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di Reiko88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La storia di un Re ***
Capitolo 2: *** Storia di una Rosa ***
Capitolo 3: *** La bambina e la neve ***



Capitolo 1
*** La storia di un Re ***


 

 

Favole


Favola 1:
La storia di un Re

 

Mi accingo a raccontarvi un'altra storia,
tra narrazione e poesia,
lo faccio spesso, vagando da città a città,
per portare un po’ di fantasia,
per vedere lo sguardo su di me,
per ricavarne qualche moneta d’oro,
è il mio lavoro,
una cantastorie,
e vago e vago,
narrando.

Mi siedo lasciando la lunghe veste cadere al suolo,
e con un sorriso mesto, poso lo sguardo sul giovane pubblico,
dei bambini,
nei loro occhi posso vedere chi ha ancora un sogno,
e guardando il cielo,
decido che parole intonare.

Immagino le mie poesie, come melodiche canzoni.

“ Storie di cavalieri e belle principesse, sono la mia specialità,
tuttavia, in questa fredda e bianca giornata,
vi racconterò dell’altro,
ma nelle mie storie,
ricordate, c’è sempre amore”

Prendendo respiro,
rammentando solo ciò che posso vedere io,
inizio l’ennesima favola,
l’ennesima fandonia.

“ C’era una volta un demone,
il più bello e il più maestoso tra tutti,
e fu il primo ad invidiare,
e fu il primo, la cui parola , sogno ,venne concessa,
ma divenne ambizione,
perdendo sé stesso, fu la rovina,
era nato nella luce,
ma eclissò nelle tenebre,
ed ebbe un suo regno, diventandone il Re.

Ma tutti i Re sono un po’ tristi,
circondati dalla loro ingordigia ,
rimangono ciechi.
Ma non voglio narrarvi della sua tristezza,
ma del suo amore.

Dopo secoli e secoli,
richiamato da una preghiera,
discese sul nostro suolo,
e un nuovo ciclo della sua vita infinita visse.

Avendo l’eternità, si può amare numerose volte,
disse qualcuno, di cui non ricordo il nome.

Del suo sorriso si innamorò,
e tutto ciò che lui non possedeva più,
l’aveva lui,
gentilezza e bontà,
non credeva esistessero più,
del suo opposto, si innamorò,
e il suo sorriso arrogante, mutò,
in uno, lieve ma vero,
accanto, ad un essere umano.

Chi vacilla di odio e di rabbia,
aspetta solo di essere compreso,
da qualcuno che non abbia sentenze da pronunciare,
e quell’umano lo fece,
non lo giudicò,
lo accettò per com’era, non per come lo descrivevano,
né aveva paura,
ma del suo opposto si innamorò.

Comprese e capì,
che a volte, chi ostenta sicurezza,
è solo un debole.

Passarono i giorni, i mesi e gli anni,
l’uno accanto all’altro,
fin quando il dolce umano morì,
sotto ai suoi occhi,
la tragedia si consumò,
e il Re, soffrì immensamente,
mentre il ghiaccio dei suoi occhi,
si sciolse sul suo volto.

Ebbe tre grandi amori, lui fu uno di questi,
un semplice, umano, creatura di Dio.

Ritornò nel suo regno,
finita la sua ennesima tragedia,
si circondò di rabbia e dolore,
ciò che però va raccontato,
non è la sua fine, che mai ci sarà,
ma l’epilogo dell’amato.

Sulla sua tomba, tutt’oggi,
pensano ci sia una maledizione,
accanto ai cigli a lui portati,
le soffici piume nere di un corvo,
accostano,
come volerli fare compagnia,
contrastando con la purezza,
del fiore che sulla lapide vi è stato posato.

Dicono sia un corvo,
che gli fa visita, ogni qualvolta che lui lo voglia,
“ è una lapide maledetta,
le piume vi ritornano sempre,
e mai, nelle notti di pioggia si bagna,
e mai, nelle notti di neve viene seppellita,
rimane intatta, tra soffici piume nere.”

è il ritornello di questa strana storia,
di poche parole,
di amori opposti,
finiti in una triste tragedia,

“ è una lapide maledetta,
le piume vi ritornano sempre,
e mai, nelle notti di pioggia si bagna,
e mai, nelle notti di neve viene seppellita,
rimane intatta, tra soffici piume nere.”

L’amore, è per sempre “


è finita anche questa fiaba,
e mi alzo dal suolo,
per andare in una altra città,
per poter fare di una sciocchezza un dramma,
per poter provare qualcosa, per farne una storia,
ed è così facile, immaginare.

Ritiro la ricompensa, di quattro monete d’oro,
copro il mio corpo, con un mantello,
pronta ad andare,
lasciando le mie impronte su questa neve,
ma con una lieve stretta vengo fermata.

“ Le sue storie, parlano sempre d’amore,
l’uomo che gli è accanto l’amerà davvero tanto”
Sorrido e mi chino alla sua altezza
“ Questa è un'altra storia, so parlare di amore, ma non so provarlo “
rispondo mestamente.
“ Narro di opposti, ma cerco qualcuno simile a me per potermi innamorare di me stessa”
Ad ogni artista la sua maledizione, il suo dolore, il mio è questo,
mi alzo pesantemente, salutando il piccolo spettatore,
andando via da lì,
in cerca di altra ispirazione.

Vago ,
tra la bufera,
sospesa tra vita e morte,
pensando a cosa di nuovo posso raccontare,
sentendo, il rumore del vento, come se fosse una canzone,
per la mia prossima melodia.

Ma prima, in un luogo voglio passare,
un ultimo sorriso, si dipinge sul mio volto, e copro il nero corvo sopra alla fredda lapida,
con un nero ombrello,
riparandolo,
dalla fredda neve che vi si posa su di lui,
“ Non disperare”
prego con lui,
infine, finita la bufera,
torno a vagare,
cercando,
cercando.

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Capitolo 2
*** Storia di una Rosa ***


 

 

Favole


Favola 2:
La storia di una Rosa

 

E sono ancora qua, non ho finito di vagare,
o di raccontare,
perdonate, la mia indecisione, ma non so ancora, come potervi narrare,
provate, solo ad ascoltare,
è il mio lavoro,
per qualche moneta d’oro, per poter sopravvivere in questa bufera.
Trascino con me, i lunghi abiti neri, uniformi, come i miei lunghi capelli.

Anche in questo villaggio,
ho una nuova trama da raccontare,
un nuovo, giovane, pubblico da soddisfare,
che un'altra fiaba dolce e drammatica abbia inizio,
è la mia specialità.
C’è chi potrebbe dire che racconto menzogne,
ma c’è chi le chiama storie.

Seggo, questa volta, su un telo rosso,
preparato apposta per me,
mentre intorno, incomincia ad avvicinarsi il pubblico,
e aspetto,
cercando di dare un tono alla mia voce,
lento e melodico.
Immagino un elegante pianoforte,
e pesanti noti sulle mie parole,
che accenno nel pronunciare.

“Benvenuti”

Saluto con un cenno di testa,
lasciando che i neri capelli possano posarsi al suolo,
abbassando lo sguardo,
riparato dalle lunghe ciglia,
con un mesto sorriso inizio la mia fandonia.

“ La mia fama mi precede,
sapete chi sono, sapete cosa racconto,
oggi, posso narrarvi, una strana storia,
di un classico , stravolto.

Vi parlo, dell’ennesima protagonista,
ma un po’ diversa dalle altre,
bella, ma priva di cuore,
occhi azzurri, ma vuoti,
un sorriso, ma diabolico.

Amava,
amava smisuratamente,
in un tempo di guerra,
tra lotte, per terre e denaro,
un uomo lei amava.

Parlavano spesso del loro futuro,
mentre i villaggi a pezzi cadevano,
mentre la guerra avanzava,
ma si erano promessi,
che mai si sarebbero lasciati,
e pian piano, quando le battaglie fossero finite,
avrebbero vissuto insieme,
e come in tutte le storie,
felici e contenti.

Una classica storia d’amore,
parole ripetute, da mille giovani innamorati,
dette, di giorno in giorno.

Lei era molto spesso capricciosa,
amava abiti e gioielli,
la vanità, di certo non gli mancava,
ma quel giovane, amava anche quello in lei,
e si era promesso,
che primo o poi avrebbe sciolto il ghiaccio che la imprigionava.

Tra morte e distruzione,
alcuni anni passarono,
la guerra non si fermò,
e il ghiaccio non si sciolse.
Gli abbracci erano vani,
le belle parole, sprecate.

Era come una rosa, ma con troppe spine per poterla cogliere.

L’esercito avanzò,
e tutti i giovani, furono chiamati all’appello per partire,
per potersi battere,
e affrontare una possibile morte.
Anche il giovane, che essa tanto amava,
fu convocato, per poter partire, lontano da lei.

“Verrò con te”
Gli disse, con decisione, ma come in tutte le fiabe ,
il giovane gli rispose
“ Aspettami qui”

Ma dimenticava, che una rosa, non è facile da cogliere.

Aspettò, nella fortezza, al riparo e al sicuro,
ma a sentirsi inutile,
non c’e la faceva,
afferrò un mantello,
rubò una spada e cavalcò un cavallo,
per poterlo raggiungere,
il suo orgoglio era troppo,
per essere un semplice motivo di ritorno.

Seguì le macerie,
i cadaveri al suolo,
il suolo calpestato da potenti zoccoli,
e trovò lui.

Vivo, ma con un'altra, che non era lei.
E la rosa, sembrò riempirsi di altre spine.
Il ghiaccio che la circondava più gelido e freddo.
Quella non era di certo,
la storia d’amore che aveva immaginato,
nei suoi occhi,
nelle sue parole,
nei suoi gesti,
l’amore frantumò in un istante.

Si voltò e se né andò,
ma detestava la sconfitta,
aspettò le tenebre,
impugnando l’elsa della spada,
con la bianca mano tremante,
mediando la dolce vendetta.

La rosa, incominciò ad appassire.

L’unica luce, di quella notte, fu la pallida luna,
che fece da riflettore,
alla falsa storia d’amore,
e come scenario,
ci fu la distruzione.
E i due protagonisti, l’uno davanti all’altro.

“ Mi hai promesso l’amore eterno, ma con un'altra che non sono io”
disse guardandolo negli occhi.
Lui sorrise, tristemente. Gettò la spada e la guardò con compassione.
“ Tu invece, non mi hai mai amato.
Nemmeno, per un solo attimo.
Guardavi me, ma non con gli occhi di un innamorata,
ami troppo te stessa,
Elizabhet.
Ma andava bene così,
volevo soddisfare ogni tuo capriccio,
ogni tua richiesta,
per poi un giorno, sfiorare le tue spine e coglierti.”

E quelle parole,
dritte al suo cuore arrivarono,
incrinando la lastra di vetro,
un affronto simile non poteva immaginarlo.

La spada impugnò,
e in solo gesto,
da parte a parte lo trapassò.

La sua bellezza era ingannevole e le sue spine aculei.

Al suolo, l’innamorato cadde,
e da lui, nessun respiro,
nessuna parola da pronunciare per ferirla.

Cadde anche lei sulle proprie ginocchia,
mentre il terreno venne bagnato dalla pioggia,
e dalle sue lacrime.
E ora chi l’avrebbe amata?
Si domandava, disperata.

Ma una maga aveva assistito all’epilogo,
gobba e curva, si avvicinò alla triste scena,
mentre il bianco riflettore, pian piano sbiadiva,
lasciando solo le tenebre,
che luce non possedevano.

“ Ti muterò in ciò che sei realmente”
disse con voce gracchia,
non meritava il suo aspetto,
per quel suo carattere, che stonava,
come in una perfetta melodia con una nota troppo alta.

Non ebbe tempo per replicare o urlare,
e la fanciulla, diventò ciò che più gli assomigliava.
Soddisfatta la vecchia maga se ne andò,
allontanandosi, dove da li, un solo raggio di luna era rimasta.

Il giovane uomo,
che aveva perso vita per un amore distorto,
si consumò,
pian piano, diventando polvere,
e accanto a lui,
una rosa, rossa come il sangue,
che nessuno osò cogliere per le sue spine, simili ad aculei,
per poterla lasciare li,
ad appassire,
accanto all’uomo che aveva perso contro l’amore,
che non era riuscito a coglierla.

Il vento, li portò via.”

Finisce così questa storia,
tra mille dubbi o domande,
a cui non risponderò.
Non so dire, se si amavano,
non posso giudicare ciò che non conosco,
mi limito ha narrare, non lavoro con i sentimenti.

Cinque monete d’oro, per questa menzogna,
un ultimo saluto al mio pubblico,
prima di poter andare.
Colgo i miei vestiti e i miei viveri, per un nuovo viaggio,
cercando, un giorno, di poter trovare ciò che cerco.
C’è sempre qualcuno, che però mi trattiene,
per poter soddisfare la sua curiosità.

Ma questa volta, non è un bambino,
ma un uomo, alto, veste troppo elegantemente,
per poter apprezzare storie così frivole , o parlare,
con una come me,
esita infatti prima di pronunciare parola.

Mi sorride, malizioso, non posso fare altro che trafiggerlo con il mio sguardo azzurro,
rimane stupito, ma poi ritorna improvvisamente divertito.
“ Ne ero certo”
dice, mentre mi accenno a partire.
Segue i mie passi, ma li fermo immediatamente
“ Che cosa volete?”
Mi gira intorno, come se fossi una preda.
“ Coglierti”
Mi risponde saccente .

Spintonandolo mi faccia strada per la prossima meta,
anche se in realtà non so quale essa sia.
“ La protagonista della fiaba eri tu”
Mi volto, regalandoli un mio sguardo altezzoso.
“ C’è sempre qualcosa di me, nelle mie protagoniste”
cammino dritta verso di me, e ancora una volta mi ferma,
con le sue, odiose, parole.
“ Non intendevo questo. Ti ha tradita, dico bene? Parlavi di te stessa, io lo capito”
“ Desolata, non so provare amore”
“ è quello che hai appena narrato infatti.”
Non mi rimane altro, e bruscamente lo urto, per potermi incamminare,
malamente afferra il mio polso,
ma prontamente, poso un pugnale sulla sua gola.
“ Toccami, e sei morto” esalo a qualche centimetro dal suo viso.
Deglutisce lasciandomi andare.

Anche se narro d’amore,
non vuol dire affatto, che io sia gentile o buona.
Ancora una sua parola
“ Uguale e identica, direi, se non per i corvini capelli che hai”
Non ascolto più nessuna sua opinione,
continuando il mio viaggio.

Porto il mio cappuccio alla nuca,
per potermi riparare,
una sola parola gli ho rivolto da quel giorno,
dai tre che sono passati dal suo incontro
“ Vediamo fin quando non sarai stufo di ferirti.
Avrò qualcosa di nuovo da raccontare”

Da quel giorno, la sua ombra, mi segue sempre,
e io,
continuo ha narrare da città a città.

Cercando,
Cercando.

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Capitolo 3
*** La bambina e la neve ***


Favole

 

Favole 3:
La bambina e la neve


C’era una volta
Ed è così che incomincio ogni fiaba,
ma questa volta non ho idea se sto narrando,
di sogno o realtà.


Ascoltate ciò che ho da dire,
questa volta,
non vi narro di principesse sole,
né di principi buoni.


C’è solo una grande casa,
che somigliava ad un castello,
le stanze erano numerose,
ma anche le persone lo erano,
li in quel posto,
pagavano la loro punizione.

Ma c’era chi,
con occhi innocenti guardava l’ ennesimo posto,
in cui era stata portata,
vi narro di una bambina,
non di una principessa questa volta,
nelle sue movenze nulla era elegante,
e l’avidità ancora non la conosceva.
Era esattamente una bambina come le altre.

È con questa introduzione che vi incomincio a raccontare, la storia più crudele e più bella.

” Gli anni passavano,
più volte cercava di scappare da quel castello,
ma poi non avendo nessun posto dove ritornare,
si voltava indietro,
quando gli chiedevano dove era stata,
senza un ombra di un sorriso rispondeva
a giocare

Stava vivendo il dolore di qualcun altro,
e quando piangeva,
gli ricordavano sempre che c’era qualcuno che soffriva più di lei,
eppure, tutto ciò che voleva, era qualcuno che l’ascoltasse,
ma in quel posto erano tutti più grandi di lei,
e fu così che rimase sola,
siccome non soffriva abbastanza pensò che non poteva lamentarsi,
di ciò che gli stava succedendo,
e pian piano si isolò.

All’inizio non volle capire dove era,
ma le parole che al castello si sussurravano,
le aveva già sentite mille e più volte,
sapeva ciò che una bambina di quella età non avrebbe mai dovuto sapere.
Ed era inutile nasconderli il dolore,
le sue orecchie l’avevano già udito,
ed era inutile dirli che tutto sarebbe andata bene,
vedeva che ormai tutto era stato distrutto,
ed era inutile dirli che era solo una bambina,
dato che non aveva mai avuto infanzia.

E ogni giorno, vagando tra il corridoio, tra le stanze del castello,
domandava il perché di quel dolore che non gli apparteneva,
ma mai, nemmeno dopo svariati anni,
ottenne una sola risposta.
Di colpe lei non l’aveva.

Corse fuori,
asciugandosi le lacrime guardò il cielo,
già stanca di quella vita,
fece la sua prima preghiera
Sai cosa hanno visto i miei occhi ?
Sai che parole hanno udito le mie orecchie ?
Sai cosa hanno gridato alla mia anima?
Portami in un posto meraviglioso,
per farmi dimenticare gli scempi che ho visto,
sussurrami qualcosa di dolce,
per far tacere ciò che ho sentito,
trapassa la mia anima,
per poter far regnare il silenzio
.”

Fu così, da quel grido disperato, che nacque la neve.
Vide qualcosa scendere dal cielo,
era soffice e delicata,
fredda, ma piacevole.

Il posto che odiava, d’un tratto, lo amava,
e il sangue che aveva visto nei suoi ricordi ,
al bianco della neve si mischiò,
e il fatto che gli avessero detto di essere nata per sbaglio,
il suono che si creò intorno a lei lo annullò,
e il grido che c’era in lei, si calmò,
alla pace che la circondò.

Ad un tratto ritornò ad essere una bambina come le altre.

Piegandosi quella neve sfiorò,
e il primo sorriso di quella nuova vita,
lo donò a lei che pian piano si posava sul suolo,
coprendo ciò che detestava.

mi somigli.” gli sussurrò.

La neve rise di lei, e una folata di vento gli domandò con scherno,
” Tu mi somigli ?
Guarda dove vivi,
ricorda ciò che hai sentito,
rammenta il tuo grido.
Io scendo dal cielo, sono pura e silenziosa.”

Rise con dolcezza e rispose a quella superbia.
” Sono pura,
ma esattamente come te vengo sporcata,
sei silenziosa ma quando cadi crei un gran trambusto,
Sei fredda, ma ci vuole poco per scioglierti,
e anche la neve più fredda può diventare acqua al sole più caldo.”

La neve si adirò e i suoi fiocchi furono ancora più freddi.

” Non paragonarmi a persone come te,
voi mostri di avidità,
sporcate tutto ciò che è immacolato,
create delirio la dove c’è silenzio,
io mi limito a farvi ricordare tutto questo.”

Ancora una volta sorrise a quel vento stridulo,
non aveva di certo voce né forma,
ma se si chiudono gli occhi,
e la si ascolta,
chiunque potrà sentire le sue parole.

” Appari per quella che non sei,
fai giocare i bambini,
ispiri i poeti,
rendi tutto più bello,
sei solo tu che puoi illuminare la notte,
non c’è luna ne sole,
che donano una luce come la tua.”

La bufera si calmò,
la bambina guardò intorno a lei,
era come se la neve avesse anche coperto tutte le altre persone,
e nulla gli era mai sembrato più bello.

” Anche tu,
come tutti gli altri dovresti stare al chiuso,
lontana da me,
che sono glaciale e fredda. “

E alle sue orecchie, fu come una melodia triste,
se doveva dare una forma a quella voce
trasporta dal vento,
avrebbe avuto sicuramente le sembianze di una donna,
forte, ma facile da abbracciare,
e se doveva dare un espressione,
era quella di chi aveva uno sguardo fiero,
ma dopo aver pianto.

E gli occhi della bambina,
che già sapeva pronunciare frasi che sembravano poesie,
si commossero per la prima volta di felicità,
aprì la mano, e sul suo palmo la neve si posò,
e ancora una volta parola pronunciò.

è forse un paradosso che io ti dica che riscaldi il mio cuore freddo ?

fu la più bella dichiarazione d’amore e la più grande delle storie d’amore,
nessun uomo, quando la bambina sarebbe diventata donna,
gli avrebbe mai riservato simili parole
ne uno sguardo così dolce.
Anche se non era una persona il suo primo amore,
chi mai avrebbe potuto dire che quella bambina non sapeva amare ?

” Sono nata in un mese di sole,
ma se potessi decidere,
vorrei morire in un giorno di neve,
seppellita dal tuo freddo calore,
non credo ci sarebbe morte migliore.”

gli confidò la triste bambina,
mentre il suo corpo stava gelando,
e le sue labbra diventarono color del ghiaccio.

Ebbe pietà e tristezza di lei,
e con i suoi ultimi fiocchi canditi l’abbracciò,
e gli fece una promessa.

” Sono pensieri troppo cupi,
le tue parole troppo adulte,
cadrò una volta all’anno,
in questo giorno,
in modo che i tuoi occhi riprendano colore,
e che le tue labbra si incurveranno in un sorriso.”

il vento più sottile si fece,
la voce più lontana,
la bambina si sentì smarrita,
mentre i fiocchi dal cielo furono sempre meno.

” Non te ne andare, ti prego “
la implorò.
Rise di lei e di quella ingenuità.

” Cadrò dal cielo una sola volta,
in modo che tu possa sentirti viva,
sapendo,
che ci sei tu ad aspettarmi, ritornerò “

Fu la più dolce delle risposte, alla più dolce delle dichiarazioni.

La bambina al suo castello di dolore ritornò,
gli chiesero dove era stata,
e come sempre dava la stessa risposta,
ma quella volta con un lieve sorriso.
a giocare

Sono passati anni da quel giorno,
ora quella bambina è ormai vecchia,
ma sapete, ogni anno la neve ha mantenuto la sua promessa,
negli occhi nulla è mutato,
la guarda come allora,
solo per quello è ritornata,
e ormai che sono i suoi ultimi anni,
il suo amore non è cambiato. “


Vi ho forse narrato l’amore più strano,
ma è quello più reale che vi ho mai raccontato nelle mie storie,
per questo la terrò per me,
oggi il mio pubblico,
è fatto di alberi e neve.

Niente mi sembrava più appropriato,
"queste parole sono per te,"
dico davanti al paesaggio innevato.

Prendo il mio mantello e mi accingo ad andare in un'altra città,
ma questa volta,
con la pretesa di farmi pagare,
raccontare è l’unica cosa che so fare.
Devo inventare al più presto una dolce menzogna.

” Hai trovato l’ispirazione ? “
è l’uomo che mi segue sempre,
ormai ho imparato a comunicare,
è arrogante e presuntuoso,
ma proprio per questo può capire il mio orgoglio.

Procedo veloce,
senza degnarlo di risposta,
ancora non gli ho rivelato il mio nome,
mi chiama “ Elizabhet
a causa di una fandonia raccontata qualche settimana fa,
illudendosi che la protagonista delle mie storie sia io.
Non ho di certo vite così avventurose,
né sentimenti così profondi.

Mi volto un solo attimo,
non gli rivolgo nessuna espressione
Leila.
questo è il mio nome.

Volto le mie spalle,
al suo sorriso arguto,
riprendo il mio passo,
pensando a nuove rime da inventare,
cercando,
cercando

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