciuto le persone migliori. Ora ho te e non voglio perderti. –
Draco si prese un momento per formulare una frase di senso compiuto. – Tu non sei gay. –
Harry sorrise. – Pensavo di amare mia moglie e pensavo di avere due migliori amici da cui non mi sarei mai separato, eppure eccomi qui, a parlare con l’uomo che ho odiato per sette lunghi anni per qualcosa che entrambi siamo stati costretti a fare. Perché è proprio questo che non voglio e non posso accettare: il fatto che finora io abbia vissuto la vita che qualcun altro ha scelto per me. Ho fatto tanto per gli altri e non me ne pento, ma è ora di vivere la mia vita. E voglio viverla con te. –
Draco scosse la testa, ancora profondamente scioccato. – Stai ancora male, Harry… –
– Sì! Sto male perché non posso stare con te, perché non voglio perdere la tua amicizia. Non sono pazzo, sono solo innamorato. Certo, magari a volte l’amore rende pazzi, ma penso di poter sopportare la cosa se tu deciderai di darmi una mano. In passato ho sempre cercato di comportarmi a seconda di ciò che gli altri si aspettavano da me, ma ora sono stanco di vivere secondo le loro aspettative. Ho fatto del mio meglio per prendere parte a una guerra magica per cui ero stato scelto, ho lottato contro persone che non conoscevo solo perché qualcuno, ancor prima che potessi capire cosa stava accadendo, me lo aveva imposto. Ora sono libero da tutte queste preoccupazioni, sono in grado di vivere la mia vita come meglio credo, circondarmi delle persone a cui voglio più bene. Ho perso tutto, Draco. I miei genitori sono stati uccisi e molti amici che ho incontrato quando frequentavo Hogwarts hanno seguito il loro stesso destino. Sono diventato Auror perché pensavo che fosse un modo per scaricare tutta la tensione che avevo nel corpo, ma a volte il dolore era tanto grande che neanche il mio lavoro riusciva a colmare questa mancanza. –
Harry deglutì. – Ho creduto per molto tempo che prima o poi avrei vissuto i miei momenti migliori. Ho imparato che neanche i miei amici più fidati possono aiutarmi a superare questi periodi così cupi. Mi sentivo costantemente fuori luogo, senza uno scopo nella vita, finché non sei arrivato tu. All’inizio eri solo una persona che conoscevo tanto tempo fa e a cui ho dato una possibilità per ricominciare. Poi, però, ho capito che sei un amico meraviglioso e che io non ti avevo dato proprio niente: tu hai ricostruito la tua vita sulle macerie di un’esistenza di dolore e terrore. Abbiamo tanto in comune, soprattutto il nostro passato, ma in questo periodo ho scoperto l’unica vera cosa che ci distingue: tu sei riuscito a ricominciare la tua vita da capo, a costruire, giorno dopo giorno, quest’uomo fantastico che ho davanti. Hai imparato molto dal passato e dimostri sempre la tua forza d’animo. Conoscendoti, ho iniziato ad apprezzare sempre di più le tue qualità, ma, da buon ex Grifondoro, non ho mai dato importanza a questo aspetto, fino a pochi giorni fa. –
Harry prese fiato e si preparò a esternare tutto quello che provava in quel momento, anche a costo di sembrare un pazzo. – In questo periodo ti ho considerato un amico, un punto saldo a cui aggrapparmi nella mia vita piena di delusioni. Ho detto che, all’inizio, ho iniziato ad apprezzare le tue qualità. Ora ho capito che il mio non è apprezzamento, ma amore. So che ci conosciamo veramente da poco tempo, ma se il passato mi ha insegnato qualcosa è proprio di riconoscere l’amore quando lo vedo. Non ho mai provato nulla di così forte per una persona, neanche per Ginny, e ora che ho trovato la mia felicità non lascerò che mi scivoli dalle mani come un pugno di sabbia. –
Draco cercò di rompere il contatto visivo, ma ogni sforzo che faceva lo spingeva sempre di più a desiderare di gettarsi in quei due pozzi verdi brillanti. – Non posso farlo. – disse alla fine.
Harry non si arrese. Non l’avrebbe fatto. – Non puoi… o non vuoi? –
– Fa differenza? – lo prese in giro Draco.
Harry lo guardò serio. – Sì. O forse no. Sai, potere è volere e io voglio potermi fidare di te. –
Il biondo arricciò il labbro. – Cosa mi assicura che tra qualche giorno non succederà esattamente quello che è successo con Pel di Carota-Femmina? Pensavi di essere innamorato di lei e invece ora sei qui a farmi la predica. Magari tra un paio di giorni mi dirai le stesse cose che hai detto a lei e uscirai con un’altra persona. –
– So che non lo farò. – rispose Harry con convinzione. – Non ho mai provato niente di così forte per qualcuno. –
Draco lo fissò per un momento, ricordandosi come, tempo prima, Theo lo aveva tradito per andare con un altro. – Ho già vissuto un tradimento e non è stato piacevole. –
– Ehi. – gli disse Harry dolcemente. – Mia moglie è andata al letto con il ragazzo a cui ho salvato la vita a Hogwarts! –
– Siamo dei pessimi fidanzati, allora. –
– Magari in due potremmo farne uno buono. –
Draco prese in considerazione l’idea. – Siamo troppo diversi per stare insieme, Harry. Lo hanno dimostrato sette anni a Hogwarts. –
– È proprio questo che fa di noi una coppia speciale. – spiegò il moro, sorridendo. – Il fatto che siamo così diversi renderà la nostra vita sempre piena di colpi di scena… –
– O colpi in faccia, chi può dirlo? –
– Già, nessuno può assicurarci che non ci tireremo i capelli o non ci urleremo contro, ma io adoro le sfide e non posso permettere al destino o, peggio, a un branco di babbuini, magici o non magici che siano, di mettersi in mezzo tra te e me. Voglio stare con te, Draco, e se lo vorrai anche tu allora ci proveremo e, per Merlino, faremo di tutto per far funzionare questa relazione. Se invece non provi nulla per me, beh, allora vivrò la mia vita da eremita senza mai conoscere il vero amore. –
Harry pensò di aver esagerato un pochino: ora Draco lo avrebbe preso seriamente per pazzo. Ma non poteva tenere per sé i sentimenti che provava per quel biondino. Lui, d’altro canto, non sapeva come comportarsi. Fece messo passo indietro, incontrando dietro di sé il davanzale della finestra. Allungò le mani dietro la schiena, poggiandosi al davanzale. Ispirò per un momento.
– Cosa penseranno tutti? – chiese Draco con un filo di voce.
Harry lo guardò sbigottito. – Pensi davvero che mi interessi cosa potranno mai dire gli altri? No, non mi interessa. Per anni ho vissuto una vita che non mi apparteneva, ho salvato un mondo di cui non conoscevo l’esistenza fino a che un mezzo gigante non è venuto a prendermi, ho combattuto una guerra che ricorderò per tutta la vita e ho visto morire i miei amici. Ora basta, non voglio più dover vivere la vita che mi viene imposta da qualcun altro. Adesso voglio seguire la mia strada e ti chiedo solo di tenermi la mano durante il mio cammino. –
Draco non riuscì a trattenere una lacrima e allontanò una mano dal davanzale per lasciarla debolmente lungo un fianco. – Non posso fidarmi di te, Harry. –
Il moro lo guardò quasi piangendo. – Lo so, ho rovinato tutto e solo Merlino sa quanto mi odi per questo. Ma io ti amo, Draco, e non ho paura di ripeterlo infinite volte ancora. Sono pessimo, non faccio mai niente di buono, a meno che non mi viene imposto da qualcun altro. Ora però voglio vivere come meglio credo, ma so che da solo non posso farcela. Per questo ti chiedo di accettare questa sfida impossibile: resta con me. –
Draco scosse la testa. Poi si bloccò: non aveva senso continuare a mentire su ciò che provava. Per anni aveva desiderato instaurare un’amicizia con il grande Harry Potter e trovare qualcuno da amare profondamente ogni giorno della sua vita. Ora Harry gli stava mostrando il pacchetto completo. Draco si trovò a sorridere pensando a come Harry aveva confessato i suoi sentimenti più profondi senza un briciolo di paura.
Il biondo alzò lo sguardo e lo incatenò con quello di Harry. – Accetto la sfida, Potter. –
Harry lo guardò prima stupefatto, poi mostrò un enorme sorriso compiaciuto. Gli prese la mano e se la portò alla bocca. Gliela baciò, poi si avvicinò alle labbra del biondo, chiedendogli il permesso con lo sguardo.
Draco annuì e Harry, smanioso di potersi avvicinare ancora, lo strinse tra le braccia e lo baciò prima lentamente, poi con più passione, facendogli scorrere le mani lungo la schiena. Draco impiegò un momento per ricambiare quel bacio focoso: gli infilò le dita delle mani tra i capelli, stringendosi di più a lui come se avesse avuto paura che Harry potesse scappare da un momento all’altro.
Ma Harry non ne aveva la minima intenzione. – Penso che oggi salterò il lavoro. – Decretò il moro sorridendo, mentre spingeva Draco contro la finestra per baciarlo con ancor più passione.

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Ciao a tutti! Voglio un grazie per aver terminato la storia con baci e abbracci. Apparte gli scherzi... Questo è il penultimo capitolo. Sto lavorando a un epilogo, quindio tecnicamente è come se questo fosse l'ultimo pezzettino della storia. Mi è piaciuto un sacco scrivere di Draco e Harry, due persone così diverse eppure così uguali, che hanno passato gli stessi guai combattendo sui due fronti opposti. All'inizio questo "esperimento" della Drarry era iniziato solo come omaggio alla giornata mondiale contro l'omofobia, ma mi sono accorta che effettivamente scrivere di loro mi è piaciuto molto di più che scrivere di Draco ed Hermione (ogni riferimento a fanfiction precedentemente scritte da me è puramente casuale).
Okay, penso di aver detto tutto. Tra un paio di giorni pubblicherò l'epilogo, quindi per adesso basta così.
Buona lettura e a presto,
Crystal :)

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Capitolo 13
*** All you need is love. Love is all you need ***


Love is never wrong.
Capitolo 13: All you need is love. Love is all you need.

– Tesoro, sono a casa! – urlò Harry, entrando dalla porta principale di Malfoy Manor. Erano trascorsi diversi mesi da quando il mago aveva divorziato da sua moglie per iniziare un nuovo elettrizzante capitolo della sua vita con Draco Malfoy. Per un po’ di tempo avevano deciso di mantenere la relazione segreta. Poi un giorno, mentre passeggiavano per Diagon Alley, Harry aveva preso il suo compagno per mano, suscitando sbigottimento in Draco. Il biondo era arrossito, ricordando sottovoce a Harry che quel posto era pieno di maghi che lo conoscevano. Ma il moro non si era tirato indietro, anzi, aveva mostrato con orgoglio quelle dita intrecciate quando i passanti chiedevano spiegazioni.
Poco dopo aveva informato anche i suoi ex compagni di casata del suo repentino cambiamento. Ron aveva ordinato a Harry di non entrare più in casa sua, visto che aveva avuto il coraggio di fidanzarsi con l’uomo che aveva contribuito alla morte del fratello. Hermione, invece, dopo un’effervescente litigata con il marito, aveva augurato alla coppia una vita lunga e felice. Ancora oggi, quando Draco e Harry uscivano per strada mano nella mano, le persone intorno a loro li guardavano allibiti, come se il Signore Oscuro in persona fosse appena tornato tra i vivi. Draco abbassava gli occhi sulla strada, cercando di non arrossire. Harry, invece, riportava l’attenzione del biondo su di sé e gli sussurrava parole dolci. Non gli importava minimamente se la gente non accettava la loro relazione: forse non l’avrebbero mai fatto, ma non c’era nulla di cui vergognarsi. Loro si amavano e in quei mesi se lo erano dimostrato a vicenda più di una volta. La gente intorno a loro non li conosceva e Harry non avrebbe mai dato loro il potere di giudicarli solo perché avevano sfidato il mondo e avevano avuto il coraggio di mostrarsi per quello che erano: due ragazzi follemente innamorati l’uno dell’altro.
Il moro aveva appena trascorso una giornata stressante al lavoro e non vedeva l’ora di poter abbracciare di nuovo il suo uomo.
Harry venne accolto subito dalla domestica che aveva i suoi stessi capelli folti e spettinati. Lei lo salutò con fervore, gli prese la giacca e gli indicò la biblioteca. – Il signor Malfoy è lì dentro. –
Il moro ringraziò e si avviò verso l’unico posto in cui Draco trascorreva la maggior parte del tempo – dopo la camera da letto, ovviamente.
Trovò il suo compagno seduto compostamente sul divano, le gambe accavallate, a leggere un libro. Gli si avvicinò e gli posò un bacio sulla fronte. Draco sorrise e si girò su se stesso per baciare il compagno con passione. Poi tornò nella sua posizione iniziale e riprese a leggere un enorme tomo. Harry cercò più volte di farlo alzare, ma il biondo pareva non volersi muovere.
Il biondo ghignò e, tra una ripresa e un’altra della lettura, lo informò che stava leggendo un libro troppo bello per lasciarlo a metà. Così alla fine, sconsolato, Harry prese un libro a sua volta (qualcosa di piccolo, poco impegnativo e pieno di figure) e si sedette dall’altro lato del divano. Harry non adorava leggere, ma, da quando si era trasferito a casa di Draco, faceva di tutto pur di passare del tempo con il biondo, anche trascorrere buona parte della giornata tra i tomi impolverati.
Draco alzò lo sguardo dal libro per pochi secondi solo per sondare cosa stesse facendo l’altro, poi si rituffò a capofitto nel suo enorme libro, il cui titolo annoiava già Harry: “Guerra e pace”, di un certo Lev Tolstoj, che il moro riconobbe come uno scrittore babbano. Era sul punto di chiedere a Draco per quale motivo stesse leggendo qualcosa scritto da un babbano, dato che il suo odio per i babbani era l’unica convinzione che Draco non aveva abbandonato, ma poi lo vide così preso dalla lettura che lasciò cadere la sottigliezza.
Rimase a fissare la copertina del libro che teneva in mano per un po’, poi si decise ad aprirlo. Era pieno di figure, ma c’era anche qualche didascalia. Harry decise che si sarebbe prima dedicato alle foto, poi, se fossero avanzati tempo e voglia, avrebbe letto anche i paragrafi a fianco.
Cambiò più volte posizione, per cercare di mettersi comodo. Alla fine, però, insoddisfatto, sbuffò sonoramente. Infilò un dito tra le pagine che stava leggendo (leggendo per modo di dire) e fissò per un attimo il ragazzo seduto ancora a gambe accavallate dall’altro lato del divano. Si ritrovò a far scorrere il suo sguardo lussurioso su ogni centimetro del suo corpo: Draco era piuttosto mingherlino, aveva un corpo asciutto e pochi muscoli; accavallava sempre le gambe con grazia e aveva una piccola ciocca ribelle che gli cadeva sul viso chiaro. Il moro alla fine deglutì e chiuse un attimo gli occhi per imprimere a fuoco nella sua mente ogni momento che trascorreva con Draco.
Harry, con un sorriso maligno, si avvicinò sempre più e, arrivato vicino al compagno, gli prese una gamba e la lasciò ricadere a terra, sotto lo sguardo indignato del biondo. Poi, senza rispondere alla domanda silenziosa di Draco che alzò le sopracciglia con fare interrogativo, Harry poggiò la testa sulle cosce del biondo e allungò le gambe muscolose oltre il divano.
Sorrise sistemandosi meglio: aveva finalmente trovato la posizione perfetta. Riprese a leggere il libro, questa volta dedicandosi anche ai piccoli paragrafi scritti, e per la prima volta capì per quale ragione Draco fosse così attratto dai libri. Tutto sommato, non erano un ammasso di carta sprecata. A volte insegnavano anche qualcosa.
Mentre stava leggendo le gesta di un eroe babbano che era alla ricerca di una coppa d’oro, detta Sacro Graal, Draco gli abbassò il libro che stava leggendo e lo guardò negli occhi, piegando la testa da un lato.
Harry aprì la bocca per ribattere, visto che aveva intenzione di sapere come sarebbe terminata la storia, quando Draco si avvicinò velocemente al suo viso e poggiò le labbra sulle sue. Harry lasciò immediatamente il libro e prese la testa di Draco con entrambe le mani. Si staccò sul più bello.
– Ma come? – lo prese in giro il moro. – Non stavi leggendo con così tanta passione quel libro babbano? –
Draco ghignò. – Ora ho qualcosa di meno babbano a cui dedicare la mia passione. –
Ripresero a baciarsi e a un certo punto Harry invertì le posizioni, bloccando i polsi di Draco con le braccia. – Ehi, sono un nato babbano, ma sono pur sempre un mago. –
Draco gli baciò il lobo dell’orecchio, causandogli una serie di brividi lungo la schiena. – Mostrami la tua magia, allora, mago dei miei stivali. –
Harry lo guardò intensamente: il biondo aveva i capelli arruffati e gli zigomi di un rosso acceso. Harry pensò di non aver mai visto tanta bellezza in un uomo – o in una donna – e sorrise rendendosi conto che quella creatura bellissima apparteneva a lui. Lo baciò lentamente, suscitando sempre di più il desiderio del compagno, poi iniziò a baciarlo con foga.
Arrivati al punto di non ritorno, in cui a entrambi stava mancando il fiato per la passione malamente contenuta, qualcosa sotto di loro fece un verso agghiacciante. Draco saltò subito in piedi e Harry finì sul pavimento, evitando per un pelo di schiacciare la palla di pelo che si stava stiracchiando lì vicino.
– Gattaccio maledetto! – inveì Draco, mentre cercava di far tornare le palpitazioni a un ritmo normale. Il suo cuore, un po’ per lo spavento e un po’ per l’attività che lo aveva tenuto impegnato fino a poco prima, impiegò diversi istanti a tornare a battere normalmente.
Harry prese in braccio il gatto e lo accarezzò dietro le orecchie. – Povero piccolo, il tuo padrone è così cattivo con te. Ti senti escluso, vero? –
Draco inveì anche contro Harry, ma non riuscì ad arrabbiarsi davvero con lui. ogni volta che incrociava il suo sguardo si scioglieva come neve al sole e non riusciva a imporsi. – Non difenderlo sempre! Ti stavo insegnando la sottile arte del pomiciare sul divano e quel gatto mi ha fatto saltare! –
Harry si sedette sul divano e, tenendo in braccio il gatto, fece cenno a Draco di sedersi accanto a lui. Il biondo sbuffò, ma alla fine cedette alla richiesta. Harry lasciò che il compagno si sistemasse in mezzo alle sue game, gli passò il gatto e lo cinse con entrambe le braccia, poggiando il mento sulla sua spalla con fare protettivo.
– Quasi mi mancano i giorni in cui litigavi con il mio gatto per ottenere le mie attenzioni. – confessò Draco, ghignando.
Harry si sporse per guardarlo storto. – Non ho mai cercato di attirare la tua attenzione! Odiavo quel gatto, punto e basta. –
Draco si poggiò al petto del compagno e chiuse gli occhi, sapendo per certo che Harry stava mentendo. adorava quei momenti in cui il moro tentava di nascondere il risentimento che provava per il suo animale domestico, ma nell’ultimo periodo Harry era riuscito a instaurare un buon rapporto con lo Kneazle, tanto che spesso il gatto dormiva ai piedi del loro letto senza essere cacciato dal giovane mago moro.
Quando alla fine Barone decise che era il momento di lasciare da soli i due ragazzi, si fece mettere a terra con un miagolio deciso e zampettò fuori dalla stanza, trasportandosi dietro tutto il suo pelo ben curato.
Draco si appiattì ancora di più contro il petto del ragazzo, ma Harry, dopo un po’, lo fece girare e costrinse a stendersi sul divano.
Draco lo guardò con malizia. – Che fine ha fatto il tuo affetto per il mio gatto? –
Harry gli baciò il lobo dell’orecchio in modo così sensuale che Draco riuscì a stento a trattenere un gemito. – Ho altro di cui preoccuparmi, ora. Vediamo… a che punto eravamo rimasti? –
Trascorsero la giornata avvinghiati nel salotto, alternando momenti in cui Draco prendeva il controllo della relazione e altri in cui Harry invertiva le posizioni. Fuori dalla biblioteca, intanto, la domestica rimaneva in attesa aspettando il momento in cui, prima o poi si sarebbero staccati per lasciarle il tempo di spolverare tutte le foto che la coppia aveva attaccato lungo le pareti dell’enorme biblioteca privata di Draco.

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Ciao a tutti! Bene, eccoci arrivati all'ultimo capitolo di questa Drarry. Fosse per me la continuerei all'infinito, ma penso che vada bene così. Era iniziato tutto come un esperimento, una sorta di "io ci sono" per la giornata mondiale contro l'omofobia; alla fine si è trasformato in qualcos'altro, qualcosa di più grande e importante. Almeno per me, comunque. Mi sono divertita tantissimo a scrivere di loro due, soprattutto perché sono personaggi così diversi tra loro eppure così simili. Del resto hanno vissuto la stessa guerra su due fronti diversi e alla fine si sono ritrovati a combattere una "guerra" diversa, rigorosamente insieme, contro tutti coloro che cercavano di scegliere ciò che Harry e Draco dovessero fare della loro vita. Spero di essermi spiegata bene: il messaggio che voglio che arrivi è che ognuno deve vivere la propria vita come meglio crede, lasciandosi alle spalle i commenti negativi della gente invidiosa o di chi, anche involontariamente, cerca di imporre un modo di vivere. Ognuno ha i suoi difetti, questo è vero, ma ha anche i suoi pregi: per questo dovrebbe potenziare al massimo i pregi e condividere i difetti con qualcuno che lo possa aiutare, che possa trasformare in punti di forza anche quei piccoli difetti.
Basta così, non vorrei annoiarvi con i miei pensieri. Mi ha fatto davvero piacere sapere che molta gente ha apprezzato ciò che ho scritto e spero, in futuro, che altre persone imparino da ciò che ho scritto. Mi farebbe molto piacere se lasciaste qualche commento, del resto questo è l'ultimo capitolo - una sorta di epilogo. Fine dei giochi e... ricordatevi di essere sempre voi stessi.
A presto, Crystal :)
PS: Non so quanto vi possa interessare, ma sto pubblicando qualcosina anche su wattpad. Qui non ho mai pubblicato niente se non fanfiction, ma alla fine ho deciso di buttarmi e pubblicare qualcosa di originale: è un romanzo rosa (quindi niente Harry, niente Draco, niente magia... niente di niente), non l'ho ancora finito e cerco di pubblicare un capitolo ogni due giorni. Qui sotto vi lascio il link e spero che vogliate dargli un'occhiata. Su wattpad sono CrystalUniverses e la storia è Just Friends.
https://www.wattpad.com/myworks/42023543-just-friends 
Ho ufficialmente finito di stressarvi :) A presto, spero,
Crystal :)

 

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