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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Capitolo 1 - La solita routine *** Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Nuovo arrivo al Galaxy High *** Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Ostilità *** Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Il provino *** Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Tra confronti e pensieri *** Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Poter lavorare insieme *** Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Mehrin 8 *** Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Momenti sbagliati *** Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Pessime Idee ***
Mi
sento quasi obbligata a spendere due parole, perché il fandom non esiste (me ne
domando il motivo, oppure sono io che non lo trovo… Se avete informazioni
ditemi qual è il posto di questa fic nel mondo xD) e nel caso alcuni di voi non
conoscano questo cartone, sarebbe giusto introdurre qualcosa.
E’
una serie animata francese (per intenderci, dello stesso tipo di Martin Mystère
e Totally Spies) andata in onda su Rai 2 nel lontano 2007 e poi riproposta
abbastanza recentemente su Rai Gulp.
Team
Galaxy ha come protagonisti principali tre ragazzi, Josh (16 anni, il figlio ribelle del direttore dell’istituto, che
preferisce di gran lunga la pratica delle missioni alla teoria degli esami, che
spesso non supera), Yoko (15
anni,bella e solare ragazza che
vorrebbe fare carriera nel mondo delle star, si diletta spesso in recite e
canti, qualche volta infastidendo i compagni) e Brett (a soli 10 anni, è un brillante genio che non sopporta essere
chiamato “piccoletto” o essere discriminato per la sua statura), alle prese con
la loro vita da liceali e nel contempo con le missioni e le lezioni per
diventare Space Marshals, una sorta di poliziotti spaziali che puniscono i
crimini alieni.
Le
serie sono due (anche se ricordo di aver visto soltanto la prima), ma ogni
episodio è un po’ a sé, nel senso che un’avventura inizia e finisce all’interno
dell’episodio stesso, non c’è una gran trama, se vogliamo metterla in questi
termini, quindi, anche per chi non ha seguito la storia ma è interessato alla
fic, basta tenere presente i personaggi ed il contesto. La mia fic infatti non
si basa su avvenimenti accaduti nella serie, non segue un determinato punto
della storia, non ha spoiler (con una serie così cosa ci sarebbe da
spoilerare!?) o simili.
Spero
che le informazioni del link siano abbastanza esaustive, vi lascio alla
lettura!
Capitolo
1
La solita routine
Il defender
era lanciato all’inseguimento dell’astronave aliena, che sfrecciava tra detriti
spaziali e rocce a gran velocità. Ma stava subendo troppi colpi, ormai, e non
avrebbe resistito a lungo all’inseguimento dell’alieno. Inoltre, Josh stava per
esaurire le munizioni. Non mancava molto prima che ne restasse sprovvisto, e, a
quel punto, non sarebbe stato difficile nemmeno danneggiare ulteriormente il
defender e rendere impossibile l’inseguimento.
Ma aveva
ancora un asso nella manica, l’ultima risorsa.
«Vediamo se
continuerai a scappare anche dopo questi».
Stava per
azionare gli ultimi missili per un attacco a raffica quando, come al solito, la
voce di Brett lo interruppe, facendogli quasi prendere un colpo. A comando
lanciato, avrebbe sicuramente perso la mira.
«Josh! Non
puoi usare quelle munizioni!», lo ammonì.
Il suo
sguardo severo quasi riuscì a pietrificarlo, ma poi osservò quella faccia da
bambino infuriato dal riquadro dell’ologramma sul vetro del defender e dovette
trattenere una risata per quanto era buffo.
«Brett, non
ostacolarmi, abbatterò quella navicella!»,
disse, e il suo tono non ammetteva repliche.
«Non puoi,
te lo proibisco, Josh! Mi hai sentito? Ho detto che non puoi! Josh? Josh!»
«Bla bla
bla, tanto non ti sento!», cantilenò il moro, che con i pollici già posizionati
sui comandi di lancio si apprestava a prendere la mira.
«No! Josh,
no!», ma anche il biondino dopo ripetuti richiami si stancò e passò alle minacce.
«Bene, è così che stanno le cose? Allora mi vedrò costretto a buttarti giù dal
letto!».
«Cos…!?
Letto!? Si può sapere che stai dicendo?», gli chiese lui, confuso.
PATAPAM!
Una spinta
piuttosto violenta su un fianco.
Un breve
senso di vuoto.
Un tonfo
sordo.
Infine, un
forte dolore colpì il giovane proprio sopra la nuca e fu costretto ad aprire
gli occhi e a rendersi conto di trovarsi per metà a terra, la schiena inarcata
e le gambe ancora sospese, in parte appoggiate al letto. A terra ci era finito
trascinandosi dietro un groviglio di lenzuola che gli giaceva poco sotto la
schiena e gli attorcigliava le gambe. Era accartocciato e no, il defender non
era così scomodo.
«BRETT! Sei
impazzito per caso!?», gridò Josh, alterato.
«Visto e
considerato che non mi hai dato ascolto, ho dovuto agire di conseguenza!»,
disse l’altro in risposta, facendo spallucce come se fosse tutto molto naturale,
senza nascondere un briciolo di acidità nella voce.
«Uffa, stavo
facendo un bel sogno e tu me l’hai completamente rovinato svegliandomi con
queste tue rozze maniere!», si lamentò, fingendo di reggere ancora i comandi
del suo defender e di sparare le munizioni che Brett gli aveva proibito di
utilizzare. Sarebbe stata sicuramente una bella esplosione.
«Io? Rozzo!?
Rozza è la maniera in cui tu dormi, caro Josh! E ora alzati! Ti sei accorto o
no di che ore sono?»
Sbuffando,
Josh allungò la mano verso il suo comodino e afferrò la sveglia digitale che,
naturalmente, non puntava mai.
Le 7:53… Di
cattivo presagio dal momento che la lezione sarebbe cominciata dopo soli sette
minuti esatti e lui era ancora in mutande!
«Cavolo! Se
arrivo tardi anche stavolta il professore mi ammazza! E quel che è peggio è che
avrò un altro compito di punizione!»
Due valide
motivazioni che bastarono per farlo alzare da terra di scatto. Si cambiò in
fretta e furia, trovando, per puro miracolo, i vestiti in tutto quel disordine,
si sistemò i capelli alla meno peggio e infine uscì di corsa.
Brett
sospirò.
«Non è possibile
che quattro giorni su sei lo si debba svegliare in questo modo…» disse,
battendosi una mano sulla fronte.
Fluffy
accanto a lui annuì, concordando con la sua opinione.
«Quel che è
peggio è che tu devi aspettarci qui dentro in tutto questo disordine!», esclamò
poi, accarezzandogli la testa. Povero Super Cucciolo!», Fluffy emise uno dei
suoi guaiti cibernetici.
«Appena
torno ripulisco tutto! Anzi, lo faccio fare a Josh!», decise, uscendo dalla stanza
e chiudendosi la porta alle spalle.
Brett arrivò
in aula poco prima del professore e andò a sedersi accanto a Josh e a Yoko.
Beh, almeno non si sarebbe dovuto sorbire le lamentele di Josh per un ingiusto
- si fa per dire - compito di punizione.
«Buongiorno
Brett!» esordì Yoko con tono contenuto, salutandolo sorridente con il suo
solito modo raggiante.
«Buongiorno
anche a te, Yoko…», Brett al contrario sembrava piuttosto stanco.
«Ma che
avete voi due stamattina? Siete uno più stanco dell’altro!», osservò.
«Josh è una
piaga!», esclamò Brett.
«Lo è anche
Brett!», ribatté Josh, allungando le braccia sul banco a poggiando il mento nello
spazio tra esse. «Stavo facendo un bellissimo sogno quando questo marmocchio mi
ha buttato già dal letto!», continuò, scrutando il professore, ben attento che
fosse ancora occupato a sistemare le proprie cose sulla cattedra e non
prestasse attenzione al chiacchiericcio generale.
«Marmocchio?
Se non fosse per me staresti ancora dormendo e a svegliarti sarebbero state le
grida del professor Spzoerscliipw!», specificò Brett, offeso, alzando il mento
e incrociando le braccia, voltandosi dalla parte opposta.
Yoko scoppiò
a ridere.
«Su,
ragazzi, non arrabbiatevi!», disse, cercando di sfoderare il miglior sorriso
comprensivo del suo repertorio. «E tu, Josh, potrai sicuramente riprendere il tuo
sogno tranquillamente, visto che quasi certamente non seguirai la lezione»,
concluse, dandogli con leggerezza due colpetti sulla spalla, per poi voltarsi
in direzione del professore.
Un contatto
semplice, un gesto naturale e per nulla equivoco al quale, però, Josh non era
così abituato. Sussultò appena, conscio del fatto che nell’ultimo periodo
qualsiasi contatto con lei fosse capace di scombussolarlo e renderlo
improvvisamente inquieto. Ed in effetti nemmeno la sua vicinanza lo aiutava.
Mentre il
professore si apprestava ad alzarsi per far uso della lavagna posta dietro alla
cattedra, Josh si ritrovò ad essere più vigile di quanto avrebbe volentieri
dato a vedere e, onde evitare di farsi distrarre dal bizzarro colore di capelli
e dal profilo delle labbra lucide di Yoko, si convinse che per una volta
avrebbe prestato attenzione alla lezione.
Una interminabile lezione di almeno due ore
sulle strane forme di vita aliene che si nascondono nei meandri dell’universo.
Una lezione
micidiale, quando si cerca di prendere appunti e non si è ancora del tutto
connessi con il mondo reale, e questo Brett lo aveva appena constatato a sue
spese.
Infatti, finita
la lezione, il genietto restò sui suoi appunti qualche attimo.
«Che aveva
detto? Merzel… No era Zart… Zart-qualcosa…», borbottava pensieroso, senza
riuscire a ricordare come si chiamasse la strana razza aliena di cui il
professore aveva appena accennato nel discorso conclusivo. «Oh, al diavolo!»
Rassegnato e
stizzito, prese tutti i fogli e uscì a grandi falcate dall’aula senza degnare
di un briciolo di attenzione i due compagni, diretto nella sua stanza.
Josh era
rimasto a guardare la scena insieme a Yoko, ancora seduta accanto a lui.
«Stavolta credo
di aver superato me stesso nel fargli perdere la pazienza», affermò il moro,
con espressione appena corrucciata.
«Ma no,
Josh! Vedrai che presto gli passerà, è solo un po’ alterato perché non si
ricorda che si chiamavano Marzeliti di Zaronia 4 e non “Zart-qualcosa”!»
ridacchiò la rossa, stiracchiandosi, senza dar troppo peso all’accaduto.
Uscirono
dall’aula insieme, in silenzio, e si diressero ognuno nella propria stanza.
Josh percorse
il corridoio lentamente, come se fosse soprappensiero, senza vedere realmente i
coetanei che gli passavano accanto. C’era qualcosa che non riusciva a spiegarsi
– o che si spiegava con una semplice conclusione – e di certo non riguardava la
lezione di Spzoerscliipw… Tuttavia, una volta vista davanti a sé la porta così
familiare della sua stanza, scacciò quei pensieri e non vi diede più peso. Varcata
la soglia con decisione, si ritrovò però a chiedersi se non avesse sbagliato
stanza.
«Brett, ma
che è successo qui?», chiese, incredulo, rassicurato all’istante dalla presenza
del biondo.
La stanza
non solo era ordinata ed ogni cosa era al suo posto. Era anche tutto quanto
lindo e pulito, a dir poco scintillante! Nessuno strato di polvere, nessuna
macchia d’olio sul tappeto, nessun vestito in giro, nessun letto sfatto. Uno
scenario più unico che raro, se si trattava della loro stanza – specialmente del
lato di Josh.
«È successo
che il nostro Fluffy ha voluto farci una sorpresa e ha pulito tutto per noi!»
esclamò Brett, con un sorriso raggiante e le mani puntellate sui fianchi.
In risposta
il cucciolo robotico emise uno dei suoi versi cibernetici, tutto impettito e
soddisfatto.
«Fluffy! Sei
stato bravissimo!», esordì il moro con gioia e gratitudine, sollevando di peso
il cucciolo da terra. «E visto che sei stato così gentile, oggi riceverai una
bella lucidata extra!».
Il piccolo
robotino scodinzolò felice e soddisfatto, sentendosi ripagato per il lavoro svolto.
E Brett cominciò a parlargli come si fa con gli animaletti o con i neonati,
dimentico del fatto che la dicitura cucciolo non fosse proprio da prendere alla
lettera. «Bravo il nostro cucciolone! E chi è il nostro bel cucciolone? Ma è il
nostro Fluffy! Sì, bello!».
«Ehm… Brett,
devo preoccuparmi?».
«Uffa… Josh,
a volte sei davvero insopportabile!», sbuffò il biondino.
«Lo so, lo
so… Senti, scusami per stamattina, ma ieri sono rimasto sveglio fino a tardi
per sistemare la moto e… Beh, ti ringrazio per avermi svegliato in tempo!»,
ammise il moro, un po’ in imbarazzo. Non era esattamente da lui scusarsi con le
parole per gli errori commessi, soprattutto se di quel tipo.
«Ma sì Josh,
come posso restare arrabbiato con te?», sospirò Brett, fingendo che di quanto
appena detto gli importasse poco. «Accetto le tue scuse! Sei un pigrone, ma in
quanto tuo compagno di stanza devo farci l’abitudine!», concluse poi, ridendo
divertito.
«Ehi!» Josh
si atteggiò a fare il permaloso e gli lanciò un cuscino, scoppiando poi a
ridere insieme all’amico.
«Beh, ma
tornando a noi, oggi termino di sistemare la moto e poi, caro Fluffy, ti
aspetta una lucidatura extra per ringraziarti del lavoro che hai fatto per noi!»,
ripropose il moro, sorridendo al cucciolo che gli si avvicinò scodinzolando
felice.
«Ma… Josh!
Non vorrai dirmi che…», l’espressione sul viso di Brett era tornata ad essere
quella sconsolata della mattina.
«“Che”… Cosa?», chiese il moro, confuso, incitandolo a continuare.
«Domani
abbiamo il test di chimica spaziale! E se non lo superi non so quante missioni
ti assegneranno, o meglio, se te ne
assegneranno ancora!», sbraitò il biondino, gesticolando animatamente.
«Oh cavolo!»,
il moro si batté una mano sulla fronte, esasperato, vedendo tra l’altro i
propri piani crollare con un rovinoso rumore di vetri infranti. «Me n’ero
completamente scordato! ».
“Il che non
sarebbe una novità”, pensò Brett.
Ma proprio
in quel momento qualcuno bussò alla porta, impedendo al piccolo genio di fare a
Josh la seconda ramanzina della giornata.
«Ragazzi?
Posso entrare?», era l’inconfondibile voce di Yoko.
Josh allora
andò ad aprire accogliendola con un sorriso, ignaro che la ragazza lo aveva
appena salvato da una sonora paternale.
«Ehi! Ma certo,
entra pure».
La giovane
ubbidì e varcò la soglia della stanza, restando poi a bocca aperta.
«Wooow!
Ragazzi, ma… non credevo foste diventati così bravi nelle pulizie domestiche e
soprattutto così ordinati! Siete sul punto di battermi!», affermò stupita.
«In realtà è
tutto merito di Fluffy», intervenne il piccolo genio.
«Chissà
perché ma ci avrei scommesso!», Yoko rise di gusto e anche gli altri sorrisero.
«Comunque…
Come mai sei venuta qui?», le chiese il moro.
«Oh, giusto!
Brett, avrei bisogno degli appunti dell’ultima lezione per controllare una
cosa».
Dopo una
breve ricerca, il giovane le porse il proprio quaderno.
«Grazie
mille! Te lo riporto subito, così puoi metterti a studiare… Anche se non ne hai
bisogno!», scherzò.
«Mi sa che a
noi toccherà un lavoro molto più lungo e impegnativo, Yoko…», confessò Brett.
«Che vuoi
dire?», gli domandò.
Il biondino,
in risposta, si limitò a guardare Josh.
«Io che
c’entro? Oggi devo…» non ebbe il tempo ad indicare Fluffy e a finire la frase
che l’occhiata di Brett divenne d’un tratto minacciosa.
«Oggi io e
te studiamo, è chiaro?» ordinò, e il
suo tono non ammetteva repliche.
«Io però…»,
Josh decise di fare un tentativo, che però finì subito in fumo.
«Coraggio
Josh, cerca di studiare qualcosa… Per favore per favore per favore!», Yoko gli
si fermò di fronte e, con le mani giunte a mo’ di preghiera e gli occhi alla Bambi, lo supplicò. «Non puoi non
passare il test, sono gli esami di fine anno, e noi di certo non vogliamo un
altro leader! Ti pregooo!».
Come poteva
resistere ad una supplica del genere, soprattutto se fatta da lei? Quegli occhi
grandi e ambrati, così profondi, continuavano a supplicarlo. Erano così… non
sapeva spiegarselo, ma si maledisse per la risposta che, quasi senza che se ne
accorgesse, gli sfuggì dalle labbra.
«D’accordo,
ma solo perché insistete tanto», disse. Se fosse stato per lui, si sarebbe
voltato immediatamente per l’imbarazzo, ma Yoko cambiò presto espressione ed un
largo sorriso si fece spazio sulle sue labbra.
«E bravo il
nostro Josh, così ti voglio!», commentò. «Vedrai che ce la farai! Bene ragazzi,
sarà meglio che vada. Più tardi ti riporto il quaderno», concluse poi
rivolgendosi a Brett poco prima di aprire la porta e richiudersela alle spalle.
Josh l’aveva
seguita con lo sguardo, ritrovandosi a fissare infine la porta chiusa con aria
attonita. Deglutì a vuoto, pensando a quanto la sua presenza lo scombussolasse,
quasi quanto la sua assenza. Qualcosa di lei lo aveva rapito, il suo cuore ne
era dolorosamente consapevole, e non aveva vie di scampo. Si domandò
mentalmente se davvero fosse disposto ad accettarlo e a confessarglielo, con il
potenziale rischio di rovinare la loro amicizia.
«Forza Josh,
sarà meglio cominciare», esclamò il biondino, aprendo il libro.
Allora
scacciò il pensiero, obbligandosi a lasciarlo perdere definitivamente almeno
per il tempo necessario allo studio. L’esame doveva avere la priorità assoluta.
In fondo,
Yoko sembrava credere davvero in lui.
Angolo dell’autrice:
Siete
arrivati fino alla fine? I miei complimenti xD
Vidi
Team Galaxy per la prima volta quando frequentavo le medie e ammetto di essermi
lasciata andare alla fantasia, ma quando qualche annetto fa lo rividi in
televisione, mi tornò in mente la storia che avevo pensato anni prima e,
essendo già nel mondo delle fic, mi chiesi “Perché non metterla nero su
bianco?”.
Insomma,
questo capitolo risale al 2011 e io lo pubblico soltanto ora, esatto. Questo perché
avrei voluto terminare completamente la fic prima di pubblicarla, ma alla fine…
Eccola. Inoltre, io non ho visto la seconda serie, quindi non so se termina con
i nostri amici che lasciano l’accademia perché sono già diventati poliziotti
spaziali o non so che altre cose sconvolgenti potrebbero esserci, quindi…
Sappiate che la mia fic si colloca prima di questi a me sconosciuti
avvenimenti.
Che
dire, spero vi sia piaciuto almeno l’inizio, questo capitolo serve solo da
introduzione, ma dal prossimo le cose verranno un po’ sconvolte, soprattutto
per Josh.
Un
enorme grazie a coloro che leggeranno e, se ci saranno ma ne dubito, a coloro
che commenteranno <3
Capitolo 2 *** Capitolo 2 - Nuovo arrivo al Galaxy High ***
2- Nuovo arrivo al Galaxy High
Capitolo
2
Nuovo arrivo al Galaxy High
Era giunta
l’ora di pranzo e tutti gli studenti, come di consuetudine, cominciavano a radunarsi
nella mensa del liceo ed a prendere posto agli ampi tavoli rettangolari.
Nella grande
stanza il sottofondo di chiacchiere e risate era quasi confortante. Era il
momento in cui ogni studente poteva riprendere i contatti con gli altri,
allontanandosi da miriadi di libri, quaderni e appunti che avevano riempito le
loro ore di studio senza nessuna tregua.
Confortante
soprattutto per la mente di Josh, che aveva trascorso le ultime due ore con la
testa su un libro alto quanto un mattone, attività alla quale non era abituato.
Per niente.
«Sta per
scoppiarmi la testa, non ce la faccio più».
Il moro
aveva i gomiti appoggiati sul tavolo e il capo abbandonato a sua volta sulle
proprie mani. Una perfetta rappresentazione dell’esasperazione.
«Ti arrendi
dopo così poco? Ti facevo più resistente, caro Josh!», gli disse Brett, seduto
di fronte a lui.
In quel
momento li raggiunse Yoko, in mano il vassoio per il pranzo, e si sedette
accanto a Josh.
«Ehilà!»,
salutò, con la sua consueta allegria. «Brett, ti ho riportato il quaderno. Il
vostro studio come sta procedendo?», domandò ad entrambi.
Con un cenno
del capo, il biondino fece intendere che tutto sommato non andava poi così
male, al contrario di Josh, che la pensava in tutt’altro modo.
«Male! Mi
viene voglia di scappare…!» ammise, con la faccia spiaccicata sul tavolo. «Ho
bisogno di dormire per incamerare tutte le informazioni!».
«Non essere
così drastico. Ti distraevi solo ogni tanto. Mi chiedo se stessi pensando più
alla tua moto o a qualche bella ragazza conosciuta di recente!», rifletté Brett
ad alta voce, con il chiaro intento di prendersi un po’ gioco di lui e
riportarlo alla normalità.
«La prendo
come un’offesa!», mugugnò l’interessato.
«Beh ma… Se
ne avessi conosciuta una ce l’avresti detto… No? Di ragazza, intendo», subentrò
la giovane. Che la moto fosse trai suoi primi pensieri era risaputo, parificata
forse solo dalla necessità di fare periodicamente qualche marachella, ma che qualche
ragazza occupasse la sua mente non era così usuale e di solito loro ne erano a
conoscenza. Il fatto che da ormai un po’ di tempo Josh non si invaghisse di
qualche ragazza aliena era un po’ insolito, ma la battuta di Brett le aveva
messo una certa inquietudine addosso, forse perché la allarmava l’idea che
l’amico potesse aver tenuto nascosta una simile informazione. «Se si trattasse
di una ragazza ci staresti assillando, a essere sinceri…», si affrettò ad aggiunse
appena si rese conto che la precedente insinuazione potesse avere un’origine
ambigua.
«Ma che
c’entrano le ragazze? È che non vado d’accordo con i libri, lo sapete», Josh,
invece, cercava di difendersi dall’accusa di Brett. Si chiese se per caso lui
avesse capito che… Che in fondo di una ragazza si trattava davvero, anche se
non in quel frangente. Era stato piuttosto bravo a non distrarsi.
«Comunque,
lo ribadisco, impegnati! Almeno quel che basta per passare quel test», gli
suggerì l’amica al suo fianco.
«Già, il
problema è se riuscirò a fare almeno quel poco!».
Yoko,
poggiandogli una mano sulla spalla, tentò nuovamente di incoraggiarlo.
«Coraggio!
Pensa che se supererai il test potrai dedicarti alla tua moto finché vorrai!»,
gli disse fiduciosa.
«Questo
sarebbe davvero gratificante!» esclamò.
«Sei il
solito…» commentò Brett.
E tra una
battuta e l’altra, finì anche la pausa pranzo e, con dispiacere degli allievi,
tutti lasciarono la mensa per tornare a studiare per il test imminente.
Il mattino seguente,
per certi versi bramato e per altri detestato, gli allievi del Galaxy High
sostennero il loro esame e, al termine della mattinata, poterono, con loro
immensa gioia, godere del pomeriggio libero.
Qualcuno
bussò improvvisamente alla porta della stanza. Nel silenzio che regnava sia
nella stanza che nei corridoi, avrebbe dovuto sentire almeno i passi
avvicinarsi.
«Ma chi
sarà…?», chiese stupito, rivolto più a sé stesso.
Chi poteva
aver bisogno di loro nel primo pomeriggio? Yoko gli aveva restituito il quaderno
il giorno precedente e, per quanto ne sapeva, tutti si stavano godendo il
proprio relax tornando beatamente dalla mensa, rilassandosi e pensando a come
trascorrere il pomeriggio libero.
Andando ad
aprire la porta, si sorprese di trovare sulla soglia il direttore in persona.
Un uomo alto, dalle spalle larghe e dal portamento fiero, con i capelli
ingrigiti dall’età e lo sguardo di ghiaccio.
«Direttore
Kirkpatrik, buongiorno!», esclamò con un sorriso di cortesia. Per quanto genio
e amante dello studio, avrebbe voluto anche lui un pomeriggio tranquillo…
«Buongiorno,
Brett», rispose l’uomo, anch’egli con un sorriso cordiale, prima di spostare lo
sguardo all’interno della stanza, alla ricerca del figlio.
Inizialmente
si stupì di trovare la camera insolitamente ordinata e pulita, ma una volta
scorto Josh sdraiato sul suo letto a sonnecchiare tranquillamente con una
rivista di moto aperta a coprirgli il viso, il suo stupore svanì.
«Josh…», lo
chiamò il direttore.
Il ragazzo
mugugnò qualcosa nel dormiveglia per poi rendersi conto che attorno a lui stava
succedendo qualcosa, e allora si tolse il giornalino dalla faccia, mettendosi
infine seduto.
«Ciao…»,
bisbigliò ancora con la mente annebbiata dal sonno e gli occhi semichiusi. «Che
ci fai qui, papà?», gli domandò sbadigliando.
L’uomo stava
per parlare quando dalla soglia della porta sbucò anche Yoko.
«Oh,
buongiorno, direttore Kirkpatrik!», esclamò sorridendo, un poco sorpresa.
«Bene, vedo
con piacere che ci siete già tutti, così non dovrò chiamarvi uno ad uno nel mio
ufficio!», disse.
«A-Abbiamo
fatto qualcosa?», domandò la ragazza titubante e leggermente intimorita,
chiedendosi se Josh non avesse combinato qualcosa di grave a sua insaputa.
«Oh, no,
affatto! Volevo solo parlarvi del programma di orientamento per i nuovi iscritti»,
spiegò brevemente.
Nonostante
il sollievo, gli altri parvero non capire, e, anzi, temettero di aver
dimenticato un qualche passaggio importante dell’anno scolastico. Così il
direttore comprese che avrebbe dovuto spendere due parole in più in proposito.
«Si tratta
di un nuovo programma messo in atto dal Galaxy High per permettere a nuovi
possibili studenti di passare un periodo di tempo in questa scuola e concedere
loro di fare le vostre stesse esperienze, così da dare loro l’opportunità di
scegliere se iscriversi o meno in questa scuola facendo tesoro delle esperienze
direttamente sul campo».
Sarebbe stato utile che venisse
attuato qualche tempo prima,
pensò Yoko. Avrebbe evitato di iscriversi credendola una scuola per aspiranti
celebrità.
«Questo vuol
dire che entrerà qualcun altro nel team?», chiese Brett, piuttosto interessato.
«Soltanto in
via temporanea, ma… Sì, così come tutti gli altri team dell’istituto, la vostra
squadra sarà composta da un membro in più. In questo modo voi avrete la
possibilità di acquisire più serietà e maggior responsabilità, perché sarete
voi stessi a mostrargli cosa fare nelle missioni», spiegò.
«Quindi sarebbe
come un nostro allievo?», domandò Josh.
«In un certo
senso… Ma ora seguitemi, il vostro nuovo collega si trova nel mio ufficio, non
è professionale farlo aspettare», disse il direttore, preoccupato dell’immagine
che avrebbe dato della sua scuola.
Uscì dalla
stanza mentre gli altri lo seguirono, incamminandosi lungo il corridoio.
«Si chiama
Brian Smith, ha diciassette anni e come potete capire dal nome, è di origini inglesi»,
raccontò.
Josh era
abbastanza indietro nella fila da poter protestare senza essere sentito dal
padre.
«Non poteva
essere una ragazza?», sbuffò, ricevendo in risposta una gomitata da Brett.
Naturalmente,
sia lui che Yoko fraintesero la sua esclamazione, credendo che Josh avrebbe
preferito conoscere un’interessante ragazza carina piuttosto che un ragazzo
coetaneo che avrebbe potenzialmente minacciato la sua posizione di leader del
gruppo.
Al
contrario, a Josh non andava giù che un altro ragazzo potesse passare tutto
quel tempo insieme a Yoko. Starle vicino, compiere missioni insieme a lei…
Nella peggiore delle ipotesi, il nuovo arrivato non avrebbe faticato troppo a
provare interesse per lei e a prendersi la confidenza necessaria. Se fosse
stata una ragazza, invece, Yoko avrebbe potuto trovare una nuova amica e la
cosa non avrebbe recato disturbo a nessuno.
La morsa
della gelosia lo attanagliava già.
Giunsero
finalmente nell’ufficio del direttore, ma questo non pose fine alle preoccupazioni
di Josh, che entrando nella stanza vide il temuto Brian Smith in piedi di
fronte alla scrivania del padre.
«Bene. Ragazzi,
vi presento Brian», disse Kirkpatrik, sedendosi sulla sua comoda poltrona di pelle
nera.
«Piacere di
conoscervi», disse lui, con un sorriso.
Era un
ragazzo alto almeno quanto Josh, portava un paio di blue-jeans strappati e una
maglietta nera un po’ attillata che gli delineava i muscoli. Castano, dal
sorriso un po’ obliquo e sicuro e dallo sguardo vispo e attraente, che non
sfuggì a Yoko, la quale rimase per un attimo incantata a guardarlo.
La giovane
dovette ammettere che era un bel ragazzo, era una fortuna che fosse finito nel
loro team! Dal viso le sembrava anche simpatico, una persona tutto sommato
gentile con cui avrebbe fatto presto amicizia.
«Brian, loro
sono Yoko, Josh e Brett», disse il direttore presentando gli allievi, indicandoli
uno ad uno, e interrompendo quel breve momento di silenzio pieno di riflessioni.
«Ora»,
riprese l’uomo «Spero riusciate ad andare d’accordo e che questo periodo insieme
sia fruttifero», disse.
«Sicuramente!»,
esclamò Brett, che sembrava entusiasta del progetto più di chiunque altro si
trovasse in quella stanza.
“Ma tu
guarda, mi tocca anche sorridere…”, pensò Josh, cui il nuovo arrivato non aveva
convinto fin dal primo momento in cui l’aveva visto.
«Prima che
possiate andare, vorrei comunicarvi, almeno in maniera approssimativa, il
risultato dei test di questa mattina», disse dando un’occhiata a dei fogli
sparsi sulla sua scrivania. «Dunque… Brett come al solito ha preso il massimo
dei voti. Yoko, il tuo è andato più che bene, e… Josh, mi sorprendo del tuo
discreto risultato», concluse.
Il gruppetto
esultò per il risultato e, come il padre, anche Josh era rimasto un po’ sorpreso.
«Ahahah!» rise «Visto papà? Mi sono messo d’impegno, e devo
ringraziare Brett!!». Se Brett non fosse stato così giovane, gli avrebbe
offerto almeno una birra.
“Il figlio
del direttore?”, pensò Brian, colto di sorpresa. Non si aspettava davvero di
trovare un allievo nella scuola del proprio padre, per di più nel team in cui
avrebbe dovuto lavorare.
«Io te l’ho
sempre detto, sei tu che non ti sei ma impegnato. Beh, almeno vorrà dire che
probabilmente non verrai bocciato», disse il direttore riponendo tutti i fogli
in una cartelletta di cartoncino giallo ocra.
«Bene, vi
lascio andare. Avrete il pomeriggio e l’indomani libero per cominciare a socializzare,
come tutti gli altri team, con il nuovo allievo che vi è stato affidato. Salvo
naturalmente che si presentino missioni urgenti», annunciò Kirkpatrik.
Si trattava
pur sempre di un giorno di vacanza!
«Oh beh,
allora se non vi dispiace ci penso io a fare da guida a Brian», disse Yoko con
un ampio sorriso.
«Ma…», il
biondino era rimasto spiazzato, sperava di poter chiacchierare un po’ con il
nuovo arrivato, ma prima che potesse obiettare la ragazza ed il nuovo compagno
erano già spariti.
«A questo
punto possiamo andare anche noi», sospirò Josh, grattandosi la nuca. Si stava
maledicendo per non aver fatto in tempo a fermare la ragazza. Quello di lei era
stato un interesse palese e gli faceva prudere le mani.
«Brett,
prima che ve ne andiate, avrei bisogno di parlarti in privato. Ti ruberò solo
qualche minuto», disse il direttore, prendendo in mano una cartelletta rossa.
«Certo,
direttore», annuì l’altro.
«Uff… Allora
io me ne vado», decise il moro, con una mano in tasca e l’altra a salutare i
due rimasti nella stanza poco prima di uscirne e chiudersi la porta alle
spalle.
Una volta
nel corridoio il finto sorriso e l’aria serena lo abbandonarono
definitivamente, affondò entrambe le mani in tasca e, a testa china, non poté
fare a meno di chiedersi come mai non li avesse fermati.
Se avesse
voluto avrebbe potuto raggiungerli, cercarli da qualche parte. Il Galaxy High
era grande, ma non infinito, e avrebbe avuto molte probabilità di trovarli in
cinque minuti. Ma non appena l’idea gli venne in mente sentì qualcosa di
contrario muoversi dentro di lui. Si rese conto di non avere nessuna voglia di
vederla con quello sconosciuto… E si rese conto anche che in fondo, l’unica
cosa che poteva tirarlo su in un pomeriggio libero in cui anche Brett era
scomparso e sicuramente avrebbe avuto di meglio da fare, era occuparsi di ciò
che gli riusciva meglio: la sua moto.
ཉ
«Josh? Sei
qui?», gridò una voce femminile.
Voce molto
familiare al ragazzo, che, alzandosi di scatto, sbatté la testa contro la moto
e imprecando mentalmente si voltò verso Yoko.
«Ehi… Come
mai qui?», le chiese.
«Sapevo di
trovarti alle prese con la tua moto. Mi hai preso proprio alla lettera quando
ti ho pregato di studiare», rispose lei, ridendo.
Josh però si
limitò a sorridere, domandandosi per quale ragione l’amica l’avesse raggiunto
quando, solitamente, né a lei né a Brett saltava per la mente di fargli
compagnia quando sistemava la moto. «Avevi bisogno di qualcosa?», le chiese,
immaginando che per essere lì ci fosse bisogno di un motivo.
«Certo, sei
scomparso! Hai idea di che ore siano?», gli chiese, cambiando il tono allegro
con uno ammonitore.
«A dire il
vero non ci ho fatto caso», disse l’altro, dando un’occhiata all’orologio che
teneva al polso. Constatare che fossero quasi le otto di sera lo fece trasalire,
l’ora di cena era passata e lui non se n’era nemmeno reso conto. Di solito,
anche quando passava ore ad occuparsi della sua moto, era il suo stomaco a
dirgli quando era ora di mettere qualcosa sotto i denti, ma questa volta aveva
validi motivi per non avere fame.
«Scusami
Yoko, non avevo davvero fatto caso all’orario, ma comunque non avevo fame…», le
spiegò lui, abbassando lo sguardo e inginocchiandosi di nuovo per lavorare alla
moto. Sperava solo che non gli chiedesse perché
non aveva fame e non era andato in mensa con loro…
«È strano da
parte tua…», rifletté la ragazza, pensierosa «Guarda che se per stare dietro
alla tua moto salti i pasti, ritiro quello che ho detto. Anche se hai studiato
non puoi occupartene!», esordì, incrociando le braccia al petto con un broncio.
Josh scoppiò
a ridere. In fondo era comunque gentile a preoccuparsi per lui.
«Beh,
tranquilla, recupererò la cena! La caffetteria del Galaxy rimane aperta ancora
per qualche ora… Poi per il resto sono sicuro di non essermi perso niente di
ché…», disse il moro, sapendo che a tavola con loro ci sarebbe stato anche il caro Brian.
«Beh», la
ragazza si poggiò con la schiena al muro. «Anche se fosse, avresti potuto degnare
Brian della tua presenza almeno questa sera! Sei l’unico con cui non ha ancora
avuto una conversazione».
“Come mi
dispiace”, pensò sarcastico, ma restò in silenzio.
«Non è male
come ragazzo, sembra in gamba», aggiunse lei dopo qualche attimo.
«Mh… Di’ la verità, Yoko. Quel ragazzo ti piace…! Anche
nell’ufficio di papà te lo sei trascinato via con una fretta…! Avevi paura che
qualcuno te lo rubasse?», scherzò il ragazzo con un tono allegro, mentre dentro
nascondeva una tremenda paura di sapere cosa la ragazza pensasse del nuovo
arrivato o di vedere con i propri occhi come potesse reagire.
Le guance di
Yoko si colorarono di rosso, e il mutamento non sfuggì al moro nonostante
fingesse di controllare la moto.
«Ma che
dici, Josh?», lo rimproverò lei, non riuscendo tuttavia a nascondere un certo imbarazzo.
«La
verità!», insisté lui, sperando, nonostante la paura che gli attanagliava lo
stomaco, di ottenere informazioni su che tipo di “minaccia” si trovasse di
fronte.
«Uffa!»,
sbuffò lei, rendendosi conto che l’amico non l’avrebbe lasciata in pace finché
lei non avesse confessato. «Ok, forse un po’ mi piace. O meglio, non lo
conosco, ma per il momento mi ha fatto una buona impressione», spiegò, con le
mani dietro la schiena e lo sguardo basso ed imbarazzato.
Non così
basso da impedire a Josh di notare quanto fosse sognante e luminoso, perso in
una fantasia nascosta che sarebbe rimasta solo nella sua mente. Quella visione,
accompagnata da quelle parole, gli strinse il cuore in una morsa. Prese un
profondo respiro per farsi coraggio e sfoderò un’altra battuta. In qualche modo
doveva pur sembrare normale.
«Scommetto
che in questo momento rimpiangi che io abbia passato l’esame… Il mio posto lo
potrebbe prendere lui!», esclamò, continuando a fingere di essere completamente
concentrato solo sulla moto.
La ragazza
rise, affievolendo il proprio imbarazzo. «Ahahah! Oh
beh, hai studiato proprio l’unica volta in cui non dovevi, caro Josh!», scherzò
lei, senza pensarlo seriamente e senza preoccuparsi delle conseguenze che
quelle poche parole avrebbero potuto avere sull’amico.
Quella
strana morsa gli strinse ancora nel petto…
«Però»,
riprese lei. «Devo ammettere che forse non mi piacerebbe come situazione.
Insomma, saremmo nello stesso team! No, forse è meglio di no. Io con il mio
leader? Mai! E poi se voglio diventare famosa ho bisogno di trovare qualcuno
che sia più promettente, che abbia successo!», rifletté.
…E strinse
ancora più forte.
Trasse un
grosso respiro, cercando di calmare il dolore che si sentiva dentro. Poggiò uno
dei suoi attrezzi e finalmente si alzò in piedi, cercando di fissare il più
possibile la moto, stavolta, pur di non doverla guardare direttamente in viso.
«Mi sembra
una giusta considerazione», osservò Josh con un finto sorriso sulle labbra,
pulendosi le mani con uno straccio ormai logoro.
«Ne hai
ancora per molto?», gli chiese allora lei, curiosa di sapere se potessero
tornare al Galaxy o se dovessero ancora rimanere lì fuori.
«Temo di sì.
Ma tu puoi andare, non c’è problema. Chissà che Brian non ti stia aspettando…»,
rispose lui, non riuscendo a mascherare una punta di acidità.
«D’accordo…»,
mormorò la ragazza, dapprima leggermente sorpresa, ma poi si limitò a sorridergli.
«A domani, buonanotte!», esclamò allontanandosi e sventolando una mano per
salutare l’amico.
«’Notte!»,
esclamò lui, mantenendo per pochi attimi quel sorriso tirato che durante tutta
la conversazione appena terminata gli aveva fatto da maschera.
Non appena
la ragazza sparì dalla sua visuale sentì una rabbia indescrivibile crescergli
dentro e invaderlo in tutto il corpo.
Chi era
quell’essere comparso dal nulla per conquistare Yoko in un batter di ciglia?
Come si era
permesso lui di prendersi quella confidenza con lei?
La collera
gli stava annebbiando la mente, sentiva solo una gran voglia di rompere
qualcosa. Senza pensarci due volte, e probabilmente neanche una sola, si voltò
e diede un potente pugno al muro su cui poco prima la giovane si era appoggiata.
Imprecò per la rabbia e il dolore, non solo alla mano ma anche interiore, un
dolore che non aveva mai provato prima e che diventava più vivo ora che sentiva
Yoko allontanarsi pericolosamente, sempre di più. Se ne andava da lui, a poco a
poco, e non gli restava altro che restare a guardare, poiché aveva ormai
appurato che tra lui e la ragazza non ci sarebbe mai stato niente e che nemmeno
c’era qualcosa che andava oltre l’amicizia, o quel Brian non le avrebbe certo
fatto quell’effetto. E probabilmente sì, si disse che un po’ lo invidiava.
Appoggiò la
schiena contro il muro e scivolò fino a terra, portandosi le mani tra i
capelli.
“Non sono
altro che un povero idiota!”
Angolo dell’autrice:
Ed
eccomi qui, finalmente, a portarvi un capitolo pieno (?) di colpi di scena!
Abbiamo
visto comparire un nuovo personaggio, colui che sta allontanando Yoko da Josh…
Eh già, perché lei sembra interessarsi a questo Brian, ma allora perché
preoccuparsi per il suo vecchio amico e temere che egli abbia fatto una qualche
conoscenza femminile tale da distrarlo?
E
che cosa avrà detto il Direttore Kirkpatrik a Brett?
…
E Josh riuscirà a conquistare Yoko o lascerà perdere?
Vi
lascio con questi interrogativi fino al prossimo capitolo, ma non prima di aver
ringraziato tutti coloro che hanno letto la storia ed in particolare piccola_boss per
aver recensito il primo capitolo, riempiendomi di gioia (e anche per aver
inserito la storia tra i preferiti e tra le ricordate)! Questo aggiornamento è
per te, te lo devo ;)
[Dimenticavo,
nel precedente capitolo vi ho comunicato indicativamente l’età dei personaggi,
ma dal momento che questa fic avrebbe luogo dopo la prima serie – che se non ricordo
male terminava con i ragazzi ammessi al secondo anno – hanno un anno in più rispetto
a quanto detto – 17, 16, 11 –, ripeto poi che non so cosa accade nella seconda
serie, ma supponiamo appunto che ci sia anche un terzo anno necessario per
diventare Space Marshals e che i nostri amici stiano
frequentando il secondo]
Spero
leggerete in tanti e ovviamente spero mi diciate cosa ne pensate ;)
Era
ritornato nella sua stanza ad un orario indecente e, nonostante fosse
finalmente sul suo comodo ed amato letto, non era riuscito a prendere sonno.
Non faceva altro che girarsi e rigirarsi di continuo in cerca di una comodità
che quella notte non voleva saperne di saltare fuori, e sperava di non
svegliare Brett con i suoi persistenti movimenti stizziti e bruschi. La
stanchezza non era stata sufficiente a liberargli la testa da quella miriade di
pensieri che lo aveva colto improvvisamente e che non lo lasciava più andare,
nemmeno quando si accorse che erano le 6:27 di mattina e che gli restava poco
più di un’ora di sonno se voleva svegliarsi presto e non far arrabbiare di
nuovo il suo compagno di stanza.
Nonostante
tutta la vicenda lo riducesse in quel modo, ancora non riusciva ad ammetterlo
pienamente a sé stesso. Si rendeva conto di tenere moltissimo a Yoko, come non
aveva mai tenuto a nessun altro, nemmeno alle numerose ragazze aliene o
terrestri che incontrava nello spazio e che riuscivano a suscitare il suo
interesse. Era come una cosa nuova, ma al contempo si chiedeva se non fosse un
tipo di affetto diverso. Cercava di giustificarsi pensando a lei come ad una
sorella, ma si rendeva conto lui stesso che non poteva essere un’ipotesi
plausibile. Solo un fratello estremamente
geloso avrebbe potuto provare una rabbia tale da riuscire quasi a spaccarsi una
mano contro un muro. In realtà, la conclusione gli era ben ovvia e tentare di
nasconderlo perfino a sé stesso non era che da codardo.
Diede
un’altra occhiata alla sveglia digitale sul suo comodino. Le 6:31… Solamente
quattro lunghissimi e lentissimi minuti.
Decise
allora di togliersi di dosso quel groviglio di lenzuola in cui si era
imbrigliato e di andare a farsi una doccia. Dal momento che non aveva dormito,
tanto valeva che si svegliasse per bene da quel torpore. Prese da una sedia un
paio di pantaloni e una maglietta e si infilò silenziosamente in bagno. Poco
gli importava se correva il rischio di svegliare qualcuno, si sarebbero adattati.
Una volta
sotto l’acqua bollente provò a rilassarsi. Perché anche le sue preoccupazioni
non potevano scivolargli addosso e sparire come
l’acqua che gli scorreva sulla schiena? Sospirò, poi uno strano dolore dovuto
all’acqua un po’ troppo calda lo indusse a guardarsi la mano destra. Oltre che
ad essere sbucciate, le nocche erano anche arrossate, ma quelle dell’anulare e
del mignolo stavano assumendo una tonalità violacea che non prometteva bene. Tuttavia,
se ne sarebbe preoccupato più tardi…
Una volta
terminata la doccia e dopo essersi vestito, si fermò di fronte allo specchio
del bagno.
«Mh… Le
occhiaie forse non passeranno inosservate», mormorò in un sussurro appena
udibile notando le borse sotto gli occhi. Sapeva che non era colpa sua, ma per
sfogo momentaneo se la prese con il padre per averlo chiamato, il giorno prima,
nel suo ufficio interrompendo il suo già scarso sonno. Si picchiettò le guance
con le mani. «Forza, fai un sorrisino e sarà tutto a posto», aggiunse. «Chissà
che non diventi un bravo attore…?» bisbigliò tra i denti in tono sarcastico,
ricordando la battuta di Yoko la sera precedente, alzando un sopracciglio e
uscendo dal bagno.
Le 6:48?
Possibile? Gli sembrava passata un’eternità. Prese la sveglia, agitandola e controllandola
da tutte le parti per verificare che non si fosse per caso fermata, ma poi notò
che la sveglia di Brett segnava pochi minuti in più e sapeva che il motivo era
la sua irrefrenabile mania di svegliarsi un po’ in anticipo per evitare di
ritardare… Mah!
Non avendo
nulla da fare, sistemò le lenzuola del letto e vi si sdraiò sopra con le mani
sotto la nuca. Tanto valeva che ora si lasciasse andare ai suoi pensieri, e
così fece, finché…
Bi-bi-bi-bi-bi-bi-bi-bi-bi
Un
fastidiosissimo suono squillante e intermittente ruppe bruscamente il silenzio
pacifico che si era creato.
Ecco, ora
ricordava perché non puntava mai le sveglie! A parer suo, non poteva esistere
richiamo peggiore.
Vide Brett
sobbalzare e spegnere la sveglia. Stava per scoppiare a ridere per la scena, senza
contare che inoltre qualcosa lo stava finalmente distraendo.
L’undicenne
tardò ad alzarsi dal letto nonostante avesse spento quell’affare assordante.
«Svegliaaaa,
è mattinaaaa!», cantilenò Josh, con un sorrisetto.
Da quel
fagotto di lenzuola scomposte spuntò un braccio, proteso verso l’alto.
«Anche il
Premio Nobel per la ricerca sugli atomi iperstellari dell’astrofisica aliena?
Lo accetto in onore della mia scuola! Il Galaxy High!», gridò una voce
impastata e ovattata dal cuscino e dal cumulo di coperte.
«Brett, stai
solo sognando!», gli ricordò Josh, potendosi così vendicare di due mattine
precedenti.
Il biondino
si alzò immediatamente dal letto, come colto da uno spavento. Si guardò attorno,
nel tentativo di orientarsi e capire dove si trovasse, spostando lo sguardo su
ogni cosa non appena l’avesse riconosciuta. Il suo letto, la libreria, Josh già
sveglio, la scrivania, la porta del bagno… Un momento, Josh già sveglio?
«Oh porca
miseria, che ore sono?», chiese, con la preoccupazione alle stelle.
«Ti vuoi
calmare? Sono le sette e un quarto, ti ricordo che è appena suonata la tua sveglia!»
gli rispose il moro, senza scomporsi.
«Ma tu?», il
nanerottolo non si era ancora calmato e corse verso Josh per constatare che
quanto vedeva fosse vero. «Tu come mai sei già in piedi? In un giorno libero? Già
vestito e lavato e con il letto fatto!?», gli chiese incredulo, come se si
fosse verificato sotto i suoi occhi un evento apocalittico.
“Ma mi ha
preso per un barbone?”, si domandò Josh, alzandosi.
L’amico lo
prese per le spalle, per quanto glielo permettesse la sua altezza, agitandolo
energicamente.
«Parla!
Cos’hai fatto al vero Josh? Ne avete portato qui un clone? Il Josh originale
dove si trova? Lo state torturando!?», si mise a gridare sull’orlo del pianto,
rimanendo poi senza fiato.
«Brett!
Calmati! Mi fai girare la testa! Insomma, sono io!!», il moro cercò di farlo
tornare in sé e appena il biondino smise di scuoterlo, l’amico sospirò
passandosi una mano tra i capelli.
«Scusami
Josh, ma è talmente strano che tu… Oh santo cielo! Che hai fatto alla mano?»,
gli chiese, anzi, gli urlò in faccia tornando ansioso e preoccupato dopo aver
notato il livido.
«Ah…», Josh
la osservò di nuovo, insultandosi perché tra tutto quel pensare si era dimenticato
di mettersi i guanti. Doveva assolutamente appuntarsi che rimuginare troppo su
Yoko gli faceva dimenticare le cose importanti. «Niente, stamatt-», non poté
terminare la frase che Brett gli urlò ancora in faccia.
«Oddio! Hai
fatto a pugni con qualcuno?», insinuò lui. «Oh mio Dio! Ho capito! Hai ucciso
Bobby, vero? Ecco perché ieri sei scomparso e stamattina ti comportati in modo
così strano! Hai fatto la doccia per eliminare le tracce di sangue!», aggiunse
accusandolo.
Da quando
era un criminologo?
«Brett, ma
la vuoi piantare? O la smetti o ti imbavaglio se continui ad urlare! Ti stavo
dicendo che sono caduto dal letto stamattina presto, sono caduto sulla mano
procurandomi questo e visto che non riuscivo più a dormire sono semplicemente
rimasto sveglio! Chiaro?», disse ormai privo di pazienza, mostrando il livido
come prova di ciò che aveva appena affermato.
In quel
momento calò un silenzio tombale, i due si fissavano negli occhi. L’uno per verificare
che la spiegazione di quanto avvenuto fosse plausibile e l’altro per dimostrarsi
assolutamente convinto che la scusa appena messa in piedi fosse effettivamente
la realtà.
«…Se sei
messo male…», esordì Brett, scuotendo la testa, come indignato, trascinando i
piedi fino in bagno.
«Ma tu
guarda…», commentò Josh sbuffando e sedendosi sul letto, infilandosi i guanti
che, dimenticati, gli erano costati una bella fatica.
Pochi minuti
dopo il biondino aprì la porta del bagno, dal quale uscì una nuvola di vapore.
Ancora provato dal sonno nonostante la doccia appena fatta, rivolse uno sguardo
un po’ vacuo all’amico e con voce quasi assente gli consigliò di andare in
infermeria.
«Ma no, che
vuoi che sia…?», convenne il moro.
«Secondo me
dovresti, hai un brutto livido. Se hai una microfrattura l’osso si aggiusterà
male senza una stecca o una fasciatura…», spiegò.
«Sì, mamma…», scherzò il moro leggermente
seccato, ricevendo in risposta un’occhiata minacciosa dall’undicenne.
«Dal momento
che conosco i miei polli, ti ci accompagnerò!», decise.
L’amico
sbuffò sonoramente. “Grazie per l’immensa fiducia che nutri nei miei confronti!”
ཉ
Yoko, con un
sorriso allegro stampato in volto, camminava per il corridoio del Galaxy con
un’aria un po’ strana. Mancavano poche ore ad un provino per una recita alla
quale voleva partecipare, ma non era quello a renderla strana. Il suo sguardo
sembrava come perso tra le nuvole. Con un’espressione pensierosa, rischiando
più volte di urtare qualche altro studente, presto scorse due figure familiari:
quella alta di Josh e quella più bassa e sbraitante di Brett. Il biondino stava
rimproverando Josh per qualcosa che non riusciva ancora a sentire, mentre il
moro stava tranquillamente camminando con una mano immersa nella tasca dei
pantaloni e l’altra lungo il fianco. Notò qualcosa attorno alla mano destra,
come fosse fasciata. Avvicinatasi, riuscì a sentire la conversazione.
«Si può
sapere come si fa a ridursi così una mano? La stessa infermiera ha detto che
non è possibile che tu ci sia solo caduto sopra, non sei mica un quintale!»,
ribadiva Brett, esigendo una spiegazione dall’amico, che invece sembrava non preoccuparsene
minimamente.
«Che vuoi
che ti dica? Nel sonno sarei capace di fare di tutto, probabilmente ho dato un
pugno da qualche parte, al pavimento per esempio. E poi ci sono caduto sopra»,
spiegò lui, alzando le spalle ed insistendo sulla teoria dell’esserci caduto
sopra.
«Ehi,
ragazzi!», salutò la giovane, raggiante, una volta raggiunti gli amici. «Che è
successo, avete di che litigare anche in un giorno di riposo?», commentò
allora, trattenendo una risata. Un attimo dopo si rese conto di cosa fosse avvolto
alla mano del moro. «Josh! Ma che hai fatto?», esclamò subito dopo, senza dare
il tempo agli altri né di salutarla né di rispondere alla prima domanda che
aveva loro posto non appena arrivata.
«Ma niente,
una sciocchezza…», si affrettò a ribadire il giovane. Se la ragazza avesse
saputo che proprio a causa sua si era quasi fratturato una mano, non osava
immaginare come l’avrebbe presa. In ogni caso, non lo avrebbe scoperto.
Yoko gli
prese delicatamente la mano, esaminandola. La fasciatura gli avvolgeva le dita
fino alla prima falange e in corrispondenza delle nocche era più rigida e
spessa. Si chiese come avesse fatto, e ricollegò l’incidente della mano alle
prime parole che era riuscita ad udire ed a decifrare mentre si avvicinava a
loro, e che inizialmente apparivano senza un senso. Anche lei cominciava a
credere che non potesse trattarsi di una caduta, o almeno non solo di quello.
Lasciò
andare la mano del giovane e incrociò le braccia al petto. «Mi chiedo se siate
capaci di vivere senza ammazzarvi da soli!»
«Dai, non
esagerare, gli incidenti capitano!», si giustificò Josh, un po’ imbarazzato,
portandosi una mano dietro la nuca.
«Beh, dove
andavi di bello, Yoko?», chiese il biondino, cambiando finalmente discorso.
«Ah, io?
Beh… A dire il vero andavo a trovare Brian», le guance assunsero un tenero
colore rosato. «Anche se non vorrei sembrare invadente, in fondo ieri abbiamo
passato insieme l’intera giornata…», spiegò, pensierosa.
«Personalmente,
non credo gli dia fastidio. Anche perché conosce soltanto noi del team. Anzi, a
dire il vero non ha ancora parlato con te, Josh», intervenne Brett.
Dannazione,
doveva proprio ricordargli dell’esistenza di quell’essere? Si irrigidì immediatamente,
turbato dalla piega che aveva preso la conversazione e intento ad evitarla il
più possibile.
«Beh, ci
penserò all’ora di pranzo! Prima devo sistemare la moto, ho ancora molto lavoro,
senza contare che devo ancora una lucidatura a Fluffy…», si giustificò allora,
allontanandosi e salutando con una mano gli amici che lo guardavano andarsene
un po’ sorpresi. Camminava svelto, potendo ora lasciare che venisse a galla
quell’espressione malinconica che nascondeva, mentre una voce dentro gli
gridava “vigliacco”.
«Non capisco
che gli prende… Che ha contro Brian?», si chiese la ragazza, dispiaciuta e
forse un po’ ferita dal comportamento del giovane, con il quale sembrava non
poter condividere la propria felicità. Non era da Josh diventare così assente,
solitamente li coinvolgeva in qualche bravata. Come del resto lei li
coinvolgeva in qualche prova di recitazione o di canto, ma dall’arrivo di Brian
qualcosa era cambiato anche per lei.
«Coraggio
Yoko, cerca di capire… Lui in fondo è sempre stato il leader del team, siamo
sempre stati solo noi tre e siamo una grande squadra. L’arrivo di un nuovo
membro, anche se la sua permanenza è temporanea, probabilmente lo turba e
preferisce stare un po’ sulle sue almeno finché non sarà disposto ad
accettarlo», convenne il biondino.
«Forse hai
ragione. Ma finché non imparerà a conviverci non lo accetterà mai…», esordì la
giovane, con un tono un po’ duro, voltandosi e continuando il suo cammino lungo
il corridoio, dalla parte opposta alla direzione presa da Josh.
Benché
riconoscesse che l’ipotesi di Brett fosse plausibile, restava turbata dal comportamento
dell’amico, soprattutto dal fatto che non riuscisse a spiegarsi questa
ostilità. Le dispiaceva enormemente che Josh non fosse disposto ad accettare una
cosa così… banale! E nel contempo aveva paura che anche un proprio
comportamento potesse poi indurlo ad allontanarsi ancora di più… Ecco qual era
la parola giusta. Josh sembrava allontanarsi. Anche la sera prima, nonostante
si mostrasse coinvolto, aveva notato un certo distacco. Non le restava che
sperare che un confronto con Brian potesse aiutarlo a superare questa ostilità.
Angolo dell’autrice:
Dio,
quanto ho tardato >_< scusatemi davvero, avendo il capitolo praticamente
già pronto avrei potuto aggiornare in tempi più brevi, ma avendo gli esami me
ne sono completamente dimenticata!
Scusatemi
anche per questo capitolo un po’ spoglio, ma essendo una storia un po’ lunghetta,
mi serve un qualche capitolo che funga da collegamento o che serva per spiegare
determinati particolari che altrimenti non verrebbero messi in risalto.
Tuttavia, spero di non avervi annoiato e spero che quel piccolo siparietto
comico tra Josh e Brett abbia fatto ridere un po’ anche voi.
Josh
ha preso coscienza dei propri veri sentimenti, ma sembra non voler affrontare
la questione con Yoko, che non può fare a meno di chiedersi cosa stia prendendo
al suo amico. Ma anche lei sente qualcosa di strano. Il rapporto tra i due si
sta lentamente incrinando… Che cosa succederà?
Mi
dispiace tenervi ancora sulle spine, ma purtroppo devo! In questi capitoli
abbiamo visto prevalentemente il punto di vista di Josh, l’introspezione ha
riguardato più che altro i suoi sentimenti, in fondo è il mio personaggio
preferito ed è anche quello che sta soffrendo, una combinazione di elementi che
mi porta a scriverci su parecchio, ma non temete, non voglio deprimervi, il
prossimo capitolo sarà diverso ;)
Ne
approfitto per fare una precisazione, dato che mi è stato fatto notare e
che io non credo proprio di averlo fatto presente. Io cerco di attenermi il più
possibile ai caratteri originali dei personaggi, ma non nego di poter scrivere
qualcosa di lievemente OOC. Nel cartone vediamo i protagonisti imbattersi
continuamente in missioni spaziali ma mai si parla di amore, salvo qualche
cotta o sbandata limitata ad una singola puntata. Poiché io mi cimento in una
fic dove per la prima volta i protagonisti, in particolare Josh e Yoko, hanno a
che fare con i propri sentimenti più profondi e che il loro modo di comportarsi
e di reagire è una mia interpretazione e una mia immaginazione, a vostro avviso
certi comportamenti potrebbero risultare OOC, anche soltanto in maniera molto relativa
(non vedrete Brett andare in moto di sua spontanea volontà o Josh mettersi a
studiare o Yoko smettere di cantare e recitare… Non voglio stravolgerli né lo
farò, sia chiaro!).
Inoltre
ricordo che i protagonisti stanno frequentando il secondo anno del
Galaxy High, infatti la prima serie terminava con l’ammissione degli studenti
al secondo anno, ma la seconda serie non credo sia stata mandata in onda in
Italia, quindi, avendo il cartone soltanto due serie, si può pensare che al
termine del secondo anno gli studenti siano già Space Marshals. Tuttavia,
poiché non ho visto questa seconda serie, in questa fic ipotizzo che ci sia
anche l’obbligo di frequentare un terzo anno (e man mano capirete perché).
Proprio
perché i ragazzi sono al secondo anno, bisogna aggiornare le età, quindi Josh
ha 17 anni, Yoko 16 e Brett 11.
Che
dire, spero di non avervi annoiato e spero di non aver reso questa ancora breve
fic troppo pesante… Aspetto con ansia i vostri pareri, sia sulla trama sia che
voi abbiate riscontrato errori (battitura, tempi verbali, punteggiatura,
ripetizioni, qualsiasi cosa!) o incongruenze (sto diventando scema per non fare
casino con il tempo che passa e per non incasinare i giorni della fic, per non
scrivere ad esempio che Brian è lì da qualche settimana e invece è solo qualche
giorno, quindi se vedete cose del genere non esitate a farmelo presente!).
Un
grazie mille a tutti voi lettori e, non meno importanti (anzi! Mi date davvero
la carica!), a piccola_boss, weepingangel e Rimiesse che hanno commentato il precedente capitolo!
«Sei stato gentile ad accettare di accompagnarmi», gli confessò
Yoko, appena imbarazzata.
«Figurati, non avevo nessun impegno e poi per me è un piacere», si
affrettò a risponderle Brian al suo fianco.
Le piaceva davvero restare in sua compagnia. Era abituato ad essere
circondato da ragazze che non si facevano problemi a pregarlo di uscire con loro,
rendendosi quasi ridicole pur di mettersi in mostra. Erano tutte uguali, una
più insignificante dell’altra, ma Yoko era diversa. Anche se inizialmente
l’aveva creduta esattamente come tutte le altre, considerando come si era
affrettata ad offrirsi di fargli fare il giro della scuola, alla fine lo aveva
conquistato con la sua genuina spontaneità. Probabilmente il suo aspetto fisico
l’aveva attratta, come del resto lui era attratto dalla bella ragazza che era,
ma si stava distinguendo dalle altre.
«Dove dobbiamo andare?», le chiese poi, camminando a pochi passi di
distanza da lei.
«Mh…», mugugnò la giovane, leggendo l’indirizzo sull’annuncio che si
era portata dietro e poi controllando i nomi delle vie sui cartelli. «Per di
qua», annunciò incamminandosi, sicura che Brian l’avrebbe seguita.
Dopo pochi metri, i due raggiunsero l’edificio tanto cercato. Il
teatro della zona era enorme, nonostante vi si tenessero per lo più saggi di
danza e recite della scuola di bambini delle elementari. Di tanto in tanto
anche qualche gruppo di recitazione dava spettacolo lì, ed era proprio ad una
di queste recite che Yoko voleva prendere parte, dato che per mancanza di
membri avevano aperto le audizioni anche al pubblico. Il Galaxy non era il tipo
di liceo che organizzava recite o spettacoli scolastici, quindi la ragazza
doveva approfittare di quel tipo di eventi, cogliendo l’occasione appena
possibile.
Brian e Yoko erano nel corridoio adiacente alla sala del teatro,
dove una porta dava direttamente al retro del palco. Molteplici sedie erano
ordinatamente disposte lungo tutto il corridoio, ai lati, in modo da lasciare
libero il passaggio. C’erano un sacco di ragazze con un copione tra le mani, intente a provare le battute, molte di loro erano
accompagnate addirittura dal fidanzato. La tensione era palpabile, per quanto fossero
tutte avvezze a recitare si trattava pur sempre di un provino.
«Vuoi sederti? Credo ci vorrà un po’», le propose Brian, notando la
fila di persone in attesa.
«Sì, forse è meglio», accettò la ragazza, con un sorriso forzato.
L’ansia cominciava a farsi sentire.
«Quindi… Di che si tratta, esattamente?», le chiese il ragazzo, nel
tentativo di farla chiacchierare e distrarre dalle preoccupazioni, mentre la
osservava estrarre un grosso copione dalla borsa a tracolla.
«“Romeo e Giulietta”, di Shakespeare. Non è la prima volta che provo
questa parte, dopotutto è un classico, ma indovina un po’? Manca proprio
Giulietta, e io alla fine venivo sempre scelta per fare la parte della sua
nutrice», confessò, con leggero sarcasmo. La preoccupazione le attanagliava lo
stomaco, in più con il brusio di sottofondo delle ragazze che ripetevano le
battute, seppur a bassa voce, non era facile per lei concentrarsi.
Brian, visto il tipo di risposta, optò per lasciarla ripassare con
calma, senza distrarla o infastidirla. La vedeva abbastanza tesa e non voleva
che il provino avesse esito negativo perché magari non le aveva dato il tempo
di ripassare e concentrarsi.
Accanto a lui, Yoko invece si stava mentalmente maledicendo. Il nodo
che sentiva allo stomaco non era dato solo dalla preoccupazione per il provino
in sé, per la figura che avrebbe fatto se avesse dimenticato una battuta o se
si fosse bloccata e avesse fatto scena muta. No. Il problema era che l’ultima
volta che aveva fatto un provino c’erano con lei Brett, Fluffy e Josh. Il suo
caro team, che aveva saputo come tranquillizzarla e metterla a suo agio in
pochi minuti. Si sentì in colpa per non averli avvisati, se glielo avesse
chiesto non ci avrebbero sicuramente pensato su due volte prima di accettare di
accompagnarla. E allora perché aveva stupidamente pensato di non proporglielo?
Già, non voleva disturbarli. Brett sembrava sempre più stanco e Josh sempre più
assente e difficile da coinvolgere. Con un groppo in gola, si chiese cosa
stesse distruggendo il suo team, ma si diede della stupida un attimo dopo,
pensando di sbagliarsi.
Sobbalzò sulla sedia quando la porta si aprì e una ragazza venne
chiamata ad entrare. Il suo turno si stava avvicinando, e lei aveva estremo
bisogno di ripassare le battute.
ཉ
Tirò un sospiro di sollievo. Finalmente si era tolta quel peso!
La porta cigolò e una delle assistenti dietro di lei invitò un’altra
ragazza ad entrare, mentre Yoko si dirigeva, ora tranquilla e serena, verso
Brian, che l’aveva pazientemente aspettata.
«Allora?», le domandò appena la vide, di getto, spinto dalla
curiosità che l’attesa non aveva fatto che accrescere.
«Come al solito, mi faranno sapere!», sbuffò, ma senza negargli un
largo sorriso. «Non sarà stata una delle mie performance migliori, probabilmente,
ma ora come ora non mi importa. Non voglio più sentir parlare di copioni e di
recite almeno per tutto il resto della giornata!», sentenziò, tirando Brian per
un braccio perché si alzasse dalla sedia, che tra l’altro ricordava essere
abbastanza scomoda.
«Ma cosa…?».
«Andiamo a prenderci un bel gelato!», decise la ragazza, come se
avesse di colpo ritrovato la grinta e l’energia perdute.
«O-Ok…», balbettò l’altro di rimando, interdetto dalla vitalità
della ragazza, che appena mezz’ora prima pareva sul punto di andare al patibolo
piuttosto che ad un provino. Si lasciò trascinare, mentre lo prendeva sotto
braccio e si incamminava, e la osservò di sottecchi. Era bello vederla così
allegra, quel sorriso era capace di ammaliare chiunque, e lui se ne era reso
conto in così poco tempo…
«Dove ti piacerebbe andare? Conosco una gelateria fenomenale!»,
riprese d’un tratto Yoko, fermandosi ad un incrocio, di fronte alle strisce
pedonali.
«Ehm… Non conosco la zona, quindi mi fido di te!», le rispose, senza
pensarci troppo. La domanda di Yoko lo aveva riscosso dai propri pensieri e lo
aveva colto impreparato, imbarazzandolo. Cosa che capitava veramente di rado,
quando usciva con qualche ragazza. Di solito erano loro quelle imbarazzate,
appena lui rivolgeva loro la parola.
«Allora ti porto nella mia gelateria preferita, non te ne pentirai!»,
esclamò, raggiante, attendendo il verde.
Era solo metà mattina e, pur essendo un giorno lavorativo, le strade
erano gremite di gente. Chi faceva un giro con gli amici, chi vagava per negozi
alla ricerca di qualcosa in particolare, chi si era cimentato in uno shopping
folle e camminava con almeno tre buste per mano, chi semplicemente portava a
spasso il cane. Iniziava a fare veramente caldo, l’estate era sempre più
vicina, ma questo non scoraggiava le persone ad uscire ed a godersi il bel
tempo.
Avevano raggiunto la fantomatica gelateria in meno di dieci minuti.
L’avevano trovata abbastanza affollata, il caldo giocava senz’altro a favore
degli affari, ma in poco tempo erano riusciti a trovare posto ad uno dei tanti
tavolini all’esterno, gustandosi orgogliosamente la propria coppa di gelato,
decorata con nocciole e zuccherini vari.
«Allora?», chiese Yoko, quasi in ansia.
«Davvero buono, avevi ragione», le confermò il ragazzo, lieto che concentrarsi
sul suo gelato potesse evitargli altre situazioni imbarazzanti, nel caso si
fosse ad esempio perso a fissare la ragazza che aveva di fronte.
Gli sorrise, contenta che gli fosse piaciuta l’idea di fermarsi lì.
Ci voleva proprio un bel gelato per rilassarla, non avrebbe chiesto altro. Tuttavia,
quando tra i due calò il silenzio, la giovane prese a guardarsi attorno. Inaspettatamente,
vide una delle coppiette che aveva notato anche in fila per il provino passare
di lì, abbastanza lontano da non sentire cosa si dicessero ma abbastanza vicino
perché li riconoscesse. La ragazza teneva sotto braccio il giovane accanto a
lei, ridendo probabilmente ad una battuta che lui aveva appena fatto.
Improvvisamente, si rese conto della gelateria e lo strattonò appena, perché si
fermasse e guardasse dove lei gli stava indicando. La vide fare un’espressione
tenera e buffa, probabilmente stava insistendo per avere un gelato, e lui, dopo
le prime lamentele, aveva ceduto.
«Quindi come
pensi sia andato?», le chiese Josh, che le camminava accanto.
«Sai che sono
sempre ipercritica quando si tratta di valutarmi», spiegò lei.
«Quindi ti sei
bloccata?», domandò allora, sapendo di farla arrabbiare.
«Ehi!», sbottò
Yoko, dandogli una gomitata. «Io non mi blocco!», si difese, imbronciandosi.
Quando però un attimo dopo lo sentì ridere, capì di avergli fatto ottenere ciò
che voleva: farla innervosire e farle fare quella buffa espressione che
assumeva quando lui si prendeva gioco di lei. Rise a sua volta. Stavolta era riuscito
a fargliela, e lei non era riuscita a fingersi offesa.
Quel giorno
Brett non aveva potuto accompagnarli al provino, perché impegnato in una
lezione supplementare di difesa, così si era dovuta accontentare della sola presenza
di Josh. Sì, forse la parte di Ofelia dell’Amleto non le si addiceva granché,
ma aveva dovuto tentare. Un vero attore doveva saper recitare qualsiasi ruolo e
per quanto fosse brava aveva ancora tanto da imparare.
Come di
consueto, dopo il provino, nessuno poteva negarle un giro in centro e qualcosa
di estremamente zuccherato. Josh non aveva potuto opporre resistenza, inoltre
anche lui doveva ammettere che fare un giro non gli dispiaceva. Sgranchirsi le
gambe dopo almeno un’ora seduto su quelle sedie infernali era d’obbligo.
«Oh, guarda!»,
lo richiamò Yoko, che lo aveva fermato tirandolo per la maglietta, mentre con
il braccio teso indicava qualcosa.
Non
ricordavano affatto che in città si festeggiasse qualcosa, così, quando videro
la piazza gremita di persone occupate ad osservare varie bancarelle, rimasero
piuttosto stupiti.
«Una fiera?»,
chiese Josh, sorpreso, rammentando che forse la settimana precedente aveva
letto qualche volantino.
«Facciamo un
giro! Dai, vieni!», gridò lei, tirandolo per un braccio e camminando svelta,
inserendosi tra la folla.
«Yoko!
Lasciami, so camminare da solo», si era lamentato lui, lievemente imbarazzato.
Le bancarelle
esponevano merce di ogni tipo e se non fosse stato per Josh che la riportava
alla realtà, probabilmente la ragazza si sarebbe persa ad osservare gioiellini
fatti a mano, borse e dolci di ogni tipo.
«C’è lo
zucchero filato!», esclamò d’un tratto, entusiasta, mentre gli occhi le
brillavano come se fosse una bambina di fronte ad una nuova bambola, indicando
la bancarella dello zucchero filato a pochi metri da loro.
«Cosa?»,
esclamò Josh. «Non mi dirai che vuoi lo zucchero filato!? Dove la metti la tua
dieta, così? Ingrasserai», le fece notare, con poco tatto.
La giovane
divenne paonazza. Non aveva ancora avuto la sua dose di zucchero e, in genere,
si concedeva i dolci soltanto in quelle occasioni. «Come ti permetti!?», gli
gridò, incrociando le braccia, offesa. «Cafone!», sbuffò, dandogli le spalle e
iniziando ad osservare una delle bancarelle che esponeva borse colorate, così
da ignorarlo. No, questa volta non gli sarebbe bastato scusarsi, o per lo meno
gli avrebbe tenuto il broncio per un po’. Si era sentita stranamente in
imbarazzo, con quella sua battuta. Probabilmente stava solo scherzando, ma lei
si era inevitabilmente chiesta se lui non la trovasse bella o se la trovasse
grassa. Se voleva farle venire dei dubbi, ci era riuscito, e intanto lei si era
sentita vulnerabile. Non era raro che lui la prendesse un po’ in giro, ma
l’argomento “dieta” quando si parla ad una ragazza è sempre un tasto dolente.
Non stava
nemmeno più realmente guardando le borse, quando qualcosa le prese una mano, facendola
voltare. Si sorprese nel vedere Josh metterle in mano un bastoncino di zucchero
filato e non poté non arrossire. Non si era nemmeno accorta che si fosse
allontanato, si era semplicemente voltata con l’intento di ignorarlo e, a
quanto pareva, ci era riuscita. La grossa nuvola bianca e soffice nascose
parzialmente il volto sorridente del giovane, soddisfatto per averle fatto
quella piccola sorpresa.
«Josh, ma…?»,
balbettò, ancora incredula.
«Non mi avrai
mica preso sul serio prima, vero!?», le chiese, mantenendo quel largo sorriso.
Sentì i
battiti del proprio cuore farsi inaspettatamente più rapidi, senza che potesse
farci nulla. Si sentì una stupida per essersi sentita così male, prima.
«Ma… Ma l’hai
pagato tu! Ne vuoi? Facciamo a metà!», gli propose, sentendosi appena in colpa
per avergli fatto spendere dei soldi. Soldi che aveva speso unicamente per
accontentarla.
Josh strappò
un pezzetto di zucchero e lo mangiò in un boccone. «Ora è tutto tuo», le
garantì con un sorriso, prima di voltarsi e riprendere a camminare.
Ricordò che, quel giorno di appena due mesi prima, Josh aveva praticamente
dovuto trascinarla via da quella miriade di distrazioni, altrimenti non avrebbero
più fatto ritorno al Galaxy.
Forse, quella coppietta le aveva ricordato il modo in cui avevano
litigato lei e Josh quella volta, e per un attimo si sentì quasi male. Perché
non aveva chiesto a lui e Brett di accompagnarla, oltre che chiederlo a Brian? Le
bastò il ricordo di quella stessa mattina per rispondersi da sola. Con la scusa
della moto e della lucidatura a Fluffy, Josh se n’era andato quasi come se
avesse fretta. E in genere li rendeva partecipi di qualsiasi cosa volesse fare,
soprattutto perché poi si inventava qualcosa che andasse un po’ contro il regolamento,
come tentare di cuocere i wurstel con la fiamma del motore dell’hornet.
Era vero che le faceva piacere poter conoscere Brian, ma non era
certo una buona scusa per escluderli così di punto in bianco da quella loro
abitudine. Eppure, quel distacco che Josh aveva mostrato l’aveva a sua volta
fatta allontanare, e si sentì in colpa per aver fatto proprio quello che aveva
temuto: comportarsi in modo da allontanare ulteriormente l'amico. Si chiese se
per caso il moro non ce l’avesse con lei per qualcosa che aveva fatto e che lo
aveva turbato, ma non riusciva a darsi risposta.
Guardò la coppietta di prima sedersi ad un tavolino poco distante da
loro e sentì come un groppo in gola, come se ci fosse qualcosa di sbagliato,
non solo nel non aver detto nulla al resto del suo team.
«Yoko, va tutto bene?», le domandò Brian, lievemente preoccupato,
riportandola alla realtà.
Solo allora notò che il ragazzo aveva praticamente finito la sua
coppa, mentre nella propria ormai le nocciole stavano annegando.
«Ehm… No, niente, mi sono solo distratta», spiegò vagamente.
Sospirò. Forse sarebbe stato meglio che Josh e Brett non venissero a sapere del
provino, o ci sarebbero rimasti male. «Senti, Brian. Vorrei chiederti una
cortesia», iniziò, deglutendo a fatica.
«Tutto quello che vuoi», le confermò, sorridendo.
«Vorrei che… Vorrei che non facessi parola agli altri di questo
provino. Insomma, non voglio illuderli di aver ottenuto la parte senza prima
sapere il risultato», mentì, sentendosi tremendamente in colpa.
Angolo dell’Autrice:
Eccomi, finalmente!
Dovete scusarmi (in realtà dovreste linciarmi... Ma
suvvia, è il mio compleanno e sto facendo io un regalo a voi xD), ma tra
studio, lavoro e un minimo di vacanza, il tempo libero e l’ispirazione non
andavano mai di pari passo. Ho fatto veramente fatica a scrivere questo
capitolo, che noterete essere anche scritto abbastanza di fretta, ma era
necessario vedere un po’ anche Yoko e Brian e questo (purtroppo, perché così per
scriverlo ho dovuto rallentare tutto) non era inizialmente previsto.
Ho ritenuto doveroso dare un po’ di spazio anche a
Yoko, visto che ci si è incentrati fino ad ora sullo stato d’animo di Josh,
innamorato di Yoko e già praticamente rifiutato, dal momento che, parole sue,
lei non penserebbe mai di stare con il proprio leader.
Tuttavia, oltre alla grintosa Yoko impegnata con le
recite e lo spettacolo, abbiamo visto il turbamento sconvolgerla un po’, perché
appunto questa insolita lontananza di Josh (anche se solo degli ultimi due
giorni) non le quadra, e vedere le coppiette felici le ha stranamente fatto
venire in mente lui.
Inoltre, sembra farsi sempre più concreta anche in lei
l’idea che qualcosa stia sconvolgendo il team…
Buahahahahah!*^* Sì, sono un po' cattiva con loro, lo ammetto.
Vi chiedo ancora scusa per il ritardo nell'aggiornare
e soprattutto per l'esposizione scadente, ma la fretta e la poca ispirazione
sono cattive consigliere! Vi prometto, però, che il prossimo aggiornamento sarà
sicuramente più rapido!^^
Fatemi sapere cosa ne pensate ^^ Grazie mille a tutti
voi lettori e a piccola_boss e Rimiesse per aver recensito il
precedente capitolo ^^
Capitolo 5 *** Capitolo 5 - Tra confronti e pensieri ***
4-Troppi pensieri sconvenienti
Capitolo
5
Tra confronti e pensieri
Non gli
andava per niente. Avrebbe preferito il digiuno, ma non poteva continuare a
scappare. L’aveva già evitato il giorno precedente, non doveva farlo di nuovo.
E, dopotutto, iniziava ad avere fame.
Arrivando
nella sala della mensa, notò che, purtroppo, Yoko e Brian erano già arrivati e
si stavano sedendo ad un tavolo, mentre di Brett non c’era alcuna traccia.
Dov’era finita la sua brillante e consueta propensione al ritardo, ora che
serviva? Avrebbe dovuto affrontare da solo il nuovo arrivato, e questo lo
turbava al punto da fargli quasi perdere l’appetito. Di nuovo.
Si fece
coraggio e, sprezzante del pericolo che stava per correre, si avvicinò al
tavolo come se nulla fosse. Salutò entrambi in modo cordiale e si sedette…
Proprio di fronte a Brian. Pensò che il posto accanto a lui era solitamente
occupato dalla ragazza, ma che quel giorno, guarda caso, lei occupava il posto
vicino al nuovo arrivato. Notò che Yoko attendeva in piedi, e, qualche attimo
dopo l’arrivo di Josh, si offrì di andare a prendere il pranzo al nuovo studente.
Ora poteva dire di aver perso del tutto l’appetito.
Una gran
rabbia pervase il moro, che si impose di restare calmo nonostante fremesse
dalla voglia di prendere a pugni quella brutta faccia che aveva di fronte. No,
doveva smetterla con i pugni, era troppo irascibile ultimamente. Avrebbe finito
col rompersi veramente la mano.
«E così ho
finalmente l’onore di parlare anche con te e fare la tua conoscenza!» esclamò
con un sarcasmo ben celato tranne che al moro, il nuovo arrivato, porgendogli
la mano destra.
«Piacere
mio», mentì Josh, storcendo il naso e sollevando a sua volta la mano destra,
solo per fargli notare la fasciatura. «Spiacente, ma… Infortunio!», esclamò.
«Oh, scusa!»,
disse Brian, ritirando la mano.
Proprio in
quel momento tornò Yoko con in mano due vassoi della mensa e li posò sul
tavolo.
«Eccomi! Tu,
Josh, non vuoi niente?», gli chiese lei, cordialmente.
«No, ti
ringrazio, ma ho già mangiato un panino…», mentì lui, ripensando a come gli era
passata in fretta la fame non appena aveva notato la
cordialità e la generosità di Yoko nei confronti di Brian.
«Come? Anche
ieri sera non hai cenato… Tutta colpa di quella stupida moto!», esclamò lei,
incrociando le braccia al petto, stupendosi poco dopo di aver provato una
strana preoccupazione nei confronti dell’amico.
«Ehi! Sono
capace anche da solo di capire quando mangiare!», esclamò Josh, imbronciandosi.
Yoko rispose
con un’occhiata storta poco prima di rendersi conto di aver scordato l’acqua.
«Scusate,
torno subito», disse, dirigendosi verso il bancone.
«E così… Hai
una moto… Qui?», gli domandò Brian, tra lo sconcertato e l’incredulo. Era la
prima volta che sentiva nominare la moto e, d’altra parte, era anche la prima
volta che si trovava faccia a faccia con Joshua Kirkpatrik.
«Sì…»,
esclamò il moro, per niente interessato alla conversazione e distratto dalla
folla di studenti in mensa, alla ricerca di una certa testolina bionda che
avrebbe potuto salvarlo da quella situazione fin troppo tesa.
«E come mai
ti permettono di tenerla qui? Non mi sembra che nessun altro abbia un proprio
veicolo…».
«Me lo
permettono e basta», tagliò corto Josh, ormai irritato.
«Perché sei
un figlio di papà?», indagò Brian, fastidiosamente, ricordando che il giorno
prima, nell’ufficio del direttore, aveva sentito Josh chiamare “papà” il signor
Kirkpatrik.
Lo sguardo
che prima Josh aveva posato su altri studenti era balzato, rapidissimo, su
Brian, che lo guardava con un sorrisetto di scherno.
«Non
azzardarti a darmi nomignoli o a pensare che solo perché mio padre è il
direttore mi sia permesso fare tutto ciò che voglio, qua dentro. Ma… Rendimi le
cose difficili e io renderò la tua permanenza qui un inferno», sibilò Josh tra
i denti.
«Ah sì? E
voglio proprio vedere come farai! Tuo padre preferirà dare ascolto al suo figlio
ribelle o ad un nuovo studente modello che forse si iscriverà in questa scuola?
Io per tuo padre rappresento un affare!», lo provocò Brian con un sorrisetto.
Nuovamente
tornò Yoko, che si sedette con il suo solito modo allegro.
«Allora, ragazzi,
avete fatto conoscenza?», domandò ad entrambi.
«Certo!»,
esclamò Brian, con una punta di sarcasmo che notò soltanto il ragazzo seduto di
fronte.
«Sì! », diede corda anche Josh, rispondendo allo stesso modo.
«Sai, è proprio simpatico, non so come ho fatto ad ignorarlo, ieri…».
Nessuno dei
due avrebbe voluto ammettere di fronte a Yoko che non si sopportavano a vicenda
già dopo una conversazione di nemmeno cinque minuti.
La ragazza
ne fu subito contenta, esclamando raggiante: «Visto? Ve l’avevo detto che sareste
andati d’accordo!»
Non sapeva
quanto si stesse sbagliando.
ཉ
Brett doveva
ammettere che la situazione era notevolmente cambiata. Era palese che Josh e
Brian non si sopportassero. Questione di caratteri! Se due persone sono
incompatibili non ci si può fare niente, inoltre era sicuro che il suo arrivo
in mensa, poco prima, avesse evitato imbarazzanti silenzi e battute spinose…
Ma non era
questo a cui doveva pensare! Perché Josh ne combinava sempre una? Brett aveva
anche i suoi, di problemi, senza preoccuparsi di quelli degli altri.
Gli restava
poco più di un mese per decidere, e non era una cosa facile.
Sdraiato sul
letto e con lo sguardo perso a concentrarsi su un punto indefinito del soffitto
della stanza, il giovane biondino stava pensando al giorno precedente, quando
Kirkpatrik li aveva chiamati nel proprio ufficio e aveva annunciato l’arrivo di
Brian. Era bastata una conversazione in privato per ribaltare l’andamento della
giornata e fortunatamente Josh non era in camera quando era tornato indietro.
Aveva seriamente bisogno di stare un po’ da solo, e anche ora, vista la
mancanza del suo compagno di stanza, ne voleva approfittare per lasciarsi
andare a quei pensieri. Doveva prendere una decisione, una seria decisione, e
doveva pensare solo a sé stesso.
Non aveva
informato i genitori né i suoi amici. Non doveva coinvolgere nessuno con cui
avesse un legame affettivo o in qualche modo, anche involontariamente, questi
avrebbero influenzato la sua scelta. Ma non sapeva più che pesci prendere. Sì o
no? Restare… o andarsene?
Possibile
che dovesse lasciare il Galaxy?
Proprio
mentre si poneva quell’interrogativo assillante, qualcuno irruppe nella stanza
in modo poco garbato.
«Non ho idea
di come tu faccia a sopportare quell’essere!», sbraitò Josh, con spalle e
braccia irrigidite, digrignando i denti.
Brett decise
di lasciar perdere momentaneamente i propri pensieri, concentrandosi su Josh.
«Beh, perché
lo odi tanto?».
«Uno che mi
dà del figlio di papà di certo non si
guadagna la mia stima!», disse.
«Ne deduco
che non siete partiti col piede giusto».
«Affatto!»,
confermò il moro.
Qualche
istante dopo si sedette sul letto, sbuffando.
«Scusa,
sicuramente ti stavi riposando e io ti ho disturbato», disse, gettando il busto
all’indietro in modo da trovarsi sdraiato.
«Figurati»,
disse Brett, girandosi su un fianco, così che Josh non potesse vederlo in
volto. «Buona dormita».
L’altro non
rispose, ma il biondino sapeva che il giovane sarebbe stato in procinto di
dormire, questa volta senza rischiare di rompersi una mano.
Conosceva
Josh troppo bene per pensare che fosse così irascibile solo a causa di Brian.
Aveva perso la sua solita vitalità, pur essendo un pigro, e, quando non era
alle prese con la sua moto, lo trovava spesso pensieroso.
Ma questa
era la buona occasione per starsene da solo con i propri pensieri e riprendere
a concentrarsi sulla decisione da prendere. Poteva veramente lasciare Josh e
Yoko? Era vero che Brian avrebbe potuto rimpiazzarlo, ma quanto sarebbero
durati lui e il moro gomito a gomito lavorando insieme? Ma poteva rinunciare ad
un’occasione come quella per i suoi amici? Si trattava pur sempre del suo
futuro, del suo interesse… Erano più o meno importanti se messi a confronto con
il suo team?
Ma d’altro
canto, come l’avrebbero presa loro se lui li avesse abbandonati? Non sarebbe
nemmeno più riuscito a guardarli in volto. Anzi, li avrebbe mai rivisti se se
ne fosse andato?
Erano
interrogativi ai quali riusciva solo a dare risposte negative ed inquietanti.
Non c’era modo di fare una scelta giusta, proprio perché non c’erano una
decisione giusta e una sbagliata di vedere quella proposta. Non c’era una
fazione dalla parte del bene e una dalla parte del male. Si trattava unicamente
di una questione personale, il cui esito poteva vedere gli amici davanti alla
carriera, o viceversa.
Tuttavia,
era una decisione che doveva prendere da solo, senza l’aiuto di nessuno. I genitori
probabilmente gli avrebbero detto di andare via, di pensare al suo interesse,
ma gli amici non lo avrebbero lasciato andare tanto facilmente.
Aveva undici
anni, ma non voleva coinvolgere nessuno. Solo lui avrebbe deciso. Lui e nessun
altro.
ཉ
Nella stessa
stanza, su di un letto poco distante, Josh pensava amaramente a quanto la
situazione fosse diventata insostenibile. Non riusciva a sopportare l’idea del
nuovo arrivato e più ci pensava più si imbestialiva. Yoko invece gli sembrava
totalmente irraggiungibile, distante e del tutto presa da Brian, che come se
non bastasse ricambiava le sue attenzioni. E come biasimarlo? Una ragazza così
non poteva essere ignorata…
Dannazione,
perché non poteva esserci lui al posto di uno dei tanti ragazzi che Yoko aveva
l’abitudine di adocchiare? Non che lui fosse da meno, ma ora che ci faceva caso
era da parecchio che non pensava a nessuna delle ragazze che incontrava…
Era proprio
andato… E la cosa peggiore era che Yoko gli stava sfuggendo da sotto il naso.
Se ne stava lentamente andando.
Si dice che
ci si rende conto del valore di una cosa solo quando la si perde, ma, forse, a
volte basta semplicemente la paura di
perderla a farlo capire.
ཉ
Non appena
si chiuse la porta di camera alle spalle, un sorriso le si allargò sul volto.
Brian e Josh
si erano finalmente parlati e, anche se doveva ammettere che in certi momenti
l’atmosfera sembrava essersi fatta pesante, era felice che andassero d’accordo.
Loro stessi lo avevano ammesso, non appena lei era tornata al tavolo. Sì,
qualche momento di silenzio era dovuto anche a lei ed ai suoi sensi di colpa
per la faccenda del provino, ma poi tutto era andato affievolendosi man mano
che i due ragazzi discorrevano. Si sentiva così soddisfatta degli avvenimenti
della giornata, in particolare di quello, poiché fortunatamente i due si erano
trovati simpatici e Brian poteva dirsi ormai ben ambientato nel gruppo. Le
sfuggì un risolino dalle labbra e si buttò sul letto, voltandosi a fissare il
soffitto.
Si sentiva
così leggera ora che non doveva più preoccuparsi. I dubbi di quella stessa
mattina si erano come dissolti nel nulla.
Inoltre
poteva dirsi felice, perché sentiva che le cose con Brian stavano andando alla
grande. Quel ragazzo l’aveva colpita fin dall’inizio e, ora che aveva potuto
constatare che andava d’accordo con Josh, non c’era niente in lui che non
andasse o che la preoccupasse ulteriormente. Poteva quasi definirlo il ragazzo
perfetto, era gentile, solare, simpatico ed era capace di farla sentire bene,
nonostante inizialmente fosse un po’ in imbarazzo accanto ad un ragazzo così
carino. Sì, era proprio un bel ragazzo! Ma non doveva correre troppo, lo
sapeva, in fondo lo conosceva solo da poco tempo e non voleva affrettare le
cose. L’importante era che per ora lui le avesse fatto una buona impressione e
avesse tutte le carte in regola, e sperava di aver fatto anche lei una
altrettanto buona impressione al nuovo arrivato.
Le gote le
si accesero al pensiero di quel viso sorridente incorniciato da morbidi capelli
castani, e un sorriso spontaneo le arricciò le labbra rosee.
Tuttavia,
nonostante stesse pensando a Brian, a quello che sperava sarebbe diventato più
di un amico e che si stava guadagnando un posto riservato nel suo cuore, si
sorprese di provare un grande sollievo dentro, un sollievo che le aveva liberato
lo stomaco da un peso, un sollievo interiore e nascosto, più profondo e rassicurante.
Sapeva che non aveva nulla a che fare con Brian. Sembrava che i pensieri
rivolti a lui fossero solo la superficie delle emozioni che stava provando,
quelli più insignificanti se messi a confronto con quello che sentiva ora. Sentiva
un’emozione molto più importante di quelle che i precedenti pensieri le avevano
trasmesso. Un volto diverso si sovrappose a quello di Brian, nella sua mente, e
non riuscì a trattenere un sorriso. I capelli scuri e gli occhi chiarissimi,
quella vivacità dentro di essi e quel sorriso raggiante.
Si sorprese
di quanto Josh avesse importanza per lei, di quanto nel suo cuore occupasse un
posto ben più grande rispetto al nuovo arrivato e di quanto in realtà fosse
stata in pensiero per lui. Non lo avrebbe mai creduto possibile. Eppure si rese
conto di averlo sempre saputo. Una parte di lei aveva a cuore Josh come nessun
altro.
Giunse alla
conclusione che Josh fosse ormai il suo migliore amico e fu grata a quella
giornata per averle dato prova del fatto che non lo stesse perdendo.
Angolo dell’autrice:
Eccoci!
Qui sì che facciamo i conti con qualche avvenimento rilevante!
Brian
e Josh hanno avuto il loro primo dialogo e dire che cane e gatto andrebbero più
d’accordo di loro è dire poco! (mi sono anche sempre
chiesta perché Josh potesse tenere una moto al Galaxy, ma la serie lascia così
poco spazio agli altri personaggi che magari anche a loro è permesso tenere lì
un proprio mezzo, e noi poveri spettatori non ne siamo al corrente).
E
cosa dire poi di Brett? Abbiamo finalmente un quadro un po’ più chiaro di cosa
lo turbava, ma… Perché deve lasciare il Galaxy?
E
Yoko forse non ha tirato le giuste somme, dal momento che ha pensato che Josh e
Brian andassero d’accordo, ma abbiamo anche visto quanto tenga al nostro amico
e quanto soffra la sua lontananza, per quanto questo distacco risalga solo agli
ultimi due giorni. Tuttavia, non è troppo afferrata in psicologia, o almeno per
quanto riguarda sé stessa, perché, aspettando i dovuti tempi, si sta
convincendo che Brian sia il ragazzo perfetto, senza rendersi pienamente conto
che è Josh quello con cui si è sempre sentita bene e tante altre belle cose xD
Sto
mettendo alla prova l’equilibrio del team, me ne rendo conto… Come reagiranno i
protagonisti a tutto quello che sta accadendo?
Vi
chiedo scusa, avrei dovuto aggiornare tipo giovedì, ma mi è stato impossibile
usare il computer fino ad oggi. Ho dato una riletta veloce e non dovrebbero
esserci errori, comunque fatemi sapere! Per quanto riguarda invece il mese di
settembre credo che mi limiterò ad un solo aggiornamento causa impegni
universitari (esami, per intenderci!).
Ringrazio
come sempre piccola_boss, che si sta
sempre più affezionando a questa storia, per le belle recensioni che mi lascia.
Intanto mi chiedo dove siano finite Rimiesse
e weepingangel… Mica vi mangio!xD Ringrazio come al solito tutti i lettori di questa
piccola fic, non abbiate timore a dirmi cosa ne pensate ^^
Capitolo 6 *** Capitolo 6 - Poter lavorare insieme ***
Capitolo
6
Poter lavorare insieme
«Brett, vorrei parlarti per quanto
riguarda il tuo rendimento», aveva detto l’uomo seduto di fronte a lui.
«Siediti pure», lo invitò poi, indicando una delle due sedie girevoli poste
davanti alla scrivania.
«Come vuole, direttore», obbedì lui,
un po’ sorpreso da tanto mistero. Kirkpatrik era così autoritario, in certi
casi, da metterlo in soggezione. Che ha che non va il mio rendimento?,
si chiedeva il giovane.
«Naturalmente, essendo tu uno dei
migliori studenti dell’istituto, siamo fieri di avere un allievo che raggiunge
simili risultati, ma vedi… E’ proprio per questo che sono tenuto, ahimè, ad
informarti di una nuova proposta proveniente da un’altra scuola», concluse lui.
Brett, se prima era sorpreso, ora era
confuso. Cosa sta cercando di dirmi?, si domandò, pur
avendo un sospetto. Quell’ “ahimè” non era granché rassicurante.
«Un’altra scuola?», chiese il
biondino.
«Esattamente. La Moon Academy, che ha
recentemente aperto, appunto, sulla Luna, offre un insegnamento di livello
superiore al nostro. E’ molto prestigiosa, anche se è operativa solo da pochi
anni. Quest’anno ha richiesto agli istituti come il nostro la collaborazione
degli studenti migliori, in questo caso tu, Brett. Il programma consiste
nell’integrazione di nuovi studenti, giovani e promettenti, ai loro corsi di
studio».
Brett era come imbambolato, le parole
sembravano essergli entrate da un orecchio e uscite dall’altro tanto era
rimasto incredulo.
«È un po’ come il programma di
orientamento che abbiamo adottato noi. La Moon Academy, in sostanza, ha chiesto
che tu, terminato questo anno in questa scuola, ti iscriva alla loro il
prossimo anno», concluse il direttore, notando che Brett era a dir poco sbalordito,
senza parole.
«Dovrei andarmene?», domandò, con lo
sguardo perso, come se d’un tratto gli fosse mancata la terra sotto i piedi.
Aveva un’opportunità unica, ma significava perdere i suoi amici.
«Se accetterai frequenterai la Moon
Academy, dovrai trasferirti sulla Luna insieme agli altri suoi studenti. Non ti nascondo che la possibilità di perdere un
allievo valido come te mi rammarica, ma si tratta di un’occasione unica per il
tuo futuro», spiegò. «Mi dispiace, Brett, te l’ho comunicato appena l’ho
saputo, ma hai fino alla fine dell’anno scolastico per decidere se accettare o
meno. Comprendo che il tempo non sia a tuo favore, ma ti prego di pensarci con
attenzione», concluse.
Mi
dimenticheranno. Li perderò tutti.
Brett si
svegliò di soprassalto, mettendosi a sedere e scoprendosi dalle lenzuola. Gocce
di sudore scendevano dalle tempie, rigandogli il viso, e un fastidioso senso di
soffocamento lo aveva portato ad ansimare, senza fiato. Aveva rivisto nei suoi
sogni la conversazione avuta con Kirkpatrik qualche giorno prima e non aveva
retto. L’agitazione era troppa. Era una decisione che sentiva di non poter
prendere, avrebbe voluto che qualcuno lo facesse per lui, imponendoglielo. Sarebbe
stato molto più facile.
Si portò una
mano alla fronte, nel tentativo di calmarsi.
«Brett, va
tutto bene?», gli domandò una voce rauca per il sonno, che poi il biondino
scoprì essere quella di Josh, disteso sul suo letto e nascosto dalle coperte.
Si sentì in
imbarazzo per essersi fatto vedere in quello stato dall’amico.
«S-Sì, credo
di aver sognato un’invasione aliena», azzardò, sperando di essere credibile.
«Beh, se hai
bisogno di qualcosa, chiama», gli rispose il moro, intuendo che probabilmente
qualcosa preoccupasse anche l’amico.
Brett annuì
e si rimise sotto le coperte, sperando di poter dormire almeno per un po’ senza
che la preoccupazione prendesse il sopravvento su di lui.
Quella
decisione gli avrebbe cambiato la vita.
ཉ
Josh era
appena riuscito a prendere un po’ di sonno, quando la sveglia del suo compagno
di stanza trillò insistentemente e fastidiosamente.
“Che due scatole…”,
pensò sbuffando, rigirandosi nelle coperte nel tentativo di scacciare quello
stridio, ben consapevole che però niente lo avrebbe fatto riaddormentare.
«Brett,
svegliati!», gli gridò poi, protestando e lanciandogli addosso il suo cuscino.
Almeno poteva degnarsi di spegnere la sveglia, no? Soprattutto in un traumatico
lunedì mattina, con l’unica consolazione positiva di aver finalmente tolto la
fasciatura alla mano.
«Ehi, che
modi sono?», gli chiese il biondo, arrabbiato, premendo finalmente il pulsante
che avrebbe fatto tacere quell’arnese infernale. Gli rilanciò il cuscino,
sbuffando. «Possibile che non ci sia un minimo di civiltà in te?», si lamentò,
alzandosi e dirigendosi verso il bagno. «Vado a fare la doccia», lo informò.
«Come ti
pare», rispose il moro, sbadigliando sonoramente, lieto tuttavia di potersi
godere un po’ di calma e tranquillità ancora avvolto dalle coperte. Si stupì di
riuscire quasi a dormire, quando un rumore lo svegliò nuovamente.
Qualcuno
doveva aver bussato alla porta. Si chiese chi potesse mai essere, visto
l’orario, ma non si lasciò pregare. Svogliatamente, per via della stanchezza,
si tirò su dal letto e si diresse verso la porta, scavalcando il piccolo
Fluffy, che ancora dormiva su un tappeto ai piedi del letto.
«Chi è?», bofonchiò,
con una mano davanti alla bocca per coprire uno sbadiglio eccessivamente
accentuato, poco prima di aprire, senza aspettare alcuna risposta.
Il suo cuore
perse un battito. Rimase notevolmente sorpreso nel vedere di fronte a sé, con
un braccio semialzato pronto a bussare nuovamente, la ragazza più bella che
avesse mai visto. Quel viso perfetto, quei buffi codini arancioni, quel velo di
trucco che le risaltava le labbra, quegli occhi belli da mozzare il fiato. Sembrava
già così raggiante e solare, ma forse solo lui riusciva a notare una certa
stanchezza in lei, per via dell’orario.
«Yoko, che…
Ci fai qui?», domandò, un po’ titubante. Indubbiamente non si aspettava di
trovarla lì, davanti alla porta di camera sua. Per un attimo gli sembrò quasi
di essere tornato alla normalità, quando lei li andava a cercare per qualcosa,
quando Josh poteva semplicemente stare con lei. Effettivamente, non ricordava
nemmeno l’ultima volta che l’aveva vista. Brian era arrivato ormai da una
settimana e lui non aveva più avuto occasione di restare con Yoko come accadeva
prima. Dopo il giorno di riposo per via del programma di orientamento e del
test che avevano sostenuto, le lezioni erano riprese regolarmente e purtroppo
Josh aveva dovuto sopportare la presenza di quel Brian Smith sempre accanto a
Yoko. Che fosse una lezione di chimica, di guida spaziale o di autodifesa, lui
le stava appiccicato. Il moro sopportava a malapena di restare con loro a
pranzo, obbligato più che altro dagli orari delle lezioni pomeridiane, ma quando
veniva sera, scappava dalla sua moto. Allo stesso modo si era comportato la
domenica, solitamente libera dalle lezioni e dalle missioni, salvo che queste
ultime fossero dei casi di emergenza. Poiché gli ultimi due esami teorici erano
stati anticipati a quella settimana, piuttosto che essere ben distribuiti su
entrambe le settimane che separavano gli studenti dalle vacanze, Josh aveva provato
insieme a Brett a studiacchiare qualcosa, ma ogni volta che ripensava alla
lezione, gli veniva in mente Brian seduto vicino a Yoko. Per gli esami pratici,
invece, i professori avevano deciso di raccogliere i dati rilevanti durante le
missioni e di esaminare soltanto quando l’esito era incerto. Almeno in quel
campo, Josh non aveva avuto problemi, a differenza di Brett, che sembrava
essere sempre più in ansia.
«I-Io…»,
cominciò lei, quando qualcosa la bloccò, impedendole di continuare a parlare. Attonita,
le sembrava impossibile ritrovare le parole, si sentiva come se non fosse in
grado di pensare.
«Yoko, ti
senti bene?», le domandò allora il moro, preoccupato.
«S-Sì, ma…»,
tentò di dire lei, indicando l’amico.
«Che…?», si
chiese, preoccupato di aver fatto una magra figura presentandosi ad aprirle la
porta ridotto chissà come. «Che c’è che non va?», le chiese allora, constatando
che era tutto a posto.
Non poteva
certo immaginare che quella vista avrebbe messo la giovane in difficoltà. Il
gran caldo che preannunciava l’arrivo dell’estate aveva costretto il moro a dover
fare a meno della maglietta.
«S-Sei a
petto nudo…», gli fece notare allora la ragazza, lievemente imbarazzata, con un
tono di voce che sembrava contrariato. Non che le dispiacesse, tutto sommato,
visto che l’amico era in ottima forma e che i pantaloncini chiari che indossava
mettevano in risalto la sua carnagione olivastra, ma la cosa la metteva
leggermente a disagio.
«Oh, giusto»,
rispose il giovane, voltandosi per cercare una maglietta. «Entra, intanto. Come
mai sei passata qui?», le domandò nel frattempo, con tutta la naturalezza del
mondo, come se fosse del tutto normale aprire la porta mezzi nudi.
“A cosa devo
questa visita inaspettata, soprattutto senza quell’inglesino che ti sta sempre
intorno?”, si domandò mentalmente il moro.
«Ehm… Si
tratta di tuo padre. Ci ha chiamati nel suo ufficio per una missione», lo informò
lei, sedendosi sul bordo del letto e accarezzando il piccolo Fluffy, mentre
Josh ancora cercava una maglietta, invano.
Improvvisamente
il giovane si diresse verso la finestra, situata sulla parete opposta a quella
dove si trovava la porta. La aprì, facendo finalmente entrare un po’ di luce
nella stanza, cosa che avrebbe facilitato la sua ricerca.
«Josh!», lo
chiamò allora lei, notando un particolare che le era sfuggito, forse per il
buio, nonostante sulla soglia non fosse riuscita a staccargli gli occhi di
dosso. «Sono giorni che la sera non ti presenti in mensa, quando sei con noi a
pranzo mangi poco e niente. Hai per caso deciso di smettere di mangiare!?»,
indagò, arrabbiata, già intuendo che l’amico stesse saltando i pasti.
«Che dici? Io
mangio eccome…», mentì lui, trovando finalmente una maglietta e infilandosela
il più in fretta possibile. Non poteva certo dirle che ogni volta che la vedeva
con Brian o che osava pensare a loro due insieme, gli si chiudeva lo stomaco.
«Non
mentirmi!», ordinò, scattando in piedi verso l’amico.
«Davvero…»,
disse, distogliendo lo sguardo dal suo. Non poteva mentirle guardandola negli
occhi.
«Josh,
davvero, se qualcosa non va o ti senti male, puoi dircelo…», lo rassicurò lei,
sinceramente preoccupata. Era abituata a vederlo mangiare porzioni enormi e a
non mettere su nemmeno un etto. Non che fosse diventato pelle e ossa, ma ora
che poteva farci caso lo vedeva un po’ più asciutto, e non vedendolo mai in
mensa non poteva non trarre le sue conclusioni.
«Non ho
nulla», insisté lui. Non voleva farla preoccupare inutilmente, del resto. Finse
di sistemare qualcosa nel consueto disordine che era tornato a crearsi
nonostante la pulizia di Fluffy di pochi giorni prima, per sembrarle naturale. «Comunque,
ti ha per caso detto di che missione si tratta?», chiese poi, cambiando
discorso.
«Ricerca e
raccolta di campioni di roccia spaziale, credo…», ci rifletté lei. «Beh, sai
com’è, per cominciare con i nuovi arrivati ci vogliono missioni semplici»,
concluse.
Certo, i
nuovi arrivati. Per un attimo Josh si era illuso che la missione fosse normale,
come tutte le altre, ma ora si rendeva conto che sarebbe stata la peggiore di
tutta la sua vita. Un leggero tocco lo sorprese, facendolo sobbalzare e
riportando la sua mente alla realtà. Yoko gli aveva preso la mano destra tra le
sue, esaminandola delicatamente, sfiorando con il pollice le nocche ancora
lievemente gonfie. Un dolce sorriso le illuminò il volto, era raro vederla
così. «Sembra essersi sistemato tutto», notò, contenta.
Quel lieve
contatto fece scorrere un brivido lungo la schiena di Josh, la dolcezza e la
naturalezza di quel piccolo gesto lo avevano stupito. Per qualche attimo non
riuscì a proferire parola, perdendosi semplicemente a guardare quanto la
ragazza fosse bella ed a chiedersi se quella premura significasse qualcosa.
«A-Ah… Sì,
tutto a posto», balbettò lui, incerto e con un certo distacco, ancora assorto.
Calò un silenzio imbarazzante, lungo attimi che parvero eterni. Lo sguardo di
Yoko incrociò quello di Josh e la sicurezza con la quale gli aveva preso la
mano sembrò vacillare. Arrossì appena, sentendosi come colta in flagrante.
«Devo andare
a chiamare Brian. Ci troviamo nell’ufficio di Kirkpatrik tra un quarto d’ora», si
affrettò a dire, lasciandogli la mano un po’ troppo bruscamente e deglutendo a
fatica. Fece un’ultima carezza a Fluffy prima di dirigersi verso la porta. «E
vedi di mettere qualcosa sotto i denti!», lo rimproverò poi, prima di chiudersela
alle spalle.
“Certo,
qualcosa sotto i denti. Come se fosse facile stare con quell’impiccione…”,
pensò Josh, buttandosi stancamente sul letto. Guardò per un breve istante la
propria mano destra, gli sembrava di sentire ancora il leggero calore delle
dita di Yoko sulla sua pelle.
Fluffy, ormai
svegliato dalle carezze di Yoko, si avvicinò al giovane, in cerca di altre
coccole, ma, notando l’espressione atterrita di Josh, emise uno dei suoi versi
cibernetici, con tono interrogativo e dispiaciuto.
Il moro posò
lo sguardo sul cucciolo e un sorriso, benché triste, gli si dipinse sul volto
nel notare che qualcuno, lì, si era accorto che qualcosa non andava e si
preoccupava per lui.
«Dobbiamo
riconquistare Yoko, piccolo Fluffy», gli confidò a bassa voce, per non essere
eventualmente udito da Brett, mentre gli dava un buffetto affettuoso sulla
testa.
ཉ
Non era
servito il rumore insistente della sveglia, erano bastati gli innumerevoli
pensieri che disturbavano la sua quiete per destarlo dai proprio sogni. Si era
rassegnato, prendendosi il volto tra le mani e rimuginando su quanto successo
negli ultimi giorni.
C’era un
motivo se lui e Josh erano partiti con il piede sbagliato, e lui se n’era
accorto fin dal primo momento in cui l’aveva visto. No, in effetti non ci
voleva un genio per capirlo, ma lui aveva immediatamente notato quanto Josh
fosse attaccato a Yoko. E dopo il loro scontro, il giorno successivo, ne aveva
praticamente avuto la conferma. Il fatto che il giovane Kirkpatrik avesse i
nervi così a fior di pelle non poteva che suggerirgli di non essere una
presenza gradita, per lui, e Yoko non poteva che esserne la ragione. Gliela
stava soffiando da sotto il naso, e Josh non sembrava il tipo da mettersi in
mezzo, visto che spariva ogni volta che ne aveva l’occasione. Che codardo,
pensò. Ma, in effetti, gli faceva comodo un tipo così. Sarebbe stato molto più
semplice allontanare Yoko da lui. In fondo, Josh aveva avuto tutto il tempo che
voleva per dichiararsi a Yoko, ma non l’aveva fatto. Aveva perso il treno,
mentre lui non avrebbe perso quell’occasione. Non avrebbe mollato la presa su
Yoko tanto facilmente, non ora che quella ragazza gli sembrava sempre più
adatta a lui. Quando l’aveva accompagnata al provino aveva temuto che tra i due
ci fosse qualcosa, o che ci fosse stato in passato, ma quando glielo aveva
domandato, Yoko aveva immediatamente smentito, il che non poteva che dargli
sicurezza. Il fatto che avesse deciso di farsi accompagnare da lui e non dai
suoi compagni di team gli suggeriva che qualcosa stava minacciando il loro
equilibrio.
Sussultò
quando qualcuno bussò improvvisamente alla porta di quella piccola camera mezza
spoglia.
«Brian, sono
io. Il direttore ci vuole nel suo ufficio».
Il giovane
riconobbe immediatamente la voce di Yoko ed il cuore perse un battito.
ཉ
Un quarto
d’ora esatto. Brett si stupì della puntualità di Josh, mentre della sua invece
non c’era proprio nulla di cui stupirsi. Piuttosto, era il ritardo dell’amica a
lasciarlo perplesso.
«Come mai
Yoko ci mette tanto?», si chiese il biondino ad alta voce.
«Andava a
chiamare Brian», lo informò Josh, per nulla contento a quell’idea, sforzandosi
di non lasciar incrinare la voce al pronunciare quel nome.
Stavano
entrambi con la schiena appoggiata alla parete, aspettando di poter finalmente
bussare alla porta del direttore. Aspettando l’arrivo di Yoko.
Poi una
sonora risata li riscosse dai loro pensieri. Quando alzarono lo sguardo videro
i due compagni dirigersi verso di loro, ancora a metà corridoio. La ragazza
stava ridendo di gusto, accompagnata da Brian.
«No, non ci
credo», diceva lei.
«Te lo
giuro!», continuava ad insistere lui, ridacchiando.
«Non è
possibile!», rise ancora la giovane, dandogli una leggera spinta sul braccio,
continuando a ridere come una matta.
Probabilmente
Brian le aveva raccontato un qualche divertente aneddoto, tanto divertente da
far quasi impazzire la ragazza dalle risate. Josh non l’aveva mai vista ridere
così, gli fu inevitabile pensarlo. Erano sempre in missione, sempre insieme, e
si divertivano. Eppure gli sembrò come se fosse la prima volta che le sentiva
una risata così spontanea. Gli faceva male pensare che non fosse lui a farla
divertire a quel modo, ma Brian. Sembrava una cosa così stupida, eppure era più
forte di lui.
«Finalmente
siete arrivati!», esclamò Brett, con un sorriso a trentadue denti, contento di
poter entrare nell’ufficio del direttore senza dover tardare oltre.
«Scusateci,
ma non mi aspettavo una sveglia così presto. Yoko mi ha dovuto aspettare»,
ammise, con una mano dietro la nuca e un sorriso un po’ imbarazzato.
Sembrava
così sincero, quel ragazzo, che quasi Josh si sentì in colpa per aver pensato
tutte quelle cose su di lui. Poi, però,
lo sguardo che gli rivolse lo fece tornare sui suoi passi. Sembrava quasi
volesse dirgli “non vedi come sta bene con me?”, ma poi la voce di Kirkpatrik
che li invitava ad entrare lo riscosse da quei pensieri.
«Bene,
ragazzi», annunciò. «Sono felice di potervi assegnare la vostra prima missione
insieme».
«Non vedo
l’ora», si lasciò sfuggire il piccolo Brett, ringraziando di potersi distrarre
in qualche modo, mentre gli altri, a quella reazione, avrebbero semplicemente
pensato che il giovane secchione fosse in astinenza da missioni.
«Come diamine
fai a esserne così contento?», commentò Josh a bassa voce, ma venne preso in
considerazione soltanto dal biondino che, in risposta, gli fece la linguaccia.
«Andrete sul
pianeta Mehrin 8, dove raccoglierete qualche campione di roccia spaziale. È una
missione semplice, ma sapete ormai perfettamente che non vanno prese alla
leggera», spiegò il direttore rivolto ai ragazzi, mentre accendeva di fronte a
sé un apparecchio che riproduceva un ologramma tridimensionale del pianeta sul
quale si sarebbero dovuti dirigere. «Ecco le documentazioni», continuò,
porgendo loro una busta marrone contenente le descrizioni delle varie rocce da
raccogliere e catalogare.
«Beh, ma
dimmi, Brian, come ti trovi?», gli chiese poi, rivolgendogli un grosso sorriso.
«Oh,
benissimo, direttore», rispose il giovane, ricambiando il sorriso e spostandosi
appena verso Yoko, quel tanto che bastava per sfiorarla appena con il braccio e
per provocarle un tenue rossore sulle guance.
Angolo dell’autrice
Dio
mio, un ritardo imperdonabile!!! Scusatemi davvero, ammesso che sia rimasto
qualcuno a seguire, ma l’università mi sta rubando l’anima! Tornando a noi, so
che probabilmente dopo la mia assenza vi sareste aspettati di meglio, ma non
potevo davvero promettere di più. Termina un po’ così, ma almeno con l’inizio
del capitolo abbiamo capito cosa davvero sia accaduto a Brett. Sceglierà la
Moon Academy (completamente inventata, scusate la scarsa fantasia) o rimarrà al
Galaxy? Che dire poi degli altri? Brian sembra intenzionato più che mai ad
allontanare Yoko da Josh, mentre quest’ultimo sta sulle sue. E Yoko? Ancora non
ha chiara la situazione… Tempo permettendo, spero di aggiornare presto la fic,
ci sono ancora davvero troppe cose da far succedere.
Un
enorme grazie a tutti coloro che leggono e/o hanno letto, a piccola_boss e Rimiesse per aver recensito (scusatemi, spero ci siate ancora) e a
tutti quelli che leggeranno in futuro!
Incredibile.
Eppure non gli era certo stato detto che le sue mansioni si erano ridotte a
quelle di un semplice autista. Completamente ignorato per tutto il viaggio, per
giunta. Aveva i nervi a fior di pelle, non riusciva a sopportare nemmeno di
vederlo. Gli ci era voluta tutta la sua buona volontà per rimanere calmo, e gli
serviva tuttora per restare ancora lì a raccogliere rocce e catalogarle come
fossero reperti archeologici. Sopporta, sopporta, sopporta, si ripeteva, ma
sembrava sempre più difficile. Soprattutto perché da più di due ore li sentiva
chiacchierare così amabilmente tra loro da spingerlo a chiedersi come mai si
trovasse ancora lì. Si sarebbero accorti di qualcosa, se fosse rimasto a casa?
Probabilmente sì, solo perché avrebbero fatto a meno dell’autista.
Poi Fluffy
gli si strusciò contro una gamba, come per ricordargli di tenere duro e che lui
era dalla sua parte. Non era per niente facile! Durante il viaggio si era
limitato a guidare l’hornet fino all’avvistamento di quel pianeta dal bagliore
rosato, Mehrin 8, mentre gli altri chiacchieravano così amichevolmente, come se
si conoscessero da una vita, ignorandolo. Non che lui fosse stato di molta
compagnia, certo. Giunti a destinazione, Josh aveva fatto atterrare il veicolo in
una zona lontana da ogni centro abitato, in un vasto spiazzo roccioso. Non
c’era erba da nessuna parte, o almeno non verde come sulla Terra. Il terreno,
su Mehrin, era rosato come se fosse intriso di polvere di quarzo, il cielo era
roseo come al crepuscolo e le uniche piante presenti erano grossi fiori dallo
stello largo e alto qualche metro, di un rosa acceso tendente al fucsia e dalle
corolle ampie e bianche, come margherite. Sarebbe stata una permanenza
piacevole, se non fosse stato per i due “piccioncini” che durante la ricerca si
erano “accidentalmente” allontanati dal gruppo. Josh poteva comunque vederli,
ma non sentire chiaramente cosa si dicessero, e la cosa lo mandava in bestia,
insieme – senza un preciso perché – al verde della tuta che avevano assegnato a
tutti i nuovi membri dei team.
In risposta,
il moro sbuffò sonoramente, deciso tuttavia a farsi coraggio.
«Non abbiamo
ancora finito, Josh, ma manca poco. Un ultimo sforzo», gli disse Brett,
avendolo sentito sbuffare.
«Sì,
tranquillo», lo rassicurò lui, raccogliendo un altro sasso. Un inutile sasso.
«Certo che
Brian si dà da fare», commentò il biondino, notando da lontano la sua sacca
quasi piena.
«Sì»,
rispose Josh, svogliatamente, in maniera ben poco convincente.
«Ma che hai?»,
gli chiese allora Brett, smettendo di raccogliere rocce e avvicinandosi
all’amico.
«Io? Non ho
niente…», mentì il moro, senza guardarlo. Era stanco di mentire, non gli
riusciva neanche bene come credeva.
«Josh…», lo
chiamò allora l’amico, intimandogli di fermarsi e di ascoltarlo. «Perché non
accetti la presenza di Brian nel team? Ok, magari non ti sta simpatico, ma non
ti sembra di essere un po’ permaloso? Dopotutto non resterà nemmeno qui per
molto», gli chiese, con più tatto e comprensione possibile.
Josh,
alzatosi in piedi, sospirò, costretto ancora a spostare lo sguardo, mentre il
cuore gli si chiudeva in una morsa. Se fosse stata tutta lì, la questione, di
certo non si sarebbe comportato così.
«Lo so,
Brett… Non è questo», ammise, senza sapere in che altro modo giustificarsi. «E’
che… Non lo so, oggi non sono in vena. Non mi sento molto bene», confessò,
sperando che sarebbe bastato a motivare la sua scarsa voglia di socializzare.
Con Brian. In effetti non era del tutto falso che non si sentiva bene e questo
aiutò la sua coscienza a sentirsi un po’ meno sporca.
«Mh, capisco»,
rispose Brett, riflettendo. «Forza, rimettiamoci al lavoro, prima finiamo,
prima torniamo a casa».
«D’accordo»,
si limitò ad acconsentire Josh, senza avere la certezza di aver convinto o meno
l’amico con la sua giustificazione.
Si rimise al
lavoro prima ancora che Brett potesse aggiungere altro e continuare una
qualsiasi conversazione. Non aveva davvero voglia di parlare, in effetti. Si
sentiva fuori posto come non lo era mai stato in vita sua, per giunta era in
missione con i suoi compagni. Non riusciva a credere che la situazione fosse
diventata tanto insostenibile. Se non avesse provato quelle cose per Yoko non
ci sarebbe stato nessun problema con Brian, o meglio, gli sarebbe semplicemente
stato antipatico, ma si sarebbe sforzato di andarci d’accordo. Ma così, con
quella rivalità che andava ben oltre la sfera lavorativa e scolastica, la
situazione era impossibile.
Provò a
concentrarsi sulla raccolta dei campioni di rocce, isolandosi dal chiacchierio
che lo circondava. In poco tempo si accorse, con piacere, di aver terminato la
propria ricerca. Aveva raccolto tutti i campioni che servivano.
«Brett, a
che punto sei?», domandò, raddrizzando la schiena e voltandosi verso l’amico, in
ginocchio qualche metro più lontano.
«Ho quasi
finito», annunciò.
«Ti serve
una mano?», gli chiese allora.
«Non ti preoccupare,
me ne mancano solo due», dichiarò, controllando la lista.
Josh allora
ne approfittò per alzarsi in piedi e sgranchirsi la schiena e le gambe da tutto
quel restare chinati. Finalmente poteva godersi un po’ il paesaggio, ammettendo
a sé stesso che non era niente male. Fluffy poi attirò la sua attenzione,
portandogli qualcosa che assomigliava ad un bastoncino.
«Ehi, vuoi
giocare?», gli chiese, ridendo e ricevendo in risposta uno dei suoi versetti
felici.
Josh allora
si chinò per prendere il bastoncino e lanciarglielo. «Va’, bello!», disse,
guardando il piccolo che partiva velocissimo.
Povero
Fluffy, lo aveva trascurato in quegli ultimi giorni. Gli aveva promesso una
lucidatura che aveva tardato ad arrivare.
Brett, che
guardava la scena, rideva di gusto. Osservando Josh, si accorse che un momento
così sereno mancava da un po’, nel gruppo, e che da altrettanto tempo non
vedeva Josh così spensierato.
«Forza Fluffy!»,
lo incitò anche Brett, divertito, mentre un sorriso si faceva largo sul suo
volto. Sì, i suoi amici erano proprio dei matti, ma non avrebbe potuto
chiederne di migliori.
Fluffy
allora portò il bastoncino a Brett perché prendesse anche lui parte al loro
gioco.
Josh
cominciò a ridere. «Dai Brett, facci un super lancio!», lo incoraggiò il moro.
«Guarda come
si divertono», commentò Yoko, sorridendo. «Era da un po’ che non li vedevo così»,
si lasciò sfuggire, sospirando.
«Come mai?»,
le domandò allora Brian, poco distante da lei, guardando la scena mentre i due,
terminata la ricerca, si avvicinavano al gruppo.
«Mh, non lo
so», rispose la ragazza, pensierosa. «Ultimamente Josh è un po’… Come dire,
schivo…», spiegò. «Eppure guardalo! E’ così vivace… Non capisco cosa gli sia
preso in questi giorni», concluse.
«Sai, a
volte le persone hanno solo bisogno di rimanere un po’ sole. Non te la
prendere. Sono sicuro che tiene a voi, vedrai che presto tornerà quello di
prima», spiegò, cordiale, ben sapendo di essere lui la causa
dell’allontanamento del giovane dal gruppo, avendo chiari i sentimenti di Josh
per Yoko. Tuttavia, si limitò a farle da consigliere, perché lei gli fosse
ancora più vicina. Inoltre, avendo capito che Josh reagiva isolandosi e non
facendosi avanti, far credere a Yoko che il moro le avrebbe dimostrato il
proprio affetto avrebbe portato ad un allontanamento anche da parte della
ragazza, rendendo difficile un loro possibile chiarimento.
«Ma sì,
forse hai ragione…», si rassegnò la ragazza, lasciando che la scena di Josh,
Brett e Fluffy che giocavano assieme tenesse alla larga da lei quelle strane
inquietudini che le parole di Brian le avevano suscitato sul fatto di
dimostrare che il moro tenesse o meno a lei.
«Oh m***a!»,
imprecò Josh a voce alta.
«Oh, Josh,
che mira del cavolo che hai!», lo rimproverò il biondino.
«Non ho
fatto apposta!», si difese allora l’altro, a mani alzate.
Il moro
aveva infatti lanciato il “bastoncino” di Fluffy fin troppo lontano, al di là
di quello che sembrava essere un dirupo roccioso.
«Santo
cielo, Fluffy fermati!», gridò inutilmente Josh, mentre il piccolo robotino
correva per raggiungere il suo giocattolo.
Tutti
quanti, preoccupati, gli corsero dietro, fermandosi sulla soglia del dirupo.
«Fluffy!»,
gridò Yoko, sperando di scorgerlo tra le rocce rosate, ansiosa.
Tirarono un
sospiro di sollievo quando videro il piccolo che, illeso e saltellante, teneva
il bastoncino in bocca e sembrava invitarli a scendere per raggiungerlo.
«Uff, per
fortuna sta bene», sospirò Brett, notando che quel dirupo non era ripido come
si era aspettato e che risultava più che altro essere il fianco di una collina,
che proteggeva un piccolo villaggio situato a valle.
«Uh, ma
guardate che posto carino!», esclamò Yoko, intenerita da quell’insieme di casette
e dal paesaggio circostante.
«Per me
l’importante è che Fluffy non si sia fatto nulla», sbuffò Josh.
«Comunque
vuole che scendiamo», fece notare allora Brett.
«Dai dai,
scendiamo, sembra esserci una festa!», esclamò la giovane, entusiasta nel
vedere tutte quelle persone lungo le strade.
Il gruppetto
allora si decise finalmente a raggiungere il povero Fluffy, che ancora li stava
invitando a scendere saltellando e scodinzolando come impazzito. Le abitazioni
erano piccole, si limitavano al pian terreno e tra di loro non variavano molto
di altezza. Per le strade vagavano decine e decine di persone abbigliate nel
modo più stravagante, vivace e colorato possibile. Gli abitanti avevano un
aspetto molto simile a quello dei terrestri, ma la pelle sembrava quasi bianca
ed i capelli erano delle più svariate ed innaturali tonalità di viola.
A quanto
pareva, però, non erano gli unici stranieri ad unirsi alla fiera, quindi i
Mehriniani non si stupirono più di tanto nel notare che quel gruppetto di
ragazzi era loro del tutto sconosciuto e, secondo loro, abbigliato in modo
bizzarro.
A circondare
le strade vi erano file di bancarelle che esponevano e vendevano gli oggetti
più strani e strampalati mai visti, molti dei quali, i nostri terrestri ne
erano certi, sembravano non avere alcuno scopo o utilità. Tuttavia, pensarono
di poter tardare il rientro e di potersi permettere un breve giro turistico. In
breve si divisero, attirati da oggetti e colori diversi.
«Ti pareva…»,
commentò Josh a bassa voce, voltandosi e prendendo a camminare in direzione
opposta a quella degli altri, pur di non dover vedere Yoko andare via con
Brian. Si chiese se non stesse diventando odioso, in fondo perfino Fluffy aveva
preferito seguire Brett piuttosto che restare con lui.
Sospirò,
limitandosi ad osservare le stranezze esposte nelle bancarelle, quando qualcosa
catturò la sua attenzione.
Sembrava che
su quel tavolo fossero esposte soltanto cianfrusaglie, ma Josh era riuscito a
notare qualcosa: un piccolo ciondolo a forma di stella. Sembrava essere qualcosa
di simile ad un portachiavi, era piccolo e semplice. Gli ricordò Yoko, non
seppe nemmeno lui il motivo preciso. Agì d’impulso e decise di comprarlo,
sperando che accettassero la moneta terrestre.
«Ma certo,
ragazzo! Dimmi, se non sono indiscreta, è per caso per una ragazza?», gli
chiese la venditrice, una signora ben piazzata e dall’aria bonacciona, mentre
prendeva il ciondolo e lo riponeva in una piccola busta di carta. Nonostante la
domanda potesse di fatto essere indiscreta, il modo in cui l’aveva posta non
aveva infastidito il giovane, che, tuttavia, avvampò di colpo.
«S-Sì, cioè…
Veramente… È un’amica, ma…», tentò di spiegarsi lui, con poco successo.
«Allora
ascolta le mie parole», gli disse la donna, senza dar peso al suo balbettare. «Questa
stella sul nostro pianeta ha un significato particolare, si dice che porti
fortuna a chi la regala e a chi la riceve. Nel caso di due innamorati,
garantisce felicità ed un rapporto forte e duraturo», spiegò, facendogli
l’occhiolino.
Josh rimase
senza parole, probabilmente per l’imbarazzo che gli aveva messo sentir parlare
per la prima volta di quei sentimenti che aveva tenuto nascosto a tutti.
«Ora prendi
e vai dalla tua bella!», gli disse ancora, stavolta ridendo con allegra
sincerità, porgendogli il sacchettino.
«G-Grazie,
signora. Arrivederci», rispose nervosamente il ragazzo, sorridendo ed infine
allontanandosi.
Ora avrebbe
solo dovuto trovare il momento giusto per consegnarle quel piccolo pensiero.
Che scusa avrebbe usato? Sarebbe stato palese un suo ulteriore interesse nei
confronti della ragazza, se le avesse fatto un regalo senza nessun pretesto. Da
che aveva memoria, non le aveva mai fatto un regalo, se non per il suo
compleanno – e si trattava comunque di regalarle qualcosa insieme a Brett e
Fluffy! Sentì il proprio cuore cominciare a battere più rapidamente, per via
dell’emozione e dell’agitazione. Avrebbe dovuto trovare a tutti i costi un
momento in cui quel Brian non le ronzasse attorno. Osservò un’ultima volta quel
piccolo pacchetto prima di riporlo in una tasca, ben nascosto ed al sicuro.
Avrebbe
avuto il coraggio di consegnarle quel portachiavi?
Spazio dell’Autrice
…
Ogni volta peggioro, sono sempre più in ritardo. Abbiate pazienza! Un giorno
finirò! Ammesso che non siate già scappati tutti.
Anche
questa volta i colpi di scena sono ben pochi. Abbiamo ancora questo quadro
generale di precarietà, il gruppo non è coeso e, anche se qui è Josh ad avere
più risalto, non dimentichiamo che anche Brett ha le sue preoccupazioni, mentre
Brian ha iniziato a mettere la pulce nell’orecchio a Yoko… Qualcuno di voi è
ancora curioso o vi sto ammazzando?
Ancora
un enorme grazie a tutti coloro che leggono e seguono, spero di non aver perso
per strada le mie recensitrici e do il benvenuto ad Adler12, che ha commentato lo scorso capitolo ^^
*=
chi approda qui sappia che i precedenti capitoli sono stati rivisitati e
corretti. Nulla di sostanziale, revisione stilistica nei punti decisamente
carenti. Lieve modifica è che Josh non cade dal pero al primo capitolo, ma è
già consapevole di provare più di una semplice amicizia per Yoko, anche se di
fatto non lo ammette apertamente nemmeno a sé stesso (da brav’uomo testone e
orgoglioso qual è, non nomina “amore” e altre cose).
Ricapitolando: a fronte di un nuovo
programma di orientamento che coinvolge i potenziali futuri iscritti del
Galaxy, ad ogni team viene assegnato un nuovo membro. Josh, resosi conto che da
tempo nutre per Yoko qualcosa che va ben oltre l’amicizia, non sembra accettare
di buon grado l’arrivo di un certo Brian e nemmeno digerisce il modo con cui
Yoko gli si attacca. Tuttavia, avendo avuto modo di capire che Yoko non sembra
nutrire per lui lo stesso sentimento e che, al contrario, sembra che questo
Brian inizi a piacerle, Josh tende ad isolarsi sempre di più, anche perché non
ha modo di rimanere con lei senza che Brian le stia alle calcagna.
Nel
frattempo, Kirkpatrik offre a Brett una proficua opportunità che però prevede
il suo trasferimento alla Moon Academy, prestigiosa scuola situata sulla Luna.
Il piccolo non vuole parlarne con i propri amici e parenti, consapevole che,
anche non volendo, potrebbero influenzare la sua scelta.
Yoko,
vista la lontananza che avverte da parte dei suoi amici, chiede a Brian di
farle da accompagnatore ad un provino, ruolo solitamente ricoperto da Josh, Brett
e Fluffy, e se ne pente poco dopo, domandando al ragazzo di non farne parola.
Rincuorata poi dal fatto che finalmente Brian e Josh si scambino qualche parola
all’ora di pranzo, non capisce che in realtà i due non sono partiti affatto con
il piede giusto, ma realizza di tenere a Josh più che a qualsiasi amico avesse
mai avuto.
Al
nuovo team viene assegnata una missione di recupero di alcuni campioni di
roccia spaziale e Brian, conscio del fatto che Josh provi qualcosa per Yoko ma
consapevole che il giovane sembri preferire isolarsi piuttosto che tentare di
affrontare la questione, parla con la ragazza e insinua che, se Josh tiene a
lei, glielo saprà dimostrare (immaginando invece che Josh non farà proprio
nulla e segnerà una ulteriore rottura tra i due).
Durante
la missione su Mehrin 8, Josh acquista un piccolo
portachiavi con l’intento di donarlo a Yoko, sebbene non abbia idea di quando
si presenterà l’occasione adatta.
Capitolo
8
Momenti sbagliati
Cominciava
ad odiare i momenti in cui veniva a sapere che il direttore Kirkpatrik lo voleva
nel suo ufficio. Erano da poco tornati dalla missione su Mehrin 8, ma sapeva
benissimo che non aveva nulla a che fare con quello. Avevano già fatto rapporto
e consegnato i campioni.
Temeva di
dover scegliere. Temeva la sua stessa scelta. Cos’avrebbe dovuto fare? Perché
qualcuno non poteva scegliere al suo posto?
Sbuffò
sonoramente, rassegnato all’idea di dover affrontare quella decisione, mentre
con passi pesanti e svogliati percorreva il lungo corridoio ormai semideserto.
Giunto davanti all’ufficio del direttore, prese un grosso respiro prima di
bussare educatamente, attendendo un invito ad entrare.
«Avanti!»,
si udì provenire dalla stanza.
Gli ci volle
tutta la propria forza di volontà per convincersi ad aprire quella porta di legno
scuro.
«Oh, Brett!»,
esclamò l’uomo con un sorriso, entusiasta. «Speravo proprio che fossi tu!
Prego, accomodati», gli disse, indicando una delle sedie poste di fronte alla
scrivania.
«Grazie»,
sbiascicò il ragazzino con ben meno entusiasmo del direttore, immaginando che
gli avrebbe fatto pressione.
«Ho saputo
che la vostra missione su Mehrin 8 è andata a buon fine», iniziò allora l’uomo,
notando un certo disagio del ragazzo. Aveva dato al loro rapporto soltanto una
rapida occhiata, sommerso com’era da tutti quelli delle missioni con i nuovi
membri.
«Oh, sì,
certo. Brian è stato un ottimo collaboratore. Non l’ho controllato per tutto il
tempo, per quello dovrebbe rivolgersi a Yoko, ma la sua presenza è stata
senz’altro positiva», spiegò il giovane.
«Già, mi
pare di averlo visto inserito bene nonostante siano trascorsi pochi giorni»,
concordò Kirkpatrik. «Tuttavia… Mio figlio non sembra essere del tuo stesso
parere, non è vero?», tentennò poco dopo.
Brett rimase
sorpreso. Che lo avesse chiamato in ufficio per parlare del figlio? Eppure non
era da lui, solitamente parlava con Josh in modo diretto.
«Credo che
siano soltanto partiti con il piede sbagliato», azzardò allora. Non poteva
certo dirgli che Josh era diventato schivo con lui e Yoko e che probabilmente
odiava a morte Brian per un motivo a lui ancora ignoto.
«Capisco…»,
rimuginò, scribacchiando qualcosa. «Caro Brett, come immagini, in realtà ti ho
fatto chiamare qui da me per un altro motivo. Si tratta della Moon Academy», annunciò,
cambiando discorso senza soffermarsi troppo a parlare del proprio figlio scapestrato.
Le
preoccupazioni di Brett si erano appena materializzate. Aveva temuto quelle parole,
eppure non poteva sfuggirne.
«Io ed il
Consiglio del Galaxy High abbiamo preso una decisione. Così come il nostro
nuovo programma permette a studenti di altre scuole di visitare la nostra,
conoscerla più da vicino ed eventualmente iscriversi per gli anni futuri,
abbiamo pensato di ospitare qui uno studente della Moon Academy che ti possa
così illustrare il programma della sua scuola. Inoltre, vivendo qui per un
certo periodo di tempo, potrà poi riportare la propria esperienza alla Moon, e
ciò non farebbe che bene alla nostra immagine, oltre che naturalmente aiutarti
e facilitarti nella tua scelta. Che ne pensi? Sarà il miglior studente
dell’istituto», spiegò il direttore.
Brett non
era sicuro di aver ascoltato tutte le parole del direttore, per un attimo gli
parve di non trovarsi nemmeno più in quella stanza, se non fisicamente. «Cioè,
sta dicendo che arriverà una sorta di tutor? Per me?», tentennò, sperando di
aver capito bene le parole dell’uomo.
«Esatto.
Sarà un’occasione perfetta anche per scambiare informazioni, migliorarci e farci
conoscere da una scuola tanto prestigiosa. Non fraintendermi, Brett.
Naturalmente il nostro scopo è agevolarti nella tua scelta. Vogliamo che tu
possa avere i migliori chiarimenti ad ogni tua domanda. E chi meglio può
svolgere questo ruolo, se non uno studente della stessa Moon?», si spiegò il
direttore, in un misto di enfasi per l’opportunità che aveva il Galaxy High e
di dispiacere per la potenziale perdita del suo studente modello.
«Certo,
certo, capisco», balbettò Brett, che forse soltanto ora cominciava a metabolizzare
le parole del direttore. Apprezzò che almeno cercasse di metterlo nelle
condizioni migliori per la sua scelta e che non preferisse tenerlo all’oscuro
di tutto pur di averlo ancora al Galaxy.
«L’arrivo
del loro miglior studente è fissato per dopodomani, Brett», gli comunicò.
Il ragazzino
parve svegliarsi. «Dopodomani?», ripeté, incredulo. «Direttore Kirkpatrik, io…
Vede, c’è un problema», tentennò. «Josh e Yoko non sanno che potrei andarmene».
ཉ
Fluffy
sbadigliò rumorosamente. Avevano fatto ritorno sulla Terra soltanto da un paio
di ore e avevano già fatto rapporto, eppure Brett era già sparito e il piccolo
cucciolo cibernetico si era appisolato sul tappeto.
Josh sbuffò.
Seduto sul bordo del letto, si prese il volto tra le mani e poggiò i gomiti sulle
ginocchia. Era riuscito a riposare appena un po’, ma poi i pensieri nella sua
mente si erano fatti più forti di prima, costringendolo ad abbandonare l’idea
di dormire. Tirò fuori dalla tasca il ciondolo che aveva comprato su Mehrin 8 e
si diede dell’idiota.
Non era un
oggetto personale quanto un gioiello, ma da quando in qua le faceva regali? Consegnarglielo
sarebbe significato indubbiamente dichiararsi alla ragazza che amava, ma con
che faccia tosta sarebbe andato da lei a fare una cosa del genere, sapendo che
alla ragazza molto probabilmente di lui non importava granché?
“Io con il mio leader? Mai! E poi se
voglio diventare famosa ho bisogno di trovare qualcuno che sia più promettente,
che abbia successo!”,
ricordò.
Si rigirò il
portachiavi tra le mani ancora per qualche minuto prima di accorgersi che
Fluffy non stava più dormendo, ma, al contrario, lo stava fissando,
interessato. Un amaro sorriso si fece largo sul viso di Josh, che prese il
portachiavi per l’estremità e lo mostrò al cucciolo.
«Ti piace?»,
gli chiese.
Il piccolo
non mancò di rispondere con i suoi versetti robotici, sorridendo e scodinzolando.
«Ti dirò un
segreto, Fluffy, ma devi promettermi di non rivelarlo a nessuno», disse con
voce grave il ragazzo, il cui sorriso si era ora fatto più spontaneo e sincero
e che osservò, divertito, il mutare dell’espressione dell’amico,
improvvisamente fattosi serio. Una promessa abbastanza stupida, in realtà, dal
momento che a capirlo era soltanto lui.
«Questo
ciondolo l’ho preso per Yoko. Eh già, la nostra Yoko, l’avresti mai detto? Ma
non credo affatto che lei ricambi e, inoltre, con quel Brian sempre tra i
piedi, non saprei nemmeno quando darglielo», spiegò, tornando a fissare la
piccola stella.
Fluffy lo
aveva ascoltato senza perdere una parola. Lui stesso provava affetto per i suoi
compagni di squadra, nonché i suoi padroni, ma era solito dimostrare
apertamente il proprio attaccamento a quel gruppetto strampalato, e le parole
di Josh perciò gli suonarono strane e quasi prive di senso. Si mise sulle zampe
posteriori e, con la bocca, afferrò svelto il ciondolo, correndo poi verso la
porta ed aprendola prima che Josh riuscisse ad impedirglielo. Lui stesso gli
aveva insegnato ad alzarsi su due zampe ed a ruotare la maniglia, non si
sarebbe dovuto stupire.
«Fluffy, che
stai facendo?», gridò il moro, correndogli dietro.
Inutile
precisare che il robotino era ben più veloce di lui e che, nonostante il
corridoio fosse sgombro al punto da agevolargli la corsa senza dover mostrare
particolare agilità, non riuscì comunque a raggiungerlo.
«Fermati,
Fluffy, torna qui!», gridò nuovamente, con tono più duro, sperando erroneamente
che in quelle parole riconoscesse un ordine al quale obbedire immediatamente.
Il cagnolino
continuava a correre imperterrito, alla ricerca della propria meta, senza voler
sentire ragioni. Arrestò la propria corsa soltanto quando si trovò di fronte
alla stanza interessata.
Quando Josh
fu abbastanza vicino da riconoscere la porta della stanza di Yoko si sentì
gelare. Gridò ancora a Fluffy di fermarsi, ma quello era già su due zampe,
intento a far girare la maniglia. Il ragazzo si era fatto abbastanza vicino alla
porta da essere proprio davanti ad essa mentre questa veniva aperta.
Si svolse
tutto in pochi secondi, che tuttavia bastarono a Josh per maledire Fluffy per
aver scelto un momento tanto inopportuno.
Yoko era
appena uscita dal bagno comunicante con la sua camera da letto. Dopo la missione
e dopo aver fatto rapporto, aveva optato per una rilassante doccia rigenerante,
peccato che la avesse appena terminata e che proprio in quel momento stesse
tornando in camera avvolta soltanto da un lungo asciugamano bianco, mentre i
capelli ancora bagnati gocciolavano acqua sul pavimento. Non aveva avuto il
tempo di realizzare quanto stava accadendo, aveva sentito una voce gridare a
Fluffy di fermarsi, ma poi la porta si era aperta di scatto, rivelando appunto
il cucciolo e un Josh trafelato piombato sulla soglia un attimo dopo.
Per un solo
secondo erano rimasti immobili a fissarsi, poi Josh aveva afferrato Fluffy
prima che potesse entrare nella stanza e correrle incontro e aveva chiuso la
porta con uno scatto fulmineo. Dall’altra parte, Yoko era corsa a far scattare
la serratura per impedire che qualcuno la riaprisse.
«Dio, Yoko
scusami!», iniziò a ripetere Josh, imbarazzato e mortificato, mentre strappava
il portachiavi dalla bocca di Fluffy e se lo ricacciava in tasca.
La giovane,
nella stanza, urlava come un’ossessa. «Che diavolo vi è venuto in mente? Io
almeno busso prima di entrare in camera vostra! Vi sembra questo il modo!?»,
continuava a gridare, paonazza. Il cuore quasi le martellava in gola per
l’imbarazzo.
«Ti prego,
ti prego, ti prego, perdonami! Non so cosa sia preso a Fluffy», tentò di giustificarsi
il moro, imbarazzato almeno quanto lei.
Dall’altra
parte, Yoko era seduta sul pavimento con la schiena poggiata alla porta. Si
passò una mano sul viso, cercando di contenere la rabbia e la vergogna. Non era
stato intenzionale, si ripeteva. Fortunatamente, nessuno aveva potuto vederla
dal corridoio.
«Fate in
modo di non essere lì fuori quando mi sarò data una sistemata, o giuro che vi
uccido!», sentenziò, lapidaria.
I due
raggelarono. Avrebbero fatto bene a scomparire, se ci tenevano alla pelle.
«Fluffy, non
farlo mai più!», gli intimò il padrone prima che si incamminassero. Non voleva
sgridarlo troppo pesantemente, in fondo aveva capito che lo aveva fatto a fin
di bene, tuttavia era anche vero che il cucciolo non aveva rispettato l’ordine
di fermarsi. E nemmeno aveva avuto l’accortezza di bussare.
Sbuffò
sonoramente, pensando alla figuraccia che aveva fatto con Yoko. Sarebbe riuscito
a guardarla in faccia senza sentirsi in imbarazzo? Si disse, però, che era
anche vero che non aveva visto nulla di sconveniente. Una frazione di secondo
dopo si ritrovò ad ammettere che Yoko fosse stupenda in qualsiasi modo si
presentasse. Arrossì violentemente ripensando a come i capelli sciolti le
ricadessero sulle spalle nude e a come la sua figura risaltasse nonostante fosse
avvolta dal pesante asciugamano. Si diede immediatamente dell’idiota e si
impose di darsi un contegno, aveva appena rischiato di fare un gran casino.
Sfortunatamente,
nel tragitto preso per tornare in camera, incrociò il suo acerrimo rivale,
pronto a metterlo alla prova.
«Kirkpatrik»,
lo chiamò, prima che fosse troppo lontano per sentirlo.
«Che vuoi,
Bobby?», gli rispose stancamente l’altro, mantenendo un certo distacco. Non
aveva davvero voglia di dargli corda.
Il castano
gli si avvicinò, avendo l’accortezza di parlare più a bassa voce. «Non mi dirai
che la vostra nuova matricola mette i bastoni tra le ruote a te e a Yoko, eh?»,
lo canzonò, divertito. Aveva sempre pensato che tra i due si nascondesse
qualcosa, ma poiché ogni volta smentivano con molta calma, aveva rinunciato ad
insistere per metterli in imbarazzo e anzi, aveva continuato proprio con il
puro intento di infastidirli.
«Dici? Io
farei più attenzione a Toby, se fossi in te», gli
suggerì il moro, ricambiando lo stesso sorriso malizioso e dandogli un colpetto
con il gomito.
Da quanto
nel loro team era arrivata una nuova ragazza, il trio aveva subito legato con
lei, ma Josh aveva notato che quando questa si faceva un po’ troppo vicina a
Bobby, Toby non la prendeva troppo bene. Ricordava di
averla vista rispondere male a Bobby prima di andarsene, quello stesso giorno
in mensa.
«Non sono
affari tuoi», tentò di difendersi il ragazzo, colto alla sprovvista, con il
viso in fiamme.
«Allora non aggiungere altro, se non vuoi
metterti in difficoltà», lo canzonò Josh, divertito, prima di riprendere a
camminare, mentre anche Fluffy sogghignava.
«Hai visto,
Fluffy? Pensava di prenderci in giro», scherzò.
Tornato
nella propria stanza, ebbe la premura di nascondere il portachiavi in un
cassetto. Prima o poi avrebbe trovato il modo di consegnarlo a Yoko, si disse.
Sospirò e si voltò verso Fluffy, che lo guardava senza capire. «Vedi…. A te
sembra normale dire sempre le cose come stanno, ma… Ecco, noi esseri umani
siamo più… Complicati», tentò di spiegargli, grattandosi la nuca. «E stupidi»,
ammise, chinando il capo.
ཉ
Al solo
pensarci, il cuore le batteva ancora all’impazzata. Come poteva essersi
catapultato nella sua stanza così all’improvviso, senza nemmeno bussare? Cercò
di darsi una calmata, in fondo era stato un incidente, Fluffy non aveva certo
intenzione di metterla in imbarazzo di proposito e non poteva certo immaginare
che la ragazza fosse appena uscita dalla doccia. Prese un profondo respiro,
sperando la aiutasse a calmare i nervi. Si affrettò a vestirsi, lasciando
invece che l’asciugamano che aveva avvolto come un turbante le asciugasse i
capelli ancora per un po’. Si lasciò cadere sul letto, pensierosa. Deglutì a
fatica quando con la coda dell’occhio notò che il volantino giallo acceso dei
provini per Romeo e Giulietta era ancora lì, sulla sua scrivania. Perché non
l’aveva ancora buttato? Josh avrebbe potuto vederlo…
Uno strano
senso di inquietudine la invase, facendola sentire in colpa. Era trascorsa
ormai una settimana e l’insieme di impegni le aveva fatto quasi dimenticare la
faccenda, dal momento che, inoltre, non si aspettava nemmeno di aver ottenuto
la parte e preferiva non pensarci. Era riuscita egregiamente a non far emergere
l’accaduto di fronte ai compagni, di fronte a Josh, ed a mantenere la sua
facciata allegra e spensierata. Non era altro che uno stupido provino, ma
l’idea che i due potessero venire a sapere che lei non li avesse coinvolti le
faceva venire voglia di sotterrarsi. Si maledisse per essersi a sua volta
allontanata, per non aver detto nulla a Brett e Josh quella mattina, per non
avere mai il coraggio di fermare il moro quando lo vedeva allontanarsi. Sciolse
il nodo dell’asciugamano ed iniziò ad usarlo per massaggiarsi la testa, ancora
pensierosa. Come un fulmine a ciel sereno, le balenò nella mente un’idea che
aveva quasi dimenticato, nonostante da tempo l’avesse proposta al direttore
Kirkpatrik. Gli occhi le brillarono. Sì, era quello che ci voleva.
Angolo dell’autrice
La
miriade di impegni mi ha fatto finire gli aggiornamenti di questa storia nel
dimenticatoio. Non nego che sia difficile trovare il tempo per scrivere, e che
spesso se trovo il tempo ho l’ispirazione per scrivere altre cose, ma questa
storia merita un finale e vi giuro che prima o poi arriverà.
La
faccenda si complica, non tanto per le vicende in sé ma perché questo
progressivo allontanamento si sta quasi facendo sempre più radicato da entrambe
le parti, se prendiamo in considerazione Yoko e Josh. Lei, che ancora si
colpevolizza per quel famoso provino, e lui, che in fondo cerca di
riavvicinarsi. E che cosa avrà in mente la nostra Yoko? Per quanto riguarda
Brett, poi, sembra che sia davvero giunto il momento di affrontare la questione
con i suoi compagni di squadra.
Potrebbero
sembrare un po’ codardi, ma sinceramente li trovo solo degli adolescenti pieni
di pare mentali.
Spero
di poter aggiornare presto, ma non prometto nulla ed è proprio meglio che non
lo faccia… Un enorme grazie a chi legge ed eventualmente commenta, sperando ci
sia ancora qualcuno ^^ Le mie recensitrici le ho
perse per strada, ma spero di ritrovarle, un giorno.
Dopo
quell’imbarazzante incidente, Yoko e Josh si erano ignorati per tutta la
mattinata successiva, sforzandosi di non incrociare i reciproci sguardi e di
non finire inavvertitamente a camminare vicini. Non che per Josh fosse già così
difficile cercare di ignorare lei e Brian, ma per Yoko la questione era del
tutto nuova. L’idea di allontanarsi ulteriormente dall’amico la faceva sentire
in colpa, ma nel contempo non sarebbe stata capace di reggere l’imbarazzo.
Tuttavia, una volta giunti nella mensa della scuola, dovettero necessariamente
affrontare il faccia a faccia. O almeno sopportarlo.
«Non credevo che le
lezioni della Roskoff fossero così pesanti», esordì
Brian, massaggiandosi una spalla mentre, cauto, muoveva il braccio. L’unico
sport in cui era solito dilettarsi era il calcio e, pertanto, non era abituato
a simili allenamenti ed esercizi.
«Ti ci abituerai»,
intervenne il biondo, dandogli una amichevole pacca sulla spalla.
«Credimi, di solito
è peggio», si sbilanciò inaspettatamente Josh, il quale di solito preferiva
limitarsi a restare in silenzio quando l’intromissione in una conversazione
significava rivolgere la parola a Brian. Era però doveroso ammettere che negli
ultimi giorni si fosse abituato a sopportarne la presenza.
«Peggio di come è
stata oggi!? Allora questa scuola non fa per me!», esclamò, atterrito.
«Rilassati»,
intervenne Yoko. «Come ha detto Brett, avrai il tempo di abituartici».
«Non saprei»,
mugugnò l’altro in risposta, masticando un boccone.
ཉ
«Ragazzi! Ho
bisogno di parlarvi!»
Di fronte alla
porta della stanza dei due compagni, Yoko attendeva quasi trepidante. Aveva raccolto
tutto il coraggio di cui era capace per affrontare nuovamente Josh, nonostante
a mensa non fosse stato poi così complicato averlo accanto.
Era già passata
nell’ufficio del direttore per insistere ancora sull’argomento e, nonostante
sulle prime l’uomo si fosse mostrato abbastanza restio, doveva riconoscere di
essere riuscita a persuaderlo in poco tempo. In fondo, al posto suo, anche lei
si sarebbe preoccupata di dare un’immagine poco seria del Galaxy. Tuttavia,
alla fine il direttore aveva dovuto ammettere che l’idea della giovane non
fosse affatto male.
Bussò nuovamente.
«Ragazzi?»
«Sì, sì, arrivo!»,
la voce di Brett le arrivò quasi scocciata.
Aprì la porta,
stropicciandosi un occhio.
«Brett! Ti ho
disturbato? Mi dispiace…», si affrettò a rispondergli, mortificata.
«Figurati. Vieni
dentro», la rassicurò, aprendo di più la porta e lasciandole lo spazio per
entrare.
Yoko non poté fare
a meno di guardarsi attorno. «Josh non c’è?». Aveva bisogno che lì ci fossero
entrambi.
«È andato a…»,
Brett si bloccò di colpo. Alle spalle di Yoko, sulla soglia, era appena
arrivato Josh, che, dopo essersi accorto di aver dimenticato alcuni attrezzi,
aveva dovuto nuovamente abbandonare la sua amata moto. Piombare in camera e
trovarvi la ragazza lo sorprese.
«Yoko!»
La ragazza sobbalzò
nel sentirsi chiamare dalla voce del giovane proveniente proprio da dietro di
sé. Si voltò di scatto e se lo trovò più vicino di quanto credesse, incrociò i
suoi occhi e il cuore che iniziò a martellarle nel petto la fece sentire più a
disagio che mai. Che fosse per l’azzurro dei suoi occhi o per l’imbarazzo
dovuto all’incidente, non avrebbe potuto dirlo.
«Come mai qui?».
La domanda
dell’amico la riscosse. «Oh, bene! Avevo bisogno di tutti e due!».
Josh allora si
arrese, chiudendo la porta della stanza e andando a sedersi stancamente sul
bordo del proprio letto, imitato da Brett, mentre Yoko prendeva posto alla
scrivania del moro.
«Vi comunico in
anteprima una buona, buonissima notizia!», esordì la giovane, raggiante, di
fronte ad un pubblico che però la guardava scettico.
«Andiamo, cosa sono
quelle facce?», si incupì poi.
«Non so quanto
credere che si tratti di una così buona notizia, Yoko», si lasciò andare ad un
commento un po’ pessimistico il biondino.
«Onestamente
nemmeno io, ma ammetto di essere un po’ curioso», osservò invece il più grande,
mentre Fluffy si sedeva sul tappeto ai piedi del letto pronto ad ascoltare la
notizia della sua amica.
«Vi si deve sempre
trascinare, non vi fidate nemmeno un po’? Vi farò ricredere!», riprese
fiduciosa. «Dunque! Ho tartassato per un po’ tuo padre, Josh, ma alla fine ha
ceduto. In effetti non lo biasimo, ma fortunatamente ha deciso di darci il via
libera», iniziò a spiegare.
«In realtà non ci
sarebbe da stupirsi», la interruppe Josh. «Mio padre fa tanto il sostenuto, ma
in verità ti adora. Potresti anche proporgli di dimettersi e potrebbe quasi
darti ascolto, non mi meraviglia se alla fine cede e dà il via alle tue
proposte».
La giovane si stupì
di quell’intervento. Era vero, alla fine le sue proposte venivano accettate, ma
sentirsi dire che il direttore l’adorava le faceva uno strano effetto. Il padre
di Josh aveva una buona opinione di lei, e non seppe se si sentì avvampare
perché di fatto poteva dirsene lusingata o se a farle fremere le mani fosse la
parentela con l’amico.
«Beh, quindi?»,
esordì Brett, incitandola a continuare.
«Quindi», riprese
lei, sulle prime appena titubante. «Avevo questa idea da tempo, ma
effettivamente il programma di orientamento per i nuovi studenti mi ha dato una
motivazione in più», fece una pausa a effetto. «Per questa domenica il
direttore Kirkpatrik ci ha permesso di organizzare una festa in piscina!»,
esordì, alzandosi in piedi per l’entusiasmo.
Brett e Fluffy si
scambiarono un’occhiata e imitarono immediatamente il comportamento raggiante
dell’amica. «Davvero? È una grande idea!», esclamò il biondo, gli occhi che
brillavano.
«Trovi? E voi che
non vi fidavate di me».
«Certo, tutto molto
bello, ma, ah-ah, io me ne starò volentieri a casa, grazie», esordì Josh, che
al contrario degli altri era praticamente sbiancato.
«Josh, ma che
dici?», lo ammonì il più piccolo.
«Non starete parlando
seriamente, mi auguro! Io odio dovermi immergere completamente nell’acqua, lo
sapete benissimo, e non potete davvero sperare che sarò dei vostri!», esclamò,
in un tono che non ammetteva repliche, mentre lo sguardo sembrava per lo più
terrorizzato.
L’incidente che
aveva avuto da bambino lo aveva traumatizzato e lo segnava tuttora. Deglutì a
vuoto al pensiero dell’imbarazzo che aveva provato quel giorno.
«Andiamo, Josh!»,
cercò di farlo desistere Yoko, con scarso successo.
Probabilmente Yoko
era proprio l’unica, in realtà, ad avere una chance di fargli cambiare idea.
«Non essere
infantile, dopotutto tu stesso avevi superato questa paura, ricordi? Per
salvarci in quella missione ti sei buttato in acqua…», gli fece notare Brett.
«Certo, perché si
trattava di salvare voi, non di
trascorrere una giornata a mollo», ribatté il moro.
«Nemmeno in questo
caso, infatti. Puoi rimanere ad abbronzarti a bordo piscina», gli suggerì di
nuovo il biondo.
«Brett ha ragione,
Josh! Non fare l’asociale, sarà una giornata divertente e ci saranno sicuramente
tutti», lo sostenne Yoko. «E poi, che i nuovi arrivati si iscrivano o meno,
sarebbe bello farli sentire inseriti, non trovate?»
Josh fissava i
volti dei due, che si erano fatti speranzosi, e il muso del piccolo Fluffy, che
con le zampe anteriori si era puntellato al bordo del letto. Si ritrovò a
maledire sé stesso e il suo lato compassionevole, ma l’idea che nel comprendere
i nuovi arrivati fosse incluso anche Brian gli fece serrare i pugni per la
rabbia ed assumere una strana smorfia. Soprattutto se si figurava una Yoko in
bikini proprio accanto a quel tizio…
«Devo pensarci,
ok?», cedette infine, consapevole che quel categorico rifiuto che aveva
ostentato fosse già andato a farsi benedire.
«Grande!», aveva
gridato Yoko prima di gettargli le braccia al collo. «Josh è dei nostri!»
«Ehi, non ho detto
questo!», tentò di difendersi il moro, cercando di contenere l’imbarazzo per il
gesto spontaneo della giovane.
«Ma in realtà sarà
un sì», commentò anche Brett.
«Oh andiamo!»
Josh pareva quasi
sconsolato, mentre anche Fluffy saltava sul letto e gli si strusciava contro.
«Che ne dite allora
se domani, dopo le lezioni, andiamo a fare un po’ di shopping? Non so voi, ma a
me farebbe comodo un costume… E poi si potrebbero prendere palloni gonfiabili e
altre cose», si mise a rimuginare Yoko, scostandosi da Josh, con la mente già
proiettata alla domenica.
Alla parola
costume, Josh rabbrividì impercettibilmente, mentre era un’altra la parola che
aveva fatto gelare il sangue nelle vene di Brett.
«Ragazzi…», intervenne,
con tono serio. «Dovrei… Ecco… In verità, c’è una cosa che devo dirvi…»,
tentennò, con lo sguardo basso.
Pensare a cosa
avrebbero potuto fare il giorno seguente lo aveva inevitabilmente riportato
alla realtà dei fatti, al momento che aveva temuto più di tutti. Aveva dormito
male tutta notte, con il ricorrente incubo di vedere i suoi amici voltargli le
spalle o arrabbiarsi con lui. Come avrebbero reagito?
«Che cos’è
successo, Brett?», domandò Josh poco dopo, con aria seria e pacata, intuendo
che si trattasse di qualcosa di grave.
Anche Yoko si
ricompose, spostando lo sguardo su entrambi i compagni senza riuscire a
nascondere una certa preoccupazione.
«È da quando sono
arrivati i nuovi studenti che… Che il direttore Kirkpatrik mi ha informato di
una cosa», ammise, conscio del fatto che fosse trascorsa più di una settimana
dal loro arrivo. Brett prese un profondo respiro, guardando per un attimo le
espressioni serie dei compagni di fronte a lui. Un tale ritardo aggravava
sicuramente la sua posizione, ne era consapevole, e non poté che sentirsi in
colpa di fronte a quelle espressioni preoccupate.
«Si tratta di… Di
una proposta di una nuova scuola. Una scuola davvero prestigiosa, la Moon
Academy, che come immaginerete si trova sulla Luna», spiegò, prendendo tempo.
«E… Arriverà addirittura una sorta di tutor, proprio domani, per aiutarmi…»
«Aiutarti a fare
che…?», intervenne Josh, alzando un sopracciglio, senza capire esattamente dove
volesse arrivare il giovane, oppure temendo già il possibile scenario, come una
sorta di presentimento.
«Aiutarmi a
scegliere se… Se iscrivermi alla Moon Academy, l’anno prossimo, e non terminare
qui al Galaxy il mio percorso di studi», sentenziò.
Josh trattenne il
fiato e fu sicuro che anche Yoko, accanto a lui, aveva reagito allo stesso
modo. Anche il piccolo Fluffy si era irrigidito, accanto al padrone.
«Ma… Brett…», aveva
provato a dire la ragazza, ma lo stupore era ancora troppo. Deglutì a vuoto al
pensiero che l’amico, potenzialmente, non avrebbe continuato con loro i suoi
studi. Si sarebbe dovuto trasferire, non sarebbe più stato in squadra con loro.
Era un’ipotesi che l’aveva spiazzata.
«Perché non ci hai
detto niente, Brett?», gli domandò Josh. Non c’era alcuna ombra di accusa nella
sua voce, tutt’al più il dispiacere di non averlo potuto aiutare, di non aver
permesso all’amico di condividere quel peso con lui.
Ma era la domanda
che Brett temeva più di tutte.
«Perché… Perché
avevo paura», ammise, e i suoi occhi verdi si fecero quasi lucidi, privi del
coraggio di guardare in volto i propri amici. «Non volevo che… Non
fraintendetemi, so che avrei dovuto parlarvene, ma…»
«Brett…», pronunciò
Yoko, in un sussurro, dispiaciuta nel vederlo così scosso. Per quanto
intelligente, capace e abile, era pur sempre un ragazzino di undici anni. Ed
era un suo amico, un caro amico. Tese una mano verso di lui, ma non ebbe il
coraggio di raggiungerlo davvero.
«Volevo prendere
questa decisione da solo», confessò, alzando il capo. «Lo so che avrei potuto
contare sul vostro appoggio, e mi pento di non avervene parlato, ma… Ne va del
mio futuro e non volevo che le persone a me care potessero influenzarmi. Non lo
sanno nemmeno i miei genitori», spiegò, con voce appena tremante.
«Brett… Brett, non
dire così, non hai nessuna colpa», intervenne la ragazza, con tono
accondiscendente. Non avrebbe potuto biasimare la sua scelta, per quanto la
ferisse non averne saputo nulla, ed era sicura che lo stesso valesse per Josh.
La giovane si voltò
verso Josh soltanto per un attimo e lo trovò con un’indecifrabile espressione
intento a fissare l’amico.
«Non ce l’avete con
me?», domandò il biondo, titubante.
«Certo che no!», si
affrettò a rispondergli Yoko.
«Anche… Anche se
potrei andar via?», proseguì, sentendo la propria voce tremare. L’ultima cosa
che voleva era perdere i propri amici e pensare che potessero avercela con lui
era un’idea tanto stupida quanto terrificante.
Yoko gli sorrise
nel modo più dolce e rassicurante che conosceva, nonostante sentisse i propri
occhi inumidirsi. «Non ce l’avremmo mai con te. È una scelta importante, non
potremmo mai importi di restare solo per noi».
«Quindi era per
questo… Che in tutti questi giorni eri stanco, assente e pensieroso»,
intervenne Josh, con tono piatto, basso, quasi roco. Mentre lui si faceva mille
problemi per l’arrivo di quel Brian, Brett aveva convissuto con una simile
decisione da prendere, con un tale peso addosso, che la sua causa gli sembrò la
più futile. «Avrei dovuto capire che c’era qualcosa…»
«No, Josh!»,
esclamò il piccoletto. «Sono io che non ho mai voluto che saltasse fuori… Non
volevo che vi preoccupaste e… Non volevo che trascorressimo le ultime settimane
con l’idea che potessero essere le nostre ultime missioni insieme e…», la voce
a quel punto gli si incrinò tanto da non poter nascondere un singhiozzo.
Josh si alzò dal
letto senza dire una parola e raggiunse Brett in pochi passi. Si inginocchiò di
fronte a lui per far sì che fossero quasi alla stessa altezza e lo abbracciò.
Un gesto così inusuale, per lui, che lasciò Brett basito, ma poi ricambiò a sua
volta l’abbraccio dell’amico.
Brett era qualcosa
di petulante e fastidioso, con quell’aria da saccente che aveva certe volte, a
guardarlo dall’alto in basso come se fosse così strano che lui non sapesse
certe cose, e sapeva irritarlo così in fretta, soprattutto al mattino. Ma era
un suo compagno di squadra e, in tutto il Galaxy, Josh non aveva un amico
migliore di lui.
Yoko rischiò di
scoppiare in lacrime di fronte a quella scena. Che litigassero era la norma, ma
che dimostrassero il reciproco affetto era così inusuale. Sorrise, intenerita
dal piccolo Brett che cercava di non lasciarsi vincere dalle lacrime e che
sembrava più vulnerabile di quanto avrebbe mai voluto dare a vedere o
ammettere.
Dopo qualche attimo
Josh si staccò. Gli scompigliò i capelli, com’era solito fare quando lo
prendeva in giro. «Fai la tua scelta, nanerottolo», gli disse semplicemente,
prima di alzarsi e dirigersi verso la porta della stanza, uscendo dalla camera
senza aggiungere altro.
«Josh…»
Yoko tentò di
fermarlo, ma la porta si era già richiusa. Non avrebbe potuto prevedere una sua
reazione, ma sapeva interpretarle.
«Credo che… Volesse
dirti che, indipendentemente dalla scelta che farai, lui per te ci sarà
sempre», spiegò la giovane, con lo sguardo ancora fisso sulla porta, prima di
voltarsi a guardare il piccolo Brett che sorrideva, con le guance umide ed
arrossate. Sorrise anche lei. «Vale lo stesso per me».
ཉ
Attraversò i
corridoi con grandi falcate.
Si era lasciato
mettere da parte per troppo tempo. Aveva lasciato che, per una ragione o per
l’altra, Brett restasse solo, con i suoi timori a circondarlo, mentre lui non
aveva fatto che isolarsi a sua volta e riempirsi di paranoie. Aveva perso
tempo. Lui e Yoko avevano perso il tempo che avrebbero potuto trascorrere con
Brett.
Giunto a
destinazione, non bussò nemmeno.
Vide il direttore
sobbalzare sulla sedia girevole alla sua entrata improvvisa nel suo ufficio.
«Josh! Potresti
almeno avere l’educazione di bussare», lo ammonì l’uomo, ma il figlio parve non
sentirlo.
«Perché non mi hai
detto nulla?», Josh quasi gli urlò in faccia quando si posizionò di fronte alla
scrivania.
«Detto nulla
riguardo a cosa?», gli domandò di rimando l’altro, alzando un sopracciglio,
mentre riponeva alcuni dei fogli che aveva appena compilato.
«Di questa cosa di
Brett», sentenziò il giovane, questa volta in attesa di qualcosa che fosse una
risposta vera.
L’uomo sospirò
pesantemente, intuendo che il piccolo Brett avesse finalmente affrontato i suoi
compagni e avesse parlato loro della Moon Academy. Una situazione difficile,
doveva riconoscerlo.
«Josh, calmati. Non
potevo certo dirvelo io», si difese l’uomo con tono pacato. Capiva che il figlio
fosse semplicemente arrabbiato e frustrato, lo vedeva nei suoi occhi.
«Quante probabilità
ci sono che accetti davvero quella proposta?».
Questa volta la
voce di Josh non era dura o pretenziosa.
«Non si può parlare
di probabilità, Josh. Dipende da lui. Per il suo futuro, è un’opportunità che
non dovrebbe lasciarsi scappare», si limitò a spiegare, sapendo che quella
fosse una circostanza complicata per tutti e tre i membri del team.
Cercò gli occhi del
figlio, affinché comprendesse. Si alzò dalla sedia, in modo da essere alla sua
stessa altezza, e gli mise una mano sulla spalla, nel modo più comprensivo
possibile. «Non lasciatevi sconfortare, Josh. Non vedo così spesso team uniti
ed affiatati come il vostro. Saprete superare la lontananza».
Angolo
dell’autrice
Che io
ricordi, la Roskoff era l’insegnante di
investigazione, ma non credo mancasse di fare anche qualcosa come difesa
personale (la tipetta con i capelli corti e rossicci e lo sguardo abbastanza
severo, in stile se mi guardi un’altra
volta ti ribalto). L’incidente di Josh e la sua fobia dell’acqua sono veri,
così come il fatto che si fosse tuffato in un pianeta senza terra ferma per
andare a soccorrere Yoko e Brett. Qualcosa ancora me lo ricordo, dai xD E scherzi a parte, credo che Kirkpatrik fosse davvero un
fan di Yoko.
Questo
capitolo mi ha messo più in crisi di quanto credessi, ci ho messo davvero tanto
a terminarlo… A ogni battuta mi bloccavo, sarà che il capitolo era già mezzo
scritto da tempo immemore e per continuarlo mi sembrava di non trovare la
giusta sintonia con tutto il resto…
Ad
ogni modo, ta-daaan. I primi veri accenni di rottura,
l’incubo di distruggere il team che diventa a poco a poco più concreto. Ora
anche Yoko e Josh sanno cosa ha impensierito tanto il piccolo Brett, inutile dire
che ci sono rimasti abbastanza male. E voi? Nonostante l’idea del piscina party,
spero sia giunta anche a voi un po’ di angoscia qui, sul finale.
Spero
di riuscire a scrivere presto il resto… E spero che questa cosa continui ad
appassionarvi almeno un po’. Grazie a tutti quanti i lettori silenti ed anche ad
Anais_Pond_Williams
e MisaDom99 (spero di aver scritto
bene i vostri nomi) per aver inserito questa storia nelle preferite ^^