Il ritorno di Artù

di YomiCrazy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 ***
Capitolo 2: *** Cap.2 ***
Capitolo 3: *** Cap.3 ***
Capitolo 4: *** Cap.4 ***
Capitolo 5: *** Cap.5 ***
Capitolo 6: *** Cap.6 ***
Capitolo 7: *** Cap.7 ***
Capitolo 8: *** Cap.8 ***



Capitolo 1
*** Cap.1 ***


MACCIAU!
Questa è la mia prima long su Merlin, ambientata nel futuro, in una resurrezione dell’asino di corte!
Siate carucci se volete recensire! Se trovate orrori vi obbligo a farmeli notare! Se trovate anche degli errori  negli avvertimenti o note, recensione che sono negata nel metterli!
Mi auguro sia di vostro gradimento.
Buona lettura!






 
Era da un po’ che quella ragazza lo stava fissando.
La cosa strana non era il fatto che una normale ragazza stava fissando un normale vecchietto, ma era strano il fatto che in qualunque locale lui andasse per fuggire dai suoi smeraldi, lei era li.
Lunghi boccoli le scendevano sulla bianca schiena liscia e nuda dalle vesti rosse, verdi, nere che indossava, facendo di quelle curve un motivo di sensualità e voglia impossibile a cui resistere. Le gambe lunghe e snelle finivano sempre in un paio di tacchi alti e luccicanti, brillantanti, vellutati che la rendevano slanciata più di quanto le serviva. Merlino l’aveva osservata come lei aveva osservato lui. Quel piccolo naso sembrava quasi un tocco d’arte poggiato su due labbra sempre colorate di rosso intenso e sospeso sotto due enormi occhi di color smeraldo. Due enormi occhi che gli ricordavano qualcuno.
Lei.
Morgana.
Dopo la morte di Artù, Merlino aveva continuato a vivere per tener forte quel regno che assieme avevano creato. In cui assieme avevano sperato. Ma il tempo era passato. Gli anni era trascorsi lunghi e lenti, i suoi occhi avevano visto l’essere umano continuare a combattere per la sopravvivenza e nello stesso tempo modernizzarsi, mentre la magia si affievoliva sempre più. Ormai non c’era quasi più traccia di sacerdotesse, stregoni, druidi, draghi e compagnia varia. Merlino aveva visto tutto questo sparire sotto il suo naso, assieme ad Artù, Gaius, Ginevra e tutti i cavalieri sopravvissuti alla guerra di Camlann.
Ma lei le ricordava quell’unica donna che era riuscita a destabilizzarlo più del dovuto. Lei le ricordava quegli occhi smeraldo che sul lago di Avalon si erano spenti senza poter far nulla per impedirlo. Lei le ricordava quella donna che era diventata un mostro per colpa sua.
“Hai intenzione di fuggire ancora da me, Emrys?” non si era accorto che la mora si era avvicinata al tavolo davanti a cui era seduto, con sopra poggiati una scodella di patatine ed un alcolico che aveva tutta l’aria di un succo di frutta.
“Non dovresti bere certe bombe alcoliche alla tua età.” Continuò la ragazza sorridendo, sedendosi davanti al vecchio mago barbuto.
“Come fai a…”
“Sono come te.” Gli disse, allungato le dita bianche e snelle smaltate di verde come le pietre preziose che aveva negli occhi lungo la sua rugosa mano tremante.
Merlino si guardò intorno, poi fissò ancora la ragazza.
La maglietta verde brillantata le copriva solo il petto, lasciando la pancia scoperta con in bella mostra un piercing infilato nell’ombelico. La minigonna nera era piuttosto mini, ma le calze color carne non facevano  veder nulla ad occhi indiscreti. Le gambe finivano in alte scarpe nere con delle borchie situate sul tacco, simili a quelle incastrate nella cintura che reggeva la gonna sui fianchi larghi e morbidi.
Merlino fissò il suo viso. Quando una ciocca le cadde sugli occhi, il suo viso sembrò quasi arrossire al vedere quelle dite bianche spostarla di lato, lasciando le palpebre sbattere sensualmente.
“Usciamo di qui?” gli disse sorridendo, mostrando i denti sotto le carnose labbra rosse.
Merlino le fece di sì con la testa, ancora incastrato all’interno di quegli smeraldi.
Uscirono dal locale, lei seguita da lui, camminando lungo la costa inglese fino alla spiaggia. Il mago notò subito che la donna lo stava portando sotto il pontile di legno che si ergeva su un’ala di spiaggia fino a raggiungere il mare.
“Dove stiamo andando?” chiese, quasi sospetto.
“Hai intenzione di rimanere un vecchio rugoso anche davanti ad un ragazza?” rispose lei, sorridendo poggiandosi ad uno dei pali di legno che reggevano il vecchio ponte.
Merlino si guardò un po’ intorno, non voleva usare i suoi poteri per una cosa futile come quella, ma lo sguardo magnetico della ragazza era fisso su di lui. E non voleva non essere all’altezza di esso.
Dopo qualche parola ed un cambio di colore delle pupille del mago, la lunga tunica rossa che ormai non si usava più venne sostituita da un jeans nero stretto con una catenella che partiva dalla cinta e finiva in una tasca, una maglia a maniche corte bianca ed un paio di scarpe da ginnastica sobrie. La lunga barba ed i lunghi capelli bianchi lasciarono posto ad un viso liscio e neri capelli corti. Merlino era tornato giovane. Era tornato il ragazzo che millenni prima aveva servito senza rimpianti il giovane re Artù. Era tornato il ragazzo che aveva pianto da solo davanti l’imbarcazione che portava il corpo di Artù sul lago di Avalon.
“Nyx.” La ragazza si sedette sulla sabbia, sorridendo. “Il mio nome.”
“Notte.” Disse il giovane mago, fissandola.
“Mia madre amava il latino.” Concluse fissando il cielo blu costellato di lucine bianche.
“Come fai a conoscermi?” Merlino si guardava bene dalla giovane che aveva davanti. Era la prima volta che incontrava qualcuno magico come lui dopo tanto tempo.
“Ho letto le leggende Arturiane.
Ho letto di te.
Ed una notte ti ho sognato.” La ragazza portò le gambe al petto, stringendole forte. Sembrava quasi di malumore.
“Ci sono nata con questo dono. Penso provenga da mia madre, ma mia zia non mi parla mai di lei.” Merlino si sedette accanto alla ragazza, fissando i boccoli che si muovevano a ritmo del vento.
“Tua zia?” chiese, notando come la marea si teneva lontana da loro due.
“Mia madre morì quando nacqui. E di mio padre non so assolutamente nulla, però mia zia non mi ha mai fatto mancare niente, sono felice con lei.” Rispose la ragazza, girandosi e sorridendo a Merlino che si perse ancora nei suoi occhi.
“Ti ho cercato perché pensavo che potessi aiutarmi.” Nyx avvicinò il viso al ragazzo, sbattendo le palpebre in segno di completo bisogno.
“In cosa potrei aiutarti.” Commentò Merlino, arrossendo per poi allontanarsi un po’.
“A controllare e migliorare la mia magia.” Fece lei sorridendo alla reazione del mago.
Merlino ci pensò un po’ su. C’era qualcosa in quella ragazza che lo turbava. Forse per la grande somiglianza a Morgana, forse per la grande facilità con cui lei si era avvicinata, ma non poteva negare ad una giovane il suo aiuto. In passato aveva fatto grandi errori e da essi aveva imparato molto. Non poteva e non doveva creare una nuova Morgana.
“Ho delle cose che potrebbero interessarti.” Nyx si alzò, togliendosi la sabbia attaccata alle calze per poi tornare verso la terra ferma. Merlino la seguì e quando ella si infilò le scarpe, entrambi si avviarono verso la cittadina.
 
**
 
“Abito qui.” Nyx indicò un bar all’angolo di un alto palazzo di vetro. Era situata in mezzo alla cittadina, vicino ad uno degli incroci principali. Sul cartello vi era scritto Witch coffe. Sembrava quasi una strana coincidenza.
“Lo penso anche io. E’ strano come nell’insegna compare la parola Strega.” Merlino tirò su le spalle, seguendola all’interno del locale.
Tavolini rotondi erano circondati da sedie di legno ricoperte di tessuto morbido, mentre agli angoli vi erano i classici divanetti intorno a rettangoli di tavolo. Il bancone lungo aveva da una parte sedie rotonde e dell’altra macchinari per il caffè e bottiglie piene di liquidi colorati. Tazzine, bicchieri, presine e teiere erano sparse su lunghi scaffali di cristallo. Una porta bianca era aperta verso l’interno del locale e da essa veniva un’intensa luce.
“Mia zia.” Gli sorrise lei, indirizzandosi verso di essa. Solo allora Merlino sentì un dolce profumo di lavanda provenire dalla pelle candida della ragazza. Un misto fra la pianta e odore di bosco al mattino. Un profumo dolce che allo stesso tempo lo riportò ai ricordi di Camelot, quando correva fra i cespugli del bosco appena fuori il castello, in cui aveva protetto Artù in mille battaglie.
“Nyyyyyyyyx, mia cara, pensavo non tornassi più!” Benché la ragazza potesse avere più o meno 25anni o giù di lì, notò Merlino, la zia l’abbracciò preoccupata come se avesse appena ritrovato la figlia sedicenne che aveva deciso di fare la trasgressiva.
“Ei, zia..” la ragazza sembrava soffocare fra le enormi braccia della cicciottosa zia barista, infilata in un vestito lungo e rosa a fiori gialli che la copriva fino a metà gamba, con alla vita un grazioso grembiulino  bianco che recava l’insegna del bar.
“Hai portato un ragazzo, finalmente, sono così fiera di te!” Nyx cercava in tutti i modi di raggiungere la maniglia di una seconda porta poco lontano da quegli abbracci affettuosi.
“Già, lui è..”
“E’ un piacere conoscerti, ma guarda come sei bello!” La cicciottosa zia si era tuffata sugli zigomi a punta del giovane mago, mentre la ragazza sospirava e riprendeva aria.
“Vedete di non far i furbi, eh!” La donna sembrava contenta alla vista della nipote con un bel tipo vicino, ignara sicuramente di quello che i due erano in realtà.
“Già, zia, noi preferiremo..” La ragazza venne fermata da un secondo abbraccio, dato con molta tenerezza. Merlino sentì come la donna aveva in tutti questi anni amato e protetto Nyx. Come fosse sua figlia.
“Andiamo?” La ragazza tirò Merlino per la maglia sorridendogli, mentre la zia si allontanava verso il locale, forse per chiudere definitivamente la porta.
“Ti vuole bene.” Disse solo, seguendola su per le scale dell’edificio.
“E’ la mia unica parente.” La stanza della ragazza era sobria. I colori andavano dal verde al bianco ed il resto era semplice. Sugli scaffali erano presenti solo libri dell’epoca storica, soprattutto sulla leggenda di Artù.
“Re in passato e Re in futuro.” Disse Nyx notando come Merlino fissava un libro con su scritto The Arthur’s legend.
“Ti sei informata molto su quello che successe.” Commentò il moro, girandosi verso la ragazza.
Nyx confermò, sdraiandosi sul grande letto matrimoniale colmo di peluche macabri.
“Quinto scaffale a partire dalla destra della finestra. Troverai qualcosa che potrebbe interessarti.” Merlino girò subito lo sguardo a cercare ciò che la ragazza gli aveva indicato. Un libro con una rilegatura d’oro colpì la sua attenzione.
“E’ un libro di magia!” Esclamò. “E’ molto simile a quello che usavo io a Camelot.”
“Credo sia una copia di quello. L’ho illegalmente acquistato da alcune persone.” Commentò la ragazza sedendosi di nuovo sul letto.
Merlino rimase ancora incantato da quegli occhi. I boccoli seguivano tutto un loro modo e sembravano incorniciare quel pallido viso.
“Cosa sei capace di fare?” Chiese allora il mago.
Nyx girò lo sguardo per la stanza, fermandolo su un pezzo di carta. Gli occhi le si illuminarono d’oro ed essa prese fuoco. Subito dopo, esso si spense.
“Cose del genere. Niente a che fare col tuo enorme potere, Emrys.” La ragazza si alzò dal letto, camminando verso il moro. Merlino la vide avvicinarsi, sensuale e nello stesso tempo minacciosa.
“Sei stato tu ad uccidere Morgana, vero?” Prese il libro dalle mani del ragazzo, mentre esso indietreggiava attaccando le spalle al muro.
“Come fai a…” La ragazza avvicinò le labbra al collo del mago che subito la respinse.
“Fermati!” La guardò fissa negli occhi, notando come una nota d’oscurità prendeva piede su quei magici smeraldi.
“Avresti potuto stringere un’alleanza con lei e uccidere così Artù Pendragon.” Le parole di Nyx non sembravano più le dolci richieste di una strega alle prime armi. Erano qualcosa di più. Una minaccia.
“Chi sei in verità?” Chiese Merlino, pronto a difendersi se ella si fosse mai degnata di attaccarlo.
“Artù è risorto. E tu sai dove si trova essendo il suo fedele servitore. Dimmelo!” Il mago spalancò gli occhi. Artù era risorto? Perché lui non ne sapeva nulla?
“Ucciderò il Re di Camelot e completerò ciò che Lady Morgana non è riuscita a fare tempo indietro!” Gli occhi di Nyx divennero color oro e Merlino venne catapultato addosso agli scaffali della stanza. Solo allora si rese conto che il passato avrebbe potuto riprendere vita. Alzò il viso, guardando la strega avvicinarsi.
“Swefe Nu!” Gli occhi cambiarono da celeste in oro e Nyx si ritrovò stesa a terra, mentre Merlino scappava dalla porta verso l’uscita del Bar.
 
**
 
Erano passati pochi giorni dallo scontro con Nyx. Merlino sentiva la sua presenza e ciò che lo preoccupava era il potere della ragazza. Non sapeva quanto potesse esser forte ma una cosa era certa: aveva gli stessi pensieri di Morgana.
Artù è risorto ricordò Merlino, ancora e ancora. Se così era, perché lui non aveva sentito la presenza del suo principe? Perché non lo aveva ancora trovato?
Merlino.
Nella testa del mago la voce di Kilgarrah spazzò via tutti i suoi pensieri.
Artù risorgerà quando Avalon ne avrà bisogno.
“Kilgarrah…” Sussurrò il giovane mago, alzandosi dalla panchina del parco su cui aveva deciso di riposare.
Un sesto senso gli pizzicò la mente. Qualcosa verso il lago di Avalon lo chiamava.
“Artù…” Sussurrò ancora.
Il re lo stava chiamando.
Il moro si guardò attorno per orientarsi e poi si mise a correre verso la tomba del suo padrone. Verso la tomba del suo Re. Verso la tomba del suo amico.
“Artù!” Urlò ancora sulle rive del lago, guardando l’isola da lontano. Uno specchio d’acqua divideva lui dalla persona che aveva aspettato da anni. Corse verso il pontile che nel tempo l’uomo aveva costruito per unire l’isola alla terra ferma, cercando di fare più in fretta possibile.
“Artù!” urlò ancora. Ma del ragazzo non vi era traccia. Merlino boccheggiava sulla riva, deluso dal non intravedere la testolina bionda che per anni aveva protetto. Si sedette sull’erba fresca, dove millenni prima aveva abbracciato il corpo freddo di Artù. Non capiva.
“Merlino, non sei cambiato affatto, già ti riposi?” Il moro alzò il viso di scatto, sentendo quelle parole. Davanti a lui un ragazzo dalle vesti bagnate lo guardava con le labbra chiuse in una smorfia. Il Re era tornato.
“Artù…” disse Merlino, alzandosi.
“No Merlino.” Rispose il biondo quasi scocciato. Il mago sorrise, sperando che le lacrime non lo tradissero.
Aveva aspettato millenni e finalmente lui era tornato.
Artù era tornato. 

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Capitolo 2
*** Cap.2 ***


Ciau a tutti!
Finalmente sono riuscita a scrivere questa seconda parte, spero veramente di non andare troppo OOC, in tal caso, avvertitemi che rimedio subito!
Questo capitolo si differenzia in quanto è scritto a momenti.
Si parte da quando sono già entrati nella casa e poi si ritorna alla riva sul lago di Avalon e così via. Mi divertiva una cosa del genere e spero che mi sia riuscita bene.
Buona lettura!

 
 
 
 
 
“Merlino, ho fame!”
Era da qualche ora che il più grande mago di tutti i tempi aveva ripreso a sorridere.
“Quanto ci metti? Sei il peggior servo di sempre!”
Erano passati millenni, sembrava quasi non ricordare più come si facesse, ma in quelle ultime ore la cosa era nata spontanea.
“Ce l’hai fatta Merlino.”
 
**
 
Il ragazzo si alzò dal terreno, strusciando i pugni chiusi contro le palpebre umide. Il sole del pomeriggio di quel 15 Febbraio illuminava la pelle bianca del giovane Re.
“Sire… Siete tornato..” Merlino si avvicinò all’amico, ma prima che potesse abbracciarlo, il biondo alzò le mani come per difesa.
“Woh, Merlino, fermo.” Il mago lo guardò strano come millenni prima aveva fatto all’interno del castello di Camelot.
“Pensavo…”
“Merlino, da quando tu pensi?” Il moro allargò le labbra in un sorriso, seguito da quello di Artù.
“Avete freddo?” Chiese Merlino, allontanandosi dalla riva del lago.
“Perspicace.” Rispose Artù, seguendo l’amico.
“Non siete cambiato affatto, Sire.” Commentò il moro, sorridendo ancora scuotendo la testa.
“Cambiato?” Merlino si girò alla domanda posta da Artù.
“Sono passati millenni dall’ultima volta che avete solcato queste terre.” Artù face una smorfia interrogativa.
“Merlino, hai sbattuto la testa? Solo ieri abbiamo combattuto la guerra a Camlann.” Il mago solo allora si accorse che per il suo Re gli anni non erano mai passati. La magia aveva riportato nel mondo dei viventi Artù come se n’era andato. Come se non fosse mai morto. Come se avesse dormito per tanti anni.
“Merlino ti ho fatto una domanda.”
“Sire, meglio che mi seguiate. Ve lo spiegherò strada facendo.” Artù sbuffò, ma seguì il suo fedele servitore.
La storia che egli raccontò non fu quella più bella e dolce del mondo. Il giovane Re venne a sapere ciò che realmente era accaduto.
E cioè, che lui era morto.
I mille profumi che invadevano il naso del biondino sembravano come vita vera entrargli nelle vene. Il lungo ponte di legno che passava sul lago di Avalon portò i due ragazzi sulla terra ferma, sulla strada, nella città. Ciò che gli occhi blu cielo di Artù videro, non era boscaglia, cavalli legati ad un tronco e cavalieri di Camelot felici di rivedere il loro Re. Ma enormi mostri fatti di metallo che sfrecciavano mille volte più veloci di un cavallo su strade larghe e piene di linee bianche. Enormi edifici che si ergevano fino al cielo. Merlino notò subito la faccia di Artù alzata verso l’alto con quell’espressione da asino reale che solo lui era capace di fare.
Sorrise.
I biondi capelli si muovevano a passo col vento, come paglia, sembravano quasi oro, sembravano respirare, erano tornati vivi come la persona che li possedeva.
Le carnose labbra andavano a formare parole come “Wow”, “Cos’è quello?”, “Merlino ho freddo”, “Quanto manca?” e forse qualche altra lamentela, ma niente rendeva Merlino più felice del suo Re che lo scherniva come faceva tempo indietro.
 
**
 
“Cos’è?” Artù avvicinò il viso al piatto, cercando di sentire l’odore di ciò che era presente sulla tavola davanti a cui era seduto.
“Pizza.” Merlino sapeva perfettamente che quello non era un pasto da Re, ma in quel momento non aveva nient’altro in casa. La sua vita per millenni era passata da una casa all’altra, da un bar all’altro ed il frigo era rimasto costantemente vuoto. Come la sua vita.
“Mangiate. Non è veleno.” Artù sbuffò un po’.
“E come pensi che debba mangiarla? Hai dimenticato le forchette.” Merlino rise. Ovviamente Artù non sapeva come mangiare una pizza.
“E’ facile, Sire.” Merlino prese il coltello che aveva precedentemente poggiato sulla tavola e tagliò la pizza in parti uguali. “Ed ora, assaporatela usando le mani.” Sorridendo, il ragazzo indietreggiò, lasciando il biondo solo davanti al tavolo.
Artù guardò male il piatto. Come il resto della tavola. Era tutto diverso da come Merlino imbandiva la tavola a Camelot. Sotto i piatti, invece del tavolo, era presente del tessuto bianco con dei disegni di color oro. I bicchieri non erano più a calice, erano più bassi e di cristallo trasparente. Una caraffa, anch’essa di cristallo trasparente, era presente sul tavolo riempita d’acqua ed una bottiglia nera teneva una scritta sulla pancia con in risalto la parola “Vino”. Un piccolo bouquet completava il tutto, ma i fiori non sembravano veri. Non emanavano, infatti, nessun tipo di odore.
“E’ triste.” Aprì il discorso Artù, assaporando la pizza.
“Come dite?” Merlino tornò in quella stanza quando il suo Re parlò. La mente in quei pochi minuti aveva viaggiato sulla figura del biondo seduto sulla sedia di quella piccola sala da pranzo nel monolocale. Ci viveva da qualche mese, non era male come posto. L’ubicazione era divisa in quattro stanze, una classica camera da letto, un bagno, una cucina ed una piccola sala da pranzo. Artù era seduto al centro della sala, un divano era appoggiato al muro e davanti ad esso era presente un televisore che subito il giovane Re notò appena il mago l’aveva acceso.
Merlino, è un’altra delle tue magie? Aveva chiesto guardando le immagini scorrere dietro il vetro dell’apparecchio. Il moro sapeva che Artù non si era mai abituato alla sua magia, forse per colpa del poco tempo che egli aveva vissuto con la conoscenza di essa.
“Questa… casa. Sembra priva di vita.” Merlino sospirò.
Sono stato privato della mia vita il giorno della tua morte, pensò.
“Artù, sono vecchio.” Disse il ragazzo, fissando il Re negli occhi.
Artù lasciò la fetta di pizza nel piatto e poi poggiò la testa sul palmo delle mani.
“Merlino, siediti.” Il mago lo fissò, sbalordito.
“Artù..”
“Sono il tuo Re.”
“Sire, io sono solo il vostro servo. Continuerò a servirvi, perché questo è il mio destino.”
Artù non capiva. Perché un mago con tutto quel potere, era così fedele a lui? Perché un mago così potente continuava ad essere al suo servizio, anche se non era più il Re di Camelot?
“Tu sei Re in passato e Re in futuro, Artù.” Il biondo girò il viso, sospirando.
“La mia magia è al tuo servizio.” Il ragazzo prese la fetta di pizza che aveva lasciato e se la portò alle labbra. Merlino gli aveva mentito per molti anni, ma non lo aveva fatto per cattiveria. Ricordava ancora le parole di quel giorno nel bosco.
Non volevo mettervi nella situazione di scegliere.
Scegliere se mettere al patibolo o meno la sua vita, in quanto praticante di magia.
“Merlino c’è una cosa che non capisco. Perché sono l’unico ad essere tornato in vita?” Il mago lo fissò negli occhi. Pensava sicuramente a Ginevra.
Quando Avalon ne avrà più bisogno, Artù risorgerà.” Recitò Merlino. “La tua terra ha ancora bisogno di te. Ha bisogno del suo Re.”
“Merlino, non sono più il Re.”
“Sbagliate.” Lo interruppe subito il moro, alzandosi per prendere il piatto vuoto. “Voi, come ho già detto tempo indietro, siete Re una volta e Re in futuro.” Merlino sparì nella cucina, lasciando Artù seduto nella piccola ma accogliente sala.
“Non rivedrò mai più Ginevra?” Il mago nella cucina poggiò sconsolato il piatto nel lavabo. Artù non la vedeva dall’inizio della guerra. E non l’avrebbe più rivista.
“No Artù.” Commentò solo, sospirando.
“La tua magia … Non può farmela rivedere?” Il tono del Re era sempre più malinconico. Merlino sapeva quanti anni aveva passato ad amarla in silenzio.
“Mi spiace, Sire.”
 
**
 
“Merlino, lo sai che tutto ciò non è adatto ad un Re?” Artù non aveva smesso di lamentarsi neanche un minuto da quando aveva ricominciato a camminare sulle terre di Avalon. Merlino non sentiva quella soave musica di scherni verso la sua persona da millenni e gli era mancato moltissimo.
“Venite, vi preparo un bagno caldo.” Il mago aprì la porta del bagno, facendo cenno al suo Re di entrarvi.
La stanzetta che Artù vide non fu di certo di suo gradimento. Uno specchio era posizionato sopra una strana fontanella di ceramica che aveva due manopole rispettivamente ai due lati. Una era dipinta di rosso, una di blu. Accanto vi era il classico water e qualcos’altro che sembrava una scodella, sempre di porcellana. Ciò che lo colpì fu la grande vasca bianca e quadrata che era attaccata al muro di quel bagno azzurro, proprio come gli occhi di Merlino.
“Vado a prendervi degli asciugamani, aspettate qui.” Detto questo, il moro uscì dalla stanza.
Non sarà molto difficile, pensò Artù, avvicinandosi alla vasca. Notò subito dei disegni presenti all’interno di essa. Sembravano delle papere.
Non credevo che Merlino avesse questi… gusti, pensò ancora, guardando poi le manopole. Come quelle della fontanella, anche queste erano una blu ed una rossa. Artù girò la manopola blu, guardando l’acqua uscire dal tubo nella vasca. Con un sorriso compiaciuto, si tolse la maglia fissandosi allo specchio. Solo allora notò come sul fianco sinistro vi era una lunga cicatrice. La fissò intensamente. Quella proveniva dall’ultimo scontro con uno dei suoi più fidati cavalieri: Mordred.
“Artù.” Il biondo si girò, guardando Merlino. Il ragazzo teneva in mano degli asciugamani lunghi e bianchi che davano l’idea di essere molto morbidi.
“Mordred.” Disse soltanto il Re, poggiando la maglia sporca e umida su quella che lui credeva fosse una fontana di ceramica. “Dovevo fidarmi di te.”
Merlino si avvicinò al ragazzo, toccando con le dita la cicatrice. Sotto quel tocco il Re tremò un’istante. Quell’istante durò abbastanza a lungo per far capire al suo servo ciò che provava.
“Venite.” Gli disse, cercando di spazzare via i brutti pensieri dalla mente di Artù. “La vasca è quasi piena, finite di spogliarvi.” Merlino si piegò sulla vasca, prendendo un flacone di sapone. Solo allora si accorse dell’acqua fredda che scorreva lungo la superficie bianca.
“Sire…” Artù si girò, fissando l’amico.
“Avete aperto l’acqua fredda.” Continuò, sospirando.
“Non c’è un fuoco da accendere?” Disse lui, poggiando i pantaloni sulla maglietta.
Merlino sospirò ancora, pensando al fatto che Artù non conosceva quasi nulla di quel tempo e che lui era stato proprio una testa di fagiolo a non avvertirlo.
“In questi tempi l’uomo si è evoluto ed ora basta girare la manopola rossa per far uscire l’acqua calda.” Gli spiegò in modo molto semplice, chiudendo l’acqua fredda.
“Come al solito sei una testa di fagiolo.” Gli disse il biondo scherzando, facendo ridere anche Merlino.
“Ed ora?” Chiese Artù, incrociando le braccia al petto.
Merlino fissò l’acqua fredda, aprendo il palmo davanti ad essa. “Onhaet tha waeter.” Uno sbrilluccichio provenne dagli occhi del moro e dall’acqua cominciò ad innalzarsi del fumo. Artù si avvicinò alla vasca, sentendo come essa era diventata più calda. Il mago abbassò il viso, aspettando la reazione del suo Re.
“E’ strano.” Disse Artù, ricordando ciò che disse Merlino la sera in cui aveva acceso il fuoco in sua presenza sempre grazie alla magia.
“Già.” Concluse l’altro, scambiandosi di ruolo.
Entrambi rimasero in silenzio e poi Merlino uscì dalla stanza, lasciando Artù a farsi il bagno, sovrappensiero.
 
**
 
“Ed è così che il mio mito continua a vivere nella mente delle persone?” chiese Artù, sfogliando un libro che portava il nome Arthur.
“Esatto”, rispose il moro, riposizionando il tavolo ad un lato della stanza.
“Qui sono grasso!” disse, indicando un’immagine sul grande libro rilegato di cuoio rosso che aveva poggiato fra le gambe incrociate, seduto sul divano marroncino.
“Sire…” cominciò Merlino, “Se ricordate bene, avevamo aggiunto un buco alla cintura.”
“Esatto.” Rispose lui, chiudendo il libro. “E ricordo perfettamente come avevi promesso di tenerlo segreto e poi l’hai spifferato durante la cena.” Il biondo alzò il braccio che teneva in mano il libro e lo lanciò addosso al mago che fuggi dietro la porta della cucina, sghignazzando come solo millenni prima aveva fatto.
 
**
 
“Sire, vi ho preparato il letto.” Cominciò Merlino, spuntando dalla camera. Artù si alzò dal divano, lasciando la televisione accesa. Non si era ancora abituato al telecomando ma ciò lo appassionava moltissimo.
“A quanto pare, la televisione è di vostro gradimento.” Artù fece un cenno con la testa, per poi entrare nella stanza. Davanti a lui vi era un letto ad una piazza, con le coperte blu con sopra disegnati dei soli sorridenti. Vicino ad esso un comodino dello stesso colore del parquet con due cassetti ed una lucina.
Già, Merlino glielo aveva spiegato, le candele erano state sostituite dall’energia elettroqualcosa.  Ora bastava spingere un bottoncino per avere o meno la luce durante le ore buie.
In quella triste stanza solo l’armadio faceva da Re. Enorme e pieno di specchi si ergeva sul parquet, staccando quei colori e quella poca armonia che regnava nella stanza.
“Merlino, stai scherzando.” Disse, indicando le lenzuola.
“Non vi accontentate mai.” Rispose a tono il ragazzo, incrociando le braccia al petto.
“Merlino… Sono il Re.” Commentò, sottolineando la parola Re.
Merlino alzò gli occhi al cielo e poi fissò le coperte. Gli occhi cambiarono colore e la stessa cosa fecero le coperte. Divennero di un rosso vellutato, adatto ad un Re.
Artù si sedette soddisfatto, fissando il pigiama da Merlino offerto. Come i vestiti che indossava, anche quello venne allargato grazie alla magia, in quanto il suo fisico non era uguale a quello di Merlino.
“Buona notte, Sire.” Merlino si girò, ma la voce del Re lo richiamò subito.
“Dove dormirai?” il moro si guardò attorno.
“Sul divano. E’ comodo.”
“Ne sei sicuro?” Artù si alzò, avvicinandosi al ragazzo.
“Artù, vi state preoccupando per me?” chiese Merlino, sorridendo.
“Merlino, non dire cavolate.” Commentò il Re, sorridendo. Il mago si girò, uscendo dalla camera.
“Merlino.” Il moro si girò, fissando il volto del biondo dalla fessura della porta. “Grazie.”
Il ragazzo sorrise, guardando la porta chiudersi davanti al suo viso. Quella sera avrebbe lasciato il suo Re dormire tranquillo, per poi metterlo in guardia il giorno dopo.
Anche lui, dopotutto, voleva che quella serata finisse tranquilla.
Era tornato.
Artù era finalmente tornato.

 

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Capitolo 3
*** Cap.3 ***


Salvino salvetto!
Ed eccomi al terzo capitolo di questa mia idea strappastraopposa(?)
Volevo informarvi che le coppie che trovate nella descrizione sono solo accennate e che quindi non ci saranno robate fra nessuno dei personaggi.
In questo capitolo cerco di spiegare più o meno la mia idea, rimescolando parecchie carte scoperte nell’ultima stagione di questo telefilm.
Se vi va, potete farmi sapere cosa ne pensate, nei capitoli successivi aggiungerò molte altre particolarità, ma i pensieri di altre persone fanno sempre comodo!
Se trovate orrori siete pregati di farmeli notare!
Buona lettura!!

 
 
 
 
 
 

Sotto quelle nuvole grigie e piene di pioggia, il lago di Avalon non aveva più l’aria di un posto tranquillo ed accogliente. Forse non aveva mai avuto quell’aspetto, ma quel giorno, quel maledettissimo giorno, sembrava quasi che il mondo stesse per piangere. Le acque quiete e stabili sembravano creare uno strato su cui si poteva camminare, il vento non osava soffiare, era fermo, stabile, zitto, come le piante e gli animali.
La natura stava dando il suo ultimo saluto a lui.
Artù Pendragon.
“Merlino. Per quanto un uomo possa conoscere il suo destino, alcune vite sono state predette.” Kilgarrah alzò il muso dal terreno, fissando gli occhi celeste cielo del giovane mago davanti a lui che teneva stretto fra le mani il corpo immobile del biondo vincitore di guerra.
“Non posso lasciarlo morire, lui è mio amico!” Le lacrime scendevano lente, scendevano cocenti, scendevano acide sugli zigomi pronunciati di quel ragazzo alto, moro, forte ma allo stesso tempo esile.
Il drago fissò ancora una volta gli occhi pieni di lacrime di Merlino. Era giunta la sua ora e ciò lo rammaricava. Non poteva star accanto a colui che aveva avuto per molti anni un destino pesante e complicato sulle spalle, ma che era riuscito a portarlo a termine senza problemi.
“Addio, giovane mago. E’ stato un piacere ed un onore conoscerti.” Gli occhi di Kilgarrah esprimevano tutto ciò che il suo cuore stava provando. Le pupille lucide non davano spazio a pensieri che non fossero lacrime. Si alzò in volo, sotto il volto bagnato del ragazzo che aveva servito per anni.
Si alzò in volo, lasciando il mago guardare il volto di Artù ormai privo di vita.
“Artù…” Proferì Merlino, fissando il biondo.
“No…”
 
**
 
“Artù!” Il moro si rizzò seduto sul divano, con la fronte gocciolante di sudore e gli occhi lucidi. Il ricordo della morte del suo Re disturbava il suo sonno da molti anni ormai e ancora non ci aveva fatto l’abitudine. Si strinse nella spalle, facendo scivolare quella lacrima che proprio non voleva saperne di rimanere ferma, per poi asciugarla con la coperta.
Artù.” Sibilò ancora, tirando su col naso.
 Si alzò dal divano, avvicinandosi alla porta della camera, per poi aprirla un pochino. Il biondo era lì, sotto le coperte rosse, che dormiva, che sonnecchiava, vivo.
Ciabattò fino ai cardini del letto, notando le labbra carnose e rosee chiuse dolcemente, con un rivolo di bava che scendeva dal lato della bocca fino al cuscino gonfio e morbido. Lui era lì, era tornato, nessun brutto sogno poteva più portarglielo via.
Il lenzuolo si alzava e si abbassava a ritmo del respiro di Artù e, anche se stupida come cosa, rendeva il cuore di Merlino caldo e vivo. Vivo come non lo era stato da anni. Le lacrime che volevano uscire erano di gioia. Gioia di ritrovare quei giorni di Camelot persi. Gioia di riavere il suo amico lì, con lui.
“Merlino.” Il moro alzò gli occhi, notando come quelli blu del biondo lo stavano fissando.
“Termiti.” Mormorò il mago, battendo con le mani sul legno della struttura del letto. Artù alzò un sopracciglio. Erano passati millenni, ma Merlino non riusciva ancora a trovare scuse buone da usare.
“Termiti.” Ripeté Artù. 
“Oh, sì. Non vorrei che le gambe del letto cedessero.”
“Merlino.” Artù si girò sbuffando, sotto il sorrisetto del mago. Era incredibile come niente fosse cambiato. Come Artù non dimostrava differenza di comportamento nei suoi confronti ora che sapeva che faceva uso della stregoneria.
“Portami la colazione.” Merlino si avviò verso la porta, entrando in cucina. Ora che erano passati anni non poteva semplicemente alzarsi e prepararsela? No. Certo che no. Non sarebbe stato lo stesso. E poi ora aveva meno compiti da fare. Niente stalle da pulire, cavalli da nutrire, armature da lucidare e stanza da… No. Le stanze erano ancora da sistemare.
“Quanto ci metti, Merlino!” Il ragazzo aprì il frigorifero, prendendo il cartone del latte con due uova. Poggiò un piatto con un bicchiere su un vassoio e si aiutò con la magia per sistemare le cose.
Quella piccola ma accogliente cucina ne aveva viste di fantasie in quegli ultimi giorni. Angolo cucina e fornellini attaccati alla parete, davanti ad un bianco tavolino ed una finestra ad un lato che dava su un balcone collegato con la sala.
Questa dovrebbe piacergli, pensò, prendendo una mela ed aggiungendola al tutto.
Uscì dalla stanzetta tornando nella camera, dove il ragazzo lo aspettava ancora sdraiato.
“Artù, se non vi alzate…”
“Lo sto facendo.”
Merlino sospirò, poggiando il vassoio su una mensola dell’armadio, per poi togliere la coperta da sopra al corpo di Artù.
“Merlino… Fa freddo!”
“Mi avete fatto preparare la colazione, ora vi alzate!” Il biondo venne preso dalle braccia e trascinato a terra dall’amico, mentre sbuffeggiava qualcosa di incomprensibile.
“Ti farò mettere alla gogna.” Disse Artù alzando un braccio verso l’alto, come indicare che comandava ancora lui.
“Certo.” Rispose Merlino sorridendo. “Dopo aver finito la colazione.” Prese di nuovo il vassoio e lo portò nella sala, costringendo Artù ad alzarsi dal pavimento per seguirlo.
 
**
 
“Merlino!” Artù si rizzò dal pavimento, dopo che un gran rumore aveva lasciato spazio ad un terremoto mentre il mago nella sala spostava le braccia da davanti il viso, che aveva messo per proteggersi dalla polvere. La porta dell’appartamento era uscita dalle viti e si era schiantata ai piedi di Merlino. Nyx apparve sulla soglia, con un sorriso bianco avvolto da lunghi boccoli neri. Gli stessi boccoli che aveva Morgana quel giorno nella grotta, quando l’aveva incastrato al suo interno senza poteri.
“E quindi è qui che ti nascondi, Emrys.”
Sentirla pronunciare il suo nome gli ricordò Morgana. Quel disprezzo, quelle labbra inarcate, quegli occhi smeraldo.
Era lei.
Morgana.
“Merlino che …” Artù si fermò vicino all’amico. Davanti a lui Nyx. Così snella, così bella, così Morgana.
“Artù, andiamo via.” Merlino prese il biondo per un braccio, tirandolo dentro la cucina, chiudendo la porta. Sapeva che ciò non l’avrebbe fermata, ma era un inizio. Sapeva anche che era venuta per lui. Per Artù.
“Quella era… Morgana?” Artù era scombussolato. I risvegli non erano il suo forte e Merlino non era capace mai di dagliene uno decente.
“No Artù, credo sia una sua discendente.” Si precipitò alla finestra, aprendo gli infissi per sbucare sul balcone.
“Che cosa vuole?” Il biondo seguiva l’amico fedelmente. Non doveva dimostrare paura, ma la preoccupazione non frenava.
“Te.” Rispose il mago, sentendo la seconda porta andare in frantumi.
“Non fuggirai con lui, Emrys!” Nyx comparve sul balcone, puntando le mani verso i due ragazzi.
“Hleap on baec!” I due finirono a terra sotto gli occhi scintillanti della ragazza, che si avvicinava sempre più velocemente ai due corpi. Artù fissò il passo svelto della donna e si girò verso Merlino.
“Merlino, veloce, fai qualcosa!” Il moro alzò la testa, facendo volare Nyx contro le grate del balcone, facendole sbattere la schiena contro di esse.
“Svelto Artù!” I due si alzarono, rientrando dalla finestra che Merlino aprì con la magia, uscendo di corsa dalla porta, finendo in strada, dove la gente spaventata si mise a guardarli.
“Mi sento un’idiota.” Sbuffò Artù, guardandosi il pigiama bianco a strisce blu.
“Abbiamo altri problemi, ora.” Lo corresse Merlino, indicando il balcone su cui la ragazza era intenta a curarsi il dolore alla spina dorsale.
Re e Servo corsero per la città, entrando in uno dei parchi pubblici. Merlino cambiò d’abito ad entrambi appena arrivati sull’erba fresca, dove si sedettero per riposarsi. 
“Ora sai perché Avalon ha bisogno di te.” Aprì il discorso Merlino, cercando di calmare il fiato.
“Non puoi semplicemente fermarla con la tua magia?” Chiese Artù, fissando i bambini giocare allegramente su strutture di platica.
“E’ la vostra battaglia Artù. E’ la vostra terra. Vi ha chiamato perché ha bisogno di voi.” Il ragazzo si avvicinò all’amico, sorridendogli. Artù sbuffò, ripensando al massacro che era accaduto nella battaglia di Camlann.
“Non voglio che accada ancora.” Merlino fece una faccia interrogativa all’affermazione di Artù. “Non voglio altri morti. Questa guerra la dovrò chiudere io.” Erano passati millenni. Ma ciò che si era predetto era vero. Artù era Re in passato e Re in futuro. La sua bontà non era cambiata di una virgola.
“Artù, i miei poteri sono al vostro servizio.” Disse Merlino, fissando l’amico. Artù per risposta gli sorrise, sapendo che al suo fianco era presente qualcuno di affidabile e forte.
“Sarebbe stato più facile per entrambi, se me lo avessi detto.” Il biondo sbadigliò, ripensando alla colazione persa.
“Morgana non doveva sapere chi ero. E nello stesso tempo ho potuto proteggervi meglio.” Artù pensò che alla fine era vero. Ma ci era rimasto comunque male. Erano amici, giusto?
“Ci ha seguiti.” Merlin alzò il viso in direzione opposta alla loro. Nyx era ferma accanto ad una giostrina per i bambini, intenta a fissarli giocherellando con una ciocca di capelli.
“Dobbiamo affrontarla.” Disse Artù alzandosi.
“No, è pericoloso. Ora non siete pronto.”
“Merlino, non puoi darmi ordini, sono il tuo Re.” Il moro per risposta sorrise.
“Sapete che lo farò comunque.” Artù sospirò. Quella donna era impossibilmente troppo simile a Morgana.
“Che cosa suggerisci di fare.” Merlino fissò il Re e poi la donna. Poi di nuovo il Re.
“Conosco una sua parente.” Artù intuì subito ciò che Merlino pensava.
“Andiamo.” I due uscirono dal parco sotto gli smeraldi freddi della ragazza boccolata. Merlino si sarebbe aspettato un attacco, ma forse aveva intuito che lei non era poi potente quanto lui.
 
**
 
“Witch Coffe. Stai scherzando.” I due ragazzi si fermarono sul marciapiede davanti al bar della zia di Nyx. Merlino aveva spiegato in modo semplice e veloce ciò che era successo il giorno prima del loro incontro. Il locale aveva un’aria allegra e niente faceva pensare che all’interno si nascondeva una strega con manie omicide verso Re passati a miglior vita da millenni ormai.
“Non credi che ciò sia strano?” Merlino alzò le spalle in segno di risposta alla domanda di Artù. Anche lui la prima volta era rimasto stranito dal nome del locale, ma forse era solo una coincidenza.
Il biondo sospirò, avviandosi verso il locale attraversando la strada.
“Artù!” Gli occhi di Merlino si illuminarono ed un camion si fermò di colpo a qualche millimetro dal naso dell’asino reale.  Il conducente scese e si avvicinò al ragazzo, spaventato e preoccupato.
“Stai bene? Non hai visto che è rosso per voi pedoni?” Artù seguì il salsicciotto dell’uomo fino a notare un apparecchio nero con sopra illuminata una lucina rossa. “Mi sono preso un infarto, stai attento la prossima volta!”
“Lo scusi.” Merlino si avvicinò al duetto, tirando Artù per un braccio. “Ha qualche problema, sa…” mentre pronunciava la parola problema, alzò un dito portandolo alla propria tempia, facendolo girare su se stesso.
“Stai attento al tuo amico la prossima volta.” L’uomo risalì sul veicolo e ripartì dopo che i due amici si spostarono dalla strada verso il marciapiede.
“E così avrei qualche problema?”
“Su, Artù, non scendiamo in…”
“Merlino giuro che un giorno di questi ti taglio la testa.” Il ragazzo sorrise nel miglior nei modi all’affermazione del compagno. Sapeva benissimo che non ci sarebbe mai riuscito, ma lo spaventava comunque.
“Possiamo passare, ora.” Cambiò discorso il moro, puntando l’indice verso il semaforo verde.
“La prossima volta, avvertimi di queste regole.” Artù lo seguì spazientito, fissando il coso nero appeso a mezz’aria che aveva cambiato la lucina da rossa a verde.
“Quello che vedete si chiama semaforo. Quando è rosso non si passa, quando è verde, si può procedere.”
“E se è arancione?” il biondo fissava il semaforo con la lucina arancione ad intermittenza come se stesse ad osservare una magia in azione.
“Se siete in mezzo alla strada dovete sbrigarvi a sgomberarla, se invece siete sul marciapiede, dovete rimanere fermo.”
Era tutto diverso dai tempi di Camelot. Certo, ogni volta che lui arrivava nella cittadella tutti si fermavano al suo passaggio o si inchinavano lasciando il passaggio libero ed ora invece era costretto a stare sotto nuove regole, chiamate da Merlino, stradali. Era anche vero che al suo tempo, tutti quei mostri metallici che strombazzavano a destra e a manca, non esistevano.
“Ne sei sicuro Merlino?” Artù ancora non era convinto di tutta quella storia, soprattutto perché era il moro a spiegargliela.
“Vi sembro stupido?” gli disse, girandosi prima di entrare nel locale.
“Si.”
“Non cambierete mai, eh?” Merlino entrò nel bar sotto il sorriso del suo Re.
 
**
 
Si erano girati tutti verso i due sconosciuti appena entrati, per poi tornare a conversare o bere il proprio caffè. Artù notò come quel bar somigliava alla taverna in cui Merlino si chiudeva spesso e volentieri per sfuggire ai suoi compiti.
“Non siamo venuti qui per bere, vero Merlino?” il biondo tirò per la maglia il moro che sembrava deciso a raggiungere il bancone dietro il quale una donna cicciottella stava servendo le bevande ai vari clienti.
“No, fidatevi di me.”
La donna aveva l’aria triste e sembrava quasi che erano giorni che non smetteva di piangere. I folti capelli rossi erano raccolti in una codina dietro la nuca, lasciando solo una ciocca darle fastidio al viso che sembrava stressato, deluso, triste. Le labbra rosse e fine erano piegate in una smorfia che emanava dolore e paura e gli occhi rossi davano la conferma che aveva passato molte ore senza chiudere occhio a lavorare.
Indossava una maglia rossa che mostrava quanto bastava del prosperoso seno, sopra ad un paio di jeans neri coperti dal solito grembiulino.
“Non ci avrà seguito fino a qui?” Artù osservava il popolo del nuovo tempo. Sperava di non vedere lei.
Nyx.
Morgana.
“Spero di no, Artù.” Si appostò davanti al bancone, seguito dal biondo. La donna, appena vide il viso e le grandi orecchie del mago, allargò le labbra in un sorriso.
“Bentornato al Witch Coffe.” Cominciò, avvicinandosi al duo. “Cosa posso portarti?”
“Siamo venuti qui per Nyx.” Di solito era Artù a prendere le decisioni, a interloquire, ma quella volta lasciò fare a Merlino.
“Mi dispiace caro, ma non è in casa.” Il sorriso prima creato si dissolse in poco tempo al sentire il nome della mora.
“Lo so, per questo sono venuto qui. Adesso.” Merlino non voleva demordere, mentre la donna sembrava sempre più schiva all’argomento. “Sembra saperne più di quanto dimostra.”
“Mi spiace, ma non credo che…”
“I druidi mi chiamano Emrys.”
Artù alzò gli occhi sentendo questo nome. Aveva visto molte volte Morgana arrabbiarsi ed urlarlo, ma non era mai stato sicuro che Merlino ed Emrys fossero la stessa persona. Ed ora ne aveva la conferma.
“Lella, guardami il locale.” La donna lasciò il canevaccio sul bancone, entrando nella porta accanto ad esso ed invitando i due a seguirla. Merlino si alzò ed Artù fece lo stesso, entrando nella porta che portava alla casa della signora.
“Non credevo che Nyx ti avrebbe trovato.” Si inchinò ai piedi del moro, lasciando di stucco Artù.
“Non ce né bisogno…”
“E’ un piacere ed un onore conoscervi, Emrys.”
Artù era sempre più sbalordito. Che Merlino in realtà fosse qualcuno di importante nel regno della stregoneria?
“Il mio nome è Drusilla. Sono la strega guardiana di Nyx da oltre un secolo.”  La donna si alzò in piedi, invitando i due ragazzi ad entrare in un’enorme salotto.
“Nyx mi ha cercato per tutto questo tempo?”
Merlino era sicuro di se e questo metteva a disagio Artù che cercava in tutti i modi di partecipare alla conversazione senza riuscire nell’intento.
“Esatto Emrys. Sapeva che una volta trovato te, avrebbe trovato il re di Camelot: Artù.”
Il biondo alzò il viso sentendo il suo nome. Drusilla lo guardava, aveva capito chi era in verità.
“E l’ha trovato.” Disse Merlino spezzando quella fugace occhiata fra i due.
“E’ un onore conoscere colui che è Re una volta e Re in futuro.” Si inchinò anche ad Artù e poi si spostò all’indietro, lasciando ai giovani il modo di sistemarsi sul divano.
 
**
 
“Che cosa vuole Nyx da me?”
La camera in cui si trovavano era ampia e ben soleggiata. La finestra a vetri scorrevole illuminava dal centro agli angoli senza lasciare ombre. Il divano era appoggiato ad uno dei lati della stanza, di fronte ad un tavolino di cristallo. Due poltrone sembravano chiudere il cerchio. Un’enorme armadio, anch’esso a vetri, faceva da re in quella stanza. Al suo esatto centro vi era posizionato un’enorme televisore che ritraeva i tre seduti comodi. Sotto a tutto un tappeto rosso con dei ghirigori oro. Sulle pareti vi erano dei quadri che ritraevano delle donne indiane che danzavano a ritmo di chissà quale musica. Dopo tutto anche la stanza era agghindata in modo da ricordare le case indiane.
“La triplice dea non è stata contenta di come la storia si sia conclusa.”
Artù si girò fissando il mago. Conosceva la triplice dea, gli era capitato di incontrare le sue sacerdotesse qualche giorno prima della battaglia di Camlann. Lo avevano giudicato per quanto riguardava il ripudio della magia a Camelot. E ricordava bene le parole di Merlino.
Non ci sarà mai posto per la magia a Camelot.
“Artù è morto per mano di Morderd. E’ ciò che volevano.” Merlino parlava come se sapeva tutto. Artù non riusciva a comprendere come.
“Il regno successivamente alla regina Ginevra non ha mai visto la magia al suo interno come ben accetta.”
Ginevra.
Merlino gli aveva detto che non si era mai risposata e che aveva governato il regno seguendo il suo esempio. Non l’aveva più rivista dopo quella notte.
Gli mancava.
Gli mancava moltissimo.
“Sapeva che Artù sarebbe risorto quando il suo regno ne avrebbe avuto più bisogno ed è per questo che è nata Nyx. Lei è la legittima erede di Morgana. La legittima erede al trono di Camelot, proprio come diceva la sacerdotessa.”
“Nyx è figlia di Morgana?” Artù non riusciva a capire. Era nuovo per lui questo mondo e anche se ce la stava mettendo tutta, Merlino gli avrebbe dovuto spiegare molte cose.
“No, Sire.” Rispose la donna. “Nyx è stata creata dalla magia, per questo non ha né padre né madre. E’ stata creata a immagine e somiglianza di Lady Morgana.”
“Non ha molto senso.” Disse Merlino sovrappensiero.
“Lo ha se la triplice dea pretende la sua vincita contro il re di Camelot.”
Artù si portò alla bocca la tazza di latte che Drusilla gli aveva offerto insieme a qualche biscotto al cioccolato.
“Una volta che Artù abbandonerà il suo regno per sempre, la magia potrà tornare sovrana.”
Merlino sospirò. Se le cose stavano in questo modo, Artù era in serio pericolo. Ed il suo compito di proteggerlo non si era ancora concluso.
“Perché prima hai detto di essere la sua strega guardiana?” Artù si stava interessando a quelle cose. Dopo tutto stavano parlando del suo destino come una specie di protettore di Albione.
“Sono stata incaricata di proteggere ed insegnare a Nyx tutto quello che c’era da sapere sulla vostra leggenda, Artù.” Drusilla si alzò dal divano, prendendo un libro dalla grande libreria che il biondo prima non aveva notato. “Qui è scritto tutto ciò che c’era da sapere sul vostro conto.”
“Nyx ha una copia del mio libro di magia che usavo a Camelot.” Si intromise Merlino.
“Tu avevi un libro di magia nelle tue stanze?” Artù posò il bicchiere sempre più allibito.
“Si, le è stato utile per imparare molte delle magie che ora sapete fare alla perfezione.” Drusilla tornò seduta, dando ad Artù il libro che aveva preso.
“Cosa dovrei farci?” chiese il biondo. Sapeva abbastanza della sua vita. Dopo tutto era la sua.
“Vi conviene leggerlo. Tutto ciò che Nyx sa su di voi lo ha appreso grazie a questo libro. Il più completo sulla vostra vita a Camelot e sulle vostre imprese.” La donna sorrise.
“Perché ci state aiutando?” Chiese ancora Artù.
“Come altri stregoni prima di me, ho sempre creduto nel mondo che avete creato assieme a Emrys.” Rispose semplicemente la donna, guardando anche il mago seduto a riflettere.
Artù sospirò aprendo il libro. Era simile a quello che gli aveva dato Merlino, solo che in questo vi era descritto bene il profondo legame che lui aveva instaurato con Ginevra.
Già.
Ginevra.
“E’ meglio che andiate. Nyx sta tornando.” Drusilla si alzò, incitando i due ragazzi a seguirla sul retro della casa. “Se vi trova qui accadranno grossi guai.” Si diresse lungo un corridoio per sbucare in una stanzetta che somigliava ad una cucina. I fornelli c’erano, ma mancava il lavabo.
“Vi ringrazio per l’aiuto.” Disse Artù, tenendo stretto il libro a se.
“Credo in voi, re di Camelot. Molte anime ancora lottano per il mondo che avete creato.”
“Non vi deluderò.” Rispose il biondo. Merlino sorrise fissando il suo re rassicurare Drusilla.
“Artù, andiamo.” Il moro si girò verso la porta, ma prima che riuscisse ad aprirla, essa venne sbalzata fuori dai cardini schiacciandolo sul terreno.
“Merlino!” Artù si avvicinò all’amico, spostando la porta dal corpo del ragazzo.
“Artù Pendragon.” La voce di Nyx fece capolino da fuori la stanza. Drusilla si avvicinò a Merlino, poggiando le proprie mani sulla sua testa.
“Vieni fuori ed affrontami.” Artù sapeva che non poteva affrontarla. Era disarmato e lei aveva la magia dalla sua parte.
“Non fare il codardo. Vuoi che Ginevra soffri ancora?” Il biondo sgranò gli occhi.
Perché l’aveva nominata?
 

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Capitolo 4
*** Cap.4 ***


“Ginevra?” Artù si avvicinò ai cardini della porta, cercando con lo sguardo la faccia di Ginevra.
“Mio signore, non vada!” Drusilla teneva le mai sulla fronte del mago, cercando di rianimarlo prima che la situazione si aggravasse.
“Devo andare, se Ginevra è in pericolo, io devo salvarla!” con queste ultime parole il ragazzo uscì definitivamente dalla porta, ritrovandosi nel bosco che un tempo circondava il castello di Camelot.
“Artù Pendragon.” Gli occhioni verde smeraldo erano fissi su quelli del biondo. Il ragazzo non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Si girò di scatto notando come la casa in cui fino a poco tempo prima era con Drusilla e Merlin, fosse sparita.
“Bentornato a casa, Artù.” Nyx si avvicinò al ragazzo, muovendo le curve coperte da veli neri brillantanti di verde. I lunghi capelli raccolti in un’alta coda, lasciavano i cotonati boccoli scenderle lungo la schiena nuda.
“Tu… Hai parlato di Ginevra.” Il biondo cercò di rimanere sempre a debita distanza dalla ragazza. Era disarmato e senza Merlin.
“Gwen… La piccola Ginevra… Colei che continua a stare sul mio trono!”
“Non è il tuo trono!” Artù si stava scaldando. La ragazza continuava a fissarlo con un sorriso maligno disegnato sul volto. Quegli occhini verdi erano uguali a quelli di Morgana. Identici smeraldi colmi d’odio e furia, identiche iride piene di astio contro la stirpe Pendragon a cui lei stessa apparteneva.
“Sai… Potremmo trovare un accordo.” Nyx cominciò a muoversi verso il corpo rigido del Re di Camelot. Si avvicinò così tanto che l’uno poteva sentire il calore corporeo dell’altro.
“Sentiamo.”
“Se tu mi cedi la corona di Camelot potrò anche decidere di lasciarti in vita con la tua cara Ginevra. Potrete andare dove volete, divertirvi, vivere insieme e passare quella vita felice che la furiosa guerra di Camlann via ha portato via.”
“Ginevra è morta molto tempo fa!” Artù cercò gli occhi della strega, mentre ella gli girava intorno con fare sinuoso. Lo aveva fatto per tutto il tempo in cui aveva esposto le sua teoria.
“Mio caro, carissimo Artù. Posso ridarti Ginevra.”
Gli occhi del ragazzo si spalancarono. Come poteva darle Ginevra?
Merlino gli aveva esplicitatamene detto che non poteva accadere una cosa del genere.
“Tu menti… Non puoi riportarla in vita!” La rabbia cominciò a farsi sentire. Parlare di lei in quel modo, come se fosse un pupazzo… Non poteva permetterglielo.
“Smettila di abbindolarmi con queste parole. Non crederò mai a ciò!”
“Hai ragione.”
Artù si zittì subito. Il sorriso beffardo non accennava a sparire da quel viso e ciò lo preoccupava ad ogni modo.
“Non posso di certo portare in vita senza togliere un’altra vita.” Nyx aveva ripreso a girare intorno ad Artù,  avvicinandosi sempre di qualche millimetro, per poi fermarsi dietro le sue spalle. “Ma possiamo sempre provarci… Non so… Merlino?” Quando la donna passò le braccia sotto le sue, Artù si accorse che lo stava fregando in modo leggiadro.
“Merlino cosa?” il biondo abbassò lo sguardo sulle dita di lei che andavano ad infilarsi sotto il maglione blu che il mago gli aveva cambiato con il pigiama qualche ora prima.
“La sua vita… Per quella di Ginevra… Sono sicura che seguirà i tuoi ordini.” Le dita dell’altra mano volavano decise verso le labbra di Artù, che si schiusero di poco sotto il loro tocco.
“La vita di Merlino per quella di… Ginevra?” gli occhi di Artù ruotarono veloci dalle dita fino alla faccia della ragazza quando ella si spostò davanti a lui.
“Esatto… Se glielo ordini tu…” il sorriso continuava ad ingrandirsi sopra quel viso liscio e bianco. Gli occhioni verdi erano fissi sulle labbra di Artù e la mano destra continuava a disegnare cerchi sull’addome del ragazzo, “Farà sicuramente quello che tu vuoi.” Si avvicinò all’orecchio di Artù, mordendogli un po’ il lobo.
Il ragazzo si distanziò d’impatto, cadendo a terra dopo qualche millimetro. Quella donna lo stava soggiogando in modo strepitoso, senza che lui se ne accorgesse.
“No!” replicò.
“Non chiederò mai una cosa del genere a Merlino!” Artù si rialzò, correndo dalla parte opposta in cui si trovava la donna. Scappare non era mai stato il suo modo di affrontare le cose, ma in quel caso doveva. Doveva fuggire, salvarsi e cercare Merlino.
 
**
 
“Emrys? Emrys!” quando Merlino aprì gli occhi, si ritrovò la faccia preoccupata di Drusilla che lo fissava con enormi goccioloni attaccati alle ciglia. “Pensavo fossi morto!”
“Aiah…” La donna lo aiutò a rialzarsi, portandolo verso la sala da pranzo in cui qualche secondo prima avevano preso il the.
“Che cosa è successo?” la porta che lo aveva preso in pieno muso, gli aveva lasciato un bernoccolo visibile in mezzo alla fronte, trasformandolo in un bellissimo unicorno.
“Nyx ha…”
“Artù!” la donna lo rispinse sul divano ficcandogli una fettina di carne fra le mani, guardandolo con le labbra arricciate.
“Nyx ha portato Artù indietro nel tempo con sé.”
Merlino sgranò gli occhi.
“Com’è possibile? Non sapevo che esistesse un incantesimo del genere!”
La donna sospirò, prendendo la fettina per poi spalmarla sul bernoccolo del ragazzo.
“Non è opera di un incantesimo vero e proprio, ma di un amuleto. E’ un piccolo cerchio con su scritti i numeri degli antichi greci. Usando la magia, esso può riportarti indietro nel tempo quando vuoi e riportarti nella presente era con tanta facilità.”
Merlino non era al corrente di una cosa del genere, non ne aveva mai avuto bisogno e questo gli fece venire molte domande.
C’erano altri amuleti simili che non conosceva?
Nyx aveva più saggezza di quanto non ne aveva lui?
Quella donna che tanto gli ricordava Morgana, era più forte?
Più intelligente?
E soprattutto, l’avrebbe potuta battere?
“Devo andare a salvarlo!” Merlino si rialzò per la seconda volta lasciando la donna indietreggiare. “Ho bisogno di quell’orologio. Dove lo posso trovare?”
Drusilla lo fissò per poi sospirare ancora. Si diresse verso il mobile che conteneva i vecchi libri e ne prese uno, portandolo fra le mani del ragazzo.
“Non esiste un oggetto magico simile a quell’orologio. L’antico stregone che lo creò decise che non doveva essercene un altro. In mani sbagliate avrebbe creato uno squarcio temporale che sarebbe finito con la distruzione del mondo.”
Merlino guardava la donna sfogliare il grande libro fra le sue mani, parlando come Gaius faceva tempo addietro, nelle mura del castello.
“Devi recarti in Scozia, vicino al lago di Lockness vi è una grotta in cui troverai una custode del tempo e dello spazio. E’ a lei che devi chiedere di tornare indietro nel tempo, specificando quando e dove.”
“Solo in questo modo? Non vi è un modo più sbrigativo?”
“Mi spiace Emrys. Questo è veramente l’unico modo che conosco.” La donna chiuse il libro, prendendolo dalle mani del ragazzo per poi riportarlo alla libreria.
Merlino la fissò ondeggiare lungo il tragitto con fare sconsolato, soprattutto notò gli occhi bassi durante il ritorno verso la sua persona. Quella donna era triste.
“Drusilla, c’è qualcosa che non va?”
“Nyx.” Sospirò lei, per poi alzare gli occhi verso quelli celeste scuro del ragazzo. “Non è cattiva. Le è stato solo imposto un destino fin dalla nascita. Lo sente pesante sulle sue spalle.”
Merlino poteva capire ciò che Nyx provava. Anche a lui era stato assegnato un destino grande ma questo non lo aveva di certo fermato. E non avrebbe fermato neanche lei.
“La riporterò indietro.” Disse solo, facendo spallucce. “Ti prometto che tornerò con lei” sorrise ancora, abbracciando la donnona che lasciò cadere qualche lacrimuccia.
“Buona fortuna, Emrys.”
 
**
 
Era ormai qualche ora che Artù non si fermava. Era scappato dal confronto con Nyx per sopravvivere e non soccombere alle sue magie, alle sue curve.
Aveva deciso di fermarsi in una piccola grotta, dove ricordava che tempo prima ci aveva pernottato con Merlino. Ciò di cui era sicuro, fu il fatto che quella era Camelot. E se non lo era, Nyx l’aveva ricostruita magnificamente. Si affacciò al sole quando riprese completamente fiato. Decise di seguire la strada per il castello, sperando veramente di trovarlo.
Durante il tragitto ricordava come tempo prima lo aveva percorso a cavallo con vicino il suo fedele servitore, sempre pronto a salvarlo quando ce ne fosse avuto bisogno. E quando ormai sembrava aver abbandonato le speranze, le torri più alte del castello fecero capolino.
Camelot era li.
Lui era tornato nel suo regno.
“Sei contento?” La voce di Nyx risuonò dietro di lui. Artù si girò di scatto, schiacciandosi poi contro la corteccia di un albero.
“Ti ho riportato a Camelot… Era quello che volevi, no?” la ragazza comparve da dietro dei cespugli, sempre velata di nera, con quel suo sorriso beffardo stampato sotto i due smeraldi lucenti.
“Come hai fatto?” non aveva ben chiari i pensieri di Nyx, ma se era vivo vuol dire che la ragazza voleva qualcosa da lui.
“Ti ho riportato indietro nel tempo. In questo momento sei all’interno del castello con Ginevra… Non vuoi rivederla?”
Ogni volta che quella ragazza pronunciava il suo nome, Artù sentiva il cuore rompersi in mille pezzi. Ginevra gli mancava molto e avrebbe fatto di tutto per rivederla, ma accordarsi con Nyx, con Morgana, non era la cosa migliore da fare.
“Non capisco cosa tu stia dicendo.”
“Ti ho portato al tempo in cui tu e Ginevra non eravate ancora sposati. Quando Morgana ancora non vi aveva traditi. Quando tuo padre era ancora vivo. Quando tutto era perfetto. E potrebbe rimanere così se solo tu mi cedessi la tua corona.” Lei ed il suo corpo si facevano sempre più vicini, sempre troppo intimi.
“No!” Artù cercò di spostarsi da quella situazione, ma Nyx lo prese per un polso, non permettendogli di fuggire.
“Artù, non capisci… Il tuo regno, il tuo popolo, tutto quello che hai creato, cadrà sotto le mie mani. Vuoi davvero questo?”
“Anche se ti cedessi il trono, Camelot cadrebbe comunque!”
“Potresti essere il mio Re.”
A quelle parole il biondo sgranò gli occhi. Questo comprendeva che i due si sarebbero sposati? E quindi non avrebbe mai avuto Ginevra? Per salvare il suo popolo?
“Artù… Non ti piaccio?” la donna lo spinse delicatamente contro la corteccia, piantando una gamba fra quelle del biondo.
“Lasciami, non…”
“Accanto a me, come tua Regina, avresti un futuro longevo.” Allungò ancora le mani sul petto del ragazzo, chiudendo le dita intorno al collo. “Entrambi avremmo quel che vogliamo.” Si avvicinò pericolosamente alle labbra di Artù, attirato dai grandi occhi verdi di lei.
“Io voglio solo una cosa…” la mente del ragazzo viaggiava oltre a quella scena, non riusciva più a collegare i fili per essere lì in quel momento. I boccoli leggiadri ed il profumo di Nyx spedirono la sua ragione in un altro mondo.
Solo quando la ragazza lo baciò, qualcosa dentro di lui scattò.
Morgana era davanti a lui.
Morgana lo stava baciando.
 
**
 
Merlin aveva raggiunto le sponde del lago di Lockness, grazie ai “trucchetti” – come li aveva tempo indietro chiamati Lancelot – di magia in suo possesso.
Tentò di ricordare l’entrata della grotta che Drusilla gli aveva mostrato sul libro, affrettando il passo. Erano parecchie ore che Artù era scomparso con Nyx  e questo lo allarmava più del dovuto.
Emrys.
Una voce femminile lo chiamò nella sua testa.
Emrys..
Merlino girò i tacchi, tornando sulla strada da cui era venuto. Entrò in una delle grotte, seguito dalla voce femminile, ritrovandosi poi davanti ad un vicolo cieco.
“Cavolo…” quando si girò per tornare all’uscita, davanti a lui si materializzò un’anziana signora, chiusa in una casacca nera e scura che la ricopriva completamente.
“Emrys.” Cominciò lei, tenendo stretto un lungo bastone nero che finiva in un ricciolo in alto.
“Io sono…”
“Lo so per cosa sei qui.” Lo interruppe lei, superandolo per poi poggiare una mano sul muro dietro le spalle del ragazzo. “Prima di andare, devo avvertirti Emrys.” Il muro divenne di mille colori sotto lo sguardo del ragazzo che nel frattempo si era girato verso di esso. “Tornando indietro nel tempo, rincontrerai te stesso e le tue avventure. Non dovrai intervenire in alcuno modo e non dovrai far intervenire nessun’altro nella storia già scritta.” La mano rugosa e abbronzata tornò nella tunica nella dona, coperta da un cappuccio logorato dal tempo, coprendo gli occhi lucenti che divennero subito nero.
“Che cosa potrebbe accadere?” Merlino non capiva perfettamente ciò che la donna gli stesse dicendo, ma sapeva che non aveva molto tempo.
“Se il passato cambia, il futuro che conosci non esisterà più.” E’ con queste parole che la donna invitò Merlino ad entrare nel muro colorato, indicando che la conversazione fosse giunta alla fine.
Il ragazzo sospirò, entrando nel muro.
 
**
 
Artù spinse via Nyx con tutta la forza che aveva in corpo. Il suo sapore era ancora attaccato alle labbra mentre il sorriso non cennava a sparire da quel volto bianco.
La ragazza si avvicinò ancora ad Artù, muovendosi sinuosamente lasciando che i veli ondulassero sulle sue cosce. Il biondo si sentiva sempre più perso. Gli occhi smeraldo stavano per prendere un colore ambrato e questo non sembrava essere una cosa positiva.
“Tuch von…”
“Swefe nu!” Merlino apparse proprio in quel momento, lanciando la strega contro gli alberi, facendola svenire all’istante. “Artù!”
Il ragazzo si inginocchiò a terra con il respiro pesante, fissando il mago che si avvicinava a passo veloce verso di lui.
“Merlino..”
“Andiamo Artù!” Il moro lo aiutò ad alzarsi ed entrambi sparirono nella foresta, lasciando il corpo della ragazza addormentato fra i cespugli.
 
“Artù, state bene? Vi ha fatto qualcosa?” il viso del biondo sembrava sconcertato e triste. Gli occhi abbassati, le braccia lunghe sul corpo e le labbra serrate. “Artù…”
“Siamo davvero a Camelot?”
Merlino sapeva bene che cosa Artù aveva in mente. Rivedere lei, Ginevra.
“Artù, non possiamo…”
“Se lì c’è Ginevra, noi dobbiamo… Io voglio!” il ragazzo aveva alzato gli occhi, fissando quelli di Merlino. Era a pochi passi dalla sua amata e voleva rivederla a tutti i costi.
“Artù, all’interno del castello vi è un altro… Principe.” Cercò di spiegare il moro, guardando gli occhi sofferenti dell’altro. “Siamo nel passato. Siamo ospiti del passato. Non dobbiamo intervenire nei fatti già accaduti.” Artù lo guardava con tristezza, come se l’ultima speranza fosse stata spenta del tutto.
“Quindi…”
“No, Artù…” Merlino si sedette accanto al compagno, sospirando. I due rimasero in silenzio senza parlare.
Dopo qualche secondo, delle chiacchiere ruppero il silenzio. Il Merlino e l’Artù di quel tempo, stavano passando lì accanto.
“E quindi noi… stiamo seguendo un cavallo.” Il Merlino di quel tempo sospirò fissando l’Artù di quel tempo.
“Merlino, chiudi la bocca.”
I due ricordavano bene quel giorno. Morgause si era presentata al castello e, dopo aver battuto Artù, gli aveva chiesto di raggiungerlo nel suo covo.
“Non siete cambiato per niente.” Cominciò Merlino quando i due ragazzi di quell’era li superarono.
“In che senso?”
“Siete sempre il solito Asino.”
“Merlino, chiudi la bocca.” I due si misero a ridere, alzandosi. Erano effettivamente passati millenni ed Artù ancora si comportava da asino. Questo non dispiaceva per niente a Merlino. Finalmente lo aveva li, vivo.
Con sé.
“Cosa dovremmo fare ora?” la domanda di Artù ruppe la quiete. Merlino lo fissò.
“Dobbiamo tornare.” Dopo aver risposto, sgranò gli occhi. Artù lo guardò, per poi incrociare le braccia.
“Conosco quello sguardo.”
“Artù, io…”
“Cosa?”
Ciò che Merlino aveva dimenticato, era il chieder quale fosse il modo per tornare all’era da cui venivano. Gli era passato di mente, aveva in testa solo il dover salvare Artù dalle grinfie di Nyx. Aveva in testa solo di salvare il suo amico e non lasciarlo morire. Almeno questa volta.
“Ecco… Non so come tornare.”
Artù lo fissò, spalancando la bocca. In quel momento l’avrebbe volentieri strangolato con le sue stesse dita.
“Com’è possibile che il mago più forte di tutti i tempi non sappia come tornare… andare avanti nel tempo?!”
Solo sentire Artù parlare in quel modo di lui, lo rassicurò. Il biondo, dopotutto, aveva accettato quel che lui fosse. Lo aveva accettato davvero. Un sorriso si dipinse sul suo volto.
“Che cos’è quel sorriso idiota?!”
“Niente… Pensavo al fatto che voi mi trattate come sempre… Anche sapendo cosa sono.”
Artù lo guardò per poi sospirare. Ricordava come lo aveva trattato la prima volta e se ne pentiva amaramente. Lui era sempre stato lì vicino. Lo aveva sempre protetto.
“Una volta Gaius mi disse che prima o poi mi sarei accorto di chi mi stava aiutando. Di chi stava lavorando per giungere a questo regno. E sei tu, Merlino. Tu sei stato accanto a me per tutti questi anni. Lo sei stato anche mentre io ero solo un ricordo. Come potrei trattarti diversamente.”
Merlino abbassò lo sguardo, un po’ imbarazzato. Quando una mano si poggiò sulla sua spalla, lo rialzò di nuovo.
“E poi, anche se sei un mago potentissimo, rimani sempre un’idiota.” Artù sorrise, ricordandogli di pensare ad un modo per fuggire da li.
“Sempre carino.” Rispose Merlin sospirando.
I due si inoltrarono nella foresta, pensando a tutto quello che era successo.
Ciò che dovevano fare era cercare un modo per sconfiggere Nyx e tornare alla loro era.
Sani e salvi. 

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Capitolo 5
*** Cap.5 ***


“Sono un’idiota” Merlino sorrise ascoltando l’affermazione del suo amico. Lui l’aveva sempre saputo che Artù era un’idiota.
“Mi sono fatto… baciare da Nyx come un tonno.” Merlino sorrise ancora, pensando che avrebbe usato la parola Asino, ma anche Tonno rendeva bene l’idea.
“Io amo Ginevra, Merlino. Io amo Ginevra.” Il profondo sospiro che Arthur fece, attirò l’attenzione del moro.
“Ha baciato anche me.” Il biondo alzò lo sguardo, incrociando gli occhi del moro.
“Cosa?”
“Lo fa per attirarti dalla sua parte.” Il fatto strano è che a Merlino non era dispiaciuto.
Quel bacio non gli era dispiaciuto.
Forse perché somigliava a Morgana, lo addolciva più del dovuto. Non che a lui piacesse Morgana, ovvio, ma quando guardava quegli smeraldi, ricordava quelli della sua antenata, prima spaventati, poi vendicativi.
Morgana non era cattiva. Aveva agito solo nel modo sbagliato. Era stata trasportata. E lui lo sapeva. Era colpa sua.
“Sono stato un’idiota.” Per la terza volta, Merlino era d’accordo con Artù.
“Ora non pensarci Artù. Dobbiamo trovare il modo di tornare nel futuro.” Il mago sembrava essere l’unico a preoccuparsi di una cosa del genere.
Avevano trovato rifugio all’interno di una caverna, nei meandri nel bosco, lontano dalle strade pattugliate dai cavalieri di Camelot.
Merlino aveva acceso il fuoco grazie alla magia e pian piano si stavano riscaldando.
Avevano cacciato della selvaggina e, sempre grazie ai trucchetti di Merlino, erano riusciti a mangiare qualcosa di commestibile.
“Tornare… Forse…”
“No, Artù. Ti ho già detto di no.”
Era passato del tempo dall’ultimo incontro con Nyx. Artù aveva avuto tempo di riflettere e voleva, assolutamente, incontrare Ginevra.
Sapeva che era sbagliato. Era sbagliato sotto ogni punto di vista.
Merlino gli aveva spiegato che loro erano delle presenze in più in quel momento, se qualcuno o qualcosa li avessero visti, il futuro sarebbe cambiato e probabilmente non sarebbero neanche stati lì, ora.
In quel momento, secondo i loro ricordi, Artù stava conoscendo la verità sulla sua nascita.
Uther pensava di averlo recluso all’interno delle sue stanze, di conseguenza se un certo principe si sarebbe aggirato per la cittadella, sarebbe successo il finimondo.
“Con i tuoi poteri… Non puoi cancellare i pensieri delle persone?”
“No, Artù. Non posso farlo ti ho detto.” Quand’era che i ruoli si erano scambiati? Lui che dettava ordini e Artù che si azzittiva?
“Voglio rivederla, Merlino. Intendo, Ginevra.” Artù sbuffò, quasi scocciato.
“Tu.. Tu non puoi capire.”
“Non posso capire?” cominciò Merlino, alzando finalmente il viso.
“No, Merlino. Non puoi capire.”
“Non posso capire cosa”, proferì, assottigliando lo sguardo.
“Non puoi capire cosa si prova a perdere una persona che ami. Non puoi capire cosa si prova ad avere qualcuno che desideri a pochi passi e non poterci parlare. Non puoi..”
“Basta!” Arthur chiuse la bocca. Merlino aveva alzato la voce e sembrava essersi arrabbiato.
“Non dire nient’altro, Artù. Nient’altro.” Si alzò ed uscì dalla caverna, lasciando il biondo solo con i suoi pensieri.
 
**
 
Merlino uscì dalla caverna come un treno, superando le varie frattaglie senza fermarsi. Cosa ne capiva Artù?
“Stupido”, proferì.
“Stupido!” si girò verso un grande albero e gli occhi presero luce. Quel celeste scuro si trasformò in un oro brillante e la natura si piegò al suo volere. L’albero roteò su se stesso e le radici uscirono verso l’alto, come per picchiare i propri rami.
Proprio come avrebbe voluto fare lui.
Artù era un bellissimo albero, con grandi e larghe foglie verdi ma lui, diamine, lui era le radici. Lo era stato per tutto il tempo.
Sottoterra, senza farsi vedere, lo aveva fatto crescere, lo aveva nutrito, lo aveva protetto.
E quello che aveva ricevuto indietro…
“Stupido. Un asino”, continuò, mentre la natura si placava, “Un asino reale. Cocciuto, testardo, insopportabile e…” sospirò.
Lui sapeva cosa voleva significare perdere qualcuno che si ama.
Certo, non era lo stesso tipo di amore, ma il fatto era quello.
L’aveva aspettato per millenni.
Aveva passato il 90% della sua vita su quelle maledettissime rive del lago di Avalon.
Non sapeva quanto aveva pianto.
Quanto aveva sofferto.
Lui era suo amico.
“Stupido asino…” sospirò, sedendosi su una roccia.
Le stelle che si intravedevano fra i vari rami degli alberi, lo fecero sorridere un poco.
Quel tipo di situazione gli era mancata parecchio. Si inizia da uno scherzo, si passa a litigare e successivamente c’è la sua uscita dalla stanza con furia. Solo che in quel caso, era uscito da una caverna.
“Come siamo tristi…” Merlin si alzò all’istante, sentendo la voce di Nyx.
La sacerdotessa era ferma accanto ad un albero. Gli occhi verdi puntati su di lui.
“Hai litigato con il tuo compagno di giochi?” Era vestita di un semplice vestito bianco, lungo fino alle caviglie. Alla vita stretta portava legato un fiore, una rosa. Bianca.
“Cosa vuoi, Nyx…” I boccoli lunghi e sciolti sulle spalle facevano da contrasto con quella pelle e quel vestito chiari. Sembrava un angelo. Un angelo corrotto.
“Sai bene cosa voglio, Emrys.” Ogni volta che pronunciava il suo nome, una scarica di elettricità gli percorreva la schiena. Non riusciva mai a reggere lo sguardo con quella donna.
Il viso di Morgana prendeva sempre il suo posto.
Quella donna era un ricordo vivente.
“Riportaci nel futuro.” Cominciò il moro, stando sempre attento ad ogni mossa della ragazza. Le braccia erano lunghe il corpo e le mani erano distese e pulite vicino alle gambe.
“Voglio ciò che mi spetta di diritto.”
“Non spetta a te.”
“Concluderò ciò che Morgana non ha potuto fare per colpa tua.” Le gambe della ragazza cominciarono a muoversi e nell’indietreggiare, Merlino inciampò su un tronco a terra, ruzzolando per un po’.
Nyx si avvicinò al ragazzo, poggiando una mano sul suo ventre.
“Fermo.”
 
**
 
Artù si era raggomitolato in un angolo della caverna.
Merlino si era arrabbiato come non mai e ciò lo fece riflettere. Ripensare a Ginevra gli faceva perdere ogni ragione.
Ogni razionalità.
Avrebbe giurato che Merlino stava per piangere.
Insomma, aveva gli occhi lucidi, avrebbe finito per piangere, no?
Probabilmente se l’era solo sognato.
Ma lui teneva a Merlino. Lo aveva aspettato per millenni, su quel lago. Non sapeva come, ma l’aveva sentito. Il suo calore, per tutto quel tempo, lo aveva sentito in quegli ultimi giorni. Come se non fosse stato abbandonato.
Merlino non l’aveva mai lasciato.
Non si sarebbe mai scusato. Magari l’avrebbe fatto in modo non diretto.
Resta il fatto che doveva farlo. In qualche modo.
“Sempre il solito inutile.” Si alzò dal suo rifugio sicuro e, dopo aver preso un pezzo di legno con del fuoco alla fine, si avventurò per la foresta, cercandolo.
 
**
 
“Fermo”, ripeté Nyx, avvicinandosi ancora di più al corpo di Merlin.
Il ragazzo puntellò i gomiti a terra, alzando un poco la testa. Nyx stava squadrando il suo corpo. Abbassò la mano lungo la pancia, sulle cosce, verso la caviglia.
“Aioh.”
“Sanguina, hai sbattuto contro un masso.”
“Che cosa vuoi?” Merlin sbroccò tutt’insieme. Fissava la mora, pronto a scagliare una magia in caso ella volesse ucciderlo.
“Sarai anche un mago, ma hai bisogno di cure anche tu.” Rispose con molta tranquillità sorridendogli.
Merlino girò il viso, facendo una smorfia di dolore al sentire la donna toccargli la caviglia.
“Ic de durhhaele dinu licsar mid dam sundorcraeft daere ealdan ae. Drycraeft durhhaele dina wunda”, occhi oro che illuminarono la foresta di notte, guarirono la caviglia del ragazzo, togliendogli ogni forma di dolore.
“Pensi che ora passerò dalla tua parte?”
“No… Ma è più divertente se puoi muoverti.” Le mani della ragazza risalirono sotto gli occhi del ragazzo, fino a finire intorno al collo. Il viso era ad un passo da quello di Merlino ed il moro non si muoveva. Quegli occhi verdi l’avevano stregato. Non riusciva più a distogliere lo sguardo, perché Morgana era li.
Morgana era ferma davanti a lui, Morgana aveva le mani intorno al suo collo, Morgana stava poggiando le labbra su quelle sue.
Questa volta non si ritrasse.
Questa volta lasciò che la donna entrasse nella sua bocca, iniziando un bacio ricco di magia e potere.
Entrambi cercavano di dominare sull’altro, ma alla fine Merlino la spostò di lato.
Morgana lo guardò con furia.
Non Morgana, Nyx.
Nyx… Morgana… Lo stavano guardando con furia.
“Dovevi unirti a me… Avremmo potuto fare grandi cose assieme, Emrys.
“Non costringermi ad attaccarti.” Merlino strisciò all’indietro, asciugandosi le labbra con la maglia. Nyx per risposta si alzò leccandosi la bocca, puntando una mano contro di lui.
“Addio, Emrys.”
 
**
 
Ciò che Artù aveva visto andava oltre ogni sua immaginazione. Merlino si era fatto baciare dalla strega, senza opporre resistenza. Eppure lei era loro nemica ed a quanto pare sembrava che se la stessero scambiando. Come se lei cercasse, un po’ per volta, di far perdere la loro lucidità.
Si avvicinò cauto ascoltando la conversazione che i due stavano intrattenendo.
Ciò che lo fece stranire fu il fatto che Merlino non sembrasse volerla attaccare.
Anzi, tentava di evitarlo.
Ma quando lei allungò una mano contro di lui, lo spirito del principe e poi del re che era in lui, lo costrinse ad uscire dal suo rifugio, facendogli spingere la sacerdotessa contro un albero.
“Andiamo!” Artù si apprestò a prendere il polso dell’amico per poi tirarlo. La donna si girò mezza stordita, guardando furiosa i due fuggitivi.  
Alzò una mano contro di loro mentre gli occhi diventavano di color oro ad intermittenza.
Vicino ai piedi di Artù e Merlino, le radici cominciarono a muoversi, incastrando i loro piedi.
Artù cercò la sua spada, dimenticando che Merlino non gliel’aveva ancora data.
“Questo fa capire quanto sei inutile come servitore… La mia spada!”
“Non credete che è un momento sbagliato per litigare?”
“E’ il momento giusto per sgridarti però!” Merlin alzò gli occhi al cielo, pronunciando vari tipi di incantesimi per liberare lui e l’asino da quella trappola.
Nyx si faceva sempre più vicina, sempre più sorridente ed un pugnale uscì fuori dai suoi vestiti.
“Fleoge.” Il pugnale lievitò accanto ai due, fino a raggiungere l’altezza della testa di Merlin.
“Voglio il trono che mi spetta di diritto.” Artù fissò gli occhi verdi della donna, digrignando i denti. La lama del coltello spingeva sempre più contro la tempia del moro, che era intento a fissare le radici intorno a lui. Aveva le mani ed i piedi bloccati. Solo con la magia avrebbe vinto.
“Non ti cederò mai Camelot!” Nyx strinse i pugni e con una mossa del braccio, il coltello cambiò vittima, infilandosi in un fianco del biondo.
Merlino osservò la scena e con un incantesimo, sradicò le loro corde, buttando a terra la donna.
Si alzò e tirò via Artù, che era intento a tenersi il fianco sanguinante.
Nyx si alzò, ancora una volta, dolorante, tenendosi il polso slogato.
“Non fuggirete per sempre!” urlò, appoggiandosi ad un albero mentre i due sparivano nella foresta.
“La notte calerà sul tuo volto, Artù Pendagron!” 








Note: Salve, mi scuso per il ritardo ma sono piena di esami universitari ^^' 
Da oggi mi concentrerò di più nello scrivere i capitoli di questa fantasticheria che mi è uscita quel fatidico giorno e spero di riuscir a farla piacere anche a voi.
Le recensioni sono sempre accette, se avete visto errori, se volete darmi consigli nel modo di scrivere e via dicendo. 
Volevo ringraziare chi l'ha messa nelle seguite, ricordate e preferite e chi leggerà e recensirà!

 

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Capitolo 6
*** Cap.6 ***


“Non riusciremo mai a batterla.” Artù aprì il discorso al sicuro dentro un grotta vicino ad un fiume.
“Senza la mia spada mi sento inutile. Non possiamo prendere quella in questo tempo?”
“No Artù.” Merlino rispose con molta serietà, appoggiando le mani sulla ferita del biondo, tastando la carne lacerata dal coltello.
“Non possiamo interferire con gli eventi passati.” Il moro toccò il pugnale ed Artù gemette di dolore.
“Toglilo.”
“Vi farei del male.”
Il biondo fissò con sguardo torvo l’amico, per poi chiudere la mano intorno al manico dell’arma. Prima che Merlino potesse dire o fare qualcosa, Artù lo sfilò dal suo fianco sotto una scarica di dolore, buttandolo poco lontano da loro.
Il moro corrugò la fronte poggiando le mani sulla ferita che continuava a perdere sangue, mentre il biondo si stendeva a terra con respiro affannoso.
“Siete il solito asino.” Gli occhi del mago divennero d’oro intenso mentre pronunciava le parole per la magia di guarigione. Artù guardava il suo servo curare la sua ferita senza darlo a vedere.
Non si era mai, veramente, abituato alla magia. Merlino gli aveva mentito per diversi anni e lo aveva fatto per non metterlo davanti una dura scelta: ucciderlo o nasconderlo.
Se lo avesse saputo, che avrebbe fatto?
Era il suo migliore amico, non poteva ucciderlo.
Ma era un mago.
“Fatto.” Artù si alzò, sentendo il dolore al fianco sparire. Si mise seduto tastandosi il punto in cui una volta vi era la ferita, scoprendo che ora vi era solo liscia pelle sporca di sangue.
Merlino lo aveva curato con la magia senza alcuno sforzo.
Doveva ammettere che dopo tutto, queste arti erano piuttosto comode.
“Vi sentite bene?” Merlino aveva notato lo sguardo sovrappensiero dell’amico ed aveva paura che potesse riferirsi alla sua magia.
“Si. Dobbiamo tornare nel futuro e prendere la mia spada.” A quell’affermazione, Merlino sgranò gli occhi e subito girò lo sguardo. Artù lo fissò con faccia interrogativa.
“Merlino?” il moro non accennava a girarsi né a proferire parola.
“Allora?” neanche questa volta il ragazzo sembrava voler collaborare.
“Merlino, mi ascolti? E’ l’unico modo se non posso prendere la spada in questo tempo!”
“C’è un problema.” Artù cercò gli occhi del ragazzo confusionario.
“E sarebbe?”
“Non… non so come tornare indietro.” Il silenzio calò nella grotta. Giusto l‘acqua che sbatteva contro le rocce, animava quella situazione.
Merlino alzava di poco gli occhi per vedere l’espressione dell’amico, ma senza farsi scorgere.
Questo perché sapeva già la reazione dell’altro.
“Merlino, adesso dammi un buon motivo per non metterti alla gogna all’istante.”
“Non abbiamo una gogna?” il biondo allargò la bocca in un sorriso. Per chiunque non conoscesse Artù, avrebbe pensato che il malumore e l’idea di omicidio sarebbero svaniti, ma Merlino conosceva bene quel ragazzo e, soprattutto, conosceva bene quel sorriso.
Il suo istinto infatti non fece cilecca. Si alzò di scatto nello stesso istante in cui Artù acchiappò il pugnale e si rincorsero nella foresta come bambini che giocano ad acchiapparella.
Merlino corse più che veloce che poté, ma allo stesso tempo sorrise.
Quella corsa, quella paura di esser pugnalato davvero, significava che Artù era vivo e che nel bene o nel male, nulla era cambiato nella loro “relazione”.
La pura che lui non lo avesse accettato ancora o che lo vedeva in modo diverso per colpa della magia, sparì tutt’insieme.
Tutto era come sempre.
Niente li avrebbe cambiati.
 
**
 
Artù fin contro la schiena del moro dopo qualche minuto di corsa. Merlino si era fermato alla fine della foresta e quando si sporse, capì il perché.
Camelot si ergeva davanti a loro, in tutta la sua maestosità.
Il biondo dimenticò all’istante di uccidere Merlino e lasciò cadere il pugnale a terra.
Avanzò con cautela verso il castello, con la bocca spalancata e gli occhi gonfi, quasi stesse per piangere.
Camelot, casa sua, era lì davanti. Sotto le stelle della notte, illuminata da tante fiaccole e protetta da vari cavalieri. Era bella come se la ricordava.
“Artù.” Merlino prese per il polso il biondo prima che egli potesse farsi scoprire dalle guardie alla protezione del ponte.
“Non possiamo.” il ragazzo girò il viso prima verso il moro e poi a malincuore verso il castello.
La stretta di Merlino era dolce e confortevole. Sicuramente capiva cosa provava in quel momento.
Quel ragazzo lo capiva più di chiunque altro.
“Ti prego. Solo per un po’.” Merlino rimase allibito. Artù gli aveva detto ti prego.
“So bene che se ci scoprono potrebbe accadere qualcosa di brutto e so bene che tu hai il potere di fermarmi, per questo te lo chiedo.
Voglio rivederla per l’ultima volta.” Merlino abbassò il volto alle parole del ragazzo.
Sapeva bene cosa voleva e capiva il perché.
Sospirò.
“Va bene Artù. Ma dovrai fare quel che dico.” La serietà sulla faccia di Merlino non fece ribattere nulla ad Artù che si limitò a seguirlo.
Le guardie erano ferme sul ponte e Merlino roteò gli occhi.
“Se Ginevra non è nella cittadella, torniamo indietro.” Artù acconsentì ai patti, con già un brilluccichio negli occhi.
L’avrebbe rivista, ne era sicuro.
“Sai come distrarle?” Merino sorrise alla domanda del biondo. Pose il palmo aperto verso di esse ed un sassolino si mosse attirando la loro attenzione. Quando elle avanzarono per capire cosa avesse fatto quel rumore, gli occhi di Merlino si colorarono e la pietra colpì i loro elmi con forza, facendoli svenire.
“Distrarle, Merlino. Non metterle K.O.!” si infuriò Artù.
“Ma voi non vi accontentate mai?” si allontanò dal biondo, con fare offeso, mentre l’altro lo guardava stranito.
 
**
 
La cittadella era proprio come se la ricordavano.
Insomma, non era proprio un bel vedere di notte, ma era mancata ad entrambi.
Piccole fiaccole accese, cavalli nelle stalle, guardie che passeggiavano chiacchierando allegramente.
Tutto era perfetto.
Artù sentì un tonfo al cuore.
Avrebbe voluto essere li.
Vivere.
Tutti i suoi anni con Ginevra.
“E’ a casa.” Il biondo si mosse veloce verso la finestra della donna.
Ginevra camminava per casa togliendosi le vesti, rientrata sicuramente da poco dal castello.
Allungò il velo che la copriva sulla sedia, sciogliendo i capelli lunghi sulle spalle.
Ricordava bene, durante lo loro effusioni, quanto amava toccare la sua pelle liscia, sentire il suo profumo di rosa e vaniglia che entrava nelle sue narici.
“Artù, dobbiamo andare.” Il biondo imbronciò lo sguardo.
“Entriamo.”
“Artù, no.”
“Sei il mio servo e devi accontentarmi!” Merlino sospirò alzando gli occhi al cielo. Si era immaginato una situazione del genere.
Eseguì anche quell’ordine, con malavoglia.
Si sporse di poco dalla finestra, fissando Gwen. Con un luccichio d’occhi la donna cadde a terra svenuta, lasciando via libera hai due nell’entrare in casa.
“Merlino, se le hai fatto del male ti metto alla gogna.” Artù raccolse la donna da terra e si sedette sul letto poggiandola contro il suo petto.
“Lasciaci soli.”
“Artù, avete poco tempo. Stiamo rischiando molto.” Il biondo fece di sì con la testa, tornando ad accarezzare il volto di Gwen mentre Merlino usciva dalla casa.
“Mia dolce Ginevra…”Riaverla fra le sue braccia, dopo tutti quegli anni gli diede delle emozioni fortissime. I lunghi ricci della donna scendevano lungo le sue braccia, le carnose labbra schiuse erano perfette come se le ricordava ed il grazioso naso sembrava un tocco d’arte su quel viso addormentato.
Avrebbe preferito sentire la sua voce, poterci parlare ma sapeva che questo era il massimo che il mago poteva fare per lui.
Le dita affusolate del ragazzo viaggiavano lungo i confini del volto, tracciando linee trasparenti per definire la perfezione di quel corpo.
Delle lacrime cominciarono ad uscire dagli occhi del biondo, bruciando al loro passaggio le guance arrossate.
Le era mancata. Le era mancata davvero e avrebbe voluto avere più tempo per parlare, per dirle quanto l’amava, per farle capire quanto era speciale per lui.
Si abbassò verso il suo viso e finalmente unì le sue labbra a quelle di lei. Un bacio casto, ma pieno d’emozione. Il ragazzo stava mettendo in gioco tutto ciò che provava e con quel leggero tocco di labbra voleva trasferirlo alla ragazza, farla sentire amata, farla sentire coccolata.
Come farlo apposta, quando si staccò, la donna mugugnò qualcosa e poi un Artù.
Sentirla pronunciare il suo nome fu qualcosa di magnifico. Non avrebbe mai dimenticato la sua voce, il suo profumo, la sua delicatezza.
Non avrebbe mai dimenticato lei.
 
**
 
Merlino era uscito dalla casa, accucciandosi vicino a dei barili, per non farsi vedere dalle guardie che controllavano la cittadella.
La notte stava passando pian piano e la stanchezza si faceva sentire. Si accorse solo in quel momento che non chiudevano occhio dal giorno prima, dal primo incontro con Nyx.
Si soffermò sulla sua immagine.
Quella donna era accecata dall’odio e dal diritto di sedersi sul trono di Artù. Proprio come lo era Morgana.
Secondo quello che aveva recepito da Drusilla, Nyx era stata creata dalla magia sotto forma ed immagine di Lady Morgana dalla triplice Dea, per completare ciò che tempo prima, la stessa strega, non era riuscita a fare.
Nyx era solo un mezzo per far tornare la magia ad Albione.
Ma perché la triplice Dea aveva aspettato tutto quel tempo? Era solo un caso?
Nyx non era una persona. Era una creazione da laboratorio, come chiamavano cose del genere gli umani nell’ultimo secolo.
Nyx non esisteva. E non lo sapeva.
Ma era così simile a Morgana, era così Morgana che non riusciva a fare nulla.
Ricordava bene gli occhi della donna al loro ultimo incontro.
Avrebbe voluto salvarla. Salvare quei boccoli scuri che profumavano di muschio e guardare quegli smeraldi sorridere.
Ma questo non sarebbe mai accaduto, perché il fato aveva deciso.
Loro erano nemici dalla nascita. E forse questo lo consolò un po’, semplicemente perché il destino aveva già deciso cosa sarebbe accaduto. E con o senza il suo intervento, Morgana avrebbe intrapreso quella strada.
Si infilò le dita fra i capelli, mugugnando qualcosa che neanche lui stesso capì. Stava impazzendo, quella donna lo faceva impazzire anche da morta.
Come riusciva una tale creatura a fargli quell’effetto?
Nyx aveva risvegliato i suoi sentimenti, solo parlandoci ma poi li aveva rafforzati baciandolo.
Morgana non l’aveva mai baciato ma quando lo aveva rapito per incantarlo con un Fomorroh, si era avvicinata così tanto a fargli sentire il suo profumo, lo stesso di Nyx.
Perché Nyx era Morgana senza esserlo davvero.
Si alzò, facendosi scivolare addosso tutti i pensieri. La luce stava cominciando ad illuminare la cittadella ed Artù e Merlino di quel tempo sarebbero rientrati a breve.
Quando le campane della cittadella suonarono, il mago capì subito che Uther non aveva trovato Artù nella sua camera.
“Artù!” urlò il nome del ragazzo una volta rientrato in casa. Il biondo lo fissò con fare interrogativo, stringendo fra le braccia ancora il corpo di Ginevra.
“Dobbiamo andare Artù o ci scopriranno.” Il ragazzo si rattristò ma capì la situazione. Posò Ginevra sul letto con leggerezza, dandole un ultimo bacio sulle labbra.
Merlino abbassò lo sguardo.
“Forza, Artù.” Il biondo si girò verso l’amico, sospirando.
I due uscirono dalla casetta e con fare furtivo si diressero verso il ponte, uscendo da Camelot senza essere visti.
Artù ritrovò il pugnale e svelti entrarono nella foresta, facendo perdere le loro tracce grazie alle magie di Merlino.
Tornarono al fiume, infilandosi nella caverna, al sicuro dalle guardie. Il silenzio tornò padrone della situazione.
“Grazie.” Merlino alzò il viso, al sentire quella magica parola uscire dalla bocca del ragazzo. Sorrise guardando come Artù faticava anche a guardarlo.
Gli bastava.
 
**
 
“Ma che grazioso duetto.” Nyx si presentò all’entrata della caverna dopo qualche oretta. Lo sguardo furioso faceva intendere tutto.
“Questa volta non fuggirai!” alzò un palmo verso Artù, intenta ad ucciderlo, ma svelto Merlino la scagliò verso una parete. I due uscirono dalla grotta, correndo sulle pietre del fiumiciattolo.
“Forb fleoghe!” l’incantesimo scagliato da Nyx scaraventò Artù a terra e Merlino si girò subito verso l’amico. Quella donna diventava sempre più forte ad ogni loro incontro.
“A noi due, Emrys.” Proferì divertita.
La battaglia fra i due maghi era cominciata. Molti incantesimi volarono fra i due ed ad uno “Swefe Nu” lanciato contro Nyx, Merlino si accorse dell’oggetto che li avrebbe riportati a casa.
Artù si alzò in quell’istante, con un rivolo di sangue che gli scendeva dalla testa, cercando di mettere a fuoco la vista.
“Artù, state bene?” urlò all’amico, senza neanche girare il volto. Il ragazzo mugugnò un “si”, mettendosi in piedi barcollante.
“Vedete ciò che Nyx tiene legato alla cintura?” Artù cercò qualsiasi cosa potesse corrispondere e, nel suo vano tentativo di mettere a fuoco, video una specie di cerchio penzolare dalla cintura che teneva legati al bacino i veli che componevano la gonna della donna.
“Quell’oggetto ci riporterà a casa.” Artù capì istintivamente ciò che il moro gli voleva chiedere. Prenderlo.
Si poggiò una mano sulla nuca, tirando fuori il pugnale.
“Ic her accigie anne windreas! Farbled waw! Windraes ungetermed – gehier! Ic de bebeod mide alle strangesse daet du geblawest ond syrmest strange. Esprun peos haegtesse! Ontend disne wyrm paet he licge unastyred a butan ende!” alla fine della filastrocca, un piccolo tornado cominciò a formarsi accanto ai piedi di Merlino che, subito, scattò verso Artù, aiutandolo ad indietreggiare.
Ricordava bene quella tecnica, non era la prima volta che la usava. Se n’era servito la prima volta per atterrare Morgana e rubarle il contenitore che teneva il corpo del Fomorroh che la donna gli aveva inserito fra le vertebre del collo. Con lo stesso incantesimo sperava di stordire la sacerdotessa, in quanto più forte di Morgana quel giorno.
Come si era spettato, il mini tornado colpì in pieno Nyx che si stava rialzando e la scaraventò fra l’erba nel bosco.
Artù ancora scosso non riusciva a capire cos’era successo. Merlino lo tirò con lui verso la donna e con il pugnale tagliò la corda che teneva il monile attaccato alla cintura.
Artù constatò che si trattava di un amuleto magico con sopra strani segni. Quando cercò di far qualcosa una carica di dolore gli fece poggiare la testa fra le mani.
Merlino fissò preoccupato l’amico e successivamente la strega che pian piano stava riprendendo conoscenza. Guardò successivamente l’orologio e quando toccò i vari numeri, esso si illuminò.
Nyx quando vide la luce si avventò subito su Merlino che la atterrò senza usare molta forza.
“Facci tornare nel futuro!” Nyx scoppiò in una risata, rialzandosi da terra.
“Vi ucciderò entrambi, come avrei dovuto già fare!” incantò l’oggetto, recitando una formula che aveva letto sul grande libro di incantesimi che aveva a Camelot.
Era semplice, il libro ne parlava senza approfondire e la recitò.
L’orologio si illuminò ancora e risucchiò i due, compresa Nyx che si era lanciata all’interno del cerchio prima che esso sparisse.




 
Note: Ringrazio con il cuore in mano le meravigliose persone che seguono, hanno messo nei preferiti o nelle ricordate questo mio esperimento.
Un ulteriore ringraziamento a chi la recensisce!


 
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Capitolo 7
*** Cap.7 ***


Nyx cadde a terra, quasi sbattuta violentemente sull’erba fresca e bagnata di quella mattina di rugiada.
Era entrata nel vortice di colori dello spazio temporale attivato da Merlino e non sapeva dove l’orologio l’avesse scaricati. Si sedette, scrollandosi il fogliame dai capelli e dal vestito, guardandosi intorno.
Dei due non ve n’era traccia e questo la tranquillizzò e preoccupò allo stesso modo. Doveva alzarsi e cercarli e metter finalmente fine a questa ridicolia.
Merlino era potete, vero, ma non abbastanza quanto lei.
Lei era la successione della grande sacerdotessa Morgana.
Morta per mano di colui che non accettava la magia a Camelot.
Si alzò, togliendo la terra restante dalla gonna, pulendosi anche la bianca pelle liscia delle gambe che fuoriusciva dallo spacco della veste.
Si diresse verso un punto a caso, che poteva essere sia nord che sud che est che ovest.
Quei due potevano essere ovunque.
“Morgana…”
La voce di Artù risuonò alle sue orecchie, attirandola dentro un cerchio di alberi e fogliame. Di soppiatto, scostò di poco i rametti, facendo attenzione a non farsi scovare.
“Ed è così che finisce, mio caro fratello…” Morgana era ferma davanti ad Artù, seduto appoggiato ad un albero, con un fianco sanguinante. La donna aveva l’espressione di chi era appena uscita vincitrice da una guerra durata anni, i capelli lunghi e neri raccolti dietro la nuca, il viso bianco completamente ricoperto di quella che poteva essere fuliggine, polvere, terra.
Gli occhi di giada stanchi, grandi, sofferenti, felici.
“Ho vinto.”
“Non credo proprio.” Merlino spuntò dietro la schiena di Morgana, con in mano la spada di Artù. La donna si girò, con un sorriso sulle carnose labbra.
“Nessuna spada comune può uccidermi, lo sai anche tu, Emrys.
“Ma questa non è una spada comune. E stata forgiata nel fuoco di un drago. E sai cosa vuol dire, vero?” il sorriso sulla faccia di Morgana sparì al sentire quelle parole. Prima che la donna potesse replicare o salvarsi, Merlino la trafisse senza ripensamenti, girando la spada di lato come per scavare nella ferita. La faccia del mago sembrava schifata, quasi amareggiata da quell’atto che stava compiendo. Stava spengendo una vita.
La vita di una donna.
L’ultima sacerdotessa dell’antica religione.
“Addio, Morgana.” La donna cadde a terra sotto il viso di Merlino che si scomponeva in mille pezzi. L’abbattimento, il dolore, la delusione, il fallimento, erano tutti ben visibili sul volto stanco del mago, mentre Artù dichiarava finalmente la vittoria di Camelot ed un nuovo periodo di pace portato da Merlino.
Nyx indietreggiò un po’, sconvolta. Le sacerdotesse della triplice Dea le avevano detto che Artù aveva ucciso Morgana e che solo mettendo fine alla sua vita la magia avrebbe finalmente potuto trovare posto nel regno di Albione.
Lei era vissuta per tutto quel tempo con il solo pensiero di metter fine alla vita di quel Re senza cuore, di quel Re senza ritegno, di quel tiranno che si faceva portavoce di libertà ed uguaglianza.
Quando in verità, l’unico responsabile della morte di Morgana, era solo e solamente lui: Merlino.
L’ultima sacerdotessa era caduta ai piedi dei due amici, con gli occhi strabuzzanti ed il viso contratto in una smorfia. Le labbra arricciate sembrassero voler scagliare qualche tipo di maledizione contro il mago, ma il tempo a disposizione di quel corpo longilineo era troppo poco e la situazione era rimasta immutata.
Morgana era morta.
Merlino ne era il responsabile.
E qualcosa dentro Nyx si spezzò.
 
**
 
Merlino si era rialzato da terra, sentendo un gran dolore alla testa. Dopo esser stato trascinato nel vortice con Artù, l’unica cosa che ricordava è di aver mangiato l’erba fradicia del bosco in cui erano atterrati.
Artù era a pochi passi da lui, la testa sanguinante ed il corpo stanco preoccuparono molto il mago. Si avvicinò, gattonando più in fretta che poté fino all’amico, poggiando una mano sulla sua ferita.
Gli occhi limpidi lasciarono posto ad un oro ocra intenso, dolce e curatore. La ferita sotto il tocco morbido delle dita di Merlino si rimarginò ed il ragazzo tentò di pulire il sangue con le maniche della maglia, facendo più casino di prima.
Sospirò toccando il corpo di Artù in vari punti. Nient’altro di rotto, fortunatamente. Il mago sospirò una seconda volta alzandosi, poggiando una mano sulla spalla. Impegnato a preoccuparsi per il Re di Camelot non si era accorto di una piccola slogatura che ne aveva ricavato. Nulla di grave.
Si guardò un po’ intorno. Quella foresta era molto familiare. Non sapeva dov’era finito, ma quel posto lo aveva già visto da qualche parte. Un qualcosa gli si strinse nel petto e si avviò verso Nord, dove gli alberi erano più vicini e dove il cielo si apriva in modo singolare.
“Hai portato la pace…” la voce del suo Re gli arrivò alle orecchie. Corse più veloce verso il fogliame, scorgendo nel lunotto formato dalla natura, Morgana stesa a terra con lui ed Artù seduti davanti.
Quel qualcosa si strinse ancora di più. Ricordava bene quel giorno.
Il giorno della morte di Morgana.
Il giorno della morte di Artù.
La fine di tutto.
 
Un rumore attirò la sua attenzione dalla scena in cui il se stesso di millenni prima tentava di portare Artù di millenni prima in salvo.
Un pianto strozzato, una caduta sul fogliame, una voce dolce.
I suoi occhi incrociarono quelli di Nyx, scontrandosi ferocemente contro qual qualcosa che sapeva di dolore, amarezza, odio, delusione.
Merlino distolse lo sguardo subito, sapendo cosa la strega stesse pensando. Ed infatti quella neanche disse nulla, si alzò solo di scatto, arrivando velocemente alla sua persona, spingendola contro il tronco di un albero.
“Tu… Come hai potuto! Era come te!” Le lacrime scendevano dagli occhi di smeraldo della ragazza, erano lente, pesanti, cocenti.
“Hai messo fine alla vita di una delle ultime sacerdotesse di Albione! Hai tradito l’antica religione!” le mani serrate sul colletto della maglia di Merlino, sembravano più dure di quel che dovrebbero essere le mani di una donna giovane come lei. Strattonava il corpo di lui come se fosse una semplice veste, senza usare troppa forza. Merlino continuava a tenere la testa bassa, con il viso triste ed oscurato.
“Dovevo farlo.” Disse solo, come risposta. Sembrava non trovare nulla di giusto da dire.
“Farlo, dici? Uccidere chi vuole solo liberare il nostro popolo?”
“Liberare facendo stragi?” intervenne subito il moro, alzando per la prima volta il viso.
“Uther ha fatto la stessa cosa, se non di peggio!” disse a denti stretti Nyx, con gli occhi che sembrassero fumare dalla rabbia.
“Esatto.” Confessò Merlino. “Uther. Non Artù.” Concluse, poggiando le dita leggere sui polsi della donna.
Nyx strinse ancora di più i denti, tirando via Merlino dall’albero per poi lanciarlo con la magia in lontananza. Il ragazzo atterrò accanto a delle radici, sentendo la sua spalla scrocchiare ancora. La ragazza si avvicinava con passo svelto e lui alzò solo una mano verso di lei, come per premonirla.
“Non avvicinarti o…”
“O mi uccidi?” Nyx arrestò la sua corsa a pochi passi da lui, con sguardo furente. Gli occhi sembravano avere vita propria, cambiavano colore a seconda di quanto la sua irritazione fosse grande, senza che però accadesse nulla. Merlino poteva ben sentire il vortice di magia che correva intorno alla ragazza ed un senso di paura si fece largo nel suo stomaco. Era molto potente, forse più di lui.
“Morgana voleva ciò che le spettava di diritto.
Il regno di Camelot.
Il suo trono!” un altro cambio di colore, un altro sbalzamento del povero mago. Merlino atterrò addosso all’albero a cui appartenevano prima i rami e si tirò a sedere a fatica, cercando di non muovere troppo la spalla.
“Perché non ti difendi?!” urlò riattirando l’attenzione del mago, Nyx. “Perché non cerchi di sopravvivere?” continuò, avvicinandosi ancora, “Perché non…”
“Perché stai piangendo?” Nyx arrestò la sua corsa, una seconda volta. Per tutto il tempo, le lacrime avevano continuato a scendere senza fermarsi, calde, cocenti, umide, sbiadite, sofferenti.
La ragazza si portò una mano sul viso, asciugando con le dita affusolate le lacrime che non accennavano a diminuire.
“Nyx, tutto quello che ti è stato detto è solo…”
“Zitto!” come in uno scatto d’ira, Merlin si sentì il collo stringersi fortemente, mentre Nyx teneva le mani ben salde in avanti.
“Non voglio sentire le tue scuse!” più la ragazza si avvicinava, più la stretta si faceva ferrea. Sembrava quasi fosse giunto il momento per lui. Ma morire non era la scelta più adatta. Si portò una mano al collo, guardando Nyx di sottecchi. La ragazza, seppur arrabbiata, sembrava solo volerlo spaventare, tantoché alla fine la presa sparì e lei si acquattò accanto a lui, continuando a frignare.
“Tu sei speciale.
Tu sei il mago più forte di questo mondo.
Tu servi.” Cominciò dopo qualche minuto Nyx, continuando ad asciugarsi il volto.
“Ti hanno… detto?” chiese titubante Merlino, sentendo ancora il collo dolorante.
“Mh.” La ragazza sembrava quasi una bambina a cui era appena stata tolta una caramella. Merlino sospirò per l’ennesima volta quel giorno, avvicinandosi a lei. Gli cinse le spalle con il braccio buono, in modo cauto e lento, come se stesse maneggiando una pericolosa creatura, un drago, un grifone, qualcosa del genere.
Nyx, di risposta, si appoggiò al suo petto, tirando su col naso.
Bella, era bella, constatò il mago.
La lunga veste la ricopriva perfettamente, esaltando quelle linee come fossero arte. I lunghi capelli nero pece cotonati, mandavano odore di biancospino e rugiada fresca. Erano appoggiati sulla sua maglia come veli sofficissimi e non poté fare a meno di prendere un boccolo fra le dita, notando come stille di luce davano un tocco impeccabile al tutto.
“Merlino, fa male.” Il ragazzo si interrogò su quell’affermazione, prima che la ragazza alzasse il viso e poggiasse le mani sulle guance di lui.
“Fa male provare questo e sapere che tu… l’hai uccisa.” Le carnose labbra di Nyx si poggiarono su quelle disidratate e sbiancate del mago. Un bacio casto, scostante, piccolo ma deciso, potente, pieno di emozioni.
Quando Nyx lo lasciò andare, Merlino abbassò il viso, cercando di scostarla un poco.
La sacerdotessa aspettò, una risposta, qualcosa, una smorfia che le poteva far capire qualsiasi cosa, ma il mago continuava a tenere il viso basso, forse un po’ arrossito. La rabbia cominciò a riprendere possesso di lei.
“Allora?” si alzò di scatto, ponendo la domanda.
“Dovresti riportarci a casa.” Rispose solo Merlino.
“A.. casa?  Io.. tu..”
“Nyx, prima di distorcere la storia, dovremmo tornare a casa.” Ripropose ancora il mago, alzando lo sguardo.
“A te non importa nulla, vero? E’ per questo che hai ucciso Morgana?” chiese la ragazza, infuriandosi ancora.
“Ho ucciso Morgana perché stava per uccidere Artù, Re di Camelot.
Ho ucciso Morgana perché era il mio destino proteggere Artù.
Ho ucciso Morgana perché stava facendo stragi di persone innocenti!” rispose il mago, alzandosi in modo scomposto. Nyx indietreggiò furiosa, un po’ per quello che aveva fatto, un po’ per la spiegazione del ragazzo.
“Ucciderò Artù Pendragon. E se nel casino finissi anche tu, non mi dispiacerebbe.” Ammise, girando i tacchi.
“Nyx! Dove stai andando!”
“Di addio al tuo Re, Emrys.” La voce con cui aveva pronunciato il suo vero nome gli fece storcere le labbra e subito alzò una mano verso di lei, atterrandola.
Si girò avviandosi dove aveva lasciato il biondo, scoprendolo sveglio e seduto, intento a tenersi la testa.
“Merlino…” cominciò, “Dove sei stato?”
“Dobbiamo andarcene, Artù.” Disse solo il moro, aiutandolo ad alzarsi.
“Nyx?”
“Dobbiamo portarla con noi.” Rispose, agguantando l’orologio.
Squadrò l’oggetto per qualche secondo, incrociando la sua magia con quella dell’amuleto, capendo e impostando l’anno esatto in cui dovevano arrivare.
Nyx si presentò a loro in modo furibondo, con le labbra contorte in un ringhio spaventoso.
“Merlino!” il moro non si fece richiamare due volte dal suo Re e subito attivò l’oggetto.
Com’era successo qualche ora prima, anche adesso vennero risucchiati tutti quanti nel vortice di colori, riportandoli finalmente alla realtà, in mezzo ad un parco.
 
**
 
Quando Artù aprì gli occhi, l’unica cosa che vide fu Nyx allontanarsi da Merlino che si era appostato davanti a lui, con respiro ansante e con una mano puntata verso di lei.
Quando il corpo della ragazza svanì dalla sua vista, il moro si acquattò accanto a lui, sorridendogli.
“Ed ora?” chiese, sedendosi sul prato in quella notte stellata, stanco e affamato.
“Ci ha concesso un giorno. E poi torneremo qui. Per la battaglia finale.”
 
 
 
Note: E finalmente eccomi qui con questo settimo capitolo!
Le vacanze mi hanno occupato molto tempo e poi una mia amica mi aveva rapito a forza per farsi scrivere una long fic sulla Drarry [per chi non conoscesse, Draco x Harry della saga di Harry Potter (mi sto autopubblicitando ahah)].
Comunque, questo penso sia il penultimo capitolo.
Spero vi piaccia come ho deciso di far evolvere le cose.
Vi auguro una buona estate.

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Capitolo 8
*** Cap.8 ***


Erano ore ormai che Merlino pensava e ripensava a quello che era accaduto con Nyx.
Quella ragazza, seppur più giovane, era la copia sputata di Morgana e vederla così vicina, così dolce, così….
Merlino non poteva credere che al suo interno stavano crescendo quei sentimenti.
Morgana, no, Nyx, no, Morgana.
Lo aveva baciato. Era stato un bacio casto ma ricco di emozioni.
“Merlino?” Artù richiamò il fedele servo, con solo un asciugamano legato alla vita.
“Sire.”
“Tutto bene? Sembri pensieroso.” Il biondo si avvicinò al mago, sedendosi accanto a lui.
 

Si erano diretti da Drusilla, appena tornati dal viaggio nel tempo e la donna li aveva ospitati con gran felicità, contenta di rivederli entrambi vivi. Aveva fatto svariate domande anche su Nyx, intristendosi al ricordare ciò che la Triplice Dea gli aveva ordinato.
“Quella ragazza non ha il diritto di essere libera, in quanto creazione magiche delle tre antiche sacerdotesse”, aveva spiegato a Merlino, porgendogli una tazza di the caldo mentre Artù era andato a lavarsi.
“Avrei tanto voluto regalarle il diritto di vivere… Era così carina da bambina…” una lacrima scese sulle guance paffute della donna e Merlino gli sorrise confortandola, cercando di non farla piangere più del dovuto.
 
“Merlino?” Artù lo richiamò per la seconda volta, facendo breccia nei suoi pensieri.
“Artù…”
“Allora?”
“Ripensavo a Nyx.” Il biondo sospirò, poggiando una mano sulla spalla del moro.
“Somiglia così tanto a Morgana. Mi ricorda lei ogni volta che la vedo.”
“Merlino, eri innamorato di Morgana?” Il moro rispose con un arrossamento di gote così percettibile che Artù non seppe come rispondere.
“N-no, certo che no!” Artù si alzò, dirigendosi verso il bagno, senza saper cosa dire o fare. Il moro si diede una pacca sulla faccia, sospirando pesantemente. Sembrava davvero una di quelle cotte da bambini.
 
“Quindi domani ci batteremo ad Avalon?” Artù cominciò la discussione durante la cena, assaporando un hamburger tipico del posto.
“Si. Nyx sceglierà un campione che si scontrerà contro di te, sulle rive del lago. Il vincitore avrà… la supremazia, si.” Merlino era accanto al biondo, come tempo prima faceva a Camelot. Anche se il tempo era diverso, niente fra loro era cambiato e questo non disturbava affatto.
“E mentre noi combattiamo, voi che fate?”
“Non saprei… Ti guarderò le spalle, Artù.” Il moro si promise che in questa battaglia, Artù ne sarebbe uscito vincitore e vivo.
Tempo prima, aveva avuto la visione di Mordred che uccideva Artù, ma questa volta niente lo aveva avvertito e ciò lo rendeva più sicuro.
“Merlino, non ti stai dimenticando qualcosa?”
“Sire?”
“Non ho una spada.” Merlino rise e subito rispose a tono. Spiegò ad Artù la storia della sua spada, raccontandogli della sua potenza data dal fiato di Kilgarrah, il drago che viveva nelle segrete del castello.
“Sei stato tu a liberare il drago?!” Merlino sbiancò, ricordando che Artù non conosceva tutta la storia.
“Beh… Si. Insomma, è una storia lunga e piena di avvenimenti, quel che dovete sapere è che la vostra spada viene tenuta dalla ninfa del lago di Avalon.
Domani mattina ci recheremo sulle sponde e la riporterò alla luce, fra le vostre mani.
Dopo tutto questo tempo…” La voce di Merlino si incupì ed Artù roteò gli occhi verso il moro.
“Merlino?” Artù richiamò il ragazzo, ma quello ancora una volta si era imboscato nei suoi pensieri, a quello stramaledetto giorno, quando il biondo gli era morto fra le mani.
“Avrete anche la vostra armatura, Artù.
Vi verrò a svegliare, voi pensate a riposarvi questa notte.” Il biondo assentì sospirando alle richieste di Merlino e finita la cena si diresse in camera.
 
“Cos’hai intenzione di fare con Nyx?” Drusilla avanzò con il discorso qualche ora dopo che Artù era sparito dalla circolazione.
“In che senso?”
“Io… Ci tengo a lei.” Merlino sospirò, ripensando a quel bacio. Sapeva cosa Drusilla voleva. Nyx non doveva morire.
“Mi dispiace. Ma se sarà necessario, dovrò ucciderla.” La parola ucciderla risuonò così male nella stanza che anche Merlino si disprezzò per averla detta.
Drusilla si alzò dal divano, stropicciandosi gli occhi.
“Vado a dormire.
Buona notte, Emrys.” Detto questo, la donna si allontanò, sparendo nel buio del corridoio.
 
Quella mattina Merlino aveva svegliato Artù con dolcezza, evitando di farlo arrabbiare da appena sveglio.
Avevano salutato Drusilla sulla porta e si erano recati al lago di Avalon con largo anticipo.
Arrivati sulle sponde, Artù cominciò ad imbronciarsi.
"Merlino, cosa pensi di fare?
Io qui non vedo la mia spada.” Merlino azzittì il biondo con un cenno della mano e, piano, si avvicinò alle acque. Una leggere brezza si innalzò ed il lago si incupì. Sulle rive qualcosa di luccicante prese l’attenzione del biondo che con cautela si avvicinò a prenderla.
La sua spada era tornata a riva.
“Allora, sire?” commentò il moro.
“Merlino, sta zitto.” Concluse Artù.
 
L’ora era giunta. I due ragazzi erano fermi sull’isola di Avalon, aspettando Nyx con il suo campione contro cui Artù doveva lottare.
“Ci siamo.” Disse Merlino, adocchiando Nyx con accanto un cavaliere.
La donna era vestita di una lunga veste nera, con la frangia raccolta dietro la testa ed i lunghi boccoli cadenti sulle spalle. A Merlino si fermò il cuore.
Era la copia sputata di Morgana. Come il giorno in cui ella aveva perso la vita per mano sua.
“Ma bene, siete già arrivati.” Cominciò la donna.
Accanto a lei, il cavaliere non rispose né si tolse l’elmo. Era fermo, come una statua, con in mano una lunga spada scura.
“Sai le regole, no? Il primo che muore, perde.” Commentò, quasi ridendo amaramente.
Merlino ed Artù si scambiarono uno sguardo d’intesa ed il mago si allontanò di poco, guardando Nyx fare la stessa cosa.
I due cavalieri rimasero da soli e quando la battaglia cominciò, Merlino si tenne pronto ad aiutare l’amico.
I colpi di spade si susseguirono uno dopo l’altro, il cavaliere misterioso sembrava essere più forte di Artù e gli affondi sembravano quasi stremare le forze del ragazzo.
Come Merlino aveva pensato, Nyx non rimase al suo posto.
Uno sbrilluccichio d’occhi ed Artù scivolò sul terreno bagnato dalla pioggia che piano e lenta aveva cominciato a scendere. Il moro reagì a sua volta, arrugginendo l’armatura del cavaliere, bloccandola a metà strada. Artù ne approfittò per scivolare di lato, alzandosi per poi assestare un colpo sul fianco del cavaliere.
L’energumeno sembrò quasi ricevere il solletico e, spezzando l’armatura, si precipitò di nuovo su Artù.
“E’ inutile, Emrys! Artù non ha speranza contro il mio cavaliere!”
Le iridi si illuminarono ancora e delle radici bloccarono la spada del biondo.
“Merlino!” Il moro fissò la lama del nemico avvicinarsi e subito reagì. Gli occhi si illuminarono ancora e la terra tremò, facendo sbilanciare il cavaliere, che cadde all’indietro nel lago.
“Non intrometterti, Nyx! Le regole erano chiare!”
“E chi ha parlato di regole?”
Artù liberò la spada dalle radici e corse verso il nemico. La battaglia ricominciò e questa volta Nyx rimase a guardare, sorridendo ad ogni affondo che il suo cavaliere faceva sul povero Artù.
 
“Ora basta.” Cominciò Nyx, “la battaglia finirà qui!”
Gli occhi le si illuminarono ancora una volta e delle radici si arrampicarono sul corpo di Artù stanco.
Il cavaliere misterioso, fresco come una rosa, si avvicinò minaccioso al ragazzo, brandendo la spada.
“Merlino!” Il moro rispose subito al comando del suo Re.
“Swefe Nu!” il cavaliere, al comando di Merlino, volò ancora una volta e Nyx strinse i pugni inorridita.
“Non t’intromettere!” Merlino fissò la ragazza, avvicinandosi ad Artù. Il ragazzo era stanco e l’armatura sembrava pesargli fortemente.
“Merlino, liberami, posso batterlo.” Il ragazzo guardò il suo Re. Decise di liberarlo, ma comunque di pensare ad una tecnica per bloccare Nyx.
Artù ripartì all’attacco e la battaglia ricominciò compre prima. Merlino capì che se fosse andata avanti così, Artù sarebbe caduto.
 
Lo scontro fra i due cavalieri sembrava non finire. Artù era stanco, sporco e fradicio. La pioggia non cessava a finire e quando il cavaliere misterioso spinse a terra Artù, Merlino decise di agire.
Si avvicinò ai due spingendo via il campione di Nyx, accucciandosi accanto ad Artù. Il ragazzo aveva il fiatone e sembrava perdere troppo sangue dalle numerose ferite presenti sul suo corpo.
Nyx rise.
“Di addio al tuo re, Emrys.”
Merlino, diede il tutto per tutto e prese la spada alzandosi.
“Merlino… cosa pensi di fare?”
“Ho un piano, Artù.” Gli disse azzittendolo. Il biondo sospirò e lo guardò, cercando di alzarsi.
Merlino, senza lasciargli tempo di farlo, si alzò correndo verso il cavaliere.
La cosa fu veloce, senza troppe complicazioni.
Un paio di colpi, uno sbrilluccichio d’occhi ed il cavaliere cadde a terra, mentre la spada trafisse il petto di Nyx senza troppe complicazioni, prendendola di soppiatto.


 
Una lacrima, quasi mischiata ad una goccia di sangue, cadde sulla mano di Merlino.
Nyx si stava attaccando al corpo del ragazzo, sempre più impotente, mentre il cavaliere si sfaldava su se stesso.
La predizione di Merlino era vera, il cavaliere misterioso in verità era una creazione dalla magia di Nyx che non avrebbe perso la battaglia.
“E così… E’ la seconda volta…” cominciò Nyx, accucciandosi a terra.
“Nyx…”
“Peccato… Mi sarebbe piaciuto stare con te…” La ragazza cadde a terra, chiudendo gli occhi verde smeraldo che tanto piacevano a Merlino.
Artù lo fissò sedersi accanto a lei.
La triplice dea, per la seconda volta aveva perso la battaglia e questa volta non era stato Artù a rimetterci ma i sentimenti di Merlino.
 
Erano passati due mesi dall’accaduto.
Nyx aveva avuto il suo funerale e Drusilla aveva salutato i due ragazzi immersa nelle lacrime.
Merlino non aveva più rivisto la signora paffutella ed i giorni erano cominciati lenti.
All’inizio si era rinchiuso in se stesso, ripensando alle ultime parole di Nyx.
Se davvero quella ragazza avesse avuto il diritto di vivere la sua vita, avrebbe davvero scelto lui come partner?
Il ricordo di Morgana era vivido nella sua mente e Nyx rafforzava tutti quei sentimenti soppressi in tutti quegli anni.
Ma ciò che lo dovette far tornare con i piedi per terra, fu l’ammalarsi di Artù.
Anche se il tempo passava, il ragazzo non dava segni di guarigione e la magia sembrava non avere effetto su di lui.
La stanchezza regnava sovrana  nella casa in cui i due vivevano e Merlino si sentiva sempre più stanco.
Quella società, quel tempo, non erano adatti al Re di Camelot e questo il moro l’aveva capito.
Solo pensandoci e ripensandoci, Merlino giunse alla soluzione.
Qualche tempo prima che Artù perisse in guerra, aveva conosciuto il Diamair.
Egli gli aveva concesso una domanda.
Se non sarà Merdred ad uccidere Artù, chi sarà?
La risposta era arrivata veloce e non capibile in quel momento.
Artù stesso.
Solo allora Merlino capì le parole della creatura.
Il tempo del ragazzo era arrivato e con lui Merlino stesso.
La morte sarebbe arrivata da padrona ma il moro non la temeva.
Avrebbero finalmente riposato in pace.
Insieme.
 
 
Note: Lo so… Ci ho messo molto ad aggiornare, ma ho avuto dei problemi, mi sono ammalata e mi sono ridotta ad oggi.
Probabilmente non è la miglior fine mai scritta, infatti credo proprio che la rivedrò, ma la sostanza è quella..
Artù ha adempiuto al suo compito e finalmente anche Merlino potrà godersi la pace eterna assieme a lui.
Spero che questa long vi sia piaciuta e ringrazio tutte le persone che l’hanno messa fra i preferiti e le ricordate, scusandomi ancora con chiunque l’ha messa nelle seguite.
Ringrazio anche chi lascerà un commento.
Ps: Volevo avvisarvi che questo ritardo è stato dato dalla scrittura di un’altra storia, fatta a quattro mani con Rebecca04, intitolata “Un’amore di Babysitter”.
Si, sto facendo pubblicità, ma chi ama i momenti fluff a rathing giallo può cercarla nella sezione “Merlin”. 

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